FRONTESPIZIO

RELAZIONE

RELAZIONE TECNICA

ANALISI TECNICO-NORMATIVA

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2561

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro per le pari opportunità e la famiglia
( BONETTI )

e dal ministro del lavoro e delle politiche sociali
( CATALFO )

di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze
( GUALTIERI )

Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia

Presentato il 25 giugno 2020

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  Onorevoli Deputati! — Il presente disegno di legge, recante deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia, pone al centro la bambina e il bambino, quali poli attorno ai quali costruire tutte le misure previste per le famiglie con figli. L'idea di partenza è che una figlia o un figlio rappresenti un valore e debba essere considerato un arricchimento sia per la famiglia in cui nasce sia, soprattutto, per la società che lo accoglie e che condivide con i suoi genitori l'oneroso compito di accudirlo e di proteggerlo sin dalla nascita.
  Mettere al centro i figli non vuol dire mettere in secondo piano la famiglia: l'assegno universale che il presente disegno di legge istituisce in favore delle famiglie con figli consente alle medesime famiglie di esercitare nel miglior modo possibile la loro funzione educativa, in quanto considerate soggetti fondamentali per garantire la crescita e la formazione dei figli stessi.
  La scelta di diventare genitore rientra nella sfera privata di ciascun individuo, ma ogni bambino rappresenta anche un elemento essenziale per la vita sociale del nostro Paese ed è quindi necessario porre in essere tutte le misure atte a favorirne una crescita armoniosa nel contesto in cui vive.
  L'assegno deve essere, quindi, necessariamente universale, trattandosi di una misura cardine delle politiche per la famiglia, da non confondere con le politiche per il contrasto della povertà. I benefìci a favore dei figli devono essere concepiti culturalmente come un investimento sul futuro, dovendo i bambini essere considerati, non da ultimo, come un valore sociale. Per queste ragioni, prevedere che tutte le famiglie, senza distinzione, abbiano diritto all'assegno, indipendentemente dalle condizioni economiche e dallo stato occupazionale dei genitori, vuol dire investire sullo sviluppo sociale del nostro Paese a partire dal valore sociale della famiglia.
  Condividere quest'impostazione vuol dire riconoscere un ruolo di corresponsabilità alla società e alle istituzioni nell'educazione, nell'istruzione e, in generale, nella formazione dell'individuo. La Costituzione, all'articolo 30, dispone che è un dovere e un diritto dei genitori «mantenere, istruire ed educare i figli» e, all'articolo 31, prevede che «La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riferimento alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo». Dal tenore delle disposizioni citate risulta chiaramente la volontà del Costituente di responsabilizzare le istituzioni, attribuendo loro un ruolo fondamentale, ma soprattutto prevedendo, a fronte di un diritto dei genitori a mantenere, istruire ed educare la prole, un dovere dello Stato a garantire che questo diritto possa essere esercitato. Il mantenimento, infatti, è responsabilità quasi esclusiva delle famiglie e l'istruzione è posta a carico dello Stato, ma all'educazione devono contribuire entrambi.
  Se lo Stato non si fa carico di quest'impegno, sostenendo debitamente le famiglie con figli, si corre il rischio che anche coloro che potenzialmente sarebbero nelle condizioni di diventare genitori optino inevitabilmente per la rinuncia alla procreazione. Non si può non comprendere come la decrescita della natalità determini inesorabilmente un danno per la società.
  Oggi, la necessità di un intervento straordinario da parte dello Stato per il sostegno delle famiglie è emersa con forza non appena, a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, è stata decisa la sospensione dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado. Il Governo, infatti, è dovuto intervenire, responsabilmente e urgentemente, prevedendo misure atte a consentire ai genitori lavoratori di armonizzare la vita lavorativa con la cura dei figli rimasti a casa. A tale fine, con il decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, e successivamente con il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, sono stati previsti congedi straordinari, fino a trenta giorni, retribuiti nella misura del 50 per cento, per i genitori lavoratori con figli fino a 12 anni di età, sia nel settore privato sia nel settore pubblico. Ai genitori lavoratori del settore privato con figli fino a 16 anni di età è stato altresì riconosciuto il diritto di astenersi dal lavoro per l'intero periodo di sospensione dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, senza corresponsione di indennità né riconoscimento di contribuzione figurativa e con divieto di licenziamento e diritto alla conservazione del posto di lavoro.
  Lo svolgimento della prestazione lavorativa nella forma del lavoro agile è stato oltremodo incoraggiato come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nella pubblica amministrazione, ma anche, nel settore privato, come diritto per i genitori lavoratori con figli fino a 14 anni di età. In alternativa alla fruizione del congedo straordinario è stato previsto un bonus baby-sitting di 1.200 euro per i genitori che devono necessariamente recarsi al lavoro e lo stesso bonus, aumentato a 2.000 euro, è stato riconosciuto dal decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, in favore dei genitori che lavorano nel settore sanitario in qualità di medici, infermieri o tecnici.
  In Italia si assiste ormai da anni a un costante declino demografico che ha rilevanti conseguenze a livello sociale, economico e territoriale. La denatalità rappresenta un problema che ha assunto dimensioni tali da richiedere in tempi rapidi una risposta da parte del Governo, la cui azione politica deve essere orientata al contrasto dei fattori che ne hanno determinato l'origine.
  Il parametro della fecondità, con 1,29 figli per donna, colloca il nostro Paese ben al di sotto della media dell'Unione europea, che è di 1,59 figli per donna. A partire dalla seconda metà degli anni Settanta, in Italia il tasso di fecondità totale è sceso al di sotto del cosiddetto «livello di sostituzione» di 2,1 figli e da almeno trenta anni presenta valori tra i più bassi del continente.
  Secondo i dati dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), in Italia le nascite continuano a diminuire incessantemente dal 2008, quando raggiunsero il picco massimo di 576.659 nel territorio nazionale, per poi scendere a 561.944 nel 2010, a 485.780 nel 2015, a 458.151 nel 2017 e, addirittura, a 439.747 nel 2018, con un decremento di oltre 18.000 nascite rispetto all'anno precedente.
  Tra il 2014 e il 2018 le nascite sono state quasi 62.000 in meno, mentre il calo registrato dal 2008 al 2018 è stato di quasi 137.000 unità. La tendenza negativa non manifesta segnali di inversione: secondo i dati provvisori riferiti al periodo gennaio-giugno 2019, le nascite risultano già quasi 5.000 in meno rispetto allo stesso semestre del 2018.
  Questo dato deve essere necessariamente messo in correlazione con l'aumento costante dei decessi, che sono passati da 593.427 nel 2011 a 649.061 nel 2017. Pertanto, il costante calo delle nascite e il progressivo incremento dei decessi hanno provocato inevitabilmente una riduzione della popolazione complessiva. Il saldo naturale della popolazione è negativo ed è tale ormai dalla metà degli anni Novanta, salva qualche piccola eccezione.
  Ne consegue che, dal 2015 in avanti, anche la popolazione complessiva è in costante riduzione, come non accadeva dal 1952. Negli anni 2015-2017, la popolazione complessiva si è quindi ridotta di ben 300.000 unità e questa tendenza è destinata a continuare anche in futuro.
  Secondo le previsioni del rapporto «Il futuro demografico del Paese» pubblicato dall'ISTAT nel 2018, in uno scenario mediano – quindi, non troppo ottimistico né eccessivamente pessimistico – la popolazione residente in Italia nel 2045 dovrebbe essere pari a circa a 59 milioni, per scendere poi a circa 54,1 milioni nel 2065; la flessione rispetto al 2017 (60,6 milioni) sarebbe di 1,6 milioni di residenti nel 2045 e di 6,5 milioni nel 2065, mentre, tenendo conto della variabilità associata agli eventi demografici, la stima della popolazione per il 2065 oscilla tra il minimo di 46,4 milioni e il massimo di 62 milioni; tra il 2045 e il 2065, pertanto, la popolazione diminuirebbe di ulteriori 4,9 milioni, registrando una riduzione media annua del 4,3 per mille.
  Alla luce di ciò, il superamento del nostro «inverno demografico» diviene una questione di interesse nazionale di prioritaria rilevanza, anche tenuto conto delle gravi conseguenze demografiche prefigurate in conseguenza degli effetti dell'epidemia di COVID-19 sulla natalità, evidenziate dall'ISTAT nello scorso mese di maggio e che prospettano uno scenario ancora più preoccupante.
  Per questo motivo è necessario mettere in opera politiche attive di lungo respiro, pluriennali, che affrontino in modo completo il problema analizzando tutti gli aspetti che hanno contribuito a generarlo, così come è stato fatto in altri Paesi europei.
  Il problema è sicuramente anche culturale: la famiglia deve essere sostenuta da una serie di misure che l'aiutino a fronteggiare le situazioni di difficoltà che si possono incontrare nella quotidianità, favorendo la conciliazione tra la vita familiare e quella lavorativa.
  Le coppie giovani risentono maggiormente delle difficoltà derivanti dall'attuale organizzazione sociale: con la nascita di un figlio esse sono investite di nuove e importanti responsabilità e le strutture operanti sul territorio possono non essere sufficienti o risultare poco accessibili a causa dei loro costi troppo alti.
  Per queste ragioni gli interventi del Governo devono essere diretti a sostenere la natalità con un apporto economico continuativo a tutte le famiglie, non limitato ai primi anni di vita dei figli, bensì protratto fino a quando i figli avranno acquisito l'indipendenza economica dalla famiglia d'origine.
  Non si tratta di misure di contrasto della povertà, dirette alle categorie meno abbienti, bensì di aiuti indispensabili per tutte le famiglie con figli, a prescindere dall'occupazione dei genitori. A tale fine non deve essere preso in considerazione lo stato di dipendenti pubblici o di lavoratori autonomi, tanto più che, attualmente, risulta che le lavoratrici autonome prive di qualsiasi tutela di maternità sono le prime ad abbandonare il mondo del lavoro alla nascita di un figlio.
  Sicuramente, in tale contesto, un ruolo importante può essere svolto non solo dallo Stato, ma anche dai soggetti del Terzo settore, che insieme con le istituzioni potrebbero intervenire e coadiuvare i genitori in una fase così delicata.
  La rete sociale si deve attivare per entrare in una dimensione di collegialità. Essere impegnati in un'attività lavorativa e allo stesso tempo doversi occupare di figli piccoli o di parenti non autosufficienti comporta una modulazione dei tempi da dedicare al lavoro e alla famiglia che può riflettersi sulla partecipazione dei cittadini e soprattutto delle donne al mercato del lavoro. Infatti, come già rilevato, un'alta percentuale di donne abbandona il posto di lavoro dopo la nascita di un figlio. Chi, invece, decide di continuare a lavorare, nel momento di maggiore bisogno, dovendo far fronte a una serie di spese conseguenti alla nascita di un figlio, subisce una decurtazione del trattamento economico.
  Il divario occupazionale tra i sessi aumenta notevolmente dopo la nascita dei figli. Le madri tendono a essere meno presenti nel mercato del lavoro rispetto alle donne senza figli, indipendentemente dal livello di istruzione e in tutti i tipi di famiglia, ma il divario si accentua nel caso delle lavoratrici poco qualificate e delle donne sole.
  Il Governo, quindi, ha il dovere di sostenere la madre lavoratrice con politiche di conciliazione tra la vita familiare e quella lavorativa, che vadano dai servizi di sostegno all'assistenza all'infanzia e alla cura delle persone malate o disabili ai congedi e alle misure di organizzazione flessibile del lavoro, affinché sia incentivato il rientro al lavoro delle donne dopo la maternità.
  Innanzitutto è necessario incentivare un cambiamento nella divisione delle responsabilità di cura, anche attraverso strumenti come i congedi parentali, che devono mirare a introdurre una maggiore uguaglianza tra i sessi all'interno della famiglia, a migliorare le relazioni affettive dei padri con i figli e a fare sì che i ruoli familiari non siano più subordinati l'uno all'altro, ma complementari.
  Secondo quanto riportato nel XVIII Rapporto annuale dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), pubblicato nel mese di luglio del 2018, nell'ambito del lavoro dipendente una tendenza di grande rilievo è, infatti, costituita dalla crescita consistente – in larga misura prevalentemente involontaria – del lavoro a tempo parziale. Attualmente questo tipo di orario coinvolge circa il 20 per cento (3.164.000) della massa complessiva degli occupati (23.017.000), contro il 15 per cento del 2008. Stando, poi, ai dati forniti dall'Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro, oltre il 50 per cento delle donne lavoratrici in Italia è assunto con l'applicazione di forme di lavoro a tempo parziale.
  Il 40,9 per cento delle mamme tra 25 e 49 anni di età è impiegato a tempo parziale, contro il 26,3 per cento delle donne senza figli. Il 62,3 per cento delle lavoratrici lavora in regime di tempo parziale volontario per occuparsi dei figli o per altre ragioni familiari, a fronte del 9,9 per cento degli uomini. È da rilevare, però, che il numero dei figli non incide sul ricorso al tempo parziale: questo dimostra che già dalla nascita del primo figlio si deve fare fronte a un notevole onere aggiuntivo per conciliare i tempi di cura familiare e di lavoro. Invece, per gli uomini il lavoro a tempo parziale è una modalità residuale che in nessuna condizione supera il 10 per cento.
  Per quanto concerne il lavoro a tempo parziale occorre però fare attenzione al fenomeno, in crescita, del tempo parziale involontario, uno strumento con il quale il datore di lavoro impone al lavoratore un orario di lavoro ridotto con conseguente diminuzione della retribuzione. Le donne sono occupate in forme di lavoro a tempo parziale involontario nel 19,1 per cento dei casi, mentre gli uomini solo nel 6,5 per cento dei casi. Dal 2006 al 2016 la quota di lavoro a tempo parziale involontario è cresciuta di circa 9 punti percentuali fra le donne e di circa 4 punti percentuali fra gli uomini.
  La bassa partecipazione delle donne, in particolare delle madri, al mercato del lavoro ha, inoltre, gravi conseguenze anche sul piano pensionistico, poiché questa condizione non consente di alimentare in modo continuo le posizioni previdenziali utili all'accesso alla pensione di vecchiaia. I dati dell'INPS sui percettori di pensioni in Italia mostrano chiaramente che, quantunque le donne beneficiarie di prestazioni pensionistiche siano 8,4 milioni (862.000 più degli uomini), solo il 36,5 per cento beneficia della pensione di vecchiaia – frutto della propria storia contributiva – contro il 64,2 per cento degli uomini. Inoltre, le donne, quando arrivano a percepire la sola pensione di vecchiaia, percepiscono un assegno mensile il cui importo è mediamente inferiore di un terzo rispetto a quello degli uomini.
  Ciò premesso, è essenziale che l'aiuto economico sia accompagnato, in modo integrato e complementare, da servizi adeguati che sollevino in parte la madre, lavoratrice dipendente o autonoma, dagli oneri connessi alla cura dei figli e che, al contempo, le consentano di realizzare pienamente le proprie potenzialità anche sul piano professionale. È compito dello Stato intervenire prevedendo servizi che possano aiutare i genitori, le donne in particolare, ad affrontare la fase successiva alla nascita di un figlio, prescindendo dalla situazione economica della famiglia.
  A tale fine, nell'ambito degli interventi socio-educativi, devono essere prioritariamente valorizzati gli spazi scolastici inutilizzati, per renderli luoghi di aggregazione dei bambini da 0 a 3 anni di età. Questa fascia di età, infatti, è da considerarsi critica per i genitori che lavorano, poiché i bambini in questa fase non hanno ancora raggiunto l'età né acquisito l'autonomia necessarie per accedere alla scuola dell'infanzia. Occorre programmare l'offerta in funzione delle esigenze dei territori, spesso molto diverse tra loro, rinforzando l'offerta dove la domanda è crescente e diversificandola dove invece è più debole e gli asili nido rischiano di restare vuoti. È necessario, dunque, intervenire con disposizioni flessibili e articolate rispetto ai bisogni reali del territorio. Allo stesso modo, occorre sempre più garantire la parità delle condizioni di accesso ai servizi per l'infanzia anche nell'offerta privata, diversificando i servizi e promuovendone la prestazione a costi accessibili, con l'obiettivo di raggiungere gradualmente la gratuità di alcuni dei servizi offerti.
  Il presente disegno di legge contiene disposizioni di delega al Governo per l'adozione di misure volte a sostenere la genitorialità e la funzione educativa e sociale delle famiglie, per contrastare la denatalità, per valorizzare la crescita armoniosa dei bambini e dei giovani nonché per favorire la conciliazione della vita familiare con il lavoro, in particolare quello femminile.
  Il presente disegno di legge è composto da otto articoli. L'articolo 1 definisce gli oggetti delle deleghe e stabilisce i princìpi e criteri direttivi generali, cardini della riforma che sarà attuata con i decreti delegati. Le deleghe per specifici ambiti di competenza sono previste agli articoli 2, 3, 4, 5 e 6. Nell'articolo 7 è stabilita una procedura identica per l'adozione di tutti i decreti legislativi previsti dalle deleghe, eccetto che per la delega contenuta all'articolo 3, concernente il riordino delle misure di sostegno all'educazione dei figli, per la quale è prevista l'intesa in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Per tutti i decreti legislativi, invece, è prevista la trasmissione alle competenti Commissioni parlamentari per l'espressione del parere.
  L'articolo 1 dispone che il Governo, nell'adozione di tutti i decreti attuativi della riforma, preveda che le misure siano applicate in modo universale ai nuclei familiari con figli, secondo criteri di progressività basati sull'applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). Ai fini della determinazione dell'importo dell'assegno universale si dovrà tenere conto del numero dei figli. Un altro principio cardine è costituito dal valore sociale riconosciuto alle attività educative e di apprendimento dei figli, comprendendovi qualunque tipo di attività che abbia una funzione educativa anche se non formale. Con l'espressione «educazione non formale» si vuol fare riferimento a tutta la gamma di possibilità di apprendimento informale e occasionale esistenti (scambi, letture, uscite, visite ai musei, fruizione di spettacoli, laboratori, progetti collaterali che normalmente arricchiscono l'offerta formativa delle scuole) che hanno da sempre svolto un ruolo prezioso, a fianco delle scuole, per sostenere le famiglie in una società educativa multiculturale.
  L'educazione non formale è stata definita dalla legge 28 giugno 2012, n. 92, recante «Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita», che, all'articolo 4, comma 53, definisce l'apprendimento non formale come «quello caratterizzato da una scelta intenzionale della persona, che si realizza al di fuori dei sistemi indicati al comma 52 [apprendimento formale], in ogni organismo che persegua scopi educativi e formativi, anche del volontariato, del servizio civile nazionale e del privato sociale e nelle imprese». L'apprendimento non formale si distingue, altresì, dall'apprendimento informale che, a prescindere da una scelta intenzionale, si realizza – secondo il successivo comma 54 – nello svolgimento, da parte di ogni persona, di attività nelle situazioni di vita quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno luogo, nell'ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero.
  Affinché il valore sociale riconosciuto all'attività educativa sia tangibile è essenziale prevedere misure e agevolazioni fiscali che vadano dalle deduzioni dall'imponibile alle detrazioni dall'imposta delle spese sostenute dalle famiglie ovvero al riconoscimento di una somma in denaro vincolata allo scopo.
  Promuovere la parità tra i sessi nell'assistenza e nella cura dei figli all'interno del nucleo familiare è un altro principio fondamentale che deve rappresentare il parametro di riferimento di tutte le misure che qualificheranno questa riforma, a partire dall'assegno universale fino alle misure volte a incentivare il lavoro femminile e a conciliarlo con la vita familiare. Infine, poiché non è possibile prescindere dal potenziamento dei servizi offerti a sostegno alla famiglia, si prevede l'introduzione di misure organizzative, di comunicazione e di semplificazione che favoriscano e facilitino l'accesso agli stessi.
  Un altro criterio di delega prevede che, in fase di attuazione, si proceda alla modifica o all'abrogazione di tutte le misure vigenti a sostegno della famiglia e della genitorialità, al fine di destinarne le risorse al finanziamento delle nuove misure.
  L'articolo 2 contiene la delega al Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo per l'istituzione dell'assegno universale e per il riordino e la semplificazione delle misure di sostegno economico per i figli a carico. Nell'esercizio della delega, il Governo, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell'economia e delle finanze, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali indicati all'articolo 1, deve rispettare ulteriori princìpi e criteri direttivi stabiliti dallo stesso articolo 2. Tra questi, innanzitutto, il principio dell'universalità, in virtù del quale l'assegno è attribuito progressivamente in una quota base a tutti i nuclei familiari con uno o più figli, cui viene aggiunta una quota variabile, determinata per scaglioni, in base all'ISEE. Nella determinazione dell'importo dell'assegno si tiene conto anche dell'età dei figli a carico. L'assegno è mensile e verrà corrisposto dal settimo mese di gravidanza fino a un limite di età comunque non superiore a diciotto anni, tranne il caso di disabilità, per il quale tale limite può essere superiore ed è comunque prevista una maggiorazione dell'assegno. Il beneficio è corrisposto attraverso l'erogazione di una somma di denaro o mediante il riconoscimento di un credito d'imposta. Tale credito potrà essere utilizzato in compensazione sia tramite il modello F24, sia in sede di dichiarazione dei redditi. Nel caso di figli successivi al primo, l'assegno subirà una maggiorazione del 20 per cento.
  L'importo dell'assegno universale non concorre alla formazione del reddito imponibile, né ai fini delle prestazioni a sostegno del reddito, né ai fini del reddito di cittadinanza, di cui al decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26. Per «prestazioni a sostegno del reddito» si intendono tutte le prestazioni, in tutto o in parte a carico della fiscalità generale, che l'INPS prevede in favore dei lavoratori che si trovano in determinate condizioni, la cui erogazione è subordinata alla presenza di specifici requisiti (NASpi, cassa integrazione, mobilità, mobilità in deroga e altre).
  L'articolo 3 conferisce al Governo la delega ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, previa intesa in sede di Conferenza unificata, come previsto dall'articolo 7, uno o più decreti legislativi per il riordino delle misure di sostegno all'educazione dei figli a carico e per l'introduzione di nuove provvidenze. In particolare, tali misure consistono nella concessione di contributi che possono coprire anche l'intero importo delle rette degli asili nido, dei micro-nidi, delle sezioni primavera e delle scuole dell'infanzia, nonché l'attivazione di servizi di supporto a domicilio per le famiglie con figli di età inferiore a 6 anni. Sono altresì previste misure di sostegno per le famiglie, in relazione sia alle spese sostenute per i figli affetti da patologie fisiche e no, compresi i disturbi specifici dell'apprendimento, sia alle spese documentabili per l'acquisto dei libri di testo della scuola secondaria di primo e di secondo grado, sia alle spese sostenute per viaggi di istruzione, per l'iscrizione o l'abbonamento ad associazioni sportive e per la frequenza di corsi di lingua straniera, arte e musica. Un ulteriore criterio di delega prevede l'introduzione di agevolazioni per forme di sostegno aggiuntivo collegate alla contrattazione di secondo livello.
  Tutte le predette misure di sostegno sono corrisposte mediante la concessione di agevolazioni fiscali ovvero la corresponsione di una somma di denaro allo scopo vincolata e nell'ambito di limiti di spesa programmati compatibilmente con le risorse disponibili ai sensi dell'articolo 8.
  L'articolo 4 prevede una delega al Governo per adottare uno o più decreti legislativi aventi ad oggetto il riordino e l'armonizzazione della disciplina dei congedi parentali e del congedo di paternità. La riforma recepisce, in anticipo, quanto previsto dalla direttiva (UE) 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, sull'equilibrio tra attività professionale e vita familiare. La direttiva ha l'obiettivo di riformare l'accesso agli istituti volti a conciliare i tempi di vita e di lavoro tenendo conto degli sviluppi della società europea degli ultimi decenni attraverso una revisione di alcuni istituti quali il congedo parentale e il congedo di paternità.
  La delega, da esercitare entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione, con il Ministro per gli affari europei e con il Ministro dell'economia e delle finanze, in conformità a quanto stabilito dalla direttiva, prevede la fruizione obbligatoria di un periodo di almeno dieci giorni di congedo di paternità nei primi mesi di nascita dalla ciascun figlio.
  Al comma 2 è prevista la nuova disciplina del congedo parentale: un permesso retribuito, di almeno 5 ore nell'arco di un anno scolastico, per i colloqui con gli insegnanti dei figli; modalità flessibili nella gestione dei congedi, compatibilmente con le esigenze del datore di lavoro e, nell'ambito della relativa competenza, con le forme stabilite dalla contrattazione collettiva applicata al settore; un periodo minimo di congedo parentale della durata di due mesi non cedibile all'altro genitore.
  Nel comma 3 è contenuta la nuova disciplina del congedo di paternità, che deve essere concesso a prescindere dallo stato civile o di famiglia del genitore lavoratore e previo un congruo periodo di preavviso al datore di lavoro, in base a quanto stabilito dal contratto collettivo di lavoro del pertinente settore, stipulato dai sindacati comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale. In sede di attuazione, si dovranno prevedere misure specifiche per estendere anche ai lavoratori autonomi la disciplina sui congedi parentali, tenendo conto della specificità delle singole professioni.
  Anche le misure previste dall'articolo 4 saranno attuate nell'ambito delle risorse disponibili ai sensi dell'articolo 8, eventualmente provvedendovi in forma progressiva.
  L'articolo 5 delega il Governo all'adozione di uno o più decreti legislativi aventi ad oggetto il riordino e il rafforzamento delle misure volte a incentivare il lavoro femminile. I decreti legislativi, da adottare entro il termine di ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale e con il Ministro per gli affari europei, dovranno introdurre la detraibilità o la deducibilità di una percentuale delle spese sostenute per gli addetti ai servizi domestici o di assistenza di familiari con deficit di autonomia, assunti con contratto di lavoro subordinato, tenendo conto dell'ISEE delle famiglie.
  Sono altresì previste misure volte alla modulazione graduale della retribuzione del lavoratore, nei giorni di astensione per malattia dei figli, nonché misure premiali per i datori di lavoro che realizzino politiche atte a promuovere una piena armonizzazione tra vita privata e lavoro, quali, ad esempio, il lavoro flessibile, il lavoro agile e il telelavoro.
  È previsto, inoltre, che una quota della dotazione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sia riservata all'avvio delle nuove imprese femminili e al sostegno della loro attività per i primi due anni. Un ulteriore criterio di delega riguarda, infine, la previsione di ulteriori forme di rafforzamento delle misure volte a incentivare il lavoro femminile nelle regioni del Mezzogiorno.
  L'articolo 6 prevede una delega al Governo per l'adozione di uno o più decreti legislativi, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le politiche giovanili e lo sport e con il Ministro dell'università e della ricerca, per il riordino e per il rafforzamento delle misure volte a sostenere la famiglia nella formazione dei figli, affinché acquisiscano autonomia sul piano finanziario. A tale fine, il Governo dovrà prevedere detrazioni fiscali per le spese documentate sostenute dalle famiglie per acquistare libri universitari per i figli maggiorenni a carico, qualora non usufruiscano di altre forme di sostegno per l'acquisto dei libri di testo.
  Saranno altresì previste detrazioni fiscali delle spese documentate sostenute dalle famiglie relativamente a contratti di locazione di abitazioni per i figli maggiorenni iscritti a corsi universitari e agevolazioni fiscali per la locazione dell'abitazione principale per le giovani coppie composte da soggetti aventi ambedue età non superiore a trentacinque anni alla data di presentazione della domanda.
  Tali benefìci sono riconosciuti nell'ambito delle risorse disponibili ai sensi dell'articolo 8, anche prevedendone l'attuazione in misura progressiva.
  L'articolo 7 disciplina il procedimento per l'adozione dei decreti legislativi. In particolare, i decreti legislativi saranno trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l'acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, che dovranno essere resi nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, i decreti legislativi potranno essere comunque emanati. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi, il Governo potrà adottare disposizioni integrative e correttive dei medesimi decreti. Per quanto concerne i decreti legislativi di cui all'articolo 3, è prevista anche l'acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
  L'articolo 8 prevede, infine, le risorse per l'attuazione delle disposizioni del presente disegno di legge. In particolare, la copertura finanziaria è posta a carico delle risorse del Fondo assegno universale e servizi alla famiglia, di cui all'articolo 1, comma 339, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020), e delle risorse rese disponibili dall'abolizione o dalla modifica delle seguenti misure per il sostegno delle famiglie e della genitorialità:

   a) assegno al nucleo familiare con almeno tre figli minori, di cui all'articolo 65 della legge 23 dicembre 1998, n. 448;

   b) assegno di natalità, di cui all'articolo 1, comma 125, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;

   c) premio alla nascita, di cui all'articolo 1, comma 353, della legge 11 dicembre 2016, n. 232;

   d) buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido e altri servizi per l'infanzia, di cui all'articolo 1, comma 355, della legge 11 dicembre 2016, n. 232;

   e) Fondo di sostegno alla natalità, di cui all'articolo 1, commi 348 e 349, della legge 11 dicembre 2016, n. 232.

  Concorreranno altresì al medesimo fine le risorse rese disponibili dall'abolizione o dalla modifica delle seguenti misure, da eseguirsi nell'ambito di una più ampia riforma del sistema fiscale:

   a) detrazioni fiscali per minori a carico, previste dall'articolo 12, commi 1, lettera c), e 1-bis, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

   b) assegno per il nucleo familiare, di cui all'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, e assegni previsti dal testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797;

   c) detrazione delle spese documentate per i contratti di locazione stipulati da studenti universitari fuori sede, prevista dall'articolo 15, comma 1, lettera i-sexies), del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

  Al comma 2 si prevede che, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, questi sono adottati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie.

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RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196).

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ANALISI TECNICO-NORMATIVA

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DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.
(Deleghe al Governo: oggetto e princìpi e criteri direttivi generali)

  1. La presente legge contiene disposizioni di delega al Governo per l'adozione di disposizioni volte a sostenere la genitorialità e la funzione sociale ed educativa delle famiglie, per contrastare la denatalità, per valorizzare la crescita armoniosa dei bambini e dei giovani nonché per favorire la conciliazione della vita familiare con il lavoro, in particolare quello femminile.
  2. Nell'esercizio delle deleghe di cui al comma 1 del presente articolo, oltre ai princìpi e criteri direttivi specifici stabiliti dagli articoli 2, 3, 4, 5, 6 e 8, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

   a) assicurare l'applicazione universale di benefìci economici ai nuclei familiari con figli a carico, secondo criteri di progressività basati sull'applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), tenendo altresì conto del numero dei figli a carico;

   b) promuovere la parità tra i sessi all'interno dei nuclei familiari, favorendo l'occupazione femminile, anche attraverso la predisposizione di modelli di lavoro agile o flessibile volti ad armonizzare i tempi familiari di lavoro e a incentivare il lavoro del secondo percettore di reddito;

   c) affermare il valore sociale delle attività educative e di apprendimento, anche non formale, dei figli, attraverso il riconoscimento di agevolazioni fiscali, esenzioni, deduzioni dalla base imponibile o detrazioni dall'imposta sul reddito in relazione alle spese sostenute dalle famiglie ovvero attraverso la messa a disposizione di un credito o di una somma di denaro vincolati allo scopo;

   d) prevedere l'introduzione di misure organizzative, di comunicazione e di semplificazione che favoriscano l'individuazione dei servizi offerti e l'accesso delle famiglie ai medesimi;

   e) abolire o modificare le misure a sostegno delle famiglie e della genitorialità vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge al fine di garantire il finanziamento degli interventi previsti ai sensi degli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 secondo quanto previsto dall'articolo 8.

Art. 2.
(Delega al Governo per l'istituzione dell'assegno universale e per il riordino e la semplificazione delle misure di sostegno economico per i figli a carico)

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell'economia e delle finanze, un decreto legislativo per l'istituzione dell'assegno universale e per il riordino e la semplificazione delle misure di sostegno economico per i figli a carico.
  2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1 del presente articolo, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 1, il Governo si attiene ai seguenti ulteriori princìpi e criteri direttivi:

   a) l'assegno è ispirato al principio universalistico e costituisce un beneficio economico attribuito progressivamente a tutti i nuclei familiari con figli a carico nell'ambito delle risorse disponibili ai sensi dell'articolo 8;

   b) l'importo e la natura dell'assegno universale sono modulati sulla base dell'ISEE;

   c) l'assegno universale è attribuito mensilmente mediante la corresponsione diretta di una somma di denaro ovvero mediante il riconoscimento di un credito da utilizzare in compensazione dei debiti di imposta;

   d) l'assegno universale è attribuito per ciascun figlio, fino al limite di età determinato dal decreto legislativo di cui al comma 1, che può prevederne la progressiva elevazione, comunque non oltre il diciottesimo anno, salvo quanto disposto alla lettera l) del presente comma;

   e) per i figli successivi al secondo, l'importo dell'assegno universale è maggiorato del 20 per cento;

   f) l'assegno universale è riconosciuto a decorrere dal settimo mese di gravidanza;

   g) l'assegno universale non concorre a formare il reddito complessivo;

   h) l'assegno universale non rileva per il calcolo del reddito ai fini del riconoscimento delle prestazioni sociali a sostegno del reddito e di quella di cui al capo I del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26;

   i) l'importo dell'assegno universale è determinato tenendo conto dell'età dei figli a carico;

   l) per ciascun figlio con disabilità, ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, l'importo dell'assegno universale è incrementato e l'assegno è attribuito fino a limiti di età superiori a quelli determinati ai sensi della lettera d) del presente comma.

Art. 3.
(Delega al Governo per il riordino delle misure di sostegno all'educazione dei figli)

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione e con il Ministro per le politiche giovanili e lo sport, uno o più decreti legislativi per il riordino delle misure di sostegno all'educazione dei figli.
  2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1 del presente articolo, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 1, il Governo si attiene ai seguenti ulteriori princìpi e criteri direttivi:

   a) razionalizzare il sistema dei benefìci fiscali relativi ai figli a carico, introducendo altresì nuove agevolazioni inerenti alle spese per la crescita, per il mantenimento e per l'educazione, anche non formale, dei figli;

   b) garantire in tutto il territorio nazionale, in forma progressiva, l'istituzione e il sostegno dei servizi socio-educativi per l'infanzia, al fine di assicurare alle famiglie parità nelle condizioni di accesso e pari opportunità per la crescita dei figli;

   c) prevedere misure di sostegno alle famiglie mediante contributi destinati a coprire, anche per l'intero ammontare, il costo delle rette relative alla frequenza dei servizi educativi per l'infanzia, di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65, e delle scuole dell'infanzia, nonché mediante l'introduzione di servizi di supporto presso le rispettive abitazioni per le famiglie con figli di età inferiore a sei anni;

   d) prevedere misure di sostegno alle famiglie per le spese per i figli affetti da patologie fisiche e non fisiche, comprese la diagnosi e la cura di disturbi specifici dell'apprendimento, fino al completamento della scuola secondaria di secondo grado;

   e) prevedere misure di sostegno alle famiglie per le spese sostenute per i figli in relazione a viaggi di istruzione, all'iscrizione annuale o all'abbonamento ad associazioni sportive, palestre, piscine e altre strutture e impianti destinati alla pratica sportiva nonché alla frequenza di corsi di lingua straniera, di arte e di musica;

   f) prevedere misure di sostegno alle famiglie per le spese sostenute per i figli in relazione all'acquisto di libri, diversi da quelli di cui alla lettera g), e di biglietti di ingresso a rappresentazioni teatrali e cinematografiche e altri spettacoli dal vivo, musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche e parchi naturali;

   g) prevedere ulteriori misure di sostegno alle famiglie per le spese relative all'acquisto dei libri di testo per la scuola secondaria di primo e di secondo grado e di beni e servizi informatici per i figli a carico che frequentano la scuola primaria e secondaria di primo e di secondo grado e che non beneficiano di altre forme di sostegno per l'acquisto di testi scolastici;

   h) prevedere agevolazioni in favore delle famiglie per forme di sostegno aggiuntivo collegate alla contrattazione di secondo livello;

   i) prevedere che i benefìci e le prestazioni di cui al presente comma siano corrisposti nella forma di agevolazioni fiscali ovvero mediante l'erogazione di una somma di denaro allo scopo vincolata e nell'ambito di limiti di spesa programmati compatibilmente con le risorse disponibili ai sensi dell'articolo 8.

Art. 4.
(Delega al Governo per la disciplina dei congedi parentali e di paternità)

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro per gli affari europei, uno o più decreti legislativi per l'estensione, il riordino e l'armonizzazione della disciplina relativa ai congedi parentali e di paternità.
  2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1 del presente articolo, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 1, il Governo, con riferimento alla disciplina dei congedi parentali, si attiene ai seguenti ulteriori princìpi e criteri direttivi:

   a) introdurre modalità flessibili nella gestione dei congedi parentali, compatibilmente con le esigenze del datore di lavoro e, nell'ambito della relativa competenza, con le forme stabilite dai contratti collettivi di lavoro applicati al settore, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;

   b) prevedere per i genitori lavoratori la possibilità di usufruire, previo preavviso al datore di lavoro, di un permesso retribuito, di durata non inferiore a cinque ore nel corso dell'anno, per i colloqui con gli insegnanti e per la partecipazione attiva al percorso di crescita dei figli;

   c) stabilire un periodo minimo, non inferiore a due mesi, di congedo parentale non cedibile all'altro genitore per ciascun figlio;

   d) prevedere misure che, tenendo conto della specificità delle singole professioni, favoriscano l'estensione della disciplina relativa ai congedi parentali anche ai lavoratori autonomi.

  3. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1 del presente articolo, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 1, il Governo, con riferimento alla disciplina del congedo di paternità, si attiene ai seguenti ulteriori princìpi e criteri direttivi:

   a) prevedere un periodo di congedo obbligatorio, di durata non inferiore a dieci giorni lavorativi, per il padre lavoratore nei primi mesi dalla nascita del figlio;

   b) prevedere che il diritto al congedo di paternità sia concesso a prescindere dallo stato civile o di famiglia del padre lavoratore;

   c) prevedere che il diritto al congedo di paternità non sia subordinato a una determinata anzianità lavorativa e di servizio;

   d) prevedere un ragionevole periodo di preavviso al datore di lavoro per l'esercizio del diritto al congedo di paternità, sulla base dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;

   e) prevedere che il diritto al congedo di paternità sia garantito a parità di condizioni anche per i lavoratori delle pubbliche amministrazioni con misure uguali rispetto a quelle garantite per i lavoratori del settore privato.

  4. I benefìci di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo sono riconosciuti nell'ambito delle risorse disponibili ai sensi dell'articolo 8, anche prevedendone l'attuazione in forma progressiva.

Art. 5.
(Delega al Governo per incentivare il lavoro femminile e l'armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro)

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale e con il Ministro per gli affari europei, uno o più decreti legislativi per il riordino e il rafforzamento delle misure volte a incentivare il lavoro femminile e per l'armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro.
  2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1 del presente articolo, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 1, il Governo si attiene ai seguenti ulteriori princìpi e criteri direttivi:

   a) prevedere una percentuale di detraibilità o la deducibilità delle spese sostenute dal contribuente per dipendenti, assunti con contratto di lavoro subordinato, addetti ai servizi domestici e all'assistenza di familiari, tenendo conto dell'ISEE del nucleo familiare;

   b) prevedere una modulazione graduale della retribuzione percepita dal lavoratore nei giorni di assenza dal lavoro nel caso di malattia dei figli;

   c) introdurre incentivi per i datori di lavoro che applicano le clausole dei contratti collettivi nazionali di lavoro, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che, ai fini dell'armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro, prevedono modalità di lavoro flessibile con facoltà dei lavoratori di chiedere, secondo le previsioni dei medesimi contratti, il ripristino dell'originario regime contrattuale;

   d) prevedere che una quota della dotazione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, sia riservata all'avvio delle nuove imprese femminili e al sostegno della loro attività per i primi due anni;

   e) prevedere ulteriori interventi di rafforzamento delle misure volte a incentivare il lavoro femminile nelle regioni del Mezzogiorno.

  3. I benefìci di cui al comma 2 del presente articolo sono riconosciuti nell'ambito delle risorse disponibili ai sensi dell'articolo 8, anche prevedendone l'attuazione in forma progressiva.

Art. 6.
(Delega al Governo per sostenere la spesa delle famiglie per la formazione dei figli e il conseguimento dell'autonomia finanziaria dei giovani)

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro per le pari opportunità e la famiglia e del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le politiche giovanili e lo sport e con il Ministro dell'università e della ricerca, uno o più decreti legislativi per il riordino e il rafforzamento delle misure volte a sostenere la spesa delle famiglie per la formazione dei figli e il conseguimento dell'autonomia finanziaria da parte dei giovani.
  2. Nell'esercizio della delega di cui al comma 1 del presente articolo, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 1, il Governo si attiene ai seguenti ulteriori princìpi e criteri direttivi:

   a) prevedere detrazioni fiscali per le spese documentate sostenute dalle famiglie per l'acquisto di libri di testo universitari per i figli maggiorenni a carico, iscritti a corsi universitari, qualora non beneficino di altre forme di sostegno per l'acquisto di testi universitari;

   b) prevedere detrazioni fiscali per le spese documentate sostenute dalle famiglie relativamente al contratto di locazione di abitazioni per i figli maggiorenni iscritti a corsi universitari;

   c) prevedere agevolazioni fiscali per la locazione dell'immobile adibito ad abitazione principale in favore delle giovani coppie composte da soggetti aventi ambedue età non superiore a trentacinque anni alla data di presentazione della domanda.

  3. I benefìci di cui al comma 2 del presente articolo sono riconosciuti nell'ambito delle risorse disponibili ai sensi dell'articolo 8, anche prevedendone l'attuazione in forma progressiva.

Art. 7.
(Procedimento per l'adozione dei decreti legislativi)

  1. Gli schemi dei decreti legislativi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti legislativi possono essere comunque adottati. Se il termine per l'espressione del parere scade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto per l'adozione dei decreti legislativi o successivamente, quest'ultimo termine è prorogato di novanta giorni. Sugli schemi dei decreti legislativi di cui all'articolo 3, prima della loro trasmissione alle Camere, è acquisita l'intesa in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
  2. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dalla presente legge, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive dei medesimi decreti legislativi.

Art. 8.
(Disposizioni finanziarie)

  1. All'attuazione delle disposizioni di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 della presente legge si provvede nei limiti delle risorse dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 339, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, nonché delle risorse derivanti:

   a) dalla modificazione o dall'abolizione delle seguenti misure:

    1) assegno al nucleo familiare con almeno tre figli minori, di cui all'articolo 65 della legge 23 dicembre 1998, n. 448;

    2) assegno di natalità, di cui all'articolo 1, comma 125, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, all'articolo 1, comma 248, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, all'articolo 23-quater, commi 1 e 2, del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136, e all'articolo 1, comma 340, della legge 27 dicembre 2019, n. 160;

    3) premio alla nascita, di cui all'articolo 1, comma 353, della legge 11 dicembre 2016, n. 232;

    4) buono per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido e altri servizi per l'infanzia, di cui all'articolo 1, comma 355, della legge 11 dicembre 2016, n. 232;

    5) Fondo di sostegno alla natalità, di cui all'articolo 1, commi 348 e 349, della legge 11 dicembre 2016, n. 232;

   b) dalla modificazione o dall'abolizione, nel quadro di una più ampia riforma del sistema fiscale, delle seguenti misure:

    1) detrazioni fiscali per minori a carico, previste dall'articolo 12, commi 1, lettera c), e 1-bis, del testo unico delle imposte di redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

    2) assegno per il nucleo familiare, di cui all'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, e assegni previsti dal testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797;

    3) detrazione delle spese documentabili per i contratti di locazione stipulati da studenti universitari fuori sede, prevista dall'articolo 15, comma 1, lettera i-sexies), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

  2. All'attuazione delle deleghe di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 si provvede nei limiti delle risorse di cui al comma 1 del presente articolo. Qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno o mediante l'utilizzo delle risorse di cui al comma 1 del presente articolo, essi sono adottati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie, in conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

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