Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Osservatorio legislativo e parlamentare
Titolo: Misure urgenti per affrontare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 - DL n. 19/2020
Riferimenti: AC N.2447/XVIII
Serie: Documentazione per l'Attività consultiva della Commissione parlamentare per le questioni regionali   Numero: 91
Data: 15/04/2020
Organi della Camera: Commisione parlamentare per le questioni regionali


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Misure urgenti per affrontare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 - DL n. 19/2020

15 aprile 2020
Nota Questioni regionali


Indice

Contenuto|Profili attinenti al riparto di competenze tra Stato e regioni|


Contenuto

L' articolo 1 dispone (comma 1) che allo scopo di contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione del virus COVID-19, su specifiche parti del territorio nazionale, ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso, possono essere adottate, secondo quanto previsto dal decreto in esame, una o più misure tra quelle di cui al comma 2, per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a 30 giorni, reiterabili e modificabili anche più volte, fino al 31 luglio 2020,  termine dello stato di emergenza dichiarato con Delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, e con possibilità di modularne l'applicazione, in aumento o in diminuzione secondo l'andamento epidemiologico del predetto virus. 

Il  comma 2 definisce quindi tutte le misure che possono essere adottate per contrastare l'emergenza sanitaria. Tra queste merita richiamare la limitazione della circolazione delle persone, anche in relazione all'allontanamento dalla propria residenza, domicilio o dimora se non per spostamenti individuali limitati nel tempo o nello spazio o motivati da esigenze lavorative, da situazioni di necessità o urgenza, da motivi di salute o da altre specifiche ragioni (lettera a); la chiusura al pubblico di strade urbane, parchi, aree gioco, ville e giardini pubblici o altri spazi pubblici (lettera b); la limitazione o il divieto di allontanamento o di ingresso in territori comunali, provinciali o regionali, nonché rispetto al territorio nazionale (lettera c); l'applicazione della misura della quarantena precauzionale ai soggetti che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che rientrano da aree ubicate al di fuori del territorio italiano (lettera d).

L'articolo 2, al comma 1,  stabilisce le modalità di adozione delle misure di contenimento elencate nell'articolo 1. Più in particolare, tali misure sono adottate con:

• uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia, nonché i presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l'intero territorio nazionale (in analogia con il decreto legge 6/2020);

• uno o più decreti adottati su proposta dei presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero del Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l'intero territorio nazionale, sentiti il Ministro della salute, il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia (ipotesi non prevista dal decreto legge 6/2020).

In ogni caso, i provvedimenti sopra citati, per i profili tecnico-scientifici e le valutazioni di adeguatezza e proporzionalità, sono adottati sentitodi norma, il Comitato tecnico scientifico di cui all'ordinanza Ocdpc n. 630 del 3 febbraio 2020 del Capo del dipartimento della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630.

In base al comma 2, nelle more dell'adozione dei DPCM, e con efficacia limitata fino a tale momento, in casi di estrema necessità e urgenza per situazioni sopravvenute le misure di cui all'articolo 1 possono essere adottate dal Ministro della salute ai sensi dell'articolo 32 della legge n. 833 del 1978. Il comma 3 fa salvi gli effetti prodotti e gli atti adottati sulla base dei decreti e delle ordinanze emanati ai sensi del decreto-legge n. 6 del 2020.

L'articolo 3 prevede che nelle more dell'adozione dei DPCM ,e con efficacia limitata fino a tale momento, le regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive, tra quelle di cui all'articolo 1, comma 2, esclusivamente nell'ambito delle attività di loro competenza e senza incisione
delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l'economia nazionale. In base al comma 2, i sindaci non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l'emergenza in contrasto con le misure statali, né eccedendo i limiti di oggetto cui al comma 1.

L'articolo 4 delinea il quadro sanzionatorio per la violazione delle misure di contenimento del contagio, prevedendo prevalentemente sanzioni amministrative, pecuniarie e interdittive, e solo nei casi più gravi una sanzione penale.

L'articolo 5 dispone, al comma 1, l'abrogazione, ad eccezione di alcune specifiche disposizioni, del decreto-legge n. 6 del 2020 (misure urgenti in materia di contrasto all'epidemia da COVID-19, convertito dalla legge n. 13 del 2020) nonché dell'articolo 35, in materia di coordinamento tra misure statali e ordinanze sindacali di contenimento dell'epidemia, del decreto-legge n. 9 del 2020 (misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'epidemia da COVID-19, ancora in corso di conversione al Senato, S. 1746). É inoltre prevista, al comma 2, la clausola di salvaguardia delle autonomie speciali e, al comma 3, la clausola di invarianza finanziaria.

L'articolo 6 dispone l'entrata in vigore del provvedimento nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

 


Profili attinenti al riparto di competenze tra Stato e regioni

Le misure del provvedimento rientrano in primo luogo nelle materie ordinamento e organizzazione dello Stato e degli enti pubblici nazionali, ordine pubblico e sicurezza e profilassi internazionale che l'art. 117, secondo comma, lettere g), h) e q), riserva alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, oltre che alla materia tutela della salute, oggetto di potestà legislativa concorrente ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione. Con riferimento all'articolo 4 assume infine rilievo la materia di esclusiva competenza statale ordinamento civile e penale (art. 117, secondo comma, lettera l).
Di particolare rilievo per la Commissione parlamentare per le questioni regionali risulta però l'articolo 3. L'articolo 3 mira a regolare il rapporto tra le misure statali adottate con DPCM per fronteggiare l'emergenza epidemiologica e i provvedimenti degli enti territoriali posti in essere per la medesima finalità. Vengono così disciplinati, circoscrivendoli nei presupposti, nel contenuto e nell'efficacia, i poteri delle regioni (comma 1) e dei comuni (comma 2) di adottare misure di contrasto all'emergenza in corso, anche nel caso in cui esse siano contenute in atti  posti in essere per ragioni di sanità sulla base di disposizioni di legge previgenti (comma 3). 

Più nello specifico, il comma 1 attribuisce alle regioni la facoltà di introdurre misure ulteriormente restrittive per far fronte all'emergenza epidemiologica, qualora: a) ciò sia richiesto da specifiche situazioni sopravvenute che implichino un  aggravamento  del   rischio sanitario; b) che tali situazioni interessino il relativo territorio (nella sua interezza o anche solo in una  parte  di  esso).

La regione nella definizione delle misure da adottare è tenuta ad attenersi alle misure elencate all'art.1, comma 2 (v. supra).

Il potere regionale in commento è, inoltre, esercitabile nelle more dell'adozione  dei  citati DPCMl'efficacia delle misure introdotte si esaurisce nel momento della loro adozione.

Il comma 1 precisa infine che le misure regionali possono essere introdotte "esclusivamente nell'ambito delle attività di loro competenza" e "senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l'economia nazionale".

Al riguardo, si rileva preliminarmente che la formulazione della disposizione appare suscettibile di approfondimento in quanto manca il termine di comparazione dell'espressione "ulteriormente restrittive"; in altri termini, andrebbe chiarito se si tratti, come sembra desumibile, di misure ulteriormente restrittive rispetto a quelle vigenti.

Ciò premesso la disposizione in commento riguarda genericamente ogni misura adottata dalla regione al fine di far fronte all'emergenza sanitaria. Invero, occorre tener presente che è l'ordinanza contingibile e urgente lo strumento tipico con il quale le regioni fanno fronte ad emergenze sanitarie che richiedono tempi ristretti, spesso incompatibili con quelli di approvazione di una legge regionale o altro atto normativo. Per comprendere dunque la portata della disposizione in esame occorre richiamare il potere di ordinanza attribuito alle regioni in materia di igiene e sanità pubblica, di cui al comma 3 dell'articolo 32 della L. 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni (che peraltro è implicitamente richiamato dal comma 3 dell'articolo in commento, v. infra) e comprendere come esso viene inciso dal presente DL. In sintesi, le regioni possono emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, con efficacia estesa alla regione o parte del suo territorio comprendente più comuni (essendo invece rimesso al sindaco analogo potere se l'emergenza è circoscritta al territorio comunale).

Tali provvedimenti, in quanto ordinanze contingibili e urgenti, ne presentano i caratteri tipici.

La disposizione in esame incide sul potere di ordinanza della regione di cui all'art.32, comma 3, L. 833/1978 con particolare riferimento ai seguenti aspetti:

-   presupposto giuridico, atteso che non è sufficiente l'emergenza sanitaria in corso, bensì occorre che si registri un aggravamento del rischio sanitario, a cui la regione dovrà fare riferimento nella parte motiva dell'ordinanza che intenderà adottare per farvi fronte;

 -   efficacia, che viene meno nel momento in cui il Governo adotta il DPCM diretto a far fronte alla (medesima) situazione sopravvenuta, pertanto anche prima del termine di esaurimento dell'efficacia necessariamente recato nell'ordinanza;

 La disposizione in esame parrebbe presupporre, anche al fine di evitare che si determini incertezza in ordine a quali siano le disposizioni di volta in volta vigenti in un dato territorio, che il provvedimento governativo faccia esplicito riferimento alle misure della regione (rectius all'atto che le contiene) di cui si determina il venir meno dell'efficacia o, in alternativa, quanto meno alla specifica situazione sopravvenuta di aggravamento del rischio sanitario verificatosi nel territorio regionale (o in una sua parte) da cui si possa dedurre il venir meno dell'efficacia del provvedimento regionale.

 -   di contenuto. Le misure devono: i) essere più restrittive di quelle già vigenti, con la conseguenza che la regione non potrà "alleggerire" le misure statali adottate per la gestione dell'emergenza; ii) afferire alle attività di competenza regionale senza poter incidere sulle attività produttive e su quelle di rilevanza strategica per l'economia nazionale.

Il richiamo alle attività di competenza regionale parrebbe riferirsi alle competenze legislative di cui all'art.117, commi terzo (di tipo concorrente fra Stato e regioni) e quarto (di tipo residuale) della Costituzione, regolamentari ai sensi del medesimo art.117, comma sesto (relative alle medesime materie cui è riconosciuta la competenza legislativa) e amministrative ai sensi dell'art.118, commi primo e secondo, Cost. (con riguardo alle funzioni non attribuite agli enti locali).

 Fra le competenze regionali si segnala quella legislativa concorrente in materia di tutela della salute, che è stata per gli aspetti che rilevano in questa sede disciplinata dallo Stato (peraltro prima della modifica del Titolo V della Costituzione nel 2001) con la più volte citata legge n.833 del 1978.

Quanto al divieto dei provvedimenti regionali di incidere sulle attività produttive e quelle di rilevanza strategica per l'economia, si segnala che esso interseca competenze sia statali, sia regionali, sulla base del riparto di competenze sancito dalla Costituzione. Rientrano infatti nella competenza legislativa (e regolamentare in ragione del parallelismo fra funzioni legislative e regolamentari) residuale, spettante alle regioni: l'industria, il commercio e l'artigianato; mentre sono rimessi alla competenza concorrente: il commercio con l'estero e il sostegno all'innovazione per i settori produttivi, grandi reti di trasporto e navigazione, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, istituti creditizi a carattere regionale. Vi sono poi una serie di competenze, idonee ad incidere, direttamente o indirettamente, sulle attività produttive, spettanti in via esclusiva allo Stato: ordinamento civile (materia a cui afferisce la disciplina dell'impresa), tutela della concorrenza e tutela dell'ambiente. Nel caso di un'emergenza epidemiologica, rilevano altresì ulteriori competenze statali, quali ad esempio la protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale, astrattamente idonee a riverberarsi sulle attività produttive.

  Dal quadro brevemente richiamato, il divieto in commento per un verso parrebbe trovare fondamento nelle competenze esclusive statali e concorrenti, e per l'altro nell'art.120 della Costituzione che attribuisce al Governo la facoltà di sostituirsi ad organi delle regioni (oltre che degli enti locali), fra l'altro, nel caso di "pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica".

  In tal caso la Costituzione impone alla legge di definire procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.

Quanto al rispetto del primo principio, che consiste nell'affidamento di funzioni amministrative ad organi di livello superiore quando queste non possono essere adeguatamente svolte dal livello inferiore, esso parrebbe potersi misurare con l'invito delle autorità sanitare ad una gestione globale (quindi persino sovranazionale) dell'emergenza in atto, che presuppone un forte coordinamento a livello centrale.

Quanto al principio della leale collaborazione, si segnala che l'art.2, comma 1, prescrive che i DPCM recanti misure di contenimento al contagio possano essere adottati previo parere (obbligatorio ancorché non vincolante): i) dei presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui esse riguardino una regione o alcune specifiche regioni; ii) del presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l'intero territorio nazionale. Inoltre ai medesimi rappresentanti delle autonomie territoriali spetta il potere di iniziativa dei DPCM (v. supra).

 Tenuto conto che quasi la totalità delle misure per la gestione dell'emergenza sono potenzialmente idonee ad incidere, anche solo indirettamente, sulle attività produttive, si valuti la possibilità di precisare che la regione è tenuta ad astenersi dall'adozione di misure che incidano "direttamente" sulle attività produttive (quali ad esempio la chiusura di un impianto produttivo).

  Il comma 2 circoscrive il potere di ordinanza in capo ai sindaci stabilendo che questi ultimi non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili  e  urgenti dirette  a  fronteggiare   l'emergenza  in contrasto "con le misure statali" "né eccedendo i  limiti  di  oggetto cui al comma 1".

 Tale disposizione è in parte sovrapponibile all'art.35 del DL n.9/2020 (di cui il DL in esame dispone l'abrogazione all'art.5, comma 1, lett.b)) ai sensi del quale, a seguito dell'adozione delle misure statali di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, non possono essere adottate e, ove adottate sono inefficaci, le ordinanze sindacali contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l'emergenza predetta in contrasto con le misure statali.

Il comma 2, rispetto alla disposizione previgente appena richiamata,  introduce un ulteriore limite, diretto a circoscrivere la discrezionalità nell'esercizio del potere di ordinanza sindacale: anche le ordinanze sindacali sono soggette ai medesimi limiti ("di oggetto") che valgono per i provvedimenti regionali, ai sensi del comma 1 del presente articolo.

Per ragioni di coerenza sistemica, parrebbe che le ordinanze in questioni debbano soggiacere ai medesimi limiti previsti per i provvedimenti regionali, incluso quello dell'esaurimento della loro vigenza al momento dell'adozione dei DPCM. Ciò sebbene il riferimento ai  "limiti di oggetto" potrebbe prestarsi anche ad un'interpretazione diretta a vincolare l'ordinanza sindacale ai soli limiti contenutistici cui sono sottoposti i provvedimenti regionali.

Le ordinanze sindacali pertanto: possono essere emesse solo nelle more dell'adozione dei DPCM; hanno un'efficacia che si esaurisce con l'adozione di questi ultimi; devono far fronte a specifiche situazioni sopravvenute che prefigurino un aggravamento del rischio sanitario nel proprio territorio; sono tenute ad introdurre misure più restrittive di quelle già in essere; devono riguardare ambiti di propria competenza, senza poter incidere sulle attività produttive e su quelle di rilevanza strategica per l'economia".


 

Con riferimento al potere di ordinanza in capo al sindaco, giova richiamare (oltre al già citato art.32, terzo comma, della legge n.833 del 1978):

i) l'art. 117 del D.lgs. n. 112 del 1998, che autorizza il sindaco (quale rappresentante della comunità locale) ad adottare ordinanze contingibili e urgenti  per far fronte a emergenze sanitarie o di igiene pubblica di carattere esclusivamente locale;

ii) l'art.50 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL), di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, che consente al sindaco di attivare analoghi poteri (ancor auna volta in qualità di rappresentante della comunità locale) in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale.

iii) l'art.54, comma 4, del TUEL attribuisce ai sindaci (quali ufficiali del Governo), la facoltà di adottare con atto motivato e previa comunicazione al prefetto "provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana".

 

Il comma 3 stabilisce che le disposizioni dettate dal presente  articolo  si  applicano altresì agli atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente.

Il comma in esame, nel silenzio della relazione illustrativa, parrebbe configurarsi come una disposizione di chiusura del sistema per la gestione dell'emergenza, con l'obiettivo di precisare che la disciplina dettata dai commi 1 e 2 non risulta derogabile neanche nel caso in cui la regione  e i comuni adottino provvedimenti motivati da ragioni sanitarie ai sensi di altre disposizioni di legge, inclusi pertanto i richiamati art.32, terzo comma, della legge n.833/1978, art. 117 del D.lgs. n. 112 del 1998 e art.50 del TUEL.