FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1
                        Articolo 2
                        Articolo 3
                        Articolo 4
                        Articolo 5
                        Articolo 6
                        Articolo 7
                        Articolo 8

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 177

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
GAGNARLI, PARENTELA

Divieto di allevamento, cattura e uccisione di animali
per la produzione di pellicce

Presentata il 23 marzo 2018

torna su

  Onorevoli Colleghi! — Nel Rapporto Italia 2014, l'Eurispes rileva che l'85,5 per cento degli italiani disapprova le attività di sfruttamento degli animali per la produzione di pellicce. La pelliccia, infatti, non ha alcuna utilità, non è un prodotto funzionale a scaldare e a riparare dal freddo e oggi è prevalentemente commercializzata sotto forma di guarnizioni a decorazione di capi di abbigliamento e ad accessori di ogni genere, dalle borse alle calzature.
  Le pellicce animali provengono per l'85 per cento dalle «fabbriche di allevamento» (veri e propri allevamenti intensivi) e per la restante percentuale dalle catture in natura (nei casi consentiti dalle legislazioni nazionali). Negli allevamenti, gli animali sono costretti a sopravvivere quasi immobilizzati, confinati in minuscole gabbie interamente costruite in rete metallica (anche nella pavimentazione su cui sono costretti a stare).
  Questa breve descrizione, da sola, dovrebbe bastare a far capire come, in realtà, dietro la parola «allevamento» si nasconda sin troppo spesso la parola «maltrattamento», in violazione di qualsiasi norma volta al benessere animale. La Lega italiana antivivisezione (LAV) ha diffuso in questi anni immagini e filmati reperibili su internet che mettono in evidenza, se mai ce ne fosse bisogno, il fatto che la vita in gabbia dei visoni è causa di gravi privazioni per gli animali e, a tale proposito, sottolineano che la sola specie allevata in gabbia in Italia è proprio il visone.
  Nel 2001 il Comitato scientifico per la salute e il benessere animale della Commissione europea, nel report «The welfare of animals kept for fur production» evidenziò come i visoni in allevamento manifestano spesso comportamenti innaturali e per periodi prolungati nel corso della giornata, come il succhiarsi o mordersi la coda o altre parti del corpo sino a procurarsi automutilazioni o gravi lesioni, oltre che a manifestare episodi di aggressione e di infanticidio; negli allevamenti di visoni si registra una mortalità del 20 per cento per i cuccioli e fino al 5 per cento per gli adulti entro un anno di vita. Comuni sono i problemi di salute quali l'ulcera gastrica, disturbi renali e la caduta dei denti. Lo stesso Comitato classificò le condizioni di detenzione degli animali da pelliccia negli allevamenti europei come «gravemente lesive del benessere animale».
  L'attività di allevamento di animali da pelliccia e, in particolare, dei visoni è stata, inoltre, oggetto dello studio scientifico di Life Cycle Assessment, condotto dalla società olandese di consulenza ambientale Ce Delft, pubblicato in Italia dalla LAV nel 2011 e intitolato «The environmental impact of mink fur production». Da tale studio è emerso che nel processo di lavorazione per l'ottenimento di un chilogrammo di pelliccia animale la fase di alimentazione dei visoni risulta essere un fattore dominante in 14 effetti ambientali dei 18 presi in esame (tra i quali il cambiamento climatico, l'eutrofizzazione e le emissioni tossiche) e che tale produzione provoca un impatto ambientale maggiore rispetto alla produzione di un analogo quantitativo di prodotti sostitutivi, anche di sintesi, come l'acrilico e il poliestere.
  L'Italia in questi ultimi anni è stata il Paese guida nell'Unione europea per la messa al bando di pratiche come il commercio di pellicce di cani e di gatti e di prodotti derivati dalla caccia commerciale delle foche. Oggi già alcuni Stati membri hanno espressamente vietato la pratica dell'allevamento di animali per la produzione di pellicce, nonostante tale attività avesse avuto per loro una rilevanza economica nettamente maggiore rispetto a quanto ne abbia mai avuta in Italia: Inghilterra (2000, divieto per tutti gli animali); Irlanda del nord (2003, divieto per tutti gli animali); Scozia (2003, divieto per tutti gli animali); Austria (2004, divieto per tutti gli animali); Croazia (2007, divieto per tutti gli animali effettivo dal 2017); Bosnia (2009, divieto per tutti gli animali effettivo dal 2018); Danimarca (2009, divieto per le volpi effettivo dal 2024); Slovenia (2013, divieto per tutti gli animali effettivo dal 2015). Svizzera, Svezia e Bulgaria hanno adottato forti restrizioni a tale attività, finalizzate a migliorare gli standard abitativi degli animali da pelliccia, così come già avvenuto in Germania dal 2011, con l'entrata in vigore di nuovi standard strutturali e gestionali che comportano sostanziali modifiche degli allevamenti di visoni, da completare entro il 2016 (come la disponibilità di vasche d'acqua di 3 metri quadrati e la libertà di accesso a più ampi bacini d'acqua).
  Persino l'Olanda, che oggi costituisce il terzo Paese al mondo produttore di pelli di visone con oltre 5 milioni di animali allevati all'anno, ha approvato nel dicembre 2012 il divieto di allevamento di animali da pelliccia che sarà vigente dal 2024 per dare il tempo ai 189 allevamenti di visoni di riconvertirsi; mentre il divieto di allevamento di chinchilla e di volpi per la produzione di pellicce era già vigente dal 2008.
  In Italia, invece, il numero di allevamenti di visoni sta aumentando: secondo quanto si apprende dalla LAV, sono allevati un totale di circa 200.000 animali all'anno.
  L'Italia, con il decreto legislativo n. 146 del 2001, che recepisce la direttiva 98/58/CE, in materia di protezione degli animali negli allevamenti, consente e regolamenta l'attività di allevamento di animali da pelliccia disponendo, ma in modo controverso, che i visoni devono essere cresciuti confinati in gabbie della misura minima di cm 36 x 70 e 45 cm di altezza mentre l'allevamento di altre specie animali e per la stessa finalità (che di fatto non esiste in Italia) dovrebbe avvenire in recinzioni con anche arricchimenti ambientali. Per quanto gli allevatori possano rispettare le normative vigenti, sono di palese evidenza le numerose criticità delle modalità di stabulazione dei visoni in funzione delle esigenze etologiche di questi animali. Il visone è un animale acquatico, può immergersi sino a 5 metri di profondità e può nuotare sott'acqua per circa 30 metri; così com'è anche un abile corridore sulla terra ferma dove, solitario e non in branco, occupa sino a 4 chilometri di territorio. I visoni in allevamento sono, invece, a migliaia – anche 20.000-30.000 animali per impianto – a stretto contatto tra di loro, senza alcuna possibilità di riparo e di nuotare e l'unico mondo che conoscono è fatto di una gabbia in rete metallica delle dimensioni di 2.550 cm quadrati.
  Lo sfruttamento degli animali per la produzione di pellicce ha fatto nascere una forte opposizione nei cittadini e in particolare nelle giovani generazioni, con un conseguente inevitabile crollo di questo mercato. Oggi sempre più aziende del settore dell'abbigliamento e della moda stanno inserendo tra gli elementi di responsabilità sociale d'impresa che contraddistinguono le loro politiche aziendali anche la questione del trattamento degli animali; sempre più aziende si pubblicizzano tramite l'impegno a non commercializzare pellicce animali e sempre più cittadini chiedono di vietare l'allevamento di animali per l'unico e principale scopo di produrre pellicce.
  È pertanto auspicabile che l'Italia confermi la volontà di proseguire nella costruzione di una società maggiormente attenta alle problematiche di sfruttamento dell'ambiente e degli animali ed è necessario che le istituzioni rappresentative si facciano interpreti dei valori e delle istanze rivendicati dalla cittadinanza.
  In armonia con la legislazione nazionale in materia di divieto di maltrattamento degli animali e anche alla luce della facoltà di adottare disposizioni nazionali più severe di quelle previste dalla citata direttiva 98/58/CE in materia di protezione degli animali negli allevamenti, la proposta di legge ha dunque l'obiettivo di delineare un processo di dismissione dell'attività di allevamento di animali finalizzata alla produzione di pellicce.

torna su

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

  1. La Repubblica promuove lo sviluppo di attività economiche di utilità sociale e di consumi alternativi a quelli basati sull'utilizzo di esseri senzienti. A tale fine, è vietata la pratica dell'allevamento, della cattura e dell'uccisione di animali allo scopo di utilizzare la loro pelliccia.

Art. 2.
(Definizioni).

  1. Ai fini e per gli effetti della presente legge, si intende per:

   a) «pelliccia»: una o più spoglie di animali sottoposte a un trattamento di concia o impregnate in modo tale da conservare inalterata la struttura naturale delle fibre, o articoli con esse fabbricati;

   b) «pelle»: prodotti senza pelo ottenuti dalla lavorazione di spoglie di animali sottoposte a trattamenti di concia o impregnate in modo tale da conservare inalterata la struttura naturale delle fibre, nonché gli articoli con essi fabbricati, compresi il cuoio e i prodotti aventi altri nomi derivati o sinonimi;

   c) «animale da pelliccia»: le seguenti specie di animali: cane procione (Nyctereutes procyonoides), capra della Mongolia (Ovis Steatopyga), castorino (detto nutria - Myocastor coypus), castoro (Castor canadensis), cincillà (Chinchilla laniger), coniglio (detto lapin - Oryctolagus cuniculus), coyote (Canis latrans), donnola (Mustela nivalis), ermellino (Mustela erminea), foca (Phocidae), gatto leopardo (Prionailurus bengalensis), karakul (detto astrakhan o agnello persiano - Ovis aries platyura), lince (Lynx), lontra (Lutra canadensis), marmotta (Marmota marmota), martora (Martes martes), moffetta (detta skunk - Mephitis mephitis), ocelot (Felis pardalis), ondatra (detto topo muschiato - Ondatra zybethica), opossum (Didelphis marsupialis), procione (Procyon lotor), puzzola (Mustela putorius), scoiattolo (Sciurus carolinensis), tasso (Meles meles), visone (Mustela vison o Neovison vison), volpe (Vulpes vulpes), zibellino (Martes zibellina), coccodrillo (Crocodylia), pitone (Python) e varano (Varanus);

   d) «allevamento di animali da pelliccia»: qualsiasi attività, professionale o amatoriale, individuale o collettiva, volta alla generazione di animali con la principale finalità di utilizzare la loro pelle o pelliccia;

   e) «principale finalità»: l'attività che apporta maggiore guadagno o profitto, determinata in base al criterio di redditività economica e qualora non vi siano finalità di lucro, in base al criterio di utilità.

Art. 3.
(Divieti).

  1. Sono vietati l'allevamento, la cattura e l'uccisione degli animali da pelliccia di cui all'articolo 2, nonché l'allevamento, la cattura e l'uccisione di qualsiasi altro animale per la principale finalità di ottenere la sua pelle o pelliccia.
  2. È vietato produrre, esportare, importare, sfruttare economicamente, detenere, trasportare, cedere o ricevere a qualunque titolo pelli o pellicce per la principale finalità di cui al comma 1, ricavate da animali appositamente allevati, catturati o uccisi in Italia.

Art. 4.
(Disposizioni transitorie e di attuazione).

  1. Chiunque, alla data di entrata in vigore della presente legge, detiene a qualunque titolo uno o più animali per la principale finalità di produrre pelli o pellicce è tenuto, entro il 31 marzo 2019, a procedere alla dismissione dell'allevamento e all'alienazione degli animali detenuti, purché ciò non ne comporti la soppressione.
  2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è vietato avviare nuove attività di allevamento di animali da pelliccia e ampliare le strutture esistenti.
  3. Gli animali presenti negli allevamenti in fase di dismissione possono essere ceduti ad associazioni o enti, individuati con il decreto di cui all'articolo 3 della legge 20 luglio 2004, n. 189.
  4. Gli animali di cui al comma 1 possono essere reintrodotti in ambienti naturali nell'ambito di progetti concordati di concerto tra il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare e il Ministero della salute, anche a seguito della proposta delle associazioni o degli enti di cui al comma 3.
  5. Nell'esercizio delle attività connesse all'attuazione della presente legge, i proprietari, i detentori e i custodi di animali da pelliccia sono soggetti agli obblighi di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 146.

Art. 5.
(Abrogazioni).

  1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'articolo 3 e il punto 22 dell'allegato annesso al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 146, sono abrogati.

Art. 6.
(Modifiche all'articolo 2 della legge 20 luglio 2004, n. 189, in materia di sanzioni).

  1. All'articolo 2 della legge 20 luglio 2004, n. 189, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) dopo il comma 2-bis sono inseriti i seguenti:

   «2-ter. Chiunque alleva animali per la principale finalità di produrre pelli o pellicce è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi e con la multa da 1.000 a 5.000 euro per ciascun animale.
   2-quater. Chiunque produce, esporta, importa, sfrutta economicamente o detiene, trasporta, cede o riceve a qualunque titolo pelli o pellicce, ricavate da animali appositamente allevati, catturati o uccisi in Italia, è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni e con la multa da 1.000 a 5.000 euro per ciascun animale»;

   b) al comma 3, le parole: «consegue in ogni caso la confisca e la distruzione del materiale di cui ai commi 1 e 2-bis» sono sostituite dalle seguenti: «conseguono in ogni caso la confisca e la distruzione del materiale di cui ai commi 1, 2-bis, 2-ter e 2-quater»;

   c) al comma 3-bis, le parole: «per i reati previsti dai commi 1 e 2-bis» sono sostituite dalle seguenti: «per i reati previsti dai commi 1, 2-bis, 2-ter e 2-quater».

Art. 7.
(Clausola di invarianza finanziaria).

  1. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri, né minori entrate, a carico della finanza pubblica.
  2. Le amministrazioni interessate svolgono le attività previste dalla presente legge con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Art. 8.
(Entrata in vigore).

  1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  2. I divieti di cui all'articolo 3 e le sanzioni di cui ai commi 2-ter e 2-quater dell'articolo 2 della legge 20 luglio 2004, n. 189, introdotti dall'articolo 6 della presente legge, si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2020.

torna su