FRONTESPIZIO

RELAZIONE

RELAZIONE TECNICA

PROGETTO DI LEGGE
                Capo I
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8
                        Articolo 9
                        Articolo 10
                        Articolo 11
                        Articolo 12
                        Articolo 13
                Capo II
                        Articolo 14
                Capo III
                        Articolo 15
                        Articolo 16
                Capo IV
                        Articolo 17
                        Articolo 18

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 2435

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro della giustizia
( BONAFEDE )

Delega al Governo per l'efficienza del processo penale e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti presso le corti d'appello

Presentato il 13 marzo 2020

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  Onorevoli Deputati! – Il presente disegno di legge contiene modifiche normative destinate a incidere profondamente, attraverso la successiva adozione di uno o più decreti legislativi da parte del Governo e per mezzo di alcune disposizioni immediatamente precettive, sul «sistema giustizia», con particolare riferimento al settore penale. Il disegno di legge, infatti, contiene disposizioni finalizzate a realizzare una riforma che renda il processo penale più veloce ed efficiente, assicurando l'efficacia della risposta giudiziaria nel rispetto delle garanzie difensive.
  Il testo è articolato in quattro capi.
  Il capo I contiene deleghe al Governo per l'efficienza del processo penale.
  Il capo II contiene disposizioni precettive che modificano il codice penale in materia di disciplina della prescrizione.
  Il capo III contiene norme immediatamente precettive che prevedono misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti pendenti presso le corti di appello.
  Il capo IV contiene le disposizioni finanziarie.

  Il capo I del disegno di legge, composto da 13 articoli, rubricato «Delega al Governo per la modifica del codice di procedura penale, del codice penale e della collegata legislazione speciale e per la revisione del regime sanzionatorio delle contravvenzioni», contiene la delega per interventi sul codice di procedura penale, oltre che sul codice penale e sulle leggi speciali, interventi tutti accomunati dall'esigenza di garantire lo sviluppo e la conclusione del processo in tempi ragionevoli. Tale esigenza è resa ancor più stringente dalla necessità di coordinare l'ordinamento con la riforma della disciplina della prescrizione e di far fronte all'aggravio di lavoro riversato sulle corti d'assise per effetto dell'eliminazione della possibilità di accesso al giudizio abbreviato nei procedimenti per reati puniti con l'ergastolo, a seguito dell'entrata in vigore della legge 12 aprile 2019, n. 33.
  Sono note e risalenti le difficoltà operative determinate dall'enorme carico di lavoro degli uffici giudiziari: basti ricordare che nel 2019 sono stati 50.801 i procedimenti iscritti nella cancelleria centrale penale della Corte di cassazione e 51.831 i procedimenti esauriti, con pendenze che alla fine dello stesso anno assommavano a 23.579 unità.
  Ancor più drammatico (per numero di procedimenti e durata media) è il dato delle corti d'appello, ove nel terzo trimestre del 2019 si è registrato un numero complessivo nazionale di 268.578 procedimenti pendenti; valore leggermente in calo rispetto alla fine del 2018 (271.247 unità), ma certamente ancora allarmante. Quanto ai tribunali, il dato relativo ai procedimenti pendenti è in crescita, in particolare per ciò che concerne il giudizio monocratico: 1.159.760 le pendenze complessive nel terzo trimestre del 2019 (delle quali 604.341 innanzi al tribunale in composizione monocratica, 526.244 innanzi al giudice delle indagini preliminari o al giudice dell'udienza preliminare, 28.775 innanzi al tribunale in composizione collegiale e 400 innanzi alla corte d'assise), a fronte di 1.157.500 della fine del 2018.
  Si tratta di dati preoccupanti, tanto più ove si consideri l'incidenza dell'imponente numero di procedimenti sui tempi di durata media degli stessi, specie in rapporto ai termini previsti dalla legge 24 marzo 2001, n. 89 (cosiddetta legge Pinto): si consideri, a tale proposito, che i procedimenti ultrabiennali in tutte le corti d'appello nazionali (al 2017, ultimo dato nazionale accertato) sono pari a 105.870 (il 39,4 per cento) e che i procedimenti ultratriennali nei tribunali sono pari a 222.372 (il 19 per cento).
  È dunque necessario introdurre alcuni correttivi volti al recupero di efficienza del sistema processuale: misure per ridurre il carico di lavoro in entrata negli uffici giudiziari, attraverso la modifica del regime di procedibilità per alcuni reati e della disciplina sanzionatoria delle contravvenzioni; misure per razionalizzare, semplificare e accelerare il procedimento penale, nel rispetto dei diritti della difesa e della struttura dialettica del metodo di conoscenza giudiziaria, attraverso l'introduzione dello strumento telematico per il deposito degli atti, per le comunicazioni e per le notificazioni e la revisione della disciplina riguardante le notificazioni, le indagini, l'udienza preliminare, i riti alternativi, la celebrazione del dibattimento e le impugnazioni.
  L'articolo 1 del disegno di legge delega il Governo all'adozione di uno o più decreti legislativi attraverso i quali dovrà essere attuata la riforma. Lo stesso articolo disciplina il procedimento di esercizio della delega. Viene previsto che gli schemi dei decreti siano trasmessi alle Camere, perché su di essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari entro il termine di sessanta giorni dalla data della ricezione. Decorso il predetto termine i decreti potranno essere emanati anche in mancanza dei pareri. Nell'esercizio della delega il Governo dovrà conformarsi ai princìpi e criteri direttivi, suddivisi per aree tematiche e settori di intervento, di cui agli articoli 2 e seguenti.
  L'articolo 2 detta i princìpi e criteri direttivi per l'efficienza dei procedimenti penali e per la riforma del sistema delle notificazioni all'imputato, con norme che trovano applicazione anche alla persona sottoposta alle indagini, per effetto della regola generale di cui all'articolo 61 del codice di procedura penale.
  Sul primo versante, allo scopo di rendere il processo penale più celere ed efficiente, si prevede che il deposito di atti e documenti possa essere effettuato con modalità telematiche, demandandosi ad un decreto del Ministro della giustizia l'individuazione degli uffici giudiziari e della tipologia degli atti per i quali il deposito telematico è obbligatorio. Analogamente, si prevede che siano eseguite con modalità telematica, anche mediante soluzioni tecnologiche diverse dalla posta elettronica certificata, le comunicazioni e le notificazioni a persona diversa dall'imputato [comma 1, lettere a), b), d), e), f), g), h) e i)].
  Viene al contempo previsto che, nel caso di deposito telematico obbligatorio, spetti al capo dell'ufficio autorizzare il deposito con modalità non telematiche, subordinando tale autorizzazione alla presenza di disfunzioni dei sistemi informatici del dominio «giustizia» e alla sussistenza di una situazione d'urgenza, assicurando che agli interessati sia data conoscenza adeguata e tempestiva anche dell'avvenuta riattivazione del sistema [lettera c)].
  In relazione, invece, alla delega per la riforma del sistema delle notificazioni, va rilevato che le notificazioni all'imputato sono uno dei principali fattori di dilatazione del processo e di reiterazione di atti, con conseguente allungamento dei tempi, approssimarsi della prescrizione e disfunzioni per tutti i soggetti coinvolti nel processo. La disciplina attualmente vigente non fa fronte adeguatamente alle esigenze di ragionevole durata del procedimento, poiché è costituita da disposizioni di non agevole coordinamento, suscettibili di ingenerare incertezze interpretative e conseguente proliferazione di questioni processuali, destinate a trascinarsi di grado in grado nel corso del giudizio, allungandone la durata e addirittura provocando, in molti casi, la rescissione del giudicato, con conseguente rinnovazione del giudizio; disposizioni che, in alcuni casi, impongono defatiganti oneri di ricerca dei destinatari della notifica, non strettamente necessari per garantire al soggetto sottoposto al processo o al procedimento penale la conoscenza piena ed effettiva delle accuse che gli vengono mosse.
  Per soddisfare tale fondamentale esigenza e, al tempo stesso, sfrondare le notificazioni di ogni formalità superflua, assicurandone celerità ed efficacia, si dispone, pertanto, che solo la prima notificazione avvenga per il tramite di un contatto personale o ravvicinato con l'accusato, secondo la disciplina già oggi dedicata alla prima notificazione all'imputato dagli articoli 156 e 157 del codice di procedura penale; tutte le notificazioni successive alla prima, invece, saranno eseguite presso il difensore, anche con modalità telematiche. Al contempo, si prevede che – al di fuori dei casi di elezione o dichiarazione di domicilio di cui agli articoli 161 e 162 del codice di procedura penale – ove il difensore non sia fiduciario e la prima notifica non sia avvenuta attraverso la consegna a mani dell'imputato o a persona stabilmente convivente con lo stesso (o al portiere), siano introdotte deroghe al meccanismo semplificato di notificazione degli atti; ciò al fine di limitare tale forma di partecipazione degli atti ai soli casi in cui tra l'imputato e il professionista sussista un rapporto tendenzialmente solido o, comunque, la possibilità concreta di intrattenere un rapporto effettivo, per avere l'interessato ricevuto la prima notifica a mani proprie o, in ogni caso, con modalità tali da assicurargli la reale conoscenza dell'atto e, con essa, la possibilità di mettersi in contatto con il legale [lettera l)].
  Il legale non potrà rifiutare le notificazioni presso il suo studio. A suo beneficio, tuttavia, è prevista l'introduzione di un sistema di esenzione da responsabilità professionale ove sia imputabile al cliente ogni eventuale difetto di comunicazione [lettera n)]. La responsabilizzazione dell'interessato, poi, risulta rafforzata dall'onere, per l'imputato che abbia ricevuto la prima notificazione, di indicare al difensore un recapito idoneo ove effettuare ogni successiva comunicazione [lettera m)].
  Si impone, poi, l'esigenza di coordinamento con i vigenti meccanismi di notificazione, con speciale riguardo a quelle da effettuarsi in presenza di una dichiarazione o elezione di domicilio, sia nei confronti degli imputati detenuti, sia nei confronti degli imputati liberi. Tale intervento ha lo scopo di eliminare ogni incertezza interpretativa e, con essa, possibili motivi di impugnazione sul punto e di conseguente dilatazione dei tempi di definizione del giudizio [lettera o)].
  Ispirato alla semplificazione del procedimento è il criterio relativo alla previsione della notificazione presso il difensore, con modalità telematica, di ogni atto diretto all'imputato che abbia proposto impugnazione od opposizione a decreto penale [lettera p)].
  I princìpi e criteri direttivi per le modifiche al codice di procedura penale in materia di indagini e di udienza preliminare sono enunciati all'articolo 3.
  In primo luogo [comma 1, lettere a) e i)], si demanda al legislatore delegato la definizione di regole di giudizio più rigorose per l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero e per la pronunzia del decreto che dispone il giudizio da parte del giudice dell'udienza preliminare. In entrambi i casi – rispettivamente disciplinati dall'articolo 125 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e dall'articolo 425, comma 3, del codice di procedura penale – si intende evitare la celebrazione di processi penali sulla base di elementi che non siano sufficienti per giustificare una condanna. Si prevede, in tal senso, che sia richiesta (e disposta) l'archiviazione o che non sia disposto il giudizio (ma emessa sentenza di non luogo a procedere) quando gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non consentano una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria in giudizio. Non sarà più richiesta la sola sostenibilità dell'accusa in giudizio quale parametro per l'esercizio dell'azione penale o per il rinvio a giudizio, ma occorrerà che il pubblico ministero e il giudice dell'udienza preliminare siano in grado di prevedere che il giudizio dibattimentale si concluda con una sentenza di condanna del responsabile.
  Attraverso la formulazione di tali stringenti regole di giudizio si intende evitare inutili esperienze processuali destinate sin dall'origine ad avere esiti assolutori scontati. Tale obiettivo va perseguito, come si è visto, sia attraverso la riformulazione dell'articolo 125 delle norme di attuazione del codice, in materia di archiviazione, sia attraverso la ridefinizione di un ruolo di effettivo filtro dell'udienza preliminare.
  Lo stesso articolo 3, inoltre, delega al Governo un intervento volto a riformare i termini di durata delle indagini preliminari, modulando gli stessi in funzione della differente gravità dei reati per cui si procede.
  Il termine sarà di un anno per la generalità dei reati, di sei mesi per i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena non superiore nel massimo a tre anni e, infine, di un anno e sei mesi per i reati di criminalità organizzata o terroristica e, in generale, per i procedimenti relativi ai delitti contemplati dall'articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale [lettera c)]. La proroga dei termini suddetti potrà essere richiesta per una sola volta e per un ulteriore termine di sei mesi [lettera d)]. In tal modo, viene estesa la durata del termine ordinario per le indagini nei casi di maggiore complessità, sì da garantire la segretezza delle stesse per un lasso di tempo adeguato alle esigenze di accertamento; al contempo, viene scongiurato il rischio che la proroga comporti una dilatazione eccessiva dei tempi di indagine, incentivando la concentrazione e la tempestività dell'attività investigativa; dall'altro lato viene ridotta la durata massima delle indagini per i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena non superiore nel massimo a tre anni, che, per effetto di una sola proroga, potrà al più raggiungere un anno.
  Il disegno di legge di delega prevede, altresì, una procedura di deposito degli atti di indagine, nel caso in cui il pubblico ministero non abbia notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari o non abbia avanzato richiesta di archiviazione entro stringenti termini decorrenti dalla scadenza della durata massima delle indagini preliminari [lettera e)]. Tale previsione consente agli interessati di prendere visione degli atti dell'indagine preliminare dopo la scadenza dei relativi termini, anche prima che il pubblico ministero abbia assunto le proprie determinazioni in ordine all'esercizio dell'azione penale.
  Con la nuova disciplina della durata delle indagini preliminari si raggiungerà, quindi, un punto di equilibrio tra le esigenze di segretezza, speditezza e adeguatezza delle indagini preliminari e le garanzie dovute alla persona sottoposta alle indagini in ordine all'effettivo rispetto della durata delle indagini preliminari e del diritto di difesa in relazione ai risultati acquisiti all'esito delle indagini. In tale prospettiva, da un lato si propone il prolungamento dei termini di durata delle indagini da sei mesi a un anno (ad eccezione dei procedimenti per reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena non superiore nel massimo a tre anni) e, nei casi più gravi da un anno a diciotto mesi, con la limitazione a una sola delle proroghe possibili; dall'altro lato – a compensare l'allungamento di sei mesi del termine di durata delle indagini – vi è l'introduzione di una garanzia di assoluta novità e sostanziale portata per la tutela dei diritti della persona sottoposta a indagini e delle persone offese: la previsione di un meccanismo che impone al pubblico ministero la messa a disposizione degli atti, a meno che non sia stato notificato l'avviso della conclusione delle indagini previsto dall'articolo 415-bis del codice di procedura penale ovvero non sia stata richiesta l'archiviazione. Fermo restando l'istituto dell'avocazione di cui all'articolo 412 del codice di rito, si rimedia a eventuali ritardi o stasi nelle indagini assicurando l'effettiva conoscenza di tutti gli atti alle persone interessate (siano persone soggette ad indagini, siano parti offese); queste saranno così in grado di attivarsi per eventuali indagini difensive e per sollecitare le iniziative nel loro interesse (archiviazione o esercizio dell'azione penale), fornendo di fatto un contributo utile alla dinamica procedimentale.
  Al fine di rafforzare l'efficacia del meccanismo testé illustrato viene introdotta la responsabilità disciplinare del pubblico ministero che per negligenza inescusabile violi le prescrizioni di cui alla lettera e) o, dopo la notificazione dell'avviso di deposito, ometta di formulare la richiesta di archiviazione o di esercitare l'azione penale entro il termine di trenta giorni dalla presentazione della richiesta del difensore della persona sottoposta alle indagini o della parte offesa, fatte salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato [lettere f) e g)].
  Sempre con riferimento ai procedimenti penali nella fase delle indagini preliminari, il disegno di legge si fa carico di assicurare che anche nella trattazione degli affari penali da parte degli uffici del pubblico ministero si imponga la salvaguardia, tra gli altri, dei princìpi di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione pubblica: princìpi incompatibili con una sostanziale discrezionalità del singolo magistrato nelle scelte sulle priorità. In tale prospettiva, si prevede, quale dovere istituzionale del procuratore della Repubblica, la redazione di criteri di priorità per ciascun ufficio, previa interlocuzione con il procuratore generale presso la corte d'appello e con il presidente del tribunale. I criteri, confluendo nei progetti organizzativi, dovranno tenere conto dei princìpi elaborati in materia dal Consiglio superiore della magistratura nonché delle specificità proprie delle realtà territoriali e delle risorse, personali e reali, disponibili [lettera h)]. Si rende in tal modo obbligatoria, la formulazione di criteri per la trattazione dei procedimenti nell'ambito delle procure della Repubblica, così disciplinando un adempimento che attualmente, secondo le circolari elaborate in materia dal Consiglio superiore della magistratura, rappresenta un potere del procuratore. Con la lettera l), infine, è previsto un meccanismo di verifica giudiziale, su richiesta di parte, della tempestività nell'iscrizione delle notizie di reato, al fine di rendere ineludibile il termine di durata massima delle indagini preliminari. L'innesto normativo si propone di risolvere i problemi, da tempo avvertiti, che originano dall'assenza di effettivi rimedi processuali per i ritardi nell'iscrizione nel registro delle notizie di reato. Al fine di evitare un utilizzo improprio dello strumento di controllo giurisdizionale, si pone a carico dell'interessato, che chiede l'accertamento della data di effettiva acquisizione della notizia di reato, l'onere di indicare specificamente, a pena di inammissibilità, le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono la richiesta.
  L'articolo 4 del disegno di legge di delega enuncia i princìpi e criteri direttivi che il Governo dovrà seguire nell'esercizio della delega con riferimento alla disciplina dei procedimenti speciali, alternativi al dibattimento, che si è inteso incentivare.
  La lettera a) del comma 1 dell'articolo 4 ha ad oggetto l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444, comma 1, del codice di procedura penale. Allo scopo di incentivare il ricorso a tale procedimento speciale e, dunque, con un'evidente finalità deflativa del contenzioso, si aumenta ad otto anni di reclusione, sola o congiunta a pena pecuniaria, il limite di pena applicabile su richiesta. Al contempo, tuttavia, si prevede, rispetto all'accesso a questo ulteriore segmento di cosiddetto «patteggiamento allargato» (per la fascia di pena superiore a cinque anni di reclusione), l'estensione delle preclusioni oggettive, individuate in relazione a fattispecie di reato che si connotano per gravità e particolare allarme sociale.
  La lettera b) riguarda il giudizio abbreviato. Allo scopo di valorizzare il giudizio abbreviato condizionato si è specificato, rispetto ai presupposti, che la valutazione del criterio dell'economicità dell'integrazione probatoria debba sempre assumere quale parametro il risparmio di tempi della fase dibattimentale che il rito consente di evitare, fermo restando comunque il presupposto della necessità dell'integrazione richiesta ai fini dell'ammissione del rito.
  Con riferimento al giudizio immediato [lettera c)] si è previsto di introdurre la possibilità di avanzare richiesta di riti alternativi ulteriori in caso di rigetto dell'istanza presentata entro i termini previsti: l'imputato che vedesse respinta l'istanza di giudizio abbreviato condizionata ad un'integrazione probatoria potrà avanzare richiesta di giudizio abbreviato non condizionato o richiesta di applicazione della pena, così come il rigetto – a seguito di decreto di giudizio immediato – di una richiesta di applicazione della pena non precluderà all'imputato la scelta del giudizio abbreviato.
  Quanto, infine, al decreto penale di condanna [lettera d)], anche per omogeneità con le nuove previsioni sui termini di durata delle indagini preliminari, si è previsto di ampliare fino a un anno dall'iscrizione della notizia di reato il limite temporale entro il quale la relativa richiesta deve essere depositata. Allo scopo di incoraggiare il ricorso a tale strumento alternativo di definizione del procedimento penale e di assicurarne l'efficacia anche ai fini dell'effettivo recupero delle pene pecuniarie (attualmente attestato su livelli bassissimi, inferiori al 10 per cento), si è poi subordinata l'estinzione del reato, nei casi previsti dall'articolo 460, comma 5, del codice di procedura penale (ossia nei casi in cui il condannato non commetta un altro delitto o una contravvenzione della stessa indole nel termine, rispettivamente, di cinque o due anni), all'effettivo pagamento della pena pecuniaria [lettera d), numero 2)]. Al tempo stesso, al fine di promuovere la tempestività dei pagamenti e di ridurre il carico giudiziario dibattimentale (in gran parte composto da opposizioni proposte al fine di evitare o procrastinare il pagamento di una sanzione pecuniaria reputata di eccessiva entità), si è prevista la possibilità della riduzione di un quinto della somma dovuta nel caso di rinuncia all'opposizione e di pagamento entro il termine di dieci giorni decorrente dalla notificazione del decreto penale di condanna [lettera d), numero 3)].
  L'articolo 5 è dedicato ai princìpi e criteri direttivi che dovranno presiedere agli interventi sul giudizio dibattimentale.
  In primo luogo, sempre che il dibattimento non possa concludersi in un'unica udienza, dovrà essere previsto che il giudice, una volta adottata l'ordinanza sull'ammissione delle prove, fissi il calendario delle udienze che saranno dedicate all'istruzione dibattimentale e alla discussione finale [comma 1, lettera a)]. Tale criterio ha il duplice vantaggio di coinvolgere le parti nella gestione del ruolo del giudice relativamente al singolo processo, di prevenire – per quanto possibile – rinvii delle udienze determinati da impedimenti professionali e di indurre il giudice a un'organizzazione del ruolo delle udienze che tenga conto dei criteri di priorità di cui all'articolo 132-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale, con l'adozione di modelli organizzativi ispirati alle esigenze di trattazione sequenziale e, comunque, ragionata dei processi.
  Per consentire al giudice una valutazione adeguata ai fini della decisione in ordine alle prove, a norma degli articoli 190, comma 1, e 190-bis del codice di procedura penale, viene reintrodotta, dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, la relazione illustrativa delle parti sulle richieste istruttorie rispettivamente formulate [lettera b) ]. Viene altresì previsto che la rinunzia di una parte all'assunzione delle prove ammesse a sua richiesta non sia condizionata al consenso delle altre parti [lettera c)]: la modifica della regola attualmente dettata dall'articolo 495, comma 4-bis, del codice di procedura penale (in forza della quale ciascuna delle parti può rinunciare all'assunzione delle prove ammesse a sua richiesta solo con il consenso dell'altra parte) consente di accelerare l'istruzione dibattimentale, restituendo alle parti il potere di disporre delle prove richieste, senza attentare alla funzione cognitiva del processo penale, comunque garantita dai poteri ufficiosi del giudice in tema di integrazione probatoria, ai sensi degli articoli 506 e 507 del codice di procedura penale.
  Un ulteriore intervento [(lettera d)] attiene all'esame dei periti e consulenti tecnici, i cui elaborati, invariata la disciplina delle letture consentite e delle utilizzabilità degli atti, dovranno essere depositati entro un termine congruo precedente l'udienza, in modo da consentire alle parti un efficace e consapevole svolgimento dell'esame incrociato e da offrire al giudice la completezza del quadro e la piena possibilità di valutare l'esigenza di porre domande a chiarimento.
  Si interviene [lettera e)] anche sulla disciplina della rinnovazione del dibattimento nel processo davanti al tribunale, nel caso di mutamento della persona fisica di uno dei componenti del collegio. In tale ipotesi, qualora sia richiesto l'esame di un testimone o di una delle persone indicate nell'articolo 210 del codice di procedura penale e questi abbia già reso dichiarazioni in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, viene resa applicabile la regola attualmente dettata dall'articolo 190-bis dello stesso codice, che prevede la rinnovazione dell'esame solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengono necessario sulla base di specifiche esigenze.
  Come è noto, la rinnovazione del dibattimento in caso di mutamento della persona fisica del giudice, quando le parti non prestino il consenso all'utilizzabilità mediante lettura delle prove dichiarative precedentemente assunte, è considerata in dottrina e in giurisprudenza (si veda Cassazione penale, sezioni unite, sentenza n. 2 del 15 gennaio 1999, ric. Iannasso), un necessario meccanismo di conformità del processo penale ai canoni dell'oralità e dell'immediatezza, in ragione dei quali il giudice che delibera la sentenza deve essere, salve eccezioni di legge, colui che ha assunto la prova. Il principio, tuttavia, ha portato a distorsioni patologiche nella prassi applicativa, a causa dell'assenza di un contemperamento con i termini di prescrizione e di un vaglio del giudice sull'istanza di rinnovazione, idoneo a neutralizzare eventuali richieste dilatorie delle parti, tanto da aver condotto, da ultimo, ad un'ulteriore sentenza della stessa Corte di cassazione a sezioni unite (sentenza n. 41736 del 30 maggio 2019, imp. Bajrami), nel tentativo di porre rimedio a quelle disfunzioni. Un intervento che, proprio perché condotto – come non poteva che essere – sul piano meramente interpretativo, può non essere risolutivo. Con la modifica proposta si affronta la problematica, consentendo un accesso alla rinnovazione probatoria selettivo, perché limitato all'esame su fatti o circostanze diverse da quelle che erano state oggetto delle precedenti dichiarazioni oppure motivato da «specifiche esigenze» che la parte richiedente ha l'onere di allegare. Si intende cogliere, in tal senso, la sollecitazione, contenuta nella sentenza della Corte costituzionale n. 132 del 2019, a una rimodulazione della regola della rinnovazione probatoria, volta ad evitare abusi. Pur riaffermando la centralità del principio di immediatezza nel processo accusatorio delineato dal codice di rito, connesso al principio di oralità e alla formazione della prova dinnanzi al giudice della decisione, la Corte costituzionale invita il legislatore a imporre ragionevoli deroghe alla regola dell'identità tra giudice avanti al quale si forma la prova e giudice che decide, «in funzione dell'esigenza, costituzionalmente rilevante, di salvaguardare l'efficienza dell'amministrazione della giustizia penale», in ragione del fatto che il diritto della parte alla nuova audizione dei testimoni di fronte al nuovo giudice o al mutato collegio «non è assoluto, ma “modulabile” (entro limiti di ragionevolezza) dal legislatore» (ordinanza n. 205 del 2010), restando ferma – in particolare – la possibilità per il legislatore di introdurre «presìdi normativi volti a prevenire il possibile uso strumentale e dilatorio» del diritto in questione (ordinanze n. 318 del 2008 e n. 67 del 2007).
  Infine si prescrive [lettera f)] che sia integrato il vigente articolo 132-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale mediante l'inclusione dei processi relativi ai delitti colposi di comune pericolo nell'ambito dei procedimenti a trattazione prioritaria.
  Per quanto riguarda specificamente il giudizio innanzi al tribunale in composizione monocratica, l'articolo 6 demanda al Governo il compito di prevedere e disciplinare un'udienza, che dovrà essere tenuta innanzi a un giudice diverso da quello innanzi al quale dovrà celebrarsi il dibattimento, per valutare, sulla base degli atti presenti nel fascicolo del pubblico ministero, se il dibattimento debba essere celebrato o se, al contrario, debba intervenire immediatamente una pronuncia di sentenza di non luogo a procedere perché sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, perché risulta che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa o in quanto gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non consentono l'accoglimento della prospettazione accusatoria in giudizio [comma 1, lettera a)]. Si tratta della introduzione di un'udienza «filtro» volta a consentire, anche nel caso di processi per i quali non sia prevista l'udienza preliminare propriamente detta, un vaglio volto a evitare la comunque onerosa celebrazione di dibattimenti inutili, quando appaia scontato o notevolmente probabile che essi abbiano a concludersi con il proscioglimento. Peraltro, allo scopo di dare un più ampio contenuto a questa udienza, si è ritenuto di anticipare in questa fase anche le scelte relative ai riti alternativi, così contenendo gli effetti negativi sulle incompatibilità che derivano dall'introduzione di questa verifica preliminare sulla fondatezza dell'esercizio dell'azione penale. Con disposizione identica a quella dettata dall'articolo 425 del codice di procedura penale per il giudice dell'udienza preliminare, viene inibita la pronuncia di non luogo a procedere quando il giudice ritenga che dal proscioglimento debba derivare la necessità di applicazione di una misura di sicurezza personale [lettera b)]. Infine, viene estesa alla sentenza di non luogo a procedere pronunziata dal giudice dibattimentale l'applicazione delle disposizioni degli articoli 426, 427 e 428 del codice di procedura penale, in materia di requisiti della sentenza, di condanna del querelante alle spese e ai danni e di impugnazione della sentenza [lettera c)].
  L'articolo 7 contiene la delega per alcune modifiche del giudizio di appello.
  Come anticipato sopra, l'intervento si impone con particolare urgenza, interessando un segmento del procedimento penale che costituisce ormai la strettoia più angusta del giudizio di merito, destinata ad accumulare il maggior carico di affari per effetto delle modifiche apportate al regime della prescrizione con la legge n. 3 del 2019.
  In primo luogo, si prevede che il difensore possa impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato a impugnare, rilasciato successivamente alla pronunzia della sentenza stessa [comma 1, lettera a)]. La modifica consente di assicurare che il processo di impugnazione si svolga solo se l'imputato è sicuramente a conoscenza della sentenza. Si evita così l'inutile celebrazione di procedimenti (in appello e in cassazione) nei confronti di imputati incolpevolmente ignari del processo, cui può conseguire la rescissione del giudicato (articolo 629-bis del codice di procedura penale), con conseguente vanificazione di attività processuali onerose, in relazione sia all'uso delle risorse, sia al prolungamento dei tempi della giustizia, sia – molto spesso – alle spese per il patrocinio a carico dello Stato (nel caso di irreperibilità dell'imputato). In tal modo viene inoltre disincentivato il possibile abuso del processo.
  Si interviene, sotto altro riguardo, anche sulle modalità di presentazione dell'atto d'impugnazione [lettera b)]: al fine di eliminare le disfunzioni e i ritardi conseguenti alla possibilità, concessa dalla normativa vigente, di depositare l'atto di impugnazione anche presso la cancelleria di un ufficio diverso da quello del giudice che ha emesso il provvedimento (articolo 582, comma 2, del codice di procedura penale) o di spedirlo per posta (articolo 583 del codice di procedura penale), viene data delega al Governo al fine di modificare tale disciplina, abrogando le disposizioni che consentono le indicate modalità di presentazione dell'impugnazione e introducendo la possibilità di trasmissione e deposito dell'atto per via telematica.
  La proposta mira, poi, ad ampliare il catalogo delle sentenze inappellabili da parte sia del pubblico ministero sia delle parti private.
  Al riguardo, va ricordato che il principio del doppio grado di giudizio di merito non è costituzionalizzato, come riconosciuto in più occasioni dalla Corte costituzionale (tra le tante si vedano le sentenze n. 274 del 2009, n. 298 e n. 85 del 2008 e n. 26 del 2007). Anche la Corte europea dei diritti dell'uomo, a proposito del principio del doppio grado di giurisdizione previsto dall'articolo 2 del Protocollo addizionale n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ha avuto modo di puntualizzare più volte che – dovendosi comunque riconoscere che gli Stati contraenti dispongono, in linea di principio, di un ampio potere discrezionale per stabilire le modalità di esercizio di un simile diritto – l'esame della dichiarazione di colpevolezza o di una condanna da parte di una giurisdizione superiore può riguardare questioni di fatto o di diritto oppure limitarsi anche alle sole questioni di diritto (si vedano, fra le altre, le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo 20 ottobre 2015, ric. 56635/13, Di Silvio c. Italia; 24 settembre 2017, ric. 23486/12, Marcial Dorado Baulde c. Spagna).
  In concreto, si ritiene che un responsabile e razionale bilanciamento tra il valore dell'interesse alla realizzazione della pretesa punitiva, presidiato dall'obbligatorietà dell'azione penale, e il valore dell'efficienza giudiziaria, presidiato dagli articoli 97, secondo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, imponga un attento utilizzo delle risorse giudiziarie laddove l'ipotesi accusatoria, nei procedimenti per fattispecie di minore gravità, non abbia superato in primo grado la barriera dell'accertamento della colpevolezza «al di là di ogni ragionevole dubbio». Di qui la scelta di estendere l'inappellabilità (oggi prevista dall'articolo 593, comma 3, del codice di procedura penale per le sole condanne alla pena dell'ammenda e per quelle di proscioglimento relative a contravvenzioni punite con ammenda o pena alternativa) a tutte le sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con pena pecuniaria o con pena alternativa, siano essi delitti o contravvenzioni [lettera c)]. Sono fatte salve le sentenze relative a reati di particolare allarme sociale o il cui accertamento comporta, di solito, la soluzione di questioni tecniche complesse e controvertibili, quali i reati di lesioni colpose gravi e gravissime commessi con violazione delle norme in materia di infortuni sul lavoro o commessi in ambito sanitario, nonché il reato di propaganda o istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa (delitti di cui agli articoli 590, secondo e terzo comma, 590-sexies e 604-bis, primo comma, del codice penale). Naturalmente, per esigenze di coordinamento sistematico, dovrà essere preclusa, negli stessi casi, anche l'appellabilità della sentenza di non luogo a procedere [lettera e)].
  Ulteriore ipotesi di inappellabilità si introduce per le sentenze di condanna a pena sostituita con il lavoro di pubblica utilità [lettera d)]. A fronte dei casi e delle modalità di applicazione di tale sanzione e della sua ratio, appare incongruo consentire al condannato di impugnare la decisione nel merito e, in tal modo, di differire l'esecuzione di una misura che egli stesso ha richiesto o alla quale, comunque, non si è opposto, tanto più ove si consideri che tale misura può corrispondere utilmente alle esigenze rieducative e di risocializzazione cui è finalizzata solo se tempestiva (sia rispetto al fatto-reato, sia rispetto alla predisposizione dello specifico programma di lavoro offerto dagli enti convenzionati e sottoposto al giudicante).
  Ulteriore proposta volta ad accelerare i procedimenti di secondo grado è la previsione della competenza della corte d'appello in composizione monocratica nei procedimenti a citazione diretta [lettera f)]. Si tratta di misura coerente con l'assetto del giudizio di primo grado (che già prevede la competenza del tribunale in composizione monocratica) e consentita dall'introduzione di un'ulteriore garanzia per l'imputato, data dal vaglio preliminare, affidato a un giudice del tribunale, della sussistenza delle condizioni per un'eventuale sentenza di non luogo a procedere nel caso dei procedimenti a citazione diretta.
  Risponde a intenti di razionalizzazione e semplificazione anche l'alleggerimento delle forme del giudizio di appello, che si prevede possa essere svolto, qualora ne faccia richiesta l'imputato o il suo difensore, con rito camerale non partecipato nei procedimenti di impugnazione innanzi alla corte d'appello in composizione monocratica, secondo il modello previsto per il giudizio di cassazione dal vigente articolo 611 del codice di procedura penale [lettera g)]. Analogamente, si prevede la forma del rito camerale non partecipato, ove ne faccia richiesta l'imputato o il suo difensore, nei casi in cui già si procede con udienza in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 599 del codice di procedura penale, ossia quando l'appello ha esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze, o l'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, di sanzioni sostitutive, della sospensione condizionale della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale [lettera h)]. In ambedue le ipotesi, viene fatta salva la necessità della partecipazione delle parti nel caso in cui occorra la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.
  L'articolo 8 del disegno di legge di delega fissa princìpi e criteri direttivi cui il Governo dovrà adeguarsi nell'esercizio della delega in materia di condizioni di procedibilità.
  In primo luogo, è previsto che sia ripristinata la procedibilità a querela per il reato di lesioni personali colpose gravi previsto dall'articolo 590-bis, primo comma, del codice penale [comma 1, lettera a)]. Si tratta di un intervento, più volte sollecitato dalla dottrina, volto a restringere la procedibilità ai soli casi in cui vi sia un effettivo e reale interesse della persona offesa alla punizione del responsabile, al fine di evitare l'instaurazione di procedimenti e processi penali numerosi e spesso onerosi sia per la loro durata sia sotto l'aspetto finanziario, trattandosi di materia in cui si impone il ricorso a consulenze e perizie sia dal punto di vista medico legale sia per la ricostruzione della dinamica dei sinistri.
  Ulteriori princìpi e criteri direttivi in materia di procedibilità sono funzionali a garantire la serietà della volontà punitiva manifestata dalla persona offesa con la querela. La previsione di un'ipotesi tipica di remissione tacita della querela nel caso di ingiustificata mancata comparizione del querelante all'udienza dibattimentale cui sia stato citato in qualità di testimone [lettera c)] si accompagna, per garantire certezza nelle comunicazioni e nelle citazioni, al principio in forza del quale nell'atto di querela è richiesta la dichiarazione o l'elezione del domicilio per le notificazioni, ammettendosi a tale fine anche l'indicazione di un indirizzo di posta elettronica certificata [lettera b)].
  Al fine di agevolare l'applicazione delle sanzioni sostitutive, limitare le impugnazioni strumentali e, indirettamente, facilitare l'accesso a riti alternativi quale, in primis, l'applicazione della pena su richiesta di parte, l'articolo 9 del disegno di legge di delega interviene prescrivendo la revisione dei criteri di ragguaglio della pena detentiva alla pena pecuniaria, diminuendo l'attuale misura di euro 250 per ogni giorno di pena detentiva, da sostituire con un importo inferiore, determinato comunque in una somma non superiore a euro 180.
  L'articolo 10 del disegno di legge enuncia princìpi e criteri direttivi cui il Governo dovrà conformarsi nell'esercizio della delega in materia di contravvenzioni. In particolare, il Governo dovrà individuare un gruppo di reati contravvenzionali in relazione ai quali, fermo restando per la polizia giudiziaria l'obbligo di riferire al pubblico ministero la notizia di reato, il procedimento penale è sospeso fino alla scadenza del termine che sarà concesso al contravventore per l'adempimento delle prescrizioni impostegli al fine di elidere le conseguenze dannose o pericolose del reato e per il pagamento di una somma di denaro (con possibilità, in alternativa, della prestazione di lavoro di pubblica utilità), secondo un modello di estinzione del reato già sperimentato per le contravvenzioni in materia di sicurezza sul lavoro e in materia ambientale. Viene anche prevista la possibilità di accordare una riduzione di pena nel caso di adempimento tardivo.
  L'intervento consentirebbe di evitare al reo e al sistema giudiziario la celebrazione di un procedimento penale per reati meno gravi ogniqualvolta l'adempimento delle prescrizioni e il pagamento di una sanzione pecuniaria o la prestazione di lavoro di pubblica utilità garantiscono in tempi rapidi il ripristino dell'ordine giuridico violato dall'illecito e l'eliminazione di ogni conseguenza dannosa, effettiva o potenziale, derivante dallo stesso.
  L'articolo 11 contiene un criterio di delega per l'adeguamento della disciplina processuale ai princìpi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, con i relativi Protocolli, in materia di controllo giurisdizionale della legittimità della perquisizione. Si prevede, a tal fine, l'introduzione di uno strumento di impugnazione del decreto di perquisizione e del decreto di convalida della perquisizione su iniziativa della polizia giudiziaria, anche quando a essa non consegua un provvedimento di sequestro. L'intervento conforma l'ordinamento interno ai princìpi convenzionali in materia di inviolabilità del domicilio, introducendo garanzie procedurali destinate a intervenire ex post nel caso di perquisizioni non seguite da sequestro. Il codice di procedura penale, infatti, non prevede alcun rimedio contro la perquisizione illegittima, poiché l'articolo 257 di tale codice consente il riesame della misura soltanto quando questa abbia dato luogo al sequestro di cose materiali. La Corte di Strasburgo, con sentenza del 27 settembre 2018, ha condannato l'Italia per violazione dell'articolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata) in un caso di perquisizione domiciliare disposta dal pubblico ministero, non seguita da sequestro, ritenendo che il ricorrente non disponesse né di un controllo di legalità ex ante della misura né di un sindacato ex post della legittimità della stessa. La necessità di colmare la lacuna dell'ordinamento interno si impone con urgenza, considerato che la sentenza di condanna dell'Italia è divenuta definitiva a partire dal 18 marzo 2019; da quest'ultima data decorre il termine semestrale per comunicare al Comitato dei Ministri il «piano d'azione» contenente le misure individuali o generali già adottate o che si intende adottare per dare esecuzione al giudicato.
  L'articolo 12 delega il Governo a disciplinare la durata dei processi, nei vari gradi del giudizio, responsabilizzando i magistrati affinché, nell'esercizio delle rispettive funzioni (ossia quale assegnatario del procedimento, quale presidente del collegio o quale dirigente della sezione o dell'ufficio), adottino strumenti organizzativi volti ad assicurare il rispetto di specifici termini di durata del processo: i termini previsti dalla legge 24 marzo 2001, n. 89 (cosiddetta «legge Pinto») per i procedimenti per i più gravi reati contro la pubblica amministrazione e l'economia; un anno per il primo grado, due anni per il secondo grado, un anno per il giudizio di legittimità nei procedimenti per i reati di cui all'articolo 33-ter del codice di procedura penale (attribuiti al tribunale in composizione monocratica); due anni per il primo grado, due anni per il secondo grado, un anno per il giudizio di legittimità nei procedimenti per i reati di cui all'articolo 33-bis del codice di procedura penale (attribuiti al tribunale in composizione collegiale).
  Detti termini, peraltro, potranno essere stabiliti in misura diversa dal Consiglio superiore della magistratura, sentito il Ministro della giustizia, in relazione a ciascun ufficio, con cadenza biennale, tenendo conto delle pendenze, delle sopravvenienze, della natura dei procedimenti e della loro complessità, delle risorse disponibili e degli ulteriori dati risultanti dai programmi di gestione redatti dai capi degli uffici giudiziari. Con tale previsione, quindi, si rimette l'effettiva individuazione dei tempi di definizione dei procedimenti a una valutazione concreta, tarata sulle specificità dei singoli uffici, da compiere, con cadenza ravvicinata, ad opera del Consiglio superiore della magistratura, anche con il coinvolgimento del Ministro della giustizia.
  L'intento dell'innesto normativo, in definitiva, è di incentivare la promozione di provvedimenti organizzativi virtuosi, che favoriscano una più celere definizione dei procedimenti penali, sulla base delle risorse disponibili e mediante una responsabile attività di analisi e pianificazione, alla stregua di criteri ormai codificati nella stessa normativa secondaria del Consiglio superiore della magistratura (da ultimo la «circolare in materia di programmi di gestione dei procedimenti penali ex art. 37 del d.l. n. 98 del 2011, convertito nella legge n. 111 del 2011, per l'anno 2020», adottata con deliberazione del 16 ottobre 2019).
  L'articolo 13, in collegamento con la sospensione del corso della prescrizione in grado di appello, contiene la delega al Governo ad adottare misure normative per garantire la celere trattazione dei giudizi di impugnazione avverso le sentenze di condanna. Si prevede, a tale fine, che ogni parte possa presentare istanza di immediata definizione del processo, allorché siano decorsi i termini di durata dei giudizi in grado di appello e in cassazione, come determinati ai sensi dell'articolo precedente; in tal caso, il processo deve essere definito nei sei mesi successivi all'istanza. A detti termini, in ogni caso, si aggiunge l'eventuale periodo di tempo nel quale il processo è sospeso ai sensi dell'articolo 159, primo comma, del codice penale e, nel giudizio d'appello, anche il periodo di tempo occorrente per l'eventuale rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.
  Anche in questo caso, all'adozione delle indicate scansioni temporali segue l'obbligo del dirigente dell'ufficio giudiziario di adottare ogni misura organizzativa idonea a consentire il rispetto del termine di sei mesi e, per i magistrati assegnatari del procedimento, quello di definire il procedimento nel medesimo termine: questi obblighi sono assistiti da responsabilità disciplinare nel caso di inottemperanza dovuta a negligenza inescusabile.
  Al fine di consentire la verifica dell'impatto delle modifiche introdotte con i decreti che saranno adottati in attuazione della delega sul numero e sui tempi dei procedimenti, nonché dell'incidenza delle disposizioni immediatamente applicabili di cui al capo III del disegno di legge, ma anche in ragione della necessità di considerare gli effetti degli atti di competenza del Consiglio superiore della magistratura e delle misure organizzative rimesse ai dirigenti degli uffici, si prevede che le disposizioni da adottare in materia di responsabilità disciplinare non entrino in vigore prima del 1° gennaio 2024.

  Il capo II contiene disposizioni che modificano il codice penale.
  L'intervento normativo, compendiato nell'articolo 14, è finalizzato ad incidere sull'articolo 159 del codice penale, come risultante dalle modifiche apportate con l'articolo 1 della legge 9 gennaio 2019, n. 3, che ha introdotto il principio di generalizzata sospensione della prescrizione dopo la pronuncia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna e fino alla data della loro esecutività.
  La modifica aveva lo scopo di evitare che i reati rispetto ai quali lo Stato ha manifestato un concreto interesse al loro accertamento, tanto da essere giunto, nel processo, fino all'adozione di un provvedimento di primo grado, andassero esenti da un giudizio definitivo sulla loro sussistenza in conseguenza del solo decorso del tempo. Una situazione, questa, che nel precedente regime della prescrizione poteva indurre gli imputati a rinunciare ai riti speciali e a prolungare al massimo i tempi di conclusione del processo, coltivando impugnazioni, anche pretestuose, al fine di godere del maturare del termine di prescrizione, con estinzione del reato.
  In questa stessa logica si è ritenuto corretto, quindi, valorizzare la differenza di posizione tra coloro nei cui confronti l'interesse dello Stato al perseguimento dei reati contestati si è concretizzato in un provvedimento di accertamento (pur non definitivo) della loro responsabilità e coloro i quali, invece, sono stati assolti. In tal senso si spiega la modifica al secondo comma dell'articolo 159 del codice penale, con la previsione che il corso della prescrizione sia sospeso solo per le sentenze di condanna (oltre che per i decreti penali). L'effetto sospensivo generalizzato di cui all'articolo 159, secondo comma, resta invece precluso per le sentenze di assoluzione.
  Rispetto a questa innovazione, tuttavia, permane l'esigenza che, anche in relazione alla pronuncia di proscioglimento, sia comunque evitato il rischio che i reati oggetto del procedimento possano estinguersi per prescrizione, senza che vi sia il tempo per compiere una rivalutazione nel merito della decisione assolutoria adottata. A tal fine, si introduce un'ipotesi limitata e selettiva di sospensione della prescrizione a seguito di impugnazione della sentenza di proscioglimento: sospensione limitata alla durata massima di un anno e sei mesi in relazione al giudizio di appello e di sei mesi in relazione al giudizio di cassazione, nel solo caso in cui per uno dei reati per cui si procede la prescrizione maturi entro un anno dalla scadenza del termine concesso per il deposito della sentenza di primo grado. Ciò allo scopo di consentire agli uffici giudiziari di disporre di un lasso di tempo congruo – anche alla luce della complessiva riforma del processo penale – per pervenire a rivalutare, eventualmente, il precedente giudizio di assoluzione, evitando il rischio che quella rivalutazione non si possa compiere per lo spirare del termine di prescrizione.
  Per questa stessa ragione si è altresì precisato che anche rispetto ai termini ora indicati operano le ulteriori cause di sospensione di cui al primo comma dell'articolo 159 del codice penale.
  Infine, la modifica illustrata introduce anche un meccanismo volto a perequare la condizione dell'imputato condannato in primo grado, che venga successivamente assolto in grado di appello, con quella dell'imputato assolto in primo grado. Infatti, oltre a prevedere che dopo l'assoluzione in grado di appello la prescrizione riprenda il suo corso, si è anche stabilito che in questo caso i periodi di sospensione conseguiti all'applicazione del secondo comma dell'articolo 159 del codice penale siano computati (ex post) ai fini della determinazione del tempo necessario al maturare della prescrizione. Analoga modalità di recupero del periodo di sospensione ai fini prescrizionali viene prevista per il caso di doppia conferma assolutoria.

  Il capo III del disegno di legge, composto da tre articoli, contiene disposizioni concernenti l'arretrato penale presso le corti d'appello e la celere definizione dei procedimenti giudiziari pendenti.
  L'articolo 15 reca misure straordinarie per la definizione dell'arretrato penale presso le corti di appello e introduce, con norma immediatamente precettiva, modifiche al decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, nella parte riguardante la disciplina dei giudici ausiliari in appello.
  Viene innanzitutto estesa – al fine di concorrere, sul piano delle risorse, alla definizione dell'arretrato penale presso le corti d'appello – la finalità della predetta disciplina, prevedendo l'utilizzo dei giudici ausiliari anche nei procedimenti penali. Si stabilisce inoltre l'ampliamento, nella misura di 500 unità, del contingente previsto dei giudici ausiliari scelti tra magistrati ordinari, contabili e amministrativi e avvocati dello Stato a riposo, professori universitari di prima e seconda fascia, anche a tempo definito o a riposo, ricercatori universitari, nonché avvocati e notai anche a riposo. Si determina così un contingente complessivo di 850 unità, da ripartire presso le singole corti d'appello mediante una nuova adozione del decreto di determinazione delle piante organiche, previsto dall'articolo 65, comma 1, del decreto-legge n. 69 del 2013.
  La disposizione è corredata di specifica autorizzazione di spesa. Alla copertura finanziaria si provvede ai sensi del successivo articolo 17.
  L'articolo 16 autorizza assunzioni straordinarie per favorire il migliore funzionamento degli uffici giudiziari in funzione della celere definizione dei processi e del contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti.
  La norma viene inserita nel contesto normativo di riforma del processo penale, al fine di dare attuazione a un programma di misure straordinarie per la riduzione dei tempi di definizione dei processi nonché per assicurare l'avvio della digitalizzazione dello stesso processo penale. A questo scopo e per consentirne la tempestiva operatività, la disposizione illustrata è immediatamente precettiva.
  Si prevede che il Ministero della giustizia sia autorizzato ad assumere, nel biennio 2020-2021, con contratto di lavoro a tempo determinato della durata di ventiquattro mesi, anche in soprannumero rispetto all'attuale dotazione organica e alle assunzioni già programmate e in aggiunta alle facoltà assunzionali ordinarie e straordinarie previste a legislazione vigente, un contingente massimo di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale di area II/F2.
  L'assunzione di personale di cui al periodo precedente è autorizzata – attesa la straordinarietà delle esigenze che la fondano – in deroga ai limiti di spesa di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Al fine di accelerare quanto più possibile i procedimenti di assunzione, per i soggetti positivamente valutati nell'ambito delle procedure di cui all'articolo 50, commi 1-quater e 1-quinquies, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, nonché per quelli ulteriormente selezionati ai fini dello svolgimento delle attività di tirocinio e collaborazione presso gli uffici giudiziari, la cui attività sia attestata dai capi degli uffici medesimi, l'amministrazione è autorizzata a procedere mediante procedure selettive per soli titoli e colloquio di idoneità. La disposizione contiene la necessaria autorizzazione di spesa, mentre alla copertura finanziaria si provvede ai sensi del successivo articolo 17.

  Il capo IV contiene le disposizioni finanziarie.
  L'articolo 17 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dagli articoli 15 e 16.
  L'articolo 18 reca la clausola di invarianza finanziaria per le restanti disposizioni.

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RELAZIONE TECNICA
(Articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009
n. 196).

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DISEGNO DI LEGGE

Capo I
DELEGA AL GOVERNO PER LA MODIFICA DEL CODICE DI PROCEDURA PENALE, DEL CODICE PENALE E DELLA COLLEGATA LEGISLAZIONE SPECIALE E PER LA REVISIONE DEL REGIME SANZIONATORIO DELLE CONTRAVVENZIONI

Art. 1.
(Oggetto e procedimento)

  1. Il Governo è delegato ad adottare, nel termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la modifica del codice di procedura penale, del codice penale e della collegata legislazione speciale e per la revisione del regime sanzionatorio delle contravvenzioni con finalità di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo penale, nel rispetto delle garanzie difensive e secondo i princìpi e criteri direttivi previsti dal presente capo.
  2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione e con il Ministro per la pubblica amministrazione, e sono successivamente trasmessi alle Camere perché su di essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari entro il termine di sessanta giorni dalla data della trasmissione. Decorso il predetto termine, i decreti possono essere emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti alla scadenza del termine previsto per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo è prorogato di sessanta giorni.
  3. Il Governo è delegato ad adottare, nei termini e con la procedura di cui ai commi 1 e 2, uno o più decreti legislativi recanti le norme di attuazione delle disposizioni adottate ai sensi del comma 1 e di coordinamento tra le stesse e le altre leggi dello Stato, anche modificando la formulazione e la collocazione delle norme del codice penale, del codice di procedura penale e delle disposizioni contenute in leggi speciali non direttamente investite dai princìpi e criteri direttivi di delega, in modo da renderle ad essi conformi, operando le necessarie abrogazioni e adottando le opportune disposizioni transitorie.
  4. Il Governo, con la procedura indicata al comma 2, entro due anni dalla data di entrata in vigore dell'ultimo dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega di cui al comma 1 e nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi per essa stabiliti, può adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi.

Art. 2.
(Disposizioni per l'efficienza dei procedimenti penali e in materia di notificazioni)

  1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, il decreto o i decreti legislativi recanti disposizioni dirette a rendere il procedimento penale più celere ed efficiente nonché a modificare il codice di procedura penale in materia di notificazioni sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

   a) prevedere che, nei procedimenti penali in ogni stato e grado, il deposito di atti e documenti possa essere effettuato anche con modalità telematiche;

   b) prevedere che il Ministro della giustizia, con uno o più decreti aventi natura non regolamentare, sentiti l'Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense e i consigli dell'ordine degli avvocati interessati, previa verifica e accertata la funzionalità dei servizi di comunicazione, individui gli uffici giudiziari e la tipologia degli atti per i quali il deposito telematico è obbligatorio;

   c) prevedere che, nei casi di deposito telematico obbligatorio, spetti al capo dell'ufficio autorizzare il deposito con modalità non telematiche quando i sistemi informatici del dominio «giustizia» non siano funzionanti e sussista una situazione d'urgenza, assicurando che agli interessati sia data conoscenza adeguata e tempestiva anche dell'avvenuta riattivazione del sistema;

   d) prevedere che, nei procedimenti penali in ogni stato e grado, il deposito telematico di atti e documenti possa avvenire anche mediante soluzioni tecnologiche che assicurino la generazione di un messaggio di avvenuto perfezionamento del deposito, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici;

   e) prevedere che, nel caso di utilizzazione del deposito telematico nei procedimenti penali in ogni stato e grado, il deposito si consideri avvenuto nel momento in cui è generato il messaggio di conferma del completamento della trasmissione;

   f) prevedere che, nei procedimenti penali in ogni stato e grado, le comunicazioni siano effettuate con modalità telematiche, anche mediante soluzioni tecnologiche diverse dalla posta elettronica certificata, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici;

   g) prevedere che, nei procedimenti penali in ogni stato e grado, le notificazioni a persona diversa dall'imputato siano eseguite con modalità telematiche, anche mediante soluzioni tecnologiche diverse dalla posta elettronica certificata;

   h) prevedere che, nel caso in cui la notificazione venga eseguita mediante soluzione tecnologica diversa dalla posta elettronica certificata, il sistema generi un messaggio di conferma del completamento della trasmissione;

   i) prevedere, per la notificazione e la comunicazione telematica a persona diversa dall'imputato eseguita mediante soluzione tecnologica diversa dalla posta elettronica certificata, che le stesse si considerino avvenute nel momento in cui è generato il messaggio di conferma della trasmissione;

   l) prevedere che tutte le notificazioni all'imputato non detenuto successive alla prima siano eseguite mediante consegna al difensore; estendere a tali casi la possibilità di eseguire le notificazioni con modalità telematiche, anche mediante soluzioni tecnologiche diverse dalla posta elettronica certificata che diano garanzia dell'avvenuta ricezione; al di fuori dei casi previsti dagli articoli 161 e 162 del codice di procedura penale, prevedere opportune deroghe alla notificazione degli atti mediante consegna di copia al difensore, a garanzia dell'effettiva conoscenza dell'atto da parte dell'imputato, nel caso in cui questi sia assistito da un difensore d'ufficio e la prima notificazione non sia stata eseguita mediante consegna dell'atto personalmente all'imputato o a persona che con lui conviva anche temporaneamente o al portiere o a chi ne fa le veci;

   m) prevedere che il primo atto notificato all'imputato contenga anche l'espresso avviso che le successive notificazioni saranno effettuate mediante consegna al difensore, anche con modalità telematiche, e che l'imputato abbia l'onere di indicare al difensore un recapito idoneo ove effettuare le comunicazioni e di comunicargli ogni mutamento dello stesso;

   n) prevedere che non costituisca inadempimento degli obblighi derivanti dal mandato professionale del difensore l'omessa o ritardata comunicazione all'assistito imputabile al fatto di quest'ultimo;

   o) disciplinare i rapporti tra la notificazione mediante consegna al difensore e gli altri criteri stabiliti dal codice di procedura penale per le notificazioni degli atti all'imputato, in particolare con riferimento ai rapporti tra la notificazione mediante consegna al difensore e la notificazione nel caso di dichiarazione o elezione di domicilio e, nel caso di imputato detenuto, ai rapporti tra dette notificazioni e quelle previste dall'articolo 156 del codice di procedura penale;

   p) prevedere che, nel caso di impugnazione dell'imputato o di opposizione al decreto penale di condanna, tutte le notificazioni all'imputato siano effettuate mediante consegna di copia al difensore; prevedere la possibilità di eseguire tali notificazioni con modalità telematiche, anche mediante soluzioni tecnologiche diverse dalla posta elettronica certificata che diano garanzia dell'avvenuta ricezione.

Art. 3.
(Indagini preliminari e udienza preliminare)

  1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di indagini preliminari e di udienza preliminare, per le parti di seguito indicate, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

   a) modificare la regola di giudizio per la presentazione della richiesta di archiviazione, ai sensi dell'articolo 125 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, prevedendo che il pubblico ministero chieda l'archiviazione quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari risultano insufficienti o contraddittori o comunque non consentono una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria nel giudizio;

   b) escludere l'obbligo di notificazione dell'avviso della richiesta di archiviazione, di cui all'articolo 408, comma 2, del codice di procedura penale, alla persona offesa che abbia rimesso la querela;

   c) modificare i termini di durata delle indagini preliminari, di cui all'articolo 405 del codice di procedura penale, in relazione alla gravità dei reati, nelle seguenti misure:

    1) sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato, per i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni, sola o congiunta alla pena pecuniaria;

    2) un anno e sei mesi dalla data indicata al numero 1), quando si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale;

    3) un anno dalla data indicata al numero 1), in tutti gli altri casi;

   d) prevedere che il pubblico ministero possa chiedere al giudice la proroga del termine di cui all'articolo 405 del codice di procedura penale una sola volta, prima della scadenza di tale termine, per un tempo non superiore a sei mesi;

   e) prevedere che il pubblico ministero, se, entro tre mesi dalla scadenza del termine di durata massima delle indagini preliminari o entro i diversi termini di sei e di dodici mesi dalla stessa scadenza nei casi, rispettivamente, di cui all'articolo 407, comma 2, lettera b), e comma 2, lettera a), numeri 1), 3) e 4), del codice di procedura penale, non ha notificato l'avviso della conclusione delle indagini previsto dall'articolo 415-bis del codice di procedura penale o non ha richiesto l'archiviazione, notifichi senza ritardo alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa dal reato, la quale nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione abbia dichiarato di volerne essere informata, l'avviso del deposito della documentazione relativa alle indagini espletate presso la segreteria del pubblico ministero e della facoltà della persona sottoposta alle indagini e del suo difensore nonché della persona offesa dal reato di prenderne visione ed estrarne copia; prevedere che la notifica del predetto avviso possa essere ritardata, per un limitato periodo di tempo e con provvedimento motivato, nei procedimenti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 1), 3) e 4), del codice di procedura penale;

   f) prevedere che la violazione delle prescrizioni di cui alla lettera e) da parte del pubblico ministero costituisca illecito disciplinare quando il fatto è dovuto a negligenza inescusabile;

   g) prevedere che, dopo la notifica dell'avviso di deposito di cui alla lettera e), l'omesso deposito della richiesta di archiviazione o il mancato l'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero entro il termine di trenta giorni dalla presentazione della richiesta del difensore della persona sottoposta alle indagini o della parte offesa costituisca illecito disciplinare quando il fatto è dovuto a negligenza inescusabile;

   h) prevedere che gli uffici del pubblico ministero, per garantire l'efficace e uniforme esercizio dell'azione penale, individuino criteri di priorità trasparenti e predeterminati, da indicare nei progetti organizzativi delle procure della Repubblica, al fine di selezionare le notizie di reato da trattare con precedenza rispetto alle altre; prevedere che nell'elaborazione dei criteri di priorità il procuratore della Repubblica curi in ogni caso l'interlocuzione con il procuratore generale presso la corte d'appello e con il presidente del tribunale e tenga conto della specifica realtà criminale e territoriale, delle risorse tecnologiche, umane e finanziarie disponibili e delle indicazioni condivise nella conferenza distrettuale dei dirigenti degli uffici requirenti e giudicanti;

   i) modificare la regola di giudizio di cui all'articolo 425, comma 3, del codice di procedura penale, al fine di escludere il rinvio a giudizio nei casi in cui gli elementi acquisiti risultano insufficienti o contraddittori o comunque non consentono una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria nel giudizio;

   l) prevedere che il giudice, su istanza dell'interessato, fino a che le parti non abbiano formulato le conclusioni nell'udienza preliminare o, se questa manchi, subito dopo il compimento per la prima volta delle formalità di accertamento della costituzione delle parti in giudizio, accerti la data di effettiva acquisizione della notizia di reato, ai fini della valutazione di inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine di durata massima delle indagini preliminari; prevedere a pena di inammissibilità l'onere, a carico dell'interessato che chiede l'accertamento della data di effettiva acquisizione della notizia di reato, di indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono la richiesta.

Art. 4.
(Procedimenti speciali)

  1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di procedimenti speciali, per le parti di seguito indicate, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

   a) in materia di applicazione della pena su richiesta:

    1) aumentare a otto anni di reclusione, sola o congiunta a pena pecuniaria, il limite della pena applicabile su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444, comma 1, del codice di procedura penale;

    2) ampliare il novero delle preclusioni di cui all'articolo 444, comma 1-bis, del codice di procedura penale, al fine di escludere l'ammissibilità del rito, quando l'accordo ha ad oggetto l'applicazione di una pena superiore a cinque anni di reclusione, nei procedimenti per i delitti di cui ai seguenti articoli del codice penale: 422; 558-bis; 572; 575; 578, secondo comma; 579, terzo comma; 580, secondo comma; 582 e 583-quinquies, nelle ipotesi in cui ricorre taluna delle aggravanti di cui agli articoli 576, primo comma, numeri 2, 5 e 5.1, e 577, primo comma, numero 1, e secondo comma; 609-quinquies; 612-bis; 612-ter;

   b) in materia di giudizio abbreviato, modificare le condizioni per l'accoglimento della richiesta di giudizio abbreviato subordinata a un'integrazione probatoria, ai sensi dell'articolo 438, comma 5, del codice di procedura penale, prevedendo l'ammissione del giudizio abbreviato se l'integrazione risulta necessaria ai fini della decisione e se il procedimento speciale produce un'economia processuale in rapporto ai tempi di svolgimento del giudizio dibattimentale;

   c) in materia di giudizio immediato:

    1) prevedere che, a seguito di notificazione del decreto di giudizio immediato, nel caso di rigetto da parte del giudice delle indagini preliminari della richiesta di giudizio abbreviato subordinata a un'integrazione probatoria, l'imputato possa proporre la richiesta di giudizio abbreviato di cui all'articolo 438, comma 1, del codice di procedura penale oppure la richiesta di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale;

    2) prevedere che, a seguito di notificazione del decreto di giudizio immediato, nel caso di dissenso del pubblico ministero o di rigetto da parte del giudice delle indagini preliminari della richiesta di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, l'imputato possa proporre la richiesta di giudizio abbreviato;

   d) in materia di procedimento per decreto:

    1) prevedere che la richiesta di decreto penale di condanna possa essere formulata dal pubblico ministero entro il termine di un anno dall'iscrizione ai sensi dell'articolo 335 del codice di procedura penale.

    2) stabilire che, nei casi previsti dall'articolo 460, comma 5, del codice di procedura penale, ai fini dell'estinzione del reato sia necessario il pagamento della pena pecuniaria;

    3) assegnare un termine di dieci giorni, decorrenti dalla notificazione del decreto penale di condanna, entro il quale il condannato, rinunciando a proporre opposizione, possa pagare la pena pecuniaria in misura ridotta di un quinto.

Art. 5.
(Giudizio)

  1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di giudizio, per le parti di seguito indicate, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

   a) prevedere che, quando non è possibile esaurire il dibattimento in una sola udienza, dopo la lettura dell'ordinanza con cui provvede all'ammissione delle prove il giudice comunichi alle parti il calendario delle udienze per l'istruzione dibattimentale e per lo svolgimento della discussione;

   b) prevedere, dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, la relazione illustrativa delle parti sulla richiesta di prove;

   c) prevedere che la rinunzia di una parte all'assunzione delle prove ammesse a sua richiesta non sia condizionata al consenso delle altre parti;

   d) prevedere il deposito delle consulenze tecniche e della perizia entro un termine congruo precedente l'udienza fissata per l'esame del consulente o del perito, ferma restando la disciplina delle letture e dell'indicazione degli atti utilizzabili ai fini della decisione;

   e) prevedere che la regola di cui all'articolo 190-bis, comma 1, del codice di procedura penale sia estesa, nei procedimenti di competenza del tribunale, anche ai casi nei quali, a seguito del mutamento della persona fisica di uno dei componenti del collegio, è richiesto l'esame di un testimone o di una delle persone indicate nell'articolo 210 del codice di procedura penale e queste hanno già reso dichiarazioni nel dibattimento svolto innanzi al collegio diversamente composto, nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate;

   f) prevedere che nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi, ai sensi dell'articolo 132-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sia assicurata la priorità assoluta anche ai processi relativi ai delitti colposi di comune pericolo.

Art. 6.
(Procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica)

  1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, per le parti di seguito indicate, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

   a) nei procedimenti a citazione diretta di cui all'articolo 550 del codice di procedura penale, prevedere un'udienza innanzi al tribunale in composizione monocratica nella quale il giudice, diverso da quello davanti al quale, eventualmente, dovrà celebrarsi il giudizio, sulla base degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, pronuncia sentenza di non luogo a procedere se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato, se risulta che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa o se gli elementi acquisiti risultano insufficienti o contraddittori o comunque non consentono, quand'anche confermati in giudizio, una ragionevole previsione di accoglimento della prospettazione accusatoria; prevedere nella stessa udienza il termine, a pena di decadenza, per la richiesta del giudizio abbreviato o di applicazione della pena su richiesta o per la domanda di oblazione;

   b) prevedere che il giudice non possa pronunciare sentenza di non luogo a procedere, nei casi di cui alla lettera a), se ritiene che dal proscioglimento debba conseguire l'applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca;

   c) estendere alla sentenza di non luogo a procedere di cui alla lettera a) l'applicazione delle disposizioni degli articoli 426, 427 e 428 del codice di procedura penale.

Art. 7.
(Appello)

  1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di appello, per le parti di seguito indicate, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

   a) prevedere che il difensore possa impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato a impugnare, rilasciato successivamente alla pronunzia della sentenza medesima;

   b) modificare le modalità di presentazione dell'impugnazione e di spedizione dell'atto di impugnazione, con l'abrogazione dell'articolo 582, comma 2, e dell'articolo 583 del codice di procedura penale e la previsione della possibilità di deposito dell'atto di impugnazione con modalità telematiche;

   c) prevedere l'inappellabilità delle sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa, salvo che per i delitti di cui agli articoli 590, secondo e terzo comma, 590-sexies e 604-bis, primo comma, del codice penale;

   d) prevedere l'inappellabilità della sentenza di condanna a pena sostituita con il lavoro di pubblica utilità;

   e) prevedere l'inappellabilità della sentenza di non luogo a procedere nei casi di cui alla lettera c);

   f) prevedere la competenza della corte di appello in composizione monocratica nei procedimenti a citazione diretta di cui all'articolo 550 del codice di procedura penale;

   g) prevedere la forma del rito camerale non partecipato nei procedimenti di impugnazione innanzi alla corte d'appello in composizione monocratica, qualora ne facciano richiesta l'imputato o il suo difensore e non vi sia la necessità di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale;

   h) prevedere la forma del rito camerale non partecipato, qualora ne facciano richiesta l'imputato o il suo difensore e sempre che non sia necessaria la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, nei casi in cui si procede con udienza in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 599 del codice di procedura penale.

Art. 8.
(Condizioni di procedibilità)

  1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di condizioni di procedibilità, per le parti di seguito indicate, sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

   a) prevedere la procedibilità a querela della persona offesa per il reato di lesioni personali stradali gravi previsto dall'articolo 590-bis, primo comma, del codice penale;

   b) prevedere l'obbligo, quanto ai reati perseguibili a querela, che con l'atto di querela sia dichiarato o eletto domicilio per le notificazioni; prevedere la possibilità di indicare, a tal fine, l'indirizzo di posta elettronica certificata;

   c) prevedere quale remissione tacita della querela l'ingiustificata mancata comparizione del querelante all'udienza dibattimentale alla quale sia stato citato in qualità di testimone.

Art. 9.
(Ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive)

  1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice penale in materia di ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive sono adottati nel rispetto del seguente principio e criterio direttivo: rideterminare l'ammontare della pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva in un importo non superiore a 180 euro.

Art. 10.
(Disciplina sanzionatoria delle contravvenzioni)

  1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche alla disciplina sanzionatoria delle contravvenzioni sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

   a) prevedere una causa di estinzione delle contravvenzioni destinata a operare nella fase delle indagini preliminari, per effetto del tempestivo adempimento di apposite prescrizioni impartite dall'organo accertatore e del pagamento di una somma di denaro determinata in una frazione del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa; prevedere la possibilità della prestazione di lavoro di pubblica utilità in alternativa al pagamento della somma di denaro; prevedere la possibilità di attenuazione della pena nel caso di adempimento tardivo;

   b) individuare le contravvenzioni per le quali consentire l'accesso alla causa di estinzione di cui alla lettera a) tra quelle suscettibili di elisione del danno o del pericolo mediante condotte ripristinatorie o risarcitorie, salvo che concorrano con delitti;

   c) mantenere fermo l'obbligo di riferire la notizia di reato ai sensi dell'articolo 347 del codice di procedura penale;

   d) prevedere la sospensione del procedimento penale dal momento della iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all'articolo 335 del codice di procedura penale fino al momento in cui il pubblico ministero riceve comunicazione dell'adempimento o dell'inadempimento delle prescrizioni e del pagamento della somma di denaro di cui alla lettera a) e la fissazione di un termine massimo per la comunicazione stessa.

Art. 11.
(Disposizioni in materia di controllo giurisdizionale della legittimità della perquisizione)

  1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di controllo giurisdizionale della legittimità della perquisizione sono adottati nel rispetto del seguente principio e criterio direttivo: prevedere uno strumento di impugnazione del decreto di perquisizione o di convalida della perquisizione, anche quando ad essa non consegua un provvedimento di sequestro.

Art. 12.
(Termini di durata del processo)

  1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, il decreto o i decreti legislativi recanti la disciplina dei termini di durata del processo penale sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

   a) prevedere che i magistrati, nell'esercizio delle rispettive funzioni, adottino misure organizzative volte ad assicurare la definizione dei processi penali, ad eccezione dei processi relativi ai reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 1), 3) e 4), e comma 2, lettera b), del codice di procedura penale, nel rispetto dei seguenti termini:

    1) i termini previsti dalla legge 24 marzo 2001, n. 89, nei procedimenti per i più gravi reati contro la pubblica amministrazione e l'economia;

    2) un anno per il primo grado, due anni per il secondo grado, un anno per il giudizio di legittimità, nei procedimenti per i reati di cui all'articolo 33-ter del codice di procedura penale;

    3) due anni per il primo grado, due anni per il secondo grado, un anno per il giudizio di legittimità nei procedimenti per i reati di cui all'articolo 33-bis del codice di procedura penale;

   b) prevedere che i termini di cui alla lettera a) possano essere stabiliti in misura diversa dal Consiglio superiore della magistratura, sentito il Ministro della giustizia, con cadenza biennale in relazione a ciascun ufficio, tenuto conto delle pendenze, delle sopravvenienze, della natura dei procedimenti e della loro complessità, delle risorse disponibili e degli ulteriori dati risultanti dai programmi di gestione redatti dai capi degli uffici giudiziari;

   c) prevedere che il dirigente dell'ufficio sia tenuto a vigilare sul rispetto delle disposizioni adottate ai sensi della lettera a) e a segnalare all'organo titolare dell'azione disciplinare la mancata adozione delle misure organizzative, quando sia imputabile a negligenza inescusabile.

Art. 13.
(Disposizioni per la trattazione dei giudizi di impugnazione delle sentenze di condanna)

  1. Nell'esercizio della delega di cui all'articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di trattazione dei giudizi di impugnazione delle sentenze di condanna sono adottati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

   a) prevedere che le parti o i loro difensori possano presentare istanza di immediata definizione del processo quando siano decorsi i termini di durata dei giudizi in grado di appello e in cassazione stabiliti ai sensi dell'articolo 12;

   b) prevedere che il processo sia definito entro sei mesi dal deposito dell'istanza di immediata definizione di cui alla lettera a);

   c) prevedere che i termini di cui alle lettere a) e b) siano sospesi nei casi di cui all'articolo 159, primo comma, del codice penale e, nel giudizio di appello, anche per il tempo occorrente per la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale;

   d) prevedere che il dirigente dell'ufficio giudiziario sia tenuto ad adottare le misure organizzative idonee a consentire la definizione nel rispetto del termine di cui alla lettera b);

   e) prevedere che la violazione dell'obbligo di cui alla lettera d) nonché il mancato rispetto del termine di cui alla lettera b) costituiscano illecito disciplinare, se il fatto è dovuto a negligenza inescusabile;

   f) prevedere che le disposizioni adottate in attuazione del criterio di cui alla lettera e) entrino in vigore in data non anteriore al 1° gennaio 2024, al fine di consentire la preventiva valutazione dell'impatto delle altre modifiche introdotte con i decreti adottati in attuazione della delega di cui all'articolo 1 e con le disposizioni di cui al capo III nonché l'adozione dei conseguenti atti di competenza del Consiglio superiore della magistratura e delle necessarie misure organizzative da parte dei dirigenti degli uffici.

Capo II
MODIFICHE AL CODICE PENALE

Art. 14.
(Disposizioni in materia di sospensione della prescrizione)

  1. All'articolo 159 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al secondo comma, dopo le parole: «dalla pronunzia della sentenza» sono inserite le seguenti: «di condanna»;

   b) dopo il secondo comma sono inseriti i seguenti:

   «La prescrizione riprende il suo corso e i periodi di sospensione di cui al secondo comma sono computati ai fini della determinazione del tempo necessario al maturare della prescrizione, quando la sentenza di appello proscioglie l'imputato o annulla la sentenza di condanna nella parte relativa all'accertamento della responsabilità o ne dichiara la nullità ai sensi dell'articolo 604, commi 1, 4 o 5-bis, del codice di procedura penale.
   Quando viene proposta impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento e almeno uno dei reati per cui si procede si prescrive entro un anno dalla scadenza del termine previsto dall'articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione, il corso della prescrizione è altresì sospeso:

    1) per un periodo massimo di un anno e sei mesi dalla scadenza del termine previsto dall'articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il giudizio di appello;

    2) per un periodo massimo di sei mesi dalla scadenza del termine previsto dall'articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di secondo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva.

   I periodi di sospensione di cui al quarto comma sono computati ai fini della determinazione del tempo necessario al maturare della prescrizione quando la sentenza che definisce il giudizio in grado di appello, anche se emessa in sede di rinvio, conferma il proscioglimento.
   Se durante i termini di sospensione di cui al quarto comma si verifica un'ulteriore causa di sospensione di cui al primo comma, i termini sono prolungati per il periodo corrispondente».

Capo III
DISPOSIZIONI CONCERNENTI L'ARRETRATO PENALE PRESSO LE CORTI D'APPELLO E LA CELERE DEFINIZIONE DEI PROCEDIMENTI GIUDIZIARI PENDENTI

Art. 15.
(Misure straordinarie per la definizione dell'arretrato penale presso le corti d'appello)

  1. Al decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 62, comma 1, dopo le parole: «definizione dei procedimenti» sono inserite le seguenti: «penali e» e dopo le parole: «Corti di appello» sono inserite le seguenti: «ai sensi dell'articolo 132-bis, comma 2, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, ovvero»;

   b) all'articolo 63, comma 1, la parola: «trecentocinquanta» è sostituita dalla seguente: «ottocentocinquanta».

  2. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge è adottato il decreto di cui all'articolo 65, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 98 del 2013, per la rideterminazione della pianta organica ad esaurimento dei giudici ausiliari e per la definizione delle modalità e dei termini di presentazione delle domande.
  3. Per le finalità del presente articolo è autorizzata la spesa di euro 10 milioni per ciascuno degli anni dal 2021 al 2024.
  4. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede ai sensi dell'articolo 17.

Art. 16.
(Misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti)

  1. Al fine di dare attuazione ad un programma di misure straordinarie per la celere definizione e per il contenimento della durata dei procedimenti giudiziari pendenti nonché per assicurare l'avvio della digitalizzazione del processo penale, il Ministero della giustizia è autorizzato ad assumere, nel biennio 2020-2021, con decorrenza non anteriore al 1° settembre 2020, con contratto di lavoro a tempo determinato della durata massima di ventiquattro mesi, anche in soprannumero rispetto all'attuale dotazione organica e alle assunzioni già programmate, in aggiunta alle facoltà assunzionali ordinarie e straordinarie previste a legislazione vigente, un contingente massimo di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale di area II/F2. L'assunzione del personale di cui al periodo precedente è autorizzata, ai sensi dell'articolo 36, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e in deroga ai limiti di spesa di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con le modalità semplificate di cui all'articolo 14, comma 10-ter, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26. Per i soggetti positivamente valutati nell'ambito delle procedure di cui all'articolo 50, commi 1-quater e 1-quinquies, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, nonché per i soggetti ulteriormente selezionati ai fini dello svolgimento delle attività di tirocinio e collaborazione presso gli uffici giudiziari, come attestato dai capi degli uffici medesimi, l'amministrazione può procedere alle assunzioni di cui al primo periodo del presente comma mediante procedure per soli titoli e colloquio di idoneità.
  2. Per le finalità del presente articolo è autorizzata la spesa di euro 13.215.424 per l'anno 2020, di euro 39.646.271 per l'anno 2021 e di euro 26.430.847 per l'anno 2022.
  3. Agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede ai sensi dell'articolo 17.

Capo IV
DISPOSIZIONI FINANZIARIE

Art. 17.
(Norma di copertura finanziaria)

  1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni degli articoli 15 e 16, pari a euro 13.215.424 per l'anno 2020, a euro 49.646.271 per l'anno 2021, a euro 36.430.847 per l'anno 2022 e a euro 10.000.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024, si provvede:

   a) quanto a euro 13.215.424 per l'anno 2020 e a euro 10.000.000 per l'anno 2021, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dello sviluppo economico per euro 1.700.000 per l'anno 2020, l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze per euro 2.500.000 per l'anno 2020, l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia per euro 5.500.000 per l'anno 2020 e per euro 10.000.000 per l'anno 2021, l'accantonamento relativo al Ministero della difesa per euro 1.700.000 per l'anno 2020 e l'accantonamento relativo al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per euro 1.815.424 per l'anno 2020;

   b) quanto a euro 25.000.000 per l'anno 2021, a euro 28.000.000 per l'anno 2022 e a euro 10.000.000 per ciascuno degli anni 2023 e 2024, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

   c) quanto a euro 14.646.271 per l'anno 2021 e a euro 8.430.847 per l'anno 2022, mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

  2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 18.
(Disposizioni finanziarie)

  1. Dall'attuazione della presente legge e dei decreti legislativi da essa previsti non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, salvo quanto previsto dagli articoli 15, 16 e 17. Le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
  2. I decreti legislativi di attuazione delle deleghe conferite dalla presente legge sono corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.
  3. In conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al loro interno, i medesimi decreti legislativi sono emanati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

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