XVIII Legislatura

Commissioni Riunite (III-IV Camera e 3a-4a Senato)

Resoconto stenografico



Seduta n. 5 di Giovedì 25 giugno 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Grande Marta , Presidente ... 3 

Comunicazioni del Governo sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali nell'ambito dell'esame delle Deliberazioni adottate dal Consiglio dei ministri il 21 maggio 2020 ai sensi della legge 21 luglio 2016, n. 145 (Doc XXV, n. 3 e Doc XXVI, n. 3):
Grande Marta , Presidente ... 3 
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 4 
Guerini Lorenzo (PD) , Ministro della Difesa ... 11 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 18 
Iovino Luigi (M5S)  ... 18 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 18 
Urso Adolfo  ... 18 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 19 
Vattuone Vito  ... 19 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 20 
Tripodi Maria (FI)  ... 20 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 20 
Pacifico Marinella  ... 20 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 21 
Lupi Maurizio (Misto-NI-USEI-C!-AC)  ... 21 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 21 
Fassino Piero (PD)  ... 21 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 22 
Ferrari Roberto Paolo (LEGA)  ... 22 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 23 
Palazzotto Erasmo (LeU)  ... 23 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 24 
Malan Lucio  ... 24 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 25 
Ortis Fabrizio  ... 25 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 25 
Cabras Pino (M5S)  ... 25 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 26 
Perego Di Cremnago Matteo (FI)  ... 26 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 27 
Carè Nicola (IV)  ... 27 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 28 
Deidda Salvatore (FDI)  ... 28 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 29 
Russo Giovanni (M5S)  ... 29 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 29 
Valentini Valentino (FI)  ... 29 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 30 
Ermellino Alessandra (Misto)  ... 30 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 31 
Quartapelle Procopio Lia (PD)  ... 31 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 32 
Billi Simone (LEGA)  ... 32 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 32 
Di Maio Luigi (M5S) , Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale ... 32 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 37 
Guerini Lorenzo (PD) , Ministro della Difesa ... 37 
Rizzo Gianluca , Presidente ... 43

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare: Misto-PP-AP.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI MARTA GRANDE

  La seduta comincia alle 17.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sui canali satellitari e la diretta sulle web-tv della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Comunicazioni del Governo sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali nell'ambito dell'esame delle Deliberazioni adottate dal Consiglio dei Ministri il 21 maggio 2020 ai sensi della legge 21 luglio 2016, n. 145 (Doc XXV, n. 3 e Doc XXVI, n. 3).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno delle Commissioni riunite Affari esteri e Difesa del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati reca le comunicazioni del Governo sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, nell'ambito dell'esame delle deliberazioni del Consiglio dei ministri adottate il 21 maggio 2020 ai sensi della legge 21 luglio del 2016 numero 145. Anche a nome del presidente della Commissione Difesa della Camera dei deputati, Gianluca Rizzo, e dei presidenti delle omologhe Commissioni Affari esteri ed emigrazione e Difesa del Senato della Repubblica, i senatori Vito Petrocelli e Laura Garavini, do il benvenuto al Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, l'onorevole Luigi Di Maio, e al Ministro della Difesa, l'onorevole Lorenzo Guerini, e li ringrazio per la disponibilità a prendere parte ai nostri lavori. Do anche il benvenuto ai colleghi senatori e deputati presenti in quest'aula.
  Prima di dare la parola ai Ministri, mi sia consentito di svolgere alcune riflessioni personali. Nello spirito della legge quadro, approvata a stragrande maggioranza nel 2016, il Parlamento è l'attore istituzionale al centro della decisione sulla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, che costituiscono una leva cruciale della politica estera del nostro Paese. L'oggetto della nostra decisione è valutare l'adeguatezza degli interventi di natura militare e di natura civile rispetto agli interessi nazionali, come nel caso della Libia, del Niger o dei Balcani, così pure in relazione alle nostre alleanze, al nostro posizionamento nelle organizzazioni internazionali e rispetto ai partner di riferimento, come nei casi della Siria, dell'Afghanistan e del Libano. Questa valutazione va di pari passo con la consapevolezza che i nostri obiettivi sono e restano la stabilizzazione delle crisi in atto, la gestione ordinata dei processi di transizione, il sostegno ad agende riformiste inclusive, concorrendo così allo sforzo di tutta la comunità internazionale per la pace e la sicurezza a livello globale.
  Le missioni internazionali dell'Italia hanno contribuito, nel tempo, a consolidare il profilo della nostra identità mediterranea con uno sguardo proteso verso il continente africano, quadrante in cui ci spendiamo affinché la comunità non cessi nell'impegno contro il terrorismo, a sostegno dei diritti umani e delle libertà fondamentali, contro le discriminazioni nei confronti delle minoranze e anche per una condivisione più equa e responsabile delle conseguenze del fenomeno migratorio. Su queste sfide, a fronte di taluni ritardi da Pag. 4parte delle organizzazioni internazionali, il nostro Paese ha risposto sul piano sia diplomatico sia militare, dimostrando la notevole capacità di intervento in termini di prevenzione di attacchi terroristici, salvataggio di vite umane nelle acque del Mediterraneo, identificazione ed espulsione dal nostro territorio degli estremisti violenti, azioni diplomatiche e iniziative multilaterali.
  Ciò premesso, mi fa piacere esprimere, anche in qualità di relatrice, il mio personale apprezzamento per il risultato conseguito dal Ministro Di Maio, da poco rientrato da una cruciale missione a Tripoli, che corona lo sforzo che il nostro Paese, senza soluzione di continuità, ha profuso per riportare il tema dei diritti umani in cima all'agenda degli interlocutori istituzionali libici. Sono particolarmente lieta di questo risultato, che si accompagna ad un impegno rafforzato per i nostri militari per lo sminamento di importanti territori attigui alla capitale Tripoli. Non è estraneo a questa svolta un ritorno degli Stati Uniti nel Mediterraneo, auspicabile preludio ad un ricentramento di equilibri geopolitici, che in questi anni si sono drammaticamente alterati, anche in connessione con quadranti gravemente destabilizzati come quello siriano e mediorientale. Tutto ciò ridà slancio al nostro dibattito che, anche grazie alla prestigiosa cornice in cui si svolgono i nostri lavori odierni, è certamente oggetto di attenzione da parte di un'opinione pubblica sempre più matura e accorta sui temi della politica internazionale. Do quindi la parola al Ministro Di Maio per il suo intervento.

  LUIGI DI MAIO, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie presidente. Gentili presidenti, senatori e deputati, un saluto al Ministro Guerini e a tutti i presenti. Questa occasione di dialogo con le Commissioni riunite di esteri e difesa, di Camera e Senato, ci consente di discutere le prospettive delle nostre missioni internazionali, degli interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e stabilizzazione. Oggi come ieri, l'impegno dell'Italia riflette un'impostazione strategica saldamente ancorata alla nostra identità mediterranea, alla vocazione europeista, al legame transatlantico e a un convinto sostegno al multilateralismo. Il contesto geopolitico è in mutamento. Sta emergendo un ritorno della forte competizione tra grandi potenze, con tensioni economiche e politiche che rischiano di rendere più fragile l'architettura multilaterale. La perdurante minaccia di terrorismo e radicalismo, la rapidità del progresso tecnologico e le insidie per la sicurezza cibernetica, la volatilità del sistema economico, l'aumento delle diseguaglianze, la vulnerabilità rivelata dalla pandemia, la conseguente rimodulazione delle catene di valore globali rappresentano ulteriori fattori di instabilità. Soprattutto nell'area del Mediterraneo allargato il deterioramento della situazione socio-economica può ripercuotersi negativamente sulla stabilità politica. Esso fa emergere il rischio di aggravare vecchi problemi, debolezze e malfunzionamento delle istituzioni, settarismo, tensioni tra mondo secolare e religioso, frattura crescente tra piazze e regimi al potere. Ne deriva la necessità di flessibilità e resilienza per far fronte a vecchie e nuove sfide. Pandemia e recessione rischiano di innescare risposte difensive, competitive e non cooperative. Quel multilateralismo che proprio nella prima fase dell'emergenza sanitaria è apparso inadeguato, si conferma invece l'antidoto più efficace e a nostro parere il solo approccio possibile in campo politico, economico e securitario. Con la delibera «Missioni 2020» abbiamo confermato gli impegni già assunti in passato. Abbiamo poi previsto alcune nuove missioni, in particolare Irini, oltre agli interventi in aree sempre più cruciali per sicurezza e interesse nazionale come il Sahel e il Golfo di Guinea. Vorrei delineare le direttrici di politica estera che ispirano gli interventi e le priorità strategiche che perseguiamo con riferimento ai principali teatri di crisi e ambiti multilaterali in cui operiamo. Partirei dalla Libia. Cominciamo proprio con l'area dove ho effettuato una missione ieri e dove persiste una gravissima instabilità che si ripercuote sull'intera regione mediterranea e sulla nostra stessa sicurezza nazionale. La Libia è a un bivio, Pag. 5da un lato l'intensificazione del conflitto con un sempre maggiore coinvolgimento di attori esterni, dall'altro la ripresa di un percorso di dialogo inclusivo per portare il Paese fuori dalla lunga crisi. Nelle scorse settimane gli equilibri sul terreno si sono modificati. A oltre un anno dall'attacco di Haftar su Tripoli il 4 aprile 2019 la controffensiva del governo di accordo nazionale, sostenuto militarmente dalla Turchia, ha permesso prima di assicurare il fianco occidentale di Tripoli fino al confine con la Tunisia, poi di intensificare le attività a Sud e a Est della capitale, riconquistando lo snodo strategico di Tarhuna e di approssimarsi a Sirte. È nostro interesse evitare due prospettive ugualmente rischiose, da una parte un'escalation militare con interventi diretti degli attori esterni, dall'altro un congelamento della situazione che si traduca in una spartizione di fatto del Paese. In questa fase critica è indispensabile intensificare l'azione diplomatica per indurre le parti libiche a fermare le ostilità e concludere un accordo di cessate il fuoco duraturo sulla base della bozza elaborata da UNSMIL (United Nations Support Mission in Libya) a seguito dei lavori della commissione militare congiunta dello scorso febbraio a Ginevra. Dopo i vani appelli per una tregua umanitaria, il 10 giugno UNSMIL ha annunciato l'impegno di entrambe le parti libiche a riprendere il terzo ciclo di negoziati in seno alla commissione. È la giusta direzione ed è per questo che ho trasmesso personalmente al Ministro Çavuşoğlu ad Ankara prima, e al presidente Sarraj, durante la visita che ho svolto ieri a Tripoli, un invito alla moderazione, affinché la linea che passa per Sirte e Jufra non diventi un nuovo fronte di lotta, ma una base per il dialogo. La recente missione sul terreno dell'ambasciatore americano in Libia, Norland, e del comandante di AFRICOM (United States Africa Command) è indice di preoccupazione e rinnovato interesse da parte degli Stati Uniti per la crisi libica, un segnale che giudichiamo molto positivo. Non a caso, proprio di recente, in occasione della mia ultima telefonata con il segretario di Stato statunitense, Mike Pompeo, ho rinnovato l'auspicio italiano di un maggior coinvolgimento degli Stati Uniti. Washington ha forte influenza sui contendenti sia sulla Turchia che sull'Egitto e ovviamente può fare la differenza. L'importante è mantenere il coinvolgimento di tutti i principali attori. Questa è la linea che l'Italia ha sempre perseguito. Dialogare con tutti è la sola chiave a nostro avviso per una soluzione sostenibile nel tempo. La recente intesa raggiunta con la mediazione egiziana tra il generale Haftar e il presidente della Camera dei rappresentanti, Aguila Saleh, è costruttiva ma non ancora sufficiente. Infatti, nonostante riaffermi il primato della soluzione politica sulla via militare, è limitata ad una parte soltanto, mentre per l'Italia ogni iniziativa politica deve essere pienamente inclusiva di tutti gli attori libici e le parti internazionali interessate, inquadrata nell'architettura di Berlino e rispettosa della centralità dell'azione delle Nazioni Unite. Continuiamo a sostenere la missione UNSMIL, ribadendo l'urgenza per la nomina del nuovo rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la Libia. Siamo impegnati in prima linea per creare un contesto di sicurezza che nell'immediato accompagni l'annunciata ripresa del dialogo. Copresediamo il gruppo di lavoro sicurezza del Comitato dei seguiti dalla Conferenza di Berlino e a seguito della richiesta del Governo di accordo nazionale (GNA) all'Italia di fornire assistenza specialistica per la bonifica e lo sminamento delle aree urbane di Tripoli, abbiamo avviato la pianificazione delle relative attività con l'obiettivo di consentire agli sfollati di rientrare in sicurezza nelle proprie abitazioni. Ho confermato ieri questo impegno al presidente Sarraj, perché questo orrendo conflitto ha già fatto troppe vittime civili. Per fermare la guerra dobbiamo bloccare l'afflusso di armi, così come prevedono le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Irini potrà in questo rivelarsi cruciale. L'Italia è determinata ad assicurare, lo ho sottolineato ieri al presidente Sarraj, che la missione operi in modo efficace e imparziale per monitorare, rilevare e comunicare tempestivamente al Consiglio di Sicurezza tutte le violazioni all'embargo ONU. In Irini l'Italia svolge un ruolo di Pag. 6particolare responsabilità. A differenza di Sophia, la nuova operazione dell'Unione europea è incentrata sull'embargo di armi alla Libia. Anche a sostegno del processo politico nel solco della Conferenza di Berlino, l'Italia ne ha assunto il comando con l'ammiraglio Agostini e ne ospita il quartier generale presso il COI (Comando Operativo di vertice Interforze) di Centocelle. Italiano è anche il primo comandante della forza navale nell'ambito di una rotazione concordata con la Grecia. Tutto ciò al fine di agire da garanti della massima imparzialità nei confronti delle parti libiche. Oltre alla partecipazione alle missioni dell'Unione europea in Libia, è strategico il nostro impegno attraverso la missione bilaterale MIASIT (Missione bilaterale di assistenza e supporto in Libia), che da tempo garantisce supporto sanitario nell'ospedale da campo di Misurata e svolge attività di formazione e addestramento a Tripoli, rafforzando la sicurezza e lo stato di diritto, nonché le capacità di controllo dei flussi migratori. Ieri a Tripoli abbiamo fatto un tagliando alla cooperazione bilaterale. Tra i molti argomenti ci siamo occupati del tema migratorio. Il presidente Sarraj mi ha consegnato le controproposte di emendamento alla bozza del memorandum del 2017. È un risultato, a mio avviso importante, a cui tenevamo molto come Governo. Ad una prima lettura vi informo che il riscontro fornito va nella giusta direzione, recependo la volontà italiana di rafforzare la tutela dei diritti umani. Dovremmo negoziare il testo nel Comitato Misto che si riunisce in base all'articolo 3 dello stesso memorandum del 2017 già a partire dal 2 luglio. Allo stesso tempo ho confermato la nostra disponibilità a valutare le richieste di assistenza tecnica del Ministro dell'interno Basha Agha per migliorare le capacità libiche di contrasto ai flussi migratori irregolari. Abbiamo inoltre convenuto sulla necessità di una immediata e completa ripresa della produzione petrolifera quale fattore di stabilità nell'interesse di tutto il popolo libico. Il sistema dei proventi petroliferi va riformato in modo da garantire una sua distribuzione giusta e trasparente. Dobbiamo smantellare la narrativa che i soldi del petrolio finiscano ai terroristi. Nel discutere della mia recente missione ad Ankara, Sarraj ha riconosciuto l'importanza del ruolo turco per la Libia, ma ha anche sottolineato con convinzione che l'Italia resta un partner insostituibile, una testimonianza che credo premi il nostro lavoro di mediazione ed equilibrio come Paese. Vogliamo essere promotori di un grande piano europeo di ricostruzione della Libia. Ne parlerò a breve con l'alto rappresentate Borrell e con la Commissione europea. L'Europa può e deve contribuire alla rinascita di un Paese cruciale per la stabilità del Mediterraneo. Irini sul fronte europeo è solo l'ultimo esempio dell'impegno italiano nelle operazioni e missioni dell'Unione europea, sia militari che civili, basti citare l'operazione antipirateria Atalanta al largo della Somalia, EUFOR «Althea» in Bosnia ed Erzegovina e tre missioni di addestramento in Africa, Mali, Somalia e Repubblica Centrafricana. Siamo storicamente tra i maggiori contributori in termini di personale alle missioni civili. Supereremo presto le sessanta unità in diversi quadranti chiave. L'obiettivo è duplice: rafforzare la sicurezza del nostro Paese, avvalendoci dell'effetto moltiplicatore offerto da un contesto più ampio di quello bilaterale, sostenere la politica di sicurezza e difesa europea e la capacità dell'Unione europea di agire sulla scena internazionale nel quadro di un approccio integrato alla gestione delle crisi. Senza una solida componente di sicurezza civile e militare, l'effetto delle ingenti risorse anche di cooperazione investite dall'Unione europea nelle zone di crisi risulterebbe depotenziato. Questo approccio è in linea con la strategia globale dell'Unione europea del 2016, che ha posto le premesse per un salto di qualità della politica di sicurezza e difesa comune. L'Italia ha sostenuto con convinzione strumenti quali la cooperazione strutturata permanente (PESCO) e il Fondo europeo per la difesa per favorire lo sviluppo congiunto di capacità e l'ottimizzazione delle risorse, evitando dispersioni e duplicazioni. Analogamente, lavoriamo per dare impulso all'ammodernamento della gestione civile delle crisi, per aumentare Pag. 7l'interazione tra Unione europea e forze di polizia dei Paesi partner, potenziarne la capacità di controllo del territorio e ridurre il più possibile l'estensione delle aree non governate da cui originano la maggior parte delle sfide alla sicurezza europea. Contribuiamo anche al nuovo centro di eccellenza di Berlino per la gestione civile delle crisi, al centro di eccellenza di Helsinki per il contrasto alle minacce ibride e all'Istituto europeo per la pace (EIP), ente che affianca l'Unione nelle iniziative di mediazione in zone di conflitto. Per quanto riguarda la NATO, di fondamentale importanza in termini politici e operativi è il ruolo dell'Italia nelle missioni e operazioni dell'Alleanza Atlantica. Consideriamo l'impegno italiano in Afghanistan, Kosovo, Iraq come principale contributo al burden sharing alleato. Esso risulta particolarmente apprezzato dai Paesi in cui operiamo. Altrettanto vale per l'apporto italiano alla sorveglianza marittima e dello spazio aereo alleato e per la partecipazione alle attività di rassicurazione sul fianco orientale dell'Alleanza con il nostro contingente in Lettonia. La NATO ha avviato negli ultimi anni un processo di adattamento della postura di deterrenza e difesa alleata per meglio far fronte a minacce convenzionali e non, provenienti da attori statali e non statali e da tutte le direzioni strategiche. Il rafforzamento della resilienza e della difesa civile, specie alla luce della pandemia, è sempre più importante. È nostro interesse rafforzare le capacità dell'Alleanza, sviluppando il valore aggiunto della NATO in stretto raccordo con l'Unione europea. Su impulso italiano la postura di deterrenza e difesa alleata pone oggi più attenzione al fianco Sud, sia in termini di pianificazione militare per assicurare adeguata reattività a minacce da quell'area che di rafforzamento del dialogo politico e della cooperazione con i Paesi partner della regione MENA (Middle East and North Africa), anche grazie all'hub NATO per il Sud che è a Napoli. In Afghanistan l'accordo per la nascita di un governo nazionale inclusivo tra il presidente Ghani e l'ex capo del governo, Abdullah Abdullah, annunciato lo scorso 17 maggio pone fine al lungo stallo politico istituzionale seguito alla pubblicazione dei contestati risultati delle elezioni presidenziali. È un indubbio progresso in vista del negoziato con i talebani per promuovere la pacificazione del Paese, snodo centrale del processo di pace. A tal fine, è ripresa la shuttle diplomacy del rappresentante speciale degli Stati Uniti per la riconciliazione in Afghanistan, l'ambasciatore Khalilzad, per cogliere l'opportunità offerta dagli impegni sottoscritti il 29 febbraio a Doha tra Stati Uniti e Talebani e a Kabul nella dichiarazione congiunta Stati Uniti-Afghanistan. Inducono ad un cauto ottimismo gli sviluppi delle ultime settimane, grazie anche al cessate il fuoco siglato in occasione della fine del Ramadan, mentre motivo di preoccupazione desta il Covid. Continua l'impegno italiano come nazione quadro per la regione di Herat nell'ambito della NATO Resolute Support Mission il cui piano di progressiva riduzione è in fase di negoziato tra alleati, in linea con l'accordo di Doha tra Stati Uniti e talebani. Dobbiamo riflettere, in ambito alleato, su un possibile futuro ruolo dell'alleanza in Afghanistan, che valorizzi la dimensione politica e civile, un ruolo importante potrà essere svolto dal nuovo alto rappresentante NATO a Kabul, l'ambasciatore italiano Pontecorvo. Sarà fondamentale salvaguardare i progressi ottenuti in questi anni di forte impegno internazionale e italiano in materia di diritti umani, libertà fondamentali, stato di diritto e condizione della donna. Anche per questo abbiamo confermato l'impegno finanziario in favore delle forze di sicurezza e difesa afgane, comprese le forze di polizia. Per quanto riguarda la coalizione globale anti-DAESH a guida statunitense, l'Italia continua a fornire un contributo sia in ambito militare che civile. Il 4 giugno ho copresieduto con il segretario di Stato americano Mike Pompeo una riunione ministeriale virtuale del gruppo ristretto della coalizione, in attesa della possibilità di ospitare la ministeriale plenaria. In Iraq malgrado la sospensione delle attività di addestramento e il momentaneo ridispiegamento delle forze, manteniamo sul terreno uno dei principali contingenti. Non appena possibile riprenderemo la formazione delle Pag. 8forze militari e di polizia irachene e curde. Finanziamo il fondo dello UNDP (United Nations Development Program) per la stabilizzazione delle aree liberate e contribuiamo alla tutela del patrimonio archeologico e culturale del Paese. Copresediamo assieme a Stati Uniti e Arabia Saudita il gruppo di lavoro della coalizione per il contrasto al finanziamento di DAESH. Abbiamo confermato il nostro impegno nella missione NATO in Iraq. Si tratta di una missione che ricordo essere concentrata nel settore dell'addestramento e della formazione con l'obiettivo di preservare il nostro importante investimento in Iraq in favore della pace e della stabilità. La nuova configurazione di questa missione dovrà essere sviluppata in stretto coordinamento con le autorità irachene e con la coalizione. In ambito dell'Unione europea l'Italia partecipa a EUAM Iraq (European Assistant Mission Iraq), missione civile a sostegno della riforma del settore della sicurezza. La guerra in Siria è entrata ormai nel suo decimo anno. Nonostante le intese dei mesi scorsi, che hanno permesso di raggiungere un cessate il fuoco nel Nordest e nel Nordovest, si continuano a registrare scontri e forti tensioni in varie parti del Paese, con riflessi importanti sul piano migratorio e di sicurezza sugli stessi Paesi europei. A ciò si aggiunge il rischio di propagazione regionale, evidenziato dalle tensioni tra Israele e Iran-Hezbollah nel teatro siriano, dal crescente coinvolgimento della Turchia nel conflitto e dalla massiccia presenza di combattenti siriani in Libia. Continuiamo a sostenere gli sforzi delle Nazioni Unite dell'inviato speciale per la Siria Pedersen per una soluzione politica, unica possibile via d'uscita dalla crisi. Nell'ultimo anno abbiamo organizzato con le università di Firenze e Trieste due seminari destinati a esponenti dell'opposizione e della società civile siriana per rafforzare le capacità negoziali e contiamo di replicare questa iniziativa nei prossimi mesi. Fondamentale rimane l'impegno italiano in ambito umanitario. La minaccia di DAESH non è svanita. Il gruppo dispone tuttora di una rete clandestina di cellule terroristiche in Iraq e Siria, che hanno approfittato anche dell'emergenza sanitaria per ridare slancio alla propria attività. L'organizzazione continua ad alimentare branche e gruppi affiliati in varie aree del Golfo. Per puntare ad una sconfitta duratura di DAESH, con gli altri membri della coalizione e con i partner locali dobbiamo adattare gli sforzi collettivi alle circostanze sul terreno e all'evoluzione della minaccia. Dobbiamo potenziare gli strumenti civili già collaudati: stabilizzazione delle aree liberate, lotta alle fonti di finanziamento di DAESH, comunicazione strategica nel contrasto alla propaganda jihadista, gestione del fenomeno dei foreign terrorist fighters, anche rafforzando il controllo delle frontiere e lo scambio di informazioni. Confermiamo il nostro interesse alla riflessione in corso sul possibile impiego della coalizione anti-DAESH in Africa occidentale e nel Sahel, in armonia con gli sforzi già in essere da parte di alcuni Paesi, inclusa l'Italia. In ambito Nazioni Unite il nostro contributo al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale si fonda sulla convinzione del legame indissolubile tra pace, sicurezza, crescita, sviluppo e diritti umani e si traduce in un approccio onnicomprensivo che considera tutto il ciclo della pace, ponendo al contempo l'enfasi sulla prevenzione dei conflitti. Di qui i nostri contributi al Fondo fiduciario del dipartimento per gli affari politici e per il consolidamento della pace, al Fondo per il consolidamento della pace all'ufficio ONU per la prevenzione del genocidio e delle altre atrocità di massa. È in ambito Nazioni Unite che la missione in cui impieghiamo il maggior numero di uomini, UNIFIL (United Nations Interim Force in Lebanon) gioca un ruolo importante nel garantire sicurezza e stabilità lungo la «linea blu» e nel facilitare il dialogo tra Libano e Israele. Ne deteniamo il comando e il secondo contingente. Sempre in Libano, l'Italia è storicamente impegnata nel rafforzamento delle istituzioni locali, in particolare delle forze armate di sicurezza, anche attraverso la missione bilaterale di addestramento MIBIL (Missione Militare Bilaterale Italiana in Libano) e la fornitura di materiale non letale. Il Libano è un Paese cruciale per la stabilità della regione Pag. 9mediorientale, così come lo è la questione israelo-palestinese. L'Italia rivendica una soluzione sostenibile, realistica, giusta e direttamente negoziata tra le due parti, nel quadro di una prospettiva a due Stati che tenga nella dovuta considerazione le legittime aspirazioni e necessità di entrambi. Gli ultimi sviluppi sul processo di pace ci preoccupano, in particolare l'ipotesi di annessioni israeliane di parte della Cisgiordania a partire dal primo luglio. L'Italia sostiene con convinzione la posizione europea già espressa dall'alto rappresentate Borrell, il quale ha invitato Israele ad astenersi da azioni unilaterali che rischierebbero di costituire una chiara violazione del diritto internazionale e di pregiudicare il dialogo con la parte palestinese. Per facilitare la ripresa dei colloqui di pace l'Italia ha espresso piena disponibilità a sostenere ogni iniziativa diplomatica insieme ai partner europei, regionali e internazionali, a partire dagli Stati arabi e dagli Stati Uniti, che rimangono un attore imprescindibile. Al contempo continuiamo a sostenere la riconciliazione intra-palestinese con un'azione a tutto campo. Guardando ai nostri confini orientali, la stabilizzazione dell'area dei Balcani occidentali rimane una priorità, come ben riflesso nella delibera «Missioni 2020» oggi all'esame. Intendiamo continuare a garantire la nostra presenza nell'ambito di missioni dell'Unione europea, della NATO e delle Nazioni Unite nonché attraverso i diversi formati di cooperazione regionale, quali l'Iniziativa Adriatico Ionica (IAI) e l'Iniziativa Centro Europea (InCE). Il finanziamento italiano del Fondo InCE presso la BERS (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo) ha consentito tra marzo e aprile 2020 di attivare immediatamente un programma di aiuto per la gestione dell'emergenza Covid nell'intera regione dell'InCE, a cui ha partecipato anche il nostro Istituto Superiore della Sanità (ISS) e di avviare un dialogo con la BERS per valutare possibili iniziative congiunte per la ripresa economica nel post-emergenza. Tra il 2019 e gli inizi del 2020 sono stati approvati progetti di cooperazione tecnica nell'ambito di operazioni BERS per lo sviluppo sociale, economico e infrastrutturale dei Balcani occidentali e di Bielorussia, Moldova e Ucraina. È nostra intenzione organizzare prossimamente un incontro trilaterale Italia-Serbia-Albania per rafforzare le nostre relazioni in una regione di primaria importanza per il nostro Paese. Guardando al Sud, l'Africa continua ad essere un continente di grande opportunità, ma anche di sfide impegnative: dalla rapida crescita demografica ai traffici illeciti, dal terrorismo agli effetti degli eventi climatici estremi, le problematiche di sviluppo si intrecciano con l'instabilità politica e istituzionale in una situazione di perdurante emergenza, ora amplificata dalla pandemia. Due sono le aree di crisi principali, quella saheliana, che man mano si estende sempre più verso il Golfo di Guinea e quella del Corno d'Africa e del Mar Rosso, dove una molteplicità di attori, anche esterni, favoriscono un'instabilità che dura da decenni. La Regione saheliana ha acquisito negli ultimi anni una crescente importanza strategica per l'Italia. La stabilità di quei Paesi, cruciale per il controllo dei flussi migratori dall'Africa subsahariana è gravemente minacciata dalla recrudescenza del terrorismo jihadista. L'Italia, in coordinamento con i Paesi dell'Unione europea, ha quindi gradualmente accresciuto la sua presenza nel Sahel, con l'apertura di ambasciate in Niger, Burkina Faso e prossimamente in Mali. Contribuiamo allo sviluppo sostenibile nella regione attraverso l'alleanza per il Sahel e ne sosteniamo la sicurezza anche attraverso una rafforzata partecipazione alle missioni europee di addestramento nel settore delle forze armate e di polizia. Nell'ultimo triennio abbiamo stipulato accordi di cooperazione nel settore della difesa con Burkina Faso, Niger e Ciad. L'Italia ha inoltre deciso di contribuire alla Task Force multinazionale Takuba per il contrasto alla minaccia terroristica nel Sahel. Il dispiegamento dovrebbe iniziare entro l'estate per poi operare a regime dalla primavera del 2021. Nell'area del Corno d'Africa l'avvio di una dinamica distensiva tra Etiopia ed Eritrea, gli sviluppi politici interni in Sudan e la recente formazione di un governo di transizione in Sud Sudan hanno aperto potenziali Pag. 10 scenari di pace, anche se in un quadro securitario che rimane precario. Anche in Somalia i segnali incoraggianti sul piano delle riforme economiche sono accompagnati da grande incertezza sul piano della sicurezza, con la costante minaccia di DAESH e Al-Shabaab. L'Italia sostiene i processi di pace e stabilizzazione, anche in qualità di copresidente dell'IGAD (Intergovernamental Authority on Development) Partners Forum, che riunisce i principali partner dell'IGAD, l'organizzazione regionale dei Paesi del Corno d'Africa. Contribuiamo inoltre alla difesa dei traffici marittimi lungo il Golfo di Aden, partecipando alla missione europea antipirateria «Atalanta». In Somalia il nostro Paese assicura una partecipazione di primo piano alle missioni europee EuCAP Somalia ed EUTM Somalia, della quale deteniamo il comando, fornendo il più ampio contingente. Ho fornito una rapida panoramica delle principali aree in cui l'Italia è presente con missioni internazionali nuove o già avviate. Sappiamo però che queste da sole non bastano. Per assicurare quel nesso fondamentale tra pace, sicurezza, sviluppo e diritti umani rimangono fondamentali gli interventi di cooperazione allo sviluppo. Si tratta di uno strumento che, accanto alla tradizionale connotazione etica, acquisisce una funzione sempre più strategica nel prevenire conflitti, consolidare istituzioni democratiche e stabilizzare aree di crisi, uno strumento essenziale per rinforzare la resilienza di società fragili e individui vulnerabili, messi ulteriormente alla prova dalla crisi del Covid. Gli interventi e i fondi previsti dalla delibera «Missioni» sono, come noto, solo una parte del complessivo impegno della cooperazione italiana. Le risorse si concentreranno nelle regioni storicamente prioritarie per la nostra cooperazione, come il Corno d'Africa e l'Africa mediterranea, mantenendo al contempo una particolare attenzione alle aree di crescente rilievo strategico, caratterizzate da fragilità istituzionale, scarse opportunità di progresso socio-economico e importanti flussi migratori come il Sahel e la Libia. In Africa le iniziative di cooperazione sono strumentali anche al rafforzamento dei rapporti bilaterali a livello sia politico che economico, creando condizioni per lo sviluppo delle società locali che favoriscano la presenza delle nostre aziende, i rapporti culturali universitari e people-to-people. Sono previste iniziative sia bilaterali sia di portata regionale, per far fronte a problemi condivisi e che necessitano di un approccio comune. Per quanto riguarda l'area medio-orientale, agiremo con iniziative di stabilizzazione economica e sociale in Siria e in Iraq, in particolare nelle zone fino a qualche tempo fa controllate da DAESH. Intendiamo intervenire con progetti di sviluppo a sostegno della resilienza delle popolazioni colpite dalla crisi siriana, dei rifugiati e delle comunità ospitanti in Giordania, Libano e Iraq. In Cisgiordania e Striscia di Gaza proseguiremo il nostro tradizionale impegno a supporto del settore sanitario, della parità di genere, senza dimenticare il sostegno al ruolo dell'agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l'occupazione dei rifugiati palestinesi. Per far fronte alla crisi umanitaria in Yemen, continueremo a contribuire ai programmi delle agenzie internazionali per la fornitura di servizi essenziali nei settori della sicurezza alimentare e della sanità, in linea con gli impegni assunti in occasione della Conferenza dei donatori del 2 giugno per la crisi umanitaria. In Afghanistan in quello che potrebbe essere un anno di svolta dopo decenni di conflitto, proseguiremo il sostegno al rafforzamento dello Stato di diritto, inclusa la parità di genere, alla crescita infrastrutturale e allo sviluppo rurale, assicurando il nostro contributo al Fondo fiduciario per la ricostruzione dell'Afghanistan, strumento gestito dalla Banca mondiale per garantire servizi alla popolazione. Le risorse della delibera «Missioni» saranno infine importanti per il finanziamento del Fondo per lo sminamento umanitario, impegno tradizionale dell'Italia che ci sta molto a cuore, che continuiamo a promuovere nei teatri di conflitto e post-conflitto. In un contesto geopolitico caratterizzato da scenari di crisi in continua evoluzione la delibera che sottoponiamo all'autorizzazione del Parlamento dimostra come l'Italia, lungi dall'essere spettatore, Pag. 11sia in realtà sempre più un security provider, un fornitore di sicurezza in coordinamento con i partner europei e i tradizionali alleati transatlantici. Sono due gli elementi qualificanti: la fondamentale complementarietà tra missioni internazionali, militari e civili e interventi di cooperazione per rafforzare il circolo virtuoso tra sicurezza e sviluppo e diritti umani. Due, il sostegno dell'Italia ad un multilateralismo efficiente ed efficace, a partire dalla sua dimensione mediterranea, su cui intendiamo continuare ad investire nella consapevolezza che solo attraverso il dialogo e la cooperazione la comunità internazionale può trovare soluzioni condivise alle sfide globali. Il dialogo politico con i principali interlocutori e l'efficace uso dello strumento militare all'estero costituiscono due componenti imprescindibili della proiezione internazionale del nostro Paese. Gli sforzi della diplomazia, uniti a quelli delle nostre donne e uomini in uniforme, sono ingredienti fondamentali della credibilità e dell'apprezzamento di cui gode l'Italia sulla scena internazionale, una credibilità costruita nel tempo e che rappresenta un patrimonio prezioso per il nostro Paese. Infine, consentitemi di ringraziare il Ministro Guerini e tutto il personale del Ministero della difesa per la collaborazione sempre assicurata nella redazione di questa delibera che sottoponiamo all'approvazione di questo Parlamento.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
DELLA IV COMMISSIONE
DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
GIANLUCA RIZZO

  LORENZO GUERINI, Ministro della Difesa. Presidente, senatori, onorevoli colleghi, Ministro Di Maio: desidero, nella premessa del mio intervento odierno, sottolineare l'importanza di questo momento di approfondimento che, oltre a costituire uno dei passaggi di adempimento della legge n. 145 del 2016, ha il significativo risvolto di rappresentare un momento di confronto diretto che mi consente, come già fatto in precedenza, di illustrare, oltre ai profili operativi che caratterizzano il nostro impegno nel contesto delle missioni militari per il 2020, anche i contorni più ampi della politica di difesa e di sicurezza nazionale. Cercherò, in concreto, di darvi esaustiva contezza della proiezione dello strumento militare, con riguardo sia alle proroghe delle attività in atto sia ai nuovi ulteriori impegni su cui il Governo ha deliberato.
  Intendo a premessa porre in evidenza le dinamiche principali dei macro-scenari di riferimento, così da contestualizzare, nel prosieguo del mio intervento, il nostro sforzo attuale e futuro. Auspico che ciò possa fornire altri spunti per la fruttuosa interlocuzione già in atto con queste Commissioni, con lo scopo di approfondire e declinare, con sempre maggior dettaglio, il ruolo dello strumento militare, non solo nella sua dimensione difensiva, ma anche e soprattutto a sostegno dell'azione complessiva di diplomazia e ingaggio internazionale del nostro Paese.
  In questo senso è doveroso, nonché ineludibile, accennare all'emergenza Covid-19 che stiamo ancora affrontando e che vede tutte le componenti della Difesa tuttora fortemente impegnate al servizio dei cittadini. Nell'ambito dei nostri impegni internazionali, la diffusione della pandemia ha preteso un'attenta gestione con riferimento alla minimizzazione del rischio per il nostro personale impiegato fuori area. Infatti, in sinergia con i principali partner e con i Paesi in cui operiamo, abbiamo rimodulato la presenza del nostro personale, allo scopo di bilanciare le esigenze di profilassi e di tutela della salute individuale con la continuazione delle funzioni operative essenziali nei vari teatri in cui siamo presenti. Questa stessa emergenza, i cui effetti devono ancora completamente dispiegarsi, rende necessario porre un'attenzione ancora maggiore alle numerose crisi internazionali in atto in relazione all'impatto che la pandemia sta avendo, sia dal punto di vista sociale che economico, in contesti afflitti da povertà cronica e con una marcata propensione a ricorrere al confronto militare. Più in generale, l'area di primario interesse strategico nazionale – da un punto di vista securitario – continua ad essere Pag. 12attraversata da dinamiche fortemente destabilizzanti, scaturite dai principali teatri di crisi, su cui si innestano, quale fattore di principale novità, crescenti rivalità geopolitiche tra attori regionali. Si paventa quindi, in questo contesto, un indice di conflittualità e di instabilità crescente che, associato a una verticale crescita demografica e a condizioni di sottosviluppo, configurano tutte le premesse per generare e rendere cronici conflitti armati con le immaginabili ricadute. La regione del Mediterraneo allargato, in cui si colloca il fulcro principale del nostro interesse e in cui si sviluppa la nostra azione di contenimento delle minacce e di mitigazione dei rischi attraverso iniziative nazionali di coalizione e alleate, sia della NATO che dell'Unione europea, si conferma nella sua natura di arco di instabilità persistente.
  Analizzando infatti le recenti evoluzioni delle dinamiche in atto, si registra, come emerge in particolare in Libia, in Siria e in Yemen, la preoccupante tendenza di un'accresciuta presenza di attori stranieri, intenti a trasformare i conflitti locali in opportunità per affermare la propria forza geopolitica. Di qui l'esigenza di mantenere una proiezione internazionale che sia in grado, da un lato, di prevenire in profondità le principali minacce alla nostra sicurezza nazionale e, dall'altro, di sostenere assieme alle altre amministrazioni coinvolte gli interessi e il ruolo del Paese nello scenario internazionale, anche nell'ambito dell'organizzazione internazionale di riferimento. In quest'ottica si colloca anche la lettera che, insieme alle colleghe francesi, tedesche e spagnola abbiamo inviato all'Alto rappresentante e Vicepresidente della Commissione dell'Unione europea Borrell e ai Ministri della difesa dell'Unione europea, allo scopo di promuovere una maggiore assunzione di responsabilità da parte dell'Unione europea nel campo della difesa e della sicurezza. Inoltre, nelle mie frequenti visite nei teatri operativi, così come in tutti gli incontri e i contatti con i miei omologhi, ho sempre inteso verificare sul campo il collegamento tra la nostra proiezione internazionale con la sicurezza del nostro Paese e la protezione dei nostri interessi strategici. Ritengo, quindi, opportuno presentare a questo onorevole consesso una panoramica dei principali quadranti strategici di riferimento, quale premessa indispensabile alla successiva illustrazione del disegno operativo sulla base del quale sarà modellato il nostro impegno militare all'estero. Iniziando con il quadrante asiatico ed in particolare la regione del Medio Oriente, il 2020 si prefigura come un anno cruciale per l'Iraq.
  Le ricadute delle crescenti frizioni tra Stati Uniti e Iran con i rispettivi rapporti politici verso l'Iraq in forte contrapposizione, le violente proteste sociali, la protratta crisi istituzionale e la persistente minaccia dell'ISIS sono gli elementi distintivi di questo contesto peculiare. Il crollo dell'Iraq dal punto di vista securitario avrebbe il potenziale di coinvolgere e travolgere l'intero Medio Oriente. Per l'Italia, questo scenario metterebbe a repentaglio la nostra sicurezza energetica, essendo l'Iraq (cito i dati del 2019) il nostro primo fornitore di greggio, rappresentando quindi, in termini geo-energetici un partner di strategica importanza per i nostri approvvigionamenti. In tal senso, la nostra significativa presenza militare si traduce anche quale elemento fondamentale di una strategia di avvicinamento tra Roma e Baghdad, volta a stabilire solide e più profonde relazioni in tutti gli ambiti, con un Paese che (diviso internamente e conteso geopoliticamente) aspira a trovare un partner affidabile con cui, su base di reciproco interesse, sviluppare una relazione virtuosa che non alimenti la divisione nel Paese.
  Più ad Oriente, non è meno complessa la situazione in Afghanistan.
  Il processo di pace intra-afghano richiederà una lunga e complessa negoziazione e la presenza della NATO nel Paese costituisce un elemento di continuità e di garanzia sia per le istituzioni locali che con funzioni di deterrenza per la controparte talebana. Il recente superamento della crisi politica interna ha posto le premesse per l'auspicato avvio del processo di riconciliazione nazionale e la contestuale riduzione del contingente statunitense, parte dell'accordo di Doha tra Stati Uniti e movimento talebano. Pag. 13 La NATO in questo contesto ha avviato un processo di riflessione volto a definire la futura dimensione della missione alla luce dell'evoluzione del contesto di riferimento. Completando la panoramica del quadrante mediorientale, il Libano si conferma quale elemento cardine del delicato e precario ordine dell'intera regione. Il Paese si trova stretto tra il conflitto in Siria, i tentativi di infiltrazione jihadista e la profonda crisi economica. In quest'ottica la presenza di UNIFIL, di cui siamo tuttora il fulcro politico e militare, si conferma elemento di stabilità duratura.
  Spostandoci al quadrante africano, ritengo ineludibile accennare in primis alla Libia. La situazione libica vi è ben nota e vi è stato appena adesso l'aggiornamento preciso del Ministro degli esteri. La tensione tra GNA (Government of National Accord) e LNA (Libyan National Army) continua con l'intervento di attori esterni a sostegno delle fazioni in contrapposizione, mentre prosegue lo sforzo della nostra diplomazia nei confronti di tutti gli attori coinvolti, istituzioni libiche, Turchia, Egitto ed Emirati Arabi. Nel tentativo di scongiurare la continuazione dello scontro militare, alimentato dalle ingerenze esterne, è pertanto quanto mai importante e necessario mantenere la nostra presenza sul terreno. Ciò è al duplice scopo di tenerci pronti, in caso la situazione precipiti, a proteggere i nostri interessi e a tutelare il personale italiano variamente presente nel Paese e di mantenere un canale preferenziale di dialogo a supporto degli interessi nazionali con i libici, migliorando nel contempo l'evoluzione della situazione, soprattutto in relazione alla crescente impronta di Ankara. Per contrastare il flusso di armi, che continua ad alimentare l'azione militare su entrambi i fronti, l'Unione europea ha lanciato lo scorso 31 marzo la missione Irini in sostituzione dell'operazione Sophia. Irini ha preso avvio da qualche settimana, denotando al momento la disponibilità di un volume di assetti e di personale non ancora ottimale. Al riguardo, insieme all'Alto rappresentate Borrell, ho incitato i miei omologhi in merito alla necessità di alimentare appropriatamente la missione, registrando un atteggiamento di disponibilità. Sono ragionevolmente certo che i nostri partner contribuiranno alla piena operatività di Irini. L'attribuzione all'Italia del comando della missione è una conferma del nostro ruolo centrale nei confronti della crisi libica. Strettamente interconnessa alle vicende libiche, voglio ora soffermarmi sull'area del Sahel. Dal 2012 il Sahel è teatro di una gravissima crisi securitaria, umanitaria ed istituzionale che affonda le sue radici in un contesto di già profonda fragilità, caratterizzato da rivalità interetniche, inefficienza delle istituzioni, effetti dei cambiamenti climatici, precarietà socio-economica e crescita demografica. Inoltre, con la dissoluzione del califfato nel levante, i Paesi del Sahel sono gli incubatori, loro malgrado, delle nuove fenomenologie del terrorismo di matrice islamica, che colpiscono indiscriminatamente la popolazione e le istituzioni e tra queste le Forze armate di sicurezza sono il bersaglio più esposto. Vi è pertanto il concreto pericolo di un dilagare del fenomeno terroristico verso il settentrione e quindi l'area mediterranea, che metterebbe a repentaglio le già fragili istituzioni libiche e aggraverebbe la situazione dei Paesi del Maghreb, già colpiti duramente dall'emergenza pandemica e dalle sue conseguenze economiche e sociali. Tale situazione è alla base di un ruolo più attivo dell'Unione europea, volto a sviluppare una strategia di intervento per migliorare le condizioni di sicurezza dell'area nella cornice che è stata recentemente definita con il lancio della Coalizione per il Sahel, iniziativa che ha lo scopo di coordinare in un'ottica sistemica le numerose iniziative internazionali già in atto. Alla stabilizzazione della regione del Sahel concorrono infatti gli Stati Uniti e diversi Paesi europei ed africani, in appoggio ai cinque governi della regione. Dal punto di vista nazionale, la Difesa è già presente in Sahel attraverso la partecipazione alle missioni Ue di politica di sicurezza e difesa comune e di quelle di stabilizzazione delle Nazioni Unite. Inoltre, in Niger abbiamo già formato un numero significativo di personale militare in una dimensione bilaterale. Tuttavia, per tutelare efficacemente i nostri interessi securitari Pag. 14 si ritiene necessario perseguire un impegno militare maggiormente profilato, in completo raccordo con il recente irrobustimento della nostra rete diplomatica prima ricordata, il rafforzamento dei contatti governativi ai massimi livelli e la cooperazione allo sviluppo anche nel settore della difesa. Restando sul quadrante africano, persiste nel nostro impegno la presenza per la stabilizzazione della Somalia a supporto delle locali istituzioni con focus sulla formazione del Somalian National Army, sullo sviluppo di idonee capacità di controllo degli spazi marittimi e con la condotta di operazioni di contrasto alla pirateria, una presenza complessiva che va letta nell'ottica di una contribuzione alla stabilizzazione della regione del Corno d'Africa e di tutela dei traffici marittimi, da cui il nostro Paese fortemente dipende. Infine, voglio soffermarmi sul Golfo di Guinea, un'area, che è oggetto di un crescente interesse nazionale in materia di approvvigionamento di risorse energetiche.
  Rileva in tal senso la presenza strutturata dell'Eni, quale principale operatore del settore, che con un nuovo contratto decennale di approvvigionamento ha rafforzato ulteriormente il proprio posizionamento regionale e sul mercato globale. In questo specifico bacino marittimo si assiste ad una crescente incidenza del fenomeno della pirateria marittima, che negli anni ha determinato la presenza navale dei principali Paesi europei e degli Stati Uniti a tutela del naviglio in transito e per attività di cooperazione con le marine rivierasche.
  Veniamo ora al quadrante europeo. I Balcani occidentali, in particolare il Kosovo, sono tuttora attraversati da profonde frizioni e scontano una tensione esistente tra la pulsione verso la piena integrazione europea e l'azione di influenza di attori esterni. Si assiste, inoltre, anche ad un ruolo più profilato di Ankara quale ulteriore direttrice della strategia di influenza turca che, dall'Anatolia, si irradia nel Golfo Persico, nella Libia e nel Corno d'Africa. La missione NATO KFOR continua a garantire la sicurezza regionale, anche in relazione all'altalenante criticità dei rapporti tra Pristina e Belgrado, che ha riverberi sui Paesi di tutta l'area. In questo contesto è riconosciuto all'Italia un ruolo di riferimento grazie alla nostra azione propulsiva nell'ambito del processo di integrazione europea dei Paesi dell'area balcanica. Anche dal punto di vista strettamente militare, il nostro Paese mantiene una posizione di rilievo in virtù delle molteplici iniziative di cooperazione multilaterale e di assistenza di cui ci siamo fatti promotori, che hanno contribuito, tra gli altri risultati di rilievo, in maniera sostanziale all'ingresso nella NATO di Croazia, Albania, e da ultimo della Macedonia del Nord.
  Ulteriormente a Est, la crescente assertività russa, accompagnata dal potenziamento dell'arsenale offensivo, richiama alla necessità di dimostrare coesione e solidarietà tra le nazioni NATO, soprattutto a favore di quelle maggiormente esposte. In quest'ottica continuerà nel 2020 l'attività dei dispositivi NATO aerei, marittimi e terrestri nel quadro dell'azione rafforzata di deterrenza e di difesa. Effettuata questa panoramica complessiva sullo scenario di riferimento e delineati i contorni della nostra politica di difesa e sicurezza per la tutela degli interessi nazionali nei suddetti quadranti strategici, voglio ora soffermarmi sulle principali missioni in proroga e su quelle di previsto nuovo avvio. Il complesso del dispositivo previsto dalla delibera in esame, vede schierate un massimo di 8.613 unità di personale, con una consistenza media di circa 6.400 unità, distribuite in quarantuno missioni, quasi pari a quella dello scorso anno. Innanzitutto, in un tale complesso e variegato contesto securitario, ritengo opportuno ribadire che anche per il 2020 l'impegno militare nazionale nelle missioni internazionali opererà in totale sinergia con l'azione diplomatica e di cooperazione internazionale del Dicastero degli affari esteri, in aderenza ad un approccio multidimensionale alla risoluzione delle crisi che vede nella dimensione militare uno strumento complementare agli ambiti del dialogo e della cooperazione. Pertanto, prevediamo una sostanziale riconferma dei principali impegni già in atto nello scorso 2019 e l'avvio di alcune missioni allo scopo di completare e rafforzare la presenza dell'Italia Pag. 15 nelle aree geografiche di interesse strategico. Riproponendo quindi l'analisi per quadranti e iniziando con quello asiatico, in Iraq partecipiamo sia alla Inherent Resolve che alla NATO Mission Iraq (NMI), confermando la nostra presenza nel Paese iniziata nel 2003. La continuazione degli sforzi internazionali di stabilizzazione attraverso le citate missioni è fondamentale per portare a compimento la definitiva sconfitta dello Stato Islamico, che continua a colpire in diverse aree del Paese e che, benché indebolito, non può ancora considerarsi pienamente sconfitto. La nostra presenza riscontra la favorevole percezione delle autorità irachene nei confronti dell'Italia, soprattutto grazie alle qualità dei nostri militari nel settore della formazione e dell'addestramento. In generale, gli scopi della coalizione per il contrasto a DAESH restano validi e prioritari e intendiamo supportare il processo di revisione e rafforzamento della missione NATO, ritagliandoci un ruolo centrale, considerata la accennata ottima reputazione di cui godiamo. Sempre in Iraq, tra i nuovi avvii è prevista la partecipazione all'EUAM Iraq, missione consultiva a favore dei vertici e delle istituzioni irachene allo scopo di assistere il Paese nello sviluppo di una strategia di sicurezza nazionale. Per quanto concerne il nostro impegno in Afghanistan nella missione NATO Resolute Support, il contributo nazionale rimarrà invariato, mantenendo il ruolo di nazione framework nella provincia di Herat, con il comando del Train Advise Assist Command (TAAC) – West. Sul futuro della missione in Afghanistan con gli alleati abbiamo condiviso la necessità di un pieno coordinamento, «in together, adjust together, out together». Siamo andati insieme, ci adatteremo insieme e ce ne andremo insieme. Questo perché eventuali fughe in avanti andrebbero ad annullare i risultati fino ad oggi conseguiti con grandi e dolorosi sacrifici anche da parte dei nostri militari, a detrimento del processo di pace e della successiva fase di transizione. Occorre quindi agire da protagonisti con prontezza per evitare che quanto fatto fino ad oggi vada disperso, ribadendo ulteriormente, come già fatto in ogni occasione favorevole, che la rimodulazione dell'impegno internazionale in Afghanistan, a cui stiamo tendendo, rispetti precise condizionalità circa l'oggettiva riduzione della violenza, il rispetto dei diritti umani e il raggiungimento della parità di genere. Restando in Medio Oriente, in Libano continuerà l'impegno militare nazionale sia nell'ambito di UNIFIL, di cui continuiamo a detenere il comando, che con la missione di cooperazione bilaterale MIBIL, come ci chiedono peraltro le autorità libanesi.
  Spostandoci sulle coste meridionali, nel Mediterraneo e quindi nel quadrante africano, confermiamo anche il nostro impegno in Libia. La nostra missione bilaterale di assistenza e supporto MIASIT continuerà la propria attività a favore delle forze di sicurezza locali, pur tenuto conto delle limitazioni dovute sia all'attuale pandemia che al perdurante anche se declinante scontro tra LNA e GNA. In tale contesto riteniamo importante confermare quindi la nostra presenza nel Paese, anche con l'ospedale da campo di Misurata, che continuerà ad operare in sicurezza con il supporto della popolazione libica anche nella gestione dell'emergenza legata al coronavirus. In relazione alle più recenti evoluzioni sul terreno, intendiamo anche garantire, come ricordato dal Ministro Di Maio, la disponibilità di nuclei di personale altamente specializzato per coadiuvare le operazioni di bonifica di ordigni disseminati nei centri urbani durante i recenti scontri, un contributo di alta valenza umanitaria in un settore in cui il nostro Paese eccelle in ambito internazionale. Continuerà, altresì, a permanere il dispositivo aeronavale di «Mare Sicuro» a protezione degli interessi nazionali nell'area per assicurare il necessario ombrello protettivo al personale schierato a terra e per continuare le attività di supporto logistico e di addestramento a favore della Marina e della Guardia costiera libica. In tale contesto si innesta poi anche EUNAVFOR MED Irini. Questa nuova missione nel Mediterraneo centrale eredita i compiti di Sophia, spostando però il suo compito principale sul rispetto dell'embargo di armi, come sancito dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Pag. 16 Unite, con le relative risoluzioni in maniera imparziale e multidimensionale. La missione infatti opererà soprattutto in mare, ma vedrà anche l'impiego di assetti aerei e satellitari allo scopo di monitorare anche le direttrici di afflusso terrestri ed aeree. L'Italia ha in Irini un ruolo di assoluto rilievo in continuità con Sophia, con il comandante dell'operazione, l'ammiraglio Agostini, il cui quartier generale è ubicato a Roma. Di recente è stata inoltre approvata la nomina del comandante della forza, anche lì italiana, che opererà a bordo di un'unità della nostra Marina militare con il ruolo di flagship, il cui dispiegamento attende solo l'approvazione della delibera al nostro esame. In continuità con tale approccio, proseguirà inoltre il nostro impegno nel Sahel. Innanzitutto è confermata la nostra presenza in Niger con la missione bilaterale MISIN (Missione bilaterale di Supporto nella Repubblica del Niger). La missione proseguirà con lo svolgimento di attività di formazione, addestramento, consulenza, assistenza, supporto e mentoring a favore delle forze di sicurezza e delle istituzioni governative nigerine in loco in Italia al fine di incrementare le capacità complessive. Ulteriori compiti potranno inoltre riguardare il concorso alle attività di sorveglianza delle frontiere e del territorio e di sviluppo della locale componente aerea, nonché il supporto logistico agli assetti nazionali che saranno impiegati nella regione anche in virtù dell'imminente realizzazione di una base di supporto nazionale nel Paese, tra questi la Task Force Takuba, dispositivo multinazionale a guida francese al quale intendiamo contribuire con una missione di nuovo avvio. Come premesso in avvio del mio intervento, l'intera area saheliana è oggetto di uno sforzo internazionale indirizzato ad assistere i Paesi dell'area a contrastare la minaccia jihadista. La Coalizione per il Sahel si propone quale iniziativa framework per gestire il coordinamento dei contributi dei principali attori coinvolti nella regione, sia sul piano militare che su quello civile, attraverso quattro pilastri: il contrasto militare al terrorismo; il capacity building in materia di sicurezza; il capacity building in materia civile; e la cooperazione allo sviluppo. La Task Force Takuba va a inserirsi nel contesto del primo pilastro. Le sue attività saranno coordinate attraverso il comando congiunto della missione francese Barkhane e della forza congiunta del G5 Sahel. Questa Task Force avrà come suo compito principale quello di addestrare, assistere e supportare le forze armate di sicurezza dei Paesi dell'area con lo scopo di contrastare il terrorismo e analoghe minacce alla sicurezza. Il contributo nazionale si articolerà su assetti elicotteristici per il trasporto e l'evacuazione medica e unità di addestratori in accompagnamento alle forze locali, analogamente a quanto avviene in Iraq con il supporto ai peshmerga curdi, che opereranno di concerto ai contingenti degli altri partner internazionali e della forza congiunta di G5 Sahel (Mauritania, Mali, Niger, Ciad, Burkina Faso). L'impegno aggiuntivo in Takuba rinforza ulteriormente il ruolo del nostro Paese nell'area saheliana e nelle iniziative che mirano alla stabilizzazione di una regione che potrebbe essere certamente definita quale fulcro dell'arco di instabilità che va dalla Libia e, quindi dalle coste del Mediterraneo, al Golfo di Guinea, perseguendo altresì un bilanciamento dei ruoli rispetto a Parigi che fino ad ora ha dettato con la propria agenda le strategie di sicurezza in quella regione. Anche alla luce delle suddette considerazioni non meno importante è, pertanto, la conferma della nostra partecipazione alle già menzionate missioni onusiane e dell'Unione europea in Sahel: EUTM Mali, EUCAP Sahel Mali, EUCAP Sahel Niger, MINUSMA e in Corno d'Africa: EUTM Somalia, EUCAP Somalia, Atalanta, mentre su base bilaterale continueremo ad assicurare attraverso la missione addestrativa italiana la formazione e l'addestramento delle forze di polizia somale e gibutine sulla base militare italiana di supporto ubicata a Gibuti. Completa, infine, il disegno della nostra politica di difesa e sicurezza del continente africano l'avvio di una nuova missione di presenza e sorveglianza marittima nel Golfo di Guinea. La nostra presenza militare in questa regione è volta a tutelare gli interessi nazionali in un'area contigua e complementare Pag. 17 al Sahel, con un approccio che vede la regione quale continuum caratterizzato da un contesto statuale e securitario precario. In particolare, nel Golfo di Guinea intendiamo impiegare in maniera non continuativa un'unità della nostra Marina militare a tutela dei nostri interessi energetici e commerciali, che constano nella presenza di imprese di vettori navali nazionali nonché per lo svolgimento di attività di capacity building a favore degli Stati rivieraschi. Si tratta di una proiezione di capacità che ci vede inoltre agire di concerto con altri partner strategici, altri partner europei anche nell'ambito dell'EU Global Maritime Strategy e del discendente progetto pilota di presenza marittima coordinata. Costituisce un'eccellente opportunità di dialogo e cooperazione in un'area che assumerà in futuro una connotazione ed un rilievo strategico sempre maggiori.
  Infine, nell'ambito del quadrante europeo, in Kosovo continuiamo a ricoprire un ruolo di assoluto rilievo, esprimendo per la settima volta il ruolo di comandante di KFOR. La consistenza massima del contingente nazionale sarà leggermente incrementata al fine di rafforzare l'efficacia complessiva della missione, così come è previsto un leggero aumento del contingente nazionale impegnato nella missione europea in Bosnia ed Erzegovina Althea, nel cui ambito si conferma altresì l'impegno nazionale. In linea con gli ulteriori obblighi assunti nel contesto della NATO, la Difesa italiana continuerà a fornire il proprio contributo alla coesione euroatlantica, partecipando quindi alle attività di sorveglianza dello spazio aereo dell'Alleanza e al rafforzamento della presenza alleata nell'ambito delle misure di rassicurazione, sia lungo il suo confine orientale, dove continuerà ad operare un nostro contingente in Lettonia, sia per la sorveglianza aerea a Sudest e marittima, attraverso la NATO's Standing Naval Forces. Sempre nel contesto della NATO e nell'ambito del rafforzamento del dispositivo per il Sud, abbiamo previsto di rendere disponibile un team di esperti a favore dei Paesi partner, situati lungo il Fianco Sud dell'Alleanza, che richiedono collaborazione per l'addestramento, la consulenza e lo sviluppo di capacità nell'ambito della sicurezza e della difesa del territorio. I Paesi già coinvolti nell'iniziativa sono Algeria, Tunisia, Marocco, Mauritania, Emirati Arabi e Qatar. Tale contributo potrebbe estendersi, quando le condizioni lo consentiranno e ove la NATO si esprima in tal senso, anche a favore della Libia. Si tratta di un nuovo impegno coerente con la nostra consolidata posizione insieme all'Alleanza, ove costantemente evochiamo una maggiore attenzione e un adattamento verso il quadrante meridionale, concetto che, grazie alla nostra azione propulsiva, si è finalmente affermato ed è in procinto di essere reso pienamente operativo. Presidenti, senatori, onorevoli colleghi, sono giunto al termine di questa mia disamina sugli impegni internazionali previsti per 2020. Si tratta di uno sforzo importante che si inquadra nel contesto più ampio dell'azione del sistema Paese, a sostegno quindi della nostra diplomazia e del nostro ruolo di rilievo nelle organizzazioni internazionali.
  Non vi è dubbio che stiamo vivendo un periodo particolarmente difficile, aggravato ulteriormente dell'emergenza in corso, ma è indispensabile continuare a guardare fuori dall'Italia anche in questi tempi complessi. In quest'ottica la Difesa ha declinato gli impegni internazionali per il 2020, concentrando forze e risorse nelle aree di nostro prioritario interesse e valorizzandole al massimo in termini di sicurezza, anche in relazione ai riflessi interni e di tutela degli interessi nazionali. Concludendo, voglio ringraziare il personale civile e militare della Difesa per la professionalità che dimostra in ogni contesto, per l'efficacia con cui assolvono alle missioni assegnate in contesti spesso rischiosi, ma soprattutto per lo spirito di sacrificio evidenziato nell'assolvimento del proprio dovere in ogni circostanza. Auspico che questo patrimonio valoriale possa far crescere una maggiore consapevolezza del ruolo della difesa nazionale, soprattutto in un mondo in rapido cambiamento con minacce inedite e sempre più complesse, contribuendo ad alimentare quel dibattito pubblico da me più volte promosso circa un ruolo che vogliamo assegnare Pag. 18 alle Forze armate. Ringrazio il Ministro Di Maio e tutto il personale della Farnesina per il contributo e la collaborazione nella costruzione di questa delibera e vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei, signor Ministro. Passiamo adesso al dibattito. Avverto che, come convenuto negli Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, il tempo complessivamente previsto per gli interventi e le domande dei senatori e dei deputati è di un'ora e venti minuti, suddivisi tra ciascun gruppo secondo lo schema che è stato reso noto ieri. Seguiranno le repliche dei Ministri. Gli interventi dei senatori e dei deputati si susseguiranno secondo il consueto criterio dell'alternanza, partendo dai gruppi di maggiori dimensioni, per un tempo proporzionale alla consistenza numerica di ciascun gruppo e in modo da assicurare comunque un intervento per gruppo. Do ora la parola ai colleghi che ne hanno fatto richiesta con l'avvertenza che farò rispettare la tempistica degli interventi in modo rigoroso, onde attenermi alle intese intercorse tra i gruppi parlamentari e con i Ministri. Do adesso la parola all'onorevole Luigi Iovino del gruppo Movimento Cinque Stelle per due minuti.

  LUIGI IOVINO. Grazie presidente. Ringrazio i Ministri Di Maio e Guerini per la disamina molto puntuale che ci hanno fornito questo pomeriggio. Vorrei iniziare con un quesito sullo scenario libico. Mi sembra che la missione del Ministro Di Maio in Libia abbia conseguito importanti passi avanti e abbia anche testimoniato, nei fatti, la centralità dell'Italia, un imprescindibile motore di dialogo per una soluzione inclusiva e sostenibile nel quadro del processo di Berlino. La situazione in Libia resta preoccupante. Nuovi sviluppi pongono il rischio di una pericolosa escalation che avrebbe nuovamente come vittima principale il popolo libico, che già versa in precarie condizioni umanitarie. Un aggravamento del conflitto va assolutamente scongiurato, soprattutto prevenendo le ingerenze di attori esterni che continuano a fomentare le posizioni contrapposte. Dalle armi non può venire una soluzione duratura per la crisi libica, per questo diventa importante capire quali siano le soluzioni alternative e Lei, Ministro Di Maio, ha accennato a un piano per la ricostruzione della Libia che l'Italia intende promuovere in ambito Ue come segnale forte dell'Europa al popolo libico. Sarebbe interessante se potesse dirci qualcosa in più su questo progetto, magari spiegando quali potrebbero essere gli obiettivi e i settori principalmente interessati dal piano. Con riferimento invece al tema della difesa cibernetica, la scheda relativa all'operazione Joint Enterprise, nei Balcani prevede un significativo incremento di personale e risorse finanziarie per la realizzazione di una squadra per la protezione cibernetica delle reti non classificate nel contingente. A questo proposito sarebbe utile conoscere, Ministro Guerini, qual è in generale il livello della minaccia cibernetica nei teatri operativi all'estero e se, con riferimento all'area dei Balcani, l'incremento delle misure di difesa cibernetica sia da porre in relazione ad una particolare esigenza della sicurezza informatica. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a Lei, onorevole Iovino. Ha chiesto di intervenire il senatore Adolfo Urso del gruppo Fratelli d'Italia per quattro minuti.

  ADOLFO URSO. Grazie presidente. Il mio ringraziamento va anche ai due Ministri che hanno esposto delle relazioni molto circostanziate. Devo però rilevare che l'Italia, la nostra nazione, è presente in un numero sempre maggiore di teatri operativi. Ogni anno se ne aggiungono altri: il Sahel, il Golfo di Guinea. Tuttavia, questa presenza diffusa ci ha fatto perdere il «giardino di casa», così è definita da tutti la Libia, perché questa ripartizione tra influenza turca e influenza russo-egiziana, di fatto esclude quello che è sempre stata la Libia, cioè una nazione di prioritario interesse strategico per l'Italia. Ricordo a tutti quello che disse una volta un Presidente del Consiglio, quando a fronte di un possibile intervento armato di un nostro prezioso Pag. 19alleato, gli Stati Uniti, affermò di non volere guerre nel giardino di casa. Invece noi abbiamo assistito a una situazione che si è inclinata in modo estremamente grave e che ci ha visto esclusi dalla Libia. È questa la realtà dei fatti. È questa la drammatica realtà dei fatti. Si è di fatto profilata quella che alcuni storici dicono essere la peggiore sconfitta della storia dell'Italia repubblicana. Chiedo a questo proposito ai due Ministri se la missione Irini risponde allo scopo. Lo scopo della missione Irini era e dovrebbe essere quello di impedire l'afflusso di armi, ma non ci riesce. Infatti, è stato chiaro a tutti che i mercantili battenti bandiere molto spesso africane e che portano le armi turche in Libia non sono stati né possono essere fermati perché vi è un dispositivo militare o della Turchia nel Mediterraneo orientale, attorno a Cipro, appositamente predisposto per questo scopo e che colpisce gli interessi italiani di fronte alla Cirenaica e alla Tripolitania. Quindi, la missione Irini ha già fallito nel suo scopo principale, che era quello di fermare l'arrivo delle armi in Libia. Nel contempo, pure se si riuscisse a cambiare il dispositivo della missione Irini, comunque sarebbe troppo tardi, perché la Libia è già nelle mani della Turchia e della Russia e l'Italia ha oramai perso il suo ruolo storico.

  PRESIDENTE. Grazie senatore Urso. Ha chiesto di intervenire il senatore Vattuone del gruppo Partito democratico per quattro minuti.

  VITO VATTUONE. Grazie presidente. Ringrazio anch'io i Ministri per le relazioni esaustive, che hanno inquadrato bene il contesto geopolitico in cui si muove il nostro Paese e confermano sostanzialmente che la nostra presenza nei vari teatri di crisi segue un profilo di sostanziale continuità. Questo è in larga parte un tratto positivo dovuto al fatto che le missioni di stabilizzazione, soprattutto nelle aree più critiche, sono state e sono impegni di lungo periodo. In termini di principio, mi preme ricordare che le missioni internazionali rappresentano un'assunzione di responsabilità per un Paese come il nostro che da sempre è schierato dalla parte della tutela del diritto internazionale e ha un impegno di lunghissimo periodo per favorire i diritti umani e anche, come è stato detto dai Ministri Di Maio e Guerini, per la gestione multilaterale delle crisi e per il rafforzamento degli organismi multilaterali. Possiamo ben dire e lo ricordavano i Ministri, che per beneficiare di sicurezza dobbiamo anche, con coraggio e responsabilità, essere produttori di sicurezza. Io mi rivolgo al Ministro Guerini, non per vicinanza politica, ma perché sono membro della Commissione Difesa e, quindi, mi rivolgo al mio Ministro. Tralascio la questione Mediterraneo-Libia, che è la più gettonata, per toccare il tema dell'Afghanistan. Emerge dalla sua relazione che la presenza del nostro personale in Afghanistan è ancora necessaria. Per contrastare il terrorismo e il fondamentalismo c'è ancora bisogno della nostra presenza in questa area di crisi. È chiaro che ci sono delle iniziative di altri Paesi, in particolare, quella degli Stati Uniti – e cito l'Accordo di Doha – ma alla luce del perdurare di una minaccia in questa area crisi, quali possono essere i successivi sviluppi di questa missione, anche in relazione ai possibili scenari strategici e alla postura delle principali organizzazioni internazionali e naturalmente dei Paesi alleati? Un'altra domanda riguarda la novità assoluta della missione nel Golfo di Guinea, dove è prevista una nostra presenza navale non continuativa nell'ambito di una progettualità europea. Si tratta di un'assoluta novità in una regione che è sempre più al centro dell'attenzione internazionale. È un impegno importante, perché mi sembra di capire che sono due navi, 400 unità di personale, ma vorrei chiedere quale ritiene possa essere l'efficacia del contributo italiano nella sicurezza di questa regione (anche sotto il profilo del rafforzamento della cooperazione con i Paesi costieri, Nigeria eccetera) e se ritiene che tale presenza in futuro possa essere strutturata anche in base permanente, visto il contesto importante che lei ha citato (l'Eni, la pirateria eccetera) e che coinvolge interessi del nostro Paese.

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  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Tripodi del gruppo Forza Italia per tre minuti.

  MARIA TRIPODI. Grazie, presidente. Desidero naturalmente ringraziare i Ministri per le relazioni odierne su un tema di grande rilevanza strategica come le missioni internazionali. Ministro Guerini, ribadisco anche in questa sede il voto favorevole di Forza Italia al provvedimento. L'interesse del Paese, come da nostra tradizione, prevale sulla singola ideologia di partito. Ritengo tuttavia opportuno esprimere talune considerazioni al Ministro Di Maio e sollecitare delle risposte sulla nostra politica estera. Signor Ministro, lei – nella sua relazione – ha spaziato su molteplici aree. Devo però registrare che, a mio avviso, abbiamo una quantità di dossier internazionali drammaticamente irrisolti, a cominciare da quella della Libia, dove oltre ai viaggi di qualche ora, a mio avviso urge mettere in campo una visione strategica globale che tuteli la sicurezza e i nostri tanti interessi nazionali, contenga il fenomeno migratorio e non da ultimo funga da stabilizzatore di un'area dilaniata da crescenti conflitti, per usare un eufemismo. Credo, poi, che un capitolo degno di approfondimento sia l'ambiguo rapporto più volte enfatizzato da questo Governo con la Cina, un regime al quale evidentemente alcuni esponenti di questa maggioranza si ispirano, dimenticando che l'Italia ha nell'Alleanza atlantica il proprio fulcro. Da parte del Governo italiano, c'è paura a parlare di questo argomento, vista la vicinanza manifestata anche durante la questione della «via della seta»? Può dirci qualcosa in merito, signor Ministro? Inoltre, forse meriterebbe una spiegazione anche la nostra posizione nei confronti del Venezuela, dove noi siamo l'unico dei grandi Paesi europei a non aver riconosciuto il presidente Guaidò e anche se lei durante la sua relazione ci si è soffermato, vorrei una risposta più esaustiva. Sono fatti incontrovertibili che evidenziano come l'Italia abbia abdicato al ruolo da protagonista, passando a quello di un debole e ambiguo spettatore nello scacchiere internazionale. Il collega Urso prima diceva che abbiamo perso il giardino di casa. Mi trovo assolutamente d'accordo con lui. L'Italia, signor Ministro, non può permettersi di avere una politica estera inconsistente, con danni incalcolabili al nostro prestigio internazionale. La mia non è una critica personale, ma evidentemente un fatto di natura politica.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire la senatrice Marinella Pacifico, del gruppo Movimento Cinque Stelle, per tre minuti.

  MARINELLA PACIFICO. Grazie, presidente, e grazie anche ai Ministri Di Maio e Guerini per la relazione. Volevo soffermarmi sulla nuova missione nel Sahel, Takuba, non a caso a guida francese, visti gli interessi della Francia in quella regione. Basta richiamare alcune aziende che operano sul territorio come l'azienda francese Orano, che è leader nel campo dell'energia nucleare e lì estrae un terzo del suo fabbisogno di uranio, o la Total che ha un monopolio, per non parlare poi della moneta che viene usata in quell'area e della lingua che viene parlata. Vorrei sottolineare che l'Italia non ha molti interessi in quella zona a differenza della Francia, eppure lì stiamo mandando dei militari, dei nostri soldati, quindi io credo che dobbiamo usare un certo senso di responsabilità. La precedente missione in quell'area era impegnata nella lotta al terrorismo e al traffico di uomini, ma alla fine non abbiamo visto dei risultati apprezzabili. Se richiamiamo le analisi fatte riguardo all'impegno della Francia nel 2011 per rovesciare il regime di Gheddafi, perché considerato un attore ostile, portatore di interessi contrapposti a quelli di Parigi, non ritengo che sia certo che la Francia ci concederà due poli sia nell'area dell'estrazione che in quella del commercio. Al riguardo, Ministro Guerini, vorrei che lei specificasse il teatro operativo dove saranno chiamate ad operare le nostre Forze armate e con quali regole d'ingaggio. Per quanto riguarda la Libia, volevo fare i miei complimenti al Ministro Di Maio per l'impegno che sta mettendo in questo lavoro, tuttavia nonostante l'impegno profuso anche Pag. 21 nelle giornate passate, l'Italia non sembra più essere protagonista nel Mediterraneo. Il processo di indebolimento della nostra politica estera in questa regione ha radici decennali e non possiamo attribuirlo a questo Governo. Vorrei tuttavia domandare al Ministro Di Maio se non ritenga che il fallito incontro di gennaio, a Roma, tra al-Sarraj e Haftar abbia posto ai margini la nostra diplomazia, almeno in questa regione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Lupi, per tre minuti.

  MAURIZIO LUPI. Grazie presidente. Ringrazio anch'io, non formalmente, sia il Ministro Di Maio che il Ministro Guerini. Ritengo che la deliberazione sulle missioni sia il provvedimento sul quale lavorare insieme e dimostrare un'unità non formale del nostro Paese su questi temi. Mi ha fatto piacere sentire parlare, da parte del Ministro degli esteri, di multilateralismo come antidoto più efficace allo scenario internazionale, così come mi ha fatto piacere sentire il Ministro Guerini parlare di sinergia multidimensionale: dialogo, cooperazione, missioni di pace e missioni militari di pace. Io credo che questa sia la caratteristica fondamentale che l'Italia può portare all'interno di questo scenario. La legge quadro sulle missioni prevede, non a caso, che ci siano entrambi i livelli: quelli che riguardano le missioni militari di pace e quelli che, invece, riguardano la diplomazia e la cooperazione internazionale. La prima domanda è sulla cooperazione internazionale. Vorrei sapere se in questo quadro il Ministro degli esteri ritiene sufficienti le risorse messe a disposizione. Proprio per lo scenario complesso a cui stiamo andando incontro e per il ritardo con cui questa deliberazione viene autorizzata dal Parlamento, si rischia di attuare in ritardo gli interventi messi in campo. La seconda domanda è rivolta in particolare al Ministro Guerini. L'Italia è il secondo Paese al mondo per numero di missioni internazionali a cui partecipiamo. Il collega Urso l'ha già detto. Non rischiamo, non dandoci delle priorità, di indebolire la nostra presenza? In particolare, che giudizio dà il Ministro Guerini sulla missione in Afghanistan a cui partecipiamo dal 2001 o, per esempio, sulla missione in Niger. Infine la ringrazio per essere stato in Libia ieri. Anche il Papa, parlando all'angelus, ha rivolto l'ennesimo drammatico appello affinché tutte le istituzioni internazionali intervengano, affermando testualmente: «Ci sia un cammino verso la cessazione della violenza, per la pace, per la stabilità e l'unità». Vorrei capire in maniera più dettagliata, lo hanno chiesto anche i colleghi, l'esito degli incontri di ieri e quali prospettive lei vede.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Fassino, del gruppo del Partito Democratico, per tre minuti.

  PIERO FASSINO. Ringrazio i Ministri. Mi pare che le loro relazioni diano conto di un impegno notevole, che il Partito democratico condivide e sostiene perché la sicurezza è sempre di più una responsabilità collettiva. Se c'è una cosa che tutte le vicende del Mediterraneo ci insegna è che se un Paese vuole agire da solo è inefficace e rischia di rimanere ai margini. Quindi, la nostra partecipazione alle missioni di pacificazione e di stabilizzazione, di peace enforcing o di peace keeping è il modo per contare, essere presenti e fare la nostra parte per affrontare le crisi. Voglio dire al collega Urso, che come me si occupa di politica estera da anni, che noi non potevamo mandare i soldati italiani in Libia come ha fatto la Turchia, perché il nostro passato coloniale ci sconsiglia di inviare sul terreno libico dei soldati e dei militari. Bisogna tenere conto delle situazioni in cui si opera e il nostro ruolo lo possiamo giocare bene attraverso le missioni. Partecipare alle missioni comporta, che quando ci si impegna in una operazione di stabilità e di sicurezza, occorre restare in quel teatro operativo fino a che ce n'è bisogno. Ricordo che quando i russi si ritirarono dall'Afghanistan, i talebani arrivarono a Kabul e impiccarono tutti quelli che avevano governato fino a quel momento. Per restare nel concreto: va bene l'accordo tra gli americani e i talebani, ma se non c'è un Pag. 22accordo tra i talebani e il governo attuale afghano, il rischio è che si ripeta esattamente quello scenario e, quindi, noi dobbiamo restare in Afghanistan fino a quando non siamo sicuri della situazione che lasciamo. Credo che lo stesso valga anche negli altri scacchieri. Infine, volevo porre due domande. La prima, poiché il Ministro degli esteri è stato recentemente in Turchia, vorrei sapere come valuta la situazione, la penetrazione e la presenza turca nel Mediterraneo, che è evidente: Siria, Libia, la vicenda Cipro eccetera e come, essendo la Turchia un grande partner anche per noi come, come intendiamo agire nelle relazioni con questo Paese. La seconda, sulla Libia, la rivolgo al Ministro Guerini, per sapere se non ritenga che l'assistenza alla Guardia costiera, che oggi è un'iniziativa e un impegno bilaterale, possa evolvere alla luce della missione Irini e gradualmente essere ricollocata dentro questa la missione multilaterale. Sempre sulla Libia, stante la recente visita del Ministro Di Maio, vorrei chiedere in che misura noi possiamo forzare sulla realizzazione di corridoi umanitari per evacuare almeno le donne e i bambini dai campi in cui oggi risiedono e, più in generale, come intendiamo lavorare e avere delle garanzie affinché i campi dove attualmente stazionano i rifugiati, i profughi o gli immigrati, possano essere gestiti con il coinvolgimento l'UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees), dell'OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni) e siano, in ogni caso, ispirati alla tutela e al rispetto dei diritti fondamentali che, come ben sappiamo, in questi campi sono stati spesso drammaticamente violati.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Ferrari del gruppo Lega Salvini Premier per sette minuti.

  ROBERTO PAOLO FERRARI. Grazie presidente, onorevoli Ministri, colleghi. Iniziamo subito con lo sgombrare il campo da quella che sarà la posizione della Lega sul provvedimento che, in continuità con quanto fatto in questa legislatura, sosterrà le missioni internazionali, uno strumento di politica estera e di sicurezza e di tutela degli interessi degli interessi nazionali che consideriamo fondamentale. Ribadiamo la collocazione euroatlantica del Paese, come hanno fatto anche i Ministri nei loro interventi, che non deve però essere meramente formale e di facciata. Infatti, riteniamo che le minacce alla stabilità e alla pace non arrivano dall'altra parte dell'Atlantico e non arrivano dalle statue che vengono abbattute in queste settimane. Arrivano da ben altri contesti che sono stati individuati dalle relazioni esaustive dei Ministri e che implicano il necessario ruolo dell'Italia nel Mediterraneo, in contesti che alcuni colleghi hanno definito «il giardino di casa». Tuttavia, per contare in tutti questi ruoli, è assolutamente necessario che lo sforzo per la partecipazione a queste missioni sia sostenuto anche dal punto di vista della dotazione strumentale delle nostre Forze armate. Non dobbiamo dimenticarcene nel momento in cui viene predisposto il bilancio dello Stato, perché quegli strumenti che vengono utilizzati durante le missioni internazionali richiedono una programmazione da parte della politica, che deve essere fare nel corso degli anni. Il sostegno alle missioni che ho annunciato in apertura non mancherà, tuttavia ciò non ci esime dall'evidenziare criticità e contraddizioni contenute in questa deliberazione, criticità che anche altri gruppi hanno evidenziato con riguardo alla missione Irini, che va a sostituire la missione Sophia nel contrasto al traffico di armi e al traffico di migranti e di esseri umani. La missione sembra già naufragata perché la sua funzione di contrasto alle armi è fortemente contrastata dalle regole di ingaggio, confermate dal portavoce della Commissione europea, che prevedono che le navi che non consentano l'ispezione non possano essere fermate. Per non parlare della ben più dura reazione della marina turca che, nel momento in cui è stata chiesta la possibilità di ispezionare un cargo che si stava dirigendo verso la Libia, il maggiore Paese nei confronti del quale dovrebbe essere operato questo controllo, di fatto si è schierata a difesa contro le navi che operano nella missione Irini. Per quanto riguarda il contrasto al traffico Pag. 23dei migranti, chiederei al Ministro Di Maio se conferma, relativamente alla missione Irini, le parole che espresse alcuni mesi fa in merito alla revisione della missione stessa, nel caso in cui questa diventi un volano, un moltiplicatore della propensione alla partenza dei migranti dalle coste dell'Africa settentrionale. Per quanto riguarda la nostra presenza in Libia, fa piacere che si aiuti il Paese nel contrasto all'immigrazione clandestina anche con il supporto alla guardia costiera libica. Mi piace, però, ricordare le critiche mosse dal partito di opposizione cui apparteneva la collega Boldrini, alle nostre missioni internazionali, soprattutto a quelle in Libia, di cui lo scorso anno si chiedeva di non autorizzare la prosecuzione. Lo stesso dicasi per il tema dell'Afghanistan e dell'Iraq. Ho apprezzato, invece, l'intervento del collega Fassino quando ci dice che dall'Afghanistan dobbiamo venire via nel momento in cui quel Paese sarà realmente pacificato. Al contrario, l'onorevole Boldrini, lo scorso anno, chiedeva, facendo appello anche ai colleghi del Movimento Cinque Stelle, di ritirarci immediatamente perché la missione aveva fallito i suoi obiettivi. Passando per il Sahel, sempre la collega Boldrini diceva che l'Italia era presente in Niger, con decine di soldati e mezzi terrestri, per perseguire obiettivi non chiari. Spero siano stati chiariti nel corso di questo anno, perché quando si mette insieme la lotta al terrorismo e il contrasto ai flussi migratori, ci si mette veramente su una strada ambigua e pericolosa. Quindi, queste contraddizioni interne alla maggioranza o meglio tra la maggioranza e il Governo, perché il Governo pare abbia espresso parole chiare in questa direzione spero siano state chiarite. Chiedo al Ministro Guerini, invece, perché sia scomparsa dal panorama delle missioni internazionali che vede coinvolto il nostro Paese la missione a Hormuz, che pure era stata annunciata e sottoscritta con gli omologhi francesi. Avevamo espresso delle perplessità in merito alla duplicazione di una missione già esistente, ma erano state fornite dal Ministro le motivazioni per cui ci si spingeva in quella direzione. Ora non è chiaro perché questa nuova missione non figuri più tra quelle da autorizzare. Io sono convinto che la partecipazione italiana alle missioni all'estero sia uno strumento fondamentale per il nostro Paese e che debba essere un momento di sintesi tra tutte le forze politiche. Chiederei che il chiarimento venga fatto anche all'interno della maggioranza che sostiene il Governo. L'opposizione, in questo caso, dimostrerà di essere istituzionalmente presente.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Palazzotto, del gruppo Liberi e Uguali: tre minuti.

  ERASMO PALAZZOTTO. Grazie, presidente. Signori Ministri, Abdul Rahman Milad, detto «Bija», è attualmente il capo della Guardia costiera Ovest, ovvero controlla la Guardia costiera da Tripoli fino a Zuara, che è uno dei punti principali delle partenze dei migranti. È a capo di una delle milizie più importanti a supporto del Governo di al-Serraji, schierate in questi mesi a difesa di Tripoli, ma è anche, secondo le Nazioni Unite, a capo di un'organizzazione criminale che, sfruttando il suo doppio ruolo, gestisce il traffico di esseri umani. Gli uomini di Bija sono responsabili di violenze inaudite: stupri, estorsioni, torture, omicidi e vendita di esseri umani come schiavi. Nei suoi confronti, le Nazioni Unite, da cui traggo queste informazioni, in diversi rapporti, raccontano nel dettaglio qual è il pericolo che quest'uomo rappresenta. Hanno emesso sanzioni di diversa natura. Presso la Corte penale internazionale è stata aperta un'inchiesta per crimini contro l'umanità. La Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ha aperto, alla fine dell'anno scorso, un'inchiesta sulle torture e sulla tratta di esseri umani nel Centro di detenzione di Zawiya, la città di Bija, gestito dallo stesso capo della Guardia costiera Ovest, grazie alla testimonianza di alcuni richiedenti asilo che hanno riconosciuto i loro carcerieri. Io stesso ho avuto modo, nella mia attività, di raccogliere i racconti delle violenze subite da persone detenute in quel Centro, che, voglio ricordarlo, è uno dei Centri di detenzione dove Pag. 24spesso sono anche entrate le organizzazioni internazionali: sia l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), sia l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM). I richiedenti asilo che hanno riconosciuto i loro carcerieri hanno denunciato le condizioni inaudite. Li facevano bere solo acqua di mare, li percuotevano per giorni, non li curavano. Hanno visto morire i loro compagni e visto uccidere delle persone davanti ai loro occhi, perché le famiglie non pagavano le somme necessarie per consentire la loro partenza. Due giornalisti italiani, Nello Scavo e Nancy Porsia, sono finiti sotto scorta nel nostro Paese per le minacce ricevute da questo individuo per aver raccontato esattamente quali sono i suoi traffici e qual è il ruolo che ha avuto nella Guardia costiera libica, tanto da essere ricevuto in Italia come esponente della Guardia costiera che doveva implementare la cooperazione proprio in funzione della missione che noi oggi stiamo rifinanziando. Io non credo che si possa venire qui oggi e dire che, in base alla sua ultima visita prima in Turchia e poi in Libia, la promessa di rispettare i diritti umani genericamente riconosciuta possa essere sufficiente, perché noi possiamo proseguire una missione di questa natura senza renderci corresponsabili delle violenze che subiscono i migranti e richiedenti asilo che vengono respinti, grazie al contributo, al supporto logistico e al finanziamento del Governo italiano, in luoghi di detenzione, di tortura, che sembrano sempre di più campi di concentramento. Concludo, dicendo che c'è un rapporto delle Nazioni Unite firmato dal Segretario generale, non essendoci l'inviato speciale, Guterres, che chiede ai Governi europei di interrompere tutte le collaborazioni che contribuiscono a respingere i profughi verso la Libia, che è un luogo che non può essere considerato quale un Paese sicuro. Dobbiamo aprire dei corridoi umanitari, evacuare i campi, sospendere il memorandum. Questa è la richiesta che le faccio, signor Ministro, e confermo all'onorevole Ferrari che ci sono delle contraddizioni dentro questa maggioranza. Le abbiamo segnalate da tempo. Il memorandum è competenza del Governo, le missioni sono competenze del Parlamento. Le dico che ci sono diversi parlamentari di questa maggioranza che le chiedono di modificare queste missioni e, nello specifico, di sospendere il memorandum e di interrompere la missione di supporto alla Guardia costiera libica, che è collusa coi trafficanti, in attesa che si siano ripristinate le condizioni minime di dialogo e di sicurezza in Libia.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il senatore Malan, del gruppo Forza Italia, per tre minuti.

  LUCIO MALAN. Grazie, presidente. Volevo anche io fare una domanda sui rapporti specifici dell'Italia rispetto agli schieramenti internazionali. L'onorevole Tripodi ha prima parlato della Cina e del Venezuela. Io sottolineo e aggiungo a quanto ha detto la collega che, proprio oggi, è uscita una lista di venti aziende cinesi che sono soggetto, probabilmente, di imminenti ulteriori sanzioni da parte americana. Diverse di queste aziende hanno intensificato i rapporti con l'Italia per via dell'accordo della Via della Seta e questo indubbiamente ci mette in una situazione difficile. Non possiamo pensare di essere ritenuti affidabili quando teniamo certe posizioni in una questione così strategica.
  Un altro punto che vorrei sottolineare sono i rapporti con l'Iran. Io ho presentato diverse interrogazioni che non hanno avuto risposta, che chiedono qual è l'atteggiamento italiano rispetto all'Iran, con tutto il patrimonio di violazione sistematica dei diritti umani, in particolare contro le donne e gli omosessuali, l'annuncio della distruzione di uno Stato sovrano – Israele – che è membro delle Nazioni Unite da prima dell'Italia, ribadito con la dichiarazione del Jihad contro Israele da parte di Ali Khamenei – che è il vero leader dell'Iran –, il 22 maggio scorso, e poi la relazione dell'Agenzia per l'energia nucleare (AIEA), che nel suo ultimo rapporto del 5 giugno ha detto che l'Iran ha violato i termini del trattato, dal quale sono usciti gli Stati Uniti, ma l'Unione europea ne è ancora pienamente parte. Credo che l'Italia dovrebbe Pag. 25adoperarsi all'interno dell'Unione europea, visto che l'Unione europea è un partner, per chiedere all'Iran se solo l'Unione europea deve rispettare questo trattato, con tutti i benefici che dà a questo Paese, e l'Iran deve sentirsi svincolato, oppure se si ritiene comunque di lasciar fare all'Iran quello che vuole e di dargli anche i rapporti privilegiati che da anni l'Italia intrattiene.

  PRESIDENTE. Bene, grazie. Ha chiesto di intervenire il senatore Ortis, del gruppo Movimento 5 stelle, per quattro minuti.

  FABRIZIO ORTIS. Ringrazio i presidenti. Saluto il Ministro Guerini e il Ministro Di Maio, esprimendo il mio apprezzamento e quello di tutto il gruppo del Movimento 5 stelle per la puntualità da loro dimostrata nel trattare gli argomenti in discussione oggi. La mia domanda è per il Ministro della difesa. Vorrei chiederLe un approfondimento sulla nostra partecipazione alla coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh. Si tratta, come noto, di una coalizione costituitasi su iniziativa degli Stati Uniti, in risposta alle richieste di aiuto umanitario e di supporto militare delle autorità regionali curde, con il consenso delle autorità nazionali irachene. È un'attività che risulta molto apprezzata dalla popolazione locale, peraltro in un contesto geopolitico importante, delicato e in rapida mutazione. Alla luce delle politiche delle principali organizzazioni internazionali e dei Paesi alleati, vorrei chiederLe se ritiene che possa esserci un'evoluzione di tale missione, ossia se sia ipotizzabile adottare nell'area una differente postura, eventualmente ampliando gli interventi ad altri settori, come quello della difesa civile.
  Il secondo quesito che intendo porre è per il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. L'argomento è il complesso scenario afghano, di cui già i colleghi che mi hanno preceduto hanno parlato. L'Italia è impegnata nell'ambito dell'intervento internazionale in Afghanistan sin dal 2001 e abbiamo investito molto in questi anni in risorse, ma, ahimè, anche in sacrifici di vite umane. Sappiamo bene che non possiamo permetterci di disperdere il capitale conseguito e quindi l'obbligo è continuare a impegnarci, tanto più in questo momento in cui sembra aprirsi una finestra concreta per i negoziati intra-afghani. Gli Stati Uniti hanno avuto al riguardo un ruolo importante. Lo ha sottolineato Lei nel suo intervento, Ministro Di Maio. Mai come ora, a seguito delle intese tra Stati Uniti e talebani dello scorso febbraio, sembrerebbe che l'Afghanistan si trovi alla vigilia di un processo di pace. Gli esiti di questo processo rimangono, però, caratterizzati da un forte grado di incertezza. È sotto gli occhi di tutti come il livello della violenza in Afghanistan sia ancora troppo alto. Sono troppi gli attacchi che prendono di mira civili e forze di sicurezza afghane. Gli stessi talebani devono ancora provare pienamente la sincerità delle loro intenzioni. Alla luce di queste premesse, vorrei chiederLe come valuta i risultati ottenuti in questi anni dall'Italia in Afghanistan, anche alla luce del provvedimento in discussione che prevede nuove risorse per gli interventi di cooperazione allo sviluppo e per il sostegno alle forze di sicurezza afghane. In secondo luogo, quali siano, a suo giudizio, le prospettive concrete e realistiche che si delineano con l'auspicata apertura di un processo di pace.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Cabras, del gruppo Movimento 5 stelle, per quattro minuti. Prego, collega.

  PINO CABRAS. Tra le nuove missioni per cui si chiede l'autorizzazione del Parlamento, c'è la partecipazione dell'Italia alla forza multinazionale di contrasto alla minaccia terroristica nel Sahel, denominata «Task Force Takuba». Il Sahel è la nuova profondità strategica dell'Italia e dell'Europa, conseguentemente. È una realtà di cui si parla poco e il parlare poco è inversamente proporzionale, forse, all'importanza prospettica di questa presenza, che poi fa da cintura a una realtà tanto importante come quella della Libia. Ho sentito interventi che parlavano della Libia come se avessero la soluzione in tasca e, invece, è il frutto di un grande errore Pag. 26strategico che è stato fatto dall'Europa in anni passati e che ricade anche oggi nella complessità sempre maggiore e frammentata di quell'area.
  Per noi è importante essere presenti all'interno di un'iniziativa promossa dalla Francia e fortemente voluta dai partner di G5 Sahel con il mandato di addestrare e fornire consulenza e assistenza alle forze armate, alle forze speciali saheliane nella lotta contro i gruppi armati jihadisti. Questa minaccia terroristica nel Sahel è contrastata in tanti modi. L'Italia è presente nella missione ONU MINUSMA, nelle tre missioni UE della regione e nel 2017, è stato ricordato, ha avviato la Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (MISIN).
  Io vorrei chiedere al Ministro Di Maio se non vede il rischio, dal lato dell'approccio, influenzato in questi anni dal tradizionale approccio francese, di uno sbilanciamento eccessivo verso l'aspetto militare della stabilizzazione del Sahel, considerata la serie di diverse missioni militari internazionali presenti nella regione e il ruolo delle forze di sicurezza del G5 Sahel che l'Europa e l'Italia sostengono. Dobbiamo chiederci, di fronte a uno sbilanciamento militare – che è evidente e che viene dibattuto molto anche in Francia in questo periodo –, se non sia necessario garantire un approccio più ampio da parte dell'Italia, non limitato ai soli temi della sicurezza. Quell'area è un'area in rapidissimo sviluppo demografico legato alla struttura economica disastrata, con tassi di crescita che non hanno paragoni nel mondo, con la prospettiva, nel giro di pochi decenni, di avere una popolazione che preme su aree più sviluppate pari a centinaia di milioni di persone in condizioni economiche negative. Da questo punto di vista, l'Europa fino ad oggi ha avuto una presenza che riconosce l'importanza di quest'area, ma non ha pienamente assunto l'importanza di investire di più in quest'area. Ha investito molto dal lato turco, dove arrivavano pressioni enormi che poi convergevano con direttrici strategiche precise verso l'Europa, verso una certa Europa; ha fatto molto poco dal lato del Sahel, che, invece – ripeto – è la nuova profondità strategica di grande interesse per noi. Quindi, riconoscendo l'importanza di questa missione – e probabilmente crescerà d'importanza nei prossimi anni – è altrettanto importante chiedere che cosa si farà dal lato dei temi non strettamente legati alla sicurezza e all'approccio militare.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Perego di Cremnago, del gruppo Forza Italia, per tre minuti. Prego, collega.

  MATTEO PEREGO DI CREMNAGO. Grazie, presidente. Mai come oggi le tensioni geopolitiche internazionali minacciano gli interessi del nostro Paese, per cui è molto positivo che ci sia questo dibattito in Aula alla presenza dei Ministri Di Maio e Guerini, che ringrazio. Voglio rivolgere anche io una premessa alla mancata partecipazione alla missione nello Stretto di Hormuz, la missione «EMASOH», per la quale a gennaio l'Italia già aveva sottoscritto un patto politico insieme a Belgio, Danimarca, Germania e altri Paesi europei. È una missione importante perché dallo Stretto di Hormuz, ad esempio, passa il 20 per cento del petrolio mondiale. È una missione importante per la quale l'Italia ha già saputo in passato dimostrare di essere autorevole perché trent'anni fa la Marina militare già si era occupata del presidio di questo stretto di mare.
  L'aspetto, però, che vorrei sottolineare è l'analisi del contesto libico e del drammatico deterioramento dell'influenza del nostro Paese dal 2008, dal trattato di amicizia con la Libia, fino alle attuali problematiche di questo Paese. Forse l'interrogativo che voglio porre è proprio sul senso di una missione militare in Libia, così com'è impostata, che non riesce a incidere significativamente come invece fanno altri attori. Ne cito uno in particolare, la Turchia. Il Ministro Di Maio ha dimostrato, ha citato, come sia importante lo sforzo diplomatico posto in essere dall'Italia, ma questo forse – mi viene da dire, perdonatemi la battuta – è un po' nel mondo ideale, non nel mondo reale, perché mentre noi abbiamo messo in campo iniziative politiche, la Turchia Pag. 27 invece ha rifornito di armi il regime, il Governo di al-Sarrāj, e quando l'inchiostro, come ha detto il Segretario Generale ONU Guterres, era ancora fresco dell'accordo sull'embargo, ha inviato la nave Bana – di cui forse tutti siete a conoscenza – che ha spento il transponder al largo delle coste libiche e poi ha scaricato diversi armamenti. Quindi mi chiedo anche il senso, forse, di una visita del Ministro Di Maio in Turchia dal Ministro Çavuşoğlu senza aver sottolineato come queste azioni siano assolutamente in contraddizione rispetto al principio condiviso di demilitarizzare questa zona.
  Allora mi auguro che la missione Irini, quella bellissima parola greca che significa «pace», possa finalmente assicurare l'embargo di armi, perché la situazione libica non si può risolvere soltanto al tavolo politico quando si sta consumando una guerra, un confronto militare aspro. Ancora una volta voglio sottolineare come trovo paradossale che in un Paese dove gli interessi nazionali sono evidenti – noi dipendiamo per il 23 per cento dall'approvvigionamento energetico nazionale dalla Libia –, si mettano in campo risorse per 60 milioni di euro e poi, in un teatro sicuramente importante dal punto di vista della diplomazia militare come quello afghano, si investono 160 milioni. Questa sperequazione nei valori mi fa capire che il nostro intervento militare in Libia sia, forse, troppo debole rispetto a quelli che sono gli interessi del nostro Paese e quello che è il quadro, ormai, di «sirianizzazione» che si sta verificando in Libia, ovvero la spartizione tra Russia e Turchia, così come è avvenuto in Siria, che ho avuto modo di visitare a ottobre; e dimostra come questo preluda alla totale estromissione dell'Italia dai processi di ricostruzione della tutela di interessi economici nazionali.
  Per questo chiedo al Ministro Di Maio un intervento, una spiegazione, sul perché non siamo in grado di valorizzare le nostre missioni militari in generale con un'azione di politica estera forte e determinata.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Carè, del Gruppo Italia Viva, per quattro minuti.

  NICOLA CARÈ. Grazie, presidente, Ministro Di Maio, Ministro Guerini, onorevoli colleghi. Signori Ministri, innanzitutto voglio ringraziare voi per la vostra esposizione, densa di contenuti, e svolgo brevi considerazioni per ribadire soprattutto il sostegno di Italia Viva alle missioni internazionali e anche ai nostri soldati che vi sono impiegati. Ricordo, soprattutto a me stesso, che l'articolo 11 della nostra bellissima Costituzione stabilisce che l'Italia ripudia la guerra come modo di soluzione delle controversie internazionali e consente le missioni di pace, quali sono quelle che noi stiamo discutendo oggi. Sono pienamente consapevole della complessità dell'attuale confronto strategico internazionale, del fatto che il multilateralismo tradizionale è messo in difficoltà dai nuovi protagonismi di potenze che sono al contempo politiche, economiche, militari (la Cina e la Russia su tutte).
  Da questo punto di vista, vorrei che il nostro Paese esprimesse un livello alto e lungimirante di elaborazione sul terreno politico e strategico. Nessuno mette in discussione, come è evidente, l'appartenenza europea e quella atlantica. Nondimeno, però, proprio in sede di Unione europea e in sede NATO, alcuni aspetti devono essere oggetto di particolare attenzione. Mi riferisco al ruolo della Francia sul quadrante energetico e quello della Turchia sul Mar Mediterraneo e in Libia.
  In particolare, per quanto riguarda la Libia, spero in una revisione del memorandum e sottolineo la necessaria presenza dell'Italia in Libia: ma siamo soprattutto convinti che la missione più importante sia quella per sminare e per garantire l'embargo delle armi. Chi vi parla, Ministro, è stato eletto in Australia. So che occorre evitare prima di tutto scelte di corto respiro e bisogna impostare la propria visione in modo ampio e accurato. Sono certo che il nostro Governo sarà all'altezza del compito e che i nostri comandi sapranno interpretare il contesto attuale, curando al meglio l'interesse nazionale e assicurando la stabilità, la pace e il rispetto dei diritti umani e quindi un ordinato svolgersi delle relazioni commerciali e un dialogo Pag. 28 culturale. Grazie di nuovo per la vostra relazione e vorrei veramente ringraziare di cuore per il lavoro eccezionale tutti i nostri militari. Grazie.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Deidda, del gruppo Fratelli d'Italia, per quattro minuti.

  SALVATORE DEIDDA. Grazie, Presidente. Devo dire grazie ai Ministri. Siete abbastanza fortunati che avete un'opposizione, come quella di Fratelli d'Italia, che fin da subito vi garantisce il sostegno a un provvedimento come quello delle missioni internazionali. Questo perché non c'è cosa più importante che dare sicurezza e stabilità ai nostri uomini e alle nostre donne delle forze armate che già sono impegnati in quei teatri.
  I militari italiani sono anche in Libia; non è che non ci sono; bisogna sempre ricordarlo. Quindi, andare con uno in più o dieci in più non è che potesse cambiare le cose. I militari ci sono, anche se ci preoccupa la mancanza di una strategia, perché, come ha detto il collega, come hanno sottolineato, noi stiamo allargando anche il nostro impegno, ma la mia preoccupazione è un'altra. Prendo le parole di un collega dei 5 stelle in Commissione Difesa. Le garantisco, Ministro, che a partire dal presidente e dai suoi colleghi c'è un ottimo clima in Commissione Difesa, un clima di collaborazione e di lavoro, però si parte dal fatto che per raggiungere quel 2 per cento del PIL, il collega dei 5 stelle dice: «Noi abbiamo il fattore umano». Cioè, noi impieghiamo la professionalità dei nostri uomini e quindi più ne mandiamo, più siamo impegnati nei teatri e più... Siccome non riusciamo a raggiungere quel 2 per cento del PIL, noi ci mettiamo il fattore umano e quindi bisogna tenerne conto per stare in quei tavoli. Secondo noi non basta! Ci preoccupa che ovviamente più uomini sono impegnati nei vari teatri, più abbiamo bisogno di uomini. Quindi bisogna rivedere, ripeto, la legge n. 244 del 2012, bisogna rivedere gli stanziamenti e dobbiamo avvicinarci a quel 2 per cento del PIL, e dobbiamo combattere anche con l'Europa per dire che se rimetteranno quei vincoli di bilancio, le spese sulla difesa non si devono ridurre, perché noi abbiamo bisogno di investimenti, investimenti cospicui in quello che sono gli strumenti d'arma; abbiamo bisogno di ringiovanimento delle forze armate; abbiamo bisogno soprattutto di nuove strumentazioni e di andare in quelle missioni con tutte le sicurezze e con tutto l'armamento possibile.
  A me stupisce. Noi non abbiamo presentato neanche richieste di audizione perché ci bastano quelle che ci sono. Anzi, abbiamo chiesto di sveltire, perché secondo noi siamo già in ritardo per il provvedimento, ma le sottopongo a margine delle contraddizioni che emergono: da una parte i colleghi della Commissione Difesa dei 5 Stelle dicono: «Sì, sono d'accordo, tagliamo perché dobbiamo mettere il provvedimento» e i colleghi della Commissione Affari esteri dei 5 Stelle presentano delle audizioni che ci lasciano basiti. Chiamano in audizione per le missioni internazionali la Rete Disarmo, l'ONG pacifista. Cioè noi stiamo mandando la missione militare, cerchiamo di sveltire; quasi tutte le forze politiche dicono di sì e poi i 5 stelle si dividono perché qualcuno è d'accordo con tutte le altre forze politiche e altri vogliono sentire la Rete Disarmo, quando parliamo di missioni internazionali delle forze armate. Capite qual è l'incertezza?
  Poi l'incertezza sulla politica estera è anche un'altra. Ministro Di Maio, prendendo come esempio il fantacalcio – mi perdoni l'esempio – Lei è di uno di quei giocatori che gioca a tutto campo, che corre tantissimo, che fa anche dei colpi geniali come la rabona o i colpi di tacco, però poi non fa mai goal o, anzi, a volte quando fa questi colpi di tacco la passa all'avversario, perché poi vorremmo capire l'atteggiamento con la Turchia. Insieme al collega Delmastro l'abbiamo criticata perché dobbiamo sapere dalla stampa che Lei ha dato un assenso o un sostegno al possibile ingresso della Turchia in Europa e nell'Unione europea? Spero di no, dopo tutto quello che sta accadendo in Libia, ma anche nella stessa Siria. Lei è un esponente dei 5 stelle. Quando ho sentito della posizione Pag. 29 in Siria, il vostro movimento aveva annunciato da tempo che avreste aperto una nuova ambasciata in Siria. Non ce n'è traccia, ma anzi ho sentito parlare di opposizione siriana. Si lanciano dei messaggi contraddittori, si parla di aprire un'ambasciata, però si confermano le sanzioni alla Siria, che è un partner strategico per il Libano, dove noi siamo presenti. Ma allora qual è il vero volto di Governo e qual è la vera sfida? Quindi, Ministro Guerini, una domanda a Lei è quella sugli investimenti della difesa e soprattutto una domanda semplice: se saranno garantiti i trasferimenti, vista anche la crisi di Air Italy, per i militari che sono in missione, e poi gli investimenti della legge n. 244 del 2012. A Lei, Ministro Di Maio, volevo semplicemente chiedere riguardo a questa posizione sulla Turchia, se è realtà che Lei ha dato un assenso all'ingresso della Turchia in Europa.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Russo, del gruppo Movimento 5 stelle, per tre minuti.

  GIOVANNI RUSSO. Ringrazio i Ministri Guerini e Di Maio, che sono qui presenti oggi. Se noi andassimo a sovrapporre la cartina geografica con quella della presenza dei nostri assetti diplomatico-militari nel mondo, vedremmo che c'è innanzitutto una visione geostrategica di ampio respiro. Noi, infatti, possiamo vedere, per esempio, che nel Mediterraneo allargato presidiamo le due porte: la presenza, infatti, con la missione Atalanta nel Golfo di Aden, nell'oceano Indiano, nel fronte Est, la missione nel Golfo di Guinea nel settore Ovest e poi quello che è il perno centrale, con la missione Irini nello stesso bacino del Mediterraneo, con la presenza degli assetti aeronavali anche nel Mediterraneo orientale.
  Vediamo quanto la presenza, soprattutto nell'Africa, che è il nuovo fronte che tutti quanti abbiamo visto e che abbiamo descritto, sia focale, soprattutto con l'apertura di nuove ambasciate, come diceva prima il Ministro Di Maio, in Niger, in Burkina Faso, in Mali; vediamo quella che è la presenza nel Sahel con la missione Takuba e quelli che sono tutti gli altri assetti distribuiti anche con i nuovi rapporti rinnovati, dal punto di vista diplomatico, con l'Egitto, con l'Algeria, con la Tunisia. Ci fanno rendere conto che c'è una manovra avvolgente intorno alla Libia, che in questo momento è il perno centrale della nostra azione. Voglio ricordare che, come diceva prima anche il collega, noi in Libia abbiamo anche degli assetti militari; voglio ricordare che l'ambasciata italiana in Libia è stata l'unica ambasciata aperta per tanto tempo durante questo periodo di crisi e che, quindi, la visione libico-centrica è una costante dell'azione politica, diplomatica, ma anche militare, degli ultimi anni.
  È per questo che voglio chiedere al Ministro Di Maio se, vista questa attività diplomatica così intensa che il nostro Paese ha intrapreso proprio negli ultimi giorni, anche con la visita in Turchia e in Libia, e al fine di consolidare quelli che sono stati gli esiti della Conferenza di Berlino, l'Italia pensa di promuovere delle iniziative similari in tal senso, non appena le condizioni diplomatiche lo consentano, per consolidare il ruolo da protagonista che ha il nostro Paese quale catalizzatore a livello mondiale, soprattutto in Africa, soprattutto nelle componenti libiche, di quella che è la pace.
  Voglio ribadire come ultima battuta che la diplomazia, al contrario di quanto pensano altri Stati, è l'unico strumento idoneo oggi a portare la pace in Libia. Grazie.

  PRESIDENTE. Ha chiesto intervenire l'onorevole Valentini, del gruppo Forza Italia, per tre minuti. Prego, collega.

  VALENTINO VALENTINI. Grazie, presidente. Ringrazio i Ministri e i colleghi. Trovandomi a intervenire nella fase terminale del dibattito, molti dei temi sono già stati affrontati e quindi verranno sicuramente ripresi nelle repliche dei Ministri. Questo mi porta a fare considerazioni che non pensavo di fare nella fase iniziale, giacché io pensavo che il dibattito si sarebbe attenuto a una disamina puntuale della nostra attività di missione e, invece, si Pag. 30è trasformato in un dibattito sulla politica estera italiana in generale. Le considerazioni che mi sento di fare sono le seguenti. Abbiamo due tipi di politica estera. Consentitemi, c'è quella hard e quella soft: quella hard è da questo lato e quella soft dall'altro. Quando la politica estera hard prevale, quella soft non ha alcuna chance.
  La politica estera che vediamo adesso è quella che dura e che vede l'utilizzazione di armamenti e di forze che non ci attendevamo e che derivano soprattutto dall'assenza sul panorama di una figura che qui brilla per assenza, il convitato di pietra del nostro dibattito, che sono gli Stati Uniti d'America, perno della nostra Alleanza, perno della NATO, che ci hanno portato in un momento di slancio e di guida del mondo occidentale a determinate missioni, vedi l'Afghanistan, che tutti hanno citato, nella quale ci troviamo con un impegno notevolissimo di uomini e dalla quale essi stessi ora non sanno sganciarsi, consentendo ad altri Paesi che prima non avrebbero mai potuto muoversi in un certo modo di spartirsi ciò che resta della Siria, di cercare di spartirsi allo stesso modo le coste della Libia.
  Fatta questa premessa, è chiaro che è facile dire: «Dobbiamo intervenire, dobbiamo fare». Sì, abbiamo le capacità, abbiamo le forze, ma ogni Governo, prima di intervenire in maniera hard, deve spesso riflettere. Coloro che si sono trovati da entrambi i lati di questo schieramento si rendono ben conto che è molto semplice ed è molto facile invocare missioni militari o battersi il petto; è molto più difficile quando si è dall'altra parte.
  Vengo alle questioni puntuali della spesa. Vengo a queste andando in velocità. Abbiamo mantenuto il nostro impegno nella NATO, che noi sottoscriviamo. Ce ne andiamo dalla Turchia, risparmiamo 12 milioni. C'è da chiedersi perché è finita la missione; non interessa più, però aumentiamo l'impegno in Lettonia, spendiamo 1,4 milioni in più, spendiamo 8,6 milioni in più per Sea Guardian – molto importante, ma è importante anche l'integrazione tra Sea Guardian e le altre missioni che stiamo facendo nel Mediterraneo –, vediamo in Afghanistan più 500 mila euro di stanziamento ad assetti invariati in una situazione che, mi faceva pensare il collega Fassino, a me ricorda sempre più il Vietnam, mi ricorda Saigon. Mi attendo uno di questi giorni l'ultimo elicottero che partirà all'ambasciata americana di Kabul e noi, tutti contenti, diremo: «Bene, vedremo arrivare i talebani che finalmente avranno rovesciato la storia e avranno fatto pensare che il nostro sforzo sia stato invano», ma non è stato invano, perché nel momento in cui avveniva l'Afghanistan, nel momento in cui il mondo era sconcertato dall'attacco, è stato fondamentale per tutto il mondo occidentale – forse è stato uno dei momenti nei quali ho visto più coesione – cercare di difendere i nostri valori andando a colpire Al Qaida in un momento di grande sconcerto. Chiudo la parentesi perché non è questo il tema; abbiamo fatto tanti interventi fuori tema. Anch'io mi associo ai colleghi nel chiedere come mai non abbiamo tenuto l'impegno di EMASOH, della missione di sorveglianza marittima nello Stretto di Hormuz. Perché questo? Perché in fondo siamo a Gibuti da un lato; dovremmo essere anche nello Stretto di Hormuz.
  L'Italia è fuori dal rapporto con l'Iran; l'Italia, probabilmente, è un Paese che in questo modo potrebbe rientrare e surrogare gli E3, che da soli hanno questo tipo di rapporto. Anch'io, come i colleghi, mi associo nel chiedere il perché, nell'auspicare che, magari, si possa fare in futuro.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Ermellino, del Gruppo Misto, per un minuto.

  ALESSANDRA ERMELLINO. Grazie, presidente. Ringrazio i Ministri e condivido con voi la solennità di parlare del decreto missioni nell'Aula di Montecitorio. Questo ci sia da monito anche per il futuro, perché è fondamentale, come già ribadito da altri colleghi, riportare al centro del dibattito politico la discussione delle missioni all'estero, soprattutto perché venti di burrasca agitano le acque del Mediterraneo. Le mie domande sono relative soprattutto a un Pag. 31occhio particolare nei confronti della Libia. Nello specifico, vorrei chiedere al Ministro Guerini quali sono le prospettive future relativamente all'operazione Ippocrate, che poi sarebbe l'ospedale di Misurata, e come eventualmente valuta la possibilità di estendere l'attività sanitaria ad altre città, come ad esempio Bengasi, Tripoli, Tobruch, ridefinendo e rimodulando le nostre linee di azione. Inoltre, data la complessità degli interessi internazionali nei luoghi in cui si svolgono le missioni all'estero, volevo sapere se si intende potenziare o meno il finanziamento dell'attività di Force Protection, ovvero di intelligence, a difesa delle nostre forze impegnate.
  Faccio un ultimo passaggio sulla missione Irini perché, come già rilevato dai colleghi, ha dimostrato alcune falle. Quindi, come si intende eventualmente renderla uno strumento operativo realmente efficace, così come la prima, la missione Sophia? Della missione Irini apprezzo lo spirito europeo, perché nessun Paese europeo, da solo, può pensare ad oggi di contribuire a soluzioni di pace, stabilità e dialogo e il Paese deve riappropriarsi del suo ruolo di interlocutore sullo scenario globale e dimostrare con spessore la sua capacità di confrontarsi con tutte queste complessità. Grazie.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Quartapelle Procopio, del gruppo Partito Democratico, per tre minuti.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Grazie mille, presidente. Ringrazio i due Ministri. Ogni anno noi analizziamo il quadro complessivo delle missioni internazionali e va detto che quest'anno il quadro è molto mutato. C'è un nuovo impegno italiano ed europeo nel Mediterraneo; c'è un nuovo impegno italiano nel Sahel, che sta acquisendo sempre maggiore rilevanza strategica, e qui le parole del collega Cabras nell'assetto geopolitico sono state molto efficaci.
  Poi, da qualche mese, assistiamo all'arrivo e alla ribalta di nuovi attori nel Mediterraneo, che sono attori molto determinati, molto assertivi, ciascuno con la propria agenda. C'erano già, in Siria. Faccio riferimento in particolare alla Russia, alla Turchia, ma si stanno espandendo. Questo è un dato di fatto. In questo dato di fatto sono importanti due cose, a mio giudizio: da un lato è importante che l'Italia non si illuda, non si illuda che, essendo un po' amica qui e un po' amica lì, poi sia amica di tutti e si eserciti un'iniziativa. In questo senso, la ripresa dell'iniziativa politica e diplomatica del Ministro, che si è recato in varie capitali nella regione, oltre ad aver tenuto i contatti anche in questi mesi, è sicuramente utile. Serve rafforzare e continuare con questa iniziativa politica diplomatica perché questi attori non lasciano spazio.
  L'Italia deve mettere in campo una sua propria iniziativa, una sua propria iniziativa che parli prima di tutto la lingua europea, perché da sola il nostro Paese fa poco e in questo senso la missione Irini ha veramente un senso di una presenza continentale che dice delle cose diverse rispetto a questi attori; dall'altro lato è importante che l'Italia si distingua sui principi rispetto a questi altri attori più aggressivi e più determinati. Per esempio, è importante che noi perseguiamo l'unità e la stabilità della Libia. Non è che a noi la Libia interessa per noi. A noi interessa avere un vicino stabile, quindi unito; a noi interessa che ci sia un'iniziativa europea e non di confrontarci tra Paesi europei; e poi a noi interessa molto il tema dei diritti umani in tutta la regione, perché questo è il tallone di Achille di alcune di queste potenze.
  In questo senso ci interesserebbe, magari, che il Ministro Di Maio approfondisse alcune questioni emerse ieri dalle agenzie. Lo abbiamo detto tutti più volte: il memorandum va cambiato; lo abbiamo chiesto in quest'Aula. Chiedo che lei possa esplicitare in che senso la Libia si è detta disponibile a modificare il memorandum. In particolare, ieri nelle agenzie si leggeva che c'era un impegno rispetto alle convenzioni internazionali: di quali convenzioni internazionali si parla? Si sta parlando addirittura della convenzione internazionale di Ginevra. Questo sarebbe un vero passo avanti. Poi che spazio c'è per un'iniziativa italiana Pag. 32per i corridoi umanitari? Lo diceva prima il collega Fassino. Qual è lo spazio per iniziare da subito l'iniziativa italiana che si trascini dietro l'Europa?

  PRESIDENTE. Grazie. Passiamo adesso all'ultimo intervento. Ha chiesto di intervenire l'onorevole Billi, del gruppo della Lega, per sette minuti.

  SIMONE BILLI. Grazie, Ministro Di Maio e grazie, Ministro Guerini. Sarò breve perché ho pochi minuti a disposizione. Siamo qui a parlare di missioni internazionali e abbiamo saputo della proposta della maggioranza di audire l'Archivio Disarmo, il che è un'enorme contraddizione. È un'enorme contraddizione audire quelli che non vogliono soldati italiani e non li vogliono a supporto della pace nelle zone martoriate dalla guerra, come denunciato anche dal collega, onorevole Formentini, in Ufficio di Presidenza della Commissione esteri. Caro Ministro Di Maio, mi balena un dubbio: non vorrete mica mandare i nostri soldati contro i terroristi islamici in Sahel senza armi? Gentile Ministro Di Maio, gentile Ministro Guerini, continuiamo, inoltre, a essere presenti in Afghanistan e in Iraq, come Lei, Ministro Di Maio, ha detto anche oggi, nonostante la maggioranza o, permettetemi di dire, parte della maggioranza sia nettamente contraria. Inoltre, Ministro Di Maio, spero che voi abbiate ricevuto rassicurazioni e questo nostro piano sia concordato con gli alleati. Spero proprio che non ci si ritrovi da soli in questi Paesi.
  È vero, comunque, che questo Governo ha nella maggioranza la sua più pericolosa opposizione. Tanti sono i dossier su cui andate avanti senza strategia, con enormi contraddizioni interne, come detto anche dal collega della Lega, l'onorevole Ferrari, poco fa. A parole, ad esempio, la maggioranza, in Commissione Affari esteri, guidata dai 5 stelle, e tutta la maggioranza insieme richiede a gran voce chiarimenti e giustizia all'Egitto sul caso Regeni. Caro Ministro Di Maio, voi al Governo nei fatti gli vendete unità navali militari.
  Inoltre, come già accennava un collega, la Libia è un perno centrale della geopolitica mediterranea, dove proprio qui, proprio in questo dossier, Governo e maggioranza si scontrano e sono particolarmente divisi. Ad esempio, per quanto riguarda la bilaterale sulla Guardia costiera italiana e libica, il PD stesso, proprio stasera, nella persona dell'onorevole Fassino, si è detto contrario. L'onorevole Boldrini, come già accennava anche il mio collega prima, si era detta anche lei stessa contraria alle missioni in Libia e anche l'onorevole Palazzotto proprio stasera si è detto contrario.
  In definitiva, gentili Ministri, gentili colleghi di maggioranza, si evince proprio dalla discussione di oggi come i nodi tra Governo e maggioranza stiano venendo al pettine anche sulle missioni internazionali. Grazie.

  PRESIDENTE. Invito, quindi, il Ministro Di Maio e poi il Ministro Guerini a intervenire in sede di replica.

  LUIGI DI MAIO, Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, presidente. Grazie a tutti coloro che sono intervenuti. Io vorrei cominciare facendo una considerazione: credo che all'interno di questa delibera «Missioni» ci sia pienamente, e credo sia ancor più rafforzato, lo spirito filoatlantico e la presenza dell'Italia nel Patto atlantico. È nelle carte, è in quello che leggete. Partecipiamo a missioni dell'Unione europea, della NATO, delle Nazioni Unite. Lo facciamo coordinandoci e scambiando informazioni non solo con il nostro principale alleato, che sono gli Stati Uniti, ma anche con un altro alleato della NATO, che è la Turchia, che c'è da sessant'anni. Io comprendo tutte le posizioni, ma, nel rappresentare la posizione del Governo, mi è difficile riuscire a essere nello stesso tempo filoatlantico, ma poi lavorare per isolare uno dei Paesi della NATO. Si può essere franchi con uno dei Paesi della NATO, con uno o più. Lo siamo sempre stati, nella nostra politica estera. Si può dire chiaramente quando non condividiamo degli atteggiamenti e degli approcci, quando non condividiamo delle posture, però isolare uno di quei Paesi che fa parte del Patto a cui si chiede di aderire di Pag. 33più credo che sia una grande contraddizione in termini e che richieda anche una piccola registrata alle varie posizioni. Presidente, non mi risultano missioni in Cina, Venezuela e Iran. Perdonatemi, io sono sempre disponibile a venire nelle Commissioni a parlare di tutto quello che volete, però non abbiamo missioni in quei Paesi. Abbiamo sicuramente una convinta adesione non solo all'Alleanza atlantica, ma anche all'Unione europea. In questa delibera che stiamo approvando stiamo mandando i nostri ragazzi in teatri di guerra. Quindi aderiamo a queste missioni nell'ambito della NATO, delle Nazioni unite e dell'Unione europea non formalmente, sulla carta, come magari fa qualcuno; noi lo facciamo mettendo anche al fronte i nostri ragazzi, le nostre donne e i nostri uomini in uniforme. Questo lo dico perché ne sono ben cosciente da Ministro degli esteri, ne siamo coscienti da Governo, come Governo, quando affrontiamo il tema della collocazione geopolitica dell'Italia. Molte domande partono dalla Libia, che è stato probabilmente il tema più citato. Io mi permetto di affrontarlo un po' alla volta, seguendo anche l'ordine delle domande. La strategia dell'Italia in Libia: io credo che nessun Ministro degli esteri potrà mai dire, anche se lo fa per cinque anni in un'intera legislatura, che ha fatto tutto da solo. La politica estera è un testimone che ci si passa ed errori e cose buone si condividono. Quindi le mie considerazioni sulla Libia che farò non sono per accusare qualcuno. Parto da una definizione: «il giardino di casa». Non credo che nessun Paese sia contento di sentirsi definire così e quindi eviterei di definirlo così. Ma ragioniamo per assurdo. Questo che era «il giardino di casa», espressione che non condivido, non solo nel 2011 abbiamo poi deciso di bombardarlo, ma prima ci abbiamo mandato le nostre aziende a lavorare. Stavamo costruendo una delle autostrade più grandi del Nord Africa, stavamo costruendo l'aeroporto internazionale di Tripoli, vi avevamo l'Eni e tante altre aziende. Che cosa stiamo facendo? Assicurare l'unità e la sovranità della Libia, ed è il lavoro che portiamo avanti; lavorare per il rispetto dei diritti umani, come si lavora con tutti i Paesi in cui il tema dei diritti umani è sensibile e con cui abbiamo relazioni di diverso tipo; ma allo stesso tempo stiamo lavorando per proteggere i nostri asset geostrategici. Come lo facciamo? L'Eni è lì, l'Eni è in Libia. È una delle nostre aziende di Stato. La nostra ambasciata italiana è aperta lì ed è l'unica di tutta l'Unione europea e della stragrande maggioranza dell'Occidente. I nostri alleati e amici americani non hanno un'ambasciata in Libia. Noi abbiamo l'ambasciatore Buccino, abbiamo il corpo diplomatico, il personale, i carabinieri che sono lì. Ieri, dopo l'incontro con Serraji, abbiamo deciso di riavviare i lavori dell'aeroporto internazionale di Tripoli, che significa difendere le nostre aziende. Lo sminamento non è solo un aiuto, che è la prima cosa, per la popolazione civile libica, ma è anche creare le condizioni al contorno per ricominciare a fare delle opere che furono concordate negli accordi del 2008, e che prima li abbiamo concordati e poi tre anni dopo abbiamo deciso di sostenere un'azione che secondo me era inaccettabile ed è stato un grande errore. Dico «abbiamo» perché io sono un cittadino di questo Paese. Non ero in Parlamento allora, ma non mi sento di giocare alle rivendicazioni. C'è il grande tema dei diritti umani. Il tema dei diritti umani è un tema che noi affrontiamo nell'MoU (Memorandum of Understanding) sui flussi migratori e sulla gestione dei flussi migratori, che oggettivamente è stata un'altra pietra miliare delle nostre relazioni con la Libia. Non mi sento di criticare il Ministro Minniti. Anzi, quel lavoro che fu fatto allora è un lavoro che va migliorato perché fu firmato in altre condizioni della Libia. Ci porta oggi a richiedere ulteriori modifiche a quell'MoU. È un negoziato. Ho usato l'espressione «si va nella direzione del rispetto dei diritti umani da noi richiesti» perché, essendo un negoziato, vorrei evitare di negoziare a mezzo stampa nei prossimi giorni e nel dibattito politico italiano, ma aspettare il 2 luglio, quando le delegazioni si siederanno al tavolo e inizieranno il negoziato. Però non si può dire che è cambiato lo scenario, c'è la guerra adesso e Pag. 34quindi c'è un problema di diritti umani. C'era un problema di diritti umani in Libia da tanto tempo; lo dobbiamo affrontare e lo affronteremo con un negoziato che migliora l'MoU, con il sostegno che noi diamo, con la cooperazione allo sviluppo all'OIM e all'UNHCR. Ricordo che l'OIM, tra Niger e Libia, ha rimpatriato in maniera volontaria circa 90 mila persone, che non sono poche. Dobbiamo affrontare il tema dei centri di detenzione, però io vorrei portare l'attenzione sui numeri, perché io condivido il concetto di «corridoi umanitari europei», che ci consentono, quindi, di affrontare il tema dei corridoi umanitari solidarizzando a livello europeo il tema. Poi sarà la maggioranza, ci confronteremo come Governo e porteremo avanti questa iniziativa. Però ricordiamo una cosa, in Libia. Ricordiamo che, a fronte di 1.500 persone nei campi di detenzione, gli immigrati in Libia sono circa 800 mila, che non sono nelle condizioni dei campi di detenzione, ma di certo non sono in condizioni semplici. Poi ci sono 200 mila sfollati per effetto dell'attacco delle truppe di Haftar a Tripoli. Quindi abbiamo una condizione umanitaria per cui rifinanzieremo il ponte della solidarietà che aiuta le municipalità libiche e la missione a Misurata, che è la nostra postura internazionale da sempre. Io ringrazio sempre le donne e gli uomini della difesa per il lavoro che fanno, perché noi aiutiamo la popolazione, siamo amici del popolo libico. Lo facciamo con la missione a Misurata, lo facciamo con la missione di sminamento. Ma aggiungiamo un'altra cosa: quando si fa questo dibattito sulla Libia in cui si dice che abbiamo perso terreno, io ho dimostrato con i fatti che cosa significa riguadagnarlo. Non «dimostrato» nel senso che l'ho fatto io. Il lavoro di riguadagnare con i fatti il terreno significa cercare di sensibilizzare sui temi su cui noi siamo sensibili e lavorarci insieme (diritti umani, MoU), ma significa anche interessi geostrategici delle nostre aziende che sono lì e allo stesso tempo assicurare un «cessate il fuoco» attraverso un'azione diplomatica. L'azione diplomatica non ha i tempi della guerra, quindi sono pronto a dire che ci vorrà più tempo per l'azione diplomatica rispetto a quella della guerra. Quando, però, mi si dice che Turchia e Russia sono più avanti di noi, io non ho capito se sia nostalgia dell'idea di mettere militari sul campo e avere la stessa postura incompatibile con la nostra Costituzione oppure si sta chiedendo – a quel punto io condivido – di dialogare con un nostro alleato atlantico per cercare di affrontare il tema del «cessate il fuoco», influendo, anche con una certa capacità di influenza, sulle parti libiche. Noi abbiamo parlato con tutti non perché volevamo stare con tutti e due in maniera poco chiara. Se l'Italia si pone come Paese mediatore in quel Paese, in quel contesto, per cercare di mettere d'accordo le parti, farle sedere al tavolo del 5+5 e raggiungere il «cessate il fuoco», è logico che devi parlare con tutti. Quando isoli qualcuno, ti sei isolato tu nello sforzo di mediazione. A questo aggiungiamo un'altra cosa: Irini. Oggi Irini non è pienamente operativa perché, per la discussione che stiamo facendo, noi metteremo in mare le fregate, metteremo in aria i droni e gli aerei che metteremo a disposizione, se voi ci darete l'assenso, perché qui dentro ci sono anche gli assetti di Irini. Irini, però, quando è stata progettata, è stata progettata con assetti satellitari, aerei e navali proprio perché quando si dice: «No, quella è una nave umanitaria, non la potete controllare abbordandola», allo stesso tempo noi col satellite e con gli assetti aerei possiamo verificare a terra se ci stavano dicendo la verità oppure no. Irini non è uno strumento di guerra; è uno strumento di sorveglianza per poi prendere quei dati e mandarli al Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite presiedute dalla Germania, che presiede anche la Conferenza di Berlino, e quindi arrivare al tavolo della Conferenza di Berlino e cominciare a responsabilizzare i Paesi che siedono e che magari dicono tutti: «Noi non facciamo niente». Io vi credo fino a prova contraria. Concludo sul tema libico dicendo un'altra cosa che secondo me è fondamentale. Irini servirà anche in caso di «cessate il fuoco» perché – io non so se rassicuro il Parlamento – il luogo, il foro dove si sta più avanti nei negoziati per arrivare al «cessate il fuoco» è il Comitato militare congiunto, Pag. 35dove le due parti militari (quando sono stato a settembre Haftar mi diceva: «No, noi con quelli là non ci siederemo mai al tavolo») non solo sono sedute, ma stanno negoziando una bozza di «cessate il fuoco». Poi, purtroppo, la pandemia ha bloccato, materialmente, la possibilità di far incontrare le due parti, ma esiste già una bozza di «cessate il fuoco» su cui stanno negoziando. Vuol dire che le due parti militari si stanno legittimando e questa non è una cosa da poco. Ma a questo si aggiunge il fatto che subito dopo il «cessate il fuoco» c'è un processo politico da avviare che non sarà semplice; ci saranno delle tensioni, ci saranno anche delle discussioni accese e lì Irini deve fare in modo che non entrino altre armi che possano tentare qualcuno o qualcosa di riprendere i conflitti. Rispondo alla prima domanda che mi è stata fatta: «Perché proporre a livello europeo un piano per la ricostruzione libica?» Perché, come singoli Paesi, probabilmente, vista anche la congiuntura economica, non abbiamo abbastanza risorse per finanziare un progetto del genere; ma tutti insieme sì. Quando le parti libiche vengono a conoscenza del fatto che l'Unione europea vuole investire nella ricostruzione, creare delle opportunità di lavoro, di sviluppo economico, quello può essere un ulteriore incentivo alla pace in un momento nel quale Sirte può essere anche un conflitto congelato per anni. Non possiamo rischiare; dobbiamo necessariamente stimolare le parti alla pace. Quindi io penso che, guardando nel suo complesso, il lavoro che stiamo facendo in Libia è un lavoro che rispetta i nostri principi costituzionali, che rispetta anche quello che è l'orientamento atlantico, perché tutti quanti avete letto della telefonata tra Trump ed Erdogan di qualche, penso, una settimana fa, dopo la quale, dopo qualche giorno poi Erdogan ha comunque detto che sulla Libia lui procede e la telefonata ha riguardato la Libia. Io credo che su questo noi dobbiamo continuare a fare il nostro lavoro garantendo la sovranità del popolo libico, che significa che le istituzioni libiche vanno rafforzate con progetti che noi abbiamo sempre portato avanti con l'altra gamba, che è la cooperazione. Poi abbiamo un terzo asse, che è quello della presenza militare, ma con la nostra postura. Io credo che sminare proprio dopo che la settimana scorsa dei bambini sono esplosi sulle mine lasciate dopo la ritirata sarà un grande lavoro che faremo per il popolo libico. Andando avanti velocemente, sì, ci sono dei dossier, ma, ripeto, io sono sempre disponibile a parlare di tutti i temi, ma Cina e Venezuela non le ritengo assolutamente, in questo momento, compatibili con le missioni. Invece, per quanto riguarda la domanda che è stata fatta sull'Afghanistan, io credo che il tema dei negoziati con i talebani sia stato invocato anche dieci anni fa. Dieci anni fa c'era chi sosteneva che gli americani dovessero parlare con i talebani per trovare una soluzione in Afghanistan. Ci siamo arrivati. Gli americani stanno parlando; lo sforzo diplomatico dei nostri alleati nel dialogare e nel trovare un accordo con i talebani è in atto. Credo che, in questo momento, la cosa che dobbiamo fare noi con la nostra presenza lì sia cercare di assicurare un regime di sicurezza in Afghanistan con la nostra presenza in attesa che questi negoziati possono arrivare a conclusione. È un momento delicatissimo, in cui gli Stati Uniti stanno facendo un grande sforzo dopo i primi accordi di Doha, e dobbiamo, secondo me, in questo momento, non alterare questo clima di discussione, di negoziato, tra le due parti. Poi, ovviamente, il Ministro Guerini potrà approfondire il tema della nostra presenza e delle nostre regole d'ingaggio. Riguardo al Sahel, ovviamente in questa delibera si vede una parte della nostra presenza in Sahel perché noi aderiamo alla Task Force Takuba, ma ricordiamo sempre che, in cooperazione allo sviluppo, noi investiamo da tanti anni in Sahel. Spingiamo con l'Unione europea per un approccio olistico, che significa rafforzare le istituzioni, cooperazione allo sviluppo e anche presenza per la formazione delle forze di sicurezza. Ci sono progetti che vengono dall'Unione europea che aiutano le comunità e interi Stati del Sahel; quindi quello che noi facciamo oggi è un rafforzamento, sempre con la nostra postura, della presenza di nostre donne e uomini in uniforme in quella regione; ma anche l'apertura Pag. 36 delle ambasciate, anche tra poco quella in Mali e anche il dialogo continuo con le istituzioni di quel territorio fanno parte di un approccio dell'Italia che non si limita ad affrontare il tema «Sahel» oggi, aderendo alla Task Force, rafforzando la presenza con la Task Force Takuba. No, noi abbiamo fatto un altro passo. Perché? Perché dalla stabilità del Sahel dipende anche la stabilità della Libia e dalla stabilità di quell'intera regione – voi sicuramente, ma in generale non si considera la grandezza di quella regione – dipende la stabilità dell'Europa, perché – lo racconto sempre ai nostri colleghi – ci sono poche centinaia di chilometri tra le coste del Nord Africa e le coste della Sicilia e il rischio che noi abbiamo ogni giorno è che più c'è instabilità, più il terrorismo prolifera e più abbiamo rischi vicino alle nostre coste. Quindi io non vedo il rischio di sbilanciamento militare perché abbiamo tanti progetti di cooperazione allo sviluppo, abbiamo una presenza diplomatica che si sta rafforzando e anche una presenza che vede l'impegno dei nostri militari. Se ho capito bene la domanda, qualcuno ha chiesto se stiamo riuscendo a valorizzare la nostra presenza nei teatri dove abbiamo missioni italiane. Ovunque vada nel mondo, una delle prime ragioni dell'altissima reputazione dell'Italia sono proprio le nostre missioni, a partire da quella del Libano, che, avendone avuto la guida per tanti anni ed essendo nell'alveo delle Nazioni Unite, ha rappresentato un fiore all'occhiello, ma ce ne sono tante altre e per questo ringraziamo sempre i nostri militari in tutti i territori dove prestano il loro servizio. Credo anche che dobbiamo capirci su un altro tema, perché è vera – ma mi permetto di dirlo perché fa parte sempre dei bilaterali – la questione del 2 per cento del PIL rispetto all'impegno NATO. Questo tema è un tema che dobbiamo anche decretare necessariamente rispetto alla qualità dell'impegno, perché se il tema è la spesa militare in genere e quindi banalmente aumentare il personale militare ti porta al 2 per cento in un Paese, in generale (non che sia stato detto qui) ci sono dei Paesi con cui quando ci si raffronta viene detto: «Io sto al due per cento». Sì, ma noi abbiamo un impegno di alcune missioni con un'altissima qualità di personale e di servizio prestato, che non è il mero numero di salari che paghiamo, ma è la formazione del personale, la qualità dell'approccio e l'impegno che si fa. Detto questo, noi rispettiamo gli impegni presi e quindi, come è sempre stato detto, c'è una traiettoria di avvicinamento a quel numero e questo è quello che abbiamo sempre sostenuto in tutti i vertici NATO. Riguardo al tema dell'Iran, anche su questo io l'unica cosa che posso dire sicuramente – lo dico anche sul tema che è stato più volte rievocato, sul tema di Hormuz e della nostra presenza in quella missione – è che noi abbiamo dato il sostegno politico e non è stato detto di no a quella missione. Con questa delibera di missioni abbiamo avviato quella in Sahel, abbiamo avviato Irini; non abbiamo mai né ritirato il sostegno politico a quella missione né detto che quella missione sia una missione sbagliata. Per ritornare anche sui temi che sono stati posti, un ultimo tema su cui volevo ritornare è quello della cooperazione internazionale. È stato posto anche dal presidente Lupi, che dice: che le risorse della cooperazione bastano? Ovviamente, un Ministro degli esteri non dirà mai che bastano le risorse che ha per la cooperazione allo sviluppo. La cosa che stiamo facendo e che abbiamo fatto durante la pandemia con tutte le risorse della cooperazione allo sviluppo è stata quella di investire nell'aiuto e nell'assistenza sanitaria per combattere il Covid. Abbiamo convertito molte delle risorse che già stavano andando nella direzione di alcuni Paesi anche per prevenire focolai e impatto della pandemia in Paesi che oggettivamente hanno una sanità molto più debole, e l'abbiamo fatto non solo per aiutare quei popoli, che è il primo punto, ma anche per aiutare noi stessi, perché riuscire ad avere un minimo di prevenzione in alcuni Paesi dove la struttura e le infrastrutture sanitarie non sono forti significa evitare che poi quei focolai possano scatenare altri effetti devastanti della pandemia. La mia visita in Turchia è stata semplicemente una visita, come ho detto, a uno degli gli attori cruciali del Mediterraneo in questo momento storico. Pag. 37Io credo che essere attore cruciale in questo momento storico significhi essere uno di quei Paesi dove tutti gli altri Stati necessariamente si ritrovano a discutere. Poi ci sono alcune cose che condividiamo nella postura e altre no, ma questo è sempre stato un nostro modo di fare. Ricorderete che all'inizio di questa esperienza di Governo, a settembre, ci siamo ritrovati a prendere delle scelte importanti sull'esportazione degli armamenti, ma credo che in questo momento, proprio perché ci sono delle tensioni tra Unione europea e Turchia, tra Turchia e alcuni Paesi dell'Unione europea, tra Turchia ed Egitto, e la Turchia è uno degli attori e dei Paesi influenti in Libia, non si possa prescindere dal dialogo, un dialogo franco. Non abbiamo fatto nessun passo ulteriore sul tema dell'adesione o allargamento dell'Unione europea alla Turchia. I negoziati risalgono a tempo fa, ma allo stesso tempo, proprio perché la Turchia è nella NATO, proprio perché, ricordo, noi siamo il primo partner economico della Turchia nell'area MENA (Medio Oriente e Nord Africa) e il secondo dell'Unione europea, e soprattutto, siccome abbiamo, secondo me, come Italia, una capacità anche nel dialogo di riuscire a orientare alcune scelte, sempre nel rispetto della sovranità della Turchia, credo che il dialogo vada portato avanti. Poi è un dialogo nel quale si chiede anche di rispettare alcune cose che noi non condividiamo. Sempre sul tema della Turchia e del Mediterraneo, io credo che l'Italia debba avere un ruolo importante, anche visto che comunque si è trattato di azioni di tensione che hanno richiesto anche delle dimostrazioni militari. Io credo che l'Italia debba tentare anche di essere mediatrice con un'iniziativa, che non è semplice, ma che cercheremo di portare avanti, di essere un Paese che medi tra Turchia, Cipro e la Grecia per riuscire a sgonfiare la tensione in quella regione. È inutile parlare della Libia se non parliamo di tutto il Mediterraneo allargato e delle relazioni che ci sono. Molti sollecitano una nuova iniziativa sulla Libia. Io posso essere anche d'accordo che si possa fare sempre un'iniziativa migliore, ma ricordiamoci che l'ultima iniziativa è partita a novembre, alla Conferenza di Berlino. Se ogni Paese comincia a dire che bisogna fare una nuova iniziativa, noi viviamo di lavori preparatori e di iniziative che alla prima occasione poi vengono contraddette da Paesi che ne partecipano. Io credo nella Conferenza di Berlino, ma non come l'unico strumento e l'unico canale per risolvere il problema della guerra in Libia. C'è l'Unione europea; c'è il percorso delle Nazioni Unite tracciato da Ghassan Salamé, che adesso non è più il rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la Libia, che ha creato il 5+5 e la Conferenza intra-libica; ci sono le discussioni interne alla Libia in questo momento tra il Presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, e Tripoli rispetto alla proposta in otto punti; ci sono i Paesi che hanno un'influenza. Noi cercheremo di dialogare con tutti e le missioni che in questo decreto si approvano prima di tutto rispettano la postura dell'Italia e ci permettono anche nel Mediterraneo di avere una maggiore influenza, senza però ricorrere all'uso militare della forza, che io credo non sia assolutamente neanche compatibile con la nostra. Anche volendo, per fortuna i nostri padri costituenti hanno stabilito che non si può fare. Grazie a tutti.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, signor Ministro. Do adesso la parola al Ministro Guerini.

  LORENZO GUERINI, Ministro della Difesa. Grazie, presidente. Risponderò alle domande cercando di seguire l'ordine degli interventi. Vi chiederò un po' di comprensione se su alcuni temi raggrupperò diverse domande, perché ci sono state sollecitazioni comuni da parte di molti di voi rispetto a temi specifici. Vi ringrazio per il dibattito, per le sollecitazioni, per le richieste di approfondimento e anche per le osservazioni critiche, che ci consentono comunque di rappresentare al Parlamento in maniera più compiuta il senso degli interventi che sono proposti nella deliberazione sulle missioni che abbiamo qui presentato. Come ha detto il Ministro Di Maio, è una parte di una strategia più complessiva che riguarda la postura internazionale del Paese. Pag. 38 Credo che con questo spirito, insieme, l'abbiamo costruita muovendo dal tradizionale impegno del nostro Paese negli scenari in cui da anni operiamo, ma anche cercando di cogliere dentro il contenuto di questa delibera le sfide che oggi la realtà pone di fronte a noi nella tutela dei nostri interessi nazionali, nella capacità di portare il contributo italiano alla costruzione di condizioni di stabilizzazione e di situazioni attraversate da crisi regionali o comunque di essere dentro l'impegno e il lavoro dell'organizzazione internazionale e del sistema di alleanze di cui facciamo parte. Partirò brevemente dalla domanda dell'onorevole Iovino sul Kosovo. La consistenza del nostro dispositivo nazionale impegnato in KFOR sarà leggermente incrementata sulla base di precise esigenze operative. Questo, incluse capacità specialistiche, che lei ha giustamente sottolineato, in materia di sicurezza cibernetica, al fine di contrastare le attività di disinformazione e di tutelare l'infrastruttura della forza da attacchi cibernetici volti al sabotaggio e all'acquisizione di informazioni sensibili. Attori esterni alla regione sfruttano in maniera crescente il dominio cibernetico per alimentare la narrazione anti-occidentale e rafforzare quella a proprio favore, non escludendo la possibilità di intaccare l'operatività informatica delle forze NATO. In particolare, la permeabilità della scena mediatica nei Paesi balcanici la rende un terreno particolarmente fertile per la diffusione della disinformazione e, in ragione di questa peculiare situazione, si è reso necessario l'invio in teatro di assetti specializzati dedicati, come ci è stato richiesto dalla NATO. Quindi, l'aumento dei costi quantificabile in circa 2 milioni di euro include anche l'invio in teatro operativo di un assetto aereo a pilotaggio remoto, la cui presenza si rende necessaria per migliorare le capacità di sorveglianza nell'ambito del complesso ambiente-operativo dove opera il nostro contingente nazionale. Venendo alle sollecitazioni del senatore Vattuone, in primis sull'Afghanistan ha già risposto il Ministro Di Maio e rimando alle sue valutazioni l'andamento del percorso di pacificazione al centro delle trattative tra Stati Uniti e talebani e anche in riferimento al dialogo intra-afghano. Dentro questo contesto, è stata avviata una riduzione del contingente NATO della missione Resolute Support, nell'ambito di una prima fase successiva ai negoziati definita «Alpha Light», quale primo passo di una road map che, laddove siano rispettati i capisaldi dell'accordo in termini di riduzione e poi cessazione della violenza da parte della Bana, porterà al ritiro del contingente americano e alleato entro il maggio del 2021. In questo contesto, in particolare, vorrei evidenziare che il recente ritiro americano di circa 4.000 militari, che è stato anche oggetto di dibattito pubblico sui nostri mezzi di informazione anche in relazione alla nostra presenza, si configura come una riduzione da tempo pianificata, inserita idealmente nella fase che ho prima richiamato, portando le forze statunitensi dalle attuali 13.500 unità a 8.600 unità: una revisione strutturale iniziale che non comporta conseguenze sulla missione, rimanendo comunque schierati in teatro gli assetti abilitanti statunitensi e un quantitativo di forze sufficiente all'assolvimento della missione stessa. Le successive rimodulazioni saranno basate sulle condizioni che ho richiamato nella mia relazione, con evidente riferimento agli esiti del processo di riconciliazione e l'evoluzione del quadro securitario. Tuttavia, non è stato ancora stabilito il futuro assetto delle alleanze; di conseguenza è ancora da definire il ruolo nazionale nella situazione che si svilupperà dopo la missione Resolute Support. L'Alleanza si sta da tempo interrogando in merito al futuro del proprio impegno in Afghanistan in caso di raggiungimento di un accordo di pace, ipotizzando quale opzione più efficace per il dopo Resolute Support una missione sotto la guida di un'organizzazione internazionale terza, presumibilmente le Nazioni Unite, che garantisca il monitoraggio ed eventualmente l'imposizione dell'eventuale accordo sottoscritto, che comunque dovrà essere inclusivo di tutte le principali componenti della società afghana, come è stato prima richiamato dal Ministro Di Maio. Dal punto di vista strettamente nazionale, in questa fase di transizione Pag. 39 particolarmente delicata abbiamo ribadito la necessità di assicurare un'azione degli alleati coordinata e sinergica, mirata a non vanificare gli sforzi e le ingenti risorse investite dal 2001 nel Paese. In questo senso, quindi, risulterà fondamentale la verifica prevista al termine della fase Alpha Light, dopo cento 135 giorni dall'Accordo di Doha, ossia nel prossimo mese di luglio, che consentirà una valutazione più concreta della situazione e ci permetterà di ipotizzare meglio il futuro della missione da parte dell'Alleanza. L'evoluzione, quindi, della nostra Presidenza nazionale si svilupperà in coerenza con le decisioni assunte nell'ambito della NATO, ferme restando le condizionalità che ho prima richiamato. Sempre rispondendo al senatore Vattuone, un cenno al tema dell'impegno nel Golfo di Guinea. Come ho accennato nella mia relazione, le dinamiche di sicurezza nel Golfo di Guinea sono strettamente connesse a quelle delle aree adiacenti. Sono parte integrante dell'arco di instabilità che parte dal Mediterraneo centrale e attraversa Libia e Sahel. Vi do alcuni numeri: nel Golfo di Guinea, nel 2019, ci sono stati complessivamente 64 incidenti per pirateria e crimine marittimo, mentre negli ultimi tre mesi del 2020 si sono già verificati complessivamente 30 incidenti, con 4 casi di rapimento e 13 casi di abbordaggio effettivo. Dal punto di vista degli interessi nazionali, questa area marittima ha una rilevante impronta strategica. L'interscambio con i Paesi della regione si basa, infatti, pressoché esclusivamente (circa oltre il 95 per cento) sui trasporti via mare di prodotti petroliferi, materie prime e altri beni. Da un'analisi svolta negli ultimi mesi su dati reperibili da fonti aperte, il tasso di presenza di navi mercantili con bandiera italiana nel bacino del Golfo di Guinea si attesta su una media di circa 20 unità al giorno, un numero considerevole che testimonia rilevanti interessi commerciali sia da parte degli operatori nazionali, sia da parte di varie società italiane che operano nell'area. Negli ultimi due anni sono stati tre gli importanti casi di navi italiane attaccate. Lo scorso anno l'Armatoria nazionale aveva richiamato in diverse sedi il problema della sicurezza degli equipaggi nazionali, oltre che delle stesse navi. La recente esperienza maturata attraverso la dislocazione della fregata Luigi Rizzo, inviata nell'area nello scorso mese di marzo per partecipare ad alcune esercitazioni multilaterali con alcuni partner regionali, ha permesso di verificare, di concerto anche con il Ministero degli esteri, la necessità di una presenza dedicata e maggiormente persistente, peraltro in linea con insistenti richieste in tal senso da parte degli operatori nazionali. La presenza è stata particolarmente apprezzata dai comandanti del naviglio mercantile battente bandiera italiana, che opera in questo bacino, e ha consentito anche di svolgere attività di collaborazione con le piattaforme offshore in cui opera l'Eni. A conferma della criticità della situazione, durante il suo periodo di permanenza l'unità della Marina militare è anche intervenuta sventando un tentativo di attacco pirata nei confronti di una nave greca a circa 100 chilometri dalle coste; per cui, per rispondere alla sua domanda, mi sento di poter sostenere che dobbiamo valutare favorevolmente un impegno anche a carattere continuativo. Peraltro, tra le attività che le unità della Marina svolgeranno in quest'area c'è anche quella di assoluto pregio di capacity building nei confronti delle marine rivierasche, per incrementare la loro capacità di sorveglianza e di intervento, e questo va nella direzione di incrementare anche le relazioni con i Paesi che si affacciano sul Golfo. Passo poi alla sollecitazione del senatore Ortis sul tema dell'Iraq e sul tema della coalizione internazionale. Il mandato della coalizione internazionale contro il DAESH è più che mai attuale e fondamentale per la stabilizzazione e la prosperità sia dell'Iraq sia dell'intera regione mediorientale. I risultati conseguiti in termini di sviluppo delle capacità operative delle forze di sicurezza locali e nel contrasto sempre più efficace alle attività militari di DAESH devono trovare continuità in una spinta propulsiva rinnovata di tutti i partner della coalizione nel perseguire la missione assegnata, pur in un contesto in evoluzione come quello iracheno che ho ricordato nella Pag. 40relazione. In questo senso, anche in riferimento alle esigenze di politica interna del Governo di Baghdad, circa la presenza di truppe straniere nel Paese, già all'inizio del 2020 è stata avviata in seno alla coalizione e alla NATO una riflessione mirata a rivedere i compiti assegnati rispettivamente all'operazione Inherent Resolve e alla NATO Mission Iraq. Fermando la lotta al terrorismo internazionale quale parte fondamentale dell'operazione Inherent Resolve, già nei prossimi mesi, anche in relazione all'andamento dell'emergenza Covid-19, i principali compiti di addestramento e di formazione delle forze di sicurezza locali transiteranno da quest'ultima, cioè da Inherent Resolve alla missione NATO, che vedrà, di conseguenza, un ampliamento e un rafforzamento delle proprie capacità e delle proprie funzioni. Si tratta di un processo di trasferimento che sarà gestito con un approccio complementare tra le due missioni e che assicurerà in ogni momento la presenza di tutti gli assetti necessari all'assolvimento della missione e alla protezione delle forze. Le aree nelle quali la NATO Mission Iraq, come già avviene, opererà saranno quelle della consulenza strategica e dell'addestramento a favore sia delle forze di polizia sia delle forze armate, non escludendo, in caso di specifica richiesta da parte del Governo iracheno, l'inclusione di opportunità formative anche nel campo della difesa civile. In merito allo specifico contributo del nostro Paese, vista la riconosciuta e ampiamente apprezzata competenza italiana proprio nel settore della formazione e dell'addestramento, intendiamo partecipare a questa evoluzione con un ruolo sempre più significativo sia in termini di assetti, sia proponendoci al comando della NATO Mission Iraq a partire dal 2021. Vengo ora brevemente alle sollecitazioni di molti parlamentari sul tema dallo Stretto di Hormuz. La crescente tensione che contrappone, da un lato, l'Iran e, dall'altro, gli Stati Uniti e gli altri Paesi del Golfo sta avendo indubbi riflessi negativi sulla navigabilità e sulla sicurezza delle rotte marittime nell'area. In risposta ai numerosi attacchi ai vettori navali commerciali, la Comunità internazionale si è attivata schierando due differenti dispositivi navali: uno a guida statunitense, la cosiddetta «Operazione Sentinel», con chiaro scopo di contenimento anti-iraniano, e uno promosso dalla Francia, che si combina con una corrispondente iniziativa politica di dialogo e abbassamento della tensione volta a favorire la prevenzione di ulteriori incidenti, cioè EMASOH. L'Italia ha deciso di aderire politicamente a quanto promosso da Parigi, noto come, appunto, «EMASOH», ma non contribuirà nel 2020 al corrispondente sforzo militare. Ricordo che, nelle conclusioni del vertice italo-francese di Napoli dello scorso febbraio, l'Italia ha pubblicamente, in quell'occasione, così come è stato fatto nelle precedenti dichiarazioni anche da parte del Governo italiano, dichiarato l'appoggio politico a tale missione. Tuttavia, ritengo che si tratti di un'opportunità da esplorare nel corso del 2021, considerata la rilevanza che rappresenta la sicurezza marittima in quell'area per i nostri flussi di approvvigionamento e di esportazione che vedono coinvolte molte navi battenti bandiera nazionale con equipaggi italiani. Vengo poi alle questioni poste dalla senatrice Pacifico. Sul Sahel ha già risposto in maniera, credo, molto chiara, il Ministro Di Maio. Aggiungo poche parole. Mi soffermo in particolare su un punto: la partecipazione all'operazione Takuba è un tassello di un mosaico di impegni molto più ampio e più largo che ha prima richiamato il Ministro Di Maio e che vede l'Italia protagonista all'interno delle iniziative dell'Unione europea condivise anche da altri Paesi di capacity building civile nell'ambito della coalizione per il Sahel. L'Italia ha ampliato la propria presenza diplomatica, come prima è stato ricordato dal Ministro Di Maio, aprendo ambasciate in alcuni Paesi di quella regione. Segnalo che sono stati aperti anche uffici di addetti militari, in particolar modo in Burkina Faso, e sono stati sottoscritti accordi quadro con le difese di quei Paesi. Quindi Takuba è un pezzo di uno sguardo molto più largo che il nostro Paese sta dando a quella realtà, cioè la regione del Sahel, che è al centro di gravissime crisi che attirano l'attenzione della Comunità internazionale Pag. 41e non ultima dell'Ue e, quindi, anche del nostro Paese. È luogo potenziale di sviluppo del Califfato; è luogo di penetrazione di attività terroristiche; si trova al centro di un arco di instabilità che ci riguarda direttamente. Operiamo in Niger su base bilaterale, ma, come ho detto nella mia relazione, come ha detto il Ministro Di Maio, come condiviso dalla Comunità internazionale, in particolar modo dall'Unione europea, è necessaria un'impronta più profilata. Takuba è parte della coalizione, è parte della strategia, della coalizione per il Sahel e riveste particolare importanza, chiaramente, nella lotta al terrorismo, che è il primo dei quattro pilastri che ho prima citato e che definiscono una strategia più complessiva che si sta mettendo in campo per il Sahel. La nostra partecipazione farà riferimento essenzialmente ad assetti elicotteristici per evacuazione medica e quella di personale addestratore in accompagnamento alle forze locali con le stesse modalità con cui operiamo già in Iraq e in particolar modo nell'attività di addestramento delle forze di sicurezza Peshmerga. Saremo presenti in questa missione con la nostra impronta, con la nostra tradizione di impegno, con la nostra modalità, con la nostra postura, che ha le caratteristiche che ha prima richiamato il Ministro Di Maio. Sulle questioni poste sulla Libia unisco le sollecitazioni del senatore Urso a quelle dell'onorevole Fassino e a quelle dell'onorevole Palazzotto. Ha già detto molto il Ministro Di Maio; non ho nulla da aggiungere, se non sottolineare la piena condivisione delle sue osservazioni in relazione alla situazione libica, all'azione italiana e al lavoro che l'Italia ha speso in questi anni e in questi mesi per una soluzione diplomatica del conflitto in corso. Mi pare che tale impostazione sia stata sempre stata condivisa, al netto dei distinguo su questa o quella sottolineatura, dal nostro Parlamento e dall'arco delle forze politiche del nostro Paese. Voglio ricordare che l'Italia è il Paese che è stato sempre presente in Libia con le nostre missioni, anche nei momenti più critici della recente crisi militare. Il Ministro Di Maio ha prima ricordato gli assetti diplomatici che hanno mantenuto la loro presenza durante la crisi militare. Ricordo che accanto ad essi – il Ministro Di Maio ha sottolineato anche questo – c'è stata la permanenza della nostra presenza militare anche nei momenti più critici, anche nei momenti che potevano rappresentare situazioni di minore sicurezza percepita rispetto al quadro abituale di riferimento. La richiesta di sostegno allo sminamento da parte delle autorità libiche ci conferma che siamo ancora un partner di riferimento in quel Paese e accanto alla possibilità di svolgere un'azione e di assumere un'iniziativa di forte valenza umanitaria, perché parliamo di uno sminamento per il rientro della popolazione civile in realtà da cui la popolazione ha dovuto fuggire in relazione alla crescita di intensità del conflitto bellico, fornisce però anche un'opportunità di rilanciare ulteriormente il nostro ruolo in quel Paese. Credo che sia un passaggio importante anche da questo punto di vista l'esito della missione che il Ministro Di Maio ha compiuto proprio ieri in Libia. Non mi addentro nelle questioni di carattere diplomatico, che non attengono alla mia responsabilità, tuttavia credo che anche il risultato raggiunto sulla base di una nostra significativa e incessante richiesta nel corso di questi mesi, pure in presenza di un conflitto che cresceva di intensità, di rivisitazione del memorandum tra Italia e Libia sia un risultato importante. Ci sarà l'opportunità di misurare in maniera più precisa i contenuti degli impegni che la Libia si assume dentro il cammino di rivisitazione del memorandum, però credo che sia un fatto importante e significativo che questo passo sia stato compiuto, che si possa insediare il gruppo di lavoro congiunto, per arrivare alla definizione più puntuale del memorandum e alle modifiche che da parte italiana sono state presentate. In questo contesto, credo che il tema della Guardia costiera libica sia un tema delicato e importante, rispetto al quale c'è da parte mia massima comprensione rispetto anche ad alcune sottolineature fatte nel corso del dibattito odierno. Ricordo che la difesa italiana è impegnata dal punto di vista addestrativo, così come con la missione Pag. 42Irini, a favore della Guardia costiera che fa capo alla Marina militare libica, non alla Guardia costiera che fa capo al Ministero degli interni libico. Non è una distinzione prettamente formale, ma ha un suo minimo di sostanza. Credo che l'addestramento sia un fattore importante nel rapporto bilaterale anche a garanzia dell'attività della Guardia costiera libica. Se oggi possiamo richiamare in maniera forte, anche attraverso la rivisitazione del memorandum, un'interezza dell'attività della Guardia costiera libica che cerchi di cogliere anche gli elementi fortemente critici che sono stati evidenziati nel corso di questo dibattito, ma anche nel corso del dibattito più complessivo che nel nostro Paese si è sviluppato, credo che sia anche dovuto al fatto che c'è stato, c'è e sussiste un rapporto bilaterale che è anche in questo punto all'interno della propria attività. Questa attività si sviluppa e si deve sviluppare in piena sinergia con Irini, cui contribuiremo in maniera significativa anche nel settore addestrativo. Irini ha ereditato da Sophia l'attività addestrativa. Non è la funzione principale di Irini in questa fase, che è quello di embargo all'arrivo di armi in Libia, ma credo che, in piena sinergia con l'Unione europea, questo compito di Irini dovrà certamente crescere. Credo che se esso crescerà, anche in relazione all'attività di addestramento della Guardia costiera, potrà crescere il sistema di controllo da parte della Comunità internazionale rispetto alle modalità con cui la Guardia costiera libica interviene, anche in relazione ai gravi fatti denunciati, che non credo possano essere sottaciuti. Infine, alcune risposte su alcune questioni molto puntuali. La prima è all'onorevole Deidda sulla legge n. 244 del 2012, tema che non è particolarmente riferito all'oggetto della deliberazione delle missioni. Si tratta di un tema che interessa la Commissione Difesa, ma più complessivamente credo che debba interessare un dibattito che il Paese deve fare su questo punto. Credo che il tema della verifica delle eventuali distanze tra gli obiettivi che la legge n. 244 si poneva, ciò che è stato realizzato da un lato e l'adeguatezza della legge stessa rispetto alle nuove sfide con le quali ci dobbiamo confrontare, debba essere centrale nella riflessione. So che le Commissioni Difesa di Camera e Senato, che ringrazio, stanno dedicando energie e competenza su questo tema. Questo si accompagna al secondo pilastro del suo ragionamento, che è il tema dell'investimento, perché è evidente che il tema dell'investimento non è semplicemente la risposta dell'Italia a impegni assunti all'interno dell'Alleanza, ma riguarda anche l'ammodernamento e l'adeguatezza del nostro strumento militare. Aprirei una discussione che ci porterebbe molto in là e non voglio abusare della vostra pazienza, però è il tema centrale della riflessione che dobbiamo fare in questo momento. Rassicuro, infine, che sul tema del trasferimento e della rotazione del personale impegnato nelle missioni all'estero c'è stata una situazione di rallentamento in relazione alla fase di emergenza Coronavirus che abbiamo vissuto, anche facendo scelte sulla base del confronto con l'Alleanza di cui partecipiamo, però, nella fase di normalizzazione verso la quale stiamo procedendo, i trasferimenti e la rotazione delle missioni avverranno secondo le modalità che abbiamo conosciuto. Infine, tre ultimi punti. Rispondo prima all'onorevole Valentini. La batteria SAMP/T in Turchia è stata ritirata a fine dicembre dello scorso anno semplicemente perché aveva terminato il periodo in cui doveva rimanere all'interno degli accordi sanciti in sede NATO; anzi noi avevamo già prorogato quella presenza oltre i primi i termini previsti. Per quanto riguarda Sea Guardian, questa è un'operazione di sorveglianza marittima della NATO nel Mediterraneo. È chiaro che svolge la propria attività integrandosi con Mare sicuro e con Irini. L'aumento della nostra presenza è in coerenza rispetto alla nostra richiesta di un maggiore impegno sul fianco Sud dell'Alleanza, che è il tema che l'Italia in questi anni ha portato avanti, credo con soddisfazione e con l'unanimità di tutte le forze politiche presenti in Parlamento. Oggi è diventato tema condiviso anche all'interno dell'Alleanza atlantica. Infine, sull'ospedale di Misurata, innanzitutto voglio riferire all'onorevole Ermellino che l'ospedale Pag. 43 di Misurata in questo momento sta rafforzando la propria attività. Saranno a breve collocati nell'ospedale di Misurata alcuni posti letto di terapia intensiva anche per rispondere alla richiesta di assistenza in relazione alla crisi del Coronavirus presente in Libia. È chiaro che noi svolgiamo la nostra attività in relazione alle richieste che ci provengono dalle autorità libiche. Anche l'attività di sminamento è stata oggetto di un transito di richiesta da parte libica al Ministero degli Esteri attraverso i canali diplomatici e da parte del Ministro degli Esteri verso il Ministero della difesa, che ha risposto a questa esigenza. Se all'interno del nostro ruolo, dentro la vicenda libica, ci fosse la richiesta di un maggiore impegno, anche dal punto di vista della nostra presenza con strutture sanitarie e militari, da parte della difesa del Ministero che rappresento ci sarà la piena disponibilità. È sempre un lavoro sinergico tra difesa ed esteri, che io credo sia un elemento di assoluta forza e di assoluto significato, che anche in questa deliberazione penso si possa vedere in maniera molto evidente. Vi ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, Ministro. Io ringrazio i Ministri, i colleghi presidenti, tutti i colleghi intervenuti e dichiaro concluse le comunicazioni del Governo. La seduta è tolta.

  La seduta termina alle 20.20.