XVIII Legislatura

VIII Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 25 settembre 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Terzoni Patrizia , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA NORMATIVA CHE REGOLA LA CESSAZIONE DELLA QUALIFICA DI RIFIUTO ( END OF WASTE)

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Nazionale Costruttori edili (ANCE).
Terzoni Patrizia , Presidente ... 3 
Delle Piane Filippo  ... 3 
Terzoni Patrizia , Presidente ... 4 
Vianello Giovanni (M5S)  ... 5 
Mazzetti Erica (FI)  ... 5 
Braga Chiara (PD)  ... 6 
Fregolent Silvia (IV)  ... 6 
Terzoni Patrizia , Presidente ... 7 
Delle Piane Filippo , vicepresidente dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) ... 7 
Terzoni Patrizia , Presidente ... 8 

ALLEGATO – Documentazione depositata dall'Associazione Nazionale Costruttori edili (ANCE) ... 9

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Cambiamo!-10 Volte Meglio: Misto-C10VM;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
PATRIZIA TERZONI

  La seduta comincia alle 15.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Nazionale Costruttori edili (ANCE).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'Associazione Nazionale Costruttori edili (ANCE), nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla normativa che regola la cessazione della qualifica di rifiuto (end of waste).
  Ringrazio i rappresentanti dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) e cedo la parola al dottor Filippo Delle Piane, vicepresidente dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE), per lo svolgimento della relazione.

  FILIPPO DELLE PIANE, vicepresidente dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE). Buongiorno a tutti e grazie dell'attenzione e del tempo che ci dedicate.
  Quello di oggi è un tema complesso, che ovviamente riguarda l'edilizia e la sua filiera. Parliamo dell'economia circolare, più precisamente del ciclo dei rifiuti, del cosiddetto end of waste, cioè del percorso che un rifiuto deve fare per smettere di essere considerato tale e poter essere reimpiegato, quindi sostanzialmente per passare, cosa che sapete bene, da un'economia lineare a un'economia circolare.
  È una tematica che non riguarda, talvolta, direttamente il settore che rappresento. Le imprese di fatto non lavorano nell'elaborazione funzionale dei rifiuti, ma li riutilizzano quando smettono di esserlo, e soprattutto hanno bisogno di conferirli ai centri di reimpiego quando affrontano tutto il tema delle demolizioni.
  Non dimentichiamo che abbiamo individuato, e uso il plurale perché la nostra categoria è assolutamente favorevole a questo nuovo percorso, nell'economia circolare da un lato, ma nel percorso della rigenerazione urbana dall'altro, la ricetta fondamentale perché questo Paese, come tutti gli altri dell'Unione europea, vada verso il bilancio zero di consumo di suolo entro il 2050. È ovvio che, nella misura in cui ragioniamo di rigenerazione urbana, ragioniamo di demolizione e ricostruzione, e di conseguenza questo è un tema particolarmente cogente.
  La preoccupazione sta nel fatto che – da un lato, è una fortuna, ma dall'altro, non riusciamo a starci dietro – la tecnologia in questo tipo di settore avanza con velocità. Avanza velocemente il modo di utilizzare i materiali, il modo di reimpiegarli, il modo di trattarli. E noi ci rendiamo conto che il percorso con cui proviamo a far sì che la normativa vada dietro a un settore che avanza velocemente dal punto di vista tecnologico non è assolutamente sufficiente.
  Quello che sarebbe il quadro di un Paese ideale – mi piacerebbe definirlo così – direbbe davvero che l'Unione europea, e poi gli Stati che la rappresentano, si dotassero di una normativa che ci dica esattamente rifiuto per rifiuto come si faccia a far diventare un rifiuto non più tale, quale Pag. 4sia il percorso, quali le procedure, quali le tecnologie, e come e dove possa essere riutilizzato.
  Questo è un compito che il Ministero dell'ambiente prova a svolgere, ma noi vediamo non riesce a svolgere. Questa è una grande preoccupazione che abbiamo, perché in effetti si ingenerano una complessità e un'inerzia normativa per cui non riusciamo minimamente a star dietro a quello che è invece un percorso virtuoso che vorremmo portare avanti.
  Il territorio si era «adeguato» a queste lentezze provando a sopperire. Da questo punto di vista, eravamo anche riusciti, un po’ come capita spesso a noi italiani, inventando soluzioni tampone, a diventare però anche quasi un'eccellenza a livello europeo. Su determinati argomenti, infatti, riuscivamo a competere con altri Paesi europei sull'economia circolare.
  Il fatto che tutto il percorso del cosiddetto end of waste venga riportato a livello centrale e il territorio non possa più, come faceva prima, con le regioni, le province, ragionare caso per caso per decidere e gestire come questi percorsi potevano essere utilizzati, rischia di creare un vuoto nel quale tutto si ferma.
  So che non siamo i primi a essere auditi, so che vi è già stato rappresentato un caso-scuola, il caso di Brescia, dove, in effetti, a valle del percorso del Consiglio di Stato e poi del decreto cosiddetto «sblocca cantieri», in cui tutto sommato si è deciso di riportare in capo allo Stato la potestà di decidere rifiuto per rifiuto come trattare le cose, si sta creando un grande problema, perché evidentemente il territorio ha deciso di fermare tutti gli impianti che stavano operando in forza delle decisioni prese caso per caso, per rianalizzarle.
  La preoccupazione non è soltanto, anche se evidentemente è anche così, la preoccupazione di bloccare una filiera, che non mi dilungo nel raccontarvi quanto abbia negli ultimi dieci anni sofferto la crisi e come ancora, a differenza di altri, la stia soffrendo. Qui il problema è più generale. Il problema è che, come per altri argomenti, ci diciamo di voler andare in una certa direzione, però poi francamente, non per cattiva volontà, ma per come funzionano le cose, non riusciamo a farlo.
  In effetti, dobbiamo riscontrare che tutto il percorso che dovrebbe far capo al Ministero dell'ambiente ha una durata non compatibile veramente con quello che succede sul territorio tutti i giorni.
  Allora, di fatto che cosa diciamo? Noi vogliamo assolutamente che il Ministero vada avanti in questo percorso, né assolutamente riterremmo giusto sottrarre competenze al Ministero, ma occorre che in una fase transitoria si possa continuare a far sì che regioni e province, nel gestire le situazioni caso per caso, permettano al percorso di andare avanti. Viceversa, banalmente, nella misura in cui non riesco più a conferire un detrito da demolizione, per fare un esempio banale, in un sito di trasformazione, e quindi sono costretto ad andare a cercare discariche tradizionali, sempre più rare, sempre più distanti dal proprio territorio, vado nella direzione diametralmente opposta rispetto a quella che potrebbe essere una vera economia circolare.
  Allora, da un lato, la sensibilizzazione è un lavoro comune Parlamento/Ministero per essere veramente più veloci nel normare un mondo che si trasforma con grande velocità; dall'altro, bisognerebbe permetterci di avere un transitorio gestibile che non inchiodi tutta la normativa e che non ci costringa ad andare nella direzione diametralmente opposta rispetto a quella dell'economia circolare.
  Concludo con una battuta: per una volta davvero anche noi, categoria reietta in tal senso, siamo d'accordo nell'andare verso una strada virtuosa. Cerchiamo davvero di parlarci e, in questo caso, anche di avere un'interlocuzione sempre più fitta, sempre più presente – io sono lietissimo di essere qua oggi – perché le cose possano veramente funzionare e andare in una direzione ormai condivisa da tutti.

  PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

Pag. 5

  GIOVANNI VIANELLO. Ringrazio per quest'interessante audizione. Vorrei, però, avere un chiarimento sull'approccio che viene proposto, di continuare per lo meno in maniera temporanea a riconoscere in capo a regioni e province la facoltà di rilasciare gli end of waste. Vorrei capire se in questa situazione non ravvisiate anche dei problemi di concorrenza, in quanto potrebbe verificarsi che in alcune province un rifiuto sia considerato rifiuto e in altre, invece, end of waste. In alcune province, alcune aziende avrebbero delle opportunità; in altre province, invece, aziende che fanno il medesimo lavoro, il medesimo servizio, non hanno la stessa opportunità.

  ERICA MAZZETTI. Grazie al vicepresidente dell'ANCE per essere qui oggi in audizione da noi. Questo, come tanti altri, è un settore fondamentale sotto tanti punti di vista, non ultimo quello economico. Come tutti ben sappiamo, infatti, il settore edilizio è quello che fa da traino all'economia nel nostro Paese. È ormai molto chiaro che da troppi anni subisce una crisi profonda, dovuta anche a scelte politiche sbagliate, dal punto di vista sia burocratico sia di tassazione.
  Quello di oggi è un tema fondamentale per lo sviluppo del nostro territorio nell'ambito di una visione ambientale ma anche volta allo sviluppo. Vengo anch'io dal settore, perché sono un tecnico: sappiamo bene che molti dei prodotti dello smaltimento delle costruzioni possono essere riutilizzati, però buona parte non può esserlo. Pensiamo a tutti quei materiali degli anni ’50-’60 con le fibre di amianto. È impossibile. Pensiamo ora al problema che avremo da ora in poi per tutti i pannelli fotovoltaici. Sono tante le cose che non possono essere riutilizzate e che oggi in Italia purtroppo non hanno un sistema di smaltimento autonomo.
  Credo sia opportuno, fondamentale, spero che anche il vicepresidente di ANCE ci possa dire qualcosa, pensare di utilizzare già da ora dei materiali che possono essere recuperati al 100 per cento. Quello è fondamentale, ed è fondamentale avere anche una ricerca approfondita su questi materiali. Se oggi usiamo materiali che possono essere in futuro riciclati completamente, già si migliora. Questa, però, oggi è utopia.
  Come ho detto anche più volte, anche alla Commissione, alla presidenza, facendo anche una proposta di legge, credo opportuno che si pensi in Italia in modo veloce, pragmatico e concreto a realizzare dell'impiantistica necessaria e opportuna per lo smaltimento di questi rifiuti che non possono essere reimpostati, come di altri.
  Credo anche che l'Italia vada a più velocità. Credo che le zone debbano essere suddivise. Sappiamo benissimo che al Nord c'è un certo tipo di cultura, di sviluppo, di impresa, che al Centro ce n'è un'altra, al Sud un'altra, così come è diversa nelle isole. Io avevo fatto anche una proposta di legge per un commissariamento delle varie zone per capire nelle varie zone che tipi di impianti mancavano, e quindi procedere.
  Chiedo veramente che anche da parte dell'ANCE, ma ho capito che la volontà c'è, ci sia una proposizione nei confronti del Governo e della maggioranza affinché dicano chiaramente e in modo veloce – l'economia viaggia velocissima, non si può perdere ulteriore tempo – che tipo di soluzione impiantistica pensano di realizzare per far fronte a questi problemi.
  È vero che è fondamentale l’end of waste, il fine rifiuti. Nel campo dell'edilizia si può fare tanto, ma purtroppo non si può fare tutto. Come in tutti i campi, lo smaltimento dei rifiuti è necessario, per cui credo necessario realizzare gli impianti.
  Chiedo magari anche al vicepresidente, che ha più in mano la materia dell'edilizia, se conoscete dei tipi di impianti per queste cose che nell'edilizia non si possono riutilizzare che possono essere creati in Italia.
  Soprattutto, giudico opportuno, da parte della politica e del Governo, agire immediatamente, perché già è tardi. Chiedo anche alla maggioranza e al Governo di procedere immediatamente in questo senso.
  Va benissimo la direttiva dell'Unione europea da prendere in esame subito, perché ormai mancano pochi mesi e poi si incorre nella sanzione. Questo è indispensabile. Soprattutto, vorrei che ci fosse un'opportunità anche per questo campo dei costruttori e dell'edilizia affinché si possa Pag. 6migliorare questo settore anche andando in questa direzione.

  CHIARA BRAGA. Ringrazio anch'io il vicepresidente e l'ANCE per il contributo che hanno portato alla nostra indagine conoscitiva, che è particolarmente interessante per due ragioni. La prima è perché ci porta a riflettere sul fatto che, quando parliamo di end of waste, non parliamo soltanto del ciclo di gestione dei rifiuti in senso stretto, ma di pezzi del sistema produttivo economico delle imprese, in questo caso particolare di filiere molto più complesse, che toccano nel caso specifico il tema delle costruzioni, un pezzo fondamentale del nostro sistema economico e industriale. Dall'altro lato, ci avete portato, dettagliati bene nell'appunto che ci avete lasciato, due casi in cui avete reso evidente come l'obiettivo primario di arrivare a decreti end of waste per i materiali sia un percorso a ostacoli, che richiede tempi particolarmente lunghi e necessità di coniugare esigenze diverse tra i vari interessi.
  Sappiamo che storia ha avuto il caso del fresato d'asfalto che ci avete riportato, sappiamo che storia sta avendo quello dei materiali da demolizione e ricostruzione, ma, a parziale consolazione del vostro settore, anche gli altri decreti end of waste, su cui pure il Ministero sta lavorando seriamente, hanno tempi e procedure molto articolati.
  L'esigenza di dare una risposta alla situazione di emergenza che si è determinata a seguito della sentenza del Consiglio di Stato e dell'intervento legislativo non risolutivo che c'è stato qualche mese fa, quindi, è determinata da una serie di condizioni che voi ci avete illustrato molto bene.
  Ovviamente, vi è noto che c'è un lavoro che vede attivo il Ministero dell'ambiente, ma anche entrambi i rami del Parlamento, sulla possibilità di risolvere per via normativa, in tempi che vogliamo siano rapidi, questa questione.
  Vorrei farle una domanda su questo punto, anche ricollegandomi in parte a quello che diceva il collega nel primo intervento. Premesso che ovviamente le autorizzazioni caso per caso si chiamano così perché vengono rilasciate appunto caso per caso per attività e processi produttivi che devono dimostrare il rispetto di una serie di requisiti, per cui viene riconosciuta l'operatività e la possibilità di operare di una determinata attività, lo stesso può essere fatto per altre attività che hanno le stesse caratteristiche. Questo rischio di disparità e di mancata concorrenza credo che poi nella sostanza non si crei. L'autorizzazione caso per caso viene riconosciuta, appunto, caso per caso, come dice lo stesso termine, la domanda è quindi: voi ritenete che in una regolamentazione più attenta di queste modalità di intervento del caso per caso abbia senso e valore prevedere a valle sistemi di controllo, a maggiore garanzia per tutti del risultato delle autorizzazioni rilasciate?
  Un'ipotesi su cui si sta ragionando è quella di istituire un vero e proprio registro delle end of waste riconosciute, delle autorizzazioni date, che possa anche qui portare a un innalzamento della qualità delle autorizzazioni date e a un'omogeneità il più possibile sul territorio nazionale.
  Su questo punto, dal vostro osservatorio, in attesa e con l'auspicio di velocizzare il rilascio dei decreti end of waste, le autorizzazioni caso per caso con un sistema di controlli più efficace e con un registro che possa mettere in fila tutte le autorizzazioni e avere un quadro nazionale omogeneo, possono essere una soluzione che risponde anche a quello che poi dite, cioè favorire veramente una transizione anche del settore delle costruzioni, in coerenza con gli obiettivi dei criteri ambientali minimi, dell'economia circolare, del green public procurement, tutti gli obiettivi che vanno proprio in questa direzione? Potete darci un punto di vista del vostro particolare settore?

  SILVIA FREGOLENT. Ringrazio dell'audizione molto interessante e del documento.
  Brevemente, quando la politica non sceglie, poi arriva sempre una sentenza del giudice che sceglie al posto della politica, nel bene e nel male. Io non sono mai favorevole, ma semplicemente perché sono figlia dell'Illuminismo, che differenziava i Pag. 7tre poteri, e quindi spero sempre che sia il legislatore a fare il legislatore e non altri.
  Detto questo, ho una domanda. Purtroppo, il nostro Paese prevede delle eccellenze, e avete citato il caso di Brescia, ma prevede anche dei posti dove queste eccellenze non ci sono. Non ci sono Nord e Sud, ci sono delle macchie nere e macchie di leopardo in tutto il Paese. Per questo, penso che forse una cornice nazionale serva a uniformare una modalità di approccio che poi regioni e comuni dovrebbero attuare in maniera concreta.
  La domanda è quindi: essendo voi del mestiere e soprattutto, come diceva giustamente la collega Braga, non avete soltanto la parte finale della produzione del rifiuto, ma la vostra attività fin da subito impatta ambientalmente, non credete che alcuni elementi di base siano invece fondamentali per quelle eccellenze che voi raccontavate prima, per poter meglio applicare quella normativa circolare, in assenza di normative specifiche? Come ha giustamente detto lei, questo Paese ha avuto delle eccellenze, ma quando sono eccellenze vuol dire che sono poche e, invece, quello che si vorrebbe fare è farlo diventare sistema. Allora, probabilmente, nell'intenzione del legislatore – non difendo lo «sblocca cantieri», ma penso che un accentramento da questo punto di vista abbia voluto dire anche questo – c'è la volontà di creare un minimo comune denominatore perché di eccellenze nel Paese ce ne sono tante.

  PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

  FILIPPO DELLE PIANE, vicepresidente dell'Associazione nazionale costruttori edili (ANCE). Provo a rispondere. Credo che le domande degli onorevoli Vianello, Braga e Fregolent possano essere affrontate in un unico discorso. Mi scuserà l'onorevole Mazzetti se la tengo per ultima nella risposta, ma le tre domande credo che abbiano una coerenza e un filo conduttore che possiamo provare ad affrontare.
  È evidente che, in una materia del genere, un quadro normativo generale sarebbe auspicabile. È logico che questo è un settore in cui uniformare il linguaggio, le regole e le procedure aiuterebbe tutti. Però, è anche logico confrontarsi con la realtà che viviamo; non possiamo far finta che non esista il mondo nel quale invece viviamo. L'onorevole Braga parlava dell'esempio del fresato. Ci siamo trovati con un tempo molto lungo per arrivare a gestire una situazione con delle complicazioni spaventose di gestione ordinaria. Quindi, questo è un tema rispetto al quale non possiamo non confrontarci.
  Abbiamo un Ministero che, col massimo dell'impegno, riesce a uscire, caso per caso, e a gestire in qualche maniera la regolamentazione dell'utilizzo dei materiali in anni, il che non è compatibile con un mondo del genere. Allora, dobbiamo domandarci, in un quadro in cui si deve cercare sicuramente di andare verso un'uniformità di temi, come possiamo fare ad arrivarci. Alla fine dei conti, chi tutti i giorni lavora cerca di capire concretamente come farlo.
  In questo caso abbiamo un vantaggio. Io mi occupo usualmente anche di altre materie, tra cui l'urbanistica, che è una materia diversa, più particolare. Diciamo che il territorio italiano è molto diverso e parlare di urbanistica in un piccolo centro storico o in una grande città non è lo stesso argomento. È stato molto demandato al territorio anche perché la conoscenza del territorio aiutava la gestione di processi urbanistici. Qui il tema è diverso. Qui siamo di fronte a tematiche che possono maggiormente essere oggettivizzate, siamo di fronte ad argomenti che possono essere più facilmente misurati. Non voglio banalizzare, perché è complesso, però credo che si possa agire anche attraverso un percorso che parta dal caso per caso, risolvendo quindi l'urgenza e la cogenza del momento, ma che pian piano – e rispondo anche alla domanda dell'onorevole Braga – anche con l'utilizzo di registri, quindi con la misurazione ex post di quello che succede, vada a gestire una serie di criteri di misurazione che nel tempo possano portare l'uniformità che tutti voi auspicate, ma che anche noi auspichiamo. Pag. 8
  Quindi, io credo che si sia nella condizione di risolvere l'emergenza col caso per caso, andando a traguardare però l'uniformità dei giudizi, che non crede le concorrenze di fatto sgradevoli a tutti, a noi imprese per prime.
  Rispondo anche a quanto detto dall'onorevole Mazzetti. È evidente che scontiamo un periodo – chiamiamolo così – di vuoto normativo e anche forse di scarsa conoscenza di materiali, col quale ci dobbiamo confrontare. Credo che la stragrande maggioranza di chi utilizzava materiali come l'amianto lo facesse nella più totale buona fede di utilizzare un materiale che avesse delle proprietà. Poi abbiamo capito che così non era e che, anzi, erano materiali dannosi. È successo. Dobbiamo affrontare questo tema, perché è così che si va avanti.
  È logico che determinati tipi di materiali non potranno avere nessun altro destino che non quello di arrivare a una discarica speciale che possa in qualche maniera stoccarli perché non siano più pericolosi. È altrettanto evidente, però, che nel percorso dell'economia circolare una quota parte del ragionamento riguarda dove andiamo a conferire i materiali di risulta di quello che demoliamo, quello che si può riutilizzare in certi tipi di siti, quello che non si può fare in altri. Questo è l'unico modo che ci può consentire di partire col piede giusto nel ricostruire.
  Oggi sì che l'attenzione va posta – lei lo diceva con grande correttezza, ma fortunatamente lo si sta cominciando a fare sempre di più, inizialmente perché le normative lo imponevano, ma oggi fortunatamente (e sottolineo il «fortunatamente») perché c'è una sensibilità del mercato che lo chiede – nell'utilizzazione di prodotti che arrivano da catene di riciclo. È per questo che è fondamentale riuscire ad attivarle, perché, in effetti, esiste una domanda da parte del cliente pubblico, da un lato, ma anche privato, che ha acquisito una sensibilità in questa materia decisamente superiore.
  Io dico sempre che credo a fatica ai filantropi, perché sono statisticamente pochi; credo molto di più alle spinte del mercato, perché noi che siamo imprenditori di fatto leggiamo quello che il mercato ci chiede. E il mercato questo ci chiede. Quindi, il paradosso è avere in effetti una domanda di un certo tipo di prodotto e l'impossibilità di darlo perché la burocrazia, che dovrebbe permettere alla catena di partire, non si riesce a mettere in moto. Ecco, in questo veramente possiamo fare fronte comune.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il contributo e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato), e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.

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ALLEGATO

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