FRONTESPIZIO

RELAZIONE

PROGETTO DI LEGGE
          Articolo 1
          Articolo 2
          Articolo 3
          Articolo 4
          Articolo 5
          Articolo 6

XVIII LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

N. 113

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato MORASSUT

Princìpi generali in materia di rigenerazione urbana nonché di perequazione, compensazione e incentivazioni urbanistiche

Presentata il 23 marzo 2018

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  Onorevoli Colleghi! — Il governo del territorio rappresenta un tema urgente e ormai non rinviabile per un sano ed equilibrato sviluppo del nostro Paese.
  L'uso delle risorse naturali – a partire dal suolo – è sempre più al centro delle attenzioni dell'opinione pubblica e della sensibilità dei cittadini e rappresenta per il sistema economico-imprenditoriale e per le amministrazioni pubbliche un fattore decisivo e prioritario per favorire la crescita sociale, civile e produttiva dell'intera nazione.
  Occorre prendere atto che, per la complessità dell'argomento e per una serie di implicazioni politiche, storiche, culturali e istituzionali, la legislazione urbanistica italiana appare oggi caratterizzata da troppi elementi contraddittori, da un'eccessiva farraginosità e da incertezze di competenze e di attribuzioni.
  Anche per questo, negli ultimi anni, il governo del territorio ha progressivamente perduto solide basi legislative costringendo in molti casi la giustizia amministrativa nazionale – e talora europea – a intervenire per ricondurre in un campo di certezza normativa o addirittura di legittimità l'operato di numerose amministrazioni pubbliche e di operatori privati.
  La legge fondamentale di livello nazionale di governo del territorio – la legge n. 1150 del 1942 – ha subìto nel tempo, comprensibilmente, integrazioni e modifiche tese ad aggiornarne la funzionalità e l'efficacia in relazione ai mutamenti intervenuti in ragione dello sviluppo economico e sociale del Paese. È dunque una legge molto datata che merita una profonda revisione e di cui si propone in una rapida prospettiva il superamento e che rimane, tuttavia, ancor oggi il punto di riferimento essenziale della normativa urbanistica. Si tratta evidentemente di una condizione curiosa ed anomala allo stesso tempo. Infatti, pur essendo stata per molti anni una legge di grande modernità anche rispetto al panorama legislativo europeo, a distanza di oltre settanta anni essa fa oggi dell'Italia il fanalino di coda tra i Paesi più avanzati in questo campo.
  L'anomalia è poi costituita dal fatto che, in assenza di una riforma organica di livello nazionale, pur tentata senza successo negli anni sessanta e mai conclusa, molte regioni hanno agito legislativamente nel proprio ambito territoriale per introdurre rilevanti novità e nuovi princìpi generali accompagnati da innovativi strumenti operativi. Tale spinta delle regioni si è ulteriormente rafforzata a seguito della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione con la quale – tra l'altro – è stato sancito il carattere «concorrente» della materia urbanistica e più in generale del governo del territorio fra lo Stato e le regioni. È dunque quanto mai attuale e urgente la necessità di completare il percorso di riforma complessiva della legislazione nazionale. Si può affermare, infatti, che l'intero e complesso campo delle trasformazioni territoriali e in particolare delle aree urbane appare caratterizzato da un panorama legislativo confuso ed esposto a insidiosi squilibri tra diverse aree del Paese – in virtù dei diversi indirizzi assunti dalle regioni e dalla staticità legislativa di alcune di esse – che possono nel tempo contribuire non poco a metterne in discussione la stessa unità territoriale.
  Negli ultimi decenni – in particolare negli anni novanta – la legislazione italiana, senza intervenire direttamente sulla legge fondamentale, ha favorito l'adozione di piani e di programmi complessi e integrati che, pur rappresentando significative novità operative recepite in diverse leggi regionali, hanno reso ulteriormente articolata l'intera materia che ormai necessita, in tutta evidenza, di essere ricondotta ragionevolmente in un quadro ordinario, consentendo alle amministrazioni locali – in particolare ai comuni – di operare in coerenza piena con il principio costituzionale di buon andamento dell'amministrazione.
  Il Parlamento, com'è noto, ha cercato nel corso delle più recenti legislature di affrontare il problema di un'organica riforma del governo del territorio operando nelle Commissioni competenti, al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati, per un definitivo superamento della legge n. 1150 del 1942. Tale tentativo non è stato però coronato da successo.
  In questo quadro il Partito democratico intende affrontare, con la presente proposta di legge, alcuni punti essenziali che rappresentino un'anticipazione funzionale che con pochi e definiti articoli consenta di aprire uno scenario nuovo attraverso il quale offrire alle innovazioni introdotte nel tempo a livello nazionale e regionale un'adeguata copertura legislativa nazionale. E puntare, in una seconda fase, ad una più completa operazione di riforma.
  Questo intendimento è reso chiaro dall'articolo 1 della presente proposta di legge che indica le «finalità», individuando negli strumenti della pianificazione locale e negli istituti della perequazione, della compensazione e nelle incentivazioni urbanistiche il contenuto fondamentale del testo.
  La necessità di superare lo strumento centrale del piano regolatore generale (PRG) previsto dalla legge n. 1150 del 1942 è esplicitata all'articolo 2 che, raccogliendo in forma sintetica e di principio quanto già sperimentato e legiferato in molte regioni, intende affrontare il cuore della riforma urbanistica nazionale ormai non rinviabile.
  Il PRG ha rappresentato, infatti, per lunghi decenni lo strumento urbanistico generale a disposizione dei comuni per indirizzare la crescita e l'espansione urbane nel territorio agricolo, conformandone in maniera prescrittiva sia i diritti edificatori privati – con le relative destinazioni d'uso suddivise in zone omogenee – sia le aree a destinazione pubblica sottoposte a vincoli ablativi attraverso lo strumento espropriativo.
  Nel tempo – e sempre più vigorosamente negli ultimi decenni – due fattori hanno imposto il superamento di questo modello: l'integrazione economica e finanziaria tra diverse aree geografiche transnazionali e la conseguente velocità delle esigenze di trasformazione urbana e territoriale, nonché il prevalere sempre più evidente della necessità di trasformare, riqualificare e ristrutturare i tessuti edilizi esistenti anziché ampliare all'infinito i perimetri urbani consumando ulteriore suolo.
  Il modello rigidamente prescrittivo del classico PRG si è rivelato non più adatto ad affrontare e a governare tali novità, mentre si è imposta l'esigenza di strumenti flessibili più adeguati a garantire una reale pianificazione del dinamismo urbano e metropolitano.
  Al tempo stesso la modalità operativa fondamentale prevista dal PRG dell'esproprio per garantire le necessarie dotazioni territoriali pubbliche per le infrastrutture, i servizi e le opere pubbliche si è rivelata inefficace per le amministrazioni locali a causa dei costi enormi determinati da numerose sentenze della giustizia amministrativa e della giurisprudenza italiana ed europea, che ha prodotto per l'acquisizione di tali aree valori quasi di mercato, trasformando di fatto l'esproprio in «compravendita».
  Peraltro, stante il quadro normativo e giurisprudenziale attuale, mentre le aree con destinazioni pubbliche sono soggette a una durata temporale definita di cinque anni, le aree destinate a trasformazione edilizia privata conservano di fatto, sine die, il diritto edificatorio attribuito dal PRG. In questo modo si è consolidato nel tempo uno squilibrio tra «città pubblica» e «città privata» che rischia di produrre scompensi nello sviluppo e nel governo del territorio e anche evidenti ingiustizie sociali.
  Il superamento del PRG, attraverso l'introduzione dei tre livelli di pianificazione illustrati all'articolo 2, consente invece di definire in modo flessibile e non conformativo gli indirizzi di pianificazione strutturale del territorio affidando la fase attuativa a un piano operativo con durata pari al mandato del sindaco – cinque anni – e attribuendo così pari durata e opportunità alle destinazioni pubbliche e a quelle di valorizzazione privata.
  Gli articoli 3 e 4 regolano e normano, in forma di indirizzo e nel rispetto del principio concorrente sancito dalla Costituzione, gli strumenti della perequazione, della compensazione e delle incentivazioni urbanistiche relativamente ad aree di trasformazione anche non contigue.
  Tali strumenti operativi, ormai largamente e da tempo applicati in Europa e in diverse regioni italiane, consentono di intervenire più credibilmente nella riqualificazione e nella ristrutturazione dei tessuti esistenti e degradati fino anche a rendere finalmente possibili in forma ordinaria e non sporadica operazioni di sostituzione edilizia e, in alternativa all'esproprio comunque sempre esercitabile, di favorire la costituzione gratuita di un demanio di aree pubbliche o di una riserva immobiliare per i comuni e per le altre amministrazioni locali, per fare politiche urbane pubbliche, realizzare servizi pubblici generali e locali, infrastrutture, opere pubbliche ed edilizia residenziale pubblica e sociale. Quest'ultimo aspetto rappresenta, infatti, una vera emergenza nazionale. L'Italia è ormai, anche a causa dei ritardi nella riforma urbanistica, il Paese europeo con la percentuale più bassa di produzione di edilizia residenziale pubblica rispetto al totale annuo: circa il 2 per cento. Molto dipende dalla difficoltà ormai cronica per molti comuni di reperire suoli trasformabili in modo gratuito e senza espandere le periferie urbane al fine di abbattere i costi finali della produzione edilizia destinata alle fasce più svantaggiate e di non creare nuovi ambiti urbani isolati e distanti dai tessuti consolidati e almeno parzialmente urbanizzati.
  L'articolo 5 intende offrire alle regioni un quadro di riferimento e una copertura legislativa nazionale per quanto riguarda la possibilità di regolare l'uso della perequazione, della compensazione e delle incentivazioni urbanistiche in modo vantaggioso per le amministrazioni pubbliche, stabilendo un criterio di comprovato vantaggio pubblico nell'applicazione di tali strumenti: cessione di aree, contributi straordinari e cessione di quote di edilizia libera residenziale a fini sociali.
  L'articolo 6, infine, definisce indirizzi utili per favorire l'utilizzo della procedura del concorso internazionale di architettura per le trasformazioni sia urbanistiche che edilizie nella convinzione che la qualità architettonica e tecnologica rappresenti un fattore essenziale e non eludibile per lo sviluppo urbano e metropolitano e per accrescere la competitività internazionale dei territori e che contribuisca in modo decisivo a instaurare un rapporto organico e virtuoso con l'ambiente e con il paesaggio.
  Una legge leggera, snella, rispettosa del dettato costituzionale e in grado di dare alle regioni un primo quadro di riferimento nazionale in materia di governo del territorio costituisce, dunque, una necessità non più rinviabile e un'esigenza prioritaria per indirizzare lo sviluppo del territorio nazionale e per dare alle città italiane – da sempre motore della crescita civile, sociale ed economica – strumenti operativi moderni in grado di garantire la conservazione e la valorizzazione del proprio patrimonio storico, archeologico e monumentale, coniugandole con una capacità di modernizzazione e di sviluppo economico.

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

  1. Nelle more dell'adozione di una normativa quadro in materia di governo del territorio, la presente legge, nel rispetto dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, detta princìpi fondamentali che rivestono carattere di particolare importanza e urgenza al fine di garantire l'efficacia delle leggi regionali in materia di governo del territorio e la piena e completa applicazione degli istituti di perequazione, di compensazione e di incentivazioni urbanistiche.

Art. 2.
(Strumenti di pianificazione locale).

  1. Le leggi regionali, nel disciplinare gli strumenti della pianificazione locale, comunale o intercomunale prevedono:

   a) una componente strutturale relativa all'intero territorio comunale o intercomunale;

   b) una componente operativa relativa alle trasformazioni urbanistiche di rilievo;

   c) una componente regolamentare relativa ai sistemi insediativi esistenti, alle zone agricole e alle zone non soggette a trasformazione urbanistica.

  2. Le componenti operativa e regolamentare della pianificazione possono essere oggetto di uno solo o di distinti strumenti di pianificazione.
  3. Nella componente strutturale della pianificazione:

   a) sono recepiti i vincoli ricognitivi previsti da leggi e da piani di settore e possono essere individuati altri valori territoriali meritevoli di tutela, eventualmente proponibili agli enti competenti per il riconoscimento di ulteriori vincoli ricognitivi;

   b) sono indicate le scelte di assetto del territorio e di tutela dell'ambiente, nonché le principali trasformazioni urbanistiche e le necessarie dotazioni infrastrutturali, perseguendo l'obiettivo del contenimento dell'uso del suolo non urbanizzato, della riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e del rinnovo urbano, nonché le scelte fondamentali relative al sistema insediativo e infrastrutture da tutelare e da valorizzare;

   c) sono indicati i carichi insediativi minimi e massimi da rispettare in sede di pianificazione operativa;

   d) sono indicate le regole generali della perequazione, della compensazione e delle incentivazioni urbanistiche di cui all'articolo 3 e le relative modalità di applicazione.

  4. Le previsioni e i contenuti della componente strutturale della pianificazione non hanno efficacia conformativa della proprietà e degli altri diritti reali e fini edificatori e non determinano alcuna condizione di edificabilità anche ai fini fiscali.
  5. La componente operativa della pianificazione, relativa alle trasformazioni urbanistiche:

   a) approfondisce e sviluppa le scelte fondamentali della componente strutturale;

   b) individua, in coerenza con quanto indicato nella componente strutturale, le aree e gli interventi di trasformazione del territorio da promuovere nell'arco temporale determinato dal comune che, comunque, non deve risultare superiore a cinque anni, equivalenti al mandato istituzionale del sindaco; trascorso tale termine, qualora non sia stata stipulata almeno la convenzione relativa all'intervento di trasformazione, le conformazioni edificatorie e gli eventuali vincoli ablativi perdono ogni efficacia;

   c) individua, anche in relazione alle scelte relative alla programmazione pluriennale delle opere pubbliche, gli interventi occorrenti al fine di promuovere le necessarie dotazioni territoriali di opere e di servizi e imposta i vincoli, anche ablativi, conseguenti a tale individuazione.

  6. La componente regolamentare della pianificazione relativa ai sistemi insediativi esistenti disciplina i tessuti urbani esistenti e gli interventi, anche di completamento, in essi ammissibili, nonché le aree agricole da conservare e le altre aree considerate dalla componente strutturale non interessate da trasformazioni urbanistiche; le relative previsioni hanno efficacia conformativa ai fini edificatori fino a nuove diverse conformazioni.

Art. 3.
(Perequazione, compensazione e incentivazioni urbanistiche).

  1. La perequazione urbanistica trova applicazione in sede di attuazione delle previsioni della pianificazione operativa relativa alle aree di trasformazione, anche non contigue, per le quali è previsto il ricorso a piani o a programmi urbanistici esecutivi al fine di garantire un'equa ripartizione tra tutti i proprietari interessati all'edificabilità oggetto di conformazione e dei costi e degli oneri derivanti da affrontare per la sua utilizzazione, nonché per garantire l'effettivo e comprovato raggiungimento di obiettivi di interesse pubblico anche attraverso la cessione gratuita al comune di aree e di opere occorrenti per le dotazioni territoriali.
  2. I proprietari delle aree di trasformazione sono chiamati ad associarsi, nelle forme previste dal vigente ordinamento civile, per proporre ai comuni i progetti dei piani e dei programmi urbanistici esecutivi di cui al comma 1 e per dare a essi attuazione dopo la loro approvazione. A tale fine è sufficiente l'adesione dei proprietari che rappresentano la maggioranza assoluta del valore degli immobili compresi nell'area di trasformazione calcolato in base all'imponibile catastale. In seguito alla presentazione, da parte dei proprietari, di proposte dei piani e dei programmi urbanistici attuativi e prescrittivi, il comune, assegnando un termine di sessanta giorni, invita i proprietari non associati a comunicare la loro adesione. In caso di infruttuoso decorso del suddetto termine il procedimento relativo al piano o al programma urbanistico è comunque attuato e dopo la sua conclusione, in caso di approvazione, i proprietari non associati sono invitati dal comune a dare la loro adesione entro il termine di quaranta giorni. In caso di infruttuoso decorso anche di tale termine i proprietari associati, in seguito alla stipulazione della convenzione relativa al piano o al programma urbanistico, hanno titolo a conseguire mediante espropriazione la proprietà degli immobili dei proprietari non aderenti al programma.
  3. I comuni possono prevedere, ai fini dell'attuazione delle previsioni relative alla realizzazione di attrezzature e di servizi pubblici, il ricorso a forme di compensazione, quali l'attribuzione alle aree assoggettate a vincoli ablativi di edificabilità suscettibile di trasferimento in ambiti edificabili previa cessione delle aree stesse all'amministrazione. Ulteriori forme di compensazione e l'attribuzione di premialità con il trasferimento di edificabilità possono essere previste per incentivare interventi di riqualificazione urbana, di rinnovo urbano e di edilizia sociale, nonché per risolvere problemi derivanti da precedenti scelte di pianificazione.

Art. 4.
(Perequazione territoriale).

  1. Nell'ambito degli strumenti di governo e di programmazione del territorio di competenza dei diversi enti possono essere previsti meccanismi di perequazione territoriale al fine di attuare interventi di interesse sovracomunale volti a conseguire il coordinato assetto dei territori, avendo cura di garantire un'equa ripartizione tra le diverse comunità interessate dei vantaggi e degli svantaggi che tali interventi comportano.
  2. Le leggi regionali disciplinano la perequazione territoriale garantendo, per gli ambiti di trasformazione individuati di rilevanza intercomunale, la ripartizione tra i comuni interessati degli oneri e dei contributi dovuti e del gettito della fiscalità comunale in misura differenziata in ragione degli impatti ambientali e delle diverse implicazioni per i bilanci comunali.

Art. 5.
(Legislazione regionale).

  1. Le regioni dettano disposizioni relative alla perequazione e alla compensazione urbanistiche nel rispetto delle disposizioni della presente legge, ferma restando la possibilità di esproprio in attuazione dei vincoli ablativi confermati o istituiti dalla pianificazione.
  2. Le regioni disciplinano, altresì, le forme di pubblicità alle quali sono soggetti i trasferimenti di previsioni edificatorie di cui alla presente legge.
  3. Le leggi regionali, in applicazione del principio di cui all'articolo 42 della Costituzione che attribuisce funzione sociale alla proprietà, prevedono la possibilità per i comuni di ottenere in sede di attuazione dei loro piani urbanistici, dai proprietari delle aree di trasformazione interessate da previsioni conformative a fini edificatori, contributi all'elevazione delle dotazioni di servizi pubblici maggiori di quelli ordinariamente prescritti, contributi monetari per oneri di urbanizzazione e per realizzazione di opere pubbliche primarie e secondarie anche in misura maggiore di quanto stabilito dalle specifiche deliberazioni degli enti competenti, nonché contributi, anche in forma di cessione gratuita di aree o di porzioni concordate di edilizia libera realizzata, alla soluzione dei problemi di edilizia residenziale pubblica.
  4. Le leggi regionali indirizzano i comuni facenti parte del territorio di riferimento affinché gli strumenti perequativi e compensativi e le altre modalità di incentivazione urbanistica siano esercitati garantendo alle amministrazioni il conseguimento di valori immobiliari o patrimoniali in opere o in immobili commisurato e adeguato ai valori attribuiti ai proprietari delle aree di trasformazione interessate da previsioni conformative e attivate con strumenti urbanistici esecutivi. A questo fine le regioni operano per dotarsi di strumenti in grado di fornire ai comuni adeguati supporti tecnico-estimativi per la valutazione delle operazioni immobiliari.
  5. Le leggi regionali favoriscono l'aggregazione della piccola proprietà immobiliare in consorzi unitari al fine di agevolare interventi di recupero urbanistico e di sostituzione edilizia nelle aree urbane degradate o soggette a rischio dal punto di vista della stabilità edilizia o altrimenti prive delle dotazioni minime di standard urbanistici per il verde e per i servizi.

Art. 6.
(Incentivazione della qualità architettonica).

  1. Al fine di garantire un elevato livello delle prestazioni architettoniche e tecnologiche delle trasformazioni urbanistiche ed edilizie e in particolare dell'inserimento paesaggistico e ambientale degli edifici, le regioni possono prevedere incentivazioni urbanistiche, volumetriche o di superficie, in presenza di iniziative private condotte attraverso la procedura del concorso internazionale di architettura, d'intesa con gli ordini professionali territorialmente competenti. L'entità delle incentivazioni è stabilita dai comuni nel rispetto della pianificazione urbanistica strutturale.

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