XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 141 di Giovedì 2 dicembre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente di Confindustria Toscana Nord, Daniele Matteini, sul tema degli abiti usati:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Matteini Daniele , Presidente di Confindustria Toscana Nord ... 3 
Pera Alessia , Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord ... 3 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 6 
Pera Alessia , Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 6 
Pera Alessia , Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Matteini Daniele , Presidente di Confindustria Toscana Nord ... 8 
Pera Alessia , Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Pera Alessia , Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Matteini Daniele , Presidente di Confindustria Toscana Nord ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Matteini Daniele , Presidente di Confindustria Toscana Nord ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Matteini Daniele , Presidente di Confindustria Toscana Nord ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Matteini Daniele , Presidente di Confindustria Toscana Nord ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Matteini Daniele , Presidente di Confindustria Toscana Nord ... 11 
Pera Alessia , Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Pera Alessia , Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Pera Alessia , Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Pera Alessia , Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Pera Alessia , Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Matteini Daniele , Presidente di Confindustria Toscana Nord ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Matteini Daniele , Presidente di Confindustria Toscana Nord ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del Presidente di Confindustria Toscana Nord, Daniele Matteini, sul tema degli abiti usati.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza di Daniele Matteini, presidente di Confindustria Toscana Nord. Partecipa all'audizione Alessia Pera, coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord. L'audizione rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo su traffici illeciti di indumenti usati. La Commissione è interessata ad acquisire elementi informativi sull'incidenza dei fenomeni illegali sulle attività delle imprese che operano legalmente e su eventuali segnalazioni di interesse della Commissione. Comunico che l'audito ha preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta. Invito i nostri ospiti a svolgere una relazione. Decidete voi come passarvi la parola, come gestire lo spazio. Ci interessa innanzitutto una panoramica sul settore, che è molto importante, che opera nell'ambito della legalità, però ovviamente, visto alcune inchieste che ci sono state, siamo interessati anche a capire cosa c'è che non va in alcune situazioni.

  DANIELE MATTEINI, Presidente di Confindustria Toscana Nord. Faccio una brevissima premessa. Poi passerò la parola alla dottoressa Alessia Pera, che meglio di tutti ha numeri, dati su tutto ciò che riguarda quello di cui stiamo parlando. Confindustria Toscana Nord è un'area molto vasta e comprende tre province: Prato, Pistoia e Lucca. L'area tessile per antonomasia è nella zona di Prato e prende anche alcune aree limitrofe della provincia di Pistoia. L'area di Lucca è più interessata a settori legati al mondo delle carte: c'è il distretto cartario più importante d'Europa, nonché sulla costa c'è il settore nautico che è molto importante. Quest'area molto vasta rappresenta Confindustria Toscana Nord. Nel settore tessile, fatto di mille sfaccettature e di mille rivoli, ci possono essere tantissime situazioni da poter valutare. A questo punto offrirei un brevissimo panorama sul settore di riferimento e poi si fa un po' di approfondimento. Lascerei la parola a te, Alessia, in maniera tale che tu possa entrare nei dettagli.

  ALESSIA PERA, Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord. Buongiorno a tutti. Comincio con la descrizione di quello che è il distretto tessile e abbigliamento pratese. Il settore tessile, come è noto, ha una filiera sviluppata a monte da chi produce le fibre, quindi tutta la parte di chi produce fibre naturali, come cotone, lino canapa; la parte invece della lana, allevamenti e quant'altro, industria chimica, che Pag. 4produce le fibre sintetiche. Tutte queste lavorazioni non rientrano nel nostro distretto. C'è poi una fase intermedia, che è quella tipica del distretto pratese, che è quella della produzione e lavorazione di filati e tessuti. Questo è il core del nostro distretto e sono le aziende che la nostra associazione rappresenta. C'è poi tutta una parte a valle, che è costituita sia dai brand – ci sono nella nostra area queste realtà – e ci sono tutta una serie di confezioni che sono cresciute anche in numero nel distretto pratese, soprattutto per l'insediamento della comunità cinese, e sono per lo più, anche queste, aziende non rappresentate dalla nostra associazione. Noi rappresentiamo quello che è il core del distretto, che sono i produttori di filati e di tessuti, i quali prevalentemente sono specializzati nel ciclo della lana cardata. La lana cardata è la lana a fibra corta, una lana che si ottiene anche e soprattutto con fibre riciclate, cioè scartate da altre fasi lavorative, oppure anche dal riutilizzo di abiti usati. Diciamo che Prato da oltre cent'anni è un distretto circolare e queste sono le lavorazioni che noi rappresentiamo. Hanno un'alta vocazione al riciclo, attestata anche dall'elevatissimo numero di certificati secondo lo standard GRS, che uno degli standard più importanti che attestano la produzione con materiale riciclato. È uno standard promosso da Textile Exchange, che è un'associazione no profit che a livello internazionale sostiene il tessile e la moda sostenibile. Come vi ho spiegato, si parla di distretto abbigliamento e tessile, però poi nella realtà noi lavoriamo prevalentemente con l'industria tessile, quindi filati e tessuti, che se vogliamo sono anche quelli che per una certa parte potrebbero avere maggiori impatti. Abbiamo la parte della nobilitazione, che è quella che lavora le fibre, nel senso che effettua le fasi di tintura e quant'altro. Tutte queste aziende sono attentissime all'ambiente, quindi già da parecchio tempo hanno fatto tutto un lavoro che poi ha portato addirittura il distretto a ottenere una certificazione EMAS (Eco-Management and Audit Scheme), l'attestazione EMAS dei distretti produttivi nel 2012, e poi riconfermata negli anni successivi. Ci sono cinque impianti di depurazione centralizzati che depurano le acque di queste fasi, che sono fasi a umido che utilizzano l'acqua, e c'è l'acquedotto industriale più esteso d'Europa, perché l'acqua depurata viene riutilizzata dalle aziende. In più le aziende si stanno addirittura dotando di una fognatura privata, che andrà ad alleggerire quella mista che, come spesso succede per esempio nell'altro distretto che abbiamo, quello cartario, una fognatura adibita sia a reflui civili che a reflui industriali, di qua si sta facendo un tratto di fognatura separata proprio per efficientare ulteriormente la gestione. Per darvi alcuni numeri, consideriamo che come stabilimenti, parlando di distretto tessile moda, quindi qui ci voglio mettere dentro anche l'abbigliamento, si parla di circa 6.800 stabilimenti e 42 mila addetti. Se poi andiamo a vedere l'abbigliamento, sono 4 mila stabilimenti, 23 mila addetti. Quindi rimangono circa 2.500 stabilimenti, 18 mila addetti delle aziende di cui vi sto parlando, che sono le nostre socie e che sono le produttrici di filati e tessuti. Questo è il polo tessile più grande d'Europa, senza dubbio. È leader nella produzione tessile, perché questi filati e tessuti sono molto richiesti dai brand della moda, e le nostre aziende li espongono nelle fiere principali, Première Vision di Parigi, Milano Unica e Pitti Filati. Qual è la situazione? Come vi ho detto, sono aziende da anni estremamente attente all'ambiente. Che tipologia di scarti ci sono nel settore? Dopo, parlando degli scarti, vengo un po' anche a quello che a voi interessa, che sono quelli che lavorano gli scarti del post consumo. Nell'area, nel distretto, quindi tessile e abbigliamento, da parte di queste aziende filati e tessuti c'è una virtuosissima azione di riutilizzo di molti scarti di produzione come sottoprodotto. Le normative di riferimento non sono così agevoli, soprattutto per aziende piccole. Qui si parla di aziende con una media anche di sette addetti. È una filiera molto frammentata, ma altamente specializzata. Quello che un'azienda verticalizzata di fuori Italia, del resto d'Europa, fa da sola, qui viene fatto da una filiera di aziende altamente specializzate e quindi Pag. 5vengono fuori dei prodotti che sono quello che poi si conosce nell'alta moda. Addirittura, quello che volevo anche dire è che questa azione virtuosissima di riutilizzo delle fibre di scarto, che siano sottoprodotti, che siano scarti da recupero di abito usato, scarti di lavorazione gestiti come rifiuto, consente tra l'altro di avere tutta una gamma di colorazioni nei tessuti di lana cardata che vengono prodotti senza utilizzare colorante. Tra l'altro abbiamo avuto anche una delegazione in visita di ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e Ministero dell'ambiente recentemente, e con loro siamo in contatto proprio perché in fondo stiamo chiedendo delle migliorie all'apparato normativo perché ci possa essere una facilitazione nella gestione della circolarità di tutte queste attività. Per quanto riguarda gli scarti, la parte dei sottoprodotti viene riutilizzata tranquillamente da azienda ad azienda. Noi con ARPAT (Agenzia regionale per la protezione ambientale) e la regione Toscana abbiamo anche fatto una linea guida per facilitare queste operazioni. La linea guida è stata recepita con una delibera della regione Toscana. Poi, ovviamente, tutto quello che non può essere gestito come sottoprodotto viene gestito come rifiuto speciale. Per le attività di tessile e abbigliamento, le metto insieme, si stimano nel distretto circa 40,50 mila tonnellate annue di questi rifiuti speciali che, preciso, sono spesso non riutilizzabili perché molti sono con una composizione di fibre miste e prevalenza poliestere che spesso e volentieri fa in modo che la fibra non possa essere recuperata e riutilizzata e che non ci possano nemmeno essere molte altre destinazioni. Nella nostra regione in prevalenza c'era la disponibilità di discariche perché consideriamo che una buona parte di questi 40,50 mila, fino all'altro ieri, per quanto riguarda la quota parte di imprese artigiane, era assimilato ai rifiuti urbani. Semplicemente veniva indirizzato nel circuito della raccolta urbana. Poi c'è stata una deassimilazione, secondo normative, di questo rifiuto ed è diventato tutto speciale. Pertanto tutti quanti, come prima facevano gli industriali, anche gli artigiani devono smaltirli come rifiuto speciale. Come vi ho detto, si recuperano male e c'è il problema delle destinazioni, che nella nostra regione è particolarmente sentito perché la nostra regione offre prevalentemente solo discariche. Qui ci sono alcuni parametri, come a volte presenza di antimonio, che non consentono di andare a discarica. Sarebbe molto utile poter avere un recupero di energia con la valorizzazione energetica, ma non abbiamo impianti di termovalorizzazione. Di questa quota che vi ho detto, 40-50 mila tonnellate annue, più del 50 per cento proviene dalla galassia delle confezioni, quel mondo di cui vi ho detto prima, che fondamentalmente afferisce alla comunità cinese e sulla cui gestione degli scarti permangono un po' di dubbi. Avrete probabilmente letto a volte sulla stampa la questione di questi sacchi neri, a volte addirittura abbandonati dentro capannoni chiusi. Il proprietario non usava il capannone e poi lo trovava pieno di questi sacchi neri, oppure sacchi abbandonati un po' ovunque. Chiaramente questo si è acuito soprattutto dopo quella deassimilazione di cui vi ho parlato, la mancanza di sbocchi, ma fondamentalmente poi ci sono anche delle realtà che probabilmente cercano delle facilitazioni nella gestione dello scarto, che in compenso è altamente onerosa. Per cui gestire lo scarto nel lecito e in conformità della normativa è molto costoso perché tenete presente che la gran parte di questi scarti se ne va oltre frontiera in impianti di termovalorizzazione perché qui non abbiamo risposte. Purtroppo questo è un po' un problema italiano, soprattutto del Centro-Sud. Gli impianti non ci sono, non sono stati fatti, e per chiudere virtuosamente il ciclo dei rifiuti, come dice anche l'Europa, ci vorrebbe anche la valorizzazione energetica della quota parte non recuperabile. Questo è in sintesi. Poi ci sono anche sul territorio delle attività che trattano il post consumo tessile. Si tratta di quelli che trattano abito usato. Sono piattaforme. Di queste non sappiamo molto perché non afferiscono al nostro sistema associativo. Hanno alti volumi di trattamento di capi e si parla di svariate decine di migliaia di tonnellate annue. Una parte, che non è Pag. 6reindirizzata sul second-hand, non è indirizzata sull'uso di ovatte e stracci per altre destinazioni, viene anche indirizzata al riciclo industriale. Potrebbe essere il 10 per cento, è una parte minoritaria. Questa può anche tornare, dopo apposito trattamento, come materia prima seconda a rifornire le nostre imprese locali, la nostra filiera del tessuto e del filato, che è soprattutto specializzata nel recupero delle fibre di lana, quindi soprattutto il settore laniero, quello che a Prato è prevalente. Proprio per lavorare su questi temi, in linea con quello che è l'indirizzo delle politiche europee sulla gestione circolare e sostenibile del tessile e anche quelle nazionali che le stanno ricalcando, e anche in vista della raccolta differenziata obbligatoria che scatterà nel 2022 eccetera, sul territorio col comune, con l'azienda municipalizzata, l'azienda pubblica di gestione dei rifiuti che afferisce a uno degli ATO di gestione, l'ATO centro, e con strutture di ricerca specializzate, si sta ragionando a potenziare una sorta di hub. Il distretto tessile abbigliamento pratese è un po' un hub dei rifiuti già di per sé. Sta cercando di strutturarsi per fare in modo di creare un polo, fare delle sinergie, così come previsto dal PNRR, per lavorare sui diversi fronti. Un fronte è quello della ricerca, perché è molto importante e noi abbiamo anche dei centri di ricerca che sono partecipati dalla nostra associazione ma anche dal comune. Si stanno specializzando su quella che è la cernita e selezione, perché per recuperare le fibre ci vuole a monte una selezione. Uno dei problemi più grossi del tessile, e forse non tutti hanno chiara la portata di questo problema attualmente, è quello della presenza di molte fibre miscelate che rendono difficile il recupero, per lo meno rimanendo nel settore tessile. Si può pensare a delle simbiosi industriali uscendo in altri settori, però ovviamente poi la selezione sarà importante, come ancora più importante...

  PRESIDENTE. Ha detto «fibre miscelate»? Ho capito male?

  ALESSIA PERA, Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord. Fibre miste. Ci sono delle miste di fibre per cui, per esempio, il capo di pura lana è pressoché introvabile. Sono stati inseriti l'elastomero in tantissimi capi per renderlo più funzionale. Chiaramente il settore tessile segue molto le mode.

  PRESIDENTE Lei deve più che altro puntare a non utilizzare fibre miscelate, oppure la ricerca deve essere sul trovare un sistema per recuperare, rendere più...

  ALESSIA PERA, Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord. Forse servono entrambe. Per alcuni capi, per esempio, almeno al momento attuale... Per esempio, l'uso dell'elastomero, che rende poi difficile magari il riciclo della fibra, è però doveroso. Mi viene in mente un costume da bagno non elasticizzato. Non so quanto potrebbe essere utilizzabile. E così anche per altri ci sono esigenze per tessuti tecnici eccetera. In questo momento, se vogliamo potenziare il riciclo delle fibre rimanendo nel tessile ma anche in altri settori, comunque va potenziata la selezione. È chiaro che un domani si dovrà lavorare, e questo mi sembra che è stato evidenziato anche nell'audizione che ho ascoltato di Sistema Moda Italia su un discorso di ecodesign e quindi anche di prevalenza di una monofibra. Laddove è possibile, uno sceglie la fibra. Però è chiaro che bisogna fare i conti con la moda, con le esigenze delle persone. Questo è un settore complesso, quindi ci vorranno tanti step, bisognerà fare molta ricerca in tante direzioni. Comunque le aziende si stanno già attrezzando. Un polo di ricerca di questo tipo a Prato lo vediamo come necessario e doveroso, visto che c'è questa alta tradizione di riciclo. Prato è già pronta come recettività per il recupero di tutta la fibra di lana. Se ci fosse una raccolta e si potesse fare un po' una cernita, sicuramente Prato esce bene a rinobilitare e a rivendere la parte della lana in quei magnifici prodotti che poi l'alta moda sceglie per i propri capi. La selezione serve anche a questo, poi magari ci si potrà specializzare anche su altri usi, per esempioPag. 7 la simbiosi industriale, il settore dell'edilizia, o con l'arredamento e quant'altro. Anche qui abbiamo già qualcuno che utilizza, per pannelli fonoassorbenti, per riempimento di materassi, tutta una serie di scarti. Ci sono già delle iniziative. Rispetto alla circolarità, noi queste cose le abbiamo già anche segnalate a più riprese all'Europa, al Ministero, alla regione, ognuno per le proprie competenze, e mi preme anche ricordarlo qui. La circolarità, che è importante e che è da incentivare, ha bisogno anche di alcune misure a livello di regolamentazione. Quando parlavo della gestione del sottoprodotto, aziende piccoline, c'è ancora una farraginosità perché c'è tutta burocrazia. Poter lavorare lo spirito delle direttive e tradurlo in maniera più chiara e semplice in tanti casi aiuta, perché poi a volte per paura di essere tacciati di gestori di rifiuto senza autorizzazione, con tutto quello che può conseguire, magari il soggetto preferisce non riutilizzare, neanche ragionare di riutilizzare certi materiali, perché questo vorrebbe dire prendere delle autorizzazioni. Non si sa quanto ci vuole per ottenerle, per il recupero rifiuti, e quindi buttare tutto nel rifiuto, anche cose che magari come sottoprodotto si potrebbero rapidamente riutilizzare. Poi servono ancora dei regolamenti sull'End of Waste, la fine vita del rifiuto. Come vi ho detto, noi non rappresentiamo quelli che al momento recuperano e selezionano dalle campane gialle, dalla raccolta urbana, questi centri che in alto numero sono anche a Prato. Però il fatto che ci sia un regolamento sul fine vita del rifiuto chiaro aiuta tutti, aiuta questi centri, aiuta chi poi prende questa materia prima secondaria che deve essere certa, che non è più un rifiuto – quindi è bene che questi regolamenti chiariscano bene dove finisce lo stato di rifiuto – in modo che poi c'è la serenità di prendere una materia prima, che è secondaria come prima venivano chiamate, ma che comunque sostituisca una materia prima; sono tranquillo e non incorro in accuse magari di traffico illecito perché magari è rimasto un bottone e non si è capito bene se la presenza del bottone era ammessa o non ammessa. Su questo abbiamo chiesto un lavoro al Ministero. Abbiamo avuto la fortuna di essere ammessi al tavolo dei lavori sul regolamento End of Waste. In questo momento sono fermi, però con ISPRA e con il Ministero siamo in contatto e li abbiamo portati anche in visita al nostro distretto in modo che potessero vedere il nostro recupero della lana. Mancano poi, come ho detto, gli impianti di valorizzazione energetica. Io questo lo dico in generale, perché poi alla fine anche la mancanza di impianti è un elemento che favorisce traffici illeciti, perché poi non si sa dove mettere il rifiuto, non si sa dove portarlo. Il problema è che, per lo meno nel Centro-Sud, questi impianti di valorizzazione energetica non sono stati fatti. È chiaro che non sono accolti di buon grado, c'è tanta disinformazione, però ci sono dei modelli virtuosi. Io vedo l'Emilia Romagna, la Lombardia. Lì ci sono degli impianti dedicati sia agli urbani che agli speciali. Tra l'altro sono impianti dove cerchiamo anche noi di potere avere accesso, perché altrimenti dobbiamo andare all'estero. Però in tutto questo allungarsi del giro è chiaro che ci si può insinuare anche in qualche rischio. In più torno a dire che, siccome a noi costa cara l'energia in un momento anche devastante – l'energia da rifiuto all'estero la fanno e anche a scomputo delle quote di CO2 famose dell'emission trading – sarebbe il caso di poter colmare il gap. Questo è un altro appello, perché se vogliamo aumentare la circolarità queste misure vanno prese. In più serve un sistema di EPR (responsabilità estesa dei produttori) ben congeniato, e anche questo può servire poi a tagliare le gambe magari a situazioni poco chiare, di cui abbiamo conoscenza ma non così approfondita; ma leggiamo e sappiamo, e penso che sia l'oggetto delle vostre indagini. Infine un'altra cosa importante da segnalare – anche questo l'abbiamo già fatto con i ministeri – è che bisogna stare attenti che le direttive comunitarie di immissione di prodotti e sostanze sul mercato non taglino le gambe al riciclo. Vi faccio l'esempio del regolamento Reach, che regola le sostanze pericolose. Non vi sto a fare un caso di specie che è oggetto di nostre criticità, ma è un problema che Pag. 8abbiamo nel recupero della lana. Può essere anche che alcune soglie che vengono date di limiti di sostanza per sostanze ottenute da materia prima vergine possano essere così esattamente specularmente applicate anche ai prodotti che sono ottenuti con materia riciclata, perché probabilmente a volte le sostanze ce le trasciniamo dagli anni precedenti con il riciclo. Le nuove immissioni le faccio senza usare certe sostanze, ma quando vado a riciclare mi ritrovo certi scheletri. È anche vero che se vogliamo fare economia circolare e non riempire discariche, non avere montagne di rifiuti, bisognerà considerare che c'è un transitorio da gestire. Bisognerà segnalare e fare presente anche all'Europa, e comunque quando facciamo i recepimenti nazionali, che ci possono essere degli scogli insormontabili che fanno sì che poi certi materiali non si possano riciclare. Io vi ringrazio, ho detto tutto, resto a vostra disposizione.

  PRESIDENTE. Ovviamente non è questa la sede per entrare in merito al tema dell'incenerimento o meno, se economia circolare o meno. Comunque sia, gli illeciti ci sono anche dove ci sono gli impianti d'incenerimento, e comunque il discorso è molto complesso, anche perché poi l'energia si produce ma ha anche un costo non indifferente, soprattutto lo smaltimento, che spesso arriva a cifre alte, più di 100 euro a tonnellata. Mi interessava sapere l'antimonio, che non conosco come sostanza, che problemi dà in discarica. Allo stato attuale presumo che però questi scarti in parte vengano mandati in impianti di incenerimento extraregionali. Immagino che una buona parte vada comunque in discarica, quindi volevo sapere come era bilanciato. In fondo non conosco bene il vostro distretto, anzi mi piacerebbe prima o poi visitarlo. Se ho capito bene, gran parte della filiera intermedia, cioè quella di filati e tessuti, è basata sulla lana; quindi parliamo della quasi totalità oppure è la gran parte, cioè anche il cotone e altro tipo di tessuti? Una cosa che mi ha colpito è che sono fatti con materiale di scarto e quindi anche con materiale di riciclo. Mi domandavo se questi prodotti di lana sono fatti tutti con materiale di riciclo e con scarti. Voi avete detto che negli abiti usati, che è un sistema a parte che non conoscete nel dettaglio e che non rappresentate, arriva un 10 per cento, che è una percentuale molto piccola; mi aspettavo di più. Probabilmente è perché voi prendete solamente la lana? In generale mi interessa anche capire quali sono le percentuali di materiale di scarto che voi prendete e riutilizzate, e quant'è la percentuale di abiti usati. Mi confermate che è il 10 per cento? Avete parlato della comunità cinese, avete espresso delle perplessità sulla loro gestione degli scarti. Volevo capire se secondo voi è solo un problema degli operatori cinesi, o ci sono anche operatori italiani o di altra nazionalità che hanno problemi al riguardo. L'ultima domanda è sulla responsabilità estesa del produttore. Voi avete sentito l'audizione precedente; immagino che anche voi siate interessati a questo. Potete dirci qualcosa in più per quanto riguarda l'EPR, su quanto sarete protagonisti visto le nuove esigenze?

  DANIELE MATTEINI, Presidente di Confindustria Toscana Nord. Il distretto tessile pratese nasce più di cento anni fa e diventa importante proprio riutilizzando delle vecchie fibre. Naturalmente all'epoca c'erano meno fibre sintetiche miscelate ai capi. C'è stato un periodo, che è durato magari anche cento anni, in cui il recupero di cui il distretto è diventato leader nel mondo era molto più semplice. Vengo alla sua domanda se i prodotti sono fatti tutti da prodotti riciclati. C'è una buona varietà, però generalmente un prodotto non è mai fatto soltanto di fibra riciclata. C'è una dosatura che con 150 anni di storia le aziende hanno imparato a miscelare, a trovare, fra prodotto vergine e prodotto riciclato. Quando viene prodotto un tessuto di lana o un filato di lana, generalmente c'è un equilibrio fra una parte che viene dalla lana vergine, quindi direttamente dall'Australia, da dove arriva la lana della tosa delle pecore, e poi fa prodotti riciclati che hanno seguito tutte le loro trasformazioni, nobilitazioni, migliorie per arrivare a comporre questi prodotti che generalmente sono un mix. Poi qui la variabilità è enorme, Pag. 9perché ci può essere un prodotto che ha 20 per cento lana vergine e 80 lana riciclata e un prodotto che ha 80 lana vergine e 20 lana riciclata. C'è tutto un mondo legato a tradizioni, a teorie eccetera. Ora non sto a dilungarmi. Però, per rispondere a questa domanda, c'è una variabilità enorme sulla composizione della fibra che esce dalle nostre principali aziende. Per quanto riguarda il discorso della comunità cinese, che si occupa fondamentalmente di produzione e abbigliamento, non abbiamo conoscenza che ci siano stabilimenti gestiti dal cinese che sono alla produzione che viene fatta qui, quindi produzione di filati e tessuti. Sono strutture più leggere, non hanno degli impianti importanti come le altre. Effettivamente la gestione noi non l'abbiamo sotto controllo perché non sono associati. Possiamo leggere e vedere dalle cronache quello che accade nell'area gestita da questa comunità. Ripeto, la produzione di abbigliamento in questo momento nell'area direi che è totalmente, se non quasi totalmente, in mano alla comunità cinese. Su mille aziende me ne verrebbero in mente dieci che sono gestite da italiani. Siamo su questi numeri, quindi trascurabili. La domanda che ha fatto ha già nei numeri una risposta implicita. Per quanto riguarda il discorso dell'antimonio lascio la parola ad Alessia che sicuramente sarà molto più chiara di me.

  ALESSIA PERA, Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord. Tra l'altro, per una precisazione, a volte si parla della comunità cinese senza nessuna... anche perché noi abbiamo provato come associazione ad avvicinarci, però per ora è un mondo che rimane molto chiuso in sé stesso. Quello che noi riportiamo su alcuni dubbi della gestione è quello che poi vediamo dalla stampa, i casi che sono stati poi alla fine denunciati e rilevati. Questo non vuol dire ovviamente che sono solo aziende della comunità cinese che magari sono responsabili dell'abbandono del sacco nero, questo fenomeno che soprattutto negli ultimi anni ha cominciato a imperversare. È semplicemente perché fatti di cronaca hanno portato questi dati. Sull'antimonio il punto qual è? Siccome proprio quando c'è stata questa deassimilazione, nel 2017 c'è stato il boom di criticità, e quindi anche di abbandoni, è stata costituita una task force in regione e noi abbiamo partecipato a questo tavolo proprio per vedere di cercare le soluzioni. Le nostre realtà essendo industriali avevano già una gestione del rifiuto come speciale, per cui bene o male possono avere avuto degli aumenti di prezzo, delle difficoltà maggiori a cercare destinazioni, ma non lo stravolgimento. Immaginate invece altre realtà che magari si sono trovate in forte difficoltà perché prima il rifiuto era assimilato. La regione in questo senso ha pensato di vedere di costituire un tavolo anche proprio su nostra istanza per vedere di trovare delle destinazioni a questi scarti. Semplicemente erano disponibili delle discariche, perché la regione Toscana ha molte discariche ma non ha termovalorizzatori. Ne ha pochissimi, quindi non poteva metterli al servizio. Semplicemente non che ci siano stati problemi reali con l'antimonio. Il problema formale è che comunque la caratterizzazione del rifiuto ha fatto evidenziare che ci sono dei superamenti del limite di accettabilità in discarica; pertanto quella non è la destinazione adatta al rifiuto tessile. Del resto è un rifiuto con alto potere calorifico. Anche questo ci dice che la discarica non è propriamente l'optimum. Quindi noi abbiamo provato a vedere di trovare altre tipologie di soluzione, per cui la discarica veramente ci va proprio molto poco. La via più frequente è proprio la termovalorizzazione e per questo vi dicevo delle spedizioni anche all'estero. Questo è il punto. Poi il discorso del 10 per cento. Non so, forse non l'ho spiegato bene. Noi non conosciamo approfonditamente queste realtà che trattano il post consumo tessile, però si stima che di tutti i volumi, che sono elevati, di materiali che trattano questi locali che abbiamo nella nostra area, la maggior parte venga riposizionata sia nella seconda mano che in altri tipi di utilizzo. Vi ho raccontato che stiamo provando a ragionare di una hub con l'azienda pubblica, con il comune eccetera. C'è questo progetto ambizioso che ci piacerebbe portare avanti e quindi ci siamo messi a studiare. Una Pag. 10stima è che un 10 per cento soltanto di quello che a loro arriva è reputato non riutilizzabile come abbigliamento, che sia seconda mano, che sia altre tipologie. Per cui un 10 per cento viene poi rimandato al riciclo industriale. È lì che la parte lana può arrivare anche alle nostre aziende che, come diceva il presidente, utilizzano fibra vergine e fibra riciclata – le percentuali dipendono dalla tipologia che fanno eccetera – e che quindi riutilizzano questa fibra per fare i loro filati e i loro tessuti.

  PRESIDENTE. Per quanto riguarda la responsabilità estesa. Come pensate di entrare? Come vi state organizzando e con chi? Per quanto riguarda gli scarti, visto che è un termine, ciò che adesso è scarto che può essere solo incenerito o messo in discarica è semplicemente una fotografia di quello che adesso l'industria riesce a offrire, però nulla vieta che con la ricerca magari quelli che adesso sono considerati scarti un domani potrebbero avere altre vie di riciclo e riutilizzo diverse da quelle dell'incenerimento della discarica. Quanti margini ci sono affinché questa quantità di scarti sia ancora più piccola di quanto è attualmente?

  ALESSIA PERA, Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord. Riguardo alla prima domanda, l'EPR, la responsabilità estesa dei produttori, chiaramente crediamo che questa sia la strada, che vada costituito questo sistema. Abbiamo sentito il Sistema Moda Italia, con cui abbiamo contatti, che una sua ipotesi di lavoro. Noi al momento ci siamo posizionati in un ragionamento di hub che potrebbe anche essere al servizio di un sistema di EPR con una parte di ricerca tecnologica, una parte di selezione, una parte di invio all'utilizzo, una rete di aziende che la utilizzano a seconda delle fibre. Noi con il riutilizzo della lana siamo pronti anche ad accogliere quantitativi e quindi le nostre aziende sono al servizio del riciclo in quello in cui sono specializzate e sono leader. Per quanto riguarda i margini, questo lavoro nel tavolo regionale lo abbiamo fatto quando abbiamo stimato queste 50 mila tonnellate più o meno annue di scarti preconsumo, di cui si è detto che più della metà vengono dalle confezioni. Al momento attuale abbiamo stimato che c'era una possibilità difficile di riutilizzo perché molto poliestere, il pronto moda, queste confezioni hanno dei tessuti da cui è complicato ricavare la fibra da nobilitare. Era per questo che poi alla fine la via di indirizzo individuata era la valorizzazione energetica. Certamente quindi molto dipende dai materiali. Niente vieta che con la ricerca anche il poliestere qualcuno lavora al riciclo chimico, però anche lì bisognerà vedere i bilanci di sostenibilità. Al momento attuale bisogna dare delle risposte riguardo agli impatti ambientali che dà questo riciclo. È da vedere se la circolarità in certe direzioni è anche sostenibilità, e quindi trovare delle vie circolari che siano altamente sostenibili. Anche sul riciclo al chimico si sta lavorando. Noi siamo entrati in contatto anche con soggetti. Stiamo anche attenti a vedere che cosa viene fatto fuori dall'Italia, chi ha già fatto sperimentazioni. Sicuramente ci sarà tanto da ricercare proprio perché fino a oggi sul fronte moda sarà difficile incidere, ma bisognerà poi alla fine provare anche lì. Sicuramente le nostre realtà sull'ecodesign sono pronte. Qualcuno ci lavora già, qualcuno ne fa già un vanto e lo pubblicizza come attenzione all'ambiente. Sul pronto moda e su questi temi ci sarà da lavorare un po', perché il lavoro di progettazione a volte è un po' antitetico. Si è parlato del meccanismo di funzionamento. Ho sentito anche nell'audizione – è stato ricordato – della sovraproduzione di queste fibre che poi alla fine sono molto scadenti, per cui anche il recupero è difficile. Bisognerà lavorare a tanti livelli e ci sarà bisogno anche dell'intervento di chi regolamenta, anche a livello internazionale, perché poi il mercato è globale. Bisogna sempre tenere presente questo, altrimenti rischiamo di mandare in sofferenza le nostre aziende che magari invece sono quelle che sono più attive sul fronte della sostenibilità.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio perché è sempre interessante capire bene come funziona Pag. 11il sistema. In ingresso voi quindi prendete la lana vergine dall'Australia. Gran parte viene...

  DANIELE MATTEINI, Presidente di Confindustria Toscana Nord. Il principale produttore del mondo di lana è l'Australia. Poi c'è il Sud Africa, Uruguay e altre aree, ma l'80 per cento della lana vergine, la cosiddetta lana merinos, viene dall'Australia.

  PRESIDENTE. Se in due parole poi mi spiegate la lana italiana come...

  DANIELE MATTEINI, Presidente di Confindustria Toscana Nord. La lana italiana come percentuale di produzione è uno 0,00, poi c'è un numero in fondo, quindi è trascurabile.

  PRESIDENTE. Perché le pecore si trovano male qui in Italia oppure non c'è un'industria competitiva?

  DANIELE MATTEINI, Presidente di Confindustria Toscana Nord. La risposta è molto semplice. Per quanto possa sembrare, in Italia non ci sono gli spazi adatti, perché le distese che ci sono in Australia o in altri Paesi qui non le abbiamo; abbiamo un problema di spazi. Per dire, in Italia sarebbe complicato gestire un milione di capi. Probabilmente sarebbero comunque insignificanti su numeri mondiali. Penso che per motivi di spazio – basta vedere il mappamondo – si vede che non abbiamo gli spazi necessari per poter sviluppare l'allevamento. Problemi climatici per i capi ad altissimo valore aggiunto, tipo le capre che fanno il cashemere. Purtroppo in Italia non abbiamo i climi adatti per poterle gestire. Questo è un po' a grandi linee. Poi se si dovesse approfondire il tema si potrebbe parlare a giorni, perché ci sono miglia di sfaccettature sull'argomento.

  PRESIDENTE. Voi avete detto che una stima è ben difficile da fare perché ci sono dei tessuti che magari impiegano il 10 per cento di riciclato, altri l'80 per cento; il vergine viene dall'Australia, invece quel materiale riciclato da dove arriva? Direttamente dalla raccolta degli abiti usati, e quindi avete un rapporto con questo sistema, o che altro?

  DANIELE MATTEINI, Presidente di Confindustria Toscana Nord. C'è tutta una filiera che produce il prodotto rigenerato prima dell'immissione nelle aziende che lo producono. Si va dalla cernita, si va dalla selezione, si va dalla divisione dei colori, dal trattamento chimico e meccanico che esclude determinate impurità. È tutta una parte del distretto che produce questa lana riciclata che poi viene rimessa nel ciclo.

  PRESIDENTE. Questa parte del distretto che tratta dove prende il tessuto usato? Lo prende dalla filiera degli abiti usati o da...

  DANIELE MATTEINI, Presidente di Confindustria Toscana Nord. Siccome l'ambito è molto complesso, è sfaccettatissimo, le faccio alcuni esempi. Ci sono i ritagli di maglieria. Quando viene prodotta la maglieria ci sono dei ritagli. Questi ritagli, in tutte le zone produttive che ci sono, molte volte confluiscono a Prato. Non ci sono più quelli della Cina perché li gestiscono loro. Praticamente lì comincia il ciclo di rilavorazione per poterli portare a sottoprodotto. Poi ci sono i cascami di filatura. Quando si parlava prima del fatto che noi siamo specializzati sulla fila corta, quando si va in filatura nel ciclo di lavorazione le parti più corte della lana cadono quando si fanno le fasi più nobili. Quindi la raccolta, chiamata «spolvero», della fibra corta rientra in questo meccanismo. Come questo, in tutte le fasi tessili, tutte le cose che potrebbero sembrare dello spreco invece di venire sprecate vengono reinserite nel ciclo produttivo. I punti da cui arrivano componenti per costruire la fase di prodotto riciclato arrivano da più aree, da più zone, da più lavorazioni. La bravura dei produttori è nel saper miscelare tutte queste fonti di approvvigionamento per poter ottenere un prodotto che sia compatibile con tutti gli standard di qualità che ci sono oggi. Ci hanno sempre parlato tanti produttori del fatto che una giusta miscelanza di prodotti Pag. 12fra lana vergine e lana riciclata tira fuori un prodotto che è molto più bello e duraturo di un prodotto fatto solo con lana vergine. Questa sarà una materia dei produttori locali, però probabilmente dopo tanti decenni ha anche una sua verità. Per capire tutto ciò, quello che va nelle...(inc.) dove arriva effettivamente anche lì si ne potrebbe parlare alcuni giorni. Le fasi sono tantissime. La cosa più semplice all'epoca era la cernita degli stracci, in cui venivano scelti e venivano separati fra capi di lana, capi di cotone eccetera. Ma oggi la cosa si è molto più complicata, come diceva Alessia, per la presenza di tantissimi componenti che rendono questa fase più complessa, perché la maglia di lana magari è stata tessuta insieme all'elastometro e diventa complicato separarlo. Quando parlavo prima dei famosi ritagli di maglieria, i ritagli probabilmente, che vengono prima della fase di assemblaggio, rientrano nei prodotti più facilmente riciclabili. Le tipologie di produzione da cui derivano tutti questi scarti sono tantissimi. Io ho fatto due o tre esempi, ma se ne potrebbero fare centinaia perché è molto sfaccettato.

  ALESSIA PERA, Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord. Noi abbiamo anche una nota che magari vi possiamo anche mandare che riassume un po' le cose che si sono dette. Da dove arriva la parte? La parte vergine si è detta, e una certa percentuale di materiale vergine anche a voler fare tutto riciclato, non sempre, ma spesso ci vuole, proprio per la consistenza del prodotto, un po' come nella cartiera che, quando recupera la carta, a seconda del prodotto che deve fare non mette solo quello che ottiene dalla cartaccia ma mette anche un po' di cellulosa vergine perché altrimenti la fibra a forza di essere riciclata non sta più in piedi. Sono dei mix che variano molto in funzione anche del prodotto che voglio ottenere. Che cosa prendo per quella quota parte di riciclo? Da una parte, come vi dicevo prima, c'è un preconsumo, che è quello che il presidente vi diceva, che è il pelo corto che cade. Questi da una lavorazione all'altra, anche proprio gestendoli come sottoprodotto, quel progetto che si è fatto che vi ho detto anche con la regione e l'ARPAT proprio per aiutare le aziende a gestirli in questo modo, sono scarti di lavorazione di un'attività che poi do a un'altra attività che li riutilizza. E poi il post consumo, che viene da tante fonti. Quella però è una materia prima secondaria. Non c'è ancora l'End of Waste. Infatti chiedevamo e siamo dietro a vedere che venga definito un End of Waste molto chiaro, però c'è comunque il decreto febbraio 1998 che regola l'attività di recupero. Quindi ci sono delle realtà che hanno le autorizzazioni ai sensi del decreto e che, come vi dicevo, sono presenti anche nel nostro territorio, questi che aprono i sacchi e fanno queste selezioni. Ovviamente quello che arriva alle nostre aziende da lì e da altre fonti è una materia prima secondaria, è un qualcosa che è stato rifiuto e adesso non lo è più e che ovviamente deve avere il requisito di avere la componente fibra lana. C'è chi fa anche prodotto di lino, però la prevalenza alta è quella della lana cardata di cui vi parlavo, che anche il presidente vi spiegava.

  PRESIDENTE. Quindi, se ho capito bene, la gran parte del materiale riciclato è uno scarto di produzione.

  ALESSIA PERA, Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord. No, non la gran parte. Lo scarto di produzione è una quota parte, poi c'è il discorso della materia prima secondaria che viene da centri di selezione.

  PRESIDENTE. No, per capire. Per i centri di selezione si intende la filiera dell'abito usato che poi...

  ALESSIA PERA, Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord. Esatto.

  PRESIDENTE. Cosa viene originato dalla raccolta post consumo dei cassonetti gialli e quanto invece arriva dallo scarto industriale? Per capire. Metà e metà? Nettamente superiore la quantità di...

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  ALESSIA PERA, Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord. Lo scarto industriale non copre una...

  PRESIDENTE. Non so se sbaglio, ma per scarto industriale intendo quello che è stato detto prima: i cascami, i ritagli, queste cose. Però la parte del leone la fa quel tessuto che proviene, attraverso la lavorazione sicuramente, dagli abiti usati? Ho capito bene?

  ALESSIA PERA, Coordinatrice area territorio, ambiente, sicurezza ed energia di Confindustria Toscana Nord. Sì, dal post consumo.

  PRESIDENTE. Dal post consumo, perché «abiti usati» è riduttivo. La domanda che mi viene spontaneo fare, visto che adesso con l'eventuale EPR e con l'obbligo di raccolta degli abiti usati si prevede gioco forza che la quantità di post consumo raccolta cresca in maniera considerevole, voi, visto che per fare i tessuti avete detto che non è che potete usare solo ed esclusivamente materiale riciclato ma deve essere giustamente dosato, conoscendo il vostro settore e il settore in generale, pensate che questa grande quantità sia facilmente utilizzabile dalle vostre imprese, oppure queste grandi quantità probabilmente non si riusciranno a gestire e ci vorranno sempre più imprese e bisognerà cambiare qualcosa?

  DANIELE MATTEINI, Presidente di Confindustria Toscana Nord. È una domanda un po' difficile, però provo a dare una risposta. Già da diversi anni è nata la tendenza per cui da parte dei brand e anche del consumatore finale c'è una grossissima attenzione ai capi che hanno una storia in cui si vede che con successo è stata compiuta un'operazione di economia circolare importante a beneficio di tutti, del pianeta. Questa quota sta crescendo. Non avendo la sfera di cristallo non so quanto stia crescendo e quanto crescerà, però le posso dire che con l'aumentare di questi prodotti da poter inserire nel circuito del riciclo sicuramente il distretto tessile pratese farà la parte più importante. Non so se riuscirà ad assorbirli tutti sulla base di quello che crescerà, però sono sicuro che ne potrà assorbire molti, perché questa è una tendenza abbastanza in crescita. Non le nego che c'è stato in certi momento, in passato, lasciando stare il periodo COVID, in cui aziende hanno dovuto usare più lana vergine di quella che avrebbero dovuto o voluto usare perché non avevano abbastanza prodotto riciclato da inserire nei cicli di lavorazione. Queste sono indicazioni che fanno capire che effettivamente il distretto è in grado di inserire nei cicli di lavorazione quantitativi sempre crescenti. Naturalmente è tutto legato ai flussi della moda, della geopolitica legata al tessile. La dinamica dei prezzi è molto importante. Sembra che la Cina abbia leggermente cessato di fare dumping sul tessile perché si è concentrata sui prodotti ad alto valore aggiunto. Se venisse fuori un Paese del genere, probabilmente ci sarebbero dei momenti in cui questi quantitativi potrebbero anche diminuire, perché ci si troverebbe in una situazione di difficoltà. Questo è un momento in cui guardiamo al futuro con ottimismo su questi prodotti da poter inserire con questo trend di domanda e di attenzione all'ambiente da parte di fette sempre più consistenti della popolazione mondiale. Se devo dare una previsione è che il distretto tessile potrà assorbire una quantità sempre maggiore di questi prodotti da ottenere nel ciclo di riuso e di riciclo. Questo mi sento di dirlo, avendo sentito tutte le campane. Non si dirle il quantitativo che potrà assorbire.

  PRESIDENTE. Credo che sia una tematica che vada calcolata e affrontata, perché altrimenti succede come gli imballaggi: aumentando, grazie a Dio e per fortuna, la raccolta differenziata a cifre elevate, se poi non c'è chi è in grado di assorbire questo materiale, poi si creano gli stessi fenomeni in cui magari viene tutto accatastato nei capannoni oppure alla disperata ricerca di inceneritori e discariche per poi smaltirle perché non si possono riutilizzare. Visto che presumo che la raccolta degli abiti usati sia destinata per lo meno un po' a Pag. 14crescere, credo che bisogna anche chiederci cosa poi succederà per il riutilizzo. Non ho altre questioni da affrontare, nel frattempo vi ringrazio. Se poi abbiamo dei dubbi, dei maggiori chiarimenti da chiedere, magari vi contatteremo.

  DANIELE MATTEINI, Presidente di Confindustria Toscana Nord. Noi siamo a disposizione e l'aspettiamo a visitare il distretto tessile.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio e dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 14.40.