XVIII Legislatura

X Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 13 febbraio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Saltamartini Barbara , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE PROSPETTIVE DI ATTUAZIONE E DI ADEGUAMENTO DELLA STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE AL PIANO NAZIONALE ENERGIA E CLIMA PER IL 2030

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale produttori energia da bioliquidi (ANPEB).
Saltamartini Barbara , Presidente ... 2 
Banfi Cristian , Presidente dell'Associazione nazionale produttori energia da bioliquidi (ANPEB) ... 2 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 4 
Vallascas Andrea (M5S)  ... 4 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 4 
Pettazzi Lino (LEGA)  ... 4 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 5 
Banfi Cristian , Presidente dell'Associazione nazionale produttori energia da bioliquidi (ANPEB) ... 5 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 6 

Audizione di rappresentanti della Federazione nazionale imprese elettrotecniche ed elettroniche (ANIE):
Saltamartini Barbara , Presidente ... 6 
Lafronza Michelangelo , Segretario della Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche (ANIE) ... 6 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 11 
Lafronza Michelangelo , Segretario della Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche (ANIE) ... 12 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 12 
Vallascas Andrea (M5S)  ... 12 
Patassini Tullio (LEGA)  ... 12 
Saltamartini Barbara , Presidente ... 12

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero-Sogno Italia: Misto-MAIE-SI;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
BARBARA SALTAMARTINI

  La seduta comincia alle 10.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati, nonché la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale produttori energia da bioliquidi (ANPEB).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale produttori energia da bioliquidi (ANPEB).
  Nel dare la parola al presidente dell'ANPEB, dottor Cristian Banfi, ricordo che l'audizione è finalizzata esclusivamente ad ottenere gli elementi istruttori utili per approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.

  CRISTIAN BANFI, Presidente dell'Associazione nazionale produttori energia da bioliquidi (ANPEB). Buongiorno a tutti. Innanzitutto grazie per questa opportunità che ci avete fornito. Per la nostra associazione è motivo di soddisfazione essere qui oggi per darvi il nostro contributo e il nostro apporto tecnico e per condividere la nostra esperienza e competenza nell'ambito di questa indagine conoscitiva relativa al Piano nazionale energia e clima.
  Come associazione riteniamo, innanzitutto, che gli obiettivi individuati e tracciati all'interno di questo piano siano obiettivi ambiziosi e sfidanti, ma in qualche modo raggiungibili. Lo diciamo sulla scorta di quello che è avvenuto in Italia nel settore delle energie rinnovabili nel corso degli ultimi due decenni.
  Sicuramente l'Italia, in questo, ha svolto il ruolo di pioniere sia all'interno della Comunità europea sia al di fuori dei nostri confini europei. Quindi, riteniamo che questi obiettivi siano assolutamente raggiungibili. È chiaro che sono sfidanti, ma con un'attività di coordinamento (credo che questa indagine conoscitiva vada proprio in questa direzione) sono qualcosa di raggiungibile.
  Vorremmo impiegare il tempo a nostra disposizione per spiegarvi chi siamo, cosa facciamo e soprattutto in che modo il nostro comparto può essere di contributo e di supporto al raggiungimento di questi obiettivi.
  ANPEB è un'associazione nata nel 2014, quindi una realtà abbastanza recente, che ha convogliato gli interessi di alcuni grandi produttori di energia (noi siamo produttori di energia da bioliquidi) con la volontà di tutelare i nostri interessi nelle sedi istituzionali, nel rispetto delle normative internazionali.
  Il comparto dei bioliquidi è cresciuto in maniera significativa a partire dagli anni 2007-2008, per poi conoscere nel decennio successivo, come spesso accade in comparti industriali e manifatturieri, una fase di consolidamento e razionalizzazione, che comunque l'ha portato oggi a essere uno dei comparti più longevi all'interno delle fonti energetiche rinnovabili e a dare il proprio contributo. Pag. 3
  È un comparto che si compone di circa 800 megawatt di potenza installata; sono centrali elettriche, costituite principalmente da motori endotermici, accoppiati a turbine a vapore, che quindi creano un ciclo combinato, oppure legate a sistemi di teleriscaldamento, quindi cedono energia termica.
  Le nostre sono centrali di dimensione medio-grande, operanti chiaramente all'interno del settore delle fonti energetiche rinnovabili (stiamo parlando di impianti da 30-40 megawatt) che, quindi, hanno livelli di efficienza energetica non paragonabili a impianti sotto il megawatt e soprattutto hanno caratteristiche che, a nostro avviso, possono essere utilmente sfruttate in ottica futura per il raggiungimento di questi obiettivi.
  I nostri impianti sono programmabili. Che cosa significa? Significa che sono impianti che possono lavorare in assetto base load, ovvero h24, sette giorni su sette. Quindi, partendo dal presupposto che 8.760 sono le ore totali in un anno, i nostri impianti lavorano tranquillamente 8.000 ore e soprattutto sono impianti programmabili, a differenza degli impianti eolici, solari o idroelettrici, dove chiaramente la disponibilità della materia prima (vento, sole o acqua) non è pianificabile.
  Questo, in termini di sicurezza energetica, è qualcosa di molto importante. Tant'è vero che di recente la stessa Terna ha richiesto ai nostri impianti l'abilitazione ai servizi di dispacciamento, proprio perché questi impianti sono in grado di aumentare o ridurre la potenza in funzione delle esigenze di domanda e offerta di energia elettrica. Quindi, questo è sicuramente un elemento che ci differenzia, assieme ad altri due, senza considerare aspetti propriamente tecnici.
  La tecnologia che utilizziamo è ormai matura, una tecnologia cento per cento italiana, sviluppata nel nord-est dalla Grandi Motori di Trieste, che è una fabbrica storica che ha sviluppato questi motori, che sono di derivazione navale e che poi sono stati adattati per l'utilizzo di energia elettrica. Quindi, tecnologia cento per cento italiana. Sovente capita che delegazioni internazionali vengano a visitare i nostri impianti per capire e soprattutto per carpire il mestiere, l'esperienza e la competenza che abbiamo messo in questi impianti, grazie anche a collaborazioni con le università.
  Le nostre sono delle vere e proprie aziende, nel senso che copriamo tutta la filiera del valore, che va dall'approvvigionamento della materia prima alla logistica portuale, alla disponibilità di stoccaggi, all'organizzazione dei trasporti, alla gestione della centrale. Come dicevo, i nostri impianti lavorano h24, sette giorni su sette, quindi c'è bisogno di manodopera altamente specializzata che, di continuo, monitori il funzionamento della centrale e, laddove è necessario, intervenga per fare le manutenzioni. Può suonare strano, ma personalmente gestisco una centrale nel nord-est e vi garantisco che una delle difficoltà che abbiamo incontrato negli ultimi tempi è quella di reperire manodopera altamente specializzata. Sembra strano, ma effettivamente è un settore nel quale si fa impresa a trecentosessanta gradi.
  Altro aspetto importante, in linea con quelli che sono gli obiettivi del Piano nazionale energia e clima, è l'impatto ambientale. Spesso questi impianti sono sorti su aree già adibite alla produzione di energia elettrica (cosiddetti brownfield) di fatto sono revamping di centrali che già esistevano, tipicamente centrali a oli pesanti, che venivano utilizzate per dare energia a poli industriali. Penso, ad esempio, al settore dell’automotive o a quello della chimica italiana, che, ahimè, nel corso degli anni purtroppo hanno visto progressivamente ridursi la loro presenza. Quindi, sono impianti che non sono andati a occupare ulteriore suolo, riducendo in questo modo l'impatto ambientale, e sono impianti a basso impatto ambientale, dal momento che utilizzano bioliquidi e oli vegetali cento per cento certificati da organismi di natura internazionale e accreditati sia presso il Ministero dell'ambiente che a livello europeo, e abbiamo dei limiti assolutamente stringenti a livello di emissioni dei nostri impianti.
  Questi sono in estrema sintesi i fattori distintivi della nostra realtà, che, andando a sovrapporli con i traguardi e gli obiettivi del Piano nazionale, riteniamo possano essere Pag. 4utili a dare in qualche modo il nostro contributo.
  Non so se questa è la sede opportuna per parlarne, ma chiaramente un tavolo tecnico, ad esempio, con i gestori dei servizi energetici sicuramente ci vedrebbe molto volentieri partecipi per proporre le nostre soluzioni per traguardare gli obiettivi al 2030. Ne cito uno a titolo esemplificativo. Sicuramente questi impianti, al di là del sistema degli incentivi (essendo fonti rinnovabili, con priorità di dispacciamento nella rete, sono impianti incentivati) e al di là della durata temporale degli incentivi, sono impianti industriali che, se manutenuti correttamente, sono in grado di funzionare in maniera efficiente per un arco temporale che va ben al di là del periodo incentivante.
  Quindi, assunto l'obiettivo di contenere l'impatto ambientale e salvaguardare l'aspetto occupazionale al quale contribuiamo sia a livello diretto, ma anche molto a livello indiretto, riteniamo che, nell'ottica del 2030, il mantenimento degli impianti esistenti, senza dover fare nuovi investimenti per creare nuove centrali, possa dare un piccolo contributo nell'ambito del Piano nazionale.
  Questo è in estrema sintesi il comparto che rappresento e le realtà imprenditoriali che stanno dietro alla nostra associazione.

  PRESIDENTE. La ringrazio, presidente, perché è appunto questa la sede dove con tutti i commissari della Commissione stiamo valutando, anche a seguito delle audizioni, quali siano gli strumenti o comunque i suggerimenti che arrivano dalle realtà coinvolte, proprio per analizzare, nella misura in cui le realtà che stiamo audendo condividano gli obiettivi che ci siamo prefissati, la bozza di Piano e quindi individuare al suo interno eventuali criticità e spunti di riflessione.
  Non spetta alla Commissione predisporre tavoli tecnici presso il Ministero dello sviluppo economico; noi, come Commissione, stiamo facendo un lavoro molto importante per arrivare all'elaborazione di un documento finale, sulla base delle audizioni, anche da offrire al Governo, per ricavare all'interno del Piano energia clima le migliori indicazioni, ma soprattutto per valutare gli strumenti più opportuni da porre in essere per il raggiungimento degli obiettivi.
  Lascio la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA VALLASCAS. Vorrei porre una domanda per capire la filiera del comparto. Voi usate bioliquidi, quindi vorrei comprendere se esista una produzione italiana di bioliquidi, quanto venga utilizzata dal comparto italiano e quanto invece siamo costretti ad utilizzare prodotti che vengono dall'estero e inoltre se vi sia un potenziale di crescita nel nostro Paese.

  TULLIO PATASSINI. Ringrazio il presidente di ANPEB per la sua presenza e per averci illustrato un modo diverso di produrre energia. Come diceva la presidente della Commissione, l'obiettivo di questa serie di audizioni è avere un quadro esaustivo per poter fare proposte e, quindi, nessuna altra sede è più adatta di questa.
  La ringrazio per la relazione e, associandomi al collega Vallascas, vorrei entrare nel merito numerico della vostra realtà (se è possibile saperlo adesso o eventualmente ci potete mandare un documento, come reputate opportuno). Quante centrali ci sono in Italia che si occupano di questa produzione, quanti occupati sono presenti nelle centrali (come numero generale, a vario titolo, non nello specifico per mansioni)? Vorrei inoltre sapere se queste centrali hanno una capacità produttiva «disponibile» o lavorano a pieno regime.

  LINO PETTAZZI. Ringrazio il presidente di ANPEB per la sua esposizione. Conoscevo solo in maniera marginale l'argomento, in quanto da imprenditore mi era stata fatta una proposta circa sei mesi fa da una ditta toscana, solo che si trattava di dimensioni non alla mia portata, perché la mia è una piccola azienda. Esistono anche dimensioni ridotte per far sì che, dove ci sono realtà industriali con un numero importante di aziende di piccole dimensioni, queste possano procedere ad installare questo tipo di impianto?

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  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Banfi per la replica.

  CRISTIAN BANFI, Presidente dell'Associazione nazionale produttori energia da bioliquidi (ANPEB). Grazie, presidente. Parto dall'ultima e poi arrivo alla prima domanda. Queste sono centrali di taglia medio-grande, tendenzialmente i motori che sono installati nelle nostre centrali sono motori da almeno 7-8 megawatt per arrivare a 17 mega; per intenderci sono motori di derivazione navale che vengono installati nelle grandi navi da crociera e poi, come dicevo, vengono adattati alle nostre esigenze, quindi vengono modificati i sistemi di iniezione e un'altra serie di accorgimenti tecnici.
  Le dimensioni di questi impianti chiaramente si giustificano alla luce di un tema di efficienza energetica, del loro rendimento rispetto ad esempio al consumo del combustibile, che è sicuramente una delle voci di costo più rilevanti per gli impianti medesimi.
  Noi conosciamo benissimo, perché di fatto sono i nostri cugini, imprenditori che hanno investito in questa tipologia di impianti sotto il megawatt di potenza installata, quindi sono motori di piccola taglia che hanno chiaramente delle rese e delle efficienze diverse, non sono delle vere imprese (mi passi questo termine), nel senso che, per rispondere alla domanda dell'onorevole Patassini, tipicamente una centrale da 30-40 megawatt ha una manodopera diretta di circa 30-50 persone.
  Magari non sono numeri che fanno saltare dalla sedia, ma nell'ambito delle energie rinnovabili vi possiamo garantire che se uno va davanti a un parco fotovoltaico, probabilmente non trova nessuno, se non qualcuno che pulisce i pannelli, mentre le nostre sono delle vere aziende che si portano appresso un'attività di filiera. Spesso sono aziende sorte laddove esisteva un'esigenza energetica molto importante, le cosiddette «aziende energivore». Tra i nostri associati c'è un produttore di carta, tipica azienda che assorbe energie in quantità incredibile; accoppiata alla produzione di carta c'è una centrale endotermica alimentata a bioliquidi, che fornisce direttamente energia alla cartiera.
  Questi sono i cosiddetti «sistemi di distribuzione chiusa», le reti interne di utenza. Personalmente gestisco un impianto in un polo del settore automotive in Piemonte, e questa centrale è inserita all'interno di un parco industriale, dove ci sono degli stabilimenti che producono componentistica per il settore automotive, e la nostra centrale è inserita all'interno di questo contesto con una rete chiusa, quindi noi diamo energia elettrica agli stabilimenti che producono componentistica per l'auto; questi impianti, dal punto di vista quantomeno del costo dell'energia, perché a nostro avviso la competitività a livello di prezzi rimane uno dei driver per lo sviluppo economico di un Paese, beneficiano del vantaggio che, essendo una rete chiusa, non ci sono gli oneri di trasmissione e dispacciamento che evidentemente Terna deve gestire nel momento in cui un'altra centrale fornisce energia a chi è fuori da un sistema chiuso.
  Detto questo, esistono molti casi di centrali di piccola taglia che vanno ad alimentare piccole realtà industriali e lo fanno in maniera efficiente. È chiaro che c'è un tema di dimensione, c'è un tema di investimento, perché questi sono investimenti, sorti negli anni 2006-2007, che sono stati rilevanti.
  Abbiamo predisposto un documento scritto che lasceremo alla Commissione e che volentieri integreremo con dati e numeri, però, giusto per darvi già da ora un ordine di grandezza, il nostro comparto cuba circa 800 megawatt, gli investimenti sostenuti per costruire questi impianti sono superiori al miliardo di euro, quindi è una tecnologia impegnativa dal punto di vista dell'investimento. Stiamo parlando anche di un'epoca diversa, del 2006-2007, mentre oggi probabilmente se andassimo sul mercato ad acquistare dei nuovi motori, vi garantisco che li pagheremmo molto meno per il solito tema della domanda e dell'offerta.
  Non so se ho risposto alla domanda, sicuramente queste sono delle vere e proprie aziende che hanno una struttura a livello di manodopera specializzata molto importante, che è la chiave di successo di questi impianti. Se vogliamo far funzionare questi impianti in maniera pianificabile, Pag. 6che poi è quello che interessa nell'ottica di avere una sicurezza nella gestione della rete, è necessario avere persone capaci che h24, sette giorni su sette, siano nell'impianto a manutenere e soprattutto fare quella che noi chiamiamo manutenzione preventiva, perché prima che si verifichi un danno sarebbe bene prevenirlo. Infatti, riparare un impianto di questa taglia ha costi diretti ma anche indiretti, perché si ferma la produzione e comunque si hanno dei costi fissi, a differenza di altre fonti che non hanno questa tipologia di struttura.
  L'ultimo aspetto che ritengo importante è che quando si parla di megawatt installati a nostro avviso è un dato importante, ma andrebbe accoppiato con la produzione di energia. Mi spiego meglio: un impianto come il nostro è in grado di lavorare 8.000 ore all'anno e se la paragonate alla capacità produttiva di un parco eolico, di un parco fotovoltaico o di una centrale idro, normalmente viaggiamo intorno a 1500-1800 ore anno. Per avere un impianto da 40 mega come il nostro, è necessario avere da quattro a quattro volte e mezza un impianto eolico o fotovoltaico, e quindi ragionare solo in termini di megawatt installati può essere fuorviante; bisognerebbe sì ragionare in termini di megawatt, ma in termini di potenza generata da questi megawatt.
  Venendo alla prima domanda, innanzitutto evidenziamo con grossa soddisfazione che utilizziamo cento per cento bioliquidi sostenibili certificati. Questo per noi è un aspetto molto importante, che abbiamo sviluppato nel corso degli anni, dal 2012 in poi, con il Ministero dell'ambiente. Quando dico oli vegetali certificati significa che siamo in grado di attestarne la provenienza in tutta la filiera, da quando vengono prodotti fino al momento in cui arrivano nel nostro impianto. Questo, come tutte le esternalità positive, ha un costo, perché avere a disposizione oli certificati ha un costo, perché nel mondo ci sono Paesi che hanno una sensibilità al tema ambientale che non è la nostra, perché hanno altri bisogni.
  Noi utilizziamo al cento per cento bioliquidi sostenibili, la provenienza di questi bioliquidi è sia internazionale che nazionale. Nel corso di questi ultimi anni, con il Ministero delle politiche agricole abbiamo accelerato su un tema di economia circolare, quindi oli (nello specifico grassi animali) da filiera corta, quindi produzione nazionale. Accanto a questo ci sono chiaramente oli di provenienza internazionale.
  Il mercato degli oli vegetali è un mercato globale, internazionale, che in questo decennio abbiamo anche imparato a conoscere (mi si passi questo termine) e a provare a gestire, un mercato internazionale che ha le logiche di un mercato, domanda e offerta; la nostra è una domanda residuale all'interno di un mondo ben più ampio.
  Questa è la modalità con la quale gestiamo le nostre aziende.

  PRESIDENTE. Ringrazio il presidente e i rappresentanti di ANPEB e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione della Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche (ANIE).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle prospettive di attuazione e di adeguamento della Strategia energetica nazionale al Piano nazionale energia e clima per il 2030, l'audizione di rappresentanti della Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche (ANIE).
  Nel dare la parola al segretario della Federazione, dottor Michelangelo Lafronza, e nel salutare anche la dottoressa Citarella e il dottor Pota, ricordo che l'audizione è finalizzata esclusivamente ad ottenere gli elementi istruttori utili per approfondire le tematiche oggetto del programma dell'indagine conoscitiva.
  Do la parola al dottor Lafronza.

  MICHELANGELO LAFRONZA, Segretario della Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche (ANIE). Grazie, presidente, buongiorno a tutti. Passerei subito al tema dell'audizione. La Federazione ANIE è composta da 14 associazioni, stiamo parlando di imprese che lavorano nel settore elettrotecnico ed elettronico, abbiamo un fatturato di 78 miliardi di Pag. 7euro annuo e 468.000 addetti. Lavoriamo prevalentemente nelle tematiche dell'energia, della mobilità sostenibile sia su rotaia che sulla mobilità elettrica, tutto il settore industriale, tutto il building. Prevalentemente possiamo considerare le nostre tecnologie idonee alla digitalizzazione di questi settori. Mediamente le imprese ANIE investono in ricerca e sviluppo circa il 4 per cento, con punte che arrivano oltre il 20 per cento all'anno.
  Con riferimento al Piano nazionale integrato energia e clima, come giudizio complessivo riteniamo che ci siano all'interno del documento tutti gli elementi in grado di portare a questa transizione energetica, quindi diamo un giudizio positivo. Dal nostro punto di vista, considerati i numeri in gioco, serve però una crescita più armonica per quanto riguarda le rinnovabili e va circostanziato meglio, con misure concrete, quello che il Piano nazionale integrato già prevede, per dare un segnale chiaro alle imprese.
  Oggi le imprese si aspettano concretezza e visibilità a medio termine, e il Piano nazionale è l'occasione giusta per farlo. Con riferimento alla dimensione della decarbonizzazione, quindi in particolare le fonti rinnovabili, abbiamo analizzato i dati e letto la direttiva appena approvata in Europa sulle fonti rinnovabili, e crediamo che, data la situazione attuale del nostro Paese che ha già superato gli obiettivi del 2020, ci possano essere alcuni meccanismi che permettano di utilizzare le quote FER, anche attraverso scambi statistici, di fornirle ad altri Paesi europei di supporto, piuttosto che il tema delle garanzie di origine, perché oggi molte aziende chiedono di avere certificata l'energia verde; quindi aumentare il target secondo noi potrebbe avere un senso.
  Bisogna considerare anche il tema del costo delle tecnologie, nel senso che oggi fotovoltaico ed eolico hanno raggiunto un Levelized Cost of Electricity (LCOE) molto basso, più competitivo del termoelettrico, quindi abbiamo questa spinta ulteriore che ci viene data per raggiungere anche un 32 per cento di obiettivo. Questo ad un patto: coniugare lo sviluppo delle fonti rinnovabili mature, quindi fotovoltaico, eolico, idroelettrico, geotermoelettrico, con quelle più innovative, combinandolo, come prevede il Piano nazionale, con lo storage.
  In Federazione abbiamo tutte le tecnologie per i sistemi di accumulo, lo storage elettrochimico di varia natura, con diversi elementi della chimica, con anche le infrastrutture di rete. Abbiamo lavorato in Confindustria e presentato a dicembre il Libro bianco sulle FER, per il quale per le infrastrutture si prevedono nello scenario base investimenti nell'ordine di 35 miliardi di euro, se il trend di penetrazione delle fonti rinnovabili rimane questo, tra distribuzione e trasmissione, mentre in prospettiva al 2030 questo costo aumenterebbe di circa 6-7 miliardi di euro, lato infrastrutture. Di primaria importanza è quindi lo sviluppo delle infrastrutture e anche il mercato dei servizi di dispacciamento. Il mercato dei servizi di dispacciamento è oggi un mercato per pochi operatori, ha dinamiche imprevedibili ed è un po’ opaco, nel senso che non c'è una rendicontazione per tipologia di servizi resi, c'è un mare magnum.
  Per citarvi dei numeri: il mercato di dispacciamento si suddivide in due sessioni, l’ex ante e il mercato di bilanciamento, quindi il post, il bilanciamento in tempo reale. Il costo maggiore lo abbiamo sull’ex ante e vale nel 2017 e anche nel 2016 1 miliardo e 400 milioni di euro. Rileviamo anche dai dati di Terna che questo costo è distribuito tra le varie zone di mercato elettrico; paradossalmente ci aspettavamo nel 2017 una riduzione nella zona sud per le misure che erano state prese sull'essenzialità su certe zone, invece rileviamo che la zona sud è rimasta allo stesso livello di costo e contemporaneamente la zona nord ha incrementato il costo, malgrado la produzione rinnovabile sia prevalentemente al sud.
  Da questo punto di vista riteniamo che il mercato dei servizi di dispacciamento debba essere reso più competitivo, aprendolo alle fonti rinnovabili, alla domanda e allo storage in generale.
  Il mix di generazione elettrica è molto importante. Nella documentazione scritta trasmessa alla Commissione abbiamo riportato due grafici in cui si evidenzia la situazione 2017 e la situazione 2018, la produzione da fonte rinnovabile per tipologia Pag. 8 di fonte. Come si può vedere, la geotermia è abbastanza stabile, perché sono fonti rinnovabili programmabili, diversamente l'idroelettrico, il fotovoltaico e l'eolico sono molto aleatori. Nel 2018 l'idroelettrico ha prodotto molto di più, c'è stata una stagionalità estiva molto forte, che ha anche penalizzato le performances del solare (quando c'è copertura del cielo o pioggia non c'è il sole, nei periodi invernali più freschi l'eolico è più performante del fotovoltaico, le prestazioni dei moduli fotovoltaici in queste condizioni di temperatura e di umidità sono meno efficaci), quindi il mix è importante.
  Nel grafico relativo al 2018, abbiamo riportato le proiezioni, stando alla produzione 2018, dell'incremento della produzione fotovoltaica ed eolica, perché il Piano nazionale integrato, così come la Strategia energetica prevedono molto sviluppo dal punto di vista dello sfruttamento delle risorse sole e vento.
  Stiamo parlando per il fotovoltaico del 3,2 per cento sul Piano nazionale integrato energia e clima; se l'obiettivo rinnovabili fosse al 32 e non al 30 per cento, questo fattore sarebbe 3,6, mentre per l'eolico siamo a 2,3 rispetto alla produzione 2018.
  Veniamo al Piano. In un grafico della documentazione scritta abbiamo rappresentato la crescita delle fonti rinnovabili in termini di terawattora. Al 2025 sono previsti 139 terawattora e rispetto al 2020 è previsto un incremento di 23 terawattora sulle altre misure. Abbiamo poi riportato quello già esistente, ossia che produce oppure produrrà, in base al decreto FER che è stato notificato in Europa. Si tratta di 23 terawattora che, se volessimo produrli entro il 2025, poiché i tempi di realizzazione degli impianti (in particolare per l'eolico, un po’ meno per il fotovoltaico) sono di due anni, dobbiamo stabilire delle regole del gioco per sviluppare quell'energia entro il 2023, fermo restando che dal nostro punto di vista la direttiva fonti rinnovabili all'articolo 6 presuppone che, nel caso di misure di sostegno finanziario, queste vengano riportate nel Piano e stabilizzate per un quinquennio.
  Il messaggio che diamo è quindi di ragionare sul quinquennio sino al 2025 con misure più concrete, di più facile lettura anche per il soggetto investitore che deve mettere dei soldi per capire dove investire.
  I dati del PNIEC dicono che quei 23 terawattora si traducono in 4,7 gigawatt di potenza. Tenete presente che oggi siamo a 53 gigawatt di potenza di fonti rinnovabili, aggiungendo il decreto ministeriale FER che prevede circa 8 gigawatt, ne mancherebbero al 2023, da impostare come realizzazione entro il 2025, circa 5 gigawatt.
  L'altro tema che rileviamo è che nel Piano si prevedono nuove realizzazioni di impianti rinnovabili per 12 gigawatt tra il 2019 e il 2025, e 27 gigawatt tra il 2026 e il 2030, nella seconda parte del quinquennio, di cui 24 sono fotovoltaici. Qui ritorno al tema di una crescita più armonica, perché vediamo uno squilibrio e crediamo che vada spostato un po’ l'equilibrio per una crescita armonica, vorremmo evitare gli errori del passato. Mi riferisco in particolare a quello che è successo nel fotovoltaico con la crescita esponenziale e poi la caduta repentina.
  Nel Piano nazionale si stabilisce che entro il 2023 vadano realizzati circa 1.000 megawatt di storage elettrochimico e idroelettrico, questo è un punto fondamentale, ma non rileviamo misure o idee concrete per questa realizzazione. Se volessimo aggiungere il 32 per cento come obiettivo rinnovabile al posto del 30, servirebbero 6 gigawatt di ulteriore potenza; il PNIEC ne prevede 93 in totale, applicando la direttiva europea RED II, quindi il 32 per cento, da 93 si passerebbe a circa 99-100 gigawatt (prevalentemente fotovoltaici e anche dell'idroelettrico).
  Altre misure che vengono previste sono le incentivazioni esplicite all'autoconsumo e la promozione dell'autoconsumo individuale e collettivo. Nella documentazione scritta abbiamo riportato delle proposte concrete da attuare entro il 2025. Noi chiediamo che vada promosso l'autoconsumo individuale, così come oggi è, e nella forma in cui viene fatto, ma anche quello collettivo condominiale, perché sfruttando le superfici condominiali possiamo permettere ad una comunità condominiale di autoalimentarsi Pag. 9 parzialmente, non per tutto il fabbisogno, ma per buona parte del fabbisogno attraverso le fonti rinnovabili.
  Il meccanismo attuale è la detrazione fiscale del 50 per cento per ristrutturazione edilizia: Noi chiediamo di stabilizzare questa misura per un triennio e di garantire l'abbinamento del fotovoltaico e dei sistemi di accumulo, introducendo il meccanismo della cessione del credito, così come oggi è inserito nella riqualificazione energetica. Questo permetterebbe anche ai soggetti no tax area, quelli che non sono capienti ai fini della detrazione, di essere parte della comunità.
  L'altra misura che chiediamo è quella di sbloccare i sistemi di distribuzione chiusi. Oggi non possiamo all'interno dei centri commerciali, dei porti, degli aeroporti, degli ospedali pensare a comunità tipo sistemi di distribuzione chiusi, in quanto c'è un vincolo alla data del 2009, per cui tutto quello che è nato prima del 15 agosto 2009 può essere ammesso, tutto il resto è escluso. Noi chiediamo quindi di aprire questo fronte.
  Un altro tema è l'incentivazione esplicita dell'autoconsumo. Riteniamo che i benefici dell'autoconsumo siano legati all'esenzione degli oneri dal pagamento in bolletta; con l'autoconsumo non pago in bolletta l'energia elettrica, l'onere di sistema, l'onere di rete e le imposte. Dai nostri dati, entro il 2025 si deve pensare a un'incentivazione esplicita, perché il beneficio dell'autoconsumo si riduce e il soggetto investitore potrebbe essere interessato non all'autoconsumo ma a prelevare l'energia dalla rete. Tenete presente che più autoconsumiamo più decongestioniamo la rete, quindi diamo respiro alla rete.
  Per semplificare, ai fini dell'autoconsumo oggi c'è un decreto ministeriale per impianti fotovoltaici sino a 20 kW e noi chiediamo, anche in linea con la direttiva FER, articolo 17, comma 2, di sbloccarlo sino agli impianti con potenza 50 kW per qualsiasi tipo di fonte rinnovabile. Prevediamo anche delle procedure competitive per eolico e idroelettrico, come già avviene nel decreto ministeriale notificato in Europa e indichiamo anche dei quantitativi annui nel periodo 2022-2023 (circa 330 megawatt all'anno), diversificato per il mix eolico e idroelettrico. In merito alla nuova capacità da fotovoltaico, per avere la crescita armonica chiederemo di spostare 3 o 4 gigawatt in più del fotovoltaico al periodo prima del 2025, in modo tale da avere una crescita armonica.
  Siamo concordi nell'aumentare gli obblighi delle FER elettriche sugli edifici, come previsto nel Piano nazionale.
  Dal punto di vista dei grandi impianti, quelli sopra il megawatt, prevediamo, per raggiungere il target 2025 previsto dal PNIEC, ossia quei famosi 5 gigawatt di cui parlavamo prima, di spostarne alcuni nei piccoli impianti, e riprenderne quota parte nei grandi impianti. Stiamo parlando di 2 gigawatt megawatt anno nel periodo 2022-2023, ossia dare proseguimento a un decreto come quello appena notificato prevalentemente su eolico e fotovoltaico.
  In aggiunta, il mercato si sta muovendo con i famosi PPA, power purchase agreement, impianti prevalentemente fotovoltaici senza incentivo, che stanno a mercato. Tutte queste iniziative dovranno essere tutelate nel momento in cui, come dice il PNIEC, verranno definite le aree a vocazione energetica, in modo tale da non penalizzarli con provvedimenti retroattivi.
  Venendo al repowering e revamping, questo è molto importante perché si tratta di rendere più efficienti gli impianti attualmente realizzati o potenziarli. Riteniamo che sia più semplice farlo per il fotovoltaico, più difficile per le altre fonti rinnovabili, in particolare l'eolico per alcune barriere.
  Uno degli elementi critici è il tema sanzioni del GSE (gestore dei servizi energetici). Nel momento in cui si sbloccasse questa situazione, un investitore sa quali sono le misure che gli verranno applicate come sanzioni e quindi potrà fare un business plan più corretto ai fini del repowering o revamping oltre a farlo con delle regole più chiare.
  L'altro tema importante per sbloccare repowering e revamping è la definizione di variante non sostanziale. I progetti vengono realizzati e nel caso di variante sostanziale c'è tutto un percorso autorizzativo lungo; quindi definire questo concetto, già previsto nel decreto legislativo n. 28 del 2011, ma non tradotto Pag. 10 con decreto attuativo, consentirebbe a eolico e fotovoltaico di fare repowering e revamping e inoltre bisogna prevedere procedure autorizzative ultra semplificate per accelerarne gli interventi sul campo.
  Con riferimento all'area a vocazione energetica diamo solo alcuni elementi di informazione. Quando si definiscono le aree a vocazione energetica, bisogna fare attenzione a tutelare tutte quelle aree su cui gli impianti sono già stati realizzati, e nel definire le nuove aree ci sono degli elementi da tenere in considerazione, come valutare se la risorsa vento è buona in un'area piuttosto che in un'altra, la risorsa fotovoltaica è buona in un'area, a quale tecnologia la destiniamo. Ma soprattutto immaginiamo l'ipotesi concreta che queste aree a vocazione energetica siano aree magari non raggiunte dalle infrastrutture elettriche, quindi gli impianti potrebbero costare di più.
  Ultimo punto, lo storage. Sono previste nel piano delle misure di storage, forse va fatta una verifica sulla parte pompaggio nel sud Italia perché non riusciamo a capire se veramente ci sia questo potenziale da pompaggio nel centro e sud Italia, isole comprese.
  In più, si parla di 1.000 megawatt centralizzati e distribuiti al 2023 e qui non vengono indicate misure di sostegno. Ne abbiamo citate un paio, procedure competitive sia per impianti piccoli che per grandi, eolici e fotovoltaici, abbinati a sistemi di accumulo.
  Ai fini dell'accumulo residenziale di cui si parlava prima proponiamo, come già qualcuno ha proposto in sede di esame dell'ultima legge di bilancio, misura che però non è entrata in vigore, un contributo a fondo perduto a livello nazionale di 30 milioni di euro annui nel periodo 2020-2022 per coprire il 30 per cento del costo e dell'installazione di questi sistemi di accumulo abbinati alle fonti rinnovabili con massimale di 3.000 euro.
  Passando all'efficienza energetica, anche qui il messaggio è positivo. Benissimo l'obiettivo incrementale, perché mentre nelle fonti rinnovabili dal 32 europeo passiamo al 30 italiano, qui dal 32,5 europeo passiamo al 43 italiano. Va benissimo. È corretto anche lavorare di più sul parco immobiliare esistente e sul settore dei trasporti, però qui la sfida è più impegnativa, perché in questi ultimi anni abbiamo visto che la capacità di spesa è ridotta e questi sono investimenti corposi, e lato costruzioni c'è una lentezza che si perpetua nell'adottare le tecnologie per la digitalizzazione degli edifici, quindi ci vuole maggiore determinazione.
  Riteniamo che vadano rafforzate anche tutte le misure che promuovono la mobilità elettrica nella sua fase implementativa. A livello di proposte, dal nostro punto di vista un concetto importante è lo Smart readiness indicator previsto dalla direttiva efficienza energetica pubblicata recentemente, nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, che è una sorta di carta digitale dell'edificio. Questo Smart readiness indicator dovrebbe essere reso cogente in un'auspicabile revisione dell'attestato di prestazione energetica. Oggi c'è un soggetto che deve certificare con l'attestato di prestazione energetica dell'edificio; quanto sia energetico l'edificio, all'interno chiediamo di rendere obbligatorio anche il calcolo dello Smart readness indicator per capire quanto sia digitale quell'edificio.
  È necessario usare tecnologie nuove. I nostri associati ne hanno su tutti i settori: ascensori, illuminazione, sensoristica, rinnovabili, sistemi di gestione dell'energia integrati, sistemi di gestione dello Smart readiness indicator. Abbiamo visto che con il Piano industria 4.0 un settore si è sbloccato, abbiamo visto tanti investimenti, quindi ai fini di aumentare l'efficienza energetica, bisogna portare gli edifici a energia quasi zero, e ai fini della digitalizzazione, servirebbe una misura nazionale, anche perché molti fondi immobiliari utilizzerebbero un solo meccanismo invece dei 3, 4 o 5 oggi in vigore, è una misura che gli semplifica la vita.
  Parliamo di tecnologie digitali interconnesse e interoperabili. Abbiamo indicato delle proposte, come quella di pensare ad un regime di IVA agevolato, va bene anche il meccanismo delle detrazioni fiscali sin qui utilizzato e dei certificati bianchi. Il tema certificati bianchi è un po’ dibattuto per gli Pag. 11effetti dinamici dei vari decreti e gli effetti retroattivi che hanno avuto, quindi chiediamo una maggiore stabilità della misura e renderla strutturale come per le rinnovabili.
  Per quanto riguarda la riqualificazione energetica, abbiamo rilevato una bozza di decreto ministeriale in cui si pensa di passare, per la detrazione fiscale, a corrispettivi unitari (euro a metro quadro o altre misure); per quanto ci riguarda i corrispettivi sono molto bassi, sono sottostimati, quindi crediamo che poi gli investimenti non si faranno.
  Con riferimento alle smart grid, noi siamo molto attivi, collaborando con l'autorità, sul tema della resilienza delle infrastrutture elettriche, perché le nostre aziende forniscono tutti i materiali per le infrastrutture elettriche, sia della distribuzione che della trasmissione, e ci concentriamo in particolare sulle smart grid. Qui, ahimè, l'International Energy Agency posiziona l'Italia in coda quanto a investimenti smart grid. Siamo a circa 0,7-0,8 euro per megawattora elettrico consumato rispetto alla media europea, a cui si avvicinano anche Francia e Germania, che si attestano a circa 1,5 euro. Quindi, loro investono il doppio di noi sulle smart grid.
  Bene le interconnessioni previste nel Piano nazionale sulle dorsali adriatiche e sulla trilaterale Sardegna, Sicilia e Campania, perché una maggiore magliatura aiuterebbe a portare benefici alla rete in termini di sicurezza e gestione.
  Dal nostro punto di vista, smart grid e sistemi di accumulo ai fini della sicurezza energetica potrebbero essere previsti, ma questi sono settori le cui tecnologie al momento costano tanto, per cui servirebbe una misura ad hoc. Quindi, abbiamo pensato a una logica 4.0 anche per queste misure.
  Venendo al mercato elettrico e alla dimensione del mercato interno dell'energia, in particolare desidero segnalarvi che condividiamo il fatto che si debba fare una valutazione sulla possibilità del superamento del prezzo unico nazionale, anzi aggiungiamo qualcosa in più. Diciamo che oggi il mercato per come è strutturato (le varie sessioni di mercato, le varie partite economiche di mercato) fa sì che abbiamo un mercato elettrico basato su quattro modelli diversi a seconda di dove io mi trovo nel mercato. E li abbiamo indicati nella documentazione scritta. Quindi, dal nostro punto di vista andrebbe rivisto, perché abbiamo quattro modelli di mercato che ragionano su quattro perimetri geografici differenti. Da qui tutte le misure che l'Autorità deve prendere per fare compensazioni, per evitare speculazioni eccetera. Secondo noi, un'analisi un po’ più allargata, oltre che al PUN, il prezzo unico nazionale, anche a questi modelli di mercato potrebbe aiutare il sistema elettrico italiano.
  Per quanto riguarda il mercato interno dell'energia, in Europa – come si può dedurre dalla piantina riportata nella documentazione scritta – tutta la zona centro-continentale, ai fini della regolazione primaria di frequenza, prevede delle aste settimanali in capacità. Quindi, ogni settimana gli operatori formulano un'offerta al gestore della rete di trasmissione – nel nostro caso Terna – per precisi quantitativi di potenza (parliamo di megawatt e gigawatt) e, in funzione dell'aggiudicazione, destinano questa quota di potenza a riserva. Se il gestore li chiama, loro agiscono per la regolazione primaria di frequenza. Questo è il servizio che offrono.
  In Italia non abbiamo questo meccanismo. Quindi, al fine di aprire il mercato dell'energia e il mercato dei servizi di dispacciamento, che è fondamentale (i quantitativi sono molto bassi, parliamo di UVAM, unità virtuali abilitate miste, e di UPI, unità di produzione integrate, di pochi megawatt, un gigawatt in questo momento, ma il mercato in prospettiva ha bisogno di molti più gigawatt) questo criterio potrebbe aiutare a sbloccare la partecipazione dei sistemi di accumulo. Quindi, o li supportiamo in un modo, dunque mettendoli nelle procedure competitive ed erogando degli incentivi, oppure, se vogliamo strumenti di mercato, questo potrebbe essere uno strumento di mercato che aiuterebbe loro e il mercato stesso dei servizi di dispacciamento.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Purtroppo il tempo è tiranno, noi siamo legati all'inizio dei lavori in Assemblea. Qualora ci fossero quesiti da parte dei commissari, Pag. 12chiederei ai rappresentanti di ANIA di inviarci le risposte per iscritto, in quanto purtroppo ora non c'è tempo per la replica.

  MICHELANGELO LAFRONZA, Segretario della Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche (ANIE). Va bene. Noi siamo disponibili.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANDREA VALLASCAS. Voi avete parlato di storage e avete specificato lo storage idroelettrico ed elettrochimico. Vorrei capire perché non avete considerato il CAES (Compressed Air Energy Storage), l'AES, insomma l'idrogeno e se li ritenete meno importanti. Vengo alla seconda domanda. Ritengo importantissimo investire nell'efficienza energetica in edilizia, quindi vi chiedo se voi ritenete utile collegare le premialità sull'efficientamento di edifici, tale da abbattere non solo i consumi elettrici, ma anche quelli termici. Quindi, cappotto e infissi da abbinare allo storage. Secondo voi, questo può essere utile anche per far crescere l'economia dell'edilizia vera e propria?
  L'ultima domanda riguarda gli stoccaggi. Voi avete parlato di pompaggi nel sud Italia, però perlomeno per quello che riguarda la mia isola (vengo dalla Sardegna) fare stoccaggio idroelettrico è molto difficile, sia per una questione di mancanza di salti (la nostra isola non ha montagne che permettano i salti) sia perché d'estate l'acqua viene considerata un bene primario, quindi è difficile utilizzarla per fare idroelettrico. Dunque, vi chiedo se ritenete utile fare, invece dei grandi stoccaggi, piccoli stoccaggi, da localizzare all'interno della regione.

  TULLIO PATASSINI. Ringrazio i rappresentanti di ANIE per la loro presenza, perché questo settore è strategico e, in prospettiva, sarà sempre più importante per l'Italia.
  Arrivo velocemente alla domanda, visti i tempi ristretti. Prima lei ha evidenziato che la variabile fiscale è una variabile fondamentale, ma di questa variabile fiscale in passato si è un po’ abusato, perché abbiamo visto gli incentivi dati, poi modificati, poi riaggiustati nel tempo, cosa che non dà certezza a nessuno, né a chi opera, né agli investitori, né agli utilizzatori. Questo è evidente. In prospettiva, concedere un incentivo fiscale significa far ricadere sulla collettività il costo di una scelta strategica nazionale.
  Quindi, vi chiederei cortesemente, cosa che lei ha accennato velocemente, ma su cui gradiremmo un approfondimento, soluzioni di efficientamento energetico di natura non fiscale. Ad esempio, prima lei proponeva di aprire i sistemi di distribuzione chiusi. Diversamente, è troppo facile dire ogni volta: c'è una misura fiscale, c'è una proposta fiscale, ci serve l'incentivo fiscale.

  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, invito i rappresentanti di ANIE a inviarci per iscritto le risposte. Li ringrazio e dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11.05.