XVIII Legislatura

Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati

Resoconto stenografico



Seduta n. 31 di Giovedì 13 giugno 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 

Audizione del Presidente dell'unità di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio per l'attuazione del piano d'azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti, Fabrizio Curcio
Vignaroli Stefano , Presidente ... 3 
Curcio Fabrizio , Presidente dell'unità di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio per l'attuazione del piano d'azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti ... 3 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 12 
Curcio Fabrizio , Presidente dell'unità di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio per l'attuazione del piano d'azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti ... 13 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 14 
Braga Chiara (PD)  ... 14 
Curcio Fabrizio , Presidente dell'unità di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio per l'attuazione del piano d'azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti ... 14 
Vignaroli Stefano , Presidente ... 16

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
STEFANO VIGNAROLI

  La seduta comincia alle 8.55.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione degli impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione streaming sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente dell'unità di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio per l'attuazione del piano d'azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti, Fabrizio Curcio.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'unità di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio per l'attuazione del piano d'azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti, Fabrizio Curcio, che ringrazio per la presenza.
  L'audizione odierna rientra, in particolare, nell'ambito dell'approfondimento che la Commissione sta svolgendo sul costante ripetersi in alcune zone del Paese del fenomeno degli incendi presso impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti.
  Comunico che l'audito ha preso visione della disciplina relativa al regime di pubblicità del resoconto stenografico della seduta che informa l'audito che della presente seduta sarà redatto un resoconto stenografico e, su motivata richiesta, consentendo la Commissione, i lavori proseguiranno in seduta segreta; nel caso le dichiarazioni segrete entrassero a far parte di un procedimento penale, il regime di segretezza seguirà quello previsto per tale procedimento; si invita comunque a rinviare eventuali interventi di natura riservata alla parte finale della seduta.
  Ricordo che la Commissione si occupa degli illeciti ambientali relativi al ciclo dei rifiuti, nonché dei reati contro la pubblica amministrazione e dei reati associativi connessi al ciclo dei rifiuti.
  Invito il nostro ospite a svolgere una relazione, cui eventualmente potranno seguire quesiti di approfondimento formulati dai colleghi.

  FABRIZIO CURCIO, Presidente dell'unità di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio per l'attuazione del piano d'azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti. Grazie per l'invito a essere presente oggi a quest'audizione.
  Se il presidente se i commissari concordano, lascerei agli atti un documento nella sua versione più estesa, in modo che possiate successivamente visionarlo e approfondirlo. Ovviamente, rimango a disposizione per eventuali future osservazioni sul documento nella sua versione più ampia.
  Oggi, introdurrei l'attività che stiamo svolgendo, prendendo da questa relazione solamente alcuni aspetti che penso possano essere più utili ai lavori della Commissione, ma ovviamente sono disponibile ad approfondire a richiesta.
  Come è noto, lo scorso 19 novembre il Presidente del Consiglio e sette ministri, in particolare i Ministri dell'ambiente, dell'interno, dello sviluppo economico, della difesa, il Sottosegretario di Stato al Ministero della salute, il Ministro della giustizia e per il Sud, hanno firmato, congiuntamente al presidente della regione Campania, nella sede della prefettura di Caserta, un protocollo d'intesa che ha istituito in via sperimentale Pag. 4 questo piano d'azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti.
  Questo piano d'azione fondamentalmente individua tre ambiti puntuali di intervento per ciascuna amministrazione firmataria. Questi tre ambiti sono, essenzialmente: la tutela della salute della popolazione, le azioni per la tutela ambientale ed ecosistemica e le azioni di presidio e controllo del territorio e prevenzione degli incendi dei rifiuti. Per ognuno di questi ambiti, ha specificato una serie di azioni, che costituiscono di fatto il piano.
  Nell'ambito di questo protocollo, è stata poi anche prevista l'istituzione di quest'unità di coordinamento, che ha il compito di assicurare l'attuazione del piano, più che altro monitorarne le azioni e verificarne gli effetti, ma una parte che può essere, o almeno io ritengo sia quella un po’ più qualificante dell'attività dell'unità, è l'azione di impulso e di raccordo tra le amministrazioni sia centrali sia territoriali che si occupano a vario titolo del contrasto degli incendi dolosi dei rifiuti.
  Il protocollo prevede che le modalità con cui quest'unità comunica ai vertici politici le attività svolte dall'unità avvenga attraverso una serie di relazioni periodiche che hanno l'obiettivo proprio di monitorare, in particolare, le singole azioni e, nel momento in cui queste singole azioni non dovessero essere pienamente centrate, di proporre delle modifiche per migliorarne l'effetto, tant'è che lo stesso protocollo prevede che il piano possa essere anche modificato a valle delle relazioni e degli incontri che si susseguono sul territorio.
  L'unità di coordinamento ha prodotto un primo approccio, una prima impostazione di questa relazione trimestrale a fine marzo, approvata in forma plenaria dall'unità nella seduta del 25 marzo, ma questo attiene abbastanza poco.
  Le azioni previste nel piano, come detto dei tre ambiti, sono nel loro complesso ventitré e prevedono sessanta misure attuative, delle quali alcune sono direttamente da imputare alla responsabilità di una singola amministrazione, altre necessitano di raccordo tra più amministrazioni, ma comunque l'impostazione che abbiamo voluto dare è quella della condivisione delle attività, perché poi l'argomento ha un'interdisciplinarità tale che, anche se l'azione ricade sulla responsabilità di una singola amministrazione, ci sono comunque delle ricadute nell'interesse anche degli altri.
  Nel documento che lascio, e poi ne parleremo, una tabella riassuntiva in cui azione per azione viene specificato quello che è previsto nel piano, chi lo doveva fare, i tempi nel quale doveva essere fatto, quello che è stato fatto e quello che prevediamo si debba fare in futuro, un po’ previsto dal piano e un po’ rispetto alle indicazioni che l'unità nel frattempo si è data.
  Ricordo che il protocollo non è altro che un accordo tra amministrazioni, non pone vincoli giuridici diversi né potrebbe, e non è neanche dotata di una capacità economica, quindi è proprio una mera attività di coordinamento e di raccordo, per cui l'azione non poteva che essere improntata alla condivisione delle attività svolte nell'ambito della responsabilità assegnata a ogni amministrazione e a un diretto confronto sulle azioni che devono essere poste in essere nel caso in cui le azioni necessitino di un coordinamento.
  Ovviamente, si è tenuta una serie di riunioni. Nel documento che vi lascio c'è anche un allegato in cui specificatamente sono enunciati il numero di riunioni e la finalità della singola riunione. Siamo stati più volte sul territorio, perché l'obiettivo era quello, non solo di approfondire il coordinamento «strategico» di quest'attività, ma anche di cercare di capire le conoscenze specifiche sul territorio, le problematiche specifiche, che spesso nascono, che sono del territorio, e che hanno bisogno di un'interpretazione anche a livello centrale.
  Vorrei sottolineare, in questo senso, un rapporto particolarmente importante che abbiamo avuto sia con la regione Campania, ma anche con la cabina di regia attivata sul territorio e coordinata dall'incaricato per il contrasto dei roghi dei rifiuti della regione Campania, che è stato il 4 giugno audito anche da questa Commissione. Sono loro i due punti di riferimento, Pag. 5ovviamente oltre alle attività dei prefetti competenti per territorio.
  Nel documento vi lascerò anche le relazioni delle singole amministrazioni proprio perché abbiate un quadro specifico di quello che ogni amministrazione ha riportato delle proprie attività che dovevano essere svolte nei primi novanta giorni della firma del documento. Siccome il piano prevedeva che entro novanta giorni si facessero delle cose, ogni amministrazione ha riportato le attività che doveva svolgere e come le ha svolte nei primi novanta giorni.
  Come detto, l'attività di monitoraggio è una delle azioni più importanti dell'unità di coordinamento. La modalità con cui abbiamo inteso effettuare questo monitoraggio è proprio la definizione di questo documento che vi allego, in cui è prevista la tempistica di attuazione per ogni misura, e soprattutto le attività future a cui si deve dare seguito.
  Quest'impostazione ci consente di sapere con immediatezza, argomento per argomento, a che punto siamo, ma come unità di coordinamento abbiamo voluto – è un po’ l'azione che vorrei proporre anche oggi qui – estrarre da tutta questa serie di azioni alcuni argomenti che rivestono un interesse più generale, che necessitano di un'attenzione e uno svolgimento di lavoro nell'unità di coordinamento per i prossimi mesi. Sono i nostri obiettivi a medio-lungo termine partendo dalle singole azioni previste dal piano.
  Spesso, sull'argomento che sto per illustrarvi non c'è piena contezza delle problematiche più tecniche. Molte delle attività del piano prevedono la necessità di creare banche dati comuni che vengano messi a disposizione delle singole amministrazioni per i propri compiti istituzionali. Ogni volta che si parla di coordinamento, esce fuori il problema della banca dati, com'è normale che sia.
  In molti casi, si tratta in realtà di dati – anche questo è abbastanza comune ad altre attività – a vario titolo già in possesso delle singole amministrazioni. Alcune volte, abbiamo il problema, non di avere dati nuovi, ma di interpretare i dati che esistono. Ogni amministrazione per i propri fini istituzionali ha già quasi certamente una propria banca dati in cui riversa le informazioni utili alla mission dell'amministrazione stessa.
  Da una parte, quindi, c'è la necessità di contemperare questi dati che esistono; altre volte, invece, e questo è uno di quei casi, dobbiamo immaginare l'integrazione dei dati esistenti con alcuni dati nuovi. Faccio un esempio.
  Noi stiamo lavorando per l'acquisizione di tecnologie «innovative», ma anche qui rimaniamo un po’ nel generico, perché in realtà le tecnologie non sono innovative: l'innovazione sarebbe nell'utilizzo di queste tecnologie ai fini ambientali. Non si tratta di una vera e propria tecnologia nuova. Oramai, non possiamo chiamare tecnologia nuova dati satellitari o aerofotogrammetrici. La novità, secondo me, sta nel fatto che, se applichiamo questa roba ai fini ambientali, allora stiamo facendo una cosa buona, ma questo senza entrare troppo nella semantica.
  Ora, come integrare l'informazione che proviene da queste tecnologie con le banche dati esistenti? Questo è il tema che abbiamo discusso nell'unità di coordinamento.
  In condivisione con l'impostazione che è stata data anche dall'unità, abbiamo voluto creare un gruppo molto tecnico, molto specialistico, direi quasi di natura informatica. Io non sono un amante dei gruppi di lavoro, che nominano gruppi di lavoro che poi nominano altri gruppi di lavoro; ma sui temi specifici dell'informatica molto spesso, anche nelle esperienze pregresse, trovo una difficoltà di attuazione, anche di una volontà politica intesa come policy di attività, perché ci si ferma di fronte all'impossibilità di far dialogare il linguaggio X con il linguaggio Y.
  La prima cosa da fare è un censimento delle banche dati esistenti. Vorrei capire, per ogni amministrazione, quante banche dati esistono, con quale tipologia di dati, con quale strutturazione organizzativa del dato. Vorrei capire se queste banche dati già oggi possono dialogare tra loro, ovvero se devo immaginare un processo di accesso a quella banca dati, per esempio con degli accessi selezionati. Pag. 6
  Questo non è un argomento di volontà, ma di conoscenza. O le due banche dati possono dialogare o le due banche dati non possono dialogare. Se possono dialogare, bisogna trovare il modo di metterle insieme e il problema viene risolto. Se non possono dialogare, abbiamo due possibilità: immaginare una piattaforma comune, che però significa oneri; immaginare una procedura che consenta in ogni caso lo scambio delle informazioni.
  Questo tavolo è coordinato dalla regione Campania.
  Altro punto sul quale abbiamo fatto un focus importante è quello della rimozione dei rifiuti abbandonati e dei rifiuti combusti. Il piano prevede un'azione specifica. In particolare, è previsto che la regione Campania provveda all'attuazione delle misure di rimozione dei rifiuti abbandonati secondo le tempistiche concordate con Invitalia nell'ambito di un accordo stipulato tra i due enti in ottemperanza al piano bonifiche della regione stessa.
  Secondo quanto emerso nelle riunioni effettuate su questi argomenti, i bandi di caratterizzazioni sono in via di attuazione, e credo che nelle prossime settimane partiranno i bandi per la caratterizzazione dei rifiuti abbandonati.
  Qual è l'approfondimento che abbiamo fatto? Quest'azione riguarda unicamente tredici siti già individuati nell'ambito del piano bonifiche. Non attiene al problema più generale della rimozione dei rifiuti abbandonati, che lo siano in maniera sistematica o occasionale, che è un problema del territorio, che possono diventare fonte di roghi. Riguarda unicamente quelle tredici situazioni per le quali c'è già un accordo.
  Al di là dell'attuazione per questi tredici siti – quando faranno i bandi, staremo attenti a seguire le procedure – credo che noi ci dobbiamo porre anche un problema diverso: relativamente a tutti gli altri rifiuti abbandonati sulle strade, vicino ai campi, chi ha in carico questa problematica? Come aiutiamo il territorio proporre una soluzione?
  Come sapete bene, si tratta di un argomento con molteplici aspetti da considerare. Non è un argomento semplicissimo da allineare. Già la stessa proprietà del rifiuto non è sempre facilmente determinabile. Certo, poi si butta tutto addosso al comune di turno, che comunque avrebbe la responsabilità di recuperare e smaltire il rifiuto, magari in danno al privato, ma francamente abbiamo visto anche sul territorio che queste procedure finiscono in comunicazioni che arrivano al sindaco, che oggettivamente non è in grado di farvi fronte, alcune volte economicamente, altre come procedura, altre dal punto di vista amministrativo, altre ancora perché va fatta la caratterizzazione.
  Allora, abbiamo messo in piedi una filiera. L'unità si è costituita formalmente da febbraio, stiamo parlando con il territorio, con la regione, e adesso anche con i sindaci, cercando di capire quale elemento faciliti questo percorso, che appunto ha una sua complessità di tipo sia giuridico sia amministrativo.
  Sappiamo tutti che sono tante le questioni che dobbiamo analizzare. Ne tiro fuori una per tutte, ma potremmo approfondire. Il rifiuto rimosso entra o non entra e in che percentuale rispetto alla raccolta differenziata? Certo, non è questo il problema che blocca il recupero dei rifiuti, ma è uno dei temi che può incoraggiare o scoraggiare una certa procedura, perché può aumentare, diminuire o mantenere stabile, a seconda delle situazioni specifiche, la percentuale di raccolta differenziata, anche in un comune virtuoso. Immaginiamo un comune virtuoso con una percentuale molto alta: se questa percentuale è inficiata dal recupero che fa, ovviamente non avrebbe un grande vantaggio neanche di comunicazione, se non di decoro e di sicurezza. Questo è uno degli esempi.
  Altro tema sul quale abbiamo focalizzato molto l'attenzione è l'attività di vigilanza effettuata dai comitati d'ordine e sicurezza pubblica. Ribadisco che l'unità di coordinamento non entra nelle filiere ordinarie, che sono ben chiare, assolutamente definite. Sono i prefetti come autorità di indirizzo e coordinamento di pubblica sicurezza, tramite i questori, come organi tecnici, che nei comitati d'ordine e Pag. 7sicurezza pubblica definiscono l'utilizzo delle risorse delle forze di polizia, e come sappiamo non solo delle forze di polizia, ma anche delle polizie locali. C'è un lavoro molto importante che si sta facendo su quel territorio con le polizie locali, in particolare anche le Forze armate dell'operazione «Strade Sicure».
  In quest'ambito, la Campania ha una situazione più strutturata rispetto al resto dell'Italia. Definito che una quota parte di quella forza militare è temporaneamente assegnata alle attività collegate con la vigilanza statica o dinamica collegata al ciclo dei rifiuti, ha un incaricato e una sezione operativa prevista dal patto per la Terra dei fuochi, che insieme ai prefetti stabilisce una serie di attività operative, quindi ha una sua specificità che da altre parti oggettivamente non esiste.
  In particolare, nell'ambito delle fruttuose, devo dire, e numerose, quasi quotidiane, interlocuzioni avute con i prefetti, emerge la costante necessità di una rimodulazione delle risorse assegnate per queste attività, ma non solamente da un punto di vista numerico, bensì anche nella tipologia di attività che queste risorse svolgono.
  Ricorderete che l'anno scorso, proprio a seguito degli incendi che ci furono negli impianti che sottendono alla filiera del ciclo dei rifiuti, ci fu una rimodulazione dell'impiego delle risorse delle Forze armate, che furono sottratte alle attività di vigilanza per essere impegnate nelle attività statiche. A oggi, questo ha certamente portato il risultato di una preservazione della parte impiantistica. Come è ovvio e come anche il viceprefetto Iorio ha evidenziato, è venuta meno ed è diminuita l'attività di vigilanza sul territorio, in questo caso anche con un aumento del materiale presente per strada, al di fuori degli impianti autorizzati.
  Laddove, per i motivi citati, assolutamente legittimi, e anzi personalmente condivisi – si cerca di tutelare la filiera – si è scelto di potenziare la vigilanza statica rispetto a quella dinamica, si è inevitabilmente ridotta l'azione di controllo itinerante sul territorio, e quindi, anche come azione di deterrenza, con la minor presenza di personale in divisa la percezione dello Stato è meno forte da parte del cittadino ordinario. C'è dietro, però, una scelta strategica, che secondo me si è resa necessaria, che è frutto di una serie di considerazioni.
  L'unità svolge una costante azione di supporto alle scelte dei prefetti e anche all'azione del viceprefetto Iorio. Vorrei rappresentare che, a seguito delle riunioni che si sono tenute proprio sul territorio, in particolare l'ultima del 20 maggio, proprio nella logica dell'attività estiva, è emersa forte da parte del territorio la necessità di un incremento delle forze del personale militare a supporto delle forze di polizia.
  A seguito di questa riunione, abbiamo fatto una serie di tavoli tecnici, che si sono tenuti nell'ambito dell'unità, e si è arrivati alla rimodulazione del contingente militare assegnato alle prefetture di Napoli e Caserta con un incremento di personale, rispettivamente, di 30 unità per Napoli e 25 per Caserta. L'operazione è in corso di formalizzazione. In queste ore, c'è l'interlocuzione che deve esistere tra il Ministero dell'interno e il Ministro della difesa, ma abbiamo avuto assicurazioni su questi numeri.
  Su questo permettetemi di ringraziare sia il Ministero della difesa sia il Ministero dell'interno, perché quest'operazione viene fatta, come si suol dire, a costo zero, non sono state poste ulteriori risorse per acquisire ulteriore personale. È stata fatta una rimodulazione a livello nazionale. Questo significa che le amministrazioni hanno fortemente compreso la necessità di quel territorio e da qualche altra parte hanno stretto la cinghia. In questo senso, devo dire che c'è stata veramente la volontà di assicurare una vigilanza dinamica. Questo personale verrà, infatti, impiegato non sulla vigilanza statica, ma sulla vigilanza dinamica, proprio per ridare quella percezione più concreta di presenza dello Stato sul territorio.
  Sull'argomento, se me lo consentite, vorrei fare una riflessione che pongo alla vostra attenzione.
  È evidente che, da un punto di vista di medio-lungo termine, stiamo andando in Pag. 8una direzione che non dovrebbe essere, almeno dal mio punto di vista, l'aumento del personale militare o delle forze di polizia a presidio di questi impianti. Dovremmo andare, ed è questa la direzione nella quale stiamo lavorando, ad accentuare la fase di prevenzione, a una responsabilizzazione del territorio. Io non devo mettere le forze armate a vigilare il tuo impianto. Dell'impianto sei responsabile e devi essere tu a dimostrare di avere tutti i requisiti necessari per garantire la sicurezza all'interno di un impianto di cui tu hai la responsabilità.
  Nel momento in cui costruiamo questo percorso, però, è evidente che se ciò non è, dobbiamo intervenire per evitare che il problema su quell'impianto diventi un problema di filiera. Ci tengo a dirlo. C'è stata un'interlocuzione importante con il capo di gabinetto del Ministero dell'interno.
  Io condiviso la linea secondo cui dovremmo depotenziare la presenza del rappresentante delle forze dell'ordine a guardia di un cancello, perché non corretto, non è giusto e non è economico da un punto di vista della gestione delle risorse. Noi vediamo quest'incremento di personale militare come una necessità dovuta in particolare al periodo estivo, ma traguardando qualcosa a medio termine che va verso la responsabilizzazione di chi gestisce gli impianti. Su questo poi vi dirò due parole, se me lo consentite, sull'articolo 26-bis del decreto sicurezza, il primo, quello in vigore.
  Nel documento – adesso, non mi dilungo su questo – ci saranno ulteriori precisazioni relativamente a nuove tecnologie, all'impiego del sistema a pilotaggio remoto. Troverete nel documento anche queste cose, ma andrei avanti anche per non appesantire l'audizione.
  Mi concentrerei sull'altra attività collegata a quello che stavo dicendo, la modifica dell'articolo 26-bis. Il decreto sicurezza, la legge n. 132 del 2018, ha introdotto nell'articolo 26-bis una parte che riguarda il piano di emergenza interno per gli impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti. È un articolo che ha proprio l'obiettivo di responsabilizzare i gestori e pone una serie di attività in capo ai gestori stessi. Tutti i gestori devono fare il piano di emergenza interno, il che presuppone un'analisi del rischio che la gestione di quell'impianto impone. Poi, entro determinate tempistiche, si devono anche fornire i dati ai prefetti affinché i prefetti facciano i piani di emergenza esterni. L'articolo demanda a un DPCM le caratteristiche tecniche con cui quest'attività deve essere svolta.
  Noi abbiamo interloquito molto con il territorio su quest'articolo. Ne abbiamo, ovviamente, condiviso le finalità. È legge, quindi abbiamo condiviso l'obiettivo, ma ci è stata rappresentata la necessità di tarare meglio quali sono questi impianti. Da come è scritta la norma non è molto chiaro chi sia il detentore di questa responsabilità. Si parla di impianti di stoccaggio e di lavorazione dei rifiuti, ma la n. 152, lavorazione dei rifiuti, che cos'è, il trattamento? Si è creata la necessità di specificare meglio chi è soggetto a dover fare questo piano di emergenza interno e questo piano di emergenza esterno.
  Noi abbiamo avuto una serie di incontri. Avanzeremo una proposta, che ovviamente rimetteremo alle valutazioni politiche – questo mi sembra anche il luogo adatto per condividere questo percorso – che ha questo obiettivo: capire in maniera chiara chi deve fare che cosa, rinviando poi al DPCM, quindi alla parte più tecnica, le varie soglie. I prefetti si sono visti recapitare una serie di piani di emergenza interni, dal carrozziere al deposito, che non collimano neanche con la capacità tecnica della prefettura di fare «n» piani di emergenza esterni.
  Ricordo a me stesso che il piano di emergenza esterno, che nasce nella logica della Seveso e di tutte le sue modifiche, tira in ballo il piano di emergenza esterna del prefetto per quelle attività che, nel momento in cui si dovesse avere un incidente, diventano veramente rilevanti per la gestione del territorio al di fuori dello stabilimento come impatto sulle matrici ambientali o sulla salute.
  Si era creata una discontinuità e una difficoltà di applicazione. Stiamo lavorando in questo senso, per poi proporre qualcosa che è condiviso nell'unità di coordinamento, Pag. 9 dove è rappresentata buona parte delle amministrazioni, direi quasi tutte quelle che hanno delle competenze su questa materia, compresa la regione, rimettendo poi ovviamente alla valutazione politica, alla discussione politica, perché si tratta di una norma primaria.
  Passo rapidamente ad altri focus che abbiamo fatto.
  Relativamente ai controlli congiunti e coordinati, non vorrei dire un'ovvietà, ma è evidente che l'azione di coordinamento che sta facendo l'incaricato è molto importante. In carenza di risorse, se si riesce a mettere insieme tutti i soggetti, e quindi a fare una verifica all'azienda X secondo determinati criteri su tutto lo spettro dell'attività dell'azienda, dalla sicurezza sui luoghi di lavoro fino alla produzione, fino alla caratteristica detentiva dei materiali in conformità, all'autorizzazione amministrativa, significa che, una volta che si fa una verifica, la si fa a tutto tondo e si ha un quadro di quell'attività.
  Noi stiamo cercando di supportare l'azione dell'incaricato. Anche quella è un'azione prevista dal patto, ma fondamentalmente vorremmo aiutare a renderla un po’ più strutturata. In questo senso, stiamo cercando di immaginare anche con l'incaricato una strutturazione che gli consenta di essere più continuo anche nell'attività importante che sta svolgendo in supporto alle prefetture, ferme restando ovviamente le competenze previste dalle prefetture, dalle questure e dall'autorità giudiziaria.
  C'è un altro elemento sul quale mi soffermerei molto rapidamente, ma che ho inserito nel documento, perché ritengo molto delicato questo argomento. Anche questo sembra ovvio, ma poi all'atto dei fatti questa ovvietà non si percepisce sempre.
  Durante le riunioni che abbiamo avuto, sia a livello centrale sia a livello periferico, è emersa in diverse occasioni – e non poteva essere diversamente – la diretta dipendenza che esiste del fenomeno dei roghi con la filiera ordinaria del ciclo dello smaltimento dei rifiuti.
  È chiaro che, se qualcosa non funziona o se stiamo parlando, per riprendere le parole del presidente, di una filiera fragile, nel momento in cui la filiera è fragile, tutto ciò che in qualche modo non funziona si ritrova poi al di fuori di quella filiera.
  Seppure il protocollo d'intesa – e qua torno alla questione qualificante – non ha l'obiettivo e noi non abbiamo tra le cose che dobbiamo fare l'analisi della filiera complessiva del ciclo dei rifiuti (noi ci dovremmo occupare dell'applicazione di questi punti relativamente ai roghi), si ritiene che alcune specifiche azioni connesse con il citato ciclo di trattamento dei rifiuti abbiano una rilevanza fondamentale nella filiera dei roghi.
  Tutto ciò che non viene trattato nella maniera ordinaria, o una criticità che esiste nella maniera ordinaria, si ritrova poi come potenzialmente combustibile nelle aree al di fuori di quello che è lecito.
  In questo senso, noi spingiamo molto una serie di azioni che possono essere definite di prevenzione. Alcune sono ben presenti anche all'interno del piano, per esempio la recente emanazione delle linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti per la prevenzione dei rischi, che è stata emanata dal Ministero dell'ambiente a gennaio del 2019, a cui hanno fatto seguito una serie di comunicazioni e di sensibilizzazioni sul territorio.
  Questo rapporto che esiste tra l'ordinario e l'emergenza, che personalmente mi perseguita nella mia attività lavorativa, si ritrova anche qui. È ovvio che noi andiamo di fronte a un'estate torrida, particolare, però è anche ovvio che, se c'è già il materiale che in qualche modo è presente, quel materiale c'è ed è anche parte di una filiera che – in alcuni casi, per carità – potrebbe avere necessità di una strutturazione diversa.
  È ovvio che l'attività dell'unità in questo senso è quella di supportare il territorio e di supportare la regione, ma evidenziando gli elementi specifici di criticità. Per esempio, c'è un tema che è fondamentale su quel territorio. Noi vorremmo aiutare, ma stiamo anche cercando di capire le modalità, l'azione del territorio nel completamento del percorso di costituzione operativa degli ATO (ambiti territoriali ottimali), Pag. 10che rappresentano un elemento fondamentale del sistema. Se quel percorso non è chiuso, è evidente che il sistema sarà più fragile e, quindi, più propenso ad avere potenzialità di materiale al di fuori del sistema ordinario.
  Per fare un altro esempio – ne troverete diversi nel piano, anche intesi come attività di prevenzione – vorrei sottolineare un lavoro molto interessante e importante che stiamo svolgendo con il Ministero dello sviluppo economico per quello che attiene alla lotta alla contraffazione. Ci si può chiedere: la lotta alla contraffazione come interviene rispetto ai roghi? Tutto ciò che è mercato dell'illegale e dell'illecito, che produce materiale contraffatto, ha poi necessità di smaltimento dello scarto di quel materiale, che, essendo fuori dai circuiti leciti, non può che essere smaltito in maniera illecita. Mentre un'azienda lecita può indirizzarlo il proprio rifiuto verso una filiera lecita o illecita, se noi proveniamo da una filiera illecita di produzione quel rifiuto non può che essere eliminato nella maniera illecita.
  Si sta, quindi, facendo questo lavoro. Devo dire che già era presente, per carità. Il Ministero dello sviluppo economico già da anni persegue questo obiettivo, ma credo che abbiano anche loro trovato giovamento nel condividerlo soprattutto con il territorio. È stato firmato questo protocollo con i cinque prefetti e la direzione generale per la lotta alla contraffazione a Napoli, abbiamo fatto delle riunioni specifiche e saranno svolte una serie di attività, che vanno dalle analisi condotte dal CENSIS (Centro studi investimenti sociali) sulla contraffazione, stabilita per provincia... Infatti, si tratta di territori che hanno realtà contraffattive molto diverse tra di loro. Benevento, Salerno, Napoli, Caserta e Avellino hanno realtà in questo senso, come dicono gli esperti, molto differenti tra di loro.
  Per esempio, si sono programmati una serie di incontri con chi fa questo mestiere nel contrasto della contraffazione, uno per tutti la Guardia di finanza, che è ovviamente l'eccellenza. Per esempio, uno scambio informativo promosso dal Ministero dello sviluppo economico con le aziende che producono beni di lusso e che, quindi, sono soggette alla contraffazione, sicuramente porterà un beneficio per tutte le istituzioni e le organizzazioni che in diversa maniera combattono la contraffazione, fino ad arrivare a una serie di spot, diffusione al cittadino, comunicazioni con le camere di commercio e così via. Volevo solo darvi un quadro anche di questa attività, che ritengo sia svolta proprio nella logica della prevenzione.
  Sulle attività degli spegnimenti troverete i numeri nella relazione, sono quelli che ha riferito il dottor Iorio, perché i numeri dell'unità sono quelli del territorio, quindi non abbiamo numeri diversi. Noi riportiamo i numeri che lui ci fornisce, ovvero i famosi circa 4.000 del 2012, che sono arrivati ai 1.800-1.900 del 2016-2017 e ai 1.500 del 2018, con questa lieve controtendenza di inizio anno. Questo è quello che in qualche modo vi ha riferito Iorio, quindi io, se non ci sono questioni particolari, rimetterei quei numeri a quello che lui vi ha anticipato.
  Un'azione che noi stiamo facendo nell'unità di coordinamento – penso che ci vorranno ancora un paio di settimane per terminarla – sarà presente nella prossima relazione, quella che io chiamo «semestrale», perché dovremmo farla ogni tre mesi ma al di là della periodicità, è inserire in questo momento quello che noi chiamiamo «un piano estivo». Non voglio chiamarlo «piano straordinario», non ha nulla di straordinario; è solamente una fotografia di come le singole amministrazioni stanno affrontando questo momento, che sarà comunque un momento diverso, perché in questo periodo dell'anno le temperature favoriscono e gli accumuli presenti favoriscono determinati fenomeni. Questa fotografia ci consente di dire ciò che ogni amministrazione sta facendo, in maniera singola e coordinata, rispetto al periodo che affronterà.
  Un altro tema al quale noi abbiamo dato una certa attenzione, che è un tema altrettanto delicato (sono tutti temi delicati, ma questo indubbiamente ha anche un impatto emotivo di grande rilievo), è collegato alle analisi epidemiologiche. Pag. 11
  Il protocollo d'intesa assegna alla tutela della salute della popolazione un ruolo importante. Nel piano ci sono una serie di azioni e misure che hanno come obiettivo proprio questo aspetto. Per tale motivo è stata prevista l'implementazione e la messa a sistema del registro regionale dei tumori, attraverso la realizzazione, anche questa messa a sistema, di un modulo informativo unitario all'interno delle aree interessate dai roghi di rifiuti.
  Il vero lavoro aggiunto che stiamo facendo nelle unità di coordinamento è quello di condividere le competenze specifiche territoriali e regionali, anche in materia sanitaria, con una visione più strategica del Ministero della salute. Questo è il valore aggiunto che possiamo mettere in atto come unità di coordinamento, inserendo in questo dialogo anche quelle esperienze che sono nate sul territorio in passato, forse anche per sopperire a una non perfetta conoscenza della fenomenologia. Oggi queste strutture stanno dialogando nella logica che su questi temi ci sono delle filiere di responsabilità molto chiare e soprattutto nella consapevolezza che questi processi, soprattutto quelli collegati alla parte epidemiologica, sono lunghi da monitorare e da analizzare.
  Ovviamente io non ho una competenza tecnica specifica sull'argomento, però credo che l'aver costituito, come abbiamo fatto nelle settimane passate e si sta continuando a fare... La settimana prossima è prevista un'altra riunione dove Ministero della salute, regione ed esperienze collegate ai medici di medicina generale del territorio cercheranno un terreno di confronto per portare un prodotto che sia scientificamente validabile, che in qualche modo – non dico che sia condiviso, perché la condivisione è un passo forse successivo – si capisca come nasce e su quali dati si basa. Credo che questa sia una cosa importante.
  Su questo mi preme segnalare ancora una volta che sul territorio ci sono delle sacche di buone pratiche che potrebbero anche essere estese al di fuori del livello regionale o interprovinciale. Su questo in conclusione dirò una cosa. Per esempio, vorrei segnalare l'accordo che esiste tra la procura di Napoli nord e il Ministero della salute nella parte dell'Istituto superiore di sanità, che ha fatto una mappatura di 3.000 siti di deposito e di stoccaggio. Questa integrazione tra i dati giudiziari e i dati dell'Istituto superiore di sanità porterà a una rappresentazione della situazione, che io credo avverrà a breve. Evidentemente non la conosco neanch'io, ma so che prima dell'estate ci sarà la presentazione di questo lavoro congiunto e vedremo l'importanza della best practice territoriale.
  L'ultimo punto che vorrei sottolineare e che si collega proprio a questo aspetto è che nel protocollo viene stabilito anche che all'unità sono affidati, in merito al problema degli incendi abusivi di rifiuti, dei compiti di raccordo con l'autorità giudiziaria e gli enti interessati nell'ambito delle iniziative comuni volte a incrementare il contrasto degli incendi dolosi.
  Ovviamente anche in questo caso abbiamo trovato un'autorità giudiziaria molto sensibile, molto preparata e molto spinta su queste tematiche. Abbiamo iniziato una serie di colloqui preliminari e di incontri con il territorio. Troverete nell'allegato degli incontri una serie di riunioni fatte con il procuratore di Napoli nord, ma anche con il procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere.
  Il significato degli incontri, ferme restando l'indipendenza e le attività svolte dall'autorità giudiziaria, è quello di verificare da una parte quali possono essere le necessità che l'autorità giudiziaria può avere in termini di conoscenza territoriale. Ci è stato rappresentato che in qualche occasione qualche tipologia di dato di più immediata fruizione magari potrebbe essere utile all'autorità giudiziaria.
  D'altra parte, all'unità di coordinamento, intesa come punto di raccordo delle varie amministrazioni, avere un'idea delle macro-attività, ovviamente senza scendere nel dettaglio, di dove si sta muovendo la parte giudiziaria su quel territorio consente di fare una prevenzione più mirata. Questo è il raccordo che noi intendiamo porre con l'autorità giudiziaria.
  A tal proposito devo ringraziare il procuratore generale del distretto di Napoli, Pag. 12Luigi Riello, perché ha organizzato a Napoli lo scorso 21 maggio una riunione con tutti i procuratori e con i sostituti che hanno una competenza sul reato ambientale, proprio per aprire un tavolo che possa portare a uno scambio di informazioni che sia utile alla loro attività, ma utile anche per la parte d'indirizzo dell'unità di coordinamento delle attività di prevenzione delle amministrazioni e anche per la possibile modifica del piano.
  Devo dire che durante queste riunioni si è comunque preso atto del fatto che in alcune occasioni noi parliamo di strutture di attività giudiziaria non perfettamente adeguate dal punto di vista numerico del personale assegnato alle procure. Queste sono cose che durante le riunioni ci sono state rappresentate. Per dovere, mi sembra corretto riportarle. In particolare, la procura di Napoli nord ha più volte segnalato una carenza organica importante, che ovviamente non aiuta chi si occupa dell'attività giudiziaria su quei territori, che hanno complessità che vanno anche al di là degli aspetti collegati ai roghi.
  Io so che questo è argomento di analisi da parte dei ministeri competenti, in particolare del Ministero della giustizia e anche del Ministero dell'interno, perché il personale nelle sezioni di polizia giudiziaria nasce da un accordo tra queste amministrazioni.
  Il tavolo si propone come focalizzatore di un problema, certamente non abbiamo noi la possibilità di dare una risoluzione, però già il fatto che i rappresentanti al tavolo ne prendano atto, anche dal nostro punto di vista – perché certamente già lo sanno ai vertici delle amministrazioni – credo che possa essere utile per una soluzione, anche temporanea, che possa aiutare determinate procure a lavorare con un numero più adeguato di persone.
  Io mi fermerei qui nell'esposizione del lavoro che abbiamo svolto fino adesso. Chiudo solamente con una riflessione. È vero che quando nacque l'idea di firmare questo protocollo ci si è focalizzati su una parte della nazione che ha storicamente un problema collegato ai rifiuti. Tuttavia, l'intento non era quello di fare un focus negativo sulla Terra dei fuochi, il problema era anzi di dire che comunque quel territorio – e io lo confermo come unità di coordinamento – negli anni ha fatto una serie di azioni e di attività che da altre parti non ci sono. Pertanto, l'idea sarebbe quella di estrapolare le best practice e le azioni che si fanno su quel territorio e di portarle a condivisione a livello nazionale, perché mi sembra che dalle recenti fenomenologie il problema degli incendi degli impianti e degli incendi di rifiuti sia un problema che va al di là della questione campana.
  Uno dei punti molto qualificanti sul quale stiamo lavorando è una proposta che noi faremo su questo tema dei roghi di rifiuti da sottoporre alla Conferenza Stato-regioni, affinché questo coordinamento territoriale – lasciamo perdere il livello nazionale – questo rapporto che esiste sul territorio tra chi ha la responsabilità della filiera ordinaria, chi ha la responsabilità del controllo, chi la responsabilità della repressione trovi una forma omogenea di confronto, non solo in Campania, ma anche sulle altre regioni del Paese.

  PRESIDENTE. Riprendo proprio da quest'ultima questione, perché io pensavo che la funzione dell'unità fosse proprio quella. Con tutto il rispetto per la Campania, visto che la questione dei roghi riguarda un po’ tutto il Paese e visto che c'è già un'unità di coordinamento nella Terra dei fuochi, io pensavo che la funzione principale di questa unità fosse proprio a livello nazionale.
  Infatti, sentivo che lei parlava delle cinque province e delle banche-dati nella regione Campania. Dunque, il suo lavoro è prettamente focalizzato sulla regione Campania. Un conto è coordinarsi con una piccola realtà territoriale – piccola nel senso di spazi e di figure – e un conto è gestire questa problematica sparsa un po’ per tutto il Paese, quindi sarei interessato ad un approfondimento su questa questione.
  Per quanto riguarda la contraffazione, sicuramente nella produzione illecita anche i rifiuti sono illeciti e anche la filiera di smaltimento diventa illecita. Questo non riguarda solo la contraffazione, è proprio una questione di mancata dichiarazione, Pag. 13quindi anche le cose non contraffatte, se non sono dichiarate sono illecite.
  Sul decreto sicurezza abbiamo sentito il prefetto di Roma, che ha affermato che le informazioni sono arrivate solo da 200 attività. La mia domanda è stata spontanea: «solo 200 su quante?» Non ha saputo rispondere. Partire così mi sembra un po’ caotico, quindi vorrei sapere com'è la situazione.
  Mi domando se ha senso fare un'autorità di coordinamento solo per la Terra dei fuochi e un'altra per la regione Campania. Non ne basterebbe una e dedicarsi maggiormente, invece, al problema nazionale?

  FABRIZIO CURCIO, Presidente dell'unità di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio per l'attuazione del piano d'azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti. La differenza fondamentale che esiste tra l'unità di coordinamento intesa come quella di Iorio e la nostra è che – se posso dirlo in maniera semplicistica – lui svolge attività tattica, cioè sta lì e mette insieme le forze di polizia in coordinamento con i comitati d'ordine e sicurezza pubblica per determinate verifiche, mentre noi non facciamo valutazioni di tipo tattico. Noi facciamo valutazioni di tipo più strategico. Quindi, i due livelli sono diversi, al di là del rapporto di assoluta connessione.
  In più – e questo lo dico anche in virtù delle esperienze pregresse – l'idea di porre una cabina di coordinamento presso Palazzo Chigi con le persone nominate dai ministri dà in qualche modo una attenzione particolare all'attività che viene svolta sul territorio. Faccio un esempio banale, se me lo consente, presidente. È evidente che l'azione di Iorio è relativa alla parte di quelle due province. Però, nel momento in cui ci dovesse essere una richiesta superiore, la richiesta deve essere veicolata a livello centrale. Noi a livello centrale mettiamo in luce che quella parte di territorio ha necessità di essere traguardata in maniera un po’ diversa, con una logica strategica.
  In più, sono assolutamente d'accordo con lei sul fatto che noi adesso dobbiamo estrapolare da questa esperienza tutto ciò che è estrapolabile e riportarlo a livello nazionale. È ovvio – lo dicevo prima, ma lo ribadisco – che a livello nazionale noi avremo un problema di risorse. La Campania, bene o male, sono anni che combatte questo fenomeno, quindi ha trovato anche naturalmente, in certi casi, una forma di anticorpi rispetto a una situazione che da altre parti, invece, non c'è.
  L'operazione di tirar fuori le azioni migliori e portarle all'attenzione delle altre regioni è una cosa che noi faremo nelle prossime settimane. Era proprio un obiettivo che ci siamo posti, ben sapendo ciò che non possiamo fare. Faccio un esempio, adesso abbiamo aumentato di 55 il personale militare su Caserta. Non si può aumentare anche nelle altre parti della regione. Non potrà essere quello. Potrà essere, per esempio, una forma di coordinamento territoriale che sta funzionando a livello campano. Perché non immaginare, anche su Roma se ne parlò, una cabina di regia che metta insieme regione e comune? Chiamiamola come ci pare. Mi riferisco a una forma di tavolo permanente dove affrontare le problematiche amministrative del ciclo dei rifiuti ordinari su cui, per esempio, le prefetture in teoria non entrano, perché è una filiera tutta territoriale, comune, regione e, magari, Ministero dell'ambiente. Quando entra la prefettura? Quando si entra in crisi, quindi c'è un problema con l'ordine pubblico.
  Si tratta di una questione solo campana o di una questione che noi potenzialmente possiamo immaginare nazionale, la cui convocazione, piuttosto che integrazione, piuttosto che lavori, riguarderà periodi diversi a seconda del tipo di problema? Esiste dalle altre parti questa filiera? In alcuni casi sì e in alcuni casi no. Può essere utile portarla come esperienza nazionale dicendo che vogliamo fare dei tavoli? È un esempio, non c'è nulla di deciso. Ovviamente, noi proponiamo. Non abbiamo potere decisionale, perché questa roba poi viene discussa nella Conferenza Stato-regioni.
  In questo senso, rispetto alle attività che sono state svolte, per esempio, a livello epidemiologico in Campania, ha senso produrre modelli a livello nazionale? I lavori Pag. 14che le procure campane stanno facendo su alcuni depositi ha senso che diventino un modello di tipo nazionale? Questo è un lavoro che certamente incoraggeremo.
  Passando al decreto sicurezza, il tema è proprio quello di cui parlava lei e che è stato rappresentato anche dal prefetto di Napoli. È ovvio che quando si parla di piani di emergenza esterna ci si riferisce – a seconda del territorio, ovviamente – ad alcuni punti che diventano strategici per la sicurezza della provincia. Quando uno si trova sul territorio duecento piani di emergenza esterna da fare, c'è anche una difficoltà tecnica nel realizzarli, ma si perde in parte anche lo spirito della Seveso, che immaginava il piano di emergenza esterna come una cosa collegata ad un qualcosa di veramente rilevante sul territorio. Se il carrozziere, nel dubbio, manda gli elementi al prefetto, il prefetto deve fare un piano di emergenza esterna? Noi stiamo cercando di aiutare, quindi, in questo senso.

  PRESIDENTE. Purtroppo non si riesce a fare neanche per i grandi impianti, figuriamoci per le carrozzerie.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  CHIARA BRAGA. Sarò brevissima. Devo dire che le condizioni proibitive in cui si è svolta questa audizione resteranno nella storia.
  Rivolgo soltanto una domanda all'ingegner Curcio, che ringrazio per l'ampia illustrazione della sua attività, del lavoro che si sta svolgendo, che riprende in parte l'ultima questione. Non possiamo chiedere a lei se ritiene opportuno o no, o comunque quali saranno i passaggi successivi dell'estensione di questo piano e di questo protocollo ad altre parti del Paese. È evidentemente una scelta del Governo, quindi politica. Possono emergere una serie di indicazioni in un senso o nell'altro, sulla base anche del lavoro che si sta svolgendo nella realtà campana.
  Le volevo rivolgere una domanda. Tenuto conto che il piano è stato approvato tra le parti a novembre, mi sembra, dello scorso anno, sottoscritto dal Presidente del Consiglio, il Ministro dell'ambiente, gli altri ministri coinvolti e il presidente della regione Campania, che l'istituzione operativa dell'unità di coordinamento è avvenuta a febbraio, quindi con un certo agio nella definizione dei meccanismi operativi, e che nell'accordo istitutivo era prevista una verifica entro tre mesi dall'approvazione del piano sulla possibilità di integrare e rivedere i contenuti, volevo chiederle se questa verifica tra le parti c'è stata, quindi tra i vari ministeri e la presidenza della regione, e qual è in generale il flusso di coordinamento con i ministeri competenti.
  Semplifico ulteriormente. Dall'inizio della sua attività, collegialmente, tra i vari soggetti che hanno sottoscritto il piano, c'è stato un momento di condivisione dello stato dell'arte, della fase di attuazione delle problematiche, delle eventuali necessità richieste di integrazione o di miglioramento delle condizioni operative? Le chiedo anche se ritiene – questo, ovviamente, è un punto di vista che deriva anche dal lavoro che si sta svolgendo in questo periodo – che l'arco temporale della validità del protocollo, che mi pare sia di ventiquattro mesi, quindi dovrebbe scadere a novembre del prossimo anno, sia sufficiente per impostare un lavoro con queste ambizioni e con questo respiro.

  FABRIZIO CURCIO, Presidente dell'unità di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio per l'attuazione del piano d'azione per il contrasto dei roghi dei rifiuti. Tre punti. Primo: per fortuna, l'aggio tra la firma e il DPCM di nomina è stato sopperito da una naturale tendenza personale ad andare avanti. Quindi, la formalizzazione non ci ha impedito di iniziare i lavori sin da subito. A dicembre, anche informalmente, ho già riunito il tavolo e, al di là dei nominativi, abbiamo iniziato a lavorare. Questo ci tenevo a precisarlo. Effettivamente, la formalità è seguita a febbraio, però noi a febbraio avevamo già le idee abbastanza chiare su dove volevamo arrivare.
  Per quanto riguarda la questione dei tre mesi, effettivamente il protocollo prevede proprio questa possibile modifica. Noi abbiamo Pag. 15 fatto una scelta, come unità di coordinamento. Siccome nel protocollo è previsto che ogni sei mesi possa essere effettuata una modifica, abbiamo pensato che avevamo ancora necessità di un periodo di tempo per capire le proposte da portare per modificare il piano. Nella relazione trimestrale, quindi, abbiamo proprio messo un paragrafo per dire che sulla modifica del piano vorremmo prenderci i prossimi due o tre mesi per capire quale migliorie portare per avere un quadro oggettivamente più completo sulle varie problematiche. Adesso, a giugno, piuttosto che subito prima dell'estate crediamo di poter essere più puntuali rispetto a determinate possibili modifiche da proporre. Noi le possiamo proporre, ma bisogna comprendere la volontà successiva.
  Mi ricollego all'altra sua domanda, se ho capito bene, ossia se c'è stata una nuova condivisione a livello di vertice politico sull'attuazione del piano. Al momento questa condivisione a livello generale non c'è stata. Io stesso avevo immaginato di proporre alle parti politiche una riunione, o subito prima dell'estate o subito dopo l'estate, proprio per proporre loro un check di quello che era stato fatto, visto che oggettivamente è stato anche impostato in maniera importante: sono coinvolti il Presidente del Consiglio, sette ministri e il presidente della regione Campania. È un segnale forte.
  Sono certo che ci sarà questo nuovo momento di confronto per verificare lo stato dell'arte, fermo restando che le relazioni che ognuno di noi fa vengono trasmesse alla propria autorità politica. La relazione che l'unità di coordinamento ha fatto è stata trasmessa al Presidente del Consiglio. Lo stesso vale per i rappresentanti designati dai ministeri. Ho chiesto che venga rappresentata la parte politica. In tal senso sottolineo che, dal punto di vista della rappresentanza politica, ed è naturale che sia così, anche il Ministero dell'ambiente sta diventando un punto di riferimento. Molte delle riunioni organizzate sul territorio si sono svolte alla presenza del Ministro Costa, che in questo senso rappresenta il punto di raccordo politico di queste attività. Ho parlato dell'aspetto relativo alla parte militare, dell'incremento militare su richiesta il 20 maggio della riunione che abbiamo fatto a Napoli, alla quale hanno partecipato gli esponenti territoriali della provincia di Napoli e di Caserta. La richiesta è stata fatta all'autorità politica, la quale ha delegato la parte tecnica ad esperire le valutazioni di fattibilità. Ovviamente, quello spostamento ha anche un placet politico, dal momento che incide su un'organizzazione a livello nazionale.
  L'ultima questione riguarda i ventiquattro mesi. Mi riservo di rispondere, però in questo senso. Noi, come unità di coordinamento, abbiamo alcuni obiettivi, che ci stiamo dando anche nella logica di fare qualcosa di più a livello di supporto. Arriverà un momento in cui bisognerà capire se il lavoro che è stato fatto ha portato effettivamente un giovamento nelle azioni territoriali ovvero nazionali e se rispetto a questa roba qui – comunque la si voglia chiamare – si voglia traguardare un qualcosa di diverso con un'organizzazione diversa. Noi per ora siamo un'entità di coordinamento frutto di un protocollo. Come ho già detto, è un tavolo di coordinamento.
  Credo che, all'esito dei risultati, la politica potrà avere diverse possibilità di intervento. Potrebbe istituzionalizzare questa cosa in un tavolo permanente a livello nazionale, potrebbe ringraziare per l'ottimo lavoro e dire che non serve più. Credo che il respiro dei ventiquattro mesi consentirà a chi deve decidere di capire se il lavoro che è stato fatto ha portato risultati in linea con le aspettative, se questi risultati possono essere istituzionalizzati in qualcosa di migliore, di più stabile, più organizzato e più strutturato, ovvero se l'esperienza si conclude qui.
  Per quanto mi riguarda, fino a quando dirigerò il coordinamento, lavorerò sempre con questa duplice visione. Da una parte, cercherò di dare una risposta al mandato specifico sul punticino che ci è stato dato. Non è detto che ci riusciremo sempre. In tal senso è stato scritto qualcosa, forse anche buttando il cuore oltre l'ostacolo, tant'è che nell'ultima riunione di coordinamento io mi sono rivolto ai colleghi dicendo Pag. 16 loro che, nella logica della revisione, noi dobbiamo dirci le cose che riusciamo a centrare nei tempi e le cose che non riusciamo a centrare. La questione non riguarda i 30 o i 60 giorni. Io non mi innamoro dei 30 giorni o dei 60 giorni. Sono problematiche complicate. Se, invece di 30 giorni, ce ne mettiamo 45 non credo sia un problema. Bisogna capire se quello che abbiamo scritto riusciamo a portarlo a termine; se non ci riusciamo, bisogna capire perché; se vogliamo modificarlo, bisogna capire in che maniera. Questo è lo sforzo che io, dopo l'estate... Sulla parte estiva siamo allertati relativamente al contrasto, sempre nella logica che non facciamo tattica, ma supporto. Le attività che si stanno svolgendo (le relazioni tra le regioni e i vigili del fuoco, le convenzioni, i quattro centri di cui vi ha parlato Iorio) sono di competenza del territorio e noi le supportiamo solamente. Ci siamo solo accertati che queste cose andassero in porto. Oggi ne richiedo la formalizzazione nel piano, ma solo per avere una fotografia, come vi ho detto.
  A settembre – l'ho già preannunciato proprio nella riunione di ieri – noi dovremo fortemente capire se quello che è stato scritto qui è ancora valido e attuale al cento per cento e, se non lo è, individuare le modifiche per migliorarlo.

  PRESIDENTE. Ringrazio il nostro ospite per il contributo fornito e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.