Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) - Videoconferenza, 9 settembre 2021
Serie: Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari   Numero: 65
Data: 07/09/2021
Organi della Camera: III Affari esteri, XIV Unione Europea

        

 

XVIII LEGISLATURA

 

Documentazione per le Commissioni

RIUNIONI INTERPARLAMENTARI

 

 

 

Conferenza interparlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC)

Videoconferenza, 9 settembre 2021

 

 

 

 

Senato della Repubblica

Servizio Studi                  Dossier europei

n. 130

Camera dei deputati

Ufficio Rapporti con l’Unione europea

n. 65

 


 

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Dossier n. 65

 

 

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INDICE

Ordine del giorno

Introduzione  1

Sessione I: Le priorità della Politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della Politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) 3

Le dichiarazioni programmatiche dell’Alto Rappresentante ad inizio mandato  5

Priorità in materia di Politica estera e di sicurezza comune (PESC)  7

Posizione dell’UE sulla situazione in Afghanistan  7

Relazioni con la Turchia e situazione nel Mediterraneo orientale  14

Allargamento dell’UE ai Balcani occidentali 19

Relazioni tra l’UE e la Russia  21

Situazione in Libia  26

Recenti iniziative nell’ambito della Politica di sicurezza e difesa comune dell’UE (PSDC)  29

Il dibattito sulla creazione di una forza di reazione rapida dell’UE   29

La Bussola Strategica (Strategic Compass)  32

La revisione strategica della cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa (PESCO)  34

Revisione coordinata annuale in materia di difesa (Coordinated Annual Review on Defence - CARD)  36

Il Fondo europeo per la difesa e il Piano d'azione per sostenere e sviluppare le convergenze tra l'industria civile, della difesa e dello spazio  38

L’istituzione dello Strumento europeo per la pace (European Peace Facility – EPF)  41

L’operazione militare dell’UE nel Mediterraneo EUNAVFOR MED IRINI  43

Sessione II - nuove sfide, vecchi percorsi: ripensare l'approccio della politica estera dell'Unione  in un mondo multi polare   49

La strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’UE   51

L’Agenda strategica dell’UE 2019-2024  52

Il dibattito sull’autonomia strategica e la resilienza dell’Europa  55

La relazione di previsione strategica 2020  56

Priorità della Presidenza slovena in materia di autonomia strategica dell’UE   60

Il contributo dell’UE per il multilateralismo basato su regole  62

Conclusioni del Consiglio dell’UE su un'Europa connessa a livello globale  64

Sessione III: Rafforzare il partenariato regionale con i paesi dei Balcani occidentali attraverso la PSDC   65

Un quadro d'insieme  67

L'operazione EUFOR Althea in Bosnia-Erzegovina  69

La missione EULEX in Kosovo  73

Sessione IV: Lo Sviluppo delle capacità per la protezione civile dell'Ue e la clausola di solidarietà: integrazione delle forze armate   75

Il meccanismo europeo di protezione civile  77

Il dispositivo RescEU   83

Il Fondo di solidarietà dell'Unione europea  85

Sostegno di emergenza all'interno dell'Unione europea  87

Coordinamento civile-militare umanitario (CMCoord) e la clausola di solidarietà  88

 


 


Introduzione

La Conferenza per il controllo parlamentare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC) e sulla politica di sicurezza e difesa comune (PSDC) si svolgerà il 9 settembre 2021, in videoconferenza.

La Conferenza, organizzata dal Parlamento della Slovenia- che esercita la presidenza del Consiglio dell’UE per il periodo 1° luglio-31 dicembre 2021 - prevede, dopo i saluti introduttivi, un intervento di Borut Pahor, Presidente della Repubblica della Slovenia e quatto sessioni:

·        Sessione I: Priorità della politica estera e di sicurezza comune e della politica di sicurezza e difesa comune;

·        Sessione II: Nuove sfide, vecchi percorsi: ripensare l'approccio della politica estera dell'Unione in un mondo multi polare;

·        Sessione III: Rafforzare il partenariato regionale con i paesi dei Balcani occidentali attraverso la PSDC;

·        Sessione IV: Lo sviluppo di capacita per la protezione civile dell'UE e la clausola di solidarietà: integrazione dei profili militari.

La Conferenza sarà preceduta, nella mattina dell’8 settembre, dalla consueta riunione di coordinamento del Gruppo Med, che riunisce i rappresentanti delle Commissioni esteri e difesa dei parlamenti dell'Europa del Sud (Italia, Spagna, Francia, Grecia, Cipro, Malta, Portogallo) con lo scopo di formare posizioni comuni sui temi di interesse e sugli argomenti in discussione in seno alle Conferenze interparlamentari PESC PSDC.

I lavori della conferenza si svolgono secondo i seguenti princìpi istitutivi:

-     la Conferenza interparlamentare per la PESC/PSDC è composta da delegazioni dei Parlamenti nazionali degli Stati membri dell'Unione europea e del Parlamento europeo;

-     ogni Parlamento decide autonomamente sulla composizione della sua delegazione. I Parlamenti nazionali sono rappresentati da delegazioni composte da 6 membri. Per i Parlamenti bicamerali il numero dei membri potrà essere distribuito con accordi interni. Il Parlamento europeo è rappresentato da una delegazione di 16 membri. I Parlamenti dei paesi candidati all’adesione ed i Parlamenti di paesi europei membri della NATO potranno partecipare con una delegazione composta da 4 osservatori (si tratta di Albania, Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia e Turchia in quanto candidati all’adesione e Norvegia e Islanda in quanto Paesi europei membri della NATO);

-     la Conferenza si riunisce due volte l'anno nel Paese che esercita la Presidenza semestrale del Consiglio o presso il Parlamento europeo a Bruxelles;

-     la Presidenza delle riunioni è esercitata dal Parlamento nazionale dello Stato membro che ricopre la Presidenza del Consiglio UE, in cooperazione con il PE;

-     il Segretariato della Conferenza è esercitato dal Parlamento nazionale dello Stato membro che esercita la Presidenza di turno del Consiglio, in stretta cooperazione con il Parlamento europeo, e dei Parlamenti nazionali della precedente e successiva Presidenza di turno dell’UE;

-     l'Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza è invitato alle riunioni della Conferenza per esporre le linee d’indirizzo e le strategie della politica estera e di difesa comune dell'Unione;

-     la Conferenza può adottare per consenso conclusioni non vincolanti;

-     sulla base dei principi sopra esposti, la Conferenza approva i propri regolamento interno e metodi di lavoro.

La delegazione del Parlamento italiano alla Conferenza è composta per il Senato della Repubblica da Vito Rosario Petrocelli, Presidente della Commissione Affari esteri, Roberta Pinotti, Presidente della Commissione Difesa, Alessandro Alfieri, membro della Commissione Affari esteri, e per la Camera dei deputati da Piero Fassino, Presidente della Commissione Affari esteri, Roger De Menech, vice presidente della Commissione Difesa e Andrea Delmastro Delle Vedove, membro della Commissione Affari esteri.

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sessione I: Le priorità della Politica estera e di sicurezza comune (PESC) e della Politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC)

 


 


 

Le dichiarazioni programmatiche dell’Alto Rappresentante ad inizio mandato

L’Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, nonché Vice Presidente della Commissione europea, Josep Borrell, all’inizio del suo mandato - nel corso dell’audizione svoltasi presso il Parlamento europeo il 7 ottobre 2019 - aveva formulato una serie di impegni per l'assolvimento del suo mandato politico, soffermandosi in particolare:

·        sulla necessità di un'Unione più strategica, assertiva e unita sulla scena mondiale, creando un solido collegamento tra le politiche estere degli Stati membri e l'azione esterna della Commissione europea, e puntando a un sistema più focalizzato sugli obiettivi condivisi;

·        sulla velocizzazione e su una maggiore efficienza dei processi decisionali nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune;

Si ricorda che, nella scorsa legislatura europea, la Commissione europea ha presentato nel settembre 2018 una comunicazione nella quale ha proposto che il Consiglio europeo decida, utilizzando le disposizioni previste dai Trattati vigenti e in particolare la cosiddetta “clausola passarella” di cui all’articolo 31, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea (TUE), il passaggio dall’unanimità alla votazione a maggioranza qualificata nelle decisioni del Consiglio dell’UE in materia di politica estera e di sicurezza comune dell’UE in alcuni specifici casi, in materia di diritti umani, sanzioni e missioni civili.

·        garantire un maggior legame tra le dimensioni interna ed esterna delle politiche dell'Unione;

·        in tema di sicurezza e difesa, proseguire nella costruzione di una cultura strategica comune, prendendo le mosse dai progressi realizzati a livello politico con la cooperazione strutturata permanente (PESCO), a livello industriale con il Fondo europeo di difesa e a livello operativo con le missioni e aumentando il livello di spesa per la difesa; rafforzare l'Alleanza atlantica, acquisendo maggior peso all'interno della NATO e contribuendo così a relazioni transatlantiche più equilibrate; dotarsi di linee guida chiare per l'attivazione dell'art. 42, paragrafo 7 del Trattato sull’UE (TUE), relativo alla clausola di difesa reciproca, con riguardo alle modalità per una risposta comune agli attacchi terroristici nel territorio di uno o più Stati membri;

·        lottare con rinnovata energia contro le minacce ibride, con particolare riguardo alle campagne di disinformazione, che sono destinate a trasformarsi sempre più in strumento dominante di destabilizzazione, come dimostrato ampiamente nel caso di alcuni Paesi del vicinato orientale;

·        impegnarsi per il massimo rispetto dei diritti umani, facendone una clausola imprescindibile di ogni accordo commerciale che l'Unione concluda con Paesi terzi;

Si ricorda che il Consiglio dell’UE ha adottato il 7 dicembre 2020 una decisione e un regolamento che istituiscono un nuovo regime globale di sanzioni in materia di diritti umani, che prevede disposizioni che consentono all’UE di prendere misure mirate nei confronti di persone, entità e organismi – compresi soggetti statali e non statali – responsabili di gravi violazioni e abusi dei diritti umani in tutto il mondo, indipendentemente dal luogo in cui avvengono (e quindi a prescindere dai regimi di sanzioni e misure restrittive che già l’UE può adottare nei confronti di un paese terzo, ma che hanno sempre un contesto di applicazione “geografica”). Il quadro per le misure restrittive mirate si applica ad atti quali il genocidio, i crimini contro l'umanità e altre gravi violazioni o gravi abusi dei diritti umani (ad esempio tortura, schiavitù, uccisioni extragiudiziali, arresti o detenzioni arbitrari). Anche altre violazioni o altri abusi dei diritti umani possono rientrare nell'ambito di applicazione del regime di sanzioni nella misura in cui tali violazioni o abusi sono diffusi, sistematici o comunque motivo di seria preoccupazione per quanto concerne gli obiettivi di politica estera e di sicurezza comune stabiliti nel trattato. Spetterà al Consiglio dell’UE, all’unanimità (come già per le sanzioni di natura “geografica”), redigere, riesaminare e modificare l'elenco delle sanzioni su proposta di uno Stato membro o dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.

·        profondere il massimo sforzo a sostegno delle riforme e dei processi d'integrazione nei Balcani occidentali, sostenere la democrazia e l'integrità territoriale dell'Ucraina, affrontare le sfide poste dal vicinato meridionale, sviluppare una nuova strategia globale verso l'Africa e ricomporre le relazioni transatlantiche;

·        informare ogni aspetto della politica estera alla gestione delle due grandi sfide geopolitiche che caratterizzeranno gli anni a venire: il cambiamento climatico e i flussi migratori.

Priorità in materia di Politica estera e di sicurezza comune (PESC)

Posizione dell’UE sulla situazione in Afghanistan

A seguito del Consiglio straordinario affari esteri dell'UE svoltosi  in video conferenza il 17 agosto 2021, l’Alto Rappresentante, Josep Borrell, ha diffuso una dichiarazione sulla situazione in Afghanistan a nome dell’UE, nella quale in particolare si:

·        invitano tutte le parti in Afghanistan a rispettare tutti gli impegni assunti e a perseguire ulteriormente una soluzione politica inclusiva, globale e duratura. La protezione e la promozione di tutti i diritti umani, in particolare quelli delle donne e delle ragazze, devono essere parte integrante di questi sforzi e le donne dovrebbero essere sostenute e in grado di contribuire pienamente a questo processo;

·        sottolinea la massima importanza della sicurezza e della protezione di tutti i cittadini dell'UE in Afghanistan, nonché del personale locale che lavora per l'UE o per gli Stati membri. L'Unione europea presterà inoltre un'attenzione particolare a quegli afghani la cui sicurezza potrebbe essere ora in pericolo a causa del loro impegno di principio per i valori comuni dell’UE;

·        evidenzia che una soluzione politica globale e inclusiva e una soluzione duratura del conflitto non dovrebbero essere stabilite con la forza, ma attraverso negoziati significativi basati sulla democrazia, lo stato di diritto e la norma costituzionale;

·        sottolinea l'importanza di preservare e sfruttare le conquiste politiche, economiche e sociali del popolo afghano dal 2001, come i diritti delle donne, dei bambini e delle persone appartenenti a minoranze, compreso l'accesso all'istruzione e alla salute;

·        indica che l'UE mira a continuare a sostenere il popolo afghano e la democrazia, il buon governo, i diritti umani e lo sviluppo sociale ed economico nel paese, compresi gli sforzi per prevenire e gestire i rischi associati a un Afghanistan instabile in un conflitto continuo, con conseguente instabilità regionale, traffico di droga e migrazione irregolare incontrollata. In questo contesto, l'impegno dell'UE con i suoi partner in Asia centrale sarà sempre più importante. La lotta al terrorismo e la prevenzione dell'uso del territorio afghano da parte di gruppi terroristici internazionali restano al centro dell'impegno dell'UE;

·        afferma che la cooperazione con qualsiasi futuro governo afghano sarà subordinata a una soluzione pacifica e inclusiva e al rispetto dei diritti fondamentali di tutti gli afgani, comprese le donne, i giovani e le persone appartenenti a minoranze, nonché il rispetto degli obblighi internazionali dell'Afghanistan;

·        indica che per far fronte al peggioramento della situazione umanitaria in Afghanistan, l'Unione europea continuerà a fornire al popolo afghano un'assistenza basata sui bisogni e invita tutti gli attori a consentire l'accesso sicuro e senza ostacoli all'assistenza umanitaria. L'UE invita i talebani a rispettare i loro obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario in ogni circostanza. L'UE sosterrà inoltre i vicini dell'Afghanistan nell'affrontare le ricadute negative previste da un flusso crescente di rifugiati e migranti.

Nella conferenza stampa che è seguita al Consiglio affari esteri, l’Alto Rappresentante Borrell ha indicato che l’UE dovrà avviare un dialogo con il regime Talebano, che ha vinto la guerra, al fine di evitare una crisi umanitaria e migratoria e prevenire l’insediamento del terrorismo, specificando che tale dialogo non implica il riconoscimento formale del regime.

Borrell ha, inoltre, indicato che l’UE ha al momento sospeso i pagamenti per l’assistenza allo sviluppo destinati all’Afghanistan, in attesa di avviare un dialogo con i talebani, indicando che, invece, l’UE intende proseguire le attività di assistenza umanitaria, che probabilmente dovranno essere incrementate nell’immediato.

Il 24 agosto 2021, la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato che la Commissione europea stanzierà 200 milioni di euro per l’aiuto umanitario in Afghanistan nel 2021. Si ricorda che per il periodo 2021-2024 l’UE ha previsto finanziamenti complessivi per l’aiuto allo sviluppo per 1,2 miliardi di euro.

Il 18 agosto 2021 si è svolto in video conferenza il Consiglio affari interni dell’UE, a conclusione del quale il Commissario europeo competente per gli affari interni, Ylva Johansson, ha rilasciato una dichiarazione nella quale in particolare afferma che:

·        l'instabilità in Afghanistan rischia di portare a un aumento della pressione migratoria. Occorre impedire alle persone di dirigersi verso l'Unione europea attraverso rotte non sicure, irregolari e incontrollate gestite da contrabbandieri, ma allo stesso tempo, non è possibile abbandonare le persone in pericolo immediato in Afghanistan;

·        occorre sostenere gli sfollati in Afghanistan attraverso organizzazioni internazionali, come l'UNHCR e l'OIM, fornire loro l'assistenza necessaria e aiutarli a tornare alle loro case in Afghanistan quando le condizioni del terreno lo consentono;

·        un numero significativo di cittadini afgani è già fuggito nei paesi vicini. Occorrerà lavorare a stretto contatto con i paesi della regione ed essere pronti a fornire loro l'assistenza umanitaria e allo sviluppo necessaria;

·        l'UE intende proseguire i programmi in corso legati allo sfollamento forzato degli afgani, in Afghanistan e nei paesi vicini, intensificando la cooperazione con le comunità ospitanti in Pakistan, Iran e Tagikistan, così come in altri paesi della regione come la Turchia;

·        l’UE deve proseguire le attività per affrontare i rischi della migrazione irregolare, combattere il traffico di esseri umani e gestire le sue frontiere in modo efficace, ma al tempo stesso deve offrire percorsi legali, sicuri e organizzati verso l'UE, sulla base dell’approccio globale ed equilibrato alla migrazione stabilito nel nuovo patto sulla migrazione e l'asilo;

·        gli Stati membri dell’UE sono stati invitati a intensificare il loro impegno sul reinsediamento, ad aumentare le quote di reinsediamento per aiutare coloro che necessitano di protezione internazionale e ad offrire percorsi legali complementari. Le donne e le ragazze afgane si trovano in una situazione particolarmente pericolosa ed occorre tenere conto della dimensione di genere nei percorsi di reinsediamento;

·        la situazione in rapida evoluzione in Afghanistan pone una sfida globale, motivo per cui occorre agire con tutti i partner a livello globale, in particolare nell'ambito delle Nazioni Unite e del G7.

Il 18 agosto 2021 l’UE ha poi sottoscritto una dichiarazione nella quale in particolare:

·        si esprime la profonda preoccupazione per le donne e le ragazze afghane, i loro diritti all'istruzione, al lavoro e alla libertà di circolazione e si invitano coloro che occupano posizioni di potere e autorità in tutto l'Afghanistan a garantire la loro protezione;

·        si afferma che le donne e le ragazze afghane, come tutti i cittadini afghani, hanno il diritto di vivere in sicurezza e dignità e che si dovrebbe prevenire qualsiasi forma di discriminazione e abuso. Le parti firmatarie indicano, inoltre, la disponibilità a prestare assistenza sotto forma di aiuti umanitari e sostegno;

·        si indica che verrà monitorata attentamente le modalità con cui il futuro governo garantirà i diritti e le libertà che negli ultimi vent'anni sono diventati parte integrante della vita delle donne e delle ragazze in Afghanistan.

La dichiarazione, oltre che dall’UE, è stata sottoscritta dai seguenti paesi: Albania, Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Honduras, Macedonia del Nord, Norvegia, Nuova Zelanda, Paraguay, Regno Unito, Senegal, Stati Uniti d'America, Svizzera.

Il 31 agosto 2021 si è svolto un Consiglio straordinario affari interni dell’UE, per valutare le implicazioni della situazione in Afghanistan relativamente alla sicurezza ed alla migrazione, al termine del quale è stata adottata una dichiarazione nella quale, in particolare, si afferma che l’UE:

·        ha condotto in via prioritaria l'evacuazione dei cittadini dell’UE in Afghanistan e, per quanto possibile, dei cittadini afgani che hanno collaborato con l'UE, i suoi Stati membri e le loro famiglie e che è in corso un intenso lavoro per individuare soluzioni mirate per i restanti casi specifici di persone a rischio in Afghanistan;

·        continuerà a coordinarsi con i partner internazionali, in particolare l'ONU e le sue agenzie, per la stabilizzazione della regione e per garantire che gli aiuti umanitari raggiungano le popolazioni vulnerabili, in particolare donne e bambini, in Afghanistan e in paesi limitrofi;

·        rafforzerà il suo sostegno ai paesi terzi, in particolare ai paesi vicini e di transito, che ospitano un gran numero di migranti e rifugiati, per rafforzare le loro capacità di fornire protezione, condizioni di accoglienza dignitose e sicure. L'UE coopererà inoltre con tali paesi per prevenire l'immigrazione illegale dalla regione, rafforzare la capacità di gestione delle frontiere e prevenire il traffico di migranti e la tratta di esseri umani. A tal fine, i mandati delle agenzie dell'UE dovrebbero essere pienamente utilizzati. In particolare, l'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo dovrebbe intensificare le sue operazioni esterne per lo sviluppo delle capacità di asilo. Inoltre, nell'ambito degli sforzi globali, si potrebbe fornire sostegno sotto forma di reinsediamento su base volontaria, dando priorità alle persone vulnerabili, come donne e bambini;

·        è determinata ad agire congiuntamente agli Stati membri per prevenire il ripetersi di movimenti migratori illegali su larga scala incontrollati affrontati in passato, preparando una risposta coordinata e ordinata. Si dovrebbero evitare incentivi all'immigrazione clandestina e l'UE dovrebbe inoltre rafforzare il sostegno ai paesi dell'immediato vicinato dell'Afghanistan per garantire che coloro che ne hanno bisogno ricevano un'adeguata protezione principalmente nella regione;

·        farà tutto il possibile per garantire che la situazione in Afghanistan non comporti nuove minacce alla sicurezza per i cittadini dell'UE. Tutti gli sforzi devono essere perseguiti per garantire che il regime dei talebani cessi tutti i legami e le pratiche con il terrorismo internazionale. L'UE utilizzerà tutti gli strumenti a sua disposizione per monitorare da vicino e rispondere agli sviluppi sul campo che potrebbero avere un impatto sulla sua sicurezza, in particolare Europol fornirà un'analisi dei rischi criminali legati alla situazione in Afghanistan. Lo scambio di informazioni e intelligence, in linea con le competenze nazionali, anche con paesi terzi, e la condivisione di valutazioni periodiche delle minacce, sono della massima importanza. L'esecuzione tempestiva dei controlli di sicurezza delle persone evacuate dall'Afghanistan rimane cruciale;

·        è determinata a proteggere, con il sostegno di Frontex, le frontiere esterne dell'UE, a prevenire gli ingressi non autorizzati e ad assistere gli Stati membri più colpiti. Inoltre, nell'ambito dell’approccio globale dell’UE alla cooperazione esterna in materia di migrazione, le clausole relative ai cittadini di paesi terzi negli accordi di riammissione tra l'UE e alcuni paesi di transito dovrebbero essere utilizzate laddove siano soddisfatti i requisiti legali;

·        riconosce la necessità di sostenere e fornire un'adeguata protezione a chi ne ha bisogno, in linea con il diritto dell'UE e i nostri obblighi internazionali, e di avvicinare le prassi degli Stati membri in materia di accoglienza e trattamento dei richiedenti asilo afghani.

Il Consiglio affari esteri dell’UE è tornato a discutere sulla situazione in Afghanistan in occasione del Consiglio Affari esteri informale del 3 settembre 2021. Al termine della riunione, l’Alto Rappresentante, Josep Borrell, ha diffuso una dichiarazione nella quale ha cosi riassunto la discussione in seno al Consiglio:

·        per sostenere la popolazione afghana l’UE dovrà impegnarsi con il nuovo governo in Afghanistan, il che non significa riconoscimento, ma solo un impegno operativo;

·        l’impegno dell’UE sarà condizionato da rispetto di 5 parametri di riferimento da parte del nuovo Governo talebano:

1.     l'Afghanistan non deve diventare una base per l'esportazione del terrorismo in altri paesi;

2.     deve essere garantito il rispetto dei diritti umani, in particolare dei diritti delle donne, dello stato di diritto e della libertà dei media;

3.     il nuovo Governo di transizione dovrà essere inclusivo e rappresentativo e istituito attraverso negoziati tra le forze politiche in Afghanistan;

4.     dovrà essere garantito il libero accesso agli aiuti umanitari, nel rispetto delle procedure e condizioni per la loro consegna da parte dell’UE;

5.     il Governo Talebano dovrà fornire garanzie per la partenza di cittadini stranieri e afghani a rischio, che desiderano lasciare il Paese, in linea con quanto già deciso dalla Risoluzione 2593 sulla sicurezza delle Nazioni Unite;

·        l’UE deve continuare a sostenere le persone che non si è riusciti ancora ad evacuare, in particolare le persone a rischio, le persone che stavano lavorando con l’UE, le persone che hanno sostenuto il processo di democratizzazione dell'Afghanistan. A tal fine, i Ministri degli Esteri hanno preso atto della dichiarazione del Consiglio dell’UE dei Ministri dell'Interno del 31 agosto 2021 (v. supra) che afferma che saranno i singoli Stati membri a decidere, su base volontaria, sulle persone a rischio che sono disposte a ricevere sotto la loro protezione;

·        per completare l’evacuazione, e per valutare l'attuazione dei 5 parametri di riferimento di cui sopra, l’UE ha deciso di lavorare in modo coordinato, attraverso una presenza congiunta dell'Unione europea a Kabul, coordinata dal Servizio europeo per l'azione esterna, se le condizioni di sicurezza saranno soddisfatte;

·        al fine di coordinare l'impegno dell’UE con i partner regionali e internazionali rilevanti, il Consiglio ha concordato che, sotto gli auspici del Servizio europeo per l'azione esterna, l'Unione europea avvii una piattaforma politica regionale di cooperazione con i paesi vicini dell'Afghanistan. Tale piattaforma politica prenderà in considerazione, tra le altre questioni, la gestione dei flussi di popolazione dall'Afghanistan; la prevenzione della diffusione del terrorismo; la lotta alla criminalità organizzata, compreso il traffico di droga e il traffico di esseri umani;

·        l’UE intende coordinarsi fortemente con gli Stati Uniti, così come con altri partner e organizzazioni regionali nell'ambito del G7 e del G20 e continuerà a lavorare con agenzie specializzate.

 


 

Relazioni con la Turchia e situazione nel Mediterraneo orientale

La strategia dell’UE nei confronti della Turchia

L’attuale strategia dell’UE nei confronti della Turchia è delineata nella comunicazione congiunta che la Commissione europea e l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza hanno presentato al Consiglio europeo del 25 marzo 2021 e che individua, da un lato, misure per rafforzare la cooperazione tra l’UE e la Turchia sulla base di un approccio progressivo, proporzionato e reversibile ed a condizione che gli sforzi costruttivi della Turchia siano sostenuti e rafforzati nei prossimi mesi e, dall’altro, possibili contromisure che potrebbero essere messe in atto dall’UE nel caso in cui, invece, la Turchia ritorni a compiere azioni unilaterali volte a violare il diritto internazionale:

Misure per rafforzare la cooperazione tra UE e Turchia

·        attuare in modo più efficace e reciprocamente vantaggioso dei settori chiave della Dichiarazione UE-Turchia del 2016, in particolare sulla gestione della migrazione, e l’impegno degli Stati membri dell'UE ad intensificare i reinsediamenti dalla Turchia verso l’Unione, in particolare per i gruppi più vulnerabili di rifugiati siriani in Turchia;

Si ricorda che la dichiarazione UE-Turchia del 18 marzo 2016, che rappresenta il quadro di riferimento generale della cooperazione UE-Turchia in materia di migrazione, prevede: il rinvio in Turchia di tutti i nuovi migranti irregolari e i richiedenti asilo le cui domande sono state dichiarate inammissibili e che hanno compiuto la traversata dalla Turchia alle isole greche nel pieno rispetto del diritto dell'UE e internazionale; l’impegno UE a reinsediare un cittadino siriano dalla Turchia per ogni siriano rinviato in Turchia dalle isole greche, accordando priorità ai migranti che non sono entrati o non abbiano tentato di entrare nell’UE in modo irregolare (cosiddetto programma 1:1); l’impegno della Turchia nel contrasto alle rotte illegali della migrazione; l’accelerazione della tabella di marcia sulla liberalizzazione dei visti e il rilancio del processo di adesione della Turchia all’UE. Nell’ambito della Dichiarazione UE-Turchia del marzo 2016, l’UE ha istituito lo Strumento per i rifugiati in Turchia, con una dotazione complessiva di 6 miliardi di euro (in due tranche) di cui 3 miliardi di euro provenienti dal bilancio dell'UE e 3 miliardi di euro dagli Stati membri.

·        rafforzare i legami economici, attraverso la modernizzazione e l'ampliamento del campo di applicazione dell'attuale unione doganale UE-Turchia;

L’Unione doganale UE-Turchia, il cui accordo è stato firmato nel 1995, copre gli scambi di merci industriali e di alcuni prodotti agricoli finiti e quindi la maggior parte dei flussi commerciali tra UE e Turchia (la Turchia è l’unico paese terzo ad avere una Unione doganale con l’UE). Nel dicembre 2016 la Commissione europea aveva presentato al Consiglio un progetto di direttive di negoziato su un nuovo accordo per modernizzare l'Unione doganale e ampliare l'ambito di applicazione delle relazioni commerciali preferenziali bilaterali con la Turchia. Le deliberazioni del Consiglio su questa proposta della Commissione sono state tuttavia sospese nel 2017 a causa del deterioramento delle relazioni UE-Turchia e della sospensione dei negoziati di adesione.

·        mantenere aperti i canali di comunicazione, attraverso il rilancio di dialoghi ad alto livello - attualmente sospesi - in materia di economia, energia, trasporti, politica di sviluppo, politica estera e di sicurezza e su altri nuovi argomenti, come ad esempio il green deal, la sicurezza interna, le relazioni interreligiose e la cultura;

·        aumentare i contatti tra le persone, facilitando la partecipazione della Turchia alla nuova generazione dei programmi Erasmus+, in materia di istruzione superiore e Horizon, in materia di ricerca.

In ogni caso (quindi anche in assenza di progressi da parte della Turchia) la relazione indica che la Commissione europea preparerà rapidamente anche opzioni per continuare a finanziare i rifugiati e le comunità di accoglienza in Turchia, considerati i gravi bisogni sul campo e il notevole onere che la Turchia continua a sostenere.

Contromisure per eventuali violazioni del diritto internazionale da parte della Turchia

·        ulteriori inserimenti nella lista di persone destinatarie di misure restrittive in quanto coinvolte in attività di trivellazione illegale nel Mediterraneo orientale da parte della Turchia, prendendo in considerazione anche la possibilità di includervi persone giuridiche;

Al momento risultano sottoposti a misure restrittive a partire dal 27 febbraio 2020, sulla base della decisione (PESC)2019/1894, solo 2 persone: Mehmet Ferruh Akal?n vicepresidente e membro del consiglio di amministrazione della Turkish Petroleum Corporation (TPAO) e Ali Coscun Namoglu è vicedirettore del dipartimento Ricerca della TPAO.

·        restrizioni alla cooperazione economica UE-Turchia, ed alle operazioni della Banca europea per gli investimenti e di altre istituzioni finanziarie;

·        misure volte a colpire altri settori importanti per l'economia turca, come il divieto di fornitura di servizi turistici, consigli di viaggio negativi da parte degli Stati membri;

·        misure dell'UE nel settore energetico e nei settori correlati, come ad esempio l’introduzione di divieti d’importazione e esportazione su determinati beni e tecnologie.

Situazione nel Mediterraneo orientale

Nel Mediterraneo orientale, la Turchia ha in corso, sin dal 2018, una disputa prima con Cipro e poi con la Grecia per quanto riguarda attività di trivellazione di giacimenti di gas nelle acque territoriali nel Mediterraneo orientale di Cipro (in particolare all’interno della zona economica esclusiva a sud ovest di Cipro) e attività di esplorazione sismica nelle acque territoriali del mar Egeo, in particolare nelle acque a sud ovest dell’isola di Kastellorizo, delle quali la Turchia rivendica il controllo.

La Turchia sostiene che, pur avendo una delle più lunghe linee costiere del Mediterraneo, ha diritto ad una porzione limitata di acque territoriali per la prossimità di numerose isole greche alla propria costa. Il controllo greco delle acque intorno a Kastellorizo è stabilito dalla Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare, che la Turchia non ha firmato. La presenza di Kastellorizo tra le isole greche rende la zona economica esclusiva (ZEE) greca contigua a quella cipriota: un fattore che faciliterebbe la realizzazione del gasdotto EastMed.

Nella comunicazione dello scorso marzo si rileva che la questione della delimitazione della piattaforma continentale e delle zone economiche esclusive dovrebbe essere affrontata tramite il dialogo e i negoziati in buona fede, nel rispetto del diritto internazionale, compresa la convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) ricorrendo, se necessario, alla Corte internazionale di giustizia. La comunicazione osserva, altresì, che è necessario che si delinei una posizione credibile della Turchia nel Mediterraneo orientale, senza battute d'arresto, a dimostrazione dell'autenticità delle intenzioni espresse e a garanzia del carattere duraturo di un più ampio allentamento delle tensioni nella regione.

Si ricorda che il Consiglio europeo del 25 marzo 2021 ha incaricato l'alto rappresentante di organizzare una conferenza regionale multilaterale, con la partecipazione della Turchia (la proposta di una conferenza multilaterale sul Mediterraneo orientale era stata avanzata originariamente dal Presidente turco Tayyip Erdogan il 22 settembre 2020). L'Alto rappresentante ha avviato i lavori preparatori in vista di una sua eventuale organizzazione, tuttavia, nella comunicazione dello scorso 25 marzo, si rilevava che le reazioni degli altri potenziali partecipanti indicano che, a meno di un cambiamento sostanziale della situazione nella regione, è improbabile che una conferenza di questo tipo possa tenersi a breve termine.

Le Conclusioni del Consiglio europeo del 24 e 25 giugno 2021 sulla Turchia

Il Consiglio europeo del 24 e 25 giugno 2021 ha adottato delle conclusioni sulla Turchia nelle quali in particolare:

·        ricorda l'interesse strategico dell'UE ad avere un contesto stabile e sicuro nel Mediterraneo orientale e sviluppare relazioni di cooperazione reciprocamente vantaggiose con la Turchia e ribadisce che l'UE è pronta a dialogare con la Turchia in modo graduale, proporzionato e reversibile per intensificare la cooperazione in una serie di settori di interesse comune, ferme restando le condizionalità stabilite;

·        prende atto dell'avvio dei lavori a livello tecnico in vista dell’approvazione da parte del Consiglio dell’UE di un mandato per la modernizzazione dell'unione doganale UE-Turchia;

·        prende inoltre atto dei lavori preparatori per i dialoghi ad alto livello con la Turchia su questioni di interesse reciproco, quali la migrazione, la salute pubblica, il clima, la lotta al terrorismo e questioni regionali;

·        invita la Commissione a presentare senza indugio proposte formali per il proseguimento dei finanziamenti a favore dei rifugiati siriani e delle comunità di accoglienza in Turchia, Giordania, Libano e altre parti della regione;

·        mantiene il pieno impegno a favore di una soluzione globale del problema di Cipro sulla base di una federazione bicomunitaria e bizonale caratterizzata dall'uguaglianza politica, in conformità delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. E deplora il fatto che la riunione informale di Ginevra sotto gli auspici delle Nazioni Unite non abbia aperto la strada alla ripresa di negoziati formali;

Si segnala al proposito che i colloqui informali nel formato 5+1 che si sono svolti a Ginevra, dal 27 al 29 aprile 2021, non hanno condotto ad un ravvicinamento delle posizioni tra Cipro e la repubblica di Cipro Nord volto ad una ripresa dei negoziati. Il Segretario generale dell’ONU, António Guterres, ha comunque indicato l’intenzione di riconvocare prossimamente una ulteriore riunione del formato 5+1, sempre con l'obiettivo di raggiungere un terreno comune tra le parti per consentire l'avvio di negoziati formali.

·        ricorda che lo Stato di diritto e i diritti fondamentali in Turchia continuano a costituire una preoccupazione essenziale ed indica che il dialogo su tali questioni rimane parte integrante delle relazioni tra l'UE e la Turchia.

 


 

Allargamento dell’UE ai Balcani occidentali

Si ricorda che è attualmente bloccata in seno al Consiglio dell’UE - che deve deliberare all’unanimità - l’approvazione dei mandati per l’avvio dei negoziati con Albania e Macedonia del Nord. I negoziati si sarebbero dovuti avviare nel corso del semestre di Presidenza portoghese dell’UE che si è concluso il 30 giugno 2021.

In particolare, l’adozione del mandato negoziale con la Macedonia del Nord è bloccata a livello di Consiglio dell’UE per il veto espresso dalla Bulgaria, che condiziona il suo assenso al riconoscimento da parte della Macedonia del Nord di condizioni relative al retaggio storico e linguistico comune.

Per quanto riguarda gli altri paesi dei Balcani occidentali, si ricorda che il Montenegro ha aperto tutti i capitoli negoziali e chiuso i negoziati per 3 capitoli (Scienza e ricerca; Educazione e cultura; Relazioni esterne); la Serbia ha aperto 18 capitoli negoziali (sui 34 totali) di cui 2 sono stati chiusi (Scienza e ricerca; Educazione e cultura); la Bosnia-Erzegovina e il Kosovo non hanno ancora status di Paese candidato, ma sono qualificati come “potenziali candidati”.

La Bosnia-Erzegovina ha presentato domanda di adesione il 15 febbraio 2016; il Kosovo è l’unico paese a non aver ancora presentato domanda di adesione all’UE.

Il 22 giugno 2021, al termine delle riunioni della conferenza di adesione a livello ministeriale con la Serbia e con il Montenegro, il Commissario europeo per il vicinato e l’allargamento, Oliver Varhely, ha indicato che nel corso della Presidenza slovena l’UE si attende una forte dinamizzazione del processo di adesione.

La Presidenza slovena, nel suo programma per il semestre di presidenza del Consiglio dell’UE, ha annunciato lo svolgimento ad ottobre 2021 di un vertice UE-Balcani occidentali e che, in particolare, intende avanzare nel dialogo Belgrado-Pristina e includere i paesi partner dei Balcani nelle iniziative di politica di sicurezza e di difesa comune dell’UE.

Si ricorda che il Consiglio affari generali del 25 marzo 2020 ha approvato una riforma della procedura dei negoziati di adesione che si applica ai futuri negoziati di adesione, compresi quelli già in corso con Montenegro e Serbia e che prevede:

·        impegni chiari da parte dell'Unione europea e dei Balcani occidentali e un maggiore focus dei negoziati sulle riforme fondamentali: lo Stato di diritto, il funzionamento delle istituzioni democratiche e della pubblica amministrazione e l'economia dei paesi candidati;

·        una maggiore frequenza dei vertici UE-Balcani occidentali e un più forte coinvolgimento degli Stati membri nel monitoraggio del processo;

·        il raggruppamento degli attuali capitoli negoziali in sei gruppi tematici: questioni fondamentali (Stato di diritto e diritto fondamentali); mercato interno; competitività e crescita inclusiva; agenda verde e connettività sostenibile; risorse, agricoltura e coesione; relazioni esterne; i negoziati per capitoli relativi al gruppo sulle questioni fondamentali saranno avviati per primi e chiusi per ultimi ed i progressi in tale ambito determineranno il ritmo complessivo dei negoziati;

·        un sistema di incentivi per i paesi più meritevoli, quali l'integrazione graduale nelle politiche e nel mercato dell’UE e la partecipazione ai programmi dell'UE, nonché maggiori finanziamenti e investimenti; analogamente, sono previste misure correttive per l’eventuale stallo o regresso grave o prolungato nell'attuazione delle riforme, con la possibilità di sospendere i negoziati o, nei casi più gravi, riaprire capitoli già chiusi e sospendere o ritirare l'accesso ai programmi e ai finanziamenti dell’UE.

Per quanto riguarda i finanziamenti per i paesi coinvolti nel processo di adesione nell’ambito del Quadro finanziario pluriennale 2021-2027, lo strumento di assistenza preadesione (IPA III) prevede uno stanziamento di 14,1 miliardi di euro.

Nell’ambito dell’assistenza finanziaria ai paesi del vicinato per la pandemia di COVID 19, l’UE ha stanziato fino ad ora un pacchetto di oltre 3,3 miliardi di euro a favore dei paesi dei Balcani occidentali.

 


 

Relazioni tra l’UE e la Russia

I 5 Principi guida della politica UE nei confronti della Russia

Le relazioni tra UE e Russia si basano sui seguenti cinque principi guida:

·        piena attuazione degli accordi di Minsk, come elemento chiave per qualsiasi cambiamento sostanziale nelle relazioni tra l’UE e la Russia;

Gli accordi di Minsk del settembre 2014, volti a porre fine al conflitto nell’Ucraina orientale, prevedono, in particolare: il cessate il fuoco bilaterale; forme di decentralizzazione del potere in Ucraina; il monitoraggio della frontiera russo-ucraina e la loro verifica da parte dell'OSCE; il rilascio immediato di tutti gli ostaggi e di tutte le persone detenute illegalmente; la rimozione di gruppi illegali armati, attrezzature militari, così come combattenti e mercenari provenienti dalla Russia; la rimozione di tutte le armi pesanti 15 km dietro la linea di contatto, per creare una zona smilitarizzata di 30 km, il ritiro di tutti i mercenari stranieri dalla zona di conflitto.

·        rafforzare le relazioni con i partner orientali dell'UE e i paesi dell'Asia centrale;

·        rafforzare la resilienza dell'UE alle minacce russe, incluse le minacce ibride;

·        impegnarsi in modo selettivo con la Russia su questioni di politica estera, in alcune questioni internazionali come l'Iran e il processo di pace in Medio Oriente e altre aree di interesse per l’UE;

·        sostenere la società civile russa e impegnarsi nei contatti tra le persone e in particolare tra i giovani.

 

La comunicazione congiunta della Commissione europea e dell’Alto Rappresentante del 16 giugno 2021

La Commissione europea e l’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE hanno presentato, il 16 giugno 2021, su espresso mandato del Consiglio europeo del 24 e 25 maggio 2021, una comunicazione congiunta intitolata “Le Relazioni UE- Russia – respingere, contenere e impegnare” (JOIN (2021) 20) nella quale si indica che le scelte politiche e le azioni aggressive della Russia degli ultimi anni hanno creato una spirale negativa e che l’UE deve prepararsi ad uno scenario di un ulteriore peggioramento delle sue relazioni con la Russia, esplorando percorsi che possano contribuire a orientare gradualmente le attuali dinamiche verso una relazione più stabile e prevedibile, sulla base della dimostrazione da parte del Governo russo di un impegno politico più costruttivo.

La comunicazione sottolinea, altresì, l’importanza per l’UE e i suoi Stati membri di continuare ad agire con unità e coerenza, sulla base dell’approccio dei 5 principi guida dell’UE nei confronti della Russia (v. infra), evitando approcci bilaterali, che potrebbero mettere in causa gli interessi e gli obiettivi comuni dell’UE.

La comunicazione articola le possibili iniziative dell’UE nei confronti della Russia in tre pilastri:

 

Respingere

·        respingere le violazioni dei diritti umani da parte della Russia, facendosi portavoce dei valori democratici, anche nelle sedi internazionali;

·        denunciare le continue violazioni del diritto internazionale da parte della Russia in Ucraina, Georgia e altrove;

·        riaffermare il sostegno dell’UE all'Ucraina e alla sua integrità territoriale, sovranità e indipendenza, invitando la Russia ad assumersi le proprie responsabilità come parte in conflitto e ad attuare pienamente gli accordi di Minsk;

·        contrastare le azioni dolose del governo russo, comprese le minacce ibride, attraverso risposte appropriate, in particolare facendo ricorso ad ulteriori sanzioni dell’UE nei confronti della Russia;

·        contrastare, attraverso misure legislative a livello europeo, le attività criminali di provenienza russa e la lotta alla corruzione e il riciclaggio di denaro, promuovendo una maggiore trasparenza dei flussi finanziari che coinvolgono la Russia;

·        sviluppare un nuovo strumento dell’UE che permetta risposte efficaci per dissuadere pratiche coercitive da parte di paesi terzi.

Contenere

·        contrastare le minacce e le azioni diffamatorie in modo più sistematico e congiunto, garantendo un maggiore coordinamento tra gli Stati Membri e con la NATO e il G7;

·        sviluppare ulteriormente le capacità dell’Ue in materia di cibersicurezza e difesa, nonché quelle di comunicazione strategica, al fine di contrastare le attività di disinformazione;

·        rafforzare le capacità dell’UE contro le minacce ibride e fare un uso migliore della leva fornita dalla transizione energetica, sostenendo la sicurezza energetica dei paesi del vicinato;

·        intensificare il sostegno ai paesi partner orientali, lavorando per realizzare il pieno potenziale della politica europea a favore dei paesi del partenariato orientale. A tal proposito si indicata che il prossimo vertice tra l’UE e i paesi del partenariato orientale, che si dovrebbe svolgere nel dicembre 2021, sarà un'occasione importante per definire una agenda comune post-2020.

Dialogare

L'UE dovrebbe impegnare la Russia in possibili ambiti di interesse comune:

·        il rafforzamento delle politiche per la salute pubblica, sulla base dell’esperienza della pandemia di COVID-19, lavorando su temi come le minacce sanitarie transfrontaliere, gli strumenti di prevenzione del rischio sanitario, la resistenza agli antibiotici, la convergenza degli standard regolatori, l’accesso ai dispositivi medici;

·        la lotta al cambiamento climatico e altre questioni ambientali, in vista delle Conferenze delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (COP-26), che si svolgerà a Glasgow (Regno Unito) dal 1° al 12 novembre 2021, e sulla biodiversità (COP-15), che si svolgerà a Kunming (Cina) dal 11 al 24 ottobre 2021;

·        il coordinamento tecnico su una serie di questioni economiche, quali le barriere commerciali e il controllo sui sussidi e gli aiuti di stato;

·        la promozione dei contatti interpersonali, come una maggiore facilitazione del visto per alcuni cittadini, il sostegno alla società civile russa e ai difensori dei diritti umani;

·        la cooperazione nell'ambito della dimensione settentrionale, in particolare nell'Artico, nell’ambito della cooperazione con il Consiglio degli Stati baltici e il Consiglio Artico, e con i paesi della regione del Mar Nero;

·        sulla prevenzione dei conflitti e su questioni regionali, con particolare riferimento all'Iran, al Medio Oriente, alla Libia, all'Afghanistan e questioni globali, come il contrasto al terrorismo e alla non proliferazione nucleare.

 

Le Conclusioni del Consiglio europeo del 24 e 25 giugno 2021

Il Consiglio europeo del 24 e 25 giugno 2021 ha adottato delle conclusioni sulla Russia nelle quali in particolare:

·        invita il Consiglio, la Commissione e l'Alto rappresentante a continuare ad attuare i cinque principi guida delle relazioni dell’UE con la Russia;

·        auspica che la leadership russa si mostri più costruttiva nel dialogo e nell'impegno politico e ponga fine alle azioni contro l'UE, i suoi Stati membri e paesi terzi;

·        invita la Russia ad assumere pienamente la propria responsabilità nel garantire l'attuazione integrale degli accordi di Minsk;

·        sottolinea la necessità di una risposta ferma e coordinata dell'UE e degli Stati membri a qualsiasi ulteriore attività nociva, illegale e destabilizzante della Russia e a tal fine, invita la Commissione e l'alto rappresentante a presentare ulteriori possibilità di misure restrittive, comprese sanzioni economiche;

·        rimarca la necessità di approfondire e intensificare ulteriormente i legami politici, economici e interpersonali e la cooperazione con i partner orientali al fine di aumentarne la resilienza e sottolinea inoltre il suo impegno ad approfondire le relazioni con l'Asia centrale;

·        ribadisce l'apertura dell'Unione europea a un dialogo selettivo con la Russia nei settori di interesse dell'UE, invitando la Commissione e l'Alto rappresentante a elaborare a tale riguardo opzioni concrete, compresi condizionalità e meccanismi di influenza, su temi quali il clima, l'ambiente e la salute, nonché su questioni specifiche di politica estera e di sicurezza e questioni multilaterali quali il Piano d’azione congiunto globale relativo all’accordo sul nucleare iraniano (PACG), la Siria e la Libia; in questo contesto il Consiglio europeo si dichiara disponibile ad esplorare formati di dialogo con la Russia e relative condizionalità;

·        invita la Commissione e l'Alto rappresentante a presentare proposte per il sostegno dell'UE alla società civile russa, alle organizzazioni per i diritti umani e ai media indipendenti.


 

Situazione in Libia

Dal 15 marzo 2021 la Libia ha un nuovo governo di unità nazionale, legittimato dal voto parlamentare, avendo ottenuto la fiducia della Camera dei Rappresentanti (HOR) a larghissima maggioranza. Si tratta essenzialmente di un governo di scopo che deve: tenere le elezioni il 24 dicembre 2021; dare concreta attuazione all'accordo sul cessate il fuoco, a partire dal completo ritiro di tutti i combattenti e mercenari stranieri dal Paese; avviare un processo di riconciliazione nazionale; assicurare i servizi essenziali alla popolazione libica.

L'attuale assetto istituzionale prevede un'autorità esecutiva unificata ad interim che guidi il governo di unità nazionale fino alle elezioni e che consiste in un Consiglio presidenziale di 3 membri presieduto da Menfi, con una distinta carica di primo ministro, ricoperta da Dabaiba, e due vice primi ministri. Tale assetto era stato concordato a novembre 2020 nella political roadmap approvata dal Libyan political Dialogue Forum (LPDF) - un consesso formato da 75 delegati espressione di tutto il Paese; la medesima roadmap prevede lo svolgimento di elezioni entro il 24 dicembre 2021.

 

Sul piano militare, un accordo di cessate il fuoco era stato raggiunto il 23 ottobre 2020.

Ad aprile, la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza ONU 2570 (2021) ha chiesto al Governo unificato ad interim di fare i preparativi necessari alle elezioni presidenziali e parlamentari del 24 dicembre 2021 come previsto dalla roadmap; ha chiesto alle istituzioni, inclusa la Camera dei Rappresentanti (HoR), entro il 1° luglio di chiarire le basi costituzionali per le elezioni e di adottare le relative disposizioni legislative ove necessarie. La Risoluzione 2571 ha rinnovato il mandato del Panel of Experts e l’impianto sanzionatorio, includendo un nuovo criterio di designazione che prevede la sottoposizione a “travel ban” e “asset freeze” anche per individui responsabili di ostacolare o indebolire la transizione politica in corso in Libia, incluso il processo elettorale.

La Risoluzione 2570 ha approvato altresì le proposte del Segretario Generale sulla componente di monitori ONU a sostegno del Meccanismo Libico di Monitoraggio del Cessate il Fuoco (LCMM) concepito come “Libyan-led” e “Libyan-owned”. Tale componente assicura una limitata partecipazione di osservatori UNSMIL (inizialmente 60 monitori che possano essere incrementati) che affianchino il Comitato Militare Congiunto 5+5 (JMC 5+5).

Il 23 giugno si è svolta la seconda Conferenza di Berlino, organizzata dalla Germania e dalle Nazioni Unite, che ha visto la partecipazione del Governo unificato libico, dei 5 membri permanenti dell'ONU più Italia, Turchia ed EAU, Algeria, Egitto, Tunisia, RDC, nonché l'UE. I partecipanti hanno ribadito l'importanza dello svolgimento delle elezioni parlamentari e presidenziali entro il 24 dicembre, del ritiro delle truppe e dei mercenari stranieri, dell'approvazione del bilancio unificato, del rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario, nonché hanno salutato con favore i primi pasi del governo verso il lancio di un processo di riconciliazione nazionale inclusivo, globale, basato sui diritti. Il Governo unificato libico è stato incluso nei meccanismi di follow up della Conferenza di Berlino.

L'Alto Rappresentante Borrell, intervenendo a Berlino e sottolineando "l'opportunità storica" della Conferenza ha ribadito che: nell'immediato, le due priorità dell'UE sono lo svolgimento delle elezioni e la piena attuazione del cessate il fuoco. Per le elezioni, ha ricordato che l'UE ha già mobilizzato risorse a supporto della Commissione elettorale nazionale e che è allo studio il modo in cui possa assicurare il monitoraggio delle elezioni; sul piano della sicurezza, ha ricordato l'impegno della missione EUBAM, missione integrata per l'assistenza alle autorità libiche sul controllo dei confini e della missione IRINI (sulla missione IRINI v. scheda infra), nonché l'attività di sminamento. Ha assicurato la disponibilità dell'UE ad addestrare la futura polizia unificata e ad avviare una riforma complessiva del settore della sicurezza. In una prospettiva di lungo periodo, l'UE potrà aiutare in termini di state building, riforme economiche e sviluppo del sistema privato, con l'obiettivo ultimo di associare la Libia nella politica di vicinato e di poter negoziare un Accordo di Associazione UE-Libia. Infine, sul piano migratorio, l'UE è pronta a lavorare con il Governo unificato per una governance sostenibile dei flussi migratori: avendo ascoltato attentamente la richiesta del Primo Ministro di sostenere la Libia non solo nella sua frontiera settentrionale ma anche in quella meridionale in un approccio "whole of the route", l'UE si coordinerà con i partner africani al riguardo.

Si ricorda infine che in relazione alla questione migratoria, la Libia è il principale beneficiario del Fondo fiduciario EUTF Africa (455 milioni di euro). Si ricorda altresì che pur in assenza di un accordo bilaterale di associazione, l'UE sostiene la Libia con lo strumento NDICI (Neighbourhood, Development and International Cooperation Instrument) per il periodo 2021-2027, mentre nel quadro pluriennale precedente ha erogato 98 milioni di euro per interventi nei settori: amministrazione pubblica, sviluppo economico, società civile e gioventù.

Nelle Conclusioni del 24 giugno, il Consiglio europeo ha confermato il suo impegno a favore del processo di stabilizzazione della Libia sotto a guida dell'ONU e ha auspicato che le elezioni si svolgano il 24 dicembre e siano accettate da tutti; ha inoltro chiesto il ritiro di tutte le forze straniere e dei mercenari e che si compiano progressi sul dialogo politico libico.

Alla data odierna permane lo stallo su due fondamentali dossier all'esame del parlamento: primo fra tutti quello relativo alla adozione di una "base costituzionale" che individui i criteri di fondo della governance libica, fra cui: 1) separazione dei poteri fra esecutivo e legislativo; 2) elezione diretta o indiretta del Presidente; 3) legge elettorale - che si sarebbe dovuta approvare entro il 1° luglio secondo l'Alta Commissione elettorale,  pena l'impossibilità tecnica di assicurare il voto a dicembre. In secondo luogo, il bilancio unificato per il 2021, la cui approvazione non ha ancora avuto luogo, anzi a fine agosto ha assunto secondo fonti di stampa sempre più il ruolo di elemento di frizione tra Esecutivo e Parlamento in un clima di reciproche accuse e minacce.

Nel Rapporto del Segretario generale dell'ONU sulla missione UNSMIL del 25 agosto (S/2021/752)  si dà conto delle difficoltà del LPDF di pervenire ad un'unica proposta per definire il quadro costituzionale e normativo per il voto di fine anno. Ad oggi né il LPDF né la Camera dei Rappresentanti (che dovrebbe riconoscere all'Alto Consiglio di Stato un ruolo consultivo rispetto alle sue deliberazioni sulla definizione della Costituzione e della legge elettorale) hanno trovato un accordo sull'assetto costituzionale e giuridico per lo svolgimento del voto. Il citato Rapporto registra che sul fronte della concreta attuazione del cessate il fuoco, il 31 luglio si è potuta verificare la riapertura della strada costiera Sirte – Misurata, mentre rimane ancora un obiettivo prioritario il ritiro di tutti i combattenti e mercenari stranieri dalla Libia che "hanno continuato ad operare attraverso tutta la Libia, senza apprezzabile diminuzione delle loro attività". In un quadro di sicurezza aggravato dalle crescenti tensioni tra milizie, UNSMIL ritiene invece positiva l'iniziativa di due gruppi armati affiliati all'Est e all'Ovest, il Battaglione 166 e la Brigata Tareq Bin Zayad di creare una forza congiunta per garantire la sicurezza dell'area dell'acquedotto Great Man-Made River, iniziativa poi approvata dal JMC5+5 e ritenuta incoraggiante per la riunificazione delle istituzioni di sicurezza.

 


 

Recenti iniziative nell’ambito della Politica di sicurezza e difesa comune dell’UE (PSDC)

Il dibattito sulla creazione di una forza di reazione rapida dell’UE

La crisi in Afghanistan ha rilanciato il dibattito sulla necessità per l’UE di dotarsi di un sistema di difesa comune.

Si ricorda che il 6 maggio 2021, a margine del Consiglio affari esteri dell’UE dedicato ai temi della difesa, 14 Stati membri dell’UE (Austria, Belgio, Cipro, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovenia e Spagna) hanno firmato una lettera con la quale si propone la costituzione di una forza di reazione rapida (First Entry Force) composta da 5.000 militari.

La proposta di costituire una forza di reazione rapida è stata discussa in occasione del Consiglio dell’UE affari esteri, in formato informale, che si è svolto il 2 settembre 2021.

Al temine della riunione, l’Alto Rappresentante, Borrell, ha indicato che l’istituzione di una forza di reazione rapida potrebbe essere discussa in occasione del Consiglio dell’UE affari esteri del prossimo 16 novembre, nell’ambito della discussione sulla Bussola Strategica (v. infra).

Il Ministro della Difesa della Slovenia (che esercita la Presidenza del Consiglio dell’UE nel secondo semestre del 2021), Matej Tonin, ha indicato che nella discussione in seno al Consiglio molti Ministri hanno affermato che sono necessari cambiamenti per modificare i meccanismi per consentire un intervento immediato di una forza di reazione rapida dell’UE, che potrebbe contare tra 5.000 e 20.000 uomini. Il Ministro della difesa sloveno ha, altresì indicato la necessità di abbandonare il ricorso all'unanimità per il dispiegamento di una forza di reazione rapida e che vi sia la possibilità per i paesi che desiderano di impegnarsi, senza che vi sia alcun obbligo per tutti di partecipare.

Diversi Stati membri, tra cui la Germania, avrebbero menzionato, durante la discussione, il ricorso all'articolo 44 del TUE, che consente a un gruppo di Stati membri che lo desiderano e hanno le capacità necessarie di attuare una missione dell'UE.

Pur rilevando che valuterà questa possibilità, l'Alto rappresentante ha comunque rilevato che una decisione basata sull’articolo 44 del TUE – che ha indicato fino ad ora non è mai stato utilizzato - richiede comunque una decisione all’unanimità da parte del Consiglio dell’UE, anche se l’esecuzione della missione è poi demandato alla volontà di un gruppo di Stati.

L’articolo 44 del Trattato sull’Unione europea (TUE) – prevede che il Consiglio possa affidare la realizzazione di una missione civile o militare dell’UE a un gruppo di Stati membri che desiderano e dispongano delle capacità necessaria. L’articolo 42, paragrafo 4 del TUE, prevede che le decisioni relative alla politica di sicurezza e di difesa comune, comprese quelle inerenti all’avvio di una missione sono adottate dal Consiglio all’unanimità, su proposta dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza o su iniziativa di uno Stato membro.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, intervenuto il 29 agosto 2021, in occasione dell’80° anniversario del Manifesto di Ventotene, ha sollecitato l’Europa a dotare l’Unione degli strumenti di politica estera e difesa comune”, indicando che il “rapporto transatlantico chiede oggi che l’Unione europea abbia una maggiore capacità di presenza di politica estera e di difesa. Perché lo squilibrio tra la capacità d’Europa sugli altri campi e questo è troppo alto”.

L’Alto Rappresentante, Josep Borrell, in un’intervista al Corriere della Sera, pubblicata il 30 agosto 2021 ha sottolineato che “La UE dev’essere in grado di intervenire per proteggere i propri interessi quando gli americani non vogliono essere coinvolti con la “First Entry Force. È il momento di costituire una forza europea di pronto intervento, perché gli americani non combatteranno più le guerre degli altri e come europei, dobbiamo usare questa crisi per imparare a lavorare di più insieme. E per rafforzare l’idea dell’autonomia strategica”.

Borrell ha, altresì affermato che “se non c’è unanimità, prima o poi un gruppo di Pasi deciderà di andare avanti da solo. I Governi che lo vogliono non accetteranno di essere fermati”.

Anche il Commissario europeo francese, competente per il mercato interno e l’industria della difesa, Thierry Breton, in un intervento pubblicato il 31 agosto 2021 sul quotidiano “Il Sole 24 ore”, si è espresso a favore di “una forza militare di proiezione, operativa, flessibile e attivabile rapidamente” indicando che “tale ambizione presuppone l’istituzione di un centro di comando europeo integrato, del relativo budget e di obiettivi di missione chiari”. Breton ha, altresì, indicato la necessita di “portare avanti la proposta della “creazione di Consiglio di sicurezza europeo, che prepari le decisioni di un autonomo Consiglio dei ministri della difesa europea e, infine, quella del Consiglio europeo in formato difesa”.

Il Ministro della difesa, Lorenzo Guerini, in un intervento pubblicato il 1° settembre 2021, sul quotidiano “Il Messaggero”, ha affermato che l’Europa è “chiamata ad assumere responsabilità sempre maggiori nel quadro della politica di sicurezza e difesa comune. La Difesa europea va perciò vista non tanto, o non solo, come la risposta ad un’esigenza operativa o finanziaria. Quanto piuttosto come un tassello fondamentale e necessario alla costruzione di un ‘Europa più pienamente politica, indispensabile per potere competere sulla scena mondiale.” Il Ministro ha, altresì, indicato che si tratta “ di promuovere una maggiore assunzione di responsabilità da parte dell’Unione, nel campo della difesa e sicurezza. Questo non in contrapposizione, ma anzi in piena sinergia con la NATO.”

Il tema del rafforzamento della difesa europea è stato anche al centro dell’incontro svoltosi a Marsiglia il 2 settembre 2021 tra il Presidente del Consiglio, Mario Draghi e il Presidente dalla Repubblica francese, Emmanuel Macron. Si ricorda che Macron, nel suo contributo intitolato “Per un Rinascimento europeo” del 4 marzo 2019, aveva, in particolare, proposto di: stipulare un trattato in materia difesa e sicurezza che definisca gli obblighi indispensabili per gli Stati membri dell’UE, in collegamento con la NATO; aumentare le spese militari; rendere operativa una clausola di difesa reciproca; istituire un Consiglio di sicurezza europeo.

Già in occasione del Consiglio europeo di Helsinki, dell’11 dicembre 1999, gli Stati membri dell’UE si erano prefissi l'obiettivo – mai successivamente attuato – di istituire una forza militare di reazione rapida per la gestione delle crisi. Tale forza che sarebbe dovuta essere istituita entro il 2003, con gli obiettivi (Headline Goals) di schierare entro un termine massimo di 60 giorni e di mantenere per almeno un anno una Forza di Reazione Rapida in grado di assolvere l’insieme dei compiti di Petesberg sino ad un massimo di 60.000 effettivi sul terreno. Tali forze devono essere militarmente autonome, ovvero provviste delle necessarie capacità di comando, controllo ed informazione, della logistica, dei supporti tattici e, ove necessario, di adeguati supporti aerei e navali.

Le missioni Petesberg riguardano l’impiego di unità militari per: compiti umanitari; compiti di evacuazione di civili da aree di conflitto; compiti di mantenimento della pace; compiti di gestione delle crisi con forze di combattimento, compreso l’imposizione della pace; le azioni congiunte in materia di disarmo; le missioni di consulenza e di assistenza in materia militare; le operazioni di stabilizzazione al termine dei conflitti.

Gli Headline goals in materia di difesa comune sono stati aggiornati nel 2004, con gli Headline goals 2010 che hanno previsto, in particolare: la creazione di un’Agenzia europea della difesa (effettivamente istituita nel 2004) per conseguire una maggiore integrazione nel mercato europeo della difesa; l’implementazione di un coordinamento congiunto per il trasporto strategico e la creazione di gruppi di combattimento rapidamente dispiegabili (EU battlegroups), volti a dotare l’UE di contingenti militari di reazione rapida. I gruppi tattici sono forze nazionali o multinazionali composte da circa 1.500 uomini dispiegabili entro 10 giorni dalla decisione politica e sostenibili fino a 120 giorni. I Gruppi tattici possono essere composti da forze di una “Nazione quadro” o da una coalizione multinazionali di Stati membri. A partire dal 2007 il meccanismo ha raggiunto la piena capacità operativa, ovvero la disponibilità di due gruppi tattici a semestre, che permette la condotta simultanea di due interventi. Sulla base di una conferenza semestrale di coordinamento dei Gruppi tattici svolta dallo Stato maggiore dell’UE e delle offerte da parte dei singoli Stati membri, viene redatto uno schema di rotazione della partecipazione degli Stati membri ai 2 gruppi tattici per ciascun semestre, con un orizzonte temporale di 6 anni. Ad oggi, i gruppi tattici non sono mai stati utilizzati.

La Bussola Strategica (Strategic Compass)

Nell’ambito delle iniziative nell’ambito della politica di sicurezza e difesa comune dell’UE (PSDC), il Consiglio dell’UE nelle sue conclusioni del 17 giugno 2020 ha invitato l’Alto Rappresentante, Josep Borrell, ad avviare i lavori per la definizione - in stretta cooperazione con gli Stati membri e basandosi sui contributi di questi ultimi – di un documento per la definizione di una Bussola strategica (Strategic Compass), documento che dovrebbe concorrere a sviluppare una “cultura strategica condivisa", partendo da una visione comune delle minacce che incombono sull'Europa e dei possibili strumenti per farvi fronte e definendo scopi e obiettivi concreti, comprensivi di tempistiche specifiche, per i prossimi 5-10 anni in settori quali la gestione delle crisi, la resilienza, lo sviluppo di capacità e i partenariati.

Il Consiglio dell’UE ha poi adottato il 10 maggio 2021 delle conclusioni nelle quali, in particolare, ribadisce che l'UE deve perseguire una linea d'azione più strategica e rafforzare la sua capacità di agire in modo autonomo. Nelle conclusioni il Consiglio dell’UE conferma la sua determinazione a:

·        rafforzare la propria capacità di agire quale garante della sicurezza globale attraverso il suo impegno operativo, segnatamente attraverso le missioni e operazioni PSDC;

·        approfondire la cooperazione in materia di sicurezza e difesa tra gli Stati membri, aumentare gli investimenti per la difesa e rafforzare lo sviluppo delle capacità civili e militari e la prontezza operativa all'interno dell'Unione;

·        cooperare strettamente con i suoi partner, in particolare le organizzazioni internazionali e i partner regionali chiave e in particolare ribadisce il suo impegno a cooperare strettamente con la NATO.

Relativamente ai lavori per la predisposizione della Bussola strategica, il Consiglio nelle conclusioni del 10 maggio 2021 afferma che essa consentirà all’UE di agire sfruttando al meglio le sue politiche e gli strumenti civili e militari, al fine di guidare la realizzazione del livello di ambizione nel settore della sicurezza e della difesa deciso a novembre 2016 nel contesto della strategia globale dell'UE.

A tal fine il Consiglio ha invitato l'Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza a presentare un primo progetto di bussola strategica da discutere nella sessione del Consiglio del novembre 2021, in vista della sua adozione da parte degli Stati membri nel marzo 2022.

Lo Strategic Compass dovrebbe essere articolato in due parti.

Nella prima parte dovrebbero essere individuate da un lato le minacce e le sfide che l’UE ha di fronte, e dall’altro le risposte che essa intende mettere in campo.

La seconda parte dovrebbe invece essere divisa in quattro aree:

·         gestione delle crisi: muovendo dall'identificazione degli interessi e dei valori comuni, si dovranno analizzare priorità e modalità delle missioni UE, migliorando la generazione delle forze, la prontezza e la capacità di reazione e le modalità di finanziamento;

·         resilienza: gli Stati dovranno identificare le aree di vulnerabilità dell'Unione, con una particolare attenzione alla capacità di resilienza dei cittadini e alla protezione di obiettivi strategici anche di carattere civile;

·         sviluppo capacitivo: è l'ambito più prettamente militare, entro cui dovranno essere individuate le capacità necessarie all'Unione. Gli Stati dovrebbero individuare i parametri per la costituzione di un pacchetto di forze coerente che copra tutto lo spettro (c.d. "Full spectrum Force Package"), concentrandosi sui punti deboli rispetto ad una piena autonomia operativa delle forze UE. In quest'ambito si prevede anche un aggiornamento del Piano di sviluppo delle capacità dell'UE. Lo Strategic Compass dovrà anche fornire indicazioni per stimolare lo sviluppo della base tecnologica industriale europea. Il processo dovrebbe portare alla definizione di nuovi obiettivi in termini di capacità della difesa europea entro il 2022;

·         partenariati: con l'obiettivo di migliorare le sinergie con le organizzazioni internazionali e regionali (Unione africana, Asean, ecc.) per promuovere approccio multilaterale e la cooperazione anche nel campo della difesa e della sicurezza.

La revisione strategica della cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa (PESCO)

Il 20 novembre 2020 il Consiglio UE ha approvato delle conclusioni sulla revisione strategica della cooperazione rafforzata, per la sua seconda fase, che corrisponde al periodo dal 2021 al 2025.

La cooperazione strutturata permanente nel settore della difesa è stata istituita dal Consiglio affari esteri dell’UE l’11 dicembre 2017 – sulla base della proposta presentata da Francia, Germania, Italia e Spagna – con la decisione (PESC) 2017/2315.

Alla PESCO partecipano 25 Stati membri dell’UE, tutti tranne Danimarca e Malta.

La decisione istitutiva della PESCO stabilisce i seguenti impegni vincolanti:

·         aumentare progressivamente, nel medio termine, le spese di investimento nella difesa portandole al 20 % della spesa complessiva per la difesa (parametro collettivo);

·         aumentare la percentuale di spesa destinata alla ricerca e alla tecnologia nel settore della difesa al fine di avvicinarsi al 2 % della spesa complessiva per la difesa (parametro collettivo);

·         aumentare i progetti congiunti e collaborativi relativi alle capacità strategiche e di difesa;

·         ravvicinare gli strumenti di difesa, in particolare armonizzando l'identificazione dei bisogni militari e promuovendo la cooperazione nei settori della formazione e della logistica;

·         rafforzare la disponibilità, l’interoperabilità, la flessibilità e la schierabilità delle forze;

·         partecipare allo sviluppo di programmi comuni di equipaggiamenti.

Il processo di riflessione era avviato da tempo e aveva ricevuto uno stimolo decisivo, tra gli altri, dalla posizione comune dei c.d. "Pesco 4" (Italia, Germania, Francia e Spagna), espressa, nel giugno 2020, da una lettera congiunta dei quattro ministri della difesa.

La revisione strategica ha l’obiettivo di superare i limiti mostrati dalla cooperazione nei suoi primi tre anni di attività, in particolare per quanto riguarda gli impegni operativi e quelli attinenti all’approccio collaborativo europeo.

Nelle conclusioni sulla revisione strategia, il Consiglio propone in primo luogo un cambiamento di metodo, individuando obiettivi misurabili nella realizzazione degli impegni assunti dagli Stati, fissando indicatori di progresso e incentivi di risultato.

Sul versante finanziario, il Consiglio ritiene necessario valorizzare tutti i possibili strumenti di sostegno del bilancio UE ed esaminare incentivi finanziari compatibili con le norme UE e nazionali.

Per quanto riguarda gli aspetti industriali, il Consiglio ha rinnovato l’invito agli Stati ad utilizzare maggiormente gli strumenti cooperativi e a promuovere l’apertura nelle catene di approvvigionamento transfrontaliera, in particolare per le piccole e medie imprese.

Per le missioni militari, il Consiglio sottolinea infine l’esigenza di migliorarne il finanziamento, aumentando il contributo comune e gestendo a livello più politico il tema cruciale della “generazione della forza”, cioè dei contributi nazionali necessari all’avvio delle missioni.

Il Consiglio ha indicato anche l’obiettivo, nella seconda fase della PESCO, di migliorare la qualità dei progetti, anche a costo di ridurne il numero. Gli Stati si impegnano dunque a operare una razionalizzazione dei progetti già approvati, raggruppando quelli che hanno obiettivi simili e chiudendo quelli che non potranno raggiungere gli obiettivi previsti.

A tal fine il Consiglio ha, inoltre, individuato, tra quelli già approvati, una lista di 26 progetti che possono produrre risultati concreti entro il 2025. Tra questi il progetto sulle Squadre di reazione rapida di contrasto alle minacce cyber (con capofila Lituania); il Comando medico europeo (a guida tedesca, reso urgente dalla pandemia); la Mobilità militare (coordinato dai Paesi Bassi) e il progetto sulla Sorveglianza e protezione marittima dei porti, a guida italiana.

Si ricorda che al momento sono stati approvati 46 progetti di cooperazione nell’ambito della PESCO. L’Italia partecipa a 25 progetti dei quali per 9 è il paese capofila.

Il Consiglio dell’UE ha modificato la scansione temporale della presentazione dei bandi, che da annuale diventa biennale (anche se con possibili finestre intermedie).

Si ricorda, infine, che il Consiglio dell’UE, il 5 novembre 2020, ha adottato la decisione (PESC) 2020/1639 che stabilisce le condizioni generali in base alle quali gli Stati terzi possono essere invitati in via eccezionale a partecipare a singoli progetti PESCO.

I Paesi che intendono partecipare devono rispettare determinate condizioni politiche, legali e progettuali: deve trattarsi di Paesi che condividano i valori e i principi dell’Unione e rispettino "il principio delle relazioni di buon vicinato con gli Stati Membri". Lo Stato terzo deve inoltre avere un accordo con l'UE sulla sicurezza delle informazioni. L'apporto esterno deve fornire un "valore aggiunto sostanziale" al progetto ed avere un impatto positivo sulla base industriale e tecnologica della difesa europea. Non si possono creare "dipendenze" dallo Stato terzo. L'ingresso di uno Stato terzo (che comunque partecipa ad un singolo progetto e non alla cooperazione strutturata in quanto tale) deve essere approvata da tutti gli Stati UE che partecipano alla Pesco.

Sulla base di tale decisione, il Consiglio dell’UE ha poi adottato, il 6 novembre 2020, delle decisioni con le quali ha autorizzato la partecipazione di Stati Uniti, Canada e Norvegia al progetto PESCO relativo alla mobilità militare.

Revisione coordinata annuale in materia di difesa (Coordinated Annual Review on Defence - CARD)

Il piano di attuazione della Strategia globale in materia di sicurezza e difesa, presentato dall’allora Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini, il 14 novembre 2016 ha avviato una procedura di revisione coordinata annuale sulla difesa (CARD) da parte degli Stati membri, volta a promuovere lo sviluppo delle capacità ovviando alle carenze, e garantire la coerenza dei piani di spesa nazionali. Si tratta di una sorta di “semestre europeo della difesa”, con l’obiettivo di aiutare gli Stati membri a sincronizzare, su base volontaria, i loro bilanci per la difesa, a pianificare insieme i loro investimenti futuri e a evitare duplicazioni.

La CARD è stata avviata in via sperimentale a partire dall'autunno 2017 e poi in modo permanente dal 2019-2020.

Il primo rapporto sulla CARD, presentato dall’EDA il 20 novembre 2020 individua sei capacità di prossima generazione in aree cruciali in cui gli Stati membri possono concentrare il proprio impegno, dato che tali aree hanno un elevato potenziale di stimolare le prestazioni operative dell’UE e dei suoi Stati membri nel breve e medio termine, oltre a garantire il know-how industriale:

·         carro armato da battaglia – si raccomanda, sul lungo periodo, di sviluppare e acquisire in comune un carro armato da battaglia di prossima generazione (entrata in servizio intorno alla metà degli anni 2030) e, sul breve periodo, di ammodernare e aggiornare congiuntamente le capacità esistenti.

·         natante europeo di superficie della classe delle motovedette – si raccomanda di sostituire le motovedette costiere e d’altura entro il prossimo decennio e di sviluppare un approccio comune dell’UE alle piattaforme navali modulari;

·         sistemi soldato – si raccomanda, sul breve periodo, di ammodernare i sistemi soldato mediante approvvigionamenti congiunti di sistemi esistenti, anche armonizzando i requisiti, e di creare un gruppo di utenti per l’addestramento e le esercitazioni congiunte virtuali con strumenti informatici comuni. Sul lungo periodo, raccomanda di definire un’architettura condivisa entro la metà degli anni 2020;

·         contrasto dei sistemi aerei senza pilota (UAS), Anti accesso/Area negata – si raccomanda di sviluppare una capacità europea di contrasto dei sistemi aerei senza pilota (UAS), al fine di migliorare la protezione delle forze armate e di contribuire a stabilire uno standard europeo per l’Anti accesso/Area negata (cosiddetto A2/AD). In tale ambito si indica che gli approcci della capacità europea verso l’A2/AD si trovano chiaramente di fronte a un bivio: o tale capacità sarà sviluppata in modo collaborativo, oppure non sarà sviluppata affatto per le forze armate europee;

Per capacita di Anti accesso/Area negata A2/AD si intende l’utilizzo di capacità o dispositivi di difesa utilizzata per impedire a un avversario di occupare o attraversare un'area di terra, mare o aria così da precludere l’avanzamento delle truppe nemiche.

Per quanto riguarda più in generale la situazione della difesa europea, il rapporto rileva che la situazione della difesa europea è caratterizzata da frammentazione, incoerenza nonché da spese per la cooperazione in materia di difesa che stanno scendendo ben al di sotto dei parametri collettivi concordati.

Il rapporto conclude che, per poter rimediare alla costosa frammentazione e ottenere vantaggi dalle sinergie e dal rafforzamento dell’interoperabilità militare, sarà necessario un impegno costante per un lungo periodo di tempo in termini di spese, pianificazione e cooperazione in materia di difesa.

Inoltre, il rapporto rileva che:

·        la grande diversità dei tipi di equipaggiamenti militari e i differenti livelli di ammodernamento e interoperabilità acuiscono la frammentazione e le incoerenze nel contesto europeo, determinando un impatto negativo sulla capacità delle forze armate degli Stati membri di operare insieme in modo efficiente;

·        l’impegno profuso nelle missioni e operazioni nell’ambito della PSDC è molto basso e presenta forti disparità tra i vari Stati membri in termini di quadri d’impegno e di sforzo operativo complessivo;

·        le aree di cooperazione individuate dalla CARD comporterebbero vantaggi significativi per affrontare le priorità nazionali dichiarate degli Stati membri armonizzando i loro interessi e la loro pianificazione. A lungo termine, si otterrebbero rilevanti vantaggi operativi, specialmente quando gli Stati membri dispiegano e rendono operative le proprie forze armate congiuntamente.

Il Fondo europeo per la difesa e il Piano d'azione per sostenere e sviluppare le convergenze tra l'industria civile, della difesa e dello spazio

Fondo europeo per la difesa

Il nuovo Quadro finanziario pluriennale dell’Unione 2021-2027 prevede l’istituzione di un Fondo europeo per la difesa, dotato di risorse complessive (per sette anni) di circa 7,9 miliardi di euro, divisi tra finanziamenti alla ricerca (2.651 milioni) e allo sviluppo (5.302 milioni).

Il Fondo - istituito con il regolamento (UE) 2021/696, del 29 aprile 2021-  ha l’obiettivo di rafforzare l’industria europea di settore, favorire le economie di scala e la standardizzazione dei sistemi di difesa, in modo da rendere “più efficiente” la spese degli Stati membri, e favorire una maggiore interoperabilità tra le diverse forze armate nazionali.

Il Fondo europeo per la difesa si basa su due programmi precursori, avviati nell'ambito del bilancio 2014-2020: l'azione preparatoria sulla ricerca in materia di difesa (90 milioni di euro per il periodo 2017-2019) e il programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa (500 milioni di euro per il 2019 e il 2020).

Il Fondo europeo copre tutto il ciclo produttivo dell'industria della difesa. I progetti finanziabili possono infatti riguardare:

·        attività per migliorare le tecnologie della difesa (comprese le cd. “tecnologie di rottura”);

Per “tecnologie di rottura” si intendono quelle la cui applicazione può cambiare radicalmente la nozione e la gestione delle operazioni inerenti alla difesa.

·        interoperabilità e resilienza dei prodotti (compresa la protezione dei dati e degli approvvigionamenti);

·        studi di fattibilità;

·        progettazione e sviluppo;

·        collaudi, qualificazioni e certificazione;

·        tecnologie per rendere più efficiente il ciclo di vita dei prodotti.

Considerato il suo obiettivo (migliorare la cooperazione in ambito UE), i progetti sono finanziabili solo se coinvolgono, in un consorzio, almeno tre soggetti giuridici diversi (non controllati tra loro) di tre diversi Stati membri.

In linea di principio i fondi sono riservati alle imprese stabilite all’interno del territorio UE o in un paese associato, che non siano controllate da un paese terzo o da soggetti di paesi terzi. La partecipazione di aziende stabilite nell'UE ma controllate da paesi o entità terze è però ammessa (eccezione fortemente sostenuta dall’Italia nel negoziato) a certe condizioni: che il loro contributo sia necessario per raggiungere gli obiettivi dell'azione e che tale partecipazione "non metta a rischio gli interessi di sicurezza dell'Unione e dei suoi Stati membri".

Le quote di co-finanziamento dei progetti sono differenziate a seconda delle attività. Per le attività di ricerca il progetto può essere finanziato anche al 100%. Per le attività di test, certificazioni e collaudi, la quota di finanziamento può invece arrivare fino all'80% delle spese complessive. Per lo sviluppo di prototipi la quota non può eccedere il 20% dei costi, con un incremento progressivo se il progetto è stato già approvato in sede PESCO o se coinvolge piccole e medie imprese. Una parte di fondi, almeno il 5% del totale, deve essere destinata a sostenere le cosiddette "tecnologie di rottura”.

I progetti che rientrano nella PESCO beneficiano di un più alto tasso di cofinanziamento da parte dell’UE nell’ambito del Fondo europeo per la difesa, rispetto ai progetti ordinari, che può arrivare fino al 30% dei costi complessivi.

I progetti che partecipano al Fondo dovranno essere sostenuti dai Paesi membri dal punto finanziario (per la quota non finanziata), e anche con un impegno formale ad acquistare il prodotto finale.

Su richiesta del Parlamento europeo è stata anche inserita una clausola di "valutazione etica" dei progetti da finanziare, in base alla quale, per esempio, sarebbero escluse dai finanziamenti le armi letali autonome (quelle che “non permettono un adeguato controllo umano sulle decisioni in materia di scelta e intervento nell’esecuzione di attacchi contro l’uomo”), con possibili eccezioni solo per i sistemi di allarme rapido e di contromisure a fini difensivi.

Il 30 giugno 2021 la Commissione europea ha pubblicato i primi 23 bandi del Fondo Europeo per la Difesa per il 2021, che avranno a disposizione un bilancio di 1,2 miliardi di euro, insieme alla documentazione di riferimento, i moduli di presentazione della proposta e le linee guida. La scadenza dei bandi è prevista il 9 dicembre 2021 e l'approvazione dei progetti vincitori dovrebbe concludersi a luglio 2022 (con i primi finanziamenti entro dicembre 2022).

Tutto il materiale è disponibile on line nella pagina ufficiale European Defence Fund.

 

Piano d'azione per sostenere e sviluppare le convergenze tra l'industria civile, della difesa e dello spazio

La Commissione europea ha presentato il 22 febbraio 2021 il piano d’azione sulle sinergie tra l'industria civile, della difesa e dello spazio i cui principali obiettivi sono:

·        rafforzare la complementarità tra i programmi e gli strumenti pertinenti dell'UE in materia di ricerca, sviluppo e diffusione per accrescere l'efficienza degli investimenti e l'efficacia dei risultati;

·        promuovere i vantaggi economici e tecnologici per i cittadini europei derivanti dai finanziamenti dell'UE a favore di ricerca e sviluppo, anche nei settori della difesa e dello spazio;

·        favorire l'utilizzo dei risultati della ricerca industriale e dell'innovazione in campo civile nei progetti di cooperazione europea in materia di difesa.

Sulla base di tali obiettivi, il piano d’azione prevede 11 azioni mirate volte a:

·         rafforzare l'approccio basato sulle capacità nel settore della sicurezza;

·         migliorare le sinergie tra i programmi e gli strumenti dell'UE;

·         sostenere start-up, PMI e organizzazioni di ricerca e tecnologia;

·         monitorare le tecnologie critiche per ridurre le dipendenze;

·         promuovere la standardizzazione delle norme ibride in ambito civile/di difesa;

·          stimolare l'innovazione e il reciproco arricchimento tra le industrie civile, della difesa e dello spazio;

·         avviare tre progetti faro relativi a: tecnologie dei droni, con l’obiettivo di migliorare la competitività dell'industria dell'UE in questo settore tecnologico critico caratterizzato da una forte dimensione di difesa; connettività spaziale sicura che, basandosi sulla crittografia quantistica, dovrebbe fornire un sistema di connettività resiliente e connessioni ad alta velocità per tutti i cittadini europei; gestione del traffico spaziale, necessaria per evitare eventi di collisione che possono derivare dalla proliferazione di satelliti e detriti spaziali e, al tempo stesso, per assicurare un accesso autonomo allo spazio.

Nel piano d’azione la Commissione indica che l'ecosistema industriale aereospaziale e della difesa rappresenta un fatturato annuale di 376 miliardi di euro, coinvolge circa 44.000 imprese e impiega circa 1,5 milioni di dipendenti. Mentre, sempre secondo i dati riportati dalla Commissione (riferiti al 2015), il settore dell'industria della sicurezza in ambito civile in Europa realizza un fatturato annuo di 200 miliardi di euro in oltre 20 sotto settori dell'economia europea ed impiega circa 4,7 milioni di persone.

 

L’istituzione dello Strumento europeo per la pace (European Peace Facility – EPF)

Il Consiglio dell’UE ha approvato, il 22 marzo 2021, la decisione (PESC) 2021/509 che istituisce lo strumento europeo per la pace (European Peace Facility – EPF) che coprirà il finanziamento di tutte le azioni esterne dell’UE con implicazioni nel settore militare o della difesa nell'ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC).

L’EPF sostituisce il meccanismo Athena, con il quale dal 2004 sono state finanziate –fuori bilancio dell’UE e sulla base di contributi degli Stati membri - le missioni e operazioni militari dell’UE nell’ambito della PSDC. All’EPF partecipano tutti gli Stati membri ad eccezione della Danimarca, che ha un opt-out sulla PSDC.

Lo strumento europeo per la pace (EPF) è un fondo fuori bilancio dell’UE del valore di 5.692 milioni di euro per il periodo 2021-2027, finanziato mediante contributi degli Stati membri dell'UE determinati secondo il criterio di ripartizione basato sul prodotto nazionale lordo e conformemente alla decisione 2014/335/UE, Euratom del Consiglio relativa al sistema delle risorse proprie dell'Unione europea (l’Italia contribuisce per circa il 12,8%).

L’EPF è destinato a finanziare:

·        i costi comuni delle operazioni dell’Unione ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 4, e dell’articolo 43, paragrafo 2, del TUE che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa e che pertanto, conformemente all’articolo 41, paragrafo 2, del TUE, non possono essere a carico del bilancio dell’Unione;

·        le misure di assistenza relative;

·        alle azioni volte a rafforzare le capacità degli Stati terzi e delle organizzazioni regionali e internazionali nel settore militare e della difesa;

·        al sostegno agli aspetti militari delle operazioni di sostegno alla pace condotte da un’organizzazione regionale o internazionale o da Stati terzi.

Rispetto al precedente meccanismo Athena, il nuovo strumento dell'EPF, amplia considerevolmente la portata dei costi comuni finanziabili (stimati ora al 35-45 % dei costi medi totali, contro il 5-10% del meccanismo Athena).

Lo strumento consentirà all'UE, inoltre, di integrare le attività delle sue missioni e operazioni della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) nei paesi ospitanti con misure di assistenza.

Queste misure possono includere la fornitura di materiali, infrastrutture o assistenza nel settore militare e della difesa, su richiesta di paesi terzi e organizzazioni regionali o internazionali.

Le misure di assistenza finora potevano essere fornite solo alle operazioni di sostegno alla pace a guida africana, ossia le operazioni dirette dall'Unione africana o da organizzazioni regionali africane, mediante il Fondo per la pace in Africa (APF). L'EPF colmerà questa lacuna ed amplierà l'ambito di applicazione geografico dell'intervento dell'UE, in quanto quest'ultima sarà ora in grado di contribuire al finanziamento delle operazioni militari di sostegno alla pace e delle misure di assistenza intese a sostenere le operazioni in tutto il mondo.


 

L’operazione militare dell’UE nel Mediterraneo EUNAVFOR MED IRINI

L'operazione militare EUNAVFOR MED IRINI ("pace" in greco) è stata istituita  dal Consiglio dell'Ue  con la decisione PESC 2020/472 del 31 marzo 2020, con un mandato iniziale della durata di un anno. Il 26 marzo 2021 Consiglio dell’UE ha prorogato il mandato dell'operazione fino al 31 marzo 2023.

All’operazione partecipano attualmente, con contributi di diversa natura, 24 Stati Membri; ne restano fuori, oltre alla Danimarca (che ha una clausola generale di opt-out dalle iniziative di natura militare) anche Spagna e Malta.

L’operazione ha il suo comando a Roma, presso l'aeroporto militare di Centocelle, ed è guidata dall'ammiraglio Fabio Agostini.

Il comando delle forze in teatro è affidato, con alternanza semestrale, alla Grecia e all’Italia; attualmente il comando delle forze in teatro è affidato, dal 1° aprile 2021, all’Italia.

Contemporaneamente all’avvio dell’operazione IRINI, il 31 marzo 2020 è terminato il mandato della missione EUNAVFOR MED Sophia, che era stata avviata nel giugno 2015.

La Missione EUNAVFOR MED Sophia ha avuto come compito principale quello di smantellare il modello di attività dei trafficanti di migranti e di esseri umani nel Mediterraneo centromeridionale (dal giugno 2015 fino al marzo 2019, quando è stato sospeso il dispiegamento navale, la missione ha contribuito al salvataggio di quasi 50.000 persone) e come compiti secondari, aggiunti progressivamente, quelli di: formazione della guardia costiera e della marina libiche; contribuire al largo delle coste libiche all'attuazione dell'embargo dell'ONU sulle armi; svolgere attività di sorveglianza e di raccolta delle informazioni sul traffico illecito delle esportazioni di petrolio dalla Libia.

Compiti dell’operazione EUNAVFOR MED IRINI

Compito principale

Il compito principale dell’operazione è contribuire all’attuazione dell’embargo sulle armi imposto dall’ONU nei confronti della Libia. Per svolgere tale attività, l’operazione IRINI impiega mezzi aerei, satellitari e marittimi e può svolgere ispezioni sulle imbarcazioni sospettate di trasportare armi o materiale connesso da e verso la Libia.  In caso vengano trovati a bordo materiali illeciti, le imbarcazioni possono essere sequestrate e dirottate in un porto dell’Ue, per svolgere le successive attività giudiziarie e di polizia (compresa l’eventuale distruzione delle armi).

Dal suo varo, il 31 marzo 2020, al 4 giugno 2021, l'Operazione EUNAVFOR MED IRINI ha indagato su 3.344 navi mercantili tramite richiesta di informazioni tramite chiamate radio, effettuato 133 visite su navi con il consenso del Comandante (i cosiddetti approcci amichevoli) e condotto 14 abbordaggi/ispezioni su navi sospette.

L’operazione non ha un raggio di azione predeterminato, anche se le sue attività sono tendenzialmente concentrate sulla parte orientale della costa libica, in particolare nella zona di alto mare antistante la Cirenaica, nella quale maggiormente si concentrano i traffici di armi. La missione non può operare all’interno delle acque territoriali libiche.

Nel preambolo della decisione istitutiva si prospettava la possibilità che il Consiglio dell’UE avrebbe potuto decidere in futuro di ampliare l’ambito dell’operazione al fine di consentire l’impiego della sorveglianza aerea all’interno dello spazio aereo libico (in caso di autorizzazione del Consiglio di sicurezza ONU e con il consenso delle autorità libiche). Questa ipotesi non si è però ancora realizzata.

 

Compiti secondari

Oltre al compito di attuare l’embargo sulle armi, IRINI ha anche alcuni compiti secondari, che sono (in quest’ordine di importanza):

·        il contrasto al contrabbando di petrolio;

·        la formazione della guardia costiera e della marina libiche (che non è stata però ancora avviata, in mancanza di un accordo con la controparte libica);

·        la lotta ai trafficanti di esseri umani (ma solo con la sorveglianza aerea).

Controllo politico sull’operazione e effetti sulla rotta migratoria

La decisione istitutiva dell’operazione prevede che essa debba essere riconfermata dal Comitato politico e di sicurezza dell’UE (organo preparatorio del Consiglio dell’UE composto da rappresentanti nazionali) ogni 4 mesi, a meno che, sulla base di prove fondate raccolte conformemente ai criteri stabiliti nel piano operativo, non si valuti che lo schieramento navale stia producendo un effetto di attrazione dei flussi migratori (cosiddetto "pull factor"). In questo caso gli Stati possono decidere di interrompere le attività. L'operazione è stata già riconfermata per due volte.

Il Consiglio dell’Ue, in una dichiarazione approvata contestualmente all'adozione della decisione che ha istituito l’operazione, aveva anche sottolineato l’esigenza che il comandante conducesse l'operazione in modo da prevenire effetti di attrazione sulla migrazione causati dallo schieramento dei mezzi marittimi dell'operazione, anche tramite l'immediato riposizionamento di mezzi qualora si osservi un tale effetto.

Ovviamente gli assetti navali di IRINI, in virtù delle norme internazionali del mare, hanno comunque l’obbligo di condurre le operazioni di salvataggio che si rendessero necessarie nelle zone in cui operano. Questa evenienza non si è però per ora mai verificata.  

Bilancio dell’operazione

Per le spese comuni di competenza dell'Ue, l’operazione ha un bilancio di 16,9 milioni euro per il periodo dal 1° aprile 2021 al 31 marzo 2023.

A questa cifra si sommano le spese sostenute dai singoli Paesi che vi prendono parte, ciascuno per gli assetti che mette a disposizione.

 

Capacità operative

L’operazione IRINI ha la disponibilità di una serie di assetti operativi, forniti dagli Stati partecipanti, che variano nel corso dei mesi, in base a criteri di rotazione e alle effettive disponibilità.

Attualmente l’operazione dispone di:

·        2 navi: l’ITS San Giorgio (Italia), la HS Themistoklis (Grecia);

·        5 aerei di pattugliamento, forniti da Francia, Germania, Grecia, Lussemburgo e Polonia, oltre ad un velivolo senza pilota messo a disposizione dall'Italia.

Per gli assetti satellitari, l’operazione IRINI opera con il supporto del Centro satellitare dell'Unione europea (SATCEN) e del Centro di intelligenza e situazione (INTCEN).

Attività del Parlamento italiano

Nel corso dell’audizione presso le Commissioni affari esteri e difesa di Camera e Senato, svoltasi in video conferenza il 28 gennaio 2021, l’ammiraglio Fabio Agostini a capo dell’operazione IRINI ha indicato le seguenti questioni da risolvere per una maggiore efficacia dell’operazione:

·        il numero degli attuali assetti (navali e aerei) è decisamente insufficiente per svolgere i compiti assegnati all’operazione;

·        occorre superare lo stallo politico con il Governo di unità nazionale libico (GNA) al fine di avviare le attività di formazione della guardia costiera e della marina libiche;

·        è necessario definire moduli di cooperazione con la NATO e gli USA;

·        occorre individuare altri porti (oltre quello di Marsiglia), per il dirottamento delle navi intercettate in mare in violazione dell'embargo di armi alla Libia, possibilmente più vicini all’area delle operazioni;

·        è necessaria una comunicazione strategica a livello europeo e negli Stati membri che sostenga l’operazione IRINI in contrapposizione a “narrative” ostili;

·        occorre un maggiore approccio integrato dei profili militari e civili coinvolti nell’operazione volto a coordinare i vari contributi dell’UE e degli Stati membri messi in campo a supporto delle istituzioni libiche.

Le Commissioni III e IV della Camera dei deputati hanno approvato il 23 marzo 2021 una risoluzione (n. 7-00611, Fassino,Rizzo) sull’Operazione militare Eunavformed Irini nella quale si impegna il Governo a svolgere ogni idonea iniziativa, nell'ambito del processo di revisione strategica dell'operazione, in vista del rinnovo del suo mandato, al fine di:

a) promuovere presso gli Stati partecipanti un aumento dei propri contributi all'Operazione in termini di assetti e personale;

b) individuare le condizioni per la messa a disposizione di ulteriori porti, più vicini all'area di operazioni, verso cui dirottare le navi sequestrate nel corso dell'attività di contrasto al traffico di armi da e verso la Libia;

c) promuovere la definizione di un accordo di collaborazione con la Nato, in particolare per quanto riguarda lo scambio di informazioni con l'Operazione Sea Guardian;

d) favorire una campagna d'informazione su compiti e risultati dell'operazione, anche in cooperazione con le altre istituzioni europee;

e) rafforzare i compiti secondari dell'Operazione, in primo luogo le attività di formazione della Guardia costiera e della Marina libiche;

f) valorizzare le sinergie tra l'Operazione Eunavformed Irini e le altre iniziative dell'Unione europea e degli Stati membri, a cominciare dalla missione Eubam Libia, nel quadro di un maggior coinvolgimento dell'Unione europea nel cosiddetto «processo di Berlino» e nel sostegno al dialogo politico tra le parti;

g) discutere la possibilità di attribuire all'Operazione, previo mandato dell'Onu e d'intesa con le autorità libiche, un ruolo significativo nell'ambito del meccanismo di monitoraggio e verifica sotto egida Onu dell'accordo di cessate il fuoco, sottoscritto il 23 ottobre 2020. 

 

 

 


 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sessione II - nuove sfide, vecchi percorsi: ripensare l'approccio della politica estera dell'Unione
in un mondo multi polare


 


 

La strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’UE

Il 14 giugno 2019, nella passata legislatura europea, l’Alta Rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, Federica Mogherini, ha presentato un documento intitolato “From Vision to Action: The EU Global Strategy in Practice - Three years on, looking forward” che illustra il bilancio delle azioni condotte dall’UE a tre anni dalla presentazione della Strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’UE.

Si ricorda che la nuova Strategia globale per la politica estera e di sicurezza dell’UE, presenta dall’Alta rappresentante, Federica Mogherini nel giugno 2016 (e che ha sostituito la precedente strategia europea in materia di sicurezza del 2003) si concentra in particolare su: l’interconnessione tra sicurezza interna ed esterna dell’UE e il rafforzamento della coerenza tra la dimensione esterna e quella interna delle politiche dell’UE, con particolare riferimento agli ambiti dello sviluppo sostenibile, della migrazione, della lotta al terrorismo, della cibersicurezza e della sicurezza energetica; il rafforzamento della resilienza delle democrazie, degli Stati e delle società, con particolare riferimento agli Stati posti in prossimità dei confini orientali e meridionali dell’UE; un approccio integrato alle situazioni di conflitto, sviluppando la capacità dell’UE di intervenire tempestivamente in tutte le fasi del ciclo di un conflitto ed ai diversi livelli di governance locale, nazionale, regionale e globale; il rilancio della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) che, pur riconoscendo il ruolo della NATO per la difesa collettiva, consenta all’UE di agire autonomamente se e quando necessario in particolare attraverso: una maggiore cooperazione e pianificazione tra gli Stati membri nel settore della difesa, anche facendo ricorso alla cooperazione rafforzata tra gruppi di Stati membri; lo sviluppo di maggiori capacità di risposta rapida alle situazioni di crisi; maggiori investimenti nella sicurezza e difesa, anche nel settore della ricerca; la creazione di una forte industria europea della difesa; la promozione di ordini regionali cooperativi, attraverso partenariati regionali ed internazionali e lo sviluppo di una governance globale basata sul diritto internazionale, la tutela e promozione dei diritti umani ed uno sviluppo sostenibile.

Nel bilancio della strategia globale condotto nel 2019 si indicava in particolare che il contesto geopolitico e le priorità indicate dalla Strategia globale nel 2016 erano ancora validi ed anzi l’evolversi del contesto attuale confermava ancora di più uno dei presupposti della Strategia del 2016 e cioè che l'imperativo di una maggiore unità e coerenza all'interno dell'UE è la condizione per: garantire che il multilateralismo rimanga il principale principio organizzativo dell'ordine internazionale; promuovere ordini regionali cooperativi vicini e lontani; contribuire alla resilienza e all'approccio integrato nelle regioni circostanti est e sud.

Per quanto riguarda le priorità per i prossimi anni si indica in particolare che l’UE dovrà:

·        far progredire la politica di sicurezza e difesa dell'Unione approfondendo il lavoro su intelligence, cultura strategica, interoperabilità, comando e controllo, cooperazione nel campo delle capacita di difesa, tecnologia e cyber sicurezza, il nesso tra la dimensione civile e quella militare della PSDC, la sicurezza nell’accesso a rotte e reti;

·        promuovere e proteggere il multilateralismo e sostenere gli ordini cooperativi regionali contribuendo alla riforma delle organizzazioni internazionali, sviluppando sia partenariati strutturali che una maggiore "geometria variabile" in collaborazione con paesi e regioni, combinando in modo intelligente flessibilità e inclusività nel perseguimento di formati multilaterali, e contemporaneamente rafforzando il coordinamento intraeuropeo;

·        continuare a investire nella resilienza degli Stati e delle società e in un approccio integrato ai conflitti e alle crisi nelle regioni circostanti all’Europa;

·        aumentare in modo significativo l’investimento politico e finanziario nella azione esterna dell’UE, compresa la difesa, conseguendo una maggiore visibilità e sviluppando ulteriormente da un lato, l'approccio congiunto tra tutte le politiche dell’UE (in particolare sviluppando il nesso tra economia, sicurezza e politica e quello tra sicurezza e cambiamenti climatici) e dall’altro, l’unitarietà di azione e un maggiore coordinamento tra gli Stati membri;

·        diventare più autonoma in termini strategici, anche al fine di diventare più cooperativa: un’Unione più autonoma deve, infatti, essere in grado di agire insieme ai suoi Partner ogni qualvolta sia possibile, ma anche da sola se necessario.

L’Agenda strategica dell’UE 2019-2024

Il Consiglio europeo del 20 e 21 giugno 2019 ha approvato la Nuova Agenda strategica dell'UE 2019-2024.

L’Agenda strategica si articola in priorità declinate sotto quattro tematiche principali: proteggere i cittadini e le libertà; sviluppare una base economica forte e vivace; costruire un'Europa verde, equa, sociale e a impatto climatico zero; promuovere gli interessi e i valori europei sulla scena mondiale.

Per quanto riguarda in particolare il ruolo dell’UE nella scena mondiale nell’Agenda strategica si indicano le seguenti priorità:

·        rafforzare le capacità di agire dell’UE in modo autonomo per tutelare i propri interessi e valori e promuovere il multilateralismo e l'ordine internazionale basato su regole;

·        sostenere la prospettiva degli Stati europei che sono in grado e desiderosi di aderire all’UE; perseguire una politica di vicinato ambiziosa; sviluppare un partenariato di ampio respiro con l'Africa; adoperarsi con i partner globali per la pace e la stabilità a livello mondiale; promuovere la democrazia e i diritti umani; promuovere una maggiore unita dell’UE nelle sue posizioni, esercitare la influenza in modo più determinato, stanziando maggiori risorse, facendo un uso migliore di quelle già disponibili, e attribuendo una priorità più chiara agli interessi economici, politici e di sicurezza europei;

·        controllo efficace delle frontiere esterne e sviluppare una politica migratoria globale pienamente funzionante, approfondendo la cooperazione con i paesi di origine e di transito e trovando un consenso per la riforma del regolamento Dublino sulla base di un equilibrio tra responsabilità e solidarietà;

·        intensificare la lotta al terrorismo e alla criminalità transfrontaliera;

·        protezione dalle attività informatiche dolose, dalle minacce ibride e dalla disinformazione provenienti da attori statali e non statali ostili;

·        sostenere la lotta contro i cambiamenti climatici, la promozione dello sviluppo sostenibile e l’attuazione dell’Agenda 2030;

·        promuovere una politica commerciale ambiziosa, che assicuri una concorrenza leale e reciprocità, sia a livello multilaterale nell'ambito di un'OMC riformata, sia nelle relazioni bilaterali tra l'UE e i suoi partner;

·        far diventare la PESC e la PSDC più reattive e meglio collegate agli altri aspetti delle relazioni esterne e assumere maggiore responsabilità per la sicurezza e difesa dell’UE, in particolare incrementando gli investimenti nel settore della difesa, sviluppando capacità e prontezza operativa e collaborando con la NATO;

·        promuovere le relazioni con i partner strategici, compresi i partner transatlantici, e con le potenze emergenti, moltiplicando le sinergie tra l'UE e i livelli bilaterali e presentando l'UE come un fronte unito nelle discussioni con le altre potenze mondiali.

L’Agenda strategica indica, altresì, che per la realizzazione delle sopracitate priorità l'UE deve affrontare le sfide interne ed esterne in modo integrato.

 


 

Il dibattito sull’autonomia strategica e la resilienza dell’Europa

Nell’ambito dell’attuale legislatura europea è stato avviato un dibattito sull’autonomia strategica dell’UE, ossia sulla sua capacità di agire autonomamente a tutela dei propri valori ed interessi.

Il concetto dell’autonomia strategica è nato nell’ambito delle iniziative avviate dall’UE nell’ambito della politica di sicurezza e difesa comune (PSDC), anche in relazione alle prospettive della cooperazione tra l’UE e la NATO, ed ha poi acquisito una portata più ampia, come autonomia strategica aperta, nella quale è ora ricompreso un approccio volto a trovare un equilibrio da un lato, tra le istanze per una tutela più assertiva degli interessi europei e dall’altro, con la vocazione di apertura dell’Europa alla cooperazione e al dialogo con gli altri partner internazionali.

La nozione di autonomia strategica aperta coinvolge quindi tutte una serie di politiche volte a rispondere al complesso delle sfide di natura globale quali:

·        la sfida sanitaria e vaccinale per la pandemia;

·        la transizione energetica e quella digitale;

·        le dinamiche commerciali internazionali, conciliando la tutela della competitività delle imprese europee, e la loro protezione contro le pratiche commerciali sleali, con la tradizione europea dell’apertura agli scambi internazionali contro ogni forma di protezionismo economico e commerciale e nel rispetto dei valori e standard socio-ambientali;

·        le sfide ambientali e volte a contenere gli effetti del cambiamento climatico;

·        la sicurezza nell’approvvigionamento delle materie prime e di quelle strategiche;

·        le catene del valore;

·        la sicurezza delle infrastrutture di telecomunicazione di connettività satellitare e spaziale;

·        la sovranità tecnologica e nel settore della ricerca e dell’innovazione;

·        le strategie industriali volte al rimpatrio delle produzioni strategiche (reshoring) o quanto meno un loro riavvicinamento all'Europa (nearshoring).

La relazione di previsione strategica 2020

La Commissione europea ha presentato il 9 settembre 2020 la prima relazione in materia di previsione strategica, (la prossima dovrebbe essere presentata a settembre 2021) che reca una analisi per rafforzare la resilienza dell’UE in quattro dimensioni interconnesse: sociale ed economica, geopolitica, ecologica e digitale.

La prassi di presentare ogni anno a settembre una relazione di previsione strategica è stata introdotta dalla Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen. La relazione di previsione strategica è volta a promuovere la progettazione di politiche dell'Unione europea in settori strategici per lo sviluppo futuro dell’Unione europea, individuando i problemi emergenti e le opportunità per orientare meglio le scelte strategiche dell'Unione europea. La relazione è anche volta ad orientare le raccomandazioni e le proposte formulate nei discorsi annuali sullo stato dell'Unione della Presidente della Commissione europea e nei programmi di lavoro della Commissione.

Per quanto riguarda la dimensione geopolitica, la relazione indica che la resilienza geopolitica dell'Europa è legata al rafforzamento della sua autonomia strategica aperta e della sua capacita di esercitare un ruolo di leadership a livello mondiale. La relazione indica che il progressivo ripiegamento degli Stati Uniti lascia sulla scena mondiale un vuoto che altri paesi, come la Cina, sono pronti a colmare.

 

Vulnerabilità

La relazione individua una serie di vulnerabilità cui l’Europa è esposta:

·        il multilateralismo e il sistema finanziario mondiale subiscono pressioni sempre più forti da parte di interessi prettamente nazionali. Ai fini della resilienza geopolitica, è di fondamentale importanza preservare uno spazio per la costruzione di un consenso e un'azione comune volti ad affrontare le sfide mondiali e a tutelare i ben pubblici comuni;

·        lo spostamento del potere a est e a sud è una megatendenza mondiale. Nonostante il rallentamento temporaneo dovuto alla crisi della COVID-19, è probabile che questa tendenza continuerà ad essere alimentata dal peso economico e politico crescente degli attori emergenti, sostenuto dal loro peso demografico. La graduale diminuzione della quota dell'UE nella popolazione mondiale e nel PIL globale potrebbe avere un'ulteriore incidenza sul suo peso in molti settori critici;

·        il contesto della sicurezza è in costante evoluzione. Lo caratterizzano il mutamento dell'equilibrio di poteri, il maggiore ricorso alle minacce ibride, la guerra spaziale e informatica e il rafforzamento del ruolo degli attori non statali. La pandemia di COVID-19 ha evidenziato la fragilità delle infrastrutture fondamentali e la necessità di proteggerle dalle minacce fisiche e digitali. La crisi ha inoltre accentuato le vulnerabilità e le disuguaglianze nei paesi fragili e in quelli teatro di conflitti;

·        la gestione ordinata della migrazione continuerà a far parte delle priorità per l’Europa. Le cause profonde della migrazione (conflitti locali, povertà e disuguaglianze accentuate dalla crisi della COVID-19 e cambiamenti climatici) non scompariranno. Affrontare queste sfide richiederà maggiore attenzione, agilità, risorse e sforzi diplomatici integrati dall'assistenza, oltre a partenariati strategici equilibrati e "su misura" con i principali paesi terzi per trovare soluzioni sostenibili ed efficaci che consentano di gestire la migrazione;

·        la mancanza di unità in settori specifici della politica estera e di sicurezza è una fonte di fragilità dell’UE;

·        la crisi della pandemia di COVID-19 ha messo in luce l'eccessiva dipendenza dell'Europa dai fornitori di paesi terzi di materie prime critiche. L'elevata dipendenza esterna impone di aumentare la resilienza e la diversificazione dell'approvvigionamento, in particolare attraverso un uso migliore delle fonti interne dell'UE, la circolarità delle materie prime o l'allungamento della durata di vita dei prodotti;

·        le altre potenze mondiali stanno combinando gli interessi geopolitici ed economici per accrescere la propria influenza a livello internazionale. Questo comprende il protezionismo, il controllo delle esportazioni e il ruolo internazionale delle monete. La pandemia di COVID-19 ha messo in pericolo il patrimonio industriale e societario dell'Europa, creando l'esigenza di proteggere la sua sovranità economica attraverso una strategia integrata. Le insolvenze dovute alla pandemia espongono le industrie strategiche dell'UE ad acquisizioni straniere ostili, aumentando le opportunità per gli investitori esteri di acquisire attività europee strategiche, in particolare quelle connesse alle catene di approvvigionamento nei settori della sanità, della difesa e dello spazio, e infrastrutture critiche. Per tutelare le imprese e le attività critiche dell'UE, l'apertura dell'UE agli investimenti esteri deve essere bilanciata da strumenti adeguati;

·        la crisi ha accelerato gli attacchi dei regimi autoritari contro i sistemi democratici attraverso discorsi fuorvianti. La diffusione di informazioni false e fuorvianti e di teorie complottiste rappresenta una minaccia per la democrazia.

Priorità ed opportunità

Allo stesso tempo, la relazione individua una serie di priorità ed opportunità:

·        l'evoluzione verso un mondo sempre più multipolare offre all'Europa una nuova opportunità di rafforzare il proprio ruolo nell'ordine mondiale e di guidare il rilancio delle strutture di governance multilaterali;

·        per l’Europa sarà sempre più importante instaurare una stretta cooperazione con le democrazie che condividono gli stessi principi. L'UE deve preservare l'apertura e la natura democratica del suo modello e associare i suoi partner a questi sforzi, difendendo i suoi valori fondamentali dalle ingerenze straniere. La promozione della democrazia, dei diritti umani e dello Stato di diritto, che deve iniziare all'interno dei confini europei, deve rimanere il principio guida delle relazioni esterne dell'UE, anche per quanto riguarda le tecnologie digitali;

·        rafforzare l'autonomia strategica aperta dell'Europa è una priorità assoluta. La crisi è un'occasione economica, sociale ed ecologica di rafforzare la resilienza dell'UE agli shock futuri e di mantenere il suo ruolo nella prossima generazione di catene del valore globali. Come indicato nel piano europeo di ripresa, si tratta di orientare la governance economica globale e di sviluppare relazioni bilaterali reciprocamente vantaggiose, proteggendoci al tempo stesso da pratiche sleali e abusive. Occorre promuovere la diversificazione da parte dell'UE delle catene di approvvigionamento mondiali nei settori critici, intensificando i rapporti con i partner, anche in Africa, rilocalizzando, se del caso, la produzione e sviluppando prodotti di sostituzione attraverso l'innovazione;

·        deve inoltre essere garantito un approvvigionamento affidabile di prodotti alimentari in tutta l'UE. La Commissione continuerà a monitorare la sicurezza e la competitività nel settore alimentare, promuovendo ulteriormente la transizione globale verso sistemi alimentari sostenibili;

·        occorrerà migliorare la capacità dell’UE di garantire un approvvigionamento sostenibile di materie prime critiche, diversificando le catene del valore, riducendo la dipendenza esterna, aumentando la circolarità, sostenendo l'innovazione per trovare alternative e garantendo condizioni di parità più verdi e socialmente responsabili all'interno e al di fuori del mercato unico;

·        un sistema commerciale stabile e basato su regole e sulla parità di condizioni che sono obiettivi fondamentali dell'UE. La crisi attuale può essere un'occasione per guidare riforme significative dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) e per costruire economie più competitive, sostenibili e resilienti. Le alleanze industriali possono svolgere un ruolo di primo piano in questa trasformazione, facendo in modo che gli investitori, gli enti pubblici e i partner industriali collaborino per sviluppare tecnologie strategiche, aiutando l'Europa a guidare le transizioni verde e digitale e a mantenere la leadership industriale.


 

Priorità della Presidenza slovena in materia di autonomia strategica dell’UE

La resilienza, ripresa ed autonomia strategica dell'Unione è una delle 4 priorità della Presidenza slovena del Consiglio dell’UE per il secondo semestre del 2021 (1° luglio – 31 dicembre 2021).

In particolare per quanto riguarda l’autonomia strategica dell’UE, la Presidenza Slovena ha indicato i seguenti filoni di lavoro:

·        l'attuazione della strategia industriale aggiornata dell’UE. La Presidenza intende avviare un dibattito sulle misure a tutela del mercato interno e degli investimenti strategici, al fine di rafforzare la sostenibilità delle catene del valore europee, e impegnarsi per una politica commerciale aperta, contrastando al contempo le pratiche commerciali sleali. Intende altresì intensificare il dibattito sulla gestione del traffico spaziale per garantire la sicurezza e l'autonomia dell’industria spaziale europea;

Si ricorda che la strategia industriale aggiornata (COM(2021)350) è stata presentata dalla Commissione il 5 maggio 2021. Essa intende, in particolare, rafforzare la resilienza del mercato unico, in modo da garantire la libera circolazione di beni, servizi e lavoratori anche in tempi di crisi, ridurre le dipendenze dell’Unione in settori tecnologici e industriali strategici essenziali (autonomia strategica aperta) e accelerare la duplice transizione verde e digitale.

·        Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA): nel corso della Presidenza slovena dovrebbe essere avviata la discussione sulla proposta, di prossima presentazione, per l’istituzione della nuova Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA), che dovrebbe tra l’altro monitorare fabbisogni e disponibilità di materie prime per garantire l’adeguatezza della produzione e delle catene di approvvigionamento di medicinali e dispositivi medici;

·        infrastrutture energetiche (TEN-E): al fine di migliorare l'integrazione delle infrastrutture energetiche e garantire la sicurezza dell'approvvigionamento, la Presidenza slovena intende inoltre accordare priorità all’iter della proposta di revisione del regolamento sulle infrastrutture energetiche (TEN-E) (COM(2020)824, tuttora all’esame del Parlamento europeo) per aggiornarlo al processo di decarbonizzazione a lungo termine dell’Unione europea;

·        approvvigionamento alimentare: la Presidenza slovena ricorda l’importanza strategica dell'approvvigionamento alimentare nell'UE, secondo quanto stabilito anche dalla strategia Farm to Fork. Secondo il programma, infatti, uno degli obiettivi della Presidenza slovena sarà quello di favorire lo sviluppo di una filiera alimentare sicura, adeguata, sostenibile e resiliente, anche nell’ottica di perseguire un generale miglioramento del sistema di gestione delle crisi dell'UE.


 

Il contributo dell’UE per il multilateralismo basato su regole

La Commissione europea e l’Alto Rappresentante hanno presentato il 17 febbraio 2021 una comunicazione congiunta sul rafforzamento del contributo dell’UE per il multilateralismo basato su regole.

La Comunicazione indica la necessità di concentrarsi su “coerenza, unità e solidarietà” interne dell’UE come condizione per un’azione esterna più efficace, riconoscendo l’urgenza di rafforzare il coordinamento tra le istituzioni europee e gli Stati membri.

A tal fine, la Commissione e l'Alto Rappresentante useranno il loro potere di iniziativa in modo più mirato al fine di migliorare la formulazione delle posizioni dell'UE da adottare nelle sedi internazionali. Inoltre, al fine di adottare decisioni in modo più rapido ed efficace, il Consiglio dell’UE deve anche utilizzare le disposizioni dell’articolo 31 del Trattato sull’UE che consentono l'astensione costruttiva e l'adozione di decisioni a maggioranza qualificata nella politica estera e di sicurezza comune.

Come regola generale, tutte le decisioni prese relativamente alla politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea sono adottate all’unanimità. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 31 del trattato sull’Unione europea, uno Stato membro può scegliere di astenersi dal voto senza bloccare una decisione del Consiglio dell’UE. Il paese che si astiene può motivare la propria astensione con una dichiarazione formale. In tal caso, non è tenuto ad applicare tale decisione, ma accetta che essa impegni l’Unione.

La Comunicazione propone una sorta di “multilateralismo modulare”, basato su una cooperazione più stretta con partner che condividono lo stesso orientamento dell’UE - in particolare cogliendo le opportunità offerte dalla nuova amministrazione americana - nella difesa dei principi e delle norme universali e integrato da partenariati settoriali con altri attori su questioni di interesse comune come il cambiamento climatico, l’istruzione e la tecnologia.

Al fine di rafforzare il sistema multilaterale globale l'UE intende, in particolare:

·        sfruttare al meglio la propria influenza politica, diplomatica ed economica per difendere i propri interessi e promuovere i propri valori e proprie priorità strategiche, in particolare per quanto riguarda i diritti umani, i valori democratici e lo Stato di diritto, lo sviluppo sostenibile e la sicurezza umana, la protezione del clima e dell'ambiente e le tecnologie digitali;

·        rafforzare ulteriormente la propria coerenza, unità e solidarietà nei consessi multilaterali, facendo in modo che l'UE e i suoi Stati membri coordinino posizioni, azioni e capacità di comunicazione e agiscano in modo unitario, con particolare riferimento al coordinamento all’interno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, nel quale a seguito dell’uscita del Regno Unito dall’UE, la presenza degli Stati membri dell’UE e destinata a ridursi a soli due nel 2022 (fino almeno al 2025) e migliorando, altresì, il coordinamento tra Stati membri per quanto riguarda le candidature a posizioni di alto livello e le elezioni importanti delle organizzazioni multilaterali;

·        sostenere le iniziative di riforma per un migliore funzionamento dell’Assemblea generale e del Consiglio di sicurezza dell’ONU;

·        promuovere l'ammodernamento dell’Organizzazione mondiale della sanità, dell'Organizzazione mondiale del commercio, e delle istituzioni finanziarie internazionali quali il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale;

·        rafforzare la collaborazione con le istituzioni multilaterali attraverso dialoghi politici ad alto livello, in particolare istituendo un vertice periodico UE-ONU;

·        estendere il multilateralismo a nuove questioni globali, attraverso la promozione di nuove norme internazionali e piattaforme di cooperazione in settori prioritari in cui la governance globale è limitata o assente, quali:

-     fiscalità;

-     sfera digitale e intelligenza artificiale;

-     cooperazione e tutela dei consumatori;

-     ambiente, oceani, risorse naturali;

-     sicurezza delle materie prime;

-     tecnologie verdi e energia rinnovabile.

 


 

Conclusioni del Consiglio dell’UE su un'Europa connessa a livello globale

Il Consiglio dell’UE ha approvato, il 12 luglio 2021, delle conclusioni su un'Europa connessa a livello globale, che evidenziano che per l'UE è necessario adottare un approccio geostrategico e globale in materia di connettività al fine di far progredire la sua politica economica, estera e di sviluppo, come anche i suoi interessi in materia di sicurezza, e di promuovere i valori europei.

Il Consiglio sottolinea l'importanza della connettività per la crescita economica, la sicurezza e la resilienza, la diversificazione delle catene del valore, la riduzione delle dipendenze strategiche e la competitività dell'UE.

Nelle conclusioni il Consiglio invita la Commissione europea e l’Alto Rappresentante a presentare una comunicazione congiunta entro la primavera del 2022, prevedendo, in particolare le seguenti azioni nei seguenti settori:

·        individuare una serie di progetti e azioni visibili e ad alto impatto su scala mondiale, garantendo una cooperazione e un coordinamento fra tutti i portatori di interessi;

·        presentare piani di finanziamento per incentivare gli investimenti, mobilitando il settore privato allo scopo di finanziare e attuare progetti;

·        garantire la visibilità delle azioni dell'UE in materia di connettività globale.

Il Consiglio evidenzia l'importanza di investire sia nelle infrastrutture fisiche che nei quadri normativi ed invita la Commissione e l'Alto rappresentante a coordinarsi con gli Stati membri e le imprese europee, nonché con le istituzioni finanziarie e di sviluppo, al fine di perseguire gli obiettivi dell'UE in materia di connettività.

Il Consiglio richiama, inoltre, l’importanza dei partenariati in materia di connettività con paesi e regioni che condividono gli stessi principi, in particolare con gli Stati Uniti, il Giappone, l'India e l'ASEAN e incoraggia la cooperazione nell'ambito del G7 e del G20.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sessione III: Rafforzare il partenariato regionale con i paesi dei Balcani occidentali attraverso la PSDC

 


 


 

Un quadro d'insieme

Dal novembre dello scorso anno, l'Unione europea ha avviato il processo di definizione di una "Bussola strategica" (Strategic Compass), uno strumento in grado di orientare con maggiore chiarezza la sua politica esterna, anche sotto il profilo militare (sulla Bussola strategica v. scheda sessione I).

Oltre ad occuparsi di "gestione delle crisi", "resilienza" e "sviluppo delle capacità, il documento avrà un capitolo dedicato ai "partenariati". In quest'ultimo ambito, l'obiettivo della bussola strategica è sviluppare un nuovo approccio per i rapporti dell'UE con organizzazioni internazionali e Paesi terzi, anche nel settore della difesa e della sicurezza. Il punto di partenza è la necessità di un approccio flessibile e "su misura", che consideri la specificità di ogni partner e l'importanza del contributo alle azioni comuni.

Questa nuova attenzione ai partenariati assume un rilievo particolare per le relazioni con i Paesi dei Balcani occidentali, che hanno ormai da diversi anni intrapreso un processo di sempre maggiore integrazione euro-atlantica, nella prospettiva di un prossimo ingresso nell'UE (su cui vedi v. scheda sessione I).

Con i Paesi dell'area l'UE intrattiene già una fitta rete di relazioni anche per quanto riguarda la politica estera e, anche se in misura minore, la politica di difesa e sicurezza.

Con tutti questi Paesi l'Unione ha firmato Accordi di stabilizzazione e associazione, che impegnano i firmatari a rafforzare la cooperazione anche nei settori della politica estera e di sicurezza. Con ciascuno si tiene, con cadenza annuale, un Consiglio di stabilizzazione e associazione, che abitualmente vede la presenza, per l'Ue, sia dell'Alto rappresentante che del Commissario all'allargamento. Rappresentanti dei Paesi balcanici sono talvolta invitati a partecipare ai vertici informali dei ministri degli esteri, quando si trattino temi di interesse. Lo stesso succede per il Comitato miliare UE, che talvolta, in sessioni dedicati o incontri informali, coinvolge i vertici militari dei Paesi candidati.

In linea generale, i Paesi che aspirano all'ingresso nell'Unione, hanno l'obbligo di adeguarsi alla politica estera dell'Ue, il cui rispetto viene verificato dalla Commissione nei rapporti annuali sull'andamento dei negoziati. Nel 2020, ad esempio, Albania e Montenegro hanno mantenuto "un altissimo livello di adeguamento" alla politica estera dell'Unione.

Situazione diversa per Macedonia del Nord e, soprattutto, Serbia.

Alla prima la Commissione rimprovera essenzialmente la mancata adozione delle sanzioni nei confronti della Russia.

La Serbia si è invece discostata più frequentemente dall'Ue, su diversi dossier internazionali (sanzioni a Russia, Venezuela, Myanmar, Iran e Bielorussia; trasferimento a Gerusalemme dell'ambasciata in Israele), ed è sotto osservazione per i rapporti con Russia e Cina. 

La cooperazione industriale nel settore della difesa è invece molto limitata. Solo la Serbia ha un Accordo amministrativo con l'Agenza europea della difesa (EDA) e partecipa ad alcuni suoi progetti (ad esempio per il contrasto agli esplosivi improvvisati e l'addestramento elicotteristico). Questa collaborazione potrebbe aprire la strada a future partnership con l'EDA anche da parte di altri Paesi dell'area. L'Unione ha anche arricchito la propria delegazione a Belgrado con un consigliere militare, che dovrebbe progressivamente estendere la sua area di competenza anche a tutti i Balcani occidentali.  Albania, Montenegro e Macedonia del Nord hanno invece partecipato a progetti Ue per la valutazione delle minacce ibride e cyber.    

Per quanto riguarda i progetti in materia di cooperazione strutturata permanente in materia di difesa - PESCO (su cui vedi v. scheda sessione I), nessun Paese dei Balcani vi ha finora partecipato, né è prevedibile che vi possano partecipare nel prossimo futuro.  Secondo le regole della Cooperazione rafforzata permanente, infatti, i Paesi terzi possono chiedere di partecipare ai progetti solo se vi apportano un "valore aggiunto sostanziale", e finora sono stati ammessi solo partner come Stati uniti, Canada e Norvegia.

Tutti i Paesi balcanici hanno firmato con l'Unione un Accordo quadro di partecipazione (EPA), che disciplina, tra l'altro, le condizioni e le modalità per la loro partecipazione a missioni civili e militari PSDC. Nell'ambito di quest'accordo la Serbia ha partecipato alle missioni di addestramento EUTM in Mali, Repubblica centroafricana e Somalia (dove fornisce un contributo essenziale di supporto medico), e all'operazione EUNVAFOR Atalanta, al largo della Somalia. Albania, Montenegro e Macedonia del Nord partecipano, tra l'altro, all'operazione EUFOR Althea nella vicina Bosnia-Erzegovina. Quest'ultima, se da un lato ospita un'operazione PSDC, a sua volta partecipa ad un impegno esterno dell'Unione (EUTM RCA).  Macedonia del Nord e Serbia hanno anche fornito un loro contributo ai Gruppi tattici dell'UE (i cd. Battle groups), in base ai criteri di rotazione semestrale, e l'Albania dovrebbe parteciparvi nel prossimo futuro.

Per quanto riguarda l'ambito della formazione si può anche segnalare che il Security and Defence College dell'UE, fornisce training in tutti i Paesi dell'area e che l'Accademia miliare della Macedonia del Nord è un suo partner

Nel recente passato, dopo la dissoluzione dell'ex- Jugoslavia e i conflitti che ne sono seguiti, l'Unione è stata presente nell'area dei Balcani con diversi missioni, sia civili che militari. Attualmente ne rimangono attive due: l'operazione EUFOR Althea in Bosnia-Erzegovina e la missione EULEX in Kosovo.

 

L'operazione EUFOR Althea in Bosnia-Erzegovina

Dopo la breve esperienza dell'operazione “Concordia” (marzo/dicembre 2003, in Macedonia) nel dicembre del 2004 l'Ue ha avviato, in Bosnia-Erzegovina, l'operazione EUFOR Althea. Si tratta della missione PSDC di più lunga durata e di quella con il contingente più ampio mai dispiegato (al suo avvio circa 7000 unità).  L'operazione ha il compito di contribuire alla sicurezza e alla stabilità del Paese. Sulla base del mandato esecutivo ricevuto dall'Onu, l'operazione è responsabile per l'implementazione degli aspetti militari degli Accordi di Dayton, che, nel 1995, avevano posto fine al conflitto tra le diverse entità.

Althea svolge anche attività di formazione delle forze armate bosniache e sostiene i programmi di controllo delle armi e di sminamento del paese.

Nel corso degli anni, col progressivo migliorare delle condizioni di sicurezza del paese, le truppe sono man mano diminuite (già nel febbraio 2007 erano state ridotte a circa 1700 unità), per arrivare alle attuali 600.

Uno degli aspetti distintivi dell'operazione è il suo rapporto con la Nato. EUFOR Althea nasce infatti per subentrare alla missione SFOR, con cui l'Alleanza era già presente nell'area. Una volta concluso il conflitto armato nella ex-Jugoslavia, la Nato aveva necessità di ridurre la propria presenza nell'area, per dislocare altrove (Medio oriente e Afghanistan) i propri assetti.  Per l'Ue, che era stata ampiamente criticata per non essere riuscita ad assumere un ruolo significativo nella guerra, si presentava l'occasione di poter intervenire sul terreno per favorire la pacificazione del Paese.  Per l'Unione si presentava il vantaggio di non dover partire da zero, ma di assumere le funzioni di un'operazione già attiva, che vedeva peraltro già impegnati tutti gli Stati membri (ad eccezione della Danimarca). Proprio in vista di questo "passaggio di testimone" nei Balcani, Nato e Unione europea avevano nel frattempo aggiornato i protocolli per definire modalità di utilizzo, da parte dell'Ue, di assetti, capacità e strumenti di comando e controllo dell'Alleanza. In base a questi accordi (c.d. Berlin plus), al vertice della linea di comando di EUFOR Althea c'è un ufficiale Nato (per molti anni il vice Comandante supremo dell'Alleanza, poi sostituito, a seguito della Brexit, dal vice Chief of Staff), che opera dal comando SHAPE, in Belgio. Il Force Commander, espressione della filiera UE (attualmente un ufficiale austriaco), opera invece dal Quartier generale di Camp Butir, nei pressi di Sarajevo.   

Nel passaggio di consegne la Nato ha comunque conservato alcuni compiti, limitati ma di significativo rilievo politico (tra cui la ricerca dei presunti criminali di guerra e l'assistenza per le riforme nel settore della difesa), che gli hanno garantito una presenza esecutiva sul terreno e l'interlocuzione diretta con le istituzioni locali.

Un'altra questione delicata, al momento dell'avvio di Althea, è stata quella dei Paesi da coinvolgere nell'operazione. Se alle missioni PSDC partecipano normalmente contingenti di paesi non Ue, per Althea, proprio perché operazione "Berlin plus", si poneva il problema opposto.  Gli Stati Uniti avevano da subito espresso una certa perplessità nei confronti della partecipazione di Paesi Ue non membri della Nato, e per la Turchia c'era la questione "esistenziale" di impedire la partecipazione di Cipro, che proprio allora stava entrando nell'Unione. Alla fine la possibilità di partecipare all'operazione, oltre che ai membri Nato, è stata estesa ai Paesi firmatari di accordi di associazione con l'Alleanza (cioè tutti gli altri, tranne Cipro e Malta).

 

 

Attualmente partecipano all'operazione EUFOR Althea 19 Paesi. Di questi, 14 sono Stati membri (tra quelli che non partecipano, oltre a Cipro e Malta, si segnalano Germania, Paesi Bassi e i tre Paesi Baltici) e 5 sono Paesi terzi, Svizzera, Cile e due "vicini" balcanici, Albania e Macedonia del Nord.

L'Italia partecipa, per il 2021, con un massimo di 50 unità di personale (in crescita rispetto ai 40 del 2020), con una spesa prevista di circa 2,7 milioni.

 

Il 12 ottobre nel 2020 il Consiglio Ue ha adottato un documento di  Conclusioni su EUFOR Althea, ribadendo "il suo inequivocabile impegno a favore della prospettiva europea della Bosnia-Erzegovina come paese unico, unito e sovrano", e invitando gli attori politici a concentrarsi sulle 14 priorità fondamentali individuate nel maggio 2019 dalla Commissione europea come condizione per l'apertura dei negoziati per l'adesione all'Ue (in settori come democrazia, stato di diritto, diritti fondamentali e riforma delle amministrazioni pubbliche).

In quell'occasione il Consiglio ha anche

·        apprezzato il fatto che l'operazione sia rimasta pienamente operativa durante l'emergenza Covid, fornendo supporto alle autorità locali;

·        ribadito la necessità di sostenere i progressi compiuti dalla Bosnia-Erzegovina nel processo di integrazione nell'UE e senza dimenticare la situazione della sicurezza in loco;

·        riconosciuto l'importanza di proseguire il coordinamento con gli altri attori internazionali sul terreno;

·        continuato a esortare le autorità della Bosnia-Erzegovina, con il sostegno della comunità internazionale, a proseguire gli sforzi per quanto concerne l'ulteriore smaltimento delle munizioni, delle armi e degli esplosivi in eccesso, nonché lo sminamento.

EUFOR Althea è citata anche nelle Conclusioni sulla sicurezza e la difesa approvate dal Consiglio il 10 maggio 2021, dove viene sottolineata l'importanza della continuità di presenza dell'operazione in Bosnia-Erzegovina.

Un quadro aggiornato dei possibili sviluppi dell'operazione, nel quadro della situazione del Paese, è contenuto nella recente Revisione strategica dell'operazione.

Le divisioni politiche rimangono il principale fattore di instabilità, come dimostrano le accese manifestazioni svoltesi in occasione del 25° anniversario del genocidio di Srebrenica e poi del 25° anniversario degli Accordi di Dayton. Nonostante alcune irregolarità, le elezioni amministrative dello scorso novembre si sono invece svolte in tutto il Paese senza problemi di sicurezza e, per la prima volta dopo 12 anni, anche gli abitanti di Mostar hanno potuto esercitare il loro diritto di voto.

Il Paese è stato colpito duramente dall'epidemia da Covid-19 ed è stato uno degli ultimi, nei Balcani occidentali, a iniziare la compagna di vaccinazione, solo nel marzo 2021 con il programma COVAX e solo a maggio con i vaccini forniti direttamente dall'Ue.

La situazione di sicurezza rimane stabile ma fragile, segnata dalle tensioni politiche, anche se non ci sono indicazioni di possibili minacce immediate allo status quo. I flussi migratori, che comprendono anche una componente significativa di popolazione locale, specie giovanile, non sono ancora adeguatamente controllati, per mancanza di volontà politica e scarso coordinamento tra i diversi livelli di governo e le diverse agenzie. Il crimine organizzato si concentra sul contrabbando (sigarette, alcolici, armi, veicoli ecc.) e sul traffico di droga. La minaccia terroristica non è ancora considerata a livelli d'allarme, nonostante il rientro di un certo numero di foreign fighters, mentre l'estremismo, soprattutto di base etnica, continua ad avere un impatto significativo sulla vita quotidiana delle comunità. 

Le influenze straniere sono molto significative. La Russia continua ad agire ed essere percepita come principale sostenitore degli interessi della comunità serba e delle sue istituzioni, opponendosi non solo al possibile ingresso del Paese nella NATO, ma anche ad un suo maggiore allineamento con la politica estera e di difesa dell'Ue. La Cina mantiene un profilo più basso dal punto di vista politico, ma la sua penetrazione commerciale è sempre maggiore (soprattutto per infrastrutture e energia). Entrambi i Paesi si sono distinti per una marcata "diplomazia dei vaccini". Diversi Paesi del Golfo continuano poi ad investire nel Paese (soprattutto nel settore immobiliare e dei trasporti), finanziando istituzioni religiose.

La missione EULEX in Kosovo

EULEX è stata avviata nel 2008, come la più grande missione civile dell'Ue, sulla base della Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza Onu.  

Il suo compito generale è di assistere le autorità del Kosovo nella creazione di istituzioni dello Stato di diritto sostenibili e indipendenti, con particolare riferimento ai settori della polizia, del sistema giudiziario e delle dogane.

Nella prima fase del suo mandato (2008/2018) la missione ha avuto la responsabilità dello svolgimento dell'azione giudiziaria, sia nella fase delle indagini che nella fase processuale e dell'emanazione delle sentenze, in cause e processi selezionati. A questa si è accompagnato il compito operativo di sostenere le attività della giustizia costituzionale.

Nel giugno del 2018, il Consiglio ha deciso di riorientare il mandato della missione, ponendo fine alla parte giudiziaria esecutiva del mandato della missione. Da quel momento le istituzioni del Kosovo hanno assunto la responsabilità di tutte le indagini, le azioni penali e i procedimenti giudiziari trasferiti (anche se alcuni di essi sono stati invece trasferiti in Stati membri).

La missione si concentra ora dunque sul:

·        monitoraggio sullo svolgimento di processi selezionati, sia penali che civili; 

·         monitoraggio e consulenza per il miglioramento del sistema penitenziario;

·        sostegno operativo per l'attuazione degli accordi per la normalizzazione delle relazioni tra Serbia e Kosovo.

La missione conserva alcune responsabilità esecutive:

·        nel settore della medicina legale (per l'identificazione delle vittime rinvenute in fosse comuni); 

·        nella protezione dei testimoni;

·        nel sostegno alle sezioni specializzate e alla procura specializzata (nelle aree di pertinenza dei crimini di guerra e interetnici, terrorismo e crimini finanziari); 

·        una funzione di supporto alle forze di polizia kosovare, sia per la formazione che per la cooperazione internazionale, con la responsabilità di garantire il mantenimento della sicurezza, come soggetto di seconda istanza.

Il mandato della missione è stato esteso fino al giugno del 2023.

Dopo le difficoltà legate all'emergenza Covid 19, con la Revisione Strategica 2021 l'Unione ha confermato l'intenzione di procedere a una progressiva riduzione del mandato della missione (eventualmente in vista di una sua possibile conclusione, di cui si discute da tempo). Nel documento viene stabilito un percorso di transizione ad una gestione "ordinaria" delle attività di sostegno al Paese, al di fuori del contesto PSDC, con un maggiore coinvolgimento delle istituzionali locali. Nell'ambito di questo si prevede anche che una serie di compiti siano trasferiti all'Ufficio dell'Unione europea in Kosovo. Le attività di   sostegno operativo al dialogo con Belgrado dovrebbero essere trasferite entro il 31 dicembre del 2022, quelle di monitoraggio al termine dell'attuale mandato (giugno 2023). Entro giugno 2023 dovrebbe concludersi anche il Programma di protezione dei testimoni.

La progressiva riduzione delle attività in ambito PSDC viene considerata in linea con gli obiettivi dell'Ue nei confronti del Kosovo, e risponde alla volontà di allineare le relazioni dell'Unione con il Kosovo a quelle con gli altri Paesi dei Balcani occidentali.

Il personale della missione (di cui anche si prevede una progressiva riduzione) è attualmente di circa 420 unità.

 

Alla missione partecipano tutti i 27 Stati dell'Unione, oltre a Canada, Stati Uniti, Svizzera, Norvegia e Turchia.

 

L'Italia partecipa, per il 2021, con 4 unità di personale militare e 17 unità di personale della Polizia di Stato, per un costo complessivo di circa 1 milione e 320 mila euro. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sessione IV: Lo Sviluppo delle capacità per la protezione civile dell'Ue e la clausola di solidarietà: integrazione delle forze armate


 


 

Il meccanismo europeo di protezione civile

L'attuale organizzazione del sistema di protezione civile a livello europeo è basata sul meccanismo di protezione civile dell'Unione europea (Eupcm), strumento nato per rispondere tempestivamente e in maniera efficace alle emergenze che si verificano su un territorio interno o esterno all'Unione, attraverso la condivisione delle risorse di tutti gli Stati membri.

Il meccanismo di protezione civile dell'Unione persegue i seguenti obiettivi:

1.      promuovere la cooperazione fra le autorità nazionali di protezione civile;

2.      rafforzare la consapevolezza e la preparazione del pubblico riguardo alle catastrofi;

3.      attivare un'assistenza rapida, efficace e coordinata alle popolazioni colpite.

La protezione civile comprende:

·        misure preventive per ridurre l'impatto di emergenze o catastrofi future;

·        aiuti forniti da un governo alle popolazioni bisognose a seguito di un'emergenza o di una catastrofe naturale. A seconda della natura della catastrofe tali aiuti possono assumere forme diverse quali: operazioni di ricerca e soccorso; lotta agli incendi boschivi e urbani; spiegamento di personale medico; depurazione dell'acqua; ricoveri di emergenza temporanei; rimpatrio sicuro; ricerca e sviluppo.

I poteri dell’Ue in materia di protezione civile sono sanciti all’articolo 196 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), in virtù del quale l’azione dell’Unione è intesa a:

a)      sostenere e completare l'azione degli Stati membri a livello nazionale, regionale e locale concernente la prevenzione dei rischi, la preparazione degli attori della protezione civile negli Stati membri e l'intervento in caso di calamità naturali o provocate dall'uomo all'interno dell'Unione;

b)     promuovere una cooperazione operativa rapida ed efficace all'interno dell'Unione fra i servizi di protezione civile nazionali;

c)      favorire la coerenza delle azioni intraprese a livello internazionale in materia di protezione civile.

Istituito con decisione del Consiglio del 23 ottobre 2001, il meccanismo di protezione civile dell'Ue è stato riformato dalla decisione n. 1313/2013/UE[1], che ha inteso rafforzare la prevenzione delle catastrofi e la preparazione alle stesse, nonché dalla decisione (UE) 2019/420, che si è posta l'obiettivo di: istituire un pool di risorse supplementari disponibili in situazioni in cui l'insieme delle risorse esistenti non siano sufficienti; rafforzare il pool volontario di risorse nazionali; migliorare la prevenzione dei rischi imponendo agli Stati membri di sviluppare ulteriormente la loro valutazione della capacità di gestione dei rischi e la loro pianificazione della gestione dei rischi; potenziare la formazione e la condivisione di conoscenze.

 

L'articolo 27 della legge europea 2014 (legge n. 115 del 2015), al fine di concorrere al funzionamento del meccanismo unionale di protezione civile denominato Capacità europea di risposta emergenziale (Ercc) ha autorizzato l'impiego di moduli, di mezzi, di attrezzature e di esperti qualificati, specificamente formati. Tale articolo è stato poi abrogato dal decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, "Codice della protezione civile" (art. 48, comma 1, lettera o)).

L'art. 29 del Codice della protezione civile - come modificato dall'art. 19, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 6 febbraio 2020, n. 4 - disciplina la partecipazione del Servizio nazionale alle operazioni di emergenza in ambito internazionale e al meccanismo unionale di protezione civile.  

Tale articolo dispone che, per la partecipazione del Servizio nazionale della protezione civile al "Pool europeo di protezione civile" e a rescEU (vd. infra), istituiti rispettivamente, nell'ambito del meccanismo unionale di protezione civile, dagli articoli 11 e 12 della decisione n. 1313/2013/UE, è autorizzato l'impiego di moduli, mezzi, attrezzature ed esperti qualificati, specificamente formati e registrati nel sistema comune di comunicazione e informazione in caso di emergenza (Cecis)[2], su richiesta del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale nel caso di interventi in Paesi terzi.

Il Capo del Dipartimento della protezione civile se riceve una richiesta di assistenza tramite il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze (Ercc), anche nelle more del decreto di dichiarazione dello stato di mobilitazione, o della deliberazione dello stato di emergenza, può attivare e coordinare le risorse del Servizio nazionale, previa informativa al Presidente del Consiglio dei ministri anche al fine della comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti. Il Capo del Dipartimento della protezione civile può stabilire di non dispiegare le risorse del Pool europeo di protezione civile ove sussistano gli elementi ostativi di cui all'articolo 11, paragrafo 7, della decisione n. 1313/2013/UE e di ritirarle nei casi indicati all'articolo 11, paragrafo 8, della medesima decisione.

Il Dipartimento della protezione civile intraprende ogni iniziativa utile alla partecipazione del Servizio nazionale al Pool europeo di protezione civile e a rescEU, inclusa la conclusione di accordi e convenzioni con amministrazioni e organizzazioni avvalendosi anche delle risorse finanziarie previste dalla decisione n. 1313/2013/UE.

Il Codice della protezione civile definisce il Servizio nazionale della protezione civile quale "il sistema che esercita la funzione di protezione civile costituita dall'insieme delle competenze e delle attività volte a tutelare la vita, l'integrità fisica, i beni, gli insediamenti, gli animali e l'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo". Afferma inoltre che "il Servizio nazionale concorre al perseguimento delle finalità previste dalla normativa dell'Unione europea in materia di protezione civile".

Oltre al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che opera quale componente fondamentale del Servizio nazionale della protezione civile, sono strutture operative nazionali:

a) le Forze armate;

b) le Forze di polizia;

c) gli enti e istituti di ricerca di rilievo nazionale con finalità di protezione civile, anche organizzati come centri di competenza, l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e il Consiglio nazionale delle ricerche;

d) le strutture del Servizio sanitario nazionale;

e) il volontariato organizzato di protezione civile iscritto nell'elenco nazionale del volontariato di protezione civile, l'Associazione della Croce rossa italiana e il Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico;

f) il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente;

g) le strutture preposte alla gestione dei servizi meteorologici a livello nazionale;

g-bis) le articolazioni centrali e periferiche del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo appositamente organizzate per la gestione delle attività di messa in sicurezza e salvaguardia del patrimonio culturale in caso di emergenze derivanti da calamità naturali.

Le modalità e le procedure relative al concorso delle Forze armate alle attività previste dal decreto sono disciplinate - secondo quanto previsto in materia dagli articoli 15, 89, comma 3, 92 e 549-bis del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 "Codice dell'ordinamento militare" - con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sulla proposta del Capo del Dipartimento della protezione civile, di concerto con il Ministro della difesa, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

Al fine di rafforzare ulteriormente il meccanismo di protezione civile dell'Ue è stato adottato da ultimo il regolamento (UE) 2021/836. Le nuove norme prevedono finanziamenti per un totale di 1.263 milioni di euro per il periodo 2021-2027 e un importo pari a un massimo di 2.056 milioni di euro per attuare le misure di protezione civile destinate a fronteggiare l'impatto della crisi Covid-19 previste nello strumento dell'Ue per la ripresa.

Il meccanismo di protezione civile è stato attivato più di 420 volte dal 2001. Recenti attivazioni includono: il ciclone tropicale Idai in Mozambico (2019); il terremoto in Croazia (2020); gli incendi boschivi in Albania, Grecia, Italia, Macedonia del Nord e Turchia (2021); l'emergenza sanitaria Covid-19 (2020 e 2021).

La Commissione riferisce di aver coordinato e cofinanziato, attraverso il meccanismo, consegne di oltre 15 milioni di forniture mediche a quasi 30 Paesi in Europa e nel mondo; oltre a svolgere un ruolo di coordinamento, l'Ue finanzia inoltre il 75% dei costi di trasporto del materiale inviato (per maggiori dettagli si rinvia alla pagina web dedicata).

 

Inoltre, per rispondere all'epidemia di Covid-19, il 28 gennaio 2020 la presidenza croata ha deciso di attivare il meccanismo dei dispositivi integrati dell'Ue per la risposta politica alle crisi (IPCR), che costituiscono il quadro dell'Ue per il coordinamento di crisi intersettoriali al più alto livello politico, in modalità "condivisione delle informazioni". Alla luce dell'evolversi della situazione e dei diversi settori interessati (sanità, consolati, protezione civile, economia), il 2 marzo 2020 la presidenza ha aumentato il livello di attivazione del meccanismo IPCR, passando alla modalità "piena attivazione".

Nel dettaglio, la decisione n. 1313/2013/UE come modificata afferma che il meccanismo unionale mira a garantire in primo luogo la protezione delle persone, ma anche dell’ambiente e dei beni, compreso il patrimonio culturale, da ogni tipo di catastrofi naturali e provocate dall’uomo, fra cui le conseguenze di atti di terrorismo, le catastrofi tecnologiche, radiologiche o ambientali, l’inquinamento marino, il dissesto idrogeologico e le emergenze sanitarie gravi, che si verifichino all’interno e al di fuori dell’Unione.

Gli obiettivi specifici del meccanismo sono:

a)      conseguire un livello elevato di protezione contro le catastrofi prevenendone o riducendone gli effetti potenziali, promuovendo una cultura di prevenzione e migliorando la cooperazione fra la protezione civile e gli altri servizi competenti;

b)     migliorare la preparazione a livello nazionale e dell’Unione in risposta alle catastrofi;

c)      facilitare una risposta rapida ed efficace in caso di catastrofi in atto o imminenti, anche adottando misure tese a mitigarne le conseguenze immediate;

d)     rafforzare la consapevolezza e la preparazione dei cittadini nei confronti delle catastrofi;

e)      aumentare la disponibilità e l’uso di conoscenze scientifiche sulle catastrofi;

f)      intensificare le attività di cooperazione e coordinamento a livello transfrontaliero e fra Stati membri esposti allo stesso tipo di catastrofi.

La prevenzione delle catastrofi è un obiettivo fondamentale del meccanismo, che pone particolare enfasi sulla pianificazione della valutazione del rischio e sulla capacità di gestione dei rischi.

In particolare, in base alla citata decisione (UE) 2019/420 gli Stati membri sono tenuti a: sviluppare ulteriormente la valutazione della capacità di gestione dei rischi a livello nazionale o subnazionale appropriato; mettere a disposizione della Commissione europea, ogni tre anni, un riepilogo degli elementi pertinenti delle valutazioni, concentrandosi sui rischi chiave; partecipare, su base volontaria, a revisioni fra pari della valutazione della capacità di gestione del rischio.

Al fine di migliorare la preparazione e la capacità di risposta alle catastrofi a livello dell’Unione europea, è disponibile il Centro di coordinamento della risposta alle emergenze (Ercc), centro nevralgico di comunicazione e cooperazione a disposizione di tutti i soggetti operanti nel campo della protezione civile, gestito dalla Commissione europea a Bruxelles, con una capacità operativa 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Il centro assicura la cooperazione e la coerenza dell'azione dell'Ue a livello internazionale concentrandosi sui meccanismi di coordinamento con il Servizio europeo per l'azione esterna, il Consiglio e gli Stati membri dell'Ue.

Ulteriori strumenti del meccanismo di protezione civile sono:

 

Il dispositivo RescEU

Con la decisione (UE) 2019/420 è stato inoltre istituito "rescEU", un pool aggiuntivo di capacità per fornire assistenza in situazioni in cui le capacità globali esistenti a livello nazionale e le capacità precedentemente assegnate dagli Stati membri al pool europeo di protezione civile si rivelino insufficienti nel garantire una risposta efficace.

La Commissione europea definisce le capacità di rescEU mediante atti di esecuzione, tenendo conto:

·        dei rischi individuati ed emergenti;

·        dell’insieme delle risorse e delle carenze a livello di Unione, in particolare nei seguenti settori:

-       lotta contro gli incendi di foreste con mezzi aerei;

-       incidenti di tipo chimico, biologico, radiologico e nucleare;

-       la risposta sanitaria d’emergenza.

La dotazione di rescEU inizialmente comprendeva mezzi aerei per combattere gli incendi boschivi, capacità di evacuazione sanitaria con mezzi aerei, capacità di personale medico di emergenza e di stoccaggio di materiali sanitari. Il suo campo di applicazione si è successivamente evoluto per coprire le capacità di decontaminazione nell’area degli incidenti chimici, biologici, radiologici e nucleari (CBRN).

La decisione di esecuzione (UE) 2019/570 ha definito la composizione di rescEU in termini di capacità e requisiti di qualità.

La Commissione ha in seguito modificato tale decisione di esecuzione con:

1.      la decisione di esecuzione (UE) 2019/1930 che prevede due diverse tipologie di capacità di evacuazione medica (Medevac), rispettivamente per:

a.      vittime di catastrofi affette da malattie altamente infettive;

b.      vittime di catastrofi non affette da malattie infettive.

2.      la decisione di esecuzione (UE) 2020/414 in risposta alle conclusioni del Consiglio sul Covid-19, che prevede la costituzione di scorte di contromisure mediche, attrezzature mediche per la terapia intensiva e dispositivi di protezione individuale volti a contrastare gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero nell’ambito delle capacità di rescEU;

3.      la decisione di esecuzione (UE) 2020/452, che stabilisce le capacità di rescEU per la gestione di rischi poco probabili dall’impatto molto elevato. Per stabilire tali capacità, le categorie dei rischi poco probabili dall’impatto molto elevato vengono definite tenendo conto dei possibili scenari per tali rischi;

4.      la decisione di esecuzione (UE) 2021/88, che ha ampliato l'ambito di applicazione per coprire le capacità di rescEU nella decontaminazione da agenti CBRN di infrastrutture, edifici, veicoli, attrezzature e prove fondamentali (tali capacità possono anche includere un’adeguata decontaminazione delle persone colpite, anche in caso di incidenti mortali).

Ulteriori disposizioni di esecuzione per rescEU sono definite nella decisione di esecuzione (UE) 2019/1310, che definisce le regole necessarie per le operazioni di rescEU, quali ad esempio i criteri per le decisioni sulla mobilitazione delle risorse e sulle richieste contrastanti, le regole per la smobilitazione, per l’utilizzo nazionale delle risorse e altre disposizioni.

La partecipazione al meccanismo europeo di protezione civile e i vari mezzi sopra elencati sono aperti a tutti i Paesi dello Spazio economico europeo (See), ai Paesi in via di adesione e candidati e ai Paesi potenziali candidati. Partecipano attualmente al meccanismo gli Stati membri dell'Ue nonché l’Islanda, il Montenegro, la Macedonia del Nord, la Norvegia, la Serbia e la Turchia.

 

Il Fondo di solidarietà dell'Unione europea

Per quanto riguarda le risorse finanziarie occorre ricordare che, a partire dal 2002, l'Unione europea si è dotata di uno specifico canale di finanziamento, il Fondo di solidarietà dell'Unione europea (Fsue), al fine di rispondere alle grandi calamità naturali ed esprimere la solidarietà europea alle regioni colpite all'interno dell'Ue. Istituito a seguito delle gravi inondazioni che hanno devastato l'Europa centrale nell'estate del 2002, il Fondo è stato utilizzato in risposta a diversi tipi di catastrofi, fra cui inondazioni, incendi forestali, terremoti, tempeste e siccità[3].

Il regolamento (CE) n. 2012/2002, istitutivo del Fondo, è stato modificato e integrato dal regolamento (UE) n. 661/2014 e, da ultimo, dal regolamento (UE) 2020/461. In seguito alla pandemia di Covid-19, a partire dal 1º aprile 2020, il campo di applicazione del Fondo è stato infatti esteso per ricomprendervi le principali emergenze sanitarie.

Il Fondo può essere mobilitato - su richiesta di uno Stato membro o di un Paese con cui sono in corso i negoziati di adesione all’Unione ("Stato ammissibile") - qualora si producano serie ripercussioni sulle condizioni di vita dei cittadini, sulla salute umana, sull’ambiente naturale o sull’economia di una o più regioni a seguito del verificarsi di:

a)      una catastrofe naturale grave o regionale;

b)     una grave emergenza di sanità pubblica.

Nello specifico, il Fondo può fornire aiuti finanziari nel caso di:

·        "grave catastrofe" (danni diretti totali superiori a 3 miliardi di euro a prezzi 2011 oppure allo 0,6% dell'RNL dello Stato colpito, se tale importo è inferiore);

·        catastrofi di entità minore, le cosiddette "catastrofi regionali" (danni diretti totali superiori all'1,5% del PIL regionale, a livello NUTS2[4]. Per le regioni ultraperiferiche si applica la soglia dell'1% del PIL regionale);

·        uno Stato ammissibile colpito dalla stessa grave catastrofe di uno Stato limitrofo ammissibile;

·        "grave emergenza sanitaria" (il costo totale delle misure di risposta all'emergenza è stimato superiore a 1,5 miliardi di euro a prezzi 2011, oppure superiore allo 0,3% del suo RNL).

Il Fondo può inoltre integrare la spesa pubblica degli Stati membri per finanziare i seguenti interventi di emergenza:

·        ripristinare la funzionalità delle infrastrutture e degli impianti nei settori dell'energia, dell'acqua, delle acque reflue, delle telecomunicazioni, dei trasporti, della sanità e dell'istruzione;

·        realizzare misure provvisorie di alloggio e finanziare servizi di soccorso destinati a soddisfare le necessità della popolazione colpita;

·        mettere in sicurezza le infrastrutture di prevenzione e adottare misure di protezione del patrimonio culturale;

·        ripulire le zone danneggiate, comprese le zone naturali, in linea, se del caso, con approcci eco-compatibili e ripristinare immediatamente le zone naturali colpite al fine di evitare gli effetti immediati legati all'erosione del suolo;

·        fornire rapidamente assistenza, anche medica, alla popolazione colpita da una grave emergenza sanitaria;

·        proteggere la popolazione dal rischio di subire conseguenze, anche per quanto riguarda la prevenzione, il monitoraggio o il controllo della diffusione di malattie, la lotta contro i gravi rischi per la salute pubblica o l'attenuazione del loro impatto sulla salute pubblica.

Gli aiuti del Fondo di solidarietà possono raggiungere una quota annuale massima di 500 milioni di euro (a prezzi 2011) oltre allo stanziamento non speso dell'anno precedente in aggiunta al normale bilancio dell'Ue. Le singole sovvenzioni devono essere approvate dal Parlamento europeo e dal Consiglio su proposta della Commissione. Un quarto di tale importo deve rimanere a disposizione il 1° ottobre di ogni anno per far fronte a eventuali esigenze fino alla fine dell'anno. In casi eccezionali e di insufficienza delle risorse residue disponibili, l'ammanco viene coperto attingendo al bilancio dell'anno successivo.

 

Sostegno di emergenza all'interno dell'Unione europea

Si segnala inoltre il regolamento (UE) n. 2016/369, del 15 marzo 2016, sulla fornitura di sostegno di emergenza all'interno dell'Unione, che stabilisce il quadro entro cui può essere concesso un sostegno umanitario di emergenza dell'Ue - attraverso misure specifiche adeguate alla situazione economica - in caso di catastrofi naturali o provocate dall'uomo, in atto o potenziali.

A seguito della pandemia di Covid-19, il Consiglio ha adottato il regolamento (UE) 2020/521 inteso ad avviare misure di sostegno di emergenza a norma del regolamento (UE) 2016/369. Il periodo di attivazione decorre dal 1° febbraio 2020 al 31 gennaio 2022.

Ai sensi del regolamento (UE) n. 2016/369, il Consiglio decide in merito all’attivazione del sostegno di emergenza sulla base di una proposta della Commissione europea. La Commissione deve monitorare le azioni che hanno ricevuto un finanziamento e presentare al Consiglio una valutazione sul sostegno erogato durante una data attivazione, o sulle proposte di porre fine al sostegno, al più tardi 12 mesi dopo l’attivazione del sostegno di emergenza. La Commissione deve garantire che i fondi utilizzati siano esenti da frode, corruzione o altre attività illegali che possono ledere gli interessi finanziari dell’Unione.

Il regolamento intende integrare altri strumenti di finanziamento dell’Unione, come il Fondo asilo, migrazione e integrazione, il Fondo sicurezza interna e il Fondo di aiuti europei agli indigenti.

Per quanto concerne le misure speciali per il Covid-19, l’Unione è autorizzata a mobilitare 2,7 miliardi di euro che devono essere utilizzati per finanziare interventi di supporto sanitario di emergenza quali: acquisto, stoccaggio e distribuzione congiunti delle risorse essenziali; potenziamento dello sviluppo di farmaci e metodi di test; realizzazione di ospedali temporanei e istituzione di strutture temporanee di quarantena; assistenza per il trasporto transfrontaliero di pazienti negli ospedali con posti disponibili. È inoltre possibile finanziare altre azioni a seconda delle esigenze in evoluzione dei Paesi, degli ospedali, dei medici e dei pazienti nell’Unione.

La Commissione può finanziare organizzazioni partner, quali organizzazioni non governative, servizi specializzati dei paesi dell’Unione, autorità nazionali e altri enti pubblici, organizzazioni internazionali e loro agenzie. Le tipologie di potenziali beneficiari dell’assistenza finanziaria per l’attuazione di azioni finanziate sono state ampliate in seguito alla pandemia di Covid-19 e, laddove opportuno e necessario per l’attuazione di un intervento, possono essere ammissibili organizzazioni ed entità dotate delle competenze necessarie o attive nel settore del soccorso in caso di catastrofe, come: prestatori di servizi privati; produttori di apparecchiature; scienziati e istituzioni di ricerca.

Il finanziamento può coprire il 100 % dei costi diretti e indiretti fino al termine del periodo di attivazione. I costi diretti possono comprendere: l’acquisto, la preparazione, la raccolta, il trasporto, la conservazione e la distribuzione di beni e servizi; i costi di investimento per azioni o progetti direttamente collegati al raggiungimento degli obiettivi della relativa attivazione del sostegno di emergenza.

 

Coordinamento civile-militare umanitario (CMCoord) e la clausola di solidarietà

L'Unione europea promuove inoltre il coordinamento fra attori civili e militari nelle emergenze. Le strategie di coordinamento comprendono:

·        la coesistenza;

·        la cooperazione.

CMCoord è ritenuto essenziale per mantenere una chiara distinzione fra gli aiuti civili e umanitari da un lato e militari dall'altro, evitando la duplicazione degli sforzi.

Alcune emergenze umanitarie e disastri richiedono capacità che possono essere rese disponibili solo dalle forze militari (come il trasporto aereo e marittimo strategico, il supporto medico e le capacità di evacuazione, capacità ingegneristiche, ecc). I soccorritori umanitari e di protezione civile possono richiedere il supporto dei militari, nel caso in cui non sia disponibile alcuna opzione civile o commerciale. In via eccezionale, potrebbe anche essere necessaria l'assistenza dei militari affinché gli operatori umanitari possano fornire aiuti e operare in situazioni di emergenza complesse.

Si segnala infine la decisione n. 2014/415/UE del Consiglio, del 24 giugno 2014, relativa alle modalità di attuazione da parte dell'Unione della clausola di solidarietà.

In linea con l’articolo 222, par. 1 e par. 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il Consiglio ha precisato gli strumenti per garantirne l’attuazione effettiva, le ipotesi di ritiro dei dispositivi utilizzati e le forme di monitoraggio. La clausola di solidarietà consente all'Unione europea e agli Stati membri di agire congiuntamente per aiutare un altro Paese dell'Ue vittima di un attacco terroristico o di una catastrofe naturale o provocata dall'uomo.

Uno Stato membro può invocare la clausola di solidarietà se ritiene che la crisi da cui è colpito oltrepassi le proprie capacità di risposta. Deve in tal caso rivolgere la sua richiesta alla presidenza del Consiglio dell'Ue e al presidente della Commissione europea attraverso il centro di coordinamento della risposta alle emergenze della Commissione (Ercc).

Una volta invocata la clausola di solidarietà, l'Ue mobilita gli strumenti e le strutture di cui dispone, compresi gli strumenti settoriali, operativi, strategici o finanziari, come il meccanismo di protezione civile dell'Ue, gli strumenti previsti dalla strategia di sicurezza interna dell'Ue e le strutture istituite nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC). Il Consiglio assicura la direzione politica e strategica della risposta, tenendo conto delle competenze della Commissione e dell'Alto rappresentante; attiva inoltre i dispositivi integrati per la risposta politica alle crisi (IPCR) per garantire una reazione coerente a livello unionale.

La clausola si applica:

·        a catastrofi naturali o attacchi terroristici all'interno del territorio terrestre, delle acque territoriali o dello spazio aereo dell'Unione europea;

·        alla protezione delle infrastrutture (ad esempio impianti offshore per l'estrazione di petrolio e di gas) nelle acque territoriali dei paesi dell'Ue;

·        indipendentemente dal fatto che la crisi abbia origine all'interno o al di fuori dell'UE.



[1] In attuazione della citata decisione n. 1313/2013/UE è stata emanata la decisione 16 ottobre 2014, n. 762.

[2] Un'applicazione online di allerta e notifica che consente lo scambio di informazioni in tempo reale.

[3] Nel maggio del 2019 la Commissione ha pubblicato una valutazione dell'operato del Fondo dalla sua creazione nel 2002 e ha formulato raccomandazioni per il futuro. La valutazione evidenzia l'elevato valore aggiunto del Fondo nel sostenere gli sforzi per le emergenze e la ripresa e nell'alleviare l'onere finanziario che grava sulle autorità nazionali e regionali. La Commissione rende inoltre nota l'erogazione, alla data del 18 novembre 2019, di 5,2 miliardi di euro a favore di 24 Paesi europei, fra cui un importo di 1,2 miliardi di euro per i terremoti del 2016/2017 nell'Italia centrale.

[4] La "nomenclatura delle unità territoriali per la statistica" (NUTS) è stata elaborata dall’Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat) al fine di adottare uno standard statistico comune in tutta l’Ue. I livelli NUTS rappresentano aree geografiche utilizzate per raccogliere dati armonizzati nell’Ue. La nomenclatura attualmente in uso suddivide i Stati membri in tre categorie, a seconda di soglie di popolazione specifiche: livello NUTS 1 (comprende gli Stati membri più piccoli come la Danimarca, l’Irlanda, i länder tedeschi e le altre regioni più grandi); livello NUTS 2 (comprende le regioni autonome della Spagna, le regioni francesi e i dipartimenti d’oltremare, i voivodati polacchi, ecc.); livello NUTS 3 (include i Nomoi greci, i Maakunnat in finlandesi, i Län svedesi, ecc).