Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Legge di bilancio 2019 - Le modifiche approvate dal Senato della Repubblica
Riferimenti: AC N.1334/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 58/8 vol. II
Data: 27/12/2018
Organi della Camera: V Bilancio, Assemblea

LEGGE DI

BILANCIO 2019

 

Le modifiche approvate dal
Senato della Repubblica

A.C. 1334-B

Articolo 1, commi 604-1143 e Articoli 2-19

 

27 dicembre 2018

 

 

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Dossier n. 78/8 volume II

 

 

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Progetti di legge n. 58/8 volume II

 

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I N D I C E

TAVOLA DI RAFFRONTO.. 9

ARTICOLO 1. 35

Articolo 1, comma 604 (Card cultura per i diciottenni). 35

Articolo 1, comma 613 (Risorse per Parma, Capitale italiana della cultura 2020)  37

Articolo 1, comma 617 (Disposizioni in materia di filatelica). 38

Articolo 1, comma 619 (Risorse per la sicurezza del patrimonio culturale nelle aree colpite dal sisma 2016/2017). 39

Articolo 1, comma 620 (Promozione dell’arte contemporanea italiana all’estero)  40

Articolo 1, commi 629-633 (Riassetto della CONI Servizi Spa e modifica del sistema di finanziamento dello sport). 41

Articolo 1, commi 634-639 (Riforma dei concorsi pronostici sportivi). 46

Articolo 1, comma 640 (Somme per il Fondo “Sport e periferie”). 50

Articolo 1, commi 641-643 (Ripartizione dei diritti audiovisivi del campionato italiano di calcio di serie A). 51

Articolo 1, commi 647-650 (Disposizioni in materia di giustizia sportiva). 54

Articolo 1, comma 651 (Disposizioni in materia di titolarità dei diritti audiovisivi sportivi)  65

Articolo 1, comma 652 (Incremento del contributo al programma Special Olympics Italia)  67

Articolo 1, commi 657-661 (Xylella fastidiosa). 68

Articolo 1, comma 668 (Fondo derrate alimentari agli indigenti). 71

Articolo 1, commi 675-685 (Revisione delle concessioni demaniali marittime, sospensione dei canoni per le imprese balneari danneggiate dal maltempo). 72

Articolo 1, comma 686 (Esclusione del commercio  al dettaglio su aree pubbliche dalle norme attuative della direttiva Bolkestein). 77

Articolo 1, comma 687 (Permanenza nei ruoli della dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del SSN). 91

Articolo 1, comma 688 (Incremento dell’autorizzazione di spesa per la struttura tecnica interregionale per i rapporti con il personale convenzionato con il SSN). 92


 

Articolo 1, commi 692-698 (Regime fiscale per i raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi e di piante officinali spontanee). 93

Articolo 1, comma 699 (Regime fiscale per i raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi). 97

Articolo 1, commi 700 e 701 (Vendita diretta prodotti agricoli). 98

Articolo 1, commi 702 e 703 (Aziende agricole prealpine di collina). 100

Articolo 1, comma 704 (Eventi sismici del maggio 2012 - Contributo per la gestione commissariale del Veneto). 101

Articolo 1, comma 705 (Trattamento fiscale dei familiari dell’imprenditore agricolo)  102

Articolo 1, commi 706-717 (Bonus occupazionale per giovani eccellenze). 103

Articolo 1, commi 718 e 719 (A.N.P.A.L.). 105

Articolo 1, comma 720 (Incremento del fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività dell’Agenzia delle entrate). 107

Articolo 1, commi 721-724 (Modifiche al Testo unico sulle società a partecipazione pubblica)  108

Articolo 1, commi 732-737 (Istituto di Ricerche Tecnopolo Mediterraneo per lo sviluppo sostenibile e Commissione speciale per la riconversione economica della città di Taranto)  114

Articolo 1, comma 741 (Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e istruzione)  116

Articolo 1, comma 746 (Inquinamento acustico). 117

Articolo 1, comma 748 (Fondo per l’attuazione del programma di Governo)  118

Articolo 1, comma 756 (Incremento dello stanziamento per la legge quadro sugli animali di affezione). 119

Articolo 1, comma 758 (Stanziamento per il Fondo di mobilità al servizio delle fiere)  120

Articolo 1, comma 759 (Zona Franca Urbana Sisma Centro Italia). 121

Articolo 1, commi 760 e 763 (Servizi di pulizia e di mantenimento del decoro nelle scuole)  123

Articolo 1, comma 762 (Limite de minimis per gli incentivi all’editoria e all’emittenza locale)  127

Articolo 1, commi 764 e 765 (Fondo contenzioso enti locali e contributi Torino per errata determinazione gettiti IMU). 129

Articolo 1, comma 769 (Accesso dei Comuni al Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati). 131

Articolo 1, comma 793 (Incremento del Fondo “La Buona Scuola”). 132

Articolo 1, commi 799-801 (Terra dei fuochi e bonifiche dei siti inquinati). 133

Articolo 1, comma 802 (Plastiche monouso). 137

Articolo 1, commi 806-809 (Agevolazioni per la vendita al dettaglio di giornali e periodici)  140

Articolo 1, comma 810 (Contributi diretti a imprese radiofoniche e a imprese editrici di quotidiani e periodici). 142

Articolo 1, comma 811 (Convenzioni per il rilascio della carta di identità elettronica)  146

Articolo 1, commi da 849 a 872 (Anticipazioni di liquidità agli enti territoriali e rispetto dei tempi di pagamento dei debiti commerciali). 148

Articolo 1, comma 873 (Assunzioni personale sanitario nelle zone colpite dal sisma)  155

Articolo 1, comma 874 (Ripiano del disavanzo a seguito di cancellazione di crediti)  156

Articolo 1, commi 875-886 (Rapporti finanziari con le autonomie speciali). 158

Articolo 1, comma 887 (Accoglienza richiedenti protezionale nelle Province autonome di Trento e Bolzano). 167

Articolo 1, commi 889 e 890 (Contributi alle province per la manutenzione di strade e scuole)  168

Articolo 1, commi 892-895 (Rimborso minor gettito TASI comuni). 171

Articolo 1, commi 897-900 (Utilizzo del risultato di amministrazione per gli enti in disavanzo)  174

Articolo 1, comma 906 (Anticipazioni di tesoreria enti locali). 176

Articolo 1, comma 907 (Anticipazione di somme ai comuni in dissesto per pagamenti in sofferenza). 177

Articolo 1, comma 908 (Servizi di tesoreria dei piccoli comuni). 179

Articolo 1, comma 912 (Deroghe al Codice dei contratti pubblici per lavori di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea). 181

Articolo 1, comma 918 (Risorse per il Ponte San Michele). 183

Articolo 1, comma 921 (Fondo di solidarietà comunale). 184

Articolo 1, comma 931 (Fondi per la metropolitana di Roma). 186

Articolo 1, commi 933-936 (Ripristino straordinario della piattaforma stradale della grande viabilità di Roma). 189

Articolo 1, commi 937, 938 e 952 (Disposizioni per il finanziamento degli investimenti regionali)  191

Articolo 1, comma 939 (Disposizioni per agevolare la riduzione del debito delle regioni 195

Articolo 1, comma 951 (Commissari per il completamento del Piano nazionale per le città)  196

Articolo 1, commi 954-957 (Incentivi per impianti di biogas realizzati da imprenditori agricoli)  198

Articolo 1, commi 965-967 (Riduzione dei costi della politica nelle regioni e nelle province autonome). 200

Articolo 1, comma 969 (Fondo aree di confine). 208

Articolo 1, comma 978 (Turn over nelle università statali “virtuose”). 211

Articolo 1, comma 986 (Esclusione ISEE immobili inagibili). 215

Articolo 1, commi 991, 993-995, 997 e 998 (Proroga termini sisma centro Italia)  216

Articolo 1, comma 992 (Recupero di somme eccedenti i contributi dovuti in caso di contenzioso sugli interventi sostitutivi per la ricostruzione nelle regioni Marche e Umbria colpite dagli eventi sismici iniziati nel 1997). 219

Articolo 1, comma 996 (Contributo per i comuni colpiti dagli eventi sismici dell’aprile 2009 diversi dal Comune dell’Aquila). 221

Articolo 1, commi 1004 e 1005 (Disposizioni relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, anche con riferimento alla città di Genova). 222

Articolo 1, comma 1010 (Comunicazione ammontare danni subiti eventi sismici)  223

Articolo 1, commi 1015–1018 (Riduzione Fondo crediti di dubbia esigibilità enti locali)  226

Articolo 1, comma 1020 (Zona franca urbana della Città Metropolitana di Genova)  229

Articolo 1, comma 1021 (Insediamenti di container in zone emergenziali per lo svolgimento di servizi di interesse generale). 231

Articolo 1, comma 1022 (Regime fiscale strutture periferiche enti pubblici non economici 232

Articolo ,1 commi 1025-1027 (Flussi veicolari nel porto di Genova). 233

Articolo 1, commi 1028-1029 (Investimenti per la mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico e per la resilienza di strutture e infrastrutture nei territori in emergenza)  235

Articolo 1, comma 1030 (Utilizzo da parte delle Regioni delle risorse disponibili per il dissesto idrogeologico). 240

Articolo 1, commi da 1031 a 1047 (Incentivi per l’acquisto di veicoli elettrici e detrazioni fiscali sulle spese per le infrastrutture di ricarica). 242

Articolo 1, comma 1048 (Riduzione della tassa automobilistica per i veicoli storici)  248

Articolo 1, commi 1049 e 1050 (Attività di revisione dei veicoli adibiti a trasporto di merci)  249

Articolo 1, comma 1051 (Prelievo erariale unico sugli apparecchi da divertimento - PREU)  250

Articolo 1, comma 1052 (Imposta unica giochi a distanza e scommesse). 252

Articolo 1, commi 1053 e 1054 (Proroga della rideterminazione del valore di acquisto dei terreni e delle partecipazioni). 254

Articolo 1, commi da 1057 a 1064 (Incentivi rottamazione per acquisto veicoli non inquinanti)  256

Articolo 1, comma 1072 (Bilanci capogruppo BCC). 260

Articolo 1, comma 1073 (Comunicazione non finanziarie delle grandi imprese)  263

Articolo 1, commi 1074-1078 (Disposizioni in materia di tassazione dei tabacchi lavorati)  265

Articolo 1, commi 1081-1083 (Vendita GPL). 268

Articolo 1, comma 1084 (Imposta di registro). 271

Articolo 1, commi 1085-1087 (Abrogazione deduzioni e credito d'imposta IRAP)  273

Articolo 1, comma 1091 (Riscossione Tari). 275

Articolo 1, comma 1093 (Modalità di commisurazione Tari). 277

Articolo 1, commi 1095-1098 (Disposizioni in materia di giochi). 279

Articolo 1, commi 1099-1100 (Vendita di titoli di accesso ad attività di spettacolo)  281

Articolo 1, commi 1101-1111 (Interventi in materia di riorganizzazione delle frequenze radiotelevisive). 285

Articolo 1, commi 1112-1113 (Agenzia Torino 2006). 295

Articolo 1, comma 1114 (Celebrazioni della figura di Nilde Iotti). 296

Articolo 1, comma 1115 (Tabelle A e B). 297

Articolo 1, comma 1116 (Incremento Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili in corso di gestione). 307

Articolo 1, commi 1117-1120 (Monitoraggio dell’andamento dei conti pubblici e accantonamento di 2 miliardi di euro per il 2019.). 308

Articolo 1, commi 1121-1126 (Disposizioni in materia di premi e contributi INAIL ed in materia di tutela assicurativa INAIL). 310

Articolo 1, comma 1127 (Acconto cedolare secca). 314

Articolo 1, comma 1128 (Imposta di bollo virtuale per banche e intermediari finanziari)  316

Articolo 1, comma 1129 (Contributo di sbarco nel comune di Venezia). 317

Articolo 1, comma 1131 (Proroghe in materie di interesse. 318

della Presidenza del Consiglio dei ministri). 318

Articolo 1, comma 1132, lettere a) e b) (Proroghe in materie di interesse del Ministero dell'interno). 325

Articolo 1, comma 1132, lettera c) (Poteri sostitutivi del Prefetto in caso di mancata approvazione del bilancio degli enti locali). 329

Articolo 1, comma 1133, lett. a) (Rendicontazione di ordini collettivi di pagamento)  331

Articolo 1, comma 1133 lettera b) (Proroga aliquote TASI). 332

Articolo 1, comma 1133, lettera c) (Proroga termini in materia di razionalizzazione del patrimonio pubblico). 333

Articolo 1, comma 1133, lettera d) (Contenimento costi Agenzie fiscali). 334

Articolo 1, comma 1134, lettera a) (Divieto di partecipazioni incrociate TV editoria)  335

Articolo 1, comma 1134, lett. b) (Mediatori, agenti e rappresentanti di commercio, mediatori marittimi e spedizionieri). 338

Articolo 1, comma 1135, lettera a) (Galleria Pavoncelli). 340

Articolo 1, comma 1135 lettera b) (Differimento dell'entrata in vigore del documento unico di circolazione). 342

Articolo 1, comma 1135, lett. c) (Proroghe in materia di impianti a fune delle regioni Abruzzo e Marche). 344

Articolo 1, comma 1136, lett. a) (Norme transitorie in materia di reddito di inclusione)  346

Articolo 1, comma 1136, lett. b) (Differimento dei termini in materia di UNIEMENS nel settore agricolo). 347

Articolo 1, comma 1136, lett. b-bis) (Piani recupero occupazionale). 348

Articolo 1- comma 1137 (Proroga di norma relativa alle assunzioni da parte dell'AIFA)  349

Articolo 1, comma 1138, lettera a) (Proroghe di termini in materia di edilizia scolastica)  350

Articolo 1, comma 1138, lettera b) (Inclusione scolastica degli studenti con disabilità)  352

Articolo 1 comma 1139, lettera a) (Proroga di termini in materia di intercettazioni)  355

Articolo 1, comma 1139, lett. b) (Funzioni di dirigente dell’esecuzione penale esterna)  359

Articolo 1, comma 1139, lett. c) (Funzionalità uffici giudiziari). 360

Articolo 1, comma 1139, lett. d) (Proroga di termini in materia di circoscrizioni giudiziarie de L’Aquila e Chieti). 362

Articolo 1, comma 1139, lett. e) (Albo delle giurisdizioni superiori). 364

Articolo 1, comma 1140, lett. a) (Proroga banche dati Prum). 366

Articolo 1, comma 1140, lett. b) (Proroghe in materie di interesse del Ministero della Difesa)  368

Articolo 1, comma 1141 (Adeguamento antincendio strutture ricettive). 370

Articolo 1, comma 1142 (Proroghe in materia di promozione delle opere europee ed italiane da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi). 372

Articolo 1, comma 1143, lettera a) (Tecnici inquinamento acustico). 378

ARTICOLI 2-15 (Approvazione degli stati di previsione). 379

ARTICOLI 16 E 17 (Quadri generali riassuntivi). 380

ARTICOLO 18, commi 22, 28 e 35 (Variazioni compensative di bilancio)  388

ARTICOLO 19 (Entrata in vigore). 390

LE MODIFICHE ALLA SEZIONE II. 391

 

 


TAVOLA DI RAFFRONTO[1]

Oggetto

A.C. 1334

Art.

A.C. 1334 A-R

Art. 1, co.

A.S. 981
Art. 1, co.

Maxi-emendamento

Governo
1.9000

(al Senato)

A.C. 1334-B
Art. 1, co.

Risultati differenziali del bilancio dello Stato

1

1

1

1

1

Sterilizzazione clausole salvaguardia IVA e accise

2

2-3

2-3

2-3

2 e 5

IVA Dispositivi medici

 

 

 

2-bis

3

IVA prodotti panetteria

 

 

 

2-ter

4

Sterilizzazione aumento accise carburanti

3

4

4

4

6

Fiscalità imprese immobiliari

 

 

 

4-bis e 4-ter

7-8

Estensione del “regime forfetario” (Minimi)

4

5-6

5-6

5-6, 6-bis

9-11

Deducibilità ai fini Ires e Irpef dell’Imu sugli immobili strumentali

 

7

7

7

12

Imposta sostitutiva sui compensi derivanti dalla attività di lezioni private e ripetizioni

5

8-11

8-11

8-11

13-16

Imposta sostitutiva per imprenditori individuali ed esercenti arti e professioni

6

12-17

12-17

12-17

17-22

Disciplina del riporto delle perdite per i soggetti Irpef

7

18-21

18-21

18-21

23-26

Detrazioni fiscali in materia di mantenimento dei cani guida per i non vedenti

 

22

22

22

27

Tassazione agevolata del reddito corrispondente agli utili reinvestiti per l’acquisizione di beni materiali strumentali e per l’incremento dell’occupazione

8

23-29

23-29

23-29

28-34

Imposta servizi digitali

 

 

 

29-bis – 29- septiesdecies

35-50

Abrogazione riduzione Ires enti non a scopo di lucro e Iacp

 

 

 

29-octiesdecies-noviesdecies

51-52

Dati fiscali trasmessi al Sistema tessera sanitaria

 

 

 

29-vicies – 29-viciesemel

53-54

Credito d’imposta adeguamento tecnologico per invio telematico corrispettivi

 

 

 

29-vicies bis

55

Esonero obbligo di fatturazione nei contratti di sponsorizzazione

 

 

 

29-vicies ter

56

Accise in materia di autotrasporto

 

30-31

30-31

30-31

57-58

Cedolare secca sul reddito da locazione di immobili ad uso commerciale

9

32

32

32

59

Proroga e rimodulazione della disciplina di maggiorazione dell’ammortamento (iper ammortamento)

10

33-38

33-38

33-38

60-65

Estromissione agevolata immobili strumentali

 

39

39

39

66

Proroga delle detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica, ristrutturazione edilizia e per l’acquisto di mobili

11

40

40

40

67

Proroga delle detrazioni fiscali per interventi di sistemazione a verde

12

41

41

41

68

Società cooperative

 

 

 

41-bis

69

Modifiche alla disciplina del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo

13

42-44

42-44

42-44

70-72

Riciclaggio delle plastiche miste

 

 

 

44-bis - sexies

73-77

Modifiche alla disciplina del credito d’imposta formazione 4.0

 

45-48

45-48

45-48

78-81

Disposizioni in materia di enti di natura non commerciale e contributo all’ANMIL

 

49-54

49-54

49-54

82-87

Proroga della convenzione con Radio radicale

 

55-bis

55

55

88

Canone RAI

14

56-57

56-57

56-57

89-90

Contibuti dello Stato a società partecipate dallo Stato

 

 

 

57-bis-quinquies

91-94

Fondo investimenti Amministrazioni centrali

15, co, 1-3, 4-5

58-60 e-62-63

58-60 e-62-63

58-60, 62-63

95-96, 98, 105-106

Contratto di programma ANAS 2016-2020

 

 

 

59-bis

97

Destinazione spazi finanziari zone sisma

 

 

 

60-bis

99

PRiU

 

 

 

60-ter

100

RAI

 

 

 

60-quater

101

Sperimentazione nelle città della circolazione su strada di veicoli di mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica

 

61

61

61

102

Ingresso ZTL per autoelettriche o ibride

 

 

 

61-bis

103

Stanziamento per autostrade ciclabili

 

 

 

61-ter

104

Contributi ai comuni messa in sicurezza scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio culturale

 

 

 

63-bis – 63-novies

107-114

Riduzione autorizzazione di spesa Fondo investimenti

 

 

 

63-decies

115

Venture capital

 

 

 

63-undecies – 63-sedecies

116-121

Fondo investimenti Enti territoriali

16, co. 1-3

64-66

64-66

64-66

122-123, 126

Utilizzo personale enti locali

 

 

 

65-bis

124

Stanziamento meteo regione Liguria

 

 

 

65-ter

125

Aree industriali dismesse

 

 

 

66-bis

127

Stazioni appaltanti

16, co. 4

67

67

 

soppresso

Elettrificazione linea ferroviaria Biella Novara

 

 

 

67-bis

128

Società Dante Alighieri

 

 

 

67-ter

129

Limite acquisti di beni e servizi con Mercato Elettronico della PA (MEPA)

 

68

68

68

130

Aeroporto di Reggio Calabria

 

69-70

69-70

69-70

131-132

Aeroporto di Crotone

 

 

 

70-bis

133

Contributi per investimenti di messa in sicurezza edifici e territorio

 

71-75

71-75

71-75

134-138

Contributi per investimenti di messa in sicurezza edifici e territorio dei comuni

 

76-85

76-85

76-85

139-148

Personale dell’amministrazione civile dell’Interno

 

 

 

85-bis - 85-quinquies

149-152

Piano nazionale d’interventi nel settore idrico

 

 

 

85-sexies – 85-octies

153-155

Credito d’imposta erogazioni liberali per interventi su edifici e terreni pubblici

 

 

 

85-novies – 85-quaterdecies

156-161

Centrale per la progettazione delle opere pubbliche

17

86-93

86-93

86-93

162-165, 167-170

Assegnazione personale province

 

 

 

89-bis

166

Fondo per la progettazione     

 

 

 

93-bis - 93-sexies

171-175

Acceleratore degli investimenti regionali

 

94-96

94-96

94-96

176-178

InvestItalia

18

97-101

97-101 e 188

97-101

179-183

Debiti per mancato versamento tributi

 

 

 

101-bis - 101-septiesdecies

184-199

Nuova Sabatini

19, Co. 1

102

102

102

200

Potenziamento del Piano straordinario per la promozione del Made in Italy

19, Co. 2

103

103

103

201

Strumenti di attrazione degli investimenti e di sviluppo d'impresa

19, Co 3

104

104

104

202

Fondo per contributi alle imprese che partecipano alla realizzazione dell’Importante Progetto di Interesse Comune Europeo (IPCEI) sulla microelettronica

19, Co. 4

105

105

105

203

Aree di crisi industriale - Fondo per la crescita sostenibile

19, Co. 5-6

106-107

106-107

106-107

204-205

Investimenti in capitale di rischio

19, Co. 7-15

108-116

108-116

108-116

206-209, 219

Fondi di Venture Capital

 

 

 

111-bis – 111-decies e 112-bis

210-218, 220

Confidi

 

 

 

112-ter

221

Simest – Fondo Start up

19, Co. 16-19

117-120

117-120

117-120

222-225

Fondo per interventi volti a favorire lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things

19, co. 20

121

121

121

226

Fondo per difesa cibernetica

 

122

122

122

227

Contributo a fondo perduto - Voucher Manager

19, 21-23

123-125

123-125

123-125

228, 230-231

Cloud computing

 

 

 

123-bis

229

Riqualificazione energetica immobili delle PA

 

 

 

125-bis - 125-ter

232-233

Trasporto intermodale verso vie navigabili interne

 

126-127

126-127

126-127

234-235

Disciplina PIR

 

128

128

soppresso

 

Raccolta capitali PMI e imprese sociali

 

129-131

129-131

129-131

236, 238, 240

Albo unico dei consulenti finanziari

 

 

 

129-bis

237

Organismi di investimento collettivo di risparmio

 

 

 

130-bis

239

Monitoraggio e controllo progetti settore aeronautico

 

132-134

132-134

132-134

241-243

Scuola Europea Industrial Engineering and Management

 

135

135

135

244

Modifiche alla normativa in materia di limiti all’utilizzo del denaro contante

 

136

136

136

245

Concessioni demaniali marittime

 

 

 

136-bis

246

Proroga incentivo occupazione Mezzogiorno

20

137

137

137

247

Estensione trattamento integrazione salariale lavoratori ILVA

 

 

 

137-bis – 137-quater

248-250

Trattamento mobilità in deroga

 

 

 

137-quinquies – 137-septies

251-253

Situazioni occupazionali Regione lazio

 

 

 

137-octies

254

Fondi per l’introduzione del reddito e delle pensioni di cittadinanza e per la revisione del sistema pensionistico

21, co. 1-4-bis

138-142

138-142

138-142

255-259

Trattamenti pensionistici

 

 

 

142-bis – 142-decies

260-268

Previdenza complementare

 

 

 

142-undecies

269

Personale province e città metropolitane

 

 

 

142-duodecies – 142-quaterdecies

270-272

Imposte sui redditi di fonte estera

 

 

 

142-quinquiesdecies

273

Opzione 24-ter TUIR

 

 

 

142-sedecies

274

Fondo poli universitari

 

 

 

142- septiesdecies

275

Contratti lavoratori Sisma

 

 

 

142- octiesdecies

276

Pensionamento anticipato per i dipendenti di aziende editoriali e stampatrici di periodici in crisi

 

143

143

143

277

Disposizioni in materia di congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente

 

144

144

144

278

Lavoratori esposti all’amianto

 

145

145

145

279

Federazione italiana per il superamento dell’handicap Onlus (FISH)

 

146

146

146

280

Sistema duale

22

147

147

147

281

Piani di recupero occupazionale

23

148

148

148

282

Indennizzo per fine attività commerciale

 

 

 

148-bis e 148-ter

283-284

ANPAL

24

149

149

149

285

Fondo politiche migratorie

25

150

150

150

286

Fondo per l’assistenza e l’aiuto alle minoranze cristiane perseguitate nelle aree di crisi

 

151-152

151-152

151-152

287-288

Comitato atlantico

 

 

 

152-bis

289

Incentivi al contratto di apprendistato

26

153

153

153

290

Investimenti qualificati

27

154

154

soppresso

 

Incentivi per l’assunzione di giovani conducenti nel settore dell’autotrasporto

 

155-159

155-159

155-159

291-295

Finanziamento degli incentivi per l’acquisto dei dispositivi di allarme volti a prevenire l'abbandono dei bambini nei veicoli

 

160

160

160

296

Noleggio con conducente

 

 

 

160-bis - 160-novies ESPUNTI DAL TESTO

 

Incentivi imprese ferroviarie

 

 

 

160-decies

297

Assunzioni nella pubblica amministrazione

28, co. 1-3

161-163

161-163

161-163

298-300

Procedure concorsuali e assunzioni

 

 

 

163-bis – 163-quinquies

301-304

Procedure concorsuali e assunzioni

 

 

 

163-sexies – 163-septies

305-306

Proroghe graduatorie e assunzioni PA

 

 

 

163-octies – 163-novies

ESPUNTI DAL TESTO

 

Assunzioni Ministero giustizia

28, co. 4

164

164

164

307

Assunzione dirigenti istituto penitenziario

 

165-167

165-167

165-167

308-310

Dirigenti dipartimento giustizia minorile

 

 

 

167-bis

311

Assunzioni Sisma Umbria

 

 

 

167-ter

312

Assunzioni Ministero Interno

28, co 5

168

168

168

313

Assunzioni Corte dei conti, ministeri, PdC, INPS

 

 

 

168-bis – 168-ter

314-315

Diplomatici

 

 

 

168-quater

316

Assunzioni Ministero Ambiente

28, co. 6

169

169

169

317

Dotazione organica dell’Avvocatura dello Stato

28, co. 7

170-171

170-171

170-171

318-319

Assunzione Consiglieri di Stato e Referendari dei Tribunali Amministrativi regionali

28, co. 8

172

172

172

320

Assunzione personale non dirigenziale Consiglio di Stato e TAR

28, co. 9

173

173

173

321

Ampliamento dotazione organica Referendari Corte dei conti

 

174

174

174

322

Disposizioni in materia di personale delle Agenzie fiscali

 

 

 

174-bis – 174-quater

323-325

Contributo in favore di Agenzia delle entrate-Riscossione

 

 

 

174-quinquies – 174-septies

326-328

Comando di personale presso il Ministero della Salute

 

 

 

174-octies

329

Assunzioni Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostrada

28, co. 10-12

175-177

175-177

175-177

330-332

Retribuzioni personale a contratto degli uffici della rete diplomatico-consolare

 

 

 

177-bis

333

Trattamento economico del personale del MAECI in servizio all’estero

 

 

 

177-ter

334

Personale della carriera diplomatica

28, co. 13

178

178

178

335

Dotazione organica di personale dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS)

 

179

179

179

336

Cooperazione internazionale allo sviluppo

 

 

 

179-bis

337

Assunzione personale non dirigenziale MIBACT

28, co. 14

180

180

180

338

Scorrimento graduatorie beni culturali

28, co. 15

181

181

181

339

Contributi istituzioni culturali

 

 

 

181-bis

340

Risorgimento italiano

 

 

 

181-ter

341

Copertura posti vacanti MIBAC

 

182

182

182

342

Contratti a tempo determinato istituti e luoghi della cultura

 

 

 

182-bis

343

Obbligo di comunicazione

28, co. 16

183

183

183

344

Assunzione ministero istruzione

 

 

 

183-bis

345

Assunzioni a tempo indeterminato ARERA (Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente)

 

184-185

184-185

184-185

346-347

Incremento dotazioni organiche MEF

 

186-187

186-187

186-187

348-349

Articolazione uffici periferici MEF

 

 

 

187-bis - 187-quinquies

350-353

Modifica D.Lgs. 127/2015

 

 

 

187-sexies

354

Assunzioni Ministero della salute

 

 

 

187-septies -187-undecies

355-359

Assunzioni PA

 

 

 

187-duodecies - 187-octiesdecies

360-366

Concorsi di cui al comma 187

 

 

 

187-noviesdecies

367

Investitalia

 

188

188

188

368

Assunzioni Accademia della Crusca

 

189-191

189-191

189-191

369-371

Assunzioni dipartimento lavori terrestri

 

 

 

191-bis – 191-quater

372-374

Dirigenza sanitaria Ministero della salute e AIFA

 

 

 

191-quinques – 191-sexies

375-376

Magistrati ordinari

29

192-195

192-195

192-195

377-380

Assunzioni straordinarie nelle Forze di polizia

30

196-203

196-203

196-203

381-388

Assunzioni straordinarie nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco

31

204-208

204-208

204-208

389-393

Personale Capitanerie di porto

 

 

 

208-bis – 208-quinquies

394-397

Innalzamento massimali causa di servizio vigili del fuoco

 

 

 

208-sexies

398

Divieto assunzioni personale

 

 

 

208-septies 

399

Assunzioni straordinarie di 1000 ricercatori università

32, co. 1

209

209

209

400

Fondo università

 

 

 

209-bis

401

Chiamata diretta ricercatori enti ricerca

32, co. 2

210

210

210

402

Contratti di lavoro università private

 

 

 

210-bis

403

Contributo straordinario al CNR e incremento Fondo ordinario per gli enti di ricerca vigilati dal MIUR

 

211

211

211

404

Accademia nazionale dei Lincei

 

 

 

211-bis – 211-ter

405-406

Contributo straordinario all’European Brain Research Institute

 

212-213

212-213

212-213

407-408

Scuola Normale Superiore Meridionale

 

214-218

214-218

214-218

409-413

Scuola di dottorato internazionale Gran Sasso Science Institute

 

 

 

218-bis

414

Assunzioni di personale educativo

 

 

 

218-ter

415

Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice

 

 

 

218-quater

416

INAIL

33, co. 1-2

219-220

219-220

219-220

417-418

Investimenti immobiliari da parte dell’INAIL

 

221-223

221-223

221-223

419-421

Dismissioni immobiliari

 

 

 

223-bis – 223-terdecies

422-433

Partecipate del MEF

 

224

224

224

434

Incremento del fondo di sostegno per le vittime di gravi infortuni sul lavoro

 

225

225

225

435

Rinnovo contrattuale 2019-2021

34

226-232

226-232

226-232

436-441, 444

Risorse aggiuntive per il comparto sicurezza e difesa

 

 

 

231-bis – 231-ter

442-443

Trattamento economico accessorio per il personale dipendente DIA

 

 

 

231-quater

444

Assunzioni presso l’ispettorato nazionale del lavoro

35

233

233

233

445

Assunzione lavoratori socialmente utili o impegnati in attività di pubblica utilità

 

 

 

233-bis – 233-quinquies

446-449

Modifiche all’articolo 3 del D.Lgs. n. 219/2016, in materia riordino delle Camere di Commercio

 

234

234

234

450

Riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate

36

235

235

235

451

Contributo in favore della Biblioteca italiana per ciechi “Regina Margherita” di Monza

 

236

236

236

452

Contributo in favore dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità

 

237-238

237-238

237-238

453-454

Fondo persone con disabilità grave

 

 

 

238-bis

455

Fondo inclusione delle persone sorde e con ipoacusia

 

 

 

238-ter – 238-quiquies

456-458

Fondo per le politiche giovanili

37

239

239

239

459

Fondo per la prevenzione della dipendenza da stupefacenti

 

 

 

239-bis – 239-sexies

460-464

Riparto delle risorse destinate agli Istituti tecnici superiori

 

240-242

240-242

240-242,
242-bis-242-ter

465-469

Consiglio Nazionale dei Giovani

 

243-250

243-250

243-250

470-477

Fondo povertà educativa

 

 

 

250-bis – 250-quater

478-480

Fondo nazionale servizio civile

 

 

 

250-quinquies

481

Nuova disciplina del Fondo per le politiche della famiglia, Carta famiglia e misure di conciliazione vita-lavoro

 

251-255

251-255

251-255

482, 485-488

Incremento Fondo caregiver familiare

 

 

 

251-bis – 251-ter

483-484

Fondo mobilità disabili

 

 

 

255-bis – 255-quater

489-491

Fondo vittime violenza domestica

 

 

 

255-quinquies

492

Fondo Indennizzo Risparmiatori - FIR

38

256-268

256-268

256-266, 266-bis, 267, 267-bis, 267-ter, 268

493-507, 509

Regolamento diretto di transazioni in cambi e titoli di imprese italiane operanti su mercati internazionali

 

 

 

267-quater

508

Risorse per la riduzione dei tempi di attesa delle prestazioni sanitarie

39

269-271

269-271

269-271

510-512

Sistema AGENAS di analisi e monitoraggio delle performance delle aziende sanitarie

 

 

 

271-bis

513

Fabbisogno sanitario nazionale standard 2019-2021

40, co. 1-4

272-274 e 276

272-274 e 276

272-274 e 276

514-514, 518

Estensione dell’ambito di attività dell’educatoreprofessionale socio-pedagogico

 

275

275

275

517

Disposizioni per la valorizzazione dell’Istituto Mediterraneo per i trapianti e le terapie ad alta specializzazione (ISMETT)

 

277

277

277

519

Incremento del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili

 

278

278

278

520

Contratti di formazione specialistica

41

279

279

279

521

Idoneità medici reti cure palliative

 

280

280

280

522

Finanziamento IRCCS delle reti oncologica e cardiovascolare del Ministero salute

 

281

281

281

523

Qualificazione degli IRCCS come organismi di ricerca

 

 

 

281-bis

524

Pubblicità sanitaria

 

282-283

282-283

282-283

525, 536

Trasferimento al FSN da parte dell’INAIL per la trasmissione in via telematica dei certificati medici di infortunio e malattia professionale

 

 

 

282-bis – 282-octies

526-532

Retribuzioni per i disabili

 

 

 

282-novies

533

Infortuni domestici

 

 

 

282-decies – 282-undecies

534-535

Professioni sanitarie

 

 

 

283-bis – 283-septies

537-542

Disciplina dei rapporti di lavoro del personale della ricerca sanitaria presso gli IRCCS pubblici e gli Istituti zooprofilattici sperimentali

 

284

284

284

543

Modifiche alla legge 19 agosto 2016, n. 167 “Disposizioni in materia di accertamenti diagnostici neonatali obbligatori per la prevenzione e la cura delle malattie ereditarie”

 

285

285

285

544

Disposizioni in materia sanitaria

 

286-290

286-290

286-290

545-549

Fondi medicinali innovativi e oncologici innovativi

 

291

291

291

550

Disposizioni in materia di sconto per le farmacie

 

292-293

292-293

292-293

551-552

Disposizioni in materia di società titolari dell’esercizio di farmacia privata

 

Stralciato

 

 

 

Disposizioni in materia di negoziazione dei prezzi dei medicinali a carico del SSN

 

294-295

294-295

294-295

553-554

Programmi di edilizia sanitaria

42, co. 1-2

296-297

296-297

296-297

555-556

Dispositivi medici

 

 

 

297-bis – 297-ter

557-558

CNAO

 

298

298

298

559

Fondazione malattie pancreas

 

 

 

298-bis

560

Assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità fisiche o sensoriali

 

299-300

299-300

299-300

561-562

UE Disability Card

 

301

301

301

563

Piattaforma italiana del fosforo

 

302

302

302

564

Assunzioni Enti parco

 

 

 

302-bis

565

Disposizioni in materia di controllo di prevenzione incendi negli istituti, luoghi della cultura e sedi del Ministero per i beni e le attività culturali

 

303-305

303-305

303-305

566-568

Misure di prevenzione del disturbo da gioco d’azzardo

 

306-308

306-308

306 e 308
307 soppresso

569, 571

Commissario per la casa da gioco di Campione d’Italia

 

 

 

307-bis

570

Ospedale Mater Olbia

 

309

309

309

572

Finanziamento delle spese di manutenzione e gestione del sistema informativo della banca dati destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT)

 

310

310

310

573

Disposizioni in materia di politica farmaceutica

 

311-320

311-320

311-320 e 320 bis

574-584

Anagrafe nazionale vaccini ed anagrafi regionali vaccini

 

 

 

320-ter

585

Presidenza italiana del G20, partecipazione italiana dell’Italia a EXPO 2020 a Dubai ed enti internazionalistici

 

321-323

321-323

321-323

586-588

Partecipazione dell'Italia ad iniziative di pace ed umanitarie in sede internazionale

 

 

 

323-bis

589

Fondo per la promozione dell’Italia

 

 

 

323- ter

590

Fondo per l’attuazione della riforma del processo penale e dell’ordinamento penitenziario

43

324

324

324

591

Modifiche al codice civile in materia di donazioni

 

stralciato

 

 

 

Disposizioni in tema di indennizzo in favore delle vittime dei reati intenzionali violenti di cui alla legge 7 luglio 2016 n. 122

 

325-329

325-329

325-329

592-596

Modifiche all’articolo 7-bis, del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18 recante modifiche per il riequilibrio territoriale

44

330-333

330-333

330-333

597-600

Modifiche alla misura “Resto al Sud”

45

334

334

334

601

Risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche

46

335-336

335-336

335-336

602-603

Misure di sostegno e sviluppo nel settore dei beni e delle attività culturali

 

337-348

337-348

337-348

604-612, 614-616

Parma, Capitale italiana della cultura 2020

 

 

 

345-bis

613

Disposizioni in materia di filatelica

 

 

 

348-bis

617

Salvaguardia patrimonio culturale immateriale Unesco

 

349

349

349

618

Sicurezza del patrimonio culturale nelle aree colpite dal sisma 2016/2017

 

 

 

349-bis

619

Promozione dell’arte contemporanea italiana all’estero

 

 

 

349-ter

620

Sport bonus

47

350-357

350-357

350-357

621-628

Disposizioni in materia di sport

48

358-365

358-365

358-365

360-bis

362-bis –362-ter

629-633, 641-646

Riforma dei concorsi pronostici sportivi

 

 

 

361 bis-septies

634-639

Fondo sport periferie

 

 

 

361-octies

640

Controversie Federazioni sportive

 

 

 

365-bis-quinquies

647-650

Pirateria diritti audiovisivi

 

 

 

365-sexies

651

Programma internazionale di allenamento sportivo “Special Olympics italia”

 

366

366

366

652

Mutui per finalità sportive

 

367

367

367

653

Interventi per favorire lo sviluppo socioeconomico delle aree rurali

49, co. 1-3

368-370

368-370

368-370

654-656

Modifica dell’articolo 1, comma 128, della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Xylella)

49, co. 4

371

371

371

657

Investimenti di Cassa Depositi E Prestiti

 

372-373

372-373

372-373

658-659

Reimpianto piante tolleranti o resistenti Xylella fastidiosa

 

374

374

374 - 374-bis

660-661

Istituzione di un fondo per la gestione e la manutenzione delle foreste italiane e aumento percentuali di compensazione del legno

 

375-377

375-377

375-377

662-664

Interventi per il ripristino ambientale e per il sostegno della filiera del legno

 

378

378

378

665

Catasto frutticolo nazionale

 

379-380

379-380

379-380

666-667

Fondo derrate alimentari

 

 

 

380-bis

668

Rafforzamento del sistema dei controlli per la tutela della qualità dei prodotti agroalimentari

 

381-383

381-383

381-383

669-671

Sostegno all’apicoltura nazionale

 

384

384

384

672

Sostegno al reddito per i pescatori nel fermo biologico

 

385-386

385-386

385-386

673-674

Revisione delle concessioni demaniali marittime, sospensione dei canoni per le imprese balneari danneggiate dal maltempo

 

 

 

386-bis -
386-duodecies

675-685

Esclusione dall’applicazione della direttiva Bolkestein per il commercio al dettaglio su aree pubbliche

 

 

 

386-terdecies

686

Dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del SSN

 

 

 

386-quaterdecies

687

Struttura tecnica interregionale per i rapporti con il personale convenzionato con il SSN

 

 

 

386-quinquiesdecies

688

Accise sulla birra e birrifici artigianali di minore dimensione

 

387-389

387-389

387-389

689-691

Regime fiscale per i raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi e di piante officinali spontanee

 

 

 

389-bis – 389-octies

692-698

Regime fiscale per i produttori agricoli che gestiscono la produzione dei prodotti selvatici non legnosi

 

 

 

389-novies

699

Vendita diretta prodotti agricoli

 

 

 

389-decies – 389-undecies

700-701

Aziende agricole prealpine di collina

 

 

 

389-duodecies-terdecies

702-703

Sisma Veneto

 

 

 

389-quaterdecies

704

Trattamento fiscale dei familiari dell’imprenditore agricolo

 

 

 

389-sexiesdecies

705

Bonus Occupazionale Giovani Eccellenze

50

390-401

390-401

390-401

706-717

Organi ANPAL

 

 

 

401-bis – 401-ter

718-719

Fondo politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività dell’Agenzia delle entrate

 

 

 

401-quater

720

Modifiche al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 recante il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica

51

402-403

402-403

402-403

721, 723

Società partecipate pubbliche

 

 

 

402-bis

403-bis

722, 724

Équipe formative territoriali per il potenziamento di misure per l’innovazione didattica e digitale nelle scuole

52

404-406

404-406

404-406

725-727

Incremento del tempo pieno nella scuola primaria

 

407-408

407-408

407-408

728-729

Incremento delle dotazioni organiche dei licei musicali

53

409-410

409

409

730

Incremento del FISPE

 

410

410

410

731

Tecnopolo Mediterraneo per lo sviluppo sostenibile

 

411-412

411-412

 

411-412

+ 411-bis-ter

+ 412-bis-ter

732-737

Disposizioni in materia di rapporto di lavoro del personale ex co.co.co. presso le istituzioni scolastiche

54

413-415

413-415

413-415

738-740

Fondo sistema integrato di educazione ed istruzione

 

 

 

415-bis

741

Risorse per iniziative a favore degli studenti con disabilità presso le Istituzioni AFAM

 

416

416

416

742

Interventi a valere sul Fondo Kyoto

 

417-419

417-419

417-419

743-745

Inquinamento acustico

 

 

 

419-bis

746

Stanziamento del Fondo risorse decentrate relativo al MIBAC

 

420

420

420

747

Fondo per l’attuazione del programma di Governo

55

421

421

421

748

Contratto di programma MIT RFI

 

423

422

422

749

Museo della Civiltà istriano-fiumano-dalmata e dell’Archivio museo storico di Fiume

 

424

423

423

750

Gestione degli pneumatici fuori uso (PFU)

 

425-426

424-425

424-425

751-752

Fondo per sopravvenute esigenze di spese per acquisto di beni e servizi

 

427-429

426-428

426-428

753-755

Animali di affezione

 

 

 

428-bis

756

Scuole belle

56, co. 1-1-quater

430-433

429-432

429-432

757, 760-761,763

Fondo di mobilità al servizio delle fiere

 

 

 

429-bis

758

Zona Franca Urbana Sisma Centro Italia

 

 

 

429-ter

759

Limite de minimis per gli incentivi all’editoria e all’emittenza locale

 

 

 

431-bis

762

Contenzioso enti locali (Oneri derivanti da sentenze esecutive per contributi e trasferimenti fiscalizzati)

56, co. 2

434

433

433

764

Contributi Torino per errata determinazione gettiti IMU

 

 

 

433-bis

765

Soppressione degli incrementi del Fondo per la riduzione della pressione fiscale e del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari (art. 26 del decreto-legge n. 119 del 2018)

57, Co.1

435

434

434

766

Revisione e razionalizzazione della spesa per la gestione dei centri per l’immigrazione conseguenti alla contrazione del fenomeno migratorio

57, Co.2-3

436-437

435-436

435-436

767-768

Accesso dei Comuni al Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati

 

 

 

436-bis

769

Consip

57, Co.4-5

438-439

437-438

437-438

770-771

Riduzioni tariffarie e dei contributi per le imprese editrici e radiotelevisive soppressione

57, Co. 6-9

440-443

439-442

439-442

772-775

Corrispettivo in favore di CONSIP

57, Co.10

444

443

443

776

Oneri in capo alle società emittenti

57, Co.11

445

444

444

777

Interventi nei settori industriali ad alta tecnologia

57, Co.12

446

445

445

778

Somme da trasferire alla CSEA

57, Co.13

447

446

446

779

Fondo efficienza giustizia (riqualificazioni)

57, Co.14

448

447

447

780

Contributo Organizzazione della Nazioni Unite

57, Co.15

449

448

448

781

Riduzione dei seggi all’estero per le elezioni europee

57, Co.16

450

449

449

782

Somme giacenti presso le istituzioni scolastiche

57, Co.17

451

450

450

783

Percorsi per le competenze trasversali

57, Co.18-21

452-455

451-454

451-454

784-787

Abrogazione delle cattedre Natta

57, Co.22

456

455

455

788

Riduzione dello stanziamento per l’attuazione dell’adesione dell’Italia al sistema Schengen e abrogazione dell’art. 1, comma 619 e dell’allegato 6 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, in tema di rinegoziazione dei contributi ad organismi internazionali

 

457-459

456-458

456-458

789-791

Revisione del sistema di reclutamento dei docenti scolastici

58

460-464

459-463

459-463

792-796

Investimenti Difesa

59, co. 1-2

465-466

464-465

464-465

797-798

Terra dei fuochi

59, co. 3-5

467-469

466-468

466-468

799-801

Plastiche monouso

 

 

 

468-bis

802

Trasferimenti alle imprese per l’attività di pesca

59, co. 6

470

469

469

803

CARD diciottenni

59, co. 7

soppresso

 

 

 

Istituti e musei dotati di autonomia speciale

59, co. 8

471

470

470

804

Quote percentuali di fruizione dei crediti d'imposta di cui all’elenco 1

59, co. 9

472

471

471

805

Agevolazioni per la vendita al dettaglio di giornali e periodici

 

 

 

471-bis – 471-quinquies

806-809

Contributi imprese radiofoniche ed editrici di quotidiani e periodici

 

 

 

471-sexies

810

Ulteriori misure di riduzione della spesa (carta d'identità elettronica e notifica atti giudiziari)

 

473-476

472-475

472-475

811-814

Celebrazioni ovidiane

 

477-478 e 478-bis

476-478

476-478

815-817

Sostegno alle attività della Fondazione Cineteca Italiana di Milano e della Cineteca del Friuli

 

479

479

479

818

Semplificazione delle regole di finanza pubblica

60

480-487

480-487

480-487

819-826

Disapplicazione delle sanzioni agli enti locali per violazioni del patto di stabilità interno e del pareggio di bilancio

 

488-491

488-491

488-491

827-830

Contabilità economico patrimoniale

 

492

492

492

831

Misure per il rilancio degli investimenti e concorso alla finanza pubblica delle Regioni a statuto ordinario

61

493-504

493-504

493-504

832-843

Premialità investimenti delle regioni

 

505

505

505

844

Compensazione dei crediti e debiti delle Regioni e delle Province autonome in materia di tassa automobilistica

62

506-509

506-509

506-509

845-848

Anticipi di liquidità enti territoriali per pagamento debiti della Pa

 

 

 

509-bis – 509-vicies quinquies

849-872

Assunzioni personale sanitario nelle zone colpite dal sisma

 

 

 

509-viciessexies

873

Ripiano del disavanzo regioni a statuto speciale a seguito di cancellazione di crediti

 

 

 

509-vicies septies

874

Rapporti finanziari con le autonomie speciali

63

510

510

510

875

Contributo alla finanza pubblica della Regione Valle d'Aosta

 

 

 

510-bis –quinquies

876-879

Contributo alla finanza pubblica della Regione Siciliana

 

 

 

510-sexies-duodecies

880-886

Accoglienza richiedenti protezionale nelle province autonome di Trento e Bolzano

 

 

 

510-terdecies

887

Minoranza italiana in Croazia e Slovenia ed esuli istriani, giuliani e dalmati

 

511

511

511

888

Finanziamento piani di sicurezza per la manutenzione di strade e scuole delle province delle regioni a statuto ordinario

64

512-515

512-515

512, 514

Soppressi co 513 e co 515

889-890

Interventi bacino del Po

 

516

516

516

891

Rimborso minor gettito TASI comuni

 

 

 

516-bis – 516-quinquies

892-895

Fondo sperimentale di riequilibrio per le province

 

517

517

517

896

Utilizzo del risultato di amministrazione per gli enti in disavanzo

65

518-521

518-521

518-521

897-900

Spese per lavori pubblici urgenti degli enti locali

 

522

522

522

901

Semplificazione adempimenti contabili

66

523-526

523-526

523-526

902-905

Anticipazioni di tesoreria enti locali

 

 

 

526-bis

906

Anticipazione di somme ai comuni in dissesto per pagamenti in sofferenza

 

 

 

526-ter

907

Servizi di tesoreria dei piccoli comuni

 

 

 

526-quater

908

Disciplina del fondo pluriennale vincolato per i lavori pubblici

67

527-529

527-529

527-529

909-911

Deroghe al Codice dei contratti pubblici per lavori di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea

 

 

 

529-bis

912

Disposizioni concernenti il Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia

68

530-533

530-533

530-533

913-916

Imposta comunale sulla pubblicità

 

534-535

534-535

534-535

917, 919

Risorse per il Ponte San Michele

 

 

 

534-bis

918

Fondo per il potenziamento delle iniziative in materia di sicurezza urbana

 

536

536

536

920

Fondo solidarietà comunale

 

 

 

536-bis

921

Gestione commissariale per il debito pregresso di Roma Capitale

69

537-546

537-546

537-546

922-930, 932

Fondi per la metropolitana di Roma

 

 

 

545-bis

931

Ripristino straordinario della piattaforma stradale della grande viabilità di Roma

 

 

 

546-bis - 546-quinquies

933-936

Disposizione per il finanziamento degli investimenti regionali

70

547-548

547-548

547-548

937-938

Debiti Regioni

 

 

 

548-bis

939

Rivalutazione quote societarie

 

549-559

549-559

549-559

940-950

Commissari per il completamento del Piano nazionale per le città

 

 

 

559-bis

951

Variazioni di bilancio amministrative

71

560

560

560

952

Impianti alimentati da fonti rinnovabili

 

561

561

561

953

Incentivi per impianti di biogas realizzati da imprenditori agricoli

 

 

 

561-bis-quinquies

954-957

Tavolo di lavoro per favorire l’attuazione del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68

72

562-563

562-563

562-563

958-959

Piano di riequilibrio finanziario pluriennale

73

564

564

564

960

Rinegoziazione del debito degli enti locali relativo ai prestiti gestiti da Cassa depositi e prestiti S.p.A. per conto del Ministero dell’economia e delle finanze

74

565-568

565-568

565-568

961-964

Riduzione dei costi della politica nelle regioni a statuto speciale, ordinario e nelle province autonome)

75

569-572

569-572

569-571

572 soppresso

965-967

Consultazioni elettorali

 

573

573

573

968

Fondo aree confine

76

574

574

574

969

Fondo montagna

77

575

575

575

970

Fabbisogno finanziario Università

78

576-582

576-582

576-582

971-977

Turn over università statali “virtuose”

 

 

 

582-bis

978

Incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università

 

583

583

583

979

Incremento del Fondo ordinario per gli enti di ricerca vigilati dal MIUR

 

584

584

584

980

Incremento del Fondo per le borse di studio universitarie

 

585

585

585

981

112 Numero Unico Europeo

 

586-588

586-588

586-588

982-984

Esigenze emergenziali - Esenzione IMU

79, co.1

589

589

589

985

Esclusione ISEE immobili inagibili

 

 

 

589-bis

986

Proroga sospensione mutui

79, co. 2

590

590

590

987

Protezione civile sisma centro Italia proroga stato emergenza

79, co. 3

591

591

591

988

Somme Camera deputati per il Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate dell’Italia centrale

 

592

592

592

989

Proroga gestione straordinaria sisma 2016

79, co. 4

593

593

593

990

Proroga e sospensione di termini in materia di adempimenti e versamenti tributari e contributivi

 

 

 

593-bis -e quater

991 e 993

Contenzioso sisma Umbria 1997

 

 

 

593-ter

992

Riscossione somme comuni terremotati

 

 

 

593-quinquies-sexies

994-995

Contributo per i comuni colpiti dagli eventi sismici dell’aprile 2009 diversi dal Comune dell’Aquila

 

 

 

593-septiess

996

Esenzione alcune imposte territori sisma

 

 

 

593-octies-novies

997-998

Convenzione Fintecna eventi sismici 2012

 

594-595

594-595

594-595

99-1000

Assunzioni in deroga Commissari delegati, comuni e prefetture per eventi sismici 2012

 

696

596

596

1001

Lavoro straordinario (eventi sismici 2012)

 

597-598

597-598

597-598

1002-1003

Disposizioni relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco,  anche con riferimento alla città di Genova

 

 

 

598-bis – 589-ter

1004-1005

Sospensione rate mutui Cdp (eventi sismici 2012)

 

599-602

599-602

599-602

1006-1009

Comunicazione ammontare danni subiti eventi sismici

 

 

 

602-bis

1010

Incremento Fondo ricostruzione eventi sismici 2012

 

603-604

603-604

603-604

1011-1012

Contributo a imprese colpite alluvione Piemonte 1994

 

605-606

605-606

605-606

1013-1014

Riduzione Fondo crediti di dubbia esigibilità enti locali

 

 

 

606-bis-quinquies

1015-1018

Rifinanziamento misure di sostegno all’autotrasporto previste dal decreto legge 109 del 2018

79, co. 5

607

607

607

1019

Zona franca urbana della Città Metropolitana di Genova

79, co. 6

608

608

608

1020

Insediamenti container in zone emergenziali

 

 

 

608-bis

1021

Regime fiscale strutture periferiche enti pubblici non economici

 

 

 

608-ter

1022

Finanziamento del Piano Straordinario di investimenti dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale

79, co. 7-8

609-610

609-610

609-610

1023-1024

Flussi veicolari porto Genova

 

 

 

610-bis-quater

1025-1027

Dissesto idrogeologico e messa in sicurezza nei territori in emergenza

 

 

 

610-quinquies-sexies

1028-1029

Utilizzo da parte delle Regioni delle risorse disponibili per il dissesto idrogeologico 

 

 

 

610-septies

1030

Bonus malus sulle emissioni di CO2 g/km delle nuove autovetture

 

611-620

611-620

611-612, -612-bis-quinquies, 613-619, 619-bis-quinquies
soppresso comma 620

1031-1047

Riduzione tassa automobilistica veicoli storici

 

 

 

619-sexies

1048

Attività di revisione dei veicoli adibiti a trasporto di merci

 

 

 

619-septies-octies

1049-1050

Prelievo erariale unico sugli apparecchi da divertimento (PREU)

80

621

621

621

1051

Imposta unica giochi a distanza e scommesse

 

 

 

621-bis

1052

Proroga della rideterminazione del valore di acquisto dei terreni e delle partecipazioni

81

622-623

622-623

622-623

1053-1054

Abrogazione IRI

82

624

624

624

1055

Differimento della deduzione delle svalutazioni e perdite su crediti (Rimodulazione DTA)

83

625-626

625-626

625-626

1056, 1065

Incentivi rottamazione per acquisto veicoli non inquinanti

 

 

 

625-bis – 625-novies

1057-1064

Rideterminazione dell’acconto dell’imposta sulle assicurazioni

84

627

627

627

1066

Deducibilità delle perdite su crediti in sede di prima applicazione dell’IFRS 9

85

628-630

628-630

628-630

1067-1069

Facoltà di applicazione dei principi contabili internazionali

 

631-632

631-632

631-632

1070-1071

Bilanci capogruppo BCC

 

 

 

632-bis

1072

Comunicazione non finanziarie delle grandi imprese

 

 

 

632-ter

1073

Disposizioni in materia di tassazione dei tabacchi lavorati

86

633-637

633-637

633-637

1074-1078

Deducibilità delle quote di ammortamento del valore dell’avviamento e di altri beni immateriali

87

638

638

638

1079

Abrogazione ACE

88

639

639

639

1080

Vendita GPL

 

 

 

639-bis-quater

1081-1083

Imposta di registro

 

 

 

639-quinquies

1084

Abrogazione deduzioni e credito d'imposta IRAP

 

 

 

639-sexies-octies

1085-1087

Cartolarizzazione crediti con finanziamento e trasferimento rischio su società di cartolarizzazione

 

640-641

640-641

640-641

1088-1089

Supporto alle PMI da parte delle società di cartolarizzazione

 

642

642

642

1090

Entrate locali

 

643

643

643
soppresso
vedi 654-quater, lett. b)

 

Riscossione TARI

 

 

 

643-bis

1091

Riduzione base imponibile IMU

 

644

644

644

1092

Modalità di commisurazione Tari

 

 

 

644-bis

1093

Uso efficiente dello spettro e transizione alla tecnologia 5G (Banda larga)

89

645

645

645

1094

Disposizioni in materia di giochi 

 

646-649

646-649

646-649

1095-1098

Vendita di titoli di accesso ad attività di spettacolo

 

650-651

650-651

650-651

1099-1100

Interventi in materia di riorganizzazione delle frequenze radiotelevisive

 

 

 

651-bis – duodecies

1101-1111

Agenzia Torino 2006

 

 

 

651-terdecies - quinquiesdecies

1112-113

Celebrazioni figura Nilde Iotti

 

 

 

651-sexiesdecies

1114

Fondi Tabella A e B

90, co. 1

652

652

652

1115

Incremento Fondo esigenze indifferibili in corso di gestione

90, co. 2

653

653

653

1116

Monitoraggio dell’andamento dei conti pubblici e accantonamento di 2 miliardi di euro per il 2019

 

 

 

653-bis-quinquies

1117-1120

Disposizioni in materia di premi e contributi INAIL ed in materia di tutela assicurativa INAIL

 

 

 

653-sexies-undecies

1121-1126

Acconto cedolare secca

 

 

 

653-duodecies

1127

Imposta di bollo virtuale per banche e intermediari finanziari

 

 

 

653- terdecies

1128

Contributo di sbarco nel comune di Venezia

 

 

 

653-quaterdecies

1129

Clausola di salvaguardia

 

654

654

654

1130

Proroga termine per assunzioni presso pubbliche amministrazioni

 

 

 

654-bis – lett. a), b), c), d) 

1131, lett. a), b), c), d) 

Stabilizzazione personale del CREA e dell’INAPP

 

 

 

 lett. e)

1131, lett. e)

Proroga divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione

 

 

 

lett. f)

1131, lett. f)

Colloqui investigativi con i detenuti

 

 

 

lett. g)

1131, lett. g)

Deposito materiale derivate dal crollo di edifici

 

 

 

lett. h)

1131, lett. h)

Proroga di termini per l’utilizzo delle dichiarazioni sostitutive da parte dei cittadini stranieri

 

 

 

654-ter, lett- a)

1132, lett. a)

Proroga di termini per l’impiego di guardie private nel contrasto alla pirateria

 

 

 

lett. b)

1132, lett. b)

Poteri sostitutivi del Prefetto in caso di mancata approvazione del bilancio degli enti locali

 

 

 

lett. c)

1132, lett. c)

Proroga termini rendicontazione di ordini collettivi di pagamento

 

 

 

654-quater lett a)

1133, lett. a)

Proroga aliquote TASI

 

 

 

lett. a-bis)

1133, lett. b)

Proroga termini in materia di razionalizzazione del patrimonio pubblico

 

 

 

lett. b)

1133, lett. c)

Proroga norme di contenimento costi agenzie fiscali

 

 

 

lett. c)

1133, lett. d)

Proroga divieto partecipazioni incrociate TV editoria

 

 

 

654-quinquies, lett a)

1134, lett. a)

Mediatori, agenti e rappresentanti di commercio, mediatori marittimi e spedizionieri

 

 

 

lett. a-bis)

1134, lett. b)

Proroga gestione commissariale Galleria Pavoncelli

 

 

 

654-sexies lett. a)

1135, lett. a)

Differimento dell'entrata in vigore del documento unico di circolazione

 

 

 

lett. b)

1135, lett. b)

Proroghe in materia di impianti a fune delle regioni Abruzzo e Marche

 

 

 

lettera b-bis)

1135, lett. c)

Proroga versamento del beneficio ReI

 

 

 

654-septies lett. a)

1136, lett. a)

Proroga adozione sistema UNIEMENS al settore agricolo

 

 

 

lett. b)

1136, lett. b)

Piani recupero occupazionale

 

 

 

lett. b-bis)

1136, lett. c)

Proroga di norma relativa alle assunzioni da parte dell'AIFA

 

 

 

654-octies

1137

Proroghe di termini in materia di edilizia scolastica

 

 

 

654-novies lett. a)

1138, lett. a)

Proroghe in materia di inclusione scolastica studenti con disabilità

 

 

 

lett. b)

1138, lett. b)

Proroga di termini in materia di intercettazioni

 

 

 

654-decies lett. a)

1139, lett. a)

Funzioni di dirigente dell’esecuzione penale esterna

 

 

 

lett. b)

1139, lett. b)

Funzionalità uffici giudiziari

 

 

 

lett. c)

1139, lett. c)

Proroga di termini in materia di circoscrizioni giudiziarie de L’Aquila e Chieti

 

 

 

lett. d)

1139, lett. d)

Albo delle giurisdizioni superiori

 

 

 

lett. e)

1139, lett. e)

Banca dati Prum

 

 

 

654-undecies lett. a)

1140, lett. a)

Proroga dei provvedimenti di soppressione e di riconfigurazione di comandi, enti e altre strutture ordinative dell'Esercito italiano

 

 

 

lett. b)

1140, lett. b)

Proroga adeguamento antincendio strutture ricettive

 

 

 

654-duodecies

1141

Proroghe in materia di promozione delle opere europee ed italiane da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi

 

 

 

654-terdecies

1142

Tecnici inquinamento acustico

 

 

 

654-quaterdecies

1143

Sezione II - Approvazione Stati di previsione

 

 

 

 

 

Stato di previsione dell’entrata

91

2

2

2

2

Stato di previsione del Ministero dell’economia

92

3

3

3

3

Stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico

93

4

4

4

4

Stato di previsione del Ministero del lavoro

94

5

5

5

5

Stato di previsione del Ministero della giustizia

95

6

6

6

6

Stato di previsione del Ministero degli affari esteri

96

7

7

7

7

Stato di previsione del Ministero dell’istruzione

97

8

8

8

8

Stato di previsione del Ministero dell’interno

98

9

9

9

9

Stato di previsione del Ministero dell’ambiente

99

10

10

10

10

Stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e trasporti

100

11

11

11

11

Stato di previsione del Ministero della difesa e disposizioni relative

101

12

12

12

12

Stato di previsione del Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo

102

13

13

13

13

Stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali

103

14

14

14

14

Stato di previsione del Ministero della salute

104

15

15

15

15

Totale generale della spesa

105

16

16

16

16

Quadro generale riassuntivo

106

17

17

17

17

Disposizioni diverse

107

18

18

18

18

Entrata in vigore

108

19

19

19

19

 


ARTICOLO 1

Articolo 1, comma 604
(Card cultura per i diciottenni)

 

 

L’articolo 1, comma 604, modificato durante l’esame al Senato, definisce la disciplina sostanziale per l’assegnazione della Card cultura a tutti i residenti nel territorio nazionale che compiono 18 anni nel 2019, stabilendo un limite massimo di spesa di € 240 mln.

 

In particolare, dispone l’assegnazione di una Carta elettronica, nel limite massimo di spesa di € 240 mln, a tutti i residenti nel territorio nazionale in possesso, ove previsto, di permesso di soggiorno in corso di validità, i quali compiono 18 anni nel 2019, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura e la conoscenza del patrimonio culturale.

 

La relazione tecnica all’A.C. 1334 evidenziava che per il 2016 si sono registrati sull’applicazione dedicata 356.273 diciottenni, con un tetto massimo spendibile di € 178.136.500, peraltro non completamente utilizzato.

Per il 2017, alla data del 19 settembre 2018 si erano registrati 416.718 diciottenni, con una spesa massima teorizzabile pari a € 208.359.000.

 

La Carta elettronica è utilizzabile per l’acquisto di biglietti per rappresentazioni teatrali e cinematografiche e spettacoli dal vivo, libri, musica registrata, titoli di accesso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche, parchi naturali, corsi di musica, di teatro o di lingua straniera.

Inoltre, affida ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, la definizione della disciplina applicativa. In particolare, il decreto interministeriale deve definire gli importi nominali da assegnare nell’ambito delle risorse disponibili, nonché i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo della Carta.

In particolare, rispetto alle disposizioni relative agli anni 2016, 2017 e 2018, lo strumento al quale è affidata la definizione della disciplina applicativa non è più individuato in un DPCM, pur emanato di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e il Ministro dell'economia e delle finanze.

Come per gli anni passati, le somme attribuite non costituiscono reddito imponibile del beneficiario e non rilevano ai fini del computo del valore dell’ISEE.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 1, co. 979-980, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) – nel testo come modificato dall’art. 2-quinquies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) – aveva previsto che a tutti i residenti nel territorio nazionale, in possesso, ove previsto, di permesso di soggiorno, che compivano 18 anni nel 2016 era assegnata una carta elettronica – dell’importo nominale massimo di € 500 –, da utilizzare per ingressi a teatro, cinema, mostre e altri eventi culturali, spettacoli dal vivo, per l’accesso a musei, monumenti, gallerie e aree archeologiche e parchi naturali, per l’acquisto di libri. A tal fine, aveva autorizzato la spesa di € 290 mln per il 2016. I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo da assegnare, pari a € 500, erano stati disciplinati con DPCM 15 settembre 2016, n. 187.

Successivamente, tale previsione era stata estesa dall’art. 1, co. 626, della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) anche ai giovani che compivano 18 anni nel 2017, che potevano utilizzare la Carta anche per l'acquisto di musica registrata, nonché di corsi di musica, di teatro o di lingua straniera. A tal fine, era stata autorizzata la spesa di € 290 mln per il 2017. I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo da assegnare, erano stati disciplinati con DPCM 4 agosto 2017, n. 136, che aveva modificato il DPCM del 2016.

Ancora in seguito, la L. 205/2017 ha rifinanziato l’iniziativa per il 2018 e per il 2019 con € 290 mln annui, ma intervenendo direttamente nello stato di previsione del Mibact.

Al riguardo, la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato, nell’Adunanza di Sezione del 7 giugno 2018 (NUMERO AFFARE 00680/2018), pronunciandosi sullo schema di un nuovo DPCM di definizione della disciplina applicativa, aveva stigmatizzato la mancanza di una norma legittimante di rango primario da porre a base dello stesso. In particolare, in risposta alle controdeduzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri, aveva osservato che anche dalla nuova impostazione dello schema normativo di finanza pubblica delineata con la L. 163/2016 non sembrava poter derivare il venir meno della necessità di emanare una norma legittimante di rango primario da porre a base del DPCM, al fine anzitutto di poter individuare la platea di beneficiari del diritto.

A tale rilievo ha dato seguito l’art. 7 del D.L. 91/2018 (L. 108/2018), che ha inserito nell’art. 1, co. 626, della L. 232/2016 il riferimento al (solo) 2018.


 

Articolo 1, comma 613
(Risorse per Parma, Capitale italiana della cultura 2020)

 

 

L’articolo 1, comma 613, introdotto durante l’esame al Senato, autorizza la spesa di € 3 mln per il 2019, al fine di sostenere iniziative per la valorizzazione del patrimonio culturale della città di Parma, designata capitale italiana della Cultura 2020.

 

 

L’art. 7, co. 3-quater, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014) ha previsto che il Consiglio dei ministri conferisce annualmente il titolo di "Capitale italiana della cultura" ad una città italiana, sulla base di un'apposita procedura di selezione definita con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, e che i progetti presentati dalla città designata sono finanziati a valere sulla quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020, nel limite di € 1 mln per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017, 2018 e 2020.

Successivamente, l’art. 1, co. 326, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha reso permanente tale previsione, disponendo che il titolo di “Capitale italiana della cultura” è conferito, con le medesime modalità, anche per gli anni successivi al 2020, e autorizzando a tal fine la spesa di € 1 mln annui dal 2021.

 

Sulla base della procedura definita, da ultimo, con DM 16 febbraio 2016, l'11 maggio 2017 è stato emanato il bando per la Capitale italiana della cultura 2020. Il 16 febbraio 2018 il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ha reso noto che la città designata per il 2020 è Parma.

Qui il sito dedicato alle capitali italiane della cultura.


 

Articolo 1, comma 617
(Disposizioni in materia di filatelica)

 

 

Il comma 617 reca disposizioni volte alla promozione e diffusione della cultura filatelica nazionale e alla valorizzazione di immobilizzazioni di carte valori evitandone il rischio di depauperamento nel tempo.

 

 

Il comma 617 modifica l’articolo 215 del DPR 19 maggio 1982 n. 655, introducendovi un ulteriore comma.

Il nuovo comma prevede che, nei casi di giacenza presso il fornitore del servizio postale universale di una ingente quantità, non inferiore a un miliardo di esemplari, di carte valori postali con il valore facciale, anche espresso in valuta non avente più corso legale, non più rispondente ad alcuna tariffa in vigore, il fornitore è autorizzato a procedere direttamente alla vendita,  come francobolli da collezione, a prezzi diversi da quelli nominali ed anche fuori dal territorio dello Stato, attraverso aste filateliche anche in più lotti non omogenei decorsi trenta giorni dalla comunicazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze  e al Ministero dello Sviluppo Economico.

 

L'articolo 215 del d.P.R. n. 655 del 1982 reca disposizione in materia di smercio delle carte-valori. Più nel dettaglio la disposizione prevede che la vendita delle carte-valori postali è fatta indistintamente da tutti gli uffici postali e che, invece, la rivendita è fatta dagli spacciatori di generi di monopolio, secondo le norme legislative vigenti, ma può anche essere affidata ad altri, mediante autorizzazione dell'Amministrazione. L'Amministrazione stessa ha facoltà di far visitare le rivendite da propri agenti, per accertare che siano sufficientemente provviste di carte-valori postali. Le autorizzazioni possono essere revocate. L'articolo vieta ai venditori e rivenditori di carte-valori postali di venderle o di rivenderle a prezzi diversi da quelli nominali o in uno stato diverso da quello in cui sono fornite dall'Amministrazione e di farne acquisto, non solo da privati, ma anche da qualsiasi ufficio postale che non sia quello designato dall'Amministrazione.

I rivenditori ricevono un aggio, la cui misura viene determinata con decreto del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni di concerto con quello del tesoro.

I rivenditori debbono pagare anticipatamente l'importo delle carte-valori che ritirano.

 


 

Articolo 1, comma 619
(Risorse per la sicurezza del patrimonio culturale
nelle aree colpite dal sisma 2016/2017)

 

 

L’articolo 1, comma 619, introdotto durante l’esame al Senato, autorizza la spesa di € 600.000 per ciascuno degli anni 2019 e 2020 per il rafforzamento delle attività di conservazione e per la realizzazione di progetti sperimentali relativi ad iniziative in materia di sicurezza del patrimonio culturale nelle aree colpite dagli eventi sismici avviatisi il 24 agosto 2016.

 

I progetti devono essere realizzati da parte delle Soprintendenze Archeologia, Belle arti, paesaggio delle regioni Abruzzo, Marche e Umbria e della Soprintendenza Archeologia, Belle arti, paesaggio per le  province di Frosinone, Latina e Rieti.

 

Al riguardo, si ricorda che le risorse per la conservazione, il potenziamento e la realizzazione di progetti sperimentali relativi ad iniziative in materia di sicurezza del patrimonio culturale sono  allocate sul cap. 8281/pg 31 dello stato di previsione del Mibac.

 

Con specifico riferimento al patrimonio culturale delle zone colpite dagli eventi sismici 2016/2017, il Mibac, con comunicato stampa del 24 agosto 2018 aveva reso noto che “A due anni dal Terremoto in Centro Italia, sono oltre 22mila le opere d’arte recuperate e più di 15mila i libri, mentre i beni archivistici superano i 5mila metri lineari. Dopo essere stato salvato dalle macerie e dal rischio di nuovi crolli, questo immenso patrimonio è attualmente custodito nei depositi allestiti nelle quattro regioni colpite, dove viene sottoposto ai necessari interventi conservativi. Intanto, oltre 1.600 edifici di interesse culturale sono già stati messi in sicurezza”.

 

 


 

Articolo 1, comma 620
(Promozione dell’arte contemporanea italiana all’estero)

 

 

L’articolo 1, comma 620, introdotto nel corso dell’esame al Senato, destina parte delle risorse del Piano per l’arte contemporanea alla promozione dell’arte contemporanea italiana all’estero.

 

In particolare, sono destinati a tale finalità € 3 mln per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e € 1 mln annui a decorrere dal 2021.

 

L’art. 3, co. 1, della L. 29/2001 ha affidato al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al fine di consentire l'incremento del patrimonio pubblico di arte contemporanea, anche mediante acquisizione di opere di artisti italiani e stranieri, la predisposizione di un Piano per l'arte contemporanea, per la realizzazione del quale, comprese le connesse attività propedeutiche e di gestione, ha autorizzato, a decorrere dal 2002, la spesa annua di 10 mld di lire.

Successivamente, l’art. 1, co. 310, della L. 205/2017 (L. di Bilancio 2018) ha autorizzato per la realizzazione del Piano l'ulteriore spesa di € 2 mln per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020.

 

Le risorse del Piano sono allocate sul cap. 7707/pg 13 dello stato di previsione del Mibac. Nel ddl iniziale di bilancio 2019 (A.C. 1334) le stesse ammontavano a € 3,955 mln per il 2019, a € 3,925 mln per il 2020 e a € 1,925 mln per il 2021.

 

Le risorse destinate alla promozione dell’arte contemporanea all’estero, invece, sono allocate sul cap. 7707/pg 11 dello stesso stato di previsione. Queste, sempre nel ddl iniziale di bilancio 2019 (A.C. 1334), ammontavano a € 37.823 per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021.


 

Articolo 1, commi 629-633
(Riassetto della CONI Servizi Spa e modifica del sistema di finanziamento dello sport)

 

 

L’articolo 1, commi 629-633, modificati durante l’esame al Senato, mutano innanzitutto la denominazione della "CONI Servizi spa" in "Sport e Salute Spa" e, nell’ambito del nuovo sistema di finanziamento delineato, attribuiscono alla stessa il compito di provvedere al sostegno degli organismi sportivi, finora assicurato dal CONI, prevedendo, tuttavia, che ciò avviene anche sulla base degli indirizzi generali adottati dallo stesso CONI.

Inoltre, ridisciplinano la governance della società per azioni, in particolare attribuendo a vari esponenti del Governo, previo parere delle Commissioni parlamentari, il compito di nominare il presidente e gli altri membri del consiglio di amministrazione.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l'art. 8 del D.L. 138/2002 (L. 178/2002) – come modificato dall’art. 34-bis del D.L. 4/2006 (L. 80/2006) – ha previsto che il CONI (autorità di disciplina, regolazione e gestione delle attività sportive nazionali), per l'espletamento dei suoi compiti, si avvale della “CONI Servizi spa”, il cui capitale sociale è di € 1 mln e le cui azioni sono attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze.

Il presidente della CONI Servizi spa e gli altri componenti del consiglio di amministrazione sono designati dal CONI e, al fine di garantire il coordinamento e la sinergia delle funzioni della società con quelle dell'ente, le rispettive cariche di vertice possono coincidere[2].

Il presidente del collegio sindacale è designato dal Ministro dell'economia e delle finanze, mentre gli altri componenti erano designati dal Ministro per i beni e le attività culturali (al riguardo, v. infra).

I rapporti, anche finanziari, tra il CONI e la CONI Servizi spa sono disciplinati da un contratto di servizio annuale.

La CONI Servizi spa è soggetta al controllo della Corte dei conti e può avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato. Il personale alle dipendenze del CONI è passato, dall'8 luglio 2002, alle dipendenze della CONI Servizi spa, la quale è succeduta in tutti i rapporti attivi e passivi, compresi i rapporti di finanziamento con le banche, e nella titolarità dei beni facenti capo all'ente pubblico.

 

Si ricorda, inoltre, che l’art. 1, co. 19, del D.L. 181/2006 (L. 233/2006) ha attribuito al Presidente del Consiglio dei Ministri le funzioni in materia di sport già attribuite, ai sensi degli artt. 52, co. 1, e 53, del d.lgs. 300/1999, al Ministero per i beni e le attività culturali, tra cui la vigilanza sul CONI e sull'Istituto del credito sportivo. Sono stati, pertanto, già superati, per effetto di tale previsione, i riferimenti al Ministro per i beni e le attività culturali presenti nell’art. 8 del D.L. 138/2002.

 

In particolare, il comma 629 stabilisce che la "CONI Servizi spa" – di cui all’art. 8, co. 2, del D.L. 138/2002 (L. 178/2002) – assume la denominazione di "Sport e salute Spa" e che, conseguentemente, ogni richiamo a CONI Servizi spa contenuto in disposizioni normative vigenti deve intendersi riferito a Sport e Salute Spa.

Al contempo, tuttavia, il comma 633 sostituisce esplicitamente le parole “CONI Servizi spa” con le parole “Sport e salute Spa” nell’art. 8, co. 2, citato.

Nella restante parte dell’art. 8 citato rimane, invece, il riferimento a CONI Servizi spa.

Occorrerebbe uniformare il testo del citato art. 8.

 

Il comma 630 e il comma 632 modificano l'attuale meccanismo di finanziamento dell'attività sportiva nazionale da parte dello Stato. In particolare, il comma 630 dispone, anzitutto, che, dal 2019, le risorse destinate al CONI e alla Sport e salute Spa sono complessivamente stabilite nella misura annua – comunque non inferiore a € 410 mln – del 32% delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato nell’anno precedente derivanti dal versamento delle imposte ai fini IRES, IVA, IRAP e IRPEF nei settori di attività relativi a gestione di impianti sportivi, attività di club sportivi, palestre e altre attività sportive. In base al comma 632, tuttavia, “gli importi” complessivamente destinati a CONI e Sport e salute spa, in relazione alle entrate effettivamente incassate e accertate in sede di legge di bilancio o di legge di assestamento, possono essere rimodulati annualmente con DPCM, su proposta dell’autorità di Governo competente in materia di sport, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Al co. 360-bis occorrerebbe riferirsi all’”importo minimo di cui al comma 359, primo periodo” (e non agli “importi”).

 

Sempre in base al comma 630, le risorse complessive sono così ripartite:

·      € 40 mln annui al CONI, per il finanziamento delle spese relative al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, nonché per la copertura degli oneri relativi alla preparazione olimpica e al supporto alla delegazione italiana;

·      una quota non inferiore a € 368 mln annui alla Sport e salute Spa, di cui inizialmente non meno di € 280 mln annui da destinare al finanziamento delle federazioni sportive nazionali (FSN), delle discipline sportive associate (DSA), degli enti di promozione sportiva (EPS), dei gruppi sportivi militari e dei corpi civili dello Stato, nonché delle associazioni benemerite (tutti soggetti finanziati, a legislazione vigente, dal CONI).

Qui la pagina dedicata sul sito del CONI;

·      € 2 mln annui, da destinare alla copertura degli oneri derivanti dalla riforma dei concorsi pronostici sportivi recata dai commi da 634 a 639.

In base al comma 631, tuttavia, in sede di prima applicazione, la ripartizione tra CONI e Sport e salute Spa può essere rimodulata con DPCM, su proposta dell’autorità di Governo competente in materia di sport, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il CONI.

 

Sempre in base al comma 630, infine, per l'anno 2019 sono confermati nel loro ammontare gli importi già comunicati dal CONI a tutti gli organismi sportivi sopra indicati ai fini della predisposizione del relativo bilancio di previsione.

 

Si segnala che, per il finanziamento degli organismi sportivi sopra indicati, al comma 630 occorre fare riferimento al quarto periodo (e non al terzo).

 

Qui i contributi per la parte sportiva da assegnare per il 2019 alle federazioni sportive nazionali approvati dalla Giunta nazionale del CONI il 21 novembre 2018.

Al riguardo, si ricorda che i contributi alle FSN sono assegnati secondo la delibera assunta dalla Giunta Nazionale dell'8 novembre 2007, aggiornata, da ultimo, con delibera n. 521 del 2 dicembre 2016.

Alla data del 18 dicembre 2018, in base a quanto pubblicato sul sito del CONI, non risulterebbero adottate delibere riguardanti, per il 2019, gli altri organismi sportivi.

 

Il comma 633 ridefinisce la governance della Sport e salute Spa, novellando, a tal fine, l’art. 8 del D.L. 138/2002 (L. 178/2002).

Anzitutto, specifica che il CONI si avvale, per l’espletamento dei suoi compiti, della Sport e salute Spa, previa stipula del contratto di servizio già previsto dallo stesso art. 8, per il quale ora si dispone l’efficacia dopo l’approvazione da parte dell’autorità di Governo competente in materia di sport.

Inoltre, fermo restando che le azioni della società sono attribuite al MEF, stabilisce che il consiglio di amministrazione è composto di 3 membri (più, per alcune funzioni, un consigliere aggiunto: v. infra), di cui uno con funzioni di presidente. Il presidente – che è nominato dall’autorità di Governo competente in materia di sport, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti – ha la rappresentanza legale della società e svolge anche le funzioni di amministratore delegato. Gli altri componenti del consiglio di amministrazione sono nominati, rispettivamente, dal Ministro della salute e dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti (in base alla normativa vigente, invece, il presidente e gli altri componenti del consiglio di amministrazione sono designati dal CONI).

Dispone, inoltre, che, fermo restando quanto previsto dall’art. 11 del d.lgs. 175/2016 in tema di organi amministrativi e di controllo delle società a controllo pubblico, con DPCM, su proposta dell’autorità di Governo competente in materia di sport, previo parere del CONI, sono stabiliti ulteriori requisiti manageriali e sportivi necessari per le nomine negli organi della società.

Rispetto alla normativa vigente, in base alla quale le cariche di vertice della società e del CONI e possono coincidere, si stabilisce ora l’incompatibilità con gli organi di vertice del CONI, nonché con gli organi di vertice elettivi di FSN, DSA, EPS, gruppi sportivi militari, corpi civili dello Stato, associazioni benemerite. Tale incompatibilità perdura per un biennio dalla cessazione della carica.

Nulla varia, invece, rispetto al quadro legislativo vigente, per il collegio sindacale, il cui presidente è designato dal MEF, mentre gli altri componenti sono designati dall’autorità di Governo competente in materia di sport.

Nelle more delle nomine secondo la nuova disciplina, gli organi in carica possono adottare atti di straordinaria amministrazione esclusivamente previo parere conforme dell’autorità di Governo competente in materia di sport. Resta ferma la possibilità di adottare gli atti di ordinaria amministrazione, nonché gli atti urgenti e indifferibili, indicando specificamente i motivi che determinano tali presupposti.

Per il finanziamento degli organismi sportivi, Sport e salute Spa istituisce una gestione separata e provvede al riparto delle risorse sulla base degli indirizzi generali in materia sportiva adottati dal CONI in armonia con i principi dell’ordinamento sportivo internazionale. Per l’amministrazione della gestione separata, il consiglio di amministrazione della società è integrato con un membro designato dal CONI quale consigliere aggiunto. In caso di parità di voti, prevale il voto del presidente.

In caso di gravi irregolarità nella gestione o di scorretto utilizzo dei fondi trasferiti l’autorità di Governo competente in materia di sport può procedere alla revoca, anche parziale, delle risorse assegnate agli organismi sportivi. Resta fermo che, ai sensi dell’art. 7, co. 2, lett. e) ed f), del d.lgs. 242/1999, la giunta nazionale del CONI esercita il potere di controllo su FSN, DSA, EPS in merito al regolare svolgimento delle competizioni, alla preparazione olimpica e all'attività sportiva di alto livello e all'utilizzo dei contributi finanziari, e propone al Consiglio nazionale il commissariamento delle FSN o delle DSA in caso di gravi irregolarità nella gestione o di gravi violazioni dell'ordinamento sportivo da parte degli organi direttivi, in caso di constatata impossibilità di funzionamento dei medesimi, o nel caso in cui non siano stati ottemperati gli adempimenti regolamentari al fine di garantire il regolare avvio e svolgimento delle competizioni sportive nazionali.

Inoltre, lo stesso comma 633 sopprime la previsione, recata dall’art. 8, co. 13, del D.L. 138/2002, in base alla quale, fino alla data della prima assemblea della CONI Servizi spa, restano in vigore, in via provvisoria, tutte le disposizioni legislative e statutarie che disciplinavano il CONI mentre, successivamente, le stesse restano in vigore in quanto compatibili.

Da ultimo, sostituisce i riferimenti al Ministro per i beni e le attività culturali presenti all’art. 8 del D.L. 138/2002 con i riferimenti all’autorità di Governo competente in materia di sport. Peraltro, tale intervento è da intendersi solo come opportuno adeguamento terminologico alle variazioni sostanziali di competenza già intervenute a seguito del citato art. 1, co. 19, del D.L. 181/2006 (L. 233/2006).


 

Articolo 1, commi 634-639
(Riforma dei concorsi pronostici sportivi)

 

 

I commi da 634 a 639 dispongono la riforma dei concorsi pronostici sportivi, da attuarsi con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli; introducono nuovi criteri di ripartizione della posta di gioco; prevedono la sospensione o la chiusura definitiva dei precedenti giochi similari, come il Totocalcio. Le norme prevedono, inoltre che la Sport e salute Spa, sulla base di un apposito contratto di servizio stipulato con l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, provvede all’integrazione del gioco con attività sociali, sportive e culturali.

 

In particolare, il comma 634 stabilisce che, al fine di incentivare forme di gioco che non comportano rischi connessi al disturbo da gioco d'azzardo, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, si procede alla riforma dei concorsi pronostici sportivi, di cui al decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496.

 

Si ricorda che il decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496 prevede agli articoli da 1 a 3 che l'organizzazione e l'esercizio di giochi di abilità e di concorsi pronostici, per i quali si corrisponda una ricompensa di qualsiasi natura e per la cui partecipazione sia richiesto il pagamento di una posta in denaro, sono riservati allo Stato; l'organizzazione e l'esercizio delle predette attività sono affidate al Ministero delle finanze, il quale può effettuarne la gestione direttamente o per mezzo di persone fisiche o giuridiche che diano adeguata garanzia di idoneità. In questo secondo caso, la misura dell'aggio spettante ai gestori e le altre modalità della gestione sono stabilite in speciali convenzioni; i proventi derivanti dall'esercizio delle predette attività devono affluire ad un apposito capitolo di entrata del Ministero delle finanze.

 

Il comma introduce, quindi, una deregolamentazione della disciplina affidando a provvedimenti del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli la riforma dei concorsi pronostici sportivi precedentemente stabilita con decreto del Presidente della Repubblica.

Si segnala infatti che la normativa vigente - articolo 5 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496 - affida la disciplina delle attività di giuoco a un decreto del Presidente della Repubblica, da emanare su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno. Le norme regolamentari per l'applicazione e l'esecuzione del decreto legislativo n. 496 del 1948 sono state quindi emanate con DPR 18 aprile 1951, n. 581.

Successivamente, l’articolo 16, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133, con riferimento a nuovi tipi di scommessa sulle competizioni sportive nonché ad ogni altro tipo di gioco, concorsi pronostici e scommesse, ha autorizzato il Ministro dell'economia e delle finanze ad emanare regolamenti per disciplinare le modalità ed i tempi di gioco, la corresponsione di aggi, diritti e proventi dovuti a qualsiasi titolo. Il regolamento sui concorsi pronostici su base sportiva è contenuto nel D.M. 19 giugno 2003, n. 179.

 

Il comma 635 dispone che il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli definisca la tipologia dei singoli concorsi pronostici sportivi, le condizioni generali di gioco e le relative regole tecniche, la gestione e il controllo dei flussi finanziari, la posta unitaria di partecipazione al gioco, nonché la relativa variazione in funzione dell'andamento del gioco, la giocata minima e la ripartizione della posta unitaria di partecipazione al gioco.

 

L'articolo 1, comma 283, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, (legge finanziaria 2005) ha rideterminato a partire dal 1º gennaio 2005 la posta di gioco dei concorsi pronostici.

In particolare, tale posta è così determinata:

a) 8 per cento, come aggio al luogo di vendita autorizzato;

b) 50 per cento, come montepremi;

c) 33,84 per cento, come imposta unica;

d) 2,45 per cento, come contributo all'Istituto per il credito sportivo;

e) 5,71 per cento, come contributo alle spese di gestione.

Le vincite non riscosse entro i termini stabiliti dal regolamento di gioco, per i concorsi indetti dopo il 1º gennaio 2005, sono riportate sul montepremi del concorso immediatamente successivo.

Si ricorda inoltre che il disegno di legge in esame, al comma 629, dispone che la società CONI Servizi spa assuma la denominazione di ?Sport e salute Spa.

 

I nuovi criteri di ripartizione della posta di gioco definiscono la percentuale da destinare a ciascuna attività:

a) montepremi: tra il 74 per cento e il 76 per cento;

b) compenso del concessionario: 5 per cento;

c) punto vendita a titolo di aggio: 8 per cento;

d) Sport e Salute Spa per attività sociali, sportive, culturali: tra l'11 e il 13 per cento.

 

Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, tale aumento del montepremi è rivolto ad attrarre un numero maggiore di giocatori verso una tipologia di gioco che presenta l’assenza di rischi legati al fenomeno del gioco d’azzardo (gioco con alta competenza e bassa alea; non ripetitività compulsiva, partecipazione a un montepremi da suddividere tra giocatori).

 

La nuova ripartizione non prevede più la percentuale dell’imposta unica e del diritto fisso (abrogati dal successivo comma 638), ma innalza quella destinata al montepremi, il cosiddetto payout, passando dall’attuale 50 per cento ad una forchetta tra il 74 ed il 76 per cento, percentuale ritenuta dalla relazione illustrativa più vicina a quella di giochi similari come le scommesse sportive a quota fissa.

 

Si ricorda che l’articolo 27 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, commi 1 e 2, prevede che sulle giocate dei concorsi pronostici esercitati dallo Stato, dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e dall'Unione nazionale incremento razze equine (UNIRE) i concorrenti sono tenuti a corrispondere, all'atto dell'effettuazione delle giuocate stesse, un diritto fisso di lire 100 per ogni posta del giuoco da ripartire, per ciascun concorso, nella misura del 65 per cento all'Erario e del 35 per cento al monte premi dei concorsi medesimi. Su tale diritto fisso nessuna somma è dovuta ai ricevitori. L'ammontare complessivo dei diritti spettanti all'Erario viene versato dagli enti gestori dei concorsi pronostici in apposito capitolo del bilancio della entrata dello Stato, entro il termine e con le modalità previste per il versamento dell'imposta unica sui giuochi di cui alla legge 22 dicembre 1951, n. 1379.

Si segnala, inoltre, che l’imposta unica è disciplinata dal D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504 - Riordino dell'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse - e prevede all’articolo 4, comma 1 che l’aliquota dell'imposta unica per i concorsi pronostici sia pari al 26,80 per cento della base imponibile fatta salva la rideterminazione, ove necessario, per garantire l'assenza di oneri per il bilancio dello Stato.

 

Il comma 636 dispone che, con il richiamato provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, vengano individuati anche i concorsi pronostici sportivi di cui al decreto ministeriale 19 giugno 2003, n. 179, ovvero Totocalcio, IL9 (concorso abbinato al totocalcio), Totogol, e le scommesse a totalizzatore sportive e non sportive, di cui al decreto ministeriale 2 agosto 1999, n. 278, per i quali viene disposta la sospensione o la chiusura definitiva e le relative modalità di gestione dei flussi finanziari.

 

La relazione chiarisce che si intende in tal modo prevedere la concentrazione della raccolta in un unico montepremi. Attualmente l’elevato numero della tipologia di giochi non consentirebbe infatti la concentrazione della raccolta in un unico montepremi, generando distinti montepremi di importi modesti.

 

Il comma 637 prevede che a partire dal 1º luglio 2019 e sino all'entrata in vigore del provvedimento di cui al comma 361-bis, la ripartizione della posta di gioco per i concorsi pronostici sportivi e per le scommesse a totalizzatore sportive e non sportive è così stabilita:

a) montepremi: 75,00 per cento;

b) compenso del concessionario: 5,00 per cento;

c) punto vendita a titolo di aggio: 8,00 per cento;

d) società Sport e Salute Spa per le attività citate: 12,00 per cento.

 

Il comma 638 stabilisce quindi, come anticipato, che a decorrere dalla medesima data del 1º luglio 2019, sono abrogati l'imposta unica sui concorsi pronostici sportivi e sulle scommesse a totalizzatore sportive e non sportive, e il diritto fisso.

 

Infine, il comma 639 dispone che fermo restando la competenza esclusiva dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli per l'organizzazione del gioco e la gestione delle relative concessioni, la Sport e Salute Spa, sulla base di un apposito contratto di servizio stipulato con l’Agenzia, provvede all’integrazione del gioco con attività sociali, sportive e culturali.

 


 

Articolo 1, comma 640
(Somme per il Fondo “Sport e periferie”)

 

 

Il comma 640 prevede che le risorse previste per le opere segnalate  dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei ministri dal 2 al 15 giugno  2014 (c.d. Cantieri in comune), non assegnate o non utilizzate, siano  versate all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione, con delibera CIPE, allo stato di previsione del MEF, al Fondo “Sport e Periferie”.

 

Il nuovo comma 6-bis, aggiunto all’art. 3 del D.L. n. 133/2014 dal comma 640, prevede il versamento di determinate somme, all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione con delibera CIPE, allo stato di previsione del MEF, per destinarle al Fondo “Sport e Periferie” (art. 15 del D.L. n. 185/2015).

Le risorse riassegnate sono quelle concernenti il finanziamento delle opere segnalate dai comuni (Cantieri in comune) alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2 al 15 giugno 2014 (ai sensi dell’art. 3, comma 2, lettera c) del D.L. 133/2014) e, in particolare, quelle:

§  non assegnate dalla delibera del CIPE n. 38 del 10 aprile 2015, che ha approvato l’elenco degli interventi eleggibili e assegnato le relative risorse;

§  nonché revocate in applicazione del comma 5 dell’art. 3 del D.L. n. 133/2104, oggetto di definanziamento o rimodulazione, totale o parziale, oppure costituenti economie maturate a conclusione degli interventi.

L'art. 3, comma 2, lettera c), ultimo capoverso del D.L. n. 133/2014 prevede tra gli  interventi da finanziare con D.M. delle infrastrutture, a  valere  sulle  risorse  del Fondo sblocca cantieri, istituito dall’art. 18, comma 1 del D.L. n. 69/2013 e successivamente incrementato dall’art. 3, commi 1 e 1-bis del D.L n. 133/2014,  le  opere  segnalate  dai  Comuni  alla Presidenza del Consiglio dei ministri dal 2 al 15 giugno  2014  o  le richieste inviate dai comuni al MIT, ai sensi dell'art. 18,  comma  9,  del  citato D.L. n. 69/2013, sul primo Programma “6000 Campanili”. Successivamente, il decreto  del MIT del 28  gennaio  2015 ha assegnato  alle  opere  di completamento segnalate dai Comuni, 200 milioni di euro, articolati in 20 milioni per il 2015, 15 milioni per il 2016, 100  milioni  per  il 2017 e 65 milioni per il 2018, che la delibera CIPE n. 38 del 10 aprile 2105 ha erogato per  complessivi  198,6 milioni euro in base alle richiese degli enti locali pervenute elencati negli allegati alle medesima delibera.


 

Articolo 1, commi 641-643
(Ripartizione dei diritti audiovisivi del campionato italiano
di calcio di serie A)

 

 

L’articolo 1, commi 641-643 modificati durante l’esame al Senato, innovano la disciplina per la ripartizione delle risorse derivanti dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi relativi al campionato italiano di calcio di serie A.

In particolare, a partire dalla stagione sportiva 2021/2022, si riduce la quota relativa ai risultati sportivi conseguiti e si aumenta quella calcolata sulla base del radicamento sociale. Ai fini della ripartizione di quest’ultima tra le società, si aggiunge il criterio dei minuti giocati da giovani calciatori.

 

Nello specifico, il comma 641, al fine di modificare i criteri di ripartizione delle risorse relative al campionato di serie A, novella l’art. 26 del d.lgs. 9/2008.

 

L’art. 26 del d.lgs. 9/2008 – come modificato dall'art. 1, co. 352, lett. b), della L. 205/2017 – stabilisce che la ripartizione delle risorse assicurate dalla commercializzazione dei diritti audiovisivi relativi al campionato di calcio di serie A – al netto delle quote destinate alla mutualità generale ai sensi dell’art. 22 del medesimo d.lgs.[3] – è effettuata in base ai seguenti criteri:

§  50% in parti uguali tra tutti i soggetti partecipanti al campionato di serie A;

§  30% in base ai risultati sportivi conseguiti (ovvero, più nello specifico: 15% sulla base della classifica e dei punti conseguiti nell’ultimo campionato; 10% sulla base dei risultati conseguiti negli ultimi cinque campionati; 5% sulla base dei risultati conseguiti a livello internazionale e nazionale a partire dalla stagione sportiva 1946/1947);

§  20% in base al “radicamento sociale” (ossia, sulla base del pubblico di riferimento di ciascuna squadra, tenendo in considerazione il numero di spettatori paganti che hanno assistito dal vivo alle gare casalinghe disputate negli ultimi tre campionati, nonché, in subordine, l’audience televisiva certificata).

I criteri di ponderazione delle quote relative ai risultati sportivi conseguiti, nonché i criteri di determinazione del pubblico di riferimento di ciascuna squadra sono stati specificati, come previsto dalla legge, con DPCM 1 marzo 2018.

 

Rispetto a tale quadro, ora:

§  si riduce (dal 30%) al 28% la quota parametrata ai risultati sportivi conseguiti. Con riferimento a tale quota, inoltre, fermi restando i criteri di riferimento costituiti dalla classifica e dai punti conseguiti nell’ultimo campionato, dai risultati conseguiti negli ultimi cinque campionati e dai quelli conseguiti a livello nazionale a partire dalla stagione sportiva 1946/1947, si rimette la determinazione delle quote percentuali e dei criteri di ponderazione di ciascuno degli stessi criteri ad un DPCM (mentre, a legislazione vigente, le quote percentuali attribuite a ciascun criterio, come si è visto, sono determinate dalla legge);

§  si aumenta (dal 20%) al 22% la quota parametrata al “radicamento sociale”. Con riferimento a tale quota, inoltre, fermo restando il criterio del pubblico di riferimento di ciascuna squadra, calcolato tenendo in considerazione il numero di spettatori paganti che hanno assistito dal vivo alle gare casalinghe disputate negli ultimi tre campionati, si affianca allo stesso, su un piano non più subordinato, l’audience televisiva certificata.
Inoltre, si introduce anche il criterio dei minuti giocati nel campionato di serie A da giocatori fra 15 e 23 anni, formati nei settori giovanili italiani e che siano tesserati da almeno 36 mesi ininterrotti per la società presso la quale prestano l’attività sportiva. Nel computo sono compresi eventuali periodi di cessione a titolo temporaneo a favore di altre società partecipanti ai campionati di serie A o di serie B ovvero ai campionati di serie C con seconde squadre[4].

In tal caso, il DPCM, oltre a determinare le quote percentuali e i criteri di ponderazione di ciascuno dei criteri, deve anche fissare i criteri per la determinazione del pubblico di riferimento di ciascuna squadra e dei minuti giocati dai giovani calciatori. Si stabilisce, però, fin d’ora, che la quota relativa ai minuti giocati dai giovani calciatori non può essere inferiore al 5% della quota parametrata al radicamento sociale e che essa spetta alle società presso le quali il giocatore sia stato tesserato in Italia a partire da 16 anni, in proporzione alla durata del tesseramento presso ciascuna.

 

Il comma 642 stabilisce che le previsioni del comma 641 acquistano efficacia dalla stagione sportiva 2021/2022. Fino ad allora, si applicano le disposizioni dell’art. 26 del d.lgs. 9/2008 nel testo previgente alla data di entrata in vigore della legge.

 

Il comma 643 dispone che il DPCM previsto dal comma 641 è adottato entro il 30 giugno 2019.


 

Articolo 1, commi 647-650
(Disposizioni in materia di giustizia sportiva)

 

 

I commi da 647 a 650 recano previsioni attinenti ad uno specifico ordine di controversie: quelle connesse a provvedimenti di ammissione o esclusione dalle competizioni delle società o associazioni sportive professionistiche o comunque incidenti sulla partecipazione a competizione professionistiche.

Riguardo a tali controversie, i commi in esame dispongono:

ü  l'attribuzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;

ü  l'esercizio di siffatta giurisdizione da parte unicamente del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma;

ü  la 'sopravvivenza', rispetto a tale giudizio, di un previo giudizio sportivo, a tassativa condizione che la sua disciplina (da parte di statuto e regolamenti del CONI e delle Federazioni) risponda ad alcune stringenti condizioni: unicità di grado; decisione anche nel merito; definitività entro 30 giorni (dalla pubblicazione dell'atto impugnato);

ü  l'applicazione al giudizio amministrativo sopra detto di un rito abbreviato;

ü  l'applicazione di tale novero di disposizioni anche alle controversie in corso.

 

 

GIUSTIZIA SPORTIVA E GIUSTIZIA STATALE: UNA PREMESSA

 

L'attività sportiva, lo sport sono (implicitamente) ricompresi nell'ambito di tutela riconosciuto da un novero di disposizioni costituzionali, a cominciare da quelle relative alle formazioni sociali ove si svolge la personalità, al pieno sviluppo della persona umana, al diritto di associarsi liberamente (articoli 2, 3 e 18 della Costituzione).

Quale attività plurisoggettiva, lo sport concreta un ordinamento giuridico (secondo la prospettazione già di autorevole dottrina: Romano, Cesarini-Sforza, Giannini).

All'ordinamento giuridico sportivo, l'ordinamento statale italiano riconosce autonomia.

Non è però una autonomia 'originaria' (come invece le confessioni religiose). Dunque quell'ordinamento non è posto al riparo della disciplina statale.

Quest'ultima è, per una parte, di competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni. Infatti l'"ordinamento sportivo" è menzionato (dopo la revisione del Titolo V della Costituzione realizzata nel 2001) tra le materie enumerate dall'articolo 117, terzo comma della Costituzione.

Per altra parte, la disciplina è riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Sono i profili attinenti a: "giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa" (articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione).

L'autonomia dell'ordinamento sportivo (oltre a doversi ritrarre innanzi all'emersione di una fattispecie penale, sulla quale non si dà giurisdizione domestica) non può infatti giungere fino a precludere, a colui che ne entri a far parte, il diritto costituzionalmente garantito di adire il giudice statale ogniqualvolta egli lamenti la lesione di diritti soggettivi e interessi legittimi.

I rapporti tra le due giustizie - sportiva e statale - sono stati per lungo tempo regolati da una sorta di jus receptum di matrice giurisprudenziale. La disciplina legislativa è infine giunta con il decreto-legge n. 220 del 2003.

Tuttora esso reca la disciplina di diritto positivo riguardo alla giurisdizione.

Il decreto-legge n. 220 - dopo aver affermato che la Repubblica riconosce e favorisce l'autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale (quale articolazione di quello sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico internazionale) - scandisce che i rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento più generale sono regolati in base al principio di autonomia, "salvi i casi di rilevanza per l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l'ordinamento sportivo".

Il medesimo decreto-legge n. 220 determina là dove quella "rilevanza" non si abbia, e dunque vi sia giurisdizione sportiva. È per quanto attenga ai profili tecnici e disciplinari, dunque più strettamente legati al corretto e leale svolgimento dell'attività e competizione sportive.

Anche in tal caso, tuttavia, non è escluso che possa aversi una posizione soggettiva che riverberi in rilevante per l'ordinamento statale. Ma la sua tutela - sul cui contenuto è intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 49 del 2011 - innanzi al giudice statale è ammessa (ai sensi dell'articolo 2, comma 2 del decreto-legge n. 220) solo dopo aver adito gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo. L'espletamento dei diversi passaggi del processo sportivo è condizione di procedibilità dell'altro processo innanzi al giudice statale.

Questo, per l'ambito tecnico e disciplinare.

Fuori di esso, si ha riserva di giurisdizione statale.

Essa è innanzi al giudice ordinario, per le controversie relative ai rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti.

È innanzi al giudice amministrativo, per ogni altra controversia (avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive).

Permane la condizione di accesso data dal previo esaurimento dei diversi gradi della giustizia sportiva. Lì risiede quel che nel lessico giuridico della materia è definito 'vincolo di giustizia', il quale trova il suo strumento nelle clausole cosiddette 'compromissorie' (vale a dire disposizioni contenute negli statuti e nei regolamenti di ogni Federazione sportiva, le quali impongono agli aderenti e agli affiliati l'obbligo di accettare e rispettare le norme e i provvedimenti federali nonché, per le controversie insorte fra di essi, di adire esclusivamente gli organi della giustizia domestica)(1) .

Il processo innanzi al giudice amministrativo è disciplinato dal decreto-legislativo n. 104 del 2010, recante il "Codice del processo amministrativo".

Le disposizioni in esame incidono con alcune novelle sia sul decreto-legge n. 220 del 2003 sia sul decreto legislativo n. 104 del 2010.

 

Le norme introdotte trovano applicazione con riferimento ai provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche:

ü  delle società sportive professionistiche, disciplinate dalla legge n. 91 del 1981 e, ai sensi dell'articolo 10 della legge medesima, costituite nella forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata;

ü  delle associazioni sportive professionistiche.

 

Ne restano invece esclusi i provvedimenti relativi alla partecipazione a competizioni delle società e associazioni sportive dilettantistiche, di cui all'articolo 90 della legge n. 289 del 2002.

 

Il comma 647 integra l'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 220 del 2003 al fine di introdurre apposita disposizione che riserva in ogni caso alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e alla competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, le controversie relative a provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche.

Per le medesime controversie viene espressamente esclusa ogni competenza degli organi di giustizia sportiva. È previsione di tenore innovativo, che rovescia l'impostazione previgente secondo cui il processo sportivo ha carattere di pregiudizialità rispetto al processo non sportivo.

Da tale espressa esclusione prevista dalla disposizione viene fatta salva l'ipotesi in cui lo statuto e i regolamenti del CONI - e conseguentemente delle Federazioni sportive (disciplinate dagli artt. 15 e 16 del decreto legislativo n. 242 del 1999) - prevedano organi di giustizia dell'ordinamento sportivo che decidono le controversie in questione anche nel merito e in unico grado e le cui pronunce sono rese in via definitiva entro il termine perentorio di 30 giorni dalla pubblicazione dell'atto impugnato.

 

La disposizione in esame specifica che le pronunce rese alle predette condizioni dagli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo sono "impugnabili ai sensi del precedente periodo".

La mancata pronuncia degli organi di giustizia sportiva entro il termine di 30 giorni dà luogo ai seguenti effetti: il ricorso è considerato respinto; decisioni eventualmente assunte successivamente sono prive di effetto; i soggetti interessati possono proporre ricorso al Tar del Lazio entro i 30 giorni successivi allo spirare del termine.

 

Per quanto riguarda l'espressione "impugnabili ai sensi del precedente periodo", si rileva che il periodo precedente non disciplina alcuna forma di impugnazione, avendo ad oggetto - come ricordato - l'attribuzione delle controversie in questione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e alla competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma.

Presumibilmente la disposizione intende fare riferimento all'applicazione del codice del processo amministrativo una volta esauriti i gradi di giustizia interna, disposta dall'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 220.

 

Il decreto legislativo n. 242 del 1999 (modificato dal decreto legislativo n. 15 del 2004) ha provveduto al riordino del CONI ai sensi dell'art. 11 della legge n. 59 del 1997 (successivamente l'art. 8 del decreto-legge n. 138 del 2002 ha costituito una società per azioni con la denominazione «CONI Servizi spa»).

In particolare l'articolo 15 - che reca disposizioni in materia di Federazioni sportive nazionali e discipline sportive associate - ha statuito che le Federazioni sportive nazionali hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato, non perseguono fini di lucro e sono soggette, per quanto non espressamente previsto nel decreto legislativo n. 242, alla disciplina del codice civile e delle relative disposizioni di attuazione.

Il successivo articolo 16 reca disciplina degli Statuti delle Federazioni sportive nazionali.

 

Il comma 648 dispone che il CONI e le Federazioni sportive adeguino i propri statuti ai principi stabiliti dai commi da 647 a 649.

Reca inoltre la seguente disposizione transitoria: le controversie pendenti aventi ad oggetto provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche, possono essere riproposte dinanzi al Tar nel termine perentorio di 30 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, decorsi i quali la domanda non è più proponibile.

 

La disposizione pone in capo a società, associazioni, affiliati e tesserati (che già hanno adito gli organi di giustizia interna), i cui procedimenti risultino ancora pendenti, l'onere di adire il giudice amministrativo nel termine perentorio di 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, termine scadente prima della conversione in legge del decreto medesimo.

 

In caso di riproposizione sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda (analogamente a quanto previsto dall'art. 11, comma 2, del codice del processo amministrativo per la fattispecie di riproposizione del processo innanzi al giudice indicato dal giudice amministrativo che declina la giurisdizione); entro il medesimo termine di 30 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, possono essere impugnate in sede giurisdizionale le decisioni degli organi di giustizia sportiva pubblicate anteriormente alla data di entrata in vigore della legge in esame, i cui termini di impugnazione risultino ancora pendenti.

 

Per evidente refuso, nell'ultimo periodo del comma in esame, si fa riferimento alla "data di entrata in vigore del presente decreto".

 

Il comma 649:

 

ü alla lettera a), integra l'articolo 119, comma 1, lettera a), del codice del processo amministrativo (decreto legislativo n. 104 del 2010), al fine di estendere l'applicazione del rito abbreviato ai giudizi aventi ad oggetto le controversie relative a provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche.

 

L’applicazione ai giudizi in questione del rito abbreviato comporta, ai sensi del comma 2 dell'articolo 119, che siano dimezzati tutti i termini processuali ordinari (salvo, nei giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti, nonché i termini per il ricorso in appello al Consiglio di Stato contro le ordinanze cautelari, di cui all'articolo 62, comma 1, del codice, e i termini espressamente disciplinati dal medesimo articolo 119).

Comporta altresì, ai sensi del successivo comma 4, in caso di estrema gravità ed urgenza, la possibilità di disporre le opportune misure cautelari.

 

ü alla lettera b), integra l'articolo 133, comma 1, del codice del processo amministrativo con l'aggiunta di una lettera z-septies), che attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative ai provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche.

 

Si ricorda che, ai sensi della lettera z) del medesimo articolo 133, comma 1, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "le controversie aventi ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservate agli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo ed escluse quelle inerenti i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti".

 

ü alla lettera c), integra l'articolo 135, comma 1, del codice del processo amministrativo con l'aggiunta di una lettera q-sexies), che devolve alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, le controversie relative a provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche.

 

Il comma 650 dispone che le disposizioni di cui ai commi precedenti si applichino anche ai processi e alle controversie in corso alla data di entrata in vigore della legge in esame.

Prevede inoltre che dalle disposizioni in esame non derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Conferisce infine mandato alle autorità interessate di provvedere con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Giustizia sportiva e statale nel decreto-legge n. 220 del 2003 (e nella giurisprudenza costituzionale)

 

Il decreto-legge n. 220 del 2003 (modificato dal codice del processo amministrativo) reca norme in materia di giustizia sportiva.

In attuazione del principio di autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale (art. 1), l'articolo 2 del decreto-legge n. 220 riserva all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni relative all'osservanza e all'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni, finalizzate a garantire il corretto svolgimento delle attività sportive (articolo 2, comma 1, lettera a)), nonché la disciplina delle questioni relative ai comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e all'irrogazione ed applicazione delle conseguenti sanzioni disciplinari (articolo 2, comma 1, lettera b)).

 

In tali materie, le società, le associazioni, gli affiliati e i tesserati hanno l'onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e delle Federazioni sportive nazionali, gli organi di giustizia dell'ordinamento sportivo (art. 2, comma 2).

Il combinato disposto degli articoli 2 e 3 individua - con le parole della Corte costituzionale - "una triplice forma di tutela giustiziale" (Corte costituzionale, sentenza n. 49/2011):

 

ü "una prima forma, limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra società sportive, associazioni sportive, atleti (e tesserati), è demandata alla cognizione del giudice ordinario";

ü  "una seconda, relativa ad alcune delle questioni aventi ad oggetto le materie di cui all'articolo 2, nella quale, in linea di principio, la tutela, stante la irrilevanza per l'ordinamento generale delle situazioni in ipotesi violate e dei rapporti che da esse possano sorgere, non è apprestata da organi dello Stato ma da organismi interni all'ordinamento stesso in cui le norme in questione sono state poste (e nel cui solo ambito esse, infatti, godono di pacifica rilevanza), secondo uno schema proprio della cosiddetta 'giustizia associativa'";

ü "l'ulteriore forma di tutela giustiziale ha il carattere dalla tendenziale residualità, in quanto è relativa a tutto ciò che per un verso non concerne i rapporti patrimoniali fra società, associazioni sportive, atleti (e tesserati) - demandati, come si è detto, al giudice ordinario - e, per altro verso, pur scaturendo da atti del CONI e delle Federazioni sportive, non rientra fra le materie che, ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge n. 220 del 2003, sono riservate - in quanto, come detto, non idonee a far sorgere posizioni soggettive rilevanti per l'ordinamento generale, ma solo per quello settoriale - all'esclusivo interesse degli organi della giustizia sportiva. Si tratta cioè (per riprendere la originaria formulazione legislativa) di «ogni altra controversia» che è «devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo»".

 

Sulle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b) e comma 2, del decreto-legge n. 220 si è pronunciata la Corte costituzionale con la citata sentenza n. 49 del 2011, dichiarando non fondata la questione di legittimità in riferimento agli artt. 24, 103 e 113 della Costituzione.

Nella pronuncia la Corte sottolinea, innanzitutto, che l'autonomia dell'ordinamento sportivo trova ampia tutela negli artt. 2 e 18 della Costituzione, considerato che le associazioni sportive sono tra le più diffuse «formazioni sociali dove [l'uomo] svolge la sua personalità» e che deve essere riconosciuto a tutti il diritto di associarsi liberamente per finalità sportive.

La Corte muove, quindi, dall'esame dei lavori preparatori del decreto-legge n. 220, osservando come - nella originaria versione del decreto-legge - "fra le materie che, essendo inserite al comma 1 dell'art. 2, potevano considerarsi sottratte alla cognizione del giudice statale, erano anche le questioni aventi ad oggetto l'ammissione e l'affiliazione alle federazioni di società, associazioni o singoli tesserati nonché quelle relative alla organizzazione e svolgimento delle attività agonistiche ed alla ammissione ad esse di squadre ed atleti".

La Corte prosegue: "la circostanza che, in sede di conversione del decreto-legge, il legislatore abbia espunto le lettere c) e d) del comma 1 dell'art. 2, ove erano indicate le summenzionate materie, fa ritenere che su di esse vi sia la competenza esclusiva del giudice amministrativo allorché siano lesi diritti soggettivi od interessi legittimi".

Ne consegue che la possibilità di essere ammessi a svolgere attività agonistica disputando le gare ed i campionati organizzati dalle Federazioni sportive facenti capo al CONI "non è situazione che possa dirsi irrilevante per l'ordinamento giuridico generale e, come tale, non meritevole di tutela da parte di questo. Ciò in quanto è attraverso siffatta possibilità che trovano attuazione sia fondamentali diritti di libertà - fra tutti, sia quello di svolgimento della propria personalità, sia quello di associazione - che non meno significativi diritti connessi ai rapporti patrimoniali - ove si tenga conto della rilevanza economica che ha assunto il fenomeno sportivo, spesso praticato a livello professionistico ed organizzato su base imprenditoriale - tutti oggetto di considerazione anche a livello costituzionale".

Pertanto, per le controversie sui provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche (oggetto delle norme in esame) - nel sistema di giustizia sportiva delineato in precedenza dal decreto-legge n. 220 - trova applicazione il codice del processo amministrativo una volta "esauriti i gradi della giustizia sportiva" (art. 3, comma 1).

Vale ricordare come la Corte Costituzionale, nella citata sentenza n. 49 del 2011, abbia altresì specificato quale sia la tutela in tal caso approntata "qualora la situazione soggettiva abbia consistenza tale da assumere nell’ordinamento statale la configurazione di diritto soggettivo o di interesse legittimo, in base al ritenuto “diritto vivente” del giudice che, secondo la suddetta legge, ha la giurisdizione esclusiva in materia".

È tutela (esclusivamente) risarcitoria (per equivalente).

"In tali fattispecie deve, quindi, ritenersi che la esplicita esclusione della diretta giurisdizione sugli atti attraverso i quali sono state irrogate le sanzioni disciplinari – posta a tutela dell’autonomia dell’ordinamento sportivo – non consente che sia altresì esclusa la possibilità, per chi lamenti la lesione di una situazione soggettiva giuridicamente rilevante, di agire in giudizio per ottenere il conseguente risarcimento del danno".

"È sicuramente una forma di tutela, per equivalente, diversa rispetto a quella in via generale attribuita al giudice amministrativo (ed infatti si verte in materia di giurisdizione esclusiva), ma non può certo affermarsi che la mancanza di un giudizio di annullamento (che, oltretutto, difficilmente potrebbe produrre effetti ripristinatori, dato che in ogni caso interverrebbe dopo che sono stati esperiti tutti i rimedi interni alla giustizia sportiva, e che costituirebbe comunque, in questi casi meno gravi, una forma di intromissione non armonica rispetto all’affermato intendimento di tutelare l’ordinamento sportivo) venga a violare quanto previsto dall’art. 24 Cost.. Nell’ambito di quella forma di tutela che può essere definita come residuale viene, quindi, individuata, sulla base di una argomentata interpretazione della normativa che disciplina la materia, una diversificata modalità di tutela giurisdizionale".

 

La giustizia interna nell'ordinamento sportivo

 

Il sistema della giustizia sportiva - il quale muove entro l'autonomia dell'ordinamento sportiva - si articola in un doppio livello di giurisdizione.

Il primo è affidato all'autonomia giurisdizionale delle singole Federazioni; il secondo, esofederale, si svolge presso gli organi giudicanti presso il CONI.

Il giudice statale può conoscere delle questioni (purché esse abbiano "rilevanza" per l'ordinamento giuridico statale) solo dopo che siano stati esperiti i gradi interni della giustizia sportiva (profilo su cui viene ad incidere peraltro il decreto-legge in esame, riguardo all'ammissione od esclusione di società o associazioni sportive professioniste dalle competizioni).

Il giudizio interno alle Federazioni tiene fermo il doppio grado di giudizio di merito, ed ha diversa articolazione a seconda delle materie trattate.

Si ha il percorso: Giudice sportivo nazionale o giudici sportivi territoriali (in base alla dimensione nazionale o territoriale delle competizioni), indi la Corte sportiva di appello, per tutte le questioni connesse allo svolgimento delle gare e in particolare la loro regolarità (ivi compresa quella degli impianti), l’omologazione dei relativi risultati, i comportamenti di atleti, tecnici o altri tesserati in occasione o nel corso della gara (si tratta quindi della cd. giustizia tecnica, definita nel titolo II del Codice di giustizia sportiva del 2014, in base a tempi rapidi e massima informalità).

Si ha invece il percorso: Tribunale federale, indi Corte federale di appello, che hanno competenza residuale (in primo e secondo grado), su tutti i fatti rilevanti per l’ordinamento sportivo in relazione ai quali non sia stato instaurato né risulti pendente un procedimento innanzi ai giudici sportivi nazionali o territoriali. La competenza riguarda quindi le questioni disciplinari per fatti accaduti al di fuori dello svolgimento di gare, le questioni patrimoniali ed economiche (se non deferite, in base a norme dei singoli statuti, a collegi arbitrali) nonché, secondo un rito speciale di natura tipicamente impugnatoria, le questioni amministrative.

Riepilogando dunque, l'articolazione del sistema di giustizia interna alle Federazioni prevede due diversi percorsi, in relazione alle materie trattate, e, in ogni caso, con applicazione del doppio grado di giudizio di merito: a) il Giudice sportivo nazionale, i Giudici sportivi territoriali e la Corte sportiva di appello; b) il Tribunale federale e la Corte federale di appello.

Il Giudice sportivo nazionale e i Giudici sportivi territoriali pronunciano in prima istanza, senza udienza e con immediatezza, sulle questioni connesse allo svolgimento delle gare.

La Corte sportiva di appello giudica in seconda istanza sui ricorsi avverso le decisioni del Giudice sportivo nazionale e dei Giudici sportivi territoriali.

Il Tribunale Federale giudica in prima istanza sui fatti rilevanti per l’ordinamento sportivo in relazione ai quali non sia stato instaurato né risulti pendente un procedimento dinanzi ai Giudici sportivi nazionali o territoriali.

La Corte federale di appello giudica in seconda istanza sui ricorsi proposti contro le decisioni del Tribunale federale.

Avverso tutte le decisioni non altrimenti impugnabili nell’ambito dell’ordinamento federale ed emesse dai relativi organi di giustizia (ad esclusione di quelle in materia di doping e di quelle che abbiano comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di durata inferiore a 90 giorni o pecuniarie fino a 10.000 euro) è proponibile ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, di cui all’articolo 12-bis dello Statuto del Coni.

Il giudizio eso-federale è delineato dagli articoli 12 e seguenti dello Statuto del CONI, che istituisce presso il CONI, in piena autonomia e indipendenza, il Collegio di Garanzia dello Sport e la Procura Generale dello Sport.

Il Collegio di Garanzia dello Sport è organo di ultimo grado della giustizia sportiva, cui è demandata la cognizione delle controversie decise in via definitiva dagli organi di giustizia federale (ad esclusione di quelle in materia di doping, per le quali è istituito il Tribunale Nazionale Antidoping, e di quelle che hanno comportato l’irrogazione di sanzioni tecnico-sportive di minore rilevanza).

L'accesso al giudizio presso il Collegio di Garanzia è ammesso esclusivamente per violazione di norme di diritto (nonché per omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia che abbia formato oggetto di disputa tra le parti). Esso si configura dunque come il giudice 'di cassazione' della giustizia sportiva, quale giudice di mera legittimità.

Il Collegio di Garanzia giudica altresì le controversie ad esso devolute dalle disposizioni del Codice, nonché dagli Statuti e dai Regolamenti federali, sulla base di speciali regole procedurali definite d’intesa con il Coni.

In tali casi il giudizio può essere anche di merito e in unico grado.

La Procura generale dello Sport ha il compito di coordinare e vigilare le attività inquirenti e requirenti svolte dalle Procure federali.

A fini di maggiore terzietà, autonomia e indipendenza degli organi di giustizia (oltre che di controllo e di tutela dell’etica sportiva, è inoltre istituita una Commissione di garanzia con il compito, tra l'altro, di indicare alla Giunta Nazionale i nominativi dei membri che dovranno essere nominati negli organi di giustizia.

Al Consiglio Nazionale del CONI è affidato il compito di emanare il Codice di giustizia sportiva, che deve essere osservato dalle Federazioni sportive nazionali e dalle Discipline sportive associate.

Un nuovo Codice è stato emanato dal Consiglio Nazionale del CONI il 15 luglio 2014 (deliberazione n. 1518). Tra le sue previsioni innovative figura la dismissione dell'arbitrato quale meccanismo per la risoluzione delle controversie sportive.

Il Codice regola l’ordinamento e lo svolgimento dei procedimenti di giustizia dinanzi alle Federazioni sportive nazionali e alle Discipline sportive associate, nonché l’ordinamento e lo svolgimento dei procedimenti di giustizia dinanzi al Collegio di garanzia dello Sport e i rapporti tra le procure federali e la Procura generale dello Sport.

Tra i principi del processo sportivo viene posta la cooperazione dei giudici e delle parti per la realizzazione della ragionevole durata del processo, nell’interesse del regolare svolgimento delle competizioni sportive e dell’ordinato andamento dell’attività federale.

 


 

Articolo 1, comma 651
(Disposizioni in materia di titolarità dei diritti audiovisivi sportivi)

 

 

Il comma 651 modifica la disciplina relativa alla legittimazione ad agire per la tutela dei diritti audiovisivi sportivi, prevedendo una specifica tutela per gli eventi sportivi live.

 

 

Più nel dettaglio la disposizione interviene sull'articolo 18 del decreto legislativo n. 9 del 2008, recante la disciplina della titolarità e della commercializzazione dei diritti audiovisivi e relativa ripartizione delle risorse.

 

L'articolo 18, rubricato " legittimazione ad agire", nella sua formulazione vigente, stabilisce che la tutela dei diritti audiovisivi spetta al solo organizzatore della competizione, fatta salva la legittimazione ad agire degli organizzatori dei singoli eventi in relazione ai diritti secondari oggetto di autonome iniziative commerciali da parte di costoro.

 

La disposizione in esame aggiunge due ulteriori commi all'articolo 18, legittimando anche i licenziatari ad agire in giudizio per ottenere da parte del giudice la cessazione delle violazioni, che può essere disposta anche tramite apposita inibitoria che può estendersi a tutto il campionato o evento sportivo.

 

In particolare, in base al nuovo comma 2 dell'articolo 18, i licenziatari che hanno stipulato contratti di licenza con gli organizzatori della competizione o con gli organizzatori degli eventi sono legittimati ad agire in giudizio nel caso di violazione dei diritti audiovisivi oggetto della licenza trasmessi o diffusi sulle reti di comunicazione ed ottenere che sia vietato il proseguimento della violazione. Sussiste in ogni caso il litisconsorzio necessario con i soggetti di cui al comma 1 (vedi supra). Il nuovo comma 3 dell'articolo 18 prevede che il giudice, su istanza della parte legittimata ad agire, dispone misure idonee ad impedire la reiterazione delle violazioni del diritto d'autore e dei diritti connessi, anche per l'intera durata della competizione e per ciascuno dei suoi eventi.

 

In proposito è opportuno ricordare che, nell'ambito di più ampie misure per la lotta alla pirateria, l'articolo 2 della legge n. 167 del 2017 (legge europea 2017) ha attribuito all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il potere di adottare provvedimenti cautelari per la tutela del diritto d'autore e dei diritti connessi. Tale articolo ha inoltre attribuito alla medesima Autorità il potere di disciplinare con proprio regolamento la procedura per l'adozione del provvedimento cautelare e per la proposizione e la decisione del reclamo contro di esso nonché l'individuazione delle misure idonee volte ad impedire la reiterazione di violazioni già accertate.


 

Articolo 1, comma 652
(Incremento del contributo al programma Special Olympics Italia)

 

 

L’articolo 1, comma 652, modificato durante l’esame al Senato, incrementa di € 0,3 mln annui per il 2019, 2020 e 2021 il contributo per l'attuazione del programma internazionale di allenamento sportivo e competizioni atletiche “Special Olympics Italia”, destinato a soggetti con disabilità intellettiva.

 

L’incremento è finalizzato a favorire la realizzazione e lo sviluppo in tutto il territorio nazionale dei progetti di integrazione di cui al co. 407 dell’art. 1 della L. 208/2015, che aveva destinato al suddetto programma € 0,5 mln annui a decorrere dal 2016, a valere sulle risorse attribuite al Comitato italiano paralimpico (CIP). Infatti, le risorse destinate al CIP erano state contestualmente incrementate del medesimo importo dal co. 408 dello stesso art. 1.

 

A tal fine, introduce nel citato art. 1 della L. 208/2015 il comma 407-bis.

Nel sito dedicato è evidenziato che Special Olympics – programma internazionale di allenamento sportivo e competizioni atletiche per ragazzi ed adulti con disabilità intellettiva – è nato nel 1968 negli Stati Uniti (in particolare, i primi Giochi Internazionali Special Olympics si sono tenuti a Chicago nel luglio 1968) e che in un protocollo d’intesa firmato il 15 febbraio 1988 la Commissione Olimpica Internazionale ha ratificato una convenzione nella quale ha riconosciuto ufficialmente Special Olympics ed ha accettato di collaborare con esso come rappresentante degli interessi degli atleti con disabilità intellettiva.

In base allo statuto, Special Olympics Italia è un’associazione sportiva dilettantistica che non ha scopo di lucro e persegue esclusivamente finalità di solidarietà sociale. Le attività dell’associazione e le relative iniziative di formazione si svolgono in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del Comitato internazionale olimpico e del CONI – che la riconosce quale associazione benemerita – e nel rispetto delle competenze che la legge attribuisce al CIP.

Sempre nel sito dedicato, si legge che Special Olympics e CIP sono “organizzazioni separate e distinte. Diverse le premesse, diversa la filosofia che muove le due organizzazioni. Mentre il Comitato Paralimpico opera coerentemente con i criteri dei Giochi Olimpici con gare competitive riservate ai migliori, Special Olympics ovunque nel mondo e ad ogni livello (locale, nazionale ed internazionale), è un Programma educativo, che propone ed organizza allenamenti ed eventi solo per persone con disabilità intellettiva e per ogni livello di abilità”.

Articolo 1, commi 657-661
(Xylella fastidiosa)

 

 

Il comma 657 prevede che il finanziamento di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020, previsto dalla legge di bilancio 2018 per il reimpianto con piante tolleranti o resistenti al batterio Xylella fastidiosa sia destinato anche al rifinanziamento dei contratti di distretto per la realizzazione di un programma di rigenerazione dell’agricoltura nei territori colpiti, da attuarsi anche attraverso il recupero di colture storiche di qualità. Con il comma 660 - introdotto dalla Camera dei deputati e modificato dal Senato – si dispone un incremento di 2 milioni di euro (1 milione previsto alla Camera ed un altro aggiunto al Senato) per il 2019 e 2020 rispetto allo stanziamento di 1 milione già previsto a legislazione vigente, e un nuovo finanziamento per il 2021, di 2 milioni di euro del Fondo (anche in questo caso, 1 milione aggiunto alla Camera e un ulteriore milione previsto al Senato) per i prodotti cerealicoli, olivicoli e lattiero-caseari, per le medesime finalità di cui sopra. Con il comma 661, introdotto dal Senato, si prevede che le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 9 del D.M. 23.10.2014, relative agli alberi monumentali, non si applichino agli ulivi che insistono nelle zone interessate dalla Decisione (UE) n. 2018/927.

 

 

In particolare, il comma 657, novella il comma 1-ter dell’art. 23-bis del decreto-legge n. 113 del 2016 (convertito dalla legge n. 146 del 2016) che ha istituito il Fondo per la competitività della filiera e il miglioramento della qualità dei prodotti cerealicoli e lattiero-caseari.

 

La legge di bilancio 2018 (art. 1, comma 128, della legge n. 205 del 2017) ha esteso, aggiungendo i commi 1-bis e 1-ter all’articolo 23-bis, l’ambito di operatività del Fondo al settore olivicolo nelle aree colpite dal batterio Xylella fastidiosa, prevedendo un incremento di 1 milione di euro dello stesso Fondo, per ciascuna delle annualità 2018, 2019 e 2020, da destinare al reimpianto con piante tolleranti o resistenti al batterio nella zona infetta sottoposta a misure di contenimento, ad eccezione dell’area di 20 chilometri adiacente alla zona cuscinetto.

 

La relazione tecnica e la relazione illustrativa annesse al disegno di legge in esame rilevano che la misura di reimpianto risulta di difficile attuazione, a causa della sovrapposizione con un analogo intervento attivato dalla Regione Puglia attraverso il proprio Programma di sviluppo rurale.

Per tale motivo, la novella introdotta dal comma 371 prevede che le risorse disposte dal comma 1-ter, pari a 1 milione di euro, possano finanziare anche gli interventi previsti dall’art. 1, comma 126 della citata legge di bilancio 2018.

La predetta disposizione prevede che, al fine di realizzare un programma di rigenerazione dell’agricoltura nei territori colpiti dal batterio della Xylella fastidiosa, anche attraverso il recupero di colture storiche di qualità, si finanzino i contratti di distretto per la rigenerazione dei territori danneggiati dal batterio . A tal fine, venivano già, dallo stesso comma 126, stanziati un milione di euro per il 2018, 2 milioni di euro per il 2019 e 2 milioni di euro per il 2020.

 

Con il comma 660, introdotto dalla Camera dei deputati e modificato dal Senato, tramite un’altra novella all’art. 23-bis comma 1-ter del decreto-legge n. 113 del 2016, è disposto un incremento di 2 milioni di euro per il 2019 e 2020 (un milione introdotto alla Camera e un milione disposto dal Senato), e un nuovo finanziamento per il 2021 di 2 milioni di euro (anche in tal caso un milione è stato previsto alla Camera e un altro aggiuntivo è stato disposto al Senato) al suddetto Fondo, da destinare alle finalità legate al reimpianto con piante tolleranti alla Xylella fastidiosa e al finanziamento di contratti di distretto per la rigenerazione dei territori colpiti.

 

Con riguardo ai danni prodotti dal batterio della Xylella fastidiosa, si ricorda che la legge di bilancio 2018, oltre a disporre le misure sopra indicate, previste all’art. 1, commi 126 e 128, ha disposto, al comma 127, il rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale, di cui al decreto legislativo n. 102 del 2004, di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, a favore delle imprese colpite dallo stesso.

Si rammenta, infine, che la XIII Commissione Agricoltura della Camera ha deliberato lo svolgimento di una indagine conoscitiva, ancora in corso, sull’emergenza legata alla diffusione della Xylella fastidiosa nella regione Puglia.

 

Il Senato ha, quindi introdotto il comma 661 in base al quale agli ulivi che insistono nella zona di cui alla Decisione di esecuzione (UE) 2018/927 non sono applicabili le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 9 del decreto ministeriale 23 ottobre 2014, recante “Istituzione dell’elenco degli alberi monumentali d’Italia e principi e criteri direttivi per il loro censimento”.

 

Le disposizioni richiamate (art. 9, commi 1 e 2) prevedono che:

- l'abbattimento e le modifiche della chioma e dell'apparato radicale sono realizzabili, dietro specifica autorizzazione comunale, solo per casi motivati e improcrastinabili per i quali risulta accertata l'impossibilità di adottare soluzioni alternative, previo parere vincolante del Corpo forestale dello Stato, che si può avvalere della consulenza dei Servizi fitosanitari regionali. I comuni comunicano alla regione gli atti autorizzativi emanati per l'abbattimento o modifica degli esemplari. Nell'eventualità in cui si rilevi un pericolo imminente per la pubblica incolumità e la sicurezza urbana, l'Amministrazione comunale provvede tempestivamente agli interventi necessari a prevenire e a eliminare il pericolo, dandone immediata comunicazione al Corpo forestale dello Stato, e predispone, ad intervento concluso, una relazione tecnica descrittiva della situazione e delle motivazioni che hanno determinato l'intervento (comma 1);

- per gli elementi arborei che risultano sottoposti a provvedimento di dichiarazione di notevole interesse pubblico o per i quali risulti già pubblicata la proposta di dichiarazione deve essere richiesta, altresì, l'autorizzazione paesaggistica ai sensi dell'art. 146 della suddetta normativa (comma 2).

 

Quanto alla decisione di esecuzione (UE) 2018/927 del 27 giugno 2018, si tratta del provvedimento con il quale l’Unione europea ha individuato le aree da considerarsi comprese nella zona infetta in Italia.


 

Articolo 1, comma 668
(Fondo derrate alimentari agli indigenti)

 

 

Il comma 668 incrementa di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti.

 

 

Si ricorda che il suddetto Fondo è stato istituito con il decreto-legge n. 83 del 2012 (art. 58, comma 1) ed opera presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti nel territorio della Repubblica Italiana. Le derrate alimentari sono distribuite agli indigenti mediante organizzazioni caritatevoli, conformemente alle modalità previste dal Regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio del 22 ottobre 2007.

 

L'art. 1, comma 399, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di Stabilità 2016) ha finanziato il fondo in esame per 5.000.000,00 di euro a decorrere dall'anno 2017; a conferma di ciò il disegno di legge di bilancio in esame dota il suddetto Fondo, per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, di 5 milioni di euro (cap. 1526 del MIPAAFT).

 

 

 


 

Articolo 1, commi 675-685
(Revisione delle concessioni demaniali marittime, sospensione dei canoni per le imprese balneari danneggiate dal maltempo)

 

 

I commi da 675 a 684 delineano una articolata procedura, per la generale revisione del sistema delle concessioni demaniali marittime, che prevede l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che ne fissi i termini e le modalità, nonché successive attività di implementazione da parte delle Amministrazioni competenti, tra cui una consultazione pubblica al termine della quale saranno assegnate le aree concedibili che attualmente non sono date in concessione. Per le concessioni demaniali in essere è prevista una proroga di quindici anni a decorrere dalla data in vigore della presente legge. 

Il comma 685, quale anticipazione risarcitoria in favore delle imprese balneari che abbiano subito danni, ubicate nelle regioni per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza a seguito degli eventi atmosferici dei mesi di ottobre e novembre 2018, sospende il pagamento dei canoni demaniali fino all’avvenuta erogazione del risarcimento o comunque nel limite massimo di cinque anni.

 

 

La revisione del sistema delle concessioni demaniali marittime (commi 675-684)

Il comma 675 dispone l’emanazione entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, che fissi i termini e le modalità per la generale revisione del sistema delle concessioni demaniali marittime. La finalità indicata nella norma è quella di tutelare, valorizzare e promuovere il bene demaniale delle coste italiane, che rappresenta un elemento strategico per il sistema economico, di attrazione turistica e di immagine del Paese, in un’ottica di armonizzazione delle normative europee.

Il DPCM dovrà essere adottato su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro per le politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro degli affari europei, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro per gli affari regionali e la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.

Si ricorda che sulla materia delle concessioni demaniali marittime interviene anche il comma 246, introdotto al Senato, che consente ai titolari di concessioni demaniali marittime e punti di approdo con finalità turistico ricreative di mantenere installati i manufatti amovibili fino al 31 dicembre 2020 data di scadenza della proroga delle concessioni in essere al 31 dicembre 2015 - nelle more del riordino della materia.

In proposito si ricorda che nel corso del tempo si è intervenuti a più riprese sulla disciplina delle concessioni demaniali marittime, da ultimo con la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015 (art. 1, comma 18 del D.L. n. 194 del 2009; il termine è stato così prorogato dall'articolo 34-duodecies del decreto-legge 179/2012).

Il 26 ottobre 2017 l'Assemblea della Camera ha approvato il disegno di legge A.C. 4302-A contenente una delega al Governo per la revisione e il riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico-ricreativo, nel rispetto della normativa dell'Unione Europea. Il provvedimento, passato al Senato, non è stato approvato entro la fine della legislatura.

 

Il comma 676 definisce più in dettaglio i contenuti del DPCM, che dovrà stabilire le condizioni e le modalità per procedere:

a)     alla ricognizione e mappatura del litorale e del demanio costiero-marittimo;

b)     all’individuazione della reale consistenza dello stato dei luoghi, della tipologia e del numero di concessioni attualmente vigenti nonché delle aree libere e concedibili;

c)     all’individuazione della tipologia e numero di imprese concessionarie e sub-concessionarie;

d)     alla ricognizione degli investimenti effettuati nell’ambito delle concessioni stesse e delle tempistiche di ammortamento connesse, nonché dei canoni attualmente applicati in relazione alle diverse concessioni;

e)     all’approvazione dei metodi, indirizzi generali e criteri per la programmazione, pianificazione e gestione integrata degli interventi di difesa delle coste e degli abitati costieri di cui all'articolo 89 primo comma lettera h) del decreto legislativo 31 marzo 1998 numero 112.

 

Il comma 677 prevede inoltre che il DPCM contenga altresì i criteri per strutturare:

a)     un nuovo modello di gestione degli delle imprese turistico-ricreative e ricettive che operano sul demanio marittimo secondo schemi e forme di partenariato pubblico-privato, atto a valorizzare la tutela e la più proficua utilizzazione del demanio marittimo, tenendo conto delle singole specificità e caratteristiche territoriali secondo criteri di: sostenibilità ambientale; qualità e professionalizzazione dell’accoglienza e dei servizi, accessibilità; qualità e modernizzazione delle infrastrutture; tutela degli ecosistemi marittimi coinvolti; sicurezza e vigilanza delle spiagge;

b)     un sistema di rating di tali imprese e della qualità balneare;

c)     la revisione organica delle norme connesse alle concessioni demaniali marittime, con particolare riferimento alle disposizioni in materia di demanio marittimo contenute nel Codice della navigazione o in leggi speciali in materia;

d)     il riordino delle concessioni ad uso residenziale e abitativo, tramite individuazione di criteri di gestione, modalità di rilascio e termini di durata della concessione nel rispetto di quanto previsto dall’art.37, primo comma, del Codice della Navigazione e dei principi di imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità e tenuto conto, in termini di premialità, dell’idonea conduzione del bene demaniale e della durata della concessione.

e)     la revisione e l’aggiornamento dei canoni demaniali a carico dei concessionari, che tenga conto delle peculiari attività svolte dalle imprese del settore, della tipologia dei beni oggetto di concessione anche con riguardo alle pertinenze, della valenza turistica.

 

In base al comma 678 ,le amministrazioni competenti per materia, che saranno individuate nel DPCM, dovranno provvedere entro due anni dall’adozione del decreto, ciascuna per la propria competenza, all’esecuzione delle attività indicate nei due precedenti commi. Sulla base delle risultanze di tali lavori svolti sarà avviata una procedura di consultazione pubblica, nel rispetto dei principi e delle previsioni della legge n. 241 del 1990, sulle priorità e modalità di azione e intervento per la valorizzazione turistica delle aree insistenti sul demanio marittimo che dovrà nel termine massimo di 180 giorni dalla data di conclusione dei lavori da parte delle Amministrazioni (comma 679).

 

Con un successivo DPCM saranno definiti i principi ed i criteri tecnici per l’assegnazione delle concessioni sulle aree demaniali marittime (comma 680). Tale DPCM sarà emanato su proposta del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Al termine della consultazione pubblica, ed in base ai principi e i criteri tecnici stabiliti da tale D.P.C.M. saranno assegnate le aree concedibili ma che alla data dell’entrata in vigore della legge di bilancio sono prive di concessioni in essere (comma 681).

 

Per quanto riguarda le concessioni demaniali attualmente in essere, i commi 682, 683 e 684 ne stabiliscono la durata ex-lege di quindici anni, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge. Tale proroga si applica alle seguenti fattispecie:

·        le concessioni a carattere turistico ricreativo disciplinate dal comma 1 dell’articolo 01 del decreto n. 400/1993;

Tale norma ha integrato la disciplina del codice della navigazione, individuando, nell'ambito delle concessioni demaniali marittime, alcune tipologie di concessioni, definite "a scopo turistico ricreativo per l'esercizio delle seguenti attività:

a) gestione di stabilimenti balneari;

b) esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio;

c) noleggio di imbarcazioni e natanti in genere;

d) gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive;

e) esercizi commerciali;

f) servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente con le esigenze di utilizzazione di cui alle precedenti categorie di utilizzazione.

·        le concessioni vigenti al momento dell’entrata in vigore del decreto legge n. 194/2009, nonché quelle rilasciate successivamente a tale data a seguito di una procedura amministrativa attivata anteriormente al 31 dicembre 2009 e per le quali il rilascio è avvenuto nel rispetto dell’articolo 18 del D.P.R. 15 febbraio 1952 n. 328 o il rinnovo è avvenuto nel rispetto dell’art. 02 della legge 4 dicembre 1993 n. 494 di conversione del decreto legge 5 ottobre 1993 n. 40;

·        le concessioni delle aree di demanio marittimo per finalità residenziali e abitative, già oggetto di proroga ai sensi del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78.

Il D.L. n. 78 del 2015 (articolo 7, commi 9-septiesdecies – 9-duodevicies) ha demandato alle Regioni una ricognizione delle rispettive fasce costiere, finalizzata anche alla proposta di revisione organica delle zone di demanio marittimo ricadenti nei propri territori (in tal senso le Regioni Lazio, Veneto, Toscana)

 

Nei primi due dei suddetti casi si prevede che al termine dei quindici anni il DPCM di cui al comma 677, costituirà lo strumento per individuare le migliori procedure da adottare per ogni singola gestione del bene demaniale.

 

Si ricorda che la Corte di Giustizia dell'Unione europea si è pronunciata con sentenza del 14 luglio 2016 (cause riunite C-458/14) sulla questione della proroga delle concessioni demaniali marittime e lacuali, stabilendo che il diritto comunitario (articolo 49 TFUE ) non consente che le concessioni per l'esercizio delle attività turistico-ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri siano prorogate in modo automatico in assenza di qualsiasi procedura di selezione dei potenziali candidati.

 

Sospensione dal pagamento dei canoni demaniali per le imprese balneari danneggiate dal maltempo (comma 685)

Il comma 685 sospende, quale anticipazione risarcitoria in favore delle imprese balneari, il canone demaniale, fino all’avvenuta erogazione del risarcimento o comunque nel limite massimo di cinque anni, quale misura straordinaria di tutela delle attività turistiche che hanno subito danni conseguenti agli eventi atmosferici verificatisi nei mesi di ottobre e novembre 2018, ubicate nelle regioni per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con deliberazione del Consiglio dei ministri 8 novembre 2018 (Gazzetta Ufficiale n. 266 del 15 novembre 2018).

 


 

Articolo 1, comma 686
(Esclusione del commercio  al dettaglio su aree pubbliche dalle norme attuative della direttiva Bolkestein)

 

 

Il comma 686 esclude il commercio al dettaglio sulle aree pubbliche dal campo di applicazione del decreto legislativo di attuazione della direttiva “Bolkestein”  n.2006/123/CE

 

Il comma 686 interviene sul Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, di attuazione della direttiva c.d Bolkestein n. 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno al fine di escludere dal campo di applicazione del medesimo decreto le attività di commercio al dettaglio sulle aree pubbliche.

A tal fine, il comma novella l’articolo 7 del D.Lgs. n. 59 del 2010 che elenca una serie di servizi esclusi dal campo di applicazione del decreto, introducendo, nei predetti settori esclusi, il commercio al dettaglio su aree pubbliche (nuova lett. f-bis).

 

Conseguentemente viene anche l’ abrogato l’articolo 70 del D.Lgs. n. 59/2010 che, in attuazione della direttiva, reca la specifica disciplina del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche.

Viene infine aggiunto all’articolo 16 del D.Lgs n. 59/2010, un nuovo comma 4-bis che dispone la non applicazione al commercio su aree pubbliche delle disposizioni relative alla procedura di selezione tra i candidati potenziali, previste per i settori in cui vi sia un numero limitato di autorizzazioni disponibili.

 

 

La materia del commercio è attribuita alla competenza residuale (e quindi esclusiva) delle Regioni (art. 117, comma 3, Cost.), ma presenta altresì profili inerenti alla materia della tutela della concorrenza, che la Costituzione attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117, comma 2, lett. e) Cost.)

 

Più in particolare, l'attività di "commercio al dettaglio su area pubblica" è disciplinata dagli articoli da 27 a 30 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, come modificato dal D. Lgs. 59/2010, con il quale è stata recepita nell’ordinamento italiano la Direttiva 2006/123/UE relativa ai servizi nel mercato interno, che prevede altresì il potere delle Regioni in materia di programmazione dello sviluppo commerciale e di definizione dei relativi criteri di pianificazione urbanistica.

L'attività di commercio ambulante, o commercio su area pubblica, è una attività di vendita di merci al dettaglio, effettuata su aree di proprietà pubblica, ovvero su piazzole (o posteggi) assegnati, oppure in forma itinerante. Per commercio ambulante si intende l’"attività di vendita di merci al dettaglio (anche somministrazione alimenti e bevande) effettuate su aree pubbliche, attrezzate o meno, coperte o scoperte" (art. 27). Il commercio sulle aree pubbliche può essere svolto: a) su posteggi dati in concessione per dieci anni; b) su qualsiasi area purché in forma itinerante. L'esercizio di tale attività è soggetto – secondo la novella apportata al comma 2 dell’articolo 29 del D.Lgs. n. 114 dall’articolo 70 del D.Lgs. n. 59/2010 - ad apposita autorizzazione rilasciata a persone fisiche, a società di persone, a società di capitali regolarmente costituite o cooperative. Le regioni, nell’esercizio della potestà normativa in materia di disciplina delle attività economiche, possono stabilire che l’autorizzazione all’esercizio dell’attività sia soggetta alla presentazione da parte del richiedente del documento unico di regolarità contributiva (DURC). L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vendita sulle aree pubbliche mediante l'utilizzo di un posteggio è rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal sindaco del comune sede del posteggio ed abilita anche all'esercizio in forma itinerante nell'ambito del territorio regionale. L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vendita sulle aree pubbliche esclusivamente in forma itinerante è rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune nel quale il richiedente, persona fisica o giuridica, intende avviare l'attività. L'autorizzazione abilita anche alla vendita al domicilio del consumatore, nonché nei locali ove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento o svago.

 

Il D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 ha attuato la Direttiva 2006/123/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 (c.d. "Direttiva Bolkestein") relativa ai servizi nel mercato interno.

L'art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 59/2010 definisce l'ambito di applicazione del medesimo decreto, individuandolo in qualunque attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale.

Il medesimo D.lgs. 59/2010 esplicita un'articolata serie di deroghe (artt. da 2 a 7) all'applicazione della direttiva 2006/123/UE.

Gli articoli da 2 a 7 del D.Lgs. 59/2010, elencano infatti le attività di servizi sottratte all'applicazione del decreto stesso: le attività connesse con l'esercizio di pubblici poteri, quando le stesse implichino una partecipazione diretta e specifica all'esercizio del potere pubblico e alle funzioni che hanno per oggetto la salvaguardia degli interessi generali dello Stato e delle altre collettività pubbliche; alla disciplina fiscale delle attività di servizi; ai servizi d'interesse economico generale assicurati alla collettività in regime di esclusiva da soggetti pubblici o da soggetti privati, ancorché scelti con procedura ad evidenza pubblica, che operino in luogo e sotto il controllo di un soggetto pubblico (art. 2, co.1); i servizi sociali (art. 3); i servizi finanziari (art. 4); i servizi di comunicazione (art. 5); i servizi di trasporto (art. 6).

Il successivo art. 7 elenca gli ulteriori servizi esclusi dall'applicazione del decreto:

a) i servizi di somministrazione di lavoratori forniti dalle agenzie per il lavoro, autorizzate ai sensi del D. Lgs. n. 276/2003;

b) i servizi sanitari e quelli farmaceutici forniti direttamente a scopo terapeutico nell'esercizio delle professioni sanitarie, indipendentemente dal fatto che vengano prestati in una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione, di finanziamento e dalla loro natura pubblica o privata;

c) i servizi audiovisivi, ivi compresi i servizi cinematografici, a prescindere dal modo di produzione, distribuzione e trasmissione, e i servizi radiofonici;

d) il gioco d'azzardo e di fortuna, comprese le lotterie, le scommesse e le attività delle case da gioco, nonché le reti di acquisizione del gettito;

 e) i servizi privati di sicurezza;

f) i servizi forniti da notai.

 

Il Capo II del Decreto legislativo n. 59/2020 detta Disposizioni generali in materia di regimi autorizzatori. In particolare, l’art. 14 ha previsto la possibilità di introdurre limitazioni all'esercizio dell'attività economica istituendo o mantenendo regimi autorizzatori «solo se giustificati da motivi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione, di proporzionalità, nonché delle disposizioni di cui al presente titolo». La stessa disposizione, tuttavia, fissa i requisiti a cui subordinare la sussistenza di tali motivi imperativi (definiti, peraltro, come «ragioni di pubblico interesse»).

L'art.16 del D.Lgs. n. 59 del 2010 – in conseguenza di quanto previsto dal sopra ricordato art. 14 – ha disposto che le autorità competenti – nel caso in cui il numero delle autorizzazioni disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato «per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili» – debbano attuare una procedura di selezione tra i potenziali candidati, garantendo «la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalità atti ad assicurarne l'imparzialità, cui le stesse devono attenersi» (commi 2 e 3). Tutto ciò, allo scopo di garantire sia la parità di trattamento tra i richiedenti, impedendo qualsiasi forma di discriminazione tra gli stessi, sia la libertà di stabilimento, conformemente alla citata direttiva 2006/123/UE.

In particolare, il comma 4 dell’articolo 16 ha disposto che nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato, il titolo stesso deve essere rilasciato per una durata limitata e non può essere rinnovato automaticamente, né possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorché giustificati da particolari legami con il primo.

Nel fissare le regole della procedura di selezione le autorità competenti possono tenere conto di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza dei lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell'ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto comunitario.

 

L’art. 70, comma 5, consente - nel caso della regolamentazione del commercio al dettaglio su aree pubbliche - che, con intesa in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, anche in deroga al disposto di cui al citato articolo 16 del D. Lgs. n. 59/2010, siano individuati, senza discriminazioni basate sulla forma giuridica dell'impresa, i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche e le disposizioni transitorie da applicare, con le decorrenze previste, anche alle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto ed a quelle prorogate durante il periodo intercorrente fino all'applicazione di tali disposizioni transitorie[5].

 

Dunque, i profili della durata e dei criteri per l'assegnazione di posteggi su aree pubbliche hanno trovato una prima regolazione nell'Intesa Stato-Regioni del 5 luglio 2012 "sui criteri da applicare nelle procedure di selezione per l'assegnazione di posteggi su aree pubbliche", adottata ai sensi dell’articolo 70, comma 5, del D.Lgs. n. 59/2010.

L’Intesa del 2012 è intervenuta anche in ordine alla durata della concessione, che viene fissata dal Comune; "In ogni caso, la durata della concessione non può essere inferiore ai nove anni, , nel caso siano (…) necessari rilevanti investimenti materiali, superiore ai dodici anni". Nei mercati a carattere turistico la durata delle concessioni deve essere "comunque non inferiore a sette anni" (punto 1).

Inoltre, il criterio prioritario di assegnazione è quello della "maggiore professionalità acquisita", definita in base all'anzianità di esercizio dell'impresa, anche nello specifico posteggio oggetto di selezione, che può ricevere una specifica valutazione nel limite del 40% del punteggio complessivo; nei centri di pregio, è dato rilievo all'impegno del titolare a operare secondo le esigenze della zona (con modalità o prodotti specifici); infine, si può tenere conto della regolarità contributiva, fiscale e previdenziale dell'impresa (punto 2, lett. a)1.

In attuazione dell'Intesa del 2012, il Documento delle Regioni e Province Autonome del 24 gennaio 2013, per "assicurare omogeneità territoriale", propone di adottare un limite unico a livello nazionale di durata delle concessioni, pari a 12 anni, al fine di consentire il recupero degli investimenti anche immateriali in un'attività caratterizzata da limitati volumi di vendita (punto 1). In caso di domande concorrenti, tale Documento propone ai Comuni di assegnare i seguenti punteggi: a) per la "maggiore professionalità acquisita nell'esercizio del commercio su area pubblica", derivante dalla data di iscrizione come impresa attiva nel Registro delle imprese, 40 punti per un'anzianità di iscrizione fino a 5 anni; 50 punti per un'anzianità fino a 10 anni e 60 punti per un'anzianità superiore ai 10 anni; b) per il titolare di concessioni in scadenza nel 2017-2020, che concorre all'assegnazione dello specifico posteggio in cui operava, altri 40 punti ; c) infine, per l'impegno a eseguire specifiche opere/adattamenti in particolari contesti 7 punti e per la prova della regolarità contributiva altri 3 punti (punto 2).

Il Documento del 2013 detta, infine, "disposizioni transitorie", per compensare le disparità di trattamento tra gli operatori che, essendo titolari di concessioni scadute prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 59/2010, hanno usufruito di una proroga e quelli che, diversamente, non se ne sono potuti avvantaggiare.

Il regime transitorio fissato è consistito nel prorogare di diritto a maggio o luglio 2017 le concessioni che sarebbero scadute, rispettivamente, dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 59/2010 e dell'Intesa del 2012, rinviando l'applicazione dei nuovi criteri di selezione soltanto dopo lo spirare del regime transitorio[6].

 

Successivamente, l’articolo 6, comma 8, del D.L. 244/2016 (cd. D.L. milleproroghe) aveva prorogato al 31 dicembre 2018 la scadenza delle concessioni per il commercio su aree pubbliche in essere alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo, al fine di allineare le scadenze delle concessioni stesse.

Successivamente, la legge di bilancio per il 2018 (L. 27 dicembre 2017, n. 205) ha introdotto alcune disposizioni in materia di concessioni per il commercio sulle aree pubbliche.

In particolare, l’articolo 1, comma 1180, ha prorogato al 31 dicembre 2020 il termine delle concessioni per commercio su aree pubbliche con scadenza anteriore alla predetta data e in essere alla data di entrata in vigore della legge di bilancio. Ciò con il fine di garantire che le procedure per l’assegnazione delle medesime concessioni siano realizzate in un contesto temporale omogeneo.

Il medesimo art. 1, al comma 1181, ha poi previsto che le amministrazioni interessate prevedessero specifiche modalità di assegnazione per coloro che nel biennio precedente l’entrata in vigore della norma avessero direttamente utilizzato le concessioni quale unica o prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare, anche in deroga a quanto previsto dalla disciplina delle autorizzazioni al commercio su aree pubbliche e delle connesse concessioni di posteggio di cui all’articolo 16 del D.lgs. 59/2010 (su cui v. infra). Ciò, specifica la norma, nel quadro della promozione e garanzia degli obiettivi di politica sociale connessi alla tutela dell'occupazione.

E’ stato poi demandato alla Conferenza Unificata il compito di provvedere all’integrazione dei criteri previsti dall’Intesa di cui all’articolo 70 del D.lgs n. 59/2010, stabilendo altresì, ai fini della garanzia della concorrenza nel settore, il numero massimo di posteggi complessivamente assegnabili ad un medesimo soggetto giuridico, sia nella medesima area sia in diverse aree, mercatali e non mercatali.

 

Giurisprudenza costituzionale

Si richiama quanto più volte evidenziato dalla giurisprudenza costituzionale, che ha specificamente dichiarato (cfr. sentenza n. 291 del 2012) l'incostituzionalità di disposizioni regionali che prevedevano l'inapplicabilità al commercio su aree pubbliche di quanto previsto dall'art. 16 del D.Lgs. n. 59 del 2010 (attuativo dell'art. 12 della direttiva Bolkestein).

In particolare, la Corte ha dichiarato l'incostituzionalità di tali norme per il contrasto con quella comunitaria cui il legislatore nazionale ha dato attuazione e con i vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea in materia di accesso ed esercizio dell'attività dei servizi (in particolare in tema dei residuali regimi autorizzatori), ma anche perché essa non viene neanche a prevedere forme di «bilanciamento tra liberalizzazione e […] i motivi imperativi di interesse generale», come, invece, richiesto dalla normativa comunitaria[7].

Le disposizioni del D.Lgs. n. 59 del 2010 – ha sostenuto la Corte - sono da ascrivere alla tipologia di disposizioni che tendono ad assicurare procedure concorsuali di garanzia mediante la loro strutturazione in modo da consentire «la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici» (sentenza n. 401 del 2007) e che sono da ricomprendere, secondo la giurisprudenza costituzionale, nella nozione di concorrenza che «non può che riflettere quella operante in ambito comunitario» (sentenze n. 270 e n. 45 del 2010, n. 401 del 2007), che ha «un contenuto complesso in quanto ricomprende non solo l'insieme delle misure antitrust, ma anche azioni di liberalizzazione, che mirano ad assicurare e a promuovere la concorrenza "nel mercato" e "per il mercato", secondo gli sviluppi ormai consolidati nell'ordinamento europeo e internazionale (sentenza n. 200 del 2012).

Con riferimento alla possibilità di rinnovo automatico, si ricorda che la Corte costituzionale si è espressa in più occasioni sulle disposizioni statali o regionali che recano norme di proroga di concessioni in essere, anche in relazione alle previsioni dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, che richiama il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario nell'esercizio della potestà legislativa dello Stato e delle regioni.

In più occasioni (ex multis sentenze n. 340, n. 233 e n. 180 del 2010 e sentenza n. 205 del 2011) la Corte costituzionale ha valutato le disposizioni impugnate richiamando, oltre al rispetto del riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le regioni, i principi comunitari in materia di temporaneità delle concessioni e di apertura alla concorrenza, con particolare riguardo alle disposizioni che, seppure per un periodo temporalmente limitato, «impedisc[ono] l'accesso di altri potenziali operatori economici al mercato, ponendo barriere all'ingresso tali da alterare la concorrenza tra imprenditori».

In particolare la Corte Costituzionale, con la sentenza del 4/7/2013 n. 171, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della l. reg. Liguria 30.7.2012, n. 24, che ha tentato di reintrodurre il rinnovo automatico delle concessioni a seguito di eventi naturali atmosferici che causassero danni. La Corte ha affermato che il rinnovo o la proroga automatica delle concessioni, venendo meno agli obblighi che incombono ai sensi degli artt. 49 e 101 del TFUE e dell'art. 12 della dir. 2006/123/UE (c.d. dir. Bolkestein), viola l'art. 117, co. 1, cost., per contrasto con i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario in tema di libertà di stabilimento e di tutela della concorrenza, determinando altresì una disparità di trattamento tra operatori economici, in violazione dell'art. 117, co. 2, lett. e).

 

 Con riguardo, infine, alla durata delle concessioni e ai criteri di selezione, si richiama anche quanto affermato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato nel parere del 15 dicembre 2015 (A.S. 1335), nel quale si ribadisce che in più occasioni l'Autorità ha affermato il principio per cui un termine eccessivamente ampio di durata delle concessioni può alterare il funzionamento del mercato, rendendo più difficoltoso l'ingresso da parte di nuovi operatori, a detrimento della qualità dell'offerta, e determinando, di conseguenza, una cristallizzazione degli assetti esistenti nel mercato di riferimento. Riferendosi, in particolare, alla previgente disciplina del commercio su aree pubbliche, l'Autorità ha ritenuto eccessivamente lunga la durata decennale della concessione, "anche tenuto conto della natura dell'attività che il soggetto aggiudicatario andrà a svolgere, la quale non richiede particolari investimenti". Tale principio è stato costantemente ribadito in tutti i settori economici caratterizzati dal ricorso allo strumento concessorio (di beni o servizi), per affermare l'opportunità di ridurre la discrezionalità amministrativa nella scelta dei concessionari, basandosi su criteri oggettivi, trasparenti, non discriminatori, e di rispettare i principi comunitari della parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità.

Una durata delle concessioni non eccessivamente ampia risulta strettamente funzionale al rispetto di tali principi e l'Autorità, nell'esercizio delle proprie funzioni consultive nell'ambito di vari settori produttivi affidati in concessione ha sempre affermato che la durata "dovrebbe essere rigorosamente definita in maniera da perseguire l'equilibrio economico-finanziario degli investimenti del concessionario, senza però rinviare per tempi eccessivamente lunghi il confronto concorrenziale" .

Quanto ai criteri di assegnazione dei posteggi, nel medesimo parere si ribadisce che quelli che danno peso decisivo a requisiti di anzianità o di esperienza pregressa in un determinato settore sono comunque idonei a pregiudicare il corretto dispiegarsi di dinamiche di mercato, in quanto possono favorire gli operatori esistenti, a scapito di nuovi concorrenti. Pertanto, secondo il consolidato orientamento dell'Autorità, tali criteri dovrebbero essere considerati soltanto in maniera residuale.

 

 

La Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno

 

La direttiva 2006/123/CE (“Direttiva servizi” anche nota come “Direttiva Bolkenstein”) è stata approvata il 12 dicembre 2006, all’esito di un processo di elaborazione particolarmente complesso.

La Direttiva, relativa ai servizi nel mercato interno, il cui termine di recepimento è stato fissato al 28 dicembre 2009, mira a facilitare l’accesso al mercato per le imprese che forniscono servizi all’interno dell’Unione europea, a garantire contestualmente i consumatori, nonché a realizzare una cooperazione amministrativa effettiva tra gli Stati membri, in modo da superare gli ostacoli e le frammentazioni di diversa natura che impediscono il pieno sviluppo di un mercato unico dei servizi.

La “Direttiva Servizi” è stata attuata in Italia con il D.Lgs.26 marzo 2010, n. 59, successivamente modificato e integrato, in particolare, dal D.Lgs.6 agosto 2012, n. 147 e dalla L. 24 dicembre 2012, n. 234.

Campo di applicazione della Direttiva Servizi

La nozione di “servizio”, così come definita nella stessa Direttiva (articolo 4, par. 1, n. 1)), comprende “qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo 57 TFUE[8] fornita normalmente dietro retribuzione” da prestatori stabiliti in uno Stato membro (articolo 2, par. 1).

 

Tra i settori che rientrano nel campo di applicazione della Direttiva si segnalano la distribuzione e il commercio, compresa la vendita all’ingrosso e al dettaglio di beni e servizi; i servizi nel settore dell’edilizia; i servizi degli artigiani; i servizi collegati al settore dell’industria, come le attività di installazione e manutenzione dei macchinari e i servizi di pulizia; i servizi professionali (avvocati, commercialisti, veterinari, architetti, ecc.), i servizi resi alle imprese (come la pubblicità, i servizi di ricerca del personale e la consulenza in materia di brevetti); i servizi del settore turismo (agenzie di viaggio, guide turistiche); i servizi di ristorazione e alloggio, forniti ad esempio da alberghi e ristoranti; i servizi educativi e di formazione, come università private, scuole di lingua; i servizi domestici, come i servizi di pulizia, babysitter, giardinaggio, ecc.; i servizi sociali offerti da operatori privati; i servizi legati ai settori della cultura e dello spettacolo, come l’organizzazione di eventi; i servizi collegati con il settore dei trasporti, come il noleggio di autoveicoli e l’organizzazione di bus turistici. La Direttiva interessa attività che equivalgono, nel loro complesso, a circa il 40% del PIL e dell’occupazione dell’Unione europea[9].

 

La Direttiva Servizi, nel delineare il suo campo di applicazione procede, in sostanza, a contrario, dando esplicita indicazione dei settori esclusi. Essa crea dunque un quadro giuridico generale per qualsiasi servizio fornito dietro corrispettivo economico, ad eccezione dei settori espressamente esclusi dall’articolo 2 della stessa (cfr. infra).

Settori esclusi dall’applicazione della Direttiva Servizi

Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2 e 3 della Direttiva, la stessa non si applica alle seguenti attività:

a) servizi non economici d’interesse generale;

b) servizi finanziari quali l’attività bancaria, il credito, l’assicurazione e la riassicurazione, le pensioni professionali o individuali, i titoli, gli investimenti, i fondi, i servizi di pagamento e quelli di consulenza nel settore degli investimenti, compresi i servizi di cui all’allegato I della direttiva 2006/48/CE;

c) i servizi e le reti di comunicazione elettronica nonché le risorse e i servizi associati in relazione alle materie disciplinate dalle direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE, 2002/22/CE e 2002/58/CE e ss. mod. e integrazioni;

d) i servizi nel settore dei trasporti, ivi compresi i servizi portuali, che rientrano nell’ambito di applicazione del titolo V del trattato CE;

e) i servizi delle agenzie di lavoro interinale;

f) i servizi sanitari, indipendentemente dal fatto che vengano prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione e di finanziamento sul piano nazionale e dalla loro natura pubblica o privata;

g) i servizi audiovisivi, ivi compresi i servizi cinematografici, a prescindere dal modo di produzione, distribuzione e trasmissione, e i servizi radiofonici;

h) le attività di azzardo che implicano una posta di valore pecuniario in giochi di fortuna, comprese le lotterie, i giochi d’azzardo nei casinò e le scommesse

i) le attività connesse con l’esercizio di pubblici poteri di cui all’art. 51 TFUE;

j) i servizi sociali riguardanti gli alloggi popolari, l’assistenza all'infanzia e il sostegno alle famiglie ed alle persone temporaneamente o permanentemente in stato di bisogno, forniti dallo Stato, da prestatori incaricati dallo Stato o da associazioni caritative riconosciute come tali dallo Stato;

k) i servizi privati di sicurezza;

l) i servizi forniti da notai e ufficiali giudiziari nominati con atto ufficiale della pubblica amministrazione. La direttiva non si applica inoltre al settore fiscale.

 

La Direttiva 2006/123/CE non prevede che le attività di commercio al dettaglio su aree pubbliche siano tra quelle escluse dal campo di applicazione della stessa direttiva.

 

Inoltre, si ricorda che la Direttiva non riguarda la liberalizzazione dei servizi d’interesse economico generale[10] riservati a enti pubblici o privati, né la privatizzazione di enti pubblici che forniscono servizi (art. 1, paragrafo 2 della Direttiva)

 

Finalità e contenuti della Direttiva

La Direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi all’interno dell’UE, mirando comunque ad assicurare un livello elevato di qualità dei servizi stessi.

 

La Direttiva Servizi agevola l’accesso e l’esercizio delle attività di servizi, contenendo norme per:

la semplificazione delle procedure autorizzatorie e delle formalità/requisiti relativi all’accesso ad un’attività di servizi ed al suo esercizio. La Direttiva impone agli Stati membri di prendere in esame la propria legislazione in materia e di semplificarla. Contestualmente afferma un principio generale di reciprocità, secondo il quale gli Stati membri che chiedono ad un prestatore o ad un destinatario di fornire un certificato, un attestato o qualsiasi altro documento comprovante il rispetto di un particolare requisito, accettano i documenti rilasciati da un altro Stato membro che abbiano finalità equivalenti o dai quali risulti che il requisito in questione è rispettato (articolo 5)[11]. La semplificazione “richiesta” agli Stati membri dalla Direttiva dunque riguarda sia l’avvio di attività economica in forma stabile, nel proprio Paese o in un altro Stato membro dell’Unione europea, sia lo svolgimento di attività economica in modalità transfrontaliera, in regime di  libera prestazione dei servizi[12].

l’attivazione di sportelli unici presso i quali il prestatore possa avere le informazioni ed espletare tutte le formalità necessarie per esercitare la propria attività, in particolare le dichiarazioni, notifiche o istanze necessarie ad ottenere l'autorizzazione delle autorità competenti, comprese le domande di inserimento in registri, ruoli, banche dati, o di iscrizione ad organismi o ordini ovvero associazioni professionali, le domande di autorizzazione necessarie all’esercizio delle sue attività di servizi(articoli 6 e 7).

l’obbligo di rendere possibile l’espletamento delle procedure e le formalità relative all’accesso ad un'attività di servizio e al suo esercizio per via elettronica (articolo 8).

 

Facilitare la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi

La Direttiva Servizi:

prevede che gli Stati membri possano subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se sono soddisfatte le condizioni seguenti:

a) il regime di autorizzazione non è discriminatorio nei confronti del prestatore;

b) la necessità di un regime di autorizzazione è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale;

c) l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia (articolo 9)

obbliga di rispettare taluni principi quanto alle condizioni e procedure di rilascio dei titoli autorizzatori. I regimi di autorizzazione – secondo la Direttiva - devono in particolare basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario. Tali criteri devono essere non discriminatori; giustificati da un motivo imperativo di interesse generale; commisurati all’obiettivo di interesse generale; chiari e inequivocabili; oggettivi; resi pubblici preventivamente; trasparenti e accessibili. Inoltre, opera un sostanziale divieto del bis in idem, in quanto, secondo la Direttiva, le condizioni di rilascio dell’autorizzazione relativa ad un nuovo stabilimento non devono rappresentare un doppione di requisiti e controlli equivalenti o sostanzialmente comparabili, quanto a finalità, a quelli ai quali il prestatore è già assoggettato in un altro Stato membro o nello stesso Stato membro (articolo 10).

Anche quanto alla durata dell’autorizzazione, essa non deve avere durata limitata, ad eccezione dei casi seguenti:

a) l’autorizzazione prevede il rinnovo automatico o è esclusivamente soggetta al costante rispetto dei requisiti;

b) il numero di autorizzazioni disponibili è limitato da un motivo imperativo di interesse generale;

oppure, c) una durata limitata è giustificata da un motivo imperativo di interesse generale (articolo 11).

Inoltre, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri devono applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali, imparziale e trasparente, con un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento. In tali casi, l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami (articoli 12 e 13);

impone il divieto di introdurre o mantenere all’interno della legislazione nazionale taluni requisiti giuridici cui subordinare l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio sul loro territorio, ad esempio i requisiti di nazionalità (articolo 14)[13];

l’obbligo di valutare la compatibilità con la Direttiva di uno specifico numero di altri requisiti giuridici cui subordinare l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio, alla luce dei principi di non discriminazione, necessità, e proporzionalità.

Gli Stati membri hanno l’obbligo di notificare alla Commissione, in fase di progetto, le nuove disposizioni legislative, regolamentari e amministrative che prevedono requisiti giuridici nuovi rispetto a quelli elencati dalla direttiva, specificandone le motivazioni[14].

La Commissione comunica tali disposizioni agli altri Stati membri. La notifica non osta a che gli Stati membri adottino le disposizioni in questione (articolo 15).

 

Per facilitare la prestazione temporanea e occasionale di servizi in uno Stato diverso da quello di appartenenza, la Direttiva dispone che:

lo Stato membro nel quale si reca il prestatore di servizi può imporre il rispetto dei propri requisiti solo a condizione che siano non discriminatori, che siano proporzionati e giustificati per ragioni relative all’ordine pubblico, alla pubblica sicurezza, alla salute pubblica o alla tutela dell’ambiente (articolo 16)[15];

deroghe al predetto principio sono ammesse solo per casi limitati, ad esempio in materia di qualifiche professionali, di distacco dei lavoratori e per i servizi di interesse economico generale (articoli 17-18).

 

Diritti dei destinatari dei servizi

La Direttiva Servizi intende rafforzare i diritti dei destinatari dei servizi e promuovere la qualità dei servizi.

In particolare, essa:

dispone che gli Stati membri non possono imporre al destinatario requisiti, tra questi quelli basati sulla nazionalità, che limitano l’utilizzazione di un servizio fornito da un prestatore stabilito in un altro Stato membro (articolo 19 e 20);

rafforza i diritti degli utenti di servizi, garantendo il diritto ad ottenere informazioni sui servizi offerti e sulle regole applicabili ai prestatori qualunque sia il loro luogo di stabilimento (articolo 26);

tutela la qualità dei servizi, incoraggiando ad esempio la certificazione volontaria delle attività o l’elaborazione di carte di qualità e sostenendo l’elaborazione di codici di condotta europei da parte di organismi o associazioni professionali (articolo 22).

 

Cooperazione amministrativa effettiva tra gli Stati membri

La Direttiva introduce importanti strumenti di cooperazione amministrativa tra gli Stati membri. Più precisamente, essa prevede:

l’obbligo per gli Stati membri di collaborare con le autorità di altri Stati membri (articolo 29-30) per garantire un controllo efficace delle attività di servizi nell’Unione europea, istituendo a tal fine un meccanismo di allerta ed evitando la moltiplicazione dei controlli sui prestatori (articoli 31 e 32);

lo sviluppo di un sistema elettronico di scambio di informazioni tra Stati membri, indispensabile alla realizzazione di una cooperazione amministrativa effettiva (articolo 28).

 


 

Articolo 1, comma 687
(Permanenza nei ruoli della dirigenza amministrativa,
professionale e tecnica del SSN)

 

 

Il comma 687 prevede il permanere della dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del SSN nei ruoli del personale del Servizio sanitario nazionale per la mancata attuazione entro i termini (12 mesi dal 28 agosto 2015) previsti della delega di cui alla normativa vigente in materia di riorganizzazione ed inquadramento della dirigenza pubblica.

 

Il comma 687 prevede che la dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del SSN rimanga nei ruoli del personale del Servizio sanitario nazionale, in considerazione della mancata attuazione nei termini (12 mesi dal 28 agosto 2015) previsti della delega di cui all’art. 11, comma 1, lett. b) della L. 124/2015, relativi alla riorganizzazione e, in particolare, al nuovo inquadramento della dirigenza pubblica. Si stabilisce inoltre che si provveda alla modifica del Contratto collettivo quadro per la definizione delle aree e dei comparti di contrattazione per il triennio 2016-2018 del 13 luglio 2016, con apposito Accordo previsto ai sensi della normativa vigente di cui all’art. 40, comma 2, del D.lgs 165/2001, tra Aran e Confederazioni sindacali.


 

Articolo 1, comma 688
(Incremento dell’autorizzazione di spesa per la struttura tecnica interregionale per i rapporti con il personale
convenzionato con il SSN)

 

 

Il comma 688 prevede l’incremento di 259.640 euro annui dal 2019 dell’autorizzazione di spesa prevista dalla normativa vigente per il funzionamento della struttura tecnica interregionale per la disciplina dei rapporti con il personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale.

 

Il comma 688 prevede l’incremento di 259.640 euro annui dal 2019 dell’autorizzazione di spesa prevista dalla normativa vigente per il funzionamento della struttura tecnica interregionale per la disciplina dei rapporti con il personale convenzionato con il SSN. In proposito, l’art. 52, comma 27 della legge finanziaria 2003 (L. n. 289/2002), che ha novellato l'art. 4, comma 9, della L. n. 412/1991, ha previsto l’istituzione della struttura tecnica interregionale per la disciplina dei rapporti con il personale convenzionato con il SSN, la quale rappresenta la delegazione di parte pubblica per il rinnovo degli accordi riguardanti il personale sanitario a rapporto convenzionale. Essa è costituita da rappresentanti regionali nominati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e province autonome, cui fanno peraltro parte, limitatamente alle materie di rispettiva competenza, i rappresentanti dei Ministeri dell'economia e delle finanze, del lavoro e delle politiche sociali, e della salute, designati dai rispettivi Ministri.


 

Articolo 1, commi 692-698
(Regime fiscale per i raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi e di piante officinali spontanee)

 

 

Il comma 692 istituisce un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali da applicare ai redditi derivati dallo svolgimento, in via occasionale, delle attività di raccolta di prodotti selvatici non legnosi e dalla raccolta di piante officinali spontanee. Il comma 693 fissa in 100 euro l'importo della predetta imposta sostitutiva, da versare entro il 16 febbraio dell'anno di riferimento. Il comma 694 stabilisce una soglia dei corrispettivi percepiti dalla vendita del prodotto, pari a 7.000 euro, entro la quale l’attività di raccolta di prodotti selvatici non legnosi si intende svolta in via occasionale. Il comma 695 dispone che ai soggetti che hanno versato l’imposta sostitutiva non si applica la ritenuta prevista per i tartufi, con riferimento all’anno in cui la cessione del prodotto è stata effettuata. Il comma 696 estende alla cessione di tutti i prodotti selvatici non legnosi di cui alla classe ATECO 02.30, nonché alle piante officinali spontanee, le disposizioni previste per la cessione del tartufo. Il successivo comma 697 stabilisce che per le operazioni di acquisto prodotto effettuate senza l’applicazione della ritenuta, il soggetto acquirente emette un documento d’acquisto dal quale risultino taluni dati relativi al cedente e al prodotto ceduto. Il comma 698 modifica il D.P.R. n. 633 del 1972 (D.P.R. IVA), inserendo il nuovo articolo 34-ter che reca il regime IVA applicabile alla vendita di prodotti selvatici non legnosi derivanti dalla raccolta occasionale.

 

Il comma 692 istituisce un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali da applicare ai redditi derivati dallo svolgimento, in via occasionale, delle attività di raccolta di prodotti selvatici non legnosi di cui alla classe ATECO 02.30, a cui si aggiunge la raccolta di piante officinali spontanee come regolata dall’art. 3 del decreto legislativo n. 75 del 2018.

 

Nei prodotti selvatici non legnosi di cui alla classe ATECO 02.30 rientrano funghi, tartufi, bacche, frutta in guscio, balata e altre gomme simili al caucciù, sughero, gommalacca e resine, balsami, crine vegetale, crine marino, ghiande, frutti dell’ippocastano, muschi e licheni. Dalla classe è esclusa la produzione gestita, mentre vi ricade la raccolta di questi prodotti

Il comma 693 fissa in 100 euro l'importo dell'imposta sostitutiva, dal pagamento della quale sono esclusi coloro i quali effettuano la raccolta esclusivamente per autoconsumo. Il versamento dell'imposta deve essere effettuato entro il 16 febbraio dell’anno di riferimento da coloro che sono in possesso del titolo di raccolta per uno, o più prodotti, rilasciato dalla regione o altri enti.

 

Il comma 694 stabilisce una soglia dei corrispettivi percepiti dalla vendita del prodotto, pari a 7.000 euro, entro la quale l’attività di raccolta di prodotti selvatici non legnosi si intende svolta in via occasionale.

 

Il comma 695 dispone che ai soggetti che hanno versato l’imposta sostitutiva non si applica la ritenuta sui compensi corrisposti ai raccoglitori occasionali di tartufi non identificati, di cui all’articolo 25-quater del D.P.R. n. 600 del 1973, con riferimento all’anno in cui la cessione del prodotto è stata effettuata.

L'articolo 25-quater del D.P.R. n. 600 del 1973 (disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) stabilisce che i soggetti indicati nel primo comma dell'articolo 23 (si tratta dei soggetti che effettuano la ritenuta sui redditi di lavoro dipendente) applicano ai compensi corrisposti ai raccoglitori occasionali di tartufi non identificati ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, in relazione alle cessioni di tartufi, una ritenuta a titolo d'imposta, con obbligo di rivalsa. La suddetta ritenuta si applica all'aliquota fissata dall'articolo 11 del TUIR per il primo scaglione di reddito ed è commisurata all'ammontare dei corrispettivi pagati ridotto del 22 per cento a titolo di deduzione forfetaria delle spese di produzione del reddito.

 

Il successivo comma 697 stabilisce che per le operazioni di acquisto prodotto effettuate senza l’applicazione della ritenuta, il soggetto acquirente emette un documento d’acquisto dal quale risulti la data di cessione, nome e cognome, codice fiscale del cedente, codice ricevuta del versamento dell’imposta sostitutiva, natura e quantità del prodotto ceduto, nonché l’ammontare del corrispettivo pattuito. Lo stesso soggetto acquirente include i dati relativi ai documenti di acquisto di cui al primo periodo nella comunicazione trimestrale di cui all’articolo 21 del decreto legge n. 78 del 2010.

 

Il comma 696 estende alla cessione di tutti i prodotti selvatici non legnosi di cui alla classe ATECO 02.30, nonché alle piante officinali spontanee, le disposizioni previste dal comma 109, dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005) per la cessione del tartufo.

Ai sensi delle citate disposizioni, la cessione di tartufo non obbliga il cedente raccoglitore occasionale non munito di partita IVA ad alcun obbligo contabile. I cessionari sono obbligati a comunicare annualmente alle regioni di appartenenza la quantità del prodotto commercializzato e la provenienza territoriale dello stesso, sulla base delle risultanze contabili. I cessionari sono obbligati a certificare al momento della vendita la provenienza del prodotto, la data di raccolta e quella di commercializzazione.

La circolare dell'Agenzia delle entrate n. 10 del 2005 ha fornito chiarimenti in ordine a tali disposizioni. In particolare, per quanto concerne la disciplina IVA, in conseguenza del regime previsto dall'articolo 1, comma 109, della legge finanziaria 2005, i soggetti che, nell'esercizio di impresa acquistano tartufi da raccoglitori dilettanti ed occasionali non muniti di partita IVA sono tenuti ad emettere autofattura.

 

Il comma 698 modifica il D.P.R. n. 633 del 1972 (D.P.R. IVA), inserendo il nuovo articolo 34-ter che reca il regime dell'imposta sul valore aggiunto applicabile alla vendita di prodotti derivanti dalla raccolta occasionale.

Soggetti della norma sono i raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi di cui alla classe ATECO 02.30, a cui si aggiungono i raccoglitori occasionali di piante officinali spontanee, la cui raccolta è disciplinata dall’articolo 3 del decreto legislativo n. 75 del 2018, che nell'anno solare precedente hanno realizzato un volume d'affari non superiore a 7.000 euro.

Ai sensi del comma in argomento, dunque, i raccoglitori occasionali con un volume d'affari fino a 7.000 euro sono esonerati dal versamento dell'imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la dichiarazione annuale.

 

Vengono inoltre apportate modifiche alla Tabella A (parte I, II-bis e III) del D.P.R. IVA, relativa ai beni e servizi soggetti ad aliquota ridotta.

 

In particolare, alla tabella A, parte I, è aggiunto il numero 15-bis) che include nell'elenco beni e servizi soggetti ad aliquota ridotta i tartufi, nei limiti delle quantità standard di produzione determinate con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, emanato di concerto con il MEF.

 

Alla tabella A parte II-bis, che elenca i beni e servizi soggetti all'aliquota del 5 per cento è aggiunto il numero 1-quater), che include i tartufi freschi o refrigerati.

 

Alla tabella A, parte III, che elenca i beni e servizi soggetti all'aliquota del 10 per cento il numero 20-bis) è sostituito con il riferimento ai tartufi congelati, essiccati o preservati immersi in acqua salata, solforata o addizionata di altre sostanze atte ad assicurare temporaneamente la conservazione, ma non preparati per il consumo immediato.

 

L'aliquota applicabile ai tartufi viene dunque differenziata, prevedendo la riduzione dal 10 al 5 per cento per quella applicabile ai tartufi freschi o refrigerati.

 

 


 

Articolo 1, comma 699
(Regime fiscale per i raccoglitori occasionali
di prodotti selvatici non legnosi)

 

 

Il comma 699 dispone che i produttori agricoli che gestiscono la produzione dei prodotti selvatici non legnosi e che non ricadono nell'esonero stabilito dall’articolo 34, comma 6, del D.P.R. IVA possono applicare il regime forfettario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 75, della legge n. 190 del 2014.

 

Il comma 699 dispone che i produttori agricoli che gestiscono la produzione dei prodotti selvatici non legnosi, non ricompresi nella classe ATECO 02.30 e dall’articolo 3 del decreto legislativo n. 75 del 2018 (piante officinali spontanee), e che non ricadono nell'esonero stabilito dall’articolo 34, comma 6, del D.P.R. n. 633 del 1972 (D.P.R. IVA) per coloro che prevedono di realizzare un volume d'affari non superiore a 7.000 euro, possono applicare il regime forfettario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 75, della legge n. 190 del 2014, che viene modificato ed esteso dal disegno di legge in commento (vedasi la scheda di lettura relativa ai commi 9-11).

 

Nei prodotti selvatici non legnosi di cui alla classe ATECO 02.30 rientrano funghi, tartufi, bacche, frutta in guscio, balata e altre gomme simili al caucciù, sughero, gommalacca e resine, balsami, crine vegetale, crine marino, ghiande, frutti dell’ippocastano, muschi e licheni. Dalla classe è esclusa la produzione gestita, mentre vi ricade la raccolta di questi prodotti

 

Ai fini dell’imposizione sui redditi, il reddito di tali soggetti è comunque determinato su base catastale secondo le disposizioni sul reddito agrario di cui all'articolo 32 del D.P.R. 917 del 1986 (TUIR) e non trovano applicazione le norme sulla determinazione del reddito imponibile del regime forfetario, di cui ai commi 64 e seguenti del citato articolo 1 della Legge 23 dicembre 2014, n. 190.

 


 

Articolo 1, commi 700 e 701
(Vendita diretta prodotti agricoli)

 

 

Il comma 700 prevede che gli imprenditori agricoli possano effettuare la vendita diretta non solo dei propri prodotti, ma anche di quelli acquistati direttamente da altri imprenditori agricoli. Il comma 701 dispone che per le finalità di cui al comma precedente le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano promuovano specifiche campagne per valorizzare le produzioni agroalimentari locali, prevedendo, a tal fine, un limite di spesa di 500.000 euro annui a decorrere dal 2019. 

 

 

Nello specifico, il comma 700aggiunge un nuovo comma all’articolo 4 del decreto legislativo n. 228 del 2001, relativo alla vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli.

 

L’articolo 4 prevede che gli imprenditori agricoli, singoli o associati possono vendere direttamente al dettaglio, anche in forma itinerante, con strutture mobile o tramite commercio elettronico, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende (inclusi i prodotti derivati, ottenuti a seguito di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici), osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità.

Qualora l'ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti che non provengono dalle rispettive aziende sia superiore nell'anno solare precedente a 160.000 euro per gli imprenditori individuali o a 4 milioni di euro per le società, si applicano le disposizioni sul commercio di cui decreto legislativo n. 114 del 1998.

 

La disposizione introdotta prevede che l’imprenditore agricolo possa vendere direttamente su tutto il territorio della Repubblica prodotti agricoli e alimentari appartenenti a comparti agronomici diversi da quelli di cui è produttore acquistati direttamente da altri imprenditori agricoli. La stessa disposizione prevede che il fatturato derivante dalla vendita dei prodotti che provengono dalla propria azienda debba essere, comunque, prevalente rispetto a quello proveniente dalla vendita degli altri prodotti acquistati da altri imprenditori agricoli.

 

Il successivo comma 701 prevede che per le finalità di cui al comma precedente le Regioni e le province autonome promuovano specifiche campagne per valorizzare delle produzioni agroalimentari locali nel limite di spesa di 500.000 euro annui a decorrere dal 2019.

Si rileva che le disposizioni di cui sopra riprendono parte dei contenuti della proposta di legge A.S. 728 sulle piccole produzioni locali, all’esame presso la Commissione Agricoltura del Senato.

 

 

 


 

Articolo 1, commi 702 e 703
(Aziende agricole prealpine di collina)

 

 

Il comma 702 estende alle aziende agricole ubicate nei comuni prealpini di collina, pedemontani e della pianura non irrigua la possibilità di non dover disporre del titolo di conduzione del terreno agricolo ai fini della costituzione del relativo fascicolo aziendale Il comma 703 prevede che il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e il Ministro dell’ambiente e del territorio e del mare provvedano con decreto di natura non regolamentare alla determinazione delle aree ubicate nei comuni prealpini di collina, pedemontani e della pianura non irrigua legate a specifici fattori di svantaggio.

 

Nello specifico, il comma 702 interviene modificando il comma 12 dell’articolo 1-bis del decreto-legge n. 91 del 2014 in base al quale i soggetti iscritti all’anagrafe delle aziende agricole con una estensione inferiore ai 5.000 metri quadrati, ubicate in zone montane e rientranti nell’ambito delle zone svantaggiate, non sono tenute a disporre del titolo di conduzione del terreno agricolo ai fini della costituzione del relativo fascicolo aziendale. Il comma in esame estende alle aziende agricole ubicate nei comuni prealpini di collina, pedemontani e della pianura non irrigua le disposizioni in commento. Il comma 703, prevede, poi, che il Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo e il Ministro dell’ambiente e del territorio provvedano, con decreto di natura non regolamentare, entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, alla determinazione delle aree ubicate nei comuni prealpini di collina, pedemontani e della pianura non irrigua che sono contraddistinte da specifici fattori di svantaggio tra i quali: la frammentazione dei fondi, una minore produttività rispetto alle zone di pianura, la presenza di zone urbanistiche a diversa destinazione edificatoria o di tutela ambientale, la carenza di opere urbanistiche e di infrastrutture indispensabili per l’esercizio dell’attività agricola.

 

 

 


 

Articolo 1, comma 704
(Eventi sismici del maggio 2012 - Contributo per la gestione commissariale del Veneto)

 

 

Il comma 704, introdotto nel corso dell’esame al Senato, assegna alla gestione commissariale del Veneto per i danni provocati dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 l’importo di 2 milioni di euro per l’anno 2019 per il completamento della fase di ricostruzione (nuovo comma 4-bis dell’art. 3-bis del D.L. 95/2012). Alla copertura dei relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui al comma 421.

 

Si segnala che nel testo vigente dell’art. 3-bis del DL 95/2012 è già contenuto un comma 4-bis, il quale andrebbe pertanto rinumerato come comma 4-ter.

 

Il D.L. 6 giugno 2012, n. 74, emanato in seguito agli eventi sismici del maggio 2012, nel disciplinare gli interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite, ha affidato la responsabilità del coordinamento degli interventi per la ricostruzione (a decorrere dall'entrata in vigore del medesimo decreto e per l'intera durata dello stato di emergenza) ai presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto in qualità di Commissari delegati (art. 1, commi 4-5, del D.L. 74/2012 e art. 11, comma 1, lett. a), numero 1), del D.L. 174/2012), consentendo agli stessi di costituire un’apposita struttura commissariale di supporto, stabilire le modalità di predisposizione e di attuazione di un piano di interventi urgenti per il ripristino degli edifici ad uso pubblico, nonché avvalersi di soggetti attuatori (commi 15, 15-bis e 15-ter dell'art. 10 del D.L. 83/2012).

Informazioni dettagliate sull’attività del Commissario per il Veneto e sui provvedimenti emanati sono disponibili in apposita sezione del sito internet della Regione Veneto.

In virtù del D.L. 148/2017 (art. 2-bis, comma 44), la durata dello stato di emergenza nei territori colpiti dagli eventi sismici in questione è stata prorogata sino al 31 dicembre 2020.


 

Articolo 1, comma 705
(Trattamento fiscale dei familiari dell’imprenditore agricolo)

 

 

Il comma 705, introdotto al Senato, equipara il trattamento fiscale dei familiari che coadiuvano il coltivatore diretto, a specifiche condizioni, a quello dei titolari dell’impresa agricola al cui esercizio detti familiari partecipano attivamente.

 

Le norme in commento dispongono che i familiari coadiuvanti del coltivatore diretto, appartenenti al medesimo nucleo familiare, a condizione che siano iscritti nella gestione assistenziale e previdenziale agricola quali coltivatori diretti, beneficiano della stessa disciplina fiscale propria dei titolari dell’impresa agricola al cui esercizio partecipano attivamente.

 

Si rammenta che la tassazione delle imprese agricole ha sempre ricevuto da parte del legislatore fiscale un trattamento di favore, sotto numerosi profili (imposte dirette e indirette), sulla base del presupposto che l'agricoltura svolge un'azione di presidio del territorio ed è chiamata a sopportare il rischio connesso alle avversità atmosferiche che possono arrivare fino a mettere a rischio l'intera produzione. Per ulteriori informazioni, con particolare riferimento all’IRPEF, si rinvia alla documentazione predisposta sul Portale della Documentazione parlamentare.

 


 

Articolo 1, commi 706-717
(Bonus occupazionale per giovani eccellenze)

 

 

I commi da 706 a 717 introducono un incentivo, in favore dei datori di lavoro privati, per l'assunzione a tempo indeterminato, nel corso del 2019, di soggetti titolari di laurea magistrale o di dottorato di ricerca ed aventi determinati requisiti.

 

L'incentivo consiste (comma 706) nell'esonero dal versamento dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, con esclusione dei premi e contributi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, per un periodo massimo di 12 mesi, decorrenti dalla data di assunzione, nel limite massimo di 8.000 euro (per ogni rapporto di lavoro in oggetto). Lo sgravio è cumulabile con altri incentivi all’assunzione di natura economica o contributiva, definiti su base nazionale e regionale, fermo restando il rispetto delle norme europee sugli aiuti in regime di de minimis (commi 713 e 716).

Il beneficio è concesso con riferimento alle assunzioni a tempo indeterminato di cittadini che rientrino in una delle seguenti fattispecie (comma 707): siano in possesso della laurea magistrale, ottenuta dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2019 con una votazione pari a 110 e lode - e, come aggiunto dal Senato, con una media ponderata (media relativa ai voti degli esami, ponderata in relazione al numero di crediti formativi universitari riconosciuto per ogni esame) pari ad almeno 108/110 - entro la durata legale del corso di studi e prima del compimento del trentesimo anno di età, in università (statali e non statali) legalmente riconosciute (ivi comprese quelle telematiche, in quanto la Camera, in prima lettura, ha soppresso la relativa esclusione, prevista nel testo originario); siano in possesso di un dottorato di ricerca, ottenuto dal 1° gennaio 2018 al 30 giugno 2019, prima del compimento del trentaquattresimo anno di età, in università (statali e non statali) legalmente riconosciute.

Sembrerebbe opportuno chiarire l'ambito di applicazione del termine “cittadini” e valutare quali siano le motivazioni della limitazione temporale dei titoli summenzionati, con particolare riferimento al termine finale del 30 giugno 2019.

Il beneficio non è circoscritto a determinati profili o mansioni, a parte l'esclusione del lavoro domestico (di cui al comma 710).

Rientrano nell'ambito di applicazione dell'incentivo anche (commi 708 e 709): le assunzioni con contratti a tempo parziale (purché indeterminato) - con proporzionale riduzione dell'importo dello sgravio -; i casi di trasformazione, avvenuta nel corso del 2019, di un contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato (fermo restando il possesso dei requisiti soggettivi summenzionati alla data della trasformazione).

Qualora un lavoratore, per la cui assunzione a tempo indeterminato sia stato parzialmente fruito il beneficio in esame, sia nuovamente assunto a tempo indeterminato, nel 2019, da altri datori di lavoro privati, il beneficio è riconosciuto a questi ultimi per il periodo residuo (comma 712).

Le fattispecie di esclusione del beneficio o di decadenza dal medesimo sono costituite dalle ipotesi di licenziamento (individuale o collettivo) di cui ai commi 710 e 711 nonché dalle ipotesi (richiamate dal comma 715) di cui all'art. 24, comma 4, del 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134. In particolare, in base a queste ultime, il beneficio decade: se il numero complessivo dei dipendenti è inferiore o pari a quello indicato nel bilancio presentato nel periodo di imposta precedente l'applicazione dell'incentivo; se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di tre anni, ovvero di due anni nel caso delle piccole e medie imprese; se l'impresa beneficiaria delocalizza in un Paese non appartenente all'Unione europea, riducendo le attività produttive in Italia nei tre anni successivi al periodo di imposta in cui ha fruito dell'incentivo; se vengono definitivamente accertate determinate violazioni di legge in materia lavoristica.

Per le modalità di applicazione dell'incentivo, nonché per le relative procedure di controllo, trovano applicazione le norme richiamate nel comma 715. La definizione di ulteriori modalità è demandata ad una circolare dell'INPS (comma 714). Sembrerebbe opportuno valutare la congruità di un rinvio, in una norma di legge, a quest'ultimo tipo di atto.

Ai sensi del comma 717, gli oneri relativi allo sgravio in esame sono posti a carico, nel limite di 50 milioni di euro per il 2019 e di 20 milioni per il 2020, delle risorse del Programma operativo nazionale "Sistemi di politiche attive per l’occupazione" (PON SPAO). L’ANPAL provvede a rendere tempestivamente disponibili le predette risorse, nel rispetto delle procedure europee di gestione, al fine di consentire l'effettivo avvio dell'intervento. Nell'ambito delle proprie competenze, le regioni possono integrare il finanziamento del medesimo intervento, nel limite delle disponibilità dei propri bilanci destinate allo scopo.

 

 


 

Articolo 1, commi 718 e 719
(A.N.P.A.L.)

 

 

I commi in esame, introdotti nel corso dell’esame al Senato, dispongono la nomina del Presidente e Direttore Generale dell’A.N.P.A.L., con contestuale decadenza delle attuali cariche.

 

I commi in esame, introdotti nel corso dell’esame al Senato, modificando l’articolo 4, comma 12, del D.Lgs. 150/2015, dispongono, entro 30 giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione, la nomina del Presidente e Direttore generale dell’A.N.P.A.L.[16], con contestuale decadenza delle attuali cariche (comma 718).

Allo stesso tempo, il Presidente decade dalla carica di amministratore unico di A.N.P.A.L. Servizi S.p.A.[17].

Inoltre, viene attribuita al Presidente la competenza, attualmente in capo al Direttore Generale, in merito alle proposte di ristrutturazione operativa dell’A.N.P.A.L., di cui all’articolo 8, comma 2, del D.Lgs. 150/2015.

 

Infine, si dispone (comma 719) l’adeguamento degli statuti di A.N.P.A.L. e A.N.P.A.L. Servizi S.p.A. alle disposizioni in esame entro 60 giorni dall’entrata in vigore del presente articolo.

 

 

 

 

 

 

L’articolo 4, del D.Lgs. 150/2015 reca disposizioni in merito all’istituzione dell’A.N.P.A.L.. In particolare, il comma 12 stabilisce che entro il 7 dicembre 2016, con specifici D.P.R. sia nominato il Presidente dell'A.N.P.A.L..

Il successivo articolo 8 stabilisce le funzioni del Direttore Generale dell’ANPAL. In particolare, il comma 2 prevede che il Direttore Generale predispone il bilancio, coordina l'organizzazione interna del personale, degli uffici e dei servizi, assicurandone l'unità operativa e di indirizzo, può assistere alle sedute del consiglio di amministrazione su invito dello stesso, formula proposte in materia di ristrutturazione operativa dell'A.N.P.A.L., consistenza degli organici e promozione dei dirigenti, ed esercita ogni altro potere attribuitogli dal presidente e dal consiglio di amministrazione.


 

Articolo 1, comma 720
(Incremento del fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività dell’Agenzia delle entrate)

 

 

Il comma 720 aumenta di 8 milioni annui a decorrere dal 2019 il fondo per le politiche di sviluppo delle risorse umane e per la produttività dell’Agenzia delle entrate.

 

L’incremento è motivato dalla stessa disposizione con l’esigenza di garantire maggiore efficienza ed efficacia all’azione amministrativa dell’Agenzia delle entrate, in considerazione dei rilevanti impegni derivanti dagli obiettivi di finanza pubblica e dalle misure per favorire gli adempimenti tributari e le connesse semplificazioni.

 

Si rammenta che i fondi per le politiche di sviluppo delle risorse umane delle amministrazioni pubbliche sono contemplati nell’art. 40, comma 4-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001 e sono destinati a finanziare la parte accessoria della retribuzione prevista dalla contrattazione integrativa.

 

La previsione è coperta con la corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti, di cui al decreto legge n. 154 del 2008.

 

Tale Fondo - istituito dall’art. 6, comma 2, del citato decreto legge n. 154 del 2008 (convertito nella legge n. 189 del 2008) e collocato nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze – è teso a compensare gli effetti negativi scaturenti, in termini di cassa, da specifici contributi di importo fisso costante con onere a carico dello Stato, concessi in virtù di autorizzazioni legislative. Aveva una dotazione iniziale, in termini di sola cassa, di 435 milioni di euro per l'anno 2010 e di 175 milioni di euro per l'anno 2011. Successivamente, nel bilancio di previsione per gli anni 2017-2019 (cap. 7593/Economia), il Fondo presentava una dotazione di sola cassa pari a 362,5 milioni per il 2017, 320,2 milioni per il 2018 e a 294 milioni per il 2019.


 

Articolo 1, commi 721-724
(Modifiche al Testo unico sulle società
a partecipazione pubblica)

 

 

I commi 721 e 723 intervengono sulle società a partecipazione pubblica. I commi 721 e 723 da un lato modificano la disciplina delle società partecipate da società quotate, dall’altro autorizzano le amministrazioni pubbliche, le quali all’esito della revisione straordinaria delle partecipazioni societarie detenute siano tenute alla loro liquidazione, a non procedervi, fino al 31 dicembre 2021, nel caso di partecipazioni in società che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente.

I commi 722 e 724, introdotti al Senato, ampliano l’ambito applicativo della disciplina transitoria relativa alla riforma delle società a partecipazione pubblica, prevedendo che i piani di razionalizzazione delle partecipazioni societarie detenute, che le amministrazioni pubbliche sono tenute a redigere e comunicare annualmente al MEF e alla Corte dei conti, non debbano riguardare i gruppi di azione locale, inclusi i gruppi LEADER.

 

Il comma 721 interviene sull’ambito applicativo del Testo unico delle società partecipate (decreto legislativo n.175/2016), con riferimento alle società quotate. In particolare, si prevede che le disposizioni del Testo unico non si applicano (a meno che non ne sia espressamente prevista l’applicazione nelle singole disposizioni), alle società controllate da società quotate in borsa.

 

Si fa presente che il Testo unico attualmente dispone che esso non trova applicazione (a meno che non ne sia espressamente prevista l’applicazione nelle singole disposizioni), per le “società partecipate , salvo che queste ultime siano, non per il tramite di società quotate, controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche”.

 

La disposizione sembrerebbe avere l’effetto di restringere l’ambito applicativo del Testo unico, escludendo del tutto le società partecipate (ma non controllate) da società quotate. In particolare, andrebbe chiarito se per effetto della modifica rientrano nell’ambito applicativo del Testo unico le società partecipate, allo stesso tempo, da società quotate (con partecipazioni non di controllo) e da pubbliche amministrazioni.

 

Il comma 723 integra il Testo unico sulle società partecipate pubbliche (D.Lgs. n. 175/2016), introducendo all’interno dell’articolo 24, relativo alla revisione straordinaria delle partecipazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni, il comma 5-bis.

Tale disposizione disapplica, fino al 31 dicembre 2021, i commi 4 (obbligo di alienazione entro un anno dalla ricognizione straordinaria) e 5 (divieto per il socio pubblico di esercitare i diritti sociali e successiva liquidazione coatta in denaro delle partecipazioni) del D.Lgs. 175/2016 nel caso di società partecipate che abbiano prodotto un risultato medio in utile nel triennio precedente alla ricognizione (dunque, si suppone, nel triennio 2014-2016).

Per queste società in utile, ai fini di tutela del patrimonio pubblico e del valore delle quote societarie pubbliche, la norma autorizza pertanto l’amministrazione pubblica a prolungare la detenzione delle partecipazioni societarie.

Infine, si segnala che l'articolo 20 del Testo Unico prevede  una procedura di carattere ordinario che gli enti pubblici sono chiamati ad attivare nella gestione delle società partecipate, a cadenza annuale. A tale procedura di razionalizzazione periodica delle partecipazioni detenute (che fa seguito alla revisione straordinaria prevista, in sede di prima applicazione, dal citato articolo 24) si procede a partire dal 2018 (con riferimento alle partecipazioni detenute al 31 dicembre 2017). Su tale procedura la norma in esame non interviene e, pertanto, per essa rimarrebbero in vigore le ipotesi di alienazione previste dal Testo unico (definite dall’articolo 20, comma 2: v. oltre).

Si valuti pertanto l’opportunità di coordinare le due disposizioni, in quanto potrebbe verificarsi che per una stessa società l’alienazione sia sospesa ai sensi dell’articolo 24 (ossia in sede di revisione straordinaria), ma successivamente disposta ai sensi dell’articolo 20 (ossia in sede di razionalizzazione periodica).

 

L’articolo 24 del Testo unico ha definito una procedura di revisione straordinaria delle partecipazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni. In particolare, è stato previsto che entro il 30 settembre 2017 ciascuna amministrazione pubblica debba effettuare (con provvedimento motivato) una ricognizione di tutte le partecipazioni societarie possedute (direttamente o indirettamente) alla data di entrata in vigore del T.U. (23 settembre 2016) con obbligo di alienare quelle prive di determinati requisiti.

In particolare, le pubbliche amministrazioni sono tenute a liquidare le partecipazioni:

§  in società che non siano riconducibili a determinate attività di produzione di beni e servizi, strettamente riconducibili al perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente pubblico (attività e finalità elencate all’articolo 4);

§  nel caso in cui abbiano proceduto alla costituzione di società, o ne abbiano acquistato partecipazioni (nel caso di società già esistenti), sulla base di un atto non analiticamente motivato in ordine alla sussistenza delle ragioni di efficienza, efficacia ed economicità che ne giustificano la costituzione o l’acquisizione, ovvero nel caso di incompatibilità dell’atto con la normativa comunitaria e nazionale (articolo 5, commi 1 e 2);

§  nel caso di società: che risultino prive di dipendenti o che abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti; che svolgano attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali; che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro; che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti (sempre che non si tratti di società costituite per la gestione un servizio di interesse generale) (articolo 20, comma 2).

Ai sensi del comma 4, le operazioni di alienazione individuate dal piano di ricognizione devono essere effettuate entro un anno dalla ricognizione stessa.

Il comma 5 prevede, poi, che in caso di mancata adozione dell'atto ricognitivo o di mancata alienazione entro i termini previsti dal comma 4, il socio pubblico non può esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima è liquidata in denaro (in base ai criteri stabiliti dall’articolo 2437-quater del Codice civile per la determinazione del valore delle azioni e per i procedimenti di liquidazione).

La ricognizione da parte delle pubbliche amministrazioni delle partecipazioni societarie possedute si è conclusa il 10 novembre 2017. Le società a partecipazione diretta delle amministrazioni sono 4.701 e, secondo il Governo (per approfondimenti si veda il relativo comunicato stampa), circa una su tre di queste sarà interessata da interventi di dismissione.

Si ricorda, altresì, che nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze, la struttura di monitoraggio sull’attuazione del Testo unico è stata individuata nella direzione VIII del Dipartimento del Tesoro.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia al Tema dell’attività parlamentare curato dal Servizio Studi della Camera dei Deputati relativo alla Nuova disciplina delle società partecipate.

 

 

I commi 722 e 724, introdotti al Senato, ampliano l’ambito applicativo della disciplina transitoria relativa alla riforma delle società a partecipazione pubblica, prevedendo che i piani di razionalizzazione delle partecipazioni societarie detenute, che le amministrazioni pubbliche sono tenute a redigere e comunicare annualmente al MEF e alla Corte dei conti, non debbano riguardare i gruppi di azione locale, inclusi i gruppi LEADER.

 

 

Le disposizioni integrano l’articolo 26 del decreto legislativo n.175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), prevedendo che le disposizioni dell’articolo 20, comma 4, non si applicano alle società e agli enti di cui all’articolo 4, comma 6.

 

L’articolo 20 definisce la procedura di razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche detenute dalle pubbliche amministrazioni.

Si prevede che i piani di riassetto, corredati di apposita relazione tecnica, con specifica indicazione di modalità e tempi di attuazione, devono essere predisposti qualora, in sede di analisi, le amministrazioni pubbliche abbiano rilevato:

a)  partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie di cui all'art. 4;

b)  società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;

c)  società che svolgano attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali;

d) partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro;

e)  partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d’interesse generale (si pensi in particolare alle società strumentali) che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti;

f)  necessità di contenimento dei costi di funzionamento;

g)  necessità di aggregazione di società che svolgono le attività consentite dall’articolo 4.

In particolare, il comma 4 dispone che i n caso di adozione del piano di razionalizzazione, entro il 31 dicembre dell'anno successivo le pubbliche amministrazioni approvano una relazione sull'attuazione del piano, evidenziando i risultati conseguiti, e la trasmettono alla struttura di cui all'articolo 15 (ossia la struttura centrale di monitoraggio, individuata nella Direzione VIII del Dipartimento del Tesoro del MEF) e alla sezione di controllo della Corte dei conti competente.

 

L’articolo 4, comma 6, del decreto legislativo n.175/2016, nel definire l’ambito applicativo del Testo unico, prevede che “E' fatta salva la possibilità di costituire società o enti in attuazione dell'articolo 34 del regolamento (CE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 e dell'articolo 61 del regolamento (CE) n. 508 del 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio 15 maggio 2014”

 

L’articolo 34 del regolamento (CE) n.1303/2013/UE disciplina i gruppi di azione locale, chiamati a elaborare e attuare le strategie di sviluppo locale di tipo partecipativo

Gli Stati membri stabiliscono i rispettivi ruoli del gruppo d'azione locale e delle autorità responsabili dell'esecuzione dei programmi interessati concernenti tutti i compiti attuativi connessi alla strategia di sviluppo locale di tipo partecipativo.

L'autorità o le autorità di gestione responsabili provvedono affinché i gruppi di azione locale scelgano al loro interno un partner capofila per le questioni amministrative e finanziarie, oppure si riuniscano in una struttura comune legalmente costituita.

I gruppi di azione locale hanno i seguenti compiti:

a) rafforzare la capacità dei soggetti locali, compresi i potenziali beneficiari, di elaborare e attuare operazioni, anche stimolandone le capacità di preparare e gestire i loro progetti;

b) elaborare una procedura di selezione trasparente e non discriminatoria che eviti conflitti d'interessi, garantisca che almeno il 50 % dei voti espressi nelle decisioni di selezione provenga da partner che non sono autorità pubbliche e consenta la selezione mediante procedura scritta;

c) elaborare e approvare criteri oggettivi non discriminatori di selezione delle operazioni che garantiscano la coerenza con la strategia di sviluppo locale di tipo partecipativo stabilendo l'ordine di priorità di tali operazioni in funzione del loro contributo al conseguimento degli obiettivi e dei target di tale strategia;

d) preparare e pubblicare gli inviti a presentare proposte o una procedura permanente di presentazione di progetti;

e) ricevere e valutare le domande di sostegno.

f) selezionare le operazioni e fissare l'importo del sostegno e, se pertinente, presentare le proposte all'organismo responsabile della verifica finale dell'ammissibilità prima dell'approvazione;

g) verificare l'attuazione della strategia di sviluppo locale di tipo partecipativo e delle operazioni finanziate e condurre attività di valutazione specifiche legate a tale strategia.

 

L’articolo 61 del Regolamento 508/2014/UE disciplina i gruppi di azione locale nel settore della pesca.

 

L’articolo 42 del Regolamento (CE) n.1305/2013 (che il testo inserisce tra quelle cui fa rinvio l’articolo 4, comma 6, del decreto legislativo n.176/2016) disciplina i gruppi di azione locale LEADER, prevedendo che oltre ai compiti menzionati all'articolo 34 del regolamento (UE) n. 1303/2013, i gruppi di azione locale possono espletare anche ulteriori funzioni ad essi delegate dall'autorità di gestione e/o dall'organismo pagatore. I gruppi di azione locale possono chiedere al competente organismo pagatore il versamento di un anticipo se tale possibilità è prevista nel programma di sviluppo rurale. L'importo dell'anticipo è limitato al 50% del contributo pubblico alle spese di gestione e di animazione.

 

L'iniziativa comunitaria Leader+ ( Liaisons Entre Actions de Développment de l' Economie Rurale), giunta alla sua terza edizione, ha l'obiettivo di accompagnare lo sviluppo delle zone rurali stimolando il mantenimento e la creazione di nuove attività, la valorizzazione delle risorse ambientali e culturali locali, il miglioramento della qualità della vita, la cooperazione tra territori, anche attraverso la costituzione di reti per la divulgazione delle esperienze.

L'iniziativa è finanziata dal fondo FEAOG sezione Orientamento, si basa sul cosiddetto approccio "bottom-up" e pone al centro dell'attenzione i GAL (Gruppi di Azione Locale).

I GAL, costituiti da partner pubblici e privati, elaborano una strategia di sviluppo pilota ed integrata (Piano di Sviluppo Locale) e procedono alla sua attuazione sul territorio.

 


 

Articolo 1, commi 732-737
(Istituto di Ricerche Tecnopolo Mediterraneo per lo sviluppo sostenibile e Commissione speciale per la riconversione economica della città di Taranto)

 

 

I commi 732-737 intervengono per l'istituzione e l'operatività della fondazione Istituto di Ricerche Tecnopolo Mediterraneo per lo sviluppo sostenibile nonché della Commissione speciale per la riconversione economica della città di Taranto.

 

 

Nello specifico, il comma 732 autorizza la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, da iscrivere nello stato di previsione del MIUR, per l’istituzione e l’inizio dell’operatività della fondazione denominata “Istituto di Ricerche Tecnopolo Mediterraneo per lo Sviluppo Sostenibile” con sede in Taranto.

Come disposto dal comma 733, la fondazione Istituto di Ricerche Tecnopolo Mediterraneo per lo sviluppo sostenibile è istituita per lo svolgimento delle funzioni e dei compiti conoscitivi, di ricerca, tecnico-scientifici, di trasferimento tecnologico e di valorizzazione delle innovazioni e della proprietà intellettuale generata, nel campo dello studio e dell’utilizzo delle tecnologie pulite, delle fonti energetiche rinnovabili, dei nuovi materiali, dell’economia circolare, strumentali alla promozione della crescita sostenibile del Paese e al miglioramento della competitività del sistema produttivo nazionale. Per le predette finalità, il Tecnopolo instaura rapporti con organismi omologhi, nazionali e internazionali, e assicura l'apporto di ricercatori italiani e stranieri operanti presso istituti esteri di eccellenza.

In base al comma 734, lo statuto del Tecnopolo definisce gli obiettivi della fondazione e il modello organizzativo, individua gli organi, stabilendone la composizione, ed è approvato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e il Ministro dell’economia e delle finanze. Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca svolge compiti di vigilanza sul Tecnopolo.

Il comma 735 autorizza la spesa di 100.000 euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, a carico del capitolo 1091 pg  11 dello stato di previsione del MISE, per l’istituzione della Commissione speciale per la riconversione economica della città di Taranto, presso il MISE, finalizzata ad assicurare un indirizzo strategico unitario per lo sviluppo delle aree ex-ILVA che ricadono sotto la gestione commissariale del Gruppo Ilva nonché la realizzazione di un piano per la riconversione produttiva della città di Taranto, anche in raccordo con il Tavolo istituzionale permanente per l’Area di Taranto.

Ai sensi del comma 736, la Commissione speciale è presieduta dal Ministro dello sviluppo economico. Con decreto da adottarsi entro 20 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, il Ministro dello sviluppo economico ne definisce il numero dei componenti, nomina il Segretario, ne specifica il modello organizzativo e di governo. Per esigenze connesse all’espletamento delle sue funzioni la Commissione Speciale può coinvolgere, esperti a livello nazionale ed internazionale.

Il comma 737 modifica la composizione del Tavolo istituzionale permanente per l'Area di Taranto, novellando il co. 2 dell’art. 5 D.L 1/2015. In particolare:

·        si precisa che la presidenza spetta al Presidente del Consiglio dei Ministri o a un suo delegato (invece che a un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri);

·        viene introdotta la partecipazione di un rappresentante anche per ciascuno dei Ministeri della salute, dell’istruzione, dell’università e della ricerca, delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo, del Ministro per il sud, nonché dei commissari straordinari dell’ILVA in amministrazione straordinaria;

·        la rappresentanza della Regione Puglia è ridotta da tre a un componente;

·        viene eliminata la partecipazione dei rappresentanti del Commissario straordinario del Porto di Taranto e dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa.


 

Articolo 1, comma 741
(Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e istruzione)

 

 

L’articolo 1, comma 741, introdotto durante l’esame al Senato, incrementa di € 10 mln annui, a decorrere dal 2019, il Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione.

 

Pertanto, dal 2019 le risorse del Fondo ammonterebbero a € 249 mln annui.

 

Al riguardo, si ricorda che, allo scopo di superare la frammentazione fra servizi socio-educativi per la prima infanzia (da 0 a 3 anni), afferenti al sistema dei servizi sociali, e scuola dell'infanzia (da 3 a 6 anni), afferente al Sistema nazionale di istruzione, il d.lgs. 65/2017 – emanato sulla base della delega recata dalla L. 107/2015 (art. 1, co. 180 e 181, lett. e), – ha previsto la progressiva istituzione del Sistema integrato di educazione e istruzione dalla nascita ai 6 anni, costituito dai servizi educativi per l’infanzia e dalle scuole dell’infanzia statali e paritarie, alla cui realizzazione compartecipano finanziariamente Stato, regioni, province autonome di Trento e di Bolzano ed enti locali.

Tra gli obiettivi strategici del Sistema integrato rientrano il progressivo ampliamento e la progressiva accessibilità dei servizi educativi per l'infanzia – anche attraverso un loro riequilibrio territoriale – con l'obiettivo tendenziale di raggiungere almeno il 33% di copertura della popolazione sotto i 3 anni di età, a livello nazionale; la graduale diffusione della presenza dei servizi educativi per l'infanzia, con l'obiettivo tendenziale di giungere al 75% nei Comuni; la qualificazione universitaria del personale dei servizi educativi per l'infanzia; la generalizzazione progressiva della scuola dell'infanzia; la formazione in servizio di tutto il personale del Sistema integrato; il coordinamento pedagogico territoriale.

Per l’estensione del Sistema integrato, il d.lgs. ha previsto l’adozione di un Piano di azione nazionale pluriennale, che definisce anche la destinazione delle risorse del Fondo nazionale per il Sistema integrato di educazione e istruzione – dotato di € 209 mln per il 2017, € 224 mln per il 2018, € 239 mln dal 2019 - contestualmente istituito.

Il primo Piano di azione nazionale (triennale) è stato adottato con Delibera del Consiglio dei Ministri 11 dicembre 2017, previa intesa in Conferenza unificata del 2 novembre 2017.

Nella stessa seduta della Conferenza unificata è stata raggiunta l’intesa per il riparto del Fondo per il 2017. Qui la tabella di riparto dei fondi fra le regioni.

L’intesa per il riparto del Fondo per il 2018 è stata raggiunta nella seduta della Conferenza unificata del 18 ottobre 2018.


 

Articolo 1, comma 746
(Inquinamento acustico)

 

 

Il comma 746, introdotto al Senato, stabilisce che ai fini dell’attuazione della disposizione relativa alla normale tollerabilità delle immissioni acustiche si applicano i criteri di accettabilità del livello di rumore di cui alla legge 26 ottobre 1995, n. 447, recante la legge quadro sull'inquinamento acustico, e alle relative norme di attuazione.

 

Il nuovo comma, introdotto al Senato, modifica l’articolo 6-ter del decreto-legge n. 208 del 2008, recante disposizioni relative alla normale tollerabilità delle immissioni acustiche.

La norma vigente stabilisce che nell'accertare la normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche, ai sensi dell'articolo 844 del codice civile, sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso.

A tale previsione, viene aggiunto un nuovo comma, in base al quale ai fini dell’attuazione della disposizione stessa si applicano i criteri di accettabilità del livello di rumore di cui alla legge 26 ottobre 1995, n. 447, e alle relative norme di attuazione.

Si tratta della legge quadro sull'inquinamento acustico.

La legge in parola stabilisce i princìpi fondamentali in materia di tutela dell'ambiente esterno e dell'ambiente abitativo dall'inquinamento acustico, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 117 della Costituzione.La legge in questione stabilisce le rispettive competenze degli enti in materia, prevedendo norme sui Piani di risanamento acustico, che devono contenere: a) l'individuazione della tipologia ed entità dei rumori presenti, incluse le sorgenti mobili, nelle zone da risanare individuate ai sensi dell'articolo 6, comma 1, lettera a); b) l'individuazione dei soggetti a cui compete l'intervento; c) l'indicazione delle priorità, delle modalità e dei tempi per il risanamento; d) la stima degli oneri finanziari e dei mezzi necessari; e) le eventuali misure cautelari a carattere d'urgenza per la tutela dell'ambiente e della salute pubblica. Si dettano poi Disposizioni in materia di impatto acustico, su cui il D.P.R. 19/10/2011, n. 227, recante il Regolamento per la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle imprese, a norma dell'articolo 49, comma 4-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, il cui art. 4 reca Semplificazione della documentazione di impatto acustico. Si dettano poi nella richiamata Legge quadro sull'inquinamento acustico norme sulle Sanzioni amministrative nonché sui Regolamenti di esecuzione.


 

Articolo 1, comma 748
(Fondo per l’attuazione del programma di Governo)

 

 

Il comma 748, modificato al Senato, istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo per l’attuazione del programma di Governo, con una dotazione di euro 44.380.452 euro  per l’anno 2019, di 16.941.452 euro per l’anno 2020, di 58.493.452 euro per l’anno 2021, di 29.962.452 euro per l’anno 2022, di 29.885.452 euro per l’anno 2023, di 39.605.452 euro per l’anno 2024, di 39.516.452 euro per l’anno 2025, di 34.279.452 euro per l’anno 2026, di 37.591.452 euro per l’anno 2027 , di 58.566.452 euro per l’anno 2028, di 58.566.452 euro per l’anno 2029 e di 58.566.452 di euro annui a decorrere dall’anno 2028, da destinare al finanziamento di nuove politiche di bilancio e al rafforzamento di quelle già esistenti perseguite dai Ministeri.

 

La dotazione del Fondo prevista dal testo originario del ddl di bilancio (AC 1334) era di 185 milioni di euro per l’anno 2019 e 430 milioni euro a decorrere dall’anno 2020. Una quota di tali importi è stata utilizzata a copertura di numerose norme introdotte durante l’esame alla Camera e al Senato.


 

Articolo 1, comma 756
(Incremento dello stanziamento per la legge quadro
sugli animali di affezione)

 

 

Il comma 756, introdotto durante l’esame al Senato, prevede un incremento di 1 milione di euro dello stanziamento previsto per le finalità previste dalla legge quadro sugli animali di affezione.

 

Il comma 756 prevede un incremento di 1 milione di euro dello stanziamento per le finalità previste dalla legge quadro sugli animali di affezione - Legge, n. 281/1991 -, autorizzando la corrispondente spesa per l’anno 2019. In proposito, si ricorda che il Fondo è stato istituito a partire dall'esercizio finanziario 1991, con una dotazione finanziaria a regime di 2 miliardi di lire (1.032,91 di euro) a decorrere dal 1992.

L’intervento normativo pertanto è volto a quasi raddoppiare lo stanziamento previsto per tale Fondo per l’anno 2019.

 

 


 

Articolo 1, comma 758
(Stanziamento per il Fondo di mobilità al servizio delle fiere)

 

 

Il comma 758 rifinanzia il Fondo per la mobilità al servizio delle fiere nella misura di 2,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020.

 

Si ricorda che il Fondo per la mobilità al servizio delle fiere è stato istituito presso il Ministero delle attività produttive (ora MISE) dall’articolo 1 della legge 27 febbraio 2006, n. 105 (Interventi dello Stato nel sistema fieristico nazionale), allo scopo di assicurare la funzionalità dei sistemi fieristici di rilevanza nazionale.

In attuazione di tale disposizione, è stato adottato il D.M. 11 maggio 2009.


 

Articolo 1, comma 759
(Zona Franca Urbana Sisma Centro Italia)

 

 

Il comma 759 modifica in più punti la disciplina relativa alla Zona Franca Urbana Sisma Centro Italia (recata dall’art. 46 del D.L. 50/2017) al fine di concedere le agevolazioni previste dalla normativa vigente anche alle imprese che intraprendono una nuova iniziativa economica all’interno della stessa zona franca urbana (ZFU) entro il 31 dicembre 2019 (ad esclusione delle imprese operanti nel settore dell’edilizia e dell’impiantistica che alla data del 24 agosto 2016 non avevano la sede nei territori colpiti). La fruibilità delle agevolazioni viene (conseguentemente) estesa ai periodi di imposta 2019 e 2020, a valere sulle risorse stanziate dalla normativa vigente e non fruite dalle imprese beneficiarie.

Viene inoltre demandata all’INPS l’emanazione (entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione) di provvedimenti volti a disciplinare le modalità di restituzione dei contributi non dovuti dai soggetti beneficiari delle agevolazioni.

 

La lettera a) – che riscrive il comma 3 dell’art. 46 del D.L. 50/2017 – prevede che le esenzioni previste per la zona franca urbana (ZFU) siano riconosciute anche alle imprese che intraprendono una nuova iniziativa economica all’interno della stessa ZFU entro il 31 dicembre 2019 (a differenza del testo vigente che pone il limite del 31 dicembre 2017).

Viene inoltre introdotto un periodo aggiuntivo in base al quale sono escluse dai citati benefici le imprese che svolgono attività appartenenti alla categoria F della codifica ATECO 2007 (sostanzialmente identificabili con le imprese operanti nel settore dell’edilizia e dell’impiantistica) che alla data del 24 agosto 2016 non avevano la sede legale od operativa nei c.d. comuni del cratere, cioè quelli individuati dagli allegati 1, 2 e 2-bis.

La norma non specifica che gli allegati citati sono quelli del D.L. 189/2016 ove è contenuta la disciplina per la ricostruzione nei territori colpiti dagli eventi sismici in questione.

 

La lettera b) modifica il comma 4 dell’art. 46 del D.L. 50/2017 al fine di estendere fino al periodo di imposta 2020 la fruibilità delle agevolazioni riconosciute all’interno della ZFU.

 

Il testo vigente prevede che le citate agevolazioni sono concesse per il periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 50/2017 e per quello successivo.

La lettera c) introduce, nel testo dell’art. 46 del D.L. 50/2017, un nuovo comma 4-bis che prevede che l’INPS disciplina con propri provvedimenti, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, le modalità di restituzione dei contributi non dovuti dai soggetti beneficiari delle agevolazioni di cui al presente articolo che sono versati all’entrata del bilancio dello Stato.

 

La lettera d) aggiunge un periodo alla fine del comma 6 dell’art. 46 del D.L. 50/2017 in base al quale per i periodi d’imposta dal 2019 al 2020, le agevolazioni sono concesse a valere sulle risorse stanziate dal medesimo comma e non fruite dalle imprese beneficiarie.

 

Il citato comma 6, come modificato dall'art. 1, comma 747, della L. 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di bilancio 2018), ha autorizzato la spesa di 194,5 milioni di euro per l'anno 2017, di 167,7 milioni di euro per l'anno 2018 e di 141,7 milioni di euro per l'anno 2019, che costituisce limite annuale per la concessione delle agevolazioni riconosciute nella “ZFU Sisma Centro Italia”.


 

Articolo 1, commi 760 e 763
(Servizi di pulizia e di mantenimento del decoro nelle scuole)

 

 

Il comma 760 interviene in materia di servizi di pulizia e di mantenimento del decoro nelle istituzioni scolastiche ed educative statali, così da consentirne la prosecuzione fino al 31 dicembre 2019. Nel testo come modificato al Senato, il comma prevede che, alle procedure selettive che vengono autorizzate per le assunzioni a decorrere dal 1° gennaio 2020, possa partecipare il personale che sia stato impegnato per almeno 10 anni anche non continuativi, purché includano il 2018-2019.

Il comma 763, come modificato al Senato, incrementa il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche di € 174,31 mln nel 2020 e di € 79,81 mln nel 2021.

 

In particolare, il comma 760 dispone che, dal 1° gennaio 2020, i servizi di pulizia e di mantenimento del decoro nelle istituzioni scolastiche ed educative statali sono svolti esclusivamente da personale dipendente appartenente al profilo di collaboratore scolastico. A tal fine, prevedono la stabilizzazione nel profilo di collaboratore scolastico, previo superamento di una procedura selettiva, del personale delle imprese di pulizia assunto a tempo indeterminato, già impegnato nell’erogazione dei medesimi servizi a decorrere dal 1999.

Il Ministero dell’istruzione viene autorizzato ad avviare una apposita procedura selettiva finalizzata da assumere alle dipendenze dello Stato, a decorrere dal 1° gennaio 2020 il personale.

 Nel testo come risultante a seguito delle modifiche  apportata dal Senato, si richiede che tale personale sia stato impegnato per almeno 10 anni anche non continuativi, purché includano il 2018-2019, anziché senza soluzione di continuità, dalla data di entrata in vigore della L. 124/1999, come previsto nel testo approvato dalla Camera, presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per lo svolgimento di servizi di pulizia ed ausiliari.

 

A tali fini, si novella l’art. 58, co. 5, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) e si introducono nello stesso i co. da 5-bis a 5-sexies.

L’art. 58, co. 5, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) ha stabilito che, a decorrere dall'a.s. 2013/2014, le istituzioni scolastiche ed educative statali acquistano i servizi esternalizzati per le funzioni corrispondenti a quelle assicurate dai collaboratori scolastici loro occorrenti nel limite della spesa che si sosterrebbe per coprire i posti di collaboratore scolastico accantonati ai sensi dell'art. 4 del DPR 119/2009.

Si ricorda, infatti, che l’art. 4, co. 1, del DPR 119/2009 ha previsto che nelle istituzioni scolastiche in cui i compiti del profilo di collaboratore scolastico sono assicurati, in tutto o in parte, da personale esterno all'amministrazione, è accantonato il 25% dei posti del corrispondente profilo professionale.

In base alla bozza di D.I. relativo alla definizione degli organici ATA per l’a.s. 2018/2019, trasmessa con nota del MIUR prot. 29073 del 22 giugno 2018, si tratta – a seguito del disaccantonamento dei posti destinati alla stabilizzazione degli ex LSU della provincia di Palermo (v. infra) – di 11.552 posti.

 

Il comma prevede altresì che alla procedura selettiva non può partecipare il personale destinatario delle disposizioni di cui all’art. 1, co. 622-627, della L. 205/2017, che aveva inteso stabilizzare i lavoratori titolari di contratti attivati dall'ufficio scolastico provinciale di Palermo a seguito del subentro dello Stato nei compiti degli enti locali (ex art. 8 della L. 124/1999), e prorogati ininterrottamente, per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratore scolastico[18]. Il personale che supera la selezione è assunto anche a tempo parziale. I rapporti instaurati a tempo parziale non possono essere trasformati in rapporti a tempo pieno o incrementati nel numero delle ore se non in presenza di risorse certe e stabili. La definizione dei requisiti per la partecipazione alla procedura selettiva, delle relative modalità di svolgimento e dei termini per la presentazione delle domande è demandata a un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca – per la cui emanazione non è indicato un termine –, adottato di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per la pubblica amministrazione e il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 763,  nel testo modificato dal Senato,  dispone l’incremento di € 174,31 milioni nel 2020 (in luogo di € 184 mln) e di € 79,81 mln  nel 2021 (anziché di € 90 mln) del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche (art. 1, co. 601, L. 296/2006) – per il quale sono utilizzate parte delle risorse stanziate dal testo originario del disegno di legge di bilancio –, si ricorda che le relative risorse sono allocate sui capp. 1195, 1196, 1204, 1194 e 2394 dello stato di previsione del MIUR e sono pari, per il 2019, a € 934,2 mln.

Al riguardo, nella Nota 24 gennaio 2007, prot. 1306, il Ministro della pubblica istruzione aveva specificato che nel Fondo citato affluivano le risorse per: il funzionamento amministrativo didattico; le funzioni connesse al subentro nei contratti per le pulizie delle scuole stipulati dagli enti locali (cosiddetti appalti storici); la stabilizzazione dei lavoratori utilizzati in lavori socialmente utili – ex LSU – in servizio presso le istituzioni scolastiche; la sperimentazione didattica e metodologica nelle classi con alunni disabili.

 

Preliminarmente, si ricorda che l’art. 8 della L. 124/1999 ha disposto il trasferimento alle dipendenze dello Stato del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) già dipendente degli enti locali in servizio alla data di entrata in vigore della legge (25 maggio 1999) negli istituti e scuole statali di ogni ordine e grado.

Alla disposizione è stata data attuazione con il D.I. 23 luglio 1999.

In particolare, la premessa del D.I. considerava:

§  che gli enti locali provvedevano al reclutamento di personale a tempo determinato (supplenti) che, pur non transitando nei ruoli statali, costituiva uno degli elementi necessari ad assicurare il servizio, il cui onere andava dunque assunto dallo Stato per effetto dell’art. 8 della L. 124/1999;

§  che in alcune realtà gli enti locali avevano assunto l'onere di fornitura di personale ATA alle scuole mediante la stipula di contratti di appalto;

§  che, conseguentemente, lo Stato, al fine di assicurare il servizio nelle scuole, doveva subentrare anche nelle funzioni precedentemente indicate (supplenti e contratti).

Per quanto qui maggiormente interessa, l’art. 9 del D.I. ha disposto il subentro dello Stato nei contratti stipulati dagli enti locali alla data del 24 maggio 1999, ed eventualmente rinnovati in data successiva, per la parte con la quale erano state assicurate le funzioni ATA per le scuole statali, in luogo dell'assunzione di personale dipendente.

Ha, altresì, disposto che, ferma restando la prosecuzione delle attività da parte di soggetti esterni impegnati in progetti LSU e LPU in corso ai sensi delle leggi vigenti, lo Stato subentrava nelle convenzioni stipulate dagli enti locali con i soggetti imprenditoriali, comprese le cooperative, per la stabilizzazione di quei progetti per lavori socialmente utili e/o lavori di pubblica utilità che erano in atto nelle istituzioni scolastiche statali prima del 25 maggio 1999, anche se rinnovati successivamente, per lo svolgimento di funzioni ATA demandate per legge all'ente locale in sostituzione dello Stato.

 

In seguito, l’art. 1, co. 449, della L. 296/2006 ha disposto che tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie, sono tenute ad approvvigionarsi di beni e servizi utilizzando le convenzioni-quadro Consip.

Sulla base di tali previsioni, l’11 luglio 2012 Consip ha indetto una gara comunitaria avente ad oggetto, per quanto qui interessa, l’affidamento dei servizi in parola, suddivisa in 13 lotti geografici.

Successivamente, con provvedimento 25802 del 22 dicembre 2015 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ha dichiarato l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza tra taluni fornitori di servizi di pulizia e attività ausiliarie che avevano assunto la qualità di aggiudicatari nell’ambito delle procedure riferite a taluni lotti geografici. Conseguentemente, ha disposto l’applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie.

I provvedimenti adottati dell’AGCM sono stati confermati in sede giurisdizionale prima dal TAR Lazio con sentenze nn. 10303/2016, 10307/2016 e 10309/2016, e poi dal Consiglio di Stato con sentenze nn. 740/2017, 927/2017 e 928/2017.

In conseguenza dei provvedimenti adottati e delle sentenze del TAR Lazio, la Consip il 2 dicembre 2016 ha proceduto alla risoluzione delle convenzioni relative ad alcuni lotti geografici.

Ancora in seguito, l’art. 64 del D.L. 50/2017 (L. 96/2017) – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 687, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) – ha disposto che, al fine di consentire la regolare conclusione delle attività didattiche fino alla fine dell'a.s. 2018/2019, nelle regioni in cui la convenzione quadro Consip era stata risolta prima del 24 aprile 2017 (data di entrata in vigore del D.L. 50/2017) o non era mai stata attivata, ovvero nelle regioni dove erano scaduti i relativi contratti attuativi, l'acquisizione dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari, nonché degli interventi di mantenimento del decoro e della funzionalità delle scuole, da parte delle medesime, proseguiva, con piena salvaguardia dei livelli occupazionali e salariali esistenti, con i soggetti già destinatari degli atti contrattuali e degli ordinativi di fornitura, con termine non oltre il 30 giugno 2019.

Ha, altresì, previsto che la Consip doveva provvedere all'espletamento delle procedure di gara per l'affidamento dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari mediante convenzione-quadro, da completare entro l'inizio dell'a.s. 2019/2020, prevedendo una suddivisione in lotti per aree geografiche.

Infine, ha disposto che l'acquisizione dei servizi in questione fino al 30 giugno 2019 avviene nei limiti di spesa previsti dall'art. 58, co. 5, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013, incrementati dell'importo di € 64 mln per il 2017, € 192 mln per il 2018 ed € 96 mln per il 2019.

 

 

 


 

Articolo 1, comma 762
(Limite de minimis per gli incentivi
all’editoria e all’emittenza locale)

 

 

Il comma 762 riguarda le agevolazioni fiscali per l’editoria e l’emittenza locale, introdotte dall’articolo 57-bis del decreto legge n. 50 del 2017. Vi si chiarisce che le misure d’incentivo devono comunque essere limitate entro gli importi consentiti dalle specifiche disposizioni dell’UE in materia di aiuti c.d. de minimis.

 

L’articolo 57-bis, del decreto legge n. 50 del 2017  prevede incentivi fiscali per investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani e periodici, nonché sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, e reca misure di sostegno alle imprese editoriali di nuova costituzione.

 

Nello specifico, si prevede, innanzitutto, l’attribuzione di un credito di imposta, a decorrere dal 2018, in favore di imprese e lavoratori autonomi che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana e periodica, nonché sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, il cui valore superi almeno dell’1 per cento quelli, di analoga natura, effettuati nell’anno precedente.

Inoltre, si prevede l’emanazione – con decreto del Capo del Dipartimento per l’informazione e l’editoria – di un bando annuale per l’assegnazione di finanziamenti alle imprese editrici di nuova costituzione, il cui scopo è quello di favorire la realizzazione di progetti innovativi, anche per rimuovere stili di comunicazione sessisti e lesivi dell’identità femminile, e idonei a promuovere la più ampia fruibilità di contenuti informativi multimediali e la maggiore diffusione dell’uso delle tecnologie digitali.

Il credito d’imposta – che è utilizzabile esclusivamente in compensazione (art. 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997), previa istanza al Dipartimento per l’informazione e l’editoria, è pari al 75 per cento del valore incrementale degli investimenti effettuati, innalzato al 90 per cento nel caso di piccole e medie imprese, microimprese e start-up innovative. La definizione delle modalità e dei criteri di attuazione è demandata ad un dPCM, da adottare, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. Il dPCM è stato poi effettivamente emanato (16 maggio 2018, n. 90). Il credito di imposta è concesso nel limite massimo di spesa stabilito annualmente con il dPCM che ripartisce le risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione fra la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dello sviluppo economico (art. 1, comma 4, primo periodo, della legge n. 198 del 2016).

In particolare, il comma 762 prevede che le agevolazioni illustrate sono concesse ai sensi e nei limiti delle seguenti norme:

§  regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti "de minimis";

§  regolamento (UE) n. 1408/ 2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti "de minimis" nel settore agricolo;

§  regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti "de minimis" nel settore della pesca e dell’acquacoltura.

 

Si rammenta - al riguardo - che l’art. 57-bis, al comma 1, terzo periodo, già prescrive che la modalità applicative delle misure di agevolazione e sostegno devono rispettare la normativa europea sugli aiuti di Stato. Sicché la disposizione in commento appare volta soltanto a specificare i parametri normativi dell’UE che devono essere rispettati.

 


 

Articolo 1, commi 764 e 765
(Fondo contenzioso enti locali e contributi Torino per errata determinazione gettiti IMU)

 

 

Il comma 764 dispone l'istituzione di un fondo di 20 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, e di 7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, per fronteggiare gli oneri che derivano dai contenziosi relativi all’attribuzione di pregressi contributi erariali conseguenti alla soppressione o alla rimodulazione di imposte locali.

Inoltre, al fine di evitare la prosecuzione del giudizio di ottemperanza su una sentenza del TAR e una del Consiglio di Stato riguardante, da un lato, il Comune di Torino e, dall'altro, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell'interno e il Ministero dell'Economia e delle Finanze, il comma 765 prevede l'erogazione di una somma complessiva di 35 milioni di euro a favore del Comune di Torino.

 

Si tratta dei contenziosi relativi all’applicazione dell’Ici agli immobili accatastati nella categoria D (opifici), a seguito - secondo quanto appreso per le vie brevi - del passaggio dal valore contabile alla rendita catastale quale base imponibile del tributo, che ha comportato la necessità di disporre trasferimenti erariali a compensazione della conseguente perdita di gettito.

 

Il fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno e può essere incrementato con le risorse che si rendono disponibili per effetto di assegnazioni a qualunque titolo spettanti agli enti locali, corrisposte annualmente dal Ministero dell’interno.

 

Durante l'esame in Senato, la dotazione del fondo è stata aumentata di 7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023.

 

Il comma 765, in particolare, destina 7 milioni annui, per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023, all'attuazione della sentenza della seconda sezione del TAR del Lazio n. 4878 del 18 maggio 2014 e della sentenza della quarta sezione del Consiglio di Stato n. 5013 del 3 novembre 2015. Il comma dispone inoltre che le risorse sono erogate dal Ministero dell'Interno subordinatamente alla rinuncia a ogni ricorso pendente da parte del Comune di Torino nei confronti dello Stato.

 

La relazione tecnica chiarisce che la norma è resa necessaria dal fatto che, all'esito della verifica contabile effettuata, non è stato possibile raggiungere un accordo sul piano meramente tecnico.

Alla copertura dell'onere pari a 7 milioni annui per ciascuno degli anni dal 2019 al 2023 si provvede, per il primo triennio, nell'ambito della dotazione del fondo per il contenzioso degli enti locali di cui al comma 764 e per gli anni successi con riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 1116 (Fondo per far fronte a esigenze indifferibili che si manifestano in corso di gestione).

 

Il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell’interno, è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni compensative di bilancio.

 


 

Articolo 1, comma 769
(Accesso dei Comuni al
Fondo nazionale per l'accoglienza
dei minori stranieri non accompagnati)

 

 

Il comma 769 sopprime la previsione, introdotta dalla legge di conversione del decreto-legge n. 113 del 2018 (articolo 12, comma 2, lettera h-bis), in materia di sicurezza ed immigrazione, in base alla quale è «comunque senza alcuna spesa o onere a carico  del comune  interessato  all'accoglienza   dei   minori   stranieri   non accompagnati» l'accesso al Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati (MNSA),  nel limite delle risorse del medesimo Fondo, da parte dei Comuni che assicurano accoglienza ai MNSA per i quali vi sia una temporanea indisponibilità nelle strutture di prima accoglienza loro destinate o nello SPRAR.

 

La disposizione interviene dunque sulla previsione attualmente posta dall'articolo 12, comma 2, lettera h-bis) del decreto-legge n. 113 del 2018.

Quest'ultima lettera a sua volta ha novellato l'articolo 19, comma 3 del decreto legislativo n. 142 del 2015 (atto che ha dato recepimento alle direttive n. 33 e n. 32 dell'Unione europea in materia di protezione internazionale, relative la prima all'accoglienza, l'altra alle procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale).

L'articolo 19 del decreto legislativo n. 142 del 2015 prevede, in particolare, che in caso di temporanea indisponibilità nelle strutture di prima accoglienza loro destinate o nello SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo, rifugiati e minori stranieri non accompagnati), i minori stranieri non accompagnati ricevano assistenza ed accoglienza temporaneamente assicurate dalla pubblica autorità del Comune in cui il minore si trovi, fatta salva la possibilità di trasferimento del minore in un altro Comune (secondo gli indirizzi fissati da un Tavolo di coordinamento) tenendo in considerazione prioritariamente il superiore interesse del minore.

I Comuni che assicurano l'attività di accoglienza accedono ai contributi disposti dal Ministero dell'interno a valere sul Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.

L'accesso a tale Fondo da parte dei Comuni è nel limite delle risorse del medesimo Fondo "e comunque senza alcuna spesa o onere a carico del Comune interessato all'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati", secondo la disposizione introdotta in sede parlamentare dalla legge di conversione (n. 132 del 2018) del decreto-legge n. 113 del 2018.

Quest'ultima previsione è ora soppressa dalla disposizione in commento.


 

Articolo 1, comma 793
(Incremento del Fondo “La Buona Scuola”)

 

 

Il comma 793, modificato nel corso dell’esame al Senato, incrementa il Fondo “La Buona Scuola” a decorrere dal 2021.

 

In particolare, il suddetto Fondo – istituito dall’art. 1, co. 202, della L. 107/2015 (cap. 1285) – è incrementato di € 26,1 mln nel 2021, € 9,4 mln nel 2022, € 37 mln nel 2023, € 38,2 mln nel 2024, € 52,3 mln nel 2025, € 54,3 mln nel 2026 e € 88,5 mln nel 2027 e € 85,5 mln annui a decorrere dal 2028.

Nel, testo precedente, il rifinanziamento era il seguente: € 26,1 mln nel 2021, € 19,6 mln nel 2022, € 47,1 mln nel 2023, € 48,4 mln nel 2024, € 62,8 mln nel 2025, € 65,8 mln nel 2026 e € 99,6 mln annui dal 2027.

 

L’art. 1, co. 202, della L. 107/2015 ha istituito il Fondo “La Buona Scuola” per il miglioramento e la valorizzazione dell'istruzione scolastica. Le relative risorse – rideterminate rispetto allo stanziamento iniziale da disposizioni legislative successivamente intervenute – sono allocate sul cap. 1285 dello stato di previsione del MIUR.

In particolare, nella L. di bilancio 2018 (L. 205/2017) il cap. 1285 non era più presente, mentre risultavano istituiti: il nuovo cap. 1270, relativo al Fondo nazionale per il sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a sei anni, in attuazione del d.lgs. 65/2017; il nuovo cap. 1527, relativo al Fondo unico per il welfare dello studente e per il diritto allo studio, in attuazione del d.lgs. 63/2017; il nuovo cap. 1274, relativo al Fondo per la promozione della cultura umanistica, del patrimonio artistico, della pratica artistica e musicale e della creatività, in attuazione del d.lgs. 60/2017. I d.lgs. citati sono stati emanati ai sensi dell’art. 1, co. 180 e 181, lett. e), f), g), della L. 107/2015.

Inoltre, al Fondo “La Buona Scuola” si è attinto, in particolare, per la copertura di parte dell’onere relativo all’incremento dell’organico dell’autonomia (art. 22-ter del D.L. 50/2017-L. 96/2017), per l’avvio del processo di statizzazione di una parte degli istituti superiori musicali non statali e delle accademie non statali di belle arti (art. 22-bis, co. 5, lett. b), dello stesso D.L. 50/2017), nonché per l’erogazione di un contributo per il 2017 e 2018 agli Istituti atipici, al fine di favorire il corretto sviluppo dei processi cognitivi e comunicativi dei bambini sordi e la loro inclusione sociale (art. 11, co. 4-bis e 4-ter, del D.L. 91/2017 (L. 123/2017).

 


 

Articolo 1, commi 799-801
(Terra dei fuochi e bonifiche dei siti inquinati)

 

 

I commi da 799 a 801 sopprimono l'autorizzazione di spesa recante l’onere per l'affitto del termovalorizzatore di Acerra, pari a 30 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010 per quindici anni e destinano le relative risorse (per un importo di 20,2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024) all’incremento del “Fondo bonifiche” istituito dall’articolo 1, comma 476, della legge di stabilità per il 2016. Tali somme aggiuntive sono finalizzate alla realizzazione di interventi ambientali nel territorio della regione Campania, nonché (secondo quanto previsto dall’integrazione operata dal Senato) al finanziamento di un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale adottato dal Ministero dell’ambiente, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. La dotazione del fondo è ulteriormente incrementata con le risorse disponibili iscritte nell’esercizio finanziario 2018 nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente in relazione al citato canone di affitto.

 

Termovalorizzatore di Acerra (comma 799)

Il comma 799 sopprime l'autorizzazione di spesa recante l'onere per l'affitto del termovalorizzatore di Acerra, pari a 30 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2010 per quindici anni.

Sopprime inoltre la norma che finalizzava le risorse, già destinate al pagamento del canone di affitto, alla Regione Campania quale contributo dello Stato per l'acquisto del termovalorizzatore di Acerra.

Quanto alla prima soppressione, relativa all'art. 7, comma 6, terzo periodo, del D.L. n. 195 del 2009, si ricorda che il D.L. n. 195 ha disposto all'art. 7 il trasferimento di proprietà dell’impianto di termovalorizzazione alla Regione Campania. Il valore del trasferimento veniva determinato in 335 milioni di euro.

La norma disponeva che, nelle more del trasferimento di proprietà del termovalorizzatore di Acerra, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della protezione civile mantenesse la piena disponibilità, utilizzazione e godimento dell'impianto e fosse autorizzata a stipulare un contratto per l'affitto dell'impianto stesso. Il comma 6 del medesimo articolo recava quindi una quantificazione dell'onere pari a 30 milioni di euro annui a decorrere dal 2010 e rinviava all'articolo 18 del medesimo decreto-legge per la definizione della copertura. Veniva stabilito, al comma 6, un canone di euro 2.500.000 mensili, stabilendo che il contratto di affitto si risolvesse automaticamente per effetto del trasferimento della proprietà.

Il terzo periodo del comma 6 del citato articolo 7 - qui oggetto di soppressione - prevedeva che all'onere derivante dall'attuazione del comma stesso, pari a 30 milioni di euro annui per quindici anni a decorrere dall'anno 2010, si facesse fronte ai sensi dell'articolo 18 del decreto-legge n. 195 del 2009 (norma di copertura finanziaria).

 

Quanto alla seconda soppressione, relativa all'art. 12, comma 9, D.L. n. 16 del 2012, si ricorda che questo disponeva, in considerazione dell'acquisto del termovalorizzatore di Acerra previsto dal comma 8 della norma medesima, che le risorse già finalizzate al pagamento del canone di affitto - di cui all'articolo 7, comma 6, dello stesso decreto-legge - fossero destinate alla Regione Campania quale contributo dello Stato. Si rammenta che il comma 8 dell’articolo 12 del D.L. n. 16/2012 autorizzava la regione Campania ad utilizzare le risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale, per l'acquisto del termovalorizzatore di Acerra e si prevedeva che le risorse necessarie, pari a 355.550.240,84 euro, fossero trasferite alla stessa Regione.

Si ricorda che sulla vicenda del termovalorizzatore di Acerra si è pronunciata la Corte costituzionale, con la sentenza n. 258/2014, anche in ordine al conflitto di attribuzione tra enti, sollevato dalla Regione Campania nei confronti dello Stato, a seguito dell'adozione del Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 febbraio 2012 mediante il quale è stato deliberato il trasferimento alla Regione Campania dell'impianto di Acerra; la pronuncia ha respinto per manifesta inammissibilità il rilievo di incostituzionalità sollevato dal Tar Lazio nel giudizio di impugnazione del DPCM citato, rigettando la tesi che, per le norme in questione, potesse parlarsi di “legge provvedimento".

Della rinuncia al ricorso giurisdizionale incardinato dinanzi al TAR Lazio contro l’intervenuto trasferimento del termovalorizzatore dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri alla Regione Campania si dà menzione nella Delibera n. 550 del 04/09/2018 della Giunta regionale della Campania, ove si approva anche lo schema di contratto di subentro al contratto ancora risultante tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il soggetto gestore dell'impianto A2A per quanto attiene alla gestione del termovalorizzatore di Acerra.

 

“Fondo bonifiche” istituito dalla legge di stabilità 2016 (commi 800 e 801)

Il comma 800, modificato nel corso dell’esame al Senato, interviene sulla dotazione e la destinazione delle risorse del Fondo per interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica, per la maggior tutela dell'ambiente e della salute pubblica, dei siti di interesse nazionale (SIN), istituito dall’art. 1, comma 476, della L. 208/2015 (legge di stabilità per il 2016).

L'incremento disposto dal primo periodo del comma in esame è pari a 20.227.042 euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024.

 

Il comma 476, come modificato dall'art. 1, comma 245, L. n. 205 del 2017 (legge di bilancio per il 2018), ha previsto, al fine di contribuire all'attuazione dei necessari interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica, per garantire la maggior tutela dell'ambiente e della salute pubblica, dei siti di interesse nazionale, l'istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente con una dotazione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, di cui 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 destinati agli interventi di bonifica del sito di interesse nazionale Valle del Sacco e i restanti 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 e 10 milioni di euro per l'anno 2018 da destinare con priorità ai siti di interesse nazionale per i quali è necessario provvedere con urgenza al corretto adempimento di obblighi europei.

 

Tali importi aggiuntivi sono finalizzati, in base a quanto disposto dal secondo periodo del comma 800:

§  alla realizzazione degli interventi ambientali individuati dal Comitato interministeriale per gli interventi di prevenzione del danno ambientale e dell'illecito ambientale ed il monitoraggio del territorio della regione Campania;

 

L’articolo 2 del decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, come convertito, ha istituito presso il Ministero dell'ambiente un Comitato interministeriale di indirizzo per l'individuazione o il potenziamento di azioni e interventi di prevenzione del danno ambientale e dell'illecito ambientale, monitoraggio, anche di radiazioni nucleari, tutela e bonifica nei terreni, nelle acque di falda e nei pozzi della regione Campania.

Alla costituzione del Comitato si è provveduto con D.P.C.M. 6 febbraio 2014 e, successivamente, con il D.P.C.M. 18 settembre 2014.

§  nonché, secondo quanto previsto dall’integrazione operata dal Senato, al finanziamento di un programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale che riguarda:

- i siti inquinati “orfani” (vale a dire quei siti per i quali le procedure di bonifica sono in carico alla P.A., in quanto i soggetti responsabili della contaminazione non provvedono alla bonifica o non sono individuabili e non vi provvede nemmeno il proprietario del sito né altri soggetti interessati), siano essi o meno di interesse nazionale;

La norma richiama infatti sia i siti “orfani” di interesse nazionale (per i quali la competenza della bonifica è affidata, ai sensi dell’art. 252, comma 2, del D.Lgs. 152/2006, al Ministero dell’ambiente) sia quelli di minore rilevanza (per i quali l’art. 250 prevede che gli interventi di bonifica siano realizzati d'ufficio dal comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla regione).

- i siti inquinati per i quali non è stato avviato il procedimento di individuazione del responsabile della contaminazione;

La norma richiama l’art. 244 del D.Lgs. 152/2006, secondo cui le pubbliche amministrazioni che nell'esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e al comune competenti. Dopodiché la provincia, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere alla bonifica del sito.

- e che è destinato altresì al finanziamento di interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica di siti contaminati.

 

Il terzo periodo del comma 800, aggiunto nel corso dell’esame al Senato, prevede che il programma sia adottato dal Ministero dell’ambiente, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

 

In virtù della succitata finalizzazione delle risorse del fondo in questione anche a siti diversi dai SIN, il quarto periodo del comma in esame (anch’esso introdotto nel corso dell’esame al Senato) modifica il comma 476 della legge di stabilità 2016, istitutivo del citato fondo, al fine di eliminare la parte della disposizione che limita il campo di applicazione ai soli SIN e di precisare che gli interventi urgenti di messa in sicurezza e bonifica finanziati dal fondo possono riguardare qualunque sito contaminato.

 

Il comma 801 prevede un ulteriore incremento della dotazione del fondo nell’anno 2019 con le risorse disponibili, iscritte nell’esercizio finanziario 2018 nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente ai sensi del richiamato art. 7, comma 6, del D.L. 195/2009 e relative all’affitto del termovalorizzatore di Acerra, che sono impegnate per il versamento all’entrata del bilancio dello Stato e la successiva riassegnazione al fondo. Si specifica che il comma in parola entra in vigore dalla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.

 

Si segnala che il D.L. 119/2018, all'articolo 26, comma 3, lettera e), prevede quale copertura dello stesso decreto, quanto a 20 milioni di euro per l’anno 2018, le somme di cui all’art. 7, comma 6, del D.L. 195/2009, relative al canone di affitto del termovalorizzatore di Acerra, iscritte nel conto dei residui nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente che sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all’erario.

Articolo 1, comma 802
(Plastiche monouso)

 

 

Il comma 802, introdotto nel corso dell’esame al Senato, detta disposizioni (che vengono inserite nel nuovo articolo 226-quater del Codice dell’ambiente) finalizzate alla prevenzione della produzione di rifiuti derivanti da prodotti di plastica monouso e a favorirne la raccolta e il riciclaggio. A tal fine vengono invitati i produttori, su base volontaria e in via sperimentale dal 1° gennaio 2019 fino al 31 dicembre 2023, ad adottare una serie di iniziative (modelli di raccolta e riciclo, utilizzo di biopolimeri, elaborazione di standard qualitativi dei prodotti, sviluppo di tecnologie innovative, attività di informazione, ecc.).

Lo stesso comma prevede l’istituzione, presso il Ministero dell’ambiente, di un fondo (con una dotazione di 100.000 euro, a decorrere dal 2019) destinato a finanziare attività di studio e verifica tecnica e monitoraggio da parte dei competenti istituti di ricerca.

 

 

Il comma 802, introdotto nel corso dell’esame al Senato, detta una disciplina articolata, che viene collocata nel nuovo articolo 226-quater del D.Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell’ambiente).

Di seguito si illustra il dettaglio delle disposizioni.

Finalità della disposizione (art. 226-quater, comma 1)

Il comma 1 del nuovo articolo 226-quater del D.Lgs. 152/2006, introdotto dal comma in esame, indica le seguenti finalità perseguite dall’articolo in questione:

§  prevenire la produzione di rifiuti da prodotti di plastica monouso e di quella dei materiali di origine fossile;

§  prevenire l’abbandono di tali rifiuti;

§  favorire la loro raccolta differenziata e il relativo riciclaggio di materia;

§  facilitare e promuovere l’utilizzo di beni di consumo ecompatibili.

 

Lo stesso comma precisa che tali finalità sono coerenti con gli obiettivi indicati nella “Strategia europea per la plastica nell’economia circolare” (COM(2018) 28 def.).

Iniziative volontarie da adottare in via sperimentale (art. 226-quater, commi 1 e 2)

Per le finalità indicate, il comma 1 del nuovo art. 226-quater del Codice dell’ambiente prevede che i produttori, su base volontaria e in via sperimentale, dal 1° gennaio 2019 e fino al 31 dicembre 2023:

§  adottano modelli di raccolta differenziata e di riciclo di stoviglie in plastica da fonte fossile con percentuali crescenti di reintroduzione delle materie prime seconde nel ciclo produttivo;

§  producono, impiegano e avviano a compostaggio stoviglie fabbricate con biopolimeri di origine vegetale;

§  utilizzano entro il 31 dicembre 2023 biopolimeri, con particolare attenzione alle fonti di approvvigionamento nazionale, in modo massivo e in alternativa alle plastiche di fonte fossile per la produzione di stoviglie monouso.

 

Per le medesime finalità, il comma 2 prevede che i produttori promuovono:

a) la raccolta delle informazioni necessarie alla messa a punto di materie prime, processi e prodotti ecocompatibili e la raccolta dei dati per la costruzione di sistemi di certificazione del ciclo di vita dei prodotti (life cycle assessment)

b) l’elaborazione di standard qualitativi per la determinazione delle caratteristiche qualitative delle materie prime e degli additivi impiegabili in fase di produzione, nonché delle prestazioni minime del prodotto durante le fasi di impiego, compreso il trasporto, lo stoccaggio e l’utilizzo;

c) lo sviluppo di tecnologie innovative per il riciclo dei prodotti in plastica monouso;

d) l’informazione sui sistemi di restituzione dei prodotti in plastica monouso usati da parte del consumatore.

Informazione sui sistemi di restituzione dei prodotti in plastica monouso (art. 226-quater, comma 3)

Il comma 3 del nuovo art. 226-quater del Codice dell’ambiente precisa il contenuto delle informazioni che (in base alla lettera d) del comma 2) i produttori devono occuparsi di diffondere sui sistemi di restituzione dei prodotti in plastica monouso usati da parte del consumatore, stabilendo che le stesse riguardano in particolare:

§  i sistemi di restituzione, di raccolta e di recupero disponibili;

§  il ruolo degli utenti di prodotti di plastica monouso e dei consumatori nel processo di riutilizzazione, di recupero e di riciclaggio dei prodotti di plastica monouso e dei rifiuti di imballaggio;

§  il significato dei marchi apposti sui prodotti di plastica monouso.

Fondo per ricerche, verifiche tecniche e monitoraggio delle attività (art. 226-quater, comma 4)

Al fine di realizzare attività di studio e verifica tecnica e monitoraggio da parte dei competenti istituti di ricerca, il comma 4 del nuovo art. 226-quater del Codice dell’ambiente prevede l’istituzione di un apposito Fondo presso il Ministero dell’ambiente, con una dotazione di 100.000 euro a decorrere dal 2019.

Si valuti l’opportunità di precisare che l’oggetto delle attività di studio, verifica e monitoraggio che dovranno essere svolte dai competenti istituti di ricerca è l’insieme di iniziative volontarie previste dai commi precedenti.

 

La disciplina delle specifiche modalità di utilizzazione del fondo è demandata ad un apposito decreto del Ministro dell’ambiente, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.


 

Articolo 1, commi 806-809
(Agevolazioni per la vendita al dettaglio di giornali e periodici)

 

 

I commi da 806 a 809 prevedono un credito d’imposta per le attività commerciali che esercitano esclusivamente la vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici. L’agevolazione è limitata agli anni 2019 e 2020 ed è parametrata sugli importi pagati a titolo di Imu, Tasi, Cosap e Tari, nonché su altre eventuali spese di locazione o ad altre spese individuate con successivo decreto.

 

I commi in commento introducono un’agevolazione fiscale per le edicole e gli altri rivenditori al dettaglio, che svolgono esclusivamente vendita di quotidiani, riviste e periodici. Essa si estende a quegli esercizi i quali – pur non esclusivamente dedicati alla vendita dei giornali – siano però gli unici punti vendita nel comune considerato (come identificati dall’art. 2, comma 3, del decreto legislativo n. 170 del 2001).

 

Si rammenta che tale ultima disposizione prevede che possono esercitare l'attività di vendita della stampa quotidiana e periodica, in regime di non esclusività, le seguenti tipologie di esercizi commerciali:

a) le rivendite di generi di monopolio;

b) le rivendite di carburanti e di oli minerali;

c) i bar, inclusi gli esercizi posti nelle aree di servizio delle autostrade e nell'interno di stazioni ferroviarie, aeroportuali e marittime, ed esclusi altri punti di ristoro, ristoranti, rosticcerie e trattorie;

d) le strutture di vendita medie e grandi, nonché i centri commerciali,  come definiti dall'articolo 4, comma 1, lettere e), f) e g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, con un limite minimo di superficie di vendita pari a metri quadrati 700;

e) gli esercizi adibiti prevalentemente alla vendita di libri e prodotti equiparati, con un limite minimo di superficie di metri quadrati 120;

f) gli esercizi a prevalente specializzazione di vendita, con esclusivo riferimento alla vendita delle riviste di identica specializzazione.

 

Il credito d’imposta è riconosciuto per due anni (2019 e 2020) e nel limite, rispettivamente, di 13 milioni di euro e di 17 milioni. A ciascun esercente il credito d’imposta spetta nel limite di 2000 euro all’anno. Se ne può fruire entro i limiti delle regole europee sugli aiuti de minimis e solo mediante modulo F24 in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (comma 807).

 

Il comma 808 rimanda la definizione delle modalità attuative a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, anche con riferimento al monitoraggio ed al rispetto dei limiti di spesa ivi previsti, nonché alla definizione d eventuali altre spese da ammettere al credito d’imposta.

 

Si segnala che le disposizioni in commento sono ricalcate sull’art. 1, commi 319-321, della legge di bilancio per il 2018 (n. 205 del 2017) per le librerie.

Viene in particolare istituito un credito di imposta, a decorrere dall'anno 2018, in favore degli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita di libri al dettaglio in esercizi specializzati con codice ATECO principale 4761. Possono usufruire del credito di imposta anche gli esercenti che effettuano la vendita al dettaglio di libri di seconda mano. Il credito di imposta è riconosciuto, nel limite di spesa di 4 milioni di euro per l'anno 2018 e di 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, ed è parametrato agli importi pagati quali IMU, TASI e TARI con riferimento ai locali dove si svolge la medesima attività di vendita di libri al dettaglio, nonché alle eventuali spese di locazione ovvero ad altre spese individuate con il d.m. attuativo (di cui al comma 321) anche in relazione all’assenza di librerie sul territorio comunale. Il credito di imposta è stabilito nella misura massima di 20.000 euro per gli esercenti di librerie che non risultano ricomprese in gruppi editoriali dagli stessi direttamente gestite e di 10.000 euro per gli altri esercenti (comma 319).

 

Il comma 809 reca le norme di copertura:

a)     13 milioni di euro nell’anno 2019 e 4 milioni di euro nell’anno 2020 a valere sul il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione (per la quota Presidenza del Consiglio dei ministri);

b)     13 milioni di euro nell’anno 2020 a valere sulle risorse disponibili già destinate al credito di imposta con le somme destinate al credito d’imposta previsto dall’art. 4 del decreto legge n. 63 del 2012 in materia di modernizzazione del sistema di distribuzione dei giornali e tracciabilità delle vendite; il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, è ridotto di 13 milioni di euro per il 2020.


 

Articolo 1, comma 810
(Contributi diretti a imprese radiofoniche e a imprese editrici di quotidiani e periodici)

 

L’articolo 1, comma 810, introdotto nel corso dell’esame al Senato, dispone l’abolizione, o la progressiva riduzione fino all’abolizione, dei contributi diretti a favore di determinate categorie di imprese radiofoniche e di imprese editrici di quotidiani e periodici.

Inoltre, prevede il sostegno, a valere sul Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, di progetti finalizzati, tra l’altro, a diffondere la cultura della libera informazione plurale, dell’innovazione digitale e sociale, e a sostenere il settore della distribuzione editoriale.

 

L’intervento di abolizione – o di riduzione fino a completa abolizione – dei contributi diretti a favore di determinate categorie di imprese radiofoniche o di imprese editrici di quotidiani e periodici è esplicitamente disposto nelle more della revisione organica della disciplina di settore.

 

Preliminarmente, è utile ricordare che, nella XVII legislatura, il settore del sostegno all’editoria è stato interessato da un ampio intervento di riforma, che ha visto, in particolare, l’istituzione del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione (art. 1, L. 198/2016), destinato al sostegno dell'editoria e dell'emittenza radiofonica e televisiva locale (quest’ultima, di competenza del Ministero dello sviluppo economico), e la ridefinizione della disciplina per l’erogazione dei contributi diretti.

In particolare, il d.lgs. 70/2017 – intervenuto in attuazione dell’art. 2, co. 1 e 2, lett. da a) a g), della stessa L. 198/2016, e le cui disposizioni si applicheranno a decorrere dalle domande presentate nel 2019 con riferimento all'annualità del contributo 2018 –, nel ridefinire la disciplina dei contributi diretti alle imprese editrici di quotidiani e periodici, ha disposto, anzitutto, che i contributi spettano nei limiti delle risorse a ciò destinate, per ciascuna tipologia, con il DPCM che ripartisce la quota del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione spettante alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e che, in caso di insufficienza delle risorse, agli aventi diritto spettano contributi ridotti mediante riparto proporzionale.

L’intervento di riforma ha, inoltre, ridefinito la platea dei beneficiari dei contributi. Nello specifico, la L. 198/2016 ha stabilito quale condizione necessaria per il finanziamento l'esercizio esclusivo, in ambito commerciale, di un'attività informativa autonoma e indipendente, di carattere generale, e la costituzione dei soggetti beneficiari come:

·       cooperative giornalistiche;

·       enti senza fini di lucro o imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia da essi interamente detenuto;

·       limitatamente a cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge, imprese editrici di quotidiani e periodici la maggioranza del cui capitale è detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali senza fini di lucro.

Inoltre, ha previsto il mantenimento dei contributi, con la possibilità di definire criteri specifici sia per i requisiti di accesso, sia per i meccanismi di calcolo dei contributi, per:

·       imprese editrici di quotidiani e di periodici espressione delle minoranze linguistiche;

·       imprese ed enti che editano periodici per non vedenti e ipovedenti;

·       associazioni dei consumatori;

·       imprese editrici di quotidiani e di periodici italiani editi e diffusi all'estero o editi in Italia e diffusi prevalentemente all'estero.

A sua volta, il d.lgs. 70/2017 ha specificato che, ad eccezione delle imprese e degli enti che editano periodici per non vedenti e ipovedenti, gli altri soggetti possono richiedere i contributi per una sola testata.

 

La L. 198/2016 ha, invece, escluso esplicitamente dai contributi:

·       organi di informazione di partiti o movimenti politici e sindacali. Il d.lgs. 70/2017 ha specificato che sono comprese nell'esclusione, oltre alle imprese editrici, anche le imprese radiofoniche organi di partiti politici presenti in almeno un ramo del Parlamento (art. 4, L. 250/1990);

·       periodici specialistici a carattere tecnico, aziendale, professionale o scientifico. Il d.lgs. 70/2017 ha specificato che si tratta di quelli che hanno diffusione prevalente tra gli operatori dei settori di riferimento;

·       imprese editrici di quotidiani e periodici che fanno capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate in borsa.

 

Per ulteriori approfondimenti, si veda qui il tema web predisposto dal Servizio Studi della Camera.

 

Abolizione dei contributi alle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale

 

In particolare, il comma 810 stabilisce che, a “decorrere dal 1° gennaio 2020”, sono soppressi i contributi alle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale.

A tal fine, abroga la L. 230/1990 e novella l’art. 1, co. 1247, della L. 296/2006.

 

Con riguardo alla decorrenza, sembrerebbe necessario chiarire se si intenda abolire i suddetti contributi a partire dall'annualità di contributo 2020 (ovvero a partire dalle richieste di contributo presentate nel 2020 con riferimento all’annualità di contributo 2019).

 

La L. 230/1990 aveva concesso un contributo (per il solo triennio 1990-1992) alle imprese radiofoniche private che nel triennio 1987-1989 avessero (fra l’altro) trasmesso quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per non meno di nove ore comprese tra le 7 e le 20.

Successivamente, l’art. 1, co. 1247, della L. 296/2006 ha disposto che i contributi previsti dall’art. 4 della L. 250/1990 – a favore delle imprese radiofoniche che risultavano essere organi di partiti politici presenti in almeno un ramo del Parlamento e che, oltre ad aver registrato la testata e a non essere editori o controllori delle imprese editrici di quotidiani o periodici organi dei medesimi partiti politici, trasmettevano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali, per non meno del 50% delle ore di trasmissione comprese fra le 7 e le 20 – sono corrisposti anche alle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale ai sensi della L. 230/1990[19].

Ancora in seguito, l’art. 12, co. 1, del DPR 223/2010 ha disposto che le imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale ai sensi della L. 230/1990 mantengono il diritto all’intero contributo, anche in presenza di riparto percentuale fra gli altri aventi diritto.

Da ultimo, l’art. 2, co. 5-bis, del D.L. 63/2012 ha previsto il mantenimento del diritto all’intero contributo anche per i contributi relativi al 2010.

 

Riduzione e abolizione dei contributi diretti a favore di determinate categorie di imprese editrici di quotidiani e periodici

 

Sempre il comma 810 dispone la progressiva riduzione, fino alla totale abolizione, dei contributi concessi, ai sensi dell’art. 2, co. 1, del d.lgs. 70/2017, alle seguenti categorie di imprese editrici di quotidiani e periodici:

·       imprese editrici costituite come cooperative giornalistiche che editano quotidiani e periodici (lett. a));

·       imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi fini di lucro, limitatamente a un periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge 198/2016 (lett. b));

·       enti senza fini di lucro, ovvero imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia da essi interamente detenuto (lett. c)).

 

In particolare, in deroga a quanto stabilito dall’art. 8 del d.lgs. 70/2017 –che ha fissato i criteri di calcolo dell’ammontare dei contributi da concedere a ciascuna categoria –, prevede che l’importo complessivamente erogabile a ciascuna impresa editoriale sarà ridotto:

§  per l’annualità 2019, del 20% della differenza tra l’importo spettante in base alla normativa vigente e € 500 mila;

§  per l’annualità 2020, del 50% della differenza tra l’importo spettante in base alla normativa vigente e € 500 mila;

§  per l’annualità 2021, del 75% della differenza tra l’importo spettante in base alla normativa vigente e € 500 mila.

 

A “decorrere dal 1° gennaio 2022”, le medesime categorie di imprese editrici non hanno più diritto ai contributi.

 

Si valuti l’opportunità di riferirsi all’“annualità 2022” (dal momento che per l’annualità 2021 la disciplina è già fissata dal comma in esame).

 

Progetti per la diffusione della cultura della libera informazione plurale, dell’innovazione digitale e sociale, e a sostenere il settore della distribuzione editoriale

 

Infine, il medesimo comma 810 dispone che con uno o più DPCM sono individuate le modalità per il sostegno e la valorizzazione, a valere sul Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, di progetti, presentati da soggetti sia pubblici che privati, finalizzati a:

·       diffondere la cultura della libera informazione plurale, della comunicazione partecipata, dell’innovazione digitale e sociale, dell’uso dei media;

·       sostenere il settore della distribuzione editoriale, anche con l’avvio di processi di innovazione digitale[20].


 

Articolo 1, comma 811
(Convenzioni per il rilascio della carta di identità elettronica)

 

 

Il comma 811 consente al Ministero dell’interno di stipulare convenzioni per la gestione e il rilascio della carta d’identità elettronica con soggetti dotati di alcuni requisiti, nel limite di spesa di 750 mila euro a decorrere dal 2019. Gli addetti alle procedure definite dalla convenzione sono incaricati di pubblico servizio e sono autorizzati a procedere all’identificazione degli interessati. I soggetti incaricati dalla convenzione riversano i corrispettivi delle carte d’identità elettroniche rilasciate e trattengono i diritti fissi e di segreteria. Sono altresì apportate alcune modifiche conseguenziali al codice dell’amministrazione digitale (CAD).

 

 

Il comma 811, modificato nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, integra la disposizione di cui all’art. 7-vicies ter, comma 2-bis del D.L. 43/2005, al fine di consentire al Ministero dell’interno di stipulare convenzioni ai fini della riduzione degli oneri amministrativi e di semplificazione delle modalità di richiesta, gestione e rilascio della carta d’identità elettronica.

Per quanto riguarda gli importi da corrispondere da parte del richiedente la carta di identità elettronica, nel testo come modificato al Senato si rinvia ai corrispettivi previsti nel decreto predisposto ai sensi dell’articolo 7-vicies quater, comma 1, del D.L. n. 7/2005, anziché al Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 25 maggio 2016 come previsto nel testo approvato dalla Camera.

I soggetti convenzionati riversano il corrispettivo delle carte d’identità elettroniche rilasciate e trattengono i diritti fissi e di segreteria.

 

Il citato articolo 7-vicies quater, comma 1, del D.L. n. 7/2005 prevede, all'atto del rilascio delle carte valori di cui all'articolo 7-vicies ter da parte delle competenti amministrazioni pubbliche, che i soggetti richiedenti sono tenuti a corrispondere un importo pari almeno alle spese necessarie per la loro produzione e spedizione, nonché per la manutenzione necessaria all'espletamento dei servizi ad esse connessi.

L'importo e le modalità di riscossione sono determinati annualmente con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze.

In attuazione di tale disposizione sono stati emanati una serie di decreti ministeriali che fissano i diritti per le diverse tipologie di documenti.

 

Attualmente, la CIE viene stampata dal Poligrafico dello Stato, a un costo di € 16,79, a recupero dei costi di emissione.

A questo importo si aggiungono i diritti di segreteria e diritti fissi che spettano al Comune, stabiliti in massimo € 5,16 per diritto fisso e € 0,26 per diritto di segreteria, per un totale di € 22,21.

Il Comune può deliberare la riduzione o soppressione dei propri diritti; in molti casi le Amministrazioni hanno preso questa decisione anche per semplificare il pagamento da parte dei cittadini, soprattutto nel caso in cui avvenga per contanti, riducendo l’importo richiesto a 22,00 €.

Sul totale delle CIE emesse, il Ministero riconosce ai Comuni la cifra forfettaria di € 0,70 per ciascun documento.

 

La carta d’identità elettronica (CIE) rappresenta uno degli strumenti principali del processo di informatizzazione della pubblica amministrazione. Infatti, oltre a mantenere la funzione del documento cartaceo attestante l’identità della persona, la CIE dovrebbe avere la funzione di strumento di accesso ai servizi innovativi che le pubbliche amministrazioni locali e nazionali mettono a disposizione per via telematica.

La CIE è un documento amministrativo che certifica l’identità e pertanto è strettamente collegato esigenze di pubblica sicurezza: in generale, infatti, la carta d’identità costituisce un mezzo di identificazione ai fini di polizia, ma ha carattere facoltativo e il suo ottenimento costituisce un diritto del cittadino. Tuttavia l’autorità di polizia può obbligare le persone pericolose o sospette di dotarsi della carta d’identità (art. 4, Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773).

Tra i diversi provvedimenti intervenuti in materia di CIE si ricorda, in primo luogo, l’articolo 10, co. 1, del decreto-legge n. 70/2011 che ha riservato al Ministero dell’interno la responsabilità, in precedenza attribuita ai comuni, sul processo di produzione e rilascio della stessa. Successivamente, l’articolo 40 del D.L. n. 1/2012 ha previsto la definizione di una tempistica graduale per il rilascio della carta d’identità elettronica. Inoltre, ha stabilito che le carte d’identità elettroniche devono essere munite anche della fotografia e delle impronte digitali della persona a cui si riferiscono.

 


 

Articolo 1, commi da 849 a 872
(Anticipazioni di liquidità agli enti territoriali e rispetto dei tempi di pagamento dei debiti commerciali)

 

 

I commi da 849 a 857 ampliano le possibilità per gli enti locali, le regioni e le province autonome di richiedere anticipazioni di liquidità finalizzate al pagamento di debiti, maturati alla data del 31 dicembre 2018, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali. I commi disciplinano, inoltre, il limite di ammontare, le garanzie, i termini per la richiesta e per il rimborso delle anticipazioni.

I commi da 858 a 872 disciplinano una serie di incentivi e penalità rivolte agli enti pubblici al fine di garantire il rispetto dei tempi di pagamento dei debiti commerciali.

 

 

Legislazione vigente. L'articolo 222 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL - decreto legislativo n. 267 del 2000) disciplina le anticipazioni di tesoreria per i comuni, le province e le città metropolitane. Il tesoriere, su richiesta dell'ente, concede delle anticipazioni di tesoreria entro il limite massimo dei 3/12 (elevato a 5/12 per gli enti in dissesto economico-finanziario) delle entrate afferenti ai primi tre titoli di entrata del bilancio (entrate correnti) accertate nel penultimo anno precedente. Gli interessi decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme con le modalità previste dalla convenzione che regola il rapporto con il tesoriere. Alternativamente, l'articolo 195 del TUEL consente agli enti locali, ad eccezione di quelli in stato di dissesto finanziario sino all'emanazione del decreto di approvazione del piano di riequilibrio da parte del Ministero dell'interno, di disporre l'utilizzo, in termini di cassa, delle entrate vincolate per il finanziamento di spese correnti per un importo non superiore all'anticipazione di tesoreria disponibile ai sensi dell'articolo 222.

 

Le regioni, ai sensi dell'articolo 69 del decreto legislativo n. 118 del 2011, possono contrarre anticipazioni, unicamente allo scopo di fronteggiare temporanee deficienze di cassa, per un importo non eccedente il 10% dell'ammontare complessivo delle entrate di competenza di natura corrente, salvo che la convenzione di tesoreria preveda un limite più basso. Gli enti pubblici strumentali delle regioni, invece, possono contrarre anticipazioni per un limite non eccedente il 10% dell'ammontare complessivo delle entrate derivanti dai trasferimenti correnti dalla regione. Gli interessi sulle anticipazioni di tesoreria decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme con le modalità previste dalla convenzione.

 

Per quanto riguarda le province autonome, le anticipazioni di tesoreria sono disciplinate dalla specifica disciplina.

La modifica in esame, introdotta durante l'esame in Senato si articola come segue.

Il comma 849, con la finalità di garantire il rispetto dei tempi di pagamento di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 231 del 2002 (Attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali) amplia le possibilità per gli enti di ottenere delle anticipazioni di cassa rispetto alla legislazione vigente. Esso dispone, infatti, che le banche, gli intermediari finanziari, la Cassa depositi e prestiti S.p.A. e le istituzioni finanziarie dell'Unione europea (e quindi non soltanto il tesoriere dell'ente) possano concedere ai comuni, alle province, alle città metropolitane, alle regioni  e alle province autonome, anche per conto dei rispettivi enti del Servizio sanitario nazionale (SSN), anticipazioni di liquidità da destinare al pagamento di debiti, certi, liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31 dicembre 2018, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali. L'anticipazione di liquidità per il pagamento di debiti fuori bilancio è subordinata al riconoscimento della legittimità dei debiti stessi ad opera della deliberazione del consiglio dell'ente prevista dall'articolo 194 del TUEL.

 

Il comma 850 precisa che le anticipazioni devono essere concesse entro il limite massimo di 3/12 delle entrate accertate nel 2017 afferenti ai primi tre titoli di entrata del bilancio per gli enti locali, e del 5% delle entrate relative al primo titolo di entrata accertate nell'anno 2017 per le regioni.

 

Il comma 851, dopo aver rammentato che le anticipazioni non costituiscono una forma di indebitamento ai sensi dell'articolo 3, comma 17, della legge n. 350 del 2003, precisa che alle anticipazioni non si applicano le condizioni poste dall'articolo 203 (Attivazione delle fonti di finanziamento derivanti dal ricorso all'indebitamento) e dall'articolo 204 (Regole particolari per l'assunzione di mutui) del TUEL, nonché dall'articolo 62 (Mutui e altre forme di indebitamento) del decreto legislativo n. 118 del 2011. Rimane tuttavia fermo l'obbligo per gli enti richiedenti di adeguare, successivamente al perfezionamento delle suddette anticipazioni, le relative iscrizioni nel bilancio di previsione.

 

L'articolo 3, comma 16, della legge finanziaria 2004 (legge n. 350 del 2003) dispone che, ai sensi dell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, le regioni a statuto ordinario, gli enti locali, le aziende e gli organismi di cui agli articoli 2, 29 e 172, comma 1, lettera b), del TUEL, ad eccezione delle società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici, possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. Le regioni a statuto ordinario possono, con propria legge, disciplinare l'indebitamento delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere e degli enti e organismi di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 76 del 2000 solo per finanziare spese di investimento.

Il successivo comma 17 del medesimo articolo precisa le operazioni finanziarie che devono intendersi quali forme di indebitamento agli effetti dell'art. 119, sesto comma, della Costituzione. Si tratta dell'assunzione di mutui, l'emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni relative a flussi futuri di entrata, a crediti e a attività finanziarie e non finanziarie, l'eventuale somma incassata al momento del perfezionamento delle operazioni derivate di swap (cosiddetto upfront), le operazioni di leasing finanziario stipulate dal 1° gennaio 2015, il residuo debito garantito dall'ente a seguito della definitiva escussione della garanzia. Inoltre, costituisce indebitamento il residuo debito garantito a seguito dell'escussione della garanzia per tre annualità consecutive, fermo restando il diritto di rivalsa nei confronti del debitore originario.

Non costituiscono indebitamento, agli effetti del citato art. 119, le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio.

 

Il comma 852 dispone che le anticipazioni di cassa agli enti locali siano assistite, quale garanzia del pagamento delle rate di ammortamento, da una delegazione di pagamento a valere sulle entrate afferenti ai primi tre titoli del bilancio di previsione, ai sensi dell'articolo 206 del TUEL. Alle anticipazioni, inoltre, si applicano le disposizioni recate dall'articolo 159 (Norme sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali), comma 2, e dall'articolo 255 (Acquisizione e gestione dei mezzi finanziari per il risanamento), comma 10, del TUEL. Le anticipazioni alle regioni e alle province autonome sono assistite da garanzia sulle relative entrate di bilancio a norma della specifica disciplina applicabile a ciascuna regione e provincia autonoma.

 

Il comma 853 fissa al 28 febbraio 2019 il termine entro il quale la richiesta di anticipazione di liquidità deve essere presentata agli istituti finanziari di cui al comma 849. La richiesta deve essere corredata da una apposita dichiarazione sottoscritta dal rappresentante legale dell'ente richiedente che riporta l'elenco dei debiti da pagare con l'anticipazione. La dichiarazione deve essere redatta utilizzando il modello generato dalla Piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 35 del 2013.

 

Il comma 854 dispone che il pagamento dei debiti per i quali è stata ottenuta l'anticipazione debba avvenire entro 15 giorni dalla data di erogazione. Tale termine è posticipato a 30 giorni nel caso di debiti degli enti del SSN.

 

Il comma 855 dispone che il rimborso delle anticipazioni debba avvenire entro il momento dell'avvenuto ripristino della normale gestione di liquidità, e comunque non oltre il 15 dicembre 2019.

 

Il comma 856 dispone che, in caso di mancato rimborso entro i termini stabiliti, gli istituti finanziatori possono chiedere la restituzione dell'anticipazione, anche attivando le garanzie di cui al comma 852.

 

Il comma 857 dispone che nell'anno 2020 le misure di cui ai successivi commi 862, 864 e 865 sono raddoppiate nei confronti degli enti che non hanno richiesto l'anticipazione rispettando il termine di cui al comma 853 e che non hanno effettuato il pagamento entro il termine di cui al comma 854.

 

Il comma 858 precisa che i successivi commi da 859 a 872 sono da considerarsi quali princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.

 

Il comma 859 indica le condizioni in base alle quali le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196 del 2009) applicano le misure di cui alla lettera a) dei commi 862 o 864.

In particolare si applicano:

a.      le misure di cui alla lettera a) dei commi 862 o 864 se il debito commerciale residuo, di cui all'articolo 33 del decreto legislativo n. 33 del 2013, rilevato alla fine dell'esercizio precedente non si sia ridotto almeno del 10% rispetto a quello del secondo esercizio precedente;

b.      Le misure di cui ai commi 862 o 864 se le amministrazioni pubbliche medesime rispettano la condizione di cui alla lettera a), ma presentano un indicatore di ritardo annuale dei pagamenti, calcolato sulla base delle fatture ricevute e scadute nell'anno precedente, non rispetto dei termini di pagamento delle transazioni commerciali, come fissati dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 231 del 2002.

 

Il comma 860 riguardano i debiti commerciali degli enti del SSN, i quali applicano le misure di cui al comma 865 facendo riferimento ai tempi di pagamento e ritardo calcolati sulle fatture ricevute e scadute nell'anno precedente e al debito commerciale residuo, di cui all'articolo 33 del decreto legislativo n. 33 del 2014.

 

Il comma 861 specifica che i tempi di pagamento e ritardo di cui ai commi 859 e 860 sono elaborati mediante la Piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 35 del 2013. I tempi di ritardo sono calcolati tenendo conto anche delle fatture scadute che le amministrazioni non hanno provveduto a pagare.

 

Il comma 862 dispone che entro il 31 gennaio dell'esercizio in cui sono state rilevate le condizioni di cui al comma 859 riferite all'esercizio precedente, le amministrazioni diverse dallo Stato che adottano la contabilità finanziaria stanziano nella parte corrente del proprio bilancio un accantonamento denominato "Fondo di garanzia debiti commerciali", sul quale non è possibile disporre impegni e pagamenti, che a fine esercizio confluisce nella quota libera del risultato di amministrazione. Il comma stabilisce poi i parametri per il calcolo dell'accantonamento sulla base della spesa per Acquisto di beni e servizi ovvero della mancata riduzione del debito commerciali residuo ovvero dei giorni di ritardo nel pagamento.

 

Il comma 863 dispone che l'accantonamento al Fondo di cui al comma precedente è adeguato nel corso dell'esercizio sulla base delle variazioni di bilancio relative agli stanziamenti della spesa per Acquisto di beni e servizi e che non riguarda gli stanziamenti di spesa che utilizzano risorse con specifico vincolo di destinazione.

 

Il comma 864 stabilisce la penalità, in termini di riduzione dei costi di competenza per consumi intermedi, a carico degli enti che adottano solo la contabilità economico patrimoniale, ad eccezione di quelli del SSN, nell'esercizio in cui sono state rilevate le condizioni di cui al comma 859.

 

Il comma 865 dispone che i contratti dei Direttori generali e dei Direttori amministrativi degli enti del SSN che non rispettano i tempi di pagamento previsti dalla legislazione vigente sono integrati con degli obiettivi riguardanti i tempi stessi. La quota dell'indennità di risultato condizionata al rispetto di tali obiettivi non può essere inferiore al 30%. Il comma individua inoltre una serie di penalità, a carico dell'indennità medesima, sulla base dei ritardi di pagamenti effettivamente registrati.

 

Il comma 866 dispone che le regioni trasmettono al Tavolo di verifica degli adempimenti regionali di cui all'articolo 12 dell'Intesa 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trenta e di Bolzano, una relazione in merito all'applicazione e agli esiti del comma 865. La trasmissione della relazione costituisce adempimento anche ai fini e per gli effetti dell'articolo 2, comma 68, lettera c), della legge n. 191 del 2009, le cui disposizioni continuano ad applicarsi a decorrere dall'esercizio 2013 ai sensi dell'articolo 15, comma 24, del decreto-legge n. 95 del 2012. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano relazionano al citato Tavolo sullo stato di applicazione del comma 865.

 

Il comma 867 stabilisce che, a decorrere dal 2020, entro il 31 gennaio di ogni anno le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009 comunicano, mediante la Piattaforma elettronica di cui comma 861, l'ammontare complessivo dello stock di debiti commerciali residui scaduti e non pagati alla fine dell'esercizio precedente. Per l'anno 2019 la comunicazione è effettuata dal 1° al 30 aprile 2019. Per le amministrazioni che ordinano gli incassi e pagamenti al proprio tesoriere o cassiere attraverso ordinativi informatici emessi secondo lo standard Ordinativo informatico, di cui al comma 8-bis dell'articolo 14 della legge n. 196 del 2009, l'obbligo del presente adempimento permane fino alla chiusura dell'esercizio nel corso del quale il predetto standard viene adottato.

 

Il comma 868 dispone che a decorrere dal 2020, le misure di cui al comma 862, lettera a), al comma 864, lettera a) e al comma 865, lettera a) si applicano anche alle amministrazioni pubbliche di cui ai commi 859 e 860 che non hanno pubblicato l'ammontare complessivo dei debiti, di cui all'articolo 33 del decreto legislativo n. 33 del 2013, e che non hanno trasmesso alla Piattaforma elettronica le comunicazioni di cui al 867 e le informazioni relative all'avvenuto pagamento delle fatture.

 

Il comma 869 stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2019, per le singole amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009, sul sito web istituzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri sono pubblicati, ed aggiornati:

a.      con cadenza trimestrale, i dati riguardanti gli importi complessivi delle fatture ricevute dall'inizio dell'anno, i pagamenti effettuati e i relativi tempi medi ponderati di pagamento e di ritardo, come desunti dal sistema informativo della Piattaforma elettronica di cui al comma 861;

b.      con cadenza mensile i dati riguardanti le fatture ricevute nell'anno precedente, scadute e non ancora pagate da oltre 12 mesi, come desunti dal sistema informativo della Piattaforma elettronica di cui comma 861.

 

Il 870 dispone che a decorrere dall'anno 2019, per le singole amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, della legge n. 196 del 2009, entro il 30 aprile dell'anno successivo a quello di riferimento, è pubblicato, sul sito web istituzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l'ammontare dello stock di debiti commerciali residui scaduti e non pagati alla fine dell'esercizio precedente.

 

Il comma 871 stabilisce che le informazioni di cui al comma 869, lettera b), costituiscono indicatori rilevanti ai fini della definizione del programma delle verifiche di cui all'articolo 14, comma 1, lettera d), della legge n. 196 del 2009 dei servizi ispettivi di finanza pubblica del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

 

Il comma872, infine, attribuisce al competente organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile il compito di verificare la corretta attuazione delle predette misure.


 

Articolo 1, comma 873
(Assunzioni personale sanitario nelle zone colpite dal sisma)

 

 

Il comma 873, inserito durante l’esame al Senato, prevede l’esclusione delle spese relative alle assunzioni del personale a tempo determinato effettuate per fronteggiare l’emergenza Sisma del Centro Italia – vale a dire delle regioni di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dall'evento sismico del 24 agosto 2016-, in sede di valutazione del contenimento della spesa del SSN di cui all’articolo 17, commi 3 e 3 bis, del decreto-legge n. 98/2011[21]. Alla copertura finanziaria degli oneri finanziari recati dalla disposizione si provvede con le risorse già finalizzate a legislazione vigente.

 

 

 

 


 

Articolo 1, comma 874
(Ripiano del disavanzo a seguito di cancellazione di crediti)

 

 

Il comma 874 autorizza le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano a ripianare in 30 esercizi il disavanzo conseguente alla cancellazione nei bilanci di alcune partite creditorie, di cui era venuto meno il presupposto giuridico.

 

Nello specifico, la cancellazione, effettuata nel 2017 in sede di riaccertamento ordinario, riguarda crediti (e debiti) relativi alla Programmazione 2007/2013, derivanti da assegnazioni dello Stato e dell'Unione Europea e crediti tributari contabilizzati come "accertati e riscossi" entro l'esercizio 2002 a seguito di comunicazione dei competenti uffici dello Stato, non effettivamente versati.

 

Il ripiano potrà avvenire in 30 rate, a quote costanti (pertanto pari, ciascuna, ad un trentesimo del disavanzo complessivo), in deroga alla legislazione vigente, secondo cui il maggiore disavanzo deve essere imputato per intero al primo esercizio utile, salva la possibilità di ricorso al piano di rientro, con ripiano del deficit da effettuare "negli esercizi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della legislatura regionale" (art.42, comma 12, del D.lgs. n.118 del 2011).

 

Tale regola di bilancio è stata peraltro già oggetto di deroga.

L'art. 9, comma 5, del decreto-legge n.78 del 2015, ha infatti autorizzato le regioni a ripianare il disavanzo al 31 dicembre 2014 nei dieci esercizi successivi secondo quote costanti, contestualmente alla deliberazione da parte dell'ente territoriale del piano di rientro dal disavanzo.

L'art.1, commi da 779 a 781, dell'articolo 1 della legge n.205/2017 (legge di bilancio 2018) consente alle Regioni che si impegnano a riqualificare la propria spesa attraverso il progressivo incremento degli investimenti di ripianare il disavanzo al 31 dicembre 2014 in un massimo di venti esercizi.

 

 

La finalità dichiarata della disposizione in esame è duplice: 1)  "sostenere la trasparenza" e 2) favorire "le spese di investimento". Quanto alla trasparenza, l'intervento normativo si ricollega ad un più ampio processo in atto di "pulizia contabile" dei bilanci degli enti territoriali, da perseguire fra l'altro evitando il mantenimento di crediti e debiti di dubbia esigibilità. Quanto alle spese di investimento, l'eventuale imputazione dell'intero disavanzo al primo esercizio utile (o anche ai tre successivi) comprimerebbe i margini di manovra del bilancio regionale, con effetti negativi sul livello degli investimenti complessivi.

 

Il ripiano del disavanzo in 30 esercizi è una facoltà che può essere attivata entro l'esercizio finanziario 2020.

 

Si segnala che il Governo, al punto n.12 dell'Accordo sottoscritto con la Regione siciliana in materia di finanza pubblica lo scorso 19 dicembre, ha assunto l'impegno di presentare e favorire l'approvazione nel corso dell'esame della legge di bilancio, della disposizione in commento.

 


 

Articolo 1, commi 875-886
(Rapporti finanziari con le autonomie speciali)

 

 

Il comma 875, nel testo risultante dalle modifiche introdotte nel corso dell'esame del disegno di legge in Senato, determina il contributo complessivo agli obiettivi di finanza pubblica delle regioni a statuto speciale Friuli-Venezia Giulia e  Sardegna per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021. Il contributo al contenimento del debito pubblico richiesto a ciascuna autonomia dovrà essere determinato da accordi bilaterali con lo Stato (entro il 31 marzo 2019) ed è comunque definito, in via provvisoria, nel caso in cui non vengano raggiunti accordi.

I commi da 876 a 879, introdotti in seconda lettura, disciplinano il contributo alla finanza pubblica della Regione Valle d'Aosta, in attuazione dell'Accordo con il Governo sottoscritto il 16 novembre scorso.

I commi da 880 a 886, anch'essi introdotti in Senato, disciplinano il contributo alla finanza pubblica della Regione Siciliana, in attuazione dell'Accordo con il Governo sottoscritto lo scorso 18 dicembre.

 

 

Il comma 875 prevede che il contributo delle regioni Friuli Venezia Giulia e della Sardegna agli obiettivi di finanza pubblica deve essere concordato nell’ambito della definizione dei rapporti finanziari tra lo Stato e ciascuna autonomia, in ragione della particolare autonomia di cui esse godono, sancita da norme di rango costituzionale.

Gli accordi bilaterali dovranno concludersi entro il 31 gennaio 2019, assicurare comunque il contributo complessivo stabilito in 1.252 milioni di euro per il 2019 e 1.372 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e tenere conto delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 2015, 154 del 2017 e 103 del 2018.

 

 

Le sentenze richiamate nelle disposizioni in esame hanno ribadito la legittimità del concorso alla riduzione del debito pubblico nei confronti delle regioni ordinarie, delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.

Con specifico riferimento alle autonomie speciali, dalla giurisprudenza della Corte è possibile ricavare i seguenti punti fermi:

- i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica si applicano anche alle autonomie speciali poiché la specialità non implica "potestà di deviare rispetto al comune percorso definito dalla Costituzione, sulla base della condivisione di valori e principi insensibili alla dimensione territoriale, tra i quali spicca l’adempimento da parte di tutti dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale [...], dei quali doveri il coordinamento rappresenta la traduzione sul piano dei rapporti finanziari, anche in ragione della responsabilità che incombe su tutti i cittadini" (sent. n.154 del 2017);

- le disposizioni statali che fissano limiti alla spesa degli enti territoriali "possono qualificarsi principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica alla condizione [...] che si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente" (ex multis, sent. n.154 del 2017);

- i rapporti finanziari tra lo Stato e le autonomie speciali sono regolati dal principio pattizio;

-  il principio dell’accordo "non implica un vincolo di risultato, bensì di metodo" (sent. n.19 del 2015) e va declinato nella forma della leale collaborazione;

- un'eventuale determinazione unilaterale da parte dello Stato "deve essere concepita come rimedio ultimo per assicurare il rispetto dei vincoli europei connessi alla manovra di bilancio e deve sempre avere una valenza provvisoria in relazione all’auspicato raggiungimento dell’intesa in tempi utili alle future manovre" (sent. n.19 del 2015, nonchè sent. n.77 e n.154 del 2017);

- il meccanismo pattizio "può essere derogato dal legislatore ordinario, fino a che gli statuti o le norme di attuazione lo consentono" (sent. n.154 del 2017). agli accordi sottoscritti fra Stato e Regioni non può riconoscersi, in generale, "un affidamento tutelabile in ordine all’immutabilità delle relazioni finanziarie tra Stato e Regioni. Non è, infatti, coerente con il carattere dinamico del coordinamento finanziario impedire alla legislazione statale di introdurre – fermo il metodo pattizio per le autonomie speciali – nuovi contributi alla finanza pubblica, ove non espressamente esclusi dagli accordi stipulati" (sent. n.154 del 2017);

- le autonomie differenziate vantano una situazione paritaria rispetto alle richieste di contribuire agli equilibri della finanza pubblica, fermo restando che è legittima la disposizione secondo cui (solo) con riferimento alle province autonome e alla regione Trentino-Alto Adige si impone il rispetto dell’accordo raggiunto con lo Stato in data 15 ottobre 2014 in quanto solo in tale accordo vi è una clausola che circoscrive i casi in cui lo Stato può modificare i contributi richiesti;

- se è vero che la quantificazione del contributo spettante a ciascuna autonomia e le modalità di contribuzione devono essere demandate a specifici accordi con lo Stato, è anche vero che "il perdurante rifiuto opposto dalle autonomie speciali alla stipula degli accordi previsti dalle disposizioni impugnate" "non appare rispondente al (...) principio di leale collaborazione" (sent. n.108 del 2018) e potrebbe essere consentita, secondo la Corte, "per il solo caso di uno stallo nelle trattative", un'eventuale determinazione unilaterale da parte dello Stato "sia pure con il carattere di provvisorietà" del riparto pro quota tra le autonomie speciali del contributo complessivo loro imposto.

 

In caso di mancato accordo, il contributo al pagamento del debito pubblico per ciascun anno e ciascuna regione è determinato negli importi definiti nella tabella 8 allegata al disegno di legge (e che si riporta a seguire).

 

Tabella 8 (art.1, comma 510) (in milioni di euro)

 

2019

2020

2021

Friuli Venezia Giulia

716

836

836

Sardegna

536

536

536

Totale

1.252

1.372

1.372

 

 

La norma precisa che gli importi relativi ai singoli esercizi hanno carattere provvisorio e potranno essere modificati con intesa con la regione interessata entro l'esercizio finanziario di riferimento. Gli importi imputati alle regioni potranno inoltre essere modificati mediante accordi tra le regioni interessate (sottoscritti entro il 30 aprile e comunicati al Ministero dell’economia e delle finanze entro il 31 maggio) a condizione che venga comunque assicurato il contributo complessivo.

Per ciascun esercizio, l’importo determinato nella citata tabella dovrà essere versato al bilancio dello Stato dalla regione entro il 30 giugno. In caso di mancato versamento il Ministero dell’economia e delle finanze provvederà a recuperare l’importo dovuto a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali spettanti alla regione.

Si ricorda che il sistema di finanziamento delle regioni a statuto speciale è basato sulle compartecipazioni ai tributi erariali che ciascuna regione riceve nelle quote stabilite da norme statutarie. Nella maggioranza dei casi le entrate spettanti di ciascun tributo sono versate direttamente sul conto infruttifero intestato alla regione presso la tesoreria dello Stato.

 

Per la regione Friuli-Venezia Giulia la norma precisa che resta fermo quanto stabilito dalla legge di stabilità 2011 (art. 1, comma 151, lett. a), legge 220/2010) che attribuisce alla regione la somma complessiva di 960 milioni di euro (con un piano di rateizzazione annuale fino al 2030) a titolo di arretrati per gli anni 2008 e 2009 per la definizione del contenzioso riguardante le quote delle ritenute IRPEF sui redditi da pensione spettanti alla regione.

La citata norma della legge di stabilità 2011 recepisce il protocollo d'intesa stipulato tra la regione Friuli Venezia Giulia e il Governo in data 29 ottobre 2010, con il quale è stato definito – tra l’altro - il contenzioso riguardante le quote delle ritenute IRPEF sui redditi da pensione spettanti alla regione a decorrere dal 2008, ai sensi dell'art. 49 dello statuto di autonomia (L.cost. 1/1963) e delle norme di attuazione recate dal D.Lgs. 137/2007.

Per la definizione del contenzioso, il comma 151 alla lettera a) riconosce alla regione, per le annualità 2008 e 2009, la somma complessiva di 960 milioni di euro a titolo di arretrati. La somma è attribuita alla regione secondo un piano di rateizzazione annuale fino al 2030, che vede per le annualità a decorrere dal 2016, l’attribuzione di 20 milioni di euro annui.

 

Nella norma in esame non vengono menzionate:

i) la regione Trentino-Alto Adige e le due Province autonome di Trento e di Bolzano in quanto il contributo dei tre enti agli obiettivi di finanza pubblica è già stato stabilito con l’accordo stipulato il 15 ottobre 2014, per gli anni dal 2018 al 2022. In recepimento dell’accordo, infatti, l’articolo 79 dello statuto di autonomia (DPR 670/1972) determina il contributo alla finanza pubblica, riferito al sistema territoriale regionale integrato, in termini di saldo netto da finanziare, in complessivi 905,315 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2018 al 2022.

L’articolo 79 dello statuto, modificato dalla legge di stabilità 2015 in attuazione dell’accordo del 15 ottobre 2014, disciplina il concorso dei tre enti agli obiettivi di finanza pubblica. In particolare il comma 4-bis determina il contributo alla finanza pubblica, riferito al sistema territoriale regionale integrato. Dei complessivi 905,315 milioni di euro, 15,9091 sono posti in capo alla Regione e la restante quota è ripartita tra le Province sulla base dell'incidenza del prodotto interno lordo del territorio di ciascuna provincia sul prodotto interno lordo regionale. Il contributo è versato all'erario entro il 30 aprile di ciascun anno (comma 4-sexsies). Il comma 4-ter, inoltre, stabilisce che a decorrere dall'anno 2023, il suddetto contributo è rideterminato annualmente applicando al predetto importo la variazione percentuale degli oneri del debito delle PA.

Il comma 4 del medesimo articolo, infine, stabilisce che non sono applicabili alla Regione le disposizioni statali che prevedono obblighi, oneri, accantonamenti, riserve all'erario o concorsi comunque denominati, diversi da quelli previsti dalle norme dello statuto sull'ordinamento finanziario delle stesse.

 

ii) la regione Valle d'Aosta, per la quale ai commi da 876 a 879 prevedono una disciplina specifica, in attuazione dell'accordo tra il Governo e la regione in materia di finanza pubblica sottoscritto lo scorso 16 novembre (infra);

 

iii) la regione Siciliana, a cui è riservata una disciplina specifica ai commi da 880 a 886 (infra) in attuazione dell'accordo sottoscritto il 19 dicembre 2018 fra il Ministro dell'economia e il Presidente della regione.

 

Il comma 875, come esposto nella relazione tecnica al disegno di legge, è neutrale per il bilancio dello Stato, in quanto i relativi effetti finanziari sono già scontati nei tendenziali di bilancio.

 

Di seguito si dà conto degli ultimi provvedimenti concernenti il contributo alla finanza pubblica richiesto alle restanti autonomie speciali interessate dalla norma in esame.

 

Per la regione Friuli-Venezia Giulia la legge di stabilità 2015, in attuazione del Protocollo di intesa del 23 ottobre 2014  ha determinato il contributo della regione agli obiettivi di finanza pubblica per gli anni 2014, 2015, 2016 e 2017 in termini di saldo netto da finanziare e di indebitamento netto (L. 190/2014, art. 1, commi 513 - 516 e 522 – 523). Successivamente la legge di bilancio 2018 (a seguito di accordo formalizzato in data 30 gennaio 2018) ha sancito il passaggio, anche per la regione Friuli-Venezia Giulia, alla disciplina del pareggio di bilancio a decorrere dal 2018 (comma 815). Al fine di dare seguito all’accordo del 2014, inoltre, viene in sostanza ridotto il contributo alla finanza pubblica richiesto alla regione per le annualità 2018 e 2019, di un importo pari a 120 milioni di euro per ciascun anno (comma 816).

 

Per la regione Sardegna, l’accordo sottoscritto il 21 luglio 2014 (recepito dal D.L. 133/2014, art. 42, commi 9-12), oltre a definire la misura del concorso alla finanza pubblica della regione, stabilisce per essa il passaggio alla disciplina del pareggio di bilancio a decorrere dall’anno 2015. Con la legge di bilancio 2018 (comma 851) la regione riceve un contributo pari a 15 milioni di euro per l'anno 2019, in attesa della definizione del complesso dei rapporti finanziari fra lo Stato e la regione Sardegna, anche in relazione alle sentenze della Corte costituzionale n.77 del 2015 e n.154 del 2017.

 

Il comma 876 stabilisce che le disposizioni di cui ai commi dal 877 a 879 sono volte a dare attuazione al citato Accordo tra il Governo e la Regione Valle d'Aosta in materia di finanza pubblica, sottoscritto il 16 novembre 2018 e che esse entrino in vigore dal giorno della pubblicazione della legge di bilancio.

 

Il comma 876:

- quantifica l'ammontare del contributo alla finanza pubblica della Regione recependo il punto n.2 dell'Accordo: esso è pari a 194,726 milioni per il 2018, a 112,807 per il 2019 e a 102, 807 a decorrere dal 2020;

- stabilisce che con tale contributo si dà attuazione alle sentenze della Corte costituzionale nn. 77 del 2015, 154 del 2017 e 103 del 2018 (commentate in sede di illustrazione del comma 510, v. supra). Tale precisazione ripropone il contenuto del punto n.3 dell'Accordo.

 

Il comma 878 fa salva la possibilità dello Stato di modificare tale contributo a condizione che:

- la variazione (c'è da ritenere in aumento) del contributo sia circoscritta nel tempo;

- sia adottata in presenza di "eccezionali esigenze di finanza pubblica";

-  non superi del 10 per cento l'importo del contributo, a meno che: i) non intervenga un accordo con la regione; ii) o l'intervento risulti necessario per assicurare il rispetto delle norme europee in materia di riequilibrio del bilancio pubblico (in questo caso l'incremento massimo non può comunque eccedere il 20 per cento rispetto al contributo originario).

La disposizione in commento recepisce i punti nn. 5 e 6 dell'Accordo sottoscritto il 16 novembre scorso.

 

Al riguardo, tale previsione reca un contenuto simile a quanto previsto al punto n.14 dell'accordo di finanza pubblica sottoscritto fra il Governo, la regione Trentino Alto Adige e le Province autonome di Trento e Bolzano in data 15 ottobre 2014. La presenza di una clausola che circoscrive i casi in cui lo Stato è abilitato ad incrementare i contributi a carico delle autonomie speciali costituisce una garanzia importante per l'ente territoriale. Tale presenza ha infatti consentito alla Corte costituzionale (sent. 154 del 2017) di respingere le censure avanzate da altre regioni a statuto speciale avverso norme primarie che, mentre incrementavano i contributi alla finanza pubblica di queste ultime non facevano altrettanto con le province autonome e la regione Trentino-Alto Adige, in riferimento alle quali veniva sancito il pieno rispetto dell’accordo in materia di finanza pubblica del 15 ottobre 2014.

 

Il comma 879 riconosce alla Regione un trasferimento complessivo di 120 milioni di euro da destinare a spese di investimento in opere pubbliche. L'importo è erogato negli anni 2019-2025 in ragione di 10 milioni annui nel primo biennio e 20 milioni annui nel restante quinquennio). Tale disposizione è finalizzata a dare attuazione al punto n.7 del citato Accordo, ai sensi del quale peraltro i richiamati finanziamenti sono disposti "a titolo transattivo e a saldo e stralcio di ogni reciproca pretesa" fra le parti.

Il punto n.7 dell'Accordo va peraltro letto alla luce del punto n.6  in cui la regione assume l'impegno di ritirare, a seguito dell'entrata in vigore delle disposizioni legislative che recepiscono il medesimo Accordo, "tutti i ricorsi contro lo Stato pendenti dinnanzi alle diverse giurisdizioni relativi alle impugnative di leggi o di atti consequenziali in materia di finanza pubblica" e "a rinunciare [..] agli effetti finanziari positivi derivanti da pronunce di accoglimento di ricorsi pendenti anche da altre regioni con riferimento alle disposizioni oggetto dei predetti ricorsi".

 

Si rammenta che, per quanto concerne la regione Valle d’Aosta, l'intervento normativo più recente è contenuto nella legge di bilancio 2018 (art.1, comma 841), con cui sono stati ridotti gli accantonamenti a carico della regione a titolo di concorso alla finanza pubblica di 45 milioni per il 2018, di 100 milioni per il 2019 e di 120 milioni annui a decorrere dal 2020. Si tratta di una norma introdotta nelle more della definizione dei rapporti tra lo Stato e la regione, attraverso la procedura pattizia, che ha avuto luogo, come detto, lo scorso 16 novembre. Il precedente accordo bilaterale, sottoscritto il 21 luglio 2015, ha riguardato la definizione del patto di stabilità interno per il 2014 e 2015 e la definizione dei rapporti finanziari concernenti il subentro della regione allo Stato nei rapporti attivi e passivi con Trenitalia S.p.A. per i servizi di trasporto ferroviari locali in ambito regionale, nonché la definizione dei contenziosi pendenti tra Stato e regione.

 

 

Il comma 880 stabilisce che i commi da 881 a 886: 1) dettano una disciplina finalizzata a dare attuazione all'Accordo sottoscritto il 19 dicembre 2018 tra il Ministro dell'economia e delle finanze ed il Presidente della regione Siciliana; 2) entrino in vigore dal giorno della pubblicazione della legge di bilancio nella Gazzetta Ufficiale.

 

Il comma 881 dispone che il contributo alla finanza pubblica della Regione sia pari a 1.304,945 milioni di euro per l'anno 2018 e a 1.001 milioni annui a decorrere dal 2019, come convenuto fra le parti al punto n.7 del richiamato Accordo.

In modo simmetrico a quanto disposto al comma 875 per le regioni Friuli Venezia Giulia e Sardegna e 877 per la regione Valle d'Aosta, il comma prevede che con tali contributi si dia attuazione alle sentenze della Corte Costituzionale n. 77 del 2015, n. 154 del 2017 e n. 103 del 2018 (illustrate in sede di commento al comma 875).

 

Il comma 882 fa salva la facoltà da parte dello Stato di modificare (nel senso di "incrementare" come precisato al punto n.10 dell'Accordo) il contributo posto a carico della regione Siciliana. Tale modifica è legittima a condizione che sia adottata nel rispetto della disciplina ivi prevista, che è peraltro la medesima dettata per la regione Valle d'Aosta al comma 878 (e al cui commento si rinvia). Tale disposizione ha come base pattizia fra le parti i punti nn. 10 e 11 dell'Accordo.

 

Il comma 883 attribuisce alla Regione 540 milioni da destinare ai liberi consorzi e città metropolitane per le spese di manutenzione straordinaria di strade e scuole. Tale importo è erogato in quote pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e a 100 milioni annui per ciascuno degli anni dal 2021 al 2025. Il comma chiarisce che la finalità della disposizione è quella di dare attuazione del punto 9 del citato Accordo del 19 dicembre scorso.

 

Il comma 884 sancisce l'impegno per la regione Siciliana, assunto nel richiamato Accordo (al punto n.12), ad accrescere la spesa per investimenti in misura non inferiore al 2 per cento per ciascun anno nel periodo compreso fra il 2019-2025. La norma riproduce i contenuti (estendendone di fatto la vigenza fino all'anno 2025) recati all'art.1, comma 830, della legge n.205/2017 (v. infra).

 

Il comma 885, nel dare seguito ad un ulteriore impegno assunto dal Governo in sede di sottoscrizione del richiamato Accordo (sempre al punto n.12), abroga le seguenti disposizioni:

1)     i commi 510, 511 e 512 dell'articolo 1 della legge 11 dicembre 2016, n. 232.

 

Tali disposizioni imponevano alla Regione siciliana (sulla base di quanto previsto nel precedente Accordo sottoscritto in data 20 giugno 2016) di realizzare, per gli anni dal 2017 al 2020, riduzioni strutturali della spesa corrente in misura non inferiore al 3 per cento per ciascun anno rispetto all'anno precedente e autorizzavano il Ministero dell'economia a trattenere un importo commisurato all'eventuale sforamento rispetto all'obiettivo a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti alla Regione siciliana.

 

2)     il comma 829 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205

Tale comma escludeva dal computo della riduzione della spesa corrente di cui ai citati commi 510, 511 e 512 alcune voci di spesa (oneri destinati ai liberi consorzi, per l'assistenza ai disabili gravi e gravissimi e in generale non autosufficienti, per il servizio del debito, per interessi a seguito di anticipazioni di liquidità).

 

Il comma in esame inoltre dispone che il primo periodo del comma 830 dell'articolo 1 della legge n.205/ 2017 trovi applicazione solo per il 2018.

La disposizione "impegna" la Regione nel periodo dal 2018 al 2022 a ad accrescere, in modo progressivo, gli investimenti in misura non inferiore al 2 per cento per ciascun anno rispetto all'anno precedente.

 

Precisa infine che resta fermo l'obbligo a carico della Regione siciliana di destinare ai liberi consorzi del proprio territorio 70 milioni di euro annui aggiuntivi rispetto al consuntivo 2016, come previsto nell'Accordo sottoscritto tra il Governo e la regione Siciliana il 12 luglio 2017.

 

Il comma 886 stabilisce che la regione Siciliana può applicare i commi da 779 a 781 dell'articolo 1 della legge n.205/2017 (legge di bilancio 2018), a condizione che nel 2018 si registri un incremento degli impegni delle spese per investimento in misura non inferiore al 2 per cento rispetto al corrispondente valore del 2017. Anche la disposizione in esame attua uno specifico impegno contenuto nell'Accordo del 19 dicembre scorso (al punto n.12).

 

Le richiamate norme contenute nella manovra economica per il 2018 consentono alle Regioni che si impegnano a riqualificare la propria spesa attraverso il progressivo incremento degli investimenti di ripianare il disavanzo al 31 dicembre 2014 in un massimo di venti esercizi (rispetto ai dieci previsti dall'articolo 9, comma 5, del decreto-legge n. 78/2015, che - come ricordato in sede di commento al comma 874, opera a sua volta in deroga alle disposizioni contabili vigenti di carattere ordinario), con quote costanti.

 

In via provvisoria, in attesa dell'approvazione del rendiconto 2018, la condizione è considerata verificata avendo a riferimento i dati risultanti dal rendiconto per il 2018 come approvato dalla Giunta regionale nel testo da sottoporre a parifica ed è "riconfermata con i dati del rendiconto parificato".

 

Si rammenta che, per quanto concerne la regione Siciliana, rilevano in particolare:

-  l’accordo sottoscritto il 20 giugno 2016 con lo Stato, recepito dal decreto legge 113/2016 (art. 11 comma 4) e dalla legge di bilancio 2017 (art. 1, commi 509-516). In relazione al concorso agli obiettivi di finanza pubblica, l'accordo estende alla regione l’applicazione della normativa sul pareggio di bilancio. Per gli esercizi 2016 e 2017, per bilanciare le maggiori entrate attribuite con l’accordo, si prevede un saldo obiettivo pari rispettivamente a 227,88 e 577,51 milioni di euro. A decorrere dal 2018, invece, la regione è tenuta a garantire il pareggio di bilancio inteso come saldo non negativo, in termini di competenza, tra entrate finali e spese finali.

- l'accordo del 12 luglio 2017, con cui è stata rideterminata la misura della compartecipazione regionale all’IVA, è stato stabilito il contributo della Regione ai liberi consorzi di comuni (enti che hanno sostituito le province siciliane) ed è stato istituito un tavolo tecnico per la definizione del contenzioso finanziario pendente tra Stato e Regione al 31 dicembre 2016.

Articolo 1, comma 887
(Accoglienza richiedenti protezionale nelle
Province autonome di Trento e Bolzano)

 

 

Il comma 887 stabilisce che il finanziamento previsto nei protocolli d’intesa stipulati dalle Province autonome di Trento e Bolzano con i rispettivi Commissariati di Governo per l’affidamento della gestione dell’accoglienza dei richiedenti asilo e dei minori non accompagnati costituisce entrata nei bilanci delle Province a titolo di trasferimento statale vincolato, con obbligo di riversare al bilancio dello Stato le somme non utilizzate. La disposizione si applica, con effetto retroattivo, a decorrere dall’esercizio finanziario 2014.

 

Le Province autonome di Trento e Bolzano gestiscono il progetto di accoglienza straordinaria delle persone richiedenti protezione internazionale e dei minori stranieri non accompagnati che il Ministero dell’interno assegna al territorio. L’accoglienza è finanziata dallo stesso Ministero per il tramite del Commissariato del Governo, che rimborsa a ciascuna Provincia i costi sostenuti entro un budget di spesa predefinito.

Con la disposizione in esame si prevede che il finanziamento previsto nei protocolli d’intesa a tal fine stipulati costituisce entrata nei bilanci delle Province autonome a titolo di trasferimento statale vincolato.

La disposizione precisa che eventuali somme non utilizzate devono essere riversate al bilancio dello Stato.

 

Si stabilisce infine la retroattività della disposizione a decorrere dall’esercizio finanziario 2014.


 

Articolo 1, commi 889 e 890
(Contributi alle province per la manutenzione di strade e scuole)

 

 

I commi 889 e 890 disciplinano l’attribuzione alle Province delle Regioni a Statuto ordinario di un contributo di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 (complessivi 3,750 miliardi) per il finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole. Il contributo è ripartito, con decreto del Ministero dell’Interno, entro il 20 gennaio 2019, sulla base dei criteri indicati dalla norma.

 

Il comma 889 attribuisce un contributo di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 alle Province delle Regioni a Statuto ordinario da destinare al finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e scuole.

Con una modifica approvata al Senato è stata eliminata la disposizione, introdotta alla Camera, che prevedeva che i piani di sicurezza a valenza pluriennale relativi alla manutenzione delle scuole fossero comunicati, una volta predisposti, al Ministero dell’istruzione ai fini del coordinamento con la programmazione triennale nazionale e con i diversi piani e finanziamenti in materia di edilizia scolastica.

 

Il contributo è ripartito, con decreto del Ministero dell’Interno da emanarsi entro il 20 gennaio 2019, di concerto con il Ministero dell’Economia e Finanze e, come inserito dal Senato, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, secondo i seguenti criteri:

§  per il 50 per cento, da ripartire tra le Province che presentano una diminuzione della spesa per la manutenzione di strade e scuole nell’anno 2017, rispetto alla spesa media riferita al triennio 2010-2012, da assegnare in proporzione alla suddetta diminuzione;

§  per il 50 per cento, da ripartire tra le Province in proporzione all’incidenza determinata, al 31 dicembre 2018, dalla manovra di finanza pubblica rispetto al gettito 2017 dell’imposta Rc auto, dell’imposta provinciale di trascrizione, nonché del fondo sperimentale di riequilibrio.

La misura del concorso alla manovra di finanza pubblica delle Province, da considerare ai fini del calcolo della sua incidenza sulle entrate, è quella determinata dall’articolo 1, comma 418, della legge n. 190/2014 e dell’articolo 47 del D.L. n. 66/2014, tenuto conto delle riduzioni consentite ai sensi dell’articolo 1, commi 838 e 839, della legge n. 205/2017.

 

Il comparto delle province è stato interessato, a partire dal 2010, da una serie di misure finanziarie volte ad assicurare il concorso di tali enti al risanamento dei conti pubblici, in nome del principio del coordinamento della finanza pubblica, quantificato in importi via via più consistenti, anche in relazione all'aggravarsi della crisi economica e finanziaria.

Con il D.L. n. 66/2014 (art. 47), citato dalla norma in esame, il concorso alla finanza pubblica delle province è stato assicurato mediante la richiesta di risparmi di spesa corrente da versare al bilancio dello Stato, pari a complessivi 444,5 milioni per il 2014, 576,7 milioni per il 2015 e a 585,7 milioni per ciascuno degli anni dal 2016 al 2018, relativi alle seguenti categorie di spesa: spese per acquisto di beni e servizi, per autovetture, per incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

Ma il concorso più rilevante è quello richiesto dall’art. 1, comma 418, legge n. 190/2014, che (anche a seguito della riforma avviata con la legge n. 56/2014 che limita il novero delle funzioni da esercitare dalle province/Città metropolitane) richiede alle province/Città metropolitane risparmi di spesa corrente nell'importo di 1 miliardo di euro per il 2015, di 2 miliardi per il 2016 e di 3 miliardi a decorrere dal 2017, da versare ad apposito capitolo del bilancio dello Stato.

A seguito delle conseguenti difficoltà economico-finanziarie del comparto, dal 2016 diversi sono stati i contributi trasferiti alle province e città metropolitane per l’esercizio delle funzioni fondamentali e, in particolare, in materia di strade e scuole. Alcuni di questi contributi[22], ai sensi del citato articolo 1, comma 839, della legge n. 205/2017, sono stati versati direttamente dal Ministero dell'interno all'entrata del bilancio dello Stato, a titolo di parziale concorso alla finanza pubblica da parte dei medesimi enti. Soltanto nel caso in cui i suddetti contributi eccedano il concorso alla finanza pubblica, il Ministero dell'interno provvede al trasferimento della parte eccedente all'ente interessato.

 

A garanzia del pieno utilizzo delle somme nell’anno di erogazione, il comma 1 dispone che le spese finanziate con le risorse assegnate a valere sul fondo in esame, per ogni annualità, devono essere liquidate o liquidabili per le finalità indicate entro il 31 dicembre di ogni anno, ai sensi del decreto legislativo n. 118/2011.

 

L’ultimo periodo del comma 889 prevede, infine, una integrazione alla disposizione, introdotta dalla legge di bilancio 2018, che ha dato facoltà alle province di procedere dal 2018 ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, da destinare, prioritariamente, alle attività in materia di viabilità ed edilizia scolastica (articolo 1, comma 845, legge n. 205/2017). L’integrazione è volta a precisare che tali assunzioni, relativamente alle attività di edilizia scolastica, sono riferite a figure ad alto contenuto tecnico-professionale di ingegneri, architetti, geometri, tecnici della sicurezza ed esperti in contrattualistica pubblica e codice degli appalti.

 

Alla copertura degli oneri derivanti dalla concessione del contributo in esame alle province si provvede a valere sulle risorse del Fondo investimenti enti territoriali, istituito dall’articolo 1, comma 122 del disegno di legge in esame, che viene a tal fine ridotto di 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 (comma 890).

 

Nel corso dell’esame al Senato è stata soppressa la disposizione che stabiliva le modalità di monitoraggio degli interventi finanziati dai contributi in esame secondo i criteri di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, nonché la disposizione, introdotta alla Camera, che impegnava le province beneficiarie dei contributi destinati alla manutenzione delle scuole ad assicurare l'aggiornamento dell'Anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica.


 

Articolo 1, commi 892-895
(
Rimborso minor gettito TASI comuni)

 

 

I commi da 892 a 895, introdotti al Senato, attribuiscono ai comuni, per ciascuno degli anni dal 2019 al 2033, un contributo a ristoro del minor gettito ad essi derivante in conseguenza della sostituzione dell’IMU sull’abitazione principale con la TASI su tutti gli immobili.

Il contributo è assegnato nell’importo complessivo di 190 milioni annui, da destinare al finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale finalizzati alla manutenzione di strade, scuole ed altre strutture di proprietà comunale.

Il riparto avverrà tramite decreto del Ministro dell’interno, in proporzione alla ripartizione dei contributi già effettuata nei due anni precedenti.

Tali contributi dovranno essere monitorati attraverso il sistema di monitoraggio delle opere pubbliche.

 

La norma è finalizzata a confermare per gli anni dal 2019 al 2033 la concessione di un contributo, assegnato anche negli anni precedenti, finalizzato a ristorare i comuni interessati dalla perdita di gettito conseguente all’introduzione della TASI, ai sensi dell’articolo 1, comma 639, della legge n. 147/2013. Infatti, la sostituzione dell’IMU con la TASI presupponeva l’invarianza di gettito, in connessione con la possibilità per ciascuno dei comuni interessati di poter applicare un’aliquota TASI all’1 per mille su tutte le fattispecie imponibili. Tuttavia tale invarianza non era assicurata nei casi in cui le previgenti aliquote TASI non consentivano l’integrale applicazione dell’incremento a compensazione della perdita di gettito IMU sull’abitazione principale.

Di conseguenza, contributi destinati alla compensazione degli oneri derivanti dal passaggio al regime TASI sono stati concessi in favore dei comuni a partire dal 2014. Per tale anno, ai sensi dell’articolo 1, comma 731, della legge n. 147/2013 (come modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera d), del D.L. n. 16/2014[23]), il contributo è stato assegnato nell’importo di 625 milioni di euro, ripartito con il D.M. 6 novembre 2014.

Per il 2015, il contributo è stato concesso nell’importo di 530 milioni dall’ articolo 8, comma 10, del D.L. n. 78/2015 e ripartito con D.M. 22 ottobre 2015.

Per il 2016, il contributo è stato autorizzato dall’articolo 1, comma 20, della legge n. 208/2015, nell’importo di 390 milioni, e ripartito tra i comuni interessati con il D.M. 26 maggio 2016.

Per il 2017, il contributo compensativo è stata assegnato ai comuni nell’importo di 300 milioni con il D.P.C.M. 10 marzo 2017, in sede di ripartizione delle risorse del “Fondo per il finanziamento di interventi a favore degli Enti territoriali solo in termini di saldo netto da finanziare”, istituito dall’articolo 1, comma 433, della legge n. 232/2016 (legge di bilancio 2017). Per il 2018, la legge di bilancio per il 2018 ha confermato tale contributo (articolo 1, commi 870-871, legge n. 205/2017), nella misura di 300 milioni di euro.

 

Si ricorda, infine, che per la medesima finalità, nell’ambito del Fondo di solidarietà comunale, è costituito, dal 2016[24], un accantonamento di risorse, nell’importo massimo di 80 milioni di euro (ridotti a 66 milioni dall’art. 14 del D.L. n. 50/2017), destinato specificatamente ai comuni che necessitano di compensazioni degli introiti derivanti dalla TASI, ripartito in modo da garantire a ciascuno dei comuni interessati l'equivalente del gettito della TASI sull'abitazione principale stimato ad aliquota di base.

 

La disposizione determina, secondo la relazione tecnica, effetti finanziari negativi sui saldi di finanza pubblica per 190 milioni di euro annui dal 2019 al 2033.

 

Il decreto di riparto, del Ministero dell’interno, di concerto con il MEF, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, dovrà essere emanato entro il 20 gennaio 2019, e dovrà suddividere le risorse in proporzione al peso del contributo di ciascun ente nella tabella B allegata al D.P.C.M. 10 marzo 1997, che riporta la ripartizione del contributo di 300 milioni per il 2017.

Le spese finanziate con tali risorse devono essere liquidate o liquidabili per le finalità indicate (manutenzione di strade, scuole ed altre strutture di proprietà comunale), ai sensi del D.Lgs. n. 118/2011, entro il 31 dicembre di ogni anno.

Si ricorda che l’Allegato n. 4/2 al D.Lgs 118/2011[25], relativo al principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria, definisce al Punto 6 la liquidazione come “la fase del procedimento di spesa con la quale, in base ai documenti ed ai titoli atti a comprovare il diritto del creditore, si determina la somma da pagare nei limiti dell'ammontare dell'impegno definitivo assunto”.

 

I comuni beneficiari, inoltre, effettuano per tali investimenti il monitoraggio delle opere pubbliche attraverso il sistema previsto dal D.Lgs. n. 229/2011, classificando le opere sotto la voce “Contributo investimenti legge di bilancio 2019”.

Il D.Lgs. n. 229/2011 prevede che i soggetti attuatori di opere pubbliche inviino alla Banca Dati delle Amministrazioni Pubbliche (BDAP) del Ministero dell'Economia e delle Finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato (MEF) specifiche informazioni periodiche sullo stato di attuazione delle stesse.


 

Articolo 1, commi 897-900
(Utilizzo del risultato di amministrazione
per gli enti in disavanzo)

 

 

I commi introducono la facoltà per gli enti locali in disavanzo di utilizzare, pur con alcune limitazioni, il risultato di amministrazione.

 

 

Il comma 897, in particolare, dispone che è comunque consentita ? quindi anche agli enti in disavanzo oltre che a quelli in avanzo ? l’applicazione al bilancio di previsione della quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione per un importo non superiore a quello del risultato di amministrazione complessivo come risultante dal relativo prospetto (in particolare dalla lettera A)) al 31 dicembre dell'esercizio precedente[26].

Si specifica, inoltre, le disposizioni si applicano agli enti soggetti al decreto legislativo n. 118 del 2011 (in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi). È inoltre apportata una modifica di carattere formale.

 

La quota del risultato di amministrazione come sopra definita è applicata al bilancio di previsione al netto della quota minima obbligatoria accantonata per il fondo crediti di dubbia esigibilità e del fondo anticipazioni di liquidità. È quindi incrementata dell'importo del disavanzo da recuperare iscritto nel primo esercizio del bilancio di previsione.

 

Nelle more dell'approvazione del rendiconto dell'esercizio precedente, gli elementi da applicare si individuano con riferimento al prospetto riguardante il risultato di amministrazione presunto allegato al bilancio di previsione. In caso di esercizio provvisorio, si fa riferimento al prospetto di verifica del risultato di amministrazione effettuata sulla base dei dati di preconsuntivo di cui all'articolo 42, comma 9, del decreto legislativo n. 118 del 2011 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42) per le regioni e di cui all'articolo 187, comma 3-quater, del decreto legislativo n. 267 del 2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - TUEL) per gli enti locali.

 

Il comma introduce inoltre una sanzione per gli enti in ritardo nell’approvazione dei propri rendiconti, stabilendo che questi non possono beneficiare della facoltà concessa dal comma medesimo.

 

Il comma 898 disciplina il caso in cui l’importo riportato alla lettera A) del prospetto del risultato di amministrazione risulti negativo o inferiore alla quota minima obbligatoria accantonata per il fondo crediti di dubbia esigibilità e al fondo anticipazioni di liquidità. In tal caso gli enti possono applicare al bilancio di previsione la quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione per un importo non superiore a quello del disavanzo da recuperare iscritto nel primo esercizio del bilancio di previsione.

 

Il comma 899, nel confermare l'applicazione delle modalità di utilizzo delle quote accantonate e vincolate del risultato di amministrazione previste dai commi 897 e 898 alle regioni a statuto ordinario, dispone che queste ultime non dovranno operare la nettizzazione del fondo anticipazione di liquidità.

 

Il comma 900 dispone che per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano la misura di cui all’ultimo periodo del comma 897 si applica in caso di ritardo nell’approvazione del rendiconto da parte della Giunta per consentire la parifica delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti e che resta ferma l’applicazione al bilancio della quota accantonata del risultato di amministrazione prevista dall’articolo 1, commi 692 e seguenti, della legge n. 208 del 2015.

 


 

Articolo 1, comma 906
(Anticipazioni di tesoreria enti locali)

 

 

Il comma 906 dispone l’aumento del limite massimo di ricorso ad anticipazioni di tesoreria, da parte degli enti locali, da tre a cinque dodicesimi delle entrate correnti fino al 31 dicembre 2019, al fine di agevolare il rispetto dei tempi di pagamento nelle transazioni commerciali da parte degli enti locali.

 

Si segnala che tale limite risulta già fissato nella misura di cinque dodicesimi delle entrate correnti fino al 31 dicembre 2018, ai sensi dell’articolo 1, comma 618, della legge n. 205/2017 (legge di bilancio 2018).

 

Si ricorda che il limite – ordinariamente stabilito dall’articolo 222 del TUEL entro la misura massima dei tre dodicesimi delle entrate – è stato aumentato a cinque dodicesimi dall'art. 2, comma 3-bis, del D.L. n. 4/2014 al fine di agevolare il rispetto dei tempi di pagamento nelle transazioni commerciali da parte degli enti locali e poi annualmente prorogato fino, da ultimo, al 31 dicembre 2018.

Tali tempi, si ricorda, sono definiti dall’articolo 4 del D.Lgs. n. 231/2002, attuativo della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, in 30 giorni dalla data di ricevimento da parte del debitore della fattura, che può essere ampliato fino a 60 giorni nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione, quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto.

Con riferimento alla disciplina delle anticipazioni di tesoreria, si ricorda che l’articolo 222 del TUEL (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, e successive modificazioni) prevede che il tesoriere, su richiesta dell'ente corredata dalla deliberazione della giunta, conceda anticipazioni di tesoreria entro il limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente, afferenti ai primi tre titoli di entrata del bilancio.

Gli enti locali sono tenuti al pagamento degli interessi sulle anticipazioni di tesoreria, che decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme.

È fatto divieto ai suddetti enti di impegnare tali maggiori risorse per spese non obbligatorie per legge e risorse proprie per partecipazione ad eventi o manifestazioni culturali e sportive, sia nazionali che internazionali.


 

Articolo 1, comma 907
(Anticipazione di somme ai comuni in dissesto
per pagamenti in sofferenza)

 

 

Il comma 907, introdotto nel corso dell’esame al Senato, mira a favorire il ripristino dell'ordinata gestione di cassa del bilancio corrente dei comuni che abbiano dichiarato lo stato di dissesto finanziario attraverso l’anticipazione di somme da parte del Ministero dell’interno da destinare ai pagamenti in sofferenza di tali enti.

 

 In particolare, il primo periodo dispone, a favore dei comuni che nel secondo semestre 2016 abbiano dichiarato lo stato di dissesto finanziario di cui all'articolo 244 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico degli enti locali), la facoltà di chiedere al Ministero dell'interno un’anticipazione di somme da destinare ai pagamenti in sofferenza.

 

Parrebbe opportuna una riflessione in ordine alla ratio della previsione volta a circoscrivere la facoltà di chiedere l'anticipazione ai comuni che abbiano dichiarato lo stato di dissesto finanziario nel solo secondo semestre 2016.

 

Occorre che la richiesta al Ministero sia corredata da una motivazione e sia avanzata entro il 31 gennaio 2019.

 

Ai sensi del secondo periodo dell'emendamento in esame:

i)                   l'assegnazione delle somme richieste è effettuata entro il limite massimo complessivo di 20 milioni di euro e di 300 euro per abitante;

ii)                le somme corrisposte sono restituite in parti uguali, nei tre esercizi successivi, entro il 30 settembre di ciascun anno.

 

In caso di mancato versamento nei termini previsti, il terzo periodo dispone che l'Agenzia delle entrate provveda al recupero nei confronti del comune inadempiente all'atto del pagamento allo stesso dell'imposta municipale propria (IMU).

 All'agenzia delle entrate è dunque demandato il compito di procedere a forme di compensazione delle somme dovute dal comune inadempiente a valere sugli importi al medesimo spettanti a titolo di imposta municipale propria.

Si ricorda che l'IMU è disciplinata dall'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214). L'imposta si applica al possesso di fabbricati, escluse le abitazioni principali classificate nelle categorie catastali diverse da A/1, A/8 e A/9, di aree fabbricabili e di terreni agricoli ed è dovuta dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie), dal concessionario nel caso di concessione di aree demaniali e dal locatario in caso di leasing.

 

Quanto alla copertura finanziaria delle disposizioni in esame, il terzo periodo dispone che i relativi oneri siano a valere sulla dotazione del fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali, di cui all’articolo 243-ter del TUEL.

 

 


 

Articolo 1, comma 908
(Servizi di tesoreria dei piccoli comuni)

 

 

Il comma 908, introdotto durante l'esame al Senato, estende alle amministrazioni operanti nei piccoli comuni la facoltà, già concessa ai piccoli comuni stessi, di avvalersi della società Poste italiane Spa per la gestione dei servizi di tesoreria e di cassa.

 

 

L'articolo 9, comma 3, della legge n. 158 del 2017 (Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni) prevede che i piccoli comuni possono:

a)      stipulare convenzioni con le organizzazioni di categoria e con la società Poste italiane Spa, affinché i pagamenti in conto corrente postale, in particolare quelli concernenti le imposte comunali, i pagamenti dei vaglia postali nonché altre prestazioni possano essere effettuati presso gli esercizi commerciali di comuni o frazioni non serviti dal servizio postale, nel rispetto della disciplina riguardante i servizi di pagamento e delle disposizioni adottate in materia dalla Banca d'Italia;

b)      affidare la gestione dei servizi di tesoreria e di cassa alla società Poste italiane Spa.

 

 

Il comma 908, introdotto durante l'esame al Senato, estende alle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, operanti nei piccoli comuni, la facoltà di affidare in via diretta, ai sensi dell'articolo 40 (Interventi nel settore postale), comma 1, della legge n. 448 del 1998 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo), la gestione dei servizi di tesoreria e di cassa alla società Poste italiane Spa.

 

Le amministrazioni interessate sono (articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001) tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Articolo 1, comma 912
(Deroghe al Codice dei contratti pubblici per lavori di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea)

 

 

Il comma 912, introdotto dal Senato, introduce fino al 31 dicembre 2019 una deroga all’art. 36 del Codice dei contratti pubblici, che disciplina le procedure di affidamento dei contratti sotto soglia europea, al fine di elevare la soglia prevista per l’affidamento di lavori con procedura diretta fino a 150.000 euro, e applicare la procedura negoziata, previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici, per lavori da 150.000 euro fino a 350.000 euro. 

 

Il comma 912 introduce una deroga all’art 36, comma 2 del Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. n. 50/2016), che disciplina tra l’altro l'applicazione di procedure semplificate, ivi compreso l'affidamento diretto, per i contratti di lavori di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea (c.d. contratti sottosoglia).

In sintesi, il Codice dei contratti pubblici disciplina attualmente gli affidamenti di lavori:

§  per importi inferiori a 40.000 euro, mediante procedura diretta, anche senza previa consultazione di due o più operatori economici (art. 36, comma 2, lett. a);

§  per importi da 40.000 euro e fino a 150.000 euro, mediante procedura negoziata, previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici (art. 36, comma 2, lett. b);

§  per i lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 1.000.000 di euro, mediante procedura negoziata con consultazione di almeno quindici operatori economici, ove esistenti (art. 36, comma 2, lett. c).

 

Per effetto della deroga introdotta dalla disposizione in esame, le stazioni appaltanti possono procedere all’affidamento di lavori:

§  di importo pari o superiore a 40.000 e inferiore a 150.000 mediante affidamento diretto previa consultazione, ove esistenti, di 3 operatori economici;

§  di importo pari o superiore a 150.000 e inferiore a 350.000, mediante procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici.

 

La disposizione in esame specifica che le suddette deroghe, introdotte nelle more di una complessiva revisione del Codice dei contratti pubblici, sono valide fino al 31 dicembre 2019.

 


 

Articolo 1, comma 918
(Risorse per il Ponte San Michele)

 

 

Il comma 918, introdotto dal Senato, prevede uno stanziamento 1,5 milioni di euro per il 2019, in favore della Regione Lombardia, per interventi relativi alla viabilità del Ponte San Michele tra Calusco e Paderno d’Adda.

 

La norma in esame specifica che lo stanziamento di 1,5 milioni di euro, previsto a favore della regione Lombardia, è volto alla realizzazione delle opere necessarie per consentire il rapido ripristino del Ponte San Michele tra Calusco e Paderno d’Adda, e per offrire un sostegno ai servizi di trasporto pubblico locale, nelle more della riapertura della suddetta infrastruttura.

Si rammenta che l’art. 16-bis del D.L. n. 109/2018 ha previsto tra l’altro interventi di manutenzione straordinaria del ponte ferroviario e stradale “San Michele sull'Adda” di Paderno D'Adda, attraverso l’applicazione di disposizioni che prevedono: la nomina dell'Amministratore Delegato di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A., a Commissario per la realizzazione delle opere e la sua competenza all'approvazione dei relativi progetti; la dichiarazione di indifferibilità, di urgenza e di pubblica utilità per gli interventi da praticarsi sull'area di sedime nonché per quelli strettamente connessi alla realizzazione dell'opera; la possibilità per il Commissario di avvalersi dell’l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa; la realizzazione delle opere relative a queste tratte ferroviarie a valere sulle risorse previste nell'ambito del Contratto di programma stipulato tra RFI e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; e l’autorizzazione al Commissario, al fine di non incorrere nelle limitazioni del patto di stabilità interno, a richiedere i trasferimenti di cassa, in via prioritaria, a valere sulle risorse di competenza nazionale e, in via successiva, sulle risorse di competenza regionale, che insieme concorrono a determinare la copertura finanziaria dell'opera.

In proposito nella interrogazione a risposta orale 3/00240 il Governo ha dichiarato, in merito alle alternative temporanee per la viabilità, che “il rappresentante di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) ha manifestato la disponibilità a realizzare un ponte componibile, che, alla luce degli approfondimenti svolti, sopporterebbe il carico di 10 mila veicoli leggeri” e che tale ponte “potrebbe essere costruito in dieci mesi e avrebbe un costo di circa 1,5 milioni di euro”.


 

Articolo 1, comma 921
(Fondo di solidarietà comunale)

 

 

Il comma 921, introdotto al Senato, conferma, per l’anno 2019, la ripartizione del Fondo di solidarietà comunale, sulla base degli importi indicati nel D.P.C.M. di riparto delle risorse spettanti per l’anno 2018, in deroga agli ordinari criteri di riparto del Fondo.

Restano confermate anche le modalità di erogazione degli importi da parte del Ministero dell’interno e le modalità di recupero degli importi dovuti a titolo di alimentazione del Fondo da parte dell’Agenzia delle entrate.

 

Si ricorda che il Fondo di solidarietà comunale è stato istituito – in sostituzione del Fondo sperimentale di riequilibrio comunale previsto dal D.Lgs. n. 23/2013 di attuazione del federalismo municipale - dall’articolo 1, comma 380, della legge di stabilità per il 2013 (legge n. 228/2012) in ragione della nuova disciplina dell’imposta municipale propria (IMU), introdotta dalla legge medesima, che ha attribuito ai comuni l’intero gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato. La dotazione annuale del Fondo, definita per legge, è in parte assicurata attraverso una quota dell'imposta municipale propria (IMU), di spettanza dei comuni, che in esso confluisce annualmente.

Nel disegno di legge di bilancio per il 2019, il Fondo - istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno (cap. 1365) – presenta una dotazione pari a 6.458.8 milioni per gli anni 2019, 2020 e 2021.

 

La norma in esame dispone che, per l’anno 2019, il Fondo di solidarietà comunale sia ripartito sulla base degli importi indicati per ciascun ente negli allegati[27] al D.P.C.M. 7 marzo 2018, che ha ripartito le risorse spettanti per l'anno 2018, fatte salve le operazioni aritmetiche relative ai nuovi comuni risultanti da procedure di fusione.

Tale conferma degli importi avviene in deroga ai criteri definiti dall’articolo 1, comma 449, lettere da a) a d), della legge di bilancio per il 2017 (legge n. 232/2016).

 

Il citato comma 449 indica i criteri di ripartizione del Fondo di solidarietà, confermando sostanzialmente quelli attualmente vigenti. In particolare, il comma prevede che il Fondo sia ripartito:

a) per 3.767,45 milioni di euro tra i comuni interessati sulla base del gettito effettivo IMU e TASI relativo all'anno 2015, come derivante dall’applicazione del nuovo sistema di esenzione introdotto dalla legge di stabilità per il 2016[28].

b) nell’importo massimo di 80 milioni di euro, tra i comuni per i quali il riparto dell'importo incrementale di cui sopra non assicura il ristoro[29] di un importo equivalente al gettito della TASI sull'abitazione principale stimato ad aliquota di base.

c) per 1.885,6 milioni ai comuni delle Regioni a statuto ordinario, dei quali quota parte da distribuirsi secondo logiche di tipo perequativo, sulla base della differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard, come approvati dalla Commissione tecnica per i fabbisogni standard entro il 30 settembre dell'anno precedente. La norma prevede un aumento progressivo negli anni della percentuale di risorse da distribuire con i criteri perequativi (il 40 per cento per l'anno 2017 ,  55 per cento per l'anno 2018, 70 per cento per l'anno 2019, 85 per cento per l'anno 2020 e 100 per cento a decorrere dall'anno 2021).

d) per 464,1 milioni ai comuni delle Regioni Siciliana e Sardegna. Tale importo è ripartito assicurando a ciascun comune una somma pari all’ammontare algebrico del medesimo fondo di solidarietà comunale dell’anno precedente, eventualmente rettificato, variata in misura corrispondente alla variazione del fondo di solidarietà comunale complessivo.

 

Rimangono confermate le modalità:

§  di erogazione degli importi da parte del Ministero dell’interno;

§  di recupero degli importi dovuti a titolo di alimentazione del Fondo da parte dell’Agenzia delle entrate.

 

Resta confermato anche l’accantonamento di 15 milioni di euro fissato dal D.P.C.M. 7 marzo 2018 (articolo 7), destinato a eventuali conguagli ai singoli comuni derivanti da rettifiche dei valori ai fini del riparto delle somme. Tale accantonamento è prioritariamente destinato alla compensazione del mancato recupero a carico del comune di Sappada delle somme di cui agli allegati 1 e 2 del citato D.P.C.M..

Le assegnazioni sono disposte con uno o più decreti del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali.


 

Articolo 1, comma 931
(Fondi per la metropolitana di Roma)

 

 

L’articolo 1, comma 931 autorizza la spesa di 55 milioni di euro per l’anno 2019, di 65 milioni di euro per l’anno 2020 e di 25 milioni di euro per l’anno 2021 per la revisione progettuale del completamento della Linea C della metropolitana di Roma e per l’acquisto di materiale rotabile relativo alla linea medesima, nonché per interventi di manutenzione straordinaria per le linee A e B della metropolitana di Roma.

 

Il tracciato della Linea C è lungo complessivamente 42 km e comprende 42 stazioni. Il tracciato fondamentale si articola in 6 tratte: - T2: Clodio/Mazzini–Fori Imperiali/Colosseo; - T3: Fori Imperiali/Colosseo-San Giovanni; - T4: San Giovanni-Malatesta; - T5: Malatesta-Teano-Alessandrino; - T6A: Alessandrino-Bivio Torrenova; - T7: Bivio Torrenova-Pantano e deposito Graniti.

Nell’Allegato Infrastrutture al DEF 2017, appendice 1 – Programmi di interventi - Programma città metropolitana di Roma, tra gli interventi della categoria “Completamento delle linee ferroviarie, metropolitane e tranviarie in esecuzione”, è inserito l’intervento “Metro C: completamento realizzazione in corso fino a Colosseo con integrazione delle opere in corso per recepire prescrizione MIT - incremento di materiale rotabile”, classificato “invariante”, con la nota “Presente nelle 25 Opere del PIS (ALL.INF. DEF 2015)”. E’ altresì inserito, tra gli interventi della categoria “Estensione della rete di trasporto rapido di massa”, l’intervento “Metro C: project review per tratta Colosseo - Clodio Mazzini”, classificato “project review”.

La Regione Lazio, con DGR n. 48 del 6 febbraio 2018, ha approvato lo schema del 3° atto aggiuntivo all’Accordo procedimentale del 29 maggio 2002 relativo alla linea C della metropolitana di Roma, nel quale sono previste la ricognizione degli impegni assunti nel tempo e la definizione dei nuovi impegni di contribuzione dei soggetti finanziatori; sono disciplinate le modalità di erogazione dei contributi; è definito il programma di completamento dei lavori e delle attività per la messa in esercizio della linea C fino a Colosseo/Fori Imperiali. Nel documento si riporta, tra l’altro, che la spesa complessiva per la realizzazione delle tratte del tracciato fondamentale da T3 a T7, compreso il Deposito-Officina di Graniti, ed escluse le opere della tratta T2, per le quali non è ancora stato definito ed approvato il progetto definitivo, risulta ridefinita in 3.019,545 milioni di euro e che il quadro della copertura finanziaria è così determinato: 1.907,0 milioni (il 63,2%) a carico dello Stato; 257,2 milioni (l’8,5%) a carico della Regione; 855,3 milioni (il 28,3%) a carico del Comune.

Nell’Allegato Infrastrutture al DEF 2018, capitolo IV. Lo stato di attuazione degli interventi programmati, paragrafo IV, sistemi di trasporto rapido di massa per le aree metropolitane, tabella Programma città metropolitana di Roma - Interventi invarianti, sono inseriti: tra gli interventi della categoria “Completamento delle linee ferroviarie, metropolitane e tranviarie in esecuzione”, l’intervento “Metro C: realizzazione tratta T3 con integrazione delle opere in corso per recepire prescrizione MIT - incremento di materiale rotabile”, con un costo di 1.136,26 milioni; tra gli interventi della categoria “Rinnovo e miglioramento del parco veicolare”, l’intervento “Metro C – incremento di materiale rotabile (4 treni)” con un costo di 36,40 milioni di euro.

Nella Tabella “Programma città metropolitana di Roma - Interventi da sottoporre a project review”, tra gli interventi della categoria “Estensione della rete di trasporto rapido di massa” indentificati dall’id 4, è invece inserito l’intervento “Metro C - tratta Colosseo - Clodio Mazzini”, con obiettivi della project review “revisione e ottimizzazione tracciato”.

Il CIPE, con delibera n. 35 del 26 aprile 2018, ha autorizzato il cambio del soggetto aggiudicatore da Roma Metropolitana Srl a Parco archeologico del Colosseo per le opere della tratta T3 relative alla messa in sicurezza dell’Attico del Colosseo, per circa 3 milioni di euro, su richiesta del MIBACT per garantire la tempestività degli interventi di messa in sicurezza dell’Attico del Colosseo.

Il CIPE, con delibera n. 36 del 26 aprile 2018, ha approvato varianti alla Tratta T3 “San Giovanni-Colosseo/Fori Imperiali” e autorizzato l’utilizzo dei finanziamenti in modo che l'erogazione dei contributi sia commisurata, in relazione all'avanzamento dei lavori, alle quote percentuali di contribuzione fra gli enti finanziatori applicate all'importo complessivo della spesa di cui al Quadro Economico, superando le suddivisioni finanziarie tra le diverse tratte definite nelle precedenti delibere del CIPE riguardanti la linea C di Roma.

Dalla rilevazione dell’ANAC sullo stato di attuazione delle infrastrutture strategiche e prioritarie, che si basa sui dati comunicati dal RUP al 31 maggio 2018, risulta che in relazione alle criticità determinatesi in fase di realizzazione dell’opera (sospensione delle attività da parte del CG con nota 8596 del 17 dicembre 2015), il MIT d’intesa con il Sub-Commissario di Roma Capitale ha convocato gli Enti finanziatori ed il soggetto attuatore ad una riunione finalizzata all’istituzione di un Tavolo Tecnico di coordinamento tra le istituzioni competenti, con la finalità di dare soluzione alle suddette criticità.

Il Tavolo Tecnico nelle varie riunioni ha convenuto innanzitutto di accertare la situazione dei pagamenti nei confronti del Contraente Generale e di verificare l’immediata disponibilità dei fondi ai fini della loro erogazione per i pagamenti dei contratti in essere che riguardano i progetti definitivi approvati per le tratte T3, T4-5, T6, T7 e deposito Graniti, e le attività propedeutiche della tratta T2.

Il quadro economico, come elaborato da Roma Metropolitane nella nota prot. 578 del 27 gennaio 2016, risulta ridefinito in 3.019,545 milioni di euro. Riguardo all’avanzamento realizzativo dell’intera opera, risultano in corso i lavori, con un avanzamento del 62,59%.


 

Articolo 1, commi 933-936
(Ripristino straordinario della piattaforma stradale
della grande viabilità di Roma)

 

 

Il comma 933 assegna a Roma Capitale una dotazione finanziaria pari a 40 milioni di euro per l'anno 2019 e a 20 milioni di euro per l'anno 2020 per interventi di ripristino straordinario della piattaforma stradale della grande viabilità.

 

In relazione ai predetti interventi Roma Capitale può avvalersi, nei casi emergenziali, del concorso del Ministero della Difesa.

 

Al riguardo, si ricorda che nell’ambito della Difesa il genio militare è una delle specialità delle forze armate, il cui compito è la realizzazione, manutenzione ordinaria e straordinaria di infrastrutture ed opere di supporto all'attività di combattimento. Il genio militare si suddivide in arma del genio e corpo degli ingegneri per l'esercito, genio navale per la marina militare, e genio aeronautico per l'aeronautica militare.

 

Nei casi di concorso della Difesa nelle attività di ripristino si prevede (comma 935) che Roma Capitale ristori i relativi oneri secondo le modalità previste dall’articolo 44-ter, comma 1, della legge n. 196 del 2009,  nell’ambito delle risorse stanziate dal comma 933.

 

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 44-ter della legge n. 196 del 2009 ha disposto la progressiva eliminazione delle gestioni contabili operanti a valere sulle contabilità speciali o sui conti correnti di tesoreria. In particolare, si attribuisce alle amministrazioni centrali la facoltà di gestire in forma diretta, anziché tramite funzionari delegati, le gestioni operanti su contabilità speciali o conti di tesoreria da ricondurre al regime di contabilità ordinaria. Si specifica, inoltre, che gli introiti delle gestioni interessate provenienti da amministrazioni pubbliche, enti, organismi pubblici e privati e dall'Unione europea sono versati all'entrata del bilancio dello Stato e quindi riassegnati agli stati di previsione dei Ministeri interessati.

 

A sua volta il successivo comma 934 autorizzata la spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 202l, per l'acquisto di mezzi strumentali al ripristino delle piattaforme stradali.

 

In relazione alla disposizione in esame la relazione tecnica del Governo precisa che tali risorse sono iscritte nello stato di previsione del Ministero della Difesa.

 

Il comma 936 prevede, a copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni in esame, la riduzione di 40 milioni di euro per l'anno 2019 e 20 milioni di euro per l'anno 2020 del fondo derivante dal riaccertamento dei residui passivi di cui all’art. 49, comma 2, lett. a) del D.L. n. 66/2014, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'Economia e delle Finanze.


 

Articolo 1, commi 937, 938 e 952
(Disposizioni per il finanziamento degli investimenti regionali)

 

 

I commi 937, 936 e 952 apportano modifiche all’ordinamento contabile delle regioni al fine di favorire gli investimenti pubblici. Le norme stabilite dai commi 937 e 938 consentono alle regioni di finanziare gli investimenti con debiti da contrarre solo per far fronte ad effettive esigenze di cassa; il comma 952 consente alle regioni, nel caso di maggiori entrate tributarie che non rendono necessario il ricorso al debito previsto in bilancio per finanziare gli investimenti, di modificare la distribuzione delle coperture al fine di non contrarre il debito.

Il comma 937 è stato modificato nel corso dell'esame presso il Senato.

 

I commi 937, 936 e 952 apportano modifiche all’ordinamento contabile delle regioni, disciplinato dal decreto legislativo 118 del 2011, al fine di favorire gli investimenti pubblici.

 

Il decreto legislativo n. 118/2011 (come modificato e integrato dal D.Lgs. n. 126/2014), disciplina l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro enti ed organismi strumentali. In particolare il Titolo I (articoli da 1 a 18-bis) contiene i principi contabili generali e applicati per le regioni, le province autonome e gli enti locali, mentre il Titolo III, interamente aggiunto dal D.Lgs. 126/2014 (articoli da 36 a 73), disciplina specificamente l’ordinamento finanziario e contabile delle regioni.

 

Il comma 937 introduce all’articolo 40, ove è prevista la disciplina l’equilibrio di bilancio, il comma 2-bis. La norma introdotta stabilisce che, a decorrere dal 2018, le regioni possono autorizzare spese di investimento finanziate da debito da contrarre solo per far fronte ad effettive esigenze di cassa.

L’eventuale disavanzo di amministrazione per la mancata contrazione del debito può essere coperto nell’esercizio successivo con il ricorso al debito da contrarre, anche in questo caso, solo per far fronte ad effettive esigenze di cassa.

Viene espressamente previsto che resta fermo quanto stabilito al comma 2 dell’articolo 40, del decreto legislativo n.118/2011.

 

Tale disposizione, in riferimento al solo esercizio 2015, stabilisce che a decorrere dal 2016 il disavanzo di amministrazione derivante dal debito autorizzato e non contratto per finanziare spesa di investimento (risultante dal rendiconto 2015), può essere coperto con il ricorso al debito, il quale può essere contratto solo per far fronte ad effettive esigenze di cassa.

Al riguardo si ricorda che a partire dall’esercizio 2016, le nuove regole introdotte dal D.Lgs. 126/2014 non consentivano più di coprire le spese di investimento con i mutui autorizzati dalla legge di bilancio ma non ancora perfezionati (debiti autorizzati e non contratti), possibilità prevista, invece, dalla precedente disciplina contabile delle regioni dettata dal D.Lgs. 76/2000.

 

La possibilità di autorizzare spese di investimento finanziate da debito da contrarre è subordinata alla condizione che le regioni abbiano registrato nell'ultimo anno (e non nell’ultimo triennio come previsto nel testo del disegno di legge licenziato in prima lettura dalla Camera dei deputati) valori degli indicatori di tempestività dei pagamenti per l’acquisto di beni e servizi in linea con quanto stabilito dal DPCM 22 settembre 2014. I tempi di pagamento devono inoltre rientrare nei termini stabiliti dall’articolo 4 del D.Lgs. 231/2002.

 

Il D.P.C.M. 22 settembre 2014 definisce (agli articoli 9 e 10) le modalità di calcolo e della pubblicazione su internet dell'indicatore annuale di tempestività dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni per l’acquisto di beni e servizi.

Il D.Lgs. n. 231/2002 emanato in attuazione della direttiva 2000/35/CE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, all’articolo 4 stabilisce il termine massimo dei pagamenti per ciascuna tipologia di transazione.

 

Il comma 938, al fine di mantenere comunque il collegamento tra l’investimento e il debito autorizzato e non contratto, obbliga le regioni ad inserire nella Relazione sulla gestione allegata al rendiconto le informazioni relative alle spese di investimento finanziate da debiti autorizzati e non contratti.

L’articolo 11 del D.L.gs. 118/2011, disciplina gli schemi di bilancio e, al comma 6, elenca le informazioni necessarie che gli enti sono tenuti ad inserire nella Relazione sulla gestione allegata al rendiconto. La norma in esame aggiunge, solo per le regioni, due ulteriori contenuti:

§  l’elenco degli impegni per spese di investimento di competenza dell’esercizio finanziati col ricorso al debito non contratto (lettera d-bis);

§  l’elenco degli impegni per spese di investimento che hanno determinato il disavanzo da debito autorizzato e non contratto alla fine dell’anno, distinti per anno di formazione (lettera d-ter).

 

Il comma 952 consente alle regioni di apportare le variazioni, in via amministrativa, al bilancio di previsione al fine di non contrarre il debito iscritto in bilancio per finanziare investimenti, nel caso in cui abbiano accertato maggiori entrate, che non rendano più necessario il ricorso al debito.

A tal fine la norma apporta modifiche all’articolo 51 del D.Lgs. 118/2011 che disciplina le modalità di variazione del bilancio di previsione, del documento tecnico di accompagnamento e del bilancio gestionale.

In particolare il comma 2 dell’articolo 51, elenca le variazioni del documento tecnico di accompagnamento e le variazioni del bilancio di previsione che, nel corso dell’esercizio, la giunta regionale può autorizzare con provvedimento amministrativo. La lettera a) della norma in esame inserisce in questo elenco un’altra tipologia di variazione consentita. Secondo quanto stabilito dalla nuova lettera g-bis), la giunta può autorizzare le variazioni necessarie a destinare alla copertura degli investimenti, anziché il debito da contrarre, le maggiori – rispetto a quanto già previsto in bilancio – entrate tributarie ed extratributarie accertate.

Tale facoltà è concessa alle sole regioni che siano in regola con i pagamenti.

Si registra una tendenziale simmetria fra le disposizioni di cui al comma 937 e quelle di cui al comma 952. La condizione di essere in regola con i pagamenti è richiesta infatti in entrambe le norme: nel comma 937 in relazione alla possibilità di finanziare spese di investimento con debiti autorizzati e non contratti; nel comma 952 in relazione alla possibilità di apportare le conseguenti variazioni al bilancio nel caso di maggiori accertamenti di entrate che consentano di non contrarre il debito.

Si rileva tuttavia una differenza poiché al comma 952 vi è un esplicito riferimento - assente al comma 937 - alla circostanza che non devono essere considerati i pagamenti effettuati mediante l’utilizzo delle anticipazioni di liquidità o degli spazi finanziari ottenuti dal Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili, secondo la disciplina dettata dall’art. 32, comma 2 del decreto legge 66/2014 e dall’articolo 1, commi 1 e 10 del decreto legge 35/2013.

Le esclusioni nel calcolo dei tempi medi di pagamento sono stabilite nell’ultimo periodo del comma 2, articolo 41, del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66 (convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89); periodo inserito dall’articolo 4, comma 4 del decreto legge 19 giugno 2015, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125) citato nella norma in esame.

 

 

La lettera b) del comma 952, infine, attribuisce al responsabile finanziario la competenza di modificare l’elenco delle coperture degli investimenti, nella nota integrativa al bilancio. A tal fine modifica il comma 4 del citato articolo 51 che disciplina casi e modalità di variazione del bilancio gestionale.

Il periodo inserito alla fine del comma 4, stabilisce che il responsabile finanziario della regione, nella nota integrativa allegata al bilancio di previsione, può variare l'elenco degli interventi programmati per spese di investimento finanziati col ricorso al debito e con le risorse disponibili, al solo fine di modificare la distribuzione delle coperture finanziarie tra gli interventi già programmati per spese di investimento.

L’articolo 11 del D.Lgs. 118/2011 definisce tipologia e contenuto degli schemi di bilancio. Il comma 5 contiene l’elenco dei contenuti della ‘nota integrativa allegata al bilancio di previsione’ tra cui alla lettera d), l'elenco degli interventi programmati per spese di investimento finanziati col ricorso al debito e con le risorse disponibili.

In sostanza le variazioni possono essere solo compensative, nell’ambito dell’elenco già approvato delle spese per investimenti.

 

 


 

Articolo 1, comma 939
(Disposizioni per agevolare la riduzione del debito delle regioni

 

 

Il comma 939, introdotto al Senato, reca disposizioni per la riduzione del debito delle regioni, autorizzando lo svincolo di destinazione delle somme ad esse spettanti dallo Stato per gli anni 2019 e 2020. Le risorse svincolate sono destinate dalle regioni alla riduzione del debito e agli investimenti.

 

 

Il comma 939 dispone, al fine di favorire la riduzione del debito, per le regioni che effettuano operazioni di estinzione anticipata, per gli anni 2019 e 2020, l’autorizzazione allo svincolo di destinazione delle somme spettanti alle regioni dallo Stato, nel limite delle stesse operazioni di estinzione anticipata, purché non esistano obbligazioni sottostanti già contratte ovvero purché le suddette somme non siano relative ai livelli essenziali delle prestazioni, per le quali rimane l'obbligo a carico della regione di farvi fronte.

Le risorse svincolate sono destinate dalle regioni alla riduzione del debito e agli investimenti.

 

A tal fine il comma novella l’articolo 6-bis, del decreto legge 20 giugno 2017, n. 91.


 

Articolo 1, comma 951
(Commissari per il completamento del Piano nazionale per le città)

 

 

Il comma 951, introdotto nel corso dell’esame al Senato, detta disposizioni finalizzate al completamento degli interventi del Piano nazionale per le città (previsto dall’art. 12 del D.L. 83/2012). A tal fine viene prevista e disciplinata, in caso di inerzia realizzativa, sentito il comune interessato, la nomina di Commissari (con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti), con oneri a carico delle risorse destinate dal Piano al medesimo comune (nuovo comma 4-bis dell’art. 12 del D.L. 83/2012).

 

Nomina del Commissario

La nomina del Commissario, finalizzata a garantire l’attuazione o il completamento degli interventi già finanziati dal Piano, avviene, in caso di inerzia realizzativa:

- sentito il comune interessato;

- con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Soggetti che possono essere nominati commissario

I commissari sono individuati tra i dirigenti di livello dirigenziale generale del Dipartimento per le infrastrutture, i sistemi informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT).

Nel caso di accertata impossibilità dei predetti dirigenti la nomina a commissario può avvenire tra soggetti qualificati con comprovata esperienza nel settore del finanziamento di opere infrastrutturali.

Compensi dei commissari e copertura degli oneri

La nomina dei commissari avviene senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

La norma in esame dispone infatti che gli oneri per i compensi dei commissari, determinati con apposito decreto ministeriale (adottato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze), sono posti a carico delle risorse destinate al Comune per gli interventi finanziati nel contratto di valorizzazione urbana (v. infra) e per i quali è stato nominato il commissario.


 

 

Il Piano nazionale per le città

L’articolo 12 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, ha introdotto disposizioni per la riqualificazione di aree urbane, con particolare riguardo a quelle degradate, attraverso un strumento operativo denominato “Piano nazionale per le città” affidato alla gestione di una apposita Cabina di regia (istituita, in attuazione del medesimo articolo, con il D.M. Infrastrutture 3 agosto 2012).

Ai sensi dei commi 1 e 2 del citato articolo, i Comuni hanno inoltrato alla Cabina di regia proposte di contratti di valorizzazione urbana.

Per l’attuazione degli interventi del Piano è stato istituito, ai sensi del comma 5 dell’articolo in questione, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), un apposito “Fondo per l‘attuazione del Piano nazionale per le città” nel quale sono confluite le risorse, non utilizzate o provenienti da revoche, relativamente ad alcuni programmi in materia di edilizia residenziale di competenza del MIT, ammontanti complessivamente a 224 milioni di euro.

In seguito alla selezione delle proposte, operata dalla Cabina di regia, il MIT ha emanato il decreto dipartimentale 8 febbraio 2013, n. 1105, con cui sono state assegnate le risorse del fondo citato nonché ulteriori 94 milioni di euro derivanti dalle risorse destinate dal Ministero per la coesione territoriale alle “Zone Franche Urbane”.

L’art. 9, comma 3-bis, del D.L. 69/2013 ha previsto la possibilità di rifinanziare il Piano nazionale per le città con i fondi strutturali europei 2007-2013 non utilizzati.

L’art. 1, comma 601, della legge n. 232/2016 (legge di bilancio 2017) ha incrementato la dotazione finanziaria del Fondo per l'attuazione del piano nazionale per le città, di 7 milioni di euro per l'anno 2017.

In uno studio dell’IFEL (Fondazione Anci) diffuso nell’estate del 2016 è stato sottolineato che “nell’84% dei casi esaminati, gli interventi non risultano ancora conclusi”.

Nella nota integrativa al Rendiconto generale dello Stato per l’anno 2017 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, redatta dalla Ragioneria Generale dello Stato, si legge che “per l attuazione degli interventi del Piano nazionale per le città, a seguito dello stato di avanzamento delle opere oggetto del Programma, nel corso del 2017, sono stati effettuati pagamenti per un totale di euro 58.906.973,73 a favore delle città”.


 

Articolo 1, commi 954-957
(Incentivi per impianti di biogas realizzati da imprenditori agricoli)

 

 

I commi 954-957 prevedono che, fino al riordino della materia, gli impianti di biogas fino a 300 KW, realizzati da imprenditori agricoli, anche in forma consortile, alimentati con sottoprodotti provenienti da attività di allevamento e della gestione del verde, continuino ad accedere agli incentivi previsti per l'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico, ai sensi del decreto ministeriale 23 giugno 2016, nel limite di un costo medio annuo pari a 25 milioni di euro.

 

In particolare, il comma 954 prevede che fino alla data di pubblicazione del decreto di incentivazione, attuativo dell’articolo 24, comma 5, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, riferito all’anno 2019 e successive annualità, gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati a biogas, con potenza elettrica non superiore a 300 kW e facenti parte del ciclo produttivo di una impresa agricola, di allevamento, realizzati da imprenditori agricoli anche in forma consortile e la cui alimentazione deriva per almeno l’ottanta per cento da reflui e materie derivanti dalle aziende agricole realizzatrici e per il restante venti per cento da loro colture di secondo raccolto, continuano ad accedere agli incentivi secondo le procedure, le modalità e le tariffe di cui al decreto ministeriale 23 giugno 2016 recante “incentivazione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili diverse dal fotovoltaico”, pubblicato in G.U. n. 150 del 29 giugno 2016. L’accesso agli incentivi è condizionato all’autoconsumo in sito dell’energia termica prodotta, a servizio dei processi aziendali.

 

Si ricorda che l’articolo 24 del D.Lgs. 03/03/2011, n. 28 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), prevede i criteri generali ed i meccanismi di incentivazione alla produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2012.

In particolare, il comma 5 demanda la concreta definizione delle modalità per l'attuazione dei citati sistemi di incentivazione fonti secondarie: decreti del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e, per i profili di competenza, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentite l'Autorità per l'energia elettrica e il gas e la Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

 

Per accedere agli incentivi, relativi al D.M. 23/06/2016, sono previste tre diverse modalità, a seconda della potenza dell’impianto e della categoria di intervento:

1) Accesso diretto

Gli impianti di piccola taglia - nuovi od oggetto di interventi di ricostruzione, riattivazione, potenziamento o rifacimento - possono presentare domanda a seguito dell’entrata in esercizio (modalità non più disponibile a seguito del superamento del termine del 31 dicembre 2017).

2) Iscrizione ai Registri

Gli impianti di media taglia - nuovi od oggetto di interventi di ricostruzione, riattivazione, potenziamento o rifacimento - devono essere iscritti ai Registri per l'assegnazione del contingente di potenza disponibile e, se rientrati in posizione utile, possono presentare domanda dopo aver realizzato l'impianto.

3) Aggiudicazione delle procedure competitive di Aste al ribasso

Gli impianti di grande taglia - nuovi od oggetto di interventi di ricostruzione, riattivazione, potenziamento - devono partecipare alle procedure di Aste al ribasso per l’assegnazione del contingente di potenza disponibile e, se rientrati in posizione utile, possono presentare domanda dopo aver realizzato l’impianto.

In caso di interventi di potenziamento, per determinare la modalità di accesso agli incentivi, la potenza da considerare corrisponde all’incremento di potenza a seguito dell’intervento.

 

 

Il comma 955 prevede che, ferma restando la modalità di accesso diretto, l’ammissione agli incentivi è riconosciuta agli impianti tenuti all’iscrizione a registro nel limite di un costo annuo di 25 milioni di euro calcolato dal GSE secondo le modalità indicate dal citato decreto ministeriale del 23 giugno 2016. Il primo bando è pubblicato entro il 31 marzo 2019.

Il comma 956 indica criteri di priorità in base ai quali il GSE forma e pubblica la graduatoria delle domande iscritte a registro.

Il comma 561-quinquies prevede che le disposizioni in esame cessino di applicarsi alla data di pubblicazione del decreto di incentivazione di cui al comma 954, salvo che nelle seguenti ipotesi:

a) agli impianti ad accesso diretto che entrano in esercizio entro 45 giorni dalla data di pubblicazione del predetto decreto;

b) agli impianti iscritti in graduatoria in posizione utile;

c) agli impianti che partecipano alle procedure indette ai sensi dela disciplina in esame prima della data di pubblicazione del predetto decreto.

 

Come evidenziato nella relazione tecnica, “posto che l’onere che discende dalla norma è ristorato dalla componente A3 della bolletta elettrica a carico degli utilizzatori finali, la disposizione non comporta effetti negativi per la finanza pubblica”.


 

Articolo 1, commi 965-967
(Riduzione dei costi della politica nelle regioni e nelle province autonome)

 

 

I commi dal 965 al 967, nel testo conseguente alle modifiche introdotte nel corso dell'esame in seconda lettura, intervengono sulla disciplina dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi in essere in favore di coloro che abbiano rivestito la carica di presidente della regione, di consigliere regionale o di assessore regionale. I trattamenti previdenziali devono essere ridefiniti sulla base di criteri e parametri definiti in sede di Conferenza Stato-regioni o, in assenza, sulla base del metodo di calcolo contributivo.

Qualora gli enti territoriali non provvedano entro i termini previsti, si procede alla decurtazione di taluni trasferimenti statali destinati ai medesimi.

 

 

Il comma 965 stabilisce che, ai fini del coordinamento della finanza pubblica e del contenimento della spesa pubblica, a decorrere dal 2019, le regioni e le province autonome siano tenute a rideterminare la disciplina dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi già in essere in essere, nei confronti di coloro che abbiano rivestito le predette cariche, secondo quanto disposto dal comma 966.

I termini temporali per la rideterminazione dei trattamenti, da effettuare con le modalità previste dai propri ordinamenti, sono i seguenti:

§  entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge (quindi il termine è il 1° maggio 2019);

§  entro sei mesi dalla medesima data (cioè il 1° luglio 2019), qualora occorra procedere a modifiche statutarie.

 

Qualora i predetti enti non provvedano entro i termini previsti si applica una sanzione, consistente nella mancata erogazione di una quota pari al 20 per cento dei trasferimenti erariali al netto di quelli destinati ad alcuni settori:

§  Servizio sanitario nazionale;

§  politiche sociali e per le non autosufficienze;

§  trasporto pubblico locale.

 

Si ricorda che le regioni, nell'ambio della propria autonomia statutaria e legislativa, sono già tenute, ai sensi del decreto-legge n.138 del 2011, ad adeguare i propri ordinamenti prevedendo il «passaggio ad un sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali» (art. 14, comma 1, lettera f)).  Il decreto-legge (art.14, comma 2) dispone altresì conseguenze di carattere sanzionatorio in caso di mancato adeguamento delle regioni a tale misura di contenimento della spesa (così come alle altre misure contenute al comma 1, lettere da a) a h)).

 

Successivamente il decreto-legge n.174 del 2012 (art.2, comma 1, lettera m)) ha rafforzato la portata dell'obbligo contenuto nelle citate norme del decreto-legge n.138/2011, stabilendo che il loro mancato rispetto avrebbe determinato, a decorrere dal 2013, ulteriori sanzioni (consistenti, fra le altre, nel blocco di una quota, pari all'80 per cento, dei trasferimenti erariali (esclusi quelli destinati a specifiche finalità, v. infra) a favore delle regioni.

 

Il decreto-legge n. 174 del 2012 esclude dall'ambito di applicazione della norma i "trattamenti già in erogazione" a decorrere dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto-legge. La disposizione in esame ricomprende invece i “trattamenti già in essere”.

 

L'applicazione di gran parte delle disposizioni del DL 174/2012 è condizione per la concessione di una serie di trasferimenti erariali alle regioni (al di fuori di quelli dovuti a titolo di finanziamento del trasporto pubblico locale, delle politiche sociali e del servizio sanitario regionale) a decorrere dal 2013. Inoltre, si prevede il commissariamento delle regioni in caso di mancata attuazione delle misure di risparmio (comma 5). Un'ulteriore sanzione consiste nella decurtazione di una quota dei trasferimenti erariali, corrispondente alla metà delle somme destinate per l'esercizio 2013 al trattamento economico complessivo spettante ai membri del consiglio regionale e di quelli della giunta. In base a tale disposizione, nelle more dell'attuazione del passaggio al sistema contributivo per i consiglieri, le regioni hanno facoltà di prevedere o corrispondere trattamenti pensionistici o vitalizi in favore di coloro che abbiano ricoperto la carica di presidente della regione, di consigliere regionale o di assessore regionale solo a condizione che abbiano compiuto 66 anni di età e abbiano ricoperto tali cariche, anche non continuativamente, per un periodo non inferiore a 10 anni.

All’entrata in vigore del D.L.174/2012 è seguita, nel 2014, l’adozione di un ordine del giorno dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome, volto ad individuare parametri minimi e comuni per le leggi regionali da adottare sull'istituto dell'assegno vitalizio, con l'obiettivo di disporre di un quadro interregionale omogeneo.

Sono state quindi approvate da parte delle regioni, previsioni normative volte a superare l'istituto degli assegni "vitalizi" per i consiglieri regionali e a ridisciplinare l'intera materia, anche prevedendo riduzioni temporanee.

Tra queste si ricordano in particolare: L.R. 15 maggio 2018, n.11, della regione Calabria; art. 6 L.R. 4 giugno 2018, n. 95 della regione Lazio; L.R. 26 febbraio 2018, n. 1, della regione Valle d’Aosta; L.R. 3 del 2018 della regione Veneto; L.R. 23 aprile 2018, n. 3 della regione Umbria; art. 12 L.R. 28 luglio 2017, n. 23 della regione Campania; L.R 29 maggio 2017, n. 10 della regione Basilicata; L.R. 13 febbraio 2015, n. 2, della regione Friuli Venezia Giulia; L.R. 24 novembre 2014, n. 12 della regione Lazio; L.R. 23 settembre 2014, n. 49 della regione Lombardia; L.R. 18 aprile 2014, n. 11 e L.R. 4 maggio 2015, n. 9, della regione Molise; L.R. 15 dicembre 2014, n. 21 della regione Piemonte (che è successivamente intervenuta nuovamente sulla materia con la L.R. 5/2017 recante misure di trasparenza in materia di assegni vitalizi); L.R. 29 dicembre 2014, n. 86 e art. 2 L.R. 20 luglio 2018, n. 37 della regione Toscana; L.R. 11 luglio 2014 n. 4 e n. 5 della regione Trentino Alto Adige; L.R. 23 dicembre 2014, n. 43 della regione Veneto. Per la regione Sardegna l'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale ha approvato la delibera 18 dicembre 2014, n. 31.

 

Si ricorda che i trasferimenti erariali alle regioni a statuto ordinario hanno registrato una contrazione nel corso degli anni. Benché la riforma che avrebbe dovuti trasformarli in entrate tributarie proprie, avviata con la legge delega n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, non sia ancora attuata (in quanto rinviata più volte, da ultimo, con la legge di bilancio 2018, al 2020), tali trasferimenti costituiscono attualmente una piccola parte delle entrate regionali. La parte più cospicua di essi finanzia il trasporto pubblico locale, l’assistenza e le politiche sociali, il diritto allo studio e l’edilizia scolastica, la politica abitativa, interventi nel campo della prevenzione e dell’edilizia sanitaria (non è qui considerato il Fondo sanitario nazionale, in quanto finanziato da entrate regionali e trasferimenti perequativi secondo una specifica disciplina. Secondo gli ultimi dati disponibili, la spesa sanitaria assorbe, per il 2015, in media l’83,33% della spesa corrente nelle regioni a statuto ordinario e il 46,10 di quelle a statuto speciale -Corte di conti, Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni. Esercizio 2015, giugno 2017, p. 249).

Per quanto riguarda le regioni a statuto speciale e le province autonome, il loro sistema di finanziamento non prevede trasferimenti erariali, se non per specifici interventi che non rientrano fra le competenze istituzionali. Le funzioni ordinarie attribuite a ciascun ente da norme statuarie sono infatti finanziate con le quote di compartecipazione ai tributi erariali riscossi nel proprio territorio, stabilite anch’esse da norme statutarie.

La quantificazione dei trasferimenti erariali alle regioni non è compito agevole. L’ultima analisi accurata è stata fatta in occasione dell’Audizione della Corte dei conti sui Trasferimenti finanziari agli enti territoriali nel maggio 2016, presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo amministrativo, a cui si rinvia per approfondimenti.

 

 

Come si legge nella relazione tecnica: “Le disposizioni di cui al presente articolo, essendo volte a garantire una riduzione dei costi della politica nelle regioni a statuto speciale, ordinario e nelle province autonome, sono suscettibili di determinare risparmi di spesa per la finanza pubblica, in atto, non quantificabili”.

 

Il comma 965 si applica senza alcuna distinzione nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome.

Al riguardo, si ricorda che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 198 del 2012 (che per altri aspetti è richiamata a seguire), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 138 del 2011, che prevedeva conseguenze di carattere sanzionatorio in caso di mancato adeguamento delle autonomie speciali alle misure di contenimento della spesa previste al comma 1, consistenti, fra le altre, nel "passaggio, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del [..] [medesimo] decreto e con efficacia a decorrere dalla prima legislatura regionale successiva a quella in corso alla data di entrata in vigore del [..] [medesimo] decreto, al sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali".  La Corte ha motivato la propria decisione rilevando che la "disciplina relativa agli organi delle Regioni a statuto speciale e ai loro componenti è contenuta nei rispettivi statuti. Questi, adottati con legge costituzionale, ne garantiscono le particolari condizioni di autonomia, secondo quanto disposto dall'art. 116 Cost. L'adeguamento da parte delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome ai parametri di cui all'art. 14, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011 richiede, quindi, la modifica di fonti di rango costituzionale. A tali fonti una legge ordinaria non può imporre limiti e condizioni".

Con la sentenza n.23 del 2014, la Corte ha dichiarato infondata la questione di legittimità, sollevata da alcune regioni a statuto speciale, riferita al citato art. 2 del decreto-legge n.174/2012. Ciò, fra l'altro, in considerazione della previsione della clausola di salvaguardia secondo cui le "regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono ad adeguare i propri ordinamenti a quanto previsto dal comma 1 compatibilmente con i propri statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione" e nel presupposto che "a mezzo della clausola di salvaguardia [...] gli evocati parametri di rango statutario assumono «la funzione di generale limite» (sentenze n. 241 e n. 64 del 2012, n. 152 del 2011) per l’applicazione delle disposizioni del comma 1, nel senso che la prima ha la funzione di rendere queste ultime applicabili agli enti ad autonomia differenziata, «solo a condizione che, in ultima analisi, ciò avvenga nel “rispetto” degli statuti speciali» (sentenza n. 215 del 2013)".

Tenuto conto della pregressa giurisprudenza costituzionale parrebbe opportuno valutare di specificare che le disposizioni in esame si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e con le relative norme di attuazione.

Nel caso in cui entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio svolgano consultazioni elettorali in una data regione, quest'ultima è tenuta a rideterminare i trattamenti previdenziali:

§  entro tre mesi dalla data della prima riunione del nuovo Consiglio regionale;

§  entro sei mesi dalla medesima data, qualora occorra procedere a modifiche statutarie.

 

Il comma 966 demanda ad un'intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome l'individuazione dei criteri e dei parametri per la rideterminazione dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi in esame. L'intesa, che deve essere deliberata entro il 31 marzo 2019, è diretta a favorire l’armonizzazione delle normative territoriali.

Qualora l'intesa non sia entro il 31 marzo 2019, le regioni e le province autonome provvedono in ogni caso a rideterminare i trattamenti previdenziali e i vitalizi entro i termini previsti dal comma 965 e secondo il metodo di calcolo contributivo.

 

Con le modifiche introdotte in Senato viene favorita, con la previsione (peraltro eventuale) dell'intesa, l'armonizzazione delle nuove discipline relative alla rideterminazione dei trattamenti previdenziali e dei vitalizi già in essere, riducendo il rischio di normative estremante differenziate sia con riferimento alla decorrenza del nuovo sistema, sia ai contenuti di dettaglio della disciplina.

Nella precedente formulazione si prevedeva infatti che le singole regioni provvedessero con il solo vincolo che la disciplina, da adottare previo parere della Conferenza Stato-regioni, si fondasse sul metodo contributivo.

Fra le novità della nuova formulazione, si segnala che la Conferenza Stato regioni parrebbe godere di ampia autonomia nella definizione dei criteri e dei parametri per la rideterminazione dei trattamenti previdenziali, atteso che il vincolo del metodo di calcolo contributivo è richiamato al comma 966, secondo periodo, nell'ambito della procedura da seguire in mancanza di intesa entro il 31 marzo 2019.

 

Con riferimento al calcolo dei trattamenti secondo il metodo contributivo per le prestazioni previdenziali dei lavoratori dipendenti tiene conto di una serie articolata di parametri, definiti da diversi atti normativi primari e secondari (per una disamina complessiva si veda il dossier del Servizio studi, Rideterminazione dell’importo delle pensioni superiori a 4.500 euro mensili. A.C. 1071, 24 settembre 2018).

Entro i 15 giorni successivi all’adempimento, le regioni documentano l’adempimento della rideterminazione dei trattamenti con una comunicazione al Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri. A sua volta, il Dipartimento, entro il quindicesimo giorno successivo al ricevimento della comunicazione, trasmette al Ministero dell’economia e delle finanze l'attestazione relativa al rispetto degli adempimenti. Entro il quindicesimo giorno successivo alla scadenza dei termini di cui al comma 1, il medesimo Dipartimento trasmette al Ministero dell'economia l'elenco delle regioni e delle province autonome che non hanno corrisposto all'obbligo di comunicare l'avvenuto adempimento, ai fini della conseguente riduzione lineare dei trasferimenti. I trasferimenti sono riconosciuti per intero a partire dall’esercizio in cui la regione abbia adempiuto (comma 967).

Viene dunque posto in capo al Dipartimento per gli affari regionali un potere di “verifica” della rispondenza dei provvedimenti adottati dalle regioni - a statuto ordinario e a statuto speciale – e dalle Province autonome rispetto alle prescrizioni della presente disciplina, verifica che rileva ai fini del successivo trasferimento dei trasferimenti erariali.

 

La giurisprudenza della Corte costituzionale sulla previsione di vincoli ed obiettivi nella disciplina delle attribuzioni dei consiglieri regionali, anche in considerazione della situazione di eccezionale gravità del contesto finanziario, ha dato una lettura estensiva delle norme di principio nella materia del coordinamento della finanza pubblica. Pur ribadendo, in via generale, che possono essere ritenuti principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica le norme che «si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi», la Corte ha, nei fatti, avallato le scelte del legislatore statale di introdurre vincoli specifici per il contenimento della spesa delle regioni e degli enti locali, quali, ad esempio, quelli relativi alle riduzioni di spesa per incarichi di studio e consulenza (sentenza n. 262 del 2012), all'obbligo di soppressione o accorpamento da parte degli enti locali di agenzie ed enti che esercitino funzioni fondamentali e funzioni loro conferite (sentenza n. 236 del 2013), alla determinazione del numero massimo di consiglieri e assessori regionali e alla riduzione degli emolumenti dei consiglieri (sentenze n. 198 del 2012 e n. 23 del 2014).

In particolare, con le sentenze n. 198 del 2012 e n. 23 del 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle regioni, che evidenziavano come la previsione del passaggio ad un sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali costituisse non un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica ma una disposizione di dettaglio. In quelle sentenze la Corte ha affermato che, secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, nell'esercizio della funzione di coordinamento della finanza pubblica, «lo Stato deve limitarsi a porre obiettivi di contenimento senza prevedere in modo esaustivo strumenti e modalità per il loro perseguimento, in modo che rimanga uno spazio aperto all'esercizio dell'autonomia regionale (sentenza n. 182 del 2011); che i vincoli imposti con tali norme possono «considerarsi rispettosi dell'autonomia delle Regioni e degli enti locali quando stabiliscono un “limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa” (sentenza n. 236 del 2013, sentenza n. 182 del 2011, nonché sentenze n. 297 del 2009; n. 289 del 2008; n. 169 del 2007)»; che la disciplina dettata dal legislatore non deve ledere il canone generale della ragionevolezza e proporzionalità dell'intervento normativo rispetto all'obiettivo prefissato (sentenze n. 236 del 2013 e n. 326 del 2010)». Circa il rapporto tra principi fondamentali e disciplina di dettaglio la Corte ha rilevato che «la specificità delle prescrizioni, di per sé, neppure può escludere il carattere di principio di una norma, qualora essa risulti legata al principio stesso da un evidente rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione (sentenze n. 237 del 2009 e n. 430 del 2007)» (sentenza n. 16 del 2010); in quest'ottica, «possono essere ricondotti nell'ambito dei principi di coordinamento della finanza pubblica norme puntuali adottate dal legislatore per realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario (sentenze n. 52 del 2010, n. 237 del 2009 e n. 417 del 2005).

 

Nel corso dell'esame in Senato è stato soppresso un comma, ai sensi del quale la regione che non avesse adeguato il proprio ordinamento a quanto disposto dalle disposizioni in esame entro i termini stabiliti, sarebbe stato assegnato il termine di 60 giorni per provvedervi, ai sensi della disciplina sul potere sostitutivo dello Stato (art. 8 legge 131/2003).

 

Nella legislatura in corso, misure analoghe a quelle che il provvedimento in esame dispone con riferimento alla disciplina previdenziale di Presidenti, i consiglieri e assessori regionali sono state assunte con riguardo ai deputati e ai senatori. L'Ufficio di Presidenza della Camera, nella riunione del 12 luglio 2018, ha infatti approvato una deliberazione concernente la rideterminazione, secondo il metodo di calcolo contributivo, della misura degli assegni vitalizi e delle quote di assegno vitalizio dei trattamenti previdenziali pro rata, nonché dei trattamenti previdenziali di reversibilità di coloro che hanno rivestito la carica di deputati, relativi agli anni di mandato svolti fino al 31 dicembre 2011. Le nuove misure avranno efficacia dal 1° gennaio 2019. Una analoga misura è stata deliberata dal Consiglio di Presidenza del Senato il 16 ottobre 2018.

 

Si ricorda inoltre che nel corso della XVII legislatura la materia dei vitalizi e del trattamento pensionistico dei parlamentari e dei consiglieri regionali era stata oggetto di esame parlamentare: nella seduta del 26 luglio 2017 la Camera dei deputati ha approvato un testo volto a disporre l'applicazione di un nuovo trattamento previdenziale contributivo e la rideterminazione dei trattamenti e vitalizi in essere. Il testo è stato trasmesso al Senato (A.S. 2888) dove l'esame in sede referente non si è concluso prima della fine della legislatura.

Quanto evidenziato nel corso delle audizioni su tale provvedimento è consultabile al seguente link documenti acquisiti nel corso delle audizioni. Per i contenuti della principale giurisprudenza costituzionale in materia di interventi normativi volti a ridefinire, retroattivamente, i trattamenti in essere si rinvia al dossier del Servizio Studi, Rideterminazione dell’importo delle pensioni superiori a 4.500 euro mensili. A.C. 1071, 24 settembre 2018).

 


 

Articolo 1, comma 969
(Fondo aree di confine)

 

 

Il comma 969 aumenta lo stanziamento del Fondo per la valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano per il triennio 2019-2021, ridefinendo i destinatari delle risorse.

 

In particolare, il comma in esame, come modificato nel corso dell’esame al Senato, interviene sulla disciplina del Fondo per la valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri dal D.L. n. 81/2007, articolo 6, comma 7 (cd. “Fondo Letta”).

A tal fine viene modificato l’articolo 1, comma 1159, della legge di bilancio per il 2018, il quale, nel rifinanziare il Fondo per il triennio 2018-2020, ne aveva ridefinito la disciplina individuandone i beneficiari nei soli comuni della Regioni Veneto appartenenti alle province di Belluno, Treviso e Venezia confinanti con la Regioni Friuli Venezia-Giulia.

 

Le modifiche sono volte a:

a)  incrementare la dotazione del Fondo per le aree confinanti di 10 milioni di euro per l’anno 2019 e di 6 milioni di euro per l’anno 2020, ed assegnando 20 milioni di euro per l’anno 2021.

Si ricorda che nel testo iniziale il rifinanziamento era di 5 milioni per il 2019 e per il 2020 e di 10 milioni per il 2021.

A seguito di tale rifinanziamento, il Fondo - gestito dal Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri ed iscritto presso il bilancio della Presidenza stessa (cap. 446) con una dotazione pari a 5 milioni per il 2019 e a 10 milioni per il 2020 - risulta ora dotato di 15 milioni di euro per il 2019, di 16 milioni per il 2020 e di 20 milioni  per il 2021.

b)  ridefinire i destinatari delle risorse del Fondo, che vengono ora a ricomprendere tutte le aree “confinanti” con le regioni a statuto speciale e le province autonome.

Rispetto alla formulazione dell’articolo 1, comma 1159, della legge n. 205/2017 che viene qui novellato - che individua quali destinatari del Fondo Letta i comuni appartenenti alle province confinanti con due regioni a statuto speciale che non possono accedere alle misure del c.d. “Fondo Brancher” (Fondo per lo sviluppo dei comuni confinanti con le province autonome di Trento e Bolzano, istituito dalla L. 191/2009, art. 2, commi 117 e 117?bis), nonché i comuni confinanti appartenenti alle regioni a statuto ordinario che confinano con due regioni a statuto speciale che non possono accedere alle misure del predetto Fondo Brancher - il comma in esame, come riformulato dal Senato, opera una estensione dell’ambito territoriale di riferimento del Fondo medesimo, che verrebbe ora a riguardare tutti i comuni confinanti con le autonomie speciali.

 

Andrebbe peraltro chiarito se, a seguito della riformulazione disposta dal comma in esame, i comuni beneficiari del c.d. Fondo Brancher possano ora beneficiare anche delle risorse di cui al presente comma, attribuite al Fondo Letta.

 

Il Fondo per la valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano è stato istituito dall’articolo 6, comma 7, del D.L. 81/2007 (cd. “Fondo Letta”), e poi successivamente modificato dall’articolo 35 del D.L. n. 159/2007 e dall’articolo 2, comma 45, della legge n. 203/2008 (finanziaria 2009).

I destinatari del fondo erano individuati nelle tre macroaree costituite dai territori confinanti con le tre Regioni a Statuto speciale: Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia. I criteri di ripartizione delle risorse del Fondo tra le tre macroaree sono stati definiti con il D.P.C.M. 13 ottobre 2011, che ne ha altresì individuato i singoli comuni beneficiari. Per la ripartizione delle risorse degli anni 2007-2011[30], cfr. Decreto del 14 settembre 2012.

Il Fondo, che dal 2011 non presentava più alcuna dotazione in bilancio, è stato poi rifinanziato dalla legge di bilancio per il 2018 (articolo 1, comma 1159) nell’importo di 1 milione di euro per l’anno 2018, 5 milioni per l’anno 2019 e 10 milioni di euro per l’anno 2020.

La legge di bilancio per il 2018 ha introdotto una nuova disciplina del Fondo, destinato al finanziamento di progetti di sviluppo economico e di integrazione, individuandone come beneficiari i soli comuni della Regione Veneto appartenenti alle province di Belluno, Treviso e Venezia confinanti con la Regione Friuli Venezia-Giulia. Si tratta, nello specifico, di 66 comuni della regione Veneto confinanti con la regione Friuli Venezia Giulia, di cui 51comuni appartenenti alla provincia di Belluno, 7 comuni della provincia di Venezia e 8 Comuni della provincia di Treviso (comma 1159, art. 1, L. n. 205/2017).

Il Fondo, gestito dal Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei ministri, viene erogato sulla base di criteri e modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, tenendo conto della effettiva condizione di svantaggio del comune in termini sociali, economici e morfologici. Il D.P.C.M. è emanato sentite la Conferenza unificata e le Commissioni parlamentari competenti.

In caso di mancata o parziale realizzazione degli interventi finanziati dal Fondo, si dispone che le corrispondenti risorse già assegnate sono versate ad apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al medesimo Fondo (commi 1160-1161, L. n. 205/2017).

 

 

Relativamente al Fondo per lo sviluppo dei comuni confinanti con le province autonome di Trento e Bolzano, i cui beneficiari risultano esclusi dalla misura in esame, si rammenta che esso è stato istituito ai sensi dell’articolo 2, commi 117-117-bis della legge n. 191/2009 (legge di stabilità per il 2010)[31], il quale dispone che le province autonome di Trento e di Bolzano concorrano, nel rispetto del principio di leale collaborazione, al conseguimento di obiettivi di perequazione e di solidarietà attraverso il finanziamento di progetti, di durata anche pluriennale, per la valorizzazione, lo sviluppo economico e sociale, l’integrazione e la coesione dei territori dei comuni appartenenti alle province di regioni a statuto ordinario confinanti con le due province. A tal fine, ciascuna delle due province autonome di Trento e di Bolzano assicura annualmente un intervento finanziario pari a 40 milioni di euro. Le risorse stanziate annualmente dalle Province autonome non transitano nel bilancio di previsione o nel conto finanziario della Presidenza del Consiglio, ma affluiscono in un apposito conto speciale di Tesoreria intestato all'Organismo di indirizzo (ODI), previsto dal comma 117-bis dell’art. 2 della legge n. 191/2009.

Il territorio di riferimento è composto da 48 comuni confinanti, di cui 42 confinanti con la Provincia autonoma di Trento e 6 con la Provincia autonoma di Bolzano, appartenenti alla Regione Lombardia e alla Regione Veneto.

 


 

Articolo 1, comma 978
(Turn over nelle università statali “virtuose”)

 

 

L’articolo 1, comma 978, introdotto durante l’esame al Senato, consente facoltà di assunzione superiori al 100% del turn over, per gli anni 2019 e 2020, nel limite della spesa fissato, alle università “virtuose”.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente che in base all’articolo 1, comma 399, anch’esso introdotto durante l’esame al Senato, anche le università, in relazione alle ordinarie facoltà di assunzione riferite al 2019, non possono effettuare assunzioni di personale a tempo indeterminato con decorrenza giuridica ed economica anteriore al 15 novembre 2019.

Sempre in base al medesimo comma, tuttavia, sono fatti salvi gli inquadramenti nel ruolo di professore associato ai sensi dell’art. 24, co. 5, della L. 240/2010, che possono essere disposti al termine del contratto di ricercatore a tempo determinato di cui all’art. 24, co. 3, lett. b), della stessa legge.

Per approfondimenti, si veda la scheda di lettura relativa all’art. 1, co. 209, del ddl di bilancio 2019 (A.S. 981) riportata nel Dossier del Servizio Studi n. 58/4 - Sezione I - Vol. I, del 10 dicembre 2018.

 

In particolare, l’articolo 1, comma 978 stabilisce che, nell’ambito delle disponibilità complessive del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO), negli anni 2019 e 2020 sono autorizzate facoltà di assunzione superiori al 100% della spesa relativa al personale a tempo indeterminato e ai ricercatori a tempo determinato complessivamente cessati dal servizio nell'anno precedente – previsto, a decorrere dal 2018, dall’art. 66, co. 13-bis, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) –, nel limite di una spesa di € 25 mln annui dal 2019 e di ulteriori € 25 mln annui dal 2020, per le università statali che nell’anno precedente a quello di riferimento presentano un indicatore delle spese di personale inferiore al 75% e un indicatore di sostenibilità economico-finanziaria maggiore di 1,10.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 7 del d.lgs. 49/2012 – recante la disciplina per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei – aveva individuato, per il 2012, le combinazioni dei livelli degli indicatori di spesa per il personale[32] e di spesa per indebitamento[33] rilevanti, per ciascun ateneo, per la determinazione, tra l'altro, della misura delle assunzioni di personale a tempo indeterminato e del conferimento di contratti di ricerca a tempo determinato, rimettendo ad un DPCM, da emanare ogni tre anni, entro il mese di dicembre che precede il successivo triennio di programmazione, la definizione della disciplina applicabile agli anni successivi[34].

Su questa base, per il triennio 2015-2017 era intervenuto il DPCM 31 dicembre 2014, poi modificato dall’art. 1, co. 303, della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017), che, in particolare, aveva elevato, in misura diversa, la percentuale di assunzioni possibili per gli atenei non “virtuosi” (ossia, nel caso specifico, che riportavano, al 31 dicembre dell'anno precedente, un valore dell'indicatore delle spese di personale pari o superiore all'80% o un importo delle spese di personale e degli oneri di ammortamento superiore all'82% delle entrate, costituite dai contributi statali per il funzionamento e da tasse, soprattasse e contributi universitari, al netto delle spese per fitti passivi) e per gli atenei “virtuosi” (ossia, nel caso specifico, che riportavano, al 31 dicembre dell'anno precedente, valori inferiori a quelli indicati).

 

Quanto all’indicatore di sostenibilità economica e finanziaria (ISEF), da ultimo, l’art. 1, co. 634, della L. 205/2017 nello stabilire che, in via sperimentale, dal 1° gennaio 2018 al 31 dicembre 2020, le università statali “virtuose”, da individuare con DPCM tenuto conto, tra l’altro, dell’indicatore di sostenibilità economica e finanziaria, possono incrementare l’ammontare della componente variabile dei fondi per la contrattazione integrativa destinati al trattamento accessorio del personale –, ha specificato che lo stesso indicatore è definito agli effetti dell'applicazione dell'art. 7 del medesimo d.lgs. 49/2012.

La definizione di tale indicatore era presente negli allegati al DM 30 gennaio 2013, n. 47 – relativo a autovalutazione, accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio e valutazione periodica – in base al quale lo stesso indicatore era determinato in base ai limiti alle spese di personale e alle spese di indebitamento, di cui agli artt. 5 e 6 del d.lgs. 49/2012.

Peraltro, successivamente il DM 47/2013 è stato sostituito dal DM 12 dicembre 2016, n. 987, che, pur continuando a far riferimento all’ISEF (nell’allegato E), non ne reca la definizione.

 

Sempre in base al 978, le maggiori facoltà di assunzione sono ripartite con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca fra gli atenei che, in possesso delle condizioni indicate, avanzano specifica richiesta, corredata dal parere del collegio dei revisori dei conti, dalla quale risulti la sostenibilità economico-finanziaria dei conseguenti maggiori oneri strutturali a carico dei rispettivi bilanci.

 

La relazione tecnica di cui era corredato l’emendamento del Governo 1.5012 all’A.S. 981 evidenziava che la previsione determina maggiori facoltà di assunzioni pari a 219,73 punti organico in ciascuno dei due anni 2019 e 2020, pari, complessivamente, a 439,47 punti organico dal 2020[35].

Sottolineava, inoltre, che la specifica richiesta al MIUR da parte degli atenei, corredata dal parere del collegio dei revisori dei conti, è particolarmente importante considerando, fra l’altro, che dal 2016 non c’è più il blocco degli scatti stipendiali del personale docente e che dal 2020 gli scatti torneranno ad essere biennali[36].

 

Per completezza si ricorda che, già in precedenza, varie disposizioni legislative hanno consentito agli atenei “virtuosi” – definiti di volta in volta – di estendere le proprie facoltà assunzionali.

In particolare, l’art. 66, co. 13-bis, del D.L. 112/2008 – come modificato dall’art. 1, co. 460, della L. 147/2013, dall’art. 1, co. 346, della L. 190/2014 e dall’art. 1, co. 251 della L. 208/2015 – ha consentito alle università aventi un indicatore delle spese di personale inferiore all'80% di procedere, per il 2015, alla stipula di contratti per ricercatori a tempo determinato, sia di tipo "a" che di tipo "b" (art. 24, L. 240/2010), in aggiunta alle facoltà assunzionali previste per il sistema universitario, anche utilizzando le cessazioni dei ricercatori di tipo "a" avvenute nell'anno precedente, già assunti a valere sulle facoltà assunzionali di cui allo stesso co. 13-bis, e, a decorrere dal 2016, alla stipula di contratti per ricercatori a tempo determinato di tipo "a", senza soggiacere alle limitazioni da turn-over.

Da ultimo, l’art. 1, co. 672, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha consentito alle università che avevano un valore dell’indicatore delle spese di personale inferiore all’80% di attivare, entro il 31 dicembre 2018, procedure di chiamata di professori di prima e seconda fascia, nonché di ricercatori a tempo indeterminato (ruolo ad esaurimento, a seguito della L. 240/2010), riservate a personale già in servizio presso università che si trovassero in una situazione di significativa e conclamata “tensione finanziaria” – deliberata dagli organi competenti – e che avessero un valore dell’indicatore delle spese di personale pari o superiore all’80%.

 


 

Articolo 1, comma 986
(Esclusione ISEE immobili inagibili)

 

 

Il comma 986 esclude, ai fini dell’accertamento dell’indicatore della situazione patrimoniale (Isee), nel calcolo del patrimonio immobiliare, gli immobili e i fabbricati di proprietà distrutti o dichiarati non agibili in seguito a calamità naturali.

 

Si ricorda che l’Isee, istituito dal D. Lgs. 109/1998, è l'indicatore che serve per valutare e confrontare la situazione economica dei nuclei familiari che intendono richiedere una prestazione sociale agevolata. L'accesso a queste prestazioni, infatti, come ai servizi di pubblica utilità a condizioni agevolate (telefono fisso, luce, gas, ecc.) è legato al possesso di determinati requisiti soggettivi e alla situazione economica della famiglia.

Per una ricognizione dettagliata della disciplina dell’indicatore della situazione patrimoniale si rinvia alla scheda di lettura Riforma ISEE del Servizio Studi della Camera dei deputati.

 


 

Articolo 1, commi 991, 993-995, 997 e 998
(Proroga termini sisma centro Italia)

 

 

Il comma 991 proroga al 1° giugno 2019 il termine per la ripresa dei versamenti dei tributi sospesi, nonché degli adempimenti e dei versamenti contributivi, nelle zone colpite dal sisma del Centro Italia del 2016, elevando a 120 il numero di rate in cui sono dilazionabili i  versamenti.

Il comma 993 esenta da IRPEF e IRES, fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati e, comunque, fino all’anno di imposta 2020 (in luogo di quello relativo al 2018), il reddito dei fabbricati ubicati nelle zone colpite dagli eventi sismici del Centro Italia nel 2016 e 2017 (individuati dagli allegati al decreto-legge n. 189 del 2016), ove distrutti o oggetto di sgombero in quanto inagibili.

I commi 994 e 995 prorogano al 1° gennaio 2020 (in luogo del 1° gennaio 2019) la sospensione dei termini per la notifica delle cartelle di pagamento e per la riscossione delle somme risultanti dagli atti di accertamento esecutivo e delle somme accertate e a qualunque titolo dovute all’INPS (articoli 29 e 30 del decreto-legge n. 78/2010), nonché per le attività esecutive da parte degli agenti della riscossione, e dei termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli enti creditori, ivi compresi quelli degli enti locali.

I commi 997 e 998 prevedono che non siano dovute l’imposta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi e la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, per le attività con sede legale od operativa nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, interessati dai predetti eventi sismici del Centro Italia.

 

Il comma 991, lettera a), modifica l’articolo 48, comma 11 del decreto-legge n. 189/2016, che detta la disciplina della sospensione dei termini relativi agli adempimenti e ai versamenti tributari (versamenti e adempimenti tributari in genere) prevista a favore dei contribuenti interessati dagli eventi sismici del Centro Italia nel 2016.

In particolare, viene modificato il comma 11 dell'articolo 48, disponendo che la ripresa dei versamenti dei tributi sospesi in favore dei soggetti diversi dai titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo, nonché dagli esercenti attività agricole, decorra dal 1° giugno 2019 anziché dal 16 gennaio 2019; il numero delle rate mensili in cui può essere dilazionato il versamento è elevato da 60 a 120.

La lettera b) del comma 991 modifica il comma 13 dell'articolo 48, che dispone la sospensione dei termini relativi agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria in scadenza rispettivamente nel periodo dal 24 agosto 2016 al 30 settembre 2017 ovvero nel periodo dal 26 ottobre 2016 al 30 settembre 2017. Anche per tali adempimenti viene prorogato, dal 31 gennaio 2019 al 1° giugno 2019, il termine entro il quale dovranno essere effettuati, prevedendo che le somme dovute potranno essere rateizzate fino a un massimo di 120 rate mensili, in luogo delle 60 previste dal testo vigente. La misura viene altresì estesa ai comuni colpiti dagli eventi calamitosi del 18 gennaio 2017 (di cui all’allegato 2-bis del D.L. n. 189 del 2016).

 

Il comma 993 esenta da IRPEF e IRES, fino alla definitiva ricostruzione e agibilità dei fabbricati medesimi e, comunque, fino all’anno di imposta 2020 (in luogo di quello relativo al 2018), il reddito dei fabbricati, ubicati nelle zone colpite dagli eventi sismici del Centro Italia nel 2016 e 2017 (individuati dagli allegati al decreto-legge n. 189 del 2016), purché distrutti od oggetto di ordinanze sindacali di sgombero, comunque adottate entro il 31 dicembre 2018, in quanto inagibili totalmente o parzialmente.

A tal fine è modificato il comma 16, primo periodo, dell’articolo 48 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189.

 

Detti immobili, secondo la normativa vigente, sono altresì esenti da TASI e IMU fino al 2020.

 

Il comma 994 – modificando l’articolo 11, comma 2, del decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8 - stabilisce che nei comuni interessati dai terremoti del Centro Italia del 2016 (individuati dai già menzionati allegati) sia prorogata di un anno, ovvero al 1° gennaio 2020 (in luogo del 1° gennaio 2019) la sospensione dei termini per la notifica delle cartelle di pagamento e per la riscossione delle somme risultanti dagli atti di accertamento esecutivo e delle somme accertate e a qualunque titolo dovute all’INPS (articoli 29 e 30 del decreto-legge n. 78/2010), nonché per le attività esecutive da parte degli agenti della riscossione, e dei termini di prescrizione e decadenza relativi all’attività degli enti creditori, ivi compresi quelli degli enti locali.

Al relativo onere (comma 995), pari a 10 milioni di euro per l’anno 2019, si provvede mediante utilizzo del fondo di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze a seguito delle attività di riaccertamento dei residui (articolo 49, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66).

Il comma 997 dispone che non siano dovute l’imposta per le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi e la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, per le attività con sede legale od operativa nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, ricompresi nei comuni indicati negli allegati 1, 2 e 2-bis al decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189.

Il comma 998 affida a un regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per lo sviluppo economico, da emanare, d’intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le modalità di attuazione del menzionato comma 997.

 

 

 

 


 

Articolo 1, comma 992
(Recupero di somme eccedenti i contributi dovuti in caso di contenzioso sugli interventi sostitutivi per la ricostruzione nelle regioni Marche e Umbria colpite dagli eventi sismici
iniziati nel 1997)

 

 

Il comma 992 conferma l’obbligo del beneficiario di restituire al Comune le somme eccedenti il contributo dovuto, relative alle spese sostenute dal medesimo Comune per l’intervento sostitutivo, qualora, per inadempimenti non imputabili ai beneficiari, insorga un contenzioso relativo alla progettazione, direzione o realizzazione dei lavori di ricostruzione relativi alla crisi sismica che ha colpito le regioni Marche e Umbria dal 26 settembre 1997.

 

Più in particolare, il comma 992, introdotto nel corso dell’esame al Senato, prevede che, qualora nell’esercizio dei poteri sostitutivi comunali di cui all’art. 3, comma 6 del D.L. 30 gennaio 1998, n. 6 (Ulteriori interventi urgenti in favore delle zone terremotate delle regioni Marche e Umbria e di altre zone colpite da eventi calamitosi, convertito, con modificazioni, con la legge n. 61/1998), insorga, per inadempimenti non imputabili al beneficiario del contributo di cui all’art. 4 del citato decreto-legge, un contenzioso relativo alla progettazione, direzione o realizzazione dei lavori di ricostruzione, resta comunque fermo l’obbligo del beneficiario di restituire al Comune le somme eccedenti il contributo dovuto, relative alla spese sostenute dal medesimo Comune per l’intervento sostitutivo, ad eccezione dei maggiori costi conseguenti agli inadempimenti oggetto di contenzioso. Il secondo periodo del comma 992 precisa, poi, che tali maggiori costi sono recuperati dal Comune nei confronti dei soggetti responsabili degli stessi, sulla base degli esiti del contenzioso

L’art. 3 del DL n. 6/1998, convertito, con modificazioni, con la legge n. 61/1998, reca disposizioni in materia di interventi su centri storici e su centri e nuclei urbani e rurali. Il comma 6 di tale disposizione prevede che, decorso inutilmente il termine indicato al comma 5 – ossia il termine di trenta giorni dall’invito del comune entro il quale i proprietari devono costituirsi in consorzio obbligatorio per l'esecuzione degli interventi unitari sugli edifici privati, o di proprietà mista pubblica e privata, anche non abitativi – i comuni si sostituiscono ai proprietari medesimi e, previa diffida ad adempiere entro un termine non inferiore a trenta giorni, ai consorzi inadempienti per l'esecuzione degli interventi mediante l'occupazione temporanea degli immobili, che non può avere durata superiore a tre anni e per la quale non è dovuto alcun indennizzo, utilizzando i contributi di cui all'articolo 4 del citato decreto-legge (che detta la disciplina per i contributi a favore dei privati per beni immobili e mobili). 

Il successivo comma 6-bis stabilisce che i comuni si rivalgono sui proprietari nei casi in cui gli interventi di riparazione dei danni e di ripristino per gli immobili privati di cui all'articolo 4, comma 3, siano superiori ai limiti massimi ivi stabiliti.

Nella relazione tecnica si evidenzia che la disposizione in esame consente ai Comuni di recuperare le somme eccedenti il contributo già concesso per l’intervento sostitutivo in vece dei soggetti beneficiari del citato contributo e pertanto non comporta effetti finanziari negativi per la finanza pubblica.

Si segnala, infine, che, sul tema oggetto della disposizione in esame, la Sezione regionale di controllo per l’Umbria della Corte dei conti, nel documento (approvato nell’adunanza del 22 dicembre 2004) riportante gli esiti dell’indagine sulla gestione degli interventi di ricostruzione dopo il terremoto del settembre 1997, ha sottolineato le conseguenze, sui tempi della ricostruzione “dell’ampio contenzioso insorto tra i soggetti privati (proprietari, progettisti, imprese), che ha provocato e provoca vere e proprie situazioni di stallo nelle quali l’intervento pubblico si rivela molto difficile, se non praticamente impossibile”.

 


 

Articolo 1, comma 996
(Contributo per i comuni colpiti dagli eventi sismici dell’aprile 2009 diversi dal Comune dell’Aquila)

 

 

Il comma 996, introdotto nel corso dell’esame al Senato, assegna un contributo di 2 milioni di euro, per l’anno 2019, in favore dei comuni colpiti dagli eventi sismici dell’aprile 2009 diversi dal Comune dell’Aquila.

 

Si tratta di una disposizione che prolunga ulteriormente i finanziamenti previsti per i citati comuni, per le maggiori spese e le minori entrate comunque connesse alle esigenze della ricostruzione, dall’art. 3, comma 2, del D.L. 113/2016.

Tali finanziamenti, inizialmente previsti per l’esercizio 2016, sono stati estesi anche agli esercizi successivi con successivi provvedimenti.

L’ultimo rifinanziamento è stato operato, da ultimo, con il comma 710, lettera b), della L. 205/2017 (legge di bilancio 2018), che ha assegnato un contributo di 2 milioni di euro per il 2018.

La disposizione in esame, analoga a quella della citata lettera b), propone, quindi, anche per il 2019, un finanziamento di 2 milioni di euro.

 

 

 

 

 

 


 

Articolo 1, commi 1004 e 1005
(Disposizioni relative al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, anche con riferimento alla città di Genova)

 

 

Questi commi recano stanziamenti in favore del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Da una parte è autorizzata la spesa di 1,6 milioni per il 2019 per l'adeguamento delle sedi di servizio nella città di Genova e l'incremento della dotazione di mezzi idonei al soccorso tecnico urgente in quella città. Dall’altra parte, è autorizzata la spesa di 5 milioni annui dal 2019 al 2023, per l'acquisto e l'adeguamento strutturali delle sedi di servizio territoriali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 

 

Il primo di questi commi autorizza la spesa di 1,6 milioni per il 2019 a favore del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per l'adeguamento delle sedi di servizio nella città di Genova e l'incremento della dotazione di mezzi idonei al soccorso tecnico urgente in quella città.

 

Il secondo comma autorizza la spesa di 5 milioni annui dal 2019 al 2023, per l'acquisto e l'adeguamento strutturali delle sedi di servizio territoriali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.


 

Articolo 1, comma 1010
(Comunicazione ammontare danni subiti eventi sismici)

 

 

La norma prevede che i dati relativi all’ammontare dei danni subiti per effetto degli eventi sismici verificatisi nella Regione Abruzzo nell’aprile 2009 e le eventuali osservazioni in merito alle somme effettivamente percepite siano presentati, a pena di decadenza, entro 480 giorni, anziché 300 giorni, dalla comunicazione di avvio del relativo procedimento di recupero.

 

Il comma 1010 novella a tal fine l’art. 1-septies del decreto legge n. 55 del 2018, recante misure urgenti a favore delle popolazioni dei territori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, in materia di recupero di aiuti di Stato.

 

Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 57 del 9 marzo 2018, ha disposto la nomina del commissario straordinario per il recupero degli aiuti di Stato dichiarati illegali e la procedura per l'attuazione della decisione della Commissione europea C(2015) 5549 del 14 agosto 2015. 

 

Nell'ambito di tale procedura, è previsto che il Commissario straordinario provveda a dare notizia ai beneficiari di agevolazioni fiscali, previdenziali ed assicurative, identificati sulla base delle informazioni fornite dalle amministrazioni o agli enti che le hanno concesse, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 241/1990, dell’avvio del procedimento di recupero.

 

La comunicazione di avvio del procedimento indica quali sono, in linea generale ed esemplificativa, i costi ammissibili per i danni materiali ed economici provocati dalle calamità naturali, sulla base di quanto stabilito dalla normativa rilevante in materia; indica quali sono i mezzi di prova a disposizione dei beneficiari e invita a presentare, a pena di decadenza, entro centoventi giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento, i dati relativi all’ammontare dei danni subiti per effetto del sisma del 2009 e le eventuali osservazioni relative alle somme effettivamente percepite.

 

Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 novembre 2017 dispone anche che, durante il periodo concesso per l’invio dei dati e delle osservazioni, resta sospeso il termine assegnato al Commissario straordinario per l’adozione del provvedimento di recupero. Tale termine, previsto all’articolo 48, comma 2 della legge n. 234 del 2012 ha una durata pari a 45 giorni dal decreto di nomina del Commissario medesimo.

La disposizione in esame amplia il termine per l'invio dei dati e delle osservazioni, già esteso da trenta a centoventi giorni per effetto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 aprile 2018 ed ulteriormente esteso a 300 giorni dal D.L. n. 55 del 2018 in sede di conversione.

L’ampliamento del termine a 480 giorni dalla comunicazione dell’avvio del procedimento è motivato in ragione delle difficoltà oggettive, anche sul piano probatorio, di ricostruire le realtà economiche a distanza di anni dall’evento sismico, sotto il profilo sia del danno emergente sia del lucro cessante.

Trascorso il termine, il Commissario straordinario quantifica, entro i successivi 25 giorni, l’importo degli aiuti da recuperare, determinato come differenza tra il totale delle agevolazioni complessivamente concesse e l’importo dei danni ammissibili subiti da ciascun beneficiario.

 

Si ricorda che l’articolo 107, paragrafo 2, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) dichiara compatibili con il mercato interno “gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali”. Nella valutazione dei regimi di aiuto di cui all’articolo 107, paragrafo 2, lettera b), del TFUE, la Commissione europea è tenuta a verificare che le circostanze relative alle calamità naturali invocate per giustificare la concessione dell’aiuto e che le seguenti condizioni siano soddisfatte, In particolare, deve essere dimostrato che il danno per cui viene concessa la compensazione sia una conseguenza diretta della calamità naturale e che l’aiuto non deve comportare un trasferimento eccedente rispetto alla compensazione del danno ma solo ovviare al danno provocato dalla calamità naturale. Secondo il costante parere della Commissione europea, terremoti, alluvioni ed eruzioni vulcaniche costituiscono calamità naturali ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 2, lettera b), del TFUE, e dunque le imprese danneggiate a seguito di tali eventi possono, in via di principio, qualificarsi come beneficiari di aiuto per l’importo del danno subito. La norma del Trattato trova una sua declinazione giuridica nell’articolo 50 del Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE. L’articolo 50 citato dispone che i regimi di aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati (tra gli altri) da terremoti sono compatibili con il mercato interno e sono esentati dall'obbligo di notifica purché soddisfino le seguenti condizioni: a) le autorità pubbliche competenti di uno Stato membro hanno riconosciuto formalmente il carattere di calamità dell'evento; e b) esiste un nesso causale diretto tra i danni provocati dalla calamità naturale e il danno subito dall'impresa. I regimi di aiuti connessi a una determinata calamità sono adottati nei tre anni successivi alla data dell'evento. Gli aiuti sono concessi entro quattro anni dall'evento. I costi ammissibili sono i costi dei danni subiti come conseguenza diretta della calamità naturale, valutati da un esperto indipendente riconosciuto dall'autorità nazionale competente o da un'impresa di assicurazione. Tra i danni vi sono quelli materiali ad attivi (ad esempio immobili, attrezzature, macchinari, scorte) e la perdita di reddito dovuta alla sospensione totale o parziale dell'attività per un periodo massimo di sei mesi dalla data in cui si è verificato l'evento. Il calcolo dei danni materiali è basato sui costi di riparazione o sul valore economico che gli attivi colpiti avevano prima della calamità. Il danno viene calcolato individualmente per ciascun beneficiario. L'aiuto e tutti gli altri pagamenti ricevuti a copertura dei danni, compresi i pagamenti nell'ambito di polizze assicurative, non superano il 100% dei costi ammissibili.

In ambito nazionale, si richiama la disciplina relativa agli aiuti di Stato recata dalla legge n. 234 del 2012 sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’UE, ed in particolare l’articolo 48, comma 2, relativo alle procedure di recupero che reca disposizioni sulla procedura e sui termini per dare attuazione alle decisioni di recupero notificate dalla Commissione europea all’Italia. La disposizione prevede - nel caso di più amministrazioni interessate - la nomina di un commissario straordinario che con proprio provvedimento individua - entro quarantacinque giorni dal decreto di nomina - i soggetti tenuti alla restituzione dell’aiuto, nonché gli importi ed i termini del pagamento.


 

Articolo 1, commi 1015–1018
(Riduzione Fondo crediti di dubbia esigibilità enti locali)

 

 

I commi da 1015 a 1018, introdotti al Senato, riconoscono agli enti locali che rispettano determinati parametri di virtuosità, la facoltà di modificare il bilancio di previsione 2019-2021 per ridurre il Fondo crediti di dubbia esigibilità stanziato per il 2019 ad un valore pari all’80 per cento (in luogo dell’85%) dell’accantonamento quantificato.

 

Il Fondo crediti di dubbia esigibilità

Il paragrafo 3.3 dell'allegato 4/2, recante «Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria», annesso al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi) richiede che per i crediti di dubbia e difficile esazione accertati nell'esercizio venga effettuato un accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità, vincolando una quota dell'avanzo di amministrazione.

A tal fine viene stanziata nel bilancio di previsione una apposita posta contabile, denominata "Accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità" il cui ammontare è determinato in considerazione della dimensione degli stanziamenti relativi ai crediti che si prevede si formeranno nell'esercizio, della loro natura e dell'andamento del fenomeno negli ultimi cinque esercizi precedenti.

L'accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità non è oggetto di impegno e genera un'economia di bilancio che confluisce nel risultato di amministrazione come quota accantonata.

L’Ente locale è dunque obbligato a stanziare in bilancio una quota dell'importo dell'accantonamento quantificato nel Prospetto riguardante il fondo crediti di dubbia esigibilità allegato al bilancio di previsione. Tale quota nel 2019 è pari almeno all'85 per cento dell'accantonamento quantificato nel prospetto riguardante il fondo crediti di dubbia esigibilità allegato al bilancio di previsione, nel 2020 è pari almeno al 95 per cento e dal 2021 l'accantonamento al fondo è effettuato per l'intero importo (tale gradualità è stata integrata nel citato allegato 4/2 dall’ articolo 1, comma 509, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 - stabilità 2015).

Per determinare il fondo crediti di dubbia esigibilità - che in contabilità finanziaria deve intendersi come un fondo rischi, diretto ad evitare che le entrate di dubbia esigibilità, previste ed accertate nel corso dell’esercizio, possano finanziare delle spese esigibili nel corso del medesimo esercizio - in occasione della predisposizione del bilancio di previsione è necessario individuare le categorie di entrate stanziate che possono dare luogo a crediti di dubbia e difficile esazione.

 

In particolare, il comma 1015 dispone che, nel corso del 2019, gli enti locali possono variare il bilancio di previsione 2019-2021 per ridurre il Fondo crediti di dubbia esigibilità stanziato per l’esercizio 2019 nella missione Fondi e Accantonamenti, ad un valore pari all’80 per cento dell’accantonamento quantificato ne relativo allegato al bilancio, se si sono verificate entrambe le seguenti condizioni:

a) con riferimento all’esercizio 2018, l’indicatore annuale di tempestività dei pagamenti rispetta i termini di pagamento delle transazioni commerciali (di cui all’articolo 4 del D.Lgs. n. 231/2002) e le fatture ricevute e scadute nell’esercizio 2018 sono state pagate per un importo complessivo superiore al 75 per cento del totale ricevuto;

b) se il debito commerciale residuo, rilevato alla fine del 2018, si è ridotto del 10 per cento rispetto a quello del 2017, o è nullo o costituito solo da debiti oggetto di contenzioso o contestazione.

 

Si ricorda che l'articolo 33 del d. lgs. n. 33/2013 prevede l'obbligo, per le pubbliche amministrazioni, di pubblicare indicatori di tempestività, annuali e trimestrali, dei pagamenti relativi agli acquisti di beni, servizi e forniture.

In particolare, le pubbliche amministrazioni pubblicano, con cadenza annuale, un indicatore dei propri tempi medi di pagamento relativi agli acquisti di beni, servizi, prestazioni professionali e forniture, denominato «indicatore annuale di tempestività dei pagamenti», nonché l'ammontare complessivo dei debiti e il numero delle imprese creditrici.

L'indicatore di tempestività dei pagamenti, elaborato secondo le modalità previste dall'art.9 del D.P.C.M. del 22 settembre 2014[37], viene calcolato in termini di ritardo medio di pagamento ovvero come la somma, per ciascuna fattura emessa a titolo corrispettivo di una transazione commerciale, dei giorni effettivi intercorrenti tra la data di scadenza della fattura, o richiesta equivalente di pagamento, e la data di pagamento ai fornitori moltiplicata per l'importo dovuto per ciascuna fattura, rapportata alla somma degli importi delle fatture pagate nel periodo di riferimento.

 

In merito ai termini di pagamento, si ricorda inoltre che, ai sensi dell’articolo 4 del D.Lgs. n. 231/2002, nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione, le parti possono pattuire, purché in modo espresso, un termine per il pagamento superiore a 30 giorni, quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. In ogni caso i termini non possono essere superiori a sessanta giorni.

Il termine di 30 giorni è raddoppiato per le imprese pubbliche che sono tenute al rispetto dei requisiti di trasparenza di cui al decreto legislativo 11 novembre 2003, n. 333 e per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e che siano stati debitamente riconosciuti a tale fine.

 

Si segnala che, con decreto 7 dicembre 2018, il Ministro dell’Interno ha differito al 28 febbraio 2019 il termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2019/2021 da parte degli enti locali.

 

Il comma 1016 prevede che tale facoltà può essere esercitata anche dagli enti locali che, pur non soddisfacendo i criteri di cui sopra, rispettano entrambe le seguenti condizioni:

a) l’indicatore di tempestività dei pagamenti, al 30 giugno 2019, rispetta i termini di pagamento delle transazioni commerciali, di cui all’articolo 4 del D.Lgs. n. 231/2002, e le fatture ricevute e scadute nel semestre sono state pagate per un importo complessivo superiore al 75 per cento del totale ricevuto;

b) se il debito commerciale residuo si è ridotto del 5 per cento rispetto a quello al 31 dicembre 2018, o è nullo o costituito solo da debiti oggetto di conten-zioso o contestazione.

 

Il comma 1017 dispone la non applicazione della facoltà prevista dai commi precedenti agli enti che, con riferimento agli esercizi 2017 e 2018, non hanno pubblicato nel proprio sito internet, entro i termini previsti dalla legge, gli indicatori concernenti i tempi di pagamento ed il debito commerciale residuo e che, con riferimento ai mesi precedenti all’avvio di SIOPE+, non hanno trasmesso alla Piattaforma elettronica dei crediti commerciali le comunicazioni relative al pagamento delle fatture.

 

Si ricorda che l’articolo 14 della legge di contabilità (legge n. 196/2009), relativo al controllo e monitoraggio dei conti pubblici, prevede al comma 8-bis che, al fine di favorire il monitoraggio del ciclo completo delle entrate e delle spese, le amministrazioni pubbliche ordinano gli incassi e i pagamenti al proprio tesoriere o cassiere esclusivamente attraverso ordinativi informatici emessi secondo lo standard ordinativo informatico emanato dall'Agenzia per l'Italia digitale (AGID), per il tramite dell'infrastruttura della banca dati SIOPE gestita dalla Banca d'Italia nell'ambito del servizio di tesoreria statale, e che i tesorieri e i cassieri non possono accettare disposizioni di pagamento trasmesse con modalità diverse.

Con decreto del MEF del 14 giugno 2017 è stata disposta la sperimentazione (terminata a fine 2017) e l’avvio a regime (dal 2018) per gli enti territoriali delle disposizioni riguardanti lo sviluppo della rilevazione SIOPE, secondo le modalità previste dall'articolo 14, comma 8-bis, della legge di contabilità (SIOPE+).

 

Infine, il comma 1018 quantifica gli oneri recati dai commi precedenti in  30 milioni di euro per l’anno 2019 in termini di indebitamento netto.

La relazione tecnica conferma che la norma in esame, ampliando la capacità di spesa degli enti locali, determina effetti finanziari negativi sull’indebitamento netto e sul fabbisogno di 30 milioni di euro per il 2019.

Articolo 1, comma 1020
(Zona franca urbana della Città Metropolitana di Genova)

 

 

Il comma 1020, modificato al Senato, prevede che le esenzioni disposte per le imprese che hanno subito una riduzione del fatturato all’interno della ZFU della Città metropolitana di Genova siano concesse anche per l’esercizio 2019 ed estende tali agevolazioni, per il primo anno di attività, alle imprese che avviano la propria attività all'interno della zona franca entro il 31 dicembre 2019. A tal fine autorizza una spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020.

 

Si ricorda che l’articolo 8 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, ha istituito la zona franca nel territorio della Città metropolitana di Genova.

Si prevede che le imprese che hanno la sede principale o una sede operativa all'interno della zona franca e che hanno subìto a causa dell’evento una riduzione del fatturato almeno pari al 25 per cento nel periodo dal 14 agosto 2018 al 30 settembre 2018, rispetto al valore mediano del corrispondente periodo dell'ultimo triennio 2015-2017, possono richiedere, ai fini della prosecuzione delle proprie attività nel Comune di Genova, specifiche agevolazioni. modifica

 

In particolare, la lettera a) del comma 1020 modifica il comma 3 dell’articolo 8 del decreto n. 109 del 2018 e dispone che le esenzioni per la ZFU, attualmente concesse solo per il periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (29 settembre 2018), sono prorogate anche per l’esercizio 2019.

 

Si ricorda che le esenzioni richiamate al comma 3 dell’articolo 8 del decreto n. 109 del 2018 sono:

 a) esenzione dalle imposte sui redditi del reddito derivante dall'attività d'impresa svolta nella zona franca di cui al comma 1 fino a concorrenza, per ciascun periodo di imposta, dell'importo di euro 100.000 riferito al reddito derivante dallo svolgimento dell'attività svolta dall'impresa nella zona franca;

b) esenzione dall'imposta regionale sulle attività produttive del valore della produzione netta derivante dallo svolgimento dell'attività svolta dall'impresa nella zona franca di cui al comma 1, nel limite di euro 200.000 per ciascun periodo di imposta, riferito al valore della produzione netta;

c) esenzione dalle imposte municipali proprie per gli immobili siti nella zona franca di cui al comma 1, posseduti e utilizzati dai soggetti di cui al presente articolo per l'esercizio dell'attività economica;

d) esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei premi per l'assicurazione obbligatoria infortunistica, a carico dei datori di lavoro, sulle retribuzioni da lavoro dipendente. L'esonero di cui alla presente lettera spetta, alle medesime condizioni, anche ai titolari di reddito di lavoro autonomo che svolgono l'attività all'interno della zona franca.

 

La lettera b) modifica il comma 4, articolo 8, del decreto n. 109 del 2018, disponendo che le esenzioni spettano, altresì, alle imprese che avviano la propria attività all'interno della zona franca entro il 31 dicembre 2019, limitatamente al primo anno di attività; termine precedentemente previsto al 31 dicembre 2018.

 

Infine la lettera c) sostituisce interamente il comma 5 del decreto richiamato e integra il previgente limite di spesa di 10 milioni di euro per il 2018. Il nuovo comma 5, infatti, stabilisce che le esenzioni per la ZFU sono concesse fino a un massimo di 10 milioni di euro per l'anno 2018 e di 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2019 e 2020.

 

Per l’istituzione della ZFU nella Città Metropolitana di Genova si rimanda al dossierDisposizioni urgenti per la città di Genova, la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti, gli eventi sismici del 2016 e 2017, il lavoro e le altre emergenze” dei Servizio studi di Camera e Senato.

Si rammenta, in questa sede che le Zone Franche Urbane (ZFU) sono aree infra-comunali di dimensione minima prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di piccole e micro imprese. Obiettivo prioritario delle ZFU è favorire lo sviluppo economico e sociale di quartieri ed aree urbane caratterizzate da disagio sociale, economico e occupazionale, e con potenzialità di sviluppo inespresse. Possono beneficiare delle agevolazioni le piccole e micro imprese (nel caso della ZFU Sisma Centro Italia le imprese di qualsiasi dimensione nonché i titolari di reddito di lavoro autonomo) che alla data di presentazione della domanda: hanno la sede principale o l’unità locale dove si svolge l’attività all’interno della ZFU; sono regolarmente costituite e iscritte nel Registro delle imprese; sono nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non sono in liquidazione volontaria o sottoposte a procedure concorsuali.

Con decreto interministeriale 5 giugno 2017, per i nuovi bandi l'accesso alle agevolazioni è esteso ai professionisti. I settori ammessi, nel rispetto dei regolamenti de minimis della Unione Europea, sono individuati dalle norme istitutive e di regolazione delle singole ZFU. Le agevolazioni consistono in: esenzione dalle imposte sui redditi; esenzione dall'IRAP; esenzione dall'imposta municipale propria; esonero dal versamento dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente.

Per una ricognizione completa della normativa che disciplina le Zone franche urbane si rimanda all’approfondimento Le attuali Zone Franche Urbane (ZFU) sul Portale della documentazione.

 


 

Articolo 1, comma 1021
(Insediamenti di container in zone emergenziali
per lo svolgimento di servizi di interesse generale)

 

 

Il comma 1021, introdotto nel corso dell’esame al Senato, stabilisce, nel caso di eventi emergenziali di protezione civile, la possibilità, previa autorizzazione dei Sindaci dei Comuni interessati, per i concessionari di servizi pubblici di utilizzare le aree pubbliche rese disponibili, al fine di insediare container finalizzati al regolare svolgimento dei loro servizi, già resi negli immobili dichiarati inagibili. 

 

Il comma 1021 prevede l’indicazione da parte dei Sindaci dei Comuni interessati da eventi emergenziali di protezione civile ai concessionari di servizi pubblici delle aree pubbliche disponibili, da destinare agli insediamenti di container, per il regolare svolgimento dei servizi già resi negli immobili dichiarati inagibili.

 

L’art. 7 del Codice della protezione civile (D. Lgs. n. 1/2018) prevede tre tipologie di eventi emergenziali di protezione civile che a seconda della entità dei fenomeni possono essere fronteggiate dagli enti e dalle amministrazioni competenti in via ordinaria, dal coordinamento di più enti disciplinati dalle regioni e dalle province autonome, e con deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale.

 

La norma prevede altresì che per l’utilizzo di tali spazi occorre una richiesta di autorizzazione presentata dai concessionari di servizi pubblici e stabilisce che i container in questione debbano essere immediatamente  rimuovibili al venir meno dell’esigenza.

L’assegnazione è effettuata a titolo gratuito e per un periodo di tempo predeterminato, eventualmente rinnovabile, mentre le spese per l’installazione e le utenze sono a carico dei concessionari.

Per quanto sopra stabilito, sono fatti salvi i comportamenti tenuti dai concessionari di servizi pubblici per garantire la continuità del servizio in occasione di eventi emergenziali verificatisi prima della data di entrata in vigore della presente legge.


 

Articolo 1, comma 1022
(Regime fiscale strutture periferiche enti pubblici non economici

 

 

Il comma 1022, inserito al Senato, esenta dalle imposte sui redditi, qualificandole come “non commerciali”, le attività svolte dalle strutture periferiche di natura privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse, alle condizioni previste dalla legge.

 

Le norme a tal fine integrano l’articolo 148, comma 3 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi -  TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986), che prevede un regime agevolativo in favore di particolari categorie di enti non commerciali, prevalentemente associativi, che consiste nella decommercializzazione ai fini IRES delle attività rese in diretta attuazione degli scopi istituzionali, verso il pagamento di corrispettivi specifici, nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché delle cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.

Detta norma stabilisce, in sostanza, la non imponibilità ai fini IRES di talune prestazioni rese da specifiche categorie di enti non commerciali, quando sussistono congiuntamente i seguenti presupposti:

a) le attività agevolate devono essere effettuate dagli organismi tassativamente indicati;

b) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi devono essere rese in favore degli iscritti, associati o partecipanti ovvero di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;

c) le stesse attività devono essere effettuate "in diretta attuazione degli scopi istituzionali".

 

La disposizione in esame introduce nel novero dei soggetti che possono usufruire di tale detassazione anche le strutture periferiche di natura privatistica necessarie agli enti pubblici non economici per attuare la funzione di preposto a servizi di pubblico interesse.

L’ultimo periodo del comma, infine, quantifica le minori entrate derivanti dalla norma in euro 300.000 annui a decorrere dal 2019.


 

Articolo ,1 commi 1025-1027
(Flussi veicolari nel porto di Genova)

 

 

I commi 1025-1027 affidano, per l’anno 2019, al Commissario straordinario per la ricostruzione di cui all’articolo 1 del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 le attività di ottimizzazione dei flussi veicolari nel porto di Genova, prevedendo che tra queste sia ricompresa la progettazione del nuovo centro merci di Alessandria Smistamento (per la quale sono attribuiti 2 milioni di euro per l’anno 2019). E’ individuata la copertura finanziaria dell’intervento.

 

L’articolo 6 del decreto-legge n. 109 del 2018 prevede che, per poter garantire l’ottimizzazione dei flussi veicolari logistici in ingresso e in uscita dal porto di Genova, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sovraintende alla progettazione e alla realizzazione, in via d’urgenza, di infrastrutture ad alta automazione, di sistemi informatici e delle relative opere accessorie.

Più nel dettaglio il comma 1 del citato articolo stabilisce che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sovraintende alla progettazione e alla realizzazione, con carattere di urgenza, di infrastrutture ad alta automazione, di sistemi informatici e delle relative opere accessorie per garantire l’ottimizzazione dei flussi veicolari logistici in ingresso e in uscita dal porto di Genova, ivi compresa la realizzazione del varco di ingresso di Ponente. Per la realizzazione delle suddette attività il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti esercita i poteri necessari, anche di natura espropriativa per pubblica utilità, per l’immediata realizzazione del sistema informatico e delle relative infrastrutture accessorie. La disposizione fa salve le competenze attribuite all’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

 

Il Commissario straordinario pone in essere le attività necessarie al fine di garantire, in via d'urgenza, la demolizione, la rimozione, lo smaltimento e il conferimento in discarica dei materiali di risulta, nonché la progettazione, l'affidamento e la ricostruzione del cosiddetto ponte Morandi e il ripristino del connesso sistema viario. Il commissario straordinario è stato nominato con il DPCM 4 ottobre 2018 nella persona del sindaco di Genova, dott. Marco Bucci.

 

La copertura finanziaria dell’intervento è effettuata a valere sulle risorse di cui al comma 1 dell’articolo 6 del citato decreto-legge n. 109 del 2018.

Tale disposizione prevede, per far fronte agli oneri derivanti dall’esecuzione delle attività sopra descritte un’autorizzazione di spesa di 8 milioni di euro per l’anno 2018, 15 milioni di euro per l’anno 2019 e 7 milioni di euro per l’anno 2020.

 


 

Articolo 1, commi 1028-1029
(Investimenti per la mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico e per la resilienza di strutture e infrastrutture
nei territori in emergenza)

 

 

I commi 1028-1029 autorizzano la spesa complessiva di 2,6 miliardi di euro (800 milioni di euro per il 2019 e 900 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021), al fine di permettere la realizzazione di investimenti finalizzati alla mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico nonché all’aumento del livello di resilienza di strutture e infrastrutture, nei territori in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza e lo stesso (alla data di entrata in vigore della presente legge) risulta ancora in corso oppure è terminato da non oltre 6 mesi.

Sono inoltre disciplinate le modalità di realizzazione e di monitoraggio degli interventi, nonché di utilizzo delle risorse.

 

La relazione illustrativa evidenzia che la disposizione in esame “nasce dalla duplice esigenza di fornire una risposta urgente all’emergenza derivante dai gravi eventi alluvionali dei mesi di ottobre e novembre 2018 e di procedere ad un avvio tempestivo degli investimenti volti alla mitigazione del rischio idrogeologico del territorio e alla maggiore resilienza delle infrastrutture e strutture”.

Si osserva che tale delimitazione del campo di applicazione ai soli eventi calamitosi dell’autunno del 2018 non trova tuttavia riscontro nel testo della disposizione in esame, che sembrerebbe riferita a tutti gli stati di emergenza ancora aperti, nonché a quelli terminati da non oltre 6 mesi.

In effetti la stessa relazione illustrativa afferma, in altro punto, che “la disposizione è applicabile a tutti gli stati di emergenza per eventi idrogeologici ed idraulici ancora in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero nei casi in cui alla stessa data lo stato di emergenza sia terminato da non oltre sei mesi”.

Si valuti quindi l’opportunità di un chiarimento volto a chiarire l’esatto ambito di applicazione dei commi in esame.

Qualora la norma fosse destinata alle sole calamità iniziate nell’ottobre 2018, allora si configurerebbe, nella sostanza, come una sorta di rifinanziamento e prolungamento del Fondo per gli investimenti delle regioni e delle province autonome colpite da eventi calamitosi istituito, finanziato e disciplinato dall’art. 24-quater del D.L. 119/2018 (recentemente convertito dalla legge n. 136/2018).

Tale articolo, al fine di far fronte alle esigenze derivanti dagli eventi calamitosi verificatisi nei mesi di settembre e ottobre dell'anno 2018, ha istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze per il successivo trasferimento alla Presidenza del Consiglio dei ministri un fondo con una dotazione iniziale di 474,6 milioni di euro per l'anno 2019 e di 50 milioni di euro per l'anno 2020. Tale fondo è destinato alle esigenze per investimenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in particolare nei settori di spesa dell'edilizia pubblica, comprese le manutenzioni e la sicurezza, della manutenzione della rete viaria e del dissesto idrogeologico.

 

Di seguito si illustra il dettaglio delle disposizioni dettate dai commi in esame.

Stanziamento per investimenti urgenti e territori destinatari (comma 1028, primo periodo)

Il primo periodo del comma 1028 autorizza la spesa complessiva di 2,6 miliardi di euro (800 milioni di euro per il 2019 e 900 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021), al fine di permettere l’immediato avvio e la realizzazione nell’arco del medesimo triennio degli investimenti strutturali e infrastrutturali urgenti nei territori in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza e lo stesso, alla data di entrata in vigore della presente legge, risulta ancora in corso oppure è terminato da non oltre 6 mesi.

La norma specifica che gli investimenti urgenti a cui fa riferimento sono quelli previsti dall’art. 25, comma 2, lettere d) ed e) del D.Lgs. 1/2018 (Codice della protezione civile).

In base a tali disposizioni, con le ordinanze di protezione civile si dispone, nel limite delle risorse disponibili, in ordine:

a)    alla realizzazione di interventi, anche strutturali, per la riduzione del rischio residuo nelle aree colpite dagli eventi calamitosi, strettamente connesso all'evento e finalizzati prioritariamente alla tutela della pubblica e privata incolumità, in coerenza con gli strumenti di programmazione e pianificazione esistenti;

b)   alla ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private danneggiate, nonché dei danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e paesaggistici e dal patrimonio edilizio, da porre in essere sulla base di procedure definite con la medesima o altra ordinanza.

Finalità degli investimenti (comma 1028, primo periodo)

Il primo periodo del comma 1028 stabilisce altresì che gli investimenti finanziati con le risorse autorizzate devono essere finalizzati esclusivamente:

§  alla mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico;

§  nonché all’aumento del livello di resilienza delle strutture e infrastrutture individuate:

-     dai Commissari delegati, nominati a seguito delle deliberazioni (adottate dal Consiglio dei ministri) dello stato di emergenza ancora in corso alla data di entrata in vigore della presente legge;

Si ricorda che l’art. 24, comma 1, del D.Lgs. 1/2018 dispone che al verificarsi degli eventi che presentano i requisiti di cui alla lettera c) del comma 1 dell’art. 7 (vale a dire “emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari”), ovvero nella loro imminenza, il Consiglio dei ministri delibera lo stato d'emergenza di rilievo nazionale, fissandone la durata e determinandone l'estensione territoriale con riferimento alla natura e alla qualità degli eventi e autorizza l'emanazione delle ordinanze di protezione civile. Per coordinare l'attuazione di tali ordinanze possono essere nominati (ai sensi dell’art. 25, comma 7) commissari delegati che operano in regime straordinario fino alla scadenza dello stato di emergenza di rilievo nazionale.

-     ai sensi e nei limiti dell’art. 26, comma 1, secondo periodo, del D.Lgs. 1/2018, nei casi in cui, alla data di entrata in vigore della presente legge, lo stato di emergenza sia terminato da non oltre 6 mesi.

Si fa notare che il citato art. 25, comma 7, del D.Lgs. 1/2018, dispone altresì che, successivamente alla scadenza dello stato di emergenza, i commissari curano (fino alla chiusura della contabilità speciale aperta per l’attuazione delle ordinanze di protezione civile) la prosecuzione delle attività in regime ordinario.

L’art. 26 del medesimo decreto legislativo prevede che “almeno trenta giorni prima della scadenza dello stato di emergenza di rilievo nazionale, è adottata apposita ordinanza volta a favorire e regolare il proseguimento dell'esercizio delle funzioni commissariali in via ordinaria nel coordinamento degli interventi, conseguenti all'evento, pianificati e non ancora ultimati” e, in particolare, il secondo periodo del comma 1 dispone che, con la medesima ordinanza, “possono essere altresì emanate, per la durata massima di sei mesi non prorogabile e per i soli interventi connessi all'evento, disposizioni derogatorie, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico e delle norme dell'Unione europea, in materia di affidamento di lavori pubblici e di acquisizione di beni e servizi nonché per la riduzione di termini analiticamente individuati e disposizioni finalizzate all'eventuale rimodulazione del piano degli interventi nei limiti delle risorse disponibili”.

Per completezza si ricorda che il successivo art. 27 dispone, al comma 5, che per la prosecuzione e il completamento degli interventi e delle attività previste dalle ordinanze di protezione civile, ove non ultimati o conclusi alla scadenza dello stato di emergenza di rilievo nazionale, la durata della contabilità speciale può essere prorogata per un periodo di tempo determinato e comunque non superiore a 36 mesi.

Fino a tale scadenza, il soggetto già titolare della contabilità speciale può essere autorizzato alla gestione della medesima contabilità in qualità di autorità ordinariamente competente (art. 26, comma 2).

Modalità di realizzazione degli interventi (comma 1028 periodi secondo e terzo)

Il secondo periodo del comma 1028 dispone che gli investimenti in questione sono realizzati secondo le modalità previste dall’ordinanza di protezione civile 15 novembre 2018, n. 558.

Con tale ordinanza (pubblicata nella G.U. n. 270 del 20 novembre 2018) sono stati disciplinati i primi interventi urgenti di protezione civile in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici che hanno interessato il territorio delle regioni Calabria, Emilia Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Toscana, Sardegna, Siciliana, Veneto e delle Province autonome di Trento e Bolzano, colpito dagli eccezionali eventi meteorologici verificatisi a partire dal mese di ottobre 2018. (Ordinanza n. 558).

Tale ordinanza è stata emanata in seguito alla delibera del Consiglio dei Ministri 8 novembre 2018 con cui è stato dichiarato, per la durata di 12 mesi dalla data del provvedimento stesso, lo stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici verificatisi a partire dal giorno 2 ottobre 2018 nei territori citati. Per l'attuazione dei primi interventi urgenti (di cui all’art. 25, comma 2, lettere a) e b) del D.Lgs. 1/2018), nelle more della valutazione dell'effettivo impatto degli eventi in rassegna, si provvede nel limite di 53,5 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali (di cui all'art. 44, comma 1, del D.Lgs. 1/2018).

 

Il terzo periodo prevede che per gli interventi di valore superiore alla soglia di rilevanza europea può essere finanziata anche la sola progettazione da realizzare nell’anno 2019.

La norma si applica agli appalti di lavori nei settori speciali.

La norma in questione, infatti, nel definire la soglia, fa riferimento all’art. 35, comma 2, lettera a), del D.Lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), che indica in 5,5 milioni di euro (5.548.000 euro per l’esattezza, ai sensi di quanto disposto dal regolamento (UE) n. 2364/2017) la soglia di rilevanza europea per gli appalti di lavori nei settori speciali.

Ai sensi degli artt. 114-121 del D.Lgs. 50/2016 si considerano “speciali” i settori seguenti: gas ed energia termica; elettricità; acqua; servizi di trasporto; porti e aeroporti; servizi postali; estrazione di gas e prospezione o estrazione di carbone o di altri combustibili solidi.

Fondo per la realizzazione degli interventi e modalità di utilizzo delle relative risorse (comma 1029, periodi primo, secondo e terzo)

Per le finalità di cui al comma precedente, il comma 1029 prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un fondo con una dotazione corrispondente all’autorizzazione di spesa recata dal comma 610-bis, vale a dire di 800 milioni di euro per il 2019 e di 900 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021.

La copertura finanziaria è assicurata mediante un corrispondente decremento delle risorse attribuite al Fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese di cui all’articolo 1, comma 95, del presente disegno di legge, alla cui scheda di lettura si rinvia per approfondimenti.

 

Le risorse di cui al periodo precedente sono trasferite al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri in apposito fondo del Dipartimento della protezione civile.

 

Tali risorse sono assegnate, con apposito D.P.C.M. adottato su proposta del Capo del dipartimento della protezione civile, ai Commissari delegati o ai soggetti responsabili di cui all’art. 26, comma 1, del D.Lgs. 1/2018.

Monitoraggio degli interventi (comma 1029, quarto periodo)

Il quarto periodo del comma 1029 prevede che gli interventi sono monitorati ai sensi del D.Lgs. 29 dicembre 2011, n. 229, e i relativi dati sono rilevati dai Commissari che li trasmettono con la classificazione “Mitigazione dissesto idrogeologico - piani dei commissari” ai sensi del medesimo decreto legislativo.

Relativamente al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche e di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti, si rinvia al Box nella scheda relativa ai commi 95-98 e 105-106 del presente dossier.


 

Articolo 1, comma 1030
(Utilizzo da parte delle Regioni delle risorse
disponibili per il dissesto idrogeologico)

 

 

Il comma 1030, introdotto nel corso dell’esame al Senato, prevede che per la realizzazione di interventi nel settore della prevenzione dei rischi ambientali e del dissesto idrogeologico, le Regioni utilizzano in via prioritaria le risorse allo scopo disponibili nell’ambito dei programmi cofinanziati dai fondi della programmazione europea 2014/2020, nonché nell’ambito dei programmi complementari di azione e coesione. L’utilizzo delle risorse dovrà avvenire nel rispetto delle procedure previste dalla vigente normativa europea e nazionale e nel limite di 700 milioni di euro annui per ciascuno degli anni del triennio 2019-2021.

 

Il comma 1030, introdotto nel corso dell’esame al Senato, prevede che per la realizzazione di interventi nel settore della prevenzione dei rischi ambientali e del dissesto idrogeologico, le Regioni utilizzano in via prioritaria, rispetto ad altre fonti di finanziamento, le risorse allo scopo disponibili nell’ambito dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali e di investimento europei della programmazione 2014/2020[38] (FESR e il FEASR), nonché nell’ambito dei programmi complementari di azione e coesione.

 

Lo stesso comma precisa che l’utilizzo delle citate risorse deve avvenire:

- nel rispetto delle procedure previste dalla vigente normativa europea e nazionale;

- nel limite di 700 milioni di euro annui per ciascuno degli anni del triennio 2019-2021.

 

La relazione tecnica sottolinea che le risorse in questione sono “allocate negli specifici assi prioritari dedicati ai rischi ambientali nell’ambito dei programmi regionali che, sulla base dei dati disponibili sul sistema ufficiale di monitoraggio, risultano non ancora impegnate da parte delle Amministrazioni regionali. Trattandosi di risorse già destinate all’obiettivo del contrasto al dissesto idrogeologico ed ai rischi ambientali, le stesse sono immediatamente attivabili nell’ambito delle ordinarie procedure di gestione dei Programmi operativi in cui sono allocate. In ogni caso, trattandosi di risorse già nella disponibilità delle Amministrazioni regionali, non si determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.


 

Articolo 1, commi da 1031 a 1047
(I
ncentivi per l’acquisto di veicoli elettrici e detrazioni fiscali sulle spese per le infrastrutture di ricarica)

 

 

I commi da 1031 a 1047 introducono disincentivi, sotto forma di imposta, per l’acquisto di autovetture nuove con emissioni di CO2 superiori ad una certa soglia e contestualmente incentivi, sotto forma di sconto sul prezzo, per l’acquisto di autovetture nuove a basse emissioni.

 

 

Il comma 1031 come modificato dal Senato viene a introdurre, in via sperimentale per gli anni 2019, 2020 e 2021, un contributo tra i 1.500 e i 6.000 euro per chi acquisti, anche in locazione finanziaria e immatricoli in Italia un autoveicolo nuovo, sempre di categoria M1, caratterizzato da base emissioni inquinanti, inferiori a 70 g/KM, quindi sostanzialmente per i veicoli totalmente elettrici o ibridi.

 

L’ammontare del contributo è differenziato sulla base di due fasce di emissioni e della circostanza per cui l'acquisto avvenga contestualmente alla consegna per la rottamazione di un veicolo della medesima categoria omologato alle classi Euro 1, 2, 3, 4.

 

Di seguito si riporta la tabella relativa al contributo parametrato al numero dei grammi di biossido di carbonio emessi per chilometro in caso di contestuale rottamazione:  

 

 

Emissioni di

CO2 g/KM

CONTRIBUTO (euro)

0-20

6.000

21-70

2.500

 

In assenza di rottamazione il contributo è invece pari a:

 

Emissioni di

CO2 g/KM

CONTRIBUTO (euro)

0-20

4.000

21-70

1.500

 

Il veicolo consegnato per la rottamazione deve essere intestato da almeno dodici mesi alla medesima persona intestataria del nuovo veicolo o a uno dei familiari conviventi alla data di acquisto. In caso di locazione finanziaria del nuovo veicolo, quello consegnato per la rottamazione deve risultare intestato all'utilizzatore o a un familiare da almeno dodici mesi (comma 1032). Nell'atto di acquisto deve essere espressamente dichiarato che il veicolo consegnato è destinato alla rottamazione (comma 1033).

Entro 15 giorni dalla data di consegna del veicolo nuovo, il venditore ha l'obbligo, pena il mancato riconoscimento del contributo, di avviare il veicolo usato per la demolizione e di provvedere direttamente alla richiesta di cancellazione per demolizione allo sportello telematico dell'automobilista (comma 1034). A tal fine il venditore è tenuto a consegnare i veicoli usati ai centri di raccolta appositamente autorizzati, anche per il tramite delle case costruttrici al fine della messa in sicurezza, della demolizione, del recupero di materiali e della rottamazione. Tali veicoli non possono essere rimessi comunque in circolazione (comma 1035).

Ai sensi del comma 1036 il contributo viene corrisposto mediante sconto sul prezzo di acquisto dal venditore all’acquirente, e non è cumulabile con altri incentivi di carattere nazionale.

 

Le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo rimborsano al venditore l’importo del contributo e recuperano detto importo come credito d’imposta, utilizzabile esclusivamente in compensazione, secondo le disposizioni dell’articolo 17 del d.lgs. n. 241 del 1997 e senza applicazione dei limiti per le compensazioni stabiliti dall’articolo 34 della legge n. 388/2000 e dall’articolo l, comma 53, della legge 244 del 2007, presentando esclusivamente il modello F24 in via telematica all’Agenzia delle entrate (comma 1037). È fatto obbligo alle imprese costruttrici o importatrici di conservare copia della fattura di vendita e dell’atto di acquisto, che deve essere ad esse trasmessa dal venditore, fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata emessa la fattura di vendita (comma 1038).

 

 

Il nuovo comma 1039 prevede poi una nuova detrazione fiscale per l'acquisto e la posa in opera di infrastrutture di ricarica per i veicoli alimentati a energia elettrica. In particolare, tale disposizione modifica il decreto legge n. 63 del 2013, inserendo un articolo aggiuntivo (16-ter) relativo alla disciplina di tale detrazione, riconosciuta ai contribuenti rispetto all'imposta lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, per le spese documentate sostenute dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021 in relazione all'acquisto o posa in opera di infrastrutture di ricarica per i veicoli elettrici.

La detrazione:

·        è ripartita in dieci quote annuali di pari importo;

·        è riconosciuta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute;

·        è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 3.000 euro.   

 

Per la disciplina applicativa dell’incentivo e della detrazione si rinvia all’emanazione di un decreto del Ministro per lo sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e trasporti e con il Ministero dell’economia e finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge (comma 1040). Si fa in particolare riferimento alle procedure di concessione del contributo di cui al (nuovo) comma 1031 e della detrazione d'imposta di cui al (nuovo) comma 1039. Il limite complessivo di spesa, che costituisce limite per la concessione del beneficio, nel testo come modificato al Senato, risulta pari a 60 milioni di euro per il 2019 e a 70 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021. Ai sensi del comma 1041, per l’erogazione del contributo viene infatti istituito un apposito Fondo presso il Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 60 milioni di euro per il 2019 e di 70 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021.

Per il monitoraggio delle misure descritte nei commi 1031 e seguenti è istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un sistema permanente di monitoraggio, che si avvale delle informazioni fornite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (comma 1047).

 

 

 

Il comma 1042, come modificato al Senato, istituisce, a decorrere dal 1° marzo 2019 (e non già dal 1° gennaio, come previsto dal comma 611 sostituito) e fino al 31 dicembre 2021, un’imposta parametrata al numero dei grammi di biossido di carbonio (CO2) emessi per chilometro, a carico di chi acquisti, anche in locazione finanziaria, e immatricoli in Italia- inclusi, ai sensi del comma 1043, anche i veicoli già immatricolati in altri Stati che vengano reimmatricolati in Italia- un veicolo nuovo di categoria M1, quindi un’autovettura (veicolo a motore destinato al trasporto di persone, avente al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente) con emissioni di CO2 superiori a 160 CO2 g/km.  Viene così rimodulato l'importo da versare in base a 4 fasce di emissioni, indicate nella tabella riportata nella norma:

 

 

Emissioni di

CO2 g/KM

IMPOSTA (euro)

161-175

1.100

176-200

1.600

201-250

2.000

>250

2.500


Il nuovo comma 1044 viene a prevedere che l'imposta non sia applicata ai veicoli per uso speciale di cui all'allegato II, parte A, punto 5 della direttiva 2007/46/CE: camper, veicoli blindati, ambulanze, auto funebri, veicoli con accesso per sedia a rotelle, caravan, gru mobili, carrelli "dolly", rimorchi per trasporto eccezionale e altri veicoli per uso speciale che non rientrano in nessuna delle precedenti definizioni.

 

Circa le modalità di versamento, si prevede (comma 1045) che l’imposta venga versata dall’acquirente o da chi richiede l’immatricolazione, in base agli articoli 17 e seguenti del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 e che si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di accertamento, riscossione e contenzioso in materia di imposte sui redditi.

 

Ai fini della determinazione del contributo, il (nuovo) comma 1046 prevede che, fino al 31 dicembre 2020, il numero dei grammi di biossido di carbonio emessi per chilometro sia quello  relativo al ciclo di prova NEDC (New European Driving Cycle), cioè il vecchio sistema di calcolo delle emissioni. Il dato di stima viene riportato nel secondo riquadro al punto V.7 della carta di circolazione di ciascun veicolo ed è quello da utilizzare per determinare il contributo.

Il ciclo NEDC è costituito dalla ripetizione di quattro cicli "urbani", a una velocità massima di 50 km/h e uno extraurbano, alla velocità massima di 120 km/h e per stimare i livelli di emissioni inquinanti dei veicoli e per il consumo di carburante.

Il ciclo NEDC è stato sostituito, a decorrere dal 1° settembre 2017 per i nuovi modelli di auto e dal 1° settembre 2018 per tutte le nuove immatricolazioni, dal nuovo test denominato WLTP (procedura mondiale di prova per veicoli leggeri) per la misurazione delle emissioni di CO2, degli altri inquinanti (ossido di azoto e particelle PM) e dei consumi di carburante.

 

Il regolamento (CE) n. 443/2009 definisce con precisione i livelli di prestazione in materia di emissioni delle autovetture nuove, al fine di ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri, fissando un obiettivo di 95 g CO2/Km come livello medio di emissioni per il nuovo parco auto europeo da raggiungere nel 2021. L'Unione europea ha avviato a tale fine, dal 2010 un monitoraggio dell'emissione media di CO2. Le emissioni medie erano di 186 g/Km nel 1995 e sono scese a 161 g/Km nel 2005; i dati del monitoraggio hanno mostrato dal 2010 una riduzione delle emissioni medie di 22 g/km. L'emissione media di CO2 nel 2015 è stata di 119,6 g/Km. Nel 2017 l'emissione media delle nuove auto immatricolate è stata di 118,5 g/km, in aumento di 0,4 g/km rispetto alla media del 2016. A fine 2017, 17 Paesi su 28 dell'UE hanno registrato un valore emissivo medio in aumento rispetto al 2016.

L'obiettivo di emissioni fu introdotto quando era in vigore il test per le emissioni c.d. NEDC (Direttiva EU 90/C81/01), il quale è stato ora sostituito (dal 1° settembre 2017 per i nuovi modelli di auto e dal 1° settembre 2018 per tutte le immatricolazioni) dal nuovo test per la misurazione delle emissioni di CO2, degli altri inquinanti (ossido di azoto e particelle PM) e dei consumi di carburante denominato WLTP (procedura mondiale di prova per veicoli leggeri), molto più accurato e realistico con riferimento alle reali condizioni di guida rispetto alla misurazione delle emissioni usata in precedenza. L'attuale test WLTP rende pertanto più difficile per l'industria il raggiungimento dell'obiettivo dei 95 gCO2/km e di quelli successivi che saranno stabiliti.

Nella Comunicazione "L'Europa in movimento", COM(2017) 283 final), del maggio 2017, la Commissione UE disegna un'agenda UE per una transizione verso una mobilità pulita competitiva e interconnessa, concentrandosi sul contributo fondamentale che il trasporto su strada deve fornire.

A novembre 2017 è stato quindi pubblicato dalla Commissione europea il secondo pacchetto mobilità, che include una proposta di regolamento sulla riduzione delle emissioni di CO2 post-2021, per le autovetture ed i veicoli commerciali leggeri, in particolare prevedendo una ulteriore riduzione delle emissioni del 15% al 2025 rispetto al target del 2021 e una riduzione delle emissioni del 30% al 2030 rispetto al target del 2021.  Al Consiglio europeo del 9 ottobre 2018, i Ministri dell'ambiente degli Stati membri dell'UE hanno concordato un ulteriore abbattimento delle emissioni di CO2 del 15% al 2025 e del 35% al 2030 per le vetture. Il Parlamento europeo aveva votato il 3 ottobre 2018 a favore di una riduzione maggiore delle emissioni (rispettivamente al 20% ed al 40%) prevedendo anche un "malus" fino ad un 5% in più per i costruttori, in caso di mancato raggiungimento di una quota imposta di auto e VCL elettrici (ZLEV: Zero e Low Emission Vehicle) sul totale venduto (20% al 2025 e 35% al 2030). Il Consiglio ha però concordato, solo per le autovetture, sull'applicazione di un moltiplicatore pari a 2 agli ZLEV venduti dai costruttori, nei Paesi dove la media di questi veicoli è inferiore del 60% alla media europea di ZLEV al 2021.

Sono attualmente in corso i negoziati tra Consiglio, Parlamento e Commissione UE per stabilire la soglia finale del taglio di emissioni che costituirà la posizione UE nell'ambito della prossima COP24, il vertice delle Nazioni Unite sul clima, in programma il 13-14 dicembre 2018 in Polonia.

L'accordo definitivo tra Commissione, Parlamento e Consiglio è previsto a inizio 2019.

L'International Transport Forum dell'OECD ha in corso numerose iniziative di studio sul ruolo dei trasporti nella decarbonizzazione. Tra queste l'iniziativa Decarbonizing Transport, lanciata nel 2016, che riunisce oltre 70 governi, organizzazioni internazionali (tra cui OECD,  Banca Mondiale), istituzioni (tra cui la Commissione europea, Commissioni dell'ONU, il network POLIS di città e regioni), fondazioni, organizzazioni di settore e aziende (automobilistiche e non). L'Iniziativa sta valutando le varie misure di riduzione delle emissioni, identificando un catalogo di possibili opzioni per i responsabili decisionali verso una mobilità ad emissioni zero, senza sostenere a priori misure o politiche specifiche, ma partendo dai dati che mostrano che i cambiamenti climatici non possono essere fermati senza la decarbonizzazione dei trasporti, in quanto il settore del trasporto emette circa il 23% della CO2 legata all'energia che alimenta il riscaldamento globale.

 


 

Articolo 1, comma 1048
(Riduzione della tassa automobilistica per i veicoli storici)

 

 

Il comma 1048 prevede la riduzione della tassa automobilistica nella misura del 50% per i veicoli di interesse storico e collezionistico con anzianità di immatricolazione compresa tra 20 e 29 anni

 

Nello specifico viene modificato l’articolo 63 della legge 21 novembre 2000, n. 342, che attualmente esenta dal pagamento delle tasse automobilistiche i veicoli ed i motoveicoli, esclusi quelli adibiti ad uso professionale, a partire dal trentesimo anno dalla loro costruzione. La norma in commento introduce un nuovo comma 1-bis a tale articolo 63, che dispone la riduzione del 50% della tassa per i veicoli (si tratta di autoveicoli e motoveicoli) che abbiano un’anzianità compresa tra 20 e 29 anni, a condizione che siano in possesso del certificato di rilevanza storica e che il riconoscimento di storicità sia riportato sulla carta di circolazione. La norma in commento introduce pertanto un’agevolazione per veicoli che avendo anzianità inferiore a trenta anni ancora non possono usufruire dell’esenzione totale dalla tassa automobilistica.

Il certificato di rilevanza storica è disciplinato dall'articolo 4 del decreto ministeriale 17 novembre 2009 (“Disciplina e procedure per l'iscrizione dei veicoli di interesse storico e collezionistico nei registri, nonché per la loro riammissione in circolazione e la revisione periodica”) ed attesta la data di costruzione, la marca, il modello e le caratteristiche tecniche del veicolo, con specifica indicazione di tutte quelle utili per la verifica dell'idoneità alla circolazione, la sussistenza ed elencazione delle originarie caratteristiche di fabbricazione, nonché la specifica indicazione di quelle modificate o sostituite.

Il certificato è rilasciato dagli enti di cui al comma 4 dell'articolo 60 del Codice della Strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), che rientrino nella categoria dei motoveicoli e autoveicoli di interesse storico e collezionistico tutti quelli di cui risulti l'iscrizione in uno dei seguenti registri: ASI, Storico Lancia, Italiano FIAT, Italiano Alfa Romeo, Storico FMI.

 

Il nuovo comma 1-ter che viene introdotto al citato articolo 63 della legge 342/2000 quantifica l'onere derivante dal comma 1-bis in 2,05 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019. Sarebbe opportuno inserire la quantificazione dell’onere nell’ambito della legge di bilancio e non nella legge n. 342/2000.


 

Articolo 1, commi 1049 e 1050
(Attività di revisione dei veicoli adibiti a trasporto di merci)

 

 

I commi 1049 e1050 consentono l’affidamento in concessione alle imprese di autoriparazione delle attività di revisione dei veicoli di massa superiore a 3,5 tonnellate per trasporto di merci non pericolose o deperibili

 

Nello specifico, si modifica l’articolo 80, comma 8, del Codice della Strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285), che prevede attualmente la possibilità per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di affidare in concessione quinquennale le revisioni relative a veicoli a motore che contengano al massimo 16 persone compreso il conducente, ovvero con massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 t, ad imprese di autoriparazione che svolgono la propria attività nel campo della meccanica e motoristica, carrozzeria, elettrauto e gommista ovvero ad imprese che, esercendo in prevalenza attività di commercio di veicoli, esercitino altresì, con carattere strumentale o accessorio, l'attività di autoriparazione.

Il comma 1049 estende la possibilità di affidare in concessione quinquennale alle suddette imprese di autoriparazione anche le revisioni dei veicoli a motore con massa a pieno carico superiore a 3,5 t, se tali veicoli siano destinati al trasporto di merci non pericolose o non deperibili in regime di temperatura controllata (ATP).

Il richiamato comma 8 prevede altresì che tali imprese debbano essere iscritte nel registro delle imprese esercenti attività di autoriparazione  di cui all'art. 2, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 122. Le revisioni possono essere altresì affidate in concessione ai consorzi e alle società consortili, anche in forma di cooperativa, appositamente costituiti tra imprese iscritte ognuna almeno in una diversa sezione del medesimo registro, in modo da garantire l'iscrizione in tutte e quattro le sezioni.

 

Il comma 1050 prevede che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti adotti i provvedimenti necessari alla attuazione delle modifiche sopra indicate entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge.


 

Articolo 1, comma 1051
(Prelievo erariale unico sugli apparecchi da divertimento - PREU)

 

Il comma 1051, modificato al Senato, incrementa a decorrere dal 1° gennaio 2019 dell’1,35 e dell’1,25 per cento le aliquote del prelievo erariale unico (PREU) applicabili rispettivamente agli apparecchi cosiddetti new slot e videolottery.

 

La norma incrementa il prelievo erariale unico (PREU) applicabile agli apparecchi da divertimento e intrattenimento idonei per il gioco lecito identificati dall'articolo 110, comma 6, lettera a), i cosiddetti amusement with prizes (AWP o new slot) e lettera b), le cosiddette videolottery (VLT), del regio decreto n. 773 del 1931 (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza).

 

Più precisamente, si tratta degli apparecchi dotati di attestato di conformità rilasciato dal Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e obbligatoriamente collegati alla rete telematica, slot machine, e di quelli facenti parte della rete telematica che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa, videolottery.

 

Si ricorda che, da ultimo, l’articolo 9, comma 6, del decreto legge n. 87 del 2018 (cd. decreto dignità), convertito con legge n. 96 del 2018, ha aumentato la misura del prelievo erariale unico sui predetti apparecchi, fissando le aliquote nella seguente modalità:

§  al 19,25 per cento (AWP) e al 6,25 per cento (VLT) dell'ammontare delle somme giocate a decorrere dal 1° settembre 2018;

§  al 19,6 per cento (AWP) e al 6,65 per cento (VLT) dal 1° maggio 2019;

§  al 19,68 per cento (AWP) e al 6,68 per cento (VLT) dal 1° gennaio 2020,

§  al 19,75 per cento (AWP) e al 6,75 per cento (VLT) dal 1° gennaio 2021

§  al 19,6 per cento (AWP) e al 6,6 per cento (VLT) dal 1° gennaio 2023.

 

La norma in esame incrementa pertanto le predette aliquote di un ulteriore 1,35 per cento per i cosiddetti amusement with prizes (AWP o new slot) e dell’ 1,25 per cento per le cosiddette videolottery (VLT) a decorrere dal 1° gennaio 2019.

 

Con una seconda modifica, viene fissata inoltre la percentuale minima destinata alle vincite (pay-out) rispettivamente al 68 per cento per gli AWP e all'84 per cento per le VLT, specificando che le operazioni tecniche per l'adeguamento della percentuale di restituzione in vincita devono essere concluse entro 18 mesi dall'entrata in vigore della legge di bilancio 2019.


 

Articolo 1, comma 1052
(Imposta unica giochi a distanza e scommesse)

 

 

Il comma 1052, introdotto al Senato, stabilisce che l'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse sia applicata ai giochi di abilità a distanza con vincita in denaro e al gioco del bingo a distanza, fissando la relativa aliquota. Viene inoltre modificata l'aliquota applicata alle scommesse a quota fissa diverse da quelle ippiche, differenziando fra quelle per cui la raccolta avviene su rete fisica e quelle per cui la raccolta avviene a distanza, nonché l'aliquota per le scommesse a quota fissa su eventi simulati.

 

Il nuovo comma 1052, introdotto al Senato, modifica il decreto legislativo n. 504 del 1998, il quale disciplina l'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, dovuta per i concorsi pronostici e le scommesse di qualunque tipo, relativi a qualunque evento, anche se svolto all'estero (articolo 1 del decreto legislativo).

 

La base imponibile per i concorsi pronostici è costituita dall'ammontare della somma corrisposta dal concorrente per il gioco al netto di diritti fissi e compensi ai ricevitori, mentre per le scommesse è costituita dall'ammontare della somma giocata per ciascuna scommessa (articolo 2).

 

Soggetti passivi dell'imposta unica sono coloro i quali gestiscono, anche in concessione, i concorsi pronostici e le scommesse (articolo 3).

 

L'articolo 4 stabilisce le aliquote, differenziate per i concorsi pronostici (26,80 per cento) e per diverse categorie di scommesse a totalizzazione (20 per cento) e a quota fissa (con aliquote che variano fra il 2 e l'8 per cento su eventi diversi dalle corse dei cavalli e per le scommesse con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori). Per ogni tipo di scommessa ippica a totalizzatore e a quota fissa (salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma 498, della legge di bilancio 2005) l'aliquota è pari al 15,70 per cento della quota di prelievo stabilita per ciascuna scommessa.

 

Il comma in esame prevede che, a decorrere dal l° gennaio 2019, l'imposta unica sia stabilita:

 

a) per i giochi di abilità a distanza con vincita in denaro e al gioco del bingo a distanza, nella misura del 25 per cento delle somme che, in base al regolamento di gioco, non risultano restituite al giocatore;

b) per le scommesse a quota fissa, escluse le scommesse ippiche, nelle misure del 20 per cento, se la raccolta avviene su rete fisica, e del 24 per cento, se la raccolta avviene a distanza, applicata sulla differenza tra le somme giocate e le vincite corrisposte;

c) per le scommesse a quota fissa su eventi simulati di cui all'articolo 1, comma 88, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nella misura del 22 per cento della raccolta al netto delle somme che, in base al regolamento di gioco, sono restituite in vincite al giocatore.

 

 


 

Articolo 1, commi 1053 e 1054
(Proroga della rideterminazione del valore
di acquisto dei terreni e delle partecipazioni)

 

 

Per effetto dei commi 1053-1054, modificati al Senato, viene prorogata la facoltà di rideterminare i valori delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili) posseduti, sulla base di una perizia giurata di stima, a condizione che il valore così rideterminato sia assoggettato a un'imposta sostitutiva.

 

Gli articoli 5 e 7 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) hanno introdotto la possibilità di rideterminare i valori delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili) posseduti da persone fisiche e società semplici alla data del 1° gennaio 2002, agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all'articolo 81, comma 1, lettere a) e b), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (testo unico delle imposte sui redditi - TUIR).

 

Il valore da assumere in luogo del costo o valore di acquisto deve essere determinato sulla base di una perizia giurata di stima redatta da specifiche categorie di soggetti. Il valore così rideterminato è assoggettato un’imposta sostitutiva.

 

Il decreto legge n. 282 del 2002 ha poi riaperto i termini per la rivalutazione dei suddetti valori, applicandola a partecipazioni e terreni posseduti alla data del 1° gennaio 2003. In seguito, i termini sono stati riaperti annualmente sino alla proroga contenuta nella disposizione in esame (comma 1053) che consente di effettuare la rivalutazione per le partecipazioni in società non quotate e per i terreni posseduti alla data del 1° gennaio 2019.  Le imposte sostitutive possono essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla data del 30 giugno 2019. La redazione e il giuramento della perizia devono essere effettuati entro la data del 30 giugno 2019.

 

Il comma 1054 ridetermina il valore delle aliquote per la determinazione dell'imposta sostitutiva. Per effetto delle modifiche apportate al Senato, detta aliquota – a differenza delle passate edizioni della disciplina in esame – è pari all'11 per cento per le partecipazioni qualificate alla data del 1º gennaio 2019, e al 10 per cento per le partecipazioni non risultano qualificate. Per quanto riguarda la rideterminazione dei terreni edificabili e con destinazione agricola, l'aliquota viene fissata al 10 per cento.

 

 

 


 

Articolo 1, commi da 1057 a 1064
(Incentivi rottamazione per acquisto veicoli non inquinanti)

 

 

I commi da 1057 a 1064 - introdotti durante l'esame in Senato - recano incentivi economici per la rottamazione di veicoli di potenza inferiore o uguale a 11kW (categorie L1e e L3e) e il contestuale acquisto in Italia, anche in locazione finanziaria, di veicoli elettrici o ibridi nuovi di fabbrica.

 

 

Con l'obiettivo di incentivare l'acquisto di veicoli ecologici ed eliminare progressivamente dalla circolazione i mezzi di trasporto più inquinanti, il comma 1057 riconosce a chi acquista, nel 2019, in Italia, anche in locazione finanziaria, un veicolo elettrico o ibrido nuovo di fabbrica, di potenza inferiore o uguale a 11kW, delle categorie L1e e L3e e che consegnino per la rottamazione un veicolo delle medesime categorie di cui siano proprietari o utilizzatori (in caso di locazione finanziaria, da almeno 12 mesi) un contributo pari al 30% del prezzo di acquisto sino ad un massimo di 3.000 euro qualora il veicolo consegnato per la rottamazione appartenga di categoria 0, 1, 2.

 

I veicoli della categoria L1e comprendono i veicoli a due ruote la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) non supera i 50 cc e la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) non supera i 45 km/h; I veicoli della categoria L3e comprendono i veicoli a due ruote la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) supera i 50 cc o la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) supera i 45 km/h (art. 47 C. d. S).

 

Si ricorda che, nella legislazione vigente, sono previste esenzioni o riduzioni della tassa automobilistica (bollo auto) per i veicoli elettrici, per quelli alimentati esclusivamente a GPL o gas metano, e per quelli con alimentazione ibrida. Sulla materia la competenza legislativa spetta alle Regioni, pertanto tali agevolazioni non sono uniformi su tutto il territorio nazionale.

 

L'articolo 20 del DPR n. 39 del 1959 (Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche) prevede l'esenzione dal bollo per cinque anni per gli autoveicoli, i motocicli e i ciclomotori a due, tre o quattro ruote, nuovi azionati da motore elettrico. Molte Regioni prevedono, per il periodo successivo al quinquennio di esenzione, la riduzione del bollo per gli autoveicoli elettrici a un quarto di quello previsto per i veicoli a benzina (mentre per i motocicli ed i ciclomotori la tassa automobilistica deve essere corrisposta per intero). Per gli autoveicoli omologati per la circolazione esclusivamente con alimentazione a GPL o gas metano, molte Regioni prevedono la riduzione della tassa automobilistica a un quarto di quella prevista per i corrispondenti veicoli a benzina. Per le autovetture ibride (a doppia alimentazione benzina/metano o GPL, ovvero benzina/elettrica o idrogeno) alcune Regioni prevedono una esenzione limitata nel tempo (tre o cinque anni), altre Regioni prevedono una riduzione del bollo che va calcolato in base alla sola potenza del motore termico e non a quella complessiva del veicolo. Alcune Regioni, infine, prevedono una esenzione per un limitato periodo a favore degli autoveicoli sui quali viene installato un impianto per l'alimentazione a GPL o metano.

 

Si ricorda che nella XVII legislatura sono state adottate varie disposizioni in materia di mobilità sostenibile, tra le quali le misure previste nelle tre leggi di bilancio 2016, 2017 e 2018.

Nella legge di stabilità 2016 (L. 208/2015), si segnala il comma 866 che prevede l'istituzione, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di un Fondo finalizzato all'acquisto diretto nonché alla riqualificazione elettrica o al noleggio di mezzi adibiti al trasporto pubblico locale e regionale, anche per garantire l'accessibilità alle persone a mobilità ridotta. Ai sensi del comma 866, sul Fondo sono affluite le risorse disponibili di cui all'art. 1, comma 83, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e successivi rifinanziamenti (in Tabella E della legge 190/2014), pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, e sono stati assegnati, sempre in base al comma 866, 210 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, 130 milioni di euro per l'anno 2021 e 90 milioni di euro per l'anno 2022. Per il differimento (al 1° gennaio 2017) dell'applicabilità delle disposizioni di tale comma 866 è intervenuto l'art. 7, comma 11-quater, del D.L. 210/2015. In attuazione del comma 866 sono stati emanati due decreti ministeriali di riparto dei fondi (D.M. 10 giugno 2016, n. 209, e D.M. 28 ottobre 2016, n. 345), nonché il D.M. 23 gennaio 2017, n. 25, di individuazione di modalità innovative e sperimentali per il concorso dello Stato al raggiungimento degli standard europei del parco mezzi destinato al trasporto pubblico locale e regionale, in particolare per le persone a mobilità ridotta.

La legge di bilancio 2017 (L. 232/2016), all'articolo 1, commi 613-615, istituisce un piano strategico della mobilità sostenibile, incrementando le risorse attribuite al Fondo istituito dal citato comma 866 della legge di stabilità 2016 (nella misura di 200 milioni di euro per il 2019 e di 250 milioni per ciascuno degli anni dal 2020 al 2033), estendendone le finalità. Il Piano strategico in questione è destinato al rinnovo del parco autobus dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale, alla promozione e al miglioramento della qualità dell'aria con tecnologie innovative, in attuazione degli accordi internazionali nonché degli orientamenti e della normativa europea. Nell'ambito del piano si prevede inoltre un programma di interventi finalizzati ad aumentare la competitività delle imprese produttrici di beni e servizi nella filiera dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto, per il quale è autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2017 e 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019. Finanziamenti per la mobilità sostenibile sono altresì previsti dal comma 140, che ha istituito un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (con una dotazione di 1.900 milioni di euro per l'anno 2017, di 3.150 milioni di euro per l'anno 2018, di 3.500 milioni di euro per l'anno 2019 e di 3.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2032, rifinanziato per 800 milioni di euro per l'anno 2018, per 1.615 milioni di euro per l'anno 2019, per 2.180 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2023, per 2.480 milioni di euro per l'anno 2024 e per 2.500 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2033 dal comma 1072 della legge di bilancio 2018), per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese. In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.P.C.M. 21 luglio 2017 recante "Riparto del fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese". In base a tale decreto, al settore "trasporti, viabilità, mobilità sostenibile, sicurezza stradale, riqualificazione e accessibilità delle stazioni ferroviarie" sono destinati complessivamente circa 19,4 miliardi di euro nel periodo 2017-2032.

La legge di bilancio 2018 (comma 71) ha previsto la possibilità di destinare fino a 100 milioni di euro delle risorse già disponibili del Fondo per il rinnovamento del parco mezzi del trasporto pubblico locale e regionale, per ciascuno degli anni 2019-2033 (cioè delle risorse stanziate dal comma 613 della legge di stabilità 2017, che hanno incrementato il Fondo istituito dal comma 866 della legge di stabilità 2016), a progetti sperimentali e innovativi di mobilità sostenibile, finalizzati all'introduzione di mezzi su gomma o imbarcazioni ad alimentazione alternativa e relative infrastrutture di supporto, che siano presentati dai comuni e dalle città metropolitane. Alle stesse finalità possono essere destinate anche le risorse già stanziate per la competitività delle imprese produttrici di beni e servizi nella filiera dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto.

 

Il comma 1058 stabilisce in capo al venditore del veicolo nuovo, l'obbligo di consegnare quello usato ricevuto dall'acquirente a un demolitore e di provvedere direttamente alla richiesta di cancellazione per demolizione allo sportello telematico dell'automobilista, di cui al DPR n. 358 del 2000[39]. Si stabilisce che il predetto obbligo debba essere ottemperato entro 15 giorni dalla data di consegna del veicolo nuovo, pena il non riconoscimento del contributo. Il successivo comma 1059 vieta di rimettere in circolazione i veicoli resi e dispone che vengano avviati alle case costruttrici o ai centri appositamente autorizzati, anche convenzionati, ai fini della messa in sicurezza, della demolizione, del recupero di materiali e della rottamazione.

Il comma 1060 precisa che la corresponsione del contributo da parte del venditore avviene mediante compensazione con il prezzo di acquisto del nuovo veicolo.

Il comma 1061 stabilisce che le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo rimborsino al venditore l'importo del contributo, recuperandolo sotto forma di credito di imposta per il versamento delle ritenute IRPEF operate in qualità di sostituto di imposta sui redditi da lavoro dipendente, dell'IRPEF, dell'IRES e dell'IVA, dovute - anche in acconto - per l'esercizio in cui viene richiesto al PRA l'originale del certificato di proprietà e per i successivi.

Il comma 1062 introduce in capo alle imprese costruttrici o importatrici, l'obbligo di conservare specifica documentazione fino al 31 dicembre del 5° anno successivo a quello di emissione della fattura di vendita del nuovo veicolo, nonché di trasmettere tale documentazione al venditore. L'obbligo di conservazione riguarda i seguenti documenti: copia della fattura di vendita e atto di acquisto; copia del libretto, della carta di circolazione e del foglio complementare o del certificato di proprietà del veicolo usato o, in assenza, copia dell'estratto cronologico; l'originale del certificato di proprietà relativo alla cancellazione per demolizione, rilasciato dal citato sportello telematico dell'automobilista.

Per la concessione del contributo in esame, il comma 1063 autorizza la spesa di euro 10 milioni per l'anno 2019. Si prevede, altresì, che il Ministero dell'economia e delle finanze effettui il monitoraggio dell'applicazione del credito d'imposta ai fini di quanto previsto dall'articolo 17, comma 13, della Legge n. 196 del 2009.

 

Si ricorda, infine che il citato articolo 17 della L. n. 196 del 2009, nel disciplinare la Copertura finanziaria delle leggi, stabilisce al, comma 13, che il Ministro dell'economia e delle finanze, allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assuma tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. La medesima procedura è applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri, fermo restando quanto disposto in materia di personale dall'articolo 61 del D. Lgs. n. 165 del 2001 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).

 

Infine il comma 1064 demanda a un successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dell'economia e delle finanze entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge in esame, la disciplina attuativa delle disposizioni recate dai commi esaminati.


 

Articolo 1, comma 1072
(Bilanci capogruppo BCC)

 

 

Il nuovo comma 1072 modifica la disciplina delle scritture contabili dei gruppi bancari cooperativi. Si chiarisce in particolare che, ai fini della redazione del bilancio consolidato, la società capogruppo e le banche facenti parte del gruppo bancario cooperativo costituiscono un’unica entità consolidante. Ne consegue che, nella redazione del bilancio consolidato, le poste contabili relative a capogruppo e banche affiliate siano iscritte con modalità omogenee

 

Più in dettaglio, le norme in esame apportano alcune modifiche all’articolo 38 del D.Lgs. n. 136 del 2015 sui bilanci di banche e intermediari finanziari.

 

Il decreto legislativo n. 136 del 2015 ha attuato nell’ordinamento nazionale la direttiva 2013/34/UE, relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di banche e intermediari finanziari. Il decreto si applica a due distinte categorie di intermediari finanziari:

- confidi minori e operatori di microcredito, che non sono tenuti alla redazione dei bilanci secondo le norme contabili internazionali IFRS (“intermediari non IFRS”);

- intermediari finanziari e bancari tenuti alla redazione dei bilanci secondo i princìpi IFRS (“intermediari IFRS”). Si ricorda al riguardo che il decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38, esercitando le opzioni previste dal regolamento (CE) 1606/2002, prevede all’articolo 2 l’obbligo di utilizzare i princìpi contabili internazionali IFRS (International Financial Reporting Standards) per alcuni soggetti, tra cui le banche italiane e le società finanziarie individuate dalla legge. Tali soggetti, ai sensi del successivo articolo 3, devono redigere anche il bilancio consolidato in conformità ai principi contabili internazionali.

 

In particolare, le norme in esame (comma 1072, lettera b), che aggiunge il comma 2-bis all’articolo 38 del D.Lgs. n. 136 del 2015) prevedono, nel caso di gruppi bancari cooperativi (costituiti ai sensi dell’articolo 37-bis del Testo Unico Bancario, D.Lgs. n. 385 del 1993), che la società capogruppo e le banche di credito cooperativo ad essa affiliate in virtù del contratto di coesione costituiscano un’unica entità consolidante. Di conseguenza, le relative poste contabili dell’attivo e del passivo sono iscritte a bilancio secondo criteri omogenei.

 

Si rammenta inoltre che il provvedimento in esame (commi 1070-1071) concede la facoltà di applicare i principi contabili internazionali ad alcuni soggetti, attualmente individuati tra quelli obbligati all’utilizzo di detti principi, ove non siano quotati (tra cui, per l’appunto, le banche non quotate).

 

In ordine alle banche di credito cooperativo, si ricorda in questa sede che il decreto-legge n. 18 del 2016 ne ha disposto una complessiva riforma, consentendo l'esercizio dell'attività bancaria in forma di banca di credito cooperativo (BCC) solo agli istituti appartenenti ad un gruppo bancario cooperativo.

Il “gruppo bancario cooperativo” è il cardine della nuova disciplina (articolo 37-bis del TUB) ed ha al vertice una capogruppo bancaria, costituita in forma di società per azioni, con un patrimonio netto di almeno 1 miliardo. A valle fanno parte del gruppo sia le BCC affiliate alla capogruppo attraverso un “contratto di coesione” volto ad assicurare l’unità finanziaria e di governance del gruppo nel suo insieme, sia le altre società bancarie, finanziarie e strumentali, diverse da BCC, controllate dalla capogruppo. La riforma ha parallelamente innalzato i limiti del numero minimo di soci e il valore nominale della partecipazione detenibile da ciascun socio.

Successivamente, l'articolo 11 del decreto-legge n. 91 del 2018 ha elevato da 90 a 180 il numero dei giorni utili per la stipula del contratto di coesione e per l'adesione al gruppo bancario cooperativo, di fatto allungando i tempi del completamento della riforma. Inoltre la quota del capitale della capogruppo detenuta dalle BCC aderenti è stata fissata almeno al 60 per cento; si è stabilito che i componenti dell'organo di amministrazione espressione delle banche di credito cooperativo aderenti al gruppo devono essere almeno la metà più due. È stato inoltre specificato il carattere localistico delle BCC tra i parametri da rispettare nel contratto di coesione; è stato disciplinato il processo di consultazione sulle strategie del gruppo nonché il grado di autonomia delle singole BCC in relazione alla relativa classe di rischio.

Il decreto-legge n. 119 del 2018 (articolo 20-bis) ha modificato la disciplina delle banche di credito cooperativo costituite nelle Province Autonome di Trento e Bolzano, consentendo loro di costituire, in alternativa al gruppo bancario cooperativo previsto dal Testo Unico Bancario, un sistema di tutela istituzionale, vale a dire un accordo di responsabilità contrattuale o previsto dalla legge, stipulato da un gruppo di banche, che tutela gli enti partecipanti e soprattutto ne garantisce la liquidità e la solvibilità. Lo stesso provvedimento (articolo 20-ter) ha esteso la vigilanza dell'autorità governativa anche alle società capogruppo dei gruppi bancari cooperativi. L'articolo 20 del provvedimento ha inoltre disciplinato l'istituto del gruppo IVA con riferimento ai gruppi bancari cooperativi chiarendo che il vincolo finanziario, la cui esistenza è presupposto per la costituzione del gruppo IVA, si considera sussistente anche tra i partecipanti al gruppo bancario cooperativo.

 

Per completezza si rammenta che il predetto articolo 38 del D.Lgs. n. 136 del 2015 individua i soggetti tenuti alla redazione del bilancio consolidato, e cioè:

a) gli intermediari IFRS che controllano un gruppo bancario, di SIM o finanziario e che non siano a loro volta controllati da intermediari tenuti a redigere il bilancio consolidato;

b) gli intermediari IFRS, diversi da quelli di cui alla lettera a), che controllano banche, SIM o società finanziarie non appartenenti a gruppi e che non siano a loro volta controllati da intermediari tenuti a redigere il bilancio consolidato;

c) gli intermediari IFRS, diversi da quelli di cui alle lettere precedenti, che controllano altre imprese e che non siano a loro volta controllati da intermediari tenuti a redigere il bilancio consolidato.

Le imprese controllate incluse nel consolidamento, le imprese sottoposte a controllo congiunto e le imprese collegate sono tenute a trasmettere tempestivamente all'intermediario tenuto a redigere il bilancio consolidato le informazioni richieste ai fini della redazione del bilancio consolidato.

 

Viene conseguentemente modificata la rubrica dell’articolo 38 (lettera a) del comma in esame) inserendovi il riferimento all’articolo 2 della direttiva 86/635/CEE.

Tale direttiva ha introdotto norme di armonizzazione dei conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari ed è stata recepita nell’ordinamento dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, provvedimento in gran parte ripreso dal D.Lgs. n. 136 del 2015, il quale ha contestualmente disposto l’abrogazione del D.Lgs. n. 87 del 1992 (salva una sua residua applicazione transitoria).

Con le modifiche in esame viene inserito nella rubrica il riferimento all’articolo 2 della direttiva 86/635/CEE, che ne definisce con precisione l’ambito applicativo, ivi compresi i casi in cui si esclude l’applicazione delle regole di armonizzazione dei bilanci delle banche.

 

 

 


 

Articolo 1, comma 1073
(Comunicazione non finanziarie delle grandi imprese)

 

 

Il comma 1073, introdotto al Senato, modifica la disciplina delle comunicazioni non finanziarie da parte di imprese e gruppi di grandi dimensioni. In particolare, viene specificato che l'informativa sui principali rischi che derivano dalle attività dell'impresa rispetto ai temi ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva, deve avere ad oggetto anche le modalità di gestione dei medesimi rischi.

 

Si ricorda che il decreto legislativo n. 254 del 2016 ha recepito nell'ordinamento nazionale la direttiva 2014/95/UE relativa alla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e di taluni gruppi di grandi dimensioni.

Tale direttiva impone alle grandi imprese l’introduzione di una politica in materia di diversità applicata in relazione alla composizione degli organi di amministrazione, gestione e controllo relativamente ad aspetti quali, ad esempio, l'età, il sesso, o il percorso formativo e professionale, gli obiettivi di tale politica sulla diversità, le modalità di attuazione e i risultati nel periodo di riferimento.

Il considerando 18 al riguardo chiarisce che la diversità di competenze e di punti di vista dei membri degli organi di amministrazione, gestione e sorveglianza delle imprese favorisce una buona comprensione dell'organizzazione della società interessata e delle sue attività. Consente ai membri di detti organi di contestare in modo costruttivo le decisioni adottate dalla dirigenza e di essere più aperti alle idee innovative, lottando così contro l'omologazione delle opinioni dei membri, il cosiddetto fenomeno del «pensiero di gruppo». Contribuisce in tal modo all'efficace sorveglianza della dirigenza e a una governance efficiente dell'impresa. È pertanto importante per accrescere la trasparenza sulla politica in materia di diversità applicata. Consentirebbe di informare il mercato sulle pratiche di governo societario e pertanto contribuirebbe a creare una pressione indiretta sulle imprese per spingerle a diversificare la composizione del proprio consiglio.

 

Per quanto riguarda l'ambito soggettivo, sono chiamate alla pubblicazione delle informazioni non finanziarie le società italiane quotate sui mercati regolamentati d’Italia o dell’Unione Europea, le banche, le assicurazioni e le imprese di riassicurazione, che superano una specifica soglia dimensionale.

Tale soglia è identificata con riferimento sia al numero medio di dipendenti, che deve risultare superiore a 500, che a parametri di bilancio. In particolare, deve risultare soddisfatta nel bilancio dell'ultimo esercizio, in alternativa, almeno una delle due seguenti condizioni:

1) totale dello stato patrimoniale pari ad almeno 20 milioni di euro;

2) totale di ricavi netti delle vendite e delle prestazioni di 40 milioni di euro.

 

Le società così identificate devono fornire al pubblico, a corredo della tradizionale rendicontazione finanziaria, una dichiarazione individuale di carattere non finanziario (articolo 3 del decreto legislativo 254 del 2016) che renda conto dei propri impatti ambientali, sociali e attinenti il personale, del rispetto dei diritti umani e del contrasto della corruzione attiva e passiva.

 

Fra le informazioni non finanziarie da fornire al pubblico specificamente identificate dall'articolo 3 del decreto legislativo 254 del 2016, rientrano i rischi generati e subiti nei vari ambiti di riferimento per le attività dirette, per i prodotti, per le politiche commerciali e, se rilevanti, per i rapporti di fornitura e subappalto.

La disposizione in esame prevede che l'informativa sui principali rischi derivanti dalle attività dell'impresa rispetto ai citati temi di carattere non finanziario debba avere ad oggetto anche le modalità di gestione dei medesimi rischi.


 

Articolo 1, commi 1074-1078
(Disposizioni in materia di tassazione dei tabacchi lavorati)

 

 

I commi da 1074-1078 aumentano la componente specifica per il calcolo dell'accisa complessiva delle sigarette e l'accisa minima applicabile ad altri tabacchi lavorati. Vengono inoltre incrementati l'onere fiscale minimo per le sigarette e le aliquote base per il calcolo delle accise per sigarette, sigari e sigaretti. 

 

 

In estrema sintesi, si ricorda che l’attuale struttura della tassazione dei tabacchi lavorati in Italia, armonizzata su base europea dalla direttiva 2011/64/UE e riformata dal decreto legislativo n. 188 del 2014 in attuazione della delega fiscale (legge n. 23 del 2014), prevede l’applicazione (tranne che per i tabacchi da inalazione senza combustione, assoggettati a un’accisa specifica per unità di prodotto) di un’accisa correlata al prezzo di vendita.

Con riferimento alla struttura delle accise sulle sigarette, la tassazione è di tipo misto, ovvero presenta:

§  una componente specifica, in cui la tassazione è calcolata come un ammontare fisso secondo la quantità di prodotto, uguale per tutti i prodotti indipendentemente dal prezzo; la base imponibile è definita in termini fisici, mentre l’aliquota è espressa in termini monetari;

§  una componente ad valorem, calcolata in percentuale rispetto ad un determinato parametro, generalmente il prezzo di vendita del prodotto. Per tale componente, dunque, la base imponibile è definita in termini monetari e l’aliquota viene definita come percentuale della base. Il riferimento adottato, a seguito della riforma del decreto legislativo n. 188 del 2014, è quello del “prezzo medio ponderato” di vendita per chilogrammo convenzionale.

Per le sigarette è altresì previsto un onere fiscale minimo, che tiene conto sia dell’accisa che dell’IVA.

Per i prodotti diversi dalle sigarette sono previste imposte di tipo ad valorem. È prevista, inoltre, un'accisa minima, espressa in termini monetari, rispetto a un quantitativo minimo corrispondente convenzionalmente a un chilogrammo di prodotto.

 

Ai sensi dell'articolo 39-octies, comma 3, del decreto legislativo n. 504 del 1995 (testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative - di seguito "testo unico"), l’accisa globale sulle sigarette è dunque costituita dalla somma delle diverse componenti sopra illustrate, sulla cui determinazione quantitativa incide il comma 1074 dell'articolo in esame. In particolare, la componente specifica, cioè fissa per unità di prodotto, attualmente pari al 10,5 per cento della fiscalità complessiva (accisa più IVA) gravante sul prezzo medio ponderato delle sigarette (PMP sigarette), calcolato ai sensi dell’articolo 39-quinquies, comma 2 del testo unico, viene aumentata all'11 per cento.

 

Le ulteriori modifiche apportate dal comma 1074 all'articolo 39-octies, comma 3, del testo unico, sono volte ad accrescere:

§  l'accisa minima da 25 a 30 euro per chilogrammo convenzionale, con riferimento ai sigari;

§  l'accisa minima da 30 a 32 euro per chilogrammo convenzionale, con riferimento ai sigaretti;

§  l'accisa minima da 120 a 125 euro per chilogrammo convenzionale, con riferimento al tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette;

§  l'onere fiscale minimo delle sigarette da 175,54 a 180,14 euro per chilogrammo convenzionale. Con riferimento all'onere fiscale minimo, viene inoltre stabilito che, a decorrere dalla data di applicazione delle tabelle di ripartizione dei prezzi di vendita al pubblico (come rideterminate per l’anno 2019) il predetto onere fiscale minimo è pari al 95,22 per cento della somma dell’accisa globale e dell’imposta sul valore aggiunto calcolate con riferimento al prezzo medio ponderato - PMP per le sigarette. 

 

Il comma 1075 stabilisce l'aliquota di base per il calcolo dell'accisa, aumentandola dal 59,1 al 59,5 per cento per le sigarette e dal 23 al 23,5 per cento per i sigaretti.

 

In conseguenza delle modifiche apportate dai precedenti commi, il comma 1076 sostituisce le tabelle del testo unico con quelle allegate al disegno di legge in esame.

 

Il comma 1077 modifica l'articolo 1 del richiamato decreto legislativo n. 188 del 2014. 

La lettera a) stabilisce che, con decreto del MEF, su proposta del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, possono essere variate le aliquote di base di cui al comma 1 dell’articolo 39-octies del testo unico accise, nonché le misure percentuali previste dal comma 3, lettera a), e dal comma 6, e gli importi di cui al comma 5 del medesimo articolo fino, rispettivamente, a 0,5 punti percentuali, a 2 punti percentuali e a euro 5.

La lettera b) inserisce all’articolo 1 il nuovo comma 2-bis, ai sensi del quale l’onere fiscale minimo di cui all’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2011/64/UE, non può superare la somma dell’accisa globale e dell’IVA calcolate con riferimento al PMP sigarette di cui all’articolo 39-quinquies del testo unico.

La lettera c) contiene una modifica di coordinamento al comma 3, secondo periodo, dell’articolo 1, sostituendo le parole "alla misura percentuale" con "alle misure percentuali".

Il comma 1078, infine, dispone che le modifiche apportate dal comma 1077 si applicano a decorrere dalla data di applicazione delle tabelle di ripartizione dei prezzi di vendita al pubblico rideterminate, per l’anno 2019, ai sensi all’articolo 39-quinquies del testo unico.

 


 

Articolo 1, commi 1081-1083
(Vendita GPL)

 

 

I commi da 1081 a 1083 recano disposizioni in materia di distribuzione e vendita di GPL, prevedendo che chiunque non risulti in possesso dei requisiti di legge non possa esercitare l’attività di distribuzione e vendita di GPL; le amministrazioni competenti periferiche adottano i relativi provvedimenti inibitori dell’attività.

 

Il comma 1081 apporta alcune modifiche al D. Lgs. 22 febbraio 2006, n. 128, finalizzate a garantire il pieno funzionamento del sistema sanzionatorio previsto dal D. Lgs. 22 febbraio 2006, n. 128 e, conseguentemente, a contrastare i fenomeni di elusione e evasione di imposte nel settore della distribuzione di GPL.

 

Si ricorda che il D. Lgs. 22 febbraio 2006, n. 128 reca il riordino della disciplina relativa all'installazione e all'esercizio degli impianti di riempimento, travaso e deposito di GPL, nonché all'esercizio dell'attività di distribuzione e vendita di GPL in recipienti, a norma dell'articolo 1, comma 52, della L. 23 agosto 2004, n. 239, Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia. Tale disposizione ha delegato il Governo ad adottare un decreto legislativo volto a riordinare le norme relative all'installazione e all'esercizio degli impianti di riempimento, travaso e deposito di GPL, nonché all'esercizio dell'attività di distribuzione di gas di petrolio liquefatti, al fine di garantire la sicurezza di approvvigionamento e i livelli essenziali delle prestazioni nel settore dello stoccaggio e della vendita di gas di petrolio liquefatti (GPL).

 

Più in dettaglio:

·        si specifica che il riferimento alle società controllate di cui all’art. 2359 del codice civile, contenuto nell’art. 8, comma 2, del citato D. Lgs. n. 128/2006 (riguardante i requisiti soggettivi per l'esercizio dell'attività di distribuzione di GPL attraverso bombole) e nell’art. 13, comma 2 dello stesso D.Lgs. 128/2006 (riguardante i requisiti soggettivi per l'esercizio dall'attività di distribuzione di GPL attraverso serbatoi) è da intendersi limitato alle società di cui all’art. 2359 del codice civile citato, comma 1, nn. 1) e 2), ossia, rispettivamente, le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria e le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria.

·        Ai medesimi articoli 8 e 13 del D.Lgs. 128/2006 si aggiunge come requisito per l’interessato alla disponibilità di un impianto, in aggiunta al requisito di far parte di un consorzio di imprese di durata non inferiore ai cinque anni, quello di essere proprietario dell’impianto.

·        Amplia l’ambito di applicazione della sanzione accessoria, prevista dall’art. 18, comma 12, della sospensione della autorizzazione di cui all'articolo 2, comma 1, o di quella di vendita, qualora prevista, per un periodo da due a sei mesi e, in caso di recidiva, la revoca definitiva. Tale sanzione è ora non più limitata alla violazione prevista dal comma 7 (chiunque, senza autorizzazione del proprietario del serbatoio, travasa GPL in serbatoi di terzi installati presso i consumatori ed a loro concessi in comodato o in locazione), ma è estesa alla violazione:

- delle norme di cui al comma 1 (articolo 5 sugli obblighi di sicurezza, art. 8 sui requisiti soggettivi per l'esercizio dell'attività di distribuzione di GPL attraverso bombole; art. 9 sui requisiti oggettivi per l'esercizio dell'attività di distribuzione di GPL attraverso bombole; art. 13 sui requisiti soggettivi per l'esercizio dall'attività di distribuzione di GPL attraverso serbatoi; art. 14 sui requisiti oggettivi per l'esercizio dell'attività di distribuzione di GPL attraverso serbatoi e art. 15 sulle norme transitorie) 

- delle norme di cui al comma 2 (articolo 7 sui divieti);

- delle norme di cui al comma 3 (articolo 12 sulla proprietà collaudo e riempimento delle bombole);

·        inserisce un’ulteriore sanzione all’articolo 18, secondo la quale, fatto salvo quanto previsto nel precedente comma 1, chiunque non risulti in possesso dei requisiti di cui agli articoli 8, 9, 13 e 14 non può esercitare l’attività di distribuzione e vendita di GPL; le amministrazioni competenti periferiche adottano i relativi provvedimenti inibitori dell’attività.

 

Il comma 1082 prevede che le imprese che alla data di entrata in vigore della legge di bilancio controllino o siano controllate da società titolari dell’autorizzazione titolare della autorizzazione prevista per l'installazione e l'esercizio di un impianto o siano titolari dell'autorizzazione per l'installazione e l'esercizio di stabilimenti di lavorazione e di stoccaggio di oli minerali con stoccaggio di GPL ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, numero 3) del codice civile (le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa) si adeguino alle disposizioni di cui al precedente comma 1, lettera a) entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, dandone comunicazione al Ministero dello sviluppo economico e alla regione, la provincia autonoma o l'ente al quale le stesse hanno conferito le funzioni autorizzative amministrative relative a: installazione ed esercizio di nuovi stabilimenti di lavorazione e di stoccaggio di oli minerali; dismissione degli stabilimenti di lavorazione e stoccaggio di oli minerali; variazione della capacità complessiva di lavorazione degli stabilimenti di oli minerali; variazione di oltre il 30 per cento della capacità complessiva autorizzata di stoccaggio di oli minerali.

 

Il comma 1083 dispone che i consorzi costituiti ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 8 e 13, comma 2, lettera b) del decreto legislativo 22 febbraio 2006, n. 128 (i consorzi di imprese di durata non inferiore ai cinque anni, costituito ai sensi dell'articolo 2602 e seguenti del codice civile, titolare della autorizzazione prevista per l'installazione e l'esercizio di un impianto o per l'installazione e l'esercizio di stabilimenti di lavorazione e di stoccaggio di oli minerali con stoccaggio di GPL) si adeguano alle disposizioni di cui al precedente comma 1, lettera b) entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, dandone comunicazione al Ministero dello sviluppo economico alla regione, la provincia autonoma o l'ente al quale le stesse hanno conferito le funzioni autorizzative amministrative sopra illustrate.


 

Articolo 1, comma 1084
(Imposta di registro)

 

 

Il comma 1084 qualifica espressamente come interpretazione autentica, così conferendogli efficacia retroattiva, la norma della legge di bilancio 2018 (comma 87) che ha modificato l’articolo 20 del Testo Unico dell’imposta di registro limitando l’attività riqualificatoria dell’amministrazione finanziaria in materia di atti sottoposti a registrazione: essa può essere svolta unicamente sulla base degli elementi desumibili dall'atto sottoposto a registrazione, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati.

 

In particolare, le norme in esame chiariscono che l’articolo 1, comma 87, lettera a) della legge di bilancio 2018 costituisce interpretazione autentica dell’articolo 20, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, al fine di conferire efficacia retroattiva alle modifiche introdotte dal richiamato comma 87.

 

Si ricorda che il comma 87, lettera a) della legge di bilancio 2018 ha modificato la norma che dispone che l'imposta di registro sia applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponde il titolo o la forma apparente (articolo 20 del D.P.R. n. 131 del 1986).

Con una prima modifica, si fa riferimento all’atto presentato, in luogo che agli atti. In secondo luogo, le norme chiariscono che l’interpretazione avviene sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati.

 

Tale norma è considerata dalla recente giurisprudenza della Cassazione non come una disposizione antielusiva: pertanto viene riconosciuta all’amministrazione finanziaria la possibilità di riqualificare come cessione d’azienda il conferimento di beni in una società e la successiva cessione di quote della stessa, a prescindere dall’intento elusivo (Cass. n. 22492/2014 e da ultimo Cass. civ. Sez. V, 12 maggio 2017, n. 11873). Nella sentenza n. 2054/2017, invece, la Cassazione ha ammesso la riqualificazione delle operazioni poste in essere dai contribuenti solo qualora il Fisco dimostri l’intento elusivo.

 

In sostanza, la modifica in esame limita l’attività riqualificatoria dell’amministrazione finanziaria posta in essere sulla base dell’articolo 20 del Testo unico dell’imposta di registro, poiché essa può essere svolta unicamente sulla base degli elementi desumibili dall'atto sottoposto a registrazione, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati. Viene fatta salva la disciplina dell’abuso del diritto contenuta nello statuto dei diritti del contribuente, nell’ambito delle attribuzioni e poteri degli uffici nella determinazione della base imponibile.

 

Per effetto delle modifiche in esame, le modifiche apportate dalla legge di bilancio 2018 sono qualificate espressamente come norme di interpretazione autentica (come prescritto dall’articolo 1, comma 2 dello Statuto del Contribuente, legge n. 212 del 2000): di conseguenza, la modifica non si applica a decorrere dal 1° gennaio 2018, ma ha portata retroattiva anche per le registrazioni precedenti a tale data.


 

Articolo 1, commi 1085-1087
(Abrogazione deduzioni e credito d'imposta IRAP)

 

 

I commi 1085-1086 abrogano la deduzione dall'IRAP prevista dall'articolo 11, comma 1, lettera a), numero 3) del decreto legislativo n. 446 del 1997 e il credito d'imposta previsto dal comma 21 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014. Quota parte di tali risparmi di spesa è destinata (comma 1087) ad incrementare il Fondo interventi strutturali di politica economica.

 

Il nuovo comma 1085 modifica l'articolo 11 del decreto legislativo n. 446 del 1997 che istituisce, tra l'altro, l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

 

In particolare, l'intervento modifica le disposizioni comuni per la determinazione del valore della produzione netta (articolo 11), abrogando il numero 3) della lettera a) del comma 1, recante norme per la deduzione di importi nella determinazione della base imponibile

 

Le disposizioni di cui si prevede l'abrogazione, dispongono che le persone giuridiche soggette alla relativa imposta sul reddito (articolo 87, comma 1, lettere a), b), c) e d)), esclusi le banche, gli altri enti finanziari, le imprese di assicurazione e le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell'energia, dell'acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento rifiuti, possono dedurre dalla base imponibile un importo fino a 15.000 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo d'imposta nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, aumentato a 21.000 euro per i lavoratori di sesso femminile nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni; tale deduzione è alternativa a quella di cui al numero 2), e può essere fruita nel rispetto dei limiti derivanti dall'applicazione della regola de minimis di cui al regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, e successive modificazioni.

Il citato numero 2) della lettera a) del comma 1, prevede anch'esso la deducibilità di un importo pari a 7.500 euro, su base annua, per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo di imposta, aumentato a 13.500 euro per i lavoratori di sesso femminile nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni.

 

In conseguenza del venire meno della facoltà di deduzione prevista dall'articolo 11, comma 1, lettera a), numero 3), viene prevista una modifica di coordinamento al comma 4-bis.2 del medesimo articolo, dove i riferimenti al numero 3) vengono abrogati.

 

Il comma 1086 dispone l'abrogazione del comma 21 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015). La norma in argomento prevede che ai soggetti che determinano il valore della produzione netta ai sensi degli articoli da 5 a 9 del decreto legislativo n. 446 del 1997, e che non si avvalgono di lavoratori dipendenti, spetti un credito d'imposta, da utilizzare esclusivamente in compensazione, pari al 10 per cento dell'imposta lorda (IRAP). L'abrogazione del credito d'imposta comporta una minore spesa quantificata in 163 milioni di euro dal 2019. Quota parte di tali risparmi di spesa è destinata (comma 1087) ad incrementare il Fondo interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto legge n. 282 del 2004, per 50 milioni di euro in ciascuno degli anni 2019 e 2020.

 

 

 

 


 

Articolo 1, comma 1091
(Riscossione Tari)

 

 

Il comma 1091, introdotto al Senato, consente ai comuni che hanno approvato il bilancio di previsione ed il rendiconto entro i termini di legge, di destinare, con proprio regolamento, il maggiore gettito accertato e riscosso, relativo agli accertamenti dell’IMU e della TARI, nell’esercizio fiscale precedente a quello di riferimento risultante dal conto consuntivo approvato, nella misura massima del 5% e limitatamente all’anno di riferimento, al potenziamento delle risorse strumentali degli uffici comunali preposti alla gestione delle entrate e al trattamento accessorio del personale dipendente, anche di qualifica dirigenziale, in deroga ai limiti assunzionali di legge.

 

L’articolo 23 del D.Lgs. 75/2017 ha disposto una progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale contrattualizzato delle amministrazioni pubbliche, demandata alla contrattazione collettiva (per ogni Comparto o Area di contrattazione) e realizzata attraverso i fondi per la contrattazione integrativa, all’uopo incrementati nella loro componente variabile.

A tal fine, si specifica che la contrattazione collettiva opera, tenendo conto delle risorse annuali destinate alla contrattazione integrativa, la graduale convergenza dei medesimi trattamenti anche mediante la differenziata distribuzione (distintamente per il personale dirigenziale e non dirigenziale) delle risorse finanziarie destinate all'incremento dei fondi per la contrattazione integrativa di ciascuna amministrazione.

Il comma 2 del richiamato articolo 23 stabilisce, nelle more di quanto in precedenza previsto, che al fine di assicurare la semplificazione amministrativa, la valorizzazione del merito, la qualità dei servizi, e garantire adeguati livelli di efficienza ed economicità dell'azione amministrativa (assicurando comunque l'invarianza della spesa), l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001 ), dal 1° gennaio 2017 non possa superare il corrispondente importo determinato per il 2016.

 

La quota destinata al trattamento economico accessorio, al lordo degli oneri riflessi e dell’Irap a carico dell’amministrazione, è attribuita, mediante contrattazione integrativa, al personale impiegato nel raggiungimento degli obiettivi del settore entrate, anche con riferimento all’impianto e allo sviluppo delle attività connesse alla partecipazione del comune all’accertamento dei tributi erariali e dei contributi sociali non corrisposti, in applicazione dell’articolo 1 del decreto legge 30 settembre 2005.

 

Si ricorda che, in applicazione del principio di sussidiarietà e al fine di rafforzare gli strumenti della lotta all'evasione fiscale, il legislatore ha previsto un maggior coinvolgimento degli enti territoriali nell'attività di accertamento e riscossione. Per quanto concerne i comuni, l'articolo 1, comma 1 del D.L. n. 203/2005 disponeva in origine l'attribuzione a tali enti di una quota pari al 30 per cento delle maggiori somme riscosse con il concorso dei medesimi. Tale ammontare è stato in un primo momento elevato al 50 per cento (articolo 2, comma 10, lettera b), del D.Lgs. n. 23 del 2011). Successivamente, per gli anni 2012, 2013 e 2014, ai comuni è stato assegnato l'intero maggior gettito ottenuto a seguito dell'intervento svolto dall'ente stesso nell'attività di accertamento (articolo 1, comma 12-bis, del D.L. 138 del 2011). Con la legge di stabilità 2015 (comma 702 della legge n. 190 del 2014) per il triennio 2015-2017 la predetta quota era stata fissata nella misura del 55 per cento; secondo tale assetto normativo, ai comuni sarebbe spettato un ammontare inferiore a quello temporaneamente attribuito nel triennio precedente (2012-2014), ancorché in misura più elevata di quanto stabilito in via ordinaria dalla legge (D.Lgs. n. 23 del 2011). L'articolo 10, comma 12-duodecies del decreto-legge n. 192 del 2014, modificando il D.L. n. 138 del 2011 ha disposto che fino al 2017 venga riconosciuto ai comuni il 100 per cento delle maggiori somme riscosse per effetto della partecipazione dei comuni stessi all'azione di contrasto all'evasione.

Da ultimo, l'incentivo previsto per la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento tributario pari al 100 per cento del riscosso è stato esteso agli anni 2018 e 2019 ( articolo 4, comma 8-bis del D.L. n. 193 del 2016).

 

Il beneficio attribuito non può superare il quindici per cento del trattamento tabellare annuo lordo individuale.

 

Le norme in commento non si applicano qualora il servizio di accertamento sia affidato in concessione.


 

Articolo 1, comma 1093
(Modalità di commisurazione Tari)

 

 

Il comma 1093 proroga al 2019 la modalità di misurazione della TARI da parte dei comuni sulla base di un criterio medio-ordinario (ovvero in base alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte) e non sull’effettiva quantità di rifiuti prodotti.

 

In particolare, sono prorogate al 2019 la modalità di commisurazione della TARI da parte dei comuni sulla base di un criterio medio-ordinario (ovvero in base alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte) e non sull’effettiva quantità di rifiuti prodotti (c.d. metodo normalizzato, nel rispetto del principio “chi inquina paga”, sancito dall’articolo 14 della direttiva 2008/98/CE).  A tal fine è modificato il comma 652 della legge di stabilità per il 2014 (articolo 1 della legge n. 147 del 2013).

 

In base al comma 652, il comune, in alternativa ai criteri previsti dal metodo normalizzato, nel rispetto del principio “chi inquina paga”, sancito dall’articolo 14 della direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti, può commisurare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte. Le tariffe per ogni categoria o sottocategoria omogenea sono determinate dal comune moltiplicando il costo del servizio per unità di superficie imponibile accertata, previsto per l'anno successivo, per uno o più coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti.

Tale disciplina conferma la facoltà già prevista dall’articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 102 del 2013 di commisurare le tariffe della Tares, alternativamente al metodo normalizzato di cui al D.P.R. n. 158 del 1999, alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie. In base a quest’ultima norma, quindi, viene confermata la modalità di commisurazione della TARI basata su un criterio medio-ordinario e non sull’effettiva quantità di rifiuti prodotti.

Si rammenta che l'articolo 14 della direttiva 2008/98/CE applica al settore della gestione dei rifiuti il principio "chi inquina paga", di cui all'articolo 191, par. I, seconda alinea, Trattato FUE, stabilendo che i costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale o dai detentori del momento o dai detentori precedenti dei rifiuti. Gli Stati membri possono decidere che i costi della gestione dei rifiuti siano sostenuti parzialmente o interamente dal produttore del prodotto causa dei rifiuti e che i distributori di tale prodotto possano contribuire alla copertura di tali costi.

L’utilizzo del criterio medio-ordinario, prorogato nel tempo, è stato da ultimo esteso al 2018 dall'art. 1, comma 38, L. 27 dicembre 2017, n. 205, legge di stabilità 2018.


 

Articolo 1, commi 1095-1098
(Disposizioni in materia di giochi)

 

 

I commi 1095-1098, aggiunti dalla Camera e modificati durante l'esame al Senato, prevedono alcune proroghe in materia di concessioni pubbliche per l'esercizio dei giochi numeri a totalizzatore nazionale, per la raccolta del Bingo, relativamente alle scommesse su eventi sportivi e non sportivi, nonché relativamente al rilascio dei nulla osta per i vecchi apparecchi con vincita in denaro. Viene inoltre stabilito che gli apparecchi che consentono il gioco pubblico da ambiente remoto non possono presentare parametri di funzionamento superiori ai limiti previsti per gli apparecchi attualmente in esercizio.

 

Il comma 1095 proroga la gestione dell’attuale concessionario per l'esercizio dei giochi numerici a totalizzatore nazionale fino all’aggiudicazione della nuova concessione e, comunque, non oltre il 30 settembre 2019, al fine di consentire l'espletamento della procedura di selezione per l'attribuzione della nuova concessione – c.d. "Gara Superenalotto" – prevista dalla legge di bilancio 2017 (legge n. 32 del 2017, articolo 1, comma 576).

 

I giochi numerici a totalizzatore nazionale (GNTN) sono giochi di sorte basati sulla scelta di numeri da parte dei consumatori all’atto della giocata, ovvero sull’attribuzione alla giocata medesima di numeri determinati casualmente, come il Superenalotto.

 

Il comma 1096 estende alle concessioni in scadenza nel 2019 la previsione dell'indizione di una gara per l'attribuzione di 210 concessioni di gioco per la raccolta del Bingo. La normativa vigente (legge n. 147 del 2013, comma 636) riguarda invece le sole concessioni in scadenza nel periodo 2013-2018.

 

Il comma 1097 proroga fino all’aggiudicazione della nuova concessione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2019 le concessioni in essere e la titolarità dei punti di raccolta regolarizzati in materia di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, ivi compresi gli eventi simulati. La normativa vigente (legge n. 205 del 2017, comma 1048) prevede il termine del 31 dicembre 2018.

 

Il comma 1098 prevede che, ferma restando la riduzione già prevista a legislazione vigente degli apparecchi da divertimento e intrattenimento idonei per il gioco lecito identificati dall’articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, le cosiddette amusement with prizes (AWP) o new slot, il termine entro cui non potranno più essere rilasciati nulla osta per tali apparecchi è spostato al 31 dicembre 2019 anziché al vigente 31 dicembre 2018.

Inoltre dispone che tali apparecchi devono essere dismessi entro il 31 dicembre 2020, rispetto al termine attualmente previsto al 31 dicembre 2019.

Il comma stabilisce infine che gli apparecchi che consentono il gioco pubblico da ambiente remoto non possono presentare parametri di funzionamento superiori ai limiti previsti per gli apparecchi attualmente in esercizio.

Per una panoramica sulla disciplina dei giochi si consiglia la consultazione della scheda di lettura Giochi del Servizio Studi della camera dei deputati.


 

Articolo 1, commi 1099-1100
(Vendita di titoli di accesso ad attività di spettacolo)

 

 

I commi 1099-1100, modificati durante l’esame al Senato, intervengono sulla disciplina volta a contrastare la vendita di titoli di accesso ad attività di spettacolo effettuata da soggetti diversi dai titolari dei sistemi di emissione dei biglietti (c.d. secondary ticketing), introdotta dalla legge di bilancio 2017.

In particolare, dispongono che, dal 1° luglio 2019, i titoli di accesso ad attività di spettacolo in impianti con capienza superiore a 5.000 spettatori sono nominali.

Continua a non essere oggetto di sanzione la vendita effettuata da una persona fisica in modo occasionale, purché senza finalità commerciali, ma si introduce ora l’ulteriore condizione che tale vendita deve essere effettuata ad un prezzo uguale o inferiore a quello nominale.

La nuova disciplina non si applica agli spettacoli di attività lirica, sinfonica, cameristica, nonché di balletto, prosa, jazz, danza e circo contemporaneo, né alle manifestazioni sportive, per le quali resta ferma la specifica disciplina di settore.

 

A tali fini, modificano l’art. 1, co. 545, della L. 232/2016 e introducono nello stesso articolo i commi da 545-bis a 545-quinquies.

 

Preliminarmente, si ricorda che, al fine di contrastare il fenomeno del c.d. secondary ticketing, ossia del collocamento di biglietti per attività di spettacolo acquistati in maniera massiva e successivamente rivenduti a prezzi superiori rispetto a quelli esposti sul biglietto, l’art. 1, co. 545-546, della L. 232/2016 ha disposto che la vendita, o qualsiasi altra forma di collocamento, di titoli di accesso ad attività di spettacolo effettuata da soggetti diversi dai titolari dei sistemi per la loro emissione (organizzatori degli spettacoli e titolari di biglietterie automatizzate autorizzate) è punita, salvo che il fatto non costituisca reato, con l’inibizione della condotta e con una sanzione amministrativa pecuniaria da € 5.000 a € 180.000.

In caso di utilizzo delle reti di comunicazione elettronica, è prevista la rimozione dei contenuti o, nei casi più gravi, l’oscuramento del sito internet attraverso il quale la violazione è stata posta in essere, fatte salve le azioni risarcitorie.

I compiti di accertamento e intervento spettano all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) e alle altre autorità competenti (quali potrebbero essere, ad esempio, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato e la Polizia postale), che agiscono d’ufficio o su segnalazione degli interessati.

La vendita, o qualsiasi altra forma di collocamento, effettuata da persona fisica in modo occasionale, purché senza finalità commerciali, non è sanzionata.

La definizione della disciplina attuativa è stata rimessa a un decreto interministeriale (Ministro dell’economia e delle finanze, Ministro della giustizia e Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo), da emanare sentite l’AGCOM e la SIAE.

E’, dunque, intervenuto il D.I. 12 marzo 2018, che ha disposto che i titolari dei sistemi di emissione – intendendosi tali i soggetti responsabili, anche sulla base di apposito contratto o convenzione, del funzionamento del sistema informatico idoneo all'emissione automatizzata dei titoli di accesso ad attività di spettacolo e della trasmissione per via telematica o tramite supporto magnetico dei riepiloghi da inviare alla SIAE – assicurano che la vendita, o altre forme di collocamento attraverso reti di comunicazione elettronica, di titoli di accesso ad attività di spettacolo avvengano esclusivamente attraverso sistemi informatici che, essendo idonei a distinguere l'accesso effettuato da una persona fisica rispetto a quello effettuato da un programma automatico, impediscano l'acquisto da parte di tale programma, e siano in grado di identificare l'acquirente. Ha, inoltre, disposto che, ai fini della vigilanza, l’AGCOM adotta un apposito regolamento per assicurare la tutela dei titolari di diritti d'autore e dei consumatori.

 

In particolare, con le modifiche all’art. 1, co. 545, della L. 232/2016 si stabilisce che:

§  i compiti di accertamento e intervento spettano (esclusivamente) all’AGCOM, di concerto con l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM). Ai medesimi soggetti spetta anche, se del caso, comminare le sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla normativa vigente.

Si ricorda che il potere sanzionatorio delle autorità indipendenti è previsto dall’art. 2, co. 20, della L. 481/1995;

§  continua a non essere oggetto di sanzione la vendita effettuata da una persona fisica in modo occasionale, purché senza finalità commerciali, ma si introduce ora l’ulteriore condizione che tale vendita deve essere effettuata ad un prezzo uguale o inferiore a quello nominale. Tale esclusione, peraltro, ora non riguarda più anche altre forme di collocamento dei titoli di accesso agli spettacoli.

 

Si fa presente, tuttavia, che la lett. c) del comma 1099, intervenendo su tutto il comma 545, prevede la sostituzione delle parole “o qualsiasi altra forma di collocamento” con “le parole “ad un prezzo uguale o inferiore a quello nominale” sia al terzo periodo – che riguarda, appunto, la vendita effettuata da una persona fisica in modo occasionale –, sia al primo periodo, nel quale si specificano i comportamenti da sanzionare. Il risultato di ciò, pertanto, oltre a quanto già detto, è che risulterebbe ora essere sanzionata solo la vendita effettuata da soggetto diverso dai titolari “ad un prezzo uguale o inferiore a quello nominale” di titoli di accesso ad attività di spettacolo, cosa che sembrerebbe contraria alle intenzioni sottese alle altre disposizioni in commento.

 

Pertanto, al comma 1099, lett. c), si valuti l’opportunità di fare riferimento al solo terzo periodo del co. 545 dell’art. 1 della L. 232/2016.

 

I nuovi commi da 545-bis a 545-quinquies dell’art. 1 della L. 232/2016 stabiliscono, invece, che – a decorrere dal 1° luglio 2019 – i titoli di accesso alle attività di spettacolo che si svolgono in impianti con capienza superiore a 5.000 spettatori sono nominali e che, pertanto, i medesimi titoli recano, anche per i minorenni, l’indicazione del nome e del cognome della persona che ne fruirà, nel rispetto di quanto dispone il codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 196/2003).

La nuova disciplina non si applica agli spettacoli di attività lirica, sinfonica, cameristica, nonché di balletto, prosa, jazz, danza e circo contemporaneo, né alle manifestazioni sportive, per le quali resta ferma la specifica disciplina di settore.

 

Al riguardo, si ricorda che il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla bigliettazione negli spettacoli dal vivo, svolta dalla VII Commissione della Camera tra il 2016 e il 2017, evidenziava che fra le ipotesi di lavoro di cui il Governo avrebbe potuto tenere conto all'atto di emanare il decreto attuativo dell'art. 1, co. 545, della L. 232/2016, vi era quella del biglietto nominativo. Sottolineava, però, che tale soluzione – se si era rivelata efficace per le manifestazioni sportive (perché ispirata a motivi di ordine pubblico) – era tuttavia di più difficile praticabilità per i concerti di grande richiamo, per i quali la verifica della corrispondenza fra la persona acquirente e quella presente avrebbe potuto rivelarsi onerosa, rischiosa e problematica per i consumatori. Aveva, pertanto, concluso che tale soluzione si poteva limitare agli eventi dai numeri più contenuti.

 

I siti internet di rivendita primari, i box office autorizzati o i siti internet ufficiali dell’evento – che garantiscono adeguata visibilità e pubblicità alla rivendita – assicurano la possibilità di rivendere i titoli di ingresso nominali o di variare l’intestazione nominativa, secondo regole tecniche stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, adottato, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, previa intesa con il Mibac e sentita l’AGCOM.

Il biglietto deve essere rivenduto a persone fisiche senza rincari, salva la possibilità di addebitare congrui costi relativi unicamente alla gestione della pratica di intermediazione e di modifica dell’intestazione nominale.

 

Si dispone, quindi, che l’accesso all’area dello spettacolo è subordinato al riconoscimento personale, tramite controlli e meccanismi efficaci di verifica dell’identità.

In caso di differenze tra il nominativo dell’acquirente e quello del soggetto che ne fruisce, i titoli di ingresso sono annullati, senza alcun rimborso.

 

Per la vigilanza e per il controllo all’accesso, nonché per la verifica del possesso dei biglietti, gli organizzatori delle attività di spettacolo possono avvalersi della collaborazione dei propri dipendenti o, in conformità con quanto previsto dall’art. 5 del decreto del Ministro dell’interno 6 ottobre 2009, come modificato, da ultimo, con DM 24 novembre 2016, dei soggetti iscritti nell’elenco prefettizio del personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi, di cui all’art. 1 del medesimo DM.


 

Articolo 1, commi 1101-1111
(Interventi in materia di riorganizzazione
delle frequenze radiotelevisive)

 

 

I commi da 1101 a 1111 - introdotti al Senato - recano diversi interventi volti a favorire un ordinato svolgimento della riorganizzazione delle frequenze radiotelevisive a seguito dell’assegnazione delle frequenze in banda 700 Mhz per lo sviluppo della rete 5G e a superare le problematiche emerse con particolare riferimento all’entità della capacità trasmissiva assegnata per l’emittenza locale, alla nuova struttura del multiplex regionale destinato ai fornitori di servizi media audiovisivi in ambito locale, all’assegnazione delle frequenze alla radiofonia digitale, nonché con riferimento alla distribuzione tra i vari soggetti beneficiari delle risorse volte a favorire la transizione verso le nuove modalità di esecuzione del servizio televisivo digitale terrestre. Ulteriore elemento di novità introdotto nell’ambito di tali disposizioni è la definizione di una procedura competitiva per l’assegnazione di ulteriore eventuale capacità trasmissiva disponibile in ambito nazionale.

 

Tali interventi sono anche diretti a recepire la segnalazione effettuata dall’AGCOM sull’attuazione delle disposizioni previste dell’art. 1, commi 1030 e seguenti della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di Bilancio 2018) il 17 luglio 2018 nonché le risultanze delle attività svolte in sede di tavolo di coordinamento TV 4.0 (qui la documentazione presentata dagli operatori del settore nelle riunioni del 15 ottobre 2018, del 27 novembre 2018 e del 5 novembre 2018).

Nella segnalazione dell’AGCOM del 17 luglio 2018 l’Autorità aveva rappresentato:

§  alcuni elementi di criticità relativamente alla formulazione di alcune disposizioni della citata legge di bilancio per il 2018, con particolare riguardo alla esatta qualificazione giuridica del concetto di “diritti d’uso della capacità trasmissiva” e quindi l’individuazione dei parametri di conversione dei precedenti diritti d’uso delle frequenze per gli operatori nazionali:

§  l’esigenza di una rimodulazione della riserva di destinazione di un terzo della capacità trasmissiva complessivamente pianificata a favore dell’emittenza locale.

 

Con riferimento alla prima problematica l’AGCOM ha aperto, con la Delibera n. 474/18/CONS una consultazione pubblica concernente la definizione dei criteri per la conversione dei diritti d’uso delle frequenze in ambito nazionale per il servizio digitale terrestre in diritti d’uso di capacità trasmissiva e per l’assegnazione in ambito nazionale dei diritti d’uso delle frequenze pianificate, in considerazione di ciò le valutazioni dell’AGCOM, non rappresentano conclusioni finali ma elementi sottoposti alla valutazione per gli operatori del settore. Appare tuttavia utile alla comprensione degli interventi posti in essere dalla disposizione normativa in esame richiamare sinteticamente i punti più significativi contenuti nell’allegato a tale delibera.

L’AGCOM ha innanzi tutto chiarito come le previsioni della legge di bilancio per il 2018 (e in particolare dell’articolo 1, comma 1031 che disciplina tale conversione) “trovano coerenza con l’impianto generale della normativa di settore nel senso che la citata conversione dei “diritti d’uso delle frequenze” in “diritti d’uso della capacità trasmissiva” deve essere intesa quale mero passaggio intermedio del più ampio processo di conversione dei “diritti d’uso di frequenze DVB-T” in “diritti d’uso di frequenze DVB-T2” (ossia il nuovo standard trasmissivo che consente di accrescere la capacità trasmissiva) indicato nell’ambito della legge di bilancio 2018.

Pertanto l’AGCOM si è concentrata sull’individuazione di un parametro di conversione dei diritti d’uso delle frequenze attualmente esistenti in nuovi diritti d’uso di frequenze DVB-T2, essendo il riferimento alla capacità trasmissiva da intendersi “come “unità di misura” che l’Autorità è chiamata ad utilizzare per tracciare una sorta di “equivalenza” tra nuove reti DVB-T2 ed attuali reti DVB-T”.

Tuttavia l’Autorità, a seguito degli approfondimenti istruttori effettuati, ha rilevato l’impossibilità di determinare un fattore di conversione, di applicazione generale, che garantisca la conservazione della capacità trasmissiva esercita da ogni singolo operatore a valle del passaggio tecnologico da DVB-T a DVB-T2. Ciò in quanto “la capacità trasmissiva veicolata da un multiplex, sia esso DVB-T che DVB-T2, non è un valore standardizzato (a livello internazionale) né predefinito (cioè valevole per tutti gli operatori di rete), bensì un valore variabile (entro un certo intervallo), che dipende dalle scelte imprenditoriali effettuate dal singolo operatore nella configurazione della propria rete” che peraltro sono in concreto assai differenziate tra i diversi operatori.

In considerazione di ciò, l’AGCOM ha rilevato che “non possa essere utilizzato, ai fini della conversione dei diritti d’uso delle frequenze attualmente assegnate agli operatori nazionali, un criterio che prenda a riferimento la capacità trasmissiva effettivamente esercita dagli stessi” ma che occorra far riferimento a “una serie di reti teoriche (c.d. reti di riferimento) che impiegano una configurazione di parametri tecnici di tipo convenzionale (Reference Planning Configuration)”.

L’AGCOM ricorda che “nel PNAF 2010, per la pianificazione delle frequenze delle reti in DVB-T sono stati utilizzati parametri tecnici cui corrisponde una capacità trasmissiva netta convenzionale pari a 19,91 Mbit/s (circa 20 Mbit/s) per multiplex. Nel PNAF 2018, le frequenze sono state pianificate per la realizzazione di reti che utilizzano il nuovo standard trasmissivo DVB-T2 e una system variant cui corrisponde una capacità trasmissiva netta convenzionale pari a circa 37 Mbit/s per multiplex”.

In ragione di tale parametro l’Autorità ha calcolato che gli attuali multiplex nazionali (si tratta di 20 multiplex) presentino una capacità complessiva di 400 Mb/s mentre i nuovi multiplex nazionali riconosciuti dal PNAF (sono stati pianificati 10 multiplex nazionali, anche in considerazione del vincolo di cui all’articolo 8, del decreto legislativo n. 177 del 2005, che richiede una riserva di un terzo della capacità trasmissiva per l’emittenza locale), assicurerebbe una capacità trasmissiva pari a 370 Mb/s (anche qui calcolata in termini convenzionali), che non consente una conversione equivalente delle frequenze. L’Autorità concludeva quindi che, alla luce dei citati valori teorici di capacità trasmissiva sopra indicati, un ulteriore multiplex nazionale (che assicurerebbe una capacità trasmissiva convenzionale di 37 Mb/s) avrebbe potuto consentire più agevolmente una sorta di conversione equivalente (chiarendo tuttavia l’assenza di frequenze disponibili a legislazione vigente).

Alla luce di ciò si inquadra l’eliminazione del vincolo normativo di assicurare un terzo della capacità trasmissiva alle televisioni locali sopra ricordato.

Si segnala peraltro che a seguito dell’intervento normativo posto in essere i multiplex nazionali disponibili sarebbero 12, cui corrisponderebbe, alla luce di quanto considerato dall’AGCOM, una capacità trasmissiva convenzionale di 444 Mb/s.

 

Il comma 1101 modifica pertanto l’articolo 8 del decreto legislativo n. 177 del 2005 avente ad oggetto i principi generali in materia di emittenza radiotelevisiva di ambito locale. Tale disposizione prevedeva la riserva di un terzo della capacità trasmissiva, determinata con l'adozione del piano di assegnazione delle frequenze per la diffusione televisiva su frequenze terrestri, ai soggetti abilitati a diffondere i propri contenuti in tale ambito (articolo 8, comma 2). La norma interviene mantenendo l’obbligo di riservare alla diffusione di contenuti in ambito locale una quota della capacità trasmissiva determinata con l'adozione del Piano di assegnazione delle frequenze per la diffusione televisiva su frequenze terrestri ma eliminando il riferimento alla riserva di un terzo della capacità trasmissiva per le emittenti locali. Pertanto l’entità di tale capacità trasmissiva sarà definita nell’ambito del citato Piano.

Il comma 1102 aggiunge un nuovo comma all’articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 177 del 2005 (Testo unico della radiotelevisione) prevedendo che l’AGCOM adotti il Piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre, individuando in ciascuna area tecnica di cui al comma 1030 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2018 più frequenze in banda UHF (ossia la banda 470-694 mhz) per la realizzazione di reti, di cui almeno una con copertura non inferiore al 90% della popolazione dell’area, finalizzate alla messa a disposizione di capacità trasmissiva ai fornitori di servizi di media audiovisivi in ambito locale.

 

Il comma 1103 novella l'articolo 1, comma 1030, della legge di bilancio per il 2018 prevedendo:

§  la modifica della denominazione del Piano nazionale di assegnazione delle frequenze da “PNAF 2018” a PNAF;

§  un aggiornamento del PNAF 2018 (rinominato come PNAF), adottato dall’AGCOM con la delibera 290/18/CONS, entro il 31 gennaio 2019;

§  l’integrazione del citato comma con l’indicazione, in ordine alla pianificazione delle frequenze in banda III VHF (ossia in banda 174-230 mhz), del rispetto dei successivi accordi internazionali sottoscritti dal Ministero dello sviluppo economico (oltre che dell’Accordo di Ginevra 2006, già indicato nel testo vigente). Sono state inoltre mantenute le previsioni secondo le quali “sono oggetto di pianificazione esclusivamente le frequenze attribuite all’Italia” e “le frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre, in banda III VHF e 470-694 MHz, non attribuite internazionalmente all'Italia nelle aree di coordinamento definite dagli accordi internazionali di cui al primo periodo, non possono essere pianificate né assegnate”;

Dall’esame dei contributi che i diversi operatori hanno fornito nell’ambito del tavolo TV 4.0, si segnala che è stata da più parti sottolineata l’opportunità di consentire l’utilizzo non solo delle frequenze attribuite all’Italia ma anche di quelle “non interferenti” al fine di assicurare un miglioramento della fruizione delle frequenze disponibili.

§  la revisione della pianificazione delle frequenze indicate sulla banda III VHF (ossia in banda 174-230 mhz), che dovranno essere assegnate prioritariamente alla radiofonia digitale e soltanto “ove necessario” al servizio televisivo digitale terrestre mentre nel testo vigente del comma 1030 tali frequenze sono pianificate per realizzare un multiplex regionale per la trasmissione di programmi televisivi in ambito locale e per massimizzare il numero di blocchi coordinati destinabili in ciascuna regione alla radiofonia digitale;

Tale intervento sembra andare incontro alla richiesta, presentata nell’ambito del tavolo TV 4.0 di assicurare una capacità trasmissiva sufficiente per la radiofonia digitale (in particolare si veda il contributo di Eurodab e di Dab Italia), posto che le risorse frequenziali disponibili non parevano essere sufficienti per un regolare sviluppo di tale forma di diffusione radiofonica.

§  l’introduzione dell’obbligo per l’AGCOM di pianificare con frequenze in banda UHF (ossia in banda 470-694 mhz) una rete con decomponibilità per macroaree per la realizzazione, da parte del concessionario del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale (ossia della RAI), di un multiplex contenente l’informazione regionale.

Il comma 1031 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2018 prevede l’assegnazione al concessionario del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale di diritti d'uso delle frequenze in banda III VHF (ossia in banda 174-230 mhz) per la realizzazione di un multiplex contenente l'informazione regionale da parte del concessionario del servizio pubblico e per la trasmissione di programmi in ambito locale, destinando la capacità trasmissiva al trasporto di fornitori di servizi di media audiovisivi in ambito locale selezionati secondo la procedura di cui al comma 1034 e riservando il 20 per cento della capacità trasmissiva alla trasmissione dei programmi di servizio pubblico contenente l'informazione a livello regionale. Tali disposizioni sono abrogate ai sensi della lettera d) (rectius c) del comma 1104.

 

Si ricorda che le frequenze in banda III VHF e UHF sono le uniche frequenze destinate al servizio televisivo digitale terrestre e alla radiofonia digitale.

 

Il comma 1104 modifica l’articolo 1, comma 1031, della legge di bilancio per il 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 205) prevedendo:

§  il differimento al 31 marzo 2019 del termine fissato originariamente al 30 settembre 2018 affinché l’AGCOM proceda alla individuazione dei criteri per la conversione dei diritti d'uso delle frequenze di cui sono titolari gli operatori di rete nazionali in diritti d'uso di capacità trasmissiva in multiplex nazionali di nuova realizzazione in tecnologia DVB-T2;

§  il differimento al 31 marzo 2019 del termine fissato originariamente al 30 settembre 2018 affinché l’AGCOM proceda a definire i criteri per l’assegnazione in ambito nazionale dei diritti d'uso delle frequenze pianificate ai sensi del comma 1030 per il servizio televisivo digitale terrestre agli operatori di rete nazionali;

Con riferimento a tale profilo l’allegato alla Delibera n. 474/18/CONS dà conto dell’attuale situazione posto che tutti i soggetti che, alla data di entrata in vigore della legge di bilancio per il 2018, erano titolari dei diritti d’uso delle frequenze per la radiodiffusione televisiva digitale terrestre in ambito nazionale sono i destinatari dei diritti d’uso delle frequenze per l’esercizio delle nuove reti in tecnologia DVB-T2. Allo stato i diritti d’uso delle 20 reti nazionali esistenti sono attribuiti ad 8 operatori (5 Rai S.p.A., 5 Elettronica Industriale S.p.A., 5 Persidera S.p.A., 1 Cairo Network S.p.A., 1 3lettronica Industriale S.p.A., 1 Prima Tv S.r.l., 1 Europa Way S.r.l., 1 Premiata Ditta Borghini&Stocchetti di Torino S.r.l.). Nell’ambito delle nuove reti in tecnologia DVB-T2 ai medesimi 8 operatori dovranno essere assegnate le 10 reti nazionali disponibili (occorre tenere presente che a seguito dell’abrogazione della riserva di un terzo della capacità trasmissiva agli operatori locali, le reti disponibili – stando a quanto emerso nell’ambito del tavolo TV 4.0 – potrebbero essere 12, mentre resterebbero 2 reti per la diffusione in ambito locale, invece delle attuali 4). L’AGCOM rileva quindi che “l’attuale distribuzione delle reti tra gli 8 operatori (tutte in numero dispari), l’applicazione del meccanismo di conversione previsto dalla Legge di Bilancio è destinata a produrre il seguente scenario: ai tre operatori che attualmente eserciscono 5 reti trasmissive in 10 tecnologia DVB-T devono essere assegnati diritti d’uso di frequenze per 2,5 reti trasmissive in tecnologia DVB-T2; ai rimanenti cinque operatori che attualmente eserciscono 1 rete trasmissiva in tecnologia DVB-T devono essere assegnati i diritti d’uso di frequenze per 0,5 di una rete trasmissiva in tecnologia DVB-T2”. Tale distribuzione, essendo impossibile l’assegnazione di un diritto d’uso di frequenza per l’esercizio “parziale” di una rete trasmissiva (pari alla metà), imporrebbe “che gli operatori titolari di un solo diritto d’uso di capacità trasmissiva si uniscano nell’esercizio delle nuove reti DVBT2 attraverso la costituzione di apposite intese. (…) Sebbene una rete trasmissiva risulti per sua natura indivisibile, in termini di siti e impianti, la capacità trasmissiva veicolata da un multiplex (che è un componente della rete) è frazionabile tra più operatori”.

Nell’ambito dei contributi forniti in sede di Tavolo di coordinamento TV 4.0 diversi operatori hanno espresso riserve su tale configurazione con particolare riferimento ai rischi di abuso nei confronti dei titolari di un solo diritto d’uso (in tal senso il contributo di 3elettronica) di mancato rispetto di disposizioni europee e di compromissione dei diritti dei titolari di frequenze (in tal senso il contributo di Cairo network).

§  il differimento al 30 giugno 2019 del termine fissato originariamente al 28 febbraio 2019 affinché il Ministero dello sviluppo economico assegni i diritti d’uso delle frequenze pianificate agli operatori di rete nazionale sulla base dei criteri definiti dall’AGCOM;

§  l’abrogazione delle previsioni concernenti la realizzazione del multiplex regionale a cura del concessionario del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale (che sono adesso disciplinate dal comma 1103) e l’introduzione della previsione secondo la quale l’AGCOM individua le modalità e le condizioni economiche, orientate al costo, secondo cui il concessionario del servizio pubblico nel multiplex contenente l’informazione regionale ha l'obbligo di cedere una quota della capacità trasmissiva assegnata, comunque non inferiore a un programma, nel periodo transitorio, a favore di ognuno dei soggetti legittimamente operanti in ambito locale assegnatari dei diritti d'uso dei canali 51 e 53 che rilascino i rispettivi diritti d’uso nel periodo transitorio.

 

Alla lettera d) (rectius c) del comma 1104 le parole “all’ultimo periodo” andrebbero sostituite con le seguenti “al quarto periodo”.

 

Il comma 1105 introduce i commi aggiuntivi da 1031-bis a 1031-quater all'articolo 1 della legge di bilancio per il 2018. Le principali disposizioni sono sintetizzate qui di seguito.

Si prevede (nuovo comma 1031-bis della legge di bilancio per il 2018) l’assegnazione di ulteriore eventuale capacità trasmissiva disponibile in ambito nazionale e delle frequenze terrestri, aggiuntiva rispetto a quelle destinate alla conversione dei diritti d’uso e pianificate dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nel PNAF, mediante procedura onerosa con aggiudicazione all’offerta economica più elevata senza rilanci competitivi, indetta entro il 30 novembre 2019 dal Ministero dello sviluppo economico, in attuazione delle procedure stabilite, entro il 30 settembre 2019 dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:

§  assegnazione della capacità trasmissiva in lotti di dimensione pari alla metà di un multiplex;

§  fissazione di un valore minimo delle offerte sulla base di quanto indicato dall’AGCOM, considerando il valore delle offerte economiche presentate;

§  garanzia della continuità del servizio, della celerità della transizione tecnologica, e della qualità delle infrastrutture di rete messe a disposizione dagli operatori nazionali di rete;

§  valorizzazione sia delle esperienze degli operatori nazionali di rete, sia dell’ottimale utilizzo dello spettro tenendo conto anche della capacità di assicurarne l’uso efficiente e dell’attuale diffusione di contenuti di buona qualità alla parte più vasta della popolazione italiana;

§  sfruttamento effettivo e tempestivo della capacità trasmissiva delle frequenze assegnate;

Il MEF è autorizzato a riassegnare su appositi capitoli di spesa nello stato di previsione del MISE per gli interventi finalizzati ad incentivare l'acquisto di apparecchiature televisive e la sperimentazione di nuove tecnologie televisive gli introiti derivanti dall’assegnazione della nuova capacità trasmissiva disponibile secondo modalità operative e procedure di erogazione stabilite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

In senso contrario all’assegnazione di eventuale ulteriore capacità trasmissiva mediante procedura onerosa in sede di Tavolo di coordinamento TV4.0 si è pronunciata Confindustria Radio Televisioni).

 

E’ poi introdotto un nuovo comma 1031-ter alla legge di bilancio per il 2018, che stabilisce che la durata dei diritti d'uso è fissata secondo quanto stabilito dal Codice delle comunicazioni elettroniche (decreto legislativo n. 259 del 2003).

 

L’articolo 27 del decreto legislativo n. 259 del 2003 stabilisce che i diritti individuali di uso delle frequenze radio (…) vengono rilasciati per una durata adeguata al tipo di servizio e comunque non eccedente la durata dell'autorizzazione generale (che non può superare i 20 anni ed è rinnovabile), tenuto conto dell'obiettivo perseguito e della necessità di prevedere un periodo adeguato di ammortamento degli investimenti. La disposizione prevede anche i limiti previsti con riferimento alla cessione di tali diritti.

 

Le controversie riguardanti le assegnazioni di diritti d'uso sono decise dall'Autorità su istanza di una delle parti. Le decisioni sono motivate e sono pubblicate sul sito istituzionale dell'Autorità. La decisione è ricorribile in via giudiziale e qualora l'Autorità accerti la mancata ottemperanza della decisione assunta, il MISE può revocare l'uso della frequenza (nuovo comma 1031-quater).

 

Il comma 1106 novella l'articolo 1, comma 1032 della legge di bilancio 2018 che disciplina i principi riguardanti la realizzazione da parte del Ministero dello sviluppo economico, del calendario nazionale per la riorganizzazione delle frequenze televisive (emanato con il decreto del MISE 8 agosto 2018, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 settembre 2018), prevedendo, oltre ad alcune modifiche di carattere formale e di coordinamento (lettere a) e c)):

§  la riscrittura della lettera c) del comma concernente il rilascio delle frequenze in capo al concessionario del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale (ossia della RAI) e la contestuale attivazione del nuovo multiplex, al fine di adeguarlo alle modifiche intervenute (lettera b);

§  l’esplicita menzione dell’obbligo di rilascio da parte degli operatori di rete titolari dei diritti d'uso in ambito locale delle frequenze corrispondenti ai canali CH 51 e 53 per successive aree geografiche nel periodo transitorio dal 1º gennaio 2020 al 31 dicembre 2021, non presente nel testo vigente del comma 1032, lettera d) che faceva esclusivamente riferimento agli operatori nazionali (lettera d);

§  l’individuazione delle scadenze della sequenza di rilasci e contestuali attivazioni con specifico riferimento agli operatori nazionali titolari dei diritti d’uso dei CH 50 e 52 e per gli operatori in ambito locale titolari dei diritti d’uso dei canali CH 51 e 53 da realizzare per successive aree geografiche che nel testo vigente erano disciplinati esclusivamente alla lettera d) del comma 1032 (lettera e) nonché con riferimento ai soggetti di cui alle lettere b), c) ed e) del medesimo comma (ossia gli operatori di rete in ambito locale, il concessionario del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale e i titolari delle frequenze residue).

Come emerge dai lavori del Tavolo di coordinamento TV4.0 il rilascio delle frequenze corrispondenti ai canali 50-53, ricadenti nella banda 702-734 Mhz nel periodo transitorio 1° gennaio 2020-31 dicembre 2021, deriva dall’assunzione di obblighi internazionali da parte dell’Italia che si è impegnata a non utilizzare tali frequenze anticipatamente rispetto al termine del 30 giugno 2022. Diversi contributi da parte degli operatori televisivi in ambito locale hanno rilevato elementi di criticità (si vedano i contributi di Associazione TV locali, Aeranti Corallo, ALPI).

§  l’aggiornamento del decreto dell’8 agosto 2018 da effettuarsi entro il 15 aprile 2019 (lettera f).

 

Il comma 1107 modifica il comma 1033 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2018, che disciplina i principi secondo i quali il Ministero dello sviluppo economico assegna i diritti d’uso delle frequenze per il servizio televisivo digitale terrestre agli operatori di rete affinché questi li mettano a disposizione di fornitori di servizi media audiovisivi in ambito locale. In particolare vengono differiti dal 30 settembre 2018 al 30 marzo 2019 il termine entro il quale il Ministero provvede ad avviare le procedure per l’assegnazione dei citati diritti e dal 30 giugno 2019 al 30 ottobre 2019 il termine per la conclusione delle stesse.

Il comma 1108 modifica il comma 1034 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2018 avente ad oggetto la disciplina delle modalità secondo le quali si procede all’assegnazione della capacità trasmissiva ai fornitori di servizi media audiovisivi in ambito locale legittimamente operanti. In particolare viene differito dal 31 dicembre 2018 al 30 marzo 2019 il termine entro il quale il Ministero dello sviluppo economico avvia le procedure per la formazione di una graduatoria dei fornitori di servizi media audiovisivi in ambito locale per ciascuna delle aree tecniche individuate. Viene inoltre differito dal 30 giugno 2019 al 30 ottobre 2019 il termine delle procedure di assegnazione della capacità trasmissiva da parte degli operatori di rete ai fornitori di servizi media audiovisivi in ambito locale.

Il comma 1109 modifica il comma 1035 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2018 differendo dal 31 maggio 2019 al 31 dicembre 2019 il termine entro il quale l’AGCOM dovrà aggiornare il piano di numerazione automatica dei canali del servizio televisivo digitale terrestre.

Il comma 1110 modifica il comma 1039 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2018 che si riferisce alle spese per l’attuazione di quanto previsto dalle disposizioni in tema di riorganizzazione delle frequenze radiotelevisive prevedendo in particolare la rimodulazione delle risorse attribuite per l’attuazione delle disposizioni citate prevedendo un aumento di 51 milioni di euro per l’anno 2020 destinati ad assicurare un contributo ai costi a carico degli utenti finali per l’acquisto di apparecchiature di ricezione televisiva nell’anno 2020.

Il comma 1111 individua la copertura finanziaria riducendo di 51 milioni di euro le somme disponibili nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico sul fondo riaccertamento dei residui  di cui all’articolo 34-ter, comma 5 della legge 31 dicembre 2009 n. 196, sul capitolo di spesa 7041.


 

Articolo 1, commi 1112-1113
(Agenzia Torino 2006)

 

 

I commi 1112-1113, introdotti al Senato, recano disposizioni finanziarie relative all'Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpiciTorino 2006” e la proroga al 31 dicembre 2020 del termine di scadenza della gestione commissariale.

 

Il comma 1112 prevede il versamento all'entrata del bilancio dello Stato, entro il mese di settembre 2019, di 29 milioni di euro relativi alle disponibilità finanziarie liquide intestate all'Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici “Torino 2006”.

Il comma 1113 proroga dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2020 il termine di scadenza della gestione commissariale per lo svolgimento delle residue attività dell'Agenzia Torino 2006. A tal fine si interviene sull'articolo 2, comma 5-octies, del D.L. n. 225/2010.

 

Si rammenta che inizialmente l'articolo 3, comma 25, legge n. 244 del 2007 aveva previsto che, a decorrere dal 1º gennaio 2008, le residue attività dell'Agenzia per lo svolgimento dei Giochi olimpici Torino 2006 fossero svolte, entro il termine di tre anni, da un commissario liquidatore nominato con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze. E' quindi intervenuto l'articolo 2, comma 5-octies, del decreto-legge n. 225/2010, che ha inizialmente disposto il differimento del termine fino alla completa definizione delle attività residue affidate al commissario liquidatore e comunque non oltre il 31 dicembre 2014. Quest'ultimo termine è stato più volte prorogato, da ultimo con l'articolo 1, comma 1151, della legge n. 205/2017, al 31 dicembre 2018.


 

Articolo 1, comma 1114
(Celebrazioni della figura di Nilde Iotti)

 

 

L’articolo 1, commA 1114, introdotto durante l’esame al Senato, è finalizzato a consentire lo svolgimento delle celebrazioni della figura di Nilde Iotti.

 

Le celebrazioni saranno svolte in occasione del “trentesimo” anno dalla morte e del centesimo anno dalla nascita di Nilde Iotti.

 

Si evidenzia che nel 2019 ricorreranno venti anni (e non trenta) dalla morte di Nilde Iotti.

 

 

Si ricorda, infatti, che Nilde Iotti è nata il 10 aprile 1920 ed è morta il 4 dicembre 1999.

 

Al fine indicato, autorizza la spesa di € 100 mila per ciascuno degli anni 2019 e il 2020.

 

Non è indicato il soggetto preposto all’organizzazione delle celebrazioni.

 

Al riguardo, si ricorda che la L. 420/1997 aveva inteso ricondurre ad unità, attraverso un unico provvedimento a cadenza annuale, l’intervento statale a favore di comitati nazionali per lo svolgimento di celebrazioni e manifestazioni culturali di particolare rilevanza. Al fine indicato, ha previsto l’istituzione, presso il Ministero per i beni e le attività culturali, della Consulta dei comitati nazionali e delle edizioni nazionali, alla quale ha affidato il compito di deliberare, per quanto qui interessa,      sulla costituzione e organizzazione dei comitati nazionali per le celebrazioni o manifestazioni culturali, sull’ammissione al contributo finanziario statale e sulla misura dello stesso.

Nel tempo, tuttavia, sono stati numerosi gli interventi disposti con altre procedure. In particolare, vari comitati promotori di celebrazioni sono stati costituiti con legge.

 


 

Articolo 1, comma 1115
(Tabelle A e B)

 

 

Il presente comma dispone in ordine all’entità dei fondi speciali determinati dalle tabelle A e B allegate al disegno di legge in esame. Si tratta degli strumenti contabili mediante i quali si determinano le disponibilità per la copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale.

 

     Gli importi della Tabella A (fondo speciale di parte corrente) ammontano complessivamente a 292,1 milioni per il 2019 e a 362 milioni annui dal 2020. Per quanto riguarda la Tabella B (conto capitale), il disegno di legge prevede importi pari a 472,6 milioni per il 2019 e a 498,9 milioni annui a decorrere dal 2020.

I prospetti che seguono riportano gli stanziamenti complessivi di cui alle tabelle A e B, a legislazione vigente e nel disegno di legge di bilancio (A.C. 1334, A.S. 981 e A.C. 1334-B).

                                                                                                    (importi in milioni)

Tabella A

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

92,1

112

112

A.C. 1334

292,1

362

362

A.S. 981

268,1

329,9

332,4

A.C. 1334-B

238

260,4

291,5

                                                                                                                   (importi in milioni)

Tabella B

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

272,6

248,9

248,9

A.C. 1334

472,6

498,9

498,9

A.S. 981

442,6

468,9

468,9

A.C. 1334-B

330,3

333,3

373,9

 

 

L'articolo 21, comma 1-ter, lett. d), della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009) inserisce tra i contenuti della prima sezione del disegno di legge di bilancio la  determinazione  degli  importi  dei fondi speciali e le relative tabelle. Con la disposizione in esame si provvede a determinare gli importi da iscrivere nei fondi speciali per ciascun anno, determinati nelle misure indicate per la parte corrente nella Tabella A e per quella in conto capitale nella Tabella B, allegate al disegno di legge di bilancio, ripartite per Ministeri. In sede di relazione illustrativa al disegno di legge sono indicate le finalizzazioni, vale a dire i provvedimenti per i quali viene preordinata la copertura. Ulteriori finalizzazioni possono essere specificate nel corso dell’esame parlamentare, con riferimento ad emendamenti che incrementano la dotazione dei fondi speciali. In ogni caso le finalizzazioni non hanno efficacia giuridica vincolante. Attraverso i fondi speciali viene quindi delineata la proiezione finanziaria triennale della futura legislazione di spesa che il Governo intende presentare al Parlamento.

Nei prospetti seguenti sono riportati, suddivisi per Ministero, gli importi degli accantonamenti di parte corrente e di conto capitale nel disegno di legge di bilancio (A.C. n. 1334). Si riportano altresì le finalizzazioni indicate nella relazione illustrativa.

Gli importi delle Tabelle A e B a legislazione vigente per i singoli Dicasteri, ove sussistenti. sono stati forniti dalla RGS su richiesta degli Uffici parlamentari.

 

 

Tabella A - Fondo speciale di parte corrente

(importi in migliaia di euro)

 

 

Ministero dell'economia e delle finanze

                                                                                                         (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

25.928

51.136

51.136

A.C. 1334

70.928

131.136

106.136

A.S. 981

60.019

107.226

80.492

A.C. 1334-B

58.819

76.526

76.792

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero dello sviluppo economico

                                                                                                         (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

A.C. 1334

10.000

10.000

10.000

A.S. 981

10.000

10.000

10.000

A.C. 1334-B

9.750

9.750

9.750

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

Ministero del lavoro e politiche sociali

                                                                                                          (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

A.C. 1334

10.000

10.000

10.000

A.S. 981

10.000

10.000

10.000

A.C. 1334-B

2.000

2.000

2.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero della giustizia

                                                                                                          (migliaia di euro)

 

2018

2019

2020

Bilancio a legislazione vigente

2.661

661

661

A.C. 1334

17.661

20.661

30.661

A.S. 981

15.971

17.281

26.911

A.C. 1334-B

15.633

16.105

24.653

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale

                                                                                                    (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

49.376

46.037

46.037

A.C. 1334

74.376

76.037

86.037

A.S. 981

64.376

76.037

86.037

A.C. 1334-B

63.374

70.041

79.690

 

 

Finalizzazioni: coperture finanziarie dei provvedimenti concernenti le seguenti ratifiche:

§  Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo dello Stato degli Emirati arabi uniti, fatto ad Abu Dhabi il 16 settembre 2015, con Scambio di Note fatto ad Abu Dhabi il 27 novembre 2017 e il 17 gennaio 2018; b) Trattato di mutua assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Emirati arabi uniti, fatto ad Abu Dhabi il 16 settembre 2015 (legge n. 125/18);

§  Ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Giappone concernente il trasferimento di equipaggiamenti e di tecnologia di difesa, fatto a Tokyo il 22 maggio 2017 (A.S. n. 772);

§  Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Accordo bilaterale aggiuntivo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Macedonia alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, inteso ad ampliarne e facilitarne l’applicazione, fatto a Skopje il 25 luglio 2016; b) Accordo bilaterale aggiuntivo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Macedonia alla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 inteso a facilitarne l’applicazione, fatto a Skopje il 25 luglio 2016 (A.C. n. 1127);

§  Ratifica ed esecuzione dell’Accordo bilaterale tra la Repubblica italiana e la Bosnia ed Erzegovina aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, inteso ad ampliarne e facilitarne l’approvazione, fatto a Roma il 19 giugno 2015 (A.C. n. 1126);

§  Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale di Nagoya – Kuala Lumpur, in materia di responsabilità e risarcimenti, al Protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza, fatto a Nagoya il 15 ottobre 2010 (A.C. n. 1123);

§  Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare democratica del Laos, fatto a Bangkok il 17 febbraio 2003 (A.S. n. 676);

§  Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale e di istruzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro, fatto a Roma il 15 aprile 2014 (AS 659);

§  ulteriori accordi internazionali.

 

 

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca

                                                                                                     (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

5.000

5.000

5.000

A.C. 1334

15.000

15.000

15.000

A.S. 981

14.860

11.400

15.000

A.C. 1334-B

11.180

10.950

14.550

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

Ministero dell'interno

                                                                                           (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

A.C. 1334

15.000

20.000

20.000

A.S. 981

15.000

20.000

20.000

A.C. 1334-B

17.030

22.420

27.010

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

                                                                                                     (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

9.000

9.000

9.000

A.C. 1334

14.000

14.000

14.000

A.S. 981

14.000

14.000

14.000

A.C. 1334-B

12.200

12.200

12.200

 

Finalizzazioni: interventi diversi

 

 

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

                                                                                                    (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

93

176

176

A.C. 1334

10.093

10.176

10.176

A.S. 981

10.093

10.176

10.176

A.C. 1334-B

3.262

1.513

3.513

 

Finalizzazioni:

§  copertura finanziaria del provvedimento legislativo riguardante l’introduzione dell'obbligo di installazione di dispositivi per prevenire l'abbandono di bambini nei veicoli chiusi (legge n. 117/18):

§  interventi diversi.

 

 

 

 

Ministero delle politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo

                                                                                                    (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

A.C. 1334

20.000

20.000

20.000

A.S. 981

19.000

19.000

20.000

A.C. 1334-B

19.000

17.000

20.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero per i beni e le attività culturali

                                                                                                    (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

A.C. 1334

20.000

20.000

20.000

A.S. 981

19.764

19.764

19.764

A.C. 1334-B

15.410

15.273

15.188

 

Finalizzazioni: interventi diversi

 

 

Ministero della salute

                                                                                                         (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

A.C. 1334

15.000

15.000

20.000

A.S. 981

15.000

15.000

20.000

A.C. 1334-B

10.375

6.667

6.139

 

Finalizzazioni: interventi diversi

 

 

 

 

 

 

 

Tabella B - Fondo speciale di conto capitale

(importi in migliaia di euro)

 

 

Ministero dell'economia e delle finanze

                                                                                                    (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

103.848

50.148

50.148

A.C. 1334

226.848

203.148

183.148

A.S. 981

226.848

203.148

183.148

A.C. 1334-B

212.123

198.148

178.148

 

Finalizzazioni:

§  potenziamento e ammodernamento della Guardia di finanza;

§  interventi diversi.

 

 

Ministero dello sviluppo economico

                                                                                                    (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

43.000

43.000

43.000

A.C. 1334

60.000

70.000

80.000

A.S. 981

60.000

70.000

80.000

A.C. 1334-B

35.000

30.000

40.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

 

Ministero del lavoro e politiche sociali

                                                                                                                                     (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

27.753

27.753

27.753

A.C. 1334

27.753

27.753

27.753

A.S. 981

27.753

27.753

27.753

A.C. 1334-B

2.753

2.753

22.753

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero della giustizia

                                                                                                                                     (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

15.000

25.000

25.000

A.C. 1334

15.000

25.000

25.000

A.S. 981

15.000

25.000

25.000

A.C. 1334-B

-

-

-

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale

                                                                                                         (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

A.C. 1334

10.000

10.000

10.000

A.S. 981

10.000

10.000

10.000

A.C. 1334-B

10.000

10.000

10.000

 

Finalizzazioni: finanziamento di accordi internazionali.

 

 

Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca

                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

30.000

30.000

30.000

A.C. 1334

30.000

30.000

30.000

A.S. 981

-

-

-

A.C. 1334-B

-

-

-

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

                                                                                           (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

50.000

50.000

50.000

A.C. 1334

50.000

50.000

50.000

A.S. 981

50.000

50.000

50.000

A.C. 1334-B

50.000

50.000

50.000

 

Finalizzazioni:

§  interventi per la difesa del suolo;

§  interventi diversi.

 

 

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

                                                                                                                                           (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

A.C. 1334

30.000

40.000

50.000

A.S. 981

30.000

40.000

50.000

A.C. 1334-B

-

-

30.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

 

Ministero per i beni e le attività culturali

                                                                                                                         (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

-

-

-

A.C. 1334

20.000

20.000

20.000

A.S. 981

20.000

20.000

20.000

A.C. 1334-B

19.400

19.400

20.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 

 

 

 

 

Ministero della salute

                                                                                              (migliaia di euro)

 

2019

2020

2021

Bilancio a legislazione vigente

3.000

23.000

23.000

A.C. 1334

3.000

23.000

23.000

A.S. 981

3.000

23.000

23.000

A.C. 1334-B

1.000

23.000

23.000

 

Finalizzazioni: interventi diversi.

 


 

Articolo 1, comma 1116
(Incremento Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili
in corso di gestione)

 

 

Il comma 1116, modificato al Senato, incrementa la dotazione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione di 13,630 milioni di euro per l'anno 2019, di 11,470 milioni di euro per l'anno 2020, di 102,410 milioni di euro per l'anno 2021, di 150,900 milioni di euro per l'anno 2022, di 111,060 milioni di euro per l'anno 2023, di 226,190 milioni di euro per l'anno 2024, di 239,910 milioni di euro per l'anno 2025, di 271,450 milioni di euro per l'anno 2026, di 277,830 milioni di euro per l'anno 2027, di 275,350 milioni di euro per l'anno 2028, di 261,770   milioni di euro per l'anno 2029,  di 252,160 milioni di euro per l'anno 2030, di 251,460 milioni di euro per l'anno 2031, di 250,940 milioni di euro per l'anno 2032, di 250,420 milioni di euro per l'anno 2033, di 249,910 milioni di euro per l'anno 2034 e di 249,390 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2035.

 

Si tratta del Fondo istituito dall'articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (capitolo 3076), che viene ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Si sottolinea che nel testo iniziale del provvedimento il fondo era incrementato di 250 milioni di euro per l’anno 2019 e di 400 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020. A seguito di tale rifinanziamento, nel ddl di bilancio per il 2019-2021 il relativo capitolo di bilancio (cap. 3076/MEF) presentava, nel triennio, una dotazione di 250,3 milioni di euro per il 2019, 405,5 milioni per il 2020 e di 638,8 milioni per il 2021. Su tale rifinanziamento è stata peraltro posta la copertura finanziaria di numerose norme introdotte nel provvedimento nel corso dell’esame parlamentare, per cui la dotazione del relativo capitolo di bilancio si è ridotta.


 

Articolo 1, commi 1117-1120
(Monitoraggio dell’andamento dei conti pubblici
e accantonamento di 2 miliardi di euro per il 2019.)

 

 

I commi 653-bis-653-quinquies, introdotti al Senato, dettano norme per garantire il rispetto degli obiettivi programmatici di finanza pubblica. In particolare, si dispone l’accantonamento di una serie di voci di spesa (indicate in apposito Allegato) per un ammontare complessivo di 2 miliardi di euro nel 2019 e si definisce uno specifica procedura di monitoraggio dell’andamento dei conti pubblici.

 

In primo luogo si prevede che per l’anno 2019, le dotazioni del bilancio dello Stato, in termini di competenza e di cassa, sono accantonate e rese indisponibili, per un importo complessivo pari a 2 miliardi, secondo quanto indicato nell’apposito Allegato). Ferma restando la neutralità degli effetti sui saldi di finanza pubblica, gli accantonamenti sono rimodulabili con decreti del Ministero dell’economia e delle finanze, su richiesta dei Ministri interessati.

Entro il mese di luglio 2019 è previsto un monitoraggio degli andamenti tendenziali di finanza pubblica (volto ad aggiornare quello realizzato con il Documento di economia e finanza), che il Ministro dell’economia e delle finanze deve comunicare al Consiglio dei ministri entro i dieci giorni successivi (quindi, al più tardi, entro il 10 agosto 2019)

 

Il monitoraggio di luglio può rilevare che:

§  gli andamenti tendenziali dei conti pubblici, valutati al netto delle maggiori entrate derivanti da operazioni di dismissione di immobili pubblici, risultano coerenti con il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica per il 2019: in tal caso con delibera del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dell’economia e delle finanze, gli accantonamenti sono resi disponibili;

§  vi sono scostamenti o rischi di scostamenti rilevanti per l’esercizio finanziario 2019 rispetto agli obiettivi programmatici di finanza pubblica per il 2019: in tal caso, sulla base delle risultanze della NADEF, con delibera del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dell’economia e delle finanze, gli accantonamenti sono confermati per il 2019 o resi disponibili.

 

La disposizione non prevede espressamente la possibilità, all’esito del monitoraggio, di rendere disponibili gli accantonamenti solo parzialmente.

 

Si rileva che la disposizione prevede che gli accantonamenti possano essere resi disponibili anche nel caso in cui dal monitoraggio emergano scostamenti o rischi di scostamenti rilevanti rispetto agli obiettivi programmatici di finanza pubblica per il 2019, senza prevedere particolari condizioni.

 

La disposizione prevede, poi, che l’aggiornamento del monitoraggio degli andamenti tendenziali di finanza pubblica venga effettuato, entro il mese di luglio, dopo la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (NADEF), il cui termine di presentazione al Parlamento (ossia il 27 settembre) è tuttavia successivo a tale data;

 

Si fa presente che ai sensi della normativa vigente (articolo 7, comma 2, della legge n.196/2009), il Documento di economia e finanza (DEF) deve essere presentato alle Camere entro il 10 aprile, mentre la Nota di aggiornamento al DEF (NADEF) entro il 27 settembre.

 

Si evidenzia, pertanto, l’opportunità di un coordinamento temporale tra i due atti che tenga conto delle scadenze già stabilite dalla normativa vigente.

 

Si fa presente che la vigente legge di contabilità prevede una procedura di monitoraggio delle leggi di spesa.

Ai sensi dell’articolo 17, commi 12-12-quater e comma 13, della legge n.196/2009, il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base delle informazioni trasmesse dai Ministeri competenti, provvede al monitoraggio degli oneri derivanti dalle leggi di spesa, al fine di prevenire l'eventuale verificarsi di scostamenti dell'andamento dei medesimi oneri rispetto alle previsioni.

Nel caso di possibili scostamenti viene delineata una procedura per la compensazione degli oneri che eccedono le previsioni di spesa. Si prevede, a tal fine, che il Ministro dell'economia e delle finanze, in attesa di successive misure correttive, provvede con proprio decreto, per l'esercizio in corso, alla riduzione degli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero competente; qualora i suddetti stanziamenti non siano sufficienti alla copertura finanziaria del maggior onere risultante dall’attività di monitoraggio, si provvede (su proposta del MEF) con DPCM, previa delibera del Consiglio dei ministri, mediante riduzione degli stanziamenti iscritti negli stati di previsione della spesa. Gli schemi di entrambi i decreti (decreto del MEF e DPCM) vanno trasmessi alle Commissioni bilancio delle Camere, che si esprimono entro sette giorni, decorsi i quali i decreti possono comunque essere adottati. Qualora gli scostamenti non siano compensabili nel corso dell’esercizio, il Ministro dell'economia assume tempestivamente (comma 13) le conseguenti iniziative legislative. Per gli esercizi successivi a quello in corso si provvede con la legge di bilancio.


 

Articolo 1, commi 1121-1126
(Disposizioni in materia di premi e contributi INAIL ed in materia di tutela assicurativa INAIL)

 

 

I commi in esame sono stati inseriti dal Senato. I commi 1121 e 1124 prevedono una riduzione dei premi e contributi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. I commi 1122 e 1123 dispongono, ai fini del concorso alla copertura finanziaria dei conseguenti oneri, una riduzione delle risorse destinate dall'INAIL al finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro ed una riduzione delle risorse già destinate allo sconto, relativo all'attività di prevenzione della singola azienda, del tasso medio nazionale (di premio) concernente la specifica lavorazione. Le lettere da l) a n) del comma 1126 prevedono ulteriori modifiche inerenti al livello dei premi INAIL, con riferimento ad alcuni settori. Il comma 1125 modifica, per il solo anno 2019, alcuni termini temporali, relativi all'autoliquidazione ed ai pagamenti dei premi in oggetto. Le lettere da a) a i) del comma 1126 prevedono alcune modifiche alla disciplina sulla tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

 

Il comma 1121 stanzia 410 milioni di euro per il 2019, 525 milioni per il 2020 e 600 milioni per il 2021 per una riduzione, nel medesimo triennio 2019-2021, dei premi e contributi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; per quanto riguarda, invece, le risorse già destinate allo sconto, relativo all'attività di prevenzione della singola azienda, del tasso medio nazionale (di premio) inerente alla specifica lavorazione, il comma 1122, lettera b), ed il comma 1123, lettera b), prevedono una riduzione, pari a 50 milioni, per ciascuno degli anni 2020 e 2021.

Le risorse summenzionate di cui al comma 1121 sono stanziate in aggiunta a quelle già previste dall'articolo 1, comma 128, della L. 27 dicembre 2013, n. 147, ai fini della riduzione degli stessi premi e contributi, per gli anni successivi al 2013. Resta fermo che le riduzioni sono stabilite (in genere, con cadenza annua) con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta dell'INAIL.

Ai fini del concorso alla copertura finanziaria delle minori entrate derivanti dal comma 1121, si provvede, per quanto riguarda le misure di copertura inerente a profili lavoristici ed aziendali, oltre che con la riduzione summenzionata delle risorse per lo sconto relativo all'attività di prevenzione e con gli effetti fiscali positivi in termini di maggiori entrate IRES (derivanti dalla riduzione degli oneri contributivi), mediante (comma 1122):

-         la riduzione, nella misura di 110 milioni per il 2019 e di 100 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021, delle risorse strutturali destinate dall'INAIL al finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro (rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese). La riduzione deve risultare (ai sensi del comma 1123, lettera a), in apposita evidenza contabile nel bilancio dell'INAIL;

-         un'eventuale ulteriore riduzione, per il 2021, in caso di esigenza di copertura finanziaria, sia delle suddette risorse strutturali sia delle risorse summenzionate per gli sconti (sui premi INAIL) relativi all'attività di prevenzione, nella misura massima complessiva di 50 milioni, ripartita fino a 25 milioni per ciascuna delle due tipologie di risorse.

 

Il comma 1124 disciplina l'attività di monitoraggio sugli effetti finanziari delle riduzioni summenzionate dei premi e contributi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro.

 

Il comma 1125 modifica, per il solo anno 2019, in relazione ai tempi di attuazione della riduzione suddetta, alcuni termini temporali, relativi all'autoliquidazione (che viene differita al 31 marzo 2019) ed ai pagamenti dei premi in oggetto.

 

Il comma 1126  prevede, con decorrenza dal 2019, alcune modifiche alla disciplina sulla tutela assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, nonché, con riferimento ad alcuni settori, modifiche relative al livello dei premi INAIL.

 

Le novelle di cui alle lettere da a) a f) specificano che occorre tener conto di tutte le prestazioni derivanti dalla suddetta tutela, ivi comprese le indennità relative al danno biologico, ai fini di:

-         determinare l'importo (del danno) che eventualmente ecceda il suddetto valore globale, nei casi in cui, in base alla normativa, sussista la responsabilità civile del datore di lavoro al risarcimento di tale quota ulteriore. Resta fermo il principio che l'INAIL paghi (con diritto di regresso nei confronti del datore) anche tale quota ulteriore; a quest'ultimo riguardo, in base alla novella di cui alla lettera d), sembrano rientrare nel limite del complessivo danno risarcibile - ai fini della determinazione del limite delle somme che l'INAIL deve anticipare - anche le "spese accessorie";

-         determinare l'importo che l'impresa di assicurazione - nell'ambito dell'assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti - deve accantonare prima di procedere alla liquidazione del danno (al fine di garantire la copertura del credito dell'INAIL verso l'impresa di assicurazione medesima).

La lettera g) inserisce, in primo luogo, il principio che, nella determinazione dell'importo dovuto dal datore di lavoro (e che l'INAIL, come detto, deve anticipare) nei casi in cui, in base alla normativa, sussista la responsabilità civile del datore di lavoro al risarcimento di una quota ulteriore rispetto alla prestazioni INAIL, il giudice può procedere ad una riduzione della somma spettante, tenendo conto della condotta precedente e successiva all'evento lesivo e dell'eventuale adozione di efficaci misure per il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza sul lavoro. In secondo luogo, la novella prevede che le modalità di esecuzione dell'obbligazione in esame possano essere definite tenendo conto del rapporto tra la somma dovuta e le risorse economiche del responsabile.

Le novelle di cui alla lettera h) e alla lettera i) riguardano i casi di infortunio mortale.

In particolare, la prima novella concerne i requisiti per la rendita INAIL in favore degli ascendenti (o dei genitori adottanti) viventi ed a carico del defunto ed in favore dei fratelli e sorelle conviventi con il medesimo infortunato defunto ed a suo carico. La norma fino ad ora vigente prevede, con riferimento esclusivo agli ascendenti, che la vivenza a carico sia provata qualora risulti che essi si trovino senza mezzi di sussistenza autonomi sufficienti e sempre che al mantenimento di essi concorresse in modo efficiente il defunto. La novella sopprime tale norma, ponendo, sia per gli ascendenti sia per i fratelli e sorelle suddetti, un requisito reddituale, come prova della vivenza a carico del defunto.

Si ricorda che ai soggetti in esame è riconosciuta la rendita solo in mancanza di coniuge e figli superstiti aventi diritto.

La novella di cui alla lettera i) riguarda l'assegno una tantum, che, nella normativa fino ad ora vigente, viene attribuito - in aggiunta alla rendita INAIL - al coniuge superstite, o, in mancanza, ai figli, o, in mancanza di questi, agli ascendenti, o, in mancanza di questi ultimi, ai fratelli e sorelle, aventi i relativi requisiti per la rendita INAIL. La novella eleva la misura dell'assegno da 516,46 a 10.000 euro e sopprime la condizione della sussistenza dei requisiti per la rendita INAIL ai fini del riconoscimento dell'assegno una tantum ai figli, agli ascendenti ed ai fratelli e sorelle. Di conseguenza, l'assegno è riconosciuto in tutti i casi in cui manchino i soggetti aventi, come detto, la relativa priorità.

La novella di cui alla lettera l) sopprime il premio supplementare dovuto da alcuni datori di lavoro, in relazione all'incidenza delle retribuzioni concernenti gli operai esposti ad inalazioni di silice libera o di amianto in determinate concentrazioni.

La lettera m) esclude i premi INAIL dall'ambito di applicazione delle riduzioni contributive relative al settore edile.

La lettera n) riduce dal 130 per mille al 110 per mille il tasso massimo, applicabile, per le lavorazioni più pericolose, al valore di base del premio INAIL.

 


 

Articolo 1, comma 1127
(Acconto cedolare secca)

 

 

Il comma 1127 modifica la disciplina della cedolare secca, innalzando al 100 per cento la misura dell’acconto dovuto a decorrere dal 2021.

 

In particolare, il comma 1127, introdotto al Senato, modifica l'articolo 3, comma 4, quarto periodo, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che disciplina la cedolare secca sugli affitti, prevedendo l’incremento al 100 per cento della misura dell’acconto a decorrere dal 2021.

Attualmente l’articolo 3 richiamato fissa la misura dell’acconto all'85 per cento per l'anno 2011 e al 95 per cento dal 2012, demandando a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione delle modalità di versamento.

 

In attuazione di quanto disposto, l’Agenzia delle entrate ha emanato il provvedimento del 7 aprile 2011 che stabilisce che il pagamento dell’acconto (dovuto se la cedolare per l’anno precedente supera i 51,65 euro) va effettuato:

in un’unica soluzione, entro il 30 novembre, se l’importo è inferiore a 257,52 euro;

in due rate, se l’importo dovuto è superiore a 257,52 euro:

§  la prima, del 40% (del 95%), entro il 30 giugno;

§  la seconda, del restante 60% (del 95%), entro il 30 novembre.

Il saldo si versa entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello cui si riferisce, o entro il 31 luglio, con la maggiorazione dello 0,40%.

 

Si ricorda che la cedolare secca è un regime facoltativo, che si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali (per la parte derivante dal reddito dell’immobile). In più, per i contratti in regime di cedolare secca non vanno pagate l’imposta di registro e l’imposta di bollo, ordinariamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione. La cedolare secca non sostituisce l’imposta di registro per la cessione del contratto.

La scelta per la cedolare secca implica la rinuncia alla facoltà di chiedere, per tutta la durata dell’opzione, l’aggiornamento del canone di locazione, anche se è previsto nel contratto, inclusa la variazione accertata dall’Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati dell’anno precedente. L’imposta sostitutiva si calcola applicando un’aliquota del 21% sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti.

È inoltre, prevista un’aliquota ridotta per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate nei comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, lettera a) e b) del dl 551/1988). Si tratta, in pratica, dei comuni di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi nonché gli altri comuni capoluogo di provincia e nei comuni ad alta tensione abitativa (individuati dal Cipe).

Dal 2013 l'aliquota per questi contratti è pari al 15% (DL 102/2013), ridotta al 10% per il quadriennio 2014-2017. Il Dl 47/2014 ha disposto che la stessa aliquota sia applicabile anche ai contratti di locazione stipulati nei comuni per i quali è stato deliberato, nei 5 anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (28 maggio 2014), lo stato di emergenza a seguito del verificarsi di eventi calamitosi. Infine, con la legge di bilancio 2018 è stata prorogata di altri 2 anni (2018 e 2019) l’aliquota ridotta al 10% per i contratti a canone concordato.

Per una panoramica più dettagliata sul regime della cedolare secca si consiglia la lettura del paragrafo Regime fiscale delle locazioni sul Portale della documentazione, all’interno del tema “Tassazione delle persone fisiche”.

Per un’analisi degli effetti in termini di gettito e di lotta all’evasione si rinvia al volume Gli Immobili in Italia-2017 del Dipartimento delle Finanze del Mef e dell’Agenzia delle Entrate.

 


 

Articolo 1, comma 1128
(Imposta di bollo virtuale per banche e intermediari finanziari)

 

 

Il comma 1128 dispone che la percentuale della somma da versare a titolo di acconto sull'imposta di bollo assolta in modo virtuale da banche e intermediari finanziari passi dal 95 al 100 per cento a partire dagli anni successivi al 2020.

 

Il comma 1128 modifica la disciplina della somma da versare prevista a titolo di acconto sull'imposta di bollo assolta in modo virtuale.

 

Si ricorda che l’articolo 15-bis del DPR n. 642 del 1972 prevede che alcuni soggetti - Poste, banche, intermediari finanziari, nonché imprese di assicurazione - entro il 16 aprile di ogni anno, versano un acconto dell'imposta di bollo virtuale dovuta sugli assegni bancari e postali in forma libera in circolazione. La misura dell’acconto, originariamente fissata al 70 per cento dell’imposta dovuta, è stata elevata al 75 per cento per l'anno 2008, all'85 per cento per il 2009 e al 95 per cento per gli anni successivi dall’articolo 82, comma 9, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, modificato dalla norma in esame.

 

La modifica in commento tiene ferma la percentuale del 95 per cento dell’imposta per gli anni che vanno dal 2010 al 2020, mentre per gli anni successivi al 2020 la innalza al 100 per cento.

 


 

Articolo 1, comma 1129
(Contributo di sbarco nel comune di Venezia)

 

 

La disposizione autorizza il comune di Venezia ad adottare nelle proprie politiche di bilancio, in alternativa all’imposta di soggiorno, l’applicazione del contributo di sbarco previsto per le isole minori. Inoltre, l’importo massimo consentito per entrambe tali misure è elevato a 10 euro.

 

Si rammenta che l’imposta di soggiorno è stata introdotta dal decreto legislativo n. 23 del 2011, in esercizio della delega contenuta nella legge sul federalismo fiscale (n. 42 del 2009) di attuazione dell’art. 119 della Costituzione. L’imposta è prevista dall’art. 4, comma 1, e i comuni possono fissarla al massimo in 5 euro.

 

Nel comma 3-bis è previsto che i comuni che hanno sede giuridica nelle isole minori e i comuni nel cui territorio insistono isole minori in alternativa all’imposta di soggiorno possono praticare il contributo di sbarco fino a un massimo di 2,50 euro nei confronti dei passeggeri che utilizzando vettori che svolgono il collegamento di linea con l’isola o vettori aeronavali che prestano il servizio di trasporto di persone a fini commerciali. Tuttavia, il regolamento comunale, che stabilisce le modalità applicative del contributo, può elevare la misura massima a 5 euro in casi particolari, preveduti dallo stesso art. 4, comma 3-bis.

 

La disposizione in commento appare offrire all’amministrazione comunale di Venezia la facoltà di uno strumento dalla duplice finalità: per un verso, potrebbe portare all’incremento del gettito dagli accessi alla città, poiché il contributo di sbarco sarà versato a prescindere dal pernottamento in strutture ricettive; per altro verso, la misura fiscale potrebbe conseguire un effetto selettivo e moderare l’accesso delle c.d. grandi navi alla zona lagunare.

 

Inoltre, essa, nel far rinvio all’imposta di soggiorno prevista per il solo comune di Roma (Roma Capitale) nell’art. 14, comma 16, lett. e) del decreto legge n. 78 del 2010 (convertito nella legge n. 122 del 2010), in materia di concorso dei comuni al rispetto del Patto di stabilità, eleva a 10 euro l’importo massimo di entrambe le misure.


 

Articolo 1, comma 1131
(Proroghe in materie di interesse

della Presidenza del Consiglio dei ministri)

 

 

Il comma reca una serie di distinte proroghe, in materia di:

ü  assunzioni di personale a tempo indeterminato, relative alle cessazioni verificatesi nel quadriennio 2009-2012, per alcune amministrazioni pubbliche (lettera a), n. 1);

ü  utilizzo temporaneo di segretari comunali da parte del Dipartimento della funzione pubblica (lettera a), n. 2);

ü  assunzioni per il comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (lettera b));

ü  assunzioni di personale a tempo indeterminato, relative alle cessazioni verificatesi nel periodo 2013-2017, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca (lettera c), n. 1);

ü  assunzioni autorizzate per il comparto Sicurezza e del comparto Vigili del fuoco e soccorso pubblico, di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 192 del 2014 (lettera c), n. 2);

ü  assunzioni presso le amministrazioni dello Stato (inclusi Corpi di polizia e Corpo nazionale dei vigili del fuoco) a valere sull'apposito Fondo istituito dalla legge n. 232 del 2016 (lettera d));

ü  assunzioni presso il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA) e l'Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) (lettera e));

ü  divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali e continuative (lettera f));

ü  termine entro il quale il Presidente del Consiglio (anche tramite il direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza) possa delegare i direttori delle Agenzie d’informazione per la sicurezza interna e esterna (AISI e AISE) o altro personale delegato, a svolgere colloqui investigativi con i detenuti a fini di prevenzione del terrorismo internazionale (lettera g));

ü  trattamento e trasporto del materiale derivante dal crollo parziale o totale degli edifici a seguito degli eventi sismici del 2016, in ordine sia allo stoccaggio in siti per il deposito temporaneo sia alla facoltà di autorizzazione in deroga di aumenti di quantitativi e tipologie di rifiuti conferibili presso impianti autorizzati (lettera h)).

 

La lettera a) reca una duplice proroga.

 

Il suo numero 1) proroga al 31 dicembre 2019 il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato, relative alle cessazioni verificatesi negli anni 2009, 2010, 2011 e 2012, ed il termine per le relative autorizzazioni alle assunzioni ove previste, in specifiche amministrazioni pubbliche.

Si tratta, in particolare, delle assunzioni relative ad amministrazioni dello Stato, enti pubblici non economici, comprese le agenzie, enti di ricerca, Corpi di polizia e Corpo nazionale di vigili del fuoco, Università - ossia le amministrazioni richiamate all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 216 del 2011, recante esso stesso una prima proroga (semestrale) di un termine che, lì posto al 31 dicembre 2012, è stato successivamente più volte prorogato, in ultimo al 31 dicembre 2018 dall'articolo 1, comma 1148, lettera b), n. 1 della legge n. 205 del 2017).

 

Il suo numero 2) proroga al 31 dicembre 2019 il termine per l’utilizzo temporaneo di segretari comunali da parte del Dipartimento della funzione pubblica per specifiche esigenze funzionali.

Questa novella incide sull'articolo 1, comma 6-quater, del decreto-legge n. 216 del 2011, il quale dispose, nel testo originario, fino al 31 dicembre 2015 la possibilità di utilizzo temporaneo del contingente di 30 unità di personale in servizio presso il Dipartimento della funzione pubblica. Tale contingente di personale era costituito (articolo 10-bis, comma 3, del decreto-legge n. 203 del 2005) dai segretari comunali e provinciali, rimasti privi di incarico e posti a disposizione dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali sino al passaggio in mobilità (fatta salva la cessazione dell'utilizzo temporaneo nel caso di conferimento di incarico da parte di un Comune o di una Provincia).

L'utilizzo temporaneo previsto dal richiamato comma 6-quater è finalizzato a soddisfare le esigenze funzionali di cui all'articolo 10-bis, comma 2, del decreto-legge n. 203 del 2005, vale a dire l'esigenza di garantire il rafforzamento delle attività di semplificazione delle norme e delle procedure amministrative e di monitoraggio dei servizi resi dalla pubblica amministrazione alle imprese e ai cittadini, nonché delle attività connesse alla gestione del personale  in eccedenza (di cui agli articoli 34 e 34-bis del decreto legislativo n. 165 del 2001).

Il termine originario è stato successivamente prorogato da una serie di norme, da ultimo al 31 dicembre 2018 dall’articolo 1, comma 1148, lettera b), n. 2, della legge n. 205 del 2017.

 

     La lettera b) proroga al 31 dicembre 2019 il termine per le autorizzazioni alle assunzioni di cui all'articolo 1, comma 5 del decreto-legge n. 150 del 2013, adottate, per il comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in deroga alle limitazioni assunzionali previste per le pubbliche amministrazioni dalla normativa vigente.

     La novella incide sull'articolo 1, comma 5 del decreto-legge n. 150 del 2013. Tuttavia, a seguito dei rinvii normativi, le autorizzazioni alle assunzioni sopra ricordate sono disciplinate dall'articolo 1, commi 90 e 91, della legge n. 228 del 2012.

In particolare il comma 90 prevede che - per le finalità di incremento di efficienza nell'impiego delle risorse, nonché tenuto conto della specificità e peculiari esigenze del comparto sicurezza-difesa e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco - i Ministri dell'interno, della difesa, dell'economia e delle finanze, della giustizia e delle politiche agricole alimentari e forestali possano procedere ad assunzioni di personale a valere sull’apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

Il successivo comma 91 dispone che le assunzioni di cui al comma 90 sono autorizzate, anche in deroga alle percentuali del turn over indicate dalla legislazione vigente (articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008), che possono essere incrementate fino al 50% (in luogo del 20%) per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e fino al 70% (in luogo del 50%) per l'anno 2015, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, nonché del Ministro responsabile dell'amministrazione che intende procedere alle assunzioni.

Le autorizzazioni alle assunzioni per l'anno 2013, adottate ai sensi del richiamato comma 91 sono state successivamente prorogate di anno in anno, da ultimo al 31 dicembre 2018 dall'articolo 1, comma 1148, lettera c) della legge n. 205 del 2017.

 

La lettera c) reca una duplice proroga.

 

Il suo numero 1) proroga al 31 dicembre 2019 il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato, relative alle cessazioni verificatesi nel quadriennio 2013-2016, di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 192 del 2014 (e successive modificazioni). Contestualmente, prevede che le richiamate assunzioni possano essere effettuate anche in relazione alle cessazioni verificatesi nel 2017.

Le assunzioni qui considerate sono di personale a tempo indeterminato per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici (ivi compresi quelli di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001) e gli enti di ricerca.

Il medesimo articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 192 del 2014 venne a prevedere una prima proroga (al 31 dicembre 2015).

Successivamente, tale termine è stato prorogato di anno in anno (con ampliamento 'a slittamento' dell'arco temporale cui riferire le cessazioni intervenute).

La più recente proroga è stata al 31 dicembre 2018 - per cessazioni intervenute anche nel 2016 - disposta dall'articolo 1, comma 1148, lettera d), n. 1 della legge n. 205 del 2018.

 

Il suo numero 2) proroga al 31 dicembre 2019 il termine per le autorizzazioni alle assunzioni aggiuntive nel comparto Sicurezza e del comparto Vigili del fuoco e soccorso pubblico, di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 192 del 2014.

Quest'ultima disposizione prorogava (al 31 dicembre 2015) le autorizzazioni alle assunzioni per l'anno 2014 relative agli stessi comparti, in attuazione dell'articolo 1, comma 464, della legge n. 147 del 2013 (legge finanziaria 2014).

Quest'ultimo dispose l’effettuazione, nel 2014, di assunzioni aggiuntive nel comparto Sicurezza e del comparto Vigili del fuoco e soccorso pubblico in deroga a quanto previsto dalla normativa vigente (articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, ed articolo 1, comma 91, della legge n. 228 del 2012).

La norma citata della legge finanziaria 2014 veniva a disporre che siffatte assunzioni potessero essere effettuate a condizione che: il turn-over complessivo relativo allo stesso anno non fosse superiore al 55% (con un incremento quindi pari al 5% rispetto a quanto previsto dall’articolo 1, comma 91, della legge n. 228 del 2012); e che il contingente complessivo di assunzioni fosse corrispondente ad una determinata spesa annua lorda (pari a 51,5 milioni di euro per il 2014 e a 126 milioni a decorrere dal 2015), con riserva di assunzione di 1.000 unità per la Polizia di Stato, 1.000 unità per l'Arma dei carabinieri e 600 unità per il Corpo della Guardia di Finanza.

Quella prima proroga disposta dal decreto-legge n. 192 del 2014 è stata seguita da altre, di anno in anno, da ultimo per effetto dell'articolo 1, comma 1148, lettera d), n. 2 della legge n. 205 del 2017.

 

La lettera d) proroga il termine per procedere alle assunzioni (finanziate con l’apposito Fondo di cui all’articolo 1, comma 365, della legge n. 232 del 2016, istituito per sovvenzionare vicende contrattuali e nuove assunzioni presso talune amministrazioni pubbliche) presso le amministrazioni dello Stato, inclusi i Corpi di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco (nonché le agenzie, anche fiscali, gli enti pubblici non economici, gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e l’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo).

Il termine (già oggetto di proroga da parte dell'articolo 1, comma 1148, lettera e) della legge n. 205 del 2017) scadrebbe il 31 dicembre 2018.

Esso è ora posticipato al 31 dicembre 2019.

 

La lettera e) posticipa al 31 dicembre 2019 il termine per le assunzioni prevista dai commi 673 e 811 dell'articolo 1 della legge n. 205 del 2017.

Il citato comma 673 concerne la stabilizzazione del personale precario del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA: ente nazionale di ricerca e sperimentazione costituito - ai sensi dell'articolo 1, comma 381 della legge n. 190 del 2014 - per incorporazione dell'Istituto nazionale di economia agraria-INEA nel Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura-CRA; lo statuto è stato adottato con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 27 gennaio 2017, n. 39).

Il citato comma 811 concerne il superamento del precariato dell'Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP, un tempo ISFOL: è un ente pubblico di ricerca che svolge analisi, monitoraggio e valutazione delle politiche del lavoro e dei servizi per il lavoro, delle politiche dell’istruzione e della formazione, delle politiche sociali e di tutte le politiche pubbliche che abbiano effetti sul mercato del lavoro; è sorto il 1° dicembre 2016 come trasformazione dell’ISFOL (attivo dal 1973), per effetto dell’articolo 4, comma 1, lettera f) del decreto legislativo n. 185 del 2016; conta circa 450 dipendenti, tra personale di ricerca e personale tecnico-amministrativo; fa parte del Sistema statistico nazionale). 

 

La lettera f) dispone su un termine relativo ai contratti di collaborazione delle pubbliche amministrazioni.

L'articolo 7, comma 5-bis (introdotto dal decreto legislativo n. 75 del 2017) del decreto legislativo n. 165 del 2001 (l'atto primario recante norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) fa divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretino in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. I contratti posti in essere in violazione del divieto sono nulli e determinano responsabilità erariale. I dirigenti che operano in violazione sono, altresì, soggetti a responsabilità dirigenziale e non ricevono la retribuzione di risultato.

Tale divieto di contratto è previsto applicarsi dal 1° gennaio 2019 (secondo l'articolo 22, comma 8 del medesimo decreto legislativo n. 75 del 2017).

La lettera f) posticipa tale termine al 1° luglio 2019.

 

La lettera g) proroga al 31 gennaio 2020 il termine entro il quale il Presidente del Consiglio, anche tramite il direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, possa delegare i direttori delle Agenzie d’informazione per la sicurezza interna e esterna (AISI e AISE) o altro personale delegato a svolgere colloqui investigativi con i detenuti a fini di prevenzione del terrorismo internazionale.

Tale facoltà è stata ammessa, in via transitoria, dall'articolo 6 del decreto-legge n. 7 del 2015 (recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale), mediante modifica all'articolo 4 del decreto-legge n. 144 del 2005, in cui veniva così introdotto il citato comma 2-bis.

Sono seguite proroghe di anno in anno, da ultimo disposta (al 31 gennaio 2019) dall'articolo 1, comma 1120, lettera c) della legge n. 205 del 2017.

 

L’autorizzazione a tali colloqui investigativi è rilasciata dal Procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma, in presenza di specifici e concreti elementi informativi che rendano assolutamente indispensabile l’attività di prevenzione. Dello svolgimento dei colloqui è data comunicazione scritta entro cinque giorni al Procuratore generale presso la Corte d’appello di Roma. Inoltre, le autorizzazioni ai colloqui e le successive comunicazioni sono annotate in un registro riservato presso l’ufficio del procuratore generale.

Devono essere informati dello svolgimento dei colloqui anche il Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo e, a conclusione delle operazioni, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. 

 

La lettera h) proroga al 31 dicembre 2019 il termine ricorrente nel decreto-legge n. 189 del 2016 (adottato per sostenere le popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016) all'articolo 28 (relativo al trattamento e trasporto del materiale derivante dal crollo parziale o totale degli edifici) al comma 7.

Quel comma ha previsto che fossero individuati (anche in deroga alla normativa vigente, previa verifica tecnica della sussistenza delle condizioni di salvaguardia ambientale e di tutela della salute pubblica) dai soggetti pubblici all'uopo autorizzati, eventuali e ulteriori appositi siti per il deposito temporaneo dei rifiuti comunque prodotti fino al 31 dicembre 2018, autorizzati, sino alla medesima data, a ricevere i materiali predetti, e a detenerli nelle medesime aree per un periodo non superiore a dodici mesi.

I siti di deposito temporaneo venivano autorizzati nei limiti temporali necessari fino al 31 dicembre 2018, con possibilità di detenere rifiuti già trasportati per un periodo non superiore a dodici mesi.

Per consentire il rapido avvio a recupero o smaltimento dei materiali, la disposizione prevedeva che potessero essere autorizzati in deroga, fino al 31 dicembre 2018, aumenti di quantitativi e tipologie di rifiuti conferibili presso impianti autorizzati, previa verifica istruttoria semplificata dell'idoneità e compatibilità dell'impianto, senza che ciò determini modifica e integrazione automatiche delle autorizzazioni vigenti degli impianti.

Il termine che ricorre in siffatte previsioni era il 31 dicembre 2018, dunque. La novella lo posticipa al 31 dicembre 2019.


 

Articolo 1, comma 1132, lettere a) e b)
(Proroghe in materie di interesse del Ministero dell'interno)

 

 

Il comma proroga - al 31 dicembre 2019 - i termini vigenti in materia di utilizzo delle dichiarazioni sostitutive da parte dei cittadini stranieri (lett. a) e impiego di guardie private nel contrasto della pirateria (lett. b).

 

 

La lettera a) proroga al 31 dicembre 2019 le disposizioni – di cui all’art. 17, commi 4-bis e seguenti, del decreto-legge n. 5 del 2012 - che consentono anche ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, purché regolarmente soggiornanti in Italia, di utilizzare dichiarazioni sostitutive (le cosiddette autocertificazioni) limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani.

 

Qui rilevano le disposizioni recate dal decreto-legge n. 5 del 2012, all'articolo 17, comma 4-bis e comma 4-ter.

Esse miravano ad una equiparazione dello straniero regolarmente soggiornante in Italia con il cittadino italiano, per quanto concerne l’utilizzo delle dichiarazioni sostitutive, limitatamente agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani.

In particolare, il richiamato comma 4-bis dell'articolo 17 del decreto-legge n. 5 del 2012 ha modificato la disposizione (di cui all’articolo 3, comma 2, del d.P.R. n. 445 del 2000, recante il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa) la quale consente ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione regolarmente soggiornanti in Italia di utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui all'articolo 46 (relativo alle dichiarazioni sostitutive di certificazioni) ed all'articolo 47 (relativo alle dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà) del citato Testo unico, limitatamente - si è ricordato - agli stati, alle qualità personali e ai fatti certificabili o attestabili da parte di soggetti pubblici italiani.

La modifica così recata eliminava ogni riferimento all’applicazione di speciali disposizioni contenute nelle leggi e nei regolamenti concernenti la disciplina dell'immigrazione e la condizione dello straniero.

In via analoga, il comma 4-ter dell'articolo 17 del decreto-legge n. 5 del 2012 è intervenuto sulla disposizione speciale prevista dal regolamento di attuazione del testo unico in materia di immigrazione (decreto legislativo n. 394 del 1999), la quale (suo articolo 2, comma 1) riconosce ai cittadini stranieri regolarmente soggiornanti il diritto di utilizzare le dichiarazioni sostitutive di cui sopra, fatte salve le disposizioni del Testo unico o del regolamento che prevedono l'esibizione o la produzione di specifici documenti.

Anche in tal caso, veniva soppresso il riferimento all’applicabilità di disposizioni speciali contenute nella normativa di settore.

Il comma 4-quater specificava la decorrenza delle disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter: dal 1° gennaio 2013.

Il termine testé ricordato è stato oggetto di più proroghe (al 30 giugno 2014, decreto-legge n. 150 del 2013; al 30 giugno 2015, decreto-legge n. 119 del 2014; al 31 dicembre 2015, decreto-legge n. 192 del 210; al 31 dicembre 2016, decreto-legge n. 210 del 2015; al 31 dicembre 2017, decreto-legge n. 244 del 2017; al 31 dicembre 2018, legge n. 205 del 2017, cfr. suo articolo 1, comma 1122, lettera a)).

Esso è ora posposto al 31 dicembre 2019.

 

In un precedente disegno di legge contenente analoga disposizione di posticipazione del termine, si leggeva - nella relazione illustrativa - che un ulteriore differimento fosse motivato dalla mancata adozione del decreto del Ministro dell’interno che - ai sensi dell’articolo 15, comma 4-quinques, del decreto-legge n. 5 del 2012 - deve individuare le modalità per l'acquisizione d'ufficio dei certificati del casellario giudiziale italiano, delle iscrizioni relative ai procedimenti penali in corso sul territorio nazionale, dei dati anagrafici e di stato civile, delle certificazioni concernenti l'iscrizione nelle liste di collocamento del lavoratore licenziato, dimesso o invalido, di quelle necessarie per il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio nonché le misure idonee a garantire la celerità nell'acquisizione della documentazione.

Si leggeva che "le criticità, di complessa risoluzione, relative all’attivazione dei collegamenti telematici necessari per l’acquisizione d’ufficio dei dati (collegamenti resi obbligatori, tra l’altro, in seguito alle modifiche normative apportate dal decreto legislativo n. 10 del 2016), non hanno consentito l’emanazione del decreto ministeriale nei tempi previsti. Nelle more della messa a punto delle cennate modalità di collegamento tra uffici e banche dati e dell’emanazione del decreto, l’entrata in vigore a far data dal 1° gennaio 2017 delle disposizioni di cui all’articolo 17, commi 4-bis e 4-ter, del decreto-legge n. 5 del 2012 comporterebbe per gli uffici coinvolti nei procedimenti di cui all’articolo stesso un quadro di incertezza normativa e la necessità di far ricorso, per la verifica delle dichiarazioni sostitutive presentate, all’acquisizione di documentazione per via postale, fax eccetera, con conseguente aggravio del procedimento sia in termini di adempimenti richiesti che di spese connesse, nel quadro di un sempre più gravoso impegno delle Forze di polizia nelle straordinarie attività di controllo connesse all’emergenziale fenomeno dei flussi migratori e della minaccia terroristica internazionale".

 

 La lettera b) proroga al 31 dicembre 2019 il termine circa l'impiego delle guardie giurate a bordo delle navi predisposte per la difesa da atti di pirateria.

A tal fine viene novellato l’articolo 5, comma 5, del decreto-legge n. 107 del 2011, che ammette tale impiego, anche in assenza di frequenza dei corsi tecnico-pratici previsti, purché le guardie abbiano partecipato per un periodo di almeno sei mesi quali appartenenti alle Forze armate alle missioni internazionali in incarichi operativi ed abbiano tale condizione attestata dal Ministero della difesa.

 

La vicenda normativa è ripercorribile nel modo che segue.

Nel 2011 un decreto-legge di proroga delle missioni internazionali all'estero - il decreto-legge n. 107 del 2011, come convertito dalla legge n. 130 - previde alcune misure di contrasto della pirateria.

A tal fine autorizzava il Ministero della difesa, nell'ambito delle attività internazionali di contrasto alla pirateria, di stipulare con l'armatoria privata italiana (e con altri soggetti dotati di specifico potere di rappresentanza della categoria) convenzioni per la protezione delle navi mercantili battenti bandiera italiana in transito negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria, finalizzate all'impiego di Nuclei militari di protezione della Marina militare a bordo di tali navi.

Tale previsione è stata indi abrogata dal decreto-legge n. 7 del 2015.

Inoltre il decreto-legge n. 107 del 2011 previde (articolo 5, commi 4, 5, 5-bis e 5-ter) la possibilità che fossero impiegate guardie giurate nelle attività di contrasto della pirateria internazionale, nelle acque soggette al rischio di pirateria.

L'impiego è consentito esclusivamente a bordo delle navi predisposte per la difesa da atti di pirateria, mediante l'attuazione di almeno una delle vigenti tipologie ricomprese nelle «best management practices» di autoprotezione del naviglio definite dall'Organizzazione marittima internazionale (IMO), nonché autorizzate alla detenzione delle armi.

Le guardie giurate sono individuate preferibilmente tra quelle che abbiano prestato servizio nelle Forze armate, anche come volontari, con esclusione dei militari di leva, e che abbiano superato i corsi teorico-pratici individuati dal Ministero dell'interno (cfr. di questo il decreto ministeriale 28 dicembre 2012, n. 266).

Fino al 31 dicembre 2012 - venne poi a prevedere il decreto-legge n. 215 del 2011 - avrebbero potuto essere impiegate anche le guardie giurate che non abbiano ancora frequentato i predetti corsi teorico-pratici, a condizione che avessero partecipato per un periodo di almeno sei mesi, quali appartenenti alle Forze armate, alle missioni internazionali in incarichi operativi e che tale condizione sia attestata dal Ministero della difesa.

Questo è il termine oggetto di proroga.

Esso è stato man mano posticipato (dai decreti-legge: n. 150 del 2013; n. 109 del 2014; n. 192 del 2014; n. 7 del 2015; n. 67 del 2016; n. 244 del 2017; infine dall'articolo 1, comma 1122, lettera c) della legge n. 205 del 2017) fino al 31 dicembre 2018.

Tale ultima scadenza è ulteriormente posticipata - al 31 dicembre 2019 - dalla disposizione in esame.

 

Per quanto concerne i corsi previsti dalla legge e richiesti dal comma 5, si ricorda che il decreto del Ministro dell'interno 15 settembre 2009, n. 15464, all'art. 6 disciplina l’addestramento del personale addetto ai controlli di sicurezza, il cui contingente deve essere numericamente adeguato alle specifiche esigenze, rimettendone l’organizzazione ai soggetti autorizzati allo svolgimento dei servizi di sicurezza sussidiaria di cui al decreto stesso attraverso specifici corsi teorico-pratici, anche per il tramite di organizzazioni esterne. Spetta al Ministero dell'interno - Dipartimento della pubblica sicurezza provvede a definire i programmi di addestramento del personale, differenziati a seconda delle mansioni alle quali il personale sarà adibito.

La relazione illustrativa del disegno del disegno di legge di conversione di un decreto-legge recente una precedente proroga del termine (il decreto-legge n. 244 del 2016) ebbe modo di ricordare come i corsi di addestramento per le guardie giurate fossero stati banditi senza registrare adesioni negli anni 2015 e 2016, in concomitanza del regime di proroga di cui sopra. "Al fine di risolvere tali criticità è stato predisposto uno schema di decreto di modifica del citato decreto n. 266 del 2012 che prevede la possibilità di creare un percorso semplificato per l’ammissione di retta all’esame di certificazione per quanti avessero svolto attività a bordo in servizio antipirateria per un periodo cumulativo non inferiore a 90 giorni. Tuttavia, tale schema è in corso di definizione in quanto è stato sottoposto al parere del Consiglio di Stato che ha espresso un parere interlocutorio (n. 2283 del 3 novembre 2016) richiedendo alcune modifiche al testo e osservando, peraltro, come sia in imminente scadenza la facoltà di deroga sopra indicata. Allo stato, senza l’intervento normativo di proroga, alla data del 1° gennaio 2017 non vi saranno guardie giurate in possesso dei requisiti attualmente richiesti dall’articolo 3, comma 2, del citato decreto n. 266 del 2012 per svolgere i servizi di protezione del naviglio nelle aree a rischio a favore degli armatori nazionali".


 

Articolo 1, comma 1132, lettera c)
(P
oteri sostitutivi del Prefetto in caso di
mancata approvazione del bilancio degli enti locali)

 

 

La disposizione rende permanente l’applicazione della procedura che attribuisce al prefetto i poteri di impulso e sostitutivi relativi alla nomina del commissario ad acta incaricato di predisporre lo schema del bilancio di previsione degli enti locali, ovvero di provvedere all'approvazione del bilancio stesso, in caso di inadempimento dell'ente locale all’obbligo di approvazione del bilancio di previsione e dei provvedimenti necessari al riequilibrio di bilancio.

 

A tal fine, la norma novella l’articolo 1, comma 1-bis, del D.L. n. 314/2004. Tale disposizione, attualmente, rende applicabile per l’anno 2018, a seguito di una serie di proroghe, la speciale procedura che disciplina lo scioglimento dei consigli degli enti locali nelle ipotesi di mancata approvazione del bilancio nei termini previsti, ai sensi dell’articolo 141, comma 1, lettera c), del TUEL[40]. Togliendo il riferimento all’anno 2018, la norma in esame ne rende permanente l’applicazione.

La procedura prevede che, trascorso il termine entro il quale il bilancio di previsione dell’ente locale deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, il Prefetto nomina un commissario affinché predisponga d'ufficio lo schema di bilancio per sottoporlo al consiglio.

Il Prefetto assegna al consiglio un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente, ai fini dell’approvazione del bilancio di previsione medesimo e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio, e inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.

Fermo restando che spetta agli statuti degli enti locali disciplinare le modalità di nomina del commissario non oltre il termine di 50 giorni dalla scadenza di quello prescritto per l'approvazione del bilancio stesso, nell'ipotesi in esame, alla predetta nomina provvede il prefetto nei soli casi in cui lo statuto dell'ente non preveda diversamente.

Tale procedura si applica anche nell'ipotesi di scioglimento per mancata adozione, da parte degli enti locali, dei provvedimenti di riequilibrio previsti dall'articolo 193 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000). Tale disposizione stabilisce che, con delibera consiliare, l’ente locale dia atto del permanere degli equilibri generali del bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotti i provvedimenti di riequilibrio espressamente indicati.

 

Si tratta di una disciplina normativa, si ricorda, introdotta per la prima volta in via transitoria nel 2002 con l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002, per colmare il vuoto normativo determinatosi a seguito della riforma costituzionale del 2001 e della cessazione dei CO.RE.CO. (Comitati regionali di controllo)[41], cui era affidato il potere di nominare i commissari ad acta per la redazione e l’approvazione del documento contabile nelle ipotesi di inadempienza dell’ente. Tale procedura è stata poi confermata nei due anni successivi ed estesa anche ai casi di mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio di bilancio, con l’articolo 1, comma 1-bis, del D.L. n. 314/2004.

Tale ultima disposizione è stata poi di anno in anno prorogata, da ultimo all’esercizio 2018, dall’articolo 1, comma 1122, lettera d), della legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205/2017). A differenza di quanto avvenuto fino al 2017 (da ultimo col D.L. n. 244/2016, articolo 5, comma 4), per disporre la proroga la legge di bilancio per il 2018 non ha prorogato l’applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 314, ma è intervenuta con una novella della norma medesima, sostituendo il riferimento all’anno 2005, ivi previsto, con l’anno 2018.

Si rammenta, inoltre, che a partire dal 2012, con il D.L. n. 174/2012 (articolo 3, comma 1, lettera l) l’applicazione della procedura in questione è stata estesa anche alle ipotesi di mancata approvazione del rendiconto di gestione entro i termini previsti dal TUEL (articolo 227, comma 2-bis, del TUEL).

 


 

Articolo 1, comma 1133, lett. a)
(Rendicontazione di ordini collettivi di pagamento)

 

 

La disposizione in esame, introdotta durante l'esame al Senato, reca una proroga dei termini temporali inerenti la fase di prima applicazione della rendicontazione dettagliata degli ordini collettivi di pagamento relativi alle competenze fisse ed accessorie del personale centrale e periferico dello Stato.

 

In particolare, la norma in esame novella l'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 29 del 2018 (recante "Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 12 maggio 2016, n. 93, recante riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa"). Tale comma stabilisce che, in sede di prima applicazione, la rendicontazione dettagliata dei menzionati ordini collettivi di pagamento relativi alle competenze fisse ed accessorie del personale centrale e periferico dello Stato (articolo 11, comma 3-ter del medesimo decreto legislativo n. 29 del 2018), relativa all'anno 2017, sia presentata entro il 30 giugno 2018 e il relativo termine di controllo sia fissato al 31 dicembre 2018. Tali termini sono prorogati, rispettivamente, al 30 giugno 2019 e al 31 dicembre 2019.

 

Si ricorda che, in via generale, i rendiconti amministrativi sono presentati all'ufficio di controllo competente entro il venticinquesimo giorno successivo al termine dell'esercizio finanziario di riferimento, corredati dalla documentazione giustificativa della spesa in originale, o in copia conforme (articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 29 del 2018).

 

 

 

 


 

Articolo 1, comma 1133 lettera b)
(Proroga aliquote TASI)

 

 

Il comma 1133, lettera b) consente ai comuni di confermare, anche per l’anno 2019, la stessa maggiorazione della TASI già disposta per gli anni 2016-2018 con delibera del consiglio comunale.

 

Con espressa deliberazione del consiglio comunale, i comuni possono quindi  confermare, anche per l’anno 2019, la stessa maggiorazione della TASI già disposta per gli anni 2016-2018 con delibera del consiglio comunale, a tal fine modificando l’articolo 1, comma 28 della legge di stabilità 2016.

 

Il comma 26 della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), come successivamente novellato dalla legge di bilancio 2017 e dalla legge di bilancio 2018, ha disposto fino al 2018 la sospensione dell’efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni comunali, per la parte in cui aumentano i tributi e le addizionali attribuite ai medesimi enti.

Il successivo comma 28 della legge di stabilità 2016 aveva tenuto ferma per l’anno 2016, limitatamente agli immobili non esentati da imposta (tra cui le abitazioni principali di lusso), la possibilità per i comuni di adottare la maggiorazione dell’aliquota TASI fino allo 0,8 per mille (di cui al comma 677 della legge di stabilità 2014), nella stessa misura prevista per il 2015, con delibera del consiglio comunale.

Il comma 677 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (come modificato nel tempo) consente al comune di determinare l'aliquota TASI rispettando in ogni caso uno specifico vincolo: la somma delle aliquote della TASI e dell'IMU per ciascuna tipologia di immobile non deve essere superiore all'aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, fissata al 10,6 per mille (e ad altre minori aliquote, in relazione alle diverse tipologie di immobile). Inoltre lo stesso comma aveva fissato per il 2014 ed il 2015 il livello massimo di imposizione della TASI al 2,5 per mille. Negli anni 2014-2015 i comuni sono stati autorizzati a superare i limiti di legge relativi alle aliquote massime di TASI e IMU, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille, a specifiche condizioni, ovvero a patto di finanziare detrazioni d'imposta sulle abitazioni principali che generino effetti equivalenti alle detrazioni IMU. 

Le leggi di bilancio 2017 e 2018 hanno modificato il comma 28 al fine di consentire ai comuni di confermare, anche il biennio 2017-2018, la stessa maggiorazione della TASI già disposta per il 2016, con delibera del consiglio comunale.

 


 

Articolo 1, comma 1133, lettera c)
(Proroga termini in materia di razionalizzazione
del patrimonio pubblico)

 

 

Il comma 1133, lettera c), introdotto durante l’esame parlamentare, estende all’anno 2019 il blocco dell'adeguamento automatico dei canoni di locazione passiva per gli immobili condotti dalle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT, nonché dalle autorità indipendenti e dalla CONSOB e utilizzati a fini istituzionali.

 

Originariamente il blocco dell’adeguamento automatico dei canoni era previsto per il triennio 2012-2014 dall’articolo 3, comma 1, del D.L. n. 95/2012 (c.d. spending review); esso è stato poi esteso all’anno 2015 dall’articolo 10, comma 7, del D.L. n. 192/2014, al 2016 dall’articolo 10, comma 6, del D.L. n. 210/2016, al 2017 dall’articolo 13, comma 3, del D.L. n. 244/2016 e al 2018 dall’art. 1, comma 1125, L. 27 dicembre 2017, n. 205.

 

In particolare, con il comma in esame si estende al 2019 quanto previsto dall’articolo 3, comma 1, del D.L. n. 95 del 2012, il quale - nell’ambito di numerose misure introdotte per ridurre e razionalizzare gli spazi utilizzati dalle pubbliche amministrazioni per scopi istituzionali nonché per contenere la spesa per locazioni passive - ha disposto il 'blocco' per il triennio 2012-2014 - blocco poi esteso, come detto, al 2018 - degli adeguamenti Istat relativi ai canoni dovuti dalle Amministrazioni Pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'ISTAT ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009, nonché dalle autorità indipendenti inclusa la Consob, per l’utilizzo di immobili in locazione passiva, di proprietà pubblica o privata.

Si segnala che il comma 14-bis dell’articolo 5 del D.L. 95 medesimo ha esteso all’ordinamento della Banca d’Italia i principi in materia di contenimento della spesa recati dai commi 1 (blocco aggiornamento Istat) e 4 (riduzione del 15 per cento dei canoni di locazione) dell’articolo 3.

 


 

Articolo 1, comma 1133, lettera d)
(Contenimento costi Agenzie fiscali)

 

 

Il comma 1133, lettera d) proroga al 2023 le disposizioni di contenimento della spesa previste per le Agenzie fiscali dall’articolo 6, comma 21-sexies, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78.

 

Si ricorda che l’articolo 6, comma 21-sexies, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, consentiva alle Agenzie fiscali di assolvere - per gli anni dal 2011 al 2020 - alle disposizioni di contenimento della spesa vigenti per le amministrazioni dello Stato effettuando un riversamento a favore dell'entrata del bilancio dello Stato pari all'1 per cento delle dotazioni previste sui capitoli relativi ai costi di funzionamento.

 

La norma in commento estende quindi le predette disposizioni di risparmio agli anni 2021-2023.

 

 

 

 


 

Articolo 1, comma 1134, lettera a)
(Divieto di partecipazioni incrociate TV editoria)

 

 

Il comma 1134, lettera a), eliminando il riferimento al termine del 31 dicembre 2018, rende definitivo il divieto di incroci proprietari tra televisione e comunicazione ed editoria, il quale impedisce sia ai soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale su qualunque piattaforma, con ricavi superiori all'8% del Sistema Integrato delle Comunicazioni (SIC), che alle imprese del settore delle comunicazioni elettroniche che detengono una quota superiore al 40% dei ricavi di detto settore, di acquisire partecipazioni in imprese editrici di quotidiani o partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di quotidiani, esclusi i quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica. 

 

A tal fine viene novellato l'articolo 43, comma 12, del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (d.lgs. 177/2005).

Il termine originario del 31 dicembre 2010 era stato prorogato più volte: prima al 31 marzo 2011 dal decreto legge n. 225 del 2010, poi al 31 dicembre 2012 dal D.L. n. 34 del 2011, quindi al 31 dicembre 2013 dall’articolo 1, comma 427, della legge n. 228 del 2012 (legge di stabilità 2013), al 31 dicembre 2014 dall’articolo 12 del decreto-legge n. 150 del 2013, al 31 dicembre 2015 dall’articolo 3, comma 3 del D.L. n. 192 del 2014, al 31 dicembre 2016 dall’articolo 3, comma 1, del D.L. 210 del 2015, al 31 dicembre 2017 dall’art. 6, co. 1 del D.L. n. 244/2016 e infine al 31 dicembre 2018 dall'art. 1, comma 1132, lett. b), della legge 205/2017 (legge di bilancio 2018).

 

L’articolo 43, comma 12 stabilisce il divieto di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani o di partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani per:

§  i soggetti che esercitano l'attività televisiva in ambito nazionale attraverso più di una rete, qualora abbiano conseguito, sulla base dell’ultimo provvedimento di valutazione del valore economico del Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) adottato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ricavi superiori all’8 per cento del valore complessivo del sistema integrato delle comunicazioni;

§  i soggetti, richiamati dal comma 11 dell’art. 43, operanti nel settore delle comunicazioni elettroniche con ricavi superiori al 40 per cento del valore complessivo del settore.

 

Il comma 11 dell’articolo 43 fa in particolare riferimento ad imprese operanti nel settore delle comunicazioni elettroniche come definito dall’articolo 18 del codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. 259/2003). Tale disposizione rimette all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni la definizione del mercato rilevante, ai fini dell’applicazione del diritto della concorrenza, nel settore delle comunicazioni elettroniche.

 

È prevista una deroga al divieto solo qualora la partecipazione riguardi imprese editrici di giornali quotidiani diffusi unicamente in modalità elettronica.

Il divieto si applica invece anche alle imprese controllate, controllanti o collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile.

 

Si ricorda che la definizione di Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) è contenuta nell’articolo 2, comma 1, lettera s) del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (TUSMA) ed è costituito dal settore economico che comprende le seguenti attività: stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di Internet; radio e servizi di media audiovisivi; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni. L’articolo 43 del testo unico ha introdotto le citate limitazioni al fine di evitare il determinarsi di posizioni dominanti. Per quanto riguarda i limiti connessi ai ricavi, il comma 9 dello stesso articolo 43 prevede che, fermo restando il divieto di costituzione di posizioni dominanti nei singoli mercati, i soggetti tenuti all'iscrizione nel registro degli operatori di comunicazione non possono né direttamente, né attraverso soggetti controllati o collegati, conseguire ricavi superiori al 20 per cento dei ricavi complessivi del sistema integrato delle comunicazioni. Il comma 10 precisa che i predetti ricavi sono quelli derivanti dal finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo al netto dei diritti dell'erario, da pubblicità nazionale e locale anche in forma diretta, da televendite, da sponsorizzazioni, da attività di diffusione del prodotto realizzata al punto vendita con esclusione di azioni sui prezzi, da convenzioni con soggetti pubblici a carattere continuativo e da provvidenze pubbliche erogate direttamente ai soggetti esercenti le attività indicate all'articolo 2, comma 1, lettera s), da offerte televisive a pagamento, dagli abbonamenti e dalla vendita di quotidiani e periodici inclusi i prodotti librari e fonografici commercializzati in allegato, nonché dalle agenzie di stampa a carattere nazionale, dall'editoria elettronica e annuaristica anche per il tramite di Internet, da pubblicità on line e sulle diverse piattaforme anche in forma diretta, incluse le risorse raccolte da motori di ricerca, da piattaforme sociali e di condivisione, e dalla utilizzazione delle opere cinematografiche nelle diverse forme di fruizione del pubblico.

L'AGCOM con delibera n. 505/17 ha reso noti a gennaio 2018 i dati del Sistema Integrato delle Comunicazioni relativi al 2016, i quali evidenziano che il valore complessivo del SIC è risultato pari a 17,6 miliardi di euro (pari all’1,05% del PIL), registrando un aumento di oltre il 3% rispetto al 2015. L'area radiotelevisiva si conferma come il principale segmento del SIC, con un peso che nel 2016 è stato pari al 51%, mentre l'incidenza dell'editoria nel suo complesso (quotidiani, periodici, agenzie di stampa, editoria annuaristica) si è ulteriormente ridotta al 23% (dal 25% del 2015). E’ cresciuta l’incidenza sul SIC dell’area che include l’editoria elettronica e la pubblicità online (12%) mentre è rimasto pressoché stabile il peso degli altri comparti, quali cinema (5%), pubblicità esterna (2%) e “below the line” (iniziative di comunicazione di prodotti e servizi e sponsorizzazioni) che è pari al 7%.

Per quanto riguarda la distribuzione delle quote dei principali soggetti presenti nel SIC, emerge come nessuno di essi abbia realizzato nel 2016 ricavi superiori al limite del 20% previsto dall’art. 43, comma 9, del Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici (TUSMA). La quota più rilevante del SIC è detenuta dal gruppo 21 Century Fox con il 15,2% (Sky Italia 14,8%), seguita da Fininvest con il 15,2% (di cui Mediaset 13,5%); Rai–Radio Televisione Italiana, 15%, Cairo Communication/RCS MediaGroup 3,9%;  Google, 3,7%; GEDI (ex Gruppo Editoriale l'Espresso) 3,0% ; Facebook (1,9%); Italiaonline 1,4%; Gruppo 24 Ore 1,2%.


 

Articolo 1, comma 1134, lett. b)
(Mediatori, agenti e rappresentanti di commercio, mediatori marittimi e spedizionieri)

 

 

L’articolo 1, comma 1134, lett. b), introdotto nel corso dell’esame al Senato, dispone per i soggetti che esercitano l’attività di mediatore, agente e rappresentante di commercio, mediatore marittimo e spedizioniere, già iscritti nei ruoli ed elenchi soppressi dal decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, la riapertura dei termini per l'iscrizione e l'aggiornamento della propria posizione nel registro delle imprese e nel repertorio delle notizie economiche ed amministrative (REA), dalla data di entrata in vigore della presente legge di bilancio e sino al 31 dicembre 2019.

 

 

La disposizione, introdotta nel corso dell’esame al Senato. prevede che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge e sino al 31 dicembre 2019, la riapertura dei termini per l'iscrizione e l'aggiornamento della posizione nel registro delle imprese e nel repertorio delle notizie economiche ed amministrative (REA) per i soggetti iscritti negli elenchi e ruoli per le attività di intermediazione commerciale, di agente e rappresentante di commercio, di mediatore marittimo e di spedizioniere

 

Si ricorda che gli articoli 73, 74, 75 e 76 del D.Lgs. 26/03/2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) hanno previsto con riferimento, rispettivamente, ai soggetti esercenti attività di mediazione di affari e commerciale, di agente e rappresentante di commercio, di mediatore marittimo e di spedizioniere, la soppressione dei rispettivi ruoli ed elenchi, la sottoposizione a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) nonché l’iscrizione nel registro delle imprese ovvero nel REA.

Con i quattro decreti del Ministro dello sviluppo economico 26 ottobre 2011, emanati ai sensi dell’articolo 80 del D.lgs. n.59/2010 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 10 del 13 gennaio 2012, sono state definiti, per le categorie professionali in esame, le modalità ed i termini per iscrizione nel registro delle imprese e nel REA dei soggetti appartenenti alle predette categorie professionali.

I predetti termini sono stati più volte prorogati con decreto ministeriale.

 

Da ultimo, si segnala l’articolo 11-ter del D.L. 25/07/2018, n. 91 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), il quale, con riferimento ai soggetti esercitanti le attività di agente e rappresentante di commercio, ha stabilito che: “I termini per l'iscrizione e l'aggiornamento della propria posizione nel registro delle imprese e nel repertorio delle notizie economiche ed amministrative (REA), di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 ottobre 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 10 del 13 gennaio 2012, sono riaperti a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente articolo e sino alla data del 31 dicembre 2018”.

 


 

Articolo 1, comma 1135, lettera a)
(Galleria Pavoncelli)

 

 

La norma in esame, introdotta nel corso dell’esame al Senato, proroga ulteriormente al 31 maggio 2019 l’operatività della gestione commissariale - attualmente già prorogata al 31 dicembre 2018- relativa alla gestione emergenziale connessa alla vulnerabilità sismica della "Galleria Pavoncelli".

 

 

La proroga in esame viene effettuata intervenendo sul termine previsto dall'art. 4, comma 1, del D.L. 43/2013, che viene prorogato al 31 maggio 2019.

L’art. 4, comma 1, del D.L. 43/2013 (convertito dalla L. 71/2013), recava la proroga della gestione commissariale relativa alla Galleria Pavoncelli, in considerazione del permanere di gravi condizioni di emergenza connesse alla vulnerabilità sismica della medesima galleria, fino al 31 marzo 2014 precisando che fino alla medesima data dovesse operare anche il Commissario delegato. Tale termine è stato successivamente prorogato dall'art. 1, comma 1, del D.L. 73/2014, e poi dall’art. 14, comma 11, del D.L. 30 dicembre 2016, n. 244. Tale ultima disposizione ha fissato il termine, ora prorogato, del 31 dicembre 2017. Tale termine è stato ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2018 dal succitato comma 1137 della L. 205/2017.

La “Galleria Pavoncelli” è una galleria idraulica lunga 15 chilometri, con inizio a Caposele (AV) e termine in località Padula in agro di Pescopagano (PZ); essa rappresenta l’inizio dell'opera idraulica che consente il trasporto verso la Puglia delle acque di sorgente del fiume Sele, meglio conosciuta come Canale Principale.

Ulteriori informazioni sull’opera, nonché sui dati relativi ai costi e al quadro finanziario della stessa, sono reperibili nel Sistema informativo opere strategiche (SILOS) all’interno della scheda n. 153 (“Sistema irriguo della Campania occidentale - Piana del Sele - Nuova galleria Pavoncelli Bis”).

Si ricorda che la gestione commissariale in questione è stata istituita con l’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3858 del 12 marzo 2010, con la quale è stato nominato un Commissario delegato per provvedere:

- alla realizzazione delle opere di completamento della Galleria Pavoncelli bis, costituente by pass alla citata Galleria Pavoncelli;

- alla realizzazione delle ulteriori opere infrastrutturali comunque necessarie al superamento dell'emergenza.

Nelle premesse della citata ordinanza si evidenzia che il canale principale dell'acquedotto del Sele-Calore, che attraverso lo schema idrico convoglia le acque delle sorgenti di Caposele e di Cassano Irpino in Puglia, Campania e Basilicata, in particolare il tratto iniziale denominato “Galleria Pavoncelli”, versa in condizioni statiche precarie, sia a causa della sua vetustà e sia perché interessato dai fenomeni sismici del 1980, a seguito dei quali lo stesso, pur già oggetto di interventi di ristrutturazione nel tratto iniziale denominato “Galleria Pavoncelli”, continua a manifestare nuovi fenomeni di dissesto. La medesima ordinanza segnala che nuovi eventi sismici potrebbero ingenerare il definitivo cedimento del canale, in particolare in corrispondenza della citata “Galleria Pavoncelli”, provocando l'interruzione dell'approvvigionamento idrico di ampie zone delle regioni Puglia, Campania e Basilicata interessando oltre un milione di cittadini, con i correlati pericoli per l'ordine pubblico e la sicurezza igienico-sanitaria.

Lo stato di emergenza in relazione alla vulnerabilità sismica della “Galleria Pavoncelli” era stato dichiarato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, fino al 30 novembre 2010 dal D.P.C.M. del 6 novembre 2009 e, successivamente, con il D.P.C.M. 17 dicembre 2010, prorogato fino al 30 novembre 2011.

Si ricorda, infine, che l’art. 3, comma 2, del D.L. 59/2012, recante Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile, aveva stabilito che le gestioni commissariali operanti ai sensi della L. 225/1992 non fossero suscettibili di proroga o rinnovo, se non una sola volta, e comunque non oltre il 31 dicembre 2012.

 


 

Articolo 1, comma 1135 lettera b)
(Differimento dell'entrata in vigore del
documento unico di circolazione)

 

 

Il comma 1135, lett. b) differisce al 1° gennaio 2020 l'entrata in vigore del documento unico di circolazione dei veicoli.

 

La lettera b) del comma 1135 modifica in tal senso il decreto legislativo n. 98 del 2017 il quale, con l’ottica della semplificazione amministrativa, ha previsto la carta di circolazione costituisca il nuovo documento unico di circolazione dei veicoli ed ha conseguentemente soppresso il certificato di proprietà. L'entrata in vigore della disciplina, originariamente fissata al 1° luglio 2018 era stata già differita dalla legge di bilancio per il 2018 (art. 1, comma 1140) al 1° gennaio 2019.

Le modifiche qui apportate prevedono nello specifico che:

1.      sia differita l'entrata in vigore del documento unico di circolazione dal 1° gennaio 2019 al 1° gennaio 2020;

2.      conseguentemente sia differita di un anno, al 1° gennaio 2020, l’entrata in vigore di quanto previsto dall’articolo 5, commi 1 e 2, del medesimo decreto legislativo che disciplina le abrogazioni delle norme del Codice della strada incompatibili con il nuovo sistema e contiene le necessarie norme di coordinamento. Tale intervento è effettuato invece modificando l’articolo 7, comma 1, del medesimo decreto legislativo.

 

Si ricorda che il decreto legislativo n. 98 del 2017 stabilisce in dettaglio che, all’attuale documentazione di proprietà degli automezzi, che prevede due documenti, il certificato di proprietà e la carta di circolazione, si sostituisca un unico documento. Tale documento sarà costituito dalla carta di circolazione mentre sarà soppresso il certificato di proprietà, attuando quanto previsto dall'articolo 8, comma 1, lettera d) e 5 della legge n. 124 del 2015 (cosiddetta legge Madia).

Il nuovo documento riguarda gli autoveicoli, i motoveicoli ed i rimorchi >3,5 t. Il decreto legislativo definisce le modalità di rilascio presso la Motorizzazione civile o tramite lo Sportello telematico dell'automobilista (STA), che comprende anche gli uffici di ACI-PRA.

Il certificato di proprietà, di cui si prevede la soppressione, è attualmente rilasciato dall'ACI cui è affidata la gestione del Pubblico Registro Automobilistico (PRA); la carta di circolazione, che contiene i dati tecnici del veicolo ed i dati i intestazione, è invece rilasciata dalla Motorizzazione civile che fa capo al Ministero delle infrastrutture e trasporti. Nel documento unico saranno annotati anche i dati relativi privilegi e ipoteche, a provvedimenti amministrativi e giudiziari che incidono sulla proprietà e sulla disponibilità del veicolo, annotati presso il PRA, nonché i provvedimenti di fermo amministrativo, con modalità anche telematiche.

Con il Decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti del 23 ottobre 2017  erano state fissate le prime modalità di annotazione, nel documento unico di circolazione e di proprietà di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, dei dati richiesti dall'articolo 1, commi 2 e 3, del decreto legislativo, relativi alla situazione giuridico-patrimoniale dei veicoli.

All’unico documento, inoltre, corrisponderà una tariffa unica, che sostituirà i diritti di Motorizzazione e gli emolumenti per l’iscrizione o la trascrizione di ogni veicolo al Pubblico Registro Automobilistico (PRA).

Per l’adozione di tale tariffa unica era prevista la determinazione con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e della giustizia, da adottare entro il termine perentorio del 30 aprile 2018, sentiti l'ACI e le organizzazioni maggiormente rappresentative delle imprese di consulenza automobilistica, previo parere delle competenti commissioni parlamentari.


 

Articolo 1, comma 1135, lett. c)
(Proroghe in materia di impianti a fune delle regioni
Abruzzo e Marche)

 

 

La disposizione proroga di un anno la vita tecnica degli impianti di risalita in scadenza nel 2018, limitatamente agli skilift siti nelle Regioni Abruzzo e Marche.

 

 

La lettera c) del comma 1135 modifica il comma 5-bis dell’articolo 43 del decreto-legge 24 aprile 2017 n. 50, (conv. L. n. 96 del 2017):

·        prorogando di un ulteriore anno la vita tecnica degli impianti di rissalita;

·        estendendo l'ambito di applicazione della disposizione anche agli skilift siti nella regione Marche.

 

Il comma 5-bis dell’art. 43 del D.L. n. 50 proroga di un anno la vita tecnica degli impianti di risalitain scadenza nel 2017, limitatamente agli skilift siti nella regione Abruzzo, previa verifica della loro idoneità ai fini della sicurezza dell’esercizio da parte dei competenti uffici ministeriali.

La norma prevede una deroga espressa a quanto previsto dal decreto ministeriale n. 203 del 2015 che contiene le norme regolamentari in materia di revisioni periodiche, di adeguamenti tecnici e di varianti costruttive per i servizi di pubblico trasporto effettuati con funivie, funicolari, sciovie e slittinovie, destinate al trasporto di persone.

Tale decreto ministeriale stabilisce la vita tecnica di ogni impianto a fune, distinguendo tra quelli costruiti prima e dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 210 del 2003, con il quale è stata data attuazione alla direttiva 2000/9/CE - relativa agli impianti a fune adibiti al trasporto di persone - precisando che spirato il periodo di vita tecnica dell’impianto, cessano gli effetti dell'autorizzazione o del nulla osta tecnico rilasciato.

La direttiva 2000/9/CE è stata successivamente abrogata e sostituita dal regolamento UE n. 424 del 9 marzo 2016, che stabilisce le norme sulla messa a disposizione sul mercato e la libera circolazione dei sottosistemi e dei componenti di sicurezza destinati agli impianti a fune e contiene norme relative alla progettazione, alla costruzione e alla messa in servizio degli impianti a fune nuovi.

Sulla vita tecnica degli impianti a fune sono intervenute negli ultimi anni diverse norme legislative:

Le disposizioni attuative delle proroghe sono contenute nel decreto direttoriale 25 dicembre 2014 e nel decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti n. 10 del 2 febbraio 2016 . Le disposizioni tecniche riguardanti l'esercizio e la manutenzione degli impianti a fune adibiti al trasporto pubblico di persone sono state invece recentemente definite con D.M. 11 maggio 2017.

 


 

Articolo 1, comma 1136, lett. a)
(Norme transitorie in materia di reddito di inclusione)

 

 

 

La disposizione in esame, introdotta al Senato, estende al 2019 l'ambito di applicazione di una norma transitoria in materia di Reddito di inclusione già vigente con riferimento esclusivo al 2018.

 

La norma transitoria oggetto della proroga - dal 2018 al 2019 - di cui alla lettera a) prevede che il beneficio economico connesso all'istituto del Reddito di inclusione (ReI) sia riconosciuto da parte dell'INPS anche in assenza della sottoscrizione, da parte dei componenti il nucleo familiare, del progetto personalizzato. Il beneficio è sospeso in caso di mancata comunicazione della sottoscrizione decorsi sei mesi dalla prima erogazione.

La norma oggetto di proroga prevede altresì che il Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale possa limitare la deroga ad un periodo più breve rispetto a quello summenzionato di sei mesi.

 

 


 

Articolo 1, comma 1136, lett. b)
(Differimento dei termini in materia di UNIEMENS nel settore agricolo)

 

 

 

La disposizione in esame, introdotta al Senato, riguarda il differimento dal 2019 al 2020 dell'estensione del sistema UNIEMENS al settore agricolo.

 

La disposizione di cui alla lettera b) differisce dal 2019 al 2020 l'estensione del sistema di invio all'INPS delle denunce mensili relative ai lavoratori dipendenti denominato UNIEMENS (sistema concernente i dati contributivi e retributivi).

Si ricorda che la norma oggetto di differimento specifica che l'adattamento del sistema UNIEMENS al settore agricolo non comporta modifiche al vigente sistema di tutele assistenziali e previdenziali previste per i lavoratori agricoli, ivi compreso il sistema degli elenchi annuali e di variazione dei lavoratori agricoli, e contestualmente determina l'attivazione del servizio di tariffazione da parte dell'INPS.


 

Articolo 1, comma 1136, lett. b-bis)
(Piani recupero occupazionale)

 

 

La lettera b-bis) del comma 1136, introdotta al Senato, prevede l’utilizzo per il 2019 delle restanti risorse per la concessione, nelle aree di crisi industriale complessa, di interventi di integrazione salariale straordinaria in deroga o di trattamenti di mobilità in deroga al fine di completare i piani di recupero occupazionale previsti.

 

Come specificato nella Relazione tecnica, la previsione in esame non comporta maggiori oneri per la finanza pubblica disciplinando l’utilizzo di risorse nell’anno 2019 comunque programmate in termini di ammortizzatori in deroga al fine del completamento di piani di recupero occupazionali previsti e con riferimento a specifiche situazioni occupazionali di territorio.

Si segnala che analoga previsione è contenuta al comma 148 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rimanda).

 


 

Articolo 1- comma 1137
(Proroga di norma relativa alle assunzioni da parte dell'AIFA)

 

 

Il comma 1137 - inserito dal Senato - estende al 2019 l'ambito di applicazione di una norma transitoria sulle assunzioni da parte dell'AIFA (Agenzia italiana del farmaco), norma posta, nella disciplina finora vigente, con riferimento al triennio 2016-2018.

 

Tale norma (art. 9-duodecies del D.L. n.78/2015[42], convertito con modificazioni dalla legge n. 125/2015)  prevede che, negli anni suddetti, l'AIFA possa bandire concorsi, in deroga alle procedure di mobilità (nonché a ogni altra procedura per l'assorbimento del personale in esubero dalle amministrazioni pubbliche), intesi a garantire l'assunzione (a tempo indeterminato) di non più di 80 unità per ciascuno degli anni medesimi. Le procedure concorsuali in oggetto sono indette per titoli ed esami, con una riserva di posti non superiore al 50 per cento per il personale non di ruolo che, alla data di pubblicazione del bando di concorso, presti servizio, a qualunque titolo e da almeno sei mesi, presso la stessa Agenzia.

Resta fermo il rispetto dei limiti della dotazione organica dell'AIFA, della programmazione triennale del fabbisogno e della procedura di autorizzazione, inerente all'avvio delle procedure concorsuali e alle relative assunzioni (autorizzazione da parte del Presidente del Consiglio dei Ministri, con decreto emanato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze).

 


 

Articolo 1, comma 1138, lettera a)
(Proroghe di termini in materia di edilizia scolastica)

 

 

L’articolo 1, comma 1138, lettera a), introdotto durante l’esame al Senato, proroga (dal 31 dicembre 2018) al 31 dicembre 2019 il termine per alcuni pagamenti in materia di edilizia scolastica.

 

In particolare, la proroga riguarda il termine per i pagamenti da parte degli enti locali, secondo gli stati di avanzamento dei lavori debitamente certificati, relativi alla riqualificazione e messa in sicurezza degli istituti scolastici statali, di cui all’art. 18, commi da 8-ter a 8-sexies, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013).

Il riferimento specifico è al termine contenuto nel co. 8-quinquies, ultimo periodo, dell’art. 18 del D.L. 69/2013, fissato inizialmente al 31 dicembre 2014 e successivamente prorogato, di anno in anno, dall’art. 6, co. 4, lett. c), del D.L. 192/2014 (L. 11/2015), dall’art. 7, co. 8, del D.L. 210/2015 (L. 21/2016), dall’art. 4, co. 1, del D.L. 244/2016 (L. 19/2017) e, da ultimo, dall’art. 1, co. 1143, lett. a), della L. 205/2017.

Restano fermi i termini di conservazione dei residui previsti a legislazione vigente.

 

La relazione tecnica all’emendamento del Governo 1.0.5000 all’A.S. 981 evidenziava che la disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri, dal momento che si tratta di risorse già impegnate sul cap. 7105/pg 1 dello stato di previsione del MIUR.

 

L’art. 18, co. 8-ter–8-sexies del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) ha destinato € 150 mln per il 2014 all'attuazione di misure urgenti in materia di riqualificazione e messa in sicurezza delle istituzioni scolastiche statali, con particolare riferimento a quelle in cui fosse stata censita la presenza di amianto.

In particolare, ha previsto la ripartizione delle risorse a livello regionale, da assegnare successivamente agli enti locali proprietari degli immobili ad uso scolastico, corrispondentemente al numero degli edifici scolastici e degli alunni presenti nella singola regione, oltre che alla situazione del patrimonio edilizio scolastico, sulla base delle quote indicate nella Tabella 1 ad esso allegata.

Gli enti locali dovevano presentare alle regioni, entro il 15 settembre 2013, i progetti esecutivi immediatamente cantierabili. A loro volta, le regioni dovevano presentare al MIUR, entro il 15 ottobre 2013, le graduatorie, alle quali si faceva riferimento per l’assegnazione delle risorse, cui si provvedeva entro il 30 ottobre 2013 con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca[43].

L’assegnazione del finanziamento autorizzava gli enti locali ad avviare le procedure di gara ovvero di affidamento dei lavori.

Ha, altresì, stabilito che le eventuali economie di spesa che si sarebbero rese disponibili alla chiusura delle procedure previste, ovvero le risorse derivanti dalle revoche, sarebbero state riassegnate dal MIUR in base alla graduatoria delle richieste.

I termini relativi alla procedura sono stati più volte ridefiniti: in particolare, il termine per l'affidamento dei lavori, da parte degli enti locali (il mancato rispetto del quale comportava la revoca del finanziamento), è stato, da ultimo, differito al 31 dicembre 2014 – ovvero al 28 febbraio 2015 per le regioni nelle quali erano intervenuti provvedimenti di sospensione delle procedure a seguito di contenzioso – dall'art. 6, co. 4, del D.L. 192/2014 (L. 11/2015); il termine per i pagamenti da parte degli enti locali, secondo gli stati di avanzamento dei lavori, è stato, da ultimo, prorogato al 31 dicembre 2018 dall’art. 1, co. 1143, lett. a), della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018).

 

 

 


 

Articolo 1, comma 1138, lettera b)
(Inclusione scolastica degli studenti con disabilità)

 

 

L’articolo 1, comma 1138, lettera b), introdotto durante l’esame al Senato, differisce (dal 1° gennaio 2019) al 1° settembre 2019 l’entrata in vigore di alcune disposizioni recate dal d.lgs. 66/2017 – in materia di inclusione scolastica degli studenti con disabilità – relative, tra l’altro, alla introduzione del Profilo di funzionamento e alla costituzione presso ogni ambito territoriale del Gruppo territoriale per l’inclusione.

Al contempo, autorizza una spesa di € 5,03 mln per il 2019, al fine di realizzare misure di accompagnamento per le scuole per l’attuazione delle novità in materia di inclusione scolastica degli studenti con disabilità introdotte dal d.lgs. 66/2017.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che, con riferimento alle procedure di certificazione e documentazione dello studente con disabilità, il d.lgs. 66/2017 ha stabilito che, dal 1° gennaio 2019, il Profilo di funzionamento sostituisce la Diagnosi funzionale e il Profilo dinamico-funzionale. Nello specifico, il nuovo documento, redatto dall’unità di valutazione multidisciplinare (DPR 24 febbraio 1994), è propedeutico alla predisposizione del Progetto individuale (art. 14, co. 2, L. 328/2000) e del Piano educativo individualizzato (PEI).

Per quanto riguarda la progettazione e l’organizzazione scolastica per l’inclusione, ha previsto che:

- a decorrere dal 1° gennaio 2019, il Progetto individuale è redatto dall’ente locale, in collaborazione con i genitori e le istituzioni scolastiche;

- a decorrere dal 1° settembre 2019, il Piano educativo individualizzato (PEI) è elaborato e approvato, all’inizio di ogni anno scolastico, dai docenti contitolari o dal consiglio di classe con la partecipazione dei genitori, delle figure professionali specifiche, interne ed esterne alla scuola, e con il supporto dell’unità di valutazione multidisciplinare e tiene conto della certificazione di disabilità e del Profilo di funzionamento;

- ogni scuola predispone, all’interno del Piano triennale dell’offerta formativa, il Piano per l’inclusione, che individua strumenti e strategie, modalità didattiche e di coordinamento degli interventi;

- a decorrere dal 1° gennaio 2019, presso ogni ambito territoriale è istituito il Gruppo territoriale per l’inclusione (GIT), presieduto da un dirigente tecnico o scolastico e composto da 3 dirigenti scolastici dell’ambito di riferimento, 2 docenti per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo di istruzione e 1 per il secondo ciclo;

- a decorrere dal 1° settembre 2019, presso ogni Ufficio scolastico regionale è istituito il Gruppo di lavoro interistituzionale regionale (GLIR), che ha il compito di fornire consulenza all’USR, e supporto ai GIT, nonché alle reti di scuole per la realizzazione dei piani di formazione in servizio del personale. Al GLIR partecipano pariteticamente rappresentanti di regioni, enti locali, associazioni delle persone con disabilità maggiormente rappresentative[44];

- a decorrere dal 1° settembre 2017, presso ogni istituzione scolastica è istituito il Gruppo di lavoro per l’inclusione (GLI), con compiti di supporto al collegio dei docenti nella definizione e realizzazione del Piano per l’inclusione, composto da docenti, eventualmente personale ATA, specialisti dell’Azienda Sanitaria locale.

Relativamente alla richiesta ed assegnazione delle risorse per il sostegno didattico, a decorrere dal 1° gennaio 2019:

- il dirigente scolastico, sentito il GLI e sulla base dei singoli PEI, propone al GIT la quantificazione dell'organico relativo ai posti di sostegno, diviso per ciascun grado di istruzione, inclusa la scuola dell'infanzia;

- il GIT, sulla base del Piano per l'inclusione, dei Profili di funzionamento, dei Piani educativi individualizzati, dei Progetti individuali ove esistenti, trasmessi dai singoli dirigenti scolastici, nonché sentiti questi ultimi in relazione ad ogni studente con disabilità certificata, verifica la quantificazione delle risorse di sostegno didattico effettuata da ciascuna scuola e formula una proposta all'USR;

- l'USR assegna le risorse nell'ambito di quelle dell'organico dell'autonomia per i posti di sostegno.

 

Con nota Prot. 1553 del 4 agosto 2017 il MIUR aveva fornito alcuni chiarimenti circa i diversi tempi previsti per l’avvio delle novità previste dal d.lgs, in particolare esplicitando che le innovazioni relative agli aspetti di certificazione e di conseguente ricaduta sulla didattica si sarebbero applicate dal 1° gennaio 2019, allorché il profilo di funzionamento avrebbe sostituito la Diagnosi funzionale ed il Profilo dinamico funzionale. “Pertanto, tutte le disposizioni previste dall'articolo 5, da comma l a comma 5, relative alla procedura di certificazione e di documentazione per l'inclusione scolastica ed il conseguente Progetto individuale, di cui al successivo articolo 6, il Piano educativo individualizzato (articolo 7, comma l) e la successiva richiesta e assegnazione delle risorse per il sostegno didattico (articolo 10 del citato decreto legislativo n. 66/2017) entreranno in vigore a partire dal 1° gennaio 2019. Di contro le disposizioni relative alle modalità di elaborazione ed approvazione del Piano educativo individualizzato (articolo 7, comma 2) entreranno in vigore dal 1° settembre 2019”.

 

Rispetto al quadro descritto, in particolare, si differisce (dal 1° gennaio 2019) al 1° settembre 2019 l’entrata in vigore delle disposizioni relative:

§  alla costituzione presso ogni ambito territoriale dei GIT;

§  alla sostituzione della Diagnosi funzionale e del Profilo dinamico-funzionale con il Profilo di funzionamento;

§  alla redazione del Progetto individuale;

§  alla richiesta e assegnazione delle risorse per il sostegno didattico.

 

Al contempo, si differisce (dal 1° gennaio 2019) al 1° settembre 2019 l’abrogazione di alcune disposizioni vigenti relative all’individuazione dell'alunno come soggetto in situazione di handicap, fra le quali, in particolare, il regolamento emanato con DPCM 185/2006, recante modalità e criteri per l'individuazione dell'alunno come soggetto in situazione di handicap.

 

Conseguentemente, gli oneri derivanti dalla costituzione dei GIT sono ridotti, per il 2019, (da € 15,11 mln) a € 5,04 mln.

Al riguardo, si ricorda che, in base alla relazione tecnica di cui era corredato lo schema di decreto legislativo (A.G. 378), per i docenti è previsto un maggiore onere per il semiesonero.

 

Ai fini indicati, si novellano gli artt. 18, 19 e 20 del d.lgs. 66/2017.

 

I risparmi di spesa derivanti dal differimento relativo alla costituzione dei GIT sono utilizzati integralmente per coprire gli oneri derivanti dalla realizzazione delle misure di accompagnamento, pari, nel 2019, a € 5,03 mln.

 

 


 

 

Articolo 1 comma 1139, lettera a)
(Proroga di termini in materia di intercettazioni)

 

 

Il 1139, lettera a), proroga al 1° agosto 2019 il termine a partire dal quale acquista efficacia la riforma della disciplina delle intercettazioni di comunicazioni e conversazioni introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017.

 

La lettera a), numero 1) modifica l’art. 9, comma 1, del decreto legislativo n. 216 del 2017, di riforma della disciplina delle intercettazioni, che ha previsto che le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 4, 5 e 7 si applicano alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi del giudice emessi dopo il 31 marzo 2019. Tale termine è prorogato al 1° agosto 2019.

 

Il D.Lgs. n. 216 del 2017 ha attuato la delega volta a riformare la disciplina delle intercettazioni di comunicazioni e conversazioni, conferita al Governo dalla legge n. 103 del 2017 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario) sulla base di specifici principi e criteri direttivi. L’articolo 9 del decreto legislativo prevedeva nella sua versione originaria che le disposizioni di riforma della disciplina delle intercettazioni (con alcune eccezioni) avrebbero dovuto applicarsi alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi del giudice emessi dopo il centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore dello stesso decreto. La nuova disciplina delle intercettazioni avrebbe, quindi, acquistato efficacia il 26 luglio 2018. Tale termine è stato prorogato al 1 aprile 2019 dal D.L. 25 luglio 2018, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 settembre 2018, n. 108.

La proroga disposta dal decreto-legge non riguarda gli articoli 1 e 6 del decreto legislativo 216/2017:

·         l’art. 1 inserisce nel codice penale il delitto di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente per punire con la reclusione fino a quattro anni chiunque, partecipando a incontri o conversazioni private con la persona offesa, ne registra il contenuto all'insaputa dell'interlocutore (microfoni o telecamere nascoste) per diffonderlo allo scopo di recare un danno all'altrui reputazione;

·         l’art. 6 semplifica i presupposti per disporre le intercettazioni nei procedimenti per i reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, quando tali reati siano puniti con pena detentiva non inferiore nel massimo a 5 anni. Se si procede per tali delitti, infatti, si deroga ai presupposti dell’art. 267 c.p.p. e l'intercettazione dovrà risultare necessaria (non più assolutamente indispensabile) e saranno sufficienti indizi di reato (anche non gravi). Le intercettazioni ambientali tra presenti nel domicilio e altri luoghi di privata dimora non possono essere eseguite mediante l'inserimento di un captatore informatico (cd. trojan) su dispositivo elettronico portatile quando non vi è motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l'attività criminosa.

Tali disposizioni sono in vigore dal 26 gennaio 2018.

La stessa legge n. 103 ha, inoltre, parzialmente modificato la disciplina dei costi delle intercettazioni, conferendo in materia una ulteriore delega al Governo, esercitata con il D.lgs. n. 120 del 2018.

 

 

Il numero 2) della lettera a), modifica invece il comma 2 del citato articolo 9 del decreto legislativo n. 216 del 2017.

In particolare la disposizione in esame proroga al 1° agosto 2019 il termine a partire dal quale acquista efficacia la disposizione (art. 2, comma 1, lett. b) del citato D.lgs 216 del 2017) che introduce un’eccezione al generale divieto di pubblicazione degli atti (art. 114 c.p.c.), tale da consentire la pubblicabilità dell’ordinanza di custodia cautelare di cui all’art. 292 c.p.c.

La proroga di cui al n. 2) è conseguente a quella disposta dal n.1) della medesima lettera a) della disposizione in commento che, come si è detto procrastina l’applicazione della riforma delle intercettazioni al 1 agosto 2019. Tale  riforma, infatti, modifica altresì il contenuto dell’ordinanza con la quale il giudice concede la misura cautelare di cui all’art. 292 c.p.p., disponendo che solo i brani essenziali delle conversazioni intercettate possano essere riprodotti nell’ordinanza e solo quando gli stessi siano necessari per esporre le esigenze cautelari o gli indizi.

 

L'articolo 114, comma 2, c.p.c. dispone il divieto di pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti da segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare. Il D.lgs 216 del 2017, all’art. 2, comma 1, lett. b) esclude dal suddetto divieto di pubblicazione l’ordinanza indicata dall’art. 292 c.p.c.

Si ricorda peraltro che l’art. 292 è esso stesso oggetto di riforma da parte del D.lgs. 216 del 2017. In particolare l’art. 3, comma 6, lettera f) di tale provvedimento ha introdotto, nell’art. 292 c.p.c. un nuovo comma 2-quater, il quale prevede che quando è necessario per l'esposizione delle esigenze cautelari e degli indizi, delle comunicazioni e conversazioni intercettate sono riprodotti soltanto i brani essenziali. Tale disposizione come si è visto, per effetto della proroga disposta dalla lettera a) si applicherà esclusivamente alle intercettazioni disposte dopo il 1 agosto 2019.

 

In relazione ai profili oggetto della proroga, la riforma prevista dal decreto legislativo n. 216 del 2017, in estrema sintesi:

·      a tutela della riservatezza delle comunicazioni dei difensori nei colloqui con l'assistito, ne vieta la trascrizione, anche sommaria;

·      prevede - con riguardo alla garanzia di riservatezza delle comunicazioni non penalmente rilevanti o contenenti dati sensibili - che quando l'ufficiale di polizia giudiziaria ascolta una comunicazione di questa natura non la trascriva, neanche sommariamente. L'ufficiale avrà, tuttavia, un obbligo di annotazione, anche sommaria, dei contenuti di quelle comunicazioni affinché il PM possa, eventualmente, compiere valutazioni diverse, chiedendo la trascrizione anche di quelle comunicazioni quando le ritenga utili alle indagini;

·      in relazione alla procedura di selezione delle intercettazioni, disciplina la fase del deposito dei verbali e delle registrazioni, con la possibilità offerta alle parti di prenderne cognizione, e la fase dell'acquisizione del materiale intercettato al fascicolo delle indagini. Tale fase segue una duplice procedura, a seconda che le intercettazioni debbano o meno essere utilizzate per motivare una misura cautelare: nel primo caso, l'acquisizione è disposta dal PM a seguito del provvedimento del giudice che adotta la misura cautelare; nel secondo caso è disposta dal giudice che ha autorizzato le operazioni all'esito di un contradditorio tra accusa e difesa che può essere anche solo cartolare;

·      prevede, a tutela dei difensori, che questi possano ottenere la trasposizione su supporto informatico delle registrazioni acquisite al fascicolo, e copia dei verbali delle operazioni. La trascrizione delle intercettazioni, attualmente prevista al termine dell'udienza di stralcio, dovrà invece essere effettuata all'apertura del dibattimento; solo in quella fase le parti potranno estrarre copia delle intercettazioni;

·      stabilisce che tutti gli atti delle intercettazioni non acquisiti al fascicolo siano restituiti al PM per la conservazione nell'archivio riservato tenuto presso l'ufficio del PM e siano coperti da segreto; ogni accesso all'archivio dovrà essere registrato. Il GIP potrà accedere e ascoltare le registrazioni; i difensori delle parti potranno ascoltare le registrazioni ma non potranno ottenere copia delle registrazioni e degli atti;

·      per quanto riguarda l'uso delle intercettazioni nel procedimento cautelare, prevede che, tanto nella richiesta di misura cautelare fatta dal PM, quanto nell'ordinanza del giudice che concede la misura, possano essere riprodotti solo i brani essenziali delle comunicazioni intercettate, che risultino necessari a sostenere la richiesta del PM o a motivare la decisione del giudice. Anche in questa fase, i difensori potranno esaminare gli atti e le registrazioni, ma non estrarre copia.

·      dispone, poi, che sia il PM ad acquisire al fascicolo delle indagini le intercettazioni utilizzate per l'adozione di una misura cautelare; ciò farà seguito, peraltro, a un vaglio di rilevanza del materiale presentato dal PM a corredo della richiesta, effettuato dal giudice della cautela, che dovrà restituire al PM gli atti contenenti le comunicazioni e conversazioni intercettate ritenute dal giudice non rilevanti o inutilizzabili per la conservazione nell'archivio riservato;

·      disciplina le intercettazioni tra presenti mediante immissione di captatori informatici in dispositivi elettronici portatili (c.d. trojan). Tali intercettazioni saranno consentite nei luoghi di privata dimora solo quando vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo un'attività criminosa; il presupposto non è richiesto però se si procede per uno dei gravi delitti previsti dagli articoli 51, comma 3-bis e comma 3-quater del codice di procedura penale. Il PM e il giudice dovranno motivare l'esigenza di impiego di questa modalità e indicare in quali luoghi e tempi sarà possibile attivare il microfono. Dovrà essere costantemente garantita la sicurezza e l'affidabilità della rete di trasmissione attraverso la quale i dati intercettati vengono trasferiti agli impianti della procura della Repubblica; spetterà a un decreto del Ministro della giustizia definire i dettagli tecnici dei programmi informatici da utilizzare, che dovranno comunque assicurare la possibilità di disattivare il dispositivo alla fine delle operazioni rendendolo inservibile.

 

 


 

Articolo 1, comma 1139, lett. b)
(Funzioni di dirigente dell’esecuzione penale esterna)

 

 

Il comma 1139, lett. b), proroga fino al 31 dicembre 2019 la disposizione che consente che le funzioni di dirigente dell’esecuzione penale esterna siano svolte, in deroga alla disciplina generale, da funzionari inseriti nel ruolo dei dirigenti di istituto penitenziario.

 

 

La proroga fino al 31 dicembre 2019 interviene sulla disposizione (art. 3, co. 1-bis, D.L. n. 146 del 2013) che, in deroga alla disciplina dei ruoli e delle qualifiche della carriera dirigenziale penitenziaria, e in attesa dello svolgimento di specifici concorsi pubblici, consente ai dirigenti di istituto penitenziario di svolgere le funzioni di dirigente dell’esecuzione penale esterna.

 

L’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria, dettato dal decreto legislativo n. 63 del 2006, prevede infatti (articoli 3 e 4) tre distinti ruoli per i dirigenti di istituto penitenziario, i dirigenti di esecuzione penale esterna ed i dirigenti medici psichiatri e dispone che alla carriera si acceda dalla qualifica iniziale di ciascun ruolo, unicamente mediante pubblico concorso.

 

Nelle more dell’espletamento dei concorsi per dirigente di esecuzione penale esterna, il legislatore ha dunque consentito di coprire tali posti attingendo al ruolo dei dirigenti di istituto penitenziario.

La deroga era originariamente introdotta per un periodo di tre anni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 146 del 2013, e dunque fino al 22 febbraio 2017[45]; tale termine è stato poi prorogato al 31 dicembre 2018 dall’art. 10, co. 2, del decreto-legge n. 244 del 2016.

Il disegno di legge di bilancio proroga di un ulteriore anno, fino al 31 dicembre 2019, tale deroga.

 

 


 

Articolo 1, comma 1139, lett. c)
(Funzionalità uffici giudiziari)

 

 

Il comma 1139, lett. c), in relazione al passaggio dai comuni allo Stato degli oneri di manutenzione degli uffici giudiziari (previsto dalla legge di stabilità 2015), proroga di un ulteriore anno – ovvero fino al 31 dicembre 2019 – la possibilità di continuare ad avvalersi del personale comunale per le attività di custodia, telefonia, riparazione e manutenzione ordinaria, sulla base di specifici accordi da concludere con le amministrazioni locali.

 

 

Il comma 1139, lett. c), intervenendo sul comma 1 dell’art. 21-quinquies, del DL n. 83/2015 (L. 132/2015), proroga di un anno (fino al 31 dicembre 2019) la possibilità, per gli uffici giudiziari, di continuare ad avvalersi dei servizi forniti dal personale comunale ivi distaccato o comandato per le attività di custodia, telefonia, riparazione e manutenzione ordinaria. Si tratta di un termine – originariamente fissato al 31 dicembre 2015 - già più volte prorogato dal legislatore[46].

 

La proroga si inquadra nell’ambito della disciplina del trasferimento dai comuni allo Stato, dal 1° settembre 2015, dell’obbligo di corrispondere le spese per gli uffici giudiziari, trasferimento disposto dalla legge di stabilità 2015 (L. 190/2014, art. 1, commi da 526 a 530).
Il passaggio delle indicate competenze è previsto sulla base di accordi o convenzioni da concludere in sede locale, autorizzati dal Ministero della giustizia, in applicazione e nei limiti di una convenzione quadro previamente stipulata tra il Ministero della giustizia e l'ANCI. In particolare, il comma 526 ha precisato come il trasferimento non sciogliesse i rapporti giuridici in corso di cui fosse parte il comune (in cui subentra il Ministero) e che a questi ultimi non fossero più dovuti canoni per la locazione degli immobili sedi di uffici giudiziari. Infatti, poiché l’art. 1 della legge 392 del 1941 stabiliva che le spese necessarie per i locali ad uso degli uffici giudiziari (per le pigioni, riparazioni, manutenzione, pulizia, illuminazione, riscaldamento e custodia dei locali, per le provviste di acqua, il servizio telefonico, la fornitura e le riparazioni dei mobili e degli impianti, per i registri e gli oggetti di cancelleria) costituissero spese obbligatorie dei comuni che ospitano detti uffici, a titolo di parziale rimborso, lo Stato erogava ai comuni un contributo annuo alle spese medesime nella misura stabilita nella tabella allegata alla stessa legge del 1941. Un regolamento, adottato con D.P.R. 18 agosto 2015, n. 133, ha dettato le misure organizzative a livello centrale e periferico per l'attuazione della nuova disciplina che trasferisce allo Stato l’onere delle spese per gli uffici giudiziari.

 

Il comma 1139, lett. c), inoltre, modifica il comma 3 dello stesso art. 21-quinquies, prevedendo che, per il 2019, il Ministero della giustizia possa autorizzare gli uffici giudiziari ad avvalersi del personale comunale secondo i criteri fissati nella convenzione quadro con l’ANCI, nei limiti di importi di spesa pari al 10 per cento di quanto stanziato nel capitolo n. 1550 dello stato di previsione del Ministero nell’esercizio precedente, e dunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
La Relazione tecnica quantifica tale misura percentuale in 27,5 milioni di euro.

 

Si ricorda che, per il 2015, le autorizzazioni potevano essere concesse nel limite del 15% di quanto stanziato nel capitolo allora di nuova istituzione; nel 2016 nel limite del 20%; nel 2017 nel limite del 15% e, infine, per il 2018 nel limite del 10%. Tale percentuale è confermata per l’esercizio 2019.

 

 


 

Articolo 1, comma 1139, lett. d)
(Proroga di termini in materia di circoscrizioni giudiziarie de L’Aquila e Chieti)

 

 

Il comma 1139, lett. d), differisce al 14 settembre 2021 il termine di efficacia delle modifiche delle circoscrizioni giudiziarie de L'Aquila e Chieti, nonché delle relative sedi distaccate, previste dalla riforma della geografia giudiziaria del 2012.

 

 

Il comma 1139, lett. d) differisce al 14 settembre 2021 l’entrata in vigore della riforma della geografia giudiziaria prevista dagli artt. 1 e 2 del D.lgs. 155 del 2012 in relazione alle modifiche delle circoscrizioni giudiziarie de L'Aquila e Chieti e alla soppressione delle relative sedi distaccate.

 

La riforma della geografia giudiziaria introdotta dal D.Lgs 155 del 2012 ha comportato, nella corte d’appello di L’Aquila, il mantenimento dei soli tribunali di Chieti, L’Aquila, Pescara e Teramo.

Dovranno quindi essere soppressi, e ricompresi nel circondario del tribunale de L’Aquila, i tribunali di Avezzano e di Sulmona; analogamente, dovranno essere soppressi, e ricompresi nel circondario del tribunale di Chieti, i tribunali di Lanciano e di Vasto.

Anche in Abruzzo, come già accaduto nel resto del Paese, la riforma della geografia giudiziaria prevede poi la soppressione di tutte le sezioni distaccate di tribunale. Per quanto riguarda i circondari di L’Aquila e Chieti, gli unici per i quali la soppressione non è stata ancora operata, dovranno venire meno le sezioni distaccate di Ortona e di Atessa.

 

Rimangono, quindi, in funzione fino a tale data nell’assetto pre-riforma gli uffici giudiziari delle circoscrizioni de L’Aquila e Chieti, comprese le citate sezioni distaccate di tribunale.

 

Si ricorda come, già in sede di entrata in vigore della riforma della geografia giudiziaria (13 settembre 2012), l’art. 11, comma 3, del decreto legislativo n. 155 del 2012 aveva previsto - in considerazione delle condizioni di inagibilità in cui versavano gli edifici che ospitano i tribunali de L’Aquila e Chieti gravemente danneggiati dal terremoto del 2009 – che per tali tribunali la riforma della geografia giudiziaria acquistasse efficacia a partire dal 13 settembre 2015.

E’ poi intervenuto l’art. 3-bis del decreto-legge n. 150 del 2013 , che ha ulteriormente spostato l’efficacia della riforma per il distretto di corte d’appello de L’aquila al 13 settembre 2018.

Tale termine è stato ulteriormente differito al 13 settembre 2020 dal decreto legge n. 8 del 2017; le motivazioni di tale ultima proroga, hanno fatto riferimento non più al terremoto del 2009 bensì alle «esigenze di funzionalità delle sedi dei tribunali de L'Aquila e di Chieti, connesse agli eventi sismici del 2016 e 2017».

 

Posto che la riforma della geografia giudiziaria comporta risparmi di spesa, anche la proroga in esame è accompagnata da una specifica copertura finanziaria.

 


 

Articolo 1, comma 1139, lett. e)
(Albo delle giurisdizioni superiori)

 

 

Il comma 1139, lett. e) proroga di un ulteriore anno la disciplina transitoria che consente l’iscrizione all’albo per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori a coloro che siano in possesso dei requisiti previsti prima dell’entrata in vigore della riforma forense.

 

La disposizione di proroga interviene sull’art. 22 della legge forense (legge n. 247 del 2012) per prorogare di un ulteriore anno la disciplina transitoria che consente l’iscrizione all’albo speciale che abilita gli avvocati al patrocinio dinanzi alla Corte di cassazione, al Consiglio di Stato, alla Corte dei Conti, alla Corte costituzionale e al Tribunale superiore delle acque pubbliche agli avvocati che maturino i requisiti previsti prima della riforma, entro 7 anni (in luogo degli attuali 6 anni) dalla riforma stessa e dunque entro il 2 febbraio 2020.

 

L’art. 22 della legge professionale consente l’iscrizione all’Albo speciale a seguito del superamento dell'apposito esame da parte di avvocati con almeno 5 anni di anzianità d'iscrizione all'albo territoriale (la disciplina previgente prevedeva l'esercizio per 12 anni della professione di avvocato davanti alle Corti di appello e ai Tribunali). L'art. 22 prevede, inoltre, che l'iscrizione possa essere richiesta anche da chi, avendo maturato una anzianità di iscrizione all'albo di 8 anni, successivamente abbia lodevolmente e proficuamente frequentato la Scuola superiore dell'avvocatura, istituita e disciplinata con regolamento dal CNF.

La normativa in vigore prima della riforma, della quale si prevede ora l’ulteriore proroga di efficacia, subordina l’iscrizione all’albo speciale ai seguenti requisiti:

§  12 anni di iscrizione nell'albo ordinario (senza alcun ulteriore requisito), ovvero

§  5 anni di iscrizione nell'albo ordinario e superamento di un esame.

Inoltre, possono essere iscritti nell'albo speciale, a condizione che siano iscritti in un albo degli avvocati, anche se non hanno materialmente esercitato la professione:

§  i professori universitari di ruolo di discipline giuridiche dopo quattro anni di insegnamento;

§  ex consiglieri di cassazione e di corte d'appello;

§  avvocato generale, vice-avvocato generale o avvocato distrettuale dello Stato, ecc.;

§  coloro che avendo conseguita l'abilitazione alla libera docenza e la definitiva conferma, abbiano esercitato per almeno otto anni un incarico di insegnamento.

 

Si ricorda che il termine originario previsto dalla legge n. 247 era di tre anni dall’entrata in vigore della riforma; termine che scadeva il 2 febbraio 2016. Sono poi intervenuti:

§  il decreto-legge di proroga termini n. 210 del 2015 che ha portato i 3 anni di vigenza della norma transitoria a 4 anni (scadenza al 2 febbraio 2017);

§  il decreto-legge di proroga termini n. 244 del 2016, che ha portato i 4 anni di vigenza della norma transitoria a 5 anni (scadenza al 2 febbraio 2018);

§  la legge di bilancio 2018 (l. n. 205 del 2017, art. 1, co. 470), che ha portato i 5 anni di vigenza della norma transitoria a 6 anni.

La disposizione in commento proroga ulteriormente la vigenza della disciplina transitoria, fino al settimo anno successivo alla riforma forense.

 

 


 

Articolo 1, comma 1140, lett. a)
(Proroga banche dati Prum)

 

 

Il comma 1140, lett. a), proroga al 31 dicembre 2019 il termine per il trasferimento, da parte delle Forze di polizia, alla banca dati nazionale del DNA dei profili del DNA ricavati da reperti acquisiti nel corso di procedimenti penali prima del 14 luglio 2009

 

 

Il comma 1140, lett. a) - novellando l’art. 17, comma 1, della legge 30 giugno 2009, n. 85, di adesione della Repubblica italiana al Trattato di Prum - proroga al 31 dicembre 2019 il termine entro il quale le Forze di polizia, previo nulla osta dell’autorità giudiziaria, devono trasferire alla banca dati nazionale del DNA i profili del DNA ricavati da reperti acquisiti nel corso di procedimenti penali prima della data di entrata in vigore della stessa legge 85/2008 (il 14 luglio 2009).

Il termine per il citato trasferimento dei profili del DNA era stato già prorogato al 31 dicembre 2018 dall’art. 1, comma 1122, lett, f) della legge di bilancio 2018 (legge 27 dicembre 2017, n. 2015).

 

L’istituzione della banca dati del DNA è stata prevista dalla legge n. 85 del 2009, con cui l’Italia ha aderito al Trattato di Prum, sottoscritto da Belgio, Germania, Spagna, Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi e Austria il 27 maggio 2005, volto a rafforzare la cooperazione di polizia in materia di lotta al terrorismo, alla criminalità transfrontaliera ed all’immigrazione clandestina.

La legge, allo scopo di facilitare l'identificazione degli autori di delitti, permette la comparazione dei profili del DNA di persone già implicate in procedimenti penali con gli analoghi profili ottenuti dalle tracce biologiche rinvenute sulla scena di un crimine. La medesima legge prevede sia l’istituzione di una banca dati nazionale del DNA presso il Ministero dell'interno – Dipartimento della pubblica sicurezza che di un Laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA, presso il Ministero della giustizia - Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.

La banca dati nazionale provvede, nei casi tipizzati, alla raccolta dei profili del DNA:

§  dei soggetti sottoposti a misure restrittive della libertà personale, (specificamente indicati all'articolo 9 della legge);

§  relativi a reperti biologici acquisiti nel corso di procedimenti penali;

§  di persone scomparse o loro consanguinei e di cadaveri e resti cadaverici non identificati.

 

La disciplina transitoria della legge n. 85 del 2009 (art. 17, comma 1) aveva previsto che i profili del DNA ricavati da reperti acquisiti nel corso di procedimenti penali anteriormente alla data di entrata in vigore della legge, previo nulla osta dell’autorità giudiziaria, fossero trasferiti dalle Forze di polizia alla banca dati nazionale del DNA entro un anno dalla data della sua entrata in funzione.

L’effettiva entrata in funzione della banca dati del DNA, collegata all’adozione del regolamento attuativo, ha scontato il notevole ritardo derivante dall’emanazione di tale regolamento (D.P.R. 7 aprile 2016, n. 87), entrato in vigore solo il 10 giugno 2016.

Il termine di un anno per il trasferimento dei reperti alla banca dati del DNA, previsto dalla norma transitoria della legge 85/2009, risulta, quindi, già scaduto. D’altra parte l’art. 35 del regolamento attuativo - pur prevedendo che i profili del DNA ricavati da reperti biologici e da campioni biologici di soggetti che al momento del prelievo rientravano nelle previsioni della legge n. 85/2009 (acquisiti nel corso di procedimenti penali anteriormente alla data di entrata in funzione della banca dati del DNA) fossero inseriti nella stessa banca dati (con le modalità tecniche indicate dallo stesso regolamento) - non ha fissato alcun termine entro il quale, nelle ipotesi indicate, i profili del DNA dovessero essere obbligatoriamente trasferiti.

 

 


 

Articolo 1, comma 1140, lett. b)
(Proroghe in materie di interesse del Ministero della Difesa)

 

 

Il comma 1140, alla lett. b), proroga - al 31 dicembre 2019 - i provvedimenti di soppressione e di riconfigurazione di comandi, enti e altre strutture ordinative dell'Esercito italiano.

 

La lettera b) novella l'art. 2188-bis del Codice dell'ordinamento militare (di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010) inerente l'adozione di provvedimenti di soppressione, ovvero di riconfigurazione, di comandi, enti e altre strutture ordinative dell'Esercito che concorrono alla contrazione strutturale non inferiore al 30% richiesta dalla legge di delega per la revisione dello strumento militare (legge n. 244/2012, articolo 2, comma 1, lettera b)). L'articolo 2188-bis, introdotto dal d. lgs. n. 7/2014, art. 5, comma 1, lett. a) di attuazione della richiamata delega, stabilisce che i provvedimenti di soppressione o di riconfigurazione sono adottati dal Ministro della difesa, con proprio decreto, emanato su proposta del Capo di Stato Maggiore della Difesa, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative per le materie di competenza. La novella in esame proroga di un anno il termine entro cui adottare i suddetti provvedimenti, dal 31 dicembre 2018 al 31 dicembre 2019.

 

Si tratta dei provvedimenti di soppressione riguardanti:

Ø  i Centri documentali di Ancona, Brescia, Cagliari, Caserta, Catania, Chieti, Como, Lecce, Milano, Palermo, Salerno, Udine, Verona e Roma;

Ø  il Comando militare esercito Molise.

 

Dei provvedimenti di riconfigurazione riguardanti i Comandi militari:

Ø  il Comando forze operative terrestri dislocato a Verona, riconfigurato nella sede di Roma in Comando forze operative terrestri e Comando operativo Esercito.

Ø  Esercito Abruzzo, riconfigurato e ridenominato in ragione della rideterminazione e razionalizzazione delle relative attribuzioni conseguenti alle soppressioni del Comando Militare Esercito Molise e del Centro Documentale di Chieti;

Ø  Esercito Friuli Venezia Giulia, riconfigurato in ragione della rideterminazione e razionalizzazione delle relative attribuzioni conseguenti alla soppressione del Centro Documentale di Udine;

Ø  Esercito Lombardia con sede a Milano, riconfigurato in ragione della rideterminazione e razionalizzazione delle relative attribuzioni conseguenti alla soppressione del Centro Documentale di Milano;

Ø  Esercito Marche, riconfigurato e ridenominato in ragione della rideterminazione e razionalizzazione delle relative attribuzioni conseguenti alla soppressione del Centro Documentale di Ancona;

Ø  il Comando militare della Capitale, riconfigurato anche in ragione dei compiti acquisiti in seguito alla soppressione del Centro Documentale di Roma; 

Ø  il Comando militare autonomo della Sardegna che acquisisce, tra l'altro, le funzioni del soppresso Centro Documentale di Cagliari; 

Ø  il Comando militare autonomo della Sicilia che acquisisce, tra l'altro, le funzioni del soppresso Centro Documentale di Palermo;

Ø  il Comando supporti in Verona, riconfigurato in Comando delle forze operative terrestri di supporto, in ragione della rideterminazione e razionalizzazione delle relative attribuzioni.

 

 

 


 

Articolo 1, comma 1141
(Adeguamento antincendio strutture ricettive)

 

 

La norma proroga al 31 dicembre 2019 il termine per l’adeguamento alle disposizioni in materia di prevenzione incendi previsto per le strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre 25 posti letto.

 

Il comma 1141 modifica l’art. 1, comma 1122, lettera i), della L. n. 205/2017 (legge di bilancio 2018), inserendovi la proroga al 31 dicembre 2019, nelle materie di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, del termine per l’adeguamento alle disposizioni in materia di prevenzione incendi previsto dal comma 1122 citato, per le strutture ricettive turistico alberghiere con oltre 25 posti letto localizzate nei territori colpiti dagli eccezionali eventi meteorologici verificatisi a partire dal 2 ottobre 2018, come individuati dalla deliberazione del Consiglio dei ministri dell’8 novembre 2018.

 

In particolare, il richiamato art. 1, comma 1122, lettera i) della legge di bilancio 2018 ha posticipato al 30 giugno 2019 il termine per il completamento dell'adeguamento alla normativa antincendio delle strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre 25 posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'interno 9 aprile 1994 (Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la costruzione e l'esercizio delle attività ricettive turistico-alberghiere) e in possesso dei requisiti per l'ammissione al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio, approvato con decreto del Ministro dell'interno 16 marzo 2012[47].

 

Si ricorda che, con la deliberazione del Consiglio dei Ministri dell’8 novembre 2018, è stato dichiarato lo stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici verificatisi a partire dal giorno 2 ottobre 2018 nei territori delle Regioni Calabria, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Toscana, Sardegna, Sicilia, Veneto e delle Province autonome di Trento e Bolzano.

 

La norma prevede altresì, ai fini dell’operatività della proroga, la previa presentazione al Comando provinciale dei Vigili del fuoco, entro il 30 giugno 2019, della SCIA parziale.

Si tratta dello strumento già individuato dal citato art. 1, comma 1122, lett. i), che aveva previsto la previa presentazione al comando provinciale dei vigili del fuoco, entro il 1° dicembre 2018, di una SCIA parziale, in quanto attestante il rispetto di almeno quattro delle seguenti prescrizioni come disciplinate dalle specifiche regole tecniche: resistenza al fuoco delle strutture, reazione al fuoco dei materiali, compartimentazioni, corridoi, scale, ascensori e montacarichi, impianti idrici antincendio, vie d’uscita ad uso esclusivo, con esclusione dei punti ove prevista la reazione al fuoco dei materiali, vie d’uscita ad uso promiscuo con esclusione dei punti ove è prevista la reazione al fuoco dei materiali, locali adibiti a deposito.


 

Articolo 1, comma 1142
(Proroghe in materia di promozione delle opere europee ed italiane da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi)

 

 

L’articolo 1, comma 1142 introdotto durante l’esame al Senato, proroga (dal 1 °gennaio 2019) al 1° luglio 2019 il termine a decorrere dal quale si prevede:

-     l’avvio del graduale innalzamento degli obblighi di programmazione in opere europee e di investimento in opere europee prodotte da produttori indipendenti da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi e della concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale;

-     l’avvio del graduale innalzamento degli obblighi di programmazione e di investimento in opere di espressione originale italiana, ovunque prodotte, nell’ambito delle previste quote di programmazione e investimento in opere europee;

-     l’introduzione degli obblighi di investimento e di programmazione in opere europee anche per i fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta.

 

Ai fini indicati, novella l’art. 44-bis, co. 1, lett. a), e co. 2, alinea, l’art. 44-ter, co. 1, lett. a), co. 2, lett. a), co. 3, lett. a), co. 4, lett. a), l’art. 44-quater, co. 2 e 6, del d.lgs. 177/2005, tutti inseriti dall’art. 2, co. 1, del d.lgs. 204/2017.

 

Le definizioni di servizi di media audiovisivi lineari e non lineari, di opere europee e di produttore indipendente

 

In base all’art. 2, co. 1, lett. a), del d.lgs. 177/2005, per "servizio di media audiovisivo" si intende un servizio, quale definito agli artt. 56 e 57 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che è sotto la responsabilità editoriale di un fornitore di servizi media e il cui obiettivo principale è la fornitura di programmi al fine di informare, intrattenere o istruire il grande pubblico, attraverso reti di comunicazioni elettroniche. Nello specifico, con tale espressione si intende o la radiodiffusione televisiva (o servizio di media audiovisivo lineare, definito dalla lett. i) del medesimo co. 1 come un servizio di media audiovisivo fornito da un fornitore di servizi di media per la visione simultanea di programmi sulla base di un palinsesto di programmi) – e, in particolare, la televisione analogica e digitale, la trasmissione continua in diretta quale il live streaming, la trasmissione televisiva su Internet quale il webcasting e il video quasi su domanda quale il near video on demand –, o un servizio di media audiovisivo a richiesta (o servizio di media audiovisivo non lineare, definito dalla lett. m) del medesimo co. 1 come un servizio di media audiovisivo fornito da un fornitore di servizi di media per la visione di programmi al momento scelto dall'utente e su sua richiesta sulla base di un catalogo di programmi selezionati dal fornitore di servizi di media).

Non rientrano nella definizione di "servizio di media audiovisivo":

- i servizi prestati nell'esercizio di attività precipuamente non economiche e che non sono in concorrenza con la radiodiffusione televisiva, quali i siti Internet privati e i servizi consistenti nella fornitura o distribuzione di contenuti audiovisivi generati da utenti privati a fini di condivisione o di scambio nell'ambito di comunità di interesse;

- ogni forma di corrispondenza privata, compresi i messaggi di posta elettronica;

- i servizi la cui finalità principale non è la fornitura di programmi;

- i servizi nei quali il contenuto audiovisivo è meramente incidentale e non ne costituisce la finalità principale, quali, a titolo esemplificativo: i siti internet che contengono elementi audiovisivi puramente accessori, come elementi grafici animati, brevi spot pubblicitari o informazioni relative a un prodotto o a un servizio non audiovisivo; i giochi in linea; i motori di ricerca; le versioni elettroniche di quotidiani e riviste; i servizi testuali autonomi; i giochi d'azzardo con posta in denaro, ad esclusione delle trasmissioni dedicate a giochi d'azzardo e di fortuna.

Costituisce, inoltre, servizio di media audiovisivo una comunicazione commerciale audiovisiva.

In base alla lett. b) del medesimo co. 1, è “fornitore di servizi di media” la persona fisica o giuridica cui è riconducibile la responsabilità editoriale della scelta del contenuto audiovisivo del servizio di media audiovisivo e che ne determina le modalità di organizzazione. Sono escluse da tale definizione le persone fisiche o giuridiche che si occupano solo della trasmissione di programmi per i quali la responsabilità editoriale incombe a terzi.

 

La definizione di opere europee è recata dalla lett. cc) del medesimo co. 1. In particolare, possono essere considerate tali:

- le opere originarie di Stati membri;

- le opere originarie di Stati terzi che siano parti della Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera del Consiglio d’Europa, firmata a Strasburgo il 5 maggio 1989 e ratificata dall’Italia con L. 327/1991 (a condizione che le opere originarie di Stati membri non siano soggette a misure discriminatorie nel paese terzo interessato);

- le opere co-prodotte nell’ambito di accordi conclusi nel settore audiovisivo tra l’UE e paesi terzi (anche in tal caso, a condizione che le opere originarie di Stati membri non siano soggette a misure discriminatorie nel paese terzo interessato).

Le opere originarie di Stati membri e di Stati terzi parti della Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera, inoltre, devono essere opere realizzate essenzialmente con il contributo di autori e lavoratori residenti in uno o più Stati membri o terzi, parti della medesima Convenzione europea, e devono rispondere a una delle seguenti condizioni:

- essere realizzate da uno o più produttori stabiliti in uno o più di tali Stati;

- la produzione deve avvenire sotto la supervisione e il controllo effettivo di uno o più produttori stabiliti in uno o più di tali Stati;

- il contributo dei co-produttori di tali Stati è prevalente nel costo totale della coproduzione e questa non è controllata da uno o più produttori stabiliti al di fuori di tali Stati.

Infine, le opere prodotte nel quadro di accordi bilaterali di coproduzione conclusi tra Stati membri e paesi terzi sono considerate opere europee a condizione che la quota a carico dei produttori dell'UE nel costo complessivo della produzione sia maggioritaria e che la produzione non sia controllata da uno o più produttori stabiliti fuori del territorio degli Stati membri.

 

La definizione di produttore indipendente è recata dalla lett. p) del medesimo co. 1 (come sostituita dall'art. 1, co. 1, del citato d.lgs. 204/2017).

In particolare, possono essere considerati produttori indipendenti gli operatori della comunicazione europei che svolgono attività di produzioni audiovisive e che non sono controllati da, ovvero collegati a, fornitori di servizi media audiovisivi soggetti alla giurisdizione italiana e, alternativamente:

-     per un periodo di 3 anni non destinano più del 90% della propria produzione ad un solo fornitore di servizi media audiovisivi;

-     sono titolari di diritti secondari.

 

Obblighi di programmazione delle opere europee da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi lineari

 

In particolare, con riferimento all’art. 44-bis del d.lgs. 177/2005, si proroga (dal 1° gennaio 2019) al 1° luglio 2019 il termine a decorrere dal quale si prevede, per i fornitori sopra indicati, l’innalzamento al 53% del tempo di diffusione da riservare alle opere europee, con l’esclusione del tempo destinato a notiziari, manifestazioni sportive, giochi televisivi, pubblicità, servizi di teletext e televendite.

Tale quota è innalzata – in base al d.lgs. 204/2017 – al 56% per il 2020 e al 60% dal 2021.

Pertanto, anche per i primi sei mesi del 2019 resta fermo che i medesimi fornitori devono riservare alle opere europee almeno il 50% del proprio tempo di diffusione giornaliero, sempre con le esclusioni indicate.

Si proroga, inoltre, alla medesima data del 1° luglio 2019 la decorrenza dell’obbligo di riservare alle opere di espressione originale italiana, ovunque prodotte, una sotto quota minima (della quota prevista per la programmazione delle opere europee), pari ad almeno la metà per la concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale e ad almeno un terzo per gli altri fornitori di servizi di media audiovisivi lineari.

In base all’art. 44-sexies del d.lgs. 177/2005, la definizione delle opere audiovisive, ovunque prodotte, di espressione originale italiana e la misura effettiva della sotto quota sono stabilite con regolamento dei Ministri dello sviluppo economico e per i beni e le attività culturali, sentita l’AGCOM e le competenti Commissioni parlamentari.

 

Pertanto, anche per i primi sei mesi del 2019 rimane ferma la previsione secondo cui almeno il 10% – o il 20%, nel caso della concessionaria del servizio pubblico – del tempo di trasmissione (meglio puntualizzato, poi, con il D.I. 22 febbraio 2013) è riservato alle opere europee degli ultimi 5 anni, incluse le opere cinematografiche di espressione originale italiana, ovunque prodotte.

 

Obblighi di investimento in opere europee da parte dei fornitori di servizi di media audiovisivi lineari

 

Con riferimento all’art. 44-ter del d.lgs. 177/2005, si proroga (dal 1° gennaio 2019) al 1° luglio 2019 il termine a decorrere dal quale si prevede, per i fornitori sopra indicati, l’avvio dell’innalzamento delle quote, diversificate fra la concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale e gli altri fornitori.

 

In particolare, per i fornitori diversi dalla concessionaria, l’innalzamento della quota al 12,5%, da destinare per almeno cinque sesti a opere europee prodotte da produttori indipendenti, decorre dal 1° luglio 2019.

Tale quota – in base al d.lgs. 204/2017 – dal 2020 è innalzata al 15% , sempre da destinare per almeno cinque sesti a opere prodotte da produttori indipendenti.

Pertanto, anche per i primi sei mesi del 2019, la quota di investimento resta ferma al 10% ed è destinata esclusivamente a opere europee prodotte da produttori indipendenti.

In particolare, per tali fornitori, le quote da riservare al pre-acquisto o all’acquisto o alla produzione di opere europee sono riferite ai propri introiti netti annui, ossia quelli che il soggetto obbligato ricava da pubblicità, televendite, sponsorizzazioni, contratti e convenzioni con soggetti pubblici e privati, provvidenze pubbliche e offerte televisive a pagamento di programmi di carattere non sportivo di cui esso ha la responsabilità editoriale, secondo le ulteriori specifiche contenute in un regolamento AGCOM.

Dalla medesima data del 1° luglio 2019 decorre il termine a partire dal quale la sotto quota minima (della quota prevista per l’investimento in opere europee) da riservare alle opere cinematografiche di espressione originale italiana ovunque prodotte da produttori indipendenti è elevata al 3,5%.

Tale quota – in base al d.lgs. 204/2017 – è innalzata al 4% per il 2020 e al 4,5% dal 2021.

Pertanto, anche per i primi sei mesi del 2019, la sotto quota minima resta ferma al 3,2%.

Anche in tal caso, in base all’art. 44-sexies del d.lgs. 177/2005, la misura effettiva di tale sotto quota è definita con regolamento interministeriale.

 

Per la concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, l’innalzamento della quota al 18,5%, da destinare per almeno cinque sesti a opere europee prodotte da produttori indipendenti, decorre dal 1° luglio 2019.

Tale quota – in base al d.lgs. 204/2017 – dal 2020 è innalzata al 20%, da destinare per almeno cinque sesti a opere prodotte da produttori indipendenti.

Pertanto, anche per i primi sei mesi del 2019, la quota di investimento resta ferma al 15% ed è destinata esclusivamente a opere europee prodotte da produttori indipendenti.

In particolare, per la concessionaria, le quote da riservare al pre-acquisto o all’acquisto o alla produzione di opere europee sono riferite ai ricavi derivanti dal canone di abbonamento all’offerta radiotelevisiva e dalla pubblicità, al netto degli introiti derivanti da convenzioni con la pubblica amministrazione e dalla vendita di beni e servizi, secondo le ulteriori specifiche contenute in un regolamento AGCOM.

Dalla medesima data del 1° luglio 2019 decorre il termine a partire dal quale la sotto quota minima (della quota prevista per l’investimento in opere europee prodotte da produttori indipendenti) da riservare alle opere cinematografiche di espressione originale italiana ovunque prodotte è elevata al 4%.

Tale quota – in base al d.lgs. 204/2017 – è innalzata al 4,5% per il 2020 e al 5% a decorrere dal 2021.

 

Pertanto, anche per i primi sei mesi del 2019, la sotto quota minima resta ferma al 3,6%.

Anche in tal caso, in base all’art. 44-sexies del d.lgs. 177/2005, la misura effettiva di tale sotto quota è definita con regolamento interministeriale.

 

Obblighi dei fornitori dei servizi di media audiovisivi a richiesta

 

Con riferimento all’art. 44-quater del d.lgs. 177/2005, si proroga (dal 1° gennaio 2019) al 1° luglio 2019 il termine a decorrere dal quale si applicano ai fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta soggetti alla giurisdizione italiana gli obblighi di:

- programmazione di opere europee realizzate negli ultimi 5 anni, in misura non inferiore al 30% del proprio catalogo, secondo quanto previsto con regolamento dell’AGCOM;

- investimento in opere europee prodotte da produttori indipendenti, con particolare riferimento alle opere diffuse entro 5 anni dalla produzione, in misura non inferiore al 20% dei propri introiti netti annui in Italia, secondo quanto previsto con regolamento dell’AGCOM.

Il regolamento dell’AGCOM è adottato nel rispetto, fra l’altro, delle disposizioni relative ai fornitori di servizi di media audiovisivi lineari, in quanto compatibili.

 

Al riguardo si ricorda che l’art. 44, co. 4 e 7, del d.lgs. 177/2005 – nel testo precedente le modifiche apportate con il d.lgs. 204/2017 – prevedeva che i fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta soggetti alla giurisdizione italiana dovevano promuovere, gradualmente e tenuto conto delle condizioni di mercato, la produzione di opere europee e l'accesso alle stesse, secondo le modalità definite dall'AGCOM con proprio regolamento. Prevedeva, altresì, che la promozione poteva riguardare, fra l’altro, il contributo finanziario che tali servizi apportavano alla produzione di opere europee e all’acquisizione di diritti sulle stesse, o la percentuale o il rilievo delle stesse opere nei cataloghi dei programmi offerti.

La relativa disciplina di dettaglio è stata definita dall’AGCOM con il regolamento adottato con delibera 188/11/CONS, che ha previsto, alternativamente, una riserva di produzione del 20% di opere europee nel catalogo del fornitore dei servizi a richiesta, oppure un contributo finanziario annuale alla produzione o all'acquisizione di diritti sulle opere europee per i propri cataloghi pari ad almeno il 5% dei ricavi.

A seguito del d.lgs. 204/2017 – che ha disciplinato l’argomento inserendo nel d.lgs. 177/2005 l’art. 44-quater – tali disposizioni non sono più presenti nell’art. 44 dello stesso d.lgs. 177/2005.


 

Articolo 1, comma 1143, lettera a)
(Tecnici inquinamento acustico)

 

 

Il comma 1143, lettera a), introdotto al Senato, proroga da 12 a 30 mesi il termine entro cui presentare l’istanza alla Regione di competenza, per l’inserimento nell'elenco dei tecnici competenti in acustica previsto all’articolo 21, comma 5, del D.Lgs. 42/2017. 

 

Il comma 1143, lettera a), proroga il termine previsto all’articolo 21, comma 5 del D.Lgs. 42/2017 (Disposizioni in materia di armonizzazione della normativa nazionale in materia di inquinamento acustico), che disciplina l'elenco nominativo dei soggetti abilitati a svolgere la professione di tecnico competente in acustica, istituito presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Il comma 5 dell’art. 21 prevede, per coloro i quali abbiano ottenuto il riconoscimento regionale della qualificazione di tecnico competente in acustica ai sensi della normativa attualmente vigente (D.P.C.M. 31 marzo 1998), entro il termine di 12 mesi dall'entrata in vigore del medesimo D.Lgs. 42/2017 (termine ora prorogato di trenta mesi) di presentare alla Regione istanza di inserimento nell'elenco dei tecnici competenti in acustica, secondo quanto previsto nell'allegato 1, punto 1, del medesimo D.Lgs. 42/2017.

La presentazione della domanda deve avvenire nei modi e nelle forme previste dal D.P.R. 445/2000. La disposizione precisa che sono le regioni a dover provvedere all'inserimento dei richiedenti nel citato elenco.

 

 

 

 

 

 


ARTICOLI 2-15
(Approvazione degli stati di previsione)

 

 

Gli articoli da 2 a 15 dispongono l’approvazione dello stato di previsione dell’entrata e dei singoli stati di previsione della spesa, recando per ciascuno di essi anche altre disposizioni aventi carattere gestionale, per la gran parte riprodotte annualmente.

 

Per le tavole riepilogative che illustrano le entrate finali del bilancio dello Stato e le spese finali relative a ciascun ministero per il 2019, come risultanti a seguito dell’esame al Senato (A.C. 1334-B), si rinvia alla scheda di lettura relativa agli articoli 16 e 17.

 

Per le modifiche di Sezione II, approvate durante l’esame al Senato, al fine di conseguire il livello dei saldi di finanza pubblica concordato nell’ambito del negoziato con le istituzioni europee nonché per recepire gli effetti finanziari delle modifiche apportate in sede di conversione del decreto-legge n. 113/2018 (cd. D.L. “sicurezza”), si rinvia all’apposita sezione del presente Dossier “Le modifiche alla sezione II”.

 

 


 

ARTICOLI 16 E 17
(Quadri generali riassuntivi)

 

 

Gli articoli 16 e 17 dispongono l’approvazione del totale generale della spesa e dei quadri generale riassuntivi per il triennio 2019-2021.

 

L’articolo 16 approva i totali generali della spesa dello Stato per il triennio 2019-2021, comprensivi del rimborso delle passività finanziarie, in termini di competenza e di cassa, come indicati nella tabella che segue, riepilogativa dei vari passaggi parlamentari del disegno di legge di bilancio. Nella riga (A) si riportano i totali generali della spesa nel ddl originario del Governo (A.C. 1334), nella riga (B) di quello approvato dalla Camera (A.S. 981) e nella riga (C) di quello approvato dal Senato (A.C. 1334-B).

Tabella 1 – Totali generali della spesa

 (valori in milioni di euro)                     

 

Competenza

 

2019

2020

2021

 (A) Spese complessive

          A.C. 1334

877.347

878.866

891.882

(B) Spese complessive

         A.S. 981

877.584

878.795

891.929

differenza (B)-(A)

237

-71

47

(C) Spese complessive

        A.C. 1334-B

869.499

876.921

889.908

differenza (C)-(B)

-8.085

-1.874

-2.021

 

Va infatti considerato che, rispetto al provvedimento di manovra come presentato dal Governo (A.C. 1334), nel corso dell’esame parlamentare stati approvati numerosi emendamenti, i cui effetti sono stati recepiti nel disegno di legge di bilancio con le due Note di variazioni.

Gli emendamenti approvati alla Camera, i cui effetti sono stati recepiti nel disegno di legge di bilancio con la I Nota di variazioni (A.C. 1334/I), hanno determinato una variazione delle previsioni integrate delle entrate e delle spese del bilancio dello Stato rispetto al disegno di legge iniziale di modesta entità, che non hanno modificato l’impatto complessivo del provvedimento.

 

In particolare, gli emendamenti approvati hanno determinato un incremento delle entrate di 239 milioni nel 2019 e di 54 milioni nel 2021, con una riduzione di 69 milioni per il 2020, per la gran parte derivante dall’effetto delle nuove disposizioni introdotte in materia di imposta sulle emissioni di diossido di carbonio delle nuove autovetture. L’esame alla Camera ha inoltre determinato un incremento anche delle spese per 237 milioni nel 2019 e di 48 milioni nel 2021, con una riduzione di 70 milioni nel 2020.

Per quanto riguarda i saldi, dalla Nota di variazioni risulta che il disegno di legge di bilancio, come modificato dagli emendamenti approvati dalla Camera, sia alla prima che alla seconda sezione, determina, in termini di competenza un miglioramento del risparmio pubblico, pari a circa 348 milioni per l’anno 2019. Per quanto riguarda il saldo netto da finanziare, dalla Nota di variazioni risulta che il disegno di legge di bilancio, come modificato dagli emendamenti approvati determina, per l’anno 2019 un miglioramento pari a circa 2 milioni di euro.

 

Successivamente, durante l’esame al Senato sono state approvate numerose modifiche, i cui effetti sono stati recepiti con la II Nota di variazioni (A.S. 981/II), che hanno apportato consistenti variazioni nell’entità delle entrate e delle spese finali, e di conseguenza sul saldo netto da finanziare, dovute in particolare al recepimento degli accordi intervenuti tra il Governo e la Commissione europea.

Più nel dettaglio, le modifiche apportate dal Senato all’articolato della Sezione I hanno comportato un miglioramento del saldo netto da finanziare di circa 6,8 miliardi di euro nel 2019 (0,4 miliardi di maggiori entrate e 6,3 miliardi di minori spese), di 12,1 miliardi nel 2020 (10 miliardi di maggiori entrate e circa 2 miliardi di minori spese) e di 15,9 miliardi nel 2021 (13,7 miliardi di maggiori entrate e 2,2 miliardi di minori spese).

Un ulteriore apporto al miglioramento del saldo netto da finanziare per il 2019 è derivato da definanziamenti e riprogrammazioni delle risorse della Sezione II (in particolare delle risorse iscritte nello stato di previsione del MEF), che comportano una riduzione del saldo netto da finanziare di 1.754 milioni di euro sul 2019, derivante sostanzialmente da una riduzione delle spese in conto capitale.

 

Nel complesso, per quanto riguarda il saldo netto da finanziare, dalla Nota di variazioni risulta che il disegno di legge di bilancio, come modificato dagli emendamenti approvati dal Senato, sia alla prima che alla seconda sezione, determina, in termini di competenza, per l’anno 2019 un miglioramento pari a 8.525 milioni di euro, determinato per 439 milioni da maggiori entrate e per 8.085 milioni da minori spese, di cui -5.249 milioni di spese correnti e -2.836 milioni in conto capitale.

Per l’anno 2020, la Nota evidenzia un miglioramento del saldo netto da finanziare per circa 12 miliardi di euro che sale a circa 15,7 milioni di euro per l’anno 2021 (quale conseguenza della contabilizzazione in bilancio delle maggiori entrate nel 2020 e 2021 determinate dal comma 2 del provvedimento, relativo alle disposizioni in materia di IVA). 

 

Rispetto al livello massimo del saldo netto da finanziare, indicato al comma 1, il saldo effettivo, indicato dal medesimo comma 1 come quello valido ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica (cfr. la relativa scheda di lettura), è riportato nel quadro generale riassuntivo di cui all’articolo 17.

L’articolo 17, infatti, approva il quadro generale riassuntivo del bilancio dello Stato, come risultante a seguito delle modifiche approvate al Senato, e le relative tabelle ad esso allegate, che espongono i dati del bilancio integrato (entrate e spese), in termini di competenza e di cassa.

Si segnala che nel quadro generale riassuntivo i dati sono esposti evidenziando i valori risultanti dalla Sezione I e dalla Sezione II.

 

La tabella seguente descrive gli effetti della manovra nel triennio 2019-2021, sulle entrate e le spese finali del bilancio dello Stato, evidenziando l’evoluzione nei diversi passaggi parlamentari, con riferimento al saldo netto da finanziare in soli termini di competenza.

Tabella 2 – Effetti sul saldo netto da finanziare del Bilancio dello Stato nel triennio 2019-2021

(dati di competenza, valori in milioni di euro)

 

 

BLV

manovra

ddl iniziale

bilancio integrato

AC 1334

Modifiche Camera

bilancio integrato

AS 981

Modifiche Senato

bilancio integrato

AC 1334B

Entrate finali

2019

586.151

-8.191

577.960

239

578.199

439

578.638

2020

601.666

-6.752

594.914

-69

594.845

10.067

604.912

2021

607.443

-3.992

603.451

0

603.451

13.749

617.200

Spese finali

2019

626.036

+19.803

645.839

237

646.076

-8.085

637.991

2020

630.444

+19.512

649.956

-70

649.886

-1.875

648.011

2021

621.026

+26.020

647.046

48

647.094

-2.022

645.072

Saldo netto da fin.

2019

-39.885

-27.994

-67.879

2

-67.877

8.525

-59.352

2020

-28.779

-26.264

-55.043

1

-55.042

11.943

-43.099

2021

-13.583

-30.012

-43.595

6

-43.589

15.717

-27.872

Fonte: rielaborazione dati ddl di bilancio 2019-2021 (A.C. 1334 – Tomo I, pag. 6 e pag. 24), I nota di variazione (AC.1334/I) e II nota di variazione (A.S. 981/II).

La tavola che segue illustra le spese finali del bilancio dello Stato per il 2019, come risultanti a seguito dell’esame al Senato (A.C. 1334-B), ripartite per categorie, secondo la classificazione economica, evidenziando gli effetti della manovra rispetto al dato a legislazione vigente.

 

Tabella 3 - Spese finali per categorie economiche

 (dati di competenza, valori in milioni di euro)

 

BLV

manovra

ddl iniziale

bilancio integrato

AC 1334

Modifiche Camera

bilancio integrato

AS 981

Modifiche Senato

bilancio integrato

AC 1334B

Redditi da lavoro dipendente

92.428

982

93.410

30

93.440

40

93.480

Consumi intermedi

12.835

-29

12.806

36

12.842

30

12.872

Imposte pagate sulla produzione

4.977

3

4.980

2

4.982

3

4.985

Trasferimenti correnti ad AP

262.521

-385

262.136

27

262.163

-401

261.762

Trasferimenti correnti a famiglie e ISP

17.898

-2.624

15.274

-36

15.238

66

15.304

Trasferimenti correnti a imprese

10.010

146

10.156

33

10.189

-146

10.043

Trasferimenti all'estero

1.596

-35

1.561

6

1.567

0

1.567

Risorse proprie CEE

18.350

-15

18.335

0

18.335

0

18.335

Interessi passivi e redditi da capitale

78.890

7

78.897

1

78.898

0

78.898

Poste correttive e compensative

71.504

26

71.530

0

71.530

3

71.533

Ammortamenti

1.105

0

1.105

0

1.105

0

1.105

Altre uscite correnti

6.916

16.537

23.453

-207

23.246

-4.843

18.403

Totale Spese Correnti

579.031

14.614

593.645

-109

593.536

-5.249

588.287

Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

5.278

-51

5.227

27

5.254

21

5.275

Contributi investimenti ad AP

18.407

1.651

20.058

194

20.252

-161

20.091

Contributi agli investimenti ad imprese

12.117

-1.798

10.319

288

10.607

-1.042

9.565

Contributi investimenti a famiglie e ISP

250

5

255

0

255

6

261

Contributi agli investimenti a estero

465

0

465

0

465

0

465

Altri trasferimenti in conto capitale

8.367

4.251

12.618

-162

12.456

-1.661

10.795

Acquisizioni di attività finanziarie

2.121

1.130

3.251

0

3.251

0

3.251

Totale spese Conto Capitale

47.005

5.189

52.194

346

52.540

-2.836

49.704

Totale Spese Finali

626.036

19.803

645.839

237

646.076

-8.085

637.991

Fonte: dati ddl di bilancio 2019-2021 (A.C. 1334 – – Tomo I, pag. 18 e Tomo II pag. 298, 302, 306); I Nota di variazioni (A.C. 1334/1) e II Nota di variazione (A.S. 981/II).


 

La tavola che segue illustra le entrate finali del bilancio dello Stato per il 2019, come risultanti a seguito dell’esame al Senato (A.C. 1334-B), ripartite per categorie, secondo la classificazione economica, evidenziando gli effetti della manovra rispetto al dato a legislazione vigente.

Tabella 4 - Entrate finali per categorie

 (dati di competenza, valori in milioni di euro)

 

BLV

manovra

ddl iniziale

bilancio integrato

AC 1334

Modifiche Camera

bilancio integrato

AS 981

Modifiche Senato

bilancio integrato

AC 1334B

I - Imposte sul patrimonio e sul reddito

265.701

4.714

270.415

-119

270.296

227

270.523

II - Tasse e imposte sugli affari

192.242

-11.307

180.935

297

181.232

-215

181.017

III - Imposte sulla produzione, consumi e dogane

35.600

-141

35.459

-10

35.449

0

35.449

IV - Monopoli

10.938

133

11.071

0

11.071

2

11.073

V - Lotto, lotterie ed altre attività di giuoco

14.508

239

14.747

0

14.747

404

15.151

Totale entrate tributarie

518.989

-6.362

512.627

168

512.795

417

513.212

VI - Proventi speciali

891

0

891

0

891

0

891

VII - Proventi dei servizi pubblici minori

23.209

640

23.849

71

23.920

31

23.951

VIII – Proventi dei beni dello Stato

263

0

263

0

263

-5

258

IX - Prodotti netti di aziende autonome e utili di gestione

1.315

0

1.315

0

1.315

0

1.315

X - Interessi su anticipazioni e crediti vari del tesoro

4.990

0

4.990

0

4.990

-10

4.980

XI - Recuperi, rimborsi e contributi

31.193

-2.468

28.725

0

28.725

-5

28.720

XII - Partite che si compensano nella spesa

3.041

0

3.041

0

3.041

0

3.041

Totale entrate extratributarie

64.902

-1.828

63.074

71

63.145

22

63.167

Totale alienazione ed ammortamento beni, ecc.

2.259

0

2.259

0

2.259

0

2.259

ENTRATE FINALI

586.151

-8.191

577.960

239

578.199

439

578.638

Fonte: ddl di bilancio 2019-2021 (A.C. 1334 – Tomo I, pag. 14 e Tomo II pag. 307-309); I nota di variazione (AC. 1334/I) e II Nota di variazione (A.S. 981/II).

Nella tabella seguente è illustrato l’impatto complessivo della manovra, come risultante a seguito dell’esame al Senato (A.C. 1334-B), sugli stati di previsione dei Ministeri.

Tabella 5 –Spese finali dei Ministeri

 (dati di competenza, valori in milioni di euro)

 

BLV

manovra

ddl iniziale

bilancio integrato

AC 1334

Modifiche Camera

bilancio integrato

AS 981

Modifiche Senato

bilancio integrato

AC 1334B

Economia e finanze

360.625

5.943

366.568

429

366.997

-3.741

363.256

Spese correnti

331.106

-8.886

322.220

10.610

332.830

-298

332.532

Spese in c/capitale

29.519

4.830

34.349

-181

34.168

-3.444

30.724

Sviluppo economico

4.211

236

4.447

308

4.755

-140

4.615

Spese correnti

695

-2

693

67

760

36

796

Spese in c/capitale

3.516

179

3.695

300

3.995

-177

3.818

Lavoro

125.607

13.886

139.493

81

139.574

-5.070

134.504

Spese correnti

125.549

13.888

139.437

81

139.518

-13.761

125.757

Spese in c/capitale

58

-2

56

0

56

0

56

Giustizia

8.605

-40

8.565

2

8.567

15

8.582

Spese correnti

8.181

-30

8.151

2

8.153

-19

8.134

Spese in c/capitale

424

-10

414

0

414

15

429

Affari esteri

2.771

-38

2.733

19

2.752

7

2.759

Spese correnti

2.740

-38

2.702

20

2.722

1

2.723

Spese in c/capitale

31

0

31

0

31

5

36

Istruzione

59.271

73

59.344

152

59.496

9

59.505

Spese correnti

55.932

45

55.977

126

56.103

9

56.112

Spese in c/capitale

3.339

0

3.339

54

3.393

0

3.393

Interno

24.532

-259

24.273

57

24.330

656

24.986

Spese correnti

23.352

-441

22.911

57

22.968

44

23.012

Spese in c/capitale

1.180

182

1.362

0

1.362

612

1.974

Ambiente

837

-56

781

50

831

3

834

Spese correnti

357

-3

354

-6

348

8

356

Spese in c/capitale

480

-47

433

0

433

45

478

Infrastrutture  e trasporti

13.892

-1.881

12.011

53

12.064

149

12.213

Spese correnti

7.017

35

7.052

1

7.053

9

7.062

Spese in c/capitale

6.875

-1.916

4.959

52

5.011

140

5.151

Difesa

21.680

-254

21.426

1

21.427

5

21.432

Spese correnti

19.401

0

19.401

0

19.401

0

19.401

Spese in c/capitale

2.279

-254

2.025

1

2.026

5

2.031

Politiche agricole

911

16

927

24

951

2

953

Spese correnti

654

-4

650

18

668

1

669

Spese in c/capitale

257

20

277

6

283

1

284

Beni culturali

2.733

-27

2.706

2

2.708

17

2.725

Spese correnti

1.644

-27

1.617

-12

1.605

13

1.618

Spese in c/capitale

1.089

0

1.089

14

1.103

4

1.107

Salute

2.540

-27

2.513

-889

1.624

2

1.626

Spese correnti

2.457

-65

2.392

-990

1.402

1

1.403

Spese in c/capitale

83

38

121

101

222

2

224

SPESE FINALI

628.215

17.624

645.839

237

646.076

-8.085

637.991

Spese correnti

579.085

14.560

593.645

-109

593.536

-5.249

588.287

Spese in c/capitale

49.130

3.064

52.194

346

52.540

-2.836

49.704

Fonte: quadri generali riassuntivi Tomo II (A.C. 1334); I Nota di variazioni (A.C. 1334/1) e II Nota di variazioni (A.S. 981/II).

 

La tabella che segue mostra l’ammontare complessivo delle risorse finanziarie delle missioni del bilancio per il 2019, sia a legislazione vigente (BLV) che a bilancio integrato, come risultante a seguito dell’esame al Senato (A.C. 1334-B).

Tabella 6 –Spese finali per Missioni

 (dati di competenza, valori in milioni di euro)

Missione

BLV

manovra

ddl iniziale

bilancio integrato

AC 1334

Modifiche Camera

bilancio integrato

AS 981

Modifiche Senato

bilancio integrato

AC 1334B

1. Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio dei ministri

2.239

40

2.279

2

2.281

5

2.286

2. Amministrazione generale e supporto alla rappresentanza generale di Governo e dello Stato sul territorio

606

0

606

0

606

4

610

3. Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali

119.032

-560

118.472

825

119.297

696

119.993

4. L'Italia in Europa e nel mondo

25.099

1.023

26.122

13

26.135

-848

25.287

5. Difesa e sicurezza del territorio

20.843

-85

20.758

0

20.758

6

20.764

6. Giustizia

8.774

-24

8.750

1

8.751

16

8.767

7. Ordine pubblico e sicurezza

11.173

14

11.187

31

11.218

5

11.223

8. Soccorso civile

5.877

905

6.782

17

6.799

821

7.620

9. Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca

796

22

818

23

841

3

844

10. Energia e diversificazione delle fonti energetiche

210

-16

194

0

194

26

220

11. Competitività e sviluppo delle imprese

25.020

157

25.177

283

25.460

-703

24.757

12. Regolazione dei mercati

43

0

43

0

43

2

45

13. Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto

13.470

-1.577

11.893

3

11.896

-524

11.372

14. Infrastrutture pubbliche e logistica

3.479

0

3.479

50

3.529

72

3.601

15. Comunicazioni

711

-2

709

5

714

27

741

16. Commercio internazionale ed internazionalizzazione del sistema produttivo

174

90

264

0

264

0

264

17. Ricerca e innovazione

3.352

10

3.362

54

3.416

-100

3.316

18. Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente

1.192

-4

1.188

0

1.188

3

1.191

19. Casa e assetto urbanistico

366

-3

363

0

363

-50

313

20. Tutela della salute

2.136

50

2.186

-900

1.286

4

1.290

21. Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali e paesaggistici

2.653

-26

2.627

2

2.629

17

2.646

22. Istruzione scolastica

48.242

75

48.317

50

48.367

9

48.376

23. Istruzione univer-sitaria e formazione post-universitaria

8.313

-2

8.311

58

8.369

0

8.369

24. Diritti sociali, politiche sociali e famiglia

34.981

7.115

42.096

78

42.174

-1.886

40.288

25. Politiche previdenziali

92.693

6.877

99.570

4

99.574

-3.172

96.402

26. Politiche per il lavoro

10.500

-8

10.492

1

10.493

0

10.493

27. Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti

3.763

-401

3.362

10

3.372

8

3.380

28. Sviluppo e riequilibrio territoriale

5.610

800

6.410

0

6.410

-35

6.375

29. Politiche economico-finanziarie e di bilancio e tutela della finanza pubblica

89.846

530

90.376

4

90.380

34

90.414

30. Giovani e sport

710

25

735

3

738

48

786

31. Turismo

43

2

45

-1

44

0

44

32. Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche

3.394

-179

3.215

18

3.233

1

3.234

33. Fondi da ripartire

9.167

4.944

14.111

-403

13.708

-2.570

11.138

34. Debito pubblico

303.035

14

303.049

1

303.050

0

303.050

Totale

857.544

19.803

877.347

237

877.584

-8.085

869.499

Fonte: ddl di bilancio 2019-2021 (A.C. 1334 – Tomo I, pag. 16); I  Nota di variazioni (A.C. 1334/1) e II Nota di variazioni (A.S. 981/II).

 

 


 

ARTICOLO 18, commi 22, 28 e 35
(
Variazioni compensative di bilancio)

 

 

I commi 28 e 35, introdotti al Senato, autorizzano il Ministero dell’economia e delle finanze ad apportare variazioni compensative di bilancio.

 

Il comma 28 prevede che con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze possano essere disposte variazioni compensative di bilancio (in termini di residui, di competenza e di cassa) delle risorse assegnate con il DPCM di ripartizione del Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, nell'ambito degli stanziamenti annuali assegnati ai corpi di polizia. I decreti devono essere comunicati al Parlamento e alla Corte dei Conti.

I decreti del MEF devono essere adottati su proposta del Ministro competente, da trasmettere entro il 31 gennaio 2019, e devono essere comunicati anche al Parlamento e alla Corte dei conti.

 

Nella relazione tecnica (relativa all’emendamento approvato al Senato) si chiarisce che la disposizione, considerato che il riparto del Fondo per gli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese è intervenuto solo a fine 2018 e che l'effettiva assegnazione agli stati di previsione delle amministrazioni competenti avrà luogo non prima dell'esercizio 2019 (tenuto conto anche dei tempi tecnici necessari per il perfezionamento delle relative variazioni di bilancio), è volta a consentire ai Ministeri competenti di adeguare l'assegnazione delle risorse, ad invarianza dei saldi e nei limiti delle risorse complessivamente loro assegnate, alle effettive necessità (che non potevano essere note al momento della definizione dello schema di D.P.C.M. nel corso dell'esercizio 2019).

 

Si ricorda che il Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, istituito dall’articolo 1, comma 140, della legge n. 232/2016 (con una dotazione di oltre 47 miliardi di euro in un orizzonte temporale venticinquennale dal 2017 al 2032) e rifinanziato dall’articolo 1, comma 1072, della legge n. 205/2017 (per complessivi 36,115 miliardi di euro per gli anni dal 2018 al 2033). Tale ultimo Fondo finanzia interventi in specifici settori di spesa e viene ripartito con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, sui quali è richiesto il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia.

Per approfondimenti si rinvia al Tema curato dal Servizio Studi della Camera sul Fondo per il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese (ove sono riportate informazioni relative anche all’ultimo DPCM di riparto del Fondo, trasmesso al Parlamento il 17 ottobre 2018).

Il comma 35 prevede che con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze possano essere disposte variazioni compensative di bilancio, in termini di competenza e di cassa, tra le risorse destinate alla partecipazione italiana a banche ed organismi internazionali e quelle connesse con l’intervento diretto di società partecipate dal Ministero dell’economia e delle finanze all’interno del sistema economico, anche attraverso la loro capitalizzazione.

 

Nella relazione illustrativa (allegata all’emendamento governativo approvato al Senato) si chiarisce che l’autorizzazione al MEF a disporre variazioni compensative di bilancio è accordata, in relazione alle società partecipate dal Ministero dell’economia e delle finanze, “nella prospettiva di contenerne le fluttuazioni inattese anche attraverso l’introduzione di misure di stabilizzazione del mercato finanziario, anche in relazione alla possibilità di assicurare un grado di capitalizzazione delle predette società adeguato alla complessità dei compiti assegnati”.

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato anche modificato il comma 22, che autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze a ripartire tra le amministrazioni interessate, per l’anno 2019, le risorse relative ai compensi per lavoro straordinario dei dipendenti statali (risorse iscritte nel Fondo istituito dall’articolo 3 della legge n.385/1978, la cui dotazione annuale è determinata con la legge di bilancio), sulla base delle assegnazioni disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM).

La modifica introdotta al Senato è volta ad autorizzare l’erogazione dei compensi, nei limiti stabiliti per il 2018, nelle more del perfezionamento del DPCM di assegnazione delle risorse, ossia prima della registrazione del citato DPCM da parte dei competenti organi di controllo.

 


 

ARTICOLO 19
(Entrata in vigore)

 

La legge di bilancio entra in vigore il 1° gennaio 2019, ove non diversamente previsto.

 

Una diversa entrata in vigore, fissata al giorno stesso della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale), è stabilita, in particolare, dalle seguenti disposizioni:

§  comma 468 (incremento del Fondo per la realizzazione degli interventi ambientali nella terra dei fuochi per il 2019);

§  comma 592 (versamento di somme della Camera dei deputati al Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate);

§  comma 593 (proroga del personale della gestione straordinaria per gli interventi del sisma 2016);

§  comma 602 (sospensione delle rate dei mutui della Cassa depositi e prestiti per gli enti locali colpiti dagli eventi sismici del 2012).

 

 


 

LE MODIFICHE ALLA SEZIONE II

 

 

Nel corso dell’esame al Senato sono state apportate alcune variazioni dirette allo stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze, al fine di conseguire il livello dei saldi di finanza pubblica concordato nell’ambito del negoziato con le istituzioni europee. L’effetto congiunto di tali variazioni comporta una riduzione del saldo netto da finanziare di 1.754 milioni di euro sul 2019, e un successivo aumento di 150 milioni per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024 di 100 milioni di euro per l'anno 2025.

Inoltre, è stato approvato un emendamento compensativo volto a trasferire nella seconda sezione della legge di bilancio i riflessi finanziari delle modifiche apportate in sede di conversione del decreto-legge n. 113/2018 (cd. D.L. “sicurezza”), i cui effetti originari sono già stati considerati nel disegno di legge di bilancio per l’anno finanziario 2019 e per il triennio 2019-2021.

 

Nel corso dell’esame al Senato sono state apportate le seguenti modifiche allo stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze, tutte relative a spesa in conto capitale:

§  una rimodulazione delle risorse iscritte nel Programma "Partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE" (Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie) in termini di competenza e cassa, con una riprogrammazione delle risorse che porta ad una riduzione di 850 milioni di euro per l'anno 2019 e un successivo incremento di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024 e di 100 milioni di euro per l'anno 2025;

§  un definanziamento di 204 milioni di euro per l'anno 2019 delle risorse iscritte nella missione "Competitività e sviluppo delle imprese", Programma "Interventi di sostegno tramite il sistema della fiscalità", in termini di competenza e cassa, per il credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali nuovi.

La relazione tecnica (annessa all’emendamento governativo presentato al Senato) precisa che lo stanziamento di 204 milioni di euro per l'anno 2019, relativo al credito d'imposta per beni strumentali nuovi (articolo 18, commi da 1 a 9, del D.L. n. 91/2014) viene integralmente ridotto in quanto dal confronto dei dati delle dichiarazioni dei redditi, dove è indicato l'ammontare del credito spettante, e dei dati relativi all'effettiva fruizione (F24) emerge che il credito è già stato fruito integralmente.

Si ricorda che tale credito d’imposta è stato attribuito, fino al 30 giugno 2015, ai soggetti titolari di reddito d'impresa che abbiano effettuato investimenti in beni strumentali nuovi (compresi nella divisione 28 della tabella ATECO), nella misura del 15 per cento delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media degli investimenti in detti beni strumentali realizzati nei cinque periodi di imposta precedenti. Gli investimenti effettuati dovevano essere destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato. La fruizione del beneficio è stata subordinata alla regolarità degli adempimenti in materia di rischio di incidenti sul lavoro per le attività industriali; il beneficio veniva altresì revocato nel caso di cessione a terzi o destinazione dei beni oggetto degli investimenti a finalità estranee all'esercizio di impresa prima del secondo periodo di imposta successivo all'acquisto.

 

§  un definanziamento di 600 milioni di euro per l'anno 2019 delle risorse iscritte nella missione 13 "Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto", Programma 13.8 "Sostegno allo sviluppo del trasporto", in termini di competenza e cassa;

Il programma 13.8 del MEF concerne, per la quasi totalità della spesa, l'erogazione di somme a favore di Ferrovie dello Stato S.p.A. per il finanziamento del contratto di programma, parte investimenti e parte servizi, per il trasporto ferroviario. Le risorse previste per il 2019 dal disegno di legge di bilancio risultavano pari a circa 3.765,82 mln € per il 2019.

 

§  un definanziamento di 100 milioni di euro per l'anno 2019 delle risorse destinate al Fondo per il capitale immateriale, in termini di competenza e cassa;

Al riguardo si ricorda che con l'articolo 1, commi 1091-1093, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di bilancio 2018) è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un Fondo per interventi volti a favorire lo sviluppo del capitale immateriale, della competitività e della produttività, con una dotazione di 5 milioni di euro per l'anno 2018, di 125 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, di 250 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2024, di 210 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2025 al 2030 e di 200 milioni di euro a decorrere dall'anno 2031. Ad una delibera del Consiglio dei ministri è demandata la definizione annuale degli obiettivi di politica economica ed industriale, connessi anche al programma Industria 4.0, da perseguire con il Fondo, volto a finanziare progetti di ricerca e innovazione da realizzare in Italia, nonché il supporto operativo alla realizzazione dei progetti stessi (comma 1091). L’individuazione dell’organismo competente alla gestione delle risorse, dell’assetto organizzativo per l’uso delle stesse risorse, nonché dell’amministrazione vigilante è rimessa ad un regolamento del Governo (comma 1092). Tale regolamento non risulta ancora emanato.

 

§  una riprogrammazione delle erogazioni di cassa relative al fondo per lo sviluppo e la coesione del paese per 800 milioni di euro per l'anno 2019;

 

La tabella che segue riassume l’effetto di tali interventi sullo stato di previsione del MEF nel triennio di riferimento 2019-2021.

 

(importi in euro, per competenza e per cassa, salvo ove diversamente indicato)

TABELLA 2 – STATO DI PREVISIONE DEL MEF

2019

2020

2021

Missione 4 L’Italia in Europa e nel mondo, Programma 4.10, partecipazione italiana alle politiche di bilancio in ambito UE

-850.000.000

+150.000.000

+150.000.000

Missione 11 Competitività e sviluppo delle imprese, Programma 11.9 Interventi di sostegno tramite il sistema della fiscalità

-204.000.000

 

 

Missione 13 Diritto alla mobilità e sviluppo dei sistemi di trasporto, Programma 13.8 Sostegno allo sviluppo del trasporto

-600.000.000

 

 

Missione 17 Ricerca e innovazione, Programma 17.15 Ricerca di base ed applicata

-100.000.000

 

 

Missione 28  Sviluppo e riequilibrio territoriale, Programma 28.4 Sostegno alle politiche nazionali e comunitarie rivolte a promuovere la crescita ed il superamento degli squilibri socio economici territoriali

-800.000.000

(solo per cassa)

 

 

 

L’effetto di queste variazioni di Sezione II comporta una riduzione del saldo netto da finanziare di 1.754 milioni di euro sul 2019, e un successivo aumento di 150 milioni per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024 e di 100 milioni di euro per l'anno 2025.

 

Inoltre, nel corso dell’esame al Senato è stato approvato un emendamento compensativo volto a trasferire nella seconda sezione della legge di bilancio i riflessi finanziari delle modifiche apportate in sede di conversione del decreto-legge n. 113/2018 (cd. D.L. “sicurezza”), i cui effetti originari sono già stati considerati nel disegno di legge di bilancio per l’anno finanziario 2019 e per il triennio 2019-2021. Le variazioni che ha comportato sono riepilogate nella tabella seguente.


 

 

 

TABELLA 1 – STATO DI PREVISIONE DELL’ENTRATA

Unità di voto 2.2.7 Entrate extra-tributarie - Entrate ricorrenti – Restituzione, rimborsi, recuperi e concorsi vari:

2019

2020

2021

9.506.220

2.000.000

2.000.000

TABELLA 2 – STATO DI PREVISIONE DEL MEF

Missione 33 Fondi da ripartire, Programma 1, Fondi da assegnare – Unità di voto 23.1

-175.000

-5.000.000

 

Missione 33 Fondi da ripartire, Programma 2, Fondi di riserva e speciali – Unità di voto 23.2

-15.000.000

-25.000.000

-25.000.000

TABELLA 5 – STATO DI PREVISIONE DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

Missione 6 Giustizia, programma 1, Amministrazione penitenziaria – Unità di voto 1.1

15.000.000

25.000.000

25.000.000

TABELLA 8 – STATO DI PREVISIONE DELL’INTERNO

Missione 2 Amm.ne generale e supporto alla rappresentanza generale di Governo e dello Stato sul territorio, Programma 2, Attuazione da parte delle Prefetture – Uffici territoriali del Governo delle missioni del Ministero dell’Interno sul territorio – Unità di voto 1.1

2.015.380

2.000.000

2.000.000

Missione 7 Ordine pubblico e sicurezza, Programma 8, Contrasto al crimine, tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica – Unità di voto 3.1

-10.000.000

-17.000.000

-27.000.000

Missione 7 Ordine pubblico e sicurezza, Programma 10, Pianificazione e coordinamento Forze di polizia – Unità di voto 3.3

15.200.000

22.000.000

27.000.000

Missione 27 Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti, Programma 2, Flussi migratori, interventi per lo sviluppo della coesione sociale, garanzia dei diritti, rapporti con le confessioni religiose – Unità di voto 5.1

2.465.839

 

 

(importi in euro, per competenza e per cassa)

 

 



[1]     Si avverte che la numerazione dei commi dell’articolo 1 del presente dossier è quella corrispondente alla numerazione dell’articolo 1 dell’AC 1334-B (testo all’esame della Camera dei deputati dal 27 dicembre 2018), ossia quella dell’ultima colonna sulla destra della presente Tavola di raffronto.

[2]     In base all’art. 3 del d.lgs. 242/1999 – come, da ultimo, modificato dalla L. 8/2018 – sono organi del CONI: il consiglio nazionale; la giunta nazionale; il presidente; il segretario generale; il collegio dei revisori dei conti.

In particolare, il consiglio nazionale è composto da: il presidente del CONI, che lo presiede; i presidenti delle federazioni sportive nazionali; i membri italiani del CIO; atleti e tecnici sportivi in rappresentanza delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate; tre membri in rappresentanza dei presidenti delle strutture territoriali di livello regionale e tre membri in rappresentanza delle strutture territoriali di livello provinciale del CONI; cinque membri in rappresentanza degli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI; tre membri in rappresentanza delle discipline sportive associate; un membro in rappresentanza delle associazioni benemerite riconosciute dal CONI.

La giunta nazionale è composta da: il presidente del CONI, che la presiede; i membri italiani del CIO; dieci rappresentanti delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate; un rappresentante nazionale degli enti di promozione sportiva; due rappresentanti delle strutture territoriali del CONI.

Il presidente è eletto dal consiglio nazionale tra tesserati o ex tesserati alle federazioni sportive nazionali o alle discipline sportive associate per almeno quattro anni in possesso di uno dei seguenti requisiti: aver ricoperto la carica di Presidente o vice presidente di una federazione sportiva nazionale o di una disciplina sportiva associata o di membro della giunta nazionale del CONI o di una struttura territoriale del CONI; essere stato atleta chiamato a far parte di rappresentative nazionali; essere stato dirigente insignito dal CONI delle onorificenze del Collare o della Stella d'oro al merito sportivo.

[3]     Si tratta della quota del 10% delle risorse economiche e finanziarie derivanti da tutti i contratti stipulati per la commercializzazione dei diritti che l’organizzatore delle competizioni facenti capo alla Lega Nazionale professionisti Serie A deve destinare esclusivamente per lo sviluppo dei settori giovanili delle società, per la formazione e l’utilizzo di calciatori convocabili per le nazionali giovanili italiane maschili e femminili, per il sostegno degli investimenti per gli impianti sportivi e per lo sviluppo dei centri federali territoriali e delle attività giovanili della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC).

I fondi devono essere destinati per l’1% alla stessa FIGC, per il 6% alla Lega Nazionale professionisti serie B, per il 2% alla Lega Pro, per l’1% alla Lega Nazionale dilettanti.

[4]     Al riguardo, si ricorda che la Federazione italiana gioco calcio (Figc), al fine di adottare ulteriori misure per favorire la crescita e la formazione dei giovani calciatori, ha consentito alle società di Serie A, con delibera del Commissario Straordinario – resa nota con comunicato ufficiale n. 42 del 11 maggio 2018 – di partecipare al Campionato Serie C con Seconde squadre, formate da giovani calciatori.

      In particolare, in base al comunicato, le Seconde squadre possono inserire nella distinta di gara 23 calciatori, di cui 19 nati dal 1° gennaio 1996 e da non più di 4, tra cui uno nel ruolo di portiere, nati prima del 1° gennaio 1996, a condizione che questi ultimi non siano inseriti nell’elenco dei 25 calciatori per il Campionato di Serie A e non abbiano disputato più di 50 gare nel Campionato di Serie A. Almeno 16 calciatori inseriti nella distinta di gara dovranno essere stati tesserati in una società di calcio affiliata alla FIGC per almeno sette stagioni sportive. Nel rispetto dei limiti numerici e di età sopra individuati, saranno sempre consentiti i passaggi fra la prima e la seconda squadra, con la precisazione che nell’ipotesi in cui un calciatore raggiungesse le 5 presenze nel campionato disputato dalla prima squadra, non potrà essere utilizzato nel campionato disputato dalla seconda squadra.

[5]     La Corte costituzionale, al riguardo, ha sottolineato che, attraverso lo strumento dell'intesa, sono adottati non solo i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche, ma anche le disposizioni per il passaggio tra il vecchio ed il nuovo regime, "con ciò individuando espressamente, nella medesima sede partecipata, il luogo ove adottare la normativa transitoria, da intendersi quale ordinario strumento teleologicamente diretto a regolamentare i rapporti pendenti in caso di successione delle leggi nel tempo" (sentenza n. 245 del 2013).

 

[6]     Con Risoluzione n. 34181 del 9 febbraio 2016, avvicinandosi la scadenza del regime transitorio definito dal Documento del 2013 (maggio e luglio 2017), il Ministero dello Sviluppo Economico aveva dato ai Comuni la possibilità di stabilire la durata di un secondo periodo transitorio, che – diversamente dal primo – non incide sulla durata delle concessioni, ma sull'interpretazione e sulla "prima applicazione" dei criteri di selezione nelle gare bandite dal 2017 in poi. Il criterio specifico dell'anzianità di esercizio dell'impresa si conferma, quindi, un criterio di selezione prioritario.

      Il MISE indica, altresì, che la durata dell'ulteriore periodo transitorio deve essere fissata "in relazione alle caratteristiche del mercato e comunque nell'arco dei limiti di ammortamento stabiliti al punto 1 dell'Intesa, ossia 9-12 anni ". Viene, inoltre, specificato che, in tale periodo, il riconoscimento di un punteggio specifico per il concessionario uscente (in misura del 40%) non va limitato ai casi di parità di posizione dopo le procedure di selezione ai fini della definizione della graduatoria, ma va applicato al momento dell'attribuzione del punteggio complessivo ai concorrenti, per formare la graduatoria stessa. Soltanto dopo tale ulteriore fase transitoria, i Comuni potranno "prescindere dalla riserva di attribuzione di un punteggio specifico al soggetto titolare del posteggio".

[7]     Cfr. Corte di giustizia dell'Unione europea, sentenza 20 giugno 1996, in cause riunite C-418/93, C-419/93, C-420/93, C-421/93, C-460/93, C-461/93, C-462/93, C-464/93, C-9/94, C-10/94, C-11/94, C-14/94, C-15/94, C-23/94, C-24/94 e C-332/94).

[8]     L’art. 57 TFUE dispone considera come servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone.

I servizi comprendono in particolare:

a) attività di carattere industriale;

b) attività di carattere commerciale;

c) attività artigiane;

d) attività delle libere professioni.

Senza pregiudizio delle disposizioni sul diritto di stabilimento, il prestatore può, per l'esecuzione della sua prestazione, esercitare, a titolo temporaneo, la sua attività nello Stato membro ove la prestazione è fornita, alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini.

[9]     Cfr. sul punto “La Direttiva Servizi- Guida all’Utente” a cura del Dipartimento politiche europeee della Presidenza del Consiglio dei ministri. Pg. 12.

[10]    I servizi d'interesse economico generale (SIEG) designano le attività commerciali che assolvono missioni d'interesse generale e sono soggetti a obblighi di servizio pubblico (servizi pubblici). La Direttiva Servizi lascia impregiudicata la libertà, per gli Stati membri, di definire, in conformità del diritto comunitario, quali essi ritengano essere servizi d’interesse economico generale, in che modo tali servizi debbano essere organizzati e finanziati, in conformità delle regole sugli aiuti concessi dagli Stati, e a quali obblighi specifici essi debbano essere soggetti (art. 1, paragrafo 3 della Direttiva).

[11]    Sono comunque contemplate alcune eccezioni a questo principio. Tali eccezioni sono contenute nell’articolo 5, par. 4 della Direttiva.

[12]    Cfr. sul punto “La Direttiva Servizi- Guida all’Utente” a cura del Dipartimento politiche europeee della Presidenza del Consiglio dei ministri, pag. 13.

[13]    La direttiva pone, in particolare divieto agli Stati membri di subordinare l’accesso ad un’attività di servizi o il suo esercizio sul loro territorio al rispetto dei requisiti seguenti:

·         requisiti discriminatori fondati direttamente o indirettamente sulla cittadinanza o, per quanto riguarda le società, sull’ubicazione della sede legale;

·         il divieto di avere stabilimenti in più di uno Stato membro o di essere iscritti nei registri o ruoli di organismi, ordini o associazioni professionali di diversi Stati membri;

·         restrizioni della libertà, per il prestatore, di scegliere tra essere stabilito a titolo principale o secondario, in particolare l’obbligo per il prestatore, di avere lo stabilimento principale sul loro territorio o restrizioni alla libertà di scegliere tra essere stabilito in forma di rappresentanza, succursale o filiale;

·         condizioni di reciprocità con lo Stato membro nel quale il prestatore ha già uno stabilimento, salvo quelle previste in atti comunitari riguardanti l’energia;

·         l’applicazione caso per caso di una verifica di natura economica che subordina il rilascio dell’autorizzazione alla prova dell’esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, o alla valutazione degli effetti economici potenziali o effettivi dell’attività; il divieto non riguarda i requisiti di programmazione dettati da motivi imperativi d’interesse generale;

·         il coinvolgimento diretto o indiretto di operatori concorrenti, anche in seno agli organi consultivi, ai fini del rilascio di autorizzazioni o ai fini dell’adozione di altre decisioni delle autorità competenti, ad eccezione degli organismi o ordini e delle associazioni professionali o di altre organizzazioni che agiscono in qualità di autorità competente; il divieto non riguarda la consultazione di organismi quali le camere di commercio o le parti sociali su questioni diverse dalle singole domande di autorizzazione né la consultazione del grande pubblico;

·         l’obbligo di presentare, individualmente o con altri, una garanzia finanziaria o di sottoscrivere un’assicurazione presso un prestatore o presso un organismo stabilito sul territorio degli Stati membri in questione. Ciò non pregiudica la facoltà, per gli Stati membri, di esigere un'assicurazione o garanzie finanziarie in quanto tali.

[14]    E’ attualmente all’esame in sede europea una proposta di Direttiva COM(2016)821, che ha l'obiettivo di migliorare la procedura di notifica, prevista nella Direttiva Servizi.

[15]    Gli Stati membri non possono restringere la libera circolazione dei servizi forniti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro, in particolare, imponendo i requisiti seguenti:

a)l’obbligo per il prestatore di essere stabilito sul loro territorio;

b)l’obbligo per il prestatore di ottenere un’autorizzazione dalle autorità competenti, compresa l’iscrizione in un registro o a un ordine professionale sul loro territorio, salvo i casi previsti dalla presente direttiva o da altri strumenti di diritto comunitario;

c) il divieto imposto al prestatore di dotarsi sul loro territorio di una determinata forma o tipo di infrastruttura, inclusi uffici o uno studio, necessaria all’esecuzione delle prestazioni in questione;

d) l’applicazione di un regime contrattuale particolare tra il prestatore e il destinatario che impedisca o limiti la prestazione di servizi a titolo indipendente;

e) l’obbligo per il prestatore di essere in possesso di un documento di identità specifico per l’esercizio di un’attività di servizi rilasciato dalle loro autorità competenti;

f) i requisiti, a eccezione di quelli in materia di salute e di sicurezza sul posto di lavoro, relativi all’uso di attrezzature e di materiali che costituiscono parte integrante della prestazione del servizio;

g) le restrizioni alla libera circolazione dei servizi di cui all’articolo 19 della Direttiva stessa.

[16]    Istituita con il D.Lgs. 150/2015, l’A.N.P.A.L. (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) ha personalità giuridica di diritto pubblico ed è vigilata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Tra le funzioni svolte, l’Agenzia coordina le politiche del lavoro per le persone in cerca di occupazione e la ricollocazione dei disoccupati; coordina la Rete nazionale dei servizi per il lavoro; è responsabile del sistema informativo per la gestione del mercato del lavoro; svolge inoltre analisi, monitoraggio e valutazione delle politiche attive e dei servizi per il lavoro.

[17]    Si ricorda che il D.Lgs. 150/2015, nell’istituire l’ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) con il compito, tra l’altro, di coordinare la Rete nazionale dei servizi per il lavoro, all’art. 4, c. 13 dispone che la stessa Agenzia subentri nella titolarità delle azioni di ANPAL Servizi S.p.A. (già Italia Lavoro S.p.A. e così ridenominata dall’art. 1, c. 595, della L. 232/2016), società rientrante nella predetta rete dei servizi, partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, che opera come ente strumentale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per la promozione e la gestione di azioni nel campo delle politiche attive del lavoro, dell'occupazione e dell'inclusione sociale.

[18]    La procedura selettiva finalizzata a stabilizzare, dal 1° settembre 2018, 305 unità ex LSU titolari di contratti di lavoro attivati dall'U.S.P. di Palermo è stata avviata con D.D. 500 del 5 aprile 2018, rettificato con D.D. 536 del 12 aprile 2018. In base all’art. 2 del D.D. del 5 aprile, poteva partecipare alla procedura selettiva il personale titolare al 1° gennaio 2018 di contratti di lavoro per lo svolgimento di funzioni corrispondenti a quelle di collaboratori scolastici.

[19]    Il riferimento alla L. 7 agosto 1990, n. 250, contenuto nell’art. 1, co. 1247, della L. 296/2006, è da intendersi come errore materiale.

[20]    Per ulteriori approfondimenti, si veda qui il tema web sul sistema di vendita e distribuzione dei prodotti editoriali, predisposto dal Servizio Studi della Camera.

[21] Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

[22]    Si tratta dei contributi assegnati ai sensi dei commi 838 della legge n. 205/2017, unitamente a quelli a quelli di cui all'articolo 1, comma 754, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e all'articolo 20, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50.

[23]    Si ricorda che l’originaria formulazione del comma 731 della legge di stabilità 2014 attribuiva ai comuni un contributo di 500 milioni di euro, finalizzandolo alla previsione, da parte dei medesimi enti, di detrazioni dalla TASI a favore dell’abitazione principale (che non erano più previste ex lege ma lasciate all’autonomia dei singoli comuni). Con le modifiche del decreto-legge n. 16 del 2014 – che ha attribuito ai comuni, per l’anno 2014, la possibilità di elevare l'aliquota massima TASI, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille - l’importo del contributo per il 2014 è stato innalzato a 625 milioni ed è stata eliminata la specifica finalizzazione delle risorse al finanziamento di detrazioni. Anche per il 2015, l’articolo 1, comma 679 della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) ha confermato il livello massimo di imposizione della TASI già previsto per l'anno 2014 (2,5 per mille); è stata inoltre confermata, per il medesimo anno 2015, la possibilità di superare i limiti di legge relativi alle aliquote massime di TASI e IMU, per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,8 per mille, alle richiamate condizioni.

[24]    Dall’articolo 1, comma 17, lett. f), della legge n. 208/2015 (legge di stabilità 2016).

[25]    Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi.

[26]    Per una ricostruzione dell'evoluzione delle regole di bilancio per gli enti locali, con specifico riferimento al tema dell'utilizzo dell'avanzo di amministrazione, cfr. Ufficio parlamentare di bilancio, "Avanzi di amministrazione e regola del pareggio. La sentenza della Corte Costituzionale n. 247/2017", Focus tematico n. 5, 9 marzo 2018

[27]    L’allegato 4, in particolare, riporta l’importo finale del Fondo per singolo comune.

[28]    Tale criterio di riparto riguarda la quota incrementale del Fondo assegnata, nell’importo sopra detto, a decorrere dal 2016 dalla legge n. 208/2015, a ristoro del minor gettito derivante ai comuni delle regioni a statuto ordinario e delle Regioni Siciliana e Sardegna dalle esenzioni suddette.

[29]    Si tratta di un accantonamento di risorse costituito, a partire dal 2016, dalla legge di stabilità 2016 (articolo 1, comma 17, lett. f), legge n. 208/2015), destinato specificatamente ai comuni che necessitano di compensazioni degli introiti derivanti dalla TASI. Esso pertanto viene ripartito in modo da garantire a ciascuno dei comuni interessati l'equivalente del gettito della TASI sull'abitazione principale stimato ad aliquota di base.

[30]    Per quel che concerne le risorse, il Fondo, inizialmente dotato di 25 milioni per il 2007, è poi stato rifinanziato per 10 milioni per il 2008 e 5 milioni per il 2009 e per il 2010 (art. 2, comma 44, legge n. 244/2007) e per 22 milioni per il 2009 e per il 2010 e di 27 milioni per il 2011 (art. 2, co. 46, legge 203/2008).

[31]    Come successivamente modificato dall’art. 1, comma 519, della legge n. 147/2013.

[32]    In base all’art. 5 del d.lgs. 49/2012, l’indicatore delle spese di personale è calcolato rapportando le spese complessive di personale (sostenute dall’ateneo nell’anno di riferimento, al netto delle entrate derivanti da finanziamenti esterni) alla somma dei contributi statali per il funzionamento assegnati nello stesso anno (tra cui, il FFO) e delle tasse, soprattasse e contributi universitari (rispettivamente, assegnati o riscossi nello stesso anno).

[33]    In base all’art. 6 del d.lgs. 49/2012, l'indicatore di indebitamento degli atenei è calcolato rapportando l'onere complessivo di ammortamento annuo, al netto dei relativi contributi statali per investimento ed edilizia, alla somma dei contributi statali per il funzionamento e delle tasse, soprattasse e contributi universitari nell'anno di riferimento, al netto delle spese complessive di personale (al netto delle entrate derivanti da finanziamenti esterni) e delle spese per fitti passivi.

[34]    L'applicabilità anche agli anni 2013 e 2014 delle disposizioni recate dall'art. 7 del d.lgs. 49/2012 era stata esplicitamente confermata dal Governo alla Camera il 4 dicembre 2013, in occasione della risposta all'interrogazione a risposta immediata 3-00496, nonché, il 3 aprile 2014, nella risposta all'interrogazione a risposta in Commissione 5-01342. Peraltro, il termine per l'adozione del DPCM era stato prorogato al 30 giugno 2014 dall’art. 1, co. 9, del D.L. 150/2013 (L. 15/2014).

[35]    Il punto organico (PO) rappresenta il valore medio a livello di sistema del costo attribuito al professore di I fascia che funge come parametro di riferimento per graduare il costo delle altre qualifiche. Per il personale docente, i punti organico si traducono in:

[36]    In base all’art. 1, co. 629, della L. 205/2017.

[37]    Per approfondimenti si veda anche la circolare RGS n. 22 del 22 luglio 2015.

[38]    Per approfondimenti si rinvia ai Temi dell’attività parlamentare I fondi strutturali e di investimento europei 2014-2020  e Il Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020: le risorse aggiuntive nazionali sul sito della Camera dei Deputati.

[39] Decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi (n. 29, allegato 1, della legge 8 marzo 1999, n. 50). 

[40]    Si ricorda che il termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali è ordinariamente fissato al 31 dicembre di ogni anno, ai sensi dell’articolo 151, comma 1, del TUEL. Tale termine viene tuttavia solitamente differito, con apposite norme di legge ovvero con decreti del Ministro dell’interno. Per l’anno 2019, il termine di approvazione dei bilanci di previsione degli enti locali è stato differito al 28 febbraio 2019 con D.M. Interno 7 dicembre 2018.

      La mancata approvazione del bilancio di previsione nei termini suddetti costituisce una delle ipotesi di scioglimento dei consigli, prevista dall’articolo 141, comma 1, lettera c), del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000, da effettuarsi con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno.

[41]    Si ricorda che il testo tutt’ora vigente del comma 2 dell’articolo 141 del TUEL prevede, infatti, che trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla giunta il relativo schema, sia l'organo regionale di controllo a nominare un commissario affinché lo predisponga d'ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l'organo regionale di controllo assegna al consiglio un termine, non superiore a 20 giorni, per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all'amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.

[42]    Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali. Disposizioni per garantire la continuita' dei dispositivi di sicurezza e di controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del Servizio sanitario nazionale nonche' norme in materia di rifiuti e di emissioni industriali

[43]    Le risorse sono state ripartite con DM 906 del 5 novembre 2013, in base alle graduatorie approvate dalle competenti regioni, fatta eccezione per la Regione Puglia, per la quale le risorse sono state ripartite con DM 19 febbraio 2014, che ha anche apportato alcune rettifiche alle assegnazioni disposte con il DM 906/2013.

[44]    La composizione e l’articolazione del GLIR sono state disciplinate con DM 338 del 26 aprile 2018.

[45]    Il decreto-legge n. 146 del 2013 è stato infatti convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2014, entrata in vigore il 22 febbraio 2014.

[46]    Il termine del 31 dicembre 2015 è stato prorogato:

      - al 31 dicembre 2016 dalla legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015, art. 1, comma 617);

      - al 31 dicembre 2017 dalla legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016, art. 1, comma 14);

      - al 31 dicembre 2018 dalla legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, art. 1, comma 467).

[47]    Si tratta, in particolare, del Piano straordinario biennale adottato ai sensi dell'articolo 15, commi 7 e 8, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, concernente l'adeguamento alle disposizioni di prevenzione incendi delle strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre venticinque posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'interno 9 aprile 1994, che non abbiano completato l'adeguamento alle suddette disposizioni di prevenzione incendi.