XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (XI-XIV Camera e 11a-14a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Martedì 25 febbraio 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Giaccone Andrea , Presidente ... 3 

Audizione del Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali, Nicolas Schmit, sulle tematiche di sua competenza (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 144-quater, comma 2, del Regolamento del Senato della Repubblica):
Giaccone Andrea , Presidente ... 3 
Schmit Nicolas , Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali ... 3 
Giaccone Andrea , Presidente ... 7 
Cominardi Claudio (M5S)  ... 7 
Giaccone Andrea , Presidente ... 8 
Pittella Gianni  ... 8 
Giaccone Andrea , Presidente ... 8 
Ianaro Angela (M5S)  ... 8 
Giaccone Andrea , Presidente ... 9 
Serracchiani Debora (PD)  ... 9 
Giaccone Andrea , Presidente ... 10 
Costanzo Jessica (M5S)  ... 10 
Giaccone Andrea , Presidente ... 10 
Rizzetto Walter (FDI)  ... 10 
Gribaudo Chiara (PD)  ... 11 
Cubeddu Sebastiano (M5S)  ... 12 
Lepri Stefano (PD)  ... 13 
Rossello Cristina (FI)  ... 13 
Mura Romina (PD)  ... 13 
Tosato Paolo  ... 14 
Floris Emilio  ... 14 
Viscomi Antonio (PD)  ... 15 
D'Alessandro Camillo (IV)  ... 15 
Giaccone Andrea , Presidente ... 15 
Schmit Nicolas , Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali ... 15 
Giaccone Andrea , Presidente ... 19

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA XI COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
ANDREA GIACCONE

  La seduta comincia alle 12.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali, Nicolas Schmit, sulle tematiche di sua competenza.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 144-quater, comma 2, del Regolamento del Senato della Repubblica, l'audizione del Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali, Nicolas Schmit, sulle tematiche di sua competenza. Do quindi il benvenuto al Commissario europeo Schmit, che ringrazio per la sua partecipazione alla seduta odierna anche a nome del presidente della XIV Commissione della Camera dei deputati (Politiche dell'Unione europea), onorevole Sergio Battelli, impossibilitato a partecipare alla seduta perché impegnato in una missione istituzionale a Parigi con una delegazione della sua Commissione, nonché dei presidenti delle Commissioni 11a (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) e 14a (Politiche dell'Unione europea) del Senato della Repubblica, senatrice Susy Matrisciano e senatore Ettore Antonio Licheri. Al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori delle Commissioni e garantire a tutti la possibilità di intervenire, chiedo ai colleghi di far pervenire fin da ora al banco della Presidenza le proprie richieste di intervento, per poter distribuire il tempo a disposizione e dar modo al Commissario di replicare, poiché l'audizione dovrà concludersi improrogabilmente entro le ore 14.30. Invito tutte le colleghe e i colleghi a contenere le loro domande e considerazioni entro un massimo di cinque minuti, restando inteso che eventuali ulteriori quesiti potranno essere inoltrati agli uffici del Commissario europeo in forma scritta anche successivamente. Do quindi la parola al Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali Nicolas Schmit per il suo intervento introduttivo. Prego.

  NICOLAS SCHMIT, Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali. Caro presidente, cari membri della Camera e del Senato, sono felice e molto onorato di essere qui per una discussione sulle politiche sociali e sulle politiche del lavoro dell'Unione europea. Permettetemi di parlare in inglese e magari anche in francese, perché per me è difficile esprimermi in italiano. Mi sforzerò di far meglio la prossima volta. È per me un grande onore, come ho già detto, venire alla Camera per parlare con voi delle politiche sociali e delle politiche del lavoro dell'Unione europea. Due anni fa, a marzo, la nostra Unione europea ha celebrato il sessantennale dei trattati di Roma e tutti gli Stati membri si sono impegnati a favore di un'Europa sicura e protetta, un'Europa prospera e sostenibile, un'Europa più forte sulla scena mondiale. Tutti gli Stati membri e le Istituzioni si sono anche impegnati per un'Europa sociale, fondata su una crescita sostenibile. La dichiarazione di Roma, sostenuta dagli Pag. 4Stati membri, si impegna a favore di un'Unione che promuova il progresso economico e sociale, la coesione e la convergenza, la parità tra uomo e donna e pari diritti e opportunità per tutti, che combatta la disoccupazione, la discriminazione, l'esclusione sociale e la povertà. Pochi mesi dopo, a Göteborg, l'Unione e gli Stati membri hanno adottato il Pilastro europeo dei diritti sociali, che ormai è la base delle nostre politiche sociali e delle nostre politiche nell'ambito del lavoro. Senz'altro, ci troviamo davanti a un crocevia. La competizione globale sta diventando più accesa; l'Europa deve essere in grado di reggersi sulle proprie gambe in diversi settori: economia, difesa, sicurezza. Dobbiamo raccogliere le sfide della rivoluzione tecnologica che sta avvenendo con la digitalizzazione e l'intelligenza artificiale, ma dobbiamo anche far fronte a una crisi che sta avendo luogo nel nostro ambiente. Dobbiamo, insomma, affrontare il cambiamento climatico e, come dico sempre, possiamo negoziare con altri Paesi, possiamo negoziare con imprese, con dirigenti, leader mondiali, ma, purtroppo, non possiamo negoziare con il clima; semplicemente, dobbiamo tenerne conto, dobbiamo capire cosa sta succedendo, cosa sta cambiando e dobbiamo adattare il nostro modo di produrre, il nostro modo di organizzare le nostre economie rispetto a questo vincolo di fondo. La Commissione europea ha definito un obiettivo molto alto: quello di fare dell'Europa il primo continente neutro in termini di emissioni di CO2. Questa è senz'altro una grande sfida per tutti noi, ma è anche un'enorme opportunità, un'opportunità per riorganizzare, riprogettare l'economia europea, ma anche il nostro modo di vivere e di avere una società equa e giusta. Diventare, però, neutri in termini di emissioni di CO2 implicherà un cambiamento delle nostre modalità produttive e potrà colpire più duramente certe regioni e certi lavoratori. Dovremo sostenere il miglioramento e l'aggiornamento delle competenze e stare al fianco di chi è più vulnerabile, di chi si deve accollare l'onere maggiore di questi cambiamenti, perché una transizione a spese dei lavoratori non è una transizione equa; sarebbe una transizione fallita che, temo, potrebbe ritorcersi contro di noi. Il Fondo per una transizione giusta assisterà dunque le regioni più colpite. Potrebbe andare a beneficio di alcune zone della Puglia e della Sardegna, dove ci sono ancora centrali a carbone e impianti siderurgici. Mi rendo ben conto dei problemi... soprattutto nella zona del golfo di Taranto, per tutto quello che sta succedendo lì. Questo è essenziale, perché non ci possiamo permettere ulteriori diseguaglianze.
  La disoccupazione è diminuita negli ultimi anni, ma si è invece ampliata la disparità di reddito. Il divario di genere rimane ampio e la povertà lavorativa investe un numero crescente di persone. Qui aggiungerei anche la precarietà di molti lavoratori, soprattutto di giovani lavoratori, che, pur avendo oggi un lavoro, non sanno se lo avranno anche domani; e dobbiamo davvero lavorare per l'integrazione e la sicurezza di questi posti di lavoro, specie per i giovani. Il progetto europeo non può avere vincitori e perdenti. Per essere sostenibile, deve funzionare per tutti; invece è ancora troppo spesso percepito come sbilanciato, non equo o come un progetto che non tiene abbastanza conto dei problemi dei cittadini. Quindi, la Commissione europea si adopererà per migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori europei, favorirà una convergenza sociale verso l'alto in Europa – non cioè abbassando i nostri standard sociali – e farà in modo che ognuno abbia un pari accesso alle opportunità. Il 14 gennaio la Commissione ha presentato un'agenda per raggiungere questi obiettivi e fare in modo che nessuno rimanga indietro durante le imminenti transizioni, verde e digitale. Questa agenda farà sì che l'economia lavori, funzioni per la gente, come ha detto la Presidente della Commissione nel suo primo intervento davanti al Parlamento europeo, e aiuterà l'Italia a far fronte a molte sfide, come accade per tutti gli altri Stati membri, perché, se l'Italia si è ripresa dalla crisi, ancora non sta bene quanto prima della crisi. Evidenzierò tre criticità persistenti e dirò come l'Unione europea può contribuire. Innanzitutto, il tasso di occupazione Pag. 5in Italia è ancora al di sotto dell'obiettivo Europa 2020, essendo pari al 64 per cento invece che al 67 per cento, ed è al di sotto della media europea, che è pari al 74 per cento, oltretutto con uno dei divari di genere più ampi d'Europa in quanto all'occupazione. Come parte di una più ampia strategia di lotta alla povertà, la Commissione europea si adopererà per aumentare l'accesso all'assistenza all'infanzia e ai servizi di base per i bambini, attraverso una «Garanzia per l'infanzia». Ciò a sua volta permetterà a più donne di accedere al mercato del lavoro. Attualmente, una donna su cinque con responsabilità di cura non può lavorare oppure lavora solo a tempo parziale. Una strategia europea per la parità di genere contribuirà altresì a restringere i divari di genere di salari e pensioni, anche attraverso misure vincolanti per la trasparenza dei salari. Infine, una strategia rafforzata per la disabilità contribuirà a migliorare l'accesso dei disabili ai luoghi di lavoro. In secondo luogo, la disoccupazione giovanile, di cui ho già parlato, continua a scendere, ma è ancora il doppio della media europea: il 28,6 per cento rispetto al 14,4 per cento. Il tasso di giovani non impegnati nel lavoro, né nello studio né nella formazione (NEET) è uno dei più alti in Europa, essendo pari al 19,2 per cento rispetto a una media europea del 10,5. A marzo daremo nuovo impulso alla nostra «Garanzia per i giovani», mettendo l'accento sulle competenze digitali e sui NEET. Questo è di importanza vitale per l'Italia, che è terzultima nell'Unione europea per quanto riguarda i livelli di competenze digitali di base e avanzate. Aggiorneremo, inoltre, l'attuale agenda per le competenze, in modo che le competenze acquisite a scuola e sul lavoro soddisfino le esigenze dei mercati. In Italia, un lavoratore su cinque ha una qualifica inferiore ai requisiti richiesti per il suo posto di lavoro. La formazione e l'istruzione professionale saranno oggetto perciò di un'iniziativa apposita. Ieri ho visitato un'istituzione qui a Roma: l'istituto Cnos-Fap Don Bosco. Sono rimasto stupito dal livello di formazione professionale che impartiscono e mi hanno detto che, dopo sei mesi, il 90 per cento dei loro allievi ha un lavoro, ha un contratto; e non sono contratti per pochi mesi, ma, a volte, a tempo indeterminato. Questo è il modo giusto di procedere e promuovere la formazione e l'educazione professionale. Non saremo in grado di tenere il passo della digitalizzazione e dell'ecologizzazione dell'industria, se non si avrà una riconversione delle competenze, nell'assolvimento di questo compito dovremo coinvolgere anche le piccole e medie imprese. Sapendo che l'economia italiana è molto forte grazie alle sue PMI, noi dobbiamo concentrarci sulla riconversione delle competenze, soprattutto digitali, all'interno di queste imprese, in modo da aiutarle a non restare indietro. La nuova strategia industriale avrà quindi un forte legame con la nostra agenda per le competenze e invitiamo le aziende a offrire opportunità di formazione professionale. Sarà questo il senso del «Patto per le competenze», che presto lanceremo a beneficio dei lavoratori, ma anche delle imprese e della loro competitività; e invito le imprese italiane ad aderire numerose a questo Patto.
  La terza sfida è la povertà. In Italia, la quota di popolazione a rischio di povertà sta calando, ma rimane relativamente alta. La Commissione si impegnerà in un'ampia riflessione sulle cause e gli effetti della povertà. In particolare, esamineremo la questione abitativa. Il 14,1 per cento delle famiglie in Italia, rispetto al 7,6 per cento nel resto d'Europa, non poteva riscaldare adeguatamente la propria casa. E la condizione dei senza dimora è divenuta un grosso problema europeo. Stiamo anche presentando un'iniziativa per un equo salario minimo. Un salario minimo adeguato deve essere fissato da ciascuno Stato membro e ciò che mostra l'analisi è che l'innalzamento del salario minimo ha un grande effetto positivo sulla povertà lavorativa: la povertà dei lavoratori, infatti, diminuisce. Ho discusso queste questioni con la Ministra del lavoro e delle politiche sociali e parlerò di salario minimo anche con le parti sociali oggi pomeriggio. Promuovere un salario minimo non significa interferire sui meccanismi di determinazione dei salari a livello nazionale. Noi rispettiamo la Pag. 6contrattazione collettiva, che specie in Italia copre un ampio settore. Ciò detto, sappiamo anche che il Governo sta pianificando l'introduzione di un salario minimo legale. Cercheremo anche di migliorare il dialogo sociale nei Paesi dell'UE. Un dialogo sociale efficace porta migliori risultati ai lavoratori e ai datori di lavoro, dunque ci adopereremo per migliorare le capacità dei sindacati e delle organizzazioni imprenditoriali a livello dell'Unione e nazionale. In quanto al semestre europeo, le raccomandazioni della Commissione all'Italia nel 2019 si sono concentrate sul lavoro sommerso, che è molto diffuso in Italia, dove emergono situazioni drammatiche in termini di mancanza di tutela sociale, di cattive condizioni di lavoro e di bassissimi salari. L'Unione europea ha lanciato un'iniziativa per combattere il lavoro sommerso. Ho discusso anche di questo con la Ministra del lavoro e delle politiche sociali. Insieme dobbiamo ridurre il lavoro sommerso e riportarlo nel contesto dell'economia normale. L'occupazione dei giovani, dei gruppi svantaggiati, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro... qui bisogna riqualificare, soprattutto in termini di competenze digitali. Nel prossimo quadro finanziario, soprattutto attraverso il Fondo sociale europeo, il cosiddetto FSE+, dovremo lavorare su questo e siamo pronti a discutere con il Governo italiano, con le parti sociali, con gli enti locali di come migliorare, far meglio in questi ambiti, grazie anche all'appoggio dei fondi europei. L'Italia ha svolto infatti un interessante esercizio di consultazione, che ha coinvolto tutte le parti interessate, per configurare la programmazione finanziaria del periodo tra il 2021 e il 2027. Il semestre europeo, quindi, rimarrà il principio guida per la scelta delle priorità di intervento e il Fondo sociale europeo Plus, con la sua dotazione, che per l'Italia è di circa 13 miliardi e mezzo di euro, rispetto alla dotazione precedente di 12 miliardi di euro, avrà un ruolo importante. Stiamo anche lavorando su un sistema europeo di riassicurazione per la disoccupazione, che dovrebbe intervenire quando un'economia è colpita da uno shock esterno, per dare agli Stati membri la possibilità di mantenere i livelli dei sussidi di disoccupazione. Qui in gioco c'è un aspetto sociale, ma anche un aspetto economico.
  Un'altra grande questione attiene al nostro modo di organizzare la governance economica. Il mio collega, il Commissario Gentiloni, lavora gomito a gomito con me per migliorare la governance economica, per avere un migliore approccio al semestre. Abbiamo già incluso la sostenibilità nell'ambito della governance economica e sociale, ma c'è un grande obiettivo che dobbiamo veramente perseguire, ovvero la promozione degli investimenti in Europa e, soprattutto, in Italia. Questa è una grande questione, anche rispetto al «Green deal» e alla trasformazione digitale. L'Europa deve investire di più; abbiamo bisogno di norme che ci permettano di liberare gli investimenti; intendo gli investimenti pubblici, ma anche quelli privati. Davvero, abbiamo bisogno di una rivoluzione degli investimenti in Europa, se vogliamo tenere il passo dei cambiamenti, ma anche se vogliamo reggere il passo dei nostri concorrenti, la Cina, gli Stati Uniti e alcuni altri Paesi. È quindi molto importante per l'Europa sostenere strategie di crescita, investire nel lavoro e nelle competenze.
  Un ultimo accenno ora all'economia sociale, perché io ho nel mio portafoglio anche la competenza sull'economia sociale. La Presidente della Commissione mi ha incaricato di lavorare su un piano d'azione per promuovere l'economia sociale. So che l'economia sociale in Italia è molto importante: 380 mila organizzazioni in questo settore, circa un milione e mezzo di occupati. Questo settore ci può aiutare a superare tanti problemi sociali, ma può rivelarsi anche un settore dinamico, creando molti posti di lavoro. Concludendo, tutte le azioni che ho esposto avranno bisogno di un forte sostegno politico, e quando dico «forte sostegno politico» intendo anche «forte sostegno politico dei Parlamenti nazionali». Dobbiamo lavorare gomito a gomito con i Parlamenti nazionali per cambiare e migliorare l'economia europea, ma anche per rafforzare la dimensione sociale in Europa. Abbiamo perciò lanciato, qualche settimana Pag. 7 fa, un piano d'azione per un'Europa sociale forte nel contesto di transizioni eque. Bisogna fare in modo, come ho già detto, che le transizioni siano giuste, che siano vantaggiose per tutti, che nessuno rimanga indietro. Questa tabella di marcia per un'Europa sociale dovrebbe portarci al piano d'azione che attuerà il Pilastro europeo dei diritti sociali. Così facendo, noi perseguiamo uno dei fondamentali obiettivi del progetto europeo: prosperità per tutti, giustizia sociale, equità sociale e democrazia. Vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Bene, ringraziamo il Commissario europeo Schmit per la relazione. Ho già alcuni iscritti a parlare. Collega Cominardi.

  CLAUDIO COMINARDI. Grazie, presidente. Colgo l'occasione anch'io per ringraziare il Commissario europeo per la sua relazione. Vorrei concentrarmi su tre punti, in particolare. Il primo riguarda il rafforzamento del Pilastro europeo dei diritti sociali, in quanto questo comporta il potenziamento anche economico, almeno come lo intendo io, del Fondo sociale europeo. Nel quadro finanziario pluriennale del periodo dal 2021 al 2027 è previsto uno stanziamento di 100 miliardi di euro. So che lei è sensibile a questo tema e so che anche lei in parte, mi sento di poter dire, ritiene questi 100 miliardi non propriamente sufficienti. Si può fare qualcosa di più, in questo senso, proprio in vista delle sfide che ci aspettano, tra cui, ricordo, la disoccupazione tecnologica e l'invecchiamento della popolazione, che riguarda particolarmente il nostro Paese, l'Italia, rispetto agli altri Paesi europei. Tra l'altro, so che sono temi a cui lei è molto sensibile. Pure io ho avuto modo di impegnarmi su tali temi in diverse vesti, sia da parlamentare sia da membro del Governo e vorrei capire se ci sono effettivamente ulteriori margini per potenziare con maggiori risorse il Fondo sociale europeo. L'altro tema è il salario minimo. L'Italia è uno dei pochi Paesi in Europa che non ha un salario minimo istituito per legge e questo, a mio avviso, è un importantissimo tema da portare avanti; non è più procrastinabile. Siccome rientra tra gli obiettivi della Commissione e nel primo trimestre di quest'anno è prevista una serie di contatti con le parti sociali, volevo sapere se poteva condividere con noi qualche informazione sugli incontri che sono avvenuti e che si terranno in futuro con le parti sociali su questo specifico tema. Faccio presente che io faccio parte di una forza politica, il Movimento 5 Stelle, che ha appoggiato l'elezione alla presidenza della Commissione europea di Ursula Von der Leyen. Tra i temi che abbiamo posto all'attenzione ci sono lo scorporo degli investimenti nel settore sociale dai vincoli del Patto di stabilità, il salario minimo e l'«Housing First», con una trasversalità e un'attenzione massima ai soggetti minori. Il terzo punto, invece, riguarda un problema contingente, che è quello del Coronavirus. L'Italia, in questa fase, è colpita da questa epidemia. La diffusione di tale virus, sicuramente, sta danneggiando e danneggerà economicamente il Paese, quindi le imprese, quindi i lavoratori. Io ritengo sia importante, da parte dell'Unione europea tutta, dare un contributo. Il Governo italiano sta facendo la sua parte, però un aiuto, un contributo da parte dell'Unione europea credo sia fondamentale e assolutamente urgente. Nel contempo, credo sia importante promuovere una sorta di «maxi test» europeo dello smart working, perché è una delle azioni che si possono intraprendere in questa fase di epidemia per limitarne i danni. Concludo dicendo che il Governo Conte I, così come il Governo Conte II, ha portato avanti una serie di azioni, rispetto ai temi importanti dell'Europa, che già stanno producendo effetti. Prima si parlava di lavoro precario. Con un decreto ad hoc che agisce sui contratti a termine, ma non solo, dal 2018 al 2019 abbiamo avuto 365 mila rapporti di lavoro stabile in più. Abbiamo parlato di contrasto alla povertà. Con il reddito minimo garantito istituito dal Governo Conte I siamo arrivati a coprire una fascia di popolazione di due milioni e mezzo di persone in povertà assoluta. Siamo intervenuti anche sui lavoratori delle piattaforme digitali, introducendo diritti che prima Pag. 8non c'erano. Alcuni Paesi membri si stanno interessando a questa norma e a quello che stiamo attuando; anche la Francia, mi risulta. Lo stesso discorso vale per le competenze digitali, che continuano a cambiare e a rivoluzionare il mondo del lavoro. Abbiamo fatto, come Paese, degli investimenti molto importanti per la riforma dei Centri per l'impiego e per tutto il sistema formativo. Qui concludo e ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie, collega Cominardi. Collega Pittella, a lei la parola.

  GIANNI PITTELLA. Un abbraccio affettuoso a Nicolas e un saluto allo staff e alla dottoressa Bertulessi, con cui ho avuto la fortuna di collaborare per lunghi anni al Parlamento europeo. Credo che, in un tempo segnato, soprattutto, dall'ingiustizia, sia sul piano europeo sia sul piano mondiale, non ci potesse essere un Commissario migliore dell'attuale; e lo dico perché conosco la sua competenza, che ha dimostrato, prima, nei suoi incarichi di Governo nazionale e, ora, nei primi mesi del suo incarico di Commissario europeo. I due grandi temi che abbiamo di fronte sono stati da lui anticipati nella sua relazione: il tema del Green deal, ovvero, come trasformare questo – non dico slogan – questo trend, questa scelta politica in posti di lavoro; e il tema della digitalizzazione, della trasformazione veloce del mondo e dell'Europa, che non può significare soltanto perdita di lavoro, ma anche creazione di nuovo lavoro. Ora, rispetto a questi grandi temi generali, vi sono poi le questioni più concrete. Non posso toccarle tutte. Ne tocco quattro, ma velocissimamente. La prima è l'attuazione al Pilastro europeo dei diritti sociali; altrimenti, rimane una grande conquista bellissima, stupenda, meravigliosa sulla carta, se non è accompagnata, come sta facendo il Commissario, da direttive attuative. Seconda questione: schema europeo di riassicurazione per i disoccupati. Ricordo che ci fu una proposta anche dell'ex Ministro Padoan su questo tema. Credo che, a livello europeo, si possa prevedere una misura di questo genere. Terza questione: salario minimo europeo. Io sono d'accordo, ovviamente senza indebolire la capacità contrattuale delle forze sociali, sia dei sindacati sia delle imprese. Quarto tema: quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027, in relazione al quale la presidenza croata propone tagli a settori sensibili. Il suo discorso, condivisibile perché incentrato sulla necessità di agevolare e sostenere la crescita, si scontra con l'incapacità degli Stati membri di fare un bilancio che vada oltre l'un per cento del reddito nazionale lordo. Allora parliamoci chiaro, sgombriamo il campo da questa ipocrisia, che non è l'ipocrisia della Commissione europea, che non è l'ipocrisia del Parlamento europeo, ma che è l'ipocrisia gli Stati membri, i quali non riescono ad andare oltre il proprio naso e non si riescono a mettere d'accordo nemmeno nel momento in cui sarebbe necessario un bilancio forte e robusto. Infine, il Coronavirus, richiamato giustamente dal collega che mi ha preceduto. La cosa più importante, secondo il mio avviso, è fare protocolli comuni a livello europeo. Se l'Europa ci vuole aiutare, ci aiuti, nel senso: «facciamo insieme le cose e stabiliamo regole comuni». Se ognuno, nel proprio quartiere o nella propria regione, si alza e decide come fare la lotta o la prevenzione al Coronavirus, siamo «fregati».

  PRESIDENTE. Grazie. Collega Ianaro.

  ANGELA IANARO. Grazie, presidente. Grazie, Commissario Schmit, per la sua relazione esaustiva. Signor Commissario, tra i suoi compiti rientra l'attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali, che sancisce venti princìpi e diritti. Io mi vorrei soffermare in particolare sull'attuazione della parità di genere e delle pari opportunità. Sappiamo tutti che il tasso di natalità diminuisce in maniera preoccupante nell'Unione europea e che tale tendenza è aggravata ulteriormente dalla crisi, poiché la disoccupazione, la precarietà e l'incertezza sul futuro e sull'economia spingono le coppie, in particolare, le giovani donne, a rimandare la decisione di avere figli, il che rafforza ulteriormente la tendenza all'invecchiamento della popolazione dell'intera Unione. In particolare, il numero di Pag. 9donne che vive in condizioni di povertà e di esclusione è maggiore rispetto a quello degli uomini. Le donne lavorano più spesso rispetto agli uomini a tempo parziale, con contratti di lavoro temporaneo o a tempo determinato, e la povertà delle donne in gran parte è dovuta proprio a questa tipologia di contratti di lavoro. Considerando che la condivisione delle responsabilità familiari e domestiche tra uomini e donne è una condizione indispensabile per la realizzazione della parità di genere e che la piena garanzia dei diritti a tutela delle condizioni di salute e sicurezza delle lavoratrici madri è un passo necessario per una piena realizzazione del Pilastro europeo dei diritti sociali, le chiedo quali siano gli intendimenti della Commissione in merito alla revisione della direttiva sul congedo di maternità, risalente al 1992, al fine di migliorare la salute e la sicurezza delle donne gestanti, delle puerpere o delle donne in periodo di allattamento, affrontando in tal modo le sfide demografiche e riducendo anche la disuguaglianza tra uomini e donne in Europa. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Collega Serracchiani.

  DEBORA SERRACCHIANI. Grazie, signor Commissario, per la sua presenza qui oggi. Desidero avere alcune puntualizzazioni. Lei ha parlato poco del tema che, a mio parere, a nostro parere, riguarda l'Occidente e, in particolare, il continente europeo: il tema demografico, che incide significativamente sulle questioni di cui lei ha l'onore di occuparsi, e cioè gli affari sociali, le politiche sociali, le politiche del lavoro. Sul tema demografico noi riteniamo che i Paesi non possano andare in ordine sparso. Ci sono alcune proposte che interessano l'Italia e ci piacerebbe sapere se ci sono delle idee anche a livello europeo che possano, in qualche modo, coordinare gli interventi previsti. In Italia, ad esempio, stiamo affrontando, anche grazie a un'indicazione molto puntuale che il Partito democratico ha voluto dare nell'agenda di governo, il tema dell'assegno unico per l'aiuto alle famiglie, come misura per contrastare la denatalità, ma anche per affrontare i problemi della crescita, che investono il Paese e il continente europeo. Sul tema delle politiche sociali, che, in qualche modo, possono avere effetti uniformi, almeno nei grandi Paesi europei, vorremmo sapere se la Commissione europea ha intenzione di intervenire con linee guida comuni. Sul salario minimo i colleghi sono già intervenuti. Io desidero solo precisare che l'Italia ha comunque una condizione parzialmente diversa da quella di altri grandi Paesi europei. Noi abbiamo una contrattazione collettiva estremamente forte, che riguarda ormai l'80 per cento delle tipologie lavorative italiane. Vorremmo capire come può lo schema italiano non entrare in contrasto con eventuali disposizioni europee che non tengano conto di questa nostra specificità. Sul tema della «Garanzia per i giovani», onestamente, guardandola dall'Italia, non possiamo dire che sia stato un successo; quindi, vorremmo capire come la Commissione europea intenda guidare i futuri percorsi di sostegno alle nuove generazioni nell'ingresso nel mercato del lavoro con strumenti che non siano limitati soltanto all'utilizzo, ad esempio, del Fondo sociale europeo, senza una strategia comune che aiuti, per esempio, i giovani informatici di questo Paese, non solo a restare in Italia, ma anche a riuscire a essere un investimento e non un costo. La «Garanzia per i giovani» in Italia, oggettivamente, non è riuscita a dare quella scossa forte che la Commissione europea si era ripromessa e che, onestamente, non siamo riusciti a percepire. Da ultimo, una questione molto specifica, ma che credo investa le sue competenza, signor Commissario, visto che in Europa l'Autorità europea per il lavoro è – credo – tra le sue responsabilità. Ci sono alcune specificità che riguardano particolari segmenti del mercato del lavoro in Italia, sulle quali vorremmo vi fosse un interessamento da parte della Commissione europea per aiutarci a capire come muoverci. Le faccio un esempio per tutti: c'è un tema in discussione in questo momento tra l'Italia e la Commissione europea, che riguarda la natura giuridica delle autorità portuali e dei sistemi portuali italiani. Pag. 10 Qualora la natura giuridica delle autorità portuali venisse a modificarsi nel contesto europeo, per l'Italia significherebbe modificare in modo esiziale un mondo, quello della logistica e dei porti, che per noi è particolarmente importante ed è un volano di crescita, con conseguenze anche sul mercato del lavoro di quel settore. Ora, non crediamo che decisioni come queste possano essere prese in modo «spot», ma in un contesto europeo che dia garanzie a Paesi come il nostro, che hanno individuato alcune strategie di crescita, ad esempio quella della logistica e della portualità, sulle quali non vorrebbero tornare indietro. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, collega Serracchiani. Collega Costanzo.

  JESSICA COSTANZO. Grazie, presidente. Volevo ringraziare in particolare Nicolas Schmit, più che altro perché ha fatto una panoramica veramente esaustiva sui temi principali, anche su quelli di competenza della Commissione. In particolare, sottoscrivo e condivido l'intervento e le richieste del collega Cominardi. Mi unisco alle richieste che sono state fatte, ma non vorrei soffermarmi sui grandi temi, che sono già stati affrontati, come quello del salario minimo orario, che, nel quadro della prima fase di attuazione del Pilastro europeo per i diritti sociali, è un argomento complementare, insieme alla riassicurazione dei regimi di disoccupazione nazionali. Della riassicurazione, veramente, si parla ed è prevista in caso di shock esterni, ovviamente con una partecipazione del bilancio europeo, quindi con una sorta di integrazione. Però, vede, presidente, io volevo porre un altro problema che riguarda l'economia italiana e non credo solo italiana, quello della concorrenza sleale che deriva dalla delocalizzazione, dalle importanti delocalizzazioni che abbiamo subito e che stiamo ancora subendo a carico della nostra struttura produttiva, che sono causa anche di un dumping contrattuale. Credo quindi che il salario minimo europeo possa comportate anche una sorta di responsabilizzazione un po' di tutti i Paesi membri, perché la competitività è fondamentale, ma deve essere sempre garantita nell'ottica di una tutela dei diritti. Una competitività al ribasso dei diritti non ci interessa, nel senso che non è il nostro principale obiettivo. Vogliamo essere competitivi garantendo i diritti, ovviamente con la flessibilità del caso, perché, necessariamente, le sfide attuali ci chiedono flessibilità in termini lavorativi e in termini di produzione; ma la flessibilità non deve essere confusa con la precarietà, soprattutto perché, con riferimento alla disoccupazione, noi abbiamo un'alta disoccupazione giovanile, ma stiamo registrando anche un'alta disoccupazione di lavoratori over 40, over 50, che faticano a reinserirsi nel mondo del lavoro e che sono le principali vittime di queste delocalizzazioni. Quindi, la mia richiesta, insieme a quella dei colleghi, è quella di focalizzarsi anche su tutte le economie che stanno subendo questo fenomeno, in un'ottica maggiormente egualitaria. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie, collega. Collega Rizzetto.

  WALTER RIZZETTO. Grazie, presidente. Buongiorno al Commissario Nicolas Schmit. Benvenuto. Ho ascoltato con attenzione il suo intervento. Posso dirmi assolutamente d'accordo su molti temi che lei ha toccato, anche se, come già detto, ha fatto una panoramica senza scendere nello specifico rispetto ad alcune concessioni che l'Europa vorrà accordare anche a uno Stato membro come l'Italia per potersi riprendere. Lei ha parlato di un'Europa prospera, sostenibile e sociale, e su questo noi siamo perfettamente e sempre d'accordo. Ha puntato notevolmente su un'Europa sostenibile e su quello che tutte le tecnologie e lavori green possono dare, non soltanto in termini di ripresa, ma anche in termini di occupazione. Ricordo solamente che, se l'Europa, in questo momento, non appare vicina, anche attraverso aiuti importanti, alle aziende italiane che devono riqualificarsi, ebbene, questa è un'Italia che, rispetto al proprio tessuto produttivo, fatto per larga parte di piccole e medie imprese, non ce la farà nemmeno da sola a rialzarsi attraverso Pag. 11 la riqualificazione. Ha toccato dei temi importanti. Ha toccato il tema di Taranto. Io ricordo sommessamente che, se un'azienda multinazionale come ArcelorMittal se ne andasse dall'Italia, vorrei capire chi farà la riqualificazione ambientale di quei territori. Purtroppo, abbiamo fornito a questa azienda il pretesto per potersene andare, al netto del fatto che la salute è sicuramente il primo dei nostri pensieri; dovrebbe essere il primo anche a livello costituzionale in termini di ripresa. Giustamente ha parlato di cambiamento climatico, giustamente ha parlato di digitalizzazione. Purtroppo, però, Commissario, l'Italia è un Paese... se lei prende un auto da Roma oggi e va in qualche periferia ... è un Paese che ha bisogno di fare dei passi avanti notevoli, anche rispetto alle delocalizzazioni. In Italia abbiamo delle zone dove non esiste neanche Internet ad alta velocità, tanto per essere chiari. Questo dovrebbe essere, anche a livello infrastrutturale, un messaggio: l'Europa stessa dovrebbe imporsi e aiutare l'Italia su questo importantissimo tema. Giustamente, lei e qualche collega intervenuto avete notato che, attualmente, nel mondo, non solo in Europa, non c'è alcuna reciprocità se la diffusione di un virus causa la riduzione di mezzo punto di PIL e quindi, da questo punto di vista, dovremmo vivere in un mondo fondamentalmente più uguale rispetto a quello – in termini di economia e di posti di lavoro – nel quale attualmente viviamo. Le mie tre domande sono queste: che cosa ne pensa – lo ricordava prima la collega – dei fenomeni di dumping piuttosto spinto che si manifestano oggi nella nostra Europa? Che cosa ne pensa di Stati che hanno una pressione fiscale indubbiamente inferiore rispetto a quella del nostro Paese, poiché oggi le nostre aziende non vanno più a delocalizzare dall'altra parte del mondo, ma, con una distanza solo di un'ora o un'ora e un quarto di aereo, preferiscono delocalizzare in Polonia, in Ungheria, dove c'è una pressione fiscale inferiore? Ci sono delle misure sperimentali, tipo la flat tax, che, evidentemente, attirano investitori non soltanto di quel Paese. Quindi, vorrei chiedere un suo feedback rispetto a misure e a proposte tipo la flat tax. Vorrei capire che cosa lei intende per «reddito di cittadinanza europeo» e come si potrebbe fare. Un ultimo accenno, ringraziandola, al salario minimo: cosa ne pensa del salario minimo? È sicuramente una misura importante e interessante, al netto del fatto che in Italia è stata presentata una proposta di legge che parla, ad esempio, di due euro in meno rispetto al livello minimo dei salari attualmente previsti in Italia. Vorrei chiederle se non trova più opportuno, prima di introdurre il salario minimo, ridurre la pressione fiscale a carico delle nostre aziende e delle aziende europee, poiché, se in questo momento dovessimo aumentare i salari, le aziende italiane – ma non soltanto italiane – si troverebbero con un carico fiscale addirittura superiore rispetto a quanto appena descritto. Ricordando anche che molti contratti collettivi nazionali oggi in Italia, sottoscritti da molti sindacati, prevedono un salario pari a tre euro e mezzo all'ora, ritengo che sui contratti collettivi nazionali sia necessario fare un ragionamento molto più ampio. Grazie.

  CHIARA GRIBAUDO. Grazie, presidente. Ringrazio anch'io il Commissario Schmit, a cui auguro innanzitutto buon lavoro, perché il lavoro non le mancherà e, come vede, anche da parte del nostro Paese le richieste sono molte. Molto è già stato detto dai colleghi; quindi mi ripeto, ma velocissimamente. Il primo tema: il tema del divario retributivo tra donne e uomini. Anche nel nostro Paese in questo momento stiamo affrontando un meccanismo che renda più trasparenti innanzitutto le retribuzioni, e anche su questo però un invito, perché recentemente il Parlamento europeo ha votato una risoluzione – se non ricordo male – che però non ci aiuta così tanto nel favorire quella richiesta di trasparenza che ci viene riportata all'interno delle Aule parlamentari. Quindi, su questo, come intendete operare, al netto del fatto che nel nostro Paese il divario salariale orario è più basso grazie proprio alla contrattazione collettiva, che è stata tanto richiamata e che ha evitato una disparità crescente? Dobbiamo porci il tema e dobbiamo porcelo Pag. 12 soprattutto per le giovani donne, perché in Europa le giovani donne, che sono quelle più preparate, quelle che si laureano prima, quelle che lavorano di più, quelle che per viaggiare e lavorare magari si spostano, sono quelle che maggiormente pagano il prezzo di una differenza salariale; per cui sicuramente bisogna guardare con l'occhio al futuro. Rispetto alla «Garanzia Giovani», è vero che magari non si aspettavano i risultati massimi, ma credo sia stato un primo strumento di politica attiva per i giovani nel nostro Paese molto importante, intanto perché ha permesso e ha consentito ai meccanismi delle varie regioni italiane – perché purtroppo in Italia abbiamo comunque venti sistemi di formazione differenti – di mettersi in relazione tra di loro; quindi comunque abbiamo abbassato la soglia. Io sono alla seconda legislatura. Ricordo bene com'era partita «Garanzia per i giovani». Mi rendo conto che lo sforzo da fare è ancora tanto e aggiungo il tema dell'abbandono scolastico, che nel nostro Paese rimane ancora un problema molto elevato. È stato anche chiarito nel documento di relazione che ci ha presentato. Anche su questo credo sia molto importante continuare a lavorare. C'è però un tema che è stato toccato dai colleghi e su cui mi preme interrogare il Commissario, quello dello schema europeo di disoccupazione, che era già stato – come ricordava bene il senatore Pittella presentato dall'ex Ministro dell'Economia e delle finanze Pier Carlo Padoan e su cui credo che serva uno sforzo in più da parte dell'Europa. In modo particolare, lo ricordavano anche altri miei colleghi di altre forze politiche, noi abbiamo una particolare situazione italiana non solo a causa della digitalizzazione del lavoro, ma più in generale a causa dei fenomeni di delocalizzazione e quant'altro, che fanno sì che siano soprattutto gli over 40, ma vorrei dire gli over 50, a subire una disoccupazione di lungo periodo. Per queste persone fatichiamo ad avere uno strumento, e su questo io credo che serva uno strumento europeo, anche perché ci ritroviamo di fronte a una situazione che non può essere solo lasciata in capo all'Italia. Credo che il «Green New Deal» e magari le misure previste per la transizione ecologica dell'economia siano fondamentali. Sono state citate alcune regioni e territori, ad esempio la Sardegna e Taranto a cui io aggiungo, da piemontese, il Piemonte, che sta attraversando una fase di riconversione molto delicata. Era la culla dell'automotive italiano. Oggi rischia di ritrovarsi senza una strategia di uscita rispetto a queste transizioni a cui anche lei, Commissario, faceva riferimento. So che forse, su questo, sul «Green New Deal», sono previste delle misure; e su questo vi chiederei, se possibile, anche non oggi, un approfondimento per capire effettivamente quali sono le linee che state immaginando. Il tema della disoccupazione over 50 è un tema che pongo fortemente al centro della riflessione, che è tutta italiana. La ringrazio e le auguro buon lavoro.

  SEBASTIANO CUBEDDU. Grazie. Volevo ringraziare il Commissario Schmit per la presenza e per il contributo che ha dato, in particolare per l'attenzione rivolta alla lotta contro la precarizzazione dei rapporti di lavoro e per contrastare la povertà e anche per il richiamo al salario minimo, agli effetti positivi che ha avuto nell'impatto con altri Paesi europei e con la legislazione di altri Paesi europei, proprio in un momento in cui anche in Italia è acceso il dibattito su questo argomento. Molte delle cose che volevo chiederle risultano assorbite dagli interventi precedenti e quindi non mi ripeterò. Rimane la domanda che voglio farle in relazione al fenomeno della mobilizzazione dei posti di lavoro. Volevo chiederle se l'Europa intende intervenire su questo argomento, che è molto sentito anche in Italia anche in questo momento, e qual è la strada che si sta portando avanti, sia in termini di interventi a carattere normativo, che per la sensibilizzazione delle nazioni, su questo problema, che è un problema molto diffuso e che ha riflessi sia dal punto di vista della vita, dell'esistenza delle persone e dei lavoratori, sia sotto il profilo sanitario per l'incidenza negativa sulla salute dei lavoratori e delle loro famiglie di riflesso. La ringrazio.

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  STEFANO LEPRI. Grazie. Anch'io ringrazio il Commissario e mi soffermo solo sulla sottolineatura che lui ha fatto rispetto all'economia sociale, che è una delega che lui ricopre e che è molto importante. L'Unione europea da molti anni rivolge un'attenzione speciale all'economia sociale e anche con nostra soddisfazione ha riconosciuto come all'Italia si possa guardare, essendo l'Italia una best practice soprattutto sul piano della presenza, numerosissima, di lavoratori nel campo dell'impresa sociale e più in generale nel campo del terzo settore. Questo, come lui sa sicuramente, è stato oggetto di una legge nella scorsa legislatura, che ha – credo prima in Europa – raggruppato dentro la stessa famiglia più soggetti che si muovono accomunati dall'assenza di profitto, ma con codici anche diversi: quelli della reciprocità, quelli del dono o anche dello scambio economico, pur sempre dentro comparti definiti, che sono quelli di attività generale, di interesse generale e con finalità non di profitto. Io credo che questa nostra buona pratica, sia in termini di iniziativa che in termini legislativi, possa essere al servizio e utilizzata dall'Unione europea e so che vi è un'attenzione non da oggi da parte dell'Unione circa l'esperienza italiana. Voglio in proposito – e concludo – ricordare come l'Unione europea circa venti anni fa pubblicò un rapporto a firma dell'allora Presidente della Commissione Jacques Delors, titolato «Iniziative locali di Sviluppo e occupazione», che ritengo ancora oggi particolarmente attuale, in larga parte inesplorato, ma che io credo potrebbe essere opportunamente recuperato, rilanciato, naturalmente anche in riferimento ai nuovi obiettivi che l'Unione europea si sta dando – penso a quelli ambientali. Certamente, una dimensione locale con un approccio no-profit alla realizzazione di iniziative locali è una grande sfida che io consegno al Commissario, sapendo che ne farà un buon uso. Grazie.

  CRISTINA ROSSELLO. Grazie. Buongiorno, Commissario Schmit. Fra gli obiettivi specifici del «Fondo sociale europeo Plus» si trova il miglioramento dell'accesso all'occupazione di tutte le persone che cercano lavoro. Chiediamo, siccome ci sono le categorie della promozione per il lavoro autonomo, quali azioni concrete pensa siano attribuibili alla categoria delle donne professioniste e in particolare alle donne professioniste oltre carriera, oltre i cinquant'anni. Questo è un tema molto presente in questo periodo nel nostro Paese e di grande sensibilità. Grazie.

  ROMINA MURA. Grazie, signor presidente. Anch'io saluto il Commissario e lo ringrazio per la sua presenza qui oggi nelle nostre Commissioni. Condivido assolutamente l'approccio che lei ha individuato, che poi è la strategia dell'Europa, cioè quella di una transizione da un sistema produttivo inquinante a un sistema sostenibile, neutro in termini di emissioni di CO2, un sistema che, ovviamente, facendo questo, non lasci indietro nessuno, ma che sia ispirato fortemente ai principi dell'equità e dell'inclusione, in modo tale, come ha detto lei, che non siano i lavoratori, soprattutto quelli di alcuni comparti, a pagare un prezzo insopportabile per questa transizione, perché questo sarebbe un fallimento delle politiche europee. Io aggiungo: in modo tale che non debbano pagare un prezzo insopportabile per questo percorso giusto e legittimo di transizione nemmeno quei territori che già oggi sono in parte oggetto di fenomeni di deindustrializzazione, in parte territori a forte deficit infrastrutturale, anche per particolari condizioni geografiche di isolamento, di insularità, di periferia. Dico questo perché io ritengo – e questo problema lo vorrei porre a lei, perché poi sta alla base della costruzione di uno sviluppo equo e solidale – che l'Unione europea debba fare un ulteriore salto di qualità, che è quello relativo alla modifica delle attuali regole in materia di aiuti di Stato e di concorrenza. In Italia, per esempio, ci sono alcuni territori che, sulla base delle attuali regole europee, avranno difficoltà a competere, perché l'Unione europea considera aiuti di Stato dei finanziamenti e degli investimenti che invece sono fondamentali per costruire quelle situazioni di equità in materia, per esempio, di transizione energetica, di trasporti, di costruzione di un nuovo apparato industriale. Pag. 14 Quindi, è fondamentale, è propedeutico alla strategia di cui lei parlava riuscire a trovare una soluzione, in modo tale che alcuni interventi, alcuni investimenti non siano considerati aiuti di Stato, perché l'Europa non è tutta uguale: ci sono alcuni territori che hanno necessità di un'attenzione legislativa e di interventi differenti che oggi, ahimè, non sono consentiti dall'attuale apparato regolatorio. La seconda domanda, invece, attiene alla questione della disabilità. Lei ha detto giustamente e in maniera condivisibile che uno dei temi sui quali si incentrerà la politica sociale europea sarà quello del supporto ai disabili, in particolare nell'aiutarli a inserirsi nel mercato del lavoro. Io vorrei avere qualche elemento in più riguardo a questa dichiarazione che lei ha fatto, anche considerato che in Italia, negli ultimi anni, si sono fatti tutta una serie di interventi in materia di disabilità e che, più in generale, la disabilità è cambiata molto, perché i disabili di oggi e le loro esigenze sono differenti rispetto a quelli di tanti anni fa. Quindi, serve anche al riguardo un'attenzione, un approfondimento differente. Grazie.

  PAOLO TOSATO. Grazie, presidente. Io vorrei formulare una semplice domanda. È al centro del dibattito politico europeo un nuovo corso definito «Green New Deal», quindi un maggiore impegno che si vuole portare avanti in questa direzione. È sicuramente lodevole come iniziativa, però può essere declinato, a mio avviso, in due modi diversi: o con delle restrizioni nei confronti di aziende, di comparti economici, con inasprimenti fiscali, anche in tempi rapidi, come sta accadendo in alcuni Stati quali il nostro, che possono però avere una ricaduta molto negativa sull'occupazione; o con un comportamento diverso, che è quello di usare incentivi per le buone pratiche, in modo tale che questo percorso avvenga in tempi ragionevoli, utili a una riconversione di alcuni sistemi produttivi e che non abbiano una ricaduta negativa in termini occupazionali. La situazione che noi stiamo vivendo, a mio avviso, nel nostro Paese è soprattutto improntata alla prima direzione: «Bisogna fare in fretta, bisogna utilizzare i disincentivi anche in termini economici». Ma noi manifestiamo la preoccupazione che questo possa avere degli effetti negativi in termini di lavoro e occupazione; quindi la domanda è: non ritiene che a livello europeo, vista la decisione di investire in questa direzione, che è una nobile iniziativa, si debba dare una sorta di indirizzo affinché questo tipo di pratiche avvenga attraverso il sistema degli incentivi favorevoli e non rispetto ad altri meccanismi, che, in una situazione economica e occupazionale difficile del nostro continente, potrebbero diventare non un'opportunità, ma addirittura un elemento negativo, rendendoci anche meno competitivi a livello mondiale rispetto a Paesi a cui di queste buone pratiche interessa poco, che non le applicano, quindi con effetti ancora più gravi per l'occupazione del nostro continente?

  EMILIO FLORIS. Grazie. Non posso che complimentarmi per l'esaustività del suo intervento, Commissario. Molti quesiti che sono stati posti dagli intervenuti sono quesiti che non vorrei ripetere perché rappresentano esattamente quello che è il sentimento e le richieste che l'Italia ha nei confronti dell'Unione europea. Mi soffermo su quanto ha già riferito la collega Mura. Io sono sardo e parlo della Sardegna. Lei ha citato due esempi: la Puglia e la Sardegna. Evidentemente, questi due esempi, soprattutto per quel che riguarda la mia isola, significano che l'Unione europea ha un piano di intervento per il problema della Sardegna. Non c'è bisogno che glielo rammenti, ma la Sardegna è un'isola e soffre di quel contesto, che è legato al suo stato fisico geografico. Molte volte ci troviamo su versanti opposti rispetto all'Unione europea, in quanto ciò che in altri Paesi dell'Unione europea viene considerato un «colmare il disagio dell'insularità» per la Sardegna viene considerato aiuto di Stato. Ora, approvando e apprezzando quelle che saranno le risposte che lei darà a coloro che sono intervenuti, vorrei da lei non una risposta specifica oggi, perché magari il problema dell'insularità necessita di un intervento che sia consolidato da quello che già ha fatto l'Unione europea, ma magari un cenno di risposta scritta su quelli che Pag. 15sono gli interessi che vorremmo salvaguardare come sardi. Gli interventi non possono che essere, naturalmente, quelli dell'Unione europea, passando attraverso lo Stato membro, l'Italia; e naturalmente noi vorremmo che fosse anche interpellata e presente sempre la regione quando si trattano i problemi legati alla nostra isola. Grazie.

  ANTONIO VISCOMI. Grazie. Una domanda: lei, signor Commissario, ha posto la sua attenzione sulle sfide che la digitalizzazione pone al mondo produttivo. Credo che sia veramente uno dei punti di maggiore interesse, anche perché è mia impressione che l'ecosistema digitale, portato all'interno di un sistema aziendale tradizionale, ponga dei problemi di innovazione organizzativa, ma credo anche, e soprattutto, di innovazione regolativa; cioè è chiamata a confrontarsi con un framework regolativo che guarda più al passato che al futuro. Ciò detto, le vorrei chiedere con molta semplicità se nel suo programma di lavoro è prevista una riflessione, e in che misura, sulla necessità di riformare il quadro regolativo sulle relazioni individuali e collettive di lavoro all'interno di contesti ad alta intensità di innovazione digitale; e le vorrei chiedere anche, in caso di risposta positiva, se lei ritiene che sia da guardare, da preferire un approccio collettivo di dialogo sociale all'interno di questi contesti di ecosistemi organizzativi o se sia da valorizzare, invece, la dimensione individuale del contratto e dello scambio fra datore e prestatore di lavoro. Grazie.

  CAMILLO D'ALESSANDRO. Grazie, Commissario. Grazie, presidente. Sarò velocissimo solo per porle una domanda: tutti quanti noi crediamo che l'adesione anche sociale dei cittadini europei all'Europa passi attraverso questa grande partita di cui lei detiene le deleghe: il lavoro e la coesione sociale. Una sola domanda sulla base delle esperienze pregresse rispetto alle azioni che la Commissione vuole mettere in campo: vorrei sapere la tempistica entro la quale le azioni che si prefigurano poi effettivamente entrano nel circuito dell'economia delle aziende e dei cittadini. Voglio fare solo un esempio: il tema dell'agenda per le competenze, che credo sia tra i più importanti da lei individuati e tracciati, è stato affrontato dall'Europa già nel 2016 con la nuova agenda per le competenze cui ha fatto seguito un ulteriore atto importante nel 2018, il piano d'azione per l'istruzione digitale. Faccio questo esempio per dire che dal 2016 al 2018 e arrivando a oggi, restano quei gap che lei ha individuato e descritto. Chiedo quindi se sul meccanismo di intervento della Commissione, rispetto alle esperienze passate, per fare in modo che siano più incisive e più veloci, ci sia una riflessione in corso oppure se dobbiamo aspettarci gli stessi strumenti, le stesse modalità utilizzati finora, per esempio, l'utilizzo del Fondo sociale europeo, di cui parte delle competenze, nel caso italiano, sono affidate alle regioni, a cui rimandano le programmazioni regionali, e quindi con tempi ulteriori di attuazione? Grazie.

  PRESIDENTE. Non ci sono altri iscritti a parlare, direi quindi di dare la parola al Commissario europeo per la replica.

  NICOLAS SCHMIT, Commissario europeo per il lavoro e i diritti sociali. Grazie molte per le domande. È un poco difficile rispondere a tutte, ma cercherò di fornire delle indicazioni. Come è stato detto, si può anche provare a fornire qualche risposta scritta. Comincio col dire che ho visitato la Sardegna: è un'isola bellissima e capisco i problemi che lì esistono. Senz'altro dobbiamo tenere pienamente conto proprio di questa particolare situazione delle isole. La mia collega Ferreira è molto sensibile a ciò. So anche che avete attività specifiche in Sardegna legate al carbone, se ben ricordo, e questa è una questione. Per fare un esempio, non basta dire: chiudete ed è fatta. No, dobbiamo elaborare un piano, capire come possiamo assistere questa regione in particolare, ma ce ne sono altre in una situazione uguale o simile in Italia e in tutta Europa. Dobbiamo costruire una strategia economica alternativa e, se voi siete in una situazione di tale emergenza, di ristrutturazione, dovete anche usufruire di misure Pag. 16 speciali. Mi riallaccio a un altro punto: sì, dobbiamo rivedere – e questo sarà fatto – le regole sugli aiuti di Stato per vari motivi. Innanzitutto, siamo in una situazione molto particolare, in cui dobbiamo gestire grosse e importanti transizioni. Questo va gestito assieme agli Stati membri. Dobbiamo attingere anche agli investimenti pubblici e se vogliamo creare nuove attività non possiamo fare a meno dell'investimento pubblico; quindi dovremo rivedere e adeguare la normativa sugli aiuti di Stato. Poi, siamo davanti a una rivoluzione tecnologica e dovremmo sapere – c'è un'economista italoamericana molto interessante, la professoressa Mazzucato, forse la conoscete, io conosco e apprezzo cosa fa, che ha dimostrato non ci sarebbe stata nessuna Silicon Valley se gli Stati Uniti, se i pubblici poteri degli Stati Uniti, non avessero massicciamente investito nelle imprese, nelle università della Silicon Valley. Noi dunque dobbiamo adeguare i nostri strumenti a questa sfida della rivoluzione tecnologica e industriale, tacendo della Cina e di che cosa succede là.
  Finanze: sì, la discussione è difficile. Sapete che cos'è il Quadro finanziario pluriennale. Ci sono diversi interessi in Europa che sono stati espressi. C'è chi vuole tenere bassi i mezzi finanziari; altri invece vogliono adeguare i mezzi finanziari alle nostre ambizioni europee. Non si può essere ambiziosi da una parte e poi molto restrittivi quando si parla di finanze. Dobbiamo collegare le risorse all'attuazione delle nostre ambizioni. So però che questo non è facile a farsi. Non è una trattativa facile. La Commissione ha formulato proposte ambiziose, ma anche realistiche. Quello che abbiamo sul tavolo oggi è molto al di sotto delle proposte della Commissione anche per quanto riguarda il «Fondo sociale europeo Plus», quindi dobbiamo mostrare agli Stati membri che, se vogliamo davvero avere ambizioni in Europa, dobbiamo giocare anche la carta della solidarietà. Qui c'è una cattiva interpretazione, perché «solidarietà» vuol dire che tutti vincono, perché se avete dei problemi prima o poi quei problemi diventano problemi anche degli altri. Il Coronavirus è un esempio. L'Italia ora è in una situazione difficile per il Coronavirus, ma domani non si sa. Potrebbe capitare in un altro Stato membro; quindi dobbiamo avere un approccio solidale rispetto a problemi come il Coronavirus, ma anche rispetto agli sviluppi tecnologici o di altro genere. È l'Europa in quanto tale che può svolgere un nuovo ruolo nell'economia globale. Singolarmente, i nostri Paesi non ce la fanno; solo assieme possiamo assumere questo ruolo.
  Sul salario minimo, una parola: noi non vogliamo minare o cambiare i sistemi in funzione negli Stati membri, che siano i Paesi nordici con la contrattazione collettiva oppure il sistema italiano, che poggia anch'esso sulla contrattazione collettiva. Abbiamo due obiettivi: in primo luogo, non creare un salario minimo europeo; sarebbe assurdo. Vogliamo creare un quadro per spingere verso l'alto i salari minimi. Alcuni di voi hanno citato il dumping e cose del genere. Noi non possiamo costruire l'Europa solo sulla competizione salariale, perché questo ci porterebbe a sempre maggiori tensioni fra gli Stati membri. Dobbiamo avere una convergenza sociale e salariale verso l'alto in Europa. È questo l'obiettivo del nostro quadro. Se avete un forte sistema di contrattazione collettiva, benissimo: tenetelo, promuovetelo, miglioratelo. Quello che vogliamo fare è creare un quadro per i salari minimi di quei Paesi dove il salario minimo è bassissimo. Sapete che il differenziale tra il salario minimo più basso e quello più alto è di 1 a 6 o 1 a 7. È più della differenza di produttività. Il gap di produttività è di circa 1 a 3, quindi c'è un margine, là dove i salari minimi sono bassissimi, per poterli incrementare in un tempo ragionevole.
  Lo smart working: il lavoro smart. Non è nuovo questo. Mi è stato chiesto anche stamattina. Se questa crisi del virus potesse promuovere lo smart working, benissimo, ma non può dipendere da una crisi come quella attuale a causa del virus. Ha semmai a che fare con le possibilità tecnologiche. Anche questo è un aspetto in cui possiamo riorganizzare l'equilibrio tra lavoro, vita, famiglia. Qualcuno me l'ha chiesto: sì, abbiamo davanti a noi una sfida demografica Pag. 17in Europa. Sicuramente l'Italia ha uno dei tassi di natalità più bassi. Non c'è una soluzione valida per tutti, ma certamente, guardando in giro per l'Europa, i Paesi dove è possibile ottenere dei buoni risultati sono quelli dove la vita familiare e la vita lavorativa sono ben articolate, dove la parità uomo-donna è più progredita, dove il sistema di cura dell'infanzia è più efficiente. E purtroppo, quando guardo all'Italia... certo, non sono qui per dare lezioni, ma dobbiamo considerare tutti i Paesi in cui ci sono più punti deboli. L'assistenza all'infanzia non è molto sviluppata in Italia; ne ho parlato ieri con il vostro Ministro. C'è un margine per notevoli miglioramenti in quel settore. Anche questo dipende dal tasso di natalità. Quando le donne possono accedere al mercato del lavoro e avere un figlio potendo fare assegnamento su un'assistenza all'infanzia di buona qualità, ciò può fare la differenza. Quindi sì, anche questo aspetto della questione demografica deve essere tenuto presente. Si è parlato di deindustrializzazione e di isolamento geografico. Sì, ma qui vorrei dire che le nuove tecnologie schiudono nuove opportunità perché con le nuove tecnologie la delocalizzazione non è più così importante. C'è però un grande «ma»: dovete fare gli investimenti giusti, dovete avere le infrastrutture giuste. Se non c'è Internet, se non c'è una rete ad alta velocità e di alta qualità, non funzionerà. Non è solo una questione che riguarda l'Italia; riguarda altri grandi Paesi. Anche nel più grande Paese dell'Unione europea c'è un enorme bisogno di maggiori investimenti, in particolare in questo genere di infrastrutture.
  Prendo solo pochi punti tra quelli affrontati perché ce ne sono così tanti. Tassazione: è chiaro, dobbiamo avere una tassazione equa in tutta Europa. Non ci può essere un dumping fiscale in Europa. Non si può costruire la competitività sul dumping fiscale. Circa coloro che hanno aliquote d'imposizione troppo basse: ebbene dobbiamo avere aliquote minime in Europa e dobbiamo cercare di allinearle. Così come si parla di convergenza sociale, parimenti dobbiamo avere un certo livello di imposizione, una convergenza della tassazione. È la stessa cosa. Non si può costruire la competitività in Europa solo sui salari. Così come abbiamo bisogno di una convergenza salariale, abbiamo bisogno anche di una convergenza fiscale.
  Il sistema di assicurazione per la disoccupazione è nel programma della Commissione. Ci stiamo lavorando con il Commissario Gentiloni. Stiamo studiando un modo di finanziare questo piano, quando si può far scattare, in quali situazioni. Speriamo di poter avanzare una proposta chiara entro la fine di quest'anno. Questo è il nostro obiettivo.
  Una parola sulla digitalizzazione: è molto chiaro che la digitalizzazione sta cambiando tanti settori. Si è parlato dell'industria automobilistica, che è un caso, ma la digitalizzazione da una parte avrà un impatto negativo sull'occupazione: un 10-15 per cento dei posti di lavoro che spariscono, ma sappiamo che ci sarà anche creazione di nuovi posti di lavoro. Dobbiamo avere quindi un sistema formativo efficiente, solido e agile, perché, se noi consideriamo che le persone dovranno cambiare lavoro parecchie volte nell'arco della vita, ebbene non possiamo permettere che esse possano trovarsi in una situazione in cui devono temere tutti i giorni che, se perdono il lavoro, non ne troveranno un altro perché le proprie competenze ormai non servono più, non sono più richieste sul mercato del lavoro. Quindi, da una parte noi dobbiamo dotarci di eccellenti sistemi di acquisizione, sviluppo e riconversione delle competenze, come la formazione continua, la formazione sul lavoro; e poi bisogna dare alla gente una sicurezza quanto al reddito. Non posso dire alle persone: «Sì, cambierete lavoro e poi quel che vi succede nel corso di questa transizione...». Perché è la transizione globale, ma poi ci sono anche le transizioni personali! E dico loro: «Per il tuo reddito non c'è una soluzione». Quindi, reddito di transizione, che permette alle persone di cambiare lavoro, di passare da un lavoro a un altro, di migliorare le proprie qualifiche, di trovare alla fine un lavoro migliore. Questo è l'approccio giusto. Ho ascoltato anche stamane quello che mi è stato detto su questo reddito Pag. 18 minimo, che deve essere adattato. Anche a livello europeo abbiamo proposte in questo senso.
  Che altro? La gioventù. La «Garanzia per i giovani» è stata un relativo successo in tutta Europa, ma sono d'accordo sul fatto che per avere un grande successo ci devono anche essere i posti di lavoro, perché posso avere anche un'ottima garanzia per i giovani, ma se alla fine della garanzia non c'è un posto di lavoro? Quindi questo è un grosso tema. C'è bisogno di creare posti di lavoro. Occorrono politiche economiche, politiche strutturali, politiche regionali, politiche di trasformazione in una serie di nuovi settori. Il Green Deal può offrire una nuova apertura per creare posti di lavoro di nuovo genere dando ai giovani un'opportunità di vivere la «Garanzia per i giovani» e poi trovare un impiego, ma so che, nonostante il livello relativamente alto di disoccupazione – soprattutto giovanile – in Italia, ci sono anche tanti posti vacanti, e questi posti vacanti non vengono occupati dai giovani perché i giovani non hanno le competenze, non sono qualificati, non hanno le qualifiche giuste; quindi dobbiamo usare questa «Garanzia per i giovani», primo, per avere un buon orientamento dei giovani, per dare loro la formazione giusta, per creare una formazione professionale duale; e questo è il modo per portare i giovani verso il lavoro, se il lavoro c'è; ma penso che in Europa ci debba essere una politica economica più concentrata sulla creazione di posti di lavoro. Sono d'accordo con chi parla sempre di equilibrio finanziario, di equilibrio fiscale e tutto il resto. Sì, anche questo è un tema, ma alla fine ciò che è importante è avere economie forti, perché con economie forti riusciamo anche a risolvere più facilmente le questioni finanziarie, fiscali e di bilancio.
  Sull'economia sociale, ho preso nota di quanto detto sull'iniziativa promossa da Delors. L'economia sociale è un settore importante. In tutta Europa avremo un piano d'azione per l'economia sociale l'anno prossimo. Ci stiamo lavorando. Lo si farà nell'ambito di un'ampia consultazione con tutti i soggetti e attori di questo settore, compresi gli italiani, perché i soggetti italiani sono molto potenti: avete, come è stato detto, una buona esperienza, avete adottato una legge che è interessante. A livello europeo dovremo aprire possibilità per una parità di condizioni, per una competizione in questo settore dell'economia sociale. L'impresa sociale non dovrebbe essere discriminata e qui, di nuovo, ci avviciniamo all'idea di un aiuto dello Stato rispetto ad altre imprese.
  Transizione verde: questa è una grande sfida. Non la si dovrebbe intendere come un castigo. È una grande opportunità per l'Europa, se investiamo molto e se teniamo conto degli squilibri che possono emergere nel corso della trasformazione. L'Europa però non è sola. Noi siamo parte dell'economia globale e non sarebbe accettabile fare tutto questo sforzo per ridurre le nostre emissioni di CO2 – il che è necessario per noi e costituisce anche una buona opportunità –, però poi in tutto il resto del mondo non cambia nulla. Le nostre imprese delocalizzano – ne avete parlato – ai confini d'Europa o addirittura oltre. Poi ci arrivano le importazioni di queste imprese che prima stavano in Europa e poi si sono spostate, e non è successo nulla. Quindi, non abbiamo guadagnato in termini di riduzione delle emissioni – perché queste emissioni non le fanno più in Europa ma le fanno altrove, quindi il cambiamento climatico, che è globale e non è legato a un continente, a un Paese, non ne trae giovamento – e distruggiamo anche posti di lavoro. Questo non lo possiamo accettare e dobbiamo impedirlo; perciò dobbiamo pensare seriamente a un meccanismo di aggiustamento del CO2, alle frontiere. Se importate dalla Cina o se importate da qualsiasi altro posto in cui non esistono gli stessi standard per il CO2, che sia acciaio, che sia qualsiasi altra cosa, un posto dove ci sono alte emissioni, ebbene ci deve essere – chiamiamolo «dazio» – ci deve essere qualcosa su queste importazioni, altrimenti distruggiamo la nostra industria e l'Europa ha bisogno di un'industria forte. La dobbiamo sviluppare, la dobbiamo ammodernare, dobbiamo trasformarla in modo climaticamente compatibile, ma non si può accettare che lo facciamo noi e intorno a Pag. 19noi il mondo non cambia. Dovremo dunque introdurre un provvedimento di questo tipo.
  Credo di aver risposto a molte delle vostre domande. Verificheremo, e se ci sono delle domande a cui non sono riuscito a rispondere vi farò avere risposte scritte. Vi ringrazio per il grande interesse dimostrato, per la discussione stimolante e per le domande. Voglio semplicemente dire che questa Commissione vuole andare verso i Parlamenti di tutta Europa, discutere con i deputati nazionali sulle nostre politiche, sui nostri obiettivi, e ascoltare; non semplicemente presentarli a voi, ma anche ascoltare quello che avete da dire voi a noi. È così che l'Europa diventa forte, equa e democratica.

  PRESIDENTE Bene, ringrazio ancora una volta il Commissario europeo Schmit, anche a nome di tutti i colleghi e le colleghe delle Commissioni riunite. Dichiaro conclusa l'audizione, formulando al Commissario europeo i più sinceri auguri di buon lavoro.

  La seduta termina alle 14.05.