FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 3135

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
SERRACCHIANI, FRAGOMELI, UBALDO PAGANO, DE MICHELI, CIAGÀ, BURATTI, SANI, CIAMPI, NAVARRA, LA MARCA, MORGONI, TOPO, DE FILIPPO, DE LUCA, LEPRI, LATTANZIO, ROTTA, MURA, BERLINGHIERI, BONOMO

Delega al Governo per l'introduzione di agevolazioni tributarie per il secondo percettore di reddito nelle famiglie a basso reddito e in favore delle lavoratrici che riprendono il lavoro dopo la maternità

Presentata il 25 maggio 2021

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  Onorevoli Colleghi! — L'evoluzione del sistema dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e l'introduzione di nuovi benefìci hanno creato una realtà complessa, che rischia di produrre effetti disincentivanti sull'offerta di lavoro che devono essere individuati ed eliminati, ai fini di una tassazione che permetta una maggiore crescita economica.
  Tutte le organizzazioni internazionali e gli esperti sono d'accordo nell'affermare che il lavoro femminile è il motore della crescita economica e crea gettito e, pertanto, ogni disincentivo fiscale al lavoro femminile dovrebbe essere rimosso per garantire maggiore efficienza e crescita.
  Attualmente, con un tasso di occupazione femminile pari al 42,1 per cento, l'Italia è tra gli ultimi Paesi europei e si corre il rischio concreto di un'ulteriore riduzione a causa della pandemia di COVID-19. L'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ha accertato che il 60 per cento dei posti persi nel 2020 erano precedentemente occupati dalle donne.
  L'unità impositiva dell'IRPEF è l'individuo e questo approccio, a differenza di altri sistemi europei di tassazione come il quoziente familiare francese o lo splitting tedesco (che implicano un disincentivo all'offerta del secondo percettore di reddito), consentirebbe, in via teorica, la neutralità verso l'offerta di lavoro del secondo percettore di reddito (costituito per il 95 per cento dalle donne), in quanto permette di calcolare l'aliquota marginale su base individuale, quindi indipendentemente dal reddito del primo percettore in famiglia e dalla condizione di coniuge, convivente o single. La risoluzione del Parlamento europeo 2018/2095(INI) del 15 gennaio 2019, sulla parità di genere e le politiche fiscali nell'Unione europea, ribadisce che la tassazione individuale sia da preferire a qualsiasi alternativa su base familiare.
  La neutralità dell'IRPEF verso l'offerta di lavoro del secondo percettore di reddito, tuttavia, viene meno in caso di benefit basati sul reddito familiare. L'attuale sistema genera aliquote effettive (cioè la proporzione di reddito da lavoro addizionale persa quando una persona senza lavoro inizia a lavorare a un dato salario) elevate per il secondo percettore di reddito se entra nel mercato del lavoro con livelli moderati di salario. In altri termini, si evidenzia un disincentivo all'ingresso nel mercato del lavoro.
  Pur affrontando il problema dal lato fiscale, rimane la consapevolezza che sono comunque necessari importanti riforme strutturali e investimenti che coinvolgono anche il lato della spesa pubblica.
  In quest'ottica, il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è l'occasione per inserire pienamente le donne nella vita sociale ed economica del Paese e per raggiungere l'obiettivo fissato dal Consiglio europeo di Lisbona, che prevede un tasso di occupazione femminile superiore al 60 per cento (si stima che servano almeno 1.550.000 nuove occupate nei prossimi anni). Il potenziamento della rete educativa degli asili nido e delle scuole d'infanzia a supporto della missione educativa delle famiglie rientra tra le grandi questioni di modernità, di competitività e di civiltà per il nostro Paese.
  Sotto il profilo meramente fiscale, invece, una donna lavoratrice, se usufruisce del congedo parentale, riceve il 30 per cento della retribuzione media giornaliera, se, invece, ritorna al lavoro dopo la maternità obbligatoria, non ha nessun beneficio fiscale. Inoltre, questo sistema appare regressivo in quanto avvantaggia le famiglie con redditi più alti, che possono scegliere di rinunciare a una parte del reddito. La scelta di tornare al lavoro è, inoltre, influenzata dai conseguenti costi che le famiglie devono sostenere per l'attività di «babysitteraggio» e per l'iscrizione all'asilo nido nei primi anni di vita dei bambini.
  Per quanto concerne l'Italia, è stato stimato che l'abolizione della detrazione per il coniuge sostituita con un credito d'imposta individuale aumenterebbe la partecipazione femminile al mercato del lavoro di 3 punti percentuali (Colonna e Marcassa, 2015).
  La presente proposta di legge è volta a introdurre un complesso organico di disposizioni per la tassazione agevolata del secondo percettore di reddito nella famiglia (TASP) al fine di realizzare i seguenti obiettivi:

   a) modificare l'approccio culturale passando da una politica di sovvenzione a una politica di incentivazione dell'inserimento lavorativo, cambiando la visione per la quale l'esperienza della maternità risulterebbe penalizzante ai fini della carriera; vi è un tema valoriale che va oltre il vantaggio fiscale che viene concesso; in particolare, viene superata la figura «patriarcale» in termini fiscali, secondo la quale l'unico depositario dei benefìci fiscali risulta essere il primo percettore della famiglia (in genere un uomo);

   b) incentivare l'offerta di lavoro del secondo percettore di reddito nelle famiglie con l'obiettivo di rilanciare la crescita economica;

   c) rilanciare l'occupazione femminile;

   d) sviluppare politiche attive del lavoro;

   e) contrastare la riduzione demografica;

   f) far emergere il lavoro nero;

   g) fornire un'ulteriore possibilità di scelta alle donne che intendono tornare nel mondo del lavoro dopo il congedo di maternità obbligatorio ma che, allo stato attuale, non possono farlo a causa dei costi che la famiglia dovrebbe sostenere (baby sitter, asili nido) e che rendono poco conveniente il ritorno al lavoro;

   h) ridurre il periodo di allontanamento dal lavoro nei contesti in cui la continuità è importante per non dover rinunciare alla propria carriera.

  L'articolo 1 della presente proposta di legge, pertanto, al comma 1 prevede, al fine di incentivare l'offerta di lavoro del secondo percettore di reddito nelle famiglie con l'obiettivo di rilanciare la crescita economica e l'occupazione, in particolare quella femminile, nonché di sviluppare politiche attive per il lavoro e di contrastare la riduzione demografica e il fenomeno del lavoro irregolare, che il Governo sia delegato ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per l'introduzione di agevolazioni tributarie per il secondo percettore di reddito nelle famiglie a basso reddito, in conformità ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali: a) prevedere misure di sostegno economico per l'inserimento lavorativo del coniuge con il reddito più basso nelle famiglie con doppio reddito e del coniuge disoccupato nelle famiglie monoreddito; b) prevedere misure volte a favorire il rientro al lavoro dopo il periodo di astensione obbligatorio per maternità.
  Si deve ricordare che in presenza di un'imposta nulla (incapienza), anche l'effetto redistributivo delle detrazioni si annulla. La presente proposta di legge, pertanto, intende trasformare, in particolare per i redditi più bassi, le detrazioni in crediti d'imposta ai fini dell'IRPEF, che saranno fruibili attraverso i rimborsi da parte dell'amministrazione finanziaria.
  In merito alle disposizioni della lettera a) per incentivare l'inserimento nel mondo del lavoro del secondo percettore di reddito nelle famiglie a basso reddito, sono previsti interventi per destinare l'attuale detrazione per il coniuge a carico a favore del citato secondo percettore di reddito.
  A legislazione vigente, il coniuge è considerato a carico del primo percettore di reddito qualora abbia un reddito inferiore a 2.840,51 euro per anno d'imposta. L'ammontare della detrazione (percepita dal soggetto con il reddito più alto) non è fisso, ma varia in funzione del reddito complessivo posseduto nel periodo d'imposta. L'importo della detrazione per il coniuge a carico è di circa 700 euro per i redditi fino a 40.000 euro e al di sopra di tale reddito la detrazione diminuisce progressivamente fino ad azzerarsi al raggiungimento di 80.000 euro. La presente proposta di legge intende trasformare la detrazione, anche qualora si superi il limite di reddito di 2.840,51 euro del secondo percettore, in un credito d'imposta a favore dello stesso secondo percettore così da non disincentivare la ricerca di occupazione. Questo assunto, naturalmente, è valido fino a una determinata soglia di reddito, perché oltre tale soglia non sussiste più il disincentivo all'offerta di lavoro ed è valido per le famiglie che hanno un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) fino a 30.000 euro. Pertanto, si prevede che per i redditi fino a 29.000 euro si ha diritto a un credito d'imposta a favore del secondo percettore in modo pieno, corrispondente all'attuale detrazione per il coniuge a carico, e per i redditi da 29.001 a 40.000 euro si prevede la fruizione del beneficio sotto forma di detrazione in modo decrescente fino all'azzeramento al raggiungimento del limite massimo di 40.000 euro. La misura è comunque ipotizzata a termine e per i primi tre anni di attività lavorativa con contratto di lavoro a tempo indeterminato al fine di stabilizzare il rapporto di lavoro. Rimane ferma l'attuale detrazione per il coniuge a carico per tutti i casi in cui il coniuge abbia redditi inferiori a 2.840,51 euro.
  Inoltre, qualora il nucleo familiare abbia un valore dell'ISEE inferiore a 9.360 euro e sia in possesso di tutti gli altri requisiti necessari per il riconoscimento del reddito di cittadinanza, la presente proposta di legge prevede di continuare a concedere la metà del reddito di cittadinanza percepito dal secondo percettore sotto forma di credito d'imposta. In tal modo si incentiva anche una politica attiva del lavoro, ovvero interventi volti a promuovere e favorire l'occupazione (inserimento e reinserimento lavorativo), e l'occupabilità (migliore spendibilità del profilo della persona e maggiore vicinanza al mercato del lavoro) che, con il meccanismo attuale del reddito di cittadinanza, stentano a decollare (per citare solo un dato, secondo l'Osservatorio sul reddito e pensione di cittadinanza dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, su un totale di 700.000 beneficiari, solo 50.000 hanno firmato il Patto per il lavoro).
  Alla scadenza del godimento del beneficio, la presente proposta di legge prevede, per la medesima famiglia, il riconoscimento di un credito d'imposta a favore del secondo percettore di reddito che trova lavoro, per i successivi diciotto mesi, corrispondente al massimo al 50 per cento della retribuzione media giornaliera e, comunque, non superiore a 500 euro mensili per il pagamento documentato di rette scolastiche o di personale con contratto a tempo indeterminato dedicato alle attività di cura e di educazione dei figli minorenni.
  Quanto all'incentivo al rientro al lavoro per le madri, successivamente al periodo di astensione obbligatorio, si deve rilevare che, a normativa vigente, una donna che ritorna al lavoro dopo il periodo di astensione obbligatorio non ha alcun beneficio economico. Inoltre, la famiglia è costretta ad affrontare ingenti costi legati ai servizi di cura dei figli minorenni. Per i redditi più bassi il ritorno al lavoro diviene, in alcuni casi, sconveniente e pertanto, il più delle volte, la madre è costretta a fruire dei congedi parentali pari al 30 per cento della retribuzione media giornaliera. La presente proposta di legge, all'articolo 3, intende concedere un aiuto al reddito in modo da rendere conveniente il ritorno al lavoro rispetto alla fruizione dell'attuale congedo parentale al 30 per cento che è previsto per un periodo massimo di sei mesi ed è fruibile dalla madre o dal padre entro i primi sei anni di età del bambino. Dai sei anni e un giorno agli otto anni di età del bambino, il congedo è fruibile per la parte ancora non goduta ma è retribuito al 30 per cento solo se il reddito individuale del genitore richiedente risulta inferiore a 2,5 volte l'importo annuo del trattamento minimo di pensione (16.756,35 euro); dagli otto anni e un giorno ai dodici anni di età del bambino il congedo non è indennizzato.
  Rispetto all'attuale congedo parentale, la presente proposta di legge, all'articolo 3, comma 1, lettera a), prevede il riconoscimento di un credito d'imposta a favore delle donne che rientrano al lavoro dopo il periodo di astensione obbligatorio per maternità fruibile fino al terzo anno di vita del bambino, o dall'ingresso in famiglia in caso di adozione o di affidamento, corrispondente al massimo all'equivalente contributo previsto per il congedo parentale corrisposto al 30 per cento della retribuzione media giornaliera, dietro presentazione di documenti di spesa attestanti il pagamento di rette scolastiche di personale con contratto a tempo indeterminato dedicato alle attività di cura e di educazione dei figli minorenni, così da sostenere la famiglia nell'affrontare le spese fino all'iscrizione alla scuola dell'infanzia.
  Rimane comunque rimessa alla libera scelta della famiglia la possibilità di continuare a fruire del congedo parentale in modo continuativo e, al termine dei sei mesi previsti dalla legge, tornare al lavoro beneficiando dell'aiuto al reddito fino ai tre anni di età del bambino.
  La misura proposta porterebbe molti benefìci anche per l'economia del Paese, incrementando l'occupazione e creando nuovi posti di lavoro; aiuterebbe, inoltre, l'emersione dei contratti irregolari creando, al contempo, un nuovo mercato per figure professionali dedicate alla cura e all'educazione dei minori e strutturando un sistema di offerta di servizi.
  La misura è compatibile e non sostitutiva del beneficio previsto dal nuovo assegno unico universale per i figli di età inferiore a ventun anni, prefigurando un rafforzamento di tale intervento per una specifica funzione, che è quella di coprire le spese per la cura dei figli nelle ore di assenza dei genitori, ed è pensata per favorire i redditi medio-bassi applicando un beneficio minimo garantito di 200 euro mensili e un limite massimo di 500 euro mensili fino a 26.000 euro di reddito. In caso di redditi superiori a 26.000 euro è prevista una riduzione progressiva del beneficio al crescere del reddito che si azzera al raggiungimento di 40.000 euro annui.
  Nel caso di redditi molto bassi, tuttavia, l'incremento salariale del 30 per cento non permetterebbe comunque alla famiglia di sostenere le spese per la cura dei figli. La presente proposta di legge, pertanto, intende incrementare, per le famiglie con un valore dell'ISEE fino a 30.000 euro, i redditi del secondo percettore con un bonus sotto forma di credito d'imposta per un importo corrispondente al 50 per cento del salario, comunque non inferiore a 200 euro mensili e con un limite massimo di 500 euro mensili e vincolato a un contratto di assunzione a tempo indeterminato di personale addetto alla cura dei figli.
  L'articolo 4 della presente proposta di legge prevede le risorse per l'attuazione della stessa. In particolare, si prevede che i benefìci, che saranno concessi dal 2021 al 2026, sono fruibili da coloro che maturano i diritti fino il 31 dicembre 2023. Questa modalità sperimentale è necessaria, in particolare, per far coincidere il periodo di copertura finanziaria delle misure con il periodo di finanziamento europeo del PNRR che destina all'Italia ingenti risorse, superiori a 300 miliardi di euro, di cui 210 miliardi di euro del programma Next Generation UE, integrate dai fondi stanziati con la programmazione di bilancio 2021-2026.
  Ulteriori risorse da destinare alle misure si otterranno dal maggior gettito dell'IRPEF derivante dall'emersione dei contratti di lavoro irregolare e per effetto dell'incentivo alle nuove assunzioni.
  Il comma 2 dell'articolo 4 prevede, infine, la clausola di salvaguardia finanziaria secondo la quale qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno o mediante l'utilizzo delle risorse del PNRR essi sono adottati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie, in conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
  L'articolo 5 prevede due clausole di salvaguardia. In particolare, il comma 1 prevede l'applicazione dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega di cui alla presente proposta di legge nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione e il comma 2 prevede la salvaguardia dei benefìci precedenti. In ultimo, l'articolo 6 disciplina il procedimento per l'adozione dei decreti legislativi.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Oggetto della delega al Governo e princìpi e criteri direttivi generali)

  1. Al fine di incentivare, mediante l'introduzione di forme di tassazione agevolata del secondo percettore di reddito nella famiglia, l'offerta di lavoro con l'obiettivo di rilanciare la crescita economica e l'occupazione, in particolare quella femminile, nonché di sviluppare politiche attive per il lavoro e di contrastare la riduzione demografica e il fenomeno del lavoro irregolare, il Governo è delegato ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per l'introduzione di agevolazioni tributarie per il secondo percettore di reddito nelle famiglie a basso reddito, in conformità ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

   a) prevedere misure di sostegno economico per l'inserimento lavorativo del coniuge con il reddito più basso nelle famiglie con doppio reddito e del coniuge disoccupato nelle famiglie monoreddito secondo i princìpi e criteri direttivi specifici di cui all'articolo 2;

   b) prevedere misure per favorire il rientro al lavoro dopo il periodo di astensione obbligatorio per maternità, secondo i princìpi e criteri direttivi specifici di cui all'articolo 3.

Art. 2.
(Princìpi e criteri direttivi specifici in materia di sostegno economico per l'inserimento lavorativo del secondo percettore di reddito nelle famiglie a basso reddito)

  1. Il decreto legislativo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), è adottato nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:

   a) riconoscimento, per i primi tre anni di attività lavorativa, svolta con contatto di lavoro a tempo indeterminato, di un credito d'imposta in favore del secondo percettore di reddito, nelle famiglie con un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) fino a 30.000 euro, per redditi del secondo percettore fino a 29.000 euro, pari all'ammontare calcolato sul reddito del secondo percettore ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di detrazioni per carichi di famiglia;

   b) riconoscimento, per i primi tre anni di attività lavorativa, svolta con contatto di lavoro a tempo indeterminato, di una detrazione fiscale in favore del secondo percettore di reddito, nelle famiglie con un valore dell'ISEE fino a 30.000 euro, per redditi del secondo percettore da 29.001 a 40.000 euro, che decresce a fino ad azzerarsi al raggiungimento del limite massimo di 40.000 euro di reddito;

   c) riconoscimento di un credito d'imposta in favore del secondo percettore di reddito in possesso dei requisiti economici, di cittadinanza e di residenza necessari per fruire del reddito di cittadinanza, pari al 50 per cento dell'ammontare percepito prima dell'assunzione con contratto a tempo indeterminato. Alla scadenza di tale beneficio, riconoscimento di un credito d'imposta, per i successivi diciotto mesi, corrispondente al massimo al 50 per cento della retribuzione media giornaliera e, comunque, non superiore a 500 euro mensili, dietro presentazione di documenti di spesa attestanti il pagamento di rette scolastiche o di personale con contratto a tempo indeterminato dedicato alle attività di cura e di educazione dei figli minorenni;

   d) coordinamento con le disposizioni in materia di reddito di cittadinanza di cui al capo I del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, assicurando l'equilibrio e l'integrazione nell'applicazione del citato reddito di cittadinanza e del credito d'imposta di cui alla lettera c) del presente comma.

Art. 3.
(Princìpi e criteri direttivi specifici in materia di misure per favorire il rientro al lavoro dopo il periodo di astensione obbligatoria per maternità)

  1. Il decreto legislativo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), è adottato nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:

   a) riconoscimento di un credito d'imposta a favore delle donne che rientrano al lavoro dopo il periodo di astensione obbligatoria per maternità fruibile fino al terzo anno di età del bambino o dall'ingresso in famiglia in caso di adozione o di affidamento, corrispondente al massimo all'equivalente contributo previsto per il congedo parentale corrisposto al 30 per cento della retribuzione media giornaliera, dietro presentazione di documenti di spesa attestanti il pagamento di rette scolastiche o di personale con contratto a tempo indeterminato dedicato alle attività di cura e di educazione dei figli minorenni;

   b) concessione del beneficio di cui alla lettera a) alle donne con rapporto di lavoro a tempo pieno e a tempo parziale, prevedendo che la riduzione di orario non può essere superiore al 50 per cento;

   c) previsione di un limite minimo garantito del beneficio di cui alla lettera a) pari a 200 euro mensili e di un limite massimo pari a 500 euro mensili per redditi fino a 26.000 euro;

   d) previsione di una riduzione progressiva del beneficio di cui alla lettera a) oltre 26.000 euro di reddito con azzeramento al raggiungimento di 40.000 euro di reddito;

   e) previsione di un incremento della percentuale di cui alla lettera a) al 50 per cento per le famiglie con un valore dell'ISEE fino a 30.000 euro, ferma restando l'applicazione dei limiti di cui alla lettera c);

   f) coordinamento con le disposizioni vigenti in materia di congedi parentali e di assegno unico universale per il sostegno dei figli a carico, assicurando l'adeguata compatibilità.

Art. 4.
(Disposizioni finanziarie)

  1. All'attuazione delle disposizioni degli articoli 1, 2 e 3 della presente legge si provvede, in via sperimentale, attraverso l'erogazione dei benefìci ivi previsti, per gli anni dal 2021 al 2026, ai soggetti che maturano i diritti fino il 31 dicembre 2023, nei limiti delle risorse iscritte nel Fondo di cui all'articolo 1, comma 1037, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, nell'ambito dei progetti finanziati dal dispositivo di ripresa e resilienza dell'Unione europea con le modalità previste dal comma 1040 del medesimo articolo 1 della legge n. 178 del 2020, nonché delle risorse rivenienti dal maggior gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche derivante dall'emersione dei contratti di lavoro irregolare e per effetto dell'incentivo alle nuove assunzioni.
  2. All'attuazione delle disposizioni degli articoli 1, 2 e 3 si provvede nei limiti delle risorse di cui al comma 1 del presente articolo. Qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno o mediante l'utilizzo delle risorse di cui al comma 1, essi sono adottati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie, in conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

Art. 5.
(Clausole di salvaguardia)

  1. Le disposizioni dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega prevista dalla presente legge sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, anche con riferimento all'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
  2. Qualora il beneficio complessivo per la famiglia derivante dall'attuazione della delega di cui alla presente legge risulti inferiore al beneficio complessivo fruito prima della data di entrata in vigore della presente legge, il Governo è delegato ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge, uno o più decreti legislativi volti a introdurre strumenti di compensazione.

Art. 6.
(Procedimento per l'adozione dei decreti legislativi)

  1. Gli schemi dei decreti legislativi di cui alla presente legge sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti legislativi possono essere comunque adottati. Se il termine per l'espressione del parere scade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine di cui all'articolo 1, comma 1, o successivamente, quest'ultimo è prorogato di novanta giorni.
  2. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui alla presente legge e con la procedura di cui al citato comma 1, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi.

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