CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 20 ottobre 2021
679.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
Pag. 308

ALLEGATO 1

5-06751 Fragomeli: Chiarimenti in ordine alle misure riguardanti i bonus fiscali del settore edilizio.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti richiamano in premessa la risposta all'interpello 903-521/2021 con la quale la direzione regionale Liguria dell'Agenzia delle entrate si è pronunciata sulla possibilità di usufruire della detrazione relativa al «Bonus facciate», che consiste in una detrazione pari al 90 per cento della spesa sostenuta, in conformità al criterio di cassa, pagando entro il 31 dicembre 2021 la quota del corrispettivo pari al 10 per cento che residua dopo l'applicazione dello sconto in fattura, indipendentemente dallo stato di avanzamento dei lavori che potranno essere completati anche successivamente.
  Prendendo le mosse dalla risposta fornita in sede di interpello dall'Agenzia delle entrate, gli Onorevoli interroganti chiedono chiarimenti con riferimento a specifici quesiti, relativi all'applicazione della disciplina del c.d. Superbonus, al fine di dare massima visibilità alle problematiche poste e proporre soluzioni che facilitino il rapporto con i contribuenti.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.

   1) Con riferimento al primo punto, ovvero se si stia valutando la possibilità di adottare iniziative per prorogare, oltre al «Superbonus al 110 per cento» anche gli ulteriori bonus legati all'abitazione in scadenza a fine anno (sismabonus, eco bonus, ristrutturazione, facciate e verde), si evidenzia che sono in corso di predisposizione specifiche iniziative normative volte a rimodulare la disciplina dei bonus edilizi nel disegno di legge di bilancio per il 2022 in coerenza con le previsioni della Nota di Aggiornamento al Documento di economia e finanze.

   2) Gli interroganti chiedono, poi, di sapere quale sia la ripartizione geografica dei progetti ammessi al «Superbonus» e l'ammontare delle richieste finora pervenute.
   In proposito si fa presente che l'ENEA – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile – pubblica mensilmente sul proprio sito internet istituzionale un rapporto che contiene, tra l'altro, la distribuzione per regione degli interventi di riqualificazione energetica per i quali è stata presentata l'asseverazione di cui all'articolo 119, comma 13, lettera a), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, ai fini dell'applicazione della detrazione del 110 per cento (Superecobonus).
   Si precisa, inoltre, che i dati degli interventi di riduzione del rischio sismico per i quali è stata richiesta l'applicazione della detrazione del 110 per cento (Super-sismabonus) possono essere desunti dalle dichiarazioni dei redditi (per coloro che fruiscono direttamente della detrazione) oppure dalle comunicazioni delle cessioni dei crediti e degli sconti inviate all'Agenzia delle entrate (per coloro che hanno optato per la cessione o lo sconto, in luogo della detrazione diretta).
   Tenuto conto che per l'anno d'imposta 2020 (primo anno di applicazione del Superbonus), l'acquisizione delle dichiarazioni dei redditi ancora non è completa, in quanto non è ancora scaduto il relativo termine di presentazione (30 novembre 2021), all'attualità si dispone solo dei dati del Super-sismabonus desumibili dalle comunicazioni delle cessioni dei crediti e degli sconti, relativi all'intero territorio nazionale (si tratta di circa 70 mila comunicazioni, per un totale di detrazioni pari a circa 1,4 miliardi di euro).

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   3) Con riferimento al terzo quesito concernente la possibilità di fruire del cd. bonus facciate a seguito dell'emissione della fattura a saldo da parte della ditta, con il pagamento del corrispondente 10 per cento che residua dopo l'applicazione dello sconto in fattura, entro la scadenza di dicembre, indipendentemente dallo stato di avanzamento dei lavori, che potranno essere completati anche successivamente, si osserva quanto segue.
   Ai sensi dell'articolo 121, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (decreto Rilancio), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, i soggetti che sostengono, negli anni 2020 e 2021, spese per gli interventi elencati nel successivo comma 2, possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, in sede di dichiarazione dei redditi relativa all'anno di riferimento delle spese, alternativamente:

    per la fruizione di un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino a un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, di importo pari alla detrazione spettante, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;

    per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari.

  Ai sensi del comma 2 del citato articolo 121, l'opzione può essere esercitata anche relativamente alla detrazione spettante per le spese relative agli interventi di recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti, ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna (bonus facciate), di cui all'articolo 1, commi 219 e 220, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio per il 2020). La detrazione in questione, attualmente, spetta nella misura del 90 per cento delle spese sostenute entro il 31 dicembre 2021.
  Il comma 1-bis del ripetuto articolo 121 del decreto Rilancio prevede, inoltre, che la predetta opzione «può essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori» e, per gli interventi ammessi al Superbonus, «gli stati di avanzamento dei lavori non possono essere più di due per ciascun intervento complessivo e ciascuno stato di avanzamento deve riferirsi ad almeno il 30 per cento del medesimo intervento».
  Con la circolare 22 dicembre 2020, n. 30/E l'Agenzia delle entrate ha, al riguardo, precisato che:

   in relazione agli interventi elencati nel comma 2 dell'articolo 121 – compresi, dunque, quelli ammessi al bonus facciate – è possibile esercitare l'opzione per lo sconto in fattura o per la cessione del credito corrispondente alle detrazioni spettanti, anche per stati di avanzamento lavori;

   per i soli interventi che danno diritto al Superbonus, la norma stabilisce che gli stati di avanzamento dei lavori non possono essere più di due per ciascun intervento complessivo e ciascuno stato di avanzamento deve riferirsi ad almeno il 30 per cento dell'intervento stesso.

  Come già evidenziato in sede di risposta dall'interrogazione n. 5-06307 presentata dall'Onorevole Terzoni e svolta presso questa Commissione in data 23 giugno 2021 la locuzione secondo cui «L'opzione ... può essere esercitata in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori ...», contenuta nel citato comma 1-bis dell'articolo 121 del decreto Rilancio, deve essere intesa come facoltà del contribuente di esercitare l'opzione anche in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori e, dunque, come una mera eventualità, disciplinata dalla norma, che non pregiudica la possibilità di esercitare la suddetta opzione, qualora non siano previsti stati di avanzamento dei lavori ammessi alla agevolazione, ferma restando, tuttavia, la necessità che gli interventi oggetto dell'agevolazione siano effettivamente realizzati.
  Ciò premesso, si conferma che è possibile optare per lo sconto in fattura anche laddove per gli interventi agevolabili con il Pag. 310bonus facciate non sia previsto un pagamento per stati di avanzamento lavori. Qualora non siano previsti SAL, può essere esercitata l'opzione per il cosiddetto sconto in fattura, facendo riferimento alla data dell'effettivo pagamento, ferma restando la necessità che gli interventi oggetto dell'agevolazione siano effettivamente realizzati. Tale condizione sarà ovviamente verificata dall'Amministrazione finanziaria in sede di controllo.
  Giova, inoltre, ricordare che la mancata effettuazione degli interventi, al pari dell'eventuale assenza di altro requisito richiesto dalla norma, determinerà il recupero della detrazione indebitamente fruita – sia pure nella modalità alternativa dello sconto in fattura/cessione del credito d'imposta – pari al 90 per cento delle spese fatturate, maggiorato degli interessi e delle sanzioni di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. Il concorso nella violazione comporterà, oltre all'applicazione dell'articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, altresì, la responsabilità in solido del fornitore, che ha applicato lo sconto, e dei cessionari, per il pagamento dell'importo corrispondente alla detrazione non spettante e dei relativi interessi.

   4) Relativamente al quesito concernente la questione dei c.d. massimali di spesa nelle ipotesi di installazione di un impianto fotovoltaico e di sistemi di accumulo, nell'ambito di interventi di messa in sicurezza statica degli edifici, si fa presente che nella risposta all'interpello 903-521/2021, richiamata dagli Onorevoli interroganti, l'Agenzia delle entrate ha chiarito che, ai sensi dei commi 5 e 6 dell'articolo 119 del decreto Rilancio, il Super bonus spetta anche per l'installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica su determinati edifici, fino ad un ammontare complessivo delle spese non superiore ad euro 48.000, per singola unità immobiliare, e comunque nel limite di spesa di euro 2.400 per ogni kW di potenza nominale dell'impianto solare fotovoltaico.
   La detrazione spetta anche per l'installazione contestuale o successiva di sistemi di accumulo integrati negli impianti solari fotovoltaici agevolati, nel limite di spesa di 1.000 euro per ogni kWh. Tali interventi sono ammessi al Superbonus, a condizione, tra l'altro, che siano eseguiti congiuntamente ad interventi trainanti di riduzione del rischio sismico, di cui al comma 4 del medesimo articolo 119.
   Con la predetta risposta, è stato, altresì, ribadito che il limite di spesa massimo ammissibile deve essere distintamente riferito agli interventi di installazione degli impianti solari fotovoltaici e dei sistemi di accumulo integrati nei predetti impianti e che tali limiti vanno ulteriormente sommati a quello previsto per gli interventi antisismici.
   Tanto premesso, si precisa che detto limite di spesa, nel caso in cui l'istallazione avvenga nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, è ridotto a 1.600 euro per ogni kW di potenza nominale dell'impianto ai sensi del comma 5 dell'articolo 119 del citato decreto n. 34 del 2020.
   Resta fermo, infine, che è possibile fruire della detrazione a condizione che siano distintamente contabilizzate le spese riferite ai diversi interventi – non essendo possibile fruire, per le medesime spese, di più agevolazioni – e siano rispettati gli adempimenti specificamente previsti in relazione a ciascuna detrazione.

   5) Quanto al quesito concernente la richiesta di conoscere «come si intenda garantire la possibilità di sostituzione o correzione delle comunicazioni di opzione di cessione del credito previsto dall'articolo 121 del citato decreto n. 34 del 2020 già presentate, per le quali sono in corso le verifiche tecniche da parte dei professionisti incaricati dagli istituti di credito cessionari, a tal fine ammettendo la possibilità di presentare istanze in autotutela anche per modificare il soggetto cessionario, comunque entro il termine di inizio della fruizione del “Superbonus” e abilitare i funzionari territoriali ad operare manualmente per inserire le correzioni», si rappresenta quanto segue. Pag. 311
   In base al provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate dell'8 agosto 2020, entro il giorno 5 del mese successivo all'invio della comunicazione di opzione per la cessione del credito o per lo sconto è possibile annullare o sostituire la comunicazione stessa. Decorso tale termine, il credito viene messo a disposizione del cessionario, che potrà accettarlo (ai fini dell'utilizzo in compensazione o dell'ulteriore cessione) oppure rifiutarlo, se non ritiene che la cessione sia conforme alle pattuizioni con il cedente. In caso di rifiuto, il cedente potrà inviare una nuova comunicazione corretta entro il 16 marzo dell'anno successivo a quello di sostenimento della spesa.
   Nella fase sia di compilazione delle comunicazioni che di accettazione dei crediti sono state riscontrate diverse tipologie di errori (tra le quali l'errata indicazione del cessionario, come segnalato dagli Onorevoli interroganti) rilevati dai soggetti interessati quando erano ormai decorsi i termini per procedere alla correzione o all'invio di una nuova comunicazione.
   In alcuni casi si è trattato di errori meramente formali, che non hanno inciso sulla sostanza del rapporto tra cedente e cessionario, in altri casi, invece, gli errori hanno riguardato elementi sostanziali (quali ad esempio il codice fiscale del cessionario, l'importo della spesa e del relativo credito ceduto, la tipologia di intervento agevolato e altro).
   Per tali problematiche non si ritiene possibile esercitare il potere di autotutela da parte degli uffici dell'Agenzia delle entrate, in quanto non si tratta di emendare provvedimenti assunti dai medesimi uffici, bensì di correggere errori (e le relative conseguenze materiali) commessi dai cedenti e dai cessionari in fase di compilazione delle comunicazioni di cui trattasi e di accettazione dei crediti.
   L'Agenzia delle entrate sta analizzando le diverse tipologie di errori finora riscontrate allo scopo di individuare la soluzione procedurale più idonea al fine di assicurare che la correzione degli errori garantisca un'appropriata rappresentazione dei crediti in capo ai cedenti e ai cessionari, anche a tutela degli interessi erariali.

   6) Quanto alla possibilità di estendere l'opzione per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), per le spese sostenute per la realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali, si osserva che eventuali iniziative normative in tal senso saranno valutate in sede di rimodulazione della disciplina che è in corso di predisposizione.

   7) Infine, in merito alla possibilità che, tra le spese ammesse al Superbonus, rientrino anche quelle sostenute nell'ambito di un intervento di demolizione e ricostruzione di un fabbricato esistente, che realizzano un miglioramento sismico e di due classi energetiche, per la parte corrispondente al volume demolito, si fa presente che, come precisato nella circolare 8 agosto 2020, n. 24/E dell'Agenzia delle entrate, sono ammesse al Superbonus anche le spese sostenute nell'ambito di interventi di demolizione e ricostruzione inquadrabili nella categoria della «ristrutturazione edilizia» ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia».
   Sul punto, la Commissione consultiva per il monitoraggio dell'applicazione del decreto ministeriale 28 febbraio 2017, n. 58 e delle linee guida ad esso allegate, costituita presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ha chiarito che in caso di interventi di demolizione e ricostruzione, sia pure inquadrabili come ristrutturazione edilizia, il Superbonus per interventi – trainanti e trainati – di efficienza energetica non si applica alle spese riferite alla parte eccedente il volume ante-operam.
   In tale caso, il contribuente ha l'onere di mantenere distinte, in termini di fatturazione, le spese riferite agli interventi sul volume ante-operam da quelle riferite agli interventi sul volume ampliato o, in alternativa, essere in possesso di un'apposita attestazione che indichi gli importi riferibili Pag. 312 a ciascun intervento, rilasciata dall'impresa di costruzione o ristrutturazione ovvero dal direttore dei lavori, sotto la propria responsabilità, utilizzando criteri oggettivi.
   Tale limitazione non riguarda, invece, gli interventi antisismici ammessi al Superbonus rispetto ai quali, nei limiti di spesa previsti dalla norma, la detrazione spetta per le spese riferite all'intero intervento.

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ALLEGATO 2

5-06808 Martinciglio: Procedura autorizzativa presso la Commissione europea riguardante la patrimonializzazione dei Confidi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La disposizione di legge in esame, come già evidenziato dal Ministero dello sviluppo economico (MISE) in occasione della risposta ad una interrogazione di analogo contenuto, ha previsto, previa notifica alla Commissione Europea (CE), la facoltà per i consorzi di garanzia collettiva dei fidi (Confidi), di imputare al fondo consortile, al capitale sociale o ad apposita riserva – con delibera assembleare da adottarsi entro 180 dall'approvazione del bilancio – i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi pubblici esistenti alla data del 31 dicembre 2019, ad esclusione di quelli derivanti dalle attribuzioni annuali di cui alla legge 7 marzo 1996, n. 108 (fondi antiusura).
  La formulazione della norma, implica la necessità di procedere alla preventiva identificazione nel concreto delle tipologie di contributi pubblici potenzialmente oggetto della facoltà prevista dalla disposizione di legge, mediante specifiche analisi dei dati disponibili.
  
  Infatti, il sistema dei Confidi detiene e gestisce a vario titolo risorse pubbliche di diversa natura, quali fondi statali, fondi regionali, fondi delle camere di commercio e fondi dell'Unione europea.
  Tra questi figurano i contributi concessi in gestione ai Confidi ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze del 3 gennaio 2017, adottato in attuazione delle previsioni dell'articolo 1, comma 54, della legge n. 147 del 2013, ai fini della concessione alle piccole e medie imprese di garanzie agevolate.
  In sede di adozione del predetto decreto ministeriale, il MISE, in veste di Amministrazione competente, ha curato la notifica alla CE della citata misura agevolativa sul presupposto che si trattasse di una misura di aiuto, sotto forma di garanzia, in favore delle piccole e medie imprese, attuata per il tramite dei Confidi.
  Infatti, nell'ambito di tale misura di aiuto, il ruolo assunto dai Confidi, anche a seguito delle raccomandazioni fornite dalla CE nel corso delle interlocuzioni con i competenti Uffici della stessa, è quello di gestori di fondi pubblici, non essendo previsto alcun tipo di apporto diretto al capitale dei predetti organismi di garanzia delle risorse pubbliche ad essi assegnate; dette risorse pubbliche, difatti, sono restituite al MISE, decorsi i sette anni previsti per la gestione, al netto delle perdite eventualmente subite.
  In coerenza con tale principio e al fine di escludere la sussistenza di elementi di aiuto in capo ai Confidi, è previsto che le imprese beneficiarie versino una commissione per la concessione della garanzia a valere sul fondo rischi, determinata prendendo a riferimento i soli costi di istruttoria e gestione sostenuti, in considerazione del fatto che il rischio di perdita sulle operazioni garantite grava esclusivamente sulle risorse pubbliche.
  Diversamente, la norma introdotta dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, di conversione del decreto-legge n. 23 del 2020, oggetto dell'interrogazione parlamentare, nel prevedere l'attribuzione al patrimonio netto dei Confidi, senza vincoli di destinazione, di risorse pubbliche, coinvolge profili di compatibilità con le norme e gli orientamenti europei in materia di aiuti di Stato agli intermediari finanziari, ragion per cui, la norma stessa prevede espressamente la preventiva autorizzazione della CE.
  Anche per questo il legislatore ha ritenuto necessario l'inserimento nella previsione legislativa della clausola di stand still, sicché la sua operatività è subordinata ad Pag. 314esplicita autorizzazione della Commissione europea.
  Ciò premesso, si rappresenta che la procedura relativa alla notifica alla Commissione europea è in fase istruttoria e che il Ministero dell'economia e delle finanze fornisce costantemente il proprio supporto tecnico al Ministero dello sviluppo economico, in capo al quale rimane la competenza primaria per la notifica della misura alla Commissione europea.
  Resta ferma la volontà del Governo di valutare ogni possibilità di corrispondere alle esigenze di consolidamento del sistema dei Confidi, nel rispetto del quadro regolatorio unionale, al fine di dare sostegno economico al settore delle micro, piccole e medie imprese, particolarmente colpito dalle conseguenze pandemiche.

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ALLEGATO 3

5-06856 Angiola: Chiarimenti in ordine alle procedure di pignoramento relative alle cartelle di pagamento e agli avvisi di accertamento esecutivi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante, dopo aver ripercorso i ripetuti interventi adottati, a partire dall'inizio dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, per sospendere l'attività di riscossione mediante ruolo e differire i termini di versamento delle rate del «saldo e stralcio» e della «rottamazione-ter» originariamente in scadenza tra il 28 febbraio 2020 e il 31 luglio 2021, richiama la disposizione di cui all'articolo 50, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 ai sensi della quale «se l'espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l'espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalità previste dall'articolo 26, di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni».
  In proposito, l'Onorevole interrogante chiede di sapere «se i contribuenti che, all'inizio della sospensione causata dalla pandemia, avevano ricevuto cartelle di pagamento o avvisi di presa in carico di somme oggetto di avvisi di accertamento esecutivi di cui all'articolo 29 del decreto-legge n. 74 del 2010 possono subire un pignoramento senza il preventivo avviso di pagamento entro 5 giorni che, come noto, in situazioni normali deve essere notificato ai sensi dell'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, qualora sia decorso più di un anno dalla notifica dei predetti atti».
  Al riguardo, sentita l'Agenzia dell'entrate, si rappresenta quanto segue.
  Come evidenziato dall'Onorevole interrogante, per espressa previsione dell'articolo 50, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, l'agente della riscossione, se non ha avviato l'espropriazione forzata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, non può procedere all'espropriazione stessa, se non dopo che siano trascorsi cinque giorni dalla notifica di un apposito avviso di intimazione.
  Ciò posto, a seguito dell'emergenza epidemiologica, l'articolo 68 del decreto-legge n. 18 del 2020, ha disposto, con riferimento alle entrate tributarie e non tributarie, la sospensione dei «termini dei versamenti, in scadenza nel periodo dall'8 marzo 2020 al 31 agosto 2021» derivanti da cartelle di pagamento e avvisi esecutivi per legge. Detta sospensione trova applicazione a decorrere dal 21 febbraio 2020 per i debitori aventi residenza/sede legale/sede operativa nei comuni lombardi e veneti dell'originaria «zona rossa» e dall'8 marzo 2020 per i restanti debitori (commi 1 e 1-bis).
  In tal modo, il Legislatore ha, quindi, sospeso l'attività di riscossione mediante ruolo fino al 31 agosto 2021.
  Il citato articolo 68 del decreto-legge n. 18 del 2020, richiamando l'articolo 12 del decreto legislativo n. 159 del 2015, ha previsto per un corrispondente periodo di tempo, relativamente alle stesse entrate, la sospensione dei termini previsti per gli adempimenti anche processuali, nonché la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza in materia di liquidazione, controllo, accertamento, contenzioso e riscossione a favore degli enti impositori, degli enti previdenziali e assistenziali e degli agenti della riscossione.
  Non è stata introdotta invece alcuna sospensione della decorrenza del termine di un anno dalla notifica della cartella di pagamento di cui al citato articolo 50, Pag. 316comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973.
  Pertanto si evidenzia che, prima di avviare l'espropriazione forzata, il suddetto avviso di intimazione debba essere notificato non soltanto con riferimento alle cartelle di pagamento dalla cui notifica era già trascorso, alla data di inizio della sospensione emergenziale di cui al citato articolo 68, commi 1, 2 e 2-bis, del decreto-legge n. 18 del 2020 (21 febbraio ovvero 8 marzo 2020), un anno senza che fosse stata avviata l'esecuzione, ma anche in relazione a tutte quelle per le quali, alla stessa data, il termine annuale in parola non si era ancora consumato.

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ALLEGATO 4

Indagine conoscitiva sui mercati al servizio della crescita economica

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  Indagine conoscitiva sui mercati finanziari al servizio della crescita economica

  Oggetto dell'indagine

  Le caratteristiche del sistema

   I dati sul credito e sulle emissioni obbligazionarie

   Il mercato del capitale in Italia

   Le fonti di finanziamento delle imprese: dal debito all'equity

   L'andamento del settore assicurativo

  Il quadro normativo

   La normativa europea sui mercati finanziari (MIFID)

   L'Unione dei mercati dei capitali

   Piano d'azione della Commissione europea per finanziare una crescita sostenibile

   Market Abuse Regulation – MAR (abusi di mercato)

   Alternative Investment Fund Managers Directive – AIFMD

   Non-financial reporting directive – NFRD

   PEPP e tassazione dei rendimenti

   GACS

   Credito di imposta quotazione PMI

   Venture capital

   Fintech

   PIR

   Crowdfunding

   Piattaforme di peer-to-peer lending

   Organismo di investimento collettivo del risparmio (OICR)

   Cassa depositi e prestiti: Patrimonio Destinato

   Start-up e piccole e medie imprese innovative

   Bonus aggregazione PMI

   ACE

   Confidi

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   Educazione finanziaria

   Misure emergenziali riguardanti il settore finanziario

  Borsa Italiana

   L'operazione di vendita di Borsa Italiana e l'offerta del gruppo Euronext

   Gli elementi forniti da Euronext nel corso dell'indagine conoscitiva

   La mozione approvata dalla Camera dei deputati

  Le principali problematiche emerse nel corso dell'indagine

  Le proposte degli auditi

   Modifiche alle norme UE e alle disposizioni di recepimento

   Prospetti

   Il settore bancario come attore dei mercati finanziari

   Settore assicurativo e fondi pensione

   Misure di liquidità e crisi pandemica

   Quotazione PMI

   Società di capitali

   Venture capital

   Fintech

   PIR – Piani individuali di risparmio

   Crowdfunding

   Il ruolo di Cassa depositi e prestiti

   Confidi

   Sostenibilità

   Educazione finanziaria

   Misure fiscali

   Semplificazione

   Riduzione dei tempi della giustizia

  Conclusioni

   Premessa

   L'innovazione tecnologica

   Interesse da parte degli investitori internazionali sui temi legati alla sostenibilità

   Il ruolo delle Camere di commercio

   Complessità della normativa di riferimento

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INDAGINE CONOSCITIVA SUI MERCATI FINANZIARI AL SERVIZIO DELLA CRESCITA ECONOMICA

Oggetto dell'indagine

  Il 3 giugno 2020 la VI Commissione della Camera dei deputati ha deliberato lo svolgimento di una indagine conoscitiva sui mercati finanziari al servizio della crescita economica.
  La Commissione ha rilevato preliminarmente come, lasciata alle spalle la crisi economica mondiale, gli attori istituzionali e il Parlamento sono chiamati ad affrontare sfide di lungo periodo e di ampio respiro. Da un lato essi hanno il compito di dare impulso alla crescita economica e, dall'altro, di indirizzarla su binari di sostenibilità sociale e ambientale. In tale contesto, l'Italia si trova a fronteggiare le specificità del proprio sistema finanziario e produttivo.
  Il tessuto produttivo, costituito soprattutto da medie, piccole e piccolissime imprese, dipende ancora fortemente dal credito bancario. Il credit crunch degli anni della crisi risulta allentato, anche grazie alle misure straordinarie intraprese dalla BCE, come evidenzia da tempo il Bollettino economico della Banca d'Italia. Si registra una sostanziale ripartenza dei flussi di credito alle imprese.
  Il sistema bancario emerge da una crisi d'identità molto profonda, che vede ancora aperto il cantiere delle riforme degli istituti di media e piccola dimensione (banche popolari e banche di credito cooperativo). Esso è impegnato a smaltire i volumi di crediti deteriorati accumulati durante la crisi economica, a correggere le inefficienze organizzative che pesano sui bilanci bancari e ad assorbire l'impatto sistemico delle crisi che hanno investito diversi istituti di credito dal 2015 a oggi.
  D'altro canto, l'implementazione di strumenti alternativi al canale creditizio (mini bond, equity crowdfunding, le agevolazioni per le start-up innovative e le PMI innovative, il ricorso ai sistemi multilaterali di negoziazione e a mercati borsistici) non ha ancora consentito di sostituire integralmente il finanziamento bancario con la liquidità proveniente dai mercati.
  Ciò è conseguenza, e tuttavia anche causa, delle principali limitazioni del sistema produttivo nazionale: dimensioni relativamente piccole, ritrosia alla quotazione presso i mercati regolamentati, scarsa propensione alla disclosure, a fronte di un contesto economico internazionale complesso e articolato, caratterizzato soprattutto dal repentino sviluppo del Cintech e della disintermediazione.
  In tale quadro, già nella scorsa legislatura il Parlamento ha dedicato a questi temi un'attenta riflessione e si è fatto promotore di importanti iniziative legislative. Sul tema del Fintech la Commissione Finanze della Camera ha svolto nella XVII legislatura una corposa indagine conoscitiva le cui risultanze hanno evidenziato la necessità di modernizzare i processi produttivi, migliorare l'infrastruttura tecnologica del Paese colmando il digital divide, dare impulso alla cultura finanziaria dei cittadini. Importanti iniziative legislative – anch'esse originate da indagini conoscitive della Commissione – hanno riguardato la nascita dei mini bond e delle agevolazioni per le start-up, la promozione dell'educazione finanziaria, l'istituzione sperimentale di regulatory sandbox per le imprese (che consentono loro di operare in un contesto finanziario veloce, con regole semplificate), lo sviluppo dell'equity crowdfunding.
  Questi strumenti non sembrano tuttavia ancora sufficienti ad imprimere un effettivo impulso alla diversificazione del sistema di finanziamento delle imprese italiane.
  L'indagine è volta quindi a comprendere come gli strumenti finanziari più avanzati e il mercato dei capitali possano oggi offrire ulteriori prospettive concrete per l'economia reale e la crescita del Paese, riservando particolare attenzione allo sviluppo delle imprese e alla loro sostenibilità e fornendo loro supporto in termini di liquidità e solidità.
  Anche mediante una ricostruzione delle misure susseguitesi negli ultimi anni – con l'obiettivo di offrire al sistema produttivo canali complementari a quello bancario – Pag. 320si intende verificare quali siano gli ostacoli che ancora allontanano le aziende dall'idea della quotazione del debito o dell'equity e se vi siano margini di intervento, anche fiscali, a disposizione del legislatore.
  Allo stesso tempo si è proceduto a un'analisi approfondita delle richieste degli stakeholder, al fine di comprendere come le imprese italiane abbiano utilizzato gli strumenti sinora messi a disposizione dal legislatore, quali vincoli normativi debbano essere rimossi perché obsoleti o eccessivamente limitanti o costosi e come le imprese del settore si preparino ad affrontare la progressiva disintermediazione dei servizi finanziari, nonché la diffusione del Fintech.
  L'indagine avrebbe dovuto concludersi entro il 31 dicembre 2020, ma il 12 gennaio 2021 la VI Commissione ne ha deliberato la proroga al 31 marzo 2021, d'intesa con il Presidente della Camera.
  Nel corso dell'indagine sono stati auditi:

   la Presidente di ANIA, Maria Bianca Farina

   i rappresentanti di VC Hub Italia

   i rappresentanti dell'Assosim e dell'AssoAIM

   i rappresentanti dell'Associazione Italia FinTech

   i rappresentanti dell'Assoimmobiliare

   i rappresentanti dell'AIFI

   i rappresentanti di Assogestioni e ANASF

   i rappresentanti dell'Associazione italiana private banking (AIPB)

   l'Amministratore delegato di Borsa Italiana, Raffaele Jerusalmi.

  Sono inoltre state presentate memorie scritte da parte dei seguenti soggetti:

   Banca d'Italia

   Agenzia delle entrate

   CONSOB

   Associazione bancaria italiana (ABI)

   Conferenza regioni e province autonome

   Assofondipensione

   Intesa Sanpaolo

   IVASS

   Euronext

   Elite

   Innexta.

Le caratteristiche del sistema

  Nel corso dell'indagine è emerso anzitutto come le caratteristiche del sistema finanziario italiano sono correlate a quelle del sistema produttivo, contraddistinto da una quota elevata di piccole aziende. Queste imprese possono avere difficoltà o un basso interesse a reperire risorse sui mercati finanziari a causa sia degli elevati costi fissi che caratterizzano i collocamenti di titoli, sia della riluttanza a quotarsi per i timori di perdere il controllo della proprietà. Ne conseguono un'eccessiva dipendenza delle imprese dalle banche e il ruolo preponderante del debito rispetto al capitale di rischio tra le passività di bilancio. Tali caratteristiche costituiscono un elemento di debolezza strutturale del sistema produttivo italiano.
  La storica tendenza a ricorrere al debito piuttosto che all'equity, tra l'altro, dipende dalla circostanza che il primo garantisce la deducibilità degli interessi passivi netti (seppur nei limiti del 30 per cento del cd. reddito operativo lordo – ROL, ai sensi dell'articolo 96 del Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR), mentre i dividendi sono indeducibili in capo alla società che li distribuisce.
  È stato inoltre rilevato dagli auditi come nelle economie avanzate il conseguimento di elevati tassi di crescita è connesso con le attività di ricerca e innovazione, che richiedono la disponibilità di strumenti e operatori finanziari in grado di allocare e gestire i rischi che le connotano. Le caratteristiche intrinseche ai contratti di credito bancario li rendono meno adatti a finanziare gli investimenti più innovativi, quelli di lunga Pag. 321durata o di grande dimensione e, soprattutto, quelli in beni intangibili, per i quali è più difficile fornire attività che possano assolvere alla funzione di garanzia. Un sistema finanziario in cui le imprese possono contare su più canali di finanziamento, inoltre, permette di assorbire più efficacemente gli shock avversi che colpiscono un singolo settore attraverso una ricomposizione del credito dalle banche ai mercati finanziari e viceversa.
  Tuttavia nell'ultimo decennio, a seguito delle crisi finanziarie e dei cambiamenti regolamentari, le imprese italiane hanno intrapreso un percorso di diversificazione delle fonti di finanziamento e un processo di riduzione della leva finanziaria, aumentando sia il ricorso ai mercati obbligazionari, sia quello al capitale di rischio. La patrimonializzazione delle imprese è stata favorita, in particolare, dall'introduzione di incentivi fiscali, quali l'Aiuto alla Crescita Economica (ACE).
  In Italia, infatti, il credito bancario al settore privato ha subito una forte contrazione sia in occasione della crisi finanziaria globale sia durante quella dei debiti sovrani. Anche nella fase di ripresa economica successiva alla crisi dei debiti sovrani la dinamica del credito alle imprese è rimasta su livelli molto contenuti ed è stata diretta prevalentemente alle imprese più grandi e ai prenditori meno rischiosi.
  La pandemia di Covid-19 e la temporanea chiusura di numerose attività commerciali e produttive hanno causato un forte calo dei flussi di cassa delle imprese, con un conseguente aumento del fabbisogno di liquidità, e un'elevata incertezza sulle prospettive economiche. Ciò ha determinato un aumento significativo e generalizzato della domanda di prestiti da parte delle aziende e un forte incremento dei depositi presso gli intermediari.
  Le misure varate dal Governo italiano per contrastare gli effetti economici della pandemia sono state ampiamente utilizzate dalle imprese. Al primo gennaio 2021 erano pervenute oltre 1,1 milioni di domande o comunicazioni di moratoria su prestiti pari a circa 192 miliardi; le richieste di finanziamenti con garanzia pubblica ricevute dagli intermediari ai sensi dell'articolo 13 del D.L. Liquidità (Fondo di Garanzia per le PMI) erano circa 1,6 milioni, per un importo di oltre 129 miliardi. Nell'ambito del programma «Garanzia Italia» di SACE sono stati garantiti 1.410 prestiti per un ammontare pari a 20,8 miliardi.
  Le prime evidenze confermano che le misure di sostegno alle imprese hanno attenuato efficacemente gli effetti negativi della pandemia, riducendo sostanzialmente il deficit di liquidità e il peggioramento delle condizioni patrimoniali. Il ricorso a nuovi prestiti, anche grazie alle garanzie pubbliche, ha tuttavia accresciuto l'indebitamento. Il conseguente indebolimento dei bilanci aumenta la probabilità di insolvenza delle imprese e, a sua volta, la necessità per le banche di maggiori accantonamenti sui prestiti.

I dati sul credito e sulle emissioni obbligazionarie

  Gli auditi hanno rilevato che il volume di credito erogato negli ultimi mesi risulta in aumento. Su base annua, a novembre 2020 la variazione del totale degli impieghi al settore privato risultava nel complesso pari a +4,6 per cento. Nel dettaglio settoriale, i prestiti alle famiglie risultavano in aumento del 2,2 per cento mentre quelli alle società non finanziarie dell'8,1 per cento.
  Con riferimento ai tassi di interesse, a novembre 2020 il tasso medio sul totale dei prestiti si collocava intorno al 2,3 per cento (era oltre il 6,1 per cento a fine 2007, prima della crisi finanziaria), mentre quello sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni all'1,27 per cento e il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese sceso all'1,33 per cento.
  Sempre nel mese di novembre 2020, la dinamica della raccolta bancaria complessiva (depositi da clientela residente e obbligazioni) risultava in crescita del +5,7 per cento su base annua. La variazione positiva è legata alla crescita dei depositi, che risultano aumentati di circa 130 miliardi di euro rispetto ad un anno prima (con una variazione pari a +8,1 per cento su base annuale), mentre la raccolta a medio e Pag. 322lungo termine, cioè tramite obbligazioni, è scesa, negli ultimi 12 mesi, di circa 23 miliardi di euro in valore assoluto (pari a –9,7 per cento).
  La dinamica dei depositi è riconducibile, da un lato, ai diversi comportamenti di consumo e al rinvio delle scelte di investimento, legati alle restrizioni imposte per ragioni sanitarie, e dall'altro al più generale clima di incertezza.
  Nella fase di emergenza le emissioni di obbligazioni societarie di primaria qualità (Investment Grade – IG) a livello europeo hanno superato i 50 miliardi di euro nella sola prima settimana di aprile 2020: il più alto importo settimanale mai emesso in Europa. Tale aumento è stato guidato da una forte domanda di fondi proveniente dalle società più grandi volta ad aumentare il capitale circolante, per proteggersi dall'incertezza economica e aumentare le attività liquide in previsione di un improvviso calo dei ricavi. L'aumento dell'emissione di obbligazioni IG è in contrasto con la performance modesta delle obbligazioni ad alto rendimento (Non Investment Grade) in quanto gli investitori hanno valutato potenziali perdite su titoli con rating speculativo. Tra il 1° marzo e la metà di aprile 2020, le emissioni di tali strumenti hanno raggiunto € 700 milioni, con un calo del 93 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. I livelli di emissioni delle obbligazioni Investment Grade hanno continuato a mantenersi elevati, grazie anche al sostegno della BCE nel secondo trimestre del 2020.

Il mercato del capitale in Italia

  Il mercato del capitale di rischio (pubblico e privato) in Italia ha dimensioni ridotte: il mercato azionario italiano capitalizza il 36 per cento del prodotto interno lordo (Relazione annuale Consob, 2020), percentuale al di sotto di quella degli altri paesi europei quali la Germania (54,5 per cento) e la Francia (84,9 per cento). Il listino azionario è prevalentemente rappresentato da società finanziarie. Nel 2020, anche a seguito delle incertezze della pandemia, ci sono state solo 22 IPO in Italia, di cui una sola sul MTA, il mercato principale, e le rimanenti sull'AIM Italia (il mercato delle PMI, v. in seguito), il mercato per la crescita. Anche per quanto riguarda il mercato del private equity in Italia lo scorso anno sono stati investiti 7,2 miliardi di euro in 272 società, a confronto con i 19,3 miliardi di euro investiti in Francia in 2.314 società.
  Con riferimento all'andamento dei mercati finanziari, nel corso delle indagini è emerso che l'andamento degli stessi nel 2020 è stato significativamente influenzato dalla crisi pandemica. In generale è stata osservata una correlazione inversa tra l'andamento dei principali indici e l'andamento del numero dei contagiati.
  A parere degli auditi, la risposta dei mercati non è stata sempre omogenea e di facile interpretazione. Alla fine del 2020, nonostante i principali indicatori dell'economia reale continuassero a mostrare segnali di debolezza, le principali borse mondiali hanno fatto segnare un forte recupero rispetto ai minimi segnati nella fase iniziale della crisi pandemica (raggiungendo in alcuni casi i massimi storici).
  La consistente ripresa dei corsi azionari è stata in prevalenza favorita dagli interventi di stimolo straordinario avviati dalla Banca Centrale Europea che hanno contribuito ad aumentare la liquidità sul mercato finanziario, piuttosto che da un miglioramento dei fondamentali dell'economia e delle società quotate. Effetti positivi sono derivati inoltre dagli interventi nazionali di politica fiscale, grazie anche all'attivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita che ha consentito deviazioni temporanee dagli obiettivi di bilancio di medio termine.
  Dopo un peggioramento a ottobre parallelo alla ripresa dei contagi, nell'ultimo periodo dell'anno, anche grazie alle notizie positive relative allo sviluppo dei vaccini, si è registrato un nuovo importante recupero: tra il 30 ottobre e il 4 gennaio il rialzo dell'indice FTSE Mib è stato pari al 24,86 per cento.
  Il mercato azionario italiano, durante la pandemia, ha registrato il calo più significativo dopo quello del mercato spagnolo. Le società non finanziarie nel periodo di Pag. 323emergenza hanno incrementato le operazioni di aumento di capitale sul mercato nel tentativo di aumentare i buffer di liquidità e resistere alla chiusura delle attività per diverse settimane. La raccolta di capitale tramite tali operazioni ha totalizzato 28 miliardi di euro nel secondo trimestre del 2020, il volume trimestrale più elevato dal primo trimestre 2017.
  Come già visto, superata la fase più acuta i mercati hanno segnato un recupero, sia pure eterogeneo tra aree geografiche e settori, grazie alle straordinarie misure di politica monetaria e di bilancio adottate. Nel complesso, quindi, i mercati finanziari hanno assolto la loro funzione di fonte di finanziamento.

Le fonti di finanziamento delle imprese: dal debito all'equity

  Dopo la crisi del debito sovrano, tra il 2011 e il 2019 il peso dei prestiti bancari sul totale dei debiti finanziari delle imprese si è ridotto dal 66 al 52 per cento, mentre la quota delle obbligazioni è aumentata dal 7 al 12 per cento. Quest'ultima, sebbene in linea con la media dell'area dell'euro, rimane inferiore a quella di paesi caratterizzati da mercati più sviluppati, quali la Francia (18 per cento) e i paesi anglosassoni (26 e 39 per cento nel Regno Unito e negli Stati Uniti, rispettivamente). Le aziende di minore dimensione hanno incontrato maggiori difficoltà di accesso ai mercati obbligazionari: tra il 2011 e il 2019 la quota di titoli sui debiti finanziari per le grandi imprese è aumentata dal 10 al 16 per cento, mentre per le piccole e medie imprese (PMI) è rimasta su valori molto contenuti, al di sotto del 2 per cento.
  L'emissione di capitale di rischio da parte delle imprese è stata incentivata dall'introduzione nel 2011 dell'ACE, che ha ridotto in misura sostanziale lo squilibrio fiscale tra il finanziamento con mezzi propri e quello con debito (debt bias). Tale misura, in linea con gli obiettivi richiamati nel nuovo Piano d'azione sull'Unione dei mercati dei capitali, è simile a strumenti presenti in altri paesi; un analogo incentivo fiscale alla riduzione del debt bias è contenuto anche nella proposta di direttiva comunitaria sulla tassazione comune delle imprese (Common Consolidated Corporate Tax Base).
  Negli ultimi anni le imprese hanno aumentato il ricorso al capitale di rischio. Tra il 2011 e il 2019 la leva finanziaria, misurata dal rapporto tra i debiti finanziari e la somma degli stessi con il patrimonio netto, si è ridotta di oltre 10 punti percentuali, al 39 per cento. Il riequilibrio è stato più marcato rispetto agli altri principali paesi europei e il differenziale positivo rispetto alla media dell'area dell'euro si è ridotto da oltre 5 punti a meno di 3 punti percentuali. Alla contrazione della leva ha contribuito soprattutto l'aumento del patrimonio, in ragione di una ripresa della redditività e del reinvestimento degli utili.
  A partire dal 2013 il numero di nuove quotazioni sul mercato azionario è aumentato in misura marcata; oltre due terzi degli ingressi in borsa ha riguardato imprese di piccola e media dimensione che hanno scelto segmenti di borsa cosiddetti second-tier, contraddistinti da una struttura regolamentare più flessibile. È aumentato anche il ricorso ai mercati obbligazionari: l'ammontare delle emissioni di titoli obbligazionari su base annua ha raggiunto il suo massimo nel 2019 con oltre 48 miliardi di euro e 250 emittenti. La composizione dei 'nuovi' emittenti è divenuta più eterogenea sotto il profilo della rischiosità, pur rimanendo caratterizzata dalla presenza delle grandi imprese (spesso già quotate sui mercati azionari).
  All'andamento favorevole delle quotazioni azionarie hanno contribuito molteplici iniziative, tra cui: i) l'istituzione dell'Alternative Investment Market (AIM, il sistema multilaterale di negoziazione di Borsa Italiana dedicato a imprese di minori dimensioni); ii) la normativa che consente alle società non quotate di emettere azioni a voto plurimo e di mantenerle anche in caso di successiva quotazione; iii) la previsione di un credito di imposta sui costi sostenuti per la quotazione delle PMI, iv) la diffusione di veicoli finanziari finalizzati alla raccolta di capitali per la quotazione di imprese (Special Purpose Acquisition Companies, Pag. 324 SPAC); vi) gli incentivi fiscali agli investimenti effettuati attraverso i Piani individuali di risparmio (PIR). Lo sviluppo del mercato obbligazionario è stato favorito dalla disciplina dei cosiddetti minibond, ovvero degli strumenti obbligazionari per le piccole e medie imprese. In particolare, la normativa ha rimosso i limiti alla deducibilità degli interessi passivi che di fatto rendevano meno appetibile, per le società non quotate, l'emissione di obbligazioni e sono stati eliminati alcuni svantaggi fiscali che frenavano la sottoscrizione di titoli di debito da parte di banche e di investitori istituzionali, italiani ed esteri.
  La capitalizzazione delle società con azioni ammesse alle negoziazioni sulle piattaforme gestite da Borsa Italiana si è ridotta nel 2020 di circa il 5 per cento rispetto al dato di fine 2019, ma, a causa della forte contrazione dell'economia reale, è leggermente cresciuto il rapporto tra capitalizzazione e PIL, passato dal 38,1 per cento di fine 2019 al 39,4 per cento di fine 2020. Il numero di società negoziate è invece aumentato di due unità, da 375 a 377, per l'effetto combinato delle revoche e delle ammissioni a negoziazione.
  In generale, negli ultimi 5 anni si è registrata una riduzione del numero di società ammesse alle negoziazioni sulle piattaforme di negoziazione MIV – Mercato degli Investment Vehicles (da 6 a 1 solo emittente) e sul mercato telematico azionario – MTA (da 240 a 238, ma con un aumento di società estere da 8 a 13), al contrario di quanto accaduto su Hi-MTF e soprattutto su AIM Italia MAC nel quale il numero di emittenti è quasi raddoppiato, passando da 74 a 138.
  MIV è il mercato regolamentato di Borsa Italiana creato con l'obiettivo di offrire capitali, liquidità e visibilità ai veicoli di investimento con visione strategica. Il Mercato MIV è aperto sia a investitori retail sia a investitori professionali. Hi-Mtf è una Multilateral Trading Facility, ovvero un sistema multilaterale di negoziazione di strumenti finanziari. L'AIM Italia – Mercato alternativo del capitale (noto semplicemente come AIM (Alternative Investment Market Italia) è un mercato italiano gestito da Borsa Italiana attivo dal 1° marzo 2012, nato in seguito all'operazione di accorpamento dei mercati AIM Italia e MAC in un unico, composto da piccole e medie imprese italiane ad alto potenziale di crescita che sono quotate nell'indice FTSE AIM Italia. Le ammissioni di nuove società sull'MTA, tramite operazioni di Initial Public Offering (IPO), sono state caratterizzate sempre più frequentemente dal collocamento delle azioni presso investitori professionali. In alcuni casi, il progetto di quotazione è stato abbandonato per effetto della realizzazione di una concomitante offerta da parte di fondi privati specializzati. In altri casi, gli azionisti delle società in via di quotazione, dopo la pubblicazione del prospetto e l'avvio del periodo di offerta, non ricevendo favorevole risposta in termini di prezzo di vendita delle azioni (procedura c.d. di book-building), hanno deciso di rinunciare alla quotazione. Altre società infine hanno abbandonato il progetto iniziato non avendo riscontrato condizioni favorevoli secondo il calendario originariamente stabilito. Anche per effetto della pandemia, diverse società nel 2020 hanno rinunciato o rinviato la prima ammissione a quotazione.
  Le nuove quotazioni riguardano quasi tutte PMI (capitalizzazione inferiore ai 500 milioni di euro, secondo la definizione del Testo Unico Finanziario –TUF) e per una significativa parte riguardano società già negoziate sull'AIM, motivate dal desiderio di beneficiare di maggiore liquidità degli scambi, di una maggiore visibilità tra gli investitori nazionali e internazionali e, nel 2020, dalla possibilità di redigere un prospetto semplificato, come previsto dalle nuove norme UE (Regolamento Prospetto).
  Con riferimento specifico al mercato AIM Italia, nel corso dell'indagine è emerso che esso costituisce circa il 13 per cento del listino di Piazza Affari per numero di società quotate. Al 1° luglio 2020 erano 128 le società quotate su tale mercato, la capitalizzazione complessiva è pari a 6,2 miliardi di euro, mentre quella media è di circa 48 milioni di euro.
  La maggior parte delle società (21 per cento) opera nei settori dell'industria, il 19 per cento nell'ambito della digital innovation, Pag. 325 il 14 per cento nel settore dei servizi, il 13 per cento in finanza e assicurazioni, il 10 per cento nei media, il 7 per cento nell'ambito della green economy, il 6 per cento nei settori moda e lusso, il 5 per cento nel farmaceutico/biotech, il 3 per cento nell'agroalimentare, il 2 per cento nel real estate e, infine, l'1 per cento nell'oil&gas.
  Per quanto riguarda le imprese operanti nel settore del Fintech, nel corso delle indagini è emerso che in Italia – nonostante la distanza dai principali players europei e globali – si è assistito a un fenomeno di crescita, a partire dal 2014, fino ad arrivare alle 278 società nel 2019, attive prevalentemente su Milano.
  Con specifico riferimento ai dati relativi alla consulenza finanziaria, gli auditi hanno rilevato che ad oggi risultano iscritti all'Albo unico nazionale tenuto da OCF (l'Organismo di vigilanza e tenuta dell'albo unico dei consulenti finanziari) oltre 52.500 consulenti finanziari abilitati all'offerta fuori sede. Tra questi, sono 33.800 gli attivi, ossia gli iscritti che operano effettivamente in qualità di agente, dipendente o mandatario di un intermediario finanziario autorizzato (imprese di investimento, banche, società di gestione del risparmio e società di investimento).
  Nel 2019 le realtà attive nell'offerta fuori sede di servizi e strumenti finanziari hanno realizzato una raccolta netta complessiva pari a 34,9 miliardi di euro, destinando più della metà delle risorse ai prodotti del risparmio gestito. Nonostante il difficile periodo dovuto alla crisi epidemiologica Covid-19 anche il bilancio dei primi sei mesi del 2020 è stato positivo per il sistema delle reti di consulenti finanziari, con una raccolta pari a 22,4 miliardi di euro, con un incremento del 30,4 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. A fine giugno del 2020 il patrimonio affidato alle reti di consulenti finanziari era pari a 614,6 miliardi di euro.

L'andamento del settore assicurativo

  Nel corso dell'indagine è stato sottolineato il ruolo del settore assicurativo quale investitore istituzionale a lungo termine e attore che fornisce impulso e sostegno alla crescita economica, quale investitore in titoli pubblici e in titoli azionari e obbligazionari delle imprese contribuendo per questa via ad una equilibrata composizione della loro struttura finanziaria.
  È emerso inoltre che la quota del risparmio degli italiani investita in forme di assicurazione vita è in crescita da anni: nel 2019, secondo i dati recentemente pubblicati dalla Banca d'Italia, ha raggiunto il 18,2 per cento della complessiva ricchezza finanziaria, che le imprese assicuratrici investono con un modello gestionale orientato tipicamente al lungo termine. Gli investimenti degli assicuratori italiani, alla fine del 2019, erano pari a circa 950 miliardi di euro, corrispondenti al 53 per cento del PIL.
  Nel 2019, gli investimenti delle forme pensionistiche complementari nell'economia italiana sono stati pari complessivamente a 40,3 miliardi di euro. Nella componente domestica, restano prevalenti i titoli di Stato. Nei fondi pensione negoziali, nello stesso periodo, la maggiore porzione delle risorse finanziarie risulta investita in titoli di debito, sia privati che pubblici, con larga prevalenza di questi ultimi. L'esposizione azionaria si attesta, anche via OICR, intorno al 27 per cento circa. Gli investimenti domestici risultano pari a poco più del 20 per cento del totale. Le strategie di gestione finanziaria hanno in prevalenza privilegiato investimenti in classi liquide, in special misura i titoli governativi e le grandi imprese quotate. La limitata disponibilità ad inserire opzioni di investimento alternative nell'impiego delle risorse finanziarie da parte dei fondi pensione negoziali e il prevalere di decisioni di investimento conservative sono state in gran parte attribuibili alla complessità gestionale degli investimenti non tradizionali e alla mancanza di adeguate competenze specializzate. Le mutate condizioni dei mercati finanziari sempre più volatili, hanno spinto gli investitori previdenziali negli ultimi anni a valutare e operare revisioni dell'asset allocation strategica al fine di effettuare investimenti, nell'ottica della diversificazione di portafoglio, in strumenti alternativi (private Pag. 326equity, fondi di debito, infrastrutture) che consentissero la ricerca di un maggiore rendimento, sempre mantenendo il profilo di rischio complessivo aderente alla natura dell'investimento previdenziale, consentendo al contempo di veicolare risorse al sistema Paese.

Il quadro normativo

La normativa europea sui mercati finanziari (MIFID)

  La direttiva MiFID o Markets in financial instruments directive (2004/39/EC) ha disciplinato dal 31 gennaio 2007 al 2 gennaio 2018 i mercati finanziari dell'Unione europea. Dal 3 gennaio 2018 è entrata in vigore in tutta l'Unione la nuova direttiva MiFID II (2014/65/EU) che, insieme alla MiFIR o Markets in financial instruments regulation (regolamento EU n. 600/2014) ha preso il posto della precedente regolamentazione europea.
  In Italia, con il decreto legislativo n. 129 del 2017 e con il successivo n. 165 del 2019, è stato completato il processo di recepimento della MiFID II e di adeguamento al regolamento MiFIR, nonché dei successivi regolamenti delegati emanati dalle autorità europee, con disposizioni che sono intervenute sul TUF (D.Lgs. n. 58 del 1998) e sul Codice delle Assicurazioni Private – CAP (D.Lgs. n. 209 del 2005). Le norme nazionali di recepimento del pacchetto MiFID II/MiFIR hanno, tra l'altro:

   apportato significative modifiche all'istituto della segnalazione delle violazioni (c.d. whistleblowing) allo scopo di adottare una disciplina unitaria e organica nell'ambito del sistema finanziario;

   ridefinito il riparto di competenze tra le autorità di vigilanza richiamate dal Testo Unico Finanziario, con particolare riferimento al riparto tra Banca d'Italia e Consob in materia di vigilanza regolamentare. Sono state altresì riorganizzate le norme sui poteri di indagine delle autorità tra cui rientrano quelli di vigilanza informativa, nonché i poteri ispettivi e di intervento;

   adeguato l'ordinamento interno alle norme sui poteri attribuiti dal regolamento MiFIR alle competenti Autorità nazionali ed europee (ESMA ed EBA) in tema di product intervention, ovvero quei poteri volti a proibire la commercializzazione, la distribuzione o la vendita di strumenti finanziari e depositi strutturati, nonché l'esercizio di attività o pratiche finanziarie ritenute pregiudizievoli per la tutela degli investitori, l'ordinato funzionamento ed integrità dei mercati, ovvero per la stabilità del sistema finanziario;

   modificato la disciplina dei mercati e degli emittenti, con particolare riferimento ell'equity crowdfunding per le piccole e medie imprese;

   riordinato la disciplina sanzionatoria al fine di renderla aderente con quanto disposto dalla MiFID II e dal MiFIR e dalle norme di delega.

  In attuazione di tali norme, la Banca d'Italia ha pubblicato il nuovo Regolamento di attuazione delle norme primarie così introdotte, in esecuzione del pacchetto europeo MiFID II/MiFIR. Il Regolamento disciplina gli obblighi degli intermediari che prestano servizi e attività di investimento e gestione collettiva del risparmio in materia di: governo societario e requisiti generali di organizzazione, compresi i sistemi interni di segnalazione delle violazioni dell'alta dirigenza; esternalizzazione sistemi di remunerazione e di incentivazione; continuità dell'attività; organizzazione amministrativa e contabile, compresa l'istituzione delle funzioni di controllo della conformità alle norme, gestione del rischio dell'impresa, audit interno; responsabilità di funzioni operative essenziali o importanti; deposito e sub-deposito dei beni della clientela. Il Regolamento è stato pubblicato congiuntamente alle modifiche alle disposizioni di vigilanza (della Circolare Banca d'Italia n. 285/2013) sulla prestazione transfrontaliera di servizi di investimento, sempre nell'ambito dell'attuazione del pacchetto MiFID II/MiFIR.
  La Consob ha apportato modifiche a numerosi regolamenti, a seguito dell'entrata in vigore della normativa di attuazione Pag. 327 del pacchetto MiFID II e MiFIR: in particolare sono stati modificati il Regolamento intermediari, il Regolamento mercati, il Regolamento sull'equity crowdfunding e il Regolamento emittenti.
  Da ultimo, si segnala che la VI Commissione Finanze della Camera dei deputati ha espresso (seduta del 3 marzo 2021) una valutazione favorevole, con osservazioni, sulla proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2014/65/UE per quanto riguarda gli obblighi di informazione, la governance del prodotto e i limiti di posizione per sostenere la ripresa dalla pandemia di COVID-19 (COM (2020) 280 final).
  La proposta è confluita nella Direttiva (UE) 2021/338 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2021, che modifica la direttiva 2014/65/UE per quanto riguarda gli obblighi di informazione, la governance del prodotto e i limiti di posizione, e le direttive 2013/36/UE e (UE) 2019/878 per quanto riguarda la loro applicazione alle imprese di investimento, per sostenere la ripresa dalla crisi COVID-19.
  In sintesi, tale direttiva ha lo scopo di eliminare gli oneri amministrativi derivanti dalle norme in materia di documentazione e informativa che non sono controbilanciate da un corrispondente aumento della tutela degli investitori. In particolare, intende ridurre il livello delle informazioni che dovranno essere fornite agli investitori professionali (come gli investitori istituzionali e le banche) e, in alcuni casi limitati, agli investitori non professionali (investitori al dettaglio) e prevedono, altresì, l'eliminazione graduale delle informazioni su supporto cartaceo, a meno che il cliente non professionale le richieda.
  Si segnala, infine, che nell'ambito del pacchetto di misure per la finanza digitale, presentato dalla Commissione il 24 settembre 2020, le proposte sulla resilienza operativa digitale (COM(2020)595 e COM(2020)596) intendono apportare modifiche mirate sia alla direttiva MiFID2 che al regolamento MiFIR.

L'Unione dei mercati dei capitali

  Già da qualche anno l'UE – dapprima con il Piano d'azione del 2015, successivamente con la revisione intermedia del 2017 – sta lavorando al progetto dell'Unione dei mercati dei capitali (Capital Markets Union –CMU) diretto a promuovere una piena integrazione dei mercati nazionali dei capitali e ad assicurare la parità di accesso agli investimenti e alle opportunità di finanziamento in tutta l'UE.
  Il progetto si è tradotto in una serie di iniziative, legislative e non, articolate attorno ai seguenti assi: il finanziamento di progetti innovativi, delle start-up e di imprese non quotate; un più agevole accesso ai mercati dei capitali per le aziende, specie le PMI; l'ampliamento delle possibilità di investimento per gli investitori istituzionali; l'abbattimento delle barriere agli investimenti transfrontalieri.
  L'UMC è stata elaborata anche in risposta alla crisi economico-finanziaria esplosa nel 2008, che ha evidenziato che uno dei fattori di riduzione dei tassi di crescita è l'indisponibilità, nell'UE, di crediti a tassi adeguati e di strumenti avanzati per il finanziamento dell'economia.
  Più recentemente, il completamento del progetto si è fatto più urgente alla luce della crisi economica esplosa in termini drammatici a seguito della pandemia Covid-19; proprio in tale ottica, il progetto è stato rilanciato dalla Commissione europea con la presentazione, il 24 settembre 2020, di un nuovo piano d'azione.
  Il nuovo Piano europeo contiene 16 misure, articolate intorno a tre obiettivi:

  stimolare una ripresa economica sostenibile da un punto di vista ambientale e digitale, nonché inclusiva e robusta, attraverso misure di accrescimento delle opportunità di finanziamento per le imprese europee;

  rendere il territorio dell'Unione un ambiente ancora più sicuro per gli investimenti di lungo termine e per il risparmio delle persone fisiche;

  dare luogo a un'autentica integrazione dei mercati dei capitali nazionali in un mercato unico europeo.

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  L'obiettivo finale del Piano è quello di far convergere i mercati nazionali dei capitali in un vero mercato unico a livello UE. Il piano d'azione si basa inoltre sulla convinzione che attraverso mercati dei capitali realmente integrati su base europea sia possibile garantire il necessario supporto a una ripresa economica che sia «verde», «digitale», «inclusiva» e «resiliente», facilitare l'accesso ai finanziamenti da parte delle imprese dell'UE, in particolare le piccole e medie imprese (PMI) e incentivare il risparmio e l'investimento a lungo termine.
  Il piano d'azione tiene conto e si sviluppa a partire dal cosiddetto pacchetto di misure per la ripresa dei mercati dei capitali (esaminato dalla VI Commissione Finanze della Camera dei deputati), che ha apportato alcune modifiche mirate alle norme sulla cartolarizzazione, alla direttiva MiFID II e al regolamento sul prospetto.
  Recentemente, inoltre, la Commissione europea ha preannunciato la creazione di un punto di accesso unico europeo, che dovrebbe aiutare gli investitori a ottenere un accesso agevole, rapido e comparabile ai dati societari europei, facilitando così il finanziamento delle imprese europee, e ha presentato una proposta di revisione complessiva della legislazione dell'UE in materia di assicurazioni (nota come «Solvibilità II») con l'obiettivo tra l'altro di rafforzare il contributo degli assicuratori europei al finanziamento della ripresa, al completamento dell'Unione dei mercati dei capitali e all'incanalamento dei fondi verso il Green Deal europeo.

Piano d'azione della Commissione europea per finanziare una crescita sostenibile

  Nel 2018 la Commissione europea ha adottato il suo primo piano d'azione per finanziare la crescita sostenibile (COM(2018)97), volto, in particolare, a riorientare i flussi di capitali verso investimenti sostenibili.
  Facendo seguito al Piano, l'Unione ha introdotto tre elementi di base per il quadro della finanza sostenibile: 1) un sistema di classificazione o «tassonomia» delle attività sostenibili a livello dell'UE inteso a fornire alle imprese e agli investitori un linguaggio comune per individuare le attività economiche che possono essere considerate ecosostenibili, anche allo scopo di fornire una protezione contro la pratica del greenwashing, ossia il ricorso al marketing per descrivere i prodotti, le attività o le politiche di un'organizzazione come ecocompatibili quando non lo sono (regolamento (UE) 2020/852); 2) un quadro normativo relativo all'informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari, che introduce obblighi di trasparenza su come i partecipanti ai mercati finanziari e i consulenti finanziari integrano i fattori ambientali, sociali e di governance nelle loro decisioni in materia di investimenti e nelle loro consulenze in materia di investimenti o assicurazioni (regolamento (UE) 2019/2088); 3) un quadro normativo sugli indici di riferimento climatici dell'UE (regolamento (UE) 2019/2089).
  In seguito, la Commissione europea ha presentato, il 21 aprile 2021, un ulteriore pacchetto di misure che include in particolare: un atto delegato relativo agli aspetti climatici della tassonomia UE, che mira a promuovere gli investimenti sostenibili chiarendo meglio quali attività economiche contribuiscono di più al conseguimento degli obiettivi ambientali dell'UE; una proposta di direttiva sull'informativa in materia di sostenibilità delle imprese; sei atti delegati modificativi relativi ai doveri fiduciari e alla consulenza in materia di investimenti e assicurazioni al fine di garantire che le imprese finanziarie, ad esempio i consulenti, i gestori di attivi o gli assicuratori, includano la sostenibilità nelle loro procedure e nella consulenza in materia di investimenti fornita ai clienti.
  Da ultimo, infine, il 6 luglio 2021, la Commissione ha presentato una nuova strategia per finanziare la transazione verso un'economia sostenibile (COM(2021)390) che illustra le azioni per fare in modo che la finanza rivesta un ruolo fondamentale per il conseguimento degli obiettivi ambientali e climatici dell'Unione e supporti una ripresa sostenibile dalla pandemia di COVID-19. Pag. 329
  Nel quadro della nuova strategia la Commissione ha altresì presentato un atto delegato nell'ambito del regolamento tassonomia in cui specifica quali informazioni devono essere divulgate dalle imprese finanziarie e non finanziarie in riferimento alla rispettiva prestazione ambientale sulla base della tassonomia dell'Unione e soprattutto una proposta di regolamento sulle obbligazioni verdi europee (COM(2021)391) che intende porre le basi per un quadro comune di norme relative all'uso della denominazione «obbligazione verde europea» o «EuGB» per le obbligazioni che perseguono obiettivi ecosostenibili ai sensi del regolamento sulla tassonomia.

Market Abuse Regulation – MAR (abusi di mercato)

  Il regolamento (Ue) n. 596/2014 è entrato in vigore il 3 luglio 2016, sostituendo le disposizioni contenute nella Direttiva 2003/6/UE (Market Abuse Directive – MAD I) e istituendo un quadro comune di regolamentazione in materia di abuso di informazioni privilegiate, comunicazioni illecite di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato. Oltre al regolamento, la disciplina è contenuta nella direttiva 2014/57/UE, (MAD II), relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato.
  Il regolamento europeo identifica tre tipi di abusi: manipolazione del mercato, abuso di informazioni privilegiate e comunicazione illecita di informazioni privilegiate. Per contrastare il compimento di tali abusi vengono previsti una serie di strumenti in grado di prevenire e individuare in modo efficace le condotte lesive dell'integrità dei mercati. Si fa riferimento, tra l'altro, a: obblighi di segnalazione delle operazioni sospette, obblighi di comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate, redazione da parte degli stessi emittenti di elenchi delle persone aventi accesso a informazioni privilegiate, obblighi di notifica all'autorità competente e all'emittente delle operazioni effettuate da persone che esercitano apicali, nonché regole volte a garantire la corretta e trasparente presentazione di raccomandazioni di investimento e statistiche, norme sulla prevenzione e individuazione di abusi di mercato mediante procedure di segnalazione alle autorità di vigilanza, comprese le procedure interne messe in atto dai datori di lavoro che svolgono attività regolamentate dalla normativa in materia di servizi finanziari affinché i propri dipendenti possano segnalare violazioni della disciplina sugli abusi di mercato (cd. whistleblowing).
  Il regolamento europeo rafforza anche i poteri di controllo e indagine delle autorità nazionali, prevedendo tra l'altro la possibilità di condurre ispezioni e indagini sul posto e richiedere il congelamento o il sequestro dei beni. Tra i poteri sanzionatori che gli Stati membri devono conferire alle Autorità competenti, in specifici casi individuati dal regolamento, vi sono, oltre al potere di comminare le anticipate sanzioni amministrative pecuniarie, poteri di tipo interdittivo e inibitorio (revoca o sospensione dell'autorizzazione di una società di investimento; interdizione temporanea o permanente, nei confronti di chiunque eserciti responsabilità di direzione in una società di investimento o di qualsiasi altra persona fisica ritenuta responsabile della violazione, dall'esercizio di funzioni dirigenziali in società di investimento).
  Il d.lgs. 10 agosto 2018, n. 107 contiene le norme di adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento MAR. Le Autorità di vigilanza hanno adottato, altresì, le relative disposizioni regolamentari.
  Il regolamento è in corso di revisione: nel mese di maggio 2020, l'ESMA ha pubblicato un documento di consultazione e alcune proposte di modifica in materia di abusi di mercato. La consultazione si è conclusa il 15 luglio 2020. Nel mese di settembre 2020 l'ESMA ha presentato il final report a esito del processo di consultazione.

Alternative Investment Fund Managers Directive – AIFMD

  La direttiva 2011/61/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'8 giugno 2011 (Alternative Investment Fund Managers Directive Pag. 330 –AIFMD), sui gestori di fondi di investimento alternativi, ha introdotto una serie di misure volte a promuovere una maggiore integrazione del mercato europeo del risparmio gestito, armonizzando la disciplina applicabile ai gestori (GEFIA) di fondi alternativi (FIA), vale a dire gli organismi di investimento collettivo non rientranti nell'ambito di applicazione della direttiva più generale 2009/65/CE (Undertakings for the collective investment in transferable securities – UCITS IV).
  Le norme della direttiva AIFM sono state dettagliate dalle misure di esecuzione contenute nel Regolamento delegato (UE) n. 231 della Commissione del 19 dicembre 2012 che ha introdotto norme puntuali in materia di deroghe, condizioni generali di esercizio, depositari, leva finanziaria, trasparenza e sorveglianza – direttamente applicabile negli ordinamenti degli Stati membri nonché dalle Guidelines on key concepts of the AIFMD dell'ESMA del 13 agosto 2013.
  Il quadro normativo dei gestori alternativi è stato inoltre completato dai Regolamenti (UE) n. 345/2013 e n. 346/2013 che hanno disciplinato i gestori di fondi europei per il venture capital (EuVECA) e i gestori di fondi europei per l'imprenditoria sociale (EuSEF), i quali per la loro dimensione ridotta sono considerati GEFIA sotto-soglia ai sensi della AIFMD.
  In Italia la disciplina è stata recepita con il d.lgs. 4 marzo 2014, n. 44 e con le relative norme di attuazione emanate dalle autorità di vigilanza, per consentire l'adeguamento della normativa nazionale alla direttiva e ad inserire le disposizioni necessarie all'applicazione dei regolamenti europei EuVECA ed EuSEF. La direttiva AIFM e le relative norme di attuazione hanno imposto una ridefinizione del perimetro regolamentare applicabile alla materia del risparmio gestito, avendo disciplinato in modo uniforme aspetti che, in precedenza, erano lasciati alla discrezionalità delle singole legislazioni nazionali.
  Nel mese ottobre 2020, la Commissione europea ha avviato due pubbliche consultazioni, terminate a gennaio 2021, proprio sul tema dell'accesso ai FIA da parte degli investitori al dettaglio: la prima relativa al Regolamento ELTIF (v. infra) e la seconda sulla direttiva sui gestori (AIFMD), che è in corso di revisione.
  Si segnala, infine, che le citate proposte sulla resilienza operativa digitale apporterebbero modifiche mirate alla direttiva 2011/61/UE.

Non-financial reporting directive – NFRD

  La direttiva 2014/95/UE disciplina la comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni, con l'obiettivo di accrescere la pertinenza, l'uniformità e la comparabilità delle informazioni comunicate.
  In particolare, si prevede l'integrazione delle informazioni da fornire da parte di talune tipologie di imprese nella relazione sulla gestione o l'indicazione delle stesse in un documento separato. Viene disciplinata la cd. dichiarazione di carattere non finanziario, che obbliga le imprese di grandi dimensioni che costituiscono enti di interesse pubblico e che, alla data di chiusura del bilancio, presentano un numero di dipendenti occupati in media durante l'esercizio pari a 500, di includere nella relazione sulla gestione una dichiarazione di carattere non finanziario contenente almeno informazioni ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani e alla lotta contro la corruzione attiva e passiva in misura necessaria alla comprensione dell'andamento dell'impresa, dei suoi risultati, della sua situazione e dell'impatto della sua attività.
  Analogamente, la relazione sul governo societario deve contenere una descrizione della politica in materia di diversità applicata in relazione alla composizione degli organi di amministrazione, gestione e controllo dall'impresa relativamente ad aspetti quali, ad esempio, l'età, il sesso, o il percorso formativo e professionale, gli obiettivi di tale politica sulla diversità, le modalità di attuazione e i risultati nel periodo di riferimento. In caso di mancata applicazione di tale tipologia di politica, la dichiarazione Pag. 331 deve contenere una spiegazione del motivo di tale scelta. Ulteriormente, viene previsto che i revisori legali o l'impresa di revisione contabile esprimano il proprio giudizio riguardo alle informazioni approntate e verifichino che le stesse siano state fornite; gli Stati membri possono comunque esentare gli enti di interesse pubblico che abbiano emesso soltanto valori mobiliari diversi da azioni ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, dall'applicazione dei nuovi obblighi, salvo che tali imprese abbiano emesso azioni negoziate in un sistema multilaterale di negoziazione.
  Si richiede, similmente a quanto previsto per l'informativa relativa alla singola impresa, informazioni ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani e alla lotta contro la corruzione attiva e passiva anche a livello consolidato.
  Il decreto legislativo 30 dicembre 2016, n. 254, nel dettare la disciplina sugli obblighi di comunicazione delle informazioni di carattere non finanziario (in attuazione della direttiva comunitaria 2014/95/UE), ha attribuito alla Consob il potere di emanare un regolamento di attuazione. Con il Regolamento 19 gennaio 2018 n. 20267, la Consob ha definito, tra l'altro, le modalità di trasmissione diretta della dichiarazione di carattere non finanziario, le modalità di pubblicazione ulteriori rispetto al deposito presso il Registro imprese, le modalità per il controllo della Consob; d) le modalità di svolgimento delle verifiche spettanti ai revisori dei conti.
  Nel mese di febbraio 2020 la Commissione Europea ha dato il via a una pubblica consultazione volta alla revisione della direttiva NFRD, conclusasi nel giugno 2020. Il 21 aprile 2021 la Commissione ha adottato una proposta di direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale (CSRD), che modificherebbe gli attuali obblighi di rendicontazione della NFRD.

PEPP e tassazione dei rendimenti

  Il regolamento (UE) 2019/1238 istituisce il prodotto pensionistico paneuropeo (PEPP) ovvero un nuovo tipo di prodotto pensionistico individuale ad adesione volontaria con caratteristiche armonizzate su base europea.
  Ai sensi del regolamento, il PEPP è un prodotto pensionistico individuale di risparmio a lungo termine offerto da un'impresa finanziaria abilitata alla registrazione di un contratto PEPP e sottoscritto da un risparmiatore o da un'associazione indipendente di risparmiatori in PEPP a nome dei suoi membri a fini pensionistici, con nessuna possibilità di rimborso o con possibilità strettamente limitate, registrato in conformità del regolamento.
  I prodotti che rientreranno nel PEPP potranno essere offerti da compagnie di assicurazione, banche, fondi pensione professionali, imprese di investimento e gestori di attivi, che beneficeranno di un passaporto europeo in base al quale potranno vendere tali prodotti finanziari in diversi Stati membri. Si tratta di prodotti di previdenza complementare volti a integrare i regimi pensionistici individuali pubblici, professionali e nazionali.
  Il regolamento disciplina in dettaglio gli obblighi pre-contrattuali di fornitori e distributori, la documentazione che dovrà supportare le scelte di investimento (documento contenente le informazioni chiave sul PEPP o PEPP Key Information Document – KID), il regime di responsabilità civile, la possibilità di trasferire le risorse accumulate da un fornitore a un altro (servizio di trasferimento), la possibilità di continuare a versare sul proprio PEPP in caso di trasferimento della propria residenza da uno Stato membro a un altro (servizio di portabilità del PEPP tramite apertura di sottoconti nazionali), nonché le norme che sovraintendono la cosiddetta fase di decumulo, in cui il capitale accumulato negli anni viene trasformato in prestazione pensionistica complementare. Nonostante si tratti di un regolamento le cui norme sono direttamente applicabili trascorsi 12 mesi dalla pubblicazione degli atti delegati alla Commissione, che li adotta previa elaborazione dell'autorità di vigilanza delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali (EIOPA), l'attuazione delle disposizioni richiede la definizione Pag. 332 di diverse opzioni normative a livello nazionale. In particolare, fra le scelte da compiere a livello nazionale rientreranno la definizione delle condizioni relative alla fase di accumulo (articolo 47 del regolamento PEPP) e decumulo (articolo 57), l'assetto della vigilanza (Capo IX), attraverso la designazione delle autorità nazionali competenti e dei relativi poteri, nonché l'assetto sanzionatorio (Capo X) necessario per sostenere l'effettività delle disposizioni europee.
  Per tali ragioni la delega al Governo ad adeguare la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento è contenuta nell'articolo 20 della legge europea 2019-2020, legge n. 53 del 2021 (AS.1721-B).
  Si segnala, a tale proposito, che nella delega al Governo è richiesto di definire per i PEPP un trattamento fiscale analogo a quello previsto per le forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo n. 252 del 2005, anche prevedendo l'obbligo della sussistenza di requisiti che garantiscano al risparmiatore in PEPP un livello di tutela almeno analogo a quello derivante dalla sottoscrizione di forme pensionistiche complementari già esistenti.
  Si ricorda che i fondi pensione italiani applicano lo schema fiscale ETT (Esenzione nella fase di contribuzione, tassazione dei rendimenti e delle prestazioni), mentre nella maggior parte dell'area euro lo schema è EET (esenzione nelle fasi di contribuzione e di accumulazione, tassazione nella fase di erogazione). Attualmente sul risultato netto della gestione delle forme pensionistiche complementari grava un'imposta sostitutiva prelevata annualmente con aliquota del 20 per cento (comma 621 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, legge di stabilità 2015).
  Si segnala che il modello EET è ritenuto maggiormente incentivante per gli aderenti, che possono godere nell'immediato dell'esenzione delle somme destinate al risparmio previdenziale, rispetto al modello ETT italiano, caratterizzato da un maggior rischio circa possibili modifiche normative che potrebbero incidere sul regime di favore previsto per la fase di erogazione.
  Recentemente è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 22 marzo 2021 il regolamento delegato (UE) del 18 dicembre 20202, 2021/473 che integra il Regolamento (UE) 2019/1238 per quanto riguarda le norme tecniche di regolamentazione che specificano le disposizioni relative ai documenti informativi, ai costi e alle commissioni inclusi nel massimale dei costi e alle tecniche di attenuazione del rischio per PEPP.

GACS

  Il decreto-legge n. 18 del 2016 ha disciplinato la concessione di una garanzia dello Stato sulla cartolarizzazione delle sofferenze bancarie, così recependo l'accordo raggiunto con la Commissione europea sul meccanismo per smaltire i crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari, da attuare mediante la concessione di garanzie dello Stato nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione che abbiano come sottostante crediti in sofferenza (Garanzia cartolarizzazione crediti in sofferenza – GACS).
  La presenza della garanzia pubblica è volta a facilitare il finanziamento delle operazioni di cessione dei crediti in sofferenza, riducendo il rischio che le attività della società veicolo cessionaria delle attività non costituiscano una garanzia adeguata al rimborso delle asset backed securities.
  Per evitare un trasferimento eccessivo di rischio a carico del bilancio dello Stato è previsto, tuttavia, che siano oggetto della garanzia dello Stato solo le cartolarizzazioni cosiddette senior, ossia quelle considerate relativamente meno rischiose, in quanto sopportano per ultime eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese. Il rimborso dei titoli più rischiosi è invece subordinato al rimborso integrale delle tranches di titoli coperte dalla garanzia di Stato.
  Le garanzie possono essere chieste dagli istituti che cartolarizzano e cedono i crediti in sofferenza, a fronte del pagamento di una commissione periodica al Tesoro, calcolata come percentuale annua sull'ammontare garantito. Il prezzo della garanzia è di mercato, come anche ribadito dalla Commissione Pag. 333 europea per rendere compatibile la misura con la disciplina degli aiuti di Stato. Si prevede che il prezzo della garanzia sia crescente nel tempo, allo scopo di tener conto dei maggiori rischi connessi a una maggiore durata dei titoli e di incentivare un rapido recupero dei crediti in sofferenza. Al fine del rilascio della garanzia, i titoli devono avere preventivamente ottenuto un rating uguale o superiore all'investment grade da un'agenzia di rating indipendente e inclusa nella lista delle agenzie accettate dalla BCE secondo i criteri che le agenzie stesse sono tenute ad osservare. Per essere ammessa al beneficio un'operazione di cartolarizzazione deve inoltre rispettare specifici requisiti di. Per finanziare l'intervento della GACS è stato istituito un apposito Fondo presso il MEF con una dotazione iniziale di 220 milioni di euro, ulteriormente alimentato dai corrispettivi annui delle garanzie di volta in volta concesse.
  La gestione del Fondo, con il decreto attuativo del Ministro dell'economia e delle finanze del 3 agosto 2016, è stata affidata a CONSAP S.p.A., società a capitale interamente pubblico alla quale sono state affidate le ulteriori attività necessarie ai fini dell'attuazione dell'intervento.
  Lo schema è stato autorizzato dalla Commissione europea all'atto della sua implementazione. Tale autorizzazione è stata prorogata di volta in volta nel corso del tempo e, da ultimo è stata concessa fino al 14 giugno 2022.
  Il decreto-legge n. 22 del 2019 ha modificato e integrato le disposizioni del decreto-legge n. 18 del 2016, incrementando le misure di monitoraggio delle operazioni ammesse al beneficio e prevedendo, tra i requisiti di struttura delle operazioni di cartolarizzazione, anche l'introduzione di obiettivi di performance legati al recupero dei crediti, il cui mancato rispetto è causa di sostituzione del soggetto incaricato della riscossione dei crediti (cosiddetto servicer) ovvero di differimento di quella parte dei compensi ad esso dovuti condizionata ad obiettivi di performance.
  L'articolo 32 del decreto-legge n. 34 del 2020, decreto Rilancio, stabilisce che, in relazione alle operazioni di cartolarizzazione per le quali sia stata concessa o sarà richiesta la concessione della garanzia dello Stato, il Ministero dell'economia e delle finanze, su istanza documentata della società veicolo (società cessionaria), previa istruttoria di CONSAP S.p.A., possa apportare specifiche modifiche del regolamento dei titoli o dei contratti dell'operazione, concordate tra le parti dell'operazione, volte ad adeguarne la disciplina alle conseguenze dell'emergenza epidemiologica legata al COVID-19.

Credito di imposta quotazione PMI

  La legge di bilancio 2021 ha prorogato fino al 31 dicembre 2021 il credito di imposta per le spese di quotazione delle PMI. Istituito dai commi da 89 a 92 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018) e successivamente prorogato nel tempo, si applica alle PMI che decidono di quotarsi in un mercato regolamentato o in sistemi multilaterali di negoziazione nella misura del 50 per cento delle spese di consulenza sostenute, fino a un massimo di 500.000 euro.

Venture capital

  Il Regolamento (UE) n. 345/2013 relativo ai fondi europei per il venture capital è stato emanato per rafforzare la crescita e l'innovazione delle imprese nell'Unione, comprese le piccole e medie imprese (PMI). Il regolamento ha introdotto la denominazione di Fondo europeo per il venture capital, noto anche come EuVECA, e nuove misure per consentire ai gestori delle imprese di crescere e commercializzare i loro fondi nell'UE utilizzando un insieme unico di regole
  Per utilizzare la denominazione EuVECA e commercializzare i propri fondi nell'Unione, i gestori dei venture capital devono rispettare specifici requisiti di investimento (il 70 per cento del capitale che riceve dagli investitori è investito nel sostenere le imprese ammissibili, come ad esempio le PMI giovani e innovative) e fornire strumenti di capitale o strumenti quasi- Pag. 334equity a tali imprese; non deve fare uso di leva finanziaria, ovvero non investire più capitale di quanto impegnato dagli investitori.
  Il regolamento stabilisce criteri di qualità uniformi per i gestori dei fondi di venture capital che desiderano utilizzare la denominazione EuVECA. Tali requisiti disciplinano tutto, dal modo in cui essi stessi si organizzano e si comportano al modo in cui informano gli investitori circa le loro attività e politiche di investimento.
  Il regolamento (UE) 2017/1991 ha modificato il regolamento (UE) n. 345/2013 relativo ai fondi europei per il venture capital, ampliando l'uso della denominazione EuVECA e la gamma delle imprese ammissibili, con lo scopo di diminuire i costi associati alla commercializzazione dei fondi all'interno dell'Unione.
  La legge di bilancio 2019 ha istituito, nello stato di previsione del MISE, il Fondo di sostegno al venture capital, con una dotazione iniziale di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025 (ai sensi di quanto previsto dall'articolo 1, comma 209 della L. n. 145 del 2018 citata legge di bilancio 2019). Con le risorse del Fondo il MISE è autorizzato a sottoscrivere quote o azioni di uno o più Fondi per il venture capital o di uno o più fondi che investono in Fondi per il venture capital, per promuovere gli investimenti in capitale di rischio da parte di operatori professionali in PMI in fase di costituzione e ad alto potenziale di sviluppo (articolo 1, comma 206 della L. n. 145/2018).
  L'intervento del Fondo statale è a condizioni di mercato, ovvero, in cd. regime di esenzione (cioè, secondo le condizioni fissate dalla disciplina sugli aiuti di Stato per investimenti in capitale di rischio, di cui all'art. 21 del Regolamento generale di esenzione per categoria, Regolamento n. 651/2014/UE – cd. GBER), ovvero può avvenire attraverso le due modalità congiuntamente. Il coinvolgimento dei soggetti privati può essere di due tipologie. Possono impegnarsi a sottoscrivere una quota pari almeno al 30 per cento del fondo venture capital oppure possono coinvestire nelle singole operazioni di investimento del fondo.
  Contemporaneamente, il D.M. ha destinato agli investimenti nei Fondi per il venture capital istituiti e gestiti dalla CDP Venture Capital SGR S.p.A. – Fondo Nazionale Innovazione o da altre società autorizzate da Banca d'Italia a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio, la somma di 200 milioni di euro già previsti con delibera CIPE n. 14 del 28 febbraio 2018, e assegnati al MISE dal comma 121 della legge di bilancio 2019.
  Il decreto Rilancio (decreto-legge n. 34 del 2020, articolo 38, comma 3), ha rifinanziato di 200 milioni di euro per l'anno 2020 il Fondo statale di sostegno al venture capital. Le risorse sono state specificamente finalizzate a sostenere investimenti nel capitale, anche tramite la sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi, nonché tramite l'erogazione di finanziamenti agevolati, la sottoscrizione di obbligazioni convertibili, o altri strumenti finanziari di debito che prevedano la possibilità del rimborso dell'apporto effettuato, a beneficio esclusivo delle start-up innovative e delle PMI innovative. Il relativo decreto attuativo è del 1° ottobre 2020.
  Con riferimento agli incentivi fiscali per il venture capital, si ricorda che il decreto-legge n. 98 del 2011 esenta da imposizione gli investimenti in fondi per il venture capital, qualora i FVC prevedano nei loro regolamenti che almeno il 75 per cento dei relativi attivi sia investito in società non quotate, qualificabili come piccole e medie imprese, con sede operativa in Italia, avviate da non più di 36 mesi e con fatturato non superiore a 50 milioni di euro. Inoltre gli incentivi sono confermati se, decorso un anno dalla data di avvio dei Fondi o dall'adeguamento del loro regolamento alle disposizioni di cui sopra, il valore dell'investimento in società non quotate non risulti inferiore, nel corso dell'anno solare, al 75 per cento del valore degli attivi per più di tre mesi. Infine, le quote o azioni delle società in cui investono i Fondi per il Venture Capital devono essere direttamente detenute almeno per il 51 per cento da persone fisiche e devono essere inferiori, Pag. 335 per ciascuna piccola o media impresa, a 2,5 milioni di euro su un periodo di 12 mesi (ai sensi del decreto MEF del 21 dicembre 2012).

Fintech

  Con il termine Fintech originariamente si faceva riferimento alle applicazioni informatiche a supporto dell'attività di banche e imprese di investimento. Col tempo, invece, la definizione si è allargata a una grande varietà di servizi e tecnologie per le imprese e i privati, includendo un insieme di innovazioni relative a prodotti e servizi bancari, finanziari e assicurativi: pagamenti elettronici (cashless), piattaforme on-line per il prestito fra privati (peer-to-peer lending) o per l'investimento in progetti innovativi (crowdfunding), negoziazione automatizzata (algo-trading), consulenza automatizzata (robo-advice) e nuovi sistemi di gestione dei rischi assicurativi (InsurTech), per citare i più diffusi. Più in generale, secondo la definizione che ne dà la Banca d'Italia, con il termine inglese Fintech ci si riferisce alla financial technology, ossia all'offerta di servizi di finanziamento, di pagamento, di investimento e di consulenza ad alta intensità tecnologica, che comportano forti spinte innovative nel mercato dei servizi finanziari.
  Sulla materia sono intervenuti i commi dal 2-bis al 2-decies dell'articolo 36 del decreto n. 34 del 2019 (decreto crescita) che hanno introdotto norme volte a promuovere l'innovazione e la competizione del mercato dei capitali, attraverso la creazione di uno spazio tecnico-normativo sperimentale e temporaneo per le imprese del settore finanziario che operano attraverso la tecnologia con una regolamentazione semplificata, assicurando un livello di protezione adeguata per gli investitori. A tali fini, il Ministro dell'economia e delle finanze (MEF) è delegato, sentite la Banca d'Italia, la Consob e Ivass, ad adottare entro il 30 giugno 2019 (termine posticipato al 31 gennaio 2021), uno o più regolamenti per definire le condizioni e le modalità di svolgimento di una sperimentazione (cd. regulatory sandbox) di durata massima di diciotto mesi per le attività che perseguono l'innovazione di servizi e prodotti finanziari, creditizi e assicurativi mediante l'utilizzo nuove tecnologie. Fra queste, a titolo esemplificativo, vengono espressamente citate nel testo della disposizione l'intelligenza artificiale e i registri distribuiti (Distributed Ledger Technology, o DLT, la cui applicazione più nota è rappresentata dalla blockchain). I decreti definiscono i limiti di operatività, i casi in cui un'attività può essere ammessa a sperimentazione, nonché i casi in cui è ammessa la proroga. Si prevede inoltre che Banca d'Italia, Consob e Ivass, nell'ambito delle proprie competenze, adottino i provvedimenti per l'ammissione alla sperimentazione (articolo 1, comma 4-undecies, del decreto-legge 7 ottobre 2020, n. 125).
  Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (Serie Generale n. 157 del 2 luglio 2021) del Decreto ministeriale 30 aprile 2021, n. 100 è stata regolamentata la cd regulatory sandbox, La cabina di regia e il coordinamento dell'iniziativa vengono affidati al Comitato FinTech. Per accedere alla sperimentazione, gli operatori devono presentare all'autorità di vigilanza competente per materia progetti relativi ad attività che offrono servizi, prodotti o processi innovativi nel settore bancario, finanziario o assicurativo e che arrecano benefici per gli utenti finali o contribuiscono all'efficienza del mercato. I progetti devono essere in uno stato sufficientemente avanzato per la sperimentazione e sostenibili da un punto di vista economico e finanziario.
  Si segnala inoltre che il comma 2-octies del citato articolo 36 istituisce presso il MEF il Comitato Fintech il quale ha il compito di:

   individuare obiettivi, definire programmi, e porre in essere azioni per favorire l'utilizzo di tecnologie innovative nei settori bancario, finanziario e assicurativo, anche in cooperazione con soggetti esteri,

   formulare proposte di intervento normativo,

   agevolare il contatto degli operatori del settore con le istituzioni e le autorità.

Pag. 336

  Sono membri permanenti del Comitato Fintech: i Ministri dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico e degli affari europei, la Banca d'Italia, la Consob, l'Ivass, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcom), l'Autorità garante per la protezione dei dati personali, l'Agenzia per l'Italia digitale, l'Agenzia delle Entrate.
  Il Comitato può invitare alle proprie riunioni, con funzioni consultive e senza diritto di voto, ulteriori istituzioni e autorità, nonché associazioni di categoria, imprese, entità e soggetti operanti nel settore della tecno-finanza.
  Nella recente comunicazione della Commissione europea relativa a una strategia in materia di finanza digitale per l'UE del 24 settembre 2020 (COM (2020) 591 final) la Commissione ha indicato, tra le azioni principali da portare a compimento entro il 2024; alcune priorità, tra le quali:

   a) l'armonizzazione delle norme sull'onboarding (accesso ai servizi finanziari) dei clienti e partire dal riesame del regolamento eIDAS per attuare un quadro transfrontaliero interoperabile per le identità digitali;

   b) un nuovo quadro normativo dell'UE per le cripto-attività, che comprende token correlati ad attività (conosciuti anche come stablecoin) utilizzati come mezzo di pagamento e utility token (proposte COM(2020)593 e COM(2020)594);

   c) modifiche alla normativa dell'UE al fine di garantire che le informative al pubblico siano rese disponibili in formati standardizzati e leggibili meccanicamente anche mettendo a punto un'infrastruttura per l'informativa al pubblico finanziata dall'UE;

   d) l'adattamento dell'attuale normativa prudenziale, di condotta e di vigilanza dell'UE in materia di servizi finanziari per quanto riguarda la protezione del consumatore e le norme prudenziali.

PIR

  La legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017, commi 88-114) ha introdotto un sistema di agevolazioni fiscali volte a incoraggiare investimenti a lungo termine nell'economia reale.
  In primo luogo, sono stati previsti specifici incentivi per i Piani Individuali di Risparmio – PIR, strumenti di investimento di medio e lungo periodo in origine riservati alle persone fisiche e poi progressivamente estesi anche alle casse di previdenza professionale e ai fondi pensione. Essi mirano a collegare i risparmi privati delle famiglie e le disponibilità delle casse di previdenza professionale e dei fondi pensione con gli investimenti delle imprese industriali e commerciali, italiane, dell'Unione europea e di quelle appartenenti allo Spazio economico europeo radicate in Italia, che hanno bisogno di liquidità.
  In particolare, la misura agevolativa consiste nella detassazione degli investimenti effettuati nel PIR. Nello specifico si prevede:

   la non imponibilità dei proventi di natura finanziaria percepiti da persone fisiche, al di fuori dell'attività di impresa commerciale (e dei redditi derivanti dagli investimenti effettuati dalle Casse di previdenza professionale e dai Fondi pensione, derivanti dagli investimenti operati tramite i PIR, che rispettino determinati vincoli e divieti di investimento;

   la non imponibilità, ai fini dell'imposta sulle successioni, per il trasferimento mortis causa degli strumenti finanziari detenuti nel piano.

  Per fruire dei benefici fiscali relativi alla non imponibilità dei redditi, è necessario che l'insieme di tali strumenti sia posseduto per un determinato periodo di tempo (requisito temporale dei 5 anni) e che il PIR sia costituito seguendo criteri predeterminati, che fissano limiti all'entità e vincoli di composizione dell'investimento, nonché limiti alla concentrazione.
  Come anticipato, è richiesto un vincolo di 5 anni di detenzione e un limite all'investimento, pari a 30 mila euro annui e, complessivamente, 150 mila euro. La legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 212) ha inserito ulteriori vincoli agli investimenti nei PIR, per destinare le risorse ai fondi di Pag. 337venture capital, ed elevato dal 30 al 40 per cento la quota di detrazioni spettanti per l'investimento in start-up innovative. Successivamente il decreto-egge n. 124 del 2019 ha previsto nuovi criteri per gli investimenti destinati ai PIR costituiti a decorrere dal 1° gennaio 2020, oltre a disporre l'inapplicabilità agli enti di previdenza obbligatoria e complementare delle disposizioni relative all'unicità del PIR.
  L'articolo 136 del decreto Rilancio (decreto-legge n. 34 del 2020) ha modificato nuovamente la disciplina dei Piani di risparmio a lungo termine, introducendo i cd. PIR alternativi, affiancati ai PIR tradizionali. In particolare, per i Piani a lungo termine costituiti a decorrere dal 1° gennaio 2020 che rispondono a una specifica configurazione del portafoglio di attività, la quota del totale di strumenti finanziari di uno stesso emittente o stipulati con la stessa controparte o con altra società appartenente al medesimo gruppo dell'emittente o della controparte o in depositi e conti correnti viene elevata dal 10 al 20 per cento. La medesima norma amplia i limiti delle somme che possono essere destinate ai Piani di risparmio a lungo termine, portandoli da 30.000 a 150.000 euro annuali, fino a un massimo complessivo elevato da 150.000 euro a 1.500.000 di euro. Si stabilisce inoltre che ciascuna persona fisica può essere titolare di un solo PIR costituito fino al 31 dicembre 2019, e di un solo PIR costituito a partire dal 1° gennaio 2020. L'articolo 68 del decreto-legge Agosto (n. 104 del 2020) ha ulteriormente aumentato a 300.000 euro le somme o valori che gli investitori possono destinare annualmente ai PIR costituiti a decorrere da 1° gennaio 2020.
  I PIR alternativi hanno vincoli di investimento più specifici; per 2/3 dell'anno, almeno il 70 per cento deve essere investito, in via diretta o indiretta, in strumenti finanziari (anche non negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione) di imprese italiane non appartenenti agli indici FTSE MIB e FTSE Italia Mid Cap; presentano anche una classe più ampia di strumenti: oltre che in strumenti finanziari, si può investire anche in prestiti erogati a queste stesse PMI o in loro crediti. È stato elevato il beneficio fiscale, in quanto la defiscalizzazione sulle plusvalenze è ampliata fino a 300.000 euro annui per dieci anni, rispetto ai 30 mila euro all'anno per cinque anni dei PIR tradizionali. Inoltre, essi hanno una maggiore capacità di investimento, perché il vincolo di concentrazione per singolo emittente è elevato al 20 per cento (mentre rimane al 10 per cento per i PIR tradizionali costituiti prima del 2020). Inoltre si amplia la categoria di intermediari operanti in PIR, perché i nuovi PIR possono essere costituiti, oltre che tramite OICR aperti e contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione, anche tramite FIA, quali, Eltif, fondi di PE, fondi di private debt e fondi di credito. Con la legge di bilancio 2021 è stato istituito un credito d'imposta per le perdite derivanti dai PIR alternativi, costituiti dal 1° gennaio 2021: esso è pari alle eventuali minusvalenze derivanti dagli investimenti qualificati effettuati entro il 31 dicembre 2021, a condizione che gli stessi siano detenuti per almeno 5 anni (articolo 1, commi 219-226 della legge n. 178 del 2020).
  Interventi specifici hanno riguardato gli investimenti a lungo termine nel capitale delle imprese e nei PIR effettuati da enti di previdenza obbligatoria e forme di previdenza complementare: la legge di bilancio 2017 ha in primo luogo previsto la detassazione dei redditi derivanti da tali investimenti. La legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019, comma 210 dell'articolo 1), ha innalzato dal 5 al 10 per cento la quota dell'attivo patrimoniale che tali enti possono destinare a investimenti qualificati, secondo il regime agevolato e ha ampliato tale defiscalizzazione, estendendola anche all'acquisto di ulteriori strumenti (ivi compreso il c.d. peer to peer lending), al fine di incentivare gli investimenti in strumenti di debito delle imprese e non solo strumenti di equity. Infine, con la legge di bilancio 2019, la medesima misura è stata estesa alle quote o azioni di fondi per il venture capital residenti nel territorio dello Stato o in Stati membri dell'Unione europea o in Pag. 338Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo.

Crowdfunding

  La legge di bilancio 2017, nel solco degli interventi volti a favorire l'accesso alla liquidità, ha esteso a tutte le piccole e medie imprese la possibilità di reperire capitale di rischio con modalità innovative, attraverso portali online (equity crowdfunding).
  L'equity-based crowdfunding consente, tramite un investimento on-line, di acquistare un vero e proprio titolo di partecipazione in una società: in cambio del finanziamento si acquistano i diritti patrimoniali e amministrativi che derivano dalla partecipazione nell'impresa.
  La Consob ha adottato il Regolamento sulla raccolta di capitali di rischio da parte di start-up innovative tramite portali on-line, successivamente modificato nel tempo anche con l'introduzione del cd. whistleblowing.
  Per l'illustrazione dell'istituto e della relativa disciplina si rinvia alla scheda informativa della Consob.
  Il quadro normativo è destinato a mutare radicalmente, con il nuovo Regolamento (UE) 2020/1503 sui fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese che possono, una volta autorizzati in uno Stato membro, operare su tutto il territorio dell'Unione avvalendosi di apposito passaporto europeo.
  Il Regolamento si applica a partire dal 10 novembre 2021.

Piattaforme di peer-to-peer lending

  Si segnala inoltre che la legge di bilancio 2018 ha introdotto un'ulteriore misura, anch'essa volta a far confluire risorse a sostegno della crescita dell'economia reale, attraverso un regime fiscale agevolato per i proventi derivanti dai finanziamenti erogati da persone fisiche, per il tramite di piattaforme di peer-to-peer lending (trattasi di piattaforme dedicate a soggetti finanziatori non professionali), al fine di incentivare l'utilizzo delle stesse. Sui proventi derivanti dalle attività di peer to peer lending si applica una ritenuta a titolo d'imposta in misura pari al 26 per cento. Ai fini dell'applicazione della ritenuta a titolo d'imposta sui proventi derivanti da investimenti su tali piattaforme, il soggetto finanziatore deve essere esclusivamente una persona fisica al di fuori dell'esercizio di un'attività d'impresa. La ritenuta a titolo di imposta è operata dalle società iscritte all'albo degli intermediari finanziari e dagli istituti di pagamento autorizzati dalla Banca d'Italia.

Organismo di investimento collettivo del risparmio (OICR)

  Gli Organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) sono organismi istituiti per la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, il cui patrimonio è raccolto tra una pluralità di investitori mediante l'emissione e l'offerta di quote o azioni, gestito in monte nell'interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi nonché investito in strumenti finanziari, crediti, inclusi quelli erogati, a favore di soggetti diversi dai consumatori, a valere sul patrimonio dell'OICR, partecipazioni o altri beni mobili o immobili, in base a una politica di investimento predeterminata (articolo 1, d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58-Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF).
  Gli OICR si possono dividere in fondi comuni di investimento (istituiti e gestiti dalle SGR), SICAV, Società di Investimento a Capitale Variabile, e SICAF, Società di investimento a capitale fisso. I fondi comuni per funzionare necessitano di una società di gestione (SGR) il cui patrimonio è distinto e separato dal fondo comune; al contrario quando si investe attraverso SICAV/SICAF si diventa soci della società (a tali istituiti si applicano le norme del Titolo III del TUF).
  Più in dettaglio, le SGR (Società di gestione del risparmio) sono società per azioni alle quali è riservata la possibilità di prestare congiuntamente il servizio di gestione collettiva e individuale di patrimoni. Le SGR sono autorizzate a:

   gestire fondi comuni di propria istituzione e patrimoni di SICAV o SICAF;

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   prestare il servizio di gestione di portafogli;

   prestare il servizio di consulenza in materia di investimenti;

   prestare il servizio di ricezione e trasmissione di ordini, qualora autorizzate a prestare il servizio di gestione di Fondi di investimento alternativi (FIA).

  I FIA sono fondi comuni che investono in strumenti finanziari e attività immobiliari caratterizzati da un minor grado di liquidità rispetto agli altri fondi comuni di investimento (Organismi di Investimento Collettivo in Valori Mobiliari – OICVM).
  Le SICAV (Società di investimento a capitale variabile) e le SICAF (Società di investimento a capitale fisso) sono organismi di investimento collettivo del risparmio costituiti in forma societaria, introdotti nel nostro ordinamento rispettivamente dal decreto legislativo 84/1992 e dal decreto legislativo 44/2014. Gli investitori nel patrimonio di una SICAV possono in qualunque momento ottenere il rimborso del loro investimento; gli investitori nel patrimonio di una SICAF sono vincolati a mantenere il loro investimento per tutta la durata della società.
  Le SGR, le SICAV e le SICAF sono sottoposte alla vigilanza della Banca d'Italia e della Consob e iscritte in appositi albi tenuti dalla Banca d'Italia: l'Albo delle SGR (Sezioni Gestori di OICVM e Gestori di FIA), l'Albo delle SICAV (Sezioni OICVM e FIA) e l'Albo delle SICAF.
  L'articolo 27 del decreto-legge crescita introduce una nuova specifica tipologia di organismo di investimento collettivo del risparmio (OICR) riconducibile alla forma della società di investimento a capitale fisso (Sicaf), con un regime semplificato. La società di investimento semplice a capitale fisso (SIS) deve gestire direttamente il patrimonio raccolto attraverso la sottoscrizione di titoli rappresentativi di capitale riservata agli investitori professionali; il patrimonio netto della società non deve eccedere i 25 milioni di euro, mentre il capitale sociale deve risultare almeno pari a quello previsto dal codice civile per le S.p.A. (50.000 euro); l'oggetto esclusivo dell'attività deve risultare l'investimento diretto del patrimonio raccolto in PMI non quotate su mercati regolamentati e la società non deve ricorrere alla leva finanziaria. A fronte di tali limiti operativi vengono previsti oneri regolatori ridotti, attraverso la disapplicazione della normativa secondaria e di taluni obblighi relativi ai partecipanti al capitale, modificando la disciplina dei gestori che operano al di sotto di specifiche soglie di attivo.
  Gli OICR istituiti in Italia non soggiacciono all'imposizione sui propri redditi (ritenuta al 26 per cento, articolo 27 del D.P.R. 29/09/1973, n. 600), in quanto espressamente esclusi dall'applicazione delle imposte sui redditi, a condizione che l'organismo collettivo, ovvero il soggetto incaricato della sua gestione, sia sottoposto a forme di vigilanza prudenziale. Tale interpretazione è stata riaffermata anche recentemente dall'Agenzia delle entrate: in altri termini, in base alla normativa fiscale, gli OICR pur essendo soggetti passivi IRES sono esenti da tassazione sui redditi dagli stessi prodotti.
  La legge di bilancio 2021 (commi da 631 a 633) allinea pertanto il trattamento fiscale dei dividendi e delle plusvalenze conseguiti da OICR di diritto estero, istituiti in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni, a quello dei dividendi e delle plusvalenze realizzati da OICR istituiti in Italia, estendendo le esenzioni già previste per gli utili da partecipazione percepiti e per le plusvalenze realizzate dagli OICR istituiti in Italia derivanti dalle partecipazioni qualificate in società italiane.
  In particolare il comma 631 integra il comma 3 dell'articolo 27 del D.P.R. n. 600 del 1973 specificando che con riferimento agli utili percepiti la ritenuta del 26 per cento sui dividendi applicabile ai soggetti non residenti nel territorio dello Stato identificati dal primo periodo della disposizione, non si applica sugli utili corrisposti a:

   OICR di diritto estero istituiti negli Stati membri dell'Unione europea e negli Pag. 340Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni in conformità alla direttiva 2009/65/CE (UCITS, che disciplina gli OICR che investono prevalentemente in valori mobiliari);

   OICR non conformi alla direttiva UCITS, il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito ai sensi della direttiva 2011/61/UE (Alternative Investment Fund Managers – AIFMD, che disciplina gli OICR cosiddetti «alternativi» che investono prevalentemente in attivi diversi dai valori mobiliari).

  Si ricorda, infine, che il quadro normativo europeo che disciplina le diverse forme di gestione collettiva, cioè gli OICR istituiti, gestiti e commercializzati nell'Ue e i relativi gestori, è definito sostanzialmente dai seguenti atti:

   direttive 2009/65/UE (Undertakings for Collective Investments in Transferable Securities – UCITS IV) e 2014/91/UE (UCITS V) che disciplinano gli organismi (fondi e Sicav) di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM, fondi di investimento e Sicav), ivi comprese le condizioni per la gestione e commercializzazione degli stessi. Si tratta dunque di un regime volontario, nel quale si può rientrare conformando la politica d'investimento di un fondo a specifici profili di rischio, in particolare rispetto alla liquidità degli attivi;

   direttiva 2011/61/UE (AIFMD) che disciplina i gestori di fondi di investimento alternativi (FIA), fra i quali rientrano le Sicaf, che investono una quota significativa delle loro disponibilità in attività che per gli OICVM sono escluse o fortemente limitate (es. immobili, hedge fund, crediti, etc.).

  Si segnala, infine, che le citate proposte sulla resilienza operativa digitale apporterebbero modifiche mirate ad entrambe le direttive.
  Si ricorda in questa sede che la Commissione VI Finanze della Camera ha espresso, nel mese di agosto 2021, parere favorevole sull'A.G. 267, che intende recepire nell'ordinamento interno la direttiva (UE) 2019/1160 in materia di distribuzione transfrontaliera degli organismi di investimento collettivo, al fine di rimuovere gli ostacoli normativi che limitano l'operatività degli organismi tra i diversi Stati dell'Unione europea e adeguare l'ordinamento alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/1156, che modifica il regolamento (UE) 345/2013 (c.d. EuVECA), il regolamento (UE) 346/2013, relativo ai fondi europei per l'imprenditoria sociale, c il regolamento (UE) 1286/2014 (c.d. EuSEF), emanato per ottenere un maggiore livello di armonizzazione a livello europeo sulla disciplina che regola la distribuzione transfrontaliera di organismi di investimento.

Cassa depositi e prestiti: Patrimonio Destinato

  Nella logica di intervento pubblico/privato si pongono le misure introdotte dal decreto-legge del 19 maggio 2020, n. 34 (decreto Rilancio) che, all'articolo 27 prevede la costituzione, nell'ambito di Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. – CDP, di un patrimonio le cui risorse sono destinate all'attuazione di interventi e operazioni di sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19. Il decreto MEF del 3 febbraio 2021 reca il Regolamento concernente i requisiti di accesso, condizioni, criteri e modalità degli investimenti del Patrimonio Destinato.
  Il Patrimonio Destinato è costituito mediante l'apporto di beni da parte del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF); a tal fine, è autorizzata per l'anno 2020 l'assegnazione a CDP di titoli di Stato o di liquidità, nel limite massimo di 44 miliardi di euro. Si tratta quindi di un fondo interamente pubblico la cui gestione è affidata a CDP. In via preferenziale il Patrimonio Destinato effettua i propri interventi mediante sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, partecipazione ad aumenti di capitale, acquisto di azioni quotate sul mercato secondario in caso di operazioni strategiche. Pag. 341
  In estrema sintesi, il decreto ministeriale dispone due differenti operatività del Patrimonio Destinato:

   la prima, definita secondo i termini e alle condizioni di cui al Temporary Framework sugli aiuti di Stato in seno all'emergenza COVID-19, su cui – come riferisce il Governo – la Commissione europea si è positivamente espressa a seguito di formale notifica da parte delle autorità italiane (decisione C(2020) 6459 final del 17 settembre 2020); nell'ambito di tale operatività, il Patrimonio Destinato interviene mediante la partecipazione ad aumenti di capitale, la sottoscrizione di prestiti obbligazionari con obbligo di conversione, la sottoscrizione di prestiti obbligazionari subordinati convertibili, la sottoscrizione di prestiti obbligazionari subordinati;

   una operatività a condizioni di mercato, mediante la partecipazione ad aumenti di capitale, la sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, operazioni sul mercato secondario e ristrutturazioni di impresa; gli strumenti sono strutturati in coerenza con le operazioni di mercato della stessa specie e prevedono sempre la presenza di terzi co-investitori nella misura almeno del 30 per cento dell'ammontare: questi ultimi sottoscrivono gli strumenti a condizioni identiche a quelle del Patrimonio Destinato (c.d. pari passu).

Start-up e piccole e medie imprese innovative

  Con il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 è stato introdotto nell'ordinamento un quadro normativo di sostegno alla nascita ed alla crescita di nuove imprese innovative (c.d. start-up innovative) con l'esplicito obiettivo di favorire lo sviluppo tecnologico, la nuova imprenditorialità e l'occupazione, in particolare giovanile.
  Le misure consistono essenzialmente in semplificazioni alla costituzione di tali società, dunque in deroghe al diritto societario, nella riduzione degli oneri per l'avvio, in agevolazioni fiscali e di sostegno al lavoro (assunzioni di personale) e agevolazioni fiscali agli investimenti nel capitale di rischio delle start-up innovative. In questo quadro, il legislatore ha altresì previsto un sostegno agli incubatori di start-up innovative, così definendo le società che forniscono attività di sostegno all'avvio e allo sviluppo di imprese innovative mediante l'offerta di servizi di incubazione fisica (come strutture, anche immobiliari, adeguate ad accogliere start-up innovative, quali spazi riservati per poter installare attrezzature di prova, test, verifica o ricerca).
  Le agevolazioni fiscali vanno dall'esclusione dalla disciplina delle società di comodo, all'esenzione dal versamento dell'imposta di bollo, dai crediti di imposta in favore delle nuove assunzioni sino ad agevolazioni Irpef e Ires in favore degli investitori.
  Successivamente il decreto-legge n. 3 del 2012 ha introdotto la definizione di piccole e medie imprese innovative, disponendo che esse beneficino della gran parte delle misure agevolative previste per le start-up innovative. La finalità è quella di far rientrare nel campo di intervento tutte le imprese innovative, a prescindere dal loro livello di maturità.
  Si rinvia al sito della documentazione parlamentare per ulteriori informazioni.

Bonus aggregazione PMI

  La legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020, articolo 1, commi 233-243) ha introdotto un pacchetto di misure fiscali di vantaggio per incentivare i processi di aggregazione aziendale realizzati attraverso fusioni, scissioni o conferimenti d'azienda da deliberare nel 2021. Tali misure erano già state introdotte dal decreto-legge n. 34 del 2020 (decreto Rilancio) per favorire il rafforzamento patrimoniale delle piccole e medie imprese. La legge di bilancio 2021 ha di fatto prorogato il credito d'imposta a favore delle società per l'aumento di capitale, estendendone i termini fino al 30 giugno 2021 e introducendo alcune modifiche all'impianto normativo originario.
  In sintesi, le misure incentivanti consentono al soggetto risultante dall'operazione straordinaria, al beneficiario e al conferitario di trasformare in credito d'imposta Pag. 342una quota di attività per imposte anticipate (deferred tax asset – Dta) riferite a perdite fiscali ed eccedenze ACE (aiuto alla crescita economica). La trasformazione avviene in due momenti distinti, per un ammontare complessivo non superiore al 2 per cento della somma delle attività dei soggetti partecipanti alla fusione o alla scissione.

ACE

  L'aiuto alla crescita economica (ACE) è un istituto agevolativo introdotto dall'articolo 1 del decreto-legge n. 201 del 2011, che consiste nella detassazione di una parte del reddito imponibile proporzionale agli incrementi del patrimonio netto. Tale agevolazione, inizialmente abrogata dalla legge di bilancio 2018, è stata poi ripristinata dalla legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 287 della L. 160/2019) già dal periodo d'imposta 2019.
  L'ACE, sostanzialmente, consente di dedurre dal reddito imponibile netto un importo corrispondente al rendimento nozionale (o figurativo) degli incrementi di capitali proprio. Si applica ai soggetti IRES residenti, alle società di persone e alle persone fisiche che dichiarano redditi di impresa.
  Scopo della norma è ridurre la tassazione delle imprese sulla base del capitale reinvestito nell'impresa medesima. Il calcolo dell'importo deducibile dal reddito imponibile si determina dalla somma delle variazioni, positive e negative, intervenute sul capitale sociale; si confronta tale risultato con il patrimonio netto contabile risultante dal bilancio di esercizio, determinando l'incremento patrimoniale che costituisce la base di calcolo dell'ACE. Per determinare l'ammontare della deduzione, a tale ultimo importo si applica un'aliquota percentuale, che dal 2020 è pari all'1,3 per cento.

Confidi

  Il decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 ha introdotto una riforma generale della disciplina dei confidi. Si tratta di consorzi, società cooperative, società consortili per azioni, a responsabilità limitata o cooperative che utilizzano risorse provenienti in tutto o in parte dalle imprese consorziate o socie per la prestazione mutualistica e imprenditoriale di garanzie volte a favorirne il finanziamento da parte delle banche e degli altri soggetti operanti nel settore finanziario. I confidi di «secondo grado» svolgono tale attività in favore dei confidi e delle imprese a essi aderenti e delle imprese consorziate o socie di questi ultimi. I confidi sono costituiti da piccole e medie imprese industriali, commerciali, turistiche e di servizi, da imprese artigiane e agricole, nonché da liberi professionisti, anche non organizzati in ordini o collegi. I confidi aderenti ad un fondo di garanzia interconsortile sono tenuti a versare annualmente a tale fondo, entro un mese dall'approvazione del bilancio, un contributo obbligatorio minimo pari allo 0,5 per mille (che può essere elevato in sede statutaria) delle garanzie concesse nell'anno a fronte di finanziamenti erogati. Tali contributi sono ammessi in deduzione dal reddito dei confidi o degli altri soggetti eroganti nell'esercizio di competenza. L'articolo 112 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia – TUB), stabilisce per i confidi, anche di secondo grado, che non sono iscritti all'albo di cui all'articolo 106 del TUB, l'obbligo di iscrizione all'elenco tenuto dall'apposito Organismo di vigilanza e tenuta dell'elenco, previsto dall'articolo 112-bis. L'Organismo, su cui vigila la Banca d'Italia, svolge ogni attività necessaria per la gestione dell'elenco, determina la misura dei contributi a carico degli iscritti, entro il limite del cinque per mille delle garanzie concesse, li riscuote e vigila sul rispetto, da parte degli iscritti, della disciplina cui sono sottoposti. L'Organismo è disciplinato dal decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF) del 2 aprile 2015, n. 53 ed è stato costituito il 18 luglio 2019.

Educazione finanziaria

  Il Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministero dell'istruzione, Pag. 343 dell'università e della ricerca, adotta il Programma per una Strategia nazionale per l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale. (articolo 24-bis, comma 3, decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237). La Strategia nazionale si conforma ai seguenti principi:

   a) organizzare in modo sistematico il coordinamento dei soggetti pubblici e, eventualmente su base volontaria, dei soggetti privati già attivi nella materia, ovvero di quelli che saranno attivati dal programma, garantendo che gli interventi siano continui nel tempo, promuovendo lo scambio di informazioni tra i soggetti e la diffusione delle relative esperienze, competenze e buone pratiche, e definendo le modalità con cui le iniziative di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale possano entrare in sinergia e collegarsi con le attività proprie del sistema nazionale dell'istruzione;

   b) definire le politiche nazionali in materia di comunicazione e di diffusione di informazioni volte a promuovere l'educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale;

   c) prevedere la possibilità di stipulare convenzioni atte a promuovere interventi di formazione con associazioni rappresentative di categorie produttive, ordini professionali, associazioni dei consumatori, organizzazioni senza fini di lucro e università, anche con la partecipazione degli enti territoriali.

  A tal fine il medesimo articolo ha istituito il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria che promuove ogni anno, per tutto il mese di ottobre, il Mese dell'Educazione Finanziaria: iniziative ed eventi, gratuiti e di qualità, senza fini commerciali, per accrescere le conoscenze di base sui temi assicurativi, previdenziali e di gestione e programmazione delle risorse finanziarie personali e familiari. Le attività del Comitato sono consultabili sul nuovo portale Quello che conta.
  Si ricorda, infine, che il D.Lgs. n. 37 del 2017 (che ha inserito l'articolo 126-vicies sexies nel TUB) attribuisce alla Banca d'Italia il compito di promuovere iniziative di educazione finanziaria e, in particolare, la redazione di codici di condotta per l'offerta indipendente di iniziative di educazione finanziaria da parte degli intermediari, finalizzate a favorire l'orientamento della clientela e l'assistenza per la gestione responsabile delle finanze personali. Le attività del Comitato sono consultabili sul nuovo portale Economia per tutti.

Misure emergenziali riguardanti il settore finanziario

  I decreti emergenziali adottati nel quadro dell'emergenza pandemica hanno introdotto alcune misure riguardanti il settore finanziario. In particolare il decreto-legge n. 23 del 2020 ha modificato la disciplina dei poteri speciali del Governo (cd. golden power) in alcuni settori considerati strategici:

   sono estese le ipotesi in cui vi è obbligo di notifica dell'acquisto, da parte di un soggetto esterno all'Unione europea, di partecipazioni di controllo di imprese che detengono beni e rapporti di rilevanza strategica per l'interesse nazionale, ulteriori rispetto a quelli nei settori della difesa, della sicurezza nazionale, dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni; per contenere gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, si estende temporaneamente l'ambito di applicazione degli obblighi di notifica e dei poteri speciali inerenti agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni, nonché agli ulteriori attivi strategici;

   in caso di violazione degli obblighi di notifica stabiliti per specifici atti, delibere, operazioni o acquisti di partecipazioni relativi a imprese che svolgono attività di rilevanza strategica, si consente alla Presidenza del Consiglio di avviare anche d'ufficio il procedimento ai fini dell'eventuale esercizio dei poteri speciali per imporre il proprio veto alle predette operazioni, condizionarle ovvero opporsi nel caso di acquisto di partecipazioni;

   viene modificata la disciplina gli obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti.

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  Il decreto-legge Ristori (decreto-legge n. 137 del 2020, articolo 10-ter) e il decreto-legge 56 del 2021 (articolo 11-quinquies) hanno esteso, da ultimo al 31 dicembre 2021, l'ambito di applicazione di alcuni dei predetti poteri, nonché dei relativi obblighi ad essi connessi (obbligo di notifica dell'acquisto di partecipazioni; imposizione di impegni e condizioni; opposizione all'acquisto) con particolare riferimento agli attivi cd. strategici e nonché alle operazioni di acquisto di partecipazioni che abbiano per effetto l'assunzione del controllo da parte dei soggetti esteri di società operanti in settori strategici.
  Più in generale, come sottolineato anche nel Documento di economia e finanza 2021, per affrontare i problemi di liquidità generati dalla crisi il settore privato, in particolare le imprese, ha fatto maggiore ricorso ai prestiti bancari, le cui condizioni sono state favorite tanto dalle misure fortemente accomodanti di politica monetaria adottate dalla BCE che da quelle poste in essere dal Governo a sostegno della liquidità. Nei mercati finanziari le condizioni sono progressivamente migliorate, traendo beneficio dagli ingenti interventi di politica monetaria e fiscale a sostegno della liquidità, tanto che le quotazioni azionarie sono cresciute nei maggiori Paesi avanzati (superando i livelli precedenti la pandemia negli Stati Uniti e in Giappone).
  A livello UE, con il fine di mantenere la liquidità del settore finanziario e assicurare condizioni di finanziamento che sostengano tutti i settori dell'economia, il Consiglio direttivo della Banca centrale europea, il 18 marzo 2020, ha approntato un programma temporaneo di acquisto di titoli del settore privato e pubblico (Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP), con una dotazione finanziaria iniziale di 750 miliardi di euro. Il 4 giugno 2020 il Consiglio direttivo ha deciso di implementare le risorse del PEPP di ulteriori 600 miliardi. Il 10 dicembre 2020 il Consiglio ha deciso di aumentare la dotazione di ulteriori 500 miliardi di euro, per un totale di 1.850 miliardi di euro. Il Consiglio porrà termine agli acquisti nell'ambito del PEPP una volta che riterrà che la fase di crisi del COVID-19 terminata, ma, in ogni caso, non prima della fine di marzo 2022.
  In Italia, al fine di garantire maggiore liquidità alle imprese, il D.L. n. 23/2020 (articoli 1 e 13) ha delineato uno schema di garanzie straordinarie e transitorie sui finanziamenti bancari alle imprese, incentrato sul ruolo di SACE S.p.A. e del Fondo di garanzia delle PMI. In particolare, l'articolo 1 del D.L. n. 23/2020, modificato dal D.L. n. 104/2020 e dalla legge di bilancio 2021, autorizza SACE S.p.A. a concedere garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all'esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma da questi concessi alle imprese con sede in Italia, colpite dall'epidemia Covid-19. Sono escluse dal beneficio le società che, direttamente o indirettamente, controllano o sono controllate da una società residente in un Paese o territorio non cooperativo a fini fiscali. L'operatività della misura, inizialmente prevista sino al 31 dicembre 2020 è stata prorogata fino al 31 dicembre 2021 (legge di bilancio 2021, L. n. 178/2020, art. 1, co. 206, lett. a) e decreto-legge n. 73 del 2021, cd. Sostegni-bis).

Borsa Italiana

  Borsa Italiana si occupa dell'ammissione, sospensione ed esclusione di strumenti finanziari e operatori dalle negoziazioni. Essa gestisce e controlla le negoziazioni e gli obblighi di operatori ed emittenti.
  Nata dalla privatizzazione dei mercati di borsa nel 1998, Borsa Italiana ha costruito un'infrastruttura che permettesse l'accesso ai capitali internazionali. Dal 2007 Borsa Italiana è entrata a far parte del London Stock Exchange Group.
  Borsa Italiana gestisce i seguenti mercati azionari:

   MTA – Mercato Telematico Azionario: si tratta di un mercato regolamentato dove si negoziano azioni, obbligazioni convertibili, diritti di opzione e warrant. Al suo interno si trova il segmento STAR dedicato alle società che si impegnano a rispettare requisiti di eccellenza in termini di liquidità, Pag. 345 trasparenza informativa e corporate governance;

   AIM Italia – sistema multilaterale di negoziazione dedicato alle piccole e medie imprese italiane;

   MIV – Mercato degli Investment Vehicles: mercato regolamentato creato per offrire capitali, liquidità e visibilità ai veicoli d'investimento;

   EuroTLX Equity – segmento del sistema multilaterale di negoziazione EuroTLX che consente a operatori ed investitori di negoziare in azioni e certificati rappresentativi di azioni appartenenti ai principali listini degli Stati dell'OCSE;

  Borsa Italiana gestisce i seguenti Mercati Obbligazionari e Fixed Income:

   MOT – Mercato Telematico delle Obbligazioni: nato nel 1994, è l'unico mercato obbligazionario regolamentato italiano;

   ExtraMOT – è il sistema multilaterale di negoziazione (MTF) nato per permettere a operatori ed investitori di ampliare la gamma di strumenti obbligazionari in cui investire;

   EuroTLX Bond-X – è il segmento del sistema multilaterale di negoziazione EuroTLX dedicato alla negoziazione di obbligazioni e altri titoli di debito compresi strumenti partecipativi, obbligazioni strutturate, obbligazioni cum warrant, covered bond e titoli di Stato;

   ExtraMOT Pro – è il Segmento Professionale del mercato ExtraMOT, nato per offrire alle PMI un primo accesso ai mercati dei capitali;

   SeDex – è il mercato di Borsa Italiana nato nel 2004 per la negoziazione di certificates e covered warrant, nel loro insieme denominati securitised derivatives, strumenti cartolarizzati;

   EuroTLX Cert-X – è il segmento del sistema multilaterale di negoziazione di EuroTLX dedicato alla negoziazione di covered warrant e certificates.

  La società gestisce inoltre ETFplus, dedicato alla negoziazione degli ETP, strumento il cui prezzo deriva da altri strumenti finanziari (ad esempio azioni, materie prime, tassi di interesse o valute), nonché alcuni mercati su strumenti finanziari derivati, di cui il principale è IDEM, oltre a IDEX (mercato italiano dei derivati energetici) e AGREX (mercato italiano dei derivati sul grano duro).
  La capitalizzazione complessiva di Borsa Italiana è superiore al 30 per cento del prodotto interno lordo nazionale, con un'ampia presenza di piccole e medie imprese.
  Inoltre, il gruppo Borsa Italiana comprende anche il Mercato telematico dei titoli di Stato (Mts), una delle principali piattaforme per la negoziazione dei titoli di Stato europei e si avvale di Sia s.p.a., società hi-tech europea operante nei servizi tecnologici e nelle infrastrutture di pagamento, controllata da Cassa depositi e prestiti tramite la controllata Cdp Equity, come partner di riferimento per i servizi relativi al trading e post-trading per il Mercato telematico dei titoli di Stato e Monte Titoli. A livello di gruppo, nel 2019 ha realizzato 464 milioni di euro di ricavi e 2,6 milioni di euro di margine operativo lordo.

L'operazione di vendita di Borsa Italiana e l'offerta del gruppo Euronext

  Nel mese di agosto del 2020 il London Stock Exchange, per rispondere alle richieste della direzione Antitrust della Commissione europea legata all'acquisizione di Refinitiv, ha annunciato la vendita di Borsa Italiana; le offerte non vincolanti presentate per l'acquisto di Borsa Italiana sono state avanzate da SIX Swiss Exchange, Deutsche Börse e, da ultimo, Euronext in partnership con CDP Equity e Intesa San Paolo e hanno tutte avuto ad oggetto l'intero perimetro del gruppo messo in vendita dal London Stock Exchange, costituito non solo dalla gestione dei listini azionari di Borsa Italiana s.p.a., ma anche dal mercato telematico dei titoli di Stato Mts e per la società Élite.
  Nell'ottobre 2020, su proposta dell'amministratore delegato, il consiglio di amministrazione Pag. 346 di Cassa depositi e prestiti (CDP) ha dato il via libera a CDP Equity per l'ingresso nell'azionariato di Euronext – la società mercato che raggruppa i listini di 6 Paesi europei – e per l'acquisizione da parte di quest'ultima di Borsa Italiana.
  In tal modo, come riferito dai comunicati di Cassa depositi e prestiti e Euronext, CDP Equity, che acquisisce il 7,3 per cento del capitale azionario di Euronext, al pari della Caisse des Dépóts et Consignations, omologo di Cassa depositi e prestiti in Francia, insieme a Intesa Sanpaolo, che verrebbe a detenere una quota intorno all'1,3 per cento, entra a far parte dell'attuale gruppo, divenendo uno dei primi azionisti della società destinata a gestire – oltre a Borsa Italiana – altre 5 borse valori in Belgio, Francia, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia e Portogallo, con oltre 1.800 società quotate, per un totale di 4.400 miliardi di euro di capitalizzazione di mercato.
  Con questa operazione, l'Italia rappresenterebbe il singolo mercato più rilevante in Euronext, con circa un terzo dei ricavi della nuova società e degli occupati complessivi. Cassa depositi e prestiti entrerebbe inoltre a far parte del patto dei reference shareholders, cui aderirebbe circa il 25 per cento del capitale di Euronext.
  Nel mese di ottobre 2020 è stata approvata dal London Stock Exchange la cessione di Borsa Italiana al gruppo Euronext in partnership con CDP Equity e Intesa San Paolo, per un valore complessivo di 4,32 miliardi di euro.
  L'acquisizione di Borsa Italiana da parte di Euronext è stata perfezionata nel mese di aprile 2021.

Gli elementi forniti da Euronext nel corso dell'indagine conoscitiva

  Nel corso dell'indagine, il gruppo Euronext ha evidenziato alcuni elementi e obiettivi dell'operazione di acquisizione.
  Anzitutto, ha evidenziato la volontà di mantenere un focus strategico condiviso sullo sviluppo di mercati equi e trasparenti, sulla massimizzazione della liquidità e sulla capacità di finanziare l'economia reale, con particolare attenzione alle PMI. Dopo il closing dell'offerta il gruppo aggregato diventerebbe la prima sede di quotazione in Europa (con più di 1.800 società quotate e 4,4 trilioni di euro di capitalizzazione di mercato aggregata delle società quotate), la prima sede di negoziazione per i mercati secondari in Europa (con circa 11,7 miliardi di euro di azioni scambiate) e per il finanziamento azionario, con più di 42 miliardi di euro raccolti nel 2019 presso gli investitori per finanziare società in Europa.
  Si ritiene inoltre che, a differenza delle borse nazionali, il gruppo Borsa Italiana, considerato elemento centrale del nuovo gruppo, dovrebbe anche essere in grado di interagire con i policymaker e le autorità di regolamentazione degli otto paesi in cui il gruppo è destinato a operare, di partecipare alle discussioni sulle misure più appropriate per facilitare e migliorare l'accesso ai mercati finanziari, non solo in Italia, ma anche a livello europeo.
  Il gruppo aggregato intende rafforzare Borsa Italiana come sede di quotazione e negoziazione di riferimento in Italia e continuare a svilupparne i programmi per facilitare l'accesso al finanziamento azionario delle imprese, con un focus specifico sulle PMI.
  Inoltre, il nuovo gruppo intende inoltre collegare Borsa Italiana all'Europa continentale, fornendo così un'ulteriore possibilità di promuovere mercati europei trasparenti e regolamentati. In particolare, si ritiene che l'aggregazione crei la possibilità per le società di essere quotate su diversi segmenti di mercato e su diversi MTF, migliorando anche la copertura della ricerca sui loro titoli, così come gli strumenti per le investor relations e la governance.
  Con riferimento alla infrastruttura di post-trading, Euronext intende far sì che Cassa di Compensazione e Garanzia S.p.A. (CC&G) diventi la controparte centrale del gruppo aggregato e un pilastro della strategia di post-trading dell'intera Euronext.
  Inoltre, con riguardo a Monte Titoli S.p.A., il depositario centrale (CSD) italiano, che offre servizi di emissione, regolamento e custodia, diventerebbe il più grande CSD del gruppo Euronext, contribuendo Pag. 347 in maniera determinante al progetto di Euronext per i CSD.
  Euronext ha sottolineato l'intenzione di accelerare la transizione verso una crescita sostenibile grazie a una forte cultura e a dei forti prodotti ESG (ambientali, sociali e di governance).
  Nell'ambito dell'operazione, Euronext ha inoltre sottolineato la volontà di far mantenere al gruppo Borsa Italiana le sue attuali funzioni, struttura e relazioni all'interno dell'ecosistema italiano: il CEO italiano del gruppo Borsa Italiana è destinato a entrare nel managing board di Euronext e il CEO di MTS entrerà a far parte del managing board allargato, insieme agli altri leader delle linee di business più rilevanti e delle funzioni chiave di Euronext, con responsabilità a livello di gruppo per la negoziazione fixed-income. Si annuncia inoltre l'intenzione di fissare la sede di alcuni business chiave e alcune funzioni centrali del nuovo gruppo a Milano e Roma, con il chief financial officer – CFO del gruppo basato a Milano.

La mozione approvata dalla Camera dei deputati

  L'Assemblea della Camera dei deputati il 14 aprile 2021 ha approvato la mozione 1/00457, con la quale è stata anzitutto ritenuta necessaria un'azione tempestiva con riferimento alla vicenda di Borsa Italiana s.p.a..
  La mozione impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa utile, nell'ambito delle proprie competenze e della partecipazione azionaria in Cassa depositi e prestiti, a sua volta azionista del gruppo Euronext, nonché a tutelare, in ogni sede e con ogni strumento di propria competenza, lo strategico assetto economico-finanziario di Borsa Italiana s.p.a. e l'autonomia della medesima, al fine di assicurare la sana e prudente gestione di Borsa Italiana, e di garantire, anche a seguito delle autorizzazioni previste, l'effettiva trasparenza e integrità del mercato, nonché l'ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori, soprattutto degli investitori nelle piccole e medie imprese per i quali sono fondamentali costi di transazione contenuti e l'accesso alla ricerca azionaria obiettivi a cui ambiscono sia la normativa e la supervisione del settore sia l'azione del Governo; di assicurare che l'operazione di acquisizione sia orientata ad una logica di sviluppo di lungo periodo e di valorizzazione degli asset italiani e della loro posizione strategica internazionale; di assicurare che all'Italia sia garantito un ruolo di primo piano sia a livello operativo sia di governance del nuovo sistema federale in ragione delle peculiarità della piazza finanziaria italiana e delle esigenze del mercato e dei suoi stakeholder; assicurare che nell'ambito delle iniziative da adottare, venga garantito il massimo impegno per prevedere investimenti che soprattutto sotto il profilo dell'innovazione-tecnologica consentano di dare al progetto complessivo una prospettiva di lungo termine;

   a far sì, per quanto di competenza, che Borsa Italiana si faccia promotrice di un ampio confronto con tutti gli operatori del settore, al fine di apportare miglioramenti e innovazione in merito al funzionamento del mercato dei capitali in Italia, proseguendo il percorso di semplificazione normativa e fiscale dei processi e di contenimento complessivo dei costi sostenuti dagli emittenti, dagli intermediari e dagli investitori e permettendo in questo modo alle piccole e medie imprese di accedere con maggiore facilità al mercato dei capitali, valorizzando i segmenti innovativi e rendendo Borsa Italiana un mercato di capitali competitivo rispetto alle altre piazze finanziarie;

   continuare a porre in essere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, finalizzata a valorizzare l'assetto strategico di Borsa Italiana spa, favorendo la crescita delle imprese italiane attraverso la creazione di un vero e proprio campione europeo nel mercato dei capitali che, di riflesso, rafforzi il ruolo dell'Italia a livello europeo e internazionale rendendola più forte e attrattiva anche dal punto di vista degli investimenti esteri auspicando la creazione di condizioni convenienti per il mantenimento del più ampio numero di sedi e funzioni in Italia;

Pag. 348

   nell'ottica di incentivare il ricorso al capitale equity, ad adottare ogni iniziativa normativa finalizzata alla proroga permanente del credito d'imposta per la quotazione, introdotto dalla legge n. 205 del 2017, prevedendone l'estensione a tutte le imprese che accedono al mercato dei capitali e non solo alle società che presentino i requisiti di piccole e medie imprese come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea del 6 maggio 2003, nonché alle società oggetto della business combination per le operazioni condotte dalle Spac (Special purpose acquisiton company), nonché attuare un procedimento di semplificazione del processo di quotazione, in particolare per le società di piccole e medie dimensioni, sviluppando la piattaforma Élite, al fine di consentire alle piccole e medie imprese di aumentare il loro grado di consapevolezza finanziaria e di accedere con maggiore facilità al mercato di capitali;

   ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, finalizzata a promuovere e diffondere la cultura del mercato dei capitali, al fine di permettere una canalizzazione efficace del risparmio privato nell'economia reale, anche attraverso il rafforzamento di strumenti come i Pir o i fondi pubblico-privato appositamente costituiti, con importanti riflessi sul rilancio del nostro Paese e sulla crescita economica, oltre che sulla qualità della struttura finanziaria delle imprese italiane, e mantenendo il ruolo di primo piano di Borsa Italiana nella finanza ESG, da anni impegnata sui temi della sostenibilità, considerando anche l'importanza del tema nelle scelte di investimento di tutti i principali investitori mondiali.

Le principali problematiche emerse nel corso dell'indagine

  Nonostante i progressi compiuti nell'approvvigionamento di finanziamenti sul mercato dei capitali, l'accesso a fonti di finanziamento non bancarie da parte delle imprese – a parere degli auditi – appare limitato, soprattutto per quelle di minore dimensione. Oltre alla diversificazione degli strumenti di debito, è stato rilevato come sia necessario sviluppare i segmenti non bancari del sistema finanziario, che sono in grado di fornire capitale di rischio nelle forme più adatte ai diversi stadi di sviluppo delle imprese, dal venture capital all'accesso ai mercati azionari.
  Lo sviluppo della finanza di mercato è stato reso ancor più necessario dall'impatto della pandemia di COVID-19, ma è stato sottolineato come il maggior indebitamento si traduca in una accresciuta vulnerabilità delle imprese. Una diversificazione delle fonti di finanziamento potrà agevolare un riequilibrio della struttura finanziaria delle aziende e facilitare gli investimenti necessari alla ripresa. In questa linea, l'utilizzo di incentivi fiscali alla ricapitalizzazione a favore di aziende e investitori, rappresenta uno strumento utile a promuovere il riequilibrio della struttura finanziaria delle imprese colpite dalla pandemia.
  Dalle prime evidenze è emerso che le misure di sostegno alle imprese hanno attenuato gli effetti negativi della pandemia, riducendo sostanzialmente il deficit di liquidità e il peggioramento delle condizioni patrimoniali. Il ricorso a nuovi prestiti, anche grazie alle garanzie pubbliche, ha tuttavia accresciuto l'indebitamento. Il conseguente indebolimento dei bilanci aumenta la probabilità di insolvenza delle imprese e, a sua volta, la necessità per le banche di maggiori accantonamenti sui prestiti.
  Un limitato apporto di capitale proprio, il basso livello di autofinanziamento da utili netti, l'eccessivo indebitamento verso le banche, il ricorso prevalente a finanziamenti a breve termine rappresentano specifiche cause della criticità della gestione finanziaria delle imprese italiane, in particolare quelle di micro, piccole e medie dimensioni.
  Altri stakeholders hanno evidenziato, inoltre, la presenza in Italia di un gap infrastrutturale ancora elevato, problematica che riguarda molti altri Paesi europei. Altri ancora hanno sottolineato che l'Italia presenta un mercato molto efficiente di operatori privati, tuttavia ridotto rispetto ad altri contesti economici comparabili. Inoltre, sebbene vi sia un elevato tasso di Pag. 349risparmio privato, esso difficilmente confluisce alle imprese.
  La limitata crescita dei mercati e lo scarso appeal sulle piccole e medie imprese in Europa è stata motivata – come emerso nel corso dei lavori sulla Capital Market Union – da tre fattori: basso numero di società che accedono al mercato; insufficiente numero di investitori istituzionali e retail; assenza di un ecosistema a supporto delle PMI.
  Dal lato dell'offerta, gli auditi hanno evidenziato come il tema più dibattuto sia come stimolare l'accesso delle imprese ai mercati dei capitali e in particolare al mercato azionario. In Italia gli studi effettuati indicano, tra le ragioni principali che spingono le imprese italiane a quotarsi, la necessità di reperire fondi per il finanziamento di nuovi investimenti (in virtù anche di una maggiore forza contrattuale nei confronti del sistema bancario) e il miglioramento dell'immagine aziendale.
  A fronte dei benefici descritti, la quotazione comporta tuttavia notevoli costi diretti, legati all'ingresso sul mercato e agli oneri di ongoing compliance. Gli stakeholders hanno sottolineato al riguardo che gli ostacoli più significativi alla quotazione sono diversi, tra cui l'onerosità dei costi della quotazione, la complessità della disciplina applicata alle società quotate, l'onerosità dei costi di compliance agli obblighi informativi e di governance, gli oneri di trasparenza (autorità di controllo, azionisti di minoranza, accertamenti fiscali), la contrarietà dei soci fondatori all'allargamento degli assetti proprietari, l'insufficiente presenza di operatori specializzati nello scouting di imprese quotabili, la ridotta liquidità del mercato primario e secondario, a causa dell'insufficiente presenza di investitori istituzionali e in particolare di fondi comuni specializzati in investimenti in titoli small cap e/o neoquotati, la scarsa cultura finanziaria da parte delle PMI in merito alle potenzialità di crescita e di sviluppo realizzabili attraverso l'apertura del capitale, il passaggio ad una gestione manageriale e la quotazione.
  In particolare, è emerso nel corso dell'indagine che le operazioni di ammissione a quotazione sull'MTA evidenziano costi diretti che oscillano tra 1,6 milioni e 2 milioni di euro (con punte fino a 19 milioni), per le spese organizzative e di documentazione; cui vanno aggiunte le commissioni per il collocamento dei titoli pari a una percentuale variabile tra il 3 per cento e il 4,5 per cento del controvalore dell'offerta. I costi indiretti, su base annua, derivanti dallo status di società quotata possono superare i 3 mln/€ e comprendono i costi imputabili alla governance dell'emittente e al sistema dei controlli (internal audit, organismo di vigilanza, attività di revisione contabile) e i costi correlati all'adempimento degli obblighi di trasparenza societaria e finanziaria (investor relation, registro dei soggetti insider, gestione delle assemblee, relazioni finanziarie semestrali).
  Dei costi iniziali di prima quotazione il 40-50 per cento riguarda l'assistenza alla predisposizione del prospetto, del documento per l'offerta internazionale (c.d. offering circular) e relative attestazioni da parte dei consulenti; l'assistenza al memorandum sul sistema di controllo di gestione e relative attestazioni; l'assistenza per la conversione dei bilanci ai principi contabili internazionali e relative attestazioni di revisione, l'assistenza nelle procedure di legge. Il resto dei costi iniziali è ripartito tra attività di comunicazione (roadshow, pubblicazioni, ecc.); assistenza legale e fiscale; attività svolta dall'intermediario che assiste la società nel processo di quotazione (c.d. sponsor).
  Per le società che arrivano sull'MTA dall'AIM, i costi sono inferiori attestandosi in media su 1 milione di euro ma possono avere comunque un impatto rilevante sul fatturato. Tali società beneficiano oggi anche del prospetto semplificato previsto per le emissioni secondarie, introdotto dal Regolamento (UE) 2019/2115 per favorire il passaggio al mercato regolamentato delle società negoziate da almeno 18 mesi su un mercato di crescita per le PMI, come l'AIM Italia.
  Dal lato della domanda, la scarsa presenza di investitori istituzionali e la scarsa propensione delle famiglie a investire nel mercato azionario sono state individuate Pag. 350quali debolezze strutturali del mercato italiano. La scarsa liquidità che si associa alle PMI, connotate strutturalmente da un basso livello di attività sul mercato secondario, a parere degli auditi è un forte disincentivo all'investimento, così come la difficoltà di reperire informazioni dovuta alla bassa copertura da parte degli analisti finanziari.
  Il tema dell'equity research rappresenta il tassello di un problema più ampio, ossia l'assenza di un ecosistema dell'intermediazione in grado di supportare le PMI con servizi di listing e di supporto per la permanenza sul mercato.
  In particolare, con riferimento alla fase di quotazione, alcuni auditi hanno rappresentato gli elementi di svantaggio del sistema nazionale in termini di: costi, procedure e tempi di approvazione del prospetto, responsabilità (il diverso quadro giuridico e le incertezze giurisprudenziali in tema di responsabilità da prospetto costituiscono, infatti, uno dei principali problemi dell'ordinamento italiano).
  Altri auditi, nel sottolineare il potenziale del Fintech sia per il supporto a società in crescita, sia per colmare il gap che esiste fra settore innovazione e settori più tradizionali, hanno rilevato che il tasso di competizione infra-europea rende il mercato italiano meno attrattivo di altri nell'attrazione di talenti, elemento chiave per lo sviluppo del settore nel suo complesso. In Italia, si afferma, permane una sorta di scetticismo da parte dei soggetti tradizionali che ha la duplice negativa conseguenza di limitare lo sviluppo delle società Fintech e – di fatto – di privare le realtà tradizionali di elementi di innovazione. I principali ostacoli ad un maggiore sviluppo del Fintech in Italia, peraltro comuni al mondo del venture capital in generale, sono tre: –un ecosistema normativo che – nonostante i passi avanti – è ancora frenante rispetto alla crescita di società del settore; la difficoltà a reperire finanziamenti utili ad aumentare il volume di interventi potenzialmente supportati da realtà Fintech; una distanza, più percepita che reale, da parte dell'opinione pubblica, che – pure usando spesso e volentieri strumenti Fintech – non riesce in alcuni casi a coglierne appieno i benefici.

Le proposte

  Il tessuto produttivo italiano, costituito soprattutto da medie, piccole e piccolissime imprese, dipende ancora grandemente dal credito bancario. Il credit crunch degli anni della crisi risulta allentato, anche grazie alle misure straordinarie intraprese dalla BCE, come evidenzia da tempo il Bollettino Economico della Banca d'Italia. Si registra una sostanziale ripartenza dei flussi di credito alle imprese.
  Il sistema bancario emerge da una crisi d'identità molto profonda, che vede ancora aperto il cantiere delle riforme degli istituti di media e piccola dimensione (banche popolari e banche di credito cooperativo). Esso è impegnato a smaltire i volumi di crediti deteriorati accumulati durante la crisi economica, a correggere le inefficienze organizzative che pesano sui bilanci bancari e ad assorbire l'impatto sistemico delle crisi che hanno investito diversi istituti di credito dal 2015 a oggi.
  In tale quadro si segnalano le mozioni Bitonci ed altri n. 1-00413, Boccia ed altri 1-00459, Pettarin ed altri n. 1-00462, Lollobrigida ed altri n. 1-00463 e Trano ed altri n. 1-00465 volte a mitigare gli effetti del nuovo quadro normativo in materia di inadempienza bancaria e crediti deteriorati, in particolare promuovendo in ambito europeo la sospensione del calendar provisioning e la revisione nella definizione di default.
  D'altro canto, l'implementazione di strumenti alternativi al canale creditizio (mini bond, equity crowdfunding, le agevolazioni per le start-up innovative e le PMI innovative, il ricorso ai sistemi multilaterali di negoziazione e a mercati borsistici) non ha ancora consentito di sostituire integralmente il finanziamento bancario con la liquidità proveniente dai mercati. Nonostante le opportunità introdotte dalle misure di Industria 4.0, della Legge di Bilancio 2019 e del decreto Crescita, alcune delle quali da perfezionare nel tempo, si assiste ancora ad una netta preferenza delle imprese Pag. 351 nazionali per il finanziamento bancario.
  Ciò è conseguenza, e tuttavia anche causa, delle principali limitazioni del sistema produttivo nazionale: dimensioni relativamente piccole, ritrosia alla quotazione presso i mercati regolamentati, scarsa propensione alla disclosure, a fronte di un contesto economico internazionale complesso e articolato, caratterizzato soprattutto dal repentino sviluppo del Fintech e della disintermediazione.
  La VI Commissione Finanze ha deliberato lo svolgimento dell'indagine conoscitiva per comprendere come gli strumenti finanziari più avanzati e il mercato dei capitali possano oggi offrire ulteriori prospettive concrete per l'economia reale e la crescita del Paese, riservando particolare attenzione allo sviluppo delle imprese e alla loro sostenibilità e fornendo loro supporto in termini di liquidità e solidità.
  Anche mediante una ricostruzione delle misure susseguitesi negli ultimi anni con l'obiettivo di offrire al sistema produttivo canali complementari a quello bancario, si è cercato di verificare quali siano gli ostacoli che ancora allontanano le aziende dall'idea della quotazione del debito o dell'equity. Sono stati valutati i margini di intervento, anche fiscali, a disposizione del legislatore, nonché l'azione condotta dalle Autorità di regolazione e dagli intermediari.
  Allo stesso tempo è stata svolta un'analisi approfondita delle richieste degli stakeholder, verificando come le imprese italiane abbiano utilizzato gli strumenti sinora messi a disposizione dal legislatore, quali vincoli normativi debbano essere rimossi perché obsoleti o eccessivamente limitanti o costosi e come si preparino ad affrontare la progressiva disintermediazione dei servizi finanziari, nonché la diffusione del Fintech.
  Nel corso dell'indagine è stato rilevato, in linea generale, che le iniziative nazionali per promuovere i mercati finanziari al servizio della crescita devono inserirsi coerentemente nel contesto delle azioni avviate dall'Unione Europea, con particolare riferimento alle iniziative relative all'implementazione della Capital Markets Union: a parere degli auditi tale circostanza può rappresentare per l'Italia un'opportunità di colmare i ritardi strutturali nello sviluppo del mercato del capitale di rischio, allentando la dipendenza delle imprese dal finanziamento di matrice bancaria.
  Coerentemente alle indicazioni dell'OCSE (e, in particolare, del rapporto OCSE dedicato allo sviluppo del mercato dei capitali in Italia), è stato suggerito di:

   migliorare le condizioni per la partecipazione ai mercati finanziari da parte degli investitori individuali e in particolare migliorare il contributo delle famiglie, anche mediante l'istituzione di un Fondo Sovrano Italiano;

   incoraggiare e rafforzare la partecipazione ai mercati dei capitali da parte degli investitori istituzionali, alla luce dell'aumento (dati di fine 2019) della quota di ricchezza finanziaria allocata presso gli stessi, che ha raggiunto il 31,6 per cento, dal 19,8 per cento nel 2007;

   rafforzare la resilienza del Paese, ovvero la capacità di far fronte in modo efficace ed efficiente ai vari shock che possono colpire famiglie e imprese.

Modifiche alle norme UE e alle disposizioni di recepimento

  In primo luogo, è emersa l'opportunità di un coordinamento tra le autorità nazionali nel perseguire una strategia unica, anche all'interno delle iniziative annunciate nell'Action Plan sulla Capital Markets Union, per delineare un progetto ampio di revisione del processo di ammissione di PMI al mercato dei capitali, partendo dalla definizione di PMI, ancora non univoca a livello UE e nazionale, e dall'applicazione graduale, in un percorso di crescita, dei requisiti previsti nella normativa di settore (MiFID II, MAR, Prospetto).
  Sotto il profilo normativo, si propone di semplificare alcuni aspetti del recepimento delle direttive MiFID, anzitutto con riferimento agli obblighi informativi nei confronti dei soggetti istituzionali. Si propone inoltre di istituire la sottocategoria di clienti Pag. 352semi-professionali (dotati di specifiche competenze ed esperienza, capacità finanziarie e propensione al rischio) e di rivedere, in un'ottica di semplificazione e proporzionalità, i regimi della c.d. product governance, della trasparenza dei costi per i clienti professionali e dei requisiti di validità dei contratti. Tale istanza riguarda in particolare il costo dei dati che le imprese di investimento sono obbligate ad acquistare dalle sedi di negoziazione, per adempiere agli obblighi previsti da diverse norme MiFID; analogo problema è stato posto con riferimento alla disciplina della ricerca azionaria, che si ritiene debba essere riservata a soggetti a tal fine autorizzati e vigilati anche al fine di contenimento del rischio di conflitti di interesse.
  In tema di ricerca in materia di investimenti su PMI, si propone di rivedere strutturalmente il divieto, al momento previsto nella normativa MiFID, con alcune mitigazioni, di distribuzione della ricerca di investimenti insieme ad altri servizi di investimento (c.d. unbundling: separazione delle spese sostenute per la ricerca effettuata sugli investimenti da parte dei grandi broker). È stato altresì richiesto di ridefinire la categoria esistente dei clienti professionali sia di diritto sia su richiesta, ampliando i requisiti oggettivi di qualificazione dei primi e, per i secondi, i requisiti di valutazione da parte degli intermediari; di introdurre una nuova categoria di clienti semiprofessionali, sottratta a una valutazione preventiva dell'intermediario e volta unicamente a consentire l'accesso a prodotti finanziari riservati agli investitori professionali. Si richiede inoltre di incrementare l'accessibilità dei prodotti non complessi ai clienti al dettaglio, attraverso una revisione della disciplina in tema di product governance, prevedendone una sua disapplicazione o una sua forte semplificazione.
  L'esigenza emersa nel corso dell'indagine con riferimento al risparmio gestito è anzitutto quella di utilizzare la prossima revisione della direttiva AIFMD (Alternative Investment Fund Managers Directive), sulla quale la Commissione europea ha già avviato i lavori, per la sistematizzazione della disciplina europea del risparmio gestito, la quale si basi almeno su specifici pilastri:

   la definizione di un corpo unico di norme dedicato alla disciplina del servizio di gestione collettiva del risparmio che, nel dettare i principi generali della disciplina relativi ai soggetti del rapporto (gestore, depositario e investitore) e al prodotto, demandi alla disciplina europea di secondo livello la definizione della relativa regolamentazione di dettaglio (sul modello di quanto attualmente previsto nel Testo Unico della Finanza);

   la definizione della disciplina secondaria di attuazione (adeguatamente calibrata).

  Nell'ottica di semplificazione della normativa per agevolare l'accesso ai mercati azionari delle PMI e delle società a media capitalizzazione, nel corso dell'indagine è emerso che assume rilievo anche la revisione del regime degli abusi di mercato (MAR) ritenuto, in alcuni casi, un onere eccessivo per le imprese che intendono accedere al mercato. In particolare, appare necessario un chiarimento sull'applicazione delle regole relative ai sondaggi di mercato (cd. market sounding) introdotte dal MAR per le società che hanno appena avviato il processo di quotazione. Si ritiene inoltre opportuno modificare il MAR per alleviare alcuni obblighi per le società a piccola e media capitalizzazione. Si propone in questo senso l'introduzione di una definizione di PMI più coerente e appropriata in tutta la legislazione dei mercati dei capitali che tenga anche conto del segmento MidCap, in quanto manca una definizione condivisa a livello europeo.

Prospetti

  Alcune proposte emerse nel corso dell'indagine riguardano specificamente l'approvazione dei prospetti informativi per le offerte al pubblico di strumenti finanziari, nell'ottica di ridurre i termini di approvazione dei prospetti. Si tratta di uno dei principali obiettivi del nuovo «Prospetto UE per la ripresa» contenuto nel Capital Pag. 353Market Recovery Package, che intende fornire un prospetto semplificato, facile da produrre per gli emittenti e di agevole comprensione per gli investitori – in particolare per gli investitori al dettaglio – che al contempo dovrebbe richiedere una rapida verifica da parte delle autorità competenti.
  Altri interventi sono stato richiesti per colmare la disparità di durata dei procedimenti amministrativi volti ad approvare i prospetti, che sono anche condizionati dal grado di verifica richiesto dall'ordinamento all'autorità di vigilanza, a causa del diverso regime di responsabilità civile cui sono sottoposte le autorità nazionali di vigilanza sui mercati finanziari. Viene dunque richiesto un intervento di armonizzazione dei regimi di responsabilità, per evitare disparità di trattamento dei risparmiatori nei diversi paesi, nonché costi diversificati di compliance per gli emittenti.

Il settore bancario come attore dei mercati finanziari

  Con specifico riferimento al settore bancario, gli stakeholders hanno richiesto modifiche alla regolamentazione di vigilanza, per ridurne le caratteristiche di prociclicità e tenere maggiormente in considerazione l'obiettivo della crescita economica, in particolare richiedendo un'analisi di impatto della trasposizione nella legislazione UE del pacchetto di finalizzazione di Basilea 3, che tenga conto delle modifiche strutturali conseguenti alla pandemia. Si richiede anche un quadro normativo favorevole sia alla gestione dei crediti deteriorati all'interno della banca, sia alla cessione di questi attivi, anche mediante il ricorso alla cartolarizzazione, l'implementazione delle GACS e la loro proroga al 2022 a livello nazionale, nonché la possibilità di estenderle alle posizioni che sono qualificate come inadempienze probabili.
  Si richiede inoltre una opportuna disciplina europea delle c.d. Asset Management Companies (operatori specializzati a cui le banche possono cedere portafogli di crediti deteriorati), opportunamente coordinata con il quadro normativo europeo in tema di aiuti di stato e con quello relativo alle crisi bancarie.
  Numerose proposte sono emerse in ordine alla revisione della normativa prudenziale prevista per gli investimenti delle banche negli strumenti di capitale delle imprese. Più specificamente, si propone:

   una ponderazione del 400 per cento solo per gli investimenti speculativi con finalità di rivendita a breve termine;

   un fattore di ponderazione del 250 per cento per la quota di portafoglio azionario rientrante in una strategia di investimento di lungo termine e/o nei casi in cui si instauri un rapporto commerciale di lungo termine tra la banca investitrice e la società partecipata.

  Gli auditi hanno rilevato che alcuni pronunciamenti della Corte di Cassazione (sentenza n. 12777 del 22 marzo 2019) sollevano il dubbio che sia contestabile il ricorso a strutture IBLOR (che prevedono l'intervento di una banca italiana come fronting structure) nell'ambito di operazioni di finanziamento e di acquisizioni; hanno messo in luce come tale tematica abbia rilevanza per i fondi di investimento, per le imprese che effettuano tali operazioni nonché per le banche coinvolte nel finanziamento. Si richiede dunque al legislatore di definire un quadro giuridico certo che assicuri la legittimità delle suddette operazioni, tipizzandole e prevedendo una specifica ipotesi di esenzione dalla riserva di attività bancaria ai sensi dell'art. 106 TUB, subordinata al rispetto di una serie di condizioni minime.
  Una specifica proposta riguarda la creazione di uno Spid unico per le imprese, non solo per facilitare l'accesso ai servizi della pubblica amministrazione, ma anche a quelli degli istituti di credito; favorire l'utilizzo di ERP (Enterprise Resource Planning) aperti e integrabili con tutte le banche per facilitare l'accesso al credito veloce delle imprese.
  Si richiede inoltre di promuovere il ricorso allo strumento delle cartolarizzazioni semplici, trasparenti e digitali per facilitare, in Europa come in Italia, il processo di diversificazione delle fonti di finanziamento Pag. 354 dell'economia rimuovendo anche gli ostacoli allo sviluppo del mercato secondario.

Settore assicurativo e fondi pensione

  Con riferimento al settore assicurativo, è stato anzitutto proposto di effettuare un complessivo rilancio della previdenza integrativa, specialmente nel quadro dell'emergenza pandemica, per supportare la sanità italiana con risorse incrementali (ANIA).
  Si ritiene inoltre utile l'avvio di un tavolo di confronto tra attori ministeriali, COVIP e Associazioni di categoria, per predisporre una nuova campagna di adesione ai fondi pensione, specialmente iniziative di carattere informativo per portare all'attenzione di tutti i potenziali aderenti i vantaggi offerti dai fondi pensione, al termine delle quali richiedere ai lavoratori che non hanno ancora aderito ai fondi pensione di rivedere la propria scelta in merito alla destinazione del TFR.
  Tra le proposte formulate nel corso dell'indagine vi è la Long Term Care, ovvero la creazione di un fondo di avviamento strutturale che aiuti gli assicuratori a fornire polizze accessibili a una popolazione più giovane e che sussidi le fasce economiche più deboli. Accanto a tale proposta, si suggerisce di realizzare una partnership pubblico-privata in tema di catastrofi naturali e, nelle circostanze attuali, si suggerisce che il Paese si doti di un sistema efficiente di gestione assicurativa del rischio pandemico.
  Inoltre viene suggerito di intervenire per apportare miglioramenti del quadro normativo europeo, con particolare riferimento a Solvency 2 e, in particolare, al meccanismo del cd. Volatility Adjustment, che intende attutire gli impatti della volatilità artificiale dei mercati finanziari, ma che proprio in questi momenti ha dimostrato di non funzionare adeguatamente. Si propone soprattutto di migliorare le calibrazioni dei requisiti patrimoniali per gli investimenti azionari e obbligazionari, ritenuti troppo elevati.
  La revisione della normativa Solvency 2, a parere di alcuni auditi, andrebbe effettuata anche relativamente al trattamento delle società di assicurazioni per le esposizioni in private equity e venture capital, nonché nel caso di investimenti in strumenti di debito privi di rating, in quanto si ritiene che il trattamento prudenziale previsto per tali esposizioni sia al momento particolarmente sfavorevole per le imprese di assicurazione. I medesimi auditi hanno proposto, con riferimento ai fondi pensione, una maggiore valorizzazione degli investimenti alternativi e la creazione di operatori di maggiori dimensioni.
  È stata suggerita l'introduzione, in favore del sistema previdenziale, di un credito d'imposta per gli investimenti in fondi che investano nelle PMI, per ricompensare la perdita di liquidità che tali investitori subiscono con questa tipologia d'investimento. Questo intervento fiscale potrebbe essere reso ancora più incisivo se inserito entro una strategia di moral suasion intrapresa dal Governo per spingere gli investitori istituzionali ad assumere un maggiore impegno nell'investimento in aziende nel nostro Paese, attraverso fondi specializzati.
  Analogamente, e coerentemente alle indicazioni provenienti dall'Europa (Considerando 2 del Regolamento delegato UE 2019/981 della Commissione, che introduce modifiche al calcolo del requisito patrimoniale di solvibilità delle compagnie assicurative), occorrerebbe che il trattamento prudenziale del private equity e del debito a collocamento privato fosse modificato, al fine di rimuovere gli ostacoli ingiustificati agli investimenti in tali classi di attività. Sempre con riferimento ai fondi pensione, in linea più generale si chiede che il legislatore introduca meccanismi di incentivazione a carattere fiscale, tra cui la riduzione del prelievo fiscale sui rendimenti degli investimenti.
  In particolare, è stato segnalato che il nostro schema di tassazione della previdenza complementare (di tipo ETT, vale a dire l'esenzione dei contributi versati, tassazione dei rendimenti conseguiti dal fondo durante la fase di accumulo e la tassazione della prestazione erogata) è differente dal modello europeo EET, il quale prevede l'esenzione dei contributi versati, l'esenzione Pag. 355dei rendimenti e la tassazione della sola prestazione erogata.
  A parere degli auditi, tale riflessione è resa più stringente dall'emanazione dei nuovi Prodotti previdenziali paneuropei (PEPP), istituiti con Regolamento 2019/1238, in quanto i predetti prodotti paneuropei, commercializzabili anche in Italia, potrebbero creare una distorsione nel sistema poiché, a livello fiscale, godrebbero della legislazione del Paese emittente.
  Una specifica problematica emersa nel corso dell'indagine riguarda il trattamento della posizione degli iscritti ai fondi pensione, che oggi possono riscattare la propria posizione, una volta acquisiti i necessari diritti, soltanto fino ad un massimo del 50 per cento in forma di capitale, mentre la restante parte deve essere erogata in forma di rendita. In occasione dell'attuazione del regolamento PEPP potrebbe procedersi a una revisione sistematica; il regolamento non esclude che l'aderente possa riscattare tutto il montante accumulato nel PEPP in forma di capitale: agli Stati membri è tuttavia rimessa la scelta di incoraggiare l'utilizzo di alcune forme di erogazione, in linea con il carattere pensionistico del prodotto. Nell'attuare il regolamento PEPP il legislatore potrebbe, quindi, decidere di stabilire che le prestazioni delle attuali forme di previdenza complementare e dei PEPP possano essere erogate in forma di capitale fino al 100 per cento del montante accumulato, prevedendo un eventuale regime di tassazione meno favorevole rispetto a quello della rendita.

Misure di liquidità e crisi pandemica

  Con riferimento alle misure adottate a seguito della crisi pandemica, si richiede che le moratorie sui pagamenti, prorogate ex lege dalla legge di bilancio 2021, siano accompagnate da una appropriata interpretazione degli Orientamenti EBA in relazione al limite, recentemente introdotto, di 9 mesi per la durata complessiva del periodo di sospensione dei pagamenti, al fine di evitare di riclassificare tutte le esposizioni oggetto di moratoria come deteriorate, permettendo dunque la proroga delle moratorie oltre i 9 mesi.
  In senso analogo, altri auditi hanno suggerito di modificare la disciplina della cd. Garanzia Italia, prevista dal decreto-legge n. 23 del 2020 per il sostegno delle imprese nella pandemia. In particolare, si ritiene che la previsione dell'impegno per gli investitori di mantenere una quota almeno pari al 30 per cento dell'importo dell'emissione per tutta la sua durata, nel caso di emissioni con rating inferiore a BBB- non sia in linea con le prassi del mercato obbligazionario europeo e, dunque, possa rendere tale garanzia non appetibile per gli investitori. Anche la richiesta, nel caso di garanzia sulle emissioni obbligazionarie, di un rating pubblico da parte di una primaria agenzia di rating è ritenuta sproporzionata, considerato che le obbligazioni in esame sono destinate a investitori istituzionali che sono in genere già in possesso, come le banche, di sistemi di valutazione interna dei rischi di credito, a volte anche più sofisticati rispetto ai rating pubblici.

Quotazione PMI

  Accanto alle misure fiscali volte a stimolare le quotazioni delle PMI, a livello europeo è emersa l'esigenza di sostenere la creazione di fondi finalizzati a tale scopo, in particolare nei settori di importanza strategica per l'UE e assicurare ulteriore sostegno ai veicoli che canalizzano il finanziamento verso progetti di investimento a lungo termine.
  È stata evidenziata l'importanza di promuovere la proposta della Commissione europea del 2018, in seno alla Capital Markets Union, per la creazione di un fondo Europeo per le offerte pubbliche iniziali (IPO) delle PMI per facilitare l'accesso delle PMI ai mercati dei capitali dell'Unione. Tale fondo è ritenuto particolarmente utile per incoraggiare nuovi intermediari (o reti di intermediari) e investitori a co-investire e incentivare l'interesse verso investimenti pre-IPO in queste società.
  Uno studio della Commissione europea del 27 aprile 2021, intitolato «A Public-Private Fund to support the EU IPO Market for SMEs» suggerisce che un fondo IPO pubblico-privato con un investimento pubblico Pag. 356 di circa 740 milioni di euro potrebbe far aumentare del 10 per cento le IPO delle PMI e delle imprese a media capitalizzazione in Europa.
  Altri auditi hanno sottolineato la necessità di identificare e promuovere forme efficaci di agevolazioni alle PMI a sostegno di costi sostenuti per l'accesso al mercato di capitali, dalla formazione, ai servizi di advisory, alla costituzione di operazioni di filiera che permettano di distribuire i costi di accesso su un numero significativo di attori.
  Tra le misure specifiche, si auspica la creazione di un European Single Access Point (ESAP) per le informazioni pubbliche finanziarie e non finanziarie delle società, che possa fungere da piattaforma per accedere a tutte le informazioni pubbliche sia delle aziende quotate (in un primo momento) sia di quelle non quotate (in un secondo momento) nell'Unione europea. Ciò potrebbe facilitare la condivisione delle informazioni societarie, fornire informazioni agli investitori, e contribuire a dare alle aziende una maggiore visibilità a livello europeo.
  Al riguardo è stato tuttavia sottolineato che, sebbene non gravate direttamente dall'obbligo, le PMI sono sollecitate a fornire informazioni non finanziarie in quanto fornitori di grandi emittenti obbligati alla pubblicazione di dichiarazioni non finanziarie (DNF) ovvero se abbiano una significativa esposizione di filiera. In fase di revisione della normativa europea, si auspica che le PMI intraprendano un percorso di cambiamento volto a integrare tali informazioni nelle scelte strategiche, al fine di aderire spontaneamente alla fornitura delle informazioni: Un ruolo positivo e propulsivo sembra essere svolto dalle imprese di maggiori dimensioni appartenenti alla stessa filiera delle PMI, in attesa della revisione della disciplina nazionale.

Società di capitali

  Alcuni auditi hanno proposto di modificare la disciplina applicabile alle società di capitali, con l'intento di contribuire a promuovere l'accesso delle società al mercato dei capitali, in particolare –nel rispetto degli obblighi di derivazione europea – mediante l'alleggerimento degli oneri incombenti sulle società quotate e l'individuazione di altre modifiche normative in grado di avvicinare le società non quotate al mercato finanziario. Si suggerisce in particolare di ridurre gli oneri di intermediazione nella fase di emissione degli strumenti finanziari, utilizzando sia forme di accesso diretto ai mercati (cd. direct listing) sia le capacità offerte dalle nuove tecnologie (DLT), promuovendo nuove prassi di mercato, quali ad esempio il cd. testing the water.
  In particolare, il direct listing consente ad una società di quotarsi avviando le negoziazioni direttamente sulla piattaforma del mercato, senza l'effettuazione di un'offerta iniziale e senza l'intervento degli intermediari. Per testing the water si intende una prassi introdotta dalle autorità statunitensi, per permettere agli emittenti e ai soggetti che agiscono nel loro interesse di avviare incontri pubblici con potenziali investitori in una fase preliminare, al fine di sondare l'interesse del mercato prima di dover sostenere le spese derivanti dalla formalizzazione dell'avvio del processo di ammissione a quotazione.
  È stato richiesto di riprendere a remunerare adeguatamente il capitale azionario, eliminando o attenuando i vigenti divieti (oltre a limiti alla possibilità di effettuare altri pagamenti discrezionali che comportano distribuzioni di capitale, ad es. sotto forma di remunerazioni variabili).
  Si ritiene inoltre necessario adottare una visione sistemica degli strumenti necessari a supportare la crescita del Paese, considerando non solo le diverse fonti di finanziamento ma anche le competenze e il network necessari a mantenere la competitività sul mercato; tali azioni devono inoltre essere supportate da un quadro normativo e incentivi adeguati a convogliare in maniera efficace le risorse finanziarie.

Venture capital

  Alcuni auditi hanno sottolineato il ruolo del venture capital per le imprese di piccola Pag. 357o media dimensione che non riescono ad accedere ai mercati dei capitali. Si è rilevato come diversi studi confermino i vantaggi che possono derivare dal finanziamento con capitale di rischio di start-up innovative, sia in termini di tassi di investimento più elevati, sia in termini di una crescita più rapida.
  Per quanto concerne il settore del venture capital, si propone anzitutto di implementare le disposizioni comunitarie con la necessaria proporzionalità e senza prevedere irrigidimenti affinché i gestori di fondi di private capital operino a condizioni equivalenti rispetto a quelli degli altri Paesi senza svantaggi concorrenziali. In occasione della revisione della direttiva sui gestori di fondi alternativi (Alternative Investment Fund Managers Directive), si chiede una semplificazione del quadro regolatorio, così come nell'adozione del Regolamento comunitario 2088/2019, contenente gli obblighi di informativa sulla sostenibilità, si ritiene opportuna un'applicazione graduale e proporzionata per gli intermediari. Si richiede, più in generale, di evitare l'assimilazione del settore del venture capital a quello degli intermediari bancari. Si suggerisce inoltre, con riferimento al cd. patrimonio Rilancio, di destinare un comparto specifico a svolgere l'attività di fondo di fondi.

Fintech

  Con riferimento al settore del Fintech, gli auditi hanno anzitutto sottolineato la necessità di monitorare l'evoluzione del mercato e operare un delicato bilanciamento, in quanto – da un lato – un quadro regolamentare eccessivamente rigido, in un contesto in cui cadono le barriere tecnologiche all'offerta transfrontaliera, rischia di incentivare la delocalizzazione di nuove aziende, con il rischio di perdere competenze digitali e di spostare all'estero un'industria nascente; dall'altro lato, appare essenziale assicurare un presidio adeguato dei rischi per non compromettere la stabilità finanziaria e la protezione dei consumatori e degli investitor.
  Si ritiene che lo sviluppo di innovative modalità di raccolta di capitali sul mercato, tramite il ricorso alle cripto-attività e ai security token, è potenzialmente idoneo a offrire alle imprese, anche alle PMI, nuovi canali di finanziamento. Se da un lato ciò riduce i costi di intermediazione e raggiunge una vasta platea di potenziali investitori, alcuni auditi hanno evidenziato la necessità di predisporre un assetto regolamentare che disciplini l'offerta di cripto-attività tutelando gli investitori. Si auspica dunque una tempestiva definizione di regole europee riguardanti l'offerta, per costituire un benchmark in materia e orientare la definizione delle regole nell'ambito degli standard setter internazionali.
  Al contempo, altri auditi hanno evidenziato i rischi connessi all'offerta di servizi finanziari da parte di Big Tech che operano in regime di oligopolio e che possono contare su un grande numero di dati di qualità e di risorse. In ragione di un mutato contesto di mercato, che la digitalizzazione rende globale, si ritiene necessaria una adeguata regolamentazione della competizione proprio per sostenerla propriamente a favore del cliente finale.
  L'esigenza di promozione dell'innovazione finanziaria è emersa anche con riguardo alle piccole imprese e allo sviluppo locale.
  Con specifico riferimento al settore assicurativo, è stato rilevato come il ricorso a strumenti di intelligenza artificiale richieda l'adozione di opportune misure per garantire una maggiore trasparenza e chiarezza dei modelli adottati: con particolare riferimento alle imprese assicurative, esse devono attuare un'adeguata governance dei processi e delle risorse impegnate e di evitare discriminazioni indebite tra fasce di clientela o singoli soggetti. L'utilizzo di sandbox per sperimentare in condizioni controllate l'offerta di prodotti assicurativi e l'automazione di processi con tecniche innovative, anche in deroga – ove consentito – alle previsioni della normativa vigente, è valutato come una importante occasione di collaborazione tra operatori e autorità di vigilanza.
  A seguito delle sperimentazioni effettuate dalle autorità di vigilanza, si ritiene che limitati interventi sulla normativa primaria Pag. 358 renderebbero più fluido il processo digitale, favorendo la rimozione degli ostacoli connessi a norme che spesso disciplinano esclusivamente fattispecie basate sull'interazione fisica tra le parti. In particolare, nel corso delle audizioni sono emersi riscontri positivi sul valore legale degli smart contract e sull'archiviazione di documenti nella blockchain, ovvero sulla possibilità di ottemperare in modalità esclusivamente digitale agli adempimenti di trasparenza richiesti dalla normativa sulla distribuzione assicurativa.
  Dal punto di vista operativo, le predette indagini hanno rilevato risparmi sui tempi e costi di emissione e gestione delle polizze estesi, in alcuni casi, anche a quelli di liquidazione.
  In conclusione, nel corso delle audizioni è stato sottolineato che nell'ambito di una articolazione multicanale della distribuzione assicurativa, il ricorso a piattaforme può produrre maggiore efficienza, trasparenza e certezza informativa e ridurre le potenziali frodi attraverso la semplificazione e la standardizzazione dei processi. Va tuttavia prestata attenzione all'introduzione di presidi di sicurezza e controllo delle piattaforme digitali.
  In seno a tale quadro, sono state richieste misure a supporto della digitalizzazione del trade finance, attraverso lo sviluppo di una serie di standard minimi uniformi per la connettività digitale dei fornitori di servizi, in particolare per quanto riguarda aspetti tecnologici, legali, di responsabilità e di sicurezza delle informazioni, al fine di eliminare l'incertezza nel settore e accelerare la digitalizzazione.

PIR – Piani individuali di risparmio

  Numerosi stakeholders hanno posto specifica attenzione ai piani individuali di risparmio – PIR, suggerendo modifiche alla disciplina vigente.
  Con riferimento ai cd. PIR alternativi, alcuni auditi hanno proposto, per favorire l'investimento in private capital da parte di investitori di fascia alta, di abbassare le soglie minime di investimento a 500.000 a 100.000 euro. Tale abbassamento potrebbe essere accompagnato dal vincolo di concentrazione pari al 10 per cento del portafoglio dell'investitore.
  Altri auditi hanno ritenuto che i vincoli introdotti dal decreto Rilancio per i PIR alternativi siano troppo stringenti, tali da rendere impossibile per le imprese di assicurazione realizzare tali strumenti. Si propone dunque di ripristinare i PIR originari, integrati da un vincolo di investimento in piccole imprese: in particolare, si propone di estendere alle gestioni assicurative tradizionali le disposizioni già oggi previste a vantaggio degli enti di previdenza obbligatoria e delle forme di previdenza complementare.

Crowdfunding

  A seguito dell'emanazione del Regolamento (UE) 2020/1503 sul cd. crowdfunding, i fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese possono, una volta autorizzati in uno Stato membro, operare su tutto il territorio dell'Unione avvalendosi del passaporto europeo. Tale regolamento si applica a partire dal 10 novembre 2021; si ritiene dunque necessario adeguare in tempi rapidi la normativa nazionale alle novità introdotte dalla disciplina europea, in maniera da garantire il rispetto del termine del 10 novembre 2021. Si auspica che, in sede attuativa, le competenze delle Autorità nazionali vengano allocate in funzione dell'effettiva natura dei servizi resi agli investitori, in modo da non disperdere il rilevante patrimonio di competenze ed esperienze maturate dalle autorità di vigilanza sui portali di crowdfunding.

Il ruolo di Cassa depositi e prestiti

  Alcuni auditi hanno evidenziato come, nel contesto della crisi, sia maturato un consenso sulla necessità di costituire fondi statali per investimenti diretti nelle imprese in difficoltà, con Cassa Depositi e Prestiti individuata quale veicolo più adatto per canalizzare dette risorse. Si suggerisce di indirizzare parte delle risorse verso aziende di piccola media dimensione, attraverso Pag. 359 la partecipazione a fondi, o altri intermediari finanziari (es. SICAF o SICAV), che siano in grado di acquisire le partecipazioni prevalentemente in aumento di capitale.

Confidi

  La tematica dei confidi è emersa in relazione a numerosi profili, tra cui la loro patrimonializzazione, l'incremento dei fondi di copertura di secondo grado, la reale proporzionalità delle normative di vigilanza e la concorrenza con l'offerta del Fondo Centrale di Garanzia.
  Si auspica, per il sistema economico nazionale – costituito prevalentemente da imprese medio-piccole – che le istituzioni prevedano strumenti, da rifinanziare annualmente, attraverso cui i confidi possano gestire l'erogazione di finanziamenti diretti, anche attraverso un intervento strutturato da parte della Cassa Depositi e Prestiti, su cui potrebbero convergere iniziative dei governi regionali.
  Per promuovere forme più innovative di finanziamento che combinino in modo flessibile strumenti creditizi e finanziari, si propone la costituzione di fondi al cui patrimonio possano contribuire sia le Regioni che altre istituzioni o soggetti privati. I soggetti gestori potrebbero utilizzare le disponibilità per finanziare l'erogazione di credito diretto, tramite i confidi, o utilizzare le risorse come equity consentendo l'ingresso temporaneo nel capitale delle imprese, al fine di capitalizzare le stesse permettendo loro di cogliere opportunità sia sui mercati domestici sia su quelli internazionali. Le imprese finanziatrici in questo modo avrebbero il vantaggio del rendimento legato sia ai tassi di interesse del credito diretto sia al ritorno degli investimenti di equity. A tali proventi si suggerisce di aggiungere benefici fiscali in virtù della volontà di aver destinato vantaggi al territorio di elezione.
  Si auspica, nel breve periodo, di riprendere il funzionamento delle sezioni speciali messe in campo dalle Regioni e riservate, in alcuni casi, all'azione di controgaranzia a favore dei confidi.

Sostenibilità

  Nel corso dell'indagine è stata proposta, quale elemento essenziale per una crescita stabile e sostenibile, la creazione di una finanza volta a favorire investimenti di lungo periodo coerenti con i vincoli ambientali e sociali.
  Sotto il profilo della sostenibilità, è emersa l'esigenza di incrementare il ricorso ad emissioni verdi da parte delle banche e delle imprese, soprattutto PMI, mediante incentivi per l'abbattimento di alcuni costi di consulenza sostenuti per l'emissione dei titoli, anche mediante meccanismi di garanzia del credito che riducano il rischio per gli investitori finanziatori e favoriscono il reperimento di finanziamenti a imprese che hanno vincoli di accesso ai finanziamenti; con specifico riferimento alle banche, si è proposto di introdurre un fattore di riduzione delle attività ponderate per il rischio (risk weighted activities, RWA) per le esposizioni delle banche connesse ad attività economiche che sono considerate sostenibili.

Educazione finanziaria

  Il ruolo dell'educazione finanziaria e assicurativa è stato più volte ribadito nel corso delle audizioni.
  In particolare, è stata evidenziata la necessità una cultura finanziaria diffusa, capace di promuovere l'inclusione finanziaria delle imprese di minore dimensione e di aiutare le famiglie a compiere scelte di investimento consapevoli. In tale ambito, a parere degli auditi vanno incoraggiate iniziative volte ad accrescere l'educazione finanziaria dei piccoli imprenditori, per sostenere una partecipazione più consapevole al mercato creditizio e a quello dei capitali, nonché il raggiungimento di una struttura finanziaria più equilibrata delle imprese. Per innalzare il livello di cultura finanziaria delle famiglie e delle imprese si ritiene necessario insegnare i concetti base dell'economia e della finanza nelle scuole, partendo dalle scuole primarie.
  Va altresì elevato livello di alfabetizzazione finanziaria dei microimprenditori (lavoratori Pag. 360 autonomi, titolari di ditte individuali o di aziende con meno di dieci dipendenti): si tratta di un elemento cruciale per lo sviluppo delle imprese, poiché raramente essi possono avvalersi di risorse specializzate.
  Inoltre, è stato rilevato che l'innalzamento della cultura finanziaria degli italiani può avere riflessi positivi sulla propensione ad investire e sulla capacità di cogliere le opportunità connesse con la digitalizzazione e con lo sviluppo degli investimenti sostenibili.

Misure fiscali

  Nel corso dell'indagine è emerso come nell'ultimo decennio vari provvedimenti in materia fiscale e regolamentare hanno mirato a favorire lo sviluppo dei mercati finanziari; tuttavia, è stato notato come la stratificazione dei numerosi interventi fiscali succedutisi a più riprese in un arco temporale ristretto oggi richieda misure di razionalizzazione, per assicurare ai risparmiatori e alle imprese stabilità del quadro normativo e univocità nella direzione degli interventi, al fine di contenere l'incertezza e gli effetti negativi sulle scelte di investimento e di finanziamento.
  Per quanto riguarda le misure fiscali, si richiede di elevare la misura dell'aliquota del rendimento nozionale del nuovo capitale proprio valevole ai fini ACE, progressivamente ridotta nel corso del tempo e oggi pari all'1,3 per cento. Si suggerisce di prevedere un'aliquota maggiorata da applicare agli incrementi di capitale proprio realizzati in un determinato arco temporale (ad esempio, tre o cinque anni). La maggiorazione dovrebbe essere riconosciuta stabilmente, vale a dire fino a quando gli incrementi di capitale proprio realizzati nel periodo vengono mantenuti dall'impresa.
  Si propone anche di rendere strutturale il credito di imposta per le spese di quotazione delle PMI, rifinanziato e prorogato dalla legge di bilancio 2021.
  Alcuni auditi hanno proposto un intervento complessivo di natura fiscale e finanziaria per incentivare il finanziamento delle PMI. Si propone di attribuire ai soci che effettuano conferimenti in denaro, in una o più società, in esecuzione dell'aumento del capitale sociale, un credito d'imposta quanto meno pari al 20 per cento dell'importo conferito, con l'ipotesi di un tetto massimo del conferimento in denaro sul quale calcolare il credito d'imposta e prevedendo il mantenimento della partecipazione per un periodo da definire, oltre al divieto di distribuzione di dividendi sempre per lo stesso periodo.
  Tale incentivo, per consentire un'adeguata adesione delle imprese, potrebbe essere accompagnato dalla possibilità di aumentare il capitale sociale, anche attraverso il ricorso ai prestiti partecipativi (di cui alla legge n. 317 del 1991), con l'eventuale intervento del Fondo centrale di garanzia.
  Le proposte formulate pongono alcune condizioni (relative al tetto massimo dei ricavi, alla data di versamento dell'aumento di capitale sociale, assenza di condizioni ostative o di condanne penali nei confronti degli organi apicali). Tale incentivo si potrebbe altresì declinare con una doppia agevolazione, per cui per ogni conferimento/versamento di capitale di rischio agevolato da parte dei soci si potrebbe accedere a una medesima quantità di capitale di debito agevolato.

Semplificazione

  La complessità del quadro normativo ha portato alcuni stakeholders a proporre un intervento di semplificazione nelle fasi di definizione delle norme, di applicazione concreta e interpretazione delle stesse. A tale proposito si ritiene necessario che il Governo italiano si faccia portatore di un'istanza di semplificazione, revisione e riduzione dei costi non essenziali e abbattimento di quelle barriere che limitano alle piccole e medie imprese, soprattutto italiane, di accedere ai mercati dei capitali a costi sostenibili.
  Sotto tale profilo si è proposto di replicare, a livello governativo, il modello del Comitato degli Operatori di Mercato e degli Investitori (COMI), istituito dalla Consob Pag. 361come sede permanente di confronto e dialogo tra i soggetti interessati, per accrescere il coinvolgimento degli operatori di mercato e degli investitori nell'attività di predisposizione dei regolamenti, agevolandone il processo di consultazione, nonché degli altri documenti a contenuto generale afferenti ai compiti istituzionali della Consob. Ciò consentirebbe di coinvolgere le associazioni rappresentative degli operatori economici (emittenti, risparmiatori e intermediari) fin dalle primissime fasi di gestazione delle direttive e dei regolamenti UE.
  Viene ritenuto necessario, dunque, che la potestà normativa delle Autorità non sia considerata attività di vigilanza soggetta, in quanto tale, al regime del segreto, garantendo in tutte le fasi del processo normativo il più elevato livello di trasparenza specialmente nella fase prodromica alla formalizzazione di una proposta legislativa da parte della Commissione europea, così come alle discussioni in sede di comitati di esperti e al Comitato valori mobiliari del Consiglio, alle riunioni dei comitati dell'ESMA.
  L'esigenza di semplificazione del quadro normativo in materia di mercati finanziari, a parte di alcuni auditi, investe anche le disposizioni civilistiche in tema di raccolta del capitale. Si suggerisce al riguardo di semplificare le procedure richieste dal codice civile per le società che operano su sistemi multilaterali di negoziazione, prevedendo che: (a) per gli aumenti di capitale delle società ammesse alle negoziazione sui sistemi multilaterali di negoziazione possa essere escluso il diritto di opzione nei limiti del 20 per cento del capitale sociale preesistente, a condizione che il prezzo di emissione corrisponda al valore di mercato delle azioni (v. articolo 2441, cod. civ.); l'invalidità della deliberazione di aumento del capitale non possa essere pronunciata, dopo sia stata iscritta nel registro delle imprese l'attestazione che l'aumento è stato anche parzialmente eseguito (così come disposto per le società quotate sul mercato regolamentato dall'articolo 2379-ter, cod. civ.).
  Occorrerebbero inoltre misure normative volte a semplificare l'accesso a strumenti di finanza strutturata, come i titoli cartolarizzati e l'estensione della definizione di Investitore Professionale abilitando un accesso a questa tipologia di strumenti alternativi a un insieme sempre più ampio di portatori di capitali.

Riduzione dei tempi della giustizia

  Nel corso dell'indagine sono emerse inoltre proposte afferenti a settori normativi gravitanti, in generale, intorno al settore dei mercati finanziari, quali la richiesta di riduzione dei tempi della giustizia civile, la necessità di rendere più efficienti le procedure di recupero del credito.

Conclusioni

Premessa

  Rafforzare l'economia reale agevolando l'accesso a fonti di finanziamento alternative e complementari al canale bancario rappresenta un obiettivo unanimemente condiviso da parte degli onorevoli deputati intervenuti nel corso degli approfondimenti istruttori della presente Indagine conoscitiva.
  Si possono pertanto individuare macro-questioni sulle quali la Commissione esprimerà una valutazione conclusiva: la partecipazione ai mercati finanziari da parte degli investitori individuali; la partecipazione ai mercati dei capitali da parte degli investitori istituzionali; riforme strutturali in grado di rilanciare il ruolo del mercato dei capitali e una contestuale rimozione delle barriere alla libera circolazione del risparmio.
  Nel corso delle audizioni è emerso come sia particolarmente opportuna e tempestiva la necessità di valutare nuove iniziative di interventi normativi a fronte della pandemia e della crisi economica che ne è conseguita in un momento in cui l'Italia non poteva dire di essere ancora uscita completamente dagli effetti delle crisi finanziaria, economica e del debito sovrano susseguitesi dal 2008 al 2012.
  Una prima considerazione è sulle caratteristiche tipiche della struttura produttiva italiana, ovvero l'elevata incidenza delle Pag. 362imprese di dimensione piccola e media che, nel confronto europeo, presentano una elevata quota di debiti, in particolare bancari, rispetto al capitale proprio.
  È stato quindi ricordato che in Italia il settore dell'innovazione è stato piuttosto trascurato dalla politica economica, come risulta evidente dalla distanza che ci separa da altri Paesi, sia geograficamente che a livello di dati economici: in Francia, Germania e Regno Unito si investe all'incirca 10 volte più che in Italia. Uno dei motivi di questo divario va ritrovato in alcune scelte di politica economica e fiscale attuate negli altri Paesi e che sono volte a favorire lo sviluppo di questo settore, considerato strategico da parte di queste nazioni.
  Ad esempio, il settore high tech è strutturalmente molto più transnazionale di altri: startup e scaleup si sono dimostrate realtà più resilienti delle imprese tradizionali, ed è quindi l'intero Sistema Paese a beneficiare di un sano e dinamico panorama di imprese innovative.
  Rafforzare le imprese è una cosa importante, perché rende le imprese più solide e maggiormente in grado di affrontare momenti di difficoltà, come quello che inaspettatamente si sono trovate ad affrontare con la pandemia e con il COVID.
  Nel difficile primo semestre del 2020, a causa dell'esplosione emergenziale della pandemia, gli investimenti in startup si sono comunque mantenuti su una cifra che va da 250 a 300 milioni di euro, in calo rispetto all'anno precedente ma comunque al di sopra della linea di galleggiamento, soprattutto se messi a confronto con quel che è successo nei settori tradizionali.
  Il Fintech ha un enorme potenziale sia per il supporto a società in crescita, che per colmare il gap che esiste fra settore innovazione – per sua natura sempre portatore di novità – e settori più tradizionali, che spesso faticano a recepire, e quindi a poter supportare, le società innovative.
  Purtroppo però l'elevato tasso di competizione infra-europea rende il nostro mercato nazionale meno attrattivo di altri nell'attrazione di talenti, elemento chiave per lo sviluppo del settore nel suo complesso.
  Mentre nel resto dei Paesi le istituzioni finanziarie stanno incominciando a guardare al Fintech con curiosità ed interesse, in Italia permane una sorta di «cultura del sospetto» da parte dei soggetti tradizionali, che ha la duplice negativa conseguenza di limitare lo sviluppo delle società Fintech e – di fatto – di privare le realtà tradizionali di elementi di innovazione che sarebbero senz'altro utili (Audizione di Vc Hub Italia – 7 luglio 2020).

L'innovazione tecnologica

  L'innovazione tecnologica è alla base dell'evoluzione dei mercati dei capitali e non solo. Borsa italiana ne rappresenta un esempio. Essa è infatti un'infrastruttura finanziaria molto bene articolata, che copre tutti gli aspetti del mercato finanziario e che con le sue varie attività – che vanno dalle piattaforme di trading alle piattaforme di risk management, come la Cassa di Compensazione e Garanzia S.p.A., e a quelle di post trading, in particolare MTS, che di fatto è il custode di tutti gli asset finanziari posseduti dai risparmiatori italiani – offre quella che si chiama una «catena del valore completa» per quello che attiene alla gestione e alla negoziazione dei titoli e degli strumenti finanziari in generale.
  «Le azioni e il mercato azionario rappresentano una parte molto importante dell'attività di Borsa italiana. Ricordo semplicemente, per darvi un quadro di alto livello, che la crescita del numero di aziende quotate negli ultimi anni è stata molto rilevante e questo è stato in controtendenza rispetto a un andamento a livello mondiale di diminuzione del numero di società quotate. Ciò è legato anche in parte a una relativa arretratezza del nostro mercato, che, per motivi anche culturali e legati a una certa ritrosia dell'imprenditoria italiana di aprire il capitale a terzi, ha sempre fatto sì che il numero di aziende quotate e la capitalizzazione del nostro mercato sia stata notevolmente inferiore a quella degli altri principali mercati delle economie più sviluppate» (Audizione di Borsa italiana S.p.A. – 15 dicembre 2020). Pag. 363
  Importante, poi, è «l'educazione finanziaria» (Audizione di Borsa italiana S.p.A. – 15 dicembre 2020).
  Va altresì elevato il livello di alfabetizzazione finanziaria dei microimprenditori (lavoratori autonomi, titolari di ditte individuali o di aziende con meno di dieci dipendenti): si tratta di un elemento cruciale per lo sviluppo delle imprese, poiché raramente essi possono avvalersi di risorse specializzate (Memoria trasmessa dalla Banca d'Italia, p. 15).
  In realtà i mercati sono diventati, e ancor più lo saranno in futuro, luogo di scambio dei titoli di aziende di piccola e media capitalizzazione. Questa caratteristica, lungi dall'essere un elemento di debolezza, rappresenta invece una preziosa opportunità per consentire al risparmio di confluire verso il comparto più dinamico della nostra realtà produttiva che necessita di capitali per crescere e competere efficacemente sui mercati globali.
  È essenziale perciò che la normativa e gli incentivi fiscali vengano indirizzati a favorire l'avvicinamento delle nostre aziende al mercato dei capitali riducendo la loro attuale dipendenza dal credito bancario. Giova infatti ricordare che in Italia le imprese si finanziano ancora per il 70-80 per cento attraverso il tradizionale canale bancario, mentre tale percentuale scende al 60 per cento in Europa e addirittura al 40 per cento nei paesi anglosassoni (Memoria depositata da Assosim nel corso dell'audizione del 15 luglio 2020, p. 4, cap. 1).

Interesse da parte degli investitori internazionali sui temi legati alla sostenibilità

  Un altro aspetto riguardante il ruolo che il mercato dei capitali svolge in questo momento, che è estremamente importante, è quello relativo alla sostenibilità. Grazie a un mercato di capitali efficiente si può migliorare molto anche la sensibilità verso i temi legati alla sostenibilità per quanto riguarda le imprese. Negli ultimi cinque o sei anni si è registrato un crescente interesse da parte degli investitori internazionali sui temi legati alla sostenibilità, in particolare all'ambiente, alla governance e all'impatto sociale delle attività delle aziende.
  Con un progressivo inserimento dei parametri che servono a misurare i risultati che le aziende riescono a ottenere in questo preciso settore, gli investitori hanno incluso questi parametri all'interno delle loro politiche di investimento. Oggi, quando un grande investitore internazionale guarda all'investimento in una società, guarda anche con molta attenzione a quello che la società fa in questo specifico campo.
  Infatti, tra le priorità emerse anche a livello europeo per la definizione di una Strategia per la finanza digitale, si evidenzia la necessità di affrontare la frammentazione del mercato unico digitale nell'ambito dei servizi finanziari, quindi creare uno spazio europeo di dati finanziari, che includa il potenziamento dell'accesso ai dati e della condivisione degli stessi all'interno del settore finanziario. Di qui, l'importanza di rafforzare il complesso sistema dei dati finanziari che trova, ad esempio, riscontro – a livello domestico – nel noto Mercato telematico dei titoli di Stato (Mts) appartenente a Borsa italiana, una delle principali piattaforme per la negoziazione dei titoli di Stato europei, la cui gestione è essenziale per la tutela di dati sensibili per l'interesse nazionale.

Il ruolo delle Camere di commercio

  Il percorso intrapreso nell'ultimo decennio è rappresentato soprattutto dalla capacità di accompagnare la ricerca e l'innovazione alla portata delle imprese più piccole. È indubbio, tuttavia, che le difficoltà più emergenti riguardano non solo la carenza dei fondi pubblici per la ricerca, quanto il difficile coordinamento delle attività amministrative.
  Il ruolo determinante delle Camere di commercio, particolarmente importante nella sua funzione di gestione del Registro delle imprese, sta favorendo soprattutto una riduzione delle «asimmetrie informative»; asimmetrie che assumono un rilievo particolarmente sentito per le imprese di minori dimensioni. Ad esempio, l'informatizzazione del Registro ha rappresentato un passo decisivo verso una maggiore fruibilità delle informazioni riguardanti la struttura Pag. 364 e l'attività delle imprese del nostro Paese. Nondimeno, favorire l'orientamento al mercato delle imprese italiane nell'area degli strumenti negoziali – quali la messa a disposizione della raccolta degli usi e la predisposizione di modelli contrattuali – ha ridotto gli oneri di comunicazione a carico delle imprese, grazie all'utilizzo e alla diffusione di strumenti telematici di trasmissione.
  In particolare, si osserva l'importante funzione svolta dalle Camere di commercio nel mettere in contatto le imprese con il mondo del credito, dell'economia digitale e del Fintech attraverso strumenti quali piattaforme digitali, database navigabili, informazioni e approfondimenti tematici esclusivi, al fine di far conoscere alle molteplici attività imprenditoriali gli strumenti a disposizione per sostenere la ripartenza e far fronte alle esigenze di liquidità e finanziamento dell'investimento.

Complessità della normativa di riferimento

  L'esperienza degli ultimi anni ha dimostrato che gli obiettivi perseguiti dal legislatore europeo, in particolar modo con la MiFID, sono stati raggiunti solo in parte e a fronte del sostenimento, da parte dell'industria finanziaria, di elevati costi di implementazione, che hanno particolarmente penalizzato il mercato e l'industria finanziarie italiane. Il motivo di tale mancato pieno successo, come detto, è tra l'altro da rinvenire nell'estrema complessità e non sufficiente chiarezza delle regole poste a presidio dei suddetti obiettivi.
  L'auspicato processo di revisione dovrà pertanto essere rivolto a semplificare il quadro normativo, in modo da perseguirne gli obiettivi con metodologie di più agevole gestione e attuazione, adottando soprattutto un approccio improntato alla proporzionalità.
  Per quanto riguarda la normativa nazionale, l'Italia ha negli anni recenti sperimentato – con grande successo – l'introduzione dei PIR, piani che garantiscono ai risparmiatori l'esenzione dalle imposte sui capital gain e sui rendimenti a fronte dell'impegno di detenere lo strumento per almeno 5 anni e del vincolo di destinare una quota dell'investimento a determinate categorie di imprese.
  Sull'efficacia del credito d'imposta per i costi legati alla quotazione il riscontro è stato molto positivo, ciò che sicuramente aiuta, perché effettivamente i costi della quotazione sono dei costi abbastanza importanti per le imprese, soprattutto per quelle medio-piccole. A tal riguardo è auspicabile che il legislatore preveda questa agevolazione quale misura di sistema strutturata.
  In particolare, per le imprese di dimensioni più contenute, e che quindi costituiscono una parte importante del sistema produttivo nazionale, le agevolazioni di settore specifico rappresentano la base di investimento primaria.

Pag. 365

ALLEGATO 5

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa a una strategia in materia di finanza digitale per l'UE. (COM(2020) 591 final).

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa a una strategia in materia di pagamenti al dettaglio per l'UE. (COM(2020) 592 final).

Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937. (COM(2020) 593 final e Allegato).

Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito. (COM(2020) 594 final).

Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario e che modifica i regolamenti (CE) n. 1060/2009, (UE) n. 648/2012, (UE) n. 600/2014 e (UE) n. 909/2014. (COM(2020) 595 final)

Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2006/43/EC, 2009/65/EC, 2009/138/EU, 2011/61/EU, EU/2013/36, 2014/65/EU, (EU) 2015/2366 e EU/2016/2341. (COM(2020) 596 final).

PROPOSTA DI DOCUMENTO FINALE PRESENTATA DAL RELATORE

  La VI Commissione,

   esaminate, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, la comunicazione relativa a una strategia in materia di finanza digitale per l'UE (COM(2020)591), la comunicazione relativa a una strategia in materia di pagamenti al dettaglio per l'UE (COM(2020)592), la proposta di regolamento relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 (COM(2020)593), la proposta di regolamento relativo ad un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito (COM(2020)594), la proposta di regolamento relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario e che modifica i regolamenti (CE) n. 1060/2009, (UE) n. 648/2012, (UE) n. 600/2014 e (UE) n. 909/2014 (COM(2020)595) e la proposta di direttiva che modifica le direttive 2006/43/EC, 2009/65/EC, 2009/138/EU, 2011/61/EU, EU/2013/36, 2014/65/EU, (EU) 2015/2366 and EU/2016/2341 (COM(2020)596), presentate dalla Commissione europea il 24 settembre 2020;

   premesso che:

    la progressiva espansione del settore della finanza digitale è stata ulteriormente accelerata dalla pandemia di COVID- Pag. 366 19, che sta rafforzando il passaggio ai pagamenti digitali e la trasformazione del settore bancario e finanziario, in larga misura dipendente ormai dalle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC);

    l'utilizzo delle nuove tecnologie nel settore finanziario può comportare rischi per la stabilità finanziaria e la protezione dei consumatori, che potrebbero aumentare ulteriormente a causa della frammentazione del panorama normativo nell'UE e degli sviluppi disomogenei nella regolamentazione del settore a livello mondiale;

    merita pertanto apprezzamento la definizione di un quadro regolatorio unitario per i mercati delle cripto-attività e nei confronti della ciberresilienza del settore finanziario, tenuto conto dei rischi di diversa natura esistenti in tale ambito e dell'ampia varietà di tipologie di attività esistenti;

   considerato che:

    le misure proposte dalla Commissione europea muovono dal lavoro svolto nel contesto del Piano d'azione per le tecnologie finanziarie del 2018 e dai pareri del 2019 dell'Autorità bancaria europea (ABE) e dell'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), nonché da un'approfondita valutazione d'impatto condotta dalla Commissione;

    l'iniziativa della Commissione si configura come un pacchetto di misure articolato, nel cui ambito la strategia in materia di finanza digitale, che prospetta una serie di azioni da qui al 2024 nell'ottica di promuoverne il potenziale e ridurre i rischi da essa derivanti, è collegata alla strategia in materia di pagamenti al dettaglio, volta a promuovere i pagamenti istantanei e le soluzioni di pagamento in tutta l'UE;

    la proposta di regolamento relativo ai mercati delle cripto-attività (MiCA) reca una tassonomia delle cripto-attività, che necessiterebbe di una migliore esplicitazione, al fine di individuare più chiaramente l'ambito di applicazione ed evitare problemi interpretativi specie con riguardo alle diverse categorie di cripto-attività e alle «cripto-attività diverse dai token collegati ad attività e dai token di moneta elettronica»;

    l'articolo 123, paragrafo 1, della proposta MiCA stabilisce che per le «cripto-attività diverse dai token collegati ad attività e dai token di moneta elettronica» non sarà operativa la nuova disciplina (prevista dagli articoli da 4 a 14) prima della data di entrata in applicazione del regolamento, che decorre 18 mesi dopo la data di entrata in vigore;

    sono allo studio diverse iniziative a livello globale ed europeo per l'introduzione di valute digitali di banca centrale (central bank digital currency), di cui è opportuno valutare opportunità e rischi;

   segnalato che:

    risulterebbe opportuno valutare i rapporti tra cripto-attività e fiscalità, tenuto conto che in Italia non esistono disposizioni fiscali specifiche in materia ma norme di principio che identificano le tipologie di introiti sui quali occorre pagare le imposte sui redditi;

    la sentenza 22 ottobre 2015, causa C-264/14, della Corte di giustizia dell'UE ha riconosciuto, agli effetti dell'IVA, che le operazioni che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale (nella specie bitcoin) e viceversa, effettuate a fronte del pagamento di una somma corrispondente al margine costituito dalla differenza tra il prezzo di acquisto delle valute e quello di vendita praticato dall'operatore ai propri clienti, costituiscono prestazioni di servizio a titolo oneroso;

    l'Agenzia delle entrate italiana rileva che, in assenza di una specifica normativa applicabile al sistema delle monete virtuali, la predetta sentenza costituisce necessariamente un punto di riferimento sul piano della disciplina fiscale applicabile alle monete virtuali e, nello specifico ai bitcoin;

   rilevato che:

    la proposta di regolamento relativo ad un regime pilota per le infrastrutture di Pag. 367mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito (distributed ledger technology – DLT) consente in via sperimentale (per una durata massima di cinque anni) la negoziazione e il regolamento delle operazioni in cripto-attività che rientrano nella legislazione dell'UE sui servizi finanziari;

    la proposta di regolamento relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario (DORA) introduce norme più rigorose in materia di gestione dei rischi delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e segnalazione di incidenti ad esse connessi, nonché di sorveglianza sui fornitori di servizi;

    l'ulteriore impulso alla diffusione di tecnologie digitali ha ampliato l'esposizione dei sistemi a minacce cibernetiche, accentuando anche l'interconnessione tra tali minacce e quelle di altra natura (c.d. «ibride»);

    rilevata altresì l'opportunità di una valutazione complessiva delle proposte normative della Commissione, alla luce dell'esigenza di garantire la neutralità tecnologica;

    preso atto delle relazioni trasmesse dal Governo ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, sui documenti;

    preso atto, altresì, degli elementi di conoscenza e valutazione acquisiti nel corso dell'esame dei documenti;

    rilevata, infine, la necessità che il presente documento conclusivo sia trasmesso tempestivamente alla Commissione europea, nonché al Parlamento europeo e al Consiglio, nell'ambito del cosiddetto dialogo politico,

  esprime una

VALUTAZIONE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:

   a) l'ambito di applicazione della proposta di regolamento relativo ai mercati delle cripto-attività dovrebbe essere definito più puntualmente, al fine di meglio esplicitare le diverse sotto-categorie di attività ricomprese nello stesso, nonché distinguere tali attività e gli strumenti finanziari oggetto di disciplina della direttiva 2014/65/UE (MiFID II), anche demandando la specificazione a disposizioni normative di carattere secondario, ma vincolanti per tutti gli Stati membri;

   b) appare opportuno un puntuale inquadramento giuridico delle cripto-attività, prima di tutto sotto il profilo definitorio, tenuto conto altresì della necessità di individuare misure per il trattamento fiscale delle valute virtuali – anche ai fini delle imposte dirette – e di garantire un trattamento uniforme a livello europeo;

   c) il nuovo regime di vigilanza e sanzionatorio sulle cripto-attività necessiterebbe di maggiore chiarezza circa la ripartizione di ruoli e responsabilità tra le autorità europee (ABE ed ESMA) e le autorità nazionali, in particolare nel caso dei token collegati ad attività significativi, anche al fine di facilitare lo scambio di informazioni e il coordinamento operativo tra le diverse autorità incaricate della vigilanza sui singoli soggetti;

   d) andrebbe attentamente valutato l'impatto della misura transitoria di cui all'articolo 123, paragrafo 1, della proposta di regolamento sulle cripto-attività, relativamente agli effetti che il diverso trattamento regolatorio delle attività negoziate o offerte al pubblico prima e dopo l'entrata in applicazione della nuova disciplina rischia di determinare, tenuto conto dell'esigenza di tutela di consumatori e investitori;

   e) occorrerebbe inoltre valutare l'opportunità di introdurre specifiche disposizioni volte, per un verso, a vietare la circolazione di comunicazioni di marketing in assenza della pubblicazione di un White paper, e quindi di una puntuale informativa resa al mercato, e, per l'altro, a rafforzare i poteri delle autorità di vigilanza, attribuendo in particolare alle stesse il potere di sospendere e vietare la diffusione in tali casi delle comunicazioni di marketing;

   f) appare altresì opportuno adottare, in considerazione della progressiva disintermediazione Pag. 368 e della complessità del mercato delle cripto-attività, adeguate iniziative di educazione finanziaria, anche avvalendosi dei canali di comunicazione social, volte a favorire una partecipazione maggiormente consapevole dei risparmiatori e degli investitori ai mercati finanziari;

   g) andrebbe valutata l'opportunità di un maggiore coordinamento tra la proposta di regolamento MiCA e il regime pilota, soprattutto con riferimento al rapporto tra il sistema multilaterale di negoziazione DLT (MTF DLT) e le piattaforme di negoziazione di cripto-attività di cui al citato regolamento;

   h) la sperimentazione del regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla DLT dovrebbe essere di gran lunga inferiore a cinque anni, alla luce delle dinamiche tecnologiche del settore, che sembrano contraddistinte da una rapida evoluzione e dalla necessità di un continuo adeguamento;

   i) andrebbe valutata l'opportunità di estendere l'ambito di applicazione del regime pilota ad altri soggetti non ricompresi nella disciplina proposta, a condizione che siano autorizzati in via temporanea, e a ulteriori strumenti finanziari rispetto a quelli previsti, pur entro analoghi limiti di emissione;

   j) nell'applicazione della proposta di regolamento relativo alla resilienza operativa digitale (DORA) dovrebbe essere garantito un giusto bilanciamento tra l'esigenza di rafforzare la sicurezza dei sistemi informativi e la riduzione dei costi e degli oneri amministrativi per gli operatori finanziari, specie di piccole dimensioni, ad esempio per quanto concerne i test di resilienza operativa digitale, attraverso l'efficace applicazione del criterio di proporzionalità, tenendo in considerazione non soltanto fattori legati alla dimensione delle entità finanziarie, ma anche fattori legati al relativo rischio;

   k) andrebbe valutata l'opportunità di assicurare un maggior coordinamento con la direttiva (UE) 2016/1148 recante misure per un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi nell'Unione (cd. direttiva NIS), nonché una migliore cooperazione tra le autorità competenti nell'ambito del regolamento DORA e gli organismi esistenti nell'ecosistema NIS, in particolare in caso di incidenti connessi alle tecnologie di informazione e comunicazione;

   l) circa il nuovo quadro di sorveglianza sui fornitori terzi di servizi di TIC disciplinato dalla proposta DORA, potrebbe essere opportuno chiarire meglio il ruolo delle diverse autorità di vigilanza, europee e nazionali, salvaguardando i poteri delle autorità nazionali e settoriali competenti.

Pag. 369

ALLEGATO 6

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa a una strategia in materia di finanza digitale per l'UE. (COM(2020) 591 final).

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa a una strategia in materia di pagamenti al dettaglio per l'UE. (COM(2020) 592 final).

Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937. (COM(2020) 593 final e Allegato).

Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ad un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito. (COM(2020) 594 final).

Proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario e che modifica i regolamenti (CE) n. 1060/2009, (UE) n. 648/2012, (UE) n. 600/2014 e (UE) n. 909/2014. (COM(2020) 595 final).

Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 2006/43/EC, 2009/65/EC, 2009/138/EU, 2011/61/EU, EU/2013/36, 2014/65/EU, (EU) 2015/2366 e EU/2016/2341. (COM(2020) 596 final).

DOCUMENTO FINALE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La VI Commissione,

   esaminate, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del Regolamento, la comunicazione relativa a una strategia in materia di finanza digitale per l'UE (COM(2020)591), la comunicazione relativa a una strategia in materia di pagamenti al dettaglio per l'UE (COM(2020)592), la proposta di regolamento relativo ai mercati delle cripto-attività e che modifica la direttiva (UE) 2019/1937 (COM(2020)593 e Allegato), la proposta di regolamento relativo ad un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito (COM(2020)594), la proposta di regolamento relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario e che modifica i regolamenti (CE) n. 1060/2009, (UE) n. 648/2012, (UE) n. 600/2014 e (UE) n. 909/2014 (COM(2020)595) e la proposta di direttiva che modifica le direttive 2006/43/EC, 2009/65/EC, 2009/138/EU, 2011/61/EU, EU/2013/36, 2014/65/EU, (EU) 2015/2366 and EU/2016/2341 (COM(2020)596), presentate dalla Commissione europea il 24 settembre 2020;

   premesso che:

    la progressiva espansione del settore della finanza digitale è stata ulteriormente accelerata dalla pandemia di COVID- Pag. 370 19, che sta rafforzando il passaggio ai pagamenti digitali e la trasformazione del settore bancario e finanziario, in larga misura dipendente ormai dalle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC);

    l'utilizzo delle nuove tecnologie nel settore finanziario può comportare rischi per la stabilità finanziaria e la protezione dei consumatori, che potrebbero aumentare ulteriormente a causa della frammentazione del panorama normativo nell'UE e degli sviluppi disomogenei nella regolamentazione del settore a livello mondiale;

    merita pertanto apprezzamento la definizione di un quadro regolatorio unitario per i mercati delle cripto-attività e nei confronti della ciberresilienza del settore finanziario, tenuto conto dei rischi di diversa natura esistenti in tale ambito e dell'ampia varietà di tipologie di attività esistenti;

   considerato che:

    le misure proposte dalla Commissione europea muovono dal lavoro svolto nel contesto del Piano d'azione per le tecnologie finanziarie del 2018 e dai pareri del 2019 dell'Autorità bancaria europea (ABE) e dell'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA), nonché da un'approfondita valutazione d'impatto condotta dalla Commissione;

    l'iniziativa della Commissione si configura come un pacchetto di misure articolato, nel cui ambito la strategia in materia di finanza digitale, che prospetta una serie di azioni da qui al 2024 nell'ottica di promuoverne il potenziale e ridurre i rischi da essa derivanti, è collegata alla strategia in materia di pagamenti al dettaglio, volta a promuovere i pagamenti istantanei e le soluzioni di pagamento in tutta l'UE;

    la proposta di regolamento relativo ai mercati delle cripto-attività (MiCA) reca una tassonomia delle cripto-attività, che necessiterebbe di una migliore esplicitazione, al fine di individuare più chiaramente l'ambito di applicazione ed evitare problemi interpretativi specie con riguardo alle diverse categorie di cripto-attività e alle «cripto-attività diverse dai token collegati ad attività e dai token di moneta elettronica»;

    l'articolo 123, paragrafo 1, della proposta MiCA stabilisce che per le «cripto-attività diverse dai token collegati ad attività e dai token di moneta elettronica» offerte al pubblico nell'Unione o ammesse alla negoziazione su una piattaforma di negoziazione di cripto-attività prima della data di entrata in applicazione del regolamento, non sarà operativa la nuova disciplina (prevista dagli articoli da 4 a 14), che decorre 18 mesi dopo la data di entrata in vigore;

    sono allo studio diverse iniziative a livello globale ed europeo per l'introduzione di valute digitali di banca centrale (central bank digital currency), di cui è opportuno valutare opportunità e rischi;

   segnalato che:

    risulterebbe opportuno valutare i rapporti tra cripto-attività e fiscalità, tenuto conto che in Italia non esistono disposizioni fiscali specifiche in materia ma norme di principio che identificano le tipologie di introiti sui quali occorre pagare le imposte sui redditi;

    la sentenza 22 ottobre 2015, causa C-264/14, della Corte di giustizia dell'UE ha riconosciuto, agli effetti dell'IVA, che le operazioni che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale (nella specie bitcoin) e viceversa, effettuate a fronte del pagamento di una somma corrispondente al margine costituito dalla differenza tra il prezzo di acquisto delle valute e quello di vendita praticato dall'operatore ai propri clienti, costituiscono prestazioni di servizio a titolo oneroso;

    l'Agenzia delle entrate italiana rileva che, in assenza di una specifica normativa applicabile al sistema delle monete virtuali, la predetta sentenza costituisce necessariamente un punto di riferimento sul piano della disciplina fiscale applicabile alle monete virtuali e, nello specifico ai bitcoin;

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   rilevato che:

    la proposta di regolamento relativo ad un regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla tecnologia di registro distribuito (distributed ledger technology – DLT) consente in via sperimentale (per una durata massima di cinque anni) la negoziazione e il regolamento delle operazioni in cripto-attività che rientrano nella legislazione dell'UE sui servizi finanziari;

    la proposta di regolamento relativo alla resilienza operativa digitale per il settore finanziario (DORA) introduce norme più rigorose in materia di gestione dei rischi delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e segnalazione di incidenti ad esse connessi, nonché di sorveglianza sui fornitori di servizi;

    l'ulteriore impulso alla diffusione di tecnologie digitali ha ampliato l'esposizione dei sistemi a minacce cibernetiche, accentuando anche l'interconnessione tra tali minacce e quelle di altra natura (c.d. «ibride»);

    rilevata altresì l'opportunità di una valutazione complessiva delle proposte normative della Commissione, alla luce dell'esigenza di garantire la neutralità tecnologica;

    preso atto delle relazioni trasmesse dal Governo ai sensi dell'articolo 6, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, sui documenti;

    preso atto, altresì, degli elementi di conoscenza e valutazione acquisiti nel corso dell'esame dei documenti;

    rilevata, infine, la necessità che il presente documento conclusivo sia trasmesso tempestivamente alla Commissione europea, nonché al Parlamento europeo e al Consiglio, nell'ambito del cosiddetto dialogo politico,

  esprime una

VALUTAZIONE FAVOREVOLE

  con le seguenti osservazioni:

   a) l'ambito di applicazione della proposta di regolamento relativo ai mercati delle cripto-attività dovrebbe essere definito più puntualmente, al fine di meglio esplicitare le diverse sotto-categorie di attività ricomprese nello stesso, nonché distinguere tali attività e gli strumenti finanziari oggetto di disciplina della direttiva 2014/65/UE (MiFID II), anche demandando la specificazione a disposizioni normative di carattere secondario o, in una logica di compromesso, a orientamenti delle Autorità di vigilanza europee;

   b) appare opportuno un puntuale inquadramento giuridico delle cripto-attività, prima di tutto sotto il profilo definitorio, tenuto conto altresì della necessità di individuare misure per il trattamento fiscale delle valute virtuali – anche ai fini delle imposte dirette – e di garantire un trattamento uniforme a livello europeo;

   c) il nuovo regime di vigilanza e sanzionatorio sulle cripto-attività necessiterebbe di maggiore chiarezza circa la ripartizione di ruoli e responsabilità tra le autorità europee (ABE ed ESMA) e le autorità nazionali, in particolare nel caso dei token collegati ad attività significativi, anche al fine di facilitare lo scambio di informazioni e il coordinamento operativo tra le diverse autorità incaricate della vigilanza sui singoli soggetti;

   d) andrebbe attentamente valutato l'impatto della misura transitoria di cui all'articolo 123, paragrafo 1, della proposta di regolamento sulle cripto-attività, relativamente agli effetti che il diverso trattamento regolatorio delle attività negoziate o offerte al pubblico prima e dopo l'entrata in applicazione della nuova disciplina rischia di determinare, tenuto conto dell'esigenza di tutela di consumatori e investitori;

   e) occorrerebbe inoltre valutare l'opportunità di introdurre specifiche disposizioni volte, per un verso, a vietare la circolazione di comunicazioni di marketing in assenza della pubblicazione di un White paper, e quindi di una puntuale informativa resa al mercato, e, per l'altro, a rafforzare i poteri delle autorità di vigilanza, attribuendo in particolare alle stesse il potere di sospendere e vietare la diffusione in tali casi delle comunicazioni di marketing;

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   f) appare altresì opportuno adottare, in considerazione della progressiva disintermediazione e della complessità del mercato delle cripto-attività, adeguate iniziative di educazione finanziaria, anche avvalendosi dei canali di comunicazione social, volte a favorire una partecipazione maggiormente consapevole dei risparmiatori e degli investitori ai mercati finanziari;

   g) andrebbe valutata l'opportunità di un maggiore coordinamento tra la proposta di regolamento MiCA e il regime pilota, soprattutto con riferimento al rapporto tra il sistema multilaterale di negoziazione DLT (MTF DLT) e le piattaforme di negoziazione di cripto-attività di cui al citato regolamento;

   h) la sperimentazione del regime pilota per le infrastrutture di mercato basate sulla DLT dovrebbe essere inferiore a cinque anni, alla luce delle dinamiche tecnologiche del settore, che sembrano contraddistinte da una rapida evoluzione e dalla necessità di un continuo adeguamento;

   i) andrebbe valutata l'opportunità di estendere l'ambito di applicazione del regime pilota ad altri soggetti non ricompresi nella disciplina proposta, a condizione che siano autorizzati in via temporanea, e a ulteriori strumenti finanziari rispetto a quelli previsti, pur entro analoghi limiti di emissione;

   j) nell'applicazione della proposta di regolamento relativo alla resilienza operativa digitale (DORA) dovrebbe essere garantito un giusto bilanciamento tra l'esigenza di rafforzare la sicurezza dei sistemi informativi e la riduzione dei costi e degli oneri amministrativi per gli operatori finanziari, specie di piccole dimensioni, ad esempio per quanto concerne i test di resilienza operativa digitale, attraverso l'efficace applicazione del criterio di proporzionalità, tenendo in considerazione non soltanto fattori legati alla dimensione delle entità finanziarie, ma anche fattori legati al relativo rischio;

   k) andrebbe valutata l'opportunità di assicurare un maggior coordinamento con la direttiva (UE) 2016/1148 recante misure per un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi nell'Unione (cd. direttiva NIS), nonché una migliore cooperazione tra le autorità competenti nell'ambito del regolamento DORA e gli organismi esistenti nell'ecosistema NIS, in particolare in caso di incidenti connessi alle tecnologie di informazione e comunicazione;

   l) circa il nuovo quadro di sorveglianza sui fornitori terzi di servizi di TIC disciplinato dalla proposta DORA, potrebbe essere opportuno chiarire meglio il ruolo delle diverse autorità di vigilanza, europee e nazionali, salvaguardando i poteri delle autorità nazionali e settoriali competenti.