XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 31 di Venerdì 22 novembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Benamati Gianluca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI ATTUAZIONE E DI ADEGUAMENTO DELLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE AL PIANO NAZIONALE ENERGIA E CLIMA PER IL 2030.

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL.
Benamati Gianluca , Presidente ... 3 
Fracassi Gianna , Vicesegretario nazionale CGIL ... 3 
Benamati Gianluca , Presidente ... 5 
D'Ercole Giuseppe , dipartimento energia, sicurezza, ambiente e territorio CISL ... 5 
D'Anna Giovanni , funzionario UIL ... 6 
Ulgiati Luigi , Vicesegretario generale UGL ... 7 
Benamati Gianluca , Presidente ... 9 
Squeri Luca (FI)  ... 9 
Benamati Gianluca , Presidente ... 9 
Ulgiati Luigi , Vicesegretario generale UGL ... 9 
D'Anna Giovanni , funzionario UIL ... 9 
D'Ercole Giuseppe , dipartimento energia, sicurezza, ambiente e territorio CISL ... 10 
Fracassi Gianna , Vicesegretario nazionale CGIL ... 10 
Benamati Gianluca , Presidente ... 11 
Squeri Luca (FI)  ... 11 
Benamati Gianluca , Presidente ... 11 
Fracassi Gianna , vicesegretario nazionale CGIL ... 11 
Benamati Gianluca , Presidente ... 11 

Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU):
Benamati Gianluca , Presidente ... 11 
Galvagni Danilo , Vicepresidente di Adiconsum ... 12 
Castronovi Silvia , responsabile relazioni istituzionali di Altroconsumo ... 12 
Salvatori Ettore , Presidente nazionale di Assoconsum ... 13 
Prosperi Giorgia , esperta di Federconsumatori ... 14 
Marzaioli Ovidio , Vicesegretario nazionale del Movimento consumatori ... 15 
Iaconis Maria , componente dell'ufficio legale di UDICON ... 16 
Vignola Marco , responsabile del settore energia dell'Unione nazionale consumatori (UNC) ... 17 
Benamati Gianluca , Presidente ... 18 
Sut Luca (M5S)  ... 18 
Crippa Davide (M5S)  ... 18 
Benamati Gianluca , Presidente ... 18 
Castronovi Silvia , responsabile relazioni istituzionali di Altroconsumo ... 19 
Salvatori Ettore , Presidente nazionale di Assoconsum ... 19 
Marzaioli Ovidio , Vicesegretario nazionale del Movimento consumatori ... 19 
Prosperi Giorgia , esperta di Federconsumatori ... 19 
Iaconis Maria , componente dell'ufficio legale di UDICON ... 20 
Vignola Marco , responsabile del settore energia dell'Unione nazionale consumatori (UNC) ... 20 
Galvagni Danilo , Vicepresidente di Adiconsum ... 20 
Benamati Gianluca , Presidente ... 21 

Audizione del professor Marco Cantamessa, ordinario di gestione dell'innovazione e sviluppo prodotto presso il Politecnico di Torino:
Benamati Gianluca , Presidente ... 21 
Cantamessa Marco , Professore ordinario di gestione dell'innovazione e sviluppo prodotto presso il Politecnico di Torino ... 21 
Benamati Gianluca , Presidente ... 24 
Cantamessa Marco , Professore ordinario di gestione dell'innovazione e sviluppo prodotto presso il Politecnico di Torino ... 24 
Benamati Gianluca , Presidente ... 25 

Audizione dell'ingegner Alessandro Clerici, senior advisor energy and power systems:
Benamati Gianluca , Presidente ... 25 
Clerici Alessandro , senior advisor energy and power systems ... 25 
Benamati Gianluca , Presidente ... 28 

Audizione del professor Fabio Pistella, consigliere di amministrazione dell'Ente nazionale di ricerca e promozione per la standardizzazione (ENR):
Benamati Gianluca , Presidente ... 28 
Pistella Fabio , consigliere di amministrazione dell'Ente nazionale di ricerca e promozione per la standardizzazione (ENR) ... 28 
Benamati Gianluca , Presidente ... 31 
Pistella Fabio , consigliere di amministrazione dell'Ente nazionale di ricerca e promozione per la standardizzazione (ENR) ... 32 
Benamati Gianluca , Presidente ... 33 

Audizione del professor Luigi De Paoli, ordinario di economia dell'energia e dell'ambiente presso l'Università commerciale Bocconi:
Benamati Gianluca , Presidente ... 33 
De Paoli Luigi , Professore ordinario di economia dell'energia e dell'ambiente presso l'Università commerciale Bocconi ... 33 
Benamati Gianluca , Presidente ... 36 
De Paoli Luigi , Professore ordinario di economia dell'energia e dell'ambiente presso l'Università commerciale Bocconi ... 36 
Benamati Gianluca , Presidente ... 37

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
GIANLUCA BENAMATI

  La seduta comincia alle 9.20.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL.
  Saluto la dottoressa Gianna Fracassi, il dottor Riccardo Sanna e la dottoressa Simona Fabiani della CGIL; il dottor Giuseppe D'Ercole, la dottoressa Sara Autieri e il dottor Cosmo Colonna della CISL; la dottoressa Tiziana Bocchi, il dottor Giuseppe Briano, il dottor Giovanni D'Anna, il dottor Andrea Costi e la dottoressa Mirella Novelli della UIL. Siamo in attesa dei rappresentanti dell'UGL.
  Do la parola alla dottoressa Fracassi, a seguire poi al dottor D'Ercole e al dottor D'Anna, con la preghiera di tenersi sui cinque/sei minuti in modo da poter avere del tempo per le domande e le relative risposte, per riuscire a concludere in un tempo ragionevole l'audizione.

  GIANNA FRACASSI, Vicesegretario nazionale CGIL. Ringrazio e saluto il presidente e tutti i deputati presenti. Riteniamo molto importante questo momento, perché come organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e delle lavoratrici sui temi relativi al Piano nazionale energia e clima abbiamo presentato unitariamente – lo dico in premessa – un documento che abbiamo già inviato a questa Commissione. Il documento è di qualche mese fa (aprile o maggio 2019), però tenete conto che i punti critici che lì abbiamo evidenziato a nostro parere sono tuttora rilevanti.
  Proprio perché abbiamo poco tempo e abbiamo un documento già presentato, procedo molto sinteticamente su alcune questioni. Noi abbiamo dato sul Piano nazionale integrato per l'energia e il clima una valutazione che definirei «luci e ombre», perché riteniamo prima di tutto che questo Piano nazionale abbia alcune caratteristiche che non consentono al nostro Paese di raggiungere gli obiettivi resi espliciti in questa fase anche dall'Unione europea. Penso per esempio al fatto che dalla sua redazione a oggi alcune cose sono cambiate. Tra queste ne segnaliamo almeno due. La prima questione che vogliamo segnalare è che la nuova presidente della Commissione europea Von der Leyen ha indicato un obiettivo di riduzione delle emissioni per l'Unione che è superiore all'obiettivo contenuto nel PNIEC, quindi questo significa che le azioni, che anche l'Unione europea metterà in campo, andranno in una direzione molto più ambiziosa rispetto agli obiettivi del Piano nazionale italiano.
  La seconda questione che vogliamo sottolineare, ulteriore elemento di novità, tra l'altro molto recente: la Banca europea degli investimenti giusto la scorsa settimana, nell'identificazione degli obiettivi di Pag. 4investimento, ha rivisto il proprio orientamento e ha deciso di non finanziare nuovi progetti fossili a decorrere dal 2021. In particolare ha indicato, tra l'altro identificando risorse molto ingenti, un piano da qui al 2030 che ha alcuni cardini, quattro obiettivi in modo particolare: efficienza energetica; agevolare la decarbonizzazione sostenendo le tecnologie sulle energie rinnovabili; sostenere le soluzioni innovative per lo stoccaggio di energia e la mobilità elettrica; garantire la disponibilità degli investimenti della rete energetica. Tutto questo, e altro, è un tema che si pone nel momento in cui noi definiamo un Piano nazionale integrato che, a mio parere, presenta alcuni problemi anche rispetto alla gestione delle risorse.
  Vado per punti. C'è un primo tema, che abbiamo scritto nel documento, che sottoponiamo nuovamente a questa Commissione. Se oggi parliamo di transizione energetica ambientale, c'è un grande tema escluso dal dibattito: il tema di quale tipo di giusta transizione viene consentita ai lavoratori e alle lavoratrici. Mi spiego meglio. Nel momento in cui abbiamo un'accelerazione, che non è soltanto europea, è legata a una dinamica internazionale che va in una direzione sul versante industriale e sul versante dell'approvvigionamento energetico, e il nostro Paese si trova collocato in questo percorso, crediamo che sia assolutamente necessario prevedere uno strumento di sostegno che possa garantire ai lavoratori coinvolti in questi processi di avere prima di tutto il sostegno in caso di interventi che riguardano i contesti. Per andare nel concreto, ENEL ha deciso di dismettere tre centrali a carbone da qui al 2025, e c'è un tema che riguarda i lavoratori, dell'indotto e diretti, che operano in questi contesti. Spesso noi ci troveremo ad affrontare questi temi, per cui pensiamo che all'interno del Piano nazionale il tema lavoro e il tema sostegno ai lavoratori, e penso anche a un tema che si chiama riqualificazione dei lavoratori, siano importanti.
  Seconda questione che poniamo. C'è un grande punto interrogativo sulle politiche industriali. Parlare di energia oggi significa cambiare modello industriale. Non possiamo portare avanti una riflessione che ragiona di un percorso relativo a un nuovo modello energetico per il nostro Paese senza avere contezza del fatto che c'è un grande tema di supporto e di sostegno sul versante delle politiche industriali.
  Una terza questione riguarda le risorse. Il PNIEC, gli obiettivi perlomeno di investimento – noi leggiamo i documenti ufficiali – prevedono risorse da qui al 2030 molto ingenti. Noi vorremmo comprendere, alla luce di quello che non soltanto nella legge di bilancio si sta discutendo, ma direi anche nelle precedenti – il tema investimenti e scarsità di investimenti in questo Paese è uno degli elementi che determina un minor sviluppo-, come sostenere questi obiettivi senza risorse certe.
  Quarto punto. C'è un grande tema che riguarda gli investimenti in tecnologia e in ricerca, perché è chiaro che questo settore, con il percorso che ci propone il Piano nazionale integrato energia e clima, è un settore ad alta densità di conoscenza e necessita, proprio per garantire competitività del Paese su questo versante, di ingenti investimenti.
  Ultima questione. Il PNIEC non affronta, a nostro parere, in modo adeguato il tema del costo dell'energia. Questo da due punti di vista: della competitività sul versante delle industrie, delle imprese del nostro Paese e del tema della povertà energetica, che secondo noi non è adeguatamente affrontato.
  Ultima questione. Noi chiediamo che ci sia un luogo dove si affrontano questi temi, che sono tutti correlati. Voi capite bene che oggi parlare di energia significa parlare di politica industriale, di ammortizzatori sociali, per questo noi chiediamo che ci sia un punto di coordinamento, una sorta di cabina di regia strutturata che preveda anche la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori e delle lavoratrici. Questo per evitare che interventi, anche opportuni sul versante normativo, si trasformino nella loro concreta definizione e attuazione in interventi che alla fine vedono pagare, i lavoratori in primis, le scelte, oppure interi territori. Ritengo, per esempio, che una riflessione vada fatta su alcuni territori che Pag. 5in questo momento, all'interno di questo quadro di riferimento, hanno qualche problema. Penso per esempio alla Sardegna. Lì c'è un grande tema anche di dibattito e di discussione pubblica un po’ più larga, però, ragionando di Piano integrato energia e clima, non possiamo non ricordare che lì c'erano alcuni impegni presi che ad oggi sono quantomeno più fumosi.

  PRESIDENTE. Saluto il dottor Luigi Ulgiati e il dottor Aldo Marchionne, il primo vicesegretario nazionale dell'UGL e il secondo dirigente del settore chimici.

  GIUSEPPE D'ERCOLE, dipartimento energia, sicurezza, ambiente e territorio CISL. Ringrazio il presidente e i parlamentari presenti. Come diceva la collega della CGIL, è molto importante questa audizione ed è molto importante il tema che stiamo affrontando. Noi riteniamo che questa debba essere la prima di una lunga serie di incontri e di approfondimenti.
  Noi abbiamo già nel nostro documento – che vi invito a leggere perché, forse peccherò di presunzione, è forse uno dei documenti più completi di ragionamento sul PNIEC – messo in evidenza che gli obiettivi fissati dal PNIEC devono essere già rivisti al rialzo, come già diceva la collega, sapendo che già quelli attuali sono decisamente impegnativi. Quindi c'è uno sforzo corale da fare che non emerge dal Piano, ci sono delle precondizioni, tipo il rapporto con il territorio, il coinvolgimento del territorio, la centralità del lavoro. Non si può partire proclamando la chiusura delle centrali a carbone, su cui siamo d'accordo e non poniamo ostacoli, non creando i presupposti del sistema energetico per reggere la chiusura di queste centrali, che sono importanti perché reggono il sistema e fanno da contraltare all'instabilità, la non continuità della produzione elettrica. Quindi c'è un problema di gestire la transizione energetica dal punto di vista del lavoro, soprattutto nella qualità dello stesso. Noi dobbiamo andare verso un miglior sistema ambientale – la lotta ai cambiamenti climatici è decisiva –, ma dobbiamo andare anche verso un sistema sociale migliore. Quindi dobbiamo avere uno scenario davanti di un futuro migliore ambientale, ma anche di un lavoro migliore. Noi rischiamo di avere una situazione all'inverso. Semplifico, perché altrimenti si rischia di banalizzare la problematica. Non è soltanto una questione di numeri occupazionali: le stime ci dicono che con l'energia pulita dovremmo guadagnare sul piano dei numeri occupazionali, ma c'è il problema che noi vogliamo guadagnare o comunque non perdere sul piano della qualità del lavoro. La qualità del lavoro significa che io ho una centrale a carbone o a gas, ho trecento lavoratori che ogni mattina si vedono, fanno organizzazione, hanno tutti lo stesso contratto, hanno la garanzia del contratto di lavoro, della qualifica, dell'orario, delle prestazioni e del salario. Posso al contrario avere non trecento, ma tremila lavoratori sul fotovoltaico, sparsi sul territorio, con tanti contratti diversi, dal commercio all'industria, all'elettrico al metalmeccanico, all'edile, senza controllo o regimi di orari definiti, salute e sicurezza, prestazioni e salario. Questa trasformazione è profonda, perché, unita alla digitalizzazione, noi rischiamo di avere una frammentazione del lavoro e una frammentazione della qualità del lavoro.
  Nel sistema della distribuzione dell'energia noi passiamo da un sistema centralizzato a uno distribuito: ci deve essere maggiore partecipazione del territorio. Noi vediamo che oggi è complicato fare una centrale a biomassa, ed è complicato a volte fare un impianto eolico, è complicato a volte anche fare un impianto solare di certe dimensioni. Triplicare il fotovoltaico, raddoppiare l'eolico comporta una dimensione di occupazione del suolo, in parte revamping, repowering delle centrali esistenti, ma in parte avremo anche problemi da affrontare con il territorio. Noi dobbiamo coinvolgere i territori.
  Vengo al tema dell'occupazione. A Civitavecchia, quando noi abbiamo posto il problema dei trecento lavoratori, più l'indotto, fino a quattrocento, cinquecento lavoratori, si è alzata l'Autorità portuale a dirci che con la chiusura del rifornimento della centrale a carbone ci sarebbero stati Pag. 6centocinquanta lavoratori portuali in esubero. Vi porto un altro esempio. La centrale a carbone di Bastardo in Umbria sono tre anni che è ferma: il reddito pro capite dei cittadini di quel comune, che cinque anni fa erano al quarto posto nella classifica dei novantotto comuni dell'Umbria, oggi sono precipitati al novantaquattresimo posto.
  Noi riteniamo positivo il fatto che, con l'ultimo decreto sulle crisi aziendali, il Governo e il Parlamento abbiano approvato la costituzione di un fondo di 80 milioni per le situazioni in cui si vanno a chiudere le centrali elettriche. Questo lo abbiamo ottenuto successivamente a una mobilitazione. Questo per dire che il PNIEC è carente sul piano di una strategia complessiva e, come già diceva la mia collega, sul piano delle risorse. Noi riteniamo incredibile che abbiamo una carbon tax mascherata, che si chiama ETS, perché si è fatto, a mio avviso, l'errore tragico in Europa di fare appunto le ETS. ETS significa che le grandi aziende energivore debbono pagare per le emissioni di CO2 i diritti di emissione. L'industria energivora italiana ha pagato nel 2018 1.400 miliardi. Di questi soldi ritornano all'industria 150 milioni: 100 milioni il prossimo anno e 150 a seguire. Questo è un danno all'industria. Noi dobbiamo chiamare l'industria ad una grande trasformazione, e non lo possiamo fare con queste briciole. Questi obiettivi bisogna renderli credibili. Rischiamo di crederci più noi, sindacati e lavoratori, perché siamo interessati. Il movimento sindacale italiano è parte del sindacato internazionale e noi siamo per obiettivi ambiziosi di lotta ai cambiamenti climatici, ma bisogna renderli credibili. Il PNIEC non li rende credibili sul piano delle risorse, sul piano di una politica di contesto e sul piano della politica industriale. Politica industriale significa sviluppare le risorse, le caratteristiche endogene: avere un occhio alla capacità del sistema industriale nazionale. Faccio un esempio. Noi siamo leader sui motocicli? Benissimo ha fatto il Governo a incentivare la rottamazione e l'acquisto delle moto elettriche, perché abbiamo un primato, quindi significa alimentare un mercato in cui noi siamo vincenti, ma alimentare oggi nell'immediato – siamo per l'auto elettrica- l'auto elettrica significa importazione, quindi bisogna avere una politica programmatica. L'ultimo esempio. Noi abbiamo una risorsa importante, la geotermia e abbiamo una tecnologia che abbiamo esportato nel mondo, la geotermia, quindi il calore del sottosuolo per creare energia. Una grande centrale è ad esempio quella situata in Toscana. Ma esiste anche una geotermia, a bassa entalpia, quella non di grande potenza, ma di sessanta gradi che è possibile riscaldare. La bassa entalpia nel PNIEC non c'è, è un vuoto che va riempito perché non ci sono le risorse, non c'è l'aggancio di politica industriale, non c'è il coinvolgimento delle Regioni, dei Comuni, del territorio, non c'è l'accezione e la centralità del lavoro.

  GIOVANNI D'ANNA, funzionario UIL. Ringrazio di questo incontro che credo sia importante non sul piano formale, ma su quello sostanziale. Mi muoverò all'interno del perimetro del documento unitario e degli interventi che mi hanno preceduto.
  Noi crediamo che una strategia credibile debba partire da un metodo che muova da una rigorosa ricognizione dell'impianto dei sistemi produttivi, del modello del tessuto produttivo di ricerca e sviluppo e dei lavori oggi presenti in Italia. Una decarbonizzazione disruptive non è credibile, diventerebbe un fardello per il tessuto produttivo, con costi sociali eccessivi, con un abbattimento della competitività delle imprese e non farebbe guadagnare al Paese gli ambiziosi e condivisibili obiettivi di abbattimento delle emissioni.
  La necessità, già sottolineata da chi mi ha preceduto, di una politica industriale sulle tecnologie rinnovabili è fondamentale e cruciale: noi veniamo da alcuni anni in cui il costo delle rinnovabili è gravato sulla bolletta, quindi è stato un fattore di mancata competitività per le imprese e per le famiglie, ma questo costo che, a fronte di questo aggravio, poteva essere sfruttato per costruire in Italia una filiera produttiva che partisse dalla ricerca, dallo sviluppo e poi dalla produzione manifatturiera, dai servizi e infine dall'impiantistica delle rinnovabili non c'è stato o c'è stato in modo Pag. 7molto minore rispetto ad altri Paesi europei e soprattutto rispetto al costo che la collettività ha pagato. Siamo un Paese importatore di tecnologie rinnovabili, quindi questo trend va rivisto.
  Tema di tenore differente è quello dell'efficienza energetica, che è invece un aspetto trasversale che si ramifica in tutti i settori della nostra economia. Su questo possiamo intervenire meglio, tuttavia nel PNIEC non sono previsti strumenti nuovi rispetto a quelli già presenti nella nostra regolamentazione interna di sviluppo. L'efficienza energetica, proprio perché siamo per una transizione equa e solidale, deve anche puntare a essere alla portata dei più, quindi, proprio per colmare questo grave problema della povertà energetica, servirebbe anche intervenire prima di tutto con strumenti sociali, ma anche perché tutti gli inquilini e i proprietari di case possano beneficiare delle tecnologie energetiche per diminuire i consumi e avere minori emissioni delle proprie abitazioni, visto che sappiamo essere il settore abitativo una parte importante delle emissioni. Su questo mi preme sottolineare il tracollo del settore edile, molto connesso a questo. Il settore edile che dalla crisi ha avuto una fortissima diminuzione in termini occupazionali delle imprese. Si è inaugurato un tavolo con il precedente Governo Conte 1 al Ministero dello sviluppo economico con, purtroppo, solo i funzionari e non con il Ministro e con i sottosegretari. Speriamo che si possa riaprire questa partita che è fondamentale sia per cogliere al meglio, in modo proattivo la transizione energetica sia per rilanciare un settore fondamentale e cruciale che, qualora si basi anche sull'efficienza energetica, potrebbe elevare la qualità del lavoro, come dicevano prima i miei colleghi.
  C'è anche un tema sulla transizione. Gli effetti di una transizione non governata li vediamo nel settore del diesel con lo spiazzamento di molte imprese della manifattura metalmeccanica legate al diesel tedesco. Questo è un esempio tipico di spiazzamento non governato, che sta portando a diverse situazioni di crisi d'impresa. Una su tutte la Bosch di Bari. Anche su questo speriamo che il confronto del tavolo inaugurato al Ministero dello sviluppo economico possa andare avanti.
  Infine un tema importante. Noi pensiamo che il gas sia la risorsa di transizione, la risorsa-ponte che, prima di tutte, possa riuscire a darci una transizione sostenibile, non di rottura. Pertanto sarà fondamentale pianificare e monitorare che gli investimenti infrastrutturali, che inevitabilmente saranno necessari, vengano effettuati in tempi rapidi e che non sia – sarebbe paradossale – la burocrazia a fermare il conseguimento dell'abbattimento delle emissioni o addirittura la volontà politica, soprattutto delle amministrazioni locali.

  LUIGI ULGIATI, Vicesegretario generale UGL. È utile sottolineare, anche dalla prospettiva sindacale ed è necessario condividere la necessità di cambiamento e di regolazione del settore energetico in ambito comunitario e nazionale, anche perché le scelte da porre in essere influenzeranno in maniera diffusa, nel breve, medio e lungo periodo, i processi produttivi di ampi settori economici. Ciò comporta che l'innovazione di modelli di business in atto ormai da anni nelle aziende del settore energetico orienteranno il sistema economico verso uno sviluppo sostenibile e circolare, offrendo opportunità per creare nuovi posti di lavoro, aumentare la produttività e fornire servizi efficienti ai Paesi.
  Non possiamo permetterci di ostacolare i cambiamenti tecnologici, ma dobbiamo governarli con raziocinio, incoraggiando questa quarta rivoluzione industriale. Resta inteso che questo nuovo modello di sviluppo economico, basato sulla circolarità, implica la massima collaborazione tra tutti gli attori. E il sindacato non può esimersi dal confronto con tutti i soggetti che condividono questa visione, coinvolgendo e promuovendo iniziative comuni per salvaguardare le risorse naturali e l'occupazione dei lavoratori, oltre ad accrescere la competitività del Paese. Pertanto riteniamo corretto, nell'ambito della Strategia energetica nazionale, condividere la prospettiva di attuazione di adeguamento del Piano nazionale energia e clima per il 2030, proponendo Pag. 8 alcune scelte di politica industriale utili a migliorare la fase di transizione energetica della dismissione del parco termoelettrico a carbone nel 2025, oltre a dare indicazioni utili per promuovere e monitorare i necessari investimenti sulla rete elettrica nazionale, come è ben precisato nella SEN. Infatti quanto accade ormai con sistematica frequenza, con sempre più famiglie prive di fornitura elettrica a seguito di eventi atmosferici di particolare intensità, non può essere semplicemente collegato fra gli accadimenti imponderabili, ma piuttosto dipende anche da fattori storici di ritardo e di inefficienza della rete distributiva dell'energia elettrica. Considerazione che vale anche per la rete di distribuzione del gas. In Italia nel 2018 in ben quindici regioni su venti la durata dell'interruzione per l'utente è stata superiore a cento minuti/anno, con picchi di quattrocentocinquanta minuti in Trentino-Alto Adige. Queste interruzioni hanno comportato oltre cento milioni di indennizzi agli utenti. Riteniamo che per ammodernare le infrastrutture delle linee elettriche siano necessarie ingenti risorse finanziarie per una lunga fase temporale. E prima si prende consapevolezza di questa realtà, prima si potranno trovare le migliori soluzioni da adottare, anche e soprattutto in ottica europea.
  La tendenza degli ultimi cinque anni rispetto alle interruzioni nella fornitura di energia elettrica, imputabili alle imprese di distribuzione, è in crescita, cosa che denota una difficoltà nell'assicurare la manutenzione ordinaria e straordinaria a causa dei mancati o ridotti investimenti e dell'insufficiente dotazione anche del personale. Invece per la necessità di uscita dal carbone riteniamo necessario valutare tutti i contesti e le variabili, così da prospettare alcune importanti scelte strategiche di politica economica e di investimento, che possono controbilanciare sia l'eventuale deficit del settore elettrico, sia il mantenimento dell'occupazione, sia alcune necessità economiche e sociali ancora da risolvere, specialmente riguardo alla gestione dei rifiuti nel Centro e Sud Italia.
  Il problema della transizione energetica non è di semplice soluzione e, stante l'attuale tecnologia, è bene ricordare che le sole energie rinnovabili oggi non sono sufficienti a soddisfare la domanda energetica, ma soprattutto a stabilizzare il servizio elettrico nazionale e una errata programmazione dell'uscita dal carbone, rientrando le scelte di produzione energetica, solo con energie rinnovabili creerebbe in questo momento seri problemi al Paese.
  L'UGL vuole proporre alcune possibili soluzioni di politica economica e industriale utili ad elaborare un piano di transizione per l'uscita dal carbone, aiutando l'industria verso un'economia circolare sostenibile e a basse emissioni di carbonio: una risposta all'annosa questione della gestione e smaltimento dei rifiuti nel Centro-sud Italia attraverso riconversione a termovalorizzatore dei siti su aree prive di disponibilità per lo smaltimento e con soggetti attivi nella raccolta e nel trattamento del rifiuto solido urbano; riconversione a biomasse su aree con una disponibilità congrua del prodotto; nuovi impianti a biogas per il riciclo degli scarti.
  È necessario un intervento adeguato del Governo a sostegno della definizione di accordi a livello europeo per una comune strategia elettrica, a garanzia dei siti produttivi nazionali e del mantenimento dei livelli occupazionali. Fra gli aspetti su cui poter intervenire vi è la progressiva eliminazione di alcune storture che oggi si riscontrano nelle attuali incentivazioni del prezzo dell'energia ceduta – pannelli solari e aero generatori –, che si riflettono negativamente sugli utenti in bolletta, nonché l'orientamento serio da avere nella proposta di incentivi da elargire alle aziende che investono nella riconversione dei siti produttivi con finalità di miglioramento ambientale e tecnologico. Ad esempio centrali a carbone verso i termovalorizzatori. Infatti non possiamo oggi ignorare i nuovi impianti ad esempio di Copenaghen o di Bolzano, i quali rispettivamente immettono in atmosfera vapore o particelle inquinanti minori rispetto a quelle riscontrabili in ogni area del Paese, risolvendo così alla radice la dicotomia ambientale e la fallimentare Pag. 9 gestione dei rifiuti con discariche che inquinano falde acquifere e fuochi accesi a basse temperature, che immettono in atmosfera alte concentrazioni di polvere e di diossina, con alti costi sanitari e ambientali.
  Un altro tema da segnalare riguarda l'avvio di un piano per la progressiva elettrificazione del trasporto urbano ed extraurbano, ma questo deve essere accompagnato con il potenziamento e la sostituzione delle reti elettriche obsolete (concetto meglio precisato precedentemente). Tale percorso dovrà essere necessariamente accompagnato da un patto sociale tra Governo, sindacati e impresa, volto a rilanciare il meglio del settore termoelettrico e a salvaguardare l'occupazione, garantendo investimenti, formazione e riqualificazione professionale.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUCA SQUERI. Ringrazio gli auditi per il panorama molto ampio che hanno trattato. Una domanda riferita a un'affermazione che io condivido. All'inizio degli interventi è stato detto che su un tema così complicato, così travagliato manca un luogo dove confrontarsi, dove decidere, dove prendere le decisioni finali. Ho letto ieri sulla «Staffetta Quotidiana» che i sindacati hanno preso una posizione molto dura sulla gestione del Ministero dello sviluppo economico. Secondo voi queste critiche forti che vengono dal vostro mondo incidono sulla mancanza di luogo dove queste decisioni importanti si devono prendere?

  PRESIDENTE. Aggiungo una questione velocissima anch'io, poi pregherei gli auditi di una sintetica risposta. Uno dei temi a latere di tutta questa questione è la nuova conformazione della rete nazionale di distribuzione che uscirà dal nuovo modello di generazione, che si muove da centralizzazione a generazione distribuita, quindi la rete avrà una diversa resilienza e dovremo comunque garantire una sua funzionalità e, per questo, sarà essenziale il fattore personale, il fattore umano. Da questo punto di vista ritenete che si debba fare un'azione particolare di sostegno alla formazione? So che anche i vostri sindacati e le vostre federazioni di categoria sono sensibili su questo punto, però chiedo quale è il giudizio che voi date sulle necessità nel settore della rete e della formazione e della riconversione anche degli operatori.
  Do la parola agli auditi per le repliche.

  LUIGI ULGIATI, Vicesegretario generale UGL. Sicuramente è fondamentale il coinvolgimento – l'abbiamo anche inserito nella nostra relazione – delle parti sociali nell'ambito delle prospettive, anche perché è vero che ci può essere una gestione di governo rispetto alle necessità future nel nostro Paese rispetto alla gestione dell'uscita dalla carbonizzazione e le necessità che ci possono essere nella rete elettrica nazionale, però è anche vero che, siccome questo ha un impatto con i lavoratori del settore, è giusto che ci possa essere una condivisione anche nelle azioni con le organizzazioni sindacali.
  La seconda domanda: la formazione è fondamentale, determinante, perché andiamo verso una tecnologia assolutamente avanzata, siamo nella quarta rivoluzione industriale e questo è un settore che forse la applica prima di altri. Quindi è assolutamente determinante la formazione nell'ambito di questo settore.

  GIOVANNI D'ANNA, funzionario UIL. Relativamente alla prima domanda sul Ministero, è chiaro che il Ministero dello sviluppo economico è il punto di caduta delle criticità che ci sono sulle crisi industriali, e devo dire che il costo dell'energia è un fattore trasversale a tutte le crisi industriali, soprattutto se manifatturiere. Dopo di che la competenza dell'energia è in capo molto al Ministero dell'economia ma anche al Ministero dell'ambiente.
  È chiaro che una politica di sviluppo in un sistema ormai così complesso non può che prevedere un coinvolgimento di più ministeri: il Ministero della ricerca, il Ministero dell'ambiente, il Ministero del lavoro, ovviamente il Ministero dello sviluppo Pag. 10economico. Quindi è chiaro che vanno intrecciate al meglio le competenze e le deleghe. Per ora sul ministero si è vista soltanto la parte dell'energia e purtroppo delle numerose crisi che ci sono in questi anni. Ripeto, il costo dell'energia è una materia trasversale, purtroppo causa di una crisi trasversale.
  Sulla questione della formazione noi abbiamo dei campioni nazionali di livello (TERNA, ENEL, ENI, SNAM e quant'altro), quindi è chiaro che, quando si parla di politica industriale di sviluppo, non si può non partire da ciò che si ha e dai nodi di una rete che si dirama in termini fisici ma anche in termini di pianificazione astratta. È chiaro che queste realtà industriali così importanti, che hanno elevato le professionalità e le competenze storiche di questo Paese, non possono che essere protagoniste. C'è tutto il tema enorme del trasferimento tecnologico dalle università alle medie imprese, dato che le grandi in autonomia riescono ad essere indipendenti, e poi tutto il tema del trasferimento tecnologico lungo la filiera. Quindi l'idea di avere dei campioni nazionali che si tirano dietro tutta la filiera da accompagnare in termini di competenza e di fiscalità verso l'innovazione e lo sviluppo anche interni all'azienda.

  GIUSEPPE D'ERCOLE, dipartimento energia, sicurezza, ambiente e territorio CISL. Sulla prima questione c'è bisogno di un punto di sintesi: ogni ministero deve fare bene il suo lavoro di approfondimento specifico, ma la questione di questa riconversione energetica è pervasiva.
  Noi riteniamo fondamentale la centralità dell'industria e che gli input dell'ambiente, gli input sociali devono trovare una traduzione operativa. Noi facciamo parte del G7 perché siamo la seconda industria manifatturiera d'Europa: mantenere il caposaldo industriale è importante, è decisivo per mantenere un livello di innovazione di risorse per la ricerca, l'innovazione e la competizione internazionale, quindi il Ministero dello sviluppo economico è senz'altro decisivo, ma non è esaustivo. Non può esserlo, perché nel nostro documento mettiamo in evidenza che il fattore lavoro è importante, compresa tutta la questione della formazione lavoro; che la questione ambientale è importante nella misura in cui l’input ambientale diventa politica industriale, politica amministrativa e via discorrendo; che l'economia è importante, il Ministero dell'economia è importante. Se l'industria, quella che è oggi in una situazione più critica in questa transizione, se le industrie energivore sottoposte all'ETS, che pagano una forma camuffata di carbon tax, che versano 1.400 miliardi, hanno un ritorno neanche del 10 per cento sul loro contributo rispetto alle spese di innovazione che devono sopportare: capite che il gioco è leggermente falsato. Quindi anche il ruolo del Ministero dell'economia è decisivo rispetto a come si vanno ad investire le risorse.
  Il Ministero dello sviluppo economico però non può dirci, negli incontri che abbiamo avuto al tavolo, di chiudere le centrali a carbone e che le ricadute di una tale azione sui territori non sarebbero oggetto di discussione. Questo è emerso chiaramente.
  Se non ricordo male, al Senato, in fase di conversione del decreto-legge clima, ieri o l'altro ieri, il CIPE è diventato CIPESS, ovvero Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, che sta a indicare che oggi questa trasformazione è tale che c'è bisogno di un punto di sintesi e non sarebbe male che su questo punto della sostenibilità la Presidenza del Consiglio avesse un ufficio specifico, dedicato, per fare la sintesi di tutto quanto.
  Sul discorso della formazione solo due cose. Le reti sono decisive, perché il sistema distribuito è completamente diverso da quello centralizzato. Per esempio il problema delle comunità energetiche, il problema dei prosumer sono scenari nuovi rispetto ai quali la formazione è decisiva, oltre che il sistema organizzativo, il sistema degli incentivi, il sistema delle regole.

  GIANNA FRACASSI, Vicesegretario nazionale CGIL. Sulla seconda domanda, cioè su uno strumento che possa consentire una riqualificazione/formazione dei lavoratori interessati a questi processi, assolutamente Pag. 11sì, siamo assolutamente d'accordo. Ma noi chiediamo qualcosa in più. Quello che forse non siamo riusciti a spiegare o comunque vorremmo che fosse chiaro, è che non siamo di fronte a una questione limitatamente all'ambito ambientale, a una scelta di maniera; noi vorremmo far capire a questa Commissione che questo percorso di transizione, che è ambientale, accelerato dalla digitalizzazione, è un tema economico, industriale, ambientale legato all'istruzione: è qualcosa di complesso. Questo lo diciamo perché intorno a noi, se proviamo a volgere lo sguardo dalle vicende italiane a quello che accade ai nostri confini, tutti si stanno organizzando, tutti stanno facendo scelte, che non sono solo energetiche. Pensate all’automotive. Lo dico perché questo percorso riguarderà profondamente il lavoro, la qualificazione e le competenze dei lavoratori.
  Sulla prima domanda, se l'onorevole Squeri si riferisce alle valutazioni che sono state fatte dai meccanici, le dico quello che penso.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Squeri per una precisazione.

  LUCA SQUERI. Se posso. I sindacati confederali hanno inviato una lettera dove si dice che di fatto è stato paralizzato il ministero nell'ultimo quadriennio e che dall'inizio della legislatura lo stesso ministero ha subito decisioni gestionali adottate nel segno dell'improntitudine e dell'arroganza.

  PRESIDENTE. Onorevole Squeri, il senso della domanda era chiaro. Lasciamo dare la risposta.

  GIANNA FRACASSI, vicesegretario nazionale CGIL. Le rispondo. Che il Ministero dello sviluppo economico abbia una qualche difficoltà ad affrontare le tante crisi industriali aperte lo diciamo oggi, lo dicevamo un anno fa, le aggiungo che lo dicevamo anche tre anni fa.
  Io capisco la finalità della domanda, però il tema è un po’ più complesso. Vi vorremmo dire che c'è un quadro di impoverimento e di grave crisi industriale. Non è una questione di battaglia politica: bisogna dare risposta a queste persone. Quindi, quando chiediamo il coordinamento, noi vi diciamo di non affrontare questo tema soltanto su un lato, ma pensate che, per gestire questa complessità, probabilmente non solo non basterà il Ministero dello sviluppo economico, quello di oggi, quello di domani e quello dei prossimi quattro anni, ma probabilmente servirà un soggetto che integri e metta insieme tutti i ministeri coinvolti, perché non è soltanto un tema da sviluppo economico.
  Sulla questione industriale crediamo che questo sia un grande tema da affrontare come Paese.

  PRESIDENTE. Ringrazio le rappresentanze sindacali per i contributi importanti che hanno fornito, anche da un punto di vista diverso dal solito, quello dei lavoratori, e dichiaro conclusa questa audizione.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (CNCU).
  Saluto il dottor Danilo Galvagni, vicepresidente di Adiconsum, il dottor Ettore Salvatori, presidente nazionale di Assoconsum, la dottoressa Giorgia Prosperi, esperta di Federconsumatori, il dottor Ovidio Marzaioli, vicesegretario nazionale del Movimento consumatori, la dottoressa Maria Iaconis, componente dell'ufficio legale di UDICON, il dottor Marco Vignola, responsabile del settore energia dell'Unione nazionale consumatori (UNC) e la dottoressa Silvia Castronovi, responsabile relazioni istituzionali di Altroconsumo.
  Nel dare la parola agli auditi, ricordo che l'audizione è finalizzata esclusivamente ad ottenere elementi istruttori utili all'approfondimento Pag. 12 delle tematiche contenute nell'indagine conoscitiva. Visto poi che ovviamente intendiamo far parlare tutti con la stessa temporalità, darei cinque minuti a ognuno per la sua relazione, per consentire anche ai colleghi presenti di formulare eventualmente alcune domande.
  Do la parola per primo al dottor Galvagni, vicepresidente di Adiconsum.

  DANILO GALVAGNI, Vicepresidente di Adiconsum. Come Adiconsum abbiamo steso un documento, che abbiamo inviato alla Commissione, e abbiamo preso come riferimento il vostro profilo di intervento, per cui siamo andati sulla sicurezza dell'approvvigionamento con il tema «governare la transizione», nel senso che secondo noi un mix adeguato tra le fonti energetiche, l'ottimizzazione dei consumi energetici delle famiglie e delle aziende, l'attenzione a una riflessione sugli impianti termici da dismettere, che sono anche un'opportunità per i territori dove sono collocati e per attività industriali o di utilità sociale, diventano estremamente importanti.
  L'efficientamento energetico del Paese è un tema che può creare le condizioni non solo di una corretta distribuzione e utilizzo dell'energia, ma anche di attività produttive che in questo momento sono estremamente utili. Nel documento troverete maggiormente specificate le nostre motivazioni.
  Per quanto riguarda la competitività del settore siamo molto interessati al fatto che la situazione attuale delle tariffe energetiche crea delle problematiche per gli utenti che noi tuteliamo. Abbiamo il problema della povertà energetica, che potrebbe essere superata solamente affrontando in maniera corretta una nuova rivisitazione delle bollette energetiche. All'interno di questo siamo preoccupati anche per tutti i soggetti che si stanno presentando sul mercato, che vendono energia e che probabilmente non hanno le qualifiche, non hanno i titoli, ma soprattutto temporalmente non possono garantire alle famiglie o ai soggetti che potrebbero diventare loro clienti una continuità della fornitura elettrica. All'interno di questo abbiamo anche il tema dei consumatori che diventeranno prosumer, fornitori di energia sul sistema elettrico nazionale. Noi siamo dell'idea che si creeranno delle nuove comunità energetiche, queste comunità energetiche il nostro obiettivo non è quello di staccarle dalla rete, ma di ottimizzare la rete affinché questi ne traggano vantaggi propri come consumatori, ma soprattutto possano mettere in rete quel surplus di energia che si potrebbe venire a creare. Da questo punto di vista vorremmo delle normative che possano facilitare i condomini, che saranno probabilmente il mattone più piccolo di queste nuove comunità energetiche, nel produrre e soprattutto nel poter gestire in proprio il surplus di energia. Per cui occorrerà anche qui immaginare dei nuovi soggetti, specialmente sulla distribuzione delle reti, che possono aiutare dal punto di vista tecnico, ma soprattutto burocratico e amministrativo, questi nuovi soggetti che si verranno a creare.
  Infine l'ultimo tema che dovrebbe essere attenzionato è quello del decommissioning nucleare. È un tema che non bisogna affrontare solo dal punto di vista dell'energia, ma di tutte le scorie radioattive che anche ospedali o altri soggetti possono creare sul territorio nazionale, che impattano comunque sulla bolletta energetica. Per cui la rivisitazione della bolletta energetica per abbattere la povertà energetica delle famiglie e soprattutto per il recupero di oneri impropri che nulla hanno a che vedere con il costo effettivo dell'energia, secondo noi è uno dei temi più importanti da affrontare.

  SILVIA CASTRONOVI, responsabile relazioni istituzionali di Altroconsumo. Ringrazio la Commissione per aver attivato un'indagine conoscitiva su un tema così importante, che ci deve vedere come sistema Paese, economicamente e da un punto di vista legislativo, performanti ai vari cambiamenti, anche suggeriti dall'Europa, in questo settore, soprattutto alla luce della sostenibilità del risparmio energetico.
  Noi come Altroconsumo produrremo una documentazione, che invieremo entro il termine di conclusione dell'indagine conoscitiva, da lasciare agli atti.
  Intervengo su alcuni punti, non ripetendo quanto già detto dal collega e attenendomi Pag. 13 alle questioni richieste nell'indagine conoscitiva. Per quanto riguarda il focus sul mercato retail mostriamo una certa preoccupazione sulle modalità del superamento del regime di tutela che dovrà attuarsi nel 2020, salvo altre proroghe, che non credo vi saranno. Per far sì che questo superamento venga fatto nel migliore dei modi, soprattutto a tutela dei consumatori, sono necessari due elementi: il primo un elemento di certezza, una certezza che deve essere proprio sull'assetto del mercato anche a livello normativo. Ci risulta che a pochi mesi dalla liberalizzazione del mercato energetico ancora vi siano dei vuoti normativi e delle incoerenze normative per questo passaggio, che danno adito a una informazione scorretta da parte degli operatori del settore e, quindi, a contratti non sicuramente vantaggiosi per i consumatori, che spesso danno problematiche ai consumatori stessi che li sottoscrivono. L'informazione deve essere anche trasparente e facile da comprendere. Per far sì che un consumatore abbia la possibilità di comprendere in maniera immediata la comunicazione su un servizio che gli viene fornito, è necessaria una chiarezza e una uniformità di prezzi. Attualmente il settore energetico, sia quello elettrico che quello del gas, vengono profilati dalle varie aziende che li propongono ai consumatori con delle differenti modalità di prezzo dell'energia, tant'è vero che il consumatore non capisce in bolletta che cosa sta pagando di consumo, che cosa sta pagando di accise, in quanto non è uniforme la comunicazione fra le varie aziende che propongono il servizio. Quindi un passo importante sarebbe quello di andare verso un prezzo onnicomprensivo dell'offerta, in modo che possa esservi la comparabilità tra quello che paga e quello che compra il consumatore.
  Un altro ambito nel quale vorremmo intervenire è quello degli impianti domestici che vengono proposti, e quindi installati, per il monitoraggio elettrico nelle abitazioni, soprattutto per i consumatori retail. Noi abbiamo fatto un progetto, che in Italia viene chiamato «Casa rinnovabile» ma che è fatto a livello di gruppo anche a livello europeo, progetto che rientra in Horizon 2020 dell'Unione europea, con cui abbiamo fatto da tutor per alcune famiglie, facendo installare degli impianti per monitorare il proprio consumo energetico in modo da dare prima consapevolezza al consumatore e stimolare un comportamento virtuoso al fine di risparmiare energia elettrica e capire dove sono gli sprechi. Il campione è costituito da venti famiglie, quindi non è un campione statisticamente rilevante, però quello che rileva di queste venti famiglie e quello che vorrei evidenziare in questo ambito è che, se non ci sono dei consumatori veramente molto motivati e smart, quasi manager del risparmio energetico, questi sistemi non funzionano, perché l'offerta del mercato è sempre più ampia, sono sempre più complessi da installare, da capire e da monitorare per le famiglie e a un aumento di costo non corrisponde un effettivo risparmio energetico, perché questo deve essere tale da poter compensare l'installazione di questi strumenti. Dunque quello che si richiede è l'informazione, la formazione e l'educazione del consumatore, ma non solo sull'uso e il risparmio dell'energia, ma anche sugli incentivi fiscali e normativi. Su questo chiediamo che siano messe a sistema e siano continuative le norme che vanno ad incentivare il risparmio energetico, perché non si può aspettare ogni anno la legge di bilancio per capire come orientarsi.
  Il resto lo rimettiamo al documento che invieremo.

  ETTORE SALVATORI, Presidente nazionale di Assoconsum. Per non ripetere quanto è stato detto, parto da un altro punto. La Strategia energetica nazionale fatta nel 2017 è ancora attuale nelle sue previsioni o no? La previsione era quella di andare verso il 2030 con una riduzione dei consumi più o meno dell'1,5 per cento annuale e un incremento della produzione, a fronte di questa riduzione nei consumi, solo da parte del sistema Italia del 6 per cento in tutto il periodo. Rispetto agli ultimi avvenimenti, quindi alle dichiarazioni di parecchie case automobilistiche che lasceranno il carburante gasolio come principale fonte per l'autotrazione e si sposteranno sull'elettrico, Pag. 14 compreso il gruppo FIAT, forse questa previsione di riduzione dei consumi elettrici non è più attuale.
  Detto questo, bisogna fare un'altra considerazione. Noi importiamo dal 72 al 73 per cento di energia dall'estero, quindi i nostri consumatori e le imprese sostengono, a valle di questo, un altissimo prezzo del costo dell'energia, cosa che provoca sua ai consumatori che alle imprese una differente capacità competitiva sui mercati. Che cosa si può fare per risolvere questo problema. Quello che pensiamo è che l'obiettivo del 2025 della decarbonizzazione totale in Italia sia assolutamente da perseguire, però questo comporterà la perdita di 6 gigawatt nella conversione delle quattro centrali termoelettriche da dismettere. Qui è necessario che il Parlamento riesca a snellire tutti i processi autorizzativi per la trasformazione di queste centrali termoelettriche e di tutti gli iter autorizzativi per il repowering di un comparto elettrico che ha bisogno di essere rinnovato e ammodernato. Il rischio è che con la chiusura delle quattro centrali nel 2025, fra cinque anni, non si arrivi a rimpiazzare questi 8 gigawatt, per cui la nostra proposta è questa: quando un parco eolico è già stato autorizzato, per la conversione o l'ammodernamento dell'impianto la legislazione dovrebbe prevedere un iter burocratico estremamente snello, in modo da permettere un efficientamento più rapido. Questa è la prima cosa.
  La seconda è da dove prendiamo le fonti di approvvigionamento di questa energia. Tutto il comparto delle bioenergie, quindi il biometano, il biogas di prima e di seconda generazione sono già attuali, ma c'è tutto un comparto (della terza e della quarta generazione) assolutamente importante, perché riesce non solo a non emettere anidride carbonica nell'ambiente, ma con la quarta generazione si prevede che l'anidride carbonica nell'ambiente venga assorbita, per cui avere un processo inverso. Questo è ancora sperimentale, per cui sarebbe estremamente utile che venissero dati dei fondi a chi vuole investire in questo campo, anche perché questo è il futuro.

  GIORGIA PROSPERI, esperta di Federconsumatori. Federconsumatori nel documento che abbiamo trasmesso alla Commissione individua alcuni spunti di riflessione sull'audizione odierna. Innanzitutto valutiamo positivamente la Strategia energetica nazionale e riteniamo che l'Italia sia assolutamente in grado di rientrare negli obiettivi posti dall'Europa per il 2030. In questo caso riteniamo opportuno e chiediamo che vengano mantenuti gli strumenti di promozione dell'efficienza energetica, che fino ad oggi sono stati elaborati. Quindi nell'attuale contesto di emergenza energetica e climatica che stiamo vivendo l'Italia non deve riallinearsi agli altri Paesi, bensì accelerare, mantenendo gli obiettivi positivi raggiunti come ad esempio la riconferma dei bonus energetico e sismico. In quest'ottica riteniamo necessario potenziare sempre di più l'efficientamento energetico, i trasporti collettivi a basso impatto ambientale e potenziare e incentivare anche nuove forme di mobilità che permettano di produrre e accumulare energia, come ad esempio il mercato delle auto elettriche e delle batterie a ricarica veloce.
  Il punto focale è quello del superamento del mercato tutelato. Con particolare riguardo a questo importante punto di svolta siamo concordi con la necessità di monitorare e mappare, in un'ottica di assoluta trasparenza, gli operatori energetici su tutta la filiera, coniugandola con una particolare attenzione anche al tema delle nuove professionalità e della sicurezza, proprio perché la crescita e lo sviluppo, quindi questa mappatura che deve essere fatta, coincidano con la messa in sicurezza del sistema energetico in modo tale da non privarsi poi delle risorse utili da reinvestire.
  In quest'ottica di superamento imminente del mercato tutelato pensiamo e rivendichiamo la necessità di definire delle soluzioni idonee a garantire i soggetti più vulnerabili, quelli che versano in condizioni di forte disagio economico e sociale. Pensiamo tra loro anche ai «morosi incolpevoli», quelli che si sono ritrovati non per colpa loro in crisi aziendali, quindi a non percepire più lo stipendio. In tal senso chiediamo che vengano inclusi dei regimi Pag. 15obbligatori di efficientamento energetico, coniugandoli con questi requisiti di finalità sociale destinati a persone e famiglie in condizioni di povertà energetica e di vulnerabilità, nell'ottica in cui l'energia elettrica è un elemento primario e dobbiamo evidenziare e definire gli strumenti per garantire il minimo vitale a tutti.

  OVIDIO MARZAIOLI, Vicesegretario nazionale del Movimento consumatori. Ringrazio per l'audizione, fondamentale per noi per esprimere delle considerazioni sia sul SEN che sul nuovo PNIEC.
  La nostra idea è quella di mettere al centro di tutta questa fase, al centro della transizione energetica, il cittadino consumatore, quindi un ruolo non solo passivo – essere il destinatario di questa modifica –, ma parte attiva della politica sul clima e sull'ambiente, che probabilmente vivrà o dovrà vivere su una società correlata al recupero ambientale. Quindi la grande strategia generale dell'economia circolare.
  Puntualizzerò delle cose perché i tempi sono molto ristretti. Il PNIEC parte da cinque punti, cinque linee di intervento: la decarbonizzazione, l'efficienza energetica, la sicurezza energetica, lo sviluppo del mercato interno dell'energia e ricerca, innovazione e competitività. A me interessa sviluppare in questa breve audizione il mercato e come questo deve essere orientato alla scadenza naturale, definita dalla legge n. 124 del 2017, la legge sulla concorrenza, al primo luglio 2020. Quindi l'idea di un mercato che si apra definitivamente abbisogna di interventi legislativi e regolatori. L'intervento regolatorio dell'ARERA, che sta attuando una serie di opzioni proponendo un mercato di salvaguardia che dall'attuale presenza di cinquantamila utenti all'interno di questo mercato dovrebbe passare a circa sedici milioni. Inizialmente dovrebbero essere sedici milioni. Quindi l'idea di un intervento su una materia tanto forte del passaggio dal mercato di tutela al mercato libero diventa oggetto di un intervento non solo regolatorio, per cui una delle problematiche che attualmente l'ARERA sta portando è che al primo luglio 2020 – quindi l'ottimismo dei colleghi mi sembra eccessivo – ci sarà uno spostamento di questa data, almeno per quanto riguarda il retail e le micro imprese, mentre le piccole imprese dovrebbero andare direttamente sul mercato, e dovrebbero essere circa tre milioni. Tutto il resto rimane un punto interrogativo. Quindi necessità innanzitutto di regolare dal basso il mercato. Altra cosa fondamentale, regolare dall'alto gli albi. È necessario l'intervento sull'albo dei venditori, perché altrimenti saremmo di fronte a oltre quattrocento venditori che non sono in grado nemmeno, per la stragrande maggioranza, di fornire la documentazione che metta il consumatore nelle condizioni di comprendere una serie di interventi, tra cui quella fondamentale, che è uno dei grandi problemi che troviamo sul territorio, che è l'applicazione della prescrizione breve. Teniamo addirittura delle situazioni in cui lo stesso consumatore non riceve né lo script né l'atto per l'eccezione di prescrizione. Stiamo parlando di quattrocentocinquanta fornitori nell'energia elettrica e altrettanti nel gas.
  Secondo argomento, e vado veramente per salti non dimenticando che ARERA, nella sua audizione in questa Commissione dell'altro ieri o di ieri, ha detto che c'è la possibilità di un rinvio della direttiva senza predeterminare i termini della chiusura del mercato. Stiamo ricominciando da capo di nuovo con il palleggio: quando si apre il mercato. Diamo date certe: sei mesi, un anno, ma deve esserci la data certa, altrimenti arriveremo di nuovo al primo luglio per dire forse che il mercato di salvaguardia è troppo difficile da mettere a posto, facciamo un altro rinvio. Questo significa incertezza per chi investe nel mercato, ma soprattutto per il consumatore che non ha informazioni.
  Chiudo sulla povertà energetica. Assolutamente deve essere fatto quell'automatismo promesso, e l'ho trovato pure nel Piano nazionale energia e clima. Anche qui viene promessa la possibilità di un intervento immediato con l'automatismo del bonus sia gas che energia elettrica che quello idrico, altro problema gigantesco. Viene dato solo in alcune regioni e in altre no.
  Concludo con i dati di sintesi. Ci deve essere una grande crescita del fotovoltaico, Pag. 16proprio per riportarci al PNIEC; riduzione dei consumi ed emissioni attraverso l'intervento principalmente nel residenziale e nel terziario; decarbonizzazione nei trasporti, tutto quello che è stato detto è inutile ripeterlo; elettrificazione dei consumi, quindi investimento sulle energie rinnovabili, perché, se diamo gli incentivi, dovrebbe esserci automaticamente un consumo notevole di quell'energia prodotta, altrimenti gli incentivi sono solo un carico per i poveri consumatori; oneri generali di sistema. Vi prego, interveniamo su questa questione, perché non è possibile che gli oneri generali vengano con quelle cifre e con quelle modalità. Abbiamo fatto un tavolo comune con ARERA, spero che porti a un buon risultato.

  MARIA IACONIS, componente dell'ufficio legale di UDICON. Ringrazio per questa audizione, perché è importante per noi portare in queste aule la voce dei consumatori. L'argomento che trattiamo è veramente importante, perché tocca tutti i consumatori da vicino, tocca il nostro Paese a livello centrale, a livello generale, ma ovviamente i riflessi e i risvolti sono dei singoli consumatori.
  In ordine alla SEN noi riteniamo che tutti gli obiettivi in essa previsti sono veramente importanti. Nell'ottica di attuare il Piano nazionale energia e clima che dovrà essere presentato entro il 31 dicembre, così come il Paese è stato chiamato ad attuarlo in base alla propria Strategia energetica nazionale, è importante che gli obiettivi che l'Italia ha indicato nella propria SEN siano effettivamente portati a compimento, siano perseguiti e, si auspica, raggiunti.
  Molte cose sono state dette, non voglio ripeterle, ma è inevitabile dire che l'obiettivo principale è sicuramente quello della decarbonizzazione. Quindi l'obiettivo del 2025 speriamo possa essere effettivamente raggiunto, nell'ottica del raggiungimento della cosiddetta clean energy package. È importante che ci sia un'energia pulita. In quest'ottica noi riteniamo che il discorso delle FER (fonti energetiche rinnovabili) sia un punto molto importante, perché l'obiettivo che è indicato, e speriamo possa essere raggiunto con i vari interventi necessari, è il raggiungimento entro il 2030 delle minori emissioni possibili di CO2, quindi con fonti rinnovabili elettriche, con rinnovabili termiche e le rinnovabili soprattutto nei trasporti.
  Un altro concetto molto importante è quello dell'efficienza energetica. Per raggiungere l'efficienza energetica noi riteniamo che sicuramente ci vogliano tutti gli interventi necessari a livello legislativo che consentano di raggiungere gli obiettivi che ci prefiggiamo, ma è importante rendere consapevole anche il consumatore, perché poi è quello che fa ogni singolo consumatore che determina il complesso del risparmio e della vera efficienza. Quindi stabilire, nell'ottica del rinnovo immobiliare, nell'ottica di nuove metodologie di raffrescamento e di riscaldamento degli immobili anche nei condomini, magari degli incentivi che consentano ai consumatori intanto di conoscere, quindi comprendere cosa significa efficienza energetica, e poi avere la possibilità di farlo, perché non tutti, con la povertà energetica, hanno la possibilità di intervenire per ottenere efficienza e risparmio. Anche l'isolamento, il cosiddetto cappotto termico degli edifici sarebbe un obiettivo veramente importante che consentirebbe un risparmio energetico, un efficientamento veramente notevole.
  Anche la sicurezza energetica è un tema molto importante della SEN, che noi riteniamo debba essere perseguito con gli interventi necessari, in termini sia di innovazione tecnologica per quanto riguarda anche la competitività dei mercati, perché l'obiettivo deve essere anche quello di ridurre il gap tra il prezzo e il costo dell'energia e di ridurlo anche nel settore del gas, non solo dell'energia elettrica.
  Non voglio dilungarmi, rimando al documento che abbiamo trasmesso per dettagli ulteriori. Riteniamo che gli interventi delle fonti rinnovabili, dell'efficienza energetica, della competitività dei mercati siano punti molto importanti, anche la consultazione con i Paesi limitrofi, perché è bene che si crei anche un discorso all'interno dell'Europa che possa cercare di raggiungere obiettivi comuni, nell'ottica di una Pag. 17maggiore tutela di tutti i consumatori nell'ambito energia.

  MARCO VIGNOLA, responsabile del settore energia dell'Unione nazionale consumatori (UNC). Io parto da un focus che lo stesso PNIEC fa nel suo testo, il ruolo del consumatore attivo e dal fatto che nello stesso PNIEC si esplicita questo ruolo su tre livelli: la scelta del fornitore e la corretta valutazione delle offerte commerciali, l'autoproduzione e la modifica del carico, quindi i sistemi di thermal response.
  Io come Associazione consumatori mi fermerò solo sul primo, visto il tempo e la complessità degli argomenti, per esplicitarvi tre aspetti su cui siamo ancora oggi molto preoccupati, che sono stati in parte anche rappresentati da alcuni colleghi. Nonostante l'attività messa in campo fino ad ora, sia dal legislatore che dal regolatore, noi riteniamo che il sistema non sia ancora pronto alla fine dei mercati di tutela al primo luglio 2020. Non lo riteniamo ancora pronto per una serie di motivi molto chiari, temendo che questo possa creare una situazione di grossa difficoltà per i consumatori, soprattutto quelli più deboli. Innanzitutto la fine del ruolo dell'Autorità, dell'ARERA, nella formazione del prezzo, che in questi anni ha di fatto costituito un ottimo benchmark di riferimento anche per gli operatori del mercato libero e che ha funzionato; la mancata definizione ad oggi del destino di che fine faranno i milioni di clienti che ancora oggi si trovano nel mercato di tutela, che ha spinto l'Autorità a pubblicare il documento di consultazione molto importante e molto critico su quella che dovrebbe essere la nuova salvaguardia; la cessazione dell'acquisto da parte di Acquirente unico sul mercato, cosa approvata a livello europeo, delle quote di energia per il servizio di maggiore tutela, che ha dimostrato come nel mercato si possa fare comunque tutela per i consumatori; la concentrazione dell'80 per cento dei volumi di vendita nei primi quattro gruppi societari italiani. Da questo lato c'è una concentrazione, dall'altro c'è la mancanza di un albo venditori che spiega la presenza oggi di più di cinquecento società abilitate alla vendita, alcune molto piccole, molto aggressive, molto poco organizzate. Quindi anche lì dovrebbe essere fatto velocemente qualcosa per mettere un freno a questa situazione. Infine la mancata definizione di sistemi di tutela adeguati per i clienti vulnerabili. Per questo noi esprimiamo la nostra preoccupazione, pur essendo favorevoli allo sviluppo di un mercato che ha dimostrato in altri settori di portare dei benefici per i consumatori.
  Riferendoci invece alla questione dei vulnerabili, che è un aspetto che a noi interessa molto e che è richiamato in due passaggi del PNIEC, sia al paragrafo 2.4.4, in cui si parla delle modalità di accesso al bonus energia, sia nell'istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla povertà energetica. Su questo punto noi riteniamo che il nostro ordinamento oggi difetti di una definizione precisa di «povertà energetica» e soprattutto di «vulnerabilità energetica», due aspetti legati ma non uguali. Mentre il primo è determinato da problemi oggettivi legati all'incapienza economica di alcuni soggetti, il secondo tiene conto di difficoltà soggettive che possono essere anche indipendenti dalla situazione economica (ad esempio, l'età, il grado di educazione eccetera), che rende questi clienti vulnerabili, più facilmente attaccabili in un mercato complesso come quello dell'energia. È importante quindi pensare per entrambe queste categorie a dei sistemi di tutela che potrebbero essere, per quanto riguarda i poveri energetici, chi vive in povertà energetica, il potenziamento del bonus sociale – di cui poi parlerò – mentre, per quanto riguarda i vulnerabili da un punto di vista non economico, pensare a un sistema di tutela ancora di mercato che li traghetti per un periodo più lungo rispetto agli altri nel mercato libero.
  Per quanto riguarda il bonus sociale è chiaro, dai dati che l'Autorità ha già pubblicato diverse volte, come purtroppo questo sistema non abbia funzionato in questi anni, sia per una questione legata alla pochezza dei fondi ancora utilizzati, della quota che va a coprire la spesa dei consumatori che rientrano nei limiti previsti dalla norma, sia per il fatto che non sia ancora stato attivato il processo diretto di applicazione Pag. 18 del bonus attraverso l'unione delle banche dati, cioè del sistema informativo integrato e della banca dati dell'INPS.
  L'ultimo aspetto è quello degli oneri generali di sistema, che è stato già affrontato in questa Commissione. A novembre scorso l'Autorità è venuta in audizione a raccontarvi che 2,2 miliardi potrebbero essere già spostati: su questo aspetto noi riteniamo che ormai sia il caso di legiferare, anche perché ormai coprono il 18 per cento questi 2,2 miliardi degli oneri del 2018.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre questioni o formulare osservazioni.

  LUCA SUT. Nell'ottica di incentivare gli interventi di risparmio energetico, vorrei chiedere se avete dei dati riguardo a una delle ultime misure che abbiamo messo in campo con il decreto Crescita, all'articolo 10, che prevede lo sconto in fattura, sia dal punto di vista degli interventi previsti sui condomini sia per quanto riguarda le singole unità abitative, se avete, quindi, dei dati sulla sua fruizione, anche nell'ottica della previsione di un suo miglioramento con la prossima legge di bilancio.

  DAVIDE CRIPPA. Ringrazio i consumatori che hanno riportato l'attenzione su temi strettamente di attualità, quale la discussione sulla maggior tutela.
  Ribadisco il tema che, mancando l'analisi dei dati delle offerte comparative del 2018, ad oggi sono spaventato dell'idea, sia per le imprese che per i consumatori, di un passaggio a giugno 2020, visto che non c'è un'analisi storica dei dati che ci possa consentire di dire che sicuramente non ci sarà un aumento. Anzi stiamo quasi dicendo che l'80 per cento delle offerte sono tutte superiori al servizio di maggior tutela.
  Io vorrei capire meglio se immaginate un ruolo delle associazioni dei consumatori diverso nei prossimi anni e se il fatto di avere in questo caso il prosumer un ruolo centrale nello sviluppo futuro, contratti di lungo termine, forniture di energia stile PPA possono essere uno strumento con cui i consumatori, aggregandosi, possono favorire una domanda certa di energia rinnovabile per un certo numero di anni e, conseguentemente, garantire la redditività degli impianti a un soggetto che lo realizza. Questo ci permetterebbe di non andare di nuovo ad aggravare la componente 3, ma di rispondere direttamente alla questione.
  L'ultima considerazione è sui progetti sulla sensibilizzazione dei consumatori. Oggi c'è quella finestra delle multe Antitrust, su cui voi consumatori partecipate rispetto ai percorsi di formazione, se ci sono delle migliorie da segnalare su questo modus operandi, al di là che probabilmente rispetto alla norma originaria stiamo parlando di fondi che vengono distratti per quasi l'80 per cento della loro destinazione. Vorrei capire se progetti di sensibilizzazione, di formazione, che a mio avviso dovrebbero avere una visione comunitaria da parte di tutte le associazioni dei consumatori, potranno o dovranno essere migliorati come strumento nelle prossime determine. Anche perché ricordo a tutti che noi ci ritroviamo a dover dare un parere come Commissione rispetto a quegli stanziamenti.

  PRESIDENTE. Pongo una domanda veloce anch'io.
  È uscito il tema del superamento della maggior tutela, che veniva richiamato anche oggi come tema critico nella fase prossima ventura. ARERA sta valutando la possibilità di usare la salvaguardia, ovviamente nella modalità attuale, che è un servizio di ultima istanza per le aziende che hanno difficoltà, quindi ci sarebbe il trasferimento di diversi milioni di consumatori domestici e di aziende a questo servizio; la legge n. 124 del 2017 aveva escluso questa possibilità, perché era stata rimossa in fase di dibattito alla Camera, ma aveva lasciato la salvaguardia come elemento di ultima istanza. Voi ritenete che, al di là della questione legale, sia fattibile quel passaggio? Qualcuno di voi ha parlato di una nuova conformazione della salvaguardia non meglio specificata. Questa è la domanda.
  Passiamo alle risposte. Noi dobbiamo svolgere altre audizioni, quindi, vi chiederei una brevissima risposta e, se poi ritenete, Pag. 19potrete incrementare o complementare questi temi importanti, come quelli sollevati sui PPA con una risposta scritta e un documento aggiuntivo.
  Do la parola agli auditi per la replica, partendo dalla dottoressa Castronovi.

  SILVIA CASTRONOVI, responsabile relazioni istituzionali di Altroconsumo. Io rispondo in parte all'onorevole Crippa. Per quanto riguarda la preoccupazione dell'aumento di più dell'80 per cento, è un dato che abbiamo anche noi rilevato, non sull'80 per cento, ma che è probabile.
  Per quanto riguarda il ruolo delle associazioni dei consumatori io rispondo per Altroconsumo. Stiamo cercando di organizzare sempre più il consumatore in maniera attiva, ad esempio nel campo dell'energia, uno dei settori in cui siamo intervenuti di più, con i gruppi di acquisto, sia per quanto riguarda l'energia che per quanto riguarda i sistemi fotovoltaici. Ha portato risultati sia nell'ambito della consapevolezza e conoscenza del consumatore e sia nell'ambito del risparmio economico oggettivo per le famiglie. Quindi sì, perché cambiano i mezzi, cambiano i modi. Sta cambiando il panorama, quindi bisogna andare di pari passo.
  Per il resto lascio la parola ai colleghi.

  ETTORE SALVATORI, Presidente nazionale di Assoconsum. Dati non ne ho. Certo è stata un'ottima manovra, secondo me, quella di dare la possibilità della cessione del credito d'imposta alle imprese o a chi fa i lavori, perché questo permette, soprattutto sugli investimenti, di ammortizzare molto prima la quota che uno deve spendere.
  Per quanto riguarda le domande dell'onorevole Crippa, certamente c'è molto da migliorare sul discorso dei fondi che arrivano dalle associazioni, perché l'anno scorso l’Antitrust ha preso 600 milioni di euro dalle multe, ma a noi ne arrivano 7, 8, peraltro finalizzati a progetti che difficilmente risultano incisivi. Per cui le risorse non ci sono.
  Secondo me può funzionare moltissimo il discorso di poter aggregare la domanda in funzione di un contratto lungo per poter ammortizzare i costi degli impianti nuovi.

  OVIDIO MARZAIOLI, Vicesegretario nazionale del Movimento consumatori. Dati no, ma credo che gli unici che ci possono dare questi dati dovrebbero essere altri, non noi direttamente.
  Per quanto riguarda l'onorevole Crippa una delle cose che noi avevamo fortemente spinto, e l'ARERA ci ha concesso, è quello di creare dei gruppi di acquisto: la capacità dei consumatori di aggregarsi attraverso capacità anche di orientare la domanda. C'è sicuramente quel discorso, certo le complicazioni e le complessità del sistema ti portano a non avere straordinarie capacità immediate di comprensione di come muoversi. Quello del contratto lungo e quindi anche quello che il consumatore contemporaneamente può essere prosumer e interessato all'eventuale vendita della sua quota in più di produzione, potrebbe essere una delle soluzioni da mettere insieme.
  Le multe Antitrust. Mi rimetto a quello che è stato detto finora. Ci sono anche le multe dell'Autorità per l'energia, che cerchiamo di sfruttare al massimo attraverso dei progetti che si chiamano PQS e tanti altri che abbiamo messo in campo: sportelli qualificati per rispondere al consumatore, per darci informazioni.
  Per quanto riguarda la domanda posta dal Presidente Benamati, sulla salvaguardia le proposte che ha fatto Marco Vignola orientativamente potrebbero essere gli elementi fondamentali per utilizzare il sistema di salvaguardia come possibile valvola di sfogo, perché con i 16 milioni è assolutamente impossibile mettere un fornitore di ultima istanza con quel sistema. Quindi l'idea è quella di arrivare sul mercato con le risposte che ARERA dovrà dare e che dovrà dare anche il legislatore.

  GIORGIA PROSPERI, esperta di Federconsumatori. Mi associo a quanto detto dai colleghi. Anche noi dati non ne abbiamo, ma vedremo di integrare il documento che abbiamo depositato.
  Solo una cosa sul superamento del mercato di maggior tutela e quindi l'ipotesi del Pag. 20mercato di salvaguardia, di questo servizio di salvaguardia. Per i consumatori noi riteniamo che sia assolutamente fattibile e deve esserci, perché – come abbiamo già detto ampiamente anche sui quesiti al documento di consultazione dell'ARERA – questa idea di servizio temporaneo di tre anni è necessario per accompagnare i consumatori, anche quelli in maggiore difficoltà in questo superamento al mercato libero, anche in vista delle offerte che per l'80 per cento superano quelle del servizio di maggior tutela.
  Per il resto faremo le nostre considerazioni in un documento aggiuntivo.

  MARIA IACONIS, componente dell'ufficio legale di UDICON. Per quanto riguarda l'efficienza energetica – come ho puntualizzato nel documento – noi riteniamo che bisogna aiutare i consumatori a capire che cosa fare concretamente in maniera elementare. Noi associazioni stiamo cercando di intervenire in questo senso e di poter aiutare i consumatori a comprendere. Però sono necessari anche degli incentivi, perché si possano fare questi interventi magari negli edifici.
  Per quanto riguarda l'articolo 10 dello sconto in fattura noi la riteniamo sicuramente una norma utile, nel senso che, se chi fa l'intervento può da subito, piuttosto che recuperarlo in cinque anni, pagare di meno è possibile; ciò che desta un po’ di perplessità o di preoccupazione più che altro è il discorso che le imprese che potranno fare questo tipo di intervento sono magari poche, più grandi, quelli che hanno la possibilità di anticipare, che hanno la possibilità economica per farlo, quindi rischiamo che magari i più piccoli non possano più offrire questo servizio e si creerebbe una riduzione della concorrenza, quindi minore offerta per quanto riguarda questi servizi.
  L'efficientamento dei condomini, sempre nel contesto dell'efficienza energetica.
  Il ruolo dell'Associazione è molto importante, quindi i progetti, pertanto non mi ripeto su quello che è stato già detto.
  Per quanto riguarda la salvaguardia solo due parole. Noi abbiamo partecipato alla consultazione sul documento dell'Autorità e riteniamo che la salvaguardia sia importante, però come è stata formulata – c'è una legge che prevede il mercato libero, per cui prima o poi dovrà essere attuato – riteniamo che questo concetto dei tre anni previsto possa dilungarsi di tre anni in tre anni e quindi allungare ulteriormente e non attuare pienamente la legge.

  MARCO VIGNOLA, responsabile del settore energia dell'Unione nazionale consumatori (UNC). Articolo 10, non ho i dati. Il problema è quello che ricordava la collega, quindi dal nostro punto di vista si potrebbe immaginare un ruolo delle banche, degli istituti finanziari a supporto dei piccoli artigiani, che sono quelli che sono più penalizzati dall'articolo 10.
  PPA, assolutamente sì. Noi li abbiamo messi all'interno del documento di consultazione sul tema della salvaguardia, immaginando il ruolo di Acquirente unico come aggregatore di domanda proprio sfruttando i PPA e avendo un orizzonte almeno triennale della salvaguardia per poi utilizzare quegli strumenti.
  Per quanto riguarda i progetti ARERA, attualmente l'Autorità ha inviato al ministero le bozze di nuovi progetti per la proroga, perché sono bozze triennali, quindi sono in fase di valutazione da parte del ministero, quindi, se riuscite a velocizzare questo percorso, per noi va bene. Già ci hanno detto che avrebbero voluto mettere in campo dei progetti per il bonus sociale, cosa che è stata già fatta, da cui abbiamo estratto i dati che dimostrano che il bonus sociale non stava funzionando e sulla fine della tutela, nonché la prosecuzione del PQS – che ricordava Marzaioli – che è un progetto sul territorio che aiuta decine di migliaia di consumatori all'anno.
  Ultima cosa la salvaguardia. Dal nostro punto di vista sì. Noi abbiamo inviato un ampio documento di risposta alla consultazione ARERA: così come è stata fatta, dal nostro punto di vista, può essere una soluzione.

  DANILO GALVAGNI, Vicepresidente di Adiconsum. I dati si possono raccogliere, presumo, dalle associazioni di rappresentanza Pag. 21 dei condomini. Sarebbe interessante però, per ottimizzare la possibilità di accedere al cittadino a dei contributi o alle decontribuzioni, ipotizzare anche per esempio che i garage di pertinenza possano essere collegati sotto il contatore elettrico di casa e non che si debba aprire un contatore nuovo, seconda abitazione, con dei costi di gestione che sono, dal punto di vista dell'energia, irrisori, ma dal punto di vista della bolletta pesanti. Chiuderemmo anche il circuito per quanto riguarda l'alimentazione delle macchine elettriche, che tutti vorrebbero avere nel box. Per cui magari qualche considerazione sarebbe da fare.
  Ho sentito la collega intervenire sull'ipotesi dei gruppi di acquisto. Potrebbero aprirsi per le associazioni dei consumatori – mi auguro di no – dei problemi di legittimazione, visto anche che oggi come oggi le associazioni dei consumatori si devono registrare presso il CNCU con delle regole; si devono registrare per il proprio mantenimento con altre regole presso il terzo settore e c'è l'ipotesi che per far valere le class action ci si debba registrare ulteriormente al Ministero di giustizia; mi sembra che le problematiche che si potrebbero sollevare per le associazioni, che comunque vorrebbero proporre i gruppi di acquisto, anche perché chiuderemmo il circuito anche di formazione dei consumatori per l'utilizzo dei gruppi d'acquisto, possano essere anche di questa natura. Se la politica ci potesse dare una mano, non sarebbe male.

  PRESIDENTE. Questo conclude l'audizione del CNCU, rimanendo inteso che qualunque integrazione, anche sugli oneri, sul tema salvaguardia, sul tema dell'efficienza energetica è benvenuta.
  Io vi ringrazio molto, anche per la collaborazione nel tenere questa audizione entro un tempo ragionevole.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del professor Marco Cantamessa, ordinario di gestione dell'innovazione e sviluppo prodotto presso il Politecnico di Torino.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione del professor Marco Cantamessa, ordinario di gestione dell'innovazione e sviluppo prodotto presso il Politecnico di Torino.
  Nel dare la parola al professor Cantamessa, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  MARCO CANTAMESSA, Professore ordinario di gestione dell'innovazione e sviluppo prodotto presso il Politecnico di Torino. Ringrazio il Presidente e la Commissione, innanzitutto per l'invito su un tema che è estremamente importante, soprattutto a fronte della grande trasformazione dei sistemi energetici a livello globale europeo, ma anche nazionale.
  Ho questo doppio ruolo, nel senso che sono professore al Politecnico di Torino, mi sono sempre occupato di management dell'innovazione, ma di recente anche presidente di CVA (Compagnia valdostana delle acque), una società controllata dalla Regione autonoma Valle d'Aosta, che è oggi il quarto produttore idroelettrico nazionale, il sesto produttore di energia rinnovabile in Italia grazie a trentadue centrali idroelettriche e a una serie di impianti eolici e fotovoltaici situati in tutto il territorio nazionale.
  Il PNIEC è un piano estremamente ampio, vasto e articolato, per cui io in questi pochi minuti mi soffermerò solo su alcuni temi maggiormente rilevanti rispetto alla mia esperienza. Per gli altri temi vi rimando alle audizioni delle associazioni di categoria che mi risulta saranno udite da voi in tempi brevi, come Elettricità Futura, Utilitalia, con le quali molti di questi temi sono stati discussi.
  Il primo punto che vorrei sottolineare, visto da dove vengo, è il tema dell'idroelettrico. Pag. 22 Il PNIEC dà una grande importanza all'idroelettrico, noi viviamo però in questo momento sotto l'avvio del decreto semplificazioni che presenta diverse criticità e diverse incongruenze con gli obiettivi del PNIEC. Vediamo alcuni problemi innanzitutto nella regionalizzazione delle gare, perché c'è il rischio che le Regioni creino dei meccanismi di gara eterogenei tra di loro, creando confusione, costi e rischi di contenziosi, ma, ancora di più, c'è il rischio che vadano a privilegiare gli aspetti economici, perché l'idroelettrico ovviamente è un qualcosa di abbastanza ricco, andando a trascurare gli aspetti tecnici e quelli legati al track record dei partecipanti. Oggi il decreto semplificazioni riporta un requisito tecnico di aver gestito impianti da tre megawatt, che è francamente ridicolo, in quanto è molto, molto basso. Ciò sarebbe una scelta pericolosa data la natura delle infrastrutture di cui stiamo parlando: dighe e canali, quindi l'aspetto dell'impatto territoriale è molto importante. C'è anche il rischio che vengano effettuati degli spezzatini di derivazione in cascata, e questo sarebbe un guaio perché, se queste diverse derivazioni in cascata tra di loro, che interferiscono tra di loro, venissero date a soggetti diversi, immagino già tutti i contenziosi e le inefficienze che potrebbero venir fuori. C'è poi un enorme problema legato alla devoluzione gratuita delle opere bagnate e, contestualmente, la remunerazione al valore non ammortizzato delle opere asciutte, con il cherry picking. Vuol dire che in pratica l'entrante si trova a pagare niente le opere bagnate, se non parti non ammortizzate dei lavori residui, cosa difficile da definire, poi soprattutto selezionare gli asset che vuole. Questo significa una grande penalizzazione per il concessionario uscente e un ingiustificato vantaggio all'entrante. Quindi siamo andati da una situazione dove si privilegiava gli incumbent a una situazione dove gli incumbent vengono penalizzati a favore di chi entra.
  Aggiungo un ulteriore elemento. Con questa disciplina l'Italia è il Paese più pro-concorrenziale d'Europa in senso di apertura e di contendibilità delle concessioni, e questo è ovviamente problematico perché vuol dire che, combinato con l'incentivo dato agli entranti, avremo molto verosimilmente tanti operatori stranieri che verranno in Italia, con un costo del capitale basso, a fare offerte molto aggressive, mentre le imprese italiane non potranno andare ad aggredire nulla all'estero, perché ovviamente non è possibile farlo. Quindi fondamentalmente noi ci troviamo davanti un problema dove avremo un blocco degli investimenti sino al 2029, ci ritroveremo un impatto negativo sul settore idroelettrico e ci troveremo – questa è la cosa che più mi preoccupa – anche una situazione di potenziale, progressivo degrado anche di questi impianti.
  Secondo punto dell'idroelettrico: il cosiddetto repowering. Qui vi parlerò soprattutto del grandissimo idroelettrico: quei trecento impianti sopra i dieci megawatt che producono l'ottanta per cento dell'energia idroelettrica nazionale, quindi il 30 per cento dell'energia verde in Italia. Questi impianti sono importanti non solo in quanto producono molta energia, ma anche perché sono quelli che permettono di fare storage nel modo più economico tecnicamente possibile. Immaginate pompaggi e bacini ovviamente. Gli impianti più antichi hanno grandissime potenzialità di potenziamento, perché sono stati dimensionati un secolo fa in base alle esigenze dell'epoca; si parla in alcuni casi di un potenziale raddoppio addirittura della possibilità di produrre energia elettrica. Gli impianti più moderni, relativamente, quelli degli anni del boom economico fondamentalmente o della Seconda guerra mondiale, potrebbero essere tranquillamente riprogettati recuperando almeno un 5/10 per cento della loro potenzialità. Quindi, se io faccio un aggregato, stimiamo che la produzione idroelettrica nazionale potrebbe salire in questi impianti da 46 a 50 terawattora. Quindi un qualche cosa di abbastanza importante, soprattutto con impianti moderni, estremamente sicuri. Oltretutto stiamo parlando di qualche miliardo di lavori, che vuol dire posti di lavoro, che vuol dire tanta roba.
  Purtroppo siamo tutti fermi da questo punto di vista, perché la disciplina sulle Pag. 23gare crea ovviamente incertezze e poi c'è un ulteriore elemento particolare, soprattutto nell'arco alpino, legato ai particolarissimi criteri che l'Autorità di bacino del Po adotta nel concedere nuove derivazioni, perché queste figurerebbero come nuove derivazioni. Fondamentalmente i criteri che usano vanno benissimo per i lunghi fiumi, ma non vanno assolutamente bene per i corsi alpini, che sono molto frammentati e sono anche soggetti e grandissima stagionalità. Il grosso della produzione ovviamente si fa con il disgelo. Mettendo insieme i due aspetti, siamo fermi. Ripeto, gli impianti vengono mantenuti, ma ovviamente non è la soluzione ottimale. Il rischio è quello di vedere un progressivo degrado della producibilità idroelettrica su questi grandi impianti, che potrebbe portare anziché da 46 a 50, da 46 verso 40. Questo è chiaramente un grosso problema.
  Sulle altre FER sarò più veloce, ma abbiamo una certa esperienza. C'è un tema fondamentale legato anche in questo caso al repowering. Ormai noi abbiamo una significativa capacità eolica installata in Italia, ma con macchine che sono relativamente vecchie; sarebbe possibile con una certa facilità, senza ulteriore consumo di suolo, sfruttare i siti più ventosi, che ovviamente sono quelli sfruttati per primi, mettendo delle macchine più moderne. Il problema è che il repowering di nuovo vuol dire partire da zero con tutte le procedure, e soprattutto imbarcarsi con la complessità delle diverse interpretazioni che le diverse Autorità, sui vari territori, realizzano. Quindi il problema del repowering va assolutamente affrontato per evitare consumo di suolo e aumentare la capacità produttiva degli impianti esistenti.
  Sempre su questo tema delle altre FER sappiamo che il Sacro Graal è la «grid parity», il fatto di riuscire a lavorare senza incentivi o con incentivi bassi; gli operatori del settore fanno questo facendo dei business plan e potendosi solamente fidare di una proiezione dei prezzi ex post dell'energia nei prossimi trent'anni, che è come affidarsi alla sfera di cristallo. Su questo tema è fondamentale favorire i PPA (power purchase agreement), che sono essenzialmente dei contratti tra chi vuole investire in un parco eolico – faccio un esempio – e chi invece si impegna a comprare importanti quantità di energie per un medio-lungo termine in modo da ridurre i rischi. Non è facile farlo in questo momento, perché non esiste un luogo fisico dove farlo. Noi sappiamo che il decreto FER 1 ha demandato al GME, il gestore dei mercati energetici, di iniziare a lavorare sul tema della piattaforma, però questa non c'è ancora, quindi a questo punto siamo fermi. Non basta quello in realtà, perché poi c'è tutto un tema di inquadramento giuridico di questi contratti, dove bisogna riuscire a evitare le scappatoie. Per esempio l'eccessiva morosità sopravvenuta potrebbe portare a dei recessi, che rompono il giocattolo. E c'è anche il tema delle garanzie da dare agli off-taker, quindi a chi compra l'energia casomai i prezzi dovessero scendere troppo e, dall'altra parte, all'investitore qualora l’off-taker dovesse fallire. Quindi c'è anche qualche aspetto da mettere a posto da quel punto di vista. Come sempre, c'è anche il tema della pubblica amministrazione che sarebbe interessante potesse diventare essa stessa un off-taker, comprando energia verde con degli impegni di medio-lungo termine.
  Vado ancora avanti brevemente. Il PNIEC parla anche delle comunità energetiche rinnovabili, un'esperienza molto importante in diversi Paesi d'Europa, che inizia anche ad essere concepita da noi. Io credo fortemente in questi nuovi modelli decentrati, collegati all'uso di tecnologie digitali di controllo, perché ritengo che i nuovi profili di produzione e i nuovi profili di consumo dell'energia – immaginatevi quando l'energia elettrica vi riscalderà le case e vi permetterà anche di muovervi in automobile – richiederanno maggiori forme di decentralizzazione. E c'è anche un altro tema importante. Tutto questo potrebbe, in prospettiva, anche portare a una revisione degli oneri di sistema, qualora si riesca ad avere delle comunità energetiche più autosufficienti tra di loro. Non sto dicendo di abolirli, come dicono alcune persone, ma magari una leggera riduzione che consentirebbe di portare attività industriali là Pag. 24dove si produce energia, il che aiuterebbe anche il ripopolamento di territori che oggi hanno qualche piccolo problema da quel punto di vista.
  Ci sono diversi studi, noi ne abbiamo avviati alcuni, tra Regione e Politecnici di Milano e di Torino, ma fanno fatica poi questi studi a sfociare in qualcosa di più, perché bisogna presentare il progetto all'ARERA, che non si sa bene cosa fa. Qui io suggerirei di non risolvere i problemi all'italiana creando subito la legge, perché rischieremmo di scrivere delle norme prima di aver sperimentato. Potrebbe valere la pena effettivamente promuovere delle sperimentazioni, i cosiddetti regulatory sandbox, degli ambienti di sperimentazione in modo da fare esperienza e poi capire esattamente quali regole del gioco mettere.
  Chiudo con un brevissimo accenno. Chi dovrà attuare il PNIEC. Saranno tantissime imprese che dovranno mettere competenze e capacità finanziaria, il numero più alto possibile perché stiamo parando di investimenti molto grandi. Il tema qual è? Oggi noi abbiamo le società a controllo pubblico che sono un po’ azzoppate da questo punto di vista; le società a controllo pubblico non soggette al TUSP, il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, e quindi alla legge Madia sono libere di fare quello che vogliono, sono quelle che sono quotate in Borsa; le società private possono fare quello che vogliono, ma le società come per esempio la CVA, soggette alla legge Madia, non possono per esempio fare investimenti in altre società, quindi non possono fare ormai più investimenti in veicoli di parchi eolici; non possono fare investimenti in start-up e PMI innovative che portino a cose complementari; non possono, in base a pronunciamenti della Corte dei Conti, lavorare nel settore delle ESCO o, per esempio, lavorare nel settore della mobilità elettrica. Quindi, qualora si riuscisse a rilasciare un pochettino le maglie della legge Madia, per esempio andando a togliere quel vincolo del 2015 per l'emissione dei bond quotati – che crea delle strane asimmetrie, peraltro – tante società come CVA potrebbero portare competenze e significative risorse finanziarie per realizzare il PNIEC. Se no saremmo costretti a essere degli osservatori.

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento da parte dei colleghi, faccio io una domanda. Mi ha colpito questa ultima indicazione del professor Cantamessa, perché è la prima volta che lo affrontiamo da questo punto di vista. Lei, professore, sta identificando una parte di società che sono quelle a controllo pubblico non quotate: lei ritiene che l'attuale normativa, quindi al di là di entrare in veicoli terzi, per loro sia ostativa rispetto alla promozione di attività che possono rientrare nel settore della produzione delle rinnovabili o quantomeno dell'efficientamento energetico o quantomeno dell'innovazione per esempio a sistemi avanzati come quello degli accumuli. È questo il concetto?
  Do la parola al professor Cantamessa per la replica.

  MARCO CANTAMESSA, Professore ordinario di gestione dell'innovazione e sviluppo prodotto presso il Politecnico di Torino. Assolutamente sì. Vi ricorderete, la legge Madia era stata emendata concedendo anche, tra le attività permesse, la produzione di energie rinnovabili; peccato che però tecnicamente questo non sia attuabile più di tanto, perché, quando uno vuole fare investimenti in nuovi asset delle rinnovabili è normale comprare quote di società veicoli sviluppati da terzi. Questo ovviamente richiederebbe l'autorizzazione della pubblica amministrazione controllante, che non è in grado di farlo, sicuramente non nei tempi congrui con le dinamiche di mercato.
  C'è poi un tema legato anche alle società miste idroelettriche. Noi non potremmo fare la parte privata di una società mista idroelettrica in altre regioni, perché non avremmo l'autorizzazione della Regione. Ma non perché non ce la vogliono dare, perché non ci sono le capacità, le competenze e i tempi tecnici per farlo.
  L'altro tema ancora più importante è quello legato alle attività complementari, quindi il discorso del risparmio energetico con le ESCO, e in futuro entrare nelle Pag. 25future legal entity che costituiranno le comunità energetiche, e così via. Questo è un problema importante, che riduce le nostre possibilità di movimento.

  PRESIDENTE. Da parte della Commissione saluto e ringrazio il professor Marco Cantamessa, ordinario di innovazione e sviluppo del prodotto presso il Politecnico di Torino.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione dell'ingegner Alessandro Clerici, senior advisor energy and power systems.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione dell'ingegner Alessandro Clerici, senior advisor energy and power systems.
  Nel dare la parola all'ingegner Clerici, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  ALESSANDRO CLERICI, senior advisor energy and power systems. Ringrazio la Commissione per l'invito. Io sono un vecchio ingegnere con cinquantacinque anni di lavoro nel settore energia in più di cinquantacinque Paesi nel mondo; sono presidente onorario del WEC Italia, presidente onorario della Federazione delle associazioni scientifiche e sono stato presidente dell'Associazione elettrotecnica italiana.
  Ho fatto circolare un documento relativo alla presentazione di una transizione energetica sostenibile e duratura senza bolle, con alcune osservazioni. Dato il tempo ristretto, mi concentrerò fondamentalmente sulla parte delle rinnovabili elettriche che hanno una notevole importanza. Ho fatto nel documento alcuni cenni sui trasporti e l'efficienza energetica.
  Ricordo che l'ambiente è un fattore fondamentale, ha un enorme impatto mediatico e ormai è anche un grande business, dobbiamo riconoscerlo questo. Ogni nazione ha i suoi elementi specifici particolari sui tre grandi pilastri: energia, efficienza energetica e trasporti. Per raggiungere gli obiettivi bisogna cercare di farlo ai minimi costi per la collettività, con una chiara valutazione e ripartizione tra chi li paga. E in proposito, purtroppo, il PNIEC non fornisce tanti dati. Quello che mi sembra fondamentale – su cui insisterò anche dopo – è che è fondamentale una comunicazione: se noi non coinvolgiamo la popolazione, le diciamo quanto andrà a pagare sulle bollette o al limite che sia disposta a pagarla per un futuro migliore per figli e nipoti, non vorrei vedere cose tipo gilet gialli, Cile o Bolivia.
  Occorre una valutazione dei costi finali che, vorrei sottolineare, è diversa dall'elencazione degli investimenti, perché come mando in bolletta questi investimenti? Che sussidi gli do? Bisogna arrivare a fare quello.
  Ricordiamoci che il cliente che paga guarda solo quando gli aumenta la bolletta di luce, gas e benzina e non è che sia tanto interessato a vedere quanta CO2 riduciamo, quanto risparmiamo sulla parte health care, eccetera. Questa è una cosa molto importante da dover vedere.
  Ricordo che fotovoltaico ed eolico hanno fatto dei salti tecnologici enormi. Sono reduce dalla Conferenza mondiale dell'energia ad Abu Dhabi, dove mi ha invitato il Ministro dell'energia; ho visto un impianto da 1.200 megawatt fotovoltaici a meno di 20,00 euro a megawattora. Però ricordiamoci che in Italia, se arriveremo a 50,00 euro, sarà un bel salto. Quindi non possiamo estrapolare questi valori in Paesi dove non pagano il sito, non hanno oneri finanziari e pagano la manodopera 150 dollari al mese, rispetto ai nostri 2 o 3 mila.
  Una cosa che vorrei sottolineare, me ne sono accorto nelle varie conferenze che tengo: la complessa variabilità di vento e fotovoltaico. La slide della documentazione scritta che ho consegnato alla Commissione vi dà l'idea. Tutte le centrali eoliche collegate alla rete in Irlanda guardate come variano nell'anno. Guardate il buco a luglio: per un mese non hanno avuto un filo Pag. 26di vento. Ho avuto modo di parlare in Abu Dhabi con i quattro TSO tedeschi, gli operatori di sistemi di trasmissione: in Germania nel 2017 per tre settimane di fila hanno avuto solo ottomila megawatt al massimo su 105 mila megawatt installati. Si sono salvati perché esportano moltissima energia, hanno pagato penali enormi. Dovremmo esaminare questi dati e fare delle considerazioni.
  La differenza tra estate e inverno. Estate è la curva rossa del grafico della slide, inverno è la curva blu, quella giornaliera è a destra con delle nubi. Un problema enorme che avremo. Con ventimila megawatt di fotovoltaici alla sera, quando va giù il sole, vedete la curva azzurra sotto: è quello che devono fornire le altre centrali, eccetto il fotovoltaico. Abbiamo oggi quindici/sedici gigawatt in due ore, con cinquantamila megawatt installati, avremo invece quaranta/quarantacinquemila megawatt. Dobbiamo valutare i costi di tutto questo.
  Non entro nei dettagli, però fotovoltaico ed eolico hanno una bassa potenza e cortocircuito di inerzia, quindi la rete è molto sensibile: se ho un guasto in un punto, ho delle cadute di tensione. Ricordo che TERNA sta installando venti condensatori sincroni da duecento megawatt ciascuno per bypassare il problema. Il problema grosso è: rinnovabili che entrano a zero sul mercato avendo gli incentivi, la curva gialla che vedete è il prezzo del pool in Borsa, che comporta una grandissima distorsione. I valori del kilowattora diventano sempre più delle condizioni climatiche. Essenziali nuove regole di mercato.
  Ricordiamo che, se diamo dei sussidi, dobbiamo tenere conto che abbiamo, per cinque o sei anni ancora, oltre 10 miliardi all'anno di incentivi, che scenderanno a circa 5 nel 2031. Tutto risolvibile, ma bisogna valutare quanto costa.
  Ho fatto un confronto Italia/Germania. La Germania ha il 36 per cento dal carbone, duecento terawattora da carbone, ha programmato l'uscita dal carbone nel 2038. Noi abbiamo trenta terawattora dal carbone, nemmeno il 10 per cento, e vogliamo uscire nel 2025. Chiaramente sia per la Germania che per l'Italia tutto dipenderà da quanto riusciamo a investire in nuove fonti e i permessi per i collegamenti che in Italia è uno dei più grossi problemi. Germania. Stanno sviluppando nel Mare del Nord eolico offshore ed eolico onshore. Tutti i collegamenti sono a carico del TSO che li ributta nella bolletta. Mi hanno dato questo diagramma dei sistemi: non riescono a fare una linea aerea nemmeno di un chilometro. Hanno fatto una legge per cui verranno tutti interrati. Conclusione. Il costo di trasmissione dal Nord ai carichi al Sud e al Centro è molto superiore al costo di produzione, detto grid parity. Questo bisogna tenerlo in conto.
  Poi vorrei far presente una aberrazione in Italia sul sovvenzionare i prosumer domestici. Ricordo che circa settecentomila prosumer domestici sono lo 0,45 per cento dei vari consumi elettrici. Il potenziale totale sarebbe 22 per cento, ma non è che tutti possano mettersi il pannello. Io ho fatto un'analisi con i fornitori. Sapete che i vari gestori, Edison, ENEL, eccetera vengono a casa vostra a proporre il pannello, l'efficienza energetica: il costo oggi è da 1.700,00 a 3.500,00 euro a kilowatt, e dipende moltissimo dalla casa, perché è tutta installazione. Se io facessi un impiantino da 300 kilowatt, che posso mettere a terra o su delle tettoie ben orientato, perché ricordatevi che in una casa esistente non posso cambiare l'orientamento e l'inclinazione dei tetti, la media delle installazioni domestica in Italia ha il 60 per cento che tiro fuori di massima potenza rispetto all'installato. Se facessi un impiantino da 300 kilowatt che alimenta cento di questi, costerebbe un terzo il kilowattora prodotto. Ma la signora Maria che vive in una casa popolare – come diciamo a Milano – deve pagare a mio cugino, che ha la piscina, il 50 per cento del capitale, gli oneri di sistema che non paga, e lo scambio sul posto. Secondo me è da sviluppare il ruolo di aggregatori in centri di produzione di interesse per nuovo fotovoltaico. Come abbiamo il car pooling e il car sharing, perché io devo farmi un impianto che costa tre volte alla comunità rispetto a parteciparvi come aggregatore? A me pare che sia importante. Pag. 27
  Un problema grosso è come inquadriamo l'Italia e l'Europa nello scenario mondiale. A parte le energie fossili, che sono ancora l'85 per cento rispetto al 92 del 2005, ricordo che le emissioni di CO2 nei Paesi non OCSE sono i due terzi di tutte le emissioni: hanno avuto un incremento annuo del 3 per cento nell'ultimo decennio; i Paesi OCSE, un terzo, un decremento dell'1 per cento. L'Unione europea ora ha il 9 per cento, avrà meno del 6 per cento nel 2030. Occorre proporre un nuovo approccio mondiale e, secondo me, l'Italia potrebbe proporlo: ritornare a un certo CDM (Clean Development Mechanism). Se io faccio un investimento in un Paese in via di sviluppo su delle rinnovabili, questo mi conta come CO2 che non ho emesso nel mio Paese. Quindi dobbiamo sparare sul bersaglio grosso, se vogliamo raggiungere l'obiettivo. L'obiettivo è globale, quindi dovremmo diventare proattivi come Italia in soluzioni globali.
  Settore elettrico. Ha avuto la più rapida evoluzione dei consumi di energie primarie, ma non tutto potrà essere elettrico. Guardate l'industria. L'altro giorno eravamo in Confindustria per il gas, le alte temperature. È fondamentale l'interazione tra elettroni e molecole, con inizialmente molecole di metano e poi biometano e, più in là, l'idrogeno, come sottolineato da varie persone. Quindi il power to gas e il gas to power che può servire moltissimo, data la variazione stagionale.
  Ricordo che nell'elettrico ancora il 65 per cento circa è da fonti fossili; il nucleare è crollato di sette punti; nelle fossili è crollato l'olio a spese del gas e per le rinnovabili siamo al 25 per cento. Praticamente le rinnovabili hanno sostituito l'elettricità non prodotta dal nucleare.
  In Europa sarà dura centrare l'obiettivo, perché abbiamo il 20 per cento di carbone con alcuni Paesi come Germania al 36 per cento, Bulgaria 43 per cento, Repubblica Ceca 47 per cento e Polonia 77 per cento di carbone. Per raggiungere l'obiettivo di decarbonizzazione – l'ho già detto prima – ci vuole un approccio globale.
  Sui trasporti potete vedere nel documento che ho consegnato i numeri che ho raccolto per dare un'idea di come si inquadra l'Italia in Europa e nel mondo. Noi abbiamo una percentuale di macchine elettriche bassissima, però abbiamo un'elevata percentuale di macchine a gas e a gpl che si chiamano alternative fuel vehicles, e siamo i leader mondiali in questo.
  Vorrei ricordare una cosa di cui raramente si discute. Ho visto recentemente uno studio di ISPRA con il Comune di Milano: le polveri sottili, che hanno un effetto enorme nelle città, quattrocentomila morti all'anno in Europa, sono indipendenti del veicolo, perché la massima parte viene dal polverino dei freni, dalla polvere dovuta al consumo delle gomme, dalla polvere del consumo dell'asfalto e da quello che c'è in strada che non si lava ogni minuto. Quindi anche l'auto elettrica non risolverebbe un granché.
  Vengo alle conclusioni. Una macchina a benzina ha una tassazione di 400,00 euro alla tonnellata di CO2; un milione di auto elettriche, con le attuali tassazioni, viene a costare più di 1 miliardo all'anno all'erario; 6 mila euro di contributo per l'acquisto di un veicolo full electric sono 390,00 euro alla tonnellata di CO2, se sostituisco una macchina a benzina, e sono 660,00 se sostituisco una macchina diesel. Quindi bisognerà tenere conto di questi costi e chi li paga.
  L'alternativa ai trasporti è molto difficile, data la velocità del cambio tecnologico. Bisognerà però vedere le infrastrutture di rifornimento esistenti, i costi di sviluppo e le ricadute sul sistema Italia, che ritengo fondamentale tenendo conto del primato che abbiamo nel gas.
  Ricordo che il problema per l'alimentazione della macchina elettrica non è tanto l'energia: se avessimo un milione di macchine elettriche, 0,75 per cento dei consumi; se ne avessimo quindici milioni, l'11 per cento, ma è la rete di distribuzione.
  Al Congresso mondiale dell'energia ho fatto – se ci fosse stata l'ENEL mi avrebbe fortemente criticato – l’inter-sector coupling: gas, elettricità o nuovi biogas, eccetera. Se io ho un distributore di rifornimento dei veicoli che ha benzina, metano, biometano, biodiesel ed elettrico – sapete che oggi si stanno spingendo delle stazioni Pag. 28per una carica veloce di 350 kilowatt –, devo portare la linea a media tensione, un sacco di costi e inoltre i disturbi al sistema per questi picchi. Ma se io ho lì il biodiesel e il biometano, un motore alternativo da 300 kilowatt non costa niente. Farei con energia tutta verde la ricarica di quelli, eliminando dei costi enormi sulla rete e dei disturbi enormi.
  Chiudo con l'efficienza energetica. È la cenerentola. Vorrei far presente, però, che anche in questo caso bisogna valutare i costi e i benefici. Io ho coordinato per sei anni in Confindustria una task force sull'efficienza energetica, proposta da me: se è cento il valore per eliminare una tonnellata di CO2 con l'involucro degli edifici, è meno di cinquanta con gli elettrodomestici ad alta efficienza, è meno di venticinque con la cogenerazione, meno di venti con motori e inverter ad alta efficienza, cinque con le pompe di calore e cinque con lampade ad alta efficienza. Parliamo solo del primo, ma cerchiamo di avere un mix che dia il minimo costo alla nazione.
  Conclusioni. Per raggiungere gli ambiziosi obiettivi delle rinnovabili è necessario al più presto evidenziare aree non agricole dove ottenere, con appropriati accordi di compensazione locale, le autorizzazioni per grossi impianti, se no non faremo niente, e metterli poi all'asta.
  Per il distribuito ho già detto prima, non incentivare delle cose che non stanno in piedi. Per fare fronte alla variabilità di vento una transizione che ottimizzi il gas e varie tipologie di storage per differenti capacity market. Approfondimenti e ricerche sul power-to-x e anche sull'eventuale idrogeno. Considerare l'industria italiana per i trasporti. Per l'efficienza energetica intensificare la comunicazione e il coinvolgimento di lavoratori e pubbliche amministrazioni, visto l'enorme numero di edifici che abbiamo.
  Come metodologia mi permetto di fare un'osservazione. Oltre alle audizioni singole, sarebbe utile mettere intorno al tavolo i principali operatori, affinché ciascuno si renda conto che la sua soluzione non è l'ottimo, e che rende quanto sono i costi agli altri, interattiva, perché, dati gli interessi che ci sono, ognuno spinge delle cose particolari.
  La mia conclusione è lavoriamo assieme a livello multipartisan per un'effettiva transizione, con approcci seri e con il conforto della ragione, senza un passivo adeguarsi alle prevalenti e affascinanti ideologie, che hanno però il merito di promuovere e spingere innovazioni nelle applicazioni.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'ingegner Clerici anche per i tantissimi spunti che ci ha dato.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del professor Fabio Pistella, consigliere di amministrazione dell'Ente nazionale di ricerca e promozione per la standardizzazione (ENR).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione del professor Fabio Pistella, consigliere di amministrazione dell'Ente nazionale di ricerca e promozione per la standardizzazione (ENR).
  Nel dare la parola al professor Pistella, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  FABIO PISTELLA, consigliere di amministrazione dell'Ente nazionale di ricerca e promozione per la standardizzazione (ENR). Per l'importanza del tema e per l'importanza della fase che in questo settore il Paese sta attraversando, non mi sembrava il caso di tentare un'analisi complessiva delle tematiche, perché sono veramente impegnative, quindi ho ritenuto opportuno focalizzarmi su un aspetto che mi ha molto colpito nel programma che la Commissione si è data: fare in modo che fosse perseguito un obiettivo più ampio che non il settore energetico e il settore climatico connesso, cioè dare in questo modo una spinta ad una capacità di produzione italiana e, in Pag. 29generale, a un rilancio del sistema economico nazionale. Questo è coerente anche con l'opportunità che lo Stato eserciti un'attività di programmazione, in questo senso correggendo a mio avviso opportunamente un trend, che ha avuto grande successo nel passato decennio, di un neoliberismo che poi ci ha portato alla difficoltà di governare sistemi complessi.
  A differenza di quanto altri possano pensare, io sono convinto che in Italia esistano le condizioni per ottenere questo risultato, che nel programma della Commissione è stato identificato, perché c'è una presenza per esempio in Italia di un sistema produttivo che ha elevate potenzialità. Cito ENEL, ENI, SNAM, TERNA, GSE, Leonardo Finmeccanica, Fincantieri, Invitalia, SACE, Cassa depositi e prestiti, con un commento contraddittorio apparentemente: sono tutte grosse realtà, parte positiva, però non agiscono sulla base di un disegno coordinato, parte negativa. Questo si riflette anche nella successiva dimensione, che è quella del sistema di ricerca che io credo di conoscere abbastanza, data la lunga permanenza in questo comparto. Ci sono eccellenze, ma anche in questo caso queste eccellenze sono piuttosto frammentarie. Ci sono anche delle opportunità in questo settore: penso al programma Horizon Europe che sta per essere varato, 100 miliardi su temi di ricerca e innovazione in sede comunitaria per i prossimi sette anni.
  Sono anche destinate a questo settore una serie di risorse molto significative: semplicemente per attività di promozione nel settore dell'efficienza energetica e delle rinnovabili il budget complessivo – come ci avverte il GSE – fa 16 miliardi all'anno, che sono prelevati sulle tariffe e che continueranno ad essere erogati, perché gli oneri sono pluriennali, anche se non dovessimo assumere nuove decisioni di promozione. Poi c'è la dimensione finanza pubblica che è molto incisiva su questo comparto. Basti pensare all'incidenza delle accise. Ho raccolto alcuni numeri: 32 miliardi del settore energetico, dei quali 26 da benzina e gasolio, 2,5 da gas per uso combustione e 3,5 dall'elettricità. Numeri che sono fortemente ballerini in prospettiva, perché, se si realizzasse una riduzione del consumo di carburanti per il 5 per cento dell'attuale consumo, andrebbero reperiti 13 miliardi. Se dovessi metterlo sulle tariffe elettriche, dovrei moltiplicare per quattro o cinque l'attuale ammontare del prelievo nel settore elettrico. Mi dispiace dover registrare che – spero sia una mia inadeguatezza – non ho trovato uno studio ufficiale che affronti il capitolo di cosa succede alle accise, se hanno successo una serie di politiche che stiamo mettendo in campo. Non sto dicendo che non si può fare: sto dicendo che vorrei che qualcuno lo facesse. Anzi le incentivazioni sull'auto elettrica vanno nel verso opposto. Potrebbero essere a certe condizioni utili.
  Mi permetto una velocissima parentesi sul tema tempistica e incentivazioni, partendo da alcuni esempi. Grande successo nelle rinnovabili, in particolare sul fotovoltaico. Siamo stati in anticipo rispetto all'obiettivo del 20 per cento di penetrazione, il famoso 20-20-20. Non sono sicuro sia stata una gran pensata quella di aver anticipato, perché questo risultato l'abbiamo pagato – e qui si entrerebbe in conflitto proprio con il messaggio che vi ho stralciato nel programma della Commissione – di sviluppare un sistema all'interno, perché, avessimo avuto qualche anno in più, l'obiettivo da un punto di vista ambientale sarebbe stato colto ugualmente, però forse avrebbe evitato di dare una grossa spinta alla prosperità dell'industria del settore cinese e non italiana. Questo si può ripetere sul tema dell'auto. In particolare io sottolineo una cosa che ritengo molto importante, non solo per l'auto ma per il settore elettrico e rinnovabili in toto, che è il tema dell'accumulo. Per fortuna sul tema dell'accumulo c'è ancora spazio. L'Italia ha strutture che potrebbero lavorare sull'accumulo elettrochimico, io ritengo che debba essere fortemente sostenuto.
  In mezzo, fra una cosa ormai andata e una cosa di elevata potenzialità, c'è il settore dell'auto elettrica, ben noto e non vi faccio perdere tempo. Però anche qui sono favorevole all'auto elettrica, tanto più se è un'occasione di creare domanda, attività, competenze e sviluppo nel Paese. Pag. 30
  Sono contento che queste discussioni avvengano nella Commissione attività produttive, perché altri tipi di contesto comprensibilmente non hanno lo stesso tipo di sensibilità allargata.
  Se posso fare un'analogia con il livello di governo, me la cavo con uno slogan: quando abbiamo fatto il Ministero dell'economia e delle finanze, ottima cosa, però forse ci siamo dimenticati della parte programmazione, del Ministero di bilancio e della programmazione. Vedo un segnale positivo, perché nei documenti allo studio c'è questo Comitato interministeriale piattaforma che, con l'occasione proprio dei cambiamenti climatici, dovrebbe creare una sede. Mi permetto di raccomandare alla Commissione di studiare la possibilità di dargli una valenza più ampia proprio per realizzare quell'obiettivo.
  Reperimento di risorse finanziarie. È importante. Se abbiamo un piano, bisogna poi vedere come lo finanziamo. Ci sono risorse, quello che mi dispiace è che sono state male utilizzate o addirittura non utilizzate. Conoscete il budget di 75 miliardi all'interno dei fondi per la coesione assegnato all'Italia, del quale però abbiamo a oggi, nonostante sia il penultimo anno di scadenza con qualche speranza di rinvio, utilizzato soltanto il 25 per cento. Questi non sono fondi a bando, fondi a concorso che possiamo avere o non avere: sono fondi stanziati per noi. Non vorrei essere nella posizione dei parlamentari europei di elezione italiana che devono andare a chiedere che non si facciano tagli a questi fondi nel prossimo settennio di programmazione, perché l'argomento «ve li abbiamo dati e non li avete spesi» è abbastanza severo. Questo argomento c'entra con l'energia, perché sono destinati soprattutto a interventi strutturali e c'entrano le grandi reti, a cominciare da quelle energetiche. Poi – come ben sapete – l'energia è un tema trasversale, perché sta nei servizi, sta nei settori produttivi, è un fattore abilitante né più né meno che l'ICT, e c'è una forte interconnessione fra ICT e settore dell'energia.
  Si sta muovendo anche il mondo della finanza con delle informazioni importanti. Finanza internazionale di natura pubblica sostanzialmente. Il Fondo monetario internazionale e la World Bank hanno deciso di dare un grande privilegio al comparto della green economy, in particolare alle fonti rinnovabili. Quindi questo, nel bene e nel male, bisogna saperlo e tenerne conto. La Banca europea degli investimenti ha recentemente preso una controversa decisione: ha dichiarato che darà i finanziamenti soltanto al di fuori del settore delle fossili. In linea di principio è condivisibile. Il diavolo sta nel dettaglio: ma perché trattiamo il metano come trattiamo il carbone, quando dobbiamo avere consapevolezza che sono due fossili molto diversi rispetto all'impatto ambientale, rispetto alla disponibilità, rispetto all'attuale incidenza, rispetto alle fonti di approvvigionamento? Io credo che debba essere considerato il metano, in particolare in Italia, uno strumento per avere un'efficace ed equilibrata transizione verso le fonti rinnovabili.
  Per inciso parlo dell'idrogeno, perché c'è da salutare un fatto positivo. Gli studi più approfonditi convergono nell'osservare che l'idrogeno avrà successo in quanto vettore energetico – non è una fonte di energia-, se sarà possibile utilizzare un'infrastruttura per la sua distribuzione a costi sensati. La bella notizia è che ce l'abbiamo, perché fino al 10 per cento di concentrazione l'idrogeno può essere veicolato senza alcun problema nel trasporto e nell'utilizzo nelle attuali reti di metanodotti. Nel privilegio degli investimenti troviamo, e anche qui ci sono competenze sinergiche con quelle dell'accumulo, la modalità di produrre, non investiamo nell'utilizzo. Mi spiego con un esempio. Da presidente del CNR ho chiuso le attività dell'idrogeno? No, del motore a idrogeno, perché a mio avviso i motori a gas metano, quando ci sarà l'idrogeno, andranno a un metano arricchito in idrogeno. È come se fosse CH6. Non è vero, ma capite che da un punto di vista chimico quella è la strada: costo di infrastruttura zero. Allora cerchiamo quella.
  Mi avvio alla conclusione. Poi naturalmente sono a disposizione. Lascio un documento con tutte le relative slide, e anche in altro modo sono certamente a disposizione Pag. 31 e molto interessato ad affrontare l'argomento. Mi permetto di dire che abbiamo bisogno di chiedere alcune modifiche alla politica dell'Unione europea costruttive, meditate, niente di traumatico.
  La standardizzazione degli obiettivi programmatici con progressi uniformi per tutti i Paesi non deve diventare un totem. Si arriva al paradosso che l'Italia è al banco degli accusati, ma noi abbiamo come emissioni pro capite, efficienza energetica, impronta a carbonio, dei parametri drammaticamente superiori a quelli della Germania. Viene applaudita la signora Merkel perché pensa che, aumentando i biglietti aerei e diminuendo i biglietti del treno, risolve questa questione – si chiamano pannicelli caldi, mi scuso per il linguaggio informale – e ha grandi applausi. Noi già ci stiamo e nessuno riconosce questo tipo di risultati.
  L'altro aspetto è che la Commissione sta facendo un grave errore, e qui mi prendo solo due minuti perché è un argomento centrale. Non si può pensare che si risolva il problema dei cambiamenti climatici con una serie di operazioni del tipo «ognuno faccia le cose giuste a casa sua», perché è un sistema globalizzato e non ha alcun senso fare le cose a casa propria. I parametri per studiare questo fenomeno in maniera seria sono tre: l'impatto; l'appropriazione e l'efficienza.
  L'impatto. La Cina è una cosa, l'Italia è un'altra. In numeri l'Italia è l'1 per cento delle emissioni di CO2 e l'Europa il 10 per cento. Se facendo dei programmi onerosi, difficili, impegnativi, a rischio, arriviamo ad abbattere del 50 per cento, questo sacrificio dell'Europa darà al mondo il 5 per cento. Questo sacrificio dell'Italia darà al mondo il 5 per mille. Verrebbe da chiedersi: allora non facciamo nulla? No, io voglio fare, però, ad alcune condizioni, di cui, proprio per il concetto di impatto, voglio andare ad agire dove il problema c'è. Il problema c'è, e ci sarà, nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo. Vi faccio vedere soltanto una figura della documentazione che lascerò alla Commissione che è abbastanza istruttiva. È un modo un po’ originale di porre le cose. Sull'ascissa c'è il PIL pro capite – quanto è ricco il Paese-, sull'ordinata c'è «quanto mi approprio come Paese delle possibilità di immettere CO2 nell'atmosfera». Vediamo subito buoni e cattivi. Io ho dei cattivi che proprio mi innervosiscono: Corea del Sud e Giappone, perché da sempre hanno un alto impatto; non stanno facendo quasi nulla per ridurre; stanno nei dintorni delle due o tre volte l'accesso medio al bacino atmosfera e sono anche i miei competitori. Per cui non vedo perché devo ulteriormente mettere in crisi potenzialmente, se non faccio le scelte giuste, il mio sistema produttivo, il mondo ne ha benefici contenuti e applaudono di questo nostro sacrificio, qualora fosse non provvido, i coreani e i giapponesi che continuano a fare quello che a loro pare. E ci sono anche alcuni «santoni». Il Canada. Tutti dicono «quanto è verde il Canada»: è molto alto nel grafico. Vuol dire che la sua impronta è molto alta. Quindi, se vogliamo spendere bene i nostri soldi, bisogna avere il coraggio di investire laddove i fenomeni accadono.
  Soltanto uno slogan che cito sapendo che può anche ingenerare misinterpretation: è un tipico problema da Piano Marshall, è un tipico problema da non frammentare, quindi Nazioni Unite, World Trade Organization, Banca mondiale. Lo sfilacciamento di un problema così grosso nel sapere che cosa fa un Paese come l'Italia è un segno di scarsa consapevolezza di quello che sta accadendo nel mondo.

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento da parte dei colleghi, faccio io una domanda.
  Lei, professor Pistella, ha focalizzato due temi che sono importanti e che questa Commissione nei suoi lavori spesso richiama: l'importanza di uno sforzo congiunto europeo con regole e modalità di approccio sinergiche e congiunte per evitare non solo che lo sforzo non sia efficace, ma sia penalizzante di alcune parti dell'Unione rispetto ad altre, e poi il tema del ruolo dell'Unione nel mondo. Si rifletteva con chi è venuto prima di lei addirittura di un CDM, di una possibilità di investimenti all'estero con conteggi nazionali – questo magari nei Paesi emergenti potrebbe avere Pag. 32un senso –, ma nella sostanza il tema è fare una politica di sviluppo, almeno l'attuale Governo e quello ancora precedente guardano a un ragionamento di equilibrio fra lo sforzo condotto e i costi che esso richiede. Dovrebbe esserci un parametro costi/benefici collegato all'analisi di quanto si fa, talché in effetti lei diceva la questione del raggiungimento così veloce degli obiettivi 2020 che è stato ottenuto tramite una crescita tumultuosa del fotovoltaico. Poi anche in Italia abbiamo problemi perché la scelta di avere una spezzata nella crescita delle rinnovabili, quindi di avere un momento di rallentamento nell'installazione 2019/2021 rispetto a una crescita successiva, importante con un raggiungimento di costi operativi molto migliore e il passaggio dall'incentivazione diretta ai PPA, quindi ai grandi contratti di fornitura, è stato visto da molti come un arretramento. Chiederei un suo giudizio su questo, perché l'obiettivo era arrivare al 2030 rispettando certi obiettivi, la segmentazione con i due anni di gare e successivamente il passaggio al rapporto fra privati era questo. La seconda cosa riguarda l'idrogeno, perché la questione dell'idrogeno può essere trattata in moltissime maniere rispetto al processo di decarbonizzazione: c'è chi lo immagina come elemento prodotto dalle rinnovabili, quindi la riduzione della CO2 e la sua ritrasformazione in metano e quindi un ciclo per elettrolisi, quindi è un sistema che da un lato immagazzina energia; c'è il tema dell'uso diretto come combustibile all'interno delle condutture del trasporto, lei ha parlato addirittura di una questione di uso di gas a basso contenuto di idrogeno, quindi di trasporto non direttamente dell'idrogeno ma di miscele di gas, per cui mi chiedo se, dal suo punto di vista, l'idrogeno ha una reale possibilità e quale di questi sistemi è il più vantaggioso.
  Do la parola al professor Pistella per la replica.

  FABIO PISTELLA, consigliere di amministrazione dell'Ente nazionale di ricerca e promozione per la standardizzazione (ENR). Ringrazio il Presidente per le domande, che mi sembra tocchino punti centrali.
  Per fare un bambino occorrono nove mesi e non è che nove gestanti portino a fare un bambino in un mese. Questa è la risposta banale, ma corrispondente – credo – alla preoccupazione espressa dal Presidente rispetto alla gestione dei sistemi di promozione delle rinnovabili. Meglio non far nulla, all'altro estremo meglio essere generosi. Lo stop and go è peggio, perché si creano aspettative, si creano strutture e quindi bisogna fare quello che noi tecnici chiamiamo smoothing della curva: un accompagnare la penetrazione. Nel fotovoltaico è clamoroso, ma vale in genere per la transizione verso la green economy. Va accompagnata. La globalizzazione è stata un problema per il mondo perché è stata troppo veloce e poco governata. Quindi dalla globalizzazione al parto.
  Idrogeno. Alcune frasi stentoree, data la circostanza, ma sono prontissimo ad approfondire per motivare quello che dico. L'idrogeno non è una fonte di energia, ma è un vettore energetico, perché non esistono miniere di idrogeno, quindi va prodotto. Si produce sostanzialmente in due modi: uno è l'elettrolisi; l'altro il cracking con l'energia termica della molecola. Tipicamente la prima cosa la faccio con l'acqua, la seconda con il metano. Poi ci sono tante variazioni. Tutto dipende dal costo dell'energia con il quale faccio la prima o la seconda operazione. Qualora, ma non siamo ancora a questo stadio in nessun Paese del mondo, avessi un installato di rinnovabili che si avvicina alla capacità di coprire grosse quote del consumo totale, data la variabilità nell'arco del mese e nell'arco del giorno, del fotovoltaico, sorgono due conseguenze sull'idrogeno: da un lato mi fa molto comodo avere l'idrogeno con stoccaggio che consente di rispondere a momenti in cui non c'è il sole; dall'altro potrei avere, a certe condizioni, ad esempio, a mezzogiorno, quell'energia che rende economicamente percorribile l'elettrolisi dell'idrogeno. Si pone però la questione dell'impiego che può essere direttamente come combustibile o può essere, invece, come accumulo o, terza modalità, miscelato. Io vedo lontana la circostanza in cui varrà la pena di utilizzarlo come combustibile, perché Pag. 33 il suo beneficio rispetto al metano non è drammatico, se non con riferimento al minor impatto in atmosfera. Quello lo posso tranquillamente fare senza dover spendere in infrastrutture, stoccaggi, meccanismi di autorizzazione. Domanda: quanto abbiamo impiegato per metanizzare l'Italia? Decenni. Per inciso adesso il metano non lo vuole più nessuno, però vent'anni fa tutti i comuni chiedevano di essere metanizzati, ve lo ricorderete. Oggi abbiamo una grande fortuna che, avendo metanizzato, io posso lavorare il metano arricchito attraverso il tipo di miscele.
  Non sono parole, sono realtà e abbiamo la fortuna di SNAM che ci sta lavorando.

  PRESIDENTE. Da parte della Commissione saluto e ringrazio il professore Fabio Pistella.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione del professor Luigi De Paoli, ordinario di economia dell'energia e dell'ambiente presso l'Università commerciale Bocconi.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione del professor Luigi De Paoli, ordinario di economia dell'energia e dell'ambiente presso l'Università commerciale Bocconi.
  Nel dare la parola al professor De Paoli, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  LUIGI DE PAOLI, Professore ordinario di economia dell'energia e dell'ambiente presso l'Università commerciale Bocconi. Ho preparato anche un testo scritto che ho messo a disposizione della Commissione, dove sono stato molto più dettagliato rispetto a quello che riuscirò a fare in questi minuti che ho a disposizione, ma cercherò di presentarvi le principali idee che ho scelto di sottolineare.
  Ho diviso la mia presentazione in sei parti, che sono riassunte in questa prima slide, che non vi leggo, sempre per guadagnare qualche minuto, rimandando al testo scritto.
  Partirei dicendo che la vostra indagine conoscitiva ha messo assieme SEN e PNIEC, ma vorrei ricordare, anche se a voi è ben noto, che la SEN non è un documento che ha un valore giuridico vincolante né per l'Italia né per l'Unione europea, mentre il PNIEC è qualcosa di diverso: è un documento di programmazione che dobbiamo necessariamente redigere secondo uno schema ben definito nel regolamento sulla governance dell'Unione dell'energia dell'Unione europea, che contiene degli impegni che vengono valutati dalla Commissione, che può fare delle osservazioni a riguardo, e poi dobbiamo rendicontare gli impegni che abbiamo scritto in questo documento e anche la rendicontazione viene valutata dalla Commissione europea che può, di nuovo, formulare delle osservazioni. Quindi secondo me da questo diverso valore dei due documenti deriva che è opportuno, come mi pare che l'Italia abbia fatto, di, pur aderendo pienamente alla visione dell'Unione europea, presentare degli obiettivi che non vadano al di là del minimo che dobbiamo rispettare. Se poi faremo di più, tanto meglio e saremo tutti felici. Ma non rischiamo di essere richiamati, come avviene, perché avverrà un meccanismo simile di valutazione a quello che già c'è oggi per il Patto di stabilità in campo economico.
  Ciò detto, il primo punto che vorrei porre alla vostra attenzione è che ritengo che sia opportuno prestare più attenzione alle emissioni di CO2 e, per combatterle, passare a una carbon tax a livello europeo. L'obiettivo di fondo è ovviamente la decarbonizzazione e come si fa a decarbonizzare? Bisogna che siamo scoraggiati dall'emettere carbonio, cosa che può avvenire mettendo un prezzo al carbonio. So benissimo che appena uno nomina la parola «carbon», ma poi gli aggiunge tax, questa diventa una bestemmia in campo politico, Pag. 34perché qualsiasi politico che proponga delle tasse ha scarse probabilità di essere approvato e rieletto. Quindi una prima cosa è magari cambiare un po’ il nome e rendere più appetibile questa soluzione chiamandolo «contributo ambientale», ma soprattutto far sì che venga deciso a livello europeo ed esplicitando molto chiaramente che non è una tassa che si aggiunge, ma una tassa che si sostituisce perché fatta a parità di gettito. L'occasione per fare questo e farlo non come Italia ma come Europa, e questo dovrebbe renderlo più accettabile, è che la nuova Commissione appena insediata, o che sta per insediarsi, ha affidato al nostro ex premier Gentiloni il compito di riformare la fiscalità energetica passando a un'approvazione della riforma con una votazione a maggioranza qualificata invece che all'unanimità. E secondo me questa carbon tax o questo contributo ambientale dovrebbe essere fissato, ma fissata anche la sua progressione nel tempo andando ad aumentare, e a collegarsi al valore dei permessi di emissione degli ETS. Tra l'altro ricordo che, anche se non si chiamano permessi di emissione e quindi non carbon tax, ma sono l'equivalente, sono proprio questi permessi di emissione e il valore che hanno raggiunto, circa 25 euro a tonnellata, che sta mettendo fuori mercato il carbone in Italia. Quindi probabilmente noi rispetteremo l'impegno di non avere più carbone, o di venderne molto poco nella produzione elettrica nel 2025, questo non tanto e non solo perché l'abbiamo scritto nella SEN e nel PNIEC, ma perché il mercato sta dando una mano. Questo avverrebbe non più solo per esempio nel settore carbonio, ma, se ci fosse questa carbon tax, verrebbe razionalizzato l'uso energetico tra i diversi prodotti.
  La seconda cosa che vorrei portare alla vostra attenzione, anche qui non sto dicendo ovviamente niente di nuovo, è che guardando per esempio al PNIEC e alle sue tabelle iniziali ci si rende conto della vastità della trasformazione che dobbiamo mettere in opera e di questa trasformazione che riguarda un po’ tutti i settori dell'economia, ma forse anche della vita di tutti i giorni, se vogliamo arrivare all'obiettivo di lungo termine, quello del climate neutral al 2050. Per fare tutte queste cose, che in parte si sovrappongono e in parte sono sinergiche, è necessaria una visione globale, è necessario accelerare il passaggio dalle intenzioni alla realizzazione, quindi maggiore rapidità, ed è necessario che ci sia più facilmente il consenso a livello dei centri decisionali. Quindi, è già stato detto più volte, però secondo me bisognerebbe forse arrivare a riprendere il tema e a decidere di avere un centro unitario di governo della transizione ecologica per ottenere quei due risultati essenziali: coordinamento e consenso. Questo è già stato fatto in molti altri Paesi europei, come Francia, Olanda Spagna e Portogallo che hanno un ministero nel quale, per esempio, è stata unificata la competenza sull'ambiente e sull'energia, che sono i due temi che qui più ci interessano, che sono strettamente collegati per arrivare alla transizione che auspichiamo.
  Passando poi ad alcuni punti più concreti che riguardano questa trasformazione e questa transizione, ho deciso di focalizzarmi essenzialmente su due aspetti: le rinnovabili, in particolare il solare e poi dirò qualcosa sul biometano. Anche questi sono tutti temi che sicuramente avete già sentito menzionare. L'Italia ha già fatto molto nelle rinnovabili in passato, però, anche a motivo degli incentivi che hanno permesso questi risultati, ma che poi sono finiti sulle bollette degli italiani, abbiamo dovuto porre un freno e quindi negli ultimi anni abbiamo fortemente rallentato. Adesso il PNIEC – parlo essenzialmente dell'elettrico – dice che è necessario che si installino circa quarantamila megawatt di fonti di energia rinnovabili fino al 2030. Però il PNIEC dice anche che il 70 per cento di questi impianti dovrebbe essere fatto tra il 2025 e il 2030, quindi prende tempo nel realizzare questa forte iniezione di nuove fonti rinnovabili. Secondo me sarebbe più opportuna una progressione più lineare, più continua: non poco prima e tanto dopo, anche se comunque si va crescendo nell'impegno. Questo vale soprattutto per esempio nell'energia solare, di cui dirò. Pag. 35
  L'altra mia osservazione è che il bando di promozione delle fonti rinnovabili, approvato il 4 luglio di quest'anno, che rilancia sette bandi di gara per le aste per le rinnovabili, è sicuramente una cosa opportuna e aspettata da tempo, ma non sufficiente. Che cosa propongo? In particolare per il solare secondo me potrebbero essere fatte due cose. La prima è avviare rapidamente un processo strutturato per individuare le aree dove sarebbe possibile realizzare questi impianti, coinvolgendo ovviamente sia gli enti autorizzanti, che danno le autorizzazioni, sia i gestori delle reti, che sono due temi centrali per fare questo. E dopo aver individuato le aree, possibilmente in tempi rapidi, mettere all'asta la possibilità di realizzare gli impianti in queste aree. Per favorire l'adesione e il consenso degli enti locali potrebbe essere opportuno fissare ab origine che si paga un certo canone, una certa percentuale del valore dell'energia prodotta ai Comuni dove sono installati questi impianti. Questa soluzione – l'ho detto in premessa – non è che me la sono inventata o sognata io, è stata già realizzata in altre parti, ad esempio in Olanda, ed è stata proposta anche da altri in Italia, non ultima l'Agenzia di regolazione per l'energia, le reti e l'ambiente (ARERA).
  La seconda proposta che io lascio alla Commissione è che anche nel solare, come già sta avvenendo nell'eolico, c'è bisogno di revamping e repowering: di sostituzione parziale o di ricostruzione totale degli impianti, perché molti degli impianti cominciano a essere vecchi, sono stati fatti con tecnologie in parte oggi obsolete e questo si potrebbe ottenere lasciando che i proprietari di questi impianti integrino gli impianti stessi aumentando notevolmente – qualcuno dice addirittura tre volte – la produzione e la potenza installata. Naturalmente tutto questo conservando i diritti pregressi, ma non aumentandoli. Quindi, se uno ha diritto ancora a cinque, sei, sette, otto anni di incentivi per una certa quantità di produzione sul Conto energia, conserva quel diritto, ma non è che glielo incremento, visto che produrrà di più e avrà eventualmente maggiore capacità.
  Sulle rinnovabili attenzione al fatto che le stiamo spingendo molto, ma è necessario pensare che le rinnovabili sono intermittenti e quindi avremo più capacità rispetto alla domanda. Quindi, se non si va assieme nella crescita delle rinnovabili con la crescita anche della capacità di stoccaggio, e ci sono tante possibilità – come ben sapete – per incrementare queste capacità di stoccaggio, si rischia di avere degli investimenti che poi non sono utilizzati come dovrebbero. Naturalmente questo problema vuol dire aumentare di molto i costi: c'è lo stoccaggio – non ha accennato alle reti, ma ci sono anche le reti ovviamente che devono andare assieme –, quindi bisogna guardare ai costi complessivi e da questo esempio secondo me emerge l'opportunità di un centro che coordini per dare più efficienza e più razionalità a questo processo che tutti auspichiamo.
  L'ultima cosa che vorrei citarvi è sempre nel campo delle rinnovabili, ma su un fronte un po’ diverso. Un'altra delle cose oggi molto di moda e molto ben viste è sicuramente l'economia circolare che riguarda in particolare il settore dei rifiuti; in Italia già il PNIEC prevede l'utilizzo del biometano per i trasporti e per soddisfare l'obbligo che abbiamo di incrementare l'uso delle rinnovabili anche nel settore trasporti ed è stato approvato nel 2018 il decreto ministeriale che dà degli incentivi diciamo pure generosi alla produzione di biometano fino a un 1,1 miliardi. In Italia produciamo circa trenta milioni di tonnellate di rifiuti urbani all'anno, di cui il 40 per cento sono rifiuti organici, quindi la FORSU, che è naturalmente vocata a essere trasformata in biometano: di questi dodici milioni oggi la raccolta differenziata ne raccoglie 6,6 milioni. Questi dovrebbero finire naturalmente nella trasformazione in biometano, invece attualmente poca quantità viene trasformata in biometano, non perché manchino i progetti – non sufficienti ma comunque ce ne sono – di costruzione degli impianti, ma anche qui manca il consenso locale e l'autorizzazione locale. Quindi secondo me anche in questo caso andrebbe trovato qualcosa che sveltisca e dia efficacia a qualcosa che è molto razionale, a mio Pag. 36modo di vedere, e un suggerimento che formulo è quello di responsabilizzare le Regioni imponendo per esempio o discutendo con loro che una quota di FORSU obbligatoriamente finisca in biometano, quindi dovranno poi trovare come realizzare questi impianti e far sì che questi impianti vengano realizzati, e ai Comuni che accettassero di avere sul proprio territorio questi impianti potrebbe essere garantita una quota dei certificati di emissione al consumo, cioè degli incentivi in modo da dare un vantaggio e anche qui acquisire il consenso necessario.

  PRESIDENTE. Non essendoci richieste di intervento da parte dei colleghi, faccio io una domanda.
  Lei, professor De Paoli, ci ha fatto un'osservazione sul fatto che le paiono insufficienti gli andamenti delle ultime aste e, io le chiederei di specificare velocemente questo punto, cosa intendeva.
  Le chiederei anche, rispetto all’install up – visto che lo ha citato – e quanto è da installarsi rispetto al fotovoltaico, se ritiene che l'uso semplice di aree di recupero, quindi aree industriali da bonificare non utilizzate sia sufficiente per gli obiettivi ambiziosi che abbiamo di fronte o, se come qualcuno sostiene, non si debba utilizzare anche il terreno vergine.
  Do la parola al professor De Paoli per la replica.

  LUIGI DE PAOLI, Professore ordinario di economia dell'energia e dell'ambiente presso l'Università commerciale Bocconi. Sulle aste chiaramente sono una cosa auspicata e buona; come sapete, sono previsti ottomila megawatt di aste, di cui settemila nuove, il resto è un po’ il revamping degli impianti esistenti, e richiedono certi tempi, sia per svolgerle e sia poi per passare alla realizzazione, anche se il decreto impone dei tempi obbligatori per entrare in funzione. Ma sappiamo che non sempre è possibile rispettarli, anche per i problemi autorizzativi, problemi locali indipendenti da chi vuole costruire questi impianti. Comunque sia, ammesso che si facciano tutti questi impianti nei tempi dovuti, secondo me vuol dire che attraverso le aste noi facciamo sette/ottomila megawatt al 2025, perché le aste vanno fino alla fine del 2021, ma poi ci sono i tempi di costruzione. Ora anche con il PNIEC, che in questo caso critico un po’, perché prevede un 30 per cento da qui al 2025 e il restante 70 per cento negli ultimi cinque anni, ma, anche prendendo i dati del PNIEC, sono previsti almeno tredicimila megawatt da qui al 2025. Quindi si vede subito che le aste non coprono totalmente quello che si vorrebbe che si facesse. Quindi secondo me bisogna aggiungere qualcosa, soprattutto se non si vogliono realizzare solo tredicimila megawatt da qui al 2025, ma se ne volessero realizzare ventimila. Quindi bisogna accelerare. In questo senso dicevo che le aste sono un buono strumento ma non sufficiente. Poi bisogna vedere se effettivamente le offerte saranno in linea con quanto bandito.
  Per quello che riguarda i terreni su cui realizzare gli impianti, per esempio, fotovoltaici, sono assolutamente d'accordo che le aree bonificate, le aree da bonificare magari, le aree industriali dismesse sono le prime sulle quali realizzare questi impianti, però anzitutto, per rispondere alla domanda del Presidente, non credo che siano sufficienti per realizzare i trentamila megawatt di potenza solare che abbiamo. Certo in parte la faremo anche sui tetti, però in gran parte, se vogliamo contenere i costi, la dobbiamo fare a terra, perché c'è un'enorme differenza tra il costo unitario, quando faccio un impianto di alcuni megawatt o quando faccio dei kilowatt sul tetto di casa. Buona cosa, ma i costi e le difficoltà sono diversi. Quindi vanno fatti anche a terra. E secondo me è necessario anche lasciar costruire anche su terreni vergini. Secondo me, se si facesse un piano di criteri predefiniti per individuare queste aree, assegnare queste aree o una pre-autorizzazione o comunque un percorso più facile e più rapido per arrivare all'autorizzazione, e magari mettere al bando la possibilità in certe aree prequalificate di realizzare questi impianti, sicuramente sì velocizzerebbe il tutto. Questo vale, secondo me anche, per le aree dismesse. Se nel Piano si dicesse che chi ha delle aree Pag. 37dismesse e le vuole destinare a questo scopo, ce lo dica, così lo mettiamo nel Piano e gli diamo la facilitazione per ottenere l'autorizzazione, sarebbe un elemento facilitatore.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor De Paoli.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.35.