XVIII Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Mercoledì 15 maggio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLO STATO DEL RECLUTAMENTO NELLE CARRIERE INIZIALI DELLE FORZE ARMATE

Audizione del Ministro della difesa,
Elisabetta Trenta.

Rizzo Gianluca , Presidente ... 3 
Trenta Elisabetta , Ministro della difesa ... 3 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 6 
Pagani Alberto (PD)  ... 6 
Del Monaco Antonio (M5S)  ... 7 
Ferrari Roberto Paolo (LEGA)  ... 8 
Paolini Luca Rodolfo (LEGA)  ... 9 
Carè Nicola (PD)  ... 9 
Tondo Renzo (Misto-NcI-USEI)  ... 10 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 11 
Pagani Alberto (PD)  ... 11 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 12 
Trenta Elisabetta , Ministro della difesa ... 12 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 14

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANLUCA RIZZO

  La seduta comincia alle 14.15.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro della difesa,
Elisabetta Trenta.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato del reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate, l'audizione del Ministro della difesa, Elisabetta Trenta.
  Saluto e do il benvenuto alla signora Ministro e al Colonnello Antonello Arabia, al Tenente colonnello Toni Caporrella e al Colonnello Massimo Ciampi che la accompagnano. Ricordo che dopo l'intervento della signora Ministro darò la parola ai colleghi che intendano porre domande o svolgere osservazioni, e che successivamente la signora Ministro potrà rispondere alle domande poste. Chiedo, quindi, ai colleghi di fare pervenire fin da ora al banco della Presidenza la propria iscrizione a parlare.
  Do quindi la parola alla signora Ministro Trenta.

  ELISABETTA TRENTA, Ministro della difesa. Buonasera a tutti. Sin dall'assunzione della responsabilità di Ministro della Difesa ho inteso attribuire la massima centralità alle questioni riguardanti il personale, convinta come sono che si tratti della più importante risorsa di cui il sistema difesa dispone. È su tale convincimento che ho costruito le linee programmatiche e di indirizzo alla base della mia azione politica.
  Per questo motivo permettetemi in primo luogo di rivolgervi il mio sentito ringraziamento per l'attenzione che state dedicando alle tematiche di interesse del personale della Difesa, assumendovi l'onere di condurre un'indagine conoscitiva su fenomeni e questioni che vengono da lontano e stanno in questi anni manifestandosi con effetti rilevanti su tutto il personale in uniforme.
  Penso al tema dei ricongiungimenti familiari e alle condizioni d'impiego nell'ambito dell'operazione «Strade sicure», alla costituzione delle associazioni professionali tra militari a carattere sindacale e ai numerosi altri aspetti che per troppi anni sono sembrati di esclusiva competenza di pochi addetti ai lavori, quasi come se la difesa delle istituzioni e degli interessi nazionali e le condizioni del personale che a questa missione ha dedicato la propria esistenza non fossero una tematica di interesse dell'intera società.
  È da questa considerazione che desidero avviare la mia riflessione di oggi sullo stato dei reclutamenti nelle carriere iniziali delle Forze armate. I dati di cui disponiamo, efficacemente esposti dai vertici militari in questa sede, presentano alcune criticità, in particolare per quanto riguarda i volontari in ferma prefissata e con specifico riferimento all'Esercito.
  Negli ultimi anni si è assistito infatti a una sensibile riduzione della capacità del sistema dei reclutamenti di rispondere alle esigenze di alimentazione della Difesa. Il discendente deficit reclutativo è di natura non solo quantitativa, ma coerentemente Pag. 4produce effetti dal punto di vista qualitativo. Se infatti non si riescono a raggiungere numericamente i reclutamenti previsti dalle necessità di alimentazione dei ruoli, occorre chiedersi se i giovani accedono alle Forze armate siano quelli in possesso delle migliori caratteristiche per rispondere alle esigenze di queste ultime. È mio convincimento che proprio rispondendo a questa domanda potremo trovare la soluzione alle criticità sinora emerse.
  Per inquadrare compiutamente il quadro di riferimento, dobbiamo prima di tutto definire gli effetti del fenomeno e successivamente individuare le possibili linee di azione, volte al superamento delle criticità emerse sino ad oggi.
  Come è stato illustrato dai vertici militari che mi hanno preceduta, le esigenze di nuove forze, che occorre soddisfare ogni anno, sono determinate dal modello di difesa che è stato disegnato dai diversi provvedimenti legislativi, susseguitisi a partire dai primi anni 2000. La struttura attualmente autorizzata, da conseguirsi entro il 2024, prevede un modello a 150.000 unità, costituito per circa due terzi da graduati sia in servizio permanente, sia in ferma prefissata, e per il rimanente terzo da ufficiali e sottufficiali.
  Per quanto riguarda le ultime due categorie, i volumi di reclutamento necessario ogni anno si sono in massima parte stabilizzati nel tempo e non danno luogo a criticità. Per quanto riguarda invece i graduati, è necessario seguire piani di reclutamento ben definiti, che consentano il giusto bilanciamento tra graduati in servizio permanente e volontari in ferma prefissata, assicurando il rispetto dei vincoli volti a garantire la piena operatività dello strumento militare e uno sviluppo armonico dei ruoli dal punto di vista dell'anzianità anagrafica.
  Il mancato ingresso in servizio dei volontari necessari produce, infatti, in prima battuta l'effetto diretto di aumentare l'età media del personale in servizio. Ad oggi, tale criticità è bilanciata da un'età media generale non troppo elevata, ma occorre trovare le contromisure idonee, per evitare che tale questione possa in futuro produrre criticità più importanti.
  Per quanto riguarda invece le cause di questo fenomeno, credo che possa essere utile indagare la questione sotto tre aspetti, per ciascuno dei quali propongo alle vostre valutazioni alcuni provvedimenti di possibile adozione. Il primo aspetto che ha suscitato il mio interesse è quello della rinuncia da parte di molti concorrenti già nella prima fase delle prove selettive. Occorre comprendere quali siano i motivi che spingono tanti giovani a non presentarsi alle prove.
  Le analisi sino ad oggi svolte ci dicono che le principali cause di questo fenomeno sono prettamente economiche, legate cioè agli elevati costi (a volte oltre i 1.000 euro) che un candidato deve sostenere per partecipare al concorso. Una prima risposta, con specifico riguardo agli oneri connessi alle certificazioni mediche, è già stata individuata nell'estendere la validità dell'idoneità sanitaria conseguita in un concorso a tutti quelli che saranno affrontati dal candidato nel corso dell'anno. Ritengo però che questa sia solo una parte della soluzione; infatti, un altro deterrente importante è costituito dalle spese di viaggio verso i centri di selezione, nonché quelle legate alla permanenza presso tali località.
  Una soluzione potrebbe essere ricercata nel rimborsare i costi sostenuti a tutti i partecipanti, ma credo che la spesa sarebbe insostenibile, oltre che difficilmente definibile a priori, data la variabilità delle domande che vengono presentate ogni anno. A tal proposito voglio lanciare un'idea da approfondire: quella di spostare le Commissioni e non i candidati, disegnando opportunamente il calendario delle prove con appuntamenti a livello regionale. In tale contesto ritengo opportuno approfondire anche la possibilità di attivare nuovi centri di selezione sul territorio nazionale.
  Altra questione della massima importanza riguarda l’appeal che la carriera militare riscuote nelle giovani generazioni. La vita militare è caratterizzata da sacrifici e difficoltà che chi è fortemente motivato può affrontare, trasformandole in fonte di inesauribile soddisfazione e appagamento. Pag. 5La motivazione però, come tutti noi sappiamo, deve essere costruita e alimentata nel corso del tempo. Per anni si è pensato che il principale elemento motivazionale potesse essere costituito da crescenti incentivi economici, ma i fatti ci hanno dimostrato anche in altri settori quanto infondato fosse tale assunto. Al personale militare, a tutti i livelli, deve essere riconosciuta una retribuzione adeguata alle legittime aspettative di ciascuno e soprattutto in grado di garantire quella libertà di pensiero che solo l'inconsistenza di problemi economici può assicurare.
  Devo tuttavia evidenziare che la richiesta più pressante che mi arriva soprattutto dalla base delle nostre Forze armate riguarda la possibilità di crescita professionale sia per quanto riguarda le mansioni assegnate, sia con riferimento al grado attribuito. Non sto parlando di avanzamenti di grado esclusivamente per anzianità ed indiscriminati, bensì della possibilità, per chi lo vuole e ne possiede le capacità, di aspirare a rivestire gradi crescenti, cui sono attribuite responsabilità sempre maggiori.
  Credo quindi che divenga sempre più importante aprire alla possibilità di transitare da una categoria all'altra, consentendo sia al graduato, sia al sottufficiale di poter accedere alle categorie superiori. In questo modo potremmo garantire la soddisfazione delle legittime e motivate aspettative di ciascuno, e un militare soddisfatto è sicuramente il più efficace strumento di incentivazione e promozione del reclutamento verso l'esterno.
  Diventa inoltre necessario accompagnare sempre più un elevato grado di soddisfazione del personale alla completa conoscenza all'esterno delle attività che i nostri militari svolgono ogni giorno a favore della collettività.
  Ultimo aspetto che ritengo debba essere approfondito è quello della stabilità della professione militare. L'attuale modello di reclutamento per Esercito, Marina e Aeronautica è strutturato prevedendo step successivi e decrescenti di precarietà. In sostanza, una ferma di un anno, estendibile per altri due, segue una rafferma più lunga di altri 4 anni, cui possono seguire prima del passaggio in servizio permanente due ulteriori rafferme biennali. Ciò vuol dire che prima di poter accedere definitivamente al servizio effettivo possono trascorrere fino ad 11 anni.
  Credo che in nessun altro settore, fatto salvo forse quello dell'università e della scuola degli anni passati, sia presente il medesimo fenomeno. Come possiamo immaginare che il nostro personale in uniforme mantenga e alimenti la propria motivazione se non è neppure sicuro di poter continuare a prestare la propria opera in futuro? Al riguardo voglio evitare ogni possibile fraintendimento: è mio preciso intendimento, in qualità di Ministro della difesa, non lasciare indietro nessuno e garantire un futuro in uniforme a tutti coloro che si sono dimostrati meritevoli del privilegio del servire il Paese in armi. Più nel dettaglio, ritengo doveroso rispondere ad alcuni timori, manifestatisi nei giorni scorsi con riferimento alla stabilizzazione dei volontari in ferma quadriennale reclutati nel 2011 e 2012.
  Ho ricevuto ampia rassicurazione dagli stati maggiori di Forza armata che il piano dei passaggi in servizio permanente elaborato per il corrente anno consentirà di stabilizzare tutto il personale meritevole, avviando già da quest'anno e proseguendo nel 2020 con la stabilizzazione del personale reclutato nel 2013 e 2014.
  Tuttavia, la soluzione deve essere strutturale, arrivando a superare completamente il precariato nelle Forze armate. Al riguardo, ritengo debba essere approfondita la proposta avanzata ieri dal Capo di stato maggiore dell'Esercito, il quale in questa sede ha ipotizzato l'introduzione di un volontario in ferma pluriennale, il cui percorso preveda una prima ferma triennale e la successiva possibilità per i più meritevoli di accedere, previo superamento di un concorso, a un'ulteriore ferma di altri 3 anni, arrivando complessivamente a 6 anni, al termine dei quali il passaggio in servizio avverrebbe in maniera pressoché automatica.
  A favore di coloro i quali dovessero invece maturare la volontà di lasciare la professione militare prima del passaggio in Pag. 6servizio permanente dovrà essere assicurata la possibilità di crearsi un bagaglio di conoscenze e competenze spendibili anche nel mondo privato e, quindi, appetibili anche sul mercato del lavoro civile. In tal senso dovrà essere avviata quanto prima una revisione degli iter formativi del personale all'atto dell'ingresso in servizio, individuando incarichi e specializzazioni, anche direttamente riconducibili a quelle richieste dalla società.
  Un sistema del genere, per risultare sostenibile e credibile, deve prevedere inoltre la possibilità di accedere, al termine della ferma iniziale, anche alle Forze di polizia sia ad ordinamento militare che ad ordinamento civile, consentendo così a queste di disporre di personale che abbia già dato prova del proprio valore e della propria motivazione.
  In tale quadro, ritengo che la reintroduzione della cosiddetta «riserva assoluta» sia da valutare positivamente, magari prevedendo che le Forze di polizia partecipino già dalle prime fasi del reclutamento all'individuazione dei giovani che potranno poi accedere ai loro ranghi.
  Restando sempre nella fase della selezione, potrebbe essere esplorata la possibilità di introdurre, prima di esprimere un giudizio complessivo sul quadro psicologico dei concorrenti, un breve tirocinio, finalizzato alla valutazione dei potenziali, nel corso del quale consentire un avvicinamento alle reali attività che saranno svolte in servizio, comprendendo anche moduli formativi di educazione civica e protezione civile.
  Concludendo, credo che anche su questo fronte sia possibile conseguire risultati importanti, che possano permettere di reclutare personale sempre più motivato e in possesso di tutte quelle qualità idonee a renderlo un ottimo servitore della Repubblica. Grazie.

  PRESIDENTE. Do adesso la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

  ALBERTO PAGANI. Grazie, signora Ministro, per l'illustrazione. Come spesso succede, le risposte giuste nascono dalle domande giuste, e credo che il suo intervento sia partito da una domanda corretta, che ciascuno di noi si è fatto ascoltando anche le precedenti audizioni dei Capi di stato maggiore delle singole Forze armate, cioè perché molti ragazzi clicchino sul computer nel momento in cui pensano di poter intraprendere un'esperienza nelle Forze armate, ma poi questo gesto non si concluda nel percorso d'accesso.
  Sicuramente ci sono le ragioni logistiche, i costi per le famiglie, il disagio prodotto dalle modalità con cui si attua il reclutamento, e certamente i provvedimenti a cui accennava sono corretti e contribuiscono a semplificare e a rendere più agevole la selezione.
  Il tema però che a mio avviso, anche ascoltando le altre audizioni, è più rilevante per rispondere alla sua domanda, ossia se stiamo selezionando veramente i migliori, riguarda l'ultimo punto cui ha accennato, cioè la prospettiva di carriera, perché ciascun ragazzo, quando deve scegliere cosa fare nella propria vita, valutando le varie opzioni prova ad immaginare quali siano le prospettive. Pertanto, un meccanismo che prevede un anno, poi altri due, poi altri quattro forse è anche accettabile (la proposta del Generale Farina a mio avviso è migliorativa, ma comunque il percorso sarebbe anche accettabile) se si prospettasse un bivio nel quale nel primo caso entro in servizio permanente effettivo nel secondo non entro in servizio permanente effettivo, ma ho acquisito una serie di competenze e di abilità spendibili nel mercato del lavoro e non ho sprecato alcuni anni della mia vita, diventando più vecchio e meno in grado di collocarmi.
  Questo è il vero punto. Se al ragazzo che accede è prospettato uno scenario in cui in entrambi i casi può lavorare e portare a casa lo stipendio per favorire la propria famiglia, è una prospettiva interessante; se, invece, è una lotteria per cui nel caso non sia meritevole o non abbia le possibilità è da solo nel mercato del lavoro, con un'età più avanzata rispetto a quando ha iniziato il percorso e con delle competenze non Pag. 7spendibili, poiché non possiamo pensare che vadano tutti a fare la guardia giurata davanti alle banche, questo diventa un disincentivo anche per i migliori, perché preferiscono prospettive e percorsi più sicuri.
  Mi convince l'impianto delle cose che ha detto. In particolare porrei l'attenzione sull'ultimo aspetto, i percorsi formativi di acquisizione di capacità e di competenze durante il servizio di ferma permanente. Se, infatti, una persona dovesse a un certo punto anche volontariamente decidere che non era il suo lavoro per diverse ragioni che possono subentrare, perché uno si sposa, ha figli, quindi ha il disagio della sede di lavoro, se in quegli anni ha acquisito delle competenze che possono permettergli di entrare nel mercato del lavoro perché sa fare delle cose e non perché essendo stato militare bisogna trovargli un percorso protetto per forza, è meglio per tutti, perché le assunzioni con le quote protette non sono mai la soluzione migliore né per chi deve assumere, né per chi deve essere assunto.

  ANTONIO DEL MONACO. Grazie, Ministro, della sua relazione. Le sue prime parole sono state criticità e reclutamento dei graduati, che rappresentano i due terzi dell'intera Forza armata. Ha fatto anche riferimento all'età media che attualmente è un problema, ma lo sarà soprattutto in futuro perché tende a innalzarsi.
  Lei ha dato delle risposte alle possibili cause della rinuncia. Io posso dire che sicuramente uno degli elementi importanti per la rinuncia, per cui qualche famiglia si è indebitata per permettere ai propri figli di fare il concorso, è quella serie di certificati che si allegavano per raggiungere un certo punteggio per partecipare alle selezioni. Questo purtroppo creò una serie di difficoltà a livello territoriale (ho fatto una denuncia in tal senso) perché alcune organizzazioni facevano i famosi pacchetti dei certificati e vendevano un pacchetto completo a 5.000 euro.
  Ricordo che un anno, come presidente della Commissione VFP1, ho smascherato tutta l'organizzazione, denunciandola al ministero, e oggi c'è ancora un'inchiesta in atto e ci sarà un processo.
  Questo induceva tantissimi a rinunciare, perché era un costo elevatissimo. Molti di questi certificati sono stati eliminati, e questa è già un'ottima cosa.
  Lei ipotizzava di spostare le Commissioni, ma ho avuto esperienza in tal senso perché per dieci anni ho fatto parte di una Commissione itinerante quando come psicologo giravo Modena, la Nunziatella, Bologna, Viterbo eccetera per le selezioni, ed era una cosa importante, perché eravamo noi a muoverci, un piccolo gruppo che si muoveva. Quindi, questa potrebbe essere una soluzione importante.
  Tornando al discorso del reclutamento dei volontari, da parecchio tempo sto riflettendo sul fatto che il VFP1 ha due parametri negativi: da una parte è obsoleto, dall'altra è antieconomico, perché soprattutto se si ferma al primo anno il volontario, oltre a un addestramento di base con il modulo K, prima che possa arrivare in produttività rimane pochissimo tempo, mentre abbiamo investito su di lui con formazione, personale, energie e anche parte logistica, comprese le divise, per poi magari lasciarlo andare a casa.
  Chi come me ha i capelli bianchi ricorderà i volontari tecnico-operativi (VTO) perché all'epoca la caserma era un po’ come una piccola città, nell'ambito della quale erano internalizzate tante attività (elettricista, idraulico, caldaista). Oggi ne abbiamo ancora alcuni come personale civile, ma ci sono tantissime attività che possono essere utili sia all'organizzazione militare, sia all'esterno, nel momento in cui la persona va fuori, perché un VSP anziano che abbia una patente tecnica, una specializzazione, una motivazione in più, probabilmente lo utilizzo e vado a rimodulare la sua motivazione.
  Per me la riserva assoluta è importante, ma soprattutto ricordo gli ufficiali di complemento e quando, durante l’iter del corso, arrivavano le commissioni dei Carabinieri e incorporavano gli ufficiali dell'Esercito. Questo può avvenire alla fine del primo anno. Quindi, accorciamo i tempi e loro possono prenderseli, perché fanno una selezione in loco magari nelle scuole. Pag. 8
  Potremmo risolvere svecchiando e dando la possibilità a coloro che riteniamo vecchi di avere una professione da utilizzare sia all'interno che all'esterno dell'istituzione militare. Su questo sto cercando di mettere giù delle cose, per fare un eventuale provvedimento anche a livello parlamentare. Grazie.

  ROBERTO PAOLO FERRARI. Grazie, Ministro, della relazione. Come ha detto all'inizio della sua relazione, questa Commissione si sta occupando di molte tematiche relative al benessere e alla vita dei nostri militari, in quanto condividiamo con lei la convinzione che gli uomini e le donne delle Forze armate siano il bene più prezioso che il nostro strumento militare possiede.
  Questo si deve accompagnare alla giusta preoccupazione, nata dalle audizioni dei vertici degli stati maggiori, che se la carriera militare non riscuote più l'interesse dei giovani, dobbiamo porci un problema, anche perché dobbiamo garantire il futuro delle nostre Forze armate.
  Come ha evidenziato, probabilmente la tara si annida nell'attuale modello di difesa strutturatosi a partire dal 2000, con le riforme successive che hanno portato a un'età media dei graduati che supera i quarant'anni e che, se non nell'immediato, nel prossimo futuro sicuramente porterà ad una situazione di difficoltà, unita al pensionamento di molti marescialli nel prossimo quinquennio.
  Alcune di quelle che lei ha individuato come criticità e delle soluzioni che si stanno individuando trovano la nostra condivisione: nello specifico la riduzione dei costi, la possibilità di ripristinare su base regionale o macroregionale i Centri di selezione e, magari, di pensare a Centri di reclutamento per la creazione di quell’appeal cui faceva riferimento.
  Nella relazione che ha fatto ieri il Capo di stato maggiore dell'Esercito è emerso quanto sia preoccupante che anche coloro che si sono presentati alle prove e le hanno superate nelle prime settimane di arruolamento abbandonino la scelta fatta dinanzi alla dura realtà della nuova vita che hanno abbracciato. Quindi, non si tratta della proiezione dell'instabilità del loro futuro, ma del cambio di stile di vita rispetto a quello a cui sono abituati nella realtà civile, cosa che deve suonare come un campanello d'allarme.
  Per quanto riguarda la stabilizzazione e il cosiddetto «precariato» nella vita militare, considero positiva la proposta del Capo di stato maggiore dell'Esercito, Generale Farina, di allungare la possibilità di prima esperienza e stabilizzarla prima, quasi dimezzando i tempi rispetto alla situazione attuale. Dobbiamo però considerare che questo passaggio alla stabilizzazione è sempre un modello ad imbuto, che non permetterà mai al 100 per cento di coloro che sono inseriti come volontari in ferma prefissata di passare al servizio permanente effettivo.
  È fondamentale arrivare, se non al 100 per cento di prospettive di differente carriera per queste persone, a garantire comunque valide opportunità. Una è la riserva assoluta. In merito a questo, però, desidero porre una domanda: se è vero, come è vero, che questa è caldeggiata dalle Forze armate, è vero anche che è vista con maggior prudenza da parte delle Forze di polizia a ordinamento sia militare che civile. Mi riferisco anche alla specificità nella specificità, ad esempio, della Guardia di finanza, che invece cerca il reclutamento nel mondo civile proprio per la caratteristica peculiare della materia finanziaria.
  Per quanto riguarda, invece, i Carabinieri o le altre Forze di polizia a ordinamento civile, uno dei grossi problemi sottolineati era l'età di immissione, e sicuramente alcune delle proposte avanzate vanno nella direzione di porre rimedio anche a questa problematica.
  Sicuramente potrebbe essere interessante anche l'ipotesi ventilata dal collega Del Monaco di una selezione congiunta all'interno (non so se ho interpretato correttamente il suo pensiero) per far sì che già agli inizi possano essere individuate le persone più adatte a svolgere un'attività che riguarda principalmente l'ordine pubblico per quanto riguarda il servizio nell'Arma dei carabinieri e nelle altre Forze di polizia. Pag. 9
  Un altro aspetto, sottolineato da tutti, è quello del riconoscimento dei titoli e delle professionalità acquisite durante l'esperienza di vita militare nel mondo civile. Dalle audizioni che abbiamo svolto è emerso che, per quanto riguarda due Armi in particolare, Aeronautica e Marina, per alcuni si prospetta il profilo contrario, ovverosia che il mondo civile cerca queste professionalità e, quindi, impoverisce paradossalmente il nostro patrimonio umano formato all'interno del mondo militare. Sicuramente si può fin da subito, peraltro immagino con pochissimi oneri, instaurare rapporti con le regioni, visto che l'aspetto degli accordi è demandato al livello regionale, affinché i titoli formativi acquisiti siano spendibili nel mondo civile. Ecco perché questo è un elemento su cui sicuramente invitiamo il Governo a farsi immediatamente attore.
  Chiederei, infine, un ulteriore approfondimento e un chiarimento in merito a quanto da lei ventilato sulla possibilità di transito nelle carriere, vale a dire (se posso parafrasare), come ripeteva Napoleone, che nello zaino di ogni soldato c'è il bastone di maresciallo. Vorrei capire se questo è ciò che lei intendeva dire con la sua affermazione.
  Grazie.

  LUCA RODOLFO PAOLINI. Grazie, presidente.
  Essendo uno che sotto l'Esercito ha passato diciannove mesi, quattro di leva e altri quindici come ufficiale della Guardia di finanza, esperienza che ricordo come estremamente formativa e utile anche nella vita, posso testimoniare in prima persona che è un'esperienza utile.
  Nella relazione del Ministro, le cui affermazioni sono vere e in gran parte condivisibili, vi è un aspetto, quello dell'immagine, che non mi pare sia stato valorizzato, per cui chiedo se sia semplicemente sfuggito a questa sommaria analisi. In una società sempre più affascinata dall'immagine, quanto pesa nella carenza di motivazione di talune fasce giovanili il fatto che la figura del militare venga vista talora come un ripiego, come una cosa brutta, mentre così non è? Il militare degli anni Trenta, guerrafondaio e oppressore, è cosa assolutamente diversa dal militare che oggi opera nelle nostre Forze armate.
  Mi chiedo, inoltre, se non sia opportuno intervenire sulla stabilizzazione. Oggi, chi cerca un lavoro, soprattutto un giovane, è motivato dalla certezza. Non si può tenerlo nove anni in un limbo, senza sapere poi come finirà.
  Mi chiedo, da ultimo, se la nostra Difesa possa trarre spunto dalle modalità che usa un esercito molto forte, anche se in un contesto del tutto diverso. Mi riferisco all'esercito israeliano, lo Tzahal. Loro hanno una ferma di tre anni obbligatoria per tutti, però una volta che il giovane ha finito di servire l'esercito, salvo naturalmente necessità imprevedibili, quali eventuali guerre, nel qual caso cambia tutto lo scenario, lo Stato gli paga corsi universitari e formazione; insomma in qualche modo lo assiste nella vita futura, quindi naturalmente mette anche dei disincentivi alla fuga dal mondo militare al mondo civile, che riguarda, come diceva il collega Ferrari, soprattutto i piloti e i tecnici di alta specializzazione. Quindi, bisognerebbe disincentivare quel settore, che però non mi pare goda di particolari problemi di reclutamento del personale, proprio perché si acquisiscono competenze altamente spendibili nel mondo civile, motivo per cui poi la gente si sposta.
  Mi chiedo, dunque, se non sia opportuna anche una «offensiva mediatica» in modo tale da incentivare, soprattutto nel giovane, il rafforzamento dell'immagine del militare come carriera importante per la difesa dei valori costituzionali, civili e di solidarietà internazionale, che vediamo raffigurati plasticamente nei grafici che abbiamo tutti qui di fronte, in cui le nostre Forze armate sono tra le prime al mondo per qualità ed efficienza nel portare aiuti e difendere i più deboli e gli oppressi.
  Grazie.

  NICOLA CARÈ. Signora Ministro, prima di tutto vorrei congratularmi con lei per la relazione che ha portato in Commissione; una reazione eccellente, soprattutto per quanto riguarda quei punti dove ha specificato, effettivamente, sia i lati negativi sia le proposte per contrastarli. Pag. 10
  Io sono vissuto all'estero molti anni e credo che questo problema sia visto e vissuto anche dalle altre Forze armate. Mi fa piacere e sono orgoglioso di far parte di questa Commissione, perché effettivamente possiamo dare una svolta e un contributo per capire come e cosa si può cambiare.
  Desidero soffermarmi, in particolare, su un fattore che ho sentito ripetere spesso oggi dai miei colleghi, ovverosia il fattore appeal. Effettivamente, quando un giovane si avvicina alle Forze armate, inizialmente lo fa per due ragioni: l'avventura e lo spirito di cameratismo. Tutto questo, però, dopo un po’, dopo le prime avventure o disavventure, naturalmente si spegne. Poi, se si entra in una relazione con un partner o con la moglie, si hanno problemi di famiglia e subentra il fattore numero uno, che è il fattore di stabilità della loro carriera.
  Lei, prima, parlava di un terzo e due terzi; un terzo per quanto riguarda gli ufficiali e i sottufficiali, due terzi per quanto riguarda il contingente dei soldati. Ebbene, per quanto riguarda il contingente dei soldati, vi faccio questa domanda: si può pensare di aumentare il numero dei soldati? Effettivamente, se si prendono in considerazione tantissime cose, come, per esempio, la domanda di sicurezza interna con l'operazione «Strade sicure», dove si impiega una brigata che conta, mi pare, 7.000 soldati, o le calamità naturali che stanno affliggendo questo Paese sempre di più e che vedono impiegati i nostri soldati ad aiutare i civili, o le missioni all'estero, dove mi sembra vi siano mediamente 6.000-7.000 soldati tutti gli anni, ebbene, tenendo in considerazione tutto questo, vi faccio questa domanda: se vogliamo tenere il numero dei soldati, bisogna anche considerare che la stabilità viene da quello che succede nel futuro, ma nel nostro caso, una volta passati questi 9-10 anni, queste persone che cosa possono fare della loro vita? Che cosa hanno imparato nella loro carriera? Certo, se sono stati in missioni internazionali, hanno imparato le strategie militari e tante altre cose, ma se vogliono rientrare nel mondo del lavoro oppure intraprendere la carriera militare, il tutto si complica. Sarebbe opportuno, a mio giudizio, capire come intervenire per insegnare loro un mestiere, non tanto a livello universitario, ma un mestiere vero e proprio, come potrebbe essere, ad esempio, il cuoco o il meccanico. Se all'interno delle Forze armate si garantisse questo tipo di offerta, si potrebbe anche evitare di attingere personale dal mercato esterno, ma impiegare i nostri soldati.
  Se si garantisse ai nostri militari la stabilità, visto che inizialmente la fila di pretendenti scaturisce da questa voglia di avventura e da tutte le cose che lei giustamente prima ci ha relazionato, il contesto inevitabilmente tenderebbe a cambiare. Insomma, io credo che siano considerazioni che potrebbero essere valutate.
  Grazie.

  RENZO TONDO. Ringrazio il Ministro per la sua illustrazione, che non si può non condividere. La relazione del Ministro, infatti, pone temi che sono già stati raccolti negli incontri che ci hanno preceduto con i vertici delle Forze armate ed è in assoluta coerenza con l'impostazione che si è data, quindi condivido pienamente ciò che è stato illustrato.
  In questo anno, per me da neofita di questioni militari – di questo voglio ringraziare il presidente – ho avuto la possibilità, grazie al lavoro di attività conoscitiva che è stato svolto, di acquisire tre concetti fondamentali.
  Innanzitutto l'importanza delle Forze armate per il prestigio del Paese. Le missioni internazionali che abbiamo in giro per il mondo danno lustro all'Italia, il che è un fatto molto importante.
  Il secondo concetto è il tema della sicurezza. L'operazione «Strade sicure», ma non solo, è un elemento straordinariamente importante in questa fase storica del nostro Paese.
  Il terzo concetto, che conoscevo un po’ meno e che mi ha gratificato un po’ di più, è che il nostro sistema di innovazione e ricerca nel settore della difesa non è limitato solamente alla difesa, ma è una vera e propria start-up per tutto il sistema delle imprese, il che è assolutamente positivo e importante. Pag. 11
  Ebbene, se di questo siamo consapevoli, certo che il Ministro ne è assolutamente consapevole più di tutti noi, rimane una considerazione da fare: questa strategia fa sicuramente parte dell'attività di Governo, ma in che misura viene ritenuta qualificante e importante? Personalmente, adopero un metodo per distinguere le cose importanti da quelle meno importanti: la quantità di risorse che si mettono sui capitoli di spesa. Del resto, se consideriamo importante una cosa, la finanziamo; se la consideriamo meno importante, la finanziamo un po’ meno.
  Non intendo adesso entrare nel merito delle scelte del Governo, che mi sono sembrate contraddittorie in alcune occasioni, ma non è questo il tema di oggi e non voglio far polemiche, anzi voglio essere il più possibile costruttivo, ma mi pongo questa domanda: quanto il Ministro della difesa riesce, ovviamente nelle normali trattative e nelle normali questioni che riguardano le forze che ogni dicastero può avere all'interno del ministero, a rafforzare la finanziabilità di questi progetti? D'altronde, è evidente che, se vogliamo centrare gli obiettivi che il Ministro ci ha illustrato occorrono le risorse. Le nozze con i fichi secchi non le fa nessuno.
  Vorrei, pertanto, capire se ci sono le condizioni per mantenere un livello di finanziamento delle nostre attività che sia coerente con l'impostazione data; diversamente, dobbiamo avere il coraggio di dire che ci sono altre priorità, che magari anche ci sono, ma onestà intellettuale ci deve imporre di riconoscerlo.
  Due ultime considerazioni, e chiudo. Registriamo tutti che uno dei problemi che riguardano la mobilità interna è proprio la possibilità di fare carriera. Tutto vero, però dobbiamo partire dal presupposto che ci vuole anche la truppa. Non possiamo avere un esercito di soli generali. La truppa ci serve. Quindi, è evidente che non tutti potranno fare la carriera. Ho avuto modo di dirlo anche in un incontro con i sindacati: è evidente che ci vogliono gli sbocchi, ma sappiamo che gli sbocchi sono limitati rispetto agli ingressi, perché diversamente abbiamo una realtà che non è coerente con ciò di cui abbiamo bisogno.
  Vengo alla seconda e ultima considerazione, che non ha a che fare con l'ordine del giorno. Venendo dal Friuli, una terra che di servitù militari ne ha avute e ne ha ancora tantissime, mi rendo conto che il patrimonio dismesso è in progressivo deterioramento, ma questo avviene un po’ dappertutto. Sarebbe opportuno che, su questo aspetto, Ministro, si dia un'accelerata, perché ogni giorno che passa, ogni mese che passa sotto le intemperie, realtà che possono essere economicamente interessanti, anche per finanziare quei progetti di cui lei ci ha parlato, si deteriorano e perdono valore. Ho notizie e informazioni certe che in molte realtà non riusciamo, non per colpa del ministero, ma per colpa della burocrazia, a portare avanti quei progetti di cessione a privati o pubblici che sarebbero opportune sia per la dignità dell'immobile sia per la possibilità di incamerare quattrini, che poi servono a portare avanti i progetti che lei ci ha illustrato.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Pagani, per un'integrazione rispetto alla prima parte del suo intervento.

  ALBERTO PAGANI. Vi chiedo scusa se intervengo nuovamente.
  Stimolato dal dibattito, faccio un esempio che conosco abbastanza bene. A Ravenna, da dove vengo, c'è un distretto industriale importante nel settore off-shore per la ricerca e l'esplorazione di idrocarburi e una delle aziende più importanti, nota anche per aver sollevato il relitto della Costa Concordia, è un'azienda fondata, dopo la seconda guerra mondiale, da due incursori della Marina, che utilizzarono le loro competenze nelle attività subacquee per dare vita a questa impresa. Allo stesso modo, ci sono aziende che hanno utilizzato, in passato, ex militari soprattutto per attività subacquee, dimostrando che può esserci un passaggio dall'attività militare al lavoro civile anche molto specializzato. Ma quelli erano altri tempi.
  Oggi, con l'aumento della scolarizzazione, contano le capacità, ma contano Pag. 12anche i titoli, ovvero quei pezzi di carta che riconoscono queste capacità. Quindi, per poter favorire questo passaggio, riprendendo una considerazione precedentemente formulata dal collega Ferrari, un lavoro meticoloso e certosino di rapporto tra Forze armate e sistema della formazione civile, dunque scuola e università, ma in particolare scuola superiore e scuole professionali, istituti che rilasciano titoli abilitanti e riconosciuti, è un passaggio preliminare, che può tornare molto utile anche a costruire un percorso credibile di reclutamento che dia ampia possibilità di vita nel settore militare, ma anche in quello civile, con professionalità riconosciute e acquisite.

  PRESIDENTE. Do la parola alla signora Ministro per la replica.

  ELISABETTA TRENTA, Ministro della difesa. Provo a fare un discorso conclusivo che rimetta insieme alcune cose. Più o meno, mi sembra che ci sia stata una condivisione sull'analisi dei problemi e su quelle che possono essere le effettive risposte.
  Diversi di voi hanno dato rilevanza all'importanza del comunicare e all'importanza di come chi entra nella carriera militare è visto dall'esterno. Questo è un elemento che ho evidenziato nella mia relazione. Ho parlato sia dell’appeal che la carriera militare suscita nei giovani, sia dell'importanza di essere in grado di comunicare quale può essere il futuro. Questo perché, affinché una cosa susciti un certo appeal, io la devo conoscere. Questo riguarda anche l'immagine che si proietta all'esterno: se al militare viene associata l'immagine di chi sceglie quella strada perché non poteva fare nient'altro, è chiaro che non vengono attirati i migliori. Credo che questo sia un fattore importante.
  La proposta da noi avanzata di inserire nell'ambito della selezione un piccolo tirocinio che sia valutativo e anche formativo va proprio in questa direzione, perché è in quella fase che si conosce ciò che si farà dopo e le prospettive che si possono avere. Credo che anche questo sia molto importante, perché gran parte della motivazione, soprattutto nella fase iniziale, nasce proprio da quello. Poi c'è l'entusiasmo, c'è la voglia d'avventura, ci sono i film e tutto il resto. Quindi, è anche giusto dire che, nell'aumentare il numero dei centri di selezione, è opportuno che questi centri diventino anche centri di reclutamento. Mi sembra una buonissima idea per dare una spinta in più alla possibilità di avere luoghi dai quali parta una comunicazione verso l'esterno e che abbiano proprio l'obiettivo di comunicare com'è la Difesa oggi e che tipo di professionalità possono essere acquisite nella Difesa.
  Probabilmente si resta legati a un'immagine del militare che è ancora molto antica e che, invece, anche nei gradi più bassi può portare a stadi di specializzazione molto forti e innovativi, che in questa fase i giovani non percepiscono.
  Quando parliamo di nuove competenze per la Difesa, se ad esempio parliamo di essere hacker oggi, ritengo che i ragazzi di quattordici anni che non hanno mai studiato niente probabilmente siano già degli hacker, però non so se nella selezione cerchiamo quel tipo di professionalità. Quindi, credo che sia importante rivedere anche le modalità della selezione.
  So che ieri il Generale Farina ha parlato di un'indagine sociologica che deve essere fatta sui giovani; giustissimo, perché oggi i giovani sono diversi dai giovani di ieri, in quanto i giovani di oggi nascono come giovane digitali: i loro valori possono essere molto diversi, le loro capacità sono diverse da quelle sulle quali era basata la valutazione. Io credo – di questo non sono sicura, posso dire anche una sciocchezza – che ci sia un costante miglioramento del processo selettivo, ma se le cose non stanno andando bene forse bisogna intervenire per migliorare ancora di più e perfezionare le modalità con cui si compie lo screening dei ragazzi.
  Per quanto riguarda la finanziabilità del progetto, io credo che, intervenendo in modo adeguato, si possano conseguire dei risparmi. Ad esempio, se il militare lo caccio dopo un anno, perché dopo un anno non passa la prima rafferma, si perde tanto, dal momento che si perde tutta la spesa che è Pag. 13stata fatta in quell'anno e che è stata attribuita a quel singolo militare. Già allungare la prima rafferma a tre anni significa, a mio avviso, conseguire in un certo senso dei risparmi che naturalmente andrebbero calcolati e che poi potrebbero essere utilizzati per migliorare altri aspetti.
  Nello stesso tempo, ci sono attività, come quella di lavorare sul rafforzamento delle competenze, che possono essere condivise anche con altri ministeri. Del resto, quando parliamo di formazione, per il militare bisogna pensare ad una formazione continua, che è fatta di moduli formativi, di piccoli mattoncini, che debbono essere certificati. Questo è un lavoro che deve essere iniziato, che in realtà sta già iniziando, mettendo insieme le regioni (purtroppo il problema è che si parla con ogni singola regione) e le università per poter arrivare a comprendere quali competenze acquisite dal militare durante i primi anni del suo percorso possono essere certificate, per poi essere riversate e utilizzate proficuamente nel mondo del lavoro. Nel fare questo, siccome è nell'interesse del Paese, immagino che si possano utilizzare finanziamenti e fondi che vengono anche da altri ministeri. Ovviamente, queste sono idee. Non abbiamo fatto una valutazione di quanto possano costare le singole innovazioni e le singole attività.
  Per quanto riguarda il patrimonio dismesso, abbiamo molto intensificato il lavoro della task force infrastrutture, un lavoro che per portarlo avanti in maniera adeguata, quando si cede un bene della Difesa, è preferibile che ci sia già un accordo con il territorio su come questo bene possa essere riutilizzato. Quando si cede e basta, come è successo in passato, quel minimo di manutenzione e di gestione portato avanti dalla Difesa non viene più fatto. Mentre, se si lavora bene prima nello strutturare degli accordi, all'interno dei quali ognuno si assume le proprie responsabilità, allora si può arrivare a un risultato.
  Badate, questo risultato non porta, comunque, soldi alla Difesa, perché quello che arriva alla Difesa sono soltanto i minori costi. Non essendo più di proprietà il bene, ovviamente non lo deve più custodire, il che è sicuramente un vantaggio dal punto di vista dei costi, però non ci sono entrate, che poi potrebbero essere utilizzate per altri progetti.
  In alcuni casi, come sta succedendo a Bolzano, dove mi sono recata la settimana scorsa per visitare alcune palazzine, laddove le autorità locali abbiano le necessarie risorse, è possibile fare un accordo di programma e donare una caserma in un'area di particolare importanza per la regione o per la provincia, che in cambio, per lo stesso valore, costruisce per noi una caserma. Questo è un aspetto importante, considerato che le nostre caserme sono vecchie. Quindi, per la provincia è importante avere un'area di pregio, per noi è importante avere una caserma che sia adeguata alle esigenze e ai numeri di oggi, ragion per cui si crea questa occasione favorevole. Per ora, queste occasioni si sono presentate e sono andate a buon fine soltanto al Nord, ad esempio a Bolzano, ma anche a Trento, dove a breve chiuderemo un accordo. Io credo che si possa fare molto anche al Sud. Bisogna lavorare pensando anche alle opportunità che si possono creare con i fondi strutturali.
  Ad ogni modo, se volete e se vi interessa, posso chiedere al Generale Gambardella, che è il capo della task force, di venire qui a parlarne. È un altro tema, però credo che sia, anch'esso, molto importante, perché è legato al grande problema delle infrastrutture che decadono, alla motivazione dei militari, perché i militari non devono stare in infrastrutture cadenti, alla sicurezza del personale, ed al ruolo che la Difesa può avere a supporto di tutte le altre amministrazioni. È veramente un settore nel quale si vede il sistema Paese che può andare avanti insieme. Bisogna lavorare adeguatamente sui progetti e sulle idee.
  Con riferimento alla questione del transito nelle carriere, prima si diceva che diventano tutti marescialli. Visto quello che è successo con l'ultimo concorso, credo che ci debba essere sempre una gradualità nelle cose. Quindi, partiamo da quello che non funziona e poi troviamo la soluzione. Certamente, non è possibile che un graduato rimanga senza motivazione per 20-30 anni, per cui è quello il problema che adesso Pag. 14dobbiamo risolvere. Come, non lo posso dire oggi qui, però dico che per la dignità del lavoro e per la motivazione del lavoro è importante essere disponibili a rivedere anche le modalità attraverso le quali si può passare da una carriera all'altra, per poter dare ai migliori, ai più meritevoli la possibilità di una crescita. La indico come tendenza, in quanto adesso, ovviamente, non ho una soluzione.
  Sulla questione delle Forze di polizia e della riserva assoluta, sono ben consapevole che l'interesse dell'Arma dei carabinieri e delle Forze di polizia sarebbe quello di assumere persone ancora più giovani e di poter selezionare mediante parametri un po’ diversi, tuttavia credo che una soluzione fatta congiuntamente fin dall'inizio consentirebbe di rispondere a queste esigenze.
  Chiaramente queste sono tutte proposte, che poi occorre contemperare con le esigenze degli altri. Comunque, so che ci sono già contatti frequenti tra il Generale Farina e il Comandante Nistri in merito a questo tema e sono convinta che si possa trovare una giusta soluzione che metta tutti d'accordo.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Trenta per la disponibilità e ringrazio tutti gli intervenuti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.15.