XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 160 di Mercoledì 27 aprile 2022

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione dei seguenti rappresentanti di Utilitalia sul tema dei flussi paralleli illeciti di rifiuti: Filippo Brandolini vice presidente Vicario; Alessandro Russo vice presidente; Tania Tellini coordinatrice Settore Acqua (gli auditi saranno in videoconferenza) :
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Brandolini Filippo , vice presidente Vicario di Utilitalia ... 3 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Brandolini Filippo , vice presidente Vicario di Utilitalia ... 3 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Zolezzi Alberto (M5S)  ... 9 
Brandolini Filippo , vice presidente Vicario di Utilitalia ... 10 
Mininni Giuseppe , consulente di Utilitalia ... 10 
Tellini Tania , coordinatrice Settore Acqua di Utilitalia ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Tellini Tania , coordinatrice Settore Acqua di Utilitalia ... 11 
Mininni Giuseppe , consulente di Utilitalia ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Mininni Giuseppe , consulente di Utilitalia ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Brandolini Filippo , vice presidente Vicario di Utilitalia ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Mininni Giuseppe , consulente di Utilitalia ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Mininni Giuseppe , consulente di Utilitalia ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Brandolini Filippo , vice presidente Vicario di Utilitalia ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 
Brandolini Filippo , vice presidente Vicario di Utilitalia ... 14 
Mininni Giuseppe , consulente di Utilitalia ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 
Brandolini Filippo , vice presidente Vicario di Utilitalia ... 14 
Mininni Giuseppe , consulente di Utilitalia ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 13.30.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito)

Audizione dei seguenti rappresentanti di Utilitalia sul tema dei flussi paralleli illeciti di rifiuti: Filippo Brandolini vice presidente Vicario; Alessandro Russo vice presidente; Tania Tellini coordinatrice Settore Acqua.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza di Filippo Brandolini, vice presidente vicario di Utilitalia, Alessandro Russo vice presidente di Utilitalia, e Tania Tellini, coordinatrice settore acqua di Utilitalia. Partecipa Giuseppe Mininni, consulente. L'audizione rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul tema dei flussi paralleli illeciti dei rifiuti, al riguardo la Commissione è interessata ad acquisire dati ed elementi informativi sui flussi di fanghi prodotti dai depuratori delle acque reflue urbane, nonché sull'utilizzo dei fanghi come fertilizzanti in agricoltura, con riferimento alle criticità ed eventuali esigenze normative. Comunico che gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta. Io ringrazio per la presenza e invito il presidente a fare una panoramica su questo tema e poi eventualmente se ci sarà bisogno anche io e i miei colleghi faremo qualche domanda di approfondimento. Potete passarvi la parola tra di voi come volete, purché diciate all'inizio nome, cognome e qualifica, questo per il resoconto stenografico, grazie.

  FILIPPO BRANDOLINI, vice presidente Vicario di Utilitalia. Benissimo, buongiorno a tutti, grazie. Io sono Filippo Brandolini, se è possibile condivideremmo una presentazione, che poi al termine dei lavori vi potremo inviare.

  PRESIDENTE. Volentieri.

  FILIPPO BRANDOLINI, vice presidente Vicario di Utilitalia. Bene. Noi abbiamo preparato una panoramica molto ampia che cerco di illustrare rapidamente, poi siamo ovviamente a disposizione il sottoscritto e i colleghi per domande e anche per la produzione di eventuali ulteriori documenti anche al termine di questa riunione. Innanzitutto, desidero ringraziarvi per questa audizione e per l'opportunità offerta a Utilitalia. Immagino che la conosciate, mi limito a sottolineare in questa sede che Utilitalia associa circa 150 imprese che operano nel settore idrico, o in via esclusiva, o gestendo anche altri servizi, e queste 150 imprese servono una popolazione che è attorno all'80 per cento della popolazione residente a livello nazionale. Noi abbiamo preparato una presentazione in cui cerchiamo di evidenziare sei punti, sperando di incontrare in questo modo l'interesse della Commissione. Un primo punto è relativo a dati di produzione dei fanghi, molte delle cose che vi racconteremo saranno Pag. 4probabilmente a voi già note e quindi le illustriamo anche in maniera molto rapida. Un secondo aspetto, riguarda il quadro della gestione dei fanghi da reflui urbani. Terzo aspetto: la qualità dei fanghi. Un quarto argomento concerne l'aggiornamento normativo e l'attuazione dei principi comunitari, quindi in questa sede ci permettiamo di sottolineare policy che noi riterremmo opportuno fossero introdotte o potenziate. Un quinto argomento fa riferimento ai fanghi come risorsa di materia ed energia. Infine, parleremo della situazione impiantistica nazionale e del piano nazionale di gestione dei rifiuti. La produzione dei fanghi, è importante sottolinearlo anche se può apparire banale, rappresenta la conseguenza dei corretti processi di depurazione delle acque reflue, la cui qualità in ingresso ne determina quantità e qualità, quindi la produzione di fanghi è un fatto, allo stato attuale delle conoscenze, inesorabile, anzi più ne produciamo, più effettuiamo attività di depurazione delle acque reflue. La produzione dei fanghi si attesta a circa 3,4 milioni di tonnellate, questo è il dato che pubblica ISPRA, ed è il dato relativo al 2019, ma è una produzione destinata a crescere, soprattutto con la risoluzione delle procedure di infrazione comunitarie su fognature e depurazione. Il centro studi Althesys ha stimato che la produzione di fanghi a regime, quindi quando tutto il territorio sarà correttamente infrastrutturato, possa arrivare attorno alle 4,2 milioni di tonnellate, quindi a un aumento di 800 mila tonnellate. In questa slide abbiamo cercato di evidenziare la produzione dei fanghi in relazione agli abitanti equivalente, quindi si vedono Regioni come l'Emilia Romagna e il Veneto che hanno una produzione molto elevata, altre Regioni, come per esempio Sicilia e Calabria che hanno una produzione invece molto più limitata e, per di più, sono in procedura di infrazione. Nell'istogramma a destra abbiamo evidenziato la produzione dei fanghi registrata da ISPRA nel corso degli ultimi anni e abbiamo visto che, a fronte di un calo nel corso del 2018, c'è stato un significativo aumento nel corso del 2019, che nelle nostre valutazioni potrebbe essere ricondotto al fatto che stanno aumentando le quantità di reflui depurati perché in alcuni territori si va verso la risoluzione delle infrazioni. In questa slide, che non illustro nel dettaglio, vi sono ulteriori elementi sulle infrazioni comunitarie per fognatura e depurazione. Nella torta di sinistra è evidenziata la suddivisione per macroaree nazionali del numero di agglomerati, quindi per il 73 per cento gli agglomerati che sono in infrazione sono collocati al Sud e nelle isole, il carico generato da questi agglomerati è leggermente differente, 62 per cento nelle Regioni del Sud. Questo per il fatto che ci sono anche alcune Regioni del nord, maggiormente popolate, che sono in procedura di infrazione e hanno da realizzare delle infrastrutture per l'adeguamento normativo. In questa diapositiva abbiamo voluto evidenziare, nelle tre cartine, nella prima di sinistra, la produzione in termini assoluti di fanghi nelle diverse Regioni. In quella centrale il numero totale di agglomerati oggetto di procedura di infrazione, correlata con la depurazione per ciascuna Regione, vediamo quindi che ci sono anche Regioni del centro nord, come Toscana e Lombardia, che hanno ancora una numero importante di agglomerati da mettere a norma, pur essendo Regioni che in termini assoluti, come vediamo dalla cartina di sinistra, hanno già una elevata produzione di fanghi. Nell'ultima cartina a destra, invece, abbiamo evidenziato, suddiviso per Regioni, il carico organico totale per mille abitanti equivalenti, quindi notiamo che ci sono di nuovo la Sicilia e la Campania con importanti carichi organici totali, ma anche la Lombardia e la Toscana hanno dei numeri di assoluto rilievo. Questo per quanto riguarda la produzione, ma anche per quanto riguarda il potenziale di maggiore produzione di fanghi nel tempo, a fronte delle infrazioni comunitarie che rappresentano un po' il deficit infrastrutturale di alcune aree del territorio nazionale. Passo, invece, al secondo capitolo relativo alla gestione dei fanghi da reflui urbani. Portiamo in evidenza due tipi di dati: il primo, come di consueto, quello portato da ISPRA annualmente e ISPRA ci dice che il 55,9 per cento dei fanghi gestiti viene smaltito e Pag. 5la parte restante viene recuperata, quindi c'è ancora un elevato ricorso allo smaltimento. Il secondo set di dati è fornito da ARERA. Sappiamo che già da un decennio il servizio idrico è sottoposto alla regolazione di ARERA che ha introdotto uno specifico indicatore inerente lo smaltimento dei fanghi in discarica finalizzato a premiare dal punto di vista ambientale i miglioramenti delle performance dei gestori. Secondo la relazione di ARERA nel 2019, a livello nazionale, sono stati conferiti in discarica il 15,6 per cento dei fanghi di depurazione complessivamente prodotti, in riduzione rispetto al dato complessivo del 2016 quando era il 19,7 per cento, con livelli molto differenziati tra le diverse aree geografiche. Qui va precisato che i dati di ARERA rappresentano circa 40 milioni di abitanti equivalenti, mentre il dato ISPRA rappresenta tutto il Paese. Questo è legato al fatto che ci sono delle gestioni in economia che non comunicano puntualmente o per nulla i dati ad ARERA. Scorrendo rapidamente le slide si può notare come abbiamo anche inserito una piccola panoramica europea, questi sono dati che sono elaborati da EurEau l'associazione europea dei gestori dei servizi idrici. Notiamo da questi dati che rispetto a una produzione totale di 8,7 milioni di tonnellate di fanghi qui espresse in sostanza secca, i 3,4 milioni italiani di cui invece parlavamo prima erano i cosiddetti tal quali. Per dare delle proporzioni, ovviamente non precise al centesimo, a fronte di 3,4 milioni di fanghi tal quali possiamo stimare circa 1 milione di fanghi espressi in sostanza secca. Dal dato europeo vediamo che la destinazione in agricoltura è prevalente, quasi il 50 per cento, il 47,5 per cento per l'esattezza, e poi altre destinazioni con una quota comunque significativa di oltre il 5 per cento di smaltimento in discarica, anche se inferiore allo standard italiano. Ma questa situazione, come peraltro quella di altre tipologie di rifiuti, è molto differenziata da Paese a Paese, anche in funzione delle caratteristiche dei Paesi. Per cui, nei Paesi mediterranei c'è una maggiore tendenza, anche per le esigenze del suolo, al trattamento in agricoltura e in alcuni Paesi del centro-nord Europa in cui, peraltro, è maggiormente presente una capacità di incenerimento e/o termovalorizzazione, si ricorre meno o per nulla all'agricoltura, come ad esempio in Germania, e molto di più alla termovalorizzazione. Questa è la tabella relativa al rapporto ISPRA. Tra l'altro, occorre precisare che, come evidenziato nella nota a piè di pagina, rispetto ai 3 milioni e 400 mila tonnellate di rifiuti prodotti, la quantità gestita è inferiore perché, come ISPRA stessa precisa, si tratta di due numeri non sempre confrontabili. Spesso, infatti, nei numeri relativi alla gestione vengono denunciate le sostanze secche, piuttosto che il tal quale, quindi ci possono essere queste differenze. Questo invece è relativo ai dati che produce ARERA, quindi occorre innanzitutto precisare meglio il tipo di dato e di elaborazione che compie ARERA. L'indicatore di ARERA è M5, cioè il codice di ARERA relativo allo smaltimento dei fanghi in discarica. Tale codice rappresenta la quota di fanghi destinati allo smaltimento in discarica rispetto al quantitativo complessivamente prodotto in termini di sostanza secca. Qui occorre una precisazione ulteriore, ad ulteriore testimonianza, scusate il gioco di parole, di quanto la materia sia complicata anche dal punto di vista della analisi. Infatti, tra tal quale, sostanza secca, e completezza dei dati bisogna in qualche modo fare uno sforzo interpretativo. In questo senso, se l'indicatore è relativo alla sostanza secca, l'obiettivo di miglioramento, invece, è relativo alla riduzione della grandezza massa di fango tal quale, questo perché l'obiettivo di miglioramento non è solo legato alla destinazione finale del fango, ma anche ai processi preliminari alla destinazione finale di disidratazione o di essiccazione che tendono a ridurre, comunque, il volume dei fanghi. Quindi, questa è un'ulteriore spiegazione di come la stessa ARERA si sia divincolata dalla complessità della materia. Qui sono riportati i dati elaborati da ARERA, sono dati relativi a 40 milioni di abitanti, quindi una copertura pari al 67,2 per cento della popolazione residente, parliamo di residenti, non di abitanti equivalenti, altra precisazione importante. ARERA ha definito Pag. 6alcune classi per misurare il livello di performance degli operatori, quindi c'è la classe di eccellenza A che è rappresentata dalla parte in basso delle colonne, quella in blu, in cui il ricorso allo smaltimento in discarica nel periodo è del 15 per cento. La classe peggiore è la D, quella in arancione, quindi il penultimo livello delle due colonne, in cui il ricorso allo smaltimento in discarica è uguale o superiore al 30 per cento. Nel 2019, rispetto al 2016, c'è stato un lieve miglioramento in termini di performance, in quanto è aumentata la popolazione gestita da operatori che rientrano in classe A, ma c'è stato anche un sensibile aumento degli operatori in classe B. Va anche detto che, come si vede, sono diminuiti gli operator a cui manca il prerequisito, quindi non possono accedere agli obiettivi di miglioramento. Si tratta di operatori, ad esempio, che hanno gestioni e situazioni non conformi alla norma, con delle procedure di infrazione aperte. Mentre nell'istogramma in basso vediamo la suddivisione dello smaltimento dei fanghi in discarica, quindi l'indicatore M5, per area territoriale il centro Italia è quello meno virtuoso perché per un 36,1 per cento i fanghi sono smaltiti in discarica. Meglio nel nord ovest, livelli comunque alti anche nel nord est, nel sud e nelle isole, rispetto a un totale che ci dà una media del 15,6 per cento. In questa slide, invece, vediamo sempre dati raccolti da ARERA che predispone annualmente dei questionari ai quali gli operatori devono rispondere, comunicando i dati relativi alle loro gestioni. Le operazioni di recupero consistono nello smaltimento diretto in agricoltura, che è quello prevalente, ma anche nella produzione di compost, anche se c'è stata una riduzione nel 2016 rispetto al 2019. La termovalorizzazione ha una quota importante, ma molto limitata rispetto ad altre attività di recupero. Il monoincenerimento è ancora più limitato, poi ci sono operazioni di recupero generiche che non sono classificate con maggiore dettaglio. Nell'istogramma in basso, come di consueto, si può notare la suddivisione per macroaree regionali delle attività di recupero. Riguardo alla qualità dei fanghi ci siamo rifatti, principalmente, a più di una indagine che Utilitalia ha condotto proponendo dei questionari e raccogliendo dati presso le aziende associate. Quindi, parliamo di un campione che riguarda 33 milioni di abitanti equivalenti, circa la metà degli abitanti equivalenti a livello nazionale. Che cosa emerge? Emerge che il 90 per cento dei fanghi prodotti dalle aziende associate che hanno risposto ai questionari rispettano i limiti degli inquinanti indicati nel decreto legislativo n. 99 del 1992 e nell'articolo 41 del cosiddetto «decreto Genova». Entrambi questi provvedimenti normativi riguardano l'utilizzo dei fanghi in agricoltura e il decreto Genova ha introdotto ulteriori parametri con l'articolo 41 che non erano previsti nell'ambito del decreto legislativo n. 99 del 1992. Tra i vari parametri si è riscontrata un'eccezione per il berillio, per il quale i superamenti sono riconducibili ad anomalie naturali sito-specifiche, comunque stiamo parlando di un'eccezione che fa sì che i fanghi non siano conformi per l'80 per cento, invece che per il 90 per cento rispetto agli altri parametri. Il miglioramento della qualità a cui si assiste è anche il frutto della attività di gestione nel controllo degli scarichi abusivi e/o anomali. Infine, ci teniamo a sottolineare, rispetto a un tema molto dibattuto in occasione dell'approvazione dell'articolo del decreto Genova, che al fine di approfondire le conoscenze sulle concentrazioni di idrocarburi nei fanghi, in particolare per individuare una metodica analitica appropriata a discriminare gli idrocarburi di origine biogenica da quelli minerali, è stata formalizzata una collaborazione con l'IRSA del CNR. A seguire, abbiamo evidenziato alcuni parametri relativi, in particolare, agli idrocarburi su cui si è maggiormente concentrata l'attenzione o la sommatoria degli IPA (Idrocarburi policiclici aromatici) o le diossine furani o sommatorie di PCB (policlorobifenili). Abbiamo inserito in questa presentazione alcuni dati rilevati, poi se ritenete possiamo entrare maggiormente nel merito, altrimenti li lasciamo agli atti per una valutazione più approfondita a seguire. Abbiamo riprodotto le copertine delle nostre indagini, dei nostri documenti, sul tema dei Pag. 7fanghi che sono, naturalmente, a disposizione della Commissione se ritenuti di interesse. La prima indagine è stata effettuata nel 2018 quando era in discussione la riforma del decreto legislativo n. 99 del 1992, proprio per supportare al meglio la nostra posizione nel dibattito sulla riforma di quella norma. Veniamo ora all'aggiornamento normativo, all'attuazione dei principi comunitari. Noi riteniamo che – non siamo i soli ad avere questa opinione – il decreto legislativo n. 99 del 1992 non sia più idoneo a rappresentare questo settore alla luce delle conoscenze tecnologiche e scientifiche che nel corso degli anni si sono sviluppate. D'altra parte, in trent'anni si è notevolmente modificata anche la gestione del servizio idrico nel suo complesso e anche la gestione della depurazione. Questo decreto risale a tempi antecedenti la legge Galli, quella che ha istituito il ciclo idrico integrato. Il decreto Genova ha introdotto nuovi limiti per parametri precedentemente non normati, dando riferimenti più omogenei al sistema. Ad ogni modo, i contenuti del decreto Genova e del decreto legislativo n. 99 del 1992, a nostro avviso, sarebbe opportuno fossero complessivamente rivisti. Si potrebbe riprendere il lavoro avviato nel 2018 e mai portato a termine, analizzato anche successivamente in occasione del recepimento delle direttive europee: mi riferisco al tema dell'economia circolare. Ricordiamo, infatti, che la normativa a suo tempo discussa aveva introdotto degli aggiornamenti rispetto alla definizione dei fanghi delle acque reflue in coerenza con il Testo unico ambientale. Erano stati introdotti anche aspetti legati alla caratterizzazione dei fanghi in modo più trasparente, indicazioni gestionali al fine di minimizzare le molestie olfattive. La gestione dei fanghi era stata inserita in un contesto quanto più possibile regionale, attraverso la predisposizione dei piani regionali di gestione dei fanghi, come abbiamo visto dai dati, ma come vedremo anche successivamente, questo è un aspetto che consideriamo tuttora molto rilevante. Erano state previste anche norme per migliorare o favorire la tracciabilità dei fanghi in prodotti end of waste quali, ad esempio, i gessi di defecazione. Sottolineiamo anche che la gestione del recupero dei fanghi di depurazione rappresenta un'attività di pubblico interesse, la cui operatività deve svolgersi in un quadro certo di applicazione delle regole, con disponibilità di opzioni differenziate in dipendenza delle caratteristiche dei fanghi e degli obiettivi nazionali e regionali di recupero in materia di energia e vocazione territoriale. Oltretutto, dobbiamo sempre ricordarci che la depurazione dei fanghi, essendo parte del ciclo idrico integrato, impatta anche in maniera significativa con i costi che poi determinano le tariffe del servizio idrico integrato. Quindi, elementi di certezza per gli operatori significano anche la possibilità di perseguire maggiori efficienze dal punto di vista gestionale. Infine, un'annotazione sul fatto che c'è un deficit impiantistico per il recupero dei fanghi, soprattutto in funzione delle quantità crescenti di fanghi che possiamo attenderci nei prossimi anni. Alcuni anni fa, quando la gestione dei fanghi entrò in crisi, alcuni nostri operatori sondarono anche il mercato estero e alcuni, probabilmente, ricorsero all'esportazione con costi decisamente superiori. Il programma nazionale di gestione dei rifiuti che il MITE ha pubblicato verso la fine di marzo si è occupato non solo dei rifiuti urbani, ma ha fatto un focus e ha approfondito anche la questione attinente ad alcuni flussi di rifiuti speciali. Sarebbe però opportuno considerare anche il problema dei fanghi, anche per cominciare a fornire indirizzi alle Regioni rispetto all'impiantistica necessaria alla loro gestione. Quindi, abbiamo proposto di accelerare l'aggiornamento normativo per la realizzazione di un quadro di riferimento stabile e congruente con gli obiettivi eurocomunitari. Ricordiamo che tra i vari riferimenti eurocomunitari si è aggiunta anche di recente la tassonomia. Bisogna poi supportare le scelte di policy con robusti studi scientifici, nonché come avviene per le norme eurocomunitarie, con un'analisi degli impatti economici e intervenire sul programma nazionale di gestione dei rifiuti. Ulteriori proposte possono riguardare l'introduzione dell'obiettivo di miglioramento delle acque Pag. 8reflue e, di conseguenza, dei fanghi nei Piani regionali di tutela delle acque, nonché nei piani d'ambito. Quindi, più che portare avanti politiche basate su divieti, è necessaria una politica del controllo, proprio perché nelle pianificazioni regionali di ambito sono introdotti anche elementi volti a favorire la ricerca degli scarichi abusivi, degli scarichi anomali recapitanti in fognatura, quelli che possono contribuire maggiormente ai problemi di carattere ambientale. Ci sono anche studi relativi alla corretta gestione dei fanghi in caso di spandimento nel suolo, con eventuale accumulo di inquinanti. In particolare, c'è uno studio di questa WPE Consulting della Scuola agraria del parco di Monza per conto della Commissione europea, relativo proprio ai metalli pesanti e ai composti organici da rifiuti usati come fertilizzanti organici. In questo studio si è evidenziato come il contributo in termini di metalli pesanti nei suoli derivanti da utilizzo dei fanghi da altri emendanti organici era minimo se paragonato a quelli del fallout atmosferico e di altre fonti. Questo argomento sarebbe molto più ampio da approfondire, ma per sottolineare che ci sono studi che in qualche modo confortano rispetto all'utilizzo dei fanghi nei suoli. Sull'introduzione di un sistema di tracciabilità anche per i correttivi di terreno derivanti dai fanghi, quali i gessi di defecazione, abbiamo un'esperienza che riteniamo importante e positiva della Regione Emilia Romagna che ha introdotto procedure di tracciabilità, ma ha anche ridotto, limitato, le tipologie di fanghi che possono entrare negli impianti per produrre il gesso, in maniera tale da garantire la qualità del prodotto finale anche attraverso la validità della matrice in entrata. Seguendo i principi dell'economia circolare sempre più impianti stanno investendo in innovazione tecnologica al fine di recuperare materia dalle acque reflue e dai fanghi. Principalmente si tratta di fosforo, ma anche azoto, materiali inerti, PHA, componente utile per le bioplastiche, e cellulosa. I fanghi possono anche costituire una fonte importante di energia verde grazie alla possibile produzione di biogas e biometano, o alla produzione di energia dal monoincenerimento o in estrema istanza anche dalla termovalorizzazione o dal coincenerimento. Alcune quote di fanghi sono, per esempio, utilizzate nei cementifici, mentre il monoincenerimento, è visto a livello europeo come lo strumento, la via più significativa per il recupero del fosforo dalle scorie. Abbiamo cercato di rappresentare graficamente le alternative di gestione, non c'è bisogno che entri nel merito perché bene o male ne abbiamo già parlato, sottolineando che dal punto di vista di Utilitalia e delle imprese associate non ci sono preclusioni o opzioni preferenziali poiché siamo tutti d'accordo sulla necessità di superare lo smaltimento in discarica. Riteniamo che l'utilizzo dei fanghi per restituire materia organica al suolo sia una attività molto importante. Laddove i fanghi non abbiano i requisiti l'opzione migliore resta quella della valorizzazione energetica attraverso il monoincenerimento per il recupero del fosforo. Si tratta di una tecnologia non ancora consolidata, non ancora messa a terra su scala industriale, ma su cui c'è molto interesse e attività di ricerca e sperimentazione a livello europeo. Infine, riprendendo i dati che prima abbiamo affrontato parlando di produzione e gestione di rifiuti, poiché ISPRA ci rendiconta che il 55 per cento di fanghi viene smaltito e quindi non recuperato, torniamo a evidenziare, in maniera specifica, la necessità di avere un sistema impiantistico correttamente distribuito sul territorio nazionale che possa consentire il recupero dei fanghi e garantisca una qualità dei materiali ottenuti adatta ai successivi usi. Per questa ragione, come prima abbiamo già anticipato, riteniamo importante che il PNGR effettui un approfondimento su questa materia. A livello regionale c'è un forte sbilanciamento nelle Regioni del centro-nord rispetto alla gestione dei fanghi, a testimonianza che ci sono delle Regioni che hanno un importante deficit impiantistico e altre Regioni, invece, che assolvono il ruolo anche in sostituzione delle Regioni non dotate di sufficienti impianti. Il dato di sinistra riguarda la ripartizione dei carichi su base regionale, quindi stiamo parlando di migliaia di tonnellate di tal quale. Come detto Pag. 9in precedenza, i fanghi sono destinati a crescere, quindi va data urgente attenzione allo sviluppo di un'adeguata dotazione impiantistica ben distribuita sul territorio nazionale. Infine, senza entrare più di tanto in argomento, sottolineiamo che le imprese associate stanno perseguendo, verificando varie opzioni di trattamento per il recupero dei fanghi. Mi riferisco alla produzione di biometano – tecnologia già consolidata, con una contestuale riduzione delle fonti di carbonio –, al recupero di materia da fanghi e smart piro, ossia realizzazione di impianti di gassificazione per i fanghi di depurazione mediante impianti mobili. Per ciò che concerne la valorizzazione dei rifiuti, bioraffineria, possiamo, se di interesse, fornire una rassegna di dettaglio un po' più ampia sulle tecnologie in corso di verifica e sperimentazione, o sviluppo, da parte delle imprese associate. Infine, riteniamo importante sottolineare la tassonomia per la finanza sostenibile. Il tema dei fanghi di depurazione, oltre che nell'ambito del ciclo idrico integrato, è un tema affrontato anche per varie altre attività classificate come attività sostenibili nel quadro della tassonomia. Nel regolamento delegato dell'Unione Europea pubblicato nel dicembre scorso in Gazzetta tra le attività che contribuiscono in modo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici viene inserita la digestione anaerobica dei fanghi da depurazione, con conseguente produzione e utilizzo di biogas e prodotti chimici. La piattaforma sulla finanza sostenibile, organismo consultivo nominato dalla Commissione, ha pubblicato di recente un proprio documento che poi dovrà seguire tutto l'iter di approvazione per diventare un ulteriore regolamento delegato. Al riguardo, è stata inserita al suo interno la digestione anaerobica, o tecnologia con equivalente o minore fabbisogno energetico, per la stabilizzazione dei fanghi concernenti gli impianti di depurazione di capacità maggiore di 100.000 abitanti equivalenti con un apporto di BOD (Domanda biochimica di ossigeno) maggiore di 6 mila chili al giorno: tutto ciò, per perseguire gli obiettivi di tutela della risorsa idrica. Infine, il fosforo, salvo che in Finlandia, non viene estratto in Europa e i giacimenti più vicini, se non sbaglio, sono in Marocco. L'estrazione dalle scorie del monoincenerimento pare che possa – dico pare perché ancora su scala industriale questi impianti non sono stati sviluppati – garantire la massima percentuale di recupero del fosforo arrivando a circa l'80 per cento.

  PRESIDENTE. Prego, l'onorevole Zolezzi.

  ALBERTO ZOLEZZI. Grazie presidente, ringrazio gli auditi. Intanto, grazie perché ci avete fatto una sintesi di dati che è importante, un'elaborazione di dati che per noi è sempre fondamentale proprio dal vostro punto di vista. Sottolineo un punto che anche voi avete trattato, tra l'altro ne abbiamo anche discusso nel mese di ottobre del 2017. Mi riferisco ad una risoluzione presentata in Commissione ambiente alla Camera sulla tracciabilità dei fanghi, anche se trasformati in gessi. Sull'argomento a livello parlamentare si sta facendo un po' fatica. Da cinque anni a questa parte, purtroppo, varie indagini hanno stabilito che la tracciabilità dei fanghi di depurazione, anche se trasformati in gessi, è importante proprio perché rappresenta una filiera virtuosa che non deve avere ombre legate magari a situazioni non appropriate. A volte, infatti, la grande utility può far fatica a seguire il percorso a valle perché a volte i fanghi possono essere stati ceduti a piccole realtà, così da ritrovarsi nell'ambito di situazioni non proprio appropriate. Quindi, è bene che vi sia da parte vostra concordanza sulla tracciabilità dei gessi. La piattaforma del fosforo sapete bene che è partita, ne avete appena parlato. I file, resi pubblici da poco, sono piuttosto complessi e non ne ha notiziato credo nessuno, però sono importanti e si vede un dato. Il fosforo può essere recuperato in maniera più biodisponibile attraverso il fango, chiaramente di qualità adeguata, ben pretrattato e magari anche compostato per un po'. Magari per i fanghi è complesso arrivare al reattore per il recupero del fosforo, però cosa ne pensate del trattamento classico? Dopo anni di studio la piattaforma ha Pag. 10mostrato che quest'ultimo può anche rappresentare un metodo adeguato di gestione del fango di depurazione. Compostare per un po' il fango quando non ha particolari metalli pesanti, particolari impurità può arricchire il suolo anche di fosforo. Nel caso in cui vi fosse una permanenza di idrocarburi, secondo voi è sostenibile economicamente una procedura di disoleazione? A breve, come saprete, dovrebbe essere pubblicato lo studio di IRSA-CNR sui metodi per distinguere idrocarburi minerali, da idrocarburi biogenici nella categoria C10 e C40: la cosa, in qualche modo, potrà ottimizzare anche il decreto Genova. Speriamo che lo studio sia terminato, sono un po' di anni che è in corso, questo potrà aiutare tutti quanti. Volevo sapere se su questo studio voi siete stati attori e se avete svolto alcune attività al riguardo. Sapete se lo studio è terminato? Ha portato dei risultati? Noi abbiamo audito rappresentanti di IRSA-CNR, però volevo capire il vostro punto di vista sulla situazione attuale.

  FILIPPO BRANDOLINI, vice presidente Vicario di Utilitalia. Io distribuirei le due risposte alle due domande dell'onorevole Zolezzi, la prima sul fosforo all'ingegnere Mininni, che è consulente di Utilitalia rispetto a vari argomenti, ma nello specifico dei fanghi, e peraltro sta coordinando un lavoro interno proprio sulle tecnologie o i processi per il recupero del fosforo. Mentre sulla seconda domanda, lo studio CNR, cederei la parola a Tania Tellini, responsabile del settore idrico all'interno di Utilitalia e che ha partecipato ad alcuni dei lavori con CNR.

  GIUSEPPE MININNI, consulente di Utilitalia. Grazie presidente, grazie per la domanda all'onorevole Zolezzi. Sicuramente sull'approccio che ha evidenziato mi trova consenziente. Il fosforo può essere recuperato direttamente nel fango, già nel fango tal quale, oltre che nel fango compostato. Il recupero del fosforo nel fango compostato parte da una matrice dove sicuramente il fosforo si trova in forma abbastanza diluita, dato che nella composizione delle matrici che vanno a compostaggio il fango può essere presente in misura massima pari al 35 per cento su base secca. Il fosforo che viene apportato dal fango alle matrici in compostaggio risulta diluito nelle altre matrici che sono, naturalmente, la frazione organica dei rifiuti urbani e la frazione ligneo cellulosica. Nel trattamento dei fanghi, per quanto riguarda il fosforo, bisogna tenere presente che i trattamenti fatti a piè di impianto normalmente per la stabilizzazione dei fanghi, la stabilizzazione biologica, possono essere aerobici o anaerobici. Aerobici per gli impianti di potenzialità medio piccola, in genere inferiori a 50.000 abitanti equivalenti, anaerobici per quelli di potenzialità superiore. Nei trattamenti anaerobici la sostanza organica che si libera e che porta alla conversione in biogas, quindi in metano e in anidride carbonica, porta in soluzione anche il fosforo che si era prima abbattuto in linea acque. Per cui, l'ottimizzazione del recupero del fosforo deve considerare anche le correnti liquide che vengono separate a valle della digestione, in particolare nella disidratazione meccanica, che normalmente vengono inviate in testa all'impianto riportando indietro sia il fosforo, di cui si parlava, ma anche l'azoto, che quindi subiscono un secondo abbattimento. Quindi, una focalizzazione sui processi richiederebbe che su queste correnti di riciclo molto ricche sia di azoto che di fosforo si introducessero tecnologie utili per il recupero, utilizzando questi materiali recuperati per riarricchire i fanghi. Naturalmente, come sa benissimo l'onorevole Zolezzi, il problema finale di molte tecnologie che tendono al recupero di sostanze, di materie prime e seconde, dei fanghi – quindi, il fosforo eventualmente dalle ceneri del monoincenerimento – riguardano la qualificazione dei materiali recuperati. Questi materiali recuperati sono effettivamente materie prime secondarie, quindi end of waste che rispondono completamente alla definizione dell'articolo 184-ter del Testo unico ambientale, oppure rimangono ancora rifiuti? Questi sono i punti che rimangono ancora da sviluppare, soprattutto in ambito scientifico e in ambito RIC, per verificare quali sono i punti critici che possono contrastarePag. 11 ancora il pieno sdoganamento di molti flussi di materie prime e secondarie producibili, in particolare, dal trattamento delle acque reflue. Certamente, come diceva prima il presidente Filippo Brandolini, l'impianto di depurazione si va sempre più specializzando come bioraffineria, è una parola complicata, ma che può essere, in un certo senso, semplificata. Bioraffineria significa essenzialmente estrarre dei fanghi e materiali particolari utili a produrre materie secondarie, quindi eventualmente i grassi che possono essere grassi animali e vegetali, ma anche idrocarburi. Grassi animali e vegetali da destinare soprattutto, i primi, non certo i secondi, alla produzione di biodiesel e zuccheri, carboidrati per produrre altri materiali. Naturalmente queste nuove frontiere della depurazione sono state già affrontate in alcuni progetti europei e la ricerca sta facendo sicuramente grossi passi avanti. Per quanto riguarda, in particolare, la disoleazione, che lei ha citato onorevole Zolezzi, non saprei dire se nell'ambito del trattamento dei fanghi questo sia un trattamento fattibile. Perlomeno non ne ho trovato traccia nella letteratura internazionale che non ha mai considerato, anche in Paesi più sviluppati come Stati Uniti, Giappone e Corea, molto indirizzati verso ricerche di frontiere, la presenza di idrocarburi nei fanghi, soprattutto sentita a livello nazionale. Anche a livello delle discipline degli altri Paesi in Europa e mondiali non ho mai trovato traccia di un Paese che abbia posto limiti agli idrocarburi. Con questo non voglio assolutamente dire che non ci debba essere un limite agli idrocarburi, ma per evidenziarvi che questo al momento è un tema su cui si dibatte soprattutto in Italia.

  TANIA TELLINI, coordinatrice Settore Acqua di Utilitalia. Grazie presidente e grazie all'onorevole Zolezzi. Confermiamo che sta continuando la nostra collaborazione per la messa a punto di una metodologia in grado di discriminare la componente biogenica degli idrocarburi, in particolare C10 e C40, dei fanghi da quella di origine minerale. Abbiamo iniziato questa collaborazione con l'IRSA-CNR nel 2019 e, nonostante la pandemia, siamo riusciti comunque a portare avanti una serie di attività che hanno poi individuato questo metodo che dal punto di vista della convenzione, a suo tempo siglata con CNR-IRSA, è proprio del CNR. Il metodo è stato inviato ad ISPRA per la successiva validazione attualmente in corso. Sono già state fatte diverse riunioni e, da ultimo, è stato richiesto a noi, ai gestori e anche a FISE, che rappresenta le aziende, i terzisti che gestiscono le attività successive alla produzione dei fanghi, di produrre determinati materiali che potranno poi essere oggetto di uno studio collaborativo, tra più laboratori, per una messa a punto definitiva del metodo. Quindi, confermo che siamo in fase di arrivo, speriamo anche in tempi non troppo lunghi, per la validazione del metodo.

  PRESIDENTE. Non so se avete risposto a tutte le domande dell'onorevole Zolezzi, mi sembra di sì. Riguardo a questo studio, come mai ci sono tempi così lunghi visto che sembrerebbe sia stato concluso da un po'? Non è che questo metodo per separare idrocarburi di origine minerale da quelli di origine vegetale potrebbe creare problemi a qualcuno?

  TANIA TELLINI, coordinatrice Settore Acqua di Utilitalia. I tempi sono stati soprattutto legati alle campagne di monitoraggio perché, purtroppo, abbiamo colto in pieno il periodo della pandemia e del lockdown. Sono state effettuate le campagne di monitoraggio per verificare il metodo e la sua bontà anche con tempistiche diverse rispetto alla produzione e alla qualità dei fanghi. Dopo di che il metodo è stato inviato ad ISPRA a fine del 2020 e abbiamo avviato un'interlocuzione con ISPRA a maggio del 2021. A questo punto ISPRA ha fatto le proprie valutazioni anche rispetto al metodo stesso e, secondo le proprie tempistiche, ha avviato in questo periodo la fase di raccolta dei campioni. Il metodo, ovviamente, è complesso, come anche lei ha sottolineato, ma non certo per la finalità dei risultati, quanto per la complessità della matrice sulla quale stiamo lavorando. Il processo ha incluso le campagne di monitoraggio dall'agosto 2019 all'ottobre 2020, Pag. 12dopodiché il tutto è stato passato ad ISPRA per la validazione.

  GIUSEPPE MININNI, consulente di Utilitalia. Il metodo è stato completamente messo a punto da IRSA-CNR e adesso ISPRA lo deve validare. Questa validazione comporta la preparazione di standard che partono da diverse tipologie di fango, quindi fanghi tendenzialmente poveri di idrocarburi, fanghi con concentrazione di idrocarburi considerati medi/standard, fanghi con elevata concentrazione di idrocarburi, fanghi che hanno subìto trattamenti diversi. Quindi trattamenti, come accennavo prima, aerobici o anaerobici in funzione anche della potenzialità degli impianti. Per cui, in questa fase, ISPRA sta raccogliendo questi campioni e c'è anche in corso il dibattito se il campione da cui si parte per fare la validazione del metodo deve essere di fango essiccato, totalmente secco. Questo ovviamente comporta minori problemi di manipolazione nei laboratori, come potete immaginare. Bisogna poi determinare se può essere accettabile anche un fango come normalmente viene esitato dagli impianti, quindi un fango da disidratazione meccanica con un contenuto di acqua che può essere variabile dal 70 all'80 per cento, quindi con una concentrazione di secco del 20-30 per cento. Il metodo è stato sviluppato ed è applicabile su un fango disidratato e su un fango umido, quindi la sua validazione con fanghi secchi comporterebbe un'ulteriore criticità nella validazione. Al momento è in corso questo confronto, questo dibattito per verificare, effettivamente, quali standard sia necessario preparare. Infatti, da questa fase di validazione vengono fuori numeri che possono essere utili per lo scopo finale. Si tratta di una fase piuttosto laboriosa per definire le tipologie di campioni che saranno poi sottoposti al vero e proprio processo di validazione.

  PRESIDENTE. Però, scusate, a me risulta che questa discussione l'ha fatta il CNR, non adesso ISPRA, è roba passata, è già risolta o sbaglio?

  GIUSEPPE MININNI, consulente di Utilitalia. IRSA-CNR ha preparato un metodo che è stato standardizzato. Adesso ISPRA lo deve validare e la validazione comporta la preparazione di standard che verranno distribuiti a vari laboratori che vi lavoreranno.

  PRESIDENTE. Avrei bisogno di un chiarimento sui dati che avete citato in premessa elaborati da ISPRA perché c'è qualcosa, mea culpa, che non mi torna. Avete parlato di un 55,9 per cento che viene smaltito e di un 41,2 che viene recuperato. Riguardo poi al quantitativo in discarica?

  FILIPPO BRANDOLINI, vice presidente Vicario di Utilitalia. Richiamo di nuovo la presentazione, così supportiamo la spiegazione anche con la slide di riferimento che è la 10. Ecco, questo è il dato ISPRA, quindi a smaltimento vanno 1 milione e 750 mila tonnellate, mentre al recupero 1 milione e 289 mila. Le operazioni di smaltimento riguardano non solo lo smaltimento in discarica – 231 mila e 839 tonnellate –, ma anche il trattamento biologico, il trattamento fisico- chimico, l'incenerimento, il raggruppamento e il ricondizionamento preliminari. Quindi, le operazioni di smaltimento sono quelle che vanno da D1 a D14, mentre sotto vediamo elencate le varie operazioni di recupero. Quindi, lo smaltimento in discarica è una delle operazioni di smaltimento.

  PRESIDENTE. Allora trattamento biologico è il TMB. Che fine fa questo fango? Che vuol dire trattamento biologico?

  GIUSEPPE MININNI, consulente di Utilitalia. Onorevole Vignaroli, la situazione è comprensibile parzialmente, nel senso che i fanghi esitati da un impianto di depurazione gestito dal servizio idrico integrato sono inviati direttamente ad impianti in cui è perfettamente conosciuta la destinazione ultima del prodotto finito. Invio il fango nell'impianto di compostaggio, so che andrò a produrre ammendante compostato con fango, quindi sarà un recupero. Di contro, gestisco il fango e lo destino direttamente all'agricoltura, quindi invio il fango o a un intermediario o io stesso gestore del Pag. 13servizio idrico integrato ho un'autorizzazione come produttore alla gestione di questo rifiuto come R10 con destino sul suolo agricolo, quindi sono certo che quel fango andrà sul suolo agricolo. Inoltre, posso andare direttamente in discarica perché ho un'autorizzazione a mandare il fango direttamente in discarica, quindi sono certo che questo fango andrà in discarica. Ad esempio, i fanghi gestiti direttamente dal servizio idrico integrato, dall'indagine cui ha fatto riferimento prima il presidente Filippo Brandolini, vanno a una gestione diretta dove sono certi i destini, 46 per cento su base secca e 54 per cento a impianti cosiddetti intermedi dove il destino finale non è più noto. Si perde la tracciabilità dei fanghi in un impianto gestito da un gestore dei rifiuti autorizzato che miscela questi fanghi con altri fanghi o con altri rifiuti. In alcuni casi può anche succedere che il fango, per esempio, abbia come destinazione R13, viene messo in riserva e recuperato in un secondo momento. Questo, naturalmente, lo si può fare in possesso di un'autorizzazione.

  PRESIDENTE. Sì, se ho capito bene, una volta che viene trattato, cioè viene lavorato e prodotto in un impianto di depurazione delle acque, poi magari va mischiato in un TMB con altre cose e poi va in altro impianto. Insomma, alla fine finisce in discarica.

  GIUSEPPE MININNI, consulente di Utilitalia. Non direi un TMB, perché il TMB è un impianto di trattamento meccanico-biologico, è un impianto tipicamente dedicato al trattamento fanghi differenziato, quindi sicuramente il fango non viene inviato ad un impianto TMB. I cosiddetti terzisti controllano imprese che trattano il fango per conto del gestore del servizio idrico integrato. Possono fare trattamenti di stabilizzazione e trattamenti anaerobici, possono produrre dei biogas, oppure trattamenti chimico-fisici. Il più delle volte si tratta di trattamenti chimico-fisici dove si aggiungono reattivi chimici, soprattutto calce e derivati idrossiacidi, per consentire al fango di essere stabilizzato chimicamente e non produrre cattivi odori. Questo fango trattato dai gestori, dai cosiddetti terzisti, con un trattamento chimico-fisico o biologico potrebbe alla fine essere gestito in maniera diversa, quindi potrà andare in quota parte anche su suolo agricolo o potrà andare in alcuni casi nella produzione di gessi di defecazione o potrà andare anche a produzioni di ammendante compostato o potrà andare anche in discarica. La disciplina delle discariche non considera il fango in uscita dall'impianto di depurazione un fango trattato ai sensi della disciplina sui rifiuti, proprio perché il gestore di servizio idrico integrato non è un gestore di rifiuti, ma un gestore del servizio idrico integrato, quindi non è titolato ad eseguire trattamenti di rifiuti, per cui il fango che va in discarica potrebbe andare in discarica, ma con controlli sull'indice di respirazione dinamico potenziale ben più stringenti dei controlli a cui viene sottoposto un fango che viene bonificato come fango trattato a tutti gli effetti. Per cui non c'è più un sostanziale interesse a trattare i fanghi negli impianti di depurazione, dato che poi comunque deve essere in ogni caso assicurato un trattamento nell'impianto del gestore dei rifiuti.

  PRESIDENTE. Sì, anche se almeno la destinazione dovrebbe essere nota e calcolabile. Non è un buon segno questo che si perdano così le tracce. Noto anche che nello smaltimento c'è l'incenerimento, ma che tipo di incenerimento? È senza recupero energetico? Perché ormai gli inceneritori devono essere con il recupero energetico, che cosa si intende nella pratica?

  FILIPPO BRANDOLINI, vice presidente Vicario di Utilitalia. L'incenerimento D10 sono gli impianti di incenerimento senza recupero energetico o, qualora si tratti di un inceneritore che tratta rifiuti urbani, con un rendimento energetico al di sotto di quel coefficiente stabilito dalla normativa europea e nazionale. Tale normativa discrimina tra gli impianti considerati con il recupero energetico e quelli che non sono considerati con recupero energetico perché anche producendo energia ne producono Pag. 14troppo poca. C'è proprio un algoritmo di calcolo.

  PRESIDENTE. Pensavo che ormai fossero talmente pochi, vedo che la quantità è poca.

  FILIPPO BRANDOLINI, vice presidente Vicario di Utilitalia. Scusi, forse non ho precisato che non ci sono solo gli impianti di termovalorizzazione o di incenerimento che noi conosciamo per gli urbani. Ci sono degli impianti di incenerimento, monoincenerimento, dedicati propri ai fanghi. In alcune realtà i gestori dell'idrico, non so esattamente quanti siano, hanno un impianto dove trattano loro fanghi e li inceneriscono e sono impianti D10 in questo caso.

  GIUSEPPE MININNI, consulente di Utilitalia. Confermo quello che ha detto il presidente Brandolini. Come impianti di monoincenerimento, attualmente in esercizio in Italia, conosco per certo, l'impianto di Bologna e l'impianto di Prato che sono vecchissimi forni a piani multipli in esercizio da circa 40 anni. Forse ultimamente qualche altra impresa idrica sta promuovendo questa tecnica. C'è da osservare, presidente, che i fanghi sono un materiale molto povero come potere calorifico, quindi il processo di monoincenerimento per i fanghi è tipicamente un processo di smaltimento e non potrà mai essere un processo di recupero ai sensi della disciplina ambientale. È anche vero che un impianto innovativo di incenerimento dei fanghi deve essere articolato, non tanto per produrre energia, perché il materiale è obiettivamente povero, quanto per non consumare energia, quindi per non consumare energia l'impianto si deve articolare in modo tale che a monte vi sia un essiccamento termico parziale dei fanghi. Infatti, i fanghi devono essere alimentati a forno ad una concentrazione non troppo elevata, quella appena sufficiente per fare avvenire la combustione in maniera autotermica. In questo modo l'unione dell'essiccamento e della combustione comporta un insieme integrato per cui il calore dei forni viene sfruttato per essiccare i fanghi in maniera che l'impianto funzioni senza utilizzo di energia dall'esterno. Funzionano in questa maniera molti impianti in Europa, io posso fare il tipico esempio dell'impianto di Amburgo. Poi, per quanto riguarda i fanghi, quando si parla di incenerimento il più delle volte si tratta di destino dei fanghi essiccati ad impianti, come diceva il presidente Brandolini, di recupero di rifiuti urbani. In questo caso, il più delle volte, vengono accettati fanghi essiccati, cioè fanghi con un contenuto di secco sicuramente superiore all'80 per cento. Molti gestori del servizio idrico integrato stanno completando le linee fanghi con essiccatori proprio perché l'essiccamento dà la possibilità di avere una maggiore flessibilità di esercizio. In quota parte il fango essiccato può essere anche destinato al recupero in cementifici, ma sono casi molto sparuti a livello nazionale, forse ce n'è uno e comunque si possono contare sulle dita di una mano. Sicuramente il fango a trasporto transfrontaliero il più delle volte viene destinato proprio al recupero in cementificio, quindi esce dal territorio nazionale fango essiccato.

  PRESIDENTE. Tra virgolette, mi ha «rubato» la domanda sul cementificio. In conclusione, come vedete la questione del regolamento europeo che esclude i fanghi dalla produzione di nuovi fertilizzanti e poi suggerisce ai singoli Stati di sentirsi liberi nel realizzare il fertilizzante che vogliono?

  FILIPPO BRANDOLINI, vice presidente Vicario di Utilitalia. Il regolamento europeo ha stabilito delle regole per il mercato comune, probabilmente tenendo conto anche di vari approcci e sensibilità degli Stati membri. Come dicevamo anche prima, ci sono Stati che storicamente, tradizionalmente, ricorrono maggiormente all'utilizzo in agricoltura rispetto ad altri che sono più propensi alla valorizzazione energetica perché magari hanno anche dei suoli più ricchi. Quindi, non lo vediamo particolarmente problematico, fermo restando che il regolamento europeo stabilisce delle regole che sono funzionali al mercato comune, ad Pag. 15avere dei riferimenti univoci, dopo di che lascia liberi gli Stati membri di adottare o di mantenere delle normative specifiche, quindi anche il nostro Paese può continuare a ricorrere all'utilizzo dei fanghi in agricoltura. Non abbiamo delle opzioni dal punto di vista delle tecnologie da utilizzare, noi siamo per utilizzare le tecnologie migliori possibili, disponibili, e con il minore impatto ambientale. Quindi, riteniamo che se dei fanghi hanno le caratteristiche per potere essere utilizzati in agricoltura, previo opportuno trattamento, questi rappresentano un valore aggiunto anche in considerazione dello stato dei suoli, al fabbisogno di carbonio dei nostri suoli in contrasto alla desertificazione. Dei suoli fertili e sani danno anche un contributo al contrasto dei cambiamenti climatici. Per i fanghi che invece non hanno caratteristiche per andare in agricoltura perché derivano da impianti di depurazione di acque reflue civili riteniamo che l'opzione migliore sia quella del recupero energetico. Da verificare se nell'ambito del recupero energetico possa esservi davvero una prospettiva futura, come molti auspicano, quella del monoincenerimento per il recupero del fosforo dalle scorie. Quindi, riteniamo che nell'auspicata ipotesi di una revisione della normativa italiana sia mantenuta l'opzione dell'utilizzo in agricoltura.

  GIUSEPPE MININNI, consulente di Utilitalia. Mi scusi onorevole Vignaroli, forse sono meno diplomatico del presidente Brandolini, ma io francamente non la vedo in maniera positiva quando i fanghi di depurazione vengono considerati come un materiale sporco, inquinante del quale è meglio disfarsi: You have to get rid of them, as soon as possible, te ne devi disfare il prima possibile. È un vecchio concetto che ha sempre accompagnato i fanghi di depurazione. Poi, in ambito europeo vi sono Paesi forti, dotati di tecnologie che non faciliteranno mai il transito di materiali che hanno questa cattiva fama nell'ambito di prodotti di alta qualità o giudicati di alta qualità. C'è un forte contrasto a livello europeo nella gestione dei fanghi e il tipico segnale è il fatto che la Commissione europea, nonostante gli sforzi, non è mai riuscita ad aggiornare nell'arco di quasi 40 anni la direttiva fanghi n. 278. Questo perché vi sono Paesi che continuano secondo le loro pratiche e si trovano bene così, utilizzando grandi quote di fanghi in agricoltura, come la Gran Bretagna, che adesso è fuori dall'Unione Europea, come la Francia e la Spagna. Vi sono Paesi che l'hanno addirittura bandita, come per esempio l'Olanda, il Belgio e la Svizzera, per cui c'è una tale difformità di punti di vista e di vedute che ha portato al congelamento di tutti i lavori di aggiornamento di questa direttiva.

  PRESIDENTE. Bene. Se non ci sono altre domande, vi congedo e dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 15.