FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 965

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
BENEDETTI
, TASSO, VITIELLO

Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione, cessione e consumo della cannabis e dei suoi derivati

Presentata il 19 luglio 2018

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  Onorevoli Colleghi! — L'attuale sistema normativo in materia di stupefacenti si basa su tre princìpi ispiratori:

    a) il divieto penalmente sanzionato di qualsiasi attività che comporti la destinazione di sostanze stupefacenti a terzi, principio cardine del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, di seguito «testo unico», e sul quale non ha inciso il referendum del 18-19 aprile 1993;

    b) la non punibilità dell'uso personale di sostanze stupefacenti;

    c) il divieto, sanzionato come illecito amministrativo, di importazione, acquisto e comunque detenzione di sostanze stupefacenti destinate all'esclusivo uso personale.

  Con il referendum del 1993 cadde, per effetto della volontà popolare, il divieto di fare uso non autorizzato di sostanze stupefacenti o psicotrope, sancito allora dall'articolo 72, comma 1, del testo unico.
  Gravita, quindi, fuori dal sistema penale esclusivamente il consumo della sostanza stupefacente, essendo punite le condotte che invece mirano alla commercializzazione e alla distribuzione delle stesse sostanze.
  Problema ancora attuale, di conseguenza, nell'ambito della cosiddette «droghe leggere», è la sicura identificazione della «coltivazione punibile», che oscilla tra quella finalizzata al mero consumo personale e quella destinata alla produzione di sostanze da cedere a terzi.
  Il problema fu affrontato, anni or sono, dalla Corte costituzionale (sentenza n. 360 del 1995), che si spinse ad auspicare, con grande lungimiranza, «una disciplina differenziata» per la coltivazione della cannabis: essa è sì un momento eventualmente prodromico al consumo, ma è passibile anche di esiti diversi, rappresentati precisamente dallo spaccio, senza che essi siano fondatamente prevedibili al momento del mero reperimento delle piante, così che non si possa effettivamente capire se quella provata sia una condotta meritevole o no di sanzione penale.
  I tentativi di arginare tale ambiguità con l'attività interpretativa, pur pregevoli, portano – come appare dall'analisi della giurisprudenza in materia – a esiti spesso diversi e incoerenti tra loro, che hanno come effetto finale un'intollerabile disparità di trattamento di determinati imputati dovuta, in definitiva, a una grave carenza di determinatezza dell'attuale normativa in materia di stupefacenti.
  Nello stesso tempo, però, il contrasto della droga attraverso lo strumento penale si è fatto via via più intenso, finché nel 2006, con il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, il legislatore ha imposto pene severissime alle condotte diverse dal consumo, sia che esse riguardassero sostanze di grandissima pericolosità (note come «droghe pesanti»), sia che riguardassero sostanze di cui, quantomeno, fossero ancora discussi effetti e caratteristiche (note come «droghe leggere» e, in particolare, la cannabis).
  Le ambiguità che, come segnalato, toccano i comportamenti prodromici al consumo, come la coltivazione di cannabis, combinate con l'importante innalzamento sanzionatorio imposto nel 2006, hanno determinato numerosissime situazioni in cui la risposta penale rischia di punire severamente anche soggetti che pongano in essere attività, come la coltivazione, che possono essere sintomo, astrattamente, anche di un'eventuale distribuzione a terzi ma che potrebbero ben esaurirsi in una dinamica che si conclude con il consumo personale.
  Inoltre, sussisteva dopo il 2006 un allarmante problema di proporzione tra le condotte legate alle «droghe leggere» e la pena inflitta secondo la legge, che raggiungeva picchi di inaudita severità.
  Come si sa, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 32 del 2014, ha annullato parte della legge che introduceva quella disciplina, ottenendo l'effetto di ripristinare le pene precedenti, differenziate in ragione della sostanza, e inducendo il legislatore a coordinare l'intervento della Corte con il vigente testo unico, in piena coerenza con il principio per cui non è parificabile, sul piano sanzionatorio, l'attività illecita qualunque sia la sostanza coinvolta (decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, convertito, con modificazioni, dalle legge 16 maggio 2014, n. 79).
  Tuttavia, nonostante simili interventi normativi, i nodi di fondo non sembrano sciolti e prendere una posizione decisa e attenta a tutte le esigenze rilevanti è irrinunciabile. Non è da trascurare, infatti, che dalla normativa vigente discende il grave impatto sul sovraffollamento carcerario, il quale è legato a doppio filo alla disciplina sugli stupefacenti da un periodo precedente all'inasprimento sanzionatorio del 2006. Oggi la popolazione dei detenuti è abbondantemente nutrita di imputati e condannati per reati legati agli stupefacenti i quali, fino a poco tempo fa, erano anche molto diversi tra loro nella gravità concreta e in ragione della sostanza oggetto della condotta. Per tutti, si segnala soltanto lo studio della Commissione mista per lo studio dei problemi della magistratura di sorveglianza contenuto nel ricchissimo Quaderno del Consiglio superiore della magistratura n. 60/2013, il quale alle pagine 19 e 20 illustra le modifiche necessarie a lenire l'impatto sanzionatorio in materia di stupefacenti nell'ottica di superare gradualmente l'intasamento carcerario. Ancora oggi, dunque, occorre cercare una soluzione che non preveda necessariamente la pena detentiva quale risposta ad ogni possibile condotta inerente alle sostanze psicotrope.
  La presente proposta di legge è ideata proprio per soddisfare simili esigenze: da un lato, concentrando l'azione di contrasto alle condotte in materia di stupefacenti dove se ne avverta il reale bisogno in ragione della gravità e del tipo di sostanze impiegate; dall'altro, definendo in modo chiaro e inequivocabile il limite dell'uso personale e disciplinando (qui sta la maggiore novità) le condotte ad esso prodromiche come la coltivazione. In tal modo ogni palese ambiguità dovrebbe essere bandita dalla regolamentazione di una materia così importante e la proporzionalità delle pene inflitte dovrebbe rientrare in canoni accettabili che mirano a ricostituire (per quanto possibile in questo periodo storico) anche le principali funzioni della sanzione penale che non siano la punizione cieca e irragionevole; dovrebbe, infine, essere disciplinato l'uso personale ripristinando la chiarezza normativa necessaria al cittadino per regolare la sua azione al fine di restare nella conformità con il diritto obiettivo.
  Il percorso della novella proposto dalla presente iniziativa legislativa si articola in una serie di passaggi segnati dai singoli articoli.
  L'articolo 1 dispone la non punibilità per chi coltivi cannabis alle condizioni stabilite dalla legge. Questa norma fissa un punto di grandissima chiarezza che si contrappone decisamente all'odierna ambiguità. Si tratta di stabilire chiaramente i confini dell'uso personale non punibile e delle condotte ad esso prodromiche come la coltivazione. Una scelta, ovviamente, che il legislatore oggi può fare in ragione della sostanza in questione, dotata di caratteristiche che ne rendono certamente possibile una gestione autonoma da parte del singolo sia per le modalità di produzione (semplice coltivazione) sia per la pericolosità intrinseca, obiettivamente molto bassa.
  Questa norma rende conforme alla legge una coltivazione confinata nell'ambito dell'uso personale, che rientri nei limiti legali, e pone una linea di demarcazione sicura entro la quale il fatto non è punibile, con un grande contributo alla determinatezza della fattispecie. Inoltre, come è intuibile, l'iniziativa rappresenta un passo rilevante nell'ottica di sottrarre alla criminalità organizzata il monopolio della cannabis, così che chi voglia farne uso (condotta già oggi non punibile) non deve ricorrere al mercato criminale, ma dall'eventuale entrata in vigore della legge avrà strumenti e modo per far sì che, fin dall'inizio, la catena di eventi che termina nel consumo sia interamente collocata nell'ambito della legalità.
  La coltivazione deve stabilizzarsi presso il domicilio a cura di un soggetto coltivatore maggiorenne, che avrà l'onere di comunicare la presenza delle piante mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o posta elettronica certificata alla prefettura – ufficio territoriale del Governo territorialmente competente, con ciò fornendo uno strumento utile per inquadrare immediatamente la liceità di una coltivazione domestica, cercando di evitare situazioni di possibile illegalità e controlli a tappeto con risparmio di energie e risorse e riducendo così i disagi agli stessi soggetti coltivatori. L'esenzione dalle sanzioni è limitata alla coltivazione di non più di quattro piante femmine.
  L'articolo 2 interviene sull'articolo 73 del testo unico estendendo – con l'introduzione dei commi 1-bis e 1-ter – la non punibilità alle condotte di importazione, esportazione o comunque ricezione e detenzione relative alle sostanze di cui alla tabella IV del testo unico o a quelle previste dalla tabella II se riferite a quantità superiori a quelle specificamente indicate. Fuori dal luogo di coltivazione, si prevede la non punibilità per la detenzione di quantitativi minimi, salvo che la cannabis sia prescritta dal personale medico per scopo terapeutico, così che potranno essere detenute quantità maggiori sempre in presenza della relativa documentazione sanitaria. Salvo quest'ultimo caso, in cui la quantità è fissata dal medico, quelle passibili di detenzione all'esterno del luogo di coltivazione sono quantità lorde fisse, così che il singolo le possa predeterminare con sicurezza. Questo criterio sembra l'unico adatto a fare in modo che gli individui possano orientare con consapevolezza la propria condotta, laddove il criterio della quantità di principio attivo avrebbe lasciato sempre un ampio margine di incertezza sulla liceità del proprio agire.
  Al nuovo comma 1-quater dell'articolo 73 del testo unico si codificano, invece, i criteri di cui il giudice dovrà tenere conto nell'accertamento della destinazione della sostanza, al fine di evitare, per quanto possibile, troppe disparità di trattamento nei singoli casi concreti.
  All'articolo 3 si disciplinano i fatti di lieve entità, correggendo quello che oggi è un grave difetto di proporzionalità e di ragionevolezza della disciplina (che ha già determinato questioni incidentali di legittimità costituzionale). Infatti, pur essendo differenziate le pene in ragione della sostanza oggetto della condotta, i fatti di lieve entità sono irragionevolmente accomunati da un'unica sanzione (articolo 73, comma 5, del testo unico), che non tiene conto della ripristinata scissione delle fattispecie. Con questa previsione si riproduce la differenza tra sostanze anche nella disciplina dei fatti di lieve entità, come è del tutto inevitabile che sia alla luce della disciplina generale.
  L'articolo 4 sopprime le sanzioni amministrative inerenti alle sole condotte riguardanti le sostanze inserite nelle tabelle II e IV del testo unico, riportando coerentemente nell'alveo della legalità le condotte riguardanti le sostanze meno pericolose. Si abroga, inoltre, il comma 1-bis dell'articolo 75, del testo unico, sostituito dal comma 1-quater dell'articolo 73.
  Con l'articolo 5 si introduce la disciplina dei cannabis social club previsti nella forma di associazioni riconosciute il cui statuto deve prevedere una compagine non inferiore a tre iscritti e lo scopo sociale di coltivazione, senza fini di lucro, di non più di cento piante di cannabis ad esclusivo uso personale degli iscritti. Ciò consentirà a chi non sia in grado o non abbia i mezzi per approntare delle coltivazioni proprie, secondo la legge, di evitare il mercato criminale, rivolgendosi ai club, in un contesto di piena legalità. La norma prescrive che l'autorizzazione alla coltivazione sia soggetta alla sola verifica che nessuno degli associati abbia riportato condanne per i reati di cui all'articolo 416-bis del codice penale e per quelli previsti dagli articoli 70 e 74 del testo unico, poiché tali soggetti sono irrimediabilmente esclusi dalla possibilità di accedere a simili aggregazioni.
  L'articolo 6 prevede un ulteriore inasprimento delle pene di cui all'articolo 73 del testo unico nel caso in cui i destinatari delle condotte illecite siano minori di anni diciotto.
  Con l'articolo 7 si prevede il monitoraggio degli effetti dell'applicazione della legge attraverso l'invio alle competenti Commissioni parlamentari di una relazione annuale a cura dei Ministri dell'interno, della giustizia, della salute e delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo.
  In definitiva, la presente proposta di legge intende collocare il consumo della cannabis, già lecito, nell'alveo della piena legalità, tracciando confini precisi – che oggi mancano – tra ciò che è lecito e ciò che è illecito. Il maggior equivoco, probabilmente responsabile oggi di una buona quota del sovraffollamento carcerario, è quello che porta a pensare che il consumo lecito non possa e non debba essere anche disciplinato e regolamentato. Se non oggetto di precisa normazione, l'attività, pur lecita, è oggi comunque attratta nell'area dell'illecito, dalla quale esce con fatica a costo di evoluzioni giurisprudenziali affidate spesso alla sensibilità del singolo giudice più che alla legge. Oggi si vuole affermare che il legislatore non può sottrarsi ancora al suo compito, cioè quello di disciplinare i fatti della vita che necessitano di regolamentazione, a beneficio dell'individuo e della coerenza del diritto obiettivo. L'attività del consumo e quelle ad esso prodromiche sono oggetto di regolamentazione normativa così che l'ambito della legalità sia facilmente rintracciabile, per l'individuo come per il giudice.
  Inoltre, regolamentando la coltivazione e il consumo della cannabis e sottraendoli chiaramente all'area del penalmente rilevante, si riserva la risposta penale a coloro che davvero la meritano, poiché traggono un beneficio economico dal traffico di sostanze stupefacenti, e si ottengono due risultati rilevanti: ridurre il sovraffollamento degli istituti di detenzione e modulare la reazione statale al problema delle sostanze stupefacenti in modo più proporzionale e rispettoso dell'autonomia dell'individuo.
  Con la regolamentazione dei cannabis social club si cerca di realizzare, poi, l'obiettivo, rilevantissimo, di scindere completamente l'uso di determinate sostanze dal mercato gestito dalla criminalità organizzata: chi può coltivare lo fa, chi non può si rivolge ai club, i quali garantiscono la possibilità del consumo in un contesto legale, controllato e del tutto fuori dall'ambiente criminale. Sembra un primo, importante passo, per sottrarre alla malavita una cospicua porzione di affari nella prospettiva sempre viva di contrastare con ogni mezzo l'impatto delle organizzazioni criminali sulla vita degli individui e dell'intera società.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Coltivazioni e produzioni vietate)

  1. Al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 26 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

   «2-bis. Non sono punibili la coltivazione di cannabis per uso personale e la detenzione dei prodotti da essa ottenuta da parte di un soggetto maggiorenne nel domicilio specificamente e preventivamente indicato ai sensi dell'articolo 27, nel limite di quattro piante femmine»;

   b) all'articolo 27 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

   «3-bis. Il soggetto che intenda coltivare cannabis per uso personale e detenerne il prodotto ai sensi del comma 2-bis dell'articolo 26 deve inviare alla prefettura – ufficio territoriale del Governo territorialmente competente una comunicazione mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o posta elettronica certificata che indichi le generalità del soggetto che intende effettuare la coltivazione e l'indicazione del luogo di svolgimento di tale attività, che deve coincidere con il domicilio del soggetto, allegando inoltre la copia di un documento d'identità valido. La coltivazione e la detenzione del prodotto sono consentite dalla data di invio della comunicazione»;

   c) al comma 1 dell'articolo 17 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, fatto salvo quanto previsto dal comma 2-bis dell'articolo 26».

Art. 2.
(Detenzione di sostanze stupefacenti)

  1. All'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 1, dopo la parola: «Chiunque,» sono inserite le seguenti: «fatto salvo quanto previsto dal comma 2-bis dell'articolo 26,»;

   b) dopo il comma 1-bis sono inseriti i seguenti:

   «1-ter. Non è punibile chi per uso personale importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene le sostanze di cui alla tabella IV prevista dall'articolo 14.
   1-quater. Non è punibile chi per uso personale importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene fuori dal luogo di coltivazione previsto all'articolo 26, comma 2-bis, le sostanze di cui alla tabella II prevista dall'articolo 14 in misura non superiore a 5 grammi lordi, innalzati a 15 grammi lordi per la detenzione in privato domicilio diverso dal luogo di coltivazione. Fuori dal luogo di coltivazione non è punibile il soggetto che detiene quantità maggiori di quelle previste dal presente comma, previa prescrizione medica e nella misura indicata dalla prescrizione stessa, che il detentore deve sempre portare con sé in originale, insieme a un documento d'identità valido. Nella prescrizione il medico deve indicare le generalità del soggetto abilitato alla detenzione della sostanza, la patologia per la quale si rende necessaria la terapia a base di tetraidrocannabinolo (THC) e i motivi che rendono necessaria la detenzione fuori dal luogo di coltivazione di una quantità di sostanza eccedente i limiti fissati. In assenza di tali indicazioni o in assenza della prescrizione stessa si applicano i limiti previsti dal presente comma.
   1-quinquies. Ai fini dell'accertamento della destinazione ad uso personale della sostanza stupefacente o psicotropa ovvero del medicinale di cui alle tabelle I, III e IV previste dall'articolo 14 si tiene conto delle seguenti circostanze:

   a) che la quantità di sostanza stupefacente o psicotropa non sia superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro della giustizia, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche antidroga, nonché della modalità di presentazione delle sostanze stupefacenti o psicotrope, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato ovvero ad altre circostanze dell'azione, da cui risulti che le sostanze sono destinate ad un uso personale;

   b) che i medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nella tabella IV, sezioni A, B, C e D, prevista dall'articolo 14 non eccedano il quantitativo prescritto».

Art. 3.
(Fatti di lieve entità)

  1. Il comma 5 dell'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è sostituito dal seguente:

   «5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dall'articolo 73 che, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità è punito con le pene della reclusione da uno a sei anni e della multa da euro 2.064 a euro 13.000 relativamente alle sostanze di cui alle tabelle I e III previste dall'articolo 14, ovvero con le pene della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da euro 1.032 a euro 6.500 relativamente alle sostanze di cui alle tabelle II e IV previste dall'articolo 14».

Art. 4.
(Condotte integranti illeciti amministrativi)

  1. All'articolo 75 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 1, alinea, le parole: «, e per un periodo da uno a tre mesi, se si tratta di sostanze stupefacenti o psicotrope comprese nelle tabelle II e IV previste dallo stesso articolo,» sono soppresse;

   b) il comma 1-bis è abrogato.

Art. 5.
(Autorizzazioni)

  1. Dopo l'articolo 17 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è inserito il seguente:

   «Art. 17-bis. – (Cannabis social club).1. È consentita la costituzione, ai sensi del titolo II del libro primo del codice civile, di associazioni senza scopo di lucro denominate cannabis social club, aventi come scopo la coltivazione di cannabis e la detenzione dei prodotti da essa ottenuti per il consumo personale degli associati.
   2. I cannabis social club devono essere costituiti da un minimo di tre soggetti e possono avere fino a un massimo di cinquanta associati e di cento piante femmine coltivate, fermo restando il rispetto del rapporto massimo di due piante coltivate per ogni associato. La coltivazione delle piante e la detenzione del prodotto da esse ottenuto devono essere effettuate nella sede dell'associazione. Gli associati devono essere maggiori di anni diciotto ed essere residenti in Italia. È consentito associarsi a un solo cannabis social club.
   3. Non possono costituire cannabis social club o comunque diventarne associati i soggetti che abbiano riportato condanne definitive per i reati di cui all'articolo 416-bis del codice penale e di cui agli articoli 70 e 74 del presente testo unico.
   4. In caso di violazione delle disposizioni del presente articolo, l'associazione è sciolta con atto del prefetto e i componenti dell'organo amministrativo non possono fare parte di cannabis social club per due anni successivi all'accertamento della violazione o cinque anni nel caso di ammissione di soggetti minorenni ovvero dei soggetti di cui al comma 3. Si applicano gli articoli 73, 74 e 79 nel caso in cui la violazione delle disposizioni del presente articolo integri le specifiche condotte sanzionate dagli stessi».

Art. 6.
(Aggravanti specifiche)

  1. All'articolo 80 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 1, la lettera a) è abrogata;

   b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

   «1-bis. Le pene previste per i delitti di cui all'articolo 73 sono aumentate della metà nei casi in cui le sostanze stupefacenti e psicotrope sono consegnate o comunque destinate a persona minore di età».

Art. 7.
(Disposizioni per il monitoraggio dei dati)

  1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, i Ministri dell'interno, della giustizia, della salute e delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo inviano con cadenza annuale alle competenti Commissioni parlamentari una relazione sullo stato di attuazione della medesima legge.

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