XVIII Legislatura

Commissione parlamentare per le questioni regionali

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Martedì 23 luglio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Corda Emanuela , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL PROCESSO DI ATTUAZIONE DEL «REGIONALISMO DIFFERENZIATO» AI SENSI DELL'ARTICOLO 116, TERZO COMMA, DELLA COSTITUZIONE

Audizione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli.
Corda Emanuela , Presidente ... 2 
Toninelli Danilo , Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ... 2 
Corda Emanuela , Presidente ... 13 
D'Alfonso Luciano  ... 13 
Mollame Francesco  ... 13 
Bond Dario (FI)  ... 14 
Abate Rosa Silvana  ... 15 
Rivolta Erica  ... 15 
Saccone Antonio  ... 16 
D'Alfonso Luciano  ... 17 
Abate Rosa Silvana  ... 17 
Corda Emanuela , Presidente ... 17 
Toninelli Danilo , Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ... 17 
Corda Emanuela , Presidente ... 19 
Bond Dario (FI)  ... 19 
Corda Emanuela , Presidente ... 19 
Toninelli Danilo , Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ... 19 
Corda Emanuela , Presidente ... 20

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
EMANUELA CORDA

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul processo di attuazione del «regionalismo differenziato» ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, l'audizione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Danilo Toninelli.
  Ringrazio il Ministro Toninelli per la sua presenza e gli cedo immediatamente la parola per lo svolgimento della relazione.

  DANILO TONINELLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Grazie Presidente, saluto tutti i membri di questa importante Commissione, ringrazio per avermi convocato e chiedo perdono per aver chiesto e ottenuto (ringrazio anche di questo) uno slittamento di un'ora per impegni relativi ai paventati scioperi dei prossimi giorni.
  La premessa che voglio fare prima di leggere nel dettaglio i singoli punti della relazione che concernono il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, relativamente all'autonomia differenziata, è che c'è stato un ottimo e proficuo dialogo con il Ministro degli affari regionali, Erika Stefani, che si è concluso con un accordo completo per quanto riguarda le materie oggetto della trattativa.
  Al di là, quindi, del dibattito, che è giusto che ci sia, e considerando sempre le istanze che arrivano dai territori, è stata esaltata la territorialità, mantenendo la centralità dell'unità nazionale.
  Fatta questa premessa, leggerò le parti della relazione che hanno riguardato il mio Ministero.
  Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è uno dei Ministeri coinvolti nell'attività sul regionalismo differenziato, che, come è noto, alla luce del Titolo V, Parte seconda, della Costituzione, consente alle regioni di chiedere ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia nelle materie di cui all'articolo 116, comma terzo, e 117, comma terzo, della Costituzione medesima.
  In via preliminare, è bene ricordare che questo percorso per l'autonomia differenziata ha avuto inizio nella precedente legislatura, con gli accordi tra il Governo e le regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, firmati il 28 febbraio 2018. Tali accordi hanno stabilito i princìpi generali e la metodologia per l'attribuzione alle tre regioni di un'autonomia differenziata, che può essere concessa ove corrisponda a specificità proprie della regione e sia immediatamente funzionale alla crescita e allo sviluppo della regione stessa.
  Come sapete, le intese hanno durata di dieci anni, allo scadere dei quali cesseranno di avere effetto. È prevista una verifica dei risultati raggiunti, da effettuare nel corso dell'ultimo biennio, il cui esito consentirà di valutare il rinnovo delle intese, la rinegoziazione o la loro cessazione definitiva. Quanto alla modalità di attribuzione delle risorse finanziarie alle regioni, Pag. 3sarà effettuata in sede di Commissione paritetica Stato/regioni.
  Questa Commissione è tenuta a rispettare i seguenti princìpi: la compartecipazione, o riserva di aliquota, al gettito di uno o più tributi erariali maturati nel territorio regionale, tale da consentire di gestire le competenze trasferite, in coerenza con l'articolo 119, quarto comma, della Costituzione, ossia le risorse devono consentire di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite; in via transitoria, valutazione della spesa sostenuta dallo Stato nella regione, cosiddetto «criterio della spesa storica», comunque da superare; applicazione del criterio dei fabbisogni standard, da definire entro un anno dall'approvazione dell'intesa e da consolidare in cinque anni.
  Quanto alle materie oggetto di possibile regionalismo differenziato, come è noto sono molteplici e riguardano tutte le materie di competenza concorrente, di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, e alcune materie o profili di materie di competenza esclusiva (articolo 117, secondo comma). In particolare, in riferimento alle materie di cui all'articolo 117, secondo comma, organizzazione della giustizia di pace, norme generali sull'istruzione, tutela dell'ambiente, dell'ecosistema, beni culturali.
  Con riferimento alle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, rapporti internazionali con l'Unione europea, commercio con l'estero, tutela e sicurezza sul lavoro, istruzione (salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche, con esclusione dell'istruzione e della formazione professionale), professioni, ricerca scientifica e tecnologica, sostegno all'innovazione per i settori produttivi, tutela della salute, alimentazione, ordinamento sportivo, fino ad arrivare, saltando alcune di esse (lascio agli atti ovviamente tutto il testo dell'intervento), agli enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.
  L'accordo del 28 febbraio 2018 è stato circoscritto ad alcune materie di interesse comune, che sono: tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, tutela della salute, istruzione, tutela del lavoro, rapporti internazionali e con l'Unione europea.
  Come altrettanto sapete, l'accordo lasciava impregiudicata la possibilità di estendere il negoziato ad altri aspetti delle materie oggetto dell'accordo e anche ad altre materie. È così che i negoziati intercorsi con le regioni nella legislatura in corso hanno avuto ad oggetto sia le cinque materie oggetto dell'accordo fatto dal precedente Governo il 28 febbraio 2018, sia tutte le altre materie menzionate.
  Quanto alle materie di specifica competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nell'ambito del quadro costituzionale esse sono: protezione civile, per la parte che riguarda il rischio sismico, governo del territorio, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione.
  Consapevole che in questa legislatura stiamo affrontando un passaggio storico di attuazione del quadro costituzionale, con cui il legislatore nel 2001 ha inteso ideare un modello tripartito in cui poter affiancare alle regioni a Statuto ordinario e alle regioni a Statuto speciale le regioni a Statuto ordinario con autonomia differenziata, intendo fornire un quadro completo dello sviluppo del negoziato del mio Ministero con le regioni e con il Ministero per gli affari regionali e le autonomie.
  Il negoziato è stato svolto dal mio Ministero alla luce del principio fondamentale dell'articolo 5 della Costituzione, che stabilisce che «la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali, attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i princìpi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento».
  In conformità al quadro costituzionale, ho inteso valorizzare il corretto bilanciamento tra il principio di unità della Repubblica e la valorizzazione delle autonomie territoriali. Darò dunque conto, per ciascuna materia di competenza del mio Ministero, delle richieste avanzate dalle regioni e degli esiti del negoziato, specificando quali forme e condizioni particolari di autonomia è stato ritenuto possibile concedere Pag. 4 e quali sono state mantenute in capo allo Stato, a garanzia dell'unità nazionale.
  Come nell'elenco che ho menzionato poco fa, partiamo dalla materia «protezione civile», per la parte relativa al rischio sismico. In tale materia, le richieste avanzate dalla regione Lombardia e, solo in fase di trattativa, da parte della regione Veneto sono state coincidenti.
  In particolare, le regioni hanno chiesto l'attribuzione della competenza a disciplinare l'individuazione degli interventi privi di rilevanza per la pubblica incolumità ai fini sismici, sulla base delle caratteristiche dell'intervento, della destinazione e classe d'uso dell'edificio, prevedendo per tali interventi esclusioni o procedure semplificate rispetto alla disciplina dettata dagli articoli 93, in tema di denuncia preventiva dei lavori e presentazione dei progetti di costruzione in zone sismiche, e 94, in tema di autorizzazione sismica preventiva per l'inizio dei lavori in località sismiche, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia).
  Le medesime regioni hanno altresì richiesto l'attribuzione dell'esercizio della facoltà di prevedere che il progettista abilitato, nel contesto dell'asseverazione che accompagna il titolo edilizio, dichiari la non rilevanza dell'opera per la pubblica incolumità ai fini sismici, con supporto di elaborati tecnici. Su tale materia si è ritenuto possibile prevedere l'attribuzione alle regioni della competenza legislativa e amministrativa a disciplinare procedure semplificate rispetto a quanto ad oggi invece previsto dai summenzionati articoli 93 e 94, limitatamente agli interventi privi di rilevanza per la pubblica incolumità ai fini sismici, individuati dalla regione sulla base delle caratteristiche dell'intervento, nonché della destinazione e classe d'uso dell'edificio.
  Si è ritenuto altresì possibile prevedere l'attribuzione alla regione dell'esercizio della facoltà di prevedere che il progettista abilitato, nel contesto dell'asseverazione che accompagna il titolo edilizio, dichiari, con il supporto di elaborati tecnici, che l'opera in progetto rientra tra quelle di rilevanza per la pubblica incolumità, secondo quanto stabilito dalla regione.
  Per mantenere una disciplina unitaria per l'intero territorio nazionale, è stato ritenuto necessario prevedere che le citate competenze siano esercitate dalla regione in coerenza con gli indirizzi e i criteri stabiliti in merito da norme statali e nel rispetto della normativa tecnica delle costruzioni, della disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato normale, precompresso e a struttura metallica, e di ogni altra normativa tecnica statale, volta a tutelare la sicurezza e l'incolumità pubblica, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, nonché della disciplina delle sanzioni secondo le leggi dello Stato.
  Più articolata su tale materia la richiesta della regione Emilia-Romagna, che dedica ampio spazio a richieste relative al governo del territorio e all'adeguamento sismico. Questa regione ha chiesto l'attribuzione della potestà legislativa e amministrativa per la promozione degli interventi di miglioramento e di adeguamento sismico del patrimonio edilizio esistente.
  Tali interventi riguardano gli edifici pubblici strategici e le opere infrastrutturali, la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo fondamentale per le finalità di protezione civile, nonché gli edifici privati che presentino un significativo grado di vulnerabilità sismica.
  La regione, inoltre, ha chiesto l'attribuzione delle competenze amministrative di programmazione e gestione, concernenti le risorse necessarie per garantire l'effettivo esercizio delle predette funzioni.
  Tale competenza riguarda in particolare i seguenti profili: il riparto delle risorse tra i diversi settori di intervento e l'individuazione dei criteri e delle procedure per l'assegnazione dei finanziamenti; la predisposizione di strumenti conoscitivi della pericolosità sismica locale e delle effettive condizioni di vulnerabilità degli edifici, anche attraverso l'introduzione graduale del fascicolo del fabbricato; l'assunzione di misure volte ad accrescere la sensibilità dei Pag. 5cittadini circa l'importanza delle predette verifiche, anche attraverso l'adozione di una modalità speditiva di classificazione di sicurezza sismica, e circa la necessità di attuare interventi volti alla prevenzione del rischio sismico; l'integrazione della valutazione di conformità dei progetti strutturali alle norme tecniche per le costruzioni nei procedimenti semplificati in materia edilizia; la differenziazione delle modalità di controllo dei progetti strutturali, con facoltà per la regione di sottoporre a verifica a campione le opere che non presentino un significativo rischio sismico, nonché di individuare gli interventi privi di rilevanza per la pubblica incolumità e le varianti in corso d'opera non sostanziali, sottratte al controllo preventivo del progetto strutturale.
  Su tale materia si è ritenuto possibile prevedere l'attribuzione alla regione della competenza legislativa e amministrativa relativamente: alla promozione degli interventi di miglioramento e di adeguamento sismico del patrimonio edilizio esistente; all'integrazione della valutazione di conformità dei progetti strutturali alle norme tecniche per le costruzioni nei procedimenti semplificati in materia edilizia; all'integrazione in capo ai comuni delle funzioni di controllo e di vigilanza dei progetti strutturali e di quelli edilizi, assicurando la costituzione in forma singola o associata di strutture tecniche competenti in materia sismica a disciplinare procedure semplificate rispetto a quanto previsto dagli articoli 93 e 94 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia); limitatamente agli interventi privi di rilevanza per la pubblica incolumità ai fini sismici, individuati dalla regione sulla base delle caratteristiche dell'intervento, nonché della destinazione e classe d'uso dell'edificio.
  Si è ritenuto altresì possibile prevedere l'attribuzione alla regione (stiamo parlando dell'Emilia-Romagna) dell'esercizio della facoltà di prevedere che il progettista abilitato, nel contesto dell'asseverazione che accompagna il titolo edilizio, dichiari, con il supporto di elaborati tecnici, che l'opera in progetto rientra tra quelle di rilevanza per la pubblica incolumità, secondo quanto stabilito dalla regione.
  Si è ritenuto possibile prevedere altresì l'attribuzione alla regione della competenza amministrativa in relazione ai seguenti profili: predisposizione di strumenti conoscitivi della pericolosità sismica e delle attività a delle effettive condizioni di vulnerabilità degli edifici, anche attraverso l'introduzione graduale del fascicolo del fabbricato; assunzione di misure volte ad accrescere la sensibilità dei cittadini circa l'importanza delle predette verifiche, anche attraverso l'adozione di una modalità speditiva di classificazione di sicurezza sismica, e circa la necessità di attuare interventi volti alla prevenzione del rischio sismico.
  Per mantenere anche qui una disciplina unitaria per l'intero territorio nazionale, è stato ritenuto necessario prevedere che le citate competenze siano esercitate previa intesa con lo Stato, che valuta e approva i progetti relativamente all'individuazione degli interventi di miglioramento e di adeguamento sismico del patrimonio edilizio esistente, se riferiti a edifici o opere statali, quanto all'integrazione in capo ai comuni delle funzioni di controllo e vigilanza dei progetti strutturali e di quelli edilizi, a condizione che siano rispettate le relative competenze.
  Le competenze di cui sopra sono esercitate in coerenza con gli indirizzi e i criteri stabiliti in merito da norme statali anche con riferimento alla classificazione del rischio sismico delle costruzioni, e per l'attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell'efficacia degli interventi effettuati, nel rispetto della normativa tecnica delle costruzioni, della disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato, precompresso e a struttura metallica, e di ogni altra normativa tecnica statale, volta a tutelare la sicurezza e l'incolumità pubblica, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera h), della Costituzione, nonché, in generale, dell'apparato sanzionatorio di carattere penale.
  Infine, per assicurare il mantenimento della disciplina unitaria per l'intero territorio Pag. 6 nazionale, è stato espunto il riferimento all'attribuzione alla regione delle competenze amministrative in ordine alla programmazione e al riparto delle risorse tra i diversi settori d'intervento e all'individuazione dei criteri e delle procedure per l'assegnazione dei finanziamenti.
  Il secondo argomento riguardante il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sul regionalismo differenziato è, ovviamente, il governo del territorio. In tale materia, le regioni Lombardia e Veneto avevano originariamente presentato richieste sostanzialmente coincidenti, in particolare l'attribuzione della competenza legislativa e amministrativa in ordine a tutte le seguenti discipline: fasce di rispetto cimiteriali e stradali, limiti di densità edilizia, limiti di altezza e di distanza tra i fabbricati, rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi, turistici e commerciali, e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico e ai parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti; realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia; casi e modalità di corresponsione del contributo di costruzione, anche per favorire la rigenerazione urbana, e permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici; contenimento del consumo di suolo, competenza che la regione Veneto aveva richiesto in via esclusiva, e approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, nonché degli strumenti di programmazione negoziata, competenze che la sola regione Veneto aveva richiesto in via esclusiva; definizione delle categorie di interventi edilizi a cui si collega il regime dei titoli abilitativi.
  Durante le fasi di trattative lunghe e complesse, entrambe le regioni hanno espunto dalla propria proposta il riferimento alle fasce di rispetto, mantenendo la sola regione Veneto la richiesta riferita agli standard urbanistici, da regolare nell'ambito della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti.
  L'accordo con queste regioni è andato dunque nel senso di concedere loro la competenza legislativa e amministrativa in ordine alla semplificazione dei procedimenti amministrativi relativi ai titoli abilitativi, alla facoltà di ampliare o ridurre l'ambito di applicazione della SCIA in alternativa al permesso di costruire, alla definizione dei casi e delle modalità di corresponsione del contributo di costruzione, alla disciplina del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici, alla facoltà di disapplicare le disposizioni di principio delle leggi dello Stato successive alla data di approvazione dell'intesa, aventi incidenza sulla disciplina regionale relativa al contenimento del consumo di suolo e alla rigenerazione urbana, nonché all'approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica e degli strumenti di programmazione negoziata.
  Alla regione Veneto è stata data anche la richiesta competenza in materia di standard urbanistici, da regolare nell'ambito della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali.
  Tuttavia, per mantenere anche qui una disciplina unitaria per l'intero territorio nazionale, è stato ritenuto necessario prevedere che le citate competenze siano esercitate nel rispetto della normativa statale sulla tutela della concorrenza, sulla sicurezza, sull'ordinamento civile e penale, nonché sui livelli essenziali delle prestazioni, dettate in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettere e), h), l) ed m), della Costituzione, della competenza statale per la definizione degli interventi edilizi, della disciplina delle sanzioni previste dalla normativa statale, della normativa statale, ivi compresa quella contenuta nel codice dei contratti pubblici, in tema di realizzazione di opere di urbanizzazione e di oneri di interventi su immobili dello Stato.
  Un approccio più articolato e complessivamente diverso presentano invece le richieste fatte nell'ambito di governo del territorio dalla regione Emilia-Romagna. In riferimento a tale materia, in estrema sintesi è stato ritenuto possibile prevedere l'attribuzione alla regione Emilia-Romagna Pag. 7della competenza legislativa ed amministrativa in ordine alla semplificazione dei procedimenti amministrativi dell'attività edilizia, volta a promuovere gli interventi di qualificazione del patrimonio edilizio esistente, al superamento della frammentazione amministrativa nella disciplina dei procedimenti in materia edilizia, localizzazione e realizzazione di impianti produttivi di interesse regionale, con l'obiettivo di incrementare l'attrattività del sistema territoriale.
  Sempre relativamente alla regione Emilia-Romagna, è stato possibile attribuire competenze amministrative di gestione, concernenti le risorse necessarie per garantire l'effettivo esercizio delle funzioni in materia di governo del territorio. La competenza ricomprende la proposta di riparto delle medesime risorse tra i diversi settori di intervento e l'intesa sulla individuazione da parte dello Stato dei criteri e delle procedure per l'assegnazione dei finanziamenti.
  Sempre in materia di competenze alla regione Emilia-Romagna, è stata attribuita la competenza legislativa in ordine ai seguenti profili: disciplina del contributo di costruzione per incentivare gli interventi di rigenerazione del territorio urbanizzato e disincentivare le nuove costruzioni, che comportano consumo di suolo o dispersione insediativa; introduzione di deroghe alle disposizioni statali relative agli standard urbanistici e alla zonizzazione, nonché alla disciplina delle distanze minime, dei limiti di densità edilizia e delle altezze massime; agevolazione dei processi partecipativi nella definizione delle politiche di governo del territorio e gestione condivisa dei beni comuni, nonché la promozione degli usi temporanei, che favoriscano il riuso con prevalente finalità di rigenerazione urbana e di promozione di iniziative culturali, sociali ed economiche, definendo i requisiti minimi igienico-sanitari; l'introduzione di misure volte a favorire il coinvolgimento dei proprietari negli interventi di riuso e di rigenerazione, con priorità per i casi di proprietà diffusa e frazionata.
  Ulteriori competenze legislative e amministrative in materia edilizia, al fine di elevare i livelli di semplificazione amministrativa razionalizzando le competenze delle pubbliche amministrazioni locali nel territorio regionale, riguardano i seguenti profili: introduzione di requisiti tecnici degli interventi di recupero del patrimonio edilizio di non recente realizzazione, differenziati rispetto a quelli previsti per le nuove costruzioni; semplificazione dei procedimenti amministrativi relativi ai titoli abilitativi, alla proroga degli stessi e alle varianti in corso d'opera; definizione per gli edifici esistenti di requisiti differenziati per l'acquisizione dell'agibilità, inclusi i casi di immobili che non siano stati oggetto di interventi edilizi, allo scopo di accertarne in occasione della stipula gli atti negoziali di trasferimento, la conformità ai requisiti tecnici, specificati dalla regione; disciplina delle tolleranze costruttive, relativa a parziale difformità dal titolo edilizio per attivare i procedimenti di recupero e qualificazione e di adeguamento energetico e sismico degli edifici di non recente realizzazione; introduzione di un procedimento unico per la celere applicazione della pluralità di sanzioni previste dalle discipline settoriali in caso di opere abusive, anche attraverso il ricorso a strumenti negoziali per concordare tempi, modalità e garanzie circa la rimozione dalle illegittimità riscontrate, nonché la definizione degli interventi edilizi ammissibili negli edifici che siano stati oggetto di sanzioni pecuniarie.
  Per mantenere una disciplina unitaria per l'intero territorio nazionale, è stato ritenuto necessario prevedere che le citate competenze siano esercitate dalla regione Emilia-Romagna in via generale nel rispetto della normativa statale, emanata in attuazione del 117, secondo comma, lettere e), h), l), m), della Costituzione nelle materie di tutela della concorrenza, sicurezza, ordinamento civile e penale e determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, nonché delle norme tecniche per le costruzioni; in ordine al superamento della frammentazione amministrativa nella disciplina dei procedimenti in materia di edilizia, limitatamente agli impianti produttivi Pag. 8 di interesse regionale; con esclusione della disciplina concernente la semplificazione del regime dell'attività edilizia; limitatamente alle sole attività di gestione, concernenti le risorse necessarie per garantire l'effettivo esercizio delle funzioni; nel rispetto della normativa statale, ivi compresa quella contenuta nel Codice dei contratti pubblici in tema di realizzazione di opere di urbanizzazione e di oneri per interventi su immobili dello Stato; per quanto riguarda l'attribuzione della competenza in materia di deroghe agli standard urbanistici, a condizione che le deroghe stesse siano inserite in strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo di aree territoriali; limitatamente alla definizione dei requisiti minimi igienico-sanitari, comunque nel rispetto della normativa statale di settore; limitatamente alla introduzione di misure volte a favorire il coinvolgimento dei proprietari negli interventi di riuso e di rigenerazione urbana; relativamente alle competenze in materia edilizia, la razionalizzazione delle competenze delle pubbliche amministrazioni nel territorio regionale; in osservanza degli indirizzi e dei criteri stabiliti dalle norme statali e della competenza statale per la definizione delle categorie e degli interventi edilizi, anche in relazione ai titoli abilitativi; con esclusione del potere di disporre autonomamente di sanatorie straordinarie, valevoli per il solo territorio regionale.
  Per assicurare il mantenimento della disciplina unitaria per l'intero territorio nazionale non è stata accolta la richiesta di attribuzione alla regione delle competenze amministrative di programmazione, concernenti le risorse necessarie per garantire l'effettivo esercizio dalle funzioni che riguardano il riparto delle risorse tra i diversi settori di intervento e l'individuazione dei criteri e delle procedure per l'assegnazione dei finanziamenti. Tale richiesta riguarda risorse riferite a tutti i programmi di competenza (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – infrastrutture) su base nazionale.
  Una frammentazione dell'attività di programmazione e della competenza circa il riparto delle risorse tra i diversi settori di intervento e dell'individuazione dei criteri e delle procedure per l'assegnazione di questi finanziamenti comporterebbe ricadute negative sulle attività di programmazione, assegnazione delle risorse, vigilanza e controllo, su cui vi è invece necessità di assicurare una visione unitaria per l'intero territorio nazionale dell'utilizzo delle risorse, ad esempio di edilizia residenziale pubblica (ERP), e del potere di riprogrammare, in caso di mancato o parziale utilizzo, a favore di altre regioni più virtuose.
  La terza materia di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nella trattativa con il Ministero per gli affari regionali e le autonomie riguarda porti e aeroporti civili. Con riferimento a tale materia, la regione Emilia-Romagna non ha avanzato alcuna richiesta di autonomia differenziata.
  Quanto alle altre due regioni, Lombardia e Veneto, in materia di infrastrutture aeroportuali le richieste di autonomia sono state: il subentro allo Stato in qualità di concedente nella concessione di gestione aeroportuale, con riferimento ai rapporti con l'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) e al rilascio delle concessioni aeroportuali, e la competenza amministrativa in relazione: 1) all'approvazione del Piano aeroportuale e masterplan del singolo aeroporto e dei connessi programmi di investimento sotto il profilo della localizzazione, della conformità alle prescrizioni delle norme e dei Piani urbanistici ed edilizi di utilizzo del demanio, ivi inclusa la relativa procedura di valutazione di impatto ambientale, previa intesa con ENAC, ai fini della coerenza con la pianificazione nazionale in tema di aeroporti; 2) alla procedura di valutazione di impatto ambientale, relativa all'approvazione dei progetti delle infrastrutture portuali; 3) all'approvazione della concessione di gestione aeroportuale, inclusi gli atti attuativi affidati o da affidarsi da parte di ENAC relativamente agli aeroporti; 4) all'approvazione dei progetti sotto il profilo tecnico ed economico delle infrastrutture aeroportuali, ricompresi nel masterplan, ricadenti sul territorio regionale e proposti dal soggetto gestore, previa intesa con ENAC per Pag. 9gli aspetti inerenti alla sicurezza del traffico aereo; 5) al controllo e alla vigilanza su ENAC in ordine all'attuazione degli atti conseguenti all'esercizio delle competenze attribuite alla regione.
  In materia di aeroporti è stato ritenuto opportuno mantenere in capo allo Stato le funzioni inerenti le concessioni degli aeroporti e la stipula e la gestione delle convenzioni con il gestore, mentre è stato concesso alle regioni il trasferimento delle competenze relative all'approvazione dei piani di sviluppo aeroportuale e dei masterplan. Tale scelta è stata ritenuta necessaria al fine di mantenere una disciplina unitaria per l'intero territorio nazionale, in considerazione dei correlati profili di carattere ambientale e degli interessi sovraregionali coinvolti, che richiedono una unità nazionale nel sistema infrastrutturale.
  Per quanto riguarda invece la materia dei porti, la regione Veneto ha chiesto l'esercizio di funzioni legislative e amministrative inerenti la laguna di Venezia in tema di gestione del demanio marittimo, progettazione ed esecuzione degli interventi di costruzione, manutenzione e bonifica dei porti di rilievo regionale, difesa delle coste, salvaguardia di Venezia, individuazione delle caratteristiche degli impianti di depurazione, disinquinamento e sorveglianza della laguna, impianti igienico- sanitari dei centri storici, gestione delle acque pluviali, segreteria del comitato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per la salvaguardia della laguna, istituzione di un’authority pubblica per la gestione delle opere di regolazione delle maree (MOSE).
  La regione ha chiesto altresì l'esercizio di una serie di funzioni in materia di porti, inerenti l'approvazione del perimetro della circoscrizione territoriale dell'autorità di sistema portuale, l'approvazione dei progetti delle infrastrutture portuali, inclusa la relativa procedura di valutazione di impatto ambientale, l'individuazione delle zone economiche speciali o ad economia differenziata e dei distretti logistici integrati, la nomina del presidente dell'Autorità di sistema portuale, l'introito dei canoni demaniali marittimi dell'ambito portuale.
  In relazione alle richieste di autonomia avanzate in riferimento alla laguna di Venezia, il Ministero ha ritenuto di: a) consentire il trasferimento alla regione delle funzioni amministrative inerenti la gestione del demanio marittimo, bonifica e manutenzione dei porti di rilievo regionale, gli interventi di difesa delle coste, la salvaguardia di Venezia, la segreteria del Comitato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri per la salvaguardia della laguna. Si tratta di una serie di funzioni amministrative già esercitate dal magistrato alle acque, per le quali, in analogia a quanto operato in altri settori come il demanio marittimo, si ritiene proficua una gestione decentrata; b) conservare in capo allo Stato, per mantenere una disciplina unitaria per l'intero territorio nazionale, attesi altresì i profili di ovvio carattere ambientale, le funzioni inerenti il disinquinamento e la sorveglianza della laguna, gli impianti igienico-sanitari dei centri storici, la gestione delle acque pluviali, la gestione del sistema di regolazione delle maree (MOSE).
  Si evidenzia da ultimo che, in materia di demanio marittimo e idrico, tutte e tre le regioni hanno avanzato richieste di autonomia, chiedendo il trasferimento di ulteriori competenze rispetto a quelle attualmente già riconosciute dal quadro normativo vigente. Tali proposte, che in parte erano state respinte dal Ministero a febbraio 2019 ed in parte non erano, invece, state oggetto del confronto durante i tavoli di negoziato, non sono state ritenute accoglibili, in quanto comporterebbero una ingiustificata difformità di disciplina sul territorio nazionale, non suffragata da specifiche esigenze di differenziazioni territoriali.
  Passiamo al punto relativo alle grandi reti di trasporto. Con riferimento a tale materia la regione Lombardia e la regione Veneto hanno chiesto l'esercizio delle funzioni legislative ed amministrative inerenti le seguenti materie: a) programmazione e gestione delle concessioni delle infrastrutture ferroviarie, con il trasferimento al demanio e al patrimonio regionale dei beni, degli impianti e dell'infrastruttura relativi Pag. 10alle tratte della rete ferroviaria fondamentale e complementare e linee di nodo; b) progettazione, programmazione e gestione delle concessioni delle tratte autostradali nazionali insistenti sul territorio regionale, con riferimento al demanio e al patrimonio regionale, delle tratte autostradali comprese nella rete autostradale nazionale insistenti sul territorio delle rispettive regioni; c) esecuzione, manutenzione e gestione, inclusa la nuova costruzione o il miglioramento delle strade esistenti, nonché vigilanza delle tratte stradali nazionali insistenti sul territorio regionale, con il trasferimento al demanio e al patrimonio delle regioni delle tratte stradali comprese nella rete autostradale nazionale insistente sul territorio regionale; d) programmazione degli investimenti di immobili, impianti, materiale rotabile e tecnologie per i servizi ferroviari regionali e locali e del trasporto pubblico locale, nonché l'attribuzione diretta del finanziamento del trasporto pubblico locale, attraverso l'assegnazione del gettito delle compartecipazioni ai tributi erariali o delle riserve di aliquote su base imponibile delle medesime.
  Tali regioni hanno altresì richiesto la competenza amministrativa in relazione all'approvazione delle infrastrutture strategiche, di cui all'articolo 216, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 50 del 2016, il cosiddetto «Codice dei contratti pubblici», nonché delle infrastrutture di competenza statale, qualora dette infrastrutture ricadano esclusivamente all'interno del territorio regionale, nonché la competenza legislativa e amministrativa in materia di valutazione di impatto ambientale delle citate infrastrutture.
  In via generale, si evidenzia che le infrastrutture, nella specie le infrastrutture di rete autostradale, stradale e ferroviaria, non possono essere concepite quali singole opere del territorio nazionale, ma costituiscono un unicum difficilmente separabile sotto il profilo tecnico, amministrativo e gestionale.
  Pertanto la localizzazione di un'infrastruttura che si articola lungo il territorio nazionale che interessa più regioni non può essere disciplinata in modo differente tra i vari territori regionali, atteso che la localizzazione di una determinata porzione del territorio nazionale e di un'opera infrastrutturale, con la relativa procedura di accertamento della conformità alle norme e previsioni della pianificazione urbanistica vigente, non esplica i suoi effetti solo in quel determinato territorio, ma si riflette sull'intera rete infrastrutturale nazionale ad essa collegata.
  Di qui la necessità, alla luce dell'articolo 5 della Costituzione, di un'unica regia nazionale, che uniformi regole e procedure a garanzia della corretta e funzionale realizzazione e gestione dell'opera. Nel settore delle infrastrutture di rete appare pertanto necessario garantire il primario interesse dello Stato a conservare sull'intero territorio una regia uniforme delle scelte localizzative, atteso che la distribuzione territoriale delle opere e la loro progettazione trascendono dalle possibilità di apprezzamento delle autorità locali e richiedono una visione generale complessiva, che non può essere certamente parcellizzata.
  Con particolare riguardo alla gestione delle infrastrutture autostradali e in particolare alla richiesta di devoluzione delle competenze legislative ed amministrative in relazione a progettazione, programmazione e gestione delle tratte autostradali nazionali insistenti sul territorio regionale, e alla relativa richiesta di trasferimento al demanio e al patrimonio regionale di tali tratte autostradali, si evidenzia che la richiesta avanzata dalle regioni prevede anche che spetti alla regione l'approvazione delle convenzioni per regolare i rapporti giuridici, economici, finanziari e patrimoniali con i concessionari, nonché l'introito dei relativi canoni.
  Al riguardo, appare opportuno precisare che il trasferimento che richiedono le regioni comporterebbe necessariamente la devoluzione della gestione delle tratte autostradali regolate da convenzioni di concessione nazionale e che, dall'analisi della valutazione tecnica e giuridica degli effetti derivanti da una siffatta devoluzione, tale previsione destrutturerebbe il sistema di infrastrutture a rete, di cui è necessario Pag. 11invece continuare a garantire l'unità a livello nazionale.
  Tali tratte autostradali sono infatti interconnesse, senza soluzione di continuità con quelle localizzate nelle regioni confinanti, e assumono un'estensione che travalichi i limiti regionali. Spesso tratte che insistono sul territorio di diverse regioni sono disciplinate sulla base di un unico atto concessorio. È stato dunque ritenuto necessario mantenere in capo allo Stato le funzioni relative all'esercizio del ruolo di concedente, alla determinazione dei regimi tariffari e all'espletamento delle attività di vigilanza sul rispetto delle norme nazionali e comunitarie in materia di contratti pubblici.
  Parimenti, è necessario evidenziare che anche l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di gestione delle infrastrutture autostradali, per il quale è stato richiesto a questo Ministero un supplemento istruttorio, finalizzato a verificare la possibilità di delegare tali funzioni alle regioni, a norma dell'articolo 118, primo comma, della Costituzione, è attribuito sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
  Sotto tale aspetto appare sicuramente critica la richiesta avanzata dalle regioni di vedersi attribuita la veste di regolatori e gestori delle infrastrutture autostradali, che interessino territori anche di altre regioni e siano comunque a supporto di esigenze di mobilità aventi una connotazione nazionale, in evidente contrasto con il principio di adeguatezza e di sussidiarietà. Si è dunque ritenuto di garantire l'unità del sistema nazionale vigente su tali infrastrutture.
  Relativamente, invece, alle tratte autostradali interamente ricomprese nel territorio delle singole regioni, si evidenzia che, ad esempio, nella regione Lombardia tali tratte sono attualmente regolate secondo un modello di federalismo territoriale. Il soggetto concedente per tali autostrade (BreBeMi, TEM e Pedemontana lombarda) è rappresentato da una società mista di natura pubblica, partecipata al 50 per cento dalla regione.
  Tali modalità di federalismo territoriale trovano ulteriori applicazioni operative attraverso l'istituto della gestione in house, già adottato recentemente per l'autostrada A22 del Brennero e in corso di approvazione per l'autostrada A4, A27, Autovie Venete S.p.A.
  Per quanto riguarda le infrastrutture ferroviarie, si evidenzia che si è ritenuto opportuno conservare in capo allo Stato, per mantenere una disciplina unitaria per l'intero territorio nazionale anche in tema di sicurezza, le funzioni inerenti la programmazione e gestione delle concessioni delle infrastrutture ferroviarie, anche alla luce del sistema di concertazione previsto dall'attuale modalità di definizione del contratto di programma RFI, che contemplano comunque la possibilità per le regioni di proporre investimenti sulle tratte ferroviarie che insistono sul territorio regionale.
  In relazione alla richiesta delle regioni di trasferimento al demanio regionale delle strade classificate come appartenenti alla rete stradale nazionale ed insistenti sul territorio regionale, va innanzitutto evidenziato che risulta attualmente in corso una procedura inversa, finalizzata al ri-trasferimento di strade, ora classificate come regionali e provinciali, al demanio statale, per la cui costruzione e manutenzione saranno stanziati fondi nel bilancio dello Stato e la cui gestione sarà affidata ad ANAS S.p.A.
  Il Ministero, pur in presenza di tale processo inverso, ha accolto parzialmente le richieste avanzate in sede di trattativa da parte delle regioni, attribuendo loro la competenza legislativa ed amministrativa con riferimento alle funzioni di programmazione, progettazione, esecuzione, manutenzione e gestione, inclusa la nuova costruzione o il miglioramento delle strade esistenti, nonché di vigilanza svolte, quanto agli assi viari di rilievo sovraregionale, previe intese con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al fine di garantire un efficace sistema di interconnessione con la rete autostradale nazionale.
  Si è ritenuto inoltre necessario mantenere in capo allo Stato il coordinamento della programmazione delle infrastrutture stradali, incluse nella rete TEN-T. Pag. 12
  Anche per le infrastrutture strategiche e le infrastrutture statali ricadenti sul territorio regionale, si è ritenuto opportuno mantenere in capo allo Stato le funzioni di programmazione e approvazione di infrastrutture ritenute prioritarie e strategiche, al fine di garantire una disciplina unitaria a livello nazionale delle funzioni inerenti l'approvazione di tali opere. Per tali opere è già comunque previsto dall'attuale quadro normativo un adeguato sistema di concertazione tra Stato e regioni, che assicura il rispetto delle esigenze e delle peculiarità territoriali.
  In relazione al trasporto pubblico locale, non è stato ritenuto possibile trasferire alle regioni le ulteriori funzioni legislative ed amministrative che avevano richiesto relativamente alla programmazione degli investimenti in immobili, impianti, materiale rotabile e tecnologie per i servizi ferroviari regionali e locali e del trasporto pubblico locale.
  Al fine di facilitare la gestione dei finanziamenti statali relativi al trasporto pubblico locale, nelle more della definizione dei livelli adeguati di servizio, uniformi sull'intero territorio nazionale, si è però proposto di assegnare, entro il 31 gennaio di ogni anno, una quota invariabile del Fondo nazionale pari all'80 per cento di quanto attribuito alla stessa regione, applicando allo stanziamento attuale previsto dall'articolo 27 del decreto-legge n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017, la percentuale di riparto, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2013.
  Si è inoltre previsto che gli attuali criteri di riparto, di cui sempre all'articolo 27 del decreto-legge n. 50 del 2017, continuino ad essere applicati sulla quota residua del 20 per cento di assegnazione definita nei termini di cui sopra. Nessuna regione ha condiviso tale proposta di ripartizione dei fondi.
  Le regioni hanno da ultimo proposto nuove formulazioni relativamente al finanziamento del trasporto pubblico locale attraverso l'assegnazione del gettito delle compartecipazioni ai tributi erariali. Tuttavia, tale richiesta è stata ritenuta tecnicamente non accoglibile, perché il sistema che propongono cristallizzerebbe l'assegnazione delle risorse a favore della regione nell'importo attualmente definito con i criteri menzionati, vanificando qualunque processo di efficientamento del settore, ed è in contrasto con il meccanismo di riparto del Fondo, ispirato all'applicazione di criteri volti ad incentivare la gestione efficiente e razionale dei servizi e a favorire il massimo grado di concorrenza nell'assegnazione degli stessi.
  Si andrebbe, inoltre, a delineare una discriminazione tra le regioni su una delle principali voci di spesa a livello regionale, rischiando di ostacolare gravemente il raggiungimento degli obiettivi globalmente perseguiti dalla riforma del trasporto pubblico locale.
  Le considerazioni fin qui esposte in merito alle richieste avanzate dalle regioni Veneto e Lombardia sono valide anche per la regione Emilia-Romagna, che in relazione alla materia «grandi reti di trasporto» ha formulato sostanzialmente le medesime istanze di devoluzione per i settori infrastrutturali di strade, autostrade, ferrovie, TPL e infrastrutture strategiche, non richiedendo però il trasferimento al demanio della regione delle tratte autostradali, stradali e ferroviarie e dei beni e degli impianti dell'infrastruttura ferroviaria.
  Inoltre, sempre in tema di grandi reti di trasporto, si segnala che la riserva allo Stato della disciplina della localizzazione delle infrastrutture necessarie è coerente con l'attuale assetto costituzionale delineato dall'articolo 117 della Costituzione, primo comma, con particolare riguardo ai profili relativi alla sicurezza dello Stato, lettera d), alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, lettera m), alla protezione dei confini nazionali, lettera q), alle evidenti connessioni con la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, lettera s), ma, prima di tutto, dall'articolo 5 della Costituzione, che, nel favorire l'autonomia, richiede che sia garantita l'unità della Repubblica. Pag. 13
  La ringrazio, presidente, e ringrazio tutti quelli che hanno avuto la pazienza di ascoltare.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, Ministro. Autorizzo la pubblicazione della documentazione depositata in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna.
  Lascio ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUCIANO D'ALFONSO. Ministro, la ringrazio. Tornerà utile poi disporre del testo in forma cartacea. Io sono stato attento a seguire i passaggi sia della sua esposizione sia delle sue sottolineature e mi pare che dalla sua relazione emerga la consapevolezza del suo Ministero che la materia delle infrastrutture non è una materia che lascia neutri, laddove si desse luogo ad una impostazione superficiale.
  Voglio ricordare a me stesso, non alla Commissione né alla sede in cui è riunita, che l'unità d'Italia, se si è fatta, di sicuro si è fatta con il contributo dei pensieri e delle opere dei garibaldini, ma di sicuro si è fatta grazie alla capacità di funzionamento delle nostre infrastrutture, le infrastrutture nazionali e le infrastrutture anche territoriali, per cui conservare una capacità di funzionamento delle infrastrutture rappresenta, non solo per me, un elemento fondamentale.
  Ho colto nella sua relazione (non poteva essere che così) la preoccupazione che, alla fine, con la devoluzione delle competenze ci sarà un miglioramento del funzionamento. Non dobbiamo cedere alla moda, dobbiamo fare in modo che ci sia un miglioramento del funzionamento.
  Ho colto come, addirittura, continuino ad arrivare al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, direttamente o attraverso l'ANAS, richieste di devoluzione di viabilità territoriale presa in carico dall'ANAS. Questo è un fenomeno che deve essere quantificato, verificando cioè quante sono le richieste che arrivano al Ministero, direttamente o attraverso l'ANAS, comunque interloquendo sempre con il Ministero, perché la Direzione generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali tiene un quadro d'insieme, perché a me preme anche capire cosa si stia muovendo sul piano delle autonomie territoriali come richiesta di affidamento allo Stato e, attraverso lo Stato naturalmente, ad ANAS, che è il soggetto gestore, della gestione dell'esercizio stradale.
  Avremmo quindi un'operazione che va all'indirizzo dei territori per le autostrade e, viceversa, un'operazione che, da parte dei territori, conferisce ad ANAS la gestione della rete viaria territoriale, che verrebbe statalizzata.
  So anche, per una serie di ragioni che non vi sto a precisare, che vecchie strade statali vennero provincializzate nel 1998. Non credo però che ci sia una corrispondenza esatta tra quelle provincializzate allora che chiedono di tornare allo Stato e quelle che, magari, non sono caratterizzate da una precedente appartenenza. Mi preme conoscere quale sia la consistenza di queste richieste.

  FRANCESCO MOLLAME. Grazie al Ministro per la sua estesa relazione.
  Mi concentro su un argomento che riguarda una parte della relazione in cui venivano citate l'edilizia civile e l'edilizia pubblica secondo due aspetti, quello urbanistico e quello tecnico per gli interventi antisismici, in relazione ai quali mi pare ci sia anche una richiesta di regionalizzazione delle competenze.
  Secondo me sono due argomenti assolutamente diversi, perché urbanistica e territorio sono argomenti che possono competere agli enti locali, mentre per quanto riguarda gli aspetti sismici, partendo dalla legge n. 1086 del 1971, che definisce le strutture in conglomerato cementizio armato e a struttura metallica, per poi passare alla legge n. 64 del 1974, lo Stato ha sempre definito il rischio sismico dei territori e penso che lo abbia fatto attraverso strutture dedicate, che hanno fatto studi sulla sismicità delle zone, che hanno abbracciato l'intero territorio nazionale, quindi difficilmente reputo praticabile lo sdoppiamento di questa funzione. Pag. 14
  Si tratta di una funzione che – ripeto – è stata svolta egregiamente dallo Stato in cinquant'anni di storia della Repubblica, quindi considero poco proficua la «territorializzazione» di questo argomento.

  DARIO BOND. Grazie al Ministro per la sua lunga e dettagliata esposizione. Mi pare che molti Ministeri abbiano fatto un lavoro dettagliato con il Ministro Stefani, però, rispetto alla sua iniziale premessa di aver trovato un attivo e concreto accordo con il Ministero degli affari regionali presieduto dal Ministro Erika Stefani sui punti toccati dalla sua trattazione, francamente questo ampio e attivo dialogo e questo accordo trovato mi sembrano veramente privi di contenuti.
  Quando si parla di grandi reti (arrivo all'ultimo punto che lei ha trattato nel dettaglio) capiamo che, se una regione, Veneto o Lombardia, vuole gestire un tratto autostradale dalla progettazione alla gestione, all'incameramento dei profitti derivanti dal traffico autostradale, alle successive decisioni sulle tariffe, non lo può fare, perché lei sostiene che siano questioni di carattere nazionale, che fanno parte di un quadro nazionale che non può essere rotto o, quantomeno, messo in discussione.
  Io capovolgo il ragionamento e dico che, quando lei cita un processo inverso riguardante il demanio stradale e c'è l'elenco in Commissione trasporti e in Commissione ambiente di una serie di strade (parlo del Veneto perché vengo dal Veneto, ma anche della Lombardia) di cui si chiede il ritorno allo Stato, questo significa non che qualcuno sia diventato tanto buono da ridare allo Stato queste strade, ma che per queste strade non c'è il sostegno finanziario degli interventi, un po’ perché le province sono state «distrutte» e quindi nessuno ormai si occupa della gestione delle strade provinciali, un po’ perché, fondamentalmente, mancano le risorse per gestirle.
  Capovolgo quindi il ragionamento e chiedo perché non possiamo assicurare le risorse attraverso la possibilità per le regioni di tenersi i profitti delle autostrade e di altro, per evitare che ci sia un trasferimento inverso? Da una parte si dà, poco, dall'altra, le regioni, per disperazione, restituiscono la competenza sulle strade, ma non solo le regioni che hanno chiesto autonomia, anche molte altre, perché quelle strade sono pericolosissime, non c'è possibilità di mantenimento, di eliminare i punti pericolosi o, addirittura, di garantire lo sgombero della neve.
  Non riesco a capire, nonostante la massima disponibilità, come si faccia a non bloccare un fenomeno come il trasferimento di queste strade, pensando di dare alle regioni le giuste competenze e le giuste risorse, e invece si va a trattare piccole quisquilie sui porti, sulla laguna di Venezia, sull'inquinamento e sul disinquinamento, che, sebbene importanti, sono in gran parte già trattate da Commissioni paritetiche tra Stato e regioni.
  Mi pongo una domanda, che giro a lei: qual è l'effettivo contendere tra la regione Veneto e il Ministero che lei dirige in questo momento, cosa ha effettivamente ceduto o dato alla regione Lombardia o alla regione Veneto, qual è il filetto, la carne, non le ossa che, come abbiamo capito, sono rimaste tutte, ma l'effettivo oggetto del contendere che lei ha dato o che concederà o che proporrà in Consiglio dei ministri per queste due regioni? Perché io non l'ho capito, non ho capito assolutamente su quali risorse potranno contare queste regioni per mettere a posto le loro strade, per progettare una strada nuova, per decidere che quel casello non va lì, ma va da un'altra parte, perché probabilmente ha un impatto ambientale molto elevato, perché anche in quel caso la decisione deve passare attraverso lo Stato.
  Governo del territorio. Le proposte che ha fatto la regione Emilia-Romagna sono proposte molto più consolidate, molto più estese rispetto alle altre regioni, c'è un pacchetto di proposte puntuali che entrano addirittura nella gestione del Piano regolatore o nella dismissione o nel vincolo di alcune aree. La regione Veneto o la regione Lombardia le chiedono uno snellimento delle procedure per la realizzazione delle opere, della burocrazia riguardante la richiesta di un permesso edilizio. Su questo non c'è neanche da discutere, secondo me, perché bisogna dimostrare che c'è uno snellimento Pag. 15 della pratica burocratica, perché altrimenti, da una parte, lo Stato non concede, dall'altra, la regione non concede al comune e a rimetterci sono i cittadini tutti.
  Le chiedo anche su questo, al di là della gestione comune e complessiva, qual è la linea del Ministero su questa questione della gestione del territorio?

  ROSA SILVANA ABATE. Grazie al Ministro per la sua relazione dettagliata, precisa, puntuale, che necessita naturalmente di un approfondimento. Se ho capito bene, c'è già un accordo, l'accordo che il Ministro ha illustrato, concludendo che i parametri cui sono stati rapportati tutti i punti dell'accordo sono quelli che conosciamo dell'unità dello Stato, dei princìpi generali dell'ordinamento e dei princìpi che, per quanto riguarda la protezione civile, la gestione del territorio, porti e aeroporti, non possono essere frammentati o avere una legislazione differente da regione a regione, perché questo significherebbe creare il caos e non certamente l'autonomia, della quale invece ci dobbiamo occupare perché in questo momento la storia ce lo chiede.
  Ascoltando le richieste delle regioni per quanto riguarda soprattutto porti e aeroporti e gestione delle autostrade, mi è sembrato però di sentire richieste finalizzate a creare uno Stato nello Stato. Questa sicuramente è una mia impressione, vedo che il Ministero ha trovato una sintesi, rapportando tutto ciò che è stato accordato (di accordo già si tratta e presumo sia un accordo oramai definitivo da portare in Consiglio dei ministri) a un ordinamento generale, a principi nazionali che devono tenere unita, non solo la nazione, ma anche i servizi che la nazione eroga.
  Ho apprezzato molto il riferimento finale che ha fatto ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP), perché lì noi siamo intransigenti, quindi prima si fanno i LEP senza riferirsi alla spesa storica, perché la spesa storica crea delle fratture, delle differenziazioni irreparabili fra regioni. Io vengo dalla Calabria, il Ministro l'ha visitata più volte e sa cosa voglio dire: anche le regioni che hanno speso pochissimo in infrastrutture devono vedersi assicurati i livelli essenziali delle prestazioni. Quindi, in quest'ottica, andremo ad approfondire l'accordo del Ministero, che mi sembra già abbastanza equilibrato, ed, eventualmente, solleveremo le nostre eccezioni, qualora ce ne siano.
  Sicuramente la relazione verrà depositata, quindi la studieremo con attenzione. Grazie mille, Ministro.

  ERICA RIVOLTA. Grazie, Ministro, per la dettagliata relazione che, evidentemente, dobbiamo approfondire, perché tocca veramente tantissimi punti.
  Dice bene quando dice che si sono succeduti parecchi incontri, quindi c'è stato un lavoro di approfondimento notevole. Ce lo diceva anche il Ministro Stefani che in questo anno ci sono stati parecchi approfondimenti sia dei Ministeri con le regioni, sia, all'interno della trattativa, tra i Ministeri stessi.
  Certamente quello che deve emergere nel modo più definito dal nostro lavoro sono servizi migliori. Penso che l'obiettivo della richiesta di autonomia da parte delle regioni sia dare migliori servizi in base alla capacità e alla responsabilità dimostrata di riuscire a fare bene, quindi a dare il miglior risultato a parità di spesa. Ritengo sia questo il centro della discussione, lo è per quanto riguarda strade statali e grandi reti, ma anche per quanto riguarda il trasporto pubblico locale.
  Faccio una premessa che ho già fatto tante altre volte, ma la faccio anche in sua presenza, perché penso che tutte le volte si debba sottolineare nuovamente questo aspetto: nessuno vuole creare due Paesi diversi, semplicemente ritengo giusto che le regioni che hanno dimostrato di saper gestire meglio possano avere più settori da gestire e, in quanto virtuose, possano essere di esempio per tutte le altre. Quindi nessuna deve rimanere indietro, ma insieme il Paese deve progredire. Ovviamente ci sono dei ritardi accumulati in alcuni casi, ma nessuno vuole escludere nessun altro.
  Detto questo, però, è evidente che in regioni come Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, dove c'è un tessuto produttivo e sociale di quel tipo occorre dare dei servizi, per quanto riguarda il trasporto, con riferimento Pag. 16 sia alle reti sia al trasporto pubblico locale (TPL), di un livello superiore, in quanto stiamo parlando di aziende, lavoratori, cittadini, di un sistema che va ad un ritmo superiore, e, quindi, non possiamo permetterci di rimanere indietro rispetto ad altre parti d'Europa.
  Ritengo che su alcuni temi si debba continuare ad approfondire ulteriormente tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e le regioni la possibilità di dare a queste ultime maggiore autonomia su alcuni temi. È qualcosa che dobbiamo ai cittadini, non solo perché è il momento storico, come diceva la collega Abate, ma perché ce lo hanno chiesto, hanno votato milioni di cittadini per dire che vogliono che si imbocchi questa strada, che vogliono un livello superiore di servizi. Quindi, io penso che a questi cittadini dobbiamo dare tutti insieme una risposta.
  Questo non vuol dire non fare tutti gli approfondimenti del caso, perché solo uno sciocco potrebbe pensare che su certi temi sia facile (stiamo parlando di strutture molto complesse), però secondo me bisognerebbe fare uno sforzo ulteriore per rispetto di questi cittadini, per tracciare una linea precisa anche per quelle regioni che vorranno intraprendere un percorso simile.
  Grazie, Ministro.

  ANTONIO SACCONE. Grazie, signor Ministro, per la sua relazione. Anch'io avrei la necessità di leggere più approfonditamente la sua relazione, ma la procedura è questa, lei viene qui e, giustamente, lascia una documentazione che poi potremo approfondire.
  Ho difficoltà a entrare nel merito in modo dettagliato, quindi rimango sul tema in generale, perché il tema è quanto costa questa riforma. Ascoltando il dibattito, che, purtroppo, si svolge più sui giornali che nelle Aule del Parlamento, non riusciamo a comprendere francamente quanto questa riforma incida sulle casse dello Stato e quanto sui cittadini, perché non si riesce a capire.
  Da quello che leggiamo, perché – ripeto – il dibattito è ancora chiuso nel palazzo del Governo, mi sembra che il contraddittorio tra voi sia legato all'istruzione, ma, da quello che lei ci ha detto, c'è piena armonia tra lei e la Ministra Stefani relativamente alle sue competenze, quindi non riesco ancora a capire quanto sarebbe costato dare soddisfazione piena alle rivendicazioni delle tre regioni, perché parliamo di soldi, per ogni competenza si prevedono risorse, altrimenti succede quello che ha detto il collega poco fa, ovvero che le province avevano la competenza sulle strade, di cui oggi non si occupa più nessuno e oggi vediamo qual è il loro stato!
  Non riesco a comprendere quale sia quindi il costo finanziario dell'autonomia. Io, che sono un fortissimo sostenitore dell'autonomia, perché ritengo fondamentale, come diceva la collega Rivolta, misurare la credibilità e la capacità di una classe dirigente, perché non c'è alcun altro parametro, mi permetto di evidenziare che fino ad oggi non vi è stata una grande autonomia, anche se qualcosa è cambiato dal 2001, e, purtroppo, lo stato delle cose è drammatico.
  Possiamo far finta di nulla, ma l'Italia è divisa in tre parti, non in due, quindi dobbiamo partire da un dato: sulla base dell'attuale legislazione, la gestione dei poteri non funziona, perché purtroppo dobbiamo constatare che l'Italia non marcia alla stessa andatura, tutt'altro.
  La responsabilità è solo una questione di autonomia? Io non lo so, ho difficoltà a immaginare che sia solo una questione di autonomia, perché registro che la riforma approvata nel 2001 dal Governo di centrosinistra si diceva che non avrebbe inciso sul bilancio dello Stato e avremmo avuto una riduzione delle spese, ma era una baggianata, perché ha inciso tantissimo, in dieci anni si è registrato un incremento delle spese superiore al 50 per cento, in quanto più di 90 miliardi di euro sono stati devoluti alle regioni, dimostrando, quindi, che non è vero che la riforma non avrebbe avuto alcun impatto sulle casse dello Stato.
  Anche il gettito fiscale delle singole regioni si è incrementato del 20 per cento. Quindi, la cessione di competenze, non solo non migliora i servizi, ma, addirittura, peggiora la pressione fiscale sul cittadino. Pag. 17
  Mi permetto di chiederle (magari non oggi, perché immagino sia difficile) di quantificare concretamente cosa significhi questa autonomia differenziata, perché oggi non riesco ancora a comprenderlo, perché vi è dolo un dibattito molto generico dal quale si evince che nessuno vuole cedere le proprie competenze per non cedere il proprio potere, che le autostrade le vogliamo gestire noi nelle regioni perché magari poi gestiamo... Non voglio che diventi un argomento così volgare, quindi non aggiungo altro, signor Ministro, perché il dibattito politico, come oggi lei ci ha esposto, sembra in totale armonia, poi però leggiamo i giornali e sembra che questo tema possa essere addirittura una causa della crisi di Governo.
  Grazie.

  LUCIANO D'ALFONSO. Io ho una grande passione per la storia e per lavoro mi occupo di infrastrutture. Nel ’900 si sarebbe detto che le divisioni su questi argomenti sono legittime, perché attengono alla «carne viva» di un sistema Paese.
  Ministro, nel cosiddetto «decreto Genova» c'è un articolo, che ha voluto lei, che dispone l'introduzione dell'Archivio informatico nazionale delle opere pubbliche, l'Anagrafe delle opere d'arte, perché nel mondo delle opere pubbliche le opere d'arte non sono i quadri di Cascella, ma sono i nodi infrastrutturali, quelli che costano di più, che fanno funzionare l'infrastruttura.
  Ritengo che quell'Anagrafe si stia facendo, so che ci stanno lavorando una speciale struttura dedicata e anche il Consiglio superiore lavori pubblici. Sono cinquanta gli anni di vita tecnica di un'infrastruttura complessa, al sud tutte le opere sono state fatte grazie alla Cassa del Mezzogiorno, abbiamo raggiunto il limite della vita tecnica, quelle infrastrutture devono essere riconcepite. Vengo dall'Abruzzo e il Ministro sa quello che dico: molto brevemente, per l'autostrada Pescara-Roma, la Teramo-Roma, si sta articolando un piano di investimenti per rigenerare l'infrastruttura, ma quello è solo un esempio, al sud è tutto così: in Molise la superstrada sul Liscione ha bisogno di essere riconcepita.
  La domanda, che si riallaccia all'intervento del collega che ha parlato prima con molta bravura, è se ci sia un'ipotesi di costo, laddove la competenza su queste opere passasse alle regioni, per fare in modo che tornino in vita funzionanti e sicure, per evitare una «rigopianizzazione» delle infrastrutture.

  ROSA SILVANA ABATE. La richiesta della gestione dei servizi da parte delle regioni virtuose è legittima, la condivido in pieno, ma la richiesta di potestà legislativa su determinate materie, onestamente, deve essere sempre verificata e rapportata alla potestà legislativa dello Stato, perché non si potrebbe fare diversamente.
  È legittimo anche chiedere un livello superiore di servizi nelle regioni virtuose, però questo è un cane che si morde la coda: le infrastrutture sono importantissime per lo sviluppo di una regione, quindi, partendo dai LEP, si assicura alle città e alle regioni virtuose la crescita e l'ulteriore miglioramento dei servizi richiesti. Però attenzione, perché questo si può ottenere sempre se garantiamo a tutte le regioni, a livello nazionale, le prestazioni minime che sono contemplate dalla Costituzione. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Toninelli per la replica.

  DANILO TONINELLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Ringrazio tutti voi per i quesiti puntuali che avete posto, su cui potrò anche riservarmi di dare risposte più tecniche da parte del mio Ministero.
  La relazione è una relazione comunque dettagliata, abbiamo voluto andare a fondo dei singoli punti, sia come materie sia come competenze amministrative che ognuna delle tre regioni aveva inizialmente chiesto, sia a partire dagli accordi del febbraio 2018 con il precedente Governo, sia successivamente.
  Parecchi mesi fa abbiamo iniziato i primi incontri tecnici, cui io stesso ho partecipato, sia al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) che al Ministero per gli affari regionali e le autonomie, a cui ha Pag. 18partecipato tutta la mia struttura. Siccome c'è una forte condivisione politica di ottenere il miglior risultato possibile nell'interesse generale, l'indirizzo politico è stato immediato sin dall'inizio: il mio Ministero è a disposizione totale dell'amica Ministra Erika Stefani per sviscerare, punto dopo punto, una delle materie più complicate, interconnesse e anche strategiche che possiamo affrontare, perché, rendiamoci conto, siamo di fronte ad una riforma dell'assetto costituzionale ed istituzionale senza neanche modificare la Costituzione nei suoi articoli fondamentali, ma partendo da un articolo specifico.
  Era quindi fondamentale avere un approccio di attenzione ai massimi livelli, come effettivamente è stato, quindi non c'era un dare tanto o un dare poco, ma un concordare e un relazionarci insieme e trovare i giusti punti, le giuste materie, le giuste competenze amministrative nel quadro costituzionale, perché ricordiamoci che una riforma straordinariamente importante come questa, non fatta all'interno di questo blindato quadro costituzionale, domani potrebbe comportare ricorsi e contenzioso costituzionale. Ricordiamo tutti cosa ha comportato la riforma del Titolo V del 2001: oggi la giurisprudenza della Corte costituzionale ha stravolto i nuovi assetti delle competenze date dal Titolo V, perché la riforma venne fatta in maniera affrettata.
  Qui, invece, c'è stata la volontà di sedersi a un tavolo con un approccio totalmente laico e propositivo, perché c'è una totale condivisione dell'intento di ottenere il risultato.
  Per quanto riguarda le grandi reti infrastrutturali, perché – diciamolo chiaramente – il vero nocciolo, il vero cuore della questione è questo, siamo partiti valutando nel dettaglio con i tecnici del Ministero per gli affari regionali e i tecnici, oltre che gli assessori, delle regioni interessate, ma anche, nel penultimo incontro che c'è stato a Palazzo Chigi, il quinto o sesto incontro, con tutti i Ministri del Governo e i relativi capi di gabinetto. Riporto le stesse considerazioni fatte in tali sedi, che sono di natura tecnica, non politica: è giusto che chi può chieda e ottenga la gestione delle grandi reti, mantenendo però il quadro unitario nazionale. Quello che siamo riusciti a fare con l'A22 e stiamo facendo con l'A4 e con l'A7 chiedo fortemente di poterlo replicare, se le amministrazioni locali ne hanno l'intenzione, se ci sono le condizioni giuste, perché la questione non è tanto passare al demanio regionale la proprietà dell'infrastruttura autostradale, per cui la regione diventa ente concedente, quanto mantenere sul territorio gli utili.
  Aver dato, MIT e Stato concedente, a un consorzio di enti pubblici, regioni, province e comuni interessati, la gestione dell'infrastruttura Modena-Brennero, fa sì che quelli che prima erano i dividendi da dare agli azionisti siano diventati utili da mantenere al 100 per cento sul territorio. Quindi, l'effetto è mantenere nel territorio tutti gli utili, per impegnarli nella manutenzione ordinaria e straordinaria, in investimenti in sicurezza (dobbiamo dimenticare vicende come quella del ponte Morandi), e poi, ovviamente, nelle opere di adduzione alla stessa infrastruttura, quindi nelle opere di accesso alla stessa infrastruttura.
  Questo significa portare un grandissimo beneficio al territorio e ritengo che sia questo l'obiettivo, indipendentemente dalla proprietà dell'infrastruttura stessa, ovvero la gestione pubblica da parte degli enti locali dell'infrastruttura. Quindi, quanto viene legittimamente richiesto, di fatto, esiste già, e io spero di poterlo replicare, anche se le concessioni scadono nel 2038 piuttosto che nel 2042, non scadono tutte domani, ma per tutte quelle a scadenza, laddove ci siano le condizioni economico-finanziarie di sostenibilità. Infatti, per la tangenziale di Torino e la Milano-Piacenza, che potrebbero non avere le condizioni per una gestione pubblica, ma si potrebbe ricorrere a una concessione privata con gara europea, perché il concessionario può anche fare la percentuale del 40 per cento dei lavori in house e questo permetterebbe di avere un equilibrio economico-finanziario.
  Valutata dossier per dossier e autostrada per autostrada, laddove si ponessero le condizioni, il Governo è ben disposto a dare a gestione pubblica, in house, quindi Pag. 19senza gara, direttamente. Penso che questo sia l'obiettivo e che si stia già parzialmente ottenendo.
  Detto questo, ovviamente non si sta chiudendo, siamo nella fase dell'interlocuzione, ed effettivamente non c'è corrispondenza tra il dibattito giornalistico (lo dico chiaramente) e il lavoro che si sta facendo, perché la Ministra Stefani ha fatto un lavoro straordinario e quando ci parliamo ripercorriamo tutte le riunioni fatte con i capi di Gabinetto e tutti i singoli direttori generali e vice direttori del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e si verifica che c'è stata condivisione nel concedere tutto si quanto si potesse concedere, nel rispetto dell'unità nazionale, tutelata dall'articolo 5 della Costituzione, e del quadro costituzionale.
  Per quanto riguarda invece i costi, ovviamente si tratta di una competenza del Ministero dell'economia e delle finanze, ma una volta chiuso su questo dossier, rimane da trovare un accordo politico in merito alle Sovraintendenze dei beni culturali. Su tale tema ci sarà un'ulteriore riunione lunedì e sono fiducioso e ottimista che si possa chiudere anche su questo, in modo tale che il Presidente del Consiglio possa presentare una bozza di accordo alle regioni che hanno fatto richiesta di autonomia differenziata.
  Questo è quanto abbiamo fatto in questi mesi e – ripeto – tutto è migliorabile, però certamente sono state dedicate grandissima attenzione e grandissime competenze per ottenere il miglior risultato possibile, che sia inattaccabile dal punto di vista costituzionale, perché i contenziosi creerebbero un danno istituzionale enorme, che, grazie al lavoro fatto, penso siano stati evitati.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Il collega Bond voleva fare solo una precisazione.

  DARIO BOND. Sono felice se lei mi dice che gli utili su un determinato territorio di una determinata autostrada rimangono nel territorio, secondo il modello della A22, ma deve essere scritto. Non faccio una critica al suo lavoro o al lavoro del Ministro Stefani, che stimo tantissimo, ma le dico solo che quell'accordo e quella relazione, che spero depositerà agli atti della Commissione, deve prevedere che ci siano cose certe.
  Le chiedo che quei soldi, perché alla fine parliamo di denaro, in house o in compartecipazione tra regione, enti locali e Stato, rimangano sul territorio, perché non è possibile che avvenga un trasferimento così mostruoso di strade all'ANAS, perché ANAS paghi, e che gli enti locali non abbiano nulla per tenersi queste strade e gestirle! Produciamo degli utili con i grandi passaggi autostradali? Benissimo, teniamoceli, gestiamoli insieme allo Stato, ma deve essere messo per iscritto.
  L'ultimo passaggio riguarda una cosa che mi sta particolarmente a cuore, la differenziazione delle tariffe autostradali. Ci sono delle situazioni in Italia (non sto facendo una questione di nord e sud) che hanno bisogno di una differenziazione dei costi e delle tariffe autostradali, ci sono dei luoghi in cui il passaggio di una serie di attività comporta la necessità di una revisione della tariffa complessiva, così come risulta parlando anche con i gestori di queste tratte autostradali. Là bisogna «spacchettare», non è neanche una questione di autonomia differenziata, è una questione di buonsenso, di economia delle attività.

  PRESIDENTE. Se vuole replicare, Ministro, poi ci avviamo alla conclusione.

  DANILO TONINELLI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Grazie. Ovviamente stiamo operando anche in un contesto europeo, perché per il via libera al regime concessorio impostato per la A22 c'è stata una serie di tavoli di confronto importanti con la Commissione europea, perché dobbiamo rispettare la regola madre della concorrenza del mercato, quindi non è possibile scrivere nero su bianco che tutte le concessioni scadute devono automaticamente essere concesse in house, ma è possibile creare le condizioni affinché ci si prepari a questo. È scontato.
  Per quanto riguarda invece la preoccupazione del deputato D'Alfonso per la vetustà, Pag. 20 per gli ormai cinquant'anni delle nostre opere d'arte (ponti, viadotti, gallerie), nel contratto di programma che spero (non è facile) sia approvato domani dal CIPE, con riferimento a Rete ferroviaria italiana (RFI) e ad ANAS – o forse in un ulteriore riunione del CIPE della prossima settimana per quanto riguarda ANAS (per il contratto di programma di RFI la previsione è espunta anche se già sono previste risorse maggiori) – sarà disposta la destinazione di una quantità di risorse sulla manutenzione ordinaria e straordinaria enormemente superiore rispetto al passato proprio per la cura dell'esistente, perché evidentemente ai cittadini devono essere risparmiati altri danni, altre tragedie e altri disservizi.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Danilo Toninelli per la disponibilità e la relazione, che ovviamente verrà trasmessa a tutti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.