XVIII Legislatura

IV Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Mercoledì 8 maggio 2019

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PIANIFICAZIONE DEI SISTEMI DI DIFESA E SULLE PROSPETTIVE DELLA RICERCA TECNOLOGICA, DELLA PRODUZIONE E DEGLI INVESTIMENTI FUNZIONALI ALLE ESIGENZE DEL COMPARTO DIFESA

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Laran.
Rizzo Gianluca , Presidente ... 3 
Basilio Tatiana , Presidente dell'Associazione Laran ... 3 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 5 
Ferretti Riccardo , Direttore dell'Associazione Laran ... 5 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 7 
Artini Massimo , Segretario dell'Associazione Laran ... 7 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 10 
Russo Giovanni (M5S)  ... 10 
Aresta Giovanni Luca (M5S)  ... 10 
Deidda Salvatore (FDI)  ... 10 
Dall'Osso Matteo (FI)  ... 11 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 11 
Artini Massimo , Segretario dell'Associazione Laran ... 11 
Aresta Giovanni Luca (M5S)  ... 11 
Artini Massimo , Segretario dell'Associazione Laran ... 11 
Aresta Giovanni Luca (M5S)  ... 12 
Artini Massimo , Segretario dell'Associazione Laran ... 12 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 13 
Ferretti Riccardo , Direttore dell'Associazione Laran ... 13 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 14 

ALLEGATO: Presentazione informatica a cura dei rappresentanti dell'Associazione Laran ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Sogno Italia - 10 Volte Meglio: Misto-SI-10VM.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANLUCA RIZZO

  La seduta comincia alle 9.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Laran.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla pianificazione dei sistemi di difesa e sulle prospettive della ricerca tecnologica, della produzione e degli investimenti funzionali alle esigenze del comparto difesa, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione Laran.
  Saluto e do il benvenuto alla presidente dell'associazione, onorevole Tatiana Basilio, al segretario, onorevole Massimo Artini, e al direttore, Riccardo Ferretti, che ringrazio per essere intervenuti. Ricordo che dopo l'intervento dei rappresentanti dell'Associazione Laran darò la parola ai colleghi che intendano porre domande o svolgere osservazioni e, successivamente, agli auditi che potranno replicare. A tal proposito chiedo ai colleghi di far pervenire fin da ora al banco della Presidenza la propria iscrizione a parlare.
  Do quindi la parola alla Presidente dell'associazione, onorevole Basilio.

  TATIANA BASILIO, Presidente dell'Associazione Laran. Buongiorno a tutti. Ringrazio il presidente della Commissione difesa, onorevole Rizzo, e i deputati che sono presenti per l'ospitalità che ci è stata data, e devo dire che per noi sicuramente è un onore poter partecipare ai lavori della Commissione difesa.
  Vi farò una velocissima presentazione di chi siamo e di che cosa fa l'associazione Laran, in quanto non tutti ci conoscono. Laran è un'associazione culturale indipendente, nata un anno fa dalla fusione del lavoro di tre persone, io e l'onorevole Artini, che abbiamo entrambi partecipato ai lavori della Commissione difesa durante la XVII legislatura, e Riccardo Ferretti, che è anche il direttore editoriale della rivista Panorama difesa che si occupa di tale ambito da circa un ventennio.
  Laran è nata perché durante il nostro mandato parlamentare abbiamo sentito la necessità di avere dei riscontri da fonti esterne, per acquisire maggiori informazioni circa i provvedimenti calendarizzati in Commissione difesa, utili ovviamente nella discussione dei provvedimenti stessi. Nel nostro Paese non ci sono realtà universitarie dalle quali poter ottenere tempestivamente dati e indicazioni in ambito di difesa e, durante i lavori che abbiamo svolto nella scorsa legislatura, abbiamo incontrato notevoli difficoltà a reperire un'informazione specifica e costantemente aggiornata in tale ambito.
  Per poter agire efficacemente nel contesto nazionale e internazionale, a nostro avviso è necessario essere sempre aggiornati e consapevoli delle realtà attuali e delle tendenze in atto. In particolare, le decisioni sulla politica internazionale di sicurezza e sui programmi di procurement dei sistemi d'arma e non solo richiedono ai decisori politici, aziendali e anche istituzionali, Pag. 4 una dettagliata conoscenza dei temi sui quali sono chiamati a confrontarsi.
  Laran quindi ha scelto di dotarsi di un comitato scientifico, che ha il compito di supervisionare e assistere gli organi direttivi in merito alle attività tecnico-scientifiche ed esercita un ruolo di indirizzo dell'attività di studio e di ricerca svolta della nostra associazione, che – ci tengo a sottolinearlo – è indipendente.
  La nostra finalità è importante e particolare proprio perché Laran è un'associazione indipendente. Crediamo che sia importante intervenire in ambito di pianificazione dell'approvvigionamento di materiali e dei sistemi d'arma e i cinque anni di lavoro svolto in Commissione difesa ci hanno consentito di raccogliere diversi spunti per iniziative legislative di programmazione di ricerca e sviluppo industriale che possono essere condivise, quindi suggerite al nuovo Parlamento, che si troverà ad affrontare dei lavori e delle situazioni notevolmente difficili anche in considerazione della volontà di cambiamento che è stata manifestata durante l'avvio della XVIII legislatura.
  Vorremmo inoltre sottolineare l'importanza di avere una politica di difesa e una politica estera che seguano linee guida costanti, definite in base agli interessi soprattutto nazionali. Il nostro Paese, quindi, deve tornare ad essere competitivo a livello internazionale per quanto riguarda la ricerca, lo sviluppo e la vendita dei sistemi d'arma, ma per raggiungere tale obiettivo le aziende necessitano di una programmazione a lungo termine, punto su cui ci soffermeremo in più tranche, soprattutto per ciò che concerne i programmi di cooperazione internazionale.
  Un sistema Paese a cui manchi una politica estera forte e ben radicata negli anni rischia di creare ritardi e le ripercussioni negative si rifletteranno in ambito commerciale, nazionale e soprattutto internazionale, che è l'ambito sul quale l'Italia dovrebbe focalizzarsi maggiormente.
  Un punto importante sul quale soffermarsi è quello di dare alle aziende italiane, soprattutto alle piccole e medie imprese, un sostegno statale che le metta in grado di sfruttare appieno le opportunità generate dai programmi e dai finanziamenti europei, che sono notevoli. I fondi europei sono disponibili e pianificabili, ma le piccole e medie imprese italiane hanno la necessità di poter contare su una guida chiara e sicura, che indichi loro la strada migliore da perseguire, al fine di risultare adeguate all'assegnazione di questi bandi. Finché il nostro Paese non sarà in grado di pensare in grande non avremo questa opportunità di essere completamente e pienamente competitivi, nonostante le eccellenze non manchino, come la storia dimostra.
  L'Italia è un Paese che ha notevoli capacità di ricerca e sviluppo, ma riscontriamo elevate difficoltà da parte delle aziende ad essere guidati nel panorama europeo ed internazionale e soprattutto nella volontà di primeggiare come sistema Paese, e questo è veramente un grande peccato. Forse per la mancanza anche di norme chiare e innovative al passo con i tempi, perché i testi normativi di cui possiamo avvalerci nel nostro Paese sono abbastanza datati rispetto ai tempi e alla velocità con cui si sono presentate sul panorama industriale altre nazioni che sino a un ventennio fa non erano competitive.
  Dovremmo pensare non a rincorrere sempre gli altri Paesi, ma ad essere consci che il nostro Paese è in grado di primeggiare in svariati ambiti, soprattutto in quello della difesa, nel quale abbiamo grandi eccellenze storiche che dobbiamo valorizzare, facendo in modo che siano le altre nazioni a rivolgersi al nostro Paese con un occhio di riguardo sulla nostra produzione interna, che è un'eccellenza. In primis dobbiamo essere noi a crederci; finché non siamo noi nelle istituzioni a credere che l'Italia possa primeggiare ovviamente questo non si rifletterà sul lavoro aziendale e sull'esportazione nelle altre nazioni.
  Bisognerebbe ritornare ad un sano orgoglio nazionale, che purtroppo oggi nelle nostre coscienze scarseggia, perché per quanto possa parlare con i cittadini italiani non trovo una sana appartenenza alla nostra nazione, e questo dovrebbe essere il vostro lavoro parlamentare e anche il nostro come associazione culturale indipendente, perché ciò che ci prefiggiamo è di Pag. 5riuscire a far conoscere la cultura della difesa e le nostre eccellenze.
  Ritengo che con questo Governo del cambiamento si possano piantare dei semi per un lungo percorso di sviluppo e di crescita da fare insieme.

  PRESIDENTE. Do la parola al direttore dell'Associazione Laran, Riccardo Ferretti.

  RICCARDO FERRETTI, Direttore dell'Associazione Laran. Buongiorno. In Italia il fatturato annuale complessivo dell'industria aerospazio, difesa e sicurezza ammonta a circa 13,5 miliardi di euro, di cui 1,4 miliardi per la ricerca e sviluppo. Questo volume d'affari è generato per circa il 70 per cento dall’export, dunque si può affermare che si tratta di un comparto che genera sicuramente ricchezza per il Paese. I lavoratori impegnati nel comparto sicurezza e difesa sono circa 160.000 (dati del rapporto Ernst & Young del mese scorso).
  Il tessuto industriale nazionale è caratterizzato dalla presenza di due grandi attori, Leonardo e Fincantieri, e di circa 4.000 piccole e medie imprese. L'industria della difesa italiana dunque appare oggi sufficientemente solida, tuttavia un eventuale, prolungato rallentamento delle attività e, dunque, dei flussi economici e degli investimenti in ricerca e sviluppo, dovuto ad esempio al completamento dei programmi pluriennali in corso e al mancato avvio di nuovi programmi di grande portata, potrebbe comportare una perdita di competitività che sarebbe molto difficile e oneroso recuperare.
  I tempi attuali infatti impongono una rapida capacità di risposta alle nuove sfide tecnologiche, pertanto le aziende devono essere in grado di effettuare importanti e costanti investimenti in ricerca e sviluppo. Inoltre, devono essere in grado di mantenere un elevato livello di competitività, per presidiare una fetta del mercato export quantomeno sufficiente a compensare le relative ristrettezze del mercato nazionale.
  È quindi sempre più necessario rafforzare e migliorare il rapporto sinergico tra lo Stato, che ha la necessità di mantenere lo strumento militare adeguato ai mutevoli scenari di impiego, che siano reali o potenziali, e l'industria, che necessita di un flusso costante di fondi per mantenersi competitiva.
  La pianificazione del procurement nazionale pertanto dovrebbe essere sempre orientata al raggiungimento dei seguenti obiettivi: soddisfacimento delle esigenze capacitive dello strumento militare, ottenimento e mantenimento della sovranità sulle tecnologie ritenute strategiche, sostegno allo sviluppo dell'industria nazionale. Sul primo punto, il più ovvio, sorvoliamo. Quanto alla sovranità sulle tecnologie è forse utile sottolineare che, stante l'onerosità della ricerca e sviluppo del settore militare, un Paese come l'Italia deve necessariamente scegliere dove concentrare i propri sforzi.
  A questo proposito le principali linee di orientamento dovrebbero essere due: la prima linea è data dalle tecnologie di rilevanza strategica per la sicurezza nazionale; la seconda dalle tecnologie che consentano di mantenere o migliorare la posizione dell'industria italiana sul mercato internazionale.
  Tra le tecnologie di rilevanza strategica possiamo sottolineare quelle relative alla sicurezza e difesa cibernetica e all'intelligenza artificiale. Si tratta di tecnologie sulle quali è importante ottenere e mantenere un elevato livello di sovranità nazionale, visto l'impatto che sempre di più avranno su diversi aspetti della sicurezza nazionale. Riguardo alle seconde è importante promuovere lo sviluppo di quelle tecnologie che consentano all'industria di consolidare i settori in cui è più forte, ad esempio l'elicotteristica e la cantieristica navale, o che le consentano di partecipare con un rilevante contributo qualitativo ai programmi internazionali, ad esempio la sensoristica. In entrambi i casi appare opportuno valutare la possibilità di rafforzare strumenti di supporto allo sviluppo come il Piano nazionale di ricerca militare.
  L'incremento dei costi di sviluppo ha comportato la riduzione del numero delle nazioni in grado di produrre sistemi avanzati a costi competitivi e sostenibili. Lo sviluppo tecnologico infatti può essere sostenuto soltanto dalle imprese che possiedono Pag. 6 una proiezione internazionale, massa critica e una strategia adeguata per sostenere i necessari investimenti in ricerca tecnologica. Un importante aiuto all'industria italiana potrebbe derivare dall'implementazione di nuove modalità nazionali di sostegno finanziario, come copertura per le fideiussioni, finanziamenti agevolati, contributi al credito, che consentano alle aziende di cogliere con più facilità le occasioni che si presentano sul mercato anche extraeuropeo.
  Poiché il mantenimento di una solida industria nazionale della difesa non può prescindere da una forte capacità di esportazione, l'ampliamento e il consolidamento della presenza delle aziende italiane sul mercato internazionale dovrà essere un obiettivo costante anche della politica estera. Nell'ambito dell'Unione europea è necessario realizzare la massima sinergia Stato/industria e agire con tempestività e decisione per poter cogliere le migliori opportunità offerte dai programmi di finanziamento comunitari. Penso a EDIDP (European defence industrial development programme), EDF (European defence fund) e PESCO (Permanent structured cooperation).
  In ambito extraeuropeo, per poter acquisire posizioni di leadership in nuovi mercati è importante predisporre piani strategici sviluppati ad hoc sui singoli Paesi e in determinate aree geografiche, finalizzati a definire un'attenta strategia commerciale di penetrazione, ad esempio, stipulando accordi di cooperazione e istituendo sedi di rappresentanza.
  Nella maggior parte dei casi lo strumento più efficace per la penetrazione in nuovi mercati export è la concessione di compensazioni industriali, attraverso il trasferimento di tecnologie e partnership con aziende locali. Questa pratica rappresenta spesso una soluzione vincente per entrambi i Paesi, però deve essere condotta nel rispetto delle norme di controllo delle esportazioni verso Paesi terzi che sono definiti dalla legge n. 185 del 1990.
  In Italia solo Leonardo e Fincantieri dispongono di una sufficiente massa critica per poter competere in ambito internazionale ad alto livello, ma è importante sottolineare che questi due grandi attori spesso si avvalgono delle capacità di nicchia di molte piccole e medie imprese. Queste PMI, che talvolta sono delle vere e proprie eccellenze, rappresentano una componente fondamentale del tessuto industriale nazionale, ma spesso possono accedere al mercato internazionale esclusivamente per il tramite dei grandi attori.
  Per valorizzare al massimo le potenzialità dell'industria della difesa, sarebbe importante attivare delle politiche di sostegno specifico alle PMI, in modo da consentire loro di proporre efficacemente i propri prodotti in Europa e nel mondo anche autonomamente e non solo come subfornitori dei grandi player, con l'obiettivo quindi di andare a presidiare anche all'estero importanti nicchie di mercato, che tra l'altro talvolta non sono di interesse della grande industria.
  Per un pieno soddisfacimento dei principali obiettivi della politica di procurement per la difesa, è necessaria una pianificazione che sia stabile nell'arco temporale di più anni, come ribadito anche nelle precedenti audizioni. I programmi di sviluppo e acquisizioni di maggior rilievo sia nazionale, sia cooperativi si articolano infatti in fasi pluriennali che richiedono il rispetto di una precisa programmazione che deve avere però finanziamenti certi sia in tempistica, sia in valore, per poter essere portata a termine ottenendo il risultato con il miglior rapporto costo/efficacia.
  Sebbene una rimodulazione dei programmi sia generalmente possibile, interruzioni o sensibili riduzioni dei finanziamenti o dei quantitativi dei sistemi acquistati comportano quasi sempre incrementi nel costo complessivo del programma oppure il mancato raggiungimento dei livelli di capacità previsti. Inoltre, il rispetto della programmazione pluriennale consente alle aziende coinvolte di ottimizzare i propri investimenti e di sviluppare migliori strategie di export e di collaborazione industriale internazionale: quindi, se sappiamo quanti soldi abbiamo e in che tempi, possiamo programmare tutto e tenere un livello Pag. 7 di costo/efficacia per un sistema nel suo complesso.

  PRESIDENTE. Do la parola al Segretario dell'Associazione, onorevole Artini.

  MASSIMO ARTINI, Segretario dell'Associazione Laran. Grazie, presidente, grazie ai membri della Commissione per questa possibilità.
  Desidero concentrarmi sull'obiettivo dell'indagine, cioè avere un quadro normativo che, a fronte di una situazione mutata da un punto di vista di condizioni geopolitiche e di difesa, possa essere modificato. Voglio fare quindi prima un excursus per dare un quadro dell'attuale situazione normativa che riguarda il procurement nazionale e, poi, fare un parallelo con tre Stati, due molto vicini a noi, la Francia e la Gran Bretagna, e un altro leader, gli Stati Uniti, fuori scala rispetto ai valori italiani, francesi o britannici, ma che dà un senso rispetto a come viene approcciato il quadro normativo.
  Oggi l'Italia non ha una procedura organica e pianificata nella programmazione degli armamenti e per la verità nemmeno per lo strumento militare in generale. Ogni Governo ha a disposizione la possibilità di definire nuovi programmi per sistemi d'arma con una procedura indicata dall'articolo 536 del codice dell'ordinamento militare. Tale articolo peraltro risulta dalla modificazione della precedente norma introdotta nel 2012 dalla legge di revisione dello strumento militare (legge 31 dicembre 2012, n. 244), in cui nell'articolo 4 si è introdotta una procedura di controllo parlamentare rafforzata, cosa che prima non era presente, che va a garantire il perseguimento del nuovo strumento introdotto sempre nel 2012 ed attivo dal 2013, ovvero il Documento di programmazione pluriennale (DPP).
  Si tratta perciò di atti del Governo, sui quali il Parlamento ha la possibilità di esprimere pareri con osservazioni e condizioni, ma senza una reale forza di legge. La procedura è oltremodo complessa, perché scinde l'autorizzazione del programma, l'articolo 536, dall'autorizzazione finanziaria, articolo 537-bis, con modalità diverse di espressione dei pareri. Infatti, mentre nell'articolo 536 l'espressione del parere è rafforzata, ciò non avviene nell'articolo 537-bis e quindi nella precedente legislatura si è verificato un disallineamento della modalità di approvazione sulla legge navale. Peraltro, poiché si tratta di un parere parlamentare, questo fa sì che il Senato e la Camera possano esprimere un qualcosa che può essere difforme o comunque non così collegato.
  Come già citato, dal 1° gennaio 2013 il Ministero della difesa deve annualmente fornire al Parlamento tramite il DPP un quadro generale delle esigenze operative delle Forze armate, comprensivo degli indirizzi strategici e delle loro linee di sviluppo capacitive, nonché l'elenco dei programmi di armamento e di ricerca in corso e del relativo piano di programmazione finanziaria, con una visione a tre anni dello strumento militare nel suo insieme.
  Questo è un primo documento di strategia, che però non ha forza di legge, quindi tutti gli anni sconta una modifica abbastanza robusta da parte dell'Ufficio di programmazione di bilancio dello stato maggiore della Difesa.
  Come potete notare, abbiamo voluto specificare nelle tabelle dal 2016 al 2018 quello che è stato il procurement per ogni singola nazione, e in alto a destra, sotto la bandiera, c'è una specifica della spesa pro capite, solamente per quanto riguarda la parte di programmazione dei sistemi d'arma, per singola nazione. L'Italia negli ultimi anni ha mantenuto una media di circa 5 miliardi di euro di procurement tra fondi del MiSE, fondi della difesa e fondi del MIUR, con una spesa pro capite di circa 83 euro.
  La Francia, che ha una popolazione assimilabile alla nostra (circa 8 milioni di persone in più) da anni si è dotata di una legge di programmazione militare che prevede che ogni 5 anni venga discusso e approvato, su proposta del Governo, un testo di legge. In questo vengono pianificati gli investimenti finanziari e le modifiche allo strumento militare, necessarie per renderlo aggiornato alle esigenze del Paese. Pag. 8
  La norma ha un iter parlamentare molto chiaro, che consente da un lato un'ampia discussione politica preventiva sugli obiettivi da raggiungere nei successivi cinque anni, dall'altro una stabilità indubbiamente robusta. I francesi hanno avuto una spesa pro capite nell'ultimo anno di 213 euro per la parte di procurement.
  La Gran Bretagna, paradossalmente, ha una situazione particolare relativamente all'organizzazione quinquennale delle Forze armate. È necessario che il Parlamento autorizzi una struttura militare professionale; quindi, dal 1669 gli inglesi hanno regolarmente una norma di legge che va a pianificare lo strumento. Negli ultimi anni, a partire dalla Defence Reform del 2014 sono stati introdotti non solamente una stringente programmazione quinquennale sul procurement, ma anche uno strumento, la National Security Strategy and Strategic defense and security review, che garantisce un costante aggiornamento di obiettivi e di esigenze anche da un punto di vista industriale.
  Gli Stati Uniti che, come dicevo, sono da considerarsi un esempio sicuramente fuori scala, sono comunque un esempio, perché anche in considerazione delle loro ambizioni, la spesa pro capite del procurement è doppia rispetto a quella della Gran Bretagna e circa sei volte quella italiana. Da un punto di vista procedurale, avendo un così ampio punto di importanza anche nell'economia nazionale, negli Stati Uniti la gestione del procurement è totalmente in capo al Dipartimento della difesa.
  Negli anni è stata affinata una serie di direttive, in particolare la direttiva DoDD (Department of defense directive) 5000.01 e i suoi documenti collegati, che raggruppano in circa 1.200 pagine tutte le procedure per il procurement per la parte difesa statunitense. In questo, con una complessità di normativa non indifferente vengono in aiuto degli Stati Uniti le forme di controllo sulle spese militari, non tanto da un punto di vista di quanto e come, bensì di valutazione industriale delle procedure e delle attività di procurement.
  Uno dei punti fondamentali, non solamente per la difesa, ma anche per altri dicasteri statunitensi, è l'introduzione del GAO (Government accountability office) come strumento di controllo esterno. Il GAO è un ente che fa del controllo la sua ragione d'essere; ha un controllo sia preventivo sui programmi, sia continuativo. Ne è un esempio tutto il lavoro fatto dal GAO sui velivoli F-35, che ha l'obiettivo non di criticare le scelte politiche fatte dal Congresso o dalla Presidenza americana, ma di guidarle su un percorso di riduzione e ottimizzazione dei costi. Il controllo, infatti, non è formale e garantisce una valutazione terza dell'operato del Ministero della difesa, cercando di ottimizzare le procedure di acquisizione, riducendo i costi o standardizzandoli ove possibile, fino eventualmente, come è successo, a cassare programmi inattivi, perché ritenuti assolutamente inefficienti.
  Voglio passare, in base alle considerazioni fatte sulla parte di procurement dal collega Ferretti, a indicare l'esigenza di una modifica da un punto di vista normativo, ossia di vedere come quadro nazionale questa possibilità diversa.
  L'idea è di dare una stabilità alla programmazione degli armamenti e, più in generale, allo strumento militare. Tale norma, a nostro modo di vedere, dovrebbe prevedere ogni 6 anni la definizione, da parte del Governo, e l'approvazione, da parte del Parlamento, di un testo di legge di programmazione finanziaria dei sistemi d'arma.
  Definire la legge sessennale è un punto importante, perché implica per tutte le forze politiche la necessaria ricerca di condivisione su questi temi. A mio modo di vedere questa Commissione e l'ambito difesa e sicurezza sono temi dove la diatriba politica deve scontare la minor parte, perché alcuni programmi, come giustamente ha detto il collega Ferretti, hanno uno spazio pluriennale anche maggiore della prevista durata della legislatura, ovvero 5 anni. Volendo introdurre una legge sessennale si forzano le realtà politiche attive in quel momento a dare una pianificazione strategica che vada oltre loro stesse e che dia anche una condivisione e un'apertura alle altre forze. Pag. 9
  Nella legge dovrebbe essere opportunamente previsto anche un rapporto triennale di controllo sul Parlamento, come per quella francese che è molto simile alla nostra, ma dà uno spazio politico e parlamentare di discussione completamente diverso e una forza totalmente diversa, perché un testo di legge ha delle conseguenze non solamente per se stesso, ma anche nella parte dei dicasteri.
  Integrato a questo testo di legge ci viene di suggerire il concepimento di un nuovo ente che sopperisca alle funzioni di controllo. Al riguardo, la discussione che mi preme portare è quella della definizione di un eventuale, nuovo ente di controllo sul procurement o di un'estensione e rimodulazione dei compiti della Corte dei conti, che attualmente ha un compito più di attinenza alle norme e di verifica di rispondenza a eventuali danni erariali, ma solamente successivo e sanzionatorio.
  L'idea sarebbe quella, in particolare relativamente alla difesa, di creare sistemi di ottimizzazione dei processi industriali e finanziari. Tale ente avrebbe anche la capacità di creare documentazione laica relativa allo stato dell'arte della programmazione di sistemi d'arma, così da generare buone pratiche di unificazione e ottimizzazione.
  A seguito di quanto già detto in precedenza sulla parte esportazioni, ovvero dell'importanza di mantenere attivo il procurement nazionale, è necessario supportare le esportazioni anche da un punto di vista normativo con evoluzioni specifiche. Mi riferisco alle legge n. 185 del 1990, che indubbiamente costituisce un elemento di certezza importante per la fase di costruzione delle opportunità commerciali. Questi dettagli vengono direttamente dall'industria come tipo di informazione e di sentimento.
  Va considerata però la possibilità di non modificare il testo di legge, ma di aggiornare i regolamenti esistenti. I regolamenti sono stati emanati immediatamente dopo la scrittura della norma, aggiornati successivamente a seguito di direttive europee, ma scontano alcuni punti che mi preme segnalare. In particolare, la legge n. 185, che dà quel supporto e quella fluidità al controllo parlamentare e alla gestione dell’export, pecca di una farraginosità nell'analisi dei risultati (penso al documento risultante dalla norma), come fecero notare peraltro alcuni colleghi nella precedente legislatura e, a fronte di questo, di una mancanza di controllo da parte del Parlamento.
  Un suggerimento che mi viene di portare è la possibilità di attribuire al Parlamento controlli preventivi e strutturati sulle licenze autorizzative, per avere su alcuni sistemi magari più strutturati (penso alle esportazioni navali) delle licenze che garantiscano non solo una capacità di produzione, ma anche una capacità logistica.
  Molto importante sarebbe l'informatizzazione dei processi, perché spesso le aziende si trovano a dover iscrivere troppe volte la stessa documentazione e tale documentazione non informatizzata non consente di creare rapporti in tempi celeri. Voi avete la fortuna di essere al primo anno di legislatura, ma uno dei problemi più grossi nella documentazione rispetto alla legge n. 185 è che i dati si riferiscono a due anni prima, quindi qualsiasi considerazione che il Parlamento può fare non ha politicamente alcuna forza. Un passaggio potrebbe essere già contenuto in una risoluzione.
  Infine, uno dei punti che negli anni si è sempre più affermato è un supporto governativo all'esportazione, che garantisca non solo la produzione e la consegna dei sistemi d'arma da parte della nostra industria, ma anche dei servizi collaterali, per esempio la formazione sui sistemi di d'arma esportati (penso in particolare alla parte aeronautica, dove l'Aeronautica militare ha fatto un'eccellenza con Lecce ed altre realtà come Pisa nell'esportazione di sistemi e di integrazione dei servizi).
  Questo ormai è un requisito necessario per partecipare con successo alle gare indette da Stati di particolari aree del mondo. Ad oggi non esiste una normativa specifica e anche da un punto di vista meramente contrattuale manca un ente che abbia in carico questo compito. In questa indefinitezza normativa il nostro Paese e la nostra industria si sono spesso arresi di fronte Pag. 10all'audacia di altre nazioni, che di questo punto fanno la loro forza (penso alla Francia in particolare).
  Va quindi considerato un approccio normativo che preveda la costituzione di un ente ad hoc, in particolare va elaborato un concetto che dipani il problema di dove debba essere fondata questa entità, se nell'ambito della Presidenza del Consiglio o nell'ambito del Ministero della difesa. Entrambe le soluzioni hanno pregi e difetti, ma anche a fronte del buon funzionamento della norma che riguarda l'ambito aerospaziale, che ha costituito una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio, e della valutazione e della proposta fatta dal Presidente del Consiglio Conte della costituzione di un tavolo presso la Presidenza del Consiglio relativamente all’export e anche all’export militare che, a detta degli attori che vi partecipano, sta funzionando. Creare nella Presidenza del Consiglio un ente che abbia questa autorevolezza giuridica potrebbe essere la soluzione migliore.
  Vado a concludere su un punto che spesso viene dimenticato, ma che tratta le normative di acquisizione di tecnologie avanzate. Mi riferisco in particolare alla cyber, all'ambito cibernetico, perché le tecnologie che trattiamo in questi termini e le esigenze che nascono da un punto di vista di difesa spesso impattano su un'obsolescenza dei prodotti cibernetici che è rapidissima. Ad esempio, i telefonini che avete in mano probabilmente sono già tutti obsoleti, ma ragiono in maniera più strutturale rispetto all'uso sempre più massivo di prodotti reperibili sul mercato, perché la costruzione di programmi esclusivamente di difesa ha una estensione temporale che non collima con la tecnologia.
  In questo, sempre da un punto di vista normativo, le normali procedure di acquisizione confliggono con la possibilità di essere efficaci nel rispondere alle esigenze della difesa. Mi spiego: una normale procedura di acquisizione per gli importi che possono essere previsti consta di un anno di tempo di esecuzione. Tuttavia, in un anno di tempo la tecnologia cyber necessaria come risposta all'esigenza dello stato maggiore o è obsoleta o non è più supportata o non esiste più, quindi diventa anche un problema normativo dare seguito a quei tipi di contratti.
  Ringrazio la Commissione per questa opportunità, perché volevamo dare l'idea di alcuni aspetti normativi che nei prossimi anni potrebbero fare la differenza nel procurement. Grazie.

  PRESIDENTE. Do adesso la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIOVANNI RUSSO. Grazie, signor presidente. Ringrazio molto gli auditi perché è stato davvero interessante cogliere alcuni spunti che sono stati indicati, al di là dei dati statistici che già conosciamo perché abbiamo svolto numerose audizioni con i direttori generali degli armamenti, quindi abbiamo avuto già un'analisi approfondita.
  In particolare volevo ringraziarvi per gli spunti sul procurement militare, perché nelle precedenti audizioni abbiamo appreso in che modo viene svolto, però nessuno ci aveva parlato di come si possa perfezionare questo sistema, per cui sicuramente faremo tesoro degli spunti che avete fornito questa mattina.

  GIOVANNI LUCA ARESTA. Grazie, presidente, e grazie ai rappresentanti dell'Associazione Laran per averci illustrato questo settore che riveste un'importanza fondamentale per il nostro Paese, non soltanto per le esigenze tipiche della difesa, ma anche per quanto riguarda l'attività delle nostre industrie.
  Vorrei chiedere all'onorevole Artini quali siano, oltre a quelle note, statali, le realtà che fanno procurement e in particolare quali siano le loro competenze.

  SALVATORE DEIDDA. Ringrazio i rappresentanti dell'Associazione Laran perché ci avete fornito dei documenti veramente interessanti, a partire dai dati e dalle differenze tra i vari Paesi. Si parla tanto di risorse e, a volte, in Italia si dice anche che investiamo molto nel campo della difesa o dell'industria militare e poi si scopre che invece siamo magari ben lontani dalle cifre Pag. 11che investono in Francia, ed è il tema centrale anche di questa legislatura, cioè cosa il Governo del cambiamento voglia fare in questo settore.
  Abbiamo audito vari rappresentanti, l'AIAD (Federazione aziende italiane per l'aerospazio, la difesa e la sicurezza), i vari Capi di stato maggiore, Leonardo, Vitrociset, e tutti hanno un grande punto interrogativo su quanto il Governo vuole investire. A volte non abbiamo i dati, soprattutto quelli che riguardano il Ministero dello sviluppo economico, e questa è una stranezza italiana, perché il Ministero della difesa deve basarsi su fondi che decide un altro Ministero e che sono un grande punto interrogativo. Quindi un giorno potrebbero essere 10 e il giorno dopo 5 e ciò si viene a sapere solamente «a babbo morto».
  Questi dati saranno utili per proseguire il nostro lavoro e anche i suggerimenti su come procedere o riformare la gestione di certi investimenti saranno utili per capire in che direzione andare.
  Vi chiedo se abbiate idea di dove sta andando la nostra difesa, perché è vero che le nostre industrie sono all'avanguardia e stanno facendo un indotto pazzesco, ma grazie ai fondi esteri. Quindi, vi siete fatti un'idea di dove questo settore stia andando, ma per quanto riguarda l'Italia, non l'estero?

  MATTEO DALL'OSSO. Avrei due domande. Avete parlato dell'opportunità di sostenere l'approvvigionamento tramite le esportazioni. Nel DPP è presente una voce, in attesa di finanziamento, relativa ai sistemi di difesa area. Cosa ne pensate del programma CAMM-ER (Common anti-air modular missile extended range)?
  Seconda domanda. Sicuramente saprete che sia la Germania che la Francia hanno lanciato una collaborazione relativa allo sviluppo di un caccia di sesta generazione. Allo stesso modo il Regno Unito ha avviato il programma Tempest. Quale di questi due programmi secondo voi è più inerente agli incassi nazionali?

  PRESIDENTE. Do adesso la parola all'onorevole Artini per la replica.

  MASSIMO ARTINI, Segretario dell'Associazione Laran. Onorevole Aresta, lei mi ha chiesto quali siano le realtà che fanno procurement, ma intende più da un punto di vista istituzionale o industriale?

  GIOVANNI LUCA ARESTA. Più industriale, perché a livello istituzionale già lo sappiamo.

  MASSIMO ARTINI, Segretario dell'Associazione Laran. Infatti, quindi chi supporta il procurement più che chi lo fa, perché il procurement nasce come un'esigenza dello stato maggiore che si traduce presso il Segretariato nella scoperta di attori industriali che danno seguito a quelle esigenze.
  Dal punto di vista industriale il nostro Paese ha due grandi player. La nostra componente di procurement industriale riguarda, infatti, principalmente Leonardo e Fincantieri.
  Le altre 4.000 imprese, eccezion fatta per MBDA, Elettronica, Vitrociset, che peraltro è stata inglobata da Leonardo, Piaggio, Beretta, aziende tipo OMA che fanno supporto alla parte di sviluppo aeronautico dei velivoli F-35 e altre realtà... cito uno spunto che può essere una riflessione: la Francia negli anni ha progettato una struttura normativa che consentisse di non avere due grandi player. Se guardo i fatturati di Thales, di Airbus e di altre realtà che sono concorrenti a Leonardo Fincantieri come Naval Group, mi accorgo che aver pensato ad aggregazioni fin dagli anni 2000 anche di piccole aziende (un esempio è Safran, che è un'aggregazione della parte aerospazio di piccole aziende che è costruita in questi termini anche da un punto di vista normativo) consente ai francesi di avere un peso nella discussione anche europea, con una presentazione di player completamente diversi.
  Chi quindi fa procurement in Italia fondamentalmente sono le due aziende capofila. Se lei guarda la definizione dei bandi di gara di EDIDP, con la prima tranche da 500 milioni di fondi europei, Leonardo è inserita come leader o come player in tutti i punti di interesse delle esigenze dello stato maggiore. Questo provoca da parte Pag. 12nostra un problema di eccellenza, perché alcune aziende hanno un'eccellenza qualitativa spaventosa, ma anche di mancanza di capacità finanziarie.
  Quando nella trattazione ragionavamo su nuovi strumenti di approccio finanziario, volevamo intendere proprio questo: la dimensione di Leonardo o Fincantieri è grande in Italia, ma è relativamente piccola a livello internazionale. Leonardo è la nona industria per fatturato nel mondo da un punto di vista militare; Fincantieri è quarantesima ed è una realtà italiana che ha un know how che non ha nessuna azienda al mondo da un punto di vista civile e militare. Questo può essere solamente coadiuvato con un nuovo concetto normativo.
  Il ragionamento che mi premeva portare è che con alcune realtà, se non coordinate in un tavolo di lavoro, facendo un esempio sulla cyber che è un tema abbastanza caldo, spesso ci ritroviamo lo sviluppo di programmi analoghi da parte di aziende concorrenti, che però sono tutte nazionali. Viceversa la Francia concepisce un sistema Paese completamente diverso, in cui viene approvato il programma e poi si ripartiscono i lavori in 4-5 grandi player (Thales, Airbus, Safran, eccetera).

  GIOVANNI LUCA ARESTA. In parte ha risposto, ma le chiedevo le competenze, e poi, a seguito della sua risposta, volevo ulteriormente chiederle cosa potrebbe fare il Parlamento.

  MASSIMO ARTINI, Segretario dell'Associazione Laran. Per quanto riguarda le competenze, l'Italia è con i grandi player e con le 4.000 aziende che vanta nel settore è uno dei pochi Paesi al mondo che ha una filiera completa nell'aerospazio e nella difesa. Ad oggi è così ed è un Paese che sulla cyber ha le opportunità di avere una filiera completa nell'aerospazio, nella difesa e nella sicurezza.
  L'Italia non può perdere, per accrescere queste capacità, l'opportunità dei programmi europei, che sono estremamente ambiziosi. Se andate a guardare i world program definiti, alcuni programmi hanno un'ambizione al pari di quella americana, che quindi ci consentirebbe di avere come Europa un'autorevolezza e un'autonomia che ad oggi non abbiamo soprattutto su tecnologie abilitanti da un punto di vista della sensoristica.
  Da un punto di vista normativo mi preme sottolineare l'introduzione della norma sessennale. Quella norma nasce come primo spunto nella precedente legislatura dal Movimento 5 Stelle e viene ripresa a piene mani nella programmazione del Libro bianco della Difesa, che riscrive come novella al codice dell'ordinamento militare il testo di legge del Movimento 5 Stelle. Quindi è un testo che già nella sua origine può dare questo tipo di spunto perché la politica deve dare le linee e la visione, creare un testo di legge per dare spazio per una discussione politica e per discutere su quali sono le prospettive.
  Questa dovrebbe essere l'introduzione normativa. Relativamente alla parte industriale vanno facilitate le aggregazioni in un contesto in cui le aziende hanno ancora una proprietà familiare (penso alla questione di Vitrociset, penso a Elettronica e ad altre realtà che hanno un forte capitale che nasce da chi è origine del fondatore), per cui questo può essere il primo passaggio anche da un punto di vista di organizzazione dello sviluppo economico, perché l'aggregazione in questo mondo consente a noi di fare questo tipo di operazioni.
  Tornando sulla parte finanziaria, le nostre aziende, anche i grandi player in contratti internazionali possono non avere le spalle finanziarie per avere le fideiussioni. Fincantieri, che è un'azienda che ha un fatturato di 6 miliardi e un capitale sociale di 1 miliardo e rotti, spesso si è trovata nelle condizioni di non poter dare seguito a fideiussioni se non supportata (normativamente ad ora non ci sono sistemi di questo tipo) in contratti all'estero. Il contratto con il Qatar ha avuto nella sua iniziale definizione problematiche proprio da un punto di vista finanziario, perché la gara era di quasi 8 miliardi di euro.
  Vi è quindi un problema di configurazione finanziaria dove il Paese non può fare a meno di essere presente, perché quel tipo di supporto, per dare seguito alle parole Pag. 13 del collega Ferretti, consente di supportare il nostro procurement.
  Passo al collega Deidda. Non posso in questa sede indicare al Governo quali sono i passaggi da fare, però mi ricollego al concetto indicato dall'onorevole Aresta. C'è da creare uno spazio normativo che consenta... perché spesso non è il quanto, perché il quanto dipende dall'ambizione di un Paese.
  La Francia è una potenza nucleare, l'Italia non è una potenza nucleare. La Francia ha una serie di azioni di politica che dipendono anche dalla sua Costituzione; l'Italia ha una Costituzione completamente diversa, che la porta ad avere una cittadinanza diversa, un approccio diverso anche alla difesa e alla sicurezza, ma questo non significa che la stabilità e la programmazione non siano un obiettivo per questa nazione. Quello che ci sentiamo di suggerire è la stabilità e la programmazione, non è il quanto, perché il «quanto» è un qualcosa che dipende dalle esigenze, ma è il «come» a fare la differenza.
  Rispetto all'acquisizione dei dati spero che con questa documentazione possiate valutare alcune aggregazioni che non sono presenti, il lavoro fatto è stato soprattutto di aggregazione dei dati e di scorporo, perché per lo più sono segnalati in maniera diversa anche nei bilanci.
  Relativamente al Piano strategico, onorevole Deidda, nella mia concezione costituzionale il Parlamento definisce le norme; il Governo definisce le strategie per la sua maggioranza e il Parlamento le approva, e questo è il percorso normativo che sarebbe opportuno definire.
  Onorevole Dall'Osso, lei ha sollevato due temi relativamente alla parte esportazioni. Spesso il nostro Paese (lo vediamo dai numeri pro capite rispetto agli altri Paesi) non ha le forze per poter dar seguito alla nostra pianificazione industriale e alle nostre esigenze. Il fenomeno dello stretching a cui faceva riferimento il Direttore Ferretti, ovvero dell'allungamento dei programmi, è capitato in tutti i Governi da quando ho menzione di programmi pluriennali e questo provoca degli scompensi finanziari.
  Il CAMM-ER è un esempio, perché la sua programmazione consta di 95 milioni di euro per la parte di sviluppo e di 450 milioni di euro a fine di tutto il progetto di acquisizione. Stante le ipotesi di esportazione e il ritorno industriale del progetto condiviso fra Gran Bretagna e Italia, l'Italia dovrebbe avere un ritorno del 37 per cento rispetto alle esportazioni. Questo significa che, se i flussi di esportazione sono quelli che vengono preventivati da un punto di vista di possibile vendita, l'Italia potrebbe avere completamente pagato nei prossimi dieci anni questo tipo di strumento.
  La ringrazio per questa opportunità di entrare nel dettaglio, perché spesso perseguendo questa opportunità ci ritroviamo ad avere il nostro sistema di difesa aerea completamente sanato. Concludo sulla parte del Tempest, su cui se il presidente me lo consente, lascerei la parola al direttore Ferretti. Solamente un appunto politico di quadro internazionale: Francia e Germania hanno definito il FCAS, il Future Combat Air System, come un progetto esclusivamente francese e tedesco, dove non hanno dato neanche nell'iniziale avvio dei lavori di programmazione spazio ad altri attori, l'Italia in particolare, ma anche altri (l'idea potrebbe essere un supporto laterale della Spagna).
  La Gran Bretagna si trova in una situazione in cui vuole rimanere ancorata al sistema di difesa europeo, ma, a fronte della indeterminatezza rispetto alla Brexit, non si comprende quale possa essere l'osmosi da un punto di vista industriale.
  Da un punto di vista meramente industriale e tecnologico vorrei lasciare la parola al collega Ferretti, dicendo che dei due il Tempest ha una storia che nasce dal progetto Eurofighter.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al dottor Ferretti.

  RICCARDO FERRETTI, Direttore dell'Associazione Laran. Diciamo che il progetto Tempest forse potrebbe essere più comodo per l'Italia per vari motivi. Intanto con il Regno Unito noi condividiamo delle esperienze importanti, che sono quelle con Pag. 14l’Eurofighter e anche con l’F-35, perché sono sistemi che Francia e Germania non hanno, quindi abbiamo delle esperienze comuni e probabilmente sarebbe più facile riuscire a definire il programma.
  Bisogna anche tenere presente che dal punto di vista industriale Leonardo ha già suoi stabilimenti nel Regno Unito ed è già dentro al programma Tempest di fatto lato inglese, per cui questo ci potrebbe permettere di avere un'azienda che è nostra, però è di diritto inglese e di semplificare anche i trasferimenti di tecnologia e di avere più spazio per ottenere maggiori commesse nell'ambito del programma.
  Tra l'altro, la questione dei fondi dell'Unione europea legata al problema della Brexit, visto che il Regolamento consente di ottenere comunque i fondi anche se uno dei partner è extra europeo, dovrebbe permetterci di ottenere dei fondi europei. Si suppone infatti che oltre all'Italia dovrebbe probabilmente aderire la Svezia.
  Gli inglesi hanno previsto la definizione del programma entro il 2020, però entro il 2019 si dovrebbe sapere quali sono i partner, perché altrimenti non puoi fare la definizione del programma. Probabilmente sarebbe interessante per l'Italia essere il primo grande partner ad aderire, perché la Svezia può sembrare un piccolo Paese, ma ha delle grossissime competenze, quindi una volta che ci sediamo al tavolo segnare subito il perimetro in cui vogliamo lavorare, che probabilmente sarà già la sensoristica per la parte inglese di Leonardo, però ci sono tanti spazi che potrebbe presidiare anche la Svezia, quindi la tempistica non è un fattore da sottovalutare.
  Il Regno Unito ha bisogno di un partner importante, avrebbe grosse difficoltà a svilupparlo con un partner che non può investire più di tanto, quindi presumo che sarebbero più propensi anche a concedere spazi maggiori, cosa che non avremmo in ambito franco-tedesco, perché sono già due grosse potenze.
  Ritengo che la scelta migliore sia il Tempest per questi motivi.

  PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti anche la presentazione informatica che ci hanno consegnato e di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 10.20.

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