FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
                        Articolo 1

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 1136

PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa dei deputati
D'IPPOLITO, LIUZZI

Introduzione dell'articolo 34-bis della Costituzione, in materia
di riconoscimento del diritto sociale di accesso alla rete internet

Presentata il 4 settembre 2018

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  Onorevoli Colleghi! – Il diritto a un accesso universale alla rete internet è ormai una questione giuridica ampiamente discussa a livello sia internazionale sia nazionale. Esso può essere considerato una questione giuridica abilitatrice di ulteriori condizioni di vita tramite l'accesso a una nuova dimensione dell'agire umano: il cyberspazio che, con il suo contenuto di conoscenza, possibilità e servizi, si sovrappone al mondo materiale a cui siamo abituati e si integra con esso. Il diritto di accesso a internet è quindi il diritto del singolo di prendere parte alla vita delle società, il presupposto per garantire effettività alla cittadinanza digitale.
  Nel mondo tale possibilità è stata oggetto di riconoscimento secondo forme diverse: legislative ordinarie e costituzionali, nelle sentenze dei giudici anche costituzionali, nei documenti e nei report di organismi internazionali e sovranazionali, nelle pronunce delle autorità amministrative indipendenti dei vari Stati, nelle Carte dei diritti note come «Internet bill of rights» e, ovviamente, anche in ambito accademico.
  Sebbene le forme – e quindi gli effetti – di tale riconoscimento siano le più varie, possono essere considerati pacificamente acquisiti il ruolo e la natura di diritto fondamentale che l'accesso a internet riveste per le moderne democrazie e per i mercati sempre più digitali. Né manca chi vede nel diritto di accesso a internet un bene comune fondamentale poiché, come l'acqua è necessaria per la vita, l'accesso a internet lo è per la nostra vita digitale. Infine, il valore del diritto di accesso a internet assurge al livello di nuovo diritto inviolabile dell'uomo se ad esso si associa il riconoscimento di quel principio noto come «neutralità della rete» (Net neutrality).
  Con il principio di neutralità della rete l'accesso universale a internet conquista stabilmente la maturità propria dei diritti costituzionali arrivando a svolgere nello spazio digitale in cui tutti viviamo quella funzione che il principio di uguaglianza svolge nella realtà materiale.
  Né sarà più possibile illudersi che la realtà materiale e quella immateriale prodotta da internet, ossia il cyberspazio, siano diverse e distinte e che la seconda «non sia vera». Entrambe le realtà sono tali e strettamente collegate tra loro laddove tutti ormai viviamo e svolgiamo la nostra vita sia nello spazio fisico che in quello digitale e gli effetti delle nostre azioni poste in essere nell'uno si ripercuotono sull'altro e viceversa. Ecco perché, in via preliminare, lo Stato deve assumersi l'onere di riconoscere e di garantire l'effettivo accesso a internet. Perché, oggi, non avere accesso a internet o non averlo in modo adeguato o solo in alcuni posti o per alcune persone, vuol dire limitare le possibilità di vita, le opportunità per il singolo e per la società e, in breve, essere discriminati e letteralmente «tagliati fuori dal mondo». Basti pensare a quanto e per quante attività usiamo internet quotidianamente, dallo svago e dalle attività di socializzazione, all'esercizio di ogni diritto, all'informazione, allo svolgimento di attività d'impresa e lavorative, alle relazioni con le pubbliche amministrazioni, fino all'ottenimento di servizi innovativi o di servizi tradizionali in forma digitale e, quindi, più veloce, economica e semplice.
  Anche nel nostro ordinamento il diritto di accesso a internet è stato oggetto di attenzione e discussione in sedi sia accademiche che istituzionali. A partire dall'originaria proposta del professor Stefano Rodotà, la configurazione di tale diritto si è evoluta nel tempo fino a raggiungere alcuni importanti risultati nella passata legislatura.
  Tra questi, si riportano di seguito quelli rilevanti per la presente proposta di legge costituzionale.
  Il primo risultato è stato la formulazione, discussa anche in Parlamento, di una nuova qualificazione del diritto di accesso a internet come diritto sociale. Tale proposta, che già aveva in sé il nucleo centrale della proposta del professor Rodotà, era contenuta in quell'articolo 34-bis della Costituzione che si ripropone in una formulazione più aggiornata e idonea a dare una risposta alle nuove istanze della società. Tra queste, in particolare, l'uguale accesso ai servizi, a nuove possibilità di interazione, formazione, lavoro e impresa (inclusion), la rimozione delle disuguaglianze nonché lo sviluppo economico e giuridico del Paese.
  Il secondo risultato è stato l'adozione e la conseguente approvazione all'unanimità da parte della Camera dei deputati della «Dichiarazione dei diritti in Internet», predisposta da una Commissione presieduta sempre dal professor Rodotà. È questa una carta ricognitiva dei diritti ritenuti più rilevanti per garantire le libertà dei cittadini anche nel cyberspazio e di cui lo Stato dovrebbe tenere conto nella sua attività legislativa, governativa, amministrativa e giudiziale. Le indicazioni e i suggerimenti di tale Dichiarazione sono stati recepiti dalla presente proposta di legge costituzionale, che intende quindi porsi nei suoi confronti come fondamento, parametro e prerequisito costituzionale, recuperando quell'effettività giuridica che da sola tale Dichiarazione non ha.
  Il terzo ma non meno rilevante risultato è stato l'adozione del regolamento (UE) 2015/2120 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, che nell'imporre il riconoscimento negli Stati membri del principio di neutralità della rete presuppone e riconosce l'importanza strategica del diritto di accesso a internet. Con riferimento a tale regolamento, la presente proposta di legge costituzionale, da un lato, ne rafforza la portata e ne completa l'efficacia introducendo nel testo costituzionale il diritto di accesso quale precondizione alla connessione a internet e, dall'altro, dà attuazione alla normativa europea riconoscendo all'interno della stessa Costituzione anche il principio di neutralità della rete.
  Infine, la presente proposta di legge costituzionale garantisce il presupposto, il fondamento, la copertura e il riconoscimento costituzionale di importanti attività attualmente in atto, come la Strategia nazionale per la banda ultra larga, la cittadinanza digitale, la realizzazione delle infrastrutture 5G e il funzionamento dell’internet of things, solo per fare alcuni esempi.
  L'accesso a internet è una questione giuridica il cui riconoscimento come diritto costituzionale permetterebbe, quindi, di: espandere la portata di tutti i diritti (dalla libertà di espressione, di riunione e di associazione all'iniziativa economica, al buon andamento della pubblica amministrazione), in ottemperanza al principio di uguaglianza sostanziale, di rimuovere tutte le forme di discriminazione tradizionali (come quelle basate sul censo, sulla situazione economica, sul sesso o sulle disabilità fisiche) e quelle nuove e ancora poco percepite (come il digital divide), di creare nuove modalità di lavoro e di sviluppo economico, e nuove opportunità per le imprese, nonché di ottimizzare l'attività e i rapporti con la pubblica amministrazione.
  La necessità di un riconoscimento costituzionale di tale diritto deriva dal bisogno di tutelare l'uguale ed effettiva possibilità di chiunque di accedere a internet rispetto a eventuali restrizioni e limitazioni di natura sia pubblica che privata. Al pari di ogni diritto costituzionale, anche questo sarebbe sottratto alla discrezionalità del legislatore ordinario, che non potrebbe limitarlo, così come non potrebbe farlo ogni altro soggetto.
  Inoltre, disciplinare le attività connesse al fenomeno digitale comporta spesso il rischio della rapida obsolescenza delle norme ordinarie le quali, infatti, una volta approvate rischiano di essere già vecchie. Da qui l'esigenza di intervenire con una norma generale e di princìpi. Una norma costituzionale, non essendo norma di dettaglio ma individuando i princìpi basilari da rispettare, si pone come fondamento e legittimazione delle esigenze delle moderne società digitali, dalla trasparenza all'interoperabilità, dalla tutela della concorrenza alle nuove modalità di diffusione della cultura e alla valorizzazione delle opere dell'ingegno e dei contenuti prodotti dagli utenti (user generated content), dalla tutela del lavoro alla sharing economy. Con una norma costituzionale si scongiura il rischio di una rapida obsolescenza senza rinunciare a disciplinare la materia, riconoscendo diritti e libertà e ordinando la legislazione primaria e secondaria (cosiddetta «semplificazione normativa»).
  L'opportunità di tale riconoscimento nella forma di diritto sociale, piuttosto che di semplice libertà, deriva dal bisogno di attribuire allo Stato la responsabilità e l'onere di una connessione sempre effettiva, stabile, adeguata e funzionale in ogni parte del territorio. Infatti, un generico riconoscimento del diritto di accesso a internet non sarebbe soddisfacente in termini di effettività. Ancora, un riconoscimento dell'accesso a internet come semplice libertà produrrebbe l'unico effetto di vietare a soggetti pubblici e privati di limitare, degradare o discriminare la connessione a internet. Diversamente, il riconoscimento dell'accesso a internet come diritto sociale, al pari di altri diritti sociali come l'istruzione o la salute, comporterebbe non solo il divieto di attività lesive del diritto ma anche l'obbligo dello Stato di intervenire per garantire un adeguato e aggiornato standard minimo nel servizio di connessione o di realizzare le condizioni affinché le infrastrutture di accesso a internet siano sempre sviluppate, adeguate e rese efficienti, mirando a una diffusione omogenea e capillare nel Paese, senza dimenticare le zone cosiddette «a fallimento di mercato». Rispetto alla formulazione di libertà, l'accesso a internet come diritto sociale acquista dunque un ulteriore contenuto pretensivo che ne completa gli effetti e le tutele per i cittadini.
  Il passaggio dalla qualificazione di libertà a quella di diritto sociale permette di raggiungere tre importanti risultati: rendere autonomo il diritto di accesso a internet, espanderne la portata e attribuire un contenuto pretensivo e non solo passivo a tale diritto.
  La presente proposta di legge costituzionale mira dunque all'introduzione di un autonomo diritto sociale. In questo modo l'accesso a internet non sarà legato a un solo diritto, come la libertà di espressione, perché questo rischierebbe di ridurne la portata. Al contrario, la formulazione di autonomo diritto sociale gli permetterà di integrare a pieno la sua funzione di diritto servente di altri diritti, di precondizione per l'esercizio on line di ogni diritto (compresi la libertà di espressione, associazione, riunione e iniziativa economica, nonché il diritto all'istruzione e alla salute, alla ricerca e all'arte, al buon andamento, alla trasparenza e all'imparzialità della pubblica amministrazione) in modo più semplice, efficiente, economico e veloce.
  Definendo l'accesso a internet un diritto sociale si sposta l'attenzione dal mezzo ai suoi utenti. L'oggetto della tutela non è quindi internet come mezzo, ma gli utenti che lo utilizzano, ai quali si vogliono garantire nuove possibilità di esprimere e di estrinsecare la loro personalità e le loro attività in un nuovo luogo.
  Oggetto ultimo e ratio della presente proposta di legge costituzionale è quindi garantire a tutti una connessione stabile, veloce, uguale, neutrale e costantemente adeguata alle nuove possibilità della tecnologia. Lo Stato e la Repubblica nelle sue articolazioni si impegneranno a rendere disponibile tale connessione. Non rientra in tale diritto costituzionale l'obbligo dello Stato di fornire ai cittadini i componenti hardware e software necessari alla connessione. Nulla esclude che tali ulteriori previsioni, laddove non contenute negli attuali obblighi di servizio universale, siano poi previste da norme di rango primario o secondario. Per quanto riguarda i contratti di connessione a internet, questi non potranno contenere clausole contrarie alla lettera e allo spirito del diritto proposto.
  La formulazione dell'articolo 34-bis della Costituzione mira, inoltre, a rimuovere le due componenti del ritardo italiano in materia di digitale: quello infrastrutturale, conosciuto come «digital divide» e diretto a evitare discriminazioni tra chi ha e chi non ha (o non ha in modo adeguato) accesso a internet e quello culturale, conosciuto come «analfabetismo informatico», risolvibile con la diffusione di quella «cultura digitale» di cui l'articolo 34-bis è portatore. Emblematica è, a tale riguardo, la collocazione dell'accesso a internet dopo l'articolo 34 della Costituzione, ossia non solo nella parte della Costituzione dedicata ai diritti sociali ma dopo il diritto all'istruzione. È questo, infatti, il diritto che più assume rilievo per un corretto uso delle tecnologie digitali e per evitarne, quindi, usi distorti e lesivi della dignità e dell'incolumità dei cittadini.
  Il contenuto del diritto di accesso a internet qui proposto completa e perfeziona il correlato riconoscimento del principio di neutralità della rete (net neutrality). Tale principio è una garanzia dell'equo trattamento del traffico di dati on line laddove tale traffico altro non è che la rappresentazione di noi stessi e dei nostri dati nel cyberspazio, della nostra «identità digitale» e di ciò che ci riguarda. Il principio di neutralità della rete vieta discriminazioni del traffico di dati che non siano dovute a mere esigenze tecniche e di funzionamento del sistema, evitando inoltre eccessive concentrazioni di potere economico nelle mani di pochi. Ciò assume rilevanza soprattutto con riferimento alle attività commerciali, ai servizi on line, alla lecita concorrenza nei mercati digitali e nei nuovi marketplace degli «app store», nonché alla tutela della libertà di scelta del consumatore. Così come non accettiamo di essere discriminati nel mondo materiale non dovremmo nemmeno accettarlo nel mondo immateriale del cyberspazio. Ecco perché la neutralità della rete è stata considerata come una declinazione e un'applicazione alla realtà on line del principio di uguaglianza. Affiancare tale principio al diritto di cui si propone il riconoscimento vuol dire porre al vertice dell'ordinamento un principio di neutralità e di equo trattamento successivamente declinabile nei singoli e diversi settori di applicazione.
  Riconoscere il diritto di accesso a internet vuol dire dare risposta al nuovo e più intenso bisogno di diritti grazie alla valorizzazione della portata innovativa di internet, tanto più se oggi l'accesso alla rete è diventato una componente essenziale della cittadinanza.
  Non riconoscerlo significa non occuparsi delle nuove forme di discriminazione sociale e delle istanze delle moderne società nonché subordinare alle logiche di mercato di pochi soggetti privati la connessione e le conseguenti attività strategiche per lo Stato, di crescita per l'individuo e di sviluppo per la società.
  Il riconoscimento del diritto di accesso a internet, soprattutto nella formulazione proposta di diritto sociale, si pone dunque come una battaglia di civiltà diretta a garantire l'uguaglianza, nuove occasioni di crescita e di sviluppo sociale, nuove possibilità d'impresa e nuovi rapporti con la pubblica amministrazione, operando come precondizione all'uguale e non discriminatorio esercizio di diritti on line.
  In altre parole, l'articolo 34-bis della Costituzione aspira a recepire le mutate esigenze della società e, conseguentemente, a porre le basi di un sistema normativo che consapevolmente incentivi, piuttosto che inconsciamente frenare, l'innovazione, la crescita del singolo e lo sviluppo del sistema Paese.
  L'articolo 34-bis si pone come fondamento costituzionale dei valori della «cultura digitale»: i valori della condivisione, trasparenza, interoperabilità e convergenza, la ricerca scientifica e l'utilizzo di nuove tecnologie in ogni settore e attività produttiva, l'utilizzo e il riutilizzo degli open data, l'accesso alla conoscenza, l'insegnamento del coding nelle scuole e del corretto uso dei servizi digitali a persone anziane o di qualunque età, la partecipazione e la democrazia liquida, la riduzione dei tempi e dei formalismi burocratici, la dematerializzazione dei documenti e la loro gestione in forma digitale, nuove modalità di diffusione della cultura e di gestione del diritto d'autore, il riconoscimento del valore delle opere generate dagli utenti, l'armonica diffusione della sharing economy, una concorrenza effettiva e leale, la telemedicina, lo studio dell'intelligenza artificiale e della blockchain, nuovi sistemi di pagamento digitali e la sicurezza informatica sempre più rilevante per qualunque Stato voglia varcare le soglie del futuro.
  Approvare l'articolo 34-bis vuol dire quindi anche riconoscere e tutelare questi valori, che si ritengono meritevoli di maggior protezione perché sono anche i valori propri della democrazia e di ogni futura società civile.
  Imboccare la strada della ripresa socio-economica di un Paese non è mai facile, però un primo passo è rimuovere quei piccoli ma innumerevoli ostacoli che impediscono all'innovazione di percorrere il suo cammino. Compito di una norma costituzionale è proprio questo: assicurare che la ricchezza di un Paese – in questo caso sotto le innumerevoli forme dell'innovatività, creatività, imprenditorialità e conoscenza collettiva – non sia frenata o addirittura osteggiata. Compito di una norma costituzionale non è solo evitare abusi ma anche dare agli organi dello Stato, dal Parlamento al Governo, dal giudice ordinario al giudice costituzionale, dalla pubblica amministrazione alle autorità amministrative indipendenti, fino ai privati, gli strumenti adatti per interpretare al meglio l'attuale «era dell'accesso», valorizzandola piuttosto che soffocandola.
  Approvando l'articolo 34-bis non si riconosce solo la garanzia di un'uguale ed effettiva connessione, ma si dà piena libertà a quel panorama di valori, cultura, creatività, libertà e innovazione che, nel lungo periodo, si trasformeranno in migliori opportunità di vita, di lavoro e di commercio, in nuovi servizi, in un'amministrazione più efficiente e, in una parola, in un superiore e moderno benessere diffuso e collettivo.
  Si propone quindi l'inserimento di un nuovo diritto sociale, collocato nella parte prima, titolo II, della Costituzione, dedicata ai «Rapporti etico-sociali».
  L'articolo 34-bis proposto si compone di tre commi.
  Il primo enuncia il principio dell'accesso alla rete internet come un diritto di tutti. Tale comma è caratterizzato da una formulazione per princìpi e dal ricorso a clausole generali come «modalità tecnologicamente adeguate» che gli conferiscono la necessaria flessibilità per individuare il fenomeno da disciplinare senza subire un processo di rapida obsolescenza.
  Il ricorso al lemma «internet» è ritenuto quello più adatto, da un lato, per identificare con la necessaria precisione il fenomeno della «rete di reti» che realizza il cyberspazio e, da un altro lato, per consentire, ad esempio, alla Corte costituzionale tramite la sua attività interpretativa, di ricollegargli e sussumergli altri aspetti di dettaglio della realtà digitale.
  Il secondo comma individua il soggetto onerato della garanzia del diritto nella Repubblica, ossia le varie componenti dello Stato e le sue articolazioni in regioni ed enti locali e pubblici in generale.
  Ancora e con riferimento all'uso del termine «internet», il secondo comma, tramite il rinvio al concetto di «luogo», dà una definizione costituzionale di internet specificando la portata, l'oggetto e la copertura costituzionale dell'intero diritto. Infatti, l'articolo 34-bis non definisce cos'è tecnicamente internet bensì prevede il suo rilievo costituzionale, cos'è internet per la Costituzione, e quindi per l'ordinamento giuridico, e cosa di internet si intende tutelare: l'accesso a quel «luogo ove si svolge la personalità umana, si esercitano i diritti e si adempiono i doveri di solidarietà politica, economica e sociale». Ne deriva come il bene giuridico tutelato dall'articolo 34-bis non è una determinata tecnologia o l'uso di uno specifico strumento tecnico, ma l'accesso a una nuova dimensione dell'agire umano. In ultima analisi, l'oggetto della tutela non è internet come mezzo ma i cittadini che lo utilizzano, ai quali è garantita l'effettiva possibilità di farne uso, di connettersi e di accedere al cyberspazio.
  Il secondo comma ammette inoltre, in casi eccezionali e per la salvaguardia dei diritti, della libertà e dignità delle persone, le limitazioni al diritto di accesso a internet solo per ordine dell'autorità giudiziaria. Salvi abusi e forme di elusioni del diritto ad oggetto, non dovrebbero essere considerati limitativi dell'accesso a internet i provvedimenti legittimi diretti alla rimozione o al blocco di singoli contenuti diffusi in violazione dalla normativa nazionale, internazionale e sovranazionale, nonché la disabilitazione dell'accesso al sito web univocamente identificato e riconosciuto in violazione della predetta normativa.
  Il terzo comma dell'articolo 34-bis, infine, riconosce e garantisce il principio di neutralità di internet e, tramite una riserva di legge, demanda al legislatore ordinario la disciplina di dettaglio, fermo restando il principio costituzionale di divieto di discriminazioni ingiustificate.
  In questo modo l'articolo 34-bis è strutturato secondo una progressione che va dal generale al particolare: il primo comma, infatti, reca la proclamazione e il riconoscimento del diritto con i relativi princìpi essenziali; il secondo comma stabilisce gli obblighi generali di promozione e individua il soggetto passivo, il bene giuridico tutelato e le limitazioni necessarie al corretto bilanciamento dei princìpi costituzionali coinvolti; il terzo comma, infine, scende nel particolare con la riserva di legge sulla neutralità di internet.
  Per i motivi esposti si auspica un celere esame della presente proposta di legge costituzionale.

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

  1. Al titolo II della parte I della Costituzione, dopo l'articolo 34 è aggiunto il seguente:

   «Art. 34-bis. – Tutti hanno eguale diritto di accedere alla rete internet in condizioni di parità e con modalità tecnologicamente adeguate.
   La Repubblica promuove le condizioni che rendono effettivo l'accesso alla rete internet come luogo dove si svolge la personalità umana, si esercitano i diritti e si adempiono i doveri di solidarietà politica, economica e sociale. La limitazione di tale diritto può avvenire, con le garanzie stabilite dalla legge, solo per atto motivato dell'autorità giudiziaria.
   È riconosciuta la neutralità della rete internet. La legge determina le condizioni affinché i dati trasmessi e ricevuti mediante la rete internet non subiscano trattamenti differenziati se non per fini di utilità sociale e riconosce la possibilità di utilizzare e di fornire apparecchiature, applicativi e servizi di propria scelta».

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