XVIII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 18 giugno 2019

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,

   premesso che:

    secondo l'organizzazione mondiale della sanità, «per abuso all'infanzia e maltrattamento debbono intendersi tutte le forme di maltrattamento fisico e/o emozionale, abuso sessuale, trascuratezza o negligenza o sfruttamento commerciale o altro che comportino un pregiudizio reale o potenziale per la salute del bambino, per la sua sopravvivenza, per il suo sviluppo o per la sua dignità nell'ambito di una relazione caratterizzata da responsabilità, fiducia o potere»;

    la normativa a tutela dei minori è ampia e comprende una esaustiva descrizione dei loro diritti che sono enunciati in documenti nazionali, con una solida base nella Costituzione, nelle leggi ordinarie e nei codici;

    a livello internazionale, la Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (Convention on the Rights of the Child) approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con la legge n. 176 del 1991, è il primo testo internazionale vincolante in materia e costituisce un enorme traguardo per la tutela e la promozione dei diritti delle persone minori di età, che fino al secolo precedente non trovavano alcuna protezione giuridica. Rappresenta il primo testo nel quale i bambini e gli adolescenti vengono riconosciuti esplicitamente quali titolari attivi dei propri diritti. I principi che guidano la Convenzione sono l'interesse superiore del minore e la non discriminazione di bambini e adolescenti che pongono le basi per garantire poi tutti gli altri diritti di cui sono titolari. Essa prevede anche un meccanismo di controllo sull'operato degli Stati, che devono presentare a un Comitato indipendente un rapporto periodico sull'attuazione dei diritti dei bambini sul proprio territorio;

    il testo suddetto riconosce ad ogni bambino e adolescente il diritto alla protezione da ogni tipo di abuso, sfruttamento e violenza;

    nello specifico, l'articolo 19 prevede che «Gli Stati parti adottano ogni misura legislativa, amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di sfruttamento, compresa la violenza sessuale, per tutto il tempo in cui è affidato all'uno o all'altro, o a entrambi, i genitori, al suo tutore legale (o tutori legali), oppure a ogni altra persona che abbia il suo affidamento. Le suddette misure di protezione comporteranno, in caso di necessità, procedure efficaci per la creazione di programmi sociali finalizzati a fornire l'appoggio necessario al fanciullo e a coloro ai quali egli è affidato, nonché per altre forme di prevenzione, e ai fini dell'individuazione, del rapporto, dell'arbitrato, dell'inchiesta, della trattazione e dei seguiti da dare ai casi di maltrattamento del fanciullo di cui sopra; esse dovranno altresì includere, se necessario, procedure di intervento giudiziario»;

    l'articolo 34 stabilisce che «Gli Stati parti si impegnano a proteggere il fanciullo contro ogni forma di sfruttamento sessuale e di violenza sessuale. A tal fine, gli Stati adottano in particolare ogni adeguata misura a livello nazionale, bilaterale e multilaterale per impedire: a) che dei fanciulli siano incitati o costretti a dedicarsi a una attività sessuale illegale; b) che dei fanciulli siano sfruttati a fini di prostituzione o di altre pratiche sessuali illegali; c) che dei fanciulli siano sfruttati ai fini della produzione di spettacoli o di materiale a carattere pornografico»;

    la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Cdfue), in Italia nota come anche Carta di Nizza, solennemente proclamata una prima volta il 7 dicembre 2000 a Nizza, prevede per i bambini il «diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere»;

    il Trattato di Lisbona ha inserito la promozione e la tutela dei diritti dei minori tra gli obiettivi dell'Unione europea, che sono, peraltro, sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, la quale invita le autorità pubbliche e le istituzioni private a rendere il rispetto dell'interesse superiore del minore un elemento fondamentale per la definizione e l'attuazione di misure ad hoc;

    nella scorsa legislatura è stato emanato il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 39, con il quale è stata data attuazione nel nostro ordinamento alla direttiva 2011/93/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile. Essa si pone l'obiettivo di ravvicinare ulteriormente le legislazioni penali degli Stati membri in materia di abuso e sfruttamento sessuale dei minori, pornografia minorile e adescamento di minori per scopi sessuali;

    già nella XVI legislatura, il Parlamento aveva approvato la legge n. 172 del 2012, di ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa del 2007 per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale (Convenzione di Lanzarote);

    anche se, a seguito di questi due recenti interventi, la legislazione italiana di contrasto della pedofilia e dello sfruttamento sessuale dei minori ha raggiunto un livello avanzato di tutela, non può non rilevarsi purtroppo che un impressionante numero di bambini – a cominciare da neonati di pochi mesi – subiscono esperienze di violenza, spesso causate proprio da chi dovrebbe prendersi cura di loro;

    a trent'anni dalla citata Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, il problema del maltrattamento e dell'abuso sui minori è un dramma che continua ad affliggere non solo i Paesi del «Sud del mondo», ma anche quelli con un elevato sviluppo socio-economico come l'Italia: lo ricordano dati statistici raccolti da realtà nazionali e internazionali e le cronache quotidiane che negli ultimi mesi sono state fitte di notizie;

    una bambina di sei anni il 7 ottobre 2018 è stata lanciata dal balcone di un palazzo di Taranto dal padre ed è rimasta in coma per un mese e mezzo; a gennaio di quest'anno, a Cardito, in provincia di Napoli, un bambino di 7 anni è stato picchiato fino alla morte dal compagno della madre mentre la sorella di 8 anni è stata ricoverata urgentemente in gravissime condizioni in ospedale per le percorse ricevute; una bambina di 22 mesi a febbraio 2019 è stata picchiata selvaggiamente, quasi a morte, dal compagno della madre a Genzano di Roma, perché piangeva troppo; a Frosinone ad aprile un bambino di due anni e mezzo, è stato assassinato dalla madre, in quanto mentre stavano facendo una passeggiata vicino casa il piccolo si lamentava troppo; a Padova un bimbo di 5 anni a maggio 2019 è stato narcotizzato con dosi importanti di benzodiazepine dalla mamma per ucciderlo e intercettata dai carabinieri mentre era in auto con lui e bloccata prima di ucciderlo; a Novara sempre a maggio 2019 un bambino di 20 mesi è stato ucciso da «una violenza inaudita, non degna di un essere umano», come l'ha definita il procurato di Novara Marilinda Mineccia che ha disposto il fermo della madre e del compagno di lei; a maggio a Milano un bambino di 2 anni è stato picchiato fino ad essere ucciso dal padre;

    il caso di Cardito è emblematico della necessità di intensificare il nostro sistema di prevenzione: dalle intercettazioni sembrerebbe che le maestre erano pienamente a conoscenza della drammatica situazione familiare dato che i due bambini più volte si erano presentati a scuola con i segni di violenze;

    la violenza ai danni dei minori costituisce un fenomeno, purtroppo, in larga parte ancora sommerso, soprattutto quando si parla di maltrattamenti in ambito familiare, ed è stato per troppo tempo sottovalutato nel nostro Paese. L'emersione del fenomeno è possibile solo favorendo strategie volte a spingere bambini e adolescenti a denunciare gli abusi;

    Telefono Azzurro ha reso noti i dati ricavati dalle richieste di aiuto di bambini ed adolescenti pervenute all'associazione nell'ultimo anno: la relazione rileva quasi 2.800 (oltre un quinto sono relativi ad abusi e violenze) casi gestiti dal servizio di ascolto e consulenza 1.96.96 per via telefonica e chat dedicata, con una media di quattro episodi di violenza al giorno;

    emerge in particolare che bambini e adolescenti sono stati coinvolti in situazioni di abuso fisico per il 32,8 per cento dei casi, di abuso psicologico (23 per cento), abuso sessuale (8,7 per cento), patologia della cura (3,8 per cento), testimonianza di violenza domestica (5,5 per cento) e fuori casa (0,6 per cento), dating violence (0,6 per cento);

    a livello globale – secondo il Rapporto 2017 del Fondo Mondiale per l'infanzia delle Nazioni Unite – tre quarti dei bambini tra i 2 e i 4 anni – circa 300 milioni in tutto – subiscono in casa aggressioni psicologiche e/o fisiche da coloro che se ne dovrebbero prendere cura; circa il 60 per cento dei bambini di un anno di età, nei 30 Stati per i quali sono disponibili tali statistiche, sono regolarmente vittime di un'educazione violenta: 1 su 10 viene schiaffeggiato o colpito sul volto, alla testa o sulle orecchie. Il 25 per cento dei bambini sotto i 5 anni – 176 milioni in tutto – vivono insieme a una madre vittima di un partner violento. Circa 15 milioni di ragazze tra i 15 e i 19 anni sono state costrette a rapporti sessuali o altri tipi di violenza di natura sessuale nel corso della loro vita e solo l'1 per cento delle adolescenti che hanno subìto violenza sessuale ha dichiarato di aver chiesto l'aiuto di uno specialista; nei 28 Stati in cui questi dati sono disponibili, mediamente il 90 per cento delle adolescenti che hanno subito violenza sessuale ha dichiarato che a perpetrare il primo abuso era stata una persona che la vittima già conosceva; ogni 7 minuti un adolescente viene ucciso a seguito di un atto di violenza;

    la scuola riveste sicuramente un ambito importantissimo per prevenire i maltrattamenti verso i minori e per trattare le successive fasi di convalescenza e recupero: infatti, le vittime rischiano di non riuscire a trovare interlocutori preparati ed affidabili all'interno delle aule scolastiche, sia prima del verificarsi della fenomenologia violenta, sia dopo, a violenza avvenuta, dove è fondamentale l'intervento di personale altamente qualificato;

    in particolare, sarebbe opportuno prevedere centri di ascolto scolastico e forme di aiuto e assistenza psicologica da parte di specialisti e una formazione adeguata di tutto il personale scolastico, ritenuto che è ancora oggi insufficiente la propensione di dirigenti scolastici e personale docente a segnalare alle autorità preposte fatti o comportamenti che possano essere riconducibili ad episodi di violenza consumata in ambito intrafamiliare;

    occorre porre definitivamente fine alle violenze sui minori, supportando gli sforzi dei governi per sviluppare politiche volte a prevenire la violenza, attraverso programmi concreti quali i corsi sulla genitorialità e le iniziative idonee a far emergere la violenza domestica;

    occorre il monitoraggio del fenomeno a livello nazionale, nonché la conoscenza dello stesso nelle sue multiformi tipologie, perché è fondamentale per l'analisi del fenomeno e la conseguente adozione di politiche di prevenzione e protezione adeguate; l'Onu ha ribadito questa necessità tramite raccomandazione del Comitato Onu (Raccomandazione Onu nello studio sulla violenza contro i bambini A/61/299; CRC/C/ITA/CO/3-4, punto 44); tutti questi dati evidenziano quanto sia necessario realizzare una mappatura organica sul maltrattamento degli stessi, fondamentale anche per individuare le misure più idonee, sia a livello politico che culturale, per contrastarlo;

    inoltre, secondo le informazioni raccolte dall'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza nel 2015, la violenza assistita costituisce la seconda forma di violenza più diffusa: circa un bambino su 5 tra quelli maltrattati è testimone di violenza domestica intrafamiliare; sulla violenza assistita c'è ancora molto da fare perché è particolarmente sottovalutata, nonostante obblighi il minore, ad assistere ad atti di aggressività, abuso e violenza di vario tipo rivolti ad altri membri della famiglia, adulti o minori, segnando il resto della propria vita con gravissime ripercussioni a livello emotivo, cognitivo, fisico e relazionale;

    oltre al rafforzamento dell'attività repressiva è altrettanto fondamentale prevenire il fenomeno e dotare i soggetti che hanno regolari contatti con bambini e ragazzi (nei settori dell'istruzione, della sanità, della protezione sociale, della giustizia, della sicurezza e della cultura) di una adeguata conoscenza dell'abuso sessuale in danno ai minori, nonché dei mezzi per individuarlo e segnalarlo, come previsto all'articolo 5 della convenzione di Lanzarote;

    appare ugualmente fondamentale provvedere affinché i condannati per reati sessuali in danno a minori, o per adescamento, siano interdetti dallo svolgimento di qualunque tipo di attività tale da comportare contatti diretti e regolari con bambini e ragazzi, come previsto dall'articolo 10 della citata direttiva 2011/93/UE relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile;

    l'indagine conoscitiva sulle forme di violenza fra i minori e ai danni di bambini e adolescenti in corso presso la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, sta affrontando la questione connessa alla diffusione della violenza fra i minori. Il fine è proprio quello di analizzare il contesto di violenza nel quale vivono i minori, e del quale, anche se non formalmente, finiscono per essere vittima. Le forme di violenza possono essere le più varie, fra queste una prima tipologia è rappresentata dalla violenza di carattere sessuale. Sotto questo aspetto viene in rilievo, in primo luogo, il fenomeno della pornografia minorile. La pornografia è una realtà che interessa i minori sotto un duplice profilo: da un lato, come vittime dirette, e quindi come pedopornografia ovvero come diffusione e circolazione di materiale erotico con bambini come oggetto; dall'altro come fruitori di materiale pornografico, in quest'ultimo caso i minori, trasgredendo divieti previsti dalla legislazione vigente, accedono a materiali vietati, con evidenti effetti negativi sul loro sviluppo psicoemotivo. A ciò deve aggiungersi che la diffusione della rete e degli strumenti ad essa collegati fra i più giovani (dai social networks alle varie piattaforme tipo youtube/youporn) ha modificato e amplificato tali fenomeni, aumentandone anche la pericolosità. La pornografia e la pedopornografia virtuale costituiscono, insieme al cyberbullismo (fenomeno in relazione al quale la Commissione si propone di svolgere una ulteriore apposita indagine conoscitiva) i cybercrimes più diffusi a danno dei minori, con ripercussioni preoccupanti sulla formazione e lo sviluppo degli stessi;

    la legge di conversione del decreto-legge «sblocca-cantieri», ha istituito un fondo con una dotazione complessiva fino al 2024 di 80 milioni di euro finalizzato all'erogazione a favore di ciascun comune delle risorse finanziarie occorrenti per l'installazione di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia a tutela dei minori, nonché per l'acquisto delle apparecchiature finalizzate alla conservazione delle immagini per un periodo temporale adeguato. I sistemi di videosorveglianza, infatti, possono rappresentare un deterrente nel momento in cui i bimbi piccoli non possono difendersi e non possono riferire quanto accaduto,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative volte a introdurre ulteriori misure tese al rafforzamento della prevenzione e del contrasto della violenza contro i bambini, prevedendo un approccio preventivo sistemico e interdisciplinare che sviluppi azioni a più livelli, dando seguito ai progetti di cooperazione internazionale e agli impegni sottoscritti in sede di adesione all'Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030, alla Convenzione di Istanbul (provvedendo una copertura finanziaria adeguata per le attività di prevenzione della violenza) e alla Convenzione dei diritti dei bambini;

2) ad assumere iniziative per adottare piani nazionali, intese, protocolli, coordinati ad hoc, che coinvolgano i settori della giustizia, dell'istruzione, dell'assistenza sociale e sanitaria;

3) a stabilire iniziative finalizzate ad educare i bambini, i genitori, gli insegnanti e i membri delle comunità a riconoscere la violenza in tutte le sue forme e dare loro maggiori strumenti al fine di riuscire a denunciare la violenza in modo sicuro;

4) ad assumere iniziative immediate, normative o di altra natura, affinché vengano attuati i principi sanciti nella convenzione del Consiglio d'Europa, sottoscritta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, al fine di contrastare il crescente fenomeno della violenza e dell'abuso sessuale nei confronti dei minori;

5) a potenziare gli strumenti investigativi in dotazione alle forze dell'ordine per il contrasto all'abuso sessuale in danno a minorenni, con particolare riguardo alle condotte di adescamento dei minori tramite la rete internet ed i social networks;

6) ad assumere ogni iniziativa, per quanto di competenza, per potenziare le attività dei servizi sociali, anche d'intesa con i comuni, investendo nella formazione degli operatori sociali e garantendo servizi di sostegno e terapeutici per i bambini che hanno subito violenza, in modo da favorire una maggiore protezione e prevenzione dei bambini maltrattati e agevolando l'accesso a tali servizi ai minori stranieri non accompagnati attraverso i mediatori culturali;

7) ad istituire un sistema nazionale di raccolta dati e monitoraggio del fenomeno dei maltrattamenti e delle violenze sui minori, dell'abuso sessuale e dell'adescamento, anche tramite la rete internet, come richiesto anche dal Comitato Onu, in eventuale sinergia con i comuni ed altre realtà associative che già operano in tale settore, che possa fornire informazioni aggiornate e dettagliate sul fenomeno, anche al fine di fornire elementi utili per predisporre politiche adeguate di prevenzione e contrasto;

8) a valutare la possibilità di istituire in ambito scolastico, anche a livello delle singole istituzioni scolastiche, centri per l'ascolto degli studenti e per l'assistenza psicologica, anche tramite l'impiego di personale altamente specializzato;

9) a promuovere iniziative volte alla sensibilizzazione e formazione specialistica dei dirigenti scolastici, del personale docente e scolastico in generale al fine di agevolare, nel contesto scolastico, l'emersione degli episodi di maltrattamento e violenza domestica, anche assistita, in danno dei minori e la conseguente segnalazione sia alle forze dell'ordine che all'autorità giudiziaria e l'immediata presa in carico delle vittime da parte dei servizi socio-sanitari;

10) a monitorare l'attività dei servizi di assistenza sociale al fine di analizzare i casi di malfunzionamento del sistema;

11) ad assumere iniziative normative al fine di prevedere che i condannati per reati sessuali e maltrattamento in danno di minori, o per adescamento, siano interdetti dallo svolgimento di qualunque tipo di attività tale da comportare contatti diretti e regolari con bambini e ragazzi;

12) ad attivare una campagna informativa per sensibilizzare l'opinione pubblica e incentivare l'emersione di un fenomeno di violenza domestica e di abusi non denunciati che, nel nostro Paese, rimangono ancora in gran parte sommersi;

13) a provvedere ad un coordinamento delle competenze istituzionali sull'infanzia e sull'adolescenza, attualmente eccessivamente frammentate, al fine di consentire un'azione realmente efficace delle politiche sulla materia;

14) ad assumere iniziative per prevedere programmi di trattamento realmente efficaci per gli autori di reati sessuali, come potrebbero essere i centri per l'ascolto cui rivolgersi per manifestare i propri disturbi legati alla pedofilia, come già avviene in altri Paesi europei;

15) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, anche d'intesa con le regioni, affinché siano adottate idonee misure per l'istituzione e la pubblicizzazione di percorsi di assistenza sociale, psicologica e psichiatrica, volti al recupero, alla riabilitazione e al reinserimento nella società di persone maltrattanti o con interesse sessuale verso soggetti minorenni o comunque condannati per reati di abuso o maltrattamento di minori, che intendano volontariamente sottoporvisi, anche utilizzando gli strumenti economici che l'Unione europea mette a disposizione, nonché coinvolgendo associazioni ed enti comunque denominati attivi nella tutela dei diritti dei minori, nel contrasto a forme di abuso e maltrattamento dei minori e nel recupero di soggetti condannati per abusi comunque denominati contro i minori.
(1-00196) «Ascari, Bisa, D'Orso, Boniardi, Palmisano, Cantalamessa, Dori, Di Muro, Piera Aiello, Marchetti, Barbuto, Paolini, Businarolo, Potenti, Cataldi, Tateo, Di Sarno, Turri, Di Stasio, Giuliano, Perantoni, Saitta, Salafia, Sarti, Scutellà, Bologna, Boldi, Casa, Cavandoli, Giannone, Fogliani, Grippa, Gobbato, Macina, Leda Volpi, D'Arrando, Sportiello».


   La Camera,

   premesso che:

    ogni bambino ha diritto alla salute e ad una vita priva di violenza anche se, ogni anno milioni di minori nel mondo sono vittime e testimoni di violenza fisica, sessuale ed emotiva;

    il maltrattamento sui minori è un problema internazionale ingente con un impatto notevole sulla salute fisica e mentale delle vittime, sul loro benessere e sviluppo e per estensione sulla società in generale;

    il maltrattamento si riferisce a tutta una serie di situazioni quali il maltrattamento fisico ed emozionale, l'abuso sessuale, l'abbandono, l'atteggiamento negligente, l'esposizione alla violenza domestica, lo sfruttamento commerciale o di altro tipo, anche attraverso le nuove tecnologie. Il rapporto su violenza e salute e la consultazione del World Health Organization sulla prevenzione dell'abuso sui minori distingue quattro tipi di maltrattamento sui minori: abuso fisico; abuso sessuale; abuso affettivo e psicologico; incuria;

    gli autori del maltrattamento a danno del minore possono essere molteplici come i genitori o altri membri della famiglia; altre persone che si prendono cura di lui, amici; conoscenti; estranei; persone con una posizione di autorità, come insegnanti, poliziotti, soldati, ecclesiastici, operatori dei servizi socio sanitari; (abuso istituzionale) oppure altri minori anche se i dati della letteratura sottolineano come nel 70 per cento dei casi l'abuso si verifica nella privacy della vita domestica, nell'ambito intra-familiare;

    il maltrattamento sui minori è un problema complesso e, le sue dinamiche ed i fattori che lo caratterizzano, così come le strategie di prevenzione efficaci differiscono in modo marcato a seconda dell'età della vittima, del contesto nel quale il maltrattamento avviene e della relazione tra la vittima e l'autore della violenza;

    gli studi hanno evidenziato come l'esposizione al maltrattamento e ad altre forme di violenza durante l'infanzia sia associata significativamente a depressione, disturbi d'ansia, disturbi alimentari, disfunzioni sessuali, disturbi dissociativi, disturbi della personalità, disturbi post traumatici e abuso di sostanze stupefacenti; a comportamenti a rischio in età più avanzata, quali la vittimizzazione violenta, la perpetuazione della violenza, il fumo, l'obesità, i comportamenti sessuali ad alto rischio, le gravidanze involontarie, l'uso di droga e alcool che a loro volta possono diventare i principali fattori di rischio e le principali cause di morte, malattia e disabilità, come malattie cardiache, malattie a trasmissione sessuale, diabete, cancro e suicidio;

    il maltrattamento sui minori comporta, perciò, una molteplicità di effetti fisici e mentali negativi, costosi nel corso della vita della vittima, sia per il minore che per la società;

    inoltre, dalle numerose ricerche effettuate negli ultimi anni, è emerso lo stretto collegamento tra gli effetti del maltrattamento sullo sviluppo cerebrale durante la prima infanzia e l'infanzia stessa. Da questo tipo di ricerca è stato chiaramente evidenziato che lo sviluppo cerebrale può essere fisiologicamente alterato da uno stress prolungato, grave o inaspettato, compreso il maltrattamento, durante i primi anni di vita del bambino e che, a sua volta, una tale alterazione può incidere negativamente sulla crescita fisica, cognitiva, emotiva e sociale del bambino;

    nonostante la portata del problema e una crescente consapevolezza dei suoi alti costi sociali, la prevenzione del maltrattamento sui bambini non sembra essere ancora una priorità per la politica;

    fino ad oggi, non sembra si siano compresi fino in fondo i gravi impatti a lungo termine sulla salute, né il peso sull'intera società dei maltrattamenti sui bambini e le loro implicazioni sui costi dei servizi sanitari e socio-sanitari. Non è stato compreso fino a che punto importanti strategie volte a prevenire le malattie e promuovere la salute pubblica possano prevenire il maltrattamento, nonostante esista già una consistente evidenza scientifica che dimostri quanto queste strategie siano efficaci, anche in relazione ai costi sostenuti per realizzarle;

    ricerche scientifiche hanno identificato alcuni interventi di prevenzione efficaci come la formazione alla genitorialità, i programmi di «home visiting» (le visite domiciliari), l'accesso crescente ai servizi prenatali e materno infantili, un minor uso di alcolici, mentre al contrario, molto poco si conosce circa l'efficacia dei servizi rivolti alle vittime e ai colpevoli. In particolare, sono disponibili poche informazioni sull'impatto di alcuni interventi largamente utilizzati, come i servizi di tutela minori, i processi a misura di bambino, la denuncia obbligatoria e l'obbligo per i colpevoli di sottoporsi a terapia;

    quindi c'è una crescente presa di coscienza da parte del mondo scientifico sul problema del maltrattamento sui minori e un'aumentata pressione sui Governi affinché adottino misure di prevenzione;

    oltre ai costi sociali e sanitari il maltrattamento sui minori ha un forte impatto economico che comprende costi sanitari diretti, i mancati guadagni, la mancata entrata fiscale conseguente alla morte prematura, i servizi educativi speciali, i servizi sociali e psicologici, i servizi di protezione e affido, i servizi di prevenzione, i costi della criminalità e l'arresto di adulti, conseguente a un maltrattamento subito;

    ad esempio, uno studio svolto negli Stati Uniti, ha calcolato il costo annuale diretto ed indiretto dovuto al maltrattamento sui minori, quantificandolo in un totale di 94 miliardi di dollari, ossia l'1 per cento del proprio prodotto interno lordo: 3 miliardi di dollari per ricoveri ospedalieri, 425 milioni di dollari per costi relativi a terapie di salute mentale e quasi 14,4 miliardi di dollari per servizi sociosanitari dedicati ai minori, mentre la voce di spesa maggiore è risultata essere quella relativa alla criminalità in età adulta come conseguenza del maltrattamento subito, che è stata stimata pari a 55,4 miliardi di dollari;

    da ciò si comprende come la necessità di un piano nazionale di prevenzione del maltrattamento sia ormai un atto doveroso;

    è ormai noto che un maggiore rischio di maltrattamento sui bambini è associato alla presenza di alcuni fattori di rischio nei genitori o in altri membri della famiglia che si prendono cura dei minori stessi e che possono avere difficoltà a costruire il legame affettivo e di attaccamento con il neonato, conseguentemente, per esempio ad una gravidanza difficile, a complicazioni alla nascita o a un senso di delusione nei confronti del bambino o alla propria infanzia infelice; oppure non dimostrano qualità responsive ed educative verso il bambino o a loro volta sono stati maltrattati da bambini; o ancora, mostrano una mancanza di consapevolezza dello sviluppo del bambino o hanno aspettative irrealistiche che impediscono la comprensione dei bisogni e dei comportamenti del bambino; oppure rispondono a un comportamento ritenuto scorretto con punizioni o azioni inappropriate, eccessive o violente; oppure approvano punizioni corporali, quali mezzi di disciplina, e usano la punizione corporale per insegnare ai figli la disciplina e altro;

    vi è poi, una condizione di violenza maschile sulla madre che espone il figlio ad assistere all'annullamento fisico e psicologico della sua figura di riferimento, e a vivere in una condizione di allarme per sé e per la madre (violenza assistita). Anche bambini molto piccoli, persino i feti ancora nel grembo materno, sono in grado di percepire quanto avvenga nell'ambiente in cui si sviluppano e, dunque, di comprendere e di assorbire gli avvenimenti violenti che ivi si svolgano, in particolare le violenze subite dalla madre, con ferite psicologiche indelebili ed inevitabili riverberi negativi per lo sviluppo della loro personalità;

    infine, esistono fattori di rischio del bambino ovvero sia bambini che, per una qualsiasi ragione sia essa caratteriale o fisica, è più difficile accudire e fattori di rischio della comunità come: tollerabilità della violenza; disuguaglianze di genere e sociali nella comunità; mancanza di un alloggio o alloggio inadeguato; mancanza di servizi che supportino la famiglia e le istituzioni e che rispondano a bisogni particolari; alti livelli di disoccupazione; povertà; alcool e droga;

    dall'altra parte, sulla base dell'attuale conoscenza relativa allo sviluppo del bambino nella prima infanzia, ai fattori di rischio per il maltrattamento sui minori e all'evidenza relativa all'efficacia di certe strategie di prevenzione, è chiaro che far vivere il bambino in un contesto segnato da relazioni continuative, affidabili e responsive può essere una potente fonte di protezione;

    la letteratura scientifica è unanime nell'affermare che le conseguenze a lungo termine, soprattutto del neglect, emergono spesso anche in età molto avanzata e che dall'abuso non si guarisce; diagnosi e intervento precoce ne riducono il danno, non lo annullano e quindi la sola arma disponibile è la prevenzione, quale strumento per evitare la sofferenza anche a chi non subirebbe nessun danno permanente e, affinché sia efficace, è necessario intervenire presto, nella fase del rischio, prima che questo degeneri in danno;

    le strategie di prevenzione con maggiore evidenza di efficacia sono rappresentate dal supporto per la famiglia attraverso l’home visiting (programma di visite domiciliari) rispetto al quale il Cismai nel 2017 ha pubblicato le linee guida sull’home visiting «Come strumento nella prevenzione del maltrattamento familiare all'infanzia» e programmi di formazione per i genitori come la «Guida pratica sulla genitorialità positiva» di Save the Children 2012,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per l'adozione di linee guida nazionali, attraverso un'intesa sancita in sede di Conferenza Stato-regioni, per la realizzazione, anche con i fondi europei, di un numero adeguato di servizi specialistici di secondo livello per i minorenni maltrattati o abusati e per le loro famiglie, valorizzando l'esperienza di quelli attualmente già in funzione, per l'integrazione comunque necessaria, in queste situazioni, delle attività sociali e sanitarie;

2) ad assumere iniziative per istituire un comitato nazionale di coordinamento, con rappresentanti provenienti da tutti i settori competenti, che sia in grado di facilitare l'implementazione di una risposta sistematica, che coordini la formazione, individui gli interventi più efficaci e che sia in grado di:

   a) adottare iniziative per rendere effettiva la comunicazione tra tutti gli organismi che si trovano quotidianamente a trattare con l'educazione e la formazione dei minori ed, in particolare, tra le scuole di ogni ordine e grado, i servizi sanitari, educativi e sociali e le forze dell'ordine, al fine di captare i primi segnali di abusi e violenze e attivare immediatamente le idonee misure di protezione;

   b) predisporre apposite linee guida, basate su classificazioni della violenza ai danni delle persone di minore età, da divulgare tramite tutti i mezzi di informazione, anche i social network, per sensibilizzare l'opinione pubblica sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, al fine di creare una coscienza collettiva che possa immediatamente reagire di fronte alla conoscenza diretta o indiretta di abusi, a tal fine coinvolgendo i giornalisti;

3) ad adottare iniziative per istituire un Osservatorio epidemiologico per abusi e maltrattamenti che metta in campo un sistema di sorveglianza epidemiologica caratterizzato dalla semplicità nella produzione dei dati necessari, dalla flessibilità, dall'accettabilità da parte delle persone tenute a fornire le informazioni, dall'affidabilità, dall'utilità, dalla sostenibilità e dalla puntualità del sistema stesso;

4) in sede di Conferenza unificata a predisporre le iniziative necessarie volte ad istituire, presso le strutture di ciascuno degli ambiti territoriali, come determinati ai sensi della lettera a) del terzo comma dell'articolo 8 della legge 8 novembre 2000, n. 328, lo sportello unico per le famiglie, come principale punto d'accesso per le famiglie in relazione alle esigenze e alle difficoltà tipiche del nucleo familiare, con funzioni di informazione, orientamento e consulenza relativamente alla rete integrata degli interventi e dei servizi sociali, socio-assistenziali e socio-sanitari previsti dalla legislazione vigente ed erogati dai comuni, anche riuniti in ambiti territoriali, dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano, dallo Stato e dagli enti pubblici anche con compiti di programmazione home visiting secondo metodologie già validate in Italia e nel mondo per prevenire il maltrattamento attraverso il sostegno precoce alla genitorialità nelle sua multidimensionalità, nonché a prevedere il suo inserimento nei livelli essenziali delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione;

5) a promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione a livello nazionale sui temi del maltrattamento e dell'abuso sui minorenni in cui si dia conto della necessità di arrivare ad una prevenzione primaria e ad una rilevazione il più possibile precoce e di provvedere ad una cura puntuale ed efficace delle conseguenze, anche psicologiche, del trauma, nonché campagne specifiche tra il personale scolastico e socio-sanitario finalizzate a promuovere la cultura della prevenzione contro ogni forma di violenza, maltrattamento e abuso nei confronti dei minori;

6) ad adottare iniziative per migliorare le competenze di chi lavora con e per i bambini promuovendo una formazione specifica nel curriculum di studi della facoltà di medicina, nelle scuole di specializzazione di pediatria, radiologia, ortopedia, dermatologia, neurochirurgia, ginecologia, per gli operatori sanitari, gli operatori dei servizi sociali e del servizio per le dipendenze, gli operatori della scuola e gli operatori delle forze dell'ordine, per riconoscere i segni e i sintomi che fanno sospettare l'abuso in modo da effettuare interventi di prevenzione che siano efficaci all'interno di una relazione competente con i bambini e con i genitori;

7) ad adottare le iniziative di competenza per predisporre in tutti i servizi educativi pubblici, privati e convenzionati rivolti ai bambini 0-6 anni, un sistema di prevenzione e tutela in grado di proteggere i bambini e le bambine da abusi, maltrattamenti e ogni condotta inappropriata, in particolare prevenendo tra le misure preventive l'adozione di un codice di condotta specifico e vincolante per ogni adulto a contatto con i minori e l'organizzazione degli ambienti educativi, all'interno o all'esterno delle strutture, tale da impedire situazioni di isolamento;

8) a predisporre le iniziative di competenza necessarie volte a dare la piena attuazione, a livello di tutte le strutture giudiziarie, socio-sanitarie ed amministrative che si occupano tutte di tutela di minorenni delle indicazioni contenute nella Convenzione di Lanzarote ratificata in Italia con la legge n. 172 del 2012;

9) a predisporre tutte le iniziative normative per dare attuazione alla Convenzione di Istanbul, ratificata dalla legge n. 77 del 2013, sia per quanto riguarda la prevenzione, sia per quel che concerne la previsione di autonome figure di reato, o la rivisitazione di quelle attualmente già previste, sia per quanto riguarda gli interventi di recupero e quelli riabilitativi successivi;

10) a ridefinire le priorità dell'agenda programmatica, affinché venga adottata ogni iniziative ritenuta opportuna e necessaria al fine di prevenire e contrastare il dilagante fenomeno della violenza entro le mura domestiche rilevando i fattori di rischio (depressione materna, abuso di sostanze, comportamento impulsivo, genitori giovani o abusati da piccoli e altro) e attivando interventi precoci di sostegno alla genitorialità (formando i pediatri di libera scelta per un intervento capillare sul territorio o attivando un sistema di home visiting e altro);

11) a predisporre concrete iniziative normative ed amministrative volte, fin da subito, a far fronte ad ogni forma di violenza intramurale, che comporti violenza sessuale, abusi fisici e psicologici, maltrattamento, sfruttamento sino, in alcuni casi, alla morte;

12) ad adottare iniziative per riavviare tempestivamente i lavori dell'Osservatorio nazionale per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile, dell'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza e dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia;

13) ad effettuare una valutazione approfondita per la predisposizione di un eventuale iniziative normativa sul tema della violenza assistita e circa la possibilità di considerare fra le misure alternative o complementari alla pena, nel caso di violenza familiare, il percorso terapeutico del genitore maltrattante;

14) ad adoperarsi affinché si arrivi in Conferenza unificata a un accordo sugli standard minimi per il corretto funzionamento delle strutture che ospitano minorenni allontanati dai nuclei famigliari d'origine;

15) ad adottare iniziative per una rivisitazione della normativa e delle prassi operative su affido ed adozioni in un'attenta prospettiva puerocentrica.
(1-00197) «Siani, De Filippo, Campana, Carnevali, Ubaldo Pagano, Pini, Rizzo Nervo, Schirò, Annibali, Mura».


   La Camera,

   premesso che:

    dal marzo 2015 in Yemen è in corso un conflitto armato tra la coalizione guidata dall'Arabia Saudita, formata da Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Qatar, Bahrain, Egitto e Sudan, intervenuta a sostegno del Governo del presidente Hadi, e le forze dell'alleanza militare formata dagli Huthi, sostenuti dall'Iran, e dalle truppe vicine all'ex presidente Saleh. Dall'inizio degli scontri 19 mila raid aerei hanno devastato scuole, ospedali e infrastrutture, obbligando 1,5 milioni di bambini a fuggire dalle loro case e uccidendo o ferendo gravemente quasi 6.500 minori. I numeri di 4 anni di guerra sono tragici: 24 milioni di persone su una popolazione di 30 milioni sopravvivono solo grazie agli aiuti umanitari; 20 milioni di persone soffrono di malnutrizione e di queste 11 sono sull'orlo della carestia; 18 milioni di persone non hanno accesso ad acqua pulita e a servizi igienici sanitari di base; 3 milioni sono sfollati interni;

    secondo l'Ufficio dell'Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, dal 26 marzo 2015 – giorno del primo raid aereo della coalizione guidata dall'Arabia Saudita per fermare l'offensiva degli Huthi, arrivata fino alle porte di Aden, con l'obiettivo di riportare al potere il deposto presidente Hadi – fino ad agosto 2017, sono stati uccisi 5.144 civili. Secondo Oxfam, solo nel 2018 sono stati uccisi o feriti circa 100 civili ogni settimana;

    tutte le parti coinvolte nel conflitto nello Yemen hanno ripetutamente violato i diritti umani e la popolazione civile sta affrontando una crisi umanitaria di vaste proporzioni. Secondo le Nazioni Unite, però, la coalizione a guida saudita sarebbe la principale responsabile delle vittime civili del conflitto, continuando a commettere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario e delle norme internazionali sui diritti umani;

    le organizzazioni umanitarie faticano sempre più ad entrare in Yemen e le loro strutture di accoglienza e assistenza alla popolazione civile sono sotto attacco, comprese quelle sostenute da organizzazioni umanitarie italiane;

    il 25 ottobre 2018 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione (ultima di una lunga serie con le medesime richieste) che «invita il Consiglio a raggiungere una posizione comune per imporre, a livello dell'UE, un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita e a rispettare la posizione comune 2008/944/PESC; chiede un embargo sull'esportazione di sistemi di sorveglianza e di altri prodotti a duplice uso suscettibili di essere utilizzati in Arabia Saudita a fini repressivi»;

    in una successiva risoluzione datata 14 novembre 2018 relativa all'implementazione della posizione comune dell'Unione europea sull’export di armamenti lo stesso Parlamento europeo ha chiesto al Consiglio e all'Alto rappresentante per la politica estera di «estendere tale embargo anche a tutti gli altri membri della coalizione a guida saudita nello Yemen»;

    nell'aprile 2019 la Camera dei rappresentanti statunitense ha adottato una risoluzione per porre fine a qualsiasi forma di assistenza militare degli Usa all'intervento saudita in Yemen, la stessa risoluzione era stata votata dal Senato statunitense nel mese di marzo;

    Germania, Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Olanda hanno recentemente annunciato la sospensione delle forniture militari che possono venire utilizzate nel conflitto in Yemen, oltre che all'Arabia Saudita, anche agli Emirati Arabi Uniti;

    il Trattato delle Nazioni Unite sul commercio di armi permetterebbe già di sospendere l'invio di materiali bellici in considerazione di gravi violazioni del diritto umanitario. All'articolo 7 è specificato, infatti, che quando si viene a conoscenza che il sistema militare può essere usato per commettere gravi crimini di guerra un Paese può sospendere o revocare l'autorizzazione all’export;

    l'Italia ha una specifica parte di responsabilità in questa guerra, poiché alcune delle armi utilizzate contro gli yemeniti sono fabbricate, vendute o transitate dall'Italia nonostante il comma 6 lettera a) dell'articolo 1 della legge n. 185 del 1990 affermi che «l'esportazione ed il transito di materiali di armamento sono altresì vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri, da adottare previo parere delle Camere»;

    in Italia, a Domusnovas, in provincia di Cagliari, è operante uno stabilimento della Rwm Italia Spa, società controllata dal produttore tedesco di armi Rheinmetall AG, che produce bombe d'aereo General purpose e da penetrazione, caricamento di munizioni e spolette, sviluppo e produzione di teste in guerra per missili, siluri, mine marine, cariche di demolizione e controminamento;

    l'8 ottobre 2016, un raid aereo condotto verosimilmente dalla coalizione militare guidata dall'Arabia Saudita ha colpito il villaggio di Deir Al-Hajari, situato nello Yemen nord-occidentale. L'attacco aereo ha ucciso una famiglia di sei persone, tra cui una madre incinta e quattro bambini. Sul luogo dell'attacco sono stati rinvenuti dei resti di bombe e un anello di sospensione prodotti da Rwm Italia S.p.A. Ad aprile 2018, una coalizione internazionale di Ong (Rete Disarmo, ECCHR e Mwatana) ha depositato un esposto alla procura della Repubblica di Roma per chiedere che venga avviata un'indagine sulla responsabilità penale dell'autorità italiana che autorizza le esportazioni di armamenti (Unità per le autorizzazioni dei materiali d'armamento – Uama) e degli amministratori della società produttrice di armi Rwm Italia S.p.A. per le esportazioni di armamenti destinate ai membri della coalizione militare guidata dall'Arabia Saudita coinvolti nel conflitto in Yemen;

    nonostante le violazioni segnalate in Yemen, l'Italia di fatto continua ad esportare armi verso i membri della coalizione militare guidata dall'Arabia Saudita, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo in violazione della legge n. 185 del 1990, che vieta l'esportazione di armi verso Paesi in conflitto armato e in contrasto con le disposizioni vincolanti della posizione comune dell'Unione europea che definisce norme comuni per il controllo delle esportazioni di attrezzature militari e contro le prescrizioni contenute nel Trattato internazionale sul commercio delle armi;

    come evidenziato anche da numerosi servizi giornalistici, già a partire dal 2016 le bombe fabbricate dalla Rwm Italia in Sardegna sono partite sia dall'aeroporto di Cagliari-Elmas sia dal porto canale di Cagliari;

   la relazione annuale della Presidenza del Consiglio sulle esportazioni di materiali militari inviata alle Camere nel mese di aprile 2019, riporta che nel 2018 sono state autorizzate esportazioni di materiali militari per l'Arabia Saudita del valore totale di 13.350.266 euro e nell'allegato dell'Agenzia delle dogane riporta 816 esportazioni effettuate (consegne) nel 2018 per un valore di 108.700.337 euro. Tra queste si evidenziano tre forniture (esportazioni effettuate) del valore complessivo di 42.139.824 euro che sono attribuibili alle bombe aeree della classe MK80 prodotte dalla Rwm Italia che risalgono ad una autorizzazione rilasciata nel 2016 dal Governo per la fornitura all'Arabia Saudita di 19.675 bombe aeree del valore di oltre 411 milioni di euro. Si tratta come detto delle micidiali bombe aeree della serie MK prodotte a Domusnovas in Sardegna dall'azienda tedesca Rwm Italia, azienda che ha la sua sede legale a Ghedi (Brescia), che vengono impiegate dall'aeronautica militare saudita per bombardare indiscriminatamente lo Yemen. Un rapporto dell'Onu del gennaio del 2017 ha documentato l'utilizzo di queste bombe nei bombardamenti sulle zone abitate da civili in Yemen e un secondo rapporto redatto da un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha dichiarato che questi bombardamenti possono costituire «crimini di guerra»;

    alle 22,30 del 20 maggio 2019 la nave dell'Arabia Saudita «Bahri Yanbu» ha lasciato il porto di Genova senza imbarcare i due generatori elettrici per uso militare che sono rimasti chiusi nei magazzini dello scalo ligure. A impedire il carico degli impianti sulla nave Bahry Yanbu hanno contribuito in modo decisivo lo sciopero e il presidio dei lavoratori portuali di Genova che hanno impedito e boicottato le operazioni di carico di materiale bellico impiegato in operazioni definite dalle Nazioni Unite «crimini di guerra»;

    i lavoratori del porto di Genova attraverso questa mobilitazione hanno voluto lanciare un segnale forte all'Italia e all'Europa contro una delle più gravi catastrofi umanitarie del mondo;

    il cargo si è diretto verso Alessandria d'Egitto senza più fare tappa, come inizialmente ipotizzato, a La Spezia, dove, secondo parecchie indiscrezioni, all'arsenale avrebbe dovuto caricare otto cannoni semoventi Caesar, di produzione francese, destinati al conflitto nello Yemen per essere utilizzati dall'esercito saudita contro la popolazione civile di quel Paese;

    si tratta degli stessi dispositivi bellici che per un analogo «boicottaggio» messo in atto dai lavoratori del porto francese, non erano stati fatti imbarcare a Le Havre, scalo portuale sulla costa della Normandia;

    secondo notizie di stampa nel porto di Monfalcone la nave Norderney, dell'armatore tedesco Mlb Shipping, battente bandiera di Antigua, ha scaricato a fine maggio un quantitativo di tondini di ferro, ma nei container a bordo vi erano anche 360 bazooka e 415 missili anticarro ucraini destinati al Governo dell'Arabia Saudita. Del transito della nave e del contenuto dei container erano a conoscenza prefettura, Guardia costiera e polizia che hanno proceduto ai controlli e alle verifiche obbligatorie. Tuttavia, non sono state avvisate le maestranze che avrebbero dovuto operare in presenza di un carico potenzialmente pericoloso, sollevando le proteste delle organizzazioni sindacali e dell'amministrazione comunale, anch'essa ignara del contenuto della nave approdata a Monfalcone;

    secondo gli analisti dell'Osservatorio permanente sulle armi leggere e politiche di sicurezza e difesa (Opal) e della Rete italiana per il disarmo, Teknel, l'azienda italiana produttrice dei generatori bloccati dai lavoratori portuali a Genova, ha ricevuto l'autorizzazione a esportare all'Arabia Saudita questo tipo di generatori elettrici di tipo militare, per la prima volta nel 2018 per un valore complessivo di 7.829.780 euro per 18 gruppi elettrogeni su trailer, dotati di palo telescopico per illuminazione, che alimentano 18 shelter per comunicazione, comando e controllo, in grado di gestire droni, comunicazioni e centri di comando aereo e terrestre;

    di questi hanno già esportato due gruppi elettrogeni e due shelter Tbs per un totale di circa 786.200 euro;

    essendo materiali che sono stati esportati con specifica autorizzazione da parte dell'Autorità nazionale per le esportazioni di materiali d'armamento (Uama) questi generatori vanno considerati a tutti gli effetti come materiali militari;

    l'azienda Teknel s.r.l. di Roma ha inoltre ammesso pubblicamente che il destinatario e utilizzatore finale di questi generatori è la Guardia nazionale saudita che è una delle Forze armate dell'Arabia Saudita;

    nel 2018 il valore totale delle licenze all’export a Riyadh è pari a 13.350.266 euro, di cui oltre la metà a favore della Teknel;

    dalla già citata relazione della Presidenza del Consiglio non figurano provvedimenti relativi a sospensioni, revoche o dinieghi per esportazioni di armamenti verso l'Arabia Saudita posti in essere dal Governo Conte nel 2018;

    il Presidente del Consiglio Conte nella Conferenza stampa del 28 dicembre 2018 ha affermato: «il Governo italiano è contrario alla vendita di armi all'Arabia Saudita» e «si tratta solamente di formalizzare questa posizione». Finora però non risulta nessun atto di sospensione né di revoca delle forniture di armamenti all'Arabia Saudita;

    la Ministra della difesa Trenta ha dichiarato: «È un'indecenza che il nostro Paese possa essere in qualche modo complice di ciò che accade in Yemen»,

impegna il Governo:

1) ad esprimere, in ogni consesso internazionale o sede di confronto con rappresentanti di Paesi stranieri, la profonda preoccupazione dell'Italia per l'allarmante deterioramento della situazione umanitaria nello Yemen, caratterizzata da una diffusa insicurezza alimentare e una grave malnutrizione in alcune parti del Paese, da attacchi indiscriminati contro civili, personale medico e operatori umanitari e dalla distruzione delle infrastrutture civili e mediche, a causa del preesistente conflitto interno, dell'intensificarsi degli attacchi aerei ad opera della coalizione guidata dall'Arabia Saudita, dei combattimenti a terra e dei bombardamenti, nonostante i ripetuti appelli per una nuova cessazione delle ostilità;

2) ad adottare iniziative per sospendere immediatamente ogni esportazione di materiali d'armamento e articoli correlati prodotti in Italia e destinati all'Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti che potrebbero venire utilizzati dai due Paesi nel conflitto in Yemen;

3) a farsi promotore a livello di Consiglio dell'Unione europea di una forte iniziativa politica che porti all'embargo di materiale militare di tutta l'Unione europea verso i Paesi coinvolti nel conflitto in Yemen, come ripetutamente richiesto dal Parlamento europeo;

4) ad assumere iniziative per non autorizzare il transito e l'utilizzo di porti e aeroporti in Italia da parte di cargo aerei e navali che trasportino materiali d'armamento destinati all'Arabia Saudita e a tutti i Paesi coinvolti nel conflitto armato in Yemen, In considerazione delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte dell'Arabia Saudita e dei suoi alleati nello Yemen, come prevedono tutte le normative nazionali ed internazionali in vigore;

5) ad attuare tutte le misure idonee dirette alla differenziazione produttiva e alla conversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa come previsto dalla legge n. 185 del 1990, anche tramite iniziative per il rifinanziamento del comma 7 dell'articolo 6 del decreto-legge n. 149 del 20 maggio 1993, convertito dalla legge n. 237 del 19 luglio 1993, prevedendo un adeguato stanziamento pluriennale e destinando almeno il 70 per cento di tale importo alle attività di riconversione dell'industria bellica, anche per sottrarre i lavoratori e le comunità al «ricatto occupazionale» causato da questo tipo di produzioni in territori con alti livelli di disoccupazione.
(1-00198) «Fornaro, Palazzotto, Boldrini, Bersani, Conte, Epifani, Fassina, Fratoianni, Muroni, Occhionero, Pastorino, Rostan, Speranza, Stumpo».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni I e III,

   premesso che:

    la carta di identità elettronica (Cie) è un documento obbligatorio che consente di verificare l'identità del titolare sia sul territorio nazionale che estero, in grado di superare le facili falsificazioni connesse alle carte di identità in versione cartacea, le quali verranno nei prossimi anni sostituite completamente;

    la sostituzione della tradizionale carta di identità in formato cartaceo con quella elettronica, oltre a rafforzare gli standard di sicurezza, permette di assolvere alle funzioni di identificazione personale, di documento per l'espatrio in Paesi che ne riconoscano la validità, di richiesta di un'identità digitale Spid, con conseguente accesso ai servizi in rete ed erogati dalla pubblica amministrazione;

    anche i cittadini italiani residenti all'estero, nei Paesi dell'Unione europea ed extra-Unione europea, iscritti regolarmente all'Aire, possono richiedere e rinnovare la carta di identità elettronica presso le strutture dei consolati italiani di riferimento;

    tuttavia, si tratta di un servizio che i consolati non ancora erogano, nonostante l'impegno del Governo ad estendere anche all'estero il sistema Spid. Non tutti i consolati all'estero sono muniti delle risorse adeguate e della necessaria tecnologia per gestire le pratiche di rilascio della Cie;

    l'attivazione e la gestione della Cie presso comuni e consolati è coordinata dal Ministero dell'interno che si avvale di una commissione interministeriale permanente della quale fanno parte anche rappresentanti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero per la pubblica amministrazione; in attuazione dell'articolo 13 del decreto del Ministro dell'interno 23 dicembre 2015 (Modalità tecniche di emissione della carta di identità elettronica); tale commissione è stata istituita anche al fine di estendere alle sedi consolari europee le procedure già previste per i comuni, permettere anche agli italiani all'estero iscritti all'Aire di presentare domanda di rilascio e di poter ricevere la Cie presso il proprio domicilio, senza costi aggiuntivi rispetto a quanto avviene in Italia;

    il crono-programma del progetto fornito alla commissione dall'Istituto poligrafico e zecca dello Stato, che riguarda le attività di sviluppo software e integrazione con altri sistemi informativi, prevede l'avvio una prima fase pilota presso tre consolati in Europa, terminata la quale oltre ad essere previste circa 95 postazioni di lavoro in favore di altri consolati dell'Unione europea, dovrebbero essere portate a termine le modalità di collegamento della rete consolare ai sistemi anagrafici italiani – un iter dunque ancora da completare entro il 2019, come è stato confermato dal sottosegretario per l'interno Stefano Candiani in risposta a interrogazione al Senato n. 4-00236;

    occorre, dunque, portare a termine in tempi rapidi, l'estensione della carta di identità elettronica anche per i cittadini italiani all'estero, iscritti all'Aire, insieme a un piano operativo che consenta di realizzare tale obiettivo anche presso i consolati presenti nei Paesi extra Unione europea, per le cui domande è competente il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale,

impegnano il Governo:

   a portare a conclusione il piano operativo che consente di estendere le procedure di realizzazione della carta di identità elettronica e del sistema Spid ai cittadini italiani residenti all'estero, con riferimento sia ai cittadini italiani residenti nei Paesi dell'Unione europea che a quelli residenti nei Paesi extra Unione europea e iscritti all'Aire;

   ad assicurare le risorse necessarie e a definire le modalità organizzative tecniche, affinché i consolati italiani all'estero, anche nei Paesi extra Unione europea, possano emettere la Cie, con modalità di consegna che non prevedano maggiori costi, nonché a velocizzare il cronoprogramma predisposto dai Ministeri competenti per il rilascio della Cie all'estero, al fine di procedere all'integrazione dei sistemi informatici della rete consolare e completare la fase di sperimentazione prevista;

   a consentire ai nostri connazionali la possibilità di presentare domanda di rilascio della Cie presso il comune di iscrizione Aire, durante il loro soggiorno in Italia, secondo le istruzioni governative agli Uffici anagrafe dei comuni
(7-00260) «Fitzgerald Nissoli, Calabria, Ravetto».


   Le Commissioni X e XI,

   premesso che:

    nella giornata del 31 maggio 2019, successivamente alla chiusura della tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo, l'azienda multinazionale Whirlpool, durante un incontro con alcune organizzazioni sindacali, convocato per un aggiornamento del piano industriale 2019-2021, ha reso nota la propria volontà di procedere alla riconversione del suo sito produttivo di Napoli e alla cessione del ramo d'azienda ad una società terza;

    lo stabilimento industriale napoletano è specializzato nella produzione di lavatrici ad alta tecnologia e conta attualmente la presenza di 420 operai, il cui futuro lavorativo è ora messo seriamente a rischio, senza alcun preavviso, insieme a quello di molti lavoratori dipendenti delle aziende campane dell'indotto;

    questa decisione della proprietà è arrivata, in maniera unilaterale, dopo che il 25 ottobre 2018 Whirlpool aveva annunciato un piano industriale di 250 milioni di euro di investimenti da distribuire tra il 2019 e il 2021, alcuni dei quali da realizzare nello stabilimento di Napoli, ottenendo così, nell'accordo firmato dal Governo italiano presso il Ministero dello sviluppo economico, l'utilizzo degli ammortizzatori sociali che avevano lo scopo di supportare proprio il piano di investimenti;

    dal mese di aprile 2019 erano giunte al Governo, da parte delle organizzazioni sindacali, richieste congiunte di confronto, rimaste del tutto inascoltate, affinché fosse riaperta l'interlocuzione con la proprietà della società multinazionale presso il Ministero competente in modo da seguire da vicino l'andamento e l'applicazione del piano di rilancio degli stabilimenti Whirlpool;

    già nel 2015 lo stesso gruppo multinazionale aveva annunciato la chiusura dello stabilimento di Carinaro (Caserta), ma grazie ad una lunga e non semplice trattativa condotta dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro dello sviluppo economico pro tempore, decise di recuperare lo stabilimento campano convertendolo in piattaforma logistica a servizio di tutto il gruppo;

    secondo indiscrezioni emerse nel corso di una trasmissione televisiva, in realtà, sin dall'inizio del mese di aprile 2019 la Whirlpool avrebbe informato il Governo delle intenzioni di lasciare l'impianto napoletano e, per individuare un nuovo possibile investitore in sostituzione del gruppo americano, sarebbe stato dato incarico ad Invitalia, senza, tuttavia, darne comunicazione alle organizzazioni sindacali e alle amministrazioni locali;

    all'indomani della suddetta comunicazione aziendale del 31 maggio 2019, si è proceduto all'immediata convocazione dell'apposito tavolo ministeriale, e successivamente si è minacciato la revoca dei 50 milioni di euro di fondi pubblici riconosciuti nel corso degli ultimi quattro anni al gruppo americano;

    la restituzione di tali contributi è ordinariamente già prevista dalle clausole standard degli accordi di finanziamento firmati e i citati contributi sono revocabili solo con riferimento a quelli relativi al sito napoletano, pena il rischio di soccombenza in inevitabili ricorsi giurisdizionali e la messa a rischio di ulteriori posti di lavoro;

    a seguito dell'ultimo incontro in sede ministeriale, la società Whirlpool avrebbe annunciato di rivedere la sua decisione di lasciare il sito napoletano;

    la gestione di vertenze tanto complesse quanto delicate per territori già segnati da gravi problemi occupazionali e sociali, necessita della massima trasparenza nei rapporti con i lavoratori, le organizzazioni sindacali e le amministrazioni locali interessate,

impegnano il Governo:

   ad adottare ogni utile iniziativa per tutelare i diritti dei lavoratori del sito napoletano e di tutti gli impianti del gruppo Whirlpool in Italia, salvaguardando i posti di lavoro e la continuità reddituale;

   ad assumere ogni iniziativa utile, anche di carattere normativo, volta ad assicurare che il sistema di vigilanza sulla gestione delle crisi aziendali e sulla attuazione dei piani industriali sia efficace, tempestivo e trasparente;

   a relazionare periodicamente al Parlamento sull'andamento delle vertenze aziendali e sulle ricadute occupazionali delle medesime.
(7-00262) «Moretto, Serracchiani, Gribaudo, Carla Cantone, Lacarra, Lepri, Mura, Viscomi, Zan».


   Le Commissioni X e XII,

   premesso che:

    il settore termale, che vanta una lunga e consolidata tradizione in Italia, conta ad oggi quasi 400 stabilimenti distribuiti tra 20 regioni, occupa oltre 60.000 addetti (tra i diretti e l'indotto) e produce un fatturato annuo di 800 milioni di euro circa, che arriva a più di 1,5 miliardi di euro, considerando anche i servizi correlati (alberghiero, ristorazione, commercio e altro);

    le località termali rappresentano un asset rilevante per il sistema turistico e paesaggistico nazionale (pari a circa il 5 per cento del turismo italiano) e favoriscono, tra l'altro, processi di destagionalizzazione del turismo con ricadute positive sul fronte occupazionale, in particolare per le vaste aree del Paese in cui esse costituiscono l'unica risorsa economica e occupazionale disponibile;

    il termalismo è una risorsa fondamentale anche per il sistema sanitario nazionale, in virtù della dimostrata efficacia e duttilità terapeutica delle cure termali per una pluralità di patologie e, in generale, per la tutela della salute dalla prevenzione alla cura e alla riabilitazione, nonché per il benessere psico-fisico;

    il sistema termale italiano è costituito da un'articolata rete di imprese, operanti sia nell'ambito della sanità pubblica che in quella privata, che offrono prestazioni all'avanguardia, anche grazie agli investimenti regionali e a quelli attivati mediante l'istituzione della Fondazione per la ricerca scientifica termale, alimentata con il contributo stesso della quasi totalità delle imprese del settore;

    al pari di altri comparti afferenti sia al mondo della sanità che a quello del turismo, anche il settore termale, è stato pesantemente colpito dalla recente crisi economica, registrando un calo del fatturato sia per le cure che per i soggiorni termali, che di fatto ha portato al sostanziale blocco degli investimenti per l'ammodernamento e l'ampliamento delle strutture termali, nonché per la realizzazione di nuove strutture ricettive o per la ristrutturazione di quelle esistenti;

    l'intero sistema economico che gravita intorno al turismo termale ha subito pesanti ricadute negative, con la contrazione del periodo di lavoro e la conseguente riduzione del reddito per gli occupati, peraltro già penalizzati in quanto in larga parte lavoratori stagionali;

    negli anni precedenti per i lavoratori stagionali, inclusi quelli del settore termale, sono stati adottati in via eccezionale specifici correttivi alla disciplina della nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego (NASpI), come ridefinita dal decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, emanato in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (il cosiddetto jobs act);

    oltre agli effetti della crisi economica, l'evolversi del mercato di riferimento, con la nuova offerta termale proveniente da altri Paesi europei ed extraeuropei, capaci di realizzare politiche commerciali e di marketing fortemente aggressive, rende necessario consentire al termalismo nazionale di poter continuare a competere a un livello paritario;

    per il rilancio del settore termale del nostro Paese appare pertanto sempre più necessario e urgente intervenire con soluzioni mirate e specifiche che garantiscano agli imprenditori e agli investitori certezze normative e risorse certe, anche al fine di permettere un'ordinata attività economica fondata sulla programmazione di investimenti nel medio e lungo termine e la definizione di strategie di ampio respiro;

    la vigente disciplina in materia, recata dalla legge 24 ottobre 2000, n. 323, di riordino del settore termale, approvata nel corso della XIII legislatura dopo una «gestazione» ultraventennale, ha infatti finito con il congiungersi e stratificarsi con la normativa previgente, peraltro in parte richiamata, sia mediante riferimenti diretti alle norme, sia mediante rinvii di natura indiretta;

    la legge 24 ottobre 2000, n. 323, che di fatto rappresenta una legge «cornice», destinata a dettare norme di principio rimandando poi alla specifica normativa regionale, presenta inoltre il limite, connesso peraltro alla multidisciplinarietà della materia termale, di dover rispondere a tutte le domande e istanze che agitano il sistema e che si riflettono sugli aspetti sanitari, turistici, ambientali ed economici, spesso oggetto di ulteriore e ancora più specifica normativa;

    nelle precedenti legislature sono stati avanzati diversi progetti per il riordino del sistema termale e, in particolare, nella scorsa legislatura è stata presentata una proposta di legge, a firma di deputati del PD (atto Camera n. 4407) ed esaminata dalla Commissione attività produttive, che ne aveva sostanzialmente concluso l'esame in sede referente, pur non essendosi concluso l’iter legislativo entro la fine della legislatura;

    nel dicembre 2016 il Tavolo Tecnico sul Termalismo, insediatosi nell'aprile dello stesso anno presso il Ministero della salute, ha presentato il Documento di Programmazione e Sviluppo 2016-2018, risultato di un complesso lavoro di ricognizione dello stato dell'arte del termalismo nazionale, che individua e propone una serie di soluzioni atte al rilancio del settore, sia in termini di attività e progetti da realizzare che di provvedimenti normativi necessari,

impegnano il Governo:

   1) a sostenere il rilancio economico e sociale del settore termale del nostro Paese, in una più complessiva ottica di promozione e valorizzazione delle economie locali e in un contesto economico-finanziario pienamente sostenibile;

   2) a valutare l'opportunità di adottare iniziative per rendere stabile il correttivo ai criteri di calcolo della durata della indennità «NASpI» già introdotto come misura eccezionale, così da non penalizzare i lavoratori stagionali;

   3) ad adottare iniziative per chiarire in via interpretativa l'inapplicabilità del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (di attuazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, cosiddetta direttiva Bolkestein), alle attività termali in quanto attività di erogazione di servizi sanitari, in linea con i chiarimenti forniti sul tema sia dalla Commissione europea che dal Ministero della salute;

   4) ad adottare iniziative per provvedere a un completo e coordinato riordino della normativa di settore, attraverso la revisione della legge 24 ottobre 2000, n. 323;

   5) ad adottare iniziative per confermare l'erogazione delle cure termali a carico del servizio sanitario nazionale, negli stabilimenti delle aziende termali accreditate, nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza, e prevedere la possibilità per tali aziende di svolgere nuovi compiti, di educazione sanitaria e di prevenzione;

   6) ad adottare iniziative per ridefinire il profilo professionale dell'operatore termale e prevedere modalità per il conseguimento dell'attestato di qualifica necessario per lo svolgimento di tale attività lavorativa anche da parte del personale già impiegato presso le aziende termali;

   7) ad adottare iniziative per tutelare la qualità dell'offerta termale e aumentare l'entità delle sanzioni pecuniarie vigenti per coloro che effettuano pubblicità delle terme e degli impianti termali in violazione di legge, ovvero per l'erogazione di prestazioni di cure termali nei centri estetici e nei centri benessere;

   8) a sostenere il rilancio delle scuole di specializzazione in medicina termale e a dare nuovo impulso alla ricerca scientifica in ambito termale;

   9) ad agevolare il reinserimento sul mercato e l'attuazione dei percorsi di privatizzazione, previsti per legge, delle imprese termali pubbliche, per le quali è indifferibile il recupero delle corrette e normali modalità di gestione, anche attraverso un impegno diretto della Cassa depositi e prestiti spa;

   10) ad adottare iniziative per istituire un credito d'imposta, finalizzato a sostenere la riqualificazione delle aziende termali;

   11) a favorire l'attuazione di politiche di promozione del termalismo e del turismo nei territori termali, stabilendo l'inserimento, nei programmi di promozione dell'Enit – Agenzia nazionale del turismo, di iniziative per il settore termale.
(7-00261) «Moretto, De Filippo, Benamati, Bonomo, Gavino Manca, Mor, Nardi, Noja, Zardini».


   La I Commissione,

   premesso che:

    gli enti locali sono chiamati fin dal 2007 al contenimento della spesa per il personale, alla programmazione triennale del fabbisogno di personale per ciascun ente, nonché al rispetto pluriennale dell'equilibrio di bilancio;

    per gli enti strutturalmente deficitari, in stato di predissesto o in dissesto – ai sensi degli articoli 243 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante Testo unico degli enti locali – le assunzioni di personale sono sottoposte al controllo della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali (Cosfel), presso il Ministero dell'interno;

    con recenti provvedimenti, il legislatore ha disposto l'ampliamento degli spazi assunzionali degli enti locali, fermi restando la programmazione e l'equilibrio di bilancio, ma tale misura è di fatto inapplicabile agli enti sopraindicati, in quanto, a legislazione vigente, oltre all'imposizione della rideterminazione della pianta organica che prescinde dal piano del fabbisogno, è inibita l'assunzione a qualsiasi titolo di personale, ivi inclusa l'assunzione conseguente ai processi di stabilizzazione del personale precario o la semplice proroga dei relativi contratti, nei casi di mancata approvazione degli strumenti finanziari (bilancio di previsione, conto consuntivo e bilancio consolidato), per l'esercizio in corso;

    nel complesso, tali divieti determinano anche l'interruzione dei contratti in corso, che può riverberarsi nella paralisi di interi uffici e servizi — ne possono essere colpiti, indistintamente, la polizia municipale, i servizi tecnici o la ragioneria, così come i servizi dedicati all'assistenza socio-sanitaria della collettività — i quali sono ormai retti quasi unicamente da personale precario;

    in alcune limitate e specifiche occasioni, i divieti e le sanzioni disposti dalla disciplina vigente, ferma restando la considerazione con riguardo alla loro opportunità, rischiano di essere controproducenti rispetto agli obiettivi di risanamento della gestione amministrativa;

    nel caso specifico, si intende segnalare la distorsione che si verifica allorquando gli enti si trovino in assoluta carenza di organico di figure professionali, cosiddetti «infungibili», indispensabili per l'attuazione degli obiettivi perseguiti o per assolvere ai servizi pubblici essenziali verso i cittadini secondo adeguati livelli quantitativi e qualitativi, la cui mancanza rischia di alimentare un circuito vizioso in ordine all'inadeguatezza dell'ente,

impegna il Governo

con il fine di garantire il regolare funzionamento degli enti strutturalmente deficitari, in stato di predissesto o in dissesto ed assicurare l'effettiva attuazione dei relativi percorsi di risanamento, ad adottare iniziative per prevedere misure derogatorie che consentano a detti enti di procedere all'assunzione di figure professionali infungibili ove esse risultino propedeutiche al percorso di risanamento o al mantenimento dei servizi pubblici essenziali, nei casi in cui si configuri, per le stesse, assoluta carenza di organico delle medesime o di personale precario per il quale procedere alle vigenti misure di stabilizzazione e, comunque, nel rispetto della sostenibilità finanziaria dell'ente.
(7-00264) «Alaimo, Macina, Dieni, Baldino, Berti, Bilotti, Maurizio Cattoi, Corneli, Dadone, D'Ambrosio, Forciniti, Parisse, Suriano, Francesco Silvestri, Elisa Tripodi».


   La III Commissione,

   premesso che:

    nel 1999 l'Unione europea ha varato il «Patto di stabilizzazione e associazione (PSA)» e il «Patto di stabilità», trasformato nel 2008 nel «Consiglio di Cooperazione Regionale» (CCR) con l'adesione di tutti i Paesi della regione;

    in più occasioni il Consiglio europeo (Salonicco 2003 – Bruxelles 2006 e 2015) ha espresso la propria determinazione a sostenere la prospettiva di integrazione dei Paesi dei Balcani occidentali;

    nel 2018 la Commissione europea ha adottato per la prima volta formalmente la «strategia di integrazione dei Balcani occidentali»;

    nel 2018 i Capi di Stato dell'Unione e dei Balcani hanno sottoscritto la «Dichiarazione di Sofia» che indica il duplice obiettivo di irrobustire le forme di cooperazione rafforzata con i Paesi della regione e di perseguire la strategia di loro inclusione nell'Unione europea;

    l'Unione europea ha compiuto in questi anni atti significativi nella direzione dell'integrazione europea della regione e in particolare:

     a) già quattro Paesi della più vasta area dell'Europa sudorientale – Slovenia (2004), Romania e Bulgaria (2007), Croazia (2013) – sono stati accolti nell'Unione europea;

     b) sono stati aperti i negoziati di adesione con Montenegro (2012) e Serbia (2014);

     c) è stato accordato lo status di candidati a FYROM (oggi Macedonia del Nord) (2005) e Albania (2012) e sulla apertura dei negoziati il Consiglio europeo sarà chiamato prossimamente decidere;

     d) alla Bosnia-Erzegovina è stato riconosciuto lo status di potenziale candidato ed è all'esame della Commissione europea la domanda di apertura dei negoziati;

     e) al Kosovo è stato riconosciuto lo status di potenziale candidato, subordinando il prosieguo del percorso di adesione a una normalizzazione delle relazioni con la Serbia;

     f) il Presidente della Commissione europea Juncker ha indicato nel 2025 l'orizzonte temporale di adesione per due o più Paesi della regione, a condizione che soddisfino tutti i criteri prestabiliti;

   va considerato inoltre che, con un ruolo riconosciuto alla Repubblica italiana, sono stati in questi anni attivati numerosi forum di cooperazione regionale – in particolare l'iniziativa centro europea (InCE) – finalizzati a promuovere strategie di preadesione e a favorire un ordinato percorso di integrazione europea dei Balcani occidentali;

   va ricordato che la Nato ha aperto le sue porte a Romania, Bulgaria, Slovenia, Croazia, Albania e Montenegro e prossimamente alla Macedonia del Nord, in relazione alla quale è all'esame del Parlamento italiano il disegno di legge di ratifica ed esecuzione del Protocollo al Trattato del Nord Atlantico sull'adesione della Repubblica di Macedonia del Nord;

   va rilevato che, a conferma del carattere strategico dei Balcani occidentali, importanti attori statuali, a partire da Russia e Turchia, manifestano una crescente attenzione alla regione, che peraltro è coinvolta nella «Belt and Road Initiative» promossa dalla Cina nell'ambito del formato di cooperazione 16+1;

   va sottolineato in particolare che:

    i Balcani occidentali rappresentano per l'Italia un'area strategica, che il nostro Paese ha interesse a rendere stabile e sicura;

    fin dal 1995 la Repubblica italiana ha contribuito significativamente con i propri contingenti militari, anche con funzioni di comando e con politiche di cooperazione, alle iniziative di mantenimento della pace e di stabilizzazione della regione;

    rilevanti sono gli interessi economici che legano l'Italia ai Balcani occidentali, stante che l'Italia è già oggi il secondo partner commerciale degli Stati della regione, il primo per stock di investimenti diretti, realizza un export di oltre 6 miliardi di euro e migliaia sono le imprese italiane operanti nella regione;

    lungo i Balcani corrono flussi migratori che in buona parte approdano in Italia e richiedono strategie condivise di contrasto alle migrazioni illegali e al traffico di migranti;

    condizione ineludibile per l'ingresso di un Paese nell'Unione europea è il pieno rispetto dei criteri di Copenaghen, con conseguente adeguamento all’acquis communitaire;

    la firma avvenuta il 22 gennaio 2019 del trattato di cooperazione franco-tedesca di Aquisgrana ha rafforzato la spinta centripeta degli equilibri dell'Unione europea in favore di un nucleo di due Paesi portati a una crescente influenza in ambito balcanico, con potenziale marginalizzazione di altri Paesi ove non cooperassero in modo più strutturato;

    va riaffermato che l'integrazione nelle istituzioni euro-atlantiche richiede che:

    i Paesi candidati ottemperino scrupolosamente ai criteri di adesione e sia verificato il pieno rispetto delle condizioni prestabilite;

    in particolare assicurino l'adozione e l'osservanza degli standard internazionali in materia di sicurezza, controllo delle frontiere, lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione, governo dei flussi migratori e contrasto alle migrazioni illegali e al traffico di migranti, lotta al terrorismo e alla radicalizzazione religiosa;

    va tenuto conto delle diverse condizioni dei Paesi candidati e del diverso stato di avanzamento dei loro percorsi di integrazione,

impegna il Governo:

   a sostenere in ogni forum europeo e regionale le iniziative utili alla stabilizzazione e alla democratizzazione dei Balcani occidentali e al proseguimento – in base al puntuale riscontro della piena sussistenza delle condizioni necessarie – dei percorsi di inclusione nelle istituzioni euro-atlantiche;

   a valutare in generale le azioni di preadesione e cooperazione regionale promosse in ambito multilaterale, sostenendo in particolare l'azione dell'InCE di cui l'Italia detiene la presidenza di turno nel corso del 2019;

   ad accompagnare le iniziative multilaterali con azioni bilaterali di cooperazione economica, sociale e istituzionale dell'Italia con i Paesi della regione;

   a svolgere un ruolo di partner attento a tutela dell'integrazione euro-atlantica dei Paesi della regione, tenuto conto della rilevanza strategica che quel processo ha per l'Italia, degli interessi italiani nella regione e della necessità di promuovere la sicurezza e la stabilità dell'Europa e del Mediterraneo.
(7-00259) «Cabras, Coin, Billi, Caffaratto, Comencini, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Grimoldi, Formentini, Ribolla, Zoffili».


   La III Commissione,

   premesso che:

    i cittadini di Hong Kong, con una grande mobilitazione di piazza a difesa della propria libertà, sono riusciti a bloccare, fino a data da destinarsi, il progetto di legge che prevede l'estradizione forzata di sospetti criminali in Cina;

    oltre un milione di persone hanno sfidato le pretese della dittatura comunista di Pechino, accusata di avere un sistema giudiziario scarsamente trasparente e condizionato dai vertici politici, rappresentando come la nuova legge possa essere usata per portare avanti persecuzioni politiche e religiose all'interno del territorio di Hong Kong, minandone l'autonomia;

    la nuova legge permetterebbe di estradare in Cina i «sospetti», sottoponendoli al processo dei tribunali nazionali. Secondo il nuovo impianto legislativo, l'estradizione sarebbe prevista per tutti i sospetti accusati di un crimine con pena superiore ai sette anni di detenzione. Il «via libera» alla consegna alla Cina sarebbe di responsabilità del capo esecutivo dopo una prima lettura dei tribunali e permetterebbe alla Repubblica popolare cinese di processare in patria i sospetti che risiedono a Hong Kong;

    la Cina ha detto di sostenere la legge e di opporsi a «interferenze esterne»;

    l'ala filo-cinese è capeggiata dal capo del governo Carrie Lam, che avrebbe la potestà di estradare i sospetti mentre il parlamento non avrebbe alcun potere né sulla valutazione del casco, né sulla decisione finale;

    secondo gli oppositori del regime, l'estradizione potrebbe essere richiesta per catturare e processare più avversari politici che criminali comuni. Secondo dati riportati da media internazionali, il tasso di condanna nelle corti cinesi sfiora il 100 per cento e si accompagna al ricorso ordinario a tortura e negazione del diritto di difesa degli imputati;

    il testo si applicherebbe anche alle richieste di estradizione in arrivo da Taiwan e Macao;

    per sedare la rivolta, la polizia ha usato proiettili di gomma e lacrimogeni e le persone arrestate rischiano fino a 10 anni di carcere;

    tale misura potrebbe colpire anche le persone di nazionalità italiana risiedenti ad Hong Kong per motivi familiari, di lavoro o di studio,

impegna il Governo

   a esprimere la propria condanna per la repressione violenta delle manifestazioni di piazza ad Hong Kong e ad assumere ogni utile iniziativa di competenza per tutelare i cittadini italiani residenti a Hong Kong, anche alla luce della peculiare situazione segnalata in premessa
(7-00263) «Delmastro Delle Vedove».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   FRAGOMELI, BRAGA, DEL BARBA e BUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   in data 12 giugno 2019 il territorio lombardo, in particolare nelle province di Lecco, Sondrio, Como e Brescia è stato colpito da una eccezionale ondata di maltempo con a piogge torrenziali che hanno causato frane, smottamenti, allagamenti, danni alle coltivazioni, chiusure di strade e soprattutto hanno portato a decidere l'evacuazione per un migliaio di persone;

   la situazione più difficile si è registrata però nel Lecchese dove si è temuto per la diga di Pagnona dove solo nel pomeriggio è stata revocata l'allerta per il superamento delle quote massime dell'invaso;

   allagamenti si sono verificati a Premana, Pagnona, Primaluna e dove sono esondati i tre torrenti di Valle Molinara, Valle Noci e Valle del Fus comportando centinaia di sfollati;

   ore di paura si sono vissute a Dervio dove solo in serata le circa 600 persone evacuate hanno potuto far rientro nelle proprie case;

   le strade si sono trasformate in cascate di acqua e fango e la circolazione è stata interrotta su diverse strade e anche sulla linea ferroviaria fra Lecco e Chiavenna, in provincia di Sondrio, fra Colico e Bellano;

   rilevanti problemi si sono registrati anche in provincia di Sondrio con frane, allagamenti e strade interrotte con la situazione più critica in Valle Spluga;

   a Como è esondato il lago che è arrivato ad allagare il Lungolario;

   anche la provincia di Brescia risulta interessata da rilevanti disagi per le conseguenze del maltempo;

   è iniziata anche la prima conta dei danni che appaiono particolarmente ingenti alle infrastrutture, alle attività economiche e commerciali al comparto agricolo –:

   se sia intenzione del Governo deliberare lo stato di emergenza per i territori colpiti e quali ulteriori iniziative intenda assumere con la massima tempestività, d'intesa con la regione Lombardia, per supportare suddetti territori per il ripristino delle infrastrutture, il sostegno ai cittadini e alle attività economiche danneggiate.
(3-00792)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per il sud. — Per sapere – premesso che:

   le speranze per il Sud Italia di vedere sbloccata una miriade di cantieri grazie al tanto sbandierato decreto «sblocca cantieri» sono tutte vanificate, non solo, per il non corretto utilizzo rispetto agli obiettivi strategici delle programmazioni comunitarie (distrazione di fondi) ma soprattutto per la mancata riapertura dei cantieri che avrebbero sicuramente contribuito a coprire il grave gap infrastrutturale del Mezzogiorno d'Italia. La conferma arriva dall'analisi della tabella riportata dal Ministero dell'economia e delle finanze in riferimento alle grandi opere da completare. È palese la sproporzione tra le regioni del Nord e quelle del Sud anche riguardo alla ripartizione delle risorse. In Sicilia, ad esempio, sono previste poche opere, peraltro tutte da realizzare e non c'è nessuna traccia di procedure di sblocco. Da Roma in su sono tantissimi gli interventi che riguardano strade, autostrade, aeroporti e ferrovie, pur essendo il Sud ed in particolare la Sicilia in grave deficienza che fa pagare a tali aree il prezzo più alto, limitandone la crescita economica e lo sviluppo –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per rivedere questa sproporzione allargando la mappa ai tantissimi interventi fermi al Sud per svariati motivi, economici, burocratici e amministrativi, posto che ci sono strade e autostrade incompiute e bloccate (come la Siracusa-Gela), opere idrogeologiche giacenti e interventi per dissesto idrogeologico fermi da anni;

   se il Governo intenda adottare iniziative per una ripartizione dei fondi in maniera più equa eliminando le palesi disparità territoriali.
(4-03098)


   D'ATTIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Radio Libera Inblu trasmette sulla frequenza dei 94.300MHz da Francavilla Fontana (BR) con autorizzazione ministeriale D.G.C.A./5/2/906552/BR rilasciata il 18 settembre 2002 dal Ministero delle comunicazioni, direzione generale concessioni e autorizzazioni divisione V a firma del direttore generale dottoressa Laura Aria, visto l'esito della verifica del possesso dei requisiti previsti per la prosecuzione dell'attività di radiodiffusione sonora, ai sensi della legge n. 66 del 20 marzo 2001;

   il 20 settembre 2017 Radio Libera Inblu scriveva all'ispettorato territoriale di Bari e per conoscenza al Ministero dello sviluppo economico in Roma (D.g.a.t.), perché fortemente interferita sulla sua area di servizio da Radio Freccia;

   il 22 novembre 2017 l'ispettorato di Bari invia una Pec alle parti per dar luogo alla verifica dello stato interferenziale;

   l'11 dicembre 2017 si è proceduto alle misure radioelettriche in contraddittorio, dalle quali è stato accertato lo stato interferenziale lamentato;

   il 5 gennaio 2018 l'ispettorato di Bari invitava con Pec l'emittente radiofonica Radio Freccia a presentare entro 15 giorni un nuovo progetto radioelettrico atto ad eliminare lo stato interferenziale lamentato al proprio impianto da Radio Libera Inblu e si avvisava Radio Freccia che nulla pervenendo entro il termine predetto, si sarebbe proceduto ai termini di legge;

   il 16 novembre 2018 Radio Libera Inblu presentava al tribunale di Taranto, sezione civile, ricorso ex articolo 700 del codice di procedura civile contro Radio Freccia, viste le inutili lettere inviate all'ispettorato di Bari e il persistere delle gravi interferenze;

   il 4 febbraio 2019 Radio Libera Inblu presentava richiesta di accesso agli atti tecnico amministrativi per acquisizione di documenti ai sensi della legge n. 241 del 1990 sia al Ministero a Bari che a Roma in tutte le sue diramazioni;

   il 16 febbraio 2019 Radio Libera Inblu insisteva nella richiesta di accesso agli atti come sopra;

   il 10 marzo 2019 Radio Libera Inblu insisteva ancora per l'accesso agli atti e chiedeva informazioni sulla definizione e dell'esito del procedimento;

   nonostante le reiterate richieste Rabio Libera Inblu non è ancora riuscita ad accedere agli atti richiesti;

   il 31 maggio 2019 il Ministero dello sviluppo economico ha risposto con un parziale accoglimento dell'istanza di accesso ex legge n. 241 del 1990 formulata da Radio Libera Inblu consentendo l'accesso con estrazione di copia di una parte della documentazione richiesta;

   deve essere tutelato sia il diritto all'accesso agli atti che quello di Radio Libera Inblu a poter trasmettere sulle frequenze assegnate senza interferenze –:

   per quali ragioni a Radio Libera Inblu non sia ancora stato concesso l'accesso agli atti richiesti;

   quali iniziative e in quali tempi il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per garantire a Radio Libera Inblu l'utilizzo delle frequenze assegnate senza interferenze di altre emittenti radiofoniche.
(4-03108)


   PENTANGELO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 settembre 2014 sono state emanate norme per la «Determinazione del numero massimo e delle modalità di utilizzo delle autovetture di servizio con autista adibite al trasporto di persone» il quale, all'articolo 4, prevede lo svolgimento di un censimento delle autovetture stesse;

   in base alle norme vigenti il censimento deve essere eseguito dal dipartimento della funzione pubblica, in collaborazione con Formez, e riguarda le autovetture in uso, acquistate o in locazione, presso le amministrazioni statali e pubbliche, inclusi comuni, regioni e autorità indipendenti;

   spetta dunque alle amministrazioni statali e pubbliche, inclusi comuni, regioni e autorità indipendenti, l'onere di comunicare entro il 31 marzo il numero e la tipologia delle auto in loro possesso, indicandone le specificità;

   pertanto, spetta al succitato dipartimento il solo onere della pubblicazione;

   allo stato, sebbene atteso al massimo per il 30 aprile, il censimento 2019 del dipartimento della funzione pubblica non è stato ancora presentato;

   non si comprende il motivo della omessa pubblicazione, atteso che negli anni precedenti, al contrario, i relativi dati sono sempre stati resi noti tra l'inizio di febbraio e la metà di marzo;

   mal si comprende il perché non si favorisca in modo deciso e coerente la trasparenza, l’accountability e la conoscenza di informazioni che investendo l'utilizzo di risorse pubbliche appaiono peraltro particolarmente attese dai cittadini –:

   se i fatti esposti in premessa trovino conferma e, in caso affermativo, quali siano le ragioni per le quali non siano state rispettate le statuizioni previste dall'ordinamento giuridico che prevedono la pubblicazione annuale dei dati relativi al censimento delle autovetture di servizio.
(4-03115)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BOLDRINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 4 febbraio 2016 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione nella quale denuncia che «le forze di sicurezza del Bahrein continuano a torturare i detenuti» e «si dichiara preoccupato e deluso per il ritorno del Bahrein alla pratica della pena capitale»;

   nel suo rapporto annuale 2017/2018 Amnesty International dichiara: «Ci sono state nuove segnalazioni di tortura e altri maltrattamenti in custodia, in particolare di coloro che erano sottoposti a interrogatorio per reati in materia di terrorismo»;

   il 9 febbraio 2017 Ahmed Isa AlMalali, di 23 anni, è stato arrestato insieme a molti altri membri della Guardia Costiera del Bahrein;

   durante i primi due mesi di detenzione, è stato tenuto in isolamento sotto la sorveglianza del comando del «Criminal Investigations Directorate» (CID);

   secondo quanto si apprende da associazioni umanitarie, ad AlMalali non sarebbe stato permesso comunicare con i propri familiari;

   in questo periodo, gli ufficiali del CID avrebbero interrogato e torturato AlMalali e nel corso dell'intero periodo di detenzione non gli sarebbe stato concesso di parlare con il suo avvocato;

   il 31 gennaio 2018, al processo, non è stato consentito di partecipare all'udienza ad AlMalali ed alla sua famiglia, mentre al suo avvocato non è stata concessa l'autorizzazione a parlare;

   lo stesso 9 febbraio 2017 Ali Mohamed Hakeem al-Arab, di 24 anni, è stato sottoposto a fermo dagli agenti del Ministero dell'interno. È stato tenuto in detenzione presso il CID fino al 7 marzo 2017;

   in questo lasso di tempo, gli ufficiali lo avrebbero torturato, fino a quando non ha firmato una confessione forzata;

   è stato poi trasferito al centro di detenzione Dry Dock, dove non ha mai potuto parlare con un avvocato;

   il 31 gennaio 2018, le autorità hanno trasferito AlArab presso la corte per udire la sentenza, tuttavia la sua presenza in aula non è stata resa possibile e la corte ha negato l'accesso alla famiglia e la possibilità di poter assistere all'emissione della sentenza. Il suo avvocato ha potuto presenziare con l'impossibilità, però, di esercitare il proprio diritto di parola;

   AlMalali e AlArab sono stati condannati alla pena capitale;

   il 6 maggio 2019 la Corte di cassazione del Bahrein ha respinto l'appello finale di AlArab e AlMalali, condannati a morte per presunti reati di terrorismo;

   l'organizzazione Americans for Democracy & Human Rights in Bahrein (ADHRB) dichiara: «Con questa decisione, si uniscono agli altri sei nel braccio della morte, tutti condannati anche a condizioni fondamentalmente inique e dopo torture da parte delle forze di sicurezza»;

   le Nazioni Unite hanno dichiarato di essere «estremamente preoccupate» dalle accuse di tortura e di confessioni forzate che costituiscono la base delle condanne –:

   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato nei confronti del Governo del Bahrein e nelle sedi internazionali, affinché sia evitata la pena capitale a AlArab e AlMalali.
(5-02301)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in data 9 maggio 2019 il deputato venezuelano Edgar Zambrano e stato rocambolescamente arrestato dagli uomini del temibile servizio segreto Sebin di Maduro;

   in particolare Edgar Zambrano è il braccio destro di Juan Guaidò, nonché il Vice Presidente dell'Assemblea Nazionale Venezuelana;

   l'arresto è avvenuto a ridosso della sede nazionale del partito di opposizione Azione Democratica con l'ausilio di un'autogru con la quale l'autovettura dello stesso Zambrano, ove si era barricato, è stata asportata e trasportata all'interno del famigerato carcere «El Helicoide», il quartier generale del servizio segreto Sebin;

   sale drammaticamente a 10 il numero dei parlamentari inquisiti per aver partecipato alle manifestazioni di dissenso verso il regime di Maduro;

   segnatamente le accuse a carico di Zambrano sono «tradimento, ribellione civile, usurpazioni di funzioni, incitamento pubblico alla disobbedienza civile» per aver sostenuto Juan Guaidò che, peraltro, è stato riconosciuto Presidente ad interim del Venezuela da 50 nazioni;

   trattasi dell'ennesimo atto del regime di Maduro in spregio alla libertà di pensiero e alla garanzie costituzionali a presidio della libertà dei deputati venezuelani di opposizione –:

   quali iniziative abbia assunto nei confronti dei regime di Maduro per quanto sopra riportato;

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di dove sia detenuto Edgar Zambrano e se vengano rispettati quanto meno i suoi diritti di detenuto;

   se il Governo intenda porre la questione in seno al Gruppo di contatto proponendo che sia subordinata la prosecuzione dell'attività del gruppo di contatto alla immediata liberazione di Edgar Zambrano, vice presidente dell'Assemblea Nazionale Venezuelana.
(5-02307)


   MARTINA e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   l'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao) è un'agenzia specializzata delle Nazioni Unite che guida gli sforzi internazionali per sconfiggere la fame. Il suo obiettivo è raggiungere la sicurezza alimentare per tutti e fare in modo che le persone abbiano accesso regolare a cibo abbastanza di alta qualità per condurre una vita attiva e sana. Con oltre 194 Stati membri, la Fao lavora in oltre 130 Paesi in tutto il mondo;

   durante la 41ma sessione della Conferenza della Fao, il 22-29 giugno 2019, a Roma, si terranno le votazioni per nominare il nuovo direttore generale dell'Organizzazione;

   i Paesi membri saranno chiamati ad esprimere il proprio voto – secondo il principio «un Paese, un voto» – in una votazione a scrutinio segreto a maggioranza semplice. Sono tre i candidati: Qu Dongyu (Cina), Catherine Geslain-Lanéelle (Francia), Davit Kirvalidze (Georgia);

   il nuovo direttore generale della Fao resterà in carica dal 1o agosto 2019 al 31 luglio 2023, con incarico rinnovabile per un solo secondo mandato;

   Roma è la sede della Fao e il voto italiano assume dunque un duplice valore;

   l'Italia non ha ancora annunciato per chi voterà –:

   quale sia la posizione del Governo in merito alla scelta del candidato da sostenere e in base a quali considerazioni sia stata assunta.
(5-02309)

Interrogazione a risposta scritta:


   MURONI e PALAZZOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   un articolo pubblicato sul sito onlineAvvenire.it l'8 giugno 2019, riporta che nella città libica di Zawyah il comandante Abd al-Rahman al-Milad, noto come Bija, gestirebbe una «sua guardia costiera», operativa grazie a mezzi e fondi elargiti via Tripoli e provenienti dall'Italia e dall'Unione europea;

   stando allo stesso articolo, secondo l'Onu Bija avrebbe commesso dei crimini contro i migranti e per questo meriterebbe di essere perseguito anche in sede internazionale;

   invece, nonostante le autorità libiche avessero assicurato che Bija fosse stato reso «inoffensivo», lo stesso sembrerebbe libero di proseguire nel suo poliedrico business di trafficante di uomini, contrabbandiere, sorvegliante di centri petroliferi, coprendo tutto grazie al suo apparente ruolo di guardacoste;

   Bija avrebbe inoltre messo a disposizione del premier Sarraj la sua milizia che starebbe combattendo contro i clan alleati del generale Haftar;

   dal luglio 2018 Bija è sottoposto a sanzioni stabilite dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: divieto di viaggio e blocco delle attività proprio per i crimini su cui indaga la Corte penale internazionale dell'Aja;

   in uno stralcio di uno dei documenti a disposizione dalla Procura presso la corte penale in Olanda riportato da Avvenire.it si legge che: «Le sue forze erano state destinatarie di una delle navi che l'Italia ha fornito alla Lybian Coast Guard», alcuni uomini della sua milizia «avrebbero beneficiato del Programma Ue di addestramento» nell'ambito delle operazioni navali Eunavfor Med e Operazione Sophia;

   Bija sarebbe sospettato di aver dato l'ordine ai suoi marinai di sparare contro navi umanitarie e motopescherecci;

   nell'autunno del 2017, Bija, in un'intervista al Tg1 fece chiaramente intendere che in cambio di un ricco appalto per gestire la sicurezza dei siti petroliferi concessi ad aziende italiane, avrebbe smesso di doversi arrangiare con «certi affari» che, secondo gli esperti Onu, si possono riassumere «nell'affondamento delle imbarcazioni dei migranti utilizzando armi da fuoco», la cooperazione «con altri trafficanti di migranti come Mohammed Kachlaf che, secondo fonti, gli fornirebbe protezione per svolgere operazioni illecite»;

   le Nazioni Unite sono tornate a denunciare le «spaventose» e «disumane» condizioni dei campi di detenzione per migranti e profughi e il portavoce dell'Alto commissariato dell'Onu per i diritti umani ha detto testualmente: «Siamo molto colpiti dalle spaventose condizioni di detenzione»;

   per tali strutture, la Libia riceve centinaia di milioni di euro dall'Unione europea e specialmente dall'Italia;

   secondo le Nazioni Unite, sono circa 3.400 i migranti e profughi bloccati in vari campi di Tripoli e dall'inizio dell'offensiva lanciata dal maresciallo Khalifa Haftar, la situazione è peggiorata;

   secondo il report 2019 «Sicurezza e Migrazione, tra interessi economici e violazioni dei diritti fondamentali: i casi di Libia, Niger ed Egitto», realizzato dall'Arci, «lo straordinario impegno politico che vede l'Italia e le istituzioni europee al lavoro insieme per la chiusura delle frontiere, esternalizzando il controllo delle stesse nei paesi di origine e transito dei migranti, si traduce in un pericoloso aumento delle politiche securitarie e dei relativi budget (...) La gestione delle frontiere diventa un business, spingendo sempre più la politica europea e nazionale di gestione della migrazione verso una logica repressiva del fenomeno migratorio» –:

   se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per verificare se Abd al-Rahman al-Milad, noto come Bija, abbia rapporti economici con aziende italiane e/o contatti con le forze militari italiane;

   quali iniziative di competenza si intendano promuovere sia in sede Onu che nei confronti del Governo libico, affinché Abd al-Rahman al-Milad, noto come Bija, sia reso inoffensivo, rendendo effettive le sanzioni stabilite dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nei suoi confronti.
(4-03099)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   l'area di Taranto vive da anni una crisi ambientale gravissima, conseguenza di una notevole concentrazione di insediamenti industriali ad alto impatto ambientale, e della presenza dell'ex-Ilva;

   i dati del registro tumori di Taranto hanno dimostrato che a Taranto e provincia ci si ammala molto di più che nel resto d'Italia di mesotelioma e di carcinoma epatico, vescicale e polmonare;

   i dati resi pubblici in queste settimane, relativi all'ultimo aggiornamento allo studio «Sentieri» parlano di un eccesso di mortalità tra il 4 e il 5 per cento nei territori ad alto inquinamento intorno a 45 aree sito di interesse nazionale, e tra queste anche quella di Taranto;

   come gli studi epidemiologici hanno confermato, in quest'area vi è una maggiore incidenza di ritardi cognitivi dei bambini derivanti dall'inquinamento;

   l'Arpa Puglia ha accertato un superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione nell'area delle «collinette», nelle cui vicinanze si trovano delle scuole, in particolare valori di policloro-dibenzo-p-diossine 4,5 volte superiore al valore limite;

   in data 5 giugno 2017, riguardo alla cessione dei beni aziendali, l'allora Ministro Carlo Calenda, firmava il decreto che autorizza i Commissari straordinari a procedere alla aggiudicazione dei complessi aziendali del gruppo Uva S.p.A ad ArcelorMittal, la cui offerta prevede la realizzazione entro il 2023 degli interventi rientranti nel piano ambientale;

   il 6 settembre 2018 è stato quindi siglato al Ministero dello sviluppo economico l'accordo sull'Ilva da sindacati, ArcelorMittal e commissari, quindi approvato il 12 settembre dai lavoratori del gruppo siderurgico con referendum indetto dai sindacati;

   l'accordo prevede che il personale Ilva – circa 13.500 lavoratori tra Taranto, Genova, Novi Ligure e Paderno Dugnano – debba essere ripartito in due: i 10.700 che transitano a Mittal, nelle quattro società costituite allo scopo – la capogruppo più quelle dei servizi –, e quelli che beneficeranno dell'esodo volontario incentivato e anticipato. Incentivato con un «bonus» finanziato dai canoni di fitto – 180 milioni all'anno – che Mittal, prima dell'acquisizione dell'Ilva, deve versare all'amministrazione straordinaria dei commissari. Riguardo agli aspetti ambientali, l'accordo si sostanzia in tempi più stretti, ulteriori interventi, nuovi obiettivi da raggiungere come l'abbattimento di emissioni;

   ArcelorMittal ha firmato un contratto d'affitto, che diventerà acquisto solo se l'azienda avrà raggiunto, entro il 23 agosto 2023 gli obiettivi del piano di risanamento ambientale;

   il 1° novembre 2018, a seguito della chiusura della transazione, ArcelorMittal ha assunto il controllo direzionale di Ilva;

   il piano di investimenti ambientali di ArcelorMittal Italia dovrebbe garantire il completamento della maggior parte degli interventi in via anticipata rispetto al termine ultimo del 2023 previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2017;

   a seguito del suddetto accordo, permangono oscuri molti aspetti che non consentono di avere piena contezza della situazione ambientale e produttiva dello stabilimento dopo l'acquisizione da parte di ArcelorMittal;

   il 5 giugno 2019, la società che ha rilevato le attività del siderurgico, ha annunciato che, pur confermando il proprio impegno su tutti gli interventi previsti per rispettare il piano industriale e ambientale, in conseguenza di una crisi di mercato, deve ricorrere temporaneamente alla cassa integrazione guadagni ordinaria. Un provvedimento che interesserà lo stabilimento di Taranto per un numero massimo al giorno di circa 1.400 dipendenti per 13 settimane. Su questo si è avviata una interlocuzione con i sindacati –:

   se non si intenda rendere noto il contratto di affitto di cui in premessa;

   se sia stata inserita una clausola di verifica dello stato degli impianti al termine del previsto periodo di locazione;

   quale sia l'introito effettivo per le casse dello Stato in conseguenza del contratto di locazione che prevede un versamento da parte di ArcelorMittal di 180 milioni di euro annui per 5 anni;

   quando si intendano risarcire i proprietari degli immobili del rione Tamburi, e quando si preveda il pagamento in ottemperanza dell'ultima sentenza della Corte di Strasburgo;

   ai fini di una maggiore tutela della salute pubblica, se non si ritenga indispensabile assumere iniziative, per quanto di competenza, per implementare, anche attraverso un aumento delle risorse finanziarie dedicate, le attività di prevenzione e di diagnosi delle patologie correlate all'inquinamento ambientale anche prevedendo a tal fine, per l'Asl di Taranto, una deroga alla normativa in materia di assunzioni, al fine di consentire all'azienda medesima la prosecuzione di una efficace attività di sorveglianza e di monitoraggio sanitario;

   quando saranno disponibili i dati aggiornati di mortalità e di malattia per il Sin di Taranto, in base all'accordo del 24 aprile 2019 siglato dalla cabina di regia interministeriale;

   quali iniziative urgenti si intendano adottare per fronteggiare i drammatici parametri sanitari e ambientali che caratterizzano l'area di Taranto;

   quali iniziative si intendano adottare per far rispettare ad ArcelorMittal tutti gli impegni sottoscritti in sede di accordo, a cominciare dalla piena tutela del personale impiegato, e per garantire il rispetto dell’addendum.
(2-00420) «Labriola».

Interrogazione a risposta orale:


   RAFFA e TERMINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   l'ultimo Rapporto europeo pubblicato a giugno 2019 da Transport & Environment, riguardo ai dati sulle emissioni inquinanti delle grandi navi da crociera, evidenzia che nei mari europei, tali navi, da sole, emettono 10 volte in più le sostanze inquinanti rispetto a 260 milioni di veicoli circolanti nell'Unione europea;

   l'Italia risulta tra i Paesi più esposti e tra le 50 città portuali più inquinate ben 10 sono italiane (Venezia, Civitavecchia, Napoli, Genova, La Spezia, Savona, Cagliari, Palermo, Messina, Bari);

   tale indice di inquinamento così alto è dovuto in gran parte alle emissioni delle grandi navi da crociera che attraccano nei nostri porti, in quanto per garantire tutti i servizi a bordo, devono mantenere i motori sempre accesi, emettendo, anche da ferme, ingenti quantità, di ossidi di zolfo, ossidi di azoto, polveri sottili e CO2;

   una delle cause per cui ben 4 su 5 delle città portuali più inquinate dell'Unione europea si trovano proprio nel Mediterraneo potrebbe essere il fatto che in questa zona non è in vigore la «Sulphur emissioncontrol area» che vige nel Mare del Nord e nel Mar Baltico, istituita nel 2015 dall'Organizzazione marittima Internazionale (I.M.O.), e che prevede regole più stringenti sulle emissioni navali, con un limite del tenore di zolfo contenuto nei carburanti fissato allo 0,1 per cento, limite ben più basso di quello dello 0,5 per cento che in Italia entrerà in vigore dal 1° gennaio 2020 come previsto dall'articolo 295 del codice dell'ambiente, e che attualmente è al 3,5 per cento;

   dal 1° gennaio 2021 nel Mare del Nord e nel Mar Baltico, diventerà operativa la «Nitrogen emissioncontrol area» (NECAs), designata nel 2016, che consentirà di ridurre le emissioni di ossido di azoto;

   la direttiva europea 2012/33/UE invita gli Stati membri dell'Unione europea all'utilizzo per le navi di un sistema «elettrico di terra» o «energia elettrica prodotta a terra» mentre sono in porto così da evitare le emissioni inquinanti, ed in conformità con l'articolo 19 della direttiva 2003/96/CE gli Stati membri possono essere autorizzati ad applicare una riduzione dell'aliquota di imposta sull'energia elettrica fornita alle navi all'ormeggio tale da incoraggiare gli armatori ad effettuare gli investimenti necessari per poter utilizzare l'energia elettrica fornita dalla rete di terra anziché dai combustibili per uso marittimo –:

   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative di competenza intendano adottare per ridurre l'inquinamento derivante dalle emissioni navali;

   se siano previste iniziative, anche normative volte a prevedere la riduzione delle emissioni di ossidi di azoto come sta avvenendo nei porti dell'Europa Settentrionale;

   se nei porti italiani, siano in corso azioni o iniziative per favorire l'utilizzo di energia elettrica prodotta a terra da parte delle navi ormeggiate in porto così come previsto dalla direttiva europea 2012/33/UE.
(3-00793)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VIANELLO e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   l'Arcipelago delle Isole Tremiti è localizzato a circa 12 miglia a nord del promontorio del Gargano ed è costituito da tre isole maggiori, S. Domino, S. Nicola e Caprara, da un isolotto posto fra le tre isole denominato il Cretaccio ed infine da un'isola minore;

   in meno di 3 chilometri quadrati di superficie e 20 chilometri di perimetro costiero, l'arcipelago tremitese costituisce un esempio di rara bellezza sia per la natura incontaminata dei suoi fondali sia per gli aspetti paesaggistici e storico-architettonici presenti soprattutto sulle due isole più grandi: S.Domino e S. Nicola;

   al fine di proteggere e preservare questo incomparabile patrimonio floro-faunistico nel 1989 è stata istituita, con decreto interministeriale del 14 luglio 1989, la «Riserva naturale marina Isole Tremiti». La gestione della riserva, con l'istituzione del parco nazionale del Gargano avvenuta nel 1991, è passata all'Ente parco nazionale del Gargano;

   si apprende da fonti di stampa che, nella giornata del 12 giugno 2019, una serie di focolai di incendio stanno interessando il bosco dell'isola di San Domino: piccoli incendi in sequenza, almeno una decina, quasi certamente dolosi, e appiccati da uno o più piromani; precisamente sono tre le aree prese di mira: Cala Matano, Cala dei Benedettini e la Grotta del Sale;

   le fiamme hanno interessato, nel complesso, un'area di 3 mila metri quadrati, ma non hanno preso piede solo grazie al tempestivo intervento dei volontari della protezione civile, cui si sono aggiunti, questa mattina, i vigili del fuoco del distaccamento di San Severo, che hanno raggiunto l'isola imbarcandosi da Termoli. Sull'accaduto sono in corso le indagini dei carabinieri;

   le isole, tuttavia, hanno bisogno di moduli antincendio che siano pronti all'uso in caso di urgenze, essendo attualmente dotati di due piccoli mezzi con serbatoi da 200 litri insufficienti per eventuali emergenze;

   la via della deterrenza giudiziaria può costituire un valido argine alla reiterazione dei delitti improntati a una matrice prettamente criminale, ma occorre una gestione della fase emergenziale pronta ed efficace, accompagnata dalla promozione di politiche territoriali e ambientali –:

   quali iniziative il Governo intenda promuovere per intensificare il controllo del territorio, se del caso valutando l'opportunità di un potenziamento dell'operatività del personale adibito alla vigilanza della pianificazione di opportuni servizi di pattugliamento e dell'incremento della dotazione dei mezzi idonei a domare questi fenomeni.
(5-02303)


   GRIPPA, ROSSI e CIAMPI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   dalla pagina web «www.rete8.it» in un articolo titolato «Porto Pescara: ok del comitato Via al progetto, partono i lavori» si apprende che: «Il comitato di coordinamento regionale per la Valutazione d'impatto ambientale (Via) ha espresso parere favorevole al progetto di deviazione del porto canale di Pescara attraverso la costruzione di una parte del molo nord e il completamento del pennello di foce. Partono i lavori con i 15 milioni di euro del Masterplan»;

   lo stesso articolo riporta che i lavori partiranno dopo l'estate e che, nel parere del comitato Via, è riportato: «Consentiranno il ripristino delle necessarie condizioni di sicurezza venute a mancare a seguito dell'apertura del varco nella diga oltre a una migliore protezione dell'attuale litorale limitrofo al porto che con l'apertura del varco si trova evidentemente esposto agli eventi ondosi di bora»;

   quelli che sembrano lavori di messa in sicurezza delle costa e non di un porto farebbero accantonare l'ipotesi della costruzione di un porto nella regione Abruzzo. Tuttavia, lo stesso comitato, tra le righe del parere, continua a parlare di navigazione, quindi della presenza di barche evidentemente;

   l'Arta (Agenzia regionale per la tutela dell'ambiente) presente ai lavori del comitato di coordinamento regionale avrebbe fatto mettere a verbale un passaggio in cui si sostiene che: «richiamato il parere contrario espresso nel giudizio n. 3007 del 21/02/2019, per la definizione della procedura e della competenza (statale o regionale), considerato che non sono stati forniti gli esiti dei monitoraggi prescritti con i giudizi 2745/2016 e 2746/2016, né altri dati a supporto, permane il convincimento che le tre opere di progetto non abbiano la funzione di protezione della costa dall'erosione e dall'inquinamento, come rappresentato dal documento acquisito agli atti»;

   sulla competenza statale di una valutazione di impatto ambientale, l'interrogante aveva presentato l'interpellanza n. 2-00384 del 14 maggio 2019 –:

   se il Ministro interrogato disponga di ulteriori elementi in merito e quali iniziative urgenti intenda assumere con lo scopo di verificare la sussistenza di una competenza statale in materia di valutazione di impatto ambientale nel caso di specie, anche in relazione agli elementi di complessità che la stessa valutazione presenta e in considerazione degli effetti dei cambiamenti climatici su opere che hanno una vita utile di 50-100 anni.
(5-02306)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRATOIANNI e MURONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   a seguito di un'inchiesta giornalistica condotta dal team Backstair di «Fanpage.it » sulla Sesa, la società dei rifiuti del comune di Este, Fabrizio Ghedin, che della società è il responsabile delle relazioni esterne, si è dimesso dal suo incarico istituzionale di consulente del governo;

   Fabrizio Ghedin, infatti, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva un incarico pubblico di consulente per la comunicazione della sottosegretaria Vannia Gava;

   secondo Fanpage.it, mentre il gruppo di giornalisti investigava sul business milionario del compost in Veneto lo stesso Ghedin, in un incontro con la direzione del giornale avrebbe proposto un investimento pubblicitario da 100 mila euro all'anno per 3 anni in cambio della possibilità di poter controllare l'inchiesta;

   all'incontro avrebbe partecipato anche il socio privato di Sesa, Angelo Mandato, a capo di un impero di società attive nel settore dei rifiuti guidate dalla holding Finam;

   all'interno della già citata inchiesta viene documentato che l'incarico di consulenza presso il Ministero prevede un compenso di ben 40 mila euro, previsti in favore di Ghedin anche in considerazione di una attestazione di assenza di conflitto di interessi che aveva dovuto presentare al Ministero;

   in un video istituzionale pubblicato dalla stessa sottosegretaria, però, si sente il suo spin doctor Ghedin ringraziarla per il suo operato non nell'interesse pubblico, ma a nome delle aziende private per cui lavora: «Lei sta svolgendo un'opera di cui tutto il comparto le è riconoscente per aiutare la messa in atto del decreto sul biometano»; il consulente del governo, infatti, oltre all'incarico in Sesa, una delle più grandi aziende europee che investono risorse proprio nel biometano, era anche il responsabile delle relazioni esterne di un'altra società, la Bioman;

   in un altro video disponibile sui social network la sottosegretaria leghista Vannia Gava viene accompagnata dal suo spin doctor proprio presso lo stabilimento Bioman di Maniago: «Ho visitato un impianto meraviglioso all'avanguardia. Io credo che questo sia un fiore all'occhiello in Friuli Venezia Giulia e in tutto il territorio nazionale. Dobbiamo guardare in questa direzione se vogliamo considerare il rifiuto non più un problema ma una risorsa»;

   la Bioman di Pordenone produce energia pulita tramite il recupero dei rifiuti che arrivano dalla raccolta differenziata e ha tra i suoi più importanti azionisti la Finam di Angelo Mandato;

   a Este, vicino a Padova, nel compost industriale usato nei campi di mais sono stati trovati pezzi di plastica e di vetro. «Il compost è contaminato», afferma un agricoltore intervistato da Sacha Biazzo nell'ambito di una lunga inchiesta pubblicata su Fanpage;

   a parere degli interroganti questa ultima inchiesta di Fanpage rischia di suscitare ancora più clamore rispetto alle tante fatte in passato anche sul tema dei rifiuti, proprio perché qualcuno avrebbe provato a fermarli offrendo alla testata un investimento pubblicitario da 300 mila euro e l'autore materiale della proposta sarebbe proprio Fabrizio Ghedin;

   è necessario che il Ministro interrogato faccia luce fino in fondo su questa vicenda perché, a parere degli interroganti, non è pensabile che rappresentanti di società private e che rappresentano interi comparti, abbiano potuto avere incarichi di consulenza presso il Governo –:

   quali siano gli orientamenti del Governo rispetto ai fatti esposti in premessa e se non intenda verificare se esistono ulteriori rapporti tra società private del settore dei rifiuti con strutture del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare tali da poter configurare palesi conflitti di interesse come dimostra la vicenda di Fabrizio Ghedin, che contemporaneamente ricopriva i ruoli di responsabile delle relazioni esterne delle società Sesa e Bioman e di consulente per la comunicazione della Sottosegretaria per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Vannia Gava.
(4-03093)


   FUSACCHIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:

   con l'approvazione della legge quadro sulle aree naturali (legge n. 394 del 1991) l'intero territorio italiano è stato interessato dalla nascita di nuovi parchi nazionali e regionali e di riserve naturali, che costituiscono, in certi casi, per la loro estensione e contiguità un vero e proprio sistema di aree protette;

   il Mezzogiorno, per la sua notevole diversità di ambienti e paesaggi, specie animali e vegetali, associazioni vegetali o forestali, singolarità geologiche, formazioni paleontologiche, equilibri idraulici e idrogeologici, ha attualmente oltre il 30 per cento del suo territorio sottoposto a regime di protezione ambientale;

   nel Mezzogiorno sono presenti il parco nazionale del Pollino, il parco nazionale del Cilento, il parco nazionale della Val d'Agri – Lagonegrese e il parco regionale del Vulture;

   tali aree protette sono in continuità geografica e naturale tra di loro, al punto di rappresentare l'area protetta più vasta e attrattiva presente in Europa occidentale con i suoi 299.000 ettari di estensione;

   al fine di valorizzare il patrimonio floristico-vegetazionale e faunistico e razionalizzare i costi amministrativi, oltre alla necessità di salvaguardare e promuovere i valori antropologici, archeologici, storici e architettonici e delle attività agro-silvo-pastorali e tradizionali locali, sarebbe auspicabile una gestione integrata dei parchi nazionali e delle aree protette del Sud Italia –:

   se il Ministro interrogato non ritenga, alla luce di quanto esposto in premessa, di valutare l'adozione di iniziative per la costituzione di un grande parco nazionale del Mediterraneo, allo scopo di creare virtuose sinergie nella valorizzazione delle risorse e ulteriori opportunità per le filiere produttive, similmente a quanto avvenuto con l'istituzione delle zone economiche speciali (Zes) ex articolo 4 del decreto-legge n. 91 del 2017 convertito dalla legge n. 123 del 2017.
(4-03102)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:


   DONZELLI e MOLLICONE. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   come si apprende a mezzo stampa l'archivio Fratelli Alinari, la più antica azienda al mondo tuttora operante nel campo della fotografia e della comunicazione per immagini, dal 30 giugno 2019 non sarà più nella sua sede storica, in largo Alinari a Firenze, perché l'attuale proprietà, ha venduto l'immobile. Per il patrimonio invece, oggetto anch'esso di trattativa per la vendita, il trasloco è già in atto. I dipendenti sono privi di certezze sul loro futuro. In Toscana e in tutta Italia esistono moltissime eccellenze del genere, che custodiscono il patrimonio d'Italia e il cui destino è incerto a causa dell'incuria e della mancanza di progettualità, anche a tutela delle importanti professionalità che operano nel settore –:

   in che modo il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza, per la salvaguardia e la tutela dell'archivio Alinari e dei suoi dipendenti;

   quali iniziative si intendano intraprendere per rendere fruibile e disponibile al pubblico il patrimonio archivistico e museale dell'archivio Alinari;

   se sia attivo un monitoraggio costante degli archivi italiani e, in caso contrario, se non intenda attivarlo a tutela dell'inestimabile patrimonio storico e culturale che custodiscono e delle professionalità che ivi lavorano;

   se non intenda adottare iniziative per investire al più presto risorse nella digitalizzazione degli archivi, al fine di salvaguardare e mettere in sicurezza tale patrimonio;

   come intenda procedere per la tutela in particolare dei fondi antichi (presenti anche in biblioteche e archivi di Stato) che custodiscono lavori dal valore inestimabile.
(3-00794)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TOCCAFONDI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:

   la nascita della Galleria dell'Accademia di Firenze risale al 1784, quando il Granduca di Toscana riorganizzò l'Accademia delle Arti del Disegno, fondata nel 1563 da Cosimo I de'Medici;

   l'evento decisivo per la storia del museo fu il trasferimento del David di Michelangelo, la scultura più celebre del mondo, da Piazza della Signoria nell'agosto 1873. L'odierna Galleria dell'Accademia fu istituita nel 1882;

   Cecilie Hollberg, attuale direttore dell'Accademia, è nata in Germania, con studi universitari di storia, lettere, scienze politiche, lingua e letteratura italiana e tedesca presso le università di Roma, München, Göttingen. La stessa ha anche ottenuto borse di studio a Roma, Prato e Trento. Ha ricoperto prestigiosi incarichi e dal 1° dicembre 2015 ricopre la carica di direttore della Galleria dell'Accademia di Firenze;

   è notizia di qualche giorno fa che il Ministro interrogato ha annunciato la riforma dell'autonomia dei vari musei autonomi proprio dal Palazzo Vecchio a Firenze, durante l'inaugurazione di Pitti Uomo. «È mia intenzione — dice Bonisoli — togliere i Cda dai musei autonomi. Si tratta di un provvedimento che entrerà in vigore a partire dal primo gennaio per evitare storture di budget. Da quel momento — spiega il Ministro — i musei avranno un'approvazione del bilancio che sarà direttamente collegata al ministero e non sarà più delegata a un Cda, di cui, per quel che ho visto, non ho verificato l'efficacia»;

   se tali decisioni dovessero essere confermate, il provvedimento avrà inevitabili ricadute sull'autonomia dei grandi musei; autonomia che nel corso di questi anni ha senza alcun dubbio favorito una maggiore attrattività dei vari poli museali, ed una maggiore e più snella capacità decisionale dei vertici museali;

   netto è il giudizio negativo del sindaco di Firenze Nardella, appena riconfermato dai fiorentini con un 57 per cento dei voti: «Abolire l'autonomia dei musei? Non posso credere che abbia in mente di fare una cosa così assurda. Per musei come gli Uffizi o l'Accademia sarebbe un colpo mortale»;

   altrettanto netto è il giudizio di vari direttori dei musei autonomi, tra cui quello della stessa Hollberg che testualmente ha dichiarato: «È il momento più sbagliato: entro fine anno inizieranno i lavori per il nuovo impianto di climatizzazione, alle capriate, per la nuova illuminazione. Tutti elementi mai toccati da anni. Cambieremo tutto l'ingresso, l'accoglienza, le didascalie, avremo finalmente una segnaletica. Anche per i portatori di handicap». Ed ha aggiunto: «Se l'autonomia scomparirà, addio progettazione, addio capacità di far fronte agli imprevisti. Sarà un ritorno al passato, a prima che il museo iniziasse a respirare. Addio a conferenze, concerti, alla rassegna “Voci fiorentine” che è appena ripartita»;

   a quanto consta all'interrogante estremamente chiari ed evocativi due dati relativi ai tre musei autonomi di Firenze, prima (2014) e dopo l'autonomia (2018): agli Uffizi si è passati da 1.935.918 a 2.231.071 visitatori con i ricavi che da euro 8.226.064 sono passati a ben euro 18.784.164; alla Galleria si è passati da 1.335.741 visitatori a 1.719.645 con ricavi da euro 5.946.402 a euro 9.192.753; al Bargello si è passati da 221.715 visitatori a 226.434 con ricavi da euro 432.281 a euro 923.074. In merito all'autonomia giova soffermarsi soprattutto sul dato del ricavo;

   togliere il consiglio di amministrazione dai musei autonomi rappresenterebbe un ritorno al passato, essendo questo un organo di controllo fondamentale e capillare nei vari poli museali, che non può trovare risposta adeguata in un controllo centrale statale: si precisa, inoltre, che il bilancio di ogni museo autonomo va comunque sempre inoltrato a Roma per le opportune verifiche –:

   quali siano le intenzioni del Ministro interrogato in merito all'autonomia dei vari centri museali.
(5-02298)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI e BOLDRINI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   il vecchio carcere di Santo Stefano, sull'omonima isola di fronte a quella di Ventotene, rischia di finire completamente in rovina, anche e soprattutto perché i 70 milioni di euro, finanziati dal Fondo per lo sviluppo e coesione 2014-2020, tra qualche mese andranno persi se nel frattempo il Governo non procederà con la nomina dei nuovi componenti del Tavolo e quindi a convocare lo stesso per riprendere la progettualità già avviata;

   il carcere di Santo Stefano oggi si presenta in uno stato di totale degrado e abbandono, con edifici che cadono a pezzi, rovi e sterpaglie dovunque e anche il semplice approdo all'isola, ancorché vietato proprio per i pericoli di incolumità pubblica, risulterebbe difficile;

   da mesi la onlus «Per Santo Stefano in Ventotene» ha lanciato l'allarme e ormai mancano pochi mesi allo scadere del finanziamento concesso per ristrutturare il vecchio penitenziario e consegnarlo a nuova vita, nel segno di quella Europa che proprio a Ventotene ha conosciuto una delle sue prime pagine con la firma del «Manifesto»;

   dal 1965 il penitenziario è chiuso e da allora si sono alternati decine di progetti di recupero ma nulla di concreto è stato mai fatto;

   nell'ottobre del 2015 è stato costituito un Tavolo tra Ministero per i beni e le attività culturali, regione Lazio, Agenzia del demanio e comune di Ventotene e nel gennaio del 2016, l'allora premier Renzi, il Ministro pro tempore Franceschini e il Presidente della regione Lazio Zingaretti annunciarono il piano di recupero;

   nel 2017 è stato anche inaugurato l'eliporto di Santo Stefano, realizzato con circa 1 milione di euro presi da quel finanziamento di 70 milioni di euro che oggi rimane una piccola cattedrale nel deserto;

   da quel momento non si è mosso più nulla e si rischia che quel finanziamento vada perduto e dirottato altrove;

   a parere dell'interrogante se non si dovesse intervenire in tempo per garantire i lavori di recupero dell’ex carcere di Santo Stefano si farebbe un torto non solo alla stessa Ventotene, ma sarebbe un danno per tutta l'Italia e per una certa idea d'Europa;

   la onlus «Per Santo Stefano in Ventotene» ha anche presentato dei progetti, compreso quello per un museo multimediale al piano terra e nelle celle di una volta, perché i visitatori possano conoscere la storia di questo penitenziario e più in generale della carcerazione in Italia;

   secondo la stessa onlus si potrebbe realizzare una parte residenziale da destinare agli studiosi di tutta Europa e immaginare tante altre iniziative per coinvolgere ognuno dei Paesi dell'Unione europea perché raccontino come proprio da Ventotene e da quel carcere sia maturata e si sia sviluppata un'idea di Europa;

   il comune di Ventotene ha lanciato l'idea di chiedere che al «Manifesto di Ventotene» venga riconosciuto il titolo di patrimonio dell'Unesco, mentre sulla stessa piccola isola, che conta poco più di trecento residenti in inverno che però diventano almeno cinquemila in estate, si svolge da tre anni il Festival dell'Europa solidale e del Mediterraneo con centinaia di ospiti da tutto il mondo –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo affinché si proceda nel più breve tempo possibile con la nomina dei nuovi componenti del Tavolo e alla convocazione dello stesso per riprendere il progetto, già avviato, di recupero dell’ex carcere di Santo Stefano, evitando che i 70 milioni di euro, finanziati dal Fondo per lo sviluppo e coesione 2014-2020, vadano perduti.
(4-03091)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   ZOFFILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni 7-9 giugno 2019 nel 2° Congresso nazionale di Area democratica per la giustizia, il giudice Maria Cristina Ornano, segretario generale di Area democratica per la giustizia, corrente dell'Anm, nel suo intervento ha elaborato un'analisi sociologico-politica usando gravissimi termini offensivi e oltraggiosi nella quale ha contrapposto quello che lei considera un sano sistema organizzativo che deve svilupparsi e dialogare alla luce del sole, anche tra chi indossa la toga, a un Governo che invece sarebbe colpevole di propugnare il leaderismo, politiche xenofobe, con una demonizzazione degli enti intermedi;

   si riportano alcuni stralci dell'intervento, in particolare si fa riferimento al «riemergere sulla scena politica, anche nel nostro Paese, di forze dichiaratamente fasciste e xenofobe, orgogliosamente nazionaliste, populiste e sovraniste»; «Dalla crisi della democrazia rappresentativa si è generata nel nostro paese l'esperienza del governo “giallo verde”. Da tempo anche nel nostro Paese è, infatti, in atto una campagna di delegittimazione dei corpi intermedi», «partiti tradizionali, sindacati, gruppi associati, additati alla opinione pubblica come centri di potere dediti alla cura di interessi particolari contro l'interesse generale»; «La Lega, partito di matrice leaderistica, declina la propria offerta politica in chiave nazionalista, sovranista, populista, razzista e xenofoba, con un ricorso ai media e ai social diverso da quello dell'alleato ma altrettanto efficace», «asseritamente a vantaggio della variegata categoria degli esclusi, degli scontenti, dei delusi, alimentata dal richiamo ai temi della sicurezza e della frontiera»;

   si fa inoltre riferimento al congresso della famiglia di Verona «al quale hanno partecipato alcuni ministri della Repubblica e con il quale si è data visibilità a esponenti politici e attivisti di organizzazioni, operanti in Italia e all'estero, i quali, sostenendo di voler tutelare la famiglia tradizionale: propugnano la subalternità delle donne rispetto agli uomini; le relegano in un umiliante ruolo riproduttivo che non contempla il diritto alla maternità consapevole; non riconoscono i diritti delle “nuove famiglie”; considerano l'omosessualità una devianza da contrastare o una patologia da curare anche forzatamente; non riconoscono i diritti LGBTQI, il divorzio, gli studi di genere; considerano l'immigrazione come fattore di disordine sociale, prima ancora che economico». «La società che questi movimenti vogliono realizzare, anche attraverso concrete azioni politiche all'interno dei parlamenti nazionali, è incompatibile con i principi dello Stato di diritto e con la Costituzione che riconosce e tutela i diritti e le libertà fondamentali degli esseri umani postulandone la pari dignità, l'eguaglianza e vietando ogni forma di discriminazione, disegna inoltre un modello di famiglia, e di società inclusivo, accogliente e rispettoso delle persone: un modello che non si limita ad ammettere la diversità, ma la contempla come ricchezza»;

   si sostiene inoltre che questa offerta politica sfrutta l'insicurezza reale e diffusa promuovendo strumentalmente – anche con portati simbolici fortemente evocativi (lo straniero, il diverso, il deviante, il clandestino, il povero) – la cosiddetta «insicurezza percepita», un sentimento assai più pervasivo di quello generato dall'insicurezza reale;

   si afferma altresì che: «assistiamo nel nostro Paese ad una erosione dei presidi democratici attuata in forme subdole e (...) pericolose, (...) ad un continuo attacco ai diritti fondamentali della persona, alla legittimazione delle disparità, al tentativo di ribaltare il sistema della gerarchia dei principi e dei valori della nostra Costituzione, messo in atto da una politica che fatica a riconoscere l'universalità dei diritti fondamentali e del principio di eguaglianza tra le persone, vive con fastidio la cogenza degli obblighi che derivano dagli impegni e dai vincoli sovranazionali ed internazionali» –:

   se il Ministro non reputi dirimente adottare iniziative normative al fine di chiarire i limiti del diritto dei magistrati di poter esternare su fatti rilevanti del nostro sistema nei casi in cui ciò possa alterare la stessa democrazia e se non intenda valutare la sussistenza dei presupposti per l'eventuale avvio di iniziative ispettive rispetto al grave episodio esposto nella presente interrogazione.
(3-00795)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALMISANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   la riqualificazione dei dipendenti del Ministero della giustizia rappresenta un'annosa vicenda che coinvolge un rilevante numero di unità che svolgono con impegno, professionalità e competenza, la gestione dei molteplici servizi della giustizia;

   i dipendenti del Ministero della giustizia, dipartimento dell'organizzazione giudiziaria (Dog), sono gli unici del comparto Stato a non aver effettuato le procedure di riqualificazione. Si tratta di personale altamente specializzato, con competenze specifiche dirette a soddisfare le peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico che tutto l'apparato della giustizia quotidianamente richiede;

   nel dicembre 2017 l'allora Ministro della giustizia, Andrea Orlando, siglava con le organizzazioni sindacali un accordo per la riqualificazione economica di circa 9.000 unità di personale facenti parte del Dog;

   nel mese di gennaio 2019 il Ministro della giustizia ha siglato con le organizzazioni sindacali un nuovo accordo per riqualificare economicamente ulteriori 6.900 unita di personale del Dog;

   è necessario ricordare anche l'impegno e gli investimenti che da alcuni anni l'amministrazione sta facendo su progetti telematici in ambito civile e penale (giustizia digitale) per cui occorrono maggiori risorse economico-finanziarie dirette al potenziamento degli strumenti informatici e del relativo personale soprattutto nelle sedi giudiziarie più disagiate del territorio, che lamentano gravi carenze strutturali e di organico –:

   quali iniziative di competenza, alla luce di quanto descritto in premessa, il Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di intervenire tempestivamente per la riqualificazione del personale dipendente del dicastero – dipartimento dell'organizzazione giudiziaria – che, ad oggi, è ancora in attesa di veder riconosciute in maniera adeguata le proprie competenze e la propria professionalità e che contribuisce, nonostante le difficili condizioni della maggior parte delle sedi giudiziarie, a rendere efficiente e funzionante l'intero apparato del settore della giustizia e a rispondere così alle esigenze della collettività.
(4-03094)


   CONTE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   il Consiglio dei ministri del 21 maggio 2019 ha approvato, tra le altre cose, lo schema di disegno di legge recante Modifiche alla disciplina sulla riforma organica della magistratura onoraria;

   tale disegno di legge avrebbe dovuto recepire l'esito dei lavori del tavolo tecnico istituito con decreto del Ministro della giustizia del 21 settembre 2018;

   al tavolo tecnico è stato istituito per aprire «un confronto con soggetti politici ed istituzionali sul tema della magistratura onoraria» per la riforma della stessa;

   al tavolo tecnico hanno partecipato, tra gli altri, anche le associazioni rappresentative della magistratura onoraria, che hanno fornito motivate proposte di modifica dell'attuale disciplina;

   nel corso della riunione conclusiva del tavolo tecnico il 7 marzo 2019 è stato illustrato il contenuto di 3 slide predisposte per l'occasione al fine di costituire «le linee guida» per il superamento di alcune criticità della riforma; sulla base di questo accordo, 14 associazioni su 16 (contrari e due sigle in rappresentanza dei giudici di pace) hanno firmato il documento;

   il disegno di legge successivamente presentato lascia deluse molte delle aspettative;

   in particolare, nell'accordo si parlava di «mantenimento del sistema di pagamento a cottimo e della retribuzione ad udienza senza limite di giornate lavorative», vale a dire l'applicazione per i magistrati onorari di tribunale della disciplina del decreto legislativo n. 273 del 1989 che prevedeva un'indennità di euro 98 per le attività svolte nello stesso giorno e di una ulteriore indennità della stessa cifra ove il complessivo impegno lavorativo superasse le 5 ore; l'articolo 2 del disegno di legge invece a 8 ore tale limite, modificando chiaramente in pejus la disciplina; inoltre manca una definizione del concetto di impegno, che ben potrebbe essere mutuata da questa norma oppure da una interpretazione discrezionale del capo dell'ufficio, che potrebbe equiparare i 3 impegni a 3 udienze settimanali, realizzando un full time mascherato con violazione delle norme sul pubblico impiego e della Costituzione;

   ulteriori perplessità concernono il tema della confermabilità per quadrienni sino ai 68 anni, mentre in una delle riunioni del tavolo tecnico (27 novembre 2018) e nella riunione stessa conclusiva del 7 marzo 2019 si era chiaramente parlato dell'innalzamento dell'età pensionabile a 70 anni;

   la terza proposta contenuta negli accordi del tavolo tecnico riguarda la determinazione del Reddito prevedendo una riduzione della base imponibile del 40 per cento ai fini previdenziali, mentre all'articolo 3 del disegno di legge questa riduzione è stata portata al 20 per cento, intervenendo su un beneficio fiscale che rappresenta un complemento del compenso decisamente basso;

   sempre sul reddito, al tavolo tecnico si era deciso che l'imposizione fiscale avvenisse sul 60 per cento del percepito; nel disegno di legge non ci sarebbe traccia di tale impegno;

   altra modifica in melius promessa al tavolo tecnico era la modalità di pagamento che andava portata a mensile, mentre da trimestrale passerebbe, per quanto consta all'interrogante, solo a bimestrale;

   alcun intervento di modifica viene assicurato rispetto alla parificazione tra magistrati onorari in servizio e quelli nuovi, che vengono, ad avviso dell'interrogante, demansionati e privati di dignità attraverso l'inserimento senza possibilità di scelta nell'ufficio del processo, ambito nel quale senza dovranno ricevere direttive da parte di togati neo nominati;

   infine, con riferimento al tema della «trasferibilità a domanda e per tassative cause di tutela di beni primari» il disegno di legge interviene in senso positivo con la possibilità di un trasferimento per causa di incompatibilità sopravvenuta, ma non viene contemplato il trasferimento per la tutela di beni primari –:

   per quali ragioni gli impegni assunti al tavolo tecnico siano stati disattesi e se sia intenzione del Governo valutare modifiche al disegno di legge al fine di realizzare i miglioramenti auspicati per la categoria della magistratura onoraria.
(4-03103)


   FOTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   è dei giorni scorsi la notizia dell'effettuazione di un vero e proprio blitz nel comune di Reggio Emilia, su disposizione della locale procura della Repubblica, nell'ambito di una maxi inchiesta relativa ad appalti supposti «pilotati»;

   figurerebbero tra gli indagati, oltre a numerosi dipendenti pubblici, anche ex assessori del comune di Reggio Emilia che, proprio nei giorni scorsi, ha rinnovato i suoi organi a seguito del ballottaggio del 9 giugno 2019;

   secondo quanto pubblicato dal quotidiano on line www.reggioreport.it, nel commentare la predetta inchiesta il procuratore capo della Repubblica di Reggio Emilia avrebbe sostenuto di avere atteso la conclusione della vicenda elettorale prima di procedere al riguardo (si veda anche il titolo del Resto del Carlino, edizione Reggio Emilia, pagina 1, del 15 giugno 2019). In particolare, il procuratore avrebbe affermato: «ovviamente abbiamo riflettuto, lo penso che per alcuni aspetti la campagna elettorale ha avuto un momento in cui il silenzio assoluto e l'inesistenza di questo ufficio hanno dato un contributo all'equilibrio della competizione. Questo per me è un valore». Ed ancora: «fuori dall'esecuzione di misure assolutamente urgenti come quelle cautelari, tutto il resto deve tenere conto delle circostanze ambientali. Poi non c'è mai un momento giusto, ma anche i provvedimenti hanno un termine massimo. Abbiamo cercato di rispettare al massimo quello che stava avvenendo sia prima sia dopo le elezioni, agendo non subito ma non troppo tardi»;

   se, da un lato, l'interrogante apprezza l'esercizio della azione penale – dopo anni di astensione in quelle zone – da parte di chi ne ha il potere, dall'altro, evidenzia che nessuna norma dell'ordinamento vigente subordina l'attività della procura a un «momenti giusto» e/o a «circostanze ambientali»;

   non risulta infatti all'interrogante che operi alcuna sospensione di termini nel mentre è in corso una campagna elettorale, nè che possano qualificarsi come «turbative» le iniziative poste in essere dal giudice di merito che ha sempre il potere-dovere di agire senza indugio, lasciandosi alle spalle ogni possibile ritardo e, con esso, la responsabilità di ogni qualsiasi comportamento omissivo –:

   se il Ministro della giustizia intenda valutare se sussistano le condizioni per promuovere iniziative ispettive presso la procura di Reggio Emilia ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di competenza;

   se il Governo in ragione del preoccupante intreccio di comportamenti penalmente rilevanti che interesserebbero dipendenti ed ex amministratori del comune di Reggio Emilia intenda promuovere, per quanto di competenza, una verifica da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica in ordine alla situazione amministrativo-contabile del comune di Reggio Emilia.
(4-03110)


   PEZZOPANE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   Anna Beniamino e Silvia Ruggeri, detenute nel carcere dell'Aquila nel reparto di massima sicurezza (A2), sono dal 29 maggio 2019 in sciopero della fame;

   la loro protesta trova origine dalla condizione di totale isolamento in cui si trovano costrette e denunciano una struttura chiusa e dura;

   in una nota di Americo Di Benedetto, consigliere regionale del gruppo consiliare Legnini Presidente, si denunciano condizioni che non sono degne dei principi costituzionali che sovraintendono alla pena, e si torna a chiedere un Garante dei detenuti in Abruzzo «forse l'unica regione in Italia a non averlo»;

   l'istituto penitenziario dell'Aquila non è l'unico della regione Abruzzo a presentare problematiche e questo, ad avviso dell'interrogante, rende quanto mai evidente l'urgenza della nomina del Garante regionale dei detenuti;

   l'episodio dello sciopero della fame di queste due detenute evidenzia, inoltre, la criticità di un carcere come quello dell'Aquila, adibito ormai quasi esclusivamente a detenuti e detenute in regime di «41-bis» ed ora anche con una sezione per detenute in massima sicurezza;

   nel carcere opera personale esperto e capace, ma assolutamente insufficiente al carico di lavoro ed alla gestione di situazioni così impegnative e delicate –:

   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti e se non ritenga urgente intervenire, per quanto di competenza, per risolvere la situazione di cui in premessa, anche verificando le condizioni del carcere dell'Aquila e la loro adeguatezza rispetto ai parametri necessari per rendere la pena certa sì ma anche degna di un Paese civile come il nostro.
(4-03114)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   varie capitanerie di porto hanno emesso ordinanze riguardanti metalmeccanici subacquei (sommozzatori Ots, inshore e offshore) n. 77/1992 Ravenna; n. 32/2006 Venezia; n. 33/2007 Chioggia; n. 25/2010 Anzio; n. 10/2013 Trieste; n. 28/2013 Messina; n. 4/2017 Terrasini; sono stati così autorizzati quelli qualificati «operatore tecnico subacqueo» (Ots), ad operare fuori dalle aree portuali, senza limiti di profondità, mentre secondo i decreti ministeriali 13 gennaio 1979 e 2 febbraio 1982 l'Ots opera soltanto all'interno delle aree portuali;

   gli articoli 114 e 116, secondo comma, del codice della navigazione (regio decreto n. 327 del 1942) e gli articoli 204 e seguenti del regolamento di esecuzione (decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 1952) disciplinano i palombari e non i sommozzatori che, come categoria, si differenziano per tecnica e mezzi impiegati durante le attività. Quella dei sommozzatori, pertanto, non risulta regolamentata per qualifiche Ots;

   la legge siciliana n. 7 del 2016 «Disciplina dei contenuti formativi per l'esercizio delle attività della subacquea industriale», definisce, all'articolo 1, comma 2, «Sommozzatori e lavoratori subacquei» (classificazione Istat 62160) coloro che eseguono, in immersione, attività lavorative subacquee, operando in acque marittime inshore ed offshore o interne, fuori dall'ambito portuale;

   all'articolo 3, comma 5, specifica che i titoli rilasciati al termine dei percorsi formativi sono soggetti alle procedure e modalità di registrazione e vidimazione previste a livello generale per le attività di formazione professionale. Tali titoli sono riconoscibili ai sensi della direttiva 2005/36 del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005. Con l'emanazione del regolamento previsto dalla legge regionale siciliana (decreto del presidente della regione siciliana n. 31 del 2018) si stanno avendo le iscrizioni degli aventi diritto sul sito istituzionale presso l'assessorato al lavoro della regione, mentre l'assessorato alla formazione sta definendo la formazione normata ai sensi di legge;

   l'articolo 2, comma 1, stabilisce percorsi formativi «in tre livelli di qualificazione»: I livello (inshore diver) o «sommozzatore», II livello (offshore air diver) cosiddetto «Top Up» e III livello (offshore sat diver), cosiddetto «altofondalista» (saturazione);

   all'articolo 4, comma 4, prevede l'iscrizione al repertorio telematico secondo numerazione progressiva individuale e il rilascio all'iscritto della card nominativa corredata dei dati integrali di iscrizione, valida per le attività svolte in ambito inshore, offshore o nelle acquee interne;

   all'articolo 3, comma 2, indica i livelli di addestramento per attività extraportuale (superiori a quelli previsti per gli iscritti al registro sommozzatori come Ots) con profondità fino a 30 metri, da 30 a 50 e oltre i 50 secondo il livello di addestramento conseguito;

   il predetto decreto ministeriale del 1979, invece, sancisce l'iscrizione al registro sommozzatori in servizio locale solo agli operatori che prestano servizio nei porti, senza precisi limiti di profondità, essendo quest'ultima circoscritta a pochi metri: appare inadeguato a definire competenze e sicurezza dei lavoratori stessi, se devono svolgere mansioni di carattere superiore, cioè attività fuori dall'ambito portuale;

   l'iscrizione al repertorio della Sicilia rappresenta il requisito minimo per la applicazione del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro (decreto legislativo n. 81 del 2008), garantendo ai lavoratori un idoneo livello di esperienza volto alla tutela sia del datore di lavoro, in quanto definisce livelli di competenza per operare in sicurezza, sia del lavoratore e delle istituzioni che attualmente espongono i lavoratori del settore a gravi rischi;

   nel rispetto del Testo unico l'iscrizione è considerabile obbligatoria per gli operatori delle aziende che operano fuori dai porti, come per esempio aziende iscritte nella categoria merceologica «acquacoltura» in acqua di mare, salmastra o lagunare, piccole o grandi imprese di lavori subacquei, ma anche gli impianti offshore, operanti fuori dall'area portuale;

   nonostante la formazione del lavoratore sia oggetto dell'accordo Stato-regioni n. 221 del 2011, lo stesso non la disciplina con riguardo al titolo I del decreto legislativo n. 81 del 2008 e altre norme, relativamente a mansioni o attrezzature particolari, con riguardo alle caratteristiche dei corsi (durata, contenuti), motivo per cui la legge regionale riconduce automaticamente al decreto legislativo: «Qualora il lavoratore svolga operazioni e utilizzi attrezzature per cui il decreto legislativo n. 81 del 2008 preveda percorsi formativi ulteriori, specifici e mirati, questi andranno ad integrare la formazione oggetto del presente accordo, così come l'addestramento di cui al comma 5 dell'articolo n. 37 del decreto legislativo n. 81 del 2008»;

   le ordinanze delle capitanerie di porto permettendo agli Ots di immergersi fuori dall'ambito portuale come lavoratori iscritti al registro sommozzatori e non al richiamato repertorio telematico, ad avviso dell'interpellante, rendono le capitanerie insieme alle aziende appaltatrici corresponsabili della disapplicazione del predetto decreto legislativo;

   risultano inidonee anche le ordinanze 116/2019 direzione marittima di Palermo e 1/2019 ufficio circondariale marittimo di Termini Imerese, che espongono i lavoratori a rischio elevato attribuendo le medesime caratteristiche sia agli Ots sia agli operatori iscritti nel repertorio previsto dalla legge siciliana, visto che la formazione che deve ricevere un lavoratore che effettua un'attività subacquea fuori dall'ambito portuale, affinché si ottemperi ai requisiti previsti dal Testo unico, non può fare riferimento al citato decreto ministeriale, che, all'articolo 2, specifica «I sommozzatori in servizio locale esercitano la loro attività entro l'ambito del porto», ma alla legge regionale, che definisce i livelli di addestramento e qualifica, con percorsi formativi minimi, garantendo ai lavoratori idonei livelli di esperienza volti anche alla tutela del datore di lavoro e delle istituzioni che attualmente espongono i lavoratori del settore a gravi rischi, a causa delle diverse ordinanze emesse per queste attività –:

   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati al riguardo e quali iniziative intendano intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per porre rimedio all'annosa questione di cui in premessa;

   se si intenda procedere alla immediata revoca delle ordinanze che espongono i lavoratori a gravi rischi;

   se si intenda promuovere presso le capitanerie di porto il necessario adeguamento delle ordinanze in relazione alla card di commercial diver italiano, secondo i limiti di profondità previsti dalla mansione di lavoro svolta, indicati nella legge regionale e i corrispondenti profili di formazione normata validi in base alla richiamata direttiva europea.
(2-00422) «Pittalis».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PEZZOPANE e D'ALESSANDRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   a partire dal 1° luglio 2019 i pedaggi autostradali su A24 e A25 aumenteranno del 19 per cento se la società concessionaria Strada dei Parchi e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non riusciranno a trovare un'intesa sul Piano economico finanziario (Pef);

   i suddetti aumenti sono quelli che erano stati congelati i primi di gennaio di quest'anno fino al 30 giugno 2019 con un intervento diretto di Strada dei Parchi sollecitato dagli amministratori dell'Abruzzo e del Lazio che chiedevano con forza il blocco degli aumenti di pedaggio per infrastrutture come la A24 e la A25 che, a seguito degli eventi sismici, hanno necessità di interventi di messa in sicurezza urgente (Misu);

   gli interventi sono finalizzati ad evitare che, in caso di evento sismico, venga compromessa la percorribilità dell'autostrada, ritenuta per legge «strategica ai fini di protezione civile», in quanto unica via di collegamento più efficiente tra le due coste del centro Italia e quindi l'unico modo di raggiungere le aree dell'entroterra in caso di un disastroso evento naturale come peraltro avvenuto in occasione dell'evento sismico sia di L'Aquila (2009) che di Amatrice (2016);

   accanto all'incremento delle tariffe dei pedaggi è stato calcolato anche il costo del carburante necessario per spostarsi, soprattutto se si pensa che da mesi il prezzo del petrolio è in costante ascesa;

   sindaci, istituzioni locali e cittadini sono in mobilitazione permanente, per sollecitare il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la concessionaria a trovare un accordo che eviti o quantomeno contenga i rincari che, peraltro, coinciderebbero con il clou della stagione estiva nella quale l'autostrada A24-25 è molto trafficata con i turisti diretti nelle località di mare e montagna abruzzesi e laziali;

   l'aumento dei pedaggi è un problema, considerando il pendolarismo che si è creato con Roma negli anni proprio grazie alla presenza delle due autostrade;

   la richiesta urgente di un incontro con il Ministro interrogato, avanzata dai sottoscrittori della presente interrogazione, al fine di esaminare e verificare le condizioni per scongiurare l'aumento tariffario, al momento, e stata finora disattesa –:

   quali urgenti iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di scongiurare il rischio di un aumento delle tariffe autostradali sull'A24 e A25 e quali siano i tempi di approvazione del Piano economico finanziario di cui in premessa.
(5-02296)


   TOCCAFONDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   sono 114 le autoscuole esistenti nelle province di Firenze e Prato;

   la situazione è critica a causa della mancanza di esaminatori forniti dalla Motorizzazione civile, ente che dipende dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; ente che non fornisce un numero di esaminatori sufficiente con la conseguenza che le autoscuole non possono effettuare test pratici di guida né, pertanto, rilasciare patenti;

   tale appello proviene anche dal gruppo Unasca Cooaf, la Cooperativa delle autoscuole fiorentine che raccoglie 42 delle 90 scuole provinciali;

   dopo l'esame teorico per la patente di guida, avviene il rilascio del foglio rosa, utile all'allievo per poter guidare affiancato da un adulto e valido per sei mesi. In questo arco di tempo l'autoscuola dovrebbe, per legge, garantire all'utente la possibilità di svolgere due esami: attualmente, nella realtà toscana, si è al massimo in grado di farne sostenere appena uno solo;

   i numeri sono impietosi: nel prossimo mese di luglio 2019, tra le 114 autoscuole fiorentine e pratesi, a fronte di 7.646 fogli rosa attivi, gli esami assegnati per patenti di tipo A e B saranno 1.297. Puntando la lente di ingrandimento sulle 45 autoscuole Cooaf, il rapporto è di 3.131 fogli rosa rilasciati, 1.373 esami richiesti e 471 assegnati: il 34,3 per cento la percentuale più bassa del 2019;

   il problema risiede nella mancanza di personale interno alla Motorizzazione fiorentina: negli anni ’80 c'era un organico di oltre 115 persone abilitate ad esaminare, oggi se ne contano appena 16. Entro un anno andranno in pensione altre 4-5 persone e le neoassunzioni necessitano di formazione e dunque di tempo;

   tenendo presente che per un esame per il conseguimento della patente occorrono cinque mesi di media, la situazione è davvero critica. Il danno sociale, economico e d'immagine è incalcolabile: istruttori senza impiego, autoscuole — soprattutto le più piccole ed al confine con altre province — a rischio chiusura, fogli rosa da rinnovare ad un costo di 150 euro e nuove spese che gravano sul cliente;

   la patente insomma diventa una chimera, e i danni conseguenti a questa situazione davvero seri e non del tutto calcolabili –:

   se il Ministro interrogato sia al corrente della gravosa situazione venutasi a creare in Toscana ma anche nelle altre realtà regionali e quali iniziative intenda assumere per risolvere la situazione in tempi certi e brevi.
(5-02297)


   ANZALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   in data 13 giugno 2019 lungo la strada statale 407 Basentana, nel tratto compreso tra Grassano e Salandra, in provincia di Matera, si è verificato un grave incidente purtroppo mortale con un uomo di 72 anni che ha perso la vita;

   l'uomo avrebbe perso il controllo della sua automobile che si è scontrata con un mezzo pesante che viaggiava in direzione opposta e sul quale vi erano due persone, rimaste illese;

   ancora una volta un incidente si è verificato nel tratto dell'importante arteria sprovvisto di spartitraffico;

   da tempo viene sollecitata, anche in sede parlamentare dall'interrogante, un'adeguata accelerazione dei lavori per l'installazione dello spartitraffico centrale lungo il tratto che da Calciano arriva a Metaponto;

   oltre ai numerosi atti di sindacato ispettivo, l'interrogante aveva anche sollecitato con un ordine del giorno la nomina di un commissario straordinario proprio in ragione della necessità e urgenza del suddetto intervento di messa in sicurezza dell'arteria stradale;

   si constata l'enorme ritardo che si registra circa l'installazione della barriera spartitraffico non più accettabile;

   enti locali, istituzioni, comitati civici, associazioni chiedono con urgenza la messa in sicurezza della importantissima arteria –:

   anche in considerazione del ripetersi di incidenti, purtroppo mortali, quali iniziative intenda assumere con urgenza affinché l'Anas velocizzi gli interventi di realizzazione dello spartitraffico centrale lungo il tratto Calciano-Metaponto della strada statale 407 Basentana e se il Governo non intenda valutare l'opportunità di adottare le iniziative di competenza per prevedere una figura commissariale per accelerarne la messa in sicurezza, anche in relazione alla strategica rilevanza della infrastruttura.
(5-02304)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NOBILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   la realizzazione del Corridoio tirrenico e la messa in sicurezza dell'Aurelia a quattro corsie sono necessità non più procrastinabili per la regione Toscana e per l'Italia intera;

   l'interesse è prima di tutto nazionale, in quanto l'infrastruttura completa il tratto da Reggio Calabria a Parigi e da lì alla Scozia, mentre attualmente questo risulta essere l'unico tratto mancante;

   difatti, la Maremma con Grosseto, come la zona di Livorno, necessitano di un'arteria di grande comunicazione sicura per gli utenti e in grado di rispondere alle necessità della Toscana costiera;

   ad oggi l'unico tratto percorribile risulta essere la vecchia strada statale Aurelia che è al momento l'infrastruttura italiana che – in rapporto al traffico – presenta il maggior di rischio di mortalità;

   nell'anno 2017 i provvedimenti del Ministro pro tempore Graziano Delrio avevano permesso al Cipe di provvedere alla messa in sicurezza utilizzando la variante Aurelia;

   a conferma di ciò, era già stato deciso l'investimento di 800 milioni di euro da parte di Sat (Società autostrada tirrenica);

   eppure, il Ministro interrogato ha comunicato la necessità di rivedere il progetto e di prendere altro tempo, nonostante la project review risulti già conclusa;

   per decenni non v'è stata analisi sull'economia del territorio e sulla necessità di infrastrutture e segnatamente sul completamento del corridoio tirrenico;

   pertanto, il presidente della camera di commercio della Maremma e del Tirreno e portavoce di tutte le associazioni degli imprenditori della provincia di Grosseto e di tutti i sindacati, per la prima volta uniti e attivi in una mobilitazione finalizzata allo sblocco dei lavori previsti – Riccardo Breda – ha incontrato a fine maggio 2019 a Roma un gruppo di dirigenti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, affrontando l’iter di realizzazione della Darsena Europa a Livorno e il completamento del Corridoio tirrenico che riguarda tutta la provincia di Grosseto, ma coinvolge per la sua importanza l'intero territorio di competenza della camera di commercio;

   in data 20 maggio 2019 è stata approvata all'unanimità nel corso dell'assemblea dei sindaci la mozione sul Corridoio tirrenico;

   nel testo della mozione, condivisa congiuntamente da tutti (11 sindaci che rappresentano 120.710 cittadini) risulta chiara la richiesta al Governo di intervenire prontamente per la definizione degli atti per il passaggio delle competenze da Sat ad Anas, sbloccando l'utilizzo dei finanziamenti necessari per la messa in sicurezza e l'efficientamento del tratto stradale esistente dal chilometro 123,00 località La Torba al chilometro 177+300 Grosseto Sud –:

   se il Ministro interrogato intenda dare risposte e rassicurazioni immediate circa i tempi e le modalità di realizzazione del Corridoio tirrenico, a fronte della improrogabile necessità di messa in sicurezza dell'Aurelia e – in secondo luogo – a fronte dello stanziamento già avvenuto di 800 milioni di euro da parte di Sat (Società autostrada tirrenica) e Anas, oltre che dello stanziamento del Governo per ulteriori 300 milioni di euro.
(4-03092)


   LA MARCA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   dopo una prima bozza di accordo quadro risalente al 2006 e dopo un incontro, svoltosi a sei anni di distanza, tra funzionari del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e funzionari dell'ambasciata canadese in Italia, cui ha fatto seguito un lungo lavoro di messa a punto del testo, il 23 marzo del 2017 si è giunti tra le parti alla firma dell'accordo quadro Italia/Canada sul reciproco riconoscimento delle patenti di guida;

   poiché nel sistema giuridico-istituzionale canadese la competenza sulla materia specifica appartiene alle province, all'indomani della firma dell'accordo quadro sono iniziate le trattative con il Governo del Québec per giungere alla definizione di un protocollo operativo tra le parti, capace di uniformare, per quanto possibile, le differenti regolamentazioni esistenti a riguardo;

   nel frattempo, sono diventate sempre più assidue e pressanti le sollecitazioni provenienti sia dai connazionali residenti in Canada che da diversi canadesi presenti in Italia, sollecitazioni dalla interrogante puntualmente raccolte e rappresentate agli esponenti del Governo e dell'amministrazione italiana e ad alcuni esponenti del Governo e dell'amministrazione del Québec e di altre province;

   dopo un lungo scambio di comunicazioni tra le parti, a un anno di distanza dall'avvio delle trattative con i rappresentanti del Québec, si sarebbe arrivati alla situazione di un'ulteriore messa a punto di aspetti tecnici, pur affrontati in precedenza, con la prospettiva di ulteriori e defatiganti contatti, che comporterebbero uno slittamento dei tempi di definizione del protocollo operativo;

   il ritardo non sarebbe limitato all'accordo dell'Italia con il Québec, ma, avendo assegnato a tale intesa una funzione trainante rispetto agli altri, necessari accordi con le restanti province canadesi, si proietterebbe anche all'estensione degli impegni previsti nell'accordo quadro alle altre realtà territoriali e istituzionali del Paese nordamericano –:

   se non ritengano, per quanto di competenza, di dare un impulso risolutivo alla definizione del protocollo di accordo sulle patenti di guida con il Québec, rispondendo finalmente alle attese delle molte persone interessate e spianando la strada a successivi accordi con altre province;

   entro quali tempi si ritenga prevedibilmente di arrivare all'auspicata conclusione della trattativa e quali tempi ulteriori comporterà l'applicazione operativa del protocollo.
(4-03095)


   RIZZO e CANCELLERI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   con delibera n. 108 del 1° dicembre 2018 il consiglio comunale di Caltagirone ha approvato lo schema di convenzione per la realizzazione di un «Programma Integrato per il recupero e la riqualificazione della città» nel comune di Caltagirone da realizzarsi attraverso un progetto di partenariato tra pubblico e privato e che gode di contributi pubblici;

   detta delibera prevede, nel programma di riqualificazione della città di Caltagirone, il recupero degli immobili pubblici e privati localizzati nel centro storico della città, con evidente finalità di valorizzare e rendere fruibile il patrimonio immobiliare, con particolare valenza architettonica, nonché la realizzazione della nuova caserma dei carabinieri che ospita il comando di compagnia e di stazione e che, da molto tempo, risulta sita presso un immobile in locazione da privati con forti limitazione logistiche e operative;

   il progetto, nella sua formulazione originaria (si veda la delibera del consiglio comune di Caltagirone n. 8 dell'8 aprile 2013) prevedeva la realizzazione di un nuovo commissariato di PS da realizzarsi ex novo su area di proprietà comunale, come opera di urbanizzazione secondaria e che, a seguito della nuova formulazione del piano approvato il 1° dicembre 2018 (anche in ragione dell'avvenuta sistemazione medio tempore del nuovo commissariato di PS) doveva essere destinata, invece, alla realizzazione della nuova caserma dei carabinieri;

   a seguito di una conferenza di servizio del 24 maggio 2018 n. 27824, il comune di Caltagirone ha provveduto a prendere atto della volontà di cessione di ramo aziendale dalla «Sicilia Social Housing Srl Unipersonale»; già Appaltitalia Srl, alla società denominata «Caltagirone social housing Srls» come da preliminare di contratto di cessione sottoscritto tra le parti in data 5 marzo 2018, nonché a prendere atto della proposta di rimodulazione del programma integrato presentata dal partner privato che, di fatto, stravolge il piano originariamente inviato alla regione siciliana e su cui è stato erogato contributo pubblico a valere sui fondi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e della regione siciliana per 5.909.452,12 euro;

   in particolare, dagli stessi documenti emerge che gli interventi previsti all'edificio di via Luigi Sturzo (Palazzo Spadaro), in centro storico, e in via Agesilao Greco, di proprietà comunale, verrebbero sostituiti da altri in via Madonna della Via-Croce del Vicario (nuove costruzioni private in via di completamento in area di espansione nuova della città) con la realizzazione, previo esproprio da parte dell'amministrazione comunale, di 14 alloggi da affittare a canone agevolato oltre ad altri due locali commerciali, mentre un ulteriore lotto, sempre ubicato nella stessa area sarà destinato ad ospitare la caserma dei carabinieri (compagnia e stazione) e relativi alloggi (sei) di servizio per il personale;

   con delibera n. 108 del 1° dicembre 2018 il consiglio comunale di Caltagirone dunque ha approvato la proposta di rimodulazione basandosi sul parere tecnico degli uffici, senza che la giunta comunale esprimesse un parere e con i voti favorevoli di otto consiglieri comunali su ventiquattro;

   a quanto consta all'interrogante la procedura di esproprio avviata dal comune di Caltagirone nei confronti dei proprietari di Palazzo Spadaro risulterebbe ancora in corso –:

   se non si ritenga di verificare l'aderenza alle finalità per le quali è stato previsto il contributo statale per la realizzazione del progetto di social-housing alla luce delle criticità sopra esposte;

   quali iniziative si intendano porre in atto per garantire il rispetto delle finalità del bando connesse a interventi di riqualificazione e conservativi del patrimonio edilizio e di pregio architettonico.
(4-03113)

INTERNO

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, per sapere – premesso che:

   con la legge di bilancio per il 2019, il Parlamento ha stabilito una proroga dei termini per l'adeguamento alla normativa antincendio, per le strutture alberghiere con più di 25 posti letto situate nei territori colpiti da eventi eccezionali, dal 30 giugno 2019 al 31 dicembre 2019;

   la proroga riguarda solo le strutture localizzate nei territori colpiti dagli eccezionali eventi meteorologici verificatisi a partire dal 2 ottobre 2018, individuati con delibera del Consiglio dei ministri dell'8 novembre 2018. Nella fattispecie, sono interessate dalla proroga le strutture ricadenti nelle regioni Calabria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Toscana, Sardegna, Sicilia, Veneto e delle Province autonome di Trento e Bolzano;

   per poter beneficiare della proroga, le strutture dovranno presentare entro il 30 giugno 2019 la Scia parziale al comando provinciale dei vigili del fuoco;

   per le altre strutture alberghiere, ossia quelle situate nelle regioni non indicate dalla delibera, restano valide le previsioni della legge di bilancio 2018. Queste strutture devono avere oltre 25 posti letto, devono essere esistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'interno 9 aprile 1994 ed essere in possesso dei requisiti per l'ammissione al piano straordinario di adeguamento antincendio approvato con decreto del Ministro dell'interno 16 marzo 2012;

   il termine per l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi per queste strutture è fissato entro il 30 giugno 2019;

   le strutture non interessate dalla proroga avevano l'obbligo di presentare al Comando provinciale dei vigili del fuoco, entro il 1° dicembre 2018, la Scia parziale in cui si attesta il rispetto di almeno quattro delle seguenti prescrizioni: resistenza al fuoco delle strutture; reazione al fuoco dei materiali; compartimentazioni; corridoi; scale; ascensori e montacarichi; impianti idrici antincendio; vie d'uscita ad uso esclusivo, con esclusione dei punti ove è prevista la reazione al fuoco dei materiali; vie d'uscita ad uso promiscuo, con esclusione dei punti ove è prevista la reazione al fuoco dei materiali; locali adibiti a deposito;

   appare evidente come la normativa richiamata crei una disparità, in ottica solidaristica, tra operatori turistici delle regioni beneficiarie della proroga e quelli delle regioni escluse. Tale disparità, però, rischia di generare un effetto indesiderato e dannoso per l'intero comparto turistico italiano ossia la chiusura, nel bel mezzo della stagione estiva, di numerose strutture ricettive parzialmente adempienti per non conformità con le disposizioni antincendio;

   appare evidente e manifesta la volontà, da parte degli operatori delle regioni non beneficiarie della proroga, di rispettare la normativa richiamata poiché almeno la metà degli adempimenti previsti sono già stati realizzati;

   occorre considerare che, molto spesso, le strutture alberghiere sono situate in centri urbani o in zone sottoposte a vincolo paesaggistico, il che non facilita il celere adempimento di tutte le prescrizioni contenute nella normativa, specialmente quelle più invasive;

   la chiusura delle strutture alberghiere comporterebbe, senza dubbio, un danno economico abnorme per l'intera nazione, minandone la vocazione turistica –:

   se il Governo intenda assumere iniziative per disporre una proroga dei termini per l'adeguamento alla normativa antincendio al 31 dicembre 2019 anche per le strutture alberghiere con più di 25 posti letto non situate nei territori colpiti da eventi eccezionali
(2-00423) «Delmastro Delle Vedove».

Interrogazioni a risposta orale:


   ZOFFILI e DE MARTINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   anche quest'anno sono state promosse importanti iniziative per contrastare i fenomeni dell'abusivismo sulle spiagge soprattutto attraverso l'iniziativa «spiagge sicure» del Ministero dell'interno; ancora non è debellato il fenomeno dei massaggiatori abusivi – generalmente extracomunitari – che, improvvisando prestazioni olistiche sulle spiagge italiane, mettono a rischio la salute dei bagnanti e provocano in molti casi infezioni dermatologiche e problemi articolari, muscolari o neurologici. Si tratta di attività svolte nella totale illegalità, in quanto i «terapisti dei litorali» esercitano tali arti e professioni sanitarie senza il prescritto titolo abilitativo, incuranti anche delle più basilari norme igienico-sanitarie e senza rilasciare apposita fattura;

   con l'inizio della stagione estiva le spiagge sono state invase anche dai commercianti abusivi che vendono prodotti contraffatti di ogni marca e modello: tale attività illecita – oltre a provocare ingenti danni al sistema economico e fiscale, frequenti turbative dell'ordine pubblico e talvolta reali rischi per la salute dei bagnati a causa del materiale scadente utilizzato per la realizzazione di tale merce – favorisce il riciclaggio di denaro e lo sfruttamento della manodopera soprattutto straniera, il traffico di esseri umani e l'immigrazione clandestina e si salda con altre fattispecie criminose, diffuse nei centri balneari più grandi o caratterizzati da un grande afflusso di turisti, incidendo negativamente sulla vivibilità delle città e alimentando il senso di insicurezza dei cittadini;

   nell'ultimo mese in Sardegna (presso la spiaggia del Poetto a Cagliari, la spiaggia di Chia a Domus de Maria, la spiaggia di Santa Margherita a Pula, la spiaggia Tuerredda a Teulada, le spiagge Pistis e Torre dei Corsari ad Arbus, Torre Grande a Oristano, le spiagge Stella Marina e Capannizza a Budoni, la spiaggia delle Celestine a Castelsardo, la spiaggia di Porto Pozzo a Santa Teresa, la spiaggia La Pelosa a Stintino, la spiaggia Rena bianca a Santa Teresa, le spiagge le Bombarde, Lazzareto, Lido Maria Pia e Mugoni ad Alghero la spiaggia Platamona a Sorso, la spiaggia La Cinta a San Teodoro) sono state fatte numerosissime segnalazioni da parte di cittadini, operatori balneari e del settore turistico, amministratori e rappresentanti delle istituzioni locali per denunciare la criticità della situazione e chiedere un intervento delle forze dell'ordine contro il diffondersi di queste attività illegali lungo i litorali –:

   quali iniziative intendano adottare per contrastare e prevenire il commercio abusivo e l'offerta di prestazioni olistiche pericolose per la salute e l'incolumità dei bagnanti, fenomeni questi purtroppo diffusi in tutte le spiagge italiane e soprattutto in quelle del litorale sardo, dove le comunità locali hanno manifestato profondo disagio e preoccupazione.
(3-00797)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da tre giorni la nave Sea Watch ciondola al largo delle acque territoriali con 53 migranti a bordo;

   il capitano della predetta imbarcazione, dopo aver ottenuto dalle autorità competenti a sua stessa richiesta, di poter approdare sulle coste libiche, ha inopinatamente ed unilateralmente deciso di virare verso le acque italiane, nonostante fosse a poca distanza dalla Tunisia, certamente porto sicuro;

   tale attività si pone in contrasto con la normativa italiana, oltre a pregiudicare l'incolumità dei passeggeri;

   il Viminale, ai sensi del decreto «sicurezza-bis» ha diffidato ufficialmente la predetta imbarcazione ad entrare nelle acque italiane;

   tutta l'operazione complessivamente, anche per il ritardo della comunicazione alle autorità libiche dal momento dell'avvistamento al momento del salvataggio e per il rifiuto di trasferire i migranti soccorsi a Tripoli così come indicato dalla Guardia Costiera libica, appare essere, all'interrogante strumentale e coordinata –:

   se si intendano applicare le sanzioni amministrative previste dal decreto n. 53 del 2019, cosiddetto «decreto sicurezza-bis», nel denegato caso che la Sea Watch approdasse in Italia;

   se il Ministro interrogato intenda valutare se sussistono i presupposti per segnalare all'autorità giudiziaria i fatti che vedono coinvolto il capitano della nave e altri eventuali concorrenti.
(3-00798)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FOTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   il principale riferimento normativo in merito alle possibilità di impiego delle Forze armate in compiti di ordine pubblico è attualmente rappresentato dall'articolo 89 del codice dell'ordinamento militare il quale include tra i compiti delle Forze armate, oltre alla difesa della Patria, il concorso alla «salvaguardia delle libere istituzioni»;

   il primo piano per l'impiego delle Forze armate nel controllo del territorio venne adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, il 29 luglio 2008 (operativo dal 4 agosto 2008). Il piano riguardava –inizialmente – un contingente massimo di 3.000 con una durata massima di sei mesi, rinnovabile per una sola volta. Alla città di Piacenza venne destinato ai fini del controllo del territorio l'impiego di militari appartenenti al II Reggimento Pontieri, avente sede in quella città;

   alla detta iniziativa, comunemente definita «Strade sicure», partecipano attualmente 7.050 unità di personale militare, posto a disposizione dei prefetti interessati. Giova qui ricordare che, nel corso delle operazioni, i militari delle Forze armate agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza;

   nella seduta del consiglio comunale di Piacenza del 22 gennaio 2018 veniva approvata (con 29 voti favorevoli e 1 contrario) una risoluzione urgente che impegnava il sindaco e i componenti la giunta comunale «a richiedere al Governo – segnatamente al Signore Ministro dell'Interno e alla Signora Ministro della Difesa – di volere autorizzare, limitatamente al Comune di Piacenza, l'impiego di parte del personale in servizio al II Reggimento Genio Pontieri di Piacenza nell'attività di controllo del territorio, di vigilanza a siti e obiettivi sensibili, di prevenzione dei fenomeni di micro-criminalità, in collaborazione e congiuntamente alle Forze di Polizia»;

   la richiesta formulata, in tal senso, ai Ministri del precedente Governo risulta all'interrogante essere stata ignorata;

   sussistono tuttora nella città di Piacenza le ragioni che suggeriscono l'impiego di personale delle Forze armate in compiti di ordine pubblico, con specifico riferimento alla micro-criminalità, fonte di giustificata preoccupazione in quella città e che, a giudizio dell'interrogante, affonda le proprie radici sia nella persistente crisi economica, sia nella presenza di un rilevante numero di cittadini extracomunitari. Numerosi e reiterati reati consumati in quel territorio generano, dunque, una condivisibile percezione di insicurezza, dovuta – appunto – al reiterarsi di risse, minacce e ferimenti (con ricorso all'utilizzo di armi improprie), di atti di violenza contro le persone ed il patrimonio, di furti negli appartamenti –:

   se, alla luce dei fatti su esposti, i Ministri interrogati intendano accogliere la richiesta formulata dalle istituzioni piacentine e dunque adottare iniziative per promuovere, limitatamente al comune di Piacenza, l'impiego di parte del personale in servizio al II Reggimento Genio Pontieri di Piacenza nell'attività di controllo del territorio, di vigilanza a siti e obiettivi sensibili, di prevenzione dei fenomeni di micro-criminalità, in collaborazione e congiuntamente alle forze di polizia.
(5-02299)


   FIANO, QUARTAPELLE PROCOPIO, POLLASTRINI, MAURI e MIGLIORE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che nella notte tra sabato 8 e domenica 9 giugno un gruppo di balordi ha deturpato con svastiche e scritte naziste le mura esterne del Parini, uno degli storici licei classici del centro di Milano, eccellenza e simbolo dell'istruzione italiana, sito a pochi passi dalla questura e dal comando dei carabinieri;

   uno degli aspetti più inquietanti, sui quali la Digos starebbe indagando, riguarderebbe la scritta «Arthur trema il fascio è qui per te», che sembrerebbe rivolta specificatamente a un ragazzo frequentante il liceo;

   quello riportato è solo l'ennesimo gravissimo episodio, degli innumerevoli che si sono verificati nell'ultimo anno, volto a richiamare con simboli, scritte e atti di aggressione fisica o verbale i valori del fascismo e del nazifascismo, regimi contro i quali si batterono strenuamente generazioni di italiani, e contro i cui valori è stata fondata la stessa Carta Costituzionale;

   come dichiarato dagli stessi studenti del liceo Parini, «è inammissibile che tali atti continuino a ripetersi davanti agli occhi di tutti, nell'indifferenza totale», mentre il ripetersi sistematico di atti analoghi è indice di un diffuso sentimento di impunità che sempre più sembra accompagnare gli autori di gesti analoghi, contro i quali appare ogni giorno più necessaria e urgente una risposta netta e intransigente dello Stato –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare il Governo per prevenire in futuro il ripetersi di fatti analoghi e per favorire la diffusione della memoria sui gravi atti compiuti dal regime fascista e da quello nazifascista, anche al fine di assicurare il pieno rispetto dei valori fondanti della Carta costituzionale su tutto il territorio nazionale e, in particolare, in tutte le scuole di ogni ordine e grado.
(5-02300)


   MIGLIORE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che il 15 giugno 2019, dopo aver assistito alla proiezione di un film in piazza San Cosimato, nel cuore di Trastevere, 4 ragazzi, che indossavano la tradizionale maglietta bordeaux del Piccolo America, sono stati aggrediti e picchiati, in virtù della sola maglietta indossata, atta a configurarli, secondo quanto dichiarato dagli aggressori, come «anti-fascisti»;

   successivamente all'aggressione, i ragazzi sarebbero stati medicati al pronto soccorso, mentre uno di loro sarebbe ancora in attesa di essere operato a causa della frattura del setto nasale;

   i fatti riportati appaiono di una gravità inaudita, non solo perché a essere aggrediti nel cuore di Roma sono stati 4 giovani ragazzi, ma anche perché la futilità e l'assurdità delle ragioni addotte dagli aggressori denotano un clima preoccupante di dilagante intolleranza persino a stimoli culturali, volti a sollecitare l'inclusione, la tolleranza e la partecipazione delle persone;

   il cinema America costituisce, infatti, una vivace realtà culturale del panorama romano, auto-gestita dai ragazzi con l'obiettivo di portare il cinema in piazza quale luogo di incontro e confronto durante le calde estati romane;

   quello riportato è solo l'ennesimo gravissimo episodio, degli innumerevoli che si sono verificati nell'ultimo anno, nel quale vi è stata una vera e propria escalation degli atti di aggressione fisica o verbale i cui autori si richiamano al fascismo o al nazifascismo, regimi contro i quali si batterono strenuamente generazioni di italiani e contro i cui valori è stata definita la stessa Carta Costituzionale;

   appare dunque sempre più necessaria e urgente una risposta netta e intransigente dello Stato, atta a contrastare con decisione quel diffuso sentimento di impunità che sempre più sembra accompagnare gli autori di gesti analoghi –:

   quali iniziative urgenti intenda adottare, per quanto di competenza, per facilitare l'individuazione degli autori dei gravi fatti riportati in premessa e per prevenire in futuro il ripetersi di fatti analoghi, nonché per favorire la diffusione della memoria sui gravi atti compiuti dal regime fascista e da quello nazifascista, anche al fine di assicurare il pieno rispetto dei valori fondanti della Carta costituzionale su tutto il territorio nazionale.
(5-02305)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOVECCHIO, BERARDINI, TROIANO, BUOMPANE e FARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   il «Piano dei potenziamenti» relativi all'anno 2019/2020 afferente alla mobilità del personale del ruolo assistenti e agenti, che interessa tutti i settori della polizia di Stato è stato illustrato il 30 maggio 2019 dalla direzione centrale per le risorse umane del dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno;

   la predisposizione del suddetto piano, elaborato in continuità con quello degli anni precedenti, ha tenuto conto della forza effettiva dei ruoli sovrintendenti, assistenti e agenti, delle cessazioni del servizio per il 2018 e presuntive per il 2019 e degli esiti aggiornati del gruppo di lavoro per la rideterminazione degli organici dei presidi della polizia di Stato;

   dalla tabella «anzianità di sede richiesta per il ruolo assistenti ed agenti per essere trasferiti nelle singole province (ufficio di riferimento questura), aggiornata agli ultimi movimenti di febbraio 2019» emerge che per molte province di diverse regioni del Paese l'ottenimento del trasferimento dipenda da un'anzianità di servizio di molti anni che possono arrivare addirittura fino a 23 come richiesto ad esempio per il presidio di Lecce o i 20 anni di servizio necessari per Bari;

   secondo quanto stabilito dal nuovo piano dei potenziamenti, in molte delle questure dove non è possibile ormai da anni ottenere il trasferimento, verranno assegnati gli allievi che a breve termineranno la scuola di agenti di polizia. Il piano, predisposto per 2.988 unità prevede infatti che il 30 per cento dei potenziamenti è destinato agli uffici e ai reparti dove si registra un'età media anagrafica superiore alla media destinando così, 250 neo agenti alle questure;

   conseguentemente, tale scelta comporterà una diminuzione dei posti a disposizione per il trasferimento anche in tutte quelle regioni dove da anni non si poteva richiedere a causa degli elevati anni di anzianità necessari;

   è indispensabile infatti sottolineare che il piano dei potenziamenti così elaborato potrebbe causare una gravissima ingiustizia per tutti coloro che, per anni, sono stati lontano da casa e che si vedrebbero negati ulteriormente i loro diritti, in quanto in questo modo, risulterebbe inficiato il requisito essenziale della permanenza in una determinata sede – principio che concorre alla formazione della graduatoria per la mobilità. Inoltre, potrebbe risultare violato anche l'articolo 97 della Costituzione secondo cui «i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione» –:

   se sia a conoscenza dei fatti sovraesposti e quali iniziative, con carattere di urgenza, intenda assumere affinché siano tutelati i diritti di coloro che da anni sono in attesa di trasferimento e che ad oggi, vedono completamente ignorate le loro richieste spesso dovute anche ad esigenze personali e familiari di rilevante importanza.
(4-03089)


   SPERANZA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   il 16 giugno 2019, il quotidiano La Repubblica, in un articolo a firma Tonia Mastrobuoni, ha riportato diverse testimonianze di migranti in Germania che hanno raccontato di essere stati portati dalle autorità tedesche, anche a forza, sugli aerei e riportati in Italia, Paese dal quale erano entrati nell'Unione europea;

   nelle diverse testimonianze raccolte dalla giornalista, i migranti hanno riferito di essere stati trattati in modo molto pesante dalla polizia tedesca e, secondo alcuni racconti, sarebbero anche stati sedati in vista del viaggio in Italia;

   le regole attualmente in vigore nell'Unione, quelle del Trattato di Dublino, prevedono che la domanda di asilo di un profugo venga esaminata nel Paese di primo approdo e, se identificati in uno Stato diverso, devono essere rimandati indietro nel Paese di prima entrata nell'Unione;

   la Germania è una meta che molti profughi cercano di raggiungere e negli ultimi anni il numero di espulsi da quel Paese, verso gli Stati attraverso i quali sono entrati nell'Unione, è in continuo aumento; in particolare, nel 2018 la quota dei migranti espulsi è salita al 24,5 per cento dal 15,1 per cento dell'anno precedente;

   nel 2018, secondo i dati riferiti del Governo tedesco, la Germania ha trasferito, in base al «regolamento di Dublino», un totale di 2.848 persone in Italia e il trend continua anche nel 2019 –:

   se il Governo, per quanto di competenza, sia a conoscenza della situazione e quali iniziative intenda adottare, anche nei confronti di quello della Repubblica federale tedesca, per una gestione della situazione che, nel rispetto delle regole esistenti, garantisca i diritti umani e la dignità delle persone;

   se il Governo non ritenga di chiedere in tutte le sedi deputate una modifica del «regolamento di Dublino» che consenta di distribuire fra tutti i Paesi dell'Unione l'onere della gestione dei flussi di profughi che attualmente ricade in gran parte nei Paesi di primo approdo, come l'Italia.
(4-03090)


   DELMASTRO DELLE VEDOVE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   la gravissima crisi istituzionale, politica, sociale e, in ultima istanza, umanitaria che sta attraversando il Venezuela di Maduro ha condotto all'esodo di circa tre milioni di venezuelani preoccupati per la loro incolumità;

   molti venezuelani, espatriati con valido titolo, hanno trovato rifugio, in virtù degli storici rapporti esistenti, in Italia;

   in particolare, molti venezuelani sono in Italia con regolare passaporto e stanno chiedendo, a vario titolo, la proroga del titolo di soggiorno sul territorio nazionale;

   precondizione perché le domande vengano ritenuti ammissibili è la titolarità di passaporto valido;

   l'Assemblea nazionale venezuelana, comprendendo i motivi umanitari sottostanti e apprezzata la tragedia umanitaria che sta investendo la Nazione, ha prorogato la validità dei passaporti per altri cinque anni, oltre la loro scadenza;

   gli Stati Uniti hanno immediatamente precisato di riconoscere l'estensione della validità dei passaporti per l'emissione dei visti e per altri scopi consolari;

   appare evidente che quanto sopra comporterà che gli esuli venezuelani, se in possesso degli altri requisiti, potranno ottenere visti e soggiornare regolarmente negli Stati Uniti;

   il riconoscimento di tale estensione della validità dei passaporti da parte del Governo italiano garantirebbe ai tanti venezuelani in Italia di poter richiedere i visti e di poter soggiornare legalmente nel territorio dello Stato italiano –:

   se il Governo intenda adottare iniziative per riconoscere l'estensione della validità del passaporto venezuelano per i cinque anni successivi alla scadenza naturale decretato dalla Assemblea nazionale venezuelana.
(4-03096)


   BIGNAMI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nel corso della Conferenza Stato, città ed autonomie locali del 6 giugno 2019 è emerso il problema degli incentivi insufficienti per le fusioni. In particolare, la Conferenza era chiamata a esprimere parere sullo schema di decreto del Ministro dell'interno relativo alla ripartizione dei contributi per le fusioni per il 2019;

   da normativa, a partire dal 2018, ai comuni nati da fusione spetta un contributo pari al 60 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti nel 2010, per un periodo di 10 anni e nel limite massimo di due milioni per ciascuna fusione;

   attualmente la legge in materia prevede un fondo di 30 milioni di euro aumentato di 10 milioni l'anno dalla legge di bilancio per il 2018. Con il decreto del 27 aprile 2018 il Ministero dell'interno aveva stabilito che, nel caso le richieste risultassero superiori al fondo stanziato, si sarebbe attribuito un coefficiente di maggioranza del 4 per cento per le fusioni o incorporazioni con maggiore anzianità, incrementato del 4 per cento per ogni anno di anzianità;

   secondo l'Anci, dalle proiezioni fornite dal Ministero i contributi per il 2019 sarebbero insufficienti (come riportato da Il Sole 24ore, quotidiano enti locali dell'11 giugno 2019) e, per poter garantire la totale copertura e dunque l'assegnazione dell'incentivo pieno a tutti, occorrerebbe una integrazione del fondo «attingendo a risorse comunque esterne al fondo di solidarietà comunale». Così come affermato da Anci, il Governo si sarebbe dichiarato impossibilitato a reperire risorse per consentire ai comuni di soddisfare il fabbisogno del 60 per cento dei contributi promessi per la fusione;

   tale situazione, a parere dell'interrogante, getta un'ombra di grande incertezza sui contributi per le fusioni. Va ricordato che, spesso, e soprattutto nella regione Emilia-Romagna, dove si è scatenata negli ultimi anni una sorta di «corsa alle fusioni», i contributi statali e regionali vengono presentati come il vantaggio più grande derivante dalla fusione, nel corso delle campagne referendarie;

   sarebbe opportuno, pertanto, a parere dell'interrogante, aprire una riflessione normativa sull'incentivo alle unioni in luogo delle fusioni, anche in considerazione della evidente carenza di fondi e soprattutto del fatto che gli incentivi per le unioni vengono motivati con l'efficienza raggiunta dalla «macchina» amministrativa, parametro che invece non si prende in considerazione per le fusioni –:

   quali iniziative di carattere normativo si intendano adottare per incentivare maggiormente le unioni comunali in luogo delle fusioni, mantenendo come parametro quello dell'efficienza raggiunta;

   in relazione alle risorse disponibili per le fusioni, se si intendano assumere iniziative per garantire la certezza del contributo del 60 per cento o se si intenda valutare una riduzione del contributo per le fusioni.
(4-03097)


   MINARDO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:

   sarebbe opportuno esentare dal pagamento del ticket sanitario il personale delle forze dell'ordine e i vigili del fuoco per gli infortuni subiti in servizio, ovvero chi quotidianamente è esposto a seri rischi. L'esenzione dovrebbe valere per le prime cure ricevute in ospedale ma anche per gli eventuali esami diagnostici correlati al medesimo infortunio;

   molte regioni hanno già deliberato in materia, stabilendo che le prestazioni di pronto soccorso, erogate a seguito di infortunio sul lavoro subìto da soggetti appartenenti alle forze dell'ordine ad ordinamento civile e militare, all'Arma dei carabinieri, alle forze armate e ai vigili del fuoco, che non godono di copertura assicurativa (Inail), non siano assoggettate al pagamento della quota del ticket;

   i soggetti appartenenti alle categorie escluse, a causa della mancata copertura assicurativa Inail, si trovano nella situazione di non essere esentati dalle spese sanitarie conseguenti a un infortunio sul lavoro, contrariamente a quanto avviene nei confronti degli altri lavoratori;

   la suddetta differenza di trattamento non risulta ragionevole, in quanto gli stessi soggetti si trovano a rischiare la vita e l'incolumità propria al fine di garantire la pubblica sicurezza –:

   se il Governo intenda adottare iniziative normative per prevedere il non assoggettamento del pagamento della quota di accesso e della compartecipazione alla spesa sanitaria in favore dei soggetti appartenenti alle forze dell'ordine ad ordinamento civile e militare, all'Arma dei carabinieri, alle Forze armate e ai vigili del fuoco, che non godono di copertura assicurativa Inail.
(4-03101)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   nei giorni scorsi, sulla pagina Facebook denominata «Uniti a Salvini», uno dei 13.595 iscritti al gruppo ha postato un articolo che sintetizzava l'intervento che la scrittrice Michela Murgia ha tenuto a Bologna in piazza Maggiore durante la manifestazione culturale «la Repubblica delle idee»;

   tale articolo è stato commentato dagli iscritti alla pagina «Uniti a Salvini» con frasi volgari, minacce, intimidazioni e insulti;

   alla scrittrice è stata augurata la morte e lo stupro senza che, per giorni, alcun moderatore intervenisse per rimuovere o censurare tali comportamenti violenti;

   a parere dell'interrogante, tali minacce di violenza e insulti sono indecenti, insopportabili e da condannare senza esitazione e in alcuni casi rischiano di essere anche penalmente rilevanti;

   la stessa Michela Murgia ha definito tale comportamento squadrismo ed espressione pratica della violenza come metodo politico;

   nessuna pagina «social» di sostegno al Governo o a suoi singoli esponenti o a formazioni politiche in generale dovrebbe consentire l'utilizzo di tale linguaggio che, oltre ad offendere la vittima di turno, rischia di produrre un effetto intimidatorio nei confronti di tutti coloro che hanno opinioni diverse e intendono esprimerle apertamente;

   purtroppo, occorre constatare come sempre più spesso chi esprime dissenso viene indicato pubblicamente come un bersaglio sul quale riversare odio;

   troppe volte si è assistito a valanghe di insulti sul web e a post di sberleffo che espongono giornalisti, scrittori, esponenti politici ad ogni sorta di insulto e a commenti più o meno esplicitamente violenti e minacciosi –:

   quali siano gli orientamenti del Governo rispetto a quanto esposto in premessa;

   se la polizia postale abbia messo in atto tutte le iniziative di competenza in relazione a quei commenti all'articolo pubblicato sulla pagina Facebook «Uniti a Salvini» che appaiono, a giudizio dell'interrogante, tali da dover essere segnalati all'autorità giudiziaria e da determinare un effetto intimidatorio;

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di monitorare e stroncare queste campagne denigratorie e di odio sul web, visto anche l'utilizzo che viene fatto, come nel caso esposto in premessa, del cognome del Ministro interrogato per nominare pagine «social» destinate a diventare il luogo dove migliaia di utenti riversano odio e violenza verbale senza alcun moderatore.
(4-03111)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   a Soresina, in provincia di Cremona, all'esterno di un magazzino della Finiper, catena di ipermercati con numerosi punti vendita nel Nord Italia, la protesta di un gruppo di lavoratori addetti alla logistica che temevano di perdere il posto di lavoro si è conclusa con alcune cariche della polizia, al termine delle quali tre manifestanti sono stati portati in ospedale, di cui a uno è stata diagnosticata la frattura di una gamba;

   al centro della questione vi era il destino di circa 170 addetti a operazioni di facchinaggio, tutti stranieri e tutti formalmente dipendenti di una cooperativa di servizi;

   Finiper aveva annunciato lo spostamento dell'attività in una nuova sede a circa 40 chilometri di distanza da Soresina, utilizzando il trasferimento come pretesto per tentare di non confermare gli attuali livelli occupazionali;

   tale prospettiva ha fatto scattare la protesta e da circa 3 settimane il magazzino era presidiato giorno e notte dai facchini;

   i lavoratori protagonisti del sit in sono rimasti giorno e notte, sotto il sole, cercando riparo all'ombra dei camion fermi nel piazzale e alcuni di loro avevano portato con sé i figli, i quali erano presenti anche il 14 giugno 2019, assistendo così ai tafferugli;

   quel giorno, infatti, personale del reparto mobile della polizia è intervenuto in assetto antisommossa e ha disperso i manifestanti utilizzando contro di loro anche gas lacrimogeni;

   alcuni lavoratori che continuavano a presidiare i cancelli, sono poi stati allontanati con la forza: in un video girato dai sindacalisti dell'Usb e diffuso sulla pagina Facebook dell'organizzazione sindacale si vede anche uno dei manifestanti che viene colpito con il manganello da un appartenente alle forze dell'ordine;

   a parere dell'interrogante le crisi sociali in questo Paese non possono essere affrontate come un problema esclusivamente di ordine pubblico, perché quelle famiglie e quei lavoratori non possono essere trattati in questo modo, anche perché stavano semplicemente difendendo la dignità del proprio lavoro, sempre più sfruttato da gente senza scrupoli, e per dare un futuro alle loro famiglie;

   le immagini degli scontri a Soresina, che hanno fatto il giro del web, fanno male perché, ad avviso dell'interrogante, dicono di quanto in questo Paese le grandi aziende siano padrone di tutto e di come le istituzioni spesso appaiano schierate dalla parte dei più forti;

   l'Iper quest'anno ha fatturato circa 2 miliardi di euro, ma sembra all'interrogante voler risparmiare sulla pelle dei lavoratori –:

   se non intenda urgentemente assumere tutte le iniziative di competenza per accertare se la gestione dell'ordine pubblico, in occasione del presidio tenutosi all'esterno di un magazzino della Finiper a Soresina, in provincia di Cremona il 14 giugno 2019, sia stata rispettosa del diritto delle persone di manifestare liberamente e in modo pacifico e se davvero vi fossero i presupposti per intervenire con le citate modalità che appaiono all'interrogante sproporzionate, così come si è purtroppo verificato, e, nel caso, acquisire elementi su chi ha deciso di intervenire con la forza, nei confronti dei manifestanti, e sulle relative motivazioni.
(4-03112)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   LATTANZIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:

   all'inizio del mese di giugno 2019 è stato pubblicato da Med, l'Associazione italiana per l'educazione ai media e alla comunicazione, la nuova edizione del premio Cesare Scurati, dedicato alla promozione di buone pratiche nel campo della Media Education. Iniziative di questo genere rimarcano l'esigenza di dare maggiore visibilità e peso a un bisogno educativo che diventa sempre più essenziale: l'educazione all'uso critico e consapevole dei media. Come rimarcato anche dalla Commissione europea, si tratta di una di quelle soft skill in grado di sostenere l'esistenza di un cittadino consapevole e attivo;

   la «dieta mediatica» dei cittadini rimane varia e caratterizzata dalla compresenza di media tradizionali e digitali. È importante evidenziare che, sia che si parli della prima o della seconda categoria, oggi risulta molto semplice depotenziare o enfatizzare a piacimento molti aspetti di una notizia, condizionando così anche i messaggi finali che raggiungono gli utenti;

   quello delle fake news è un tema diventato preponderante in relazione alla qualità dell'informazione: oramai vengono diffuse in maniera estremamente semplice notizie false o comunque carenti in merito all'attendibilità. Inoltre, l'immediatezza dell'informazione e una più ampia diffusione spaziale della notizia rendono difficile arginare la propagazione di una notizia poco certa. Questo fenomeno preoccupa principalmente da un punto di vista educativo e democratico, in relazione alla decodifica dei messaggi mediatici a disposizione dei cittadini;

   proprio la maggiore diffusione di internet rende molto più semplice l'accesso ai media, siano essi digitali o digitalizzati. L'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ricorda che il mezzo di informazione più diffuso rimane la televisione, d'altronde secondo il Global Digital Report 2019 – dell'agenzia We Are Social – in Italia l'uso di internet è aumentato del 27 per cento rispetto al 2018, stimando che un totale di 54,80 milioni di persone usa la rete web; dunque più del 90 per cento degli italiani ha accesso alla rete internet, mentre oltre 35 milioni di cittadini utilizza regolarmente i social network. Tale facilità di accesso e la presenza, dunque, di una utenza sempre in crescita, determina anche una maggiore vulnerabilità;

   numeri così importanti richiamano l'attenzione sul fatto che è quanto mai essenziale che la rete internet, e i mass media in generale, vengano utilizzati da un pubblico sempre più capace nella fase di decodifica, comprensione e interpretazione critica dei messaggi e dei testi. Tale considerazione vale soprattutto per il sistema dei media tradizionali, tenendo a mente che la televisione rimane ancora il principale strumento di informazione e che i quotidiani cartacei continuano a essere considerati come una importante fonte referenziata di notizie, seppur in crisi di vendite ma non di formazione delle opinioni;

   così come evidenziato dal governatore di Banca d'Italia, Ignazio Visco, in una lezione tenuta ai ragazzi del liceo Tasso di Roma nel mese di marzo 2019, l'analfabetismo funzionale – che vede nella popolazione italiana una delle percentuali più alte in Europa – è direttamente connesso all'incapacità di decodificare i messaggi complessi a cui si è continuamente esposti e di adattarsi, conseguentemente, all'evoluzione delle società moderna;

   la scuola quindi, come l'intera comunità educante, deve dunque diventare un luogo capace di offrire in maniera sistematica e continuativa percorsi educativi basati sulla Media Education come parte integrante della formazione dei giovani, come pure percorsi di aggiornamento e di professionalizzazione degli adulti, specialmente laddove è previsto l'utilizzo di media digitali nelle proprie mansioni lavorative e soprattutto educative;

   le istituzioni devono prevedere, anche a livello normativo, un più ampio spazio educativo da destinare proprio alla Media Education –:

   quali siano le progettualità avviate dal Ministro interrogato in relazione alla Media Education e quali futuri passi il Ministro intenda compiere per la pianificazione di una strategia educativa finalizzata all'utilizzo consapevole e critico dei media.
(4-03104)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   nel 1986 nasce la Oma Sud spa sotto la proprietà della famiglia Tonti;

   le attività di produzione dell'azienda riguardavano commesse per conto terzi per la produzione di strutture aeronautiche per clienti come Leonardo (all'epoca denominata Aeritalia, poi Alenia) e Agusta, azienda leader degli elicotteri;

   nel 2004 la famiglia Tonti vende l'azienda a Valter Proietti, oggi presidente dell'Oma Sud Sky technology s.p.a.;

   subito dopo questa acquisizione, l'azienda comincia a rinunciare a tutte le attività per conto terzi, mantenendo al suo interno solo pochissime attività che ad oggi si riducono a una sola commessa per conto di Leonardo;

   a fronte di tali rinunce viene proposto di portare all'interno della Oma Sud spa un'unica lavorazione relativa alla produzione di un proprio velivolo denominato Sky Car;

   la progettazione e lo sviluppo del velivolo sono stati interamente finanziati dal Ministero dello sviluppo economico per mezzo di finanziamenti per i «Progetti di ricerca e sviluppo nel settore aerospaziale» (legge n. 808 del 1985);

   tuttavia, si assiste nel tempo al lento declino di tutte le attività produttive e industriali dell'azienda;

   di fatto, l'arrivo dei finanziamenti della legge n. 808 del 1985 trasformerà nel tempo la Oma Sud spa in un'azienda interamente finanziata da fondi pubblici;

   progetti e prototipi di aerei, con piccole modifiche tecniche, vengono riproposti, nel corso degli anni al Ministero dello sviluppo economico come evoluzioni di prototipi e progetti già approvati, al solo scopo di ottenere nuove concessioni finanziarie;

   ad oggi l'azienda versa nella sua crisi più profonda: l'organico aziendale è pari a 101 unità;

   i fondi della legge n. 808 del 1985 sono stati in gran parte utilizzati per il pagamento degli stipendi dei lavoratori;

   l'azienda ha utilizzato tutti gli strumenti di sostegno al reddito e le relative proroghe e/o deroghe e contratti di solidarietà previsti dall'ordinamento italiano;

   i dipendenti della Oma Sud spa hanno usufruito dei percorsi di formazione finanziati dallo Stato;

   da oltre un anno il Ministero dello sviluppo economico ha sospeso definitivamente i finanziamenti della legge n. 808 del 1985 alla Oma Sud spa;

   il 22 giugno 2018, presso il Ministero dei lavoro e delle politiche sociali, presente anche un rappresentante della regione Campania, è stato siglato un accordo per la concessione della proroga della cassa integrazione guadagni straordinari per crisi aziendale di cui all'articolo 22-bis del decreto legislativo n. 148 del 2015, introdotto dalla legge n. 205 del 2017;

   la direzione aziendale durante la riunione del 5 novembre 2018 ha dichiarato di essere alla ricerca di una partnership che possa essere interessata a entrare in quota di maggioranza in azienda, dando una spinta industriale all'attuale situazione aziendale, al momento stagnante;

   l'8 dicembre 2018, la direzione aziendale colloca tutti i dipendenti in ferie e permessi, inizialmente fino al 4 gennaio 2019, senza certezza sui tempi di retribuzione, giustificando tale atto come «tempo tecnico» preso nell'attesa della sentenza del tribunale di Roma relativamente al decreto ingiuntivo presentato contro il Ministero dello sviluppo economico;

   il tribunale di Roma non emette la sentenza e la Oma Sud spa prolunga le ferie comandate ai dipendenti fino al 31 gennaio 2019;

   nel mese di febbraio 2019 la società Oma sud spa è posta in stato di liquidazione volontaria;

   tutti i lavoratori della Oma Sud spa vengono collocati in ferie e, successivamente, dal 7 marzo 2019, in aspettativa retribuita;

   a seguito della consultazione di cui all'articolo 4, comma 5, della legge 23 luglio 1991, n. 223, è stata convocata per il giorno 27 maggio 2019, una riunione avente ad oggetto l'esperimento della fase amministrativa relativa alla procedura di licenziamento collettivo attivata dalla Oma Sud spa;

   la suddetta riunione del 27 maggio 2019 (dove hanno partecipato tutte le sigle sindacali interessate) ha avuto luogo a Napoli, presso il centro direzionale AJ6, negli uffici della giunta regionale della Campania – direzione generale istruzione, formazione, lavoro e politiche giovanili;

   la società ha pertanto confermato, in tale sede, la chiusura dello stabilimento di Capua (Caserta) e con esso la risoluzione di tutti i 93 rapporti di lavoro in essere, chiarendo che allo stato attuale non ha altre scelte, poiché versa in uno stato di crisi irreversibile, facendo inoltre presente dell'impossibilità di ricorrere ad ammortizzatori sociali, nonché dell'impossibilità di misure alternative non potendo sopportare ulteriori costi –:

   se alla luce dei fatti sopra descritti, il Governo stia valutando la possibilità di ricorrere a strumenti di sostegno straordinario al reddito;

   se il Governo abbia avviato una verifica al fine di chiarire l'effettivo utilizzo dei fondi della legge n. 808 del 1985 da parte della società Oma Sud.
(2-00419) «Buompane, Iorio, Lovecchio, Faro, Del Monaco, Grimaldi, Del Sesto, Trizzino».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CECCANTI, CENNI, CIAMPI e SERRACCHIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:

   IDS Ingegneria Dei Sistemi S.p.a. è una società di ingegneria che dal 1980 offre ricerca, innovazione e prodotti nei settori radar, dell'elettromagnetismo, delle comunicazioni satellitari, dell'aeronavigazione e dei sistemi a pilotaggio remoto, per applicazioni civili e militari;

   IDS impiega ad oggi 415 persone, circa 200 delle quali presso la sede centrale di Montacchiello, Pisa, e le altre nelle sedi sussidiarie dislocate in diversi siti produttivi;

   da tempo si registrano ritardi nel pagamento degli stipendi, dei contributi previdenziali e delle ritenute Irpef dei dipendenti, che da alcune settimane hanno attivato una serie di azioni per la loro tutela tramite le organizzazioni sindacali arrivando, dopo il mancato pagamento dello stipendio di aprile 2019, anche a proclamare uno sciopero ad oltranza fino al 18 giugno 2019;

   la gestione dell'azienda negli ultimi anni è stata caratterizzata da una prima fase che ha visto un'espansione in termini di fatturato e di giro d'affari, tanto da avere ampliato il mercato della società e delle sue controllate estere;

   la gestione di tale espansione avrebbe però determinato, in un secondo momento, un aumento dei costi e necessità di reperire maggiori risorse finanziarie, tanto che, nel dicembre 2013 è entrata nel capitale sociale la Simest S.p.A., controllata da Cassa depositi e prestiti, con l'obiettivo di rafforzare il capitale sociale;

   pur tuttavia, nonostante questa operazione, la situazione finanziaria sembra essere peggiorata negli anni successivi, tanto che, nel 2016, l'azienda ha ceduto le quote in aziende controllate e il ramo di azienda denominato «Georadar», che rappresentava circa il 40 per cento del fatturato totale dell'azienda (incassando 38 milioni di euro);

   secondo fonti sindacali, nelle ultime settimane, sarebbe da considerare assodata la cessione ad Enav della divisione aeronavigazione, il ramo d'azienda che si occupa di air navigation, vale a dire lo sviluppo dei software per la gestione delle informazioni aeronautiche e il traffico aereo;

   tale asset è considerato chiave da lavoratori e sindacati, trattandosi del principale ramo di azienda attualmente redditizio che rischia di determinare la perdita del 57 per cento dell'attuale fatturato complessivo, che nel 2018 si attesta a 42 milioni di euro;

   questa cessione, anche se concepita per tentare di risolvere temporaneamente la difficile situazione finanziaria, comporterà comunque un ulteriore sbilanciamento economico dato che viene prevista, infatti, una diminuzione di 24 milioni di euro di ricavi a fronte di minor costi per circa 17 milioni di euro;

   oltre all'aspetto finanziario, la cessione di un ramo privilegiato dell'azienda, in assenza di un piano industriale capace di individuare alternative in grado di rilanciare la IDS, viene vissuto dai lavoratori come l'inizio della fine per una delle aziende principali del settore della Toscana;

   la Simest, che è società controllata dalla Cassa depositi e prestiti, risulta la prima creditrice garantita dal piano di risanamento triennale di asseverazione richiesto da Enav per scongiurare un'azione revocatoria –:

   quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di fare chiarezza sulle effettive intenzioni dell'azienda e, soprattutto, porre fine allo stato di profonda incertezza nel quale si ritrovano i lavoratori per una situazione potenzialmente critica non solo per i lavoratori dell'azienda che operano nella sede centrale di Pisa, ma anche per quelli attualmente impiegati negli altri siti produttivi (Roma, Napoli, Catanzaro).
(5-02302)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   la situazione in cui si trovano diversi lavoratori liguri di centri per l'impiego (Cpi) induce a una riflessione, a livello nazionale, per quanto concerne i criteri di stabilizzazione e assunzione nella pubblica amministrazione e nello specifico l'applicazione delle disposizioni contenute nel decreto-legge 29 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, che, all'articolo 12, ha previsto un aumento dell'organico del personale assegnato ai Cpi;

   i lavoratori in questione hanno prestato attività fin dai primi anni 2000, presso i Cpi come addetti ai servizi specialistici per il lavoro, dapprima come personale esterno in appalto (con servizio prestato all'interno del centro per l'impiego, utilizzando gli strumenti di lavoro messi a disposizione del centro per l'impiego e interfacciandosi con il direttore del centro per l'impiego, attraverso un coordinatore) su appalti differenti da centro per l'impiego a centro per l'impiego e per tipologia di servizio, successivamente, sempre come personale esterno in appalto conferito ad un unico consorzio per la provincia di Genova (formato dai precedenti fornitori e con le medesime modalità di lavoro, salvo un aumento delle competenze assegnate) e, a partire dal 1° febbraio 2019 (a seguito del superamento del concorso per assistente amministrativo – cat. C – da adibire ai centri per l'impiego con contratto a tempo determinato di 12 mesi – rinnovabile fino ad un massimo di 36 mesi – bandito da Alfa Liguria) come dipendenti di Alfa Liguria. La regione ha, inoltre, recentemente approvato il passaggio delle lavoratrici da Alfa Liguria alla stessa regione a far data dal 1° maggio 2019;

   il decreto legislativo n. 75 del 2017 (uno dei decreti attuativi della «riforma Madia») ha previsto diverse procedure di stabilizzazione del personale, dirigenziale e non, relativo a diversi comparti della pubblica amministrazione, sia con procedura diretta, sia tramite procedure concorsuali con quote di riserva diversificate in deroga a quanto previsto dall'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001 sotto il profilo della quota di riserva (fino al 50 per cento) ed anche con riguardo al tipo di anzianità di servizio necessaria;

   ma lo stesso decreto-legge n. 4 del 2019, al citato articolo 12, comma 3-bis, derogando all'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, individua come titolo per la stabilizzazione solo il riferimento al personale reclutato mediante procedure concorsuali bandite per assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato, di cui all'accordo sul documento recante Piano di rafforzamento dei servizi e delle misure di politica attiva del lavoro, approvato nella riunione della conferenza unificata del 21 dicembre 2017, senza che vi sia alcun riferimento ad una anzianità di servizio e, dunque, consentendo di escludere che la stabilizzazione prevista dalla norma sia riferita a personale reclutato da più di tre anni;

   va osservato inoltre, con riferimento alla specifica posizione delle lavoratrici liguri, che il decreto del direttore generale Alfa Liguria n. 173/2019, in data 31 gennaio 2019, nel disporre l'assunzione (n. 67 unità di personale a tempo determinato, da destinare ai centri per l'impiego liguri) a seguito di esito positivo della procedura selettiva avviata da Alfa con decreto del direttore generale n. 1631 del 18 settembre 2018, richiama espressamente il citato Piano di rafforzamento dei servizi e delle misure di politica attiva del lavoro, configurandosi, dunque, come atto finale di una procedura concorsuale bandita in forza di tale piano, oltre che dei relativi piani di attuazione, e con utilizzo delle relative risorse finanziarie –:

   se il Governo intenda chiarire se, con riferimento ai lavoratori liguri citati e a quanti si trovino nella medesima posizione ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge n. 4 del 2019 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, sia consentita la stabilizzazione del personale attualmente impiegato a tempo determinato nei centri per l'impiego.
(4-03100)


   BIGNAMI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da quanto appreso dagli ottani di informazione la Chiesi farmaceutici spa, multinazionale italiana con sede a Parma, ha inviato a 4 informatori scientifici del Farmaco (Isf), che prestavano la propria attività in altrettanti territori, lettere di licenziamento per motivi economici avvalendosi delle normative previste all'articolo 1, commi 40, 41 e 42, della legge cosiddetta «Fornero» n. 92 del 2012;

   l'attività lavorativa degli informatori scientifici del farmaco è disciplinata in maniera specifica dal decreto legislativo n. 219 del 2006, secondo il quale essi dipendono dal servizio scientifico aziendale e sono indipendenti dal marketing, quindi non rientrano nella categoria di venditori e non essendo procacciatori di affari, non scelgono la zona di lavoro e non sono responsabili delle vendite e dei risultati economici realizzati sui territori in cui operano;

   in seguito a tale prossimo licenziamento verranno soppresse le 4 zone di pertinenza dei quattro lavoratori, i medici delle quali, dunque, non riceverebbero più visite da parte degli Isf;

   considerata la peculiarità dell'attività svolta dagli Informatori scientifici del farmaco, per la quale è richiesta una particolare specializzazione ai sensi dell'articolo 122 della legge n. 219 del 2006, e una continua formazione come previsto dall'articolo 126 della medesima legge, che consente di fornire ai medici e ai farmacisti importanti informazioni e continui aggiornamenti sui farmaci per quanto concerne la composizione, la posologia, le indicazioni terapeutiche e la raccolta delle segnalazioni degli eventi avversi (articolo 130 della legge n. 219 del 2006), in termini generali questa figura fornisce tutte le indicazioni necessarie agli operatori sanitari per un corretto utilizzo dei farmaci per uso umano, soprattutto a tutela dei pazienti –:

   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;

   se il Governo intenda, per quanto di competenza, adottare iniziative al fine di evitare il licenziamento di detti lavoratori, già posti in permesso retributivo, anche al fine di garantire l'indispensabile diffusione delle informazioni sui farmaci su tutto il territorio italiano.
(4-03105)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI, FORESTALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   ZOFFILI, DE MARTINI, VIVIANI, GASTALDI, LIUNI, LOLINI, LOSS e GOLINELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   negli ultimi venti giorni nel nuorese e, in particolare, nelle campagne di Orani, Ottana, Bolotana e Orotelli, allargato verso Mamoiada, al centro della Sardegna nella zona della Barbagia, gli agricoltori e gli allevatori si trovano a dover fronteggiare l'invasione della «Dociostaurus maroccanus», nota come locusta del Marocco o cavalletta crociata, un insetto litofago che in modo parassitario devasta le colture;

   la propagazione di questo insetto sta comportando innumerevoli danni alle colture, sono, infatti, circa 2.500 gli ettari di terreno colpiti, ed alle aziende agricole e zootecniche sarde. Al momento sono circa venti le aziende che rischiano di essere messe in ginocchio da questo fenomeno, in quanto le cavallette devastando leguminose e foraggere compromettono i pascoli e le provviste di foraggio per l'autunno – tra circa una decina di giorni sarebbe iniziata la mietitura – e gli allevatori si trovano costretti ad acquistare il fieno, per l'alimentazione dei propri animali, con un danno economico rilevante;

   le cavallette del Marocco per la Sardegna non sono una novità, ma un fenomeno di questa portata non si riscontrava da più di settant'anni, da quando con la meccanizzazione e l'introduzione di alcuni antagonisti oofagi ne hanno ridotto significativamente la presenza;

   le cause di questa «invasione» di locuste si possono riscontrare, oltre che nei cambiamenti climatici di questi ultimi anni, che hanno creato condizioni ambientali ideali per la loro propagazione e proliferazione – le locuste sono animali infestanti che prediligono i climi secchi e i terreni aridi anche nell'abbandono delle terre che ne favorisce l'incremento, dal momento che proprio la lavorazione del terreno rappresenta uno dei fattori agronomici di contenimento delle popolazioni, che diversamente non avrebbero avuto spazio per deporre le uova e riprodursi in modo così esagerato. L'avifauna potrebbe rappresentare un mezzo di contrasto al dilagare dell'infestazione;

   le cavallette hanno fatto la loro comparsa a fine aprile inizi di maggio; periodo di schiusa delle uova. Sono comparsi delle vere e proprie nuvole e dei tappeti di cavallette che con il passare dei giorni si sono sparse su tutto il territorio, ad iniziare dalla zona di Iscras. Il fenomeno in sé, infatti, non sta aumentando, ma si sta allargando, in quanto è la stessa popolazione di locuste che si sta disperdendo;

   il fenomeno, dicono gli esperti agronomi, biologi ed entomologi, andrà avanti fino alla fine di agosto quando le cavallette moriranno e solo allora si potrà avere un calcolo preciso dei danni. Purtroppo, intervenire in questo periodo dell'anno, quando le cavallette diventate adulte sono in fase riproduttiva – una cavalletta può deporre un numero che varia tra le 25 alle 55 uova – e sono molto mobili, risulta poco efficace;

   secondo gli esperti, in questa fase del fenomeno, una soluzione potrebbe essere quella di arare i terreni incolti, così da evitare la deposizione delle uova e una nuova riproduzione per l'anno prossimo. Un'altra soluzione, risultata efficace nel secondo dopoguerra, sarebbe quella di introdurre insetti antagonisti, ma purtroppo le norme europee sono particolarmente restrittive e deve essere valutato l'impatto sull'ambiente e sulle altre specie autoctone –:

   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda mettere in atto al fine di sostenere e tutelare gli agricoltori e gli allevatori sardi dagli effetti di questo fenomeno, tenendo presente che gli agricoltori e le aziende agricole hanno un'enorme importanza per il presidio del territorio, nonché di debellare il fenomeno medesimo o quanto meno prevenire la sua ricomparsa per scongiurare ben più consistenti eventi per il prossimo anno.
(3-00799)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZENNARO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il signor F. S., nato a Cermignano (Teramo) il 1° maggio 1957, a partire dal novembre 1984 ha prestato lavoro con mansioni di controllore zootecnico alle dipendenze dell'Associazione regionale allevatori (Ara), ente territoriale soggetto al controllo del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e del dipartimento per le politiche dello sviluppo rurale della regione Abruzzo;

   in data 4 febbraio 2009, lo stesso ha subìto un infortunio sul lavoro per violazione delle norme antinfortunistiche che ha comportato l'assenza dal lavoro nel periodo dal 5 febbraio al 30 luglio 2009, nonché l'invalidità civile con riduzione della capacità lavorativa nella misura del 67 per cento;

   la causa dell'incidente è stata accertata nella totale assenza di presidi antinfortunistici e nell'assenza di una minima formazione da parte del datore di lavoro, il quale, per tale ragione, è stato sottoposto a processo penale per il reato previsto dagli articoli 41 e 590, commi 2 e 3, del codice penale, e condannato per aver cagionato al lavoratore lesioni colpose gravi, con violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro;

   la condotta omissiva del datore di lavoro risulta definitivamente accertata in sede penale con le sentenze del tribunale penale di Teramo n. 441/2014, della corte di appello de L'Aquila n. 1456/2015, confermate dalla Corte di cassazione con sentenza n. 34782/2016;

   in seguito, il signor F. S. ha subìto un ulteriore infortunio sul lavoro, verificatosi parimenti a causa della violazione delle norme antinfortunistiche, sebbene la corte di appello de L'Aquila abbia assolto il legale rappresentante dell'Ara Abruzzo in sede penale;

   come riporta la relativa documentazione sanitaria, successivamente al secondo infortunio, la disabilità al lavoro precedentemente acquisita è stata elevata all'80 per cento;

   il signor F. S. è rimasto totalmente inabile al lavoro quantomeno sino al 14 novembre 2011 e, successivamente, con inabilità parziale sino alla risoluzione del rapporto di lavoro, avvenuta a seguito di licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto;

   l'assenza dal lavoro per malattia la cui eziopatogenesi è riferibile a colpa della parte datoriale e interamente giustificata da infortunio sul lavoro;

   la Corte di cassazione nella sentenza n. 14643/2013 ha sancito che le malattie del lavoratore non giustificano il licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto, ove la lesione della salute sia riconducibile in via causale o concausale alla responsabilità del datore di lavoro;

   inoltre, in forza dell'articolo della Costituzione, «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società»;

   appare quindi non conforme alla legge il licenziamento intimato al signor F. S. alla luce dell'articolo 2110, comma 2, del codice civile e dell'articolo 18, comma 4, della legge n. 300 del 1970 –:

   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione ai fatti di cui in premessa e se intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, affinché si pervenga a una positiva conclusione della vicenda che porti alla revoca del licenziamento, considerato che, a parere degli interroganti, il periodo in questione non può essere considerato ai fini del superamento del comporto, con la reintegrazione immediata del signor F. S. nel posto di lavoro in mansioni equivalenti più adeguate alla diminuzione della sua capacità lavorativa.
(4-03088)


   CUNIAL e BENEDETTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   il 5 giugno 2019 è stato firmato il provvedimento di archiviazione del Gip Di Nicola sulla questione quote-latte che ipotizzava reati che andavano dall'abuso d'ufficio alla truffa, fino all'associazione per delinquere;

   negli atti, si legge che responsabilità individuali non sono state riscontrate, ma scrive il Gip, vanno ricercate «su un piano politico-amministrativo» più ampio (ordinanza del Gip Roma 5 giugno 2019);

   come si evince dalle carte Zaia, attuale presidente del Veneto, già Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali nell'ultimo Governo Berlusconi (2008-2011) era a conoscenza della questione. Il 20 luglio 2010, infatti, i carabinieri intercettano Giuseppe Ambrosio, l'ex capo di gabinetto dei Ministri alle politiche agricole alimentari e forestali, Zaia (prima) e Galan (poi), che parla con il tenente colonnello dei carabinieri Mantile: «Abbiamo verificato che i dati sono sbagliati, cade tutto il castello, cioè il castello dei cinque anni di anticipo delle quote che abbiamo avuto tutte in una botta, cade il castello della legge 33 e la commissione europea, per come ci troviamo, ci si i... (...)». Continua Ambrosio: «Zaia la cosa in sé gli faceva un certo fastidio, ma aveva l'ordine dal suo grande capo che questi qui non avrebbero mai dovuto pagare le multe»;

   non si sa chi sia il «grande capo» dell'allora Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, certo è come «nell'inquietante colloquio» (definizione del Gip), Ambrosio «parlasse a nome del ministro» (stessa ordinanza del Gip);

   5 milioni 763 mila 822 capi «improduttivi e senza alcun evento di parto», pari al 61 per cento degli animali da latte italiano sono stati inseriti nelle banche dati nazionali di Agea e Istituto zooprofilattico sperimentale dal 2010. Questi, secondo il Gip, costituiscono «la prova della totale inattendibilità e falsità dei dati del sistema» (il FattoQuotidiano, 11 giugno 2019);

   secondo il giudice sarebbero state «inserite nel conteggio dei capi in grado di produrre latte, animali di 82 anni, situazione assolutamente falsa dal momento che – come risaputo – un bovino può produrre latte al massimo fino agli 8-10 anni». Da qui l'originario limite dei 120 mesi, che balza da un anno all'altro a 999 mesi. Decisione presa il 4 ottobre 2012 presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dai rappresentanti del Ministero, dell'Agea, della Auselda e da diverse regioni (il FattoQuotidiano, 11 giugno 2019);

   sono stati erogati contributi europei per quasi 6 milioni di vacche inesistenti. Per ogni mucca arrivano 200 euro, si tratta di una frode da oltre 1 miliardo 150 milioni di euro all'anno. Un sistema criminoso, scrive Di Nicola, che opera «sotto gli occhi di tutti e che non è stato in alcun modo ostacolato o quantomeno controllato dalle autorità preposte». Conclude il Gip: «La falsità dei dati è nota a tutte le autorità amministrative e politiche, rimaste consapevolmente inerti per 20 anni per evitare di scontentare singole corporazioni o singoli centri di interesse, così determinando ingenti danni allo Stato italiano che ha pagato le multe e agli allevatori/produttori che fino a oggi hanno rispettato le regole tanto da compromettere il regime delle quote e distorcendo la concorrenza» (il FattoQuotidiano, 11 giugno 2019);

   fino all'ultima annata delle quote latte, le incongruenze erano già state evidenziate in sede parlamentare all'allora Ministro Martina –:

   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza, in relazione agli illeciti evidenziati anche nel decreto di archiviazione del Gip e come intenda procedere a favore di tutte le aziende agricole vittime di un sistema criminoso che ha agito indisturbato per 20 anni;

   se e come intenda tutelare, per quanto di competenza, le produzioni di formaggio Dop ed evitare che simili sistemi siano replicati su altri settori agricoli e quali iniziative intenda adottare in relazione a quei risultati forniti dagli inquirenti che, ad avviso degli interroganti, l'allora Ministro Zaia non ha mai adeguatamente vagliato.
(4-03107)


   ZANICHELLI, CADEDDU, PARENTELA e SPADONI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo. — Per sapere – premesso che:

   si apprende dalle recenti notizie della stampa che l'Istituto Parma Qualità (Ipq), il 16 maggio 2019 sia stato sospeso dalla sua attività a causa della sparizione di resoconti di riunioni in cui bisognava decidere la smarchiatura di cosce di prosciutto che non potevano essere classificate come Dop;

   tale sospensione si aggiunge a una precedente di 6 mesi, avvenuta nel 2018 a causa del fatto che l'istituto avrebbe ignorato la circolazione in commercio di quasi un milione di falsi prosciutti crudi di Parma (il cosiddetto scandalo Prosciuttopoli); tale ente, avrebbe quindi, per anni, agito con modalità di dubbia regolarità, autorizzando la commercializzazione di finti prosciutti Dop e vendendoli, tra l'altro, a caro prezzo ai consumatori;

   l'Istituto Parma Qualità, con apposito provvedimento datato 14 gennaio 2019 e adottato dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, è autorizzato a espletare le funzioni di controllo, previste dagli articoli 36 e 37 del regolamento (UE) n. 1151/2012, per la denominazione di origine protetta «Prosciutto di Parma», registrata nell'ambito dell'Unione europea con regolamento (CE) n. 1107 della Commissione del 12 giugno 1996;

   tale Istituto è incaricato non solo di supervisionare le filiere e rilasciare la certificazione Dop, ma svolge anche la funzione di controllo, finalizzata a garantire che i prodotti rispondano ai requisiti dei rispettivi disciplinari di produzione;

   l'indagine condotta dalle procure di Torino e Pordenone ha accertato che nella filiera del prosciutto di Parma (ma anche del prosciutto San Daniele), sarebbe stata largamente usata carne di razza Duroc danese, non ammessa dal regolamento; circa un milione di prosciutti sarebbe stato sequestrato dagli inquirenti, mentre al 20 per cento della produzione annua di tali prosciutti, sarebbe stato revocato il marchio Dop;

   nel rapporto 2018 dell'Ispettorato centrale repressioni frodi «Prosciuttopoli» viene definita tra le operazioni più importanti nella lotta alla criminalità agroalimentare. Sarebbero coinvolti, infatti, oltre 300 soggetti segnalati all'autorità giudiziaria; 810.000 cosce sarebbero state sequestrate; circa 480.000 prosciutti sarebbero stati esclusi, tramite smarchiatura, dal mercato delle produzioni Dop; oltre 500.000 cosce sarebbero state smarchiate d'iniziativa propria da parte di singoli allevatori;

   di emblematica rilevanza è anche la puntata televisiva andata in onda su Report la sera del 20 maggio 2019 e intitolata «La Porcata», che ritorna a parlare, dopo oltre un anno di denunce, di Prosciuttopoli (come riporta la testata reggioreport. In quella sede è emerso, infatti, che tutta la filiera – allevatori, veterinari, macelli, prosciuttifici e altri – sarebbe stata a conoscenza dell'enorme conflitto di interessi, poiché gli enti terzi e i controllori Ipq di Parma preposti a vigilare e controllare, sarebbero di proprietà dei controllati. Infatti, il Consorzio del Parma Dop, Assica associazione industrie carni e salumi, e U.na.pro.s. unione nazionale allevatori suini sono i proprietari dell'ente Ipq del Parma: è emerso il fatto che «controllore e controllato si sovrappongono»;

   infine, è notizia del 13 giugno 2019 che il prosciutto di Parma non potrà più essere certificato e marchiato, e che vi sono state le concomitanti dimissioni dei quattro ispettori del Comitato di certificazione (Coce) dell'Ipq, nominati nell'autunno 2018 proprio dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, che avevano evidenziato nel maggio 2019 le gravi irregolarità all'interno dell'istituto –:

   se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;

   se ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza per revisionare i meccanismi di gestione dell'Istituto che stanno mostrando lacune inaccettabili, mettendo a rischio un importante marchio Dop italiano;

   se sia necessario adottare iniziative per effettuare maggiori controlli finalizzati non solo a evitare e sanzionare eventuali conflitti di interessi, ma anche a garantire che i prodotti alimentari in questione rispondano rigidamente ai requisiti dei rispettivi disciplinari di produzione prima di essere commercializzati.
(4-03109)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   LICATINI, PENNA e GRIPPA. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:

   il trasporto dei medicinali e delle sostanze farmacologiche, servizio a sostegno della salute del cittadino, richiede particolare cura, l'impiego di mezzi e personale adeguato e il rispetto di rigidi disciplinari volti a mantenere la qualità dei farmaci lungo il trasporto;

   il trasportatore di farmaci riveste un ruolo di primaria importanza, considerando che la responsabilità sociale nel settore farmaceutico non riguarda solo chi produce ma anche chi distribuisce, il quale, con competenza e responsabilità, deve garantire una costante qualità del trasporto, un efficiente rapporto di intesa con i clienti e le farmacie, il rispetto degli orari nelle consegne e delle esigenze di ciascuna di esse;

   il decreto del 6 luglio 1999 del Ministero della sanità, in accordo con gli orientamenti della Commissione europea, precisa le linee guida sul trasporto dei medicinali, relativamente agli impianti idonei a garantire la non alterazione dei prodotti trasportati;

   il rispetto delle norme di sicurezza può essere assicurato con la predisposizione dei dovuti mezzi ed attrezzature, nonché con investimenti necessari ad un trasporto di qualità;

   la legge di stabilità 2015, al comma 250 dell'articolo 1, regola l'istituzione dei costi minimi di esercizio nel trasporto su strada e stabilisce che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, tenuto anche conto delle rilevazioni effettuate mensilmente dal Ministero dello sviluppo economico sul prezzo medio del gasolio per autotrazione, dovrebbe pubblicare e aggiornare nel proprio sito internet valori indicativi di riferimento dei costi minimi di esercizio dell'impresa di autotrasporto per conto terzi;

   la mancata osservazione di tali indicazioni comporta il rischio di non garantire le condizioni minime di remunerazione agli operatori del settore e di degenerazione verso forme di concorrenza sleale nel servizio di trasporto;

   l'abolizione dei costi minimi di esercizio di trasporto da parte della Corte di giustizia europea con sentenza del 4 settembre 2014, per dichiarata legittimità ed in difesa del libero mercato, ha avuto come paradossale conseguenza una pesante distorsione del mercato stesso, in quanto non favorisce le imprese più virtuose, bensì quelle che offrono servizi a più basso costo, nel peggiore dei casi, risparmiando illegalmente su tutte le voci di spesa, a cominciare da quelle che riguardano la sicurezza;

   il complesso percorso legislativo e giudiziario in merito alla regolamentazione dei costi minimi dell'autotrasporto ha creato una situazione di stallo, bloccando l'emanazione e l'osservanza di tariffe minime di esercizio per il trasporto dei farmaci. Tale situazione, innescando crescenti difficoltà nel rapporto tra trasportatori e grossisti, comporta rischi di incauti affidamenti dei trasporti a personale poco qualificato a basso costo, con evidenti ricadute sulla sicurezza dei trasporti stessi –:

   se, alla luce di quanto esposto, si intendano adottare iniziative per assicurare condizioni remunerative agli operatori che impediscano la violazione delle regole di sicurezza nel delicato settore del trasporto dei farmaci;

   se si ritenga di adottare iniziative per intensificare il sistema di controllo del suddetto servizio rispetto all'utilizzo di automezzi in regola con le normative in materia di trasporto, all'utilizzo di personale qualificato e alla tracciabilità dei farmaci, in modo da eliminare dal mercato operatori abusivi e non in grado di garantire la regolarità e la sicurezza del trasporto dei farmaci.
(3-00796)

Interrogazione a risposta scritta:


   BIGNAMI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   in Emilia-Romagna la vaccinazione contro l'Hpv ovvero il papilloma virus che può essere causa di tutta una serie di tumori dell'apparato genitale, è stata estesa di recente anche agli 11enni maschi. La profilassi era infatti già garantita per le ragazze di 12 anni;

   il vaccino resta disponibile in co-payment per tutti coloro che ne facciano richiesta e senza limite di età. Viene inoltre somministrato gratuitamente alle ragazze non vaccinate fino al diciottesimo anno di età, alle persone Hiv sieropositive, ai soggetti dediti alla prostituzione e agli uomini che hanno rapporti sessuali con uomini;

   tali disposizioni sono contenute nella delibera di giunta regionale n. 427 del 5 aprile 2017 e nella delibera di giunta regionale n. 693 del 14 maggio 2018;

   nella delibera n. 693 «Implementazione del piano regionale di prevenzione vaccinale» si afferma che «il vaccino è gratuito per le persone HIV positive, per i soggetti dediti alla prostituzione e per gli uomini che fanno sesso con uomini, come previsto dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-19»;

   il piano nazionale richiamato, invero, raccomanda la vaccinazione anti-Hpv solo per gli uomini che fanno sesso con uomini, ma nulla sembra essere indicato rispetto alla necessità di garantire il vaccino gratuitamente;

   l'articolo 32 della Costituzione tutela la salute «come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»;

   la scelta di garantire la gratuità di un vaccino in relazione all'orientamento sessuale o al fatto di essere dediti alla prostituzione desta, a parere dell'interrogante, numerose perplessità, soprattutto in ordine al rispetto del principio di uguaglianza contemplato dalla Costituzione, con il rischio concreto di generare una sorta di preoccupante discriminazione –:

   se, alla luce di quanto esposto, si intendano acquisire, per quanto di competenza, elementi conoscitivi in merito alla iniziativa di cui in premessa;

   se intenda adottare ogni iniziativa di competenza per chiarire che la gratuità delle prestazioni sanitarie, ivi comprese le vaccinazioni, deve essere garantita a norma di Costituzione e che, dunque, il principio della gratuità della prestazione stessa non può applicarsi sulla base dell'orientamento sessuale o dei comportamenti legati alla vita sessuale, anche considerando il costo, non certo basso, del vaccino in questione (circa 70 euro) nel caso specifico richiamato.
(4-03106)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per il sud, per sapere – premesso che:

   come è noto i competence center, sono istituiti quali poli d'eccellenza realizzati con il coinvolgimento di università, centri di ricerca ed imprese, per lo sviluppo di Industria 4.0, e sono stati previsti dalla legge finanziaria per il 2017 (legge 11 dicembre 2016, n. 232) che, al comma 115 dell'articolo 1, dispone che «con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze ... sono definite le modalità di costituzione e le forme di finanziamento di centri di competenza ad alta specializzazione, nella forma del partenariato pubblico-privato, aventi lo scopo di promuovere e realizzare progetti di ricerca applicata, di trasferimento tecnologico e di formazione su tecnologie avanzate, nel quadro degli interventi connessi al Piano nazionale Industria 4.0»;

   il decreto del Ministero dello sviluppo economico n. 214 del 12 settembre 2017 (entrato in vigore il 24 gennaio del 2018) ha definito «“centro di competenza ad alta specializzazione”: un polo di innovazione costituito, secondo il modello di partenariato pubblico-privato, da almeno un organismo di ricerca e da una o più imprese» aggiungendo che «il numero dei partner pubblici non può superare la misura del 50 per cento dei partner complessivi»;

   lo stesso decreto ha poi stabilito che il programma di attività è finalizzato ad erogare servizi di: orientamento alle imprese, in particolare piccole e medie imprese, formazione alle imprese, nonché attuazione di progetti di innovazione, ricerca industriale sviluppo sperimentale, proposti dalle imprese, e fornitura di servizi di trasferimento tecnologico. Il 24 maggio 2018 è stata poi pubblicata la graduatoria redatta sulla base di un bando del gennaio 2018, che ha confermato la quasi totale assenza delle regioni del Sud del Paese;

   in totale sono otto i competence center che sono stati valutati nell'ordine seguente:

    1) Manufacturing 4.0 del Politecnico di Torino e dell'università di Torino assieme a ventiquattro aziende private;

    2) Made in Italy del Politecnico di Milano, insieme a 39 aziende e le università di Bergamo, Brescia e Pavia;

    3) Bi-Rex dell'università di Bologna, con un consorzio di 57 soggetti tra cui atenei quali Modena-Reggio Emilia, Ferrara, Parma;

    4) Smact dell'università di Padova che vede anche la partecipazione di Verona, Venezia Cà Foscari e la Iuav, Trento, Udine, la Sissa di Trieste, la Libera Università di Bolzano, la Fondazione «Bruno Kessler» di Trento e l'Istituto nazionale di fisica nucleare locale;

    5) Start4.0 del Cnr, nel quale sono coinvolte la regione Liguria e alcune realtà del territorio;

    6) Artes 4.0 della Scuola Superiore «Sant'Anna» di Pisa con tredici tra Università e centri di ricerca e ben 146 imprese;

    7) Cyber 4.0 dell'università La Sapienza di Roma con 37 i soggetti coinvolti tra cui Inail, Cnr e l'università dell'Aquila;

    8) Meditech, dell'università Federico II di Napoli e del Politecnico di Bari, assieme all'università di Salerno, università della Campania «Luigi Vanvitelli», università del Sannio, università di Napoli Parthenope, università di Bari «Aldo Moro»;

   come si può notare con assoluta evidenza, tra gli otto competence center approvati, ben 5 centri sono allocati al Nord, due al Centro, ed uno al Sud. Nessuno nelle Isole;

   la circostanza che soltanto uno dei centri sia allocato in una regione del Sud, e funzionale ad un sistema territoriale meridionale, a fronte di una popolazione corrispondente al 34 per cento di quella italiana, fa emergere una discriminazione che non solo si riflette sulla corretta distribuzione delle risorse per le infrastrutture, ma che svolge effetti del tutto inversi rispetto all'esigenza della perequazione infrastrutturale necessaria ad affrontare il grave divario che ancora divide il Paese e che così rischia di appesantirsi ulteriormente. Giova evidenziare, al riguardo, che nel Mezzogiorno, come recentemente rilevato dal Governatore della Banca d'Italia nelle ultime Considerazioni finali, esempio emblematico del divario economico Nord-Sud sia proprio il ritardo tecnologico, nel Mezzogiorno, infatti, «la quota del valore aggiunto riferibile all'economia digitale, prossima al 2,5 per cento, è inferiore di oltre tre punti a quella del Centro Nord»;

   va poi segnalato che nessun centro di eccellenza risulti operativo nelle isole ed in particolare in Sicilia, a fronte di una popolazione corrispondente all'8,5 di quella italiana. A questo si aggiunga che in Sicilia si registra la presenza di un solo centro (a Catania) dell'articolata rete dei Digital Innovation Hub, di fatto la porta di accesso delle imprese al mondo di Industria 4.0;

   tutto ciò indebolisce ogni sforzo per ridurre il divario digitale tra il Nord e il Sud Italia e determina, solo per fare un esempio, il rischio di vanificare gli ingenti investimenti fatti per potenziare l'infrastrutturazione del Sud con la banda larga e ultralarga;

   va peraltro segnalato che il PON legalità 2014-2020, unico in Italia, prevede uno specifico ed ingente finanziamento per la realizzazione del grande Data center di Palermo per la realizzazione del quale questa regione ha già acquisito il centro direzionale ex-ASI di Brancaccio;

   è chiaro che, nel caso dei competence center, le responsabilità appartengono per intero al precedente Governo che nella legge, nel decreto e nel bando non ha previsto alcun imprescindibile correttivo per una corretta distribuzione territoriale al fine di garantire la conseguente equilibrata presenza di tali centri nel Sud e nelle isole;

   si tratta però adesso di porre urgentemente rimedio, e per questo appare necessario l'intervento dell'attuale Governo statale in collaborazione con le istituzioni regionali e locali;

   occorre prevedere quindi l'istituzione di un competence center con sede in Sicilia, basato sul partenariato tra le università locali, il Cnr, i centri di ricerca e le grandi aziende dell'isola ed in collaborazione con quelle della Sardegna;

   un centro di competenza ad alta specializzazione che eroghi servizi di orientamento e formazione alle imprese e attuazione di progetti di innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale indirizzati in particolare alla necessità per le imprese di superare gli svantaggi derivanti dalla condizione di insularità;

   occorre da subito prevenire le obiezioni possibili in merito al fatto che i bandi siano già scaduti e che le risorse siano quindi già state assegnate;

   sono argomenti difficilmente sopportabili per milioni di siciliani, essendo le responsabilità determinate da errori o da pregiudizi di chi ha preso le decisioni e non ha previsto le indispensabili misure compensative per garantire una presenza equilibrata del Mezzogiorno e delle isole;

   il governo della regione Siciliana, come ha già in più occasioni dimostrato, intende puntare fino in fondo sulla partita dell'innovazione e sullo sviluppo del digitale ed a questo proposito considera la questione posta di fondamentale importanza, tanto da aver già dichiarato per iscritto la propria completa disponibilità ad individuare insieme con il Governo nazionale una soluzione nell'interesse dello sviluppo economico del Mezzogiorno;

   si tratta adesso di assumere una decisione che sia al contempo legittima e perequativa, che tenga conto dei diritti e delle necessità di sviluppo della più grande isola del Mediterraneo –:

   se il Governo intenda intraprendere tempestivamente le opportune iniziative volte a modificare immediatamente la legge e il decreto sopracitati, prevedendo la destinazione di specifiche agevolazioni basate sui principi di coesione sociale e di perequazione territoriale, e così riaprire il bando ed utilizzare risorse aggiuntive o ridurre proporzionalmente quelle già assegnate agli altri centri;

   se il Governo intenda realmente investire sul Sud e sulle isole, ed invertire la tendenza che vede languire la politica di perequazione infrastrutturale in un settore essenziale, qual è la Digital transformation, per offrire ai giovani meridionali ed in particolare ai siciliani, una chance per restare a lavorare nella propria terra sottraendoli al drammatico destino dell'emigrazione.
(2-00421) «Bartolozzi, Baratto, Dall'Osso, Rosso, Mulè, Pettarin, Fascina, Carrara, Sozzani, Prestigiacomo, Minardo, Siracusano, Pittalis, Germanà, Cassinelli, Bagnasco, Napoli, Zangrillo, Zanettin, Pella, Giacometto, Sisto, Novelli, Palmieri, Rossello, Fatuzzo, Cannatelli, Sorte, Squeri, Cappellacci, Pedrazzini, Anna Lisa Baroni, Maria Tripodi, Ravetto, Cortelazzo, Vietina, Perego Di Cremnago, Sandra Savino, Mazzetti, Orsini, D'Attis, Occhiuto, Milanato, Benigni, Ripani, Aprea, D'Ettore».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZOLEZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Belleli Energy Critical Process Equipment S.r.l. è una società con sede in via Taliercio a Mantova, controllata dal gruppo Tosto dall'agosto 2016, dopo l'acquisto da Exterran in una procedura non sempre trasparente;

   la società occupa 277 lavoratori da visura camerale; nel bilancio 2017 risulta un credito verso la controllante Water Tosto Spa di 3.597.161 euro nel 2017, cioè un impegno di Belleli per Tosto e non il contrario; la controllante riceve denaro da Belleli; il 2017 (interamente a gestione Tosto), ha chiuso il bilancio con una sensibile riduzione sia dei ricavi sia degli utili rispetto al 2016; sempre nel 2017 (da bilancio) gli occupati risulterebbero in leggera diminuzione rispetto al 2016;

   generalmente, la storia lo insegna, certi bilanci non promettono un futuro sereno per l'azienda e i suoi lavoratori se tra l'altro i margini di redditività delle commesse acquisite sono bassissimi o addirittura azzerati;

   negli ultimi mesi si sono svolti numerosi scioperi con elevata partecipazione dei lavoratori, a seguito del mancato rinnovo sul contratto integrativo sui risultati dell'azienda e con denuncia pubblica dei lavoratori di un atteggiamento intimidatorio della proprietà nei loro confronti; infatti, la protesta è fra l'altro contro quella che i sindacati definiscono una strategia antisindacale da parte del gruppo Tosto; sarebbero state infatti comminate sanzioni contro i delegati sindacali e della sicurezza e risulterebbero pressioni implicite ed esplicite per fare revocare l'iscrizione al sindacato;

   negli ultimi anni Mantova e la sua provincia hanno perso oltre 15.000 posti di lavoro, molti nel settore tessile;

   in particolare l'area sito di interesse nazionale (Sin) (polo chimico e laghi di Mantova) ha visto la chiusura della raffineria IES nel 2013 trasformata in deposito di idrocarburi gestito dalla multinazionale ungherese MOL (http://www.altramantova.it) che impiega 40 persone a fronte dei 350 dipendenti precedenti; negli ultimi mesi è stata data notizia di un ulteriore depotenziamento delle attività;

   il processo di parziale ricollocamento degli ex dipendenti IES procede lentamente;

   la cartiera Burgo ha licenziato i 169 dipendenti dopo la chiusura nel 2013 e la vendita a Pro-Gest. In questi mesi vi sono state accuse di numerosi abusi edilizi, accumulo di rifiuti in aree non impermeabilizzate e le polemiche e ricorsi amministrativi legati alla volontà di costruire un inceneritore in un'area segnata da 89 decessi all'anno per le polveri sottili (dati ATS Valpadana) e con la percentuale di malformazioni congenite più elevate non solo del resto d'Italia, ma anche fra tutti i Sin nazionali (4,88 per cento dei nati, studio Sentieri MC firmato da Paolo Ricci) pongono dubbi sulla sostenibilità e il futuro di questa attività;

   il Governo del cambiamento ha di recente sbloccato 117 milioni di euro per gli ammortizzatori sociali dei lavoratori delle aree di crisi (oltre 60 mila) purché in presenza di un piano occupazionale con politiche attive per il ricollocamento dei lavoratori –:

   se il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per verificare la situazione produttiva degli stabilimenti più importanti della provincia di Mantova, in particolare di Belleli Energy Cpe;

   se si intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, per l'istituzione dell'area di crisi industriale complessa per Mantova e parte della provincia.
(5-02308)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Lorefice e altri n. 1-00195, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 giugno 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Trizzino.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Gavino Manca e altri n. 5-02161, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 maggio 2019, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Viscomi.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta scritta Gabriele Lorenzoni n. 4-02327, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 131 del 21 febbraio 2019.

   GABRIELE LORENZONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:

   Solsonica s.p.a. era un produttore italiano di celle di silicio e moduli fotovoltaici, facente parte del gruppo Eems;

   la crisi economica e la mancanza di una politica industriale che valorizzasse gli investimenti sulle rinnovabili hanno colpito il mercato del fotovoltaico già dal 2012;

   nel maggio 2014, le società Eems e Solsonica chiedono il concordato preventivo con riserva;

   con nota del 21 novembre 2014, con riferimento alla situazione della Solsonica di Rieti, il Ministero dello sviluppo economico precisa che tre soggetti economici manifestano interesse all'acquisto della suddetta società. Segue un'offerta vincolante con la quale una delle tre aziende interessate, Gala s.p.a., viene ritenuta in grado, dai vertici di Solsonica e dal giudice fallimentare, di poter acquisire e portare a termine il concordato riguardante Solsonica;

   nel 2014 Gala si aggiudica tutti i lotti della convenzione «Energia Elettrica 12» (EE12), attraverso un bando Consip, che le ha praticamente consegnato il monopolio dell'energia elettrica venduta in Italia alla pubblica amministrazione. Il valore dei 10 lotti ammonta a circa 1 miliardo di euro;

   il 10 aprile 2015 i lavoratori Solsonica e l'azienda subentrante Gala raggiungono un accordo che avrebbe dovuto portare al riassorbimento di tutti i dipendenti in regime di continuità aziendale. Tale accordo prevede, inoltre, l'impegno da parte di Gala ad effettuare entro il 30 aprile 2015 la graduale ripresa delle attività produttive. Nell'agosto 2015 Gala annuncia la sottoscrizione di un contratto annuale del valore di 27 milioni di euro tra Gala Tech s.r.l. (controllata da Gala e costituita per l'acquisizione di Solsonica) con Recom-Solar, per una produzione da avviarsi in ciclo continuo a settembre dello stesso anno, produzione che inizia in realtà nel novembre 2015;

   il 1° febbraio 2016 GalaTech comunica che l'acquisizione di Solsonica è stata perfezionata e conferma il rispetto degli impegni previsti dall'accordo;

   dopo l'acquisizione di Solsonica, Gala costituisce a Bucarest la società Gala SEE e dichiara che la Romania è un mercato strategico;

   la produzione termina nel marzo 2016, con il licenziamento collettivo di tutti i lavoratori Solsonica e in coincidenza della mancata concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria da parte del giudice fallimentare;

   il 13 novembre 2017 Gala deposita al tribunale di Roma la domanda di ammissione alla procedura di concordato liquidatorio e il 31 agosto 2018 la stessa Gala comunica il non luogo a provvedere della stessa procedura. Il periodo di procedura di concordato ha fatto sì che GalaTech non riassorbisse i 124 lavoratori ex-Solsonica entro dicembre 2017 come da accordo sindacale stipulato il 30 maggio 2016, e inoltre è avvenuto il licenziamento di tutti e 23 i dipendenti in forza a GalaTech;

   l'articolo del 21 gennaio 2016 a firma Stefano Sansonetti presente su «lanotiziagiornale.it» riporta che con la legge di bilancio 2016, Filippo Tortoriello, presidente e amministratore delegato di Gala, e oggi anche presidente di Unindustria, marito di Patrizia De Rose, funzionaria di Palazzo Chigi, beneficia di un emendamento a firma della ex deputata Elisa Simoni (PD), ribattezzato in seguito provvedimento «ad aziendam», che avrebbe portato vantaggio all'azienda per circa 100 milioni di euro;

   il 16 ottobre 2018, durante l'assemblea generale di Unindustria, il presidente Filippo Tortoriello ha delineato le direttrici per lo sviluppo del post-sisma e ha dichiarato di lavorare per un processo di «reindustrializzazione dei territori»;

   ad oggi i 147 dipendenti dell'ex Solsonica risultano licenziati ed il capannone industriale sarebbe ancora di proprietà di Gala, che pare riscuota ancora i proventi dell'impianto fotovoltaico sopra ubicato; in data 11 febbraio 2016 si è tenuta una riunione riguardante la situazione di Solsonica S.p.A. al Ministero dello sviluppo economico, in cui nel verbale viene espressamente scritto che «se la trattativa a livello locale non dovesse dare gli esiti sperati, si darà la disponibilità a riaprire il tavolo di vertenza a livello nazionale» –:

   se il Ministro interrogato intenda, a seguito del non luogo a provvedere circa la procedura di concordato liquidatorio, convocare i vertici di Gala s.p.a. per la riapertura del tavolo, presso il Ministero dello sviluppo economico.
(4-02327)