XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 132 di Martedì 12 ottobre 2021

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente di Rete ONU, Alessandro Stillo, sul tema dei flussi paralleli di rifiuti (l'audito sarà in videoconferenza):
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Stillo Alessandro , Presidente di Rete ONU ... 3 
Fedele Mauro , Vicepresidente e rappresentante del Comparto «Enti di solidarietà» ... 4 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 5 
Stillo Alessandro , Presidente di Rete ONU ... 5 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 5 
Stillo Alessandro , Presidente di Rete ONU ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 6 
Stillo Alessandro , Presidente di Rete ONU ... 6 
Fedele Mauro , Vicepresidente e rappresentante del Comparto «Enti di solidarietà» ... 6 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 7 
Stillo Alessandro , Presidente di Rete ONU ... 7 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Stillo Alessandro , Presidente di Rete ONU ... 8 
Fedele Mauro , Vicepresidente e rappresentante del Comparto «Enti di solidarietà» ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 

Sulla pubblicità dei lavori:
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 

Audizione del Presidente di ANPAR, Paolo Barberi, sul tema dei flussi paralleli di rifiuti (l'audito sarà in videoconferenza):
Vignaroli Stefano , Presidente ... 8 
Barberi Paolo  ... 8 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Barberi Paolo  ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Barberi Paolo  ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Barberi Paolo  ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Barberi Paolo  ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Barberi Paolo  ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Barberi Paolo  ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Barberi Paolo  ... 9 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 9 
Barberi Paolo  ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Barberi Paolo  ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Barberi Paolo  ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Barberi Paolo  ... 10 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 10 
Barberi Paolo  ... 10 
Nepi Maria Letizia , Funzionaria ANPAR ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Barberi Paolo  ... 11 
Nepi Maria Letizia , Funzionaria ANPAR ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 11 
Barberi Paolo  ... 11 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Barberi Paolo  ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Barberi Paolo  ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Barberi Paolo  ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Barberi Paolo  ... 12 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Barberi Paolo , Presidente ANPAR ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Barberi Paolo , Presidente ANPAR ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Barberi Paolo  ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 13 
Barberi Paolo  ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15 
Barberi Paolo  ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 15 
Barberi Paolo  ... 15 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Barberi Paolo  ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Barberi Paolo  ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Barberi Paolo  ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Barberi Paolo  ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16 
Barberi Paolo , Presidente ANPAR ... 16 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17 
Barberi Paolo  ... 17 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17 
Barberi Paolo  ... 17 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 17 
Trentacoste Fabrizio  ... 17 
Barberi Paolo  ... 17 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 18 
Barberi Paolo  ... 18 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 18

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 13.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito)

Audizione del Presidente di Rete ONU, Alessandro Stillo, sul tema dei flussi paralleli di rifiuti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza di Alessandro Stillo, Presidente di Rete ONU (Rete Nazionale degli Operatori dell'Usato). Partecipa all'audizione Mauro Fedele, vicepresidente e rappresentante del comparto Enti di Solidarietà. L'audizione rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul tema dei flussi paralleli illeciti e l'abbandono dei rifiuti. Ricordo che Rete ONU, Rete Nazionale Operatori dell'Usato, è un'associazione che riunisce operatori e organizzatori dei mercati storici delle pulci, delle fiere e delle strade, delle cooperative sociali, delle cooperative di produzione lavoro, che operano nel sociale. La Commissione è interessata a conoscere quali siano le criticità che emergono nel settore degli Operatori dell'Usato, ovviamente finalizzato alla questione che interessa a noi relativa all'abbandono. Gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta. Invito quindi il Presidente a svolgere una relazione al termine della quale, magari, faremo, io e i miei colleghi, qualche domanda di approfondimento. Grazie.

  ALESSANDRO STILLO, Presidente di Rete ONU. Benissimo, intanto molte grazie per questa opportunità per noi particolarmente gradita, è la seconda volta che veniamo auditi dalla vostra Commissione. Noi operatori dell'usato attraverso rete ONU abbracciamo tutta la gamma che, come diceva il Presidente, va dalle cooperative sociali, fino agli operatori informali, l'usato che cerchiamo di intercettare è un tesoro. Per tutti gli operatori dell'usato, ciò che va nei rifiuti, è qualcosa che, se si riesce a intercettare prima, è oggetto di commercio e quindi produce reddito e spesso la sopravvivenza di migliaia e migliaia di persone e di famiglie che integrano il proprio reddito commerciando con l'usato. Quindi, per noi, i rifiuti sono un tesoro. Ricordo alla Commissione che ci sono più di 500 mila tonnellate di beni che potrebbero rientrare in circolazione, che sono ogni anno conferiti ai rifiuti. Abbiamo benissimo presente la questione dell'abbandono dei rifiuti che viene praticato in alcune aree. Per quanto riguarda gli operatori informali e, in generale, il settore dell'usato, noi abbiamo un vulnus principale dato dal fatto che – come sa anche il Presidente – il settore non ha una legge di regolamentazione generale, una legge quadro. La rivendichiamo anche perché, come molti di voi sanno, la «R» di riuso è la principale, secondo la gerarchia dell'Unione Europea, dopo la «R» di riduzione. Il riuso patisce un po' il fatto di essere un settore non industriale, se non in alcuni elementi, quindi di essere un settore che sconta una sostanzialePag. 4 marginalità rispetto al riciclo, un settore industriale che trasforma le materie in materie prima e seconde. Noi abbiamo già espresso alcune opinioni che sono felice di ribadire: il primo vulnus è rappresentato dai cosiddetti «svuota cantine» che svolgono un'attività importante di recupero dell'usato. Per capirsi, quando le persone cambiano alloggio o quando intervengono morti improvvise, insomma in tutte o quasi le situazioni in cui il cittadino accumula dei beni, intervengono i cosiddetti svuota cantine la cui attività era regolata fino al 2000 e che oggi sono in un limbo sanato in qualche misura da alcune Regioni. Gli svuota cantine nel momento in cui devono conferire della merce che non è più commerciabile hanno delle difficoltà di accesso ai luoghi di conferimento perché i costi di conferimento di merci, di rifiuti, sono molto alti per chi non è un cittadino che, di contro, conferirebbe gratuitamente. Questo succede in tutta Italia ad onta del decreto legislativo n. 116 del 2020 che non distingue più tra rifiuti domestici e rifiuti non domestici e lascia alle amministrazioni locali e alle aziende di raccolta rifiuti la regolamentazione di chi possa conferire cosa. Come Rete ONU già alcuni anni fa proponemmo un emendamento che così recita: «I rifiuti prodotti dalla filiera degli operatori di cui all'articolo 1, comma 2, quindi derivanti dalla selezione dei beni usati, anche ingombranti, e provenienti da locali e luoghi adibiti a uso di civile abitazione sono assimilabili agli urbani, al fine di agevolare la prevenzione di cui all'articolo 179 ...». Purtroppo, queste proposte, per ora, sono rimaste inascoltate. C'è poi il tema dell'approvvigionamento. Come dicevo all'inizio per gli operatori informali, per coloro che trafficano nei mercatini dell'usato come hobbisti e come frequentatori del libero scambio – si tratta di aree istituite sia dal Comune di Torino sia dal Comune di Palermo – tutte le merci che sono presso i rifiuti sono dei tesori che, purtroppo, oggi la legge non consente di prelevare. Chiudo il mio intervento chiamando in causa Mauro Fedele, Vicepresidente della nostra Rete. Egli è responsabile del Consorzio Equo, un consorzio di cooperative che interviene a monte, cioè cerca di intercettare i beni di cui i cittadini si vogliono liberare. Lascio a lui la parola.

  MAURO FEDELE, Vicepresidente e rappresentante del Comparto «Enti di solidarietà». Buongiorno a tutti, ringrazio il mio Presidente e voi per la possibilità che mi date di raccontare quello che cerchiamo di fare tutti i giorni. Sono qui come rappresentante, all'interno di Rete ONU, del comparto degli Enti di Solidarietà. Questo comparto ha diverse anime, ma sta esattamente all'interno di Rete ONU e tenta di creare lavoro, occupazione legale e dignitosa per persone che difficilmente, altrimenti, riuscirebbero a trovare un posto di lavoro stabile. In questo segmento, chiaramente, la raccolta di materiali e di rifiuti recuperabili, di beni dismessi, di qualcosa che abbia ancora valore, da sempre, è un'attività svolta da soggetti fragili un po' in tutta Italia. Abbiamo studiato questi accadimenti, abbiamo cercato di analizzare l'abbandono dei rifiuti e le sue motivazioni, le sue ragioni, lavorando su città anche importanti come Roma, Milano e Torino. Alla fine di tutte le nostre analisi, il concetto di abbandono dei rifiuti nasce generalmente da due diverse tipologie di approccio relativo agli abbandonatori di questi rifiuti. Abbiamo potuto analizzare fisicamente il rifiuto abbandonato e riassegnarlo a una filiera di origine. In realtà, una parte importante di questi rifiuti abbandonati sono generati dalla pura ricerca di un profitto ulteriore cercando di buttare via qualcosa per non pagare le spese e i costi della discarica piuttosto che del conferimento secondo quanto prevede la legge. Un'altra parte, invece, è chiaramente frutto di cannibalizzazione e di un lavoro non legale sicuramente informale, ma anche illegittimo sui rifiuti. Probabilmente si cerca di dare sostegno a una famiglia, riempire un frigorifero e dare da mangiare a qualcuno. Credo che questi due segmenti che abbiamo individuato contemplino delle logiche molto diverse e vadano considerati in maniera comunque abbastanza distante tra loro. Quasi dieci anni fa abbiamo iniziato un progetto reso a legalizzare la raccolta di rifiuti recuperabili all'interno della comunitàPag. 5 dei soggetti fragili, intercettando dei semi di legalità. Siamo riusciti a organizzare queste istanze e a renderle legittime. Oggi vi è un gruppo di cooperative sociali che utilizza tutti veicoli iscritti all'Albo Nazionale Gestori Ambientali; quando caricano un rifiuto lo fanno compilando un formulario di identificazione, conferiscono quello che raccolgono in impianti autorizzati. È chiaro che mille famiglie in giro per l'Italia non sono nulla, rappresentano un sommerso incredibilmente vasto, un segnale importante che si può fare qualcosa all'interno di questo mondo per cercare di dare dignità a dei lavori e a delle persone che vogliono cercare di emergere da situazioni non chiare, non trasparenti e sovente in mano a sfruttatori. A Roma abbiamo lavorato, tra l'altro, con il Comune sul progetto RomanInclusion, sul superamento dei campi nomadi. A volte abbiamo parlato, discusso e lavorato con il nucleo ambientale della Polizia Municipale di Roma Capitale ottenendo discreti risultati che sono anche stati pubblicati. Abbiamo notato che quando riusciamo a intercettare la domanda di legalità diminuiscono i roghi, gli abbandoni e le quantità di roba buttata via. La dignità del lavoro ti convince a seguire tutta la filiera virtuosa di comportamento che porta a conferire correttamente il rifiuto.
  Questo è comunque un argomento molto complesso che non credo si possa esaurire in cinque minuti, ma ci tengo a precisare che vi è la necessità di dare una mano alla legge affinché possa prevedere delle categorie, delle autorizzazioni, dei permessi per le persone che hanno bassa scolarità e difficoltà a entrare nel mondo del lavoro utilizzando i canali tradizionali. Infatti, nel momento in cui queste persone riescono ad ottenere indipendenza economica anche il welfare a carico della comunità ne beneficia.

  PRESIDENTE. Bene, grazie. Volevo affrontare con lei alcuni temi. Per quanto riguarda gli svuota cantine, assimilare al rifiuto urbano, cioè dargli la possibilità di accedere alle isole ecologiche, visto che le isole ecologiche si reggono sulla tariffa rifiuti dell'utenza domestica, non pensate possa creare qualche problema gestionale ed economico, soprattutto se non è previsto alcun correttivo? Sempre riguardo agli svuota cantine, ci sono stime, anche indicative, di quanta parte del materiale raccolto da costoro viene rivenduto nel mercato dell'usato e quanta parte purtroppo diventa rifiuto? In questo processo, a parte gli ingombranti, ci sono anche altri rifiuti o presunti oggetti da recuperare, altre tipologie di materiale? Mi riferisco in particolare agli inerti e ai RAEE. Per quanto riguarda i centri di riuso, la maggior parte, almeno la metà, dichiara di cedere gratuitamente delle merci usate in cambio di offerte senza un tariffario o tariffe certe. Questo sistema non può in qualche modo celare delle economie sommerse? A nostro avviso si tratta di un problema rilevante.

  ALESSANDRO STILLO, Presidente di Rete ONU. Sì, mi sembrano domande assolutamente puntuali. Il conferimento da parte degli svuota cantine può creare dei problemi di gestione economica? Ho due risposte, la prima è: sperimentiamolo. Quali sono gli aggravi di costi da parte delle aziende di raccolta rifiuti nell'andare a raccogliere in giro per la città dei rifiuti abbandonati? Io sono stato recentemente in alcune città del sud Italia e ho visto dei fenomeni di abbandono molto, molto rilevanti. Quindi, c'è un problema, secondo me, di costi-benefici. Avrebbe senso provare, in via sperimentale, in alcune città, in alcune realtà, a rendere libero e gratuito questo conferimento e poi fare al termine di un'annualità, di un biennio, dei conti. Credo che i costi siano assolutamente inferiori ai benefici.

  PRESIDENTE. Se posso interrompere, anch'io penso che costi molto di più andare a recuperare il rifiuto disperso in luoghi improbabili che conferirlo nelle isole ecologiche. C'è purtroppo da dire che, spesso e volentieri, soprattutto in alcune grandi città, le isole ecologiche sono insufficienti a recepire l'utenza domestica. Se poi si aggiungono i non domestici, si potrebbe paradossalmente subire il fenomeno opposto: il singolo cittadino va lì, trova tutto pieno e Pag. 6per questo getta il rifiuto nel primo parcheggio che trova. Questo per dire che la ricezione di questo tipo di materiale è, purtroppo, soprattutto in alcuni contesti, deficitaria a prescindere.

  ALESSANDRO STILLO, Presidente di Rete ONU. Certo. La ringrazio molto per la precisazione, presidente. È assolutamente così. C'è anche da dire che lo svuota cantine da un certo punto di vista è semplicemente una persona che si fa carico di una merce che il cittadino non vuole più e siccome non è commerciabile la porta allo smaltimento. In questo senso egli, in realtà, è un veicolo.

  PRESIDENTE. Effettivamente è vero, nel senso che sulla carta lo svuota cantine è un vettore. Secondo lei è sufficiente qualche tutela, tipo una delega? Oppure si può rischiare anche di creare un po' di nero, di confusione, di dichiarazioni mendaci?

  ALESSANDRO STILLO, Presidente di Rete ONU. No, io credo che sarebbe un enorme passo in avanti. Io capisco quello che lei dice e concordo, ci sono dei fenomeni che abbiamo studiato in cui delle persone dotate di mezzi fanno la coda di fronte a delle attività commerciali. Banalmente, chi vende mobili e si ritrova i magazzini pieni, per non disfarsene illegalmente chiama qualcuno che se ne occupi a cui riconosce una cifra evidentemente molto più bassa di quella che avrebbe speso per conferire. Anche in questo caso siamo di fronte a un problema di costi-benefici, il fenomeno è palese. Svuotare una cantina vuol dire avere a che fare con svariate cose, la merceologia è palesemente diversa. I nostri svuota cantine trovano tre mobiletti, due comodini, la libreria, insomma pezzi sparsi, è difficile che si assorbano appartamenti completi. Tenete conto che per noi, soprattutto per gli operatori informali, gli oggetti usati sono reddito, sono oro, sono possibilità di integrare il reddito. Solo a Torino vi sono un migliaio di famiglie che frequentano l'area di libero scambio, facendo un discorso complessivo parliamo di un fenomeno di 10-15 mila persone che hanno tutto l'interesse ad assorbire oggetti usati. I mercati dell'usato, mercatini popolari, costano dai 12 ai 15 euro in su e un singolo mercatino distrae dai rifiuti 2 mila tonnellate annue circa. Quello che viene abbandonato è in parte tessile che si riutilizza con i raccoglitori e, soprattutto, gli oggetti rotti. I RAEE vengono assolutamente o cannibalizzati o acquistati per essere avviati a mercati terzi, è molto difficile trovarli nei mercatini dell'usato. Riguardo a tale tipo di rifiuti c'è un'azienda di Vinovo che assorbe donazioni e acquista RAEE usati, li trasforma e li rimette in circolo come AEE. I centri di riuso sono fondamentali in un sistema di raccolta rifiuti. Abbiamo parecchi dei nostri soci, in particolare cooperative sociali, che gestiscono centri di riuso. Spesso i centri di riuso hanno delle forme di convenzione con le aziende di raccolta rifiuti o l'ente gestore del centro di riuso non paga l'affitto, ha dei piccoli contributi; detto questo, io sono sempre per la valorizzazione del bene. C'è un'applicazione che si sta diffondendo in Italia e che si chiama «Cielo Cielo» che distribuisce ad enti solidaristici materiali di singoli. Essendo un progetto sostenuto da varie entità, fondazioni bancarie e così via, c'è una forma di aiuto nel trasporto. A parte le attività solidaristiche, credo che le merci usate vadano valorizzate. Le merci nei mercatini dell'usato che frequento settimanalmente costano pochissimo però devono avere un valore, ciò è necessario per poter produrre reddito. Se si trattano merci usate e si vendono, dall'altra parte ci sono persone che ne ricavano reddito. Se si trattano merci usate con sfondo solidaristico ci saranno volontari, ad ogni modo si tratta di due diversi rami.

  MAURO FEDELE, Vicepresidente e rappresentante del Comparto «Enti di solidarietà». L'unico argomento che mi sembra ancora un attimo da approfondire è quello legato ai RAEE. Il mondo dei RAEE è un mondo variegato, ma è un mondo disciplinato da rapporti strettissimi tra le multiutility, tra i consorzi di filiera e, all'interno di queste organizzazioni, io credo dobbiamo trovare e cercare un dialogo per riuscire con loro a collaborare per evitare Pag. 7la cannibalizzazione dei RAEE, o meglio per fare in maniera che, se ci sono delle attività collaterali alla raccolta di un RAEE, quando questo non viene più considerato economicamente valido per chi se ne disfa, perché a volte non è né un RAEE rotto, né un RAEE inutilizzabile. Faccio un esempio molto banale. L'ultima ondata di sostituzione di pannelli fotovoltaici – perché oggi ci sono generazioni di pannelli che sono più piccoli, più potenti, più efficienti – crea una sostituzione di beni che, in realtà, sono ancora totalmente fungibili e funzionanti. Un bene di questo tipo magari non rende economica l'installazione in un impianto, ma in una capanna in Africa dove può portare la luce, dove può garantire un servizio, potrebbe avere una seconda vita per altri 10 anni. Tenete conto che di esperienze analoghe potrei citarne diverse. Credo che lavorare a quattro mani con chi ha in mano la filiera dei RAEE sia la maniera giusta per provare a dare delle soluzioni e a creare lavoro dignitoso assolutamente legale.

  PRESIDENTE. Grazie a voi. Un'ulteriore precisazione. Lo svuota cantine che svuota una casa di un'utenza domestica, premesso che il vettore è comunque responsabile del rifiuto che trasporta, lo possiede, ma attualmente, con una delega, come funziona? Il cittadino può delegare qualcun altro a portare i propri rifiuti nell'isola ecologica, oppure no? Sempre riguardo all'isola ecologica sarebbe utile – non so se questo è già possibile farlo, non so se chi gestisce i centri di riuso, quindi anche voi, avete la forza, diciamo così, se è un'idea utile e praticabile, di collaborare con magari alcune grandi città, o alcune città – fare una sorta di filtro all'ingresso dell'isola ecologica? Nel senso che, prima di entrare, si dà un'occhiata e si dice: «Va bene, questo me lo prendo io centro di riuso e il resto entra dentro». Insomma, una sorta di filtro a monte in modo tale da migliorare la selezione di questi materiali.

  ALESSANDRO STILLO, Presidente di Rete ONU. Presidente, mentre lei parlava, annuivamo contemporaneamente il vicepresidente Fedele e io. L'uovo di Colombo è riuscire a intercettare il bene di cui il cittadino vuole, semplicemente, liberarsi. Il cittadino ligio, che magari ha anche un auto come oggi si usa, una familiare, ha un bene perfettamente funzionante, ma non lo vuole più, nessuno glielo paga e non sa che cosa farne. Ho contezza, conosco dei raccoglitori che si piazzano fuori da alcuni centri in Italia e, in qualche modo, con la complicità di chi gestisce il centro – neanche la complicità perché fuori dal centro se io ho un mobile in auto è mio, quindi non è un rifiuto finché non è entrato nel centro – si piazzano lì e intercettano i beni. Oggi è una pratica al limite della legalità, non è illegale però è sicuramente non regolarissima. Dopodiché, nessuno impedisce a me che ho in macchina il mio mobiletto di regalarlo a chi mi pare; ciò, fino a che non entro con l'auto nel centro di raccolta rifiuti, quando entro con l'auto, o con il mobiletto se è leggero diventa un rifiuto. Ma quello che diceva lei, Presidente, sarebbe l'uovo di Colombo. Quelli sono tesori per noi, sono risorse enormi per tutti gli operatori dell'usato, in particolare per gli operatori informali. Parliamo di reddito di decine di migliaia di persone. Sono sicuro che voi avete idea e sarebbe forse l'uovo di Colombo per rendere attuativa la legge n. 13 del 2009. Cioè ragioniamo sul fatto che un'area esterna in cui il cittadino arriva e dice: «Io ho questa roba». Per chi è del settore, a colpo d'occhio si capisce se quella è una cosa commerciabile o meno, se quella è una cosa che non ha bisogno dell'End of Waste. Questo assolutamente andrebbe fatto, penso sia fondamentale e sia fondamentale che oggi si comincino delle sperimentazioni in questo senso. Però dico anche una cosa molto chiaramente perché sto parlando con una autorevolissima Commissione della Camera dei deputati, quindi del nostro Parlamento, è necessario e fondamentale che ci sia un input chiaro da parte del Parlamento e del Governo. È necessario e fondamentale che, dalla legge n. 13 – scusate se la ricito – del 2009, fino alla n. 116 del 2020, ci siano degli attuativi discussi con organizzazioni come la nostra e soprattutto ci siano degli Pag. 8attuativi. Stiamo aspettando da anni i decreti attuativi. Credo che voi conosciate, non so se sia stata audita, ma noi abbiamo rapporti professionali e associativi con Contarina che, in provincia di Treviso, svolge un lavoro fondamentale di recupero dei beni prima che siano avviati a rifiuti. È un'azienda di raccolta rifiuti della provincia di Treviso. Quell'esperienza lì, se allargata ad altre aree urbane, potrebbe essere fondamentale.

  PRESIDENTE. L'unica cosa è che, per quanto riguarda i decreti attuativi, è competenza del Governo, probabilmente noi come Parlamento potremmo anche dare seguito alla proposta di legge della riforma dell'usato che si è un po' arenata, purtroppo. Detto questo, se non ci sono richieste di intervento, vi ringrazio per il contributo.

  ALESSANDRO STILLO, Presidente di Rete ONU. Grazie mille a voi per averci ascoltati.

  MAURO FEDELE, Vicepresidente e rappresentante del Comparto «Enti di solidarietà». Grazie Presidente.

  PRESIDENTE. Grazie.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

  (Così rimane stabilito)

Audizione del Presidente di ANPAR, Paolo Barberi, sul tema dei flussi paralleli di rifiuti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione in videoconferenza di Paolo Barbieri, Presidente di ANPAR (Associazione Nazionale Produttori Aggregati Riciclati). Partecipa all'audizione la Dottoressa Maria Letizia Nepi. L'audizione rientra nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul tema dei flussi paralleli illeciti e dell'abbandono dei rifiuti. L'ANPAR nasce nel 2000 come associazione di categoria degli impianti fissi e mobili che riciclano rifiuti inerti. La Commissione è interessata a conoscere quali siano le criticità che emergono nel settore, sempre nell'ottica dei flussi paralleli illeciti nell'abbandono dei rifiuti. Comunico che gli auditi hanno preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta. Vi cedo la parola e poi eventualmente faremo qualche domanda.

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Buonasera e grazie per l'invito. Parliamo di rifiuti inerti. I rifiuti inerti in Italia costituiscono circa il 50 per cento di tutti i rifiuti speciali prodotti, pari a 60 milioni di tonnellate, e più di un terzo di tutti i rifiuti prodotti quindi tra speciali non pericolosi, urbani e speciali pericolosi. Quindi, questi dati – che peraltro tengo a sottolineare sono dati stimati e non conteggiati – ci dicono l'importanza per massa, volume, di questi rifiuti. Questi vengono gestiti principalmente all'interno di impianti autorizzati e c'è una parte – la domanda e il tema per cui siamo stati interpellati è anche sui flussi paralleli, sul circuito parallelo di questi rifiuti – che non rientra evidentemente all'interno del circuito legale e quindi controllato, controllabile. Questo, secondo me, in parte dipende da alcune carenze che esistono da anni ovvero la mancanza di obbligo nella maggior parte dei Comuni italiani a presentare un piano di gestione dei rifiuti. Questo, in alcune città, ad esempio a Roma, avviene. Quindi, viene richiesto in fase di presentazione di qualsiasi tipo di istanza, che vanno dalle più semplici fino ai permessi a costruire, di un piano di gestione dei rifiuti prodotti dal cantiere. Questo predispone l'avvio di una procedura che poi sarà chiusa soltanto all'atto della presentazione delle relative certificazioni. Quindi, tanti rifiuti ho dichiarato che avrei prodotto e tanti certifico averne prodotti, oppure un po' di più, un po' di meno e Pag. 9spiego i motivi per cui il conteggio magari non corrisponde alla stima. Uno strumento di questo tipo potrebbe sicuramente agevolare.

  PRESIDENTE. Se posso interrompere, per capire meglio. Non ho capito se sta dicendo che questo obbligo non c'è però, se ho capito bene, alcuni comuni lo prevedono, tipo il Comune di Roma?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Sì, diciamo che autonomamente hanno approvato delle norme tecniche per cui questa cosa è obbligatoria.

  PRESIDENTE. A che livello è? Nel senso se io faccio una semplice SCIA senza dovere chiedere permesso per abbattere un piccolo muro dentro casa, a Roma, o in quel Comune dove prevede questo piano in gestione dei rifiuti, devo dire: «Produrrò un sacchetto di materiale edile e lo porterò all'isola ecologica». Funziona così?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Sì, esatto. Sì, sì funziona così. Qualsiasi procedura attinente alle opere, se prevede dei lavori di costruzione e di demolizione, deve contenere questa dichiarazione. Quindi lei che vuole abbattere il muro divisorio tra la cucina e il soggiorno presenta la CILA, la SCIA segue la procedura che deve fare e dichiarerà che produrrà un tot chili di macerie. Naturalmente il professionista che presenta la pratica stimerà quei quantitativi e dovrà poi rendicontarli per la chiusura della procedura amministrativa. Questo ritengo sia uno strumento semplice. Ad esempio, io lavoro a Roma ed è stato ormai adottato e digerito da tutti, è diventata una prassi e, secondo me, è utile.

  PRESIDENTE. Ignoravo questa cosa, quindi è interessante. Poi come si fa a verificare che effettivamente quel materiale è stato portato nel ciclo virtuoso e lecito?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Il professionista deve produrre una certificazione sostitutiva di atto notorio, quindi è il professionista che lo dichiara, sarà il geometra, l'architetto, l'ingegnere che si occupa della procedura che deve dichiarare questa cosa. Certo non possiamo pensare o pretendere che siano gli uffici tecnici dei Municipi o dei Comuni a fare delle verifiche, probabilmente faranno pure delle verifiche a campione, però diciamo che, in prima battuta, è il professionista che certifica con certificazione sostitutiva di atto notorio.

  PRESIDENTE. Da quando è in vigore questo?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. A Roma credo da circa tre anni, tre anni e mezzo.

  PRESIDENTE. E in altre città?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Alcuni Comuni hanno avviato procedure simili. Adesso non saprei dire quali e quanti, però ci sono Comuni che hanno adottato procedure di questo tipo.

  PRESIDENTE. Se io non ho professionisti e il muro me lo abbatto da solo a casa?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Qua entriamo in un altro tema. Se il lavoro lo fa per conto suo, e il rifiuto è autoprodotto, lei lo porta al centro di raccolta, all'isola ecologica.

  PRESIDENTE. Sì, dicevo non vale questo obbligo del piano di gestione dei rifiuti, allora.

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. L'obbligo vale se serve una procedura, se serve una comunicazione di qualche tipo al Comune. Se poi serve, ma lei non la fa, entriamo in un'altra sfera, è evidente. Se per abbattere il muro serve una SCIA, una CILA o quello che sia...

  PRESIDENTE. Ma se basta semplice dichiarazione, io abbatto quel muro, lo faccio io, mi chiedono il piano di gestione dei rifiuti?

Pag. 10

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. No, se non c'è una procedura nei confronti dell'ufficio tecnico del Municipio e del Comune, nessuno le chiede nulla perché nessuno sa che lei abbatte quel muro.

  PRESIDENTE. No, se io faccio una dichiarazione.

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. La dichiarazione lei la rende se apre una procedura, cioè se apre un procedimento.

  PRESIDENTE. Se io apro una procedura, nel senso che dichiaro di abbattere un muro, il Comune mi chiede il piano di gestione rifiuti?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Sì, se lei, per fare quel lavoro, è tenuto a fare una CILA, una SCIA, una CIL, una pratica di questo tipo, il Comune glielo chiede. Se è tenuto e non lo fa, il Comune non glielo chiede perché non lo sa. È chiaro. Però, se lei è tenuto a una procedura del genere glielo chiede. Se fa un lavoretto, per conto proprio, a casa, che non richiede nessun tipo di pratica amministrativa, è chiaro che nessuno le chiede nulla, perché nessuno sa che lo sta facendo.

  PRESIDENTE. Questo è certo. Questo lo davo per scontato, era il caso dove comunque va dichiarato, anche se non serve il permesso, ma l'autodichiarazione. Non lo so, questo non mi risulta che nella pratica venga fatto, però magari mi sbaglio io, per carità. Verificheremo.

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Poi c'è un altro fenomeno in atto – che credo lei conosca bene – che è la possibilità, ad esempio per i magazzini edili, di avviare dei centri per il deposito preliminare di rifiuti provenienti dall'edilizia. Questo è un'altra azione, un altro fenomeno che sta partendo proprio in questo periodo con la costituzione di un consorzio REC, a cui ANPAR partecipa, noi siamo nel comitato tecnico del consorzio. L'obiettivo di questo consorzio è di realizzare una rete capillare per la raccolta dei rifiuti provenienti dalle microdemolizioni. Questo che cosa vuol dire? Ritornando ai piccoli cantieri di cui parlavamo prima, c'è la possibilità di andare a conferire i 10 sacchetti di macerie, prodotti dentro casa mia, presso il magazzino edile a 500 metri da casa invece di dovere percorrere 15 chilometri per arrivare presso l'impianto di recupero. I 15 chilometri per arrivare fino all'impianto di recupero li farà il mezzo che, invece di portare i 10 sacchetti, ne porta mille o 10 mila di sacchetti tutti quanti insieme presso l'impianto di recupero. Questa è un'altra iniziativa che, a nostro parere, potrebbe contribuire a far emergere sicuramente del sommerso che ancora c'è a livello di numeri, di volumi e a convogliare, all'interno di una rete di raccolta legale, quantitativi importanti di rifiuti inerti. Consideriamo che, in quel totale di 60 milioni di tonnellate di rifiuti inerti di cui parlavo prima all'inizio del mio intervento circa l'80 per cento è composto dalle medie e piccole demolizioni, quindi demolizioni della palazzina oppure di strutturazioni nell'appartamento. Quindi, contrariamente a quello che magari si sarebbe portati a pensare, la maggior parte dei rifiuti inerti rappresentano il frutto di interventi di piccolissime dimensioni.

  PRESIDENTE. Io l'ho fortemente voluta questa norma anche perché, fin da bambino, frequentavo i magazzini edili, quindi conosco perfettamente la situazione. Ovviamente, adesso seguirò questa cosa con il consorzio e mi auguro che la sperimentazione funzioni. Mi piacerebbe che questa iniziativa venga pubblicizzata. Nella scorsa legislatura abbiamo approvato la legge sui RAEE dell'uno a zero che, probabilmente, non conosce nessuno. Quindi, volevo sapere se è prevista con chi partecipa, con i magazzinieri che partecipano a questa cosa, una pubblicità di questa opportunità.

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Sì, c'è stata una presentazione, se non sbaglio, nel mese di settembre. A Ecomondo è previsto un convegno di presentazione del consorzio e la pubblicità di questa possibilità, di questa norma della Pag. 11quale può usufruire sia chi sta all'interno, sia chi sta all'esterno del consorzio. A Ecomondo saremo coprotagonisti di questo momento di pubblicizzazione che, come succede normalmente, sarà molto importante e avrà un grande risalto mediatico. Naturalmente, questo tipo di attività sarà sempre più pubblicizzata poiché è nell'interesse di chi vive il mercato, quindi del magazzino e dell'impianto che diventa fornitore del magazzino. Quindi la risposta è sicuramente sì, ci sarà un grande risalto mediatico rispetto a questa iniziativa.

  MARIA LETIZIA NEPI, Funzionaria ANPAR. Stiamo peraltro partecipando, insieme al consorzio, e alle Camere di commercio ad alcuni approfondimenti direttamente, sempre via web ovviamente, con gli operatori interessati. Quindi, territorialmente, stiamo cercando di organizzare dei momenti di riflessione e penso che se ne organizzeranno diversi.

  PRESIDENTE. È fondamentale che il messaggio arrivi anche all'extracomunitario che esegue lavoretti in nero o anche al piccolo artigiano italiano che, probabilmente, anzi sicuramente, non sa nemmeno cosa sia Ecomondo. L'importante è che quando lo stesso artigiano dovrà comprare del materiale nuovo, vergine, abbia un cartello, conosca perfettamente questa possibilità.

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Non c'è dubbio. Invece, dal consorzio è previsto l'utilizzo di un logo, di una modalità di comunicazione all'esterno di grande impatto e visibilità. In seguito, volevo parlare di un altro aspetto che riguarda gli illeciti ambientali. Ad ogni modo, approfitto di questa sua domanda per invitarla a partecipare ad un ulteriore momento di presentazione di questa iniziativa che, magari, si potrebbe fare insieme. Certamente la sua presenza potrebbe dare risalto ed importanza ulteriore all'iniziativa.

  MARIA LETIZIA NEPI, Funzionaria ANPAR. Io volevo aggiungere anche un altro aspetto. Tra gli obiettivi dell'associazione vi è anche l'emersione del sommerso e la semplificazione del flusso. Si cercherà di mettere in contatto i magazzini con gli impianti di recupero e di trattamento finale, quindi ci dovrebbe essere meno distanza tra un punto ed un altro. Ma vi è anche un intento specifico che ha mosso la nostra associazione, quello di chiudere il ciclo dei rifiuti. In che modo? Utilizzando in prospettiva gli stessi punti di vendita, i punti di raccolta, come anche i possibili ricettori in vista dell'utilizzo finale dei prodotti riciclati. Una volta che questi rifiuti sono passati all'impianto e sono stati trattati, sono diventati End of Waste, materie prime secondarie che possono, in qualche modo, essere reimmessi nel circuito utilizzando magari gli stessi magazzini per amplificare la rete dell'economia circolare. Anche questo è un aspetto molto importante, non è solo una questione di logistica e di raccolta, ma è anche una questione volta a chiudere il ciclo del rifiuto.

  PRESIDENTE. A proposito di chiudere il ciclo, quanto è importante la demolizione selettiva a monte e cosa si fa per sensibilizzare o sfruttare al meglio questa possibilità?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. La demolizione selettiva sicuramente è una parte, un pezzo di tutto il processo che porta dalla produzione del rifiuto alla produzione del prodotto derivante dal riciclo del rifiuto. Anche la demolizione selettiva ha necessità di essere spinta tanto più quanto maggiore è la richiesta del mercato di un determinato tipo di prodotto riciclato. Mi spiego meglio. Certamente, presso i nostri impianti non entrano rifiuti inerti contaminati da altre parti di rifiuti, tipo l'infisso metallico o in legno o il tubo in PVC della colonna fecale e così via. Gli impianti vogliono solo la parte inerte del rifiuto. Con riferimento alle pareti, ad esempio, per parte inerte si intende il forato, l'intonaco, la parte del calcestruzzo, la parte del massetto, la ceramica e così via: questa è tutta la parte inerte. Inoltre, vengono tolti anche i rifiuti a base di gesso che inquinano i nostri prodotti, li rendono cioè meno Pag. 12idonei dal punto di vista tecnico. Qualora poi il mercato fosse in grado di recepire, qualora ci fosse la domanda, gli impianti addirittura premiano il conferitore che conferisce solo il laterizio. Ciò, perché da quel laterizio, ad esempio, viene prodotta una terra rossa utilizzata per determinati scopi tra cui i campi da tennis. Inoltre, il prodotto che deriva dal recupero del calcestruzzo trova un suo sbocco, una sua valorizzazione ottimale rispetto invece al prodotto che deriva dalla miscellanea di tutti i rifiuti inerti. Quindi, sicuramente, la demolizione selettiva e le separazioni a monte per prima cosa dei rifiuti pericolosi, qualora essi ci siano: mi riferisco, ad esempio, ai manufatti a base di amianto. In secondo luogo, c'è la separazione di tutto quello che non è inerte quindi metalli, legno, plastiche e così via.

  PRESIDENTE. Mi è capitato diverse volte di usare anche il gesso, lei mi sta dicendo che questo gesso inquina la filiera di recupero? Per voi è un problema? Chi lo toglie?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Per quanto attiene al gesso io parlo di pannelli in gesso o pannelli in cartongesso, quelli vanno tolti, hanno una loro filiera di recupero e diventano nuovamente materiale per l'edilizia. In parte vengono utilizzati per l'industria del cemento, in parte per l'industria dei fertilizzanti. Quindi, quelli vanno tolti. C'è una parte di gesso che è contenuta nelle nostre abitazioni e non si può togliere, ma non inficia minimamente le caratteristiche tecniche del prodotto. Gli impianti di norma sono piuttosto sofisticati quindi il piccolo pezzo di corrugato o il piccolo pezzo di legno che a mano la demolizione selettiva non è riuscita a separare, l'impianto lo separa con macchine che normalmente funzionano...

  PRESIDENTE. Appunto, dove c'è la demolizione selettiva. Però il mero calcinaccio che magari un piccolo muratore produce e che è tutto un po' mischiato, quello lo separate voi?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Lo separiamo noi, se è necessario. Il piccolo artigiano, normalmente, è più bravo di quello che opera la demolizione più grande. Il piccolo artigiano che demolisce a mano il bagno di casa mia o la cucina di casa sua sa che dentro i sacchetti deve mettere solo le macerie. Se poi vi sono dei tubi di plastica o altre cose, le separa proprio perché sa che, se le porta presso un impianto, l'impianto gli farà problemi, glieli farà portare indietro.

  PRESIDENTE. Solo io vedo muratori che ci buttano dentro pure i pacchetti delle sigarette?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Il pacchetto delle sigarette lo separa l'impianto. Abbiamo macchine presso gli impianti che funzionano ad aria, quindi aspirano, soffiano e così via. Il problema è rappresentato dai camion con il cassone da 20 metri cubi con 10 metri di inerti e 10 metri di legno, carta, plastica, pacchetti di sigarette, sacchetti dell'immondizia, insomma con un quantitativo di rifiuto diverso e ingestibile dall'impianto. Ingestibile perché il rifiuto va smaltito, separato presso l'impianto con costi che sono 20-25 volte superiori rispetto al valore del conferimento del rifiuto inerte: parlo di 8-9 euro contro 250 euro a tonnellata; quindi, quel tipo di rifiuto lì non entra nell'impianto. Questo è un comparto che negli anni è cresciuto molto anche come capacità, come consapevolezza e come anche conoscenza delle norme legali e tecniche.

  PRESIDENTE. Posso chiedere la percentuale di materiale che riprende vita per merito di queste trasformazioni?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Le stime ufficiali dicono che in Italia siamo arrivati a un 77,5 per cento di recupero dei rifiuti inerti. In discarica non va nulla di ciò che entra negli impianti e questo lo dico per esperienza diretta.. Il 98 per cento circa è inerte e diventa aggregato riciclato, il 2 per cento che rimane è rappresentato da rifiuti metallici che gli impianti selezionano,Pag. 13 ad esempio il ferro contenuto all'interno del cemento armato, oppure gli altri metalli o ferri che si trovano all'interno delle macerie. Gli impianti hanno una o più macchine che separano tutte queste frazioni. Poi c'è un'altra frazione, quella dei materiali leggeri (legno, carta e plastica) che è sempre presente all'interno del rifiuto, della maceria, anche anche se in piccola parte. Quindi, tutto quello che è metallo, ferro e così via non va presso l'impianto, ma presso altri impianti e viene recuperato come materia. Le frazioni leggere vengono avviate presso altri impianti di recupero che separano ciò che risulta riutilizzabile da ciò che viene recuperato come CDR o CSS, il resto va in discarica; ad ogni modo, stiamo parlando di una frazione veramente residuale.

  PRESIDENTE. Riassumendo, il 77 per cento del materiale arriva da voi.

  PAOLO BARBERI, Presidente ANPAR. Sì.

  PRESIDENTE. Il restante dove va a finire?

  PAOLO BARBERI, Presidente ANPAR. Il 23 per cento in discarica. I dati ufficiali dicono che non viene recuperato, quindi non è tra le operazioni in R, sicuramente andrà tra le operazioni in B, allo stoccaggio.

  PRESIDENTE. L'illecito e il materiale di scarto ovviamente non è quantificabile, quindi do per scontato che stiamo parlando del 77 per cento di quello che è contabilizzato e ufficiale. Chi decide cosa deve arrivare nei vostri impianti e cosa invece in discarica? Chi rappresenta la figura intermedia che esegue questo smistamento?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Il demolitore, il trasportatore è quello che magari trova più vantaggioso, in quel momento, recarsi presso una discarica piuttosto che presso un impianto di recupero. Magari l'impianto di recupero ce l'ha a 50 chilometri di distanza e la discarica ce l'ha a un chilometro dal cantiere. Potrebbe essere questo uno dei casi. Bisogna anche dire che non tutti i rifiuti classificati inerti possono essere recuperati in R5, quindi possono essere recuperati come materia negli impianti. Questi ultimi hanno per forza la necessità di essere utilizzati per back feeling, quindi ad esempio per ripristini morfologici oppure all'interno delle discariche. Una terra limo-argillosa magari ha delle caratteristiche ambientali tranquille, ma tecniche tali che non possa essere utilizzata come aggregato riciclato per fare sottofondi stradali, rilevati, calcestruzzi a bassa resistenza e così via. Quindi, è anche nella natura delle cose che una parte di questi rifiuti non vengano recuperati come materia e reimmessi sul mercato.

  PRESIDENTE. Do per scontato, magari non è così, che portarlo da voi costi di meno che portarlo in discarica.

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Fa male a darlo per scontato poiché costa di meno gestire la discarica piuttosto che gestire un impianto di recupero. Inoltre, il tributo che deve essere imposto dalle Regioni per il deposito di rifiuti solidi sul suolo spesso è ridicolo, quindi non compensa i maggiori costi derivanti dalla gestione degli impianti. C'è poi un altro nodo importantissimo rappresentato dal mercato che forse sta sopra a tutto quello che ci siamo detti fino ad oggi. L'impianto di recupero ha dei costi di gestione superiori a quelli della discarica perché dispone di macchinari e di una manodopera enormemente maggiori rispetto a ciò che necessita per gestire gli stessi quantitativi in discarica. Comunque, i costi dell'impianto dovrebbero essere assorbiti dalle due voci di ricavo, che provengono dal conferimento e dalla vendita dei prodotti. Il grosso problema che oggi c'è in Italia è che di quel 77 per cento di rifiuti inerti che viene recuperato, circa un 25-30 per cento rimane invenduto perché il mercato dei prodotti circolari, soprattutto in edilizia, non decolla e ciò avviene per alcuni motivi molto precisi. Innanzitutto, c'è ancora oggi una Pag. 14diffidenza culturale da parte di chi deve prendere decisioni sia dal punto di vista progettuale, sia dal punto di vista della realizzazione. Mi riferisco al progettista e al direttore dei lavori nel momento in cui si va a scegliere il materiale riciclato, poiché la tendenza è quella a non modificare le proprie abitudini e a non rischiare. Inoltre, mancano capitolati tecnici aggiornati, preziari aggiornati e soprattutto manca un confronto tra il MITE, il Ministero delle infrastrutture e gli altri grandi enti che costruiscono infrastrutture in Italia come ANAS e RFI. Quindi, non esiste il confronto che noi ormai invochiamo da tanti anni. Mancano poi alcune norme che attendiamo da molto tempo – con lei ne abbiamo parlato credo più volte –, come ad esempio il decreto sull'End of Waste per i rifiuti inerti. Ci stiamo lavorando dal 2016, ma purtroppo l'atteggiamento del Ministero è totalmente conservativo e non tiene conto di quello che oggi succede in questo comparto che, ripeto, è cresciuto e ha sviluppato delle capacità tecniche innovative, una maturità importante. Quindi, ci sono alcuni problemi che non si riesce a risolvere e qui ritorniamo al discorso degli illeciti ambientali e del gesso di cui parlavamo prima. L'intonaco è una componente delle nostre abitazioni perché fa parte del muro, la base è di gesso e lo ritroviamo quando andiamo a fare le analisi chimiche dei prodotti che derivano dal recupero degli inerti sotto forma di solfati. Noi oggi abbiamo per i nostri inerti un limite di solfati più basso del limite delle acque minerali. L'acqua all'interno della quale viene immerso un campione di inerte per poi analizzare quello che quell'inerte ha rilasciato si chiama test di cessione, verifica sull'eluato. Quest'acqua ha un limite di solfati più basso di 250 milligrammi/litro rispetto a quello delle acque minerali in commercio; l'acqua Lavaredo, ad esempio, ha 816 milligrammi/litro e l'acqua San Benedetto 401 milligrammi/ litro. Ai nostri associati capita di trattare in Piemonte delle forniture importanti di materiali riciclati con Gavio – circa 200 mila metri cubi di materiale – e questi non vogliono l'aggregato riciclato perché hanno paura di trovare i solfati che sforano. L'Istituto superiore di sanità in una delle riunioni presso il Ministero per l'End of Waste degli inerti ha dichiarato apertamente che un contenuto di solfati fino a 1.500 milligrammi/litro non dà nessun problema né all'ambiente, né alla salute. Però, purtroppo, l'atteggiamento conservativo di cui le parlavo fa sì che una norma esiste, è scritta nella pietra, quindi è immutabile. Noi abbiamo invitato sia il Ministero, sia ISPRA, che su questo sta dialogando con noi, ad un approccio più moderno e analitico sugli effetti dell'uso dei nostri prodotti riciclati nei confronti dell'ambiente e della salute umana, un approccio che sia di tipo biologico e non di tipo chimico. La differenza è che in un caso si prende un chilo di materiale inerte riciclato, lo si immerge per un certo tempo in un quantitativo dato di acqua denaturalizzata, poi si toglie l'inerte, si filtra l'acqua, si fa un'analisi e sulla base di quello che si ritrova nell'acqua si presumono gli effetti sulla salute e sull'ambiente. Quello che noi chiederemo è di fare delle analisi vere ai nostri materiali, naturalmente in laboratorio e non sul campo. Tutto ciò, per comprendere se il nostro materiale utilizzato nell'ambiente, utilizzato vicino alle persone, può dare dei problemi. Così forse scopriremo che, probabilmente, 300 milligrammi/litro, 500 milligrammi/ litro di solfati non danno nessun tipo di problema. Dico questo perché poi che cosa succede? Ipotizziamo che la dottoressa Nepi fornisca da un suo ipotetico impianto 100 mila metri cubi di materiale per fare un tratto di strada. Vengono fatti dei campioni, vengono fatti dei test di cessione e si trova che su 50 campioni ce ne sono 10 in cui i solfati, invece di stare a 245 milligrammi/litro, stanno a 300 milligrammi/litro: la dottoressa Nepi in questo caso ha commesso un illecito ambientale. Quindi, lei che ha commercializzato rifiuti ed io che li ho utilizzati per fare una strada finiamo tutti davanti al magistrato e quei 200 mila metri cubi di prodotto utilizzati andranno nel conteggio degli illeciti ambientali che vengono commessi. Questo lo dico non per affermare che gli illeciti ambientali veri non vengano commessi, però spesso diventaPag. 15 illecito ambientale ciò che non è stato regolamentato in maniera ragionevole e moderna. Quindi, oggi le nostre aziende spesso rischiano il procedimento penale, rischiano di andare davanti ad un magistrato, quindi si ritrovano con quantitativi di materiali riciclati pronti per l'uso che non riescono ad immettere di nuovo sul mercato proprio perché esistono queste vecchie norme. Approfitto quindi dell'occasione che ci date, per la quale vi ringrazio di nuovo, per dire che per noi è indispensabile l'approvazione del decreto di End of Waste dei rifiuti inerti come risultato di un confronto tra noi e il MITE. L'altra cosa che aspettiamo ormai da anni e che potrebbe anch'esso rappresentare una svolta è il decreto CAM (Criteri Ambientali Minimi) per strade e infrastrutture. Quelli rappresentati sono i provvedimenti più importanti perché se non si sblocca il mercato arriveremo ad una situazione in cui quel 27 per cento sommato anno per anno arriverà a far esplodere i nostri impianti e i nostri magazzini. A quel punto non saremo più in grado di ricevere rifiuti inerti che, di conseguenza, andranno necessariamente tutti in discarica e l'Italia perderebbe un'importante risorsa.

  PRESIDENTE. Personalmente mi ero occupato anche di questi materiali con i quali si possono anche fare i pannelli fonoassorbenti per le infrastrutture, per le strade. Se ci fosse un CAM che ti obbliga a utilizzare questi materiali probabilmente adesso ci sarebbero meno magazzini che prendono fuoco, questo per banalizzare e riassumere.

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Sicuramente sì, d'accordo al mille per mille.

  PRESIDENTE. Per quanto riguarda il 98 per cento che è aggregato riciclato, in termini pratici, che vuol dire? Nel senso, non mi devo quindi aspettare che un materiale per l'intonaco ritorni a essere materiale per l'intonaco, il cemento torni a essere cemento? Ci sono materiali che ritornano alla propria funzione originale oppure si crea, per aggregato, un miscuglio che è un materiale nuovo, diverso che può essere utilizzato solo in alcune circostanze?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Nella stragrande maggioranza dei casi l'aggregato riciclato viene utilizzato per opere infrastrutturali: riempimenti, strade, sottofondi, piazzali. Zone come il Torrino e Mezzocammino sono fatte tutte di aggregato riciclato. Questo rappresenta l'utilizzo preferenziale perché consente di utilizzare maggiori quantitativi di materiali. In un momento come questo in cui si parla di utilizzo dei fondi del PNRR per ristrutturare e implementare la rete infrastrutturale in Italia potrebbe essere importante. Un altro utilizzo importante è quello per i calcestruzzi a bassa resistenza. Gli scavi per le reti tecnologiche – luci, acqua, gas – in alcune città vengono riempiti con delle miscele cementizie a bassa resistenza costituite quasi esclusivamente da aggregato riciclato. Noi stiamo conducendo con le associazioni di categoria del cemento e del calcestruzzo – ATECAP (Associazione Tecnico Economica del Calcestruzzo Preconfezionato) e Federbeton – una sperimentazione per l'uso dell'aggregato riciclato per il confezionamento di nuovo calcestruzzo a resistenza per l'impiego in strutture (pilastri, travi, solai e così via) e per la produzione di polvere di cemento. Normalmente per produrre il cemento si prende un inerte crudo (marne e ghiaie) che viene frantumato per produrre una farina cruda che poi viene cotta. Durante la cottura avviene un processo che si chiama carbonatazione e durante questo processo di carbonatazione si sprigiona CO2. Adesso stiamo facendo delle sperimentazioni con i produttori di cemento italiani per sostituire l'inerte crudo con l'inerte riciclato che già ha subito il processo di carbonatazione, quindi riducendo le emissioni di CO2 in atmosfera. Diciamo che abbiamo già ottenuto dei risultati confortanti e contiamo di poter aprire anche questo tipo di mercato all'uso degli aggregati riciclati: da una parte calcestruzzo e dall'altra proprio il cemento. Quindi, si potrebbe, in qualche modo, arrivare a produrre un cemento ecologico – passatemi il termine – perché fatto con materiale riciclato e perché, per la produzione,Pag. 16 si è prodotta meno CO2, si è quindi immesso in atmosfera un minor quantitativo di CO2. Andando avanti esistono delle sperimentazioni con i produttori di premiscelati per sostituire, almeno in parte, l'inerte naturale con l'inerte riciclato, quindi i vari intonaci, massetti e così via. Quando dicevo che il settore è maturo, si evolve e sperimenta parlo anche di questo tipo di sperimentazione e di utilizzo.

  PRESIDENTE. Però, se ho capito bene, siamo ancora in una fase evolutiva perché comunque mi sta parlando di sperimentazioni. Quindi, attualmente un materiale nobile come quello vergine non si riesce a sostituire con del materiale riciclato. Ho capito bene?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Ha capito benissimo, infatti il materiale riciclato dovrebbe andare a coprire quella parte di mercato che per volumi è la più importante, ma anche la più povera. Quindi cosa vuol dire? Vuol dire che il materiale vergine lo estrarrò lì dove è indispensabile. Non è possibile pensare di mangiare un pezzo di montagna per fare un rilevato stradale. Per fare il rilevato stradale utilizziamo l'aggregato riciclato e la montagna, qualora sia indispensabile la utilizziamo per fare il calcestruzzo a resistenza. Questo consentirebbe di trovare l'impiego pieno per gli aggregati riciclati e di utilizzare le risorse non rinnovabili soltanto dove questo è indispensabile.

  PRESIDENTE. Certo, è chiaro. Io comunque, difficilmente, in una casa nuova di costruzione troverò materiale riciclato di questo tipo.

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. No, questo non è vero, perché ad esempio i massetti si fanno con aggregato riciclato. Ci sono aziende che stanno sperimentando – so che adesso esporranno anche a Ecomondo – la produzione di elementi di pavimentazione, elementi di arredo urbano, quindi sta andando sempre più avanti questo tipo di applicazione industriale. È chiaro che adesso parliamo ancora di settori di nicchia molto ristretti. Però è già realtà.

  PRESIDENTE. Quindi, i CAM potrebbero dare una svolta significativa al mercato, questo l'ho sempre sostenuto. Riguardo a queste polveri che si vanno a miscelare insieme a tutto il resto, che strumenti di difesa e di controllo avete?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Il primo strumento di difesa è la capacità di gestione degli impianti. Capisco che parlo di capacità personali, umane, però sono le capacità che fanno la differenza tra un impianto gestito bene e un impianto gestito male. Quindi, il primo strumento di difesa è la capacità di gestire gli impianti e le capacità tecniche degli operatori. Poi c'è l'aspetto normativo, nel senso che se in un edificio vi è un manufatto di amianto, quest'ultimo deve essere bonificato prima, su questo non ci sono dubbi. Poi ci sono le analisi effettuate sui lotti di produzione dei prodotti riciclati con cui viene verificata anche la presenza di amianto. Ci sono le caratterizzazioni che vengono fatte sui rifiuti in ingresso almeno per le grandi demolizioni. Per le piccole demolizioni invece ci sono le caratterizzazioni ponderali a cui sono tenuti tutti quanti i produttori. Quindi, ci sono tutte le procedure e tutte le capacità necessarie e sufficienti per far sì che i rifiuti pericolosi non vadano a contaminare gli aggregati riciclati.

  PRESIDENTE. Facciamo l'ipotesi che io sia un muratore in nero, butto giù un piccolo stabile, una cantina, qualsiasi cosa sia, mia o anche di una terza persona. Innanzitutto, partiamo dal presupposto che si tratti di materiale, diciamo così, pulito, lo prendo e lo porto nel deposito ...

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. No. Scusi, la interrompo subito, questo non può avvenire.

  PRESIDENTE. Perché?

  PAOLO BARBERI, Presidente ANPAR. Perché presso i centri autorizzati, che siano Pag. 17impianti, discariche o magazzini edili, può accedere solo il possessore di una partita IVA. Si può accedere solo con il formulario di identificazione del rifiuto e con l'iscrizione all'Albo Nazionale dei Gestori Ambientali. Tutto ciò che esula da questo è illegale. C'è una norma italiana la quale statuisce che il rifiuto deve essere accompagnato da un formulario. Chiunque abbia un titolo autorizzativo può accettare solo rifiuti che vengono trasportati da un operatore professionale iscritto all'Albo Nazionale Gestori Ambientali e che sono accompagnati da un documento che si chiama formulario di identificazione.

  PRESIDENTE. Quindi, la maggior parte dei compratori di materiale edile non avrà diritto a depositare quel materiale, di conseguenza non abbiamo risolto nulla in termini di...

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. No, non è vero. Mi scusi, onorevole, non è vero. Io, che ho qualche anno più di lei, le dico che ho vissuto il periodo in cui si è passati dal D.P.R. n. 915 del 1982 al decreto Ronchi del 22 febbraio 1997 e i decreti successivi attraverso cui sono state specificate le modalità per i registri, i formulari e così via. Noi, autonomamente, di nostra iniziativa, abbiamo istruito e formato tutto un settore, tutto un mondo di operatori caratterizzato prima del 1997 da totale abusivismo: abbiamo fatto crescere questa filiera nella legalità. Noi, come impianto, non possiamo chiedere al magazzino edile di far conferire i rifiuti a chi lavora in nero e a chi non è munito di regolare iscrizione all'Albo Nazionale Gestori Ambientali.

  PRESIDENTE. Io non penso nemmeno che i magazzinieri edili abbiano gli strumenti per controllare se io sono o non sono in regola. Tra l'altro, credo che quelli che abbandonano i rifiuti sono anche quelli che hanno prodotto rifiuti in nero, quindi non deve risultare che vengono smaltiti.

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Io non sarei così pessimista perché può essere benissimo che anche il più ostinato lavoratore abusivo, nel momento in cui gli si facilita la vita e quindi gli si rende facile il conferimento del rifiuto sotto casa, invece che a 15 o 20 chilometri di distanza capisca che gli conviene mettersi in regola. Glielo dico perché questo è un fenomeno che ho visto accadere. Ho visto veramente un settore che, in questo, si è evoluto tantissimo. Quindi, io sono convinto che anche l'iniziativa dei magazzini nell'arco del medio periodo porterà a questo tipo di evoluzione. Non possiamo non confidare che questo avvenga, poi il resto attiene a chi deve fare i controlli.

  PRESIDENTE. Dipende pure dagli strumenti di controllo che si hanno. Prego, senatore Trentacoste.

  FABRIZIO TRENTACOSTE. Sì, grazie Presidente. Ringrazio il dottor Barberi per questa esaustiva e molto interessante relazione. In particolare, mi chiedevo se l'aggregato riutilizzato che va ai forni dei cementifici deve essere costituito solo da sfabbricidi cementizi oppure in mezzo ci sono anche laterizi derivanti da mattoni, forati, tegole? Come avviene il processo di carbonatazione per questi materiali caratterizzati da una ben diversa natura? Volevo inoltre chiedere se ci sono delle stime in ordine al recupero dei metalli nei centri di raccolta e trattamento degli inerti. Nel caso di bonifica i materiali prelevati possono andare nei centri di recupero oppure devono andare necessariamente in discarica vista la presenza di altri materiali, come i materiali terrosi o addirittura i vegetali?

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Riguardo alla prima domanda io non sono un chimico, quindi non sono in grado di addentrarmi nella descrizione del processo di carbonatazione in maniera esauriente. Però, i chimici dei laboratori ci dicono che i materiali idonei sono quelli già cotti, già carbonatati quindi, per assurdo, anche le malte e gli intonaci romani che sono a base pozzolanica, quindi materiale piroclastico, hanno delle caratteristiche buone per questo tipo di uso. L'importante è che il materialePag. 18 abbia già subito questo processo di cottura. Non mi chieda di andare oltre però, se è interessato possiamo sicuramente approfondire questo tipo di considerazione. Dico non me lo chieda perché non sarei in grado di essere più chiaro, più esaustivo. Però non serve solo aggregato da calcestruzzo, va bene anche un aggregato riciclato, anche una miscellanea di diversi rifiuti inerti. Per quanto riguarda la domanda sulla possibilità di recuperare materia dalla bonifica di discariche abusive o discariche dismesse o abbandonate, in questo caso c'è un problema normativo collegato alla considerazione fatta in precedenza sul decreto di End of Waste. Quel tipo di rifiuto tecnicamente si classifica con il codice CER 200399 relativo ai rifiuti abbandonati, non meglio specificati. Ad esempio, secondo il Ministero della Transizione Ecologica non c'è la possibilità di utilizzare questo tipo di rifiuto, così come il rifiuto da terremoto che è classificato con lo stesso codice. Quindi, per rispondere alla sua domanda, sicuramente è possibile tecnicamente recuperare la parte inerte di quei rifiuti come prodotto, mentre dal punto di vista amministrativo, la risposta è no. Attualmente infatti quel rifiuto è identificato con un codice tale che non è previsto che venga recuperato come materia, quindi deve andare per forza in discarica. Questa è un'altra delle tante contraddizioni alle quali assistiamo. Lei consideri che, purtroppo, vivendo in un Paese soggetto a eventi catastrofici come i terremoti, ogni volta che se ne verifica uno i rifiuti prodotti vengono identificati con quel codice. Riguardo alla stima dei metalli, i rifiuti che arrivano da noi presentano una percentuale che va dall'1,5 al 3 per cento di metallo all'interno dell'inerte, che però è già «pulito» fra virgolette. Quindi, si tratta di metallo costituito dal pezzo di controtelaio o di infisso rimasto attaccato al muro, oppure dal tondino di acciaio all'interno del cemento armato. Quello che possiamo dire con assoluta certezza è che a livello nazionale un terzo dei rifiuti prodotti è inerte e nelle discariche abusive normalmente non vanno gli urbani, cioè non ci va l'immondizia di casa. Quindi, facendo una stima, in discarica c'è sicuramente un 60-70 per cento di inerte recuperabile e ci potrebbe essere una percentuale che va dal 5 al 10 per cento di metalli che si potrebbero recuperare tranquillamente, parlando di peso.

  PRESIDENTE. Bene, io vi ringrazio. Non ci sono altre domande. Ovviamente, come Commissione, siamo disponibili a dare un nostro piccolo contributo alla divulgazione di questa iniziativa legata ai magazzini edili.

  PAOLO BARBERI. Presidente di ANPAR. Grazie a voi, grazie mille. Noi siamo sempre a disposizione. E la ringraziamo anche per la disponibilità che ci ha dimostrato negli anni.

  PRESIDENTE. Grazie.

  La seduta termina alle 15.30.