XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 18 di Martedì 9 luglio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI ATTUAZIONE E DI ADEGUAMENTO DELLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE AL PIANO NAZIONALE ENERGIA E CLIMA PER IL 2030

Audizione di rappresentanti
di SNAM SpA.

Saltamartini Barbara , Presidente ... 3 
Alverà Marco , amministratore delegato di SNAM ... 3 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 8 
Vallascas Andrea (M5S)  ... 8 
Manca Gavino (PD)  ... 8 
Dara Andrea (LEGA)  ... 8 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 8 
Alverà Marco , amministratore delegato di Snam ... 8 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 10 

Audizione di rappresentanti di European energy retailers (EER):
Saltamartini Barbara , Presidente ... 10 
Governatori Michele , presidente di European energy retailers (EER) ... 10 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
BARBARA SALTAMARTINI

  La seduta comincia alle 11.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti
di SNAM SpA.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di SNAM S.p.A.
  Saluto la delegazione: il dottor Marco Alverà, amministratore delegato, la dottoressa Patrizia Rutigliano, executive vice president relazioni istituzionali, e il dottor Pablo Turini, responsabile dei rapporti con le istituzioni.
  Ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.
  Do la parola al dottor Alverà per lo svolgimento della sua relazione.

  MARCO ALVERÀ, amministratore delegato di SNAM. Grazie, presidente, dell'invito. Abbiamo trasmesso alla Commissione una documentazione di supporto che illustrerò. Lo scopo oggi è raccontarvi cosa stiamo facendo e cosa sta facendo SNAM nella transizione energetica ed esprimere delle valutazioni di merito sul PNIEC (Piano nazionale integrato energia e clima) e su alcuni scenari energetici per l'Europa e per l'Italia.
  In generale il Piano energia e clima è positivo, nel senso che è integrato, quindi guarda tutte le fonti nel loro insieme, ed è molto ambizioso anche rispetto ad altri piani presentati da altri Paesi in Europa per la percentuale di energie rinnovabili. Questo è stato valutato in modo positivo, come sappiamo. È molto ambizioso anche sull'efficienza energetica. Come vedremo dopo, c'è una forte aspettativa di riduzione totale dei consumi, che è la parte che richiede molti investimenti e potrebbe richiedere anche il cambio di alcuni comportamenti da parte dei consumatori.
  SNAM è la prima società del gas in Europa. In questo settore siamo molto più grandi dei francesi; il mercato tedesco, che è più grande del mercato italiano, potrebbe avere una sua SNAM più grande di noi, ma per scelte storiche hanno deciso di avere diverse società che operano nel trasporto, quindi di fatto sia nel trasporto che nello stoccaggio siamo i primi in Europa.
  Siamo presenti evidentemente in Italia, abbiamo acquisito società in Francia dalla Total, abbiamo comprato la compagnia di stato greca DESFA, abbiamo acquisito negli anni quote nei gasdotti austriaci e siamo presenti con l'interconnettore che collega la Gran Bretagna al Belgio. Dopo la nostra società i secondi sono i francesi e i terzi sono gli olandesi.
  In Italia abbiamo più di 3.000 dipendenti, ma soprattutto abbiamo 20.000 persone che lavorano quasi esclusivamente per noi. Investiamo un miliardo di euro in Italia quasi tutti gli anni. Pag. 4
  Quando parliamo di energia parliamo sempre del trilemma energetico. Noi dobbiamo far quadrare questa equazione, dove dobbiamo avere da un lato energia che ci sia quando serve, soprattutto d'inverno. La sicurezza è per chi si occupa di gas la prima questione, vista la fragilità di un sistema europeo che importa sempre più energia dall'estero e dove una quota sempre più alta viene dalla Russia. Dobbiamo evidentemente occuparci di sostenibilità per arrivare a un'Europa al 2050 che sarà con zero CO2. Questi sono gli obiettivi verso cui l'Inghilterra, la Francia e la Germania stanno spingendo e ci aspettiamo che nel giro di un anno o due forse tutta l'Europa assumerà questo obiettivo, che potrebbe anche diventare vincolante, di arrivare appunto a zero CO2 al 2050. Non dobbiamo dimenticare il fattore competitività. Vedremo dopo che oggi l'Italia paga un premio rispetto al resto dell'Europa e l'Europa paga un enorme premio rispetto agli Stati Uniti.
  Abbiamo nel gas una risorsa che in qualche modo soddisfa tutte e tre le parti di questa equazione, perché il fatto che il gas è stoccabile lo rende sicuro. Abbiamo la possibilità di stoccare in Italia più di un terzo della punta. È sostenibile rispetto ad altre fonti fossili, perché è quella che inquina di meno, ed è oggi l'energia più a buon mercato dopo il carbone, perché costa meno di un terzo dell'elettricità: un megawattora di gas costa circa 16-17 euro, mentre un megawattora elettrico costa circa 50-60 euro.
  Vediamo tutti e tre gli elementi. Il primo è la sicurezza. Abbiamo consegnato alla Presidenza alcune copie di una mappa dei gasdotti europei. Si vede chiaramente da questa mappa che gran parte del gas (circa il 40 per cento) arriva dalla Russia. Noi ci aspettiamo questa quota stabile, non prevediamo di aumentare ulteriormente la quota di importazione per l'Europa. Vediamo purtroppo un forte declino dal Nord Africa, perché Algeria, Libia, Tunisia, Marocco ed Egitto hanno una fortissima crescita demografica e, con l'eccezione dell'Egitto, non hanno scoperto nuovo gas, quindi arriverà sempre meno gas dal Nord Africa. Arriverà, secondo noi, meno gas anche da nord, nel senso che l'Inghilterra, che produceva ed esportava gas, ha finito le sue riserve e, quindi, sta importando, passando da esportatore verso il continente a importatore. L'Olanda, che aveva molto gas, ha deciso di chiudere il giacimento di Groningen, un enorme giacimento, il più grande d'Europa. Lo stanno chiudendo e al 2022 cesserà di produrre. Sulla sinistra della mappa si può vedere che anche nell'ipotesi di riduzione di domanda più aggressiva – anche se noi non crediamo che ci sarà una riduzione di domanda, e la vediamo in realtà crescere con il phase-out del carbone – la linea gialla, che è la produzione europea, scende e, quindi, c'è bisogno di molto più import. Rispetto al 2016, al 2040 dovremo importare 100 miliardi di metri cubi in più, quasi un terzo di tutte le importazioni attuali. Non volendo aumentare la quota della Russia, non resta che il corridoio sud, dove c'è molto gas disponibile, in Israele, a Cipro, in Egitto, come abbiamo citato, e poi molte nuove aree di gas dal Turkmenistan al Kurdistan. L'Italia è messa bene, nel senso che rispetto agli altri Paesi è un Paese che si colloca al centro dell'Europa, quindi, mentre tutto l'Est Europa dipende al 100 per cento dal gas russo, noi abbiamo anche questi gasdotti che arrivano dalla Libia e dall'Algeria, che però, come dicevo, purtroppo stanno vivendo una fase importante di declino.
  Venendo al tema prezzo, abbiamo riportato nella documentazione i prezzi medi del gas nel 2018. Con gli Stati Uniti che hanno un gas che costa quasi un terzo di quello europeo, capite che tutta l'industria americana beneficia di un enorme vantaggio competitivo. Produrre oggi vetro, acciaio, automobili, ceramiche negli Stati Uniti può costare anche la metà per i settori ad alta intensità energetica. Per questo motivo la Germania spinge moltissimo per fare i suoi gasdotti collegati direttamente con la Russia. Il gas americano che possiamo importare in Europa deve essere liquefatto, trasportato su una nave e rigassificato. Questa filiera della liquefazione, trasporto e rigassificazione lo porta da 9 euro attorno a 27-28 euro, quindi il gas americano dà una mano dal punto di vista della sicurezza, Pag. 5 ma non dà una mano dal punto di vista del vantaggio competitivo e del prezzo.
  Oltre al prezzo della materia prima, il vero vantaggio del gas è la facilità con cui lo stocchiamo. Il gas naturale costa nei giacimenti che abbiamo oggi 5 euro a megawattora per essere stoccato, mentre una batteria costa 200 euro a megawattora, per darvi un ordine di grandezza. Il vantaggio del gas è che può essere stoccato per stagioni intere. Il gas stoccato semplicemente viene riniettato nei giacimenti da cui ha originato anni fa, quindi sono giacimenti quasi esauriti in cui riniettiamo il gas, lo mettiamo dov'era sotto terra e torna fuori, quindi è uno stoccaggio fisico, mentre le altre forme di stoccaggio richiedono qualche forma di conversione energetica, con grande dispersione.
  Per dare un ordine di grandezza, un miliardo di metri cubi di stoccaggio di gas – in Italia abbiamo 20 miliardi di metri cubi – equivale a circa 10 terawattora e realizzarlo nuovo costa tra 500 milioni e un miliardo di euro. Per ottenere la stessa energia usando le batterie da casa che fa la Tesla (Tesla Powerwall) servirebbero 700 milioni di batterie Tesla, per un costo di 5,6 trilioni di euro. Infatti, lo stoccaggio fisico del gas e un domani dell'idrogeno è molto facile da fare, perché è semplicemente una caverna o un giacimento nel quale si inietta il gas.
  Parlando di sostenibilità, che è la terza parte del trilemma, abbiamo voluto rappresentare nella documentazione lo scenario globale di consumi energetici, perché ovviamente la CO2 è un tema globale, quindi quando pensiamo al riscaldamento dobbiamo occuparci di cosa succede in India e in Cina, che sono ancora e saranno, ahimè, grandi consumatori di carbone. Qui abbiamo riassunto le tre visioni possibili, i tre scenari energetici delineati dal World Energy Outlook. Il primo è quello peggiore per il clima: un percorso dove si prosegue con le politiche attuali e al 2040 si arriva a consumare più energia di oggi, con un riscaldamento superiore ai 4 gradi. Lo scenario di sviluppo sostenibile è quello che sta al di sotto dei due gradi (1,8 gradi), e qui si prevede che il mondo consumi più o meno tanta energia quanto oggi. C'è poi lo scenario di mezzo, che è quello più probabile, delle nuove politiche con più tre gradi. Tre gradi è comunque un problema per il clima. Secondo molte stime, ogni grado equivale a un innalzamento dei mari di circa due metri. Dunque, anche tre gradi è comunque uno scenario di riscaldamento globale. Vedete che in questi scenari purtroppo si consuma ancora molto carbone: circa un quarto gas, un quarto petrolio, un quarto carbone e un quarto tutte le altre fonti energetiche messe insieme, ripartite in modo più o meno uguale tra idroelettrico, nucleare e altre rinnovabili. Le altre rinnovabili, che oggi sono al 2 per cento, in ogni caso crescono di otto o di sette volte, quindi c'è una crescita esponenziale in ogni scenario delle rinnovabili, ma non sufficiente per eliminare il carbone e il petrolio dal mix anche al 2040.
  Venendo all'Italia, questo è lo scenario PNIEC. Al 2030 si prevede una forte riduzione del consumo primario, con il gas che mantiene più o meno la sua quota di mercato, seppur riducendo i volumi conseguentemente con la riduzione dei consumi. Qui c'è il phase-out del carbone, che rimane presente al 2 per cento, ma per usi industriali, non per usi termoelettrici, e il petrolio che continua ad avere una quota molto alta, con un 25 per cento delle rinnovabili che è tra le percentuali più alte in Europa. Vedete che il gas si usa molto nel residenziale, nella generazione elettrica e nei consumi industriali.
  Abbiamo voluto poi rappresentare con una slide della documentazione l'importanza del gas nella gestione dell'inverno. Abbiamo messo sulla stessa scala il consumo elettrico sulla parte destra in giallo durante l'anno (parte da gennaio 2018 e arriva fino a maggio 2019) e nella linea blu il consumo del gas. D'inverno si consuma cinque volte più energia rispetto all'elettrico. Una settimana di freddo assorbe tanta energia quanto tutto il sistema elettrico attuale. Elettrificare il riscaldamento secondo noi non è praticabile, innanzitutto per l'eccesso di elettricità che si andrebbe a creare d'estate, dove tutta quell'energia non serve, e in secondo luogo per il costo e Pag. 6le tecniche di stoccaggio, perché per riscaldare una casa a elettricità accumulata tramite batterie dovrei avere una batteria per ogni giorno dell'inverno, in quanto dovrei caricarla d'estate e scaricarla d'inverno, quindi oltre al costo proibitivo c'è anche un limite fisico e tecnico. Sulla sinistra vedete in verde la fotografia della generazione elettrica in un giorno ventoso. Quando scompare il vento di colpo, si crea un gap importante e, quindi, anche nel PNIEC c'è un ruolo del gas proprio a supporto dell'aumento di quota delle rinnovabili. Di conseguenza, il carbone nella generazione termoelettrica scende a zero. Il carbone rimane a 4 terawattora, con un uso totalmente limitato. L'olio combustibile per fortuna va a zero. Il gas torna a essere più o meno quello che era nel 2010, con un consumo legato soprattutto alla modulazione delle rinnovabili.
  Guardando avanti, abbiamo fatto uno studio con altri operatori in Europa, con gli altri TSO (transmission system operator), con le altre SNAM d'Europa, e abbiamo detto che per arrivare al 2050 con zero CO2 in Europa servono i gas rinnovabili, i gas fatti da rifiuti o da idrogeno, facendo le previsioni di una completa decarbonizzazione. Soprattutto per le industrie e per il riscaldamento, l'uso di idrogeno e il biometano potrebbe far risparmiare all'Europa 217 miliardi di euro all'anno di bollette.
  Per noi il gas rinnovabile si fa o con i rifiuti o catturando, sequestrando e stoccando la CO2 dal metano o producendo idrogeno da fonti rinnovabili.
  Come SNAM abbiamo lanciato un progetto che guarda al 2030, che si chiama «Snam Tech». Abbiamo allocato 850 milioni di euro per questi investimenti, che abbiamo diviso in quattro aree. La prima è l'efficienza energetica: abbiamo acquisito una ESCO (energy service company) e stiamo guardando ad altre ESCO per supportare proprio nel PNIEC questo importantissimo sforzo di efficientamento che deve fare l'Italia. La seconda attività è proprio quella del biometano e del gas verde. Abbiamo acquisito una piccola e media impresa che produce impianti di biometano e stiamo lavorando sull'idrogeno. La terza area è quella della mobilità sostenibile: navi, camion e treni. Abbiamo accordi per fare dei treni che, invece che andare a diesel e olio combustibile, possono andare a metano. Ciò riguarderà anche alcune automobili (abbiamo già in Italia un milione di automobili che vanno a metano), senza fare alcuna concorrenza all'auto elettrica, che avrà una sua fortissima crescita, ma facendo di fatto concorrenza al diesel, visto che costa meno della metà per chilometro percorso e sostanzialmente azzera le emissioni di particolato e dimezza le emissioni di CO2.
  C'è poi un importantissimo investimento in tecnologia. Pensiamo che la nostra rete, da una rete fisica, da una rete di ferro, da una rete statica, debba e possa diventare una rete digitale, una rete dove mettiamo in connessione tantissimi dati che già oggi abbiamo, ma non sono sfruttati da un punto di vista di digitalizzazione. Dunque, vi sono molte risorse investite nella sicurezza e nella digitalizzazione, risorse e infrastrutture che possiamo poi mettere a servizio del Paese. Già stiamo collaborando con i vigili del fuoco e con altre istituzioni proprio per mettere in connessione i dati che abbiamo.
  In sintesi, SNAM passa da essere un'azienda al 100 per cento concentrata sui combustibili fossili, sull'acciaio e sull'attività del trasporto e dello stoccaggio, quindi molto sottoterra, a essere un'azienda che, invece, vuole essere e si sta già posizionando come leader nella transizione energetica, sia in Italia che in Europa, con un occhio anche alla Cina, dove siamo presenti sfruttando il nostro azionista cinese, che è State Grid. La parte di SNAM Retegas, il TSO, continua a fare esattamente quello che ha fatto negli ultimi 75 anni, ovvero trasportare il gas in tutto il Paese.
  Il modello è, quindi, quello di immettere nella nostra rete gas nuovo, gas fatto da rifiuti, gas fatto dall'idrogeno, che si può già mischiare con il gas metano. Questa rete diventa più sofisticata, perché attacchiamo alla nostra rete infrastrutture o per fare la liquefazione o per trasportare il gas compresso, che possa arrivare anche a rifornire Pag. 7 i camion, gli autobus, le navi e le automobili.
  Il primo aprile abbiamo fatto un primato mondiale, nel senso che siamo stati i primi a inserire idrogeno nella rete ad alta pressione di metano e a portarlo direttamente a due clienti finali. Da un punto di vista tecnico è stata una sperimentazione piuttosto facile, perché con un 5 per cento di idrogeno il metano, che è CH4, si considera ancora metano, quindi non abbiamo alterato la materia che trasportiamo, ma l'abbiamo solo arricchita con un po’ di idrogeno. Lo step successivo è quello di aumentare gradualmente questa percentuale. Questo è un modo per trasportare idrogeno e risolvere il vero ostacolo dell'idrogeno, che è quello delle infrastrutture, potendolo intanto mettere insieme al metano e sfruttare tutte le infrastrutture esistenti, sostanzialmente a costo zero. L'idrogeno che abbiamo inserito era un idrogeno prodotto in modo chimico. Lo step successivo è produrre idrogeno da fonti eoliche o da fonti fotovoltaiche.
  Questo è un progetto molto ambizioso, che stiamo promuovendo a livello europeo, visto che abbiamo gasdotti che sono vuoti. Noi abbiamo già oggi 32,5 miliardi di metri cubi di capacità di trasporto gas non utilizzata dal Nord Africa verso l'Europa. Questa quota aumenta e arriverà a 50-60 miliardi di metri cubi, quindi più del 15 per cento di tutto il fabbisogno europeo di capacità vuota. Questi Paesi consumano molto gas, con centrali molto inefficienti, per produrre energia elettrica, hanno vaste aree molto soleggiate e, quindi, la nostra riflessione è: un pannello solare messo in Nord Africa (prendiamo il Marocco come esempio o la Tunisia) produce l'80 per cento in più di un pannello solare messo in Germania; il gas che loro oggi bruciano potrà essere trasportato a costo zero in Europa, perché le infrastrutture ci sono, e potremmo bruciarlo noi con un'efficienza del 50 per cento superiore, perché, invece che il 40 per cento, andiamo quasi al 60 per cento di efficienza. Sostanzialmente, a parità di investimento, raddoppiamo l'energia rinnovabile e raddoppiamo l'efficienza energetica. Dal punto di vista della sicurezza, questa è tutta energia che può arrivare in Europa e dal punto di vista del costo è l'energia a minor costo che abbiamo, perché è la più vicina; se noi lo paghiamo 27 euro, il gas in questi Paesi costa 5 o 6 euro a megawattora.
  Abbiamo velocemente scorso quello che stiamo facendo come SNAM. Pensiamo che il PNIEC sia, come dicevo in apertura, molto ambizioso. Per supportare il settore noi stiamo già collaborando molto con Terna e con le altre aziende del settore. Abbiamo bisogno di investimenti in ricerca e sviluppo. La gara all'idrogeno è una gara che sta partendo in questo momento per tutti i Paesi, quindi non c'è un Paese che è avanti. Forse il Giappone storicamente ha investito di più, ma con l'eccezione del Giappone l'Italia può davvero giocarsela. Abbiamo delle eccellenze, abbiamo delle tecnologie, dobbiamo creare delle filiere e fare ricerca per appropriarci delle tecnologie ed essere noi a esportarle, e non fare come è stato fatto nel primo giro di rinnovabili, dove il know-how è andato quasi tutto in Cina.
  Il secondo tema è quello di lavorare sempre di più a degli scenari condivisi, perché le reti diventeranno sempre più integrate, quello che succede nell'elettrico impatta quello che succede nel gas e viceversa. Noi ci stiamo adoperando per far diventare la nostra rete a gas sempre più elettrica anche sui consumi e sulle stazioni di compressione.
  Il terzo fabbisogno è la certezza dei tempi. Oggi abbiamo degli iter autorizzativi per cui ci mettiamo molto di più a ottenere i permessi per realizzare le opere che a realizzare l'opera in sé. In alcuni casi abbiamo progetti del tutto sostenibili, sia politicamente che ambientalmente, che ci mettono quattro o cinque anni solo a espletare tutti gli step autorizzativi. Siccome il 2030 è dopodomani da un punto di vista energetico, dobbiamo davvero fare uno sforzo di compattamento di alcuni step autorizzativi per procedere a queste sfide e all'opportunità della transizione energetica che noi vediamo come una grande opportunità per il Paese. Direi che ho concluso il mio intervento, presidente.

Pag. 8

  PRESIDENTE. Grazie mille, dottor Alverà.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA VALLASCAS. Vorrei solo un piccolo chiarimento. In una slide della vostra documentazione leggo metano sintetico. Vorrei esattamente capire di cosa si tratta.

  GAVINO MANCA. Innanzitutto ringrazio il dottor Alverà per l'esposizione molto puntuale di un tema così importante. Nell'ultima slide della documentazione dove c'è la cartina dell'Europa – è una domanda di carattere territoriale alla quale siamo interessati – vedo la dorsale sarda disegnata e tratteggiata. Vorrei capire qual è lo stato dell'arte e a che punto siamo rispetto a un finanziamento che è arrivato dal Governo Renzi tre anni fa, se non erro.

  ANDREA DARA. Nell'ultima parte del suo intervento il dottor Alverà diceva che ci vogliono quasi cinque anni per avere le autorizzazioni. Questo accade in Italia. Vorrei sapere all'estero, invece, le tempistiche a quanti anni ammontano.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Alverà per la replica.

  MARCO ALVERÀ, amministratore delegato di Snam. Per metano sintetico intendiamo il metano che è CH4 e con l'elettrolisi si può produrre l'idrogeno. La BMW ci sta dicendo dal loro centro di ricerca che per salvaguardare, dal loro punto di vista, il motore a scoppio attuale potrebbe essere meno costoso catturare dall'aria il carbonio e aggiungerlo all'H2 per produrre un CH4 rinnovabile, perché ho assorbito CO2 e l'ho semplicemente rimessa insieme all'idrogeno. Questo è interessante, non tanto per il trasporto, perché abbiamo visto che col 5 per cento, ma anche con percentuali superiori, i nostri gasdotti possono trasportare idrogeno, con degli accorgimenti sulle valvole eccetera, in quanto il gasdotto e l'acciaio in sé tengono l'idrogeno. Invece, per tutte le infrastrutture a valle (il boiler di casa, le automobili e i motori a scoppio convenzionali) potrebbe costare di meno prendere CO2 dall'aria e metterla insieme all'idrogeno e a quel punto è metano sintetico. Questa è una delle cose che stiamo studiando. Noi pensiamo che con queste tecnologie che si stanno evolvendo (l'elettrolisi esiste dal 1930, ma di fatto non è mai stata fatta su scala massiva, quindi i costi sono ancora alti, perché siamo all'inizio dal punto di vista di industrializzazione) si debbano osservare tutte le varie soluzioni: biometano, metano sintetico, idrogeno, metano idrogenizzato. Ci sarà un insieme di soluzioni a seconda anche delle aree.
  In sintesi, ci saranno enormi quantità di idrogeno che verranno dal Mare del Nord, perché tutto l'eolico verrà convertito in idrogeno. Non mi ci sono soffermato prima, ma, se si vede la parte alta della slide relativa al trasporto, abbiamo un esempio in Inghilterra. Il BBL è un gasdotto che va dal Belgio all'Inghilterra e costa 11 euro al kilowatt per 100 chilometri. Britnet, esattamente parallelo, stessa distanza, è un elettrodotto e, invece che 11 euro, costa 230 euro. Lo stesso succede quando guardiamo in tutti i Paesi: il costo del trasporto dell'elettricità è 20 volte superiore al costo del trasporto del gas. Per questo motivo, tutti i signori che stanno facendo le pale eoliche nel Mare del Nord stanno pensando di convertire l'energia eolica in idrogeno, che arriverà in Nord Europa. Parimenti, noi vorremmo che il Nord Africa fosse ricco di pannelli solari, in modo che quell'energia e quell'idrogeno possano arrivare in Europa, attraverso l'Italia, che può diventare l’hub europeo dell'idrogeno. Per questo motivo il 10 ottobre faremo a Roma una conferenza mondiale sull'idrogeno, proprio perché pensiamo che l'Italia possa da questo punto di vista acquisire una leadership. In Australia, che è in una zona ideale dal punto di vista del sole, il Governo dell'Australia dell'Est ha stimato che convertendo in solare il 2,3 per cento del suo deserto (solo quello dell'Australia dell'Est) può produrre tanta energia quanto l'Arabia Saudita. Questo è il tipo di opportunità. È chiaro che i costi devono scendere. Pag. 9
  La seconda domanda era sulla dorsale sarda. La Sardegna oggi si riscalda a GPL, che costa 110 euro a megawattora, mentre il metano in Italia costa 25. L'Italia ha l'obbligo di facilitare e accelerare il prima possibile la metanizzazione della Sardegna, innanzitutto perché il GPL costa più del triplo e anche perché inquina di più. Oggi il GPL è trasportato su gomma, quindi c'è anche un inquinamento per il trasporto dell'energia. Penso che sul fatto che serva il metano ormai non ci sono più dubbi. Il tema è: facciamo il metano con dei piccoli depositi isolati o colleghiamo questi depositi? Noi facciamo un'analisi tecnica. Dal punto di vista commerciale per la SNAM che si faccia o non si faccia la dorsale non è quello l'interesse. L'interesse è da un punto di vista regolatorio: è fondamentale che la Sardegna paghi il gas quanto il resto dell'Italia. Per creare una connessione tra i due mercati, quindi portare il PSV (punto di scambio virtuale) in Sardegna, bisogna fare o un gasdotto che colleghi l'Italia alla Sardegna o una navetta regolata. Noi la chiamiamo «la pipeline virtuale». Noi stiamo immaginando una navetta che sia regolata e che faccia da sponda. A questo punto, è come se fosse collegata fisicamente. Il problema di fare i depositi non collegati tra loro e non collegati all'Italia è che quei depositi verranno poi riforniti da trader che venderanno l'LNG (liquefied natural gas) allo stesso prezzo del GPL. Noi stiamo vedendo la stessa cosa in Grecia con le isole. Se non c'è un approccio di sistema, un approccio regolato, diventano tanti piccoli monopoli, dove chi vende la materia prima cerca di prezzarla al prezzo più alto e chi la porta dal deposito ai clienti finali ha un monopolio, perché sono tanti piccoli mercati. Se, invece, i depositi, che servono e sono necessari, si collegano con una dorsale, si crea un unico grande mercato integrato con l'Italia e integrato a livello della Sardegna. Da un punto di vista autorizzativo c'è una VIA (valutazione d'impatto ambientale) in corso. I tempi di realizzazione sono molto brevi, quindi, se si prendesse la decisione di procedere, in tre anni si riuscirebbe, non solo a far partire il cantiere, ma partendo da sud a completare già la parte più rilevante. È rilevante soprattutto per i cittadini della Sardegna. La mancata metanizzazione negli anni è costata alla Sardegna miliardi di euro. L'industria, soprattutto in un'ottica di uscita dal carbone, non può che avere lo stesso prezzo dell'Italia per poter sopravvivere e anche competere. C'è poi tutto un vantaggio ambientale per le navi, che verrebbero alimentate anch'esse a metano, e soprattutto per la riduzione di traffico su strada. I treni oggi in Sardegna vanno a diesel. La Sardegna diventerà un hub per le rinnovabili. È una zona che ha la fortuna di avere sia il vento che il sole e un domani potrà anche esportare idrogeno, ma è fondamentale in questa fase di transizione procedere con la metanizzazione. La dorsale a metano un domani diventerà una dorsale a idrogeno.
  La terza domanda era sui tempi all'estero. Nessun altro Paese ha la governance che abbiamo noi, perché noi abbiamo un sistema ibrido dove le decisioni di politica energetica sono prese a livello nazionale, ma molte autorizzazioni poi sono a livello regionale. Come SNAM abbiamo quasi mille cantieri aperti e abbiamo migliaia di persone che si occupano esclusivamente della permessistica. È possibile fare le cose, sia come SNAM che come Paese abbiamo fatto delle cose, ma è chiaro che quando si tratta di competere con gli altri Paesi diventa molto più urgente sbloccare e accelerare, nel rispetto delle norme vigenti, i tempi di realizzazione. Infatti, sull'idrogeno il fischio d'inizio c'è già stato sostanzialmente, perché quando l'Inghilterra, la Francia e la Germania dicono «zero CO2 al 2050» è il fischio d'inizio. Siamo in gara e vince sostanzialmente chi arriva per primo da un punto di vista tecnologico e infrastrutturale. L'Olanda si sta già posizionando come hub europeo dell'idrogeno e questo è molto importante, perché chi importa energia da un altro Paese la paga di più, come vedete in questo grafico della documentazione dove ogni cittadino e ogni impresa italiana paga l'energia il 10-15 per cento in più del resto d'Europa.

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  PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Alverà e tutta la delegazione di SNAM e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti
di
European energy retailers (EER).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di European energy retailers (EER).
  Sono presenti il presidente, il dottor Michele Governatori, e la dottoressa Elisa Borghese. Ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.
  Do la parola al presidente Governatori per lo svolgimento della sua relazione.

  MICHELE GOVERNATORI, presidente di European energy retailers (EER). Ringrazio e saluto la presidente e i deputati presenti. European energy retail è un'associazione di associazioni europee. Per ora copre Italia, Svezia, Francia, Germania e Spagna. È un'associazione di operatori del mercato dell'energia che hanno il fattore comune di essere operatori nuovi entranti nei Paesi in cui operano. L'obiettivo con cui ci siamo costituiti come network è quello di rappresentare soprattutto nelle associazioni europee, ma quando è possibile, come oggi, anche presso quelle nazionali, il punto di vista, in un'ottica europea e quindi in qualche caso anche comparata tra Paesi, di operatori nuovi entranti nel mercato dell'energia.
  Per rispondere alle sollecitazioni di questa indagine, noi abbiamo provato in poche slide, con la documentazione trasmessa alla Commissione, a focalizzare dove sta andando la transizione energetica a livello europeo e italiano, in che modo, secondo noi, gli operatori di mercato avranno un ruolo e quali criticità e opportunità vediamo. Le slide sono in inglese, perché io dovevo condividerle con l'associazione. Se volete, poi ne manderò una traduzione. Naturalmente io procedo in italiano.
  Se io dovessi dire quali sono i tre driver, ovvero gli elementi caratterizzanti del nuovo mondo dell'energia, uno è sicuramente quello di avere più asset distribuiti, inclusi quelli di generazione (mi riferisco all'energia elettrica), ma anche nuove comunità, che sono previste anche nel cosiddetto «quarto pacchetto» dell'Unione europea, di scambio locale di energia, che è una cosa molto bella da dirci, ma più complicata da fare dal punto di vista tecnico. Anche il servizio stesso della vendita di energia, soprattutto per l'elettricità, diventerà sempre più un servizio e sempre meno la fornitura di una commodity, cioè di qualcosa che si misura e che è indistinto. Le reti, soprattutto quelle locali, avranno un ruolo sempre più importante. Del resto, da anni parliamo di smart grid per cercare di distinguerle dalle reti incapaci di incentivare un utilizzo intelligente delle risorse, sia di consumo che di generazione distribuita.
  Prendiamo in esame come primo punto quello di più generazione distribuita e più comunità di consumo. Quando noi pensiamo a comunità di consumo locali (sono chiamate anche citizen energy community o renewable energy community dal nuovo pacchetto europeo) cosa ci aspettiamo? Immaginiamo che io sul mio tetto abbia del fotovoltaico. Io potrei addirittura con una app, con un sistema di vicinato, vendere l'eccesso di produzione a un mio vicino o il mio vicino potrebbe vendere direttamente a me un eccesso di produzione. Questo in realtà dal punto di vista tecnico non è così banale, perché oggi per gestire le connessioni anche solo tra appartamenti bisogna essere un distributore di energia in quasi tutti i Paesi, inclusa l'Italia. Questo richiede avere una concessione. Nel caso dell'Italia le concessioni di distribuzione power sono date per lunghi periodi dal Ministero dello sviluppo economico. Quelle gas, come sapete, invece, sono di competenza regionale. Realizzare questo tipo di comunità di trading dell'energia richiede in primo luogo dei cambiamenti quasi epocali sul piano della regolamentazione e della normativa, proprio perché oggi esiste una riserva da Pag. 11parte del distributore, ma anche i cambiamenti sul piano tecnologico non sono banali. Per esempio, torniamo al caso che io, Michele Governatori, voglia vendere i miei eccessi fotovoltaici al palazzo vicino. Oggi non potrei farlo. Domani come minimo il gestore della rete, anche quella di quartiere, deve mandarmi dei segnali e dirmi «guarda, c'è spazio sui fili perché tu possa vendere», o magari potrebbe volermi dire «guarda, adesso ce n'è poco, perché ci sono i condizionatori accesi e tu andresti a influire su un cavo che sta andando già a piena potenza», oppure potrebbe dirmi «no, perfetto, perché in questo momento tu stai prelevando tantissimo della rete» e, se invece è lui a usare la tua energia, tu usi un po’ meno la rete.
  Queste cose come si faranno? Ancora – diciamocelo chiaramente – non lo sappiamo di preciso, né sul piano della regolamentazione né sul piano tecnico. Noi immaginiamo che i gestori di distribuzione locali domani siano in grado di fornire in modo automatico alle famiglie, alle case e anche ai singoli produttori-consumatori dei dati da utilizzare automaticamente con la domotica, che dicano «va bene, adesso puoi fisicamente cedere la tua energia, c'è spazio sulla rete», interfacciandosi con il mio fotovoltaico e coi miei sistemi, ed essere in grado di ottimizzare questo piccolo scambio di energia di vicinato.
  Naturalmente noi di European energy retailers, che siamo venditori di energia, non vogliamo che il gestore di rete diventi anche venditore di energia, ma vogliamo che fornisca alle energy community le informazioni tecnologiche, oltre che gli asset, ovvero la rete, che permettono questi scampi.
  Vedrete – dico una cosa ridondante – che questa cosa delle comunità energetiche è tanto affascinante quanto complicata, sul piano tecnologico e sul piano normativo. Io credo che ci arriveremo, ma sarà una delle rivoluzioni più difficili da implementare, come si dice adesso.
  Arrivo al secondo driver di cui parlavo: i venditori di energia renderanno sempre più servizi e sempre meno una commodity. Per farlo bene, dovranno avere un accesso equo ed efficace ai dati di consumo dei clienti. Sapete che l'Italia è all'avanguardia nell'installazione anche a livello domestico di smart meter dell'ultima generazione. Questo è importante, ma non basta. Oltre allo smart meter di ultima generazione, ci deve essere anche un'infrastruttura di raccolta di questi dati, gestita dal distributore, che poi fornisca ai venditori in modo usabile e senza vantaggi per gli operatori integrati, cioè per quelli che fanno sia distribuzione che vendita, queste informazioni, con tutto il valore che hanno e pur con tutti i problemi di privacy, in modo che i venditori, accedendo a questa montagna di big data sulle abitudini di consumo, possano fornire un vero servizio di energia, non solo la fornitura di elettricità o di gas.
  Io arrivo in casa come fornitore e, grazie alle informazioni che l'operatore del metering, ovvero il distributore, mi fornisce, aiuto il mio cliente a consumare in modo più intelligente e anche a consumare meno. Naturalmente la sfida per chi fa il lavoro che fanno le aziende associate in gruppi energy retailers è riuscire a far soldi facendo risparmiare. Si può, ma non è facile. È più facile far soldi facendo sprecare, ma sappiamo tutti che non è minimamente possibile. Far soldi facendo risparmiare richiede di avere queste informazioni e di averle in un modo equo e funzionale. Le reti, quindi, saranno sempre più importanti. Se funzionano le reti, il servizio energia è efficace.
  Sapete che l'attuale assetto della liberalizzazione dei mercati dell'energia, come quello delle TLC (telecomunicazioni), si basa su un concetto chiave che è quello di unbundling, cioè le reti sono monopolio regolato e la vendita e la generazione sono fatte a livello di concorrenza, usando, con regole uguali per tutti, quelle reti. Questo concetto è facile quando i venditori vendono un'energia, cioè elettroni (anche se non sono elettroni) o metri cubi di gas, ma è più complicato quando i venditori vendono servizi. Dove finisce il servizio in concorrenza e dove inizia il servizio di una smart meter gestita, per esempio, a Roma da ACEA? Dovremmo ragionarci. Dal nostro punto di vista, è molto importante che i gestori di rete, oltre a far bene il loro Pag. 12lavoro e a essere pagati il giusto, come è naturale che sia, intervengano sfruttando il loro monopolio tecnico locale per fornire anche servizi. Purtroppo non sono riuscito a parlare con l'amministratore delegato di SNAM, Alverà, perché ci siamo solo incrociati. Per questo quando vedo aziende come SNAM o come Terna, che vendono anche servizi di efficientamento mi preoccupo, perché c'è un potenziale abuso di un vantaggio competitivo per fare un'attività che, invece, è di mercato, è una fornitura di servizi energetici.
  I consumatori nel nuovo mondo dell'energia dovranno essere al centro della macchina? Naturalmente sì e devono essere, secondo noi, incoraggiati a scegliere. Presso questa Camera dei deputati il presidente dell'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA) Stefano Besseghini pochi giorni fa ha fatto una relazione, che io trovo interessante, in cui ha detto una cosa che non è ovvia, cioè che le tariffe regolate dell'energia e del gas, che si chiamano «maggior tutela», devono finire, perché sono un limite alla piena responsabilizzazione dei clienti. Il fatto che il cliente investa sulla sua consapevolezza e sulla scelta, punendo i fornitori che non sanno fare bene il loro lavoro o che non lo sanno fare in modo efficiente e, invece, avvantaggiando quelli bravi, è decisivo. Il mercato non funziona se non c'è anche il cliente. Secondo me, dobbiamo superare la naturale ritrosia rispetto alla fine di una tariffa regolata, perché questo comporta consumatori più attivi e con i consumatori più attivi, nell'ambito naturalmente di un mercato senza opacità informativa e senza comportamenti scorretti – ma per questo ci sono le Autorità dell'energia e antitrust – il mercato funziona meglio per tutti: ci dà servizi migliori e più tecnologia a prezzi più bassi.
  All'ingrosso sta cambiando il mondo? Accidenti, sì, pensate all'energia elettrica. L'energia elettrica si fa ancora oggi per la maggioranza bruciando combustibili e, quindi, ha un costo variabile. Se io faccio una centrale a gas so quanti metri cubi di gas metto dentro, quanti megawattora di energia produco e, quindi, ho un costo variabile, a cui aggiungo i costi dei permessi a emettere CO2 e so qual è il prezzo variabile dell'energia. Questo prezzo variabile in un mercato competitivo com'è la borsa elettrica diventa un riferimento di mercato. Come sarà il mondo quando le centrali a gas saranno attive solo in casi di emergenza e la borsa elettrica sarà alimentata quasi sempre da fonti rinnovabili? Non ci sarà un costo variabile. In tutti i mercati in cui non c'è un costo variabile è difficile far funzionare un prezzo marginale, ma si fa, le soluzioni ci sono. Pensate al mercato dei biglietti aerei. Anche il traffico aereo è tipicamente fatto di soli costi fissi, non perché il carburante sia un costo fisso in sé, ma perché, se una compagnia aerea ha in programma di far volare tra Roma e Bruxelles un aereo tra una settimana, non può decidere di non farlo volare più, quindi il costo di quel servizio è interamente fatto da costi fissi. Non può dire «non lo faccio volare». In teoria la compagnia aerea non avrebbe elementi per dire a chi arriva all'ultimo momento a comprare un biglietto «devi pagarmi 400 euro», perché il cliente potrebbe dire «sì, ma quell'aereo parte comunque», eppure si sviluppa un mercato dei biglietti che discrimina il prezzo sulla base di altre variabili, per esempio quanto è emergenziale l'acquisto del cliente, quanto il cliente è disponibile o meno a cambiare volo, a partire prima o dopo per prendere un volo più vuoto.
  Dunque, è vero che in un mondo in cui l'energia elettrica verrà generata senza costi variabili il funzionamento dei mercati a breve, all'ingrosso, come la borsa elettrica, è più complesso, ma non è vero che non ci sono esempi in cui i mercati funzionano bene anche in assenza di un segnale di costi variabili molto forti.
  Ci serviranno anche dei sistemi di lungo termine per stabilire il costo, quanto debbano essere remunerati gli asset energetici? Sì, uno è stato appena sdoganato dal Governo, il cosiddetto capacity market, un sistema per pagare le centrali di generazione sulla capacità e non sulla quantità che generano. Un altro sistema è quello dei power purchase agreement, che sono degli Pag. 13accordi di lungo periodo con i quali si può rendere bancabile, cioè più facile da finanziare, un nuovo impianto di generazione, perché qualcuno compra per cinque o dieci anni quell'energia. Sono strumenti utili, serviranno, affiancheranno i mercati a breve. Secondo noi, le amministrazioni pubbliche devono evitare la tentazione di regolarli, cioè devono fidarsi dei mercati e far sì, naturalmente monitorandoli con le proprie prerogative, che anche questi contratti di lungo termine e il funzionamento del capacity market non vadano a produrre un prezzo politico dell'energia. Laddove si fa un prezzo politico dell'energia, deciso dalla politica, quel prezzo tipicamente è maggiore di quello di un mercato efficiente e lo pagano i clienti finali.
  Un esempio che io ho fatto anche in altri casi – mi scuso se qualcuno l'ha già sentito – è quello del prezzo davvero politico che fu concordato tra aziende inglesi e il produttore francese quando l'Inghilterra decise di fare nuovi sezioni dell'impianto nucleare di Hinckley Point. Vi ricordate? Ormai sono passati alcuni anni. Lì sostanzialmente la politica locale decise che quell'impianto si poteva fare solo se il Governo britannico garantiva, se non erro, per trent'anni – peraltro, quell'impianto deve ancora partire come funzionalità – un prezzo che era pazzesco, mi sembra sui 110-120 euro al megawattora, un prezzo oggi sicuramente «fuori dalla grazia di Dio» in termini di cosa i mercati possono dare. I mercati possono anche mettersi d'accordo in modo più efficiente, perché conoscono i propri costi e la propria disponibilità a pagare, anche su accordi di lungo termine.
  Non le ho citate, ma è ovvio che il PNIEC e la SEN (strategia energetica nazionale) si basano soprattutto sulla decarbonizzazione e sulla transizione a un mercato dell'energia sostenibile. Il mercato lo può fare? Certo che lo può fare, soprattutto se si deve confrontare con dei segnali di prezzo che internalizzano le esternalità, cioè i danni esterni, per esempio, delle emissioni di CO2, in modo corretto. I mercati dei permessi di emettere CO2 ETS (emission trading scheme) hanno funzionato benino e secondo noi possono funzionare ancora meglio, se non vengono regalate quote gratis a nessuno.
  Perché finora sono stati regalati permessi a emettere gratuiti? Non perché i legislatori nazionali ed europei volessero farlo, ma per proteggere i produttori soggetti al rischio di cosiddetto «carbon leakage». Per esempio, l'acciaieria locale che deve pagare i costi di sostenibilità delle emissioni di CO2 e poi si confronta con quella indiana che non le paga, è chiaro che rischia semplicemente di chiudere. C'è un'alternativa a questo, cioè a rendere inefficiente il segnale di prezzo sul carbonio per salvare l'acciaieria? Secondo noi c'è. Mi rendo conto che mi sto un po’ allargando su questo, però c'è ed è una soluzione a livello europeo: nel momento in cui i prodotti che sono ad alta intensità di carbonio venissero tassati con una carbon border tax quando entrano nell'Unione europea, a quel punto saremmo liberi di far funzionare senza distorsioni il mercato dell'ETS interno all'Unione europea e un mercato meno distorcente favorisce gli investimenti in tecnologie green.
  Sempre sui segnali di prezzo che aiutano la transizione verso le rinnovabili, c'è un caso ancora più grave rispetto a quello delle soluzioni del carbon leakage, che sono i sussidi alle fonti fossili. Proprio giorni fa è stata firmata dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e inviata alle due Camere la seconda edizione del catalogo dei sussidi dannosi e favorevoli all'ambiente. Io mi permetto di invitarvi davvero a leggerlo. È un documento straordinario, non solo per l'ambiente, ma anche per la nostra economia. Sostanzialmente è un documento che esamina una cinquantina di miliardi di sussidi, secondo la definizione di sussidi dell'OCSE, cioè trasferimenti che vengono dati dalle regole, non necessariamente attraverso la fiscalità generale, ma anche attraverso le bollette, per rendere più competitivi alcuni settori. Di una cinquantina di miliardi all'anno, che non esauriscono il monte sussidi in Italia, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare cerca di capire, con delle regole in qualche caso Pag. 14opinabili – ma sicuramente è un'analisi interessante – quali possono definirsi dannosi all'ambiente. Quelli dannosi all'ambiente, secondo la nuova edizione, sono oltre 19 miliardi all'anno. Naturalmente il vincolo di bilancio c'è, è una cosa seria e i soldi non crescono sugli alberi, ma noi stiamo dicendo che oggi il sistema Italia, soprattutto attraverso la spesa fiscale, cioè le riduzioni di accise in alcuni settori, che sono soprattutto trasporti, agricoltura, energia e altri, dà vantaggi fiscali per 19 miliardi di euro che secondo il Governo, non secondo Greenpeace, sono dannosi all'ambiente. Se noi diamo 19 miliardi dannosi all'ambiente all'economia, poi dobbiamo darne di più all'economia verde per renderla competitiva con l'economia dannosa all'ambiente. Questo è ovvio. Pertanto, la cosa più naturale sarebbe ridurli. Ci sono programmi per questo e l'Italia si è anche impegnata a livello G20 a un piano di riduzione di questi sussidi dannosi, attraverso accordi internazionali.
  Una cosa sicuramente sensata, ma difficile – però per fortuna questa legislatura è poco dopo l'inizio della sua vita – è immaginare un programma di discesa di questi sussidi, che naturalmente si deve accompagnare a sistemi di salvaguardia per le categorie che nel breve periodo sono più danneggiate da questi sussidi. Mi permetto un esempio. Uno dei sussidi più grossi, che vale più o meno un miliardo all'anno, è quello degli sconti di accisa sul gasolio per autotrasporto pesante. Uno può pensare: «Va bene, li tolgo, così ho finito». Se li tolgo succede che centinaia di «padroncini» vanno in crisi da un giorno all'altro, cosa che socialmente è difficilmente accettabile. Immaginiamo una legge che dica: «Tu, che hai una flotta di dieci camion diesel, guarda che quel sussidio durerà altri cinque o quattro anni, si ridurrà progressivamente. Se non lo vuoi perdere, investi sulla tua flotta, perché io te lo trasformo in contributi a fondo perduto su camion GNL, camion elettrici e sistemi più rispettosi dell'ambiente».
  Vi ringrazio moltissimo.

  PRESIDENTE. Non essendovi richieste di interventi per formulare quesiti da parte dei deputati, ringrazio il presidente Governatori per l'illustrazione e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 12.35.