XVIII Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 11 di Martedì 14 maggio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLO STATO DEL RECLUTAMENTO NELLE CARRIERE INIZIALI DELLE FORZE ARMATE

Audizione del Capo di stato maggiore dell'Esercito, Generale di Corpo d'armata Salvatore Farina.
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3 
Farina Salvatore , Capo di stato maggiore dell'Esercito ... 3 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 11 
Del Monaco Antonio (M5S)  ... 11 
Ferrari Roberto Paolo (LEGA)  ... 12 
Perego Di Cremnago Matteo (FI)  ... 12 
De Menech Roger (PD)  ... 13 
Deidda Salvatore (FDI)  ... 13 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 13 
Farina Salvatore , Capo di stato maggiore dell'Esercito ... 13 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 13

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANLUCA RIZZO

  La seduta comincia alle 14.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Capo di stato maggiore dell'Esercito, Generale di Corpo d'armata Salvatore Farina.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sullo stato del reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate, l'audizione del Capo di stato maggiore dell'Esercito, Generale di Corpo d'armata Salvatore Farina.
  Saluto e do il benvenuto al Generale Farina, che ringrazio per la sua presenza all'incontro di oggi.
  Il Generale Farina è accompagnato dal Generale di brigata Gaetano Lunardo e dal Colonnello Massimiliano Quarto.
  Ricordo che dopo l'intervento del Generale Farina darò la parola ai colleghi che intendano porre domande o svolgere osservazioni. Successivamente, il Generale potrà rispondere alle domande poste. Chiedo ai colleghi, pertanto, di far pervenire fin da ora al banco della Presidenza la propria iscrizione a parlare.
  Do quindi la parola al Generale Farina.

  SALVATORE FARINA, Capo di stato maggiore dell'Esercito. Grazie, onorevole presidente e onorevoli deputati. Desidero innanzitutto portare il saluto degli uomini e delle donne in uniforme e quello mio. Io ho il privilegio e l'onore di comandare il personale militare e anche quello civile in servizio nella Forza armata, personale che svolge con diuturno sinergico impegno il proprio dovere sia in patria, sia all'estero.
  Ringrazio sinceramente le Signorie Loro per l'opportunità concessami di presentare un quadro di situazione sul reclutamento nelle carriere iniziali del personale militare dell'Esercito, tematica che sappiamo riveste un'importanza strategica e per la quale ritengo occorra intraprendere con immediatezza concrete iniziative volte a garantire il superamento di alcune criticità che si sono manifestate negli ultimi anni. L'obiettivo che ci poniamo è quello di recuperare l’appeal verso le carriere iniziali nella Forza armata, e direi nelle Forze armate, salvaguardando lo standard operativo necessario ad assolvere con pieno successo tutti i compiti istituzionali che sono assegnati a noi.
  Ciò premesso, necessario punto di partenza per l'individuazione delle possibili soluzioni è rappresentato dal modello di riferimento indicato dal legislatore, ovvero il volume delle dotazioni organiche previsto per legge.
  Ricordo che con la legge n. 331 del 2000 è stata sancita la completa professionalizzazione delle Forze armate, prevedendo un volume organico di 190.000 unità complessive, di cui 112.000 nell'Esercito italiano.
  Nel corso degli anni successivi si è, però, registrato un progressivo e significativo contenimento di tale volume, che è stato ridotto per l'Esercito prima a 100.211 unità a seguito della cosiddetta spending review, operata con la legge n. 135 del 2012, e poi a 89.400 sulla base della legge n. 244, sempre Pag. 4 del 2012, obiettivo da conseguire entro il 31 dicembre del 2024. Si tratta di una contrazione complessiva di 22.600 unità in poco più di dodici anni, a fronte di un trend invece nettamente positivo per il personale delle Forze di polizia, inclusa l'Arma dei carabinieri.
  Da tale processo riduttivo non è stato escluso il personale civile, peraltro, i cui volumi organici per la Difesa sono stati ridotti da 27.000 a 20.000 unità, determinando un taglio di quello impiegato nell'Esercito pari a circa 2.700 unità, pari a una riduzione per il personale civile dell'Esercito del 28 per cento circa.
  In tale contesto corre l'obbligo di evidenziare che l'Esercito individua la tipologia di personale da reclutare e i moduli di alimentazione annuali funzionali al conseguimento dei volumi organici fissati dalla legge sulla base delle risorse disponibili, dell'andamento delle consistenze effettive del personale, delle esigenze funzionali e delle priorità operative. In particolare, le professionalità da immettere nei ruoli sono identificate attraverso un'attenta analisi delle capacità che lo strumento militare terrestre deve esprimere in relazione ovviamente ai suoi compiti istituzionali, così come per le altre Forze armate, ovvero, per l'Esercito in particolare: la difesa del territorio, la difesa degli spazi euroatlantici, il supporto alla pace e alla sicurezza internazionale e il supporto in caso di pubbliche calamità.
  Al riguardo, la legge n. 226 del 2004, nell'anticipare al 1° gennaio 2005 la sospensione del servizio militare obbligatorio, ha introdotto le figure di volontario in ferma prefissata VFP1 in sostituzione di quella del volontario in ferma annuale e del volontario in ferma quadriennale VFP4, istituendo anche questa in luogo del volontario in ferma breve, confermando la figura del volontario in servizio permanente già prevista dal decreto legislativo n. 196 del 1995.
  Pertanto, con la sospensione della leva e l'introduzione dei militari di professione, l'Esercito italiano, come peraltro le altre Forze armate, ha basato la propria politica di reclutamento nella categoria dei graduati e dei militari di truppa su un doppio binario.
  Il primo, esterno, aperto a tutti i candidati civili in possesso dei requisiti prescritti dalla legge è volto a dare nuove leve alla Forza armata attraverso la figura dei volontari in ferma prefissata di un anno. Il secondo percorso è volto a valorizzare all'interno le risorse già esistenti nella Forza armata, ricorrendo alla cosiddetta autoalimentazione dei ruoli. Nello specifico, mi riferisco al personale che, dopo avere svolto un congruo periodo a connotazione operativa, tramite concorsi interni può accedere a ruolo e categoria superiore con lo svolgimento di incarichi più tecnici e di maggiore responsabilità.
  In sintesi, il processo di autoalimentazione dei ruoli prevede la possibilità della mobilità interna, cioè di alimentare diverse categorie di personale attraverso una sorta di circuito di vasi comunicanti e anche per riserva di posti che, partendo dal volontario in ferma prefissata, dà accesso attraverso passi successivi finanche alla categoria ufficiali, consentendo così di gratificare i più meritevoli e salvaguardare le legittime aspettative di quanti hanno proficuamente operato nella Forza armata e per il bene del Paese; ciò anche al fine di garantire che gli investimenti fatti in termini di addestramento, professionalità ed esperienza acquisita sul campo non vadano dispersi, ma capitalizzati per impegni futuri.
  Di questo noi siamo molto orgogliosi, perché ci sono tanti volontari VFP4, e poi in servizio permanente, che passano alla categoria dei sottufficiali o anche direttamente alla categoria ufficiali con grande successo e grande merito. Di questo siamo veramente orgogliosi.
  Pertanto, sulla base del confronto tra i volumi organici previsti dalla legge n. 244 del 2012, 89.400 unità, e le attuali consistenze degli effettivi, che si attestano a 95.104 unità, è possibile formulare da subito tre principali considerazioni sulle carriere iniziali del personale.
  Le dotazioni organiche previste per i volontari in servizio permanente e dei volontari a ferma prefissata di uno o quattro anni sono state pressoché conseguite in Pag. 5netto anticipo rispetto alla fine del 2024. Poi, è necessario calibrare attentamente i reclutamenti nella categoria VFP4 a causa dell'esigua possibilità di transito tra questi e quelli in servizio permanente.
  La combinazione dei due precedenti fattori di fatto determina nell'ambito del ruolo dei graduati un'ampia presenza di personale over-40, oggi circa 15.200 graduati in servizio permanente, cioè il 36 per cento sul numero complessivo di 41.330, con la previsione di raggiungere in assenza di provvedimenti ad hoc la soglia di ben 32.000 over-40, cioè il 77 per cento del personale previsto nel ruolo nei prossimi sei anni, cioè entro il 2025.
  Ciò rende necessaria un'approfondita riflessione sull'opportunità di prevedere che una congrua aliquota di personale anziano possa essere posto, ai fini del computo delle dotazioni organiche, sebbene anche transitoriamente, in posizione extra numerica.
  L'elevata età media dei graduati appare, infatti, in antitesi con la professione delle armi caratterizzata, come noto, da uno stress psicofisico particolarmente elevato, visto che il soldato deve operare in scenari sempre più frequentemente caratterizzati da condizioni climatiche avverse, a volte estreme, e condizioni ambientali che richiedono idoneo profilo sanitario. Inoltre, sono sotto gli occhi di tutti gli intensi e frequenti turni di impiego, recupero, addestramento e approntamento del personale, con il risultato che la contrazione numerica dello strumento comporta livelli di logorio del nostro personale oggi molto elevati.
  Mentre vi sto parlando, ad esempio, la Forza armata impiega oltre 19.000 militari 24 ore su 24 in operazioni in stato di prontezza per intervenire in tempi ridottissimi. Ciò impone un'approfondita riflessione sull'opportunità di prevedere degli strumenti e dei meccanismi che mitighino gli effetti indotti dal processo di invecchiamento della Forza armata. Se a un giovane di vent'anni o di venticinque anni, si possono chiedere una turnazione e uno stress conseguenti all'impiego operativo assai frequente e assai importante, è più difficile chiederlo a un padre di famiglia, a una madre che ha 40-45 anni e con dei figli.
  In particolare, l'obiettivo perseguito dalla Forza armata è, stando così le cose, la valorizzazione della categoria dei VSP, prevedendone l'impiego in incarichi di staff e tecnico-amministrativi, normalmente indicati per personale più esperto e in possesso di un profilo professionale più strutturato, creando in questo modo un vero e proprio circuito virtuoso che vede il volontario più anziano partecipare all'autoalimentazione dei ruoli, delle categorie e degli incarichi superiori in ambito Forza armata, essere impiegato con mansioni di valenza maggiore ed essere idoneo, pertanto, e in prospettiva futura, anche a ricollocarsi, ma sempre su base volontaria, cioè che egli stesso lo voglia, nei ruoli del personale civile della Difesa, ovvero in quelli di altre amministrazioni pubbliche dello Stato nonché, previa formazione ad hoc e incentivi e sgravi fiscali, nelle grandi aziende a partecipazione statale.
  Con specifico riferimento alle categorie e alle carriere iniziali, devo preliminarmente evidenziare che, sulla base delle dotazioni organiche previste per legge e sulla base delle attuali consistenze degli effettivi negli ultimi anni, sono stati banditi concorsi per il reclutamento nell'Esercito pari a 8.000 unità all'anno per i VFP1 e 1.200 all'anno per i VFP4. Tali obiettivi reclutativi non sono stati garantiti per il personale VFP1, per il quale si è registrato negli ultimi tre anni un trend negativo.
  Dal 2016, infatti, a fronte di un numero pressoché costante di domande presentate per la partecipazione ai concorsi, di solito all'incirca 50.000 per gli 8.000 posti disponibili all'anno, si assiste a un numero considerevole di mancate presentazioni degli aspiranti presso i centri di selezione, che sono passate dal 20 per cento del 2013 al 63 per cento del 2018, toccando anche una punta nel 2017 del 65 per cento.
  Le mancate presentazioni minano, ovviamente, il raggiungimento degli obiettivi del reclutamento e pregiudicano il mantenimento degli standard operativi richiesti per le unità della Forza armata. Le cause principali del fenomeno che sono state individuate paiono poter essere ascritte alla mancanza di certezza in termini di prospettive Pag. 6 di carriera, a costi affrontati per sottoporsi alla stessa selezione (viaggio e spese varie), al trattamento economico di base, che, una volta entrati e idonei, sebbene dignitoso, circa 1.000 euro netti al mese, non risulta stimolante in modo sufficiente e verosimilmente tenderà a esserlo ancor meno in futuro.
  Inoltre, il fenomeno si è intensificato con il venir meno della riserva assoluta di posti nelle categorie e carriere iniziali delle Forze di polizia, il cosiddetto patentino, venuto meno nel 2016. È proprio da allora, infatti, che il trend è calato. Di fatti, a fronte degli attuali bandi di concorso, che consentono al momento il passaggio nel ruolo dei VFP4 di soli, come detto, 1.200 VFP1 all'anno, a oggi gli esclusi non possono più contare sulla riserva assoluta dei posti nelle carriere iniziali delle Forze di polizia, né sull'effettiva riserva di posti prevista per legge in concorsi nelle altre amministrazioni pubbliche, che risultano sempre più frequentemente inadempienti, facendo decadere l'interesse poi del passaggio attraverso la Forza armata.
  Proprio nel 2016, a fronte di circa 7.000 posti a concorso, sono stati arruolati poco più di 5.300 VFP1 – è stato l'anno più critico – un gap reclutativo che in misura ridotta si è ripetuto nell'ultimo biennio.
  Tale fenomeno rappresenta una novità assoluta. Solo sei anni prima, nel 2012, venivano reclutati 12.000 militari su 12.000 posti a concorso, quindi venivano riempiti ben più di 8.000 posti e tutti venivano occupati.
  La principale causa è, quindi, da attribuire al venir meno delle certezze in termini di prospettive di carriera, limitate non solo dall'abolizione del citato patentino, ma anche dalla riduzione generale delle dotazioni organiche per tutte le categorie dettate dalla legge n. 244 del 2012.
  Di fatto, i continui processi di razionalizzazione dello strumento militare sottesi ai prefati provvedimenti di natura ordinativa, prevedendosi significative contrazioni dei volumi anche dei VSP, hanno comportato tra l'altro una rilevante limitazione nelle progressioni di carriera dai VFP1 ai VFP4, e quindi ai VSP, constatando a oggi il passaggio di soli 1.200 VFP1 all'anno, nel ruolo dei VFP4, a fronte dei circa 1.600 per esempio previsti nel 2010, e di circa 1.000 VFP4 all'anno nel ruolo dei VSP, a fronte dei circa 3.350 previsti sempre nel 2010. È una combinazione di fattori, questa, che ha indubbiamente inciso sull’appeal del concorso per diventare volontari in ferma prefissata di un anno.
  Inoltre, analizzando il fenomeno in maniera sistemica, è chiaro che la collettività nazionale sta vivendo, sotto gli aspetti sia quantitativo sia qualitativo, profondi mutamenti. È in atto, come noto, un calo demografico, che sta diventando sempre più marcato. Secondo i dati resi noti dal rapporto ISTAT 2018, l'Italia negli ultimi nove anni ha registrato un calo costante nell'andamento demografico, arrivando a toccare il minimo storico di circa 464.000 nascite nel 2017, dato disponibile più recente, collocandosi al secondo posto nella classifica dei Paesi più vecchi del mondo, con un'età media della popolazione di 46 anni. Ci precede solo, come noto, il Giappone. La situazione induce a pensare che il potenziale bacino di candidati sarà ancor più limitato in futuro.
  Parallelamente, da un punto di vista qualitativo, la nostra società sta vivendo un mutamento dei modelli educativi che comporta una certa difficoltà dei giovani a confrontarsi con l'autorità e ad adattarsi a uno stile di vita più rigoroso, più disciplinato.
  A tal proposito, vorrei evidenziare l'acuirsi quasi raddoppiato negli ultimi anni del fenomeno del personale che, arruolato e affluito nel reggimento e addestramento volontari, presenta le proprie dimissioni nei primi quindici giorni di corso senza avvenimenti particolari, venendo di fatto prosciolto senza ulteriori obblighi di ferma. Tale dinamica, osservandola, è verosimilmente da correlare alle caratteristiche di una parte delle giovani generazioni, non abituate a un regime di vita ordinato e disciplinato.
  Dall'analisi dei questionari a cui sono stati sottoposti i dimissionari – abbiamo sottoposto gli stessi dimissionari a dei questionari per vederne le ragioni – emerge Pag. 7che le ragioni principali degli abbandoni siano da ascrivere alla difficoltà di abituarsi ai nuovi ritmi di vita, agli orari di servizio, alla lontananza dagli affetti, all'impatto con le regole militari e al disagio legato alla mancanza di tutti i comfort.
  In merito alle mancate presentazioni alle prove concorsuali, sono state intraprese specifiche iniziative dallo stato maggiore dell'Esercito mirate a contenere il fenomeno e a invertire il trend negativo dei reclutamenti VFP1. Di concerto con le altre Forze armate e con la Direzione generale del personale militare, abbiamo già effettuato attuato alcune misure volte a ridurre i costi a carico dei concorrenti, ad agevolare la partecipazione ai concorsi anche attraverso la riduzione dei titoli di merito acquisibili nel mercato formativo al fine di agevolare le famiglie meno abbienti.
  Sono stati eliminati, ad esempio, patenti equestri, attestati di guida alpina, brevetti di nuoto e salvamento, porto d'armi e altro. Abbiamo previsto la somministrazione di vitto a tutti i candidati convocati presso i centri di selezione, l'introduzione di un protocollo sanitario unico, che ha consentito di standardizzare l'elenco della documentazione da presentare per tutti i concorsi, nonché l'adozione della certificazione sanitaria unica, consistente in un'attestazione rilasciata al candidato idoneo alle prove selettive, che può essere utilizzata entro un anno dal rilascio in tutti gli omologhi concorsi in tutte le Forze armate.
  Ancora, c'è la possibilità di differire a nuova data la convocazione dei candidati che presentano la documentazione non completa; l'eliminazione del punteggio minimo all'idoneità alle prove fisiche, questo considerando che poi la crescita delle performance fisiche può avvenire nell'addestramento; la pubblicazione delle graduatorie solo al termine dell’iter concorsuale al fine di non scoraggiare il concorrente in posizione non ritenuta da egli stesso idonea; l'incorporamento degli stessi idonei non vincitori delle altre Forze armate che sono sovrannumero, idonei ma non iscritti e reclutati, reclutandoli o incorporandoli previo consenso delle Forze armate stesse in cui avevano fatto il concorso; una capillare attività di informazione presso le scuole; il contatto diretto con i candidati attraverso contatti telefonici e con i mezzi di comunicazione.
  Tali misure, pur positive, non si sono però rivelate sufficienti a risolvere e a garantire il pieno conseguimento degli obiettivi di reclutamento, prefissati cioè in 8.000 unità all'anno. Abbiamo fatto dei progressi, naturalmente. A oggi, infatti, i risultati non sono stati in linea con le nostre aspettative, e pertanto, per il tramite dello stato maggiore della Difesa, si sta conducendo un'indagine sociologica volta a capire nel dettaglio. Le ragioni di questa disaffezione sono comuni anche ad altre Forze armate.
  Inoltre, con lo spirito di superare le criticità reclutative presenti, il personale dell'Esercito, di concerto con quello delle altre Forze armate e con i rappresentanti dello stato maggiore della difesa, sta preparando ogni possibile soluzione volta a omogeneizzare le procedure per le fasi concorsuali tra le diverse Forze armate.
  L'uomo e la donna rappresentano per noi, per l'Esercito, l'elemento centrale. A loro, infatti, è devoluta la scelta di intraprendere la professione delle armi, professione impegnativa, che impone all'individuo e molto spesso, come ho detto prima, alle famiglie, sacrifici, privazioni e rigore di vita. La complessità della sfida che il personale militare deve quotidianamente fronteggiare si sostanzia nel garantire il giusto bilanciamento tra gli oneri relativi ai compiti istituzionali da assolvere e le esigenze individuali e familiari.
  In tale quadro, l'attrattività di una professione rispetto a un'altra dipende da molteplici fattori legati alle opportunità di lavoro, al contesto sociale in cui si vive e anche alle caratteristiche socioculturali correlati all'area geografica di appartenenza.
  In merito, appare necessario investire nei seguenti ambiti per rendere maggiormente appetibile la professione militare e le carriere iniziali. Questi ambiti e questi interventi concernono: l'incremento della considerazione della professione militare da parte dell'opinione pubblica, e questo è un impegno comune a tutti; la possibilità di progressione di carriera ed economica; la Pag. 8sicurezza del mantenimento del posto di lavoro una volta entrati (maggiore è la sicurezza di poter raggiungere e conseguire posti di lavoro, maggiore è l’appeal); l'aspettativa di un lavoro stimolante, avvincente e gratificante; l'acquisizione di titoli professionali e di studio certificati che eventualmente possano essere spendibili all'esterno delle Forze armate; la possibilità concreta di inserimento nel mondo del lavoro se si decide liberamente di non raffermarsi o se non si raggiunge la stabilizzazione, ovvero il transito nel servizio permanente nel comparto difesa e sicurezza.
  Ritengo, quindi, che la situazione tratteggiata imponga l'esigenza di rivedere, e ribadisco rivedere, l'attuale quadro normativo, adottando con immediatezza misure idonee a favorire la valorizzazione nonché la rivitalizzazione dei ruoli del personale reclutato nelle carriere iniziali delle Forze armate e dell'Esercito.
  È necessario affrontare le criticità individuate con interventi normativi urgenti finalizzati a contemperare il mantenimento di uno strumento efficiente, pienamente rispondente alle esigenze operative e rispondente alle aspettative dei giovani, naturalmente orientati verso prospettive lavorative caratterizzate da maggiore consapevolezza e certezza per il proprio futuro.
  In tale contesto, l'Esercito punta a realizzare un nuovo modello di reclutamento, volto a conseguire il duplice obiettivo di ringiovanire parte dello strumento militare e colmare il gap di alimentazione in atto. A tal fine, risulta ormai ineludibile investire su una nuova figura di volontario, una ferma pluriennale, attualmente allo studio, che potrebbe essere strutturata in un arco temporale indicativo di tre anni più altri tre anni, cioè 3/6 anni, in grado di garantire contemporaneamente un maggiore appeal basato sulle concrete possibilità di progressione nel comparto difesa e sicurezza e/o di effettiva ricollocazione in altre amministrazioni pubbliche dello Stato o nel settore privato; un adeguato ritorno per la Forza armata in termini di capacità operativa spendibile per un periodo di impiego del singolo più lungo, cioè anziché un anno, certezza tre anni più eventuali tre.
  Nello specifico, il mio stato maggiore ha sviluppato uno studio che sarà proposto allo stato maggiore della Difesa. Lo studio è basato sulle seguenti ipotesi.
  La prima ipotesi è il superamento della figura del VFP1 e del VFP4 mediante l'introduzione di un volontario in ferma pluriennale il cui percorso preveda una prima ferma di tre anni e la successiva possibilità per 1.700 di loro, non più 1.200 come adesso, di passare e accedere previo superamento di un concorso interno a un'ulteriore ferma di tre anni, per complessivi 6 anni, al termine dei quali il servizio permanente avverrebbe in maniera automatica; quindi anziché avere un passaggio di circa 1.200 in servizio permanente all'anno, avremmo un passaggio già di 1.700, e questo è un incremento non trascurabile.
  La seconda ipotesi è un modulo di alimentazione teorico all'anno che, anziché essere di 8.000 unità, viene ridotto a circa 6.000 unità all'anno. Raffrontando il modulo di ingresso con l'aspettativa di entrare in servizio permanente, avremmo gli 8.000 contro i 1.200 di prima a fronte degli attuali proposti, 6.000, in rapporto ai 1.700.
  In sintesi, con l'ipotesi allo studio, il nuovo VFP3/6 dell'Esercito avrebbe un indice percentuale di stabilizzazione nei ruoli del servizio permanente del comparto Difesa di circa il 30 per cento, uno su tre, a fronte dell'attuale, 13 per cento, uno su otto; una possibilità di transitare nel comparto sicurezza del 20 per cento, a fronte dell'attuale 14 per cento; un periodo predeterminato fisso in ferma prefissata di soli sei anni, a fronte di quello attualmente in atto di durata variabile dai cinque agli undici anni, con delle incertezze che portano l'individuo ad arrivare eventualmente a undici anni di servizio per poi non essere stabilizzato.
  Per il restante personale non stabilizzato nel comparto difesa e sicurezza, verosimilmente in possesso di un'età media non superiore ai 23 anni, sarebbero previsti un premio di congedamento, ovvero bonus scolastici, e percorsi formativi ad hoc, mirati a certificare competenze e professionalità utili per l'effettivo ricollocamento in Pag. 9altre amministrazioni pubbliche dello Stato o nel mondo del lavoro nel settore privato.
  Questi titoli sarebbero da conseguire nel corso di una specifica fase di transizione di previsto svolgimento alla fine della ferma, ovvero nella fase finale del terzo anno di servizio, con l'auspicio che nei costituendi centri di impiego individuati dal Governo per agevolare l'occupazione in Italia possano operare anche rappresentanti delle Forze armate con lo scopo di moltiplicare le possibilità di inserimento nel mondo del lavoro dei nostri giovani volontari che hanno servito in uniforme la Patria senza demerito per un periodo minimo di tre anni.
  Inoltre, per conferire maggiore dignità e riconoscimento al ruolo più impegnativo richiesto ai nuovi VFP3/6, risulta doveroso prevederne l'allineamento al trattamento economico attualmente previsto per i VFP4, passando da uno stipendio base netto alla mano di circa 1.000 euro a circa 1.250 euro.
  Abbiamo calcolato che questo nuovo modello contemplerebbe, pertanto, un costo complessivo medio annuo, per il solo periodo transitorio, per circa 10-15 anni, e poi dopo va a degradare e viene annullato, di circa 80 milioni di euro. Questa sarebbe una spesa aggiuntiva rispetto all'attuale modello, senza considerare le significative economie che ci sono, e sono molte, derivanti da minori costi per la selezione e per l'addestramento: anziché ripetere l'addestramento continuativo ogni anno, lo faremmo per meno persone, e quindi ci sarebbe un risparmio notevole. I costi iniziali del nuovo modello afferenti al periodo di transizione andranno ad azzerarsi nel medio e lungo termine, come detto, ove si consolideranno per contro le economie sopramenzionate realizzate sia nella selezione sia nell'addestramento.
  Infine, per continuare a salvaguardare l'aspetto motivazionale, che consideriamo essere alla base di uno strumento militare efficace, ma soprattutto di un'organizzazione vincente per i giovani avviati alle carriere iniziali dell'Esercito, stiamo valutando di ampliare al massimo le riserve dei posti già previsti nei concorsi e titoli ed esami per il transito nei ruoli e categorie sovraordinate a quelle delle carriere iniziali, cioè nell'ambito dell'Esercito.
  Pertanto, il nuovo modello delineato garantirebbe: una maggiore certezza di sviluppo di carriera nel comparto difesa e sicurezza grazie a una percentuale di transito nei ruoli in servizio permanente pari a circa il 50 per cento dei giovani VFP3, mentre oggi la possibilità per i VFP1 è solo del 27 per cento per l'Esercito; un periodo di ferma prefissata, non correttamente indicato come precariato, ma che si ritiene comunque imprescindibile in termini formativi, esperienziali e valoriali, per svolgere la professione del soldato, di fatto, che verrebbe quasi dimezzato, solo sei anni rispetto alla durata attuale che invece arriva fino a undici anni; un'esigenza dimezzata, come detto, da 6.000 a 3.000 unità all'anno in termini di ricollocamento, e questo è un dato importantissimo.
  Dunque, se oggi ogni anno dobbiamo ricollocare 6.000 persone, con questo modello ne dovremmo ricollocare solo 3.000 all'anno.
  Si sottolinea l'importanza non marginale dell'età media, che sarebbe non superiore ai 23 anni per i VFP3 eventualmente interessati alle politiche e procedure del ricollocamento nel mondo del lavoro.
  Occorre poi considerare anche gli standard qualitativi più alti dei nuovi reclutati dovuti sia alla disponibilità di un bacino più ampio, grazie all’appeal sicuramente maggiore della figura nuova di VFP3/6, sia al rapporto favorevole con il numero di posti a concorso, 6.000, come detto, anziché 8.000.
  Vi sarebbero poi significative economie di scala da imputare a minori costi per selezione e addestramento e, non ultimo, l'impatto positivo per rivitalizzare il ruolo del personale in servizio permanente che determinerà un abbassamento dell'età media dovuto alla possibilità dei VFP di transitare in maggior numero nel ruolo dei volontari in servizio permanente.
  La formula vincente che rintracciamo in questo modello deve tradursi nella consapevolezza che servire la patria in ferma pluriennale quale volontario nella Forza armata o nelle Forze armate corrisponde a Pag. 10una carriera militare nelle Forze armate, nelle Forze di polizia, nell'amministrazione pubblica, ovvero assicura l'acquisizione di una preparazione certificata per l'eventuale successivo inserimento nel mondo del lavoro.
  Oggi, è fondamentale fornire ai potenziali candidati solide aspettative occupazionali, e in tale quadro riteniamo che debba essere rivalutata la necessità di ripristinare la riserva assoluta dei posti nei concorsi per l'accesso al comparto sicurezza per i volontari congedati senza demerito, o quantomeno prevedere di agire in via incrementale innalzando, per tutte le Forze di polizia e carabinieri, fino all'80 per cento le attuali percentuali per la riserva dei posti nella carriera iniziale.
  Nel modello allo studio, e questo è molto importante, il personale militare idoneo al transito a queste Forze di polizia accederebbe all'età massima di 23-24 anni, a fronte degli attuali 29. Questo è un altro beneficio molto importante per coloro che poi accolgono e selezionano. Inoltre, la selezione del personale, e questa è una sinergia, una misura armonica che abbiamo condiviso con il Comando generale dell'Arma dei carabinieri, avverrebbe anche in modo congiunto e consentirebbe di realizzare sinergie nel settore della selezione ed economie di scala ai fini del reclutamento.
  È questo un modello strutturato in grado di garantire l'assolvimento dei compiti istituzionali, mitigare le criticità correlate al fenomeno dell'invecchiamento della Forza armata, contenere le conseguenze del necessario imprescindibile periodo di ferma prefissata, elemento fondamentale per garantire una Forza armata giovane, e incrementare, come già detto nel mio intervento, l’appeal sulla base delle maggiori opportunità di progressione di carriera nel comparto difesa e sicurezza.
  Naturalmente, dovranno essere contestualmente implementate specifiche politiche di sostegno al ricollocamento del personale congedato nelle altre amministrazioni pubbliche dello Stato e nel settore privato. A similitudine di quanto avviene nelle altre Forze armate dei principali Paesi esteri, con riferimento a Francia, Germania e Regno Unito, si potrebbe pensare all'istituzione di un'agenzia nazionale per il ricollocamento con sportelli presenti presso tutte le unità delle Forze armate. Tale agenzia sarebbe deputata a gestire in favore del personale interessato sia la fase di transizione incentrata sulla preparazione finale mirata al reinserimento nel mondo del lavoro, sia la concreta acquisizione di un nuovo impiego. Ciò a fronte di uno sforzo economico sicuramente contenuto. Ciò produrrebbe numerosi vantaggi in termini di dignità verso i nostri soldati e di efficienza operativa della Forza armata.
  Nell'avviarmi alla conclusione, desidero evidenziare alcuni ulteriori aspetti di rilievo che giudico funzionali al conseguimento del succitato duplice obiettivo, ritenendo che sia più che mai auspicabile un aumento delle dotazioni organiche della truppa che permetta alla Forza armata di superare senza criticità un periodo transitorio caratterizzato dalla rilevante presenza di graduati over-40, e in particolare, ove non fosse perseguibile ciò, incrementare le dotazioni organiche della categoria graduati e militari di truppa di 10.000 unità.
  Per far questo, sarebbe vitale differire dal 31 dicembre 2024 al 31 dicembre 2034, cioè per dieci anni, il termine entro il quale conseguire le dotazioni organiche previste dalla citata legge n. 244 del 2012. Si tratterebbe, tradotto in parole povere, reclutare 1.000 uomini e donne in più all'anno per dieci anni.
  Un'altra misura che giudichiamo auspicabile è un aumento delle percentuali attualmente previste per la riserva dei posti nei concorsi ad altre amministrazioni pubbliche, incluse quelle locali, con particolare riferimento all'alimentazione delle polizie locali per il personale delle Forze armate congedatosi senza demerito, prevedendo specifiche sanzioni per le amministrazioni inadempienti, con modifiche all'articolo 1014 del codice dell'ordinamento militare.
  C'è poi l'imputazione degli oneri relativi agli accertamenti medici per il reclutamento interamente a carico dell'amministrazione della difesa, e l'istituzione di un Pag. 11premio di congedamento per un periodo determinato per coloro che non trovano utile impiego nel comparto difesa o nelle altre amministrazioni pubbliche, disponendo nel contempo la partecipazione gratuita a corsi di formazione e avviamento professionale orientati all'inserimento nel mondo del lavoro.
  Riteniamo, altresì, auspicabile l'implementazione delle misure a favore del personale congedato al fine di favorirne il ricollocamento attraverso benefici fiscali per le aziende che li assumono; la stipula di convenzioni operative con società che si occupano di sicurezza, impiego risultato più gradito tra i volontari in ferma prefissata in caso di congedo, nella considerazione che la Forza armata offre personale dotato di un'esperienza immediatamente spendibile.
  Al riguardo, occorrerebbe implementare il decreto ministeriale del Ministero dell'interno recante l'individuazione dei requisiti minimi professionali di formazione delle guardie particolari giurate ai sensi dell'articolo 18, secondo comma, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, rendendo il servizio prestato nelle Forze armate quale condicio sine qua non per poter svolgere le funzioni di addetto alla sicurezza guardia particolare giurata.
  Occorrerebbe, poi, rendere concreta la previsione per i VSP più anziani, gli over-40, della possibilità di transito su base volontaria in altre amministrazioni pubbliche, ovvero nell'ambito delle grandi aziende a partecipazione statale, consentendo così alla Forza armata di arruolare giovani VSP.
  In conclusione, è essenziale sottolineare come i volontari in ferma prefissata siano una risorsa preziosa, non solo per la Forza armata, ma anche per il Paese, e debbano quindi essere valorizzati e tutelati al meglio attraverso formule di reclutamento adeguate e idonee a garantire legittime aspettative di carriera ed eventuali sbocchi professionali nel mondo del lavoro.
  I giovani servitori della Patria non possono e non devono sentirsi abbandonati al loro destino. Infatti, in gioco vi è non solo la corretta alimentazione dell'intero modello di reclutamento, ma anche la credibilità dello strumento militare.
  Onorevole presidente e onorevoli deputati, sono consapevole che il conseguimento dei prefati obiettivi non potrà essere realizzato nel brevissimo tempo, ma è altrettanto vero che occorre agire sin da subito attraverso l'adozione di strategie condivise che coinvolgano le Forze armate e le autorità governative. L'Esercito, infatti, congiuntamente alle Forze armate consorelle, rappresenta una preziosa risorsa per il Paese nonché uno strumento fondamentale per garantire la sicurezza e la pace internazionale e, come tale, continuerà a operare nel rispetto dei principi costituzionali.
  Proprio per questo, le sfide e gli impegni che contraddistinguono gli attuali scenari operativi richiedono il supporto che noi sentiamo, il supporto politico e istituzionale, e i mezzi e le risorse necessarie per porre in essere tutti gli ammodernamenti e le innovazioni funzionali alla piena operatività dello strumento militare.
  Ringrazio tutti loro, ringrazio il signor presidente per l'attenzione, e sono naturalmente a disposizione per eventuali domande e approfondimenti. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, Generale.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  ANTONIO DEL MONACO. Grazie, signor Generale, per la sua relazione, che condivido in pieno. La condivido in pieno perché in fin dei conti rivedo tantissime cose che da diverso tempo in quest'aula sto dicendo. Le ho dette quando ho parlato della nuova figura del volontario, facendo riferimento alla riduzione degli organici, che lei ha messo in primo piano e che è in contraddizione all'aumento delle competenze, al contrario di quello che avviene nelle Forze dell'ordine.
  Avrei da dire tante cose, ma vado direttamente alla parte delle domande.
  Per quanto riguarda il volontario in ferma prefissata triennale, c'è la possibilità di avere anche altri tre anni. Su questo sono pienamente d'accordo. Una cosa in più, però, vorrei chiederle. Pag. 12
  Al di là di tutto, ciò che merita realmente un grande apprezzamento è guardare soprattutto alla figura del volontario affinché in futuro non si disperdano le sue energie nell'ambito delle Forze armate o della società civile. È su questo che ho cercato di puntare facendo leva sul VTO di una volta, il volontario tecnico operativo, che riusciva all'interno della struttura ad avere una specificità a livello di una professione, che poi poteva utilizzare all'esterno o al nostro interno. Vorrei che questa fosse presa anche come unità di presenza in questo progetto.
  Lei parlava, chiaramente, nelle ultime sue battute, di adozione di strategie condivise. Io da subito do la mia disponibilità a condividere le sue, perché sono anche le mie, affinché questo progetto possa diventare realtà. Io sto scrivendo una proposta di legge in tal senso e mi auguro che possa andare avanti. Inoltre, occorre dare al militare, oltre che un assetto operativo, anche la possibilità di avere un assetto tecnico, che potrebbe superare la questione della vecchiaia, che ci ritroviamo adesso, e addirittura arriviamo quasi al 70 per cento. Grazie.

  ROBERTO PAOLO FERRARI. Grazie, Generale. Cercherò di essere rapidissimo.
  Non le nascondo che attendevo con trepidazione la sua audizione, proprio perché la volontà di proporre quest'indagine conoscitiva è nata a seguito della sua audizione presso le Commissioni difesa congiunte della Camera e del Senato, raccogliendo quello che fu il suo appello circa le preoccupazioni per il reclutamento nelle Forze armate, che in modo particolare hanno interessato l'Esercito.
  Sono particolarmente soddisfatto anche della sua relazione, perché, oltre all'analisi delle motivazioni per cui si è giunti a questa situazione, è ricca di spunti e di contenuti, delle azioni già intraprese dalla Forza armata e dei suggerimenti per coloro che dovranno eventualmente intraprendere strumenti legislativi per cercare di porvi rimedio.
  Condivido pienamente la posizione, espressa anche in altre audizioni, circa l'aumento della durata della ferma prefissata, l'importanza del riconoscimento delle qualifiche e dei titoli conseguiti durante il servizio militare, così da poter essere spesi in un prosieguo di vita nel mondo civile.
  Per quanto riguarda la riserva assoluta, naturalmente ci sono le Forze di polizia che hanno esposto le loro problematicità, ma un abbassamento dell'età delle persone che sarebbero destinate a questa riserva sicuramente va a smontare una delle obiezioni sollevate.
  La domanda, sostanzialmente, è questa: il modello che lei ha tracciato è qualcosa di applicabile anche alle altre Forze armate, visto che comunque altre Forze armate, e mi riferisco da ultimo all'Ammiraglio Girardelli per la Marina, non riscontrano nell'immediato le stesse problematicità dell'Esercito? Loro facevano un esempio di passaggio cilindrico dai volontari ai graduati, rispetto al vostro, che ha, per rimanere in geometria, un aspetto invece conico, dal momento che voi avete un collo di bottiglia nel momento in cui si deve passare dai VFP1 ai VFP4.

  MATTEO PEREGO DI CREMNAGO. Grazie, Generale, per l'illustrazione, e soprattutto grazie per la proposta, che io trovo estremamente valida, ovvero quella di trasformare da un anno a tre anni e poi a sei anni il percorso di volontari.
  La mia considerazione è questa. Lei fa riferimento al problema culturale che sta affrontando il nostro Paese, secondo me figlio anche di alcune scelte e di alcune visioni che la politica ha dato del mondo militare, uno strumento che dovrebbe essere valorizzato e che, invece, subisce pesanti riduzioni di bilancio. Questo vale per l'Esercito come per tutto il comparto della Difesa.
  Noi abbiamo approvato, con una larga maggioranza, una proposta di legge che permette ai giovani un percorso volontario nelle Forze armate di sei mesi per avere crediti formativi universitari: non crede che questo progetto di legge, che ci auguriamo venga definitivamente approvato dal Senato, possa concorrere a riportare nei giovani la cultura militare e, per quelli interessati, ad approfondire la carriera e a far sì che questa sia una porta d'ingresso Pag. 13per i VFP1, poi trasformati in VFP3, come sostiene lei?

  ROGER DE MENECH. Grazie per la disponibilità.
  Con la proposta – vado subito al sodo – si cerca di stringere la forbice delle aspettative. Questa è una delle più grandi verità. È chiaro che qui abbiamo delle persone che hanno una grossa aspettativa rispetto al proprio futuro personale.
  Non crede che, per restringere ancora di più, ci voglia ancora maggior determinazione nell'intercettare e intrecciare la formazione fatta in ambito militare con i possibili sbocchi professionali esterni all'ambito militare?
  Se ci basiamo esclusivamente sulla ferma interna o sulla ferma nel comparto della sicurezza, abbiamo il fiato corto. Lo sappiamo, ce l'hanno detto tutti.
  Che cosa si può fare? Nel passato, le riforme in ambito scolastico hanno intrecciato il mondo della scuola e il mondo del lavoro. Noi dovremmo pensare a un esercizio dentro i comparti militari tutti, non solo dell'Esercito, ovviamente, che intrecci questi fattori per cercare di dare una prospettiva di stabilità.
  La domanda è questa: che cosa si può fare ancora di più rispetto a quest'intreccio?

  SALVATORE DEIDDA. Grazie, Generale, per la relazione.
  Penso che ci abbia fornito delle soluzioni molto interessanti su cui lavorare, a partire da quella della riforma della ferma breve. È evidente e ormai assodato che quello che noi chiamiamo il precariato delle Forze armate e dell'Esercito ha allontanato i giovani. Passato un lungo periodo dentro l'Esercito, poi vedere interrotto il rapporto, non per i propri demeriti, ma purtroppo per i tagli al bilancio e agli organici che la politica ha imposto, è una sofferenza per voi, ma soprattutto per i tanti giovani che vorrebbero rimanere. Qualcuno dice di volere entrare nell'Arma dei carabinieri, nelle Forze di polizia, ma sono costretti, sennò rimarrebbero volentieri nel vostro organico.
  Va bene riformare la ferma breve, ma non ritiene – lei probabilmente dirà che è una decisione politica – che per ciò che ha imposto la legge che prevede la riduzione degli organici vada magari rimandata la scadenza per dare più respiro in questo momento all'Esercito per ringiovanire le truppe? Ci tengo, però, che rimangano agli atti anche i complimenti, perché sto vedendo concretamente che, per quanto riguarda la situazione degli alloggi, sia in Trentino sia alla Cecchignola e in altre caserme, state facendo un buon lavoro per rendere migliore la vita dei soldati, e, come dite voi, arrangiandovi sempre molto bene con quello che vi si mette a disposizione. Ci tenevo a farle i complimenti.

  PRESIDENTE. Nell'intento di non sforare il limite temporale delle 15.30, chiedo al Generale Farina la disponibilità di far pervenire le risposte ai colleghi che sono intervenuti.

  SALVATORE FARINA, Capo di stato maggiore dell'Esercito. Sarà senz'altro un piacere. Le farò pervenire entro stasera o domani senza nessun problema. Mi sarebbe piaciuto rispondere in diretta, perché sono tutte domande pertinenti e molto interessanti. Grazie per la considerazione e grazie per il supporto che sempre la Commissione dà alle Forze armate, e all'Esercito in particolare.

  PRESIDENTE. La ringrazio davvero per la disponibilità e rinnovo i ringraziamenti a tutti.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.30.