XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 8 di Giovedì 28 febbraio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Carabetta Luca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI ATTUAZIONE E DI ADEGUAMENTO DELLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE AL PIANO NAZIONALE ENERGIA E CLIMA PER IL 2030.

Audizione di rappresentanti di Fise Assoambiente – Associazione imprese servizi ambientali.
Carabetta Luca , Presidente ... 3 
Steardo Marco , Presidente sezione rifiuti speciali, intermediazione, bonifiche di Fise Assoambiente – Associazione imprese servizi ambientali ... 3 
Carabetta Luca , Presidente ... 6

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
LUCA CARABETTA

  La seduta comincia alle 13.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Fise Assoambiente – Associazione imprese servizi ambientali.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti di Fise Assoambiente – Associazione imprese servizi ambientali.
  Nel dare la parola all'ingegner Marco Steardo, Presidente sezione rifiuti speciali, ricordo che l'audizione odierna è finalizzata esclusivamente a ottenere elementi istruttori utili ad approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  MARCO STEARDO, Presidente sezione rifiuti speciali, intermediazione, bonifiche di Fise Assoambiente – Associazione imprese servizi ambientali. Prima di tutto vi ringrazio per aver offerto la possibilità anche a Fise Assoambiente di esprimere il parere su questo documento. L'intento è di provare a contribuire al meglio delle nostre possibilità e, se possibile, migliorarlo.
  Spenderei solo due parole per presentarci, poiché in Fise Assoambiente non abbiamo la pretesa che tutti ci conoscano. Assoambiente è un'associazione di categoria, che ha una sua storia, è attiva dal 1950 e rappresenta gli interessi degli operatori che hanno attività nel mondo dei servizi ambientali, in termini piuttosto vasti. Ad Assoambiente aderiscono imprese che fanno la raccolta, il trasporto, lo smaltimento, il riciclo e il recupero dei rifiuti, fino ad arrivare a tutte le fasi di smaltimento definitivo, quindi i vituperati inceneritori, le discariche o gli impianti di trattamento delle acque finali. Oltre a questo, però, ci sono anche imprese che fanno produzione di combustibili biocarburanti, recupero energetico, bonifiche di siti contaminati, attività analitiche di laboratorio, trattamento delle acque reflue.
  Fise è un'associazione che opera sia a livello nazionale che a livello internazionale. Abbiamo l'opportunità e la possibilità di offrire il nostro contributo a diversi tavoli anche all'interno del Ministero dell'ambiente. Oggi Fise rappresenta più di mille aziende, che hanno un fatturato complessivo di oltre 12 miliardi di euro all'anno, ma soprattutto Assoambiente è l'associazione che governa il contratto collettivo nazionale di lavoro per tutti gli operatori del settore ambientale, che sono più di 40.000.
  L'introduzione che ho fatto fa evidentemente pensare che noi ci occupiamo di rifiuti. Lo scopo dell'intervento di oggi è quello di capire come e in che misura questa, che alla fine può essere considerata a tutti gli effetti una risorsa, può contribuire anche al Piano nazionale energia e clima del Paese e, quindi, modificare, se è Pag. 4possibile, la Strategia energetica nazionale (SEN) in una certa direzione.
  Abbiamo letto il documento e ci siamo focalizzati principalmente sulla dimensione della decarbonizzazione, perché ci pare il punto su cui noi possiamo agire di più. Evidentemente, c'è un contenuto su questa dimensione, che è quello che ci interessa maggiormente, ovvero quello dell'introduzione di produzione di energia da fonti rinnovabili.
  Il rifiuto non è una fonte rinnovabile, ma certamente è una risorsa, perché i rifiuti si producono in grandi quantità, come ora vedremo, e forse si possono utilizzare per produrre energia in modo stabile e costante e, quindi, diventare parte integrante della produzione di queste risorse per il Paese.
  In una chart ricompresa nella documentazione scritta trasmessa alla Commissione, è fotografata la situazione ad oggi e gli obiettivi al 2035 relativamente alla produzione di rifiuti urbani e ai loro destini. Nel 2017, l'Italia ha prodotto più di 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani. Di questi 30 milioni di tonnellate - i dati sono fonte dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), quindi da ritenersi più che corretti - 7 milioni di tonnellate sono finiti in discarica, 15 milioni di tonnellate sono andati al riciclaggio, altri 10 milioni di tonnellate sono conferiti nei famosi impianti di trattamento meccanico-biologico e, a loro volta, poi producono flussi che si vanno a intersecare con quelli che abbiamo appena visto. Ma la cosa importante che ci interessa mettere in evidenza è che, alla fine di queste lavorazioni intermedie, nel 2017 più di 5 milioni di tonnellate sono andati a impianti di termovalorizzazione, ovverosia waste-to-energy (recupero energetico) e soprattutto sono stati raccolti in modo differenziato circa 6 milioni di tonnellate di frazione organica del rifiuto solido urbano (FORSU).
  In ottica 2035, avendo obiettivi che dicono che ciò che va in discarica deve essere inferiore al 10 per cento e ciò che va a riciclaggio deve essere almeno pari al 65 per cento, come effetto indotto si avrà un aumento della frazione organica perché, migliorando la differenziata, evidentemente si produrrà più FORSU e, probabilmente, si avrà anche un aumento della quantità di rifiuti che vanno a impianti di termovalorizzazione.
  È evidente che sviluppi tecnologici che possono essere ipotizzati su un orizzonte di medio-lungo termine potranno produrre situazioni alternative alla termovalorizzazione, per il momento però queste tecnologie non sono disponibili, quindi il destino di questa tipologia di rifiuti non può essere che questo.
  Nella documentazione abbiamo riportato i dati che riguardano i rifiuti speciali, altra informazione abbastanza preziosa, lo ripeto, per arrivare alle conclusioni. I rifiuti speciali prodotti nel nostro Paese sono 135 milioni di tonnellate, quindi 4-5 volte tanto i rifiuti urbani. Anche in questo caso la cosa interessante è che, al di là di ciò che va in discarica, che comunque è una quota abbastanza importante (parliamo di 12 milioni di tonnellate), vanno a incenerimento o a termovalorizzazione altri 3 milioni di tonnellate.
  A tal riguardo, vale la pena focalizzare l'attenzione su un punto. L'impresa normalmente è molto più avanti di quanto non sia la gestione del rifiuto in ambito urbano o, comunque, per la pubblica amministrazione, perché le imprese sono molto più attente al denaro e, ogniqualvolta hanno la possibilità di recuperare materiali, di riutilizzarli o di riciclarli, lo fanno già loro sponte, non hanno bisogno di strumenti normativi che le spingano a fare queste cose, perché normalmente ne traggono un beneficio economico. Quindi, questi sono dati che sono già abbastanza stressati (se vogliamo vederla da questo punto di vista).
  La conclusione di questa carrellata di numeri qual è? È che ci troveremo a gestire più o meno 8 milioni di tonnellate all'anno di frazione organica da rifiuto solido urbano, che potranno essere utilizzati per produrre biometano (sono sicuro che questo consesso conosce molto bene questo tipo di processo) e soprattutto 10 milioni di tonnellate di rifiuti non riciclabili, che potranno essere utilizzati per produrre Pag. 5 energia termica in impianti di termovalorizzazione a recupero energetico.
  Farò ora un focus sia sul biometano che sulla parte waste-to-energy per cercare di arrivare a chiudere e dirvi cosa, secondo noi, potrebbe effettivamente trovare spazio nel documento, in cui proponiamo l'inserimento di queste condizioni.
  Intanto il biometano è il prodotto della digestione anaerobica di sostanze organiche. Lo si ottiene purificando quello che fino a pochi anni fa si chiamava molto più semplicemente biogas (eravamo abituati a parlare di biogas). Il biogas è un gas che contiene, ovviamente, metano, molta CO2, in una misura variabile tra il 30 e il 40 per cento, più qualcos'altro. Purificando il biogas si ottiene biometano, che può essere utilizzato per scopi a tutti gli effetti analoghi a quelli per cui è usato il metano da fonte fossile.
  La cosa molto interessante è che il potenziale di produzione di biometano da tutte le fonti che possono dare origine a questo tipo di prodotto è molto importante: arriva a circa 8 miliardi di metri cubi all'anno. Questo significa che superiamo, in pratica, il 10 per cento del fabbisogno nazionale al 2017. Se ricordo bene, infatti, sono stati consumati 75 miliardi di metri cubi di metano.
  È previsto un incremento di produzione di biometano da tutte le fonti possibili da oggi al 2030, anche grazie al piano incentivi scaturito dal decreto del 2 marzo 2018, che va da 2 a 4 miliardi di metri cubi. Se poi ci caliamo nella sola fonte di produzione di biometano, che è la FORSU, ossia quegli 8 milioni di tonnellate di cui parlavamo prima, evidentemente questa rappresenta un contributo importantissimo alla produzione complessiva.
  In una chart della documentazione scritta si evince con maggiore chiarezza la possibilità di crescita della produzione del biometano e l'indiscutibile necessità di promuovere la diffusione di questi impianti. Il biometano oggi (lo dicevo prima) si ottiene dal biogas, che può essere prodotto in discarica o mediante processi più obsoleti dal punto di vista tecnologico. Al momento, è disponibile la tecnologia per trarre il massimo di biogas dalla digestione anaerobica della FORSU o dai fanghi di trattamento delle acque reflue. Utilizzando queste tecnologie, si arriva ai numeri che vi ho appena citato.
  In particolare, se ci concentriamo solo sulla componente della frazione organica da rifiuti (i famosi otto milioni di tonnellate di cui parlavo in precedenza) questa potrebbe arrivare a generare circa 0,6 miliardi di metri cubi di metano, ovvero più o meno l'1 per cento della domanda di gas naturale attuale. Questo dice quanto può essere importante il fatto che in Italia si possano diffondere impianti di trasformazione della FORSU in biometano, ai fini del raggiungimento degli obiettivi prefissati dal Piano.
  Non vi annoio su cos'è il biometano, ma mi limito a fare una citazione rispetto all'economia circolare. È molto bello pensare che, dopo che gli addetti hanno raccolto i rifiuti sulla strada e portati in un impianto dedicato (il sacchetto marrone, per chi fa la raccolta porta a porta) da cui esce il metano con cui si possono alimentare quegli stessi mezzi, che tornano in città per consentire la raccolta di altri rifiuti. È un esempio di economia circolare particolarmente virtuoso (se possiamo chiamarlo così). Ovviamente, quel biometano può essere impiegato per tutti gli usi per cui si può utilizzare il metano stesso.
  Un focus sul waste-to-energy. Con riguardo all'andamento della produzione di energia derivante dalla combustione di rifiuti non riciclabili, nel 2017, sono stati prodotti circa 4,4 terawattora di energia elettrica, partendo da 5,5 milioni di tonnellate di rifiuto combusto.
  Se seguiamo l'ipotesi che abbiamo fatto inizialmente, ovverosia immaginiamo che effettivamente al 2030 si possano raggiungere gli obiettivi di riciclaggio e soprattutto si possa raggiungere l'obiettivo di non mandare più del 10 per cento di rifiuto in discarica, rimane una quota residuale che va ad aumentare questa frazione, salvo non si trovino, lo ripeto, tecnologie diverse da quelle che oggi sono disponibili (oggi non ce ne sono altre) che siano alternative alla termovalorizzazione. In questo caso andremmo Pag. 6 ad aumentare questa quota. Dopodiché, se a tale quota si aggiungono i rifiuti destinati alla termovalorizzazione provenienti dall'ambito degli speciali, si può arrivare tranquillamente ad avere una gestione di 10 milioni di tonnellate di rifiuto, che sono equivalenti a una produzione di otto terawatt all'anno, ovvero circa il 2 per cento del fabbisogno nazionale di elettricità.
  Abbiamo inserito nella documentazione scritta dei grafici che non hanno la pretesa di essere né esaustivi né completi, ma che danno un'idea della situazione rispettivamente a livello europeo e a livello nazionale. Si può vedere molto chiaramente che la componente delle emissioni in atmosfera che derivano dalla parte di gestione dei rifiuti (quando parlo di gestione dei rifiuti intendo evidentemente le discariche e gli impianti di incenerimento) è sempre trascurabile rispetto alla complessità delle emissioni che vengono prodotte e che noi percepiamo come gas climalteranti. Ricordo che sono sempre dati fonte ISPRA. Nel grafico si può inoltre vedere la parte relativa alle emissioni per quanto riguarda la gestione dei rifiuti.
  Passo a un ultimo dato che reputo piuttosto interessante. Il recupero energetico di una tonnellata di rifiuto urbano in alternativa allo smaltimento in una discarica controllata consente di evitare l'emissione di circa 500 chilogrammi di CO2, che corrispondono più o meno a 250 metri di superficie riforestata. Questo dato fa capire quale sia il contributo della termovalorizzazione rispetto allo smaltimento di queste frazioni direttamente in discarica.
  Chiudo e non vi annoio ulteriormente, anche perché ho praticamente terminato il mio tempo. Ci piacerebbe che nella nuova Strategia energetica nazionale queste due dimensioni potessero trovare un loro spazio e una loro dignità, dal momento che forniscono un, seppur piccolo, importante contributo. Ricordo le percentuali: l'1 per cento per quanto riguarda il biometano, che va molto oltre se non consideriamo solo la FORSU, dato che il biometano si può produrre con le deiezioni animali, con i fanghi da trattamento delle acque, con gli scarti degli sfalci. Insomma, si può produrre in tanti altri modi, ma qui ho focalizzato l'attenzione solo sulla FORSU. Comunque, sono l'1 per cento della domanda nazionale di gas e il 2 per cento del fabbisogno di energia elettrica del Paese.
  Come possiamo fare tutto questo? Dobbiamo riuscire ad avere iter autorizzativi per la realizzazione dei nuovi impianti di produzione di biometano che non siano ingessati. Oggi la situazione di fatto è questa, perché di impianti funzionanti in Italia ce ne sono tre, ma, come potete capire, abbiamo bisogno di molti altri impianti per raggiungere questi obiettivi. Inoltre, bisogna mettere gli impianti di termovalorizzazione nella condizione di funzionare al meglio delle loro capacità. Abbiamo più di cinquanta impianti in Italia (il numero preciso non lo dico, perché bisogna sempre capire bene come leggere i dati) e non tutti sono sfruttati al massimo per la loro capacità termica. Questo è un limite. Così come è un limite continuare a mandare i rifiuti all'estero, perché non permettiamo agli impianti presenti nel nostro Paese di lavorare a piena potenza.
  Vi ringrazio per l'attenzione. Sono a vostra disposizione per eventuali domande.

  PRESIDENTE. Non essendovi colleghi che intendono intervenire, ringrazio i rappresentanti di Fise Assoambiente – Associazione imprese servizi ambientali e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.35.