XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (V Camera e 5a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 1 di Venerdì 9 novembre 2018

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Borghi Claudio , Presidente ... 3 

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Giovanni Tria (Attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2019-2021, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Borghi Claudio , Presidente ... 3 
Tria Giovanni , Ministro dell'economia e delle finanze ... 3 
Borghi Claudio , Presidente ... 8 
Raduzzi Raphael (M5S)  ... 8 
Marattin Luigi (PD)  ... 9 
Tria Giovanni , Ministro dell'economia e delle finanze ... 9 
Marattin Luigi (PD)  ... 9 
Bellachioma Giuseppe Ercole (LEGA)  ... 10 
Pella Roberto (FI)  ... 10 
Lucaselli Ylenja (FDI)  ... 11 
Fassina Stefano (LeU)  ... 11 
Lorenzin Beatrice (Misto-CP-A-PS-A)  ... 12 
Pirro Elisa  ... 14 
Misiani Antonio  ... 14 
Saccone Antonio  ... 15 
Marsilio Marco  ... 16 
Caiata Salvatore (Misto-MAIE)  ... 17 
Angiola Nunzio (M5S)  ... 18 
Padoan Pietro Carlo (PD)  ... 18 
Rivolta Erica  ... 18 
Marattin Luigi (PD)  ... 19 
Borghi Claudio , Presidente ... 19 
Rivolta Erica  ... 19 
D'Attis Mauro (FI)  ... 19 
Borghi Claudio , Presidente ... 20 
Tria Giovanni , Ministro dell'economia e delle finanze ... 20 
Marattin Luigi (PD)  ... 24 
Tria Giovanni , Ministro dell'economia e delle finanze ... 24 
Borghi Claudio , Presidente ... 25 

Audizione di rappresentanti della Banca d'Italia (Attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2019-2021, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Borghi Claudio , Presidente ... 25 
Signorini Luigi Federico , vice direttore generale della Banca d'Italia ... 25 
Borghi Claudio , Presidente ... 32 
Marattin Luigi (PD)  ... 33 
Raduzzi Raphael (M5S)  ... 34 
Pretto Erik Umberto (LEGA)  ... 34 
D'Ettore Felice Maurizio (FI)  ... 34 
Lucaselli Ylenja (FDI)  ... 35 
Padoan Pietro Carlo (PD)  ... 35 
Misiani Antonio  ... 36 
Borghi Claudio , Presidente ... 36 
Signorini Luigi Federico , vice direttore generale della Banca d'Italia ... 36 
Borghi Claudio , Presidente ... 38 

(La seduta, sospesa alle 13.15, è ripresa alle 14.05) ... 39 

Audizione di rappresentanti del CNEL (Attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2019-2021, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera):
Pesco Daniele , Presidente ... 39 
Treu Tiziano , presidente del CNEL ... 39 
Buompane Giuseppe , Presidente ... 43 
Padoan Pietro Carlo (PD)  ... 43 
Comaroli Silvana Andreina (LEGA)  ... 43 
D'Ettore Felice Maurizio (FI)  ... 44 
Pesco Daniele  ... 45 
Buompane Giuseppe , Presidente ... 45 
Treu Tiziano , presidente del CNEL ... 45 
Buompane Giuseppe , Presidente ... 48 

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL (Attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2019-2021, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera) :
Buompane Giuseppe , Presidente ... 49 
Fracassi Gianna , segretaria confederale della CGIL ... 49 
Buompane Giuseppe , Presidente ... 52 
Ganga Ignazio , segretario confederale della CISL ... 52 
Buompane Giuseppe , Presidente ... 57 
Veronese Ivana , segretaria confederale della UIL ... 57 
Borghi Claudio , Presidente ... 59 
Ulgiati Luigi , vice segretario generale dell'UGL ... 59 
Borghi Claudio , Presidente ... 61 
Pellegrini Marco  ... 61 
Lorenzin Beatrice (Misto-CP-A-PS-A)  ... 62 
Gubitosa Michele (M5S)  ... 64 
Fassina Stefano (LeU)  ... 64 
Borghi Claudio , Presidente ... 64 
Fassina Stefano (LeU)  ... 64 
Flati Francesca (M5S)  ... 64 
D'Ettore Felice Maurizio (FI)  ... 64 
Borghi Claudio , Presidente ... 66 
Fracassi Gianna , segretaria confederale della CGIL ... 66 
Ganga Ignazio , segretario confederale della CISL ... 66 
Veronese Ivana , segretaria confederale della UIL ... 67 
Ulgiati Luigi , vice segretario confederale dell'UGL ... 68 
Borghi Claudio , Presidente ... 68 

Audizione di rappresentanti di ANIA (Attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2019-2021, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera) :
Borghi Claudio , Presidente ... 68 
Farina Maria Bianca , presidente di ANIA ... 69 
Borghi Claudio , Presidente ... 72 
Padoan Pietro Carlo (PD)  ... 72 
Pesco Daniele  ... 72 
Farina Maria Bianca , presidente di ANIA ... 73 
Borghi Claudio , Presidente ... 74 
D'Ettore Felice Maurizio (FI)  ... 74 
Farina Maria Bianca , presidente di ANIA ... 74 
Borghi Claudio , Presidente ... 75 

Audizione di rappresentanti della SVIMEZ (Attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2019-2021, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera) :
Borghi Claudio , Presidente ... 75 
Giannola Adriano , presidente della SVIMEZ ... 75 
Borghi Claudio , Presidente ... 77 
Padoan Pietro Carlo (PD)  ... 78 
Pesco Daniele  ... 78 
D'Ettore Felice Maurizio (FI)  ... 78 
Borghi Claudio , Presidente ... 78 
Giannola Adriano , presidente della SVIMEZ ... 78 
Padoan Pietro Carlo (PD)  ... 79 
Giannola Adriano , presidente di SVIMEZ ... 79 
Prezioso Stefano , ricercatore esperto della SVIMEZ ... 79 
Giannola Adriano , presidente della SVIMEZ ... 79 
Borghi Claudio , Presidente ... 80 

Audizione di rappresentanti dell'ANPCI (Attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2019-2021, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera) :
Borghi Claudio , Presidente ... 80 
Biglio Franca , presidente dell'ANPCI ... 80 
Borghi Claudio , Presidente ... 81 
Biglio Franca , presidente dell'ANPCI ... 81 
Borghi Claudio , Presidente ... 81 
Biglio Franca , presidente dell'ANPCI ... 81 
Borghi Claudio , Presidente ... 81 
Gregori Roberto , consulente tecnico dell'ANPCI ... 81 
Biglio Franca , presidente dell'ANPCI ... 81 
Borghi Claudio , Presidente ... 82 
Biglio Franca , presidente dell'ANPCI ... 82 
Borghi Claudio , Presidente ... 84 
Dell'Olio Gianmauro  ... 84 
Zuliani Cristiano  ... 84 
D'Ettore Felice Maurizio (FI)  ... 84 
Biglio Franca , presidente dell'ANPCI ... 85 
D'Ettore Felice Maurizio (FI)  ... 85 
Biglio Franca , presidente dell'ANPCI ... 85 
D'Ettore Felice Maurizio (FI)  ... 85 
Biglio Franca , presidente dell'ANPCI ... 85 
Borghi Claudio , Presidente ... 86 
D'Ettore Felice Maurizio (FI)  ... 86 
Borghi Claudio , Presidente ... 86 
Gregori Roberto , consulente tecnico dell'ANPCI ... 86 
Borghi Claudio , Presidente ... 86

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
CLAUDIO BORGHI

  La seduta comincia alle 10.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Giovanni Tria.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2019-2021, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, del Ministro dell'economia e delle finanze, Giovanni Tria, che saluto con affetto.
  Oggi iniziamo il ciclo di audizioni legato alla legge di bilancio.
  Al fine di assicurare un ordinato svolgimento dei lavori delle Commissioni, avverto che dopo l'intervento del Ministro sono previsti interventi per ciascun gruppo fino a un massimo di quattro, per un tempo complessivo di dieci minuti per gruppo.
  Invito quindi i rappresentanti degli omologhi gruppi di Camera e Senato, d'intesa fra loro, a far pervenire al banco della presidenza, durante lo svolgimento della relazione, i nominativi dei componenti del proprio gruppo designati a intervenire.
  Ricordo infine che, per motivi istituzionali, ossia la visita del Presidente dell'Eurogruppo, a mezzogiorno al massimo il Ministro deve lasciarci per accogliere l'ospite internazionale. Pertanto, dobbiamo tener conto anche di questo vincolo esterno.
  Ci sarà tempo adeguato per le risposte se tutti rispettano i tempi, per questo vi invito a rispettarli.
  Lascio la parola al Ministro Tria.

  GIOVANNI TRIA, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor presidente Borghi, signor presidente Pesco, onorevoli deputati e senatori, buongiorno. Come al solito continuo a scusarmi per la mia voce, ma è da qualche mese che ho poca voce.
  Questa mattina illustrerò le principali misure della legge di bilancio, collocandole nel contesto congiunturale e ripercorrendo brevemente le ultime tappe dell'interlocuzione con la Commissione europea.
  Come ho già avuto modo di illustrare in quest'Aula qualche settimana fa, il Governo si trova a operare in una situazione economica caratterizzata da un rallentamento che interessa l'intera area europea. La Nota di aggiornamento del DEF 2018 ha preso atto di questa situazione, rivedendo al ribasso la previsione ufficiale di crescita del PIL per l'anno in corso, che è stata portata all'1,2 per cento. Tuttavia, le prime evidenze relative al terzo trimestre mostrano un ulteriore peggioramento delle condizioni dell'economia, rispetto alle stime effettuate alla fine di settembre in sede di predisposizione della NADEF.
  La stima flash dell'ISTAT pone la crescita congiunturale poco sopra lo zero, con un'ulteriore decelerazione della crescita tendenziale rispetto ai trimestri precedenti. La debolezza congiunturale è riconducibile a una dinamica dell'esportazione e della domanda interna per consumi durevoli e investimenti Pag. 4 in frenata. Vi sono vari indicatori congiunturali che confermano questo andamento dell'economia.
  Si rileva inoltre un rallentamento nel mercato del lavoro, che a settembre ha segnato un lieve peggioramento rispetto all'andamento finora mostrato, riportando una riduzione nel numero degli occupati, un aumento degli individui in cerca di lavoro e una riduzione degli inattivi.
  Segnali positivi provengono, invece, dalla fiducia delle famiglie che rimane ancora relativamente elevata.
  Questo contesto aggiornato alle ultime informazioni, anche alla luce dell'incertezza che caratterizza il quadro internazionale, rafforza ulteriormente la ragione degli obiettivi che si pone la manovra, ovvero contrastare il rallentamento della crescita e fornire uno stimolo di più lungo respiro all'economia, principalmente attraverso il rilancio degli investimenti pubblici.
  Le misure di politica sociale del lavoro adottate dal Governo impatteranno sulla crescita del PIL nel prossimo triennio, che sarà, quindi, trainata dalla domanda interna. I consumi delle famiglie saranno favoriti dal miglioramento della dinamica dei redditi da lavoro dipendente e da maggiori trasferimenti pubblici. Il potere d'acquisto delle famiglie sarà altresì favorito dalla disattivazione delle clausole di salvaguardia IVA, completa nel 2019 e parziale nel 2020 e 2021.
  Tale azione è funzionale alla realizzazione di un obiettivo di crescita addizionale, che consenta di ridurre progressivamente e colmare il gap di crescita che ci separa dal resto dell'Europa. Per il prossimo anno si stima un effetto espansivo della manovra sulla crescita pari a 0,6 punti percentuali di PIL. È evidente quanto ciò sia necessario, alla luce delle più recenti informazioni che confermano un rallentamento significativo della crescita.
  Ho già avuto più volte l'occasione di sottolineare come questo impatto espansivo sia stimato in modo prudenziale, integrando molteplici fattori. Voglio dire che le stesse previsioni di crescita della Commissione europea, che, pur incorporando le più recenti informazioni negative sull'orientamento tendenziale dell'economia, fissano all'1,2 per cento il tasso previsto per l'anno prossimo, riconoscono evidentemente questo effetto espansivo.
  Al fine di creare gli spazi necessari a perseguire la propria strategia, il Governo ha modificato gli obiettivi di finanza pubblica ereditati dal precedente Governo. La relazione allegata alla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2018, adottata con risoluzione dal Parlamento lo scorso 11 ottobre, ha rideterminato il profilo dell'indebitamento netto, portandolo, come sapete, al 2,4 per cento per il 2019, per poi scendere al 2,1 per cento nel 2020 e all'1,8 per cento nel 2021. In termini strutturali, ciò corrisponderebbe a un obiettivo di saldo costante a meno 1,7 per cento del PIL in ciascuno degli anni del triennio.
  In ogni caso, ci tengo a chiarire che le stime programmatiche di indebitamento netto per il triennio 2019-2021, come è stato chiarito anche alla Commissione, sono state determinate sulla base dell'evoluzione tendenziale del PIL, che al momento della stesura della Nota di aggiornamento, alla fine di settembre, era stimata per il 2019 allo 0,9 per cento, e non, quindi, sulla base della crescita programmata, che era stimata all'1,5.
  Ne consegue che, contrariamente a quanto paventato da interlocutori istituzionali e non, le stesse non risulteranno più elevate qualora il complesso degli interventi disposti con la manovra determini un minore impatto sulla crescita o qualora ci sia un rallentamento tendenziale, al di là delle manovre del Governo, più forte di quello che noi ci aspettiamo.
  Peraltro, il Governo è stato autorizzato da questo Parlamento a discostarsi dal percorso di aggiustamento strutturale verso il pareggio di bilancio, per un deficit massimo del 2,4 per cento nel 2019. Il Governo è, quindi, impegnato evidentemente a rispettare questo limite.
  A metà ottobre il Governo ha inviato alle istituzioni europee il Documento programmatico di bilancio per il 2019. La Commissione europea ha inviato una prima richiesta di chiarimenti il 18 ottobre scorso. Pag. 5A questa richiesta il Governo ha risposto il 22 ottobre, instaurando un dialogo teso a spiegare le linee che ispirano la manovra di bilancio.
  La Commissione non ha tuttavia ritenuto sufficienti gli elementi inviati e nella riunione del collegio dei commissari del 23 ottobre 2018 ha adottato un parere formale sul Documento programmatico di bilancio, richiedendo contestualmente la presentazione di un nuovo documento entro tre settimane, che scadono il prossimo 13 novembre.
  Entro la stessa data, la Commissione ha richiesto di fornire un rapporto sui cosiddetti «fattori rilevanti» ai sensi delle norme che disciplinano la regola del debito. In questi giorni il Governo è impegnato nella predisposizione di una risposta alle richieste della Commissione circa gli aspetti ancora controversi e maggiormente sensibili riguardanti la manovra di bilancio, manovra che il Governo intende confermare nei suoi pilastri fondamentali.
  In termini di saldi, la manovra di finanza pubblica per il triennio 2019-2021 determina complessivamente un incremento dell'indebitamento netto pari a circa 21,8 miliardi nel 2019, 26,8 miliardi nel 2020 e 25,3 miliardi nel 2021, a cui corrispondono maggiori stanziamenti di bilancio pari a circa 28 miliardi nel 2019, 26,3 miliardi nel 2020 e 30 miliardi nel 2021.
  Gli interventi lordi previsti ammontano, in termini di indebitamento netto, a circa 44,2 miliardi nel 2019, a 52,4 miliardi nel 2020 e a 50,5 miliardi nel 2021. Le risorse reperite attraverso aumenti di entrate o riduzioni di spese ammontano a circa 22,4 miliardi nel 2019, a 25,6 miliardi nel 2020 e a 25,2 miliardi nel 2021.
  Per effetto delle misure adottate, le entrate delle amministrazioni pubbliche si riducono, in termini netti, di circa 5,1 miliardi nel 2019, 2 miliardi nel 2020 e 1,6 miliardi nel 2021. In termini di variazione netta delle spese, la manovra determina un aumento di circa 16,8 miliardi nel 2019, 24,8 miliardi nel 2020 e 23,7 miliardi nel 2021.
  Guardando alle grandi categorie economiche di spesa, la manovra avvia una ricomposizione della spesa, seppur limitata, a favore di quella in conto capitale. Rispetto alla stima a legislazione vigente, nell'ultimo anno dello scenario programmatico l'incidenza della spesa corrente, al netto degli interessi sulla spesa totale, si riduce di circa mezzo punto percentuale, mentre quella della spesa in conto capitale aumenta di 0,7 punti percentuali, passando dal 6,3 al 7 per cento. Quella della spesa corrente, al netto degli interessi, passerebbe dall'85,5 per cento all'85 per cento.
  Considerato il quadro generale nel quale contestualizzare la manovra, vengo a illustrarvi i principali contenuti. Il disegno di legge di bilancio si pone l'obiettivo ambizioso di proseguire una crescita inclusiva nel rispetto della responsabilità finanziaria. La strategia perseguita dal Governo con la manovra di finanza pubblica è articolata su quattro grandi pilastri: investimenti, inclusione sociale, correzione del sistema pensionistico e fisco.
  Per quanto riguarda gli investimenti, per innescare una crescita solida del sistema produttivo, la manovra fa leva sugli investimenti pubblici. Negli ultimi dieci anni – l'ho ricordato più volte – gli investimenti fissi lordi delle pubbliche amministrazioni hanno subìto una contrazione pari a circa il 30 per cento, passando da valori prossimi al 3 per cento del PIL negli anni antecedenti la crisi del 2008 all'attuale livello, che oscilla intorno all'1,9 per cento. A livello territoriale, la contrazione è stata quasi del 50 per cento.
  Questa situazione origina dal deterioramento delle capacità delle pubbliche amministrazioni di gestire i programmi di investimento nella loro dimensione economica, finanziaria e tecnologica, interessando le fasi della progettazione delle opere, della manutenzione, nonché i processi di selezione, valutazione e monitoraggio.
  Il Governo intende avviare una strategia di incremento e rinnovamento della qualità delle infrastrutture materiali e immateriali. Non si tratta solo di maggiori stanziamenti. È necessario adeguare anche le risorse umane e organizzative necessarie alla realizzazione di investimenti di qualità e offrire un quadro regolamentare di semplificazione Pag. 6 amministrativa e giuridica. A questo fine, il Governo ha previsto la costituzione di una struttura di supporto operativa denominata InvestItalia che opererà alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei ministri e che ha il fine di ottimizzare il ciclo di vita delle politiche di investimento, rafforzandone il coordinamento amministrativo, sostenendo e affiancando le amministrazioni nelle diverse fasi di valutazione, verifica e realizzazione degli investimenti pubblici.
  Per promuovere le capacità strutturali nella pubblica amministrazione, necessarie per lo sviluppo di progetti e per la loro esecuzione, il Governo ha anche previsto la costituzione di una Centrale per la progettazione delle opere pubbliche, che opererà in autonomia amministrativa, organizzativa e funzionale. La Centrale, pensata e dimensionata anche alla luce di esperienze internazionali di successo di altri Paesi, avrà il compito di offrire servizi di progettazione di opere pubbliche e ogni altra prestazione relativa alla progettazione di fattibilità tecnica ed economica definitiva ed esecutiva dei lavori e avrà anche il compito di predisporre modelli di progettazione per opere simili o con elevato grado di uniformità e ripetitività. Questa struttura avrà un ruolo qualificante nella politica di rilancio degli investimenti. L'aumento dell'offerta di servizi di progettazione di natura pubblica favorirà, peraltro, la ripresa del settore delle costruzioni e sarà di stimolo al segmento della progettazione privata.
  Accanto a queste innovazioni, la manovra prevede risorse aggiuntive per investimenti pubblici pari a circa 16 miliardi di euro per il prossimo triennio, appostate in due fondi, uno per le amministrazioni centrali e uno per gli enti territoriali. Se consideriamo gli stanziamenti nell'orizzonte dei prossimi quindici anni, questo intervento determina la disponibilità di risorse aggiuntive per circa 100 miliardi nel complesso.
  Queste misure saranno, inoltre, accompagnate da una serie di azioni, tra cui iniziative di semplificazione e accelerazione delle procedure dei progetti in corso.
  Per ciò che riguarda l'azione che abbiamo chiamato di inclusione sociale, tengo a ribadire ancora una volta un concetto che ritengo fondamentale per spiegare la strategia che stiamo perseguendo. Non esiste stabilità economica senza stabilità sociale.
  Il numero di persone a rischio di povertà o deprivazione materiale in Italia è oggi di circa 17,5 milioni, un dato inaccettabile, anche alla luce dell'obiettivo che ci siamo impegnati a perseguire nell'ambito di Europa 2020, che consiste nel ridurre il numero di individui in condizioni di povertà, o a rischio di cadervi, di oltre 4,5 milioni rispetto al livello attuale.
  Il contrasto alla povertà ha al centro il reddito di cittadinanza e le pensioni di cittadinanza, strumenti di sostegno alle categorie vulnerabili. In particolare, il reddito di cittadinanza è diretto alle persone colpite dalla crisi e dalla transizione tecnologica, con l'obiettivo di agevolare il loro inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro anche attraverso un percorso di formazione adeguata alle esigenze delle imprese.
  Un ruolo importante, ai fini dell'efficacia delle politiche attive del lavoro perseguite con questo intervento, sarà svolto dai centri per l'impiego, che dovranno essere riformati e potenziati per poter fronteggiare al meglio le nuove esigenze.
  Per il finanziamento di questa misura abbiamo costituito un fondo con una dotazione di 9 miliardi di euro annui, che comprende gli stanziamenti già previsti per il reddito di inclusione. Quest'ultimo sarà erogato, ovviamente, fino all'entrata in vigore effettiva del reddito di cittadinanza.
  L'attuazione di queste misure sarà regolata da interventi legislativi che saranno predisposti nelle prossime settimane e definiranno la platea degli interessati, le modalità di erogazione e le altre caratteristiche specifiche, nel rispetto dei tetti di spesa fissati dalla manovra.
  Guardando al mercato del lavoro e ai persistenti divari territoriali, il disegno di legge di bilancio rinnova per il 2019 e il 2020 l'incentivo alle assunzioni per le imprese delle regioni del Mezzogiorno. È prevista la decontribuzione per chi assume in Pag. 7particolare giovani con età inferiore a trentacinque anni oppure individui con età superiore, disoccupati da almeno sei mesi. Questa misura vale almeno 500 milioni di euro l'anno. Infine, sono previsti 1,3 miliardi, nel triennio 2019-2021, per le politiche sociali e il welfare, che sono destinati a finanziare vari fondi, come quello per le non autosufficienze, per le politiche sociali, per le politiche della famiglia e per l'assistenza ad alunni disabili.
  Per quanto riguarda le modifiche da apportare al sistema pensionistico, queste misure sono dirette ad agevolare la partecipazione al mercato del lavoro, ed è necessario associare interventi che riguardino la transizione in uscita dal mercato del lavoro.
  L'impatto della globalizzazione e del mutamento tecnologico sul tessuto produttivo richiede, infatti, di favorire un ricambio generazionale profondo, che permetta l'inserimento di nuove competenze, essenziali per innestare l'innovazione nei processi produttivi delle imprese. A tal fine, ho spesso ricordato che è necessario accelerare il turnover e non rallentarlo, una staffetta generazionale che permetterà di affrontare le nuove dimensioni della competizione globale e di ridurre, al contempo, il peso della disoccupazione giovanile, ancora oltre il 30 per cento.
  Il terzo pilastro della manovra è quello che riguarda la cosiddetta «quota 100», che sarà destinata a favorire questa accelerazione del turnover di cui ho parlato. Questa misura consentirà alle persone che hanno determinati requisiti di uscire dal mercato del lavoro in anticipo rispetto alle regole attuali.
  Abbiamo a questo fine istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Fondo per la revisione del sistema pensionistico, attraverso l'introduzione di ulteriori forme di pensionamento anticipato e misure per incentivare l'assunzione di lavoratori giovani – questa è la denominazione del fondo – che avrà una dotazione di 6,7 miliardi di euro per il 2019 e 7 miliardi l'anno dal 2020 in poi.
  Vengo all'ultimo dei pilastri di questa manovra, il fisco. La manovra prevede interventi di riduzione della pressione fiscale rispetto alla legislazione vigente per complessivi 13,4 miliardi nel 2019, 9,5 miliardi nel 2020 e 8,8 miliardi nel 2021. La quota prevalente di questa riduzione è rappresentata dalla completa disattivazione degli aumenti delle aliquote IVA e delle accise sui carburanti previsti a partire dal primo gennaio 2019, ovvero della clausola di salvaguardia ancora in vigore per complessivi 12,5 miliardi. Per i due anni successivi sono previste riduzioni degli aumenti, previsti sempre da queste clausole, per circa 5,5 miliardi per il 2020 e 4 miliardi per il 2021.
  Tra le innovazioni in materia fiscale segnalo gli interventi in favore dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese, in particolare l'innalzamento a 65.000 euro della soglia di ricavi e compensi per l'accesso al cosiddetto «regime dei minimi», che determinerà una riduzione del prelievo a carico di queste categorie per circa 1,5 miliardi di euro a regime.
  A partire dal 2020 si introduce un'imposta sostitutiva delle attuali imposte sul reddito, con un'aliquota unica al 20 per cento, a beneficio delle persone fisiche che, esercitando attività di impresa o di lavoro autonomo, totalizzino ricavi o compensi compresi tra 65.000 e 100.000 euro. Questo beneficio fiscale per il 2020-2021 ammonterà, nel complesso, a circa 1,1 miliardi.
  I benefici fiscali riservati alle imprese si estendono con ulteriori misure di scopo. La legge di bilancio prevede infatti uno sconto fiscale per le imprese che aumentino gli investimenti in beni materiali e strumentali e in numero di lavoratori assunti. È prevista infatti una tassazione agevolata, nell'ambito dell'imposta sul reddito delle imprese, per la quota degli utili reinvestiti in azienda, in investimenti o assunzioni sia a tempo determinato che indeterminato. Il beneficio fiscale di questo provvedimento a regime risulterà pari a circa 1,8 miliardi.
  Accanto a queste facilitazioni abbiamo rifinanziato un sostegno specifico alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese, motore fondamentale dell'innovazione, prorogando l'iperammortamento degli investimenti in beni materiali strumentali nuovi, nonché la maggiorazione del Pag. 8costo di acquisizione dei beni immateriali come i software, con un beneficio fiscale pari a circa 0,4 miliardi nel 2020 e 0,7 miliardi nel 2021.
  Per sostenere la crescita delle attività produttive, soprattutto in una fase in cui è necessario contrastare la caduta della domanda interna, sono previsti provvedimenti che riguardano la proroga al 2019 delle detrazioni fiscali per le spese relative agli interventi di efficientamento energetico, ristrutturazione edilizia, acquisto mobili e sistemazione a verde, che valgono, in termini netti, circa 0,6 miliardi nel 2020 e 0,9 miliardi nel 2021.
  Sul fronte delle attività commerciali, infine, si introduce la cedolare secca al 21 per cento per i nuovi contratti di locazione di immobili a uso commerciale. Evidentemente si parla di immobili di proprietà di persone fisiche. Una misura in favore di un comparto con redditività molto bassa, che in presenza di elevate IRPEF, IMU e TASI è necessaria. Un fenomeno, questo, che ha determinato lo svuotamento di molte aree commerciali nelle città, dando luogo a situazioni di degrado e spreco di risorse. Attraverso questo strumento è possibile prevedere uno stimolo al commercio che produrrà effetti benèfici in termini di maggiore gettito fiscale e opportunità di rilancio del settore.
  Nel concludere questo mio intervento, vorrei ribadire che le nostre preoccupazioni circa il rallentamento dell'economia sono confermate ed è, quindi, ancor più necessario attuare una manovra anticiclica, soprattutto in un Paese come il nostro che non ha ancora recuperato i livelli di reddito e occupazione di dieci anni fa.
  Le misure che il Governo ha messo a punto per questa legge di bilancio rappresentano un percorso di politica economica che aiuterà il Paese a crescere, per assicurare un maggior benessere ai nostri concittadini. Sia le azioni di rilancio degli investimenti pubblici sia i provvedimenti di contrasto alla povertà e i provvedimenti riguardanti politiche attive del lavoro avranno un impatto positivo soprattutto nelle aree del Mezzogiorno, che hanno necessità di riallineare la propria capacità di crescita alle aree più sviluppate del nostro Paese, in modo da consentire di raggiungere l'obiettivo fondamentale che ci siamo posti: quello di colmare il gap di crescita con il resto dell'Europa, che si deve in gran parte proprio al divario territoriale che storicamente grava sul nostro Paese e che la bassa crescita dell'ultimo decennio ha acuito.
  Con questa manovra stiamo cercando di uscire dalla trappola della bassa crescita, stimolando i consumi, alleggerendo il carico fiscale su chi fa impresa, dando una forte spinta agli investimenti e migliorando la capacità progettuale dei nostri apparati amministrativi, cercando al tempo stesso di tutelare le fasce più vulnerabili della popolazione.
  Ci rendiamo conto che i problemi rilevati richiederebbero una manovra espansiva forse più incisiva di quella programmata, ma è stato necessario trovare un corretto bilanciamento tra stabilità finanziaria e stabilità sociale, perché entrambe sono necessarie.

  PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  RAPHAEL RADUZZI. Grazie, Ministro. Noi sappiamo che uno dei punti di discussione principali con la Commissione europea riguarda, non solo il deficit al 2,4, ma piuttosto il deficit strutturale. Questo deriva principalmente da stime che la stessa Commissione fa in maniera molto prudenziale, se non addirittura sbagliata, rispetto anche ad altri organismi come l'OCSE o l'Ufficio parlamentare di bilancio. Propriamente la Commissione ad aprile stimava un output gap positivo, quindi vedeva per il 2019 un Paese che doveva probabilmente fare delle politiche restrittive, perché era al di sopra della propria capacità produttiva. La stima parla di un output gap a 0,5.
  A suo avviso, di fronte a un Paese con oltre 5 milioni di poveri, con una disoccupazione intorno al 10 per cento e una disoccupazione giovanile al 30 per cento, con un livello di reddito ancora al di sotto dei livelli pre-crisi, è plausibile stimare un output gap positivo in queste condizioni?

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  LUIGI MARATTIN. Buongiorno, signor Ministro. Auguri per la sua voce. Ci dispiace aver sentito che lei riconosce di aver avuto poca voce ultimamente. Le auguriamo di avere una voce più incisiva nei prossimi mesi.

  GIOVANNI TRIA, Ministro dell'economia e delle finanze. In senso fisico.

  LUIGI MARATTIN. Parlava in senso fisico? Scusi, ho capito male. Allora, auguri maggiormente.
  Lei ha detto che gran parte della stima di crescita positiva per il 2019 è dovuta all'aspettativa di incremento dei consumi, a sua volta dovuto ai maggiori trasferimenti. Lei stesso poi ha detto che questi maggiori trasferimenti sono congelati in un fondo di circa 9 miliardi, a cui un prossimo decreto collegato attingerà per la misura del reddito di cittadinanza.
  Qual è la data o il periodo di entrata in vigore, visto l'iter istituzionale di questa misura, oltre cui la sua affermazione non ha più valore, nel senso che i consumi non si possono stimolare se non c'è effettivamente l'erogazione di un trasferimento? Qualora l'iter, l'attuazione e l'implementazione del reddito di cittadinanza andassero avanti nel corso del 2019, sarebbe difficile ora, ex ante, dire che i consumi del 2019 verranno stimolati da un incremento dei trasferimenti, che nei fatti non ci sarà. Vorrei quindi sapere qual è la sua valutazione sulla data oltre la quale questo pilastro della manovra non è più valido.
  Arrivo alla seconda domanda. Comunque la giriamo, questa manovra è espansiva, lei ci ha addirittura detto che non è espansiva come avrebbe voluto. Quindi le chiedo, poiché sia la Germania sia gli Stati Uniti, i driver del ciclo economico internazionale, stanno entrando nell'ottavo, o nono nel caso degli Stati Uniti, anno di espansione economica consecutiva e la probabilità di una recessione nei prossimi due anni non è più trascurabile come prima, qual è la sua opinione sull'effettiva dimensione dello spazio fiscale che avremo, se questo evento dovesse verificarsi. Con un deficit di questo tipo, che margine fiscale avremo, se e quando, come risulta sempre meno improbabile, una recessione arriverà nei prossimi due anni?
  In terzo luogo, poiché sugli organi di stampa i suoi colleghi di Governo continuano a fare un po’ di confusione nella comunicazione pubblica, può cortesemente qui confermare che per quanto concerne l'articolo 38 della legge di bilancio, vale a dire il ristoro ai risparmiatori colpiti dai fallimenti delle sei banche, contrariamente a quanto è stato detto in campagna elettorale e a quanto viene detto stranamente anche in queste ore, la misura prevede il rimborso con la stessa identica modalità decisa dal precedente Governo?
  L'articolo 38, alle prime due righe, dice che i risparmiatori che hanno accesso al rimborso sono coloro che sono in possesso di una sentenza del giudice o di una pronuncia favorevole dell'arbitro per le controversie finanziarie. Quest'arbitro viene potenziato, ma i risparmiatori che avranno accesso al ristoro sono soltanto queste due categorie, che sono esattamente le due categorie che era previsto potessero accedere al fondo di 100 milioni stanziato dal Governo Gentiloni.
  Visto che in questi strani tempi c'è bisogno anche di chiedere conferma delle cose scritte nei disegni di legge e visto anche il brusio dei colleghi, può confermare loro che non è vero che al momento, per quanto scritto nel disegno di legge, tutti i risparmiatori, indipendentemente da queste condizioni, avranno diritto al ristoro?
  Ministro, la prego poi di spiegare meglio come la centrale di progettazione, invece di essere uno spiazzamento al mercato privato della progettazione, possa essere uno stimolo? Davvero non l'ho capito.
  Arrivo alla quinta e penultima domanda. Lei ha detto che la pressione fiscale è in calo nel 2019, evidentemente rispetto al tendenziale 2019, cioè rispetto allo scatto delle clausole di salvaguardia nel 2019 a legislazione vigente; quindi disattivandole la pressione fiscale è in calo. Può, invece, confermare – ma anche questo è scritto nero su bianco sui vostri documenti di finanza pubblica – che rispetto all'anno precedente, ossia rispetto al consuntivo 2018, Pag. 10per la prima volta si interrompe il cammino di discesa della pressione fiscale, che negli ultimi anni è scesa dal 43,6 al 41,8 – sto citando i vostri dati – e che per l'anno prossimo è confermata al 41,8 per cento? Anche in questo caso è abbastanza pleonastico e lapalissiano, ma può confermare che anno su anno, cioè 2019 su 2018, la pressione fiscale interrompe la sua discesa?
  Arrivo all'ultima domanda. Lei, signor Ministro, ha detto: «Confermiamo – immagino si intendesse dire nell'interlocuzione formale e informale, giornalistica e riservata, che sta avvenendo con l'Europa – la manovra nei suoi pilastri fondamentali». Posso allora chiederle se e cosa di questa manovra il Governo è disposto a cambiare o a considerare di cambiare, visto che mi pare di capire che i pilastri fondamentali sono quelli che lei ha citato? A parte questi, se e cosa di questa manovra il Governo è disposto in potenza a cambiare?

  GIUSEPPE ERCOLE BELLACHIOMA. Buongiorno, signor Ministro. Buongiorno a tutti i colleghi. Io vorrei farle una domanda di carattere generale e una un po’ più specifica, perché ho ricevuto moltissime segnalazioni da commercialisti su una questione riguardante la trasparenza delle società a responsabilità limitata.
  Per quanto riguarda la domanda di carattere generale, abbiamo letto e abbiamo sentito che l'Europa – chiamiamola così – critica la nostra manovra a prescindere e parla già di una procedura di infrazione e, quindi, di applicazione di sanzioni.
  La mia domanda è questa: come mai, secondo lei, l'Europa, in maniera arbitraria e preventiva, pensa già che noi, in qualche modo, avremo da questa manovra un effetto negativo sui conti pubblici senza, magari, attendere o verificare l'effetto che questa manovra avrà in realtà sui nostri conti pubblici, anche in funzione del fatto che in passato, spesso, i conti finali si sono discostati rispetto alle previsioni?
  Un'altra domanda un po’ più specifica, come le ho detto prima, riguarda il discorso dell'accesso delle società a responsabilità limitata al nuovo regime fiscale. Ho visto che, a differenza della prima stesura, nella seconda è stato eliminato il concetto di trasparenza per i soci. La preoccupazione un po’ di tutti, ed è anche un mio timore, è che se non si riduce il concetto di trasparenza – estendendo, quindi, le agevolazioni anche alle società a responsabilità limitata – a fine anno ci potrebbe essere una fuga, quindi una cessione di quote di queste società. Come mai nella prima stesura il concetto di trasparenza delle società a responsabilità limitata è stato inserito e nella seconda non c'è più? Questa è la seconda domanda.

  ROBERTO PELLA. Signor Ministro, sono estremamente allarmato non solo dai dati e dalle indicazioni che ci arrivano dall'Europa, ma soprattutto da quello che sta succedendo nelle tasche dei cittadini italiani. Lasciamo perdere lo spread, che è più per addetti ai lavori. Lei si rende conto, signor Ministro, che in queste settimane tutti noi, tutti i cittadini italiani hanno perso negli investimenti in titoli, non solo azionari, in titoli obbligazionari, in quello che è il debito pubblico italiano, quelli che sono i fondi pensione, ingenti quantità di denaro?
  Tutti questi cittadini si stanno rendendo conto in questi giorni, con i loro promotori finanziari o quando vanno in banca per vedere il capitale reale che è rimasto loro, di come sono stati depauperati dalle scelte scellerate fino a oggi portate avanti dal Governo gialloverde in tema di finanza. Questi sono dati veri, sono dati concreti, al di là di tutto quello che viene enunciato e indicato.
  Soprattutto allarma, signor Ministro, pensare che noi possiamo realizzare un prodotto interno lordo per il 2020 all'1,6 quando la Germania prospetta un 1,7 e quando sappiamo bene storicamente – lei è sicuramente persona che conosce assai bene la materia – che siamo sempre stati sotto del 50 per cento rispetto all'indicazione che arriva da parte del Governo tedesco.
  Considerando i dati di oggi sul crollo degli ordini delle macchine utensili – meno 15 per cento –, dell'edilizia – che sta creando disoccupazione, non lavoro – i dati sulla ristrettezza economica, che non fa capo neanche al problema legato alla Pag. 11domanda interna, che non compensa quelle che oggi sono le scelte che ricadono anche sullo sviluppo economico dei territori, in modo particolare quello del made in Italy, signor Ministro, non crede che forse sarebbe opportuno rivedere questa manovra e sottostare alle regole democratiche che abbiamo sottoscritto a livello europeo? Non tanto nell'interesse di abbassare la chioma rispetto alle indicazioni di Bruxelles, ma nell'interesse dei cittadini.
  Al di là di quello che è previsto in questa manovra economico-finanziaria, giusto o sbagliato che sia, quello che oggi è un dato reale, di fatto, che ogni cittadino prova fortemente nel proprio conto corrente, nei propri conti bancari, è quanto hanno perso.
  Che cosa risponde a questi cittadini, signor Ministro? Cosa si devono aspettare nelle prossime settimane, con un ulteriore rischio di bocciatura da parte dell'Europa e con quella che sarà una caduta totale a livello di spazzatura dei nostri titoli italiani?

  YLENJA LUCASELLI. Buongiorno, Ministro. Ho tre domande molto veloci.
  Con la prima mi ricollego all'argomento delle banche. Leggevo, alla lettera f) dell'articolo 38, comma 3, che l'accettazione del pagamento a carico del Fondo per il ristoro dei risparmiatori equivale a rinuncia all'esercizio di qualsiasi diritto e pretesa connessi alle azioni delle banche poste in liquidazione, salvo quanto previsto dal comma 6. Ebbene, vorrei capire come sia possibile impedire l'esercizio di una richiesta di risarcimento anche, per esempio, nei confronti della Banca d'Italia e di Consob, quindi non capisco perché ci sia questa tutela e come, di fatto, possa essere posta in essere dal punto di vista giuridico. Giuridicamente credo sia sbagliata l'impostazione.
  Seconda domanda. Poiché prima parlavamo degli investimenti, siccome leggendo la manovra mi pare piuttosto chiaro che le spese crescono più sotto forma di uscite correnti che sotto forma di spese in conto capitale, che sono quelle che hanno a che fare con gli investimenti, vorrei capire come, di fatto, si regolerà questo andamento sugli investimenti.
  Terza domanda. L'eliminazione dell'aiuto alla crescita economica (ACE) e dell'imposta sul reddito di impresa (IRI) porta, inevitabilmente, a una modifica della platea dei beneficiari, ragion per cui desidero capire come il Governo intenda affrontare questa modifica.
  Ultima domanda, e con questo ho davvero concluso. Poiché sappiamo che fra poco incontrerà i rappresentanti dell'Unione europea per parlare della questione relativa alla visione del deficit, gradirei capire come il Governo intende affrontare questa discussione e, quindi, cosa dobbiamo aspettarci a partire da domani.

  STEFANO FASSINA. Ringrazio il signor Ministro. Formulo una valutazione di carattere generale e poi pongo alcune domande specifiche.
  Nei giorni scorsi, i dati che sono arrivati da tante fonti, in particolare da Eurostat, indicano che il rallentamento non è soltanto un problema italiano, ma è un problema di carattere generale. Credo che questo tema, prima di venire ai problemi specifici che comporta sulla nostra finanza pubblica, e non solo, dovrebbe sollecitare una qualche riflessione rispetto a un percorso che abbiamo alle spalle, che non è stato particolarmente brillante, perché noi non siamo tornati al livello del PIL del 2008, altri Paesi ci sono tornati a malapena, il tasso di disoccupazione è a malapena quello medio dell'Eurozona, è a malapena al livello del 2008, ma con una composizione che è segnata da molta più precarietà e da una dinamica dei redditi da lavoro decisamente preoccupante. Quindi, è un cambio di ciclo, che però non ha alle spalle una fase particolarmente espansiva, bensì una fase complicata, nonostante la politica monetaria portata avanti in questi anni.
  Ebbene, credo che questo elemento dovrebbe far riflettere soprattutto chi continua a fare le solite raccomandazioni da Bruxelles perché, al di là di come si vuole valutare l'impatto della manovra sul PIL, sarebbe interessante che qualcuno a Bruxelles facesse una simulazione su quello che sarebbe stato il PIL e l'andamento del debito pubblico sul PIL se si fosse provato Pag. 12a raggiungere gli obiettivi del fiscal compact, magari utilizzando parametri che avessero qualche connessione con la realtà, piuttosto che parametri astrusi sugli effetti così poco restrittivi delle misure di taglio della spesa o di aumento delle imposte.
  Ritengo che in questa fase sia assolutamente necessario avere una manovra di segno espansivo e che, quindi, sia utile confermare l'obiettivo di indebitamento approvato dal Parlamento. Tuttavia, alla luce dei dati che abbiamo sull'ulteriore rallentamento, credo che sarebbe decisamente utile cambiare il mix nell'utilizzo dell'extra deficit che si è definito rispetto agli obiettivi del fiscal compact.
  Lei insiste, in termini di politica economica, sugli investimenti, però mi pare che l'impegno sia ancora assolutamente circoscritto.
  Ritengo che, dato il peggioramento del quadro in cui siamo e data anche la difficoltà che incontriamo a convincere gli interlocutori istituzionali, sarebbe utile che nella composizione della manovra una parte di quelle risorse che oggi sono appostate sul cosiddetto reddito di cittadinanza venissero dedicate agli investimenti, anche perché, come ha ricordato – ma non ci voleva un modello econometrico particolarmente sofisticato per capirlo – quelle risorse saranno meramente trasferimenti monetari in larga parte del Paese. Infatti, come mi è capitato già di dire, possiamo spostare il centro per l'impiego di Amsterdam a Reggio Calabria, ma dubito che riusciremo a trovare un'occupazione significativa ai giovani calabresi, dato che non c'è domanda di lavoro, quindi sarebbe utile che questo spazio fiscale fosse concentrato in misura largamente prevalente sugli investimenti in piccole opere, così da avere effetti davvero positivi sul lavoro.
  Vengo all'altro punto. Il Mezzogiorno è completamente assente dalla nostra discussione. Ieri per l'ennesima volta lo SVIMEZ ci ha evidenziato dati agghiaccianti sul Mezzogiorno. Non possiamo rimanere a guardare.
  Credo che quella clausola sugli investimenti, che non ho visto né nell'articolo che riguarda i maggiori investimenti attribuiti alle amministrazioni centrali né nell'articolo che riguarda i maggiori investimenti attribuiti alle amministrazioni locali, andrebbe esplicitata. Dobbiamo concentrare la misura significativa degli investimenti sul Mezzogiorno, in quei due articoli che prevedono maggiori risorse in termini di investimenti e in tutti gli interventi che prevedono investimenti, ad esempio anche, per quanto modesti siano, quelli che riguardano la sanità oppure l'INAIL.
  Solo così noi possiamo sperare di dare una qualche credibilità agli obiettivi di crescita che sono stati indicati e di dare una qualche prospettiva realistica di lavoro, che altrimenti non vi sarebbe.
  Chiudo con due domande. In primo luogo, nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza l'intervento su reddito e pensioni di cittadinanza è rinviato a un collegato. Rimane confermato, come scritto nella Nota, che vi sarà un collegato dedicato a reddito di cittadinanza e pensioni di cittadinanza?
  Per quanto riguarda l'intervento sulle pensioni, che cosa dobbiamo aspettarci? Vi è un maxiemendamento del Governo in dirittura d'arrivo nel disegno di legge di bilancio oppure vi sarà un intervento legislativo ad hoc, magari anch'esso collegato?
  Sono questioni ovviamente rilevanti, anche per capire in che misura l'obiettivo di indebitamento previsto per il 2019 verrà segnato dai due principali interventi, principali non solo in termini politici, ma anche in termini di impegni finanziari.

  BEATRICE LORENZIN. Ministro, come lei stesso ha ricordato nella sua relazione, oggi le previsioni sull'economia macro della Commissione europea e del Fondo monetario internazionale, così come i dati dell'ISTAT della scorsa settimana e la relazione dello SVIMEZ di ieri, ci dicono che siamo in una situazione di forte rallentamento della crescita, dovuto sia a fattori esogeni sia a fattori interni che determinano grande incertezza.
  Lei traccia nella sua relazione un quadro di crescita che attribuisce a determinate misure, cioè all'effetto che la manovra avrà sui consumi, sull'occupazione e sugli investimenti pubblici, grazie anche al reddito Pag. 13 di cittadinanza e alle misure sulle pensioni.
  Tuttavia, la legge di bilancio – mi dispiace dirlo, perché ripartiamo dall'inizio del suo intervento precedente – non ci chiarisce nel merito in base a quali moltiplicatori voi definite questa crescita.
  In secondo luogo, come si sviluppa la crescita, se non conosciamo ancora la struttura delle misure che verranno adottate? Qui vengono allocati fondi, ma non sappiamo come verranno utilizzati e attraverso quali misure, cioè se avremo un disegno di legge o un decreto-legge, se ci sarà un emendamento a questa legge di bilancio e quali saranno i tempi di applicazione di queste misure. Lo stesso Ministro Savona, in un'intervista a Panorama, ha affermato che ci vorrà almeno un anno e mezzo per vedere gli effetti del reddito di cittadinanza. Di conseguenza, ci si chiede come possano questi effetti essere visibili già dal 2019.
  Inoltre, in questa sua relazione e nell'impostazione della legge di bilancio, lei attribuisce grande capacità di espansione agli investimenti. Come è stato già ricordato, qui abbiamo in realtà una moltiplicazione di nuovi strumenti di erogazione degli investimenti – pensiamo alla cabina di regia a Palazzo Chigi, all'Agenzia del demanio rafforzata come centrale di progettazione per il Genio civile – e poi abbiamo l'accentramento di una partnership pubblico-privato. Questa nuova impostazione architettonica, che ricorda molto gli anni Novanta, non rischia, invece, di rallentare l'incisività degli investimenti e la realizzazione delle opere, riducendo moltissimo la partecipazione del privato e quella che dovrebbe essere una partnership pubblico-privato?
  Per accrescere la produttività, non sarebbe stato più opportuno rafforzare gli strumenti 4.0, lavorare su un'ulteriore riduzione del costo del lavoro, fare investimenti operativi sulle tecnologie e le infrastrutture tecnologiche nel Sud, cioè avere un'impostazione più orientata alla creazione di nuova occupazione?
  Per quanto concerne il Sud, come è stato già detto, in realtà in questa legge di bilancio ci sono soltanto misure di assistenza, che tra l'altro riguardano solo una porzione degli abitanti del Sud, e non una visione complessiva di aggancio del Sud rispetto al resto del Paese. Anzi oggi, con il rafforzamento delle autonomie che vediamo in atto di alcune regioni, rischiamo che questo divario sia sempre più accentuato e lo vedremo anche nel settore del sociale.
  Tornando, invece, alla misura del reddito di cittadinanza, nella sua relazione, Ministro, secondo me c'è un errore concettuale che continua a essere portato avanti, cioè la confusione tra le misure di contrasto alla povertà e le misure contro la disoccupazione. Le misure di contrasto alla povertà sono una cosa, le misure per lottare contro la disoccupazione sono altre e riguardano in particolare: la formazione, l'educazione, il costo del lavoro, l'azione sugli incentivi alla realizzazione di nuove imprese, non contribuire, come si fa ancora, all'allargamento del gap tra grande impresa e piccola impresa, ma lavorare sul maggiore dimensionamento delle imprese italiane. In questa legge di bilancio non troviamo questo.
  Abbiamo già affermato più volte, ed è stato anche sottolineato da molti esperti, come il reddito di cittadinanza abbia all'interno non poche lacune, in primis i centri per l'impiego, che così come sono strutturati, anche con l'intervento disposto, non sono minimamente in grado di realizzare quello che viene previsto, così come la mancanza di misure di accompagnamento, che sono sempre necessarie per la lotta alla povertà, che riguarda soprattutto l'emarginazione e il depauperamento di interi settori. Su questo punto il disegno di legge è veramente molto lacunoso e ancora siamo nel buio.
  A questo proposito nulla si dice sui salari. Lei ha parlato del fatto che ci sono circa 17 milioni di persone a rischio di entrare in povertà. Noi abbiamo i poveri assoluti da una parte e dall'altra abbiamo tutti coloro che oggi non sono poveri e che non devono rischiare di entrare in povertà, che è un numero di persone vastissimo. Le misure nei confronti di queste persone sono Pag. 14misure di formazione permanente al lavoro, sono misure di rafforzamento del salario, che riguardano tutti gli italiani. Su questo poco è stato fatto.
  Sulla sanità e sulle misure di welfare non c'è nulla. Stiamo esattamente come eravamo prima. Certamente ci saremmo aspettati molto di più da una manovra che ha questo indice di spesa per poche persone, quando 60 milioni di abitanti forse potevano avere un miliardo di euro in più sull'assistenza sanitaria.

  ELISA PIRRO. Buongiorno, Ministro. Vorrei che lei ci illustrasse in modo più approfondito i motivi per cui l'Unione europea calcola un indebitamento del 2,9 per cento a fronte del calcolo del Ministero dell'economia e delle finanze che è del 2,4 per cento.
  Inoltre, visto che le si chiede di confermare i contenuti della norma, le chiederei di ribadire che la manovra include una significativa riduzione della pressione fiscale, con l'estensione del regime forfettario per imponibili fino a 65.000 euro, con un'aliquota del 5 o del 15 per cento, a seconda degli anni di attività, già dal 2019 e, dal 2020, l'adozione di un regime fiscale facoltativo che prevede un'aliquota del 20 per cento sostitutiva di IRPEF, addizionali, IRAP e IVA, per imponibili tra 65.000 e 100.000 euro.

  ANTONIO MISIANI. Signor Ministro, lei ha dichiarato a più riprese che, se non venisse rispettato il 2,4 per cento come limite di indebitamento netto programmato, il Governo interverrà. Vorrei capire in che termini, dove andreste a tagliare e se questi tipi di interventi non rischino di essere prociclici, quindi di aggravare un rallentamento dell'economia, evidente in tutte le stime e previsioni che stanno uscendo in questi giorni.
  La seconda domanda riguarda lo spread. Credo che questo tema, apparentemente per gli addetti ai lavori, in realtà rischi di avere pesanti effetti sull'economia reale. Si attesta ormai da un mese a quota 300 ed è legato a una evidente crisi di fiducia nei confronti del Governo e delle politiche economiche che questo sta mettendo in atto. C'è un effetto sugli interessi del debito evidente già nei vostri numeri. Il Governatore della Banca d'Italia, intervenendo alla Giornata mondiale del risparmio, però, ha dato una stima di impatto sul costo degli interessi sul debito pubblico superiore a quella scritta nei numeri della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, che peraltro, se non vado errato, era costruita su un'ipotesi di spread a 240-250, mentre – ripeto – oggi siamo a 300. Le chiedo se non sia il caso di rifare i conti, tenendo conto di quella che ormai è una situazione che purtroppo è venuta consolidandosi.
  Lo spread impatta anche sulla solidità delle banche. Il sottosegretario Garavaglia ha dichiarato che il Governo interverrà con la massima prontezza e decisione in presenza di eventuali rischi per la tenuta del sistema bancario. Vorrei sapere da lei che tipo di interventi mettereste in atto se fosse necessario intervenire per consolidare il sistema bancario.
  Il terzo punto, ma non ultimo in ordine di importanza, è l'impatto sul credito dello spread. L'ex capo economista del Fondo monetario, Olivier Blanchard, ha scritto un articolo interessante sul rischio che l'espansione fiscale delineata dalla manovra del Governo, in realtà, possa avere effetti netti recessivi in virtù di una crescita dei tassi di interesse nettamente superiore alle previsioni, che provocherebbe credit crunch e quant'altro. Vorrei sapere che valutazione lei dà di questo rischio e, complessivamente, se non sia il caso di rivedere i pilastri della manovra per riconquistare la fiducia dei risparmiatori ed evitare effetti recessivi evidenti, che sarebbero indotti da uno spread su livelli così elevati.
  Ancora due domande. La manovra è molto sbilanciata sulla parte corrente. Lo hanno detto tanti colleghi, quindi non ci torno. Voi avete, peraltro, ridimensionato molte misure fiscali che aiuterebbero la crescita. Avete abolito l'ACE – aiuto alla crescita economica e l'IRI – imposta sul reddito di impresa, avete ridimensionato il credito d'imposta per ricerca e sviluppo, 300 milioni in meno, non avete riproposto Pag. 15il credito d'imposta per la formazione, non avete prorogato il superammortamento e avete ridimensionato l'iperammortamento. Avete fatto – è vero – uno sgravio IRES per chi investe e assume. Tra l'altro si parla di assunzioni anche a tempo determinato e l'incentivare anche le assunzioni a tempo determinato, oltre quelle stabili, mi sembra una contraddizione con quanto avete scritto nel decreto dignità – decreto-legge n. 87 del 2018.
  Mi chiedo se non sia necessario rivedere il quadro della fiscalità e che disponibilità c'è da parte del Governo per accrescere e migliorare il quadro della fiscalità per le imprese e per la crescita del Paese.
  Sulla cosiddetta «quota 100» voi stanziate 6,7 miliardi il primo anno e 7 miliardi annui a decorrere dal 2020. Signor Ministro, interventi previdenziali come quello che voi prefigurate generano diritti soggettivi – non sono comprimibili, quindi, nel momento in cui si genera un diritto soggettivo – per definizione, crescenti nel tempo, come scrive anche il Servizio bilancio, giustamente, nel dossier di analisi della legge di bilancio. Come è possibile conciliare uno stanziamento fisso con una misura come «quota 100», che, inevitabilmente, se permanente, è destinata a generare oneri crescenti nel tempo? A meno che «quota 100» non sia una misura una tantum. In quel caso, è evidente che il costo avrebbe un one shot e poi rimarrebbe stabile nel tempo. Avrei bisogno di chiarimenti in tal senso.
  L'ultimo punto, e ho veramente finito, riguarda la pressione fiscale: 41,8 nel 2018 e 41,8 nel 2019. Vengono sbloccate le tasse locali, però. Vorrei capire se questo effetto è incorporato nella previsione di pressione fiscale programmatica del Governo e se non era il caso almeno di rimodulare lo sblocco delle aliquote a livello locale per evitare un generalizzato aumento della pressione fiscale a livello locale, che rischierebbe di far ulteriormente aumentare la pressione fiscale complessiva.

  ANTONIO SACCONE. Signor Ministro, buongiorno.
  Volevo chiederle, vista la narrazione degli ultimi giorni, in netta continuità con la scorsa legislatura, perché l'Europa dovrebbe falsare i suoi dati in merito alla vostra proposta di bilancio per giustificare una eventuale sua contrarietà? Vorrei capire qual è la ragione, qual è l'intento, fermo restando che il Commissario al budget europeo è Moscovici, quello famoso dei viaggi della speranza del professor Padoan. Si ricorda quando Padoan partiva con un mandato del Presidente del Consiglio Renzi e poi di Gentiloni?
  Cambiano i Governi, ma l'atteggiamento dell'Unione europea, a prescindere dalla natura dei Governi, quand'anche questi si chiamassero «del cambiamento», mi pare sia lo stesso. Peraltro, per tutta la campagna elettorale i nostri amici europei hanno sentito che vogliamo uscire dall'euro, vogliamo uscire dall'Europa. Dovremo dunque permettere e giustificare un'eventuale preoccupazione.
  Il secondo tema riguarda il reddito di cittadinanza. Ministro, noi non siamo contrari per principio al tema del reddito di cittadinanza. Assolutamente. Sostenere le fasce più deboli è un elemento importante e utile, però ovviamente cozza con le priorità e la natura di questa manovra.
  Noi avremmo auspicato un vero taglio del cuneo fiscale, più investimenti. Ministro, lei forse non sa che noi avremmo auspicato maggiori opere pubbliche. Lei sa che a Roma sono passati ventisette mesi dalla nascita della Giunta del cambiamento romano, la Giunta Raggi? I fondi destinati alla manutenzione ordinaria, il famoso appalto ancora non è stato perfezionato. Sono trascorsi ventisette mesi.
  Quando parliamo di grandi investimenti, grandi opere pubbliche, pensiamo che se tutto ciò non è accompagnato da una grande riforma, gli investimenti rimangono sulla carta. Parlo degli enti locali, ma guardi quelli nazionali. Sulla TAP abbiamo impiegato quasi cinque mesi per dire che andava fatta. Sulla TAV e le altre grandi opere stiamo ancora discutendo. Ho la sensazione che sia un grande libro dei sogni che cozza con la natura di questa maggioranza.
  Ministro, sul reddito di cittadinanza, poco tempo fa – oggi vedo che non è più un tema attuale, parliamo dell'emergenza del Pag. 16maltempo – noi avevamo chiesto, come Forza Italia, che, per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, una quota parte rimanesse e permanesse per l'ammodernamento e l'adeguamento dei centri dell'impiego (circa 1,5 miliardi). L'altra parte la potevamo investire in un grande intervento nazionale per la messa in sicurezza del Paese. Quelle erano opere che potevano farsi il giorno dopo.
  Un'ultima domanda, Ministro. Lei in più occasioni ha cercato di rasserenare gli animi dell'Unione europea dicendo: «partiamo, poi faremo un primo check il primo trimestre del prossimo anno e vediamo come vanno i conti». Per carità, si può scommettere, io ho regalato poco tempo fa in Aula la ruota della fortuna al Governo, dicendo che ci affidiamo al fato. Lei si rende conto che, se i conti non coincidono con quello che voi avete preventivato, siamo quantomeno alla disperazione del popolo? D'altronde, non è che stiamo scommettendo al casinò. Ebbene, qualora i dati del primo trimestre non dovessero coincidere con le vostre previsioni, quale sarà il vostro comportamento? Quali saranno le vostre conseguenze? Lei, Ministro, si dimetterà?

  MARCO MARSILIO. Signor Ministro, partiamo dalla questione spread, che è quella che agita di più i titoli e i pensieri. A noi non spaventa che il Governo italiano affronti a muso duro l'Europa, soprattutto questa Europa. Anzi, per certi versi auspichiamo che ci sia un Governo italiano che abbia il coraggio di rivedere e affrontare determinate questioni, di raddrizzare i rapporti con l'Unione europea, di costruire un'Unione europea che sia all'altezza delle aspettative dei popoli europei, e che non venga, invece, vissuta come un incubo, come sta accadendo negli ultimi anni. Quindi, da questo punto di vista, se e quando il Governo italiano dovesse dimostrare di avere la capacità, la forza, la schiena dritta per tutelare gli interessi nazionali e fare il bene complessivo dell'Italia, state sicuri che Fratelli d'Italia, che è un partito che si fonda su questi valori, non potrà che stare al fianco e sostenere questo Governo. Anzi, fungerà da pungolo e da incoraggiamento al Governo a fare, semmai, di più e meglio.
  Il problema è che noi a questo Governo, con questa predisposizione e questo stato d'animo, diciamo anche di stare attento a non scatenare guerre che non si possono vincere. Del resto, rammento che noi abbiamo già vissuto una situazione simile. Io facevo parte di una forza parlamentare e di una maggioranza che all'epoca sosteneva un Governo che è stato distrutto dalla guerra dello spread, ed ero in compagnia di uno dei due partiti che oggi fanno parte del Governo, mentre l'altro era in piazza a tifare per lo spread, e poi ci siamo ritrovati Monti e tutto quello che è successo. Quindi, non vorremmo ritrovarci, tra poco, non dico la troika, ma Draghi o Cottarelli.
  D'altronde, se si scatena la guerra dello spread per fare un debito che oggi l'Europa dice che, secondo lei, sarà del 2,9 per cento e arriverà al 3,1 per cento negli anni successivi, perché non crede alla capacità di crescita prospettata dal Governo – naturalmente noi facciamo il tifo perché l'Italia cresca e vinca tutte le sfide – è prudente porsi la domanda se questa capacità effettivamente ci sia. Anche perché, quando i soldi presi a debito si spendono per il reddito di cittadinanza e per altre spese di natura corrente di dubbia produttività, noi pensiamo che si stia correndo un rischio molto grave, di cui vi assumerete la responsabilità. Del resto, il reddito di cittadinanza è una cosa che funziona nelle società ricche, opulente e sviluppate, dove la dottrina economica dice che a un certo punto c'è piena occupazione, e non è che possiamo far scavare buche e riempirle per creare nuove opportunità di lavoro, e allora c'è una disoccupazione strutturale che può essere gestita attraverso il reddito di cittadinanza. Ma non è questa la condizione dell'Italia.
  Pensiamo che i soldi debbano essere investiti su qualcosa che produce reddito vero, ad esempio gli investimenti. Certamente non è la strada migliore quella di inventare una nuova centrale appalti, una centrale di progettazione nazionale della quale, peraltro, non si capisce quale sarebbe il rapporto con l'Agenzia del demanio, alla quale vengono dati i soldi, senza scrivere quale sarebbe il coordinamento tra Pag. 17le due strutture, mettendo peraltro in mezzo a questa capacità di progettazione InvestItalia, che peraltro si deve coordinare con la cabina strategica di nuova costituzione, posta tra le missioni della Presidenza del Consiglio dei ministri. Insomma, è un guazzabuglio, altro che semplificazione!
  Se vuole la nostra opinione sugli investimenti, abolite il Codice degli appalti, rimettete al posto suo l'ANAC, perché oggi non si muove una foglia se l'ANAC non esprime un parere. Non c'è un dirigente dentro una sola amministrazione comunale che si assume più la responsabilità di fare una gara, assegnare l'esito della gara, seguire i lavori, pagare i fornitori e gli appaltatori senza che l'ANAC gli dica se lo può fare. In questo clima da caccia alle streghe e di complicazione, anche giuridica e normativa, che il Codice degli appalti ha pesantemente contribuito a creare, non si poteva che giungere a un blocco della capacità di progettazione e di investimenti dell'Italia. Se poi dobbiamo fare spesa corrente, magari assumiamo più vigili del fuoco, personale di polizia penitenziaria, delle forze di polizia e dei carabinieri.
  Facciamo funzionare la macchina dello Stato e proviamo a tentare la scommessa che, se lo Stato funziona, si spende di meno, si spende meglio e la crescita economica aumenta.
  Un'ultima cosa, e chiudo. Abbiamo sentito proclami, che condividevamo, sulle accise, ma in realtà qui con la sterilizzazione si tolgono solo le accise future. Nel frattempo, quando lei è diventato Ministro la benzina costava 1,40 euro, mentre oggi costa 1,80 euro, e questo pesa sulle tasche dei cittadini. Aumentate il costo delle sigarette, quando tutti i dati dimostrano che queste sono l'ultimo bene a cui i poveri rinunciano, perché il calo del consumo delle sigarette è avvenuto con due o tre anni di ritardo rispetto all'inizio della crisi. In Italia si rinuncia prima al pane che alle sigarette: questa è la verità, come dimostrato dai dati statistici. Mancava soltanto che aveste aumentato le accise sugli alcolici e Cirino Pomicino non avrebbe potuto fare una manovra molto diversa per rastrellare 100 milioni qua, 150 milioni là e 200 milioni qui.
  Pensiamo che, sul piano fiscale, ci sarebbe voluta un'altra politica, più coraggiosa, e che sarebbe stato opportuno usare le risorse per introdurre una vera flat tax, invece che distribuirle per il reddito di cittadinanza.

  SALVATORE CAIATA. Buongiorno, Ministro. Farò un intervento brevissimo e porrò una domanda semplicissima, che probabilmente ripete le domande già poste da coloro che mi hanno preceduto. Non sarà un intervento tecnico e non entrerà nel merito delle scelte che sono state compiute in questa manovra di bilancio.
  Come lei, Ministro, ci ha ben illustrato, questa manovra si basa su una previsione, e la parola stessa lo dice: previsione. I modelli economici che si possono adottare per formulare una previsione sono diversi, da qui le varie scuole di pensiero per cui alcuni ritengono che ci sarà una crescita di un certo tipo e altri ritengono che ci sarà una crescita di altro tipo. Non entro nel merito, ma le pongo una domanda molto semplice.
  Premettendo che speriamo che questo scenario non si verifichi, che le previsioni siano state prudenziali e che, quindi, la crescita sia maggiore di quello che ci aspettiamo, qualora così non fosse e dovesse essere necessario adottare una manovra correttiva, che cosa ci dobbiamo aspettare, Ministro? Ci dobbiamo aspettare di riconsiderare «quota 100»? Ci dobbiamo aspettare di riconsiderare il reddito di cittadinanza? Oppure, ci sentiamo di tranquillizzare tutte le persone che, invece, hanno un'angoscia e che mormorano questa parola, che temono questa parola, ovverosia «patrimoniale», che sarebbe una vera azione correttiva? Ecco, ci sentiamo di tranquillizzare tutte queste persone che, qualora si dovesse arrivare a quella situazione, non ci sarà una patrimoniale? O forse ci aspettiamo che, quando questo succederà, non avremo più di fronte un'Europa come quella attuale, intransigente e rigida, ma forse un'Europa diversa, che ci darà più spazio di manovra?

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  NUNZIO ANGIOLA. Signor Ministro, siamo reduci da vent'anni di politiche di bilancio fondate su vincoli aggiuntivi alla gestione finanziaria degli enti territoriali: dal patto di stabilità al più recente e meno gravoso saldo di competenza. Questi vincoli hanno inciso, in modo diretto o indiretto, sulla capacità di spesa degli enti, portando alla formazione di enormi avanzi di amministrazione non spendibili.
  I provvedimenti che sono stati adottati dal Governo del cambiamento negli ultimi mesi innovano la materia. L'articolo 65 del disegno di legge che stiamo analizzando oggi parla di utilizzo del risultato di amministrazione per gli enti in disavanzo, l'articolo 68 si sofferma sulle periferie e richiama il decreto-legge Milleproroghe, in particolare l'articolo 13 del decreto-legge n. 91 del 2018, che sbloccava somme considerevoli degli avanzi di amministrazione. Si tratta di segnali importanti, che vanno nella direzione del totale sblocco degli avanzi di amministrazione e, quindi, verso un ritorno alla situazione precedente, vale a dire che tutti gli avanzi di amministrazione potevano essere tranquillamente e regolarmente utilizzati dagli enti territoriali. Ebbene, vorrei conoscere le sue impressioni al riguardo.

  PIETRO CARLO PADOAN. Buongiorno, signor Ministro. Io ho tre domande, che però hanno tutte la stessa natura. Visto che stiamo parlando di previsioni, come lei sa molto bene, le previsioni sono anche associate al rischio che qualcosa sia diverso dal quadro centrale che si accetta e, di conseguenza, le cose possano andare diversamente.
  Ci sono tanti rischi nel quadro che ci ha delineato. Ne ricordo tre, che sono stati in parte già sollevati da colleghi. Il primo riguarda i tempi degli investimenti. Proponete di istituire una nuova struttura, InvestItalia, oltre a migliorare le prospettive di progettazione e di implementazione. Tutto ciò inevitabilmente allunga i tempi degli investimenti e, quindi, i tempi di impatto e, quindi, i tempi della crescita. Le chiedo se avete valutato questo tipo di rischio.
  Il secondo riguarda le pensioni: «quota 100» e il mercato del lavoro. Siete veramente convinti che le proposte fatte sul sistema pensionistico, per adesso soltanto anticipate perché non sono specifiche, siano un efficace strumento per il mercato del lavoro? Siete veramente convinti che l'occupazione possa aumentare? Nella migliore delle ipotesi, molto rischiosa statisticamente, al massimo c'è un rapporto di uno a uno e l'evidenza di tutti i Paesi ci dice che nei Paesi in cui l'età pensionistica è abbassata aumenta la disoccupazione giovanile. Avete valutato questo rischio, visto che continuate a considerare «quota 100» un'operazione non previdenziale, ma un'operazione di mercato del lavoro, che veramente suona molto strano?
  Anche il terzo punto è stato sollevato da altri: lo spread rimane a quota 300. Tutto bene se rientra rapidamente ai livelli più accettabili di qualche trimestre fa, ma se permane, lei stesso, se non sbaglio, signor Ministro, ha detto che diventa insostenibile. Allora, a questo punto il rischio di uno scenario di credit crunch, cioè di compressione fortissima del credito con un impatto recessivo, aumenta.
  Avrà sicuramente visto, signor Ministro, studi di banche di investimento e anche di istituzioni che considerano questo lo scenario più probabile, cioè uno scenario di credit crunch nei prossimi mesi. È questo che state considerando? È questo che qualcuno auspica per trovare una scusa per rompere e far girare il tavolo dall'altra parte?
  Infine, signor Ministro, lei ha affermato pubblicamente che le stime rese pubbliche dalla Commissione europea ieri in tema di finanza pubblica e di crescita – non mi ricordo l'esatto termine che è stato usato – sono sbagliate e sono fatte male. Ci potrebbe specificare in che senso? Questo ha a che fare non solo con questo episodio, ma con tutto il rapporto con la Commissione.

  ERICA RIVOLTA. Innanzitutto al collega preoccupato di Forza Italia vorrei ricordare che i risparmi sono comunque del tutto intatti; a differenza delle obbligazioni azzerate dal Partito Democratico, a scadenza tutti gli investitori avranno il proprio valore nominale. Pag. 19
  Inoltre, al Ministro vorrei chiedere se è prevista una...

  LUIGI MARATTIN. Presidente, le chiedo di intervenire cortesemente. In quest'Aula non si può dire quello che si vuole. Si può dire quello che si vuole, presidente?

  PRESIDENTE. È una domanda. Io non sono intervenuto su altre cose, quindi lasciamo parlare la senatrice.

  ERICA RIVOLTA. Vorrei chiedere al Ministro se sta pensando a qualche forma di campagna di comunicazione per ricordare alle famiglie che l'investimento in titoli di Stato in questo momento può essere molto conveniente, quindi, se lo Stato deve pagare alti tassi di interesse, che almeno finiscano nelle tasche degli italiani. Probabilmente, quindi, una campagna di comunicazione potrebbe essere utile.

  MAURO D'ATTIS. Signor Ministro, buongiorno e ben ritrovato in audizione in Commissione bilancio.
  Il Governo aveva preannunciato, lo scorso 15 ottobre, un decreto-legge semplificazione e incentivi. Se ne sono perse completamente le tracce, o almeno non ci sembra che accompagni la legge di bilancio. Pensavamo che si trovasse magari insieme al decreto fiscale, ma non lo abbiamo trovato neanche in discussione al Senato. Dunque, la prima domanda è: che fine ha fatto?
  È vero quello che dichiara il Vicepresidente Di Maio, ossia che a dicembre verranno varati due decreti-legge, uno su «quota 100» e uno sul reddito di cittadinanza? Lei ha accennato qualcosa, ma vorremmo capire la corrispondenza delle dichiarazioni fatte attraverso gli ormai tradizionali strumenti, che non sono quelli parlamentari, ma i tweet, Facebook e i social. Infatti, di questo non si sa ancora nulla di preciso, anche se è stato ampiamente annunciato anche nelle dirette tv e via web, come ho detto.
  Vengo al costo di finanziamento per le banche, in questo clima non favorevole dei mercati finanziari per l'Italia. Lo hanno detto anche altri colleghi. Al netto delle risposte di alcuni senatori, che farebbero bene a fare i parlamentari e a lasciare al Governo le risposte, noi le poniamo questa domanda. Siccome questo aumento dei costi di finanziamento delle banche – e credo che lei non possa negarlo, non solo da Ministro, ma anche da esperto – si scaricherà sulle famiglie e sulle imprese, le chiedo – a domanda risponda, però, se possibile – quali sono le misure che questo Governo intende mettere in piedi in questa evidente situazione di aumento del costo di finanziamento delle banche e, quindi, di conseguenza, per famiglie e imprese. Le preciso la domanda: secondo lei, è necessaria una manovra bis, almeno in questo contesto?
  Ieri sono stati pubblicati i rilievi di SVIMEZ sul reddito di cittadinanza. SVIMEZ ritiene che la platea degli interessati non avrà mai 780 euro a testa, ma molto meno di quanto è stato promesso nella campagna elettorale da uno dei due partiti che sostengono il suo Governo, cioè dal MoVimento 5 Stelle. L'articolo 21 del disegno di legge di bilancio non specifica alcuna condizione e qui lei non ci ha portato nessuna specifica di condizione. Di questo reddito di cittadinanza sentiamo parlare praticamente dalla campagna elettorale. Non c'è molta differenza tra quello che abbiamo sentito in campagna elettorale sui palchetti delle piazze e l'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, sia oggi che prima. Le chiedo se magari lei ritiene finalmente di darci qualche dettaglio, considerato che non siamo l'associazione dei cacciatori, con tutto il rispetto per i cacciatori, ma stiamo parlando delle Commissioni bilancio di Senato e Camera riunite.
  Il Sud dov'è? Me lo dica lei. Lei è il Ministro dell'economia e delle finanze, non è uno che si trova lì per caso. Ci dica lei dove esattamente si trova la parola «Mezzogiorno» e quali sono gli interventi, al netto di proroghe di interventi precedenti sulle assunzioni under 35 e over 35. Che fine fa la clausola del 34 per cento di spesa pubblica vincolata per il Mezzogiorno?
  Visto che l'ultima volta qui, caro Ministro, a una domanda fatta da me – io lo Pag. 20ricordo bene – ha risposto che il Sud si contraddistingue per la sua incapacità di progettare – ci siamo segnati questa affermazione sui nostri bloc-notes e anche le agenzie l'hanno rilevata – ci dica dove avete messo questo Sud e che cosa, per esempio, decidete di fare del Sud rispetto ad argomenti più importanti, come sono quelli della via della seta e della connessione con i mercati internazionali.

  PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Tria per la replica.

  GIOVANNI TRIA, Ministro dell'economia e delle finanze. Grazie delle domande, che sono molte. In genere io tendo a rispondere – almeno questo deve essere ammesso – a tutte le domande. Cercherò di raggrupparle, perché si sono accavallate, spesso sono le stesse e molte riguardano temi generali.
  Potrei partire dall'ultima domanda, sul Mezzogiorno, perché fa capire anche come si deve interpretare una legge di bilancio. Io posso elencare nuovamente gli interventi che ci sono sul Mezzogiorno – e so quale sarà eventualmente la replica – e dire che in bilancio abbiamo rifinanziato il Fondo sviluppo e coesione per complessivi 4 miliardi: 800 milioni saranno nel prossimo quinquennio, oltre a 500 milioni annui per sgravi contributivi a favore delle assunzioni nel Mezzogiorno. La percentuale del 34 per cento delle risorse stanziate in bilancio è già legge, perché si trova nella legislazione cosiddetta «esistente», invariata. Spetta ai ministeri, evidentemente, nel momento dell'utilizzo, avere la capacità di rispettarla.
  Perché sono partito da questa prima risposta? Evidentemente uno dei temi trattati, che a me sta molto a cuore, è quello degli investimenti. Ho sentito dire che si parla di investimenti, ma che nella legge di bilancio ne sono stati messi in misura limitata. Nella legge di bilancio si discute sempre delle variazioni, ma gran parte del bilancio non fa parte di questa variazione. I provvedimenti ci sono. Non è che, rispetto ai Governi precedenti, partiamo da una legislazione inesistente. Se per qualche esigenza la legge già c'è e ci sono i fondi dentro, benissimo, non si interviene. Mi si viene a dire – lo dico da Ministro – che su un punto c'è un determinato problema, che non si dice nulla in merito a un tema o a un altro. Questo accade perché spesso questi problemi sono già affrontati da leggi che esistono. Non bisogna sempre cambiare tutto.
  Probabilmente, ci sono anche molte esigenze – che esistono – che non sono state ben affrontate nell'ambito della legislazione vigente e che sono anche non affrontate, o per nulla o poco, dalla manovra di bilancio. In quel caso, però, bisogna essere chiari. L'attacco è perché facciamo poco deficit o perché ne facciamo troppo? Non vorrei si ripetesse il dibattito che c'è sempre stato, il che rappresenta uno dei problemi in Italia, ossia che il problema è sempre un altro. Io sto facendo una cosa e mi si dice che c'è un altro problema. Ovviamente, nel dibattito questo accade. Ognuno ha le proprie sensibilità, però bisogna stare attenti e guardare la situazione nel suo complesso.
  Rispondo alle prime domande che mi sono state poste. È stato detto che avrei voluto fare una manovra espansiva ancora maggiore. In realtà, non ho detto questo. Affermo che, forse, sarebbe necessaria una manovra espansiva ancora maggiore a fronte della bassa crescita e della situazione che si deteriora sempre più rispetto all'evoluzione tendenziale. Il Governo non ha ancora fatto nulla, tranne alcuni problemi di incertezza. Sto parlando del rallentamento dell'economia e dei rallentamenti in Europa. Considerando le previsioni della Commissione europea, quelle di autunno, non mi pare si sia allargato il divario di crescita tra l'Italia e gli altri Paesi. Anzi, rispetto ad alcuni Paesi – si tratta di previsioni discutibili; così come le nostre, sono discutibili anche quelle di tutti i centri previsionali – questo divario sembra addirittura ridursi.
  Ho sempre ricordato che, in media, noi siamo sempre un punto percentuale sotto. Sarebbe necessaria una manovra espansiva maggiore, però c'è un problema di stabilità finanziaria, c'è un problema di discussione in Commissione europea, ma questa è un'altra questione, seppur molto importante, a Pag. 21cui bisogna rispondere. Il problema è questo. Pertanto, bisogna bilanciare le due cose.
  Per tornare agli investimenti e rispondere ai molti onorevoli e senatori che mi hanno posto domande su questo tema, mi appello a quello che ho appena detto. Non possiamo guardare solo a quanto è stato aggiunto nella manovra, ma bisogna guardare anche a quanti stanziamenti già ci sono nel bilancio. La scorsa estate dissi addirittura che non serve aumentare gli stanziamenti, che è inutile fare un deficit al 2,9, 3 o 4 per cento perché vogliamo tanti investimenti, se poi rimangono là. Sono qui presenti onorevoli e senatori che hanno avuto responsabilità nei Governi precedenti e sanno benissimo che anche loro hanno tentato di ampliare gli stanziamenti, ma questo non ha portato a un aumento degli investimenti effettuati. E qui arriviamo al problema di modificare la capacità di progettare ed eseguire gli investimenti.
  Stiamo certamente lavorando, e sarà di prossima conclusione, all'azione di modifica del Codice degli appalti e a tutto l'apparato normativo e regolamentare, che si richiama sempre per giustificare questa paura e questa difficoltà degli amministratori di partire. Perché puntare anche sul consolidamento delle capacità tecniche della pubblica amministrazione? Questo accorgimento non rallenterà nulla, perché non sono provvedimenti sostitutivi. Non è che, se definiamo una centrale per la progettazione, i provveditorati, le amministrazioni centrali, le amministrazioni periferiche o locali non possono progettare come vogliono, non possono fare le gare per trovare dei progettisti privati. Il punto è che non è stato fatto o non è stato fatto in misura sufficiente. Quindi, a supporto, non a sostituzione, significa che chi non riesce, se vuole, si può riferire a un centro che fornisce progetti.
  Questo può aiutare a mettere in moto gli investimenti, perché tanti comuni non riescono ad avere la capacità di fare progetti, e non perché sono incapaci nel Mezzogiorno rispetto al Nord, ma perché hanno meno risorse. Quindi, se uno non ha risorse tecniche, il sindaco del comune del Mezzogiorno non può certo inventarle, come quello del Nord. Se un comune è più ricco, evidentemente ha più risorse e lo può fare. Così chiunque può trovare un aiuto da parte dello Stato. Prima è stato richiamato l'INAIL. Ebbene, mi è stato detto che l'INAIL ha 7 miliardi di euro per investimenti fermi. Io, ovviamente, ho chiesto al direttore di questo Istituto le ragioni di questo blocco e lui mi ha risposto che non ci sono progetti.
  Chi vuole, quindi, può continuare a fare progetti come prima e a utilizzare i fondi che già ci sono, quelli che abbiamo stanziato per gli enti territoriali sono in aggiunta. Abbiamo sbloccato gli avanzi degli enti locali, che li potranno utilizzare per investire. Chi ritiene di poter accorciare i tempi rivolgendosi a questi nuovi strumenti, che anch'essi, ovviamente, avranno bisogno di un minimo di tempo per essere messi in piedi, lo potrà fare. Se tutto si rimetterà in moto progressivamente, ci sarà un vantaggio per la crescita in Italia, ci sarà un vantaggio per gli investitori privati, si rimetteranno in moto molti settori produttivi e ci sarà, come ho detto, molto più spazio anche per coloro che si muovono come privati, come società di progettazione. Del resto, se gli investimenti sono fermi, sono fermi anche loro; se qualcosa si mette in moto, tutti si rimettono in moto.
  Per ulteriore chiarezza, quindi, preciso che non è che improvvisamente c'è una legge per cui uno deve utilizzare questi strumenti centrali, ma sono semplicemente strumenti di supporto. È vero che ci vorrà qualche tempo, anche se cercheremo di essere quanto più possibile rapidi, ma bisogna pur iniziare; diversamente, c'è uno stato di natura in Italia per cui mettiamo in bilancio fondi, ma gli investimenti non vengono realizzati o a volte vengono realizzati male. Ci sono progetti per i quali a un amministratore, a un sindaco o a chi deve decidere trema la mano nel firmarli, progetti che sono campati per aria. In questo la qualità è molto importante.
  Vi sono altri temi su cui voglio ovviamente rispondere. Ho già risposto sulla natura più o meno espansiva di questa Pag. 22manovra. Quale sarà il tasso di crescita l'anno prossimo? È una bella domanda. Ci sono varie stime, che si aggiornano continuamente quando arrivano nuove indicazioni da indicatori o da coloro che elaborano le statistiche. Evidentemente, come ho detto all'inizio, non sembra che le prospettive siano poi così buone. Il problema è che c'è una manovra che dovrà avere un impatto. Qualcuno ha chiesto come è stato calcolato. L'ho detto già altre volte qui. È chiaro che c'è un deficit aggiuntivo, ci sono una serie di spese aggiuntive, per investimenti da una parte, per trasferimenti o sostegno al reddito dall'altra parte, e c'è un moltiplicatore che è stato utilizzato, che in media è dello 0,5 e corrisponde a tutti i moltiplicatori accettabili da tutti gli strumenti di stima.
  Questa azione espansiva si aggiunge a quello che sarebbe l'andamento dell'economia senza una manovra espansiva. Ho detto prima che le stime della Commissione europea sono più basse nella previsione. Si tratta di previsioni – anche il commissario Moscovici l'ha ricordato nella sua conferenza stampa – come sono previsioni le nostre. Le nostre sono stime per quanto riguarda l'impatto aggiuntivo espansivo della manovra, ma per la base dell'andamento dell'economia noi ci siamo basati ovviamente, come ho ricordato, su una previsione dell'andamento dell'economia, almeno per quello che si poteva fare a settembre. Ovviamente noi continuiamo a tenere sotto osservazione l'evoluzione di questo andamento e vedremo cosa si farà.
  Può sorgere il dubbio se la manovra espansiva debba essere più forte o più blanda. Dipende da come va l'economia e da quali sono gli indicatori più pericolosi, perché un Governo deve muoversi in questo modo, ma certamente noi ci troviamo di fronte a una situazione che ci pone una domanda forte.
  A questo proposito vorrei in qualche modo rispondere anche ad alcune domande degli onorevoli Marattin, Padoan e via dicendo. Si è detto che io ho giudicato sbagliate le stime della Commissione, ma non riguardava il tasso di crescita. Io ritengo – perché lo so – che i chiarimenti forniti dai nostri strumenti tecnici, sui dati effettivi che stanno nella nostra legge di bilancio, non possano semplicemente essere ignorati, né si può ritenere di non prenderli in considerazione perché non si crede agli stessi. Un corretto rapporto implica che su questo ci si confronti. Invece non sono state prese in considerazione.
  Rispetto all'1,2 di crescita non può corrispondere, a mio avviso quella stima al 2,9 di previsione. Ciò non è giustificato, anche ammettendo il rallentamento, e sono legittimato a dirlo perché, con tutto il rispetto per gli uffici tecnici della Commissione europea, i nostri uffici tecnici hanno pari valore, non superiore ma non inferiore, quindi c'è un confronto.
  Voglio specificare, visto che è stato richiamato il commissario Moscovici, che quest'ultimo non c'entra niente, perché, così come in Italia, anche in Europa, alla Commissione, le stime vengono fatte da organismi tecnici che devono essere indipendenti dall'intervento politico, anche da quello della Commissione e dei commissari, ed è giusto che sia così. Dunque, se polemica c'è, è una polemica prettamente tecnica, non politica, tant'è vero che io ho affermato che questo non mette in discussione il dialogo che stiamo portando avanti con la Commissione europea, quindi è inutile alzare i toni su una cosa di questo tipo, che è molto limitata.
  Io mi sono limitato a difendere il valore tecnico delle stime che vengono fatte dalle strutture del Ministero dell'economia e delle finanze, che – ripeto – hanno pari dignità rispetto agli altri uffici tecnici, sia italiani che non, i quali possono avere legittimamente stime diverse.
  I tempi degli investimenti o i tempi delle altre spese. È chiaro che l'impatto espansivo della manovra dipende, ovviamente, anche dai tempi in cui questa manovra verrà attuata. Cercheremo di fare in modo che questa manovra si attui nel più breve tempo possibile. Per quanto riguarda gli investimenti, ci sono molti provvedimenti che vanno nel senso di accelerare, sia di tipo normativo-legislativo che di sblocco degli avanzi dei comuni. Ci sono comuni virtuosi che saranno in grado rapidamente Pag. 23di mettere in moto le risorse che hanno; se altri saranno meno virtuosi, cercheremo di aiutarli.
  Per quanto riguarda la spesa prevista per pensioni e reddito di cittadinanza, posso solo dire che si farà nel più breve tempo possibile. È previsto un collegato, ma è prevista anche la possibilità di utilizzare decreti-legge per partire appena pronte queste misure. Questo aspetto è importante. Sono d'accordo, conoscere i dettagli di queste manovre è importante non solo per l'erogazione della spesa, ma anche per determinare le aspettative nei mercati, aspettative che possono influenzare l'economia privata, che di conseguenza dovrebbe vedere una maggiore domanda, ma anche determinare aspettative per quanto riguarda la possibile crescita e chiarire le questioni di incertezza che sono alla base di questo spread a quota 300.
  Per quanto riguarda «quota 100» e il mercato del lavoro, uno dei rischi che Padoan ha sollevato, il problema non è che questa azione di correzione di quello che chiamo il blocco del turnover, che c'è stato per l'allungamento improvviso dell'età in cui si può andare in pensione, sia un'azione principalmente da mercato del lavoro. Certo, può avere un effetto. È stato detto che, al massimo, c'è una sostituzione di uno a uno. Se fosse così, però, avrebbe un grande effetto sulla disoccupazione giovanile. Non ci sono prove, stime in grado di affermare la presenza di questo tipo di sostituzione. In alcuni casi la sostituzione può essere maggiore e in altri casi molto più bassa. Dipende dai settori produttivi e varia da impresa a impresa.
  Quello che mi sento di affermare, però, è che si tratta di un'azione che deve consentire il ricambio di competenze nei settori produttivi, forse anche nella pubblica amministrazione. Questo è un importante effetto, un importante impatto. Quanto sarà forte dipenderà dal modo in cui le imprese si comporteranno. Non basta consentire questa accelerazione del turnover di competenze perché tutte le imprese investano in innovazione. Dipende dai settori. Chi lo vuole fare, però, non deve essere ostacolato in questa direzione. Lo considero, quindi, un provvedimento di questo tipo.
  Spread a quota 300. Come ho detto più volte – ho detto anche cose ovvie – è un livello di spread che preoccupa se mantenuto a lungo. L'osservazione è costante. Continuiamo a pensare che la definizione della manovra nelle sue parti ancora non definite, con i nuovi provvedimenti legislativi, possa chiarire la situazione. Riaffermo che questo spread non può dipendere, come a volte si dice, dal fatto che il disavanzo al 2,4 previsto per il 2019 è troppo alto, in quanto in ogni caso, rispetto al disavanzo ereditato, di fatto non è molto più alto. Qualunque economista può dire che certamente non è un livello di deficit che mette in discussione il mantenimento della sostenibilità del nostro debito pubblico, perfino nelle previsioni più pessimistiche – le definisco così per essere gentile – della Commissione europea. Al massimo, si prevede una stabilità del rapporto debito-PIL, anche assumendo queste previsioni più pessimistiche, quando abbiamo visto che è cresciuto continuamente nel tempo e si è stabilizzato solo negli ultimi due anni. Quindi, da questo punto di vista non c'è nulla di particolarmente pericoloso.
  Il problema è che si è creato un clima di incertezza e di percezione di pericolo, questioni che sono molto gravi. Tant'è che qualcuno mi ha chiesto se prevediamo di fare una patrimoniale. È ovvio che non si farà nessuna patrimoniale: sarebbe un'azione suicida. Questa almeno è la mia opinione, ma credo assolutamente condivisa. Per correggere l'andamento dei conti pubblici, visto che non stiamo parlando di una situazione pari a quella della Grecia, con 13 per cento di deficit, o di situazioni completamente diverse, gli aggiustamenti dal lato della spesa o da altri lati possono essere fatti e in modo molto più puntuale, senza certamente implicare elementi di emergenza così eccessivi. Una patrimoniale significherebbe, secondo me, una specie di suicidio.
  Si parlava anche di manovra correttiva: ma in caso di che tipo? Non ha senso discutere, di fronte a una prospettiva che non c'è ancora, di manovra correttiva. Le Pag. 24manovre correttive si fanno se accade qualcosa. Se l'evoluzione non è quella prevista, si considerano quali provvedimenti possono essere presi.
  Lo stesso si può dire anche per quanto riguarda, evidentemente, il sistema bancario. Insistentemente mi viene chiesto quali sono i provvedimenti che possono essere presi in caso di crisi di una banca o di più banche. Certamente, questo è un elemento da scongiurare in tutti i modi, ma non lo vedo in modo sistematico per domani, non ci sono ancora le condizioni. Evidentemente, il Ministro dell'economia e delle finanze non può dire che si interviene con uno strumento o con un altro, perché questo vorrebbe dire creare il panico. È come se uno cominciasse a parlare di patrimoniale. È ovvio che, qualunque azione verrà fatta, sarà fatta – questo non occorre neanche dirlo – nell'ambito delle normali regole italiane e soprattutto delle regole europee, come i Governi passati sono intervenuti su crisi bancarie che sono state molto, molto più gravi di quelle che in ogni caso attualmente vediamo.
  Mi ricollego, cogliendo questo spunto, a un altro problema di rischio. Siamo sicuri o pensiamo veramente che la sollecitazione sulle banche causata dallo spread dipenda soltanto da una nostra decisione di abbassare dal 2,4 al 2,1 per cento il deficit? Ma chi può credere che questo sia il problema? Ricordo che le crisi bancarie italiane sono principalmente derivate – a parte i casi di mala gestione, ma questo è un problema separato – dalla crisi economica che ci è stata e poi dalla lunga stagnazione. È quella la situazione che ha messo in crisi le banche italiane, con tutti i famosi non performing loans, ossia i crediti in difficoltà. È lì che è dovuto intervenire lo Stato. Fino al 2011 l'impatto della stessa crisi economica del 2008 era stato molto più leggero in Italia sia come impatto sul debito sia come impatto sul sistema bancario, semplicemente perché il nostro era più solido di altri sistemi bancari. E chi ha dovuto affrontare momenti molto difficili questo lo sa. Quindi, non ci potete chiedere oggi che cosa abbiamo intenzione di fare. Decidiamo improvvisamente di abbassare il deficit dal 2,4 al 2,1 per cento e tutto torna a posto? Certamente non è questo. La questione è che c'è un dialogo con la Commissione europea e questo crea confusione evidentemente. Portiamo avanti questo dialogo. Riguardo alla piccola polemica sulle stime delle previsioni, si tratta di previsioni che sono venute fuori in autunno dalla Commissione europea, non è un pronunciamento della Commissione che il deficit sarà 2,9, è una previsione nel sistema di previsione di tipo statistico. Questo dialogo continuerà normalmente.
  Scusate, mi aspetta la Commissione europea, devo concludere.

  LUIGI MARATTIN. Ministro, stanno mancando due risposte cruciali: sui risparmiatori e sulla pressione fiscale.

  GIOVANNI TRIA, Ministro dell'economia e delle finanze. Come tante altre. Adesso gliele do subito e poi finisco. Mi scuso con gli altri.
  In proposito la questione è questa: non è che la Commissione europea si è inventata qualcosa; il fatto che ci sia una deviazione dal percorso di aggiustamento strutturale è un dato di fatto, l'abbiamo scritto nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza in modo limpido. Abbiamo delle ragioni per aver fatto questo e continuiamo a spiegarlo. È chiaro che la Commissione, che è il custode di queste regole, giuste o sbagliate che siano – non è il momento di mettersi a discutere di questo, non ne avrei certamente il tempo –, contesta questo. C'è una deviazione.
  Il problema vero, che è da chiarire alla Commissione e di cui ho discusso a fondo anche nell'Eurogruppo...
  Colgo l'occasione per ricordare che quello che si dice in Eurogruppo è segreto, anche se qualcuno pensa di aver sentito quello che io ho detto all'Eurogruppo. Non faccio nomi. C'è stato un intervento anche maleducato che ho letto su un'ANSA, ma lascio perdere.
  Quello che chiarisco è che qui si discute di una deviazione da una regola fiscale, deviazioni che ci sono state nel passato da parte di tutti i Paesi europei. La prima Pag. 25deviazione fu compiuta dalla Germania nel 2003.
  Ovviamente non è detto che le ragioni della deviazione debbano essere condivise dalla Commissione o dagli altri Paesi, ma non si discute sulla legittimità dell'esistenza di regole. Il tentativo di spostare la discussione dalla deviazione dalle regole al fatto che debbano esistere delle regole è uno spostamento di discussione che noi non possiamo accettare, perché la deviazione dalle regole implica delle procedure con le quali ogni Paese in passato, quando è stato fatto, si è confrontato e lo farà anche l'Italia.
  La discussione sulle regole da cambiare o non cambiare è un dibattito molto importante – l'onorevole Fassina l'ha richiamato e ne sono consapevole – ma è su un altro piano. Questo è lo stato della nostra discussione e del dialogo chiaro che noi portiamo avanti. Per questo è chiamato dialogo costruttivo da me e dal commissario Moscovici. Risponderemo alle obiezioni della Commissione europea mandando il documento che ci ha richiesto, che ovviamente manterrà, come ho detto, la manovra a cui crediamo.
  Poiché non voglio essere scortese con il presidente dell'Eurogruppo, il portoghese Centeno, rispondo soltanto alla domanda specifica sulla pressione fiscale. Poiché una manovra agisce su uno scenario a legislazione vigente, rispetto allo scenario a legislazione vigente lasciatoci dal precedente Governo, si passa dal 42,2 al 41,8, quindi rispetto alla legislazione vigente 2019 c'è una riduzione.
  Come è stato già richiamato – quindi, la risposta era stata data – se vediamo il risultato di questa riduzione della pressione fiscale rispetto alla legislazione vigente, quindi come effetto della manovra, abbiamo che la pressione fiscale nel 2019 rimarrà invariata rispetto al 2018 e si abbasserà, non nella misura che avremmo voluto, negli anni successivi, anche perché gran parte dei provvedimenti fiscali – come tutti sanno – hanno effetti sulla pressione fiscale, per problemi di cassa, principalmente nell'anno successivo a quello di adozione e pertanto negli anni successivi la pressione fiscale si abbasserà.
  Credo di aver sforato di dieci minuti i tempi previsti. Mi scuso per non aver dato risposte su alcuni punti specifici. Come ho detto, non prendetela come una scortesia: proprio perché sono invitato da tutti a questo dialogo e vista la gentilezza della Commissione, non mi fate assumere un atteggiamento scortese con il presidente dell'Eurogruppo, perché ci tengo.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro Tria e lo lasciamo ai suoi impegni.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti della Banca d'Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2019-2021, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti della Banca d'Italia.
  Abbiamo qui con noi il dottor Luigi Federico Signorini, vice direttore generale, e altri collaboratori, che sono benvenuti, autorizzati ovviamente a presenziare.
  Per le domande il meccanismo è lo stesso rispetto a quanto definito prima per il Ministro Tria.
  Do quindi la parola al dottor Luigi Federico Signorini, vice direttore generale di Banca d'Italia.

  LUIGI FEDERICO SIGNORINI, vice direttore generale della Banca d'Italia. Grazie, signor presidente. Onorevoli deputati e senatori, ringrazio come sempre per l'occasione che ci viene cortesemente offerta di fornire le considerazioni della Banca d'Italia nell'ambito delle consultazioni per la manovra di bilancio. Normalmente inizio con qualche considerazione di carattere congiunturale. Oggi non lo farò, se non molto brevemente, dato che mi ci sono soffermato un mese fa in questa stessa sede.
  Le informazioni resesi disponibili nelle ultime settimane hanno confermato i segnali Pag. 26 di indebolimento dell'economia. Secondo la stima preliminare dell'ISTAT, il prodotto interno lordo ha ristagnato nel terzo trimestre. Nelle nostre valutazioni più recenti, la produzione industriale sarebbe rimasta sostanzialmente invariata in settembre e potrebbe essere nuovamente diminuita in ottobre. In quest'ultimo mese l'indice dei responsabili degli acquisti si è portato su un livello inferiore alla soglia compatibile con un'espansione dell'attività, sia nel settore manifatturiero sia in quello dei servizi.
  Segnali più favorevoli provengono dal lato della domanda. La fiducia delle famiglie è migliorata a ottobre, riportandosi sui livelli della fine dell'anno scorso. Secondo i dati mensili del commercio estero, nei mesi estivi sono cresciute le esportazioni di beni verso i Paesi dell'Unione europea. La volatilità sui mercati finanziari è aumentata e i premi per il rischio rimangono elevati. Nel complesso, questi andamenti rendono ambizioso il conseguimento degli obiettivi di crescita prefigurati dal Governo per il prossimo anno.
  Le valutazioni da noi fornite circa un mese fa sugli effetti macroeconomici della manovra rimangono complessivamente confermate, alla luce delle misure in discussione. L'impatto espansivo prefigurato dal Governo appare elevato. Come ho già osservato, le stime degli impatti macroeconomici sono soggette ad ampi margini di incertezza, che dipendono anche dai tempi, dai modi e dai dettagli, non ancora noti, di alcuni interventi.
  Comincerò da un quadro d'assieme della manovra di bilancio. Il Governo accresce l'indebitamento netto, rispetto ai valori tendenziali, in media di 1,3 punti percentuali del PIL all'anno nel triennio 2019-2021, disattivando le clausole di salvaguardia per l'anno prossimo e riducendone, seppure al momento di poco, l'importo per il biennio successivo. Per il prossimo anno il Governo programma di attuare interventi espansivi valutabili in 34 miliardi, coperti da aumenti di entrate e riduzioni di spesa per poco più di un terzo.
  Il disavanzo aumenterebbe di quasi 22 miliardi. La cancellazione dell'aumento delle aliquote dell'IVA e delle accise, previsto dalle clausole di salvaguardia, determina un minor gettito di 12,5 miliardi. Nel 2019 sono previste l'introduzione del reddito e della pensione di cittadinanza e una modifica del sistema pensionistico, misure delle quali, tuttavia, vanno ancora definite caratteristiche e modalità di attuazione.
  La manovra si limita a istituire due fondi, dell'ordine di 7 miliardi ciascuno, tra loro comunicanti, che stabiliscono il costo netto massimo degli interventi da realizzare. Essa stanzia, inoltre, risorse aggiuntive per 3,5 miliardi per gli investimenti pubblici.
  La copertura parziale degli interventi deriverebbe per oltre due terzi da un aumento delle entrate e vi contribuirebbero principalmente l'inasprimento della tassazione nel settore finanziario e l'abolizione del regime impositivo opzionale previsto per alcuni tipi di impresa, quale l'imposta sul reddito d'impresa o IRI. Il disavanzo del 2019 si collocherebbe, come è noto, al 2,4 per cento del PIL, valore superiore di 1,2 punti percentuali rispetto al quadro tendenziale e di oltre mezzo punto percentuale rispetto al valore stimato dal Governo per il 2018.
  Nelle valutazioni del Governo l'indebitamento netto strutturale, che – come sapete – è quello che si riferisce al bilancio al netto degli effetti del ciclo economico e di altri fattori transitori, aumenterebbe di 0,8 punti percentuali, portandosi all'1,7 per cento. Su questo obiettivo di bilancio è in corso, come è ampiamente noto, un confronto con le autorità europee. Nel testo, che spero nel frattempo vi sia stato distribuito, c'è una ricostruzione dell'interlocuzione con la Commissione europea e con le altre autorità europee, sulla quale non credo che valga la pena che mi inoltri, dato che sono questioni ampiamente note a queste Commissioni.
  Per quanto riguarda, invece, il biennio 2020-2021, le misure espansive sarebbero più ampie, equivalenti a quasi 37 miliardi l'anno in media, per effetto dell'estensione del cosiddetto «regime forfettario» e dell'introduzione della tassazione sostitutiva per gli imprenditori individuali e per i Pag. 27lavoratori autonomi, per l'agevolazione prevista a fronte di utili reinvestiti, nonché per l'aumento delle risorse destinate agli investimenti pubblici e al pubblico impiego.
  Per quanto riguarda le coperture, il venir meno del gettito temporaneo delle misure relative al settore finanziario del 2019 verrebbe compensato dall'abolizione dell'aiuto alla crescita economica (ACE) e da misure di contrasto all'evasione.
  Nel quadro programmatico del Governo il disavanzo, pur rimanendo significativamente più elevato rispetto al quadro tendenziale, tornerebbe a diminuire nel biennio 2020-2021. Vi contribuirebbe l'aumento dell'IVA e delle accise derivante dall'attivazione di quanto rimane delle clausole di salvaguardia. Queste ultime determinerebbero un gettito di 0,7 punti percentuali del PIL nel 2020 e di 0,8 nel 2021. Peraltro, il Governo ha già annunciato che non intende dare effettiva attuazione a questo aumento e che lo sostituirà con altri interventi di riduzione della spesa e di potenziamento dell'attività di riscossione delle imposte, al momento non precisati.
  Nel biennio 2020-2021, l'indebitamento netto strutturale rimarrebbe stabile al livello stimato per il prossimo anno. Il Governo intende riprendere il percorso di consolidamento nel 2022, primo anno successivo all'orizzonte di programmazione. Il percorso sarebbe anticipato solo nel caso in cui entro il 2021 il prodotto e l'occupazione tornassero ai livelli precedenti la crisi.
  Oltre tre quarti delle maggiori spese previste dalla manovra, pari a circa 24,2 miliardi in media all'anno, sono dedicati alla creazione, ovvero all'ampliamento, di fondi destinati a finanziare l'introduzione del reddito e della pensione di cittadinanza, all'allentamento dei requisiti minimi per l'accesso al pensionamento e al rilancio degli investimenti pubblici.
  Nei primi due casi si tratta di un accantonamento di risorse a fronte di riforme non ancora definite. È previsto inoltre che, se la spesa a carico di uno dei fondi risulterà minore del previsto, le risorse residue potranno essere trasferite all'altro.
  Sono inoltre previsti regimi agevolativi per i lavoratori autonomi e le imprese individuali, nonché incentivi per le imprese. I costi di queste misure interessano sostanzialmente il biennio 2020-2021, più che il 2019. Vengono, infine, stanziate risorse per il pubblico impiego.
  Farò ora un esame un po’ più dettagliato delle principali voci, in particolare delle principali misure di carattere espansivo.
  Il fondo per l'introduzione del reddito e della pensione di cittadinanza avrà una dotazione complessiva di 9 miliardi annui, che però sono pari a circa 7 miliardi al netto delle risorse provenienti dal fondo per la lotta alla povertà, attualmente destinate al finanziamento del reddito di inclusione. Il disegno di legge di bilancio si limita a indicare le finalità degli interventi: lotta alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale e garanzia del diritto al lavoro.
  A seguito della crisi economica, l'incidenza della povertà assoluta è aumentata considerevolmente tra le famiglie, passando dal 3,5 per cento del 2007 al 6,9 per cento del 2017. L'aumento è stato particolarmente intenso per i nuclei con persona di riferimento giovane, ovverosia di età inferiore a trentacinque anni, tra i quali, però, è più elevata la presenza di cittadini stranieri. L'incidenza della povertà è, invece, rimasta stabile e inferiore alla media per le famiglie con a capo una persona di più di sessantacinque anni.
  Data l'entità delle risorse stanziate, il reddito di cittadinanza dovrebbe essere notevolmente più generoso del reddito di inclusione attualmente in vigore, sia per entità del trattamento sia per numero dei beneficiari. Sarà, quindi, particolarmente importante – questo è un punto su cui mi sono soffermato, un mese fa, durante la precedente audizione – disegnarlo in modo tale da creare i giusti incentivi, da non scoraggiare l'offerta di lavoro regolare, prevedendo incentivi efficaci e naturalmente adeguati controlli per evitare abusi.
  La manovra destina una parte degli stanziamenti del fondo al potenziamento dei centri per l'impiego, che attualmente svolgono un ruolo piuttosto marginale nell'incontro tra domanda e offerta di lavoro. Pag. 28Sarà importante, soprattutto nelle aree in cui la domanda di lavoro è bassa, che i centri per l'impiego possano trasmettere proposte di lavoro provenienti anche da altre regioni.
  Il fondo per la revisione del sistema pensionistico è istituito dalla manovra e prevede l'introduzione di ulteriori forme di pensionamento anticipato e di misure per incentivare l'assunzione dei giovani. È dotato di 6,7 miliardi di euro nel 2019 e di 7 miliardi di euro annui a partire dal 2020. Anche in questo caso, data la mancanza di informazioni complete sugli interventi previsti non è possibile, né è facile a questo stadio formulare le considerazioni sui relativi effetti.
  Colgo l'occasione, peraltro, per dire che, come abbiamo più volte detto in passato, anche per dissipare qualche equivoco che può in qualche caso essere sorto, è certamente possibile introdurre altri elementi di flessibilità rispetto alle regole vigenti, per esempio per quanto riguarda i requisiti minimi di pensionamento. Tuttavia, a nostro avviso è necessario che interventi di questo tipo tengano conto del fatto che la sostenibilità finanziaria e l'equità intergenerazionale del nostro sistema si fondano sul nesso tra contributi versati e prestazioni erogate. In altre parole, l'importo di un'eventuale pensione anticipata dovrebbe essere aggiustato per tenere conto del minore montante acquisito e del più lungo periodo atteso di erogazione della pensione. Non rispettando questo criterio, si rischierebbe di compromettere l'equilibrio di lungo periodo del sistema, aggravando l'onere a carico delle generazioni future. Come credo di aver detto l'altra volta, la sostenibilità a lungo termine del sistema pensionistico è uno dei fattori di forza della finanza pubblica italiana.
  Passando agli investimenti pubblici, a questi ultimi viene destinata una quota rilevante di risorse, complessivamente pari a 16 miliardi di euro circa nel triennio, di cui quasi 9 miliardi riguardano le amministrazioni centrali, il resto quelle locali.
  La spesa per investimenti fissi lordi delle amministrazioni pubbliche si è ridotta in modo assai pronunciato negli ultimi anni, più che nel resto dell'area dell'euro. In termini nominali, essa è diminuita quasi del 4 per cento all'anno in media rispetto al 2008, mentre in percentuale del PIL è calata dal 3 al 2 per cento. La riduzione si è concentrata nelle amministrazioni locali.
  Le analisi disponibili suggeriscono che vi sia nel nostro Paese un significativo divario infrastrutturale da colmare, e rimando in questo a un recente intervento del Governatore della Banca d'Italia. Il ritardo italiano non è dovuto solo alla scarsità di risorse finanziarie. Rispetto ad altri Paesi, sono maggiori i costi e i tempi medi di realizzazione, anche tenendo conto delle diverse caratteristiche dei territori.
  In varie occasioni abbiamo sostenuto che una ricomposizione della spesa pubblica, dalla spesa corrente a quella per investimenti, è desiderabile. La spesa per investimenti, oltre a sospingere la domanda, posto che essa è normalmente caratterizzata da moltiplicatori più elevati di quelli relativi alla spesa corrente, contribuisce, se i progetti sono selezionati con cura e realizzati in modo efficace, a innalzare il potenziale produttivo dell'economia. Può essere d'aiuto l'adozione di trasparenti analisi costi-benefici per la selezione dei progetti e di procedure che garantiscano l'esecuzione efficiente e in tempi relativamente rapidi dei lavori. È importante sottolineare che il pieno dispiegarsi degli effetti macroeconomici attesi nel 2019 dipende dalla realizzazione degli interventi fin dai primi mesi dell'anno.
  Quanto ai regimi agevolativi, la manovra prevede una riduzione del carico fiscale per gli imprenditori individuali e i lavoratori autonomi. Dal 2019 viene infatti esteso l'ambito di applicazione del regime forfettario, tra l'altro con l'innalzamento della soglia di fatturato a 65.000 euro. Dal 2020 si introduce un nuovo regime sostitutivo per i contribuenti con fatturato compreso tra 65.000 e 100.000 euro. Tali interventi determinano minori introiti per 300 milioni di euro nel 2019, 1,9 miliardi nel 2020 e 2,5 miliardi a regime.
  Si può stimare che il numero dei contribuenti sottoposti al regime forfetario aumenterebbe di circa il 60 per cento. Circa Pag. 29la metà dell'incremento sarebbe dovuto all'innalzamento delle soglie di fatturato. Nelle nostre stime, per i nuovi beneficiari l'incidenza dell'imposta sul reddito complessivo si ridurrebbe in media di quattro punti percentuali, all'11 per cento. Per coloro che usufruiranno del regime sostitutivo, previsto dal 2020, si può valutare che la tassazione agevolata al 20 per cento comporterebbe una riduzione di aliquota media di circa sette punti.
  Al di là della riduzione delle aliquote medie, l'obiettivo di semplificazione è certamente apprezzabile. Occorrerà però, a nostro giudizio, valutare con attenzione nei dettagli alcuni profili di efficienza e di equità di questi interventi. Gli effetti «scalino» che si determineranno in corrispondenza delle soglie di 65.000 e 100.000 euro potrebbero comportare un disincentivo alla crescita dimensionale delle imprese e, d'altro canto, un incentivo a comportamenti elusivi o evasivi finalizzati a mantenere il reddito entro la soglia. Si può, inoltre, verificare il caso di carichi fiscali molto diversi per persone con redditi simili, a seconda che si trovino immediatamente sotto o sopra una certa soglia e che appartengano a una categoria o a un'altra.
  Il Governo conferma parzialmente alcuni incentivi alle imprese per gli investimenti ad alto contenuto tecnologico e introduce, sotto alcune condizioni, una tassazione agevolata a fronte di utili reinvestiti. Gli effetti sui conti pubblici saranno modesti nel primo anno di applicazione, cosa abbastanza tipica per questo tipo di provvedimenti, mentre diventeranno rilevanti nel biennio successivo.
  Per gli investimenti ad alto contenuto tecnologico la manovra prevede la proroga dell'iperammortamento, rimodulato, peraltro, in funzione della dimensione dell'investimento. Oltre certe soglie l'agevolazione verrebbe meno. L'incentivo ha finora sostenuto l'adozione di tecnologie avanzate, i cui rendimenti possono essere tanto elevati quanto incerti, quindi è un tipo di investimenti per i quali una forma di sostegno pubblico è in sé certamente giustificata.
  A fronte dell'abolizione dell'aiuto alla crescita economica, volto a favorire la patrimonializzazione delle imprese, il Governo prefigura l'introduzione di una tassazione agevolata nel caso di utili reinvestiti per aumentare l'occupazione e realizzare, a certe condizioni, investimenti in beni strumentali materiali. La misura ha carattere permanente. Essa beneficerebbe le imprese nel momento in cui realizzano utili, risultando, dunque, più efficace nelle fasi favorevoli del ciclo economico.
  Le finalità degli interventi – sostenere gli investimenti e l'occupazione – sono certamente apprezzabili, però nell'introdurre cambiamenti dei regimi agevolativi conviene anche avere presente che la stabilità e la semplicità del quadro normativo sono tra le condizioni di contorno più importanti per l'attività delle imprese.
  Quanto al pubblico impiego, la manovra stanzia 2,9 miliardi da destinare, nel corso del triennio, al rinnovo contrattuale del personale dell'amministrazione statale. Queste risorse si aggiungono agli importi già oggi previsti, pari a circa 1,5 miliardi. Secondo le stime ufficiali, i fondi complessivamente a disposizione comporterebbero un aumento delle retribuzioni medie crescente nell'arco dei tre anni e di poco inferiore al 2 per cento a regime.
  Il disegno di legge di bilancio autorizza, inoltre, l'assunzione, in aggiunta a quanto possibile sulla base delle norme vigenti, di oltre 15.000 dipendenti pubblici, stanziando a questo fine oltre 1,5 miliardi nel triennio.
  Negli anni passati la limitazione del turnover e il blocco della contrattazione collettiva hanno contribuito significativamente al contenimento della spesa corrente. Dal 2010 al 2017 la spesa primaria corrente in Italia è aumentata in media dell'1 per cento all'anno e quella per redditi da lavoro è diminuita in media dello 0,7 per cento. Dunque, dopo vari anni di restrizioni, un prudente allentamento può essere giustificato. Sarà, però, importante utilizzare l'occasione dei rinnovi contrattuali per introdurre o rafforzare meccanismi incentivanti e indirizzare l'assunzione di nuovi dipendenti pubblici verso le competenze, anche innovative, più utili per Pag. 30migliorare l'efficienza delle pubbliche amministrazioni.
  Quanto alle coperture, nella media del prossimo triennio la manovra reperisce risorse per circa 11 miliardi all'anno, sufficienti a coprire un po’ meno di un terzo delle misure espansive. La parte restante accresce il disavanzo nella misura che ho già ricordato.
  Le maggiori entrate ammontano a quasi 9 miliardi in ciascun anno del prossimo triennio. Per il 2019 oltre la metà deriva da un aumento temporaneo del prelievo sul settore finanziario. Nel biennio seguente la perdita del gettito di tale prelievo viene compensata dalla cancellazione dell'aiuto alla crescita economica e dalle misure di contrasto all'evasione fiscale e di recupero del gettito.
  Tra gli altri provvedimenti in materia di entrate, si segnala l'abrogazione del regime opzionale per la tassazione dei redditi di impresa, nota con l'acronimo IRI, che – già rinviato – sarebbe dovuto entrare in vigore il 1° gennaio 2019.
  Le riduzioni di spesa sono pari a 3,7 miliardi l'anno prossimo, a 1,5 miliardi nel 2020 e a 2,2 miliardi nel 2021. Nella media del prossimo triennio esse rappresentano oltre un quinto delle coperture previste dalla manovra. Vi rientra per il 2019 anche il rinvio al biennio successivo dei trasferimenti in conto capitale alle Ferrovie dello Stato. Come l'anno scorso, parte dei risparmi di spesa deriva dalla revisione delle erogazioni dei ministeri.
  La manovra prevede un aumento del prelievo gravante sul settore bancario e assicurativo nel prossimo triennio, per un importo pari a circa 4,3 miliardi nel 2019 e a cifre minori negli anni successivi. Si tratta di interventi che posticipano la deducibilità di alcuni elementi di costo o incrementano l'ammontare di acconti di imposta. Essi hanno, pertanto, essenzialmente un effetto di spostamento temporale. L'abolizione dell'aiuto alla crescita economica (ACE) prima richiamata, renderà in prospettiva le operazioni di ricapitalizzazione più onerose anche per gli intermediari finanziari.
  Le entrate derivanti dal contrasto all'evasione e dal recupero di gettito, di entità più modesta nel 2019, rappresentano oltre un quarto del totale delle coperture nel 2020 e quasi un terzo nel 2021. Più della metà delle risorse deriverebbe dall'introduzione, a partire dal 1° gennaio 2020 o da una data anticipata per i contribuenti maggiori, dell'obbligo di trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri derivanti dalla cessione di beni e servizi. Questo provvedimento dovrà favorire l'emersione di base imponibile nelle transazioni con il consumatore finale, grazie alla maggiore tempestività delle informazioni a disposizione dell'Agenzia. La restante parte delle risorse ha prevalentemente natura temporanea e deriva principalmente da una rimodulazione e da un ampliamento della procedura di definizione agevolata, la cosiddetta «rottamazione delle cartelle», inizialmente introdotta con la manovra per il 2017. Nel complesso, le misure determinerebbero maggiori entrate per 1,5 miliardi all'anno circa in media nel biennio 2020-2021.
  È previsto anche l'annullamento automatico dei debiti di importo residuo fino a 1.000 euro e un nuovo condono, al quale prudenzialmente non viene ricondotto alcun aumento di gettito.
  L'introduzione dell'obbligo di trasmissione telematica dei corrispettivi, che si affianca ad altri strumenti di contrasto all'evasione introdotti negli ultimi anni, quali il cosiddetto split payment, le nuove modalità di utilizzo delle compensazioni e la fatturazione elettronica anche fra i privati, è volta a sfruttare una maggiore disponibilità di dati per realizzare controlli più mirati e al tempo stesso stimolare un aumento dell'adempimento spontaneo e una maggiore collaborazione tra il contribuente e il fisco. Se bene attuata, essa può contribuire a un miglioramento strutturale dell'efficienza, della correttezza e della trasparenza dell'attività di riscossione.
  Altre misure, in particolare quelle di condono fiscale, sotto un nome o un altro, potrebbero determinare disincentivi all'adempimento regolare degli obblighi tributari Pag. 31 e andrebbero quindi considerate, a nostra opinione, con molta attenzione.
  Onorevoli senatori e deputati, il divario di crescita tra l'Italia e il resto dell'area dell'euro è un problema strutturale. I suoi tratti più importanti sono stati ricordati pochi giorni fa dal Governatore della Banca d'Italia nel discorso che ha fatto per la Giornata mondiale del risparmio: bassa produttività delle imprese; una popolazione mediamente più anziana di quella degli altri Paesi; un tasso di partecipazione al lavoro più basso; conoscenze e competenze di giovani e adulti inferiori a quelle degli altri cittadini europei; una pubblica amministrazione troppo poco efficiente; condizioni per fare impresa meno favorevoli che altrove; pochi investimenti, pubblici e privati. L'elenco, del resto, è noto, ampiamente discusso e credo anche in larga misura condiviso.
  Come il Governatore ha affermato in quell'occasione, percorrere la strada delle riforme strutturali è impegnativo e i risultati maturano lentamente, ma è indispensabile. Le riforme attuate nei decenni passati hanno cominciato a dare frutti. La ripresa ha generato più lavoro di quanto ci si sarebbe potuti aspettare: anche se il PIL rimane inferiore di circa il 4 per cento rispetto a prima della crisi, il numero degli occupati ha raggiunto un massimo storico. Il tasso di partecipazione al mercato del lavoro delle donne e delle classi di età più elevate si è innalzato. Il sistema pensionistico, grazie a un ventennio di riforme che hanno risposto alla sfida dell'invecchiamento della popolazione, è stato messo su un sentiero sostenibile. Miglioramenti sono stati conseguiti più di recente nel funzionamento della giustizia e su altri fronti.
  C'è, però, ancora molto da fare per sciogliere i nodi che restano e questa è la via maestra per aumentare in prospettiva il potenziale di crescita dell'economia, e così anche creare risorse per combattere la povertà e alleviare il disagio di chi resta indietro.
  Una politica di bilancio espansiva, pur utile in fasi cicliche particolarmente avverse, non garantisce la crescita nel medio termine e può metterla in pericolo a lungo andare. Tra il 2000 e il 2006, prima della crisi finanziaria globale, l'Italia ha effettuato un'espansione del bilancio di quasi 5 punti percentuali del prodotto contro un punto nel resto dell'area. Nello stesso periodo, il tasso di crescita medio della nostra economia è stato dell'1,5 per cento contro il 2,3 per cento del resto dell'area. In quegli anni, al peggioramento dell'avanzo primario, sceso da quasi il 4 a meno dell'1 per cento, ha fatto riscontro l'interruzione del percorso di riduzione del rapporto tra debito e prodotto che, dopo essere diminuito di 12 punti percentuali nei sei anni precedenti, è rimasto sostanzialmente stabile, poco al di sopra del 100 per cento.
  Quando è arrivata la crisi finanziaria, disavanzo e debito già elevati hanno ridotto i margini di manovra del debito pubblico impedendone il pieno utilizzo in funzione anticiclica. Senza un debito così alto l'Italia non avrebbe subìto con altrettanta violenza le conseguenze della crisi dei debiti sovrani e non sarebbe stata costretta ad adottare, tra il 2011 e il 2012, politiche di bilancio fortemente procicliche per mantenere la fiducia degli investitori e scongiurare il rischio di non poter rifinanziare i titoli pubblici in scadenza.
  Dal 2014 al 2017, con lo stabilizzarsi delle condizioni finanziarie, la politica di bilancio ha avuto un'intonazione espansiva per poco più di mezzo punto percentuale all'anno in media. L'avanzo primario è rimasto intorno all'1,5 per cento del PIL e il rapporto tra debito e prodotto si è più o meno stabilizzato poco sopra il 130 per cento.
  Dicemmo l'anno scorso, nel corso dell'audizione sulla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza di allora, che prefigurare un graduale, ma certo, percorso di rientro a partire da tali condizioni era – come lo definimmo – il minimo indispensabile e che la credibilità dell'impegno ad assicurare finanze pubbliche in ordine era condizione necessaria per evitare un aumento del differenziale tra costo del debito e crescita dell'economia, e quindi un peggioramento della dinamica del debito. Pag. 32
  L'obiettivo di ridurre l'incidenza del debito pubblico sul PIL è condiviso dal Governo. La manovra, tuttavia, persegue tale riduzione puntando non sull'equilibrio dei conti, bensì sullo stimolo indotto dall'espansione di bilancio, prefigura una significativa riduzione dell'avanzo primario nel 2019 e non contempla un riequilibrio negli anni successivi.
  L'economia non è una scienza esatta, a dispetto dell'alto livello di formalizzazione statistica e matematica dei suoi strumenti, non è l'economia come scienza né l'econometria come strumento. La valutazione dell'impatto sul ciclo economico delle misure espansive previste può ben variare a seconda delle ipotesi adottate e dei modelli adoperati. I moltiplicatori impliciti nella manovra sono da considerare relativamente alti, anche se l'incertezza sulla stima di essi è ampia. Molto dipenderà dai tempi e dalle modalità di attuazione delle misure previste. Saranno importanti, tra l'altro, la selezione degli investimenti e il loro avvio tempestivo.
  Gli effetti della politica di bilancio, però, non possono essere valutati come se essa fosse isolata e risentono delle condizioni finanziarie di contorno, particolarmente importanti quando il debito è ingente, e queste a loro volta sono influenzate dagli annunci e dalle politiche. La protratta incertezza degli investitori sugli orientamenti relativi all'equilibrio di bilancio e sulla credibilità dell'impegno del Paese a riprendere con decisione la strada della diminuzione del debito, e da ultimo, ma certo non ultimo per importanza, il conflitto con gli organi dell'Unione europea sul rispetto delle regole comuni, hanno considerevolmente innalzato i tassi d'interesse che la Repubblica paga sul proprio debito. Questo aumento è già costato al contribuente quasi 1,5 miliardi di interessi in più negli ultimi sei mesi rispetto a quanto sarebbe maturato con i tassi che i mercati si aspettavano ad aprile. Costerebbe oltre 5 miliardi nel 2019 e circa 9 nel 2020, se i tassi dovessero restare quelli che il mercato attualmente si aspetta.
  L'aumento dello spread sovrano si ripercuote sull'intera economia, famiglie, imprese, istituzioni finanziarie, come il Governatore ha spiegato nell'intervento che ho citato. La crescita dei tassi d'interesse sul debito pubblico ha un effetto in qualche modo comparabile a una stretta monetaria. Una stretta, però, assai più marcata e rapida di qualsiasi ipotizzabile futuro, graduale processo di normalizzazione politica dell'Eurosistema. Essa rischia di vanificare tutto l'impulso espansivo che ci si attende dalla politica di bilancio.
  Davanti a un'eventuale nuova recessione, l'Italia si troverebbe con un disavanzo relativamente elevato, come prima della crisi, e un'incidenza del debito sul prodotto anche superiore. I margini di manovra sarebbero, di nuovo, ristretti.
  A me non tocca formulare indicazioni né previsioni esatte, che del resto sono impossibili, ma mettere in luce i rischi. Credo vi sia consenso sull'idea che il rischio dell'avvio di un circolo vizioso tra disavanzo, tassi, fiducia e crescita deve essere evitato. Tenuto anche conto delle attuali condizioni finanziarie internazionali, episodi di improvvisa volatilità, per improbabili che possano apparire al momento, non possono essere del tutto esclusi. Un controllo credibile della dinamica del disavanzo e del debito, invece, trova alimento in se stesso, ampliando in ultima analisi le risorse a disposizione della collettività. Occorre abbattere lo spread. I segnali che gli investitori percepiscono sono importanti.
  Auspico dunque che, nell'ambito dell'interlocuzione in corso con la Commissione europea e con il Consiglio europeo, si trovi una soluzione che concili il rispetto sostanziale delle regole a cui l'Italia è tenuta come membro dell'Unione monetaria, e che assicurano un credibile percorso di rientro nel medio termine, con accorte misure di sostegno all'economia e con il perseguimento degli obiettivi politici del Governo e del Parlamento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei. Mi permetto di fare io la prima domanda. Nella sua relazione ha citato il caso del 2011. Leggo, con una qualche mia sorpresa, che le politiche di bilancio fortemente procicliche nel 2011 sono state necessarie per mantenere la fiducia degli investitori e scongiurare Pag. 33 il rischio di non poter finanziare i titoli pubblici in scadenza. Non le pare che in quell'occasione – giusto per ristabilire un minimo di verità storica – l'entità del debito non abbia avuto alcun peso nella crisi dei debiti sovrani?
  Ricordiamo che in crisi sono andate l'Irlanda e la Spagna, che di debito pubblico sul PIL non ne avevano. Non crede che ciò che ha scongiurato il rischio di non rifinanziare i titoli e ha riportato la fiducia degli investitori sia stato esclusivamente l'intervento della Banca centrale europea e, segnatamente, il famoso «whatever it takes» di Draghi? Mi pare di ricordare che, nonostante le politiche procicliche, a luglio del 2012 lo spread fosse ancora a 500.
  Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  LUIGI MARATTIN. Ringrazio il dottor Signorini. Stavo pensando di aver letto un giorno che nel 2010 il deficit dell'Irlanda arrivò al 32 per cento per gli interventi sul sistema bancario. L'idea che l'Irlanda non avesse problemi di finanza pubblica all'inizio della crisi, quindi, mi suona piuttosto strana.
  È vero che prima della crisi l'Irlanda aveva un basso debito pubblico, ma quando è scoppiata la crisi, avendo dovuto nazionalizzare tutto il sistema bancario, ha fatto schizzare il deficit, la misura di flusso al 32 per cento, il che ovviamente ha creato tensioni sui mercati finanziari. Per evitare di fare la stessa fine, fu necessario – come ha ricordato il dottor Signorini – attuare in Italia politiche procicliche, il cui impatto va giudicato in termini controfattuali, cioè cosa sarebbe successo se non le avessimo applicate.
  Dottor Signorini, ho soltanto due domande. La sua relazione è molto chiara da ogni punto di vista. Soprattutto nella parte finale, non posso che esprimere l'auspicio che questa relazione venga letta attentamente da tutti i membri di queste Commissioni, e non solo.
  La prima domanda, in realtà, contiene già una risposta nelle sue pagine finali. Siccome sono entrambe domande che ho rivolto al Ministro Tria poco fa e alle quali il Ministro non ha fornito risposta, lei mi perdonerà se la uso come sostituto, semplicemente al fine di poter fornire a queste Commissioni elementi di valutazione che non sono sicuro tutti abbiano. Le volevo chiedere che rischi ci sono di esaurimento dello spazio fiscale di cui l'Italia potrebbe aver bisogno in caso di una nuova recessione. Lei ha già risposto nelle pagine finali, però volevo una valutazione, se è possibile, un pochino più approfondita.
  Germania e Stati Uniti sono entrambi entrati nell'ottavo o nono anno di espansione economica continuata e sono i due driver del ciclo economico internazionale ed europeo. Considerati i cicli fisiologici delle fasi economiche, la probabilità di una recessione nei prossimi due anni non è bassa. Anzi, se avete fatto studi in merito per poterla «prezzare» sarebbe interessante.
  Alla luce di questo, ma lei già lo dice, appare opportuna qualche elaborazione in più su quanto sia pericoloso esaurire lo spazio fiscale in un Paese fortemente indebitato come il nostro in un momento di flessione ciclica, ma non di recessione né di pesante flessione ciclica, e quindi su quanto sia pericoloso privarsi di un margine fiscale per una probabile futura recessione internazionale.
  Anche alla seconda domanda non mi ha risposto il Ministro Tria, ma credo sia a beneficio soprattutto dei colleghi di maggioranza. La Banca d'Italia, in quanto facente parte del sistema europeo delle banche centrali, è in qualche modo cugina, a livello europeo, dell'autorità di vigilanza sul sistema bancario. Siccome a livello giornalistico, a livello mediatico – ma in realtà anche una collega prima lo ha fatto, abbastanza incredibilmente – si continua a ripetere che il ristoro agli investitori colpiti dai crack bancari verificatisi fra novembre 2015 e giugno 2017 sarà integrale, vorrei chiederle di confermare la semplice lettura dell'articolo 38 del disegno di legge di bilancio al nostro esame, vale a dire che il ristoro, nell'intervento del Governo, è previsto unicamente per quegli investitori in possesso di una sentenza favorevole da parte del giudice o di una pronuncia favorevole Pag. 34 da parte dell'arbitro delle controversie finanziarie in merito alla violazione degli obblighi di correttezza, trasparenza e corretta informazione, il cosiddetto mis-selling, vale a dire esattamente lo stesso filtro che era previsto nell'allocazione dei 100 milioni di euro stanziati nella legge di bilancio per il 2018 da parte del Governo Gentiloni, né un millimetro in più né un millimetro in meno.
  Le chiedo di confermare, se è possibile, soprattutto ai colleghi della maggioranza, che l'attuale versione dell'articolo 38 prevede esattamente questo, vale a dire il ristoro unicamente a queste due fattispecie di investitori e non, assolutamente, alcun tipo di ristoro integrale.

  RAPHAEL RADUZZI. Ringrazio il dottor Signorini per la sua relazione. A pagina 17 leggo che «l'aumento dello spread sovrano si ripercuote sull'intera economia, famiglie, imprese e istituzioni finanziarie». Al contempo, leggo dal Sole 24 Ore la notizia flash: «Bankitalia: a settembre i tassi sui mutui casa scesi al 2,16». Al contempo, posso andare a rileggermi l'indagine sul credito bancario nell'area euro del 23 ottobre scorso, quando tra l'altro i tassi erano di venti punti base più alti rispetto ai livelli attuali, in cui si dice che nel terzo trimestre del 2018 i criteri di offerta sui prestiti alle imprese hanno registrato un lieve allentamento, mentre quelli sui finanziamenti alle famiglie per l'acquisto di abitazioni sono rimasti invariati; per il trimestre in corso, e quindi l'ultimo trimestre, gli indicatori si attendono invece che le politiche di offerta sui prestiti rimangano pressoché invariate. In sostanza, vorrei capire se ci sono due visioni in Banca d'Italia, oppure se si riescono a conciliare i dati fattuali con le dichiarazioni pubbliche.

  ERIK UMBERTO PRETTO. Dottor Signorini, lei ci ha detto che l'aumento dello spread ha un effetto comparabile a una stretta monetaria. Ebbene, considerato che la gestione della politica monetaria è affidata alla Banca centrale europea e ritenuto che, se lo spread salisse a causa dell'aumento del deficit, dovrebbe salire sicuramente ben di più per la Francia che per l'Italia, le pongo il seguente quesito: nell'Eurozona le banche centrali, dal suo punto di vista, con il termine del quantitative easing non hanno smesso forse di fare il loro dovere? Inoltre, il mancato intervento di acquisto del debito sul mercato non comporta forse che non vi sia più, da parte della Banca centrale europea, un controllo sui tassi d'interesse?

  FELICE MAURIZIO D'ETTORE. Tornando sulla questione dello spread e dell'osservazione che non c'è ombra di dubbio che quest'ultimo si rifletta sull'intera economia, è evidente che noi ci potremmo trovare con un disavanzo, in una situazione di recessione, che potrebbe influire molto anche rispetto ai saldi programmatici previsti in questa manovra. Al Vicepresidente Di Maio già il presidente della BCE ha di fatto risposto che la BCE non ha il compito di finanziare i deficit pubblici – sebbene abbia sentito una qualche eco anche in questo momento – e che l'unico modo è variare la politica economica, dal momento che non c'è altro sistema.
  In questo momento, in questa situazione di spread elevato e costante intorno ai 300 punti, questione che abbiamo posto anche prima al Ministro Tria, che però non ci ha dato una risposta, è chiaro che l'aumento del costo di finanziamento delle banche, unito ai BTP in pancia ad alcune banche che sono crollati in questi mesi, potrebbe determinare la necessità – dalla vostra visuale, ciò è ancor più chiaro – di procedere al salvataggio di alcune banche. Quindi, forse l'idea di individuare in questa manovra dei fondi a copertura, di volta in volta, del reddito di cittadinanza, della pensione di dignità, della modifica della legge Fornero, sembra solo uno spot per dire che sono saldi invariati per il 2019, in attesa di vedere quello che farete dopo. Basti vedere anche il riferimento all'IVA, argomento sul quale il Governo si è affrettato a dire che le clausole di salvaguardia non verranno attivate nel 2020-2021.
  In tutto questo contesto il tema è quello dei BTP in pancia a molte banche, il cui crollo è evidente, a causa dello spread, Pag. 35mentre l'aumento dei costi di finanziamento delle banche ricade sulle imprese e sulle famiglie. A meno che qui non stiamo parlando di un'altra cosa, non siamo nelle Commissioni bilancio, non abbiamo di fronte un'audizione della Banca d'Italia e facciamo Giocagiò.
  Allora, se stiamo parlando seriamente, se questi saldi saranno invariati per il 2019, non potranno sicuramente esserlo nei prossimi anni. Ricordo che i mercati sono fatti anche dagli investitori italiani, da noi, e che tutti i mercati reagiscono, sono oggettivi, sono terribilmente oggettivi, e reagiscono anche a dichiarazioni che sono assolutamente fuori luogo e spesso dettate da un'inadeguatezza a governare e a stare al Governo.
  Ebbene, visto che l'abbiamo già chiesto al Ministro Tria, il quale ci ha fatto, richiamando il noto film Amici miei, una «supercazzola», una roba che non ha assolutamente alcun rilievo sul piano della risposta – e magari per questo il presidente Borghi mi richiamerà, ma vi assicuro che non abbiamo capito la risposta –, chiediamo quale potrebbe essere l'atteggiamento del Governo rispetto a un eventuale piano B o a una manovra-bis.
  Ci domandiamo, inoltre, cosa possano determinare l'aumento dei costi di finanziamento delle banche, che si scarica su imprese e famiglie, lo spread, che riguarda totalmente l'ipotesi di un'eventuale recessione con un disavanzo – spero di non essere menagramo, ma la situazione è questa – e i BTP in pancia alle banche, che sono crollati in questo periodo – e non si può dire che non è vero. Ci domandiamo altresì se è possibile che la manovra di bilancio al nostro esame diventi, come ha detto qualche commentatore, una manovra delle banche.
  Mi sembra infatti che traspaia dalla sua relazione anche una prospettiva in questo senso: ci troviamo forse in una situazione per cui è possibile che dovremo provvedere con grande fermezza e con grande solerzia a far fronte a qualche crisi bancaria che porterà forse a una manovra-bis? Oppure questa è solo una manovra in cui i saldi sono invariati per spot elettorale, ma non contiene provvedimenti, che infatti non sono dettagliati, e quindi gli effetti non si realizzeranno nel 2019? Le chiediamo se questo traspare dalla sua analisi o, comunque, di aiutarci a superare le nostre perplessità in merito soprattutto ad alcune banche e a quello che potrebbe accadere nei prossimi mesi.

  YLENJA LUCASELLI. Ho solo due domande. La prima è in relazione a quello che lei diceva sull'impatto espansivo che nelle dichiarazioni iniziali da parte del Governo è stato considerato troppo elevato. Vorrei capire quanto l'assenza di un perimetro all'interno del quale insistono queste due misure sostanziali, che dovrebbero essere il reddito di cittadinanza e «quota 100», incide su questa valutazione.
  La seconda domanda riguarda le considerazioni svolte in relazione alla pressione fiscale sulle banche. Vorrei capire quanto l'aumento di questa pressione fiscale porterà a una diminuzione di liquidità all'interno degli istituti e come questo si potrà quindi riflettere all'interno dell'economia nazionale.

  PIETRO CARLO PADOAN. Ringrazio il dottor Signorini. La mia prima domanda è molto in linea con talune cose già dette dai colleghi, ma la ripeto per memoria e la riformulo così: in uno scenario in cui lo spread è permanente a 300 punti, con il rischio di andare ancora più su, quanto è sostenibile la situazione o, meglio, quando il Paese si dovrà considerare essere sull'orlo di una situazione di crisi?
  La seconda domanda ha a che fare più con la prima parte, su cui non ci siamo soffermati, ovvero con le determinanti della crescita. Il messaggio che mi sembra arrivare dalla sua relazione, comune peraltro a un messaggio spesso ripetuto dalla Banca d'Italia, è che nel lungo periodo la crescita ha come condizione necessaria, anche se non sufficiente, il miglioramento della produttività e le riforme strutturali.
  Vorrei sapere se su questo fronte la Banca d'Italia sta facendo analisi per capire qual è la vera crescita sostenibile del Paese in questo contesto di medio termine, non semplicemente dovuta ai fattori ciclici.

Pag. 36

  ANTONIO MISIANI. Sono rimasto molto colpito dalle ultime tre pagine della relazione, che in effetti esprimono un giudizio molto severo e molto preoccupato sulle condizioni e sulle prospettive del Paese. Mi interessa approfondire il tema dell'impatto dello spread sulla crescita. Mi chiedo se uno spread a livelli così elevati rischi di vanificare integralmente, o addirittura controbilanciare in senso recessivo, l'impatto teoricamente espansivo della manovra di bilancio 2019-2021.
  La seconda domanda riguarda la composizione della manovra. Noi riteniamo che sia fortemente sbilanciata su misure di parte corrente, con un debole impatto di moltiplicatore sul PIL. Vorrei sapere se non si ritiene utile cambiare la composizione della manovra, rafforzando la parte in conto capitale legata agli investimenti e alle misure di stimolo degli investimenti privati, e se una modifica dell'impianto della manovra in questa direzione non aiuterebbe a rafforzare la fiducia dei risparmiatori nei confronti dell'Italia e a ridurre il differenziale dei tassi tra i titoli italiani e i titoli tedeschi.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli onorevoli colleghi per le domande. Do ora la parola al dottor Signorini per la replica.

  LUIGI FEDERICO SIGNORINI, vice direttore generale della Banca d'Italia. Parto da quest'ultima domanda, per dire che certamente noi abbiamo sempre sottolineato l'importanza di una ricomposizione del bilancio in direzione degli investimenti. La manovra prevede un recupero degli investimenti rispetto all'andamento che viene descritto nella relazione che vi ho presentato, che ha visto una contrazione degli investimenti nel corso degli ultimi anni, che si è protratta per un periodo abbastanza prolungato, e questo è certamente un aspetto apprezzabile.
  Io credo che convenga sempre sottolineare che è importante che gli investimenti in primo luogo si realizzino; in secondo luogo, che si realizzino presto, per avere gli effetti desiderati sull'andamento del ciclo economico fin dal primo anno e naturalmente per avere tempestivamente anche gli effetti sull'andamento della capacità produttiva dell'economia; e infine, che si realizzino bene, nel senso che la complementarità di questi investimenti con gli investimenti privati deve essere la migliore possibile.
  Il Governo prevede – credo che ne abbiate parlato con il Ministro Tria durante la sua audizione che ha preceduto la mia – l'istituzione di una serie di strutture tecniche per migliorare la tempestività e la corretta selezione degli investimenti. Questi sono obiettivi sicuramente molto importanti e, quindi, è importante anche realizzare queste misure in maniera efficace, con un chiaro coordinamento tra le strutture che si vogliono istituire e le altre strutture già esistenti. Migliorare la capacità di investimento, non solo in senso quantitativo, dell'amministrazione pubblica in Italia rappresenta certamente un problema che si pone da molto tempo.
  Torno alla domanda iniziale del presidente Borghi, che in qualche modo ha affermato: «Non è stato il debito, ma è stata la BCE che ha determinato l'andamento della crisi». Naturalmente sarebbe impossibile in questo momento fare un'analisi compiuta di un periodo che è stato certamente tra i più drammatici e sarei sicuramente l'ultimo a dire che l'intervento deciso, tempestivo e ben calibrato della BCE non sia stato un elemento fondamentale per fronteggiare la crisi.
  Tuttavia, la seconda fase della crisi, come tutti ricordano, è stata definita la «crisi dei debiti sovrani» e in effetti si è determinata in vari Paesi, con intensità diversa, ma anche per cause diverse. In particolare, si è parlato spesso del legame tra il sistema finanziario, specificamente le banche, e il debito pubblico e sovrano. Questo legame ha assunto tinte diverse nei vari Paesi. Per esempio, il caso dell'Irlanda, che è stato ricordato prima, è stato un caso in cui il debito iniziale era molto basso, ma quella che loro chiamano la «bank guarantee» dello Stato nei confronti del sistema bancario, che era cresciuto al di là di ogni ragionevolezza, creò degli effetti immediati sui conti pubblici e delle preoccupazioni di Pag. 37lungo termine molto serie. In altri casi, per esempio nel caso greco, per parlare dei Paesi che hanno avuto interventi specifici, la direzione degli interventi è andata più nell'altro senso, ovvero stante la presenza di un debito pubblico particolarmente ingente, in direzione della solidità del sistema bancario.
  Dunque, non è possibile da questo punto di vista fare un discorso generale, ma certamente la stabilità attuale e prospettica delle finanze pubbliche è stata un elemento essenziale nel determinare quella crisi. Certamente la politica monetaria è potuta arrivare a fronteggiare l'emergenza, ma non avrebbe mai potuto fare quello che la politica monetaria non può fare, cioè cambiare i fondamentali di lungo periodo dell'economia, compresi quelli che riguardano la sostenibilità del debito pubblico.
  Mi si è chiesto di dire qualcosa di più quantitativo sui rischi di esaurimento dello spazio fiscale. Io non credo di poter dire niente di più di quello che ho detto poco fa. Stime quantitative da questo punto di vista sarebbero altamente ipotetiche, ipotesi basate su ipotesi, e non credo di poterle fare. Quello che è importante capire, a mio avviso, è l'opportunità di mantenere un sufficiente spazio per azioni anticicliche nel momento, per esempio, di recessioni forti. Speriamo naturalmente che non siano forti come quella che abbiamo avuto negli anni scorsi, che è stata drammatica e che, come qualche volta abbiamo ricordato, complessivamente ha portato la più significativa riduzione di PIL in tempo di pace che la storia italiana ricordi. E non parlo della storia italiana dal Dopoguerra, ma dell'intera storia dell'Italia unita, quindi peggio ancora della Grande depressione.
  Mi è stata fatta una domanda molto tecnica sul ristoro verso gli azionisti. Non spetta a me ovviamente fornire interpretazioni autentiche dei testi di legge. Vedo che effettivamente il testo che ho sottomano dice che il ristoro riguarda coloro che hanno subìto un danno da mis-selling. Mi sembra questa l'intenzione della legge.
  Una domanda che ritengo importante è stata posta dall'onorevole Raduzzi, che ha chiesto: «Quando voi dite che lo spread si riflette sull'intera economia, ciò è vero?» In realtà, lo spread si riflette sull'intera economia. A questo proposito vorrei rinviare anche al discorso che qualche giorno fa ha tenuto il Governatore della Banca d'Italia alla Giornata mondiale del risparmio, che su questo punto era molto completo. Si riflette sulle famiglie, innanzitutto. Le famiglie, direttamente o indirettamente, hanno nel loro portafoglio titoli di Stato e, quindi, quella riduzione – credo che il Governatore abbia accennato a una riduzione di valore dei titoli di durata superiore all'anno di circa l'8 per cento – si riflette certamente anche sulle famiglie. Inoltre, si riflette per lo stesso motivo sulle istituzioni finanziarie, perché riduce il valore dei relativi strumenti detenuti. Naturalmente questo riguarda la questione a cui facevo cenno prima, cioè il rapporto tra condizioni del debito e sistema finanziario.
  Ha ragione l'onorevole Raduzzi nel dire che ancora non si vedono, dal punto di vista dell'andamento dei prestiti, né un inasprimento delle condizioni contrattuali né un aumento dei tassi d'interesse. Se questa situazione si dovesse protrarre a lungo, con gli effetti sui costi di funding delle banche o degli altri intermediari finanziari, con gli effetti sui loro ratios di capitali che ciò comporta, è difficile immaginare che questo possa non avere un effetto sulla capacità di prestito del sistema bancario nei confronti dell'economia.
  Comunque, in generale, l'effetto a cui il Governatore faceva riferimento non è semplicemente quello relativo al sistema bancario. Ne è una parte, a livello di prestiti. Un'altra parte riguarda invece le famiglie stesse e un'altra parte ancora riguarda le banche in quanto detentrici di titoli pubblici.
  L'onorevole Pretto, credo, ha chiesto se la Banca centrale europea e le banche dell'Eurosistema non hanno smesso di fare il loro dovere con la fine del quantitative easing e se non c'è più un controllo dei tassi d'interesse. Questa domanda la trovo insolita. Certamente il controllo dei tassi d'interesse fa parte, in ogni caso e in ogni momento, degli strumenti tipici dell'attività della Banca centrale europea. Mi sembrerebbe Pag. 38 strano affermare che la Banca centrale europea e le banche centrali dell'Eurosistema non tengano conto, in questo momento, dei livelli dei tassi d'interesse e non cerchino di influenzare i tassi d'interesse nella direzione desiderata.
  Dirò di più. Dirò che il controllo dei tassi di interesse è il sistema normale con cui le banche centrali influenzano le grandezze di interesse e che, in realtà, il passaggio alle operazioni cosiddette di natura non tradizionale, come il quantitative easing in particolare, non certo solamente nel caso della Banca centrale europea, ma anche delle altre grandi banche centrali, da quella del Giappone alla Federal Reserve degli Stati Uniti, è stato un episodio storico. A un certo punto, in prossimità del limite effettivo inferiore dei tassi d'interesse – che, se non è zero, è appena inferiore a zero –, le banche centrali hanno dovuto costruire, inventarsi nuovi strumenti di intervento proprio perché lo strumento tradizionale dei tassi di interesse non era più in grado di funzionare altrettanto bene in un momento in cui si era prossimi a una situazione di deflazione.
  Nel momento in cui si cerca di uscire da una situazione eccezionale, quale quella che si è determinata in seguito all'uso di strumenti quantitativi, probabilmente si intende ritornare verso una situazione in cui, date le giuste condizioni, si potranno usare verso l'alto o verso il basso i tradizionali strumenti dei tassi d'interesse in una maniera più simile a quella a cui eravamo abituati in precedenza, anche se personalmente penso che lo strumentario arricchito che le banche centrali hanno costruito nel corso di questi ultimi anni rimarrà come parte permanente del loro arsenale di strumenti a disposizione.
  Quello che non possono fare, nel contesto dei trattati europei, è finanziare direttamente il deficit. Questo è vietato dalle norme, è vietato dai trattati. È sempre possibile interpretare nel modo più consono alle condizioni del momento i poteri e gli strumenti che la Banca centrale europea ha per assicurare la corretta trasmissione degli impulsi di trasmissione monetaria. Non è possibile utilizzarli per finanziare indiscriminatamente un disavanzo pubblico.
  In merito alle altre domande sul sistema bancario, credo di essere già intervenuto.
  Passo alla domanda dell'onorevole Padoan sullo spread a 300 punti. Certamente, come egli sa, è una delle questioni su cui la Banca d'Italia, nella persona del suo Governatore in particolare, è intervenuta più fortemente negli ultimi tempi dicendo che è necessario – per i motivi di cui abbiamo discusso prima – riconquistare, ristabilire la fiducia di tutti gli investitori, e quindi ridurre questo spread, che non è coerente con i fondamentali dell'economia e che si determina fondamentalmente – esclusivamente, credo si possa dire – per l'incertezza dei mercati e degli investitori sugli orientamenti delle politiche pubbliche. Ridare certezza agli investitori, da questo punto di vista, a nostro avviso, lo abbiamo ripetuto molte volte, rappresenta la via centrale.
  Le determinanti della crescita nel lungo periodo sono strutturali. Questo è un altro dei nostri leitmotiv. L'onorevole Padoan domandava se ci sono analisi. Ci sono un po’ di analisi, fatte da colleghi e ricercatori della Banca d'Italia, sull'impatto di alcuni degli strumenti che sono stati adottati in passato. Fanno vedere quelli che hanno funzionato meglio e quelli che hanno funzionato in modo evidentemente meno positivo. Comunque, abbiamo fatto un riassunto delle evidenze principali durante questa audizione.
  All'ultima domanda avevo già risposto, così come alla prima. Mi sembra di non avere lasciato fuori troppe cose. Quindi, con il permesso del presidente, concluderei.

  PRESIDENTE. Permesso accordato. La ringraziamo per l'intervento e dichiaro conclusa l'audizione.

Pag. 39

  La seduta, sospesa alle 13.15, è ripresa alle 14.05.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA 5a COMMISSIONE DEL SENATO DANIELE PESCO

Audizione di rappresentanti del CNEL.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2019-2021, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti del CNEL.
  Do la parola al presidente del CNEL, Tiziano Treu.

  TIZIANO TREU, presidente del CNEL. Ringrazio le Commissioni, giacché è importante per noi quest'occasione di esprimere l'opinione del CNEL sul disegno di legge di bilancio.
  Il CNEL, in realtà, ha seguìto da tempo l'iter, anche perché abbiamo il dovere e il diritto di esprimere un parere su questi temi. Già un documento vi venne sottoposto qualche giorno fa, approvato il 10 ottobre, sulla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2018. Ora sottoponiamo alla vostra attenzione – ed io lo illustrerò brevemente – un documento sulla normativa che abbiamo davanti. Abbiamo integrato tale lavoro con tre documenti più specifici su tre temi che riteniamo di importanza strategica nel nostro contesto. Uno riguarda gli investimenti, il secondo riguarda la formazione e il terzo concerne, infine, il contrasto alla povertà e le misure di welfare, nonché quelle relative al mercato del lavoro.
  Non darò lettura di questi tre documenti, ma li sottolineo perché, più ancora del documento sintetico, che pure contiene delle indicazioni di proposta, sono dedicati a integrare l'analisi che facciamo, anche critica, con proposte sui temi che ho dianzi indicato. Mi auguro, ci auguriamo tutti, che nel corso dei lavori parlamentari questi documenti possano rivelarsi utili, come nella migliore tradizione.
  Svolgerò due osservazioni preliminari. Noi condividiamo e abbiamo sempre sostenuto la strategia di una politica pubblica orientata a una crescita durevole e sostenibile, che non è un modo di dire, ma vuol dire equilibrata, vuol dire che sia in grado di durare nel tempo e di promuovere l'occupazione e l'uguaglianza. Sono coordinate strategiche che noi mettiamo in premessa. Anche le nostre analisi specifiche si collocano in questo quadro.
  La seconda premessa riguarda i rapporti con l'Europa. Da quando abbiamo trasmesso il primo documento a oggi, come è noto, i rapporti con l'Europa si sono arricchiti o infittiti di scambi verbali, incontri e documenti scritti. Noi ci uniamo a tutti coloro, spesso autorevoli, a cominciare dal Presidente della Repubblica, che auspicano che questo confronto non solo continui, ma sia improntato a uno spirito positivo, non a un muro contro muro o, peggio ancora, a un combattimento, bensì orientato a un compromesso ragionevole e utile.
  Qui si tratta, come ho letto anche da qualche parte, di una trattativa, non di uno scontro politico. Noi riteniamo che questo sia importante per tutti, perché l'Italia, o meglio tutti noi, avrebbe tutto da temere e da perdere, dall'avvio di una procedura di infrazione, che quindi, attraverso questo confronto, auspichiamo possa essere evitata. Queste sono le due premesse.
  Nel merito, abbiamo quattro aree tematiche che vi sottoponiamo nell'ordine e che sintetizzo.
  La prima riguarda proprio la prospettiva della crescita e degli investimenti. Noi la intitoliamo «politiche per la produttività», perché siamo convinti che la produttività sia uno dei punti, purtroppo deboli nel nostro contesto, ma condizionanti anche le prospettive. Non bastano, ovviamente, né domanda né investimenti se poi il sistema, il motore, non è produttivo. Ed è una scommessa di tutti, anche del Governo, che scommette sulla crescita.
  Noi apprezziamo l'impegno a sostenere gli investimenti e anche quest'impegno a razionalizzare l'orientamento. Sappiamo quanto sia difficile poi farli funzionare, quindi questa task force di cui si parla è Pag. 40apprezzabile. Tuttavia, non possiamo non rilevare che è tutt'altro che certo che le misure indicate, anche di aumento degli investimenti, siano sufficienti a sostenere le prospettive di crescita assunte. Sottolineo che anche la Commissione europea, che pure – sottolineo – ha delle stime di crescita per il futuro italiano relativamente più ottimiste di altre, usa una formula per così dire sfumata e dice che le stime sulla crescita, anche queste che facciamo, sono circondate da elevata incertezza, e noi usiamo questa formula per non dire qualcosa di più certo, come non sarebbe il caso.
  Questa incertezza risulta tanto più evidente in un contesto mondiale, che, come sappiamo, è ricco di incognite. Anche la locomotiva tedesca dietro l'angolo è in rallentamento, e noi sappiamo quanto siamo integrati con quest'economia. Auspichiamo, quindi, su questa prima area tematica, molto sinteticamente – indicazioni più precise sono contenute nel documento allegato – che ci sia non solo un aumento delle risorse, ma che la loro erogazione sia inserita in un progetto di medio periodo, quindi non episodico, di politica della crescita, se volete di politica industriale, e concentrata su alcune priorità per il Paese e per il Mezzogiorno, un'area critica, come sappiamo da tempo, e un po’ dimenticata anche in questo contesto.
  Le priorità strategiche che ci permettiamo di suggerire, per quanto riguarda l'orientamento degli investimenti pubblici – poi sarebbe necessario intervenire anche su quelli privati – sono le grandi infrastrutture pubbliche, la costruzione e la manutenzione, perché l'edilizia ha bisogno sia di costruzione sia di manutenzione, inserite purtroppo nel drammatico problema della messa in sicurezza del territorio, che rappresenta la nostra prima infrastruttura. Non lo si dice, ma è così: noi poggiamo su un sistema infrastrutturale del Paese fragile.
  Segnaliamo poi l'innovazione, in particolare quella digitale, come seconda priorità strategica su cui orientare gli investimenti, che invece non è chiaramente indicata nel disegno di legge di bilancio, e quindi sia gli investimenti in innovazione vera e propria e nella ricerca, sia quelli di accompagnamento alla formazione, che viceversa vediamo trascurati.
  Ancora, sottolineiamo le aree centrali del made in Italy, come il turismo, e l'ultima area strategica, che di solito non viene menzionata, ma che io, anche per il mio personale orientamento, sottolineo, ossia l'area dei lavori sociali, dei lavori di cura. Nel futuro del lavoro, infatti, i lavori che resisteranno meglio all'attacco digitale delle tecnologie sono quelli di alta qualificazione nell'area dell'innovazione e i lavori personali di cura.
  A questo proposito, ricordiamo a queste Commissioni che il CNEL si è proposto da un po’ di tempo di essere la sede istituzionale del board nazionale di competitività che l'Europa con raccomandazione chiede a tutti i Paesi di istituire. La conoscenza della competitività dei fattori di forza e dei fattori deboli di ogni Paese è fondamentale, e deve essere il più possibile una conoscenza organica e non parziale. Noi, ribadisco, ci siamo proposti come sede istituzionale, naturalmente con tutte le competenze anche non nostre, e rileviamo che sarebbe importante che il Governo italiano fosse adempiente, perché già un buon numero di Paesi europei ha dato seguito a questa raccomandazione.
  Come seconda area indico quella che riguarda il rapporto deficit/PIL. In realtà, possiamo anche considerarla quale prima priorità, perché è quella di cui tutti si occupano per primi, ma noi la riteniamo collegata a quella in precedenza esposta.
  Intanto, riteniamo che questo famoso 2,4 per cento, o cosa sarà, vada valutato non in sé, ma possa ritenersi ammissibile se e in quanto sia utilizzato per le indicazioni strategiche in precedenza illustrate. Questo è un giudizio molto comune e noi riteniamo che sia un giudizio equilibrato.
  Non sono rilevanti, appunto, i numeri stupidi in sé del deficit, ma il loro utilizzo, tenendo conto peraltro che nel caso italiano, a differenza che in altri Paesi, noi abbiamo l'obiettivo, a cui non possiamo rinunciare, della riduzione del debito, purtroppo inchiodato al 131 per cento ormai da alcuni anni e anche nella prospettiva Pag. 41indicata qui. Riteniamo che questo sia necessario non solo per rendere credibile questo rapporto già teso, ma anche per mantenere la fiducia nel nostro debito pubblico da parte dei cittadini e dei mercati. Peraltro, i mercati sono degli insiemi di cittadini, sia pure magari non sempre bene orientati. Riteniamo che l'incremento della spesa corrente, che pure serve a scopi lodevoli, non sia però finalizzato e utile all'indicazione che ho dato un attimo fa. Procedo sinteticamente, ma poi i dettagli sono contenuti nelle pagine analitiche.
  La terza area è il fisco, che viene messo, come si usa, in un provvedimento collegato, ma che è comunque parte integrante della manovra. Il CNEL da tempo si è occupato di queste materie, perché non si improvvisano, sono temi che corrono nella nostra vita politica. Noi riteniamo che sia necessario, come auspicato da tempo, un riordino che riequilibri il sistema fiscale, un riordino più o meno completo, senza pretese palingenetiche, ma con particolare riguardo, per quanto possiamo sottolineare, alla riduzione del cuneo su lavoro e imprese. Uno dei nostri problemi, anche in riferimento all'Europa, è che da tempo noi abbiamo un peso su lavoro e impresa, mentre altri Paesi, a nostro avviso più opportunamente, hanno spostato il peso fiscale su altri fattori.
  Allo stesso modo non è di rito, ma riteniamo importante, affinché sia equilibrato il sistema fiscale, contrastare in modo efficace, come si è fatto finora ma ancor di più, i fenomeni drammatici dell'elusione, dell'evasione e dell'economia sommersa, che rappresentano un peso sull'economia e sui cittadini onesti.
  Apprezziamo le proposte di semplificazione. Io personalmente sono molto sensibile, avendo provato per anni a semplificare vari aspetti del nostro complicatissimo sistema normativo. Vi faccio tanti auguri, ma rimane comunque una intenzione affatto apprezzabile.
  Apprezziamo anche l'allargamento del regime forfettario al 15 per cento per le partite IVA. Anche se noi abbiamo avuto nel tempo dei rigonfiamenti di questo settore, le vere partite IVA sono fondamentali e lo saranno sempre più anche nel futuro dell'evoluzione tecnologica.
  Peraltro, ci sembra doveroso notare che una semplificazione e un alleggerimento di questa parte dell'economia, che è il lavoro autonomo, devono essere bilanciati dal peso sul lavoro dipendente, per non spiazzare il lavoro dipendente, cosa che in parte purtroppo è già successa.
  Noi riteniamo che in questo contesto, ma solo in questo contesto, si possano apprezzare anche una serie di ipotesi che sono state avanzate, ovvero meccanismi di ravvedimento operoso e di soluzione concordata delle controversie, mentre non siamo concordi sull'ipotesi di condoni e sanatorie generalizzate, tanto peggio qualora dovessero coprire fattispecie illecite.
  Ovviamente la sterilizzazione dell'IVA è un punto che ci perseguita tutti da tempo, che dobbiamo affrontare e che si dice di voler affrontare. Non possiamo che convenire.
  La quarta e ultima area, che per noi è particolarmente importante, ma lo è anche per il programma di Governo, è il contrasto alla povertà legato ai temi del lavoro e del welfare.
  Noi ribadiamo che la via maestra per contrastare la povertà è il lavoro. Non sia ritenuta ovvia questa annotazione. Peraltro, indichiamo, anche con una serie di proposte specifiche, che il sostegno alla buona occupazione può giovarsi di incentivi, purché mirati e non episodici – lo abbiamo visto in passato – ma che questo sostegno richiede misure più strutturali, a cominciare da quelle dette prima. Solo uno sviluppo orientato strategicamente, sostenibile e, come si usa dire, job reach può essere utile in questa direzione, che noi auspichiamo.
  In questo stesso contesto una sottolineatura particolare viene fatta dal documento sintetico e dall'allegato sugli investimenti in formazione, da quella di base a quella che si sviluppa nel corso della vita, perché, quale che sia l'impatto negativo delle tecnologie digitali sulla quantità dell'occupazione, è sicuro che i lavori che resistono meglio a questo attacco e che, anzi, possono avere opportunità sono i lavori densi Pag. 42di conoscenza orientata e, quindi, di formazione mirata, formazione tecnica in particolare, su cui noi abbiamo un gap non ancora coperto, anche se è stato fatto qualche passo avanti.
  Nella società della conoscenza, la conoscenza e quindi la formazione costituiscono un pilastro, e qui rileviamo che viceversa le normative e le ipotesi contenute nel disegno di legge andrebbero fortemente rafforzate, a cominciare dal credito d'imposta per i lavoratori coinvolti nei processi di innovazione, come il piano Industria 4.0 che è un progetto europeo, e non solo italiano, che noi auspichiamo possa proseguire.
  Aggiungiamo anche l'alternanza scuola/lavoro, che è cominciata faticosamente in Italia – ne sono stato testimone e il CNEL sta seguendo la sperimentazione –, ma che in altri Paesi esiste da anni, se non da decenni, ed è provato che un sistema funzionante di alternanza aiuta la transizione dalla scuola al lavoro e riduce gli ostacoli, che purtroppo ci sono, all'occupazione giovanile, ostacoli che in Italia sono arrivati a livelli paradossali.
  Noi abbiamo questo doppio fenomeno di un mismatch per cui decine di migliaia di posti qualificati non trovano risposta nei giovani, perché sono stati male orientati, e dall'altra parte abbiamo oltre il 30 per cento di giovani sovra istruiti rispetto agli impieghi, quindi sono due estremi e contraddittori fenomeni che dobbiamo assolutamente contrastare. Noi sottolineiamo l'importanza di una formazione e di sistemi di alternanza per ridurre questo spreco di risorse umane, in particolare quelle dei giovani.
  Apprezziamo l'attenzione che è stata dimostrata per il contrasto alla povertà. Noi avevamo apprezzato i primi esperimenti del reddito di inclusione (REI) e abbiamo analizzato anche le esperienze di altri Paesi europei. In proposito, noi diamo un giudizio solo di massima, perché nessuno conosce ancora i contenuti precisi, che auspichiamo vengano definiti, ma sottolineiamo due punti.
  Il contrasto alla povertà richiede un approccio comprensivo, cioè non solamente trasferimenti monetari e neppure solo servizi all'impiego, perché le radici della povertà non sono solo la mancanza di impiego, che ovviamente è fondamentale, ma è noto anche dalle esperienze straniere – ho visto al riguardo i dati europei – che un terzo dei poveri che sono oggetto di misure di contrasto alla povertà, come esistono quasi dappertutto, può essere sistemato con il lavoro, un terzo sono casi disperati, casi personali con disabilità, con problemi non risolvibili da politiche di questo genere, e poi c'è una parte intermedia, l'altro terzo, che richiede misure mescolate di formazione e di assistenza personale.
  Il ruolo di questa azione di accompagnamento è quindi fondamentale se non vogliamo che gli investimenti, pur meritevoli, siano solo un'assistenza che nessuno vuole, fine a se stessa. A questo proposito, avevo seguito i primi tentativi di sperimentare il reddito minimo già più di 15 anni fa e si è visto quanto sia importante la fase implementativa, perché non basta scrivere delle belle norme e neanche metterci dei soldi: la fase implementativa vuol dire il centro per l'impiego, vuol dire enti locali, vuol dire Terzo settore, tutti a sostenere il percorso di emersione dalla povertà, che è un percorso difficile.
  Tengo molto a sottolineare l'importanza dei centri per l'impiego, pubblici ma anche privati, per quanto innanzitutto pubblici, che in molti Paesi si sono dimostrati fondamentali, e non vedo perché l'Italia non li possa avere, non solo per il reddito di cittadinanza, ma per tutti, perché noi abbiamo questi fenomeni di mismatch da correggere.
  A questo proposito, voglio dire che il CNEL sta elaborando con le regioni un progetto specifico, che nei prossimi giorni sottoporremo al Governo, di cui abbiamo già coinvolto il sottosegretario di Stato al lavoro e alle politiche sociali, Durigon. È importante perché le regioni sono in sostanza quelle che hanno i poteri più significativi in materia e, da quello che sentiamo e stiamo istruendo nel CNEL, pare che le regioni stiano elaborando una posizione unitaria, che è molto importante perché le regioni sono diverse per collocazione geografica, Pag. 43 per esigenze e anche per coloritura politica. Penso che questo possa essere un contributo utile.
  Ultimo tema di quest'area sono le pensioni, noto tormentone che dura da anni. Anche qui diamo un giudizio solo di massima, con un auspicio, perché vorremmo poi vedere meglio i contenuti. Questo approccio di introdurre più flessibilità nell'uscita dal lavoro verso la pensione è apprezzabile perché c'erano e ci sono eccessi di rigidità nel sistema precedente, e io stesso mi ricordo di averli criticati. Però, anche qui, dipende da come la misura specifica viene realizzata. Non solo da quanto costa, ma da come viene concretamente realizzata.
  Suggeriamo, quindi, che anche in questa strada si tenga conto di quello che vale nei percorsi di uscita dal lavoro, cioè le condizioni personali delle persone e del percorso lavorativo. Altro è un precoce che è andato a lavorare a quindici anni, altro è un lavoro gravoso, altro è una persona che ha carichi familiari e che è disoccupato alla vigilia della pensione. Questi sono criteri che andrebbero considerati nell'attuazione, quando sarà fatta, del percorso verso la cosiddetta «quota 100» o quello che sarà.
  Concludo richiamando l'indicazione svolta all'inizio. In sostanza, proprio perché noi abbiamo un contesto internazionale molto difficile, abbiamo obiettivi ambiziosi, e così anche il Governo, è importante che le misure che si metteranno assieme rifuggano dal contingente, abbiano uno sguardo non corto – anche qui ci sono autorevoli auspici ai quali noi ci uniamo – e si inseriscano in questa visione di medio periodo che tenga insieme gli interventi di sostegno e di riparazione con quelli di promozione del lavoro e della crescita.
  Vi ringrazio. Deposito, come dicevo, i documenti alle Commissioni.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIUSEPPE BUOMPANE

  PRESIDENTE. Grazie. Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PIETRO CARLO PADOAN. Vorrei ringraziare il presidente Treu per l'introduzione molto utile al documento che ci ha lasciato. Ascoltandolo sarei tentato di fare moltissime domande, e quindi me ne scuso, ma ne faccio due, di cui forse una impropriamente a lei, signor presidente. Dovrebbe essere rivolta al Governo, ma visto che possiamo approfittare della sua saggezza, la faccio lo stesso. Riguarda il fatto che in questo disegno di legge di bilancio c'è un accantonamento importante dal punto di vista finanziario di 9 miliardi di euro, che è destinato a una cosa che si chiama reddito di cittadinanza, che io personalmente, e me ne scuso, non ho ancora capito cosa sia.
  La domanda che mi faccio, e mi rendo conto che è scorretto farla a lei, è la seguente: lei come utilizzerebbe quei 9 miliardi, tenuto conto anche del problema, da lei giustamente messo in risalto, che una cosa è il sostegno a chi è escluso e altra cosa sono le politiche per il lavoro?
  Ho poi una seconda domanda, forse altrettanto impertinente, e me ne scuso ancora, che riguarda la «quota 100», una cosa che di nuovo io non capisco, ma sarà un mio limite. Chiedo perché si voglia fare della politica attiva per il lavoro con degli strumenti previdenziali. L'idea è che questa riforma di «quota 100» sia essenzialmente guidata dal fatto che in questo modo si accelera il turnover e quindi si fa spazio ai giovani, come è giusto che sia, grazie all'uscita anticipata dei lavoratori più anziani. È ragionevole questo approccio oppure stiamo confondendo le pere con le mele?

  SILVANA ANDREINA COMAROLI. Ringrazio il professor Treu per la sua relazione nonché per gli allegati che ci ha fornito. Sicuramente la questione degli investimenti costituisce il fattore determinante per la nostra crescita, tant'è che negli ultimi anni noi abbiamo avuto delle contrazioni notevoli sulla questione degli investimenti. Però, uno dei fattori principali per la mancata realizzazione degli stessi attiene alle procedure. Molte volte, purtroppo, pur avendo la disponibilità di risorse e di fondi, non si riesce a realizzare l'opera. Pag. 44
  Un altro problema, collegato alla questione degli investimenti, riguarda i tagli che i comuni e gli enti locali hanno subìto, che molte volte hanno portato ad una situazione per cui, ad esempio, i fondi europei messi a loro disposizione non si riuscivano a utilizzare in quanto gli enti locali dovevano mettere la loro quota parte. Ebbene, al di là di questa questione, vorrei sapere lei cosa ci può consigliare per cercare di velocizzare le procedure dettate dal codice degli appalti, considerato che effettivamente a livello di personale della pubblica amministrazione c'è un problema serio dovuto al fatto che tale personale non vuole assumersi responsabilità, soprattutto nel caso degli appalti più grandi, laddove le responsabilità sono notevoli.
  A ciò si aggiunga, come riferito anche da diverse associazioni, la questione relativa alla mancanza di personale qualificato all'interno delle pubbliche amministrazioni. Pensiamo solo alle problematiche che determina l'introduzione di nuovi sistemi. C'è una parte del personale che addirittura non è in grado di capire le cose basilari, a volte anche come far funzionare determinati programmi. Anche in tal caso, vorrei sapere lei cosa ci può suggerire da questo punto di vista.
  Vorrei chiederle, infine, una specifica sugli appalti e sull'introduzione delle stazioni appaltanti a livello provinciale. Dicendo che i comuni sono obbligati a ricorrere alle stazioni provinciali si introduce una limitazione, in quanto essi potrebbero rivolgersi ad altre stazioni appaltanti e, quindi, velocizzare l'intero processo, in attesa che, nel giro di due anni, quelle stazioni diventino stazioni qualificanti. Pertanto, si potrebbe pensare di immaginare che i comuni possano facoltativamente ricorrere alla stazione appaltante provinciale, in modo da accelerare in questa fase la realizzazione delle opere e degli investimenti, ricordando che a livello locale molte volte i comuni sono fondamentali nel garantire quella produttività di cui il Paese necessita.

  FELICE MAURIZIO D'ETTORE. Tenuto conto del ruolo del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e, quindi, della sua rilevanza costituzionale, nonché il compito importante che esso aveva per i padri costituenti, ritengo sia opportuno e doveroso, mettendomi nella scia della collega Comaroli, chiedere consigli e suggerimenti. D'altronde, è proprio questo lo scopo: più che un'audizione esterna, questa è un'audizione di pronta e leale collaborazione con un ente che ha uno scopo diverso e ben individuato dalla Carta costituzionale. Quindi, apprezzo quel tipo di sollecitazione.
  Proprio per questo torno sul tema degli appalti. Qui c'è un'indicazione, che credo sia stata raccolta da una corposa dottrina in materia, sugli appalti sotto soglia, che tiene fuori in particolare i piccoli comuni o, comunque, gli enti in difficoltà, e questo per varie ragioni. Qui giustamente si fa riferimento alle aree montane in via di spopolamento, agli enti territoriali interessati dai processi di ricostruzione post sismica o da eventi catastrofici di origine climatica. Quindi, sicuramente per i comuni sotto i 5.000 abitanti e per le aree montane questa indicazione è condivisibile. Chiedo dunque al presidente Treu se questo suggerimento viene anche da una valutazione del funzionamento complessivo dell'ordinamento in materia di appalti, ossia se deriva anche dall'idea di una riforma complessiva, intesa non come una misura settoriale, bensì alla stregua di una riforma che incida – quindi potrebbe esserci un lavoro anche vostro, probabilmente, su questo tema – non solo sulla materia degli appalti in sé, ma anche sui contratti pubblici, e quindi su una materia molto complessa, molto delicata, che in questo momento è sottoposta, anche per i comuni di dimensioni piccole, al vaglio dell'anticorruzione, e che include una serie di elementi di carattere inibitorio rispetto alla prospettiva di realizzazione degli appalti in tempi rapidi. Questa era la ratio del riferimento, che io ho colto con grande interesse.
  Mi rivolgo a lei anche come professore universitario. Lei sa meglio di me che va fatto un riferimento alla mancanza o alla riduzione dei finanziamenti per la ricerca. Quali possono eventualmente essere consigli e suggerimenti, che spero siano accolti Pag. 45dal Governo, per la ricerca universitaria? Partendo anche da un suggerimento chiaro. Forse il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dovrebbe tornare a essere un Ministero per la ricerca scientifica, che dovrebbe costituire una competenza specifica, quindi un ministero ad hoc, così com'era un tempo. È stato unificato per ragioni di organizzazione, ma in realtà la ricerca scientifica, in questo modo, non è al centro delle attenzioni del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con tutto il rispetto per tutti i ministri che al suo vertice si sono avvicendati. La ricerca scientifica, invece, dovrebbe avere, anche con riguardo alla crescita economica, allo sviluppo e al rapporto con gli altri dicasteri, una sua autonomia funzionale e organizzativa.
  Mi rivolgo al presidente Treu, permettendomi di fare riferimento anche alla sua attività universitaria. Chi è stato all'università sa bene che quello della ricerca rappresenta un aspetto delicato. Al di là dei metodi di valutazione della ricerca, conta anche il finanziamento della ricerca, il semplice e puro finanziamento della ricerca, inclusi tutti gli strumenti che possono operare in questo settore. Qual è, da parte del CNEL, un'idea in merito? Vorrei sapere se ha qualche suggerimento, qualche consiglio, proprio per stare nell'ottica e nel solco delle funzioni tipiche del CNEL stesso.

  DANIELE PESCO. Ringrazio il presidente Treu per la sua relazione. Voglio rivolgere una domanda sulla produttività. Negli ultimi anni – è sotto gli occhi di tutti – si è cercato di migliorare la produttività attraverso la riduzione delle retribuzioni dei lavoratori. Non dovremmo iniziare a sfruttare, oltre all'innovazione tecnologica, anche strumenti utili a far partecipare le aziende tra di loro? Penso soprattutto alla ricerca e allo sviluppo. Sono strumenti che hanno utilizzato all'estero negli anni Settanta e Ottanta – mi viene in mente la Germania – e che potrebbero essere utili anche per la nostra Nazione.
  Per quanto riguarda l'alternanza scuola-lavoro, le domando cosa non abbia funzionato negli ultimi anni, anche nell'ottica di riuscire a ripristinare o rinnovare uno strumento che, comunque, potrebbe dare buoni frutti se utilizzato nel modo giusto.
  Per quanto attiene invece alla formazione e ai centri per l'impiego, nell'ambito più complessivo delle misure relative all'istituzione del reddito di cittadinanza, rilevo che i centri per l'impiego, come lei ci ha ben ricordato – ed anzi la ringrazio per questo lavoro che state sviluppando sui centri per l'impiego –, potrebbero essere utili anche a migliorare la formazione e riuscire a colmare quel gap di cui lei ci ha parlato prima. Mi riferisco alla mancanza di un certo tipo e di un certo livello di formazione.

  PRESIDENTE. Do la parola al professor Treu per la replica.

  TIZIANO TREU, presidente del CNEL. Vi ringrazio per le domande che, in parte, solleticano anche la mia attività di professore, considerando che da professore mi sono sempre occupato di alcuni di questi problemi. Non, ad esempio, del tema degli appalti, e quindi su tale punto sarò meno esaustivo. Vi ringrazio anche per il fatto che si sollecita quello che il CNEL sta facendo e deve fare, ossia essere un organismo di consulenza. Noi sottolineiamo sempre che questa consulenza si nutre non solo di expertise tecnica, ma anche sociale.
  Ricordo a questo proposito che il documento che abbiamo presentato è stato approvato all'unanimità dall'assemblea del CNEL, che conta al suo interno le rappresentanze delle maggiori organizzazioni di impresa nonché delle maggiori organizzazioni sindacali – non solo la «triplice», ma anche le altre – e del terzo settore, in ciò costituendo una rappresentanza molto significativa della società civile.
  Rispondo ora alle domande, che pure sono complicate. All'ex ministro Padoan confermo quanto prima accennavo, ringraziandolo per la domanda e osservando che nella nostra documentazione c'è comunque un approfondimento specifico.
  Il contrasto alla povertà, per cui qui c'è un investimento molto significativo, richiede un insieme di strumenti, e quindi anche impieghi diversi di risorse. Mentre Pag. 46l'impiego di risorse in trasferimenti è apparentemente semplice, per quanto – ripeto – non sufficiente, altri settori di impiego, e ciò si ricollega anche alla domanda sui centri per l'impiego, richiedono un'infrastruttura organizzativa. Ricordo che un po’ di anni fa abbiamo condotto un esperimento su trenta comuni in merito ad una misura in qualche modo analoga ad un reddito minimo – anche questo, in realtà, è un reddito minimo, condizionato quindi – e verificammo che è fondamentale non solo quante risorse ci mettevano i comuni, ma come i comuni erano attrezzati insieme con quei pochi centri per l'impiego che allora funzionavano. Io, ad esempio, ero assessore a Milano, dove riuscimmo a far funzionare l'esperimento abbastanza bene. In altri comuni d'Italia, purtroppo, non fu così, e negli anni abbiamo visto che i soldi che venivano dati, in mancanza di strutture e di specifiche misure di accompagnamento, erano solamente destinati ad andare in un pozzo di assistenza. Parliamo di decine di migliaia di persone che sono rimaste lì per anni, in due o tre comuni italiani ben noti.
  Se io avessi quei soldi, anzitutto non li spenderei subito, perché per fare queste cose ci vuole tempo. È un'operazione delicatissima, quella del contrasto alla povertà, anche solo per la parte del sostegno al lavoro, e ancor più per la parte relativa a persone con problemi personali, che implica connessioni con la sanità, con l'assistenza e con la formazione. Io suggerirei quindi di tenere a mente la diversità degli strumenti, di metterli in moto e di predisporre un efficace sistema di monitoraggio.
  Questa è infatti un'operazione per la quale servono dieci anni affinché funzioni. Basta analizzare gli esempi di successo di altri Paesi che hanno adottato il reddito minimo. Stanno uscendo proprio in questi giorni i risultati di una ricerca comparata in ambito europeo, che ho seguìto anch'io, ed anzi ve ne farò omaggio, e dalla quale emerge che si tratta di esperienze che sono durate anni. C'è stato un learning by doing, basato anche su sistemi di monitoraggio che purtroppo in Italia spesso non sono molto funzionanti.
  Servono quindi tempo, gradualità, diversità e coinvolgimento degli attori. Non è che si mandano 10 miliardi da Roma e succede qualcosa. È un lavoro complicato e mi auguro che si lavori in questa direzione.
  Per quanto riguarda «quota 100», sono assolutamente d'accordo: la tentazione di fare politiche del lavoro con la previdenza è proprio una presbiopia, una sfasatura assurda. Noi, però, abbiamo il problema di facilitare e di regolare una transizione dal lavoro alla pensione che sia umana. Scalini troppo rigidi – l'ho detto anche anni fa – non vanno bene, non si fanno da nessuna parte, e quindi qualche forma di flessibilità è assolutamente umana, oltre che socialmente sostenibile. Suggeriamo pertanto, in proposito, una certa gradualità.
  Viceversa, se si dicesse che con «quota 100» o quello che sia mandiamo fuori quest'anno dal mondo del lavoro 350.000 persone, tra l'altro di un certo tipo, perché si sa più o meno come stanno le cose, ottenendo quindi un risultato one to one, ciò non sarebbe in alcun modo provato: le età sono diverse, le competenze sono diverse, i lavori sono diversi. Anche l'operazione della staffetta generazionale, come viene definita, che pure risulta adottata in molti Paesi, richiede comunque un fine tuning. Anche qui, allora, mi spiace essere noioso, ma serve gradualità anche nell'implementazione e per quanto possa essere utile, ed anzi è necessario, un ricambio, ma non è certo questo il modo di realizzarlo. Tra l'altro, richiamo alla vostra attenzione l'esistenza di una normativa – non so che fine farà – sulla staffetta generazionale introdotta un paio d'anni fa, e forse l'avete introdotta voi, in cui da un lato si concorda una distribuzione e una riduzione dei lavoratori vicini alla pensione, attraverso un part-time in uscita, secondo un meccanismo noto come flexible retirement. Dall'altro, si concorda una progressiva sostituzione con lavoratori, soprattutto apprendisti.
  Questa normativa però non ha molto funzionato e bisognerebbe vedere perché. L'ho vista da vicino, quindi la mia idea è questa. In realtà, essa è abbastanza conveniente, perché è vero che chi due o tre anni Pag. 47prima dell'età canonica della pensione accetta un part-time perde una parte di retribuzione, ma nel sistema che c'è non perde comunque i crediti pensionistici, perché c'è un intervento pubblico con i crediti figurativi, e dall'altra parte c'è un intervento di sostegno delle imprese che non pagano i contributi o li riducono, quindi la perdita di uno che vada a metà tempo è di circa il 20 per cento.
  Si tratta quindi di una normativa abbastanza conveniente, ma credo che bisognerebbe valutare bene perché non ha funzionato. Indubbiamente, ci sono resistenze al part-time anche nelle imprese e nei sindacati, mentre invece per il futuro del lavoro rappresenta una modalità di impiego che sarà sempre più utile. Un Paese come l'Olanda, ad esempio, registra il 49,5 per cento di part-time in generale, non solo per gli anziani, mentre per gli anziani tale dato si eleva addirittura al 70 per cento, quindi io suggerirei questo.
  Scusate se mi sono dilungato, ma su questa materia sono più titolato a dare consigli, mentre lo sono meno per quanto riguarda il tema degli appalti, anche se nel nostro parere diamo un'indicazione precisa, che è stata concordata e suggerita dai nostri operatori, come è già stato ricordato, ossia quella relativa ai piccoli appalti sotto soglia per i piccoli comuni che hanno più difficoltà ad interloquire, nonché per quelli situati nelle aree montane e nelle zone sismiche.
  In realtà, al CNEL abbiamo un gruppo di lavoro che riguarda gli appalti e, più in generale, come è stato detto qui, tutti i contratti pubblici, in particolare le concessioni, quindi mi riprometto di dire qualcosa di più documentato. Non solo perché abbiamo avuto la tragedia di Genova, ma già da un po’ di tempo si immaginava che quello delle concessioni costituisse un settore delicato, non regolato bene.
  Lì non è un problema di complicazione, bensì è un problema di mancanza di regole stringenti e di controlli, e tra l'altro ultimamente abbiamo fatto un seminario di specialisti proprio sulle concessioni e su questo vi possiamo fornire talune indicazioni.
  Sugli appalti, da quello che posso dire io, oltre all'indicazione che c'è nel testo, si tratta di indicare che certamente è una questione di procedure, però ponete anche attenzione al fatto che – questa è la mia sola esperienza aneddotica – molto dipende dalla capacità progettuale e dalla capacità di controllare, perché se non c'è all'inizio una capacità progettuale dell'appalto, dopo ogni piccolo gradino inciampi e in realtà sei in difetto anche di fronte alle cose che potresti fare.
  Da qui discende la necessità di rafforzare gli uffici tecnici, di mettere insieme i comuni. Nel disegno di legge di bilancio in esame c'è una proposta di assunzioni nelle strutture pubbliche, quindi a maggior ragione non solo assunzioni che rispettino le regole canoniche, ma anche che siano mirate a queste urgenze, perché non è solo la sicurezza fisica ad essere un problema. Mi scuso, più di così non sono in grado di dirvi, ma mi riprometto di dare risposte più adeguate.
  Sulla ricerca, io sono stato per molti anni un universitario, però penso che tanto l'alta formazione quanto la ricerca abbiano nelle università un punto importante, ma non solo: uno degli atout e degli elementi di forza dei sistemi mitteleuropei è l'istruzione terziaria non universitaria e il rapporto con le imprese per consentire il trasferimento delle tecnologie e dei risultati della ricerca all'interno della produzione. In tale quadro, la proposta di un ministero ad hoc può darsi che sia utile o che non lo sia, certamente noi abbiamo delle eccellenze nel campo della ricerca o della fisica – mio figlio, che è fisico e lavora da vent'anni negli Stati Uniti, dice che la fisica italiana è ancora fortissima –, ma non bastano le eccellenze.
  Noi abbiamo un problema di infrastrutture medie di ricerca, che dobbiamo assolutamente affrontare se vogliamo reggere la sfida tecnologica. Per esempio, il CNR potrebbe a mio avviso funzionare molto meglio, posto che gli altri CNR che io conosco, come quello francese, operano meglio in direzione di quella che è una ricerca non solo universitaria, ma diffusiva sul territorio. Sottolineo che per un milione di euro Pag. 48investiti nella ricerca bisogna metterne altrettanti nella formazione connessa, perché avere sofisticatissimi macchinari o computer ma una manodopera con poche skills, come abbiamo in Italia, non basta e non serve.
  È provato che il tasso di sopravvivenza stessa delle imprese e delle persone è molto legato alla loro effettiva fruizione di ricerca e di formazione. Noi proponiamo nel documento che la fruizione sia lasciata molto alle persone. La formazione vera non arriva dall'alto, fosse pure da un ente benemerito.
  La Francia ha avviato un credito personale, individuale, di formazione e di attività, attivabile dai singoli e dalle imprese, che funziona molto meglio dei grandi centri di formazione, che spesso sono un po’ una sorta di baracconi.
  Un'ultima cosa sulla produttività. Sulla produttività totale dei fattori – non sono un esperto – i colleghi economisti mi dicono quanto sia complessa la combinazione che serve per essere produttivi. Noi abbiamo una combinazione che non funziona da molto tempo e quindi abbiamo bassi salari. Non abbiamo bassi salari solo perché c'è il cuneo.
  Tra le cose sulle quali prima veniva chiesto un chiarimento, non c'è dubbio che, per esempio, le piccole imprese hanno già uno strumento, che io ho seguito anche personalmente, per mettersi insieme. Le reti di imprese sono uno strumento agilissimo. Ci sono, che io sappia, dagli ultimi dati che ho visto, decine di migliaia di reti in giro per l'Italia. Speriamo che crescano ancora e che si dedichino, per esempio, alla ricerca e alla produttività, perché una singola impresa da tre persone difficilmente può fare dei salti di produttività e neanche quella incrementale è più possibile.
  Per quanto riguarda l'alternanza scuola/lavoro, la ricetta è quella di prima. Non si improvvisa. Ci vuole trial and error, ci vogliono anni di prova, perché i professori non sono abituati a dialogare con le imprese e gli studenti pensano a studiare mentre invece dovrebbero saper mescolare le due cose. C'è solo da mobilitare tutti in questo.
  Noi abbiamo una convenzione – anche su questo potremo fra un po’ comunicare – con i presìdi per cercare di raccogliere le pratiche migliori in tema di alternanza scuola/lavoro. Per esempio, vi inviteremo a un convegno con le pratiche di eccellenza di alternanza nelle scuole di Roma, non tutte perché non ci stanno, ma un certo numero di pratiche di eccellenza, per prendere esempio da quelle. Ci vuole il suo tempo.
  Per quanto riguarda i centri per l'impiego, questa è una delle debolezze che devo rimproverarmi del mio passato: non abbiamo fatto abbastanza per le strutture. Solo per restare ai Paesi liberisti, l'Inghilterra ha 50.000 risorse professionalizzate nei centri per l'impiego che prestano servizi alle persone, alle imprese. Non è necessario che intermedino al 100 per cento, perché ormai la gente in larga misura si intermedia da sola, però almeno a livelli medi, non il 3 o il 4 per cento, cosa che in qualche caso esiste anche in Italia.
  Ad esempio, l'area metropolitana di Milano, che recentemente ha messo insieme delle strutture pubbliche che lavorano anche con le agenzie private, intermedia il 20 per cento di chi cerca lavoro, che è una percentuale assolutamente europea. Quindi, vuol dire che si può fare. Bisogna anche qui moltiplicare, e ci vuole tempo, non si fa in un anno.
  Un'ultimissima cosa: occorre mettere insieme i servizi al lavoro e i servizi alla formazione. Queste cose vanno insieme. Non può essere che abbiamo ancora gli assessorati al lavoro separati da quelli all'istruzione e giù per i due rami verticali che non si parlano. È una cosa che si può fare anche subito, se si riescono a convincere gli interessati.
  Vi ringrazio e prometto di mandare qualche riflessione in più.

  PRESIDENTE. Ringrazio il professor Treu per il suo contributo e dichiaro conclusa l'audizione.

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Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2019-2021, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL e UGL.
  Cominciamo dalla CGIL, con la dottoressa Fracassi, cui cedo quindi la parola.

  GIANNA FRACASSI, segretaria confederale della CGIL. Grazie, signor presidente. Come CGIL, CISL e UIL abbiamo inviato un documento unitario, che è stato predisposto qualche settimana fa – e credo lo abbiate già ricevuto, avendolo inviato questa mattina stessa – e che rappresenta una piattaforma unitaria che le nostre organizzazioni hanno predisposto in relazione al disegno di legge di bilancio. A fianco della piattaforma unitaria ci sono anche alcune sottolineature, che comunque sono contenute nella nostra memoria, che depositeremo al termine di questa audizione.
  La prima cosa che intendo sottolineare è che, come organizzazione, in questi anni abbiamo sempre affermato che politiche di austerity e interventi di compressione e interventi fiscali, come il fiscal compact o il pareggio di bilancio, hanno determinato, negli anni che abbiamo alle spalle, in virtù purtroppo anche della crisi che ha attraversato il nostro Paese, effetti recessivi e deflattivi sulla situazione economica dell'Italia.
  Faccio questa premessa perché ogni volta che ne abbiamo avuto la possibilità abbiamo chiesto che si provasse a invertire il ciclo economico con politiche espansive che avessero, però, al centro il lavoro, la sua creazione, e lo sviluppo. Per quanto ci riguarda, le politiche espansive sono rappresentate dagli investimenti pubblici. Sappiamo tutti benissimo, per cui non vi sto ad annoiare, che il gap tra quelli che sono stati gli investimenti pubblici pre-crisi e quelli attuali è ancora piuttosto ampio, concetto che mi consente di fare una prima riflessione sul disegno di legge di bilancio.
  La deviazione, sulla quale si è molto dibattuto, dal percorso europeo rispetto all'obiettivo del pareggio di bilancio può essere, per la nostra organizzazione, giustificata solo da una manovra che abbia un solido potenziale espansivo, fondato su investimenti e buona occupazione. Anche qui, consentitemi una chiosa molto breve. Nel dibattito in corso con l'Europa, che tra l'altro sta assumendo toni preoccupanti, noi crediamo che non funzioni agire sul lato delle tensioni reciproche. Crediamo, invece, che sarebbe utile per il Governo, per il nostro Paese, per i lavoratori e i pensionati che rappresentiamo, provare a fare una seria battaglia per lo scomputo degli investimenti pubblici dal deficit. Se questo è un obiettivo, e credo sia un obiettivo importante, è evidente che questo non lo si consegue all'interno di un quadro che, invece, polarizza le posizioni. Ebbene, se diamo uno sguardo al disegno di legge di bilancio, questo intervento sul versante degli investimenti noi purtroppo non lo vediamo.
  I dati, per quelle che sono le cifre che ci sono state consegnate e che abbiamo avuto modo di leggere, ci dicono che sostanzialmente nel 2019 le nuove risorse per investimenti pubblici ammontano a 3,5 miliardi di euro. Noi crediamo che la manovra, per la mole di risorse impiegate, la sua composizione e il tipo di interventi messi in campo, sia inadeguata rispetto agli obiettivi e rispetto al fatto che, con lo scostamento, ci assumiamo, ovviamente, un debito.
  Noi pensiamo che vi siano alcune emergenze, che possiamo sintetizzare nei concetti di sviluppo e lavoro, e che dobbiamo dare risposte alle profonde disuguaglianze, sociali e territoriali, che attraversano il Paese. A breve audirete i rappresentanti della SVIMEZ, che credo forniranno dati aggiornati sulla condizione del Mezzogiorno. Se io provo a leggere i contenuti della manovra con questo filo rosso, purtroppo, sul lato del lavoro e dello sviluppo leggo ben poco.
  Come diciamo sinteticamente nella memoria unitaria e ribadiamo nella memoria che vi lasceremo come organizzazione, noi crediamo che il tema degli investimenti Pag. 50pubblici debba essere declinato lungo alcune grandi filiere. Una prima filiera riguarda gli investimenti per infrastrutturazione sociale, a partire dal Sud, ma non solo. Se guardo alle due grandi reti pubbliche, sanità e istruzione, per quanto concerne la scuola si fa addirittura un'operazione di riduzione delle risorse. Per quanto concerne invece la sanità, c'è un serio problema: si conferma il fabbisogno standard e, nel contempo, non si fanno interventi per recuperare la decrescita rispetto al PIL delle risorse stanziate per la sanità. Credo sia noto a tutti che noi registriamo, soprattutto in relazione ad alcuni territori e alle fasce più deboli e povere, una difficoltà di accesso ai servizi primari. Se a fianco di questo ragionamento considero anche che a valere su quelle medesime risorse devo rinnovare il contratto, devo fare un serio programma di assunzioni – anche questo è un grande tema – e di stabilizzazioni, è chiaro che queste risorse non sono sufficienti.
  Una seconda filiera attiene al tema delle infrastrutture materiali, delle opere pubbliche e della manutenzione del territorio. Anche in questo caso credo non ci sia bisogno di ricordare che questo Paese ha bisogno di un grande piano di messa in sicurezza e di manutenzione, attraverso sia la realizzazione di opere pubbliche sia la messa in sicurezza del territorio rispetto ai rischi naturali. Se diamo un'occhiata ai contenuti della manovra su questo versante, di nuovo troviamo risposte molto limitate. Non soltanto, tra l'altro, c'è un tema che riguarda le grandi opere pubbliche rispetto a quelle che sono già programmate, sulle quali si registra una inaccettabile lentezza, un inaccettabile blocco, ma occorre anche porre attenzione alle poche risorse che ci sono.
  Faccio un esempio, quello della manutenzione delle strade provinciali. Stiamo parlando di 250 milioni di euro in quindici anni. Di nuovo, in alcuni territori lo stato e la condizione della viabilità secondaria è davvero molto grave. Dico questo perché su questo versante è chiaro che collocare risorse determinerebbe necessariamente la creazione di lavoro.
  Dal momento che ho questa possibilità, voglio segnalare alle presenti Commissioni che credo ci sia la necessità di rimettere al centro dell'attenzione del Governo anche il tema della ricostruzione delle zone del cratere sismico. Lo dico perché abbiamo un tema che riguarda addirittura il sisma del 2009 nella città de L'Aquila, dove siamo in una fase di stallo, ma anche il cratere del 2016 vede, purtroppo, un inaccettabile rallentamento rispetto alla ricostruzione pubblica.
  L'altro grande tema, direi dimenticato dalla manovra, è il Mezzogiorno. Noi abbiamo letto le disposizioni a tale fine previste dal disegno di legge di bilancio. Sostanzialmente, rappresentano una conferma di alcuni strumenti di incentivo preesistenti, tra l'altro a costo sostanzialmente zero. Sono risorse che già c'erano. C'è una clausola interessante, quella del 34 per cento, che serve per restituire risorse ordinarie onde evitare che la programmazione venga utilizzata in sostituzione delle risorse ordinarie. Vorremmo capire, da questo punto di vista, che tipo di spazi e di effettività abbia l'attuazione della previsione relativa al 34 per cento, la cui platea viene allargata. Questo è un punto importante e credo che tra qualche minuto ve lo ricorderanno anche i rappresentanti della SVIMEZ.
  Sul Sud, a parte questi interventi, manca un progetto complessivo. Lascio alla vostra lettura, per motivi di tempo, le nostre richieste. Su questo tema c'è davvero la necessità di un intervento, perché quello che abbiamo notato è non soltanto un aumento del divario, utilizzando tutti gli indicatori, ma abbiamo anche sempre più ragazzi e ragazze del Mezzogiorno che, come sapete bene, decidono di lasciarlo. E questa è una condizione drammatica per quei territori.
  Dal lato delle politiche industriali, anche qui molto sinteticamente, a parte alcuni rifinanziamenti, ci sono alcuni interventi che non riteniamo positivi. Penso alla riduzione dei finanziamenti per il piano Impresa 4.0, alla riduzione di 2 miliardi di euro sull'iperammortamento, al taglio di 300 milioni di euro sul credito d'imposta per ricerca e sviluppo, al mancato rinnovo Pag. 51del credito d'imposta per Formazione 4.0 nonché alla mancata proroga del superammortamento per l'acquisto di beni strumentali.
  Di nuovo, ci troviamo di fronte a un quadro in cui, rispetto al tema delle politiche industriali, la nostra organizzazione da tempo afferma che queste ultime non si possono fare soltanto con incentivazioni di natura fiscale. Oltre al fatto di proseguire questo tipo di intervento, non vediamo, di nuovo, un quadro e un governo delle politiche industriali.
  Da questo punto di vista, c'è un tema che richiama la governance. Abbiamo detto più volte a queste Commissioni, anche nello scorso mese di aprile, che per noi è molto importante che venga costruito un luogo di gestione e coordinamento delle politiche industriali. Vorremmo capire meglio, relativamente agli interventi previsti in questo disegno di legge di bilancio, che cosa effettivamente rappresenti la nuova struttura denominata InvestItalia, quale ruolo abbia e, soprattutto, come interloquisca con gli altri soggetti chiamati a svolgere, più o meno, funzioni analoghe.
  Ancora, sia pure molto velocemente, le risorse collocate per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego non sono sufficienti, nel senso che stiamo parlando di stabilizzazione dell'elemento perequativo e di indennità di vacanza contrattuale, quindi possiamo affermare che le risorse per i rinnovi contrattuali non ci sono.
  Sempre in tema di assunzioni, riscontriamo inoltre una distanza tra le cose che ha affermato la stessa Ministra per la pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno, ovvero sia la necessità di procedere a un grande piano di assunzioni, anche in relazione alle uscite dal lavoro programmate, e le poche migliaia di assunzioni previste all'interno della manovra.
  Vi segnalo altresì il tema degli ammortizzatori, e non soltanto perché le situazioni di crisi in questo Paese proseguono. Il dato dell'utilizzo della NASPI è in aumento di circa il 10 per cento nei primi mesi di quest'anno, quantomeno in termini di richieste. Questo significa che ancora continuiamo ad avere un tema molto forte relativo al supporto di contesti e situazioni di difficoltà.
  Quanto agli ammortizzatori, abbiamo apprezzato alcune norme che sono state previste anche nel decreto-legge n. 119 del 2018 in materia fiscale, attualmente all'esame del Senato, ma chiediamo una maggiore strutturalità degli interventi. Rispetto ad alcune esigenze, ad alcune aree di crisi, è infatti necessario che questi strumenti diventino strutturali per poter adeguatamente far fronte alle reali necessità.
  Abbiamo apprezzato che vengano stanziate risorse finanziarie sui centri per l'impiego, ferma restando la necessità che queste risorse, pari ad un miliardo per ciascuno degli anni 2019 e 2020, siano utilizzate in primis per stabilizzare i precari, ossia quel 30 per cento di dipendenti che lavorano in ANPAL servizi Spa. Comprenderete che è un po’ contraddittorio che chi dovrebbe agevolare l'offerta e la domanda di lavoro sia esso stesso in una condizione di precarietà.
  Vengo alle ultime due questioni contenute nella manovra, concernenti rispettivamente il reddito di cittadinanza e le pensioni. Queste due norme nel disegno di legge di bilancio presentano un titolo e poste finanziarie, ma non uno svolgimento, quindi francamente è un po’ complicato esprimere un giudizio. Sul tema del reddito di cittadinanza noi diciamo che se questo diventa uno strumento che in qualche modo esaurisce gli strumenti vigenti, quale il reddito di inclusione, finalizzati al contrasto della povertà oppure crea confusione tra la missione principale, quella del contrasto alla povertà, e il percorso di avviamento al lavoro – da come si capisce dalle dichiarazioni, ma attendiamo di conoscere nel dettaglio i contenuti – allora abbiamo un problema.
  È chiaro infatti che il tema della povertà in questo Paese costituisce un tema complesso, anche perché non basta solo il reddito di inclusione, come diciamo spesso, ma c'è la necessità di rafforzare tutte le grandi reti pubbliche a supporto; se quindi questo è il tema, pur comprendendo che viene stabilito un aumento delle risorse, permane tuttavia un elemento di criticità. Pag. 52
  La seconda questione concerne, invece, le pensioni. È chiaro che una apertura sul versante della flessibilità non può che vedere la nostra organizzazione sicuramente molto attenta, anche perché si tratta di una richiesta, anche questa unitaria, che abbiamo avanzato da tempo.
  Su questo, in attesa di capire come sarà concretamente declinato il provvedimento, perché qui davvero ci muoviamo abbastanza al buio rispetto a quelli che saranno i contenuti, diciamo subito una cosa, che è una criticità che risulta collegata anche al reddito di cittadinanza: c'è una sorta di compensabilità delle risorse tra queste due misure, e questo è un elemento precario anche rispetto alle scelte che si vogliono fare.
  Segnalo inoltre che sul tema delle pensioni – troverete, al riguardo, un richiamo sia nella nostra memoria sia nella piattaforma unitaria – poniamo una serie di questioni che per noi sono prioritarie. Ne dico solo una per esigenze di tempo: la pensione di garanzia per i giovani, cioè per coloro che purtroppo si trovano ad affrontare in questa fase un contesto e un percorso lavorativo che ha tanti vuoti contributivi. È necessario oggi intervenire e pensare di intervenire.
  C'è un lungo elenco, però ho voluto segnalare il tema dei giovani perché mi sembra quello più coerente. Direi che ci sono anche questi temi nel momento in cui si decide di affrontare la questione delle pensioni.
  Consentitemi di dire due cose sul decreto-legge n. 119 del 2018 in materia fiscale, posto che quest'ultimo presenta natura di disegno di legge collegato e che noi, pur avendo in tal senso avanzato una specifica richiesta unitaria, non abbiamo avuto la possibilità di essere auditi al Senato. Sono state, signor presidente, delle audizioni il cui criterio a noi risulta, per così dire, alquanto incomprensibile. Presumo che non siamo stati auditi sul citato decreto-legge in materia fiscale perché esso non reca alcun intervento per i lavoratori e i pensionati, immagino che sia questa la spiegazione. Capite bene quindi anche la nostra valutazione rispetto a quel provvedimento: non c'è un intervento sul cuneo fiscale, si fa una scelta politica di cui prendiamo atto, ma nello stesso tempo si interviene in maniera consistente su un versante che è quello dei condoni e degli sconti – al netto di come li volete chiamare, giacché vedo che in proposito c'è grande fantasia – compiendo una scelta precisa.
  Come organizzazione noi diciamo che la priorità sarebbe non andare in quella direzione, perché in tal modo si garantisce a nostro parere la solita impunità rispetto a chi, come quelli che noi rappresentiamo, vale a dire i lavoratori e i pensionati, paga onestamente le tasse e avrebbe piuttosto necessità di un intervento che provi, per esempio, ad aumentare le detrazioni, cioè che provi sul lato della domanda a compiere un'operazione di redistribuzione.
  Avremmo gradito che ci fossero interventi per una seria lotta all'evasione fiscale, cosa di cui, come credo sia noto a tutti, questo Paese ha bisogno. Abbiamo anche tante proposte che sul lato preventivo possono rafforzare gli attuali strumenti e consentire, quindi, di recuperare le tante risorse di cui abbiamo bisogno.
  Mi fermo qui e vi ringrazio.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Fracassi.
  Proseguiamo i nostri lavori con i rappresentanti della CISL, dando la parola al dottor Ganga, che ringraziamo e salutiamo.

  IGNAZIO GANGA, segretario confederale della CISL. Signor presidente, onorevoli deputati e senatori, per la nostra organizzazione la manovra è decisamente sbilanciata sulla spesa corrente. Siamo dell'idea che solo con la creazione di nuovo lavoro, mettendo il lavoro al centro dei meccanismi redistributivi, si possa individuare una soluzione ai sussidi temporanei.
  La leva per realizzare nuovo lavoro, per quanto ci riguarda, chiama in causa gli investimenti pubblici e quelli privati. Riteniamo che occorra rispondere al deficit di domanda interna e crediamo che questo vada fatto con un mix che potenzi gli investimenti, ma anche le politiche redistributive e le politiche di innovazione, e sia Pag. 53molto attento nella redistribuzione in favore delle fasce meno abbienti del Paese, costituite, per quanto ci riguarda, dai lavoratori, dalle lavoratrici, dalle pensionate e dai pensionati.
  Riteniamo che si debba cogliere l'opportunità della legge di bilancio per rafforzare il posizionamento competitivo del nostro Paese investendo sulle politiche produttive, in particolare sulle politiche industriali e sulle politiche per l'innovazione, ossia su quelle politiche in grado di accrescere la produttività nel lungo periodo del Paese. Questa è la nostra strategia per uscire da una stagnazione ormai ventennale.
  Ci rendiamo conto che non stiamo ragionando di un Paese che sta all'interno di un processo di medio o breve periodo o che sia facile uscirne con una legge di bilancio, però è importante anche utilizzare la leva della legge di bilancio per mettere in campo delle politiche espansive.
  Anche noi, che abbiamo consegnato la stessa piattaforma unitaria con CGIL e UIL, non stiamo a ripeterci rispetto a quanto abbiamo sintetizzato in quel documento. Tuttavia, ci vogliamo soffermare rispetto ad alcune misure del disegno di legge di bilancio.
  Partiamo dal mercato del lavoro. L'incentivo per le assunzioni a tempo indeterminato di giovani, la proroga biennale dell'incentivo per le assunzioni al Sud e la cosiddetta «mini IRES» ci sembra che possano caratterizzare un quadro che può favorire la crescita dell'occupazione stabile e su questo vorremmo offrire alcuni contributi, perché alcuni aspetti andrebbero rafforzati e irrobustiti.
  Stona la scelta di indirizzare la riduzione dell'IRES verso il costo dei dipendenti a termine e non solamente dei dipendenti a tempo indeterminato. Pertanto, chiederemmo un minimo di rivedere questo aspetto. Siamo anche critici sulla riduzione del finanziamento agli incentivi sull'apprendistato.
  Noi riteniamo che l'apprendistato sia il canale principale per l'accesso al mercato del lavoro nonché uno strumento molto opportuno per sollevare la qualità del lavoro e dei lavoratori attraverso il conseguimento delle qualifiche, dei diplomi professionali piuttosto che dei diplomi tecnici.
  Sugli ammortizzatori sociali è positiva la possibilità di prorogare la cassa integrazione straordinaria, i contratti di solidarietà e la mobilità in deroga nelle aree di crisi complessa, anche se le aree di crisi complessa andrebbero riviste, perché quando furono individuate le aree di crisi complessa furono omesse o dimenticate molte aree del Paese nelle quali, invece, si registra una particolare sofferenza. Invitiamo, quindi, anche a una rivisitazione dei perimetri delle aree.
  Sulle politiche attive e i centri per l'impiego, sia il funzionamento del reddito di cittadinanza che il rafforzamento dei centri ad esso collegati vedono destinato un miliardo di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020. Il tutto, però, viene rinviato a un successivo intervento normativo collegato, quindi non possiamo fare valutazioni. Peraltro, la presenza di strumenti importanti che caratterizzeranno la legge di bilancio, la cui definizione viene però rimessa ad un intervento normativo successivo, ci preoccupa, tanto da chiedervi di intervenire su alcuni di essi con emendamenti specifici – comunque ce ne faremo carico anche noi, e penso, ad esempio, alla questione pensionistica – riferiti direttamente al disegno di legge di bilancio.
  Noi siamo favorevoli al rafforzamento dei centri per l'impiego, ma a condizione che questo rafforzamento consegua anche obiettivi rispetto alle politiche attive e che il centro per l'impiego non sia solamente uno strumento che decidiamo di rafforzare per accompagnare il reddito di cittadinanza. Ecco che, allora, è importante potersi soffermare rispetto alle caratteristiche che il futuro centro per l'impiego dovrà avere come strumento, che non dovrà essere solamente strumento per favorire e monitorare l'erogazione del reddito di cittadinanza, ma dovrà realmente accompagnare le politiche attive di questo Paese.
  Osserviamo altresì che non viene rifinanziato il fondo per il sostegno alla contrattazione aziendale in materia di conciliazione vita-lavoro. Vi invitiamo a rivedere il tema, perché questo è un tema che rischia Pag. 54 di abbassare gravemente le tutele concrete a cui i lavoratori e le lavoratrici possono ambire sul fronte dei carichi di cura specifici, in particolare i carichi di cura familiare.
  Per quanto attiene al capitolo dello sviluppo e degli investimenti, appare positiva, a nostro parere, la dotazione del fondo per gli investimenti delle amministrazioni centrali, ma occorre meglio precisare l'obiettivo che si vuole realizzare con questo fondo, che non risulta chiarissimo all'interno del disegno di legge di bilancio.
  Reputiamo inoltre positivo che il sistema degli enti territoriali venga dotato di un fondo di investimenti per la messa in sicurezza del territorio. Questo è un aspetto che valutiamo favorevolmente, così come siamo favorevoli all'istituzione della centrale per la progettazione delle opere pubbliche. È un fatto importante, visti i ritardi storici e la mancata consegna delle opere, spesso dovuta proprio a una carenza nella progettazione.
  Anche noi abbiamo invece qualche dubbio su InvestItalia, poiché non è chiaro quale debba essere la sua funzione, né vorremmo fosse una mera replica di Invitalia. Se così fosse, sarebbe veramente un problema, perché frammenterebbe comunque le politiche di sviluppo. Di tutto si può dotare questo Paese, eccetto che di uno strumento che frammenta e indebolisce le politiche di sviluppo, in particolare quelle destinate al Mezzogiorno.
  Con riferimento alla modifica del decreto legislativo relativo alle società a partecipazione pubblica, siamo favorevoli a una sana razionalizzazione di queste società, però dobbiamo stare molto attenti a prevedere anche strumenti, come gli ammortizzatori sociali, per i dipendenti delle società interessate dalla razionalizzazione, aspetto quest'ultimo che il disegno di legge di bilancio non prevede e che andrebbe, invece, introdotto.
  Per quanto concerne il progetto «Scuole belle» e i piani di sicurezza per la manutenzione delle strade, le intenzioni sono sicuramente positive e vengono individuate risorse economiche, che però noi riteniamo siano insufficienti rispetto alle buone intenzioni. Pertanto vi invitiamo, se si intende mantenere questo tipo di ragionamento, che può essere anche condivisibile, a rivedere le poste finanziarie che sono state individuate. Per le manutenzioni, la previsione di 3,75 miliardi di euro su quindici anni è oggettivamente inadeguata.
  Per quanto concerne invece il tema delle infrastrutture e delle esigenze emergenziali, riteniamo che sia prioritario insistere sugli investimenti per aumentare la produttività del nostro Paese. Quindi, si dovrà investire su un piano straordinario di manutenzione delle infrastrutture esistenti e si dovranno sbloccare le grandi opere, soprattutto quelle che collegano il Paese con il resto dell'Europa. Serve un piano straordinario di manutenzione delle infrastrutture esistenti. Si deve insistere maggiormente sulle infrastrutture energetiche e digitali. Si devono sbloccare i fondi previsti nel piano per le periferie.
  Abbiamo, poi, gli aspetti emergenziali, quelli che riportano agli eventi drammatici che hanno colpito il Paese e che ci chiedono un impegno supplementare per l'area di Genova e per le zone colpite dai sismi del 2016 e del 2017. Noi evidenziamo – ma penso siamo tutti d'accordo – la massima urgenza della costruzione del ponte Morandi a Genova. Così come su Genova verifichiamo, all'interno del disegno di legge di bilancio, la mancanza di interventi in favore delle persone che hanno perso il lavoro a causa della tragedia. Pertanto, vi chiediamo di prendere in considerazione una misura specifica in tal senso. A nostro avviso, qualora ciò non fosse contenuto nel decreto-legge, dovrà essere prevista, all'interno della manovra, la proroga a tutto il 2019 dello strumento della cassa integrazione in deroga anche nelle aziende operanti fuori dalla zona rossa. Comunque sia, tutte le aziende che caratterizzano l'area stanno subendo un contraccolpo pesantissimo dalla caduta del ponte Morandi.
  Per quanto riguarda le misure per gli eventi sismici dell'Italia centrale degli anni scorsi, accogliamo positivamente le disposizioni sull'esenzione IMU e sulla sospensione del pagamento dei mutui fino al 31 dicembre. Siamo, invece, fermamente contrari Pag. 55 ad ogni forma di condono, sia per l'isola di Ischia che per le zone colpite dal terremoto.
  Per quanto concerne invece il Mezzogiorno e i fondi europei, si individuano diverse misure ma non si evidenzia nel testo del disegno di legge di bilancio una strategia complessiva di sviluppo per il Mezzogiorno che possa favorire la crescita, l'innovazione del sistema produttivo e rendere più efficace anche il sistema dei servizi. Ieri la SVIMEZ ha parlato di sette punti percentuali in meno di investimenti sulla spesa corrente, che comunque hanno messo il Mezzogiorno in una condizione di minore competitività rispetto al resto del Paese. Consideriamo, comunque, positivamente la proroga dell'incentivo per l'occupazione al Sud, il mantenimento della decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato, l'estensione della misura «Resto al Sud» e quella sulla nuova imprenditoria giovanile fino a quarantacinque anni e il bonus occupazione per le giovani eccellenze.
  Per quanto riguarda il capitolo relativo alla previdenza, è positiva l'apertura per sviluppare una base di confronto su «quota 100», a condizione però che sia resa nota la formula individuata e che questa formula non penalizzi donne, lavoratori discontinui e coloro che svolgono lavori gravosi. L'attuale testo non fornisce chiarimenti e, a questo proposito, rinvia a successivi provvedimenti normativi. È dunque necessario recuperare in tal senso.
  Siamo preoccupati rispetto a una misura che prevede la norma di bilancio sui meccanismi di compensazione fra i due fondi: il reddito di cittadinanza e la revisione del sistema pensionistico. Per noi ci sono forti rischi di aumentare la confusione tra spesa previdenziale e spesa assistenziale. Questo è un aspetto che chiederemo di poter rivedere.
  Auspichiamo provvedimenti di correzione sull'attuale impianto pensionistico, che abbiamo già individuato all'interno del documento, cui pertanto rinvio. Eventualmente, invitiamo a una valutazione rispetto agli strumenti. Vi chiediamo di rendere strutturale l'APE sociale e di trovare soluzioni definitive agli esodati, all'opzione donna, al ripristino della piena rivalutazione delle pensioni e all'estensione della quattordicesima per i pensionati, nonché di dare priorità al trattamento di fine servizio (TFS) e al trattamento di fine rapporto (TFR), quindi priorità di trattamento in uscita ai lavoratori pubblici e ai lavoratori del privato, di sostenere le ragioni della separazione fra la previdenza e l'assistenza e di rivedere – perché è fondamentale – la questione della governance degli enti previdenziali.
  Quanto al reddito e alla pensione di cittadinanza, anche la definizione di queste misure viene rinviata a un successivo provvedimento normativo. Per noi è importante capire quando inizia l'erogazione delle prestazioni, il quantum delle stesse e le condizioni per accedervi. Questo è fondamentale per poter esprimere una valutazione compiuta.
  Quante alle somme, tolte le risorse stanziate per la riorganizzazione dei centri per l'impiego, ci sono circa 5,8 miliardi di euro. Ci sembra difficile immaginare di integrare con queste risorse le pensioni a 780 euro e di poter raggiungere tutti i 5,1 milioni di italiani in condizioni di povertà assoluta. Al riguardo, è dunque necessario fare chiarezza.
  Relativamente al fisco, tra i fattori espansivi della manovra il Governo prevede prevalentemente norme a favore delle imprese e degli autonomi e, tra queste, l'estensione del regime forfettario – prima applicazione della flat tax – è una misura che determina un deciso favore fiscale per le partite IVA. In questo modo, a nostro parere si continua in quel processo di erosione della base imponibile IRPEF, che snatura la stessa imposta. Ci saremmo aspettati una manovra complessiva in tal senso. Esprimo, quindi, delusione.
  Quanto al fisco per le imprese, non siamo contrari alla riduzione dell'IRES, ma chiederemmo che la manovra fosse maggiormente finalizzata al sostegno di comportamenti meritori delle imprese stesse, in particolare allo scopo di favorire il rafforzamento dell'occupazione stabile, la sostenibilità Pag. 56 ambientale, la sicurezza aziendale e la formazione.
  Relativamente alla tassazione locale, non riscontriamo nel disegno di legge di bilancio la proroga del blocco degli aumenti dei tributi e delle addizionali da parte degli enti locali. Ce la saremmo aspettata. Noi riteniamo che la legge di bilancio debba infatti individuare dei meccanismi di riequilibrio tra fisco locale e fisco statale.
  Per quello che riguarda il pubblico impiego, la copertura per i rinnovi contrattuali pubblici per la CISL rappresenta una questione prioritaria e imprescindibile. La norma presenta un valore di 4,3 miliardi in tre anni. Nella relazione tecnica i conti non tornano. Probabilmente c'è un errore, o comunque le risorse poste a disposizione sono inferiori. Noi abbiamo infatti rinnovato i passati contratti pubblici con un incremento del 3,48 per cento: ora avremmo invece a disposizione il 2 per cento, il che significa che dovremmo rinnovare i contratti pubblici con incrementi che vanno da 35 a 45 euro, ma questo non sarebbe il rinnovo di un contratto pubblico. Invitiamo, quindi, il Governo a rivedere l'entità delle risorse a disposizione per questa finalità.
  Passo a scuola, università e ricerca, e concludo. Si decide, a nostro parere, di non investire, pur affermando a parole la centralità del sistema dell'istruzione in senso ampio per lo sviluppo e per la crescita del Paese. Mancano le risorse per potenziare l'attività didattica, a partire dal tempo pieno, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno; vengono inoltre ridotte le ore previste per i percorsi di alternanza scuola/lavoro; si interviene infine per riformare il sistema di reclutamento, e ciò è positivo, però vorremmo anche che per il sistema di reclutamento venisse valutato un secondo canale di ingresso, che per noi è quello che tiene conto del precariato, che all'interno del sistema scolastico costituisce un fenomeno assai rilevante e deve pertanto essere preso in considerazione.
  Sono insufficienti le misure per l'attuazione del piano per la scuola digitale, è debole lo stanziamento per l'università, così come mancano misure adeguate per gli enti di ricerca, che presentano un fenomeno pesantissimo che grava sugli stessi, ossia la precarietà del personale, diventata oramai un'emergenza.
  Relativamente alla sanità, c'è un'incoerenza tra le anticipazioni del Governo in materia di riqualificazione del servizio sanitario pubblico e il finanziamento dello stesso previsto nel disegno di legge di bilancio. Non è una questione di questo disegno di legge di bilancio. È una questione che ci portiamo appresso da diverso tempo. Viene confermato lo stesso livello programmato dal precedente Governo, che però già risentiva di una certa sofferenza dovuta ai tagli introdotti negli anni passati. Solo per il 2020 e per il 2021 è previsto un incremento, ma anche questo è subordinato a un nuovo Patto per la salute da stipulare con le regioni.
  Non c'è riferimento al superamento del superticket, che per noi è fondamentale perché rappresenta una gabella ingiusta soprattutto per le classi meno abbienti del Paese, come niente c'è sull'innovazione tecnologica e sull'infrastrutturazione sanitaria.
  Dopodiché, con «quota 100», proprio perché abbiamo una pesatura reale come organizzazioni sindacali, vista l'età media delle professioni sanitarie pari a circa 55 anni, noi invitiamo alla rivisitazione della norma sui numeri chiusi, perché con «quota 100» rischiamo veramente di depotenziare il sistema sanitario del nostro Paese, evenienza che non ci possiamo permettere.
  Concludo con un accenno alle politiche sociali, alla famiglia, alla disabilità e alla non autosufficienza. È positivo l'incremento dei fondi nazionali per le politiche sociali, la non autosufficienza e la famiglia, ma non è ancora sufficiente per colmare i gap esistenti e per definire i livelli essenziali delle prestazioni, che noi chiediamo vengano garantiti.
  Non trovano risposte, rispetto alle richieste della nostra organizzazione, le domande relative alla riforma della normativa della non autosufficienza, che è prevista anche nella piattaforma unitaria. In proposito, noi chiediamo risorse certe a carico della fiscalità generale, che privilegino Pag. 57 la presa in carico dei destinatari, superando l'attuale approccio risarcitorio al disagio.
  C'è anche l'aspetto della riorganizzazione del sistema delle prestazioni a sostegno della famiglia, rispetto al quale chiediamo che possa essere svolta una riflessione sul nuovo assegno familiare.

  PRESIDENTE. Grazie. Procediamo ora con l'audizione della segretaria confederale della UIL, Ivana Veronese, cui cedo la parola.

  IVANA VERONESE, segretaria confederale della UIL. Presidente, deputati e deputate, senatori e senatrici, la manovra di bilancio varata dal Governo scommette la sua credibilità sul fattore della crescita, sfida questa condivisibile.
  La UIL non è mai stata a favore delle politiche di austerity, ma ha sempre sostenuto politiche espansive, a patto però che le risorse andassero a sostenere gli investimenti pubblici e la riduzione del carico fiscale sul lavoro e sulle pensioni. Servono quindi misure concrete, che ad oggi stentiamo a trovare nella manovra di bilancio, e senza investimenti vi è il rischio concreto che possa crollare l'intero impianto della manovra.
  Quanto al merito delle regole di bilancio, crediamo che esse, quando ci sono, vadano sempre rispettate, così come vanno rispettate le esigenze di crescita del Paese. Per questo diciamo che le regole devono essere cambiate, in Europa e con l'Europa, per evitare che le sanzioni abbiano conseguenze sui cittadini in termini di maggiori oneri per i mutui, minori servizi dovuti a maggiori interessi pagati sul debito pubblico e minor credito per le imprese.
  Sulla manovra di bilancio, insieme a CGIL e CISL, abbiamo elaborato il documento, che è già stato citato dai colleghi, con le nostre priorità. Questo ci permette di fare alcune riflessioni di merito sulla manovra.
  In continuità con le precedenti, anche questa manovra ha la caratteristica di essere di stampo espansivo, ma come le precedenti non coglie appieno le priorità del Paese: un fisco più leggero per salari e pensioni, una strategia complessiva per gli investimenti pubblici. Come UIL siamo contrari alle molteplici misure di condono contenute nel decreto-legge n. 119 del 2018 in materia fiscale, a partire da quelle sulle imposte e sui contributi previdenziali evasi.
  Il condono fiscale, oltre che sbagliato culturalmente, è uno schiaffo in faccia a chi vive con redditi da lavoro dipendente e pensioni, che compie il proprio dovere di contribuente pagando regolarmente le tasse alla fonte. L'ennesimo condono fiscale non aiuta a combattere la piaga dell'evasione e dell'elusione fiscale, che ammonta ogni anno ad oltre 111 miliardi di euro, in quanto si ingenera il concetto che evadere si può, tanto prima o poi arriva un condono.
  Un punto molto critico è l'assenza di provvedimenti volti ad alleggerire il peso delle imposte e delle tasse per lavoratori dipendenti e pensionati, mentre per i redditi da lavoro autonomo viene previsto un trattamento privilegiato con l'introduzione della tassa piatta del 15 per cento fino a 65.000 euro.
  Come UIL non siamo favorevoli all'introduzione della flat tax perché non solo si introduce il concetto di tassa piatta al posto di un sistema fiscale basato sulla progressività, ma anche perché dietro le partite IVA spesso si nasconde il lavoro subordinato.
  Occorre fare molta attenzione alla rimozione del blocco della leva fiscale per enti locali e regioni dopo tre anni di congelamento, perché, come è avvenuto in passato, potrebbe portare a un aumento della pressione fiscale sui salari e sulle pensioni. Infatti, una moltitudine di comuni e tutte le regioni hanno ampi margini di manovra sulle proprie imposte e tasse.
  Come UIL sosteniamo l'importanza di mantenere il blocco delle aliquote e lavorare parallelamente per riprendere il cammino interrotto e completare il sistema della finanza locale nel quadro più complessivo del riordino fiscale nazionale.
  La riduzione dell'IRES per le aziende che reinvestono gli utili e/o aumentano la base occupazionale è di per sé condivisibile, se non fosse che all'aumento della Pag. 58base occupazionale concorrono anche le assunzioni a tempo determinato.
  Chiediamo, pertanto, al Parlamento di intervenire su questo punto modificando la norma. Al contempo, chiediamo norme per abbassare gradualmente il cuneo fiscale sul lavoro a tempo indeterminato, per renderlo più conveniente rispetto ai contratti a termine.
  Il lavoro, i giovani e la questione industriale sono i grandi assenti nella manovra. Si destruttura il piano Impresa 4.0. Chiediamo al Parlamento di ripristinare le risorse per dare continuità al piano di Impresa 4.0, in particolare sia gli incentivi per la riqualificazione del personale e per la formazione di nuove competenze digitali, sia quelli per l'ammodernamento e la digitalizzazione dei siti produttivi.
  Rimarchiamo l'importanza fondamentale degli investimenti in ricerca e innovazione per la crescita e lo sviluppo del Paese, in quanto siamo fanalino di coda in Europa per tali investimenti.
  Quanto al cuore della manovra, rappresentato dal reddito di cittadinanza e dai provvedimenti sulle pensioni, sono stati appostati solo gli stanziamenti. Per poter esprimere un giudizio di merito occorrerà leggere bene e nel dettaglio i testi dei relativi provvedimenti. «Quota 100» può essere la base per aprire un dialogo con il Governo sulle pensioni, ma non può essere esaustiva e non può andare a scapito delle categorie meritevoli di tutela, individuate per usufruire dell'APE sociale, e cioè gli usuranti e le donne.
  A proposito di giovani, occorre prevedere interventi mirati per garantire l'adeguatezza delle loro future pensioni. Su «quota 100» non vorremmo trovarci di fronte all'ennesima differenziazione tra pubblico e privato per quel che attiene alle finestre di accesso al beneficio e a un ulteriore rinvio dell'erogazione del trattamento di fine servizio, che invece deve avere gli stessi tempi di erogazione del settore privato.
  Consideriamo insufficienti le risorse destinate alla costituzione del fondo per il reddito di cittadinanza, per la complessità dell'intero sistema finalizzato all'inserimento lavorativo.
  Relativamente alla sanità, riteniamo che il nostro Servizio sanitario nazionale avrebbe meritato una scelta finanziaria più incisiva già da quest'anno.
  Riguardo alle politiche di sostegno della famiglia non sono previste risorse aggiuntive per il Fondo per la famiglia in favore della natalità, della maternità e paternità. Riteniamo ancora più grave l'assoluta mancanza di proroga o strutturalità del congedo obbligatorio per i padri, valido quindi solo per il 2018.
  Passando alle misure previste nei confronti dei dipendenti pubblici, constatiamo purtroppo l'insufficienza delle risorse stanziate ai fini dell'apertura dei tavoli di rinnovo dei contratti in scadenza il prossimo dicembre.
  Sul fronte delle assunzioni, diversamente, valutiamo in maniera positiva l'impegno di aprire finalmente le porte delle istituzioni pubbliche all'ingresso di nuova forza lavoro, che non deve però essere limitata solo al turnover, ma deve mirare a un piano straordinario di assunzioni.
  Segnaliamo l'esigenza di garantire gli investimenti nel sistema dell'istruzione, per innalzare la qualità dell'offerta formativa, tale da garantire il diritto all'istruzione e alla conoscenza su tutto il territorio nazionale.
  Lascia perplessi il ridimensionamento delle ore destinate ai percorsi di alternanza scuola/lavoro, piuttosto che impegnarsi a verificare e indirizzare verso percorsi di qualità.
  Valutiamo, invece, positivamente gli stanziamenti ai centri per l'impiego, ma il finanziamento previsto solo per il biennio 2019-2020, seppur di un miliardo l'anno, rischia di non dare le necessarie garanzie di continuità occupazionale al personale che verrà assunto a seguito di detto finanziamento.
  Chiediamo, quindi, che il finanziamento abbia una natura strutturale, dando certezze alle misure ipotizzate, a partire almeno dal raddoppio degli operatori, dalla stabilizzazione di tutto il personale impiegato nel sistema pubblico delle politiche Pag. 59attive e dal superamento dei vincoli assunzionali e di spesa nelle regioni.
  Nella manovra non ci sono nuove risorse per gli ammortizzatori sociali, pertanto chiediamo che le misure di flessibilità introdotte temporaneamente con i recenti decreti, anche quelle che riguardano Genova e la cassa integrazione in deroga, che deve coprire tutte le aziende, anche le più piccole, vengano rese strutturali e finanziate nel tempo.
  Quanto agli investimenti pubblici, gli eventi tragici di questi giorni, che hanno comportato gravi perdite di vite umane e conseguenti danni ambientali irreparabili, riportano in primo piano la necessità di intervenire in maniera mirata ed efficace sul problema del dissesto idrogeologico e di mettere in sicurezza il Paese investendo nella prevenzione.
  Riteniamo necessario implementare le risorse destinate all'annoso problema dello smaltimento dell'amianto e rifinanziare e rendere strutturale l'incentivo sia per la bonifica sia per la rimozione.
  Il blocco delle grandi opere pubbliche rischia di vanificare ulteriormente la competitività del sistema Paese. Non si devono mettere in competizione le grandi opere infrastrutturali e le opere infrastrutturali secondarie, in quanto entrambe sono indispensabili per un efficace sistema di mobilità in tutto il territorio, soprattutto al Sud.
  È il Mezzogiorno l'altro grande assente di questa manovra. A nostro avviso, invece, al Sud occorre ben altro, iniziando da significativi investimenti per le infrastrutture materiali e immateriali. Occorre rendere immediatamente operative le zone economiche speciali (ZES), senza intaccare la tutela e la sicurezza sul lavoro, e reintrodurre una politica di fiscalità di vantaggio che colmi il gap produttivo tra le varie aree del Paese.
  Chiediamo, inoltre, di detassare gli utili delle imprese attraverso l'azzeramento dell'IRES per le imprese che operano nel Mezzogiorno e che incrementano, con nuove assunzioni a tempo indeterminato, la loro base occupazionale.
  Grazie per l'attenzione, ma soprattutto buon lavoro.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI CLAUDIO BORGHI

  PRESIDENTE. Ringrazio Ivana Veronese.
  Do ora la parola al vice segretario generale dell'UGL, Luigi Ulgiati.

  LUIGI ULGIATI, vice segretario generale dell'UGL. Ringrazio i presidenti, nonché i senatori e i deputati presenti.
  Come UGL, abbiamo già presentato un nostro documento, che abbiamo inviato e che, quindi, rimane agli atti, per cui chi lo desidera ha facoltà di leggerlo anche nei dettagli. Ad ogni modo, il disegno di legge di bilancio che viene presentato a noi appare interessante e rappresenta un apprezzabile tentativo anche per cambiare la prospettiva del nostro Paese, dopo anni nei quali troppo spesso le esigenze finanziarie e ragionieristiche hanno portato a sacrificare le giuste aspettative dei cittadini.
  Abbiamo avuto un prodotto interno lordo fermo intorno all'1 per cento e una disoccupazione molto elevata dal 2008. Abbiamo avuto anche un debito pubblico che ha continuato a crescere. Ovviamente, tutto questo non era di esclusiva responsabilità delle precedenti gestioni, ma rappresentava un aspetto più complessivo del mercato economico globale. Evidentemente, però, le misure messe in atto erano assolutamente insufficienti. Questo è un segnale chiaro che abbiamo registrato.
  Complessivamente, l'intero provvedimento in discussione tenta di offrire alcune risposte. Vengono stanziati complessivamente 15,7 miliardi di euro, tra reddito e pensioni di cittadinanza e riforma previdenziale. È un quantitativo sicuramente apprezzabile. Ricordiamo che una vasta platea di lavoratori si è trovata e si trova tuttora a dover rimandare l'uscita dal lavoro a causa di norme che hanno eccessivamente ingessato i meccanismi di accesso Pag. 60al pensionamento, con tutto quello che ne consegue in termini di mancato ricambio generazionale, che ha contribuito sia all'incremento – questo lo vogliamo sottolineare – della disoccupazione giovanile sia all'esplosione del fenomeno dei NEET.
  Il superamento della cosiddetta legge Monti-Fornero attraverso il sistema delle quote potrà essere stimato solo nel momento in cui arriveranno i decreti attuativi. Potrebbero, quindi, liberarsi posti di lavoro, che potranno avere effetto su disoccupazione e tasso di occupazione.
  Inoltre, il reddito di cittadinanza, per ridurre il drammatico impatto della povertà nel nostro Paese, che forse mai avevamo registrato in questi ultimi decenni, si rende necessario, ma deve essere anche messo a sistema con la riforma dei centri per l'impiego, affinché il reddito di cittadinanza non si riduca a una mera misura di carattere assistenziale.
  Sulla riforma delle pensioni, oltre al sistema delle quote, vanno approfonditi, a nostro avviso, anche alcuni aspetti, come l'opzione donna, i lavori precoci, i lavori usuranti. Inoltre, per l'attuazione del reddito di cittadinanza possiamo dare, come organizzazioni sindacali, un adeguato contributo in termini di proposta e di attivazione sul territorio. Questo perché il sindacato tradizionalmente riesce a essere presente in maniera capillare nei territori e a erogare servizi adeguati nell'ambito dei servizi tradizionali del patronato e dei centri per l'assistenza fiscale. Questo aspetto pensiamo possa essere valorizzato.
  Assumono rilievo le misure relative alla pubblica amministrazione. Ricordiamo che i rinnovi contrattuali erano fermi dal 2009 e solo nei primi mesi di quest'anno si è registrata questa disponibilità sul rinnovo contrattuale, ma bisogna capire quali saranno gli impegni di spesa. C'è sicuramente un aspetto positivo, che è quello dell'allentamento dei vincoli assunzionali, che potrà essere finalizzato al rafforzamento delle competenze e alla crescita complessiva dell'efficienza e dell'efficacia dell'azione amministrativa. Questo sicuramente potrà essere un fattore positivo per l'azione della pubblica amministrazione.
  Ci sono degli interventi positivi nell'ambito delle infrastrutture per la riduzione del rischio sismico e idrogeologico, ma ricordiamo, anche relativamente a quanto è accaduto in questi ultimi giorni, in queste ultime settimane, quando il nostro Paese è stato colpito da una vera e propria calamità da Nord a Sud, che ovviamente questi effetti devastanti dovranno poi avere un ulteriore impegno di spesa per poter sostenere il dramma che abbiamo vissuto e per mettere in sicurezza il nostro territorio.
  Per quello che riguarda la sanità, abbiamo notato che viene confermato il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale secondo livelli standard. È chiaro che ci aspettiamo un impegno maggiore anche nei prossimi interventi. È apprezzabile ciò che è stato fatto con le risorse impegnate per la riduzione delle liste di attesa, il sostegno alle disabilità e alle famiglie, soprattutto quelle con reddito medio-basso.
  Degni di attenzione sono gli interventi sulla nuova Sabatini e sui voucher manager. È chiaro che ci aspettiamo un sostegno alle imprese verso il passaggio a Industria 4.0, vale a dire la modernizzazione dell'impianto industriale del nostro Paese, che ricordiamo è il secondo per produzioni industriali nel continente europeo.
  È interessante ciò che è stato messo in piedi sull'occupazione, sostanzialmente attraverso la proroga dell'incentivo per l'occupazione nel Mezzogiorno. È interessante anche il fondo per il ristoro dei risparmiatori che hanno subìto un danno dalle banche poste in liquidazione coatta amministrativa. È interessante anche il contributo per l'assunzione di giovani eccellenze nonché la riduzione dei costi della politica.
  È un disegno di legge di bilancio che avrebbe dovuto investire sicuramente di più in formazione, sviluppo, università, attività industriali, attrazione per gli investimenti esteri, ma è anche vero che già così com'è stato presentato ha ricevuto pesanti critiche da Bruxelles per lo sforamento della soglia di deficit al 2,4 per cento.
  Pertanto, noi ribadiamo la nostra posizione e auspichiamo che i vari meccanismi che possono essere messi in discussione Pag. 61tengano conto delle sollecitazioni del sindacato.

  PRESIDENTE. Grazie.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MARCO PELLEGRINI. Ringrazio i sindacati che oggi sono venuti a presentarci le loro proposte. Apprezzo molto questa attività di pungolo che fanno per il nostro lavoro. Ci hanno anche augurato buon lavoro e io ringrazio loro.
  Più che rivolgere una domanda, vorrei fare delle considerazioni, peraltro brevissime. In sostanza, loro hanno fatto delle considerazioni e avanzato delle proposte di lavoro, mentre io vorrei fare delle considerazioni su quelle da loro svolte.
  Più o meno, con diverse sfumature, hanno affermato cose simili, per esempio apprezzando il lato espansivo della manovra. Meno male, ciò significa che siamo più o meno quasi tutti concordi nel ritenere che finalmente, dopo anni di stupida austerità, l'unica via per uscire da questa crisi terribile è quella di mettere in campo una manovra espansiva.
  Rilevo poi che c'è una sostanziale identità di vedute sulla necessità di fare spese per infrastrutture e per mettere in sicurezza il territorio; ovviamente servirebbero ingenti investimenti in questo campo, però mettiamoci insieme e cerchiamo di portare avanti insieme questa battaglia, visto che abbiamo questa identità di vedute.
  Voglio far notare soltanto che per uno 0,4 in più di deficit, perché di quello stiamo parlando, posto che a legislazione vigente e considerando l'intervento di sterilizzazione sull'IVA si sarebbe arrivati a un indebitamento del 2 per cento mentre noi l'abbiamo portato al 2,4, riceviamo fortissime critiche dall'Europa; immaginiamo quindi cosa sarebbe successo a livello europeo e dei mercati se avessimo programmato una mole di investimenti molto maggiore, ciò che avrebbe presupposto almeno per il primo anno un deficit maggiore.
  Tra gli altri aspetti che ho molto apprezzato – ovviamente non mi meraviglio – si è fatto riferimento alla lotta al precariato, uno dei nostri cavalli di battaglia che fa parte dei nostri programmi elettorali e immagino anche dei vostri programmi di sindacato, però il precariato non è nato ieri, ha preso piede almeno dalla fine degli anni Novanta, da Treu in poi, quindi immagino che non riusciremo a risolverlo in quattro mesi. Anche in questo caso immagino che il sindacato potrà essere di aiuto e di supporto a battaglie di questo tipo, quindi vi aspetto, per così dire, sul campo di battaglia.
  Sulla questione della diminuzione della tassazione, richiamo l'attenzione su tale semplice dato: a legislazione vigente ci sarebbe stato un aumento della pressione fiscale, invece, con le misure che abbiamo messo in campo con questo disegno di legge di bilancio, perlomeno non si ha un incremento, quindi in fattore relativo vuol dire che c'è una diminuzione.
  Per quanto riguarda l'opzione donna, la specificazione della misura sarà contenuta nel disegno di legge collegato, mentre le poste di bilancio già risultano stanziate. Faccio un'ultima annotazione: praticamente tre sindacati su quattro giudicano quello che è considerato il cuore della manovra, cioè il reddito di cittadinanza e la pensione di cittadinanza, come una spesa corrente, senza esprimere quindi un giudizio sulla capacità di aumento dei consumi interni e quindi del PIL, come se fosse un pezzo di manovra espansiva. Questo un po’ mi meraviglia, perché sono esattamente le stesse cose che dice e ripete Confindustria, e quando sento usare esattamente gli stessi termini dal sindacato e da Confindustria un po’ mi meraviglio e un po’ mi spavento.
  Spero quindi in una riconsiderazione di tutta questa parte della manovra, anche perché, concludo con una considerazione finale, è ovvio che anche noi, come Governo e come forza di maggioranza, vorremmo che si creassero presto e bene dei posti di lavoro. Ma nel frattempo cosa facciamo dei tanti nostri connazionali, che sono 5 o 6 milioni a seconda delle statistiche, che si trovano in povertà assoluta o dei più di 10 milioni di cittadini che si trovano sotto la soglia di povertà relativa e che quindi sono Pag. 62aumentati in dieci anni, come ha detto la Banca d'Italia qualche ora fa, passando dal 3,5 al 6,9 per cento? Cosa facciamo di questi nostri connazionali, di questi nostri fratelli? Li ignoriamo e diciamo loro di aspettare altri 5, 6 o 10 anni e per il momento di continuare a rimanere sotto la soglia di povertà?

  BEATRICE LORENZIN. Volevo fare delle domande rispetto agli interventi che ho ascoltato per quanto riguarda il tema della salute e dell'ambiente.
  Per quanto riguarda il tema della salute, ringrazio i rappresentanti delle organizzazioni sindacali per aver sollevato una questione, che vediamo invece abbastanza negletta in questo momento nel dibattito. Sono previsti 16 miliardi di spesa – spesa tra l'altro che, come ribadito oggi, è allocata ma ancora non sappiamo come verrà esattamente utilizzata per quanto riguarda sia il reddito di cittadinanza, sia la questione delle pensioni – e sappiamo bene che si tratta di un intervento straordinario che già ci porta in deficit, anche se ho visto che il Ministro Tria, nel colloquio che ho avuto con lui dopo il suo intervento presso queste Commissioni, ha dichiarato che è pronto a rivedere le stime. Probabilmente dovremmo quindi riconvocarci a breve per poter rivalutare le cose di cui stiamo parlando adesso prima di andare avanti con l'esame del disegno di legge di bilancio.
  Comunque una certezza la abbiamo, ossia che il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato rimane confermato esattamente nella stessa misura prevista nella scorsa legge di bilancio e poi nel documento di programmazione finanziaria, nonostante avessi appreso dagli organi di stampa che la Ministra della salute, cui faccio gli auguri perché ha appena partorito, quindi a lei vanno tutte le nostre congratulazioni e felicitazioni, aveva dichiarato di avere l'intenzione di portare il predetto finanziamento a 115 miliardi di euro, cosa su cui non poteva che esserci il nostro plauso.
  Sapevamo benissimo lo scorso anno della necessità di almeno 750 milioni di euro in più, che pensavamo di riagganciare con la ripresa del PIL e quindi con una fase espansiva dell'economia che era, questa volta sì, prevista e ipotizzata a partire dal mese di gennaio.
  Invece, questo miliardo in più non c'è. Lo dico con rammarico perché essendo stata abituata a gestire la sanità in una fase recessiva prima e poi in una fase di difficoltà – ho qui accanto a me l'ex Ministro dell'economia e delle finanze, Padoan – ogni milione in più che trovavamo era un milione allocato proprio su una questione di grandissima importanza, come quella della garanzia dell'accesso alla salute per 60 milioni di persone, poveri e non poveri, persone che sono a rischio povertà e persone che non lo sono.
  Ricordo poi che per quanto riguarda il rischio di povertà, sulla sanità è tutto un altro tema. Se infatti una persona si trovasse a dover affrontare a proprie spese una cura per una malattia oncologica, che può costare 500.000, 600.000 o 700.000 euro, o una malattia rara ovvero un intervento di particolare complessità, penso a un intervento neurologico come quelli che vengono ordinariamente effettuati in via gratuita nei nostri ospedali, allora il tema di essere o meno indigenti scomparirebbe. Così come scompare quando sei una persona anziana affetta da una malattia cronica, che è la nostra grande sfida di questi prossimi anni.
  Noi abbiamo una popolazione vecchia e anziana, composta anche da malati cronici, e quindi abbiamo bisogno di un'opera continua di manutenzione ordinaria e straordinaria del nostro sistema di welfare sia per quanto riguarda la salute sia per quanto riguarda l'assistenza sociosanitaria, se vogliamo garantire ai cittadini l'accesso alla salute. Questo lo dico perché se a una persona anziana offriamo 100 euro in più di pensione sono sicura che tutti sono felici, ma se le diciamo che non le permettiamo di avere 1.000-1.500 euro al mese di assistenza sociosanitaria, poiché tanto costa, quello è un altro discorso.
  Quando si ragiona di welfare tutto si tiene insieme, motivo per cui questo miliardo in più ci sarebbe molto voluto. C'è il rinnovo del contratto dei medici, che è Pag. 63atteso da più di dieci anni e che avevamo approvato già nel mese di febbraio. C'è il finanziamento dei fondi per i farmaci innovativi, parlo degli oncologici e di quelli per la cura dell'epatite C, che vanno rifinanziati ma di cui non abbiamo notizia, così come non abbiamo notizia della nuova governance del farmaco. Non abbiamo notizia neanche delle cose affermate dalla Ministra della salute, cioè della volontà di arrivare ad una sanatoria per quanto riguarda il pay back degli scorsi anni e quindi per gli anni fino al 2017. Parliamo di circa un miliardo 400 milioni di euro di sforamento della spesa ospedaliera. Sono cifre abbastanza consistenti.
  In più, non abbiamo un piano legato alla nuova autonomia differenziata. Noi stiamo vedendo che le regioni stanno andando verso un'autonomia differenziata. Questo comporterà, ovviamente, maggiori risorse per le regioni che già sono virtuose, ma nulla arriverà alle regioni che non sono virtuose, i cui cittadini, però, vantano lo stesso diritto sancito dall'articolo 32 della Costituzione, ovvero quello concernente l'accesso alle terapie.
  Pensavamo al nuovo Patto per la salute, a cui vedo vincolati 2 miliardi di aumenti probabili, forse futuribili, che però deve essere approvato entro il 31 dicembre 2019; ebbene, non c'è traccia di queste misure o di un'impostazione virtuosa o innovativa rispetto ai nuovi problemi che si stanno ponendo. Negli articoli 39 e 40 del disegno di legge di bilancio è presente l'elencazione di alcuni punti del nuovo Patto per la salute che sono totalmente condivisibili, ma sono semplicemente un corollario, un comma delle cose ancora da portare avanti e da implementare del vecchio Patto per la salute. Tutto ciò per un miliardo di euro. Credo quindi che su 16 miliardi di euro forse un miliardo per la salute si poteva trovare, dando così risposte ai cittadini in questo anno complicato. Del resto, da tutte le audizioni che abbiamo svolto e dalle stesse affermazioni del Ministro Tria di questa mattina emerge chiaramente che tutto si può dire tranne che quest'anno non si preveda complicato per l'economia e per la vita dei cittadini, ragion per cui queste sono risposte che si devono dare immediatamente, non in un futuro prossimo e lontano.
  Vi è un altro aspetto su cui mi interessa conoscere il parere dei sindacati. Noi non abbiamo ancora quantificato esattamente i danni derivanti dal climate change, i danni giganteschi arrecati dai fenomeni che hanno interessato i nostri territori nelle scorse settimane. Abbiamo fatto la contabilità purtroppo dei decessi, come spesso accade in questi casi, ed è doveroso perché sono decessi drammatici, ma ancora non abbiamo bene l'idea di quanti siano i danni provocati all'economia sia agricola sia di impatto.
  Una cosa la voglio dire, però, affinché rimanga agli atti di queste Commissioni. Sarebbe estremamente opportuno, signor presidente, giacché parliamo del sistema e della tenuta dello Stato italiano ed abbiamo qui presenti anche i sindacati, che si prendano in considerazione anche altre eventualità, come quella, per esempio, avvenuta nel caso della strage delle foreste a Belluno. Lì abbiamo un tema molto serio, legato al rischio biologico. Questo dovrebbe permettere almeno, secondo un principio di precauzione, di avere certezza di quello che non si potrebbe verificare o che potrebbe non realizzarsi, e che noi tutti auspichiamo non si realizzi, mettendo in campo un'unità di crisi, questa sì finanziata, con i migliori istituti di ricerca che abbiamo a disposizione, per comprendere se nei mesi di aprile e maggio si possano verificare fenomeni di epidemie su piante, animali e uomini.
  Non ci sono casi simili di questa portata a livello mondiale, quindi ci troviamo di fronte a qualcosa di assolutamente nuovo per tutti noi. Poiché nel disegno di legge di bilancio non ho visto niente, credo che questa possa essere un'occasione propizia per discutere di un intervento straordinario, che ovviamente non può essere programmato, come invece avviene normalmente. Il tema è senz'altro come facciamo a rimuovere gli alberi in quattro anni, ma soprattutto che cosa succede dopo la fine del freddo, in primavera, per la fauna e la Pag. 64flora di tutto l'arco alpino e se c'è un rischio epidemiologico.

  MICHELE GUBITOSA. Desidero porre alcune brevi domande agli auditi. Innanzitutto al dottor Ganga, che ringrazio, ovviamente come tutti i rappresentanti dei sindacati oggi presenti, chiedo se, quando si riferiva al condono edilizio per Ischia, intendeva quella misura più come un condono, dato che in effetti non è altro che aiutare dei cittadini che hanno fatto delle richieste, circa trent'anni fa, di permessi in sanatoria, o più come un intervento che tende a migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, dato che è un invito alla pubblica amministrazione a dare risposte.
  Chiedo invece alla dottoressa Veronese se, quando si riferiva alla misura della pace fiscale con il termine condono, definirebbe evasori i contribuenti che hanno dichiarato determinati importi e che poi, per cause di forza maggiore, hanno avuto difficoltà nel pagare tali importi, trattandosi appunto di persone che hanno dichiarato e che poi non sono riuscite a sostenere l'importo delle tasse da loro stesse dichiarato. Ovviamente, penso anche al caso di un importo che può essere emerso, ma che tende a correggere errori per piccoli importi. Vorrei sapere se anche queste persone andrebbero considerate alla stregua di evasori.

  STEFANO FASSINA. Signor presidente, non sarei intervenuto, però il collega che mi ha preceduto mi costringe a fare alcune precisazioni in merito alle due questioni sollevate. Dobbiamo dare informazioni corrette soprattutto ai nostri interlocutori sociali, alle cui valutazioni crediamo molto. Credo che l'utilizzo del termine «condono» sia assolutamente proprio, in entrambi i casi. Come sa bene il collega, per quanto riguarda Ischia non si tratta semplicemente di modificare le procedure.

  PRESIDENTE. Onorevole Fassina, le chiedo se possiamo evitare di fare il dibattito e fare invece le domande.

  STEFANO FASSINA. La formulo in termini di domanda, ma sono state fatte affermazioni che non corrispondono a verità e vorrei lasciare agli atti come stanno le cose. Impiego giusto trenta secondi. Non è un'accelerazione di procedure, ma si applicano alle domande successive al 1985 le norme di quel medesimo anno 1985, quindi c'è un allargamento delle maglie molto consistente. Per quanto riguarda la parte fiscale, la dichiarazione integrativa speciale non è una rateizzazione di quanto dichiarato, ma – come è noto – rappresenta una emersione di importi non dichiarati. I dirigenti delle organizzazioni sindacali che hanno utilizzato quei termini credo lo abbiano fatto in modo appropriato.

  FRANCESCA FLATI. Abbiamo ascoltato con attenzione i vari interventi e le diverse riflessioni che ne sono emerse. Vorrei ringraziare, ovviamente, i sindacati che sono intervenuti.
  Tante sono state le tematiche toccate. Vorrei, però, approfondirne una in particolare, cioè quella dell'alternanza scuola/lavoro, tema che è stato richiamato sia dal dottor Ganga che dalla dottoressa Veronese, proprio perché copre molti aspetti legati al mondo produttivo, quindi sostanzialmente all'economia del nostro Paese, passando per la scuola e interessando i giovanissimi e l'istruzione e anche il mondo del lavoro vero e proprio, quindi la vita adulta delle persone.
  Vorrei chiedere ai nostri ospiti la loro opinione in merito al funzionamento di questa misura. Vorrei chiedervi, in particolare, se secondo voi ha funzionato e, in caso affermativo, quali sono state le ricadute positive sul sistema Paese ovvero, se pensate che non abbia funzionato, quali sono stati i motivi principali per cui ha fallito.

  FELICE MAURIZIO D'ETTORE. Siamo entrati in una materia sia fiscale sia di condoni edilizi. Lungi da me voler supportare il collega Gubitosa, ci mancherebbe, il richiamo a una disciplina normativa non è sufficiente a determinare l'individuazione di una sanatoria nel senso di un condono, perché è un problema di doppia conformità rispetto solo alla conformità attuale Pag. 65sulla quale si valuta la richiesta che è stata fatta molti anni prima, cosa che era già avvenuta con una serie di interventi anche, per esempio, previsti nel cosiddetto decreto-legge per l'Emilia-Romagna, che presentava lo stesso tipo di funzionamento tecnico.
  Si può utilizzare la parola «condono», che è scritta anche nella norma, ma al di là del condono la disciplina è quella relativa alla conformità e alla valutazione tecnica delle domande che sono state effettuate in precedenza rispetto a una ricostruzione in un'area limitata.
  Noi stessi su quei temi abbiamo presentato una serie di emendamenti che avrebbero apportato alcuni miglioramenti. Anch'io chiedo di comprendere quale fosse la valutazione, perché forse non è stata ben compresa la portata esatta del provvedimento quanto agli effetti sulla materia urbanistica e con riguardo ai limiti relativi, dal momento che comunque rimangono in piedi tutte le norme in ordine alla tutela paesaggistica e ambientale – nessuna di quelle norme può essere superata – tant'è vero che le domande in quel senso saranno rigettate, se quello è lo spirito. Noi avevamo presentato, invece, delle proposte emendative che riuscivano anche a tenere conto, per esempio, delle volumetrie che dovevano nascere obbligatoriamente in funzione della ricostruzione degli immobili. C'era, infatti, anche quel tema. Quelle proposte emendative non sono state, però, approvate.
  Per quanto riguarda la materia fiscale, con riguardo agli importi, a quelli soprattutto che riguardano tributi non solo erariali ma anche locali e di altro tipo già iscritti a ruolo, al di là della cosiddetta rottamazione che già abbiamo visto, nelle norme contenute nel decreto-legge n. 119 del 2018 in materia fiscale si tratta di un meccanismo un po’ più complesso di una semplice valutazione di condono.
  Per questo motivo, anch'io vorrei capire meglio, perché non è tecnicamente una specifica di condono. Poi la si può chiamare pace fiscale, ma per alcuni aspetti non è neppure tale. Peraltro, la dichiarazione riguarda alcune serie di importi e poi c'è anche una fase di rateizzazione, come è stata fatta anche da tanti altri Governi. Quando, pur facendo le rottamazioni, tolgo soprattasse e interessi, lascio la somma capitale e la posticipo nel tempo, comunque per le somme iscritte a ruolo o meno di fatto quello è già un mini-condono. Poi lo si può chiamare come si vuole, però altri la chiamano, ad esempio, rottamazione. Anche quello c'è già stato. Sono interventi diversi. Noi come Forza Italia valuteremo gli aspetti concreti di questa disciplina e li valuteremo anche in Aula, oltre che nelle Commissioni.
  Proprio in questo senso, ho una domanda da porre ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali. Non ho ricavato dalle vostre relazioni – ne parlavamo prima – una valutazione in senso proprio sul disegno di legge di bilancio al nostro esame, su cui noi come Forza Italia siamo molto critici, come emerso in particolare oggi attraverso i nostri interventi rivolti al Ministro Tria nonché ai rappresentanti della Banca d'Italia, soprattutto in riferimento alla questione dei saldi di finanza pubblica. Noi riteniamo che l'invarianza dei saldi individuati non corrisponda al contenuto effettivo delle misure, che non sono dettagliate, per cui riteniamo che siano misure spot accompagnate dallo stanziamento di risorse sui fondi individuati mentre manca tutto il resto.
  In realtà, nelle vostre relazioni avete fatto una vostra ipotesi di legge di bilancio, e quindi noi che siamo all'opposizione stiamo valutando, anche tecnicamente, i singoli termini. Ci aspettavamo, probabilmente, una valutazione sul disegno di bilancio ora al nostro esame, pur ringraziandovi per le vostre sollecitazioni e le vostre proposte, alcune delle quali sono molto interessanti, soprattutto con riguardo ai due comparti che mi sembrano più importanti, quello delle pensioni e del contrasto alla povertà e quello della sanità. Sicuramente, sono stimoli e suggerimenti, ma vorremmo capire quali sono effettivamente le vostre valutazioni sul disegno di legge di bilancio ora al nostro esame, che a noi servono anche come opposizioni per prenderne atto, più che sulla vostra idea di legge di bilancio. Pag. 66
  Stiamo infatti discutendo di un disegno di legge che noi, quale forza di opposizione, non condividiamo: vorremmo quindi capire quali sono le vostre critiche, più che le vostre proposte, che pure certamente apprezziamo e che forse saranno in parte da noi tradotte in proposte emendative. Siccome, però, ho l'impressione che queste proposte emendative non saranno granché accolte, dateci qualche spunto, più che sulla vostra idea di bilancio per il 2019, su quello che vedete in questo disegno di legge di bilancio, sui suoi effetti negativi, così come noi abbiamo provato a fare in questo senso. Non c'è nessuna critica nei vostri confronti, ma una constatazione, perché stiamo svolgendo una discussione e le audizioni riguardano esclusivamente il disegno di legge di bilancio per il 2019.

  PRESIDENTE. Chiedendo, per quanto possibile, uno sforzo di sintesi, do quindi la parola agli auditi per la replica.

  GIANNA FRACASSI, segretaria confederale della CGIL. Sarò rapidissima. Credo che il punto di critica emerga anche dalle riflessioni contenute nei documenti che abbiamo depositato. Oltre ad aver analizzato misura per misura questo disegno di legge di bilancio e non altro provvedimento, come credo abbiamo fatto tutti, se poniamo il tema del lavoro come quello da collocare al centro degli interventi e degli investimenti, in questo disegno di legge di bilancio non vediamo le risorse che possano determinare investimenti e sviluppo.
  Ci sono sì 3,5 miliardi di euro – l'ho ricordato quando ho svolto poco fa la mia relazione – ma sono molto pochi. Noi crediamo che in questo Paese, che ormai ha un gap così ampio, arrivare al 2 per cento del PIL nel 2020 non serva per creare lavoro. Più netta di così non credo di poter essere. La rinvio, anche per gli aspetti finanziari molto dettagliati, al nostro intervento, se è quello che le interessa.
  All'onorevole Pellegrini dico questo: non è che lo dico io cos'è spesa corrente o cosa non è spesa corrente. Le pensioni e gli stipendi nel bilancio dello Stato sono qualificati come spesa corrente, quindi, poiché lì si fa una scelta sulla quale si può discutere, ma si fa la scelta di collocare tante risorse in quell'ambito, è evidente che queste risorse potranno anche tramutarsi in una leva volta a favorire un aumento dei consumi, però a nostro parere in questa fase, viste le attuali condizioni del Paese, sarebbe stato importante soprattutto collocare risorse su alcune grandi filiere per provare a creare lavoro, perché il lavoro credo sia uno degli strumenti fondamentali per contrastare la povertà.
  Sulla questione della povertà mi permetto di dire una cosa: sono d'accordo che è necessario avere uno strumento di contrasto alla povertà – le ricordo che ce n'era già uno –, ma lei sta parlando con delle organizzazioni che hanno sempre chiesto sia un aumento della platea, sia un aumento delle risorse.
  Siamo disponibili, a partire dal fatto che sui contenuti di quelle che non sono solo proposte, ma sono questioni molto concrete, vorremmo avere uno spazio anche maggiore di interlocuzione. Ho sottolineato per esempio che sul tema fiscale la 6a Commissione finanze del Senato, che sta esaminando il decreto-legge n. 119 del 2018 in materia fiscale, non ci ha neanche audito, nonostante noi avessimo avanzato in tal senso una richiesta unitaria.
  La leva fiscale è una leva redistributiva, che serve per i lavoratori e i pensionati, ma immagino che evidentemente non sia di interesse di quella Commissione.

  IGNAZIO GANGA, segretario confederale della CISL. Relativamente alla questione dell'alternanza scuola/lavoro, per noi questa rimane un raccordo importante tra la formazione e il mondo del lavoro. Noi la valutammo positivamente, abbiamo cercato di accompagnarla come organizzazione sindacale e riteniamo che sia un sistema che non sia andato ancora a regime. Il sistema duale è un sistema importante, mentre riscontriamo un ridimensionamento complessivo delle ore a ciò destinate, che nei licei passano da 200 a 90, negli istituti tecnici da 400 a 150 e in quelli professionali da 400 a 180, vale a dire una riduzione di oltre il 50 per cento senza che sia mai stato effettuato un monitoraggio Pag. 67adeguato sui punti di caduta eventuali dell'alternanza. Decidere che l'alternanza non ha funzionato senza aver mai operato una verifica dell'alternanza stessa ci sembra una scelta inopportuna.
  Relativamente alla questione della sanità raccolgo la sollecitazione dell'onorevole Lorenzin. Abbiamo insistito, perché non ci siamo dimenticati che il 23 dicembre ricorrono i quarant'anni della legge n. 833 del 1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, e dunque per noi deve essere una legge di bilancio che, alla luce di tale anniversario, verrà approvata proprio mentre si celebrano i quarant'anni dell'universalismo sanitario pubblico nel nostro Paese.
  Lo si celebra però nel momento in cui prendiamo atto che questo universalismo è disomogeneo e non è stato pienamente realizzato. Per cui ritenevamo che questa potesse essere la legge di bilancio in cui raccogliere una sfida e rilanciare alcuni temi, che sono stati in parte anche toccati all'interno del ragionamento, perlomeno concettuale, del disegno di legge di bilancio.
  Sui livelli essenziali di assistenza, che vanno normati al più presto, riteniamo che la legge di bilancio debba dare un riscontro. Rispetto ai piani di rientro, che non stanno funzionando, riteniamo altresì che la legge di bilancio debba dare un riscontro, perché non è che i piani di rientro debbano funzionare solamente per riportare in equilibrio i conti, bensì debbono funzionare anche per restituire salute ai cittadini e alle cittadine di quelle regioni.
  Noi abbiamo circa 1,1 milioni di cittadini italiani che dal Sud si spostano verso il Nord. La sanità è diventata un dramma per taluni e un business per altri. Diventa allora importante prendere in esame in questa fase storica questo tema.
  L'altro aspetto concerne un Patto per la salute che in questo Paese è scaduto senza che si sia applicato un rigo di quello stesso Patto per la salute. Noi riteniamo che la legge di bilancio debba cogliere la sfida di un nuovo Patto per la salute, che magari coinvolga nella sua riscrittura, o meglio nella sua formulazione, anche le organizzazioni sindacali.
  Ci si professa molto attenti ai poveri? Sia chiaro che allora occorrerebbe abolire il superticket, che è veramente una mazzata per i poveri, non per i redditi medio-alti. È necessario mettere mano a questa gabella. Si parla molto anche di territorio, se ne parla talmente tanto che poi, alla fine, facciamo fatica a finanziare chi è preposto al territorio, quali gli enti locali e le province, che sono state smontate senza che siano state tolte loro le prerogative in materia scolastica, salvo poi sul territorio non fare niente che riequilibri il territorio stesso. Penso al territorio rispetto all'ospedale, onorevole Lorenzin. Abbiamo una sfida importante? La dobbiamo cogliere. Qual è lo strumento con il quale coglierla? La legge di bilancio, ovviamente.
  Quanto invece alla inadeguatezza delle politiche del personale, nessuno sa che le politiche del personale sono rapportate sui bilanci al 2004, ridotte dell'1,4 per cento.
  Sono temi su cui noi riteniamo si debba aprire non semplicemente un focus, ma un ragionamento, perché la parte sulla sanità e sull'assistenza per noi è debole.
  Veniamo infine al tema dei condoni. Chiamiamoli come vogliamo, ma condoni sono. Noi siamo per una politica di prevenzione, di manutenzione e di preservazione del territorio, soprattutto rispetto al rischio idrogeologico.
  Nel rilanciare questi concetti non torna il modo in cui è stata posta la questione di Ischia, piuttosto dovendosi rilanciare una nuova stagione di edilizia pubblica popolare che risponda veramente alle esigenze di coloro i quali hanno necessità della casa.
  Mi sembra di aver risposto a tutto.

  IVANA VERONESE, segretaria confederale della UIL. Noi pensiamo che per allacciare questa minima, incerta ripresa occorra fare investimenti pubblici importanti e sostenere il piano Impresa 4.0.
  Va sostenuto il buon lavoro, quello a tempo indeterminato. Questo Governo ha fatto una legge che cerca di diminuire il precariato, però in questa manovra dice che c'è lo sconto sull'IRES anche per chi assume a tempo determinato. Questa cosa la riteniamo incoerente. Pag. 68
  Dall'altra parte c'è il grande rischio che i tributi locali – credetemi, per le lavoratrici, i lavoratori e i pensionati è una mazzata – aumentino, perché non c'è il blocco e lì c'è uno spazio di aumento della tassazione locale che è spaventoso.
  Poi c'è il condono fiscale, chiamiamola pure pace fiscale. Io per alcuni aspetti lo definirei piuttosto un condono fiscale tombale, perché le cartelle sotto i 1.000 euro vengono cancellate per tutti. Io sinceramente non speculo sui casi di difficoltà e di problematicità, perché anche le lavoratrici, i lavoratori e i pensionati con piccole pensioni o con part-time fanno fatica oggi a vivere in questo Paese, ma le tasse le pagano, la fiscalità generale la pagano. Quindi, da questo punto di vista, questo a nostro avviso è un condono. Ricordo, infatti, che per ogni singola imposta fino a 100.000 euro si paga circa un quinto, e non scendo ora nei dettagli tecnici in quanto ci sono differenziazioni. Dunque, a nostro avviso, questo alla fine è così: sui contributi previdenziali, su INAIL, su tutto è un condono.
  Che cosa dovremmo dire, allora, a quegli imprenditori che hanno anche tirato la cinghia, ma hanno continuato a pagare le tasse, a pagare i contributi, e ai lavoratori e ai pensionati che pagano prima di ricevere? Dovremmo forse dire che sono dei fessi? Io credo di no.
  Quanto all'alternanza scuola/lavoro, sussistono luci e ombre. Ci sono infatti regioni che hanno lavorato, hanno formato i tutor e stanno lavorando affinché questa diventi un'esperienza importante per i nostri giovani, consentendo in qualche modo un'apertura del mondo del lavoro alla scuola, in maniera tale che essi sappiano minimamente orientarsi ed apprendano competenze trasversali. Ci sono anche brutte esperienze, e penso a quei giovani che vengono messi a fare fotocopie o peggio, e questo non va bene.
  Noi però non siamo per smantellare o ridurre una cosa così importante come l'apertura del mondo del lavoro ai nostri giovani, tanto più a prescindere dalla valutazione o dal tentativo di migliorare quell'esperienza, che riteniamo importante. D'altronde, se non lavoriamo sulla qualità dell'alternanza scuola/lavoro, non creiamo assolutamente un avanzamento, semmai consentiamo, laddove ci sono cattive pratiche, la continuazione di quelle stesse cattive pratiche. Noi siamo favorevoli, invece, alla creazione di uno standard qualitativo alto, affinché quella sia un'esperienza importante per i nostri ragazzi e ragazze.

  LUIGI ULGIATI, vice segretario confederale dell'UGL. Io partirei proprio dall'alternanza scuola/lavoro. Abbiamo iniziative assai interessanti e importanti che, come sindacato e come aziende, anche aziende importanti, siamo riusciti a mettere in campo. Credo che questo sia uno strumento utile, che occorre ulteriormente mettere in atto, ragion per cui ritengo utile che il Governo investa su questo tipo di iniziative, anche incentivandole. Certamente, è possibile fare molto di più. Peraltro, in alcuni casi abbiamo riscontrato che talune imprese, che evidentemente non hanno capito l'utilità dello strumento, hanno utilizzato in maniera sbagliata questi studenti, introducendoli male nel mondo del lavoro.
  Per quanto riguarda, invece, l'eventuale rischio epidemiologico a seguito delle catastrofi ambientali che si sono verificate in questi ultimi giorni, crediamo che ci possa essere, come espresso in precedenza, un impegno da parte del Governo al riguardo. Credo ciò sia doveroso. Alcune risorse sono già state stanziate nel disegno di legge di bilancio, ma ritengo che sia importante fare ulteriori approfondimenti.
  Per quanto riguarda il meccanismo «quota 100» mancano ancora dei dettagli, che verificheremo nell'ambito dei decreti attuativi, così come per l'applicazione del reddito di cittadinanza.
  Come parti sociali, rimaniamo disponibili a essere auditi ulteriormente e a partecipare ad altre riunioni specifiche.

  PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti dei sindacati intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizioni di rappresentanti di ANIA.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare Pag. 69 all'esame dei documenti di bilancio per il 2019-2021, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti di ANIA.
  Abbiamo il piacere di avere la dottoressa Maria Bianca Farina, presidente di ANIA, con il suo staff, che ringraziamo, tra cui il direttore relazioni istituzionali e il responsabile servizio fiscale imposte indirette.
  Lascio quindi la parola alla dottoressa Farina per la relazione.

  MARIA BIANCA FARINA, presidente di ANIA. Illustri presidenti, onorevoli senatori e deputati, desidero innanzitutto ringraziarvi per aver invitato la nostra associazione, l'ANIA, a questa audizione sulla legge di bilancio. Farò qualche considerazione di carattere generale, per poi entrare nel merito dei singoli articoli della legge.
  Così come i recenti dati congiunturali hanno chiaramente confermato, è indubbio che le sfide da affrontare con assoluta priorità nel nostro Paese sono quelle relative alla crescita economica e occupazionale e al welfare dei cittadini. Si tratta di esigenze tra loro fortemente correlate, alle quali almeno nel breve termine è necessario dare risposte parallele e veloci, tenendo peraltro conto delle sfide globali che rendono molto più complesso il quadro futuro.
  Il sostegno alla crescita è dunque assolutamente vitale. Condividiamo pertanto l'obiettivo enunciato nella relazione al disegno di legge di bilancio, che – cito testualmente – «promuove la ripresa dell'economia italiana, puntando sull'incremento della produttività del Paese e del suo potenziale di crescita, al fine di superare la debolezza delle condizioni cicliche e conseguire nel medio termine la riduzione del rapporto debito/PIL».
  Nel contempo è assolutamente indispensabile riuscire a rassicurare i mercati sulla sostenibilità del debito pubblico italiano nel medio e nel lungo termine, sostenibilità da garantire attraverso un rafforzamento della crescita con opportuni interventi di natura strutturale. In questo modo si potrà valorizzare appieno il potenziale economico dell'Italia.
  Le oscillazioni dello spread hanno un effetto destinato a riflettersi nel tempo sul valore del risparmio degli italiani. Noi assicuratori siamo divenuti nel tempo un punto di riferimento per le famiglie in questo settore, abbiamo progressivamente conquistato la loro fiducia, proponendo soluzioni coerenti con i diversi profili di rischio, superando indenni le tante crisi finanziarie dell'ultimo decennio.
  In 20 anni le polizze vita sono salite dal 4 al 15,4 per cento del portafoglio finanziario degli italiani, i nostri investimenti alla fine dello scorso anno ammontavano a 850 miliardi di euro. Larga parte del risparmio assicurativo ha sostenuto il debito pubblico, finanziando investimenti in titoli sovrani italiani, anche e soprattutto nei momenti più difficili. Oltre il 15 per cento dell'intero stock di titoli di Stato italiani è oggi detenuto dalle imprese di assicurazione.
  Auspichiamo che di tale circostanza si tenga conto anche in sede normativa, per ridurre i possibili effetti pregiudizievoli per i risparmiatori, derivanti da un'applicazione eccessivamente rigida delle regole contabili e prudenziali, che ad esempio costringono le imprese, anche in situazioni straordinarie e transitorie, a recepire perdite quando i titoli non sono effettivamente negoziati. Tra l'altro, una tale disposizione avrebbe effetti positivi per il bilancio dello Stato.
  Più in generale, il settore assicurativo è pronto a offrire il proprio contributo sia come investitore istituzionale, sia come gestore di rischi, un contributo fattivo allo sviluppo del Paese, affinché le misure di sostegno alla crescita, già contenute nella legge di bilancio e nel decreto fiscale, possano essere potenziate. L'industria delle assicurazioni, infatti, grazie alla durata medio-lunga del risparmio che le viene affidato, effettua importanti investimenti nell'economia reale, finanziando imprese, opere infrastrutturali, nuove iniziative di private equity e start-up.
  Per quanto riguarda le infrastrutture in particolare, l'ANIA ha recentemente avviato, insieme alle imprese associate, un importante progetto di finanziamento di Pag. 70opere italiane, nel settore delle infrastrutture. Facendo leva sulle sue caratteristiche peculiari, che consentono di redistribuire efficacemente ed efficientemente i rischi di diversa natura e di lungo termine, l'assicuratore, proprio per mission, svolge un ruolo importante nei campi della previdenza complementare, nella sanità integrativa e nell'assistenza, nonché nella gestione dei grandi rischi. Potrebbe fare ancora di più rafforzando la protezione di famiglie e imprese e contribuendo ad alleggerire le pressioni sulla finanza pubblica, questo qualora fossero introdotte misure volte a sviluppare un'equa ed efficiente collaborazione fra pubblico e privato, che noi auspichiamo da tempo.
  Commenterei, ora, le specifiche misure contenute nel disegno di legge di bilancio che producono effetti sul nostro settore.
  Intanto, vorrei informarvi che il settore assicurativo è uno dei maggiori contribuenti italiani. In media, le compagnie di assicurazione versano ogni anno nelle casse dello Stato oltre 12 miliardi di imposte dirette e per conto degli assicurati.
  A ciò si aggiunge un prelievo sulle riserve vita, in vigore dal 2002, che costituisce un anticipo di imposta non sulle imposte del settore, ma sui rendimenti corrisposti agli assicurati al momento della liquidazione, che può avvenire anche tanti anni dopo. Tale credito ammonta oggi a oltre 8 miliardi di euro e risulta di difficile e, soprattutto, di incerta recuperabilità nel tempo.
  È un livello di tassazione molto elevato nel confronto internazionale. Peraltro, le imprese si trovano oggi a dover fronteggiare sfide epocali, trainate dalla rivoluzione della tecnologia dell'informazione, dall'esplosione dei dati da gestire, dai cambiamenti demografici. Stiamo, per questo, affrontando ingenti investimenti soprattutto per un più efficace utilizzo delle nuove tecnologie, per far fronte ai rischi emergenti e al nuovo modo di fare assicurazione.
  In questo contesto, un contesto già molto sfidante per la sostenibilità di tutto il settore, ci sono oggi nel disegno di legge di bilancio misure che incidono significativamente sul livello di tassazione del nostro settore, sia pure – questo va detto – agendo prevalentemente sul profilo finanziario. Ci riferiamo in particolare alle disposizioni contenute nell'articolo 84, specificamente riferite alle imprese del settore assicurativo e relative alla rideterminazione, cioè a un innalzamento dell'acconto dell'imposta sulle assicurazioni. Per effetto di tale ulteriore rilevante incremento rispetto all'analogo intervento già posto in essere un anno fa, la misura dell'acconto dell'imposta sulle assicurazioni si trova ad essere aumentata di due volte e mezzo nel giro di soli quattro anni: dal 40 per cento del 2017 al 100 per cento del 2021.
  Accanto a tale intervento mirato a carico delle imprese del settore ve ne sono altri destinati alla generalità della platea dei contribuenti IRES e IRAP e che, pertanto, incidono anche sulle compagnie assicurative. Si tratta innanzitutto della disposizione contenuta nell'articolo 83, per effetto della quale la quota di rettifiche di valore sui crediti, che avrebbe potuto essere dedotta nel 2018 viene congelata e rinviata al 2026, pertanto in coda al periodo decennale di deduzione delle rettifiche imputate nei bilanci ante 2015.
  Misura penalizzante è anche quella contenuta nel successivo articolo 87 circa il differimento/ripartizione in dieci anni delle quote di ammortamento fiscale relative all'avviamento e alle altre attività immateriali, in precedenza affrancate avvalendosi della facoltà a suo tempo prevista dall'articolo 15, comma 10, del decreto-legge n. 185 del 2008.
  Le imprese, anche quelle assicurative, che in passato hanno posto in essere operazioni societarie straordinarie, in genere di aggregazione aziendale, quindi di merger, decidendo di avvalersi di tale norma, hanno quindi versato l'imposta sostitutiva per garantirsi la deduzione fiscale accelerata dell'ammortamento dell'avviamento rilevato in bilancio in occasione di tali operazioni, deduzione che oggi viene del tutto penalizzata. Infatti, la disposizione dell'articolo 87 blocca per il 2018 la deduzione della quota di ammortamento dell'avviamento di competenza di tale anno e, nel Pag. 71contempo, distribuisce la riduzione di tale quota e delle altre residue in 11 anni a partire dal 2019.
  L'articolo 88 dispone poi l'abrogazione dell'ACE, agevolazione che negli anni di operatività ha rappresentato un efficace stimolo alle politiche di autofinanziamento delle imprese, aumentando il vantaggio fiscale delle immissioni di capitale proprio rispetto all'indebitamento.
  L'eliminazione, a partire dal 2019, dell'ACE, la mancata conferma del regime del cosiddetto superammortamento e la consistente riduzione/limitazione del cosiddetto iperammortamento, non sono bilanciate dalla previsione contenuta nell'articolo 8, ove è stabilita l'apprezzabile riduzione di 9 punti percentuali dell'aliquota nominale IRES applicabile sulla quota degli utili reinvestiti in azienda destinati all'incremento degli investimenti in beni strumentali materiali nuovi e all'incremento dell'occupazione. Sarebbe positivo, pertanto, se l'importo agevolabile non fosse limitato ai nuovi investimenti e alle nuove assunzioni, ma ragguagliato alle consistenze in essere. Proprio per quelle sfide di cui parlavamo in precedenza, che tutti abbiamo davanti, questa limitazione diventa veramente importante.
  Quanto a previdenza e «quota 100», si sta discutendo, leggiamo da tempo del superamento dell'ultima riforma pensionistica, nel senso di permettere, rispetto ai requisiti attuali, di accedere alla pensione già a «quota 100» come somma di età e anzianità contributiva con un'età minima di 62 anni.
  In attesa che le scelte siano più definite, è importante però che l'intervento tenga conto non solo dell'obiettivo di facilitare l'accesso al pensionamento, ma anche dell'equità tra le generazioni. Sarebbe auspicabile, poi, che la misura fosse accompagnata da soluzioni volte a rivitalizzare l'adesione ai fondi pensione, mediante un adeguato incremento delle agevolazioni fiscali esistenti, soprattutto con riguardo ai giovani, che saranno più penalizzati, rispetto alle generazioni più anziane, in termini pensionistici.
  Per le nuove generazioni, occorrerebbe introdurre misure particolari sia per agevolare la costituzione di una pensione di base adeguata, sia per incentivare ulteriormente la loro partecipazione alle forme previdenziali integrative in ambito occupazionale, quindi su fondi negoziali, o a livello individuale.
  Nell'ambito del confronto con il Parlamento e il Governo, siamo pronti a offrire proposte di soluzioni operative.
  Per rimanere in tema di protezione, il sistema da anni si sta impegnando anche sotto il profilo della tutela dai danni catastrofali, elaborando specifiche proposte per affiancare lo Stato nella gestione di questo rischio, che sempre più, come evidenziano anche recenti accadimenti, interessa il nostro territorio.
  Come è noto, l'Italia è un Paese fragile da questo punto di vista. È un Paese esposto in modo rilevante alle calamità naturali. Secondo nostre stime, il 78 per cento delle abitazioni italiane è esposto a un rischio medio-alto o addirittura alto di terremoto o alluvione. Nonostante ciò il finanziamento pubblico alla ricostruzione del patrimonio immobiliare non è prestabilito per legge, ma deciso ex post mediante stanziamenti non pianificati, con risultati di norma inferiori alle attese e che, peraltro, data l'errata convinzione di aver diritto a un ripristino totale a carico delle finanze pubbliche, scoraggiano la scelta responsabile di assicurarsi con una copertura contro i danni da catastrofi naturali.
  A oggi nel nostro Paese è vigente sostanzialmente un sistema assicurativo di tipo volontario, dal 1° gennaio 2018 incentivato da benefici fiscali riconosciuti ai premi versati per polizze catastrofali a copertura di abitazioni private. La diffusione delle coperture è tuttavia ancora molto limitata, pari ad appena il 3 per cento delle abitazioni. Dai dati disponibili risulta che sono le aree più vulnerabili ad assicurarsi meno, mentre la propensione ad assicurarsi è guidata soprattutto dal livello socioeconomico dei sottoscrittori.
  Secondo quanto rilevato di recente dall'ANIA, attraverso un'indagine svolta in collaborazione con GFK, tre quarti del campione Pag. 72 sarebbe disposto a stipulare una copertura assicurativa a condizione di avere costi contenuti: circa 100 euro per assicurare il valore di ricostruzione dell'abitazione media italiana e risarcimenti liquidati entro pochi mesi a seguito della valutazione del danno da parte di professionisti qualificati.
  ANIA sostiene da tempo che il Paese ha l'esigenza e la responsabilità di realizzare un sistema strutturato di gestione ex ante dei rischi catastrofali. La soluzione consiste nella creazione di un impianto che poggi sulla mutualizzazione dei rischi. Tale sistema garantirebbe tempi certi e ragionevoli di risarcimento del danno, contenimento dei costi, trasparenza nelle procedure, un focus sulla prevenzione, standard adeguati di sicurezza, opportune modalità di finanziamento della ricostruzione e ottimizzazione della gestione delle emergenze post evento.
  Le concrete modalità di attuazione possono essere le più varie, con costi variabili in funzione della rischiosità e delle caratteristiche dei fabbricati. Ipotizzando uno schema assicurativo catastrofale che tenga conto delle specificità del territorio e della propensione all'assicurazione del nostro Paese che, come abbiamo visto, è molto bassa, un sistema con adesione obbligatoria comporterebbe un costo pro capite, opportunamente mitigato grazie alla diffusione e alla mutualizzazione tra rischi più o meno elevati e dislocati in aree diverse.
  In definitiva, il premio medio sarebbe intorno ai 100 euro all'anno per 100.000 euro di somma assicurata, mantenendo comunque delle differenze a seconda delle diverse rischiosità del territorio e dell'abitazione accorpate in un numero limitato di classi di rischio. Anche in questo caso siamo pronti a offrire il nostro contributo nelle sedi competenti per arrivare a un sistema regolamentato ritenuto più efficace per la protezione del nostro Paese.
  Illustri presidenti, onorevoli senatori e deputati, vi ringraziamo sentitamente per aver voluto ascoltare l'Associazione delle imprese di assicurazione sui temi oggetto del disegno di legge di bilancio. Ci auguriamo che le osservazioni riportate costituiscano un utile contributo ai lavori sul provvedimento e ovviamente rimaniamo a disposizione per ogni eventuale richiesta di chiarimenti.

  PRESIDENTE. Grazie. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  PIETRO CARLO PADOAN. Presidente Farina, ben trovata. Ho due domande. La prima domanda è se ANIA o le singole associate abbiano fatto valutazioni di lungo termine dell'impatto, non tanto dello spread di cui si parla in questi giorni, quanto del rialzo dei tassi a lungo termine dopo la fine del quantitative easing e quali impatti – non necessariamente negativi, peraltro – si possano attendere, visto l'orizzonte temporale, molto lungo per definizione, delle società di assicurazione.
  La seconda domanda riguarda invece le assicurazioni contro le catastrofi naturali, un tema che ricorre ogni anno, e in particolare se in Italia si debba introdurre qualche forma obbligatoria di assicurazione. A parte i dati che lei ci ha fornito in termini di consenso piuttosto diffuso alla disponibilità dei cittadini a pagare qualcosa per avere in cambio qualcosa di più – ma qui sono totalmente ignorante – vorrei sapere se ci sono esperienze di altri Paesi che ci dicono dove si possa andare a finire. Sarebbe utile capirlo per eventuali provvedimenti.

  DANIELE PESCO. Ho una domanda sulle polizze dormienti. Sappiamo che un metodo per riuscire a riconoscere se una polizza sia dormiente o no è capire se vi sono beneficiari e soprattutto se l'intestatario sia deceduto, quindi sappiamo che una banca dati utile può essere quella dell'Anagrafe tributaria e dell'Agenzia delle entrate. Se fosse a disposizione, e tra l'altro penso che sia abbastanza facile renderla disponibile per le assicurazioni, quale sicurezza possiamo avere che poi le assicurazioni effettivamente facciano il controllo e certifichino chi è il beneficiario di una polizza vita?

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  MARIA BIANCA FARINA, presidente di ANIA. Rispondo nell'ordine. Innanzitutto anch'io saluto l'onorevole Padoan e gli dico subito che per quanto riguarda il rialzo dei tassi la situazione è in questi termini: quello che fa molto male ai nostri portafogli, ai nostri requisiti di capitale e in definitiva alla stabilità delle nostre imprese è l'alta volatilità e soprattutto l'eventuale rialzo repentino dei tassi.
  Se i tassi si rialzassero gradualmente, tutto questo verrebbe gestito e addirittura le nuove immissioni, i nuovi flussi finanziari che le imprese ricevono sarebbero investiti a tassi più alti, con beneficio degli assicurati. Tenga conto che nella gestione assicurativa c'è un buon bilanciamento tra attivi e passivi in termini di durata, quindi i titoli che si hanno nel portafoglio possono essere tenuti fino a scadenza, perché c'è questo matching tra attivi e passivi, e nuovi flussi potrebbero essere investiti meglio.
  Qualora invece ci fosse un incremento repentino dei tassi, a quel punto ci sarebbe il rischio di riscatti, quindi di paura dei nostri assicurati e quindi della necessità di dismettere velocemente i titoli in portafoglio, con evidenti danni sui rendimenti degli assicurati e ovviamente sui risultati delle compagnie.
  Per quanto riguarda la volatilità, noi siamo svantaggiati rispetto agli altri Paesi europei per quanto riguarda le esigenze di capitale, che, come lei sa, sono definite da Solvency. Il meccanismo di Solvency prevede, e questo serve per misurare quanto capitale un'impresa deve detenere, che gli attivi siano valutati ai prezzi di mercato, quindi ai tassi attuali, mentre i passivi vengano attualizzati a un tasso medio europeo. Generalmente, il tasso medio è diverso da quello italiano, che diventa molto più alto per effetto dello spread, e oggi, rispetto all'Europa, quello dell'Italia è più alto. Che cosa succede, quindi? I passivi vengono attualizzati a un tasso più basso, e quindi risultano maggiori.
  Per quest'effetto è previsto un meccanismo di temperamento proporzionato, appunto, allo spread del Paese. Noi abbiamo visto che, nel momento in cui la volatilità del BTP era molto alta, questo spread per l'Italia non ha funzionato. Si chiama appunto volatility adjustment. Noi ci siamo mossi, ovviamente, a livello europeo, sia con l'EIOPA (European Insurance and Occupational Pensions Authority) sia con la Commissione, per chiedere un aggiustamento di questo, però abbiamo trovato molte resistenze. Forse, una piccola cosa sarà rettificata nel 2018, ma la revisione più sostanziale di questo meccanismo è portata al 2020. Fino a quel momento, rischiamo, rispetto a una volatilità forte, di avere problemi di capitale. Non so se sono stata chiara.
  Per quanto riguarda le catastrofi, qual è il punto? Come abbiamo visto, c'è questa discrasia totale tra i rischi che corrono gli italiani e la percezione che di quel rischio hanno. Un po’ sono convinti, sotto sotto, che tanto arriva lo Stato a sistemare – anche se poi si lamentano sempre, sistematicamente, che lo Stato non arriva con la giusta tempestività, ha tempi troppo lunghi e così via – e quindi non si assicurano. Perciò, tutto è portato al dopo, all'intervento assolutamente emergenziale, ma io dico sempre che non c'è nessuna emergenza che possa far risorgere i morti.
  A questo punto, quindi, se vogliamo fare qualcosa che sia nella possibilità di tutti, dobbiamo mutualizzare i rischi su tutti, altrimenti tenderebbero – dovrebbero tendere, perché abbiamo visto che razionalmente questo non succede – ad assicurarsi solo le persone le cui abitazioni sono in luoghi molto rischiosi e pertanto pagherebbero tariffe altissime, e quindi sarebbero poi di fatto impossibilitate ad assicurarsi. Laddove, invece, noi mutualizzassimo su tutto il territorio, quindi obbligando chi ha una casa ad assicurarla anche contro le catastrofi, a quel punto veramente diventerebbe accessibile. Abbiamo fatto le nostre proiezioni e abbiamo detto che con 100 euro all'anno, ripeto: all'anno, quindi meno di 10 euro al mese, si assicurerebbe una casa di 100 metri quadrati.
  A questo si possono aggiungere mille altre caratteristiche. Si può lasciare un pezzo allo Stato su un primo layer o far entrare lo Stato come riassicuratore di ultima istanza. Lo Stato dovrebbe/potrebbe Pag. 74controllare le tariffe. Si può creare un sistema organizzato in maniera tale che, intanto, una parte finanzi la prevenzione, cioè la messa in sicurezza delle abitazioni, che è il modo primario per aggredire il fenomeno, e nello stesso tempo le compagnie di assicurazione, che sono abituate nel loro mestiere a liquidare i danni, a fare perizie, ad accertarsi che non ci siano situazioni poco trasparenti, potrebbero assicurare velocità e liberare lo Stato da questo onere. Tenete conto che la Protezione civile sostiene che lo Stato spende 7 miliardi di euro all'anno in questo settore. Una parte di quella somma almeno potrebbero essere di nuovo riportata sulla strada della prevenzione e della messa in sicurezza dei territori, e noi sappiamo bene in quali condizioni si trovi il territorio italiano.
  Ci sembra, pertanto, che quella sia la strada, vista la propensione degli italiani – praticamente nulla, – ad assicurarsi, il che è un peccato mortale considerato che l'assicurazione è un servizio a vero valore.

  PRESIDENTE. Grazie mille. L'onorevole D'Ettore ha chiesto di intervenire. Le cedo la parola se mi promette di essere telegrafico.

  FELICE MAURIZIO D'ETTORE. Sarò brevissimo. Voi fate accenno alle misure fiscali, soprattutto all'aumento della pressione fiscale a livello di tassazione sotto il profilo finanziario, con riguardo sia a una norma che vi interessa direttamente, che è quella sull'aumento dell'acconto dell'imposta sulle assicurazioni, sia a tutte le norme che riguardano la platea dei contribuenti IRES e IRAP, sia a un'altra serie di misure, in particolare l'abrogazione dell'ACE. Ebbene, vorrei capire l'impatto che queste misure possono avere sul settore delle imprese assicurative, perché lei parla di quello, anche se sarebbe da valutare l'impatto su tutte le imprese. Quindi, vorrei comprendere qual è l'impatto e quali possono essere gli effetti, anche nel medio-lungo periodo, sulla platea dei clienti, ossia degli assicurati.

  MARIA BIANCA FARINA, presidente di ANIA. Devo una risposta sulle assicurazioni dormienti, che anche per le compagnie di assicurazione sono un problema. Tenete conto che molte di quelle polizze che vengono definite dormienti sono polizze che in gergo assicurativo si chiamano «temporanee caso morte», vale a dire che vengono pagate alla morte dell'assicurato. Se nessuno comunica quella morte, non solo la compagnia di assicurazione non sa che l'evento è accaduto, ma soprattutto non sa poi a chi pagare, perché non conosce quasi mai il nome dei beneficiari della polizza. Qualche volta sono indicati gli eredi legittimi, ma difficilmente c'è un nome e mai c'è un indirizzo.
  Oggi siamo molto più attenti nella definizione dei beneficiari e cerchiamo di farci dare i dati che ci consentano di individuare il beneficiario, ma sta a monte la necessità di sapere se l'assicurato è in vita o meno. Per fare questo oggi noi non abbiamo strumenti. Presso l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni – IVASS adesso si può avere accesso ad un'anagrafe dei defunti, ma sarebbe semplicissimo mettere a disposizione delle compagnie di assicurazione un data base che contenga il codice fiscale di ognuno di noi e l'eventuale data di decesso, per far sì che la compagnia consultandolo – io mi sentirei di obbligare la compagnia a consultarlo, perché ha l'interesse a farlo – possa procedere alle liquidazioni in tempi molto stretti.
  Per quanto riguarda, invece, l'impatto delle norme fiscali, in verità non abbiamo fatto una misurazione puntuale, tuttavia si tenga conto che i tempi si dilatano così tanto, per quanto riguarda alcune delle norme che abbiamo visto, e che l'effetto finanziario produce, ovviamente, un effetto economico. Questo alla lunga, in qualche modo, si ribalta sui prezzi.
  Per quanto riguarda l'ACE, bisogna valutare caso per caso, evidentemente. Faremo – non abbiamo avuto il tempo di farlo in questi pochi giorni – questa misurazione di impatto. In molte situazioni abbiamo visto che c'è un delta negativo tra la misura dell'ACE che avevamo fino ad oggi e le nuove facilitazioni che avremo. L'impatto economico, quindi, è diretto. Pag. 75
  Sono tutte cose che peggiorano una situazione che, come abbiamo detto, è già per noi abbastanza onerosa. C'è questo prestito forzoso rappresentato dall'acconto d'imposta che vi dicevo prima. Anche questo, ovviamente senza interessi, pesa notevolmente. L'aspetto finanziario, siccome il tempo ha un costo, si traduce in costi economici sensibili.

  PRESIDENTE. La ringrazio, dottoressa Farina, anche per la esaustività delle risposte.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti della SVIMEZ.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2019-2021, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti della SVIMEZ, che ringraziamo della presenza.
  Cedo subito la parola al presidente Adriano Giannola.

  ADRIANO GIANNOLA, presidente della SVIMEZ. Grazie per questa opportunità di offrire una valutazione della manovra di bilancio – cercherò di illustrarla molto sinteticamente – evidenziando anche alcuni esercizi che abbiamo fatto come SVIMEZ sul tema.
  Eventualmente, altre precisazioni di dettaglio potranno essere fornite sia dal direttore, Luca Bianchi, che dal dottor Stefano Prezioso, che ha un po’ elaborato la questione sulla base del nostro modello bisettoriale, dal punto di vista geografico.
  Abbiamo proceduto a una valutazione, utilizzando il nostro modello, che prevede di arrivare alle determinazioni del sistema attraverso l'aggregazione degli impatti sulle due aree, cioè il Mezzogiorno e il Centro-Nord. Questa è una prima caratteristica che ci permette un po’ di articolare gli effetti della manovra, almeno secondo la nostra simulazione, non solo a livello nazionale ma anche a livello territoriale, almeno nelle due macro aree.
  Dal punto di vista della metodologia abbiamo preso le informazioni sugli aggregati relativi alla manovra inserendo, per quello che riguarda gli investimenti, non informazioni sugli aggregati, così come indicato, ma considerando, almeno per gli investimenti, una ridefinizione della quantità in base a una valutazione sulla effettiva capacità di spendere le risorse dedicate.
  Questo ci porta, quindi, a una valutazione del deficit programmato inferiore di circa 1,5 miliardi di euro rispetto a quello previsto nella manovra, attestandosi a 19,4 miliardi di euro nel 2019, a 24,2 miliardi di euro nel 2020 e 24 miliardi di euro nel 2021. C'è questa differenza sistematica che noi abbiamo determinato considerando quello che realisticamente noi pensiamo sia l'effettiva spesa in investimenti realizzati sia nel Mezzogiorno sia nel Centro-Nord.
  Nella tabella 1 avete l'indicazione delle entrate nette, delle spese nette e dell'effetto complessivo a livello delle due macro aree.
  Nella tabella 2 avete la manovra di bilancio espressa, appunto, in entrate dirette, entrate indirette, entrate contributive e altre entrate e poi consumi e prestazioni sociali. È un po’ la contabilità della manovra stessa, che poi è l'elemento che ci ha consentito di fare la simulazione sugli impatti e sugli effetti.
  Volendo molto sinteticamente arrivare ai risultati credo sia interessante semplicemente esporre quali sono le nostre previsioni, confrontandole, se volete, sia con quelle del Governo sia con quelle dell'Unione europea, che recentemente ha manifestato previsioni abbastanza diverse da quelle del Governo.
  Se prendete la tabella 3, trovate per il Mezzogiorno, per il Centro-Nord e per l'Italia nel suo complesso le previsioni per il 2018, 2019, 2020, che – soprattutto guardando al 2019-2020, perché quelli sono i due anni per cui si fanno le previsioni nel documento di Governo – sono previsioni di crescita a livello italiano dell'1,1 per cento, quindi inferiore all'1,5 e all'1,6 previsti dal Governo e inferiore, per certi versi, anche alle stime elaborate dall'Unione europea, pari rispettivamente all'1,2 e all'1,3 per cento. Pag. 76
  Ieri abbiamo presentato il Rapporto Svimez 2018, dove abbiamo spiegato i motivi di quella che abbiamo definito «la grande frenata» che stiamo verificando già negli ultimi due trimestri del 2018, cosa che risulta abbastanza evidente. Ciò detto, rispetto al deficit al 2,4 per cento per l'anno 2019 previsto dal Governo, questi tassi di crescita inferiori rispetto a quelli previsti a nostro avviso – qui poi dovremmo fare un approfondimento – non sforano necessariamente quel livello del 2,4 per cento stimato dal Governo. Sicuramente, però, la previsione di crescita è inferiore, e noi riportiamo anche gli elementi che determinano il tasso di crescita dei vari aggregati di contabilità.
  Questa è una manovra moderatamente espansiva, nonché, per come è strutturata, moderatamente a favore del Mezzogiorno, nel senso che, procedendo adesso per blocchi, il complesso delle risorse destinate al reddito di cittadinanza e alla «quota 100» ha un impatto favorevole più rilevante nel Mezzogiorno – potendosi quantificare in 60 per cento l'impatto che va al Sud rispetto a quello che va al Nord – anche in termini assoluti, perché al Nord va il 60 per cento e al Sud un 40 per cento delle risorse, che comunque è superiore alle quote relative. Da questo punto di vista, è una manovra espansiva e tendenzialmente, sia pure moderatamente, favorevole all'area del Mezzogiorno, secondo quanto noi abbiamo tentato di ricostruire.
  Nella tabella 4 trovate la scomposizione di questi effetti per tipologia (imposte dirette, prestazioni sociali, consumi collettivi), ricordando che l'impatto sul reddito nel 2019-2020 rimane limitato all'1,1 per cento. La caratteristica della nostra simulazione – qui possiamo entrare più nel dettaglio specifico – è che l'intensità della manovra espansiva viene condizionata dall'effetto dello spread, che abbiamo cercato di inserire nella simulazione considerando uno spread sostanzialmente stabile a un livello attorno ai 300 punti. Questo aspetto quindi condiziona.
  Andando a scindere con più attenzione, l'effetto dello spread condiziona le performance non tanto per l'aumento dei tassi di interesse relativi al costo di finanziamento delle imprese, ma forse di più per l'aspetto richiamato nella precedente audizione, ossia quello concernente la patrimonializzazione delle banche, cui si riconnette il rischio volatilità e quindi il rischio per quanto riguarda l'adempimento dei parametri di patrimonializzazione delle banche, che portano necessariamente a una riduzione del credito.
  Questo aspetto è particolarmente penalizzante per le imprese del Mezzogiorno, giacché esse dipendono ancor più dal capitale circolante e sono più razionate anche per quello che riguarda il ricorso agli investimenti, essendo un sistema molto banco-centrico. In più, per quello che riguarda il finanziamento, il Mezzogiorno dipende molto di più da banche di media dimensione, come banche locali, banche popolari o banche di credito cooperativo, che spesso vengono, al di là dei parametri ufficiali, condizionate a parametri ancor più stringenti, che quindi tendono a ridurre ulteriormente l'accesso al credito delle imprese.
  Noi non abbiamo voluto esplicitare esattamente l'effetto dello spread contrapposto all'effetto espansivo e fare una somma algebrica per dire che l'uno si mangia l'altro o quanto residua. Abbiamo calcolato il valore specifico, però abbiamo tenuto conto per lo spread di un effetto da zero al valore massimo possibile, arrivando a queste valutazioni, nel senso che appunto la crescita sicuramente è inferiore a quella prevista, ma ciò non toglie che il limite del deficit al 2,4 per cento nel 2019 non sia necessariamente violato da una minore crescita. Anche questo, però, va valutato attentamente.
  Quello che ci sentiamo di dire è che la debolezza della manovra è nella relativa debolezza del livello degli investimenti, che la manovra di per sé contabilizza per ogni anno, spalmando cioè la cifra complessiva per ogni anno, come se in ogni anno si riuscisse a spendere quella cifra. Questa è una scommessa a nostro avviso problematica. Noi abbiamo valutato la quantità di spesa effettiva sulla base della dinamica storica, cioè degli investimenti programmati e di quelli realizzati, evidentemente Pag. 77spalmandoli poi anno dopo anno per il triennio.
  L'ultima osservazione – poi magari chiederei ai miei colleghi se intendono integrare alcuni aspetti – è quasi una curiosità.
  Vista la dialettica con l'Unione europea su questi temi specifici, quanto al contenuto – giusto o sbagliato che sia – ci saremmo comunque aspettati una manovra che avesse appostato un certo ammontare di risorse, per esempio per il reddito di cittadinanza, non necessariamente finanziato attraverso il ricorso al debito, creando quindi all'interno del sistema un modo di finanziamento che prescindesse dal debito, e che magari quel debito fosse invece stato appostato per gli investimenti, cosa a nostro avviso possibile – basta richiamare la vicenda dell'IMU. In tal modo, si sarebbe potuta meglio apprezzare la sostenibilità di una ricomposizione delle entrate e delle uscite in cui l'elemento della spesa corrente, sostanzialmente diretta all'erogazione delle prestazioni, non sarebbe stata imputabile in modo preciso al debito, laddove al debito sarebbero state imputabili le intenzioni di investimento.
  Sostanzialmente, parlo della applicazione di una sorta di golden rule, che ancora non ci è riconosciuta, ma che stiamo applicando. Questo sarebbe un argomento molto diverso da quello attualmente in discussione, credo, con la Commissione europea.
  Complessivamente, riteniamo che il problema degli investimenti abbia a che fare anche con una difficoltà, che riguarda in particolare il Mezzogiorno. Anche una manovra che correttamente affronta il problema del disagio sociale, proponendosi almeno come temporanea risposta alla difficoltà di impiego della forza lavoro, deve scontare il fatto che nel Sud la disoccupazione è strutturale. Il Sud ha perso il 30 per cento della sua capacità produttiva, e non la si ricostruisce in un giorno. Quindi, occorre avere una strategia di contenimento e di rapido recupero della capacità produttiva. Questo elemento rinvia al problema dell'intensità degli investimenti e fa anche capire che le misure di contenimento del disagio sociale devono accompagnarsi in parallelo a una capacità di creare posti di lavoro. Non siamo infatti di fronte a una disoccupazione frizionale o temporanea, bensì a una disoccupazione di carattere strutturale. Mancano ancora 300.000 posti di lavoro rispetto al 2007, che non rappresentano un fatto congiunturale.
  Questa intenzione di rilanciare l'economia soprattutto attraverso un incremento della spesa corrente e con una grande fiducia sull'effetto espansivo dei consumi riteniamo che sia uno dei limiti della manovra. Ma proprio per questo facevo lo swap su una misura come quella dell'IMU, che era perfettamente disponibile per finanziare il disagio sociale, mentre ricorrere al deficit per promuovere gli investimenti avrebbe avuto un significato molto diverso nella presentazione della manovra.
  Restiamo a disposizione per eventuali dettagli.

  PRESIDENTE. Mi permetto di rispondere io alla sua domanda. Per una volta, infatti, lei ha posto una domanda a noi.
  Non sono ovviamente il Governo, però suppongo che il conto che è stato fatto sia che l'IMU ha avuto qualche problema piuttosto importante anche sui valori immobiliari, per esempio, oltre che sul fronte del gradimento della popolazione. Insomma, il fatto è che l'IMU è stato uno dei principali strumenti utilizzati nella gestione della crisi del 2011 e – adesso forse è un po’ presto per determinare un nesso di causa ed effetto – può essere che abbia avuto una sua parte nell'aggravamento del periodo di recessione che ha seguito quelle manovre. Ricordo infatti che le manovre del Governo Monti cubavano la maggior parte del gettito proprio attraverso misure quali quella sull'IMU e gli interventi recati dalla legge Fornero. Quindi, abbiamo cercato di fare l'opposto rispetto a quello che è stato fatto all'epoca. È ovvio che, compensando in un'altra maniera, gli effetti sono differenti, però l'idea probabilmente era che si cercasse di essere un poco più espansivi.
  Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

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  PIETRO CARLO PADOAN. Vorrei ringraziare i rappresentanti della SVIMEZ per questo esercizio molto utile e illuminante.
  Io avrei tre piccole domande, forse un po’ tecniche, che però aiutano a tradurre lo scenario in misure concrete. Innanzitutto – se è stato già menzionato mentre ero fuori, me ne scuso – vorrei sapere se si tiene conto della relativa riduzione delle misure legate al piano Impresa 4.0 e se questo incide in qualche modo sulla dinamica in senso negativo degli investimenti.
  Sempre in tema di investimenti, ma questa volta pubblici, vorrei comprendere in che modo viene tenuta in conto la ormai annosa questione dei tempi di effettiva realizzazione degli investimenti, nonché se c'è un differenziale di ritardo tra il Nord e il Sud di cui voi tenete conto e in che modo.
  Infine, sul reddito di cittadinanza, vista la ancora estremamente vaga configurazione di questa misura, vorrei sapere come l'avete tradotta voi. Mi sembra che si dica: sono state appostate le seguenti risorse finanziarie per questa operazione, le spendiamo subito tutte. Oppure no? Ovviamente sto banalizzando il concetto.
  Queste sono cose importanti anche al fine di capire l'impatto nei 18-24 mesi successivi alla manovra che abbiamo di fronte.

  DANIELE PESCO. La mia domanda è riferita proprio al reddito di cittadinanza. Anche se manca ancora la misura definitiva, però penso che di qualcosa abbiate potuto prendere conoscenza attraverso la vecchia proposta di legge sul reddito di cittadinanza presentata dal MoVimento 5 Stelle nella scorsa legislatura. In relazione ad essa avrete potuto notare che il valore massimo del beneficio è unico in tutta Italia, per quanto diversamente modulato a seconda del reddito del richiedente.
  Mi ponevo una domanda. Visto che il costo della vita non è uniforme nel nostro Paese, pensate che in zone dove il costo della vita è più basso si possano generare risparmi, quindi questa quota possa non essere del tutto spesa e non avvantaggiare in modo così ampio l'economia?
  Spero di essere stato sufficientemente chiaro.

  FELICE MAURIZIO D'ETTORE. Leggendo la vostra relazione, e anche il Rapporto Svimez 2018 che avete presentato ieri, noto che fate riferimento – così come ha fatto la Banca d'Italia – a un parametro, che è il livello dello spread, e agli effetti negativi che potrebbero esserci sugli investimenti totali, calcolando proprio per il Sud – se non sbaglio, me lo sono segnato – una minore crescita pari a 0,34 punti percentuali nel 2019. Tale dato riguarda il 2019, se ho capito bene, e non la proiezione che noi abbiamo nel disegno di legge di bilancio per gli anni successivi. Vorrei sapere se avete fatto una stima, qualora ci fosse una media di spread che rimane, almeno nei primi sei mesi dell'anno, speriamo di no, o almeno nel trimestre.
  Inoltre, dite che comunque una dinamica positiva dovrebbe essere presente con riguardo agli investimenti totali, seppur contenuta rispetto al biennio precedente, e che ciò comporterebbe una serie di effetti pregiudizievoli sul processo di accumulazione. La prima domanda è quella che ho già fatto. La seconda è come prevedete l'impatto immediato, l'effetto immediato di questo disegno di legge di bilancio rispetto a queste vostre considerazioni sugli investimenti.
  Le misure concrete rispetto ai fondi allocati sono tutte rimesse a provvedimenti attuativi successivi. Come ritenete questo impatto, soprattutto per il Sud? Non so se mi sono spiegato. D'altronde, è quello che emerge in termini prospettici dalla vostra relazione.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Giannola per la replica.

  ADRIANO GIANNOLA, presidente della SVIMEZ. Ritengo opportuno che a fornire ulteriori elementi di informazione sul reddito di cittadinanza o su altri aspetti sia qualche mio collega.
  Per quanto riguarda l'IMU, anche una volta eliminata, la crisi non è cambiata. Anzi, nel Sud è peggiorata. Soprattutto, quelle quote non erano andate di sicuro agli investimenti. Gli investimenti rappresentano un problema che ci siamo posti. In Pag. 79genere, utilizziamo il metodo di guardare agli investimenti che contabilmente vengono imputati ai singoli anni, considerando l'esperienza storica del rapporto tra quanto viene programmato e quanto effettivamente realizzato, che è sostanzialmente pari allo 0,5, credo. Se oggi si imputa un miliardo di investimenti di un certo tipo nell'anno, come massimo nel modello di riferimento ci va la metà. Poi il predetto importo viene spalmato, quindi l'anno dopo avremo lo 0,5 che residua dall'anno precedente, lo 0,5 nell'anno in corso e così via. Questo era un aspetto.

  PIETRO CARLO PADOAN. Come avete modellato il reddito di cittadinanza e avete tenuto conto della misura, nella manovra, che depotenzia Impresa 4.0?

  ADRIANO GIANNOLA, presidente di SVIMEZ. Nella manovra abbiamo tenuto conto del depotenziamento proprio sulla base delle indicazioni che venivano dal disegno di legge di bilancio. Adesso non ricordo esattamente, ma l'iperammortamento e misure analoghe sono da noi state considerate, almeno in relazione agli effetti dalle stesse prodotti.
  Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, forse il mio collega potrà meglio articolare il discorso. Noi abbiamo cercato comunque di individuare un effetto. Tra l'altro, a nostro avviso, per soddisfare gli obiettivi del reddito di cittadinanza si arriva a una stima di 15 miliardi. Qui invece sono previsti 5 miliardi, a partire da metà dell'anno prossimo. Però, si potrebbe anche pensare che i 5 miliardi vengano spesi tutti nell'anno prossimo perché è una misura a domanda, praticamente. Abbiamo inserito questa cifra anche facendo un calcolo sugli eventuali beneficiari in base a un ISEE pari, ad esempio, a 6.000 o a 9.000 euro, proprio per capire l'impatto quantitativo in termini di beneficiari. Però, l'idea che la cifra messa a bilancio possa essere tutta attribuita a quell'anno l'abbiamo assunta come base, proprio nell'idea che anche se la misura partisse ad aprile, entro dicembre, dato che non soddisfa tutta la platea, con certi criteri e via dicendo, potrebbe essere effettivamente assorbita.
  Il problema è che per soddisfare la platea ci vogliono, a nostro avviso, all'incirca 15 miliardi, in base ai criteri che noi abbiamo identificato.
  Lo spread credo che l'abbiamo considerato in entrambi gli anni a 330 punti. Chiedo al dottor Prezioso se lo spread è stato inserito nelle nostre elaborazioni.

  STEFANO PREZIOSO, ricercatore esperto della SVIMEZ. Per quanto riguarda lo spread abbiamo fatto in questa maniera: nella previsione, nella tabella 2 o 3 che voi trovate nel testo, è stato considerato un livello di spread più basso dell'attuale, sperando che ci sia una riduzione, ma più alto di quanto era durante la crisi, intorno ai 250 punti.
  Dopodiché, abbiamo fatto una valutazione a parte, che è quella che trovate nella tabella 4, nell'ipotesi in cui lo spread, per qualunque motivo, restasse sui livelli attuali sia nel 2019 che nel 2020, perché nel 2018 l'impatto è molto modesto.
  Nell'ipotesi in cui lo spread restasse su un livello di poco inferiore a 300 punti si avrebbe un effetto negativo sul PIL e in particolar modo sugli investimenti dell'entità che trovate. Il principale canale di trasmissione di questo effetto è sugli attivi delle banche, perché lo spread riduce gli attivi netti delle banche e questo porta a una caduta degli impieghi nel sistema economico, come in parte è stato testimoniato dai dati della Banca d'Italia disponibili al secondo trimestre 2018.
  Questo per quanto riguarda lo spread.

  ADRIANO GIANNOLA, presidente della SVIMEZ. Un'ultima considerazione: nell'ipotesi che si sforasse il 2,4 per cento di deficit, abbiamo avuto notizia che c'è l'idea quasi meccanica di intervenire per un rientro al di sotto di quel dato. Queste sono dichiarazioni ufficiali. Certamente si cresce di meno, a mio avviso, delle previsioni. Anzi, la nostra previsione è più restrittiva rispetto a quella della Commissione europea, ed è costruita sulla base della contabilità nazionale, a partire dal basso per arrivare alla sintesi nel sistema, quindi non dico che siamo più attendibili della Commissione Pag. 80 europea, però c'è un lavoro che è molto tarato proprio sulla ricostruzione delle dinamiche reali.
  Nell'ipotesi che si sfori il 2,4 per cento, l'idea di tagliare in automatico per rientrare a nostro avviso sembra una soluzione che può peggiorare la situazione invece che migliorarla, e non è un'assicurazione che si dà all'altra parte con cui si discute, perché si rischia di innescare un processo che va ad autoalimentarsi al ribasso. Essendo qui presenti autorevoli membri, mi sembrava interessante proporre questa cautela.

  PRESIDENTE. Una considerazione assolutamente su cui riflettere. Vi ringrazio e dichiaro conclusa l'audizione.

Audizione di rappresentanti dell'ANPCI.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame dei documenti di bilancio per il 2019-2021, l'audizione, ai sensi dell'articolo 119, comma 3, del Regolamento della Camera, di rappresentanti dell'ANPCI.
  Abbiamo il piacere di avere la presidente Biglio e il dottor Gregori, a cui lascio volentieri la parola.

  FRANCA BIGLIO, presidente dell'ANPCI. Grazie, signor presidente. Questo invito per noi rappresenta un segnale estremamente importante. Un ulteriore segnale, perché ne abbiamo già avuti altri, che hanno alimentato in noi una certa fiducia e una certa speranza.
  Siamo stati massacrati negli ultimi 5-6 anni, e non solo per un esagerato taglio alle risorse finanziarie che ha superato ampiamente il 60-70 per cento. Da un lato, abbiamo appunto assistito a un taglio delle risorse finanziarie, dall'altro in questi ultimi anni sono stati introdotti circa 50 nuovi adempimenti, fermo restando il blocco del personale: ditemi voi come può in queste condizioni funzionare un piccolo comune.
  Noi però non vogliamo sentirci dire che i piccoli comuni devono accorparsi perché non ce la fanno: non ce la fanno per i motivi che io ho detto. Questo potrebbe già rendere l'idea.
  Noi abbiamo suddiviso il nostro compito odierno in due parti. Voi avete già il documento che cercherò ora di sintetizzare, perché è molto lungo e non vogliamo prendervi troppo tempo, mentre è già importante che ci sentiate e la cosa principale per noi è essere qua.
  Per superare tutte queste difficoltà abbiamo bisogno di una semplificazione vera, di un'attenzione particolare: noi abbiamo bisogno di un governo regionale e nazionale amico del popolo italiano e, siccome il popolo italiano è amministrato da comuni per lo più piccoli, abbiamo bisogno di un governo nazionale amico dei piccoli comuni, ci contiamo e ci speriamo tanto.
  Quindi, abbiamo suggerito proposte emendative a costo zero, che vanno verso la direzione della semplificazione vera, non di quella semplificazione mascherata che invece complica la vita a tutti gli enti locali, ma soprattutto a quelli piccoli, con sottrazione di risorse, anche umane e professionali, per adempimenti inutili, che non servono a nulla e non portano alcun beneficio né allo Stato, né alle famiglie, né alle imprese. Tutto questo va assolutamente eliminato.
  Abbiamo inoltre suggerito proposte modificative ed integrative, che invece comportano un intervento finanziario, per le quali non ci siamo permessi di presentare emendamenti puntuali, perché a questo punto sarà il Parlamento a decidere, quindi noi facciamo le nostre proposte.
  Intanto presento il nostro tecnico, il consulente Roberto Gregori. Ci tengo a precisare che è una persona preziosissima che aiuta l'associazione a livello tecnico e fa questo a titolo esclusivamente gratuito. Oggi è a Roma a sue spese personali.
  Voglio dire che tutte le persone che ci aiutano e collaborano con noi lo fanno a titolo gratuito perché ci credono, e i sindaci dei piccoli comuni lo fanno perché ci credono e puntano soltanto al bene comune, non ci interessa altro!
  Per quanto riguarda la rottamazione delle cartelle, su cui eventualmente poi Roberto Gregori entrerà nel merito, è stato Pag. 81valutato un annullamento tra i 3 e i 5 miliardi. Ciò può ricadere pesantemente sui piccoli comuni, in quanto prevedere in bilancio questo annullamento – parlo da sindaco di un piccolo comune, quindi non sono tecnologica, cercate di capire, sono sindaco da 33 anni – significa che chi ha mantenuto queste entrate nei residui attivi si trova in difficoltà e chi non le ha più mantenute nei residui attivi ma le ha inserite nel Fondo crediti di dubbia esigibilità si trova comunque una decurtazione di entrata. Per il piccolo comune, potrebbe pertanto essere estremamente importante rivedere la situazione.
  Chiedo a Roberto Gregori se vuole entrare nel merito su questo. Possiamo farlo? Qui siamo a casa nostra, vero?

  PRESIDENTE. Il Parlamento è la casa degli italiani, e quindi perbacco.

  FRANCA BIGLIO, presidente dell'ANPCI. Io sono sicura di essere a casa nostra, perché vedo che c'è attenzione, non vi state annoiando.
  Le donne hanno qualcosa in più in questo senso: riescono a intuire quando è il momento di stare zitte, ma con mio marito non succede.

  PRESIDENTE. In Parlamento i deputati sono 630. A Marsaglia quanti abitanti saranno, 200?

  FRANCA BIGLIO, presidente dell'ANPCI. A Marsaglia siamo 247 abitanti.

  PRESIDENTE. Ecco, ci sta in uno spicchio. Sarebbe anche la casa del suo comune. Prego.

  ROBERTO GREGORI, consulente tecnico dell'ANPCI. Integro semplicemente ribadendo il concetto che l'eliminazione dei residui attivi ovviamente impatta. Diciamo che i piccoli comuni hanno molto più controllo rispetto ai grandi sui rifiuti, sulle imposte, però ovviamente si troverebbero delle risorse in meno, e quindi, visto che è lo Stato a consentire questa rottamazione, almeno un risarcimento potrebbe essere previsto.

  FRANCA BIGLIO, presidente dell'ANPCI. Lo so, è difficile, perché risorse non ce ne sono più. Lo stiamo ben vedendo e verificando, ma a tutti i livelli.
  Relativamente al secondo punto, quello concernente il tasso di inflazione programmata (TIP), rilevo che il tasso di inflazione è stato quantificato all'1,2 per cento. Sarebbe il caso di prevedere un sostegno per i piccoli comuni. Noi qui chiediamo tanti sostegni, ma anche piccoli. L'importante è che si riesca a fare qualcosa.
  Quanto al fondo IMU-TASI, il comma 870 dell'articolo 1 della legge n. 205 del 2017 confermava, ma solo per il 2018, un contributo per i comuni nella misura complessiva di 300 milioni di euro. Sarebbe importante prevedere tali risorse anche all'interno del bilancio di previsione per il triennio 2019-2021.
  Io comincio ad abbassare il tono di voce, a mano a mano che chiedo, un po’ come i nostri cittadini. Ma, signor presidente, e mi rivolgo anche a tutti i componenti, per il sindaco di un piccolo comune che incontra quotidianamente i propri cittadini, dover sempre dire «non si può», perché non si può, diventa umiliante, frustrante, però continuiamo ugualmente.
  Quanto alla TARI, la legge n. 147 del 2013 ha stabilito che i comuni potessero, per gli anni dal 2014 al 2018, adottare determinati coefficienti, che non elencherò, ad esempio adeguandosi a specifiche tabelle. Anche questa facoltà, però, è stata limitata a quegli anni. Quei comuni che hanno adottato questi coefficienti, nel 2019, visto che gli stessi sono limitati all'anno 2018, che cosa devono fare, tornare ai vecchi coefficienti? È una cosa che va assolutamente rivista, anche perché riteniamo che gravare eccessivamente su determinate categorie, come fruttivendoli e fiorai, sia insostenibile.
  Passo al capitolo relativo al contenimento delle spese. Qui ci riferiamo al decreto-legge n. 78 del 2010 e ai vincoli da quest'ultimo disposti, ad esempio, alle spese sostenute per relazioni pubbliche, sponsorizzazioni, formazione e via dicendo. Abbiamo Pag. 82 bisogno che venga differito il termine al 2019-2021 e non, anche in questo caso, limitarlo al 2018.
  Poi c'è un punto che mi piace tantissimo: la gestione associata. Prima, parlavo di segnale «ulteriore»: questo va a confermare quell'ulteriore attenzione da parte di questo Governo. Lei sa, signor presidente, che, oltre a essere massacrati a tutti i livelli, si è attuata negli ultimi anni una politica devastante. Abbiamo cominciato nel 2010-2011, per poi culminare nel 2014 con la legge Delrio n. 56, la cosiddetta legge «svuota province». Un fallimento, questo lo sappiamo tutti.
  Queste leggi prevedevano infatti la gestione obbligatoriamente in forma associata delle funzioni, ma non dei servizi. Non mi risulta che ci siano piccoli comuni che gestiscano i servizi autonomamente. Gestiamo tutti attraverso uno strumento elastico, a costo zero, quello delle convenzioni, che ci consentono davvero di raggiungere gli obiettivi di efficacia, efficienza ed economicità, che non si raggiungono né con le unioni, né con le fusioni.
  La Corte dei conti ha dichiarato le unioni un flop, un fallimento. Sapete perché si fanno le fusioni e sta andando tanto di moda il fenomeno dell'incorporazione a due a due, tra un comune più grande e un comune più piccolo? Perché i contributi statali arrivano ad un massimale di 2 milioni di euro l'anno. Certo, sono basati sui trasferimenti erariali ai comuni riferiti al 2010, quando non erano ancora iniziati i famosi tagli. Per cui, possono arrivare a 2 milioni di euro.
  Potrei portare degli esempi, ma vi porto invece un dato: dal 2015 al 2017 si sono realizzate 116 fusioni. Non è stato un grande successo per chi voleva arrivare a ridurre il numero dei comuni italiani, facendolo però a scapito dei comuni più piccoli, perché questo era lo scopo.
  Lo Stato ha erogato a queste 116 fusioni la bellezza di 77 milioni di euro. È una cifra, che suddivisa tra i tanti piccoli comuni portava a ogni piccolo comune annualmente 15.000 euro, forse pochi, ma comunque una boccata di ossigeno importante in un periodo come questo. Non comprendo dunque perché si debba percorrere questa strada. Ecco perché parlo di una ulteriore attenzione, perché questo Governo per fortuna non sta più percorrendo questa strada. Il decreto-legge n. 91 del 2018, cosiddetto Milleproroghe, ne parla in modo molto chiaro e per noi è stata musica, veramente.
  L'articolo 1, comma 2-bis, del citato decreto-legge prevede infatti la proroga fino al 30 giugno 2019, ma c'è un motivo, perché il successivo comma 2-ter stabilisce il superamento dell'obbligo di gestione associata Sapeste quante volte rileggo tale ultima disposizione, perché non mi sembra vero: «Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto è istituito, presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, un tavolo tecnico-politico».
  Presidente e tutti voi che mi ascoltate, l'ANPCI deve essere presente a quel tavolo, perché non è possibile che sia presente solo l'associazione dei grandi comuni alla quale non interessa per niente il nostro mondo e non capisce il nostro linguaggio. Voi che lo capite, finalmente, fate in modo che l'ANPCI sia presente a quel tavolo, perché noi siamo le persone concrete, quelle che non fanno politica, quelle che amministrano, quelle che possono collaborare con voi in modo propositivo dicendo quali sono i problemi veri e come si possono superare.

  PRESIDENTE. È fare politica anche questo.

  FRANCA BIGLIO, presidente dell'ANPCI. Il predetto comma 2-ter fa infine riferimento «al superamento dell'obbligo di gestione associata delle funzioni e alla semplificazione degli oneri amministrativi e contabili a carico dei comuni, soprattutto di piccole dimensioni». Mai sentito parlare in questi ultimi anni di piccoli comuni. Lo sentiamo ora. Altro che speranza e fiducia!
  Avanzo pertanto una proposta: dal momento che la proroga scade il prossimo 30 giugno, ovvero tra sei mesi, si ottiene un risparmio di risorse per i rimanenti sei mesi se poi, alla fine, cambia tutto. Cosa ne facciamo di queste risorse che si vanno a Pag. 83risparmiare? Noi siamo generosi: il 50 per cento lo decide il Governo, eventualmente andando a tappare qualche piccolo buco, e il restante 50 per cento viene attribuito a tutti i piccoli comuni d'Italia. Sarebbe un bel segnale, un altro grande segnale.
  Per quanto riguarda invece il tema degli adeguamenti contrattuali, i piccoli comuni non dispongono delle risorse per sopperire all'adeguamento contrattuale, quindi è lo Stato che si deve assumere questo compito, non siamo noi.
  Anche il servizio di tesoreria rappresenta un punto assai problematico, posto che da sempre sono le banche che gestiscono il servizio di tesoreria per conto dei comuni. Quando eravamo appetibili perché eravamo esonerati dal rispetto del Patto di stabilità – per tanto tempo i comuni fino a 5.000 abitanti sono stati esonerati – avevamo un potere contrattuale molto rilevante a favore ovviamente del comune, ma oggi non lo siamo più e quindi le banche arrivano a chiedere fino a 10.000 euro a un piccolo comune per gestire il suo servizio di tesoreria. Potete immaginarvi cosa ho fatto io per spendere pochissimo!
  Nel momento in cui il comune deve saldare un intervento che ha fatto, quindi una ditta, generalmente facciamo il bonifico; il bonifico ha però un costo che non possiamo più addebitare alla ditta che ha eseguito i lavori, bensì viene posto a carico del comune grazie a una legge che adesso prevede ciò. Per un comune che fa pochi bonifici potrei anche capirlo, ma quando dai tanto lavoro aumenta la spesa a carico del comune, a carico dei cittadini. Dobbiamo mettere mano a un sacco di cose!
  Venendo al capitolo delle spese elettorali per conto dello Stato, abbiamo ricevuto dalle prefetture la comunicazione di un taglio dei rimborsi del 60 per cento: quando si tengono le elezioni comunali posso capire, ma quando ci sono i referendum o altre elezioni che non ci competono è lo Stato che deve pagare, mica i piccoli comuni, non ci possono fare carico anche di questo quando non abbiamo più un euro!
  Anche se non abbiamo più un euro, noi sindaci, assessori, consiglieri comunali, rappresentiamo comunque un mondo del volontariato della pubblica amministrazione pazzesco: anche adesso, in questi momenti di tragedie – pensiamo ai morti dell'ultimo evento alluvionale – accendiamo la televisione e chi vediamo per primi? Interpellano i sindaci, che sono quelli che si rimboccano le maniche e sono sul territorio ventiquattro ore su ventiquattro gratuitamente, a disposizione della gente e del territorio. È bellissimo essere sindaco di un piccolo comune, è magnifico!
  Per quanto riguarda le possibili riforme a costo zero, accenno brevemente al tema della semplificazione, senza entrare nel merito. Occorre fare in modo che ai piccoli comuni non si applichino la relazione di inizio bilancio, il piano della performance, tredici passaggi e quattro sezioni per poter arrivare ad espletare questo adempimento – non ve li leggo, ma quando stanchi andate a letto la sera provate a leggere questa roba qua e vi addormentate subito. Bisogna mettere mano a tutto questo.
  Noi siamo inoltre tenuti a rispettare un determinato tetto di spesa per le autovetture, inclusa quella per la loro riparazione, riferita non mi ricordo più a quale anno, ma se in ipotesi quell'anno non avessimo avuto spese allora non potrei cambiare neanche le gomme al trattore del mio comune!
  Noi siamo autosufficienti, abbiamo un Lamborghini che provvede allo sgombero della neve, ma le gomme costano 2-3.000 euro l'una, quindi o cambiamo le due davanti o le due dietro. Ne abbiamo cambiata una dietro proprio perché dovevamo rispettare quel limite!
  Ecco, mi fa piacere che vi divertiate a sentire queste cose. Noi le stiamo subendo grazie a qualcuno che ha voluto fare questo, ma tutto questo che cosa ha portato? Che risultato ha portato tutto questo?
  Provo in proposito a ricordare qualcosa: l'aumento della pressione fiscale; l'aumento del numero dei comuni che hanno dichiarato il dissesto e dei comuni commissariati per mancanza di candidature, fenomeno quest'ultimo che sta divenendo sempre più frequente tra i piccoli comuni; il blocco dell'economia e dell'attività delle imprese; l'aumento del debito pubblico di Pag. 84148 miliardi di euro grazie a quella manovra di tagli del 2013, la più rilevante di tutte, che è stata dichiarata dalla Consulta illegittima e dalla Corte dei conti sproporzionata rispetto alle nostre possibilità. Ci sono, quindi, anche dei dati chiari.
  Per l'acquisto di immobili vale lo stesso discorso, mentre del personale vi ho già detto. Il personale è importantissimo. Per i comuni fino a 1.000 abitanti, la spesa di riferimento del personale è bloccata al 2008, dieci anni fa! Saranno cambiate le cose in dieci anni? I comuni virtuosi devono poter assumere. Certo, ci sono comuni che non sono così virtuosi, che presentano personale in esubero. Quelli devono rispettare il decreto ministeriale, che prevede per i comuni in dissesto un parametro di 1 a 98, e cioè un dipendente ogni 98 abitanti. I comuni piccoli, montani, hanno un parametro di un dipendente ogni 300-400 abitanti!
  A livello nazionale, pur essendoci tanti comuni che hanno personale in esubero, comunque la media è di un dipendente ogni 142 abitanti. La media nazionale sappiamo già come funziona, comunque è così. Anche per i comuni fino a 5.000 abitanti, il limite di spesa è riferito al triennio precedente. I comuni virtuosi che possono assumere, lasciateli assumere. Certo, un comune che ha un dipendente, come fa?
  Occorre inoltre un interessamento del Parlamento sulla questione relativa alle competenze della Corte dei conti. Esistono infatti le sezioni regionali della Corte dei conti. Ogni sezione della Corte dei conti dà sullo stesso quesito un parere diverso dall'altra, perché le sezioni sono regionali, e dà pareri anche in materia di spesa e di personale, e questo è importante. In più, si vanno ad aggiungere i pareri dell'ARAN e del Ministero per la pubblica amministrazione: caos completo. E noi non abbiamo più bisogno di caos.
  Concludo con le discariche. I comuni sede di discarica hanno bisogno di una modifica, perché è stato dimenticato un passaggio all'articolo 3, comma 27, della legge n. 549 del 1995, e successive modificazioni, nel senso che i comuni sedi di impianti di smaltimento di rifiuti urbani e speciali assimilati agli urbani diversi dalle discariche, che già percepivano comunque il contributo, sono stati omessi dalla citata disposizione. È stata sicuramente una dimenticanza, ma stanno rischiando il dissesto finanziario.
  Vi ringrazio tantissimo.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIANMAURO DELL'OLIO. Più che una domanda, era giusto un'informazione, perché purtroppo ora dovremo andare via.
  Vorremmo informare la presidente Biglio che, almeno per quello che sta dicendo sul punto relativo alla rottamazione delle cartelle in virtù della normativa sulla definizione agevolata degli accertamenti, sono stati già presentati degli emendamenti da parte del MoVimento 5 Stelle e della Lega proprio per estendere l'ambito di applicazione dell'articolo 182-ter della legge fallimentare anche agli enti locali. È stato fatto anche prima della vostra richiesta, tutto qui. Non ho nessuna domanda, grazie.

  CRISTIANO ZULIANI. Più che una domanda, è un ringraziamento all'Associazione nazionale dei piccoli comuni italiani, che ovviamente ha il polso della situazione dei piccoli comuni, delle piccole comunità, che sono di vitale importanza nei territori non solo montani, ma anche in zone della pianura, che vanno da Nord a Sud, che sicuramente, magari anche personalmente, in qualità di parlamentari, avremo modo di sentire nuovamente in seguito per avere dei consigli, perché come parlamentari è giusto mantenere il contatto anche con le piccole realtà.

  FELICE MAURIZIO D'ETTORE. La presidente dell'Associazione nazionale dei piccoli comuni italiani ci ha detto che anche in tante altre regioni – per esempio in Toscana, nella mia provincia di Arezzo, e in particolare nella zona del Casentino e della Valtiberina – c'è una questione molto importante relativa ai comuni montani.
  Visto che è così contenta di quello che fa questo Governo, poiché il nostro gruppo di Pag. 85Forza Italia sta per presentare una proposta di legge di riordino dei piccoli comuni, e già c'era una proposta di legge che poi non è andata avanti in Parlamento, come Associazione gliela faremo avere. Soprattutto, visto che le piace quello che fa questo Governo, dica alla maggioranza che potrà valutarla e inserirla tra le priorità, visto che c'è tutto questo grande afflato, altrimenti siamo solo agli afflati e a nulla di concreto.
  Dal momento che i piccoli comuni sono molto concreti, e io lo so – sono stato tanti anni fa, nel 1995, anche consigliere comunale in piccoli comuni e so cosa vuol dire – le faccio presente che poi le norme vanno realizzate. Senza un riordino complessivo, come traspare anche dalla vostra relazione – sono infatti tante le questioni che avete trattato – e un regime particolare per i piccoli comuni, è molto complicato, relativamente alle gestioni associate, alle norme sulla fusione dei comuni, ai referendum fatti in alcune regioni sulle fusioni, mantenere l'autonomia e l'indipendenza dei comuni rispetto ai processi di aggregazione previsti dalla normativa vigente, soprattutto nelle zone montane, dove maggiori sono le difficoltà.
  Ci vuole un riordino della normativa, altrimenti il destino è quello di essere via via accorpati con le fusioni dei comuni, come ben sapete. Stanno già avvenendo in molte regioni. Ci sono normative regionali e nazionali che agevolano questi percorsi, che vanno oltre le gestioni associate. La regione Toscana, per esempio, ha una normativa che li agevola molto, e questo sta avvenendo.
  Da questo punto di vista, se si vuole mantenere anche un'autonomia funzionale e amministrativa dei comuni, l'ordinamento degli enti locali non può che prevedere un sistema e un ordinamento nuovo. Noi presentiamo questa proposta di legge. Io sono di Forza Italia, vediamo dunque se il Governo la sosterrà o, siccome la proponiamo noi, dirà che non va bene, e quindi voi verrete il prossimo anno per un'altra audizione. Queste misure – guardatele bene – non tutte sono favorevoli ai piccoli comuni.

  FRANCA BIGLIO, presidente dell'ANPCI. Intanto, io ho fatto riferimento a quando i piccoli comuni erano esonerati dal Patto di stabilità. Allora c'era il Governo di centrodestra e Guido Crosetto, allora in Forza Italia, era relatore del disegno di legge finanziaria.

  FELICE MAURIZIO D'ETTORE. Per me, va bene. Io non governo, ecco.

  FRANCA BIGLIO, presidente dell'ANPCI. Quel Governo ha agevolato i piccoli comuni. Io vi ho fatto riferimento, ma non vorrei entrare in questa polemica.
  Dopodiché, abbiamo vissuto cinque o sei anni bui. Ci siamo sempre confrontati con tutti i Governi ed abbiamo trovato di volta in volta porte aperte, socchiuse, chiuse o addirittura blindate. Ora che finalmente, dopo tutti quegli anni bui, troviamo un Governo che sta approvando o cercando di portare avanti misure a favore dei piccoli comuni, mi consenta, dopo cinque anni di grande delusione e quasi di resa, di cominciare di nuovo a respirare e a sperare. Mi pare che sia legittimo.

  FELICE MAURIZIO D'ETTORE. Bene. E infatti noi presentiamo una proposta di legge per i piccoli comuni.

  FRANCA BIGLIO, presidente dell'ANPCI. Lei ha parlato delle fusioni. Ci sono due modi di procedere: uno per legge, ma è un fallimento, come testimoniato dalla legge Delrio e non solo; l'altro, peggiore e subdolo, prevede invece, come ho in precedenza ricordato, fino a 2 milioni di euro sotto forma di contributi! Sono matrimoni per interesse, ma generalmente ci si sposa in due. In questo caso, il comune più grande è quello che ha tutto il vantaggio, perché il più piccolo viene soppresso. Quindi, nel matrimonio tra due persone, uno se ne va, viene soppresso. Io non accetto questo. Non è possibile.
  Finanziare le fusioni? Ma chi vuole fondersi lo faccia, perché c'è un interesse tra comuni, perché geograficamente ci sta, perché davvero si possono raggiungere quegli obiettivi di efficacia ed efficienza, ma non Pag. 86perché sono pagati. Quante volte io ho chiesto ai sindaci, a due a due, perché vanno a due a due oggi, ci guadagnano di più, se senza tutte queste risorse lo farebbero. Mi hanno sempre risposto di no. Andiamo avanti su quella strada. Ci troverete contro, assolutamente.

  PRESIDENTE. La ringrazio.

  FELICE MAURIZIO D'ETTORE. Ma io non ho parlato delle fusioni. Non ha capito quello che ho detto.

  PRESIDENTE. Sono testimone perché in regione Toscana prima ero consigliere regionale e quindi queste cose le ho un po’ vissute. Ho fatto una battaglia perché purtroppo ci fu una vittima, e la vittima fu il comune di Abetone. Purtroppo il regolamento della regione Toscana prevedeva all'inizio che nel referendum per la fusione contasse il valore complessivo dei voti e quindi, anche se il povero comune piccolo votava contro, finiva comunque fagocitato dal comune grande. Posso testimoniare che anche il partito dell'onorevole D'Ettore è stato d'accordo con me alla fine per riuscire a far cambiare quel regolamento e quindi questo non si può più fare. Comunque, la ringrazio molto.

  ROBERTO GREGORI, consulente tecnico dell'ANPCI. Una considerazione rapidissima. Ci sono alcuni comuni – un caso ci è stato sottoposto in Calabria – che hanno adottato un piano di riequilibrio e per legge non possono più accedere ai mutui. In realtà, questi comuni hanno un mutuo che è finanziato dalla regione. Per cui, bisognerebbe riuscire a consentire ai comuni che hanno mutui finanziati dalla regione di poter avere accesso ai finanziamenti, anche se sono in un piano di riequilibrio.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio molto e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 18.40.