XVIII Legislatura

II Commissione

Resoconto stenografico



Seduta n. 4 di Martedì 27 ottobre 2020

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Perantoni Mario , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE C. 2435 GOVERNO, RECANTE DELEGA AL GOVERNO PER L'EFFICIENZA DEL PROCESSO PENALE E DISPOSIZIONI PER LA CELERE DEFINIZIONE DEI PROCEDIMENTI GIUDIZIARI PENDENTI PRESSO LE CORTI D'APPELLO

Audizione di Giorgio Spangher, professore emerito di procedura penale presso l'Università di Roma «Sapienza»; Stefano Preziosi, professore di diritto penale presso l'Università Lum «Jean Monnet» di Bari; Massimiliano Masucci, professore di diritto penale presso l'Università degli studi «Roma Tre».
Perantoni Mario , Presidente ... 3 
Spangher Giorgio , professore emerito di procedura penale presso l'Università di Roma «Sapienza» ... 3 
Perantoni Mario , Presidente ... 7 
Preziosi Stefano , professore di diritto penale presso l'Università Lum «Jean Monnet» di Bari ... 7 
Perantoni Mario , Presidente ... 11 
Preziosi Stefano , professore di diritto penale presso l'Università Lum «Jean Monnet» di Bari ... 11 
Perantoni Mario , Presidente ... 12 
Masucci Massimiliano , professore di diritto penale presso l'Università degli studi «Roma Tre» ... 12 
Perantoni Mario , Presidente ... 15 
Vazio Franco (PD)  ... 15 
Vitiello Catello (IV)  ... 15 
Perantoni Mario , Presidente ... 16 
Spangher Giorgio  ... 16 
Perantoni Mario , Presidente ... 18 
Preziosi Stefano  ... 18 
Perantoni Mario , Presidente ... 19 
Masucci Massimiliano  ... 19 
Perantoni Mario , Presidente ... 20 

ALLEGATO: Documentazione depositata da Massimiliano Masucci, professore di diritto penale presso l'Università degli studi «Roma Tre» ... 21

Sigle dei gruppi parlamentari:
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Lega - Salvini Premier: Lega;
Forza Italia - Berlusconi Presidente: FI;
Partito Democratico: PD;
Fratelli d'Italia: FdI;
Italia Viva: IV;
Liberi e Uguali: LeU;
Misto: Misto;
Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro: Misto-NI-USEI-C!-AC;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.;
Misto-Centro Democratico-Radicali Italiani-+Europa: Misto-CD-RI-+E;
Misto-MAIE - Movimento Associativo Italiani all'Estero: Misto-MAIE;
Misto-Popolo Protagonista - Alternativa Popolare (AP) - Partito Socialista Italiano (PSI): Misto-AP-PSI.

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
MARIO PERANTONI

  La seduta comincia alle 11.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di Giorgio Spangher, professore emerito di procedura penale presso l'Università di Roma «Sapienza»; Stefano Preziosi, professore di diritto penale presso l'Università Lum «Jean Monnet» di Bari; Massimiliano Masucci, professore di diritto penale presso l'Università degli studi «Roma Tre».

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva in merito all'esame del disegno di legge C. 2435 Governo, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d'appello, di Giorgio Spangher, professore emerito di procedura penale presso l'Università di Roma «Sapienza»; di Stefano Preziosi, professore di diritto penale presso l'Università Lum «Jean Monnet» di Bari; di Massimiliano Masucci, professore di diritto penale presso l'Università degli studi «Roma Tre».
  Ringrazio gli auditi per aver accolto l'invito della Commissione e chiedo cortesemente di contenere il proprio intervento in dieci minuti, un quarto d'ora, in modo tale da dare spazio ai quesiti che verranno rivolti successivamente al loro intervento dai commissari, ai quali seguirà la replica degli auditi, che potranno inviare, qualora non l'avessero già fatto, alla segreteria della Commissione, anche per iscritto, un documento. Tale documentazione, in assenza di obiezioni, sarà pubblicata sul sito Internet della Camera dei deputati e resa disponibile agli stessi attraverso l'applicazione GeoCamera.
  A questo punto do la parola al professor Giorgio Spangher. Buongiorno, professore. Prego.

  GIORGIO SPANGHER, professore emerito di procedura penale presso l'Università di Roma «Sapienza». Ringrazio il presidente e i componenti della Commissione per avermi richiesto questo intervento che faccio molto volentieri. Cercherò di essere sintetico in relazione ai tempi, quindi andrò per punti.
  La prima considerazione da fare è che sicuramente questo processo non diventerà più breve e neanche le previsioni che ci sono consentono di affermare che potrà essere più breve di quello esistente. Mi riferisco alla fase delle indagini preliminari.
  Primo periodo un anno, poi sei mesi di successiva proroga, poi ci sono tutti i tempi morti successivi del deposito da parte del pubblico ministero delle indagini previsti dall'articolo 415-bis del codice di procedura penale, venti giorni per le intercettazioni telefoniche, venti giorni per gli adempimenti a difesa. Poi ci sarà un ulteriore momento morto per l'esercizio dell'azione penale che la difesa potrà sollecitare se lo riterrà opportuno, ma che tutto sommato determina un'ulteriore stasi del processo. Pag. 4Quindi i tempi per la fase delle indagini sicuramente non si abbreviano.
  Secondo punto. Quali sono le linee lungo le quali – questo può essere interessante secondo lo studioso del processo penale – si organizza il nuovo modello processuale che state configurando? C'è sicuramente una propensione per la monocraticità. Noi abbiamo sicuramente l'idea di avere un solo giudice unico, e mi riferisco per esempio ai patteggiamenti, ai riti abbreviati, al pagamento per l'estinzione delle contravvenzioni. Tutta la fase delle indagini ha un giudice monocratico. L'udienza preliminare ha un giudice monocratico. Questa riforma addirittura ha avuto la capacità di trovare quattro giudici monocratici nel procedimento davanti al giudice cosiddetto «monocratico».
  Successivamente, infatti, al giudice per le indagini preliminari, vi è un'atipica udienza predibattimentale fatta da un giudice del tribunale monocratico, poi il giudice monocratico dello stesso tribunale (tornerò sul punto), poi l'appello davanti al monocratico.
  Abbiamo quattro monocratici in una procedura del giudice monocratico, ma addirittura con la monocraticità nel giudizio d'appello. Questa è la prima linea di tendenza: propensione per la monocraticità.
  Secondo: accentuazione di oneri processuali per il difensore; notificazione al domiciliatario; oneri dell'avvocato che deve assicurarsi che il tizio conosca o non conosca; nuova procura per l'impugnazione perché l'imputato possa impugnare (l'avvocato dovrà verificare che sia data una seconda procura per impugnare); e poi anche la difficoltà della motivata richiesta di verifica della tempestività dell'iscrizione nel registro delle notizie di reato, perché la difesa dovrà individuare qual è stato il momento, dato che è un po' difficile per la difesa sapere quando è arrivato.
  Scusatemi, perché invece di fare tutti questi meccanismi non si dice che si scrive dal giorno dopo entro cinque giorni da quando arriva all'ufficio di procura? Sarebbe molto più semplice rispetto a chiedere al giudice prima dell'udienza che controlli, che verifichi pena l'inutilizzabilità.
  Qual è la linea, però, di fondo? Voi state configurando un modello processuale che punta tutto sui riti speciali, cioè carte del pubblico ministero e offerte «che non si possono rifiutare». Quali sono? Il pagamento per estinzione del reato nelle contravvenzioni (la nuova fattispecie che avete individuato), il pagamento per estinzione del reato di mancata opposizione al decreto penale di condanna, addirittura con buono sconto di un quinto (non solo la metà del minimo, ma proprio come filosofia), il pagamento dell'oblazione, l'ampliamento della soglia delle pene per il patteggiamento, la disciplina delle condotte riparatorie, la disciplina della messa alla prova, la disciplina del rito abbreviato.
  Cercherò di spiegare sul rito abbreviato la famosa regola di giudizio. Cioè sostanzialmente quale sia il ragionamento. Si è bloccato il processo alla fine del giudizio di primo grado con la prescrizione. La prescrizione non ci sarà più. Adesso sì, cambierete, metterete il proscioglimento al posto della condanna, ma non è questo il punto. Il pubblico ministero ha sicuramente davanti a sé una deadline: la sentenza di primo grado. A questo punto la difesa cosa si trova a fare? Si trova a valutare il materiale dell'accusa – perché ormai il materiale dell'accusa ha valore assolutamente probatorio – e c'è un'offerta sull'altro lato dei riti premiali: patteggiamento abbreviato, messa alla prova, condotte riparatorie che vengono pagate.
  In teoria, nella prospettiva lunga, questo può anche andar bene ai difensori perché incassano, perché a un certo punto chiudono il processo penale e, tra parentesi, dovendo chiedere un'altra procura, si trovano a dover incassare i soldi dai clienti e a chiedere ulteriori soldi; per cui questo diventerà un processo per persone molto ricche. Le altre saranno costrette obiettivamente a chiudere il procedimento con il patteggiamento. Quindi i riti premiali sono condizionati dalle due regole di giudizio.
  Scusatemi, è molto semplice. Il pubblico ministero non ha archiviato perché ritiene che il soggetto sia colpevole; il giudice è molto facile che metta un'ipotesi di responsabilità, per cui non farà la sentenza di non Pag. 5luogo a procedere alla fine dell'udienza preliminare. Il soggetto a questo punto cosa è costretto a fare? È costretto a prendersi quello che l'accusa gli offre come ipotesi di riti.
  Ci sono anche profili che vanno valutati positivamente. La depenalizzazione delle contravvenzioni non è in contrasto con quanto ho detto rispetto alla monetizzazione, perché la monetizzazione si inserisce in un quadro generale di premialità, e la previsione di criteri di priorità. Poi, però, bisognerà vedere chi gestirà i criteri di priorità, se gli uffici di procura, se il Consiglio superiore della magistratura eccetera. Lì bisognerà essere molto chiari.
  Però ci sono delle cose che «gridano vendetta al cielo», quantomeno tre. In primo luogo, io non so chi sia riuscito a concepire una previsione come quella dell'articolo 190-bis del codice di procedura penale, in base alla quale se cambia un giudice del collegio, quel giudice è cambiato e non risentirà la prova.
  La Corte costituzionale non ci ha chiesto questo. La sentenza Bajrami è più che sufficiente per tutelare la rinnovazione. Che bisogno c'è di introdurre un articolo 190-bis che, tra parentesi, comporta un rischio? State attenti a quello che può succedere. La disposizione dice: «se cambia un giudice». Allora il primo giudice non sente la prima prova, poi arriva quel giudice, cambia il secondo giudice che sente una seconda prova, poi cambia il terzo giudice che non sente la terza prova. Il risultato alla fine della fiera è che nessun giudice ha visto tutto il processo.
  State incidendo sull'unica nullità assoluta speciale di tutto il codice di procedura penale. State derubricando l'unica nullità assoluta speciale, quella di cui all'articolo 525, comma 2. Non ve l'ha chiesto la Corte costituzionale, non ve l'ha chiesto la sentenza Bajrami. Che bisogno c'è di introdurre un articolo 190-bis? Questa è veramente una norma che non sta, a mio sommesso avviso, né in cielo né in terra. C'è un'assurda previsione di un'udienza predibattimento.
  Io con tutto il rispetto faccio il professore di procedura penale da cinquant'anni. Nel dibattimento si fa una specie di udienza preliminare? Cerchiamo di capirci. C'è un'udienza preliminare nel dibattimento-predibattimento del giudice monocratico. Un giudice del dibattimento, sulla base del materiale dell'accusa valuta se l'imputato vada prosciolto con la formula di non luogo oppure no. Se non dovesse dichiarare il non luogo, il collega della porta accanto monocratico cosa farà? Mi condannerà. Non so se mi sono spiegato. Abbiamo due giudici del dibattimento. Il primo fa l'udienza predibattimentale in dibattimento, perché non è un giudice delle indagini ma un giudice del dibattimento, sulla base del materiale del pubblico ministero. È lo stesso materiale che dopo cinque giorni valuterà il giudice del dibattimento della porta accanto. Non mi ha prosciolto lui perché non mi ha emesso la sentenza di non luogo, e cosa farà quello della porta accanto? Monocratico l'uno e l'altro, sullo stesso materiale.
  Con tutto il rispetto, del processo si può fare tutto quello che volete, però questo mi pare qualcosa che non sta nel sistema. Mi sembra assurdo creare un'udienza predibattimentale come se fosse un'udienza preliminare, fatta da un giudice del dibattimento che se non mi proscioglie, se non mi emette la sentenza di non luogo, mi fa giudicare dal collega della porta accanto. Ed è monocratico su monocratico, monocratico e monocratico in appello.
  Il discorso sulla regola di giudizio dell'abbreviato è che l'abbreviato sarebbe condizionato; ma torna nella filosofia che vi ho detto. La filosofia è quella di volere le condanne sulla base dei riti. Ti do lo sconto e non chiedi il giudizio. Questo è il vero problema, cioè accentuare i riti speciali premiali con la scusa del premio per non fare i dibattimenti, per non fare i giudizi.
  Allora qual è la regola dell'abbreviato condizionato? Si dice che sia da un lato la valutazione delle prove, se servono per decidere, e dall'altro l'economia processuale. Ma cosa c'entra l'economia processuale? Allora tutti i processi veloci dovrebbero avere uno sconto di pena. Cosa c'entra l'economia processuale con il rito abbreviato? Ma a cosa serve questa economia Pag. 6processuale come criterio? «Caro Ciccio, o rinunci a un po' di prove che mi chiedi perché sono incompatibili con il dibattimento o l'abbreviato non ce l'hai e ti beccherai la condanna al dibattimento». Torna la filosofia di ordine generale: «o prendi questo oppure faremo i giudizi» però con il rischio delle due regole, quella dell'archiviazione che ha il pubblico ministero e quella che ha il giudice dell'udienza preliminare, che sono un'anticipazione della condanna. È sicuro.
  Il giudice dell'udienza preliminare cosa farà? Dirà: «Guardi che qui la situazione è così, avvocato. Perché non fa l'abbreviato, non fa il patteggiamento?». Come è stato fatto all'inizio, quando Torino di fronte ai patteggiamenti diceva agli avvocati di patteggiare in ragione della situazione.
  Comunque, a mio giudizio, questo criterio di valutazione di economicità nell'abbreviato condizionato non opera, perché è un criterio non legato alle prove. L'economicità non è legata alla prova, al giudizio di responsabilità, ma è solo legata al fatto che si debba condizionare l'imputato alla scelta del rito. «Riduci il materiale probatorio che mi chiedi, facciamo un processo più veloce e allora ti daremo lo sconto. Non lo vuoi? Vuoi che sentiamo tutto questo materiale?». Attenzione, un filtro è necessario. Se io presento una lista testi di 50 persone è chiaro che tutto sommato il giudice me le riduca; ma ritenere che invece la valutazione non avvenga sulla validità delle prove rilevanti, non manifestamente infondate eccetera, ma sull'economia processuale, non è un criterio. Manca qualcosa, mancano le finestre di giurisdizione.
  Qual è il problema di questo processo penale? Cerchiamo di capirci. Noi avevamo concepito un sistema bifasico: indagini del pubblico ministero e dibattimento. Questo sistema è saltato. Il processo si è spostato tutto nella fase delle indagini, con un pubblico ministero forte e un giudice per le indagini preliminari rimasto debole. Ma lasciamo perdere la separazione delle carriere, l'appiattimento. Era concepito debole perché non si voleva il giudice istruttore. Si voleva che il pubblico ministero facesse le sue indagini, che poi si andasse al dibattimento e nella dialettica si discutesse. Il processo è saltato, il sistema bifasico è saltato, il pubblico ministero si è rafforzato e il giudice è rimasto debole.
  Cosa vuol dire «finestre di giurisdizione»? Vuol dire che il giudice deve valutare la qualificazione giuridica del fatto. Ma voi capite che se io autorizzo un'intercettazione telefonica per il reato A e poi si scopre che il reato sarà B i risultati delle intercettazioni li utilizzerò tutti? Il reato era B ma è stato detto che era A e il risultato dell'intercettazione lo utilizzo lo stesso? Allora il giudice deve valutare bene la qualificazione giuridica del fatto; deve controllare bene le proroghe delle indagini e delle intercettazioni; deve capire che il pubblico ministero gli dice: «Guarda che ho questi risultati oppure sono su questa pista». È questo. Si chiamano «finestre di giurisdizione», cioè controllo del giudice. Lasciate perdere la difesa. Il giudice deve fare il giudice. Si chiamano «finestre di giurisdizione»; quindi, bisogna controllare le qualificazioni, le proroghe, le misure cautelari richieste. Lasciate perdere l'appiattimento. A me non interessa niente dell'appiattimento. Bisogna rafforzare i poteri del giudice rispetto al pubblico ministero nella fase delle indagini. Questo è assolutamente indispensabile.
  C'è un'altra cosa che bisogna fare: estendere le garanzie delle misure cautelari personali alle misure cautelari reali. Esistono i sequestri di beni e le garanzie di controllo su questi sequestri di beni. Esiste un processo alle cose, non esiste solo un processo alle persone. Potrei sequestrare una macchina, potrei sequestrare un'azienda. Sto parlando di sequestro preventivo; non sto parlando delle confische di prevenzione; parlo del processo penale. Io ti confisco il conto corrente, ti confisco la macchina, ti confisco l'azienda, ti confisco la costruzione edilizia. È legittimo che si faccia il sequestro, ma è necessario che qualcuno lo controlli, che si faccia un procedimento di riesame in tempi certi, non che il sequestro non abbia tempi. Si tratta semplicemente di costruire la disciplina del sequestro delle Pag. 7misure cautelari reali in parallelo con quella della persona.
  Io cerco di dire una cosa agli studenti: la macchina non è fatta solo da quattro ruote, la macchina è una proiezione mia personale. Cioè, l'azienda non è solo il fatto dell'attività; è una mia proiezione della persona. Esistono persone e cose, ma le cose non sono esseri inanimati; sono cose animate. La macchina serve per andare a lavorare, per portare i figli a scuola. Una volta che mi vengono sequestrate restano lì e poi mi restituiscono un rottame. Ho diritto ad avere tempi certi di controllo, di verifica della legittimità del provvedimento. Esistono le garanzie delle misure cautelari personali di chi va in galera; devono esistere le stesse garanzie delle misure cautelari per coloro ai quali vengono tolti determinati beni. Queste sono secondo me le cose che sono necessarie.
  C'è un'altra cosa che mi permetto di dire. Scusatemi, so che non apprezzerete quello che vi dico. Il processo penale è una materia piuttosto delicata. Voi non state scrivendo solo le regole del processo degli altri; state scrivendo le vostre regole del processo. Purtroppo, solo quando siamo sotto processo penale scopriamo che cos'è un processo penale. Ripeto, voi oggi non scrivete solo le regole degli altri, ma anche le regole di quello che potrebbe essere il vostro processo. Pensate bene qual è il processo che volete per voi in modo tale che pensiate anche a quello che è il processo per gli altri.

  PRESIDENTE. Grazie, professore. Proseguendo nell'audizione, do ora la parola al professor Stefano Preziosi. Prego, professore, e buongiorno.

  STEFANO PREZIOSI, professore di diritto penale presso l'Università Lum «Jean Monnet» di Bari. Buongiorno. Grazie, presidente, per il cortese invito. Nonostante la ristrettezza dei tempi, io vorrei fare una premessa che non ha nessuna intenzione polemica e nessuna vena polemica. Voi siete rappresentanti del corpo elettorale, quindi il punto di partenza di questo intervento legislativo dovrebbe esser chiaro.
  Il processo penale per voi oggi è un'emergenza rispetto alla quale si devono trovare delle misure per gestirla in qualche modo? Quindi in via, per così dire, amministrativa? Cioè, si deve trovare il modo di ridurre i tempi, ridurre il dispendio delle attività processuali e ridurre il numero dei fascicoli dei faldoni che si ammonticchiano negli scaffali degli uffici giudiziari? Insomma, è un'emergenza assimilabile a una pandemia dalla quale si deve trovare il modo di uscire? Oppure la vostra prospettiva è quella di fare una riforma che tenga conto delle criticità nel processo penale ma che guardi anche a un miglioramento del sistema della giustizia penale, che cioè voglia realizzare un sistema della giustizia penale più giusto, più coerente con i princìpi costituzionali, più attento alle esigenze di difesa sociale ma anche di garanzia dei cittadini? Se non chiarite – non a me o a noi, ma ai cittadini – il punto di partenza, voi fate un danno ai cittadini. Scusate, non voglio essere irriverente, per carità, però voglio parlare chiaramente. Soprattutto siete in debito di chiarezza sulle premesse di questi interventi di riforma.
  Ciò detto, e mi sembra doverosa come premessa, io toccherò soltanto alcuni punti. Non toccherò tutti i punti che sono oggetto del disegno di legge, ma soltanto alcuni che mi sembrano non più rilevanti, ma che nella prospettiva di analisi assumono maggior rilievo, anche perché forse tutto sommato su alcuni di essi, avendo letto doverosamente le precedenti audizioni dei soggetti istituzionali, forse sono stati un po' meno trattati, un po' meno al centro dell'attenzione.
  Udienza preliminare. Qual è la patologia del sistema? La patologia del sistema la chiarisce il Ministro guardasigilli nella relazione al disegno di legge, ossia vi sono processi che vanno a giudizio, quindi procedimenti che vanno a giudizio, quando è praticamente certo l'esito assolutorio. Questa ovviamente è una patologia. Non lo dico io; in realtà lo sanno tutti che ci sono troppi procedimenti che vanno a giudizio e non dovrebbero andarci. Lo dice lo stesso Ministro. È vero, è così. Pag. 8
  Qual è la risposta che si vuole dare a questa patologia? La risposta che si vuole dare – ne ha parlato anche il professor Spangher un attimo fa – è operare sulla regola di giudizio dell'udienza preliminare. A mio avviso questa è già una risposta curiosa, perché in un sistema in cui c'è un pubblico ministero professionale che fa la stessa carriera del magistrato giudicante, che ha la stessa formazione, che può cambiare funzioni da un giorno all'altro, quindi che può essere stato giudice il giorno prima e oggi trovarsi a fare il pubblico ministero, come è possibile che ci sia un eccesso di processi dovuto al fatto che vengono mandati a giudizio dei procedimenti che invece non dovrebbero andarci? È di per sé qualche cosa di anomalo.
  A fronte di questa patologia, si modifica la regola di giudizio dell'udienza preliminare, si modifica l'articolo 125 delle disposizioni di attuazione, quindi come regola non di giudizio ma di valutazione del pubblico ministero che deve essere più stringente, e si utilizza questa stessa regola come regola di giudizio per il giudice dell'udienza preliminare. Ciò suona in questo modo: o si esclude il rinvio a giudizio nei casi in cui gli elementi acquisiti risultino insufficienti o contraddittori, o comunque non consentono una ragionevole previsione di accoglimento nella prospettazione accusatoria nel giudizio.
  Signori onorevoli, questa formulazione in primo luogo è in contraddizione con le intenzioni dichiarate dal Ministro proponente. Se il Ministro dice: «Dobbiamo evitare che procedimenti che hanno un sicuro esito assolutorio vadano a giudizio», è tutt'altra cosa rispetto al sicuro esito condannatorio o al prevedibile esito condannatorio. Sono due cose completamente diverse.
  Se il punto è il sicuro esito condannatorio – lo ha detto già poco fa il professor Spangher, non mi sto certo a ripetere – è evidente che questo comporta, se la regola viene intesa nel senso che sembra doversi intendere, che in dibattimento l'esito sia scontato, perché è stato già anticipato da un giudice. «Prevedibile esito condannatorio» significa che sostanzialmente nel dibattimento si va, inutilmente a questo punto, a replicare un giudizio di tipo condannatorio.
  Mi sembra che questa formulazione non possa funzionare. Potrebbe darsene un'interpretazione conforme alle intenzioni del Ministro proponente. Ma se l'intenzione è quella di evitare giudizi che sicuramente si concluderanno con un'assoluzione, questa già c'è. È la giurisprudenza della Cassazione. Ve la leggo. «Recenti sentenze. Ove in seno all'udienza preliminare emergano prove che in dibattimento potrebbero ragionevolmente condurre all'assoluzione dell'imputato, il proscioglimento deve essere pronunziato solo se e in quanto questa situazione di innocenza sia ritenuta non superabile in dibattimento dall'acquisizione di nuove prove o dalla diversa e possibile rivalutazione degli elementi di prova già acquisiti». È quel prevedibile e sicuro esito assolutorio; ma già c'è, è nella giurisprudenza della Cassazione.
  Se invece si vuole dire che davvero un giudice dell'udienza preliminare deve pronunciare una sentenza di non luogo a procedere solo quando non vi sia il sicuro esito condannatorio, allora qui siamo in un ambito che rappresenta sicuramente un vulnus per il principio di presunzione di non colpevolezza.
  Come si fa a dire che l'udienza preliminare si deve concludere con la sicura previsione di un esito condannatorio senza vulnerare il principio di non colpevolezza?
  Poi si vorrebbe trasferire questa regola di giudizio anche ai procedimenti su citazione diretta, quindi senza udienza preliminare, laddove c'è un giudice che si alterna con il giudice che poi è chiamato a decidere, il quale deve valutare con questa stessa regola se l'imputato debba andare a giudizio.
  Vi rendete conto che è un'assurdità? Oltretutto, come fa a fare una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria senza conoscere le prove né a carico né a discarico? Attenzione, qui il disegno di legge richiama gli articoli 426, 427 e 428 del codice di procedura penale ma non le disposizioni che concernono i poteri di integrazione probatoria del giudice dell'udienza preliminare. Pag. 9
  Stando così le cose, forse ci sarebbe un eccesso di delega, se nel decreto legislativo venisse previsto che anche questo giudice nel procedimento a citazione diretta potesse avvalersi dei poteri di integrazione probatoria stabiliti per l'udienza preliminare. Io credo che ci sarebbe un eccesso di delega. Comunque sia, qui non è previsto.
  Se se ne potesse avvalere che cosa facciamo? Un giudice del monocratico che fa un'attività di integrazione probatoria per stabilire se c'è la prevedibile certezza dell'esito condannatorio e poi mandare a giudizio davanti a un altro giudice che è un suo collega dello stesso ufficio. Ma vi rendete conto dell'assurdità di tutto questo, oltre che della sicura violazione dei principi costituzionali del giusto processo e della presunzione di non colpevolezza?
  Io invece mi permetto con molta umiltà, soprattutto davanti a un maestro come Giorgio Spangher, di entrare un po' nel campo del processo penale, anche se io credo molto nell'integrazione del processo penale con il diritto penale. Non si possono fare riforme del sistema penale senza un'integrazione di questi due sistemi.
  Il vero e unico rimedio, a mio modesto avviso, è incidere sulle modalità di esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero, che devono essere più stringenti. Bisogna aumentare le ipotesi di nullità dell'atto con il quale viene esercitata l'azione penale, in particolare far scendere il principio di tassatività della norma penale all'interno dell'atto con il quale si esercita l'azione penale, di questo ganglio vitale del sistema penale.
  In che modo? Stabilendo che il pubblico ministero debba indicare le fonti di prova con riferimento agli specifici elementi costitutivi della fattispecie del reato contestata, facendo in modo che non si arrivi a un dibattimento dove nella lista testi c'è scritto «testimone x sui fatti oggetto di causa». Solo questo è il rimedio al fatto che troppi procedimenti vanno a giudizio. Più nullità, un più stringente vaglio che, per il tipo di qualifica istituzionale, cioè quella di magistrato professionale dell'ordine giudiziario, un pubblico ministero dovrebbe fare.
  È lì che bisogna agire, su quel punto. Non si può agire creando una stramba udienza preliminare che oltretutto, a mio parere, potrebbe anche essere eliminata dal processo penale. Questo è un mio convincimento e penso di molti altri, anche se a volte inconfessato.
  Vorrei dire qualcosa sul patteggiamento a otto anni, «extralarge», come qualcuno lo ha chiamato. Ebbene, «escludere questo rito per ulteriori diritti» – è scritto nel disegno di legge – «ma solo quando l'accordo dovesse determinare l'applicazione di una pena detentiva superiore a cinque anni». Quindi determinati delitti rimangono esclusi.
  Scusate, ma si è valutata l'incidenza delle preclusioni sulla rilevanza in chiave di impatto giudiziario delle ipotesi di reato per il quale risulterebbe poi ammissibile questo patteggiamento extralarge? Se non si considera l'impatto giudiziario, se si escludono dei reati, se si precludono da una serie di fattispecie, cosa rimane? Io ancora non ho fatto questo studio. Avete raccolto degli elementi su questo? È fondamentale. Se l'intento è deflattivo, se poi se ne avvalgono poche persone, a che serve? Si può immaginare che per una bancarotta si faccia un patteggiamento a otto anni? Io francamente avrei qualche dubbio. Allora quali sono i reati? È escluso l'omicidio. Io vi invito a valutare l'impatto considerando i reati per i quali poi residuerebbe la possibilità di un utilizzo di questa forma di patteggiamento.
  Inoltre, vorrei aggiungere qualche cosa. Quando si parla di riti alternativi si dovrebbe anche capire quale ne è la ratio, se cioè la ratio è strettamente amministrativa (gestire un'emergenza, far ridurre il numero dei fascicoli che giacciono negli scaffali) oppure, invece, se questa ricongiunge alle finalità della pena. Ha un senso in quanto va ad integrarsi con le finalità della pena.
  Sono stati raccolti, per esempio, dati relativi al tasso di recidiva per i soggetti che hanno patteggiato la pena? Si sono acquisiti i dati relativi alla tematica degli effetti general preventivi della pena in relazione a quei reati per i quali l'uso del patteggiamento Pag. 10 è apprezzabile? Se non si fa questo, a cosa serve allargare questo patteggiamento? Certo, sul patteggiamento sono tutti più o meno d'accordo. Il patteggiamento è come una carta moschicida: ci vanno tutti a sbattere contro.
  Parliamoci chiaro, voglio essere molto franco, senza essere irrispettoso. Il patteggiamento è manna dal cielo per magistrati e avvocati; diciamo chiaramente come stanno le cose. Volete allargare il patteggiamento? Almeno rendetevi conto se in base a dati empirici questo allargamento può conseguire dei risultati; ma risultati di che tipo? Sia in ordine alla deflazione dei processi sia in ordine alle finalità della pena. Quali risultati consegue il patteggiamento agli effetti benefici per la società, per la difesa sociale, per la tutela dei cittadini?
  La prescrizione, articolo 14. Io parto dal presupposto che sul tema della prescrizione oggigiorno le soluzioni prospettabili debbano essere soluzioni di compromesso. Ciò perché ci sono visioni diverse su questo e quindi è evidente che una soluzione che sia realistica debba essere una soluzione di compromesso, in qualche modo. Il compromesso non è una cosa di per sé negativa. Si vive di compromessi. Compromesso su che cosa? Intanto la distinzione tra soggetti condannati e soggetti assolti è una distinzione improponibile perché urta contro qualsiasi principio: principio di eguaglianza, principio di ragionevolezza.
  Attenzione, recuperate la sospensione del termine prescrizionale quando vi sia assoluzione in appello, quindi a posteriori, cioè cancellate l'effetto cosiddetto «sospensivo», quindi recuperate il corso del termine prescrizionale, se c'è la sentenza di assoluzione in appello; però questo effetto a posteriori non vale a priori, cioè se io sono stato condannato non posso beneficiare del termine prescrizionale.
  Vi rendete conto che c'è anche un profilo di irragionevolezza? Nel disegno di legge si recupera a posteriori il termine prescrizionale quando c'è la sentenza di assoluzione. Perché non deve valere se c'è una sentenza di condanna in primo grado? È una soluzione veramente odiosa, direi inaccettabile.
  La formulazione che a mio avviso potrebbe essere una formulazione valida qual è? È quella di immaginare che la prescrizione abbia un fatto risolutivo. Qual è questo fatto risolutivo? La sentenza di condanna in primo grado. La prescrizione è un istituto di diritto sostanziale e tale deve rimanere. Noi purtroppo ci siamo confusi su questo anche a causa della non congrua terminologia adottata dal legislatore, dal codice penale del 1930, «cause di estinzione del reato».
  Ma estinzione di quale reato? Con la prescrizione, con la morte del reo non c'è un reato. Fino a che non c'è un accertamento del reato c'è un'ipotesi di reato. Si parla di «punibilità in astratto», ma punibilità di che cosa? Se non c'è il reato quale punibilità c'è? Non si può parlare di punibilità rispetto a un reato che non c'è, rispetto a un'ipotesi di reato. Se si vuole dire che è prevista la sanzione penale, grazie, bella scoperta. Se non c'è la sanzione penale evidentemente non c'è nemmeno il reato. È un bisticcio concettuale.
  In realtà la prescrizione come istituto di diritto sostanziale incide sulla potestà punitiva dello Stato. È un limite, è una definizione del rapporto tra cittadino e Stato nella sua determinazione temporale, irrinunciabile. Deve esserci un termine, salvo i casi di delitti imprescrittibili. Deve mantenere una sua connotazione sostanziale. È però soggetta a una condizione risolutiva. Questa condizione risolutiva è la sentenza di condanna. Bene, non c'è nulla di strano: un fatto di rilevanza penale sostanziale che è soggetto a una condizione risolutiva di natura processuale. Però, a sua volta, questa condizione risolutiva deve essere sottoposta a una condizione sospensiva. Qual è questa condizione sospensiva? La condizione è che vengano rispettati i tempi delle indagini preliminari e del processo. Se questi tempi non sono rispettati, la condizione risolutiva non produce i suoi effetti e quindi il termine prescrizionale decorrerà a vantaggio dell'imputato.
  È una specie di percorso a Y. Si arriva a un certo punto, lo snodo è alla sentenza Pag. 11di condanna di primo grado, ma poi si può andare in direzioni diverse. A seconda di che cosa? A seconda di quanto l'amministrazione della giustizia, il sistema giudiziario, riesca a rispettare i tempi stabiliti per la ragionevole durata del processo e per la ragionevole durata della sottoposizione del cittadino all'attività investigativa degli organi giudiziari.

  PRESIDENTE. Professore, mi dispiace molto, ma purtroppo devo chiederle di avviarsi alla conclusione, anche se il tema ovviamente meriterebbe ben più tempo e spazio.

  STEFANO PREZIOSI, professore di diritto penale presso l'Università Lum «Jean Monnet» di Bari. Mi avvio alla conclusione. Andrò solo per cenni.
  Sanzioni pecuniarie, articolo 9. Io mi chiedo: si può ridurre un intervento sulle sanzioni pecuniarie soltanto a modificare il saggio di ragguaglio fra pena detentiva e pena pecuniaria da 250 a 180 euro? Le pene pecuniarie sono una questione molto importante. In altri Paesi europei rivestono un ruolo fondamentale nei sistemi penali; in Germania, ma adesso anche negli Stati Uniti. C'è un sistema dei tassi giornalieri, la Geldstrafe, che peraltro in Italia in qualche modo già esiste con la responsabilità da reato.
  Si tratta di fare una proposta più articolata. Se si vuole utilizzare la pena pecuniaria e in un sistema penale che non è ispirato in questa temperie politiche al minimalismo, cioè un sistema ispirato al minimo intervento dello Stato con lo strumento penale, la sanzione pecuniaria può essere molto utile. Basta dare delle direttive, cioè concepirla come strumento sostitutivo della sanzione detentiva. Attenzione, non «sostitutivo» in sede di applicazione (sostituzione delle sanzioni detentive breve), ma «sostitutivo» in sede di combinatoria; cioè si applica in via esclusiva e sostituisce la pena detentiva.
  Si deve poi indicare il criterio commisurativo; la si deve ristrutturare su un sistema, per grandi linee, dei tassi giornalieri; si deve modificare il regime di esecuzione e di conversione della pena pecuniaria. Sono fallimentari.
  Ci sono dati, ci sono studi importanti. Tra l'altro proprio adesso è stato pubblicato un bel lavoro sull'ultimo fascicolo della rivista Diritto penale e processo. Ci sono state delle Commissioni ministeriali che hanno lavorato su questo. Basta dare delle indicazioni, mettersi un po' al lavoro. Si può introdurre un sistema di pena pecuniaria adeguato.
  Due fulminee osservazioni sui criteri di priorità affidati alle procure. Signori onorevoli, il sistema ipotizzato da questo disegno di legge è semplicemente un sistema inaccettabile. Come si fa a dare alle procure il potere di fissare i criteri di priorità? I criteri di priorità sottintendono la politica giudiziaria, e questa deve essere affidata al legislatore. Del resto c'è l'articolo 132-bis. Si può modificare, ma devono esser lì stabiliti i criteri di priorità, non dalle procure. Ma com'è pensabile che un organo che non ha una responsabilità politica possa dare dei criteri di priorità sulla trattazione dei procedimenti e quindi in sostanza sullo stemperamento del principio di obbligatorietà dell'azione penale?
  Oltretutto voglio dire questo: mi stupisce che da parte della magistratura non ci sia un alt a queste proposte, perché nei termini in cui è formulato il disegno di legge significa esporre la magistratura, soprattutto la magistratura inquirente, a una responsabilità che non le compete e quindi esporla anche a dei problemi, a dei giudizi che possono in qualche modo vulnerarne, anche dal punto di vista istituzionale, l'immagine e l'operato.
  Non riesco a capire come si possa accogliere di buon grado una proposta di questo tipo. I criteri di priorità devono essere fissati per legge, sennò bisogna riformare tutto l'ordinamento giudiziario, la Costituzione, il pubblico ministero che ha una sua autonomia, che ha una responsabilità politica eccetera.
  Due brevissime proposte, ma minimali, di scarsa incidenza. Opposizione alla richiesta di archiviazione: qualcuno si straccerebbe le vesti se venissero fatte con il rito camerale? Chi frequenta gli uffici giudiziari Pag. 12 sa benissimo che si riducono a una formalità, però occupano tempo e spazio dei giudici. A volte un intero ruolo è dedicato alle opposizioni e alle richieste di archiviazione. A mio avviso non serve a niente. Il contraddittorio serve per la formazione della prova. È lì che va salvaguardato. Un'udienza camerale per opposizione alla richiesta di archiviazione non ha bisogno dell'oralità; si può fare tranquillamente in forma cartolare.
  Ancora, concordato della pena in appello. A che serve, visto che tra l'altro nel disegno di legge si evidenziano i problemi di sovraccarico proprio delle corti d'appello di arretrato eccetera? A che serve riversare sulle corti d'appello questo concordato? Si crea una situazione anche poco carina, con queste udienze, questa folla, questo patteggiare la pena davanti a una corte che non conosce assolutamente il processo, che deve però in qualche modo prendere una seppur sommaria cognizione.
  Ma se si ammettesse una ipotesi di concordato? Una volta scaduto il termine di impugnazione della sentenza di primo grado, si danno trenta giorni di termine per poter proporre da parte dell'imputato un concordato in appello con rinuncia ai motivi. Ebbene, lo decide lo stesso giudice di primo grado, che conosce il processo. Non ci mette nulla, non c'è transito dei fascicoli. Perché mandarlo in appello? Non so, forse mi sbaglio, ma quali principi verrebbero lesi? Lo decide direttamente il giudice di primo grado. Ha pronunciato la sentenza, è scaduto il termine dell'impugnazione, l'impugnazione è stata fatta, si dà facoltà all'imputato di proporre un concordato sulla pena con rinuncia ai motivi di appello e si chiude il processo.
  Bene, io vi ringrazio per l'attenzione e mi scuso se forse ho un po' sforato il termine. Grazie.

  PRESIDENTE. Nessun problema, ovviamente. Il tema meriterebbe ben altro spazio ma siamo costretti, come dicevo prima, a procedere un po' a ranghi serrati. Do quindi la parola al professor Massimiliano Masucci. Buongiorno anche a lei, professore. Prego.

  MASSIMILIANO MASUCCI, professore di diritto penale presso l'Università degli studi «Roma Tre». Buongiorno. Grazie, presidente. Grazie dell'invito a prendere parte ai lavori. Io tratterò pochissimi punti. Sarò estremamente sintetico, anche perché lascerò qualche nota scritta (vedi allegato). Il mio è soltanto un intervento di guida a quelle battute che farò e che riguardano il rapporto del disegno di legge con la legislazione penale sostanziale.
  Per quanto riguarda i criteri di priorità, probabilmente soffermarsi sull'ammissibilità o meno in questo momento è antistorico, perché i criteri di priorità sono nella prassi, sono una prassi anche apprezzata e virtuosa. È chiaro, però, che i criteri di priorità hanno a che vedere con l'obbligatorietà nell'esercizio dell'azione penale, cioè con una norma cardinale della Costituzione, ed è la norma che a mio avviso fissa il rapporto tra penale sostanziale e processo. Vale a dire che, quando si immette nel nostro sistema penale una norma incriminatrice, quella norma penale pretende poi che tutti i fatti che potenzialmente ricadono sotto di essa siano accertati.
  Questo vale a dire che la legislazione penale sostanziale contiene un programma che impegna il processo penale a un accertamento a tappeto: ogni deviazione da questo è propriamente una sconfitta nell'ottica della Costituzione. Allora, ragioniamo con realismo perché nessuno vuole fare a meno del realismo. Secondo me, il realismo condurrebbe a riprendere in mano molto generosamente il senso di un'opera di depenalizzazione, e ad amministrare con grande cautela l'immissione di nuove norme incriminatrici nel sistema; porterebbe anche a potenziare fortemente gli strumenti cosiddetti di «depenalizzazione in concreto», il modello è l'attuale articolo 131-bis del codice di procedura penale, sul quale molto si può costruire. Se ne può estendere l'ambito di applicazione e si possono in questo modo anche fare i conti seriamente con la obbligatorietà dell'azione penale. Quello che invece mi pare che non si possa fare è devolvere alla magistratura, e in particolare al pubblico ministero, la fissazione delle priorità in quel che debba essere perseguito. Pag. 13 Perché? Non va demonizzato in assoluto, lo si potrebbe fare in un sistema che garantisse che tutto il carico viene smaltito, e allora non porterebbe a nessun problema. Oggi il nostro sistema non è in queste condizioni, perché non tutto il carico viene smaltito. Secondo me, questo disegno di legge non aiuterà a smaltire meglio il carico, anzi potrebbe aggravarlo sotto certi profili, e allora i criteri di priorità diventano una tagliola, cioè quello che veramente sarà perseguito e punito e quello che non lo sarà, perché resta in secondo piano. L'operazione è semplice in chiave correttiva: deve essere il Parlamento, il legislatore a fissare i criteri di priorità. Non è difficile, e capisco che può spaventare il surplus di lavoro, ma lo si può fare anche con la semplice decretazione d'urgenza: il Governo prepara un testo di legge, che viene poi presentato all'approvazione delle Camere; e badate, con questo sistema noi rispetteremo la riserva di legge (i criteri di priorità, se sono criteri di selezione, lo ha detto bene Stefano Preziosi, sono una continuazione immediata delle scelte di penalizzazione, tipica espressione del potere legislativo). Allora, ribadisco, Parlamento, se si vuole decretazione d'urgenza; è essenziale coinvolgere le procure in questa operazione. Le procure possono svolgere il lavoro istruttorio e consultivo rispetto all'approvazione di questo testo, che tuttavia deve essere assunto sotto la responsabilità del potere legislativo non della magistratura e non del pubblico ministero; tra l'altro con il pericolo di una «macchia di leopardo»; perché i criteri sono criteri territoriali distrettuali, sicché noi avremo alla fine una specie di legge penale – io ho detto, non voglio essere enfatico – «a toppe di Arlecchino», ovvero certi luoghi avranno la priorità di certi reati che saranno puniti, mentre gli altri saranno cestinati. Questo deve essere rimesso e conservato nelle mani del legislatore. Secondo me, è del tutto condivisibile la revisione della disciplina sanzionatoria delle contravvenzioni, e soprattutto in questa chiave l'estensione del meccanismo riparatorio con funzione estintiva del reato. Credo sia essenziale cogliere questa occasione per costruire un modello unitario, perché attualmente questi meccanismi istintivi sono un po' disseminati in materia ambientale, lavoristica, agroalimentare, e lo sappiamo bene. Non seguono tutti le stesse regole, alcuni sono più virtuosi; ad esempio nel testo unico ambientale, a differenza che in materia lavoristica, si dice una cosa secondo me molto importante e cioè che i tempi dell'adempimento devono essere i tempi tecnicamente necessari, non deve esserci un limite massimo. A volte il pubblico ministero non considera percorribile questa strada, perché reputa che l'adempimento sia troppo lungo rispetto a un termine di legge che in materia lavoristica è più contenuto. Badate, a volte gli adempimenti possono essere estremamente gravosi e lunghi. Ad esempio mi è capitato – adesso non voglio riportare l'esperienza professionale – in società che siano soggette al codice degli appalti, si tratta a volte di bandire appalti; di seguirne lo svolgimento; di aggiudicare e poi di verificare l'esecuzione dell'opera. Possono essere anche tempi molto estesi, e allora la costruzione di un modello, che secondo me andrebbe collocato nel codice penale, è sicuramente salutare.
  Non credo che sia invece indovinato il riferimento alle indagini preliminari, quale fase in cui con questo meccanismo intervenire, mi sembra un riferimento pleonastico – perché è già nelle cose, già nella pratica – che la causa estintiva si attivi nelle indagini preliminari, e sotto la verifica della Polizia giudiziaria e del pubblico ministero. Dico ancora che non comprendo, e trovo eccessivo precludere questo meccanismo estintivo, quando vi sia un concorso tra contravvenzioni e delitti che può dipendere da mille ragioni, anche del tutto contingenti; può anche essere un semplice concorso materiale, e quindi si costruisce una contestazione che abbia per oggetto più reati, non necessariamente legati tra loro. Secondo me, lo Stato conserva invece l'obiettivo di una condotta riparatoria, che rimetta in pristino lo stato; e da ultimo su questo tema dico che la delega è strutturata, nel senso di dire poi al delegato di individuare le contravvenzioni in cui sia possibile adottare questo meccanismo. Va Pag. 14benissimo, però aggiungerei una specie di clausola generale che consenta l'operare di questo sistema della causa istintiva, non soltanto nelle contravvenzioni che saranno individuate dal delegato, ma in tutte quelle – e qui recupero una formula che è già nel testo di legge – in cui le condotte riparatorie rendano possibile eliminare il danno, o il pericolo derivante dalla contravvenzione contestata. In questo modo si dà una base più solida e più ampia alla causa estintiva, con effetti virtuosi per tutto il sistema. Sulla sospensione della prescrizione, ha già detto molto il professor Preziosi, e io ho una riflessione molto travagliata su questo tema. Prima ho tratto conclusioni molto critiche sulla sospensione della prescrizione al momento della sentenza di primo grado. Mi sono convinto adesso che questa soluzione non sia necessariamente illegittima per la nostra Costituzione. C'è una soluzione che si può adottare, bisogna però, che la si possa adottare; cioè che il sistema se lo possa permettere. Che cosa voglio dire? Va bene, si fermi pure sul modello tedesco da cui noi stiamo importando questa disciplina, anzi l'abbiamo già importata (l'articolo 159 è già stato modificato) al momento della sentenza di primo grado; però bisogna allo stesso tempo garantire in maniera forte la ragionevole durata del processo. Distinguiamo: «diritto all'oblio» e «ragionevole durata» che non sono la stessa cosa, ma sono due cose diverse. A mio avviso, è corretto tenerle distinte, però se noi vogliamo disciplinare il diritto all'oblio, nel senso di dire che la sentenza di primo grado testimonia che c'è ancora un interesse sociale, e pubblico all'accertamento, allora dobbiamo anche mettere in condizione l'imputato – perché è tale – di avere un processo che finisca in termini certi. Questo disegno di legge non lo fa, perché le sanzioni per l'esubero dei termini, sia nelle zone morte delle indagini preliminari – di cui ha parlato il professor Spangher – sia poi nei gradi successivi del giudizio, purtroppo non hanno sanzioni processuali. Permettetemi di dire che è deformante pensare a sanzioni disciplinari, che non c'entrano nulla. Questo non è un problema di deontologia del magistrato, di maggiore o minore solerzia. Questo è un problema di regole del processo, che vorrebbero termini certi, che invece sono lasciati all'autoresponsabilità (di cui nessuno dubita) del singolo ufficio, dei comparti organizzativi degli uffici giudiziari. Questa è una direzione che non considero corretta. Tenete conto che nel sistema tedesco, da cui ripeto che abbiamo già importato la disciplina di cui all'articolo 159 del codice di procedura penale, quella disciplina è molto tormentata, perché molti penalisti tedeschi, anche tra i più autorevoli, denunciano addirittura l'incostituzionalità della norma del loro paragrafo 78 del codice penale tedesco; per questo non ci vanno tanto leggeri, e d'altro canto non è propriamente la Germania il modello più virtuoso in materia di ragionevole durata del processo.
  Se noi vogliamo imitare la Germania – io non la vorrei imitare, però mi pare che il disegno di legge si incammini lungo questa via – allora facciamolo in tutto. La Germania dice che se poi viene superato il termine di ragionevole durata del processo, il tempo in più, il tempo eccedente è computato a favore del condannato o in sede di commisurazione della pena, o in sede di esecuzione. Non è un caso che nei lavori della Commissione Gratteri – da cui voi sapete benissimo che è stata poi estratta l'attuale versione del citato articolo 159 – si adottava un meccanismo di questo genere, perché si inseriva nel codice di procedura penale una norma che consentiva di scomputare, intervenendo sulla pena da eseguire, il tempo esuberante il limite di ragionevole durata del processo. Allora se proprio dobbiamo copiare, copiamo le parti migliori. Chiudo con alcune ulteriori osservazioni. La prima è la limitazione del blocco della prescrizione – lo chiamiamo «blocco», ma chiamiamolo come vogliamo – alla sentenza di condanna (escludendo quella di proscioglimento). È vero, ci possono essere dei problemi dal punto di vista della disparità di trattamento. Questi problemi, credo, tuttavia che siano certamente, se non risolti, resi meno urgenti dalla possibilità di recuperare, in caso di successivo proscioglimento, il tempo trascorso come Pag. 15tempo utile alla prescrizione. A questo punto il nodo è: chi è condannato è protetto dalla presunzione di innocenza come chi è stato prosciolto? Certo, per lui vale la presunzione di innocenza, ma non è questo il punto. Il punto è se è ragionevole che si sospenda il corso della prescrizione perché vi è stata una condanna. Secondo me, con questi ulteriori meccanismi salvaguardia, può non essere ragionevole, e può sintonizzarsi con il sistema. Non mi pare invece che sia pienamente in sintonia con il sistema, l'ulteriore sospensione del termine di prescrizione che deriverebbe dall'impugnazione di una sentenza di proscioglimento, quando uno dei reati oggetto di impugnazione sia prossimo, cioè sia destinato a prescriversi entro un anno. Secondo me, questo invece non si concilia con la presunzione di non colpevolezza. Non capisco perché mai un soggetto che è stato prosciolto, e ancorché il pubblico ministero ritenga (nessuno glielo impedisce) di proporre impugnazione, debba poi vedersi sospeso anche il termine di prescrizione, che non c'è nessuna ragione di non computare a suo favore proprio perché è stato prosciolto; è protetto non solo la presunzione d'innocenza, ma anche dal ragionevole dubbio, consacrato nella sentenza di proscioglimento. Non comprendo neppure perché la sospensione in questo caso non sia limitata soltanto al reato, che è prossimo alla prescrizione, ma si estenda ai reati per i quali si proceda, i quali subiscono una specie di «effetto strascico» che non ha nessun fondamento giuridico. Credo anche, da ultimo, che sia la formula utilizzata dal legislatore una formula un po' equivoca, perché sembra operare soltanto nel caso di processo cumulativo, cioè di processo per più reati. Infine riprendo sempre dalla Germania, una specificazione che non ho trovato nella legge Orlando, e non trovo adesso nel disegno di legge, cioè le sentenze in virtù delle quali (emesse in grado di appello) si recupererebbe il tempo di prescrizione, a favore del condannato in primo grado, non includono la sentenza dichiarativa di incompetenza. Per la Germania invece è pacifico che la sentenza dichiarativa di incompetenza abbia questo effetto, cioè dice la Germania che ogni sentenza che non consumi l'imputazione, cioè non contengano statuizione di merito sul fatto contestato, non ha la capacità di fermare il corso della prescrizione. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei professor Masucci. Interviene l'Onorevole Vazio.

  FRANCO VAZIO. Interpreto il ruolo delle domande in maniera molto sintetica, nel senso che siamo qui per cercare di comprendere e capire meglio la natura dell'intervento che andiamo ad assumere per rendere lo stesso il più appropriato possibile rispetto alle intenzioni sulle quali ci stiamo misurando. Per questa ragione, ringrazio i tre auditi. Credo che abbiano fornito elementi particolarmente utili. Non vi deve spaventare il fatto di essere crudi, o duri, nella vostra esposizione, perché la funzione di un'audizione è proprio questa. Se non fosse così, sarebbe un'audizione finta della quale non tenere conto, e credo che invece il senso dei vostri interventi colga la finalità in forza della quale abbiamo disposto le audizioni. Per questa ragione, più che farvi una domanda, vi esorto a esplicitare analiticamente, se possibile, le vostre critiche, o suggerimenti, rispetto alle questioni che avete dovuto trattare in maniera succinta per la compressione dei tempi. Credo che gli elementi e i semi che ci avete fornito – lo dico come relatore – devono indurci, anche se era scontato, ad una particolare attenzione. Il giusto processo e la ragionevole durata del processo sono custodite nella nostra Costituzione; cambiare e modificare queste regole costituisce ovviamente una pratica molto delicata, perché interferisce sul percorso delle garanzie della difesa, del processo, del giudice e dell'imputato. Per questa ragione il vostro lavoro – se ce lo vorrete fornire – sarebbe particolarmente utile e necessario.

  CATELLO VITIELLO. Presidente, grazie. Nell'ottica di quanto detto testé dal collega relatore, io avrei qualche richiesta un pochino più specifica e la faccio per dare anche la possibilità a voi di capire Pag. 16quali sono le nostre perplessità, almeno le mie, in questo momento. La presenza del professor Spangher mi riporta ai tempi del dottorato – anche per la dislocazione di quest'Aula – mi sembra di tornare ai tempi degli esami. Professore, le chiedo: questa modifica della regola di giudizio è un ritorno ad un giudice istruttore? Mi spiego meglio, c'è il pericolo di un quarto grado di giudizio, quando abbiamo la necessità della ragionevole condanna? Perché il termine «ragionevole», mi preoccupa ancora più del termine «condanna» nella nomenclatura che si è scelta in questa bozza di legge delega. Che cosa significa «ragionevole condanna»? In che modo si rischia una sovrapposizione con l'abbreviato condizionato, ad esempio con l'abbreviato secco, rispetto all'interpretazione del ruolo del giudice dell'udienza preliminare in quel momento, che diventa da giudice del metodo a giudice del merito? Secondo me, questo aggrava parecchio, però mi interessava sapere come lei la pensa, e se non è il caso anche di tornare al vecchio sistema. Sappiamo che ormai questo fallimento del nostro processo penale è un fallimento annunciato. Partiamo dal 1992, e sappiamo benissimo che cosa è successo e come si era recalcitranti all'epoca. Questo è semplicemente l'ennesimo momento di confronto che «butta a mare» il modello accusatorio, o tendenzialmente accusatorio, che si era scelto nel 1988. Riguardo l'udienza predibattimentale, condivido tutto quello che lei ha detto. Non è forse anche questo il tentativo per dare vita ad una regola (che io nella mia quotidianità giudiziaria difficilmente ho riscontrato), parlo dell'articolo 469 del codice di procedura penale? Penso che questo possa riallacciarsi con quello che diceva il professore Preziosi, e vengo anche ad una domanda più specifica per quello che lei ha riportato oggi, e così cerco anche la sintesi fra le due cose. Modalità di esercizio dell'azione penale e aumento della nullità, e poi ha fatto anche riferimento all'articolo 468, e da avvocato non posso che condividere quello che lei ha detto. Mi permetto di cercare una sintesi: questo riguarda per caso la volontà di una maggiore professionalizzazione delle funzioni giudiziarie (non soltanto giurisdizionale) anche rispetto a un pubblico ministero, che deve cominciare a essere responsabile delle scelte che fa anche per la ricaduta futura? Mi chiedo come ci si possa arrivare ad una maggiore professionalizzazione delle funzioni? Qual è l'alternativa per arrivare a questo progetto di responsabilità nella giurisdizione? Riguardo alle regole di priorità, ho una domanda secca: secondo voi, è tempo di modificare l'articolo 112 della Costituzione? Vi evito tutte quelle che dovrebbero essere delle considerazioni preliminari, che in questo momento non possiamo fare. Ultima domanda. La grande assente in questa riforma è la cautela. Non c'è nulla sulla cautela, eppure la maggior parte dei tempi, all'interno delle indagini, riguardano il momento cautelare. È questo il momento di prevedere anche un termine fra la richiesta di applicazione della misura e l'applicazione del giudice della misura? Perché, questo riguarda la mia esperienza personale, ci sono misure che dovrebbero essere modificate in virtù della modifica del 2015. Professore, lei all'epoca è stato uno di quelli che ha voluto fortemente l'introduzione dell'attualità in tutte e tre le esigenze cautelari, eppure io vedo applicare misure dopo un anno e mezzo dalla loro richiesta da parte della procura. Non è il caso di incidere anche in quel segmento? Grazie.

  PRESIDENTE. Do ora la parola al professor Spangher per la replica.

  GIORGIO SPANGHER. Se mi chiede di essere franco, le dico di togliere le tre cose alle quali avevo accennato, cioè le dico di togliere l'articolo 190-bis del codice di procedura penale, che è proprio un obbrobrio, perché annulla una nullità assoluta del codice – la sentenza Bajrami fatta dalle Sezioni Unite è più che sufficiente a garantire oralità e contraddittorio, senza arrivare ad estendere – ripeto, i rischi che mi sono già permesso di sottolineare, sulla sostituzione di un giudice, per cui nessuno vede niente. Ora, il dibattimento non può diventare un fatto astratto. Comunque, secondo me la sentenza Bajrami, pur con Pag. 17tutte le critiche possibili e immaginabili, è un punto sul quale almeno le Sezioni riunite sono arrivate. L'Avvocatura non l'accetta ed è una sentenza che viene criticata, non è ciò che la Corte aveva chiesto che invece aveva chiesto modelli organizzativi per consentire che il processo si celebrasse con i giudici. La sentenza Bajrami corregge leggermente, ma arrivare all'articolo 190-bis (visto che devo essere franco) è una cosa che non sta né in cielo né in terra! Questo parifica un atto di incidente probatorio con un atto invece del dibattimento, che potrebbe essere benissimo rifatto, se la difesa chiede che ci siano elementi per il suo rifacimento. Mi rendo conto che la sentenza Bajrami è un punto di equilibrio, mentre l'articolo 190-bis è una fuga in avanti. La seconda cosa che mi ero permesso di dire è quella di togliere quella udienza preliminare, che non è quella di cui all'articolo 469, perché con l'articolo 469 si ha un predibattimento per l'estinzione del reato o l'improcedibilità. Questa è un'anticipazione della condanna. È il discorso della regola di giudizio, è una prognosi di condanna. A che cosa punta quella prognosi di condanna? «Ragazzo mio, accetta i riti premiali, perché questo dibattimento ti porterà ad una condanna». Questa è la logica per la quale si anticipa un giudizio di responsabilità contro la presunzione di innocenza fornendo una exit strategy. Riguardo al fatto che si possa modificare l'articolo 112 della Costituzione, si potrebbe fare, perché naturalmente il discorso che ha fatto anche Stefano Preziosi è giusto. Come ho già detto, vanno bene i criteri di priorità, ma chi li fissa (il legislatore, il Governo, il Parlamento, il Consiglio Superiore, consigli giudiziari)? Non è che i reati sono tutti uguali. Io uso sempre questa espressione «una violazione edilizia a Napoli, non è la stessa violazione edilizia a Cortina», cioè ci sono tempi e modi, non so se riesco a spiegarmi. Non è neanche giusto lasciare al pubblico ministero il diritto di far prescrivere alcuni fatti a sua discrezione.
  Ora rovesciamo il discorso: è vero che per un verso potrebbe scegliere cosa mandare avanti e cosa non mandare avanti, ma oggi il pubblico ministero decide di far prescrivere in indagine alcuni fatti. Qui potrebbe essere interessante uno studio. Cos'è che si prescrive nelle indagini? Perché quelli potrebbero essere depenalizzati, e questo lo dice Albamonte, dell'Associazione nazionale magistrati. Se i pubblici ministeri non sono interessati a esercitare l'azione penale per determinati fatti (perché li fanno prescrivere loro), allora quelle ipotesi, da studiare e da verificare sul territorio, potrebbero essere anche depenalizzate. Riguardo alla domanda sulla regola di giudizio, la mia risposta è: no, perché ripeto l'anticipazione della condanna, ma sta nella filosofia. La terza cosa che bisognava eliminare è la regola di giudizio dell'abbreviato, cioè i casi sono due. Se quelle prove richieste per l'abbreviato condizionato sono superflue, allora è giusto che il giudice decida che sono superflue; oppure se dice che sarebbero necessarie, ma è meglio fare il dibattimento, la lunghezza per cui io devo celebrare l'abbreviato è la stessa. L'economia processuale non c'entra niente con l'accertamento del merito. Guardate, il discorso della prescrizione non può essere affrontato così, cioè oggi il tema della prescrizione è stato messo sotto la lente di ingrandimento. Non credo che sia un problema di delega, ma quella norma andrebbe estrapolata dalla legge delega, perché è stata inserita all'ultimo momento, bisognava recuperare l'emendamento Conte, se vi ricordate bene questo era il discorso. Non si voleva correggere la riforma, allora si è dato a Conte la possibilità di fare un emendamento (tanto i tempi sono lunghi) inserendolo dentro il disegno di legge. Secondo me, andrebbe tolto. La prescrizione prevede un ragionamento più complesso. Spiego brevemente cosa vuol dire: c'è un tempo nel quale l'azione deve essere esercitata, la prescrizione dell'azione, cioè c'è un tempo lontano, lontano. Il discorso richiede un sistema che non è «metto il condannato, metto il prosciolto, tolgo sei mesi, o aggiungo sei mesi»; perché non è così che si affronta un problema complesso che è quello della prescrizione. C'è un tempo della prescrizione dell'azione, un tempo della prescrizione del processo e c'è Pag. 18un tempo della prescrizione del reato. Questo richiede mani molto forti (senza offesa per nessuno), che abbiano una capacità di ordine sistematico sul problema della estinzione: tempo dell'azione, tempo del processo e tempo del reato. Questo è un discorso moderno sulla prescrizione, che poi può essere collegato con le proposte di Masucci (sconto della pena), cioè ci sono tante soluzioni fattibili, altrimenti siamo i soliti faciloni che dicono «assolto, non assolto», oppure «se lo impugna il pubblico ministero, bisogna leggere la sentenza», è chiaro quello che voglio dire? Mi ha chiesto di essere franco. Sentite, «ho fatto» la legge n. 47 nel 2015, ed è giusto che ci sia ancora un tempo sul quale si può decidere, però insisto, se mi permettete, sulle misure cautelari reali. Qui non c'è niente sulle misure, tranne il riesame della perquisizione che non c'entra niente, perché è un fatto probatorio. Non disciplinare le misure cautelari reali, non sapere in che tempi si mandano gli atti al giudice del riesame, in che tempi il giudice del riesame decide pena la perdita efficace la misura, è un qualcosa che prima o dopo Strasburgo chiederà; per questo tanto vale essere furbi e farlo prima. Prima o poi ci sarà uno che va a Strasburgo dicendo che gli hanno sequestrato un bene, che è rimasto lì, e gliel'hanno restituito che è un catorcio, e a quel punto saremo condannati. Qualche volta è meglio anticipare ciò che tutto sommato è facilmente prevedibile. Non so se ho risposto a tutto. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie professor Spangher. Do la parola al professor Preziosi.

  STEFANO PREZIOSI. Onorevole, io mi riferivo ai rimedi processuali. L'esigenza di maggior professionalizzazione del magistrato e del pubblico ministero, naturalmente c'è e la condivido, però non alludevo a quel profilo, ma alludevo ai rimedi processuali. In particolare, nella rubrica dell'articolo 417, noi troviamo questa parola «requisiti formali», e questa aggettivazione ci dà l'idea di un atto con cui viene esercitata l'azione penale, che si può ridurre a un involucro formale. A mio avviso, questo è il vulnus principale sul versante processuale del principio di tassatività, dove si innesta un principio di ordine sostanziale, e di rilevanza costituzionale, con un aspetto processualistico, e comprendere questo è fondamentale. Allora, io propongo – con tutta l'umiltà del caso – che si lavori su questo, cioè sui requisiti che non devono essere solo formali, dell'atto con il quale si esercita l'azione penale; in particolare l'indicazione delle specifiche fonti di prove acquisite che si intendono indicare per sostenere l'accusa in giudizio, con riferimento ai singoli elementi costitutivi del reato contestato. Questo requisito dovrebbe essere indicato a pena di nullità. Quindi è necessario chiamare il pubblico ministero a un vaglio molto serio nell'esercizio dell'azione penale; un vaglio in cui deve prospettarsi che nel giudizio le prove dovranno essere vagliate con riferimento agli elementi costitutivi di una fattispecie, e quindi con un riferimento puntuale, specifico, non generico. Questo, ritengo, potrebbe molto influire anche sul punto di partenza del disegno di legge, almeno con riguardo all'udienza preliminare. Troppi procedimenti che vanno a giudizio quando non ce ne sarebbe motivo. Sulla questione mi riaggancio solo per una minimale integrazione a quanto diceva il professor Spangher, condivido senz'altro sulle misure cautelari reali sulla necessità di intervenire anche per l'impatto socio-economico che esse hanno, che è enorme. C'è però il problema, signori onorevoli, delle misure di prevenzione sul sistema penale, perché con l'estensione che è stata data alle misure di prevenzione, nella maggior parte dei casi, quella stessa misura penale viene trasposta e trasferita sul terreno delle misure di prevenzione. C'è anche questo problema, non è che elimina il problema di un controllo maggiore delle misure cautelari nel processo penale, però va valutato anche guardando al parallelo sistema delle misure di prevenzione. Riguardo i criteri di priorità, non è possibile un'attribuzione diretta del potere di individuare criteri di priorità al pubblico ministero, perché sono espressioni di politica giudiziaria, ma anche di politica criminale tout court. Un perseguimento a «macchia Pag. 19di leopardo» dei reati, delle varie fattispecie, è anche possibile. Se in un territorio c'è un problema di criminalità organizzata particolarmente forte, è possibile immaginare che si dia la priorità a certi reati. Ma questo soltanto se è il legislatore a farlo, o se c'è un soggetto che si assume la responsabilità politica di queste scelte; perché se un pubblico ministero deve rispondere sul perché ha deciso di perseguire quei reati e tenere indietro gli altri, a chi risponde? Vengo alle modifiche del quadro costituzionale. Certo che ci si può pensare, ma bisogna a quel punto ripensare e rivedere tutto, e cioè proprio il ruolo, la funzione ordinamentale del pubblico ministero. Certo, se assume un ruolo diverso, e una funzione diversa, è chiaro che gli si può attribuire il compito di fissare i criteri di selezione, ma diventa un'altra cosa, cioè diventa un soggetto che ha delle responsabilità direttamente, o indirettamente, salvo vedere come, di ordine politico (nulla di male), ma in un quadro di quel tipo, non nel quadro attuale. Cercherò nel giro di pochi giorni di inviare un testo scritto in modo tale che possa essere fissato meglio, senz'altro accolgo l'invito di farlo. Grazie, onorevole.

  PRESIDENTE. Do quindi la parola al professor Masucci.

  MASSIMILIANO MASUCCI. Grazie Presidente, sulla obbligatorietà dell'azione penale, io sono decisamente scettico non tanto per ragioni di realpolitik quanto perché l'obbligatorietà dell'azione penale è un'espressione del principio di uguaglianza. Toccare questo principio significa toccare il cuore della Costituzione. Mi rendo conto che sono ragionevolissime le osservazioni che sono state fatte, però bisogna tornare a pensare seriamente riguardo questa obbligatorietà dell'azione penale, perché ci dice una cosa alla quale noi non siamo più abituati.
  In realtà, secondo chi ha scritto la Costituzione non ci sono reati di «serie A» e di «serie B», ma i reati hanno tutti la stessa dignità, è questo che sta sotto il principio di obbligatorietà dell'azione penale. Un delitto e una contravvenzione hanno la stessa dignità. Da che punto di vista? Certo, possono viaggiare su corsie diverse: uno può avere una corsia preferenziale, ma bisogna che tutti arrivino, e se uno non arriva, vuol dire che il sistema non ha ben fatto il suo compito. Allora, è corretto quello che diceva il professor Spangher – riprendendolo dal consigliere Albamonte – che è la revisione della legislazione penale, è questo che occorre fare e bisogna farlo con forza. C'è l'altro canale, ribadisco, la cosiddetta «depenalizzazione in concreto» di cui non bisogna averne paura, perché non ce l'abbiamo solo noi, ma ce l'hanno tutti gli altri sistemi penali più evoluti, e ce l'hanno in modo molto più forte e robusto rispetto a noi. La stessa Germania conosce l'ipotesi della cosiddetta «depenalizzazione in concreto», minima rilevanza del fatto, sta nel codice di procedura penale tedesco, in maniera molto articolata. Questo mi dà l'occasione di ricordare che la Germania, pur riconoscendo la obbligatorietà dell'azione penale, conosce anche un altro principio detto «principio di opportunità»; questo sta proprio al di sotto di queste varie ipotesi di cosiddetta «depenalizzazione in concreto», gestite dagli uffici del pubblico ministero, che vogliono dire: sollecitazione al risarcimento del danno, riconciliazione tra vittima e offensori e così via. Sulla falsa riga dell'articolo 131-bis, torno a dire, secondo me si può e si deve ragionevolmente operare. Vorrei dire due parole molto rapide. È vero: il pubblico ministero lascia prescrivere a volte perché non può fare diversamente. Questo succede oggi, e questo continuerà a succedere dopo questo disegno di legge, anzi io mi chiedo se qui non ci sia – non dico una cattiva coscienza – una furberia dell'estensore del disegno di legge, che fissa dei termini, però al contempo non li correda di sanzioni soprattutto nella fase delle indagini: perché, guardate, che è lì che si annida il pericolo maggiore, quando è scaduto il termine per le indagini, e il pubblico ministero che deve decidere cosa fare: esercitare l'azione penale, chiedere l'archiviazione, ed è un momento nel quale ci si arena. Voi sapete che è molto difficile in quel momento interloquire con l'ufficio del pubblico ministero, Pag. 20tutto viene avvolto da una specie di nebulosa, ed è lì che si annida il rischio maggiore di prescrizione; si anniderà anche alla luce del disegno di legge, che aveva questi meccanismi sollecitatori dell'articolo 3, nella pratica sono molto difficili da sperimentare: la disclosure e poi l'istanza, che ha un termine che continua a non essere un termine vincolante, perché non è corredato da sanzioni processuali. È sacrosanto tornare a investire molto seriamente sul sindacato giurisdizionale, sulla qualificazione del fatto e su tutti gli ulteriori dati da cui dipende oggi il rispetto dei diritti fondamentali. Per quanto attiene alle intercettazioni, poi, le Sezioni Unite ci hanno detto che serve una connessione in senso tecnico. Sapete che succede? A me è capitato, che la connessione mai contestata prima, viene miracolosamente immaginata dal giudice sulla base della qualificazione del fatto impressa dal pubblico ministero, e questo non può funzionare, perché un sindacato deve esserci su questo. Da ultimo, misure cautelari reali. Questo è un problema che si trascina da moltissimo tempo, che ha un vizio d'origine, cioè per le misure cautelari reali si decise di non pretendere una gravità indiziaria. Allora, con degli interventi anche della Corte costituzionale si è sviluppata l'idea – voi sapete che è patrocinata ancora adesso da una parte consistente della giurisprudenza – che basti l'astratta configurabilità del reato per disporre una misura cautelare reale, che è spesso fortemente invasiva dei diritti fondamentali, ma anche dell'attività economica del tessuto economico del Paese. Certo, anche su questo occorrerebbe un ripensamento, un intervento; si può stabilire il livello indiziario necessario, ma non si può immaginare di rifugiarsi nell'astratta configurabilità del reato, che significa che è sufficiente la formulazione di un'ipotesi di reato, sulla quale il giudice non si esprime perché non può farlo, perché non può esprimere un sindacato. Questo evidentemente non è compatibile con il rispetto dei diritti. Come dicevo lascerò un piccolo testo scritto, ma naturalmente sono pronto anche ad arricchirlo. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio tutti voi per essere intervenuti. Acquisiremo agli atti i vostri contributi scritti, che saranno utilissimi per i lavori di tutti i commissari e per i relatori, onorevole Vazio e onorevole Sarti, che dovranno assumere l'onere di portare avanti questo lavoro nell'interesse di tutti. Autorizzo la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione depositata da Massimiliano Masucci, professore di diritto penale presso l'Università degli studi «Roma Tre». Vi ringrazio di nuovo per i vostri interventi. Arrivederci. Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.05.

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