Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: La tassazione immobiliare in Italia
Serie: Documentazione e ricerche   Numero: 50
Data: 05/03/2019
Organi della Camera: VI Finanze

 

Camera dei deputati

XVII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

La tassazione immobiliare
in Italia

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 50

 

 

 

5 marzo 2019

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Finanze

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I N D I C E

 

 

I tributi immobiliari nel quadro del federalismo fiscale. 3

IMU.. 4

La TASI 7

I vincoli alle aliquote IMU e TASI e il quadro delle esenzioni 9

IMI e IMIS. 12

TARI 12

IVIE. 14

Approfondimento: la tassazione immobiliare in agricoltura. 14

Tassazione indiretta dei trasferimenti immobiliari 17

La fiscalità dei trasferimenti immobiliari 17

Le imposte sui redditi degli immobili 20

I proventi delle locazioni: la cedolare secca. 22

La riforma del catasto. 25

Il catasto dei fabbricati 26

Il decentramento delle funzioni catastali 27

La classificazione degli immobili 30

La misura della consistenza dell'unità immobiliare. 31

La revisione delle tariffe d'estimo. 32

La riforma delle commissioni censuarie. 34

La riscossione delle entrate locali 37

Il quadro normativo antecedente al 2016. 37

L’attuale assetto della riscossione degli enti territoriali 39

Le detrazioni per il recupero del patrimonio edilizio e la riqualificazione energetica. 43

Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia. 43

Detrazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici 44

Misure antisismiche. 45

Sistemazione a verde. 46

Detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica. 48

Il rinnovo del patrimonio esistente nel mercato delle costruzioni nel 2017. 49

Il contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato. 51

 

 


I tributi immobiliari nel quadro del federalismo fiscale

 

In Italia, gli immobili sono ordinariamente assoggettati a imposta in quanto beni produttivi di reddito (IRPEF, IRES), oltre al fatto che viene sottoposto a tassazione il loro possesso in quanto beni patrimoniali (IMU) e il loro trasferimento mediante atto tra vivi (donazione o compravendita) o attraverso la successione ereditaria.

Nel tempo, numerose ragioni hanno indotto a ritenere le imposte immobiliari come le fonti più adatte al finanziamento degli enti locali. Anzitutto, tale considerazione discende dal cd. principio del beneficio, per il quale chi paga l’imposta può mettere in relazione l’entità del prelievo con i servizi forniti dal governo locale; sono imposte aventi un rischio contenuto di concorrenza fiscale e con una ragionevole certezza di gettito. Inoltre, la prossimità della base imponibile al livello di governo municipale comporta specifici vantaggi in termini di accertamento delle imposte e, dunque, di tax compliance.

Come evidenziato nell’ultima Relazione della Commissione bicamerale per il federalismo fiscale (gennaio 2018) il sistema delle entrate comunali presenta un quadro complesso a causa del sovrapporsi - a decorrere dal 2011 - di numerosi interventi normativi, anche con carattere di urgenza, che hanno più volte modificato la disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 23 del 2011 sul federalismo fiscale municipale, sia direttamente che nell’ambito di diversi provvedimenti legislativi.

Nello stesso anno di approvazione del decreto sul federalismo fiscale, l'intensificarsi dell'emergenza finanziaria ha posto nuove e pressanti necessità per una revisione del regime sperimentale dell'imposta municipale, allo scopo di reperire risorse finanziarie. L'applicazione dell'IMU, ai sensi dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, è stata anticipata al 2012 e la sua disciplina è stata profondamente innovata. Il predetto decreto ha altresì avviato la razionalizzazione delle diverse forme di prelievo vigenti sui rifiuti, TARSU, TIA 1 e TIA 2, istituendo un nuovo e unico tributo, vale a dire la TARES, a totale copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti. Tali interventi hanno concorso a determinare un assetto normativo caratterizzato da elementi di transitorietà, ulteriormente confermati dalle disposizioni intervenute nel corso del 2013, in relazione alla complessa vicenda dell’abolizione dell’imposta municipale propria IMU sull’abitazione principale.

La legge di stabilità 2014 (L. n. 147 del 2013) ha condotto ad una nuova articolazione della tassazione immobiliare di spettanza dei comuni, che da allora è sostanzialmente rimasta identica, nonostante anche nel 2014 vi siano stati diversi interventi d’urgenza sulla tassazione immobiliare (decreti-legge nn. 16, 47, 66, 88, 185 e 192 del 2014); ulteriori modifiche sono state apportate dalla legge di stabilità 2015 (L. n. 190 del 2014). Nel corso dei primi mesi del 2015 sono intervenute modifiche alla disciplina IMU in agricoltura (decreto-legge n. 4 del 2015: si veda infra).

Contestualmente, la legge di stabilità 2016 ha abrogato l'Imposta Municipale Secondaria - IMUS. Essa, disciplinata dall'articolo 11 del D.Lgs. n. 23 del 2011, avrebbe dovuto sostituire la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP), l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni.

 

L’attuale assetto impositivo è sostanzialmente delineato dalla citata legge di stabilità 2014 (articolo 1, commi 639 e ss.gg. della legge n. 147 del 2013), che ha subito nel tempo alcuni aggiustamenti specifici. Detto provvedimento ha abolito l’IMU sull'abitazione principale e su alcune fattispecie assimilate, nonché la componente della TARES relativa ai servizi indivisibili, con contestuale introduzione di un'imposta unica comunale- IUC, le cui componenti sono:

1.   l'IMU, di natura patrimoniale, dovuta dal possessore di immobili, escluse le abitazioni principali non di lusso;

2.   per la componente riferita ai servizi:

-    il tributo per i servizi indivisibili (TASI), a carico sia del possessore sia dell'utilizzatore dell'immobile (che sostituisce la maggiorazione standard TARES il cui gettito è stato riservato nel 2013 allo Stato), escluse le abitazioni principali;

-    la tassa rifiuti (TARI) corrisposta dall'utilizzatore del locale o dell'area scoperta - che sostituisce la TARES e gli altri prelievi sui rifiuti - destinata a finanziare integralmente i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti.

IMU

Il decreto legislativo n. 23 del 2011, in materia di federalismo fiscale municipale, ha istituito l'Imposta municipale propria - IMU, volta a sostituire sia la componente del reddito IRPEF (e relative addizionali) relativa agli immobili, sia l'ICI, con un'applicazione in origine prevista per l'anno 2014 e senza colpire l'abitazione principale del contribuente.  Tuttavia, per esigenze di risanamento dei conti pubblici, l'applicazione dell'IMU, ai sensi dell'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, è stata anticipata al 2012 e se ne è prevista l’applicazione alla “prima casa”, con il contestuale innalzamento dei moltiplicatori da applicarsi alla rendita catastale per calcolare la base imponibile. Per l'anno 2013 l'applicazione dell'IMU è stata fortemente limitata ad opera dei decreti-legge n. 54 e 102 del 2013.

Col nuovo assetto della fiscalità immobiliare delineato dalla legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), a partire dal 2014 l'IMU rappresenta una componente della IUC.

La disciplina dell’IMU è principalmente contenuta nell'articolo 13, comma 1 del citato decreto-legge n. 201 del 2011, nel decreto legislativo n. 23 del 2011 (articoli 8 e 9) e nella legge di stabilità 2014. L’imposta si applica al possesso di fabbricati (escluse le prime case non di lusso, cioè quelle in categorie catastali diverse da A/1, A/8 e A/9), di aree fabbricabili e di terreni agricoli. Essa è dovuta dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie), dal concessionario nel caso di concessione di aree demaniali e dal locatario in caso di leasing.

L’IMU dal 2012 ha sostituito l’imposta comunale sugli immobili (ICI) e, per la componente immobiliare, l’IRPEF e le relative addizionali regionali e comunali dovute in riferimento ai redditi fondiari concernenti gli immobili non locati, salvo per quanto riguarda il reddito degli immobili ad uso abitativo non locati situati nello stesso comune nel quale si trova l'immobile adibito ad abitazione principale, i quali, oltre ad essere assoggettati all’IMU, concorrono alla formazione della base imponibile dell’IRPEF e delle relative addizionali nella misura del cinquanta per cento.

Presupposto dell’IMU è il possesso di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli.

Come anticipato, l’abitazione principale, vale a dire l’unità immobiliare in cui il soggetto passivo e il suo nucleo familiare risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente, è stata assoggettata all’IMU negli anni 2012 e 2013. A decorrere dall’anno 2014, invece – con la legge n. 147 del 2013 – tale tipologia immobiliare è esente da IMU, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per le quali resta ferma l’applicazione dell’aliquota ridotta e della detrazione.

La legge equipara all’abitazione principale alcune fattispecie (tra cui gli immobili delle cooperative edilizie a proprietà indivisa; gli alloggi sociali; la casa coniugale assegnata al coniuge). Il comune, inoltre, ha la facoltà di equiparare all’abitazione principale l’unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non risulti locata.

A decorrere dal 2016, invece, non è più prevista la facoltà per il comune di considerare adibita ad abitazione principale l’unità immobiliare concessa dal soggetto passivo in comodato ai parenti in linea retta di primo grado che la utilizzano come abitazione principale. Per detta unità immobiliare è prevista direttamente dalla legge la riduzione del 50% della base imponibile, a specifiche condizioni. L’abbattimento della base imponibile per tale fattispecie è stato esteso, dalla legge di bilancio 2019, anche al coniuge del comodatario, in caso di morte di quest'ultimo in presenza di figli minori.

L’IMU è dovuta dai seguenti soggetti passivi:

§  proprietario di fabbricati, aree fabbricabili e terreni;

§  titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi;

§  coniuge assegnatario della casa coniugale a seguito di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;

§  concessionario nel caso di concessione di aree demaniali;

§  locatario per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria.

 

L’imposta si calcola applicando alla base imponibile, costituita dal valore dell’immobile determinato nei modi previsti dalla legge, l’aliquota fissata per la particolare fattispecie. Per i fabbricati iscritti in catasto il valore è determinato applicando all’ammontare della rendita catastale, rivalutata del 5%, i moltiplicatori previsti dalla legge per le diverse categorie catastali (articolo 13, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011). La base imponibile è ridotta al 50% per i fabbricati di interesse storico o artistico e per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. Per i terreni agricoli, anche non coltivati, il valore è costituito dal reddito dominicale rivalutato del 25% e, poi, moltiplicato per 135. Non è più previsto, invece, il moltiplicatore pari a 75, poiché la legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ha esentato i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del D.Lgs. n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola. Per le aree fabbricabili la base imponibile è costituita dal valore venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione.

L’aliquota ordinaria stabilita dalla legge per gli immobili diversi dall’abitazione principale è pari allo 0,76 per cento e i comuni possono aumentarla o diminuirla sino a 0,3 punti percentuali: l’aliquota può, pertanto, oscillare da un minimo di 0,46% ad un massimo di 1,06%, salvo che per alcune fattispecie (immobili non produttivi di reddito fondiario, immobili posseduti dai soggetti passivi dell'IRES e immobili locati) per le quali l’aliquota può essere diminuita fino allo 0,4%. Per le abitazioni principali non esenti (categorie catastali A/1, A/8 e A/9), invece, l’aliquota stabilita dalla legge è pari allo 0,4% e i comuni possono aumentarla o diminuirla sino a 0,2 punti percentuali: l’aliquota può, pertanto, oscillare da un minimo di 0,2% ad un massimo di 0,6%. La legge, inoltre, prevede una detrazione di euro 200, con facoltà per il comune di elevarla fino a concorrenza dell’imposta dovuta.

Per quanto riguarda i limiti alla fissazione delle aliquote IMU e TASI, si rinvia allo specifico paragrafo.

L’IMU, a decorrere dal 2014, non è dovuta per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita (c.d. beni merce) fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati e per i fabbricati rurali ad uso strumentale.

In aggiunta a queste due fattispecie, ulteriori casi di esenzione dall’IMU sono indicati nell’articolo 9, comma 8, primo e secondo periodo, del D.Lgs. n. 23 del 2011, il quale, oltre a prevedere l’esenzione per gli immobili posseduti dallo Stato e dagli altri enti pubblici ivi indicati destinati esclusivamente ai compiti istituzionali, richiama le ipotesi in passato previste per l’ICI (dall’articolo 7, comma 1, lett. b), c), d), e), f), h) e i) del D.Lgs. n. 504 del 1992.

Si ricorda inoltre che l’IMU relativa agli immobili strumentali è deducibile dal reddito di impresa e del reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni nella misura del 40 per cento (misura così elevata, dal precedente 20 per cento, per effetto della legge di bilancio 2019).

L’IMU deve essere versata in due rate (16 giugno  e 16 dicembre) o in un’unica soluzione entro il 16 giugno dell’anno di riferimento.

L’IMU non si applica nella Provincia Autonoma di Bolzano e nella Provincia Autonoma di Trento. In sostituzione di tale tributo, nonché della TASI, nei comuni della Provincia Autonoma di Bolzano è stata istituita l’imposta municipale immobiliare (IMI) e in quelli della Provincia Autonoma di Trento l’imposta immobiliare semplice (IMIS), come si vedrà in seguito.

La TASI

Come anticipato all’inizio, la TASI è stata introdotta, a decorrere dal 2014, dalla legge si stabilità 2014 (articolo 1, commi da 670 a 688 della legge n. 147 del 2013), quale imposta facente parte, insieme all’IMU e alla TARI, della IUC.

Il presupposto della TASI è il possesso o la detenzione di fabbricati e di aree fabbricabili, con esclusione dell’abitazione principale diversa da quella classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 e dei terreni agricoli.

L’abitazione principale è stata soggetta alla TASI negli anni 2014 e 2015, mentre la legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ne ha previsto l’esclusione: tale tipologia di immobile è ora sottratta sia dall’IMU sia dalla TASI.  L’esclusione dalla TASI opera non solo nel caso in cui l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale dal possessore ma anche nell’ipotesi in cui sia l’occupante a destinare l’immobile detenuto ad abitazione principale. In quest’ultimo caso, la TASI è dovuta solo dal possessore, che, ai sensi del comma 681 della legge di stabilità 2014, versa l’imposta nella misura percentuale stabilita nel regolamento comunale oppure, in mancanza di una specifica disposizione del comune, nella misura del 90 per cento.

Quanto alla nozione di abitazione principale rilevante ai fini della TASI, si deve far riferimento alla medesima definizione stabilita per l’IMU: unità immobiliare in cui il soggetto passivo e il suo nucleo familiare risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente, ivi comprese le pertinenze nei limiti di legge. Valgono, inoltre, le medesime ipotesi di equiparazione per legge o per regolamento comunale previste per l’IMU e sopra illustrate..

La TASI è dovuta dal titolare del diritto reale (proprietario, titolare del diritto di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie) e, nel caso in cui l’immobile sia occupato da un soggetto diverso da quest’ultimo, anche dall’occupante. I due soggetti sono titolari di un’autonoma obbligazione tributaria e l’occupante deve corrispondere l’imposta nella misura, stabilita dal comune nel regolamento, compresa tra il 10% e il 30%, mentre la restante parte è a carico del titolare del titolare del diritto reale. In caso di mancata previsione della percentuale di ripartizione dell’imposta tra i due soggetti, la TASI è dovuta dal titolare del diritto reale nella misura del 90% e dall’occupante nella misura del 10%. Nelle ipotesi di assimilazione all’abitazione principale l’obbligo di versamento della TASI ricade, invece, interamente sul titolare del diritto reale e non sull’occupante.

L’imposta si calcola applicando alla base imponibile, che è quella prevista per l’IMU, l’aliquota stabilita dal comune per la particolare fattispecie.

L’aliquota ordinaria stabilita dalla legge per tutti gli immobili soggetti alla TASI è pari allo 0,1 per cento, ma i comuni possono ridurla fino all’azzeramento. Nella determinazione delle aliquote della TASI i comuni incontrano il limite massimo secondo cui la somma delle aliquote della TASI e dell’IMU per ciascuna tipologia di immobile non deve essere superiore all’aliquota massima consentita dalla legge statale per l’IMU al 31 dicembre 2013, vale a dire:

§  lo 0,6 per cento per l’abitazione principale classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 e

§  l’1,06 per cento per gli altri immobili.

 

Vi sono, poi, due fattispecie per le quali sono previsti limiti massimi specifici, in particolare:

1.   per i fabbricati rurali strumentali l’aliquota della TASI non deve in nessun caso superare lo 0,1 per cento;

2.   per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, l’aliquota non può eccedere lo 0,25 per cento.

 

Le ipotesi di esenzione dalla TASI sono indicate nell’articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 16 del 2014, convertito dalla legge n. 68 del 2014, che prevede, come per l’IMU, l’esenzione per gli immobili posseduti dallo Stato e dagli altri enti pubblici ivi indicati destinati esclusivamente ai compiti istituzionali e per le fattispecie di cui all’articolo 7, comma 1, lett. b), c), d), e), f), e i) del D.Lgs. n. 504 del 1992. E’, inoltre, prevista l’esenzione per i rifugi alpini non custoditi, i punti d’appoggio e i bivacchi.

Anche la TASI deve essere versata in due rate (16 giugno e 16 dicembre) ovvero in unica soluzione entro il 16 giugno dell’anno di riferimento.

La TASI non si applica nella Provincia Autonoma di Bolzano e nella Provincia Autonoma di Trento. In sostituzione di tale tributo, nonché dell’IMU, nei comuni della Provincia Autonoma di Bolzano è stata istituita l’imposta municipale immobiliare (IMI) e in quelli della Provincia Autonoma di Trento l’imposta immobiliare semplice (IMIS).

I vincoli alle aliquote IMU e TASI e il quadro delle esenzioni

Si evidenzia in questa sede che le aliquote delle principali imposte immobiliari sono assoggettate ad alcuni limiti di legge.

La legge di stabilità 2014 (comma 677) fissa il limite massimo delle aliquote complessive IMU-TASI, per ciascuna tipologia di immobile,  nell’aliquota massima consentita dalla legge statale per l'IMU al 31 dicembre 2013, ovvero nell’1,06 per cento o minori aliquote, in relazione alle diverse tipologie di immobile.

    Inoltre, per il 2014 e 2015 era stata introdotta la possibilità, a favore dei Comuni, di derogare a tale limite per un ammontare complessivamente non superiore allo 0,08 per cento (0,8 per mille). Tale facoltà è stata mantenuta anche negli anni successivi per i comuni che ne avessero già usufruito (da ultimo anche nel 2019, per effetto della relativa legge di bilancio), previa espressa delibera del consiglio comunale, salvo le ipotesi esenti da TASI.

    Di conseguenza tale maggiorazione conferisce ai comuni un ulteriore margine di manovrabilità da utilizzare per aumentare il limite della somma dell’IMU e della TASI (fino allo 0,68 per cento per l’abitazione principale A/1, A/8 e A/9 e all’1,14 per cento per gli altri immobili) oppure per aumentare il limite massimo dell’aliquota della TASI, elevandola dallo 0,25 per cento allo 0,33 per cento.

Inoltre si ricorda che il comma 26 della legge di stabilità 2016 ha disposto la sospensione, in origine per il solo anno 2016, dell’efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni comunali per la parte in cui aumentano i tributi e le addizionali attribuite ai medesimi enti territoriali. Si chiarisce inoltre che detti aumenti sono rapportati ai livelli di aliquote applicabili per l’esercizio 2015. E’ stata esclusa dalla sospensione – tra l’altro - la tassa sui rifiuti (TARI).

Le leggi di bilancio per il 2017 e per il 2018 (leggi n. 232 del 2016 e n. 205 del 2017) hanno prorogato rispettivamente per il 2017 e per il 2018 la predetta sospensione. A decorrere dal 2017, l’imposta di soggiorno e l’imposta di sbarco sono state escluse dal novero dei tributi sottoposti al blocco degli aumenti. Per l’anno 2018 la sospensione non si è applicata ai comuni istituiti a seguito di fusione.

    La sospensione dell’efficacia degli aumenti non è prevista dalla legge di bilancio 2019 per l’anno di riferimento: ciò di fatto riapre, per gli enti territoriali interessati, la possibilità di utilizzare con margini più ampi la leva fiscale.

    Per quanto riguarda le vigenti aliquote e le esenzioni relative alle due imposte, si rinvia al quadro delineato dal Dipartimento delle finanze del MEF riportato, per completezza, nella pagina seguente.


 

 

IMI e IMIS

In questa sede occorre ricordare che la Provincia autonoma di Bolzano ha istituito e disciplinato l'imposta municipale immobiliare (IMI) con la legge provinciale 23 aprile 2014, n. 3. Essa sostituisce integralmente le imposte comunali immobiliari istituite con leggi statali, anche relative alla copertura dei servizi indivisibili. La legge di stabilità 2015 (comma 508 della legge n. 190 del 2014), ha esteso la deducibilità dalle imposte sui redditi dell’IMU sugli immobili produttivi anche all’IMI. Anche la Provincia autonoma di Trento ha istituito la propria imposta immobiliare (IMIS, Imposta Municipale Immobiliare Semplice), con gli articoli 1-14 della legge finanziaria provinciale per il 2015 (legge provinciale n. 14 del 2014), nell'ambito della competenza legislativa in materia di finanza locale, attribuita alle Province autonome dall'articolo 80 dello Statuto (D.P.R. n. 670/1972). Il decreto-legge n. 4 del 2015 ha esteso anche all’IMIS la parziale deducibilità dell’imposta dovuta sugli immobili produttivi dalle imposte sul reddito.

La legge di stabilità 2016 (comma 12 della legge n. 208 del 2015) prevede che il principio di sostituzione imposte immobiliari / IRPEF esplichi i propri effetti anche con riferimento alle imposte immobiliari istituite dalle province autonome nell’ambito della relativa autonomia, con efficacia dal 2014. Di conseguenza anche le imposte immobiliari delle province autonome sostituiscono, per la componente immobiliare, l’IRPEF e le addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati (nonché l’ICI, di fatto non più applicabile), fatto salvo il parziale assoggettamento a IRPEF del reddito di immobili non locati siti nello stesso comune dell’abitazione principale.

TARI

La terza componente IUC è la TARI, introdotta, a decorrere dal 2014, dalla legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014; commi 641-669).

La TARI ha sostituito la TARES, che è stata in vigore per il solo 2013 e che, a sua volta, aveva preso il posto di tutti i precedenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria (TARSU, TIA1, TIA2). I comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico hanno la facoltà di applicare, in luogo della TARI, che ha natura tributaria, una tariffa avente natura di corrispettivo.

Presupposto d’imposta è il possesso o la detenzione a qualsiasi titolo di locali o di aree scoperte operative suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono, invece, escluse dalla TARI le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, nonché le aree comuni condominiali di cui all'art. 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva.

La TARI è dovuta da chiunque possieda o detenga il locale o l’area e, quindi, dal soggetto utilizzatore dell’immobile. In caso di detenzione breve dell’immobile, di durata non superiore a sei mesi, invece, la tassa non è dovuta dall’utilizzatore ma resta esclusivamente in capo al possessore (proprietario o titolare di usufrutto, uso, abitazione o superficie). In caso di pluralità di utilizzatori, essi sono tenuti in solido all'adempimento dell'unica obbligazione tributaria.

Il tributo è corrisposto in base a tariffa riferita all’anno solare e commisurata tenendo conto dei criteri determinati dal metodo normalizzato di cui al D.P.R. n. 158 del 1999. In alternativa a tale metodo, il comune, nel rispetto del principio comunitario “chi inquina paga”, può ripartire i costi tenendo conto delle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti.

Tuttavia, nelle more della revisione del metodo normalizzato, i criteri del regolamento del 1999 sono stati prorogati nel tempo, da ultimo con la legge di bilancio 2019 per l’anno di riferimento.

Le tariffe della TARI devono assicurare, in ogni caso, la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti. Esse sono determinate con delibera del Consiglio comunale sulla base dei costi individuati e classificati nel piano finanziario, redatto dal soggetto che svolge il servizio e approvato dallo stesso Consiglio.

In materia di TARI il comune ha facoltà di introdurre agevolazioni ed esenzioni, oltre che negli specifici casi individuati dalla legge (abitazioni con unico occupante; abitazioni e locali per uso stagionale; abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di sei mesi all'anno, all'estero; fabbricati rurali ad uso abitativo), anche in ulteriori ipotesi definite dal comune nell’esercizio della propria autonomia regolamentare. Le scadenze di pagamento della TARI sono determinate dal comune prevedendo di norma almeno due rate a scadenza semestrale.

Si evidenzia che alla TARI non si è applicato il divieto di aumento dei tributi comunali stabilito, per gli anni 2016-2018, dall’art. 1, comma 26, della legge n. 208 del 2015 come successivamente modificato nel tempo.

In ordine alla natura della TARI, in questa sede occorre citare che un recente studio della Banca d’Italia del mese di dicembre 2018 (Il prelievo locale sui rifiuti in Italia: benefit tax o imposta patrimoniale (occulta)?) ha evidenziato come in Italia la gestione dei rifiuti urbani sia finanziata da una tassa (TARI) che per le sue caratteristiche è di fatto assimilabile a un’imposta patrimoniale. Non discriminando adeguatamente fra famiglie in base alla produzione di rifiuti, essa presenta inoltre elementi di regressività, in quanto ridistribuisce le risorse a sfavore dei nuclei con redditi più bassi.

IVIE

L’articolo 19 del decreto-legge n. 201 del 2011 ha istituito l’IVIE - Imposta sul valore degli immobili situati all’estero, che ha come soggetti passivi le persone fisiche residenti che possiedono immobili all’estero, a qualsiasi uso destinati.

Più in particolare sono tenuti al pagamento dell’imposta: i proprietari di fabbricati, aree fabbricabili e terreni a qualsiasi uso destinati, compresi quelli strumentali per natura o per destinazione destinati ad attività d’impresa o di lavoro autonomo; i titolari dei diritti reali di usufrutto, uso o abitazione, enfiteusi e superficie sugli stessi; i concessionari, nel caso di concessione di aree demaniali; i locatari, per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria (l’obbligo sussiste dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto). L’imposta è dovuta in misura proporzionale alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso (viene conteggiato per intero il mese nel quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni). L’ammontare dell’imposta è pari allo 0,76% del valore degli immobili. Se non superiore a 200 euro, l’imposta non è dovuta. Per evitare doppia imposizione sullo stesso immobile, dall’imposta dovuta è possibile dedurre un credito pari all’ammontare dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui è situato l’immobile. Per gli immobili situati in Paesi appartenenti all’Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, dalla somma dovuta si detraggono, prioritariamente, le imposte patrimoniali effettivamente pagate nel Paese in cui sono situati gli immobili nell’anno di riferimento. Inoltre, qualora sussista un’eccedenza d’imposta reddituale gravante su immobili ivi situati non utilizzata (articolo 165 del Tuir), si detrae dall’imposta dovuta in Italia per quegli immobili, fino a concorrenza del suo ammontare, anche un ulteriore credito d’imposta derivante da tale eccedenza.

Approfondimento: la tassazione immobiliare in agricoltura

Il settore agricolo, stante il suo ruolo strategico nel sistema produttivo nazionale, è stato oggetto di numerosi interventi fiscali nel tempo, soprattutto con riferimento alla tassazione immobiliare.

Tra gli interventi più recenti si ricorda che la legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147 del 2013) ha ripristinato, a decorrere dal 1° gennaio 2014, le agevolazioni previste per la piccola proprietà contadina (soppresse dal D.Lgs. n. 23 del 2011): pertanto gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti (CD) ed imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti nella relativa gestione previdenziale, sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all'imposta catastale nella misura dell'1 per cento; gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà.

Successivamente la legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) ha esteso le suddette agevolazioni agli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni agricoli e relative pertinenze, posti in essere a favore di proprietari di “masi chiusi” (di cui alla legge della provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17), da loro abitualmente coltivati. Il provvedimento ha esteso le agevolazioni previste per la piccola proprietà contadina a favore del coniuge o dei parenti in linea retta - purchè già proprietari di terreni agricoli e conviventi - di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali.

Inoltre, la stessa legge di stabilità 2016 ha previsto che ogni atto, documento e provvedimento relativo ai procedimenti relativi alle controversie in materia di masi chiusi, nonché quelli relativi all'assunzione del maso chiuso, in seguito all'apertura della successione, siano esenti dall'imposta di bollo, di registro, da ogni altra imposta e tassa e dal contributo unificato.

 

Specifica attenzione è stata posta dal legislatore anche alla tassazione patrimoniale dei terreni agricoli: all'interno della disciplina dei tributi comunali, numerosi interventi normativi effettuati nel corso nel biennio 2014 – 2016 hanno riguardato l’applicazione degli stessi ai terreni agricoli, in particolare per quanto concerne le esenzioni IMU.

Per effetto del D.L. n. 16 del 2014, dal 2014 sui terreni agricoli non è dovuta la TASI. Detti immobili rientravano tuttavia nelle tipologie immobiliari esentate dall'IMU per il 2013, per effetto dei già richiamati provvedimenti d’urgenza e con alcune peculiarità: il D.L. n. 133 del 2013 ha esentato dal pagamento della seconda rata dell'IMU solo alcune categorie (imprenditori agricoli professionali - IAP e i coltivatori diretti), per le quali è stato previsto il pagamento della cd. mini IMU sopra illustrata.

I terreni agricoli godono di una modalità specifica di calcolo della base imponibile, mentre l’aliquota ad essi applicabile è quella base del 0,76 per cento, che può essere modificata dal Comune entro le forbici previste dalla legge. Sono previste limitazioni all'applicazione dell'IMU ai terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali, commisurate al valore del terreno.

La legge di stabilità 2016 ha ridisegnato il perimetro dell’esenzione IMU per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, chiarendo che l’esenzione si applica sulla base dei criteri individuati dalla circolare n. 9 del 14 giugno 1993 che individua i comuni cd. montani o collinari, in cui opera l’esenzione IMU in favore dei terreni agricoli.

Dal 2016 essi sono esenti da imposta in virtù della loro ubicazione in un comune classificato montano o collinare. La richiamata circolare del 1993 chiarisce che, ove accanto all'indicazione del comune non sia riportata alcuna annotazione, l'esenzione opera sull'intero territorio comunale. Ove sia riportata l'annotazione “parzialmente delimitato”, con la sigla ‘PD', l'esenzione opera limitatamente ad una parte del territorio comunale.

Oltre a tali esenzioni, valevoli per i terreni agricoli ricadenti in specifiche aree, sono esenti da IMU gli altri terreni agricoli in virtù di ulteriori caratteristiche:

a)   posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione;

b)  ubicati nei comuni delle isole minori (di cui all'allegato A della legge 28 dicembre 2001, n. 448) indipendentemente, dunque, dal possesso e dalla conduzione da parte di specifici soggetti;

c)   a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, indipendentemente in tal caso da ubicazione e possesso.

La legge di bilancio per il 2017 (legge n. 232 del 2016) ha poi ripristinato alcune agevolazioni fiscali per i trasferimenti di proprietà nei territori montani finalizzati all'arrotondamento della proprietà contadina,  con applicazione di imposta di registro ed ipotecaria in misura fissa, nonché con esenzione dalle imposte catastali.

 

Da ultimo, la legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018):

§  ha esteso alle aziende agricole ubicate nei comuni prealpini di collina, pedemontani e della pianura non irrigua la facoltà, già prevista per quelle ubicate nei comuni montani, di non dover disporre del titolo di conduzione del terreno agricolo ai fini della costituzione del relativo fascicolo aziendale;

§  -ha prorogato la facoltà di rideterminare fiscalmente i valori delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili) posseduti, sulla base di una perizia giurata di stima, a condizione che il valore così rideterminato sia assoggettato a un'imposta sostitutiva.

 


 

Tassazione indiretta dei trasferimenti immobiliari

La fiscalità dei trasferimenti immobiliari

Il decreto legislativo n. 23 del 2011 in materia di federalismo fiscale municipale è intervenuto sul regime fiscale dei trasferimenti immobiliari. In attuazione dell'originario disegno federalista previsto dalla delega al Governo in materia di federalismo fiscale (legge 5 maggio 2009, n. 42), l’articolo 2 del decreto legislativo n. 23 stabiliva che dal 2011 i comuni avrebbero dovuto incamerare il gettito derivante - tra l'altro - dall'imposizione indiretta dei trasferimenti immobiliari, ovvero dall'imposta di registro e bollo sugli atti di trasferimento di proprietà e di altri diritti reali su immobili, dalle imposte ipotecaria e catastale ad eccezione di quelle relative ad atti soggetti ad IVA, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie. Inoltre, l’articolo 10 del decreto legislativo richiamato ha introdotto, a partire dal 1° gennaio 2014, un'aliquota unica, pari al 9 per cento per l’imposta di registro relativa ai trasferimenti immobiliari, ad eccezione della casa adibita ad abitazione principale non di lusso, cui si applica l'aliquota agevolata del 2 per cento (in luogo del precedente 3 per cento) e l'imposta, comunque, non può essere inferiore a 1.000 euro.

Pertanto per effetto delle disposizioni recate dall'articolo 10, è stato riformulato l'articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 al fine di prevedere due aliquote per la tassazione degli atti, nella misura rispettivamente del 9 e del 2 per cento.

Successivamente l'articolo 26, comma 2, del decreto legge n. 104 del 2013 ha disposto che sono soggetti a ciascuna delle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa 50 euro le operazioni di vendita di immobili tra privati o impresa con vendita esente da Iva  mentre ha elevato da 168 a 200 euro l'importo di ciascuna delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in tutti quei casi in cui esso sia stabilito in misura fissa da disposizioni vigenti anteriormente al 1° gennaio 2014.

Ulteriori  modifiche al regime dei trasferimenti immobiliari sono state introdotte dalla legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013):

§  il comma 729 sopprime la devoluzione ai comuni del gettito della fiscalità immobiliare prevista nel decreto legislativo n. 23 del 2011 sul federalismo municipale (imposte di registro, ipotecarie, ipocatastali, cedolare secca ed altre);

§  il comma 608 ripristina le agevolazioni per la piccola proprietà contadina già soppresse dal decreto legislativo n. 23 del 2011: pertanto gli atti di trasferimento a titolo oneroso di terreni e relative pertinenze, qualificati agricoli in base a strumenti urbanistici vigenti, posti in essere a favore di coltivatori diretti ed imprenditori agricoli professionali, sono soggetti alle imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa ed all'imposta catastale nella misura dell'1 per cento; gli onorari dei notai per gli atti suindicati sono ridotti alla metà;

§  il comma 609 stabilisce che qualora il trasferimento abbia per oggetto terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali l'imposta si applica nella misura del 12 per cento;

§  il comma 737 stabilisce che agli atti aventi ad oggetto trasferimenti gratuiti di beni di qualsiasi natura effettuati nell'ambito di operazioni di riorganizzazione tra enti appartenenti alla medesima struttura organizzativa politica, sindacale, di categoria, religiosa, assistenziale o culturale, si applicano le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna.

 

L'Agenzia delle entrate ha emanato la circolare n. 2/E del 21 febbraio 2014 che reca i chiarimenti in materia di trasferimenti immobiliari alla luce della nuova disciplina introdotta nel corso del 2014.

La legge di stabilità 2016, al comma 905, innalza dal 12 per cento al 15 per cento l'aliquota relativa ai trasferimenti aventi per oggetto terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale, mentre al comma 55 consente di usufruire dell'imposta di registro con l’aliquota agevolata al 2 per cento, prevista per l'acquisto dell’abitazione principale, anche a chi al momento del rogito possiede già un immobile, a condizione che lo alieni entro un anno dalla data dell'atto.

Infine, la legge di bilancio per il 2017 (art. 1, comma 47 della legge 11 dicembre 2016, n. 232) ha previsto che i trasferimenti di proprietà a qualsiasi titolo di fondi rustici nei territori montani, finalizzati all'arrotondamento della proprietà contadina, continuino a godere della agevolazione fiscale prevista dall'art. 9 del D.P.R. n. 601 del 1973 (imposta di registro ed ipotecaria in misura fissa ed esenzione dalle imposte catastali).

    Pertanto sulla base delle norme richiamate sono attualmente previste tre aliquote di imposta di registro nella misura rispettivamente del:

 

9 per cento

per gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi

2 per cento

per i trasferimenti che hanno per oggetto case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis)

15 per cento

per i trasferimenti che hanno per oggetto terreni agricoli e relative pertinenze a favore di soggetti diversi dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, iscritti nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale

 

Inoltre, in base a quanto disposto dall’articolo 69, comma 3, della legge 21 novembre 2000, n. 342, il trasferimento di proprietà per donazione e successione è soggetto a imposta ipotecaria fissa di 200 euro (168 euro fino al  2013) se  il beneficiario dichiara di essere in possesso dei requisiti per ottenere le agevolazioni sulla prima casa. In tutti gli altri casi si applica l'imposta con le aliquote ordinarie.

L’interessato, per poter beneficiare dell’agevolazione, deve pertanto dichiarare:

§  di avere la residenza nel territorio del comune ove è ubicato l'immobile da acquistare o di volerla stabilire entro diciotto mesi dall'acquisto;

§  di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare;

§  di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni.

Le aliquote ordinarie altrimenti applicabili sulla donazione e sulla successione di un bene immobile o di un diritto reale immobiliare sono:

§  l’imposta ipotecaria, nella misura del 2 per cento del valore dell’immobile;

§  l’imposta catastale, nella misura dell’1 per cento del valore dell’immobile.

 


 

Le imposte sui redditi degli immobili

Per quanto riguarda gli immobili delle persone fisiche, in linea generale i redditi degli immobili sono cumulati con gli altri redditi del possessore ed assoggettati alle aliquote previste per tale imposta, ai sensi delle disposizioni del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986; l’articolo 6, comma 1, lettera a) richiama i redditi fondiari tra quelli assoggettati a imposta e l’articolo 11 individua scaglioni e aliquote). Stante la progressività dell’IRPEF, uno stesso reddito derivante da immobili può dunque essere tassato in misura più o meno elevata a seconda del reddito complessivo nel quale è confluito.

Vige dunque l’obbligo per il contribuente di esporre in dichiarazione i dati degli immobili posseduti, tranne quelli che non producono reddito di fabbricati (tra cui, gli immobili adibiti esclusivamente alla propria attività professionale e d’impresa, i fabbricati rurali destinati all’agriturismo, quelli destinati all’esercizio del culto, le costruzioni strumentali alle attività agricole, eccetera).  Ai sensi delle norme istitutive dell’IMU (articoli 8 e 9 del D.Lgs. n. 23 del 2011 e articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011), dal 1° gennaio 2012 l’IRPEF e le relative addizionali regionale e comunale non sono dovute sui fabbricati assoggettati a IMU, ad eccezione degli immobili concessi in locazione (cd. effetto di sostituzione IMU-IRPEF). Dall’altro lato gli immobili concessi in locazione sono sottoposti a anche IRPEF secondo le aliquote ordinarie ovvero, su scelta del contribuente, con una tassazione piatta ad aliquota unica (“cedolare secca” per cui si veda infra). In linea generale i fabbricati esenti da IMU, anche se non locati, sono assoggettati alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, salve specifiche ipotesi (tra cui l’abitazione principale del contribuente).

 

Si ricorda in questa sede che l’abitazione principale del contribuente non concorre alla formazione del reddito ai fini IRPEF e gode di importanti agevolazioni fiscali, tra le quali la detraibilità degli interessi passivi sui mutui ipotecari contratti per l’acquisto, la costruzione o la ristrutturazione dell’immobile; il trattamento fiscale dell’abitazione principale è stato oggetto di numerosi interventi normativi, negli ultimi anni, con particolare riferimento alle imposte patrimoniali comunali, al cui capitolo si rinvia per ulteriori approfondimenti.

 

Per quanto riguarda i terreni, il relativo reddito è costituito dal reddito dominicale (articolo 28 TUIR) e dal reddito agrario (articolo 32 TUIR). Quello dominicale è la parte di reddito fondiario che remunera la proprietà, mentre quello agrario è la parte di reddito fondiario attribuita al capitale di esercizio e all'organizzazione nell'attività agricola.

Il proprietario del terreno o il titolare di altro diritto reale sullo stesso deve dichiarare sia il reddito dominicale sia quello agrario. Se un’altra persona vi esercita un’attività agricola, il reddito dominicale spetta, comunque, al proprietario del terreno, il reddito agrario a chi svolge l’attività agricola (articolo 33 TUIR). Dal periodo d’imposta 2012, sul reddito dominicale dei terreni non affittati non è più dovuta l’IRPEF (e le relative addizionali), in quanto sostituita dall’IMU. Per i terreni affittati sono dovute, invece, sia l’IMU che l’IRPEF. I terreni esenti da IMU, anche se non affittati, sono assoggettati, ove dovute, alle imposte sui redditi e alle relative addizionali.  Per un approfondimento su IMU e terreni agricoli, per cui vige un regime speciale si rinvia al capitolo relativo alla tassazione in agricoltura.

 

Con riferimento alle società, l’IRES viene applicata sui proventi derivanti dai cd. immobili-patrimonio, ossia gli immobili estranei all’attività di impresa, in quanto non rappresentano beni strumentali e sono beni la cui produzione/scambio non è oggetto dell’attività di impresa. Di conseguenza, ai sensi dell’articolo 90 TUIR, essi non concorrono alla formazione del reddito d’impresa e vengono distinti sulla base dell’ubicazione dell’immobile.

In particolare:

§  gli immobili situati nel territorio dello Stato seguono la disciplina dei già citati redditi fondiari;

§  gli immobili situati all’estero seguono le disposizioni dell’articolo 70 TUIR, ovvero i relativi redditi fondiari concorrono a formare il reddito complessivo nell'ammontare e per il periodo di imposta in cui sono percepiti.

Con riferimento agli immobili patrimonio non locati, il reddito è determinato in base alla rendita catastale rivalutata; la percentuale di rivalutazione dipende dalla tipologia di immobile. Nel caso si tratti di immobili a disposizione, l’articolo 41 TUIR dispone inoltre la maggiorazione di un terzo.  Ove gli immobili patrimonio siano locati a terzi (articolo 90, comma 1 TUIR), essi concorrono a formare il reddito d’impresa per un imponibile pari al maggior valore tra:

§  la rendita catastale rivalutata del 5%

§  il canone di locazione pattuito in contratto, assunto per l’intero importo ovvero eventualmente ridotto dell’importo delle spese di manutenzione ordinaria effettivamente sostenute sull’immobile e rimaste a carico dell’impresa, considerate fino a corrispondenza di un tetto massimo di riduzione dei canoni di locazione pari al 15% dei medesimi.

 

Vi è altresì uno specifico regime per gli immobili di interesse storico o artistico: in estrema sintesi, il citato articolo 90 dispone che, se il canone risultante dal contratto di locazione ridotto del 35% è superiore al reddito medio ordinario dell’unità immobiliare, il reddito deve essere determinato in misura pari a quella del canone di locazione, ma al netto di tale riduzione.

Dal momento che non sono parte del reddito d’impresa, per gli immobili patrimonio non è possibile dedurre le spese e gli altri componenti negativi relativi agli immobili stessi, compresi gli ammortamenti.

I proventi delle locazioni: la cedolare secca

Come anticipato in precedenza, il reddito degli immobili concessi in locazione è sottoposto di norma a IRPEF secondo le aliquote ordinarie. Su scelta del contribuente, tuttavia, è possibile optare per una tassazione flat ad aliquota unica (cedolare secca). Se per il fabbricato locato non si è scelto il sistema della cedolare secca, nella dichiarazione dei redditi deve essere indicato (articolo 37 TUIR):

§   il canone ridotto del 5%;

§   il canone ridotto del 25%, per i fabbricati situati nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, Murano e Burano;

§  il canone ridotto del 35%, se l’immobile è riconosciuto di interesse storico o artistico.

 

Introdotto dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 23 del 2011, il regime della cd. cedolare secca consente di applicare ai proventi da locazione un’imposta sostitutiva in misura fissa, con aliquota pari al 21% per i contratti a canone libero e al 19% per i contratti a canone concordato (ridotta al 15% e infine al 10% per il periodo 2014-2017), previo esercizio dell’opzione da parte dei contribuenti. In più, per i contratti sotto cedolare secca non andranno pagate l’imposta di registro e l’imposta di bollo, ordinariamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione. La cedolare secca non sostituisce l’imposta di registro per la cessione del contratto di locazione.

Optando per la cedolare, il contribuente locatore rinuncia alla facoltà di chiedere, per tutta la durata dell’opzione, l’aggiornamento del canone di locazione, anche se è previsto nel contratto, inclusa la variazione Istat.

Se il fabbricato si trova in un comune ad alta densità abitativa ed è locato a “canone concordato”, in base agli accordi territoriali definiti tra le organizzazioni dei proprietari e degli inquilini più rappresentative a livello nazionale, è prevista un’ulteriore riduzione del 30% del canone. Nel caso di opzione per la cedolare secca, nella dichiarazione dei redditi va indicato il 100% del canone.

L’opzione era inizialmente esercitabile dalle sole persone fisiche titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento (per esempio, usufrutto), che non locano l’immobile nell’esercizio di attività di impresa o di arti e professioni (articolo 3 D.Lgs. n. 23 del 2011).

La legge di bilancio 2019 ha esteso il regime anche alle locazioni di immobili strumentali appartenenti alla categoria catastale C/1: negozi e botteghe, ovvero locali per attività commerciale per vendita o rivendita di prodotti.

Pertanto, l’opzione per la cedolare secca non si applica a tutti gli immobili non abitativi, ma solo a quelli destinati ad attività commerciale di vendita o rivendita di prodotti, restando escluse, ad esempio, le locazioni di immobili ad uso uffici o studi privati (categoria A/10).

L’agevolazione è estesa alle relative pertinenze, che sono quelle classificate nelle categorie catastali C/2 (magazzini e locali di deposito), C/6 (stalle scuderie e rimesse) e C/7 (tettoie chiuse e aperte), se congiuntamente locate.

 

L’esercizio dell’opzione implica che siano applicate le norme sulla cedolare secca per l’intero periodo di durata del contratto (o della proroga) o, nei casi in cui l’opzione sia esercitata nelle annualità successive alla prima, per il residuo periodo di durata del contratto. Il locatore ha comunque la facoltà di revocare l’opzione in ciascuna annualità contrattuale successiva a quella in cui è stata esercitata. In caso di proroga del contratto, è necessario confermare l’opzione della cedolare secca contestualmente alla comunicazione di proroga. In caso di risoluzione del contratto, l’imposta di registro non è dovuta se tutti i locatori hanno optato per il regime della cedolare secca.

Come anticipato, l’aliquota è pari al 21% sul canone di locazione annuo.

E’, inoltre, prevista un’aliquota ridotta, fissata al 10% sino al 2019 (originariamente fissata al 15% e così abbassata dalla legge di bilancio 2018) per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate:

§  nei comuni con carenze di disponibilità abitative (articolo 1, lettere a) e b) del decreto-legge n- 551/1988): Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi nonché gli altri comuni capoluogo di provincia;

§  nei comuni ad alta tensione abitativa (individuati dal CIPE);

§  nei comuni in cui sia stato deliberato lo stato di emergenza nei cinque anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 47 del 2014 (28 maggio 2014).

    Il reddito assoggettato a cedolare è escluso dal reddito complessivo del contribuente e su di esso non si applicano oneri deducibili, né detrazioni d’imposta. Esso è compreso nel reddito ai fini del riconoscimento della spettanza o della determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo collegati al possesso di requisiti reddituali (determinazione dell’Isee, determinazione del reddito per essere considerato a carico).

 

    L’articolo 4 del decreto legge n. 50 del 2017 ha esteso la cedolare secca con aliquota al 21% alle cd. locazioni brevi, ovvero ai contratti di locazione di immobili a uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio dell’attività d’impresa, per i quali non vi è l’obbligo di registrazione se non formati per atto pubblico o scrittura privata autentica. Il regime si applica anche ai redditi derivanti dai contratti di sublocazione, di concessione in godimento oneroso dell’immobile da parte del comodatario, di locazione che comprende servizi accessori (per esempio, la pulizia, la fornitura di biancheria).

    Tale regime si applica sia quando i contratti sono conclusi direttamente tra il proprietario (o il sublocatore o il comodatario) e i locatari, sia quando per la loro stipula o per il pagamento dei canoni o dei corrispettivi intervengono soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare. In tali situazioni, la legge individua precisi adempimenti nei confronti degli intermediari.

 


 

La riforma del catasto

La legge 11 marzo 2014, n. 23, in materia di revisione del sistema fiscale, delegava il Governo ad attuare con decreti legislativi una revisione della disciplina relativa al sistema estimativo del catasto dei fabbricati in tutto il territorio nazionale, attribuendo a ciascuna unità immobiliare il relativo valore patrimoniale e la rendita.

Tra i principi e criteri per la determinazione del valore catastale la delega indicava, in particolare, la definizione degli ambiti territoriali del mercato, nonché la determinazione del valore patrimoniale utilizzando il metro quadrato come unità di consistenza in luogo del numero dei vani. Doveva essere assicurato altresì il coinvolgimento dei comuni nel processo di revisione delle rendite, anche al fine di assoggettare a tassazione gli immobili ancora non censiti.

La riforma sarebbe dovuta avvenire a invarianza di gettito, tenendo conto delle condizioni socio-economiche e dell'ampiezza e composizione del nucleo familiare, così come riflesse nell'ISEE, da rilevare anche attraverso le informazioni fornite dal contribuente, per il quale sono previste particolari misure di tutela anticipata in relazione all'attribuzione delle nuove rendite, anche nella forma dell'autotutela amministrativa.

Era previsto inoltre un meccanismo di monitoraggio da parte del Parlamento del processo di revisione delle rendite.

Contestualmente si disponeva di aggiornare i trasferimenti perequativi ai comuni e di ridefinire le competenze delle commissioni censuarie, in particolare attribuendo loro il compito di validare le funzioni statistiche (che sono pubblicate al fine di garantire la trasparenza del processo estimativo) utilizzate per determinare i valori patrimoniali e le rendite, nonché introducendo procedure deflattive del contenzioso.

La delega fiscale, il cui termine di esercizio è scaduto il 27 giugno 2015, è stata attuata parzialmente solo con riferimento alla composizione, alle attribuzioni e al funzionamento delle commissioni censuarie.

Si segnala, da ultimo, che durante l’esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2018 nella seduta del 9 ottobre 2018 della VI Commissione Finanze della Camera dei deputati, il relatore del provvedimento, Raffaele Trano, ha rappresentato che in riferimento alla revisione delle rendite catastali richiesta dalla Raccomandazione n.1 della Commissione UE, in questa fase il Governo non ritiene opportuno rivedere nuovamente l'imposizione sugli immobili, in quanto oggetto di numerosi cambiamenti legislativi negli ultimi anni.

Si ricorda che la Raccomandazione n. 1 della Commissione UE in materia di aggiustamenti di bilancio e fiscalità chiedeva al Governo di riformare i valori catastali non aggiornati.

Il catasto dei fabbricati

Con il termine catasto sono indicati sia l'insieme delle operazioni volte a stabilire l'estensione, la qualità, la rendita e l'appartenenza dei beni immobili siti su un determinato territorio (accatastare), sia i documenti contenenti i risultati di tali operazioni. In sostanza il catasto ha lo scopo di individuare e registrare l'estensione e l'appartenenza dei beni immobili presenti in un determinato territorio. Tralasciando l’evoluzione storica del catasto, alla nascita del Regno d’Italia erano presenti 22 differenti tipi di catasto, raggruppati in 9 compartimenti. Con la legge n. 5784 del 1870 e con il R.D. n. 267 del 1871 è stato costituito un catasto dei fabbricati a carattere nazionale, mentre con il R.D. n. 652 del 1939 è stato disciplinato l'accertamento generale dei fabbricati urbani, la rivalutazione del relativo reddito e la formazione del nuovo catasto edilizio urbano.

Con il D.P.R. n. 1142 del 1949 è stato emanato il regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano. L’articolo 9 del decreto legge n. 557 del 1993 ha disposto il censimento di tutti i fabbricati o porzioni di fabbricati rurali e la loro iscrizione, mantenendo tale qualificazione, nel catasto edilizio urbano, che assumerà la denominazione di catasto dei fabbricati.

Sulla materia sono quindi intervenuti la legge n. 662 del 1996 e il D.P.R. n. 138 del 1998, quest’ultimo recante norme per la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane. Al riguardo si segnala che, tuttavia, la revisione è rimasta inattuata e pertanto la materia continua ad essere disciplinata dal D.P.R. n. 1142. Il decreto del Ministro delle finanze n.701 del 1994 ha disciplinato l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari.

La legge 30 dicembre 2004, n. 311 ha previsto la facoltà di presentare mediante strumenti telematici gli atti di aggiornamento del catasto e di modifica delle rendite catastali: l’estensione progressiva di tale servizio a tutti gli atti nel catasto e nei registri immobiliari è prevista dall’articolo 1, comma 3, del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 2.

L'articolo 64 del decreto legislativo n. 300 del 1999 attribuisce all'Agenzia del territorio - nata a seguito della riforma del Ministero dell'economia e delle finanze ed ora confluita nell’Agenzia delle entrate (articolo 23-quater del decreto-legge n. 95 del 2012) - la competenza a svolgere i servizi relativi al catasto, i servizi topocartografici e quelli relativi alle conservatorie dei registri immobiliari, con il compito di costituire l'anagrafe dei beni immobiliari esistenti sul territorio nazionale sviluppando l'integrazione fra i sistemi informativi attinenti alla funzione fiscale ed alle trascrizioni in materia di diritti sugli immobili. L'Agenzia è chiamata a operare in collaborazione con gli enti locali per favorire lo sviluppo di un sistema integrato di conoscenze sul territorio.

Il decreto-legge n. 16 del 2012 (semplificazioni fiscali) ha soppresso la competenza dell’Agenzia in materia di servizi estimativi da offrire direttamente sul mercato, sostituendola con un’attività di valutazione immobiliare e tecnico-estimativa a favore delle amministrazioni pubbliche. Lo svolgimento di tali servizi per le amministrazioni richiedenti è inquadrato nelle forme degli accordi di cui all’articolo 15 della legge sul procedimento amministrativo (legge n. 241 del 1990) e deve prevedere il rimborso dei costi sostenuti dall’Agenzia, sulla base di quanto stabilito nella convenzione tra il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia per l’erogazione dei servizi oggetto della convenzione medesima.

Il decentramento delle funzioni catastali

L’articolo 65 del decreto legislativo n. 112 del 1998 ha identificato le funzioni in tema di catasto, servizi geotopografici e conservazione dei registri immobiliari che rimanevano in capo allo Stato, specificando, al successivo articolo 66, quelle che invece venivano attribuite agli enti locali. Tuttavia il decentramento delle funzioni catastali ai comuni, attraverso appositi D.P.C.M. che individuavano le risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire ai comuni per l'esercizio delle funzioni in materia di catasto, ha incontrato notevoli difficoltà in sede di predisposizione dei processi attuativi. Pertanto, con la legge finanziaria 2007 (articolo 1, commi da 194 a 200 della legge n. 296 del 2006), il legislatore è intervento sulla materia definendo la seguente ripartizione di competenze, volta a superare la precedente rigidità:

§  l’attribuzione allo Stato delle metodologie catastali, di una parte della gestione operativa del catasto, comprensiva della gestione unitaria della banca dati del catasto nonché il controllo ed il coordinamento complessivo del sistema;

§  l’affidamento ai comuni di parte della gestione operativa, che i comuni possono esercitare sia direttamente - in forma singola o associata tra comuni che indirettamente, avvalendosi di una convenzione decennale con l’Agenzia del territorio (ora Agenzia delle entrate) per tutte o parte delle funzioni.

Sostanzialmente i comuni sono responsabili della conservazione degli atti catastali, della loro utilizzazione e aggiornamento e ne è prevista la partecipazione al processo di determinazione degli estimi catastali ma è rimessa a loro la scelta del livello di complessità e completezza che intendono assumere nella gestione diretta delle funzioni catastali.

Con il D.P.C.M. 14 giugno 2007 e con il Protocollo d’intesa tra ANCI-Agenzia del territorio del 4 giugno 2007 sono state definite le modalità ed i termini per il graduale trasferimento di funzioni e conseguente ripartizione del personale tra gli enti (D.P.C.M. 27 marzo 2008).

Successivamente, l’articolo 19, commi da 1 a 3, del decreto legge n. 78 del 2010 ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2011, l'attivazione dell’Anagrafe Immobiliare Integrata, per l'integrazione delle banche dati disponibili presso l'Agenzia del territorio, con l'individuazione dei soggetti titolari dei diritti reali, demandando a più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze la disciplina dell'accesso da parte dei comuni all'Anagrafe e le modalità di erogazione, effetti e diritti di rilascio di un'attestazione integrata ipotecario-catastale.

L’Anagrafe Immobiliare Integrata costituisce un archivio informatizzato dei beni immobili, riguardante le caratteristiche (ubicazione, consistenza, rappresentazione grafica, valore fiscale) e i diritti reali, di godimento e di garanzia, con l'indicazione dei relativi soggetti titolari. L’integrazione delle informazioni riguarda la rappresentazione degli immobili, la loro collocazione sul territorio, le variazioni delle caratteristiche oggettive nonché i dati sul possesso e sui vincoli che gravano sugli immobili. Per garantire la correttezza delle informazioni, gli aggiornamento si basano, non solo sulle dichiarazione delle parti, ma sul riscontro con i documenti e le banche dati certificate di riferimento. I successivi commi 4, 5 e 6 recano la disciplina delle modalità di accesso dei comuni alle banche dati dell'Agenzia del territorio (c.d. opzione base) e della gestione partecipata delle funzioni di accettazione e di registrazione degli atti da parte dei comuni e dell'Agenzia stessa (c.d. opzione evoluta). Si stabiliscono inoltre le funzioni in materia catastale che rimangono allo Stato e che verranno svolte dall'Agenzia del territorio.

Per quanto riguarda gli immobili non censiti in catasto (c.d. immobili fantasma), si ricorda che prima con l’articolo 2, comma 36 e seguenti del decreto legge n. 262 del 2006 e poi con l’articolo 19, comma 8 e seguenti, del decreto legge n. 78 del 2010 il legislatore ha indicato procedure e modalità di dichiarazione per la presentazione in catasto della dichiarazione di aggiornamento catastale per quei fabbricati iscritti al catasto terreni per i quali siano venuti meno i requisiti per il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali, nonché quelli che non risultano dichiarati al catasto, disponendo l’attribuzione di una rendita presunta da parte dell’Agenzia del territorio in caso di inottemperanza dell’azione da parte dei titolari dei diritti reali sui predetti immobili (provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio del 19 aprile 2011).

Al fine di rafforzare la capacità di gestione delle entrate comunali e di incentivare la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento tributario, l’articolo 2, comma 10, del decreto legge n. 23 del 2011 (federalismo fiscale) ha:

§  assicurato al comune interessato il maggior gettito derivante dall'accatastamento degli immobili finora non dichiarati in catasto;

§  elevato dal 33 al 50 per cento la quota del maggior gettito ottenuto a seguito dell’intervento dell’ente locale nell’attività di accertamento dei tributi statali riconosciuta ai comuni ai sensi dell'articolo 1, comma 1, decreto legge n. 203 del 2005, attribuendola in via provvisoria anche in relazione alle somme riscosse a titolo non definitivo; da ultimo, l’articolo 1, comma 12-bis, del decreto legge n.138 del 2011 ha assegnato ai comuni, per gli anni 2012, 2013 e 2014, l’intero maggior gettito ottenuto a seguito dell’intervento svolto dall’ente stesso nell’attività di accertamento, anche se si tratta di somme riscosse a titolo non definitivo e fermo restando il successivo recupero delle stesse ove rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo; il comma 702 della legge di stabilità 2015 ha rideterminato tale quota, per il triennio 2015-2017, al 55 per cento; l'articolo 10, comma 12-duodecies del decreto-legge n. 192 del 2014, modificando il D.L. n. 138 del 2011, ha disposto che fino al 2017 venga riconosciuto ai comuni il 100 per cento delle maggiori somme riscosse per effetto della partecipazione dei comuni stessi all'azione di contrasto all'evasione; da ultimo, è stato esteso agli anni 2018 e 2019 l'incentivo previsto per la partecipazione dei comuni all'attività di accertamento tributario pari al 100 per cento del riscosso ( articolo 4, co. 8-bis del D.L. n. 193 del 2016);

§  autorizzato i singoli comuni all’accesso, secondo le modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, ai dati contenuti nell'anagrafe tributaria, nonché a qualsiasi altra banca dati pubblica limitatamente ad immobili presenti ovvero a soggetti aventi domicilio fiscale nel comune, che possa essere rilevante per il controllo dell'evasione erariale o di tributi locali.

 

L’Osservatorio del mercato immobiliare

In base a quanto disposto dall’articolo 64 del decreto legislativo n. 300 del 1999, come modificato dal decreto legge n. 16 del 2012, l’Agenzia del territorio gestisce l’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI). L’Osservatorio cura la rilevazione e l’elaborazione delle informazioni di carattere tecnico-economico relative ai valori immobiliari, al mercato degli affitti e ai tassi di rendita e la pubblicazione di studi ed elaborazioni e la valorizzazione statistica degli archivi dell'Agenzia del territorio. Tra le sue attività ci sono anche l'analisi, la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di profili teorici, applicativi e di innovazione nelle materie istituzionali, con specifico riferimento alla definizione dei valori immobiliari.

Nella banca dati OMI, presente sul sito dell’Agenzia, sono pubblicate con cadenza semestrale le quotazioni relative agli 8.100 comuni dell’intero territorio nazionale, per diverse tipologie nell’ambito delle destinazioni residenziale, commerciale, terziaria e produttiva. Le quotazioni individuano un livello minimo e un livello massimo per unità di superficie riferite ad unità immobiliari ordinarie (quindi non sono considerate quelle di pregio o in stato di degrado) classificate in una determinata tipologia edilizia e situate in un determinato ambito territoriale omogeneo: la c.d. zona OMI. Come precisato sul sito e sul Manuale operativo i valori contenuti nella banca dati delle quotazioni immobiliari non possono intendersi sostitutivi della stima, ma sono soltanto di ausilio alla stessa, portando ad indicazioni di valore di massima.

Sul sito dell’Agenzia sono inoltre pubblicate:

Statistiche trimestrali - dati sull’andamento del mercato immobiliare nel trimestre di riferimento, desunti dalle note di trascrizione degli atti di compravendita, registrati presso gli uffici di Pubblicità Immobiliare dell’Agenzia, incrociati con gli archivi del catasto edilizio urbano;

Rapporti mutui ipotecar - analisi degli atti di iscrizione ipotecaria a garanzia di mutui con le principali statistiche sul numero degli immobili ipotecati, il capitale finanziato, tassi di interesse e durate, per tipologia di atto e destinazione del finanziamento;

Rapporti immobiliari residenziali - analisi completa del mercato immobiliare del settore residenziale con il contributo dell'ABI: dati di consuntivo annuo relativo ai volumi di compravendita delle abitazioni e delle pertinenze residenziali, alle superfici compravendute e ai valori di scambio, agli acquisti assistiti da mutui ipotecari, alle locazioni e all’indice di affordability;

Rapporti immobiliari non residenziali - pubblicazioni dedicate alle compravendite di unità immobiliari di tipo produttivo, terziario e commerciale e sono realizzati congiuntamente dall’Agenzia e da Assilea (Associazione nazionale delle società di leasing);

Statistiche regionali - analisi del mercato residenziale, dati strutturali delle singole province. Le statistiche regionali sono realizzate dalle direzioni regionali e dagli uffici provinciali – territorio in collaborazione con l’ufficio statistiche e studi del mercato immobiliare della direzione centrale OMISE;

Statistiche catastali - sintesi su numerosità, consistenza e rendita catastale dello stock dei fabbricati, così come censito nella banca dati del catasto edilizio urbano aggiornato al 31 dicembre di ogni anno;

Sondaggio congiunturale mercato immobiliare - sondaggio trimestrale realizzato in collaborazione con Banca d'Italia e Tecnoborsa, condotto presso un campione rappresentativo di agenti immobiliari, offre un quadro completo dell'andamento del mercato delle abitazioni;

Quaderni dell'Osservatorio - pubblicazione annuale che raccoglie gli studi e le ricerche dell’Osservatorio. Uno spazio per gli esperti del settore che possono offrire spunti di riflessione e analisi dei dati sul mercato immobiliare italiano.

La classificazione degli immobili

L’articolo 8 del R.D.L. n. 652 del 1939 dispone che per la determinazione della rendita catastale, le unità immobiliari sono distinte, a seconda delle loro condizioni estrinseche ed intrinseche, in categorie e ciascuna categoria in classi. Per ciascuna categoria e classe è determinata la relativa tariffa, la quale esprime in moneta legale la rendita catastale.

Ai sensi dell’articolo 7 del D.P.R. n. 1142 del 1949 gli immobili vengono classificati attraverso la suddivisione di ogni categoria - cioè delle specie essenzialmente differenti per le caratteristiche intrinseche che determinano la destinazione ordinaria delle unità immobiliari stesse - in tante classi quanti sono i gradi diversi delle rispettive capacità di reddito, tenuto conto delle condizioni influenti sulla relativa rendita catastale. Le categorie ordinarie riguardano i gruppi da A a C. Non si procede al classamento – e quindi si ha la destinazione speciale o particolare – per le categorie comprendenti unità immobiliari costituite da opifici costruiti per le speciali esigenze di una attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni. Parimenti non si classificano le unità immobiliari che, per la singolarità delle loro caratteristiche, non siano raggruppabili in classi, quali stazioni per servizi di trasporto terrestri e di navigazione interna, marittimi ed aerei, fortificazioni, fari, fabbricati destinati all'esercizio pubblico del culto, costruzioni mortuarie, e simili (art. 8). Gli immobili a destinazione speciale sono ricompresi nel gruppo D, mentre quelli a destinazione particolare sono nei gruppi E e F.

Anche il D.P.R. n. 138 del 1998, di revisione generale delle zone censuarie, all’Allegato B, opera una distinzione tra unità immobiliare ordinarie (gruppi R, P e T) e speciali (gruppi V e Z).

La misura della consistenza dell'unità immobiliare

L’articolo 44 del D.P.R. n. 1142 del 1949 stabilisce che per ciascuna unità immobiliare accertata la consistenza sia determina computandola in base agli elementi unitari di misura quale risulta al momento dell'accertamento. L’articolo 45 specifica che per la misura della consistenza dell'unità immobiliare con destinazione ordinaria ad uso di abitazione si assume come elemento unitario il vano utile. Si considera vano utile quello che ha destinazione principale (camera, stanza, salone, galleria e simili), nell'uso ordinario della unità immobiliare. Il successivo articolo 46 specifica le modalità di computo dei vani accessori.

Per la misura della consistenza delle unità immobiliari con destinazione ordinaria ad uso di alloggi collettivi (collegi, ospizi, conventi, caserme, ospedali, prigioni e simili) di uffici pubblici, di scuole, di musei e simili, si assume come elemento unitario il metro cubo (art. 48), mentre per le unità immobiliari con destinazione ordinaria ad uso negozi, botteghe, magazzini, locali di deposito, laboratori per arti e mestieri, stalle, scuderie, autorimesse, palestre, tettoie e simili, si assume come elemento ordinario il metro quadrato (art. 49).

Non si accerta la consistenza catastale per gli immobili a destinazione speciale o particolare. Tuttavia essi sono descritto in catasto mediante la elencazione dei loro elementi costituitivi (art. 53). Si ricorda, peraltro, che il legislatore, già con decreto legge n. 557 del 1993, all’articolo 9, comma 11, ultimo periodo, come modificato dall’articolo 1, comma 5, del decreto legge n. 250 del 1995, aveva già previsto, per il futuro catasto dei fabbricati, l’assunzione del metro quadrato come parametro unitario di determinazione delle tariffe d’estimo delle unità immobiliari a destinazione ordinaria. Infatti l’articolo 3 del D.P.R. n. 138 del 1998 aveva stabilito che l'unità di consistenza delle unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria indicate nel quadro generale di cui all'allegato B, fosse il metro quadrato di superficie catastale, specificando, all’Allegato C i criteri tecnici per la determinazione di tale superficie.

La revisione delle tariffe d'estimo

La disciplina sul catasto edilizio urbano prevedeva la possibilità di revisione delle tariffe d'estimo in determinate zone censuarie e dei quadri di qualificazione e classificazione in caso di sopravvenute variazioni permanenti rispettivamente nello stato e capacità di reddito o nello stato delle unità immobiliari (art. 34 legge n. 1249/1939 e art. 13 D.P.R. n. 1142/1949).

Numerosi interventi legislativi hanno riguardato l'aggiornamento del catasto e la revisione delle tariffe d’estimo e della rendita catastale, a partire dalla legge delega di riforma del sistema tributario n. 825 del 1971.

Una prima innovazione è stata introdotta con il D.P.R. n. 597 del 1973, che ha ribadito la necessità di revisione periodica dei redditi catastali e dunque delle tariffe d'estimo delle particelle e delle unità immobiliari urbane qualora per fatti sopravvenuti il rispettivo accatastamento non rispecchi più le condizioni economiche e di mercato dell'immobile.

Il D.P.R. n. 604 del 1973 ha disposto la revisione generale degli estimi dei terreni e dei fabbricati entro dieci anni a decorrere dall'entrata in vigore dello stesso (1° gennaio 1974): il termine, più volte prorogato, è stato attuato con D.M. 20 gennaio 1990 che ha determinato le nuove tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane per l'intero territorio nazionale (D.M. 27 settembre 1991). In seguito alla dichiarazione di illegittimità degli estimi pubblicati con D.M. 27 settembre 1991 da parte del giudice amministrativo, la legge n. 75 del 1993 ha previsto la possibilità di ricorso da parte dei comuni per il riesame delle tariffe e la perimetrazione delle zone censuarie ed ha affermato la validità provvisoria degli estimi annullati sino alla nuova revisione generale, che avrebbe dovuto essere attuata con i decreti legislativi attuativi della delega prevista, prima dalla legge n. 549 del 1995 (ma mai emanati), e poi dalla legge n. 662 del 1996. Infatti l’articolo 3, comma 154, della legge n. 662 del 1996, che ha disposto, con uno o più regolamenti, la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d'estimo, della qualificazione, della classificazione e del classamento delle unità immobiliari e dei terreni e dei relativi criteri nonché delle commissioni censuarie, secondo determinati principi, tra i quali:

§  attribuzione ai comuni di competenze in ordine alla articolazione del territorio comunale in microzone omogenee, secondo criteri generali uniformi;

§  individuazione delle tariffe d'estimo di reddito facendo riferimento, al fine di determinare la redditività media ordinariamente ritraibile dalla unità immobiliare, ai valori e ai redditi medi espressi dal mercato immobiliare con esclusione di regimi legali di determinazione dei canoni;

§  intervento dei comuni nel procedimento di determinazione delle tariffe d'estimo, attraverso le Conferenze di servizi;

§  attribuzione della rendita catastale alle unità appartenenti alle varie categorie ordinarie con criteri che tengono conto dei caratteri specifici dell'unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l'unità è sita.

 

In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.P.R. n. 138 del 1998, che all’articolo 1 ha disposto la revisione delle zone censuarie, mentre all’articolo 2 ha previsto l’articolazione del territorio comunale in microzone, cioè quella porzione di territorio che presenta omogeneità nei caratteri di posizione, urbanistici, storico-ambientali, socio-economici, nonché nella dotazione dei servizi ed infrastrutture urbane. In ciascuna microzona le unità immobiliari sono uniformi per caratteristiche tipologiche, epoca di costruzione e destinazione prevalenti; essa individua ambiti territoriali di mercato omogeneo sul piano dei redditi e dei valori, ed in particolare per l'incidenza su tali entità delle caratteristiche estrinseche delle unità immobiliari. Si prevedeva che il comune provvedesse alla delimitazione delle microzone entro 9 mesi dall’entrata in vigore del decreto: in caso di inattività le delimitazione sarebbe stata effettuata nei successivi 120 giorni dagli uffici del Dipartimento del territorio del Ministero delle finanze (ora Agenzia delle entrate).

Sulla materia è poi intervenuto l’articolo 1, comma 335 e seguenti della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005), disponendo che, in caso di unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell'applicazione dell'ICI si discosti significativamente dall'analogo rapporto relativo all'insieme delle microzone comunali la revisione parziale del loro classamento è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell'Agenzia. L'Agenzia, esaminata la richiesta del comune e verificata la sussistenza dei presupposti, attiva il procedimento revisionale con provvedimento del direttore dell'Agenzia medesima. Con determinazione del direttore dell’Agenzia del 16 febbraio 2005 sono state emanate le linee guida materia di classamenti catastali di unità immobiliari di proprietà privata.

I processi di revisione del classamento e delle rendite delle unità immobiliari di proprietà privata sono stati avviati in alcuni comuni (tra cui si citano la determinazione del 30 novembre 2005, per il comune di Milano e quella del 30 novembre 2010 per il territorio di Roma Capitale).

Come evidenziato il processo di aggiornamento delle zone censuarie, ma soprattutto di aggiornamento delle tariffe d’estimo, non è stato di facile ed immediata realizzazione. Tuttavia il legislatore si è trovato, nei casi di imposizione di tributi a carico del comparto immobiliare, ma anche riferito alla fiscalità complessiva, di fronte alla necessità di intervenire facendo riferimento anche a principi di equità fiscale. Conseguentemente, mentre per altri settori fiscali (imposte dirette o indirette) è potuto intervenire direttamente, per quanto riguarda la rendita catastale e il conseguente valore catastale, si è trovato di fronte a situazioni il cui valore non corrispondeva a quello di mercato. Pertanto, ai fini dell'applicazione delle imposte, ha provveduto, con l’articolo 3, comma 38, della legge n. 662 del 1996, ad una rivalutazione delle rendite catastali urbane nella misura del 5 per cento.

Numerose disposizioni hanno previsto l’applicazione di un moltiplicatore alle rendite catastali dei fabbricati e dei terreni per stabilire il valore minimo da dichiarare ai fini dell’imposta di registro, dell’imposta sulle successioni e le donazioni e delle connesse imposte ipotecarie e catastali. Il moltiplicatore è stato applicato altresì per determinare la base imponibile dell’ICI.

Da ultimo, con il comma 4 dell’articolo 13, del decreto legge n. 201 del 2011, ai fini della determinazione dell’imposta municipale sugli immobili (IMU), si è stabilito che per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1° gennaio dell'anno di imposizione, rivalutate del 5 per cento ai sensi dell'articolo 3, comma 48, della legge n. 662/1996, specifici moltiplicatori per tipologia di immobile, che si applicano anche alla TASI, istituita per finanziare i servizi indivisibili dei Comuni dalla legge di stabilità 2014 (cfr. il capitolo dedicato all’imposizione immobiliare comunale).

La riforma delle commissioni censuarie

Il Governo era altresì delegato a emanare norme dirette a ridefinire le competenze e il funzionamento delle commissioni censuarie provinciali e della commissione censuaria centrale, anche includendovi la validazione delle funzioni statistiche e introducendo procedure deflative del contenzioso, nonché a modificare la loro composizione, anche in funzione delle nuove competenze attribuite, assicurando la presenza in esse di rappresentanti dell'Agenzia delle entrate, di rappresentanti degli enti locali, i cui criteri di nomina sono fissati d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, di professionisti, di tecnici e di docenti qualificati in materia di economia e di estimo urbano e rurale, di esperti di statistica e di econometria anche indicati dalle associazioni di categoria del settore immobiliare, di magistrati appartenenti rispettivamente alla giurisdizione ordinaria e a quella amministrativa, nonché, per le commissioni censuarie provinciali di Trento e di Bolzano, di rappresentanti delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

In attuazione di tale principio di delega è stato emanato il decreto legislativo n. 198 del 2014, riguardante la composizione, le attribuzioni e il funzionamento delle Commissioni censuarie. Le commissioni censuarie sono articolate in una commissione centrale, con sede a Roma, e in 106 commissioni locali.

La commissione censuaria centrale è composta dal presidente e da 25 componenti, è articolata in tre sezioni (catasto terreni, catasto urbano, riforma del sistema estimativo del catasto fabbricati) ed è presieduta da un magistrato ordinario o amministrativo, nominato con D.P.R. su proposta del Ministero dell’economia e delle finanze.

Le commissioni censuarie locali sono analogamente suddivise in tre sezioni (catasto terreni, catasto urbano, riforma del sistema estimativo del catasto fabbricati). Il presidente è nominato con decreto del presidente del tribunale della relativa circoscrizione tra i magistrati ordinari o amministrativi oppure tra i presidenti o i presidenti di sezione delle commissioni tributarie provinciali diverse da quella competente in relazione agli atti della medesima commissione censuaria.

Il numero delle sezioni delle commissioni (centrale e locali) potrà essere aumentato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, anche in relazione allo stato di attuazione della riforma del sistema estimativo del catasto dei fabbricati.

Nel decreto legislativo sono disciplinati altresì i requisiti di nomina, le incompatibilità e la durata degli incarichi e definite le attribuzioni delle commissioni censuarie locali e della commissione censuaria centrale, integrandole con le attività di revisione generale degli estimi.

Ai componenti delle commissioni censuarie, sia locali che centrale, non spetta alcun compenso, gettone o indennità, salvo eventuali rimborsi per le spese di viaggio e di soggiorno.

Il decreto legislativo dispone inoltre che le commissioni censuarie sono insediate, anche in assenza di designazione di uno o più componenti supplenti, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dello stesso (28 luglio 2016) con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, che individua una data unica di insediamento a livello nazionale. Con l’insediamento delle nuove commissioni censuarie sono abrogate le disposizioni recate dal titolo III (articolo da 16 a 40) del D.P.R. n. 650 del 1972 e conseguentemente soppresse le commissioni attualmente in essere.

Il provvedimento di insediamento non è stato ancora emanato, in mancanza della nomina del presidente della commissione censuaria centrale, che ha luogo con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze.

 


 

La riscossione delle entrate locali

L’attuale assetto normativo della riscossione degli enti locali è frutto di numerosi interventi normativi succedutisi nel tempo, alla luce di scelte non sempre univoche del legislatore. Da ciò deriva una disciplina estremamente stratificata, le cui fonti sono spesso rinvenibili in provvedimenti d’urgenza e che è stata nel tempo foriera di contenzioso e di incertezze interpretative.

Il quadro normativo antecedente al 2016

Il legislatore, con il D.lgs. n. 446 del 1997, aveva consentito a province e comuni di disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, optando per la gestione diretta delle fasi di liquidazione, accertamento e riscossione delle medesime, ovvero per il relativo affidamento a:

§  soggetti terzi (privati) iscritti a un apposito albo, ivi inclusi i cd. concessionari della riscossione;

§  aziende speciali, società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale mediante apposite convenzioni.

 

A seguito della riforma operata dal decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, che comportava il passaggio da un sistema di affidamento in concessione all'attribuzione delle competenze all'Agenzia delle entrate, attraverso Equitalia S.p.A., il legislatore ha introdotto una dettagliata disciplina transitoria, volta a favorire il passaggio delle funzioni e dei carichi dagli ex concessionari ad Equitalia e alle relative società partecipate.

In particolare (articolo 3, comma 24 del decreto-legge. n. 203 del 2005) alle ex società concessionarie della riscossione è stata data la possibilità di:

§  trasferire, in via totale o parziale, il proprio capitale sociale ad Equitalia S.p.A. (continuando dunque, anche con assetti proprietari diversi, a svolgere l'attività di riscossione erariale e locale);

§  in alternativa, scorporare il ramo d'azienda concernente le attività svolte in regime di concessione per conto degli enti locali, cedendolo a soggetti terzi nonché, alle società iscritte nell'apposito albo dei soggetti abilitati, effettuare le attività di accertamento e riscossione dei tributi per gli enti locali (ai sensi dell'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446); in caso di scorporo e di cessione del ramo di azienda, le norme consentivano ai cessionari di proseguire le attività di accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali, in mancanza di diversa determinazione degli enti medesimi (che avrebbero potuto optare per l'affidamento in house o per la gestione diretta, ovvero associata, di tali funzioni), purché le società avessero i requisiti per l'iscrizione all’albo dei soggetti abilitati ad accertare e riscuotere le entrate locali.

§  in caso di mancato trasferimento del ramo d'azienda e ove non vi fosse diversa determinazione dell'ente creditore, le attività di accertamento e riscossione sarebbero state affidate a Equitalia S.p.A. o alle società partecipate, fermo il rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica.

 

Sul punto è poi intervenuto il decreto-legge n. 70 del 2011 (articolo 7, comma 2, lettere da gg-ter) a gg-septies)) il quale stabiliva che, a partire da una specifica data –fissata al 1° gennaio 2012 e successivamente prorogata nel tempo - Equitalia Spa e le società da essa partecipate cessassero di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione spontanea e coattiva delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle relative società partecipate. L’obiettivo era quello di assicurare lo svolgimento di un ruolo di supplenza da parte di Equitalia, in attesa che i Comuni provvedessero a organizzarsi in proprio, o volessero affidare l’attività ad operatori privati.

Dal momento di tale cessazione, i comuni avrebbero dovuto effettuare la riscossione spontanea e coattiva delle entrate tributarie e patrimoniali direttamente (o in house) ovvero con affidamento del servizio a soggetti esterni e, in tal caso, nel rispetto delle norme in materia di evidenza pubblica, avvalendosi:

§  della procedura d'ingiunzione fiscale, prevista dal regio decreto n. 639 del 1910, che costituisce titolo esecutivo;

§  nonché della disciplina sulla riscossione coattiva dei tributi di cui al Titolo II del D.P.R. n. 602 del 1973, per quanto compatibile ed a specifiche condizioni.

Di conseguenza, sino a tale termine Equitalia e le società partecipate avrebbero potuto continuare a effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate di comuni e società partecipate.

Il termine del 1° gennaio 2012 è stato successivamente prorogato nel tempo (al 31 dicembre 2012 dall'articolo 10, comma 13-octies, del decreto-legge n. 201 del 2011 e al 30 giugno 2013 dall'articolo 9, comma 4, del decreto-legge n. 174 del 2012).

 

Successivamente l’articolo 53 del decreto-legge n. 69 del 2013 (intervenuto sul comma 2-ter dell'articolo 10 del decreto-legge n. 35 del 2013) ha consentito ai comuni di avvalersi di Equitalia per la riscossione dei tributi fino al 31 dicembre 2013 e prorogato alcune disposizioni in materia di gestione delle entrate e, in particolare:

§  le norme del decreto-legge n. 70 del 2011, per cui la gestione diretta dei comuni (anche in house) o l’affidamento con procedure ad evidenza pubblica del servizio di riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali dei comuni sarebbero decorsi dal 1° gennaio 2014, cessando il previgente regime il 31 dicembre 2013;

§  le norme (di cui al decreto-legge n. 203 del 2005) relative alla proroga della gestione  delle entrate, anche di natura diversa dai tributi, di competenza di tutti gli altri enti territoriali.

Il decreto-legge n. 69 dunque ha riallineato tutte le scadenze al 31 dicembre 2013, al fine di favorire il riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate dei Comuni, prevedendo l’istituzione un consorzio, che si doveva avvalere delle società del Gruppo Equitalia per le attività di supporto all'esercizio delle funzioni relative alla riscossione.

Il nuovo termine è stato rinviato  nel tempo dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 610 della legge n. 147 del 2013) e dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, comma 642 della legge n. 190 del 2014), nonché dal decreto-legge n. 78 del 2015 (articolo 7, comma 7).

L'articolo 10, comma 1 del decreto-legge n. 210 del 2015 ha poi prorogato al 30 giugno 2016 il termine di operatività delle predette disposizioni in materia di riscossione delle entrate locali

 

La legge delega sulla riforma fiscale (legge n. 23 del 2014) ha poi delegato il Governo al riordino della riscossione delle entrate locali, disponendo (articolo 10, comma 1, lettera c)) la revisione della procedura dell'ingiunzione fiscale e delle ordinarie procedure di riscossione coattiva dei tributi, per adattarle alla riscossione locale. Si intendeva procedere inoltre alla revisione dei requisiti per l'iscrizione all'albo dei concessionari, all'emanazione di linee guida per la redazione di capitolati, nonché a introdurre strumenti di controllo e a garantire la pubblicità. Tuttavia, il 27 giugno 2015 è scaduto il termine per l'attuazione della delega, senza che tale norma sia stata attuata.

L’attuale assetto della riscossione degli enti territoriali

Gli articoli da 1 a 3 del decreto-legge n. 193 del 2016 hanno complessivamente ridisegnato il sistema della riscossione delle imposte, sopprimendo la società Equitalia S.p.A. dal 1 luglio 2017 e istituendo l’ente pubblico economico strumentale Agenzia delle Entrate – Riscossione (AER), cui sono state attribuite le funzioni e gli asset di Equitalia. Ai sensi delle richiamate norme, AER è un agente della riscossione abilitato ad operare attraverso le procedure della riscossione tramite ruolo (ovvero l'elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall'ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973 sulla riscossione).

Il nuovo ente può anche svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie e patrimoniali di comuni, province e relative società partecipate (articolo 1, comma 3 del decreto-legge n. 193 del 2016). In particolare, Agenzia delle entrate - Riscossione può continuare l’attività di riscossione per conto degli enti locali, senza il previo espletamento della selezione dell’affidatario, prevista dalla procedura ad evidenza pubblica, essendo sufficiente a tale scopo una semplice delibera consigliare dell’ente locale.

Con riferimento alle entrate degli enti territoriali, il medesimo decreto-legge (articolo 2) ha prorogato al 30 giugno 2017 la possibilità per gli enti locali di avvalersi di Equitalia per la riscossione delle proprie entrate, in coerenza con la cessazione della società dal 1° luglio 2017 (prorogando le scadenze di cui all’illustrato articolo 10, comma 2-ter del decreto-legge n. 35 del 2013).

Come riferito dall’Agenzia delle entrate nel corso dell’audizione di ottobre 2017 presso la Commissione per l’attuazione del federalismo fiscale, gli Enti che dal 2000 al 30 giugno 2017 hanno affidato carichi in riscossione a Equitalia sono 16.355. A causa delle incertezze derivanti dal perimetro normativo di riferimento, si è assistito a una riduzione degli affidamenti al soggetto deputato all’attività della riscossione nazionale da parte degli 8.000 Comuni italiani: si è infatti passati da 6.161 che avevano affidato i propri carichi nel 2011, ai 3.354 Comuni del 2016. In questo periodo il totale delle riscossioni sui carichi affidati dai Comuni alle società del gruppo Equitalia ha superato i 4,3 miliardi di euro. Le citate incertezze normative hanno, infatti, determinato il ricorso, da parte dei Comuni, a procedure di gara per l’affidamento, anche combinato, dei servizi di accertamento, liquidazione e riscossione delle proprie entrate. Il risultato è un sistema frammentato del servizio di riscossione.

 

Dunque a decorrere dal 1° luglio 2017 le amministrazioni locali menzionate possono deliberare di affidare al soggetto preposto alla riscossione nazionale le attività di riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate tributarie o patrimoniali proprie e delle società da esse partecipate.

 

Con riferimento alla riscossione spontanea delle entrate locali, essa può avvenire in forma diretta, salvo affidamento ad AER, come anticipato in precedenza.

L’articolo 2-bis del richiamato decreto-legge n. 193 del 2016 (modificato successivamente dal decreto-legge n. 244 del 2016) prevede infatti che da1° ottobre 2017 il pagamento spontaneo delle entrate degli enti locali sia effettuato sul conto corrente di tesoreria dei medesimi enti locali ovvero mediante F24, o attraverso strumenti di pagamento elettronici che gli enti impositori rendano disponibili, ferme restando le specifiche modalità di versamento previste per l'IMU e la TASI. Dalla medesima data, per le entrate diverse da quelle tributarie, il versamento è effettuato esclusivamente sul conto corrente di tesoreria o tramite strumenti di pagamento elettronici (mentre non è possibile l’utilizzo dell’F24). Tali norme non si applicano se la riscossione spontanea avviene mediante AER..

 

    Con riferimento alla riscossione coattiva, alla luce del suesposto quadro normativo gli enti locali possono:

§  effettuare la riscossione coattiva in forma diretta, secondo le disposizioni del D.Lgs. n. 446 del 1997;

§  ricorrere all’affidamento in house a società strumentali;

§  affidare la riscossione coattiva ad Agenzia delle entrateRiscossione ai sensi delle citate norme del decreto-legge n. 193 del 2016, ma non le attività di accertamento e liquidazione (articolo 35 del decreto-legge n. 50 del 2017) in quanto attività estranee alla missione istituzionale dell’Agenzia delle entrate-Riscossione;

§  affidare la riscossione coattiva a soggetti esterni (ai sensi dell’articolo 52, comma 5 del richiamato D.Lgs. 446/1997), tra i quali i concessionari privati iscritti all'albo dei soggetti abilitati (di cui all'articolo 53 del citato D.Lgs. n. 446 del 1997), previo esperimento di una procedura a evidenza pubblica secondo il Codice dei contratti pubblici (salva l'ipotesi di affidamento in house).

 

Con riferimento alla gestione diretta, il richiamato articolo 52 del decreto-legge n. 446 del 1997 consente a comuni e province di disciplinare con regolamento tutte le entrate di propria pertinenza, sia di natura tributaria che patrimoniale, nonché e le relative forme di gestione delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione.

Il già richiamato articolo 7, comma 2, del decreto-legge n. 70/2011, alla lettera gg-quater) consente ai comuni, in sede di riscossione delle entrate locali, di avvalersi dell’ingiunzione fiscale rinforzata, ovvero quella disciplinata dal regio decreto n. 639 del 1910 ed integrata dalle disposizioni del D.P.R. n. 602 del 1973, se la gestione è svolta direttamente ovvero affidata in concessione ai privati iscritti nell’apposito albo dei soggetti abilitati.

L’ingiunzione fiscale è uno strumento che consente di riscuotere le entrate tributarie e patrimoniali dei comuni; a seconda del tipo di entrata riscossa, l’ingiunzione è accompagnata da alcuni atti prodromici tipici (ad esempio l’avviso di accertamento per riscuotere entrate di natura tributaria); si tratta di un atto amministrativo col quale l’ente creditore individua il quantum dovuto intimandone il pagamento. Ove il contribuente non proceda al pagamento o non si opponga entro 30 giorni, l’ingiunzione diviene definitiva, e l’ente può procedere ad esecuzione forzata utilizzando gli strumenti espropriativi previsti dal D.P.R. n. 602 del 1973.

Dall’altro lato, lo strumento tramite il quale attuare il prelievo del credito da riscuotere è la cartella di pagamento, se l’affidatario è Agenzia entrate - Riscossione (ordinaria procedura di riscossione tramite ruolo).

Come già illustrato, l’utilizzo dell’ingiunzione fiscale è “potenziato” dall’integrazione con le norme sulla riscossione mediante ruolo. I due strumenti appaiono sostanzialmente in linea, con alcune differenze fondamentali; di conseguenza, la scelta dei comuni in ordine alla gestione della riscossione coattiva implica una preventiva valutazione degli strumenti a disposizione dell’ente locale.

L’ingiunzione presenta infatti vantaggi sotto il profilo della rapidità e della snellezza delle procedure; dall’altro lato, l’ente AER ha la possibilità di accedere a un più ampio spettro di strumenti informativi, utili per l’attività di riscossione (accesso diretto a numerose banche dati, ovvero rapporti bancari, rapporti di lavoro presso l'Inps, e ai dati del PRA utili ad attivare le disposizioni sul pignoramento presso terzi ed altre misure cautelari).

 

 


 

Le detrazioni per il recupero del patrimonio edilizio e la riqualificazione energetica

Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia

La detrazione fiscale per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio è stata introdotta dall'articolo 1, commi 5 e 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, che aveva previsto, per le spese sostenute nel periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 1998 e in quello successivo, una detrazione pari al 41 per cento delle stesse e, per quelle sostenute nei periodi d'imposta in corso alla data del 1° gennaio degli anni 2000 e 2001, una detrazione pari al 36 per cento. La detrazione al 41 per cento è stata successivamente ripristinata per il solo anno 2006.

La norma è stata modificata e prorogata e, infine, resa stabile dal decreto legge n. 201 del 2011 che ha inserito nel D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR) il nuovo articolo 16-bis. Tale disposizione ha confermato non solo l’ambito, soggettivo e oggettivo di applicazione delle detrazioni, ma anche le condizioni di spettanza del beneficio fiscale consolidando l’orientamento di prassi formatosi in materia. A regime, la misura della detrazione dell’IRPEF (Imposta sul reddito delle persone fisiche) è del 36 per cento per le spese di ristrutturazione edilizia sostenute per un importo non superiore a 48.000 euro per ciascuna unità immobiliare.

Per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 fino al 30 giugno 2013, l’articolo 11, comma 1, del decreto legge n. 83 del 2012 ha aumentato la misura della detrazione dal 36 per cento al 50 per cento ed ha innalzato il limite di spesa massima agevolabile da 48.000 a 96.000 euro per unità immobiliare.

Con l’articolo 16, comma 1, del decreto legge n. 63 del 2013 il termine di scadenza dell’innalzamento della percentuale di detrazione IRPEF dal 36 al 50 per cento e del limite dell'ammontare complessivo da 48.000 a 96.000 euro in relazione alle spese di ristrutturazione edilizia è stato prorogato al 31 dicembre 2013. Nel corso della conversione del decreto legge, inoltre, sono state introdotte due rilevanti novità:

§  una detrazione del 50 per cento per le ulteriori spese sostenute dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del decreto-legge) al 31 dicembre 2013 (termine successivamente prorogato) per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+ (per i forni la classe A), nonché per le apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica, finalizzati all’arredo dell’immobile oggetto di ristrutturazione, per un importo massimo complessivo non superiore a 10.000 euro, da ripartire in dieci quote annuali;

§  una detrazione del 65 per cento delle spese effettuate dal 4 agosto 2013 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto) al 31 dicembre 2013 per interventi di adozione di misure antisismiche su costruzioni che si trovano nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2) individuate dall’ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, se adibite ad abitazione principale o ad attività produttive. Si tratta degli interventi, di cui all'articolo 16-bis, comma 1, lettera i), del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), che riguardano l'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica, in particolare sulle parti strutturali, per la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché per la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della suddetta documentazione. Gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche e all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica devono essere realizzati sulle parti strutturali degli edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici e, ove riguardino i centri storici, devono essere eseguiti sulla base di progetti unitari e non su singole unità immobiliari.

 

Le leggi di stabilità e di bilancio degli anni 2014-2019 hanno prorogato per i rispettivi anni la misura della detrazione al 50 per cento e il limite di spesa massima agevolabile a 96.000 euro per unità immobiliare.

Si ricorda che gli interventi previsti dall’articolo 16-bis del TUIR sono:

§  interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia,

§  ricostruzione o ripristino dell'immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi;

§  realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali;

§  eliminazione delle barriere architettoniche;

§  misure finalizzate a prevenire il compimento di atti illeciti da parte di terzi;

§  opere finalizzate alla cablatura degli edifici e al contenimento dell'inquinamento acustico;

§  opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici e all'installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia;

§  adozione di misure antisismiche;

§  bonifica dall'amianto e opere volte ad evitare gli infortuni domestici.

Detrazioni fiscali per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici

Le leggi di stabilità e bilancio 2014-2019 hanno prorogato per i rispettivi anni di competenza la richiamata detrazione nella misura del 50 per cento per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore ad A+ (A per i forni), nonché per le apparecchiature per le quali sia prevista l'etichetta energetica, finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione.

Per quanto concerne la detrazione per l’acquisto di mobili, le relative spese possono anche essere più elevate di quelle per i lavori di ristrutturazione, fermo restando il tetto dei 10.000 euro. Infatti, la disposizione della legge di stabilità 2014, che prevedeva che tali spese non potessero essere superiori a quelle sostenute per i lavori di ristrutturazione, è stata abrogata dall’articolo 7 del decreto legge n. 47 del 2014.

Misure antisismiche

La legge di bilancio 2017 ha introdotto importanti novità con riferimento agli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche: oltre a prorogare la misura maggiorata del 50 per cento fino al 31 dicembre 2021, ha stabilito che la detrazione è ripartita in cinque quote annuali di pari importo. Tale beneficio si applica non solo agli edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1 e 2), ma anche agli edifici situati nella zona sismica 3 (in cui possono verificarsi forti terremoti ma rari). Qualora dalla realizzazione degli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche derivi una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio ad una classe di rischio inferiore, la detrazione di imposta spetta nella misura del 70 per cento della spesa sostenuta. Ove dall'intervento derivi il passaggio a due classi di rischio inferiori, la detrazione spetta nella misura dell'80 per cento. Con D.M. n. 58 del 28 febbraio 2017 sono state stabilite le linee guida per la classificazione di rischio sismico delle costruzioni, nonché le modalità per l'attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell'efficacia degli interventi effettuati.

Qualora gli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche siano realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali, le detrazioni di imposta fino al 31 dicembre 2021 spettano, rispettivamente, nella misura del 75 per cento (passaggio di una classe di rischio inferiore) e dell'85 per cento (passaggio di due classi). Le detrazioni si applicano su un ammontare delle spese non superiore a 96.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio. Per tali interventi, analogamente a quanto previsto per gli interventi per le riqualificazioni energetiche di parti comuni degli edifici condominiali, a decorrere al 1° gennaio 2017, in luogo della detrazione i soggetti beneficiari possono optare per la cessione del corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato gli interventi nonché a soggetti privati, con la possibilità che il credito sia successivamente cedibile. Anche in questo caso, è esclusa la cessione ad istituti di credito ed intermediari finanziari. Tra le spese detraibili per la realizzazione degli interventi relativi all'adozione di misure antisismiche, a decorrere dal 1° gennaio 2017, rientrano anche le spese effettuate per la classificazione e verifica sismica degli immobili. L'Agenzia delle entrate ha disciplinato le modalità attuative della cessione del credito con un provvedimento dell'8 giugno 2017.

Con il decreto-legge n. 50 del 2017 (articolo 46-quater) è stato previsto che qualora nei comuni ricadenti nella zona sismica a più alta pericolosità (zona 1) siano realizzati interventi di demolizione e di ricostruzione di interi edifici, anche con variazione volumetrica rispetto all'edificio preesistente, ove le norme urbanistiche vigenti lo consentano, tali da determinare il passaggio di una o di due classi inferiori di rischio sismico, le detrazioni fiscali sono applicate nella misura rispettivamente del 75 e dell'85 per cento (in relazione al passaggio di una ovvero due classi di rischio inferiore), se gli interventi sono eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare che provvedano, entro diciotto mesi dalla data di conclusione dei lavori, alla successiva alienazione dell'immobile. Le detrazioni spettano all'acquirente delle unità immobiliari, entro un ammontare massimo di spesa pari a 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare. I soggetti beneficiari possono optare, in luogo della detrazione, per la cessione del corrispondente credito alle imprese che hanno effettuato gli interventi ovvero ad altri soggetti privati, con la facoltà di successiva cessione del credito. Rimane esclusa la cessione a istituti di credito e intermediari finanziari.

La legge di bilancio 2018 ha inoltre previsto una nuova ipotesi di detrazione maggiorata per gli interventi sulle parti comuni degli edifici condominiali finalizzati congiuntamente alla riduzione del rischio sismico e alla riqualificazione energetica, limitatamente alle zone sismiche 1, 2 e 3. La misura della detrazione è dell'80 per cento in caso di passaggio ad una classe di rischio inferiore e dell'85 per cento in caso di passaggio di due classi di rischio. La detrazione è ripartita in dieci quote annuali e si applica su un ammontare delle spese non superiore a 136.000 euro moltiplicato per il numero di unità immobiliari del condominio. Queste nuove detrazioni possono essere richieste in alternativa a quelle già previste per gli interventi antisismici sulle parti condominiali sopra indicate (75 o 85% su un ammontare non superiore a 96.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari di ciascun edificio) e a quelle già previste per la riqualificazione energetica degli edifici condominiali (70 o 75% su un ammontare complessivo non superiore a 40.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio).

Sistemazione a verde

Sempre in tema di detrazioni per interventi di riqualificazione del territorio, si segnala che la legge di bilancio 2019 prevede la proroga di un anno (dal 2018 a tutto il 2019) dell’agevolazione fiscale inerente alla sistemazione a verde di aree scoperte di immobili privati a uso abitativo. L’agevolazione riguarda l’IRPEF e consiste nella detrazione dall’imposta lorda del 36% della spesa sostenuta, nei limiti di un massimo di spesa di euro 5.000 annui e - pertanto - entro la somma massima detraibile di 1.800 euro.

La misura prorogata è stata introdotta nella legge di bilancio per il 2018 (legge n. 205 del 2017, all’articolo 1, commi da 12 a 15). La disposizione in vigore specifica che gli interventi per cui è possibile ottenere la detrazione sono:

a) la «sistemazione a verde» di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi;

b) la realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili.

 

Condizioni per la detraibilità della spesa sono che:

i)  le spese siano documentate ed effettuate con strumenti idonei a consentire la tracciabilità delle operazioni;

ii) le spese siano sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l'immobile sul quale sono effettuati gli interventi.  

 

Ai sensi del comma 13 della legge di bilancio per il 2018, la detrazione spetta anche per le spese sostenute per interventi effettuati sulle parti comuni esterne degli edifici condominiali, entro il medesimo importo massimo complessivo di 5.000 euro per unità immobiliare ad uso abitativo. In tale ipotesi la detrazione spetta al singolo condomino nel limite della quota a lui imputabile a condizione che essa sia stata effettivamente versata al condominio entro i termini di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Tra le spese detraibili sono comprese quelle di progettazione e manutenzione connesse all'esecuzione degli interventi ivi indicati.

La detrazione è ripartita in dieci quote annuali costanti e di pari importo nell'anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi. Per gli aspetti applicativi, la disposizione rinvia alle norme sulla detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici, di cui all’art. 16-bis, commi 5, 6 e 8 del testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917 del 1986).

Si ricorda, infine, che l’attività di costruzione, sistemazione e manutenzione del verde, pubblico o privato è disciplinata dall'articolo 12 della legge 28 luglio 2016, n. 154. E’ rimessa alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano la regolazione delle modalità per l'effettuazione dei corsi di formazione necessari per ottenere i relativi titoli abilitativi.

Detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica

La legge di bilancio 2019 proroga al 31 dicembre 2019 il termine previsto per avvalersi della detrazione d'imposta nella misura del 65 per cento per alcune spese relative ad interventi di riqualificazione energetica degli edifici (c.d. ecobonus) disposta ai commi 1 e 2, lettera b), dell’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63.

L'agevolazione consiste in una detrazione dall'Irpef o dall' Ires ed è concessa quando si eseguono interventi che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti.

In generale, le detrazioni sono riconosciute per la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento, il miglioramento termico dell'edificio (coibentazioni - pavimenti - finestre, comprensive di infissi), l'installazione di pannelli solari e la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale.

Si ricorda che l’agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifici, come prorogata nel tempo dai provvedimenti di seguito illustrati, consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta (originariamente del 55 per cento, poi elevata in alcuni casi al 65 per cento) delle spese sostenute, da ripartire in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta di riduzioni Irpef e Ires che riguardano le spese sostenute per:

§  la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento: detrazione massima 100.000 euro;

§  l’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda: detrazione massima 60.000 euro;

§  la sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria, nel limite massimo di 30.000 euro (articolo 4, comma 4, del decreto legge n. 201 del 2011).

§  Il decreto-legge n. 63 del 2013 (articolo 14) ha elevato la misura al 65 per cento anche per i condomini (parti comuni degli edifici condominiali o che interessino tutte le unità immobiliari del singolo condominio). La legge di stabilità per il 2015 (n. 190 del 2014, articolo 1, comma 47, lettera a)), ha introdotto:

La legge di stabilità 2016 (n. 208 del 2015, art. 1, co.74, lett. a)) ha introdotto:

§  - l’acquisto, l’installazione e la messa in opera di dispositivi multimediali per il controllo a distanza degli impianti di riscaldamento, di produzione di acqua calda o di climatizzazione delle unità abitative che garantiscano un funzionamento efficiente degli impianti, nonché dotati di specifiche caratteristiche (comma 88).

§  - per gli interventi nei condomini, la possibilità per i soggetti che si trovano nella no tax area (pensionati, lavoratori dipendenti e autonomi incapienti) di cedere la detrazione fiscale ai fornitori che hanno effettuato i lavori.

 

La legge di bilancio 2017 (n. 232 del 2016, articolo 1, comma 2) ha prorogato la detrazione per i condomini fino al 31 dicembre 2021. La misura è aumentata al 70 per cento nel caso di interventi che interessano più del 25 per cento della superficie disperdente dell'edificio e al 75 per cento in caso di interventi finalizzati a migliorare la prestazione energetica invernale e estiva e che conseguano determinati standard. Le detrazioni sono calcolate su un ammontare complessivo non superiore a 40.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari che compongono l'edificio.

La legge di bilancio 2019 proroga altresì per il suo anno di competenza anche il termine per avvalersi della detrazione al 65 per cento per l’acquisto e la posa in opera di micro-cogeneratori in sostituzione di impianti esistenti, fino a un valore massimo della detrazione di 100.000 (per beneficiare della detrazione è necessario che gli interventi effettuati portino a un risparmio di energia primaria pari almeno al 20%).

La legge di bilancio 2019 non ha modificato, invece, le novità introdotte dalla precedente legge di bilancio: ovvero la riduzione al 50 per cento della percentuale di detrazione per le spese relative all’acquisto e alla posa in opera di finestre comprensive di infissi, delle schermature solari e per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione con efficienza almeno pari alla classe A; la riduzione al 50 per cento anche della percentuale di detrazione per le spese sostenute per l’acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili (fino a un valore massimo della detrazione di 30.000 euro); l’esclusione dalle spese agevolabili di quelle sostenute per l’acquisto di caldaie a condensazione con efficienza inferiore alla classe A.

Il rinnovo del patrimonio esistente nel mercato delle costruzioni nel 2017

Nel complesso, secondo uno studio realizzato dal Servizio studi della Camera dei deputati in collaborazione con l’istituto di ricerca Cresme, nel 2017 il valore della produzione nel mercato delle costruzioni è rappresentato per il 74% da interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio edilizio e delle infrastrutture esistenti. Si tratta di 123,7 miliardi di euro su un totale di 167,1. La manutenzione straordinaria registra un valore della produzione di 87,3 miliardi di euro, dei quali 50,4 miliardi sono relativi all’edilizia residenziale.

I lavori di recupero edilizio e di riqualificazione energetica attivati con gli incentivi fiscali nel 2017 sono stati pari a 28,1 miliardi di euro, il 55,7% del valore della produzione degli interventi di manutenzione straordinaria del comparto residenziale e il 28% di tutti gli investimenti in manutenzione straordinaria. Dalle stime elaborate dal CRESME nel documento emerge che gli incentivi fiscali per il recupero edilizio e per la riqualificazione energetica hanno interessato dal 1998 al 2018, 17,8 milioni di interventi, ossia - considerando che le abitazioni sono il principale oggetto degli interventi di rinnovo - oltre il 57% delle abitazioni italiane stimate dall’ISTAT (31,2 milioni). In venti anni le misure di incentivazione fiscale hanno attivato investimenti pari a 292,7 miliardi di euro.

La stima dell’impatto sulla finanza pubblica delle misure di incentivazione fiscale attivate nei venti anni che vanno dal 1998 al 2018, elaborata dal CRESME, evidenzia, a fronte di minori introiti conseguenti alla defiscalizzazione e stimati in 137,3 miliardi di euro, un gettito fiscale e contributivo in base alla legislazione vigente, per i lavori svolti, pari a 110,8 miliardi di euro, con un saldo totale negativo in venti anni di 26,5 miliardi di euro, pari a 1,25 miliardi di euro medi annui dal 1998 al 2018. Considerando, però, che lo Stato incassa i proventi spettanti nell’anno di esecuzione dei lavori e distribuisce le detrazioni fiscali (il mancato gettito) nell’arco dei successivi dieci anni, l’introduzione di ulteriori elementi di natura finanziaria basati sull’attualizzazione dei valori precedentemente esposti modificherebbe il saldo generando un risultato negativo in venti anni di -2,6 miliardi di euro (130 milioni di euro all’anno).

Un ulteriore approfondimento dell’analisi che prende in considerazione, da un lato, i minori introiti per lo Stato legati agli interventi di efficientamento energetico (minori imposte sui consumi di energia) e, dall’altro, la quota di gettito per lo Stato derivante dai consumi e dagli investimenti mobilitati dai redditi aggiuntivi dei nuovi occupati (quota ricavata dalla matrice di contabilità sociale, pur considerata in forma prudenziale), determina un saldo positivo per lo Stato di 8,8 miliardi di euro. Allargando, poi, il campo della valutazione a tutti gli attori che rivestono un ruolo nel sistema in cui si inseriscono le agevolazioni, ossia Stato, famiglie e imprese, si delineerebbe, nel periodo 1998-2017, un saldo positivo per il sistema Paese valutabile in oltre 23,5 miliardi di euro. Il saldo per lo Stato di circa 8,8 miliardi di euro deriva dall’incremento del gettito (positivo), dai flussi derivanti dalle detrazioni (negativi), dalle maggiori entrate derivanti dalla matrice di contabilità sociale (positive) e dal minor gettito fiscale sui consumi energetici (negativo).

 


 

Il contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato

 

In materia di consumo di suolo e rigenerazione urbana è in discussione al Senato una proposta di legge (A.S n. 86, in abbinata con l'A.S n. 164) presso le Commissioni riunite IX e XIII, contenente tra le altre disposizioni una delega al Governo in materia di rigenerazione delle aree urbane degradate.

La proposta di legge all’esame al Senato è rivolta a perseguire numerosi obiettivi, tra i quali:

§  stabilire il limite al consumo di suolo e le modalità per pervenire a tale risultato, nonché le competenze in materia di monitoraggio del consumo di suolo;

§  declinare la priorità del riuso del patrimonio edilizio esistente e delineare per i comuni l'obiettivo di costituire una cintura verde attorno alle aree urbanizzate esistenti;

§  delegare il Governo ad emanare una nuova disciplina in materia di rigenerazione delle aree urbane degradate;

§  definire gli indirizzi per le regioni e le province autonome al fine di promuovere la realizzazione dei Piani del verde e delle superfici libere urbane da parte di ciascun comune;

§  istituire il divieto di mutamento di destinazione per le superfici libere censite nell'anagrafe delle aziende agricole per le quali siano stati erogati contributi dell'Unione europea nell'ambito della politica agricola comune;

§  prevedere misure di incentivazione rivolte a facilitare il recupero del patrimonio edilizio esistente e il minor consumo di suolo;

§  istituire il registro degli enti locali nei cui strumenti urbanistici non è previsto consumo di suolo o è prevista una riduzione del consumo di suolo superiore alla percentuale fissata dalla stessa legge;

§  introdurre misure specifiche di tutela e valorizzazione per tre pratiche tradizionali di grande valore storico per l'agricoltura mediterranea, che rivestono un ruolo primario nella tutela del suolo e nella conservazione dei paesaggi tipici: l'olivicoltura, la viticoltura e il pascolo di alta quota.

Si segnala inoltre che presso l’VIII Commissione della Camera dei deputati è in corso l’esame della proposta di legge in materia di princìpi generali in materia di rigenerazione urbana nonché di perequazione, compensazione e incentivazioni urbanistiche, A.C. 113.

 

La proposta in esame al Senato riprende in parte i contenuti del disegno di legge sul contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato (A.C. 2039) presentato dal governo nella XVII legislatura e approvato dalla Camera il 12 maggio 2016, che tuttavia non ha concluso l’iter al Senato (A.S. 2383).

Il progetto di legge perseguiva la valorizzazione e la tutela del suolo, con particolare riguardo alle superfici agricole e alle aree sottoposte a tutela paesaggistica, al fine di promuovere e tutelare l'attività agricola, il paesaggio e l'ambiente, nonché di contenere il consumo di suolo.

In particolare, la legge prevedeva:

§  l'elencazione delle definizioni necessarie ai fini dell'applicazione della legge concernenti: il consumo di suolo, la superficie agricola, naturale e seminaturale, l'impermeabilizzazione, l'area urbanizzata, la rigenerazione urbana, la mitigazione e la compensazione ambientale;

§  l'introduzione di una procedura per definire la riduzione progressiva, in termini quantitativi, di consumo del suolo a livello nazionale ed i criteri per ripartirla a livello locale;

§  la delega al Governo per l'adozione, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di uno o più decreti legislativi volti alla semplificazione degli interventi di rigenerazione delle aree urbanizzate degradate da un punto di vista urbanistico, socio-economico e ambientale;

§  l'istituzione di un registro dove iscrivere i comuni che hanno adeguato gli strumenti urbanistici comunali ai criteri dettati dall'art. 3 della legge stessa;

§  la disciplina dei compendi agricoli neorurali;

§  il divieto di mutamento di destinazione d'uso per i terreni agricoli che hanno ricevuto aiuti dell'UE, previsti dalla politica agricola comune o dalla politica di sviluppo rurale, per un periodo di cinque anni dall'ultima erogazione;

§  misure di incentivazione per il recupero del patrimonio edilizio esistente, con priorità (nella concessione di finanziamenti statali e regionali) per gli interventi di rigenerazione urbana nei comuni iscritti nel succitato registro.

Per una panoramica completa sulle norme contenute nell’A.S 2383 si rinvia al dossier di documentazione Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato del Servizio studi del Senato.