Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Finanze
Titolo: Semplificazione fiscale, sostegno delle attività economiche e delle famiglie e contrasto dell'evasione fiscale
Riferimenti: AC N.1074/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 27/3
Data: 15/04/2019
Organi della Camera: Assemblea

 

Camera dei deputati

XVIII LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Semplificazione fiscale, sostegno delle attività economiche e delle famiglie e contrasto dell'evasione fiscale

 

A.C. 1074-A

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 27/3

 

 

 

15 aprile 2019

 


Servizio responsabile:

 

Servizio Studi – Dipartimento Finanze

( 066760-9496 – * st_finanze@camera.it -  CD_finanze

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: FI0050c.docx

 


INDICE

Schede di lettura

Capo I - Misure di semplificazione fiscale  3

§  Articolo 1 (Semplificazione in materia di termine per l’emissione della fattura) 3

§  Articolo 2 (Comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche dell'imposta sul valore aggiunto) 4

§  Articolo 3 (Semplificazione degli obblighi informativi dei contribuenti che applicano il regime forfettario) 6

§  Articolo 4 (Cedibilità dei crediti IVA trimestrali) 7

§  Articolo 5 (Semplificazioni in materia di controlli formali delle dichiarazioni dei redditi e termine per la presentazione della dichiarazione telematica dei redditi) 8

§  Articolo 6 (Impegno cumulativo a trasmettere dichiarazioni  o comunicazioni) 10

§  Articolo 7 (Semplificazioni in materia di versamento unitario) 11

§  Articolo 8 (Norma di interpretazione autentica in materia di rinnovo dei contratti di locazione a canone agevolato) 14

§  Articolo 9 (Soppressione dell’obbligo di comunicazione proroga cedolare secca e della distribuzione gratuita dei modelli cartacei delle dichiarazioni) 15

§  Articolo 10 (Termini per la presentazione delle dichiarazioni IMU e TASI) 16

§  Articolo 11 (Semplificazione in tema di Indici sintetici di affidabilità fiscale) 17

§  Articolo 12 (Termini di validità della dichiarazione sostitutiva unica) 18

§  Articolo 13 (Semplificazioni per le associazioni sportive dilettantistiche) 20

§  Articolo 14 (Revisione della disciplina fiscale degli enti associativi esclusi dal codice del terzo settore) 21

§  Articolo 15 (Semplificazioni in materia di dichiarazioni di intento relative all’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto) 23

§  Articolo 16 (Conoscenza degli atti e semplificazione) 25

§  Articolo 17 (Obbligo di invito al contraddittorio) 26

§  Articolo 18 (Difesa in giudizio dell'Agenzia delle entrate-Riscossione) 29


 

§  Articolo 19 (Efficacia delle deliberazioni regolamentari e tariffarie relative alle entrate tributarie degli enti locali) 31

§  Articolo 20 (Esenzione TASI per gli immobili costruiti e  destinati dall’impresa costruttrice alla vendita) 34

§  Articolo 21 (Tenuta della contabilità in forma meccanizzata) 35

§  Articolo 22 (Imposta di bollo virtuale sulle fatture elettroniche) 36

§  Articolo 23 (Semplificazioni per gli immobili concessi in comodato d'uso) 38

§  Articolo 24 (Norme di interpretazione autentica in materia di ravvedimento parziale) 40

Capo II - Interventi per il sostegno delle famiglie e delle attività economiche  44

§  Articolo 25 (Redditi fondiari percepiti) 44

§  Articolo 26 (Incentivi per il rientro dei  lavoratori) 46

§  Articolo 27 (Disposizioni in materia di rifiuti e di imballaggi) 53

§  Articolo 28 (Agevolazioni fiscali sui prodotti da riciclo e riuso) 55

Capo III - Agevolazioni per la promozione dell’economia locale mediante la riapertura e l’ampliamento di attività commerciali, artigianali e di servizi 57

§  Articolo 29 (Ambito di applicazione) 57

§  Articolo 30 (Agevolazioni) 60

§  Articolo 31 (Soggetti beneficiari) 62

§  Articolo 32 (Procedure) 63

§  Articolo 33 (Ulteriori condizioni) 64

§  Articolo 34 (Copertura finanziaria) 66

Capo IV Disposizioni per il contrasto dell’evasione fiscale  67

§  Articolo 35 (Reintroduzione della denuncia fiscale per la vendita di alcolici) 67

§  Articolo 36 (Disposizioni in materia di pagamento o deposito dei diritti doganali) 70

§  Articolo 37 (Misure preventive per sostenere il contrasto dell'evasione dei tributi locali) 72

 

 


Schede di lettura


Capo I - Misure di semplificazione fiscale

Articolo 1
(Semplificazione in materia
di termine per l’emissione della fattura
)

 

L’articolo 1, introdotto in sede referente, modifica il termine per l’emissione della fattura previsto dal decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119 in tema di disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria (decreto fiscale): a decorrere dal 1° luglio 2019 la fattura deve essere emessa entro 15 giorni (non più 10) dal momento dell’effettuazione dell’operazione di cessione del bene o di prestazione del servizio.

Si ricorda che l’articolo 11 del decreto fiscale ha introdotto una norma di valenza generale che consente, a decorrere dal 1° luglio 2019, l'emissione delle fatture entro 10 giorni dall'effettuazione delle operazioni, mentre la previgente disciplina (articolo 21, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972 in materia d’imposta sul valore aggiunto) disponeva che la fattura doveva essere emessa al momento dell'effettuazione dell'operazione, ovvero entro le ore 24 dalla cessione del bene o dalla prestazione del servizio.

L’articolo in esame, pertanto, allunga ulteriormente i termini per l’emissione della fattura: la fattura elettronica si considera emessa se risulta trasmessa attraverso il Sistema di Interscambio entro 15 giorni dalla data dell'effettuazione dell'operazione.

 

Per una panoramica completa della disciplina della fatturazione elettronica si rinvia al tema web IVA e fatturazione elettronica del Servizio studi della Camera dei deputati.

 


 

Articolo 2
(Comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche
dell'imposta sul valore aggiunto)

 

 

L’articolo 2 della proposta di legge modifica i termini di comunicazione dei dati contabili delle liquidazioni trimestrali IVA per il quarto trimestre: si consente di effettuare tale comunicazione insieme con la dichiarazione annuale IVA che, in tal caso, deve essere presentata entro il mese di febbraio dell'anno successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta.

 

Restano fermi gli ordinari termini di versamento dell'imposta dovuta in base alle liquidazioni periodiche effettuate, così come non è modificato il termine per la comunicazione dei dati relativi al secondo trimestre (16 settembre).

 

La disposizione dell’articolo 2, pertanto, mediante sostituzione dell'articolo 21-bis, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, intende semplificare gli adempimenti previsti per il contribuente in materia di comunicazione dei dati contabili delle liquidazioni trimestrali IVA, stabilendo che i contribuenti che presentano la dichiarazione annuale IVA entro il 28 febbraio hanno la facoltà di effettuare anche la comunicazione relativa al quarto trimestre all’interno della dichiarazione annuale IVA. La norma intende evitare così al contribuente un doppio adempimento comunicativo/dichiarativo tra la comunicazione dei dati della liquidazione periodica IVA del quarto trimestre e la dichiarazione annuale IVA, senza incidere sui termini, né sui tempi di liquidazione e controllo, né di versamento delle imposte.

 

La normativa vigente prevede che i soggetti passivi IVA devono presentare il modello “Comunicazione delle liquidazioni periodiche IVA” per comunicare i dati contabili riepilogativi delle liquidazioni periodiche dell’imposta (art. 21-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78). Sono esonerati dalla presentazione della comunicazione i soggetti passivi non obbligati alla presentazione della dichiarazione annuale IVA o all’effettuazione delle liquidazioni periodiche, sempre che, nel corso dell’anno, non vengano meno le condizioni di esonero. L’obbligo di invio della comunicazione non ricorre in assenza di dati da indicare mentre sussiste nell'ipotesi in cui occorra evidenziare il riporto di un credito proveniente dal trimestre precedente.

In base ai commi 1 e 1-bis del DPR 23 marzo 1998, n. 100, in materia di dichiarazioni e versamenti periodici, entro il giorno 16 di ciascun mese, il contribuente determina la differenza tra l'ammontare complessivo dell'imposta sul valore aggiunto esigibile nel mese precedente, risultante dalle annotazioni eseguite o da eseguire nei registri relativi alle fatture emesse o ai corrispettivi delle operazioni imponibili, e quello dell'imposta, risultante dalle annotazioni eseguite, nei registri relativi ai beni ed ai servizi acquistati, sulla base dei documenti di acquisto di cui è in possesso e per i quali il diritto alla detrazione viene esercitato nello stesso mese. Entro il medesimo termine può essere esercitato il diritto alla detrazione dell'imposta relativa ai documenti di acquisto ricevuti e annotati entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione, fatta eccezione per i documenti di acquisto relativi ad operazioni effettuate nell'anno precedente. Il contribuente, qualora richiesto dagli organi dell'Amministrazione finanziaria, fornisce gli elementi in base ai quali ha operato la liquidazione periodica.

Si segnala inoltre che in base all’articolo 73, primo comma, lettera e) del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di imposta sul valore aggiunto, il Ministro dell'economia e delle finanze, con propri decreti, può determinare le modalità ed i termini per l'emissione, numerazione e registrazione delle fatture, le liquidazioni periodiche e i versamenti relativi alle somministrazioni di acqua, gas, energia elettrica e simili e all'esercizio di impianti di lampade votive.

Infine si ricorda anche che, in base al successivo articolo 74 del medesimo DPR n. 633, gli enti e le imprese che prestano servizi al pubblico con caratteri di uniformità, frequenza e diffusione tali da comportare l'addebito dei corrispettivi per periodi superiori al mese possono essere autorizzati, con decreto del Ministro delle finanze, ad eseguire le liquidazioni periodiche e i relativi versamenti trimestralmente anziché mensilmente. La stessa autorizzazione può essere concessa agli esercenti impianti di distribuzione di carburante per uso di autotrazione e agli autotrasportatori di cose per conto terzi.

Il modello di comunicazione deve essere presentato esclusivamente per via telematica, direttamente dal contribuente o tramite intermediari abilitati (art. 3, commi 2-bis e 3, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322). Il modello deve essere presentato entro l’ultimo giorno del secondo mese successivo a ogni trimestre. La comunicazione relativa al secondo trimestre è presentata entro il 16 settembre e quella relativa all’ultimo trimestre è presentata entro l’ultimo giorno del mese di febbraio. Se il termine di presentazione della comunicazione scade di sabato o in giorni festivi, lo stesso è prorogato al primo giorno feriale successivo.

L’obbligo di comunicazione non è venuto meno a seguito dell’entrata in vigore della fatturazione elettronica dal 1° gennaio 2019 (stabilito dai commi 909 e 916 della legge di bilancio 2018).

 


 

Articolo 3
(Semplificazione degli obblighi informativi dei contribuenti
che applicano il regime forfettario)

 

 

L’articolo 3 della proposta di legge, introdotto in sede referente e relativo agli obblighi informativi posti a carico di coloro che intendono accedere al cd. regime forfettario (articolo 1, comma 73, legge n. 190 del 2014), prevede che tali oneri informativi non comprendano dati ed informazioni già presenti, alla data di approvazione dei modelli di dichiarazione dei redditi, nelle banche dati a disposizione dell'Agenzia delle Entrate, ovvero che siano da comunicare o dichiarare alla stessa entro la data di presentazione dei medesimi modelli di dichiarazione dei redditi.

Si ricorda che la legge di stabilità 2015, che ha introdotto il regime forfettario, nel disporre l’esclusione per i contribuenti che applicano il regime forfettario dall’applicazione degli studi di settore (ora ISA – indici di affidabilità fiscale), ha stabilito che con il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate recante approvazione dei modelli da utilizzare per la dichiarazione dei redditi sono individuati, per i contribuenti che applicano il regime forfettario, specifici obblighi informativi relativamente all'attività svolta.

Al riguardo si segnala che a partire dal quadro RS del modello di dichiarazione “Unico 2016–PF”, approvato con il Provvedimento del 29 gennaio 2016 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, è previsto un nuovo prospetto denominato “Regime forfettario per gli esercenti attività d’impresa, arti e professioni - Obblighi informativi”.

 

L’articolo in esame, secondo quanto previsto dallo Statuto dei diritti del contribuente (art. 6, legge 27 luglio 2000, n.212), dispone che al contribuente che intende avvalersi del regime forfettario non possano, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell'amministrazione finanziaria.

Si ricorda, in tema di regime forfettario che la legge di bilancio 2019 ha modificato il comma 54 della legge di stabilità 2015 elevando a 65.000 euro il limite dei ricavi conseguiti o compensi percepiti nell'anno precedente per accedere al regime forfettario, disciplinato dai commi da 55 a 89 della stessa legge. Tale soglia di accesso è valida per tutti i contribuenti interessati e sostituisce i precedenti valori soglia dei ricavi/compensi percepiti - fissati tra 25.000 e 50.000 euro - differenziati sulla base del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata (riportati nell’Allegato 4 della legge di stabilità 2015).

Per una ricognizione completa della disciplina del regime forfettario si rinvia al focus Il regime forfettario agevolato del Portale della documentazione, nonché alla circolare dell’Agenzia delle entrate 10/E del 4 aprile 2016.

In tema di fatturazione elettronica, si ricorda, inoltre, che la stessa legge di bilancio 2018 che ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2019, l'introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria, ha previsto alcuni esoneri, tra i quali i soggetti che applicano il regime forfettario.

Articolo 4
(Cedibilità dei crediti IVA trimestrali)

 

 

L’articolo 4, introdotto in sede referente, consente la cessione del credito IVA anche trimestrale, oltre che di quello annuale, già prevista dall’articolo articolo 5, comma 4-ter, del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70 qui modificato.

 

La cessione del credito Iva è un istituto che permette di monetizzare un credito chiesto a rimborso, per ottenere immediatamente liquidità. Si ricorda che l’art. 38-bis del D.P.R. 633 del 1972 (decreto IVA) stabilisce che i rimborsi IVA sono eseguiti, su richiesta fatta in sede di dichiarazione annuale, entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione. Sulle somme rimborsate si applicano gli interessi in ragione del 2 per cento annuo, con decorrenza dal novantesimo giorno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, non computando il periodo intercorrente tra la data di notifica della richiesta di documenti e la data della loro consegna, quando superi quindici giorni.

 

La cessione a terzi del credito Iva annuale, preventivamente chiesto a rimborso nel quadro VR della dichiarazione Iva, deve risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata da notaio. Questo atto deve tra l’altro contenere l’esatta individuazione delle parti e dell’importo del credito ceduto (risoluzione 6 settembre 2006, n. 103).

Il creditore, cedente dell’eccedenza di Iva, poi, ha l’obbligo di notificare (ai sensi dell’articolo 1264 c.c.) formalmente all’ufficio dell’agenzia delle Entrate competente l’avvenuta cessione – che può essere anche parziale – del credito (articolo 69 del Regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440).

 

Si ricorda che già la giurisprudenza (si veda, ad esempio, la Corte d'appello di Venezia - sentenza n. 2252 del 2 ottobre 2013) si era espressa nel senso che anche il credito Iva trimestrale costituisce un credito certo, liquido ed esigibile, non una mera aspettativa di rimborso e pertanto è cedibile come qualsiasi altro credito.

 

Il comma 2, infine, stabilisce che la disposizione in esame si applica ai crediti chiesti a rimborso a decorrere dal 1° gennaio 2020.


 

Articolo 5
(
Semplificazioni in materia di controlli formali delle
dichiarazioni dei redditi e termine per la presentazione
della dichiarazione telematica dei redditi)

 

 

L’articolo 5, riformulato in sede referente, con l’obiettivo esplicito di dare attuazione allo Statuto dei diritti del contribuente (articolo 6, legge 27 luglio 2000 n. 212), reca una norma di semplificazione del controllo formale delle dichiarazioni dei redditi e una proroga del termine per la presentazione delle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e di imposta regionale sulle attività produttive.

 

Si segnala che già l’articolo 6, comma 4, della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente) prevede che non possono essere richiesti documenti o informazioni già necessariamente in possesso dell’Amministrazione, la quale è tenuta d’ufficio ad acquisire o produrre il documento in questione o copia di esso. Un’analoga norma è contenuta anche all’articolo 7, comma 1, lettera f) del decreto-legge n. 70 del 2011.

 

A tal fine, il comma 1 - inserendo un nuovo comma 3-bis all’articolo 36-ter del D.P.R. 600 del 1973 (decreto IVA) - vieta all’amministrazione finanziaria di chiedere ai contribuenti, in sede di controllo formale delle dichiarazioni dei redditi, certificazioni e documenti relativi a informazioni disponibili nell’anagrafe tributaria o dati trasmessi da parte di soggetti terzi in ottemperanza a obblighi dichiarativi, certificativi o comunicativi, come ad esempio i dati acquisiti per la predisposizione della dichiarazione precompilata.

L’anagrafe tributaria, istituita con il decreto del presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 605, è la banca dati utilizzata per la raccolta e l'elaborazione dei dati relativi alla fiscalità dei contribuenti italiani.

 

È possibile richiedere tali dati qualora la richiesta riguardi la verifica della sussistenza di requisiti soggettivi che non emergono dalle informazioni presenti nella stessa anagrafe, ovvero elementi di informazione in possesso dell'Amministrazione finanziaria non conformi a quelli dichiarati dal contribuente.

Inoltre, sempre al comma 1, si specifica che eventuali richieste documentali effettuate dall'amministrazione per dati già in proprio possesso saranno considerate inefficaci.

 

L’articolo 36-ter del D.P.R. 600 del 1973 (decreto IVA) reca la disciplina del controllo formale delle dichiarazioni stabilendo che gli uffici periferici dell'amministrazione finanziaria, procedono, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione, al controllo formale delle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d'imposta, sulla base dei criteri selettivi fissati dal Ministro delle finanze, tenendo anche conto di specifiche analisi del rischio di evasione e delle capacità operative dei medesimi uffici. In particolare, al comma 3, è previsto che il contribuente o il sostituto d'imposta è invitato, anche telefonicamente o in forma scritta o telematica, a fornire chiarimenti in ordine ai dati contenuti nella dichiarazione e ad eseguire o trasmettere ricevute di versamento e altri documenti non allegati alla dichiarazione o difformi dai dati forniti da terzi.

 

Il comma 2 prevede inoltre lo slittamento del termine per la presentazione delle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e di imposta regionale sulle attività produttive delle persone fisiche e giuridiche individuate dai commi 1 e 2 dell’articolo 2 del D.P.R. n. 322 del 1998.

In particolare, il comma 2, lettera a), dispone che le persone fisiche e le società o le associazioni, come le società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice, devono presentare la dichiarazione in via telematica entro il 30 novembre (rispetto all’attuale 30 settembre) dell'anno successivo a quello di chiusura del periodo di imposta.

La lettera b) prevede inoltre che i soggetti all'imposta sul reddito delle persone giuridiche presentano la dichiarazione in via telematica, entro l'ultimo giorno dell’undicesimo mese (rispetto all’attuale nono mese) successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta.


 

Articolo 6
(Impegno cumulativo a trasmettere dichiarazioni
o comunicazioni)

 

 

L’articolo 6, introdotto in sede referente, intende semplificare il sistema di gestione degli impegni alla trasmissione telematica, modificando l’articolo 3 del DPR n. 322 del 1998 che disciplina le modalità di presentazione e gli obblighi di conservazione delle dichiarazioni.

 

In particolare, la lettera a) dell’articolo in esame stabilisce che, per i soggetti abilitati dall'Agenzia delle entrate alla trasmissione dei dati contenuti nelle dichiarazioni, l'omissione ripetuta della trasmissione di dichiarazioni o di comunicazioni su cui è stato rilasciato l'impegno cumulativo a trasmettere costituisce grave irregolarità e pertanto è causa di revoca dell’abilitazione.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 3 del DPR n. 322 del 1998 stabilisce che le dichiarazioni sono presentate all'Agenzia delle entrate in via telematica ovvero per il tramite di una banca convenzionata o di un ufficio della Poste italiane S.p.a., anche tramite soggetti abilitati. Ai sensi del comma 4, l'abilitazione è revocata quando nello svolgimento dell'attività di trasmissione delle dichiarazioni vengono commesse gravi o ripetute irregolarità, ovvero in presenza di provvedimenti di sospensione irrogati dall'ordine di appartenenza del professionista o in caso di revoca dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività da parte dei centri di assistenza fiscale.

 

La lettera b) prevede la possibilità per il contribuente/sostituto d’imposta di conferire all’intermediario un incarico alla predisposizione di più dichiarazioni e comunicazioni a fronte del quale quest’ultimo rilascia un impegno unico a trasmettere. A tal fine l’intermediario rilascia al contribuente o al sostituto di imposta, anche se non richiesto, l'impegno cumulativo a trasmettere in via telematica all'Agenzia delle entrate i dati contenuti nelle dichiarazioni o comunicazioni.

 

L'impegno cumulativo può essere contenuto nell'incarico professionale sottoscritto dal contribuente se sono indicate le dichiarazioni e le comunicazioni per le quali il soggetto intermediario si impegna a trasmettere in via telematica alla Agenzia delle entrate i dati in esse contenuti.

L'impegno si intende conferito per la durata indicata nell'impegno stesso o nel mandato professionale e comunque fino al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui è stato rilasciato, salvo revoca espressa da parte del contribuente o del sostituto d'imposta.


 

Articolo 7
(
Semplificazioni in materia di versamento unitario)

 

 

L’articolo 7, modificato in sede referente, amplia al versamento delle tasse sulle concessioni governative e delle tasse scolastiche l’ambito applicativo del modello di pagamento unificato F24, vale a dire il modulo fiscale con il quale è possibile effettuare il pagamento di molte imposte e tributi previsti dal nostro sistema economico, attraverso il ricorso ai relativi codici tributo.

È inoltre modificata la procedura di versamento e attribuzione del gettito dell’addizionale comunale all’IRPEF, disponendo che Il versamento è effettuato dai sostituti d'imposta cumulativamente per tutti i comuni di riferimento.

 

Si ricorda che l’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, disciplina la materia del versamento unitario prevedendo che il versamento unitario e la compensazione riguardano i crediti e i debiti relativi:

a) alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute alla fonte riscosse mediante versamento diretto ai sensi dell'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602; per le ritenute di cui al secondo comma del citato art. 3 resta ferma la facoltà di eseguire il versamento presso la competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato; in tal caso non è ammessa la compensazione;

b) all'imposta sul valore aggiunto dovuta ai sensi degli articoli 27 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e quella dovuta dai soggetti di cui all'art. 74;

c) alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto;

d) all'imposta prevista dall'art. 3, comma 143, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662;

e) ai contributi previdenziali dovuti da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali, comprese le quote associative;

f) ai contributi previdenziali ed assistenziali dovuti dai datori di lavoro e dai committenti di prestazioni di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'art. 49, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

g) ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dovuti ai sensi del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124;

h) agli interessi previsti in caso di pagamento rateale ai sensi dell'art. 20;

h-bis) al saldo per il 1997 dell'imposta sul patrimonio netto delle imprese, istituita con decreto-legge 30 settembre 1992, n. 394, e del contributo al Servizio sanitario nazionale di cui all'art. 31 della legge 28 febbraio 1986, n. 41;

h-ter) alle altre entrate individuate con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, e con i Ministri competenti per settore;

h-quater) al credito d'imposta spettante agli esercenti sale cinematografiche;

h-quinquies) alle somme che i soggetti tenuti alla riscossione dell'incremento all'addizionale comunale debbono riversare all'INPS, ai sensi dell'articolo 6-quater del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7.

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo in esame estende l’utilizzo del modello F24 al versamento delle tasse sulle concessioni governative e delle tasse scolastiche

Attualmente le tasse in questione sono versate tramite bollettino di conto corrente postale e quindi i cittadini non possono usufruire di modalità di pagamento telematiche e devono produrre l’originale del bollettino pagato all’ente competente al controllo dell’adempimento. L’utilizzo del modello F24 consente di effettuare i pagamenti con modalità telematiche, nonché di introdurre i dati relativi al pagamento delle tasse scolastiche nella dichiarazione precompilata.

 

Il modello F24 deve essere utilizzato da tutti i contribuenti, titolari e non titolari di partita Iva, per il versamento di tributi, contributi e premi. Il modello è definito “unificato” perché permette al contribuente di effettuare con un’unica operazione il pagamento delle somme dovute, compensando il versamento con eventuali crediti. I contribuenti titolari di partita Iva hanno l’obbligo di utilizzare, anche tramite intermediari (professionisti, associazioni di categoria, Caf, ecc.), modalità telematiche di pagamento.

Si ricorda che con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate del 17 marzo 2016 era stata prevista un’estensione dell’utilizzo del modello F24 a partire dal 1° aprile 2016 per l’imposta sulle successioni, l’imposta ipotecaria, l’imposta catastale, le tasse ipotecarie, l’imposta di bollo, l’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili e i tributi speciali, nonché i relativi accessori, interessi e sanzioni, dovuti in relazione alla presentazione della dichiarazione di successione.

 

Il comma 2 stabilisce che le disposizioni di cui al comma 1 acquistano efficacia a decorrere dal primo giorno del sesto mese successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge ed è applicabile a decorrere dal 2020.

 

Il comma 3 intende sostituire il bollettino di CCP con il modello F24 (articoli 17 e seguenti del d.lgs. n. 241/97), come modalità di versamento dell’IRAP e dell’addizionale regionale all’IRPEF, per alcune tipologie residuali di enti pubblici che non possono utilizzare altre modalità di versamento.

Attualmente le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici effettuano i pagamenti dell’IRAP e dell’addizionale regionale all’IRPEF tramite:

a)   versamento diretto sulle apposite contabilità speciali intestate alle Regioni;

b)   modello “F24 enti pubblici”, se dispongono di un conto aperto presso la Banca d’Italia;

c)   bollettino di conto corrente postale (CCP).

Detti enti già utilizzano il modello F24 (di cui agli articoli 17 e seguenti del d.lgs. n. 241/97) per il versamento della generalità dei tributi e contributi, ma non possono includervi l’IRAP e l’addizionale regionale all’IRPEF, in virtù delle disposizioni di cui all’articolo 1, commi 4 e 6, del decreto interministeriale n. 421 del 1998, che prevedono espressamente l’utilizzo del bollettino di CCP.

Vengono a tal fine modificati i citati commi 4 e 6 dell’articolo 1 del decreto interministeriale n. 421 del 1998.

 

Il comma 4 modifica la procedura di versamento e attribuzione del gettito dell’addizionale comunale all’IRPEF, disponendo che Il versamento è effettuato dai sostituti d'imposta cumulativamente per tutti i comuni di riferimento. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le modalità per l'attuazione del presente comma e per la ripartizione giornaliera, da parte dell'Agenzia delle entrate in favore dei comuni, dei versamenti effettuati dai contribuenti e dai sostituti d'imposta a titolo di addizionale comunale all'IRPEF, avendo riguardo anche ai dati contenuti nelle relative dichiarazioni fiscali.

Il comma 5 reca la copertura finanziaria delle norme così introdotte.

 


 

Articolo 8
(
Norma di interpretazione autentica in materia di rinnovo
dei contratti di locazione a canone agevolato)

 

 

L’articolo 8 reca una norma d’interpretazione autentica dell’articolo 2, comma 5, quarto periodo, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, in materia di proroga dei contratti di locazione a canone agevolato: in mancanza della comunicazione per rinuncia del rinnovo del contratto, da inviarsi almeno sei mesi prima della scadenza, il contratto è rinnovato tacitamente, a ciascuna scadenza, per un ulteriore biennio.

 

La normativa (legge 9 dicembre 1998, n. 431) prevede che alla prima scadenza del contratto di locazione a canone agevolato, ove le parti non concordino sul rinnovo del medesimo, il contratto è prorogato di diritto per due anni fatta salva la facoltà di disdetta da parte del locatore che intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere ovvero vendere l'immobile, alle condizioni e con le modalità previste all’articolo 3 della legge richiamata che disciplina le locazioni e il rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.

Alla scadenza del periodo di proroga biennale ciascuna delle parti ha diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto comunicando la propria intenzione con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. In mancanza della comunicazione il contratto è rinnovato tacitamente alle medesime condizioni.

 


 

Articolo 9
(Soppressione dell’obbligo di comunicazione proroga cedolare secca e della distribuzione gratuita dei modelli cartacei delle dichiarazioni)

 

 

L’articolo 9, introdotto in sede referente, dispone l’abrogazione dell’obbligo della comunicazione della proroga cedolare secca e della relativa sanzione previsti al comma 3 dell’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.

Si ricorda che il richiamato comma 3 prevede che in caso di mancata presentazione della comunicazione relativa alla proroga, anche tacita, o alla risoluzione del contratto di locazione per il quale è stata esercitata l'opzione per l'applicazione della cedolare secca, entro trenta giorni dal verificarsi dell'evento, si applica la sanzione nella misura fissa pari a euro 100, ridotta a euro 50 se la comunicazione è presentata con ritardo non superiore a trenta giorni.

 

A copertura degli oneri finanziari recati della norma in commento, il comma 2 prevede la soppressione della distribuzione gratuita dei modelli cartacei necessari alla redazione delle dichiarazioni annualmente presentate dalle persone fisiche non obbligate alla tenuta delle scritture contabili prevista dal D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, articolo 1, comma 2 in materia di redazione e sottoscrizione delle dichiarazioni delle imposte sui redditi e di IRAP.

 

Si ricorda che l’articolo 8 della proposta di legge in esame reca una norma di interpretazione autentica in materia di rinnovo dei contratti di locazione a canone agevolato stabilendo che in mancanza della comunicazione per rinuncia del rinnovo del contratto, da inviarsi almeno sei mesi prima della scadenza, il contratto è rinnovato tacitamente, a ciascuna scadenza, per un ulteriore biennio.


 

Articolo 10
(Termini per la presentazione delle dichiarazioni IMU e TASI)

 

 

L’articolo 10, introdotto in sede referente, intende spostare il termine di presentazione della dichiarazione IMU/TASI dal 30 giugno al 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo.

Attualmente i soggetti passivi devono presentare la dichiarazione entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio per quanto attiene l’IMU ed entro il termine del 30 giugno dell'anno successivo alla data di inizio del possesso o della detenzione dei locali e delle aree assoggettabili al tributo Tasi.

 

Si ricorda che Il tributo per i servizi indivisibili (TASI) si applica al possesso o alla detenzione a qualsiasi titolo di fabbricati - ad eccezione dell’abitazione principale diversa da quella classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 - e di aree edificabili, mentre sono esclusi i terreni agricoli.

La TASI è dovuta dal titolare del diritto reale e, nel caso in cui l’immobile sia occupato da un soggetto diverso da quest’ultimo, anche dall’occupante (nella misura, stabilita dal comune, compresa tra il 10% e il 30% dell’imposta complessivamente dovuta).

L’imposta municipale propria (IMU) si applica al possesso di fabbricati, escluse le abitazioni principali classificate nelle categorie catastali diverse da A/1, A/8 e A/9, di aree fabbricabili e di terreni agricoli ed è dovuta dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie), dal concessionario nel caso di concessione di aree demaniali e dal locatario in caso di leasing.


 

Articolo 11
(Semplificazione in tema di Indici sintetici di affidabilità fiscale)

 

 

L’articolo 11, inserito nel corso dell’esame in sede referente, prevede che i contribuenti interessati dall’applicazione degli ISA - indici sintetici di affidabilità fiscale - non debbano dichiarare, a tali fini, dati già contenuti negli altri quadri dei modelli di dichiarazione ai fini delle imposte sui redditi, fermo restando che il calcolo degli indici di affidabilità viene effettuato sulla base delle variabili contenute nelle Note tecniche e metodologiche approvate con decreto ministeriale.

 

A tal fine all’articolo 9-bis del decreto legge n. 50 del 2017 è inserito il nuovo comma 4-bis.

Si ricorda che al fine di favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili e di stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari da parte dei contribuenti e il rafforzamento della collaborazione tra questi e l'Amministrazione finanziaria, anche con l'utilizzo di forme di comunicazione preventiva rispetto alle scadenze fiscali, l’articolo 9-bis del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, ha previsto l’istituzione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per gli esercenti attività di impresa, arti o professioni.

Gli indici, elaborati con una metodologia basata su analisi di dati e informazioni relativi a più periodi d'imposta, rappresentano la sintesi di indicatori elementari tesi a verificare la normalità e la coerenza della gestione aziendale o professionale, anche con riferimento a diverse basi imponibili, ed esprimono su una scala da 1 a 10 il grado di affidabilità fiscale riconosciuto a ciascun contribuente, anche al fine di consentire a quest'ultimo, sulla base dei dati dichiarati entro i termini ordinariamente previsti, l'accesso a uno specifico regime premiale.

Gli indici si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018 (comma 931 della legge n. 205 del 2017). Contestualmente all'adozione degli indici cessano di avere effetto, al fine dell'accertamento dei tributi, le disposizioni relative agli studi di settore (articolo 7-bis del decreto legge n. 193 del 2016).

 

Inoltre, si prevede che l’Agenzia delle entrate rende disponibili, ai soggetti esercenti attività di impresa e di lavoro autonomo, i dati in suo possesso utili per l’applicazione degli ISA nell’area riservata del suo sito internet istituzionale.

 

Infine, l’articolo prevede che le disposizioni di semplificazione si applicano a partire dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2020 e il comma 2 reca la relativa copertura finanziaria.

 


 

Articolo 12
(Termini di validità della dichiarazione sostitutiva unica)

 

 

L’articolo 12, introdotto in sede referente, estende i termini di validità dei dati contenuti nella dichiarazione sostitutiva unica (DSU); in sostanza, a decorrere dal 1° gennaio 2020 la DSU ha validità dal momento della presentazione fino al successivo 31 dicembre (rispetto al vigente 31 agosto).

 

Si ricorda che la dichiarazione sostitutiva unica è stata introdotta dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, in materia di definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate.

In particolare ai fini della certificazione Isee (l'indicatore che serve per valutare e confrontare la situazione economica dei nuclei familiari che intendono richiedere una prestazione sociale agevolata) è necessario compilare la dichiarazione sostitutiva unica (DSU), documento che contiene le informazioni di carattere anagrafico, reddituale e patrimoniale necessarie a descrivere la situazione economica del nucleo familiare. La dichiarazione va presentata all'Ente che fornisce la prestazione sociale agevolata, o anche al Comune o ad un centro di assistenza fiscale (CAF) o alla sede INPS competente per territorio. La dichiarazione può essere anche presentata direttamente dal richiedente per via telematica sul sito dell'INPS utilizzando il PIN dispositivo.

Si segnala che in relazione alla compilazione della dichiarazione sostituiva unica (DSU), la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014), al comma 314, ha ampliato la sfera delle informazioni che gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare all'Anagrafe Tributaria, includendovi anche il valore medio di giacenza annuo di depositi e conti correnti bancari.

Più di recente, il DL. 91/2018 (L. 108/2018), in materia di DSU ha posticipato dal 2018 al 2019 l’obbligo di precompilazione da parte dell'INPS, sopprimendo la previsione che, a regime, la modalità precompilata sia l'unica ammessa. Inoltre, viene differita dal 1° settembre 2018 al 1° gennaio 2019 la decorrenza del principio secondo cui una DSU presentata è valida fino al 31 agosto dell'anno successivo (e pertanto, da settembre, i dati sui redditi e i patrimoni devono essere aggiornati, con riferimento all'anno precedente).

 

In particolare l’articolo in esame stabilisce che a decorrere dal 1° gennaio 2020 la DSU ha validità dal momento della presentazione fino al successivo 31 dicembre (rispetto al vigente 31 agosto).

Inoltre in ciascun anno, a decorrere dal 2020, all'avvio del periodo di validità fissato al 1° gennaio (rispetto all’attuale 1° settembre), i dati sui redditi e i patrimoni presenti in DSU sono aggiornati prendendo a riferimento il secondo anno precedente (rispetto al termine vigente dell’anno precedente).

 

L’articolo, infine, specifica che resta comunque ferma la possibilità di aggiornare i dati prendendo a riferimento i redditi e i patrimoni dell'anno precedente qualora vi sia convenienza per il nucleo familiare.

Per una panoramica della disciplina della dichiarazione sostitutiva unica si rinvia al tema web Riforma ISEE del Servizio studi della Camera dei deputati e alla pagina ISEE del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.


 

Articolo 13
(
Semplificazioni per le associazioni sportive dilettantistiche)

 

 

L’articolo 13 consente di autocertificare alle associazioni sportive dilettantistiche il non superamento della franchigia per i compensi ricevuti.

 

In particolare, il comma 1, al fine di autocertificare il non superamento della franchigia prevista per le indennità, i rimborsi forfettari, i premi e i compensi, prevede che il percipiente può presentare all’associazione sportiva dilettantistica erogante, al momento del primo pagamento, un’unica dichiarazione, con validità per l’intero anno d’imposta attestante il rispetto della franchigia prevista.

 

Per premi e compensi, secondo l’attuale disciplina (articolo 67, D.P.R. n. 917 del 1986, Testo unico delle imposte sui redditi) si devono intendere: indennità di trasferta, rimborsi forfetari di spesa, premi e compensi erogati ai direttori artistici e ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche, e quelli erogati nell'esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalle Federazioni sportive nazionali, dall'Unione Nazionale per l'Incremento delle Razze Equine (UNIRE), dagli enti di promozione sportiva e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuti, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche.

All’articolo 69 del medesimo Testo unico delle imposte sui redditi viene anche quantificata la cosiddetta franchigia, che con la legge di bilancio 2018, a partire dal 1 gennaio 2018, è stata aumentata da 7.500 a 10.000 euro: le indennità, i rimborsi forfettari, i premi e i compensi non concorrono a formare il reddito per un importo non superiore complessivamente nel periodo d'imposta a 10.000 euro.

 

Il comma 2 introduce un meccanismo sanzionatorio in caso di omessa dichiarazione del superamento della franchigia. Se nel corso dell’anno d’imposta interviene il superamento della franchigia, il soggetto che ha presentato la dichiarazione deve comunicarlo tempestivamente all’associazione sportiva, a pena di applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari a cinque volte l’importo eccedente, con un minimo di euro 200.

 

Al comma 3 viene fatto espresso divieto di applicazione alla suddetta sanzione degli istituti di ravvedimento, definizione agevolata, concorso di violazioni e continuazione. Al comma 4, infine, si prevede che alla contestazione e all’irrogazione della sanzione provveda l’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente in base al domicilio fiscale del contravventore.

Articolo 14
(Revisione della disciplina fiscale degli
enti associativi esclusi dal codice del terzo settore)

 

 

L’articolo 14, introdotto in sede referente, modifica l’articolo 89 del Codice del Terzo settore per inserire le associazioni con fini assistenziali tra gli enti associativi non commerciali ai fini delle imposte sui redditi.

 

In particolare l’articolo è diretto a modificare l’articolo 148, comma 3, del TUIR, al fine di includere le attività poste in essere da enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale (di cui alla lettera a) del comma 2 dell’articolo 51 TUIR), tra quelle per le quali vi è una presunzione ex lege di non commercialità.

Si ricorda che la formulazione originaria dell’articolo 89 del Codice del Terzo settore aveva espunto le associazioni assistenziali dall’elenco degli enti non commerciali ai fini fiscali.

 

Nel testo originario dell’articolo 148, comma 3, era previsto che per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati.

Successivamente, la legge di bilancio 2019 (comma 1022) nel modificare ulteriormente l’articolo 148 del TUIR, non aveva riconosciuto le associazioni assistenziali tra quelle che potevano avvalersi del regime agevolativo.

 

Di conseguenza, il vigente comma 3 dell’articolo 148 del TUIR prevede un regime agevolativo in favore di particolari categorie di enti non commerciali associativi, ivi comprese le associazioni sportive dilettantistiche, ai fini IRES, per le attività rese in diretta attuazione degli scopi istituzionali.

Detta norma stabilisce, in sostanza, la non imponibilità ai fini IRES di talune prestazioni rese da specifiche categorie di enti non commerciali associativi, quando sussistono congiuntamente i seguenti presupposti:

a)   le attività agevolate devono essere effettuate dagli organismi associativi tassativamente indicati (tra cui le associazioni sportive dilettantistiche);

b)   le cessioni di beni e le prestazioni di servizi devono essere rese in favore degli iscritti, associati o partecipanti ovvero di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali;

c)   le stesse attività devono essere effettuate in diretta attuazione degli scopi istituzionali.

 

Si ricorda, altresì, che in capo agli enti che, essendo in possesso dei requisiti qualificanti previsti dalle norme di riferimento, intendano avvalersi delle disposizioni agevolative di cui all’articolo 148 del TUIR, grava l’onere della comunicazione all’Agenzia delle entrate, mediante apposito modello (cd. Modello EAS), dei dati e delle notizie rilevanti ai fini fiscali.


 

Articolo 15
(Semplificazioni in materia di dichiarazioni di intento relative all’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto)

 

 

L’articolo 15 reca modifiche alla disciplina delle dichiarazioni di intento prevista dal decreto legge 29 dicembre 1983, n. 746, in materia di imposta sul valore aggiunto.

 

In particolare, il comma 1, lettera a) - modificando l’articolo 1 del predetto decreto-legge n. 746 del 1983 - stabilisce che, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, l'intento di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza applicazione dell'imposta risulti da apposita dichiarazione, redatta in conformità al modello approvato con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, trasmessa per via telematica all'Agenzia medesima. La dichiarazione può riguardare anche più operazioni e gli estremi della dichiarazione devono essere indicati nelle fatture emesse in base ad essa (nuovo comma 1, lettera c)).

 

Nella normativa vigente la procedura è così disciplinata: l'intento di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza applicazione della imposta deve risultare da apposita dichiarazione, contenente l'indicazione del numero di partita IVA del dichiarante nonché l'indicazione dell'ufficio competente nei suoi confronti, trasmessa telematicamente all'Agenzia delle entrate, che rilascia apposita ricevuta telematica.

La dichiarazione, unitamente alla ricevuta di presentazione rilasciata dall'Agenzia delle entrate, sarà consegnata al fornitore o prestatore, ovvero in dogana. L'Agenzia delle entrate mette a disposizione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli la banca dati delle dichiarazioni d'intento per dispensare dalla consegna in dogana della copia cartacea delle predette dichiarazioni e delle ricevute di presentazione, prima dell'effettuazione della operazione; la dichiarazione può riguardare anche più operazioni tra le stesse parti. Nella prima ipotesi, il cedente o prestatore riepiloga nella dichiarazione IVA annuale i dati contenuti nelle dichiarazioni d'intento ricevute.

 

La lettera b) del comma 1 dell’articolo in commento abroga la norma (comma 2, articolo 1, del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746) che richiede che la dichiarazione dalla quale risultava l'intento di avvalersi della facoltà di effettuare acquisti o importazioni senza applicazione della imposta sia redatta in duplice esemplare, progressivamente numerata dal dichiarante e dal fornitore o prestatore, annotata entro i quindici giorni successivi a quello di emissione o ricevimento in apposito registro e conservata, e che gli estremi della dichiarazione siano indicati nelle fatture emesse in base ad essa.

 

Il comma 2, in merito alle violazioni relative alle esportazioni, interviene sulle sanzioni comminate al cedente o al prestatore che effettuano cessioni o prestazioni senza aver prima riscontrato telematicamente l'avvenuta presentazione all'Agenzia delle entrate della dichiarazione. La sanzione amministrativa è la stessa attualmente prevista per chi effettua operazioni senza addebito d'imposta, in mancanza della dichiarazione d'intento: dal cento al duecento per cento dell'imposta.

Pertanto il cedente o il prestatore che effettua cessioni (anche tramite commissionari, di beni diversi dai fabbricati e dalle aree edificabili) o prestazioni di servizi rese a soggetti che, avendo effettuato cessioni all'esportazione od operazioni intracomunitarie, si avvalgono della facoltà di acquistare, anche tramite commissionari, o importare beni e servizi senza pagamento dell'imposta, deve riscontrare telematicamente sul sito dell'Agenzia delle entrate l'avvenuta presentazione prima di effettuare le operazioni stesse.

 

Il comma 3 prevede che con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità operative per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo.

 

Il comma 4, infine, stabilisce che l’applicazione delle norme di cui ai commi 1 e 2 decorre dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.


 

Articolo 16
(
Conoscenza degli atti e semplificazione)

 

 

L’articolo 16, modificato in sede referente, impegna l’Amministrazione finanziaria ad assumere iniziative volte a garantire la diffusione degli strumenti necessari ad assolvere correttamente gli adempimenti richiesti ai contribuenti. Prevede, inoltre, che tale documentazione sia messa a disposizione con congruo anticipo, almeno sessanta giorni prima del termine concesso al contribuente per l’adempimento al quale si riferiscono.

 

In particolare, il comma 1, lettera a) sostituisce il comma 3 dell’articolo 6 dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000), prevedendo che l'amministrazione finanziaria assume iniziative volte a garantire che i modelli di dichiarazione, le relative istruzioni, i servizi telematici, la modulistica e i documenti di prassi amministrativa siano messi a disposizione del contribuente con idonee modalità di comunicazione e pubblicità, almeno sessanta giorni prima del termine assegnato al contribuente per l'adempimento al quale si riferiscono.

 

L’articolo 5, comma 1, della legge 27 luglio 2000 n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), già stabilisce che l’amministrazione finanziaria deve assumere idonee iniziative volte a consentire la completa e agevole conoscenza delle disposizioni legislative e amministrative vigenti in materia tributaria.

 

Viene quindi introdotto un nuovo comma 3-bis al predetto articolo 6, il quale - ricalcando sostanzialmente quanto previsto dal comma 3 vigente - prevede che i modelli e le relative istruzioni devono essere comprensibili anche ai contribuenti sforniti di conoscenze in materia tributaria. L’amministrazione finanziaria deve assicurare che il contribuente possa adempiere le obbligazioni tributarie con il minor numero di adempimenti e nelle forme meno costose e più agevoli (comma 1, lettera b)).

Articolo 17
(Obbligo di invito al contraddittorio)

 

 

L’articolo 17, sostituito in sede referente, introduce, nell’ambito dell’accertamento fiscale previsto dal Capo II del decreto legislativo n. 218 del 1997, un nuovo obbligo per l’Amministrazione finanziaria, che è tenuta ad avviare, necessariamente e nei casi espressamente previsti, un contraddittorio con il contribuente per definire in via amministrativa la pretesa tributaria.

 

Parte della giurisprudenza ha riconosciuto l’immanenza del principio del contraddittorio endoprocedimentale nel nostro ordinamento amministrativo e tributario (articolo 7, legge n. 241 del 1990, principi europei e articoli 5, 6, 7, 10, dello Statuto del contribuente).

La Corte di Cassazione sezioni unite, Sentenza 29 luglio 2013, n. 18184, ad esempio, aveva sottolineato che: il contraddittorio procedimentale è andato assumendo, in giurisprudenza e in dottrina (e nella stessa legislazione), proprio con specifico riferimento alla materia tributaria, un valore sempre maggiore, quale strumento diretto non solo a garantire il contribuente, ma anche ad assicurare il migliore esercizio della potestà impositiva, il quale, nell’interesse anche dell’ente impositore, risulterà tanto più efficace, quanto più si rivelerà conformato ed adeguato – proprio in virtù del dialogo tra le parti, ove reso possibile – alla situazione del contribuente, con evidenti riflessi positivi anche in termini di deflazione del contenzioso (se non, ancor prima, nel senso di indurre l’amministrazione ad astenersi da pretese tributarie ritenute alfine infondate).

Si segnala, inoltre, che l’ordinamento vigente già prevede forme di contraddittorio endoprocedimentale, quali quelle attivate mediante inviti a comparire per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento ai sensi dell’art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, inviti a comparire nell’ambito del procedimento di accertamento con adesione di cui agli articoli 5 e 11 del d.lgs. n. 218/1997, richieste di chiarimenti nell’ambito del procedimento di accertamento finalizzato alla contestazione dell’abuso del diritto ai sensi dell’art. 10-bis del 27 luglio 2000, n. 212, inviti a comparire nell’ambito del procedimento di determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche, per fornire dati e notizie rilevanti e ai fini dell’avvio del procedimento di accertamento con adesione ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 (art. 38, settimo comma del D.P.R. n. 600/1973).

 

In particolare il comma 1 del nuovo articolo 5-ter (introdotto dal comma 2 dell’articolo 17 in esame) stabilisce che l’ufficio procedente dell’Agenzia delle entrate, fuori dai casi in cui sia stata rilasciata copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, prima di emettere un avviso di accertamento, notifica un invito a comparire per l'avvio del procedimento di definizione dell'accertamento.

Viene introdotto pertanto un obbligo generalizzato del contraddittorio prima dell'emissione dell’avviso di accertamento.

 

Si ricorda che in base all’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 nell’invito a comparire, sono indicati:

a)   i periodi di imposta suscettibili di accertamento;

b)   il giorno e il luogo della comparizione per definire l'accertamento con adesione;

c)   le maggiori imposte, ritenute, contributi, sanzioni ed interessi dovuti;

d)   i motivi che hanno dato luogo alla determinazione delle maggiori imposte, ritenute e contributi di cui alla lettera c).

Si ricorda, inoltre, che in base all’articolo 42 del D.P.R. 29/09/1973, n.600, l'avviso di accertamento, ovvero l’atto mediante il quale l’ufficio notifica formalmente la pretesa tributaria al contribuente a seguito di un’attività di controllo sostanziale, deve recare l'indicazione dell'imponibile o degli imponibili accertati, delle aliquote applicate e delle imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle ritenute di acconto e dei crediti d'imposta, e deve essere motivato in relazione ai presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e in relazione a quanto stabilito dalle disposizioni di cui ai precedenti articoli che sono state applicate, con distinto riferimento ai singoli redditi delle varie categorie e con la specifica indicazione dei fatti e delle circostanze che giustificano il ricorso a metodi induttivi o sintetici e delle ragioni del mancato riconoscimento di deduzioni e detrazioni.

 

Il comma 2 dispone che sono esclusi dal procedimento dell'invito obbligatorio gli avvisi di accertamento parziale e gli avvisi di rettifica parziale.

 

Si segnala che l’articolo 41-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, in merito all’accertamento parziale, prevede che gli uffici dell’Agenzia delle entrate, qualora dagli accessi, ispezioni e verifiche risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di un reddito non dichiarato o il maggior ammontare di un reddito parzialmente dichiarato che avrebbe dovuto concorrere a formare il reddito imponibile, possono limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, il reddito od il maggior reddito imponibile. Si tratta dei casi in cui gli uffici hanno il possesso di elementi certi, che non necessitano di una specifica valutazione, ovvero di un’attività istruttoria, da cui desumere errori od omissioni di elementi reddituali.

L’articolo 54, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, decreto IVA, stabilisce che se vi è pericolo per la riscossione dell'imposta l'ufficio può provvedere, prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale, all'accertamento delle imposte non versate in tutto o in parte.

 

Il comma 3 prevede che in caso di mancata adesione, l’avviso di accertamento è specificatamente motivato in relazione ai chiarimenti forniti e ai documenti prodotti dal contribuente nel corso del contraddittorio.

 

Il comma 4 stabilisce una particolare deroga all’obbligo del contraddittorio in tutti i casi di particolare e motivata urgenza e nelle ipotesi di fondato pericolo per la riscossione. In tali casi l’ufficio può notificare direttamente l’avviso di accertamento senza che sia preceduto dall’invito.

 

Il comma 5 dispone che fuori dai casi di cui al comma 4, il mancato avvio del contraddittorio comporta l’invalidità dell’avviso di accertamento qualora, a seguito di impugnazione, il contribuente dimostri in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere se il contraddittorio fosse stato attivato.

 

Il comma 6 del nuovo articolo 5-ter specifica che restano ferme le disposizioni che prevedono la partecipazione del contribuente prima dell’emissione di un avviso di accertamento.

 

Il comma 1 dell’articolo 17 in esame inserisce un nuovo comma nell’articolo 5 del decreto legislativo n. 218 del 1997 (comma 3-bis), che introduce una deroga ai termini ordinari di decadenza per la notificazione dell’avviso di accertamento.

La deroga opera per l’avviso preceduto da un invito al contraddittorio di iniziativa dell’ufficio, sia obbligatorio che non, ovvero preceduto da un’istanza del contribuente a seguito di processo verbale.

In tali casi, qualora tra la data di comparizione indicata nell’invito a comparire e quella di decadenza dell'amministrazione dal potere di notificazione dell'atto impositivo intercorrano meno di novanta giorni, il termine di decadenza per la notificazione dell'atto impositivo è automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, di centoventi giorni.

 

In base all’articolo 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, gli avvisi di accertamento relativi alle imposte sui redditi devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.

 

Il comma 3 dell’articolo in esame modifica l’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 218 del 1997, aggiungendo che anche nel caso di notifica di un avviso di accertamento preceduto da un invito obbligatorio, ai sensi del nuovo articolo 5-ter, il contribuente non può più formulare, prima della presentazione del ricorso, un’istanza di accertamento con adesione.

 

Il vigente articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, prevede che il contribuente nei cui confronti sia stato notificato avviso di accertamento o di rettifica, non preceduto dall'invito può formulare anteriormente all'impugnazione dell'atto innanzi la commissione tributaria provinciale, istanza in carta libera di accertamento con adesione, indicando il proprio recapito, anche telefonico.

 

Il comma 4 dell’articolo in esame stabilisce infine che le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano agli avvisi di accertamento emessi dal 1° luglio 2020.

 


 

Articolo 18
(Difesa in giudizio dell'Agenzia delle entrate-Riscossione)

 

 

L’articolo 18, introdotto in sede referente, ha natura interpretativa e chiarisce che al di fuori della tipologia di controversie convenzionalmente riservate alla difesa dell’Avvocatura dello Stato, l'Agenzia delle entrate-Riscossione può avvalersi, anche innanzi alla magistratura tributaria, di proprio personale interno, avuto riguardo alla relativa capacità operativa o di legali del libero foro, selezionati nel rispetto del Codice degli appalti pubblici.

 

In particolare, l’articolo in esame stabilisce che la disposizione di cui all'articolo 43, comma quarto, del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, si applica esclusivamente nei casi in cui l’Agenzia delle entrate-Riscossione ritenga di non avvalersi dell’Avvocatura dello Stato nelle controversie alla stessa Avvocatura riservate su base convenzionale.

 

Si ricorda che l'articolo 43, comma quarto, del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, stabilisce che l'Avvocatura dello Stato può assumere la rappresentanza e la difesa nei giudizi attivi e passivi avanti le Autorità giudiziarie, i Collegi arbitrali, le giurisdizioni amministrative e speciali, di amministrazioni pubbliche non statali ed enti sovvenzionati, sottoposti a tutela od anche a sola vigilanza dello Stato e che salve le ipotesi di conflitto, ove tali amministrazioni ed enti intendano in casi speciali non avvalersi della Avvocatura dello Stato, debbono adottare apposita motivata delibera da sottoporre agli organi di vigilanza.

 

In base a quanto disposto dall’articolo in esame, al di fuori della tipologia di controversie convenzionalmente riservate alla difesa dell’Avvocatura dello Stato, l'Agenzia può avvalersi indifferentemente, anche innanzi alla magistratura tributaria, di proprio personale interno, avuto riguardo alla relativa capacità operativa o di legali del libero foro, selezionati nel rispetto del Codice degli appalti pubblici, senza dovere adottare apposita motivata delibera.

 

Si ricorda inoltre che l’articolo 1 del decreto legge 22 ottobre 2016, n. 193 recante disposizioni in materia di soppressione di Equitalia e di patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, al comma 8, prevede che l'Agenzia è autorizzata ad avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato ai sensi del citato 43, fatte salve le ipotesi di conflitto e comunque su base convenzionale. Lo stesso ente può altresì avvalersi, sulla base di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale di avvocati del libero foro, nel rispetto delle previsioni del Codice degli appalti, ovvero può avvalersi ed essere rappresentato, davanti al tribunale e al giudice di pace, da propri dipendenti delegati, che possono stare in giudizio personalmente; in ogni caso, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, l'Avvocatura dello Stato, sentito l'ente, può assumere direttamente la trattazione della causa.

 

L’articolo stabilisce altresì che la delibera motivata da sottoporre all’organo di vigilanza non occorre anche nei casi di indisponibilità da parte dell’Avvocatura, di assumere il patrocinio dell’Agenzia.


 

Articolo 19
(
Efficacia delle deliberazioni regolamentari e tariffarie
relative alle entrate tributarie degli enti locali)

 

 

L’articolo 19, interamente sostituito in sede referente, modifica le modalità e i termini di invio delle delibere regolamentari e tariffarie relative alle entrate tributarie dei comuni, delle province e delle città metropolitane. Si introduce in particolare l’obbligo di trasmissione telematica esclusiva delle delibere inerenti ai tributi con determinate specifiche tecniche, in modo tale da consentire il prelievo automatizzato delle informazioni utili per l’assolvimento degli adempimenti relativi al pagamento dei tributi.

 

In particolare, il comma 1, lettera a), sostituisce il comma 15 dell’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, in materia di entrate tributarie degli enti locali, e dispone che a decorrere dall'anno di imposta 2020, tutte le delibere regolamentari e tariffarie relative alle entrate tributarie dei comuni devono essere inviate al Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento delle finanze, esclusivamente per via telematica, mediante inserimento del testo nell'apposita sezione del Portale del federalismo fiscale, per la pubblicazione nel sito informatico. Con riferimento alle delibere regolamentari e tariffarie relative alle entrate tributarie delle province e delle città metropolitane, la disposizione si applica a decorrere dall’anno d’imposta 2021.

 

La lettera b) inserisce quattro nuovi commi all’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 2011, in materia di imposta municipale propria: 15-bis, 15-ter, 15-quater e 15-quinquies.

Il nuovo comma 15-bis prevede che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, sentita l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID), da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le specifiche tecniche del formato elettronico da utilizzare per l’invio telematico di cui al comma 15, in modo tale da consentire il prelievo automatizzato delle informazioni utili per l’assolvimento degli adempimenti relativi al pagamento dei tributi, e sono fissate le modalità di attuazione, anche graduale, dell’obbligo di effettuare il predetto invio nel rispetto delle specifiche tecniche medesime.

 

Il comma 15-ter dispone che a decorrere dall'anno di imposta 2020, le delibere e i regolamenti concernenti i tributi comunali diversi dall’imposta di soggiorno, dall’addizionale comunale all’imposta sul reddito per le persone fisiche, dall’imposta municipale propria (IMU) e dal tributo per i servizi indivisibili (TASI) acquistano efficacia a far data dalla pubblicazione effettuata ai sensi del comma 15, a condizione che detta pubblicazione avvenga entro il 28 ottobre dell'anno a cui la delibera o il regolamento afferisce; a tal fine, il comune è tenuto a effettuare l'invio di cui al primo periodo entro il termine perentorio del 14 ottobre dello stesso anno.

I versamenti dei tributi diversi dall’imposta di soggiorno, dall’addizionale comunale all’IRPEF, dall’IMU e dalla TASI la cui scadenza è fissata dal comune prima del 1° dicembre di ciascun anno devono essere effettuati sulla base degli atti applicabili per l’anno precedente. I versamenti dei medesimi tributi la cui scadenza è fissata dal comune a partire dal 1° dicembre di ciascun anno devono essere effettuati sulla base degli atti pubblicati entro il 28 ottobre, a saldo dell'imposta dovuta per l'intero anno, con eventuale conguaglio su quanto già versato. In caso di mancata pubblicazione entro il termine del 28 ottobre, si applicano gli atti adottati per l'anno precedente.

 

Il comma 15-quater stabilisce che a decorrere dall'anno di imposta 2020, i regolamenti e le delibere di approvazione delle tariffe relativi all’imposta di soggiorno e al contributo di sbarco, al contributo di soggiorno, nonché al contributo previsto a carico dei vettori per l’accesso al comune di Venezia, hanno effetto dal primo giorno del secondo mese successivo a quello della loro pubblicazione effettuata ai sensi del comma 15. Il Ministero dell’economia e delle finanze provvede alla pubblicazione dei regolamenti e delle delibere entro i quindici giorni lavorativi successivi alla data di inserimento nel Portale del federalismo fiscale.

 

Il comma 15-quinquies prevede che ai fini della pubblicazione delle delibere di variazione dell’aliquota dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore sono trasmesse con le modalità di cui al comma 15.

 

Si ricorda che secondo l’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, in materia di Tributi propri connessi al trasporto su gomma, l'aliquota dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori (tributo proprio derivato delle province) è pari al 12,5 per cento. A decorrere dall'anno 2011 le province possono aumentare o diminuire l'aliquota in misura non superiore a 3,5 punti percentuali. Gli aumenti o le diminuzioni delle aliquote avranno effetto dal primo giorno del secondo mese successivo a quello di pubblicazione della delibera di variazione sul sito informatico del Ministero dell'economia e delle finanze.

 

Infine il comma 2 dell’articolo in esame abroga il comma 2 dell’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, in materia di potestà regolamentare generale delle province e dei comuni, che disponeva che i regolamenti sono approvati con deliberazione del comune e della provincia non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione e non hanno effetto prima del 1° gennaio dell'anno successivo.

I regolamenti sulle entrate tributarie sono comunicati, unitamente alla relativa delibera comunale o provinciale al Ministero delle finanze, entro trenta giorni dalla data in cui sono divenuti esecutivi e sono resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta Ufficiale. Con decreto dei Ministeri delle finanze e della giustizia è definito il modello al quale i comuni devono attenersi per la trasmissione, anche in via telematica, dei dati occorrenti alla pubblicazione, per estratto, nella Gazzetta Ufficiale dei regolamenti sulle entrate tributarie, nonché di ogni altra deliberazione concernente le variazioni delle aliquote e delle tariffe di tributi.

 


 

Articolo 20
(Esenzione TASI per gli immobili costruiti e
destinati dall’impresa costruttrice alla vendita)

 

 

L’articolo 20, introdotto in sede referente, esenta dal pagamento del tributo per i servizi indivisibili (Tasi) i fabbricati costruiti e destinati alla vendita a decorrere dal 1° gennaio 2022.

 

In particolare il comma 1 dispone che sono esentati dal pagamento della TASI i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati.

 

Si ricorda che attualmente i fabbricati in esame sono esenti da IMU ma soggetti a TASI con un’aliquota ridotta dell’1 per mille. I comuni possono azzerare o aumentare l’aliquota fino a un massimo del 2,5 per mille.

 

Si ricorda che nella vigente disciplina (comma 678 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147) è previsto che per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, l'aliquota Tasi da pagare è ridotta allo 0,1 per cento. I comuni inoltre possono modificare la suddetta aliquota, in aumento, sino allo 0,25 per cento o, in diminuzione, fino all'azzeramento.

Si ricorda inoltre che la Tasi, il tributo per i servizi indivisibili comunali, istituita dalla legge di bilancio 2014, è a carico sia del possessore che dell'utilizzatore dell'immobile, escluse le unità immobiliari destinate ad abitazione principale dal possessore nonché dall'utilizzatore e dal suo nucleo familiare, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9.

Si segnala, infine, che l’IMU a decorrere dal 2014, articolo2 decreto legge 31 agosto 2013, n. 102, non è dovuta per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita (c.d. beni merce) fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati e per i fabbricati rurali ad uso strumentale.

 

Il comma 2 stabilisce che le disposizioni dell’articolo si applicano a decorrere dal 1 gennaio 2022 e reca la relativa copertura finanziaria.


 

Articolo 21
(
Tenuta della contabilità in forma meccanizzata)

 

 

L’articolo 21 prevede che l’obbligo di stampa cartacea soltanto all’atto del controllo e su richiesta dell'organo procedente, attualmente previsto per i soli registri IVA, sia esteso anche a tutti i registri contabili aggiornati con sistemi elettronici in qualsiasi supporto.

 

La norma in vigore, comma 4-quater, dell'articolo 7, del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, stabilisce, infatti, che la tenuta dei registri delle fatture con sistemi elettronici è, in ogni caso, considerata regolare in difetto di trascrizione su supporti cartacei nei termini di legge, se in sede di accesso, ispezione o verifica gli stessi risultano aggiornati sui predetti sistemi elettronici e vengono stampati a seguito della richiesta avanzata dagli organi procedenti ed in loro presenza.

 


 

Articolo 22
(Imposta di bollo virtuale sulle fatture elettroniche
)

 

 

L’articolo 22, il cui contenuto è stato integralmente sostituito durante l’esame in Commissione, consente all’Agenzia delle entrate, già in fase di ricezione delle fatture elettroniche, di verificare con procedure automatizzate la corretta annotazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo, avendo riguardo alla natura e all’importo delle operazioni indicate nelle fatture stesse.

 

Nel testo originario l’articolo 18 intendeva consentire, ai soggetti che eseguono la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri all’Agenzia delle entrate, di effettuare l’annotazione nel registro dei corrispettivi con modalità semplificate, da definire con successivo decreto.

 

In particolare, il comma 1 consente all’Agenzia delle entrate, ove rilevi che sulle fatture elettroniche non sia stata apposta la specifica annotazione di assolvimento dell’imposta di bollo, di integrare le fatture stesse con procedure automatizzate, già in fase di ricezione sul Sistema di interscambio (disciplinato dall’articolo 1, commi 211 e 212, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, legge finanziaria 2008), includendo nel calcolo dell’imposta dovuta, da rendere noto a ciascun soggetto passivo IVA (ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del D.M. del 16 giugno 2014), sia l’imposta dovuta in base a quanto correttamente dichiarato nella fattura, sia il maggior tributo calcolato sulle fatture nelle quali non è stato correttamente indicato l’assolvimento dell’imposta.

 

La richiamata legge finanziaria 2008 ha stabilito che la trasmissione delle fatture elettroniche destinate all’amministrazione dello Stato debba avvenire attraverso il Sistema di Interscambio (SdI). Il DM del 7 marzo 2008 ha individuato l'Agenzia delle Entrate quale gestore del Sistema di Interscambio e la Sogei quale apposita struttura dedicata ai servizi strumentali ed alla conduzione tecnica. Il DM 3 aprile 2013, numero 55, stabilisce le regole in materia di emissione, trasmissione e ricevimento della fattura elettronica e definisce le modalità di funzionamento del Sistema di Interscambio.

Il Sistema di Interscambio, gestito dall'Agenzia delle Entrate, è un sistema informatico in grado di:

§  ricevere le fatture sotto forma di file con le caratteristiche della FatturaPA,

§  effettuare controlli sui file ricevuti,

§  inoltrare le fatture alle Amministrazioni destinatarie.

 

Nei casi residuali in cui non sia possibile effettuare tale verifica con procedure automatizzate, restano comunque applicabili le ordinarie procedure di regolarizzazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo e di recupero del tributo, ai sensi del D.P.R. n. 642 del 1972 che reca il Testo Unico sull’imposta di bollo.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, ultimo periodo, del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 17 giugno 2014, le fatture elettroniche devono riportare una specifica annotazione nel caso in cui sia obbligatorio l’assolvimento dell’imposta di bollo. In base alle disposizioni del medesimo comma 2, il versamento dell’imposta di bollo dovuta su tali fatture è effettuato con cadenza trimestrale, entro il giorno 20 del mese successivo alla chiusura del trimestre in cui sono state emesse le fatture stesse. Per agevolare il pagamento dell’imposta di bollo, ai sensi di quanto previsto dal richiamato comma 2, l’Agenzia delle entrate rende noto ai soggetti passivi IVA, tramite l’area riservata del proprio sito internet, l’ammontare dell’imposta di bollo dovuta, calcolata in base al numero di fatture che recano la suddetta specifica annotazione. Ove nelle fatture elettroniche non sia stato correttamente indicato l’assolvimento dell’imposta di bollo, l’Agenzia delle entrate è tenuta a regolarizzare successivamente le fatture stesse ai fini dell’imposta di bollo e a recuperare l’imposta dovuta secondo le procedure di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642 (che reca la disciplina dell'imposta di bollo). Tali procedure sono state configurate per l’applicazione agli atti in formato cartaceo e dunque appaiono poco efficaci per i documenti digitali, quali le fatture elettroniche, anche in ragione dell’imposta dovuta per ciascun esemplare di esse (pari a 2 euro, secondo l’articolo 13 della Tariffa allegata al DPR n. 642 del 1972).

 

Il comma 2 stabilisce che in caso di mancato, insufficiente o tardivo pagamento dell’imposta calcolata dall’Agenzia delle entrate, si applica la sanzione del 30 per cento del dovuto (articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471), generalmente irrogata in caso di mancato o parziale versamento dei tributi alle relative scadenze.

Il comma 3 stabilisce che le predette norme – salvo quanto previsto al comma 2 - si applicano alle fatture inviate dal 1o gennaio 2020 attraverso il menzionato Sistema di interscambio.

Il comma 4 demanda le relative disposizioni di attuazione ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, che deve anche individuare, con riferimento all’imposta calcolata dall’Agenzia delle entrate (ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del D.M. del 16 giugno 2014), le procedure per il recupero dell’imposta di bollo non versata e per l’irrogazione delle conseguenti sanzioni.


 

Articolo 23
(Semplificazioni per gli immobili concessi in comodato d'uso)

 

 

L’articolo23, introdotto durante l’esame in sede referente, elimina gli obblighi dichiarativi relativi al possesso dei requisiti per fruire delle agevolazioni IMU e TASI per gli immobili concessi in comodato a parenti in linea retta di primo grado, nonché per fruire delle agevolazioni sugli immobili in locazione a canone concordato.

 

Il comma 1, lettera a) modifica l’articolo 13, comma 3, lettera 0a) del decreto-legge n. 201 del 2011, disposizione che prevede la riduzione al 50 per cento della base imponibile IMU per gli immobili concessi in comodato d’uso a parenti in linea retta, ivi compreso il coniuge del comodatario, in caso di morte di quest’ultimo in presenza di figli minori.

L’agevolazione spetta purché l’immobile sia utilizzato come abitazione principale, il contratto sia registrato e il comodante possieda un solo immobile in Italia e risieda anagraficamente nonché dimori abitualmente nello stesso comune in cui è situato l'immobile concesso in comodato; il beneficio si applica anche nel caso in cui il comodante, oltre all'immobile concesso in comodato, possieda nello stesso comune un altro immobile adibito a propria abitazione principale, ad eccezione delle unità abitative classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9

La norma vigente prevede che, per l’applicazione della predetta agevolazione, il soggetto passivo attesti il possesso dei suddetti requisiti nel modello di dichiarazione IMU (di cui all'articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23); con le modifiche in esame, viene eliminato tale obbligo di attestazione.

Si ricorda in questa sede che le regole sulla base imponibile IMU, di cui all’articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, si applicano anche alla TASI, in virtù del rinvio operato dall’articolo 1, comma 675 della legge n. 147 del 2013.

 

La lettera b) del comma 1 aggiunge un periodo alla fine del comma 6-bis del richiamato articolo 13, che riduce al 75 per cento l’IMU sugli immobili locati a canone concordato (di cui alla legge 9 dicembre 1998, n. 431).

Con le modifiche in commento si chiarisce che per usufruire di detta agevolazione il soggetto passivo è esonerato dall'attestazione del possesso del requisito mediante il modello di dichiarazione (indicato all'articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23), nonché da qualsiasi altro onere dichiarativo e comunicativo.

Si ricorda che analoga riduzione è prevista per la TASI, ma in tale ipotesi la riduzione d’imposta è specificamente disposta dall’articolo 1, comma 678 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), come modificato dall’articolo 1, comma 53 della legge di stabilità 2016 (legge n. 2018 del 2015).

In merito agli obblighi dichiarativi in tema di IMU e TASI, la Circolare n. 2/F del Dipartimento finanze del MEF del 3 giugno 2015 ha rilevato la non necessità di approvare un apposito modello di dichiarazione TASI, essendo a tale scopo valido quello previsto per la dichiarazione dell’imposta municipale propria (IMU), approvato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 30 ottobre 2012. Ciò in quanto le informazioni necessarie al comune per il controllo e l’accertamento dell’obbligazione tributaria, sia per quanto riguarda l’IMU sia per ciò che concerne la TASI, sono sostanzialmente identiche.

Il Dipartimento finanze del MEF ha rilevato che le medesime esigenze sono alla base dell’ulteriore problematica derivante dall’articolo 1, comma 681, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in base al quale, per la TASI, “nel caso in cui l’unità immobiliare è occupata da un soggetto diverso dal titolare del diritto reale sull’unità immobiliare, quest’ultimo e l’occupante sono titolari di un’autonoma obbligazione tributaria”. Si è chiarito al riguardo che un’applicazione rigorosa della norma comporterebbe che gli “occupanti” diversi dai titolari del diritto reale sull’immobile - che non hanno, quindi, assolto gli adempimenti dichiarativi in materia di IMU - dovrebbero essere tutti tenuti a presentare la dichiarazione TASI. Tuttavia il DF chiarisce (in linea con quanto affermato nelle istruzioni alla dichiarazione IMU, approvata con D. M. 30 ottobre 2012), con riferimento agli immobili locati per i quali il comune ha deliberato la riduzione dell’aliquota, è stato espressamente affermato che la dichiarazione “non deve essere presentata nel caso di contratti di locazione e di affitto registrati a partire dal 1° luglio 2010, poiché da tale data, ai sensi dell’art. 19, commi 15 e 16, del D. L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, al momento della registrazione devono essere comunicati al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate anche i relativi dati catastali. Per i contratti di locazione e di affitto registrati precedentemente alla data del 1° luglio 2010, permane, invece, l’obbligo dichiarativo, a meno che i relativi dati catastali non siano stati comunicati al momento della cessione, della risoluzione o della proroga del contratto, ai sensi dello stesso art. 19 del D. L. n. 78 del 2010”. In sostanza, il DF ha chiarito che l’ambito applicativo dell’obbligo dichiarativo TASI si riduce a casi residuali, dal momento che il comune è già a conoscenza delle informazioni relative agli immobili locati; per le medesime esigenze di semplificazione innanzi citate, che nei casi in cui il contribuente sia un soggetto diverso dal titolare del diritto reale sull’immobile, come nelle fattispecie prima illustrate, si possa utilizzare la parte del modello di dichiarazione dedicata alle “Annotazioni” per precisare il titolo (ad esempio “locatario”) in base al quale l’immobile è occupato ed è sorta la propria obbligazione tributaria, ai sensi del citato comma 681 dell’art. 1 della legge n. 147 del 2013.

 

Il comma 2 prevede che le modifiche in esame si applichino dal 1° gennaio 2020 e che ai relativi oneri, valutati in 500.000 euro a decorrere dal 2020, si provvede a valere sulle maggiori entrate derivanti dall’articolo 22 del provvedimento, il quale consente all’Amministrazione finanziaria di verificare con procedure automatizzate la corretta annotazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo.


 

Articolo 24
(Norme di interpretazione autentica
in materia di ravvedimento parziale)

 

 

L’articolo 24, introdotto in Commissione, intende estendere l’ambito operativo della disciplina del ravvedimento operoso, contenuta nell’articolo 13 del D.Lgs. n. 472 del 1997, recependo in norma primaria alcuni orientamenti già espressi dalla prassi amministrativa in materia di versamento frazionato dell’imposta o versamento “tardivo” dell’imposta frazionata (cd. ravvedimento parziale).

 

A tal fine è introdotto nel D.Lgs. n. 472 del 1997 un nuovo articolo 13-bis, con un unico comma.

Il primo periodo del nuovo articolo reca una norma interpretativa, con efficacia dunque retroattiva, ai sensi della quale l’istituto del ravvedimento operoso si applica anche nei casi di versamento frazionato delle imposte dovute, purché il versamento della parte dell’imposta e delle sanzioni e interessi sia effettuato nei termini di legge per avvalersi del ravvedimento (indicati all’articolo 13, comma 1 del richiamato D.Lgs. n. 472 del 1997)

 

In sintesi, l’istituto del “ravvedimento operoso”, disciplinato dall’articolo 13 del D. Lgs. n. 472 del 1997 consente di regolarizzare omessi o insufficienti versamenti e altre irregolarità fiscali beneficiando della riduzione delle sanzioni. Con le modifiche introdotte dalla legge di stabilità 2015 sono stati eliminati alcuni vincoli legislativi al ravvedimento operoso, che influivano sulla tempistica e sulle condizioni per l’accesso all’istituto: detti limiti non operano più e, dunque, oggi il ravvedimento è inibito solo dalla notifica degli atti di liquidazione e di accertamento (comprese le comunicazioni da controllo automatizzato e formale delle dichiarazioni).

Gli errori, le omissioni e i versamenti carenti possono essere regolarizzati eseguendo spontaneamente il pagamento:

§  dell’imposta dovuta;

§  degli interessi, calcolati al tasso legale annuo dal giorno in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato a quello in cui viene effettivamente eseguito;

§  della sanzione in misura ridotta.;

La sanzione ridotta è pari (articolo 13, comma 1, rispettivamente lettere a), a-bis), b), b-bis), b-ter), b-quater) e c)):

§  a 1/10 di quella ordinaria nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data di scadenza;

§  a 1/9 del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il novantesimo giorno successivo al termine per la presentazione della dichiarazione, oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro novanta giorni dall'omissione o dall'errore;

§  a 1/8 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione, oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall'omissione o dall'errore;

§  a 1/7 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro due anni dall'omissione o dall'errore;

§  a 1/6 del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione, oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, oltre due anni dall'omissione o dall'errore;

§  a 1/5 del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene dopo la constatazione della violazione (ai sensi dell'articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4), salvo nei casi di mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto o di omessa installazione degli apparecchi per l'emissione dello scontrino fiscale);

§  a 1/10 del minimo di quella prevista per l'omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni, oppure a 1/10 del minimo di quella prevista per l'omessa presentazione della dichiarazione periodica prescritta in materia di imposta sul valore aggiunto, se questa viene presentata con ritardo non superiore a trenta giorni.;

Il decreto legislativo n. 158/2015 ha modificato la normativa sulle sanzioni per ritardati od omessi versamenti, prevedendo la riduzione alla metà della sanzione ordinaria per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 90 giorni dalla scadenza. In tali casi, quindi, la sanzione passa dal 30 al 15 per cento.

 Un’ulteriore riduzione della sanzione è prevista per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a 15 giorni. In tali casi la sanzione del 15 per cento è ulteriormente ridotta a 1/15 per ogni giorno di ritardo (1 per cento).  In ogni caso, il pagamento e la regolarizzazione non precludono l'inizio o la prosecuzione di accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo e accertamento.

Sull’istituto la prassi amministrativa è intervenuta a più riprese. In particolare l’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 67/E del 23 giugno 2011, ha operato una distinzione tra rateazione delle somme da ravvedimento e ravvedimento parziale.

L’Agenzia ha escluso che la rateazione possa applicarsi all’istituto del ravvedimento operoso, in quanto si tratta di una modalità di pagamento dilazionato nel tempo di somme dovute dal contribuente, applicabile solo ove normativamente prevista, ed in presenza di presupposti e secondo regole puntualmente disciplinate. In particolare, non è ammissibile che il ravvedimento della violazione si perfezioni con il versamento della cosiddetta “prima rata” di quanto “complessivamente” dovuto a titolo di imposta, interessi e sanzioni, e che il contribuente possa, quindi, beneficiare della riduzione complessiva delle sanzioni applicabili anche quando i versamenti delle rate successive siano effettuati oltre i termini ultimi normativamente previsti.

La predetta circolare del 2011 ha invece consentito il ravvedimento parziale di quanto originariamente e complessivamente dovuto: ai fini del perfezionamento del ravvedimento “parziale”, è necessario che siano corrisposti interessi e sanzioni commisurati alla frazione del debito d’imposta versato tardivamente. Il limite all’effettuazione di tali ravvedimenti scaglionati è rappresentato dall’intervento di controlli fiscali nei confronti del contribuente ovvero dallo scadere del termine per il ravvedimento.

 

Il secondo periodo dell’articolo in parola prevede che, ove l’imposta dovuta sia versata in ritardo, e il ravvedimento, con il versamento della sanzione e degli interessi, intervenga successivamente, la sanzione applicabile corrisponde a quella riferita all’integrale tardivo versamento e gli interessi sono dovuti per l’intero periodo di ritardo; la riduzione in caso di ravvedimento è riferita al momento di perfezionamento dello stesso.

Il terzo periodo dell’articolo in commento prevede che, nel caso di versamento tardivo dell’imposta frazionata in scadenze differenti, al contribuente è consentito:

§   ravvedere autonomamente i singoli versamenti, con le riduzioni di cui al precedente periodo;

§  ravvedere il versamento complessivo, applicando alla sanzione la riduzione individuata in base alla data in cui la stessa è regolarizzata.

 

La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 42/E del 12 ottobre 2016 ha fornito chiarimenti sulla determinazione della sanzione in misura ridotta, ove il ricorso al ravvedimento avvenga successivamente al versamento tardivo del tributo.

Sebbene l’istituto del ravvedimento si perfezioni (anche parzialmente) solo all’esito di un procedimento complesso, consistente sia nella regolarizzazione del comportamento (versamento del tributo), sia nel versamento delle sanzioni, sia nel versamento degli interessi, non è necessario - a parere dell’Agenzia - che ciò avvenga in un unico momento, potendo il versamento della sanzione ridotta essere successivo a quello del versamento del tributo e/o degli interessi. Ai fini della determinazione della riduzione disposta dall’articolo 13, rileva il momento in cui la sanzione è effettivamente regolarizzata; nelle more della definizione, il contribuente accetta il rischio di incorrere nella notifica di un atto di liquidazione o di accertamento ciò che impedirebbe il perfezionamento dell’istituto e, quindi, il beneficio della riduzione sanzionatoria.

Applicando tali principi al caso in cui si assiste a un tardivo (ad esempio 20 giorni) ma integrale versamento del tributo dovuto, senza alcuna corresponsione di sanzioni e interessi, alla luce del tenore dell’articolo 13 del D.lgs. n. 472 del 1997, l’Agenzia ha chiarito che:

§  la sanzione applicabile è quella in cui “ricade” l’integrale tardivo versamento (nel caso ipotizzato la sanzione del 15 per cento disposta 20 dall’articolo 13 del D.lgs. n. 471 del 1997 - sanzione del 30 per cento ridotta alla metà);

§  gli interessi moratori sono dovuti per il periodo del ritardo (venti giorni);

§  la riduzione sanzionatoria applicabile è riferita al momento in cui si perfeziona il ravvedimento (cfr circolare n. 180 del 1998);

§  se, medio tempore, è notificato un atto di liquidazione o di accertamento, il contribuente che non abbia versato ancora sanzioni e interessi perde la possibilità di avvalersi dell’istituto.

Dunque il momento rilevante per valutare la riduzione sanzionatoria da ravvedimento (anche parziale) in concreto applicabile è quello in cui la sanzione viene regolarizzata, ossia quando la stessa viene versata.


 

Capo II - Interventi per il sostegno delle famiglie
e delle attività economiche

Articolo 25
(
Redditi fondiari percepiti)

 

L’articolo 25, riformulato in sede referente, consente al contribuente - per i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2020 - di usufruire della detassazione dei canoni non percepiti senza dover attendere la conclusione del procedimento di convalida di sfratto, ma provandone la mancata corresponsione in un momento antecedente, ovvero mediante l’ingiunzione di pagamento o l’intimazione di sfratto per morosità.

 

Si ricorda che l’articolo 26 del TUIR reca le regole generale sul computo a fini fiscali dei redditi fondiari. Con particolare riferimento ai redditi derivanti da contratti di locazione di immobili ad uso abitativo, le norme vigenti stabiliscono che, se essi non vengono percepiti, non concorrono a formare il reddito dal momento, a partire della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore.

 

Per effetto delle norme in commento (comma 1) in luogo di far decorrere la detassazione dal momento della conclusione del procedimento di convalida di sfratto per morosità, si dispone che la mancata percezione possa essere comprovata dall’intimazione di sfratto per morosità o dall’ingiunzione di pagamento.

Ai canoni non riscossi dal locatore nei periodi d’imposta di riferimento e percepiti in periodi d’imposta successivi si applica la tassazione separata di cui all’articolo 21 del TUIR, con le regole previste per i redditi conseguiti a titolo di rimborso di imposte, o di oneri dedotti dal reddito complessivo ovvero per i quali si è fruito della detrazione in periodi di imposta precedenti (articolo 17, comma 1, lettera n-bis) del TUIR).

Di conseguenza, per tali redditi l'imposta è determinata applicando all'ammontare percepito l'aliquota corrispondente alla metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all'anno in cui essi sono percepiti.

 

Ai sensi del comma 2, le norme introdotte hanno effetti per i contratti stipulati a decorrere dal 1° gennaio 2020. Per i contratti stipulati prima dell'entrata in vigore delle disposizioni in commento resta fermo, per le imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti come da accertamento avvenuto nell'ambito del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità, il riconoscimento di un credito di imposta di pari ammontare.

Il comma 3, introdotto in sede referente, reca la copertura finanziaria delle norme in esame. In particolare, i relativi oneri sono valutati in 9,1 milioni di euro per l'anno 2020, 26,7 milioni di euro per l'anno 2021, 39,3 milioni per l'anno 2022, 28,5 milioni per il 2023, 18,6 milioni per il 2024, 4,4 milioni per il 2025 e 6,8 milioni per il 2026, si provvede a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni in tema di procedure automatizzate per la verifica della corretta annotazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche, di cui al riformulato articolo 22 della proposta in esame.


 

Articolo 26
(
Incentivi per il rientro dei  lavoratori)

 

 

L’articolo 26, integralmente sostituito in sede referente, intende modificare le vigenti agevolazioni in favore dei lavoratori impatriati e dei docenti e ricercatori che rientrano in Italia, al fine di ampliarne l’ambito applicativo e di chiarire l’operatività dei requisiti richiesti ex lege per l’attribuzione dei relativi benefici fiscali.

In particolare, per quanto riguarda gli impatriati, con riferimento ai soggetti che trasferiscono la residenza in Italia a partire dall’anno 2020:

§  si incrementa dal 50 al 70 per cento la riduzione dell’imponibile;

§  si semplificano le condizioni per accedere al regime fiscale di favore;

§  si estende il regime di favore anche ai lavoratori che avviano un’attività d’impresa a partire dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2020;

§  si introducono maggiori agevolazioni fiscali per ulteriori 5 periodi d’imposta in presenza di specifiche condizioni (numero di figli minorenni, acquisto dell’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, trasferimento della residenza in regioni del Mezzogiorno).

Con riferimento ai docenti e ricercatori che trasferiscono la residenza in Italia a partire dall’anno 2020:

§  si incrementa da 4 a 6 anni la durata del regime di favore fiscale;

§  si prolunga la durata dell’agevolazione fiscale a 8, 11 e 13 anni, in presenza di specifiche condizioni (numero di figli minorenni e acquisto dell’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia).

 

Il regime dei lavoratori impatriati

L’articolo 16 del D.Lgs. n. 147 del 2015 (modificato dalla legge di stabilità 2016, dalla legge di bilancio 2017, dal decreto-legge n. 244 del 2016, dal decreto-legge n. 50 del 2017 e dal decreto-legge n. 148 del 2017) ha inteso disciplinare compiutamente la materia del rientro dei lavoratori all’estero, in particolare concedendo una agevolazione fiscale temporanea ai lavoratori che, non essendo stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti e impegnandosi a permanere in Italia per almeno due anni, trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato.

Per questi soggetti il reddito di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotto concorre alla formazione del reddito complessivo IRPEF nella misura del cinquanta per cento del proprio ammontare. Per i lavoratori dipendenti, si richiede che l’attività lavorativa sia prestata prevalentemente nel territorio italiano, deve essere svolta presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa. Detti lavoratori devono inoltre rivestire ruoli direttivi ovvero essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.

Per i lavoratori autonomi non si richiede la presenza di un rapporto di lavoro con un’impresa residente, né lo svolgimento di ruoli direttivi o il possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.

L’agevolazione si applica a decorrere dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza nel territorio dello Stato e per i quattro periodi successivi. Per i lavoratori autonomi essa si applica dal 1° gennaio 2017.

L’agevolazione si estende anche ai cittadini di Stati, diversi da quelli appartenenti all’Unione europea, con i quali sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, in possesso di un titolo di laurea, che hanno svolto continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi, ovvero che hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.

L’articolo 16, al comma 4, prevede che i lavoratori rientrati in Italia col beneficio della parziale detassazione IRPEF disposta della legge 30 dicembre 2010, n. 238, ove trasferiti entro il 31 dicembre 2015, applicano per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2016 e per quello successivo il regime disposto dalla legge n. 238/2010, nei limiti e alle condizioni indicati dalla legge stessa.

Si ricorda che l’agevolazione della legge n. 238/2010 consiste nella parziale detassazione IRPEF dei redditi di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa; tali redditi concorrono alla base imponibile nella misura, rispettivamente, del 20 per cento per le lavoratrici e del 30 per cento per i lavoratori (con detassazione rispettivamente dell’ottanta e del settanta per cento).

In alternativa, essi possono optare per il regime previsto dall’illustrato articolo 16 del D.Lgs. 147/2015. La circolare 23 maggio 2017 dell’Agenzia delle Entrate (cap. 3.5), in merito all’articolo 16, comma 4, ha chiarito che coloro che optano per il regime previsto dall’articolo 16 del D.Lgs. n. 147 del 2015 beneficiano della parziale imponibilità del reddito derivante da lavoro dipendente, da attività di lavoro autonomo o d’impresa, per cinque periodi d’imposta, quindi a partire dal 2016 e fino al 2020. Sul punto è intervenuto l’articolo 8-bis, comma 1 del decreto-legge n. 148 del 2017; esso ha precisato che l’esercizio dell’opzione di cui al comma 4 ha effetto limitatamente al triennio 2017-2020 e non anche per il periodo d’imposta 2016, nel quale si applica la precedente disciplina di cui alla menzionata legge n. 238 del 2010.

Si rammenta inoltre che la legge di bilancio 2017 ha chiarito che l’innalzamento al cinquanta per cento della quota di reddito esente da IRPEF si applica, per i periodi d’imposta dal 2017 al 2020, anche ai lavoratori dipendenti che, nell’anno 2016, hanno trasferito la residenza nel territorio dello Stato (ai sensi dell’articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi, TUIR, di cui al D.P.R. n. 917 del 1986) e ai soggetti che, nel medesimo anno 2016, hanno esercitato la predetta opzione di cui al comma 4 dell’articolo 16.

Il comma 7-bis del decreto-legge n. 50 del 2017, con una norma di interpretazione autentica, ha chiarito che i soggetti che si sono trasferiti in Italia entro il 31 dicembre 2015 (per utilizzare i benefici fiscali previsti dalla legge n. 238 del 2010) e che hanno successivamente optato per il regime agevolativo previsto per i lavoratori rimpatriati (ai sensi del D.Lgs. n. 147 del 2015) decadono dal beneficio fiscale nel caso in cui la residenza in Italia non sia mantenuta per almeno due anni. In tal caso si provvede al recupero dei benefici fruiti, con applicazione delle relative sanzioni e interessi.


Agevolazioni per docenti e ricercatori che rientrano in Italia

 

L'articolo 44 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 reca un'agevolazione fiscale – ai fini IRPEF ed IRAP – diretta ad incentivare il rientro in Italia di docenti e ricercatori residenti all'estero per esercitarvi la loro attività lavorativa. In particolare, il citato articolo 44, al comma 1, prevede che ai fini delle imposte sui redditi sia escluso dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo il novanta per cento degli emolumenti percepiti dai docenti e dai ricercatori che, in possesso di titolo di studio universitario o equiparato e non occasionalmente residenti all'estero, abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all'estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi e che vengono a svolgere la loro attività in Italia, acquisendo conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato.

La misura agevolativa è stata oggetto di esame da parte dell'Agenzia delle entrate con la circolare n. 4/E del 15 febbraio 2011 nella quale, al paragrafo 21, è stato precisato che l'agevolazione trova applicazione nei confronti dei ricercatori o docenti che si trovano nelle seguenti condizioni:

§  siano in possesso di un titolo di studio universitario o ad esso equiparato;

§  non siano occasionalmente residenti all'estero;

§  abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all'estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno due anni continuativi;

§  acquisiscano e mantengano la residenza fiscale in Italia per tutto il periodo in cui usufruiscono dell'agevolazione.

 

Le norme in commento (comma 1, lettera a) dell’articolo 26) sostituiscono integralmente il comma 1 del richiamato articolo 16 del D.Lgs. n. 147 del 2015, ricomprendendo nell’agevolazione anche i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.

Viene inoltre incrementata dal 50 al 70 per cento la percentuale di riduzione dell’imponibile di cui godono i lavoratori impatriati.

Sono poi modificate le condizioni alle quali si applica il regime di favore: è sufficiente che i lavoratori non sono stati residenti in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il predetto trasferimento e che si impegnino a risiedere in Italia per almeno due anni, e che l’attività lavorativa sia prestata prevalentemente nel territorio italiano.

In sostanza, vengono dunque eliminate per tutti i lavoratori impatriati che godono dell’agevolazione le seguenti due condizioni:

§  che l’attività lavorativa sia svolta presso un'impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa;

§  che i lavoratori rivestano ruoli direttivi, ovvero sono in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.

 

Viene poi eliminato (comma 1, lettera b)) il vigente comma 1-bis dell’articolo 16, il quale disapplica ai lavoratori autonomi le due condizioni eliminate dalla lettera a)).

Al riguardo si segnala che l’Agenzia delle entrate in via interpretativa (cfr. da ultimo la circolare n. 17/E del 23 maggio 2017) ha introdotto la possibilità di applicare il regime agevolativo anche ai redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.

La medesima circolare dell’Agenzia precisa inoltre che è ammesso al beneficio, oltre al lavoratore che si trasferisce in Italia per essere assunto da un’impresa italiana, anche il lavoratore che si trasferisce in Italia per prestare la propria attività presso una stabile organizzazione di una impresa estera della quale è già dipendente, nonché il lavoratore distaccato in Italia in forza di un rapporto di lavoro instaurato all’estero con una società collegata alla società italiana sulla base dei rapporti previsti dalla norma.

 

Nel corso dell’esame in Commissione al comma 1 dell’articolo 26 sono state aggiunte le lettere da c) ad f).

 

La lettera c), nell’introdurre un comma 1-ter all’articolo 16, dispone che le menzionate agevolazioni si estendano ai redditi d'impresa prodotti dai lavoratori impatriati, se avviano un'attività d'impresa in Italia a partire dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2020.

 

Le disposizioni trovano applicazione anche per i soggetti di cui all’articolo 16, comma 2 del D.Lgs. n. 147 del 2015: si tratta dei cittadini UE destinatari del previgente regime fiscale per l’incentivo al rientro dei lavoratori (di cui alla legge 30 dicembre 2010, n. 238), nonché dei cittadini di Stati non UE, con i quali sia in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, in possesso di un diploma di laurea, che hanno svolto continuativamente un'attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall'Italia negli ultimi ventiquattro mesi ovvero che hanno svolto continuativamente un'attività di studio fuori dall'Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, conseguendo un diploma di laurea o una specializzazione post lauream.

 

La lettera d) introduce il comma 3-bis all’articolo 16.

Le norme introdotte estendono i benefici fiscali per i lavoratori impatriati, come modificati dalle norme in esame, per ulteriori cinque periodi di imposta:

§  se i lavoratori hanno almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo;

§  se i lavoratori diventano proprietari di almeno un'unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento; l'unità immobiliare può essere acquistata in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento e può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà.

In entrambi i casi, per il periodo di prolungamento dell’agevolazione, essa consiste nella detassazione a metà dei redditi oggetto del beneficio fiscale (che sono assoggettati dunque a imposta per il cinquanta per cento del loro ammontare).

 

Per i lavoratori che abbiano almeno tre figli minorenni o a carico, anche in affido preadottivo, durante il periodo di prolungamento i redditi agevolabili sono detassati al novanta per cento (concorrono a formare l’imponibile per il dieci per cento del loro ammontare).

 

La lettera e) del comma 1, nell’introdurre il comma 5-bis all’articolo 16, eleva dal 70 al 90 per cento la percentuale di detassazione del reddito (dunque solo il 10 per cento concorre a formare l’imponibile) per i lavoratori impatriati che trasferiscono la residenza in una delle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia.

 

La lettera f) aggiunge il comma 6 all’articolo 16, che permette ai cittadini italiani non iscritti all'AIRE (Anagrafe degli italiani residenti all'estero) di accedere ai benefici fiscali per i lavoratori impatriati a decorrere dal 1° gennaio 2020, purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento in Italia.

 

Il comma 2 dell’articolo 26, anch’esso introdotto in Commissione, prevede che si applicano ai soggetti che trasferiscono la residenza in Italia - ai sensi dell’articolo 2 TUIR - a partire dall'anno 2020 le nuove norme:

§  sulle percentuali di agevolazione dei redditi e sulle condizioni per l’accesso al beneficio;

§  sulle agevolazioni per le nuove attività di impresa;

§  sul prolungamento del beneficio in presenza di figli o di acquisto immobili residenziali;

§  sull’ampliamento del beneficio nelle regioni del Mezzogiorno.

 

Il comma 3 dell’articolo in esame, inserito durante l’esame sin sede referente, chiarisce che il regime fiscale agevolativo per ricercatori e docenti residenti all'estero e che desiderano rientrare in Italia si applica nel rispetto della disciplina generale dei cd. aiuti de minimis, contenuta nel regolamento (UE) n. 1407/2013, nonché nel rispetto di quella specifica, stabilita nel regolamento (UE) n. 717/2014, sugli aiuti de minimis nel settore della pesca e dell'agricoltura.

 

I commi da 4 a 6 istituiscono presso il Ministero degli Interni il Portale Unico per i cittadini, italiani e stranieri, che vivono all'estero e intendono trasferire la loro residenza o il domicilio nel territorio dello Stato, che  Il Portale opera attraverso il sito internet www.capitaleumanoitalia.it.

Esso (comma 5) è gestito in coordinamento con il Ministero dell'interno e assiste i soggetti che intendono trasferirsi in Italia in relazione, ma non esclusivamente, alle seguenti tematiche:

a)  normativa vigente in tema di incentivi fiscali per i cittadini, italiani e stranieri, che decidono di trasferire la loro residenza o il domicilio nel territorio dello Stato;

b)  documentazione necessaria per trasferirsi in Italia;

c)  offerte di lavoro pubblicate dei Centri per l'impiego (Cpi);

d)  offerte di lavoro per persone altamente qualificate;

e)  i concorsi pubblicati dalla PA».

 

Per le predette finalità è istituita presso il Ministero dell'interno una commissione speciale con il compito di creare un canale permanente di comunicazione tra gli uffici competenti (comma 6).

 

Il comma 7 apporta significative modifiche alla disciplina degli incentivi fiscali volti a incoraggiare il rientro in Italia di docenti e ricercatori residenti all'estero per esercitarvi la loro attività lavorativa, di cui al già illustrato articolo 44 del decreto-legge n. 78 del 2010.

 

La lettera a) del comma 7 novella il citato articolo 44, comma 3, per allungare la durata dell’agevolazione.

Con le modifiche proposte, essa si applica nel periodo d'imposta in cui il ricercatore diviene fiscalmente residente nel territorio dello Stato e nei cinque periodi d'imposta successivi, in luogo dei vigenti tre.

 

La lettera b) del comma 7 aggiunge il comma 3-ter all’articolo 44, al fine di prolungare l’agevolazione per casi specifici.

Essa si estende ai sette periodi d'imposta successivi al trasferimento di residenza, sempre che permanga la residenza fiscale in Italia, nel caso di:

§  docenti o ricercatori con un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo;

§  docenti e ricercatori che diventino proprietari di almeno un'unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia della residenza ai sensi dell'articolo 2 del TUIR o nei dodici mesi precedenti al trasferimento; l'unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal docente e ricercatore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà.

Per i docenti e ricercatori che abbiano almeno due figli minorenni o a carico, anche in affido preadottivo, le disposizioni agevolative si estendono ai dieci periodi d'imposta successivi a quello di trasferimento, sempre che permanga la residenza fiscale nel territorio dello Stato.

Ove i docenti o ricercatori abbiano almeno tre figli minorenni o a carico, anche in affido preadottivo, le agevolazioni si prolungano ai dodici periodi d'imposta successivi.

 

La lettera c) del comma 7 aggiunge un comma 3-quater all’articolo 44, al fine di chiarire le modalità di fruizione dell’agevolazione per i soggetti non iscritti all'AIRE. Essi possono accedere ai benefici fiscali di cui all’articolo 44, come modificato, dal 1° gennaio 2020, purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento in Italia (periodo di cui all'articolo 16, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147).

 

Infine, il comma 8 dell’articolo 26 dispone che le modifiche volte ad allungare la durata dell’agevolazione (comma 7, lettere a) e b)) si applicano ai soggetti che trasferiscono la residenza in Italia a partire dall'anno 2020.

 


 

Articolo 27
(Disposizioni in materia di rifiuti e di imballaggi)

 

 

L’articolo 27, introdotto in sede referente, reca misure agevolative, sotto forma di abbuoni sui prezzi e di credito d’imposta, per incoraggiare l’aumento della percentuale di imballaggi riutilizzabili o avviati al riciclo immessi sul mercato.

 

In questa sede si rammenta che la legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi da 73 a 77 della legge n. 145 del 2018) riconosce un credito d’imposta nella misura del 36% delle spese sostenute dalle imprese per l’acquisto di prodotti realizzati con materiali provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica nonché per l’acquisto di imballaggi biodegradabili e compostabili o derivati dalla raccolta differenziata della carta e dell'alluminio.

Sono altresì disciplinati i limiti di fruizione (pari a 20.000 euro per ciascun beneficiario e, complessivamente, a 1 milione di euro annui per gli anni 2020 e 2021) e le modalità di applicazione del credito d’imposta, rinviandone la disciplina ad un apposito decreto ministeriale, che deve definire anche i requisiti tecnici e le certificazioni idonee ad attestare la natura ecosostenibile dei prodotti e degli imballaggi ai fini della fruizione del credito medesimo. Tale misura è sostitutiva dell’agevolazione introdotta, per finalità analoghe, dai commi 96-99 della legge di bilancio 2018.

 

In particolare il comma 1 consente all'impresa venditrice di merci con imballaggio di riconoscere all'impresa acquirente un abbuono sul prezzo dei successivi acquisti, in misura pari al 25 per cento del prezzo dell'imballaggio esposto in fattura. L'abbuono è riconosciuto all'atto della resa dell'imballaggio stesso, da effettuarsi non oltre un mese dall'acquisto.

In caso di riutilizzo degli imballaggi usati ovvero di raccolta differenziata ai fini del successivo avvio al riciclo, l'impresa venditrice fruisce di un credito d'imposta pari al doppio degli abbuoni riconosciuti all’impresa acquirente, ancorché da questa non utilizzati.

 

Ai sensi del comma 2, il predetto credito d'imposta è riconosciuto fino ad un importo massimo annuale di 10.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 10 milioni di euro annui per l’anno 2020.

Esso è indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta di riconoscimento del credito, non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile IRAP; non contribuisce alla formazione della misura che dà diritto alla corrispondente deducibilità di interessi passivi o altri componenti negativi di reddito, ai sensi della normativa IRES (di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, DPR n. 917 del 1986). Esso non è soggetto al limite di utilizzabilità (pari a 250.000 euro) annuale valevole per i crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi (comma 53 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244) ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione.

Il credito è utilizzabile a decorrere dal 1o gennaio del periodo d'imposta successivo a quello in cui sono stati riutilizzati o differenziati per il successivo riciclo gli imballaggi per i quali è stato riconosciuto l'abbuono all’impresa acquirente, ancorché da questa non utilizzato. Ai fini della fruizione del credito d'imposta, il modello F24 è presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle Entrate, pena il rifiuto dell'operazione di versamento.

 

Il comma 3 demanda a un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare le disposizioni attuative delle previsioni relative al credito d’imposta, di cui ai commi 1 e 2, ivi incluse le modalità per il rispetto dei limiti di spesa.

 

Ai sensi del comma 4, gli oneri della diposizione sono quantificati in 10 milioni di euro per l’anno 2021; e ad essi si provvede a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni in tema di procedure automatizzate per la verifica della corretta annotazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche, di cui al riformulato articolo 22 della proposta in esame.

 


Articolo 28
(Agevolazioni fiscali sui prodotti da riciclo e riuso)

 

 

L’articolo 28, introdotto in sede referente, intende riconoscere benefici finanziari e fiscali, sotto forma di crediti d’imposta per l’acquisto di prodotti da riciclo e da riuso.

 

In particolare, il comma 1 riconosce, per l’anno 2020, un contributo pari al 25 per cento del costo di acquisto di:

a)  semilavorati e prodotti finiti derivanti, per almeno il 75 per cento della loro composizione, dal riciclaggio di rifiuti o di rottami ovvero dal riuso di semilavorati o di prodotti finiti;

b)  compost di qualità derivante dal trattamento della frazione organica differenziata dei rifiuti.

 

Alle imprese e ai soggetti titolari di reddito di lavoro autonomo che acquistano i predetti beni (comma 2) il contributo è riconosciuto sotto forma di credito d'imposta, fino ad un importo massimo annuale di 10.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo annuo di 10 milioni di euro. Il credito d'imposta spetta a condizione che i beni acquistati siano effettivamente impiegati nell'esercizio dell'attività economica o professionale: esso non è cumulabile con il credito d'imposta di cui all'articolo 1, comma 73, della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

La legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi da 73 a 77 della legge n. 145 del 2018) riconosce un credito d’imposta nella misura del 36% delle spese sostenute dalle imprese per l’acquisto di prodotti realizzati con materiali provenienti dalla raccolta differenziata degli imballaggi in plastica nonché per l’acquisto di imballaggi biodegradabili e compostabili o derivati dalla raccolta differenziata della carta e dell'alluminio. Le norme fissano altresì i limiti di fruizione (pari a 20.000 euro per ciascun beneficiario e, complessivamente, a 1 milione di euro annui per gli anni 2020 e 2021) e demandano le modalità di applicazione ad un apposito decreto ministeriale, che deve definire anche i requisiti tecnici e le certificazioni idonee ad attestare la natura ecosostenibile dei prodotti e degli imballaggi ai fini della fruizione del credito medesimo. Tale misura è sostitutiva dell’agevolazione introdotta, per finalità analoghe, dai commi 96-99 della legge di bilancio 2018.

 

Ai soggetti acquirenti dei predetti beni non destinati all’esercizio dell’attività economica o professionale (comma 3), il contributo spetta fino ad un importo massimo annuale di 5.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo annuo di 10 milioni di euro; è anticipato dal venditore dei beni come sconto sul prezzo di vendita ed è a questo rimborsato sotto forma di credito d'imposta di pari importo.

Il crediti d’imposta di cui ai commi 2 e 3 - utilizzabili esclusivamente in compensazione a decorrere dal 1° gennaio del periodo d’imposta successivo a quello di riconoscimento - sono indicati nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui sono riconosciuti, non concorrono alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non contribuiscono alla formazione della misura che dà diritto alla corrispondente deducibilità di interessi passivi o altri componenti negativi di reddito, ai sensi della normativa IRES (di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, DPR n. 917 del 1986). Non sono altresì soggetti al limite di utilizzabilità (pari a 250.000 euro) annuale valevole per i crediti d'imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi (comma 53 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244). Ai fini della fruizione dei crediti d'imposta, il modello F24 è presentato esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dell'Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell'operazione di versamento (comma 4).

 

Si demanda (comma 5) a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, la definizione dei requisiti tecnici e delle certificazioni idonee ad attestare la natura e tipologie di materie e prodotti oggetto di agevolazione, nonché dei criteri e delle modalità di applicazione e fruizione dei crediti di imposta di cui ai commi 2 e 3, anche al fine di assicurare il rispetto dei limiti di spesa ivi indicati.

 

Il comma 6 quantifica gli oneri derivanti dall’ articolo in esame in 20 milioni di euro per l’anno 2021, cui si provvede mediante le maggiori entrate di cui all’articolo 22 del provvedimento in esame, come riformulato, relativo alla verifica con procedure automatizzate della corretta annotazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche.


 

Capo III - Agevolazioni per la promozione dell’economia
locale mediante la riapertura e l’ampliamento
di attività commerciali, artigianali e di servizi

Articolo 29
(Ambito di applicazione)

 

Il Capo III della proposta di legge, composto dagli articoli da 29 a 34, introduce - a decorrere dal 1° gennaio 2020 - un’agevolazione volta a promuovere l’economia locale attraverso la riapertura e l’ampliamento di attività commerciali, artigianali e di servizi. L’agevolazione consiste nell’erogazione di un contributo pari ai tributi comunali pagati dall’esercente nel corso dell’anno e viene corrisposta per l'anno nel quale avviene l'apertura o l'ampliamento dell’esercizio commerciale e per i tre anni successivi, per un totale di quattro anni.

Nel corso dell’esame in sede referente, tale agevolazione è stata circoscritta ai soli esercizi di vicinato e alle medie strutture di vendita.

 

 

In particolare, l’articolo 29 modificato in sede referente, delimita il perimetro applicativo delle attività che possono usufruire delle agevolazioni così introdotte. Le agevolazioni, secondo quanto dispongono i commi 1 e 2, sono concesse in favore dei soggetti esercenti attività imprenditoriali nei seguenti settori: artigianato, turismo, fornitura di servizi destinati alla tutela ambientale, alla fruizione di beni culturali e al tempo libero, commercio al dettaglio, compresa la somministrazione di alimenti e di bevande al pubblico. Come anticipato, nel corso dell’esame in sede referente, tale agevolazione è stata circoscritta ai soli esercizi di vicinato e alle medie strutture di vendita.

 

Si ricorda che l'articolo 4, comma 1, lettere d) ed e), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, reca le seguenti definizioni:

§  esercizi di vicinato: quelli con superficie di vendita non superiore a 150 mq. nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 250 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti;

§  medie strutture di vendita: gli esercizi con superficie superiore ai limiti di cui al punto d) e fino a 1.500 mq nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 2.500 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti;

 

La disciplina di favore opera nei confronti dei predetti soggetti, ove procedano all’ampliamento di esercizi commerciali già esistenti o alla riapertura di esercizi chiusi da almeno sei mesi, siti nei territori dei comuni con popolazione fino a 20 mila abitanti.

Con riferimento all’esercizio dell'attività di vendita al dettaglio sulle aree private in sede fissa, si ricorda che il D.Lgs. n. 114/1998, all’articolo 6 (rubricato programmazione della rete distributiva), ha demandato alle regioni la definizione degli indirizzi generali per l'insediamento delle attività commerciali, al fine del perseguimento di una serie di obiettivi, indicati nello stesso articolo 6, comma 1, tra i quali valorizzare la funzione commerciale al fine della riqualificazione del tessuto urbano, in particolare per quanto riguarda i quartieri urbani degradati al fine di ricostituire un ambiente idoneo allo sviluppo del commercio (lettera c)); salvaguardare e riqualificare i centri storici anche attraverso il mantenimento delle caratteristiche morfologiche degli insediamenti e il rispetto dei vincoli relativi alla tutela del patrimonio artistico ed ambientale (lettera d)); salvaguardare e riqualificare la rete distributiva nelle zone di montagna, rurali ed insulari anche attraverso la creazione di servizi commerciali polifunzionali e al fine di favorire il mantenimento e la ricostituzione del tessuto commerciale (lettera e)); favorire gli insediamenti commerciali destinati al recupero delle piccole e medie imprese già operanti sul territorio interessato, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali reali e con facoltà di prevedere a tale fine forme di incentivazione (lettera f)); assicurare, avvalendosi dei comuni e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, un sistema coordinato di monitoraggio riferito all'entità ed all'efficienza della rete distributiva (lettera g)). Alle regioni, è stato dunque demandato il compito di fissare i criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale, affinché gli strumenti urbanistici comunali individuino: a) le aree da destinare agli insediamenti commerciali ed, in particolare, quelle nelle quali consentire gli insediamenti di medie e grandi strutture di vendita al dettaglio; b) i limiti ai quali sono sottoposti gli insediamenti commerciali in relazione alla tutela dei beni artistici, culturali e ambientali; c) i vincoli di natura urbanistica ed in particolare quelli inerenti la disponibilità di spazi pubblici o di uso pubblico e le quantità minime di spazi per parcheggi, relativi alle diverse strutture di vendita.

Le regioni, nel definire gli indirizzi generali - con il parere obbligatorio delle rappresentanze locali e con la consultazione delle organizzazioni dei consumatori e delle imprese del commercio - devono tener conto, tra l’altro, di una serie di caratteristiche degli ambiti territoriali di riferimento, tra cui i centri di minore consistenza demografica.

I comuni sono stati vincolati ad adeguare gli strumenti urbanistici generali e attuativi e i regolamenti di polizia locale alle disposizioni di cui al presente articolo. In caso di inerzia da parte del comune, le regioni provvedono in via sostitutiva adottando le norme necessarie, che restano in vigore fino alla emanazione delle norme comunali.

 

Il comma 3 dell’articolo 29 esclude dall’agevolazione le seguenti attività:

§  attività di compro oro, definita ai sensi del D.Lgs. n. 92/2017. Il citato decreto legislativo ha introdotto una disciplina antiriciclaggio ad hoc per il settore dei compro oro. In particolare, le operazioni di compro oro consistono nella compravendita, all'ingrosso o al dettaglio, ovvero nella permuta di oggetti preziosi usati. Le norme hanno istituito un apposito registro degli operatori in tale attività, che hanno specifici obblighi di identificazione della clientela. Per le transazioni compiute dai compro oro si applica uno specifico regime di tracciabilità;

§  attività di vendita di articoli sessuali (sex shop);

§  sale scommesse, o che detengono al loro interno apparecchi di intrattenimento di cui all’articolo 110, comma 6, lettere a) e b) del T.U.L.P.S (R.D. 773/1931). Si tratta degli apparecchi idonei per il gioco lecito, vale a dire quelli dotati di attestato di conformità rilasciato dall’Agenzia delle dogane e dei Monopoli e obbligatoriamente collegati alla rete telematica, slot machine, e quelli facenti parte della rete telematica che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa, videolottery.

 

I successivi commi 4 e 5 escludono dalle agevolazioni:

§  i subentri, a qualunque titolo, in attività già in esistenti precedentemente interrotte (comma 4) e

§  le aperture di nuove attività e le riaperture, conseguenti a cessione di un’attività preesistente, da parte del medesimo soggetto che la esercitava in precedenza, o comunque di un soggetto, anche costituito in forma societaria che sia ad esso direttamente e/o indirettamente riconducibile (comma 5).

 

Durante l’esame in sede referente è stato modificato il comma 6, al fine di posporre l’operatività delle disposizioni del Capo III in esame al 1° gennaio 2020 in luogo del 1° gennaio 2019 come originariamente previsto dalla proposta in esame.

 


 

Articolo 30
(Agevolazioni)

 

 

L’articolo 30 della proposta di legge, modificato in Commissione, individua le misure agevolative volte a favorire la riapertura e l’ampliamento di attività commerciali, artigianali e di servizi, disciplinate dal Capo III della proposta in esame. In particolare l’articolo chiarisce che le agevolazioni consistono nell’erogazione di contributi per l'anno nel quale avviene l'apertura o l'ampliamento degli esercizi oggetto dei benefici (individuati dall'articolo 29) e per i tre anni successivi.

La misura del contributo è rapportata alla somma dei tributi comunali dovuti dall’esercente e regolarmente pagati nell’anno precedente a quello nel quale è presentata la richiesta di concessione, fino al 100 per cento dell’importo, secondo quanto stabilito dal successivo articolo 32.

 

Nell’ambito del bilancio comunale è prevista l’istituzione di un apposito Fondo, da destinare alla concessione dei contributi di cui all’articolo in commento, con oneri a carico del bilancio dello Stato; tali oneri sono posti a valere sulle risorse di apposito Fondo statale istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno, la cui dotazione annuale - modificata durante l’esame in sede referente - è fissata in 5 milioni per il 2020, 10 milioni per il 2021, 13 milioni per il 2022 e 20 milioni a decorrere dal 2023.

Al riparto tra i comuni beneficiari si provvede con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato–Città e autonomie locali, di cui all’articolo 8 del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281.

 

Sempre in sede referente è stato chiarito che la spesa complessiva per contributi erogati ai beneficiari non può superare la dotazione annua del Fondo.

 

Si osserva che diversi comuni, con il fine di incentivare l’insediamento di nuove attività produttive e promuovere in particolare il rilancio dei propri centri storici, hanno previsto la concessione di agevolazioni a favore di imprese esercenti le attività indicate dalla proposta di legge. Tali agevolazioni, in vari casi, consistono – come peraltro prevede anche la proposta di legge in esame – nella esenzione totale o parziale, per i primi anni dall’inizio dell’attività, delle imposte sugli immobili utilizzati direttamente ovvero anche indirettamente per l’esercizio dell’attività d’impresa e/o dall’imposta comunale sulla pubblicità. Si richiama, in proposito, e a titolo esemplificativo e non esaustivo, il Regolamento per la promozione ed incentivazione delle attività imprenditoriali del Comune di Sassari (delibera Cons. Com. n. 61/2011, come modificata con succ. delib. Comunali Delib. n. 9/2014, n. 17/2015 e n. 20/2015), nonché il Regolamento per la concessione di benefici a nuove attività che si insediano nel centro storico del Comune di Siena (approvato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 241/2015), nonché il Regolamento per la concessione di benefici a nuove attività che si insediano nel centri storici del Comune di Spoleto adottato dal Consiglio Comunale con la deliberazione n. 15 del 10 aprile 2014).

 

Ai sensi del comma 4, i contributi sono erogati a decorrere dalla data di effettivo inizio dell’attività dell’esercizio, attestata dalle comunicazioni previste dalla normativa vigente.

 


 

Articolo 31
(Soggetti beneficiari)

 

 

L’articolo 31 individua i soggetti che possono beneficiare delle agevolazioni volte a favorire la riapertura e l’ampliamento di attività commerciali, artigianali e di servizi, oggetto del Capo III della proposta in esame.

 

I beneficiari, ai sensi del comma 1, sono gli esercenti, in possesso delle abilitazioni e delle autorizzazioni richieste per lo svolgimento delle attività nei settori elencati al comma 2 dell’articolo 25 - e, segnatamente, artigianato, turismo, fornitura di servizi destinati alla tutela ambientale, alla fruizione di beni culturali e al tempo libero, commercio al dettaglio, compresa la somministrazione di alimenti e di bevande al pubblico - i quali procedono all’ampliamento degli esercizi già esistenti o alla riapertura di esercizi chiusi da almeno sei mesi.

Si ricorda al riguardo che ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lett. a) del D.L. n. 223/2006, le attività commerciali (come individuate dal D.Lgs. n. 114/1998), non sono soggette ad iscrizione a registri abilitanti ovvero al possesso di requisiti professionali soggettivi per l'esercizio di attività commerciali, fatti salvi quelli riguardanti il settore alimentare e della somministrazione degli alimenti e delle bevande.

 

Il comma 2 dispone che - per gli esercizi il cui ampliamento comporta la riapertura di ingressi o di vetrine su strada pubblica chiusi da almeno sei mesi nell’anno per cui è chiesta l’agevolazione - il contributo è concesso per la sola parte relativa all’ampliamento medesimo.

 


 

Articolo 32
(Procedure)

 

 

L’articolo 32 disciplina le procedure per il riconoscimento dei benefici concessi dal Capo III della proposta in esame, volti a favorire la riapertura e l’ampliamento di attività commerciali, artigianali e di servizi.

I soggetti che intendono usufruire delle agevolazioni devono presentare al Comune di residenza, a partire dal 1° gennaio ed entro il 28 febbraio di ogni anno, richiesta redatta su un apposito modello, nonché dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà attestante il possesso dei requisiti prescritti (comma 1).

Il Comune, dopo aver effettuato i controlli sulla dichiarazione, determina la misura del contributo spettante, previo riscontro del regolare avvio e mantenimento dell’attività. I contributi sono concessi nell’ordine delle richieste presentate, fino all’esaurimento delle risorse iscritte nel bilancio comunale (comma 2).

L’importo di ciascun contributo è determinato dal responsabile dell’ufficio comunale competente per i tributi, in misura proporzionale al numero di mesi di apertura dell’esercizio nel quadriennio considerato, che non può comunque essere in ogni caso inferiori a sei mesi (comma 3).

 


 

Articolo 33
(Ulteriori condizioni)

 

 

L’articolo 33, con riferimento ai benefici concessi dal Capo in esame, volti a favorire la riapertura e l’ampliamento di attività commerciali, artigianali e di servizi, richiama la disciplina sugli aiuti di Stato cd. “de minimis”, di cui al Regolamento (UE) n. 1407/2013, disponendo che, per poter usufruire delle misure agevolative, è necessario che non siano superati i limiti ivi previsti per gli aiuti a ciascuna impresa.

Ai sensi dell’articolo 33, infine, i contributi non sono cumulabili con altre agevolazioni previste dal provvedimento di legge in esame o da normative statali, regionali o delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Per ciò che concerne la disciplina sugli aiuti di Stato, l'articolo 108, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) contempla l'obbligo di notificare alla Commissione europea i progetti diretti ad istituire o modificare aiuti al fine di stabilirne la compatibilità con il mercato comune sulla base dei criteri dell'articolo 107, par. 1 TFUE. Alcune categorie di aiuti possono tuttavia essere dispensate dall'obbligo di notifica.

Fanno poi eccezione all'obbligo di notifica alla Commissione UE, oltre alle specifiche categorie di aiuti esentati dalla stessa sulla base dei regolamenti di esenzione, gli aiuti di piccola entità, definiti dalla UE "de minimis", che si presume non incidano sulla concorrenza in modo significativo. Per gli aiuti cd. de minimis, si richiama il Regolamento (UE) n. 1407/2013 che è applicabile alle imprese operanti in tutti i settori, salvo specifiche eccezioni, tra cui la produzione di prodotti agricoli. Il massimale previsto da tale regolamento non ha subito variazioni rispetto al precedente regolamento n. 1698/2006, ed è stato confermato entro il limite di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari.

Si ricorda che il regolamento «de minimis» in questione si applica a tutti gli aiuti «de minimis» per i quali è possibile calcolare con precisione l’equivalente sovvenzione lordo ex ante, senza che sia necessario effettuare una valutazione dei rischi («aiuti trasparenti»). Ciò vale, ad esempio, per le sovvenzioni, i contributi in conto interessi e le esenzioni fiscali limitate o altri strumenti che prevedano un limite in grado di garantire che il massimale pertinente non sia superato.

L’introduzione di un limite significa che, finché non si conosce l’importo preciso dell’aiuto, lo Stato membro deve supporre che l’aiuto sia pari al limite onde evitare che l’insieme delle misure di aiuto superi il massimale fissato nel regolamento (cfr. considerando n. 14 Reg. UE n. 1407/2013).

Si ricorda inoltre che, al fine di verificare che le agevolazioni pubbliche siano concesse nel rispetto delle disposizioni previste dalla normativa europea, specie al fine di evitare il cumulo dei benefici e, nel caso degli aiuti de minimis, il superamento del massimale di aiuto concedibile imposto dall’Unione europea, è stato istituito il “Registro Nazionale degli Aiuti- (RNA)”.

Il Registro Nazionale degli aiuti di Stato è operativo - presso la Direzione Generale per gli Incentivi alle imprese del Ministero dello Sviluppo Economico (DGIAI) - a partire dal 12 agosto 2017 a seguito della pubblicazione il 28 luglio 2017 del Regolamento n. 115 del 31 maggio 2017 e del Decreto del Direttore generale per gli incentivi alle imprese che ne disciplinano il funzionamento.

Il Registro consente alle amministrazioni pubbliche titolari di misure di aiuto in favore delle imprese e ai soggetti, anche di natura privata, incaricati della gestione di tali aiuti, di effettuare i controlli amministrativi nella fase di concessione attraverso il rilascio di specifiche “visure” che recano l’elencazione dei benefici di cui il destinatario dell’aiuto abbia già goduto negli ultimi esercizi in qualunque settore.

Dall’entrata in funzione del Registro ciascun provvedimento che dispone la concessione di aiuti a favore di un’impresa, per avere efficacia, dovrà riportare codici identificativi rilasciati dal Registro.

 


 

Articolo 34
(Copertura finanziaria)

 

 

L’articolo 34, modificato in sede referente, reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti dal Capo III, che prevede la concessione di agevolazioni da parte dei comuni in favore dei soggetti esercenti determinate attività imprenditoriali che procedono alla riapertura e all’ampliamento di esercizi commerciali.

 

Durante l’esame del provvedimento in Commissione il comma 1 è stato sostituito integralmente. È stato stabilito che agli oneri derivanti dal Capo III in commento si provvede nel limite di spesa di 5 milioni per il 2020, 10 milioni per il 2021, 13 milioni per il 2022 e 20 milioni a decorrere dal 2023, a valere sulle maggiori entrate in tema di imposta di bollo sulle fatture elettroniche, di cui all’articolo 22 del provvedimento in esame, come riformulato.

I predetti oneri discendono, in particolare, dall’articolo 30, comma 3, che prevede l’istituzione nel bilancio dello Stato di un Fondo da ripartire destinato ai comuni che concedono le suddette agevolazioni.

 

Nella formulazione originaria della proposta, i predetti oneri erano quantificati in 100 milioni di euro (coincidenti con l’originaria dotazione del Fondo), a decorrere dall’anno 2019 (coincidente con la decorrenza originaria del richiamato Fondo).

Ad si intendeva provvedere mediante incremento della percentuale del PREU, ossia del prelievo erariale unico – da definire con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli - sugli apparecchi idonei per il gioco lecito previsti dall’articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, che veniva a tal fine rideterminata nella misura necessaria ad assicurare maggiori entrate pari a 100 milioni di euro annui a decorre dall’anno 2019.


 

Capo IV Disposizioni per il contrasto dell’evasione fiscale

Articolo 35
(Reintroduzione della denuncia fiscale
per la vendita di alcolici)

 

 

L’articolo 35 reintroduce l’obbligo di denuncia fiscale per la vendita di alcolici negli esercizi pubblici, negli esercizi di intrattenimento pubblico, negli esercizi ricettivi e nei rifugi alpini, adempimento che era stato eliminato dalla legge sulla concorrenza (legge n. 124 del 2017).

 

Viene in particolare modificato l’articolo 29 del Testo Unico Accise – TUA (D.Lgs. n. 504 del 1995), il quale obbliga gli esercenti di impianti di trasformazione, di condizionamento e di deposito di alcol e di bevande alcoliche assoggettati ad accisa all’obbligo di denuncia al competente Ufficio dell'Agenzia delle dogane.

Nella formulazione vigente (articolo 29, comma 2, su cui intervengono le norme in esame) sono soggetti alla denuncia anche gli esercizi di vendita, ad esclusione degli esercizi pubblici, degli esercizi di intrattenimento pubblico, degli esercizi ricettivi e dei rifugi alpini, ed i depositi di alcol denaturato aventi specifiche caratteristiche.

Con le modifiche in esame si reintroduce l’obbligo di denuncia fiscale per gli esercizi pubblici, gli esercizi di intrattenimento pubblico, negli esercizi ricettivi e per i rifugi alpini; come anticipato, detto adempimento era stato eliminato dalla legge n. 124 del 2017 (legge annuale per il mercato e la concorrenza).

 

La disciplina relativa agli esercizi pubblici è recata dal Capo II del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al Regio decreto n. 773/1931, e successive modificazioni. In particolare, l’art. 86 del citato Testo unico subordina alla licenza del questore gli alberghi, le locande, le pensioni, le trattorie, le osterie, i caffè o gli altri esercizi in cui si vendono al minuto o si consumano vino, birra, liquori od altre bevande anche non alcooliche, nonché le sale pubbliche per biliardi o altri giuochi leciti o stabilimenti di bagni, ovvero locali di stallaggio e simili. La norma prevede inoltre che per la somministrazione di bevande alcooliche presso enti collettivi o circoli privati di qualunque specie, anche se la vendita o il consumo siano limitati ai soli soci, è necessaria la comunicazione al questore e si applicano i medesimi poteri di controllo degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza previsti per le attività di cui al primo comma. Con particolare riferimento agli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, si segnala che essi sono disciplinati dalla L. n. 287/1991, così come modificata dal D.Lgs. n. 59/2010 e successive modificazioni. In particolare, l’art. 1, comma 1, identifica la somministrazione come la vendita per il consumo sul posto, che si esplicita in tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell'esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all'uopo attrezzati. L’art. 5 della L. n. 287/1991 enumera poi tra le tipologie di tali esercizi pubblici: a) gli esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari); b) gli esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari); c) gli esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari; d) gli esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione.

In proposito, si ricorda che il D.L. n. 14/2017, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, ha introdotto alcune modifiche al citato Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. In particolare, tali norme sono contenute:

§  nell’art. 8, in relazione al potere del sindaco di adottare ordinanze in materia di sicurezza, di natura contingibile o non contingibile, con particolare riferimento agli orari di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche;

§  nell’art. 12, relativamente alla facoltà del questore di disporre la sospensione dell’attività dei pubblici esercizi, nelle ipotesi di reiterata inosservanza delle ordinanze emanate ai sensi dell'articolo 50, commi 5 e 7, del TUEL, in materia di orari di vendita e di somministrazione di bevande alcoliche. L’art. 100 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali affida infatti al questore il potere di sospendere la licenza di un esercizio nel quale siano avvenuti tumulti o gravi disordini, o che sia abituale ritrovo di persone pregiudicate o pericolose o che, comunque, costituisca un pericolo per l'ordine pubblico, per la moralità pubblica e il buon costume o per la sicurezza dei cittadini;

§  nell’art. 12-bis, in relazione al potere del questore di sospendere la licenza di un esercizio per tumulti o gravi disordini.

Si ricorda inoltre che i requisiti per l'esercizio, in qualsiasi forma e limitatamente all'alimentazione umana, di un'attività di commercio al dettaglio relativa al settore merceologico alimentare o di un'attività di somministrazione di alimenti e bevande, sono stati individuati dall'art. 71, co. 6, del D.Lgs. n. 59/2010, come modificato dall'art. 8 del D.Lgs. n. 147/2012.

Anche gli esercizi di intrattenimento pubblico sono assoggettati dall’art. 68 del TULPS alla licenza del questore.

Con riferimento, invece, agli esercizi ricettivi, si ricorda che a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, sulla normativa statale in materia di turismo è stata fatta un'operazione di codifica nel Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo (D.Lgs. 79/2011), il quale reca la disciplina quadro del settore provvedendo al riordino, al coordinamento e all'integrazione delle disposizioni legislative statali vigenti, nel rispetto dell'ordinamento dell'Unione europea e delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali. Esso ha abrogato (art. 3) la vecchia legge-quadro sul turismo del 2001, ma alcune delle norme di questa legge vi sono confluite, senza o con minime modifiche. La Corte Costituzionale (con sentenza n. 80/2012) ha dichiarato l'illegittimità di numerose disposizioni contenute nel citato Codice, tra le quali quelle che provvedevano alla classificazione delle strutture ricettive (articolo 8), in quanto volte all'accentramento da parte dello Stato di funzioni invece rientranti nella competenza legislativa residuale delle Regioni. Rimane comunque in vigore la normativa quadro contenuta nel D.P.C.M. 21 ottobre 2008 – adottato ai sensi dell’art. 2, comma 193, lett. a) della legge n. 244/2007 con intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano che reca la definizione delle tipologie dei servizi forniti dalle imprese turistiche nell'ambito dell'armonizzazione della classificazione alberghiera”.

Con riferimento, infine, ai rifugi alpini, si rileva che la relativa normativa, dapprima contenuta nel Testo organico delle norme sulla disciplina dei rifugi alpini (D.P.R. 918/1957), è stata superata dalla legge quadro sul turismo (L. 217/1983, poi abrogata), che classificava i rifugi come “locali idonei ad offrire ospitalità in zone montane di alta quota, fuori dai centri abitati”. Non sussistendo, allo stato, una normativa che disciplini a livello unitario la materia dei rifugi, le regioni, alle quali è stata demandata la determinazione dei criteri per la classificazione delle strutture, non hanno provveduto in maniera uniforme alla definizione relativa. La localizzazione in zone di montagna di alta quota rappresenta la caratteristica comune presente nelle definizioni contenute nella legislazione regionale sui rifugi alpini.


 

Articolo 36
(Disposizioni in materia di pagamento o
deposito dei diritti doganali)

 

 

L’articolo 36, introdotto in sede referente, prevede la possibilità per i contribuenti di pagare i diritti doganali, così come tutti gli altri diritti riscossi dalle Dogane in forza di specifiche disposizioni legislative, mediante strumenti di pagamento tracciabili ed elettronici.

 

Viene dunque integralmente sostituito l’articolo 77 del DPR n. 43 del 1973 il quale consente, nella vigente formulazione, di pagare le somme dovute a titolo di diritti doganali in contanti per un importo non superiore a euro 516,46 per ciascuna dichiarazione. E' in facoltà del capo della dogana di consentire, quando particolari circostanze lo giustificano, il versamento in contanti di più elevati importi, fino al limite massimo di euro 5.164,57.

Per gli importi anzidetti, quando l'operatore non si avvale della facoltà del versamento in contanti, e per gli importi superiori il pagamento o il deposito deve essere eseguito in uno dei modi seguenti:

§  mediante accreditamenti in conto corrente postale, nei limiti di importo stabiliti dall'Amministrazione postale;

§  mediante vaglia cambiari, assegni circolari o assegni bancari a copertura garantita, nonché mediante assegni bancari emessi da istituti ed aziende di credito anche internazionali espressi in euro;

§  mediante bonifico bancario con valuta fissa.

 

Le norme in esame di conseguenza intendono adeguare le modalità di pagamento in dogana al mutato quadro giuridico ed operativo, alle innovazioni tecniche e al più generale sistema di razionalizzazione e semplificazione introdotto dal Codice dell'amministrazione digitale (di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 e successive modifiche, da ultimo modificato dal D.Lgs. 13 dicembre 2017, n.217).

 

A tale scopo, con le modifiche che novellano l’articolo 77 si consente di pagare presso gli uffici doganali i diritti doganali e ogni altro diritto che la dogana è tenuta a riscuotere in forza di una legge, nonché le relative sanzioni, ovvero il deposito cauzionale di somme a titolo di tali diritti, mediante:

a)  carte di debito, di credito o prepagate e ogni altro strumento di pagamento elettronico disponibile, in conformità alle disposizioni dettate dal Codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni;

b)   mediante bonifico bancario;

c)   mediante accreditamenti sul conto corrente postale intestato all'ufficio;

d)   in contanti per un importo non superiore a 300 euro. Resta ferma, come nella formulazione vigente, la facoltà del Direttore dell'Ufficio delle dogane di consentire, quando particolari circostanze lo giustificano, il versamento in contanti di più elevati importi; le modifiche in esame abbassano tuttavia il limite massimo dell’importo autorizzabile, che coincide con il limite massimo consentito dalla normativa vigente sull'utilizzo del contante (ai sensi delle vigenti disposizioni antiriciclaggio, esso è attualmente pari a 3.000 euro ai sensi dell’articolo 49 del D.Lgs. n. 231 del 2007);

e)   assegni circolari non trasferibili, quando particolari circostanze di necessità o urgenza, stabilite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, lo giustificano.

 

Si rammenta al riguardo che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha già aderito al Sistema dei pagamenti informatici a favore delle Pubbliche Amministrazioni e dei gestori dei pubblici servizi (c.d. sistema pagoPA).

 

La proposta in commento riguarda sia i “diritti doganali” intesi nella loro più ristretta accezione (quelli indicati cioè dall’articolo 34 del Testo unico in materia doganale di cui al D.P.R. n. 43/1973), così come tutti i diritti riscossi dalle dogane in forza di specifiche disposizioni legislative (compresi quindi anche i prelievi non direttamente connessi con un’operazione doganale), nonché le somme dovute a titolo di sanzioni.

La norma recepisce i criteri-guida fissati dal citato Decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 anche attraverso le disposizioni recate dall’articolo 15, comma 5-bis, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, che ha introdotto l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di accettare i pagamenti, a qualsiasi titolo dovuti, anche con l’uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nell’ottica del “conseguimento degli obiettivi di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica” e al fine di garantire “omogeneità di offerta ed elevati livelli di sicurezza”.

 

Il comma 2 rinvia ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, di concerto con la Ragioneria generale dello Stato, sentita la Banca d’Italia, per l’individuazione delle modalità per il successivo versamento delle somme riscosse in tesoreria.


 

Articolo 37
(Misure preventive per sostenere il contrasto
dell'evasione dei tributi locali)

 

 

L’articolo 37, introdotto in sede referente, consente agli enti locali di subordinare alla verifica della regolarità del pagamento dei tributi locali da parte dei soggetti richiedenti il rilascio di licenze, autorizzazioni, concessioni e dei relativi rinnovi, inerenti attività commerciali o produttive.

 

In particolare, l’articolo concede la possibilità agli enti locali competenti al rilascio di licenze, autorizzazioni, concessioni e dei relativi rinnovi, alla ricezione di SCIA, uniche o condizionate, inerenti attività commerciali o produttive di disporre con norma regolamentare che il rilascio o rinnovo e la permanenza in esercizio siano subordinati alla verifica della regolarità del pagamento dei tributi locali da parte dei soggetti richiedenti.

 

Per una panoramica dei tributi degli enti locali si rinvia al tema web Le entrate delle regioni e degli enti locali realizzato dal Servizio studi della Camera dei deputati.