FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1238

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
STEFANI, BAZZARO, BIANCHI, BISA, BOLDI, BORDONALI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CAPITANIO, COLMELLERE, COMAROLI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DE MARTINI, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, FANTUZ, FERRARI, FOGLIANI, FRASSINI, FURGIUELE, GASTALDI, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LEGNAIOLI, EVA LORENZONI, LUCCHINI, MACCANTI, MAGGIONI, MORELLI, MOSCHIONI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLINI, PATASSINI, PATELLI, PETTAZZI, PRETTO, RACCHELLA, RIBOLLA, TATEO, TONELLI, TURRI, VALLOTTO, ZICCHIERI, ZIELLO

Disposizioni in materia di adozione del concepito

Presentata il 4 ottobre 2018

  Onorevoli Colleghi! — Nel 2018 cade il 40° anniversario della pubblicazione della legge n. 194 del 1978 nella Gazzetta Ufficiale. Gli effetti sociali e culturali, prodotti da questa legge, non sono stati sempre positivi e in particolare occorre rilevare alcuni punti di mancata applicazione.
  La legge n. 194 del 1978 si proponeva di legalizzare l'aborto in alcuni casi particolari (violenza carnale, incesto, gravi malformazioni del nascituro, eccetera) e di contrastare l'aborto clandestino, mentre, ad avviso dei proponenti, ha contribuito ad aumentare il ricorso all'aborto quale strumento contraccettivo e non ha affatto debellato l'aborto clandestino. Infatti, l'articolo 1 della legge n. 194 del 1978 è stato in gran parte disatteso, come dimostra la scarsità delle iniziative pubbliche promosse per «evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite» (terzo comma) e anche l'articolo 2 è risultato di limitata applicazione, in particolare laddove consente al volontariato di collaborare con i consultori, anche informando la donna sulle possibili alternative all'aborto (adozione in anonimato, aiuti economici, assistenza psicologica, ricerca di un lavoro, eccetera); tale attività viene spesso ostacolata, senza considerare che talvolta basta un piccolo aiuto economico o l'offerta di un lavoro per restituire a una donna in difficoltà la serenità necessaria per accogliere il suo bambino. La legge n. 194 del 1978 voleva impedire il ricorso all'aborto dopo i primi novanta giorni dal concepimento, tranne nel caso di «serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna» (articolo 4): questo limite è stato ampiamente superato, come dimostra l'analisi delle relazioni annuali sullo stato di attuazione della legge predisposte dal Ministero della salute, dalle quali risulta che, nel periodo 1990-2010, gli aborti oltre la dodicesima settimana sono cresciuti del 182 per cento e costituiscono il 27 per cento di tutti gli aborti.
  Gli aborti legali, effettuati dal 1978 ad oggi, sono circa 6 milioni, senza contare le «uccisioni nascoste» prodotte dalle pillole abortive e dall'eliminazione degli embrioni umani sacrificati nelle pratiche della procreazione medicalmente assistita. Le statistiche annuali degli aborti mostrano un leggero calo negli anni, ma non tengono conto delle varie pillole abortive: manca all'appello una popolazione di 6 milioni di bambini, che avrebbero impedito il sorgere dell'attuale crisi demografica.
  Un dato preoccupante è la crescita del numero di aborti tra le minorenni dal 1992 al 2010: quello delle ragazze fino a 18 anni è cresciuto del 45,2 per cento, quello delle ragazze fino a 15 anni è cresciuto addirittura del 112,2 per cento. Non vengono in nessun modo pubblicizzati i dati scientifici relativi alle conseguenze sulla salute fisica e psichica della donna dell'aborto chirurgico e farmacologico. Un uso distorto della diagnosi prenatale spinge spesso la donna ad abortire per vere o presunte malformazioni del feto; in realtà, come dimostrano le cure prenatali praticate da alcuni centri ospedalieri di eccellenza, molte malformazioni possono essere curate: è importante quindi informare di questa possibilità le donne con una gravidanza difficile.
  L'obiezione di coscienza all'aborto è molto alta in Italia (circa il 70 per cento), a prescindere dalla visione antropologica degli operatori e a conferma dei conflitti di coscienza che pone la soppressione di una vita. L'obiezione di coscienza è garantita dall'articolo 9 della legge n. 194 del 1978 e non ostacola in alcun modo l'accesso all'aborto; ciò nonostante, è spesso oggetto di pressioni da parte di gruppi ideologizzati. Con la pillola abortiva RU486 si vuole permettere un aborto fai da te, al di fuori delle strutture ospedaliere, anche se la legge n. 194 del 1978 non lo prevede, contribuendo al diffondersi di una cultura dello scarto; l'informazione alle donne, che chiedono l'interruzione volontaria di gravidanza, sulle possibili alternative all'aborto è molto scarsa.
  Dalla relazione presentata il 7 dicembre 2016 dal Ministro della salute sull'attuazione della legge n. 194 del 1978 (Doc. XXXVII, n. 4, della XVII Legislatura), risulta che in Italia, nel 2014, sono state praticate 96.578 interruzioni volontarie di gravidanza (IVG), mentre nel 2015 ne sono state effettuate 87.639. Per quanto riguarda le minorenni, il tasso di abortività per il 2015 è risultato essere pari a 3,1 per 1.000, un valore inferiore rispetto a quello degli anni precedenti e che mostra una tendenza alla diminuzione dal 2005: in particolare, nell'anno di riferimento il 2,9 per cento delle IVG ha interessato donne di età inferiore a 18 anni e, sempre nel 2015, hanno abortito 2.521 minorenni, di cui 2.164 di nazionalità italiana. Quest'ultimo dato certifica una lenta ma costante diminuzione del numero delle minorenni italiane che ricorrono all'IVG e a questo proposito la relazione citata sottolinea come ciò sia legato – positivamente – a un comportamento delle giovani più maturo e consapevole rispetto alla pratica dell'attività sessuale.
  Non è noto, invece, il dato delle IVG operate al di fuori dei limiti consentiti dalla legge. Dalla menzionata relazione emerge una stima preoccupante, tenendo conto anche della diminuzione del numero delle donne in età fertile: secondo l'Istituto superiore di sanità, infatti, il numero di aborti clandestini delle donne italiane è stimato tra 12.000 e 15.000. Per la prima volta è stata effettuata una stima anche per le donne straniere, che è risultata compresa tra 3.000 e 5.000 aborti clandestini.
  La maggior parte degli aborti non risulta legata al pericolo per la salute fisica o psichica della donna, né a previsioni di anomalie o di malformazioni del concepito. Nella richiamata relazione si rappresenta che nel 2015 il ricorso a procedure abortive d'urgenza è avvenuto nel 16,7 per cento dei casi rispetto al 14,7 per cento del 2014, al 13,4 per cento del 2013 e all'11,6 per cento del 2011 e che oltre la dodicesima settimana di gestazione è stato pari al 3,4 per cento dei casi. Pur assumendo, dunque, che in tutti questi casi si è giunti all'aborto per ragioni legate al pericolo per la salute fisica o psichica della donna ovvero a previsioni di anomalie o di malformazioni del concepito, si rileva che nell'85 per cento dei casi la decisione abortiva non è stata presa per tali ragioni.
  I dati ufficiali forniti dalla direzione generale di statistica e analisi organizzativa del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi del Ministero della giustizia evidenziano, al contempo, un grave sovrannumero di coppie disponibili rispetto al numero di minori adottabili: si calcola, in particolare, che per ogni minore adottabile vi sono oltre dieci coppie disponibili.
  La presente proposta di legge si prefigge di individuare le modalità più efficaci, sul piano delle scelte politiche, di prevenzione dell'aborto quale obiettivo primario delle scelte di sanità pubblica nonché di coniugare l'elevato numero di concepiti «indesiderati» e il desiderio reale di coppie disponibili all'adozione nazionale. A tali fini alla donna che abbia deciso di abortire a causa delle sue condizioni economiche, sociali o familiari, alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, ovvero a causa di previsioni di anomalie o di malformazioni del concepito, è data la possibilità di evitare l'IVG in considerazione dell'immediato inserimento del nascituro in una famiglia adottiva; alle coppie, disponibili all'adozione nazionale, il cui accesso all'adozione è di fatto precluso a causa di un insufficiente numero di bambini adottabili, è data una maggiore possibilità di adottare.
  I capisaldi della presente proposta di legge sono tre: la donna, in alternativa all'IVG per le ipotesi previste dalla legge n. 194 del 1978, può ottenere lo stato di adottabilità del concepito, che è disposto, con rito abbreviato, con decreto del tribunale per i minorenni prima della nascita del concepito; la donna, fino al momento della nascita e nei sette giorni successivi, può sempre e liberamente revocare il proprio consenso allo stato di adottabilità del concepito; il tribunale per i minorenni, entro sette giorni dalla nascita del concepito dichiarato adottabile, sceglie la coppia tra un apposito elenco di coppie la cui residenza è posta a una distanza non inferiore a 500 chilometri dal luogo di nascita del concepito e dispone l'affidamento preadottivo, ai fini della successiva adozione. La scelta del tribunale per i minorenni preclude ogni possibile forma di «commercio» tra la madre naturale e la coppia.
  Da sottolineare, infine, che le misure proposte non costituiscono forme di riduzione della possibilità di accedere alle disposizioni della legge n. 194 del 1978, ma rappresentano esclusivamente forme alternative all'IVG liberamente utilizzabili dalla donna; permettono un'efficace azione di prevenzione dell'aborto; garantiscono una più ampia possibilità di accesso all'adozione; non comportano aumenti di spesa, non essendo prevista l'istituzione di nuovi organismi, ma una semplice rimodulazione delle funzioni delle strutture socio-sanitarie già esistenti e degli uffici giudiziari competenti. L'aumento di spesa legato all'assistenza ospedaliera per il parto è, poi, compensato dal risparmio legato alla corrispondente diminuzione di accesso alle strutture sanitarie per l'intervento abortivo.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. Nel caso in cui, entro novanta giorni dall'inizio della gravidanza, si verifichino circostanze per le quali il parto o la maternità possano comportare un serio pericolo per la salute psico-fisica della gestante, in relazione alle sue condizioni economiche, sociali o familiari o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, ovvero a previsioni di anomalie o di malformazioni del concepito, la donna può fare ricorso, nell'ambito delle misure alternative all'interruzione volontaria della gravidanza di cui alla legge 22 maggio 1978, n. 194, alla procedura dell'adozione del concepito disciplinata dalla presente legge.
  2. Le disposizioni del comma 1 si applicano anche se, dopo i primi novanta giorni della gravidanza, siano accertate patologie a carico del feto, tra le quali rilevanti anomalie o malformazioni, che determinino un grave pericolo per la salute psico-fisica della donna.

Art. 2.

  1. Nei casi previsti dal comma 1 dell'articolo 1 della presente legge, il consultorio, la struttura socio-sanitaria o il medico di fiducia ai quali la donna si rivolge ai sensi degli articoli 4 e 5 della legge 22 maggio 1978, n. 194, informano obbligatoriamente e per iscritto la donna, nonché la persona eventualmente indicata come padre, della possibilità di ricorrere alle misure alternative all'interruzione volontaria della gravidanza.
  2. Nei casi previsti dal comma 2 dell'articolo 1 della presente legge, l'ente ospedaliero di cui all'articolo 7 della legge 22 maggio 1978, n. 194, al quale la donna si rivolge ai fini di cui all'articolo 6 della medesima legge n. 194 del 1978, informa obbligatoriamente e per iscritto la donna, nonché la persona eventualmente indicata come padre, della possibilità di ricorrere alle misure alternative all'interruzione volontaria della gravidanza.

Art. 3.

  1. In alternativa alla richiesta di interruzione volontaria della gravidanza, nei casi previsti dal comma 1 dell'articolo 1 della presente legge, trascorsi i sette giorni previsti dal quarto comma dell'articolo 5 della legge 22 maggio 1978, n. 194, la donna può avviare il procedimento di cui all'articolo 4 della presente legge attraverso il consultorio o la struttura socio-sanitaria.
  2. In alternativa alla richiesta di interruzione volontaria della gravidanza, nei casi previsti dal comma 2 dell'articolo 1, la donna può avviare il procedimento di cui all'articolo 4 attraverso il consultorio o la struttura socio-sanitaria.

Art. 4.

  1. Nei casi di cui all'articolo 1, la donna, in alternativa all'interruzione volontaria della gravidanza, può ottenere lo stato di adottabilità del concepito.
  2. Lo stato di adottabilità è disposto con decreto del tribunale per i minorenni del luogo di residenza della madre ovvero del territorio in cui ha sede il consultorio familiare o la struttura socio-sanitaria a cui si è rivolta la donna.
  3. Fino al momento della nascita e nei sette giorni successivi, la donna può liberamente revocare il proprio consenso allo stato di adottabilità del concepito, indipendentemente dall'intervenuta pubblicazione del decreto di adottabilità del concepito di cui al comma 2 del presente articolo e dalla scelta della coppia affidataria operata dal tribunale per i minorenni ai sensi del comma 4 dell'articolo 6.

Art. 5.

  1. Il tribunale per i minorenni territorialmente competente ai sensi dell'articolo 4 della presente legge, in deroga alle disposizioni del capo II del titolo II della legge 4 maggio 1983, n. 184, con decreto succintamente motivato, dichiara lo stato di adottabilità del concepito, previo accertamento della sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, della presente legge, attestate dal consultorio o dalla struttura socio-sanitaria a cui la madre si è rivolta, e sulla base della specifica volontà della donna liberamente raccolta presso il consultorio o la struttura socio-sanitaria.
  2. Il consultorio o la struttura socio-sanitaria di cui al comma 1 trasmette al pubblico ministero presso il tribunale per i minorenni territorialmente competente apposita istanza con la quale la donna chiede di ottenere lo stato di adottabilità del concepito. Unitamente all'istanza, il consultorio o la struttura socio-sanitaria trasmette le attestazioni di cui al citato comma 1.
  3. Nel termine perentorio di tre giorni dal ricevimento dell'istanza di cui al comma 2, il pubblico ministero convoca la madre verificando la persistenza del consenso allo stato di adottabilità del concepito. Il pubblico ministero, entro lo stesso termine, convoca, per essere sentita, la persona eventualmente indicata come padre. Fra l'invio della convocazione e la data di audizione della madre non devono intercorrere più di cinque giorni. In caso di mancata comparizione, il pubblico ministero dispone, lo stesso giorno, un'ulteriore convocazione nel rispetto dei termini di cui al presente comma.
  4. La mancata e ingiustificata comparizione della madre comporta l'archiviazione del procedimento.
  5. Il pubblico ministero, verificata la sussistenza dei presupposti, richiede al tribunale per i minorenni, entro tre giorni dall'intervenuta audizione della madre, la pronuncia del decreto di adottabilità del concepito.
  6. Il tribunale per i minorenni si pronuncia con decreto entro tre giorni dalla richiesta del pubblico ministero.

Art. 6.

  1. Coloro che intendono adottare il concepito ai sensi della presente legge presentano apposita domanda al tribunale per i minorenni, specificando l'eventuale disponibilità all'adozione anche qualora sussistano previsioni di anomalie o di malformazioni del concepito. La domanda ha una validità di cinque anni e può essere rinnovata.
  2. Il tribunale per i minorenni, accertati previamente i requisiti di cui all'articolo 6, commi 1, 2, 3, 4 e 6, della legge 4 maggio 1983, n. 184, dispone, entro centoventi giorni dalla domanda, l'esecuzione delle indagini di cui all'articolo 22, comma 4, della medesima legge n. 184 del 1983, ricorrendo ai servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati, nonché avvalendosi delle competenti professionalità delle aziende sanitarie locali e ospedaliere.
  3. Il tribunale per i minorenni, in base alle indagini effettuate, individua, tra le coppie che hanno presentato domanda, quelle idonee a ricevere in affidamento preadottivo il concepito entro sette giorni dalla nascita.
  4. Il tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero, omessa ogni altra formalità di procedura, entro sette giorni dalla nascita del concepito dichiarato adottabile, sceglie la coppia e dispone con ordinanza l'affidamento preadottivo, determinandone contestualmente le modalità. La coppia è scelta tra quelle la cui residenza è posta a una distanza non inferiore a 500 chilometri dal luogo di nascita del concepito.
  5. Entrambi i coniugi che ricevono in affidamento preadottivo il neonato assumono l'ufficio di tutori del minore, a seguito della pubblicazione dell'ordinanza che dispone l'affidamento preadottivo.
  6. Il tribunale per i minorenni deve in ogni caso informare i coniugi affidatari sui fatti rilevanti relativi ai genitori del neonato.
  7. Il provvedimento di affidamento preadottivo è immediatamente e, comunque, non oltre dieci giorni, annotato a cura del cancelliere a margine della trascrizione di cui all'articolo 18 della legge 4 maggio 1983, n. 184.
  8. Il tribunale per i minorenni del luogo di residenza dei coniugi affidatari vigila, per due anni, prorogabili di altri due, sul buon andamento dell'affidamento preadottivo, avvalendosi anche del giudice tutelare e dei servizi locali sociali e dei consultori.
  9. L'affidamento preadottivo può essere revocato, d'ufficio ovvero su istanza del pubblico ministero o dei soggetti che esercitano la vigilanza ai sensi del comma 8, dal tribunale per i minorenni che lo ha disposto quando siano accertate obiettive e gravi difficoltà manifestamente insuperabili. Il provvedimento relativo alla revoca è adottato dal tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, con decreto motivato.
  10. Trovano applicazione, ove compatibili, le disposizioni degli articoli 22, 23 e 24 della legge 4 maggio 1983, n. 184.

Art. 7.

  1. Il tribunale per i minorenni che ha disposto l'affidamento preadottivo, decorsi due anni dall'affidamento, eventualmente prorogabili di altri due con ordinanza motivata, sentiti i coniugi affidatari, il pubblico ministero e i soggetti che abbiano esercitato la vigilanza ai sensi dell'articolo 6, comma 8, verifica la sussistenza di tutte le condizioni di cui alla presente legge e, senza altra formalità di procedura, decide sull'adozione con sentenza adottata in camera di consiglio.
  2. Qualora la domanda di adozione sia proposta da coniugi che hanno discendenti, questi, se di età maggiore di quattordici anni, devono essere sentiti.
  3. Se uno dei coniugi muore o diviene incapace durante l'affidamento preadottivo, l'adozione, nell'interesse del minore, può essere ugualmente disposta su istanza dell'altro coniuge nei confronti di entrambi, con effetto, per il coniuge deceduto, dalla data della morte.
  4. Se nel corso dell'affidamento preadottivo interviene la separazione tra i coniugi affidatari, l'adozione può essere disposta nei confronti di uno solo o di entrambi, nell'esclusivo interesse del minore, qualora un coniuge o entrambi ne facciano richiesta.
  5. La sentenza di cui al comma 1 è comunicata al pubblico ministero e ai coniugi adottanti.
  6. Nel caso in cui la sentenza rigetti la domanda di adozione viene meno l'affidamento preadottivo e il tribunale per i minorenni assume gli opportuni provvedimenti provvisori in favore del minore ai sensi dell'articolo 10, comma 3, della legge 4 maggio 1983, n. 184. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.
  7. Trovano applicazione, ove compatibili, le disposizioni degli articoli 26, 27 e 28 della legge 4 maggio 1983, n. 184.