Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: RUE - Ufficio SG - Ufficio Rapporti con l'Unione europea
Titolo: Riunione interparlamentare sulla politica agricola comune e la politica di coesione - Bucarest, 19-20 marzo 2019
Serie: Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari   Numero: 19
Data: 14/03/2019
Organi della Camera: V Bilancio, XIII Agricoltura, XIV Unione Europea

        

 

XVIII LEGISLATURA

 

Documentazione per le Commissioni

RIUNIONI INTERPARLAMENTARI

 

 

 

 

Riunione interparlamentare sulla politica agricola comune e la politica di coesione

Bucarest, 19-20 marzo 2019

 

 

 

 

 

Senato della Repubblica

Servizio Studi                  Dossier europei

n. 45

Camera dei deputati

Ufficio Rapporti con l’Unione europea

n. 19

 


 

 

Servizio Studi

Tel. 06 6706-2451 - studi1@senato.it - Twitter_logo_blue.png @SR_Studi

Dossier europei n. 45

 

 

 

 

 

 

Ufficio rapporti con l’Unione europea

Tel. 06-6760-2145 - cdrue@camera.it

Dossier n. 19

 

 

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.


 

INDICE

Ordine del giorno

Introduzione

Schede di lettura.. 1

Sessione I: Il bilancio della politica agricola comune.. 3

Introduzione - Il settore agricolo nell’UE. 3

La politica agricola comune. 4

La proposta della Commissione europea per la nuova PAC
2021-2027. 6

La posizione del Parlamento europeo. 12

I negoziati in Consiglio. 13

Sessione II: Supportare i piccoli agricoltori nel nuovo contesto di bilancio e nella rivoluzione digitale nell’ambito della catena alimentare.. 15

Distribuzione più equa dei pagamenti agli agricoltori e alle piccole e medie aziende agricole. 15

Incoraggiare maggiori investimenti nella ricerca, nell’innovazione e nelle nuove tecnologie. 20

Sessione III: Coesione e competitività territoriale, sviluppo regionale e pari opportunità.. 25

Introduzione. 25

La proposta della Commissione europea per la politica di coesione post-2020  26

Le principali caratteristiche della politica di coesione 2021-2027. 30

Posizione del Parlamento europeo. 36

Negoziati a livello di Consiglio. 36

 


 


Introduzione

La Conferenza interparlamentare sulla politica agricola comune e la politica di coesione (Bucarest, 19-20 marzo 2019) rientra tra quelle previste nell’ambito della dimensione parlamentare della Presidenza rumena del Consiglio dell’UE.

In base al programma dei lavori, la Conferenza si aprirà con una sessione introduttiva durante la quale interverranno i Presidenti della Camera dei deputati e del Senato del Parlamento rumeno, Liviu Dragnea e C?lin Popescu-T?ricenau, e il Presidente della Commissione per l'agricoltura, la silvicoltura, l’industria alimentare e i servizi specifici della Camera dei deputati rumena, Alexandru St?nescu.

I lavori si articoleranno poi in tre sessioni tematiche:

1.     “Il bilancio della politica agricola comune”;

2.     “Supportare i piccoli agricoltori nel nuovo contesto di bilancio e nella rivoluzione digitale nell’ambito della catena alimentare”;

3.     “Coesione e competitività territoriale, sviluppo regionale e pari opportunità”.

Al termine, è previsto l’intervento conclusivo del Presidente della Commissione per l'agricoltura, la silvicoltura, l’industria alimentare e i servizi specifici della Camera dei deputati rumena, Alexandru St?nescu.

Sono invitati a partecipare fino a due rappresentati per ciascun ramo del Parlamento.

I temi della riunione investono prevalentemente le competenze delle Commissioni Bilancio e Agricoltura.

 


 


Schede di lettura


 

 


Sessione I: Il bilancio della politica agricola comune

Introduzione - Il settore agricolo nell’UE

Secondo la Comunicazione della Commissione europea “Il futuro dell'alimentazione e dell'agricoltura” (COM(2017)713), il settore agricolo e le zone rurali dell'UE contribuiscono in modo fondamentale al benessere e al futuro dell'Unione. In particolare, la Commissione europea evidenzia che:

·       l'UE è uno dei principali produttori mondiali di prodotti alimentari e garantisce sicurezza alimentare a oltre 500 milioni di cittadini europei;

·       il settore agricolo unionale, che compete, ai prezzi del mercato mondiale, nella maggior parte dei comparti, è all'avanguardia in termini di diversità e qualità dei prodotti alimentari ed è il più importante esportatore mondiale di prodotti agroalimentari (131 miliardi di euro nel 2016);

·       gli agricoltori dell'UE sono i primi custodi dell'ambiente naturale, poiché curano le risorse del suolo, dell'acqua, dell'aria e della biodiversità sul 48% del territorio dell'UE (i silvicoltori si occupano di un ulteriore 36%) e sono all'origine degli essenziali pozzi di assorbimento del carbonio e dell'approvvigionamento delle risorse rinnovabili per l'industria e l'energia;

·       un gran numero di posti di lavoro dipende dall'attività agricola, sia all'interno del comparto (che dà un lavoro regolare a 22 milioni di persone) che nel più ampio settore alimentare (le aziende agricole, le aziende per la trasformazione dei prodotti alimentari e i relativi servizi al dettaglio assicurano circa 44 milioni di posti di lavoro);

·       le zone rurali, dove vive circa il 55% della popolazione dell’UE, sono basi importanti d'occupazione, attività ricreative e turismo.

Tuttavia, la Commissione europea rileva che, a differenza della maggior parte degli altri settori economici, l'agricoltura è fortemente influenzata dalle condizioni meteorologiche ed è spesso messa a dura prova dalla volatilità dei prezzi e da calamità naturali, parassiti e malattie, il che fa sì che ogni anno almeno il 20% degli agricoltori perda più del 30% del reddito rispetto alla media degli ultimi tre anni. Allo stesso tempo, la pressione sulle risorse naturali, in parte per effetto di alcune attività agricole, e i cambiamenti climatici minacciano di aggravare ulteriormente la situazione.

La politica agricola comune, pertanto, dovrebbe favorire la transizione verso un'agricoltura più sostenibile. Il settore si trova ad affrontare anche problemi di bassa redditività (dovuta anche agli elevati standard di produzione dell'UE), di costo elevato dei fattori di produzione e della frammentarietà del settore primario.

La politica agricola comune

Secondo l’articolo 38 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) l'Unione definisce e attua una politica comune dell'agricoltura (PAC) i cui obiettivi specifici (articolo 39 TFUE) sono:

·       incrementare la produttività dell'agricoltura, sviluppando il progresso tecnico e assicurando un impiego ottimale dei fattori di produzione, in particolare della manodopera;

·       assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola;

·       stabilizzare i mercati;

·       garantire la sicurezza degli approvvigionamenti;

·       assicurare prezzi ragionevoli nelle consegne ai consumatori.

La PAC contribuisce, inoltre, alle priorità dell’UE quali la creazione di posti di lavoro e la crescita economica, la lotta ai cambiamenti climatici e la promozione dello sviluppo sostenibile.

La PAC è fondata su due pilastri:

- Primo pilastro: costituito a sua volta da due strumenti:

·       sostegno al reddito degli agricoltori (i cosiddetti pagamenti diretti): si tratta dei pagamenti effettuati direttamente agli agricoltori al fine di fornire loro una rete di sicurezza. In particolare, il sostegno diretto intende garantire che: gli agricoltori ricevano un sostegno al reddito quando coltivano i propri terreni agricoli e rispettano le norme in materia di sicurezza alimentare, ambientale e di benessere degli animali (cd. criteri di condizionalità); gli Stati membri mantengano attività agricole adatte alla loro situazione climatica o geografica; i produttori reagiscano ai segnali del mercato in modo da produrre i beni richiesti dai consumatori, consentendo di massimizzare i loro profitti; gli agricoltori che non soddisfano alcuni requisiti in materia di salute pubblica, animale e vegetale, ambiente e benessere degli animali possano ricevere un sostegno inferiore o non ricevere alcun sostegno;

I pagamenti diretti costituiscono la quota maggiore (72%) dell’attuale bilancio agricolo dell’UE. Inoltre, sono circa 7 milioni gli agricoltori in tutta l’Unione che beneficiano di pagamenti diretti che, spesso, rappresentano una quota rilevante del loro reddito agricolo (negli ultimi dieci anni, in media, quasi metà del reddito degli agricoltori proveniva da questo sostegno diretto). Il pagamento di base è in funzione del numero di ettari coltivati, integrato poi eventualmente da una serie di altri regimi di sostegno mirati a specifici obiettivi o tipologie di agricoltori.

·       le misure di mercato: istituite al fine di controbilanciare gli effetti dell'elevata volatilità dei prezzi sui mercati agricoli nell'UE. L'Organizzazione comune dei mercati (OCM) intende garantire la diversità, la disponibilità e l'accessibilità economica e la sicurezza dei suoi prodotti agricoli e comporta di: basarsi sulle norme del mercato comune per i beni e i servizi, creando strumenti politici specifici che contribuiscono a migliorare il funzionamento dei mercati agricoli; definire parametri per intervenire sui mercati agricoli e fornire un sostegno specifico per settore; includere norme sulla commercializzazione dei prodotti agricoli e sul funzionamento delle organizzazioni di produttori e interprofessionali; affrontare questioni connesse al commercio internazionale e alle regole di concorrenza.

- Secondo pilastro: è costituito dalla politica di sviluppo rurale, che punta a: migliorare la competitività del settore agricolo, anche mediante la modernizzazione delle aziende agricole, promovendo la diffusione delle tecnologie e dell'innovazione; tutelare l'ambiente e mitigare i cambiamenti climatici; uno sviluppo territoriale equilibrato delle zone rurali; assicurare il ricambio generazionale nel settore agricolo.

Mentre le misure del primo pilastro sono obbligatorie per gli Stati membri e, salvo in rari casi, non sono oggetto di cofinanziamento nazionale, il secondo pilastro è cofinanziato dagli Stati membri e attuato tramite programmi di sviluppo che soddisfano le priorità dell’Unione per lo sviluppo rurale a livello nazionale, regionale e locale.

La proposta della Commissione europea per la nuova PAC 2021-2027

La proposta della Commissione europea relativa al nuovo quadro finanziario pluriennale (QFP) per il periodo 2021-2027 (COM(2018)322), presentata il 2 maggio 2018, delinea il quadro di bilancio e i principali orientamenti per la politica agricola comune (PAC). Facendo seguito alla suddetta proposta, il 1° giugno 2018, la Commissione europea ha presentato un pacchetto di regolamenti recanti il quadro legislativo della PAC per il periodo 2021-2027. Si tratta delle seguenti tre iniziative:

·       proposta di regolamento COM(2018)392 recante norme sul sostegno ai piani strategici che gli Stati membri devono redigere nell'ambito della politica agricola comune (piani strategici PAC) e finanziati dal FEAGA e dal FEASR e che abroga i regolamenti (UE) n. 1305/2013 e 1307/2013 (di seguito: regolamento sui piani strategici della PAC);

·       proposta di regolamento COM(2018)393 sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune e che abroga il regolamento (UE) n. 1306/2013 (di seguito: regolamento orizzontale della PAC);

·       proposta di regolamento COM(2018)394 che modifica i regolamenti (UE) n. 1308/2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, (UE) n. 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari, (UE) n. 251/2014 concernente la definizione, la designazione, la presentazione, l'etichettatura e la protezione delle indicazioni geografiche dei prodotti vitivinicoli aromatizzati, (UE) n. 228/2013 recante misure specifiche nel settore dell'agricoltura a favore delle regioni ultraperiferiche dell'Unione e (UE) n. 229/2013 recante misure specifiche nel settore dell'agricoltura a favore delle isole minori del Mar Egeo (di seguito: il regolamento di modifica).

Per la nuova PAC 2021-2027, la Commissione europea ha proposto una dotazione finanziaria di circa 365 miliardi di euro (a prezzi correnti che tengono conto di un tasso di inflazione annuo del 2%), così ripartiti:

·       286,1 miliardi di euro per le spese del primo pilastro, che finanzia i pagamenti diretti agli agricoltori (circa 267 miliardi) e le misure di mercato (circa 20 miliardi) attraverso il Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA);

·       78,8 miliardi di euro per le spese del secondo pilastro, che finanzia i programmi per lo sviluppo rurale attraverso il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) in regime di cofinanziamento.

La Commissione europea ha presentato il bilancio per la nuova PAC anche a prezzi costanti 2018, per un ammontare totale pari a 324,2 miliardi di euro, di cui 254,2 miliardi di euro per il FEAGA e 70 miliardi di euro per il FEASR.

Nella tabella sottostante, si riporta la dotazione finanziaria proposta dalla Commissione europea per la PAC 2021-2027, espressa sia a prezzi correnti, che a prezzi costanti.

Si tratta di una dotazione inferiore rispetto a quella prevista per la PAC 2014-2020: la Commissione europea, al fine di aumentare i finanziamenti in alcuni ambiti (ricerca e innovazione, ambiente, migrazione e difesa) e tenuto conto anche dell’uscita del Regno Unito dall’Unione, ha proposto risparmi nei settori più tradizionali, quali la PAC e la politica di coesione.

Tuttavia, non è semplice quantificare l’entità esatta della riduzione di risorse per la nuova PAC rispetto alla PAC 2014-2020; sembrerebbe comunque maggiore se si prende a base del confronto la dotazione proposta dalla Commissione europea per il 2021-2027 a prezzi costanti rispetto a quella proposta a prezzi correnti.

Per cercare di quantificare l’entità della suddetta riduzione, il Parlamento europeo ha predisposto una nota tematica (sinteticamente riassunta nella tabella sottostante) con cui ha confrontato la dotazione proposta a prezzi costanti per la PAC 2021-2027 (corrispondente al 28,5% del bilancio complessivo) con:

1) la dotazione PAC 2014-2020 per un’UE a 28 (colonna A della tabella), che sarebbe pari a 411 miliardi di euro (36,1% del totale del QFP 2014-2020);

2) la dotazione prevista per l'esercizio finanziario 2020, riferendola a un’UE a 27 (quindi tolte le spese per il Regno Unito) e moltiplicandola per sette anni (colonna B della tabella), che sarebbe pari a 367,6 miliardi di euro (33,2% del QFP totale). In questo caso, la riduzione delle risorse per il nuovo ciclo di programmazione 2021-2027 sarebbe del 12% (solo del 3%, invece, se si confronta con la dotazione proposta dalla Commissione europea a prezzi correnti);

3) la dotazione PAC 2014-2020 per un’UE a 27 (quindi tolte le spese per il Regno Unito) (colonna C della tabella), che sarebbe pari a 382,8 miliardi di euro (35,3% del QFP totale). In questo caso, la riduzione delle risorse per il nuovo ciclo di programmazione 2021-2027 sarebbe del 15% (solo del 5%, invece, se si confronta con la dotazione proposta dalla Commissione europea a prezzi correnti).

Il primo pilastro vedrebbe una diminuzione del 7% o dell'11%, mentre il secondo pilastro registrerebbe una diminuzione maggiore: 25% o 28%.

 

 

I due grafici seguenti (Fonte Commissione europea) mostrano, inoltre, le dotazioni finanziarie per Stato membro espresse, rispettivamente, a prezzi correnti e a prezzi costanti.

L’Italia avrebbe una dotazione complessiva di circa 36,3 miliardi di euro a prezzi correnti (24,9 miliardi per i pagamenti diretti, circa 2,5 miliardi per le misure di mercato e circa 8,9 miliardi per lo sviluppo rurale) e di circa 32,3 miliardi di euro a prezzi costanti (oltre 22,1 miliardi per i pagamenti diretti, circa 2,2 miliardi per le misure di mercato e 7,9 miliardi per lo sviluppo rurale). Si tratta di una riduzione rispetto agli oltre 41 miliardi della PAC 2014-2020, di cui 27 miliardi per i pagamenti diretti, 4 miliardi per le misure di mercato e 10,5 miliardi per lo sviluppo rurale.

L'Italia sarebbe dunque il quarto Paese beneficiario dei fondi PAC 2021-2027, dopo Francia (62,3 miliardi a prezzi correnti; 55,3 miliardi a prezzi costanti), Spagna (43,7 miliardi; 38,9 miliardi) e Germania (40,9 miliardi; 36,4 miliardi).

La posizione del Parlamento europeo

Il 14 novembre 2018 il Parlamento europeo ha approvato (con 429 voti a favore, 207 voti contrari e 40 astensioni) la "Relazione interlocutoria sul quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027 – posizione del Parlamento in vista di un accordo", con la quale ha chiesto di mantenere il finanziamento della PAC per l'UE-27 al livello del bilancio 2014-2020 in termini reali.

In pratica, il Parlamento europeo ha chiesto una dotazione complessiva per la PAC 2021-2027 di 383,2 miliardi di euro a prezzi costanti 2018 (contro i 324 miliardi della Commissione europea) ovvero di 431,9 miliardi di euro a prezzi correnti (contro i 365 miliardi di euro della Commissione europea).

Di seguito, una tabella che confronta la posizione del Parlamento europeo con la proposta della Commissione europea e con l’ammontare del QFP 2014-2020 per un’UE a 27 (tolte le spese per il Regno Unito).


 

 

Milioni di euro - prezzi 2018

 

QFP 2014-2020 (UE27+FES)

Proposta della Commissione 2021-2027

Posizione del Parlamento 2021-2027

FEAGA+FEASR

di cui:

382.855

324.284

383.255

Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA)

286.143

254.247

 

Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)

96.712

70.037

 

 

Milioni di euro - prezzi correnti

 

QFP 2014-2020 (UE27+FES)

Proposta della Commissione 2021-2027

Posizione del Parlamento 2021-2027

FEAGA+FEASR

di cui:

375.429

365.006

431.946

Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA)

280.351

286.195

 

Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)

95.078

78.811

 

 

I negoziati in Consiglio

I negoziati in Consiglio seguono necessariamente quelli più ampi sul prossimo QFP 2021-2027. Per quanto riguarda comunque la dotazione complessiva per la nuova PAC, si registra in sostanza una divisione tra Paesi che si oppongono ai tagli alla PAC (tra cui Italia, Francia, Spagna, Grecia, Portogallo, Romania e Polonia), alcuni dei quali rilevano, tra l’altro, come una politica agricola più moderna e orientata a nuovi obiettivi (tutela dell'ambiente, contrasto al cambiamento climatico) non possa prescindere da un adeguato livello di risorse, e Paesi che, d’accordo con la proposta della Commissione europea, ritengono inevitabili i tagli alle politiche tradizionali (tra cui Germania e Svezia) al fine di finanziare le nuove priorità (migrazioni, difesa, sicurezza) e i settori che meglio possono sostenere la competitività dell’Unione (ricerca e innovazione, infrastrutture, spazio, digitale).

Nello specifico, l’Italia ritiene necessario coniugare le nuove priorità e i settori fondamentali per la competitività dell'Unione e le politiche tradizionali, mantenendo le dotazioni di queste ultime al livello dell'attuale QFP 2014-2020, attraverso un bilancio che, tra l’altro, recepisca risorse sufficienti operando adeguatamente sul lato delle entrate. Inoltre, secondo l’Italia, le differenze tra Stati membri in particolare in materia di costo del lavoro, costo dei terreni agricoli e investimenti rendono poco comprensibile e non giustificabile il proseguimento del processo di riavvicinamento delle medie di contributo per ettaro agli agricoltori (la c.d. "convergenza esterna" dei pagamenti diretti).


 

Sessione II: Supportare i piccoli agricoltori nel nuovo contesto di bilancio e nella rivoluzione digitale nell’ambito della catena alimentare

La Commissione europea ha individuato, tra le priorità principali della nuova PAC 2021-2027, anche quelle di:

·       garantire una distribuzione più equa dei pagamenti agli agricoltori e alle piccole e medie aziende agricole;

·       incoraggiare maggiori investimenti nella ricerca, nell’innovazione e nelle nuove tecnologie affinchè possano beneficiarne gli agricoltori e le comunità rurali.

Distribuzione più equa dei pagamenti agli agricoltori e alle piccole e medie aziende agricole

Come evidenziato dalla Commissione europea, i pagamenti diretti rappresentano un'importante rete di sicurezza al reddito degli agricoltori, nella misura in cui assicurano l'attività agricola in tutte le regioni dell'Unione, comprese le zone soggette a vincoli naturali (che ottengono pagamenti anche a titolo della politica di sviluppo rurale) con gli associati benefici economici, ambientali e sociali, compresa la fornitura di beni pubblici.

Pertanto, i pagamenti diretti rimarranno una componente essenziale della politica agricola dell’UE 2021-2027 al fine di sostenere il reddito degli agricoltori, minacciato dalla volatilità dei prezzi e dagli eventi climatici estremi.

Tuttavia, rileva la Commissione europea (dati del 2015), il 20% degli agricoltori riceve l'80% dei pagamenti, il che significa che i pagamenti medesimi sono legati a terreni concentrati nelle mani di una minoranza di agricoltori. La metà dei beneficiari della PAC sono aziende agricole molto piccole ma la maggior parte dei pagamenti è destinata ad aziende agricole professionali di media grandezza a conduzione familiare.

Si dovrebbe promuovere, quindi, a giudizio della Commissione europea, una distribuzione più equilibrata del sostegno con la nuova PAC 2021-2027 prevedendo, in particolare, uno specifico sostegno per le aziende agricole di piccole e/o medie dimensioni che rappresentano la colonna portante dell’agricoltura dell’Unione, poiché svolgono un ruolo fondamentale nel sostenere l’occupazione rurale e contribuiscono allo sviluppo territoriale.

A tal fine, la proposta della Commissione europea per la nuova PAC prevede, tra l’altro, per garantire un sostegno equo e più mirato al reddito degli agricoltori:

·       un livellamento obbligatorio dei pagamenti diretti tenendo conto del lavoro per evitare gli effetti negativi sull'occupazione;

·       l’introduzione di pagamenti decrescenti, in modo di ridurre il sostegno per le aziende agricole di grandi dimensioni;

·       di concentrare maggiormente l'attenzione su un pagamento ridistributivo per poter fornire sostegno in modo mirato, ad esempio alle aziende agricole di piccole e medie dimensioni;

·       che il sostegno sia mirato agli agricoltori veri e propri, ossia quelli che esercitano un'attività agricola per guadagnarsi da vivere.

Venendo nello specifico alle misure legislative proposte dalla Commissione europea, si segnala che il capo II (articoli 14-38) della proposta di regolamento COM(2018)392 reca i tipi di interventi sotto forma di pagamenti diretti che possono assumere la forma di pagamenti diretti disaccoppiati e accoppiati.

Innanzitutto, la Commissione europea, al fine di assicurare una distribuzione più equa dei pagamenti, propone una ridistribuzione obbligatoria dei pagamenti verso le PMI da finanziarsi mediante una riduzione crescente della quota dei pagamenti eccedenti i 60 mila euro fino ad azzerare i pagamenti oltre i 100 mila euro.

Nello specifico, l’articolo 15 della proposta stabilisce che gli Stati membri dovranno ridurre l’importo superiore a 60.000 euro dei pagamenti diretti da concedere a un agricoltore per un determinato anno civile come segue:

·       di almeno il 25% per lo scaglione tra 60.000 euro e 75 000 euro;

·       di almeno il 50% per lo scaglione tra 75.000 euro e 90.000 euro;

·       di almeno il 75% per lo scaglione tra 90.000 euro e 100.000 euro;

·       del 100% per l’importo superiore a 100.000 euro.

Gli importi da ridurre o azzerare dovranno essere al netto delle retribuzioni imposte e oneri sociali sul lavoro.

Il prodotto stimato della riduzione dei pagamenti sarà utilizzato principalmente per contribuire al finanziamento del sostegno ridistributivo complementare al reddito per la sostenibilità. In pratica, gli importi liberati, secondo la Commissione europea, saranno ridistribuiti all’interno di ciascuno Stato membro attraverso pagamenti diretti a effetto redistributivo o il sostegno allo sviluppo rurale, soprattutto per garantire che una quota più elevata della dotazione sotto forma di pagamenti diretti di ciascun Paese sia assegnata alle piccole e medie imprese.

Con riferimento alle diverse tipologie di pagamenti diretti disaccoppiati, l’articolo 26 della proposta stabilisce che gli Stati membri devono prevedere un sostegno ridistributivo complementare al reddito per la sostenibilità (“sostegno ridistributivo al reddito”) - sotto forma di pagamento disaccoppiato annuale per ettaro ammissibile per gli agricoltori che hanno diritto a un pagamento nell’ambito del sostegno di base al reddito - volto a garantire la ridistribuzione del sostegno dalle aziende più grandi a quelle di piccole o medie dimensioni.

Nella relazione trasmessa alle Camere ex articolo 6, comma 4, della legge n. 234 del 2012, il Governo segnala che l’obiettivo della proposta di ridistribuzione dei pagamenti diretti verso le aziende di piccole e medie dimensioni e verso le aree soggette a vincoli ecologici con una minore produttività potrebbe portare, nel breve periodo, a una riduzione della competitività dell’'UE, rafforzando, nello stesso tempo, la protezione dell'ambiente. A giudizio del Governo, sarà fondamentale individuare la giusta combinazione di misure per attenuare gli effetti negativi sul reddito e, al tempo stesso, rispondere meglio alle sfide proprie anche dell'agricoltura (quali l'ambiente, il clima e le aspettative sociali).

Inoltre, l’articolo 27 della proposta stabilisce che gli Stati membri possono prevedere un sostegno complementare al reddito per i giovani agricoltori che assume la forma di un pagamento disaccoppiato annuale per ettaro ammissibile. In pratica, gli Stati membri possono prevedere, nel loro piano strategico della PAC, di riservare un importo pari almeno al 2% della dotazione annuale ai pagamenti diretti per i giovani agricoltori. L’importo massimo dell’aiuto per l’insediamento di giovani agricoltori e per le nuove imprese rurali dovrebbe essere portato a 100 000 euro.

Pur non trattandosi di un aiuto specificamente diretto alle piccole e medie imprese, le aziende agricole avviate dai giovani agricoltori dovrebbero, nella maggior parte dei casi, rientrare nel novero delle PMI.

Gli Stati membri potranno, inoltre, concedere ai piccoli agricoltori pagamenti mediante una somma forfettaria che sostituisce i pagamenti diretti (articolo 25). Gli Stati membri devono pianificare il corrispondente intervento nel piano strategico della PAC come facoltativo per gli agricoltori. Inoltre, poiché il settore agricolo di ogni Paese è diverso, spetterà a ciascuno Stato membro stabilire come classificare i piccoli agricoltori.

Inoltre, ciascun Paese dovrà garantire che solo gli agricoltori veri e propri ricevano un sostegno. Per far questo, dovrà elaborare, nel piano strategico della PAC, la propria definizione di “agricoltore vero e proprio” che sarà poi approvata dalla Commissione europea. La definizione dovrà garantire che non sia concesso un sostegno a coloro le cui attività agricole costituiscono soltanto una parte insignificante delle attività economiche complessive o la cui attività principale non è agricola e non dovrà comportare l'esclusione dal sostegno degli agricoltori pluriattivi (ossia che esercitano attivamente un'attività agricola ma sono impegnati anche in attività non agricole al di fuori dell'azienda).

Viene, poi, riconfermato il processo di convergenza esterna, cioè il progressivo riallineamento del valore dei pagamenti per ettaro verso la media UE: le dotazioni assegnate agli Stati membri con i livelli di sostegno per ettaro più bassi sono gradualmente aumentate per colmare del 50% il divario con la media dell’Unione del 90%. Tutti gli Stati membri contribuiranno al finanziamento di tale convergenza, che si riflette negli stanziamenti degli Stati membri per i pagamenti diretti.

L’Italia ha sollevato dubbi sul processo di convergenza esterna, anche in ragione delle distorsioni del mercato che questo potrebbe alimentare. Una media astratta, basata solo sul criterio della superficie agricola, non terrebbe conto a sufficienza delle differenze tra produttività e costi di produzione tra i diversi Paesi. Inoltre, qualsiasi meccanismo di convergenza dovrebbe tener conto dell'obiettivo di ridurre la differenza tra il reddito medio a livello nazionale e il reddito del settore agricolo.

Incoraggiare maggiori investimenti nella ricerca, nell’innovazione e nelle nuove tecnologie

Come evidenziato dalla Commissione europea nella comunicazione “Il futuro dell’alimentazione e dell’agricoltura” (COM(2017)713), tra i principali obiettivi della futura PAC vi sono: promuovere un settore agricolo intelligente e resiliente; rafforzare la tutela dell'ambiente e l'azione per il clima e contribuire agli obiettivi climatici e ambientali dell'UE; sostenere il tessuto socioeconomico delle zone rurali. Per conseguirli, a giudizio della Commissione europea, occorre sfruttare la ricerca e l'innovazione per collegare le conoscenze alle colture.

In particolare, le innovazioni nei vari settori possono favorire la multifunzionalità dei sistemi agricoli e alimentari dell'UE. La futura PAC dovrà, quindi, potenziare ulteriormente le sinergie con la politica dell’UE in materia di ricerca e innovazione.

Inoltre, come evidenzia la Commissione europea, lo sviluppo tecnologico e la digitalizzazione consentono grandi passi avanti nell'efficienza delle risorse e favoriscono l'agricoltura adeguata all'ambiente e ai cambiamenti climatici, il che riduce l'impatto ambiente/clima, aumenta la resilienza e la salute del suolo e riduce i costi per gli agricoltori. Tuttavia, la diffusione delle nuove tecnologie nel settore agricolo rimane inferiore alle attese poiché sono distribuite in modo ineguale sul territorio dell'UE e occorre affrontare con particolare urgenza l'accesso delle piccole e medie aziende agricole alla tecnologia. Per contro, sempre secondo la Commissione europea, la capacità della PAC di aumentare il flusso di conoscenze tra partner provenienti da varie parti dell'UE offre un forte valore aggiunto che potrebbe ridurre i costi, aumentare l'impatto dei finanziamenti dell'UE e accelerare l'innovazione nelle diverse parti dell’UE.

Di seguito, un grafico della Commissione europea riassuntivo dei possibili vantaggi dell’agricoltura intelligente: si va dall’aumento della produzione, peraltro con costi inferiori, a una sua migliore qualità, dalla diminuzione del consumo idrico alla riduzione dell’impatto su ambiente, energia e clima, dal miglioramento della salute degli animali alla maggiore precisione nella valutazione agricola.

Secondo la Commissione europea, il Partenariato europeo per l'innovazione su «Produttività e sostenibilità dell'agricoltura» (EIP-AGRI) e il Partenariato europeo per l'innovazione relativo all'acqua hanno dato prova di efficacia nel mobilitare il settore agricolo per l'innovazione: hanno finanziato, tra l’altro, progetti pilota a partecipazione multipla e il collegamento in rete in tutta Europa per mettere le nuove conoscenze a disposizione. La buona riuscita dipende anche dalle prestazioni combinate dei consulenti, dai sistemi di formazione e di istruzione agricola, dai ricercatori e dalle organizzazioni degli agricoltori che spesso vanno sotto il nome di sistemi della conoscenza e dell'innovazione agricola, e che operano in modo molto diverso da uno Stato membro all'altro. In particolare, il ruolo di consulente agricolo si distingue come particolarmente importante, a giudizio della Commissione europea.

Pertanto, la nuova PAC dovrebbe, secondo le valutazioni della Commissione europea, sostenere il rafforzamento dei servizi di consulenza agricola in seno ai sistemi della conoscenza e dell'innovazione agricola, fino a farne una condizione per l'approvazione dei piani strategici della PAC e ciò dovrebbe favorirsi potenziando il sostegno agli scambi tra pari, i collegamenti in rete e la cooperazione tra gli agricoltori, anche attraverso le organizzazioni di produttori (OP) che possono essere importanti veicoli di condivisione delle conoscenze e d'innovazione.

Venendo più nel dettaglio alle misure legislative presentate dalla Commissione europea per la PAC 2021-2027, si evidenzia, innanzitutto, che secondo quanto disposto dall’articolo 5 della proposta di regolamento COM(2018)392, la promozione delle conoscenze, dell’innovazione e della digitalizzazione nel settore agricolo e nelle aree rurali rappresenta un obiettivo trasversale della nuova PAC.

Inoltre, secondo l’articolo 6 della proposta, il conseguimento degli obiettivi generali è perseguito mediante alcuni obiettivi specifici, tra i quali vi sarebbe quello di migliorare l’orientamento al mercato e aumentare la competitività, compresa una maggiore attenzione alla ricerca, alla tecnologia e alla digitalizzazione.

Per conseguire i suddetti obiettivi (in particolare quello trasversale, ma anche quello specifico), la Commissione europea propone anche di destinare 10 miliardi di euro - nell'ambito del programma di ricerca dell'UE per il periodo 2021-2027 Orizzonte Europa - a progetti di ricerca e innovazione nel settore dell'alimentazione, dell'agricoltura, dello sviluppo rurale e della bioeconomia.

Inoltre, la proposta della Commissione COM(2018)192 prevede, tra l’altro, le seguenti misure legislative:

- gli Stati membri dovranno includere nel piano strategico della PAC un sistema per fornire servizi di consulenza per gli agricoltori e gli altri beneficiari del sostegno della PAC in materia di conduzione della terra e dell’azienda (“servizi di consulenza aziendale” - articolo 13); tali servizi copriranno gli aspetti economici, ambientali e sociali e forniranno informazioni scientifiche e tecnologiche aggiornate, sviluppate mediante la ricerca e l’innovazione. Essi, inoltre, dovranno essere integrati nei servizi correlati dei consulenti aziendali, dei ricercatori, delle organizzazioni di agricoltori e di altri portatori di interessi pertinenti che formano i sistemi di conoscenza e innovazione in campo agricolo (Agricultural Knowledge and Innovation Systems - AKIS);

- gli Stati membri potranno concedere pagamenti per lo scambio di conoscenze e di informazioni tra aziende agricole, silvicole e rurali. In particolare, nell’ambito di questo tipo di interventi, gli Stati membri potranno coprire i costi di ogni azione pertinente intesa a promuovere l’innovazione, l’accesso alla formazione e alla consulenza e lo scambio e la diffusione delle conoscenze e delle informazioni che contribuiscono al conseguimento degli obiettivi specifici di cui all’articolo 6 (articolo 72);

- ciascun piano strategico della PAC dovrà contenere una sezione che descrive gli elementi che assicurano la modernizzazione della PAC (articolo 95). Tale descrizione (articolo 102) dovrà contenere in particolare:

·       una panoramica del modo in cui il piano strategico della PAC contribuirà all’obiettivo generale trasversale relativo alla promozione e alla condivisione delle conoscenze, dell’innovazione e della digitalizzazione;

·       la descrizione della strategia per lo sviluppo di tecnologie digitali nel settore dell’agricoltura e nelle zone rurali e per il loro utilizzo al fine di migliorare l’efficacia e l’efficienza degli interventi del piano strategico della PAC;

- Ciascuno Stato membro dovrà istituire una rete nazionale della politica agricola comune (rete nazionale della PAC - articolo 113) per la creazione di una rete delle organizzazioni e delle amministrazioni, dei consulenti, dei ricercatori e di altri attori dell’innovazione nel settore dell’agricoltura e dello sviluppo rurale a livello nazionale. Inoltre, sarà istituita una rete europea della politica agricola comune (rete europea della PAC) per il collegamento delle reti nazionali, delle organizzazioni e delle amministrazioni nel settore dell’agricoltura e dello sviluppo rurale a livello di Unione e che, tra l’altro, perseguirà l’obiettivo di promuovere l’innovazione e sostenere l’inclusione di tutte i portatori d’interessi nei processi di scambio e acquisizione delle conoscenze;

- La Commissione europea dovrà istituire un Partenariato europeo per l’innovazione in materia di produttività e sostenibilità dell’agricoltura (PEI - articolo 114) con l’obiettivo di promuovere l’innovazione e migliorare lo scambio di conoscenze. Il PEI dovrà anche sostenere gli AKIS, creando connessioni con le politiche e gli strumenti al fine di accelerare l’innovazione. In particolare, esso dovrà: (a) creare valore aggiunto favorendo una maggiore connessione tra la ricerca e la pratica agricola e incoraggiando un’applicazione più diffusa delle misure d’innovazione disponibili; (b) collegare gli attori dell’innovazione e i progetti; (c) adoperarsi affinché le soluzioni innovative siano messe in pratica su più vasta scala e in tempi più brevi; (d) informare la comunità scientifica sulle necessità della ricerca nella pratica agricola. Inoltre, i gruppi operativi del PEI dovranno elaborare un piano per sviluppare, collaudare, adattare o attuare progetti innovativi che si basi sul modello interattivo di innovazione i cui principi fondamentali saranno: (a) sviluppo di soluzioni innovative incentrate sulle esigenze di agricoltori o silvicoltori, affrontando nel contempo le interazioni in tutta la catena di approvvigionamento laddove opportuno; (b) riunione di partner con conoscenze complementari come agricoltori, consulenti, ricercatori, imprese o organizzazioni non governative in una combinazione mirata a seconda dello strumento più adatto per il raggiungimento degli obiettivi del progetto; (c) codecisione e co-creazione nel corso di tutto il progetto.

Infine, secondo la Commissione europea, mediante la nuova PAC gli Stati membri saranno incoraggiati a utilizzare i big data e le nuove tecnologie per i controlli e il monitoraggio (ad esempio, verificando le dimensioni dell'azienda agricola ai fini delle domande di pagamenti diretti mediante dati satellitari), con una conseguente diminuzione della necessità di effettuare controlli sul posto. La Commissione europea intende promuovere, inoltre, la digitalizzazione della vita rurale, ad esempio ampliando l'accesso alla banda larga nelle regioni rurali, migliorando così la qualità della vita in queste regioni e contribuendo ulteriormente alla competitività della produzione agricola europea.


 

Sessione III: Coesione e competitività territoriale, sviluppo regionale e pari opportunità

Introduzione

La politica regionale mira a realizzare la coesione economica, sociale e territoriale, che figura tra gli obiettivi fondamentali dell’UE (articolo 3 del Trattato sul funzionamento dell’UE - TFUE). In particolare, in base all’articolo 174 del TFUE, l’obiettivo è ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni.

Tra le regioni interessate, un'attenzione particolare è rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna.

La politica regionale costituisce il principale strumento d’investimento dell’Unione assorbendo la quota maggiore del bilancio per il 2014-2020 (circa il 33%), cui si aggiunge in particolare la quota di cofinanziamento nazionale.

L’attuazione della politica regionale passa principalmente attraverso tre fondi principali:

·       il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), che è destinato a contribuire alla correzione dei principali squilibri regionali esistenti nell'Unione, partecipando allo sviluppo e all'adeguamento strutturale delle regioni in ritardo di sviluppo nonché alla riconversione delle regioni industriali in declino (articolo 176 TFUE);

·       il Fondo di coesione (FC), che è istituito per l'erogazione di contributi finanziari a progetti in materia di ambiente e di reti transeuropee nel settore delle infrastrutture dei trasporti (articolo 177 TFUE) negli Stati membri con un reddito nazionale lordo (RNL) pro capite inferiore al 90% della media dell'Unione, ovvero: Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Repubblica ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria (non l’Italia);

·       il Fondo sociale europeo (FSE), che ha l'obiettivo di promuovere all'interno dell'Unione le possibilità di occupazione e la mobilità geografica e professionale dei lavoratori, nonché di facilitare l'adeguamento alle trasformazioni industriali e ai cambiamenti dei sistemi di produzione, in particolare attraverso la formazione e la riconversione professionale (articolo 162 TFUE).

Le risorse sono ripartite fra le seguenti tre categorie di regioni:

·       il 52% circa alle regioni meno sviluppate, il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media del PIL dell'UE-27;

·       il 10% circa alle regioni in transizione, il cui PIL pro capite è compreso tra il 75% e il 90% della media del PIL dell'UE-27;

·       il 15% circa alle regioni più sviluppate, il cui PIL pro capite è superiore al 90% della media del PIL dell'UE-27.

·       il 21% delle risorse è invece destinato agli Stati membri che beneficiano del Fondo di coesione.

·       lo 0,44% per le regioni ultra-periferiche.

Le risorse residue sono destinate alla cooperazione transnazionale, interregionale e transfrontaliera e allo sviluppo urbano sostenibile.

Il quadro degli interventi per il periodo 2014-2020 è stato concordato dalla Commissione europea e dai Governi di ciascun Paese membro e si articola in:

·       un Accordo di partenariato, che stabilisce le priorità di investimento, l’allocazione delle risorse nazionali e dell’Unione Europea tra i settori e i programmi prioritari, e il coordinamento tra i fondi a livello nazionale;

·       vari Programmi Operativi (nazionali e regionali) che traducono i documenti strategici in concrete priorità d’investimento corredate da obiettivi chiari e misurabili.

La proposta della Commissione europea per la politica di coesione post-2020

La proposta della Commissione europea relativa al quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 delinea anche l'architettura della nuova politica di coesione. Essa consta delle seguenti misure:

·       proposta di regolamento relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e al Fondo di coesione (COM(2018)372);

·       proposta di regolamento relativo a un meccanismo per eliminare gli ostacoli giuridici e amministrativi in ambito transfrontaliero (COM(2018)373);

·       proposta di regolamento recante disposizioni specifiche per l'obiettivo "Cooperazione territoriale europea" (Interreg) sostenuto dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dagli strumenti di finanziamento esterno (COM(2018)374);

·       proposta di regolamento recante le disposizioni comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale europeo Plus, al Fondo di coesione, al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e le regole finanziarie applicabili a tali fondi e al Fondo Asilo e migrazione, al Fondo per la Sicurezza interna e allo Strumento per la gestione delle frontiere e i visti (COM(2018)375);

·       proposta di regolamento relativo al Fondo sociale europeo Plus (FSE+) (COM(2018)382).

Dotazione finanziaria

La Commissione europea propone, per il periodo 2021-2027, risorse per la coesione economica, sociale e territoriale pari a circa 330 miliardi di euro a prezzi costanti 2018 (373 miliardi di euro a prezzi correnti, che tengono conto di un tasso d’inflazione annuo del 2%).

La ripartizione tra i tre fondi sarebbe: circa 200 miliardi di euro per il FESR (circa 226 miliardi a prezzi correnti); 41,3 miliardi di euro per il Fondo di coesione (circa 46,6 miliardi a prezzi correnti); 88,6 miliardi di euro per il FSE+ (circa 100 miliardi a prezzi correnti).

La tabella seguente riporta gli stanziamenti previsti dalla Commissione europea per la politica di coesione (FESR, CF e FES+) per il periodo 2021-2027 (dati in milioni di euro - prezzi 2018).

 

 

 

 

 

 

Nello specifico, le risorse destinate all'obiettivo "Investimenti a favore dell'occupazione e della crescita" ammonterebbero al 97,5% delle risorse globali (ossia, in totale, circa 322 miliardi di euro) e sarebbero assegnate nel seguente modo:

·       il 61,6% (ossia, in totale, circa 198 miliardi di euro) alle regioni meno sviluppate;

·       il 14,3% (ossia, in totale, circa 45 miliardi di euro) alle regioni in transizione;

·       il 10,8% (ossia, in totale, circa 34 miliardi di euro) alle regioni più sviluppate;

·       il 12,8% (ossia, in totale, circa 41 miliardi di euro) agli Stati membri che beneficiano del Fondo di coesione;

·       lo 0,4% (vale a dire, in totale, circa 1,4 miliardi di euro) a finanziamenti supplementari per le regioni ultraperiferiche.

Le risorse per l'obiettivo "Cooperazione territoriale europea" (Interreg) ammonterebbero, invece, al 2,5% delle risorse globali disponibili per gli impegni di bilancio a titolo dei fondi per il periodo 2021-2027 (ossia, in totale, circa 8,4 miliardi di euro).

Si tratta di una dotazione inferiore rispetto a quella prevista per la politica di coesione 2014-2020: la Commissione europea, al fine di aumentare i finanziamenti in alcuni ambiti (ricerca e innovazione, ambiente, migrazione e difesa) e tenuto conto anche dell’uscita del Regno Unito dall’Unione, ha proposto risparmi nei settori più tradizionali, quali la PAC e la politica di coesione.

Tuttavia, non è semplice quantificare l’entità esatta della riduzione di risorse per la nuova politica di coesione rispetto al 2014-2020; sembrerebbe comunque maggiore se si prende a base del confronto la dotazione proposta dalla Commissione europea per il 2021-2027 a prezzi costanti rispetto a quella proposta a prezzi correnti.

Per cercare di quantificare l’entità della suddetta riduzione, il Parlamento europeo ha predisposto una nota tematica secondo la quale il bilancio della coesione 2014-2020 per un’UE a 28 ammonterebbe a circa 367,5 miliardi di euro, di cui circa 196,5 miliardi per il FESR, circa 75,8 miliardi per il FC e circa 95,1 miliardi per il FSE+ (cifra che non comprende l’importo per la sanità, l’occupazione e l’innovazione sociale pari a 1,075 miliardi).

Pertanto, la proposta della Commissione europea per il nuovo ciclo di programmazione vedrebbe una diminuzione delle risorse in larga parte a carico del Fondo di coesione e, quindi, con un impatto non immediato sulle regioni italiane in ritardo di sviluppo.

In dettaglio, a prezzi costanti, la dotazione del Fondo di coesione si ridurrebbe da 75,8 a 41,3 miliardi (-45,45%), mentre quella del Fondo europeo di sviluppo regionale passerebbe da 196,5 a 200,6 miliardi (+2,06%). Per quanto riguarda, infine, il Fondo sociale europeo plus, la dotazione passerebbe da circa 95,1 a 89,6 miliardi di euro (- 6,78%).

Per quanto concerne le dotazioni per Stato membro, vi sarebbe una cospicua riduzione per alcuni Paesi, tra cui Germania e Polonia, e un aumento di risorse per altri, tra cui l’Italia (38,6 miliardi di euro, +6%).

A seguire, una tabella della Commissione europea che riporta le dotazioni previste anche a prezzi correnti (colonna di destra), da cui si evince che il contributo a favore dell’Italia aumenterebbe in misura più rilevante.

 

Le principali caratteristiche della politica di coesione 2021-2027

La proposta di regolamento recante le disposizioni comuni introduce un corpus unico di norme per la disciplina dei 7 fondi dell'UE[1] attuati in collaborazione con gli Stati membri ("gestione concorrente"), al fine di facilitare l'attività dei gestori dei programmi finanziati tramite fondi dell'UE. Più specificamente, tra i suoi obiettivi rientra un maggiore allineamento dei programmi alle priorità dell'UE e uno sforzo per aumentarne l'efficacia, attraverso un legame più stretto con il ciclo del Semestre europeo, un aumento della concentrazione delle risorse su aree prioritarie per l'Unione, la definizione di condizioni abilitanti che devono rimanere soddisfatte durante tutto il corso dell'attuazione.

Le risorse della politica di coesione dovranno essere concentrate su 5 obiettivi strategici (al posto degli 11 obiettivi tematici del periodo di programmazione 2014-2020):

1.     un'Europa più intelligente, attraverso la promozione di una trasformazione economica intelligente e innovativa;

2.     un'Europa più verde e a basse emissioni di carbonio, attraverso la promozione di una transizione verso un'energia pulita ed equa, di investimenti verdi e blu, dell'economia circolare, dell'adattamento ai cambiamenti climatici e della gestione e prevenzione dei rischi;

3.     un'Europa più connessa, attraverso il rafforzamento della mobilità e della connettività regionale;

4.     un'Europa più sociale, attraverso l'attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali;

5.     un'Europa più vicina ai cittadini, attraverso la promozione dello sviluppo sostenibile e integrato delle zone urbane, rurali e costiere e delle iniziative locali.

La maggior parte degli investimenti a titolo del FESR dovrà essere incentrata sui primi due obiettivi: un'Europa più intelligente e un'Europa più verde (la cosiddetta regola di concentrazione tematica, già prevista nel ciclo di programmazione 2014-2020). Gli Stati membri dovranno, infatti, investire in queste priorità tra il 65% e l'85% delle proprie dotazioni finanziarie, proporzionalmente alla loro ricchezza relativa espressa in termini di reddito nazionale lordo (RNL). Si ricorda, in proposito, che gli Stati membri sono divisi in tre categorie:

·       Paesi con RNL inferiore al 75% della media UE, per i quali la percentuale da destinare ai primi due obiettivi è pari al 65% delle risorse totali del FESR;

·       Paesi con RNL pari o superiore al 75% e inferiore al 100% della media UE, per i quali la succitata percentuale sale al 75%;

·       Paesi con RNL pari o superiore al 100% della media UE, per i quali la percentuale minima è fissata all'85%.

Per rapporto del reddito nazionale lordo s’intende il rapporto fra il reddito nazionale lordo pro capite di uno Stato membro, misurato in standard di potere d'acquisto e calcolato in base ai dati dell'Unione per il periodo dal 2014 al 2016, e il reddito nazionale lordo medio pro capite misurato in standard di potere d'acquisto dei 27 Stati membri per lo stesso periodo di riferimento.

Nel caso dell'Italia, che si colloca nella categoria intermedia, le risorse del FESR dovranno essere concentrate per il 45% sull'Obiettivo 1 e per il 30% sull'Obiettivo 2.

Il criterio predominante per l'assegnazione dei fondi continuerebbe a essere il PIL pro capite (da 86% a 81%); tuttavia, al fine di ridurre le disparità e di contribuire al recupero delle regioni a basso reddito e a bassa crescita, sono presi in considerazione nuovi criteri, quali la disoccupazione giovanile, il basso livello di istruzione, i cambiamenti climatici e l’accoglienza e integrazione dei migranti.

Il FESR, il FSE e il Fondo di coesione sostengono l'obiettivo "Investimenti a favore dell'occupazione e della crescita" in tutte le regioni corrispondenti al livello 2 della classificazione comune delle unità territoriali per la statistica (le "regioni di livello NUTS 2"), istituita dal regolamento (CE) n. 1059/2003, modificato dal regolamento (CE) n. 868/2014.

Le risorse del FESR e del FSE+ per l'obiettivo "Investimenti a favore dell'occupazione e della crescita" sono ripartite fra le seguenti tre categorie di regioni di livello NUTS 2:

1) regioni meno sviluppate, il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media del PIL dell'UE-27;

2) regioni in transizione, il cui PIL pro capite è compreso tra il 75% e il 100% della media del PIL dell'UE-27;

3) regioni più sviluppate, il cui PIL pro capite è superiore al 100% della media del PIL dell'UE-27.

La classificazione delle regioni in una delle tre categorie è determinata in base al rapporto tra il PIL pro capite di ciascuna regione, misurato in parità di potere di acquisto ("PPA") e calcolato sulla base dei dati dell'Unione per il periodo 2014-2016, e il PIL medio dell'UE-27 per lo stesso periodo di riferimento.

Si ricorda che nell’attuale ciclo di programmazione, le regioni meno sviluppate sono quelle il cui PIL pro capite è inferiore al 75% della media del PIL dell'UE-27; le regioni in transizione, quelle il cui PIL pro capite è compreso tra il 75% e il 90% della media del PIL dell'UE-27; le regioni più sviluppate, quelle il cui PIL pro capite è superiore al 90% della media del PIL dell'UE-27. Pertanto, nell’ottica di ampliare il novero delle regioni beneficiarie, viene innalzata la soglia attualmente prevista per la categoria delle regioni cosiddette in transizione: la proposta prevede, infatti, un rapporto RNL pari o superiore al 75% e inferiore al 100% della media UE (attualmente la forbice è 75-90%).

Nell’attuale programmazione per l’Italia le regioni meno sviluppate sono Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia, mentre nella programmazione futura a queste dovrebbero aggiungersi Sardegna e Molise. Per quanto concerne le regioni italiane in transizione, nell’attuale programmazione sono Sardegna, Abruzzo e Molise, mentre nella futura dovrebbero essere Abruzzo, Marche e Umbria (quindi senza Sardegna e Molise). Infine, le regioni italiane più sviluppate nell’attuale programmazione sono Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Provincia di Bolzano, Provincia di Trento, Friuli Venezia-Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Lazio, mentre nella futura programmazione dovrebbero essere Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Veneto, Provincia di Bolzano, Provincia di Trento, Friuli Venezia-Giulia, Emilia Romagna, Toscana e Lazio (quindi senza Marche e Umbria).

Il Fondo di coesione continuerebbe a sostenere gli Stati membri il cui RNL pro capite, misurato in PPA e calcolato sulla base dei dati dell'Unione per il periodo 2014-2016, è inferiore al 90% del RNL medio pro capite dell'UE-27 per lo stesso periodo di riferimento.

Le nove regioni ultraperiferiche (Azzorre, Isole Canarie, Guadalupa, Guyana francese, Madeira, Martinica, Mayotte, La Réunion e Saint-Martin) continueranno a beneficiare del sostegno speciale dell’UE per aiutarle a fronteggiare le rispettive specifiche sfide territoriali, economiche e sociali.

Inoltre, la politica di coesione fornirà un sostegno aggiuntivo alle strategie di sviluppo gestite a livello locale e conferirà maggiori responsabilità alle autorità locali nella gestione dei fondi. La Commissione europea intende anche rafforzare la dimensione urbana della politica di coesione, con il 6% del FESR destinato allo sviluppo urbano sostenibile e con un nuovo programma di collegamento in rete e sviluppo delle capacità destinato alle autorità cittadine, vale a dire l’iniziativa europea Urban.

La gestione concorrente tra Stato membro e Commissione europea è confermata ad eccezione, per il Fondo sociale europeo Plus, del programma per l'occupazione e l'innovazione sociale e delle tematiche della sanità.

Vengono, altresì, confermati l'approccio basato su una governance a più livelli e la funzione chiave del partenariato nelle diverse componenti pubbliche e private, nazionali e locali, sia in fase di definizione della programmazione, sia in fase di attuazione.

Le autorità competenti a livello locale, urbano e territoriale saranno maggiormente coinvolte nella gestione dei fondi dell'UE e l'aumento dei tassi di cofinanziamento accrescerà la titolarità dei progetti finanziati con fondi dell'UE nelle regioni e nelle città. I tassi di cofinanziamento regionali, infatti, aumenteranno, secondo la Commissione europea, ritornando ai livelli precedenti la crisi. Il contributo dell’UE sarà fissato a un limite massimo che oscilla tra il 40% e il 70%.

La Commissione europea propone anche di rafforzare il collegamento tra la politica di coesione e il Semestre europeo di coordinamento delle politiche economiche e, quindi, con le raccomandazioni per Paese con le quali esso termina. In particolare, si punta a un maggiore sostegno della politica di coesione alle riforme strutturali, in coordinamento con il nuovo Programma di sostegno alle riforme presentato dalla Commissione stessa nell’ambito del bilancio UE 2021-2027.

Inoltre, il nuovo quadro introduce un certo grado di flessibilità per far fronte agli imprevisti e un riesame intermedio determinerà l'eventuale necessità di modificare i programmi per gli ultimi 2 anni del periodo di finanziamento e la possibilità di trasferire risorse limitate (fino al 5%) nell'ambito dei programmi finanziati dai fondi dell'UE e di spostare le risorse tra regioni appartenenti alle diverse categorie sopracitate. Il riesame intermedio terrà conto dei cambiamenti della situazione socio-economica, delle nuove sfide individuate nell'ambito del Semestre europeo e dell'efficacia dell'attuazione dei programmi fino a tale data.

Le "condizionalità ex ante" del periodo 2014-2020 (condizioni preliminari che gli Stati membri devono soddisfare per ricevere i fondi di coesione) saranno sostituite da "condizioni abilitanti", che saranno in numero minore, più concentrate sugli obiettivi del fondo interessato e, a differenza del periodo 2014-2020, monitorate e applicate durante tutto il periodo. Si segnala, in particolare, che nella proposta della Commissione europea, tra le condizionalità sarebbe mantenuta la condizionalità macroeconomica, che vincola i fondi di coesione al rispetto delle norme di governance economica, e vi sarebbero anche quattro condizioni orizzontali, relative agli appalti pubblici e agli aiuti di Stato e all'applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell'UE e della Convenzione delle Nazioni Unite sulle persone con disabilità.

Posizione del Parlamento europeo

Con la “Relazione interlocutoria del 14 novembre 2018 sul quadro finanziario pluriennale 2021-2027 - Posizione del Parlamento in vista di un accordo”, il Parlamento europeo ha chiesto di mantenere il finanziamento della politica di coesione per l’UE-27 al livello del bilancio 2014-2020 in termini reali.

Pertanto, il Parlamento europeo ha proposto una dotazione complessiva per la coesione economica, sociale e territoriale pari a circa 378 miliardi di euro a prezzi costanti (426,5 miliardi a prezzi correnti) così ripartiti: circa 272,6 miliardi di euro per FESR e FC (uguale alla dotazione 2014-2020 per un’UE a 28) e circa 106,7 miliardi di euro per il FSE+ (+10,98% rispetto alla dotazione 2014-2020 per un’UE a 28). In sostanza, il Parlamento europeo chiede che l'attuale livello di finanziamento, pari a 378,1 miliardi di euro (ai prezzi 2018), sia mantenuto nel periodo 2021-2027.

Inoltre, il Parlamento europeo:

·       chiede che le regioni meno sviluppate continuino a beneficiare di un sostegno sostanziale dell'UE, con tassi di cofinanziamento fino all'85% (rispetto al 70% proposto dalla Commissione) e una quota del 61,6% dei fondi di sviluppo regionale, sociale e di coesione;

·       chiede che il tasso di cofinanziamento per le regioni in transizione e per quelle più sviluppate sia aumentato, rispettivamente al 65% e 50%. Un importo di 1,6 miliardi di euro (0,4%) dovrebbe essere messo in riserva, inoltre, come finanziamento supplementare per le regioni ultra periferiche;

·       si è opposto alla possibilità di congelare i fondi in funzione degli obiettivi economici nazionali (condizionalità macroeconomica).

Negoziati a livello di Consiglio

Il negoziato in corso a livello di Consiglio sulla politica di coesione ha evidenziato diversi elementi di contrasto tra gli Stati membri, in particolare concernenti il livello complessivo dei finanziamenti e il metodo di allocazione dei fondi.

Nel complesso, come descritto in precedenza per la PAC, si registra una polarizzazione tra due gruppi di Stati membri, il primo dei quali propende per un aumento nella dotazione del QFP e per il mantenimento dei livelli di spesa del precedente ciclo di programmazione per le rubriche tradizionali - politica di coesione ma anche PAC -, mentre il secondo, che propende per un livello di spesa più contenuto, accompagnato da un'ottimizzazione nell'utilizzo dei fondi.

Il nuovo metodo di allocazione comporterebbe una redistribuzione delle risorse dai Paesi dell’Est Europa (il cui PIL è cresciuto considerevolmente negli ultimi anni) ai Paesi del Sud (Italia, Grecia e Spagna). Peraltro, l’aumento delle risorse a favore di questi ultimi sarebbe mitigato da meccanismi di correzione (safety nets e capping) volti a contenere sia i guadagni (ad esempio, per Italia) che le perdite (ad esempio per Francia e Germania). Su tali meccanismi, l’Italia ha espresso delle riserve, ma si è detta favorevole all’introduzione del criterio della presenza di migranti.

L’Italia ha espresso la propria contrarietà all’innalzamento al 100% della soglia massima per le regioni in transizione, ritenendo difficilmente giustificabile la destinazione di fondi alle regioni più sviluppate, e si è espressa anche contro la condizionalità macroeconomica, sottolineandone il carattere pro-ciclico e poco in linea con le esigenze e la natura della politica di coesione.

Nella Relazione programmatica sulla partecipazione dell’Italia all’UE 2019, infatti, il Governo ha confermato il suo impegno affinché sia approfonditamente discusso e rivisto il metodo di allocazione dei fondi della coesione, affinché esso sia improntato a criteri di maggiore equità e proporzionalità, che tengano conto dello scenario socio-economico di riferimento dei diversi Paesi e regioni e non risulti penalizzante per l’Italia. Al contempo, il Governo ha ribadito che chiederà il superamento del meccanismo della condizionalità macroeconomica, allo scopo di non arrecare pregiudizio a quei territori con maggiori debolezze strutturali, che invece necessitano di più investimenti per essere parte a pieno titolo della strategia di sviluppo dell'Unione.

Con riferimento ai meccanismi di flessibilità introdotti dai nuovi regolamenti, il Governo ha annunciato che porterà avanti una posizione che miri alla revisione del metodo di programmazione proposto (5+2), basato sull’allocazione delle risorse per gli ultimi due anni in occasione della revisione intermedia del 2025, e al ritorno ad un orizzonte di programmazione settennale, al fine di preservare la stabilità del quadro programmatico e finanziario della coesione e non appesantire le procedure di programmazione.

Per quanto riguarda, altresì, il collegamento con il Semestre europeo, secondo il Governo, fermo restando la rilevanza del nesso tra convergenza, riforme strutturali e crescita, nel corso del negoziato avrà una posizione volta a far sì che le raccomandazioni specifiche Per paese non siano considerate quale elemento prioritario per orientare la programmazione, dando, invece, la giusta attenzione alle indicazioni che provengono dall’analisi dei contesti socio-economici dei territori in cui la politica interviene, e che i documenti che informano il Semestre europeo non siano scevri da valutazioni sugli specifici contesti territoriali in cui la politica di coesione interviene.

In merito al previsto aumento dei tassi di cofinanziamento nazionale, il sostegno italiano a tale proposta sarà condizionato, a giudizio del Governo, alla possibilità di scomputare tale voce di spesa dal calcolo del deficit ai fini del Patto di stabilità e crescita.

Inoltre, il Governo ha sottolineato che nei negoziati incoraggerà un’ulteriore semplificazione della struttura dei programmi e valuterà attentamente il meccanismo delle condizioni abilitanti, che seppure considerato positivamente dall’Italia, non deve tradursi in un onere insostenibile per le autorità responsabili dei singoli adempimenti, tenuto conto del meccanismo sanzionatorio ad esso collegato.

Infine, il Governo ha annunciato che porterà avanti una posizione volta ad attenuare le soglie di concentrazione delle risorse a titolo del FESR sugli Obiettivi Strategici 1 e 2 sopra menzionati, per consentire maggiore flessibilità nelle decisioni allocative degli Stati membri.



[1]   Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo di coesione, il Fondo sociale europeo plus (FSE+), , il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP), il Fondo Asilo, migrazione e integrazione (AMIF), il Fondo per la sicurezza interna (ISF) e lo strumento per la gestione delle frontiere e dei visti ("BMVI").