XVIII Legislatura

IX Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 9 di Mercoledì 20 marzo 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Morelli Alessandro , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE NUOVE TECNOLOGIE DELLE TELECOMUNICAZIONI, CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLA TRANSIZIONE VERSO IL 5G ED ALLA GESTIONE DEI BIG DATA .

Audizione del professor Nicola Blefari Melazzi, direttore del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT).
Morelli Alessandro , Presidente ... 3 
Melazzi Nicola Blefari , direttore del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT) ... 3 
Morelli Alessandro , Presidente ... 7 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 7 
Mulè Giorgio (FI)  ... 8 
Morelli Alessandro , Presidente ... 8 
Melazzi Nicola Blefari , direttore del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT) ... 8 
Bruno Bossio Vincenza (PD) , (fuori microfono) ... 8 
Melazzi Nicola Blefari , direttore del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT) ... 8 
Bruno Bossio Vincenza (PD)  ... 9 
Melazzi Nicola Blefari , direttore del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT) ... 10 
Capitanio Massimiliano (LEGA)  ... 10 
Melazzi Nicola Blefari , direttore del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT) ... 11 
Morelli Alessandro , Presidente ... 11

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
ALESSANDRO MORELLI

  La seduta comincia alle 14.45.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del professor Nicola Blefari Melazzi, direttore del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni, con particolare riguardo alla transizione verso il 5G ed alla gestione dei big data, l'audizione del professor Nicola Blefari Melazzi, direttore del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT).
  Ringrazio il professore per aver accettato l'invito della nostra Commissione e gli cedo la parola per lo svolgimento della propria relazione. Desidero ringraziarlo in modo particolare anche perché in questi mesi ci ha dato – a me personalmente così come ad altri colleghi – un grande aiuto per comprendere meglio questo grande mondo del 5G.

  NICOLA BLEFARI MELAZZI, direttore del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT). Buon pomeriggio. Sono docente a Tor Vergata e attualmente direttore del CNIT.
  Il CNIT è un consorzio interuniversitario. È uno strumento previsto dalla legge che consente alle università pubbliche di consorziarsi per facilitare il loro lavoro nell'ambito di un certo settore disciplinare, in questo caso delle telecomunicazioni. Siamo un ente no profit. Siamo un'entità legale diversa dalle università, riconosciuta dal MIUR e vigilata dal MEF. Facciamo ricerca ICT (Information and Communications Technology).
  Abbiamo più di 1.300 afferenti, che sono le persone, i docenti delle università componenti, però abbiamo anche 100 dipendenti, perché essendo un'entità giuridica abbiamo anche dei dipendenti propri. Siccome non riceviamo finanziamenti automatici, ma dobbiamo trovarli sul mercato, questi dipendenti sono stipendiati grazie ai progetti che vinciamo, sia in modo competitivo, sia le commesse che prendiamo dal mondo industriale. È come se fossimo un'azienda per certi versi, pur avendo, invece, al nostro interno i nostri colleghi.
  L'attività svolta è abbastanza significativa. Abbiamo un certo numero di progetti che sono elencati nella documentazione che ho consegnato e in particolare abbiamo diversi progetti sul 5G. Sono orgoglioso di dire – non è ovviamente solo merito mio – che abbiamo tre progetti finanziatisi al primo posto nelle call europee, oltre ad avere dei progetti coordinati. Anche questa è una cosa non comune in Italia, che un progetto europeo grande sia coordinato da un ente italiano. Come ricordava il presidente, abbiamo organizzato un evento recentemente – il 5G Italy – tenutosi a Roma i primi giorni di dicembre.
  Veniamo quindi al 5G. Intervengo molto velocemente sulla prima parte perché immagino Pag. 4 che queste cose le abbiate già sentite, però mi preme fare comunque una breve introduzione magari per aggiungere qualcosa che forse non viene evidenziata molto spesso.
  Il 5G innanzitutto si pone in modo evolutivo rispetto alle generazioni precedenti, quindi ne migliora le prestazioni. Il fatto di migliorare le prestazioni è una evoluzione naturalmente, sia in termini di velocità, di densità degli utenti, ma anche di consumo energetico. Questa è un aspetto al quale nel nostro mondo ricco non diamo molta importanza. Io ho dei colleghi in India che mi dicono che il pomeriggio non possono fare le conferenze perché non hanno la corrente elettrica, perché in alcune ore del giorno non ce l'hanno.
  Molte comunità africane hanno dei pannelli solari con cui si connettono alla rete. Anche in Giappone, dopo l'evento del terremoto di Fukushima, tutta la rete è andata giù, ma è andata giù perché non c'era corrente, perché la rete funzionava.
  Le persone intrappolate sotto gli edifici non riuscivano a chiedere aiuto non perché la rete non funzionasse, ma perché le batterie sia dei cellulari che delle stazioni radiobase, isolate dalla corrente, si erano esaurite. Infatti i giapponesi hanno fatto partire subito dei progetti per consumare meno e per mettere batterie più potenti, per poterle fare durare di più in caso di interruzione di corrente. Poi, paradossalmente, è riuscito a fare chiamate solo chi aveva i vecchi telefoni, che durano di più. Si sono esauriti prima quelli più moderni. Questo per quanto riguarda l'aspetto evolutivo del 5G.
  C'è anche un aspetto di rivoluzione di 5G. Ci sono delle cose nuove rispetto a quello che accadeva nelle generazioni passate. Secondo me, questi tre punti di novità sono i seguenti. Il primo è che ci sono nuovi usi della rete, nuovi utenti, nella fattispecie internet delle cose. Ci sono degli utenti non umani che utilizzeranno la rete. Questa è una novità, prima non succedeva. È un grosso punto di discontinuità.
  In secondo luogo – anche questo non viene detto molto spesso – mentre le tecnologie delle generazioni precedenti riguardavano solo i cellulari, 5G riguarda tutta la rete, anche la parte fissa. Seconda novità.
  Terza novità, molto importante anche dal punto di vista della sicurezza: la rete diventa software. Che significa, banalizzando? Come siamo passati dalla macchina da scrivere al computer per scrivere nella rete noi toglieremo dei pezzi di ferro dell’hardware e li sostituiremo con dei computer con del software sopra. Questo per evidenti motivi di efficienza, di economia, di miglioramento prestazionale. Il computer funziona meglio della macchina da scrivere. Questo, però, ha delle implicazioni sulla sicurezza.
  Forniremo comunicazioni ad alta velocità, ma anche ad alta densità. Immaginate uno stadio pieno di persone che tutte quante vogliono andare ad alta velocità. La seconda contiene già un elemento di novità, cioè il fatto di consentire cose affidabili e a bassa latenza. Questo non c'era in passato, quindi questo è un uso nuovo della rete che faremo. Noi potremo fare le operazioni a distanza, potremo fare il controllo delle macchine, potremo comandare i semafori, potremo comandare i sistemi industriali, le catene di montaggio grazie a queste cose che non c'erano prima. Questo è un elemento di novità rispetto alle generazioni precedenti.
  Il terzo grande elemento di novità è il fatto che entrano in rete le cose. Questo lo avrete udito fino alla noia, quindi non ve lo ripeto. Questo determina un aumento non dico esponenziale, perché non è una parola che mi piace molto, ma un aumento forte del numero di cose che comunicano, perché i telefoni parlano solo con i telefoni, poi le persone, poi l'ambiente e adesso le cose.
  Riassumo quello che ho detto prima. Non è solo il cellulare, ma è tutta la rete 5G, elemento da non trascurare. La rete diventa software, quindi ogni nodo diventa un computer con sopra un software. Ci vorrà del tempo, ma la tendenza è quella. La rete sarà fatta a fette. Che significa che viene fatta a fette? L'avrete sentito anche questo molte volte. Non pensate a una pizza margherita in cui le fette sono tutte Pag. 5uguali, ma a una pizza quattro stagioni, ognuno ha una fetta diversa.
  Io voglio una rete che mi dà una prestazione per fare macchine industriali e compro quella. È come se avessi tante reti diverse. Perché si può fare questo? Si può fare perché è una rete software. Se fosse una rete hardware non potrei farlo. Che implicazioni ha questo sulla sicurezza? Diverse.
  Primo: la coabitazione nella stessa rete di diverse fette fa sì che io devo gestire diversi operatori, diversi player che usano la stessa rete e quindi devo stare attento che uno non invada il campo dell'altro o che addirittura non veda i dati dell'altro. La rete diventa programmabile e quindi un oggetto che prima era solo hardware io non potevo modificarlo. Se è software, lo posso modificare.
  L'operatore ha un compito difficile perché deve saper orchestrare, deve gestire tutto questo ecosistema fatto di diverse componenti e diversi player. Ci saranno dei moduli che implementano dei servizi specifici, ad esempio di monitoraggio. È anche un'opportunità, però, perché io in tal modo riesco a offrire delle sicurezze personalizzate. Quindi, dei servizi per cui la sicurezza è più importante io la rendo più sicura; delle altre in cui lo è di meno o ha diverse caratteristiche, lo faccio diversamente.
  Altro elemento forte. Quando metto un sensore di temperatura in rete questo è semplice, consuma poco. Non riesco a mettere là sopra un sistema di protezione che sia complesso come quello che metto sul computer di un ufficio. Quindi, le soluzioni di sicurezza devono farsi flessibili e adattarsi ai diversi oggetti che ho in rete. L'esempio dell'estensore è illuminante, anche la telecamera. Ci metto l'antivirus? Adesso banalizzo. Devo fare un sistema anche di crittografia e di protezione semplice, quindi qualcosa di eterogeneo, perché la rete è diversa, è fatta di cose molto diverse.
  Il compito degli operatori ancora è complesso, perché prima i telefoni erano tutti uguali, adesso abbiamo tanti oggetti molto diversi tra di loro.
  La sfida diventa quindi più complicata: riguarda l'intera rete, ci sono anche le cose dentro, la rete è soft, voglio una sicurezza flessibile. Queste quattro cose implicano che il lavoro di chi si occupa della sicurezza di rete diventa più complesso, ed è una questione su cui tornerò dopo. Abbiamo bisogno di persone. Non abbiamo abbastanza persone (laureati, tecnici, professionisti, ricercatori) che si occupino di questo problema. Questo è un grido di dolore che comincio a fare adesso e che continuerò a fare anche dopo.
  Capacità di rete e livelli di campo. C'è questa discussione molto forte che voi conoscete. Un concetto da far passare, che ho visto già detto da colleghi, è che avere più antenne, avere più celle, in realtà, fa diminuire i livelli di campo.
  Questo è un aspetto che dovrebbe essere portata all'attenzione del pubblico. Aumentare le antenne porta a una diminuzione del livello di radiazioni. Questo è il concetto del cellulare. Cellulare significa fare tante celle. Se faccio più celle, la capacità di rete aumenta e, come vi faccio vedere, aumenta molto. In secondo luogo, più celle ci sono, più i telefonini possono emettere a potenza più bassa.
  Avere più celle è un vantaggio da tutti i punti di vista, tranne che per il costo. Capisco che non è uno svantaggio indifferente, però il fatto di avere più antenne dovrebbe essere visto, da un punto di vista tecnico, come un vantaggio, anche perché riduce le radiazioni. Avere più antenne è come avere più fili, come avere più fibre, come avere più sistemi ADSL, come aggiungere strade a una rete autostradale.
  Lo sforzo, soprattutto se visto in prospettiva su cinque o dieci anni, quando le esigenze aumenteranno e le persone aumenteranno, è di mettere più antenne. Il discorso della soglia è un discorso separato. Non so se mi sono spiegato: più antenne mettiamo, meglio facciamo e riduciamo anche le radiazioni.
  A tale riguardo possiamo pensare ad un semplice esempio. Il Raccordo anulare circonda la capitale. Mettiamo una sola antenna sopra Monte Mario, una sola cella. Assumiamo che una cella consenta di servire una linea telefonica, per semplicità, quindi a Roma telefona una persona. Il Pag. 6livello di campo deve essere tale da arrivare da Monte Mario al Raccordo, quindi intenso.
  Se metto 26 antenne, 26 celle, moltiplico per 26 la capacità della rete, quindi ho 26 volte una rete più potente. Adesso parliamo in 26. Vedete che il rosso diventa meno intenso, perché il segnale non deve arrivare fino al Raccordo. Se ce ne metto 60, parliamo in 60, ancora meno livello. Se ce ne metto 200, parliamo in 200.
  Oggi a Roma abbiamo diversi quartieri che non hanno una copertura di rete. Noi abbiamo fatto uno studio per il Torrino all'Eur e c'è una zona non servita. Questo significa che le antenne che sono lontane devono emettere in modo più potente, i telefonini devono emettere in modo più potente e comunque i cittadini che stanno lì non hanno un buon servizio. Bisognerebbe mettere delle antenne lì a coprire quella zona. Questo è un messaggio importante: più si mettono antenne, meglio è, tranne che per il costo, lo ripeto, che non è una cosa stupida, ma almeno lo sappiamo. I decisori siete voi. Il nostro compito è quello di portarvi gli elementi. Poi bisogna prendere delle decisioni. Questo si applica anche al fatto che se io metto più antenne riduco anche le emissioni dei singoli telefonini. Qui vado veloce perché ormai il concetto dovrebbe essere passato. Se io aumento solamente l'antenna, devo aumentare anche quella del telefonino, quindi le devo fare più vicine.
  Per farvi capire quanto sia importante, e chiudo su questo punto, aumentare il numero di celle, vorrei sottolineare quanto è aumentata la capacità della rete negli ultimi 45 anni. È aumentata di un milione di volte. Perché è aumentata di un milione di volte? Grazie a cosa abbiamo avuto questo aumento di un milione di volte?
  Supponiamo di partire dall'inizio, da quando c'era solamente Marconi e c'era una sola linea. Poi, dividiamo lo spettro con delle tecniche. Per poterlo usare in tante persone abbiamo un fattore 5. Poi, ci inventiamo modulazioni, ci mettiamo a lavorare, facciamo cose più efficienti e abbiamo un fattore 25. Compriamo all'asta dello spettro più frequenze, abbiamo un fattore 25 e arriviamo a 625, quindi abbiamo moltiplicato per 625.
  Ci inventiamo il cellulare: invece di avere una sola cella, ne facciamo tante, ne abbiamo un milione. Le altre componenti scompaiono. Qual è quindi la differenza? La vera potenza del cellulare, lo dice la parola stessa, sono le celle: più celle mettiamo, più capace sarà la rete. Questo lo dico soprattutto in prospettiva. Quindi, non tanto nella fase di transizione attuale, che abbiamo il problema di trovare spazio per le frequenze 5G, ma in prospettiva futura.
  Riassumo le conclusioni su questo punto. L'ho già detto e non lo ripeto più. Aumentare la soglia porta anche ad altri effetti benefici, che sono avere una copertura più ampia, quindi arrivo più lontano, cambio meno volte le celle, faccio meno handover, non sto a cambiare sempre, quindi ho meno peso sulla rete e anche un servizio migliore per gli utenti, posso fare questi scenari macro/micro – ma non voglio entrare neanche in questi dettagli – che consentono di avere celle di differenti dimensioni, di avere una cella a ombrello che copre tutto e poi delle celle più piccole, soprattutto aiutano nella fase di transizione, qual è quella attuale di passaggio dal 4G al 5G.
  Queste due componenti le possiamo vedere e sono indipendenti. Queste sono decisioni vostre. Gli operatori hanno investito 6,5 miliardi su queste aste. Investimenti si potrebbero fare su cosa? Sicuramente su tecnologie, su applicazioni, su assunzioni nella pubblica amministrazione, ma una cosa che sicuramente sarebbe positiva io credo è investire per avere più siti per le antenne per i motivi che ho appena detto, sia semplificando i regolamenti, sia anche finanziandoli, magari siti di antenna condivisi.
  Matera potrebbe essere, ad esempio, un caso di studio da questo punto di vista. Vengo all'altro punto che dicevo prima, e cioè al fatto che mancano le professionalità. Queste considerazioni saranno note, ma vale la pena ribadirle. In Europa l'Italia è terz'ultima per livelli di istruzione secondaria e per laurea. Questo dato Istat è abbastanza recente. Pag. 7
  Persone che si occupano di scienza e tecnologia. Siamo ancora una volta terz'ultimi, prima di questi altri due Paesi. Questi pochi diplomati e laureati che abbiamo emigrano sempre di più. I nostri studenti, i figli faticosamente tirati su e poi fatti studiare che poi se ne vanno all'estero, sempre di più. E se ne vanno sempre di più con la laurea.
  Purtroppo se ne vanno, presidente, non più solo dal sud. Se analizziamo i dati in nostro possesso vediamo che c'è più emigrazione, proprio nelle regioni più industriali del Paese, il nord-est.
  Questo è un problema – concludo – perché non c'è un'alternativa se non abbiamo queste persone. Discutiamo se dobbiamo prendere la tecnologia cinese o meno? Chiaramente non affronto questo argomento che non mi compete.
  Se non abbiamo le persone, non è più una scelta. Potrà non essere cinese, potrà essere svedese o potrà essere americana, ma abbiamo bisogno di queste persone. Questa è veramente una situazione seria.
  Dobbiamo cercare di supportare per avere questi siti. Entrambe queste cose, se posso permettermi, sono cose che non hanno effetti a breve termine, sia questo delle antenne sia ancor di più le scuole. Se voi investite su questo, certamente tra sei mesi non vedrete nulla. Sono cose che si fanno a cinque anni. Capisco che la finanza e anche la politica hanno orizzonti diversi, però questa è la vera sfida.
  Chiudo solamente con un racconto. Diversi anni fa le aziende vennero da noi per chiederci studenti. Sette-otto anni fa con i miei colleghi dicemmo che non ne avevamo, che avremmo dovuto fare una campagna di stampa, una sensibilizzazione. Tutti dicevano che comunque sarebbero usciti dopo cinque anni, e quindi hanno fatto cadere tutti questi programmi di aiuto. Sono tornati l'anno scorso e mi hanno richiesto di nuovo delle unità. A quel punto ho detto loro che io sette anni prima lo avevo previsto e almeno qualcuno lo avremmo formato.
  Chiudo dicendo, se posso permettermi, che sono due cose, queste, che daranno i loro effetti fra cinque anni. È lì che si vede la scelta lungimirante di un Paese su programmi di lungo termine.

  PRESIDENTE. Grazie. La vicenda che lei descrive ha dei risvolti assolutamente interessanti.
  Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Ringrazio il professore con il quale credo di essere compaesana, visto che è di Cosenza come me. Permettetemi questa divagazione territoriale.
  È molto interessante la parte della sua relazione sul 5G che, come ha giustamente detto, anche se molte delle considerazioni qui svolte ci sono state ripetute da vari soggetti auditi. Il vero tema adesso è capire quando faremo anche il documento conclusivo di quest'indagine quale può essere il nostro contributo. Le dico subito che per me il problema da parte del legislatore è soprattutto supportare il grande investimento che è stato fatto dagli operatori, perché altrimenti rischiamo di lasciare a metà un investimento sul futuro.
  Tra l'altro, proprio adesso che si discute di Via della Seta e rapporto con la Cina, mi pare che il problema principale che abbiamo non è tanto il rapporto con la Cina, piuttosto che il rapporto con gli over the top – è di oggi, tra l'altro, la notizia di un'altra multa miliardaria a Google –, ma come sono messi gli Stati europei, come è messa l'Europa in questa partita, come siamo messi sulla questione anche della capacità di avere delle competenze digitali all'altezza di questi investimenti.
  Penso che sia la cosa fondamentale. Mi fa piacere che, tra l'altro, in nell'ultima legge di bilancio sia stato recuperato il credito d'imposta sulla formazione digitale rispetto ad Impresa 4.0, che in un primo momento era stato escluso. Penso che se anche non è la nostra missione fondamentale come Commissione trasporti e telecomunicazioni, questa delle competenze digitali sia la questione più importante.
  Tra l'altro, siccome lei insegna in una facoltà di discipline STEM (Science, Technology, Pag. 8 Engineering and Mathematics), le volevo fare una domanda: i ragazzi, gli studenti che seguono i corsi in discipline STEM, sono automaticamente pronti per essere messi su questo mercato innovativo del 5G e dei big data? Grazie.

  GIORGIO MULÈ. Grazie, professore.
  Mi aggancio alle considerazioni della collega Bruno Bossio, tentando di mettere un ulteriore mattoncino nel ragionamento. Visto che abbiamo perfettamente colto nella sua relazione una tensione, che più che una tensione è proprio un invito a non sottovalutare uno dei due driver che lei ritiene fondamentale, che appunto è quello legato alle persone, su questo le chiederei un ulteriore contributo, se è in grado di darcelo, oppure eventualmente se riterrà il presidente anche mediante una risposta scritta successivamente, per sapere se all'estero, in altre realtà europee e non europee, sono stati costituiti dei consorzi con le aziende che hanno investito sul 5G per la creazione di corsi universitari, e quindi finanziati in quota parte dalle aziende, per formare le professionalità di cui lei ci ha parlato e se questo tipo di sperimentazione eventualmente è stata, invece, già fatta in Italia e con che risultati.
  Se quindi ci può eventualmente indicare una strada, una best practice già fatta, già fatta all'estero, o che lei ritiene possa essere utile proprio nell'ambito dell'investimento che è stato fatto sul 5G da parte degli operatori in Italia.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Non essendoci altre domande, do la parola al nostro ospite per la replica.

  NICOLA BLEFARI MELAZZI, direttore del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT). I nostri ragazzi sono preparati. Certo, la cosa è migliorabile soprattutto per quanto riguarda la formazione e gli istituti tecnici e professionali.
  Il punto più grave attiene ai numeri, perché senza i numeri non si riesce nemmeno ad avere la qualità. Se io ho in aula dieci studenti, non diventano bravi quei dieci, perché non c'è selezione. Quei dieci diventano bravi se sono dieci di cento.
  Racconto che quando ho iniziato questo mestiere, il corso di reti, io avevo 600 studenti e facevo le repliche, facevano lezione la mattina e il pomeriggio perché non entravano nell'aula. Adesso ne abbiamo 30. Da 600 a 30 non c'è modo nemmeno di svolgere i vari indirizzi del corso di laurea che sono previsti.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO, (fuori microfono). Perché solo 30 studenti, se le tecnologie si sviluppano...

  NICOLA BLEFARI MELAZZI, direttore del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT). Questo è un paradosso. Insieme a molti colleghi ci siamo posti questa domanda. Ci sono anche delle responsabilità nostre, evidentemente. C'è un punto: la tecnologia è diventata matura. Quando la tecnologia diventa matura bisogna fare le applicazioni della tecnologia.
  La cosa più importante, a mio parere, poi vengo anche alla sua domanda, è proprio nella consapevolezza delle persone, perché poi i ragazzi seguono le tendenze, seguono naturalmente alla loro età quello che sentono. Ricorderete il boom di giurisprudenza all'epoca di Mani Pulite, perché sentivano parlare, c'erano i ruoli dei pm enfatizzati e ci fu un boom di iscrizioni a giurisprudenza.
  Paradossalmente adesso non c'è un fenomeno analogo. Ci sono diversi fattori. C'è stato un momento di crisi degli operatori legato a una situazione di concorrenza. Per «crisi» intendo che prima l'operatore era all'inizio di una filiera che poi produceva e creava tutto un ecosistema. Il fatto che siano stati più costretti ha in qualche modo costretto questa filiera e li ha fatti concentrare più sul mercato.
  D'altra parte, la maturità del settore, la concorrenza dell'estero e il fatto soprattutto che non passa il messaggio, che io continuo a ripetere, a sforzarmi, vado anche nei licei, che è il seguente, non è tanto questione di soldi. Pag. 9
  Il messaggio che va fatto passare è: tu ti laurei in telecomunicazioni o in informatica. Dove vai a lavorare? Da un operatore, da un'azienda di informatica. È falso, perché in realtà – non so se qui siamo come in televisione, che non si possono fare i nomi – i miei studenti vanno a lavorare in Bankitalia, vanno a lavorare in Enel, vanno a lavorare da altre parti, e competono.
  Sono andati tre studenti a un colloquio in Enel il mese scorso e io ero triste perché non lavoravano più con me, perché io ne ho bisogno nei miei progetti per gli studenti. Ero triste quando li ho visti andare sapendo che uno l'avrei perso. Sono tornati dicendomi che erano stati assunti tutti e tre. Gli studenti non lo sanno, però qui ho un esempio molto attinente che potrei farvi vedere, anzi, ve la faccio vedere, se posso, presidente.
  Questa è una macchina. Nella macchina c'è una rete oggi. Questo significa un costruttore di veicoli. Questo è un impianto in un corpo umano. Questa è telemedicina. Questo è un ospedale. Questo è un data center. Questo è il centro dell'ENI di cui parlavo prima. Questi sono dei sensori in una foresta, in un container, o in sottomarini. Questo è un sistema di trasporti. Questo è il grattacielo di Dubai. Sapete quanti access point Wi-Fi ci stanno in quel grattacielo? Volete configurarli uno a uno con la password? Non si fa. È difficile. Qui ci sono dei porti, degli aeroporti, degli acquedotti, delle navi da crociera, delle industrie. L'ultimo era questo palazzo, era il Quirinale, era il Ministero degli affari esteri a significare che anche la pubblica amministrazione è coinvolta.
  Il messaggio fondamentale è rivolto ai ragazzi: la digitalizzazione serve non per fare solamente la tecnologia. Voi non andrete a lavorare per costruire la rete, ma andrete a lavorare per farla utilizzare agli altri. Di questo abbiamo bisogno.
  Quando avremo mille studenti la qualità che ne verrà fuori, come dall'India o dalla Cina, necessariamente aumenterà. Poi, possiamo migliorarla, sicuramente.
  Per venire, invece, alla domanda dell'onorevole Mulè, ci sono delle best practice all'estero, sicuramente, soprattutto quello che funziona molto sono le aggregazioni. In Cina, ad esempio, le aziende fanno i loro centri nelle università. Il centro di aggregazione ha sempre una potenza, piuttosto che farlo in modo distribuito perché crea delle collaborazioni virtuose.
  I grandi centri di aggregazione, dalla Silicon Valley a Israele, sono situazioni che portano beneficio a tutti gli attori necessariamente. Assistiamo, però, al fatto che i tedeschi vengono qui a prendersi gli studenti da noi e non se li prendono non più solo alla laurea, ma se li prendono prima e adesso li stanno prendendo anche dal liceo. Fra un po’ si prenderanno i bambini. Dobbiamo stare attenti ai minorenni. Lo hanno capito che la concorrenza è lì.
  Se posso, racconto l'ultimo aneddoto o il primo. Noi facciamo progetti europei. I progetti europei si fanno mettendo assieme consorzi fatti da tanti partner. Io ho un'idea e vado a scegliermi Ericsson all'università di Parigi. Ho fatto questa ricerca. Ci siamo messi assieme in una stanza ed eravamo tutti italiani. Quello che lavora per Volkswagen è italiano, quello che lavora per Orange è italiano, quello che lavora per British Telecom è italiano. Erano tutti italiani. Ho detto loro di cambiarsi il cognome e di fare finta di non essere italiani, perché altrimenti poteva sembrare che il progetto era stato messo su tra amici.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Dai dati che ci ha fornito riassunti nella cartina dell'Italia sulle fughe dei cervelli, chiaramente si evince che sono più numerosi nelle zone del nord, perché più vicine magari alla Germania. Poi ci sono alcune regioni dove il fenomeno è praticamente nullo.
  Penso alla Campania dove è nato il centro Apple, Cisco e tutto l'indotto che ne deriva, che quindi assorbono i laureati. Anche in Calabria ho visto che la zona con meno fughe è Cosenza dove gli ingegneri vengono presi subito da NTT Data che si è insediata in quella zona.
  Il tema che poneva il collega è fondamentale. Secondo me, sarebbe importante l'insediamento proprio presso le università come elemento virtuoso. Mi chiedo se anche Pag. 10 nel Lazio ci sia un esempio di questo tipo.

  NICOLA BLEFARI MELAZZI, direttore del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT). La domanda è veramente importante. Non possiamo investire a pioggia su tutto il territorio nazionale, senza una resa. Bisogna investire in centri di aggregazione.
  Se dico «universitario» sembra che voglia tirare acqua al mio mulino, ma non è così. Facciamolo anche non nelle università e poi ci andiamo noi lì, però deve essere un ecosistema che mette assieme tutto.

  MASSIMILIANO CAPITANIO. Grazie per l'intervento interessante e condivisibile.
  Sulle due sollecitazioni che ci metteva sul tavolo direi che siamo quasi allineati, nel senso che io spero che da questa indagine sul tema «più antenne», al di là di alcuni dati che comunque anche la scienza non potrà mai dimostrare, saremo tutti allineati.
  Arriveremo alla consapevolezza che più antenne produrranno meno impatto credo anche ambientale se si riuscirà a lavorare urbanisticamente in maniera intelligente, con un lavoro di prospettiva, non solo a livello di elettromagnetismo, ma anche ambientale e anche estetico, perché comunque avremo antenne più piccole, meno visibili, meno impattanti.
  Sulla scuola credo si debba già fare adesso un lavoro importante, magari ribaltando in parte anche la prospettiva e su questo aspetto vorrei condividere anche io a questo punto un aneddoto senza fare nomi specifici.
  Due giorni fa ho incontrato una grossa multinazionale della microelettronica che fa 2,7 miliardi di investimenti in innovazione e ricerca solo in Italia ed è alla disperata ricerca non solo di studenti universitari, ma anche di studenti delle scuole superiori. Questa mattina abbiamo incontrato una delle tante scuole che vengono a fare visita alla Camera dei deputati con indirizzo in telecomunicazioni ed elettronica.
  Bisogna spiegare non solo che c'è il problema della fuga di cervelli, notizia che fa sempre effetto sul piano mediatico e dell'informazione, però c'è anche tantissima richiesta da parte delle aziende non soddisfatta. Questa azienda ha 10 mila dipendenti e ha necessità di studenti universitari e studenti delle scuole superiori. Le società di telecomunicazioni, anche solo per la posa di fibra, hanno bisogno di diplomati che sappiano cosa vanno a mettere per sostituire un parco medio di dipendenti di 50-60 anni che comunque non è avvezzo alle nuove tecnologie.
  Tutti i settori che ci ha illustrato hanno bisogno di persone formate con competenze digitali. Noi stiamo andando a prendere all'estero mentre, al contrario, c'è la fuga dei cervelli, ma noi portiamo qui manodopera spagnola piuttosto che dell'est Europa per andare a supplire la mancanza di diplomati e laureati. Sono fortemente d'accordo su questo tema: utilizzando anche la televisione pubblica, i canali, facciamo sapere ai nostri studenti che la richiesta c'è perché le aziende ci vengono a dire che non hanno i laureati.
  Dovremmo aprire un capitolo a parte su quello che chiamo impropriamente business dei curricula perché si sa benissimo che nel mondo universitario i curricula vengono secretati, le aziende che hanno bisogno del curriculum, magari non tutte, hanno gli stessi canali privilegiati per avere i migliori laureati. C'è quindi una sorta di spartizione. Questo aspetto magari non è nostra competenza, ma bisognerebbe aprire magari più di un'inchiesta, qualche televisione se ne è anche occupata. Magari ribaltiamo la prospettiva. Non diciamo sempre che c'è una fuga di cervelli, perché qui non c'è posto. C'è posto, se studiate.
  Ho visto dal vostro sito internet che avete molti progetti, naturalmente in collaborazione con il MIUR. Magari insistiamo affinché in tutte le scuole, oltre all'inglese, si introducano anche l'informatica e l'elettronica, perché comunque anche queste oggi sono materie indispensabili, dal coding che possiamo già insegnare non dico nelle scuole materne, ma quasi, perché se facciamo giocare i bambini con i Lego facendo vedere loro come si possono far muovere, possono iniziare a imparare piccole Pag. 11 cose. Però, insistiamo. Noi ci siamo per insistere anche sul Ministero perché la scuola faccia un passo in avanti in questa direzione. Non c'è solo la fuga di cervelli, c'è tanta richiesta che non viene soddisfatta.

  NICOLA BLEFARI MELAZZI, direttore del Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT). Benissimo. Commento brevemente. Mi chiamano degli amici che adesso ricoprono posizioni in aziende per chiedermi laureati continuamente. Io ho la mail piena.
  Bisogna, però, far appassionare i ragazzi. I ragazzi a una certa età devono anche essere appassionati. Due messaggi devono passare. Uno l'ho già detto, vengo al secondo: ragazzi, lavorare in questo campo significa andare a lavorare, ad esempio, in agricoltura e quindi cambiare radicalmente i metodi di coltivazione. Tu vuoi fare agraria? Bene, fai agraria, però metti dentro anche corsi di digitalizzazione, perché cambieranno le cose in quel settore. C'è un'enorme capacità di lavoro, ma non tanto e non solo presso l'operatore di riferimento o presso quello che costruisce apparati di rete, ma presso le applicazioni, tutte le possibili applicazioni.
  Il parallelo è semplice. Il computer si è diffuso ovunque, quindi c'è bisogno dovunque di un computer. Le reti oggi hanno preso il posto del computer di prima.
  Sull'estetica quella che ha detto l'onorevole Capitanio è una cosa veramente interessante, e ne parlavo proprio poco fa prima dell'inizio della seduta.
  Pensavo a Matera, che è una città delle sperimentazioni di 5G. In un centro storico come quello di Matera – gli operatori già lo fanno – si possono avere delle antenne che hanno un'estetica diversa, un'estetica migliore. Ci sono già esempi di questo tipo.
  Gli operatori non lo fanno sempre, però, invece di avere il solito traliccio, si possono anche avere delle antenne più belle. Questo nei centri storici può essere un elemento significativo anche per l'accettazione da parte del pubblico di queste installazioni.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il loro contributo e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.20.