XVIII Legislatura

XII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Martedì 9 aprile 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Lorefice Marialucia , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA IN MATERIA DI FONDI INTEGRATIVI DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Audizione di rappresentanti dell'ISTAT.
Lorefice Marialucia , Presidente ... 3 
Blangiardo Gian Carlo , presidente dell'ISTAT ... 3 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 5 
Carnevali Elena (PD)  ... 5 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 6 
Blangiardo Gian Carlo , presidente dell'ISTAT ... 6 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 7 

Audizione di Roberto Esposito, professore associato di diritto tributario presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Camerino:
Lorefice Marialucia , Presidente ... 7 
Esposito Roberto , professore associato di diritto tributario presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Camerino ... 7 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 10 

Audizione di rappresentanti del Fondo Est, del Fondo FASI e del Fondo Faschim:
Lorefice Marialucia , Presidente ... 10 
Buongiardino Simonpaolo , presidente del Fondo Est ... 10 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 12 
Garzia Marcello Santino , presidente del Fondo FASI ... 12 
Miscia Caterina , direttore generale del Fondo FASI ... 13 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 14 
Giammatteo Claudio , direttore del Fondo Faschim ... 14 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 16 

Audizione di rappresentanti di Confindustria:
Lorefice Marialucia , Presidente ... 16 
Sabatini Massimo , direttore delle politiche regionali e della coesione di Confindustria ... 16 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 19 

Audizione di rappresentanti della Confederazione cooperative italiane:
Lorefice Marialucia , Presidente ... 19 
Venturelli Marco , segretario generale della Confederazione cooperative italiane ... 20 
Odorizzi Michele , presidente di Cooperazione salute ... 20 
Lorefice Marialucia , Presidente ... 23

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MARIALUCIA LOREFICE

  La seduta comincia alle 11.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'ISTAT.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale, l'audizione di rappresentanti dell'ISTAT, che saluto, ringraziandoli per aver accolto l'invito della Commissione a partecipare all'audizione odierna.
  Sono presenti Gian Carlo Blangiardo, presidente, Alessandro Solipaca, dirigente Servizio sistema integrato salute, assistenza, previdenza e giustizia, e Patrizia Cacioli, direttore della Direzione centrale per la comunicazione.
  Pregherei i nostri ospiti di contenere il proprio intervento entro dieci minuti, per dare modo ai deputati di porre le domande, cui seguirà la replica dei soggetti auditi che hanno già consegnato alla segreteria della Commissione un documento scritto.
  La documentazione sarà resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione GeoCamera e sarà altresì pubblicata sul sito internet della Camera dei deputati.
  Do, quindi, la parola al presidente Gian Carlo Blangiardo.

  GIAN CARLO BLANGIARDO, presidente dell'ISTAT. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti.
  È stato distribuito del materiale e dei dati statistici, quindi non starò a riempirvi di numeri. Semplicemente vorrei segnalarvi alcune cose che sono più significative rispetto ai numeri che vengono presentati per qualche riflessione rispetto al sistema di conoscenze che ISTAT è in grado di offrire rispetto a questo tema e più in generale al tema della sanità.
  L'Istituto non può accedere all'anagrafe dei fondi sanitari integrativi, quindi non dispone di informazioni specifiche riguardo al discorso di cui ci si occupa in maniera specifica. Però, può fornire una serie di informazioni, credo di un certo interesse, che riguardano il tema del welfare legato alla salute e legato al consumo di servizi sanitari da parte della popolazione.
  Prima osservazione sul welfare aziendale. L'ISTAT ha rilevato nel 2016 che circa un'impresa ogni dieci tra quelle attive nel settore manifatturiero, una ogni sedici in quelle del commercio, una ogni diciotto in quelle dei servizi hanno adottato iniziative relative a fondi assicurativi integrativi per la salute.
  Questo vale soprattutto per le imprese di dimensioni maggiori, quelle con più di 250 dipendenti, dove la percentuale è quasi la metà. Quasi la metà di queste imprese hanno questo tipo di atteggiamento, circa il 20 per cento tra quelle di media dimensione e, circa l'8 per cento tra quelle un po’ più piccole, con meno di 50 dipendenti.
  Riguardo alla spesa pubblica, pubblica e privata, sappiamo che abbiamo la spesa dell'amministrazione pubblica, i regimi di finanziamento volontari e la spesa diretta delle famiglie. All'interno del finanziamento volontario vengono contabilizzate le Pag. 4spese delle assicurazioni sanitarie volontarie, quelle delle istituzioni senza scopo di lucro (tipo Croce verde, per capirci) e quelle delle imprese, ma soprattutto, per le imprese, quelle relative alla promozione della salute nei luoghi di lavoro.
  La componente della spesa finanziata da questi fondi sanitari integrativi non è al momento dettagliata perché, come si è detto, mancano le informazioni puntuali di un'anagrafe di tali fondi. Però, siamo in grado comunque di identificare la spesa sanitaria pubblica che nel 2017 è cresciuta dell'1,1 per cento rispetto al 2016 e rappresenta il 74 per cento del totale, la spesa diretta delle famiglie, che ha avuto un aumento del 3,7 per cento, con un'incidenza del 24 per cento circa sul totale, e poi i finanziamenti volontari, che rappresentano una quota minoritaria, circa il 2,5 per cento, e hanno registrato una crescita dell'1,3.
  Riguardo ai regimi volontari, l'Italia ha una percentuale tutto sommato relativamente bassa, nel senso che ci sono Paesi come la Slovenia che hanno il 15 per cento della spesa sanitaria complessiva, con un minimo poi invece di Paesi, come la Lituania, che hanno lo 0,8 per cento. Noi ci collochiamo intorno al 2,5 per cento circa.
  La spesa sanitaria pubblica ha fatto registrare tra il 2000 e il 2008 un aumento del 6 per cento medio annuo, superiore all'aumento stesso del PIL. Dal 2009 al 2017 si è invece assistito ad una sostanziale stabilità.
  In questo ultimo periodo il rallentamento della componente pubblica ha fatto riscontrare la crescita della spesa sanitaria sostenuta dalle famiglie, aumentata in media del 2,5 per cento. Il messaggio è che da un lato la spesa sanitaria pubblica in qualche modo è in stagnazione, o lo è stata perlomeno in questi anni, dall'altro è aumentata, invece, la spesa diretta da parte delle famiglie.
  La cosiddetta spesa «out of pocket», cioè quella delle famiglie, è salita dal 22,3 per cento al 25 per cento. Addirittura, in maniera apparentemente paradossale, con il super ticket, con un aumento del ticket, è diminuito il gettito complessivo. Questo perché molto spesso si è realizzata una sorta di concorrenza tra pagare il ticket maggiorato piuttosto che fare la stessa prestazione di tasca propria presso altre strutture. Quindi, in un certo senso, ha avuto un effetto controproducente rispetto al gettito complessivo.
  Un altro elemento che viene fuori dai nostri dati è il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, che è passato da 66 miliardi a 112 dal 2000 al 2017, con un incremento medio annuo del 3,2, superiore a quello del PIL, che è stato del 2 per cento circa.
  Ci sono stati disallineamenti tra spesa corrente del Servizio sanitario e finanziamento ordinario. Con l'introduzione dal 2006 dell'obbligo per le regioni a predisporre dei piani di rientro la dinamica espansiva del deficit ha subito un significativo rallentamento.
  Vengo alle spese delle famiglie. Le famiglie spendono mensilmente per consumi mediamente 2.600 euro circa. Di questi la componente sanitaria è tutto sommato relativamente modesta, perché siamo a 123 euro mensili, pari a poco meno del 5 per cento della spesa complessiva.
  Il 52 per cento è destinato all'acquisto di medicinali, il 45 per cento a servizi ambulatoriali pubblici e privati, il restante 1,4 per cento è destinato all'acquisto di servizi di natura ospedaliera.
  La quota delle spese sanitarie sul totale delle spese varia di poco rispetto al territorio nazionale, quindi alla fine sono di fatto incomprimibili, non è che al nord piuttosto che al sud ci siano grandi differenze. Paradossalmente, laddove la spesa è più bassa, perché magari i redditi sono più bassi, essendo spese non comprimibili, l'incidenza va a crescere.
  Altro elemento atteso è che la spesa aumenti in corrispondenza delle persone più anziane. Per le persone con più di 65 anni, individui soli o in coppia, l'incidenza complessiva, che era più o meno il 5 per cento in media nazionale, sale tranquillamente al 7-8 per cento. Questo naturalmente è un messaggio importante in un Paese che sta vivendo e vivrà situazioni di progressivo invecchiamento della popolazione. Pag. 5
  Riguardo alle agevolazioni fiscali, è stato possibile calcolare il discorso delle agevolazioni legate alla detrazione delle spese sanitarie. In termini sintetici, la detrazione fiscale è stata richiesta più o meno da circa 13 milioni di italiani e la spesa deducibile è nell'ordine di 1.200 euro mediamente.
  Complessivamente, in termini di minor tassazione, corrisponde a circa 1,3 miliardi per il gruppo della popolazione più ricca e circa 100 milioni per quella più povera.
  In un certo senso c'è chiaramente la possibilità di detrarre queste spese solo per coloro che hanno un reddito adeguato.
  Un altro dei punti che abbiamo considerato – e qui concludo – riguarda il discorso legato ai problemi di accesso al Servizio sanitario, nel senso che ci sono situazioni di rinuncia a prestazioni sanitarie che possono derivare, sostanzialmente, da due motivi: le code, cioè il ritardo nel poter fare una serie di cose, tipo analisi o cose simili, oppure semplicemente la mancanza di risorse finanziarie per poter in qualche modo accedere alle prestazioni sanitarie.
  Questo naturalmente è un grosso problema. Nei dati trovate i punti nei quali ci sono elementi più problematici. La rinuncia complessiva a visite o accertamenti specialistici per problemi di lista d'attesa ha riguardato circa 2 milioni di persone, il 3,3 per cento dell'intera popolazione, mentre sono oltre 4 milioni le persone che hanno rinunciato per motivi economici, circa il 7 per cento della popolazione.
  Questo naturalmente è distribuito in maniera abbastanza diversa, anche se presente in maniera significativa, nelle diverse realtà del Paese. È più presente al Mezzogiorno e meno presente nel nord.
  Questi sono un po’ i segnali che con i dati statistici siamo stati in grado di documentare. Soprattutto sull'ultimo punto credo vada fatta un'attenta riflessione, perché, siccome sono un demografo, una delle cose che ho notato e che vale la pena di tenere sotto controllo è, per esempio, il progressivo su e giù della mortalità in Italia. Questo studio della mortalità vuol dire, da un anno all'altro, aumenti magari di 50.000 unità che poi diminuiscono e poi riaumentano di 50.000 unità. Questi sono segnali abbastanza importanti che, a mio parere, in una società come la nostra, che invecchia, possono riflettere anche situazioni di difficoltà nell'accesso ai servizi sanitari e quindi, in qualche modo, i soggetti tutto sommato più poveri finiscono poi per pagare in maniera importante le conseguenze di questa situazione.
  Grazie per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente Blangiardo.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ELENA CARNEVALI. Ringrazio il presidente Blangiardo per queste note.
  Dobbiamo riuscire a inquadrare il vostro intervento all'interno di questa indagine conoscitiva sull'assistenza integrata sanitaria.
  Ho bisogno di chiedere alcune informazioni, perché ci sono alcune cose che non mi sono chiare.
  È un dato molto allarmante il fatto che 4 milioni di cittadini sono in condizioni tali da non poter accedere al Servizio sanitario nazionale. Questo è un dato che abbiamo visto anche quando abbiamo affrontato il tema della povertà.
  La cosa che, però, volevo riuscire a capire, se avete voi dei dati che ci possono aiutare a riflettere, è un'altra. Vorrei sapere se, attualmente, nel nostro ordinamento, dal punto di vista dell'esenzione, coloro che sono in condizioni di indigenza, quindi sotto gli 8.000 euro, sono già esenti dal pagamento del ticket oppure abbiamo una serie di possibilità di esenzioni. Questo molto probabilmente è anche integrato da scelte che le regioni fanno anche in modo autonomo, quindi persone cassaintegrate, persone che hanno avuto a che fare con crisi aziendali. C'è forse anche una parte di persone che hanno avuto una diminuzione di reddito esentati dal pagamento del ticket, perché 4 milioni sono davvero tanti, sono davvero tantissimi se noi ci pensiamo.
  Molto probabilmente queste persone non sono nemmeno coloro che sono in grado di Pag. 6poter usufruire o avere delle forme integrative di welfare. Sicuramente escludo quello di tipo assicurativo, perché sennò avrebbero i soldi per potersi pagare le prestazioni sanitarie. Forse una parte potrebbe arrivare loro dalle forme contrattuali, ma questo significa che loro un lavoro ce l'hanno e quindi dovrebbero avere anche un sostegno al reddito, perché fa parte del welfare aziendale.
  Credo ci sia la necessità di indagarlo meglio questo dato, perché, francamente, non riesco a capire se questo meccanismo accade perché la barriera diventa l'accesso alle prestazioni per la questione delle liste d'attesa e quindi piuttosto che dover aspettare un determinato tempo decido di pagare di tasca mia e quindi, ovviamente, se il reddito è poco magari non mangio per potermi pagare la prestazione sanitaria. Sento che anche una parte del Terzo settore sta cercando di capire meglio questo dato dei 4 milioni di poveri che rinunciano alle cure sanitarie per ragioni di indigenza. Chiedo se si riesce ad indagarlo un po’ meglio questo dato per le ragioni che ho spiegato prima.
  Emerge, secondo noi, un altro dato importante, che credo, spero e mi auguro riusciremo ad avere. Voi dite che l'Istituto non può accedere all'anagrafe sui fondi sanitari integrativi. La cosa che ci preme sapere è quanto, di fatto, con la spesa pubblica noi sosteniamo la parte relativa ai fondi integrativi. Anche questo dato si potrebbe parametrare rispetto all'altro dato che voi ci avete fornito, che è quello di una condizione di stasi dal punto di vista del finanziamento del Servizio sanitario nazionale. Quindi a quanti miliardi corrisponde ciò che, di fatto, lo Stato ha dato con le decontribuzioni fiscali e come questo è rapportato agli investimenti di sostegno del Servizio sanitario nazionale.
  L'altro dato, che non so se è in capo alle vostre possibilità, che mi piacerebbe comprendere per guardare davvero in modo laico anche l'indagine che noi stiamo facendo, riguarda alla fine una sorta di dare e avere.
  Al netto del fatto che il lavoratore, tramite i contratti collettivi nazionali o i contratti decentrati, può avere l'opportunità di avere riconosciuta una copertura di parte delle prestazioni di natura sanitaria o sociosanitaria, quanto di quello che non arriva direttamente come reddito fruibile dal lavoratore, ma come beneficio, se dovesse usufruire eventualmente di queste potenziali integrazioni di natura sanitaria, effettivamente ne consuma?
  Al netto di un dato che noi non sappiamo, quanto corrisponde delle disponibilità dal punto di vista dei fondi integrativi, alla fine il lavoratore quante ne consuma effettivamente di queste possibilità? Non so se sono domande campate per aria, però questo mi sembra per noi un dato importante.

  PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

  GIAN CARLO BLANGIARDO, presidente dell'ISTAT. Prima questione. Sono assolutamente d'accordo sulla utilità e sull'importanza di un approfondimento in questo senso. Sono convinto che una parte di questi soggetti che non accedono sono esclusi un po’ anche per il tipo di situazione.
  Posso fare un esempio di tipo personale: con una mamma di 99 anni e con tutta una serie di medicine che sono necessarie per mantenere in vita decentemente una persona di 99 anni, vi assicuro che molte di quelle medicine o le si compra o non si ottengono, nel senso che il Sistema sanitario nazionale certe goccioline per evitare le visioni, per fare un esempio sciocco, non le passa direttamente. Quindi, o una persona se le paga o ha qualcuno che la aiuta a pagarle oppure è fuori.
  In una società come la nostra, che ha 14 milioni di persone con non meno di 65 anni, che va verso un'evoluzione della componente anziana crescente, questo tipo di problema sarà sempre più importante.
  Per questo va fissata l'attenzione su questo aspetto, perché è un aspetto che diventerà sempre più rilevante. Il nostro sistema sanitario, secondo me, è ottimo. Abbiamo, anche nel confronto con altri Paesi, un sistema sanitario che dà delle buone coperture, ma che naturalmente in certe situazioni Pag. 7 problematiche, che vanno crescendo, potrebbe non essere sufficiente.
  Questo io credo sia un messaggio importante da tenere in considerazione. Poi non so come sarà possibile trovare delle soluzioni, però certamente questo è rilevante.
  Per quanto riguarda gli altri aspetti, è vero che non abbiamo accesso a quel tipo di dati e ci piacerebbe poterlo fare. Io credo che l'Istituto debba muoversi anche in questa direzione per riuscire ad avere sempre più la capacità di dominare la conoscenza su un tema vitale per il Paese, per poter poi fare interventi, amministrazione e governo della spesa sanitaria.
  Per quanto riguarda il discorso dei lavoratori che hanno questo tipo di opportunità e, quindi, quanto la utilizzano, io sinceramente non so se siamo in grado di dire esattamente quanto. Siamo in grado di dire come avviene la spesa, siamo in grado probabilmente di conoscere delle forme di intervento, di sussidio, di risorse che vengono ricevute dai lavoratori, attraverso l'indagine EU-SILC (statistics on income and living conditions) che consente di arrivare ad avere questo tipo di informazioni, ma temo non si riesca a essere così dettagliati.
  È certamente un altro di quei punti sui quali un maggiore approfondimento sarebbe assolutamente utile e necessario. Per quanto mi riguarda, come presidente dell'Istituto, quello che posso dire è che sono stati sollevati dei temi importanti sui quali conviene riflettere, anche per allargare il livello di conoscenza, perché, come dicevo, stiamo parlando di qualcosa di estremamente importante.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per essere intervenuti e per il contributo che ci hanno lasciato e dichiaro conclusa questa audizione.

Audizione di Roberto Esposito, professore associato di diritto tributario presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Camerino.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di Roberto Esposito, professore associato di diritto tributario presso la facoltà di giurisprudenza dell'Università di Camerino, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione a partecipare all'audizione odierna.
  Pregherei il nostro ospite di contenere il proprio intervento entro dieci minuti, per dare modo ai deputati di porre delle domande, a cui seguirà la replica del soggetto audito, il quale ha consegnato una memoria, resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione GeoCamera, che sarà altresì pubblicata sul sito internet della Camera dei deputati.
  Do, quindi, la parola al professor Roberto Esposito per lo svolgimento della sua relazione.

  ROBERTO ESPOSITO, professore associato di diritto tributario presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Camerino. Vi ringrazio della possibilità che mi avete offerto di esporre, seppure sinteticamente, il risultato di alcune mie brevi riflessioni. Il tempo è molto breve, quindi sarò estremamente conciso e, quindi, mi dedicherò soltanto ai profili veramente fondamentali.
  È a tutti noto che coesiste un secondo pilastro, accanto al primo, il Servizio sanitario nazionale, quindi il tema che ci occupa è quello di esaminare la coerenza interna di questo microsistema nonché la sua coerenza esterna o funzionale, il che significa esaminare la coerenza del microsistema di riferimento con le finalità o i valori perseguiti.
  Sono, quindi, due gli obiettivi dell'indagine: il primo è esaminare la coerenza interna del sistema e il secondo è esaminare la congruenza di questo microsistema con le finalità perseguite.
  A tale ultimo riguardo mi preme sottolineare che, soprattutto laddove si parli di tutela della salute, emerge la rilevanza della leva fiscale, non solamente come strumentale, ovvero come strumento per il reperimento di risorse per il finanziamento della spesa pubblica ai sensi dell'articolo 53 della Costituzione, ma anche come strumento per il conseguimento immediato e diretto di finalità e obiettivi di natura politica, economica o sociale. Pag. 8
  A tal riguardo è evidente che la prima selezione degli interessi che dobbiamo fare, perché sulla base di questa poi dovrà essere confermato il microsistema di riferimento, è se vogliamo potenziare il Servizio sanitario nazionale autonomamente inteso o se vogliamo potenziare un sistema integrato formato dal primo, dal secondo pilastro ed eventualmente anche dal terzo.
  Questo sottende che prima della configurazione del microsistema tributario di riferimento occorre che la politica individui gli obiettivi rilevanti e, quindi, gli interessi rilevanti, perché una volta individuati gli interessi rilevanti e gli obiettivi perseguiti ne conseguirà una selezione automatica e consequenziale dei gruppi sociali che sono chiamati al concorso in misura differenziata rispetto ad altri.
  È evidente che la stessa scelta di un tipo di presupposto d'imposizione piuttosto che un altro, così come la scelta della curva delle aliquote e la configurazione concreta di deduzioni ed esenzioni, sottende a monte una previa selezione degli interessi rilevanti e, quindi, dei gruppi sociali che sono chiamati al concorso alle pubbliche spese in misura maggiore rispetto ad altri.
  Sotto il profilo della coerenza esterna o funzionale del microsistema di riferimento quello che occorre esaminare è innanzitutto il possibile contrasto tra il principio dell'universalismo delle cure e, quindi, della libertà di accesso alle cure garantite dal Servizio sanitario nazionale, e lo squilibrio esistente nella misura in cui i gruppi sociali concorrono alle pubbliche spese.
  È evidente, quindi, che il fenomeno dell'evasione si pone in netto contrasto con il principio dell'universalismo delle cure, nella misura in cui taluni gruppi sociali sono chiamati a finanziare le pubbliche spese in materia sanitaria a vantaggio anche di quei soggetti che non concorrono alle pubbliche spese. Sotto questo profilo è evidente che alcuni gruppi sociali, i titolari di redditi da lavoro dipendente, apparentemente concorrono in misura maggiore rispetto ad altri gruppi sociali al finanziamento della spesa pubblica rappresentata dalla spesa sanitaria.
  In quest'ottica si sostiene da alcuni che un'accentuazione della spesa sanitaria intermediata attraverso il secondo pilastro potrebbe favorire l'emersione del nero tuttora esistente in materia.
  Credo che sia già noto come sia composto il microsistema di riferimento, ma lo ripeto brevemente. L'articolo 10 del TUIR (Testo unico delle imposte sui redditi) prevede la deducibilità dal reddito complessivo, fino a un massimo di 3.615,20 euro, dei contributi versati ai fondi doc. L'articolo 51, comma secondo, del TUIR prevede che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente e assimilato i contributi di assistenza sanitaria versati ai fondi non doc, in conformità ad accordi o regolamenti aziendali.
  Vi sono poi altre norme minori: l'articolo 15 che prevede, come sapete, la detraibilità nei limiti del 19 per cento degli oneri sostenuti per spese sanitarie; l'articolo 51 del TUIR, comma secondo, lettera f-quater), secondo cui non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a una serie di soggetti, anche assicurazioni, per prevenire e coprire il rischio di non autosufficienza o il rischio di gravi patologie nei confronti della generalità dei dipendenti o categorie dei dipendenti. Vi sono una serie di altre norme che prevedono sempre a favore dei lavoratori dipendenti una serie di agevolazioni e, quindi, la possibilità di dedurre dal reddito d'impresa, in misura non superiore al 5 per mille, le spese volontariamente sostenute dal datore di lavoro per finalità di utilità sociale, tra cui quelle di assistenza sociale, spese che invece sono interamente deducibili se oggetto di un accordo o regolamento aziendale.
  Sono previsti, altresì, nei limiti del 2 per cento del reddito d'impresa dichiarato, la possibilità di dedurre ai fini dell'imposta sul reddito delle società le erogazioni liberali per finalità di assistenza sociale e sanitaria e un credito d'imposta pari al 65 per cento delle erogazioni effettuate da fondazioni bancarie per finalità di assistenza agli anziani e per l'acquisto di strumentazioni sanitarie. Pag. 9
  È, quindi, un microsistema abbastanza variegato, che è fatto di detassazione, di contributi ai fondi doc, di detassazione dei contributi ai fondi non doc riservata ai titolari di reddito da lavoro dipendente o assimilato, di deduzioni dal reddito d'impresa, di detrazioni dall'imposta e di crediti d'imposta per le erogazioni liberali delle fondazioni bancarie.
  Limitandoci agli aspetti più rilevanti, andiamo al primo profilo evidenziato, cioè quello della coerenza interna o sistematica del microsistema di riferimento molto sinteticamente da me accennato, e quello di una disparità o comunque differenza di trattamento tra i titolari di redditi da lavoro dipendente e assimilati e i titolari di reddito diverso o anche titolari di reddito da lavoro dipendente che non siano coperti da un fondo negoziale.
  Infatti, i titolari di redditi diversi da quelli da lavoro dipendente o assimilato godono della detassazione solamente per i contributi ai fondi doc, mentre i titolari di reddito dipendente o assimilato coperti da fondo negoziale godono della detassazione per i contributi ai fondi non doc. Questo comporta una differenziazione sia nelle prestazioni erogate, perché i fondi non doc, come sapete, salvo la quota vincolata al 20 per cento, possono erogare prestazioni anche sostitutive del Servizio sanitario nazionale, sia nell'ambito di riferibilità soggettiva delle agevolazioni, nella misura in cui i contributi ai fondi non doc sono detassati, anche se le prestazioni sono erogate ai familiari fiscalmente non a carico. Vi è, quindi, una differenziazione tra i titolari di redditi da lavoro diverso da quello dipendente e i titolari di redditi da lavoro dipendente o assimilato sia per quanto riguarda le prestazioni erogate sia per quanto riguarda l'ambito soggettivo delle prestazioni erogate.
  Questa disparità di ambito di applicazione soggettivo e oggettivo è accentuata dalla recente introduzione di un'ulteriore agevolazione per i titolari di reddito da lavoro dipendente, rappresentata dalla possibilità di convertire i premi di risultato in contributi ai fondi non doc, anch'essi detassati e non assoggettati nemmeno a imposizione sostitutiva, anche se eccedenti il limite di 3.615 euro prima ricordato, fino a un massimo di 4.000 euro per le aziende con coinvolgimento paritetico nella organizzazione del lavoro. Di conseguenza, si amplia la disparità di trattamento tra i titolari di reddito da lavoro dipendente o assimilato e i titolari di altro reddito anche per quanto riguarda la misura dell'importo detassato, che può aumentare di 3.000 o 4.000 euro per i titolari di reddito da lavoro dipendente.
  Io ovviamente segnalo solo una differenziazione di trattamento, ma non esprimo una condivisione o meno della scelta, nel senso che questa è una scelta del legislatore, che ha selezionato gli interessi e ha deciso di tutelare in misura maggiore dei gruppi sociali, rappresentati in questo caso dai titolari di reddito da lavoro dipendente o assimilato.
  Le possibilità operative ipotizzabili, secondo gradi di selettività crescenti, potrebbero essere rappresentate in primo luogo dall'estensione della deducibilità dei contributi ai fondi non doc, di cui all'articolo 51 del TUIR, anche ai titolari di reddito diverso da quello da lavoro dipendente, per equiparare almeno dal punto di vista oggettivo e soggettivo l'ambito di applicazione dell'agevolazione, quindi equiparare totalmente i gruppi sociali interessati in punto di detassazione dei contributi ai fondi sanitari integrativi, siano essi doc o non doc.
  Si potrebbe altresì ipotizzare – ma anche in questo caso, coerentemente con la previa selezione degli interessi effettuata dal legislatore – di incrementare la quota di prestazioni vincolate da imporre ai fondi non doc da utilizzare presso strutture convenzionate. Questo comporterebbe evidentemente una maggior quota di risorse a disposizione del Servizio sanitario nazionale, scelta coerente solo laddove il legislatore ritenga di dover potenziare il Servizio sanitario nazionale.
  Si potrebbe altresì ipotizzare di modulare sinteticamente l'entità delle deduzioni e detrazioni attualmente previsti in funzione della quota vincolata di prestazione che i fondi sanitari non doc devono erogare e, quindi, modulare l'entità delle agevolazioni, Pag. 10 deduzioni e detrazioni in funzione della quota di prestazioni effettivamente integrative e non sostitutive del Servizio sanitario nazionale. Si potrebbe addirittura modulare le detrazioni e le deduzioni in funzione degli obiettivi ancora più selettivamente individuati, ad esempio di prevenzione o di long care.
  Mi avvio a concludere segnalando un altro profilo. Per le casse di assistenza sanitarie è venuta meno la decommercializzazione dell'attività istituzionale resa verso corrispettivi specifici, quindi le casse di assistenza sanitaria non sono più comprese nel terzo comma dell'articolo 148 del TUIR, secondo cui non si considerano commerciali le attività svolte verso corrispettivi specifici o – il che è lo stesso – verso quote differenziate.
  Dopo l'approvazione del Registro unico nazionale del codice del Terzo settore, questi enti di assistenza sanitaria dovranno tendenzialmente vedersi assoggettati a tassazione i corrispettivi specifici o le quote differenziate incassate dai propri iscritti. Infatti, seppure siano previste nell'articolo 5 del codice del Terzo settore delle specifiche norme di detassazione e di decommercializzazione per le attività sanitarie e sociosanitarie, dal punto di vista soggettivo le casse di assistenza, essendo tendenzialmente di derivazione contrattuale, risultando dalla contrattazione collettiva tra sindacati e associazioni di categoria dei datori di lavoro, sono escluse, ex articolo 4, comma secondo, del codice del Terzo settore, dall'applicazione del codice stesso. Pertanto, non opererebbero né la norma di decommercializzazione di cui al terzo comma dell'articolo 148 del TUIR per gli enti non commerciali né la norma di decommercializzazione prevista dal codice del Terzo settore. Grazie dell'attenzione.

  PRESIDENTE. Non essendoci domande da parte dei deputati, ringrazio il professor Esposito per il suo contributo.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti del Fondo Est, del Fondo FASI e del Fondo Faschim.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti del Fondo Est, del Fondo FASI e del Fondo Faschim.
  Saluto i nostri ospiti, ringraziandoli per aver accolto l'invito della Commissione a partecipare all'audizione odierna. Sono presenti per il Fondo Est Simonpaolo Buongiardino, presidente, e Ferruccio Fiorot, vicepresidente; per il Fondo FASI, Marcello Santino Garzia, presidente, e Caterina Miscia, direttore generale; e per il Fondo Faschim, Claudio Giammatteo, direttore.
  Pregherei ciascuno dei nostri ospiti di contenere il proprio intervento entro dieci minuti per dare modo ai deputati di porre delle domande, cui seguirà la replica dei soggetti auditi, che potranno consegnare alla segreteria della Commissione un documento scritto o farlo pervenire successivamente. La documentazione sarà resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione GeoCamera e sarà altresì pubblicata sul sito internet della Camera dei deputati.
  Do la parola al presidente del Fondo Est, Simonpaolo Buongiardino, per lo svolgimento della sua relazione.

  SIMONPAOLO BUONGIARDINO, presidente del Fondo Est. Innanzitutto rivolgo un ringraziamento agli onorevoli partecipanti alla Commissione e alla presidente. Il Fondo Est è un fondo di origine contrattuale bilaterale, costituito dalla parte datoriale che è Confcommercio, con le proprie articolazioni FIPE (Federazione italiana pubblici esercizi) e FIAVET (Federazione italiana associazioni imprese di viaggi e turismo), e dalla parte sindacale, che sono le emanazioni del settore terziario di CGIL, CISL e UIL, ovvero FILCAMS (Federazione italiana lavoratori commercio, albergo, mensa e servizi), UILTUCS (Sindacato dei lavoratori del turismo, commercio e servizi) e FISASCAT (Federazione italiana sindacati addetti servizi commerciali, affini e del turismo).
  Viene costituito nel 2005, passa una fase organizzativa e inizia a dare prestazioni nell'aprile del 2007, quindi sono esattamente Pag. 11 dodici anni da oggi. È, quindi, un fondo giovane. È un fondo che ha una contribuzione limitata, che è di 144 euro annui per dipendente, e rappresenta i settori commercio, turismo e servizi, cioè il cosiddetto «terziario», che è la dimensione più ampia.
  In questi dodici anni abbiamo realizzato il fondo, abbiamo realizzato un nomenclatore e l'abbiamo più volte modificato, aumentandone le prestazioni. Abbiamo osservato il nostro cluster di riferimento, che ci diceva che la maggior parte del nostro sistema è femminile (la maggior parte sono impiegate) e che abbiamo un'età media degli iscritti di quarant'anni, quindi piuttosto giovane. Abbiamo, quindi, orientato il nomenclatore su queste caratteristiche.
  Il tema principale di cui si discute è l'integratività e la sostitutività. Noi abbiamo costruito il nomenclatore prima che venissero emanate le norme, in particolare il decreto Sacconi, e ripeto che l'abbiamo fatto badando all'interesse e alla tipologia dei nostri iscritti. Abbiamo un pacchetto maternità importante, dove abbiamo pensato di venire incontro alla sensibilità delle nostre iscritte, che in un momento delicato della loro vita, che è quello della maternità, secondo noi avevano diritto ad avere la possibilità di una scelta nell'ambito del medico di riferimento piuttosto che intervenire sul servizio sanitario, che comunque era sempre ovviamente possibile e garantito.
  Questa scelta ha premiato, perché solamente nel 2018 abbiamo dato prestazioni a 20.000 mamme, con una dimensione interessante. Noi diamo anche una prestazione temporanea nel primo anno di vita del figlio, che un po’ esce dai canoni, perché i nostri assistiti sono tutti lavoratori in costanza di rapporto di lavoro, quindi quando escono dal lavoro non sono più iscritti al fondo.
  L'altro elemento caratterizzante che abbiamo voluto introdurre è stata l'odontoiatria, nella logica più che altro dell'implantologia. Avendo una platea molto ampia, di 1,6 milioni di iscritti (credo che sia il più grosso fondo in termini numerici), non potevamo dare molto a tutti, dovevamo fare delle scelte che fossero di sostenibilità. Abbiamo scelto fortemente l'implantologia perché ha dei costi singoli molto elevati (oggi arriviamo a 5.100 euro di massimale per operazioni che riguardano più impianti) e perché i lavoratori che noi assistiamo hanno spesso contatti con il pubblico e, quindi, anche l'aspetto ha il suo valore e ci siamo preoccupati di ciò.
  Noi facciamo regolarmente delle verifiche dell'apprezzamento riguardo agli iscritti, riguardo alle aziende e anche nel confronto con gli altri fondi. Tutte queste ricerche, fatte da studi terzi, attestano la bontà della nostra modalità di servizio, che ci colloca ai gradini più alti.
  Noi non siamo un'assicurazione, siamo un ente di sanità integrativa. Abbiamo anche noi utilizzato le compagnie di assicurazioni nella prima fase di vita, perché non si poteva immaginare la dimensione. Siamo partiti con 400.000-500.000 adesioni e oggi siamo a 1,6 milioni. Non avevamo le idee chiare su come si sarebbe svolta la nostra attività, quindi ci siamo assicurati per sicurezza e poi man mano abbiamo cominciato a sganciarci. Oggi gestiamo direttamente il 75 per cento in termini numerici delle prestazioni, lo facciamo autonomamente e abbiamo un percorso di costruzione di rete propria, basata su una centrale operativa nostra che oggi conta cento collaboratori. Ovviamente diamo un servizio in via telefonica, web, e-mail, app eccetera, siamo molto organizzati.
  Come dicevo, non siamo un'assicurazione, ma ci siamo serviti di assicurazioni e ancora oggi ci serviamo, più che di assicurazioni, di server assicurativi, perché noi abbiamo bisogno di una rete di almeno 6.000 strutture. Siamo nazionali, non siamo polarizzati, perché gli impiegati sono sparsi su tutto il territorio. A differenza di altre categorie, ad esempio i dirigenti polarizzati sulla Lombardia o nel Lazio, noi dobbiamo dare servizio a tutti in maniera molto capillare.
  Passo ad analizzare le caratteristiche del fondo. Non ci sono preselezioni, quindi per il solo fatto di utilizzare il contratto del terziario e, quindi, di avere da parte del datore di lavoro il pagamento della quota Pag. 12sanitaria, tutti hanno diritto alla prestazione istantaneamente e senza selezione del rischio. Anche nel caso di malattie pregresse, patologiche, croniche eccetera continuiamo a dare le prestazioni.
  Abbiamo una quota di evasione, perché non tutti rispettano l'impegno ad assolvere contrattualmente con la quota sanitaria, diversamente avremmo dimensioni ben più alte. È evidente – non sto a raccontarlo – che questa evasione è molto diversa tra Nord e Sud. Purtroppo questo è quanto.
  Noi abbiamo un bilancio attuariale che segue l'andamento demografico e che ci dà una visione del mantenimento nel tempo della capacità di erogare le prestazioni, così come facciamo certificare il bilancio in maniera volontaria da una società di certificazione consolidata.
  I fondi sanitari non favoriscono il consumismo sanitario, semmai, al contrario, i fondi sanitari intercettano un sistema che normalmente sarebbe out of pocket, direttamente pagato dal cittadino consumatore. Noi abbiamo sempre come baluardo la prescrizione del medico curante, che peraltro è inserito nel Servizio sanitario nazionale, e solo con quella ci possiamo muovere per dare la prestazione. Noi non crediamo di favorire, come da qualche parte ho letto, un uso inappropriato del consumo sanitario, semmai noi favoriamo la tracciabilità della spesa, perché tutte le spese che noi andiamo a rimborsare o che sosteniamo direttamente devono essere certificate da un medico e devono avere un supporto documentale, con fatture e con tutto ciò che ha a che fare con la corretta gestione.
  Noi facciamo fatica a riconoscerci quando si parla di 3.615 euro di detraibilità, perché la nostra quota è di 144 euro, così come la maggior parte dei fondi sono molto al di sotto di quei valori.
  Per quanto riguarda l'adesione alla quota vincolata, noi la superiamo abbondantemente, grazie soprattutto all'odontoiatria. Avremmo inserito in quella quota la prevenzione, che invece sparì dopo una fase di valutazione. Noi diamo prevenzione e riteniamo che la prevenzione sia la prima cura. Anche rispetto al Servizio sanitario nazionale fare prevenzione vuol dire avere meno costi successivamente. In questo senso, ci piacerebbe, se si dovesse ripensare alle quote vincolate, che non fosse solo una mera applicazione di una percentuale aggiuntiva, ma una valutazione delle tipologie di prestazioni che devono rientrare in una fascia di attenzione privilegiata.

  PRESIDENTE. Grazie, presidente Buongiardino.
  Do la parola a Marcello Santino Garzia, presidente del Fondo FASI, per lo svolgimento della sua relazione.

  MARCELLO SANTINO GARZIA, presidente del Fondo FASI. Onorevole presidente, onorevoli deputate e deputati, grazie per l'opportunità che ci state offrendo di essere ascoltati su temi sui quali abbiamo anni di esperienza.
  Credo sia un fatto importante che per la prima volta il Parlamento promuova un'indagine conoscitiva sui temi dell'assistenza integrativa, che saranno fondamentali per il futuro della sanità pubblica e privata del nostro Paese.
  Il FASI è uno dei primi enti bilaterali, uno dei primi fondi a livello europeo per risorse gestite. È nato nel 1977 su iniziativa di Confindustria e Federmanager nell'ambito del contratto collettivo nazionale di lavoro dei dirigenti industriali, conta oggi 126.000 dirigenti iscritti e un totale, comprensivo dei familiari, di 294.000 assistiti.
  Quello che mi preme sottolineare in questa occasione, rinnovando i ringraziamenti, è la nostra posizione di assoluta collaborazione per individuare la migliore soluzione legislativa che possa garantire la continuità del Sistema sanitario pubblico, basato sulle caratteristiche di solidarietà e socialità. È un dato di fatto che il Servizio sanitario nazionale italiano è ancora tra i migliori del mondo.
  Noi abbiamo fatto della trasparenza nella gestione del fondo la nostra mission esistenziale e in questo ambito siamo a completa disposizione del Parlamento per trasferire tutto il nostro know-how per qualsiasi necessità occorresse. Il FASI sarà a fianco del legislatore per un'eventuale legge Pag. 13giusta che contenga al suo interno controlli e verifiche puntuali su quello che deve essere la futura gestione dei fondi sanitari integrativi.
  Cedo ora la parola, se permettete, a Caterina Miscia, il nostro direttore, per darvi alcune peculiarità del nostro sistema.

  CATERINA MISCIA, direttore generale del Fondo FASI. Buongiorno e grazie. Il FASI è un ente no profit che ispira la sua azione a dei princìpi fondanti: il principio di mutualità, il principio di solidarietà intergenerazionale e il principio di non selezione del rischio.
  A questi principi FASI ha ispirato innanzitutto la costruzione del proprio modello di contribuzione, perché è un modello a contribuzione unica, ossia, nel rispetto del principio di mutualità, tutti i dirigenti, a seconda della categoria di appartenenza, che siano dirigenti in servizio o dirigenti pensionati, partecipano in egual misura alla sostenibilità di medio-lungo periodo del fondo e all'equilibrio di breve periodo.
  Questo principio è strettamente correlato al principio di solidarietà intergenerazionale, ossia i dirigenti in servizio, che per loro natura assorbono un'entità di risorse inferiore rispetto ai dirigenti in pensione più anziani, restituiscono una quota della propria contribuzione a beneficio della solidarietà e, quindi, della sostenibilità di medio-lungo periodo, insieme a una quota della contribuzione versata dalle aziende.
  Questi princìpi lavorano insieme al terzo, ossia alla non selezione del rischio. Al FASI, infatti, possono essere iscritti i dirigenti e i componenti del proprio nucleo familiare, a prescindere dall'età e dal proprio stato di salute. All'interno delle nostre tutele, quindi, cerchiamo di salvaguardare le situazioni di fragilità. Abbiamo previsto da diversi anni anche la tutela per i soggetti non autosufficienti.
  È un fondo autogestito, quindi non ricorre al sistema assicurativo, ma autogestisce il rischio. Ha circa 291.000 assistiti, di cui 126.000 tra dirigenti in servizio e pensionati, con una contribuzione annua che si aggira intorno ai 330 milioni di euro. Di questi 330 milioni restituisce per prestazioni 317 milioni, di cui 93 destinati alle risorse vincolate previste dall'anagrafe dei fondi sanitari. È un fondo che impiega una forza lavoro di circa 150 unità, di cui 92 dipendenti.
  In questi anni il fondo ha lavorato moltissimo nella ricerca del miglioramento del servizio offerto alla propria popolazione assistita e ha costruito nel tempo un suo modello, che si basa su due strumenti principali: un nomenclatore tariffario e i processi di liquidazione.
  Il nomenclatore tariffario vanta circa 3.000 voci e l'abbiamo costruito in oltre quarant'anni di attività sulla base del know-how del fondo, quindi anche dei dati che il fondo ha raccolto in questi anni, sulla base dell'evoluzione della domanda da parte della popolazione assistita, dell'evoluzione scientifica nonché dell'appropriatezza.
  Per ogni voce del nostro nomenclatore è individuata una tariffa di riferimento, quindi la quota a carico del fondo che viene rimborsata agli assistiti. Questo consente, da un lato, agli assistiti di sapere a priori qual è il costo che sarà rimborsato dal fondo e al fondo una corretta allocazione delle risorse nel medio-lungo periodo tra le varie voci.
  Parallelamente il fondo ha lavorato anche sui processi di liquidazione e lo ha fatto, a pari del Sistema sanitario nazionale, garantendo la libertà di scelta degli assistiti, quindi i nostri assistiti possono liberamente scegliere il professionista da cui farsi curare e la struttura sanitaria e accedere ai loro servizi per poi ottenere il rimborso o in forma indiretta oppure all'interno del sistema convenzionato.
  Il FASI, infatti, oggi ha una rete di strutture convenzionate, pubbliche e private, estesa su tutto il territorio nazionale, con la quale abbiamo lavorato tantissimo in questi anni per cercare di migliorare insieme il servizio ai nostri assistiti. Nel mese di febbraio siamo arrivati a sottoscrivere con le principali associazioni di categoria delle strutture sanitarie private un protocollo d'intesa, all'interno del quale definiamo un modello di comportamento, cioè delle linee guida che tendiamo a rispettare all'interno dell'atto di convenzionamento, per garantire una chiarezza dei Pag. 14rapporti principalmente a beneficio dei nostri assistiti.
  In questi anni abbiamo anche innovato i nostri servizi. Abbiamo lavorato moltissimo sull'ormai quasi inesistente utilizzo della carta, sul servizio di dematerializzazione, sul collegamento diretto con le strutture sanitarie in modo da facilitare l'accesso al servizio da parte dei nostri assistiti e su tutti i nostri sistemi di comunicazione, fino all’app, che ormai vanta già due anni.
  Ci piace soprattutto ricordare che, seppure il FASI è un'associazione non riconosciuta e, quindi, un ente di diritto privato, è comunque portatore di interessi diffusi, quindi ha improntato la sua azione alla responsabilità nell'impiego delle risorse e alla trasparenza dell'azione amministrativa e si è dotato nel corso degli anni di strumenti per migliorare la gestione, ovvero atti statutari e regolamenti che ne disciplinano le regole di funzionamento e di iscrizione, ma anche di un rendiconto finanziario certificato da una primaria società di revisione, di un bilancio sociale altresì certificato, di un bilancio tecnico per monitorare la sostenibilità e di un organismo di vigilanza nell'ottica del «modello 231».
  Siamo qui a mettere a disposizione questo nostro sistema di conoscenza e la nostra storia che abbiamo raccolto in questi anni, in un'ottica di condivisione, sperando che possa essere di aiuto ai lavori che la Commissione sta portando avanti.

  PRESIDENTE. Do la parola al direttore del Fondo Faschim, Claudio Giammatteo, per lo svolgimento della sua relazione.

  CLAUDIO GIAMMATTEO, direttore del Fondo Faschim. Buongiorno. Signora presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio dell'opportunità che ci viene offerta di dare un contributo ai vostri lavori. Nel poco tempo che mi è dato concentrerò il mio intervento su pochi aspetti rilevanti: cos'è Faschim e le nostre riflessioni sui vostri obiettivi dell'indagine. Abbiamo provato a interrogarci come se fossimo i soggetti destinatari dei vostri obiettivi e, quindi, vorremmo condividere insieme a voi alcune nostre riflessioni sui quattro obiettivi che avete sintetizzato nel vostro programma. Vi presento solo due slide, che però mi aiutano per coadiuvare il discorso e per supportare la conoscenza in sintesi del nostro fondo.
  Faschim è il fondo di assistenza sanitaria del contratto nazionale di lavoro dell'industria chimica e chimico-farmaceutica. È un'associazione senza scopo di lucro non riconosciuta, ai sensi dell'articolo 36 e seguenti del codice civile, e opera dal 2004. È regolarmente iscritta all'anagrafe dei fondi. L'adesione a Faschim è volontaria, quindi solo se vogliono i lavoratori dipendenti e il proprio nucleo familiare si iscrivono al fondo. Sono associate a ieri 217.113 persone.
  Passando al contributo associativo, mi riallaccio a quello che diceva il presidente del Fondo Est: contrariamente ad alcune tesi che abbiamo sentito, che parlano di cifre enormi in relazione ai fondi sanitari, in realtà le cifre medie destinate ai fondi sanitari son ben più basse. Faschim ha un contributo associativo annuo di 288 euro e per iscrivere anche il nucleo familiare c'è una quota aggiuntiva di 363 euro. Capite bene che rispetto ai 3.615 euro sui quali alcuni ragionamenti vengono fatti in ordine all'eventuale spostamento di cifre c'è molta differenza.
  Faschim è un fondo autoassicurato e non si avvale di compagnie di assicurazioni per l'erogazione delle proprie prestazioni. Redige il bilancio di esercizio in conformità alla normativa del codice civile, ancorché a oggi non sono prescritti degli obblighi specifici in ordine alle norme relative alla redazione del bilancio di esercizio. Tuttavia, ha scelto di sottoporre il proprio bilancio di esercizio a certificazione volontaria, a ulteriore supporto della correttezza dell'operativo svolto dall'associazione.
  Faschim ha sviluppato – questo è un tema molto interessante, che ha citato prima il presidente del Fondo Est – e utilizza costantemente un bilancio tecnico attuariale con proiezioni pluriennali.
  Uno degli obiettivi cardine dell'esistenza di un fondo sanitario è quello di garantire che perpetui la sua esistenza nel tempo. Per far ciò, deve garantire che i contributi siano congrui con le prestazioni che eroga, Pag. 15e, al fine di ottenere questo scopo, si deve avvalere di un bilancio tecnico attuariale che fa proiezioni. Si parla di minimo tre anni o cinque anni, mentre dieci anni comincia a essere già complicato, però sui cinque anni fornisce degli elementi abbastanza interessanti.
  La prima slide che vi presento evidenzia un aspetto importante: rappresenta la progressiva diffusione tra i lavoratori e i propri familiari. Vorrei cogliere la vostra attenzione guardando che cosa è successo dal 2004, anno di nascita di Faschim, al 2018. A quell'epoca il fondo contava meno di 50.000 associati, oggi sono 217.000. Sottolineo il fatto che l'adesione è volontaria, quindi questo elemento ha un risvolto molto importante, perché evidenzia la concreta utilità del fondo, che peraltro abbiamo certificato e verificato con recenti indagini di mercato.
  I fondi stanno svolgendo al loro interno tutta una serie di attività che danno loro la garanzia di perpetuare, con soddisfazione dei propri associati, la propria esistenza. Le indagini di mercato 2011, 2014 e 2018 hanno certificato un elevato livello di soddisfazione dei propri associati (agli atti abbiamo lasciato una sintesi di queste ricerche, che aiuta a render conto di cosa ha fatto il fondo).
  La missione dei fondi sanitari è erogare prestazioni sanitarie, e ricordo, avendo ascoltato con attenzione le audizioni svolte in precedenza, che all'inizio questa Commissione aveva ancora dei dubbi su quali fossero le prestazioni che normalmente venivano erogate dai fondi sanitari. Questa torta è molto semplice, dà un quadro delle aree cui il fondo eroga e richiamo un aspetto relativamente agli obiettivi della vostra indagine, perché Faschim è il fondo degli operai, impiegati e quadri, distinzione molto importante perché sottende alla tipicità di prestazioni erogate, tanto che il 24 per cento del volume delle prestazioni rimborsate è relativo ai ticket, poi c'è un 26 per cento di odontoiatria e un 47 per cento di prestazioni private.
  Sottolineo che il fondo rimborsa nel limite di quanto previsto dal proprio nomenclatore tariffario, è evidente che noi abbiamo una quota di contribuzione con la quale finanziamo i rimborsi, non c'è un soggetto terzo che alimenta la contribuzione. Se parliamo ad esempio delle prestazioni private, dentro quella fetta abbastanza grossa troviamo le visite specialistiche, gli accertamenti diagnostici, le terapie riabilitative. Faschim ha dedicato un'attenzione specifica alla riabilitazione per le forme di autismo, un tema molto importante al quale presto molta attenzione.
  Fatto questo piccolo quadro, con cui ho cercato nei pochi minuti che mi sono consentiti di rappresentare cos'è il fondo di assistenza Faschim, vorrei introdurre le nostre riflessioni sugli obiettivi conoscitivi del programma dell'indagine.
  Iniziamo dal primo obiettivo, un riordino della sanità integrativa. Una riforma della materia, alla luce del fatto che i fondi sanitari esistono e operano con soddisfazione dei propri iscritti e senza avere mai inciso sulle casse dello Stato, salvo il beneficio fiscale, dovrebbe essere realizzata di concerto con i fondi sanitari che già operano sul mercato, con l'obiettivo di estendere le best practices e il modus operandi di quelli che maggiormente tutelano la collettività degli iscritti, dipendenti e familiari.
  Osservando infatti i risultati di decenni di attività di molti fondi sanitari, si rileva che il settore ha funzionato bene, erogando prestazioni in modo efficiente, e non ha evidenziato situazioni destabilizzanti nel settore.
  I fondi sanitari pertanto non hanno alcuna pregiudiziale in merito a forme di controllo sugli enti, vogliono solo che venga salvaguardata la specificità di ciascuno di essi e l'autonomia gestionale delle parti fondative. Noi abbiamo degli azionisti di riferimento, sono le nostre fonti istitutive, che sono i dante causa dell'esistenza del fondo stesso, i sottoscrittori del contratto nazionale di lavoro. È auspicabile quindi un quadro normativo di riferimento, che possa anche rappresentare la sintesi delle best practices presenti ora sul mercato dei fondi integrativi.
  Un altro punto della vostra indagine conoscitiva riguarda l'ipotesi di eliminare ogni forma di defiscalizzazione (poi mi Pag. 16collegherò a un tema che riguarda la quantificazione). L'eliminazione dell'attuale beneficio fiscale produrrebbe, nel caso dei fondi sanitari di carattere negoziale, un immediato aumento del cuneo fiscale e del costo del lavoro, con gravi ripercussioni sugli attuali iscritti, prevalentemente operai, impiegati e quadri.
  L'altro punto riguarda il divieto esplicito per i fondi sanitari integrativi di erogare prestazioni sanitarie sostitutive. Su questo tema osserviamo che le prestazioni erogate dai fondi sono determinate sulla base dei bisogni espressi dalla collettività assistita. È quindi fuorviante contrapporre le prestazioni sostitutive, integrative o complementari. Sarebbe infatti contrario al principio di autonomia gestionale se venisse imposto l'obbligo di erogare delle specifiche prestazioni ai fondi, totalmente contrarie alla propria base associativa.
  Per quanto concerne l'Anagrafe dei fondi integrativi e le disposizioni che impongano la trasparenza, ferma restando l'opportunità e la disponibilità alla massima trasparenza, l'attuale normativa sulla richiesta di iscrizione all'Anagrafe dei fondi prevede già l'inoltro dello Statuto e dell'atto costitutivo, nonché, cosa più rilevante, qualora si voglia svolgere un'analisi comparativa, tutti i regolamenti che insieme allo Statuto disciplinano il rapporto associativo con l'utente.
  Terminerei con la parte sulle agevolazioni fiscali, perché questo è un nodo importante. In una delle audizioni, l'Agenzia delle Entrate il 6 febbraio ha dichiarato che l'importo della contribuzione dedotta dai cittadini è di 10 miliardi di euro. Questo dato di fatto è fuorviante per comprendere l'entità dell'onere relativo al beneficio fiscale. È ragionevole che questa contribuzione comprenda anche prestazioni destinate a forme previdenziali.
  Noi riteniamo che sia più ragionevole considerare che la stima del mancato gettito IRPEF, al netto della mancata detraibilità degli importi rimborsabili, oscilli da circa 460 milioni di euro ad al massimo 1 miliardo di euro, partendo dai dati dell'Anagrafe dei fondi, disponibili al 2017.
  Abbiamo voluto condividere con voi questo elemento di riflessione, affinché consideriate bene i numeri prima di svolgere delle analisi.
  Grazie mille dell'attenzione.

  PRESIDENTE. Non essendoci domande da parte dei deputati, ringrazio i nostri ospiti per il loro contributo e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti
di Confindustria.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti di Confindustria, che saluto ringraziandoli per aver accolto l'invito della Commissione a partecipare all'audizione odierna.
  Sono presenti Massimo Sabatini, direttore delle politiche regionali e della coesione territoriale, Luca Del Vecchio, area politiche regionali della coesione territoriale, Sara Rosati, area rapporti istituzionali.
  Pregherei i nostri ospiti di contenere il proprio intervento entro i dieci minuti, per dare modo ai deputati di porre delle domande, cui seguirà la replica dei soggetti auditi, che hanno consegnato una memoria, resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione GeoCamera, che sarà altresì pubblicata sul sito internet della Camera dei Deputati.
  Do, quindi, la parola al direttore Massimo Sabatini.

  MASSIMO SABATINI, direttore delle politiche regionali e della coesione di Confindustria. Signor presidente, onorevoli deputati, vi ringrazio innanzitutto per averci invitato all'audizione di oggi, nell'ambito dell'indagine conoscitiva che la Commissione affari sociali sta svolgendo.
  Desidero iniziare ringraziandovi ed esprimendo l'apprezzamento di Confindustria per la vostra volontà di conoscere questa realtà costituita dalla sanità integrativa, che assiste più di 10 milioni di persone, come ha recentemente mostrato un report del Ministero della salute, una realtà importante che noi non vediamo in contrapposizione Pag. 17 con il Servizio sanitario nazionale, ma in piena sinergia con esso.
  Confindustria considera, infatti, il Servizio sanitario nazionale una conquista del nostro Paese, che favorisce la coesione sociale e costituisce una garanzia di equità nell'accesso alla salute e per la salvaguardia delle fasce più deboli della popolazione, e per questa ragione non va solamente salvaguardato, ma va rafforzato e reso sempre più efficiente. Al tempo stesso, riteniamo altrettanto opportuno approfondire la conoscenza della spesa sanitaria privata italiana, che secondo l'ISTAT ammonta a circa 40 miliardi di euro.
  Fonti OCSE dimostrano che questa spesa ha seguito un trend che oscilla dal 2,1 per cento del PIL, negli anni tra il 1995 e il 2000, al 2,3 per cento degli anni tra il 2016 e il 2017, quindi non è scesa mai in questo periodo considerato al di sotto della soglia del 2 per cento del PIL.
  Questo significa che la spesa sanitaria privata è una spesa strutturale e che la sua dinamica è indipendente, secondo le nostre valutazioni, dal livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale e dalla presenza di un sistema di sanità integrativa. La dimensione di questa spesa è piuttosto determinata da altri fattori, secondo la nostra valutazione, come le liste d'attesa, le carenze del Servizio sanitario nazionale in alcune aree di prestazione come l'odontoiatria o la riabilitazione, e dalla decisione del paziente, che può optare, nel nostro sistema, per una libera scelta del luogo di cura e del medico dal quale farsi curare.
  L'elemento caratterizzante della spesa privata non è quindi la dimensione, piuttosto l'anomalia è costituita dal fatto che gran parte di questa spesa non è intermediata, né organizzata da soggetti professionali, ma avviene sostanzialmente in forma cash, in contanti.
  Potenziare il secondo pilastro per noi non significa penalizzare la sanità pubblica quanto rendere più efficiente la spesa privata. I due sistemi devono essere strategicamente integrati e rispondere a logiche indipendenti l'uno dall'altro.
  Tenuto conto che l'obiettivo dell'indagine è quello di conoscere la realtà dei fondi sanitari, credo che sia importante soffermarsi su cosa siano questi fondi e come operino nel nostro Paese. Fino al 2008-2009 fondamentalmente erano una sorta di benefit per alcune categorie considerate privilegiate (giornalisti, dirigenti), dopo la riforma di quegli anni, con la stabilizzazione della norma fiscale sul trattamento dei contributi versati, il settore poi si è sviluppato in maniera molto robusta nella contrattazione categoriale e aziendale, fino a diventare un fenomeno di massa come è oggi.
  Non mi sto riferendo ai fondi sanitari integrativi del Servizio sanitario nazionale, quelli del decreto legislativo 502, che si sono sviluppati solo marginalmente, come emerge anche dal report prima citato del Ministero della salute, che ne ha censiti solo nove su 322. Questi fondi sono poco interessanti per gli assistiti, in quanto forniscono una tutela sanitaria solo su limitate prestazioni sanitarie. L'esperienza ci mostra quindi che limitare l'operatività del secondo pilastro ad un'area di prestazione simile o coincidente con quella dei Fondi sanitari del decreto n. 502 sarebbe un'operazione con effetti negativi sulla diffusione delle adesioni dei cittadini e dei lavoratori ai fondi.
  I fondi a cui mi riferisco sono invece gli enti e le casse di natura assistenziale e di origine contrattuale, che rappresentano il vero secondo pilastro sanitario, come emerge proprio dai dati di questo rapporto, che ne ha censiti nella propria anagrafe 313 su 322. Questi fondi sono soggetti no profit e dal punto di vista civilistico sono quasi tutti associazioni non riconosciute, governate in modo bilaterale dalla parte datoriale e dal sindacato. I loro ambiti di intervento sono regolati dai decreti del Ministero della salute del 2008 e 2009, che prevedono che almeno il 20 per cento delle risorse impiegate dai fondi sia riservato a prestazioni di odontoiatria e non autosufficienza.
  Quasi tutti questi fondi sono di origine contrattuale e rendono operativa, per i lavoratori e per i loro familiari, la possibilità di fruire delle forme di tutela sanitaria previste dai vari contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria o da accordi o Pag. 18regolamenti aziendali oppure da entrambi, A questo riguardo abbiamo predisposto nel gennaio 2018 un'indagine sui fondi e sulle casse sanitarie presenti nel nostro sistema, e la sintesi di questa indagine è nella memoria che abbiamo lasciato agli atti.
  Questa indagine non ha un carattere esaustivo, ma ha censito 13 fondi sanitari di categoria e 24 fondi aziendali, che assistono più di 3,5 milioni di persone, tra lavoratori dipendenti e loro familiari. Stimiamo però che ci sia almeno un altro milione di assistiti in più, che è difficile censire perché polverizzato in enti e casse interaziendali, quindi difficili da collocare, quindi complessivamente stimiamo che gli assistiti del nostro sistema siano circa 4,5 milioni.
  Il rischio connesso a queste tutele è gestito in modo collettivo, alcuni lo tengono al loro interno, autogestendosi. Vale la pena di rilevare che solo pochi tra questi fondi assistono anche i pensionati, mentre tutti operano secondo criteri di non selezione del rischio.
  In considerazione di queste dimensioni, per noi diventa importante garantire la sostenibilità nel tempo di questi enti, quindi ci sono alcuni profili da considerare. Il primo attiene alla necessità di introdurre regole o buone pratiche, che prevedano strumenti attuariali di controllo della stabilità finanziaria dell'ente, che attualmente non sono previsti. La previsione ad esempio della predisposizione periodica del bilancio tecnico del fondo, che potrebbe consentire agli amministratori di monitorare la sostenibilità.
  Il secondo aspetto riguarda le prestazioni. Il fatto che oggi i fondi abbiano l'obbligo per legge di destinare il 20 per cento delle risorse a prestazioni vincolate e quindi ad investire il restante 80 per cento su tutte le altre aree di prestazione è una garanzia della tenuta dei conti. Infatti, più i fondi sono appetibili per i potenziali assistiti, più è garantita la loro sostenibilità, perché sono in grado di spalmare il rischio sanitario su collettività più ampie possibili.
  Per quanto riguarda gli aspetti fiscali, l'attuale legislazione prevede che non concorrano alla formazione del reddito i contributi versati a questi enti nel limite di 3.615 euro annui e, sul piano previdenziale, è previsto che le aziende sui contributi destinati a questi fondi versino un contributo di solidarietà del 10 per cento.
  Sul versante della sostenibilità, quindi, pensiamo che mettere in discussione questo delicato equilibrio tecnico-normativo sia rischioso. Al contrario, riteniamo che la questione della fiscalità sia connessa allo sviluppo del secondo pilastro e vada affrontata tenendo conto anche di altri aspetti.
  Il primo riguarda il fatto che gli incentivi fiscali consentono allo Stato di ottenere benefici per l'intera collettività. Se è vero, infatti, che la spesa sanitaria è un fenomeno indipendente dallo sviluppo del secondo pilastro, come abbiamo mostrato prima, incentivando l'adesione ai fondi sanitari lo Stato ottiene un risultato di rilievo, quello di rendere più efficiente la spesa privata e di trasferire quote di spesa da una forma cash a una fondata su criteri previdenziali e di mutualità, accrescendo l'efficienza complessiva del sistema ed i benefici per i cittadini e per i lavoratori.
  Il secondo aspetto riguarda la maggiore trasparenza per lo Stato, che deriva dallo spostamento da forme di spesa cash a forme collettive integrative, che consentono l'emersione del sommerso, visto che i fondi, per rimborsare le prestazioni, chiedono una documentazione di spesa.
  Riteniamo che il beneficio atteso che per le casse pubbliche da un'eventuale riduzione dei benefici fiscali e previdenziali verrebbe bilanciato e annullato in senso negativo da un onere maggiore per l'Erario, che sarebbe connesso al costo fiscale più alto, riguardante la detrazione delle spese mediche in dichiarazione dei redditi, per effetto del trasferimento della spesa gestita dai fondi sulla spesa cash. La spesa quindi rimarrebbe, ma non sarebbe più intermediata o sarebbe intermediata molto meno.
  Pensiamo infine che un'eventuale riduzione del beneficio fiscale, rendendo meno appetibile l'adesione ai fondi, riverserebbe sul Servizio sanitario nazionale anche un'ulteriore pressione di nuova domanda di prestazioni. Pag. 19
  In conclusione, se uno degli obiettivi dell'indagine è quello di verificare la congruità e l'efficienza dell'attuale sistema di incentivazione fiscale della sanità integrativa, sottolineiamo l'importanza non solo di ridurre, ma, se possibile, anche di accrescere l'aiuto fiscale dello Stato, ad esempio nei confronti delle imprese e dei cittadini che non sono lavoratori dipendenti, vista la centralità che questo sistema ha assunto nelle relazioni sindacali del Paese, la sua strategicità nell'ambito di una visione moderna e complessiva di sostenibilità del sistema sanità, e l'importanza di diffondere una cultura della previdenza sanitaria e della mutualità, che aiuti il singolo nel momento del bisogno con meccanismi di protezione assistenziale collettiva e non soltanto individuale.
  Riteniamo che la vera sfida quindi non sia nella contrapposizione tra prestazioni integrative e sostitutive, quanto nel favorire con decisione uno sviluppo ordinato e trasparente di una vera sanità integrativa di natura no profit, che dialoghi sul piano delle politiche sanitarie con le istituzioni del Servizio sanitario nazionale e quindi contribuisca in modo complementare alla tutela della salute, come prevede l'articolo 32 della Costituzione.
  Confindustria pensa che il quadro normativo della sanità sia ancora incompleto e quindi ci sia la necessità di intervenire proprio su questo profilo. Consideriamo quindi ragionevole iniziare a riflettere anche sulle regole di questo riordino, nel senso di una maggiore trasparenza, efficienza e qualità della governance dei fondi e delle casse sanitarie e dei loro rapporti con la rete degli erogatori delle prestazioni sanitarie, nel senso delle garanzie informative per gli assistiti e dei criteri di buona gestione economica e finanziaria dei fondi e delle casse, e della standardizzazione dei dati e delle informazioni medico-economiche, per iniziare a dare omogeneità al sistema della sanità integrativa e quindi consentire la possibilità di analizzarlo e di indirizzarlo meglio.
  A fronte della rapida crescita della sanità integrativa, pensiamo che sia opportuno iniziare a riflettere anche sull'architettura di un sistema di vigilanza, che assicuri trasparenza, certezza nella gestione economica e finanziaria, tutela degli iscritti e buon funzionamento di tutto il sistema. Questa vigilanza dovrà essere diretta in particolare a controllare le modalità di svolgimento dell'attività dei fondi e delle casse, il rispetto dell'obbligo di non adottare politiche discriminatorie e di selezione dei rischi.
  Tenuto conto del fatto che si interverrebbe su un sistema di operatori già strutturato e diversificato da anni, come illustrato in precedenza, pensiamo che la definizione di questa parte ordinamentale non possa che avvenire con un confronto tecnico con i fondi sanitari e con le parti istitutive, cioè con le associazioni di rappresentanza e con i sindacati.
  A questo proposito, siamo pronti fin da ora a mettere le nostre competenze a disposizione di questo confronto.
  Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Non essendoci domande da parte dei deputati, ringrazio il direttore Sabatini e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti della
Confederazione cooperative italiane.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti della Confederazione cooperative italiane, che ringrazio per aver accolto l'invito della Commissione.
  Sono presenti Marco Venturelli, segretario generale, Silvia Freccia, direttore di Confcooperative sanità, Michele Odorizzi, presidente di Cooperazione salute.
  Pregherei i nostri ospiti di contenere il proprio intervento entro 10 minuti, per lasciare spazio ad eventuali domande dei colleghi, cui seguirà la replica. Gli auditi hanno già consegnato una relazione scritta e la documentazione sarà resa disponibile ai deputati attraverso l'applicazione GeoCamera e pubblicata sul sito internet della Camera dei Deputati.
  Do, quindi, la parola al Segretario generale di Confederazione cooperative italiane, Marco Venturelli.

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  MARCO VENTURELLI, segretario generale della Confederazione cooperative italiane. Grazie, presidente, grazie a tutti e buongiorno.
  Siamo molto lieti di partecipare a questa audizione perché la cooperazione di Confcooperative, ma la cooperazione tutta ha tra i propri caratteri quello della prossimità sui territori, di essere quindi vicino ai bisogni delle persone, quindi anche sulla dimensione delle politiche sanitarie operiamo e sviluppiamo progettualità.
  In particolare, abbiamo una federazione dedicata ai temi della sanità, che promuove cooperazione di medici, cooperazione di farmacisti, cooperazione tra operatori e soggetti che si dedicano alla sanità, e un settore di società di mutuo soccorso.
  Attraverso le valutazioni e le considerazioni che vi proponiamo vogliamo anche rappresentare un progetto nazionale che abbiamo messo in campo per promuovere la gestione di fondi sanitari e politiche sanitarie attraverso lo strumento della mutualità, e vedrete le specificità a cui risponde.
  Questo progetto e l'attività di Confcooperative Federazione sanità sono animati dalla volontà di operare per contribuire alla riduzione delle disuguaglianze esistenti anche sugli stessi territori all'interno delle comunità e al perseguimento dell'universalismo reale, dato da una reale accessibilità ai servizi sanitari, cui spesso un'ampia fascia di popolazione rinuncia a causa della difficoltà di farli rientrare nella propria disponibilità di reddito.

  MICHELE ODORIZZI, presidente di Cooperazione salute. Buongiorno anche da parte mia.
  Mi aiuto con un testo, cercando così di stare nel tempo programmato. Il terreno in cui è cresciuto il bisogno sociale di forme assistenziali integrative dell'offerta pubblica è quello del dibattito sulla garanzia della tutela universale e globale della salute, progressivamente disattesa a causa degli evidenti segni di crisi del suo modello di governo e di gestione.
  Constatiamo infatti come ad oggi non sia in grado di offrire tutele assistenziali all'altezza di una domanda che è in espansione e cambia nei contenuti, un problema che ha fra le sue cause più importanti a nostro avviso il fatto che in oltre quattro decenni di storia il nostro Servizio sanitario nazionale non ha mai realizzato l'assistenza nel territorio, puntando invece sull'ospedalità e sulla cura delle acuzie, da cui non si è mai emancipato.
  Pensiamo ad esempio all'assistenza domiciliare integrata (ADI), prestazione peraltro garantita dai LEA. A fronte di un fabbisogno stimato di 870.000 casi, gli anziani assistiti dall'ADI nel nostro Paese sono 433.000, i casi trattati ricevono in media 17 ore annue di prestazione sanitaria. Ancora (dati riferiti al 2016), 26 miliardi di spesa sociale complessivi per la long term care, di questi sono andati in servizi solo 588 milioni, mentre 23 miliardi di risorse statali sono state destinate a trasferimenti monetari.
  A questo aggiungiamo 11 miliardi di spesa privata ufficiale che se ne va per i servizi di badantato. Questo a fronte di un Servizio sanitario che ha visto un decremento considerevole nella forza lavoro negli ultimi anni e ha visto viceversa crescere le liste di attesa. Ciò spinge il cittadino a mettere mano alle proprie risorse per acquistare sul mercato le prestazioni e i servizi che il sistema pubblico non riesce a soddisfare, pagandoli direttamente o affidandosi all'intermediazione di organizzazioni mutuo-assicurative alle quali aderisce.
  Per noi, anche alla luce delle esperienze emergenti in vari Paesi d'Europa, la strategia di cambiamento dovrebbe puntare all'attualizzazione della sussidiarietà, intesa non come anti-statalismo, ma come affrancamento dell'azione pubblica alla valorizzazione delle iniziative delle formazioni della società civile, alla garanzia della loro autonomia, al riconoscimento della loro capacità di autogoverno in termini di responsabilità sociale condivisa.
  Sul versante dell'offerta, come richiamava il segretario Venturelli, la cooperazione associata già quotidianamente lavora nel territorio, negli ospedali, nelle RSA, cura nelle proprie case i pazienti, offre servizi di qualità e collabora sussidiandolo Pag. 21con il sistema pubblico. Parliamo di cooperative di medici, di farmacisti, di professionisti della salute, cooperative attive nell'assistenza socio-sanitaria ad anziani, disabili, minori, pazienti psichiatrici, malati terminali.
  Sul versante della domanda, un ruolo importante è stato svolto dalla mutualità volontaria aperta, garantita e promossa dall'articolo 45 della Costituzione, che il decreto-legge n. 179 del 2012 ha marcato con i suoi aspetti peculiari, acquisendo peraltro personalità giuridica, essendo iscritta a quel punto automaticamente in un'apposita sezione dell'Albo delle società cooperative e vigilata con la vigilanza tipica delle imprese cooperative, una mutualità che non ha fini di lucro, che esclude la remunerazione del capitale, che è aperta alla collettività e garantisce al socio l'assistenza a vita, promuovendo la partecipazione alla vita associativa e non svolgendo attività di impresa commerciale, né applicando trasferimenti di rischio.
  Dalle mutue come soggetti sussidiari nasce una prospettiva non di indebolimento della funzione dei poteri del pubblico, ma viceversa di avviamento sul versante dell'erogazione dei servizi sociosanitari al rientro nel ruolo proprio e insostituibile dello Stato regolatore.
  Uno Stato reso più forte, perché affiancato dall'autonomia sussidiaria del cittadino nelle sue forme organizzate, che si avvale quindi sul versante della domanda sia dell'incremento di efficienza complessiva del sistema, stimolata dalla complementarietà tra i due pilastri, sia dell'incremento di efficienza della spesa privata, grazie al processo di socializzazione del rischio e ai meccanismi concorrenziali tra fondi, gestori dei fondi ed erogatori.
  L'indebolimento non è ravvisabile nemmeno da un punto di vista economico. Non può essere infatti messo in discussione che il modello misto di finanziamento pubblico/privato dei livelli di assistenza costituisca un vantaggio per il sistema pubblico, anche nella misura in cui indirettamente sostiene il contribuente, agevolandolo fiscalmente attraverso la deducibilità dei contributi del costo del lavoro.
  Tale risparmio per il sistema pubblico consente al Servizio sanitario nazionale di migliorare la propria offerta, riducendo tagli espliciti, come ad esempio l'odontoiatria, o impliciti, quali i tempi di attesa, tutti riferiti ovviamente alle prestazioni, che in tal modo vengono sostenuti dalla sanità integrativa.
  In questo ambito, la strategia della cooperazione sanitaria ha trovato un facile terreno di coltura nel progetto mutualistico nazionale, che veniva prima citato, promosso da Confcooperative. L'obiettivo è di costituire un network di soggetti gestori di forme di assistenza integrativa sanitaria, socio-assistenziale e previdenziale di tutela della persona e della famiglia, dedicato ai soci e ai lavoratori delle cooperative ed aperto all'adesione dei cittadini.
  Ciò ha portato alla costituzione della mutua di sistema Cooperazione salute, che è stata costituita nel 2013 ed è operativa dal 2014. Ad oggi sono state servite più di 235.000 persone, mentre sono state garantite 366.000 prestazioni previste da oltre 50 coperture sanitarie, che mi preme sottolineare siano state progettate seguendo fondamentali linee guida.
  Per quanto riguarda la promozione dell'integrazione con il Sistema sanitario pubblico, tutte le coperture proposte presentano prestazioni negli ambiti più scoperti dal Servizio sanitario nazionale, tra cui in particolare l'odontoiatria. Per quanto concerne il principio di libertà di scelta per l'iscritto in riferimento alle strutture di offerta, i soggetti possono riferirsi indifferentemente a tutte le strutture, ovviamente incluse quelle pubbliche, ferma restando in ogni caso, anche quando si riferiscono alle strutture private, la presentazione della prescrizione del medico di base, della guardia medica o del pronto soccorso.
  All'interno di questo progetto rientra anche il sostegno e lo sviluppo di un'offerta privata socio-sanitaria in forma cooperativa, quindi non lucrativa, e un'attenzione specifica alle questioni di genere e di conciliazione.
  Nello specifico, in questi ultimi anni, sul totale dei rimborsi erogati in forma diretta o indiretta da Cooperazione salute, mediamente Pag. 22 il 30 per cento riguarda il rimborso dei ticket sanitari, il 27 visite specialistiche, il 22 per cento prestazioni in ambito odontoiatrico e di assistenza, il 15 alta diagnostica e il restante 6 per cento per interventi, maternità e gravidanza, rimborso di lenti e prevenzione.
  In sintesi, gli assistiti di Cooperazione salute si recano ampiamente presso il Servizio sanitario nazionale, ma quando le liste di attesa sono troppo lunghe hanno la possibilità di recarsi presso strutture convenzionate o private tout court, con l'effetto di ridurre le liste di attesa nell'ambito pubblico. Una costante attenzione alla sostenibilità del processo e al contenimento dei costi di gestione complessivi è stata fondamentale per il perseguimento dei risultati indicati.
  In questo senso, alcuni specifici parametri di sostenibilità ci portano ad individuare, pur a fronte di contribuzioni largamente inferiori ai 100 euro pro capite, un costo di gestione complessivo definito nel massimo del 25 per cento, che però non ha mai superato il 19, un parametro di sostenibilità rimborsuale per cui il 75 per cento delle risorse sono riservate ai rimborsi e un parametro di sostenibilità patrimoniale per cui il patrimonio di Cooperazione salute deve essere pari almeno al 50 per cento dei contributi raccolti annualmente, con un'elevata garanzia di esigibilità delle prestazioni.
  Per noi di Confcooperative, firmatari di diversi contratti collettivi nazionali, l'assistenza sanitaria integrativa è inoltre una delle materie di matrice contrattuale di impegno prioritario per la tutela dei soci lavoratori e dei dipendenti. Nell'ambito del nostro modello negoziale è una delle voci di welfare contrattuale principali, e allo stato tra le più diffuse all'interno delle norme di molti CCNL cooperativi. Siamo sempre partiti dal convincimento (non siamo i soli a pensarlo) che i lavoratori privi di una sanità integrativa e negoziale allo stato attuale, per come si è evoluto il sistema sanitario nel nostro Paese e per le sue carenze descritte, risultino lavoratori meno tutelati.
  La proposta di eliminare i benefici fiscali, di cui all'articolo 51 del TUIR, ai fondi sanitari che non erogano esclusivamente prestazioni integrative indebolirebbe notevolmente non solo le aziende che hanno l'obbligo contrattuale di garantire l'assistenza integrativa sanitaria, ma soprattutto i lavoratori iscritti ai fondi negoziali, che non potrebbero più accedere a prestazioni sanitarie nelle strutture private, anche nei casi in cui il Servizio sanitario nazionale non è in grado di garantire cura e diagnosi tempestiva oppure a costi più elevati.
  È bene in questo senso ribadire un diritto contrattuale esigibile. Il Sistema sanitario, che già assorbe una fetta importante dei bilanci delle regioni italiane, necessita di una razionalizzazione sul versante dell'efficacia e dell'efficienza, che dovrebbe essere accompagnata da un processo che liberi le energie di chi opera in modo complementare sul mercato privato con finalità pubbliche, ma costruire politiche in grado di liberare energie degli operatori non significa consegnare i cittadini a un mercato puramente privato o speculativo.
  Noi sosteniamo pluralità e pluralismo, chiediamo spazi per disegnare risposte di welfare pubbliche e private, ma per noi significativamente del privato sociale. Abbiano dimostrato e vogliamo continuare a farlo che si possono coniugare efficacia ed efficienza con accessibilità dei prezzi e delle prestazioni.
  In questo senso faccio alcune conclusioni e proposte. Riteniamo prioritario proporre la costituzione di una regia unica interregionale, fondata sulla programmazione partecipata degli obiettivi di protezione sociale e delle linee generali di azione, al cui interno lo Stato si faccia committente e garante dei livelli uniformi di assistenza; il riequilibrio, quindi, tra le funzioni di copertura dei due pilastri, con un travaso dal primo al secondo, travaso che potrebbe essere realizzato mediante la ridefinizione dei LEA in chiave selettiva e accompagnato da una parallela rimodulazione dei flussi di finanziamento, incentivata adeguatamente sul versante fiscale; la definizione per i fondi sanitari integrativi di derivazione negoziale, di nuove, eventuali regole, che mettano Pag. 23 al centro il tema della rappresentanza dei soggetti che li vanno a costituire, evitando quelle forme di patologia in termini di dumping contrattuale e proliferazione di CCNL pirata; la legittimazione del presupposto di garantire il diritto contrattuale di un lavoratore alla sanità integrativa, così come previsto dal suo CCNL, anche attraverso forme alternative rispetto ai fondi sanitari negoziali, purché sia garantita l'equipollenza nelle prestazioni, ricorrendo ad esempio a strumenti mutualistici; il sostegno al coinvolgimento e alla collaborazione tra gli attori della sanità pubblica (medici di medicina generale e farmacie) e i fondi integrativi stessi; infine, sistemi di controllo dei risultati condivisi e focalizzati sugli outcome di salute, anche con riferimento alla soddisfazione dell'utenza; maggiore trasparenza nella rendicontazione da parte dei fondi affidati a gestione.

  PRESIDENTE. Non essendoci domande da parte dei deputati, ringrazio gli auditi per il loro contributo.
  Dichiaro concluse le audizioni odierne.

  La seduta termina alle 13.30.