Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Affari Comunitari
Titolo: Legge di delegazione europea 2021
Riferimenti: AC N.3208/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 475
Data: 13/09/2021
Organi della Camera: XIV Unione Europea

 

 

 

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Dossier n. 442

 

 

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 475

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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ID0015.docx

 


INDICE

 

Schede di lettura

Premessa

Articolo 1 (Delega al Governo per il recepimento delle direttive e l'attuazione degli altri atti dell'Unione europea).................................... 17

Articolo 2 (Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell’Unione europea)................................... 21

Articolo 3 (Princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/2121, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere)........ 24

Articolo 4 (Princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/2161, che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori).................. 29

Articolo 5 (Princìpi e criteri direttivi per l’attuazione della direttiva (UE) 2020/1504, che modifica la direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari e delega per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2020/1503, relativo ai fornitori di servizi di crowdfunding per le imprese, e che modifica il regolamento (UE) 2017/1129 e la direttiva (UE) 2019/1937).................. 35

Articolo 6 (Princìpi e criteri direttivi per il compiuto adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2017/1939 relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO»))................................................................ 42

Articolo 7 (Delega al Governo per l’adeguamento alle disposizioni del regolamento (UE) 2018/848, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari)................................ 49

Articolo 8 (Princìpi e criteri direttivi per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2018/1727 che istituisce l'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale e che sostituisce e abroga la decisione 2002/187/GAI del Consiglio)................ 55

Articolo 9 (Princìpi e criteri direttivi per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2018/1805 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e confisca).......................................................................................................... 62

Articolo 10 (Delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/4 relativo alla fabbricazione, all'immissione sul mercato e all'utilizzo di mangimi medicati)............................................................................................ 73

Articolo 11 (Princìpi e criteri direttivi per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/6 relativo ai medicinali veterinari e che abroga la direttiva 2001/82/CE)... 75

Articolo 12 (Delega al Governo per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/1009 che stabilisce norme relative alla messa a disposizione sul mercato di prodotti fertilizzanti dell’UE, che modifica i regolamenti (CE) n. 1069/2009 e (CE) n. 1107/2009 e che abroga il regolamento (CE) n. 2003/2003)......................................................................................... 82

Articolo 13 (Delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamenti (CE) n. 1071/2009, 1072/2009 e 1073/2009, in materia di trasporto su strada di merci e persone)............................................................................................. 89

Allegato A

Direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere......... 93

Direttiva (UE) 2019/2161  che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori)...................................................................................... 95

Direttiva (UE) 2019/2177 (che modifica la direttiva 2009/138/CE, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità ii), la direttiva 2014/65/UE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, e la direttiva (UE) 2015/849, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo)............................................................. 105

Direttiva 2020/1057 (del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 luglio 2020, che stabilisce norme specifiche per quanto riguarda la direttiva 96/71/CE e la direttiva 2014/67/UE sul distacco dei conducenti nel settore del trasporto su strada e che modifica la direttiva 2006/22/CE per quanto riguarda gli obblighi di applicazione e il regolamento (UE) n. 1024/2012).................................................................................... 112

Direttiva (UE) 2020/1151 (del Consiglio del 29 luglio 2020 che modifica la direttiva 92/83/CEE relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sull’alcole e sulle bevande alcoliche)........................................ 114

Direttiva (UE) 2020/1504 (del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 ottobre 2020 che modifica la direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari).................................................................. 116

Direttiva (UE) 2020/1828 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2020 relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e che abroga la direttiva 2009/22/CE........................................................................................................ 119

Direttiva (UE) 2021/338  del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2021 che modifica la direttiva 2014/65/UE per quanto riguarda gli obblighi di informazione, la governance del prodotto e i limiti di posizione, e le direttive 2013/36/UE e (UE) 2019/878 per quanto riguarda la loro applicazione alle imprese di investimento, per sostenere la ripresa dalla crisi COVID-19......................................................... 121

Direttiva (UE) 2021/514 del Consiglio del 22 marzo 2021 recante modifica della direttiva 2011/16/UE relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale)....................................................... 123

 

 


Schede di lettura


Premessa

 

 

Il presente dossier contiene le schede di lettura riferite ai singoli articoli del disegno di legge recante “Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2021” (A.C. 3208), nonché una descrizione delle direttive elencate nell'Allegato A.

 

Il disegno di legge di delegazione europea 2021 consta di 13 articoli, che recano disposizioni di delega riguardanti il recepimento di 9 direttive europee inserite nell’allegato A.

L’articolato contiene inoltre principi e criteri direttivi specifici per l’esercizio della delega relativa a 3 direttive, nonché per l’adeguamento della normativa nazionale a 12 regolamenti europei.

 

 

Le leggi europee

 

La legge di delegazione europea è uno dei due strumenti di adeguamento all’ordinamento dell’Unione europea introdotti dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234, che ha attuato una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea.

In base all’articolo 29 della legge n. 234 del 2012, infatti, la legge comunitaria annuale (prevista dalla legge n. 11 del 2005) è stata sostituita da due distinti provvedimenti:

- la legge di delegazione europea, il cui contenuto è limitato alle disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell’Unione europea;

- la legge europea, che contiene norme di diretta attuazione volte a garantire l’adeguamento dell’ordinamento nazionale all’ordinamento europeo, con particolare riguardo ai casi di non corretto recepimento della normativa europea.

Il comma 4 dell’articolo 29 prevede che il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per gli affari europei, di concerto con il Ministro degli affari esteri e con gli altri Ministri interessati, presenta alle Camere, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, un disegno di legge di delegazione europea, con l’indicazione dell'anno di riferimento.

Il termine per la presentazione è posto entro il 28 febbraio di ogni anno.

Il contenuto del disegno di legge di delegazione europea è stabilito all’articolo 30, comma 2, della legge n. 234 del 2012:

a)  disposizioni per il conferimento al Governo di delega legislativa volta

esclusivamente all'attuazione delle direttive europee e delle decisioni quadro da recepire nell'ordinamento nazionale, esclusa ogni altra disposizione di delegazione legislativa non direttamente riconducibile al recepimento degli atti legislativi europei;

b)  disposizioni per il conferimento al Governo di delega legislativa, diretta a modificare o abrogare disposizioni statali vigenti, limitatamente a quanto indispensabile per garantire la conformità dell'ordinamento nazionale ai pareri motivati indirizzati all'Italia dalla Commissione europea o al dispositivo di sentenze di condanna per inadempimento emesse della Corte di giustizia dell'Unione europea;

c)   disposizioni che autorizzano il Governo a recepire le direttive in via regolamentare;

d)  delega legislativa al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell'Unione europea;

e)   delega legislativa al Governo limitata a quanto necessario per dare attuazione a eventuali disposizioni non direttamente applicabili contenute in regolamenti europei;

f)    disposizioni che, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, conferiscono delega al Governo per l'emanazione di decreti legislativi recanti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni UE recepite dalle regioni e dalle province autonome;

g)  disposizioni che individuano i principi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per recepire o per assicurare l'applicazione di atti dell'Unione europea nelle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione;

h)  disposizioni che, nell'ambito del conferimento della delega legislativa per il recepimento o l'attuazione degli atti di cui alle lettere a), b) ed e), autorizzano il Governo a emanare testi unici per il riordino e per l'armonizzazione di normative di settore, nel rispetto delle competenze delle regioni e delle province autonome;

i)    delega legislativa al Governo per l'adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati.

Nell’esercizio delle deleghe legislative conferite, il Governo è tenuto al rispetto dei principi e criteri generali di delega[1], nonché degli specifici principi e criteri direttivi aggiuntivi eventualmente stabiliti dalla legge di delegazione europea, come previsto all’articolo 32 della legge n. 234 del 2012.

Ai sensi dell’articolo 29, comma 7, il Governo deve inoltre dare conto dell’eventuale omesso inserimento delle direttive il cui termine di recepimento è scaduto o scade nel periodo di riferimento, considerati i tempi previsti per l’esercizio della delega, e fornire dati sullo stato delle procedure di infrazione, l’elenco delle direttive recepite o da recepire in via amministrativa, l’elenco delle direttive recepite con regolamento e l’elenco dei provvedimenti con i quali le singole regioni e province autonome hanno provveduto a recepire direttive nelle materie di loro competenza. Tutte queste informazioni sono contenute nella articolata ed estesa relazione illustrativa che precede il testo del disegno di legge.

 

Ai sensi dell’articolo 32, comma 1, della legge n. 234 del 2012, il disegno di legge di delegazione stabilisce - con riferimento ad alcuni atti dell’Unione europea - principi e criteri direttivi specifici cui il Governo deve attenersi nell’esercizio della delega, in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare e a quelli generali di delega, richiamati alle lettere da a) a i) del citato comma 1.

 

In particolare, il disegno di legge in esame introduce principi e criteri direttivi specifici di delega riferiti ai seguenti atti:

 

Direttive:

 

§   (UE) 2019/2121 - trasformazioni, fusioni e scissioni transfrontaliere (art.3);

§  (UE) 2019/2161 - modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori – (art.4);

§   (UE) 2020/1504 - mercati degli strumenti finanziari (art.5).

 

Regolamenti:

 

§  (UE) 2020/1503, relativo ai fornitori di servizi di crowdfunding per le imprese (art.5);

§  (UE) 2017/1939, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO») (art.6);

§  (UE) 2018/848, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici (art.7);

§  (UE) 2017/625, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari (art.7);

§  (UE) 2018/1727, che istituisce l'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale e che sostituisce e abroga la decisione 2002/187/GAI del Consiglio (art.8);

§   (UE) 2018/1805, relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e confisca (art.9);

§  (UE) 2019/4, relativo alla fabbricazione, all’immissione sul mercato e all’utilizzo di mangimi medicati (art.10);

§  (UE) 2019/6, relativo ai medicinali veterinari (art.11);

§  (UE) 2019/1009, che stabilisce norme relative alla messa a disposizione sul mercato di prodotti fertilizzanti dell'UE (art.12);

§   (CE) n. 1071/2009, 1072/2009 e 1073/2009, in materia di trasporto su strada di merci e persone (art.13).

 

La successiva Tabella elenca le direttive dell'Unione europea oggetto di attuazione mediante il disegno di legge di delegazione 2021, ripartite in base alla scadenza dei relativi termini di recepimento.

 

Tabella IV - Direttive per termine di recepimento

 

Termine di recepimento

Direttive

10/05/2021

6) direttiva (UE) 2020/1504 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 ottobre 2020, che modifica la direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari (Testo rilevante ai fini del SEE);

 

 

30/06/2021

 

(30/06/2020 limitatamente ad art.2, punto 1), della direttiva)

3) direttiva (UE) 2019/2177 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2019 che modifica la direttiva 2009/138/CE in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione la direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari e la direttiva UE 2015/849 relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo;

28/09/2021

8) direttiva (UE) 2021/338 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2021 che modifica la direttiva 2014/65/UE per quanto riguarda gli obblighi di informazione, la governance del prodotto e i limiti di posizione, e le direttive 2013/36/UE e (UE) 2019/878 per quanto riguarda la loro applicazione alle imprese di investimento, per sostenere la ripresa dalla crisi COVID-19 (Testo rilevante ai fini del SEE);

 

 

28/11/2021

2) direttiva (UE) 2019/2161 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori (Testo rilevante ai fini del SEE);

31/12/2021

5) direttiva (UE) 2020/1151 del Consiglio del 29 luglio 2020 che modifica la direttiva 92/83/CEE relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sull’alcole e sulle bevande alcoliche;

 

 

02/02/2022

4) direttiva (UE) 2020/1057 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2020, che stabilisce norme specifiche per quanto riguarda la direttiva 96/71/CE e la direttiva 2014/67/UE sul distacco dei conducenti nel settore del trasporto su strada e che modifica la direttiva 2006/22/CE per quanto riguarda gli obblighi di applicazione e il regolamento (UE) n. 1024/2012;

25/12/2022

7) direttiva (UE) 2020/1828 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2020 relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e che abroga la direttiva 2009/22/CE (Testo rilevante ai fini del SEE);

31/12/2022

(31/12/2023 limitatamente all’art.1, punto 1), lettera d), della direttiva)

9) direttiva (UE) 2021/514, del Consiglio recante modifica della direttiva 2011/16/UE relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale.

 

 

31/01/2023

1) direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere;

 

 

 

Il processo di recepimento degli atti dell’UE

Ai sensi dell’articolo 29, comma 7, della legge n. 234 del 2012, il disegno di legge di delegazione europea deve essere corredato di una relazione illustrativa, aggiornata al 31 dicembre dell'anno precedente, nella quale il Governo, in occasione della presentazione del disegno di legge, dà conto di una serie di informazioni utili alla valutazione del processo di recepimento delle direttive e degli altri atti dell’Unione europea.

Poiché il precedente disegno di legge di delegazione europea è stato approvato in fase governativa come disegno di legge riferito all’anno 2019 e solo nel corso dell’esame parlamentare è stato modificato il titolo della legge in "delegazione europea 2019-2020", inserendovi anche il riferimento allo scorso anno, i dati contenuti nella relativa relazione illustrativa si riferivano solo all’anno 2018 e non anche al 2019.

Al fine di fornire le informazioni previste dal citato articolo 29 senza soluzione di continuità, la relazione illustrativa al disegno di legge di delegazione 2021 riporta le informazioni riferite agli anni 2019 e 2020, mediante le quali il Governo:

a)     dà conto delle motivazioni che lo hanno indotto all'inclusione delle direttive dell'Unione europea in uno degli allegati, con specifico riguardo all'opportunità di sottoporre i relativi schemi di atti normativi di recepimento al parere delle competenti Commissioni parlamentari;

 

A tale riguardo la relazione precisa che nel disegno di legge è presente un solo allegato poiché tutte le direttive europee contenute nel disegno di legge saranno attuate con decreti legislativi sottoposti all’esame delle competenti Commissioni parlamentari per l’espressione del prescritto parere. Si precisa altresì che nel disegno di legge sono state inserite le direttive dell’Unione europea pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea alla data dell’8 giugno 2021.

 

b)    riferisce sullo stato di conformità dell'ordinamento interno al diritto dell'Unione europea e sullo stato delle eventuali procedure d'infrazione, dando conto, in particolare, della giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea relativa alle eventuali inadempienze e violazioni da parte della Repubblica italiana di obblighi derivanti dal diritto dell'Unione europea;

 

Al riguardo, il Governo evidenzia che il numero delle procedure d’infrazione a carico dell’Italia alla data del 5 maggio 2021 ammontava a 82, di cui 63 per violazione del diritto dell’Unione e 19 per mancato recepimento di direttive.

Si segnala che, secondo quanto riportato dalla banca dati EUR-Infra del Dipartimento per le politiche europee, alla data del 6 settembre 2021 le procedure di infrazione aperte a carico dell’Italia ammontavano a 89, di cui 63 per violazione del diritto dell’Unione e 26 per mancato recepimento di direttive.

Di seguito sono riportati i tre prospetti, contenuti nella relazione illustrativa al disegno di legge, riepilogativi delle procedure di infrazione attive, suddivise per stadio, per materia e per amministrazione (per i primi due prospetti è riportato anche l’aggiornamento al 6 settembre 2021).

 Il numero corrisponde al totale effettivo delle procedure pendenti, depurato da duplicazioni, tenuto conto che alcune procedure sono di competenza condivisa tra più Amministrazioni.


 

 

SUDDIVISIONE PROCEDURE DI INFRAZIONE PER STADIO DELLA PROCEDURA

 

 

 

Aggiornamento al 6 settembre 2021

Messa in mora Art. 258 TFUE

38

46

Messa in mora complementare Art. 258 TFUE

10

10

Parere motivato Art. 258 TFUE

12

10

Decisione ricorso Art. 258 TFUE

1

2

Ricorso Art. 258 TFUE

3

4

Sentenza Art. 258 TFUE

9

8

Messa in mora Art. 260 TFUE

2

2

Decisione ricorso Art. 260 TFUE

1

1

Sentenza Art. 260 TFUE

6

6

Totale

82

89

 

 

SUDDIVISIONE PROCEDURE DI INFRAZIONE PER MATERIA

 

 

 

Aggiornamento al 6 settembre 2021

Ambiente

16

18

Trasporti

11

8

Fiscalità e dogane

9

6

Energia

7

6

Concorrenza e aiuti di Stato

6

6

Libera prestazione dei servizi e stabilimento

5

5

Giustizia

5

8

Affari interni

5

5

Affari economici e finanziari

4

10

Lavoro e politiche sociali

3

4

Appalti

3

3

Salute

2

2

Comunicazioni

2

4

Agricoltura

2

2

Affari esteri

2

1

Tutela dei consumatori

-

1

TOTALE

82

89

 


 

SUDDIVISIONE INFRAZIONI PER AMMINISTRAZIONE COMPETENTE

 

Ministero della transizione ecologica

25[2]

Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili

15

Ministero dell’economia e delle finanze

13

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

6

Ministero della giustizia

5

Ministero dell’interno

5

Ministero dello sviluppo economico

3

Presidenza del Consiglio – Dipartimento politiche europee

3

Ministero della salute

3

Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali

2

Regioni e Enti locali (competenza esclusiva)

2

Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione

2

Ministro per il turismo

1

Totale

82

 

c)     fornisce l'elenco delle direttive dell'Unione europea recepite o da recepire in via amministrativa;

 

Al riguardo, si evidenzia come le direttive attuate in via amministrativa nel 2019 siano state 20, mentre nell’anno successivo ammontino a 28.

 

d)    dà partitamente conto delle ragioni dell'eventuale omesso inserimento delle direttive dell'Unione europea il cui termine di recepimento è già scaduto e di quelle il cui termine di recepimento scade nel periodo di riferimento, in relazione ai tempi previsti per l'esercizio della delega legislativa;

 

Con riferimento a tali profili la relazione illustrativa segnala che la direttiva delegata (UE) 2019/369 della Commissione, del 13 dicembre 2018, che modifica l'allegato della decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio per quanto riguarda l'inclusione di nuove sostanze psicoattive nella definizione di «stupefacenti», pubblicata nella G.U.U.E. non è stata inserita nel disegno di legge poiché l’ordinamento nazionale risulta essere conforme al dettato normativo europeo e, pertanto, non necessita di norme di attuazione.

 

e)     fornisce l'elenco delle direttive dell'Unione europea recepite con regolamento ai sensi dell’articolo 35, nonché l'indicazione degli estremi degli eventuali regolamenti di recepimento già adottati;

 

In proposito,  la relazione segnala che, ai sensi dell'articolo 35 della legge n. 234 del 2012, con decreto del Presidente della Repubblica 23 agosto 2019, n. 131, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 novembre 2019, n. 267, è stata data attuazione alla direttiva 2012/39/UE della Commissione, del 26 novembre 2012, che modifica la direttiva 2006/17/CE per quanto riguarda determinate prescrizioni tecniche relative agli esami effettuati su tessuti e cellule umani.

 

e-bis) fornisce l'elenco delle direttive dell'Unione europea che delegano alla Commissione europea il potere di adottare gli atti di cui all'articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

 

Nella relazione illustrativa al disegno di legge viene fornito l’elenco delle direttive dell’Unione europea, pubblicate negli anni 2019 e 2020, che delegano alla Commissione europea il potere di adottare gli atti di cui all’articolo 290 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

 

f)      fornisce l'elenco dei provvedimenti con i quali nelle singole Regioni e Province autonome si è provveduto a recepire le direttive dell'Unione europea nelle materie di loro competenza, anche con riferimento a leggi annuali di recepimento eventualmente approvate dalle regioni e dalle province autonome. L'elenco è predisposto dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome e trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche europee in tempo utile e, comunque, non oltre il 15 gennaio di ogni anno.

 

Relativamente a tali profili la relazione illustrativa segnala che, sulla base delle comunicazioni pervenute dagli enti territoriali per mezzo della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, nel corso dell’anno 2019, non vi sono Regioni o Province autonome che hanno provveduto a recepire le direttive dell'Unione europea nelle materie di loro competenza, anche con riferimento a leggi annuali di recepimento eventualmente approvate dalle stesse mentre, nell’anno 2020, la Provincia autonoma di Bolzano ha emanato il d.P.P. 20 aprile 2020, n. 16, volto a recepire le direttive europee (UE) 2018/844, 2009/28/CE, 2010/31UE e 2012/27/UE.

 

 

La procedura parlamentare di esame delle leggi europee 

 

La fase discendente di esame ed approvazione dei disegni di legge europea e di delegazione europea - con il contestuale esame della Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione -, rappresentano il momento per compiere, in sede parlamentare, una verifica complessiva dell'adempimento di tutti gli obblighi derivanti dall'appartenenza all'UE da parte dell'Italia.

Sui due atti si svolge un procedimento di esame congiunto in Commissione ed in Assemblea, pur avendo l'uno natura legislativa e l'altro quella di indirizzo e controllo.

 

Per quanto riguarda il Senato, la procedura vigente per l'esame del disegno di legge di delegazione europea (come della legge europea e delle relazioni annuali sulla partecipazione dell'Italia all'UE) è disciplinata dall’articolo 144-bis del Regolamento interno.

Il suddetto articolo, al comma 1, prevede che tali atti siano assegnati, per l'esame generale in sede referente, alla 14a Commissione "Politiche dell'Unione europea" e, per l'esame delle parti di rispettiva competenza, alle Commissioni competenti per materia.

Queste ultime dispongono di quindici giorni per condurre l'esame che potrà concludersi, nel caso del disegno di legge di delegazione (e del disegno di legge europea), con l'approvazione di una relazione e con la nomina di un relatore. E' prevista inoltre la possibilità di trasmettere relazioni di minoranza.

Nel caso si tratti delle relazioni annuali sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, l'esame nelle commissioni si concluderà con l'approvazione di un parere.

Trascorsi quindici giorni dall'assegnazione la 14a Commissione potrà in ogni caso procedere all'esame (comma 2). Avrà a disposizione trenta giorni per concluderlo e per trasmettere una relazione generale all'Assemblea. A tale relazione sono allegate altresì le relazioni delle Commissioni (o i pareri nel caso si esamini la relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea).

Per quanto concerne gli emendamenti, fermi restando i principi sanciti dall'articolo 97 R.S. (dichiarazione di improbabilità e inammissibilità), sono inammissibili quelli che riguardano materie estranee al disegno di legge in esame. Il Presidente del Senato, ricorrendo tali condizioni, può dichiarare inammissibili disposizioni del testo proposto dalla Commissione all'Assemblea (comma 4). L'articolo 144-bis prevede poi, al comma 5, che possano essere presentati in Assemblea, anche dal solo proponente, i soli emendamenti respinti nella 14a Commissione. Il Presidente del Senato, tuttavia, potrà ammetterne dei nuovi purché correlati con modifiche proposte dalla Commissione o già approvate in Assemblea.

In base al comma 6, la discussione generale dell'esame del disegno di legge di delegazione europea (e della legge europea) può avvenire congiuntamente con la discussione della relazione annuale sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, sulla quale è prevista la possibilità di presentare delle proposte di risoluzione. Al termine della votazione sul disegno di legge, l'Assemblea delibera sulle suddette proposte, votando per prima quella accettata dal Governo, alla quale ciascun senatore può proporre emendamenti (comma 7).

 

Per quanto riguarda la Camera, occorre far riferimento all' articolo 126-ter[3] del Regolamento interno (R.C.) che traccia una procedura speciale.

Più in dettaglio, l'art. 126-ter R.C. prevede che il disegno di legge comunitaria (ora: europea e di delegazione europea) e la relazione (ora: consuntiva) sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'UE siano assegnati, per l'esame generale in sede referente, alla Commissione politiche dell'Unione europea, e, per l'esame delle parti di rispettiva competenza, alle Commissioni competenti per materia.

Ciascuna Commissione è tenuta ad esaminare le parti del disegno di legge di propria competenza entro quindici giorni dall'assegnazione, concludendo con l’approvazione di una relazione e con la nomina di un relatore, che può partecipare alle sedute della Commissione politiche dell'Unione europea. Entro lo stesso termine sono trasmesse le eventuali relazioni di minoranza. Le singole Commissioni approvano anche gli emendamenti al disegno di legge, relativi alle parti di competenza, che vengono inclusi nella relazione. Analogamente, sempre entro quindici giorni, ciascuna Commissione esamina le parti della Relazione annuale che riguardino la propria competenza ed approvano un parere.

Decorso il termine indicato, la Commissione politiche dell'Unione europea, entro i successivi trenta giorni, conclude l'esame del disegno di legge e della relazione, predisponendo per ciascun atto una relazione generale per l'Assemblea, alla quale sono allegate, rispettivamente, le relazioni ed i pareri approvati dalle singole Commissioni.

La Commissione politiche dell’Unione europea svolge l'esame in sede referente del provvedimento e gli emendamenti approvati dalle singole Commissioni si ritengono accolti, salvo che la Commissione politiche dell’Unione europea non li respinga per motivi di compatibilità con la normativa comunitaria, ovvero per esigenze di coordinamento generale.

Criteri particolari riguardano l'ammissibilità degli emendamenti: oltre ai princìpi generali contenuti all'art. 89 R.C. (estraneità all'oggetto della discussione), sono considerati inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che riguardino materie estranee all'oggetto proprio delle leggi europee, come definito dalla legislazione vigente. Gli emendamenti dichiarati inammissibili in commissione non possono essere ripresentati in Assemblea.

Terminato l’esame in Commissione, i disegni di legge europea e di delegazione

europea e la Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, sono trasmessi all'Assemblea, dove ha luogo la discussione generale congiunta, nell’ambito della quale possono essere presentate risoluzioni sulla Relazione annuale, che sono votate dopo la votazione finale sul disegno di legge.

Si ricorda, infine, che sul disegno di legge di delegazione europea (e su quello di legge europea, ove contenga deleghe), si esprime, inoltre, il Comitato per la legislazione, ai sensi dell'art. 16-bis, comma 6- bis, R.C., dal momento che si tratta di una legge contenente norme di delegazione legislativa.

 

 


Articolo 1
(Delega al Governo per il recepimento delle direttive e l'attuazione degli altri atti dell'Unione europea)

 

Il comma 1 reca la delega legislativa al Governo per l’adozione dei decreti legislativi di attuazione degli atti normativi dell’Unione europea indicati nell’articolato del provvedimento in esame, nonché per l’attuazione delle direttive elencate nell’allegato A che richiedono l’introduzione di normative organiche e complesse.

 

L’allegato A elenca 9 direttive da recepire con decreto legislativo.

 

Per quanto riguarda i termini, le procedure, i princìpi e i criteri direttivi della delega, il comma 1 in esame rinvia alle disposizioni previste dagli articoli 31 e 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234.

 

L’articolo 31, comma 1, della legge n. 234 del 2012 dispone che il termine per l’esercizio delle deleghe conferite al Governo con la legge di delegazione europea sia di quattro mesi antecedenti il termine di recepimento indicato in ciascuna delle direttive[4]. Per le direttive il cui termine così determinato sia già scaduto alla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, o scada nei tre mesi successivi, la delega deve essere esercitata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Per le direttive che non prevedono un termine di recepimento, il termine per l’esercizio della delega è di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea.

L’articolo 31, comma 5, della legge n. 234 del 2012 prevede inoltre che il Governo possa adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati in base alla delega conferita con la legge di delegazione entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascun decreto legislativo, sempre nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla legge stessa.

L’articolo 32 della legge n. 234 del 2012 detta i seguenti princìpi e criteri direttivi generali di delega:

a)      le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti;

b)      ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, anche attraverso il riassetto e la semplificazione della normativa;

c)       gli atti di recepimento di direttive dell'Unione europea non possono prevedere l'introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse (c.d. gold plating);

d)      ove necessario, al fine di assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. In ogni caso le sanzioni penali sono previste "solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti";

e)       al recepimento di direttive o di altri atti che modificano precedenti direttive o di atti già attuati con legge o con decreto legislativo si procede apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione;

f)        nella redazione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;

g)      quando si verificano sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, l’efficacia e la trasparenza dell’azione amministrativa, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà e delle competenze delle regioni e degli enti territoriali;

h)      le direttive che riguardano le stesse materie o che comportano modifiche degli stessi atti normativi vengono attuate con un unico decreto legislativo, compatibilmente con i diversi termini di recepimento;

i)        è sempre assicurata la parità di trattamento dei cittadini italiani rispetto ai cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea e non può essere previsto in ogni caso un trattamento sfavorevole dei cittadini italiani.

 

Il comma 2 dell’articolo 1 prevede che gli schemi di decreto legislativo siano sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari.

 

La disposizione segue lo schema procedurale disciplinato in via generale dall’articolo 31, comma 3, della legge 234 del 2012. Esso prevede che gli schemi di decreto legislativo, una volta acquisiti gli altri pareri previsti dalla legge, siano trasmessi alle Camere per l’espressione del parere e che, decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, essi siano emanati anche in mancanza del parere.

Qualora il termine fissato per l’espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono il termine per l’esercizio della delega o successivamente, il termine per la delega è prorogato di tre mesi. Si intende in tal modo permettere al Governo di usufruire in ogni caso di un adeguato periodo di tempo per l’eventuale recepimento, nei decreti legislativi, delle indicazioni emerse in sede parlamentare.

Il comma 9 del medesimo articolo 31 prevede altresì che ove il Governo non intenda conformarsi ai pareri espressi dagli organi parlamentari relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi, ritrasmette i testi alle Camere, con osservazioni ed eventuali modificazioni. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere.

 

Il comma 3 dell’articolo in esame dispone che eventuali spese non contemplate dalla legislazione vigente che non riguardano l’attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi attuativi esclusivamente nei limiti necessari per l’adempimento degli obblighi di attuazione dei medesimi provvedimenti.

Alla copertura degli oneri recati da tali spese eventualmente previste nei decreti legislativi attuativi, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall’attuazione delle direttive, qualora non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del Fondo per il recepimento della normativa europea, di cui all’articolo 41-bis della legge n. 234/2012.

 

Il Fondo per il recepimento della normativa europea è stato istituito dalla legge 29 luglio 2015, n. 115 (Legge europea 2014) attraverso l’introduzione dell'articolo 41-bis della legge 234/2012, al fine di consentire il tempestivo adeguamento dell'ordinamento interno agli obblighi imposti dalla normativa europea, nei soli limiti occorrenti per l'adempimento di tali obblighi e soltanto in quanto non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni dalla legislazione vigente.

 

Lo stesso comma 3 prevede inoltre che, in caso di incapienza del Fondo per il recepimento della normativa europea, i decreti legislativi attuativi delle direttive dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie, in conformità all'articolo 17, comma 2, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196).

 

Il comma 2 dell’articolo 17 della legge n. 196/2009 ("Legge di contabilità e finanza pubblica") ha introdotto specifiche disposizioni relative alla copertura degli oneri recati dall’attuazione di deleghe legislative. In particolare, è espressamente sancito il principio in base al quale le leggi di delega comportanti oneri recano i mezzi di copertura finanziaria necessari per l’adozione dei relativi decreti legislativi. Qualora, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, a tale quantificazione si procede al momento dell’adozione dei singoli decreti.

A tal fine, si dispone, in primo luogo, che ciascuno schema di decreto sia corredato di una relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria del medesimo provvedimento ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura. In secondo luogo, la norma dispone che l’individuazione dei mezzi di copertura deve in ogni caso precedere l’entrata in vigore dei decreti medesimi, subordinando l’emanazione dei decreti legislativi alla previa entrata in vigore degli atti legislativi recanti lo stanziamento delle relative risorse finanziarie.

 

È altresì previsto il parere delle Commissioni parlamentari competenti anche per i profili finanziari sugli schemi dei decreti legislativi in questione, come richiesto dall'articolo 31, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, che disciplina le procedure per l'esercizio delle deleghe legislative conferite al Governo con la legge di delegazione europea.

 

In particolare, il citato comma 4 dell’articolo 31 prevede che gli schemi dei decreti legislativi recanti recepimento delle direttive che comportino conseguenze finanziarie siano corredati della relazione tecnica, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge di contabilità pubblica (legge n. 196/2009). Su di essi è richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi d'informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni.

 

 


 

Articolo 2
(Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di atti normativi dell’Unione europea)

 

L'articolo 2 conferisce al Governo, ai sensi dell'articolo 33 della legge n. 234 del 2012, una delega della durata di diciotto mesi per l'emanazione di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi discendenti da precetti europei non trasfusi in leggi nazionali. Può trattarsi di direttive attuate in via regolamentare o amministrativa, ossia con fonti non primarie inidonee a istituire sanzioni penali, o di regolamenti dell’Unione europea.

La delega è conferita per gli atti dell’Unione europea pubblicati a partire dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea 2021, per i quali non siano già previste sanzioni.

 

Si rammenta che gli atti legislativi dell'Unione europea non introducono né disciplinano di norma sanzioni, rimandando invece agli ordinamenti nazionali, in virtù della netta diversità dei sistemi giuridici nazionali. I regolamenti e le direttive lasciano quindi agli Stati membri di regolare le conseguenze della loro inosservanza.

 

La disposizione in oggetto è analoga a quella contenuta nelle leggi di delegazione europea relative agli anni precedenti. Essa risponde all'esigenza di prevedere con fonte normativa interna di rango primario - atta ad introdurre norme di natura penale o amministrativa nell’ordinamento nazionale - l'eventuale disciplina sanzionatoria necessaria all’attuazione di direttive in via regolamentare o amministrativa. La stessa necessità si ravvisa per eventuali sanzioni da introdurre per violazione di norme contenute in regolamenti dell’Unione europea che, come è noto, non richiedono leggi di recepimento, essendo direttamente applicabili nell’ordinamento nazionale. La finalità dell’articolo è pertanto quella di consentire al Governo, fatte salve le norme penali vigenti, di introdurre sanzioni volte a punire le trasgressioni commesse in violazione dei precetti contenuti nelle disposizioni normative dell’Unione europea, garantendo il rispetto degli atti regolamentari o amministrativi con cui tali disposizioni vengono trasposte nell’ordinamento interno.

 

L’articolo 33 della legge n. 234 del 2012 individua la delega stessa come contenuto proprio della legge di delegazione europea. Il comma 2 dell’articolo 33 prevede che i decreti legislativi siano adottati, in base all'art. 14 della legge n. 400 del 1988[5], su proposta del Presidente del Consiglio o del Ministro per gli affari europei e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti per materia.

La tipologia e la scelta delle sanzioni deve essere effettuata, oltre che secondo i princìpi e i criteri direttivi generali indicati all’articolo 32, comma 1, lettera d), della legge n. 234 del 2012, secondo quelli specifici eventualmente indicati nella legge di delegazione europea.

La citata lettera d) dell’articolo 32, comma 1, della legge n. 234 del 2012 indica i principi e criteri di delega per l’adozione della disciplina sanzionatoria corrispondente. In particolare, al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, al fine di assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, possono essere previste sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a 150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi è prevista la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità. In luogo dell'arresto e dell'ammenda, possono essere anche previste le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo n. 274 del 2000, e la relativa competenza del giudice di pace. Tali sanzioni consistono nell’obbligo di permanenza domiciliare e nel divieto di accesso a luoghi determinati. È altresì prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro per le infrazioni che ledono o espongono a pericolo interessi diversi da quelli sopra indicati. L’entità delle sanzioni è determinata tenendo conto della diversa potenzialità lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualità personali del colpevole, con particolare riguardo a quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l'infrazione può recare al colpevole o alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce. Ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste inoltre le sanzioni amministrative accessorie della sospensione fino a sei mesi e, nei casi più gravi, della privazione definitiva di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione, nonché sanzioni penali accessorie nei limiti stabiliti dal codice penale. Sempre al medesimo fine è prevista la confisca obbligatoria delle cose utilizzate per commettere l'illecito amministrativo o il reato previsti dai medesimi decreti legislativi, nel rispetto dei limiti stabiliti dall'articolo 240, commi 3 e 4, del codice penale e dall'articolo 20 della legge n. 689 del 1981. Entro i limiti di pena indicati sono previste sanzioni anche accessorie identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari offensività rispetto a quelle previste nei decreti legislativi. Infine, nelle materie di cui all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, le sanzioni amministrative sono determinate dalle regioni.

 

Sugli schemi di decreto legislativo adottati in virtù della delega conferita dal presente articolo è prevista l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari.

 

 


 

Articolo 3
(Princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/2121, che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere)

 

L’articolo 3 stabilisce che, nell'esercizio della delega per l'attuazione della direttiva (UE) 2019/2121 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 novembre 2019, il Governo debba osservare, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 32 della legge n. 234 del 2012, anche una serie di princìpi e criteri direttivi specifici.

 

In estrema sintesi, la direttiva (UE) 2019/2121 mira, attraverso una serie di modifiche alla previgente direttiva (UE) 2017/1132, a facilitare le trasformazioni, fusioni e scissioni transfrontaliere delle aziende dell'Unione europea, al fine di assicurarne una maggiore mobilità eliminando barriere ingiustificate alla libertà di stabilimento nel mercato unico. Si veda per maggiori dettagli la sintesi della direttiva in allegato al dossier.

 

Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che lo scopo che si intende perseguire è l’introduzione di norme che, nello stesso spirito della direttiva, siano applicabili oltre i confini in essa individuati, senza pertanto limitarsi al mero recepimento delle disposizioni e dei principi non derogabili dettati dal legislatore europeo.

 

I princìpi e criteri direttivi specifici richiedono in particolare di:

a)     estendere, in quanto compatibili, le disposizioni di recepimento della direttiva (UE) 2019/2121 alle società diverse dalle società di capitali, purché iscritte nel registro delle imprese, con esclusione delle società cooperative a mutualità prevalente di cui all’articolo 2512 del codice civile, e alle società regolate dalla legge di uno Stato membro diverse dalle società di capitali;

b)    estendere, in quanto compatibili (la disciplina comunitaria presuppone l'esistenza di una normativa armonizzata tra i Paesi interessati dalla singola operazione transfrontaliera), le disposizioni di recepimento della direttiva (UE) 2019/2121 alle trasformazioni, fusioni e scissioni alle quali partecipano, o da cui risultano, una o più società non aventi la sede statutaria, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale nel territorio dell’Unione europea;

c)     disciplinare le trasformazioni, le fusioni e le scissioni di società regolate dalla legge italiana a cui partecipano, o da cui risultano, società regolate dalla legge di altro Stato anche non appartenente all’Unione europea;

d)    disciplinare le trasformazioni, fusioni e scissioni a cui partecipano, o da cui risultano, altri enti non societari i quali abbiano, quale oggetto esclusivo o principale, l’esercizio di un’attività di impresa, purché regolati da una legge di uno Stato membro e aventi la sede statutaria, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale nel territorio dell’Unione europea;

e)     disciplinare le scissioni transfrontaliere, totali o parziali, che comportano il trasferimento del patrimonio attivo e passivo a una o più società preesistenti;

f)      disciplinare il trasferimento all’estero della sede sociale da parte di una società regolata dalla legge italiana senza mutamento della legge regolatrice, con integrazione delle relative disposizioni del codice civile e dell’articolo 25 della legge n. 218 del 1995, precisando se e a quali condizioni l’operazione sia ammissibile e prevedendo, laddove ritenuto ammissibile, opportuni controlli di legalità e tutele equivalenti a quelle previste dalla direttiva (UE) 2019/2121 e stabilendo, infine, un regime transitorio, prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni, per le società che hanno trasferito la sede all’estero mantenendo la legge italiana;

La legge n. 218 del 1995 reca la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato. L'articolo 25, in particolare, riguarda le società ed enti e stabilisce, al comma 1, che le società, le associazioni, le fondazioni ed ogni altro ente, pubblico o privato, anche se privo di natura associativa, sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione. Si applica, tuttavia, la legge italiana se la sede dell'amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l'oggetto principale di tali enti.

Il comma 2 specifica che sono disciplinati dalla legge regolatrice dell'ente:

a) la natura giuridica;

b) la denominazione o ragione sociale;

c) la costituzione, la trasformazione e l'estinzione;

d) la capacità;

e) la formazione, i poteri e le modalità di funzionamento degli organi;

f) la rappresentanza dell'ente;

g) le modalità di acquisto e di perdita della qualità di associato o socio nonché i diritti e gli obblighi inerenti a tale qualità;

h) la responsabilità per le obbligazioni dell'ente;

i) le conseguenze delle violazioni della legge o dell'atto costitutivo.

Il comma 3, infine, prevede che i trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati.

g)    disciplinare i procedimenti giurisdizionali, anche di natura cautelare, per la tutela, avverso le determinazioni dell’autorità competente, in materia di rilascio del certificato preliminare di cui agli articoli 86-quaterdecies, 127 e 160-quaterdecies della direttiva (UE) 2017/1132, anche per il caso di mancata determinazione, nonché avverso le determinazioni della medesima autorità in materia di controllo di legalità di cui agli articoli 86-sexdecies, 128 e 160-sexdecies della predetta direttiva, prevedendo la competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa;

La direttiva (UE) 2017/1132 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, disciplina alcuni aspetti di diritto societario. In particolare, l'articolo 86-quaterdecies prevede il rilascio di un certificato preliminare alla trasformazione (articolo 86-quaterdecies), alla fusione (articolo 127) e alla scissione (160-sexdecies) transfrontaliera attestanti il soddisfacimento di tutte le condizioni applicabili e il regolare adempimento di tutte le procedure e formalità nello Stato membro di partenza. I medesimi articoli disciplinano altresì le modalità per la richiesta e il rilascio dei certificati preliminari, nonché per i controlli da parte dell'autorità competente degli Stati membri.

La direttiva disciplina inoltre il controllo di legalità della trasformazione (articolo 86-sexdecies), della fusione (articolo 128) e della scissione (articolo 160-sexdecies) transfrontaliera prevedendo che gli Stati membri designino l'organo giurisdizionale, il notaio o altra autorità competente. I medesimi articoli disciplinano quindi le modalità di svolgimento dello stesso controllo e stabiliscono che l'autorità competente approva la trasformazione, fusione o scissione non appena abbia stabilito che sono state regolarmente soddisfatte tutte le rilevanti condizioni e formalità.

h)    prevedere, per i creditori i cui crediti sono anteriori all’iscrizione, nel registro delle imprese, del progetto di operazione transfrontaliera, tutele non inferiori a quelle stabilite dal decreto legislativo n. 108 del 2008 riguardante elativo all'attuazione della direttiva 2005/56/CE, relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali.

i)      individuare i canali informativi utilizzabili dall’autorità competente per la verifica delle pendenze delle società verso creditori pubblici anche in funzione della richiesta di adeguate garanzie per il pagamento di tali crediti;

l)      disciplinare gli effetti sui procedimenti di rilascio del certificato preliminare e di controllo previsti dagli articoli 86-quaterdecies, 86-sexdecies, 127, 128, 160-quaterdecies e 160-sexdecies della direttiva (UE) 2017/1132, derivanti dal mancato adempimento e dal mancato rilascio delle garanzie da parte della società per le obbligazioni, anche non pecuniarie e in corso di accertamento, esistenti nei confronti di amministrazioni o enti pubblici;

m)  individuare, nell’ambito della procedura per il rilascio del certificato preliminare di cui agli articoli 86-quaterdecies, 127 e 160-quaterdecies della direttiva (UE) 2017/1132, i criteri per la qualificazione di un’operazione transfrontaliera come abusiva o fraudolenta in quanto volta all’elusione del diritto dell’Unione europea o nazionale o posta in essere per scopi criminali;

n)    disciplinare i criteri e le modalità di semplificazione dello scambio dei certificati preliminari tra le autorità competenti;

o)    apportare le necessarie modifiche alle disposizioni dettate dal decreto legislativo n. 168 del 2003, sulla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa in relazione ai procedimenti indicati alla lettera g), nonché per gli strumenti di tutela giurisdizionale previsti nella lettera h);

p)    prevedere la facoltà per la società di avvalersi, ai fini del trasferimento di attività e passività a una o più società di nuova costituzione regolate dal diritto interno, della disciplina prevista per la scissione, con le semplificazioni previste dall’articolo 160-vicies della direttiva (UE) 2019/2121, e stabilire che le partecipazioni sono assegnate alla società scorporante;

L'articolo 160-vicies della direttiva (UE) 2019/2021 prevede che alla scissione transfrontaliera tramite scorporo non si applicano l’articolo 160 quinquies, lettere b), c), f), i), o) e p) (relative ad alcuni elementi informativi del progetto di scissione transfrontaliera), e gli articoli 160 sexies (obbligo di relazione dell’organo di amministrazione o di direzione ai soci e ai dipendenti), 160 septies (obbligo di relazione dell’esperto indipendente) e 160 decies (tutela dei soci contrari al progetto di scissione transfrontaliera).

q)    prevedere una disciplina transitoria delle fusioni transfrontaliere che ricadono nell’ambito di applicazione del decreto legislativo n. 108 del 2008 riguardante l'attuazione della direttiva 2005/56/CE, relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali, a cui partecipi o da cui risulti una società regolata dalla legge di uno Stato che non ha ancora trasposto la direttiva (UE) 2019/2121;

r)      prevedere, per le violazioni delle disposizioni di recepimento della direttiva, l’applicazione di sanzioni penali e amministrative efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità delle violazioni delle disposizioni stesse, nel limite, per le sanzioni penali, della pena detentiva non inferiore nel minimo a sei mesi e non superiore nel massimo a cinque anni, ferma restando la disciplina vigente per le fattispecie penali già oggetto di previsione.

Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.


 

Articolo 4
(Princìpi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva (UE) 2019/2161, che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori)

 

L’articolo 4 contiene i princìpi e criteri direttivi della delega al Governo – conferita dall’articolo 1, comma 1 e Allegato A del disegno di legge - per il recepimento della Direttiva 2019/2161/UE sulla migliore applicazione e modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori.

 

L’articolo, composto di un unico comma, dispone che il Governo, nell’esercizio della delega, osservi, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge n. 234 del 2012, anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:

-      apportare le modifiche e le integrazioni necessarie per il recepimento della direttiva alle disposizioni del Codice del Consumo (decreto legislativo 206/2005);

-      coordinare le disposizioni sull’ indicazione di prezzi da introdurre nel Codice del consumo con le altre disposizioni vigenti in materia di indicazione di prezzi e, in particolare, con le disposizioni sulle vendite straordinarie di cui all’articolo 15 del decreto legislativo n. 114/1998.

Ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo n. 114/1998, per vendite straordinarie si intendono le vendite di liquidazione, le vendite di fine stagione e le vendite promozionali nelle quali l'esercente dettagliante offre condizioni favorevoli, reali ed effettive, di acquisto dei propri prodotti (comma 1).

Le vendite di liquidazione sono effettuate dall'esercente dettagliante al fine di esitare in breve tempo tutte le proprie merci, a seguito di: cessazione dell'attività commerciale, cessione dell'azienda, trasferimento dell'azienda in altro locale, trasformazione o rinnovo dei locali e possono essere effettuate in qualunque momento dell'anno, previa comunicazione al comune dei dati e degli elementi comprovanti tali fatti (comma 2).

Le vendite di fine stagione riguardano i prodotti, di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se non vengono venduti entro un certo periodo di tempo (comma 3).

Le vendite promozionali sono effettuate dall'esercente dettagliante per tutti o una parte dei prodotti merceologici e per periodi di tempo limitato (comma 4).

Nelle vendite sopra indicate, lo sconto o il ribasso effettuato deve essere espresso in percentuale sul prezzo normale di vendita che deve essere comunque esposto (comma 5).

Le regioni, sentiti i rappresentanti degli enti locali, le organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio, disciplinano le modalità di svolgimento, la pubblicità anche ai fini di una corretta informazione del consumatore, i periodi e la durata delle vendite di liquidazione e delle vendite di fine stagione (comma 6).

Per vendita sottocosto si intende la vendita al pubblico di uno o più prodotti effettuata ad un prezzo inferiore a quello risultante dalle fatture di acquisto maggiorato dell'imposta sul valore aggiunto e di ogni altra imposta o tassa connessa alla natura del prodotto e diminuito degli eventuali sconti o contribuzioni riconducibili al prodotto medesimo purché documentati (comma 7). Ai fini della disciplina delle vendite sottocosto il Governo può formulare osservazioni e proporre suggerimenti per la modifica delle norme. Per gli aspetti sanzionatori, fermo restando quanto disposto dalla legge n. 287/1990 in materia di competenze sanzionatorie dell’AGCM sulle pratiche anticoncorrenziali, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 22, commi 2 e 3 del medesimo decreto legislativo n. 114/1998, dunque, il pagamento di una sanzione amministrativa da 516,46 euro a 3.098,76 euro. In caso di particolare gravità o di recidiva, il sindaco può inoltre disporre la sospensione dell’attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni[6] (comma 8). Il Ministero dello sviluppo economico promuove la sottoscrizione di codici di autoregolamentazione delle vendite sottocosto tra le organizzazioni rappresentative delle imprese produttrici e distributive (comma 9);

-      revisionare ed adeguare l’apparato sanzionatorio amministrativo, già previsto dal Codice del consumo nelle materie oggetto della Direttiva, attraverso la previsione di sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità delle relative violazioni (per la ricostruzione normativa delle sanzioni, cfr. infra);

-      stabilire che i poteri sanzionatori di cui agli articoli 1, 3 e 4 della Direttiva siano esercitati dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) anche in relazione alle fattispecie di esclusivo rilievo nazionale, cui si applicano le disposizioni del Codice del Consumo, fermo quanto previsto dall’articolo 27, comma 1-bis dello stesso Codice, circa l’acquisizione, da parte dell’AGCM, nei settori regolati, del parere dell’Autorità competente. Resta altresì ferma la competenza delle Autorità di regolazione ad esercitare i propri poteri nelle ipotesi di violazione della regolazione che non integrino gli estremi di una pratica commerciale scorretta. Le Autorità possono disciplinare con protocolli di intesa gli aspetti applicativi e procedimentali della reciproca collaborazione, nel quadro delle rispettive competenze;

-      prevedere che sia almeno pari al 4 per cento del fatturato annuo del professionista[7] (nello Stato membro o negli Stati membri interessati) il massimo edittale delle sanzioni inflitte dalle autorità competenti degli Stati membri, a norma dell’articolo 21 del Regolamento 2017/2934/UE, nel caso di infrazioni diffuse o aventi dimensione unionale alla disciplina a tutela i consumatori, nonché quelle derivanti dalla violazione delle seguenti norme contenute nel Codice del Consumo:

-    nella Parte seconda, Titolo III (articoli da 18 a 27-quater) sulle pratiche commerciali scorrette ingannevoli e aggressive tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un'operazione commerciale relativa a un prodotto, nonché sulle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e microimprese.

Il Codice (art. 27, comma 4) prevede l’applicazione, da parte dell’AGCM, di una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 20.000 euro in caso di inottemperanza senza giustificato motivo a quanto da essa disposto, circa l’esibizione di documenti o atti da parte delle imprese, necessari per le verifiche istruttorie. Qualora poi le informazioni o la documentazione fornite non siano veritiere, l'Autorità applica una sanzione da 4.000 a 40.000 euro.

Con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, l'Autorità dispone anche l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 5 milioni di euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione.

La sanzione non può essere inferiore a 50 mila euro euro nel caso di pratiche commerciali scorrette che, riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, omettono di darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza; e di pratiche che, in quanto suscettibili di raggiungere bambini ed adolescenti, possono, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza (art. 27, comma 9). Inoltre, in caso di inottemperanza ai provvedimenti d'urgenza e a quelli inibitori o di rimozione degli effetti delle pratiche commerciali ed in caso di mancato rispetto degli impegni assunti da parte del professionista responsabile, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 10 mila a 5 milioni di euro. Nei casi di reiterata inottemperanza l'Autorità può disporre la sospensione dell'attività d'impresa per un periodo non superiore a trenta giorni (art. 27, comma 12). È comunque fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario in materia di atti di concorrenza sleale, a norma dell'articolo 2598 cc., nonché, per quanto concerne la pubblicità comparativa, in materia di atti compiuti in violazione della disciplina sul diritto d'autore, e dei marchi d'impresa, nonché delle denominazioni di origine riconosciute e protette in Italia e di altri segni distintivi di imprese, beni e servizi concorrenti

-     nella Parte III, Titolo I (articoli da 33 a 38), sulle clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore che si concludono mediante adesione a condizioni generali di contratto o con la sottoscrizione di moduli, modelli o formulari.

Anche in questo caso, il Codice (art. 37-bis) prevede l’applicazione, da parte dell’AGCM, di una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 20.000 euro in caso di inottemperanza a quanto da essa disposto, circa l’esibizione di documenti o atti da parte delle imprese, necessari per le verifiche istruttorie. Qualora poi le informazioni o la documentazione fornite non siano veritiere, l'Autorità applica una sanzione da 4.000 a 40.000 euro;

-     nella Parte terza, Titolo III, Capo I (articoli da 45 a 67) sui contratti conclusi tra professionista e consumatore, inclusi quelli per la fornitura di acqua, gas, elettricità o teleriscaldamento, anche da parte di prestatori pubblici. In materia di accertamento e sanzione delle violazioni, si applica l'articolo 27, commi da 2 a 15, del Codice, sopra descritto. È comunque fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario e la possibilità di promuovere la risoluzione extragiudiziale delle controversie inerenti al rapporto di consumo.

-      stabilire le specifiche modalità di indicazione del prezzo precedente in caso di riduzioni di prezzo per prodotti sul mercato da meno di trenta giorni e per beni che possono deteriorarsi o scadono rapidamente, nonché in caso di aumenti progressivi della riduzione di prezzo;

-      stabilire il prolungamento a trenta giorni del termine di recesso per i contratti nel contesto di visite al domicilio non richieste e di escursioni organizzate per vendere prodotti e la disapplicazione, nei medesimi casi, delle esclusioni del diritto di recesso.

 

Ai sensi dell’art. 52 del Codice del Consumo, il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni per recedere da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali senza dover fornire alcuna restituzione dei beni, purché il professionista non abbia concordato di sostenerlo o abbia omesso di informare il consumatore che tale costo è a carico del consumatore[8]).

Salvo il fatto che il professionista non fornisca al consumatore le informazioni sul diritto di recesso[9], il periodo di recesso termina dopo quattordici giorni a partire: a) per i contratti di servizi, dal giorno di conclusione del contratto;  b) nel caso di contratti di vendita, dal giorno in cui il consumatore o un terzo, diverso dal vettore, e designato dal consumatore, acquisisce il possesso fisico dei beni o il possesso fisico dell'ultimo bene, o dell’ultimo lotto o pezzo. nel caso di beni multipli ordinati mediante un solo ordine e consegnati separatamente, o di beni in parti separate e per lotti. Nel caso di contratti per la consegna periodica di beni in un determinato lasso di tempo, il recesso decorre dal giorno in cui il consumatore o un terzo, diverso dal vettore e designato dal consumatore, acquisisce il possesso fisico del primo bene; nel caso di contratti per la fornitura di acqua, gas o elettricità, quando non sono messi in vendita in un volume limitato o in quantità determinata, di teleriscaldamento o di contenuto digitale non fornito su un supporto materiale, c) dal giorno della conclusione del contratto.

Le parti del contratto possono adempiere ai loro obblighi contrattuali durante il periodo di recesso. Tuttavia, nel caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, il professionista non può accettare, a titolo di corrispettivo, effetti cambiari che abbiano una scadenza inferiore a quindici giorni dalla conclusione del contratto per i contratti di servizi o dall'acquisizione del possesso fisico dei beni per i contratti di vendita e non può presentarli allo sconto prima di tale termine.

 

Il diritto di recesso per i contratti a distanza e i contratti negoziati fuori dei locali commerciali è escluso nei casi elencati nell’art. 59 del decreto legislativo 205/2006 relativamente a:

a) i contratti di servizi dopo la completa prestazione del servizio da parte del professionista se l'esecuzione è iniziata con l'accordo espresso del consumatore e con l'accettazione della perdita del diritto di recesso a seguito della piena esecuzione del contratto;

b) la fornitura di beni o servizi il cui prezzo è legato a fluttuazioni nel mercato finanziario che il professionista non è in grado di controllare e che possono verificarsi durante il periodo di recesso;

c) la fornitura di beni confezionati su misura o chiaramente personalizzati;

d) la fornitura di beni che rischiano di deteriorarsi o scadere rapidamente;

e) la fornitura di beni sigillati che non si prestano ad essere restituiti per motivi igienici o connessi alla protezione della salute e sono stati aperti dopo la consegna;

f) la fornitura di beni che, dopo la consegna, risultano, per loro natura, inscindibilmente mescolati con altri beni;

g) la fornitura di bevande alcoliche, il cui prezzo è stato concordato al momento della conclusione del contratto di vendita, la cui consegna possa avvenire solo dopo trenta giorni e il cui valore effettivo dipenda da fluttuazioni sul mercato che non possono essere controllate dal professionista;

h) i contratti in cui il consumatore ha specificamente richiesto una visita da parte del professionista ai fini dell'effettuazione di lavori urgenti di riparazione o manutenzione. Se, in occasione di tale visita, il professionista fornisce servizi oltre a quelli specificamente richiesti dal consumatore o beni diversi dai pezzi di ricambio necessari per effettuare la manutenzione o le riparazioni, il diritto di recesso si applica a tali servizi o beni supplementari;

i) la fornitura di registrazioni audio o video sigillate o di software informatici sigillati che sono stati aperti dopo la consegna;

l) la fornitura di giornali, periodici e riviste ad eccezione dei contratti di abbonamento per la fornitura di tali pubblicazioni;

m) i contratti conclusi in occasione di un'asta pubblica;

n) la fornitura di alloggi per fini non residenziali, il trasporto di beni, i servizi di noleggio di autovetture, i servizi di catering o i servizi riguardanti le attività del tempo libero qualora il contratto preveda una data o un periodo di esecuzione specifici;

o) la fornitura di contenuto digitale mediante un supporto non materiale se l'esecuzione è iniziata con l'accordo espresso del consumatore e con la sua accettazione del fatto che in tal caso avrebbe perso il diritto di recesso.


 

Articolo 5
(Princìpi e criteri direttivi per l’attuazione della direttiva (UE) 2020/1504, che modifica la direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari e delega per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2020/1503, relativo ai fornitori di servizi di crowdfunding per le imprese, e che modifica il regolamento (UE) 2017/1129 e la direttiva (UE) 2019/1937)

 

L’articolo 5 reca i principi e i criteri direttivi per l’attuazione della direttiva (UE) 2020/1504 e per l’adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2020/1503, che disciplinano i fornitori di servizi di crowdfunding per le imprese.

 

Si ricorda che il regolamento (UE) 2020/1503 definisce una specifica disciplina per i fornitori di servizi di crowdfunding, mentre la direttiva (UE) 2020/1504 modifica la direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari ("MiFID") al fine di escludere dal relativo ambito applicativo e, dunque, dal regime di autorizzazione ivi previsto, i fornitori di servizi di crowdfunding, espressamente disciplinati ai sensi del citato regolamento (UE) 2020/1503.

 

Il comma 1 indica gli specifici criteri e principi direttivi che, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32 della legge n. 234 del 2012, il Governo è chiamato a osservare nella definizione degli atti legislativi delegati.

 

In particolare, la lettera a) delega il Governo ad apportare alla normativa vigente tutte le modificazioni necessarie ad assicurare la corretta applicazione del regolamento (UE) 2020/1503 e della direttiva (UE) 2020/1504, garantendo il coordinamento con le altre disposizioni vigenti per i settori interessati dalla normativa da attuare e assicurando un appropriato grado di protezione dell’investitore e di tutela della stabilità finanziaria.

 

La lettera b) autorizza il Governo a esentare i fornitori di servizi di crowdfunding (come definiti all’articolo 2, paragrafo 1, lettera e), del regolamento europeo) dall'applicazione della disciplina degli intermediari contenuta nella Parte II del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo Unico della Finanza - TUF), in attuazione di quanto previsto dalla direttiva (UE) 2020/1504.

 

Le lettere c) e d) stabiliscono criteri specifici per attuare il regime di responsabilità applicabile nei casi in cui vengano fornite informazioni fuorvianti o imprecise, ovvero vengano omesse informazioni fondamentali sugli investimenti proposti rispettivamente dal titolare del progetto o dal fornitore del servizio (qualora la piattaforma offra il servizio di gestione individuale di portafogli di prestiti). In particolare, la lettera c) autorizza il Governo a prevedere l’attribuzione al titolare del progetto o ai suoi organi di amministrazione, direzione o controllo della responsabilità delle informazioni fornite nella scheda contenente le informazioni chiave sull’investimento, comprese le sue eventuali traduzioni, nei casi previsti dall’articolo 23, paragrafo 10 del Regolamento europeo. Tale norma stabilisce che gli Stati membri provvedono affinché le loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di responsabilità civile si applichino a persone fisiche o giuridiche responsabili delle informazioni fornite nella scheda contenente le informazioni chiave sull’investimento, comprese le sue eventuali traduzioni, almeno nei seguenti casi:

a)   le informazioni sono fuorvianti o imprecise; o

b)  la scheda contenente le informazioni chiave sull’investimento omette informazioni fondamentali, necessarie per aiutare gli investitori a valutare se finanziare il progetto di crowdfunding.

La lettera d) autorizza il Governo a prevedere l’attribuzione in capo al fornitore di servizi di crowdfunding della responsabilità delle informazioni fornite nella scheda contenente le informazioni chiave sull’investimento a livello di piattaforma, comprese le sue eventuali traduzioni, nei casi previsti dall’articolo 24, paragrafo 5, del Regolamento europeo. Tale norma stabilisce che gli Stati membri provvedono affinché le loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di responsabilità civile si applichino a persone fisiche e giuridiche responsabili delle informazioni fornite nella scheda contenente le informazioni chiave sull’investimento a livello di piattaforma, comprese le sue eventuali traduzioni, almeno nei seguenti casi:

a)   le informazioni sono fuorvianti o imprecise; o

b)  la scheda contenente le informazioni chiave sull’investimento a livello di piattaforma omette informazioni chiave che aiutino gli investitori nel valutare se investire attraverso la gestione individuale di portafogli di prestiti.

 

La lettera e) delega il Governo ad individuare la Banca d’Italia e la Consob, ciascuna secondo le relative funzioni, quali autorità competenti ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2020/1503, anche prevedendo forme di opportuno coordinamento al fine di evitare duplicazioni, sovrapposizioni e ridurre al minimo gli oneri gravanti sui soggetti vigilati.

L'articolo 5 del TUF stabilisce gli obiettivi (comma 1) della vigilanza sulle attività svolte dagli intermediari finanziari:

a) la salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario;

b) la tutela degli investitori;

c) la stabilità e il buon funzionamento del sistema finanziario;

d) la competitività del sistema finanziario;

e) l'osservanza delle disposizioni in materia finanziaria.

Rispetto al perseguimento di tali finalità, la Banca d'Italia è competente per quanto riguarda il contenimento del rischio, la stabilità patrimoniale e la sana e prudente gestione degli intermediari (comma 2) mentre la Consob è competente per quanto riguarda la trasparenza e la correttezza dei comportamenti.

Nel rispetto di tale riparto di competenze (comma 4), le due autorità devono esercitare i propri poteri e vigilare sull'osservanza della normativa operando in modo coordinato (comma 5) anche al fine di ridurre al minimo gli oneri gravanti sui soggetti abilitati e si danno reciproca comunicazione dei provvedimenti assunti e delle irregolarità rilevate nell'esercizio dell'attività di vigilanza.

 

La lettera f) delega il governo, sulla base di quanto previsto dall’articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento europeo sul crowdfunding, a individuare la Consob quale punto di contatto unico per la cooperazione amministrativa transfrontaliera tra le autorità competenti e con l’ESMA.

Il citato articolo 29 stabilisce che qualora gli Stati membri designino più autorità competenti, essi stabiliscono i loro rispettivi compiti e designano una di esse come punto di contatto unico per la cooperazione amministrativa transfrontaliera tra le autorità competenti e con l’ESMA.

 

La lettera g) autorizza a prevedere il ricorso alla disciplina secondaria adottata dalle autorità individuate ai sensi della lettera e) nell’ambito e per le finalità specificamente previsti dal regolamento (UE) 2020/1503 e dalla legislazione dell’Unione europea attuativa del medesimo regolamento.

 

La lettera h) autorizza il Governo a prevedere che la Consob e la Banca d’Italia, coerentemente con i poteri di cui esse dispongono sulla base della legislazione vigente, dispongano di tutti i poteri di indagine e di vigilanza necessari allo svolgimento dei loro compiti, in conformità con quanto previsto dall’articolo 30 del Regolamento (UE) 2020/1503.

Tale disposizione prevede (comma 1 ) che, per adempiere ai compiti loro assegnati dal regolamento, le autorità competenti dispongono almeno, sulla base del diritto nazionale, dei seguenti poteri di indagine:

a)     esigere che i fornitori di servizi di crowdfunding e i terzi designati a svolgere funzioni in relazione alla prestazione di servizi di crowdfunding, nonché le persone fisiche o giuridiche che li controllano o che sono da essi controllate, trasmettano informazioni e documenti;

b)    esigere che i revisori dei conti e i dirigenti dei fornitori di servizi di crowdfunding e dei terzi designati a svolgere funzioni in relazione alla prestazione di servizi di crowdfunding trasmettano informazioni;

c)     eseguire ispezioni o indagini in loco in siti diversi dalle residenze private di persone fisiche e a tal fine entrare nei locali allo scopo di avere accesso a documenti e altri dati in qualunque forma, laddove vi sia il ragionevole sospetto che documenti e altri dati relativi all’oggetto dell’ispezione o dell’indagine possano essere pertinenti per dimostrare una violazione del presente regolamento.

Il comma 2 elenca il contenuto minimo dei poteri di vigilanza:

a)     sospendere un’offerta di crowdfunding per un massimo di 10 giorni lavorativi consecutivi per ciascuna occasione se vi è ragionevole motivo di sospettare che il regolamento sia stato violato;

b)    vietare o sospendere le comunicazioni di marketing o esigere che un fornitore di servizi di crowdfunding o un terzo designato a svolgere funzioni in relazione alla prestazione di servizi di crowdfunding cessino o sospendano le comunicazioni di marketing per un massimo di 10 giorni lavorativi consecutivi per ciascuna occasione se vi è ragionevole motivo di ritenere che il regolamento sia stato violato;

c)     vietare un’offerta di crowdfunding se accertano che il regolamento è stato violato o hanno ragionevole motivo di sospettare che potrebbe essere violato;

d)    sospendere o esigere che un fornitore di servizi di crowdfunding sospenda la prestazione dei medesimi servizi per un massimo di 10 giorni lavorativi consecutivi per ciascuna occasione se vi è ragionevole motivo di ritenere che il regolamento sia stato violato;

e)     vietare la prestazione di servizi di crowdfunding se accertano che il regolamento è stato violato;

f)      rendere pubblico il fatto che un fornitore di servizi di crowdfunding o un terzo designato a svolgere le medesime funzioni non ottempera ai suoi obblighi;

g)    rendere pubbliche, o esigere che un fornitore di servizi di crowdfunding o un terzo designato a svolgere le medesime funzioni renda pubbliche, tutte le informazioni rilevanti che possano influire sulla prestazione del servizio di crowdfunding al fine di assicurare la tutela degli investitori o il regolare funzionamento del mercato;

h)    sospendere o esigere che un fornitore di servizi di crowdfunding o un terzo designato a svolgere le medesime funzioni sospenda la prestazione dei servizi di crowdfunding se le autorità competenti ritengono che la situazione del fornitore di servizi di crowdfunding sia tale che la prestazione dei servizi pregiudicherebbe gli interessi degli investitori;

i)      trasferire i contratti in essere a un altro fornitore di servizi di crowdfunding qualora l’autorizzazione di un fornitore sia revocata a norma dell’articolo 17, paragrafo 1, primo comma, lettera c), previo accordo dei clienti e del fornitore ricevente.

 

Le eventuali misure adottate nell’esercizio dei poteri appena descritti devono essere proporzionate e debitamente giustificate

 

La lettera i) autorizza il Governo ad attuare l’articolo 39 del regolamento (UE) 2020/1503 coordinando le sanzioni ivi previste con quelle disciplinate dalle disposizioni nazionali vigenti sull'esercizio del potere sanzionatorio da parte della Banca d'Italia e della Consob, nel rispetto dei criteri, dei limiti, delle procedure e del regime di pubblicazione previsti dal regolamento (UE) 2020/1503 e prevedendo, per le violazioni individuate dal medesimo articolo 39, le misure amministrative e le sanzioni amministrative pecuniarie ivi previste, fermi restando i massimi edittali ivi stabiliti e quanto previsto dall’articolo 39, paragrafo 2, lettera d), in coerenza con i minimi edittali stabiliti dal TUF per le violazione della disciplina in tema di gestione di portali.

 

Il comma 2 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

Il Regolamento (UE) 2020/1503

 

Il crowdfunding ("finanziamento collettivo") è una modalità di finanziamento basata sull'applicazione alla finanza delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (fintech) che offre a chi intende realizzare un progetto e, quindi anche alle piccole e medie imprese (PMI) e, in particolare, alle start-up e alle scale-up, la possibilità di proporlo su un portale on-line, consentendo ai soggetti interessati di finanziarlo. È un metodo alternativo al credito bancario che è nato sulla base dell'interazione diretta fra imprese e investitori.

A livello nazionale, la possibilità di reperire capitale di rischio attraverso portali online (equity crowdfunding), è stata inizialmente introdotta dal decreto legge n. 179 del 2012 per le start-up innovative. L'equity-based crowdfunding consente, tramite un investimento on-line, di acquistare un vero e proprio titolo di partecipazione in una società: in cambio del finanziamento si acquistano i diritti patrimoniali e amministrativi che derivano dalla partecipazione nell'impresa. Il decreto ha delegato alla Consob il compito di disciplinare alcuni specifici aspetti del fenomeno che sono contenuti nel Regolamento Consob n. 18592 del 2013.

Successivamente la legge di bilancio 2017 (comma 70 della legge n. 232 del 2016), nel solco degli interventi volti a favorire l'accesso alla liquidità, ha esteso a tutte le piccole e medie imprese la possibilità di reperire capitale di rischio con modalità innovative, attraverso portali online.

La legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi 236-238 e 240 della legge n. 145 del 2018) ha esteso l'operatività alla raccolta di finanziamenti tramite strumenti finanziari di debito, riservandone la sottoscrizione a specifiche categorie di investitori.

 

Con il Regolamento (UE) 2020/1503 il fenomeno è stato regolato a livello europeo. La norma disciplina l'attività dei fornitori di servizi di crowdfunding per le imprese. Il regolamento è entrato in vigore il 9 novembre 2020, ma si applica dal 10 novembre 2021. Detto regolamento stabilisce requisiti uniformi, proporzionati e direttamente applicabili per la fornitura di servizi di crowdfunding, per l’organizzazione, l’autorizzazione e la supervisione dei fornitori di servizi di crowdfunding, per il funzionamento delle piattaforme di crowdfunding, nonché per la trasparenza e le comunicazioni di marketing in relazione alla fornitura di servizi di crowdfunding nell’Unione.

Il regolamento (UE) 2020/1503 include nell’ambito di applicazione sia il crowdfunding basato sul prestito sia quello basato sull’investimento, definendo chiaramente le esclusioni (tra cui le offerte di crowdfunding superiori a un importo di 5 milioni di euro, che devono essere calcolate su un periodo di 12 mesi). Il regolamento non si applica ai consumatori e, pertanto, è escluso il prestito "fra pari" (peer-to-peer lending).

L’articolo 2 definisce il servizio di crowdfunding come l’abbinamento tra gli interessi a finanziare attività economiche di investitori e titolari di progetti tramite l’utilizzo di una piattaforma di crowdfunding, che consiste in una delle seguenti attività:

j)      intermediazione nella concessione di prestiti;

ii) collocamento senza impegno irrevocabile di valori mobiliari e strumenti ammessi a fini di crowdfunding emessi da titolari di progetti o società veicolo, e ricezione e trasmissione degli ordini di clienti, relativamente a tali valori mobiliari e strumenti ammessi a fini di crowdfunding.

I servizi di crowdfunding possono essere forniti solo da persone giuridiche stabilite nell’Unione, purché autorizzate conformemente all’articolo 12 del regolamento.

Il regolamento impone alcuni obblighi di condotta ai fornitori di servizi di crowdfunding, tra cui agire in modo onesto, equo e professionale e nel migliore interesse dei loro clienti - non pagare né accettare remunerazioni, sconti o benefici non monetari per l’attività di canalizzare gli ordini degli investitori verso una particolare offerta di crowdfunding presente sulla loro piattaforma di crowdfunding o verso una particolare offerta di crowdfunding presentata su una piattaforma di crowdfunding di terzi.

L’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) ha il compito di mediare in ordine alle controversie e di elaborare, tra l’altro, le norme tecniche. Inoltre, per facilitare la trasparenza per gli investitori relativamente alla prestazione di servizi di crowdfunding, l’ESMA è tenuta a istituire un registro pubblico (articolo 14) dei fornitori autorizzati e di tutte le piattaforme operanti nell’Unione.

 

 


 

Articolo 6
(Princìpi e criteri direttivi per il compiuto adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2017/1939 relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata sull’istituzione della Procura europea («EPPO»))

 

L’articolo 6 delega il Governo a modificare il codice di procedura penale per attribuire alla competenza degli uffici giudiziari aventi sede nel capoluogo del distretto di corte d’appello la trattazione dei procedimenti penali per i reati che ledono gli interessi finanziari dell’UE. Ciò al fine di consentire più agevolmente ai procuratori europei delegati - previsti dal Regolamento europeo istitutivo della Procura europea (n. 2017/1939), attuato dal recente decreto legislativo n. 9 del 2021 - di esercitare al meglio le proprie funzioni tra i diversi uffici giudiziari, circoscrivendone gli spostamenti.

 

In particolare, in base al comma 1:

§  la delega dovrà essere esercitata entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge;

§  i provvedimenti attuativi dovranno essere volti al «compiuto adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2017/1939, già attuato con il decreto legislativo n. 9 del 2021, emanato in base all’art. 4 della legge di delegazione europea 2018 (per una ricostruzione dell’attuale quadro normativo in tema di lesione degli interessi finanziari UE e Procura europea, si veda il focus in coda alla presente scheda di lettura);

§  la modifica alla disciplina della competenza prevista dal codice di rito dovrà riguardare tutti i «reati che offendono gli interessi finanziari dell’Unione europea in ordine ai quali la Procura europea può esercitare la sua competenza, anche a prescindere dalla circostanza che detta competenza sia esercitata».

 

In merito si ricorda che nel nostro ordinamento non è stato sinora definito uno specifico catalogo delle fattispecie penali che offendono gli interessi finanziari dell’Unione europea.

Infatti, nonostante l’art. 3 della legge n. 117 del 2019 (legge di delegazione europea 2018), avesse delegato il Governo a “individuare i reati previsti dalle norme vigenti che possano essere ritenuti reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea, in conformità a quanto previsto dagli articoli 1, 2, 3, 4 e 5 della direttiva (UE) 2017/1371”, tale ricognizione non è stata effettuata. A ciò non ha in particolare provveduto il decreto legislativo n. 75 del 2020, che ha dato attuazione alla c.d. Direttiva PIF. In particolare, la relazione illustrativa dell’originario schema di decreto legislativo (AG. n. 151) così motiva la scelta di non attuare sul punto la norma di delega: «Si è ritenuto non necessario introdurre una specifica norma contenente le definizioni, provvedendo all'individuazione di quali fattispecie di reato debbano ritenersi lesive degli interessi finanziari dell'Unione agli effetti della legge penale. […] una tale elencazione in tanto avrebbe avuto un significato in quanto delimitante le competenze di EPPO e, dunque, quale norma di diritto processuale, di difficile inquadramento nell'ambito del presente testo contenente esclusivamente norme di diritto penale sostanziale». La stessa Relazione, peraltro elenca «quelli che sono considerati reati lesivi degli interessi finanziari dell'Unione seguendo la catalogazione offerta dalla direttiva.

Una prima categoria è rappresentata dai delitti, consumati o tentati, cui consegue l'appropriazione o la distrazione indebita di fondi o beni provenienti dal bilancio dell'Unione o dai bilanci da questa gestiti o gestiti per suo conto: si  tratta, per quanto attiene all'ordinamento italiano, dei delitti di malversazione, di indebita percezione di erogazioni, di frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode informatica aggravata nonché il conseguimento indebito di erogazioni a carico totale o parziale del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale. Rientrano nella categoria anche i delitti di contrabbando: a seguito dell'istituzione di un'unione doganale comune a tutti gli Stati membri, infatti, i dazi doganali rappresentano una risorsa propria dell'UE e come tali concorrono al finanziamento del bilancio eurounitario.

La seconda categoria è composta dai delitti, consumati o tentati, in materia di entrate derivanti dalle risorse proprie provenienti dall'IVA, cui consegua la diminuzione delle risorse del bilancio dell'Unione o dei bilanci seguiti da quest'ultima o per suo conto, purché il reato sia commesso in sistemi fraudolenti transfrontalieri (e, quindi, anche in parte nel territorio di altro Stato membro dell'Unione europea) e purché il danno complessivamente arrecato sia agli interessi finanziari degli Stati membri interessati, sia all'Unione, escludendo interessi e sanzioni, sia superiore, per valore, a  dieci milioni di euro. Si tratta delle vigenti norme penali tributarie, con il limite oggettivo l'appresentato dall'esclusiva rilevanza delle condotte connotate da fraudolenza e incidenti sull'imposta sul valore aggiunto: dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, occultamento o distruzione di documenti contabili, indebita compensazione e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.

Altra categoria comprende i reati contro la pubblica amministrazione, ritenendo punibili, ai sensi degli articoli 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 322 e 322-bis del codice penale, la condotta dei pubblici ufficiali o degli incaricati di pubblico servizio che, direttamente o indirettamente, sollecitano o ricevono vantaggi di qualsiasi natura o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto d'ufficio o di servizio cui consegua una lesione o un pericolo per gli interessi finanziari dell'Unione europea. A tale catalogo di reati corrisponde quello relativo ai delitti commessi da colui che promette, offre o procura al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio qualsiasi vantaggio per il compimento o l'omissione degli atti in precedenza indicati. Sempre nel contesto appena descritto, va considerato il gruppo di delitti, consumati o tentati, commessi dal pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che, incaricato direttamente o indirettamente della gestione di fondi o beni, se ne appropri o li eroghi o destini per scopi diversi da quelli previsti, sempre che ai delitti consegua una lesione degli interessi finanziari dell’Unione. Si tratta, in particolare, dei delitti dì peculato e abuso d'ufficio.

Ulteriore categoria è quella dei delitti, consumati o tentati, di favoreggiamento reale, trasferimento fraudolento di valori, riciclaggio, impiego· di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e autoriciclaggio, nelle ipotesi in cui le condotte risultino lesive degli interessi finanziari dell'Unione europea ed abbiano ad oggetto denaro o beni proventi dai delitti appartenenti alle categorie sopra considerate. Si tratta quindi dell'estensione delle previsioni sul riciclaggio alle ipotesi in cui siano stati lesi gli interessi finanziari dell'Unione.

Infine, occorre fare riferimento ai delitti di associazione per delinquere finalizzati alla commissione dei delitti indicati nelle categorie precedenti.

 

In relazione a questo ampio catalogo di reati – che al momento è sprovvisto di una codificazione normativa – il Governo dovrà prevedere sempre la competenza degli uffici giudiziari distrettuali (e dunque tanto della procura distrettuale quanto del tribunale capoluogo del distretto), anche nelle ipotesi in cui la Procura europea, apprezzate le circostanze, decida di non esercitare le proprie funzioni, lasciando le indagini e l’azione penale alle autorità nazionali.

 

La Relazione illustrativa specifica infatti che «la modifica è da attuarsi anche nel caso in cui a procedere sia una delle procure nazionali, piuttosto che la Procura europea, dal momento che una diversa soluzione, limitata alle sole ipotesi di assunzione delle indagini da parte dell’EPPO, porrebbe seri problemi di compatibilità con il principio del giudice naturale sancito dall’articolo 25, comma 1, della Costituzione».

 

Il disegno di legge in commento prevede dunque un’inversione di rotta rispetto al principio e criterio direttivo per l’attuazione della Procura europea contenuto nella legge n. 117 del 2019 che, all’art. 4, comma 3, lett. i), ha delegato il Governo ad «apportare le necessarie modifiche alle disposizioni processuali al fine di prevedere che i procuratori europei delegati svolgano le funzioni indicate dall’articolo 51 del codice di procedura penale dinanzi al tribunale ordinariamente competente per i delitti di cui alla direttiva (UE) 2017/1371».

Questo cambiamento, con il conseguente aumento dei carichi di lavoro degli uffici giudiziari del distretto, è motivato dalla relazione illustrativa con l’esigenza di «contenere, nei limiti del possibile, la frequenza e la durata degli spostamenti dei procuratori europei delegati durante la fase processuale».

 

Si ricorda, infatti, che il decreto ministeriale 15 aprile 2021, facendo seguito al decreto legislativo n. 9 del 2021 e all’accordo concluso dal Ministro della giustizia con il Procuratore europeo, ha determinato nel numero di 20 i procuratori europei delegati ed ha individuato le loro 9 sedi di servizio, come risulta dalla seguente tabella:

 

Procuratori europei delegati

Sedi di servizio

Numero

Distretti compresi nell’ambito di operatività della sede

Roma

3

Roma, Perugia, Cagliari e L’Aquila

Milano

3

Milano e Brescia

Napoli

2

Napoli e Salerno

Bologna

2

Bologna, Ancona e Firenze

Palermo

2

Palermo Catania, Caltanissetta e Messina

Venezia

2

Venezia, Trieste e Trento

Torino

2

Torino e Genova

Bari

2

Bari, Lecce e Campobasso

Catanzaro

2

Catanzaro, Reggio Calabria e Potenza

TOTALE

20

 

 

La previsione che ad oggi impone ai procuratori europei delegati di svolgere le funzioni requirenti dinanzi al tribunale ordinariamente competente per i delitti che ledono gli interessi finanziari dell’UE, unita alla disposizione che individua in 20 i procuratori europei delegati che operano sul territorio nazionale, rende particolarmente disagevole a questi magistrati l’esercizio delle funzioni, obbligandoli a frequenti spostamenti tra i vari tribunali dei diversi distretti di corte d’appello nei quali operano.

Tale circostanza è stata oggetto di considerazione da parte del Consiglio Superiore della magistratura che nel parere reso il 23 marzo 2021 in merito alla proposta di accordo con il procuratore capo europeo, ha rilevato che la circostanza che «i due/tre PED che opereranno presso le varie sedi si troveranno ad esercitare le proprie funzioni almeno in due distretti, in alcuni casi addirittura quattro (come i PED assegnati alla sede di Roma [...] o alla sede di Palermo [...]), comprendenti numerosi uffici giudiziari dislocati anche in regioni diverse», comporterà che tali magistrati «dovranno coordinare le indagini in ambiti territoriali molto vasti, ma soprattutto garantire la presenza in udienza, in primo e secondo grado, presso numerosi uffici giudiziari, tra loro distanti, e non sempre raggiungibili con i mezzi di trasporto in dotazione all’Amministrazione della Giustizia (si pensi ai PED assegnati alla sede di Roma che comprende anche la Sardegna)».

Per ovviare a queste difficoltà il disegno di legge delega il Governo ad attribuire alla competenza degli uffici giudiziari del distretto i procedimenti penali per i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea. Ciò infatti consentirà di circoscrivere le attività di ciascun procuratore europeo delegato nei 2 (o 3) tribunali distrettuali sui quali si estende l’operatività della sua sede.

 

 

Il comma 2 dell’articolo 6 contiene la clausola di invarianza finanziaria: l’attuazione della delega non dovrà dunque comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e le amministrazioni dovranno provvedere con le risorse disponibili a legislazione vigente.

 

 

Focus:
Lesione degli interessi finanziari dell'UE e Procura europea (EPPO) - quadro normativo vigente

La necessità di incrementare e rendere più efficiente la persecuzione di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione europea ha portato all'adozione, a livello europeo, di due atti strettamente collegati:

 

?la Direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, in tema di lotta contro la frode che leda gli interessi finanziari dell'Unione (c.d. "direttiva PIF"); essa reca norme per la lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione mediante il diritto penale: è volta a completare il quadro delle misure poste a tutela degli interessi finanziari dell'Unione in diritto amministrativo e in diritto civile con quelle di diritto penale e più specificamente, ad impegnare gli Stati membri a indicare con chiarezza ed esplicitamente quali fattispecie di reato dei rispettivi ordinamenti devono essere considerate lesive degli interessi finanziari dell'UE, facendo conseguire a tale catalogazione misure sanzionatorie efficaci e proporzionate.

L'Italia ha recepito la Direttiva 2017/1371 con il d. lgs. n. 75 del 2020, attuativo della delega contenuta nella legge n. 117 del 2019 (articolo 3), che:
- interviene sul codice penale, per inasprire le pene per una serie di reati (316, 316-ter, 319-quater) quando dalla commissione degli stessi derivi una lesione degli interessi finanziari dell'Unione europea, nonché estende l'area di punibilità di taluni reati (322-bis, 640 c.p.) per ricomprendervi fatti offensivi dei medesimi interessi;
- interviene sul d.lgs. 74/2000, in relazione ai delitti dichiarativi di cui agli artt. 2, 3 e 4 prevede la punibilità a titolo tentativo nell'ipotesi di atti compiuti anche nel territorio di un altro Stato membro all'interno dell'Unione Europea e finalizzati all'evasione dell'IVA per un valore non inferiore ai dieci milioni di euro;
- interviene in tema di elusione dei diritti doganali, ripristinando (dopo la depenalizzazione attuata con d.lgs. 8/2016) le sanzioni penali per il reato di contrabbando quando gli importi evasi sono superiori a diecimila euro e introduce, quale aggravante del reato di contrabbando, l'ipotesi in cui l'ammontare dei diritti non pagati sia superiore a centomila euro;
- interviene sul d.lgs. n. 231/2001, ampliando il catalogo dei reati presupposto, tra cui sono inseriti il delitto di frode nelle pubbliche forniture, di frode in agricolture e di contrabbando, alcuni delitti contro la pubblica amministrazione (314, 316, 323) nei casi in cui da essi derivi un danno agli interessi finanziari dell'Unione europea, nonché alcuni reati tributari non compresi nella recente riforma (l. 157/2019), cioè i delitti di dichiarazione infedele, di omessa dichiarazione e di indebita compensazione, purché rientranti nell'ambito di applicazione della direttiva.

 

?il Regolamento UE/1939/2017, che istituisce l'Ufficio del Procuratore europeo («EPPO»), l'organo competente ad indagare ed a perseguire dinanzi alle ordinarie giurisdizioni nazionali degli Stati partecipanti, e secondo le rispettive regole processuali, i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione, come definiti dalla cd. Direttiva PIF. La Procura europea è organizzata a livello centrale e a livello decentrato. Il livello centrale è composto dal Procuratore Capo europeo (PCE), dal Collegio, dalle Camere permanenti, dai Procuratori europei (PE) e dal direttore amministrativo. Il livello decentrato è, invece, composto dai Procuratori europei delegati (PED) aventi sede negli Stati membri.

Il Regolamento UE/1939/2017 è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri; tuttavia lo stesso demanda agli ordinamenti nazionali il necessario adeguamento della disciplina ordinamentale e processuale allo scopo di assicurare effettività all'obiettivo della tutela degli interessi finanziari dell'Unione. A tal fine, in attuazione della delega contenuta nell’art. 4 della legge n. 117 del 2019 (legge di delegazione europea 2018) il Governo ha emanato il d. lgs. n. 9 del 2021. In sintesi il provvedimento:
- indica il CSM quale autorità competente a designare i candidati al posto di procuratore europeo e di procuratore europeo delegato e detta la disciplina relativa al procedimento di designazione;
- disciplina lo status del procuratore europeo nell'ambito dell'ordine giudiziario nazionale e al suo trattamento economico;
- individua nel Ministro della giustizia l'autorità competente a concludere con il procuratore capo europeo l'accordo volto a individuare il numero dei procuratori europei delegati, nonché la ripartizione funzionale e territoriale delle competenze tra gli stessi. In attuazione di questa disposizione, con uno scambio di lettere tra la Ministra della giustizia e il Procuratore Europeo è stato concluso l'accordo sul funzionamento della Procura Europea, che potrà svolgere le sue funzioni con 20 procuratori delegati distribuiti in nove uffici territoriali (Roma, Milano, Napoli, Bologna, Palermo, Venezia, Torino, Bari e Catanzaro), come previsto ora dal D.M. 15 aprile 2021;
- contiene la disciplina dei provvedimenti conseguenti alla nomina dei procuratori europei delegati, con particolare riguardo all'assegnazione degli stessi alle sedi e all'esonero dal carico di lavoro ordinario;
- individua il contenuto delle informazioni che il CSM deve richiedere alla procura europea in merito ai procuratori europei delegati e il contenuto degli obblighi informativi dei procuratori europei delegati nei confronti del procuratore generale presso la Corte di cassazione e il Ministro della giustizia;
- contiene la disciplina del trattamento retributivo, previdenziale e pensionistico dei procuratori europei delegati;
- attribuisce ai procuratori europei delegati le funzioni e i poteri spettanti ai pubblici ministeri nazionali in relazione alle indagini di competenza della Procura europea, sottraendoli alle direttive dei procuratori della Repubblica e alla vigilanza del procuratore generale presso la corte d'appello;
- detta disposizioni sulla valutazione di professionalità dei magistrati che svolgono le funzioni di procuratori europei delegati, individuando nel Consiglio giudiziario della Corte d'appello di Roma l'organo preposto all'espressione del parere motivato sul quale si fonda la valutazione del Consiglio superiore della magistratura;
- prevede la previa comunicazione alla Procura europea di ogni provvedimento inerente lo status del procuratore europeo delegato che il CSM intenda adottare per ragioni estranee alle funzioni svolte in base al Regolamento;
- disciplina il procedimento disciplinare nei confronti dei procuratori europei delegati, per fatti connessi alle loro responsabilità derivanti dal regolamento EPPO e stabilisce che l'azione disciplinare in Italia possa essere promossa solo con il consenso della procura europea;
- prevede la trasmissione, senza ritardo, al procuratore europeo delegato di tutte le denunce redatte dai pubblici ufficiali e dagli incaricati di un pubblico servizio in relazione a reati per i quali la Procura europea ha deciso di avviare o avocare un'indagine;
- individua nel procuratore generale presso la Corte di cassazione l'autorità chiamata a decidere sull'attribuzione delle competenze per l'esercizio dell'azione penale in caso di contrasti tra Procura europea e procure della Repubblica nazionali;
- autorizza i procuratori europei delegati a richiedere e disporre intercettazioni e consegne controllate di merci, nei limiti e in base ai presupposti previsti dalla normativa vigente. Demanda poi al Governo la comunicazione alla Procura europea del catalogo dei reati per i quali il nostro ordinamento consente l'uso dei suddetti due mezzi di ricerca della prova;
- designa il procuratore generale presso la Corte di cassazione come autorità nazionale competente a interagire con EPPO per quanto riguarda le decisioni in tema di riparto di competenze per l'esercizio dell'azione penale;
- prevede l'applicazione delle disposizioni del codice di procedura sull'assunzione dei procedimenti penali dall'estero alle indagini che, originariamente di competenza EPPO, vengono trasferite alla competenza dell'autorità giudiziaria nazionale e alle indagini che, pur restando di competenza EPPO, vengono trasferite da un procuratore europeo delegato estero a uno avente sede in Italia.

Articolo 7
(Delega al Governo per l’adeguamento alle disposizioni del regolamento (UE) 2018/848, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari)

 

L’articolo 7 reca una delega al Governo per l’adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2018/848, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e al regolamento (UE) 2017/625, limitatamente – quest’ultimo - ai controlli ufficiali riguardanti la produzione biologica e l’etichettatura dei prodotti biologici.

 

Nello specifico, il comma 1 dell’articolo in commento prevede che il  Governo sia delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge - previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni - uno o più decreti legislativi, per l’adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2018/848, che stabilisce norme relative alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CE) n. 834/2007 e, limitatamente ai controlli ufficiali e altre attività ufficiali riguardanti la produzione biologica e l’etichettatura dei prodotti biologici, al regolamento (UE) 2017/625, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari.

 

Si ricorda, in relazione al suddetto reg. (UE) 2017/625, che anche gli articoli 11 e 12 della legge di delegazione europea 2018 (legge n. 117 del 2019) hanno entrambi - il primo solo con riferimento alle sanità delle piante – previsto una delega legislativa per adeguare la normativa nazionale al predetto regolamento.

In attuazione del suddetto art. 11 della legge n. 117 del 2019 sono stati quindi emanati: il decreto legislativo n. 16 del 2021, recante “Norme per la produzione e la commercializzazione dei materiali di moltiplicazione della vite”; il decreto legislativo n. 18 del 2021, recante “Norme per la produzione e la commercializzazione dei materiali di moltiplicazione e delle piante da frutto e delle ortive”; il decreto legislativo n. 19 del 2021, recante “Norme per la protezione delle piante dagli organismi nocivi” e il decreto legislativo n. 20 del 2021, recante “Norme per la produzione a scopo di commercializzazione e la commercializzazione di prodotti sementieri”. In attuazione dell'art. 12 della medesima legge di delegazione europea 2018 sono stati inoltre emanati: il decreto legislativo n. 23 del 2021, recante “Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625 in materia di controlli ufficiali sugli animali e le merci provenienti dagli altri Stati membri dell'Unione e delle connesse competenze degli uffici veterinari per gli adempimenti comunitari del Ministero della salute ai sensi dell'articolo 12, comma 3, lettere f) e i) della legge 4 ottobre 2019, n. 117”; il decreto legislativo n. 24 del 2021, recante “Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 2017/625 in materia di controlli sanitari ufficiali sugli animali e sulle merci che entrano nell'Unione e istituzione dei posti di controllo frontalieri del Ministero della salute, in attuazione della delega contenuta nell'articolo 12, comma 3, lettere h) e i) della legge 4 ottobre 2019, n. 117”;  il decreto legislativo n. 27 del 2021, recante “Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625 ai sensi dell'articolo 12, lettere a), b), c), d) ed e) della legge 4 ottobre 2019, n. 117” e il decreto legislativo n. 32 del 2021, recante “Disposizioni per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625 ai sensi dell'articolo 12, comma 3, lettera g) della legge 4 ottobre 2019, n. 117”.

 

Il comma 2 dell’articolo in commento prevede che, nell’esercizio della delega, il Governo osservi, oltre ai princìpi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 32 della legge n. 234 del 2012, i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici:

a)     adeguare il procedimento di autorizzazione e il sistema di vigilanza sugli organismi di controllo e di certificazione, nonché la disciplina degli adempimenti connessi alle attività svolte dai suddetti organismi, comprese le cause di sospensione e di revoca delle autorizzazioni di cui all’articolo 40 del regolamento (UE) 2018/848 e di cui agli articoli 28, 29, 31, 32 e 33 del regolamento (UE) 2017/625;

 

Si ricorda che il suddetto art. 40 del reg. (UE) 2018/848 prevede, al par. 7, che, ove un’autorità competente abbia revocato totalmente o parzialmente la delega di determinati compiti riguardanti i controlli ufficiali o determinati compiti riguardanti altre attività ufficiali a norma dell’articolo 33, lettera b), del regolamento (UE) 2017/625, decida se i certificati rilasciati dagli organismi di controllo interessati prima della data di tale revoca totale o parziale debbano rimanere validi e informa di tale decisione gli operatori interessati. Il successivo par. 8 del medesimo art. 40 dispone poi che, fatta salva la lettera b) dell’articolo 33 del regolamento (UE) 2017/625, prima di revocare interamente o parzialmente la delega di compiti riguardanti i controlli ufficiali o compiti riguardanti altre attività ufficiali nei casi di cui a tale lettera, le autorità competenti possono sospendere interamente o parzialmente tale delega: a) per un periodo non superiore a 12 mesi, durante il quale l’organismo di controllo deve porre rimedio alle carenze individuate durante gli audit e le ispezioni o affrontare i casi di non conformità in merito ai quali sono state condivise informazioni con altre autorità di controllo e altri organismi di controllo, con autorità competenti e con la Commissione, a norma dell’articolo 43 del presente regolamento; o b) per il periodo durante il quale è sospeso l’accreditamento di cui all’articolo 29, lettera b), punto iv), del regolamento (UE) 2017/625, in combinato disposto con l’articolo 40, paragrafo 3, del presente regolamento. Ove sia stata sospesa la delega di compiti riguardanti i controlli ufficiali o di compiti riguardanti altre attività ufficiali, gli organismi di controllo interessati non rilasciano certificati di cui all’articolo 35 relativamente agli ambiti per i quali è stata sospesa la delega. Le autorità competenti decidono se eventuali certificati rilasciati dagli organismi di controllo interessati prima della data di tale sospensione parziale o totale debbano rimanere validi e informano gli operatori interessati di tale decisione. Fatto salvo l’articolo 33 del regolamento (UE) 2017/625, le autorità competenti revocano la sospensione della delega dei compiti riguardanti i controlli ufficiali o dei compiti riguardanti altre attività ufficiali quanto prima, una volta che l’organismo di controllo ha posto rimedio alle carenze o alle ipotesi di non conformità di cui al primo comma, lettera a), o una volta che l’organismo di accreditamento ha revocato la sospensione dell’accreditamento di alla predetta lettera b).

Si ricorda, poi, che l’art. 28 del reg. (UE) 2017/625, disciplina la delega da parte delle autorità competenti di determinati compiti riguardanti i controlli ufficiali; l’art. 29 del medesimo regolamento prevede le condizioni per la delega di determinati compiti riguardanti i controlli ufficiali a organismi delegati; l’art. 31 regola le condizioni per la delega di determinati compiti riguardanti altre attività ufficiali; l’art. 32 disciplina gli obblighi degli organismi delegati e delle persone fisiche e l’art. 33 gli obblighi delle autorità competenti deleganti.

 

b)    definire i criteri e le modalità di etichettatura di fertilizzanti e prodotti fitosanitari, ai sensi dell’articolo 31 del regolamento (UE) 2018/848;

 

Si ricorda che il suddetto art. 31 del reg. (UE) 2018/848 reca disposizioni in materia di etichettatura di prodotti e sostanze utilizzati nella produzione vegetale, prevedendo che, fatto salvo l’ambito di applicazione del medesimo regolamento, di cui all’articolo 2, paragrafo 1, prodotti e sostanze utilizzati in prodotti fitosanitari o come concimi, ammendanti o sostanze nutrienti che sono stati autorizzati a norma degli articoli 9 e 24 possono recare un riferimento indicante che tali prodotti o sostanze sono stati autorizzati per l’uso nella produzione biologica conformemente al medesimo regolamento.

 

c) dettare le disposizioni necessarie per procedere alla designazione dei laboratori ufficiali di cui al regolamento (UE) 2017/625 per l’effettuazione di analisi, prove e diagnosi di laboratorio nell’ambito dei controlli ufficiali intesi a verificare il rispetto della normativa in materia di produzione biologica e etichettatura dei prodotti biologici, compresi quelli indicati nell’Allegato I del regolamento (UE) 2018/848;

 

d) adeguare il sistema sanzionatorio per gli organismi di controllo e per gli operatori biologici, compresi i gruppi di operatori, che adottano condotte non conformi al regolamento (UE) 2018/848, compreso l’illecito utilizzo dei termini riferiti all’agricoltura biologica da parte di operatori non assoggettati al sistema di controllo.

 

Si ricorda che il citato regolamento (UE) 2018/848 – richiamato dalla disposizione in commento - sostituisce ed abroga il regolamento (CE) 834/2007, a decorrere dal 1° gennaio 2022, come stabilito, da ultimo, dal regolamento (UE) 2020/1693, che ne ha posticipato di un anno l'applicazione (art. 1, n. 7).

Esso si compone di 61 articoli e 6 allegati. Il regolamento fissa i principi della produzione biologica, stabilisce le norme relative alla certificazione e all'uso di indicazioni riferite alla produzione biologica nell'etichettatura e nella pubblicità, nonché in materia di controlli aggiuntivi rispetto a quelli stabiliti dal regolamento (UE) 2017/625 sui controlli ufficiali (art. 1). Esso si applica – ai sensi dell'art. 2 - ai prodotti agricoli vivi o non trasformati provenienti dall'agricoltura, incluse l'acquacoltura e l'apicoltura, elencati nell'allegato I del TFUE, compresi sementi e altro materiale riproduttivo vegetale e ai prodotti derivanti da tali prodotti, qualora siano ottenuti, preparati, etichettati, distribuiti, immessi sul mercato, importati nell'Unione o esportati da essa, o siano destinati ad esserlo.

Per un approfondimento sul suo contenuto e sul sistema di produzione con il metodo biologico, si rinvia all’apposita sezione del tema web sulla tutela della qualità dei prodotti agroalimentari del Servizio studi della Camera dei deputati.

Si ricorda, poi, che il regolamento (UE) n. 2017/625 - anch’esso richiamato dalla disposizione in commento, limitatamente ai controlli ufficiali riguardanti la produzione biologica e l’etichettatura dei prodotti biologici - modifica la normativa in materia di controlli ufficiali, introducendo una disciplina trasversale che interessa tutta la catena agroalimentare, includendo i controlli sugli alimenti, sui mangimi, sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari. Il citato regolamento mantiene l’approccio basato sul rischio ma gli conferisce una diversa valenza.

La frequenza dei controlli è, infatti, collegata ai rischi che un prodotto o un processo presentano rispetto alla frode, alla salute, alla sicurezza, al benessere degli animali o all’ambiente. Altri fattori inclusi nella valutazione del rischio possono, inoltre, aver riguardo ai dati in ordine alla conformità o meno dell’operatore o la probabilità che i consumatori siano indotti in errore circa le caratteristiche del prodotto agroalimentare.

I controlli saranno, quindi, effettuati con una frequenza rapportata al rischio; i posti di controllo dovranno rispettare requisiti comuni; sarà introdotto un Documento di ingresso comune in salute per le spedizioni provenienti dai Paesi terzi. Gli Stati membri sono chiamati a facilitare lo scambio di informazioni tra autorità competenti e le altre autorità di controllo come l’autorità giudiziaria. Le autorità designate per il controllo dovranno agire nel pubblico interesse, essere adeguatamente finanziate e offrire garanzie di imparzialità e professionalità. Le Autorità competenti devono tenere aggiornato il registro degli operatori soggetti ai controlli ufficiali. I controlli potranno essere delegati ad uno o più organismi o persone fisiche purché vengano rispettati alcuni requisiti. È prevista l’istituzione di laboratori e centri di riferimento, alcuni di riferimento dell’Unione europea, i c.d. EURL (EU Reference Laboratories). All’art. 97 si prevede la possibilità di stabilire centri di riferimento europei per l’autenticità e l’integrità della filiera agroalimentare al fine di fornire conoscenze specialistiche.

 

La relazione illustrativa del provvedimento in esame rileva che l’articolo in commento contiene i criteri specifici per l’esercizio della delega per l’attuazione delle disposizioni del citato regolamento (UE) 2018/848, il quale si applicherà a partire dal 1° gennaio 2022, imponendo agli Stati membri di predisporre la legislazione nazionale necessaria all'applicazione delle numerose novità normative introdotte. Il nuovo regolamento, infatti – prosegue la relazione - apporta, in combinato disposto con il regolamento (UE) 2017/625, modifiche rilevanti nel settore dell’agricoltura biologica, con particolare riferimento alla estensione dello stesso e al sistema di controllo e certificazione per le produzioni biologiche ottenute o importate nell’Unione europea, sicché s’impone di procedere, oltre che all’attuazione delle disposizioni europee non direttamente applicabili, anche all’adeguamento del quadro normativo nazionale vigente, con abrogazione delle norme nazionali incompatibili. “Invero – continua la relazione - uno dei primi ambiti in cui intervenire concerne la sostanziale revisione del decreto legislativo 23 febbraio 2018, n. 20, al fine di garantire l’applicazione della normativa europea in materia di autorizzazione e vigilanza degli organismi di controllo e certificazione delle produzioni biologiche, nonché per disciplinare puntualmente gli adempimenti connessi alle attività svolte da quest’ultimi, e le ipotesi di “non conformità”. Necessita, inoltre, di attuazione l’articolo 13 del regolamento (UE) 2018/848, che ha introdotto, la possibilità di commercializzare materiale riproduttivo vegetale di materiale eterogeneo biologico, di talché si impone di definire, a livello interno, la tipologia e la natura dei soggetti coinvolti e le procedure necessarie per la notifica, il controllo e la certificazione di questa nuova tipologia di prodotti biologici. In conclusione, il necessario adeguamento all’ordinamento unionale imporrà una profonda revisione della normativa nazionale non solo di rango primario, ma anche di rango secondario attualmente in vigore. Di seguito si illustrano i principi ed i criteri direttivi specifici contenuti nell’articolo in esame: a) gli articoli 34, 35 e 36 del regolamento (UE) 2018/848 stabiliscono norme relative alla certificazione in agricoltura biologica, compresa la certificazione di gruppo per i piccoli operatori. Tale fattispecie rappresenta un’assoluta novità per il sistema di controllo e certificazione europeo. Inoltre, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’Allegato I e dell’articolo 13 del regolamento (UE) 2018/848, il campo di applicazione della normativa unionale in materia di agricoltura biologica  è ampliato rispetto alla vigente normativa; inoltre il regolamento (UE) 2018/848, all’articolo 40 stabilisce le condizioni necessarie e aggiuntive rispetto a quelle previste al capo III del regolamento (UE) 2017/625, al fine di poter delegare a organismi di controllo privati determinati compiti riguardanti i controlli ufficiali e altre attività ufficiali; con questa proposta si conferisce delega al Governo per procedere con l’adeguamento della normativa nazionale in materia di autorizzazione e vigilanza alla normativa unionale con particolare riferimento ad un campo di applicazione del regolamento (UE) 2018/848 più ampio (prodotti dell’Allegato I dello stesso regolamento) rispetto all’attuale normativa unionale e all’introduzione della certificazione del gruppo di operatori; b) con questo criterio di delega si mira ad adeguare il sistema sanzionatorio per gli organismi di controllo e per gli operatori biologici, compresi i gruppi di operatori, che adottano condotte non conformi al regolamento (UE) n. 2018/848, compreso l’illecito utilizzo dei riferimenti all’agricoltura biologica da parte di operatori non assoggettati al sistema di controllo; c) si rimette al Governo la competenza a dettare le disposizioni necessarie per procedere alla designazione dei laboratori ufficiali, anche privati, di cui al regolamento (UE) 2017/625 per l’effettuazione di analisi, prove e diagnosi di laboratorio nell’ambito dei controlli ufficiali intesi a verificare il rispetto della normativa in materia di produzione biologica e etichettatura dei prodotti biologici, compresi quelli indicati nell’allegato I del regolamento (UE) 2018/848; d) l’articolo 31 del regolamento (UE) 2018/848 prevede, per la prima volta, la possibilità di etichettare prodotti e sostanze impiegate nella produzione vegetale come consentite in agricoltura biologica; con questa proposta si autorizza il Governo a prevedere norme finalizzate a disciplinare i criteri e le modalità di etichettatura di fertilizzanti e prodotti fitosanitari. Tale innovazione rappresenta un elemento di grande importanza ed interesse per il settore biologico, anche alla luce delle criticità riguardanti la presenza di residui non consentiti in fertilizzanti ammessi in agricoltura biologica, che hanno determinato in vari casi il diniego della certificazione del prodotto e la sua declassificazione da biologico in convenzionale”.

Articolo 8
(Princìpi e criteri direttivi per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2018/1727 che istituisce l'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale e che sostituisce e abroga la decisione 2002/187/GAI del Consiglio)

 

L’articolo 8 contiene i principi e i criteri per l’esercizio della delega per l’adeguamento della normativa interna alle disposizioni del regolamento (UE) 2018/1727 che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (nuovo Eurojust). La delega concerne, tra l’altro: le procedure di nomina nonché la posizione giuridica ed economica del membro nazionale di Eurojust e i presupposti in presenza dei quali lo stesso possa essere assistito da aggiunti o assistenti ulteriori; l’effettivo esercizio dei poteri del membro nazionale e l’accesso dello stesso alle informazioni utili per l’esercizio dell’attività; la disciplina dei criteri di nomina dei corrispondenti nazionali e delle modalità per rendere efficace il sistema di coordinamento nazionale; le modifiche alle norme processuali e ordinamentali alla normativa interna, l’abrogazione della disciplina vigente in materia e delle disposizioni incompatibili con quelle contenute nel regolamento.

 

Il Regolamento 2018/1727 del 14 novembre 2018 - che sostituisce e abroga la decisione 2002/187/GAI - riforma Eurojust (ora Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale), con rifermento, tra l’altro, alla competenza, alle funzioni, alla struttura, nonché allo status e ai poteri dei membri nazionali. Sono disciplinati, inoltre, gli aspetti operativi, il trattamento dei dati personali e i rapporti con gli altri organismi, tra cui, in particolare, la Procura europea (EPPO).

Il capo I (artt. 1-5) del Regolamento definisce l’istituzione, gli obiettivi ed i compiti dell’agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale. In particolare l’art. 2 ribadisce che Eurojust sostiene e potenzia il coordinamento e la cooperazione tra le autorità nazionali responsabili delle indagini e dell’azione penale contro le forme gravi di criminalità di competenza di Eurojust, qualora tali forme di criminalità interessino due o più Stati membri o richiedano un’azione penale su basi comuni, sulla scorta delle operazioni effettuate e delle informazioni fornite dalle autorità degli Stati membri, da Europol, da EPPO e dall’OLAF. Il paragrafo 2 stabilisce che «nello svolgimento dei propri compiti Eurojust: a) tiene conto di qualsiasi richiesta formulata dall’autorità competente di uno Stato membro e di qualsiasi informazione fornita da autorità, istituzioni, organi e organismi dell’Unione competenti in virtù di disposizioni adottate nell’ambito dei trattati o di ogni informazione raccolta da Eurojust; b) agevola l’esecuzione delle richieste e decisioni di cooperazione giudiziaria, anche con riferimento a richieste e decisioni basate sugli strumenti che danno effetto il principio del riconoscimento reciproco»; il paragrafo 3 annovera tra le situazioni attributive di competenza, accanto alla richiesta delle autorità competenti degli Stati membri, l’iniziativa ufficiosa della stessa Agenzia

La competenza materiale, le sue funzioni operative ed i modi di esercitarle sono specificate, rispettivamente, dagli artt. 3-5 del Regolamento.

L’art. 3 ridefinisce le competenze di Eurojust alla luce dell’istituzione della procura europea, Eppo. Eurojust interverrà per le forme gravi di criminalità organizzata con riferimento ai reati elencati nell’allegato I, oltreché ai reati connessi a questi ai sensi del comma 4.

Nei casi che rientrano nella competenza di Eppo, invece, Eurojust eserciterà la propria azione solo nei casi in cui sono coinvolti Stati membri che non partecipano alla cooperazione rafforzata sull’istituzione di Eppo. Altresì Eurojust eserciterà le sue competenze per quei reati che ledono interessi finanziari dell’Ue qualora siano coinvolti Stati membri che partecipano alla cooperazione rafforzata per l’istituzione di Eppo ma per i quali Eppo non è competente ovvero decide di non esercitare la sua competenza.

L’art. 4 del regolamento elenca le funzioni operative di Eurojust:

•   informare le autorità competenti degli Stati membri in ordine alle indagini e azioni penali di cui ha conoscenza che abbiano un’incidenza su scala dell'Unione, o che possano riguardare Stati membri diversi da quelli direttamente interessati;

•   assistere le autorità competenti degli Stati membri per assicurare un coordinamento ottimale delle indagini e delle azioni penali;

•   prestare assistenza per migliorare la cooperazione fra le autorità competenti degli Stati membri, segnatamente in base alle analisi svolte da Europol;

•   collaborare e consultarsi con la rete giudiziaria europea in materia penale, anche utilizzando e contribuendo ad arricchire la base di dati documentali della rete giudiziaria europea;

•   cooperare strettamente con Eppo sulle materie di sua competenza;

•   prestare sostegno operativo, tecnico e finanziario alle operazioni e indagini transfrontaliere degli Stati membri, anche delle squadre investigative comuni;

•   sostenere i centri di competenze specializzate dell'Unione sviluppati da Europol e da altre istituzioni, organi e organismi dell'Unione e, ove opportuno, parteciparvi;

•   collaborare con le istituzioni, gli organi e gli organismi dell'Unione, nonché con le reti istituite nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia disciplinato dal titolo V T.F.Ue;

•   sostenere le azioni degli Stati membri volte a lottare contro le forme gravi di criminalità di cui all'allegato 1.

Il Capo II (artt. 6-18) regolamenta struttura ed organizzazione, delimitando, dopo aver definito lo status dei membri nazionali (art.7), le loro prerogative, che individua specificamente nell’art. 8. Gli Stati membri possono attribuire loro ulteriori poteri in conformità con il diritto nazionale, dopo averne preventivamente informato la Commissione e il collegio. Ai fini della funzione di assistenza all’autorità giudiziaria nazionale in rapporto alle esigenze dell’investigazione, il componente può avere accesso alle informazioni contenute nel casellario giudiziario; nei registri delle persone arrestate; in quelli relativi alle indagini e della DNA, e negli «altri registri di autorità pubbliche del proprio Stato membro contenenti informazioni necessarie all’assolvimento dei propri compiti» (art.9)

Le Sezioni III, IV e V del Capo II concernono il nuovo profilo strutturale, distinguendo il Collegio (artt. 10-15 Reg.), il Comitato esecutivo (art. 16 Reg.), il Direttore amministrativo (art. 17-18 Reg.).

Il capo III (artt. 19-25) esamina agli aspetti operativi interni, mantenendo i meccanismi esistenti finalizzati a garantirne l’efficacia operativa, fra cui il coordinamento permanente (art. 19 Reg.), il sistema di coordinamento nazionale (art. 20) e lo scambio di informazioni con gli Stati membri e tra membri nazionali (art. 21 Reg.). Al trattamento delle informazioni ed alla protezione dei dati personali provvede il Capo IV (artt. 26-46); mentre alle relazioni con i partner è dedicato il Capo V (artt. 47- 64), che evidenzia «l’importanza della cooperazione tra Eurojust e le altre istituzioni, organi e agenzie europee nella lotta contro la criminalità transnazionale». I successivi Capi VI (artt. 60-64 Reg.) e VII (artt. 65-66 Reg.) contengono le disposizioni finanziarie e quelle relative al personale dell’unità; mentre il capo VIII (artt. 67-69 Reg.) prevede il potere del Parlamento europeo, del Consiglio e dei Parlamenti nazionali di formulare osservazioni e conclusioni sulla relazione annuale che l’organismo trasmette loro annualmente, insieme ai «risultati di studi e progetti strategici elaborati o commissionati da Eurojust.

 

 

Il comma 1 delega il Governo ad adottare, entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi, per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2018/1727, attenendosi ai principi e criteri direttivi specificati al comma 2.

 

Come sottolinea la Relazione illustrativa, a seguito dell'adozione del regolamento (UE) 2018/1727, che istituisce l'Agenzia dell'Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust), si rende necessario adeguare la disciplina interna, adottata con la legge 14 marzo 2005, n. 41, in attuazione della precedente decisione 2002/87/GAI del 28 febbraio 2005, anche apportando ogni opportuna modifica alle norme processuali e ordinamentali al fine di dare piena attuazione alle previsioni del regolamento, con particolare riguardo alle disposizioni non direttamente applicabili, e per coordinare le norme interne vigenti con quanto in esso previsto.

 

In particolare il Governo dovrà:

·       definire le procedure di nomina, la posizione giuridica ed economica (fatto salvo il limite retributivo del personale pubblico) del membro nazionale di Eurojust, nonché dell’aggiunto e dell’assistente, in coerenza con le disposizioni relative ad incarichi internazionali o sovranazionali analoghi (lettera a);

L’articolo 7 del Regolamento prevede che ciascuno Stato membro distacchi presso Eurojust un membro nazionale in conformità del proprio ordinamento giuridico e che ciascun membro nazionale sia assistito da un aggiunto e un assistente. In particolare il par. 3, prevede che il membro nazionale possa essere assistito da più aggiunti o assistenti, il cui luogo normale di lavoro può essere, se necessario e previo accordo del collegio, presso Eurojust. La disposizione specifica che i membri nazionali e gli aggiunti devono avere lo status di magistrato del pubblico ministero, giudice o rappresentante dell'autorità giudiziaria con prerogative equivalenti a quelle di un pubblico ministero o giudice a norma del diritto nazionale. Gli Stati membri conferiscono loro almeno i poteri previsti dal presente regolamento affinché possano svolgere i loro compiti. Il mandato dei membri nazionali e dei loro aggiunti è di cinque anni ed è rinnovabile una volta. Nei casi in cui l'aggiunto non possa agire per conto o in sostituzione del membro nazionale, quest'ultimo, alla scadenza del suo mandato, rimane in carica, con il consenso dello Stato membro interessato, fino al rinnovo del suo mandato o fino alla sua sostituzione (par. 5)

Gli Stati membri nominano i membri nazionali e i loro aggiunti sulla base di una rilevante esperienza pratica di alto livello comprovata nel settore della giustizia penale (par. 6).

Si ricorda che la legge n. 41 del 2005 L. 14/03/2005, n. 41 (Disposizioni per l'attuazione della decisione 2002/187/GAI del 28 febbraio 2002 del Consiglio dell'Unione europea, che istituisce l'Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità) all’articolo 2 prevede che la nomina del membro nazionale  distaccato presso l'Eurojust sia effettuata con decreto del Ministro della giustizia tra i giudici o i magistrati del pubblico ministero, che esercitano funzioni giudiziarie, o fuori del ruolo organico della magistratura, con almeno venti anni di anzianità di servizio e che il magistrato che esercita funzioni giudiziarie è collocato fuori del ruolo organico della magistratura . la disposizione specifica che, ai fini della nomina, il Ministro della giustizia, acquisite le valutazioni del CSM in ordine ad una rosa di candidati nell'àmbito della quale provvederà ad effettuare la nomina stessa, richiede al medesimo Consiglio il collocamento del magistrato designato fuori del ruolo organico della magistratura o, nel caso di magistrato già in posizione di fuori ruolo,

Il Ministro della giustizia può, per il tramite del Capo del Dipartimento per gli affari di giustizia, indirizzare al membro nazionale direttive per l'esercizio delle sue funzioni.

 

·       individuare il luogo ordinario di lavoro dell’aggiunto e dell’assistente presso la sede di Eurojust (lettera b);

Il citato articolo 7 del Regolamento prevede che il luogo ordinario di lavoro dell'aggiunto e dell’assistente sia la sede di Eurojust, consentendo tuttavia a ciascuno Stato membro di decidere che l'aggiunto o l'assistente o entrambi lavorino nello Stato membro di origine. In tale caso lo Stato membro deve informare il collegio, il quale per esigenze operative di Eurojust, può esigere dallo Stato membro che lo stesso stabilisca, per un periodo di tempo specificato, il luogo di lavoro dell'aggiunto e dell'assistente o di entrambi, nella sede di Eurojust.

 

·       prevedere i presupposti in presenza dei quali il membro nazionale possa essere assistito da aggiunti o assistenti ulteriori (rispetto alla previsione di un assistente e un aggiunto) nel limite massimo di 3 unità, tra le quali, in ogni caso, non può essere nominato più di un aggiunto (lettera c);

 

Si ricorda che la legge n. 41 del 2005, all’art. 3, detta la disciplina relativa agli assistenti del membro nazionale, prevedendo la nomina di un solo assistente, facendo tuttavia salva la possibilità, in caso di necessità e previo accordo del collegio Eurojust di cui all'articolo 10 della decisione, che il membro nazionale sia coadiuvato da ulteriori assistenti, in numero complessivo non superiore a tre. Si specifica inoltre che uno di tali assistenti, purché giudice o magistrato del pubblico ministero, possa sostituire il membro nazionale nell'esercizio delle sue funzioni.

La disposizione regola inoltre la procedura di nomina degli assistenti, in analogia a quella del membro nazionale.

 

·       armonizzare la normativa interna per consentire l’effettivo esercizio dei poteri dei membri nazionali di cui all’articolo 8, paragrafi 1, 3, 4 e 5 del regolamento (lettera d);

 

L’articolo 8 del Regolamento prevede (par. 1) l’attribuzione del potere ai membri nazionali di agevolare, nelle varie fasi, l'assistenza giudiziaria e il riconoscimento reciproco, con scambio diretto di informazioni con le autorità nazionali, con le altre agenzie e dell'Unione, e col Procuratore europeo, nonché di partecipare alle squadre investigative comuni.

Inoltre, la medesima disposizione (par. 3) specifica che, con il concerto dell'autorità nazionale competente i membri nazionali possono, in conformità del diritto nazionale:

-        emettere o eseguire ogni richiesta di assistenza giuridica reciproca o di riconoscimento reciproco;

-        disporre, chiedere o eseguire misure investigative a norma della direttiva sull’ordine europeo di indagine penale (Direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio)

Le suddette misure possono anche essere adottate autonomamente dal membro nazionale nei casi urgenti in cui non è possibile tempestivamente individuare o contattare l'autorità nazionale competente a condizione che ne informino quanto prima l'autorità nazionale competente (par. 4).

Inoltre il richiamato par. 5. del Regolamento attribuisce al membro nazionale ha facoltà di presentare una proposta all'autorità competente nazionale sull'attuazione delle misure relative i cui ai paragrafi 3 e 4 se, in relazione alle stesse, l'esercizio dei poteri da parte del membro nazionale confligge con le norme costituzionali di uno Stato membro, oppure con gli aspetti fondamentali del sistema giudiziario penale di uno Stato membro (la suddivisione dei poteri tra polizia, magistrati del pubblico ministero e giudici;

la divisione funzionale dei compiti tra procure; la struttura federale dello Stato membro interessato).

 

·       regolamentare le procedure per consentire al membro nazionale di accedere alle informazioni contenute nei registri nazionali di cui all’articolo 9 del regolamento (lettera e);

L’articolo 9 del Regolamento prevede che i membri nazionali abbiano accesso alle informazioni contenute nei seguenti tipi di registri del proprio Stato membro, o debbano quanto meno essere in grado di ottenerle, in conformità del loro diritto nazionale:

-        casellario giudiziario;

-        registri delle persone arrestate;

-        registri relativi alle indagini;

-        registri del DNA;

-        altri registri di autorità pubbliche del proprio Stato membro contenenti informazioni necessarie all'assolvimento dei propri compiti.

 

·       disciplinare i criteri di nomina dei corrispondenti nazionali di cui all’articolo 20 del regolamento, nonché, quando sono individuati più corrispondenti, i criteri di individuazione del responsabile, e disciplinare le modalità per rendere efficace il sistema di coordinamento nazionale (lettera f);

 

L’articolo 20 del Regolamento prevede che ciascuno Stato membro nomini uno o più corrispondenti nazionali per Eurojust.

E’ previsto inoltre che ciascuno Stato membro istituisca un sistema di coordinamento nazionale Eurojust per assicurare il coordinamento del lavoro svolto dai corrispondenti nazionali di Eurojust; dai corrispondenti nazionali per le questioni attinenti alla competenza di EPPO; dal corrispondente nazionale di Eurojust in materia di terrorismo; dal corrispondente nazionale della rete giudiziaria europea in materia penale e da un massimo di tre altri punti di contatto della rete; dai membri nazionali o dai punti di contatto della rete delle squadre investigative comuni e delle reti istituite con le decisioni 2002/494/GAI, 2007/845/GAI e 2008/852/GAI; se del caso, da altre autorità giudiziarie pertinenti. I corrispondenti nazionali di Eurojust sono responsabili del funzionamento del rispettivo sistema di coordinamento nazionale Eurojust.

Si ricorda che la legge n. 41 del 2005, in attuazione della decisione 2002/187/GAI (articolo 12, paragrafo 1), la designazione quali corrispondenti nazionali dell'Eurojust, l'Ufficio II della Direzione generale della giustizia penale del Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia, la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e le procure generali della Repubblica presso le corti di appello, ciascuno rispetto alle proprie attribuzioni.

 

Infine il Governo, al fine di dare piena attuazione alle previsioni del regolamento, è delegato a modificare le disposizioni processuali e ordinamentali e coordinare le norme interne vigenti con quanto in esso previsto, prevedendo anche l'abrogazione della legge 14 marzo 2005 n. 41 e delle disposizioni incompatibili con quelle contenute nel regolamento (lettera g).

Come anticipato sopra, la legge n. 41 del 2005 dà attuazione alla decisione  2002/187/GAI del 28 febbraio 2002  del Consiglio dell'Unione europea che ha istituito l'Eurojust per rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità. La legge (art. 2) affida ad un decreto del Ministro della giustizia la nomina del membro nazionale distaccato presso l'Eurojust, individuato tra i giudici o magistrati del pubblico ministero che esercitano funzioni giudiziarie (e collocato fuori del ruolo organico della magistratura), o fuori del ruolo organico della magistratura. Si prevede (art. 3) che il membro nazionale sia coadiuvato da un assistente e, in caso di necessità e previo accordo del collegio Eurojust, fino ad un massimo di tre. Un assistente può sostituire il membro nazionale nell'esercizio delle sue funzioni. L'articolo 4 stabilisce in quattro anni la durata del mandato del membro nazionale e dei suoi assistenti prorogabile per un massimo di altri due anni. I magistrati ordinari e i dirigenti appartenenti all'Amministrazione della giustizia che ricevono il mandato in parola conservano il proprio trattamento economico oltre ad una indennità, comprensiva di ogni trattamento all'estero.

 

Il comma 3 reca la copertura degli oneri finanziari dell’articolo in esame, autorizzando la spesa di 273.862 euro a decorrere dall’anno 2021.

 

 

 


 

Articolo 9
(Princìpi e criteri direttivi per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2018/1805 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e confisca)

 

L’articolo 9 reca i principi e i criteri direttivi per l’adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2018/1805 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018 relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca.

 

Nel dettaglio il comma 1 della disposizione delega il Governo ad adottare entro dodici mesi dalla entrata in vigore della legge in esame, uno o più decreto legislativi per l'adeguamento della normativa nazionale al regolamento (UE) 2018/1805, relativo al riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e confisca.

 

Il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni delle autorità giudiziarie degli Stati membri dell’UE, codificato all’art. 82, § 1 TFUE rispetto a “qualsiasi tipo di sentenza e decisione giudiziaria” (comma 2 lett. a), adottato, per la prima volta, nelle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 1999, costituisce una delle “pietre angolari” (cornerstones) dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.  L'affermazione della circolazione diretta tra le autorità giudiziarie dei provvedimenti giudiziari, che segna l’abbandono del sistema di assistenza di tipo convenzionale, fondato sul meccanismo delle rogatorie, presuppone la reciproca fiducia tra gli ordinamenti degli Stati membri, basata sul comune rispetto dei principi dello Stato di diritto. Fin dalle stesse conclusioni del Consiglio di Tampere il principio del mutuo riconoscimento è stato esteso anche ai provvedimenti destinati al sequestro e alla confisca. In attuazione di tale principio nell'ottobre 2018 è stato adottato proprio il regolamento (UE) 2018/1805 (amplius infra) per il reciproco riconoscimento di tutti i tipi di provvedimenti di sequestro e confisca emanati nell’ambito di un procedimento in criminal matters, inclusi i provvedimenti di confisca estesa, di confisca nei confronti dei terzi e, in particolare, di confisca senza condanna. La materia del mutuo riconoscimento dei provvedimenti di sequestro e confisca prima del regolamento 2018/1805 era disciplinata - come ricorda anche la relazione illustrativa del disegno di legge - dalla Decisione quadro 2003/577/GAI, relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio (implementata dall’Italia con il decreto legislativo 15 febbraio 2016, n. 35) e dalla Decisione quadro 2006/783/GAI in relazione alla confisca (cui è stata data attuazione in Italia con il decreto legislativo 7 agosto 2015, n. 137), nonché da due ulteriori "misure" di armonizzazione: la Decisione quadro 2005/212/GAI, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato e la direttiva 2014/42/UE relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione europea (cui è stata data attuazione in Italia con il decreto legislativo 29 ottobre 2016, n. 202 ).

 

 

Il comma 2 dell'articolo individua i principi e i criteri direttivi specifici ai quali il Governo deve attenersi nell'esercizio della delega, in aggiunta a quelli generali di cui all'articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234.

 

Tali principi e criteri direttivi sono volti ad orientare la predisposizione del regime generale applicabile sia ai provvedimenti di congelamento che a quelli di confisca emessi nell'ambito di tutti i procedimenti in materia penale. A ben vedere, infatti, l'ultimo comma dell'articolo 1 del regolamento del 2018 "stabilisce le norme secondo le quali uno Stato membro riconosce ed esegue nel suo territorio provvedimenti di congelamento e provvedimenti di confisca emessi da un altro Stato membro nel quadro di un procedimento in materia penale". Ancora il considerando n.13 precisa che il regolamento si applica a tutti i provvedimenti di congelamento e confisca emessi nel quadro di un procedimento in materia penale con l'avvertenza che “procedimento in materia penale” è un concetto autonomo del diritto dell’Unione interpretato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, ferma restando la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo”. In base sempre al considerando n. 13 l’espressione “procedimento in materia penale” “contempla pertanto tutti i tipi di provvedimenti di congelamento e provvedimenti di confisca emessi in seguito a procedimenti connessi ad un reato e non solo i provvedimenti che rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva 2014/42/UE (si veda supra). Esso contempla inoltre altri tipi di provvedimenti emessi in assenza di una condanna definitiva”. Con riguardo all'ordinamento italiano quindi la disciplina dettata dal regolamento trova applicazione - a differenza della precedente direttiva 2014/42/UE - anche con riguardo alla confisca di prevenzione, disciplinata dal d.lgs. n. 159 del 2011 (il c.d. codice antimafia).

 

In primo luogo il legislatore delegato deve prevedere l’operatività del requisito della doppia punibilità, subordinando il riconoscimento e l’esecuzione «alla condizione che i fatti che hanno dato luogo all’adozione dei provvedimenti di sequestro o confisca siano previsti come reato dalla legge italiana, indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla qualifica ad essi attribuita nell’ordinamento giuridico dello Stato di emissione». Sono espressamente fatte salve le previsioni del regolamento che escludono la verifica in questione per alcuni reati (elencati dall'articolo 3 par. 1 del regolamento) e quelle (contenute negli articoli 8, paragrafo 1, lettera e), e 19, paragrafo 1, lettera f) del regolamento) che, in materia di reati tributari, doganali e valutari precludono il potere di rifiuto «a motivo del fatto che il diritto dello Stato di esecuzione non impone lo stesso tipo di tasse o di imposte o non prevede lo stesso tipo di disciplina in materia di tasse e imposte, o di dogana e di cambio (lettera a)).

 

L’articolo 3 del regolamento prevede trentadue fattispecie di reato (Tra i reati, si segnalano: terrorismo; partecipazione ad un’organizzazione criminale; pedopornografia; traffico illecito di armi e sostanze stupefacenti; corruzione; frode; riciclaggio; favoreggiamento dell’ingresso e soggiorno illegali; criminalità informatica ed ambientale; omicidio volontario; traffico illecito di organi e tessuti umani), punite con pena detentiva della durata massima non inferiore a tre anni, in presenza delle quali viene meno il classico requisito della doppia incriminabilità dei fatti. La lista dei reati è la stessa prevista in altri strumenti in materia di mutuo riconoscimento, cui si aggiunge il reato previsto al punto (y) della lista, incluso in seguito alla introduzione di norme minime comuni per la lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento non-cash.

L'articolo 3 del regolamento rappresenta una importante novità rispetto alla previgente direttiva 2014/42/UE per quanto attiene all’elenco dei reati “presupposto” coperti dal presente regolamento. Se la prima faceva infatti riferimento esclusivo ai gravi delitti riconducibili al catalogo di cui all’articolo 83 TFUE (c.d. “Eurocrimes”) – e dunque quelli espressione di forme criminali particolarmente gravi che presentano una dimensione transnazionale – il secondo contempla anche altri reati non riconducibili alla predetta disposizione (considerando n. 14 del regolamento). Nel caso di reati non ricompresi nell'elenco di cui all'articolo 3 il riconoscimento - precisa il par. 2 dell'articolo 3 - può essere rifiutato se il crimine presupposto non è un illecito penale nello Stato che deve eseguire il provvedimento in base al principio della doppia incriminabilità.

Con riguardo ai reati non compresi nell'elenco di cui all'articolo 3 la verifica della doppia incriminabilità deve essere effettuata in senso non formalistico: come si deduce dal considerando n. 20, nel valutare la doppia incriminabilità, l’autorità competente dello Stato di esecuzione dovrebbe verificare se gli elementi di fatto alla base del reato in questione, quali risultano dal certificato di congelamento o dal certificato di confisca trasmesso dall’autorità competente dello Stato di emissione, sarebbero di per sé, nell’ipotesi in cui si fossero verificati nello Stato di esecuzione al momento della decisione sul riconoscimento, penalmente perseguibili anche nel territorio di quest’ultimo. L’autorità giudiziaria italiana, pertanto, dovrà stabilire se il fatto per il quale è stato emesso il provvedimento di congelamento o di confisca sia punito dalla legge italiana come reato, prescindendo dal nomen juris e dalla perfetta corrispondenza degli elementi costitutivi della fattispecie interna e di quella configurata dall’Autorità emittente.

 

In secondo luogo, il Governo deve prevedere che ai certificati di sequestro o di confisca debba essere allegata una copia autentica del provvedimento di cui si richiede il riconoscimento e l’esecuzione, facendo salvo il potere dell’autorità di esecuzione di richiedere la trasmissione dell’originale, ove necessario ai fini della decisione (lettera b)).

 

Come per altre procedure fondate sul principio di mutuo riconoscimento, lo strumento per l’avvio della procedura di cooperazione è, sia per il congelamento che per la confisca, l’emissione di un certificato standard (Allegati I e II del Regolamento), ossia di un formulario che, ai sensi degli artt. 6 e 17, deve essere compilato e firmato dall’autorità di emissione, con la certificazione che le informazioni in esso contenute sono esatte e corrette, per essere poi trasmesso all’autorità di esecuzione. Gli artt. 4 par. 1 e 14 par. 1 del regolamento prevedono che i provvedimenti di congelamento e confisca siano trasmessi mediante i corrispondenti certificati, che dovranno essere corredati da una traduzione in una delle lingue ufficiali dello Stato di esecuzione, ovvero in una o più lingue ufficiali dell’Unione che lo Stato di esecuzione abbia dichiarato di accettare (artt. 6 e 17 parr. 2 e 3). Per assicurare celerità alla procedura di cooperazione, il certificato di congelamento o confisca standard dovrebbe contenere tutte le informazioni necessarie per consentire all’autorità di esecuzione di decidere in merito al riconoscimento ed all’esecuzione del provvedimento trasmesso. E infatti il regolamento non richiede che, unitamente al certificato, l’autorità di emissione trasmetta anche il provvedimento interno che ha disposto la misura di blocco o ablazione. Tuttavia, a norma del par. 2 degli artt. 4 e 14, gli Stati membri possono effettuare una dichiarazione secondo cui, “quando è loro trasmesso un certificato” di congelamento o confisca, “l’autorità di emissione deve trasmettere, unitamente al certificato (…), il provvedimento (…) originale o una sua copia autenticata”. (si veda in proposito anche la circolare del Ministero della giustizia del 18 febbraio 2021).

 

Ancora, il Governo è chiamato ad individuare il Ministero della giustizia quale autorità centrale ai sensi dell’articolo 24, par. 2, del regolamento, consentendo nel contempo la possibilità di trasmissione diretta dei certificati tra autorità di emissione e autorità di esecuzione. In quest'ultima ipotesi l’autorità giudiziaria nazionale deve informare, anche a fini statistici, il Ministero della giustizia dei provvedimenti di sequestro e di confisca ricevuti o trasmessi per l’esecuzione. Inoltre deve essere previsto l’inoltro di copia dei certificati al Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, se essi si riferiscono ai procedimenti per i delitti di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p., e al procuratore generale presso la corte di appello, se essi si riferiscono ai procedimenti per i delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), c.p.p.(lettera c));

 

L'articolo 24, par. 2 del regolamento ha riconosciuto a ciascuno Stato membro la possibilità di designare - informandone la Commissione - una o più autorità centrali quali responsabili della trasmissione e della ricezione amministrativa dei certificati di congelamento e di confisca e dell'assistenza da fornire alle sue autorità competenti. L’Italia ha indicato il Ministero della Giustizia – Direzione Generale degli Affari Internazionali e della Cooperazione Giudiziaria – Ufficio I (Cooperazione Giudiziaria Internazionale) quale autorità centrale responsabile per la ricezione e trasmissione amministrativa dei certificati di congelamento e confisca e per la relativa corrispondenza, nonché per l’assistenza da fornire alle autorità giudiziarie nazionali. Avendo quindi l’Italia indicato il Ministero della Giustizia quale autorità centrale ai sensi dell’art. 24 par. 2, attualmente è al Ministero che le autorità emittenti degli altri Stati membri devono trasmettere i certificati per il successivo inoltro alle competenti autorità giudiziarie italiane; nelle procedure attive le nostre autorità giudiziarie competenti per l’emissione devono trasmettere il certificato attraverso il Ministero della Giustizia che svolgerà, nelle procedure di cooperazione disciplinate dal regolamento, il medesimo ruolo amministrativo e di assistenza che svolge per l’esecuzione dei mandati di arresto europei ai sensi della decisione quadro 2002/584/GAI. La su ricordata circolare del febbraio 2021 precisa che, in forza del nuovo Regolamento europeo, l’Autorità «di emissione» – ossia il pubblico ministero o il giudice che dispone il sequestro o la confisca – deve trasmettere il relativo provvedimento all’Autorità «di esecuzione» presso lo Stato estero dove si trova il bene: tale autorità nel nostro ordinamento viene individuata in via interpretativa nel Pubblico ministero, per il congelamento, e nella Corte d'appello, per la confisca: tanto, avuto riguardo ai decreti legislativi 36/16 e 137/15 con i quali è stata data attuazione nel nostro ordinamento alle direttive 2003/77/GAI e 2006/783/GAI e alla loro sostituzione ad opera del regolamento, di cui sempre la circolare richiama, espressamente, in tale direzione l'art. 39 par. 2 “i riferimenti alla decisione quadro 2003/577/GAI, per quanto riguarda il congelamento dei beni, e alla decisione quadro 2006/783/GAI si intendono fatti al presente regolamento”.

 

In quarto luogo, nell'esercizio della delega il legislatore deve prevedere la competenza del Ministro della giustizia anche per le richieste di rimborso, totale o parziale, degli importi versati dall’Italia - quale Stato di esecuzione - a titolo di risarcimento nei casi di cui all’articolo 34 del regolamento, destinandoli al Fondo unico giustizia (lettera d)).

 

Ai sensi dell'art. 34 del regolamento se lo Stato di esecuzione è responsabile, ai sensi del proprio diritto, del danno subito dal soggetto colpito che risulti dall'esecuzione del provvedimento di congelamento o di confisca trasmessigli lo Stato di emissione è tenuto a rimborsare allo Stato di esecuzione i risarcimenti versati al soggetto colpito. Tuttavia, se lo Stato di emissione può dimostrare allo Stato di esecuzione che il danno, o parte di esso, era dovuto esclusivamente alla condotta dello Stato di esecuzione, lo Stato di emissione e lo Stato di esecuzione concordano tra loro l'importo da rimborsare. E' in ogni caso fatto salvo il diritto nazionale degli Stati membri relativamente ad azioni di risarcimento danni promosse da persone fisiche o giuridiche.

 

 

Il disegno di legge demanda al Governo, in sede di esercizio della delega, la definizione delle regole di competenza nelle ipotesi di concorso di provvedimenti di sequestro o confisca di cui all’articolo 26 del regolamento (lettera e)).

 

L'art. 26 del regolamento prevede una specifica tipologia di situazioni di conflitto con riguardo alle ipotesi di concorso di due o più provvedimenti di congelamento o confisca.

In particolare, il par. 1 dell’art. 26 prevede due differenti ipotesi di concorso di provvedimenti:

In entrambi i casi sopraindicati, l’autorità di esecuzione decide quale dei provvedimenti eseguire conformemente al diritto dello Stato di esecuzione, fatta salva la possibilità di rinvio dell’esecuzione di un provvedimento di confisca. In proposito la circolare del febbraio 2021 precisa come "può a tale ultimo riguardo, notarsi che si tratta di ipotesi di rinvio di provvedimento di confisca che si aggiungono a quelle espressamente contemplate nel richiamato art. 21, pur risultando la seconda di esse sovrapponibile, parzialmente, a quella indicata sub lett. c) del par. 1 dell’art. 21 medesimo". I parametri sulla scorta dei quali l’autorità di esecuzione deve prendere tale decisione sono indicati dal par. 2 dell’art. 26, il quale– conformemente al favor per i diritti delle vittime che informa il regolamento, in relazione, in particolare, alla destinazione dei beni sottoposti a congelamento o confisca (si veda anche, al riguardo, il considerando n. 45) – prevede espressamente che l’autorità de qua, ove possibile, dia priorità agli interessi delle vittime; ancora, con una elencazione non tassativa, tale paragrafo evidenzia la necessità di valutare anche l’eventuale presenza di beni già sottoposti a congelamento, le date dei rispettivi provvedimenti e le date di trasmissione degli stessi, nonché la gravità e il luogo di commissione del reato in questione e, poi, richiama, in generale, l’utilità, all’uopo, di ogni altra circostanza da ritenersi pertinente.

 

 

L'articolo 9 reca poi, alla lettera f) del comma 2, specifici principi e criteri direttivi ai quali il Governo deve attenersi nell'adeguare la normativa nazionale alle regole specificamente dettate dal regolamento con riguardo al riconoscimento, all’esecuzione e alla trasmissione dei provvedimenti di sequestro. Con particolare riguardo alla procedura passiva il legislatore delegato deve individuare, quale «autorità di esecuzione» ai sensi dell’articolo 2, n. 9), del regolamento, il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale del capoluogo del distretto, determinando i criteri di attribuzione della competenza territoriale; disciplinare la procedura di riconoscimento ed esecuzione del provvedimento di sequestro e i relativi termini, prevedendo l’acquisizione del parere del PM e l’applicazione, nei limiti della compatibilità, delle disposizioni del codice di procedura penale in materia di esecuzione, di revoca e di impugnazione del decreto di sequestro preventivo; prevedere che dell’esecuzione del sequestro, delle istanze di revoca e della proposizione di atti di impugnazione l’autorità giudiziaria procedente dia tempestiva comunicazione all’autorità emittente e, quando il provvedimento di sequestro ha ad oggetto un bene culturale appartenente al patrimonio culturale nazionale, altresì al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con avviso della facoltà di presentare osservazioni e dei termini entro i quali può essere esercitata. Relativamente alla procedura passiva il Governo deve individuare quale autorità di emissione, ai sensi dell’articolo 2, par. 1, n. 8), del regolamento la medesima autorità giudiziaria che ha adottato il provvedimento di sequestro.

 

I Capi II e III del regolamento (artt. 4 - 13 e artt. 14 - 22) disciplinano il procedimento di trasmissione, riconoscimento ed esecuzione dei provvedimenti di congelamento e confisca, contemplando disposizioni che le autorità competenti degli Stati membri sono chiamate ad applicare sia quali autorità di emissione sia quali autorità di esecuzione (vedi amplius infra).

 

La lettera g) detta invece i criteri e principi di delega per la disciplina del riconoscimento, dell’esecuzione e della trasmissione dei provvedimenti di confisca. Con specifico riguardo alla procedura passiva (nn. 1- 6) si richiede al legislatore delegato di:

·       individuare quale autorità di esecuzione dei provvedimenti di confisca la corte di appello (conformemente a quanto già previsto dall’articolo 4 del decreto legislativo n. 137 del 2015), determinandone la competenza territoriale secondo criteri omogenei a quelli individuati con riguardo alla procedura passiva dei provvedimenti di confisca (si veda la lettera f);

·       disciplinare la procedura di riconoscimento, prevedendo, da un lato, che la corte di appello disponga il rinvio del riconoscimento e dell’esecuzione del provvedimento di confisca con decreto motivato adottato senza formalità, dall’altro che ad essa partecipino anche l’autorità di emissione, coloro che - sulla base degli atti - risultino essere titolari di diritti reali sul bene oggetto della confisca e, quando il provvedimento di confisca abbia ad oggetto un bene culturale appartenente al patrimonio culturale nazionale, il Ministero della cultura;

·       prevedere, quale rimedio contro la decisione sul riconoscimento del provvedimento di confisca, il ricorso per cassazione, limitandone i motivi alle sole ipotesi di violazione di legge e dettando, ove necessario, specifiche norme per la trattazione;

·       prevedere, infine, che all’esecuzione della sentenza (possibile solo dopo che essa sia divenuta irrevocabile) e alla destinazione dei beni confiscati, si applichino – nei limiti della compatibilità – le disposizioni del decreto legislativo n. 137 del 2015 (Attuazione della decisione quadro 2006/783/GAI relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca).

 

Relativamente alla procedura attiva (nn. 7 e 8), il Governo deve, da un lato, individuare quale autorità di emissione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, numero 8), del regolamento, il pubblico ministero presso il giudice dell’esecuzione ovvero presso il giudice che ha emesso il provvedimento di confisca nei casi di procedimenti per l’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali e, dall'altro, predisporre un meccanismo volto  ad assicurare l'esecuzione delle confische ordinate con sentenze emesse all'esito di processi celebrati in assenza, ovvero disposte dal giudice dell'esecuzione a seguito di sentenze emesse all'esito di processi celebrati in assenza quando non ricorrono le condizioni di cui all'articolo 19, par. 1, lett. g) del regolamento. Si vuole in altre parole prevenire la possibile opposizione del motivo di rifiuto, consentendo alla persona processata in absentia di accedere ad un rimedio ‘restitutorio’ allorquando non ricorra alcuna delle condizioni contemplate dalla citata disposizione regolamentare.

 

Quest'ultimo criterio di delega, come sottolinea la relazione illustrativa, si correla al motivo rifiuto (facoltativo) previsto dall’articolo 19, paragrafo 1, lettera g), del regolamento (e collegato al considerando n.32) in riferimento ai provvedimenti di confisca «legat[i] a una condanna definitiva» emessa all’esito di processi celebrati in absentia.. Replicando un meccanismo normativo sostanzialmente corrispondente a quello già sperimentato con la decisione quadro 2009/299/GAI (con cui, come noto, sono state modificate i precedenti strumenti di Terzo pilastro in materia di mutuo riconoscimento), la disposizione prevede quale condizione ostativa alla (possibile) opposizione del motivo di rifiuto il fatto che il certificato di confisca «attesti, conformemente agli ulteriori requisiti procedurali definiti nel diritto dello Stato di emissione, che il soggetto interessato:

i)                è stato citato personalmente in tempo utile ed è quindi stato informato della data e del luogo fissati per il processo terminato con il provvedimento di confisca, o è stato di fatto informato ufficialmente con altri mezzi della data e del luogo fissati per il processo, in modo tale che si è stabilito inequivocabilmente che era al corrente del processo fissato, ed è stato informato in tempo utile del fatto che un tale provvedimento di confisca poteva essere emesso in caso di sua mancata comparizione in giudizio;

ii)                essendo al corrente del processo fissato, aveva conferito un mandato a un difensore, nominato personalmente o dallo Stato, per patrocinarlo in giudizio ed è stato effettivamente patrocinato in giudizio da tale difensore; oppure

iii)             dopo aver ricevuto la notifica del provvedimento di confisca ed essere stato espressamente informato del diritto a un nuovo processo o a un ricorso in appello cui egli avrebbe il diritto di partecipare e che consentirebbe di riesaminare il merito della causa, comprese nuove prove, e potrebbe condurre alla riforma dell'ordine di confisca originario, ha dichiarato espressamente di non opporsi al provvedimento di confisca; oppure non ha richiesto un nuovo processo o presentato ricorso in appello entro i termini stabiliti».

 

L'articolo 9, infine, riconosce al Governo nell'esercizio della delega la possibilità di:

·       adottare eventuali interventi di armonizzazione delle disposizioni di cui ai decreti legislativi n. 35 del 2016 e n. 137 del 2015 (da realizzarsi, ove opportuno, anche «accorpando la complessiva disciplina in un testo normativo unitario» (lettera h);

·       apportare le necessarie modifiche agli articoli 419 (Atti introduttivi), 429 (Decreto che dispone il giudizio) e 552 (Decreto di citazione a giudizio) c.p.p. - si tratta dei provvedimenti di instaurazione della fase processuale, come ricorda la relazione illustrativa - sì da consentire all’imputato, conformemente a quanto richiesto al punto i) del paragrafo 1 dell'articolo 19 del regolamento (si veda supra) di essere «informato in tempo utile del fatto che [il] provvedimento di confisca poteva essere emesso in caso di sua mancata comparizione in giudizio» (lettera i).

·       prevedere ogni ulteriore opportuna modifica alle norme dell’ordinamento interno al fine di dare piena attuazione alle previsioni del regolamento, con particolare riguardo alle disposizioni non direttamente applicabili ed abrogare espressamente le norme interne che risultino incompatibili con quelle del regolamento (lettera l).

 

Il comma 3 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

 

Il Regolamento (UE) 2018/1805

 

Il regolamento si compone di quaranta articoli, contenuti in cinque Capi.

Al Capo I sono descritti l’oggetto, le definizioni e l’ambito di applicazione. Il Capo II tratta la trasmissione, il riconoscimento e l’esecuzione del provvedimento di confisca, mentre il Capo III affronta la tematica della trasmissione, del riconoscimento e dell’esecuzione del provvedimento di congelamento. Infine, il Capo IV e V definiscono rispettivamente le disposizioni generali e finali.

Il regolamento stabilisce le norme secondo le quali uno Stato membro riconosce ed esegue nel suo territorio un provvedimento di congelamento o di confisca emesso da un altro Stato membro nel quadro di un procedimento penale. Inoltre, il regolamento definisce cosa si intende per provvedimento di confisca, di congelamento, bene, provento, beni strumentali, Stato di emissione, Stato di esecuzione, autorità di emissione e autorità di esecuzione. Infine, vengono elencate le figure di reato e vengono definiti i principi secondo i quali i provvedimenti di congelamento e di confisca non possono essere rifiutati in base al requisito della doppia incriminabilità (articoli da 1 a 3).

Gli articoli da 4 a 7 stabiliscono il meccanismo per la trasmissione del provvedimento di confisca. Si prevede quindi la trasmissione diretta del provvedimento di confisca tra le autorità nazionali competenti, è riconosciuta nel contempo però la possibilità di assistenza da parte delle autorità centrali. Sono altresì chiarite le norme sull’individuazione dell’autorità di esecuzione competente e sulla possibilità di trasmettere il provvedimento di confisca a più di uno Stato membro. Gli articoli da 8 a 10 definiscono rispettivamente “il riconoscimento e l’esecuzione del provvedimento di confisca”; i “motivi di non riconoscimento e di non esecuzione del provvedimento di confisca” e i “termini per il riconoscimento e l’esecuzione del provvedimento di confisca”. In sostanza, il provvedimento stabilisce che l’autorità di esecuzione deve riconoscere il provvedimento di confisca senza ulteriori formalità e deve prendere le misure necessarie per la sua esecuzione secondo le stesse modalità di un provvedimento di confisca emesso da un’autorità dello Stato di esecuzione. A meno che ci siano ragioni diverse per rifiutarla. In questo caso intervengono gli elementi che compongono l’elenco di motivi di non riconoscimento e di non esecuzione del provvedimento di confisca, descritti nel testo. Gli articoli 11 e 12 riguardano rispettivamente la materia del “rinvio dell’esecuzione del provvedimento di confisca” e i termini di “impossibilità di eseguire il provvedimento di confisca”. Gli articoli da 13 a 15 disciplinano, invece i termini di emissione e di trasmissione del provvedimento congelamento. In particolare, l’articolo 13 fissa le condizioni di emissione e trasmissione di un provvedimento di congelamento per garantire il rispetto del principio di proporzionalità. Mentre l’articolo 14 stabilisce che il provvedimento di congelamento debba essere trasmesso direttamente tra le autorità nazionali competenti; essere accompagnato da una richiesta di esecuzione di un provvedimento di confisca e contenere l’istruzione che il bene rimanga nello Stato di esecuzione in attesa della richiesta di confisca. Infine l’articolo 15 precisa le norme relative alle possibilità di trasmettere il provvedimento di congelamento a più di uno Stato membro, anche se in linea di principio, il provvedimento di congelamento può essere trasmesso a un solo Stato membro per volta. L’articolo 16 prevede un modello standard per l’emissione del provvedimento di congelamento. Si tratta di una semplificazione della procedura di riconoscimento reciproco. Gli articoli da 17 a 19 stabiliscono rispettivamente i principi del “riconoscimento ed esecuzione del provvedimento di congelamento”; i “motivi di non riconoscimento e di non esecuzione del provvedimento di congelamento” e i “termini per il riconoscimento e l’esecuzione del provvedimento di congelamento”.

L’articolo 20 stabilisce i termini del rinvio dell’esecuzione del provvedimento di congelamento. In sostanza lo Stato di esecuzione può rinviare l’esecuzione del provvedimento di congelamento qualora vi sia il rischio di pregiudicare un’indagine in corso o il bene sia già oggetto di un provvedimento di congelamento o il bene sia già oggetto di un provvedimento di congelamento emesso in un altro procedimento penale nello Stato di esecuzione. Gli articoli 21, 22 e 23 riguardano rispettivamente l’”obbligo di informare le parti interessate”, l’obbligo alla “riservatezza” per tutelare indagini in corso e la “durata del provvedimento di congelamento”. Gli articoli 24 e 25 stabiliscono rispettivamente il principio secondo cui “l’autorità di esecuzione deve notificare senza ritardo all’autorità di emissione l’impossibilità di eseguire il provvedimento di congelamento” e il “termine di 3 giorni entro il quale l’autorità di esecuzione deve riferire in merito alle misure adottate e ai risultati dell’esecuzione del provvedimento di congelamento”. Gli articoli da 26 a 35, contenuti nel Capo IV del regolamento, definiscono le disposizioni generali della norma per il riconoscimento reciproco dei provvedimenti di congelamento e di confisca. Gli articoli da 36 a 40 reggono, infine, le disposizioni finali della norma.

 


 

Articolo 10
(Delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/4 relativo alla fabbricazione, all'immissione sul mercato e all'utilizzo di mangimi medicati)

 

L’articolo 10 reca una disciplina di delega al Governo per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/4 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, relativo alla fabbricazione, all’immissione sul mercato e all’utilizzo di mangimi medicati[10].

Ai sensi del comma 1, la delega deve essere esercitata entro dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome; le altre disposizioni sulla procedura di esercizio della delega sono stabilite dall'articolo 1 del presente disegno di legge, nonché, in base al richiamo ivi posto, dall'articolo 31 della L. 24 dicembre 2012, n. 234, e successive modificazioni (concernente le procedure per l'esercizio delle deleghe legislative conferite al Governo con le leggi di delegazione europea); cfr., al riguardo, la scheda di lettura del precedente articolo 1.

Per l’esercizio della delega, il comma 2 reca princìpi e criteri direttivi specifici, ad integrazione di quelli generali, posti - per l'esercizio delle deleghe legislative conferite al Governo con le leggi di delegazione europea - dall’articolo 32 della citata L. n. 234 del 2012 (riguardo a questi ultimi, cfr. infra, nonché, più in generale, la scheda di lettura del precedente articolo 1).

I princìpi e criteri direttivi specifici prevedono:

-        l'individuazione del Ministero della salute, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano quali autorità competenti a svolgere i compiti previsti dal citato regolamento (UE) 2019/4 e la definizione delle rispettive competenze (lettera a));

-        la revisione delle norme sanzionatorie, con riferimento alla violazione delle disposizioni del medesimo regolamento (UE) 2019/4, attraverso la previsione di sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità delle relative violazioni (lettera b)).

La relazione illustrativa del disegno di legge[11] osserva che la delega è intesa anche a consentire il trasferimento alle regioni (o alle province autonome) delle competenze autorizzative, in materia di mangimi medicati, attribuite alle "autorità nazionali (Ministero della salute, in alcuni casi di concerto con il Ministero dello sviluppo economico)" nella disciplina vigente (di cui al D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 90). Tale trasferimento di competenze - secondo la medesima relazione illustrativa - costituisce una ridefinizione razionale del sistema delle autorizzazioni, considerato che le regioni e le province autonome già partecipano a tali procedure, effettuando i sopralluoghi preventivi presso le imprese richiedenti l’autorizzazione e rilasciando un parere al Ministero della salute, e che le funzioni relative ai successivi controlli ufficiali competono già ai suddetti enti territoriali.

La medesima relazione illustrativa afferma che la delega è intesa anche alla semplificazione delle procedure autorizzative e all’eliminazione "dei processi e dei vincoli ancora vigenti ma ormai obsoleti (commissione provinciale per il rilascio dei pareri; vincoli sul personale laureato responsabile che deve essere presente in azienda; autorizzazione ministeriale dei laboratori di autocontrollo esterni alla ditta richiedente)". Si ricorda, in merito, che tra i suddetti princìpi e criteri generali di delega di cui all'articolo 32 della L. n. 234 del 2012, figura (al comma 1, lettera a)) la "massima semplificazione dei procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi".

 

 


 

 

Articolo 11
(Princìpi e criteri direttivi per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/6
relativo ai medicinali veterinari e che abroga la direttiva 2001/82/CE)

 

L’articolo 11 dispone circa i criteri e i principi di delega per l’adozione, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, dei decreti di adeguamento della normativa nazionale al Regolamento (UE) 2019/6 in materia di medicinali veterinari.

 

Il comma 1 delega il Governo ad adottare, entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per l’adeguamento della normativa nazionale al Regolamento (UE) 2019/6 dell’11 dicembre 2018[12] in materia di immissione sul mercato, fabbricazione, importazione, esportazione, fornitura, distribuzione, farmacovigilanza, controllo e impiego di medicinali veterinari.

 

Il citato Regolamento dispone l’abrogazione della direttiva 2001/82/CE che reca il Codice comunitario relativo a tali medicinali, la quale, insieme al Regolamento (CE) n. 726/2004, ha definito il quadro normativo dell’Unione sui medicinali veterinari.

 

Il Regolamento (UE) 2019/6, è intervenuto nel contesto dell’attuale funzionamento del mercato interno dei medicinali veterinari e delle correnti condizioni di tale mercato, promuovendo i seguenti principi:

a) un uso più consapevole dei medicinali veterinari;

b) la semplificazione e riduzione degli oneri amministrativi;

c) il rafforzamento del mercato interno;

d) una maggiore disponibilità di medicinali veterinari al fine di continuare ad assicurare un elevato livello di protezione della sanità e benessere animale, dell’ambiente e a salvaguardia della salute pubblica.

 

La Relazione illustrativa alla norma evidenzia che l’adeguamento della normativa nazionale dovrà tenere conto anche del parere espresso dalla 12ª Commissione permanente del Senato con la risoluzione approvata dalla Commissione sugli atti comunitari COM (2014) 557 definitivo e COM (2014) 558 definitivo, sottoposti al parere motivato sulla sussidiarietà (Doc. XVIII, n. 82) (Resoconto n. 178 del 25/11/2014), che ha posto le seguenti condizioni:

1) espungere la previsione della vendita diretta dei farmaci da parte del veterinario, per la necessità di una netta distinzione di ruoli fra chi prescrive e chi vende il prodotto farmaceutico, stabilendo al contempo il diritto-dovere del veterinario di detenere la necessaria scorta di medicinali (cosiddetto "armadietto");

2) chiarire che la prescrizione dei medicinali veterinari può essere effettuata esclusivamente dai medici veterinari, apparendo ambigua la formulazione dell'articolo 110, comma 2, della proposta di regolamento COM (2014) 558 definitivo, nel passaggio in cui si indica come soggetto legittimato la "persona abilitata a tal fine secondo la legislazione nazionale applicabile";

3) rivedere la previsione della possibilità di vendita on line dei medicinali veterinari in quanto potenzialmente foriera di abusi e senza una specifica regolamentazione;

4) fronteggiare il fenomeno dell’antibiotico-resistenza anche in relazione ai farmaci antivirali ed antiparassitari e condurre le attività di controllo in materia anche a livello di singoli Stati membri e non solo a livello europeo;

5) rivedere alcuni aspetti della disciplina di cui all'articolo 117 della proposta di regolamento COM (2014) 558 definitivo in fatto di tempi d'attesa, con particolare riferimento al fattore di correzione standardizzato per gli usi in deroga del medicinale veterinario, che potrebbe non essere abbastanza cautelativo rispetto al rischio di residui negli alimenti di origine animale;

6) bilanciare l'accentramento in capo all’EMA (l'Agenzia Europea per i Medicinali) delle attività relative alle procedure per la farmacovigilanza, che conferiscono all'Agenzia il compito di gestire una Banca dati degli eventi avversi, in collaborazione con le autorità competenti degli Stati membri con il potenziamento delle autorità regolatorie nazionali, considerato che, per l'Italia, è il Ministero della salute a valutare i rapporti periodici di sicurezza inviati dalle aziende farmaceutiche, le segnalazioni degli eventi avversi e il monitoraggio della sicurezza a livello nazionale

7) semplificare e facilitare l'uso dell'omeopatia, anche in campo veterinario.

 

Con riferimento al punto 3), si sottolinea che il disegno di legge europea 2019-2020, attualmente ancora all’esame delle Camere (AS 2169) prevede, novellando il Codice comunitario dei medicinali veterinari (D. Lgs. n. 193 del 2006), che il Ministero della salute sia riconosciuto quale autorità competente alla vigilanza della vendita per via telematica dei medicinali veterinari, mediante l’emanazione di disposizioni per impedire l’accesso agli indirizzi internet corrispondenti ai siti web individuati come promotori di pratiche illegali da parte degli utenti. Con il medesimo ddl vengono inoltre fissate le sanzioni amministrative relative a dette pratiche illegali di vendita.

 

Il comma 2, pertanto, detta i seguenti criteri di delega specifici, oltre a richiamare quelli generali per l'attuazione del diritto dell'Unione europea[13]:

a) individuare, ai sensi dell’articolo 137 del Regolamento (UE) 2019/6, che definisce le autorità competenti per i compiti previsti dal medesimo regolamento, il Ministero della salute, le Regioni e le Province autonome quali autorità competenti a svolgere i compiti previsti secondo le rispettive competenze e prevedere, tra le medesime autorità, forme di coordinamento;

 

L’articolo 137 del Regolamento stabilisce che gli Stati membri devono designare le autorità competenti per lo svolgimento dei compiti previsti dal medesimo Regolamento e provvedere a reperire la disponibilità di risorse finanziarie adeguate per fornire alle autorità competenti il personale e le altre risorse necessarie per svolgere le attività richieste. Le autorità competenti sono chiamate a cooperare nell’esercizio dei compiti e prestano un sostegno necessario e utile alle autorità competenti degli altri Stati membri. Hanno compiti di comunicazione e, su domanda motivata, sono tenute a trasmettere le registrazioni scritte sui controlli eseguiti ai sensi dell’articolo 123 (ispezioni su persone interessate dalle norme del Regolamento) e le relazioni di controllo di cui all’articolo 127 alle autorità competenti degli altri Stati membri.

 

b) stabilire i contenuti, le tempistiche e le modalità di registrazione delle informazioni che i fabbricanti e i distributori all’ingrosso, nonché le farmacie e altri rivenditori al dettaglio, i veterinari e gli allevatori sono tenuti a comunicare al Ministero della salute, alle Regioni e alle Province autonome;

 

In proposito si segnala che la questione della registrazione delle informazioni da comunicare al Ministero della salute, oltre che alle Regioni e Province autonome si pone con evidenza riguardo ai medicinali veterinari omeopatici, per i quali, date le loro peculiari caratteristiche - come osservato al 90mo Considerando del Regolamento da recepire – è opportuno stabilire una speciale procedura di registrazione semplificata in relazione ai costituenti di tali prodotti, prevedendo disposizioni specifiche per i foglietti illustrativi di alcuni di tali medicinali immessi sul mercato senza indicazioni[14].

Infatti, sebbene l’utilizzo dei medicinali veterinari omeopatici autorizzati ai sensi del Regolamento sia disciplinato analogamente ad altri medicinali veterinari autorizzati, non è contemplato dall’ordinamento vigente il loro utilizzo, ancorchè ufficialmente registrati. L’uso di tali medicinali è pertanto soggetto alle disposizioni nazionali, anche per quanto riguarda i medicinali omeopatici registrati ai sensi della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio recante il Codice comunitario dei medicinali veterinari (oggetto di abrogazione da parte del Regolamento a cui si intende adeguare la normativa nazionale).

 

c) rimodulare il sistema delle tariffe, sulla base dei compiti effettivi previsti dal Regolamento da recepire;

Al riguardo si segnala il principio affermato al 91mo Considerando del Regolamento che le attività, i servizi e i compiti dell’Agenzia (EMA) dovrebbero essere finanziati mediante tariffe a carico delle imprese. Le medesime tariffe, tuttavia, non dovrebbero pregiudicare il diritto degli Stati membri di riscuotere tasse per le attività ed i compiti eseguiti a livello nazionale.

Infatti, all’articolo 2, par. 8 del Regolamento, si dispone che sono fatte salve le disposizioni nazionali sulle tariffe, tranne per quanto riguarda la procedura centralizzata di autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali in esame, che dipende da una procedura unica a livello europeo, validata dall’EMA[15] per ogni tipo di medicinale (Sistema normativo europeo per i medicinali).

 

d) adeguare e coordinare i sistemi informatici nazionali ai sistemi informatici istituiti con il Regolamento e gestiti dalla Agenzia europea per i medicinali (EMA).

La lett. d) in esame specifica in dettaglio le finalità contenute ai seguenti articoli del Regolamento in esame, per le quali si prevede l’adeguamento ed il coordinamento dei sistemi informatici nazionali, richiamando esplicitamente i seguenti articoli del Regolamento da recepire:

 

-      art. 6, relativamente alla presentazione delle domande di autorizzazione all’immissione in commercio dei medicinali veterinari, da presentare all’autorità competente mediante una delle procedure previste dal medesimo Regolamento;

-      art. 55, in materia di banca dati dei medicinali veterinari dell’Unione europea detenuta dall’EMA (Agenzia europea per i medicinali), che, in collaborazione con gli Stati membri, è finalizzata a fornire specifiche informazioni tra cui quali sono i medicinali veterinari autorizzati nell’Unione dalla Commissione e dalle autorità competenti ed il volume annuale delle vendite, oltre che delle informazioni relative alla disponibilità di ciascun medicinale veterinario;

-      art. 57, sulla raccolta di dati sui medicinali antimicrobici utilizzati negli animali, in particolare per consentire una valutazione diretta o indiretta del loro impiego sugli animali destinati alla produzione di alimenti a livello di allevamento;

-      art. 58, in tema di responsabilità dei titolari dell’autorizzazione all’immissione in commercio, al fine della garanzia, nei limiti delle responsabilità previste, di una fornitura adeguata e continua dei propri medicinali veterinari;

-      art. 61, sulle condizioni per cui le variazioni delle caratteristiche del prodotto non richiedono una valutazione per il mantenimento dell’autorizzazione all’immissione in commercio;

-      art. 67, in materia di provvedimenti di chiusura delle procedure per le variazioni che richiedono una valutazione, nel caso di modifiche delle caratteristiche del prodotto, dell’etichettatura e del foglietto illustrativo inviate dal titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio, da parte dell’autorità competente;

-      art. 74, riguardante l’accesso alla banca dati di farmacovigilanza, da parte dei titolari di un’autorizzazione all’immissione in commercio di medicinali veterinari e altri dati non riservati, nella misura necessaria per consentire loro di adempiere alle proprie responsabilità di farmacovigilanza;

-      art. 76, sulla segnalazione e registrazione di sospetti eventi avversi che le autorità competenti sono chiamate a registrare sulla banca dati di farmacovigilanza, in relazione a tutti i sospetti eventi avversi che sono stati segnalati loro e che si sono verificati nel territorio del loro Stato membro, entro 30 giorni dal ricevimento della segnalazione del sospetto evento avverso;

-      art. 81, sul processo di gestione dei segnali per i loro medicinali veterinari, ove necessario, tenendo in considerazione i dati sulle vendite e altri dati di farmacovigilanza pertinenti e utili di cui possono ragionevolmente essere a conoscenza;

-      art. 88, in materia di autorizzazioni alla fabbricazione per svolgere le specifiche attività relative ai medicinali veterinari, quali fabbricazione diretta soltanto all’esportazione, lavorazione, assemblaggio, imballaggio e reimballaggio, etichettatura e rietichettatura, immagazzinaggio, sterilizzazione, prove o rilascio del medicinale oppure importazione dei medicinali veterinari;

-      art. 91, in tema di banca dati della fabbricazione e della distribuzione all’ingrosso che comprende informazioni relative alla concessione, sospensione o revoca da parte delle autorità competenti di tutte le autorizzazioni alla fabbricazione e alla distribuzione all’ingrosso, dei certificati di buona pratica di fabbricazione, e alle registrazioni dei fabbricanti, degli importatori e dei distributori di sostanze attive;

-      art. 92, sulle modifiche delle autorizzazioni alla fabbricazione su richiesta da parte del titolare, che non può superare 30 giorni dalla data di ricevimento della domanda da parte dell’autorità competente. In casi giustificati, anche quando è necessaria un’ispezione, tale termine può essere prorogato fino a 90 giorni da parte dell’autorità competente;

-      art. 94, sui certificati di buona pratica di fabbricazione per il rilascio, entro 90 giorni da un’ispezione, da parte dell’autorità competente di un apposito certificato al fabbricante per il sito di fabbricazione interessato, se si rileva la conformità dei requisiti stabiliti al precedente articolo 93, par. 2 del Regolamento in esame;

-      art. 95, in materia di importatori, fabbricanti e distributori di sostanze attive stabiliti nell’Unione, utilizzate come materiali di partenza nei medicinali veterinari, nel rispetto delle buone pratiche di fabbricazione o distribuzione, a seconda del caso;

-      art. 100, che definisce la domanda e le procedure per le autorizzazioni alla distribuzione all’ingrosso, che deve essere presentata all’autorità competente nello Stato membro dove si trovano il sito o i siti del distributore all’ingrosso, in cui si dimostri che sono rispettati determinati requisiti, tra cui personale con competenze tecniche (e in particolare almeno una persona designata come responsabile) e la disponibilità di un sistema adeguato di registrazione dei medicinali e delle sostanze attive in questione;

-      art. 132, che dispone l’eliminazione da parte di importatori, fabbricanti e distributori dalla banca dati relativa alla fabbricazione e alla distribuzione all’ingrosso, delle sostanze attive in caso di non conformità delle stesse ai requisiti stabiliti all’articolo 95 del Regolamento;

-      art. 155, relativo al contributo iniziale alla banca dati dei medicinali da parte delle autorità competenti, con la comunicazione per via elettronica all’Agenzia (EMA), entro il 28 gennaio 2022, delle informazioni su tutti i medicinali veterinari attualmente autorizzati nel loro Stato membro;

 

e) ridefinire il sistema sanzionatorio per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) 2019/6 attraverso la previsione di sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità delle relative violazioni.

In merito al quadro sanzionatorio definito dal Regolamento in esame, sono stabilite due tipologie di sanzioni:

-      sanzioni imposte dagli Stati membri ai sensi dell’articolo 135, in base al quale gli Stati membri devono stabilire le norme relative alle sanzioni applicabili (a carattere effettivo, proporzionato e dissuasivo) in caso di violazione del Regolamento in esame, e adottare tutte le misure necessarie per assicurarne l’applicazione. Gli Stati membri devono notificare tali norme e misure alla Commissione entro un termine prestabilito dal Regolamento oggetto di esame fissato nel 28 gennaio 2022, e provvedere successivamente a dare immediata notifica delle eventuali modifiche successive. Essi devono inoltre informare immediatamente la Commissione dell’avvio di eventuali procedure legali nei confronti dei titolari di autorizzazione all’immissione in commercio di medicinali veterinari autorizzati mediante procedura centralizzata, per violazione delle norme del Regolamento;

-      sanzioni pecuniarie imposte dalla Commissione ai titolari di autorizzazioni all’immissione in commercio di medicinali veterinari autorizzati mediante procedura centralizzata, in base a quanto previsto dall’articolo 136.

La Commissione, infatti, può imporre sanzioni pecuniarie, sotto forma di ammende o penalità di mora, ai titolari delle autorizzazioni all’immissione in commercio di medicinali veterinari autorizzati mediante procedura centralizzata, se questi non adempiono agli obblighi stabiliti dal Regolamento per tali autorizzazioni, elencati all’allegato III.

 

La relazione tecnica alle disposizioni sopra esaminate, nel sottolineare che l’adeguamento al Regolamento in esame sia particolarmente complesso considerati i diversi ambiti di intervento, rimanda la stima degli eventuali nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e della relativa copertura finanziaria alle relazioni tecniche degli schemi di decreti legislativi che dovranno attuare le singole deleghe in esame.

 

 


 

Articolo 12
(Delega al Governo per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/1009 che stabilisce norme relative alla messa a disposizione sul mercato di prodotti fertilizzanti dell’UE, che modifica i regolamenti (CE) n. 1069/2009 e (CE) n. 1107/2009 e che abroga il regolamento (CE) n. 2003/2003)

 

L’articolo 12 delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, uno o più decreti legislativi per adeguare la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2019/1009, che stabilisce norme relative alla messa a disposizione sul mercato di prodotti fertilizzanti dell’UE, modifica i regolamenti (CE) n. 1069/2009 e (CE) n. 1107/2009 e abroga il regolamento (CE) n. 2003/2003 (comma 1).

 

Il regolamento 2019/1009, articolo 2, punto 1), definisce il «prodotto fertilizzante» come una sostanza, una miscela, un microrganismo o qualsiasi altro materiale, applicato o che si intende applicare alle piante o alla loro rizosfera oppure ai funghi o alla loro micosfera, o destinato a costituire la rizosfera o la micosfera, da solo o in associazione ad un altro materiale, allo scopo di fornire nutrienti alle piante o ai funghi o di migliorarne l’efficienza nutrizionale.

 

Nel dettaglio il comma 2 stabilisce anche i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici, oltre a rinviare ai princìpi e criteri direttivi generali previsti dall'articolo 32 della legge n. 234/2012.

a)               indicare il MIPAAF quale autorità competente nazionale e autorità di notifica, nonché l'Ente unico nazionale di accreditamento (Accredia) quale organismo di valutazione e controllo della conformità per l'applicazione del regolamento (UE) 2019/1009;

 

L'articolo 21 del regolamento 2019/1009 disciplina l'autorità di notifica, prevedendo che gli Stati membri designano un’autorità di notifica responsabile dell’elaborazione e dell’esecuzione delle procedure necessarie per la valutazione e la notifica degli organismi di valutazione della conformità e il controllo degli organismi notificati, anche per quanto riguarda l’ottemperanza all’articolo 26, relativo alle affiliate e ai subappaltatori degli organismi notificati. Gli Stati membri possono decidere che le predette attività di valutazione e di controllo siano eseguite da un organismo nazionale di accreditamento ai sensi e in conformità del regolamento (CE) n. 765/2008. Se l’autorità di notifica delega o altrimenti affida la valutazione, la notifica o il controllo a un organismo che non è un ente pubblico, detto organismo è una persona giuridica e rispetta mutatis mutandis le prescrizioni di cui all’articolo 22, relative alle autorità di notifica. Inoltre tale organismo adotta disposizioni per coprire la responsabilità civile connessa alle proprie attività.

In base all'articolo 2, punto 18), che rinvia all'articolo 2, punto 10), del regolamento (CE) n. 765/2008, l'«accreditamento» è l'attestazione da parte di un organismo nazionale di accreditamento che certifica che un determinato organismo di valutazione della conformità soddisfa i criteri stabiliti da norme armonizzate e, ove appropriato, ogni altro requisito supplementare, compresi quelli definiti nei rilevanti programmi settoriali, per svolgere una specifica attività di valutazione della conformità.

Secondo l'articolo 2, punto 19), il quale rinvia all’articolo 2, punto 11), del regolamento (CE) n. 765/2008, l'«organismo nazionale di accreditamento» è l'unico organismo che in uno Stato membro è stato autorizzato da tale Stato a svolgere attività di accreditamento.

In base all'articolo 2, punti 20) e 21), la «valutazione della conformità» è la procedura atta a dimostrare se le prescrizioni del presente regolamento relative a un prodotto fertilizzante dell’UE sono state rispettate mentre l'«organismo di valutazione della conformità» è un organismo che svolge attività di valutazione della conformità, fra cui prove, certificazioni e ispezioni.

 

Si ricorda altresì che l'art. 1, co. 1, della L. 99/2009 (Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia) aveva introdotto disposizioni al fine di assicurare la pronta applicazione del capo II del regolamento (CE) n. 765/2008, che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione dei prodotti e che abroga il regolamento (CEE) n. 339/93. Come specificato dall'art. 3 del Regolamento n. 765, le disposizioni del citato capo II (che si compone degli articoli da 3 a 14) si applicano all'accreditamento, utilizzato su base obbligatoria o volontaria, in relazione alla valutazione della conformità, indipendentemente dallo status giuridico dell'organismo che vi procede. Ai sensi dell'art. 4 del regolamento, ciascuno Stato membro designa un unico organismo nazionale di accreditamento.

In particolare, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri interessati, era stato chiamato a provvedere con uno o più decreti di natura non regolamentare, alla adozione delle prescrizioni relative alla organizzazione ed al funzionamento dell'unico organismo nazionale autorizzato a svolgere attività di accreditamento in conformità alle disposizioni del regolamento comunitario, alla definizione dei criteri per la fissazione di tariffe di accreditamento, anche tenuto conto degli analoghi sistemi tariffari eventualmente adottati dagli altri Paesi dell'Unione europea, nonché alla disciplina delle modalità di controllo dell'organismo da parte dei Ministeri concertanti, anche mediante la previsione della partecipazione di rappresentanti degli stessi Ministeri ai relativi organi statutari.

Il co. 2 di tale articolo aveva altresì previsto che il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri interessati, provvedesse con decreto di natura non regolamentare, alla designazione dell'unico organismo italiano autorizzato a svolgere attività di accreditamento. Il MISE, per il tramite del competente ufficio, è autorità nazionale referente per le attività di accreditamento, punto nazionale di contatto con la Commissione europea ed assume le funzioni previste dal capo II del citato regolamento non assegnate all'organismo nazionale di accreditamento.

Il co. 3 aveva anche previsto che, per l'accreditamento delle strutture operanti nei diversi settori per i quali sia previsto l'accreditamento, il Ministero dello sviluppo economico e i Ministeri interessati disciplinassero le modalità di partecipazione all'unico organismo nazionale di accreditamento degli organismi di accreditamento, già designati per i settori di competenza dei rispettivi Ministeri.

In attuazione dei commi 1 e 2 sono stati quindi adottati in pari data, il 22 dicembre 2009, due decreti recanti, rispettivamente, Prescrizioni relative all'organizzazione ed al funzionamento dell'unico organismo nazionale italiano autorizzato a svolgere attività di accreditamento in conformità al regolamento (CE) n. 765/2008 (pubblicato nella GU n. 19 del 25 gennaio 2010), nonché Designazione di «Accredia» quale unico organismo nazionale italiano autorizzato a svolgere attività di accreditamento e vigilanza del mercato (pubblicato nella GU n. 20 del 26 gennaio 2010).

Nelle premesse di tale ultimo decreto si rilevava innanzitutto la necessità, stante l'imminente termine di applicazione del regolamento (CE) n. 765/2008, che l'individuazione dell'unico organismo italiano a tal fine autorizzato avvenisse immediatamente e fosse riferita ad un organismo in grado di divenire pienamente operativo in tempi brevissimi secondo le modalità prescritte per l'attività di accreditamento.

Si riteneva inoltre che a tal fine e per evidenti ragioni di economia e urgenza non dovesse promuoversi la complessa costituzione di un nuovo organismo, bensì, limitandosi alla designazione prescritta dal citato art. 4, comma 2, della legge n. 99 del 2009, che si dovesse provvedere a tale designazione nell'ambito degli organismi italiani già esistenti ed operanti in tale settore ed attualmente già in possesso di riconoscimento quale firmatari degli accordi internazionali di mutuo riconoscimento EA MLA, ai fini del successivo riconoscimento da parte dell'organismo europeo di cui all'art. 14 del regolamento.

Si faceva presente che gli unici organismi allora in possesso di tale requisito erano: a) Accredia - Associazione senza scopo di lucro dotata di personalità giuridica di diritto privato, derivante dalla fusione di SINCERT e SINAL e subentrata a tali precedenti associazioni nel ruolo di firmatario degli accordi internazionali di mutuo riconoscimento EA MLA, per gli schemi nei quali operavano i predetti SINCERT e SINAL, relativamente all'accreditamento dei Laboratori di prova e degli Organismi di certificazione e ispezione; b) Copa (Consorzio pubblico per l'accreditamento) - Società consortile a responsabilità limitata, subentrata al SIT - Servizio di Taratura in Italia per l'accreditamento dei laboratori di taratura, nel ruolo di firmatario di accordi internazionali di mutuo riconoscimento EA MLA, relativamente all'accreditamento dei laboratori di taratura.

L'individuazione dell'organismo da designare fra i predetti due, per le medesime ragioni di economia ed urgenza, avrebbe dovuto tener conto della conformità degli attuali rispettivi statuti ai requisiti prescritti dal regolamento comunitario e dall'altro decreto del 22 dicembre 2009, ed inoltre della capacità dell'attuale rispettiva organizzazione e struttura di coprire i diversi settori dell'accreditamento, oltre che del numero degli accreditamenti attualmente riferibili a ciascuno di essi e del peso economico di tali settori.

Si sottolineava infine che Accredia risultava l'organismo italiano più rispondente ai predetti requisiti.

L'art. 1 del decreto in esame definisce:

- l'«accreditamento» come l'attestazione da parte di un organismo nazionale di accreditamento che certifica che un determinato organismo di valutazione della conformità soddisfa i criteri stabiliti da norme armonizzate e, ove appropriato, ogni altro requisito supplementare, compresi quelli definiti nei rilevanti programmi settoriali, per svolgere una specifica attività di valutazione della conformità (lettera c));

- l'«organismo nazionale di accreditamento» come l'unico organismo nazionale che in uno Stato membro è stato autorizzato da tale Stato a svolgere attività di accreditamento (lettera d));

- l'«organismo nazionale italiano di accreditamento» come l'Organismo nazionale di accreditamento designato dall'Italia ai sensi della Legge 99/2009 (lettera e));

- l'«Autorità nazionale italiana per l'accreditamento» come l'ufficio competente del MISE referente per le attività di accreditamento e punto di contatto con la Commissione europea ai sensi dell'art. 4, comma 2, della Legge 99/2009.

L'art. 2, co. 1, del DM 22 dicembre 2009 ha designato Accredia, Associazione senza scopo di lucro dotata di personalità giuridica di diritto privato, codice fiscale 10566361001, quale organismo nazionale italiano di accreditamento. Il co. 2 di detto articolo ha previsto l'obbligo per Accredia di adeguarsi completamente e celermente, comunque non oltre novanta giorni dalla data del decreto, a tutte le prescrizioni del Regolamento e del decreto in pari data di cui in premessa, nonché alle eventuali successive prescrizioni che saranno adottate con la medesima procedura. Il co. 3 ha previsto l'immediata comunicazione, da parte del MISE, del provvedimento alla Commissione europea ed all'infrastruttura europea competente, ai sensi dell'art. 12, paragrafo 3, del regolamento. Il co. 4 ha disciplinato il caso di mancato adempimento alle disposizioni di cui al comma 2 e l'ipotesi in cui, all'esito di un controllo o sulla base di eventuali segnalazioni della Commissione europea o degli altri Ministeri interessati, l'Autorità nazionale italiana per l'accreditamento dovesse accertare che Accredia non è più in possesso dei requisiti prescritti per svolgere la specifica attività di organismo nazionale italiano di accreditamento o avesse commesso una violazione grave dei suoi obblighi, prevedendo che in tali casi la medesima Autorità adottasse entro trenta giorni tutte le misure appropriate per limitare, sospendere o revocare la designazione di cui al decreto informandone tempestivamente la Commissione europea.

 

 

b)              definire le procedure di controllo dei prodotti fertilizzanti forniti di marchio CE di cui al regolamento (UE) 2019/1009 e dei prodotti fertilizzanti nazionali;

 

L'articolo 2, n. 2), del regolamento 2019/1009, definisce il «prodotto fertilizzante dell’UE» come un prodotto fertilizzante che rechi la marcatura CE quando messo a disposizione sul mercato. Il n. 25) definisce la «marcatura CE» come una marcatura mediante la quale il fabbricante indica che il prodotto fertilizzante dell’UE è conforme alle prescrizioni applicabili stabilite dalla normativa di armonizzazione dell’Unione che ne prevede l’apposizione.

 

 

c)               definire un Piano di controllo nazionale pluriennale per i prodotti fertilizzanti forniti di marchio CE e per i prodotti fertilizzanti nazionali, tenuto conto delle caratteristiche dei singoli prodotti;

d)              adeguare e semplificare le norme vigenti in materia di prodotti fertilizzanti nazionali sulla base delle conoscenze tecnico-scientifiche;

e)               rivedere i procedimenti amministrativi al fine di ridurre i termini procedimentali;

f)                predisporre un sistema informativo per la raccolta delle informazioni relative al settore dei prodotti fertilizzanti, da collegare con i sistemi informativi dell'Unione europea e delle Regioni;

g)              definire le tariffe per la valutazione di nuove categorie di prodotto, le tariffe per i controlli dei prodotti fertilizzanti inseriti nel registro nazionale nonché le tariffe per i controlli dei prodotti fertilizzanti immessi in commercio;

h)              ridefinire il sistema sanzionatorio per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) 2019/1009, attraverso la previsione di sanzioni amministrative efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità delle relative violazioni;

 

L'articolo 48 del regolamento 2019/1009 dispone che gli Stati membri stabiliscono norme relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione del regolamento e adottano le misure necessarie ad assicurare che tali sanzioni siano applicate. Le sanzioni previste sono effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano senza indugio alla Commissione tali norme e misure, nonché eventuali successive modifiche delle stesse.

 

i)                destinare i proventi derivanti dalle sanzioni amministrative pecuniarie previste dai decreti delegati al miglioramento dell’attività di sorveglianza sul settore dei fertilizzanti e delle campagne comunicative di sensibilizzazione.

 

Regolamento (UE) 2019/1009, che stabilisce norme relative alla messa a disposizione sul mercato di prodotti fertilizzanti dell’UE

 

Il regolamento, pubblicato il 25 giugno 2019 e rettificato il 22 novembre 2019, apre il mercato unico per i prodotti fertilizzanti che attualmente non sono disciplinati da norme di armonizzazione, ad esempio i fertilizzanti organici e organico-minerali, gli ammendanti, gli inibitori, i biostimolanti delle piante, i substrati di coltivazione o miscele.  Esso stabilisce norme comuni in materia di sicurezza, requisiti di qualità ed etichettatura per i prodotti fertilizzanti. Introduce limiti per i contaminanti tossici per la prima volta. Mantiene un’armonizzazione facoltativa, in quanto non osta alla messa a disposizione di concimi fertilizzanti non armonizzati sul mercato interno conformemente al diritto nazionale e alle norme generali sulla libera circolazione.

Il regolamento riguarda le seguenti categorie di prodotti fertilizzanti:

concimi: concimi inorganici, concimi organico-minerali, concimi organici,

ammendanti;

correttivi calcici e/o magnesiaci;

substrati di coltivazione;

inibitori;

biostimolanti delle piante; e

miscele fisiche di prodotti fertilizzanti.

Esso sostituisce il regolamento (CE) n. 2003/2003 che non include i concimi prodotti con materiali recuperati o organici.

Non si applica a:

ai sottoprodotti di origine animale o ai prodotti derivati ai sensi del regolamento (CE) n. 1069/2009 quando sono messi a disposizione sul mercato;

ai prodotti fitosanitari rientranti nell’ambito di applicazione del regolamento (CE) n. 1107/2009.

Le disposizioni si applicano alla progettazione, alla fabbricazione e alla commercializzazione dei prodotti fertilizzanti dell’Unione. Il regolamento non si applica all’uso o alle modalità di applicazione dei prodotti fertilizzanti dell’Unione.

Il regolamento stabilisce norme per i prodotti fertilizzanti dell’Unione recanti la marcatura CE, compresi i requisiti per:

livelli massimi di contaminanti e agenti patogeni (microrganismi che causano malattie);

contenuto minimo di nutrienti e altre caratteristiche pertinenti a seconda della categoria del prodotto;

etichettatura.

Le prove volte a verificare la conformità dei prodotti fertilizzanti dell’Unione sono effettuate in modo affidabile e riproducibile.

I paesi dell’Unione non ostacolano, per motivi legati alla composizione, all’etichettatura o ad altri aspetti disciplinati dal presente regolamento, la messa a disposizione sul mercato di prodotti fertilizzanti dell’Unione conformi al presente regolamento.

I paesi dell’Unione mantengono o adottano disposizioni riguardanti l’uso di prodotti fertilizzanti dell’Unione volte a proteggere la salute umana e l’ambiente che siano conformi ai trattati dell’UE, purché tali disposizioni non richiedano la modifica di prodotti fertilizzanti dell’Unione conformi al presente regolamento e non influenzino le condizioni per la loro messa a disposizione sul mercato.

Il regolamento (UE) 2019/1009 abroga il regolamento (CE) n. 2003/2003 a decorrere dal 16 luglio 2022 e si applica dalla medesima data.

Si veda anche la legislazione sulle sostanze chimiche nel sito della Commissione europea.

 


 

Articolo 13
(Delega al Governo per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamenti (CE) n. 1071/2009, 1072/2009 e 1073/2009, in materia di trasporto su strada di merci e persone)

 

L’articolo 13 contiene i princìpi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega per il riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti relative all’esercizio della professione di trasportatore su strada di merci e persone, all’attività di trasporto su strada di merci e persone, alle violazioni e sanzioni afferenti alla predetta attività.

 

Per quanto attiene al quadro europeo, è opportuno ricordare che la materia del trasporto stradale di merci e persone è regolata a livello europeo dal regolamento (CE) n. 1071/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009 che stabilisce norme comuni sulle condizioni da rispettare per esercitare l’attività di trasportatore su strada e che abroga la direttiva 96/26/CE del Consiglio, dal regolamento (CE) n. 1072/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale del trasporto di merci su strada e dal regolamento (CE) n. 1073/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, che fissa norme comuni per l’accesso al mercato internazionale dei servizi di trasporto effettuati con autobus e che modifica il regolamento (CE) n. 561/2006.

 

L'articolo in questione prevede, al comma 1, che il Governo possa adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea, uno o più decreti legislativi di adeguamento della normativa nazionale alla normativa europea richiamata in precedenza.

 

Il comma 2 individua, in aggiunta ai principi e criteri direttivi generali di cui all'articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, i principi e i criteri specifici che il Governo è tenuto a seguire nell'esercizio della delega di cui al comma 1.

In particolare:

-    alla lettera a), si prevede la semplificazione degli adempimenti amministrativi connessi all’attività di trasporto su strada, favorendo l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione;

-    alla lettera b), si prevede di ridefinire il sistema sanzionatorio per la violazione delle disposizioni in materia di trasporto su strada, attraverso la previsione di sanzioni efficaci, dissuasive e proporzionate alla gravità delle violazioni, individuando le modalità di contestazione delle violazioni e di notificazione delle sanzioni;

-    alla lettera c), si prevede il potenziamento della collaborazione informatica tra i soggetti istituzionali coinvolti nello scambio di comunicazioni con le autorità competenti degli altri Stati membri sulle sanzioni irrogate.

 

 

 


 

Allegato A


Direttiva (UE) 2019/2121
del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2019 che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere

 

La direttiva in esame mira, attraverso una serie di modifiche alla previgente direttiva (UE) 2017/1132[16], a facilitare le trasformazioni, fusioni e scissioni transfrontaliere delle aziende dell'Unione europea, al fine di assicurarne una maggiore mobilità eliminando barriere ingiustificate alla libertà di stabilimento nel mercato unico.

Si stabilisce che i progetti di operazioni transfrontaliere devono essere predisposti dagli organi di amministrazione o direzione della società. Ai soci e ai dipendenti è destinata una relazione che illustra e giustifica gli aspetti giuridici ed economici e ne espone le implicazioni, corredata da un'ulteriore relazione di esperto indipendente. Specifiche norme disciplinano la pubblicità del progetto nello Stato membro di partenza, l'approvazione da parte degli organi societari nonché la tutela dei soci, dei creditori e dei lavoratori.

Al regolare adempimento di tutte le procedure e formalità è subordinato il rilascio di un certificato preliminare a cura dell'autorità competente designata, da condividere con lo Stato membro di destinazione[17]. Il certificato non è rilasciato quando venga stabilito, in base al diritto nazionale, che l'operazione transfrontaliera è effettuata "per scopi abusivi o fraudolenti, comportando la o essendo diretta all'evasione o all'elusione del diritto dell'Unione o nazionale, ovvero per scopi criminali" (articoli 86-quaterdecies, par. 8; 127, par. 8; 160-quatordecies, par. 8).

All'autorità competente dello Stato membro di destinazione spetterà il compito di verificare la legalità delle operazioni ed eventualmente approvarle. La pubblicità è assicurata sia dallo Stato membro di partenza che da quello di destinazione mediante l'iscrizione nei pubblici registri, mettendo le relative informazioni a disposizione del pubblico e rendendole accessibili attraverso il sistema di interconnessione dei registri.

Ai sensi degli articoli 86-unvicies, 134 e 160-duovicies il rispetto delle procedure previste in recepimento dell'atto in titolo comporta l'impossibilità di pronunciare la nullità delle relative operazioni transfrontaliere.

Gli effetti delle operazioni (articoli 86-novodecies, 131, par. 1, 160-novodecies) sono espressamente disciplinati in modo da assicurare continuità nel patrimonio, nella composizione societaria e nei diritti e negli obblighi contratti dalla società.

Il termine per il recepimento della direttiva è posto al 31 gennaio 2023.

 

La direttiva genera dalla proposta della Commissione europea di cui al COM (2018) 241 del 25 aprile 2018.


 

Direttiva (UE) 2019/2161
 che modifica la direttiva 93/13/CEE del Consiglio e le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per una migliore applicazione e una modernizzazione delle norme dell’Unione relative alla protezione dei consumatori)

 

Premessa

 

Con la comunicazione della Commissione Europea al Parlamento ed al Consiglio COM(2018) 183 final, è stato lanciato, nell’anno 2018, il New Deal for consumers. La Comunicazione ha evidenziato la maturata esigenza di rafforzare e modernizzare il sistema di protezione dei consumatori, pur riconoscendo come le norme europee siano tra le più rigorose al mondo (con il riconoscimento del diritto del consumatore a prodotti sicuri, nonché del diritto a restituire un prodotto entro 14 giorni nel caso di contratti a distanza o negoziati fuori dei locali commerciali e i del diritto di far riparare o sostituire un prodotto entro un periodo di garanzia[18]).

L’esigenza di una implementazione e di un aggiornamento del quadro normativo si è fatta evidente non solo in considerazione dell’evoluzione dei sistemi digitali e dell’economia digitale, ma anche – si rileva nel Documento - all’indomani di pratiche abusive realizzate a danno dei consumatori europei che ne hanno minato la fiducia. Tali eventi, quali, ad esempio, lo scandalo diesel gate - in cui alcuni costruttori di automobili avevano installato dispositivi tecnologici nelle auto per alterarne le prove di emissione – hanno innescato un dibattito in merito all’esistenza, in seno all’UE, di meccanismi sufficientemente forti per gestire tali problematiche, quali, ad esempio, i meccanismi di ricorso individuale nelle “situazioni di danno collettivo” che interessano un gran numero di consumatori nell’UE.

La Comunicazione ha dunque accompagnato ed illustrato l’adozione di un pacchetto di nuove misure legislative in materia di tutela del consumatore per rimediare alle lacune e alle incongruenze dell’acquis, emerse in esito al processo di valutazione della normativa consumeristica completato nel 2017[19], per assicurare un adeguamento delle norme consumeristiche alle evoluzioni dell’economia digitale, garantire parità di trattamento dei consumatori nel mercato unico e assicurare che le Autorità nazionali siano abilitate ad affrontare qualsiasi problema legato alle “differenze di qualità” dei prodotti di consumo nell’UE.

Il pacchetto di misure si è tradotto in quattro Direttive:

-      la Direttiva 2019/770/UE relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali;

-      la Direttiva 2019/771/UE relativa a determinati aspetti dei contratti di vendita di beni tra consumatore e venditore.

Appare opportuno evidenziare come le due Direttive citate sposino il principio della massima armonizzazione, prevedendo che gli Stati membri non possano discostarsi dalle relative prescrizioni, con la sola eccezione degli aspetti rispetto ai quali è consentita una protezione dei consumatori di livello superiore;

-      la Direttiva 2019/2161/UE, cd. Direttiva Omnibus, che mira ad una migliore applicazione e modernizzazione delle norme in materia consumeristica;

-      la Direttiva 2020/1828/UE che contiene disposizioni di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri sulle azioni rappresentative- di tipo inibitorio che di tipo risarcitorio - a tutela degli interessi collettivi dei consumatori. Gli Stati membri devono assicurare la disponibilità di almeno un meccanismo procedurale conforme alla Direttiva.

 

La delega legislativa al Governo per il recepimento della Direttiva 2019/770/UE e della Direttiva 2019/771/UE è contenuta nell’articolo 1, comma 1 e Allegato A della Legge di delegazione europea 2019 (L. n. 53/2020). Il termine di recepimento delle due direttive è stato fissato dalle stesse al 1° luglio 2021, per trovare applicazione dal 1° gennaio 2022. La delega non è stata ancora esercitata. Per un’analisi, si rinvia al Dossier Progetti di legge n. 279/2 del 9 novembre 2020.

 

La delega legislativa al Governo per il recepimento della Direttiva 2019/2161/UE e della Direttiva 2020/1828/UE è contenuta nel disegno di legge in esame, all’articolo 1, comma 1, Allegato A e articolo 4, che reca gli specifici criteri direttivi per l’esercizio della delega relativa alla Direttiva 2019/2161/UE, oggetto di descrizione in questo paragrafo.

Analisi dei contenuti della Direttiva 2019/2161/UE cd. “Omnibus”

La Direttiva 2019/2161/UE cd. Omnibus, mira ad una migliore applicazione e modernizzazione delle norme in materia consumeristica e apporta a tal fine modifiche varie alle seguenti direttive:

-      Direttiva 93/13/CEE concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori[20].

-      Direttiva 98/6/CE relativa alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori[21].

-       Direttiva 2005/29/CE, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno[22];

-      Direttiva 2011/83/UE che ha rafforzato il quadro dei diritti dei consumatori definendo le norme in materia di informazioni che devono essere ad essi fornite e disciplinando il diritto di recesso[23].

 

I “considerando” della Direttiva Omnibus forniscono motivazione dei vari interventi ivi contenuti, che si descrivono di seguito.

 

La Direttiva considera necessario creare un quadro sanzionatorio effettivo, proporzionato, dissuasivo e uniforme in tutti gli Stati membri per scoraggiare le infrazioni intra unionali alla disciplina a tutela dei consumatori.

In particolare, ai fini dell'irrogazione delle sanzioni, si deve tener conto di una serie criteri indicativi: natura, gravità, entità e durata della violazione; eventuali azioni intraprese dal professionista per attenuare il danno o per porvi rimedio; c) recidiva del professionista; d) benefici finanziari conseguiti o le perdite evitate dal professionista in conseguenza della violazione, se i dati sono disponibili e) sanzioni irrogate per la stessa violazione in altri Stati membri in casi transfrontalieri in cui opera il meccanismo istituito dal Regolamento 2017/2394/UE sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa a tutela i consumatori.

Al riguardo, il quadro deve essere conforme all’articolo 21 del Regolamento citato, nel caso di infrazioni diffuse o aventi dimensione unionale [24]: gli Stati membri devono fissare nel loro diritto nazionale la sanzione pecuniaria massima per tali infrazioni a un livello che è almeno pari al 4% del fatturato annuo del professionista nello Stato membro interessato o negli Stati membri interessati. Gli Stati possono comunque mantenere o introdurre nel diritto nazionale, per le infrazioni diffuse e per le infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale, sanzioni pecuniarie massime più elevate basate sul fatturato[25]. Inoltre, se le informazioni sul fatturato non sono disponibili, possono essere imposte sanzioni pecuniarie il cui importo massimo sia di almeno 2 milioni di EUR.

La Direttiva in esame, dunque, integra con le suddette previsioni le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE, 2011/83/UE[26].

In particolare, l’articolo 2, punto 2), sostituisce l’articolo 8 della Direttiva 98/6/CE, l’articolo 3, punto 6) sostituisce l’articolo 13 della Direttiva 2005/29/CE e l’articolo 4, punto 13) sostituisce l’articolo 24 della Direttiva 2011/83/UE.

 

Norme sanzionatorie, conformi ai predetti principi, devono essere anche introdotte dagli Stati membri nella disciplina a tutela dei consumatori dalle clausole abusive nei contratti. A tale fine, l’articolo 1 della Direttiva integra con un nuovo articolo 8-ter la Direttiva 93/13/CEE.

Gli Stati membri possono limitare l’applicazione delle sanzioni alle situazioni in cui le clausole contrattuali sono espressamente definite abusive nel diritto nazionale o ai casi in cui un venditore o fornitore continui a utilizzare clausole contrattuali dichiarate abusive con una decisione definitiva.

Se le sanzioni sono inflitte, in quanto aventi dimensione diffusa e/o unionale (ai sensi del già citato articolo 21 del Reg.2017/2934/UE), esse possono essere pecuniarie, da comminare attraverso un procedimento amministrativo o giudiziario, o entrambi, e per un importo massimo almeno pari al 4 % del fatturato annuo del venditore o fornitore nello Stato membro o negli Stati membri interessati.

Se le informazioni sul fatturato non sono disponibili, gli Stati membri possono prevedere sanzioni pecuniarie il cui importo massimo sia di almeno 2 milioni di EUR. Entro il 28 novembre 2021 gli Stati membri notificano alla Commissione le norme e le misure adottate.

 

Quanto ai rimedi individuali che possono essere esperiti dal consumatore avverso pratiche commerciali sleali, la Direttiva dispone che i consumatori lesi da tali pratiche devono avere accesso a rimedi proporzionati ed effettivi, compresi il risarcimento del danno subito e, se pertinente, la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto. Gli Stati membri possono stabilire le condizioni per l'applicazione e gli effetti di tali rimedi e tener conto, se del caso, della gravità e della natura della pratica commerciale sleale, del danno subito e di altre circostanze pertinenti.  I rimedi citati non pregiudicano l'applicazione di altri rimedi a disposizione dei consumatori a norma del diritto dell'Unione o del diritto nazionale (articolo 3, n. 5 che integra la Direttiva 2005/29/CE con un nuovo articolo 11-bis).

 

Quanto ai mercati online, la Direttiva considera necessario affrontare alcune lacune dell’acquis in materia di tutela dei consumatori (marketplace), includendo, all’articolo 3, tra le pratiche commerciali sleali/ingannevoli vietate di cui all’Allegato I della direttiva 2005/29/CE quelle in cui un professionista, in risposta a una ricerca online del consumatore, gli fornisca informazioni sotto forma di risultati di ricerca senza rivelare l'esistenza di pubblicità a pagamento o di un pagamento destinato specificamente a ottenere una classificazione migliore dei prodotti all'interno dei risultati della ricerca (punto 7, lettera a)).

 

Inoltre, la Direttiva allinea le definizioni contenute nella Direttiva 2011/83/CE a quelle di cui alla direttiva (UE) 2019/770, sui contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali (articolo 4, par. 1, n. 1, che modifica ed integra l’articolo 2 della Direttiva 2011/83/CE).

 

La Direttiva considera poi che vi sono contenuti digitali e servizi digitali forniti online al consumatore per i quali, in luogo del pagamento di un prezzo, il consumatore fornisce propri dati personali al professionista.

Pertanto, estende l'ambito d'applicazione della Direttiva 2011/83/UE anche ai contratti in cui il professionista fornisce o si impegna a fornire un servizio digitale al consumatore, e il consumatore comunica o si impegna a comunicare dati personali[27]. L’applicazione della Direttiva 2011/83/UE viene comunque esclusa nei casi in cui il professionista tratti i dati comunicati dal consumatore a solo scopo di fornire il servizio, di assolvere ad obblighi di legge e questi non tratti tali dati per nessun altro scopo (articolo 4, par. 1, n. 2), lett. a) e b) che, rispettivamente, modificano par. 1 ed integrano di un nuovo per. 1-bis l’articolo 3 della Direttiva 2011/83/UE. Si vedano, anche i considerando n. 33-35[28]).

 

Peraltro, vengono implementati gli obblighi in capo al professionista inerenti il trattamento dei dati personali del consumatore, durante l'utilizzo del contenuto o del servizio digitale ad esso fornito.

Si richiama, in primis, il Regolamento 2016/679/UE, sulla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali. Il professionista deve astenersi dall'utilizzare qualsiasi contenuto, diverso dai dati personali, fornito o creato dal consumatore durante l'utilizzo (tranne talune limitate eccezioni), e, su richiesta del consumatore, mette a sua disposizione qualsiasi contenuto, diverso dai dati personali, fornito o creato dal consumatore durante l'utilizzo stesso. Il consumatore ha il diritto di recuperare dal professionista i contenuti digitali gratuitamente e senza impedimenti, entro un tempo ragionevole e in un formato di uso comune e leggibile da dispositivo automatico. In caso di recesso, il professionista può impedire qualsiasi ulteriore utilizzo del contenuto o del servizio digitale da parte del consumatore, rendendoglielo inaccessibile o disattivando il suo account utente (articolo 4, par. 1, punto 10, che introduce i nuovi commi da 4 a 8, nell’articolo 13 della Direttiva 2011/83/UE).

Contestualmente, in caso di recesso dal contratto, il consumatore deve astenersi dall'utilizzare il contenuto o il servizio digitale e dal metterlo a disposizione di terzi (articolo 4, par. 1, punto 11, che introduce il nuovo comma 2-bis, nell’articolo 14 della Direttiva 2011/83/UE).

 

Quanto alle eccezioni all’esercizio del diritto di recesso, con una modifica alla Direttiva 2011/83/UE, si prevede che l'obbligo per i professionisti di ottenere il previo consenso espresso del consumatore per l’esecuzione del contratto prima della scadenza del termine di recesso si applichi ai contratti di servizi, compresi quelli digitali, e ai contratti di fornitura di contenuti digitali online, che impongono al consumatore l'obbligo di pagare. Il consumatore deve accettare la perdita del diritto di recesso e il professionista dare conferma dell’accettazione ricevuta ((articolo 4, par. 1, punto 12, lett. a) e b) che modificano l’articolo 16, par. 1, lett. a) e m))[29].

 

Una serie di interventi attengono all’ulteriore implementazione degli obblighi di informazione del consumatore, nella fase pubblicitaria e precontrattuale (si rinvia all’articolo 4, che, al par. 1, punto 4 e 3 che modifica rispettivamente la disciplina sugli obblighi d'informazione per i contratti a distanza e negoziati fuori dei locali commerciali e per quelli non a distanza o entro i locali commerciali, di cui agli articoli 6 e 5 della Direttiva 2011/83/UE).

Vengono, in particolare, introdotti specifici obblighi di informazione supplementari per i contratti conclusi su mercati online.

I consumatori che si avvalgono di tali mercati, talvolta non capiscono chiaramente chi sono le loro controparti contrattuali e quali sono le conseguenze sui loro diritti e obblighi. A tale fine, l’articolo 3 (par. 1, punto 4, lett. b)) e l’articolo 4 (par. 1, n. 5) della Direttiva, rispettivamente, introducono nella Direttiva 2005/29/CE (nuovo par. 4-bis nell’articolo 7) e nella Direttiva 2011/83/UE (nuovo articolo 6-bis[30]) specifici requisiti in materia di informazione, così da comunicare ai consumatori che si avvalgono di mercati online le seguenti informazioni: i principali parametri che determinano la classificazione delle offerte, e se il contratto è concluso con un professionista o con un non professionista, come un altro consumatore. Gli Stati membri possono poi imporre ulteriori obblighi di informazione per i fornitori dei mercati online, ma l’intervento deve essere proporzionato, non discriminatorio e giustificato da motivi di tutela dei consumatori.

La Direttiva introduce, in sostanza, un sistema di trasparenza simile quello introdotto con il Regolamento (UE) 2019/1150, relativamente ai rapporti tra professionisti e intermediari online.

 

Vengono poi implementate le informazioni concernenti il diritto di recesso del consumatore. In particolare, quanto ai requisiti formali dei contratti a distanza mediante mezzo che consente uno spazio o un tempo limitato per comunicare le informazioni, si specifica che il modello del modulo di recesso deve essere fornito dal professionista in un modo appropriato prima della conclusione del contratto (l'articolo 4, par. 1, punto 7 che modifica il par. 4, articolo 8 della Direttiva 2011/83/UE).

 

La direttiva considera anche che i consumatori, al momento di effettuare le loro decisioni di acquisto, si affidano sempre più spesso alle recensioni e raccomandazioni di altri consumatori. Per tutelare il consumatore da recensioni false o ingannevoli, la Direttiva (articolo 3, par. 1, n. 7)  inserisce tra le pratiche commerciali sleali/ingannevoli e dunque vietate di cui all’Allegato I della Direttiva 2005/29/CE quelle che si concretano nel:

-      rivendere ai consumatori biglietti per eventi, se il professionista ha acquistato tali biglietti utilizzando strumenti automatizzati per eludere qualsiasi limite imposto riguardo al numero di biglietti che una persona può acquistare o qualsiasi altra norma applicabile all'acquisto di biglietti.

Il considerando n. 50) richiama i software di tipo bot che consentano di acquistare biglietti in quantità superiore al limite tecnico fissato dal venditore primario dei biglietti, o di aggirare qualsiasi altro dispositivo tecnico adottato dal venditore primario per garantire l'accessibilità dei biglietti a tutte le persone fisiche. Il divieto non pregiudica eventuali misure aggiuntive che gli Stati membri possono adottare a livello nazionale per tutelare i legittimi interessi dei consumatori e garantire la realizzazione della politica culturale e un ampio accesso di tutti i cittadini a eventi culturali e sportivi, per esempio regolamentando il prezzo di rivendita dei biglietti.

-      indicare che le recensioni di un prodotto sono inviate da consumatori che hanno effettivamente utilizzato o acquistato il prodotto senza adottare misure ragionevoli e proporzionate per verificare che le recensioni provengano da tali consumatori;

-      inviare, o incaricare un'altra persona giuridica o fisica di inviare, recensioni di consumatori false o falsi apprezzamenti o di fornire false informazioni in merito a recensioni di consumatori o ad apprezzamenti sui media sociali, al fine di promuovere prodotti.

Il considerando n. 49) specifica che ai professionisti è vietato pubblicare recensioni e raccomandazioni di consumatori false - esempio postando «like/mi piace» sui media sociali oppure incaricando terzi di farlo - per promuovere i loro prodotti, nonché di manipolare le recensioni e le raccomandazioni dei consumatori, per esempio pubblicando solo le recensioni positive e sopprimendo quelle negative.

 

La Direttiva, inoltre, apporta modifiche alla direttiva 2005/29/CE, inserendo un esplicito riferimento alle attività di marketing che promuovano un bene come identico a un bene commercializzato in altri Stati membri, mentre il bene ha una composizione significativamente diversa. Le autorità competenti dovranno valutare e trattare tali pratiche come ingannevoli, caso per caso (art. 3, par. 1, punto 3, che integra l’articolo 6, par. 2).

 

Vengono poi affrontate alcune pratiche commerciali o di vendita particolarmente aggressive o ingannevoli, quali quelle nel contesto di visite presso l'abitazione del consumatore o in occasione di escursioni, che spesso sono rivolte a persone anziane o altre categorie di consumatori vulnerabili (considerando 54-55). La Direttiva parte dall’assunto per cui per alcuni Stati membri tali pratiche sono indesiderate e ritengono necessario limitarle. Essa dispone, dunque:

-      che non è pregiudicata la libertà degli Stati membri di adottare, nelle rispettive legislazioni nazionali, disposizioni volte a tutelare ulteriormente i consumatori contro tali pratiche, purché le disposizioni nazionali siano giustificate, proporzionate e non discriminatorie e le misure vanno notificate alla Commissione UE (articolo 3, par. 1, punto 2), che sostituisce i paragrafi 5 e 6 dell’articolo 3 della Direttiva 2005/29/CE). Il considerando n. 55 dispone che gli Stati membri non dovrebbero vietare tout court il ricorso a tali canali di vendita;

-      viene modificata la direttiva 2011/83/UE per consentire agli Stati membri di adottare disposizioni nazionali che prevedano un periodo più lungo per l'esercizio del diritto di recesso, pari a 30 giorni, anziché 14 (articolo 4, par. 1, punto 8) e 9) che, rispettivamente, integra e modifica l’articolo 9 e 10 della Direttiva 2011/83/UE), nonché deroghe alle specifiche eccezioni al diritto di recesso nel caso di tali tipologie contrattuali. Le disposizioni devono essere proporzionate, non discriminatorie e giustificate da motivi di tutela dei consumatori (articolo 4, par. 1, punto 11) e 12) che, rispettivamente, modificano l’articolo 14 e 16 della Direttiva 2011/83/UE).

Si dispone inoltre, che, nei contratti di servizio che impongono al consumatore l'obbligo di pagare quando il consumatore abbia specificamente richiesto una visita da parte del professionista ai fini dell'effettuazione di lavori di riparazione, gli Stati membri possono stabilire che il consumatore perda il diritto di recesso dopo che il servizio è stato interamente prestato, purché l'esecuzione abbia avuto inizio on il previo consenso espresso del consumatore.

 

La Direttiva (articolo 5) demanda poi alla Commissione di garantire ai cittadini europei un punto di accesso online, attraverso lo sportello digitale unico istituito dal Regolamento 2018/1724/UE[31] che consenta loro di accedere a informazioni aggiornate e chiare sui loro diritti in quanto consumatori e presentare un reclamo attraverso la piattaforma europea per la risoluzione delle controversie online (ODR) e al Centro europeo dei consumatori competente.

 

Entro il 28 maggio 2024, la Commissione presenta al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull'applicazione della Direttiva. La relazione deve vertere, in particolare, sulle disposizioni concernenti gli eventi organizzati in luoghi diversi dai locali commerciali e i casi di beni commercializzati come identici ma aventi composizione o caratteristiche significativamente diverse, compresa l'eventualità che tali casi siano soggetti a requisiti più rigorosi, tra cui il divieto di pratiche commerciali sleali (di cui all'All. I della direttiva 2005/29/CE) e siano necessarie disposizioni più dettagliate sulle informazioni relative alla differenziazione dei beni. Nel caso, la relazione è corredata di una proposta legislativa (art. 6).

 

La Direttiva è entrata in vigore 7 gennaio 2020 (art. 8).

 

Il termine per il suo recepimento è il 28 novembre 2021. Gli Stati membri applicano le disposizioni a decorrere dal 28 maggio 2022 (art. 7 e 9).


 

Direttiva (UE) 2019/2177
(
che modifica la direttiva 2009/138/CE, in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità ii), la direttiva 2014/65/UE, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, e la direttiva (UE) 2015/849, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo)

 

La direttiva (UE) 2019/2177 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2019 introduce anzitutto norme volte a rafforzare la trasparenza dei mercati finanziari, incrementando la qualità dei dati delle negoziazioni, del trattamento e della fornitura degli stessi, in particolare a livello transfrontaliero. A tal fine si prevede il trasferimento all'ESMA (Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati) degli attuali poteri attribuiti alle autorità nazionali competenti. L'Autorità è così resa responsabile dell'autorizzazione delle imprese che intendono fornire servizi di comunicazione dati e della vigilanza sulle stesse (articolo 1).

Essa (articolo 2) rafforza anche il ruolo dell'EIOPA (Autorità di vigilanza delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali) al fine di garantire una maggiore convergenza in materia di vigilanza nel settore assicurativo, in particolare per i gruppi assicurativi presenti in diversi Stati membri dell'UE. A tal fine, qualora le attività assicurative transfrontaliere siano significative e richiedano una stretta collaborazione tra le autorità di vigilanza (in particolare quando un assicuratore potrebbe rischiare di trovarsi in difficoltà finanziarie a danno di contraenti e terzi), all'EIOPA viene riconosciuta la possibilità di istituire e coordinare piattaforme di collaborazione. La norma interviene altresì sulla disciplina di aggiustamento per la volatilità dei tassi di interesse privi di rischio.

La normativa (articolo 3) introduce, infine, delle norme volte a favorire lo scambio di informazioni tra l’ABE (Autorità Bancaria Europea), le Autorità nazionali, gli Stati membri e la Commissione in merito ai rischi di riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.

 

Preliminarmente si ricorda che la direttiva 2014/65/UE (MiFID II) istituisce un quadro normativo per i fornitori di servizi di comunicazione dati (data reporting services providers - DRSP) disponendo che un fornitore di servizi di comunicazione dati post negoziazione debba essere autorizzato ad operare come dispositivo di pubblicazione autorizzato (APA) e che un terzo che effettui le segnalazioni per conto di imprese di investimento deve essere autorizzato come meccanismo di segnalazione autorizzato (ARM).

 

Nei considerando della disposizione in esame si fa presente che la qualità dei dati delle negoziazioni, nonché del trattamento e della fornitura di tali dati, in particolare a livello transfrontaliero, è di fondamentale importanza per realizzare l'obiettivo di rafforzare la trasparenza dei mercati finanziari.

Si ritiene dunque opportuno trasferire le funzioni di autorizzazione e vigilanza relativi ai data reporting services providers –DRSP dalle autorità competenti all’ESMA, tranne per i meccanismi di segnalazione autorizzati (approved reporting mechanism – ARM) o per i dispositivi di pubblicazione autorizzati (approved publication arrangement – APA) che beneficiano di deroga normativa.

Si ricorda che l'articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 600/2014 stabilisce che la Commissione adotta atti delegati che specifichino i criteri per identificare gli ARM e gli APA che, in deroga al regolamento stesso, in ragione della loro limitata rilevanza per il mercato interno, sono soggetti ad autorizzazione e vigilanza da parte dell'autorità competente di uno Stato membro.

Si rammenta, inoltre, che l’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, autorità indipendente dell’UE il cui obiettivo è migliorare la protezione degli investitori e promuovere mercati finanziari stabili e ordinati, è costituita dalle autorità nazionali responsabili in materia di mercati dei titoli in ciascun paese dell’UE e, senza diritto di voto, dalla Autorità bancaria europea (ABE), dalla Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA), dal Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS), dalla Commissione europea (CE), dall’Islanda, Liechtenstein e Norvegia.

 

L’articolo 1, modificando la direttiva 2014/65/UE, conseguentemente prevede il trasferimento all’ESMA dei poteri di autorizzazione dei DRSP e di vigilanza sugli stessi, nonché le funzioni di raccolta dei dati, con l’eccezione dei fornitori di servizi di comunicazione che beneficiano di una deroga, per i quali l’autorizzazione resta di competenza dell’authority nazionale.

Al fine di giungere al trasferimento coerente di tali poteri, vengono modificate e soppresse diverse norme della MiFID II, compreso il titolo V relativo ai fornitori di servizi di comunicazione dati (procedure di autorizzazione e requisiti organizzativi) e la sezione D dell'allegato I (servizi di comunicazione dati).

L’accentramento dalle autorità competenti all’ESMA delle competenze in materia di raccolta dei dati, autorizzazione e vigilanza - viene sottolineato nei considerando - è peraltro strumentale ad altri compiti che l’ESMA esercita come il controllo del mercato, i poteri di intervento temporaneo e i poteri di gestione delle posizioni, e garantisce il costante rispetto dei requisiti di trasparenza pre e post-negoziazione.

 

L’articolo 2 modifica in più parti la direttiva Solvibilità II (direttiva 2009/138/CE) recante disposizioni generali relative all'accesso e all'esercizio delle attività di assicurazione diretta e di riassicurazione.

Nei considerando preliminari si evidenzia che, alla luce dell'aumento delle attività assicurative transfrontaliere, è necessario migliorare l'applicazione coerente del diritto dell'Unione nei casi di attività assicurativa transfrontaliera, in particolare in una fase precoce. A tale scopo è opportuno rafforzare lo scambio di informazioni e la cooperazione tra le autorità di vigilanza e l’EIOPA. In particolare, è opportuno prevedere obblighi di notifica in caso di attività assicurativa transfrontaliera significativa o in situazione di crisi, come pure condizioni per creare piattaforme di cooperazione, laddove l'attività assicurativa transfrontaliera prevista sia significativa. Tale significatività deve essere valutata:

§  in termini di premi lordi contabilizzati annui sottoscritti nello Stato membro ospitante rispetto al totale dei premi lordi contabilizzati annui dell'impresa di assicurazione;

§  in termini di impatto sulla protezione dei contraenti nello Stato membro ospitante;

§  in termini di impatto della succursale o dell'attività dell'impresa di assicurazione interessata sul mercato dello Stato membro ospitante per quanto riguarda la libera prestazione dei servizi.

 

Nello specifico l’articolo in esame apporta delle modifiche della direttiva Solvibilità II intese a conferire all'EIOPA un ruolo più rilevante nella vigilanza in relazione alle domande per utilizzare un modello interno

 

In merito si ricorda che la direttiva 2009/138/CE prevede che, conformemente all'approccio orientato al rischio in materia di requisito patrimoniale di solvibilità, in circostanze specifiche le imprese e i gruppi di assicurazione e di riassicurazione possano usare modelli interni per il calcolo del requisito anziché la formula standard.

 

La norma prevede, a tal fine, che le autorità di vigilanza informino l'EIOPA in merito alla domanda di utilizzo o modifica di un modello interno. Inoltre, su richiesta di una o più autorità di vigilanza interessate, l'EIOPA può fornire assistenza tecnica all'autorità o alle autorità di vigilanza che hanno richiesto assistenza riguardo alla decisione sulla domanda.

 

La disposizione stabilisce ulteriormente che se l'autorità di vigilanza di uno Stato membro di origine intende autorizzare un'impresa di assicurazione o di riassicurazione il cui programma di attività indica che una parte delle sue attività sarà basata sulla libera prestazione di servizi o sulla libertà di stabilimento in un altro Stato membro, e tale programma di attività indica altresì che tali attività potrebbero essere rilevanti per il mercato dello Stato membro ospitante, l'autorità di vigilanza dello Stato membro di origine ne informa l’EIOPA e l'autorità di vigilanza del pertinente Stato membro ospitante.

L'autorità di vigilanza dello Stato membro di origine informa l’EIOPA e l'autorità di vigilanza del pertinente Stato membro ospitante laddove individui un deterioramento delle condizioni finanziarie o altri rischi emergenti posti da un'impresa di assicurazione o di riassicurazione che svolge attività che sono basate sulla libera prestazione dei servizi o sulla libertà di stabilimento e che possono avere un effetto transfrontaliero. L'autorità di vigilanza dello Stato membro ospitante può altresì informare l'autorità di vigilanza del pertinente Stato membro di origine qualora nutra preoccupazioni gravi e giustificate riguardo alla protezione dei consumatori. Le autorità di vigilanza possono rinviare la questione all'EIOPA e richiederne l'assistenza nei casi in cui non sia possibile giungere a una soluzione bilaterale.

L’articolo stabilisce anche che l'EIOPA può, in caso di preoccupazioni giustificate per gli effetti negativi sui contraenti, di propria iniziativa o su richiesta di una o più autorità di vigilanza pertinenti, creare e coordinare una piattaforma di collaborazione per potenziare lo scambio di informazioni e migliorare la collaborazione tra le autorità di vigilanza pertinenti se un'impresa di assicurazione o di riassicurazione svolge o intende svolgere attività basate sulla libera prestazione di servizi o sulla libertà di stabilimento.

Nei considerando preliminari si evidenzia che le piattaforme di cooperazione rappresentano un mezzo efficace per realizzare una cooperazione più solida e tempestiva tra le autorità di vigilanza e, di conseguenza, per migliorare la protezione dei consumatori. Tuttavia, le decisioni in materia di autorizzazione, vigilanza ed esecuzione sono e rimangono di competenza dell'autorità di vigilanza dello Stato membro di origine.

 

La disposizione consente inoltre di adeguare alcune parti della direttiva Solvibilità II (articolo 231, paragrafo 3, e articolo 237, paragrafo 3) alle modifiche del regolamento istitutivo dell'EIOPA in materia di mediazione vincolante. Inoltre, apporta le necessarie modifiche all'articolo 248, paragrafo 4, della direttiva Solvibilità II in materia di mediazione vincolante, eliminando i riferimenti a una precedente procedura di risoluzione delle controversie con il CEIOPS (comitato delle autorità europee di vigilanza delle assicurazioni e delle pensioni aziendali o professionali) che è stato sostituito dall'EIOPA.

 

La norma (articolo 2, punto 1), modificando l’articolo 77-quinquies della direttiva 2009/138/CE, interviene altresì sulla disciplina di aggiustamento per la volatilità dei tassi di interesse privi di rischio stabilendo che, per ciascun paese interessato, l'aggiustamento per la volatilità dei tassi di interesse privi di rischio è aumentata, in relazione alla valuta del paese e prima dell'applicazione del fattore del 65%, della differenza tra lo spread nazionale corretto per il rischio e il doppio dello spread valutario corretto per il rischio ogniqualvolta tale differenza sia positiva e lo spread nazionale corretto per il rischio superi gli 85 punti base (rispetto alla previgente previsione di 100 punti base).

 

Sinteticamente si ricorda che il regime prudenziale introdotto dalla direttiva Solvibilità II prevede che la valutazione delle attività e delle passività venga espressa a valori di mercato (fair value). Con questo metodo di misurazione vengono poi calcolati sia i fondi propri sia il requisito di capitale (SCR). Per le imprese di assicurazione, tipicamente investitori di lungo termine, questo ha significato esporre i propri indicatori prudenziali alle fluttuazioni di breve termine dei mercati finanziari, rendendoli perciò artificialmente volatili e poco coerenti con il modello di business.

Per mitigare l’effetto sulla volatilità “artificiale”, che potrebbe costringere l’impresa di assicurazione a dover forzatamente liquidare una parte del portafoglio anche in assenza di tensioni strutturali sui propri investimenti, la direttiva Omnibus II (direttiva 2014/51/UE) ha introdotto, fra le misure del pacchetto di garanzie di lungo periodo, il Volatility Adjustment (VA), una misura che permette alla compagnia di applicare una “correzione” additiva alla curva dei tassi utilizzata per calcolare le riserve tecniche, strutturata in modo da assorbire gli effetti della volatilità artificiale di breve periodo sui fondi propri e sul requisito di solvibilità.

Il VA è pubblicato mensilmente da EIOPA (l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali) con riferimento all’ultimo giorno lavorativo di ogni mese. Il meccanismo di calcolo prevede:

§  un aggiustamento uguale per tutti i Paesi che condividono la stessa valuta (c.d. currency VA) e

§  una componente nazionale che si attiva solo in caso di forti oscillazioni localizzate in un singolo mercato, a patto che siano rispettate alcune condizioni sugli spread calcolati.

A entrambe le componenti è applicato un coefficiente di correzione pari al 65% (c.d. application ratio).

In sostanza, l’articolo 77-quinquies della direttiva 2009/138/CE prevede per le imprese di assicurazione e di riassicurazione la possibilità di applicare l'aggiustamento per la volatilità (volatility adjustment) alla struttura per scadenza dei tassi di interesse privi di rischio (ad esempio, i titoli di Stato) ai fini del calcolo della migliore stima delle riserve tecniche.

Si precisa che la struttura dei tassi d'interesse secondo la scadenza è una funzione che lega il tasso d'interesse ottenibile da un certo strumento finanziario alla scadenza dello strumento stesso.

Tale misura è volta a ridurre la volatilità artificiale nei bilanci delle imprese assicurative (generata da variazioni di attivo e passivo non corrispondenti a variazioni nel profilo di rischio) e a garantire che le stesse possano continuare a fornire coperture a lungo termine ad un prezzo accessibile.

La direttiva in esame pertanto è intervenuta su tale disposizione per consentire alla componente nazionale di ridurre in modo efficace gli spread eccessivi sui titoli obbligazionari nel paese interessato, fissando una soglia adeguata per la sua attivazione. Conseguentemente, per ciascun Paese l'aggiustamento per la volatilità dei tassi di interesse privi di rischio avviene ogni qualvolta tale differenza sia positiva e lo spread nazionale corretto per il rischio superi gli 85 punti base.

 

Si ricorda che in merito alla disciplina richiamata che l’articolo 52 del decreto-legge n. 18 del 2020, in attuazione di quanto previsto dal sopra citato punto 1), modifica l’articolo 36-septies, comma 9, del Codice delle assicurazioni (decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209), riducendo il valore di riferimento dello spread nazionale corretto per il rischio da 100 a 85 punti base, quale soglia necessaria per l’attivazione della componente nazionale dell’aggiustamento per la volatilità dei tassi di interesse privi di rischio.

 

L’articolo 3 modifica la direttiva UE 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.

Le modifiche sono volte a favorire lo scambio di informazioni tra l’ABE (Autorità Bancaria Europea), le Autorità nazionali, gli Stati membri e la Commissione sui rischi di riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.

A tal fine sono messe a disposizione anche dell’ABE la relazione della Commissione che identifica, analizza e valuta i rischi di riciclaggio e del finanziamento del terrorismo che gravano sul mercato interno e relativi alle attività transfrontaliere così come i risultati delle valutazioni del rischio, compresi i relativi aggiornamenti, eseguiti dagli Stati membri. Si prevede inoltre che l’ABE emani ogni due anni un parere relativo ai presidi contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo.

Inoltre, è previsto che gli Stati membri e l’ABE si scambino informazioni sui casi in cui l’ordinamento di un paese terzo non consente l’attuazione delle politiche e delle procedure di lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, in modo da intraprendere azioni coordinate per giungere a una soluzione. Nel valutare quali paesi terzi non consentono l'attuazione delle politiche e delle procedure sopra citate, gli Stati membri e l'ABE tengono conto di eventuali vincoli giuridici che possono ostacolare la corretta attuazione di tali politiche e procedure, tra cui il segreto professionale, la protezione dei dati e altri vincoli che limitino lo scambio di informazioni potenzialmente rilevanti.

In tale ottica, si stabilisce che l’ABE elabora progetti di norme tecniche di regolamentazione che specificano il tipo di misure supplementari e l'azione minima che gli enti creditizi e gli istituti finanziari devono intraprendere laddove l'ordinamento di un paese terzo non consenta l'attuazione delle misure richiamate.

L’articolo 50 della direttiva UE 2015/849, come sostituito dal testo in esame, prevede espressamente che le autorità competenti forniscono all'ABE tutte le informazioni necessarie allo svolgimento dei suoi compiti mentre l’articolo 62 stabilisce che gli Stati membri provvedono affinché le proprie autorità competenti informino l’ABE di tutte le sanzioni e misure amministrative imposte per la violazione delle disposizioni della direttiva (articoli 58 e 59) agli enti creditizi e agli istituti finanziari, compresi eventuali ricorsi avverso le stesse e il relativo esito.

 

L’articolo 4 disciplina i termini di recepimento delle norme contenute nella direttiva.

In particolare la disposizione stabilisce che gli Stati membri adottino e pubblicano, entro il 30 giugno 2021, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva e comunicano immediatamente alla Commissione le disposizioni principali di diritto interno che adottano nel settore disciplinato dalla direttiva.

Gli Stati membri adottano e pubblicano, entro il 30 giugno 2020, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi all'articolo 2, punto 1), della direttiva, in materia di aggiustamento per la volatilità dei tassi di interesse privi di rischio.

Gli Stati membri applicano le misure di cui all'articolo 1 a decorrere dal 1ºgennaio 2022 e le misure di cui agli articoli 2 e 3 a decorrere dal 30 giugno 2021 mentre le misure di cui all'articolo 2, punto 1) entro il 1ºluglio 2020.

Le disposizioni adottate dagli Stati membri (paragrafo 1 e 2) devono contenere un riferimento alla direttiva in commento o essere corredate di tale riferimento all'atto della pubblicazione ufficiale. Le modalità del riferimento sono stabilite dagli Stati membri.

 

L’articolo 5 stabilisce l’entrata in vigore (30 dicembre 2019) mentre l’articolo 6 indica i destinatari della direttiva (ovvero gli Stati membri).


 

Direttiva 2020/1057
(del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 luglio 2020, che stabilisce norme specifiche per quanto riguarda la direttiva 96/71/CE e la direttiva 2014/67/UE sul distacco dei conducenti nel settore del trasporto su strada e che modifica la direttiva 2006/22/CE per quanto riguarda gli obblighi di applicazione e il regolamento (UE) n. 1024/2012)

 

La direttiva (UE) 2020/1057 stabilisce normative specifiche per il distacco di conducenti professionisti nel settore del trasporto commerciale su strada e per l’efficace applicazione di tali norme.

La direttiva fornisce norme che si adattano maggiormente all’elevato grado di mobilità del lavoro nel settore del trasporto su strada. È inoltre volta a eliminare le discrepanze tra gli Stati membri nell’interpretazione, applicazione ed attuazione di tali disposizioni sul distacco dei lavoratori nel settore del trasporto su strada. È stata predisposta al fine di realizzare un settore del trasporto su strada sicuro, efficiente e socialmente responsabile e offrire nel contempo una maggiore certezza giuridica, alleggerire gli oneri amministrativi per i trasportatori e prevenire distorsioni della concorrenza.

Tra le novità introdotte dalla direttiva vi sono:

-        un’eccezione alle norme generali sul distacco che si applicano al cabotaggio e alle operazioni di trasporto internazionale, ad eccezione del transito, delle «operazioni di trasporto bilaterali» (sia di merci che di passeggeri) e delle operazioni bilaterali con due soste aggiuntive legate al trasporto. Questa eccezione è limitata ai casi in cui esiste un contratto di servizio tra il datore di lavoro che invia il conducente e una parte che opera nello Stato membro ospitante;

-        norme amministrative relative al distacco dei conducenti, al controllo e all’applicazione: i trasportatori devono utilizzare un apposito sistema per inviare le dichiarazioni di distacco e le informazioni richieste;

-        sanzioni in caso di infrazioni;

-        una «applicazione intelligente», che richiede agli Stati membri di integrare il controllo delle norme sul distacco in una strategia di controllo generale;

-        norme atte a garantire che il rafforzamento delle norme sul distacco per i conducenti dell’UE non comporti un vantaggio competitivo per gli operatori dei paesi terzi che hanno accesso al mercato del trasporto su strada dell’UE.

 

Il termine per il recepimento della direttiva è posto al 2 febbraio 2022.

 


 

Direttiva (UE) 2020/1151
(del Consiglio del 29 luglio 2020 che modifica la direttiva 92/83/CEE relativa all’armonizzazione delle strutture delle accise sull’alcole e sulle bevande alcoliche)

 

La direttiva (UE) 2020/1151 del Consiglio del 29 luglio 2020 apporta modifiche alla Direttiva 92/23/CEE che contiene la disciplina armonizzata della struttura delle accise sull’alcol e sulle bevande alcoliche (cd. direttiva accise).

 

Le accise sono da molti anni imposte armonizzate a livello europeo. La relativa struttura e la misura si differenziano secondo la tipologia di prodotto colpito da imposta (a grandi linee, le accise gravano su alcolici, tabacchi e prodotti energetici). Si rinvia alla documentazione del Parlamento europeo per l'individuazione delle caratteristiche e delle differenze.  In linea generale, la struttura delle accise e le aliquote minime sono stabilite dalle norme UE ed è facoltà degli Stati innalzare la misura delle aliquote. L'Agenzia delle Dogane aggiorna periodicamente le aliquote d'accisa nazionali e comunitarie qui. L’accisa sulla birra in Italia è pari a 2,99 euro per ettolitro e grado-plato (comma 689 della legge di bilancio 2019) dal 1° gennaio 2019. Sull’alcol etilico l’accisa italiana è pari a € 1035,52 per ettolitro anidro; sui prodotti alcolici intermedi a 80,71 euro per ettolitro. Il vino, in Italia, è esente da accisa, così come l’alcol denaturato (esente anche a livello UE).

Si ricorda in questa sede che è stato presentato alle Camere, per l’espressione del parere, l’Atto del Governo 276, che intende recepire nell’ordinamento nazionale la direttiva (UE) 2020/262 del Consiglio del 19 dicembre 2019 che, provvedendo alla modifica e alla rifusione della direttiva 2008/118/CE, contiene ora tutte le disposizioni inerenti il regime generale delle accise.

 

Con riferimento all’imposizione sulla birra, le norme innalzano la gradazione alcolica della birra a bassa gradazione, cui possono essere applicate aliquote ridotte, viene elevata da 2,8% a 3,5% volumi (articolo 1, n. 2, che modifica l’articolo 5 della direttiva accise), per incoraggiare la creazione di nuovi prodotti a bassa gradazione alcolica.

Si dispone inoltre che, ai fini della misurazione dei gradi Plato (misura di gradazione alcolica da cui dipende l’applicazione dell’accisa), siano presi in considerazione tutti gli ingredienti della birra, compresi quelli aggiunti dopo il completamento della fermentazione. Si consente tuttavia agli Stati Membri che al 29 luglio 2020 non avevano preso in considerazione gli ingredienti della birra aggiunti dopo la fermentazione, di continuare a utilizzare la metodologia sinora applicata fino al 31 dicembre 2030 (articolo 1, n. 1).

La direttiva modifica la nomenclatura dei prodotti considerati come vino spumante (articolo 1, n. 3) e come altre bevande fermentate gasate (articolo 1, n. 5).

Con riferimento al vino, si consente agli Stati Membri di applicare aliquote di accise ridotte al vino prodotto da piccoli produttori di vino indipendenti, in analogia a quanto già previsto per la birra (dall’articolo 4 della direttiva accise) per le cd. birrerie indipendenti e per l’alcol etilico (articolo 22 della direttiva accise) in favore delle piccole distillerie) entro specifici limiti. Le aliquote ridotte non possono essere inferiori di oltre 50% all’aliquota normale nazionale dell’accisa. Le aliquote ridotte nazionali eventualmente stabilite sono applicabili uniformemente al vino fornito sul territorio nazionale da piccoli produttori indipendenti situati in altri Stati Membri (articolo 1, n. 4). Gli Stati membri forniscono, su richiesta, un certificato annuale ai piccoli produttori indipendenti stabiliti nel loro territorio, che confermi la loro produzione annuale totale (n. 13).

Analogamente, si consente agli Stati membri di applicare – a specifiche condizioni - aliquote di accisa ridotte, le quali possono avere importi diversi secondo la produzione annuale dei produttori interessati, alle altre bevande fermentate (articolo 1, n. 7) e ai prodotti intermedi prodotti da piccoli produttori indipendenti (n. 10).

 

Viene dunque fornita la definizione di “piccolo produttore indipendente” i cui requisiti sono: l’indipendenza legale ed economica da qualsiasi altro produttore, l’uso di impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro produttore e la circostanza che il “piccolo produttore” non operi sotto licenza.

Si consente poi agli Stati membri di esentare dall’accisa i prodotti fabbricati da un privato a fini non commerciali anche con riferimento all’alcol etilico ottenuto dalla frutta (come mele, pere, vinaccia e bacche (n. 11).

La direttiva reca specifiche prescrizioni per la Bulgaria, la Repubblica Ceca, la Polonia e Malta, Francia, Grecia.

Le norme in esame inoltre disciplinano con maggiore precisione le procedure, le condizioni di riconoscimento reciproco e gli altri elementi necessari ad applicare l’esenzione da accisa per l’alcol completamente denaturato (articolo 1, n. 15, ai sensi dell’articolo 27 della direttiva accise).

Gli Stati Membri adottano e pubblicano, entro il 31 dicembre 2021, le disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva.

 

 


 

Direttiva (UE) 2020/1504
(del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 ottobre 2020 che modifica la direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari)

 

La direttiva (UE) 2020/1504 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 7 ottobre 2020 modifica la direttiva MiFID (direttiva 2014/65/UE relativa ai mercati degli strumenti finanziari) al fine di escludere dal relativo ambito applicativo e, dunque, dal regime autorizzatorio ivi previsto, i fornitori di servizi di crowdfunding, espressamente disciplinati ai sensi del regolamento (UE) 2020/1503 del Parlamento europeo e del Consiglio.

 

Come evidenziato dai considerando della Direttiva, il crowdfunding è una soluzione fintech che offre alle piccole e medie imprese (PMI) e, in particolare, alle start-up e alle scale-up un accesso alternativo ai finanziamenti contribuendo così a un sistema finanziario più diversificato e meno dipendente dal credito bancario, limitando il rischio sistemico e il rischio di concentrazione.

A livello nazionale, la possibilità di reperire capitale di rischio con modalità innovative, attraverso portali online (equity crowdfunding), è stata inizialmente introdotta dal decreto legge n. 179/2012 per le cd. start-up innovative. L'equity-based crowdfunding consente, tramite un investimento on-line, di acquistare un vero e proprio titolo di partecipazione in una società: in cambio del finanziamento si acquistano i diritti patrimoniali e amministrativi che derivano dalla partecipazione nell'impresa. Il decreto ha delegato alla Consob il compito di disciplinare alcuni specifici aspetti del fenomeno con l'obiettivo di creare un ambiente affidabile in grado, cioè, di creare fiducia negli investitori.

Successivamente la legge di bilancio 2017 (comma 70), nel solco degli interventi volti a favorire l'accesso alla liquidità, ha esteso a tutte le piccole e medie imprese la possibilità di reperire capitale di rischio con modalità innovative, attraverso portali online (equity crowdfunding).

La legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi 236-238 e 240 della legge n. 145 del 2018) ha modificato la disciplina relativa ai portali per la raccolta di capitali on-line da parte delle piccole e medie imprese, cd. crowdfunding, estendendone l'operatività alla raccolta di finanziamenti tramite strumenti finanziari di debito e riservando la sottoscrizione a specifiche categorie di investitori.

La Consob ha adottato il Regolamento sulla raccolta di capitali di rischio da parte di start-up innovative tramite portali on-line, successivamente modificato nel tempo anche con l'introduzione del cd. whistleblowing. Per l'illustrazione dell'istituto e della relativa disciplina si rinvia alla scheda informativa della Consob.

 

A livello comunitario, il citato Regolamento (UE) 2020/1503 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 ottobre 2020, relativo ai fornitori europei di servizi di crowdfunding per le imprese disciplina le campagne di crowdfunding fino a 5 milioni di euro su un periodo di 12 mesi. Il regolamento è entrato in vigore il 9 novembre 2020, ma si applica dal 10 novembre 2021.

Detto regolamento stabilisce requisiti uniformi, proporzionati e direttamente applicabili per la fornitura di servizi di crowdfunding, per l’organizzazione, l’autorizzazione e la supervisione dei fornitori di servizi di crowdfunding, per il funzionamento delle piattaforme di crowdfunding, nonché per la trasparenza e le comunicazioni di marketing in relazione alla fornitura di servizi di crowdfunding nell’Unione.

Il regolamento (UE) 2020/1503 include nell’ambito di applicazione sia il crowdfunding basato sul prestito sia quello basato sull’investimento, definendo chiaramente le esclusioni (tra cui le offerte di crowdfunding superiori a un importo di 5 milioni di euro, che devono essere calcolate su un periodo di 12 mesi).

L’articolo 2 definisce il servizio di crowdfunding come l’abbinamento tra gli interessi a finanziare attività economiche di investitori e titolari di progetti tramite l’utilizzo di una piattaforma di crowdfunding, che consiste in una delle seguenti attività:

·       intermediazione nella concessione di prestiti;

·       collocamento senza impegno irrevocabile di valori mobiliari e strumenti ammessi a fini di crowdfunding emessi da titolari di progetti o società veicolo, e ricezione e trasmissione degli ordini di clienti, relativamente a tali valori mobiliari e strumenti ammessi a fini di crowdfunding.

I servizi di crowdfunding possono essere forniti solo da persone giuridiche stabilite nell’Unione, purché autorizzate conformemente all’articolo 12 del regolamento.

Il regolamento impone alcuni obblighi di condotta ai fornitori di servizi di crowdfunding, tra cui agire in modo onesto, equo e professionale e nel migliore interesse dei loro clienti - non pagare né accettare remunerazioni, sconti o benefici non monetari per l’attività di canalizzare gli ordini degli investitori verso una particolare offerta di crowdfunding presente sulla loro piattaforma di crowdfunding o verso una particolare offerta di crowdfunding presentata su una piattaforma di crowdfunding di terzi.

L’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) ha il compito di mediare in ordine alle controversie e di elaborare, tra l’altro, le norme tecniche. Inoltre, per facilitare la trasparenza per gli investitori relativamente alla prestazione di servizi di crowdfunding, l’ESMA è tenuta a istituire un registro pubblico (articolo 14) dei fornitori autorizzati e di tutte le piattaforme operanti nell’Unione.

 

Più in dettaglio la direttiva in commento (articolo 1) aggiunge una lettera all’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2014/65/UE, che disciplina le esenzioni dalla normativa MiFID, esplicitamente annoverando tra i soggetti esclusi i fornitori di servizi di crowdfunding.

L’articolo 2 impone agli Stati membri di adottare e pubblicare entro il 10 maggio 2021, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi all’articolo 1, con applicazione di tali misure a decorrere dal 10 novembre 2021.

 

La direttiva MiFID o Markets in financial instruments directive (2004/39/EC) ha disciplinato dal 31 gennaio 2007 al 2 gennaio 2018 i mercati finanziari dell'Unione europea. Dal 3 gennaio 2018 è entrata in vigore in tutta l'Unione la nuova direttiva MiFID II (2014/65/EU) che, insieme alla MiFIR o Markets in financial instruments regulation (regolamento EU n. 600/2014) ha preso il posto delle precedente regolamentazione europea.

In Italia, con il decreto legislativo n. 129 del 2017 e con il successivo n. 165 del 2019, è stato completato il processo di recepimento della MiFID II e di adeguamento al regolamento MiFIR, nonché dei successivi regolamenti delegati emanati dalle autorità europee, con disposizioni che sono intervenute sul TUF (D.Lgs. n. 58 del 1998) e sul Codice delle Assicurazioni Private – CAP (D.Lgs. n. 209 del 2005).


 

Direttiva (UE) 2020/1828
del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2020 relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e che abroga la direttiva 2009/22/CE

 

La direttiva in esame- che abroga e sostituisce la direttiva 2009/22/CE a partire dal 25 giugno 2023 - mira a contribuire al funzionamento del mercato interno e al conseguimento di un livello elevato di protezione dei consumatori consentendo a enti legittimati, che rappresentano gli interessi collettivi dei consumatori, di proporre azioni rappresentative per provvedimenti inibitori e provvedimenti risarcitori nei confronti di professionisti che violano le disposizioni del diritto dell’Unione (in settori quali i servizi finanziari, i viaggi e il turismo, l’energia, la salute, le telecomunicazioni e la protezione dei dati).

Viene precisato che la direttiva 2009/22/CE[32] ha consentito agli enti legittimati di intentare azioni rappresentative principalmente volte alla cessazione o al divieto di violazioni del diritto dell’Unione dannose per gli interessi collettivi dei consumatori. Tuttavia, tale direttiva non ha affrontato adeguatamente le problematiche relative all’applicazione della normativa in materia di protezione dei consumatori.

Poiché sia i procedimenti giudiziari sia i procedimenti amministrativi potrebbero tutelare in modo efficace ed efficiente gli interessi collettivi dei consumatori, è lasciato alla discrezione degli Stati membri decidere se un’azione rappresentativa possa esse esperita tramite procedimento giudiziario o amministrativo, o tramite entrambi, a seconda del pertinente ambito giuridico o del settore economico in questione.

Gli Stati membri designano gli enti che saranno autorizzati a proporre azioni rappresentative per conto dei consumatori (enti legittimati). La Commissione europea pubblica l’elenco degli enti legittimati a intentare azioni rappresentative transfrontaliere su un portale online. Gli Stati membri garantiscono che gli enti legittimati abbiano il diritto di chiedere almeno i seguenti provvedimenti: a) provvedimenti inibitori; b) provvedimenti risarcitori.

I provvedimenti inibitori sono provvedimenti provvisori o definitivi tesi a far cessare o a vietare una pratica, che leda o possa ledere gli interessi collettivi dei consumatori. L’ente legittimato non è tenuto a provare le perdite o i danni effettivi subiti dai singoli consumatori lesi dalla violazione, o la condotta intenzionale o negligente del professionista.

Un provvedimento risarcitorio impone al professionista di offrire rimedi quali un indennizzo, la riparazione, la sostituzione, una riduzione del prezzo, la risoluzione del contratto o il rimborso del prezzo pagato, a seconda di quanto opportuno e previsto dal diritto dell’Unione o nazionale.

Gli Stati membri devono garantire che: i consumatori che hanno espresso esplicitamente o tacitamente la propria volontà di essere rappresentati dall’ente legittimato in un’azione rappresentativa non possano essere rappresentati in un’altra azione rappresentativa o intentare un’azione individuale con la stessa causa e nei confronti dello stesso professionista; i consumatori non ricevano indennizzi più di una volta per la stessa causa; un provvedimento risarcitorio dia il diritto ai consumatori di beneficiare dei rimedi previsti senza che sia necessario intentare un’azione distinta; vengano stabilite norme sui limiti di tempo entro cui i singoli consumatori possono beneficiare di tali provvedimenti.

Inoltre: l’ente legittimato e il professionista possono proporre congiuntamente una transazione concernente il risarcimento; l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa, dopo aver consultato l’ente legittimato e il professionista, possono invitare le parti a raggiungere una transazione entro un limite di tempo ragionevole; le transazioni approvate dall’organo giurisdizionale o dall’autorità amministrativa sono vincolanti per l’ente legittimato, il professionista e i singoli consumatori interessati (gli Stati membri possono stabilire norme che concedano ai consumatori interessati di accettare o rifiutare la transazione).

La parte soccombente è tenuta a pagare le spese del procedimento.

Gli Stati membri devono infine stabilire le norme relative alle sanzioni applicabili al mancato rispetto o al rifiuto di rispettare un provvedimento inibitorio, un obbligo di informazione o di esibizione delle prove; e devono garantire l’attuazione di tali norme. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive.

 

Il termine per il recepimento della direttiva è posto al 25 dicembre 2022.

 

La direttiva genera dalla proposta della Commissione europea di cui al COM(2018) 184 dell'11 aprile 2018.

 


 

Direttiva (UE) 2021/338
 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 febbraio 2021 che modifica la direttiva 2014/65/UE per quanto riguarda gli obblighi di informazione, la governance del prodotto e i limiti di posizione, e le direttive 2013/36/UE e (UE) 2019/878 per quanto riguarda la loro applicazione alle imprese di investimento, per sostenere la ripresa dalla crisi COVID-19

 

La direttiva (UE) 2021/338 modifica la direttiva 2014/65/UE (Markets in Financial Instruments Directive - MiFID II) per quanto riguarda gli obblighi di informazione, la governance del prodotto e i limiti di posizione, e le Direttive 2013/36/UE (CRD IV) e (UE) 2019/878 (CRD V) per quanto riguarda la loro applicazione alle imprese di investimento, per sostenere la ripresa dalla crisi Covid-19.

 

La direttiva introduce, tra l'altro, una esenzione dai requisiti in materia di governance del prodotto, ovvero le regole e procedure che gli intermediari sono tenuti ad applicare nel processo di definizione dei prodotti da offrire alla clientela, quando il servizio di investimento prestato riguarda obbligazioni che non hanno derivati incorporati (fatta eccezione per la clausola di rimborso anticipato) o quando gli strumenti finanziari sono commercializzati o distribuiti esclusivamente a controparti qualificate. Viene inoltre modificata la disciplina degli obblighi informativi prevedendo che tutte le informazioni alla clientela siano fornite in formato elettronico, fatta salva l'espressa richiesta del cliente. Per le transazioni relative a strumenti finanziari effettuate con mezzi di comunicazione a distanza, le informazioni su costi e oneri possano essere fornite dopo la conclusione dell’operazione (sempreché il cliente vi abbia acconsentito e gli sia stata data la possibilità di ritardare la chiusura dell’operazione al fine di ricevere preventivamente tali informazioni).

Vengono poi dettate specifiche norme applicabili esclusivamente nei confronti di clienti professionali. In particolare, viene previsto che le informazioni su costi e oneri siano dovute soltanto per la consulenza in materia di investimenti e gestione del portafoglio; che non sia dovuta l’informativa relativa ai costi e benefici degli switch di portafoglio (disinvestimento e contestuale reinvestimento in un diverso portafoglio di strumenti finanziari), salva esplicita richiesta del cliente; non siano dovute, salvo che il cliente ne faccia espressa richiesta, la relazione periodica sui servizi prestati e la relazione di adeguatezza;  nelle operazioni di ricezione, trasmissione ed esecuzione ordini con controparti qualificate, le imprese di investimento hanno la possibilità di non sottostare agli obblighi di natura informativa, a quelli di valutazione di adeguatezza, a quelli di best execution e a quelli relativi alla gestione degli ordini.

 

L'articolo 4 della direttiva prevede che gli Stati membri adottino e pubblichino entro il 28 novembre 2021 le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla norma in esame. Le misure contenute nella direttiva si applicano a decorrere dal 28 febbraio 2022, ad eccezione delle modifiche alle direttive 2013/36/UE e (UE) 2019/878, che si applicano a decorrere dal 28 dicembre 2020.

 

La direttiva genera dalla proposta della Commissione europea di cui al COM(2018) 99 dell'8 marzo 2018.

 

 


 

Direttiva (UE) 2021/514
del Consiglio del 22 marzo 2021 recante modifica della direttiva 2011/16/UE relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale)

 

La direttiva (UE) 2021/514 del Consiglio del 22 marzo 2021 (DAC 7) interviene sulla stratificata normativa europea in materia di scambio automatico di informazioni nel settore fiscale (Directive on Administrative Cooperation - DAC).

Si tratta di un complesso di disposizioni volte al contrasto dei fenomeni di evasione ed elusione fiscale a livello transnazionale, nonché della pianificazione fiscale aggressiva volta a trasferire gli utili in giurisdizioni con livello impositivo più favorevole, attraverso la previsione di flussi informativi tra Stati membri aventi a oggetto dati rilevanti ai fini fiscali.

Viene a tal fine modificata la direttiva 2011/16/UE (c.d. DAC 1), con la quale il legislatore europeo ha disciplinato lo scambio di informazioni fiscali tra Stati membri.

La cooperazione in materia fiscale in seno all’Unione Europea

La direttiva 2011/16/UE è stata più volte modificata nel corso degli ultimi anni, con sei direttive successive, per estendere progressivamente l’ambito applicativo dello scambio di informazioni nel settore fiscale. Essa è stata recepita nell’ordinamento giuridico interno con il D. Lgs. 4 marzo 2014, n. 29.

La DAC 1 prevede tre tipi di scambio di informazioni:

Oggetto dello scambio automatico obbligatorio sono le informazioni elencate all’articolo 8, aventi a oggetto specifiche categorie di redditi e di capitali, individuate secondo la legislazione dello Stato membro che comunica le informazioni. La comunicazione di tali informazioni ha luogo almeno una volta all’anno, entro i sei mesi successivi al termine dell’anno fiscale dello Stato membro durante il quale le informazioni sono state rese disponibili, attraverso la rete CCN (rete comune di comunicazione, ai sensi degli articoli 1 e 21 della DAC 1) e sull’interfaccia sviluppata dall’Unione (CSI).

Successivamente la direttiva 2014/107/UE (DAC 2) ha inserito nella DAC lo standard comune di comunicazione di informazioni (Common Reporting Standard - CRS) elaborato dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) per informazioni sui conti finanziari all'interno dell'Unione. Il CRS prevede lo scambio automatico di informazioni sui conti finanziari di cui sono titolari persone fiscalmente non residenti e stabilisce un quadro per tale scambio a livello mondiale. La direttiva del 2014 ha inoltre ampliato le categorie di reddito oggetto di scambio automatico.

La direttiva (UE) 2015/2376 (DAC 3) ha poi disposto lo scambio automatico di informazioni sui ruling preventivi transfrontalieri, mentre la direttiva (UE) 2016/881 (DAC 4) ha introdotto l'obbligo per le imprese multinazionali europee di presentare annualmente una rendicontazione Paese per Paese (cosiddetto country by country reporting) di talune informazioni fiscali, che poi saranno oggetto di scambio automatico tra Paese della capogruppo e Stato membri in cui le società controllate sono localizzate.

Alla luce dell'utilità che le informazioni in materia di antiriciclaggio possono avere per le autorità fiscali, la direttiva (UE) 2016/2258 (DAC 5) ha disposto l'obbligo per gli Stati membri di fornire alle autorità fiscali l'accesso alle procedure di adeguata verifica della clientela applicate dalle istituzioni finanziarie.

La direttiva n. 2018/822/UE (DAC 6) ha introdotto l’obbligo per gli intermediari di informare le autorità fiscali sui meccanismi transfrontalieri potenzialmente utilizzabili per attuare ipotesi di pianificazione fiscale aggressiva. Al fine di garantire la massima efficacia delle misure, data la dimensione transfrontaliera dei meccanismi da dichiarare, le informazioni comunicate vengono scambiate automaticamente tra le autorità fiscali nazionali.

La direttiva 2021/514/UE (DAC 7)

La direttiva in commento interviene su tale impianto normativo per estendere, dal 2023, la cooperazione amministrativa fiscale tra gli Stati UE anche al settore dell’economia digitale.

Di conseguenza essa estende l’obbligo della comunicazione di dati in materia fiscale anche alle transazioni di beni e servizi che vengono offerti attraverso le piattaforme digitali.

La principale novità della DAC 7 è dunque l’obbligo posto, in capo ai gestori delle piattaforme digitali (opportunamente definiti) di comunicare con cadenza periodica all’amministrazione fiscale degli altri Stati i corrispettivi percepiti dei venditori attivi sui loro portali (nuovo articolo 8-bis quater inserito nella DAC 1): si tratta di proventi derivanti da operazioni di vendita di beni e di servizi personali, di noleggio di qualsiasi mezzo di trasporto e di locazione di immobili, compresi gli immobili residenziali e commerciali e gli spazi di parcheggio. Tra i dati da comunicare rientrano sia i corrispettivi sia il numero di attività effettuate. Tali informazioni sono oggetto di scambio automatico tra gli Stati membri a partire dal 2023.

 

Inoltre, la DAC 7 in esame:

-        modifica la disciplina dello scambio di informazioni su richiesta (contenuta nell’articolo 5 della DAC 1), tra l’altro al fine di chiarire le modalità di trasmissione delle informazioni di “prevedibile pertinenza”: viene specificato che le informazioni richieste sono prevedibilmente pertinenti se, al momento della richiesta, l’autorità richiedente ritiene che, conformemente al diritto nazionale, vi sia una ragionevole possibilità che le informazioni richieste siano pertinenti per le questioni fiscali di uno o più contribuenti, identificati nominativamente o in altro modo, e siano giustificate ai fini dell’indagine;

-        estende il novero di informazioni oggetto di scambio automatico (articolo 8) anche al fine di includervi anche i redditi derivanti dalla proprietà intellettuale;

-        accorcia da sei a tre mesi la tempistica ordinaria per la risposta dello Stato interpellato nell’ambito di uno scambio di dati su richiesta (articolo 7 DAC 1)

-        riordina la disciplina sulla presenza di funzionari negli uffici e sulla partecipazione alle indagini amministrative negli Stati membri, nell’ambito dello scambio di informazioni (articolo 11 DAC 1);

-        dispone la possibilità di avviare verifiche congiunte (nuovo articolo 12-bis inserito nella DAC 1), condotte dalle autorità di due o più Stati membri;

-        adegua la disciplina dello scambio di informazioni alla regolamentazione UE sulla protezione dei dati personali (articolo 25 DAC 1, che viene aggiornato al regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, cd regolamento GDPR).

 

Con riferimento all’applicazione delle nuove norme, la DAC 7 prevede che:

-        gli Stati membri adottino e pubblichino entro il 31 dicembre 2022, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva, che si applicano a decorrere dall’1 gennaio 2023;

-        siano invece adottate e pubblicate entro il 31 dicembre 2023, con applicazione, al più tardi a decorrere dall’1 gennaio 2024, le disposizioni in materia di verifiche congiunte e protezione dei dati.

 



[1] Per maggiori dettagli sui criteri generali di delega (art. 32, L. 234/2012), vedi all'articolo 1.

[2] Di cui n. 17 in materia ambientale e n. 8 in materia di energia.

[3] Nella vigente formulazione la norma regolamentare mantiene il riferimento alla legge comunitaria e alla relazione annuale, precedentemente previsti dalla legge n. 11 del 2005. Per effetto dello sdoppiamento dello strumento legislativo recato dalla legge n. 234 del 2012, tale disciplina si intende applicabile all'esame della legge europea e della legge di delegazione europea. La disciplina speciale prevista all'art. 126-ter, inoltre, si intende riferita solamente all'esame della Relazione consuntiva. A tal riguardo, la Giunta per il Regolamento della Camera con due pareri adottati il 6 ottobre 2009 ed il 14 luglio 2010, ha ritenuto, in via interpretativa, che: la relazione programmatica, che il Governo presenta entro il 31 dicembre di ciascun anno, è oggetto di esame congiunto con il programma legislativo delle Istituzioni europee, secondo la procedura già delineata dalla Giunta medesima il 9 febbraio 2000; la relazione a consuntivo, che il Governo presenta assieme al disegno di legge comunitaria, è invece oggetto di esame congiunto con il disegno di legge comunitaria, secondo il disposto regolamentare vigente.

 

[4]    Il termine è stato esteso da due a quattro mesi dall’articolo 29 della legge n. 115 del 2015 (legge europea 2014).

[5]    L'articolo 14 della legge n. 400/1988 ("Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri") contiene la disciplina di riferimento per i decreti legislativi. Questi sono emanati dal Presidente della Repubblica (comma 1) entro il termine fissato dalla legge di delegazione (comma 2). Se la delega legislativa si riferisce ad una pluralità di oggetti distinti suscettibili di separata disciplina, il Governo può esercitarla mediante più atti successivi per uno o più degli oggetti predetti; il Governo informa inoltre periodicamente le Camere sui criteri che segue nell'organizzazione dell'esercizio della delega (comma 3). Si evidenzia la norma di cui al comma 4, secondo il quale "qualora il termine previsto per l'esercizio della delega ecceda i due anni, il Governo è tenuto a richiedere il parere delle Camere sugli schemi dei decreti delegati. Il parere è espresso dalle Commissioni permanenti delle due Camere competenti per materia entro sessanta giorni, indicando specificamente le eventuali disposizioni non ritenute corrispondenti alle direttive della legge di delegazione. Il Governo, nei trenta giorni successivi, esaminato il parere, ritrasmette, con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, i testi alle Commissioni per il parere definitivo che deve essere espresso entro trenta giorni".

[6] La recidiva si verifica qualora sia stata commessa la stessa violazione per due volte in un anno, anche se si è proceduto al pagamento della sanzione mediante oblazione.

[7] Si ricorda che in questo ambito per “professionista” si intende qualsiasi persona fisica o giuridica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce nel quadro della sua attività professionale, sia essa pubblica o privata

 

[8] Nel caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali in cui i beni sono stati consegnati al domicilio del consumatore al momento della conclusione del contratto, il professionista ritira i beni a sue spese qualora i beni, per loro natura, non possano essere normalmente restituiti a mezzo posta.

[9] Ai sensi dell'art. 53, nel caso di professionista che non fornisce al consumatore le informazioni sul diritto di recesso, il periodo di recesso termina dodici mesi dopo la fine del periodo di recesso di 14 giorni iniziale.

[10]   Regolamento "che modifica il regolamento (CE) n. 183/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 90/167/CEE del Consiglio".

[11]   La relazione illustrativa è reperibile nell'A.C. n. 3208.

[12] V. anche rettifica pubblicata in GUCE L 241/13 dell’8.7.2021.

[13] Tali criteri generali sono dettati, si ricorda, dall’articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 che sancisce il rafforzamento della partecipazione dell'Italia al processo normativo europeo, al fine di migliorare la capacità di rispettare le norme dell’Unione adottate nel nostro Paese (tra cui massima semplificazione dei procedimenti, introduzione e mantenimento di livelli di regolazione non superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione con le competenze degli enti territoriali ecc.).

[14] Infatti, l’aspetto qualitativo dei medicinali omeopatici è indipendente dal loro impiego e pertanto non dovrebbero essere applicate a tali prodotti disposizioni specifiche per quanto riguarda le norme e i requisiti di qualità necessari.

[15] La procedura centralizzata è valida in tutta l’Unione europea ed autorizza l’immissione in commercio di un medicinale sulla base di una procedura unica a livello dell’UE. Le aziende farmaceutiche presentano un’unica domanda di autorizzazione all’EMA. Il comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) o il comitato per i medicinali veterinari (CVMP) dell’Agenzia effettua una valutazione scientifica sulla domanda e fornisce alla Commissione europea un parere relativo al rilascio o non rilascio dell’autorizzazione all’immissione in commercio. Una volta rilasciata dalla Commissione europea, l’autorizzazione centralizzata all’immissione in commercio è valida in tutti gli Stati membri dell’UE.

[16] Direttiva (UE) 2017/1132 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, relativa ad alcuni aspetti di diritto societario

[17] L'autorità competente - specificano gli articoli 86-quatordecies, 127 e 160-quaterdecies - può essere un organo giurisdizionale, un notaio o altra autorità.

[18] Cfr. “Note tematiche dell’Unione europea- Misure di protezione dei consumatori”, a cura degli Uffici del Parlamento europeo.

[19] Cfr. Documento di lavoro dei servizi della Commissione – Report on the Fitness Check of EU consumer and marketing law, SWD(2017)209 del 23.5.2017, realizzato nel quadro del programma della Commissione di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione (REFIT). Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, COM(2017)259 del 23.5.2017; documento di lavoro dei servizi della Commissione – Evaluation of the Consumer Rights Directive, SWD(2017)169 del 23.5.2017. Relazione sull’applicazione della raccomandazione del 2013 relativa al ricorso collettivo, COM(2018)40 del 25.1.2018.

[20] La Direttiva è stata recepita con l'art. 25 della L. n. 52 (legge comunitaria 1994), il quale a sua volta ha integrato il codice civile (capo XIV-bis e gli artt. da 1469-bis a 1469-sexies dopo il capo XIV del titolo II del libro quarto del codice). Successivamente, con l'art. 142 del Codice del consumo di cui al D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, le disposizioni in questione sono ora contenute nella Parte III, Titolo I, articoli da 33 a 37, del Codice stesso.

[21] La Direttiva è stata recepita con D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 84, poi abrogato dal Codice del Consumo, D.Lgs. n. 206/2005.Le relative disposizioni sono state trasposte negli artt. 13-17 del Codice.

[22] La Direttiva è stata recepita con il D.Lgs. n. 146/2007, il quale, a sua volta, ha modificato il Codice del Consumo, per introdurvi la normativa a tutela del consumatore dalle pratiche commerciali scorrette (sostituzione degli artt. 18-27 del Codice) e la disciplina della fornitura e delle prestazioni non richieste nei contratti a distanza, assoggettate a pratiche commerciali scorrette.

[23] La Direttiva è stata recepita a livello interno con il D.Lgs. n. 21/2014, il quale ha modificato il Codice del consumo, per introdurvi la disciplina armonizzata dei diritti dei consumatori nei contratti, sia quelli a distanza e negoziati fuori dai locali commerciali (con il relativo diritto di recesso nei successivi 14 giorni), sia quelli diversi da questi (sostituzione degli artt. 45 a 67)

[24]   Anche i rimedi individuali sono insufficienti per i consumatori danneggiati da violazioni della legislazione nazionale di recepimento e vi sono carenze con riguardo ai provvedimenti inibitori. Tali ultimi aspetti sono comunque affrontati con la nuova Direttiva 2020/1828/UE

[25] Gli Stati membri dovrebbero inoltre avere la possibilità di basare tali sanzioni pecuniarie sul fatturato del professionista a livello mondiale, o di estendere l'applicazione delle norme relative alle sanzioni pecuniarie ad altre infrazioni non contemplate dalle disposizioni della Direttiva relative all'articolo 21 del regolamento (UE) 2017/2394.

[26] Le direttive 98/6/CE, 2005/29/CE e 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio prevedono l'obbligo, per gli Stati membri, di stabilire sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive per le violazioni delle disposizioni nazionali che le recepiscono. Inoltre, l'articolo 21 del Regolamento 2017/2394/UE - sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell’esecuzione della normativa che tutela i consumatori -  impone agli Stati membri di adottare misure di esecuzione, compresa l'irrogazione di sanzioni, in modo efficace, efficiente e coordinato per far cessare o vietare le infrazioni diffuse o le infrazioni diffuse aventi una dimensione unionale.

[27] La Direttiva 2011/83/UE, quanto alla fornitura di contenuto digitale online (mediante un supporto non materiale), già si applica a tutti i contratti, indipendentemente dal fatto che il consumatore paghi un prezzo o fornisca dati personali. Mentre, per i servizi, compresi quelli digitali, la direttiva si applica solo ai contratti che prevedono che il consumatore paghi o si impegni a pagare un prezzo.

[28] Secondo il considerando 35, gli Stati membri possono comunque estendere l'applicazione della Direttiva a tali situazioni, o regolamentare altrimenti situazioni di questo tipo.

[29] Posta la difficoltà, in taluni casi, di distinguere tra contenuti digitali e servizi digitali, e, in particolare, la difficoltà di distinguere tra contratto di servizi e contratto di fornitura di contenuti digitali online, quando ciò non è chiaro, il considerando n. 30) della Direttiva prevede l’applicazione della norma sul diritto di recesso per i servizi (prova del servizio e, entro 14 giorni dalla conclusione del contratto, decisione se mantenerlo o no).

[30] Rubricato “Obblighi di informazione supplementari specifiche per i contratti conclusi su mercati online”.

[31] che istituisce uno sportello digitale unico per l'accesso a informazioni, procedure e servizi di assistenza e di risoluzione dei problemi.

[32] Direttiva 2009/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori.