XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 16 di Giovedì 3 dicembre 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Corda Emanuela , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL PROCESSO DI ATTUAZIONE DEL «REGIONALISMO DIFFERENZIATO» AI SENSI DELL'ARTICOLO 116, TERZO COMMA, DELLA COSTITUZIONE

Audizione, in videoconferenza, della Ministra dell'istruzione, Lucia Azzolina.
Corda Emanuela , Presidente ... 3 
Azzolina Lucia (M5S) , Ministra dell'istruzione ... 3 
Corda Emanuela , Presidente ... 9 
Granato Bianca Laura  ... 9 
Corda Emanuela , Presidente ... 10 
Fregolent Sonia  ... 10 
Corda Emanuela , Presidente ... 10 
Rossini Emanuela (Misto-Min.Ling.)  ... 10 
Corda Emanuela , Presidente ... 11 
Gariglio Davide (PD)  ... 11 
Corda Emanuela , Presidente ... 11 
Bond Dario (FI)  ... 11 
Corda Emanuela , Presidente ... 12 
Azzolina Lucia (M5S) , Ministra dell'istruzione ... 12 
Corda Emanuela , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
EMANUELA CORDA

  La seduta comincia alle 8.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione sulla web-tv della Camera dei deputati.
  Ricordo che le audizioni saranno svolte consentendo la partecipazione da remoto in videoconferenza dell'audito e dei componenti, la Commissione, secondo le modalità stabilite dalla Giunta per il Regolamento nella riunione del 4 novembre scorso. In proposito ricordo che anche ai parlamentari collegati in videoconferenza non è consentito esporre cartelli e scritte, secondo le regole ordinarie vigenti per la partecipazione alle sedute.

Audizione, in videoconferenza, della Ministra dell'istruzione, Lucia Azzolina.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul processo di attuazione del «regionalismo differenziato» ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, l'audizione, in videoconferenza, della Ministra dell'istruzione, Lucia Azzolina. Ringrazio la Ministra dell'istruzione, Lucia Azzolina, per la sua presenza e le do immediatamente la parola per lo svolgimento della relazione. Prego, Ministra.

  LUCIA AZZOLINA, Ministra dell'istruzione. Grazie, presidente. Deputate e deputati, senatrici e senatori, il riconoscimento di ulteriori forme e condizioni di autonomia alle regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma della Costituzione è diventato un tema importante nel dibattito pubblico a seguito delle iniziative formalmente intraprese da tre regioni, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna nel corso del 2017. Dopo la sottoscrizione di tre accordi preliminari nel febbraio 2018, il negoziato tra lo Stato e queste tre regioni è proseguito nei mesi successivi allo scopo di precisare le nuove materie da trasferire per dare luogo al regionalismo differenziato. Nel frattempo altre regioni hanno intrapreso il percorso per la richiesta di ulteriore autonomia. Sono oggi quattro le regioni i cui rispettivi Consigli hanno deliberato formalmente la richiesta di accesso all'autonomia di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione: le tre regioni prima menzionate, alle quali si aggiunge il Piemonte. Ciò conferma che si tratta di un tema avvertito, specie nell'area settentrionale del Paese e tale da imporre anche in questa sede una riflessione attenta rimanendo nell'alveo di unità e indivisibilità della Repubblica e di non discriminazione nell'offerta di servizi pubblici essenziali, imposto dal disegno costituzionale visto nel suo sviluppo complessivo.
  Per rispondere al comune interesse conoscitivo dei profili dell'autonomia differenziata nei settori che coinvolgono la competenza del Ministero dell'istruzione, delineerò la cornice generale all'interno della quale si muovono le istanze regionali, mi concentrerò sui profili attinenti l'istruzione e concluderò la mia analisi traguardando gli schemi di intesa regionali alla luce di tale quadro normativo e dei princìpi costituzionali consolidati che orientano il mio percorso politico. La differenziazione regionale nei settori di competenza del Ministero dell'istruzione può essere meglio Pag. 4compresa definendo in via preliminare il quadro costituzionale di riferimento.
  Riguardo anzitutto all'istruzione, è necessario segnalare che il riparto della potestà legislativa tra lo Stato e le regioni relativo a questa materia risulta intensamente legato ad alcune disposizioni contenute nel Titolo II della parte prima della Costituzione, segnatamente gli articoli 33 e 34, fondamentalmente attinenti alla disciplina sostanziale della materia. L'articolo 33 enuncia e tutela la libertà di insegnamento, attribuisce alla Repubblica il ruolo di dettare le norme generali sull'istruzione e di istituire scuole statali per tutti gli ordini e gradi, garantendo un ruolo nel sistema educativo di enti e privati. L'unitarietà del sistema istruzione è garantita anche con la previsione in fonte sovraordinata di un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi. Nell'articolo 34 l'istruzione è declinata come aperta a tutti, obbligatoria per almeno otto anni e gratuita. Il diritto allo studio non tollera barriere sociali ed economiche che impediscano agli studenti capaci e meritevoli di raggiungere i gradi più alti degli studi.
  Nell'ambito poi delle disposizioni presenti nel Titolo V della Costituzione relativamente al riparto di competenze tra Stato e regioni, l'istruzione è individuata da una pluralità di riferimenti testuali compresenti ora all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, le norme generali sull'istruzione, e ora all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, l'istruzione salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell'istruzione e della formazione professionale. Rispetto alla corretta definizione di questi due titoli competenziali diversi, e di non sempre facile interpretazione, un ruolo centrale è stato ed è tuttora svolto dalla Corte costituzionale, chiamata a dirimere i conflitti interistituzionali inerenti la materia. Il contributo della giurisprudenza costituzionale è in questo senso significativo, soprattutto considerato che negli anni ha permesso di definire le norme generali sull'istruzione, quale espressione della struttura essenziale del sistema di istruzione, di cui al secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione, e di fissare una precisa linea di demarcazione tra tale ambito di competenza e quello di cui all'articolo 117, terzo comma della Costituzione.
  La Corte ha individuato i princìpi fondamentali dell'istruzione con quelle norme che nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare l'esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell'istruzione, per la loro attuazione necessitano dell'intervento del legislatore regionale, il quale deve conformare la sua azione all'osservanza dei princìpi fondamentali stessi. All'interno di tale quadro si innesta la possibilità prospettata dall'articolo 116, terzo comma della Costituzione, di attribuire anche ad altre regioni con una legge approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti e sulla base di un'intesa, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. Gli ambiti nei quali possono essere riconosciute tali forme ulteriori di autonomia concernono tutte le materie che l'articolo 117, terzo comma della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa concorrente. Si tratta di un numero limitato di materie tra quelle riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all'articolo 117, secondo comma della Costituzione, ossia l'organizzazione della giustizia di pace, la tutela dell'ambiente dell'ecosistema e dei beni culturali e le stesse norme generali sull'istruzione.
  Ciò considerato, prima di esaminare nel merito i contenuti delle bozze d'intesa, voglio ricostruire sinteticamente le fasi che hanno finora segnato il percorso di differenziazione intrapreso dalle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Le modalità con cui le tre regioni hanno attivato il percorso ex articolo 116, terzo comma della Costituzione sono diverse. Il 22 ottobre 2017 le regioni Lombardia e Veneto hanno svolto due referendum consultivi sull'attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia. La regione Emilia-Romagna si è invece attivata su impulso del presidente della regione, con l'approvazione da parte dell'Assemblea regionale, Pag. 5 il 3 ottobre 2017 di una risoluzione per l'avvio del procedimento finalizzato alla sottoscrizione dell'intesa con il Governo richiesta dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione. Il percorso per l'autonomia differenziata è proseguito nella scorsa legislatura con gli accordi tra il Governo e le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto firmati il 28 febbraio 2018. Con tali accordi sono stati individuati i princìpi generali, la metodologia e un primo elenco di materie oggetto delle intese. Segnalo a questo proposito che l'istruzione risulta espressamente menzionata tra le materie di prioritario e comune interesse regionale oggetto del negoziato unitamente alla tutela dell'ambiente e dell'economia, alla tutela della salute, alla tutela del lavoro e ai rapporti internazionali e con l'Unione europea. Come rammenterete, ogni accordo lasciava impregiudicata la possibilità di estendere il negoziato ad altri aspetti connessi, alle materie già oggetto dell'accordo e a ulteriori materie di interesse. Ogni intesa veniva delimitata temporalmente in dieci anni, potendo comunque essere modificata in qualunque momento di comune accordo tra lo Stato e la regione, qualora nel corso del decennio si verifichino situazioni di fatto o di diritto che ne giustifichino la revisione. È anche prevista una verifica dei risultati raggiunti da compiere nel corso dell'ultimo biennio, il cui esito avrebbe consentito di valutare il rinnovo delle intese, la rinegoziazione o la loro cessazione definitiva. Nel frattempo altre regioni, pur non avendo firmato alcun accordo con il Governo, hanno espresso la volontà di intraprendere un percorso per l'ottenimento di ulteriori forme di autonomia. Le trattative tra le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna e i Ministeri interessati ratione materiae hanno incluso anche incontri tecnici nell'ambito dell'attività di coordinamento in capo al Ministro per gli affari regionali, in conformità al quadro costituzionale descritto e valorizzando tutte le autonomie territoriali nel più corretto bilanciamento con il principio di unità della Repubblica.
  Nel merito degli accordi, anteponendo una prima generale sintesi delle proposte regionali nelle materie di competenza del Ministero dell'istruzione, si può affermare che le richieste riguardano rilevanti profili organizzativi, quali la programmazione della rete scolastica regionale, la definizione del fabbisogno del personale scolastico e la sua distribuzione tra le scuole del territorio di competenza. Sotto il diverso punto di vista dell'offerta didattica, è prevista la competenza a integrare i percorsi formativi di istruzione di formazione professionale su cui incide anche la facoltà di organizzare gli istituti tecnici superiori, gli ITS, dimostrando un interesse a quei segmenti dell'istruzione più vicini al contesto lavorativo.
  Con riguardo agli aspetti finanziari, le bozze d'intesa prevedono l'istituzione di specifici fondi regionali, non sempre chiaramente definiti come integrativi, destinati all'assunzione di personale, all'effettuazione di interventi in materia di edilizia scolastica e a favore del diritto allo studio scolastico. Rispetto a questo tratto comune, le regioni Lombardia e Veneto aggiungono la richiesta di gestione del rapporto di lavoro del personale scolastico, comprese le procedure concorsuali per l'accesso al ruolo. Le due pre-intese mirerebbero anche a stringere il rapporto tra scuola e lavoro attraverso il potenziamento dell'alternanza e la previsione di percorsi di apprendistato di primo livello per il diploma di istruzione secondaria superiore.
  Entrando con maggiore dettaglio nelle proposte provenienti dalle regioni Veneto e Lombardia nella versione più estrema che hanno raggiunto, segnalo come sostanzialmente le stesse richiedano nell'ambito di tutte le 23 materie di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, il riconoscimento di rilevanti e specifiche competenze legislative e amministrative. In particolare, per quanto oggi interessa, secondo lo schema proposto, alle regioni invece che allo Stato, verrebbe attribuita la competenza legislativa in materia di norme generali sull'istruzione, fatti salvi solo i livelli essenziali delle prestazioni da garantire a livello nazionale con riferimento a: disciplina dell'organizzazione generale del sistema educativo regionale di istruzione e formazione e delle modalità di valutazione Pag. 6del sistema educativo regionale di istruzione e formazione, sostanzialmente l'intero governo del sistema d'istruzione; disciplina della programmazione dei percorsi per le competenze trasversali per l'orientamento, la precedente alternanza scuola-lavoro, la materia della formazione dei docenti e la gestione delle risorse ad esso destinate; disciplina della programmazione dei percorsi di apprendistato di primo livello per il diploma di istruzione secondaria superiore dell'offerta formativa integrata tra istruzione e formazione professionale, in realtà tematiche che vedono già fortemente presenti le competenze regionali; disciplina dell'organizzazione dei rapporti di lavoro del personale dipendente delle istituzioni scolastiche, quindi dirigenti, docenti, amministrativi, tecnici e ausiliari, anche mediante il ricorso alla contrattazione integrativa regionale, in sostanza la creazione di un ruolo regionale del personale scolastico, differenziato da quello statale; disciplina della programmazione della rete scolastica sul territorio regionale, definizione del fabbisogno regionale di personale e la sua distribuzione tra le istituzioni scolastiche alla programmazione, già prerogativa regionale, a cui si aggiunge la gestione e la distribuzione degli organici; disciplina di ulteriori criteri oltre quelli nazionali per il riconoscimento e il mantenimento della parità scolastica nonché per l'assegnazione dei relativi contributi, per le scuole paritarie regionali vi sarebbero criteri di condizionamento ulteriori e più stringenti rispetto al già rigoroso standard nazionale; disciplina degli organi collegiali territoriali della scuola con rilevanti aspetti di impatto ordinamentale; disciplina dell'istruzione degli adulti, della relativa programmazione formativa e dell'organizzazione dei centri provinciali per l'istruzione degli adulti, i CPIA, assicurando il raccordo tra il sistema di istruzione degli adulti e il sistema dell'istruzione e formazione professionale; disciplina dell'organizzazione delle fondazioni di istruzione tecnica superiore, gli ITS, per favorire la programmazione dell'offerta formativa.
  Per fornire un quadro utile all'analisi parlamentare e alle conseguenti valutazioni, appare opportuno ricordare che quanto precede non esaurisce la richiesta regionale e che ulteriormente si spinge alla gestione e all'organizzazione della pubblica funzione scolastica regionale, prevedendo il trasferimento all'ente delle competenze e delle risorse umane finanziarie e strumentali dell'Ufficio scolastico regionale e degli Uffici d'ambito territoriali attualmente ministeriali. Viene richiesta, inoltre, l'istituzione del ruolo regionale dei dirigenti scolastici, in cui far transitare i dirigenti attualmente in servizio nelle scuole del territorio regionale, fatta salva tuttavia la facoltà di permanere nei ruoli della dirigenza scolastica statale. In via transitoria, ma con orizzonte di non breve durata, si avrebbe pertanto un sistema a doppio binario con dirigenti scolastici all'interno della stessa regione appartenenti ai ruoli diversi. Ovviamente l'istituzione di tali ruoli regionali comporterebbe il trasferimento alla regione della competenza ad attribuire gli incarichi ai dirigenti degli Uffici d'ambito territoriale e ai dirigenti scolastici, anche nel caso in cui costoro abbiano optato e scelto di permanere nei ruoli statali, in deroga a quanto attualmente previsto nel testo unico del pubblico impiego.
  Analogamente, con riferimento al personale docente, educativo e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), in servizio presso le istituzioni scolastiche della regione, verrebbe stabilita la permanenza nei ruoli statali, salva diversa volontà del personale stesso. In particolare il personale potrà optare per il passaggio nei ruoli regionali da disciplinare con apposita legge regionale, in cui confluirà anche il personale di nuova assunzione. Si creerebbe quindi, all'interno delle scuole, una sovrapposizione di personale appartenente a ruoli statali e personale appartenente a ruoli regionali. Al personale iscritto nei ruoli regionali si applicherebbero comunque le disposizioni statali in materia di ordinamento civile e di pubblico impiego nonché i contratti collettivi nazionali del comparto istruzione e ricerca e con contratti integrativi regionali, sentito il Ministero, si disciplinerebbero Pag. 7 gli istituti e le materie del rapporto di lavoro non riservati alla normativa statale in materia di pubblico impiego e alla contrattazione nazionale, garantendo comunque il trattamento economico previsto dalla contrattazione nazionale di comparto nonché il rispetto delle qualifiche e del trattamento di previdenza, stabiliti dalle vigenti normative. Il complesso meccanismo dovrebbe poi garantire la mobilità sia in entrata sia in uscita dal territorio regionale del personale con un complesso coordinamento con le previsioni statali.
  Mi rendo conto del tecnicismo di alcuni passaggi, ma la complessità di descrivere il quadro giuridico sotteso all'intesa è probabilmente lo specchio della complessità di attuazione del sistema immaginato per l'attuazione dell'autonomia differenziata.
  Le due regioni richiedono inoltre competenza legislativa in materia di edilizia scolastica, con riferimento alla costituzione e alla disciplina del Fondo pluriennale di edilizia scolastica, di adeguamento degli spazi alla popolazione scolastica regionale, disciplina dei criteri per l'individuazione dell'effettivo fabbisogno e delle priorità nel rispetto dei criteri definiti a livello nazionale e disciplina della programmazione regionale degli interventi per l'utilizzo delle risorse. Si tratta, come è facile comprendere, di interventi complessivi, le cui criticità appaiono evidenti e insuperabili in termini di corretta tutela dell'unitarietà del sistema nazionale di istruzione e formazione e di effettività del diritto allo studio da garantirsi in maniera uniforme in tutto il territorio nazionale.
  Diverso approccio, ugualmente di estrema delicatezza, assume l'iniziativa della regione Emilia-Romagna, che appare tesa a una migliore e a una maggiore programmazione della politica regionale negli ambiti dell'istruzione senza spinte eccessivamente autonomistiche. La bozza d'intesa attribuirebbe alla regione Emilia-Romagna forme di autonomia differenziata, tra le altre, nelle materie dell'istruzione e dell'organizzazione della rete scolastica e di programmazione dell'offerta di istruzione, per la realizzazione di un sistema integrato di istruzione professionale e di istruzione e formazione professionale e in materia di organizzazione delle fondazioni ITS. Con maggior dettaglio la regione intende nel rispetto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche nonché delle libertà di insegnamento, secondo quanto disposto dalla Costituzione, perseguire i seguenti specifici obiettivi: garantire un'organizzazione della rete scolastica e dell'offerta formativa adeguate alle politiche educative di welfare regionale; garantire in ambito regionale la realizzazione di un sistema unitario e integrato di istruzione secondaria di secondo ciclo e di istruzione e formazione professionale; qualificare l'offerta di istruzione e formazione tecnica e professionale in ambito regionale; rendere effettivo il diritto allo studio scolastico mediante appositi incentivi economici e servizi dedicati.
  Con riferimento alla materia dell'organizzazione della rete scolastica e della programmazione dell'offerta di istruzione, la bozza d'intesa prevede che alla regione spetti la definizione della dotazione dell'organico del personale scolastico e la sua attribuzione alle autonomie nel rispetto dei parametri stabiliti a livello nazionale e fermo restando l'assetto ordinamentale statale dei percorsi di istruzione e la disciplina delle dotazioni organiche.
  In base allo schema di intesa, alla regione è attribuita la competenza legislativa per la costituzione di un fondo regionale al fine di realizzare l'integrazione dell'organico docenti e l'assegnazione di ulteriori posti, per dare piena attuazione alle politiche educative e formative regionali. Si attribuisce alla regione la competenza legislativa disciplinare e le modalità organizzative attuative idonee a realizzare un sistema unitario e integrato di istruzione professionale e di istruzione e formazione professionale in conformità al decreto legislativo numero 61 del 2017 e, in coerenza con l'offerta di istruzione regionale, anche attraverso l'utilizzo delle dotazioni organiche aggiuntive.
  In materia di organizzazione delle fondazioni ITS, la bozza prevede che alla regione competa la definizione della medesima organizzazione, al fine di sviluppare Pag. 8le relazioni fra autonomie scolastiche e formative, istituzioni universitarie e sistema delle imprese nonché la definizione di specifici standard organizzativi e gestionali.
  Nel corso dell'audizione sulle linee programmatiche del 17 ottobre 2019 presso le Commissioni I e V della Camera, il Ministro per gli affari regionali aveva preannunciato l'intenzione di presentare al Parlamento un'iniziativa legislativa volta a definire una cornice normativa unitaria degli interventi di attuazione dell'articolo 116, terzo comma della Costituzione. Nel dicembre scorso è stata istituita presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie una commissione di studio sui temi dell'autonomia differenziata, composta da esperti qualificati anche esterni all'amministrazione e provenienti da diverse categorie professionali. L'idea è quella di definire una cornice unitaria nazionale entro la quale innestare le intese da parte di tutte le regioni, avendo riguardo sia alla sostenibilità giuridica della differenziazione richiesta e sia a quella economico finanziaria.
  Dato atto della base di partenza del dialogo con le regioni nelle materie di competenza del Ministero, devo tuttavia sottolineare come il delicato contesto costituzionale che ho tracciato in premessa e il dibattito politico avevano già condotto a un ripensamento della posizione dello Stato rispetto alle istanze regionali, che risulta ancora più necessario alla luce della cornice normativa descritta. Credo tuttavia che, alla luce di quanto espresso fino a questo momento, risulti evidente che qualsiasi analisi di definizione regionale delle competenze non possa prescindere dalle valutazioni che seguono e che orienteranno la mia linea politica.
  Ritengo che le varie forme di articolazione delle competenze tra livelli di Governo non potranno prescindere in primo luogo dalla previa tutela costituita dalla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e da concreti ed effettivi meccanismi perequativi. È altrettanto certo che il quadro costituzionale ci guida in una riflessione complessa dei confini dell'istruzione. La materia si caratterizza indubitabilmente per una frammentazione disciplinare tra i diversi titoli di competenza indicati all'articolo 117, ma anche al contempo per un quid pluris rispetto alle altre materie, pure incidenti sui diritti costituzionali, dato dalla presenza accanto ai princìpi fondamentali dell'istruzione di cui all'articolo 117, comma 3 della Costituzione delle norme generali sull'istruzione, quali oggetto di potestà legislativa esclusiva dello Stato di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera n). Come detto, tale previsione è espressione eminente di interessi unitari ed esprimibili solo a livello nazionale e tali interessi unitari derivano dalla considerazione che l'istruzione costituisce la naturale proiezione sul piano della competenza normativa delle previsioni contenute negli articoli 33 e 34 della Costituzione, tra cui vi sono diritti e libertà fondamentali che devono essere garantiti ad ogni alunno e alunna senza distinzione e con garanzia della rimozione delle barriere che ostino al loro esercizio.
  Sento in tale percorso di non dover rinunciare, e invito lo stesso Parlamento a farlo, ai princìpi che la Corte costituzionale ci ha consegnato in diverse occasioni. In una delle più rilevanti sentenze in materia di istruzione, la Corte costituzionale ha ricordato che l'obbligo di istruzione appartiene a quella categoria di disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante un'offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio di istruzione. La sentenza è la numero 200 del 2009.
  Alle suesposte riflessioni, se ne aggiunge un'altra, strettamente legata al momento storico che il Paese sta attraversando e che risulta aggravato dall'emergenza sanitaria in atto. La diseguaglianza tuttora riscontrata tra i livelli di sviluppo dei diversi territori induce a scongiurare l'opportunità di un regionalismo differenziato in materia Pag. 9di istruzione. Sorge infatti il dubbio che stante l'eterogeneità dei contesti, la predeterminazione dei livelli essenziali delle prestazioni, per tali intendendosi in generale i criteri e gli standard di distribuzione del servizio formativo sul territorio, di accessibilità e di varietà dell'offerta, di qualità, di efficacia e appropriatezza del servizio rispetto ai bisogni dell'utenza, possa comunque non rivelarsi esaustiva e realmente efficace in un'ottica di uguaglianza sostanziale. Uguaglianza che significa parità nelle condizioni di partenza nella necessaria mobilità sociale. Mettere a rischio strutturalmente questa parità equivale a frustrare le aspettative di miglioramento delle condizioni di provenienza per i nostri studenti e studentesse capaci e meritevoli, a detrimento non solo del senso di giustizia ma anche delle opportunità del Paese nel suo complesso, che deve poter attingere i migliori dal bacino sociale più ampio possibile.
  In altri termini, la valutazione delle istanze regionali non può prescindere dalla definizione rigorosa di ambiti che lo Stato deve trattenere integralmente al fine di mantenerne l'unità e di scongiurare fenomeni discriminatori, specie in frangenti fortemente critici come quello attuale. Non è possibile immaginare un regionalismo delle disuguaglianze. Solo delimitata tale cornice, potranno avere seguito le istanze di valorizzazione delle specificità regionali. Tuttavia non potranno mai ammettersi quelle spinte che anziché di differenziazione adattativa alle esigenze del territorio regionale, appaiono marciare nella direzione di una recisa specialità da intendersi quale inaccettabile netta rescissione dal sistema nazionale di istruzione e formazione. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio la Ministra per la sua relazione. Adesso raccogliamo gli interventi dei colleghi. Prego collega Granato.

  BIANCA LAURA GRANATO. Ho ascoltato con grande interesse l'esposizione della Ministra e ne condivido in pieno tutte le argomentazioni.
  Purtroppo la situazione in corso ci ha dato, anzi, una dimostrazione del fatto che la scuola ha anche difficoltà a funzionare laddove altre funzioni e altre competenze di matrice oggi attribuita alle regioni non funzionano tutte allo stesso modo. Abbiamo venti sistemi sanitari differenti, abbiamo venti sistemi di trasporto locale differenti e questo ha determinato già delle ampie spaccature nei diritti degli studenti, che in alcune regioni e in alcuni contesti anche comunali, perché non dimentichiamo che nell'ambito delle autonomie dobbiamo anche far rientrare quelle dei comuni, hanno realizzato dei servizi complementari, fondamentali per il funzionamento delle scuole, tutti diversi che hanno quindi generato chiusure, aperture a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale ed effettuate con criteri differenti.
  Auspicherei che in una congiuntura del genere vi fosse un ripensamento importante anche sulle forme di autonomia già concesse attraverso la riforma del Titolo V della Costituzione, alla luce di quanto sta avvenendo ed è avvenuto in costanza di pandemia e alla luce di una serie di disfunzionalità che hanno purtroppo determinato una catena di trasmissione di disposizioni normative che hanno provocato una fruizione differente dei diritti, laddove l'articolo 3 della Costituzione prevede, invece, la fruizione dei diritti in base a un'uguaglianza sostanziale di tutti i cittadini.
  Dunque sicuramente una prospettiva di divisione e di creazione di ulteriori forme di autonomia non è accettabile, per quanto mi riguarda, né nel sul fronte dell'istruzione, né in altri ambiti. Anzi, occorre tenere anche presente ciò che è accaduto con la formazione professionale, perché quando questa è stata ceduta completamente alle regioni, il servizio è stato esternalizzato e le regioni spesso e volentieri non effettuano alcun controllo qualitativo sugli standard del sistema di formazione professionale su cui loro stesse avrebbero competenza e questo sistema è andato deteriorandosi a livello qualitativo in maniera quasi irreversibile.
  Per cui, nel dare conferma della giustezza dell'impianto argomentativo della Ministra, aggiungo queste mie personali riflessioni. Grazie.

Pag. 10

  PRESIDENTE. La ringrazio. Do la parola alla collega Fregolent.

  SONIA FREGOLENT. Grazie, presidente. Buongiorno, Ministra. Ovviamente non possiamo condividere in nessun modo quanto da lei affermato nella relazione che ha presentato e credo che in termini di correttezza espositiva, avrebbe dovuto quanto meno evidenziare e comparare anche le richieste delle regioni Veneto e Lombardia e dire per quali motivi ritiene che le istanze della regione Emilia-Romagna siano maggiormente condivisibili dal suo punto di vista, cosa che non ha fatto in nessun modo.
  Sui livelli essenziali delle prestazioni (LEP), siamo tutti d'accordo sulla necessità di definirli; si tratta semplicemente di fissare l'asticella del livello delle prestazioni che vogliamo dare e le risorse che a tale fine si intendono destinare. Quindi il Governo può decidere quali risorse devolvere e in che modo, anche molto rapidamente. Ritengo ultroneo un coinvolgimento del Parlamento in quanto si tratta semplicemente di decidere quante sono le risorse da destinare per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni.
  Stiamo anche attenti, e questa è una piega che si sta prendendo come ragionamento anche sul Servizio sanitario nazionale, al fatto che il regionalismo dovrebbe essere una spinta a migliorare le prestazioni e quindi ad evitare il pericolo di abbassare il livello e di buttare via assieme a tutto ciò che non va, non solo l'acqua sporca, ma anche il bambino, perché parlando e continuando a parlare di disuguaglianze, vorrei anche ogni tanto sentirvi parlare di eliminazione degli sprechi e delle inefficienze, cosa che, anche in questo caso, non ho sentito, e di responsabilizzazione, di cui pure non ho sentito parlare.
  Un'ultima cosa anche sul tema della gestione dell'emergenza pandemica da Covid-19. Rappresento il fatto che l'Italia comunque non è costituita semplicemente da grandi città, ma ha un'urbanizzazione sparsa e necessita di interventi puntuali che possono essere noti soltanto a chi vive nel territorio. Faccio un esempio: sul trasporto scolastico spesso le esigenze sono diverse. Le soluzioni basate sulle esigenze delle grandi città, dove si può pensare di spostare gli orari di ingresso a scuola, non sono praticabili laddove passa per i comuni una sola corriera alla mattina alle 7, che tanto sarebbe la stessa anche se voi spostate le lezioni alle 10 del mattino. Quindi è importante comprendere che le istanze che arrivano dai territori non sono pretestuose e non vogliono essere "contro" qualcuno, ma semplicemente rappresentano le esigenze dei territori stessi.
  Ricordo anche che due regioni si sono espresse in modo molto forte con referendum consultivi e forse sarebbe opportuno anche tenere in debita considerazione la volontà di quelle popolazioni, che non significa in nessun modo dividere l'Italia o accentuare le differenze, o voler separare o fare gli studenti di serie A e gli studenti di serie B, ma semplicemente va letta nell'ottica di innalzare il livello di tutto il Paese, prendendo come esempio le buone prassi. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Do la parola alla deputata Emanuela Rossini.

  EMANUELA ROSSINI. Trovo piuttosto critico adottare come metodo e paradigma opporre lo Stato alle regioni collegandoli a un concetto di unitarietà opposto a disuguaglianze e frammentarietà. Questo è proprio un pregiudizio, perché se guardiamo come evolvono i nostri sistemi a livello nazionale, essi evolvono partendo da sperimentazioni locali, da piccoli modelli che poi si innalzano e diventano sistema e gli esempi sono innumerevoli, ad esempio gli asili nido, che sono partiti da sperimentazioni locali. La criticità del nostro Paese è di farli passare da sperimentazione a sistema. È chiaro, io parlo da un territorio che ha posto la scuola come laboratorio per il Paese. Noi abbiamo sperimentato per primi alcuni cambiamenti che poi sono diventati la riforma della Buona Scuola, il bilinguismo e offriamo il nostro contesto, dove c'è una competenza molto ampia come laboratorio per il Paese.
  Per rendere molto più utile questa riflessione sul regionalismo differenziato, Pag. 11credo che dovremmo porre al termine non un'opposizione tra Stato e regione, ma la domanda chiave è come riuscire a migliorare il nostro sistema, come far evolvere il sistema della scuola nell'ottica dell'innovazione, per far sì che possa rispondere alle sfide di questa società. L'ottica è sempre quella di portare il basso verso l'alto e non il contrario. Dobbiamo guardare gli esempi virtuosi e sentirli, ovunque siano, appartenenti a questo Paese, vedere come funzionano e renderli sistemi.
  Dobbiamo tenere più aperto l'approccio e non vedo nessun rischio di lesione del diritto allo studio, dei livelli essenziali, né dell'unitarietà del sistema, ma semplicemente si tratta di fare evolvere il sistema. Dunque dobbiamo porci come obiettivo l'innovazione del sistema scolastico, valorizzando le sperimentazioni locali, anzi, utilizzando a tale fine la dimensione locale.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Do la parola al deputato Gariglio.

  DAVIDE GARIGLIO. Grazie, presidente e buongiorno, Ministra Azzolina. Parlo anche da conterraneo piemontese della Ministra. Come gruppo del Partito Democratico, abbiamo elementi di distinzione rispetto alle osservazioni che abbiamo sentito.
  Il 18 novembre il Ministro Boccia, intervenendo in questa Commissione in una relazione articolata, al primo punto ci ha raccontato gli intendimenti del Governo rispetto ai processi di autonomia differenziata e ha raccontato, come peraltro ha fatto lei, che il Governo ha impostato il primo anno e mezzo di attività cercando di costruire una cornice unitaria, quindi capovolgendo radicalmente l'impostazione adottata in precedenza. Una cornice unitaria che prevede tra le altre cose, come lei peraltro ha ricordato, la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni con le procedure ordinarie e una riduzione del gap infrastrutturale. Tra l'altro, se non erro, proprio nell'articolo 150 della legge di bilancio sono stati stanziati 4 miliardi e 600 milioni di euro per ridurre il gap infrastrutturale e nel gap infrastrutturale suppongo rientri anche la dotazione di infrastrutture scolastiche.
  Detto ciò, una volta assicurata la cornice unitaria attraverso la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e anche attraverso un recupero delle differenze di stock di infrastrutture sui territori, crediamo che non sia possibile continuare a gestire il sistema unitariamente in una logica totalmente accentrata. Credo che si debba andare avanti in un processo che salvaguardi l'unitarietà nazionale del sistema, ma con la possibilità per le varie regioni di avere degli spazi di manovra che consentono di adattarsi alle peculiarità. Non credo che, il rimando a quello che è successo nel sistema sanitario sia giustificazione per mantenere il sistema accentrato come oggi, anzi credo che questo debba fornire la spinta necessaria per andare esattamente nella direzione opposta. Credo che non sia possibile pensare di entrare nel terzo millennio pensando che da viale Trastevere si possa governare fino all'ultima scuola dell'ultima frazione dell'ultimo comune.
  Dunque credo che si debba proseguire nel Piano di sviluppo delle autonomie differenziate, come ci è stato raccontato due settimane fa in una logica che garantisca da un lato i livelli essenziali delle prestazioni, i princìpi unitari dell'ordinamento, ma con la possibilità per ogni regione di avere degli spazi per adattarsi alle peculiarità del territorio e credo che questa sia anche una grande possibilità per stimolare le intelligenze e le sperimentazioni di cui ha parlato la collega Rossini e anche per far nascere dal basso le tante capacità e le tante idee che ci sono e che oggi nel sistema attuale faticano a venir fuori. Grazie.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Do la parola al deputato Bond.

  DARIO BOND. Grazie, presidente. Saluto la Ministra. Ho la sensazione, cara Ministra - sensazione confermata anche dall'intervento della collega del Movimento 5 Stelle - che il Covid-19 abbia raffreddato gli entusiasmi di autonomia di molti soggetti e che abbia creato un po' di voglia di tornare indietro e che magari, prendendo spunto da qualche situazione di non accordo Pag. 12 tra regione e Stato, si voglia in qualche maniera dare un segnale di ritorno a un centralismo abbastanza sfrenato e duro.
  La relazione che lei ha letto, e che in qualche maniera in alcuni passaggi fa la fotografia esatta dello sviluppo degli ultimi anni dell'istruzione e anche delle richieste delle regioni, è una fotografia che però, deve ammetterlo, deve essere in qualche maniera adeguata. Porto solo un piccolo esempio, l'alternanza scuola-lavoro, che lei ha particolarmente a cuore e che l'ho sentita citare in diverse interviste, è un esempio di progetto, di iniziativa che diversi anni fa è partita proprio dai territori, dai territori lontani dal centro, dai territori regionali, da iniziative singole e specifiche che poi hanno dato vita a dei progetti ben sviluppati e governati anche dal Ministero. Perché faccio questa premessa? Perché secondo me è importante da parte del Ministero, da parte della Ministra, da parte della struttura che fa capo alla Ministra e chiaramente da parte del Governo, avere esempi virtuosi da cui poter in qualche maniera attingere, prendere delle iniziative, portale avanti, copiarle, svilupparle e presentarle, per poi farle diventare linfa vitale della scuola italiana per tutto il territorio nazionale. Lei, da insegnante e da preside, lo sa; quante volte un insegnante è venuto da lei e le ha detto che avrebbe voluto fare un piccolo progetto per sviluppare un determinato ragionamento didattico che avrebbe potuto portare poi uno sviluppo anche lavorativo. È sempre così. È da tutte queste piccole iniziative che poi diventano comunali, poi provinciali, regionali, e infine nazionali che si sviluppano i progetti, che si sviluppa il sapere e che si sviluppa anche la voglia di costruire cose importanti.
  Chiedo alla Ministra di avere la massima elasticità, rispetto anche ai ragionamenti fatti dal Ministro Boccia e che continua a fare alla stampa, anche nelle interviste, di una cornice molto chiara, di un'autonomia e di un articolo 116 differenziato, ma anche ben studiato. Ritengo sia necessario avere un po' più di elasticità, non essere rigidi, non pensare a tenere tutto a sé per poi distribuire, ma pensare che i territori lontani possono dare un contributo, guardarsi in faccia, trovare un tavolo di lavoro. Soprattutto, voglio concludere dicendo di finirla con il nascondersi dietro i LEP, o i LEP vengono individuati, calcolati, scritti e determinati oppure non dobbiamo più parlarne perché sono due anni, cara presidente, che continuiamo a parlare di LEP, che continuiamo a chiedere a Soluzioni per il Sistema Economico (SOSE) di vedere i LEP, che sentiamo il Ministro delle autonomie che parla di determinare e definire i LEP e mi pare che i LEP, in questo momento, siano la classica foglia di fico per non dire nulla e per non andare avanti. Quindi o i LEP ci sono, oppure stiamo buttando via del tempo.

  PRESIDENTE. La ringrazio, collega. Poiché i tempi sono molto ristretti, chiedo alla Ministra se possa rendersi disponibile per proseguire l'audizione, o se preferisca inviare delle risposte scritte.

  LUCIA AZZOLINA, Ministra dell'istruzione. Ritengo sia più opportuno fornire un riscontro per iscritto, in modo da poter dare risposte puntuali a tutte le questioni sollevate dai colleghi.

  PRESIDENTE. Saluto la Ministra e la ringrazio per la sua disponibilità. Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.30.