FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 3106

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
FERRARESI, BONAFEDE, ASCARI, SARTI, CATALDI, DI SARNO, D'ORSO, GIULIANO, PERANTONI, SAITTA, SALAFIA, SCUTELLÀ, DAVIDE AIELLO, BALDINO, CASO, MIGLIORINO, PALMISANO, DORI, ELISA TRIPODI

Modifiche all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di concessione dei benefìci penitenziari e di accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni gravi delitti, nonché delega al Governo in materia di accentramento della competenza del magistrato e del tribunale di sorveglianza per i giudizi riguardanti i detenuti o internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, comma 2, della medesima legge

Presentata l'11 maggio 2021

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  Onorevoli Colleghi! – La Corte costituzionale, con la sentenza n. 253 del 23 ottobre-4 dicembre 2019, ha dichiarato incostituzionale l'articolo 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di ordinamento penitenziario, nella parte in cui – si legge nel relativo comunicato stampa – «non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l'attualità della partecipazione all'associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata. Sempre che, ovviamente, il condannato abbia dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo», con la conseguenza, quindi, che i capi mafiosi, condannati all'ergastolo per stragi e omicidi, potranno ottenere permessi premio, anche se non collaborano con la giustizia. Dopo la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 13 giugno 2019 nella causa Marcello Viola contro Italia (n. 2), causa n. 77633/16, si è trattato, di fatto, di un altro colpo mortale all'ergastolo cosiddetto «ostativo»: la condanna a vita che impedisce la concessione di benefìci ai detenuti per mafia, stragi e omicidi che si rifiutano di rompere i legami con le rispettive organizzazioni criminali.
  Con la sentenza della Corte costituzionale, in particolare, la pericolosità dei condannati all'ergastolo ostativo non è più presunta dalla legge, ma è verificata, caso per caso, dai magistrati di sorveglianza, come avviene per tutti gli altri detenuti, sottoponendo, tra l'altro, gli stessi magistrati a forti pressioni e pericoli di condizionamento dovuti all'elevata pericolosità sociale dei detenuti i cui casi sono oggetto di decisione. L'11 maggio 2021, la stessa Corte costituzionale, con l'ordinanza n. 97, si è pronunciata, peraltro, sul ricorso della I sezione penale della Corte di cassazione circa l'esclusione dalla liberazione condizionale, in assenza di collaborazione con la giustizia, per i condannati per reati di mafia. Si tratta di una pronuncia assai delicata, che riguarda circa 1.271 condannati attualmente all'ergastolo ostativo, cioè senza possibilità di revisione della pena, tra i circa 1.700 detenuti sottoposti a tale regime.
  A seguito di tali pronunce appare evidente la necessità di un intervento correttivo mediante cui il legislatore introduca adeguati criteri e princìpi per concedere o negare i permessi premio e ogni altro tipo di beneficio ai condannati per reati legati alla criminalità organizzata cui si applicava il regime «ostativo», disciplinando la discrezionalità dei giudici di sorveglianza per quanto riguarda il percorso rieducativo, il risarcimento del danno e i collegamenti con la criminalità organizzata. Come segnalato anche dal procuratore aggiunto della direzione distrettuale antimafia di Milano Alessandra Dolci – un magistrato con un'esperienza ventennale nel contrasto della ‘ndrangheta – «il giudizio» sulla rescissione dei legami mafiosi da parte di chi chiede l'accesso ai benefìci penitenziari «dovrà essere reale, effettivo, concreto».
  L'obiettivo della presente proposta di legge è, inoltre, quello di garantire l'uniformità delle decisioni a livello nazionale per quanto concerne i giudizi riguardanti i detenuti o gli internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, comma 2, della legge n. 354 del 1975, per i delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, nonché per i delitti di cui all'articolo 416-bis del codice penale o commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni in esso previste, assicurando, nel contempo, una maggiore tutela ai soggetti che dovranno prendere queste delicate decisioni.
  La presente proposta di legge, inoltre, è volta a introdurre modifiche alla legislazione vigente che impediscano ai responsabili di reati molto gravi – in conseguenza dei quali sono stati condannati a pene tanto rigide – di ottenere permessi e altri benefìci senza meritarli e con gravi pericoli per la collettività.
  Per i motivi esposti e tenuto conto della citata ordinanza della Corte costituzionale, che ha rinviato a maggio 2022 la trattazione sul tema, dando al legislatore il tempo necessario per intervenire, si auspicano una forte convergenza da parte delle forze politiche parlamentari e un celere esame della presente proposta di legge, che si compone di cinque articoli.
  L'articolo 1 modifica l'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di divieto di concessione dei benefìci e di accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni delitti. Nello specifico, si prevede che:

   a) l'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e agli internati, anche nel caso in cui i condannati abbiano già espiato la parte di pena relativa ai delitti indicati dalla norma, quando, in caso di esecuzione di pene concorrenti, sia stata accertata dal giudice della cognizione o dell'esecuzione la connessione tra i reati la cui pena è in esecuzione;

   b) i benefìci possono essere concessi ai detenuti o agli internati purché siano stati acquisiti elementi tali da escludere con certezza l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e il pericolo del ripristino di tali collegamenti;

   c) i benefìci, al di fuori dei casi espressamente già esclusi dalla legge, possono essere concessi ai detenuti condannati alla pena dell'ergastolo per i delitti ivi previsti, anche in assenza di collaborazione con la giustizia, purché, oltre alla regolare condotta carceraria e alla partecipazione al percorso rieducativo, si dimostri l'integrale adempimento delle obbligazioni civili e delle riparazioni pecuniarie derivanti dal reato o l'assoluta impossibilità di tale adempimento e si forniscano elementi concreti, diversi e ulteriori rispetto alla mera dichiarazione di dissociazione dall'eventuale organizzazione criminale di appartenenza, che consentano di escludere con certezza l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto in cui il reato è stato commesso, nonché di escludere con certezza il pericolo di ripristino di tali collegamenti, tenendo conto delle circostanze personali e ambientali. Il condannato deve, inoltre, giustificare e indicare le specifiche ragioni della mancata collaborazione;

   d) in caso di condanna in solido, l'adempimento per le sole obbligazioni civili pecuniarie derivanti dal reato si considera integrale con il pagamento di una quota dell'obbligazione proporzionata al numero degli obbligati;

   e) ai fini della concessione dei benefìci, il giudice decide, acquisite dettagliate informazioni per il tramite del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo dove è intervenuta la condanna di primo grado e, se diverso, anche di quello competente in relazione al luogo di dimora abituale del condannato all'epoca dell'esecuzione della condanna. Al suddetto comitato provinciale può essere chiamato a partecipare, anche mediante collegamento da remoto, il direttore dell'istituto penitenziario in cui il condannato è detenuto o internato;

   f) il giudice, prima di decidere sull'istanza, chiede il parere del pubblico ministero presso l'organo giudiziario che ha emesso la sentenza di primo grado o, se si tratta di condanne per i delitti indicati dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Inoltre, il giudice acquisisce informazioni dalle direzioni degli istituti ove l'istante è detenuto o internato e, se omette di richiederle, unitamente al parere, o se decide prima della scadenza dei termini indicati ovvero se omette di esporre gli specifici motivi per i quali non ha ritenuto rilevanti le richieste istruttorie ovvero gli elementi forniti dal pubblico ministero, il provvedimento di accoglimento anche parziale dell'istanza del condannato è inefficace;

   g) quando sussistono particolari esigenze di sicurezza ovvero emergono collegamenti anche solo potenziali con organizzazioni operanti in ambiti non locali o transnazionali, il termine concesso al giudice per la decisione è prorogato di ulteriori trenta giorni, al fine di acquisire elementi e informazioni da parte dei competenti organi centrali;

   h) l'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI del titolo I della legge n. 354 del 1975 non possono essere concessi ai detenuti e agli internati per delitti dolosi quando il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo o il procuratore distrettuale antimafia comunica, d'iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione o internamento o del luogo ove è intervenuta la condanna di primo grado, l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata o il pericolo che tali collegamenti possano essere ripristinati.

  Le disposizioni di cui alle lettere c) e d) si applicano anche ai detenuti o agli internati per taluno dei delitti indicati per la concessione dei permessi premio di cui all'articolo 30-ter della legge n. 354 del 1975, anche se non condannati alla pena dell'ergastolo.
  L'articolo 2 conferisce al Governo una delega legislativa nella materia, da esercitare nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

   a) accentrare presso il tribunale di sorveglianza di Roma, con contestuale adeguamento della sua pianta organica, le decisioni del magistrato e del tribunale di sorveglianza riguardanti i detenuti o internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, comma 2, della legge n. 354 del 1975 per delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, nonché per i delitti di cui all'articolo 416-bis del codice penale, o commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni in esso previste;

   b) prevedere la competenza del tribunale di sorveglianza per le decisioni relative alle modalità esecutive del regime previsto dall'articolo 41-bis, comma 2, della legge n. 354 del 1975, nonché per il provvedimento di differimento dell'esecuzione delle pene detentive, nei casi di cui all'articolo 684, comma 2, del codice di procedura penale;

   c) prevedere che nei procedimenti di cui alla lettera a) abbia facoltà di partecipare all'udienza anche il pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo;

   d) prevedere che nei procedimenti di cui alla lettera a) la competenza in merito alle impugnazioni sia attribuita anche al pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado e al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

  L'articolo 3 modifica l'articolo 2 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203. Si stabilisce che, in caso di concessione della liberazione condizionale, la libertà vigilata è sempre disposta per la durata dell'intero periodo previsto dal secondo comma dell'articolo 177 del codice penale. Viene altresì sempre previsto il divieto di frequentazione, anche occasionale, di soggetti condannati per alcuni dei reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale.
  L'articolo 4 modifica gli articoli 176 e 177 del codice penale, in materia di liberazione condizionale e di revoca della liberazione condizionale o estinzione della pena. Nello specifico, si prevede che il condannato all'ergastolo può essere ammesso alla liberazione condizionale quando abbia scontato almeno venti anni di pena, o almeno trenta anni se si tratta di persona condannata per alcuno dei delitti indicati nel comma 1 dell'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975.
  Il secondo comma dell'articolo 177 del codice penale stabilisce che «Decorso tutto il tempo della pena inflitta, ovvero cinque anni dalla data del provvedimento di liberazione condizionale, se trattasi di condannato all'ergastolo, senza che sia intervenuta alcuna causa di revoca, la pena rimane estinta e sono revocate le misure di sicurezza personali, ordinate dal giudice con la sentenza di condanna o con provvedimento successivo». L'articolo 4 in esame dispone che il termine è di dieci anni se trattasi di condannato all'ergastolo per uno dei delitti indicati nel comma 1 dell'articolo 4-bis della legge n. 354 del 1975.
  A norma del comma 4 dell'articolo 58-quater della legge n. 354 del 1975, «I condannati per i delitti di cui agli articoli 289-bis e 630 del codice penale che abbiano cagionato la morte del sequestrato non sono ammessi ad alcuno dei benefici indicati nel comma 1 dell'articolo 4-bis se non abbiano effettivamente espiato almeno i due terzi della pena irrogata o, nel caso dell'ergastolo, almeno ventisei anni». L'articolo 4 in esame prevede che tale disposizione si applichi anche ai condannati all'ergastolo per i delitti indicati nel citato comma 1 dell'articolo 4-bis.
  L'articolo 5 dispone l'entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Modifiche all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354)

  1. All'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 1, dopo le parole: «possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti» sono inserite le seguenti: «, anche nel caso in cui i condannati abbiano già espiato la parte di pena relativa ai predetti delitti quando, in caso di esecuzione di pene concorrenti, sia stata accertata dal giudice della cognizione o dell'esecuzione la connessione ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettere b) e c), del codice di procedura penale tra i reati la cui pena è in esecuzione,»;

   b) al comma 1-bis, le parole: «purché siano stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva» sono sostituite dalle seguenti: «purché siano stati acquisiti elementi tali da escludere con certezza l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e il pericolo del ripristino di tali collegamenti»;

   c) dopo il comma 1-bis sono inseriti i seguenti:

   «1-bis.1. I benefìci di cui al comma 1 del presente articolo, al di fuori dei casi già espressamente esclusi dalla legge, possono essere concessi ai detenuti condannati alla pena dell'ergastolo, per i delitti ivi previsti, anche in assenza di collaborazione con la giustizia ai sensi dell'articolo 58-ter della presente legge o dell'articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale, purché il condannato, oltre alla regolare condotta carceraria e alla partecipazione al percorso rieducativo, dimostri l'integrale adempimento delle obbligazioni civili e delle riparazioni pecuniarie derivanti dal reato o l'assoluta impossibilità di tale adempimento e fornisca elementi concreti, diversi e ulteriori rispetto alla mera dichiarazione di dissociazione dall'organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere con certezza l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto in cui il reato è stato commesso, nonché di escludere con certezza il pericolo di ripristino di tali collegamenti, tenendo conto delle circostanze personali e ambientali. In ogni caso, il condannato deve, inoltre, giustificare e indicare le specifiche ragioni della mancata collaborazione.
   1-bis.2. In caso di condanna in solido, l'adempimento, per le sole obbligazioni civili pecuniarie derivanti dal reato, ai soli fini di cui al comma 1-bis.1 e fermo restando il diritto del creditore di richiedere l'adempimento per l'intero a ciascuno dei condannati, si considera integrale con il pagamento di una quota dell'obbligazione proporzionata al numero degli obbligati. Al fine della valutazione dell'impossibilità dell'adempimento di cui al primo periodo del comma1-bis.1, deve risultare fondatamente esclusa la disponibilità diretta o indiretta di beni, denaro o altre utilità, anche non localizzati. A tale scopo il giudice dispone anche i controlli previsti dall'articolo 88 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115.
   1-bis.3. Le disposizioni dei commi 1-bis.1 e 1-bis.2 si applicano anche ai detenuti o agli internati per taluno dei delitti indicati nel comma 1 del presente articolo ai fini della concessione dei permessi premio di cui all'articolo 30-ter, anche se non condannati alla pena dell'ergastolo»;

   d) il comma 2 è sostituito dal seguente:

   «2. Ai fini della concessione dei benefìci di cui al comma 1, il giudice decide, acquisite dettagliate informazioni per il tramite del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo dove è intervenuta la condanna di primo grado e, se diverso, anche di quello competente in relazione al luogo di dimora abituale del condannato all'epoca dell'esecuzione della condanna. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni. Ai lavori del comitato provinciale può essere chiamato a partecipare a questo fine, anche mediante collegamento telematico, il direttore dell'istituto penitenziario in cui il condannato è detenuto o internato»;

   e) dopo il comma 2-bis sono inseriti i seguenti:

   «2-ter. Nei casi di cui ai commi 1-bis.1 e 1-bis.3 del presente articolo, il giudice, prima di decidere sull'istanza, chiede il parere del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o, se si tratta di condanne per i delitti indicati dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo e acquisisce informazioni dalle direzioni degli istituti ove l'istante è detenuto o internato. I pareri, con eventuali istanze istruttorie, e le informazioni sono resi entro trenta giorni dalla richiesta. Il termine può essere prorogato, in ragione della complessità degli accertamenti, per ulteriori trenta giorni. Decorso il termine, il giudice decide anche in assenza dei pareri e delle informazioni richiesti. Quando vi sia parere contrario all'accoglimento dell'istanza o siano rigettate le istanze istruttorie avanzate dal pubblico ministero, il giudice, in caso di accoglimento dell'istanza di concessione dei benefìci, deve illustrare gli specifici motivi per i quali non sono stati ritenuti rilevanti gli elementi forniti dal pubblico ministero, ovvero specificare nella motivazione gli elementi che consentono di superare i motivi ostativi indicati nei pareri, tenendo conto anche del contenuto delle informazioni fornite dal comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
   2-quater. Se il giudice omette di richiedere le informazioni o il parere di cui ai commi 2 e 2-ter, se decide prima della scadenza dei termini ivi indicati ovvero se omette di esporre gli specifici motivi per i quali non ha ritenuto rilevanti le istanze istruttorie o gli elementi forniti dal pubblico ministero nonché gli elementi che consentono di superare i motivi ostativi indicati nei pareri, il provvedimento di accoglimento, anche parziale, dell'istanza del condannato è inefficace»;

   f) il comma 3 è sostituito dal seguente:

   «3. Quando sussistono particolari esigenze di sicurezza ovvero emergono collegamenti, anche solo potenziali, con organizzazioni operanti in ambiti non locali o a livello transnazionale, i termini previsti dai commi 2 e 2-ter sono prorogati di ulteriori trenta giorni al fine di acquisire elementi e informazioni da parte dei competenti organi centrali»;

   g) al comma 3-bis, le parole da: «o internamento» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «o internamento ovvero al luogo ove è intervenuta la condanna di primo grado, l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata o, nelle ipotesi di cui ai commi 1-bis.1 e 1-bis.3, il pericolo che tali collegamenti possano essere ripristinati. In tal caso si prescinde dalle procedure previste dai commi 2, 2-ter e 3».

Art. 2.
(Delega al Governo in materia di accentramento dei giudizi del magistrato e del tribunale di sorveglianza riguardanti i detenuti o internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354, per i delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, nonché per i delitti di cui all'articolo 416-bis del codice penale, o commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni in esso previste)

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la riforma della disciplina dei giudizi del magistrato e del tribunale di sorveglianza riguardanti i detenuti o gli internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354, per delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, nonché per i delitti di cui all'articolo 416-bis del codice penale, o commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni in esso previste, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

   a) accentrare presso il tribunale di sorveglianza di Roma, con il contestuale adeguamento della sua pianta organica, le decisioni del magistrato e del tribunale di sorveglianza riguardanti i detenuti o internati sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354, per delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, nonché per i delitti di cui all'articolo 416-bis del codice penale, o commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni in esso previste;

   b) prevedere la competenza del tribunale di sorveglianza per le decisioni relative alle modalità esecutive del regime previsto dall'articolo 41-bis, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonché per il provvedimento di differimento dell'esecuzione delle pene detentive nei casi di cui all'articolo 684, comma 2, del codice di procedura penale;

   c) prevedere che nei procedimenti di cui alla lettera a) abbia facoltà di partecipare all'udienza anche il pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo;

   d) prevedere che nei procedimenti di cui alla lettera a) la competenza in merito alle impugnazioni sia attribuita altresì al pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado e al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

  2. Nella redazione dei decreti legislativi di cui al comma 1 il Governo tiene conto delle eventuali modificazioni della normativa vigente comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega. I decreti legislativi contengono altresì le disposizioni necessarie al coordinamento con le altre norme legislative vigenti nella stessa materia.
  3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'interno. Gli schemi dei decreti legislativi, a seguito di deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, sono trasmessi alle Camere per l'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti possono essere emanati anche in mancanza dei predetti pareri. Qualora tale termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti alla scadenza del termine di cui al comma 1 o successivamente, quest'ultimo è prorogato di sessanta giorni.

Art. 3.
(Modifiche all'articolo 2 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203)

  1. All'articolo 2 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 1, le parole: «dallo stesso comma» sono sostituite dalle seguenti: «dallo stesso articolo 4-bis»;

   b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

   «1-bis. Nel caso di concessione della liberazione condizionale ai sensi del comma 1 del presente articolo, la libertà vigilata di cui all'articolo 230, primo comma, numero 2, del codice penale è sempre disposta per la durata dell'intero periodo previsto dal secondo comma dell'articolo 177 del medesimo codice penale. Negli stessi casi, tra le prescrizioni di cui al secondo comma dell'articolo 228 del codice penale è sempre previsto il divieto di frequentazione, anche occasionale, di soggetti condannati per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale».

Art. 4.
(Modifiche agli articoli 176 e 177 del codice penale e all'articolo 58-quater della legge 26 luglio 1975, n. 354)

  1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 176, terzo comma, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, o almeno trenta anni se trattasi di persona condannata per uno dei delitti indicati nel comma 1 dell'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354»;

   b) all'articolo 177 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

   «Il termine è di dieci anni se trattasi di condannato all'ergastolo per alcuno dei delitti indicati nel comma 1 dell'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354».

  2. Al comma 4 dell'articolo 58-quater della legge 26 luglio 1975, n. 354, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La disposizione del primo periodo del presente comma si applica anche ai condannati all'ergastolo per i delitti indicati nel comma 1 dell'articolo 4-bis».

Art. 5.
(Entrata in vigore)

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

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