XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 165 di Mercoledì 8 giugno 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizioni di magistrati sul tema dell'applicazione della legge n. 68 del 2015 in materia di delitti contro l'ambiente (gli auditi saranno in videoconferenza, tranne il dottor Fimiani che sarà in presenza) :
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Fimiani Pasquale , Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale ... 3 
Pontassuglia Eugenia , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto ... 4 
Fimiani Pasquale , Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale ... 6 
Dolci Alessandra , Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Milano ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Fimiani Pasquale , Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale ... 9 
Galanti Alberto , Procuratore DDA della Repubblica presso il Tribunale di Roma ... 10 
Nitti Renato , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani ... 12 
Fimiani Pasquale , Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale ... 14 
Airoma Domenico , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino ... 15 
Fimiani Pasquale , Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale ... 17 
Molino Pietro , Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione ... 17 
Fimiani Pasquale , Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale ... 18 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 19 
Airoma Domenico , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino ... 19 
Nitti Renato , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani ... 19 
Fimiani Pasquale , Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale ... 20 
Braga Chiara (PD)  ... 20 
Fimiani Pasquale , Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale ... 21 
Nitti Renato , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani ... 21 
Pontassuglia Eugenia , Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto ... 21 
Fimiani Pasquale , Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale ... 22 
Lomuti Arnaldo  ... 22 
Fimiani Pasquale , Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale ... 22 
Dolci Alessandra , Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Milano ... 23 
Galanti Alberto , Procuratore DDA della Repubblica presso il Tribunale di Roma ... 24 
Fimiani Pasquale , Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale ... 24 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 24

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizioni di magistrati sul tema dell'applicazione della legge n. 68 del 2015 in materia di delitti contro l'ambiente.

  PRESIDENTE. Ricordo che, ai sensi della legge istitutiva, la Commissione è tenuta a verificare l'applicazione della legge 22 maggio del 2015, numero 68, recante disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente. In tale ambito, attraverso la collaborazione con la procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, in particolare dell'avvocato Generale Pasquale Fimiani, che è presente qui con me, la Commissione avrà occasione di ascoltare il contributo di diversi magistrati delle Procure. L'audizione ha ad oggetto i temi del coordinamento investigativo, dell'organizzazione delle polizie giudiziarie, dell'omogeneità dei sistemi informativi in materia penale e ambientale e dell'uniforme applicazione della legge. Ringrazio per la loro disponibilità il dottor Domenico Airoma, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Avellino, la dottoressa Alessandra Dolci, procuratore aggiunto della Repubblica presso il tribunale di Milano, il dottor Alberto Galanti, procuratore DDA (Direzione distrettuale antimafia) della Repubblica presso il tribunale di Roma, il dottor Renato Nitti, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Trani e la dottoressa Eugenia Pontassuglia, procuratore della Repubblica presso il tribunale di Taranto. Partecipa all'audizione il dottor Pietro Molino, sostituto procuratore generale della Corte di cassazione. Ringrazio, dunque, il dottor Pasquale Fimiani, avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione-Rete delle procure generali nella materia ambientale, a cui cedo la parola per coordinare questa audizione. Grazie.

  PASQUALE FIMIANI, Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale. Grazie, presidente. Come già da lei preannunciato, sono oggi presenti cinque colleghi di varie procure che affronteranno il tema del coordinamento investigativo e organizzativo delle Polizia giudiziarie. Faccio soltanto una breve premessa. Noi abbiamo un sistema nelle procure che è organizzato in modo autonomo. Da una norma del codice di procedura penale, l'articolo 118-bis, disposizioni di attuazione, è previsto un collegamento e un coordinamento infradistrettuale del procuratore generale presso le corti d'appello e in più abbiamo il coordinamento del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo per quanto riguarda il reato di attività organizzata di traffico illecito di rifiuti. Essenzialmente il tema del coordinamento riguarda questi due versanti che solo apparentemente sono distinti, ma che in realtà, come vedremo, sono strettamente collegati, perché è attraverso le notizie che emergono anche nell'ambitoPag. 4 delle indagini delle procure circondariali che possono evidenziarsi i cosiddetti «reati spia» di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti che sono, invece, di competenza delle DDA. In questo contesto è importante un collegamento tra le varie fonti informative, quindi essenzialmente con le polizie giudiziarie – su questo aspetto faremo un approfondimento specifico –, ma anche con le varie banche dati previste dalla legge nella materia ambientale, dalle quali emergono una serie di informazioni e indicazioni – questo rappresenta anche una prospettiva di lavoro dei prossimi mesi ed anni – che dovrebbero essere integrate tra di loro al fine di fornire elementi di conoscenza per attività di analisi, anche con strumenti di intelligenza artificiale, al fine di un'adeguata prevenzione e di un adeguato controllo. Questo tema collega l'attività delle procure anche all'attività strettamente di prevenzione da parte delle autorità amministrative. Darei subito la parola alla dottoressa Eugenia Pontassuglia, che ora è procuratore di Taranto, ma che per diversi anni si è occupata della materia ambientale nella DNA (Direzione nazionale antimafia). Successivamente darò la parola alla dottoressa Alessandra Dolci, procuratore aggiunto DDA di Milano, che fornirà anche il suo punto di vista su questo aspetto particolare.

  EUGENIA PONTASSUGLIA, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto. Buon pomeriggio a tutti. Saluto il presidente, tutta la Commissione e i colleghi. Come dicevi tu, fino a qualche mese fa ho svolto il ruolo di sostituto procuratore alla Direzione nazionale antimafia e in particolare mi sono occupata del polo criminalità ambientale, istituito nel 2017 all'interno della DDA, quando si presentò l'esigenza di affrontare il problema del coordinamento con l'introduzione del reato di traffico organizzato di rifiuti nell'alveo delle competenze delle direzioni distrettuali antimafia, parlo dell'articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale, intervento normativo cristallizzato nella legge n. 236 del 2010. I vantaggi che si realizzano nell'immediato sono notevoli, perché attribuire la competenza alle DDA del traffico organizzato di rifiuti, all'epoca articolo 260 del testo unico, indubbiamente comporta un salto di qualità nelle attività investigative su questa tipologia di reati. Innanzitutto, il regime del doppio binario, il regime delle misure cautelari diverso rispetto a quello dei procedimenti ordinari, la possibilità di effettuare attività di intercettazione e tutta una serie di regole diverse con riferimento alla proroga delle indagini, ai termini di prescrizione e così via. Effettivamente dal punto di vista formale l'attribuzione della competenza alle direzioni distrettuali antimafia comporta un beneficio ai fini del contrasto in materia di criminalità ambientale. Dal punto di vista sostanziale, invece, purtroppo permangono tutta una serie di criticità, sia pure attraverso l'introduzione dell'articolo 260 all'epoca, nell'articolo 51, comma 3-bis. La competenza in materia di traffico organizzato alle DDA comporta anche l'attribuzione delle attività di coordinamento e impulso alla Direzione nazionale antimafia. Che cosa si riscontra all'interno della DNA? Vi dico soltanto che registriamo il primo vero coordinamento a livello di procure distrettuali in relazione a ipotesi di traffico organizzato di rifiuti nel 2019. Per anni in DNA non si è mai fatta attività di coordinamento non certo perché le DDA non svolgevano indagini per tale materia, ma per una serie di situazioni che di fatto hanno reso complesso il coordinamento di questo tipo di indagini. Questo non solo perché non in tutte le direzioni distrettuali antimafia fino a qualche tempo fa c'è stata l'attenzione alla creazione di pool specializzati o all'attribuzione della materia ambientale a colleghi componenti delle DDA, ma anche per via dell'equivoco che per lungo tempo è andato avanti di considerare il reato di traffico organizzato di rifiuti di rilevanza distrettuale in tutte quelle ipotesi in cui si potevano registrare infiltrazioni della criminalità organizzata di tipo mafioso. Forse per tanto tempo si sono valutate tutta una serie di situazioni che magari avrebbero richiesto maggiore attenzione, soprattutto in relazione ai profili del coordinamento investigativo. Uno dei primi profili di criticità che si è riscontrato è stato Pag. 5quello concernente la competenza frazionata tra procure ordinarie e direzioni distrettuali antimafia, perché laddove il traffico organizzato è stato attratto alla competenza delle DDA, sono rimaste, invece, di competenza delle procure ordinarie tutte le fattispecie di reati ambientali, quindi tutte le ipotesi contravvenzionali previste dal testo unico, e dal 2015 in poi tutte le nuove ipotesi di illeciti ambientali. Ovviamente questo ha comportato come successiva conseguenza anche la difficoltà di realizzare efficaci forme di coordinamento sia a livello distrettuale che a livello nazionale, perché non esistono delle norme che consentano di realizzare, di tipizzare il coordinamento. Come è regolato in questa materia il coordinamento? Dobbiamo necessariamente fare riferimento alle previsioni dell'articolo 118 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale. L'articolo 118-bis delle disposizioni di attuazione prevede delle ipotesi di coordinamento a livello distrettuale e interdistrettuale, riservando la competenza per i reati ordinari, quindi per tutti gli illeciti ambientali a eccezione dell'unica fattispecie di competenza della DDA, al procuratore generale presso la corte d'appello. La norma precisa che in tutte le ipotesi in cui si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, nonché per i delitti introdotti dalla legge del 2015, il procuratore che procede informa il procuratore generale presso la corte d'appello, che a sua volta, qualora ravvisi l'esistenza di collegamenti tra indagini, ne dà segnalazione ai procuratori generali e ai procuratori della Repubblica del distretto interessati al coordinamento. Tuttavia, questa prima parte della norma si riferisce esclusivamente alle ipotesi di reati ambientali introdotti dalla legge del 2015, perché restano esclusi dalla possibilità di rientrare nell'ipotesi di coordinamento delineata dall'articolo 118, disposizioni di attuazione, tutte le fattispecie contravvenzionali, perché l'articolo 407, comma 2, lettera a), la norma che principalmente si occupa dell'ipotesi per cui è prevista la comunicazione al procuratore generale, non contempla queste fattispecie di reato. Qual è la conseguenza? La conseguenza è che sfuggono al coordinamento tutte quelle violazioni di natura contravvenzionale che costituiscono indice magari sintomatico, reato spia di ben più rilevanti traffici. La mancanza di una forma efficace di coordinamento impedisce al procuratore generale in prima battuta di venire a conoscenza di tutte queste situazioni. Le forme di collegamento spontanee tra procuratori possono anche sfuggire, perché se non ci sono elementi che consentano di individuare l'esistenza di un procedimento parallelo presso l'ufficio di procura limitrofo, del distretto o addirittura presso l'ufficio di procura di un altro distretto, non ci sarà mai la possibilità di pervenire a un collegamento tra queste indagini. Inoltre, non deve sfuggire un'altra questione, ovvero che trattandosi di indagini afferenti a ipotesi contravvenzionali, tutta un'altra serie di criticità sono legate proprio alla natura contravvenzionale di questi reati: difficoltà di esperire indagini serie nel brevissimo termine previsto dal codice per i reati contravvenzionali, impossibilità di attivare efficaci strumenti investigativi e termine di prescrizione bassissimo. Questa è una criticità notevolissima che influisce proprio sul contrasto giudiziario a fenomeni che potrebbero essere spia, come abbiamo visto in tante situazioni – basti pensare ai fenomeni degli incendi o ai traffici originati dalla reiterazione di tutta una serie di condotte e di gestione non autorizzata di rifiuti – che andrebbero monitorate in maniera diversa, ma soprattutto con strumenti investigativi più idonei. Questo è il primo problema che si pone, ovvero la difficoltà del coordinamento a livello distrettuale e infradistrettuale. Un'altra tematica è quella del coordinamento effettivo in materia ambientale che esplica la Procura nazionale antimafia. Dicevo prima che con l'attribuzione della competenza alle direzioni distrettuali ne deriva come conseguenza il potere di coordinamento e di impulso. Il coordinamento comincia adesso a essere efficace. Io sono stata fino a marzo in DNA e i casi si possono contare su mezza mano, poiché dal 2019 al 2022 abbiamo avuto due o tre casi di coordinamento di indagini in materia di traffico Pag. 6organizzato. L'attività della DNA sostanzialmente si atteggiava come attività di impulso sulla base delle segnalazioni che ci provenivano o da autorità straniere o addirittura dai consorzi. Molte attività delle DDA sono nate proprio da atti di impulso che ha fatto il procuratore nazionale sulla base di informazioni, per esempio, provenienti dal consorzio Polieco. Al di là di questo, si è anche tentato un approccio diverso. Si è tentato di richiedere alle procure circondariali la trasmissione di tutti gli elenchi dei procedimenti concernenti le violazioni contravvenzionali più rilevanti, quelle che sono indice sintomatico di eventuali attività di traffico organizzato. Inoltre, in virtù dell'introduzione della legge 68 del 2015, è stata prevista normativamente la segnalazione della pendenza di tutti i procedimenti concernenti le nuove fattispecie di illecito ambientale. Tuttavia, in concreto, a fronte della ricezione di tutte queste informazioni, il procuratore nazionale non è stato messo nelle condizioni di svolgere un'efficace attività di coordinamento, perché il coordinamento della DNA del procuratore nazionale è operativo solo ed esclusivamente nell'ambito dei reati di competenza delle direzioni distrettuali antimafia. Nonostante sia stato previsto la l'obbligo di trasmissione di queste informazioni, non è stato previsto il coordinamento in materia di illeciti ambientali. In sostanza, una volta che queste informazioni pervengono alla DNA non sono suscettibili di ulteriori approfondimenti, se non quando si verifica la correlazione tra indagini in materia ambientale di competenza ordinaria e indagini di criminalità ambientale e di traffico organizzato attribuite alla competenza delle DDA, perché quella è l'unica ipotesi. In alcuni casi abbiamo anche effettuato delle riunioni di coordinamento estendendo la partecipazione alle procure ordinarie per favorire uno scambio di informazioni, ma un vero e proprio potere di coordinamento del procuratore nazionale antimafia in questa materia non è stato normativamente previsto. A mio avviso i due problemi essenziali sono quelli della natura contravvenzionale dei reati spia e della mancata esistenza di forme di coordinamento normate. Che cosa succede nella prassi? Nella prassi, grazie all'iniziativa dei singoli uffici giudiziari si è cercato di realizzare delle forme spontanee di collaborazione attraverso la predisposizione di protocolli a livello distrettuale, ma non in tutti gli uffici questo strumento è stato realizzato. Le esperienze sono molto più numerose rispetto a quelle del passato. Infatti, in origine erano veramente pochi gli uffici che avevano realizzato questi protocolli, mentre adesso si sta sempre di più facendo ricorso a questo strumento. Tuttavia, vi dico che io sono arrivata da pochi mesi a Taranto e ho constatato che non esiste alcun protocollo in materia ambientale, anzi, mi sto attivando per poterlo realizzare al più presto e per condividere le informazioni con la DDA. Ultimissimo problema è quello della cooperazione internazionale. È un'altra criticità perché il traffico organizzato ha assunto sempre maggiore connotazione transnazionale, ma gli strumenti per potere realizzare un efficace contrasto sono pochissimi, poiché non c'è una omogeneità degli ordinamenti e molto spesso è difficile riuscire a costituire squadre investigative comuni, perché manca nell'altro Paese lo stesso titolo di reato. È indispensabile attivare e ricorrere, per esempio, ad Eurojust e mettersi subito in contatto con i magistrati di quei Paesi per individuare possibili forme di collegamento investigativo perché possano essere di utilità al perseguimento di questi reati transnazionali. Spero di aver detto l'essenziale.

  PASQUALE FIMIANI, Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale. Grazie. Poi torneremo su questi temi, anche perché ve ne sono altri che affronteranno i colleghi e faremo il punto per eventualmente integrare queste informazioni che stiamo dando. Adesso darei la parola ad Alessandra Dolci, procuratore aggiunto DDA Milano per completare i temi che ha affrontato la collega Pontassuglia. Prego.

  ALESSANDRA DOLCI, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale Pag. 7di Milano. Saluto il presidente, i componenti della Commissione e i colleghi. Mi ricollego immediatamente alle questioni che ha posto alla nostra attenzione la collega Pontassuglia.
  Il primo tema è la difficoltà di coordinamento, che effettivamente è un tema centrale. A questo proposito sottolineo che la procura distrettuale di Milano ha aderito nel 2019 a un protocollo di intesa, un protocollo di coordinamento delle indagini in materia ambientale promosso dal procuratore generale di Milano, a cui hanno aderito tutte le procure circondariali. È un protocollo estremamente efficace negli intendimenti di tutti coloro che lo hanno sottoscritto, che prevede una sinergia, quindi una trasmissione di informative e di segnalazioni in tema di reati ambientali da parte dei procuratori circondariali al distrettuale e viceversa e che prevede in particolare un primo intervento nel caso di incendio di siti autorizzati alla gestione dei rifiuti, piuttosto che di siti abbandonati colpiti dal fenomeno degli incendi. In effetti, è da sottolineare che il nostro distretto è stato caratterizzato nell'arco temporale tra il 2015-2016 e il 2018-2019 da un'emergenza dell'incendio che colpiva siti autorizzati alla gestione dei rifiuti, titolari di una autorizzazione in via semplificata, piuttosto che siti dismessi, riempiti di rifiuti, a cui poi veniva dato fuoco con fenomeni veramente impattanti anche sulla popolazione circostante. Il tema degli incendi era un tema centrale che ha portato alla stipulazione di questo protocollo. Il protocollo prevede anche la creazione di una sorta di banca dati comune, condivisa tra la procura distrettuale e le circondariali, e infine ciascuno dei sottoscrittori si impegna a sensibilizzare le prefetture del circondario, con riferimento in particolare al censimento dei siti dismessi, che sono capannoni abbandonati, e con riferimento alla presenza di discariche e di siti di raccolta e stoccaggio rifiuti. Nei suoi intendimenti il protocollo era perfetto, però vi devo dire che, per quella che è la mia esperienza personale, ne è stata data attuazione nel primo periodo di applicazione, ma ad oggi gli scambi con le procure circondariali di informative e segnalazioni in materia di reati ambientali in realtà sono diventati minimali. I procedimenti in tema di traffico illecito di rifiuti della Direzione distrettuale antimafia di Milano nascono essenzialmente da indagini in materia di criminalità organizzata e solo nella prima fase hanno trovato origine da segnalazione dei procuratori del circondario. Anche qui sottolineo quello che ha già evidenziato la collega Pontassuglia. Il coordinamento sostanzialmente è rimesso a forme spontanee o alla buona volontà dei singoli e questo francamente diventa di ostacolo a una efficace attività di contrasto dei reati ambientali. Il tema di un intervento sull'articolo 118-bis, disposizioni di attuazione, che peraltro fa riferimento all'articolo 407, comma 2, lettera a), norma che non ricomprende l'articolo 452-quaterdecies, è un tema quanto mai attuale. A parer mio, il collegamento dovrebbe essere normato e non rimesso a iniziative spontanee dei singoli uffici giudiziari. Un altro tema posto in evidenzia dalla collega Pontassuglia è quello del carattere transnazionale dei fenomeni di criminalità ambientale. Noi ne abbiamo avuto contezza in recentissime indagini che hanno visto il coordinamento a opera di Eurojust con la partecipazione della Procura nazionale e il coinvolgimento di numerose autorità straniere, in particolare autorità di Paesi dell'Est europeo. Sostanzialmente abbiamo documentato tre fasi nelle nostre attività investigative sul traffico illecito dei rifiuti: una prima fase in cui i rifiuti, tendenzialmente provenienti dalla Campania, venivano stoccati in siti regolarmente autorizzati in territorio lombardo, piuttosto che addirittura del tutto illecitamente accumulati in capannoni dismessi, siti che poi venivano dati alle fiamme; una seconda fase in cui cartolarmente i rifiuti dal Sud salivano verso la Lombardia, verso siti autorizzati, ma nella sostanza questi rifiuti facevano un procedimento diverso, cioè dalla Campania finivano direttamente in discariche abusive site in Calabria e in questo caso abbiamo avuto un proficuo collegamento, per esempio, con la procura circondariale di Lamezia Terme e successivamente con la Direzione distrettuale antimafiaPag. 8 di Catanzaro, quindi con un intervento comune sinergico; una terza fase in cui, invece, i traffici hanno assunto carattere di transnazionalità, soprattutto con riferimento a tratte che portano i rifiuti dalla Campania verso i Paesi dell'Est Europa, verso la Repubblica Ceca, verso la Croazia e verso la Bulgaria. Devo dire che vi è stata una notevole collaborazione delle autorità straniere coinvolte nel coordinamento investigativo ed è stata creata una squadra investigativa comune con la Bulgaria.
  Il tema è quanto mai attuale e delicato, perché effettivamente non vi è una uniformità normativa nei Paesi della comunità europea in materia di reati ambientali. Posso pensare, per esempio, al caso della Repubblica federale tedesca, con cui pure ci siamo coordinati in tema di traffico illecito di rifiuti. In questo caso si trattava di materiali ferrosi, però per loro il traffico illecito di rifiuti non è tra i reati presupposti del riciclaggio. Nell'indagine in questione nella Repubblica federale tedesca, a Monaco, venivano riciclati significative somme di denaro, nell'ordine di milioni di euro, e i colleghi tedeschi procedevano per riciclaggio. Il traffico illecito per loro non può essere reato presupposto del riciclaggio. Quindi, non vi è un'armonia legislativa che consenta un efficace contrasto. Un altro aspetto che sinceramente intendo portare alla vostra attenzione è rappresentato dalla circostanza che l'Unione europea ha messo i reati ambientali tra le priorità delle emergenze criminali che colpiscono i Paesi dell'Unione e ha creato i progetti denominati «EMPACT (European multidisciplinary platform against criminal threats)». Per esempio, vi è un progetto EMPACT che riguarda indagini che presentano collegamenti tra i Paesi dell'Unione in materia di criminalità mafiosa e vi è un analogo progetto EMPACT environmental crime che riguarda i reati ambientali. Nel primo caso, ovvero il progetto EMPACT in materia di criminalità mafiosa, il leader dell'iniziativa, che comporta un coordinamento investigativo efficace con riferimento a una serie di procedimenti individuati dalle diverse autorità coinvolte, è la nostra Procura nazionale antimafia. Nel caso, invece, dei reati ambientali il coinvolgimento ha riguardato solo e soltanto le polizie giudiziarie, quindi per parte italiana il NOE (Nucleo operativo ecologico), Europol e Interpol. Io credo che sia indispensabile una maggiore sensibilizzazione sul profilo della cooperazione internazionale da parte delle autorità giudiziarie straniere. Occorre una maggiore sensibilizzazione e collaborazione che non può prescindere, per esempio, dal prevedere una messa a fattore comune attraverso banche dati da realizzare riguardanti i crimini ambientali. Per la parte che ci riguarda, per esempio, penso alla creazione di una partizione della banca dati che raccoglie tutte le informazioni delle distrettuali presenti sul territorio nazionale, una partizione dedicata al traffico illecito dei rifiuti, che dovrebbe prevedere una implementazione anche in tema di reati ambientali dei procuratori circondariali, ma penso anche a iniziative analoghe a livello europeo, perché nelle indagini che noi abbiamo condotto, che hanno coinvolto i Paesi dell'Est Europa che ho citato poc'anzi, per esempio, i siti di destinazione che risultavano cartolarmente e che accompagnavano i carichi di rifiuti erano siti di destinazione o assolutamente falsi oppure erano siti di destinazione relativi a società già coinvolte in attività investigative da parte di quelle autorità. Una messa a fattor comune di una serie di elementi investigativi sarebbe veramente fondamentale. A parer mio, il presente e la proiezione futura dei traffici illeciti di rifiuti riguarda preminentemente il profilo di carattere internazionale. Inoltre, segnalo che è indispensabile una collaborazione e una sinergia con le autorità amministrative. In effetti è stata data attuazione all'ultimo punto previsto dal protocollo che ho citato all'inizio del mio intervento, che riguarda la sinergia con le prefetture, perché il fenomeno degli incendi dolosi che hanno caratterizzato il nostro territorio nell'arco temporale 2016-2019 è in drastico decremento, grazie anche all'intervento sinergico non solo distrettuale di Milano che rappresento, ma anche per l'intervento coordinato delle prefetture presenti nel distretto, delle agenzie di contrastoPag. 9 sui reati ambientali e degli enti territoriali coinvolti. È stato importantissimo partecipare a più comitati per l'ordine e la sicurezza pubblica presso le diverse prefetture che hanno consentito innanzitutto di realizzare il censimento di tutti i siti dismessi che potevano essere obiettivo di future azioni delittuose e di creare una banca dati a cura della Regione che contiene la geolocalizzazione di tutti i siti in possesso di autorizzazioni alla gestione e al trattamento rifiuti. Questa banca dati regionale, per esempio, contiene anche aspetti secondo me ancora più significativi dal punto di vista investigativo, perché contiene riferimenti ai controlli che sono stati operati nei siti autorizzati e contiene anche la documentazione afferente a tutti i profili di carattere amministrativo, quindi le autorizzazioni e le fideiussioni.
  Sul tema delle fideiussioni, per esempio, è importante fare una riflessione perché nelle nostre investigazioni abbiamo riscontrato che le fideiussioni spesso sono assolutamente inadeguate dal punto di vista economico e che certamente non coprono il danno ambientale, ma l'aspetto ancora più allarmante è che in alcuni casi le fideiussioni si sono rivelate false. Il fatto di aver creato una banca dati in un arco temporale limitato che ci consente di dare una immediata risposta investigativa a quelle che possono essere le emergenze – all'epoca gli incendi dolosi e oggi ancora la gestione illecita di siti regolarmente autorizzati – per noi è stata veramente importante. Un ulteriore aspetto emerso all'esito di quegli incontri coordinati dalle prefetture è la circostanza, per esempio, che è stato individuato un modello di scheda relativa ai controlli effettuati sui singoli siti verificati da parte degli enti preposti, quindi una scheda di verifica con degli elementi comuni inserita in questa banca dati. Nel caso di criticità e nel caso in cui vi siano motivi per procedere all'attività investigativa, questa scheda ci fornisce immediatamente dei dati significativi dal punto di vista delle indagini con riferimento al rispetto o meno delle prescrizioni autorizzative e con riferimento al riscontro di violazioni di carattere contravvenzionale che per noi sono importantissimi come reati spia del traffico illecito di rifiuti. La nostra esperienza è quella di valorizzare la collaborazione tra autorità giudiziarie all'interno del distretto ed extradistrettuali, ma anche di creare delle sinergie con le autorità amministrative, perché io sostengo da sempre che l'attività di prevenzione in questo tema specifico dei reati ambientali sia fondamentale. Sempre ricollegandomi al tema della natura transnazionale assunta ormai dal traffico illecito di rifiuti, ritengo sia altrettanto importante creare un link con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, perché i controlli operati su carichi di rifiuti che sono in transito dai confini nazionali diventano assolutamente fondamentali per intervenire tempestivamente e svelare questi traffici illeciti. Credo di avere esaurito i 15 minuti a mia disposizione, ma mi riservo poi di partecipare al secondo giro di riflessioni. Grazie.

  PRESIDENTE. Mi permetto di sottolineare che in tema di incendi la Commissione già dal 2015 o dal 2016 si è interessata da subito a questo fenomeno, ha capito l'importanza e l'ha posta all'attenzione del Parlamento. La stessa cosa vale per quanto riguarda le fideiussioni, poiché abbiamo recentemente fatto una relazione e adesso ne stiamo preparando una che secondo me sarà interessante, perché abbiamo fatto una fotografia – sono due o tre anni che ci stiamo lavorando – di tutti i siti di smaltimento, rifiuti e discariche in tutta Italia. Abbiamo capito che nessuno, nemmeno le Regioni stesse, aveva mai fatto un'analisi così accurata per quanto riguarda le fideiussioni e credo che la maggior parte di questi siti non abbiano le fideiussioni come la norma prevede. A breve licenzieremo questa relazione.

  PASQUALE FIMIANI, Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale. Mi pare che siano stati evocati due profili specifici di criticità: il primo è quello relativo alla fruibilità di informazioni certe e disponibili per il sistema, quindi quello Pag. 10delle banche dati, sul quale sto per dare la parola al collega Alberto Galanti; il secondo è quello dei controlli e delle polizie giudiziarie, sul quale successivamente prenderà la parola il collega Renato Nitti. Chiuderà poi il collega Airoma per quanto riguarda un'esperienza di collegamento con il territorio, perché anche il rapporto con le istituzioni nel loro complesso e con le situazioni locali è fondamentale per le procure. Si parla sia a livello europeo che a livello insieme di accountability, cioè di responsabilità della collettività di riferimento e queste esperienze di cui ci parlerà il collega Airoma si muovono proprio in questa direzione. Voglio ricordare che il tema della responsabilità, del rendere conto alla collettività è un tema che è stato profondamente esaminato dal Consiglio consultivo dei procuratori europei. Recentemente abbiamo avuto anche un incontro con la Procura europea, perché noi come Procura generale siamo l'autorità nazionale che si interfaccia con la Procura europea, tema sul quale probabilmente il 22, nel successivo incontro, vorrei parlare per tirare anche un po' le fila su questi spunti che stanno venendo. Do la parola adesso al collega Galanti sul tema delle banche dati e le indagini.

  ALBERTO GALANTI, Procuratore DDA della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Buonasera a tutti, grazie dell'invito. Il tema delle banche dati è di estrema importanza nella materia di cui io mi occupo quotidianamente, che è quella degli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti, ma non solo, perché come è stato già sottolineato, una delle principali criticità che incontriamo è quello di questa sorta di split, di divisione che c'è tra il delitto di attività organizzate del traffico illecito di rifiuti, che è di competenza distrettuale e gli altri delitti e le contravvenzioni, che invece non lo sono. Questo si riflette chiaramente anche sulla raccolta e poi circolazione delle informazioni, perché mentre i dati relativi ai procedimenti per il delitto di traffico illecito di rifiuti – chiamiamolo così sinteticamente – confluiscono nella banca dati Sidda/Sidna, altrettanto non possiamo dire per quello che riguarda gli atti relativi, ad esempio, all'inquinamento, al disastro ambientale o anche a gravi episodi criminosi che però trovano la pena esclusivamente in contravvenzionale. Va anche detto che un limite endemico – non è colpa né della DNA né del Sidda/Sidna – è che quando si vanno a impostare le ricerche in materia ambientale c'è tanto cosiddetto «rumore», nel senso che escono fuori spesso risultati che sono inconferenti rispetto all'oggetto della ricerca, perché chiaramente la banca dati è enorme, contiene tantissime informazioni, quindi anche solo la selezione di quelle rilevanti spesso è estremamente complicato, anche per gli utenti esperti. Questo è un primo problema. Poi c'è un problema di carenza di informazioni che riguardano sia l'assetto del territorio, che i soggetti che operano nello specifico settore della gestione ambientale. Questo è un tema che abbiamo affrontato anche nell'ambito dei lavori della Fondazione Occorsio con il gruppo dei lavori che si occupava dei rapporti tra intelligenza artificiale e i reati ambientali, coordinato proprio da Pasquale Fimiani e dal collega della procura di Napoli, dove abbiamo evidenziato che ci sono una serie di banche dati che sono in corso di realizzazione e due forse sono in assoluto le più importanti. La prima è una missione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che è la L4C2, che intende sviluppare un sistema avanzato di monitoraggio integrato del territorio che fotografi proprio tutto il territorio in tempo reale, anche ai fini della prevenzione e repressione dei reati ambientali. La seconda sarà l'avvio a regime del cosiddetto «Ventri», che andrà a sostituire il Sistri, che è di estrema importanza perché, da quello che ho letto, dovrebbe essere articolato in due sezioni: la prima dovrebbe contenere tutti i dati relativi alle autorizzazioni e alle iscrizioni dei soggetti che operano nel settore della gestione dei rifiuti, mentre il secondo dovrebbe contenere e aggiornare in tempo reale l'elenco sia dei registri di carico e scarico delle imprese che operano in questo settore e anche i formulari di identificazione dei rifiuti in formato elettronico. Aggiungo che dal punto di vista della repressione e della prevenzione un altro elementoPag. 11 importante sarebbe, per esempio, la previsione dell'obbligo per tutti i mezzi che effettuano trasporto di rifiuti di munirsi di un GPS (global positioning system), perché questo consentirebbe di evitare la prassi ormai diffusa da tanti anni di falsificare gli atti e mandare i camion attraverso altre strade, spesso verso siti di smaltimento abusivo, perché è ovvio che installiamo il GPS nel momento in cui iniziamo le investigazioni, quindi quando siamo già in una fase molto più avanzata dell'attività criminosa, ma nel momento in cui tutti i mezzi fossero dotati di GPS e questo fosse monitorato in sede centrale, chiaramente questo scoraggerebbe molto questo tipo di attività. Una cosa certa che sarebbe di estrema importanza sia dal punto di vista della prevenzione che dal punto di vista della repressione – qui mi aggancio a quanto già detto dalle colleghe – è la previsione di una implementazione del sistema di banche dati da un lato che consenta proprio specificamente nel settore ambientale di poter interfacciare una serie di banche dati, quella sul territorio, quella dell'Agenzia delle dogane, magari se ci fosse questa cosa del GPS, i sorvoli sul territorio fatti tramite droni o addirittura tramite elicotteri o aerei dotati di termoscanner che sono in grado di individuare la variazione della temperatura del terreno e verificare se vi sono stati interrati rifiuti e così via. Lo step successivo sarebbe, come previsto da questi studi sull'intelligenza artificiale, munire questa banca dati di una sorta di intelligenza artificiale che sia in grado poi di effettuare ricerche mirate e di estrapolare da tutte le banche dati una serie di informazioni tra loro correlate, che poi l'operatore metterebbe a sistema. Dal punto di vista delle banche dati questo sarebbe un vantaggio incredibile. Poi resta il problema di fondo, che è quello della necessità di uniformare anche le competenze relative a tutti i reati, almeno ai delitti in materia di ambiente. Questo è un tema ordinamentale e istituzionale che non dipende ovviamente da me, però effettivamente c'è un po' un deficit di conoscenza e anche di coordinamento dovuto al fatto che la DNA opera solamente in coordinamento per il 452 quaterdecies e non per gli altri reati. So che tra le varie ipotesi allo studio c'era quella di potenziare l'attività della DNA e che secondo altri addirittura è opportuno creare un Procuratore nazionale per i reati ambientali, ma queste sono cose che sfuggono alla mia competenza. Per quanto riguarda le banche dati avrei finito, Pasquale. Se mi vuoi far dire qualcosa sul secondo problema, cioè quello sulla uniformità di applicazione della legge, continuo, se no intervengo dopo. Questo è un problema che a me sta particolarmente a cuore, perché chi come noi si occupa di reati ambientali quotidianamente deve scontare una considerazione un po' triste, cioè che l'implementazione della normativa in materia ambientale, soprattutto ovviamente per effetto della legge 68 del 2015, ha creato un sistema in cui noi abbiamo un delitto molto importante che addirittura è entrato in competenza distrettuale, poi abbiamo l'avvelenamento delle acque che quasi sempre riguarda le falde acquifere per effetto delle condotte di inquinamento e che, se commesso in forma dolosa, addirittura è di competenza della corte d'assise, e altri reati come l'inquinamento e il disastro ambientale che passano attraverso il GIP (giudice per le indagini preliminari), che quindi vedono coinvolti, oltre al pubblico ministero, il GUP (giudice dell'udienza preliminare), il GIP e poi il dibattimento. A fronte di questa situazione a livello di competenze e tutto l'arsenale investigativo che abbiamo nelle procure e poi a cascata nei dibattimenti, come la possibilità di fare le intercettazioni con l'articolo 13, le misure di prevenzioni patrimoniali eccetera, purtroppo rileviamo che, salvo i casi in cui qualche dirigente illuminato non decida altrimenti, non è previsto normativamente l'obbligo di istituire sezioni specializzate che si occupino di criminalità ambientale e il deficit culturale, soprattutto dei giudici – non per colpa loro, ma perché è una materia estremamente complicata, che richiede una applicazione quotidiana e continua – è un problema con cui noi spesso ci confrontiamo, perché è vero che il giudice è soggetto soltanto alla legge, ma è ovvio che una formazione di base comune sicuramente Pag. 12aiuterebbe una uniforme applicazione della legge. In questo senso, per esempio, la proposta di modifica della direttiva dell'Unione europea in materia di illeciti ambientali non solo sottolinea questo problema di mancanza di formazione specifica materia ambientale, ma l'articolo 17 della proposta prevede proprio che ci sia una formazione specializzata sia dei pubblici ministeri che dei giudici, ma anche degli investigatori per quanto riguarda i reati ambientali. Secondo me questo sarebbe un passaggio ulteriore. Come ci sono le sezioni specializzate in materia di codice rosso, piuttosto che reati di pubblica amministrazione, o di economia, avere nei tribunali delle sezioni specializzate che si occupano di reati ambientali a mio parere farebbe fare veramente un grande passo avanti al nostro Paese. Grazie.

  RENATO NITTI, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani. Grazie. Ringrazio il collega Fimiani, i presenti, il presidente e la Commissione per questa attenzione a questa tematica dal nostro punto di vista. Vorrei subito dire che è a tutti noto che se vogliamo parlare di rifiuti, dobbiamo parlare di filiere. Molte delle tematiche di cui abbiamo parlato attengono alla filiera dei rifiuti urbani e in particolare al problema che è diventato centrale, cioè di una enorme quantità di differenziata che siamo in grado di realizzare e di una scarsa qualità della differenziata.
  Tutto il tema degli incendi dei capannoni ruotava, ruota e ha ruotato per lungo tempo prevalentemente sulla filiera dei rifiuti plastici, sul cui accumulo in realtà abbiamo per oltre un ventennio in qualche modo speculato sull'esportazione verso l'estremo Oriente. Il 2018 segna una linea di spartiacque, poiché da quel momento in poi la Cina blocca le frontiere e da quel momento in poi vanno in crisi tutti i nostri sistemi che non avevano il ciclo chiuso, come l'Italia, ma anche gran parte dell'Europa e degli Stati Uniti d'America. Questo determina il problema dei capannoni e per questo ne parlo subito. Le seppur poche riunioni dinanzi al Procuratore nazionale antimafia, a cui ha fatto riferimento Eugenia Pontassuglia ci hanno consentito di intuire e di capire meglio quello che stava accadendo, ovvero un mercato completamente impazzito, in cui non esiste più un nord, un sud, un est o un ovest all'interno della nazione, con una regione spazzatura o una regione discarica finale, ma con tutte le regioni in qualche modo coinvolte, sia come luogo di provenienza che come luogo di destinazione. In particolar modo poiché le destinazioni preferite in quel periodo erano i capannoni, questo spiega anche molto della destinazione preferita della Lombardia che tante opportunità in più offriva. Perché dico questo? Dico questo perché è venuta fuori una figura trasversale in tutte le indagini, che è quella del problem solver, dell'intermediario, persona che sia che operi in Puglia, sia che operi in Toscana, sia che operi in Veneto, ha contatti con tutto il resto d'Italia, cerca luoghi di destinazione in tutto il resto d'Italia e si muove in tutto il resto d'Italia. Questo significa che contemporaneamente ha aperti una quantità di canali su più regioni. Stare dietro a soggetti così diventa estremamente complicato, se si arranca con le questioni di competenza, perché si tratta di stabilire a quel punto chi deve procedere per costui. Il rischio di perdere la competenza è enorme, ma il rischio, che secondo me è anche peggiore, di non fare le indagini perché ci si reputa incompetenti è dietro l'angolo. Di fronte a questa situazione tutto il sistema investigativo nazionale in qualche modo è stato messo alla prova. Ho fatto questa premessa per indicare quelli che a mio avviso sono i punti di forza del nostro sistema e quelli che sono i punti di debolezza. Sono presenti sia Pasquale Fimiani che Pietro Molino, i quali entrambi sono stati protagonisti come esperti nazionali della esperienza dell'ottavo giro Genbal voluta dal Consiglio europeo. Entrambi hanno potuto valutare anche altri Stati dell'Europa e se sono giunti alle medesime conclusioni a cui sono arrivato anche io per gli altri Stati che a me è capitato di valutare, l'Italia ha una capacità di lettura dei fenomeni che è straordinariamente superiore. Concorrono nel dare questa capacità di lettura sia il fatto che abbiamo un'autorità Pag. 13giurisdizionale indipendente, sia il fatto che abbiamo una Commissione parlamentare che si dedica specificamente a questo tema e sia il fatto che forse siamo l'unico Stato al mondo in cui c'è un rapporto Ecomafia qual è quello di Legambiente. Tutti questi fenomeni poi portano a dare una chiara chiave di lettura, ma anche essere additati, a mio avviso ingiustamente, come se fossimo gli unici che commettono ecoreati. In questa chiave di lettura sull'importanza del leggere complessivamente quello che avviene mi tocca dire che abbiamo sviluppato una capacità investigativa straordinaria, con una forte verticalizzazione che premierebbe anche il ruolo della DNA, ma in questo momento abbiamo grandi ragioni di stress come quelle che si diceva prima – credo che ne abbia parlato anche Eugenia Pontassuglia –, ovvero che, per quello che ho potuto verificare, le DDA hanno strumenti investigativi che non ha nessun altro pubblico ministero forse al mondo in materia ambientale, ma nelle DDA non si arriva necessariamente per essere bravi magistrati in materia ambientale, anzi quasi mai chi arriva alla DDA è competente in materia ambientale. Come diceva Eugenia Pontassuglia, è assai facile che nelle DDA i traffici di rifiuti non vengano considerati un reato di primo ordine. Ovviamente abbiamo sentito prima l'esperienza di Milano, che ha potuto dedicare magistrati specifici e competenti a quelle indagini, ma non sempre questo può avvenire. Sicuramente avviene a Roma, ma non dappertutto vi è la medesima impostazione. Questo è un fattore di debolezza che va considerato.
  Accanto a questo fattore di debolezza vi è anche il fatto stesso che le procure ordinarie oggi di fatto non mandano più avanti indagini che consentono di arrivare al traffico di rifiuti. Dovrei dire che questo è il limite del sistema giudiziario sotto il profilo dell'attuale distribuzione delle competenze, ma prima ancora del sistema giudiziario, vi è la rete dei servizi di Polizia giudiziaria. Io ho un censimento delle notizie di reato in materia di violazione del Testo unico ambientale nel mio circondario e il numero di notizie di reato che arriva dai servizi di Polizia giudiziaria è vergognosamente basso. Proviamo anche a fare corsi di formazione, a dare indicazioni e via discorrendo, ma il tema cruciale adesso è il netto indebolimento rispetto ad alcuni anni fa della rete dei servizi di Polizia giudiziaria. L'accorpamento del Corpo forestale dello Stato non ha ancora dato quel risultato di rafforzamento della strategia investigativa che qualcuno sperava che vi fosse, anzi se si vanno a censire, sarebbe utile chiedere quante sono le notizie di reato che spontaneamente le stazioni dei carabinieri forestali oggi mandano in qualsiasi tema del reato ambientale e del delitto penale dell'ambiente, ma temo che i numeri potrebbero provocare anche qualche imbarazzo, nella misura in cui quello che prima era un presidio, una sentinella costante quantomeno sui reati paesaggistici, oggi non svolge con la medesima costanza quel tipo di lavoro. I NIPAF (Nuclei investigativi di polizia ambientale e forestale), che sono i nuclei investigativi presso i carabinieri forestali provinciali, di fatto hanno un numero di risorse così basse che pensare di rifare oggi quelle indagini sui traffici di rifiuti che avevamo cominciato a fare prima dell'accorpamento è pressoché impensabile. Il Comando tutela ambiente deve necessariamente essere potenziato e a mio avviso siamo in una situazione di limbo, in cui non si è ancora valorizzato completamente questo accorpamento, quindi non si è ancora rilanciata la strategia di contrasto di questi reati. Lo dico con profondo dispiacere nella misura in cui io per molteplici anni ho fatto indagini, come tutti i colleghi che vedo collegati, avvalendomi del Nucleo operativo ecologico e delle stazioni del Comando del Corpo forestale dei carabinieri. Oggi questo non è più come una volta, non può avvenire più come una volta e questo inevitabilmente va considerato. Si aggiunge che devono essere superate alcune distonie che a volte si verificano in area portuale tra Guardia di finanza e Agenzia delle dogane. Questo è un tema fondamentale. Nel territorio di Bari – prima ero in forza alla Direzione distrettuale antimafia di Bari – abbiamo avuto esperienze assolutamente meritorie di collaborazione, ma anche esperienze meno significative da questoPag. 14 punto di vista. In questo bisogna necessariamente superare il dualismo e arrivare a una forte collaborazione. Quello che è in grado di fare la Finanza su questi reati è straordinario, perché sono in grado di sviluppare tutti i livelli del protocollo investigativo completo in materia ambientale – 231, sequestri per equivalente, sequestro per sproporzione e via discorrendo – e quello che è in grado di dare l'Agenzia delle dogane lo ha dimostrato con l'ufficio intelligence, che consentiva a ciascuno di noi di indicare degli alert, per cui qualunque porto avesse impegnato una società di spedizione ci era data la possibilità di intervenire immediatamente. Occorre, quindi, un rafforzamento, dando a ciascuno il merito che ha. Poi credo che vi sia un ulteriore impedimento e forse su questo tema la Commissione può dire qualcosa. È a tutti noto che il regolamento 1013 in materia di spedizione transfrontaliere aveva intuito bene all'articolo 50, se mal non ricordo, sulla necessità che le ispezioni portuali non fossero le ispezioni fatte al porto. Sappiamo bene che hanno uno scarso significato e possono essere fatte in pochissimi casi e quasi mai approdando a esiti particolarmente favorevoli, se non con un po' di fortuna. Lo stesso regolamento diceva che le ispezioni sono anche controllo dell'intero ciclo a monte e a valle. Nel varare il Piano nazionale delle ispezioni con il decreto ministeriale 12 dicembre 2016, il Ministero dell'ambiente ha messo in campo una strategia che prevede un numero totale di controlli e di ispezioni di 100. Se andiamo a dividere queste 100 ispezioni tra le nostre Regioni, tra le nostre province e tra servizi di Polizia giudiziaria di ciascuna provincia, penso che significhi che meno di una unità a testa deve essere fatta di ispezioni. Se poi si considera che quel piano delle ispezioni indica come priorità nelle ispezioni esattamente l'ispezione delle spedizioni che seguono il maggiore rigore formale, quindi quelle che vanno a notifica, consenso e autorizzazione, va da sé che andiamo a controllare quelli che sono più rigorosi, e non controlliamo quelli che sono meno rigorosi. È evidente che è un decreto votato a non ottenere alcun risultato specifico. Con tutto questo, e nonostante evidenzi questa sequenza di debolezze, continuo a ritenere – non so se Pasquale Fimiani e Pietro Molino hanno raggiunto il medesimo convincimento – che abbiamo una strategia di contrasto che non ha eguali in Europa, capacità di lettura dei fenomeni, ma anche capacità di contrastarli. Questo è un dato positivo, ma l'accentuata verticalizzazione che abbiamo raggiunto nella struttura di contrasto con le DDA e il ruolo per me importante della DNA, sebbene esercitato ancora in poche occasioni, deve fare i conti con una struttura di base e rete dei servizi di Polizia Giudiziaria debolissima. Non ho detto, ma credo che la Commissione che da tanto che si occupa di questi temi già lo sa, che se anche il sistema agenziale, quindi le ARPA (Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente) in sostanza, attuasse le norme previste in materia di nomina degli ufficiali di Polizia giudiziaria sarebbe cosa buona e giusta e sarebbe cosa che il legislatore ha già ritenuto buona e giusta, e quindi semplicemente da eseguire.

  PASQUALE FIMIANI, Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale. Molto bene, grazie. I temi sono tanti. Sapete che questa audizione è divisa in due parti e nella seconda parte il 22 faremo una relazione di sintesi sui punti che sono emersi oggi e poi con il presidente vedremo che tipo di seguito dare, anche perché le iniziative su questi temi che intendiamo prendere sono proprio nel senso di fare parlare meglio tra loro i vari attori e di fare emergere delle criticità, che spetterà poi al decisore politico provare a risolvere e di criticità ne sono emerse diverse. Concordo sul fatto che noi abbiamo un sistema molto puntuale di accertamento e di previsione di illeciti. Probabilmente all'estero hanno un sistema amministrativo più efficiente e una burocrazia che funziona, che è rapida nel decidere e questo certamente può essere un elemento positivo anche di prevenzione indiretta degli illeciti. Do la parola adesso al collega Airoma, procuratore di Avellino, che ci parlerà della sua esperienza, anche Pag. 15quando era a Napoli Nord, se ricordo bene. Successivamente darò la parola al collega Pietro Molino, che quando era al Massimario, è stato il redattore della relazione di commento alla legge n. 68. Lui si prepara e do la parola al collega Airoma.

  DOMENICO AIROMA, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino. Sì, buonasera. Ringrazio il collega Fimiani, saluto il presidente della Commissione e tutti quanti i colleghi in ascolto. Desidero raccontarvi brevemente una esperienza investigativa che ho vissuto quando ero a Napoli Nord come procuratore aggiunto. La procura di Napoli Nord, come a tutti quanti noto, ha la competenza su un territorio che è tristemente conosciuto come la Terra dei fuochi. Il tema che abbiamo voluto e dovuto affrontare all'epoca con il procuratore della Repubblica e con i colleghi del gruppo specializzato per le indagini ambientali, andava al di là delle singole indagini. Avevamo a che fare con un territorio che era costantemente, purtroppo, interessato da roghi di rifiuti, tanto è vero che vi era la nomina, la designazione di un commissario speciale per l'emergenza roghi, con il quale peraltro la procura concluse un protocollo di intesa, un territorio che era stato interessato, nel passato, da svariati fenomeni di interramento di rifiuti, molti dei quali, come tutti sappiamo, gestiti dalla criminalità organizzata e soprattutto dal clan dei Casalesi, territorio che registrava e registra la presenza di molti opifici fantasma, dove il nero non è soltanto il colore del lavoro, ma si può dire anche di tutto quel sistema che gravitava in quei territori. A tutto questo si aggiunge un dato allarmante, ovvero la denuncia da parte di molti – associazioni, gruppi spontanei di cittadini e a volte anche mamme che purtroppo avevano perso i bambini in tenera età – di una presenza, di una incidenza di tumori che sembrava andasse al di là di dati corrispondenti alla media nazionale. Tutto questo in qualche modo ci ha indotto a porci un problema, che il collega Fimiani diceva prima di accountability, di dare una risposta sempre confacente alle competenze di un ufficio come è quello della procura della Repubblica, che ha come compito quello di fare indagini e di accertare reati, ma che si ponesse il problema di una indagine di contesto. Peraltro, il tema delle indagini di contesto è in qualche modo sollecitato e indotto anche dalla riforma della legge n. 68 del 2015, perché quando noi parliamo di disastro ambientale e si introducono nozioni come quella di deterioramento e compromissione, è evidente che tutto questo richiede anche un'indagine di contesto, ovvero sapere in quel territorio che cosa accade e che cosa è accaduto, quindi anche in qualche modo una radiografia storica di quel territorio. Il tema che ci siamo posti è quello di mettere insieme tutta una serie di dati, ma non soltanto dati investigativi, cioè quello che era stato fatto anche da altre procure, perché la procura di Napoli Nord succedeva in quei territori rispetto alla procura di Napoli e di Santa Maria Capua Vetere, ma anche chiedere altri documenti, grazie anche all'intervento della procura generale. Il tema, quindi, è di acquisire elementi informativi e investigativi che descrivessero la storia recente di quei territori e anche dati amministrativi dell'Agenzia di protezione dell'ambiente e di varie altre autorità amministrative. Qui mi piace aprire una rapidissima parentesi, perché il collega Fimiani giustamente faceva riferimento al fatto che noi siamo magari anche bravi a fare indagini e che forse magari sotto il profilo amministrativo qualcosa andrebbe rivisto. La mia personale esperienza è che molto spesso in questo settore, in quello ambientale, è talmente intricata la sovrapposizione delle competenze tra i vari organismi per cui talora è molto difficile stabilire chi è chiamato a fare cosa e non è un tema di secondo momento. Il problema che ci ponevamo è mettere insieme tutti quanti questi dati e incrociarli con altri dati, con quelli relativi alle patologie tumorali, quindi dati che erano contenuti nei registri dei tumori, che in quelle aree erano stati istituiti di recente e questo era già un problema. Volevamo acquisire i dati dei registri dei tumori e i dati dei ricoveri ospedalieri, delle SDO (scheda di dimissione ospedaliera). Per quale ragione? L'obiettivo che ci ponevamo era quello di provare a Pag. 16fare un incrocio tra i dati investigativi relativi ai roghi di rifiuti e alle attività di accertamento di reati in materia ambientale e provare a metterli in correlazione rispetto a dati patologici, alle patologie tumorali che si registravano in quei territori. In breve sintesi, volevamo provare a fare una sorta di cartografia del rischio sanitario collegato ai rifiuti. Questo è un aspetto importante almeno per due ordini di motivi. Il primo è cercare di dare una risposta alle comunità in termini di certezza, perché alcuni erano portati a forme anche di allarmismo e altri magari a una sorta di sottovalutazione del rischio sanitario. Il problema che ci ponevamo era anche quello di una risposta in termini di certezza, cioè dare una risposta fondata scientificamente. In secondo luogo volevamo anche provare a orientare al meglio l'iniziativa investigativa, cioè provare a orientare l'iniziativa investigativa verso quei focolai che maggiormente erano responsabili del rischio sanitario. Questo è un problema anche sentito in quell'area, ma non soltanto in quell'area. Nel momento in cui si pone una questione anche di priorità dell'iniziativa investigativa, sapere dove incominciare, cioè quali ambiti attaccare, perché maggiormente responsabili e maggiormente indicativi di una esposizione di pericolo delle comunità, credo che sia un grande ausilio per gli investigatori. Questo lavoro è stato fatto insieme con l'Istituto superiore di sanità e devo dire che dopo tre anni dall'inizio delle attività si è giunti a una elaborazione di una cartografia molto aggiornata con l'indicazione specifica di esposizione a rischio per le comunità e con l'individuazione di un nesso di correlazione tra determinati siti, determinate attività anche pericolose di trattamento di rifiuti e alcune patologie tumorali. Questo tipo di lavoro ha avuto un riconoscimento a livello internazionale come best practice ed è stato anche preso a modello in altri Paesi e a fine mese verrà anche presentato nell'Associazione epidemiologica italiana. Ripeto ancora una volta che è stato un lavoro che si è rivelato utile anche per noi investigatori, perché abbiamo avuto finalmente una cartina che ci ha detto dove bisognava in qualche modo orientare l'azione investigativa e dove bisognava orientare anche le risorse investigative, quali attività andare soprattutto a colpire.
  Credo che da questo punto di vista sia molto utile anche per l'autorità amministrativa, perché ha permesso di accertare tutta una serie di ambiti e di siti per i quali, in realtà, non si era proceduto minimamente a bonifica. Un altro tema importante che mi permetto di sollecitare all'attenzione della Commissione è il tema delle bonifiche. La cosa molto triste che ho sperimentato anche quando ero a Napoli Nord è che le uniche bonifiche fatte erano quelle che seguivano l'iniziativa della procura della Repubblica. Bonifiche fatte di iniziativa di altra autorità amministrativa, per la verità non le ho mai registrate. Questo lavoro fatto insieme all'Istituto superiore di sanità, che abbiamo poi provveduto a pubblicare e a spedire anche alle autorità amministrative competenti è certamente anche un notevole ausilio, perché potrebbe costituire una guida per bonificare quei territori che maggiormente lo richiedono, perché dà una indicazione del rischio sanitario. Dove devo bonificare prima? Devo bonificare innanzitutto quei territori per i quali ho accertato un nesso di correlazione significativa rispetto a patologie tumorali. Questa è una risposta importante che attendono le comunità e che, ripeto ancora una volta, è il necessario completamento rispetto all'iniziativa investigativa. Ho cercato di riproporre questo modello anche qui ad Avellino, perché sono problematiche in qualche modo analoghe, che riguardano la Valle del Sabato e tutta l'area sulla frana, che si ripercuote anche per il fiume Sarno più verso la costa napoletana, quindi anche in collegamento di indagine con la procura di Torre Annunziata. Concludo dicendo che certamente i delitti ambientali, gli illeciti ambientali hanno una componente fondamentale di transnazionalità. Quando sono stato impegnato in alcune missioni all'estero, soprattutto nei Paesi balcanici occidentali, ho purtroppo sperimentato con mano quanto fosse vera questa dimensione transnazionale dei crimini ambientali. Tuttavia, devo dire che c'è un altro aspetto, che Pag. 17pure è venuto fuori dalle relazioni puntuali dei miei colleghi, cioè l'aspetto transcircondariale dei crimini ambientali. È indispensabile affrontare questi delitti, questi illeciti, in una dimensione transcircondariale. È difficile che le violazioni ambientali si fermino rispettando i confini del circondario, quindi è indispensabile che ci sia una collaborazione, non soltanto tra le diverse procure circondariali, ma anche tra tutti quanti gli attori che hanno competenze in materia ambientale. Chiudo necessariamente e doverosamente facendo anche un plauso a quello che è stato fatto da parte dell'Istituto superiore di sanità. È un esempio di come possono funzionale al meglio le istituzioni del nostro Paese. Vi ringrazio.

  PASQUALE FIMIANI, Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale. Grazie davvero. Sottolineo come l'iniziativa di cui ci ha parlato il collega Airoma sia in qualche modo necessitata alla luce della legge n. 68 del 2015, perché i reati di inquinamento ambientale e di disastro ambientale comunque presuppongono un accertamento rispetto a una situazione pregressa e un deterioramento reversibile o irreversibile della situazione pregressa. Chiaramente la fotografia del territorio con gli strumenti che la tecnologia oggi ci offre è fondamentale. In questa prospettiva do la parola adesso al collega Molino che, come vi ho anticipato, studiò la legge n. 68 con una relazione del Massimario, dove all'epoca lui prestava servizio, ci farà alcuni riferimenti su come il tema investigativo e il tema della cooperazione e del collegamento investigativo si debbano necessariamente collegare all'evoluzione della giurisprudenza e farà alcuni esempi per fare capire come sia necessaria questa osmosi tra diritto e pratica, tra evoluzione giurisprudenziale e l'evoluzione tecnologica e scientifica, un unicum rispetto al quale occorre che nel nostro sistema, che non è un sistema in cui esiste un'autorità verticistica, ma che necessariamente richiede la collaborazione istituzionale, deve necessariamente essere sperimentato. Do la parola a Pietro Molino. Grazie.

  PIETRO MOLINO, Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione. Grazie, Pasquale. Grazie, presidente, per l'invito. Io sarò molto breve, perché veramente sono state molto stimolanti le considerazioni che sono state fatte dai colleghi. Cercherò semplicemente di ragionare sul fatto che queste criticità inevitabilmente sono suscettibili di ripercuotersi sul momento del controllo dell'accertamento fatto, che è quello del controllo giudiziale, alla luce di quella poca giurisprudenza che si è prodotta sul tema dei reati degli eco-crimini dalla legge n. 68 in poi, che è una giurisprudenza della Cassazione che, come sapete, è tutta fondamentalmente ancora incentrata sul momento cautelare, ma che qualche indicazione comunque la dà. I problemi che in sintesi sono stati segnalati sono in particolare: la mancanza di un meccanismo che segnali il collegamento della singola violazione contravvenzionale con il più grave reato di traffico illecito, quindi l'esistenza di un reato spia di qualcosa di più grande; la scarsa tenuta nel tempo di momenti di coordinamento che, nell'esperienza che abbiamo visto anche in questi anni, sono stati spesso rimessi a esperienze di collaborazione spontanea e non istituzionalizzata, ovvero i famosi protocolli; il problema segnalato della competenza frammentata, la DDA e la DNA, per il reato previsto dall'articolo 250, la corte d'assise per la questione dell'avvelenamento delle acque, la competenza radicata sul territorio per tutti quanti gli altri reati e le connesse difficoltà di coordinamento, che sono state sottolineate all'inizio dalla collega Pontassuglia, in applicazione dell'articolo 118-bis nonché, nonostante – mi fa piacere constatarlo – l'implementazione delle banche dati e la mancanza di una struttura istituzionale omogenea di banca dati di mappatura del territorio e dei siti che preveda in tempo reale il censimento dei siti e di tutte le situazioni che possono essere coinvolte inevitabilmente si riflettono, per esempio, per quanto riguarda il tema dell'ex articolo 260, oggi 452-quaterdecies sul problema dell'accertamento, perché, come diceva Renato Nitti, il tema è cambiato, non abbiamo più la possibilità di accertare una struttura Pag. 18organizzata e tutto sommato diuturna che continua a fare questi trasferimenti, ma spesso possiamo assistere a situazioni del tutto contingenti, dove c'è il problem solver. A fronte di una giurisprudenza della Corte di cassazione, che confrontandosi con una stesura della norma che è di difficile dimostrazione, poiché abbiamo una abitualità del reato e una struttura comunque organizzata, e di fronte a comportamenti fluidi come questi, che possono coinvolgere l'intervento di persone e di soggetti spesso di carattere transnazionale è evidente che se non abbiamo la possibilità di attivare dei meccanismi complessi di investigazione che facciano capo a livelli quantomeno di coordinamento sovrastrutturato rispetto all'azione delle singole procure, con tutti i problemi che sono legati al sottodimensionamento delle polizie giudiziarie, è evidente che questo si farà sempre con molta più fatica, confrontandosi con una giurisprudenza che lascia al giudice il compito di dire: «Guardate, qui non si è provato a sufficienza l'esistenza di un'attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, perché manca la dimostrazione, perché gli elementi investigativi acquisiti non riescono a provare il carattere dell'abitualità, perché non riescono a provare il carattere della strutturazione, perché non riescono a provare il momento organizzativo», tutte cose che nascono e derivano evidentemente anche da questi deficit di tipo strutturale e contenutistico delle polizie giudiziarie, dei servizi di Polizia, dei servizi delle procure, ma che si ripercuotono poi inevitabilmente sul momento finale e sul momento accertativo. Lo stesso dicasi per quanto riguarda gli altri reati della legge n. 68. Qui abbiamo una giurisprudenza della Cassazione che lascia anche spazio a diverse possibilità, perché non necessariamente individua l'esigenza di accertamenti di carattere addirittura necessariamente peritale per stabilire il grado di compromissione, di deterioramento della matrice ambientale, dell'ecosistema e di quant'altro, ma che comunque richiede una valutazione, come diceva il collega Airoma, quantomeno di quello che era il contesto generale che lascia e che affida all'investigatore, al pubblico ministero e al giudice che dovrà valutare la necessità di un controllo che non possa essere rimesso semplicemente al ripetuto superamento, per esempio, delle concentrazioni di soglia di rischio, ma che richieda un qualcosa di diverso. In questo senso, la giurisprudenza della Corte è molto puntuale nel dire: «Guardate, è un qualcosa di più e di altro rispetto alla mera ripetuta violazione delle soglie di contaminazione, delle soglie di concentrazione, delle soglie di rischio, perché potrebbe darsi che possiamo anche ritenerlo indifferente rispetto a questo aspetto di legge che tutela, come sappiamo, anche il profilo della salute pubblica, oltre che quello dell'ambiente in quanto tale considerato, ma che comunque individua questa necessità di un'attività investigativa e di un'attività di accertamento che non può prescindere da questo tipo di collegamento». In questo senso queste criticità sono particolarmente indicative della necessità di un collegamento superiore. Termino dicendo che sono assolutamente concorde con Pasquale e con Renato sull'alto livello di sofisticazione della nostra legislazione e della nostra cultura in questa materia. Ho partecipato alla riunione in Germania e confermo quello che diceva la collega Dolci, ovvero che loro hanno quel problema di non avere, per esempio, il reato presupposto e quindi di trovarsi in una determinata difficoltà, per non parlare delle problematiche relative alle diverse legislazioni che non all'interno dei vari länder. Non è questo il tema. Il tema è, invece, di trarre spunto da queste criticità e migliorare un sistema che ha molti spunti di validità rispetto a quello che è il contesto internazionale. Grazie.

  PASQUALE FIMIANI, Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale. Grazie, Pietro. Io do la parola adesso ai colleghi e li ringrazio da subito, perché veramente mi sembra che in un tempo così ristretto hanno saputo dare una serie di spunti e di prospettive, sulle quali dovremo necessariamente mettere ordine per fornire alla Commissione un contesto organico, e che sia a mio parere lo spunto di Pag. 19una prima riflessione per arrivare a delle possibili soluzioni, soluzioni che, come dirò il 22 p.v., in parte già l'ordinamento offre per l'attività di esercizio dell'azione penale che la norma, l'articolo 6 sulle procure, assegna alle procure generali e al procuratore generale presso la Corte di cassazione e alle prospettive anche di carattere europeo che il procuratore europeo EPPO (european public prosecutor's office) ci fornisce come modello possibile di riferimento. Prego, presidente.

  PRESIDENTE. Volevo chiedere innanzitutto al dottor Airoma se ci può mandare questi dati sanitari, perché potrebbero essere interessanti per noi. Poi vorrei chiedere al dottor Nitti, quando ha detto sulla cooperazione, la fusione tra Forestali e carabinieri del NOE, se ritiene che tra di loro manchi un po' di collaborazione o è semplicemente un tema di numero di personale.

  DOMENICO AIROMA, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino. Sì, presidente. L'Istituto superiore di sanità ha disponibilità di tutti i dati aggiornati, che poi ha ultimato il lavoro e che sta anche aggiornando, quindi lo presenterà proprio alla fine di questo mese alla associazione epidemiologica italiana. Sono dati aggiornati e pubblici e sicuramente l'Istituto superiore di sanità è in grado di darli. Per parte mia posso senza altro trasmettervi quello che è in mio possesso. Grazie.

  RENATO NITTI, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani. Per quanto mi riguarda, presidente, sul tema del ruolo svolto dai carabinieri forestali e dai carabinieri del Comando tutela ambiente, non si pone tanto un problema di correttezza dei rapporti, ci mancherebbe altro, non è su questo piano che si vanno svolgendo le difficoltà che si incontrano. Il punto è che non è ancora esattamente chiaro, vivendolo dal basso, qual è la mission dell'uno e degli altri. Si intende che il Comando tutela ambiente e i vari NOE avranno una prioritaria attenzione ai traffici di rifiuti. Credo che quei comandi in parte stiano uscendo da un periodo di difficoltà che li ha attraversati nel periodo 2010-2020, in cui sono state svolte anche indagini che non riguardavano l'ambiente da parte del Comando tutela ambiente. Noi abbiamo vissuto nei nostri territori la difficoltà di avere tutte le risorse a disposizione, poche persone e alcuni applicati altrove, quindi era francamente difficile. Il vero problema che sto registrando è che da parte dei comandi stazione dei carabinieri forestali pervengono ben poche notizie di reato e sono in grande difficoltà anche a svolgere attività delegata. In alcuni casi ho trovato che per alcuni Comuni non era mai stata mandata una notizia di reato e non credo che il mio territorio fosse indenne da alcune problematiche anche serie di natura ambientale. In questo momento registro un fortissimo impegno da parte del personale del Comando stazione dei carabinieri, soprattutto nei cosiddetti «piani di azione» che vengono meticolosamente predisposti a livello regionale e che li impegnano in una quantità di attività amministrativa di accertamento di illeciti amministrativi che finisce per mettere in secondo, in terzo piano o addirittura escludere la attività di accertamento delle indagini di Polizia giudiziaria. Ovviamente loro fanno parte di una rete di servizi di Polizia giudiziaria che fa capo ai procuratori e al procuratore generale. Il fatto che essi siano integralmente o in larghissima parte impegnati in una meticolosa attività individuata puntualmente in obiettivi specifici e che questo non consenta poi di svolgere più attività di Polizia giudiziaria, in qualche modo finisce per sottrarre quelle risorse alla rete dei servizi di Polizia giudiziaria su cui ciascun procuratore della Repubblica deve potere fare affidamento. Se io registro che una stazione non invia quasi nessuna notizia di reato in un territorio con reati a vista, fossero anche quelli commessi da ignoti, mi devo porre un problema di capire che cosa sta avvenendo. Ho vissuto l'esperienza pregressa, come tutti quanti i colleghi che posso vedere nel monitor, in cui le stazioni del Corpo forestale dei carabinieri erano particolarmente presenti anche sotto il profilo dell'accertamento dei reati, ma così Pag. 20non è più. Penso di aver accennato il perché in questo scrupoloso e attentissimo adempimento dei piani di azione e non vorrei che il tutto si risolvesse in una necessità di predisporre anche noi dei piani di azione per ottenere che svolgano anche l'attività che gli viene loro demandata da parte degli uffici del pubblico ministero. Credo che si debba riscoprire quel ruolo che essi avevano prima. So che non è la diretta competenza della Commissione parlamentare, che il presidente presiede, ma attualmente quel presidio del paesaggio che avevamo prima – con «paesaggio» intendo tutta la vincolistica, dal codice urbani fino alle ZTS (zona di protezione speciale), alle SIC (sito di interesse comunitario) e via discorrendo – non mi pare che venga più presidiato in alcun modo. Sarebbe interessante sapere dai colleghi della terza sezione penale della Cassazione se il numero di processi che arrivano in Cassazione sia lontanamente paragonabile a quello del passato, se il numero dei processi per lottizzazione abusiva, per esempio, ma anche per reati semplicemente paesaggistici – penso all'articolo 44, lettera c) seconda parte ovviamente del Testo unico edilizio –, vengono accertate e da chi, perché io sto chiedendo uno sforzo maggiore alle polizie locali, ma è un dato di fatto. Per chi ha conosciuto e apprezzato il ruolo che hanno svolto in passato il NOE e il Corpo forestale, non può cogliere una netta differenza.

  PASQUALE FIMIANI, Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale. Confermo che alla terza sezione penale, che è la sezione specializzata in materia di reati ambientali, le contravvenzioni ambientali sono nettamente diminuite. Probabilmente la causa è dovuta anche alla sopravvenienza dell'articolo 131-bis, cioè la speciale tenuità del fatto, che può incidere sulle contravvenzioni ambientali in modo significativo. Non esiste un monitoraggio sull'incidenza di questa norma, ma sicuramente vi è stata una forte riduzione. Probabilmente, l'intero sistema sanzionatorio, anche in attesa della cosiddetta «riforma Cartabia», dovrà essere ripensato, ma di questo ne parleremo il 22 p.v.

  CHIARA BRAGA. Grazie, presidente. Non volevo interrompere il consigliere Fimiani, se c'è necessità di altri interventi, ma ne volevo approfittare magari per fare un paio di domande, se me lo consente, e magari anche nel secondo giro è possibile dare un riscontro. Innanzitutto, mi collego proprio su quest'ultima osservazione che molto chiaramente il procuratore Nitti ci ha indicato. Chiedo se su questo elemento di preoccupazione che noi non possiamo che registrare rispetto a forse un indebolimento dell'attività di indagine di Polizia giudiziaria a seguito dell'accorpamento del Corpo forestale e dei carabinieri si debba in qualche modo provare a incidere anche rispetto al rischio che ci si concentri su una serie di adempimenti formali e si indebolisca moltissimo l'attività di indagine sul territorio. Se ho compreso bene, questo è un elemento di forte preoccupazione perché naturalmente per tutti i fenomeni che noi analizziamo e studiamo sappiamo come ci sia bisogno, invece, di un'analisi e di un'indagine puntuale sul territorio. L'altra questione su cui, invece, volevo fare una domanda, non so se alla procuratrice Pontassuglia che ne ha parlato diffusamente, riguarda il tema della natura contravvenzionale di alcuni reati, che rende difficile l'utilizzo di strumenti di indagine o, ad esempio, la durata dei tempi della prescrizione o della possibilità di avere accesso a una serie di reati spia. Ricordando un po' anche la genesi della legge n. 68, ricordo come il tentativo di individuare specifiche fattispecie di delitti da introdurre nel codice di procedura penale fosse legato anche al fatto di sottolinearne la particolare gravità, quindi non rendere e non identificare tutti come delitti ambientali. Rispetto a questa criticità, quali sono i reati di natura contravvenzionale che a vostro avviso meriterebbero di avere un riconoscimento differente per migliorare l'attività di contrasto agli illeciti ambientali? Ci sono tipologie di reati oggi contravvenzionali che dovrebbero diventare delitti o reati penali a tutti gli effetti? Infine, mi pare che la richiesta più urgente sia quella di prevedere una Pag. 21normazione delle modalità di coordinamento, intervenendo sull'articolo 118-bis, che avete più volte citato. Vi chiedo se, anche ai fini della nostra attività, su questo potreste magari indicarci esattamente che tipo di soluzione potremmo ipotizzare, anche per un eventuale iniziativa legislativa. Ringrazio tutti perché davvero questa è stata un'audizione molto ricca di spunti e molto interessante per il nostro lavoro.

  PASQUALE FIMIANI, Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale. Darei di nuovo la parola ai colleghi che sono stati chiamati in causa, quindi Renato Nitti e poi Eugenia Pontassuglia.

  RENATO NITTI, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trani. Quanto a quest'ultimo tema, credo che il lavoro che è stato svolto dalla rete delle procure generali, quindi dal collega Fimiani e dal procuratore generale della Cassazione, abbia portato a una raccolta di modalità di coordinamento tra i procuratori distrettuali e procuratori ordinari di ogni distretto che può tornare sicuramente utile. Credo che quella sia stata una delle esperienze assolutamente più proficue. Abbiamo avuto questi due massimi livelli di coordinamento, del procuratore generale della Cassazione attraverso la rete e quelle più puntuali del procuratore nazionale antimafia con i procuratori distrettuali. Tutti e due esaminano degli aspetti di straordinario interesse, quindi penso che più e meglio di me possa parlarne Pasquale Fimiani. Quanto al problema del rapporto tra accertamento amministrativo e accertamento del reato, a me piacerebbe sapere esattamente in questo momento per ciascun comando e stazione forestale o nella media in che cosa consiste il tipo di attività che viene svolta, qual è il numero di accertamenti amministrativi che vengono demandati e quali, invece, quello di Polizia Giudiziaria. L'impressione è che quel grande flusso che prima arrivava al Comando tutela ambiente e ai singoli NOE di tanti piccoli esposti, che potevano consentire anche un'attività di iniziativa da parte dei NOE, sia di fatto stato smistato in toto sui comandi dei carabinieri forestali e che sia stato irregimentato all'interno di questi protocolli che scansionano quotidianamente che cosa si deve fare e quanto si deve fare di ogni tipologia di attività. Se così fosse, evidentemente questa griglia così stretta non dovrebbe mai arrivare a comprimere in toto il ruolo di accertamento di reati che questi servizi di Polizia giudiziaria hanno, perché significherebbe averli sottratti alla funzione che il codice di procedura penale assegna e, quindi, al rapporto che essi servizi devono avere con il Procuratore della Repubblica.

  EUGENIA PONTASSUGLIA, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto. Piuttosto che cominciare a pensare di trasformare tutte le contravvenzioni in delitti, dovremmo valutare le contravvenzioni in considerazione dell'entità dei fenomeni. Penso, per esempio, ai casi dell'articolo 256, comma 3, la discarica non autorizzata di rifiuti oppure alle spedizioni di rifiuti. Dovremmo forse pensare di introdurre dei correttivi alla norma che consentano di trasformare in delitti quelle situazioni che appaiono particolarmente gravi, facendo riferimento, per esempio, all'ingente quantità o a qualche altra locuzione che possa dare l'idea di quello che è effettivamente il fenomeno o l'abitualità delle varie condotte. Ipotizzo un collegamento con il 572 del codice penale che fa riferimento a un caso diverso, ma che dà l'idea delle condotte abituali che prese in considerazione isolatamente non sono significative – parlo del reato di maltrattamenti in famiglia –, ma che ricondotte all'unità, invece, assumono una rilevanza criminale particolarmente importante. Volevo approfittare della parola che mi avete dato per sottolineare anche io, così come ha fatto Renato Nitti, il problema della mancanza di controlli e quindi della mancanza di segnalazioni da parte dei gruppi di carabinieri forestali. A Taranto c'è un gruppo che ha tutte le potenzialità per lavorare, ma che di fatto non ha la capacità numerica. È un gruppo composto da 30 persone che si dovrebbero occupare di sette stazioni Pag. 22forestali, quindi sì e no tre persone a stazione, tenuto conto di tutta un'altra serie di problematiche legate alle aspettative, all'operatività di altri benefici, come la n. 104 – alla fine ogni stazione conta sì e no di una o due persone – e poi di tutte le incombenze che hanno, poiché, per esempio, nel periodo estivo si devono occupare soprattutto del contrasto degli incendi boschivi nel territorio di Taranto. Certo, non siamo in Valle D'Aosta. Come fatto notorio, Taranto è un territorio su cui il problema ambientale è particolarmente sentito. Non appena sono arrivata, mi sono fatta estrarre i flussi relativi alle iscrizioni e vi dico che, nonostante il territorio della provincia di Taranto sia caratterizzato dalla presenza di tantissime cave che vengono utilizzate come discariche abusive, non c'è né nel 2020, né nel 2021 neanche un procedimento iscritto per la n. 256, comma 3. Non vi voglio leggere i numeri delle altre iscrizioni, perché veramente sono altamente desolanti. Dobbiamo anche capire qual è il problema. A mio avviso il problema è che manca il personale. Prima della riforma del 2016 i carabinieri forestali della provincia di Taranto contavano su un organico di 60 unità, oggi sono 40 compresa il NIPAF, ma distribuito su tutto il territorio è un organico che non può assolutamente essere impiegato in seria attività di Polizia giudiziaria. Grazie.

  PASQUALE FIMIANI, Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale. Grazie, Eugenia. C'è una domanda del senatore Lomuti.

  ARNALDO LOMUTI. Grazie, presidente. Mi unisco anche io ai ringraziamenti agli auditi per le preziosissime informazioni che oggi abbiamo ricevuto e per la delicatezza e l'importanza dell'argomento. Vorrei rivolgermi al dottor Fimiani. L'articolo 1 del comma 7 della legge n. 68 del 2015, la legge sugli ecoreati, ha modificato l'articolo 118-bis, o meglio disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, introducendo l'obbligo di comunicazione delle indagini in corso per i delitti ambientali al procuratore generale presso la corte d'appello al fine di favorire la circolazione delle notizie e il coordinamento tra le varie procure e l'obbligo per il pubblico ministero procedente di dare comunicazione al procuratore nazionale antimafia dell'avvio delle indagini su ipotesi di inquinamento ambientale, disastro ambientale, traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività e attività organizzative per il traffico illecito dei rifiuti. Avrei due domande e la prima è questa: l'applicazione pratica di tale disposizione ha favorito, dal 2015, con l'entrata in vigore della legge, ad oggi, il coordinamento investigativo, che è lo scopo della norma in funzione al contrasto alla commissione dei reati ambientali e al traffico illecito dei rifiuti? Che cosa si può riferire al riguardo? Sempre a seguito dell'entrata in vigore della legge sugli ecoreati, la n. 68 del 2015, le competenze e il ruolo delle agenzie per la protezione ambientale, le ARPA, hanno assunto una rilevanza molto importante e del tutto nuova sia sul piano ispettivo, sia per quanto riguarda gli enti con capacità specialistiche e peculiari. Stante questa premessa, vorrei chiedere quante sono le procure che hanno provveduto a stipulare protocolli con le ARPA regionali per la pianificazione e il coordinamento di attività congiunte finalizzate al contrasto dei reati ambientali, in quali zone del Paese – Nord, Centro e Sud – tale strumento è stato maggiormente utilizzato, in quali zone si è fatto meno ricorso allo stesso e se sono disponibili dei dati al riguardo. Grazie, presidente. Grazie, consigliere Fimiani.

  PASQUALE FIMIANI, Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale. Rispondo sul secondo aspetto. Il tema dei rapporti con le agenzie a livello di protocollo ha riguardato essenzialmente la questione della prescrizione. Ne parleremo il 22 e daremo delle indicazioni al riguardo. Per quanto riguarda l'altro aspetto, come è stato detto prima, la comunicazione che va fatta al procuratore generale non riguarda tutti i reati ambientali, ma soltanto alcuni reati ambientali, che sono quelli indicati dal 118-bis. Come dicevano la collega PontassugliaPag. 23 e la collega Dolci, il tema riguarda tutti i reati spia, quindi tutte quelle contravvenzioni che non sono oggetto dell'obbligo previsto dall'articolo 118-bis. La limitazione dello spettro conoscitivo è evidentissima. Il tema che si pone è stato quello di coprire questo deficit con dei protocolli, ma come è stato detto diffusamente, i protocolli fanno riferimento all'iniziativa spontanea delle persone che li sottoscrivono e molto spesso nella pratica si è verificato che dopo un periodo iniziale questa intensità si è un po' affievolita, perché non si può rimettere allo spontaneismo la gestione di problemi così complessi. Ecco perché l'intervento sul 118-bis, come sollecitato dalla senatrice Braga, va coordinato con il tema delle linee guida degli orientamenti che la legge già prevede all'articolo 6 del decreto sulle procure, il n. 106 del 2006, e che già abbiamo sperimentato in diverse materie. Infatti, due anni fa siamo venuti con il procuratore generale Salvi e ne abbiamo parlato e la prossima volta potremo anche portare l'esito del monitoraggio che abbiamo effettuato. La prospettiva è quella di incentivare la possibilità di dare linee guida uniformi, che non sono vincolanti ma di riferimento, perché ormai nel modello anche a livello europeo – qui torno sulla esperienza – c'è un'autorità centrale che fa la sintesi, sentito il sistema e dando degli orientamenti, ai quali poi i singoli attori non devono adeguarsi, ma possono adeguarsi e possono anche discostarsi, motivando, laddove la situazione specifica lo richiede. Il primo problema del coordinamento riguarda l'uniformità delle prassi. Poi occorre far sì che il ruolo del procuratore generale nella materia degli orientamenti e sul tema del coordinamento sia effettivo e si coordini con il ruolo del procuratore nazionale antimafia. Questo porta il tema delle specializzazioni, come è stato sottolineato, che riguardano soprattutto anche il giudice, perché adesso noi abbiamo questa distonia tra molte procure specializzate e un sistema giudiziario diffuso, nel quale spesso reati così complessi sono trattati da giudici onorari, con tutto il rispetto per i giudici onorari. È un tema molto complesso ed evidentemente il tempo è pochissimo. Per chiudere, vorrei dare la parola alla dottoressa Dolci, che ringrazio, per dei saluti finali e a chi poi non ha fatto un secondo giro, quindi mi sembra il collega Galanti. Poi, presidente, penso possiamo chiudere e magari la prossima volta integreremo.

  ALESSANDRA DOLCI, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Milano. Credo che sia stato un confronto molto proficuo, abbiamo evidenziato quelli che sono i tanti problemi e le tante criticità. Il primo problema tra tutti, come ha citato poc'anzi il collega Fimiani, è quello di dare effettività al 118-bis con riferimento al collegamento tra le procure circondariali e distrettuali. Vi confesso che, al di là della tematica dei rifiuti, il collegamento tra la procura distrettuale e le procure circondariali, come tutti i colleghi sanno, soprattutto i colleghi che sono stati in DDA, spesso è difficoltoso, anche su temi altrettanto delicati. Occorre dare effettività attraverso un intervento della Procura generale, presso la Corte di cassazione e la Procura nazionale antimafia.
  L'altro tema che a me sta particolarmente a cuore è quello che è già sottolineato dai colleghi, ovvero quello dell'assoluta inadeguatezza degli organici della Polizia giudiziaria deputata al contrasto dei crimini ambientali. Sinceramente anche io sottolineo questo aspetto che non può non suscitare la vostra attenzione. La collega Pontassuglia ha citato poco anzi gli organici del gruppo carabinieri forestali di Taranto. Il gruppo carabinieri forestali di Milano, che copre le provincie di Milano, Monza e Brianza, per un complessivo bacino di utenza di 4 milioni di abitanti, è composto da 38 unità. Voi capite che noi possiamo avere una legislazione che non ha eguali al mondo per il contrasto al crimine ambientale, la più grande sensibilità e il migliore coordinamento possibile, ma se queste sono – scusatemi l'espressione – le Panzer-Division al seguito per poi dare efficacia alla azione investigativa di contrasto, proprio non ci siamo e non andiamo da nessuna parte. A parer mio un punto centrale è quello della particolare attenzione che deve essere posta sugli organici NIPAF Pag. 24– condivido le considerazioni fatte anche dal collega Nitti sulla «quasi scomparsa» dei carabinieri forestali rispetto alle tematiche ambientali e all'attività investigativa dopo l'accorpamento – e sugli organici del NOE. Mi è stato riferito che è in previsione un consistente aumento di organico e io ci spero e ci credo, perché sinceramente è fondamentale parlare dei vari problemi e delle varie criticità, ma il tema centrale comunque è avere adeguate forze di Polizia giudiziaria a disposizione per un'efficace attività investigativa. Grazie.

  ALBERTO GALANTI, Procuratore DDA della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Grazie Pasquale. Brevissimamente su questo tema del coordinamento dell'attività investigativa, per esempio, devo dire che qui a Roma abbiamo un ottimo standard di rendimento da parte della Forestale di alto livello. Invece, registro purtroppo non uno smantellamento, ma un forte ridimensionamento del Comando carabinieri tutela ambiente, che prima, sia con la SOC che con il NOE, faceva tantissime indagini di alto livello, ma sembra che si sia un po' spopolato nel corso degli anni e soprattutto c'è stato un continuo ricambio degli ufficiali che non erano esperti della materia, ma erano lì di passaggio tra un posto e l'altra nella catena di comando, che erano volenterosi e coscienziosi, ma di fatto ricadeva tutto sui sottufficiali esperti, che erano sempre di meno. Un altro aspetto che per me è importante è il seguente. Sappiamo che c'è questa sorta di divisione per materie tra le forze di Polizia, ma forse sarebbe il caso di ripensarci, perché noi riceviamo tantissime notizie di reato da parte delle questure territoriali e da parte dei comandi Guardia di finanza, ma una volta che iniziano le indagini, non è che gliele posso levare e darle sistematicamente a qualcun altro. Sono molto bravi, nel senso che imparano in fretta, ma è anche vero che un conto è iniziare una indagine con persone già preparate su tutto quello che è il tema che poi dovrà essere affrontato dal punto di vista investigativo e un altro, invece, è formare piano piano le persone cominciando proprio da dei rudimenti. Giustamente imparano piano piano, alla seconda, alla terza o alla quarta indagine sono diventati già piuttosto bravi, ma sicuramente è un percorso molto più complicato che richiede anche da parte nostra che dobbiamo fare il coordinamento uno sforzo continuo e quotidiano di stargli dietro e dire: «Fai questo, fai quello, non fare quello, fallo in quest'altro modo». Ripensare anche alla possibilità che non solo i carabinieri e forestali, ma anche le questure e la Guardia di finanza abbiano al loro interno dei reparti specializzati in materia di ambiente, secondo me sarebbe un passo avanti decisamente importante, anche perché ci scontriamo con i limiti di organico di cui hanno parlato tutti i colleghi. Secondo me forse questo è un aspetto su cui il legislatore dovrebbe riflettere. Grazie.

  PASQUALE FIMIANI, Avvocato generale della Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione – Rete delle Procure generali nella materia ambientale. Grazie davvero a tutti. Do la parola al presidente per la chiusura di questi lavori.

  PRESIDENTE. Io ringrazio tutti della preziosa collaborazione, dei preziosi consigli e del prezioso dibattito, di cui faremo tesoro per i nostri lavori. Vi do appuntamento alla prossima audizione in merito, così abbiamo completato tutti gli aspetti possibili e immaginabili da portare all'attenzione del Parlamento. Grazie a tutti e dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.40.