FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1363

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati
SCHIRÒ, ANNIBALI, UNGARO, SERRACCHIANI, SIANI

Concessione di contributi previdenziali figurativi per maternità
o adozione

Presentata il 14 novembre 2018

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  Onorevoli Colleghi! – L'obiettivo di questa proposta di legge è quello di riconoscere un periodo di contribuzione figurativa aggiuntiva alle mamme, per ogni figlio, ai fini pensionistici, come già avviene in molti Paesi europei. Nei principali Stati europei infatti, a differenza dell'Italia, esiste nella normativa nazionale un ampio ventaglio di disposizioni tese a compensare sul piano contributivo la nascita e i periodi di cura (di donne e di uomini) dedicati ai figli.
  In Francia, ad esempio, alle lavoratrici madri sono riconosciuti due anni di contribuzione figurativa per ogni figlio oltre a un eventuale supplemento di pensione. Vale la pena ricordare che la Francia è uno dei Paesi con il più alto tasso di fecondità in Europa. In Germania sono previsti vari sostegni economici alla famiglia legati ai figli e all'utilizzo dei servizi sociali. In Olanda e nei Paesi scandinavi è previsto un riconoscimento del caregiver in termini pensionistici, in termini di remunerazione e persino di ferie. In Austria, è previsto un periodo massimo di quattro anni (di contributi figurativi) per ciascun figlio. Nel Regno Unito è prevista, tra le altre cose, la riduzione di un anno del periodo minimo necessario di versamenti contributivi (per l'ottenimento della pensione) per ciascun anno speso nella cura di un figlio minore di 16 anni. In Lussemburgo due anni di crediti figurativi per ogni figlio sotto i quattro anni e per un massimo di quattro anni. In Polonia tre anni per ogni figlio.
  Invece e purtroppo l'Italia, sottolinea l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nel rapporto «Pensions at a glance» del 2015, è – insieme a Islanda e Portogallo – il Paese europeo dove una donna che trascorra cinque anni fuori dal mercato del lavoro per badare ai propri figli subirà, una volta in pensione, le conseguenze più pesanti in termini di abbassamento dell'importo dell'assegno. L'Italia, aggiunge l'OCSE, è inoltre uno dei membri dell'Unione europea (insieme a Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca) dove si registra il tasso di occupazione minore tra le donne con almeno tre figli. Il periodo di congedo per maternità concesso alle lavoratrici italiane, emerge ancora dal rapporto citato, non solo è abbondantemente inferiore alla media dell'Unione europea, ma è accompagnato dalla scarsità di forme di congedo parentale per gli uomini.
  La scelta di avere figli spesso obbliga le donne ad assentarsi dal lavoro per brevi o per lunghi periodi, a volte ripiegando forzatamente sul part time o su altre forme di lavori atipici. Infatti, in termini di accesso a un'occupazione e di progressione di carriera, retribuzione e stabilità del lavoro, le disuguaglianze tra generi sono ancora notevoli. Anche per questi motivi storici, biologici e culturali la carriera assicurativa e previdenziale delle donne è sempre più limitata rispetto a quella degli uomini e di conseguenza gli importi delle pensioni sono sempre più bassi e il lavoro familiare delle donne – pulizia della casa, cura di bambini e anziani e altre molteplici mansioni casalinghe e familiari – non è mai quantificato né riconosciuto dal punto di vista socio-previdenziale.
  Giova ricordare che la legge 8 agosto 1995, n. 335, che introdusse il sistema di calcolo contributivo, aveva previsto alcune agevolazioni proprio per andare incontro alle richieste e alle esigenze delle donne che lavorano e che allo stesso tempo devono prendersi cura dei figli. La legge stabiliva che per i trattamenti pensionistici determinati esclusivamente secondo il sistema contributivo (sistema che oramai, in seguito alle numerose riforme successivamente realizzate, è entrato a pieno regime anche se conviverà ancora per poco con i sistemi misto e retributivo) fossero riconosciuti dei periodi di accredito figurativo per assenza dal lavoro per motivi di educazione e assistenza dei figli, del coniuge e del genitore e, inoltre, che per la maternità fosse riconosciuto un anticipo di età rispetto al requisito di accesso alla pensione di vecchiaia pari a quattro mesi per ogni figlio e nel limite massimo di dodici mesi o, in alternativa, fosse riconosciuta una maggiorazione dell'importo pensionistico.
  Si è trattato di agevolazioni, ancorché positive, assolutamente insufficienti e che intendiamo migliorare con questa proposta di legge visto che le condizioni per l'accesso alla pensione sono molto peggiorate, soprattutto per le donne, in questi ultimi anni.
  Nella scorsa legislatura a conclusione dell'indagine conoscitiva della Camera dei deputati sull'impatto in termini di genere della normativa previdenziale e sulle disparità esistenti in materia di trattamenti pensionistici tra uomini e donne, l'XI Commissione permanente (Lavoro pubblico e privato) approvò un documento che ricordava come nel corso degli anni il legislatore si fosse posto il problema di «indennizzare» le donne a fronte dell'incremento dei requisiti pensionistici e alla pesante realtà del lavoro domestico e di cura e che con la riforma del 2011 (la riforma Fornero) la logica compensatoria che aveva caratterizzato fino ad allora i principali interventi previdenziali succedutisi nel nostro Paese fu però abbandonata. Infatti giova rilevare che sebbene la parificazione dell'età per le pensioni di vecchiaia di uomini e donne sia stata perseguita gradualmente (con l'unificazione apparente dei requisiti solo per il 2018), il brusco innalzamento dei requisiti previsti a decorrere dal 2012 ha colpito soprattutto le donne. Dopo questa lunga pausa da parte del Parlamento rispetto alla garanzia dei diritti socio-previdenziali delle donne, nella quale gli unici interventi significativi messi in campo hanno riguardato i cosiddetti «esodati», appare giunto il momento di riproporre alcune agevolazioni contributive per la maternità e la crescita dei figli perché, se non si cambia la legislazione in materia pensionistica, questa sperequazione di genere e questa mancanza di attenzione dello Stato spingeranno sempre più le donne a non avere figli, con ripercussioni gravissime sul piano demografico e quindi sull'intero sistema di welfare.
  Al riguardo quindi – come d'altronde suggerisce l'indagine conoscitiva della Camera dei deputati menzionata – occorrerebbe in primo luogo valorizzare, andando oltre quanto già previsto dalla legge n. 335 del 1995, tutti gli istituti capaci di ridurre gli effetti negativi della maggiore discontinuità delle carriere lavorative femminili. A tal fine sarebbe opportuno incrementare i benefìci (accrediti figurativi, aumenti dell'importo pensionistico, facoltà di riscatto) in relazione a specifici eventi (quali la nascita e la malattia dei figli, l'assistenza a disabili e ad anziani non autosufficienti) soprattutto al fine di estenderli anche ai periodi al di fuori del rapporto di lavoro, rispetto ai quali la legislazione italiana risulta comparativamente più carente in confronto a quelle degli altri Paesi europei. In quest'ottica, la presente proposta di legge vuole offrire un contributo, ancorché mirato, limitato e specifico, al raggiungimento di questi obiettivi dando un peso maggiore alla maternità, riconoscendo un periodo di contribuzione figurativa aggiuntiva alle mamme, per ogni figlio, ai fini pensionistici. Un modo, così, per aiutare le donne, penalizzate da carriere più frammentate e spesso anche da retribuzioni più basse.
  Con il comma 1 dell'articolo 1 si stabilisce che alle madri verranno accreditati due anni di contribuzione figurativa per la nascita o l'adozione di un figlio e un anno per la nascita o l'adozione di ogni figlio successivo al primo; al comma 2 si specifica che i benefìci si applicano alle nascite e alle adozioni successive all'entrata in vigore della legge e che la madre beneficiaria può non essere occupata o iscritta a una gestione previdenziale al momento dell'evento.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

  1. Ai fini dei trattamenti pensionistici dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive ed esclusive determinati con i sistemi contributivo, retributivo e misto e conseguiti dopo la data di entrata in vigore della presente legge, sono riconosciuti alle madri, a prescindere dall'assenza o no dal lavoro al momento del verificarsi dell'evento maternità o dell'adozione, i seguenti periodi di accredito figurativo:

   a) due anni di contribuzione figurativa per la nascita o per l'adozione di un figlio;

   b) un anno di contribuzione figurativa per la nascita o per l'adozione di ogni figlio successivo al primo.

  2 I benefìci di cui al comma 1 si applicano agli eventi maternità e alle adozioni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge e non sono cumulabili con altri periodi di contribuzione figurativa riconosciuti in ragione della maternità; in tale caso è data facoltà alla madre di optare tra essi. Tali benefìci sono inoltre riconosciuti anche se la madre risulta inoccupata al momento del parto o dell'adozione e anche in assenza di un'anzianità contributiva.
  3. Gli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo sono posti a carico della fiscalità generale.

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