XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (III Camera e 3a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 3 di Mercoledì 12 dicembre 2018

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Grimoldi Paolo , Presidente ... 2 

Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, sui risultati della presidenza italiana dell'OSCE:
Grimoldi Paolo , Presidente ... 2 
Moavero Milanesi Enzo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 2 
Grimoldi Paolo , Presidente ... 6 
Valentini Valentino (FI)  ... 7 
Comencini Vito (LEGA)  ... 7 
Lupi Maurizio (Misto-NcI-USEI)  ... 8 
Rossini Emanuela (Misto-Min.Ling.)  ... 9 
Vescovi Manuel  ... 9 
Occhionero Giuseppina (LeU)  ... 10 
Ehm Yana Chiara (M5S)  ... 10 
Grimoldi Paolo , Presidente ... 10 
Moavero Milanesi Enzo , Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ... 10 
Grimoldi Paolo , Presidente ... 15

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Partito Democratico: PD;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Fratelli d'Italia: FdI;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero-Sogno Italia: Misto-MAIE-SI;
Misto-Civica Popolare-AP-PSI-Area Civica: Misto-CP-A-PS-A;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Noi con l'Italia-USEI: Misto-NcI-USEI;
Misto-+Europa-Centro Democratico: Misto-+E-CD.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
DELLA III COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
PAOLO GRIMOLDI

  La seduta comincia alle 19.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati e la trasmissione sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, sui risultati della presidenza italiana dell'OSCE.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Enzo Moavero Milanesi, sui risultati della presidenza italiana dell'OSCE.
  A nome della Commissione esteri della Camera e del Senato do il benvenuto al Ministro e lo ringrazio per la disponibilità a prender parte ai nostri lavori.
  La convocazione di questa audizione è connessa agli esiti del venticinquesimo Consiglio ministeriale dell'OSCE che si è svolto a Milano il 6 e 7 dicembre scorsi, evento con il quale si è chiuso di fatto il periodo della presidenza italiana dall'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa.
  Dal primo gennaio 2019, infatti, la presidenza annuale dell'OSCE passerà alla Slovacchia. L'Italia rimarrà nella troika dell'Organizzazione, assumendo la presidenza del gruppo di contatto con i Paesi partner asiatici dell'Organizzazione.
  Visto che ho partecipato anche io, mi permetto – uso un gergo calcistico – di mettere la palla sul dischetto, chiedendo anzitempo del risultato dell'incontro tra Azerbaijan e Armenia.
  Dico fin da subito ai colleghi, per le eventuali richieste di intervento, che sarà come di consueto previsto un primo giro di interventi per ciascun gruppo, alternati, finché è possibile, tra senatori e deputati, per poi dare la parola al Ministro per una prima replica. Se vi saranno ulteriori richieste, potranno essere soddisfatte in un secondo ciclo di domande.
  Do ora la parola al Ministro Moavero Milanesi per il suo intervento.

  ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Ringrazio i presenti. Forse il fatto che non siamo molti è collegato a un interesse minore per le questioni relative all'OSCE, a meno che non ci siano altre ragioni di carattere politicamente più imperscrutabile.
  L'OSCE in realtà è un'organizzazione importante, di cui trascuriamo a volte l'esistenza. Nasce in piena Guerra Fredda, nel 1975 per aprire la strada a una minore ostilità fra i due blocchi che si confrontavano allora nel mondo, in particolare in Europa, che era divisa dalla cosiddetta «cortina di ferro». Un'altra epoca, ma un'epoca che ha caratterizzato per qualche decennio dopo la fine della seconda guerra mondiale l'equilibrio che si era creato tra Stati Uniti e l'allora Unione Sovietica.
  Oggi l'OSCE è uno dei pochi fori di dialogo fra Stati, alcuni dei quali sono fra loro in situazione oggettivamente conflittuale, anche seria, di vero e proprio conflitto Pag. 3 armato, e siedono tuttavia a questo tavolo e a questo tavolo si esprimono. Questo già dà un'idea dell'importanza di questa Organizzazione, perché, anche se poi non necessariamente ne scaturisce un accordo, il solo fatto di sedersi allo stesso tavolo e di esprimere in libertà la propria opinione rappresenta un elemento molto importante, se crediamo nella forza del dialogo come strumento che eviti il peggioramento dei conflitti.
  Come verosimilmente già sapete – ma è sempre utile ricordare anche questi numeri – l'OSCE conta cinquantasette Stati membri e partecipano ai suoi lavori anche altri undici Stati, fra mediterranei e asiatici, che gravitano intorno alla sua area territoriale, che di solito viene ellitticamente definita «da Vancouver a Vladivostok», quindi dall'estremo ovest del Canada all'estremo est della Russia. Peraltro, poi riprende immediatamente col territorio dell'Alaska; chi ama la geografia vede rapidamente che si fa il giro del mondo.
  L'importanza, quindi, è molto legata all'essere foro di dialogo. Noi abbiamo ricoperto, come arco di presidenza italiana, tutto il 2018: una prima parte è stata gestita dal Governo che precedeva l'attuale e dal Ministro degli esteri Angelino Alfano, la seconda parte dall'attuale Governo e quindi da me, come presidenza pro tempore, quella che in inglese viene chiamata la chair-in-office.
  C'è una dimensione parlamentare, che il nostro presidente conosce bene, in quanto presiede la delegazione del Parlamento italiano all'Assemblea parlamentare dell'OSCE, che è presieduta dal georgiano George Tsereteli. Essa rappresenta la dimensione di legittimità democratica dell'Organizzazione, che quindi ha una sua dimensione esecutiva al più alto livello con i Ministri degli esteri e una sua dimensione parlamentare con i rappresentanti dei Parlamenti.
  Vediamo in carrellata – spero sintetica per tutti noi – i risultati della presidenza italiana, che oramai volge al termine. Come avete già sentito, il primo gennaio passiamo la mano alla Slovacchia che assume la presidenza per il 2019. Direi che i risultati si possono raggruppare in quattro punti.
  Il primo è stato il riorientamento verso il Mediterraneo dell'attenzione dell'OSCE. Come tante altre alleanze od organizzazioni, nate anche in un certo periodo storico, l'OSCE ha sempre guardato ad est. Ecco, noi siamo riusciti, credo, nello sforzo continuativo fa i due Governi, a riorientare verso il Mediterraneo anche l'attenzione dell'OSCE. Lo stesso sforzo l'abbiamo portato avanti non solo in sede di Unione europea, che è più che ovvio, ma anche in sede di NATO, laddove ricordo per la NATO il potenziamento dell’hub di Napoli, che è anche un elemento reale che produce un indotto interessante dal punto di vista economico, oltre che politico.
  Il secondo elemento è stata l'azione di fronte alle crisi, sia i cosiddetti «conflitti protratti», termine con cui si indicano dei conflitti latenti, che sono sempre lì e che hanno anche dei momenti di riaccensione (e a volte si riaccendono anche brutalmente), sia le nuove crisi, vedi quella tra Russia e Ucraina, che tra l'altro proprio nei giorni immediatamente precedenti la riunione di Milano aveva avuto un punto di recrudescenza con la crisi nel Mare d'Azov.
  Il terzo profilo è quello della sicurezza. Noi, sempre cercando definizioni che possano servire a riassumere il concetto, l'abbiamo chiamata «sicurezza omnicomprensiva» o «a 360 gradi», cercando di coprire tre dimensioni: quella politico-militare, quella economico-ambientale e quella dei diritti umani.
  Il quarto gruppo di azioni e di risultati riguarda gli atti formalmente adottati. Tenete conto che l'OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) – questo è un concetto che occorre sottolineare, bisogna comprenderlo adeguatamente – decide per consenso. Quindi, quando c'è una delibera, una decisione, una dichiarazione ministeriale, sembra che sia quasi ovvio, ma in realtà richiede l'unanimità dei cinquantasette Paesi seduti intorno al tavolo, tutti quanti. Pertanto, è molto difficile costruire. C'è un grosso lavoro preparatorio, che viene fatto dal Segretariato generale, con l'assistenza dell'Assemblea Pag. 4 parlamentare. Insomma, è un lavoro notevole.
  Noi qui ne abbiamo fatte ben tredici tra decisioni e dichiarazioni adottate dalla riunione di Milano, che è la riunione clou dell'anno di presidenza, che si svolge tradizionalmente verso la fine, alla presenza dei ministri degli esteri. Tra l'altro, è la prima volta, dopo molti anni, il che ci ha fatto molto piacere, in cui sono state approvate all'unanimità diverse dichiarazioni in tutte e tre le dimensioni, quindi non solo quella politico-militare, che è quella in cui più frequentemente si fanno questi atti, ma anche quella economico-ambientale e soprattutto quella dei diritti umani.
  Analizziamo alcuni elementi più di dettaglio. Nella dimensione mediterranea, grande è l'attenzione, naturalmente, per la questione migratoria, che è sentita da tutti i Paesi dell'OSCE come una spinta che viene dal sud verso il nord, ma anche una spinta che viene dal sud non solo fronte Mediterraneo, ma anche dal sud dell'Asia centrale, quindi dal sud dei territori più direttamente collegati ai Paesi dell'OSCE.
  In particolare, è stata adottata una dichiarazione sulla sicurezza del Mediterraneo, ripeto, all'unanimità con consenso, che contiene dei temi molto importanti, come la lotta alla tratta di esseri umani, l'energia, il terrorismo – abbiamo purtroppo visto quanto questo tema sia di tristissima attualità – e il traffico di beni culturali. Sono, quindi, elementi importanti su cui i vari Paesi che fanno parte dell'OSCE si sono impegnati a procedere parallelamente.
  Per la prima volta, inoltre, si è parlato anche di diritti umani, di diritti fondamentali. Badate, può sembrare una cosa che va da sé, ma se guardate la mappa degli Stati che fanno parte dell'OSCE credo ci rendiamo conto tutti che non è così evidente o automatico.
  Nel secondo gruppo di elementi di cui ci siamo occupati e di risultati ottenuti, abbiamo le crisi e i conflitti «protratti». Tra questi, in particolare ci sono quelli legati alla Transnistria, quel territorio tra la Russia e la Moldova, rispetto al quale c'è stato un intervento russo. Al riguardo, voglio solo ricordare, in quanto si tratta di un mio predecessore, che Franco Frattini ha svolto la funzione di Rappresentante Speciale per l'OSCE e ha portato alla firma il Protocollo di Roma, che rappresenta in questo momento la mappa del percorso che va fatto per una normalizzazione della situazione in Transnistria.
  Detto così sembra un atto chissà di quale raffinatezza diplomatica. È un atto di raffinatezza diplomatica, con contenuti precisi. Ci si è occupati, per esempio, di riaprire l'unico ponte di transito tra Moldova e Transnistria sul fiume Nistro. Ci si è occupati degli accordi sulle targhe automobilistiche, perché naturalmente gli uni non riconoscevano più le targhe degli altri. Sembrano delle ovvietà - il sistema delle targhe alterne non abbiamo osato proporlo - però indubbiamente il riconoscimento delle targhe diventava un sistema importante. Ci si è occupati di telecomunicazione: i telefoni non comunicavano più. Quindi, si è dovuti entrare in elementi molto specifici. Analogamente, ci si è occupati di diplomi scolastici, di diplomi degli istituti di formazione. È anche questo il lavoro di risoluzione dei conflitti.
  Ricordava il nostro presidente la dichiarazione congiunta tra Armenia e Azerbaijan. Questo è un piccolo fiore all'occhiello, ma ha richiesto un lavoro estremamente impegnativo, che ho iniziato proprio in occasione della visita di stato in cui accompagnavo il Presidente Mattarella sia in Armenia che in Azerbaijan, per cercare di iniziare con loro un discorso che potesse portare a riparlarsi. Hanno avuto una prima occasione quando c'è stata l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e in questa occasione di Milano abbiamo avuto una riunione, con annessa stretta di mano, oramai inevitabilmente immortalata anche dalle foto. Anche questa può sembrare una photo opportunity, può sembrare una cosa che va da sé, in realtà è stato un passo avanti molto importante, di cui dobbiamo assolutamente essere riconoscenti e riconoscerlo ai due ministri degli esteri che hanno ripreso a parlarsi.
  L'altro conflitto di cui ci siamo occupati, naturalmente tra questi conflitti protratti, riguarda la Georgia, le due regioni dell'Abkhazia Pag. 5 e dell'Ossezia del Sud, rispetto alle quali esiste anche un conflitto con la Russia.
  Conflitto più acceso è quello che contrappone Russia e Ucraina, le vicende della Crimea, le vicende dell'Ucraina dell'est, le situazioni di estrema tensione che esistono fra i due Paesi. Pochi giorni prima, il 25 novembre, c'era stato il grave episodio del Mar d'Azov, con le conseguenze che ne sono seguite.
  Abbiamo immediatamente organizzato una riunione straordinaria del Consiglio permanente dell'OSCE a Vienna, il 26 novembre, e abbiamo emesso un comunicato congiunto, firmato dal Segretario generale e da me, per chiedere ai due Paesi di astenersi nell’escalation e di ritrovare una via di dialogo.
  Ebbene, se guardiamo a ciò che è accaduto a Milano, abbiamo esattamente l'idea, malgrado tutto, malgrado la natura non risolutiva del dialogo, della funzione dell'OSCE. Del resto, intorno a quel tavolo il Ministro degli esteri della Federazione Russa, Lavrov, e il Ministro degli esteri dell'Ucraina, Klimkin, si sono espressi in piena libertà, in modo molto diretto, molto franco, a tratti anche piuttosto ruvido, di fronte a tutti gli altri. Ecco, questo è l'elemento, secondo il mio giudizio, di persona presente a quell'evento, straordinario: un confronto diretto di fronte a tutti gli altri membri.
  Questo non necessariamente porta a cambiare idea, a ritrovarsi e ad abbracciarsi, però indubbiamente porta a esporre le proprie posizioni contrapposte in una maniera tale che si sa poi valutata dagli altri che sono intorno al tavolo. Quindi, questo è un punto molto importante, anche se naturalmente rispetto a questo, tenuto conto della necessità di consenso e della necessità di operare sulla buona volontà di ciascuno, non si sono fatti progressi più visibili.
  Ad ogni modo, il fatto di essere lì presenti insieme, di parlarsi, di non rifiutare, quindi, la presenza, che sappiamo tutti essere un atto gravissimo nei rapporti soprattutto politici, e di non rifiutare il dialogo è stato un elemento importante. Pertanto, la stessa presenza e lo stesso atto di esprimersi li valuto come un elemento positivo.
  Sotto il profilo del terzo gruppo di risultati, quelli legati alla sicurezza, questa sicurezza omnicomprensiva e a trecentosessanta gradi, ci sono stati una serie di atti, che vi cito molto brevemente.
  Nella dimensione politico-militare c'è stata una conferenza a Vienna, a fine giugno, sulla sicurezza politico-militare, con la partecipazione di tutti i membri. Inoltre, a maggio, a Roma c'è stata una conferenza dedicata al fenomeno, da tenere assolutamente d'occhio, soprattutto alla luce della triste attualità dei fatti di ieri, dei foreign fighters di ritorno e, di conseguenza, come insieme cercare di limitare il più possibile le conseguenze più terribili di questo fenomeno.
  Sempre a Roma, a settembre, c'è stata una conferenza sulla sicurezza cibernetica aspetto fondamentale perché quegli strumenti che usiamo tutti, se non sono sicuri, finiscono con l'essere anche soggetti ad uso non corretto.
  Infine, c'è stata a Milano, in occasione della riunione ministeriale, una settimana fa, una dichiarazione congiunta sulla responsabilità collettiva di tutti i Paesi dell'OSCE per un'Europa più sicura. Anche questo è un aspetto importante, perché sappiamo che vi è grande bisogno di sicurezza anche in Europa, e i conflitti esistenti nel territorio geografico europeo di cui vi parlavo prima ne sono una prova.
  Questa dichiarazione è stata firmata da tutti ed è importante, in quanto costituisce quantomeno un elemento scritto di un impegno politico. Naturalmente, poi bisogna far sì che agli impegni seguano i fatti, ma è già molto riuscire a ottenere gli impegni in questi contesti, dove ogni passo può essere importante.
  Nella dimensione economico-ambientale, all'inizio di settembre a Praga si è svolto il Forum economico e ambientale dell'OSCE. A Milano, in occasione della riunione ministeriale di inizio dicembre, abbiamo firmato una dichiarazione sull'economia digitale e soprattutto sullo sviluppo di capitale umano nell'ambito dell'economia Pag. 6 digitale, quindi cosa accade al capitale umano, ai lavoratori, in un'economia che si digitalizza sempre di più. Sapete che qui si parla addirittura di nuovo analfabetismo digitale. È una realtà con cui bisogna confrontarsi, con cui si confrontano forse le generazioni più senior, ma si confrontano anche strati di popolazione, naturalmente molto diversificata da Paese a Paese.
  Sempre nell'ambito delle questioni legate agli aspetti economici, c'è stata un'importantissima azione orizzontale, sulla quale come presidenza abbiamo investito molto, per la lotta alla corruzione. Qui segnalo il lavoro del Rappresentante Speciale per la lotta alla corruzione, che è la professoressa Paola Severino, già Ministro della giustizia. Inoltre, segnalo che a Roma, a novembre, c'è stata un'apposita conferenza internazionale sulla corruzione nell'era del digitale, organizzata anche con la partecipazione dell'ANAC, l'Autorità nazionale anticorruzione.
  Nella dimensione diritti umani, abbiamo avuto tre delibere, il cui contenuto è chiaramente espresso nel titolo stesso degli atti: il contrasto alla violenza sulle donne, la lotta al traffico dei minori e la tutela dei giornalisti. Tenete conto che erano ventisei anni che si cercava di fare un documento sulla libertà di stampa, sul pluralismo e sulla tutela dei giornalisti nell'esercizio delle loro funzioni.
  Voi sapete che, al di là della dialettica che esiste tra mondo politico e stampa, la funzione della stampa è indispensabile, ma in alcuni Paesi la libertà di stampa oggettivamente è ancora in pericolo, come anche – l'abbiamo visto in orribili episodi recenti – la vita stessa di chi opera nel campo della stampa.
  Questa è stata una dichiarazione fatta, anche qui, per consenso, quindi all'unanimità, firmata da tutti, estremamente importante.
  C'è stata anche una conferenza, organizzata a Roma, sull'intolleranza razziale e, sempre a Roma, un'altra conferenza sulle discriminazioni basate sulla religione e sul credo. Anche questo è estremamente importante, dal momento che fa parte dei diritti essenziali di chiunque poter esprimere liberamente il proprio credo, la propria fede, la propria religione.
  Infine, c'è stato un convegno, organizzato a Udine, a luglio, sulla tutela delle minoranze nazionali. Udine, tra l'altro, è luogo interessante, vicino ai territori dei Balcani, dove vediamo quanto gli incroci e la presenza di minoranze nazionali possano essere o possano essere stati – cerchiamo di declinare queste brutte cose solo al passato – fonte di conflitti.
  È bello che questi atti sulle donne, sui minori, sulla libertà di religione, sulle minoranze e sulla libertà di stampa siano nate e siano state firmate in grande quantità, dopo anni che si cercava di arrivarci, proprio nel medesimo anno del settantesimo anniversario, che abbiamo ricordato l'altro ieri, della Dichiarazione universale dei diritti umani.
  Passiamo, il 1° gennaio, la presidenza alla Slovacchia, come abbiamo detto. È stata designata l'Albania per la presidenza nel 2020. Noi continueremo a essere impegnati sia come rappresentanza parlamentare sia come rappresentanza di Governo, in quanto faremo parte della cosiddetta troika (il termine non poteva essere altrimenti in un'organizzazione come l'OSCE) che è composta dalla presidenza uscente, dalla presidenza in funzione e dalla presidenza entrante. Soprattutto, come Italia assumeremo la presidenza del gruppo di contatto con i cinque Paesi partner asiatici, che sono Afghanistan, Australia, Corea del Sud, Giappone e Thailandia, tra l'altro Paesi presenti al più alto livello governativo alla nostra riunione di Milano.
  È, quindi, un bilancio che mi sembra importante, ma soprattutto un'occasione per ricordare anche qui in Parlamento non solo l'esistenza e l'operatività di questa Organizzazione, ma soprattutto quanto, nei tempi difficili che stiamo attraversando, possa essere efficace e vicina alle preoccupazioni più dirette dei cittadini.
  Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei, signor Ministro. Pag. 7
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VALENTINO VALENTINI. Ringrazio il Ministro per questa sua esaustiva presentazione e per avere accettato di venire a illustrarci l'attività della presidenza italiana. Mi congratulo anche per gli sforzi compiuti e per quanto è stato fatto.
  Personalmente vorrei fare una domanda di carattere politico e una richiesta di valutazione. Pare che in questo momento di forte contrapposizione tra est e ovest ci sia nuovamente uno spazio affinché l'OSCE, un'Organizzazione non tanto famosa, non sempre alla ribalta, possa ritrovare uno smalto, un ruolo. La mia domanda, in fondo, amplia un po’ una parte del suo intervento: dopo un anno di presidenza, Lei ritiene che effettivamente ci sia questo spazio e che l'OSCE possa veramente fare la differenza e tornare a ricoprire questo ruolo? L'abbiamo visto in circostanze puntuali, l'abbiamo visto nella crisi più profondo dell'Ucraina, lo vediamo in certe elezioni. Quindi, Lei ritiene che l'OSCE possa tornare a svolgere questo ruolo e in che modo è possibile intervenire per far sì che ciò avvenga?
  Grazie.

  VITO COMENCINI. Anch'io ringrazio il Ministro per l'ottima esposizione che ha fatto e per il grande lavoro che si sta facendo su questo versante. Ovviamente, colgo l'occasione per ringraziare anche il presidente della nostra delegazione, Paolo Grimoldi, e augurargli buon lavoro per il prosieguo.
  Vorrei entrare nel merito delle varie questioni che ha toccato, anche se è sceso molto nei particolari. La questione Mediterraneo ci vede perfettamente allineati su quello che ha detto il Ministro, che ringraziamo per il lavoro che sta facendo insieme ai vari ministri degli esteri e a tutte le realtà che sono coinvolte, soprattutto sul fronte libico, dopo la Conferenza di Palermo, che ha dimostrato di essere un passaggio molto importante. È una questione che a noi è molto cara e che continuiamo ad attenzionare, in quanto rileviamo il fatto che, grazie al Ministro Salvini, gli sbarchi sono calati enormemente, grazie al suo intervento e di tutto il Governo, ma anche grazie agli interventi legislativi. In particolar modo, con l'approvazione del «decreto sicurezza» si cerca non solo di contrastare gli arrivi, ma anche di porre in essere controlli più severi nei confronti di chi entra nel nostro Paese, riuscendo così a operare una netta distinzione tra immigrazione regolare e immigrazione irregolare.
  Inoltre, come giustamente ha detto Lei, occorre porre grande attenzione, come dimostrano i fatti avvenuti recentemente, sulla questione dell'immigrazione, specialmente quella clandestina, utilizzata come strumento da parte del terrorismo. Conosciamo il pericolo dei foreign fighters di ritorno, di chi potrebbe entrare clandestinamente per colpire nel cuore delle città italiane, ma anche europee, come è successo ieri a Strasburgo.
  Analogamente, bisogna tenere in debita considerazione la questione della tratta degli esseri umani, tema che interessa direttamente i diritti umani. D'altronde, se l'immigrazione, che di per sé può essere anche un diritto da parte di una persona di decidere di andare in un altro Paese, diventa una forma di sfruttamento, diventa un mezzo per portare le persone a essere sfruttate attraverso il meccanismo del traffico di stupefacenti o attraverso il meccanismo dello sfruttamento della prostituzione, diventa una forma di schiavitù.
  È un bene, quindi, che i Paesi, da questo punto di vista, abbiano deciso, tutti insieme, di porre grande attenzione a questo fronte, con l'auspicio che tutti si rendano conto della delicatezza e dell'importanza di regolamentare l'immigrazione e di non lasciarla in maniera totalmente sregolata, come mi permetto di dire è successo negli ultimi anni.
  Trovo molto interessante anche la questione dei conflitti. È molto positivo che sulla vicenda Transnistria si siano fatti questi passi avanti, una vicenda che magari qui da noi è poco conosciuta, ma quello che è stato fatto dai precedenti ministri e che sta proseguendo, la cosiddetta «normalizzazione Pag. 8», è sicuramente una cosa molto interessante.
  A tal riguardo, però, riprendendo la questione della Crimea e del Donbass, soprattutto nella zona della Crimea, Lei ha detto che si è intervenuti, ad esempio, sul fronte delle telecomunicazioni, dal momento che in Transnistria non funzionavano le telecomunicazioni. Evidentemente c'è un problema di rete o di appoggio da parte delle compagnie telefoniche. Ebbene, una delle sanzioni che va a colpire la Crimea è proprio quella delle telecomunicazioni. Le nostre compagnie telefoniche non funzionano in Crimea, il che mi permetto di dire va a colpire - è uno dei motivi per cui critichiamo la scelta delle sanzioni adottate nei confronti della Russia - non semplicemente la Russia o il potere russo, ma va a colpire i comuni cittadini. Se una persona in Crimea o in Ucraina deve chiamare un parente o un amico in quei Paesi, non riesce a comunicare, quindi è chiaramente un sistema che, alla fine, va a discriminare i cittadini.
  Le chiedo, pertanto, da questo punto di vista come si è lavorato, seppur nella criticità che in questo momento vive la Crimea dopo l'incidente nel Mar d'Azov, e se anche nelle trattative che, grazie anche al vostro lavoro, sono state riaperte a Milano vi è la possibilità di cercare un percorso di normalizzazione per consentire ai cittadini almeno di comunicare. Non dico di permettergli di spostarsi liberamente, capisco che ci sono problematiche addirittura di guerra nella zona del Donbass, ma almeno di comunicare telefonicamente. Quindi, vorrei sapere da Lei se c'è qualche possibilità di intervento a tal proposito.
  Situazioni simili, estremamente delicate, riguardano l'Abkhazia e l'Ossezia, con la questione del Donbass, dove l'attenzione è massima e dove, secondo noi, si devono tenere ben presenti gli Accordi di Minsk, che sono quelli che alla fine mettevano entrambe le parti sulle posizioni di non belligeranza, di cercare di evitare ancora conflitti, ancora sparatorie, ancora morti, e invece purtroppo ancora oggi continuano a verificarsi, anche se purtroppo i nostri media ne parlano poco, se non nulla. Quindi, da questo punto di vista vorrei capire se questo dialogo può portare almeno a una «normalizzazione», nel senso che vengano rispettati reciprocamente questi accordi.
  Mi permetto di chiederle, inoltre, quanto possono influire su queste vicende le prossime elezioni presidenziali che ci saranno in Ucraina, considerato che inevitabilmente, in un senso o nell'altro, possono creare tensioni da entrambe le parti.
  La ringrazio anche per aver toccato il tema dei diritti umani, in particolar modo con riferimento al diritto di avere un credo religioso. Ci teniamo molto che siano aiutati e tutelati i cristiani che sono perseguitati nel mondo. Abbiamo visto recentemente il caso di Asia Bibi, che è dovuta fuggire dal Pakistan dopo aver rischiato una condanna a morte. Quindi, vorrei capire se tutti i Paesi che hanno partecipato a questi incontri sono allineati su una posizione di tutela dei diritti delle varie minoranze religiose o se vi sono delle discrepanze.
  Grazie.

  MAURIZIO LUPI. Intanto anch'io faccio gli auguri al presidente Grimoldi per la sua nomina e per quello che potrà dare autorevolmente come contributo. Naturalmente, ringrazio il Ministro Moavero Milanesi.
  Desidero subito precisare che oggi la esigua presenza dei commissari delle due Commissioni credo sia dovuta alla concomitanza di una serie di Commissioni. Penso, per esempio, al fatto che anch'io avevo in contemporanea la Commissione bicamerale antimafia. Dico questo per sottolineare che non credo si sottovaluti il ruolo che ha avuto la presidenza italiana in quest'anno e il ruolo dell'OSCE e di questi strumenti, che ritengo fondamentali, delle organizzazioni internazionali.
  La mia domanda segue un po’ la domanda posta dal collega Valentini, perché evidentemente lei è stato molto puntuale nell'elencare i risultati, ma per la parte di esperienza diretta da ministro e anche per la sua autorevole esperienza riguardo al valore delle organizzazioni internazionali sia a livello europeo che a livello mondiale credo che, a conclusione di questa nostra presidenza, si debba fare una riflessione Pag. 9sulla funzione e sulla rinnovata attualità, come diceva il collega Valentini, di questi strumenti, in un momento di confronto tra mondi e di crisi tradizionale del ruolo di queste organizzazioni.
  Nessuno si era mai sognato di mettere in discussione la funzione della NATO, la funzione dell'Assemblea Generale dell'ONU, le partecipazioni, i contributi e via elencando, e il principale Stato che inizia a metterli in discussione, con la sua presidenza, ovviamente autorevole e forte, quella di Trump, è rappresentato proprio dagli Stati Uniti d'America, che dovrebbe essere uno dei protagonisti e, comunque, uno dei fondatori degli strumenti di cooperazione e di dialogo internazionale.
  Prima di arrivare alla domanda, Le faccio i miei complimenti per l'ottimo lavoro svolto e per l'organizzazione. È sempre un momento importante quando l'Italia (penso a Milano, penso alla Lombardia) riesce a ospitare ad alto livello, come ha fatto con l'Expo, momenti di questo genere. Vale più questo in termini di autorevolezza che tante parole. Lo dico perché è giusto ogni tanto farci i complimenti come sistema, ricevere con soddisfazione i giudizi positivi che ci arrivano quando organizziamo eventi ad altissimo livello. Penso, ad esempio, al tema della sicurezza. Tutte le volte che organizziamo in Italia eventi internazionali abbiamo risultati e riscontri positivi, grazie al lavoro delle forze dell'ordine, all'accoglienza di una città come Milano, alle strutture congressuali. Insomma, mi sembra che questo, innanzitutto partendo dai risultati che Lei ha elencato, sia l'elemento positivo.
  Vengo alla domanda. Dal suo punto di vista di ministro e di profondo conoscitore di questi strumenti, alla fine di questo anno di presidenza qual è la rinnovata attualità di questi strumenti in un mondo che cambia?
  L'America non ha avuto, anche all'OSCE, un atteggiamento partecipativo molto forte. Ci si aspettava una certa delegazione e ne è arrivata un'altra. Come legge questo atteggiamento? E che ruolo può avere l'Italia da questo punto di vista nel dialogo, come ha sottolineato il collega Valentini, Russia-Ucraina e nel dialogo, altrettanto centrale, con gli Stati Uniti?
  Spero di essere stato chiaro e mi auguro di non essere stato lungo.
  Grazie.

  EMANUELA ROSSINI. Ministro, ho molto apprezzato il modo in cui ci ha fatto entrare nella scatola nera del lavoro di un diplomatico, quando ci ha illustrato la funzione che l'Assemblea parlamentare dell'OCSE può avere, che è quella non solo di trovare una sintesi, ma anche di riconoscere i conflitti, quindi l'importanza di far sì che i conflitti trovino una sede per esprimersi.
  L'OCSE raccoglie Paesi che hanno differenze ancora molto profonde. Penso ai diritti, per cui mi chiedo se avete affrontato una delle tematiche che reputo importanti e su cui dovremmo poter lavorare in orizzontale con tanti Paesi, tema che ancora oggi subisce molte ingiustizie, quello dell'infanzia, che è un tema importantissimo.
  Ancora oggi in certi Paesi ci sono orfanotrofi dove accadono cose terribili, mentre in altri, come il nostro, si sta lavorando molto per migliorare le condizioni e rispettare il tema dell'infanzia. Quindi, mi chiedo se l'OCSE si muove anche su proposte, su tematiche, e in che modo poi riesce a essere incisiva nel far riconoscere il bisogno di rinnovare certe politiche nei vari Paesi.

  MANUEL VESCOVI. Grazie, Ministro. Le rivolgo una domanda molto rapida. Con riferimento alla situazione della Federazione Russa, ritengo sia evidente che, da una parte, questo è un Paese per noi strategico sia dal punto di vista economico sia come aiuto contro il terrorismo ma, dall'altra parte, capisco l'esigenza dell'Unione europea di andare uniti nel decidere le sanzioni. Pertanto, a suo giudizio, ci sarà una soluzione a breve o continueremo con il rinnovo delle sanzioni?
  Premetto che sono stato in Ucraina e ho visto la stessa situazione che ha visto il collega: internet non funziona, non va la carta di credito, vi è una serie di complicazioni, le nostre piccole e medie aziende non possono lavorare. Quindi, le rinnovo il quesito: le sanzioni sono utili, o no? Saranno rinnovate, o no?

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  GIUSEPPINA OCCHIONERO. Anch'io mi associo agli auguri per la sua nuova carica, presidente. Naturalmente, ringrazio il Ministro per la dettagliata relazione.
  Ho delle curiosità rispetto alla tematica della sicurezza politico-militare. A tal proposito, desidero conoscere il suo punto di vista rispetto alla stabilità politica dell'ex Jugoslavia, se lo sviluppo del negoziato di ingresso dell'Albania nell'Unione europea influisce o meno sulla tenuta del sistema OSCE e come vede la tenuta dei confini del Centro Europa, rispetto al funzionamento generale dell'OSCE.
  Grazie.

  YANA CHIARA EHM. Anch'io ringrazio il Ministro per aver dato una spiegazione particolarmente esaustiva.
  Vorrei fare alcune considerazioni su alcuni punti che sono stati citati, partendo proprio dalla questione dei diritti umani. Ebbene, da questa presidenza cosa riusciamo a portare a casa e dove possiamo, come Italia, imparare e migliorare?
  Ricollegandomi al tema dell'infanzia sollevato dalla collega, vorrei fare una riflessione più generale sul fatto che anche l'Italia ha difficoltà a far rispettare in ogni ambito i diritti umani. Mi viene in mente l'esempio pratico del caporalato, un fenomeno che ancora oggi è estremamente diffuso e che anche a livello internazionale viene studiato. Ebbene, che cosa possiamo fare per incrementare il rispetto dei diritti umani anche nel nostro Paese?
  La seconda questione riguarda i conflitti nel Caucaso. Accolgo con favore la bella notizia che siamo tornati ad avere un dialogo, anche se al riguardo non sono particolarmente ottimista, in quanto i tentativi sono sempre stati tanti, però purtroppo siamo ancora un po’ indietro. Ma facciamo gli ottimisti: come può l'Italia contribuire ad alimentare la via del dialogo, la via della riconciliazione, ed essere da supporto a questo?
  Con riferimento ai foreign fighters, ritengo che sia importantissimo fare azioni pratiche, concrete al riguardo, ma soprattutto credo sia fondamentale iniziare a pensare a come risolvere le cose dalla base, dalla radice, ovvero a iniziare a stabilizzare le zone del Caucaso, l'Asia centrale, l'Asia orientale e il Medio Oriente per risolvere queste questioni, lavorando sulle cause e non mettendo toppe.
  In ultimo, desidero fare un accenno alla questione dei giornalisti all'estero, per la quale la ringrazio. Oggi in Commissione abbiamo portato una risoluzione che dà risalto alla questione della protezione dei giornalisti che lavorano all'estero, aspetto fondamentale considerato che il loro lavoro è sacrosanto.
  Grazie mille.

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al Ministro, anch'io vorrei formulare una domanda.
  So che c'è un problema di ripartizione dei contributi all'OSCE. Ci sono Paesi che pagano milioni di euro, la Francia si lamenta perché dice che il suo contributo è eccessivo, la Germania si lamenta del suo contributo eccessivo e ci sono Paesi che, invece che 20 o 30 milioni di euro, partecipano con qualche decina di migliaia di euro.
  Le chiedo, quindi, innanzitutto se non ravvisa che ci sia il pericolo di default, come sta succedendo per il Consiglio d'Europa, che è un dato di fatto. Inoltre, Le chiedo se non ritiene che la soluzione debba essere necessariamente un parametro, che sia il PIL o la popolazione. Del resto, è quanto meno singolare che un Paese come l'Italia, che è il quarto contributore (se non ricordo male) anche all'OSCE, in sede di voto abbia lo stesso peso della Moldova.
  Evidentemente il problema esiste se ha pesato anche questa questione della ripartizione di fondi e se c'è questo pericolo di default.
  Do la parola al Ministro per la replica.

  ENZO MOAVERO MILANESI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie. Inizierei, seguendo l'ordine delle domande, dalla valutazione sul ruolo, sulla funzione e sul peso dell'OSCE e poi, più in generale, sul quadro delle organizzazioni internazionali. Faccio una scontata e per nulla ricercata battuta: quando ho iniziato ad andare in giro a parlare dell'OSCE, una Pag. 11delle prime cose che ho dovuto spiegare è che si tratta dell'OSCE e non dell'OCSE. Poi, essendo una specie di scioglilingua, va a finire che tante volte parlando ci si bisticcia nelle parole. Questo, però dà l'idea di come l'OCSE alla fine l'abbiamo metabolizzata: sappiamo che produce i documenti economici; peraltro, è essenzialmente una grossa organizzazione di studi, non prende delle vere e proprie decisioni. L'OSCE l'abbiamo invece un po’ dimenticata, l'abbiamo chiusa nei libri di storia, evoca la Guerra Fredda, il Trattato di Helsinki. Insomma, evoca veramente un'altra epoca.
  In realtà, quello che vi dicevo prima è veramente l'elemento più sorprendente. Intorno a questo tavolo ci sono, tra i cinquantasette Paesi membri, Paesi che fra loro hanno situazioni di vera e propria guerra, vedasi quello che accade fra Russia e Ucraina, che non è una guerra dichiarata, però c'è una conflittualità, che purtroppo ha fatto vittime; ci sono Paesi immensi, come la Russia, molto grandi, come gli Stati Uniti, e ci sono Andorra, il Lichtenstein e la Santa Sede. È veramente un tavolo particolare.
  Assomiglia, ma naturalmente è molto diverso, al tavolo che c'è alle Nazioni Unite. Anche lì ci sono tutti i Paesi del mondo. Però, mentre le Nazioni Unite le abbiamo tutti quanti più o meno nel nostro pantheon delle cose indispensabili della nostra era, del dopoguerra, dove si parla, dove si discute (dove si dice che l'ONU può intervenire, poi magari non interviene, però tante volte è intervenuta), l'OSCE non capiamo bene che cosa faccia.
  L'unanimismo, il consenso, il metodo di decisioni con consenso naturalmente limita la capacità di azione di questi organismi. Noi siamo abituati all'Unione europea che, con una maggioranza, ci viene poi a spiegare come si pescano le vongole. Naturalmente lo dico per fare, anche qui, dello spirito, peraltro reale, sulle iniziative legislative dell'Unione europea. Qui non ci sono maggioranze, qui non ci sono commissioni esecutive, qui c'è una presidenza a rotazione e c'è un segretariato. Però, è un posto in cui si confrontano e si parlano realtà molto diverse, realtà che spesso litigano fra loro e che trovano dei comuni denominatori, che mostrano, quindi, che anche fra chi è non è amico (non vorrei usare il termine «nemico», che forse ci porta più lontano ancora) può trovare modo di esprimersi. Quindi, in questo c'è un effettivo valore aggiunto di un organismo come l'OSCE, che si occupa in particolare delle questioni legate proprio alla tenuta dei confini, alla sicurezza dei confini, da cui la costante condanna di molti dei conflitti di cui stiamo parlando, per non dire di tutti, che in un modo o nell'altro rimettono in discussione i confini.
  Al tavolo dell'OSCE, per esempio, sentiamo parlare Ucraina e Russia: parlano naturalmente uno alla volta, molto disciplinatamente, entrambi si riferiscono agli Accordi di Minsk come la via per la soluzione del conflitto, naturalmente accordi che, come ogni accordo, vengono letti da ciascuna parte in maniera diversa. Però, è interessante sentire gli argomenti esposti in maniera ordinata, come può accadere qui fra di noi, pur di idee completamente diverse, ed è interessante poi sentire tutti gli altri cinquantacinque Paesi che intervengono ed esprimono il loro parere. Quando si è toccato il tema Crimea e conflitto russo-ucraino, la totalità di coloro che hanno preso la parola tendeva a dire che la situazione andava regolata, che la Russia aveva tutta una serie di torti rispetto agli statuti e alle carte costitutive dell'OSCE e che bisognava trovare un accomodamento, e nell'ambito di questo accomodamento l'OSCE offriva la sua capacità di intermediazione, naturalmente soft, nel senso di un'azione di persuasione di carattere morale più che giuridico, che funziona.
  Per esempio, nel mese di luglio con il Presidente Mattarella siamo andati prima in Azerbaijan e poi in Armenia e abbiamo cercato di spiegare che questi conflitti si possono regolare anche quando ci sono regioni di carattere bilingue e di tradizioni culturali diverse (eravamo a monte di qualche improvvida iniziativa del Governo austriaco) e abbiamo fatto l'esempio di come in Alto Adige eravamo riusciti a stabilire, all'indomani della guerra mondiale, un periodo molto lungo di pace. Poi abbiamo visto che anche le operazioni di successo ogni tanto possono avere delle punture che le rendono più complicate. Però, i due Paesi non si parlavano. Pag. 12Siamo finiti, pochi mesi dopo, a Milano con una stretta di mano, una riunione insieme e una volontà espressa di trovare una soluzione. È a questo che può servire.
  È un formato più piccolo delle Nazioni Unite, il che significa che gli Stati che ne fanno parte condividono maggiormente degli interessi comuni. Questo rende il dialogo più fluido di quello che si può svolgere in sede di Nazioni Unite. Naturalmente, è molto più disarticolato del tipo di dialogo, di confronto e di collaborazione che troviamo nell'Unione europea, che nel frattempo è andata anche molto avanti, pur senza diventare mai quella federazione ipotizzata. Però, è andata estremamente avanti, come ben sappiamo. Ed è anche molto diverso dal dialogo che si svolge in sede di Alleanza atlantica, dove c'è comunque un socio di maggior peso di tutti gli altri e dove l'Alleanza ha un carattere politico-militare molto netto e ha procedure decisionali molto più strutturate. Però, è un meccanismo intermedio che mantiene una sua validità. Naturalmente – qui mi riallaccio all'ultimo spunto – la mantiene nella misura in cui riesce a continuare a funzionare, e per funzionare effettivamente si pone immediatamente il problema di un bilancio, che attualmente vede delle disparità, vede alcuni Paesi più riottosi, anche se tutti, per adesso, pagano.
  Effettivamente l'identificazione di un parametro più chiaro per i pagamenti delle quote di appartenenza all'OSCE è uno dei temi che abbiamo toccato più volte con il Segretario generale e che potrebbe essere materia di utile discussione anche all'Assemblea parlamentare, perché tradizionalmente i Parlamenti sono gli organismi che votano i bilanci.
  Per adesso, mi sembra che la situazione permetta di funzionare, ma naturalmente una spada di Damocle, che c'è sempre su questi organismi non sufficientemente coesi da essere proprio assolutamente indispensabili, però utili, può essere quella a un certo punto di non avere i fondi. Quindi, il tema è perfettamente presente.
  Il Segretario generale mi ha più volte rassicurato a tal riguardo, e se lo fa lui che del bilancio e dello stipendio che ne deriva ci vive penso che sia abbastanza credibile, però il problema senza dubbio esiste e merita di essere (ma questo starà a voi) valutato anche nell'ambito dell'Assemblea parlamentare.
  La risposta, quindi, è che io credo che l'OSCE sia utile e che svolga un lavoro positivo, come abbiamo visto anche durante questi giorni di lavoro a Milano.
  Consentitemi di aprire e chiudere una breve parentesi. Lo dico per chi ama la nostra Italia e per chi ama tutte le città della nostra Italia. Milano ha fatto un figurone. Diciamocelo una volta tanto, come sottolineava l'onorevole Lupi, possiamo anche lodarci: con Milano si è fatto una gran figura. Tutti hanno visto questa parte estremamente moderna dell'Italia. Abbiamo avuto l'inevitabile cena conclusiva dei nostri lavori in cima al grattacielo, quello che va su un po’ a tortiglione, delle Generali, abbiamo lavorato nel centro congressi. Insomma, veramente abbiamo fatto vedere un'Italia che funziona. È andato tutto molto bene.
  Voi sapete che in queste occasioni può andare tutto molto bene, come può saltar fuori che lo schermo non si accende, che il microfono non va. Tutto funzionava veramente in maniera eccellente. Abbiamo fatto vedere un'Italia efficiente, una Milano bella. Quindi, da quel lato credo ci sia stato anche un bel momento di promozione del Paese, di promozione della nostra patria, che è un elemento estremamente importante anche in queste fasi complesse per la gestione dell'economia.
  Veniamo agli elementi più precisi. Per la questione immigrazione, naturalmente il fatto di condividere la preoccupazione anche con Paesi che vanno al di là dell'area mediterranea in senso stretto o Unione europea in senso stretto è molto importante.
  Le idee che girano sono sempre le stesse, poi si tratta di tradurre le idee in prese di decisioni e di mettere in opera le decisioni. Ma l'idea è che bisogna combattere il traffico di esseri umani, perché tale è, bisogna intervenire con investimenti seri, che aiutino seriamente a far decollare le economie dei Paesi di origine dei migranti, migranti di carattere economico. Pensiamo ai Paesi dell'Africa Pag. 13 subsahariana. Detto così, uno dice: ma chissà come sono. Questi sono Paesi che hanno importanti risorse naturali, vivono una crescita demografica estremamente significativa, sono Paesi giovani, avrebbero tutte le caratteristiche per innescare anche un momento di forte crescita economica, visto che, tra l'altro, in Africa sono aumentate in maniera esponenziale le elezioni democratiche. Quindi, non regge più la vecchia tesi secondo la quale, quando si danno gli aiuti chissà chi li prende, chissà che cosa ci fa, perché ci sono oramai sempre di più dei sistemi democratici.
  Noi dobbiamo – è una battaglia che stiamo conducendo in maniera molto profilata, molto netta a livello di Unione europea per il prossimo bilancio dell'Unione stessa – investire molto di più nei Paesi di origine, migliorare le condizioni socioeconomiche di questi Paesi e, come è avvenuto un po’ dappertutto quando sono migliorate le condizioni socioeconomiche, poi nessuno lascia il proprio Paese e soprattutto non lo fa in maniera quasi obbligata. Laddove i migranti sono costretti a migrare perché c'è la guerra, perché ci sono dei regimi liberticidi, bisogna naturalmente intensificare l'azione per la pace. Qui gli organismi come l'OSCE sono utili.
  L'abbiamo detto proprio lunedì scorso, in un'altra sede, al Consiglio dei Ministri degli esteri dell'Unione europea, dove noi passiamo ore a parlare di tutte le aree conflittuali di questo mondo e, dopo aver parlato, quando si tratta di passare a un'azione di presenza maggiore, ci accorgiamo che l'Unione europea non è poi così efficacemente presente laddove c'è la guerra. Ecco, bisogna fare molto di più perché questa è un'altra maniera per evitare che ci siano poi questi flussi di rifugiati che, in base alle convenzioni internazionali, siamo anche tenuti ad accogliere.
  Dunque, è molto importante che l'azione migrazione trovi sensibile l'OSCE, ma naturalmente è una questione che va affrontata in tutte le sedi possibili, in particolare, per quanto ci riguarda, nella sede dell'Unione europea. Tra l'altro, vi segnalo – lo ha detto, credo, anche il Presidente del Consiglio riferendo alle Camere – che nel Consiglio europeo che si apre domani uno dei punti principali è proprio quello sulle migrazioni e il nostro obiettivo, come Italia, è quello di consolidare le conclusioni che erano state raggiunte nel mese di giugno e renderle realmente operative, cosa che ancora non è avvenuta e sulla quale abbiamo una notevole dialettica con gli altri Paesi dell'Unione europea.
  Dicevo prima degli Accordi di Minsk che sono riconosciuti da entrambe le parti come via d'uscita tra Russia e Ucraina per risolvere le questioni relative alla Crimea. Noi, rispetto alle sanzioni, abbiamo sempre detto con questo Governo che le sanzioni devono essere uno strumento che deve portare all'attuazione di quegli elementi di accordo o quant'altro che possano portare al rispetto delle norme del diritto internazionale. Non devono essere un fine, cioè non dobbiamo entrare in un meccanismo in cui la sanzione è una sorta di gravame permanente che ti colpisce perché hai sbagliato. La sanzione dovrebbe aiutare a portare sulla retta via.
  Abbiamo detto una seconda cosa, che penso risponda in maniera più diretta anche alle due domande sul tema: le sanzioni non devono finire col colpire soprattutto la società civile o direttamente la società civile, cioè i cittadini. Le sanzioni dovrebbero essere un mezzo di pressione sui governi, anche se poi, inevitabilmente, sanzioni di carattere economico finiscono con il colpire anche i cittadini dello Stato.
  Si parlerà di sanzioni a livello di Unione europea anche in questa due giorni dei Capi di Governo che si apre domani e se n'è parlato anche in sede NATO. Naturalmente la situazione della Federazione Russa, che ha oggettivamente violato delle norme di diritto internazionale, rende e ha reso fino a questo momento la sanzione necessaria. Però è importante quanto avete segnalato sui telefoni, le comunicazioni e quant'altro; è un punto estremamente preciso e interessante, che farò anche presente al Presidente del Consiglio, visto che dovrà parlare di queste questioni, per evitare che vadano a gravare sulla società civile.
  Credo che, come soggetto della comunità internazionale, che funziona se funzionano Pag. 14 le regole che la disciplinano, sia importante per l'Italia mantenere una posizione di rispetto di queste regole senza portarle all'eccesso, senza portarle a una stabilizzazione tale che finisca col renderle irreversibili. Quindi, l'obiettivo su cui noi continuiamo a insistere è sempre questo.
  Per quanto riguarda la questione legata alle minoranze, in particolare le minoranze religiose – l'abbiamo fatto presente a Milano, l'ho ripetuto lunedì al Consiglio affari esteri dell'Unione europea – la situazione delle minoranze non può più declinarsi nei nostri giorni, purtroppo, solamente con riguardo a determinate situazioni vuoi di minoranza religiosa, vuoi di minoranza linguistica. Oramai assume un livello a tutto tondo. È evidente quanto è accaduto in Siria e in Iraq, dove abbiamo visto la persecuzione di comunità religiose che risiedevano lì da millenni, in particolare delle comunità cristiane, ma non solo, e questa quasi eradicazione rappresenta oltretutto un'enorme perdita per i Paesi stessi. Quindi, è un punto su cui stiamo estremamente attenti.
  Una delle dichiarazioni fatte in sede OSCE è proprio su questo e bisogna naturalmente mantenere alto il livello di guardia e di attenzione. Devo dire che ne abbiamo anche parlato – così vi riferisco anche su quello che accade in altre sedi – nel quadro Unione europea, sempre al Consiglio dei Ministri degli esteri di lunedì, e intorno al tavolo esiste una sensibilità che definirei piuttosto analoga. La questione è mantenere questa sensibilità attiva nei confronti dei luoghi in cui in realtà questo problema con le minoranze esiste in maniera più marcata.
  Non è una minoranza, ma anzi ci auguriamo tutti che diventi sempre più maggioritaria nella nostra società, l'infanzia. La dichiarazione comune della Conferenza di Milano contro il traffico dei minori, adottata all'unanimità, va esattamente in questa direzione. Naturalmente, la tutela del minore da una serie di abusi che possono essere perpetrati nei suoi confronti è fondamentale, ma qui credo di poter rassicurare: vedo che ogni volta che se ne parla c'è una presa di coscienza analoga da parte di tutti, indipendentemente dalla collocazione geografica, politica dei vari Paesi. C'è una grandissima attenzione e questo permette, anche in sedi più allargate – Nazioni Unite, ma vedi anche la stessa OSCE con tutta la sua regola del consenso – di arrivare ad adottare dichiarazioni comuni. Poi bisogna naturalmente metterle in pratica e quindi anche qui tenere un grande livello di attenzione.
  L'OSCE è nata avendo nel suo dna i confini e il rispetto dei confini. Infatti, le questioni di conflitto di cui si occupa sono tutte questioni di confini, dovute anche all'esistenza di varie minoranze. Pensate, ad esempio, per farvi vedere come il problema è complesso, che il ministro ungherese al Consiglio dei Ministri degli esteri dell'Unione europea, che si è espresso in maniera direi decisamente equilibrata rispetto alla questione della vertenza russo-ucraina, quando si è trattato di parlare di minoranze ha segnalato la necessità di garantire una tutela anche da parte dell'Unione europea alla minoranza ungherese che vive in quella regione dell'Ucraina che si situa a nord dell'Ungheria e all'immediato est della Slovacchia. Pertanto, questa sensibilità esiste ed è estremamente ampia.
  Sulla situazione nella ex Jugoslavia, c'è da dire, a onore dell'Unione europea tante volte un po’ strattonata, che l'ingresso nell'Unione europea di Paesi che facevano parte della ex Jugoslavia ha portato a una pacificazione completa dei loro rapporti. La domanda di ingresso nell'Unione europea di altri Paesi che facevano parte della ex Jugoslavia, a cominciare dalla Serbia, a continuare con il Montenegro e con quella che speriamo tra breve poter chiamare col nuovo nome Nord Macedonia, che per ora continuiamo a chiamare FYROM, Former Yugoslav Republic of Macedonia, ecco, questa domanda d'ingresso e il percorso per l'adesione all'Unione europea di questi Paesi ha calmato totalmente il conflitto nel senso di guerra.
  Rimangono dei conflitti. Abbiamo parlato proprio al Consiglio dei Ministri degli esteri dell'Unione di lunedì – e ne avevamo parlato anche alla ministeriale dell'OSCE a Milano – dei rapporti tra Serbia e Kosovo, Pag. 15con tutta la peculiarità della situazione del Kosovo che, attraverso un referendum, ha potuto dichiarare una propria indipendenza dalla Serbia, laddove analoghe situazioni non sono riconosciute altrove. In questo senso, è molto importante che ci sia un dialogo e che ci sia anche un percorso di adesione dell'Albania verso l'Unione europea, percorso sul quale noi siamo molto impegnati a favore e rispetto al quale altri Stati dell'Unione europea invece tendono a vedere i tempi più lunghi. Ma noi solleviamo regolarmente il punto. Naturalmente l'inizio del processo di negoziato per l'adesione – questo è quello di cui stiamo parlando – per l'Albania e per la Macedonia non significa l'ingresso, né significa l'ingresso senza nessun tipo di condizione e di guarentigia. Significa, però, la formalizzazione dell'inizio di un percorso che porta poi questi Paesi via via ad assumere una posizione molto diversa rispetto a tante questioni che per noi sono assolutamente normali: indipendenza della magistratura, rispetto dei diritti umani, ruolo delle donne nella società e quant'altro.
  Quindi, è l'inizio del percorso, che non vuol dire affatto la fine, che non vuol dire affatto che scompaiono con un colpo di bacchetta magica le frontiere e i confini; ma l'inizio del percorso è l'inizio comunque di qualche cosa di virtuoso per l'evoluzione di questi Paesi in senso più corrispondente alla configurazione di società a cui noi siamo abituati.
  Naturalmente, parlando di diritti umani è stato giustamente ricordato che oltre a guardare cosa accade nell'occhio dei vicini dobbiamo anche guardare le travi che ci sono nei nostri. È evidente che la piaga del caporalato è assolutamente riprovevole. Sappiamo che, purtroppo, questa si somma alla piaga dell'immigrazione clandestina e queste persone finiscono in circuiti di sfruttamento contro i quali bisogna tenere assolutamente alta la guardia e intervenire – forze dell'ordine, magistratura, azioni di governo – nella maniera più efficace possibile per estirpare queste antiche piaghe dalla nostra realtà.
  Il Caucaso è un mosaico. Quando si parla di Caucaso, mi permetto sempre di consigliare a tutti la lettura di un libro minore di Leone Tolstoj che parla di Hadji Murat, che era un resistente all'arrivo della Russia imperiale nel Caucaso. Il libro spiega bene come in questa regione ci sia sempre stata una situazione estremamente difficile, un forte spirito di indipendenza delle differenti popolazioni e quant'altro.
  Abbiamo visto che la fine dell'Unione Sovietica ha comunque lasciato in eredità svariate situazioni di conflittualità. C'è stata anche una guerra molto dura in quella parte del Caucaso che ha continuato a far parte della Federazione Russa. Molti dei cosiddetti foreign fighters sono anche provenienti da questa regione. È chiaro che tutta l'azione possibile di OSCE, Unione europea, NATO, in collaborazione inevitabilmente e ineludibilmente con la Federazione Russa, è importante affinché l'area sia portata il più rapidamente possibile a una situazione più tranquilla. Naturalmente è anche importante mantenere e consolidare i rapporti economici. Cito, per esempio, la questione della pipeline di gas, dall'Azerbaijan attraverso l'Anatolia e l'Albania e l'Adriatico fino alle nostre coste pugliesi, che ci ha interessato per altre varie ragioni. Questo può diventare uno degli elementi, a prescindere dall'importanza di tutelare nel modo più assoluto le nostre prerogative ambientali nazionali e le popolazioni locali, di collegamento con queste regioni che può dar loro anche una importante occasione di crescita economica, in rapporto con l'Europa e più in particolare con il nostro Paese.
  Credo e spero di avere coperto tutti i punti. Vi ringrazio ancora.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Moavero e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 20.20.