Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2020
Serie: Documentazione di Finanza Pubblica   Numero: 18
Data: 09/10/2020
Organi della Camera: V Bilancio

 

 NOTA DI AGGIORNAMENTO DEL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2020

 

 9 ottobre 2020

Doc. LVII, n. 3-bis

Ottobre 2020

INDICE

 

Premessa. 3

1. Il quadro macroeconomico. 9

1.1. La congiuntura internazionale e l’area dell’euro. 9

1.2. Recenti andamenti dell’economia italiana. 14

1.3. Il quadro macroeconomico nazionale: le prospettive. 18

1.3.1. Lo scenario tendenziale. 19

1.3.2 Il quadro macroeconomico programmatico. 30

2. La finanza pubblica. 33

2.1 Analisi del consuntivo e delle previsioni a legislazione vigente. 33

2.1.1 I saldi della p.a. 33

2.1.2 Le entrate. 36

§    Valutazione degli incassi derivanti dall’attività di contrasto dell’evasione fiscale. 40

2.1.3 La spesa primaria. 41

2.1.4 La spesa per interessi 47

§    Appendice: Tavole riepilogative dei dati di consuntivo e tendenziali 50

2.2. Percorso programmatico di finanza pubblica. 53

2.2.1. La relazione ex articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012. 53

2.2.2. I saldi di finanza pubblica. 62

2.2.3. Gli aggiustamenti del saldo strutturale e la regola della spesa. 70

2.3 L’evoluzione del rapporto debito/PIL.. 76

2.4 La regola del debito e gli altri fattori rilevanti 81

3. Strategia nazionale e le Raccomandazioni del Consiglio europeo  83

Premessa. 83

Le raccomandazioni del Consiglio UE all’Italia. 83

Le iniziative dell’UE per fronteggiare la crisi pandemica e il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) 86

3.1. Raccomandazione I - Politiche di bilancio, fiscalità esostegno al sistema sanitario. 92

3.2. Raccomandazione II - Lavoro, politiche sociali e famiglia, istruzione, ricerca e previdenza. 99

3.3. Raccomandazione III – Imprese, investimenti, transizione verde e digitale, coesione territoriale e Sud. 113

3.4. Raccomandazione IV – Giustizia e Pubblica amministrazione. 130

4. Allegati 139

 

 

 


Premessa

Il contenuto della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza

L’articolo 10-bis della legge di contabilità pubblica n. 196 del 2009, come modificato dalla legge n.163 del 2016[1] prevede che la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza contenga:

§  l'eventuale aggiornamento delle previsioni macro-economiche e di finanza pubblica per l'anno in corso e per il restante periodo di riferimento;

§  l'eventuale aggiornamento degli obiettivi programmatici individuati dal DEF, al fine di prevedere una loro diversa ripartizione tra lo Stato e le amministrazioni territoriali ovvero di recepire le indicazioni contenute nelle raccomandazioni eventualmente formulate dalla Commissione europea;

§  le eventuali modifiche e integrazioni al DEF conseguenti alle raccomandazioni del Consiglio europeo relative al Programma di stabilità e al PNR;

§  l'obiettivo di saldo netto da finanziare (SNF) del bilancio dello Stato e di saldo di cassa del settore statale;

§  l'indicazione dei principali ambiti di intervento della manovra di finanza pubblica per il triennio successivo, con una sintetica illustrazione degli effetti finanziari attesi dalla manovra stessa in termini di entrata e di spesa, ai fini del raggiungimento degli obiettivi programmatici[2];

§  l’indicazione di eventuali disegni di legge collegati.

 

La Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2020 (NADEF 2020) aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il periodo 2021-2023 rispetto a quello contenuto nel Documento di economia e finanza dello scorso aprile (DEF 2020).

Alla Nota di aggiornamento risultano allegati:

§  le relazioni sulle spese di investimento e sulle relative leggi pluriennali (Doc.LVII, n. 3-bis – Allegato I ai sensi dei commi 3, 4 e 5 dell'art. 10?bis della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196/2009;

§  il rapporto programmatico recante gli interventi in materia di spese fiscali, ai sensi dell'art. 10 bis, comma 5, della legge di contabilità n. 196/2009 medesima (Doc. LVII, n. 3-bis - Allegato II);

§  il rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, ai sensi dell’articolo 10-bis.1, comma 1, della legge n. 196 del 2009 (Doc. LVII, n. 3-bis - Allegato III);

§  la relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva, predisposta ai sensi del comma 3 del dell’articolo 10-bis, della legge n. 196 del 2009 (Doc. LVII, n. 3-bis - Allegato IV).

 

È altresì presentata, in concomitanza con la Nota di aggiornamento al DEF, un’ulteriore Relazione al Parlamento (la quarta nel 2020) ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n.243/2012, (Doc. LVII, n. 3-bis – Annesso), che illustra l’aggiornamento del piano di rientro verso l’obiettivo programmatico strutturale (MTO[3]).

 

L’articolo 81 della Costituzione (come modificato dalla legge costituzionale n.1/2012) prevede che “Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico (comma 1). Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali (comma 2).

In attuazione delle nuove disposizioni costituzionali sul pareggio di bilancio, l'articolo 6, comma 5, della legge n.243 del 2012 dispone che eventuali scostamenti temporanei del saldo strutturale dall’obiettivo programmatico siano consentiti esclusivamente in caso di eventi eccezionali (quali gravi recessioni economiche, gravi crisi finanziarie, gravi calamità naturali) e previa autorizzazione approvata dalle Camere, a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti (comma 3,) indicando nel contempo il piano di rientro rispetto all’obiettivo di medio termine. Il Piano di rientro può essere aggiornato, oltre che al verificarsi di eventi eccezionali ulteriori rispetto a quelli che hanno determinato l’adozione del Piano medesimo, anche qualora, in relazione all’andamento del ciclo economico, il Governo intenda apportarvi modifiche (comma 5).

Per quanto concerne, infine, i disegni di legge collegati, la Nota dichiara collegati alla decisione di bilancio i seguenti (22) provvedimenti:

§  DDL in materia di titoli universitari abilitanti (cd. DDL “lauree abilitanti”)

§  DDL di riordino del settore dell’alta formazione artistica, musicale coreutica (cd. ddl “riordino AFAM”)

§  DDL recanti disposizioni in materia di spettacolo, industrie culturali e creative e turismo

§  DDL per il riordino della normativa ambientale, la promozione della green economy e l’economia circolare (Green Generation)

§  DDL in materia di riforma degli ammortizzatori sociali

§  DDL per l’aggiornamento e il riordino della disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro

§  DDL in materia di salario minimo e rappresentanza delle parti sociali nella contrattazione collettiva

§  DDL delega riforma fiscale

§  DDL delega riforma giustizia tributaria

§  DDL riordino settore dei giochi

§  DDL recante “Riordino della disciplina in materia di prevenzione della corruzione, obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”

§  DDL recante “Disposizioni in materia di lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni”

§  DDL recante “Semplificazione dei procedimenti amministrativi in materia di contenimento del dissesto idrogeologico”

§  DDL in materia di sostegno e valorizzazione dell’agricoltura e della pesca

§  DDL “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’articolo 116, 3 comma, Cost.”

§  DDL “Implementazione delle forme di raccordo tra Amministrazioni centrali e regionali, anche la fine della riduzione del contenzioso costituzionale”

§  DDL su semplificazione e riordino in materia di start-up e PMI innovative

§  DDL su statuto dell’impresa

§  DDL su revisione organica degli incentivi alle imprese

§  DDL su disposizioni per lo sviluppo delle filiere e per favorire l’aggregazione tra imprese

§  DDL riforma disciplina legge quadro per l’artigianato

§  DDL di revisione del Testo Unico dell’ordinamento degli enti locali

 

Si ricorda che la Nadef 2019 dichiarava disegni di legge collegati alla decisione di bilancio i seguenti provvedimenti:

§  DDL Green New Deal e transizione ecologica del Paese;

§  DDL in materia di spettacolo, industrie culturali e creative, turismo e modifiche al codice dei beni culturali;

§  DDL recante disposizioni in materia di formazione iniziale e abilitazione del personale docente;

§  DDL recante riordino del modello di valutazione del sistema nazionale di istruzione e delle università;

§  DDL recante istituzione dell’Agenzia nazionale per la ricerca e il trasferimento tecnologico;

§  DDL recante misure per il sostegno e la valorizzazione della famiglia (Family Act);

§  DDL recante interventi per favorire l'autonomia differenziata ai sensi dell'articolo 116 comma 3 della Costituzione attraverso l'eliminazione delle diseguaglianze economiche e sociali nonché l’implementazione delle forme di raccordo tra Amministrazioni centrali e regioni, anche al fine della riduzione del contenzioso costituzionale;

§  DDL recante semplificazioni e riordino in materia fiscale;

§  DDL recante riordino del settore dei giochi;

§  DDL recante delega al Governo per il testo unico in materia di contabilità e tesoreria;

§  DDL in materia di economia dell’innovazione e attrazione investimenti;

§  DDL in materia di Banca degli Investimenti pubblica;

§  DDL recante riduzione del cuneo fiscale;

§  DDL in materia di semplificazioni normative e amministrative e redazione testi unici;

§  DDL in materia di revisione della disciplina del ticket e delle esenzioni per le prestazioni specialistiche e di diagnostica ambulatoriale;

§  DDL in materia di disabilità;

§  DDL recante misure volte a razionalizzare le misure di trasparenza e anticorruzione;

§  DDL recante interventi mirati finalizzati a coordinare le responsabilità disciplinari dei dipendenti pubblici;

§  DDL recante disposizioni di semplificazione e puntualizzazione, procedimentale e processuale, in materia di accesso ordinario e generalizzato;

§  DDL recante disposizioni volte alla razionalizzazione delle procedure selettive della PA;

§  DDL recante delega al Governo per la revisione del codice civile;

§  DDL in materia di sostegno all’agricoltura.

 

Si fa presente che i disegni di legge, già dichiarati collegati nella Nadef 2019 alla manovra 2020-2022, ma non riproposti tra i provvedimenti collegati alla manovra di bilancio 2021-2023 dalla Nadef 2020 in esame, cessano di essere collegati.

 

 


1. Il quadro macroeconomico

La Nota di aggiornamento del DEF 2020 presenta una revisione al ribasso delle stime sull’andamento dell’economia italiana per l’anno in corso, in relazione alla contrazione più accentuata del PIL nel secondo trimestre conseguente alla maggiore durata del periodo di chiusura delle attività produttive e della diffusione dell’epidemia su scala globale rispetto a quanto ipotizzato ad aprile scorso nel DEF.

Per il triennio successivo, sempre rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile, il recupero dell’economia dovrebbe riprendere maggiore slancio nel corso del 2021, dando anche luogo ad un significativo effetto di trascinamento sul 2022, in considerazione, principalmente, delle ingenti manovre di supporto e di stimolo all’economia introdotte con i decreti-legge c.d. “Rilancio” di maggio e c.d. “Sostegno e Rilancio” di agosto.

1.1. La congiuntura internazionale e l’area dell’euro

Lo scenario macroeconomico internazionale illustrato nella Nota evidenzia come, nella prima metà del 2020, l’economia mondiale ha subito, a causa del diffondersi della pandemia da Covid-19, la battuta di arresto più profonda dalla Seconda Guerra Mondiale, conseguente al blocco delle attività economiche non essenziali introdotto a partire da marzo in tutte le diverse aree geo-economiche.

Nonostante gli interventi straordinari messi in campo dai Governi e le misure di politica monetaria introdotte dalle banche centrali, il blocco produttivo ha determinato una contrazione del PIL e del commercio mondiale, rispettivamente, del 3,5 e del 2,7 per cento nel primo trimestre dell’anno rispetto al trimestre precedente. Tale contrazione si è andata accentuando nel secondo trimestre, con un calo del 5 per cento del PIL e del 12,5 per cento del commercio mondiale.

La forte contrazione del PIL nel secondo trimestre ha interessato tutte le principali economie avanzate. Negli Stati Uniti e in Giappone il PIL nel secondo trimestre è diminuito di circa l’8 per cento rispetto al primo trimestre; nella zona Euro la contrazione è stata ancora maggiore, intorno a -11,8 per cento t/t; ancor più rilevante la riduzione del PIL nel Regno Unito (-19,8 per cento t/t). In controtendenza la Cina, che - avendo riattivato l’economia già all’inizio di aprile - ha registrato una crescita del 3,2 per cento su base tendenziale nel secondo trimestre.

Una graduale ripresa, più sostenuta delle attese, si è registrata a partire dai mesi di maggio e giugno con il riavvio delle attività produttive, ma con un andamento disomogeneo tra i vari Paesi.

Il quadro delle variabili esogene sottostanti la Nota di aggiornamento 2020 risulta dunque, nel complesso, meno favorevole rispetto a quello presentato nel DEF.

Tabella 1. Esogene internazionali

(variazioni percentuali)

 

2019

2020

2021

2022-2023

DEF

Nota

DEF

Nota

DEF

Nota

Commercio internazionale (var. %)

1,1

-6,7

-11,5

9,9

8,6

3,6

4,9

Prezzo del petrolio
(USD/barile, futures, Brent)

64,3

38,3

42,5

39,6

48,1

44,3

50,4

Cambio dollaro/euro

1,12

1,09

1,14

1,09

1,19

1,09

1,19

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2020 (5 ottobre 2020).

In particolare, le proiezioni sull’andamento del commercio internazionale si presentano molto più sfavorevoli di quanto prefigurato nel DEF, soprattutto per l’anno in corso e per il 2021 (rispettivamente -4,8 punti percentuali nel 2020 e di -1,3 punti nel 2021 rispetto a quanto prospettato in primavera), anche in relazione al permanere delle tensioni commerciali tra USA e Cina che continuano a generare incertezza a livello globale. Per i successivi due anni, il recupero atteso è stato invece rivisto al rialzo.

Il nuovo quadro delle variabili esogene prevede un aumento del prezzo del petrolio. Dopo il crollo manifestato durante la prima fase della pandemia, in cui il prezzo del petrolio ha raggiunto il minimo storico a circa 20 dollari al barile rispetto ai 60 dollari di fine febbraio, le quotazioni sono aumentate da maggio a seguito degli accordi dell’OPEC plus e alla ripresa dell’attività economica su scala globale, attestandosi attorno ai 40 dollari al barile.

Per quanto riguarda le prospettive sul tasso di cambio dollaro/euro, il profilo utilizzato nella previsione, pari a 1,14 nel 2020 e a 1,19 a partire dal 2021, indica un apprezzamento dell’euro rispetto al DEF. Nel mercato dei cambi, dopo una fase di deprezzamento nella prima parte dell’anno, l’euro si è apprezzato in media ponderata rispetto alle principali valute, tornando su livelli simili a quelli del maggio del 2018. Il rafforzamento dell’euro, rileva la Nota, impatta sulla previsione dell’economia italiana in quanto l’attuale livello viene estrapolato per tutto l’arco della previsione.

Nel complesso, la Nota sottolinea come i rischi associati a un deterioramento ulteriore del quadro internazionale restano elevati. Ai rischi legati all’evoluzione della pandemia – connessi alla possibile recrudescenza dei contagi in autunno e alla rapidità con cui verrà reso disponibile un vaccino su scala globale - si affiancano i rischi connessi a fattori geopolitici preesistenti all’epidemia: persistente tensione nei rapporti commerciali tra Stati Uniti e Cina, il difficile processo di negoziazione per la Brexit in vista dell’approssimarsi dell’uscita effettiva del Regno Unito dall’Unione, complicazioni  recenti nelle relazioni diplomatiche dell’UE con la Russia e la Turchia.

 

Il profilo della revisione delle variabili esogene esposto nella Nota è coerente con le valutazioni espresse dai principali istituti previsori. Le più recenti previsioni dell’OCSE, diffuse il 16 settembre scorso, ipotizzano una riduzione del PIL mondiale per quest’anno del -4,5 per cento, con un recupero nel 2021 a +5,0 per cento. Nel complesso – rileva l’OCSE - in molte aree il PIL rimarrà al di sotto del 2019, evidenziando il permanere degli effetti della pandemia.

Nelle previsioni dell’OCSE diffuse nell’Interim Economic Outlook del 16 settembre scorso, la previsione del crollo del Pil mondiale per l’anno 2020 è stata leggermente ridimensionata, a -4,5 per cento, in considerazione del graduale recupero della produzione globale a seguito dell'allentamento delle misure di confinamento e della riapertura delle imprese, ma con notevoli differenze tra paesi e settori. Una previsione tuttavia che, seppure con una revisione al rialzo dell’ordine di 1,5 punti percentuali rispetto alle previsioni di giugno, indica, in ogni caso, una caduta senza precedenti. Il calo della produzione globale nel 2020 è stato inferiore alle attese, ma con notevoli differenze tra i paesi, con revisioni al rialzo in Cina, Stati Uniti ed Europa, ma con esiti attesi più deboli in India, Messico e Sud Africa. Il crollo sarebbe stato decisamente più drammatico - rileva peraltro l’OCSE - in assenza delle massicce misure di stimolo e di sostegno all'economia messe in campo da tutte le economie. Per il 2021, l'Ocse prevede un rimbalzo del 5 per cento a livello globale, rivisto al ribasso di 0,2 punti rispetto alle previsioni di giugno.

Anche le proiezioni del Fondo monetario internazionale (FMI), diffuse a giugno nel (WEO) Update, ipotizzano un crollo del PIL mondiale al -4,9 per cento, al di sotto di 1,9 punti percentuali rispetto alle previsioni di aprile 2020 (-6,8 per cento), ed un rimbalzo nel 2021 al 5,4 per cento. Anche l’FMI sottolinea come il PIL del 2021 rimarrà comunque circa 6,5 punti percentuali inferiore rispetto alle proiezioni pre-COVID.

Tabella 2. Previsioni del PIL mondiale

(variazioni percentuali)      

 

2019

2020

2021

OCSE –settembre 2020

2,6

-4,5

5,0

FMI - giugno 2020

2,6

-4,9

5,4

      Fonte: FMI, WEO Update (giugno 2020); OCSE, Interim Economic Outlook (16 settembre 2020).

Sulle prospettive di ripresa persiste ancora – secondo le valutazioni dell’OCSE - una considerevole incertezza, legata all’evolversi della pandemia. Una forte recrudescenza del virus o misure di contenimento più rigorose potrebbero ridurre di 2-3 punti percentuali la crescita globale nel 2021, con una disoccupazione più elevata e un periodo più prolungato di investimenti deboli. Nella maggior parte delle economie, il livello di produzione alla fine del 2021 dovrebbe rimanere al di sotto di quello alla fine del 2019 e decisamente più debole di quanto previsto prima della pandemia, evidenziando il rischio di costi duraturi della pandemia.

Con riferimento specifico all’Area dell’Euro, la Nota ricorda come l’economia dell’Area abbia registrato risvolti economici particolarmente negativi ad aprile. I dati congiunturali hanno segnato un graduale recupero già a partire da maggio. In particolare, l’attività industriale, che ha segnato una riduzione profonda tra marzo e aprile, segna invece, nei dati più recenti, un netto rimbalzo (12,2 per cento a maggio, 9,5 per cento a giugno e 4,1 per cento a luglio), sebbene l’attività rimanga ancora sotto i livelli pre-Covid. La Nota sottolinea, in particolare, il recupero nella manifattura e nei servizi nei mesi estivi, con gli indici PMI tornati in area espansione. I dati di settembre hanno riportato, tuttavia, un lieve indebolimento delle condizioni economiche per effetto dell’aumento del tasso di contagio in alcune economie europee che hanno dovuto adottare nuove misure di restrizione.

Nel Comunicato EUROSTAT dell’8 settembre 2020, il secondo trimestre resta ancora segnato dalle misure di contenimento del COVID-19 nella maggior parte degli Stati membri, mostrando una diminuzione del PIL del -11,8% nell'area dell'euro e dell'11,4% nell'UE rispetto al trimestre precedente. Si tratta di gran lunga – rileva l’Eurostat - del calo più netto osservato dall'inizio della serie temporale nel 1995. Nel primo trimestre del 2020, il PIL era diminuito del 3,7% nell'area dell'euro e del 3,3% nell'UE.

Il PIL mostra andamenti differenziati tra i vari Paesi dell’Area. Tra gli Stati membri, la Spagna (-18,5%) ha registrato il calo più marcato del PIL rispetto al trimestre precedente, seguita da Croazia (-14,9%), Ungheria (-14,5%), Grecia (-14,0%), Portogallo (-13,9%), Francia (-13,8%) e Italia (-13,0%). In Germania il Pil è sceso del 9,7%.

Figura 1. Incremento del PIL dei paesi europei nel secondo trimestre del 2020

      Fonte: Eurostat, Newsrelease Euroindicators – n. 133/2020 – 8 settembre 20

Secondo le proiezioni macroeconomiche formulate a inizio settembre dagli esperti della Banca Centrale Europea, il graduale allentamento delle rigide misure di confinamento attuate in gran parte dei paesi dell’area a partire da maggio ed i cambiamenti comportamentali in risposta alla pandemia, suggerisco un recupero forte ma incompleto del PIL in termini reali, che nel terzo trimestre dovrebbe aumentare dell’8,4%[4].

Per gli esperti dell’Eurosistema, il PIL in termini reali dell’area dell’euro diminuirà dell’8,0% nel 2020 e tornerà a crescere del 5,0% nel 2021 e del 3,2% nel 2022. Entro la fine dell’orizzonte temporale di riferimento, il livello del PIL in termini reali rimarrebbe comunque inferiore del 3,5% a quello atteso nelle proiezioni di dicembre 2019 formulate dagli esperti prima della pandemia di COVID-19.

Tale scenario – si legge nelle proiezioni - poggia sull’ipotesi fondamentale di un successo parziale nel contenimento del virus in presenza di una qualche ripresa dei contagi nei trimestri successivi. Questo renderebbe necessaria la permanenza di disposizioni di contenimento, seppur in misura inferiore rispetto all’ondata iniziale, fino alla disponibilità di una soluzione medica entro la metà del 2021, che, assieme all’elevata incertezza e al peggioramento delle condizioni nei mercati del lavoro, continuerebbero a incidere negativamente sull’offerta e sulla domanda. Tuttavia, il sostegno fornito dalle politiche monetaria, di bilancio e del mercato del lavoro, dovrebbe mantenere i livelli di reddito e limitare le cicatrici che la risoluzione della crisi sanitaria potrebbe lasciare nel tessuto economico.

Relativamente alle prospettive di crescita dei singoli paesi dell’Area dell’euro, si riportano le previsioni dei principali istituti internazionali.

Tabella 3. Previsioni di crescita del PIL nei Paesi dell’area Euro

(variazioni percentuali)


 

2019

OCSE Interim
settembre 2020

UE –Summer forecast
luglio 2020

FMI -WEO Update
giugno 2020

2020

2021

2020

2021

2020

2021

Italia

0,3

-10,5

5,4

-11,2

6,1

-12,8

6,3

Francia

1,5

-9,5

5,8

-10,6

7,6

-12,5

7,3

Germania

0,6

-5,4

4,6

-6,3

5,3

-7,8

5,4

Area euro

1,3

-7,9

5,1

-8,7

6,1

-10,2

6,0

Regno Unito

1,5

-10,1

7,6

-9,7

6,0

-10,2

6,3

USA

2,3

-3,8

4,0

-6,5*

4,9*

-8,0

4,5

* Previsioni di maggio 2020 (UE, Spring Economic Forecasts 2020)

In particolare, nell’Interim del 16 settembre, l’OCSE ipotizza un crollo record del PIL dell’Italia per quest’anno, con una stima del -10,5 per cento, peraltro ridimensionata rispetto alla previsione del -11,3 per cento fornita nel precedente Outlook del 10 giugno. All'opposto, la previsione sul rimbalzo del 2021 è stata ritoccata al ribasso di 2,3 punti, ipotizzando ora un recupero del Pil italiano a +5,4 per cento. Anche la Francia registra una pesante diminuzione del PIL nel 2020 (-9,5 per cento), maggiore rispetto alla media dell’Area euro (-7,9 per cento).

1.2. Recenti andamenti dell’economia italiana

Relativamente all’anno in corso, la Nota mette in rilievo l’impatto senza precedenti sull’economia italiana degli effetti della pandemia da Covid-19 che, diffusasi su scala globale, ha interessato in misura più severa l’Italia già nella seconda metà di febbraio, provocando a marzo, tra le misure volte a circoscrivere la diffusione del virus, la chiusura delle attività commerciali e produttive non essenziali. La fase di riapertura, a partire dal 4 maggio, è risultata graduale e differenziata tra le imprese, con il riavvio dell’industria manifatturiera, delle costruzioni e del commercio all’ingrosso, a cui ha fatto seguito, a partire dal 18 maggio, la riattivazione dei comparti del commercio al dettaglio, dei servizi turistici e di quelli alla persona.

Nel primo semestre del 2020, tutto ciò si è tradotto in una contrazione del PIL senza precedenti.

Il primo trimestre ha registrato un calo del PIL del -5,5 per cento, ampiamente previsto anche nel DEF di aprile. Ma il prolungamento del lockdown nel mese di aprile, associato al deterioramento del quadro macroeconomico internazionale, ha reso la caduta del PIL ancora più profonda nel secondo trimestre, -13,0 per cento[5], ben più accentuata rispetto a quella stimata dalle previsioni del DEF (10,5 per cento).

In assenza di fenomeni di recrudescenza del virus nella seconda parte dell’anno, questo risultato rappresenterebbe - secondo la Nota - il punto di minimo, a partire dal quale l’attività economica inizierebbe una fase di graduale recupero.

La riduzione del PIL del primo semestre è legata, essenzialmente, al crollo della domanda interna e al contributo significativamente negativo della domanda estera, per via di una caduta delle esportazioni superiore a quella dell’import.

Dal lato della domanda interna, nel primo trimestre i consumi finali nazionali hanno sperimentato una decisa riduzione che è andata ampliandosi nel trimestre successivo, risentendo dello sviluppo dell’emergenza sanitaria, tanto da portare la contrazione su base annua a -13,4 per cento. La prolungata fase di calo della domanda ha reso sfavorevole anche le condizioni per gli investimenti. La caduta degli investimenti fissi lordi nel secondo trimestre, infatti, è risultata maggiore di quella registrata nel primo, tale da determinare una contrazione di oltre il 22 per cento rispetto al livello di un anno prima. La flessione è risultata particolarmente marcata per gli investimenti in mezzi di trasporto e per quelli in costruzioni, la cui riduzione su base annua nel secondo trimestre è risultata di circa il 27 per cento, risentendo anche dell’andamento del mercato immobiliare.

Relativamente alla domanda estera, il calo delle esportazioni è risultato più ampio di quello delle importazioni, in particolare nel mese di aprile, per l’indebolimento della domanda globale, che ha condizionato in maniera ancora più profonda la dinamica del commercio nel secondo trimestre dell’anno, quando l’emergenza economica si è estesa a tutte le maggiori economie mondiali. Il carattere peculiare della crisi pandemica e le misure di contrasto intraprese hanno generato effetti eterogenei sulle esportazioni dei diversi settori: più accentuati per i comparti che producono beni di consumo (comparto moda e beni di investimento) e meno evidenti per l’agricoltura e l’alimentare.

I dati congiunturali diffusi dall’ISTAT sull’andamento dei Conti economici trimestrali del secondo trimestre (Comunicato del 31 agosto), evidenziano rispetto al trimestre precedente la diminuzione di tutti i principali aggregati della domanda interna, con cali dell’8,7% per i consumi finali nazionali e del 14,9% per gli investimenti fissi lordi. Nell’ambito dei consumi finali, la spesa delle famiglie residenti e delle ISP è diminuita dell’11,3%. La diminuzione degli investimenti è stata determinata dalla riduzione del -17% della spesa per impianti, macchinari e armamenti e del -20,3% della componente di mezzi di trasporto. Le importazioni e le esportazioni sono diminuite, rispettivamente, del 20,5% e del 26,4%.

La domanda nazionale, al netto delle scorte, ha contribuito per -9,5 punti percentuali alla contrazione del Pil (-6,7 punti dei consumi delle famiglie e delle Istituzioni Sociali Private ISP, -2,6 punti degli investimenti fissi lordi e -0,2 punti della spesa delle Amministrazioni Pubbliche). Anche il contributo della domanda estera netta è stato negativo di -2,4 punti percentuali.

Si sono registrati andamenti congiunturali negativi per il valore aggiunto in tutti i principali comparti produttivi, con agricoltura, industria e servizi diminuiti, rispettivamente, del 3,7%, del 20,2% e dell’11%.

 

La Nota sottolinea che le misure di distanziamento sociale e l’impossibilità per molti settori di poter continuare la propria attività, ricorrendo alle forme di lavoro a distanza, ha fatto sì che l’emergenza avesse effetti asimmetrici sui diversi settori economici.

A livello settoriale, l’industria manifatturiera ha infatti mostrato un calo di valore aggiunto di portata molto ampia nei primi due trimestri dell’anno (-8,5 per cento e –20,0 per cento), strettamente connesso al blocco delle attività produttive. In linea con l’andamento del valore aggiunto del settore, la produzione industriale ha segnato una rilevante diminuzione dell’indice destagionalizzato nel primo trimestre (-8,8 per cento sul trimestre precedente) a cui è seguita un’ulteriore e più ampia contrazione nel secondo (-16,9 per cento). Con la ripresa delle attività, l’indice destagionalizzato della produzione industriale ha mostrato a maggio un forte rimbalzo (41,5 per cento sul mese precedente) superiore alle attese e seguito da aumenti significativi anche in giugno (8,2 per cento) e luglio (7,4 per cento).

 

Tra i segmenti produttivi, l’industria dell’auto è stata quella investita più duramente dagli effetti dell’emergenza sanitaria. Il calo delle immatricolazioni è arrivato a raggiungere in marzo-aprile il –97,5 per cento sui dati dell’anno precedente. Anche il settore delle costruzioni ha subìto una sensibile flessione (-6,2 per cento nel primo trimestre; -23,0 per cento nel secondo). Meno profondo il calo del valore aggiunto dell’agricoltura.

 

L’impatto dell’emergenza sanitaria è risultato particolarmente severo anche sul settore dei servizi, che registra una contrazione inedita del valore aggiunto (nel primo trimestre -4,7 per cento t/t; nel secondo -11,3 per cento). Particolarmente colpite le attività turistiche, ricreative e di ristorazione ed il comparto del commercio, trasporto e alloggio.

 

 

Per quanto concerne il commercio con l’estero, la Nota sottolinea come, sebbene nei primi due mesi dell’anno le esportazioni avevano mantenuto tassi di crescita positiva (+4,6 per cento in media su base annua), gli effetti della pandemia si sono riflessi sulle esportazioni, che hanno cominciato a contrarsi a partire dal mese di marzo. Il dato del secondo trimestre registra una riduzione del 27,8 per cento.

In termini di composizione geografica, le esportazioni in valore sono diminuite circa del 15,2 per cento verso i mercati extra-UE, con una flessione di poco inferiore al 10 per cento verso gli Stati Uniti, terzo partner commerciale dell’Italia. Nell’area asiatica, le esportazioni sono diminuite del 13,6 per cento verso la Cina e del 6,2 per cento verso il Giappone.

I dati più recenti mostrano una ripresa congiunturale dei flussi commerciali, in particolare delle esportazioni. Secondo i dati ISTAT (Comunicato stampa del 7 ottobre 2020), a luglio, sia le esportazioni sia le importazioni di beni hanno segnato un incremento congiunturale (rispettivamente + 5,7% e + 4,8%), confermando le tendenze positive osservate nei due mesi precedenti. L’aumento delle esportazioni ha riguardato sia i mercati Ue sia, in misura più accentuata, quelli extra Ue (+3,9% e +7,6%) e ha interessato tutte le principali categorie di prodotti, in particolare i beni di consumo non durevoli (+7,6%) e quelli strumentali (+5,6%).

Rispetto a luglio 2019, le esportazioni sono diminuite complessivamente del - 7,3%, registrando decise riduzioni verso tutti i maggiori mercati di destinazione dei prodotti italiani, in particolare verso la Francia (- 6,1%), la Germania (- 5,3%) e gli Stati Uniti ( -5,4%) che congiuntamente rappresentano circa un terzo del valore complessivo delle vendite italiane all’estero. Sono risultati invece in aumento i flussi diretti verso il Belgio (+15,6%) e la Cina (+14%). Il valore degli acquisti è stato significativamente inferiore rispetto al 2019 (- 14,2%) sia nel caso dei fornitori Ue (-11,5%) sia di quelli extra Ue (-17,5%).

 

Riguardo ai conti con l’estero, nei primi sette mesi dell’anno il surplus commerciale è salito di 3 miliardi in confronto allo stesso periodo del 2019, a 32,7 miliardi, mentre l’avanzo delle partite correnti si è lievemente ridotto, principalmente a causa di un maggior deficit nei servizi, sul quale ha pesato la caduta delle presenze e della spesa dei turisti stranieri in Italia.

Nel complesso, nella seconda metà dell’anno l’andamento dell’export si prospetta complessivamente più favorevole rispetto al primo semestre grazie al rafforzarsi della ripresa dell’economia e degli scambi commerciali su scala globale.

 

Per quanto concerne il credito, la Nota evidenzia come, in linea generale, l’andamento del credito al settore privato nel primo semestre del 2020 sia stato fortemente condizionato dagli effetti dalla pandemia. Si è infatti riscontrato un netto incremento del credito al settore privato (+2,8%) trainato principalmente dall’aumento della componente del credito alle società non finanziarie, a fronte della minore crescita del credito alle famiglie. Il rallentamento dei prestiti alle famiglie (+1,72% a luglio, di un punto percentuale inferiore all’inizio 2020) è ascrivibile al brusco crollo delle compravendite nel mercato immobiliare.

Per quanto riguarda invece le imprese, si rileva come queste ultime abbiano presentato un fabbisogno crescente di liquidità, derivante dal blocco delle attività produttive e dal crollo della domanda, che hanno causato una marcata riduzione degli utili.

Figura 2. Prestiti bancari al settore privato

Fonte: Banca d’Italia – L’economia italiana in breve, n. 7, settembre 2020

 

Sotto il profilo dell’offerta di credito, si ascrive l’aumento dei prestiti alla accresciuta capacità degli istituti di credito di soddisfare la domanda che, secondo quanto riferisce la Nota, è stato reso possibile dagli interventi di politica monetaria della BCE – tra cui il mantenimento di tassi di interesse significativamente bassi – e dalle misure emergenziali (principalmente coi decreti-legge n. 18 del 2020 “Cura Italia” e n. 23 del 2020 “Liquidità”), come successivamente potenziati).

 

Sul fronte della politica monetaria europea, la Nota sottolinea che la BCE ha rafforzato l’intonazione espansiva della politica monetaria, ampliando la dimensione e la durata del programma di acquisti mirato a contrastare gli effetti della pandemia. Nella riunione del 10 settembre scorso, il Consiglio direttivo della BCE ha confermato il programma di acquisti nell’ambito del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (Pandemic Emergency Purchase Programme, PEPP) con una dotazione finanziaria totale di 1.350 miliardi di euro - che la BCE proseguirà almeno sino alla fine di giugno 2021 e, in ogni caso, finché non riterrà conclusa la fase critica legata al coronavirus - nonché la prosecuzione degli acquisti netti nell’ambito del programma di acquisto di attività (PAA), a un ritmo mensile di 20 miliardi di euro, unitamente agli acquisti nel quadro della dotazione temporanea aggiuntiva di 120 miliardi di euro sino alla fine dell’anno. Inoltre, il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del PEPP verrà reinvestito almeno sino alla fine del 2022. Il Consiglio direttivo ha inoltre confermato l’intenzione di continuare a fornire abbondante liquidità attraverso le proprie operazioni di rifinanziamento. Resta invariato il quadro dei tassi di interesse.

1.3. Il quadro macroeconomico nazionale: le prospettive

La Nota di aggiornamento presenta due scenari di previsioni macroeconomiche, uno tendenziale e l’altro programmatico, coerenti con lo scenario aggiornato riguardante le variabili esogene internazionali. Lo scenario programmatico incorpora l’impatto sull’economia delle nuove misure che saranno adottate con la prossima legge di bilancio per il 2021.

Le due previsioni, che coincidono per l’anno in corso, si differenziano negli anni successivi, in relazione alle future misure di politica fiscale.

Nel rispetto dei regolamenti europei, le previsioni macroeconomiche tendenziali e programmatiche presentate nella Nota sono sottoposte alla validazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio, costituito nell’aprile 2014 secondo quanto previsto dalla legge n. 243/2012, di attuazione del principio del pareggio del bilancio.

Lo scenario macroeconomico tendenziale per gli anni 2020-2021 ha già ottenuto la validazione dell’UPB il 21 settembre 2020, pur nella rilevazione della presenza di significativi fattori di rischio sulla crescita reale del PIL (cfr. più in dettaglio l’apposito riquadro riportato in coda al paragrafo successivo).

La decisione sul quadro programmatico verrà comunicata nel corso del ciclo di audizioni presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato, in tempo utile per la presentazione alla Commissione europea del Documento Programmatico di bilancio.

1.3.1. Lo scenario tendenziale

Le informazioni congiunturali più recenti indicano una ripresa dell’economia italiana, dovuta alla graduale rimozione delle misure di contenimento e agli interventi di politica economica adottati nel corso dell’anno, che porta a prefigurare, secondo quanto riportato nella Nota, un rimbalzo dell’attività economica nel terzo trimestre, superiore a quello previsto ad aprile nel DEF (+9,6 per cento).

Secondo i dati riportati dalla Nota, gli indicatori disponibili registrano, in particolare, un andamento in crescita nei mesi estivi dell’indice della produzione industriale (+7,4 per cento a luglio sul mese precedente), anche nel settore delle costruzioni (+3,5 per cento). L’indagine mensile dell’Istat segnala una risalita della fiducia di consumatori e imprese, in tutti i settori produttivi. 

Anche le indicazioni provenienti dall’export sono positive, con una crescita congiunturale a luglio del +5,7 per cento.

Seppure in miglioramento, l’attività economica rimarrà nettamente al disotto dei livelli del 2019.

 

Figura 3. Prodotto interno lordo e produzione industriale

 

Fonte: Istat, tratto da NADEF 2020.

I dati congiunturali diffusi dall’ISTAT nel mese di settembre-ottobre confermano queste tendenze.

Nella Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana, Comunicato stampa del 7 ottobre 2020 e Comunicato del 9 ottobre, si conferma la fase di ripresa dei ritmi produttivi avviatasi a maggio. L’indice della produzione industriale ha continuato a luglio la fase di recupero iniziata a maggio (+7,4% da +8,2 % di giugno), pur rimanendo a un livello inferiore del 6,6% rispetto al dato di gennaio. La produzione del settore delle costruzioni ha registrato a luglio una decelerazione (+3,5%) dopo il forte recupero dei due mesi precedenti. Il comunicato Istat del 9 ottobre conferma gli andamenti tendenziali positivi anche per agosto, attestando la quarta variazione congiunturale positiva della produzione, al netto della stagionalità. Nel mese di agosto, l’indice destagionalizzato della produzione industriale aumenta del 7,7% rispetto a luglio. Nella media del trimestre giugno-agosto il livello della produzione cresce del 34,6% rispetto ai tre mesi precedenti.

Per le imprese manifatturiere si è rilevato un miglioramento sia dei giudizi sugli ordini sia delle attese di produzione, tuttavia, nella manifattura, segnalano la presenza di ostacoli alle esportazioni e alla produzione, ancora condizionata, secondo i giudizi degli imprenditori, da insufficienza di domanda.

Relativamente agli indici di fiducia, l’indagine congiunturale più recente (Comunicato ISTAT del 25 settembre 2020), registra una dinamica positiva dell’indice di fiducia dei consumatori per il secondo mese consecutivo (da 101,0 di agosto a 103,4). Continua il recupero del clima di fiducia delle imprese che vede l’indice aumentare per il quarto mese consecutivo (da 81,4 di agosto a 91,1, sebbene ancora al disotto del 98,2 di gennaio). Il miglioramento della fiducia è diffuso a tutti i settori seppur con intensità diverse. In particolare, nel settore manifatturiero l’indice sale da 87,1 a 92,1 e nelle costruzioni aumenta da 132,6 a 138,6.

Figura 2. Clima di fiducia dei consumatori e delle imprese italiane (IESI)

Fonte: ISTAT, Fiducia dei consumatori e delle imprese (25 settembre 2020).

Il processo di ripresa dell’economia resta tuttavia fortemente condizionato dall’andamento della domanda, sia interna che estera, che ancora risente dell’impatto estremamente negativo che la crisi ha prodotto sulle decisioni di consumo e di investimento di famiglie e imprese, sia in ragione della riduzione del reddito disponibile e della liquidità, sia per il sensibile innalzamento dei livelli di incertezza. Anche le esportazioni italiane, seppure in ripresa da maggio, continuano a risentire della crisi globale.

Nel complesso, dunque, la previsione di flessione del PIL reale per il 2020 viene aumentata a -9,0 per cento rispetto a -8,0 per cento della previsione del DEF.

Tabella 4. Confronto tra DEF e NADEF sulle previsioni di crescita del PIL

(variazioni percentuali)

 

2019

2020

2021

2022

2023

DEF 2020 - Previsioni tendenziali

0,3

-8,0

4,7

-

-

DEF 2020 - Previsioni programmatiche [6]

 

-

-

-

-

NADEF 2020 - previsioni tendenziali

 

-9,0

5,1

3,0

1,8

Il principale motivo della revisione al ribasso per il 2020 risiede – sottolinea la Nota - nella contrazione più accentuata del PIL nel secondo trimestre, conseguente alla durata del periodo di parziale chiusura delle attività produttive in Italia e alla diffusione dell’epidemia su scala globale superiori a quanto ipotizzato in aprile. In confronto alla previsione del DEF, l’aggiornamento delle variabili esogene della previsione impatta solo marginalmente sulla stima del PIL reale per il 2020 (-0,1 punti percentuali).

Sulla nuova stima pesa inoltre una previsione assai più cauta di incremento del PIL nel quarto trimestre, che la Nota indica in +0,4 per cento, a fronte del +3,8 per cento previsto nel DEF, che riflette, da un lato, il forte rimbalzo stimato per il trimestre estivo e, dall’altro, la recente ripresa dei contagi da Covid-19, che determinerà una dinamica economica relativamente contenuta nella parte finale dell’anno.

 

Anche a causa del calo più marcato previsto per quest’anno, la previsione viene invece rivista al rialzo per il 2021, in cui il PIL è atteso in crescita del 5,1 per cento (contro il 4,7 per cento del DEF, dunque +0,4 punti percentuali rispetto al DEF).

Sull’ipotesi di crescita del 2021 incide, negativamente e in maniera rilevante (-1,2 punti percentuali), il deterioramento del contesto internazionale e il peggioramento delle stime sull’andamento del commercio internazionale, anche a causa della differente tempistica con cui l’epidemia si sta manifestando tra i diversi Paesi, che allontana la fase di piena ripresa degli scambi commerciali. Inoltre, nei Paesi europei, le esportazioni risentono del rafforzamento del tasso di cambio dell’euro rispetto al dollaro e della ripresa del prezzo del petrolio

Tuttavia, secondo il Governo, la previsione di crescita per il 2021 sale dal 4,7 per cento del DEF al 5,1 per cento in considerazione dell’impatto espansivo sulla crescita prodotto dalle misure di politica fiscale introdotte a maggio e ad agosto, ed in particolare sui consumi grazie agli effetti positivi indotti dall’abolizione degli aumenti dell’IVA nel 2021 e 2022 disposta dal decreto-legge “Rilancio” di maggio (n. 34/2020).

Secondo quanto riportato dalla Nota, le simulazioni effettuate con il modello econometrico ITEM indicano l’impatto positivo sulla crescita del PIL dei due decreti nell’ordine di 0,8 punti percentuali nel 2020 e 2,5 punti nel 2021. La sola cancellazione degli aumenti IVA, previsti per il 2021 e il 2022 – sempre secondo stime ottenute con il modello ITEM – avrebbe un impatto positivo sulla crescita di 0,3 p.p. nel 2021, 0,71 p.p. nel 2022 e 0,23 p.p. nel 2023.

La nuova previsione sconta, inoltre, i progressi nel contrasto dell’epidemia, l’ipotesi di una gestione controllata dei focolai che consentirà di non arrivare ad un lockdown a livello nazionale, l’arrivo dei vaccini anti Covid-19 entro il primo trimestre 2021 e una loro distribuzione su larga scala.

Negli ultimi due anni dell’orizzonte di previsione si stima che il PIL continui a rimanere su un sentiero di crescita moderata, pari al 3,0 per cento e all’1,8 per cento rispettivamente nel 2022 e nel 2023.

In ragione di tale dinamica, il PIL è atteso recuperare i livelli pre-crisi soltanto nel secondo trimestre dell’ultimo anno di previsione, cioè nel 2023.

Nello scenario tendenziale, la Nota prevede che, in media d’anno, il livello atteso del PIL reale nel 2023 sarebbe superiore al 2019 di soli 0,3 punti percentuali.

 

Complessivamente, i rischi per la previsione restano orientati al ribasso, sebbene, secondo quanto rilevato nella Nota, le probabilità di uno sviluppo incontrollato della pandemia tale da richiedere nuovamente il ricorso a drastici interventi di lockdown generalizzato, appaiono oggi minori rispetto a quanto osservato in sede di predisposizione del DEF.

In relazione a ciò, tuttavia, analogamente a quanto avvenuto nel DEF, la Nota reca uno scenario avverso costruito sull’ipotesi di un andamento dell’epidemia peggiore di quello ipotizzato nello scenario di base.

 

La Nota riporta – nel focus su “La revisione delle previsioni per il 2020 e il 2021” – un quadro sintetico dell’impatto delle revisioni delle variabili esogene sulla crescita del Pil, rispetto a quanto ipotizzato nel DEF. In sintesi, la Nota valuta l’impatto sulla crescita del PIL tendenziale delle nuove ipotesi sulle esogene pari a -0,1 punti percentuali per il 2020 e a -1,2 punti percentuali per il 2021.

La revisione al ribasso per il 2020 è solo marginalmente influenzata dalle prospettive del quadro internazionale, in quanto del tutto legata alla contrazione, maggiore delle attese, dell’attività economica nella prima parte dell’anno, dovuta alla durata delle misure di contenimento maggiore di quanto previsto in primavera.

Per quanto riguarda, invece, la revisione al rialzo delle previsioni di crescita nel 2021, la NADEF, rispetto al DEF, considera gli effetti dei recenti interventi del Governo (tra cui la disattivazione dell’aumento delle clausole IVA) e i progressi nel contrasto dell’epidemia. Ma sulle previsioni di crescita nel 2021 incidono negativamente le nuove ipotesi relative al contesto internazionale a causa dell’impatto della pandemia più significativo e prolungato rispetto a quanto atteso ad aprile. In particolare, l’impatto della domanda mondiale sulle esportazioni italiane, e di conseguenza sul PIL, risulta negativo sia nel 2020 che nel 2021. Sull’andamento delle esportazioni incide negativamente anche il tasso di cambio effettivo nominale, a causa dell’apprezzamento dell’euro rispetto alle altre valute. Anche il prezzo del petrolio, la cui quotazione è salita rispetto al DEF, incide negativamente sui prezzi al consumo e sulla domanda interna. In senso opposto rispetto al DEF si muove, invece, la significativa riduzione dei rendimenti dei titoli di Stato, in particolare nel 2021, accompagnata da un ridimensionamento dello spread nei confronti del Bund.

Tabella 5 - Effetti sul PIL delle variabili esogene della previsione rispetto allo scenario del DEF 2020 (impatto sui tassi di crescita)

(Variazioni percentuali)

 

2020

2021

Commercio mondiale

0,0

-0,6

Tasso di cambio nominale effettivo

-0,1

-0,3

Prezzo del petrolio

-0,1

-0,4

Ipotesi tassi di interesse

0,0

0,2

Totale

-0,1

-1,2

Fonte: Nota di aggiornamento del DEF 2020.

 

Nella tabella che segue è riportato il quadro macroeconomico tendenziale complessivo esposto nella Nota, con l’indicazione delle previsioni tendenziali per gli anni 2020-2023 dei principali indicatori, a raffronto con i dati di consuntivo del 2019.

Tabella 6. Il quadro macroeconomico tendenziale

 (variazioni percentuali)     

 

Consuntivo

Nota agg. DEF 2020
previsioni tendenziali

 

2019

2020

2021

2022

2023

PIL

0,3

-9,0

5,1

3,0

1,8

Importazioni

-0,6

-13,8

8,3

4,7

3,6

Consumi finali nazionali

0,3

-6,4

3,7

2,1

1,4

- spesa famiglie e I.S.P

0,4

-8,9

4,9

2,8

1,8

- spesa P.A.

-0,2

2,0

0,2

0,0

-0,2

Investimenti

1,6

-13,0

7,4

4,8

2,9

- macchinari, attrezzature, e vari

0,9

-10,4

5,5

4,9

3,0

- mezzi di trasporto

1,0

-26,3

19,5

7,9

5,5

- costruzioni

2,5

13,6

8,0

4,1

2,6

Esportazioni

1,0

-17,4

9,5

5,6

3,5

 

 

 

 

 

 

Deflatore PIL

0,7

1,1

0,7

1,1

1,0

Inflazione programmata

0,6 (NIC)

-0,2*

-

-

-

 

 

 

 

 

 

PIL nominale (mld di euro)

1.789,7

1.647,2

1.742,0

1.814,8

1.865,2

* Il dato relativo all’inflazione programmata è fissato nel DEF

 

In sintesi, la caduta del PIL nel 2020 interessa tutte le componenti della domanda con l’eccezione dei consumi pubblici. Il contributo negativo della domanda interna, al netto delle scorte, si stima sottrarre 7,4 punti percentuali alla crescita economica.

Nel prossimo triennio la ripresa dell’economia sarà sostenuta sia dalla domanda interna sia dagli scambi con l’estero.

 

In particolare, nel 2020 la flessione dei consumi delle famiglie è attesa sostanzialmente in linea con quella del PIL (-8,9 per cento). Nonostante la graduale rimozione delle misure restrittive dal mese di maggio, il livello di incertezza e la riduzione del reddito disponibile ostacoleranno, secondo il Governo, il pieno recupero dei consumi differiti e comporteranno, nel complesso, una riduzione marcata degli acquisti da parte delle famiglie rispetto allo scorso anno.

Negli anni successivi, il recupero dei consumi, che beneficia il prossimo anno dell’abolizione dei previsti incrementi delle aliquote IVA, è pari al 4,9 per cento per il 2021, per poi registrare un moderato ma più contenuto incremento nel biennio successivo.

Particolarmente marcata risulta la caduta attesa per gli investimenti nel 2020 (-13,0 per cento), che dovrebbe interessare tutte le tipologie di beni di investimento, ma più rilevante per i mezzi di trasporto (-26,3 per cento). Secondo quanto riportato nella Nota, lo scenario tendenziale assume che l’impatto della crisi sugli investimenti delle imprese si protrarrà nel tempo, facendo sì che il recupero del prossimo anno (7,4 per cento) sia solo parziale, seguito da una moderata espansione nel biennio successivo.

Con riferimento al settore estero, nello scenario tendenziale le esportazioni registrano un calo del 17,4 per cento nel 2020. Esse dovrebbero tornare a crescere negli ultimi due anni di previsione, in linea con l’andamento previsto della domanda estera, al 5,6 per cento nel 2022 e 3,5 nel 2023. Anche le importazioni registrano un calo pesante nel 2020, -13,8 per cento, per poi segnare un profilo graduale di crescita nel periodo di previsione, in linea con la dinamica della domanda interna.

Per quanto riguarda l’impatto netto del commercio estero sul PIL, la Nota valuta che, nel complesso dell’anno in corso, le esportazioni italiane hanno un impatto negativo sul PIL di 1,5 punti percentuali, legato non solo alla caduta delle esportazioni di beni, ma anche al calo degli afflussi turistici. Entrambi i flussi commerciali sono attesi in recupero a partire dal 2021 e per il resto dell’orizzonte di previsione, garantendo un contributo positivo alla crescita nel 2021 e nel 2022.

 

Rispetto alle nuove previsioni tendenziali, l’Ufficio Parlamentare di bilancio, nella lettera di validazione del quadro macroeconomico tendenziale, ha espresso alcune considerazioni sul quadro previsionale della Nota, come di seguito si indica.

 

Com’è noto, la legge n. 243/2012 include, tra i compiti dell’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB), quello di effettuare analisi, verifiche e valutazioni in merito alle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica (art. 18, co. 1). In ottemperanza a tale norma - ed anche in riferimento al Regolamento UE n. 473/2013  in cui si richiede che le previsioni macroeconomiche siano validate da una istituzione nazionale indipendente - l’UPB in data 15 settembre 2020 ha trasmesso i propri rilievi al quadro macroeconomico tendenziale per gli anni 2020-2023 formulato dal Ministro dell’economia e finanze. Il quadro trasmesso dal MEF il 18 settembre ha ottenuto la validazione dell’UPB il 21 settembre.

L’Ufficio ha validato le previsioni tendenziali per il 2020-21, pur sottolineando la presenza di significativi rischi al ribasso sulla crescita reale del PIL. Nella nota allegata alla lettera di validazione viene precisato che la previsione tendenziale della NADEF relativa alla dinamica del PIL nel biennio 2020-21 si colloca all’interno di un accettabile intervallo di valutazione, pur in presenza di alcuni disallineamenti rispetto alle previsioni del panel UPB (composto, oltre che dallo stesso UPB, da CER, Prometeia e REF.ricerche). In particolare, la stima sulla variazione dell’economia per il 2020 (-9,0 per cento) è prossima all’estremo superiore delle previsioni del panel. La stima sulla variazione del PIL per il 2021 (5,1 per cento) appare prudenziale nei valori annuali, tuttavia si segnala la forte incertezza sulle stime relative al trimestre in corso, che hanno un rilevante trascinamento statistico sull’anno successivo.

Con riferimento alle determinanti della crescita, secondo il quadro della NADEF la riduzione del PIL nel 2020 è attribuibile per circa quattro quinti alle componenti interne di domanda, a fronte di un apporto sfavorevole più contenuto delle esportazioni nette; la variazione delle scorte sarebbe sostanzialmente neutrale. Nel 2021 l’evoluzione delle principali variabili nel quadro macroeconomico del MEF è coerente con le attese del panel.

Per quanto riguarda il biennio 2022-2023, non oggetto di validazione, la previsione tendenziale sul PIL (3,0 per cento e 1,8 per cento) è giudicata ottimistica, derivante da un forte contributo della domanda interna, sia per gli investimenti sia per i consumi, ed il tasso di crescita del PIL proiettato al termine dell’orizzonte di previsione appare più elevato delle stime delle principali istituzioni.

Le prospettive a medio termine appaiono soggette a notevoli incognite di origine esterna, riconducibili prevalentemente all’evoluzione della pandemia oltre che alle tensioni finanziarie. Per quanto riguarda il primo aspetto, si sottolinea che da una eventuale nuova stretta alle attività produttive e agli spostamenti ne deriverebbero conseguenze sia sul ciclo economico sia sulla struttura produttiva, già colpita dalla passata recessione. D’altro canto, quando la pandemia sarà debellata e l’economia mondiale tornerà a crescere stabilmente, occorrerà ridurre gli squilibri finanziari accumulati. Eventuali sfasamenti nei cicli di ripresa tra Paesi potrebbero incidere sui premi al rischio richiesti dai mercati alle economie per le quali il recupero è meno rapido. Se tale eventualità riguardasse l’Italia, caratterizzata da uno stock di debito pubblico elevato, le tensioni finanziarie potrebbero velocemente interagire con le decisioni di spesa di famiglie e imprese.

Inflazione

Considerando i prezzi al consumo, la Nota rileva che l’andamento dell’inflazione, debole nei primi tre mesi e negativo negli ultimi cinque, è il riflesso della debolezza della domanda, della caduta dei prezzi del petrolio e delle materie prime. In agosto e settembre l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) è risultato in discesa di 0,5 punti percentuali in confronto all’anno precedente, avvicinandosi al minimo storico segnato nel gennaio 2015. L’inflazione di fondo (che esclude i prodotti energetici e alimentari) rallenta portandosi da 0,3 a 0,1 per cento. Il deflatore del PIL, pur in presenza di un’inflazione al consumo estremamente debole, tra il primo e il secondo trimestre dell’anno ha registrato moderati aumenti a causa dell’andamento del costo dei beni energetici.

La Nota sottolinea come durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria la dinamica dell’inflazione abbia risentito dell’operare di spinte contrapposte: alla marcata riduzione dei prezzi dei beni energetici e di alcuni servizi si è accompagnata l’accelerazione dei prezzi dei beni alimentari, determinata dalla ricomposizione del paniere di consumo delle famiglie verso i beni di prima necessità.

L’ultimo Bollettino economico della Banca d’Italia di luglio rileva come la variazione dei prezzi al consumo è stata negativa in maggio e pari a -0,4 per cento in giugno, principalmente a causa della marcata riduzione dei prezzi dei beni energetici. In prospettiva il calo della domanda interna incide sull’andamento delle attese di inflazione degli analisti e delle imprese. Le aspettative di inflazione delle imprese continuano a prefigurare una crescita debole dei prezzi nei prossimi dodici mesi (0,5 per cento).

Le stime preliminari dell’ISTAT di settembre (Comunicato del 30 settembre) registrano un inflazione negativa per il quinto mese consecutivo nel nostro Paese. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registra una diminuzione dello 0,6% su base mensile e dello 0,5% su base annua (stabile rispetto al mese precedente).

Il mercato del lavoro

La Nota sottolinea come l’ampia contrazione dell’attività economica e le misure di contenimento del virus abbiano avuto delle ricadute significative sull’andamento del mercato del lavoro, in parte mitigate dalle misure intraprese dal Governo.

Per quanto riguarda il primo trimestre del 2020, l’occupazione è risultata in lieve calo rispetto al trimestre precedente (-0,4 per cento, -101 mila unità) e in aumento su base annua (0,2 per cento). Peraltro, la Nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione (elaborata congiuntamente da Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Istat, Inps, Inail e Anpal), evidenzia che già a partire dall’ultima settimana di febbraio l'andamento del quadro occupazionale si è sviluppato in una fase di forte flessione dei livelli dell'attività economica.

I riflessi dell’emergenza sanitaria sul mercato del lavoro si sono materializzati maggiormente nel secondo trimestre, quando la flessione degli occupati si è ampliata (-2,0 per cento sul trimestre precedente, -470 mila unità; -3,6 per cento su base annua, -841 mila unità) per effetto di una rilevante contrazione dell’occupazione dipendente a tempo determinato e di una diminuzione degli indipendenti. Nel periodo in esame, il quadro d’insieme - relativamente all'input di lavoro misurato in termini di ULA (Unità di lavoro equivalenti a tempo pieno) - descrive una eccezionale diminuzione sia sotto il profilo congiunturale (-11,8 per cento) sia su base annua (-17 per cento), come conseguenza della riduzione delle ore lavorate a seguito delle notevoli perturbazioni indotte dall'emergenza sanitaria.

Al calo tendenziale dell’occupazione si associa (su base annua) la diminuzione delle persone in cerca di lavoro (-647 mila) e la forte crescita degli inattivi (+1 milione 310 mila). La nota afferma al riguardo che l’aumento dell’inattività avrebbe nascosto nel periodo del lockdown le tracce di una disoccupazione presente ma non espressa, data l’impossibilità di condurre ricerche attive di lavoro in un contesto di emergenza.

A livello tendenziale le misure a tutela dell’occupazione adottate dal Governo, principalmente l’estensione della possibilità di ricorso alla Cassa integrazione e il divieto di licenziamento, determinano una tenuta dell’occupazione dipendente a tempo indeterminato che bilancia, seppur parzialmente, la riduzione degli occupati a tempo determinato e degli occupati indipendenti già emersa nella prima metà dell’anno in corso e che si stima porterà ad una riduzione dell’occupazione complessiva (indagine sulle forze di lavoro) dell’1,9 per cento su base annua (dal 59 al 58,1 per cento). Il tasso di partecipazione, dopo il pesante crollo registrato nei mesi di lockdown, si stima in lieve ripresa nella seconda metà del 2020, mentre il tasso di disoccupazione è previsto al 9,5 per cento. Nel corso del prossimo anno, si prevede che l’occupazione espressa in termini di ULA registri un incremento del 5,0 per cento.

Nel quadro programmatico si prevede un aumento delle unità di lavoro e un calo più accentuato del tasso di disoccupazione nel corso del triennio. Il tasso di disoccupazione scenderebbe ad un livello inferiore a quello del 2019 già nel 2022. Questa previsione è peraltro soggetta ad un notevole margine di incertezza data la forte caduta della partecipazione al lavoro registrata durante la crisi, fenomeno che si prevede rientrare gradualmente ma potrebbe invece invertire rotta più rapidamente anche grazie alle politiche attive del lavoro adottate dal Governo.

Tabella 7 - Mercato del lavoro

 (variazioni percentuali)

 

Consuntivo

Nota agg. DEF 2020
Previsioni tendenziali

Nota agg. DEF 2020
Prev. programmatiche

 

2019

2020

2021

2022

2023

2020

2021

2022

2023

Occupazione (ULA)

0,2

-9,5

5,0

2,6

1,7

-9,5

5,4

9,5

8,7

Tasso di disoccupazione

10,0

9,5

10,7

10,3

9,8

9,5

10,3

9,5

8,7

Tasso di occupazione (15-64 anni)

59,0

58,1

58,2

58,8

59,9

58,1

58,4

59,6

61,1

CLUP (sul PIL)

1,3

0,8

1,0

0,4

0,8

0,8

0,8

0,8

0,9

 

Secondo gli ultimi dati rilasciati dall’Istat (comunicato del 1° ottobre 2020) ad agosto prosegue la crescita dell’occupazione già registrata a luglio (+0,4% su base mensile, pari a +83mila unità), torna a calare il numero di persone in cerca di lavoro e continua la diminuzione dell’inattività. Il tasso di occupazione sale al 58,1% (+0,2 punti percentuali). L’aumento dell’occupazione su base mensile coinvolge uomini e donne, dipendenti, autonomi e tutte le classi d’età; è inoltre particolarmente intenso tra i minori di 35 anni

Dal lato delle imprese (comunicato del 11 settembre 2020) il calo della domanda di lavoro si registra in termini sia congiunturali sia tendenziali, con una diminuzione delle posizioni lavorative dipendenti del 3,9% rispetto al trimestre precedente e del 4,0% su base annua. Tale diminuzione si associa a una marcata riduzione delle ore lavorate per dipendente, pari a -19,1% su base congiunturale e a -26,2% su base annua. Il ricorso alla cassa integrazione registra una variazione positiva di 323,2 ore ogni mille ore lavorate.

 

Nella figura che segue si espongono gli andamenti di lungo periodo dei principali parametri occupazionali, in variazione percentuale.

 

Figura 4 - Occupati e tasso partecipazione

Fonte: Banca d’Italia, L’Economia italiana in breve, n. 7 – settembre 2020

Il grafico che segue illustra l’andamento del tasso di disoccupazione dell’Italia a raffronto con l’euro zona.

Figura 5. Andamento del tasso di disoccupazione in Italia e in Europa

Fonte: Banca d’Italia, L’Economia italiana in breve, n. 7 – settembre 2020

1.3.2 Il quadro macroeconomico programmatico

Il quadro macroeconomico programmatico per gli anni 2020 e successivi, presentato nella Nota, include l’impatto sull’economia delle misure che saranno adottate con la prossima legge di bilancio per il 2021.

La programmazione finanziaria tiene altresì conto degli interventi straordinari per il sostegno e il rilancio dell’economia che il Governo intende concordare con la Commissione europea attraverso la presentazione a ottobre dello schema del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) nell’ambito delle procedure per l’accesso ai fondi stanziati con il Programma Next Generetion EU (NGEU), dotato di 750 miliardi nel periodo 2021-2026. La presentazione finale del Programma è prevista a inizio 2021.

Il PNRR e la programmazione finanziaria di bilancio devono essere pienamente coerenti. A tal fine, nella Nota si sottolinea che, sebbene la Nota di aggiornamento in esame si riferisca al triennio 2021-2023, il Governo ha elaborato proiezioni macroeconomiche e di finanza pubblica a sei anni, che costituiranno la base sia per valutare sia gli impatti del programma di investimenti e degli altri interventi finanziati da NGEU, sia per conseguire gli obiettivi di finanza pubblica.

 

Secondo quanto esposto nella Nota, la manovra di finanza pubblica per il 2021-2023 punterà a sostenere la ripresa dell’economia con un’ulteriore spinta fiscale nel 2021, che si andrà riducendo nel 2022 per poi puntare ad un significativo miglioramento del saldo di bilancio nel 2023.

In termini di ambiti principali della manovra, si prevede:

-    significative risorse per il sostegno all’occupazione e ai redditi;

-    il completamento del finanziamento del taglio del cuneo fiscale;

-    il rifinanziamento del taglio contributivo al Sud;

-    il rifinanziamento delle cosiddette politiche invariate.

Componenti importanti della programmazione triennale sono:

-    l’introduzione di un’ampia riforma fiscale, che il Governo intende attuare sulla base di una legge delega che sarà parte integrante del PNRR;

-    il pieno utilizzo delle sovvenzioni e dei prestiti previsti da NGEU per incrementare gli investimenti pubblici e aumentare le risorse per la ricerca, la formazione, la digitalizzazione e la riconversione dell’economia in chiave di sostenibilità ambientale

 

Nello scenario programmatico, la crescita del PIL reale è prevista pari al 6,0 per cento nel 2021, 3,8 per cento nel 2022 e al 2,5 per cento nel 2023.

Rispetto allo scenario tendenziale, si profila un incremento complessivo del tasso di crescita del PIL di +0,9 punti percentuali nel 2021, +0,8 punti percentuali nel 2022 e di +0,7 punti percentuali nel 2023.

Nella tavola che segue è riportato l’impatto macroeconomico delle misure della manovra sull’andamento tendenziale del PIL, raggruppate per tipologia di intervento, che determinerebbero, rispetto allo scenario tendenziale, un incremento del tasso di crescita del PIL di 0,6 punti percentuali nel 2021 e 0,4 punti percentuali nel 2022.

La tavola riporta altresì il contributo alla crescita rappresentato dagli interventi che verranno realizzati attraverso l’utilizzo delle risorse del Next Generetion EU (NGEU), che si prevede avrà un impatto positivo e crescente sul PIL nell’arco del triennio, relativamente più moderato nel primo anno, per poi aumentare fino a produrre un impatto positivo pari a +0,8 per cento sul PIL nell’ultimo anno di previsione.

Tabella 8. Effetti sul PIL della manovra programmatica rispetto allo scenario tendenziale (impatto sui tassi di crescita)

 (variazioni percentuali)

 

2021

2022

2023

Previsione PIL tendenziale

5,1

3,0

1,8

Politiche invariate

0,1

0,1

0,1

Interventi in materia fiscale

0,2

0,2

0,1

Altre nuove politiche

0,3

0,1

0,0

Coperture

0,0

0,0

-0,3

Impatto manovra (*)

0,6

0,4

-0,1

Next Generation EU (*)

0,3

0,4

0,8

Impatto manovra (*)

0,9

0,8

0,7

Previsione PIL programmatico

6,0

3,8

2,5

(*) Eventuali imprecisioni derivano dagli arrotondamenti

La Nota precisa che le previsioni programmatiche si basano su simulazioni effettuate con il modello QUEST della Commissione Europea, calibrato per l’Italia, per quanto attiene agli impatti macroeconomici del NGEU; gli effetti delle altre componenti della manovra di bilancio 2021-2023 sono stati invece stimati con il modello econometrico trimestrale del Tesoro (ITEM).

Come evidenziato dalla tabella, nella prima parte del triennio il differenziale di crescita rispetto al quadro tendenziale deriva soprattutto dall’impostazione più espansiva della politica di bilancio, centrata sull’esigenza di sostenere i redditi e l’occupazione in una fase in cui l’epidemia da Covid-19 influenzerà ancora negativamente l’attività economica. Nella seconda parte del periodo, invece, la spinta più rilevante alla crescita deriva dal PNRR.

 

Nel complesso, sottolinea la Nota, la previsione programmatica è stata impostata sulla base di stime di impatto prudenziali, che considerano il livello di incertezza economica ancora molto elevato ed il rischio di implementazione relativamente al PNRR (anche in considerazione che i relativi regolamenti devono ancora essere approvati).

 

La più elevata crescita in confronto al quadro tendenziale è principalmente trainata dagli investimenti fissi lordi. Questi ultimi, a loro volta, esercitano un effetto moltiplicativo sulla produzione e accrescono il reddito disponibile delle famiglie, dando luogo a maggiori investimenti del settore privato e spesa per consumi delle famiglie. Anche le esportazioni beneficeranno nel tempo della maggiore competitività dell’economia conseguita tramite i maggiori investimenti.

Di seguito si riporta il quadro macroeconomico programmatico a raffronto con il quadro tendenziale.

Tabella 9. Confronto quadro macroeconomico tendenziale e programmatico

(variazioni percentuali)

 

Previsioni tendenziali

Previsioni Programmatiche

2020

2021

2022

2023

2020

2021

2022

2023

PIL

-9,0

5,1

3,0

1,8

-9,0

6,0

3,8

2,5

Importazioni

-13,8

8,3

4,7

3,6

-13,8

8,8

6,0

3,8

Consumi finali nazionali

-6,4

3,7

2,1

1,4

-6,4

4,4

2,8

1,7

- spesa delle famiglie e I.S.P

-8,9

4,9

2,8

1,8

-8,9

5,5

3,7

2,3

- spesa delle P.A.

2,0

0,2

0,0

-0,2

2,0

1,2

-0,2

-0,4

Investimenti fissi lordi

-13,0

7,4

4,8

2,9

-13,0

10,6

8,5

5,9

- macchinari, attrezzature e vari

-10,4

5,5

4,9

3,0

-10,4

9,9

9,2

6,2

- mezzi di trasporto

-26,3

19,5

7,9

5,5

-26,3

19,0

10,3

4,8

- costruzioni

13,6

8,0

4,1

2,6

-13,6

10,3

7,4

5,7

Esportazioni

-17,4

9,5

5,6

3,5

-17,4

9,6

5,7

3,5

 

Deflatore PIL

1,1

0,7

1,1

1,0

1,1

0,8

1,3

1,2

Occupazione (ULA)

-9,5

5,0

2,6

1,7

-9,5

5,4

3,4

2,2

PIL nominale (mld di euro)

1.647,2

1.742,0

1.814,8

1.865,2

1.647,2

1.759,2

1.848,8

1.916,5

 


2. La finanza pubblica

2.1 Analisi del consuntivo e delle previsioni a legislazione vigente

2.1.1 I saldi della p.a.

La Nota di aggiornamento presenta una revisione del quadro di finanza pubblica incorporando, per l’esercizio 2019, l’aggiornamento delle stime di consuntivo diffuso dall’Istat con il Comunicato[7] del 22 settembre scorso.

Il Comunicato di settembre include la revisione dei conti nazionali annuali relativa al biennio 2018-2019, effettuata per tenere conto delle informazioni acquisite dall’Istat dopo la stima pubblicata lo scorso marzo.

La stima del deficit 2019 (1,6 per cento del PIL) conferma quella già indicata nel DEF 2020, che a sua volta era in linea con il Comunicato Istat su “PIL e indebitamento AP” pubblicato il 2 marzo 2020.

Il dato del 2019, comunque, permane tuttora in miglioramento rispetto al saldo registrato per il 2018 (2,2 per cento), a sua volta invariato, in termini percentuali, rispetto alla precedente stima.

 

Nella NADEF sono quindi presentate le previsioni aggiornate per il periodo 2020-2023, basate sulla legislazione vigente, che indicano, per tutti gli esercizi considerati, un incremento dell’indebitamento netto rispetto alle previsioni del DEF 2020.

Si evidenzia, per completezza, che la NADEF di quest’anno ha anche[8] elaborato un quadro preliminare programmatico per il successivo periodo 2024-2026, onde assicurare la coerenza fra le ipotesi formulate dal PNRR (Piano nazionale di ripresa e risilienza), il Bilancio 2021-2023 e la strategia di riduzione del rapporto debito/PIL. Il punto di partenza per la costruzione del programmatico 2020-2026 è consistito nell’estendere al 2024-2026 il quadro macroeconomico tendenziale e le relative proiezioni di finanza pubblica: detti valori tendenziali, tuttavia, non sono esplicitati nella NADEF. Per i valori programmatici si rinvia all’apposita sezione.

 

La nuova previsione di indebitamento netto per il 2020 si attesta, in valore assoluto, su 178 miliardi circa.

Si osserva in proposito che il DEF riportava una previsione di deficit per il 2020 pari a circa 118 miliardi. Incrementando tale valore dell’importo relativo all’impatto sul deficit dei decreti legge nn. 34 e 104, stimato dalle rispettive relazioni tecniche in circa 80,2 miliardi (cfr. Tabella 1), si raggiungerebbe l’importo complessivo di circa 198,2 miliardi. La nuova previsione di indebitamento indicata dalla Nadef risulta invece, come segnalato, pari a circa 178 miliardi.

Pertanto, il raffronto tra le nuove previsioni e quelle di aprile, come incrementate degli effetti ascritti ai provvedimenti di urgenza successivamente adottati, sembra segnalare un miglioramento di circa 20 miliardi, imputabile ad una revisione delle stime.

In proposito la Nadef segnala che l’impatto previsto ex ante di tutte le misure di sostegno introdotte in risposta alla crisi pandemica era di 6,1 punti percentuali di PIL[9]. Tuttavia, la nuova stima dell’indebitamento netto è inferiore di circa 1,3 p.p. di PIL al livello desumibile dalla stima del DEF, dalla revisione al ribasso della stima del PIL e dagli importi degli interventi effettuati in maggio e agosto. Secondo la Nota “ciò è dovuto non solo ad un minor utilizzo di alcune misure, ma anche ad un andamento delle entrate migliore del previsto anche per via di una serie di fattori tecnici (per esempio, la quota di contribuenti che ha preferito continuare ad effettuare versamenti in base al metodo ‘storico’ anziché a quello ‘previsionale’)”.

 

In considerazione di quanto riferito dalla Nadef, appare opportuno acquisire dati di maggior dettaglio sulle determinanti della differenza di circa 20 mld sopra indicata e sugli aggregati di entrata e spesa interessati.

Limitando l’analisi esclusivamente alle differenze rispetto all’impatto stimato dalle relazioni tecniche allegate ai decreti nn. 34 e 104, la differenza sembrerebbe dovuta in misura prevalente (circa 13 mld) ad una previsione di minor tiraggio delle spese e, in misura più contenuta, ad un incremento rispetto alle previsioni delle entrate (circa 7 mld). In ordine a tale ricostruzione appare tuttavia opportuno disporre di più puntuali elementi di verifica. Andrebbe inoltre precisata, anche in termini quantitativi, l’incidenza delle altre determinanti indicate dalla Nadef.

 

In rapporto al PIL, la stima del deficit 2020 si attesta al 10,8 per cento del PIL (si rammenta che nel quadro tendenziale il DEF 2020 stimava un valore del 7,1 per cento del PIL, ma ciò prima delle misure assunte per favorire la ripresa. Con la Relazione al Parlamento di luglio 2020 il nuovo livello di indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche è stato da ultimo fissato all’11,9 per cento del PIL).

 

Come già evidenziato, lo scenario previsionale della NADEF tiene conto non solo dei decreti legge 18/2020 (“cura Italia”) e 23/2020 (“Liquidità”) - adottati nei mesi di marzo e aprile e già considerati dal DEF - ma anche dell’impatto del decreto “rilancio” (DL n. 34 del 19 maggio 2020) e del decreto “agosto” (DL n. 104 del 14 agosto 2020), adottati dopo il documento programmatico di aprile.

I predetti decreti hanno determinato effetti rilevanti sul saldo di indebitamento netto, in coerenza con le autorizzazioni richieste al Parlamento. La tabella che segue riporta i valori relativi alle variazioni delle entrate e delle spese nonché agli effetti netti complessivi ascritti ai due decreti legge da ultimo citati dalle rispettive relazioni tecniche, corredate dei relativi prospetti riepilogativi.

Tabella 10 - Effetti netti sull’indebitamento netto dei principali provvedimenti approvati dopo il DEF 2020

(importi in milioni di euro - valori in % del PIL)

 

Indebitamento netto

 

2020

2021

2022

 

 

 

 

DL 34/2020

 

 

 

Totale entrate

-5.993,85

-20.490,76

-28.311,54

Totale spese

49.295,50

5.591,68

6.393,48

Saldo

-55.289,36

-26.082,44

-34.705,02

 

 

 

 

DL 104/2020

 

 

 

Totale entrate

-8.047,02

3.690,06

2.202,83

Totale spese

16.828,68

8.973,65

2.957,35

Saldo

-24.875,70

-5.283,60

-754,52

 

 

 

 

Totale effetti indebitamento netto

(percentuale del Pil)

-80.165,06

4,9

-31.366,04

1,8

-35.459,54

2,0

(Segno “-“ = peggioramento del saldo)

Fonte: Elaborazione su dati prospetti riepilogativi allegati alle relazioni tecniche riferite ai decreti legge nn. 34 e 104 del 2020 (testi modificati in fase di conversione)

Si segnala che, con specifico riferimento al DL 104/2020, i dati riportati nella precedente tabella differiscono da quelli contenuti nella tavola III.10 della Nadef, che riporta l’impatto inziale del provvedimento, senza gli effetti ascritti agli emendamenti approvati in sede di conversione.

Considerando anche l’impatto del DL 18/2020 (“cura Italia”) e del DL 23/2020 (“liquidità”) - non riportati nella tabella perché, come segnalato, risultavano già scontati nelle stime tendenziali presentate nel DEF di aprile – gli effetti cumulati dei provvedimenti legislativi di urgenza adottati in relazione all’emergenza Covid 2019 ammontano, in termini di indebitamento netto, a circa 100,2 mld nel 2020, 31,4 nel 2021 e 35,5 nel 2022.

 

Considerato quindi il rilevante impatto sui saldi di finanza pubblica, sia in termini di entrate che di spese, dei provvedimenti adottati dopo la presentazione del DEF dell’aprile 2020, nell’analisi che segue non verrà svolto un riscontro sistematico tra le nuove stime tendenziali e quelle incorporate nel Documento di aprile, ma saranno offerti elementi di comparazione solo qualora disponibili dati analitici idonei ai fini del raffronto.

 

Per gli anni 2021 e seguenti, nel nuovo quadro delineato a legislazione vigente, si evidenzia un andamento complessivo di miglioramento del saldo di indebitamento netto, che passa dal 5,7 per cento nel 2021 al 4,1 per cento nel 2022, per attestarsi infine sul 3,3 nel 2023.

Il descritto andamento riflette – nel quadriennio in esame – un miglioramento sia del saldo primario sia della spesa per interessi.

In particolare, in termini di PIL la spesa per interessi migliora costantemente dal 3,5 per cento dell’anno in corso al 3,2 per cento del 2023. Il saldo primario permane negativo in tutto il periodo di previsione, seguendo un percorso che, per l’anno in corso, fa registrare un’incidenza sul Pil del 7,3 per cento (dovuto ai provvedimenti adottati e alla modificazione del quadro macro) e, negli esercizi successivi, un rapido miglioramento attestandosi sui valori del 2,4 per cento nel 2021, dello 0,9 per cento nel 2022 dello 0,1 per cento nel 2023.

2.1.2 Le entrate

La revisione delle stime di consuntivo evidenzia per l’anno 2019, rispetto a quanto indicato nel DEF, un incremento delle entrate finali pari a 489 milioni, determinata in via prevalente da un incremento delle entrate correnti (428 milioni) e, in misura più attenuata, da un incremento delle entrate in conto capitale (61 milioni).

In termini di PIL, le entrate finali nel 2019 rappresentano il 47 per cento a fronte del 47,1 per cento indicato nel DEF. La riduzione interessa le entrate in conto capitale non tributarie (che passano dallo 0,2 per cento allo 0,1 per cento) mentre rimane invariato il rapporto riferito alle entrate tributarie (28,9) e ai contributi sociali (13,5).

Conseguentemente, anche la pressione fiscale rimane confermata al valore stimato dal DEF (42,4 per cento).

 

Per quanto attiene alle nuove previsioni, riferite al periodo 2020-2023, la Nota afferma che esse scontano il peggioramento delle prospettive di crescita nel breve periodo, i risultati dell’attività di monitoraggio sulla finanza pubblica e l’impatto dei provvedimenti adottati dopo il DEF.

Tra i provvedimenti adottati dopo il DEF si segnala il decreto legge n 34/2020 (c.d. “decreto rilancio”) i cui effetti in termini di entrate nette determinano una riduzione di circa 6 miliardi nel 2020, 20,5 miliardi nel 2021 e 28,3 miliardi nel 2022 e il decreto legge n. 104/2020 (c.d. “Sostegno e rilancio”) i cui effetti in termini di entrate nette comportano una riduzione di circa 8 miliardi nel 2020, 3,7 miliardi nel 2021 e 2,2 miliardi nel 2022.

Tra le principali misure si segnalano:

§  la soppressione delle clausole di salvaguardia. La sterilizzazione degli incrementi di IVA e accise previsti a normativa vigente determina una contrazione delle entrate di 19,8 miliardi nel 2021 e 26,7 miliardi nel 2022. Negli anni successivi le stime presentano valori superiori di riduzione di gettito;

§  l’esonero dal pagamento del saldo IRAP 2019 e del primo acconto IRAP 2020 disposto in favore dei lavoratori autonomi e delle imprese con ricavi o compensi annui non superiori a 250 milioni di euro. A tale misura sono ascritti effetti di minor gettito pari a 4 miliardi per l’anno 2020;

§  le agevolazioni per interventi di efficientamento energetico (c.d. “ecobonus e sismabonus”). Poiché i relativi benefici sono fruibili dai contribuenti mediante detrazione fiscale o credito d’imposta, gli effetti finanziari sono qualificati, rispettivamente, come minori entrate o maggiori spese. La stima della quota fruita in detrazione (al netto degli effetti indotti) determina minori entrate per 0,96 miliardi nel 2021 e 2,96 miliardi nel 2022. A puro titolo informativo, si segnala che la quota fruita in credito d’imposta (maggiore spesa) è stimata in 0,25 miliardi nel 2021 e in 1,09 miliardi nel 2022. Negli anni successivi le stime presentano differenti valori di riduzione di gettito e di incremento di spesa;

§  i benefici fiscali per acquisizione dei servizi turistico recettivi da parte delle famiglie con ISEE fino a 40.000 euro (c.d. “tax credit vacanze”). Anche in questo caso l’agevolazione è fruibile in parte mediante detrazione fiscale (minori entrate stimate in 0,7 miliardi nel 2021) e in parte con crediti d’imposta (maggiore spesa per 1,7 miliardi nel 2020);

§  gli sgravi contributivi volti a sostenere il livello occupazione. Tra questi si segnalano gli esoneri in favore delle imprese appartenenti a filiere agrituristiche (0,4 miliardi nel 2020), delle imprese che non ricorrono alla cassa integrazione (0,4 miliardi nel 2020 e 0,1 miliardi nel 2022), dei datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2020 (0,4 miliardi nel 2020 e 1 miliardo nel 2021).

 

Complessivamente, le nuove previsioni di entrata per il periodo 2020-2023 indicano, in valore assoluto, una contrazione del 6,7 per cento nel 2020 rispetto al 2019 (passando da 841,9 miliardi a 785,7 miliardi), un rimbalzo positivo nel 2021 (5,9 per cento) ed una crescita media del 2,8 per cento nel biennio 2022-2023. In rapporto al PIL si registra un diverso andamento determinato dalla revisione di tale ultima grandezza (forte riduzione della stima del PIL nel 2020 rispetto al 2019 e crescita negli anni successivi). Pertanto, si registra un incremento del rapporto nel 2020 rispetto al 2019 (da 47 per cento a 47,7 per cento) e nel 2021 rispetto al 2020 (dal 47,7 per cento al 47,8 per cento), mentre nel biennio successivo si assiste ad una contrazione (47,3 per cento nel 2022 e 47,1 per cento nel 2023).

Il grafico che segue considera l’andamento delle previsioni delle entrate, evidenziando i singoli comparti delle entrate tributarie, entrate contributive e altre entrate; sono altresì evidenziati il valore della pressione fiscale e il rapporto tra entrate totali e PIL, che, come già segnalato, risentono delle variazioni del denominatore del rapporto, indotte dal quadro macroeconomico.

Figura 6 – Andamento delle entrate e della pressione fiscale – anni 2019-2023

(milioni di euro - %PIL)

         Fonte: Elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2020.

Nel comparto delle entrate tributarie, la contrazione prevista nel 2020 rispetto all’anno precedente è riferita sia alle imposte dirette (-4,7 per cento) sia alle imposte indirette (-11,5 per cento). Analogamente, il rimbalzo positivo registrato nel 2021 rispetto al 2020 riguarda le imposte dirette (5,3 per cento) e le imposte indirette (10,9 per cento). Nel biennio successivo, tali componenti registrano, rispettivamente, una crescita media del 2,9 per cento e del 2,6 per cento.

La Nota segnala che il gettito tributario è atteso calare dell’8,1 per cento nel 2020 anche a causa del posticipo delle scadenze di versamento e, in alcuni casi, dalla cancellazione degli oneri fiscali a carico delle famiglie e delle imprese. Si prevede, quindi, un rimbalzo dell’8,1 per cento nel 2021 rispetto al 2022 e il ritorno a una crescita media del 2,7 per cento nel biennio 2022-2023.

Tra le contrazioni più significative nel 2020 delle imposte indirette la Nadef evidenzia:

§  IVA sugli scambi interni, per effetto del calo dei consumi;

§  entrate da giochi, per effetto della sospensione delle attività durante il periodo di lockdown;

§  imposte di registro, a causa dei cali osservati nelle compravendite immobiliari.

Negli anni successivi al 2020, l’andamento delle imposte indirette non sconta più gli effetti degli aumenti di IVA e accise (c.d. “clausola di salvaguardia”) che sono stati definitivamente abrogati dal DL 34/2020.

Per quanto riguarda i contributi sociali, la Nota stima una forte diminuzione del 7,0 per cento nel 2020 (224.934 successivamente di euro, con un differenziale negativo di circa 17 miliardi di euro), e quindi una crescita di circa il 5 per cento nel 2021, di circa il 4,5 per cento nel 2022 e di circa il 2,5 per cento (crescita media nel triennio 2021-2023 di circa il 4 per cento). In rapporto al PIL, i contributi sociali si assestano a circa il 13,7 nell’esercizio 2020, diminuendo leggermente nel triennio successivo fino a raggiungere il 13,6 per cento (13,5 per cento nel 2021, 13,6 per cento nel 2022 e 13,6 per cento nel 2023).

L’andamento, secondo la Nota, risente soprattutto delle difficoltà registrate sul mercato del lavoro a seguito dell’emergenza sanitaria nell’anno in corso e negli esercizi successivi delle stime di crescita previste dal 2021, che dovrebbero consentire la ripresa dei versamenti contributivi.

Inoltre, per gli esercizi 2020 e 2021, il gettito ha risentito di alcuni provvedimenti finalizzati al sostegno del mercato del lavoro mediante riduzione degli obblighi contributivi per le imprese, tra i quali si ricorda l’articolo 222, comma 2, del DL 34/2020 (imprese appartenenti a filiere agrituristiche, di allevamento e di pesca) e gli articoli 3 (imprese che rinunciano alla cassa integrazione), 6 (imprese che assumono a tempo indeterminato) e articolo 27 (imprese ubicate in zone svantaggiate) del DL 104/2020.

 

I dati sulla pressione fiscale, indicati dalla Nota al lordo e al netto degli effetti della c.d. “misura 100 euro”, mostrano un incremento nel 2021 rispetto al 2020 e un andamento decrescente nelle annualità successive.

Si ricorda che il decreto legge n. 3/2020 ha sostituito, con decorrenza 1° luglio 2020, il c.d. “bonus 80 euro” con il “trattamento integrativo”. Quest’ultimo, rispetto al precedente, è riconosciuto in misura massima fissata in 100 euro al mese in favore di una maggiore platea di lavoratori dipendenti (è stato elevato a 28.000 euro il limite reddituale per l’accesso al beneficio).

 

In termini grafici, il confronto della pressione fiscale indicata nella NADEF, al lordo e al netto delle predette misure in favore dei lavoratori dipendenti, è illustrato nella seguente figura.

Figura 7 - Pressione fiscale (valori al lordo e al netto del trattamento integrativo)

(% del PIL)

Fonte: Elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2020.

§  Valutazione degli incassi derivanti dall’attività di contrasto dell’evasione fiscale

Per quanto concerne le entrate derivanti dall’attività di accertamento, la Nota di aggiornamento, in attuazione di quanto disposto dall’articolo 1, comma 434, della legge di stabilità 2014, contiene un focus nel quale sono illustrati i risultati ottenuti, le procedure adottate, i criteri applicati per la stima ed il monitoraggio dell’evasione fiscale. Il focus, inoltre, illustra i criteri adottati per verificare le condizioni ed eventualmente valutare l’ammontare delle maggiori entrate da destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

La Nota segnala che, a differenza degli anni precedenti, la stima degli incassi attesi per il 2020 (8,85 miliardi) è sensibilmente inferiore agli incassi realizzati nel 2019 (15,64 miliardi), tale andamento riflette gli effetti della sospensione dell’attività di accertamento e controllo da parte dell’Amministrazione fiscale durante la situazione di emergenza COVID. Pertanto, in assenza del requisito previsto dalla norma (maggiori entrate rispetto alle previsioni) non è possibile, per quest’anno, contribuire ad alimentare il Fondo per la riduzione della pressione fiscale in sede di legge di bilancio 2021.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 434, della legge di stabilità 2014 dispone, tra l’altro, che siano destinate al predetto Fondo le risorse permanenti che, in sede di Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza, si stima di incassare quali maggiori entrate rispetto alle previsioni iscritte nel bilancio a legislazione vigente e a quelle effettivamente incassate nell’ultimo esercizio consuntivato, derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale, al netto di quelle derivanti dall'attività di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni.

2.1.3 La spesa primaria

La revisione dei dati di consuntivo operata dall’Istat comporta per l’anno 2019, rispetto alle precedenti stime, una riduzione delle spese finali pari a 162 milioni di euro.

Come evidenziato dall’Istituto le uscite (pari a 870.580 milioni) sono state riviste complessivamente al ribasso di 162 milioni rispetto alle stime di aprile (pari a 870742 milioni). La revisione è dovuta ad una correzione negativa dei consumi intermedi e delle prestazioni sociali in natura acquistate (-857 milioni), parzialmente compensata da una revisione al rialzo delle uscite in conto capitale (+764 milioni).

 

Per quanto attiene al periodo di previsione 2020-2023, la spesa primaria[10] evidenzia nel 2020 una crescita, rispetto al 2019, del 11,7 per cento (passando da 810,2 miliardi a 905,3 miliardi). Nel 2021 la spesa si contrae riducendosi del 3,5 per cento (874 miliardi), per poi tornare a crescere nel biennio 2022-2023 ad un ritmo medio annuo del 4,5 per cento (attestandosi ad un livello di circa 881 miliardi nel 2023). L’incidenza sul PIL mostra una crescita nel 2020 (passando da 45,3 del 2019 al 55 per cento nel 2020). Negli anni successivi il rapporto decresce fino ad arrivare nel 2023 al 47,3 per cento.

 

Nel quadro aggiornato la spesa corrente primaria[11] mostra in termini nominali un incremento nel 2020 rispetto al 2019 di circa 82 miliardi di euro, passando da 748 miliardi del 2019 a 830 miliardi di euro nel 2020.

Con riferimento al medesimo aggregato, nel grafico che segue viene mostrato l’andamento della spesa in valori assoluti e rispetto al PIL negli anni 2019-2023.

Figura 8 - Spesa corrente primaria – anni 2019-2023

(milioni di euro - %PIL)

Fonte: Elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2020.

Nel 2021 si prevede una contrazione dell’aggregato, che registra invece una crescita nel biennio 2022-2023 fino ad attestarsi, alla fine del periodo di previsione, su un valore di 808 miliardi di euro. 

In termini di incidenza sul PIL, si registra una dinamica crescente nel 2020 rispetto ai valori del 2019 (50,4 per cento del PIL), mentre nel periodo 2021-2023 si osserva una riduzione del rapporto che si attesta nel biennio 2022-2023 al 43,3 per cento.

Nel grafico che segue è evidenziato l’andamento delle principali componenti della spesa corrente primaria in termini nominali e di incidenza sul PIL.

Figura 9 – Le principali componenti della spesa corrente primaria: anni 2019-2020.

(milioni di euro - %PIL)

Fonte: Elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2020.

Circa la composizione della spesa corrente primaria, le nuove stime evidenziano nel primo anno di previsione una crescita della spesa per prestazioni sociali, che passano da 361 miliardi del 2019 a 410 miliardi del 2020. In percentuale del PIL il rapporto cresce al 24,9 per cento (rispetto al 20,2 dell’anno precedente). Nel 2021 si osserva una contrazione della spesa sia in termini nominali (390 miliardi di euro) che in percentuale del PIL (22,4 per cento). Nel biennio 2022-2023 a fronte di una crescita dell’aggregato di spesa in termini nominali (395 miliardi nel 2022 e 402 miliardi nel 2023) si registra una diminuzione in termini di PIL con un rapporto a fine periodo pari al 21,5 per cento.

Considerando le singole componenti che concorrono al predetto andamento, si evidenzia in primo luogo che la spesa pensionistica registra un incremento, su base annua, del 2,6 per cento nel 2020, del 2,3 negli anni 2021 e 2022 ed infine del 2,4 per cento nel 2023. Le previsioni considerano l’aumento del numero di soggetti che accedono al pensionamento anticipato in virtù dei cambiamenti normativi introdotti con la Legge di Bilancio 2019 e le altre misure correlate[12], tra cui “Quota 100”.

Riguardo al rapporto con il PIL, la spesa pensionistica salirà al 17,1 per cento nel 2020, riducendo gradualmente la propria incidenza a circa il 16,6 per cento nel 2021, al 16,3 nel 2022 e al 16,2 nel 2023. Il decremento negli anni successivi al 2020 è attribuito dalla Nota alla crescita più contenuta della spesa pensionistica rispetto a quella dell’economia, dopo la forte flessione del 2020. Tuttavia, la spesa per pensioni in rapporto al PIL nel 2023 risulterà più alta di 0,8 punti percentuali in rapporto al PIL in confronto al 2019 (16,2 nel 2023 a fronte del 15,4 per cento del 2019).

Le altre prestazioni sociali, di natura non pensionistica, sono stimate in crescita del 48,7 per cento nel 2020 rispetto all’anno precedente, a seguito del rifinanziamento degli ammortizzatori sociali per attenuare gli effetti economico-sociali della crisi (di cui agli articoli da 19 a 22 del DL 18/2020, come modificati dai successivi DD.LL. 34 e 104 del 2020), del riconoscimento di specifiche indennità in favore di lavoratori non tutelati dagli ammortizzatori sociali (articoli da 27 a 30 del DL 18/2020, articolo 84 del DL 34/2020 e articolo 9 del DL 104/2020), delle politiche di contrasto alla povertà e delle ulteriori prestazioni assistenziali riconosciute. Tali prestazioni scontano al loro interno, inoltre, l’ampliamento del trattamento integrativo di retribuzione, innalzato da 80 a 100 euro dal DL 3/2020, in vigore dal 1° luglio 2020, che ha sostituito il cosiddetto “bonus 80 euro”.

Successivamente, è attesa una riduzione del 21,1 per cento nel 2021 e dell’1,9 per cento nel 2022, nonché una leggera risalita dello 0,1 per cento nel 2023. In rapporto al PIL, la spesa per altre prestazioni sociali è stimata al 7,8 per cento nel 2020 e si riduce successivamente al 5,8 nel 2021, al 5,5 nel 2022 e al 5,3 nel 2023. Analogamente a quanto già osservato per la spesa pensionistica, tale rapporto nel 2023 risulterà comunque più alto di 0,5 punti percentuali rispetto a quello registrato nel 2019 (5,3 nel 2023 a fronte del 4,8 per cento del 2019).

 

Con riferimento alle altre componenti della spesa corrente primaria si evidenzia quanto segue:

§  la spesa per redditi da lavoro dipendente nel biennio 2020-2021 presenta una dinamica crescente: in valore assoluto l’aggregato aumenta rispetto all’anno precedente del 2,4 per cento (+4,2 miliardi) nel 2020 e del 2,6 per cento nel 2021 (+4,6 miliardi).  La previsione sconta, come precisato nella Nota, l’aumento dei lavoratori dipendenti del settore pubblico nel biennio considerato. L’incidenza sul PIL conferma per il 2020 la dinamica crescente passando dal 9,7 per cento del 2019 al 10,8 dell’esercizio in corso, per poi mostrare una lieve flessione nel 2021 attestandosi al 10,4 per cento. Nel biennio successivo la spesa per redditi mostra una riduzione su base annua, rispettivamente, dello 0,8 per cento e dello 0,3 per cento nel 2022 e 2023.

Anche l’incidenza sul PIL risulta in calo rispetto ai valori del biennio precedente, passando al 9,9 per cento nel 2022 e al 9,6 per cento nel 2023, valore quest’ultimo lievemente più basso di quello del 2019;

§  la spesa per consumi intermedi nel 2020 mostra una crescita pari al 7,8 per cento rispetto al valore del 2019 (+11,5 miliardi di euro), con un’incidenza sul PIL che passa da 8,2 per cento nel 2019 a 9,6 per cento nel 2020. Nel 2021 l’aggregato evidenzia invece una riduzione su base annua del 3 per cento (-4,8 miliardi). In termini di PIL si registra una dinamica decrescente per tutto il triennio 2021-2023, con valori che si assestano sull’8,3 per cento alla fine del periodo;

§  le altre uscite correnti nel 2020 mostrano una crescita pari al 24,9 per cento rispetto al valore del 2019 (+16,5 miliardi di euro), con un’incidenza sul PIL che passa da 3,7 per cento del 2019 a 5,1 per cento del 2020. Nel triennio 2021-2023 l’incidenza sul PIL mostra una flessione rispetto al 2020 e si mantiene pressoché costante nel triennio, con un valore medio di 4 punti percentuali per ciascuno degli anni considerati.

 

Per quanto riguarda la spesa in conto capitale, si registra per l’anno 2020 un incremento dell’aggregato in termini nominali di circa 14 miliardi rispetto all’anno precedente. Anche l’incidenza rispetto al PIL passa dal 3,5 del 2019 al 4,6 per cento del 2020, come si evince dal grafico che segue.

Figura 10 - Spesa in conto capitale: anni 2019-2023

(milioni di euro - %PIL)

Fonte: Elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2020.

Per gli anni 2021-2022 le stime mostrano una dinamica decrescente sia in termini nominali che in rapporto al PIL. Nel 2023 a fronte di una sensibile crescita in termini nominali (da 72 miliardi del 2022 l’aggregato passa a circa 73 miliardi nel 2023) si conferma la dinamica decrescente in termini di PIL il cui valore si attesta al 3,9 per cento.

Figura 11 - Le componenti della spesa in conto capitale: anni 2019-2023

(milioni di euro - %PIL)

Fonte: elaborazione su dati della Nota di aggiornamento al DEF 2020.

Analizzando le diverse voci, l’evoluzione dell’aggregato riceve impulso nel 2020 da tutte le componenti: gli investimenti fissi lordi crescono dell’8,4 per cento (+3,5 miliardi); i contributi agli investimenti crescono del 43,3 per cento (+6,2 miliardi) e da altre spese in conto capitale del 61,6 per cento (+3,9 miliardi).

  Nel biennio 2021-2022 la spesa per investimenti fissi lordi mostra una dinamica crescente ad un ritmo medio annuo di circa il 6,5 per cento, mentre nel 2023 è prevista una riduzione del 1,8 per cento, che, secondo quanto affermato nella Nota, è da ascrivere al ridimensionamento delle risorse stanziate dagli ultimi interventi di sostengo all’economia. In rapporto al PIL gli investimenti si collocheranno su un livello medio del 2,7 per cento nel periodo di previsione 2020-2023, superiore al valore registrato nel 2019 (pari al 2,3 per cento).

Con riferimento alle altre componenti della spesa in conto capitale, nel triennio 2021-2023 si evidenzia quanto segue:

§  i contributi agli investimenti mostrano anche per il 2021 una crescita del 6,1 per cento per poi registrare una flessione del 20,6 per cento nel 2022 e del 6 per cento nel 2023. Alla fine del periodo di previsione viene indicata una spesa di circa 16,3 miliardi, superiore a quella registrata nel 2019 (pari a 14,3 miliardi). La dinamica è confermata anche in termini di incidenza sul PIL: dopo una crescita nel 2020-2021 (anni in cui l’incidenza sul PIL risulta pari all’1,2 per cento) il rapporto decresce per arrivare allo 0,9 per cento nel 2023;

§  la voce altre spese in conto capitale evidenzia una dinamica decrescente per il biennio 2021-2022: in rapporto al PIL l’incidenza della spesa risulta sostanzialmente stabile negli anni 2021 (0,3 per cento) e 2022 (0,2 per cento) e registra un incremento nel 2023, esercizio nel quale il rapporto torna ai valori del 2019 (0,4 per cento).

2.1.4 La spesa per interessi

Dai dati di consuntivo per il 2019, la spesa per interessi risulta pari a 60.386 milioni, con una riduzione rispetto al dato del 2018, di circa 4,2 miliardi. In termini di Pil la spesa si colloca, nel 2019, al 3,4 per cento, rispetto al 3,7 per cento del 2018.

 

Per quanto attiene alle previsioni per gli anni 2020 - 2023, l’andamento stimato indica una riduzione su base annua della spesa per interessi fino al 2022, più marcata nel primo anno (circa 2 miliardi) per poi diventare più contenuta negli anni successivi (122 milioni nel 2022). Nel 2023 la spesa tornerebbe ad aumentare, per attestarsi su un valore di 58.800 milioni.

In termini di incidenza sul Pil, la spesa presenta un andamento decrescente, dal 3,5 per cento nel 2020 fino al 3,2 per cento nell’anno 2023.

La NADEF precisa che la dinamica indicata riflette il basso livello dei rendimenti sui titoli di Stato correnti e previsti (secondo la metodologia abitualmente utilizzata nelle proiezioni ufficiali).

 

Nel grafico che segue si evidenzia l’andamento della spesa per interessi per il periodo considerato (2020-2023) in termini assoluti ed in percentuale del PIL.

Figura 12 – Spesa per interessi

 

Per gli anni 2020 e 2021, rispetto alle precedenti stime, si osserva che le nuove previsioni assumono valori inferiori rispetto a quelli del DEF 2020, sia in termini assoluti che di incidenza rispetto al Pil, come risulta anche dalla seguente tabella.

Tabella 11 - Spesa per interessi: confronto tra NADEF 2020 e DEF 2020

(milioni di euro - valori percentuali)

 

2019

2020

2021

2022

2023

NADEF 2020

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

60.386

58.411

57.705

57.583

58.800

Variazione assoluta annua

-4.235

-1.975

-706

-122

1.217

Variazione %

-6,6

-3,3

-1,2

-0,2

2,1

In % del Pil

3,4

3,5

3,3

3,2

3,2

Pil nominale

1.789.747

1.647.239

1.742.031

1.814.803

1.865.194

 

 

 

 

 

 

DEF 2020

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

60.305

60.628

63.470

 

 

Variazione assoluta annua

-4.316

323

2.842

 

 

Variazione %

-6,7

0,5

4,7

 

 

In % del Pil

3,4

3,6

3,6

 

 

Pil nominale

1.787.664

1.661.432

1.763.459

 

 

Fonte: Elaborazione su dati della NADEF2020 e del DEF2020.

La Nota non esplicita le ragioni sottostanti tali riduzioni. Tenuto conto tuttavia dei provvedimenti intervenuti successivamente alla presentazione del DEF, che hanno previsto ulteriore ricorso all’indebitamento, con conseguenti oneri per interessi, appare utile acquisire elementi informativi riguardo ai parametri assunti e alle ulteriori ragioni alla base della revisione al ribasso della stima per gli anni 2020 e 2021.

 

Con riferimento al possibile andamento dei tassi di interesse si rileva, inoltre, che a settembre 2020[13] il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha deciso che i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rimarranno invariati rispettivamente allo 0,00%, allo 0,25% e al -0,50%. Il Consiglio direttivo si attende che i tassi di interesse di riferimento della BCE si mantengano su livelli pari o inferiori a quelli attuali finché non vedrà le prospettive di inflazione convergere saldamente su un livello sufficientemente prossimo ma inferiore al 2% nel suo orizzonte di proiezione e tale convergenza non si rifletterà coerentemente nelle dinamiche dell’inflazione di fondo. Il Consiglio direttivo proseguirà gli acquisti nell’ambito del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (pandemic emergency purchase programme, PEPP) con una dotazione finanziaria totale di 1.350 miliardi di euro. Tali acquisti concorrono ad allentare l’orientamento complessivo della politica monetaria, contribuendo così a compensare l’effetto al ribasso della pandemia sul profilo previsto per l’inflazione. Gli acquisti continueranno a essere effettuati in maniera flessibile nel corso del tempo, fra le varie classi di attività e i vari paesi. Ciò consente al Consiglio direttivo di contrastare efficacemente i rischi per l’ordinata trasmissione della politica monetaria. Il Consiglio direttivo condurrà gli acquisti netti di attività nell’ambito del PEPP almeno sino alla fine di giugno 2021 e, in ogni caso, finché non riterrà conclusa la fase critica legata al coronavirus. Il Consiglio direttivo reinvestirà il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del PEPP almeno sino alla fine del 2022. In ogni caso, la futura riduzione del portafoglio del PEPP sarà gestita in modo da evitare interferenze con l’adeguato orientamento di politica monetaria.

Gli acquisti netti nell’ambito del programma di acquisto di attività (PAA) continueranno a un ritmo mensile di 20 miliardi di euro, unitamente agli acquisti nel quadro della dotazione temporanea aggiuntiva di 120 miliardi di euro sino alla fine dell’anno. Il Consiglio direttivo continua ad attendersi che gli acquisti netti mensili di attività nel quadro del PAA proseguiranno finché necessario a rafforzare l’impatto di accomodamento dei suoi tassi di riferimento e che termineranno poco prima che inizierà a innalzare i tassi di riferimento della BCE.

 

Nella seguente tabella si riportano, infine, i dati forniti dalla NADEF riferiti agli effetti netti in termini di indebitamento netto degli ultimi provvedimenti varati nel 2020 con riferimento agli interessi passivi per maggiori emissioni di titoli del debito pubblico.

Tabella 12 – Effetti netti degli ultimi provvedimenti varati nel 2020 sull’indebitamento netto della PA

(milioni di euro)

 

2020

2021

2022

2023

Interessi passivi per maggiori emissioni

di titoli del debito pubblico

-410

-1.858

-2.654

-3.494

Fonte: NADEF 2020

 

In proposito si evidenzia che la Nota non specifica i provvedimenti cui fa riferimento. Peraltro, sulla base dei prospetti riepilogativi allegati al DL n. 34 del 2020 e al DL n. 104 del 2020, è possibile ricostruire i predetti effetti contabilizzati sul saldo di indebitamento netto riguardanti la spesa per interessi relativi conseguente alle maggiori emissioni di titoli di debito pubblico:

Tabella 13 – Effetti del DL n. 34 del 2020 e del DL n. 104 del 2020 sull’indebitamento netto della PA

(milioni di euro)

Spesa per interessi

2020

2021

2022

2023

DL n. 34 del 2020 “Rilancio” (Art. 265, c. 3)

 326,0

 1.413,0

 2.136,0

 2.925,0

DL 104 del 2020 “Agosto” (Art. 114, c. 3)

 84,0

 445,0

 518,0

 569,0

TOTALE

410

1.858

2.654

3.494,0  

Fonte: Elaborazione su dati tratti dai prospetti riepilogativi al DL n. 34/2020 e al DL n. 104/2020

I dati forniti dalla Nota di aggiornamento non considerano quindi il DL 18 del 2020 (“cura Italia”), il cui impatto risultava già incluso nelle stime del DEF 2020.

§  Appendice: Tavole riepilogative dei dati di consuntivo e tendenziali

 

Di seguito sono riportati, in forma tabellare, i dati sulle voci del conto economico delle pubbliche amministrazioni, riferiti al consuntivo 2019 nonché alle stime per il periodo di previsione 2020-2023, formulate seguendo il criterio della legislazione vigente (andamenti tendenziali). I dati sono espressi sia in valore assoluto che in percentuale del PIL.

Sono altresì indicate, in termini sia nominali che percentuali, le variazioni annuali delle medesime voci di entrata e di spesa iscritte nel conto economico delle pp.aa.

 


51

Tabella 14 – Conto economico della PA a legislazione vigente (valori assoluti e in percentuale del PIL)

Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

Tabella 15 – Conto economico della PA a legislazione vigente – Variazioni rispetto all’anno precedente (variazioni assolute  e percentuali)

52

Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

 


2.2. Percorso programmatico di finanza pubblica

La Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF) 2020 aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il periodo 2021-2023 e discute il nuovo scenario regolamentare con riguardo al percorso di avvicinamento all'obiettivo di medio periodo (cfr. il par. 2.3 sulla Relazione ex art. 6, c. 5).

L'analisi del quadro programmatico del DEF e della relativa Nota di aggiornamento si avvale di un insieme di indicatori che dipende dalle regole europee e si articola nelle variabili rilevanti per la decisione di politica di bilancio. La fissazione degli obiettivi di saldo strutturale riflette l’impegno del paese al raggiungimento dell'obiettivo di medio termine concordato in sede europea; tale obiettivo si affianca alla riduzione programmatica del debito pubblico. Per saldo strutturale si intende il saldo corretto per il ciclo economico e per le misure una tantum. Si precisa che in virtù della pandemia da Covid-19 il tenore di questo dossier è diverso rispetto agli anni precedenti.

 

Preliminarmente si evidenzia che, in relazione ai contenuti obbligatori (ex art. 10?bis della legge n. 196 del 2009), la Nota di aggiornamento del DEF indica, in valore assoluto, gli obiettivi di saldo netto da finanziare (SNF) programmatico del bilancio dello Stato in termini di competenza e di saldo netto da finanziare in termini di cassa.

 

Il primo saldo è determinato nel limite massimo di:

§  196 miliardi nel 2021;

§  157 miliardi nel 2022;

§  138,5 miliardi nel 2023.

 

Il corrispondente SNF in termini di cassa è determinato nel limite massimo di:

§  279 miliardi nel 2021;

§  208,5 miliardi nel 2022;

§  198 miliardi nel 2023.

2.2.1. La relazione ex articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012

La relazione in oggetto, presentata al Parlamento, illustra l’aggiornamento del piano di rientro verso l’obiettivo di medio termine per la finanza pubblica. A norma del Patto di stabilità e crescita (PSC), ciascuno Stato membro deve raggiungere e mantenere il proprio Obiettivo a medio termine per la finanza pubblica (OMT o MTO, medium term objective) oppure attuare un percorso di avvicinamento verso l’OMT stesso. L’OMT è definito in modo specifico per ciascun paese sulla base del potenziale di crescita dell’economia, del livello del debito e delle passività implicite.[14] L’OMT è definito in termini strutturali: pertanto esso si calcola come il saldo del conto economico delle amministrazioni pubbliche corretto per l’impatto previsto del ciclo economico (saldo corretto per il ciclo) e al netto delle misure una tantum. L’OMT per l’Italia nel 2019 era il pareggio di bilancio mentre per il 2020 e 2021 l’OMT è stato fissato nel raggiungimento di un avanzo strutturale di 0,5% del PIL[15].

 

Si ricorda che la Commissione Europea ha deciso l’applicazione della c.d. general escape clause (GEC) per l’anno in corso (si veda box 2 di approfondimento); ciò per assicurare agli Stati membri il necessario spazio di manovra nell’ambito del proprio bilancio per il sostenimento delle spese sanitarie necessarie ad affrontare l’emergenza epidemica e delle misure per contrastare gli effetti recessivi sulle economie europee della diffusione del Covid-19. L’applicazione della clausola consente agli Stati membri di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine, ma non sospende l’applicazione del Patto di Stabilità e Crescita, né le procedure del semestre europeo in materia di sorveglianza fiscale.

 

Il bilancio dell’Italia nel 2019 ha rispettato le regole del braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita (PSC), come anche confermato dalla Commissione in data 20 Maggio 2020[16]. Nel 2019, alla luce dell’accoglienza da parte della Commissione di beneficiare di una temporanea deviazione per sostenere spese eccezionali pari al 0,18% del PIL, l’aggiustamento richiesto era pari a 0,42 p. p. Le nuove stime del programmatico, elaborate in seguito all’ultima previsione dell’output gap, stimano il disavanzo strutturale al 1,9% nel 2018. Poiché il saldo effettivamente conseguito è del 2,3%, ne consegue che l’Italia ha migliorato su base annuale il disavanzo strutturale di 0,4 p.p. rendendosi così pienamente compliant alle regole del PSC su base annuale. Sul fronte della regola della spesa, l’Italia è compliant su base annuale ma devia significativamente se si considera la media del 2018 e 2019. Per quanto riguarda il 2020 ed il 2021, si rimanda al paragrafo successivo e alle considerazioni preliminari qui di seguito esposte.


 

Box 1. Quadro normativo di riferimento per gli Obiettivi di Medio Termine (OMT) e aggiustamento di bilancio

Gli obiettivi di finanza pubblica, indicati nei documenti di programmazione economico-finanziaria presentati in corso d’anno dal Governo, si inquadrano nel contesto delineato dal Patto di stabilità e crescita e nella c.d. governance economica europea, intesa come un complesso di previsioni, contenute nei trattati e nella normativa europea, tese a definire gli strumenti e le procedure per una più rigorosa politica di bilancio e per il coordinamento delle finanze pubbliche al fine di garantire la solidità finanziaria dei paesi dell’Unione europea.

L’impianto normativo richiamato è costituito principalmente da un insieme di sei atti legislativi (il c.d. Six Pack[17]), approvati dagli organismi europei nel novembre 2011 tra cui spicca il Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione Economica e Monetaria (cd. Fiscal Compact), ratificato dall’Italia con legge 23 luglio 2012, n. 114. Inoltre, la legislazione di riferimento si avvale di due ulteriori regolamenti del 21 maggio 2013, n. 472 e n. 473 (c.d. Two Pack).

In particolare, nell’ambito del braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita, che trova il proprio fondamento normativo nell’Art. 126 del Trattato dell’Unione, gli Stati membri predispongono e aggiornano periodicamente i rispettivi programmi di stabilità, con i quali presentano il percorso di aggiustamento necessario per il conseguimento di un obiettivo di medio termine (OMT).

 

 

Box 2. L’attivazione della clausola di salvaguardia generale
del Patto di Stabilità e Crescita

Il 20 marzo 2020 la Commissione ha avanzato la proposta[18] di attivare la clausola di salvaguardia generale del Patto di Stabilità e Crescita (PSC) per meglio coordinare le politiche di bilancio volte ad affrontare la grave recessione economica causata dallo scoppio della pandemia[19] di Covid-19. Pochi giorni dopo, il 23 marzo, i Ministri delle Finanze degli Stati Membri hanno pubblicamente sostenuto la valutazione della Commissione ed espresso il loro favore in merito all’attivazione della clausola. Secondo il Consiglio, il ricorso alla clausola garantisce la flessibilità di bilancio necessaria ad adottare politiche di sostegno al sistema sanitario ed economico, attraverso misure discrezionali di stimolo che devono essere tempestive, temporanee e focalizzate a fronteggiare l’emergenza. L’attivazione della clausola non sospende le procedure del PSC ma consente una deviazione temporanea dal sentiero di aggiustamento fiscale verso l’obiettivo di bilancio a medio termine, facilitando appunto l’adozione delle opportune misure di coordinamento a livello europeo.

Nella sua comunicazione sulla strategia annuale per la crescita sostenibile 2021 del 17 settembre, la Commissione ha poi sostenuto la necessità di mantenere in vigore la clausola di salvaguardia generale. Anche nel 2021 gli Stati Membri dovrebbero perseguire politiche di sostegno mirate e temporanee, preservando la sostenibilità di bilancio a medio termine. La Commissione auspica altresì un graduale passaggio da risposte emergenziali a misure in grado di sostenere la ripresa economica. La visione della Commissione è stata condivisa dagli Stati Membri nelle discussioni avvenute l’11 e 12 settembre presso l’Eurogruppo e l’ECOFIN. La Commissione ha così potuto comunicare ai Ministri dell’Economia degli Stati Membri le sue linee guida sull’orientamento della politica fiscale per il 2021[20]. Nelle lettere inviate dal Vice presedente esecutivo della Commissione e del Commissario agli affari economici il 19 settembre, si prende atto della persistente incertezza attorno allo sviluppo della pandemia e alle conseguenze socio economiche e della priorità di continuare a fornire supporto all’economia. La clausola di salvaguardia generale rimarrà dunque in vigore anche per il 2021. Nella primavera 2021, sulla base delle previsioni aggiornate della Commissione, si valuterà nuovamente la situazione e si farà un primo bilancio sull’applicazione della clausola.

 

Lo scenario macroeconomico[21] in cui si muove la relazione tiene conto dell’eccezionale situazione sanitaria che ha investito l’economia europea e mondiale. Si noti inoltre che lo scenario programmatico assume il pieno utilizzo delle risorse rese disponibili con il Next Generation EU (NGEU), nell’ambito di un percorso di progressivo consolidamento delle finanze pubbliche e di riduzione del rapporto tra debito pubblico e PIL, assunto dal Governo come parametro di riferimento per l’impostazione della manovra di finanza pubblica.

 

Nella previsione tendenziale, il PIL dovrebbe aumentare del 5,1% nel 2021, del 3% nel 2022 e del 1,8% nel 2023. L’indebitamento netto della PA rispetto al PIL raggiungerà il -10,8% nel 2020 in forte aumento rispetto al -1,6% del 2019. A legislazione vigente, si prevede che esso diminuirà al -5,7% nel 2021, al -4,1% nel 2022 e al -3,3% nel 2023. Il saldo primario peggiorerà di oltre 9 p.p. di PIL passando dal 1,8% al -7,3% per poi migliorare nel 2021 portandosi al -2,4% e tendere al pareggio solo nel 2023 (-0,1%). In termini strutturali, il saldo della PA, che era migliorato nel 2019 di 0,4 p.p. (era pari a -2,4% del PIL nel 2018), peggiorerà di circa 4,5 p.p. nel 2020. Esso migliorerà di 2,4 p.p. nel 2021, 0,4 p.p. nel 2022 e 0,5 p.p. nel 2023.

Il Governo ha formulato anche delle previsioni macroeconomiche nell’ipotesi di recrudescenza del virus e quindi di reintroduzione di misure di contenimento del contagio, seppure non stringenti quanto quelle messe in atto nella scorsa primavera (c.d. scenario di rischio). Ciò provocherebbe una caduta del PIL nel quarto trimestre del 2020 con ricadute negative sulla ripresa nel 2021. In un tale contesto la caduta del PIL si attesterebbe al ?10,5% nel 2020, la risalita nel 2021 sarebbe del 1,8%, nel 2022 del 6,5% e nel 2023 del 2,3% (contro il 5,1% nel 2021, il 3% nel 2022 e l’1,8% nello scenario tendenziale). Dal punto di vista della finanza pubblica, il deficit sarebbe pari al 11,5% del PIL nel 2020 e al 7,8% nel 2021. La riduzione del deficit sarebbe più marcata nel 2022 e 2023 per effetto del rimbalzo del PIL. Il punto d’arrivo sarebbe comunque un rapporto deficit/PIL di mezzo punto percentuale più alto nel 2023 confrontando lo scenario tendenziale con quello di recrudescenza del virus.

Lo scenario programmatico è stato ricostruito alla luce del Next-Generation EU che prevede risorse per il periodo 2020-2026 pari a 750 Miliardi per l’economia della UE. La componente più rilevante del Recovery plan è il Recovery and Resilience Facility (RRF) per cui i governi hanno avviato una fase ricognitiva per la redazione di indirizzi di intervento. In ottobre il Governo elaborerà lo schema di Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per l’Italia la cui versione finale è prevista per l’inizio del 2021.

 

Partendo dal quadro programmatico di finanza pubblica a legislazione vigente (si veda Tavola III.2 della NADEF 2020), la manovra 2021-2023 della prossima Legge di Bilancio punterà a sostenere la ripresa dell’economia con un’ulteriore spinta fiscale nel 2021, che si andrà riducendo nel 2022 per poi puntare ad un significativo miglioramento del saldo di bilancio nel 2023. Di conseguenza, gli obiettivi di indebitamento netto sono fissati al -7,0% nel 2021, -4,7% nel 2022 e -3,0% nel 2023. Per gli anni seguenti (2024-2026), si prefigura un ulteriore e significativo miglioramento del saldo di bilancio, tale da assicurare una riduzione del rapporto fra debito pubblico e PIL in tutti gli anni della previsione. I precedenti obiettivi di indebitamento netto si basano a loro volta sul rientro del deficit primario, che dovrebbe scendere dal -7,3% del PIL di quest’anno al -3,7% nel 2021 e al -1,5% circa nel 2022, per poi tramutarsi in un lieve avanzo (0,1% del PIL) nel 2023.

Per quanto riguarda i saldi strutturali di finanza pubblica, questi sono influenzati dall’output gap (si veda box 3). Nel triennio in esame l’output gap è stimato chiudersi più rapidamente, nonostante l’aumento atteso del PIL potenziale, creando i presupposti per un miglioramento del saldo strutturale programmatico nel 2021 di quasi 0,8 p.p. (dal -6,4% del 2020 al -5,7% del 2021). Nel biennio 2022-2023 si punta ad un saldo strutturale migliore. In particolare esso è previsto a -4,7% nel 2022 e al -3,5% nel 2023. Si ricorda che tali valori sono al netto delle misure una tantum e della componente ciclica.

Per quanto riguarda le forme di copertura previste in manovra, il Governo indica i seguenti ambiti di intervento:

§  la rimodulazione di alcuni fondi di investimento e l’avvio di un programma di revisione e riqualificazione della spesa della PA;

§  la revisione di alcuni sussidi dannosi dal punto di vista ambientale (SAD);

§  incrementi di gettito derivanti dal miglioramento della compliance, correlati anche all’incentivazione all’utilizzo degli strumenti elettronici di pagamento;

§  gettito addizionale derivante dalla più elevata crescita generata dal programma di investimenti descritto. Tale retroazione fiscale è prudenzialmente inclusa nelle stime solo a partire dal 2022.

§  utilizzo delle risorse messe a disposizione dal pacchetto NGEU, tra cui quelle dei fondi React-EU, Sviluppo Rurale e RRF. Per quest’ultimo si prevede l’utilizzo pieno delle sovvenzioni (grants) messe a disposizione del nostro Paese, e un utilizzo dei prestiti compatibile con il raggiungimento degli obiettivi di bilancio.

 

Box. 3 Focus sulla stima del PIL potenziale e dell’output gap
nelle diverse istituzioni internazionali

Il prodotto potenziale e l’output gap (OG) rivestono un ruolo fondamentale, nell'ambito della legislazione europea (Six Pack) e di quella italiana che la recepisce (L. n. 243/2012). Infatti la stima dell’output gap concorre a determinare la correzione del saldo nominale per gli effetti del ciclo economico, e la sua ampiezza, in ragione di diverse soglie, influenza il percorso di avvicinamento verso l'Obiettivo di Medio Periodo (OMT) dettato dalla matrice di convergenza35. L’indicatore che sintetizza la posizione ciclica di un paese, il cosiddetto output gap, è misurato come differenza tra il PIL reale e il PIL potenziale, in percentuale di quest’ultimo. Tuttavia, mentre il livello del PIL reale è un dato che può essere misurato, il PIL potenziale, definito come il massimo output ottenibile senza generare pressioni inflazionistiche, è una variabile non osservabile e che quindi va stimata. Per il calcolo del PIL potenziale si possono usare diverse tecniche statistico-econometriche, i cui risultati risentono sensibilmente delle ipotesi teoriche di base. In questo box si dà conto sinteticamente delle metodologie di stima adottate dalle principali organizzazioni non governative (Commissione europea, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e il Fondo monetario internazionale (FMI)). Si riportano inoltre le stime di output gap prodotte nel corso dei mesi primaverili da queste autorità congiuntamente a quelle prodotte dal MEF e pubblicate nel più recente DEF. La Commissione europea utilizza una metodologia, concordata con i singoli Stati Membri, basata su una funzione di produzione di Tipo Cobb-Douglas con rendimenti di scala costanti. In tale contesto, il prodotto reale viene scomposto nei fattori lavoro, capitale e produttività opportunamente pesati: Y=TFP*L^?*K^(1-?); con ? uguale a 0,65 per tutti gli Stati membri. Il fattore lavoro è ottenuto moltiplicando la popolazione attiva, le ore lavorate, il tasso di partecipazione e il complemento a uno del tasso di disoccupazione. Il passaggio dal PIL reale al PIL potenziale si ottiene estraendo le componenti di trend dei fattori della produzione (tranne che per lo stock di capitale, di cui si considera il valore effettivo) utilizzando differenti tecniche statistiche. Nel caso del fattore lavoro, per il tasso di partecipazione e le ore lavorate viene impiegato il filtro di Hodrick-Prescott, mentre il valore di trend del tasso di disoccupazione (NAWRU, tasso di disoccupazione a cui la teoria economica associa assenza di pressioni inflazionistiche) è ottenuto con un filtro di Kalman in cui la scomposizione trend-ciclo è “indirizzata” da una curva di Phillips. Il trend della TFP è anch’esso stimato con un filtro di Kalman attraverso un modello bivariato, che lega il ciclo a un indicatore di capacità utilizzata. La metodologia impiegata dall’OCSE si discosta lievemente da quella della Commissione. Il framework è molto simile, funzione di produzione con fattori di scala costanti e ? pari a 0,67; la differenza principale riguarda le tecniche di filtraggio utilizzate. Per la stima del tasso di disoccupazione strutturale il filtro di Kalman impiegato dall’OCSE incorpora una curva di Phillips in cui l’unemployment gap è messo in relazione con l’inflazione dei prezzi (e non dei salari) e in cui le aspettative di inflazione sono ancorate. Il FMI dispone di una vasta gamma di modelli basati sia sulla funzione di produzione che su filtri multivariati complessi e non utilizza un metodo unico per la stima del PIL potenziale dei diversi paesi. I valori di PIL potenziale e di output gap pubblicati all’interno del World Economic Outlook sono influenzati anche da considerazioni e valutazioni discrezionali da parte di esperti di ciascun paese. Le stime del prodotto potenziale effettuate dal Tesoro seguono la metodologia concordata a livello europeo ma differiscono dalle stime della Commissione europea per via di un diverso quadro macroeconomico, un diverso orizzonte temporale (T+4 vs T+2) e differenti ipotesi a priori sull’andamento del trend della Produttività Totale dei Fattori.

Tuttavia in seguito alla pandemia da Covid-19, il calcolo dell’output gap realizzato dalla Commissione Europea, richiede alcuni aggiustamenti. È quindi importante disporre di stime che, tenendo conto della profonda caduta del 2020 e del rimbalzo parziale previsto per il 2021, forniscano una prospettiva di crescita di medio periodo “equilibrata”. La Commissione ha ritenuto opportuno apportare alcuni accorgimenti mirati ad aumentare la componente ciclica colta dai filtri statistici e a riportare la componente di trend del PIL potenziale su un profilo non troppo distante da quello precedente la crisi. Per quanto riguarda le stime di output gap, l’intervento ha portato a un contenimento quasi totale della revisione per gli anni precedenti il 2020 e, per contro, a valori di output gap maggiormente negativi per 2020 e 2021. Di pari passo, le modifiche apportate portano ad una flessione molto meno pronunciata del tasso di crescita potenziale dell’economia.

In sostanza, l’intervento della Commissione ha evitato che le stime del PIL potenziale riflettessero una caduta permanente del livello del PIL e/o del tasso di crescita. Visto il funzionamento della metodologia, anche le future stime del PIL potenziale della Commissione saranno influenzate dalle previsioni di crescita per gli anni successivi al 2020.

La Commissione ritiene che non sia possibile (né auspicabile) continuare in via permanente a sterilizzare l’impatto della crisi attuale sulle stime del prodotto potenziale. In ogni caso, il prossimo esercizio (Previsioni di Autunno 2020) sarà il primo banco di prova e la questione sarà valutata e discussa a livello di comitati tecnici. Si terrà conto delle previsioni di crescita aggiornate per il 2020 e per gli anni successivi e del fatto che, rispetto alle Previsioni di Primavera, sarà disponibile un nuovo anno di previsione, il 2022. Infine, Non si può certamente escludere che, avendo soppesato attentamente le diverse opzioni disponibili, si proceda nuovamente ad aggiustamenti ad hoc.

 

Il quadro di finanza pubblica strutturale programmatico si completa con la Figura 13, che illustra gli aggiornamenti del piano di aggiustamento verso l'obiettivo programmatico (OMT) presentati dal Governo e approvati dalle Camere nel corrente anno e negli anni immediatamente precedenti.

Figura 13 - Saldo strutturale programmatico (2017-2023)

Fonti: Dati in Tabella 19 di questa nota, sezione “Saldo di bilancio corretto per il ciclo al netto delle una tantum”.

Box 4. Il percorso di avvicinamento all'OMT: un'analisi retrospettiva

Questo box riassume sinteticamente i precedenti percorsi di avvicinamento all’OMT come definiti nei DEF e nelle Note ad essi allegate.

Con il DEF 2013 il Governo fissava il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013.

Nella XVII legislatura, nel 2014, in sede di presentazione del DEF, il Governo chiedeva di posporre il raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale di tre anni – dal 2013 al 2016, e di due anni – dal 2014 al 2016 – rispetto alla raccomandazione del Consiglio europeo del luglio 2013. In tale occasione veniva presentata una Relazione ex art. 6 con la quale si posponeva il raggiungimento dell'obiettivo di medio periodo (OMT) al 2016, sulla base di tale relazione ciascuna delle due Camere con propria risoluzione del 17 aprile 2014 ha autorizzato a maggioranza assoluta lo scostamento in questione, unitamente al piano di rientro.

Sempre nel 2014, a causa di una revisione al ribasso delle stime sull’andamento dell’economia italiana per l’anno in corso e per il 2015, il Governo era spinto a chiedere di rinviare il conseguimento dell'obiettivo del pareggio di bilancio dal 2016 al 2017, presentando una Relazione ex art. 6, approvata presso ciascuna Camera a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

Nel settembre del 2015, il Governo accompagnava la presentazione della Nota di aggiornamento con una Relazione ex art. 6 al fine di chiedere un aggiornamento del piano di rientro verso l’OMT e rinviare l'obiettivo di pareggio al 2018. La Relazione è stata approvata Camera a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti presso entrambe le Camere.

In sede di presentazione del DEF 2016, il Governo ha domandato di rinviare l'obiettivo programmatico portandolo a un sostanziale pareggio di bilancio al 2019. La Relazione ex articolo 6 della legge n. 243 del 2012 è stata approvata da ciascuna Camera in data 27 aprile 2016 a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

Nel settembre 2016, il Governo ha presentato come annesso alla Nota una relazione ex art. 6 con la quale ha chiesto di aggiornare il percorso di avvicinamento all'OMT senza modificare l'obiettivo di sostanziale pareggio di bilancio al 2019, in data 12 ottobre, ciascuna Camera ha approvato la predetta relazione a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

Attraverso il Documento di economia e finanza 2017 il Governo aggiornò il quadro programmatico di finanza pubblica per il quadriennio 2017-2020, rafforzando il percorso di riduzione dell’indebitamento netto fino a prevedere il conseguimento di un saldo nullo nel 2020 e il pareggio di bilancio strutturale sia nel 2019 (+0,1%) che nel 2020 (0,0%). Si trattava, dunque, di un aggiornamento del percorso di avvicinamento all'OMT che – contrariamente a quanto avvenuto in passato (scostamenti in senso "peggiorativo" accordabili solo in caso di "eventi eccezionali") – non aveva richiesto una procedura rafforzata di approvazione presso ciascuna Camera a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti ex art. 6, legge n. 243 del 2012.

Tuttavia, la NADEF del 2017 ha rivisto l’indebitamento netto fissandolo infatti allo 0,8% del PIL nel 2019 e prevedendo il conseguimento del pareggio di bilancio nel 2020 e un surplus dello 0,2% del PIL nel 2021. Il DEF 2018 ha confermato le indicazioni della NADEF 2017.

Con l’inizio della XVIII legislatura, nel giugno del 2018, i due rami del Parlamento aveva approvato la risoluzione 6-00002 che impegnava il Governo a:

1) presentare al Consiglio ed alla Commissione europea un aggiornamento del Programma di stabilità e del Programma Nazionale di Riforma, sulla base del programma di Governo presentato al Parlamento per la fiducia. Andranno a tal fine individuati gli interventi prioritari necessari per dare attuazione alle linee programmatiche e sottoporre i nuovi indirizzi all'approvazione parlamentare, prima di presentare l'aggiornamento del Programma di stabilità e del PNR alle istituzioni europee;

2) assumere tutte le iniziative per favorire il disinnesco delle clausole di salvaguardia inerenti all'aumento delle aliquote IVA e delle accise;

3) individuare le misure da adottare nel 2018 nel rispetto dei saldi di bilancio ed a riconsiderare in tempi brevi il quadro di finanza pubblica nel rispetto degli impegni europei per quanto riguarda i saldi di bilancio 2019-2021.

In ultima istanza, si ricorda che la Commissione europea, in seguito alle nuove proiezioni del Rapporto sulle spese legate all’invecchiamento (Ageing Report 2018) ha rivisto l’Obiettivo di Medio Termine (OMT) per l’Italia ad un surplus strutturale dello 0,5% del PIL per il periodo 2020-2022.

2.2.2. I saldi di finanza pubblica

La Tabella 16 mette a confronto le stime dei principali indicatori di finanza pubblica contenute nella Nota in esame rispetto a quelle prospettate nel DEF dello scorso aprile.

La dinamica degli indicatori di finanza pubblica riflette le stime sui principali saldi del bilancio delle amministrazioni pubbliche che vanno lette unitamente alle principali variabili macroeconomiche.

A tal riguardo, con riferimento alle stime su PIL reale, deflatore e PIL nominale e alle differenze rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile, si rinvia all'analisi della parte I "Il quadro macroeconomico" della NADEF 2020 ed alla Tabella 19 di questo paragrafo.

Tabella 16 - Indicatori di finanza pubblica e obiettivi programmatici

Fonti: NADEF 2020, pag. 69.

Il saldo primario mostra una dinamica che risente profondamente degli effetti della pandemia e delle risposte di policy. Difatti, a fronte di un avanzo primario nel 2019 di 1,8% sul PIL, nel 2020 si produce un disavanzo primario di -7,3% sul PIL. Il disavanzo migliorerà negli anni successivi e solo nel 2023 si tornerà ad una situazione di avanzo (0,1%).

Il saldo del settore statale vedrà un peggioramento nel 2020 (-11,8%) rispetto al 2019 (-2,3%) per poi ridursi progressivamente entro il 2023 (?3,4%) rimanendo comunque a livelli significativi.

La dinamica degli interessi passivi prospettata dalla Nota di aggiornamento, si prevede in diminuzione per il prossimo orizzonte temporale. A differenza delle previsioni di relativa stabilità fino al 2021 avanzate nel DEF 2020, gli interessi passivi caleranno dal 3,4% del 2019 al 3,1% del 2023. Il calo degli interessi sembra essere guidato dalla migliore performance dei titoli del debito pubblico italiano rispetto alle stime del DEF 2020 per effetto di un minore spread.

Nel 2020, si evidenzia un saldo dell'indebitamento netto strutturale in forte peggioramento (-6,4%) rispetto al 2019 (-1,9%) per poi migliorare progressivamente fino al -3,5% nel 2023.

Rispetto al DEF 2020 si può notare che l’indebitamento netto programmatico è appena superiore nel 2020 (0,4 p.p.) mentre è decisamente più elevato confrontando i dati per il 2021 (1,3 p.p.).

Per quanto riguarda il confronto tra il tendenziale ed il programmatico fornito nella presente Nota in commento si può apprezzare il maggiore indebitamento nel triennio 2021-2023 in virtù delle necessarie risposte alla crisi e per effetto della riduzione attesa nel PIL (Tabella 17 e Figura 14).

Tabella 17 - Confronto tra l'indebitamento netto tendenziale e programmatico (2018-2023)

(in percentuale del PIL)

 

2018

2019

2020

2021

2022

2023

Indebitamento netto tendenziale

-2,2

-1,6

-10,8

-5,7

-4,1

-3,3

Indebitamento netto programmatico

-2,2

-1,6

-10,8

-7,0

-4,7

-3,0

Differenza programmatico - tendenziale

0,0

0,0

0,0

-1,3

-0,6

0,3

Memo: DEF 2020 con nuove politiche

-2,2

-1,6

-10,4

-5,7

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: elaborazioni su dati NADEF 2020, Tavola I.4 (indicatori di finanza pubblica in percentuale del PIL).

Figura 14 – Indebitamento netto: differenza tendenziale e programmatico

Fonte: elaborazioni su NADEF 2020, sez. I, tavola I.4 (Indicatori di finanza pubblica), p.15 e Tabella 19 di questo paragrafo.

La Tabella 18, nel mettere a confronto gli indicatori tendenziali con quelli programmatici, evidenzia la correzione dell'indebitamento netto e del saldo primario. In particolare, nell'intero orizzonte temporale i dati tendenziali degli interessi si discostano da quelli programmatici di 0,1 p.p. nel 2022 e nel 2023. Con riferimento al saldo primario e all'indebitamento netto lo scenario per gli anni 2021-2023 mostra un sostanziale scostamento tra i valori tendenziali e quelli programmatici nel 2021 e 2022 ed in misura minore nel 2023. Il saldo primario programmatico (in percentuale sul PIL) è previsto in diminuzione di 1,3 p.p., 0,7 p.p. e 0,2 p.p. rispetto a quello tendenziale. L’indebitamento pertanto si muove di pari passo con l’evoluzione dei saldi mostrando scostamenti nell’ordine di 1,3 p.p., 0,6 p.p. e 0,3 p.p. rispettivamente.

Tabella 18 - Correzione saldi tendenziale-programmatico (2018-2023)

(in percentuale del PIL)

Fonte: NADEF 2020, tavola I.4 (Indicatori di finanza pubblica).

La Figura 15 mostra l’andamento dell'output gap, che misura il differenziale tra PIL effettivo e potenziale[22], ed evidenzia un profilo evolutivo in netto peggioramento per il 2020-2022. Solo nel 2023 il PIL effettivo si attesterà ad un livello superiore a quello potenziale. Tuttavia, come ricordato nel box 3, bisognerà attendere l’evoluzione nelle nuove tecniche di calcolo che potrebbero essere introdotte a seguito dello shock indotto dalla pandemia. Di converso, le variabili fiscali mostrano una tendenziale dinamica di peggioramento confrontando i valori del 2019 e del 2020. Dal 2021 in poi sia il saldo di bilancio strutturale sia l’indebitamento netto nominale miglioreranno pur rimanendo significativamente peggiori dei livelli pre-pandemia.

Rispetto alla NADEF 2019 si manifestano i chiari squilibri indotti dalla pandemia e le pronte risposte di policy per contrastarne gli effetti sull’economia italiana.

Figura 15 – Andamento del saldo nominale e strutturale in relazione all'output gap

Fonti: NADEF 2020, tavole III.2 (Quadro programmatico sintetico di finanza pubblica) e III.3 (La finanza pubblica corretta per il ciclo) e Tabella 19 di questo paragrafo.

L'entità in rapporto al PIL delle misure una tantum nel 2020 e nel 2021 indicata nel DEF rimane invariata nella presente Nota di aggiornamento.

Per meglio orientarsi nel quadro della programmazione della finanza pubblica, la Tabella 19 riporta un confronto degli indicatori strutturali contenuti nella NADEF con quelli dei precedenti documenti programmatici.

Tabella 19 - Indicatori strutturali. Confronto documenti programmatici

 

 

2017

2018

2019

2020

2021

2022

2023

Tasso di crescita del PIL a prezzi costanti

NADEF 2020

 

0,9

0,3

-9,0

6,0

3,8

2,5

DEF 2020

1,7

0,8

0,3

-8

4,7

 

 

NADEF 2019

1,7

0,8

0,1

0,6

1,0

1,0

 

DEF 2019

1,7

0,9

0,2

0,8

0,8

0,8

 

NADEF 2018

1,6

1,2

1,5

1,6

1,4

 

 

DEF 2018

1,5

1,5

1,4

1,3

1,2

 

 

Tasso di crescita del PIL potenziale

NADEF 2020

 

-0,2

-0,1

-0,2

-0,1

1,0

1,3

DEF 2020

-0,2

-0,1

0,2

-0,9

0,3

 

 

NADEF 2019

0,2

0,4

0,5

0,5

0,6

0,6

 

DEF 2019

0,3

0,6

0,4

0,7

0,8

0,7

 

NADEF 2018

0,4

0,7

0,9

1,0

1,0

 

 

DEF 2018

0,3

0,6

0,7

0,8

0,8

 

 

Output gap

NADEF 2020

 

-0,1

0,4

-8,5

-2,9

-0,2

0,9

DEF 2020

-0,6

0,3

0,5

-6,7

-2,6

 

 

NADEF 2019

-1,8

-1,4

-1,8

-1,7

-1,3

-1,0

 

DEF 2019

-1,8

-1,5

-1,7

-1,6

-1,6

-1,6

 

NADEF 2018

-2,3

-1,9

-1,2

-0,6

-0,2

 

 

DEF 2018

-2,2

-1,3

-0,6

-0,2

0,2

 

 

Componente ciclica del saldo di bilancio

NADEF 2020

 

0,0

0,2

-4,6

-1,6

-0,1

0,5

DEF 2020

-0,3

0,2

0,3

-3,7

-1,4

 

 

NADEF 2019

-1,0

-0,8

-1,0

-0,9

-0,7

-0,5

 

DEF 2019

-1,0

-0,8

-0,9

-0,8

-0,9

-0,9

 

NADEF 2018

-1,3

-1,0

-0,7

-0,3

-0,1

 

 

DEF 2018

-1,2

-0,7

-0,4

-0,1

0,1

 

 

Indebitamento netto

NADEF 2020

 

-2,2

-1,6

-10,8

-7,0

-4,7

-3,0

DEF 2020

-2,4

-2,2

-1,6

-10,4

-5,7

 

 

NADEF 2019

-2,4

-2,2

-2,2

-2,2

-1,8

-1,4

 

DEF 2019

-2,4

-2,1

-2,4

-2,1

-1,8

-1,5

 

NADEF 2018

-2,4

-1,8

-2,4

-2,1

-1,8

 

 

DEF 2018

-2,3

-1,6

-0,8

0,0

0,2

 

 

Saldo primario

NADEF 2020

 

1,5

1,8

-7,3

-3,7

-1,6

0,1

DEF 2020

 

1,5

1,7

-6,8

-2,0

 

 

NADEF 2019

 

1,5

1,3

1,1

1,3

1,6

 

DEF 2019

1,4

1,6

1,2

1,5

1,9

2,3

 

NADEF 2018

1,4

1,8

1,3

1,7

2,1

 

 

DEF 2018

1,5

1,9

2,7

3,4

3,7

 

 

Misure una tantum

NADEF 2020

 

0,1

0,1

0,2

0,2

0,2

0,1

DEF 2020

0,0

0,1

0,0

0,2

0,2

 

 

NADEF 2019

0,0

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

 

DEF 2019

0,0

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

 

NADEF 2018

0,0

0,1

-0,1

0,0

0,0

 

 

DEF 2018

0,0

0,1

-0,1

-0,1

0,0

 

 

Saldo di bilancio corretto per il ciclo al netto delle una tantum

NADEF 2020

 

-2,3

-1,9

-6,4

-5,7

-4,7

-3,5

DEF 2020

-2,1

-2,4

-1,9

-3,4

-2,8

 

 

NADEF 2019

-1,4

-1,5

-1,2

-1,4

-1,2

-1,0

 

DEF 2019

-1,4

-1,4

-1,5

-1,4

-1,1

-0,8

 

NADEF 2018

-1,1

-0,9

-1,7

-1,7

-1,7

 

 

DEF 2018

-1,1

-1,0

-0,4

0,1

0,1

 

 

Variazione saldo di bilancio corretto per il ciclo al netto delle una tantum

NADEF 2020

 

-0,5

0,4

-4,5

0,7

0,9

1,2

DEF 2020

-0,8

-0,4

0,6

-1,7

0,6

 

 

NADEF 2019

-0,6

-0,1

0,3

-0,1

0,2

0,2

 

DEF 2019

-0,4

0,0

-0,1

0,2

0,3

0,3

 

NADEF 2018

-0,2

0,2

-0,8

0,0

0,0

 

 

DEF 2018

-0,2

0,1

0,6

0,5

0,0

 

 

Avanzo primario corretto per il ciclo al netto delle una tantum

NADEF 2020

 

1,4

1,5

-2,8

-2,4

-1,6

-0,5

DEF 2020

1,6

1,3

1,5

0,2

0,8

 

 

NADEF 2019

2,4

2,1

2,2

1,9

1,9

2,0

 

DEF 2019

2,4

2,3

2,1

2,2

2,6

3,1

 

NADEF 2018

2,7

2,7

2,0

2,1

2,2

 

 

DEF 2018

2,7

2,6

3,1

3,6

3,6

 

 

Variazione avanzo primario corretto per ciclo e al netto delle una tantum

NADEF 2020

 

-0,6

0,1

-4,4

0,5

0,7

1,1

DEF 2020

-0,9

-0,5

0,3

-1,4

0,5

 

 

NADEF 2019

-0,7

-0,2

0,1

-0,3

0,0

0,0

 

DEF 2019

-0,5

-0,1

-0,2

0,2

0,4

0,4

 

NADEF 2018

-0,4

0,0

-0,7

0,1

0,1

 

 

DEF 2018

-0,4

-0,1

0,5

0,5

0,0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonti: Tavole "La finanza pubblica corretta per il ciclo" e "Indicatori di finanza pubblica" in: NADEF 2020, DEF 2020, NADEF 2019, DEF 2019, NADEF 2018, DEF 2017 ed elaborazioni sulle tavole citate.

A completamento della dinamica della finanza pubblica, rispetto a quanto già incorporato nelle stime del DEF 2020 si riportano gli effetti cumulati sull’indebitamento netto dei principali dispositivi volti a arginare gli effetti economici e di finanza pubblica della pandemia e a favorire la crescita del sistema produttivo del paese e la ripresa sociale.

Tali provvedimenti (Tabella 20), tenuto conto delle autorizzazioni richieste al Parlamento in aprile e luglio scorso a ricorrere all’indebitamento, determinano un incremento del deficit della PA di circa 80,2 miliardi nel 2020, 31,4 miliardi nel 2021, 35,5 miliardi nel 2022 e 41,5 miliardi nel 2023. In termini di fabbisogno è atteso un peggioramento di 99,2 miliardi nel 2020, 32 miliardi nel 2021, 35,3 miliardi nel 2022 e 37,8 miliardi nel 2023. Il saldo netto da finanziarie del bilancio dello Stato aumenta di 185,6 miliardi nel 2020, 33 miliardi nel 2021, 35,6 miliardi nel 2022 e 40,4 miliardi nel 2023[23].

Complessivamente, se si considerano anche gli effetti del decreto adottato nel mese di marzo, per il contrasto dell’emergenza Covid-19 sono state previste risorse per circa 100 miliardi nel 2020 in termini di indebitamento netto a fronte di stanziamenti di bilancio per oltre 210 miliardi.

Tabella 20 - Effetti cumulati degli ultimi provvedimenti varati nel 2020 sull'indebitamento netto della PA

Fonte: NADEF 2020 pag. 92 Tabella III.10.

Osservando gli effetti dei provvedimenti varati nel 2020 ad un dettaglio settoriale della PA (Tabella 21) emerge il peggioramento del saldo delle Amministrazioni centrali e delle Amministrazioni locali per il periodo considerato. Per gli Enti di previdenza, in relazione alla temporaneità degli interventi adottati a tutela del lavoro, il disavanzo è limitato prevalentemente all’annualità 2020 e in maniera più contenuta all’esercizio 2021.

Tabella 21 - Effetti netti cumulati degli ultimi provvedimenti varati nel 2020 sull'indebitamento netto della PA per sottosettore

Fonte: NADEF 2020 pag. 93 Tabella III.11.

Si rammenta che la legge di contabilità e finanza pubblica (n. 196 del 2009) prevede all'articolo 10?bis, comma 1, che la Nota di aggiornamento del DEF deve contenere l'articolazione per sottosettori del quadro programmatico di finanza pubblica in relazione all'aggiornamento degli obiettivi.

Tale informazione di dettaglio non viene resa. A tale proposito occorre rammentare che l'informazione al Parlamento sull'articolazione per sottosettori appare necessaria anche in relazione all'obbligo per gli Stati membri di trasmettere alla Commissione europea e all'Eurogruppo il progetto di documento programmatico di bilancio contenente, tra l'altro, le informazioni circa l'obiettivo di saldo di bilancio per la PA ripartito per sottosettori, le proiezioni a politiche invariate nonché gli obiettivi dell'entrata e della spesa per la PA e le relative componenti principali.

2.2.3. Gli aggiustamenti del saldo strutturale e la regola della spesa

L'Italia è sottoposta al braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita (PSC). In tale quadro di regole il percorso di avvicinamento all'obiettivo programmatico (OMT)[24] è valutato in base alla variazione del saldo strutturale e alla regola di spesa.

Pertanto in relazione alla variazione del saldo strutturale, in ciascun anno, il percorso verso l'OMT viene valutato sulla base della variazione del saldo strutturale e viene modulato in funzione delle condizioni cicliche dell'economia (sinteticamente indicate dal livello dell'output gap), del livello del saldo strutturale di partenza e del rapporto debito/PIL, nonché dell'esistenza di rischi di medio periodo sulla sostenibilità delle finanze pubbliche valutati sulla base dell'indicatore S1[25].

Le modifiche del Patto di stabilità e crescita del 2011 hanno introdotto un vincolo sull'evoluzione della spesa, recepito anche nell'ordinamento nazionale con l'articolo 5 della legge n. 243 del 2012. Per i paesi che non hanno raggiunto l’OMT (come l'Italia), l'aggregato della spesa di riferimento dovrebbe seguire un'evoluzione commisurata alla differenza tra il tasso di crescita medio del PIL potenziale e il cosiddetto margine di convergenza[26], a sua volta calibrato in relazione alle condizioni cicliche dell'economia[27]. Dal 2015, il percorso verso l’OMT può essere modificato dall’applicazione di clausole di flessibilità sulla base delle direttive della Commissione, normalmente rilasciate nel mese di gennaio.

Il nuovo OMT per l’Italia, paese ad elevato debito pubblico (maggiore del 60% rispetto al PIL), è il raggiungimento di un avanzo strutturale di bilancio pari allo 0,5% nel 2020 (nel 2019 l’OMT era il pareggio di bilancio). Ciò preferibilmente dovrebbe avvenire tramite il controllo della spesa primaria, come indicato dalla regola della spesa.

Ciò che è rilevante è il percorso di avvicinamento all’OMT che comporta sostanzialmente una costante riduzione del saldo strutturale. Il margine di tolleranza è fissato in uno scostamento dello 0,5% su base annuale e 0,25% sulla media di due anni. A temperare l’onere di riaggiustamento concorrono la definizione dei margini di flessibilità. Questi sono fissati nell’ordine di 0,20 p.p. nel 2020, mentre per gli anni successivi sono pari a 0 p.p.

Si riporta di seguito nella Tabella 22 il quadro degli aggiustamenti richiesti all’Italia così come determinato dal quadro analitico della cd. Matrice della Commissione anche in relazione alla flessibilità di bilancio accordata

La Tabella 23 riporta invece le deviazioni significative rispetto alla regola del saldo strutturale e alla regola della spesa. In base a tale tabella si può apprezzare il comportamento del paese in termini di compliance delle regole europee sulla finanza pubblica.

Prendendo in considerazione il comportamento dell’Italia, nel complesso, il bilancio nel 2019 ha sostanzialmente rispettato le regole del braccio preventivo del PSC, come anche confermato nella valutazione del Programma di Stabilità (PS) del 2020 effettuata dalla Commissione e pubblicata il 20 maggio[28].

La Commissione ha definitivamente accolto la richiesta del Governo italiano di beneficiare di una deviazione temporanea dall’aggiustamento richiesto nel 2019 per sostenere spese eccezionali pari al 0,18% del PIL.

Nel 2019, l’aggiustamento fiscale richiesto dalla disciplina fiscale europea era pertanto pari a 0,42 punti percentuali di PIL. Sulla base dei nuovi dati consolidati ed utilizzando la correzione strutturale aggiornata con l’ultima previsione di output gap del Governo, nello scenario programmatico il disavanzo strutturale è stimato scendere dal 2,3% registrato nel 2018 all’1,9% del PIL del 2019. Il saldo strutturale effettivamente conseguito nel 2019 migliora così di 0,42 punti percentuali. Secondo il criterio annuale c’è stata, dunque, piena compliance, mentre secondo il criterio biennale la deviazione non è significativa. I dati del 2019 confermano anche il rispetto della regola della spesa su base annua, mentre la deviazione è significativa se si considera la media degli anni 2018 e 2019. Con l’esplosione dell’emergenza epidemica nei primi mesi del 2020, il Governo ha interrotto il percorso di riduzione del disavanzo di bilancio avviato nel 2019.

Per quanto riguarda il 2020, occorre considerare le nuove eccezionali condizioni che sono maturate a seguito della pandemia.

Come è già stato ricordato, da marzo 2020 il Governo ha chiesto per tre volte al Parlamento l’autorizzazione a scostarsi temporaneamente dal piano di rientro verso l’Obiettivo di bilancio di medio termine (OMT). Le autorizzazioni sono state concesse proprio in ragione degli eventi eccezionali che il Paese si è trovato a fronteggiare, come previsto dall’art. 6 della L. 243/2012[29]. A marzo la Commissione e il Consiglio hanno concordato sulla necessità di attivare la clausola di salvaguardia generale contenuta nel Trattato, permettendo così agli Stati di deviare temporaneamente dal loro percorso di avvicinamento all’OMT, a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risultasse compromessa. La Commissione ha giudicato le misure adottate dall'Italia in linea con gli orientamenti stabiliti nella sua comunicazione per una risposta economica coordinata all'epidemia di Covid-19[30].

Tuttavia, per l’Italia, come per la gran parte dei paesi europei, l’obiettivo di deficit del 2020 comunicato nel PS 2020 risulta nettamente superiore al valore soglia del 3% del PIL stabilito dal Trattato e, sebbene sia eccezionale, non è da considerarsi temporaneo. Nella sua successiva comunicazione sulle raccomandazioni specifiche a tutti i paesi[31], la Commissione ha concluso di non essere in grado di decidere l’apertura di una nuova procedura per disavanzo eccessivo per nessuno degli Stati membri esaminati. Infatti, la Commissione ha riconosciuto che l’insorgenza della pandemia ha avuto impatti macroeconomici e fiscali difficili da quantificare. Tale incertezza impediva la definizione di un percorso credibile per la politica di bilancio. La situazione di ciascuno Stato membro sarebbe stata rivista sulla base delle previsioni d’autunno e dei Documenti programmatici di bilancio (DBP). L’indicazione di massima rimaneva quella di orientare la programmazione fiscale a sostegno dell’economia, garantendo nel contempo la sostenibilità del debito pubblico e correggendo quando possibile il disavanzo eccessivo. Nel più generale ambito dello svolgimento del semestre europeo, il prossimo anno non verranno redatte le raccomandazioni specifiche ai Paesi, ma continueranno ad essere valide quelle adottate nel 2020. Faranno eccezione le raccomandazioni di natura fiscale che, presumibilmente, conterranno le indicazioni sull’orientamento da seguire nella fase di uscita dalla clausola di salvaguardia generale.

L’analisi utilizzata nella nota assume comunque la valenza della metrica tradizionale del PSC, secondo cui l’Italia è non compliant nel 2020 rispetto alla regola del saldo. Difatti, il saldo strutturale peggiora di 4,5 p.p. per effetto del maggiore deficit nonostante un output gap molto ampio.

Nel 2021, la correzione del saldo rispetto al 2020, nello scenario programmatico, è inferiore a quella prospettata dal quadro tendenziale di finanza pubblica in relazione alle misure di sostegno all’economia per il prossimo anno. Ciononostante, l’Italia è pienamente compliant poiché il saldo strutturale programmatico previsto è del -5,65% del PIL con un miglioramento di 0,72 p.p. rispetto al 2020 mentre la variazione richiesta dalle regole nel 2021 è di 0,5 p.p. (si veda Tabella 23). Si ricorda comunque che, a cogenza della predetta clausola di salvaguardia (general escape clause), non è richiesto convergere all’obiettivo di bilancio nel periodo 2020-2021.

Tabella 22 – Flessibilità accordata all'Italia nel Patto di stabilità

Fonte: NADEF 2020, Tavola III.5 (Flessibilità accordata all'Italia nel Patto di stabilità)

Tabella 23 - Deviazioni significative

Fonte: NADEF 2020, Tavola III.4 (Deviazioni significative).

Per quanto riguarda la regola della spesa, l’Italia è stata nel 2019 compliant rispetto a quanto le era stato richiesto in termini di deviazione su un anno poiché la deviazione di 0,42 p.p. è inferiore al margine di tolleranza consentito (0,5 p.p.) e non compliant rispetto alla deviazione massima consentita rispetto al biennio 2018-2019 (0,54 p.p. a fronte di una tolleranza di 0,25 p.p.). Ovviamente, a causa della pandemia, la deviazione dell’aggregato di riferimento è significativamente maggiore rispetto ai margini di tolleranza rendendo l’Italia non compliant poiché la deviazione prevista di 4,64 p.p. è largamente superiore al margine di tolleranza di 0,5 p.p. sull’annuale e di 0,25 sul biennale. Tuttavia, come per la regola del deficit, si ricorda che vale la clausola di salvaguardia per il 2020 ed il 2021.


 

2.3 L’evoluzione del rapporto debito/PIL

Il rapporto debito pubblico/PIL è aumentato in media di quasi 5 punti percentuali (p.p.) nel periodo 2008-2014, per poi stabilizzarsi intorno al livello del 135% negli anni più recenti (cfr. la tabella 24). Il lieve aumento del rapporto nel 2019 è dovuto a una crescita del PIL nominale (1,1%) di poco inferiore a quella dello stock di debito in valore assoluto (1,2%).

Tabella 24 - Debito delle amministrazioni pubbliche al lordo dei sostegni finanziari ai paesi dell'area euro(1)(2)

Fonte: NADEF 2020, Tavola III.7 (Debito delle amministrazioni pubbliche per sotto-settore), ISTAT, Banca d'Italia

1)    Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

2)    Al lordo delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. A tutto il 2019 l'ammontare di tali quote è stato pari a circa 57,8 miliardi, di cui 43,5 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l'EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM (cfr. Banca d’Italia, ‘Bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito’ del 16 settembre 2019). Si ipotizza una riduzione delle giacenze di liquidità del MEF dello 0,2 per cento del PIL nel 2020 e dello 0,1 per cento del PIL nel 2021. Inoltre le stime tengono conto del riacquisto di SACE, degli impieghi del Patrimonio destinato e delle garanzie BEI e SURE. Lo scenario dei tassi di interesse utilizzato per le stime si basa sulle previsioni implicite derivanti dai tassi forward sui titoli di Stato italiani del periodo di compilazione del presente documento.

3)    Al lordo delle passività nei confronti degli altri sotto-settori.

I dati riportati riflettono le recenti stime dell'ISTAT relativamente al PIL (cfr. ISTAT, "Conti Economici Nazionali", 22 settembre 2020) e dalla Banca d'Italia relativamente al debito pubblico (cfr. Banca d'Italia, "Bollettino statistico di Finanza pubblica, fabbisogno e debito", 15 settembre 2020).

 

La stima preliminare del Governo per il 2020 prevede un rapporto debito/PIL del 158% (cfr. la figura 16 e la tabella 24). Il DEF stimava invece un rapporto del 151,8% nello scenario tendenziale e un rapporto del 155,7% nello scenario inclusivo delle nuove politiche, cioè quello che teneva conto dell'effetto dei provvedimenti adottati fino ad aprile (principalmente il decreto-legge n. 18 e il decreto-legge n. 23 del 2020) oltre all'impatto atteso delle misure del decreto-legge n. 34 del 2020 approvato successivamente. Il maggiore livello del rapporto rispetto a quello previsto nel DEF è dovuto all'impatto del decreto-legge c.d. Agosto (n. 104 del 2020), che incide per 0,9 p.p., e alla revisione al ribasso della previsione di crescita del PIL nominale.

Figura 16 Andamento del debito pubblico e della sua variazione annua

 

 

Rispetto al 2019, il rapporto debito/PIL è previsto in aumento nel 2020 di 23,4 p.p.. Ciò è principalmente dovuto all'insieme di misure adottate per fronteggiare le conseguenze della crisi pandemica, che hanno complessivamente determinato finora un impatto di 100 miliardi di euro in termini di indebitamento netto e di quasi 118 miliardi di euro in termini di fabbisogno. Si è avuto corrispondentemente un deterioramento del saldo primario, che è passato da una posizione di avanzo a una di deficit pari al 7,3% del PIL, e della componente stock-flussi[32]. Si è avuto inoltre un peggioramento della componente ciclica del saldo di bilancio, a causa della crisi economica, nonché un aumento del c.d. effetto snow-ball dovuto all'aumento della spesa per interessi e alla caduta del tasso di crescita del PIL nominale[33].

Nel triennio successivo, la combinazione di una riduzione del fabbisogno di liquidità del Settore pubblico (pari a 3,7 p.p. di PIL nel 2021, 3,1 p.p. nel 2022 e 1,8 p.p. nel 2023) e della forte ripresa della crescita del PIL nominale (6,8% nel 2021, superiore al 5% nel 2022 e 3,7% nel 2023), porterà il rapporto debito/PIL su un sentiero decrescente: 155,6% nel 2021, 153.4% nel 2022 e 151,5% nel 2023. Si segnala che la previsione per il 2021 sconta una ipotesi di riduzione delle disponibilità liquide del Tesoro pari all'0,1%.

Quanto al ruolo dei sotto-settori delle amministrazioni pubbliche, dalla Tabella 25 appare chiaro che alle amministrazioni centrali è ascrivibile circa il 97% del debito pubblico complessivo, in valore assoluto, della PP.AA., mentre alle amministrazioni locali è riferibile circa il 4-5% e agli enti di previdenza una quota trascurabile.

In termini di variazione, l'incremento annuo dello stock di debito in valore assoluto delle pubbliche amministrazioni, pari a circa l'8% nel 2020, il 5% nel 2021, il 3% nel 2022 e il 2% nel 2023, è interamente dovuto alle amministrazioni centrali.

 

La tabella 25 riporta l'andamento del debito pubblico, sia in livello che in rapporto al PIL, al netto dei sostegni finanziari ai paesi dell'area euro.

Tabella 25 - Debito delle amministrazioni pubbliche al netto dei sostegni finanziari ai paesi dell'area euro(1)(2)

(in milioni e in percentuale del PIL)

Fonte: NADEF 2020, Tavola III.7 (Debito delle amministrazioni pubbliche per sotto-settore), ISTAT, Banca d'Italia

1)    Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

2)    Al lordo delle quote di pertinenza dell’Italia dei prestiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM. A tutto il 2019 l'ammontare di tali quote è stato pari a circa 57,8 miliardi, di cui 43,5 miliardi per prestiti bilaterali e attraverso l'EFSF e 14,3 miliardi per il programma ESM (cfr. Banca d’Italia, ‘Bollettino statistico Finanza pubblica, fabbisogno e debito’ del 16 settembre 2019). Si ipotizza una riduzione delle giacenze di liquidità del MEF dello 0,2 per cento del PIL nel 2020 e dello 0,1 per cento del PIL nel 2021. Inoltre le stime tengono conto del riacquisto di SACE, degli impieghi del Patrimonio destinato e delle garanzie BEI e SURE. Lo scenario dei tassi di interesse utilizzato per le stime si basa sulle previsioni implicite derivanti dai tassi forward sui titoli di Stato italiani del periodo di compilazione del presente documento.

3)    Al lordo delle passività nei confronti degli altri sotto-settori.

 

VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO PUBBLICO

Secondo la Nota di aggiornamento del DEF 2020, l’attività di valorizzazione del patrimonio pubblico è finalizzata alla realizzazione di un impatto positivo sull’economia che, con riferimento alle partecipazioni societarie, consiste nel sostenere i processi di crescita e sviluppo, con particolare attenzione agli investimenti nei territori e nei settori strategici (e.g. energia, green economy, infrastrutture), senza peraltro trascurare gli obiettivi di valorizzazione delle partecipazioni detenute e miglioramento della qualità dei servizi e dei prodotti.

Per quanto riguarda il patrimonio immobiliare pubblico, si considera fondamentale il rafforzamento delle politiche di valorizzazione a tutti i livelli istituzionali - centrale e locale - e di incremento dell’efficienza dei cespiti utilizzati.

Circa il ruolo specifico svolto dall’Agenzia del Demanio, nella Nota si sottolinea che, accanto al proseguimento delle valorizzazioni dirette, l’Agenzia è impegnata in interventi di rigenerazione degli immobili in uso alle Amministrazioni statali e di rifunzionalizzazione di beni non strumentali, in coerenza con le strategie europee per la transizione verde e digitale e le linee guida nazionali per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Per gli asset non strumentali, le iniziative dovranno essere rivolte alla valorizzazione per finalità economiche e sociali degli immobili dello Stato e degli enti pubblici con particolare riferimento ai beni di interesse culturale e paesaggistico, funzionali alla realizzazione di progetti di sviluppo del territorio mediante il partenariato pubblico-privato. In tale ambito, l’Agenzia sta lavorando, in collaborazione con MiBACT, ENIT, Difesa servizi S.p.A. e gli altri soggetti istituzionali competenti, al progetto denominato ‘Valore Paese Italia’, volto a riunire sotto un unico brand reti tematiche accomunate dall’obiettivo della valorizzazione degli immobili pubblici inutilizzati, secondo il principio del turismo sostenibile connesso a cultura, sport, formazione, ambiente e mobilità dolce.

2.4 La regola del debito e gli altri fattori rilevanti

La regola del debito fa parte della governance economica europea ? l'insieme delle istituzioni e delle procedure che coordinano le politiche di bilancio autonome dei singoli paesi membri[34]. Introdotta nell'ordinamento europeo dal cosiddetto six pack con lo scopo di indurre i governi dei paesi membri a conseguire l'obiettivo di un rapporto debito/PIL pari al 60%, la regola è stata recepita nell'ordinamento nazionale con la legge di attuazione del principio di equilibrio del bilancio (legge n. 243 del 2012) ed è entrata a regime per l'Italia nel 2015.

 

La regola del debito

La riforma della governance economica dell'UE, adottata nel novembre 2011 (six pack) e richiamata nel Fiscal compact, ha introdotto una regola numerica che specifica il ritmo di avvicinamento del rapporto debito/PIL al valore soglia del 60%. La regola è stata recepita nell'ordinamento italiano con la legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio dell’equilibrio di bilancio.

In particolare, la regola si considera rispettata se la quota del rapporto debito/PIL in eccesso rispetto al valore del 60%

a)   si è ridotta in media di 1/20 all'anno nei tre anni precedenti quello di riferimento (criterio retrospettivo o backward looking), ovvero

b)   è prevista ridursi, in base alle stime elaborate dalla Commissione europea, in media di 1/20 all'anno nei due anni successivi all'ultimo per il quale si disponga di dati (criterio prospettico o forward-looking).

Nel valutare il rispetto dei due criteri precedenti, la regola prevede che si tenga conto dell'influenza del ciclo economico, depurando il rapporto debito/PIL dell'effetto prodotto dal ciclo sia sul numeratore sia sul denominatore.

Se anche in questo caso la regola non risulta rispettata, possono essere valutati i c.d. fattori rilevanti. In particolare, la Commissione sarà chiamata in questo caso a redigere un rapporto ex articolo 126, comma 3, del TFUE, nel quale esprimere valutazioni “qualitative” in merito agli sviluppi delle condizioni economiche e della finanza pubblica nel medio periodo, oltre che su ogni altro fattore che, nell'opinione dello Stato membro, sia rilevante nel valutare complessivamente il rispetto delle regole di bilancio europee.

 

Il 20 maggio 2020, la Commissione europea ha pubblicato una relazione a norma dell'articolo 126(3) del TFUE motivata dal mancato rispetto da parte dell'Italia della regola del debito per l'anno 2019 e della regola del deficit nominale del 3% per l'anno 2020. Nella relazione la Commissione afferma di non avere elementi sufficienti per giungere alla conclusione che non sia rispettato il criterio del debito.

Come già prefigurato dal Governo nel DEF, per l'anno 2019 la regola del debito non viene rispettata in nessuna delle tre configurazioni definite dal Patto di stabilità e crescita (cfr. la tabella 26). Sulla delle previsioni, il Governo sostiene che la regola non sarà rispettata nemmeno per il 2020. Ciò a causa della crisi economica conseguente alla pandemia, che ha fortemente condizionato l'evoluzione del debito (si veda il relativo paragrafo). Il rapporto debito/PIL programmatico del 2020 sarà superiore di 30,8 punti percentuali (p.p.) rispetto alla soglia del criterio retrospettivo, di 12,3 p.p. rispetto alla soglia del criterio prospettico e di 15 p.p. rispetto alla soglia determinata dal criterio del debito corretto per il ciclo.

Tabella 26 - Rispetto della regola del debito

Fonte: NADEF 2020, Tavola III.8 (Rispetto della regola del debito, criterio forward looking e debito corretto per il ciclo).

Il Governo ritiene che nell'ambito della prossima valutazione del rispetto delle regole del PSC che si terrà a primavera 2021, la Commissione europea richiederà al nostro Paese di illustrare i fattori ritenuti rilevanti per giustificare lo scostamento dai valori soglia riferiti ai vari indicatori. Poiché la variazione dei saldi strutturali prevista per il 2021 risulterà essere ampiamente in linea con l'aggiustamento fiscale richiesto, l'interlocuzione con le istituzioni europee, dovrebbe vertere sulla dinamica del debito. Secondo il Governo, data la caduta senza precedenti del PIL, il problema della riduzione del debito pubblico in rapporto al PIL non può che essere affrontato con una prospettiva temporale di medio termine poiché nell'immediato (anni 2020 e 2021) la politica di bilancio dovrà concentrarsi sul sostegno all'economia.

La NADEF 2020 conferma pertanto l'approccio, già avanzato nel DEF 2020, volto a ridurre il rapporto debito/PIL verso la media dei paesi dell'area dell'euro nel prossimo decennio attraverso una strategia basata sul conseguimento di avanzi primari di bilancio in un contesto di rilancio degli investimenti pubblici e privati, ottenuto anche con le risorse dello strumento europeo Next Generation EU, i cui effetti non sono tuttavia, per motivi prudenziali, incorporati nelle stime di finanza pubblica.

 


3. Strategia nazionale e le Raccomandazioni
del Consiglio europeo

Premessa

Le raccomandazioni del Consiglio UE all’Italia

Il 20 luglio 2020 il Consiglio dell’Unione europea ha approvato le raccomandazioni specifiche per Paese e i pareri sulle politiche economiche, occupazionali e di bilancio degli Stati membri (di seguito: raccomandazioni)[35], chiudendo così il ciclo annuale del Semestre europeo, avviato nell'autunno 2019.

 

La procedura si articola a livello europeo nelle seguenti fasi temporali:

§  gennaio: presentazione da parte della Commissione dell'indagine annuale sulla crescita, poi negli ultimi anni anticipata al mese di novembre;

§  febbraio/marzo: il Consiglio europeo elabora le linee guida di politica economica e di bilancio a livello UE e a livello di Stati membri;

§  metà aprile: gli Stati membri sottopongono contestualmente i Piani nazionali di riforma (PNR, elaborati nell'ambito della nuova Strategia per la crescita e l'occupazione UE 2020) ed i Piani di stabilità e convergenza (PSC, elaborati nell'ambito del Patto di stabilità e crescita), tenendo conto delle linee guida dettate dal Consiglio europeo;

§  inizio giugno: sulla base dei PNR e dei PSC, la Commissione europea elabora le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati membri;

§  giugno: il Consiglio ECOFIN e, per la parte che gli compete, il Consiglio Occupazione e affari sociali, approvano le raccomandazioni della Commissione europea, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno;

§  seconda metà dell'anno (c.d. semestre nazionale): gli Stati membri approvano le rispettive leggi di bilancio, tenendo conto delle raccomandazioni ricevute. Nell'indagine annuale sulla crescita dell'anno successivo, la Commissione dà conto dei progressi conseguiti dai Paesi membri nell'attuazione delle raccomandazioni stesse.

 

Per quanto concerne l’Italia, il Consiglio dell’Unione europea ha formulato 4 raccomandazioni  riguardanti:

1. Implementazione di tutte le misure necessarie per il sostegno all’economia e al sistema sanitario durante e dopo la pandemia

In linea con la sospensione del Patto di Stabilità e Crescita, si raccomanda all’Italia di adottare tutte le misure necessarie per sostenere l’economia e favorire la ripresa successiva alla pandemia. Nel quadro di queste misure si raccomanda di perseguire politiche fiscali finalizzate al sostegno delle imprese e di rafforzare gli investimenti. Al contempo il sistema sanitario nazionale, messo a dura prova dall’epidemia, dovrà essere rafforzato in termini di personale, di infrastrutture e di macchinari essenziali per la sanità. La resilienza e capacità del sistema sanitario dovranno essere rafforzate per contrastare future epidemie nel quadro di un coordinamento tra istituzioni nazionali e regionali.

2. Attuazione di adeguate misure di sostegno al reddito e per l’accesso alla protezione sociale

Si raccomanda che l’accesso alla protezione sociale ed ai sussidi, soprattutto per i lavoratori atipici, vada garantito. L’impatto della crisi sull’occupazione va attenuato e vanno rafforzate la didattica e la formazione a distanza. In un quadro di supporto attivo all’occupazione e di sostegno alle figure atipiche del mondo del lavoro vanno utilizzate eventuali forme di contrattazione più flessibile.

3. Introduzione e attuazione di misure in favore delle piccole e medie imprese e adozione di tecnologie green e sostenibili in materia ambientale

Si richiede l’adozione di misure efficaci per garantire liquidità all’economia reale. L’accesso al credito è di vitale importanza per le piccole e medie imprese, per le aziende innovative e per i liberi professionisti, così come la certezza nei tempi di pagamento. Sia gli investimenti pubblici che quelli privati vanno favoriti e sostenuti per aiutare la ripresa economica. Gli investimenti vanno orientati su una produzione più pulita ed efficiente, sul trasporto pubblico sostenibile, sulla gestione efficiente delle risorse idriche, dell’energia e sulla transizione green e digitale. Le infrastrutture digitali dovranno essere rafforzate per assicurare la fornitura dei servizi essenziali.

4. Miglioramento dell’efficienza del sistema giudiziario e della pubblica amministrazione Si raccomanda di migliorare l’efficienza del sistema giudiziario e l’efficacia della pubblica amministrazione.

 

Nella NADEF il Governo evidenzia[36] che la propria azione sarà volta a “bilanciare le azioni emergenziali con politiche di bilancio prudenti e accompagnate da una precisa volontà di garantire la sostenibilità futura del debito”. Osserva, quindi, che la sfida che si pone ai Paesi membri è quella di affiancare le nuove priorità a quelle monitorate attraverso le Raccomandazioni 2019, che la Commissione europea considera ancora rilevanti ai fini della risposta di policy agli squilibri macroeconomici dell’Italia.

 

Per quanto concerne l’Italia, il 9 luglio 2019 il Consiglio dell’Unione europea aveva formulato per l’Italia 5 raccomandazioni,  riguardanti:

1.   Aggiustamenti di bilancio, fiscalità ed economia sommersa. La Commissione UE raccomanda di assicurare una riduzione in termini nominali della spesa pubblica primaria netta dello 0,1 % nel 2020, corrispondente a un aggiustamento strutturale annuo dello 0,6 % del PIL; utilizzare entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL; spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati; contrastare l'evasione fiscale, in particolare nella forma dell'omessa fatturazione, potenziando i pagamenti elettronici obbligatori anche mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti; attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita.

2.   Intensificazione degli sforzi volti a combattere il lavoro sommerso. Si raccomanda di intensificare gli sforzi per contrastare il lavoro sommerso; garantire che le politiche attive del mercato del lavoro e le politiche sociali siano efficacemente integrate e coinvolgano soprattutto i giovani e i gruppi vulnerabili; sostenere la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale, in particolare garantendo l'accesso a servizi di assistenza all'infanzia e a lungo termine di qualità; migliorare i risultati scolastici, anche mediante adeguati investimenti mirati, e promuovere il miglioramento delle competenze, in particolare rafforzando le competenze digitali.

3.   Focalizzazione degli interventi di politica economica connessi agli investimenti in materia di ricerca, innovazione e qualità delle infrastrutture, tenendo conto delle disparità regionali. Occorre porre l'accento sulla politica economica connessa agli investimenti in materia di ricerca e innovazione e sulla qualità delle infrastrutture, tenendo conto delle disparità regionali. Migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, in particolare investendo nelle competenze dei dipendenti pubblici, accelerando la digitalizzazione e aumentando l'efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali; affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore del commercio al dettaglio e dei servizi alle imprese, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza.

4.   Durata dei processi e misure anticorruzione. Occorre ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio razionalizzando e facendo rispettare le norme di disciplina procedurale, incluse quelle già all'esame del legislatore; migliorare l'efficacia della lotta contro la corruzione riformando le norme procedurali al fine di ridurre la durata dei processi penali.

5.   Crediti deteriorati, settore bancario e accesso delle imprese alle fonti di finanziamento. La Commissione raccomanda di favorire la ristrutturazione dei bilanci delle banche, in particolare per le banche di piccole e medie dimensioni, migliorando l'efficienza e la qualità degli attivi, continuando la riduzione dei crediti deteriorati e diversificando la provvista; migliorare il finanziamento non bancario per le piccole imprese innovative.

Le iniziative dell’UE per fronteggiare la crisi pandemica e il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)

 

Nella riunione dal 17 al 21 luglio 2020, il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo sul Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e sull'associato programma Next Generation EU. Nel programma Next Generation EU, il nuovo strumento dell’UE che dovrebbe raccogliere fondi sui mercati per incanalarne l’impiego verso programmi destinati a favorire la ripresa economica e sociale, sono previste risorse complessive pari a 750 miliardi di euro, di cui 390 miliardi per sovvenzioni e 360 miliardi per prestiti, a fronte di 500 miliardi per sovvenzioni e 250 miliardi per prestiti originariamente previsti dalla proposta della Commissione europea.

Nell’ambito del Next Generation EU, il più importante strumento previsto è senza dubbio il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (RFF). In particolare, la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, che istituisce un Dispositivo per la ripresa e la resilienza, è attualmente in corso di completamento sulla base delle indicazioni contenute nell'accordo politico raggiunto al citato Consiglio europeo. Il Dispositivo mette a disposizione degli Stati membri, per programmi di investimento e riforme, 672,5 miliardi di euro, di cui 312,5 miliardi di euro in sussidi e 360 miliardi di euro in prestiti. Secondo le prime stime elaborate dal Governo, le risorse complessive che confluirebbero nel nostro Paese ammonterebbero a 208,6 miliardi di euro, di cui 127,6 miliardi di euro a titolo di prestiti e 81 miliardi di euro sotto forma di sovvenzioni. L'ammontare dei sussidi sarà calcolato in due rate, pari rispettivamente al 70 per cento e al 30 per cento del totale. Per il loro calcolo saranno utilizzati parametri differenti: la prima rata, pari al 70 per cento, deve essere impegnata negli anni 2021 e 2022 e viene calcolata sulla base di alcuni parametri quali la popolazione, il PIL pro capite, il tasso di disoccupazione nel periodo 2015-2019; il restante 30 per cento deve essere interamente impegnato entro la fine del 2023 e sarà calcolato nel 2022 sostituendo al criterio della disoccupazione nel periodo 2015-2019 i criteri della perdita del PIL reale osservata nell'arco del 2020 e della perdita cumulativa del PIL reale osservata nel periodo 2020-2021[37].

 

I Piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR) degli Stati membri potranno essere presentati per la prima valutazione da parte della Commissione nel momento in cui il dispositivo entrerà in vigore, presumibilmente non prima del 1° gennaio 2021, ferma restando la data del 30 aprile 2021 come termine ultimo per la loro presentazione.

La Commissione europea avrà a disposizione 2 mesi per le sue valutazioni e per proporre al Consiglio Ecofin l'approvazione del Piano nazionale. Il Consiglio Ecofin dovrà approvare il Piano con un atto di attuazione (implementing act), da adottare a maggioranza qualificata, entro 4 settimane dalla presentazione della proposta della Commissione europea. Dalla presentazione formale del Piano potrebbero quindi passare alcuni mesi per l'approvazione, per effetto della quale vi sarà poi la possibilità di accedere al 10 per cento dell’importo complessivo.

Il dispositivo RRF individua le seguenti priorità: promuovere la coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione migliorando la resilienza e la capacità di aggiustamento degli Stati membri; attenuare l'impatto sociale ed economico della crisi, favorendo l’inclusione territoriale e la parità di genere; sostenere le transizioni verde e digitale, contribuendo in tal modo a ripristinare il potenziale di crescita delle economie dell'Unione, a incentivare la creazione di posti di lavoro nel periodo successivo alla crisi provocata dal COVID-19 e a promuovere una crescita sostenibile.

La proposta della Commissione europea stabilisce i criteri di ammissibilità dei progetti che gli Stati membri potranno inserire nei rispettivi PNRR. La condizione primaria affinché i progetti presentati siano ammissibili è che essi facciano parte di un pacchetto coerente di investimenti e di riforme ad essi correlate. I progetti e le iniziative di riforma dovranno essere conformi alle Raccomandazioni specifiche indirizzate al Paese dal Consiglio nonché alle sfide e alle priorità di policy individuate nell'ambito del Semestre europeo, in particolare quelle legate alle transizioni verde e digitale. I legami e la coerenza con le riforme e le politiche di supporto devono essere chiaramente esplicitati e dovrà darsi evidenza dei tempi e delle modalità di attuazione, con obiettivi intermedi (milestones) e finali, identificando chiaramente anche il soggetto attuatore.

 

Il 15 settembre 2020 il Governo ha presentato al Parlamento la propria proposta di linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

Da essa emerge che il PNRR dell’Italia si baserà sul Piano di rilancio predisposto dal Governo nel giugno scorso e sarà costruito secondo una sequenza logica così strutturata:

§  le sfide che il Paese intende affrontare;

§  le missioni del programma, a loro volta suddivise in cluster (o insiemi) di progetti omogenei atti a realizzare le missioni e, di conseguenza, vincere le sfide stesse;

§  i singoli progetti di investimento, che saranno raggruppati nei cluster;

§  le iniziative di riforma che saranno collegate ad uno o più cluster di intervento.

Le sfide considerate nel PNRR possono essere così sintetizzate: migliorare la resilienza e la capacità di ripresa dell'Italia; ridurre l'impatto sociale ed economico della crisi pandemica; sostenere la transizione verde e digitale; innalzare il potenziale di crescita dell'economia e la creazione di occupazione.

Le missioni sono sei e riguardano i seguenti argomenti: Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo; Rivoluzione verde e transizione ecologica; Infrastrutture per la mobilità; Istruzione, formazione, ricerca e cultura; Equità sociale, di genere e territoriale; Salute.

Le iniziative di riforma e le politiche di supporto, collegate ad uno o più cluster di intervento, riguardano invece l’incremento degli investimenti pubblici, la riforma della pubblica amministrazione, l’aumento delle spese in ricerca e sviluppo, la riforma del fisco, la riforma della giustizia e la riforma del lavoro.

 

Per quanto riguarda la missione n. 1, Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo, il Governo punta alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, dell’istruzione, della sanità e del fisco. In questo contesto, ciascun cittadino e ciascuna impresa saranno dotati di un’identità digitale unica. La diffusione delle tecnologie digitali richiederà il potenziamento delle infrastrutture tecnologiche, con il completamento della rete nazionale ottica di telecomunicazioni e gli interventi per lo sviluppo delle reti 5G.

Sul versante della competitività e resilienza del sistema produttivo si mira a rafforzare e modernizzare le imprese, favorendone la trasformazione digitale e la patrimonializzazione (in particolare delle micro e piccole imprese), potenziando gli strumenti finanziari disponibili e promuovendone l’internazionalizzazione. Un’attenzione particolare va riservata alla promozione dell’industria culturale e del turismo, vero asset strategico dell’Italia.

 

Per quanto concerne la missione n. 2, Rivoluzione verde e transizione ecologica, il Governo ritiene necessario intensificare il proprio impegno per far fronte ai nuovi e più ambiziosi obiettivi europei relativi al raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Si punterà quindi a favorire la realizzazione di un ampio programma di investimenti al fine di conseguire gli obiettivi dello European Green Deal, anche attraverso il potenziamento dell’uso delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica e il miglioramento della qualità dell’aria. Si punterà inoltre all’incremento dell'efficienza energetica degli edifici pubblici e privati oltre che alla loro messa in sicurezza. Altri interventi riguarderanno una gestione accorta delle risorse naturali, la promozione dell'economia circolare e misure per accrescere la resilienza ai cambiamenti climatici.

 

La missione n. 3, Infrastrutture per la mobilità, richiede investimenti e una maggiore efficienza dei processi autorizzativi. Il Governo intende puntare sulla rete ferroviaria ad alta velocità di rete per passeggeri e merci (AV-AC) con il completamento dei corridoi TEN-T, su interventi sulla rete stradale e autostradale con un'attenzione particolare per ponti e viadotti, su interventi finalizzati alla promozione dell'intermodalità logistica integrata per le merci e di una mobilità a supporto del turismo lento e sostenibile, con specifico riferimento alle ferrovie turistiche.

 

Per quanto concerne la missione n. 4, Istruzione, formazione, ricerca e cultura, il PNRR punterà a migliorare la qualità dei sistemi di istruzione e formazione in termini di ampliamento dei servizi per innalzare i risultati educativi, anche attraverso interventi per allineare ai parametri comunitari il rapporto numerico docenti/discenti per classe. Nelle scuole e nelle università saranno previsti interventi di supporto al diritto allo studio, nonché interventi infrastrutturali per innalzare la qualità degli ambienti di apprendimento (riqualificazione energetica e antisismica, cablaggio con fibra ottica, infrastrutture per e-learning). Si interverrà, inoltre, con politiche specifiche per rafforzare le competenze dei laureati e dei dottori di ricerca, politiche di apprendimento permanente e formazione dei lavoratori e dei cittadini disoccupati e inattivi. Per quanto riguarda la ricerca, si interverrà con azioni volte a sostenere i giovani ricercatori, a potenziare la ricerca di filiera e le infrastrutture di ricerca, a promuovere l'integrazione tra ricerca pubblica, mondo produttivo e istituzioni.

 

Per quanto riguarda la missione n. 5, Equità sociale, di genere e territoriale, il Governo intende intensificare l'impegno ad eliminare le disparità di genere nel mondo del lavoro e nella vita sociale, le disuguaglianze di reddito e ricchezza e le disparità a livello territoriale in termini di reddito, occupazione e livelli di scolarizzazione, evitando che tali disparità si aggravino in conseguenza della pandemia. A tal fine sarà fondamentale prevedere un forte sostegno alla creazione di posti di lavoro e forme adeguate di tutela del reddito (anche attraverso l’introduzione del salario minimo legale), nonché misure di contrasto del lavoro sommerso e di maggior tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Sarà inoltre necessario inserire le politiche sociali e di sostegno della famiglia in un quadro organico e coerente per migliorare la coesione sociale, la solidarietà intergenerazionale e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Con riguardo, in particolare, alla parità di genere, il Governo prevede di adottare un ampio ventaglio di misure, per ridurre i divari che ancora permangono nel nostro Paese. Un'attenzione particolare sarà riservata all'empowerment femminile (in termini di formazione, occupabilità ed autoimprenditorialità), anche con progetti volti a favorire il reinserimento nel mondo del lavoro di persone appartenenti a categorie fragili, nonché ad incentivare le capacità imprenditoriali attraverso la costituzione di un Fondo per le micro e piccole imprese femminili.

 

Per quanto riguarda la missione n. 6, Salute, il PNRR indirizzerà risorse per il rafforzamento della resilienza e della tempestività di risposta del sistema sanitario alle patologie infettive emergenti gravate da alta morbilità e mortalità nonché ad altre emergenze sanitarie. Si investirà nella digitalizzazione dell'assistenza medica ai cittadini, promuovendo la diffusione del fascicolo sanitario elettronico e la telemedicina, nonché nell'ambito della cronicità e delle cure a domicilio, per superare le attuali carenze del sistema delle residenze sanitarie assistenziali e dei presìdi sanitari nelle aree rurali e marginali del Paese. Un contributo importante sarà offerto anche dal sostegno alla ricerca medica, immunologica e farmaceutica.

 

Nella NADEF il Governo ribadisce che sta predisponendo uno schema di PNRR che sarà oggetto di confronto con la Commissione europea e il Parlamento italiano.

Al riguardo si fa presente che è in corso un’attività parlamentare sulla proposta di linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), che si concluderà con l’adozione di atti di indirizzo al Governo attraverso risoluzioni in Assemblea, sia alla Camera che al Senato.

 

Per quanto concerne l’attività parlamentare, si ricorda che nella seduta del 29 luglio scorso, le Assemblee della Camera e del Senato hanno approvato le misure prospettate nel Programma nazionale di riforma 2020, con le risoluzioni n. 6/00124 e n. 6/00126 che impegnano il Governo, tra l’altro, ad adottare rapidamente un Piano per la ripresa nazionale coerente con gli obiettivi delineati nel PNR e con le recenti strategie dell'Unione europea in tema di transizione digitale ed ecologica, da condividere in Parlamento e far vivere nel Paese, che ponga le basi per l'utilizzo, in una logica di integrazione dei fondi già attivati, del NGEU, del QFP 2021-2027 e dei fondi strutturali, nonché di tutte le risorse che saranno messe a disposizione del nostro Paese nei prossimi mesi per gli interventi finalizzati a ridurre l'impatto della crisi su imprese e cittadini, e a dotare il PNRR di contenuti specifici.

In questo contesto, la Commissione bilancio della Camera ha convenuto, con il conforme avviso del Presidente della Camera, sull’opportunità di predisporre, al termine di una attività di carattere istruttorio, una relazione all’Assemblea ai sensi dell’articolo 143, comma 1, del Regolamento, al fine di consegnare alla Camera una utile base di lavoro che possa favorire la deliberazione di appositi atti di indirizzo al Governo, prima della presentazione del Recovery Plan da parte del Governo stesso.

In particolare, in esito ad una specifica attività conoscitiva, la Commissione ha predisposto, in seno al proprio Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, una proposta di relazione all’Assemblea, sottoposta alle Commissioni di settore, ai fini della formulazione di rilievi ed osservazioni da parte di queste ultime. L’esame in Assemblea alla Camera dei deputati della relazione della Commissione Bilancio è calendarizzata per martedì 13 ottobre 2020.

Una procedura analoga (ai sensi dell’articolo 34, comma 1, del Regolamento del Senato) si è svolta anche al Senato (atto n.572), dove le Commissioni riunite Bilancio e Politiche dell’Unione europea hanno svolto un’ampia attività conoscitiva sulle Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) trasmesse dal Governo.  L’esame delle Commissioni Bilancio e Politiche dell’Unione europea, che ha coinvolto in sede consultiva anche le altre commissioni di merito, si è concluso il 12 ottobre, mentre l’esame in Assemblea è previsto (analogamente a quanto stabilito alla Camera) per il giorno 13 ottobre 2020.

 

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Secondo quanto previsto dalla legislazione vigente[38], nella Nota di aggiornamento al DEF il Governo è chiamato a formulare le osservazioni e le eventuali modifiche e integrazioni del DEF in relazione alle raccomandazioni del Consiglio dell’Unione europea relative al Programma di stabilità e al Programma nazionale di riforma. La NADEF aggiorna inoltre le informazioni sullo stato di attuazione delle riforme illustrate nel Programma Nazionale di riforma contenuto nel DEF 2019 e illustra gli obiettivi programmatici del nuovo Governo.

Nelle pagine seguenti viene analizzata la strategia di riforma del Governo e le principali linee di intervento, in relazione a ciascuna delle raccomandazioni formulate dal Consiglio dell’Unione europea all’Italia nel 2020.

 

 

 


3.1. Raccomandazione I - Politiche di bilancio, fiscalità esostegno al sistema sanitario

 

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Raccomandazione n. 1: attuare, in linea con la clausola di salvaguardia generale, tutte le misure necessarie per affrontare efficacemente la pandemia e sostenere l'economia e la successiva ripresa; quando le condizioni economiche lo consentano, perseguire politiche di bilancio volte a conseguire posizioni di bilancio a medio termine prudenti e ad assicurare la sostenibilità del debito, incrementando nel contempo gli investimenti; rafforzare la resilienza e la capacità del sistema sanitario per quanto riguarda gli operatori sanitari, i prodotti medici essenziali e le infrastrutture; migliorare il coordinamento tra autorità nazionali e regionali.

 

Misure di politica fiscale

Il contesto UE e le precedenti indicazioni del Governo

Il Consiglio europeo, nelle sue annuali Raccomandazioni, ha costantemente sollecitato l'Italia a spostare la pressione fiscale dal lavoro, riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati; a contrastare l'evasione fiscale in particolare nella forma dell'omessa fatturazione, potenziando i pagamenti elettronici obbligatori (Raccomandazione 1 del 2019).

Nella Relazione per paese relativa all'Italia (Country Report) del 26 febbraio 2020, la Commissione giudicava troppo elevata la tassazione del lavoro e ancora basso il livello di adempimento degli obblighi fiscali: nonostante l'introduzione di alcune misure per favorire l'adempimento degli obblighi tributari.  Inoltre reputava eccessivo il ricorso alle aliquote IVA ridotte, pur riconoscendo i progressi compiuti dalla legge di bilancio 2020 nella riduzione delle agevolazioni fiscali e del cuneo fiscale sul lavoro. Non vi è stato alcuno spostamento, secondo la Commissione, della pressione fiscale sui beni immobili, né è stata avviata l'auspicata riforma del catasto. Nel complesso quindi, l'Italia ha compiuto: progressi significativi nella lotta contro l'evasione fiscale, anche grazie al rafforzamento degli obblighi dell'uso dei pagamenti elettronici; mentre i progressi sono stati limitati nello spostamento della pressione fiscale dal lavoro, nella riduzione delle agevolazioni fiscali e nella riforma del sistema catastale.

 

Nelle Raccomandazioni 2020, si chiede all’Italia, tra l’altro, di concentrare gli investimenti sulla transizione verde e digitale.

Già nel Programma Nazionale di Riforma del 2020, presentato nel mese di luglio 2020, il Governo si impegna a razionalizzare le spese fiscali e a rivedere i sussidi ambientalmente dannosi (SAD) in base agli esiti dei lavori della Commissione appositamente istituita con la legge di bilancio per il 2020. Al contempo rileva come le scelte fiscali devono supportare la politica industriale nel processo di riconversione successivo alla crisi sanitaria e accompagnare il cambiamento, agevolando le produzioni nei settori dove l’emergenza epidemiologica ha evidenziato una carenza produttiva.

Più in generale, il Governo individua, tra gli strumenti per perseguire le finalità individuate dal PNR e il rilancio del Paese dopo l’emergenza economico-sanitaria, la riforma fiscale. Qualifica inoltre il contrasto all’evasione fiscale come pilastro della strategia dell’esecutivo per il miglioramento dei saldi di bilancio e la riduzione del rapporto debito/PIL.

Nel PNR di luglio il Governo individua come priorita? n. 1 la creazione di una finanza sostenibile, la riduzione del debito e il perseguimento di politiche fiscali a sostegno della crescita, qualificando l’alleggerimento della pressione fiscale come una delle componenti piu? importanti del programma di Governo.

Il Governo, per superare le criticità principali del sistema fiscale italiano (cuneo fiscale troppo elevato sul lavoro; disparita? di trattamento tra le diverse fonti di reddito; eccessiva complessità del sistema) preannunciava di voler agire, tra l’altro:

§  su una revisione complessiva del sistema fiscale;

§  sul contrasto all’evasione;

§  sulla valorizzazione del patrimonio pubblico.

Con le risoluzioni sul DEF e sul PNR il Parlamento ha impegnato il Governo ad adottare interventi di riforma fiscale incentrati, oltre che sulla riforma delle imposte dirette, sulla semplificazione degli adempimenti e sulla riforma della giustizia tributaria, sul miglioramento del rapporto tra contribuente ed amministrazione finanziaria, nonché sul contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, anche mediante il potenziamento della tracciabilità dei pagamenti; e ad assicurare la piena attuazione dell'assegno unico, quale primo step di una complessiva riforma delle politiche familiari.

 

All’indomani delle risoluzioni sul PNR, l’azione del Governo in ambito fiscale è proseguita in seno ai provvedimenti d’urgenza per fronteggiare l’emergenza sanitaria e sostenere l’economia reale italiana: le principali misure fiscali sono contenute nel cd. Decreto Rilancio (decreto-legge n. 34 del 2020, il cui iter parlamentare è stato completato nel mese di luglio; si tratta di misure in parte anticipate nel PNR 2020) e nel cd. Decreto Agosto (decreto-legge n. 104 del 2020). L’esecutivo in particolare ricorda che il decreto-legge n. 104 del 2020 ha riprogrammato le scadenze dei versamenti tributari e contributivi sospesi nella fase di emergenza.

Si rammenta tuttavia in questa sede che detto provvedimento, anche per effetto delle modifiche parlamentari, reca ulteriori misure la quali, in parte, rafforzano incentivi già introdotti (tra cui: incremento delle risorse del credito d'imposta per le spese di sanificazione e del fondo per il ristoro parziale dei comuni a fronte delle minori entrate derivanti dalla mancata riscossione dell'imposta di soggiorno o del contributo di sbarco), per altro verso introducono ulteriori agevolazioni (tra cui: esenzione dal pagamento della seconda rata IMU per alcuni cespiti turistico-ricettivi) e allungano specifiche scadenze fiscali (tra cui proroga dei versamenti delle imposte sui redditi e dell'IRAP, tra l’altro, per i soggetti ISA e i forfettari).

Si rinvia alla documentazione web e ai dossier sul provvedimento per ulteriori dettagli sulle misure fiscali (e finanziarie) introdotte dal decreto-legge n. 104 del 2020.

 

Nel mese di settembre 2020 il Governo, nelle Linee guida per la definizione Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza trasmesse al Parlamento ha diffusamente illustrato i propri orientamenti di politica fiscale in seno alla gestione delle risorse europee.

La riforma fiscale, finalizzata a ridurre le disparità tra i cittadini e rendere più efficiente il sistema, è definita come una delle componenti più importanti del programma di Governo.

In risposta a quanto suggerito dalla Raccomandazione specifica del Consiglio Europeo si intende, quindi, procedere ad una revisione della tassazione per ridurre l’elevato cuneo fiscale sul lavoro e trasferire l’onere fiscale ad altre voci e in generale “dalle persone alle cose”. Sotto il profilo fiscale, nell’attuazione del Family Act, il Governo si prefigge, tra l’altro, di assicurare l’applicazione universale di benefici economici secondo criteri di progressività basati sull’ISEE, nonché riconoscere agevolazioni fiscali, esenzioni, deduzioni dall’imponibile o detrazioni dall’imposta sul reddito delle spese sostenute dalle famiglie per le attività educative e di apprendimento dei figli.

Nell’ambito della riforma si ribadisce l’intento di razionalizzare le spese fiscali e, in particolare, rivedere i sussidi ambientalmente dannosi (SAD). Al contempo, a parere del Governo le scelte fiscali devono supportare la politica industriale nel processo di riconversione successivo alla crisi sanitaria e accompagnare il cambiamento anche in senso sostenibile, agevolando le produzioni in quei settori dove l’emergenza epidemiologica ha evidenziato una carenza produttiva a fronte di una evidente necessità per gli approvvigionamenti nazionali. Con tali interventi, accompagnati dalla costante azione di lotta all’evasione, si punta a migliorare l’equità e l’efficienza del fisco e ad aumentare la propensione delle imprese ad investire e a creare reddito e occupazione. Per ridurre le vulnerabilità del Paese in termini di produttività del lavoro, l’azione del Governo è indirizzata su vari fronti, con una attenzione particolare al rafforzamento degli incentivi fiscali al welfare contrattuale e alla promozione della contrattazione decentrata.

Le Linee guida segnalano infine l’esigenza di rispondere alle sfide fiscali poste dalla digitalizzazione dell’economia. In questa prospettiva si ricorda il negoziato in sede OCSE sulla riforma della tassazione delle multinazionali, incluse quelle digitali.

Per una ricognizione complessiva delle politiche e priorità fiscali indicate dal Governo nelle predette Linee guida, nel quadro delle politiche economiche di gestione delle risorse europee, si rinvia più diffusamente al dossier predisposto dai Servizi di documentazione parlamentare.

Le politiche fiscali in seno alla manovra di bilancio 2021-2023

Si ricorda preliminarmente che nella Nota di aggiornamento al DEF il Governo stima che la pressione fiscale, a legislazione vigente, è attesa salire di un decimo di punto percentuale nel 2020, collocandosi al 42,5 per cento. Considerando l’intero periodo, si attende una crescita di circa 0,1 punti percentuali, attestandosi al 42,6 per cento nel 2023. Al netto delle misure riguardanti l’erogazione del beneficio dei 100 euro, la pressione fiscale a legislazione vigente passerebbe dal 41,8 per cento del 2020 al 41,9 per cento nel 2023.

In coerenza con quanto esposto nei precedenti documenti di finanza pubblica e nelle Linee guida per la definizione del PNRR, nella Nota il Governo chiarisce che tra i principali obiettivi della politica di bilancio per il 2021-2023 vi è l’attuazione di un’ampia riforma fiscale atta a migliorare l’equità, l’efficienza e la trasparenza del sistema tributario, riducendo anche il carico fiscale sui redditi medi e bassi, coordinandola con l’introduzione di un assegno unico e universale per i figli.

Il Governo intende attuare tale riforma sulla base di una legge delega che viene preannunciata come parte integrante del PNRR e dei relativi obiettivi intermedi e qualificata come disegno di legge collegato.

Nel medesimo orizzonte temporale, il Governo intende inoltre perseguire politiche di contrasto alle frodi e all’evasione fiscale e, in generale, di miglioramento della compliance (adempimento spontaneo dell’obbligo tributario) che, a parere dell’esecutivo, negli ultimi anni hanno conseguito risultati notevoli e superiori alle aspettative.

In via prudenziale, le proiezioni programmatiche del Governo non includono aumenti del gettito derivanti dal contrasto all’evasione. Si prevede, invece, la costituzione di un fondo da alimentare con le entrate effettivamente generate da tale attività antievasione, da destinare al finanziamento di interventi di riforma fiscale e alla riduzione del debito pubblico.

Pertanto il Governo intende adottare, con la prossima legge di bilancio 2021- 2023, interventi di natura fiscale, nuove politiche per il sostegno e lo sviluppo delle imprese e misure per la salvaguardia dell’occupazione e il rilancio degli investimenti pubblici e privati, i quali costituiscono parte integrante Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), da sottoporre al vaglio del Parlamento italiano e delle istituzioni europee.

 

Tra le risorse per il finanziamento degli interventi previsti dalla manovra di bilancio per il 2021-2023, accanto alla rimodulazione di alcuni fondi di investimento, l’utilizzo delle risorse messe a disposizione dal pacchetto Next generation Europe - NGEU e la revisione e riqualificazione della spesa della PA, il Governo include anche:

§  la revisione di alcuni sussidi dannosi dal punto di vista ambientale;

§  gli incrementi di gettito derivanti dal miglioramento della compliance, correlati anche all’incentivazione all’utilizzo degli strumenti elettronici di pagamento;

§  il gettito addizionale derivante dalla più elevata crescita generata dal programma di investimenti.

 

Per quanto attiene ai profili di interesse fiscale, a completamento della manovra di bilancio il Governo dichiara collegati alla decisione di bilancio i seguenti disegni di legge:

§  DDL delega riforma fiscale;

§  DDL delega riforma giustizia tributaria;

§  DDL riordino settore dei giochi;

§  DDL sull’autonomia differenziata di cui all’articolo 116, 3 comma, Cost..

 


 

Sistema sanitario

In tema di sanità rileva una parte della Raccomandazione  del Consiglio n. 1 per il 2020, che, tenendo conto della nuova realtà derivante dalla pandemia da Covid-19, invita il nostro Paese a rafforzare la resilienza e la capacità del sistema sanitario per quanto riguarda gli operatori sanitari, i prodotti medici essenziali e le infrastrutture, nonché a migliorare il coordinamento tra autorità statali e regionali.

 

Nei considerando della raccomandazione, si rileva che, anche alla luce dell'esperienza relativa alla pandemia di Covid-19, le politiche italiane nel settore sanitario devono essere intese, oltre che a migliorare i processi di governance e i piani di preparazione alle crisi, a colmare la carenza di investimenti pubblici nell'assistenza nonché a rimuovere gli impedimenti alla formazione, all'assunzione e al mantenimento in servizio del personale sanitario (anche a fronte delle attuali proiezioni relative alla forza lavoro nel settore).

 

Il Programma Nazionale di Riforma per il 2020 (PNR) ha individuato una serie di misure adottate in attuazione degli obiettivi descritti, dirette a migliorare l’efficienza del sistema sanitario, ad incrementare le risorse ad esso attribuite ed a potenziare il personale.

Nella stessa linea la risoluzione sul PNR 2020 [39] ha impegnato il Governo a favorire, in ambito sanitario, un migliore coordinamento tra Stato e Regioni, potenziando le misure già adottate nel periodo emergenziale da COVID-19, con particolare attenzione al miglioramento delle strutture sanitarie, all'incremento e alla formazione del personale, alla promozione di un nuovo ruolo del medico di medicina generale nonché al rafforzamento della medicina territoriale e dlle cure domiciliari.

In tale direzione le Linee guida  adottate dal Governo individuano la salute tra le sei missioni del Piano nazionale di rilancio e resilienza (PNRR). Più precisamente, le linee guida sottolineano l’importanza di rafforzare la resilienza e le capacità del Servizio sanitario nazionale (per quanto riguarda operatori sanitari, prodotti medici essenziali e infrastrutture) e la necessità di migliorare il coordinamento tra autorità nazionali e regionali. Per quanto riguarda investimenti e azioni di progetto (clusters di progetto), il Governo intende dare seguito alle misure a sostegno del SSN, adottate con i recenti provvedimenti, attraverso un piano di investimenti e di politica industriale di medio-lungo termine. Inoltre, perseguendo negli investimenti già effettuati, le linee guida intendono indirizzare una specifica linea di investimento allo sviluppo della sanità di prossimità e ad una più forte integrazione tra politiche sanitarie, politiche sociali e ambientali al fine di favorire una effettiva inclusione sociale dei pazienti cronici e fragili anche per superare le attuali carenze del sistema delle Residenze sanitarie assistenziali (RSA) e dei presidi sanitari nelle aree rurali e marginali del paese. Sono inoltre previsti investimenti nella digitalizzazione dell’assistenza medica e dei servizi di prevenzione, nonché la promozione del fascicolo sanitario elettronico e della telemedicina. In tale contesto, le Linee guida sottolineano, come intervento prioritario, la valorizzazione del personale sanitario.

La Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza individua, tra le principali azioni compiute in coerenza con le raccomandazioni del Consiglio 2020, quelle relative al sistema sanitario. Viene sottolineato come la crisi epidemica da Covid-19 abbia evidenziato l’importanza di un miglioramento e rafforzamento del sistema sanitario sia in termini di strutture e strumenti  che che in termini di ricerca e personale sanitario. Con il decreto legge 34/2020[40] (“decreto rilancio”) sono state previste misure per il potenziamento del servizio sanitario nazionale, della protezione civile e degli altri soggetti pubblici impegnati sul fronte dell’emergenza, tra le quali si ricordano l’aumento del numero di contratti di formazione specialistica dei medici, l’adozione di linee guida per la gestione delle Residenze sanitarie assistite (RSA) e le procedure concorsuali negli enti e nelle aziende del Servizio sanitario nazionale. Con il “Decreto agosto” (D.L. 104/2020)[41], all’esame del Parlamento, è stato incrementato il Fondo per le emergenze nazionali anche per la ricerca e l’acquisto di vaccini da industrie del settore ed è stato previsto che le Regioni possano incrementare per il 2020 gli importi già stanziati nel D.L. 18/2020[42] ("Cura Italia”) per la remunerazione del lavoro straordinario del personale sanitario. La Nota ricorda infine il sostegno fornito dalla Banca europea per gli investimenti (BEI), che ha concesso un prestito di due miliardi di euro, pari circa i due terzi delle risorse necessarie per gli interventi previsti dal “Decreto rilancio” nel settore sanitario.

 


 

3.2. Raccomandazione II - Lavoro, politiche sociali e famiglia, istruzione, ricerca e previdenza

 

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Raccomandazione n. 2: fornire redditi sostitutivi e un accesso al sistema di protezione sociale adeguati, in particolare per i lavoratori atipici; attenuare l'impatto della crisi sull'occupazione, anche mediante modalità di lavoro flessibili e sostegno attivo all'occupazione; rafforzare l'apprendimento a distanza e il miglioramento delle competenze, comprese quelle digitali.

 

Lavoro, politiche sociali e famiglia

Lavoro

Raccomandazioni e misure adottate dall’Italia

Il Consiglio dell’UE, nelle sue annuali Raccomandazioni, ha più volte sollecitato l'Italia ad intensificare le politiche attive del lavoro e ad introdurre meccanismi volti a favorire l’inserimento di donne e giovani nel mercato del lavoro.

In particolare, con la Raccomandazione n. 2 approvata dal Consiglio dell’UE nel luglio 2020 - che, insieme alle altre raccomandazioni proposte dalla Commissione europea e approvate dal Consiglio, tiene conto delle conseguenze della pandemia da COVID-19 – si richiede all’Italia di sostenere i redditi attenuando l’impatto della crisi epidemiologica sull’occupazione anche attraverso il rafforzamento delle politiche attive del lavoro e la previsione di modalità di lavoro flessibili.

 

Su tali tematiche ed in particolare sugli impegni assunti dal Governo con il Piano nazionale di riforma, è intervenuta la Risoluzione n.6-00124, approvata il 29 luglio scorso dalla Camera dei deputati, con la quale la maggioranza ha impegnato il Governo, tra l’altro, a proseguire il lavoro intrapreso per l'attuazione della riforma degli ammortizzatori sociali, rafforzando gli strumenti di integrazione al reddito in costanza di rapporto di lavoro - anche prevedendo misure specifiche per il sostegno al reddito in favore dei lavoratori autonomi, liberi professionisti e per particolari categorie di lavoratori non inclusi nelle tutele delle ordinarie integrazioni salariali - e il ruolo delle politiche attive del lavoro.

 

Nella Nota di aggiornamento il Governo pone l’accento sullo sforzo prodotto a sostegno dell’occupazione e sulle misure conseguentemente adottate nel corso del 2020, volte a preservare i livelli occupazionali e ad estendere le misure di sostegno al reddito per le diverse categorie di lavoratori, che hanno mitigato le perdite di occupazione che si sarebbero altrimenti registrate.

Dopo aver preliminarmente ricordato come vi sia stato un forte calo dell’occupazione nel primo semestre del 2020 (-1,5 per cento, pari a -349.000 unità, rispetto allo stesso periodo del 2019), la Nota, infatti, evidenzia che - a seguito delle misure introdotte con il decreto legge Cura Italia n. 18 del 2020, prorogate poi, da ultimo, dal decreto Sostegno e Rilancio n. 104 del 2020 - al 10 settembre risultavano erogate, solo per la parte INPS, prestazioni per un totale di 22,6 miliardi a favore di una platea di 13,9 milioni di beneficiari, di cui 6,4 milioni erano lavoratori in Cassa integrazione guadagni (CIG) (3,4 con pagamento diretto a carico dell’INPS) per un monte ore autorizzato di 2,8 miliardi.

In merito ai risultati di tale impegno, la Nota evidenzia che l’occupazione è aumentata sia in luglio sia in agosto - con incrementi congiunturali dello 0,4 per cento in entrambi i mesi e un acquisito nel trimestre di 0,5 punti percentuali – e sottolinea che si prevede un aumento delle unità di lavoro in misura solo lievemente inferiore al PIL; il numero di occupati salirà in misura nettamente inferiore e la ripresa delle ore lavorate avverrà principalmente tramite il riassorbimento dei lavoratori per i quali nel 2020 le aziende hanno usufruito della Cassa integrazione.

 

Tra le misure adottate al fine di sostenere il reddito dei lavoratori e l’occupazione, la Nota sottolinea quelle prorogate o introdotte dal richiamato decreto legge 104/2020 e, in particolare:

§  la proroga della CIG in deroga con causale specifica Covid-19 di 18 settimane da utilizzare tra il 13 luglio e il 31 dicembre 2020;

§  la previsione di sgravi contributivi in favore delle aziende che non richiedono l’estensione dei trattamenti di CIG o che assumono lavoratori a tempo indeterminato (o che trasformano un contratto a termine in uno a tempo indeterminato);

§  l’introduzione di uno sgravio del 30 per cento sui contributi datoriali per le aziende situate nelle aree svantaggiate del Mezzogiorno e delle isole;

§  la conferma, salvo determinate eccezioni, del divieto di procedere a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo per i datori di lavoro che non hanno integralmente fruito della CIG o dell’esonero dai contributi previdenziali;

§  la previsione di interventi volti a favorire la conciliazione vita-lavoro e a sostenere i genitori lavoratori con figli, attraverso contributi economici e congedi straordinari;

§  lo stanziamento di 150 milioni di euro per il sostegno ai Comuni per il potenziamento di centri estivi, servizi socioeducativi territoriali e centri con funzione educativa e ricreativa, nonché per interventi di contrasto al fenomeno della povertà educativa;

§  l’estensione, dal 20 luglio 2020, anche ai soggetti diciottenni dei benefici incrementativi in materia di trattamenti di invalidità civile (il cd. incremento al milione).

Il Governo precisa che le citate misure di sostegno occupazionale eccezionali rientrano tra quelle previste dal nuovo strumento europeo di sostegno temporaneo contro i rischi di disoccupazione (SURE) per il quale il 25 settembre il Consiglio UE ha riconosciuto all’Italia 27,4 miliardi di prestiti.

Le politiche del lavoro nella manovra di bilancio 2021-2023

Per quanto riguarda gli interventi che il Governo intende adottare in tema di lavoro, la Nota anticipa che nella prossima legge di bilancio si prevedono risorse significative per il sostegno all’occupazione e ai redditi dei lavoratori - in particolare nei settori più impattati dall’emergenza Covid-19 e con particolare riferimento al primo anno di programmazione, il 2021 - e per il taglio contributivo al Sud già introdotto dal menzionato decreto-legge 104/2020 limitatamente alla seconda metà del 2020.

Si prevede inoltre, il completamento del finanziamento del taglio del cuneo fiscale sul lavoro dipendente.

Nell’ambito della manovra di bilancio, il Governo dichiara collegati alla legge di bilancio i seguenti disegni di legge in materia lavoristica:

§  DDL di riforma degli ammortizzatori sociali;

§  DDL per l’aggiornamento e il riordino della disciplina in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;

§  DDL in materia di salario minimo e rappresentanza delle parti sociali nella contrattazione collettiva;

§  DDL recante “Disposizioni in materia di lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni”.

L’azione del Governo nel Piano nazionale di ripresa e resilienza

Nell’ambito delle tematiche suesposte, la Nota ricorda, inoltre, che le Linee guida del Piano nazionale di ripresa e resilienza presentato dal Governo per il Recovery Plan, individuano la missione n. 5 denominata “Equità sociale, di genere e territoriale”, che si prefigge, tra l’altro, di:

§  realizzare un Piano Nazionale per le nuove competenze, volto a migliorare le competenze dei lavoratori e dei disoccupati e a rafforzare le politiche di lifelong learning e il re-skilling e up-skilling delle donne;

§  potenziare le politiche attive del lavoro e l’integrazione tra i servizi territoriali;

§  tutelare il reddito dei lavoratori e promuovere la qualità del lavoro, anche mediante il potenziamento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;

§  intensificare la lotta alla disparità di genere anche attraverso la riduzione del gender pay gap;

§  promuovere l’occupazione giovanile;

§  contrastare il lavoro sommerso.


 

Politiche sociali e famiglia

La Relazione per paese 2020 ha rilevato che in Italia continua a mancare un adeguato coordinamento e una strategia globale che combini un sistema fiscale più efficiente con l'accesso a servizi/misure di assistenza, volti a conciliare la vita professionale e la vita familiare.

La necessità di costruire un quadro organico e coerente delle politiche per la famiglia in grado di migliorare la coesione sociale, la solidarietà intergenerazionale e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro è stata riconosciuta all’interno del PNR con la previsione di un Piano strutturale e integrato di politiche familiari (Family Act) “raccordato a riforma IRPEF nonché a politiche attive per il lavoro e l’occupazione giovanile”.

Tali tematiche sono state ampiamente sviluppate dalle Linee guida per la realizzazione del PNRR che, come ricordato dalla Nadef, comprendono tra le missioni, quella dedicata a Equità sociale, di genere e territoriale (n.5), e, fra le politiche e riforme di supporto al Piano, comprendono il sostegno alla famiglia e alla genitorialità (declinato nel cluster di progetto “Piano della Famiglia raccordato a riforma IRPEF”).  La Nota ricorda inoltre che un’attenzione particolare verrà riservata alle politiche per l’infanzia attraverso l’aumento dell’offerta dei nidi e la mappatura dei servizi su tutto il territorio nazionale in line con quanto previsto dal “Family act”.

 

Va ricordato che disegno di legge A.C. 2561 Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia, collegato alla legge di bilancio 2020 e approvato dal Consiglio dei Ministri n. 51 dell’11 giugno 2020, è all’esame della XII Commissione della Camera.


 

Istruzione, università e ricerca di base

La Raccomandazione n. 2 del Consiglio sul programma nazionale di riforma dell’Italia 2019 invitava l’Italia ad adottare provvedimenti nel 2019 e 2020 finalizzati, tra l’altro, a migliorare i risultati scolastici, anche mediante adeguati investimenti mirati, e promuovere il miglioramento delle competenze, in particolare rafforzando le competenze digitali. La Raccomandazione n. 2 del Consiglio sul programma nazionale di riforma dell’Italia 2020 invitava l'Italia ad adottare provvedimenti nel 2020 e nel 2021 al fine, tra l’altro, di rafforzare l'apprendimento a distanza e il miglioramento delle competenze, comprese quelle digitali.

Nello specifico, il Considerando n. 19 delle Raccomandazioni 2020 sottolineava che l'emergenza sanitaria ha mostrato la necessità di migliorare l'apprendimento e le competenze digitali, in particolare per quanto riguarda gli adulti in età lavorativa e l'apprendimento a distanza. Investire nell'istruzione e nelle competenze è fondamentale per promuovere una ripresa intelligente e inclusiva e per mantenere la rotta verso la transizione verde e digitale. A tale riguardo, i risultati in termini di istruzione e formazione continuano a rappresentare una sfida importante per l'Italia. Evidenziava, infatti, che il conseguimento delle competenze di base varia notevolmente tra le regioni e il tasso di abbandono scolastico è ben al di sopra della media dell'Unione (nel 2019, 13,5% contro 10,3%), in particolare per gli studenti che non sono nati nell'Unione (33%), e che, in un contesto di limitazione della mobilità, le disparità regionali e territoriali rischiano di inasprirsi. In quest'ottica, è particolarmente importante investire nell'apprendimento a distanza, nonché nell'infrastruttura e nelle competenze digitali di educatori e discenti. L'Italia ha anche una percentuale di laureati in scienze e ingegneria inferiore alla media dell'Unione e il tasso di istruzione terziaria rimane molto basso (nel 2019, 27,6%).

 

 

Al riguardo, si ricorda che, con le risoluzioni sulle sezioni I e II del Documento di economia e finanza (DEF), approvate ad aprile 2020 (Risoluzione n. 6/00108 della Camera dei deputati e Risoluzione n. 6/00108 del Senato), il Parlamento ha impegnato il Governo, per quanto qui maggiormente interessa, a promuovere lo sviluppo del capitale umano e a prevedere un articolato Piano nazionale di riforme che, tra le altre misure, preveda la revisione e la riqualificazione della spesa pubblica, orientando la stessa verso un rafforzamento della spesa per l'istruzione scolastica e universitaria.

Con le successive risoluzioni sul Programma nazionale di riforma (PNR), approvate a fine luglio 2020 (Risoluzione n. 6/00124 della Camera dei deputati e Risoluzione n. 6/00126 del Senato), il Parlamento ha impegnato il Governo, in particolare, a:

§  incrementare la spesa per ricerca, istruzione, innovazione e digitalizzazione;

§  favorire gli investimenti pubblici e privati per garantire la messa in sicurezza degli edifici, con particolare attenzione alla ristrutturazione, riqualificazione o costruzione di edifici destinati a asili nido e scuole;

§  garantire la piena ripresa in sicurezza delle attività scolastiche, attraverso il potenziamento degli strumenti tecnologici, della connettività e delle dotazioni materiali, nonché attraverso l'incremento del personale docente e tecnico.

La Nota di aggiornamento al DEF 2020 – evidenzia che i progressi in termini di istruzione e formazione continuano a rappresentare una sfida importante per l’Italia e che azioni incisive in questo comparto appaiono essenziali per promuovere la ripresa.

La Nota fa, dunque, presente che particolari sforzi e risorse saranno indirizzati verso gli investimenti in istruzione e ricerca, con l’obiettivo di fare un salto significativo nella quantità delle risorse e nella qualità delle politiche. In particolare, un’importante componente della politica di bilancio per il 2021-2023 sarà l’utilizzo delle risorse previste da Next Generation EU (NGEU) per incrementare, tra l’altro, quelle destinate a ricerca, digitalizzazione, formazione e istruzione.

Nell’ambito delle principali azioni in risposta alle Raccomandazioni 2020, nello specifico paragrafo relativo a Istruzione e università, la Nota di aggiornamento, ricordato che l’emergenza sanitaria ha imposto nel periodo marzo-giugno 2020 la prosecuzione dell’anno scolastico attraverso la didattica a distanza, evidenzia che la ripresa della frequenza scolastica in presenza da settembre ha necessitato di nuovi fondi.

Al riguardo, si ricordano in particolare:

§  la previsione della possibilità di derogare, nei soli casi necessari, al numero minimo e massimo di alunni per classe, e di attivare ulteriori incarichi temporanei di personale docente e ATA a tempo determinato dalla data di inizio delle lezioni e fino al termine delle stesse, utilizzando le risorse del Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19, istituito inizialmente con uno stanziamento di € 377,6 mln nel 2020 ed € 600 mln nel 2021 (artt. 231-bis e 235 del D.L. 34/2020–L. 77/2020). Successivamente, il D.L. 104/2020 ha incrementato il medesimo Fondo di € 400 mln nel 2020 e di € 600 mln nel 2021, destinando l’incremento, tra l’altro, oltre che alle finalità sopra indicate, all'acquisizione di ulteriori spazi da destinare all'attività didattica nell'a.s. 2020/2021 e al sostegno di patti di comunità finalizzati ad ampliare la permanenza a scuola degli allievi (art. 32, co. 1, 2, 3, 5);

§  l’incremento di € 331 mln per il 2020 del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche per interventi volti a garantire nelle scuole statali lo svolgimento dell’a.s. 2020/2021 in condizioni di sicurezza. Le risorse devono essere destinate, tra l’altro, a: acquisto di dispositivi di protezione e materiali per l’igiene individuale e degli ambienti; interventi in favore della didattica per gli studenti con disabilità, disturbi specifici di apprendimento ed altri bisogni educativi speciali; adattamento degli spazi interni ed esterni (art. 231, co. 1-5, 9, 10, 11 e 12, del D.L. 34/2020-L. 77/2020);

§  l’incremento di € 580 mln per il 2020 del Fondo per le emergenze nazionali (art. 44 del d.lgs. 1/2018) da destinare, per € 500 mln, alle attività di acquisizione e distribuzione delle apparecchiature e dei dispositivi di protezione individuale, nonché dei beni strumentali, compresi gli arredi scolastici, per garantire l’ordinato avvio dell’a.s. 2020/2021 e contenere e contrastare l'eventuale emergenza nelle istituzioni scolastiche statali (art. 34 del D.L. 104/2020);

§  l’autorizzazione di spesa per € 54 mln per il 2020, al fine di garantire la sostituzione del personale docente, educativo, e ATA delle istituzioni scolastiche pubbliche, in relazione ad alcune condizioni di rischio per la salute, e per € 1,5 mln per il 2020, al fine di garantire la sostituzione del medesimo personale che usufruisca dei congedi in corrispondenza della quarantena prevista per un figlio convivente minore di 14 anni in caso di contagio a seguito di contatto verificatosi all'interno del plesso scolastico, nell'ambito dello svolgimento di attività sportive di base o motorie, nonché all’interno di strutture regolarmente frequentate per seguire lezioni musicali o linguistiche (artt. 26, co. 1-ter, e 21-bis, co. 8, del D.L. 104/2020, come modificato durante l’esame parlamentare).

 

Nello stesso paragrafo, si evidenzia che rilevanti novità sono state introdotte anche in ambito accademico.

Al riguardo, si ricorda, in particolare, che il D.L. 18/2020 (L. 27/2020) ha posticipato (dal 2021) al 2023 l’applicazione delle penalizzazioni economiche previste – nell’ambito dei criteri di ripartizione delle risorse ordinarie – per le università statali che non hanno rispettato il fabbisogno finanziario programmato nell’esercizio precedente (art. 236, co. 7).

A sua volta, il D.L. 76/2020 (L. 120/2020) ha previsto:

§  la possibilità che le università sperimentino, sulla base di accordi di programma con il MUR, propri modelli funzionali e organizzativi, ivi comprese modalità di composizione e costituzione degli organi di governo e forme sostenibili di organizzazione della didattica e della ricerca su base policentrica (art. 19, co .1, lett. a);

§  che i trasferimenti tra professori e ricercatori consenzienti possono avvenire, a regime, anche, a determinate condizioni, attraverso scambi contestuali tra soggetti con qualifica diversa (art. 19, co. 1, lett. c));

§  la possibilità di anticipare già a dopo il primo anno di contratto per ricercatore a tempo determinato di tipo B il passaggio nel ruolo dei professori associati (art. 19, co. 1, lett. f)).

Si ricorda, altresì, che, da ultimo, il D.L. 104/2020, come modificato durante l’esame parlamentare, ha previsto che anche le istituzioni AFAM, alle stesse condizioni previste per le università, possono sperimentare propri modelli funzionali e organizzativi, comprese modalità di costituzione e composizione degli organi di governo, nonché forme sostenibili di organizzazione dell’attività di ricerca (e non anche, in questo caso, della didattica: art. 33, co. 2-bis).

 

Inoltre, nel paragrafo relativo al Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, la Nota di aggiornamento – rammentato che la Commissione europea ha incoraggiato gli Stati membri a presentare i Piani nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR, che rappresentano lo strumento per accedere alle risorse messe in campo dalla UE nell’ambito del NGEU) in diverse aree, tra cui “adeguare i sistemi di istruzione al potenziamento delle competenze digitali” – evidenzia che, nell’ambito della missione 4 delle Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), trasmesse dal Governo alle Camere il 15 settembre 2020, relativa a Istruzione, formazione, ricerca e cultura, è indicato che il PNRR punterà a migliorare la qualità dei sistemi di istruzione e formazione, al fine di innalzare i risultati educativi. A ciò contribuiranno gli interventi di supporto al diritto allo studio, nonché gli interventi infrastrutturali per innalzare la qualità degli ambienti di apprendimento scolastici e universitari. Nel miglioramento della didattica un ruolo importante sarà svolto dalla digitalizzazione. Si interverrà, inoltre, con politiche specifiche per rafforzare le competenze dei laureati e dei dottori di ricerca, nonché la formazione nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), che dovrà essere promossa tra le future generazioni a partire dalla più giovane età. Verranno altresì creati gli innovation ecosystems, luoghi di contaminazione di didattica avanzata, ricerca, laboratori pubblico-privati e terzo settore per rafforzare le ricadute sociali ed economiche delle attività di ricerca.

Al riguardo, si ricorda che le Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, premesso che la ridotta crescita del PIL, nettamente inferiore alla media dei Paesi avanzati, è almeno in parte spiegata da gap tecnologici ed educativi, evidenziano che si punterà ad incrementare la spesa pubblica per l’istruzione, in special modo terziaria, con un rilevante effetto sull’incremento della produttività nel medio periodo, e che un ruolo rilevante per accrescere la produttività è affidato a politiche che consentano l’acquisizione e l’aggiornamento delle competenze e che rafforzino le sinergie tra mondo del lavoro, imprese e istruzione, riducendo il marcato disallineamento fra le qualifiche richieste e quelle disponibili (skills mismatch). Evidenziano, altresì, che la strategia complessiva di riforma e politica economica del PNRR contribuirà al raggiungimento degli obiettivi quantitativi di lungo termine “Abbattere l’incidenza dell’abbandono scolastico e dell’inattività dei giovani” e “Migliorare la preparazione degli studenti e la quota di diplomati e laureati”.

Le stesse Linee guida evidenziano anche che si interverrà sull’attuale assetto dei corsi universitari, da un lato rendendo le lauree triennali un percorso professionalizzante, con profili maggiormente allineati alle esigenze del mondo produttivo e, dall’altro, rafforzando il ruolo di approfondimento e ulteriore qualificazione delle lauree magistrali e migliorando il livello dei dottorati di ricerca, anche tramite forme di collaborazione più avanzata con istituti di ricerca e aziende impegnate nei settori più innovativi. Inoltre, si rafforzerà la rete degli Istituti tecnici superiori (ITS) e sarà rivolta attenzione anche alla popolazione in età lavorativa con l’attivazione di politiche di lifelong-learning e formazione dei lavoratori e dei cittadini disoccupati e inattivi.

Infine, si interverrà con azioni volte a supportare i giovani ricercatori e a potenziare le infrastrutture di ricerca.

 

Nella seduta del 29 settembre 2020, la VII Commissione della Camera, esaminato e valutato favorevolmente lo schema di relazione all'Assemblea sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund deliberato dalla V Commissione nella seduta del 23 settembre, ha formulato alcuni rilievi relativi all'area tematica Istruzione, formazione, ricerca e cultura, fra i quali:

-      è essenziale non solo attivare politiche di lifelong learning, per favorire l'apprendimento nella popolazione di età adulta, ma anche valorizzare la formazione nella fase che precede la scuola primaria (cioè, nella fascia 0-6 anni), garantendo la presenza di una rete di strutture formative capillarmente diffusa su tutto il territorio nazionale ed effettivamente accessibile a tutte le famiglie;

-      con riferimento alle infrastrutture scolastiche e universitarie, è importante che gli interventi non siano limitati alla riqualificazione energetica e ai miglioramenti tecnologici e antisismici, ma siano ampliati a un rinnovamento complessivo degli ambienti di apprendimento;

-      le competenze insegnate non devono semplicemente essere adeguate alle esigenze dell'economia e agli standard internazionali, ma devono anche e innanzitutto tendere a formare cittadini consapevoli, forniti degli strumenti culturali e cognitivi che occorrono per comprendere le dinamiche e le sfide del loro tempo;

-      occorre valorizzare la professionalità del personale docente e in generale di tutto il personale della scuola, prevedendo sistemi di reclutamento stabili e consolidati, anche con l'obiettivo di porre fine al fenomeno del precariato scolastico, percorsi adeguati di formazione continua obbligatoria e retribuita, in particolare sulle innovazioni didattiche e digitali, retribuzioni in linea con la media dei Paesi UE;

-      occorre un cospicuo investimento per il finanziamento del diritto allo studio universitario e la realizzazione di infrastrutture di edilizia residenziale per gli studenti universitari non residenti nelle città sedi delle università, nonché l'avvio di politiche di accompagnamento al mondo universitario che superino la logica dell'orientamento, così come attualmente concepito;

-      occorre realizzare un piano di azioni integrato formazione/cultura che abbia come finalità principale il contrasto della povertà educativa e culturale, con interventi concentrati a partire dai territori socialmente ed economicamente svantaggiati e con indici maggiori di dispersione scolastica.

 

Infine, la NADEF segnala che, a completamento della manovra di bilancio 2020-2022, il Governo dichiara quali collegati alla decisione di bilancio:

§  un disegno di legge in materia di titoli universitari abilitanti;

§  un disegno di legge di riordino del settore dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica.


 

Previdenza

Con riferimento al tema previdenziale, occorre innanzitutto ricordare che la Raccomandazione n.1 del Consiglio dell’Unione europea del 2019, chiedeva all’Italia di attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni nella spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita[43].

Sulle prescrizioni della predetta Raccomandazione, la Relazione per Paese relativa all’Italia 2020, registrava, peraltro, “nessun progresso nella riduzione del peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica”, ed anzi, nella valutazione degli squilibri dell’Italia, si prevedeva che “nel 2020 i nuovi regimi sociali introdotti nel 2019 andranno a gravare ulteriormente sulle finanze pubbliche e le norme pensionistiche peggioreranno la tendenza a destinare sempre più la spesa pubblica alle pensioni di vecchiaia e di anzianità.

Con il Piano nazionale delle riforme, in riferimento alla previdenza, il Governo si impegna nel rafforzamento della sostenibilità, anche di lungo periodo, del sistema previdenziale e della previdenza complementare, al fine di limitarne il peso sul debito pubblico.

 

In funzione di questo obbiettivo, si rileva di aver già intrapreso un confronto con le parti sociali in vista della conclusione della sperimentazione di ‘Quota 100’, (che la legislazione vigente fissa per fine 2021), valutando le scelte in materia alla luce della sostenibilità del sistema previdenziale e del debito pubblico garantendo al contempo il rispetto per l’equità intergenerazionale e il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica.

 

Nella Nota di aggiornamento in commento, l’esecutivo si sofferma sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano e delle spese pubbliche connesse all’invecchiamento[44], rilevando, preliminarmente come gli effetti della emergenza sanitaria non modifichino i parametri strutturali sottostanti agli scenari macroeconomici e demografici di riferimento e quindi non alterino le previsioni di medio-lungo periodo relative alle spese connesse all’invecchiamento, riferite alla spesa per pensioni, sanità, long-term care, ammortizzatori sociali e istruzione.

Con riferimento specifico all’andamento di medio-lungo periodo della spesa pubblica per pensioni, in rapporto al PIL, esso sconta gli effetti delle misure contenute negli interventi di riforma adottati nel tempo, tra cui la l’applicazione del  regime contributivo (Legge  n. 335/1995) e le regole che, “elevando i requisiti di accesso per il pensionamento di vecchiaia ed anticipato, hanno migliorato in modo significativo la sostenibilità del sistema pensionistico, garantendo una maggiore equità tra le generazioni. Infine, a partire dal 2013, tutti i requisiti di età (inclusi quelli per l’accesso all’assegno sociale) e quello contributivo per l’accesso al pensionamento anticipato indipendentemente dall’età anagrafica sono periodicamente indicizzati alle variazioni della speranza di vita, misurata dall’ISTAT. Con medesima periodicità ed analogo procedimento è previsto, inoltre, l’adeguamento dei coefficienti di trasformazione in funzione delle probabilità di sopravvivenza: entrambi gli adeguamenti, rientrando interamente nella sfera di azione amministrativa garantiscono la certezza delle date prefissate per le future revisioni.

La previsione tiene conto degli interventi normativi contenuti nella Legge n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019) e delle misure previste dal Decreto Legge n. 4/2019, convertito con la Legge n. 26/201920 che ha introdotto agevolazioni nell’accesso al pensionamento anticipato consentendo, in particolare, l’anticipo del pensionamento ai soggetti che maturano, in via congiunta, i requisiti anagrafici e contributivi rispettivamente di 62 anni di età e di 38 anni di contributi entro il 31 dicembre 202121 e, stabilendo la disapplicazione dell’adeguamento del requisito contributivo per l’accesso al pensionamento anticipato indipendente dall’età anagrafica agli incrementi della speranza di vita per l’intero periodo.

 

Nel seguente grafico è riportato l’andamento della spesa pubblica per pensioni rispetto al PIL.

 

 

 

 


 

3.3. Raccomandazione III – Imprese, investimenti, transizione verde e digitale, coesione territoriale e Sud

 

lente

 

Raccomandazione n. 3: garantire l'effettiva attuazione delle misure volte a fornire liquidità all'economia reale, in particolare alle piccole e medie imprese, alle imprese innovative e ai lavoratori autonomi, ed evitare ritardi nei pagamenti; anticipare i progetti di investimento pubblici maturi e promuovere gli investimenti privati per favorire la ripresa economica; concentrare gli investimenti sulla transizione verde e digitale, in particolare su una produzione e un uso puliti ed efficienti dell'energia, su ricerca e innovazione, sul trasporto pubblico sostenibile, sulla gestione dei rifiuti e delle risorse idriche e su un'infrastruttura digitale rafforzata per garantire la fornitura di servizi essenziali;

 

Misure di sostegno alla liquidità e capitalizzazione

La Raccomandazione del Consiglio sul PNR dell’Italia del 20 luglio 2020 (2020/C 282/12) evidenzia come la crisi COVID-19 abbia rafforzato la necessità di sostenere l’accesso ai finanziamenti per le imprese. L’Italia ha adottato molti regimi per sostenere il flusso di liquidità alle imprese, in particolare nell’ambito del Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza (cd. Temporary framework).

L’efficacia di tali regimi, afferma il Consiglio UE, anche attraverso garanzie convogliate dal sistema bancario, è fondamentale per garantire che possano beneficiarne tutte le imprese, soprattutto le piccole e medie imprese (PMI), quelle dei settori e delle aree geografiche più colpite e le imprese innovative.

Anche le sovvenzioni dirette e gli incentivi al finanziamento basato sul mercato possono sostenere la liquidità delle PMI e delle imprese innovative, le quali (spesso prive di garanzie reali) incontrano maggiori difficoltà ad accedere al credito e la crisi attuale potrebbe peggiorare la situazione (cfr. considerando n. 20).

Pertanto, il Consiglio raccomanda all’Italia (CSR 3) di garantire l’effettiva attuazione delle misure volte a fornire liquidità all’economia reale, comprese le PMI, le imprese innovative e i lavoratori autonomi, ed evitare ritardi nei pagamenti. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) dovrà essere dunque coerente con le indicazioni del Consiglio.

 

La Nota di aggiornamento al DEF 2020 fornisce i dati attuativi di alcune delle principali misure adottate a sostegno della liquidità, dai quali emerge una particolare efficacia realizzativa di quelle inerenti le garanzie straordinarie concesse dal Fondo di garanzia PMI, rifinanziato a tal fine, da ultimo, per il triennio 2023-2025, dal D.L. n. 104/2020 (art. 64).

Anche la moratoria sui prestiti e mutui, introdotta dal D.L. n. 18/2020 (art. 56), è stata oggetto di proroga con il medesimo provvedimento (art. 65), fino al 31 gennaio [per le imprese del comparto turistico, sino al 31 marzo 2020 (art. 77)].

 

L’accesso alle misure di sostegno alla liquidità: recenti dati attuativi e segnalazioni sull’operatività delle misure

 

Il 7 ottobre scorso, la Task Force per le misure sostegno della liquidità (MEF, MISE, BANCA D'ITALIA, ABI, MEDIO CREDITO CENTRALE, SACE) ha pubblicato un comunicato (qui il link) in cui ha diffuso i dati attuativi settimanali aggiornati relativi alle moratorie e alle garanzie SACE e Fondo di garanzia PMI.

Secondo tali dati, si attestano a circa 2,7 milioni le domande di adesione alle moratorie su prestiti per un valore di circa 300 miliardi, mentre è circa 88 miliardi il valore delle richieste di garanzia per i nuovi finanziamenti bancari per le micro, piccole e medie imprese presentati al Fondo di Garanzia per le PMI.

Con particolare riferimento al Fondo, le domande arrivate e relative alle misure introdotte con il decreto legge ‘Cura Italia’ (D.L. n. 18/2020) e il decreto legge ‘Liquidità’ (D.L. n. 23/2020) sono 1.135.241, pari ad un importo di circa 87,7 miliardi di euro.

Di queste, oltre 925.828 sono riferite a finanziamenti fino a 30.000 euro, con percentuale di copertura al 100%, per un importo finanziato di circa 18,2 miliardi di euro che, secondo quanto previsto dalla norma, possono essere erogati senza attendere l’esito definitivo dell’istruttoria da parte del Gestore del Fondo.

Attraverso ‘Garanzia Italia’ di SACE sono state concesse garanzie per 15,3 miliardi di euro, su 677 richieste ricevute.

Di questi, circa 7,8 miliardi di euro riguardano le prime quattro operazioni garantite attraverso la procedura ordinaria prevista dal decreto legge ‘Liquidità’, relativa ai finanziamenti in favore di imprese di grandi dimensioni, con oltre 5.000 dipendenti in Italia e con un valore del fatturato superiore agli 1,5 miliardi di euro.

Lo stesso 7 ottobre, Banca d’Italia ha pubblicato le principali indicazioni emerse dall’analisi delle segnalazioni indirizzate alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario e alla Banca d’Italia stessa in relazione a problemi nell’accesso alle misure di sostegno alla liquidità introdotte con i decreti legge “Cura Italia” e “Liquidità” (qui il link).

Dopo un picco nel mese di aprile (determinato prevalentemente dalle comunicazioni indirizzate alla Commissione) e uno in quello di maggio (prevalentemente riconducibile alle iniziative di promozione e pubblicità dell’attività dell’helpdesk), le segnalazioni (in particolare quelle contenenti lamentele: cfr. Fig. successiva) hanno registrato un trend marcatamente decrescente, accentuatosi nel mese di agosto.

Gli indicatori resi noti della Banca d’Italia sembrano pertanto andare nella direzione di una maggiore efficacia delle misure, per alcune delle quali gli operatori chiedono anzi una estensione.

Cfr. di seguito, un Grafico pubblicato nel documento.

 

 

Come segnala il documento, prosegue nel mese di settembre la marcata riduzione delle segnalazioni relative alle misure previste dal decreto legge Liquidità – D.l. 23/2020 (45 segnalazioni). Rispetto al mese di agosto si registra un leggero calo in termini di incidenza percentuale: tali segnalazioni sono state pari al 37 per cento del totale nel mese di settembre; in particolare quelle sui finanziamenti fino a 25.000 euro (ora 30.000) hanno rappresentato il 32 per cento.

Tra le principali lamentele si annoverano:

i) l’effettuazione di un’istruttoria ordinaria sul merito creditizio, anziché di una semplificata (10 in valore assoluto);

ii) lungaggini procedurali (8 in valore assoluto).

Permangono contenute anche le segnalazioni relative a problematiche nella concessione delle moratorie di mutui e prestiti (poco più di 40 segnalazioni). È stabile la loro incidenza percentuale: circa il 34 per cento del totale.

Le segnalazioni hanno riguardato soprattutto l’inadeguatezza della motivazione circa il diniego del beneficio (16 in valore assoluto) e situazioni non contemplate dalle previsioni di legge, come i mutui per ristrutturazione e per la seconda casa, il credito al consumo (c.d. dinieghi di moratoria per assenza dei requisiti: 11 in valore assoluto).

Queste ultime fattispecie, più che indicare insoddisfazione nei confronti degli intermediari, continuano a evidenziare la richiesta di una parte della clientela di ampliare l’ambito di applicazione delle misure governative.

Anche le lamentele di carattere trasversale, concernenti carenze nell’attività d’informazione e supporto alla clientela e disservizi legati alla sospensione dell’operatività delle dipendenze, confermano la netta diminuzione in valore assoluto già registrata nel mese di agosto (29 in tutto il mese di settembre) e hanno rappresentato il 23 per cento del totale nel periodo di riferimento.

 

La Nota richiama inoltre, le recenti misure a supporto della liquidità introdotte con il Decreto legge cd. “Agosto” (D.L. n. 104/2020) per il sostegno delle imprese operanti nei settori ricreativo ristorativo e dell’intrattenimento nonché per gli esercenti dei centri storici (art. 58 e 59), nonché le forme di incentivazione agli acquisti cashless.

 

Con riferimento al rafforzamento patrimoniale e alla ricapitalizzazione, la NADEF richiama le misure contenute nel cd. D.L. “Agosto” (D.L. n. 104/2020), per la sottoscrizione di aumenti di capitale e il rafforzamento patrimoniale di società controllate dallo Stato (art. 66) e il potenziamento dei Piani individuali di risparmio alternativi (art. 68).

Sono stati inoltre rifinanziati una serie di interventi, già operativi da anni, che hanno mostrato una particolare efficacia in termini di supporto finanziario alle imprese, come la cd. ‘Nuova Sabatini’ e i contratti di sviluppo (art. 60). Numerosi interventi hanno poi avuto carattere settoriale, per il sostegno agli operatori maggiormente colpiti dalla crisi, tra questi il settore della cultura, dei trasporti, il settore agricolo e della pesca, quello tessile, della moda e degli accessori (si rinvia, sul punto, al quadro di sintesi degli interventi introdotti dal D.L. “Agosto”, in corso di esame parlamentare per la sua conversione in legge).

 


 

Investimenti pubblici

La NADEF[45] evidenzia che la spesa per investimenti pubblici è prevista in crescita dell’8,4% nel 2020 e del 6,5% nel 2020 e 2021, con una lieve diminuzione nel 2023 (-1,8%), conseguente al ridimensionamento delle risorse stanziate dagli ultimi interventi di sostegno all’economia. Ciò nonostante nel 2023 il rapporto fra investimenti pubblici a PIL si attesterebbe al 2,7%, in crescita rispetto al 2,3% del 2019.

Si segnala che le Linee Guida del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR), presentate a metà settembre, prevedono, tra gli obiettivi quantitativi da raggiungere con il contributo delle risorse europee, di “portare gli investimenti pubblici sopra al 3 per cento del PIL”.

Nel quadro delle politiche e riforme di contesto per il sostegno a imprese e famiglie, la NADEF identifica nel settore degli investimenti pubblici alcuni aspetti prioritari sui quali saranno adottati specifici interventi.

Viene, in particolare, annunciata l’intenzione di intervenire sulla capacità progettuale delle pubbliche amministrazioni attraverso un processo efficace di programmazione e realizzazione delle opere eliminando sprechi e inefficienze, anche mediante una revisione di alcune disposizioni del Codice dei contratti pubblici.

Tra gli interventi già adottati all’indomani dell’approvazione del PNR 2020, la Nota di aggiornamento ricorda le misure di semplificazione contenute nel D.L. n. 76/2020 in materia di contratti pubblici e edilizia, finalizzate principalmente ad incentivare gli investimenti pubblici durante il periodo post-emergenziale, dettando una disciplina derogatoria del D.Lgs. n. 50/2016.

Per approfondimenti sulle modifiche introdotte dal D.L. 76/2020 si rinvia al relativo dossier.

Tra le misure più innovative già adottate, nella Nota vengono richiamate quelle concernenti:

§  le procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici sotto la soglia comunitaria, con affidamento diretto o con procedura negoziata senza bando;

§  quelle concernenti la possibilità di ricorrere, entro il 31 luglio 2021, per gli appalti di importo pari o superiore alla soglia europea, a procedure negoziate;

§  l’istituzione del Fondo per la prosecuzione delle opere pubbliche di importo pari o superiore alla soglia comunitaria al fine di evitare che temporanee insufficienti disponibilità finanziarie annuali ostacolino la regolare e tempestiva realizzazione dell’opera in esecuzione;

§  la proroga al 31 dicembre 2021 dei termini di sospensione dell’applicazione del divieto di cd. “appalto integrato”;

§  la revisione, l’ampliamento e la proroga della disciplina dei Commissari straordinari previsti dal D.L. 32/2019;

§  le modifiche al Testo Unico dell’Edilizia volte a semplificare le procedure e ad assicurare il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e lo sviluppo dei processi di rigenerazione urbana;

§  l’accelerazione e la semplificazione della ricostruzione pubblica nelle aree colpite da eventi sismici.

Tra le ulteriori modifiche al Codice dei contratti pubblici introdotte dal D.L. 76/2020 sono, infine, menzionate quelle relative all’introduzione di nuovi adempimenti informativi relativi al Codice Unico di Progetto (CUP), in capo alle pubbliche amministrazioni che finanziano o attuano i progetti di investimento e all’estensione al 2021 e al 2022 della disposizione transitoria introdotta con il D.L. 32/2019 (cd. decreto “sblocca cantieri”) con riferimento all’approvazione delle varianti ai progetti definitivi approvati dal CIPE relativi alle infrastrutture strategiche. In particolare, a tale ultimo riguardo, si ricorda che l’art. 1, comma 15, del D.L. 32/2019 ha introdotto una disposizione volta a disciplinare l’approvazione delle varianti ai progetti definitivi, approvati dal CIPE, relativi alle infrastrutture strategiche già inserite negli strumenti di programmazione approvati e per i quali la procedura di valutazione di impatto ambientale è stata avviata prima dell’entrata in vigore del Codice (comma 1-ter dell’art. 216 del D. Lgs. 50/2016). La norma citata prevede che le varianti da apportare ai progetti definitivi in questione, sia in sede di redazione del progetto esecutivo sia in fase di realizzazione delle opere, sono approvate esclusivamente dal soggetto aggiudicatore, qualora non superino del 50% il valore del progetto approvato, ovvero dal CIPE, in caso contrario.

 


 

Sostegno al Sud e alla coesione territoriale

Gli interventi volti al sostegno al Sud e alla coesione territoriale si inquadrano nell’ambito delle attività programmatorie già definite a livello nazionale attraverso il Piano per il Sud al 2030, il Programma nazionale di riforma (PNR 2020) e la proposta di Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).

 

Il PNR 2020 di luglio evidenzia che una efficace politica per la coesione territoriale, volta alla riduzione dei divari tra i cittadini e tra i territori, rappresenta la priorità strategica per il Governo, indispensabile per riavviare uno sviluppo sostenuto e durevole in Italia. La crisi sanitaria, economica e sociale, determinata dall’emergenza Covid-19, ha rafforzato tale esigenza, sommandosi alle fragilità strutturali preesistenti e al mancato recupero, in termini di prodotto e occupazione, dei livelli precedenti il periodo di recessione del 2008-2009. Gli strumenti di intervento del Governo ruotano attorno:

§  al nuovo “Piano Sud 2030 – Sviluppo e coesione per l’Italia’, presentato dal Governo il 14 febbraio 2020, che rappresenta lo strumento per un’azione coordinata di rilancio degli investimenti nel Mezzogiorno, anche mediante la piena attuazione della cd. Clausola del 34% ed il rilancio della Strategia nazionale per le Aree interne;

§  alla riorganizzazione della programmazione delle risorse per la coesione, sia dei Fondi europei che dei Fondi nazionali di sviluppo e coesione, con riguardo al nuovo ciclo 2021-2027;

§  ad un nuovo impulso all’attuazione della programmazione dei Fondi SIE della programmazione 2014-20.

 

Nella proposta di linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), trasmessa dal Governo alle Camere il 15 settembre 2020, emerge che il PNRR dell’Italia sarà costruito secondo una sequenza logica strutturata sulle sfide che il Paese intende affrontare, su 6 missioni (a loro volta suddivise in cluster di progetti omogenei), su singoli progetti di investimento e su iniziative di riforma a carattere orizzontale. Per quanto riguarda, in particolare, la missione n. 5 (Equità sociale, di genere e territoriale), il Governo intende intensificare l'impegno ad eliminare le disparità di genere nel mondo del lavoro e nella vita sociale, le disuguaglianze di reddito e ricchezza e le disparità a livello territoriale in termini di reddito, occupazione e livelli di scolarizzazione, evitando che tali disparità si aggravino in conseguenza della pandemia. A tal fine sarà fondamentale prevedere un forte sostegno alla creazione di posti di lavoro e forme adeguate di tutela del reddito (anche attraverso l’introduzione del salario minimo legale), nonché misure di contrasto del lavoro sommerso e di maggior tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

Venendo al contenuto della NADEF, essa riassume, tra i principali obiettivi della politica di bilancio per il 2021-2023, il rafforzamento degli interventi a sostegno della ripresa del Mezzogiorno e delle aree interne, per migliorare la coesione territoriale ed evitare che la crisi da Covid- 19 accentui le disparità fra le diverse aree del Paese.

La Nota elenca altresì i principali interventi approvati nell’ambito delle politiche di coesione e con particolare riguardo al Mezzogiorno, disposti successivamente alla legge di bilancio per il 2020, attraverso i decreti-legge per il rilancio dell’economia a seguito della pandemia da Covid 19 (D.L. n. 34, D.L. n. 76 e D.L. n. 104).

Si tratta, in particolare:

§  del regime di sgravi contributivi del 30 % per i lavoratori dipendenti nel Mezzogiorno (art. 27, D.L. 104/2020);

§  delle modifiche all’incentivo “Resto al Sud”; delle modifiche alla normativa per le Zone Economiche Speciali (ZES), attraverso il rafforzamento dei poteri dei Commissari Straordinari e lo snellimento delle procedure (art. 46, D.L. 76/2020); dell’applicazione nel Mezzogiorno della c.d. ‘Nuova Sabatini’ attraverso la maggiorazione dei contributi statali dal 30 per cento al 100 per cento per gli investimenti innovativi ‘Industria 4.0’ realizzati da micro e piccole imprese (art. 39, D.L. 76/2020);

§  dell’aumento delle risorse destinate al credito di imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo per complessivi 318 milioni destinati al Mezzogiorno e alle aree colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017 (art. 244, D.L. n. 34/2020);

§  del rifinanziamento della Strategia per lo sviluppo delle aree interne (in particolare, il D.L. n. 104, all’articolo 28, ha assegnato alla Strategia ulteriori 110 milioni, che vanno ad aggiungersi ai 300 milioni - 60 milioni per il 2021 e 70 milioni sia per il 2022 che per il 2023 - attribuiti dalla legge di bilancio 2020);

§  del rifinanziamento del Fondo per il sostegno delle attività economiche, artigianali e commerciali dei comuni delle aree interne (istituito dalla legge di bilancio 2020 con una dotazione di 30 milioni per ciascuna annualità 2020-2022, è stato rifinanziato, nella misura di 60 milioni per il 2020 e di 30 milioni per ciascuno degli anni 2021 e 2022 dal D.L. 34/2020, a cui si aggiungono 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023, al fine di realizzare interventi di sostegno alle popolazioni residenti nei comuni svantaggiati. Nel complesso si tratta di 300 milioni).

 

La NADEF precisa, infine, che è in corso di approvazione il DPCM che regola le modalità attuative e di monitoraggio della c.d. “clausola del 34 per cento”, come ridefinita dalla legge di bilancio 2020, che costituisce il cardine per il riequilibrio della spesa ordinaria in conto capitale verso il Sud e per l’azione di rilancio degli investimenti nel Mezzogiorno.

 

La clausola del 34 per cento

 

La cosiddetta clausola del 34% prevede la destinazione alle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna) delle risorse ordinarie in conto capitale in proporzione alla popolazione di riferimento, in nome del principio del riequilibrio territoriale.

Introdotta dall’articolo 7-bis del D.L. n. 243 del 2016, ed oggetto di numerose modifiche, da ultimo, dal D.L. n. 162/2019, la diposizione dispone che le Amministrazioni centrali dello Stato si debbano conformare a tale obiettivo, destinando agli interventi nelle regioni del Mezzogiorno un volume complessivo annuale di stanziamenti ordinari in conto capitale stanziati in bilancio proporzionale alla popolazione di riferimento (corrispondente, cioè, al 34% degli stanziamenti).

La modalità di verifica della regola del 34 per cento è stata definita con il D.P.C.M. 10 maggio 2019 (che ha aggiornato il precedente D.P.C.M. 7 agosto 2017). 

Per quanto riguarda le risorse oggetto di ripartizione differenziale, la disposizione considera le risorse dei programmi di spesa in conto capitale finalizzati alla crescita o al sostegno degli investimenti, da assegnare sull'intero territorio nazionale, per i quali non si abbiano criteri o indicatori di attribuzione già individuati. Tale formulazione conferma l'esclusione, dalla regola del 34%, delle risorse nazionali aggiuntive iscritte sul Fondo sviluppo e coesione (FSC) e quelle derivanti dai fondi strutturali e di investimenti europei e dal relativo cofinanziamento nazionale, in quanto assoggettate a specifica chiave di riparto (80% al Sud e 20% al Centro Nord).

Entro il 30 giugno di ogni anno le amministrazioni centrali devono trasmettere, al Ministro per il Sud e la coesione territoriale e al Ministro dell'economia e delle finanze, l'elenco dei programmi di spesa ordinaria in conto capitale interessati dalla regola.

Le modalità per verificare il riparto delle risorse dei programmi di spesa in questione, nonché per monitorare l'andamento della spesa erogata, devono essere definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri entro il 30 aprile 2020 (disposizione reinserita dall'articolo 30 del D.L. n. 162 del 2019).

 

Per quanto riguarda le risorse aggiuntive, ed in particolare quelle del Fondo sviluppo e coesione (FSC), va ricordato che nel 2019 (D.L. n. 34/2019) si è intervenuti a modificare profondamente i meccanismi di programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), al fine di accelerare la capacità di spesa delle amministrazioni, centrali e regionali e rafforzare i livelli di attuazione delle risorse per le politiche di coesione, il cui scarso grado di utilizzo e avanzamento negli ultimi anni non è compatibile con le esigenze di un'area che evidenzia gravi ritardi infrastrutturali e dinamiche tanto divergenti nella performance economica rispetto al resto d'Italia e d'Europa. L’art. 44 del D.L. n. 34/2019 prevede, in sintesi, la predisposizione di unico Piano operativo denominato «Piano sviluppo e coesione» per ciascuna Amministrazione centrale, Regione o Città metropolitana titolare di risorse del Fondo, in sostituzione degli attuali molteplici documenti programmatori, al fine di garantire un coordinamento unitario in capo a ciascuna Amministrazione, nonché una accelerazione della spesa degli interventi finanziati a valere sulle risorse del Fondo medesimo.

A seguito dell'emergenza sanitaria causata dal Covid-19, il D.L. n. 34 del 2020 (c.d. decreto rilancio, art. 241) ha autorizzato, per gli anni 2020 e 2021, nelle more di sottoposizione all'approvazione da parte del CIPE dei Piani di sviluppo e coesione, l'utilizzo in via eccezionale delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) rivenienti dai cicli programmatori 2000-2006, 2007-2013 e 2014-2020 per qualsiasi tipologia di intervento connesso a fronteggiare l'emergenza sanitaria, economica e sociale conseguente alla pandemia da Covid-19, in coerenza con la facoltà di riprogrammazione che, per le stesse finalità, le amministrazioni nazionali, regionali o locali possono operare nell'ambito dei Programmi operativi dei Fondi strutturali e di investimento europei (SIE), ai sensi del regolamento (UE) 2020/460 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 marzo 2020 e del regolamento (UE) 2020/558 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2020.

A tal fine, la Cabina di regia è stata autorizzata a procedere all'approvazione di tali riprogrammazioni. Di tali riprogrammazioni viene data apposita informativa al CIPE da parte dell'Autorità politica delegata per le politiche di gestione.

 

A tal fine, sono state adottate dal CIPE numerose delibere in data 28 luglio 2020, con le quali si è data attuazione agli articoli 241 e 242 del decreto legge n. 34 del 2020.

L'utilizzo di risorse comunitarie per finanziare interventi non previsti nei programmi dei Fondi strutturali ha reso, infatti, necessario reperire fonti alternative di copertura per assicurare gli impegni già assunti relativi ad interventi sostituiti da quelli emergenziali. La copertura è assicurata dalla riprogrammazione delle risorse FSC e/o dall'assegnazione di nuove risorse a valere sulle disponibilità del predetto FSC.

Con le citate delibere il CIPE ha pertanto ridotto le risorse dei Piani Operativi FSC “Ambiente” (-362 milioni) e “Infrastrutture e trasporti” (-1.082 milioni) e rimodulato le annualità del Piano “Banda Ultra Larga” (-1.100 milioni del 2020) e dei Patti per il Sud (-1.000 nel 2021).

Ulteriori risorse del FSC sono state assegnate ad amministrazioni centrali e regionali (del Centro-Nord, dopo la stipula di specifici accordi) corrispondenti al fabbisogno finanziario necessario ad assicurare la copertura finanziaria agli impegni già assunti, dalle medesime amministrazioni, in relazione agli interventi e linee d’azione dei POR FESR e FSE a fronte delle risorse europee riprogrammate, nonché in favore di nuovi interventi connessi all’emergenza.

 

Per quanto riguarda le risorse FSC 2014-2020, si segnala che la “Nota illustrativa sulle leggi pluriennali di spesa in conto capitale a carattere non permanente” (presentata in Allegato alla NADEF 2020), evidenzia (pag. 150) come, a fronte di risorse complessivamente autorizzate per il ciclo di programmazione 2014-2020 per 59,8 miliardi, al 31 dicembre 2019 ne risultino stanziati 15,6 miliardi, di cui 3,6 erogati e 12 miliardi in conto residui.

Una così elevata presenza di risorse in conto residui è determinata dal basso livello delle autorizzazioni spesa rispetto agli stanziamenti di competenza indicato dalle leggi di bilancio degli ultimi anni, che hanno fatto lievitare enormemente le risorse in conto residui (risorse impegnate ancora da pagare), passando i residui dai 6,4 miliardi del 2013 ai 25,2 miliardi di fine 2019.

 

In prospettiva, per il prossimo periodo di programmazione 2021-2027, l’ammontare delle risorse da destinare agli interventi a favore del Fondo per lo sviluppo e la coesione sarà determinato – secondo quanto riportato nel PNR 2020 di luglio - in 73,5 miliardi, con un incremento della quota percentuale di PIL destinata al FSC dallo 0,5 allo 0,6 per cento. Il vincolo di destinazione territoriale a favore del Mezzogiorno resta fissato all’80 per cento.

La programmazione sarà oggetto di un apposito percorso partenariale per individuare le priorità di intervento che verranno perseguite attraverso un Piano di sviluppo e coesione nazionale per ciascuna missione del Piano Sud 2030, in un’ottica di complementarietà con la programmazione dei Fondi europei.

 


 

Infrastrutture, trasporti e comunicazioni

Le raccomandazioni europee e i contenuti della Nota di aggiornamento

Nel settore delle infrastrutture e dei trasporti la Raccomandazione n. 3 del Consiglio all’Italia del 20/5/2020 (COM 2020/512/final) invita, tra l’altro, a “concentrare gli investimenti sulla transizione verde e digitale (…), su ricerca e innovazione, sul trasporto pubblico sostenibile”. Inoltre la Raccomandazione del Consiglio n. 3 del 2019 e la Raccomandazione n. 3 del 2020 proposta dalla Commissione europea, tra l’altro, sollecitano “l’innovazione della qualità delle infrastrutture, tenendo conto delle disparità regionali”.

   

La parte IV del documento, dopo aver ricordato il quadro europeo di riferimento e l’impostazione già delineata sulle linee guida per la redazione del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR), “offre una sintesi delle Linee Guida del PNRR e aggiorna il recente Programma Nazionale di Riforma (PNR) illustrando i provvedimenti presi durante il periodo estivo che rilevano ai fini delle CSR”, ossia ai fini del rispetto delle raccomandazioni europee, nonché degli interventi di futura adozione.

 

In ragione di ciò, la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, con riferimento al settore dei trasporti dà conto di alcuni degli interventi, coerenti con le previsioni indicate nel Piano nazionale di riforma, che hanno trovato attuazione nei decreti-legge n. 34/2020 (cosiddetto “decreto rilancio”) n. 76/2020 (cosiddetto “decreto semplificazioni”) e n. 104/2020 (cosiddetto “decreto agosto”). In particolare sono ricordate le misure di semplificazione concernenti la portualità (48, comma 1-3 del decreto-legge n. 76 del 2020), le misure di cui al decreto-legge n. 34 del 2020 con riferimento di proroga delle concessioni aeroportuali a compensazione delle perdite economiche derivanti dall’emergenza COVID-19 (articolo 202, comma 1-bis, del decreto-legge n. 34 del 2020) e dell’autorizzazione di spesa a decorrere dall’anno 2020 per finanziare la digitalizzazione della logistica del Paese in riferimento ai porti, agli interporti, alle ferrovie, all’autotrasporto (5 milioni di euro tratti dalle risorse del fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti, secondo quanto previsto dall’articolo 48, comma 4 del decreto-legge n. 76 del 2020). Vengono inoltre ricordati gli interventi di rafforzamento dei poteri dei commissari delle zone economiche speciali (art. 46 del decreto-legge n. 76 del 2020) e le misure concernenti il sostegno della mobilità elettrica e sostenibile (di cui all’articolo 44 del decreto-legge n. 34 del 2020).

Tra le principali azioni in coerenza con le raccomandazioni europee per il 2020 la Nota segnala inoltre che, in materia di sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali, è prevista una revisione complessiva della disciplina del sistema di monitoraggio dinamico per la sicurezza di ponti e viadotti e opere similari su strade e autostrade, introdotta dall’art. 14 del decreto-legge n.109/2018, nonché la sua integrazione con linee guida per il mantenimento in sicurezza.

La NADEF sottolinea, inoltre, che nella missione “infrastrutture per la mobilità” del prossimo PNRR, come indicato dalle Linee guida del Governo, altri interventi, in coerenza con le azioni già indicate nell’allegato al DEF 2020 “Italiaveloce – L’Italia resiliente progetta il futuro – Nuove strategie per trasporti, logistica e infrastrutture”, riguarderanno il settore della rete stradale e autostradale, in particolare ponti e viadotti, nel quale saranno introdotte le tecnologie informatiche. A tale riguardo, si ricorda che l’allegato “Italia veloce” individua i seguenti programmi di intervento: 1) programma di interventi per la conservazione, valorizzazione, adeguamento agli standard funzionali e di sicurezza della rete stradale e autostradale (mediante adeguamento della sezione stradale agli standard attuali e rettifica dei tracciati esistenti); 2) programma di interventi per il potenziamento tecnologico e digitalizzazione (Smart Road); 3) programma di interventi per il ripristino e la messa in sicurezza delle infrastrutture a rischio sismico; 4) programma di interventi per il decongestionamento delle tratte autostradali (mediante realizzazione di terze e quarte corsie); 5) programma di interventi per il decongestionamento delle aree metropolitane.

 

Nel settore delle comunicazioni la Nota si limita, infine, a ribadire gli obiettivi già delineati nelle linee guida per la redazione del Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR).

 

Le Linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza indicano, come prima missione da conseguire, la “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo” e tra gli obiettivi il “Completamento rete nazionale di telecomunicazione in fibra ottica” ed “Interventi per lo sviluppo delle reti 5G”.

 


 

Ambiente, territorio ed energia

La Raccomandazione del Consiglio sul PNR dell’Italia del 20 luglio 2020 (2020/C 282/12) evidenzia che gli investimenti nell’ambito del Green Deal per affrontare i cambiamenti climatici - definiti nel Piano nazionale per l’energia e il clima dell’Italia (PNIEC) - sono essenziali per far fronte alla minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici e, nel contempo, hanno un ruolo fondamentale per la ripresa dell’Italia e per rafforzarne la resilienza.

Affrontare le sfide associate all’ambiente e ai cambiamenti climatici, come i rischi idrologici, la mobilità urbana sostenibile, l’efficienza energetica, l’economia circolare e la trasformazione industriale, costituisce un’opportunità per migliorare la produttività evitando nel contempo pratiche non sostenibili. Al tempo stesso, investire in questo tipo di progetti può contribuire a creare posti di lavoro e sostenere la ripresa post-crisi (considerando n. 21).

Pertanto, il Consiglio raccomanda all’Italia (CSR 3) di anticipare i progetti di investimento pubblici maturi e promuovere gli investimenti privati per favorire la ripresa economica; concentrare gli investimenti sulla transizione verde e digitale, in particolare su una produzione e un uso puliti ed efficienti dell’energia, su ricerca e innovazione, sul trasporto pubblico sostenibile, sulla gestione dei rifiuti e delle risorse idriche.

Una delle tre linee strategiche del Piano nazionale di rilancio illustrato dal governo è dunque la transizione ecologica (cfr. in particolare Missione 2 delle Linee Guida CIAE). La condizione primaria affinché i relativi progetti presentati siano ammissibili è – infatti - che essi facciano parte di un pacchetto coerente di investimenti e riforme, siano allineati con le Raccomandazioni specifiche indirizzate al Paese dal Consiglio e con le sfide e le priorità di policy individuate nell'ambito del Semestre europeo, in particolare quelle legate alla transizione verde e digitale. È inoltre essenziale che vi sia coerenza tra i contenuti e gli obiettivi del PNRR e le informazioni fornite nel Programma Nazionale di Riforma, nel Piano Energia e Clima (PNIEC), nei Piani presentati nell'ambito del Just Transition Fund e negli accordi di partenariato e altri programmi operativi della UE.

Ambiente e territorio

La concentrazione degli investimenti sulla transizione verde rappresenta uno degli obiettivi principali su cui si soffermano le raccomandazioni del Consiglio UE del 2020 e le indicazioni del PNR 2020.

In particolare nel PNR 2020 viene sottolineato il ruolo centrale del Green and Innovation New Deal, tra le cui priorità sono indicate: efficienza energetica in campo edilizio (si ricorda, in proposito il c.d. ecobonus, nonché il c.d. superbonus previsto dal D.L. 34/2020); lotta al dissesto idrogeologico; sviluppo di un’industria sostenibile (piano per la plastica); mobilità sostenibile; sviluppo di energia pulita.

Nel PNR 2020 è inoltre preannunciato l’aumento rilevante di fondi da dedicare agli interventi per la sostenibilità ambientale e sociale, usufruendo anche delle risorse della legge di bilancio 2020.

Si ricorda che la legge di bilancio per il 2020 (L. 160/2019) ha previsto una serie di fondi per sostenere gli investimenti nell'economia verde. Si ricordano, in particolare, il Fondo per gli investimenti delle amministrazioni centrali (ove sono stati allocati 20,8 miliardi dal 2020 al 2034), il Fondo per il Green New Deal (4,24 miliardi per il periodo 2020-2023) e il Fondo per rilancio degli investimenti per lo sviluppo sostenibile e infrastrutturale dei Comuni (4 miliardi dal 2025 al 2034).

 

In linea con le raccomandazioni espresse in sede europea e con i contenuti del PNR 2020, nelle Linee guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) viene ribadito l’obiettivo di un Paese più verde e sostenibile, nonché quello di rafforzare la sicurezza e la resilienza del Paese a fronte delle minacce rappresentate dalle calamità naturali e dai cambiamenti climatici. Tale obiettivo viene declinato nella missione “Rivoluzione verde e transizione ecologica” a sua volta articolata in un cluster di interventi che dovrà essere finalizzato: a sostenere gli investimenti volti a conseguire gli obiettivi dell’European Green Deal; alla decarbonizzazione dei trasporti e del settore energetico; al miglioramento della qualità dell’aria; al miglioramento dell’efficienza energetica e antisismica degli edifici pubblici; alla gestione integrata del ciclo delle acque; alla mitigazione dei rischi idrogeologici e sismici; nonché agli investimenti per l’economia circolare.

 

Nella Nota di aggiornamento al DEF 2020 viene ricordato che, in linea con l’obiettivo del Governo di concentrare gli investimenti sulla trasformazione ambientale e sulla green economy, una parte consistente del D.L. 76/2020 (cd. decreto “semplificazioni”) è dedicata a facilitare le procedure autorizzative e semplificare il quadro normativo a sostegno del Green New Deal. Viene altresì sottolineato che per favorire gli investimenti a livello locale sono stati aumentati i contributi assegnati nel 2021 ai Comuni per piccole opere e potenziati quelli per la messa in sicurezza di edifici e territorio.

 

Nel paragrafo della Nota in cui si illustra la programmazione di bilancio per i prossimi anni, viene sottolineato che la manovra per il triennio 2021-2023 è definita alla luce della novità costituita da Next Generation EU (NGEU) e che quindi saranno implementati interventi per il sostegno e lo sviluppo delle imprese e il rilancio degli investimenti pubblici e privati, che costituiscono parte integrante Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

Viene inoltre sottolineato che parte delle risorse per il finanziamento degli interventi previsti dalla manovra di bilancio per il 2021-2023 sarà assicurata mediante la revisione di alcuni sussidi dannosi dal punto di vista ambientale.

Viene infine evidenziato che, a completamento della manovra di bilancio 2020-2022, il Governo dichiara una serie di disegni di legge collegati alla decisione di bilancio, tra i quali figurano:

§  il ddl per il riordino della normativa ambientale, la promozione della green economy e l’economia circolare (Green Generation);

§  il ddl per la semplificazione dei procedimenti amministrativi in materia di contenimento del dissesto idrogeologico.

Energia

Nella Nota di aggiornamento al DEF 2020, il Governo ricostruisce le innovazioni normative più recenti, in parte già annunciate nel PNIEC; si fa peraltro presente che la transizione ecologica costituisce una delle linee strategiche indicate a livello europeo e fatte proprie dal Governo nei più recenti documenti programmatori, quali le Linee guida propedeutiche al Piano nazionale di rilancio.

 

La NADEF pertanto ricorda gli interventi adottati con il D.L. n. 76/2020, convertito in legge con modificazioni L. n. 120/2020, in materia di semplificazioni procedimentali in ambito energetico, quali:

§  la semplificazione e razionalizzazione dei procedimenti amministrativi per la realizzazione degli impianti a fonti rinnovabili (articolo 56);

§  le semplificazioni dei procedimenti autorizzativi delle infrastrutture delle reti energetiche nazionali (articolo 60);

§  la previsione di linee guida nazionali per la semplificazione dei procedimenti autorizzativi riguardanti la costruzione e l'esercizio delle infrastrutture appartenenti alle reti di distribuzione elettrica, tramite l’adozione di una autorizzazione unica (articolo 61);

§  le norme per la semplificazione dei procedimenti per l'adeguamento di impianti di produzione e accumulo di energia (articolo 62);

§  le misure incentivanti il potenziamento o la ricostruzione di impianti obsoleti di generazione di energia elettrica da fonti rinnovabili, con la sostanziale riammissione al sistema di incentivi per i produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili, titolari di impianti che, in seguito all'entrata in vigore del cd. "Spalma-incentivi volontario" (D.L. n. 145/2013), avevano scelto di continuare a godere del regime incentivante ad essi spettante per il periodo di diritto residuo, così rinunciando per un periodo di dieci anni all'accesso ad ogni altro sostegno per lo stesso sito (articolo 56, commi 3-6);

§  le modifiche alla disciplina dei controlli e delle sanzioni in materia di incentivi alle fonti rinnovabili e agli interventi di efficienza energetica (articolo 56, commi 7-8).

 

Il Decreto legge “Semplificazioni” ha inoltre precisato i progetti sostenibili per la cui realizzazione finanziaria operano le garanzie statali a valere sul Fondo per il Green New Deal, istituito dalla legge di bilancio 2020. Le statali sono assunte da SACE S.p.A. (articolo 64).

Tra le azioni di supporto alla mobilità sostenibile, il D.L. disciplina le infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici, in aree di sosta, sia aperte al pubblico che negli edifici privati (articolo 57).

 

 


 

3.4. Raccomandazione IV – Giustizia e Pubblica amministrazione

 

lente

 

Raccomandazione n. 4: migliorare l'efficienza del sistema giudiziario e il funzionamento della pubblica amministrazione.

 

Giustizia

Nel settore della giustizia, il Consiglio europeo, nelle sue annuali Raccomandazioni ha costantemente sollecitato l'Italia a ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio, facendo rispettare le norme di disciplina procedurale, incluse quelle già prese in considerazione dal legislatore”, nonché ad “aumentare l’efficacia della prevenzione e repressione della corruzione riducendo la durata dei processi penali e attuando il nuovo quadro anticorruzione” (cfr. Raccomandazioni del 2017-2019).

La Commissione Europea, nella Relazione per Paese relativa all'Italia 2020 (cd. Country Report 2020) del 26 febbraio 2020, rileva come l'Italia abbia compiuto progressi solo limitati nel dare attuazione alle sopra citate Raccomandazioni. In particolare:

§  nel settore civile, ci viene contestata la perdurante scarsa efficienza del sistema giudiziario civile, con particolare riguardo all'utilizzo tuttora limitato del filtro di inammissibilità per gli appelli, che incide sulla durata dei processi, alla necessità di potenziare gli organici e alle differenze tra i tribunali per quanto riguarda l'efficacia della gestione dei procedimenti;

§  con riguardo alla lotta alla corruzione, la Commissione sottolinea il persistere di una serie di criticità e suggerisce di intervenire in materia di lobbying, di conflitti di interessi e di whistleblowing;

§  nel settore penale, si rileva il perdurare della scarsa efficienza del processo, soprattutto di appello, che si ripercuote anche sull’efficacia del contrasto alla corruzione.

 

Nelle Raccomandazioni specifiche all’Italia del 20 maggio 2020, dopo aver sottolineato nuovamente che l'efficacia nella prevenzione e nella repressione della corruzione possono svolgere un ruolo importante nell'assicurare la ripresa dell'Italia dopo la crisi, e che i tempi di esaurimento dei procedimenti penali presso i tribunali d'appello continuano a destare preoccupazione, e il quadro anticorruzione dell'Italia sia pure recentemente rafforzato deve essere completato, il Consiglio europeo ha invitato l’Italia ad adottare provvedimenti, nel 2020 e nel 2021, volti a migliorare l'efficienza del sistema giudiziario”.

 

Con il Programma Nazionale di Riforma del 2020 (PNR 2020) il Governo ha risposto alle sollecitazioni europee prevedendo interventi di riforma caratterizzati anche da una politica di potenziamento del personale della giustizia, attraverso l’ampliamento delle piante organiche, e di digitalizzazione del processo. In occasione della discussione parlamentare sul PNR, nella seduta del 29 luglio 2020, l’Assemblea della Camera ha approvato una risoluzione (n. 6-00124) che impegna il Governo a favorire la riforma del processo civile e penale, dell'ordinamento giudiziario e della disciplina sulla costituzione e sul funzionamento del CSM, al fine di garantire una maggiore efficienza del sistema giudiziario, anche al fine di accrescere la competitività del sistema-Paese.

 

La nota di aggiornamento al DEF mette in evidenza come la competitività delle imprese e la propensione ad investire nel Paese risentono negativamente anche della complessità e della lentezza della giustizia che richiede interventi di riforma processuale e ordinamentale, oltre al potenziamento delle risorse umane e delle dotazioni strumentali e tecnologiche.

Al riguardo il Governo inserisce (par. IV.3 p. 118 ss.) tra le principali azioni adottate in coerenza con le raccomandazioni delle istituzioni europee per il 2020, quelle volte al potenziamento e adeguamento delle risorse di personale e delle dotazioni strumentali e tecnologiche, tramite l’implementazione delle politiche di digitalizzazione già avviate, volte a favorire la celebrazione dei processi in un tempo ragionevole. Il Governo ricorda, in particolare, le disposizioni volte ad incentivare il processo telematico ed a consentire lo svolgimento di alcune attività giudiziarie, con collegamenti “da remoto”. Si tratta di disposizioni in parte aventi natura temporanea e strettamente conseguente all’emergenza epidemiologica in atto, in parte destinate ad entrare a regime nell’ordinamento.

 

Per assicurare il contenimento del rischio epidemiologico senza determinare la paralisi dell'attività giudiziaria, il Governo ha adottato diverse misure, contenute in larga parte nell'articolo 83 del decreto legge n. 18 del 2020, oggetto di numerosi successivi interventi di modifica. Si tratta in larga parte di misure temporanee. Da ultimo il decreto-legge n. 125 del 2020, ha disposto la proroga – dal 31 ottobre al 31 dicembre 2020 – delle disposizioni concernenti, in particolare, il processo telematico e le udienze da remoto nel processo civile. Sono altresì prorogate fino a tale data le disposizioni che prevedono: la partecipazione mediante collegamenti da remoto alle udienze penali da parte degli imputati in stato di custodia cautelare in carcere e dei condannati detenuti; lo svolgimento a distanza dei colloqui dei detenuti, internati e imputati negli istituti penitenziari e negli istituti penitenziari e penali per minorenni.

Con l’art. 83 del DL 18/ 2020 sono state introdotte anche disposizioni a regime concernenti il deposito con modalità telematica di istanze e atti presso gli uffici del Pubblico Ministero nella fase delle indagini preliminari da parte dei difensori e della Polizia giudiziaria.

 

Ulteriori obiettivi di riforma sottolineati nella NADEF, - e volti anche a dare attuazione agli impegni contenuti nella risoluzione parlamentare sul PNR - sono la riorganizzazione del Consiglio superiore dalla magistratura, nonché la revisione dell’assetto ordinamentale della magistratura.

Per perseguire tali finalità gli obiettivi il Governo ha presentato alla Camera il disegno di legge AC 2681, assegnato alla Commissione giustizia il 5 ottobre 2020.

 

In particolare la riforma del CSM si traduce in disposizioni immediatamente precettive con un intervento organico che investe la disciplina del Consiglio superiore con riguardo: alla composizione ed organizzazione; alle attribuzioni e funzionamento; al sistema elettorale; alla cessazione e scioglimento nonché alla posizione giuridica dei componenti.

Per la revisione dell’ordinamento della magistratura sono invece previste deleghe, con riguardo: alla progressione in carriera dei magistrati, con particolare riguardo all’accesso alle funzioni di legittimità; alle valutazioni di professionalità, alla disciplina dell’accesso alla magistratura. A tali deleghe il Governo dovrà dare attuazione entro un anno dall’entrata in vigore della legge.

 

Si ricorda inoltre che anche la proposta di Linee Guida del Governo per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) presentata il 15 settembre 2020 alle Camere conferma gli obiettivi già indicati dal PNR e ribaditi nella NADEF.

In particolare, le Linee Guida inseriscono la riforma della giustizia tra le politiche di supporto per il conseguimento di “Un ordinamento giuridico più moderno e efficiente”, ritenuto prioritario per la creazione di un ambiente favorevole agli investimenti e alle attività economiche, in grado di generare effetti positivi sul PIL del Paese.

Per raggiungere tale obiettivo, le linee guida indicano tre direttrici principali da seguire: ridurre la durata dei processi civile e penale; revisionare il codice civile; riformare il diritto societario. Al riguardo sono individuati diversi interventi di riforma, che prenderanno corpo con l’attuazione delle deleghe contenute in alcuni disegni di legge il cui esame parlamentare è in corso.

 

Si segnala infine, che la NADEF annuncia, tra i collegati alla decisione di bilancio, tra gli altri, un disegno di legge recante delega per la riforma giustizia tributaria.


 

Pubblica amministrazione

Nelle Raccomandazioni specifiche all’Italia del 20 luglio 2020, il Consiglio dell’Unione europea ha invitato l’Italia ad adottare provvedimenti, nel 2020 e nel 2021, volti a realizzare “un'infrastruttura digitale rafforzata per garantire la fornitura di servizi essenziali” (Raccomandazione n. 3) e a “migliorare […] il funzionamento della pubblica amministrazione” (Raccomandazione n. 4), nella considerazione che “un'amministrazione pubblica efficace è cruciale per garantire che le misure adottate per affrontare l'emergenza e sostenere la ripresa economica non siano rallentate nella loro attuazione.”

 

Il Consiglio dell’Unione europea, con le raccomandazioni annuali sul Piano Nazionale di Riforma dell’Italia, ha costantemente invitato il nostro Paese a “migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, in particolare investendo nelle competenze dei dipendenti pubblici, accelerando la digitalizzazione e aumentando l'efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali” (si veda la Raccomandazione del Consiglio del 9 luglio 2019 sul PNR 2019 dell’Italia, ed in particolare la Raccomandazione n. 3, che ricalca in gran parte le Raccomandazioni del 2018 e del 2017).

La Commissione Europea, nella Relazione per Paese relativa all'Italia 2020 (cd. Country Report 2020) del 26 febbraio 2020 ha preso atto che si sono verificati alcuni progressi nell'aumentare l'efficienza e la digitalizzazione della pubblica amministrazione. Per quanto riguarda in modo specifico l’attuazione della succitata Raccomandazione del 2019, la Commissione ha registrato alcuni progressi nel miglioramento del livello di efficacia e digitalizzazione della pubblica amministrazione, in particolare investendo nelle competenze, accelerando la digitalizzazione e aumentando l'efficienza dei servizi pubblici locali.

Il Report invita a proseguire la digitalizzazione dei servizi pubblici per favorirne rapidamente l’accesso per cittadini e imprese e a dotarsi di una strategia integrata per rafforzare la capacità amministrativa, in particolare per quanto riguarda gli investimenti, l'attuazione delle norme in materia di appalti pubblici e l'assorbimento dei fondi UE.

 

A tale riguardo il Governo ribadisce che la pubblica amministrazione è un elemento chiave per la modernizzazione del Paese e per migliorare la vita dei cittadini e l’ambiente imprenditoriale, in linea con quanto affermato nel DEF 2020, dove sono state già individuate alcune aree prioritarie di intervento.

 

Il Governo nel PNR 2020 (trasmesso alle Camere l’8 luglio 2020) sottolinea in primo luogo che il piano di rilancio dell’economia si baserà su un incremento della spesa, tra cui quella per l’innovazione e la digitalizzazione della pubblica amministrazione.

La modernizzazione del Paese, intesa anzitutto, come disponibilità disporre di una pubblica amministrazione efficiente, digitalizzata, ben organizzata e sburocratizzata, veramente al servizio del cittadino, costituisce una delle tre linee strategiche attorno a cui è costruito il piano di rilancio (assieme a Transizione ecologica e Inclusione sociale e territoriale, parità di genere).

Le politiche strutturali con le quali Governo si impegna ad agire su innovazione e digitalizzazione della PA sono finalizzate a superare la frammentazione degli interventi, le duplicazioni e la scarsa interoperabilità.

Un ruolo centrale in questo ambito è ricoperto dalla semplificazione amministrativa e normativa, attraverso anche lo snellimento delle procedure autorizzative e di controllo nei settori nei quali è più avvertito dai cittadini e dalle imprese l’eccessivo carico di oneri normativi e burocratici.

In occasione della discussione parlamentare sul PNR, nella seduta del 29 luglio 2020, l’Assembla della Camera ha approvato una risoluzione (n. 6-00124) che impegna il Governo ad un significativo incremento della spesa per l’innovazione e la digitalizzazione, e alla predisposizione di una riforma della Pubblica Amministrazione.

 

Nella nota di aggiornamento al DEF (par. IV.3 p. 118 ss.) il Governo riporta tra le principali azioni adottate in coerenza con le raccomandazioni delle istituzioni europee per il 2020, le innovazioni introdotte con il c.d. decreto semplificazioni (D.L. 76/2020, convertito in legge con L. n. 120/2020), con particolare riguardo alle:

§  semplificazioni procedimentali e responsabilità dei funzionari pubblici;

§  misure di semplificazione per il sostegno e la diffusione dell'amministrazione digitale.

Il c.d. decreto semplificazioni, per quanto rileva in questa sede, prevede in particolare:

§  la modifica della legge generale sul procedimento amministrativo (L. n. 241 del 1990), in funzione della semplificazione e accelerazione dell'azione amministrativa, tra cui l'aggiornamento della normativa in materia di autocertificazione (art. 12);

§  l'accelerazione del procedimento in conferenza di servizi attraverso la procedura di conferenza di servizi straordinaria, utilizzabile fino al 31 dicembre 2021, con una tempistica più rapida rispetto a quella ordinaria (art. 13);

§  disincentivi alla introduzione di nuovi oneri regolatori, in base ai quali qualora tali oneri non trovino compensazione con una riduzione dei costi di pari valore, siano fiscalmente detraibili (art. 14);

§  l'introduzione di una Agenda della semplificazione amministrativa per il periodo 2020-2023, definita secondo le linee di indirizzo condivisa fra, Stato, Regioni, Province autonome ed enti locali (art. 15);

§  modifica della disciplina dei controlli della Corte dei conti sulle gestioni pubbliche statali in corso di svolgimento, introducendo una procedura speciale in caso di accertamento di gravi irregolarità gestionali, ovvero di rilevanti e ingiustificati ritardi nell'erogazione di contributi per la realizzazione dei principali piani, programmi e progetti relativi agli interventi di sostegno e di rilancio dell'economia nazionale (art. 22);

§  l'adeguamento dei comuni con popolazione inferiore di 5.000 abitanti alle previsioni in materia di cittadinanza digitale a partire dalla data di cessazione dello stato di emergenza;

§  l'obbligo per le p.a, di utilizzare esclusivamente il Sistema pubblico di identità digitale - SPID e la Carta di identità - CIE per l'accesso dei cittadini ai propri servizi on line;

§  la presentazione di autocertificazioni, istanze e dichiarazioni direttamente da cellulare tramite AppIO;

§  la piena operatività della piattaforma pagoPA e la semplificazione delle modalità di rilascio della CIE;

§  una piattaforma unica di notifica digitale di tutti gli atti della PA e via PEC degli atti giudiziari;

§  il sostegno per l'accesso delle persone con disabilità agli strumenti informatici;

§  la semplificazione della disciplina anagrafica.

 

Per una sintesi più dettagliata delle principali novità si rinvia ai temi web dell’attività parlamentare su La trasformazione digitale della pubblica amministrazione e Interventi sul procedimento amministrativo.

 

La Nota ricorda, altresì (cfr. p.97), le maggiori risorse stanziate nel 2020 per il personale appartenente ai comparti difesa, sicurezza e soccorso pubblico (circa 0,2 miliardi nel 2020), in considerazione del contributo dato dalle Forze armate, dalle Forze di polizia e dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco nelle azioni di contrasto della diffusione del Covid-19.

 

A completamento delle azioni intraprese, si ricorda che anche la proposta di Linee Guida del Governo per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) presentata il 15 settembre 2020 alle Camere conferma gli obiettivi già indicati dal PNR.

In particolare, la digitalizzazione della pubblica amministrazione, nonché dell’istruzione, della sanità e del fisco, è compresa tra gli obbiettivi della Digitalizzazione ed innovazione, la prima delle sei missioni del PNRR.

Lo scopo è di “rendere più efficienti e tempestivi i servizi resi al cittadino e alle imprese, specialmente nell'ambito della gestione dei contributi comunitari, lo sviluppo delle infrastrutture e servizi digitali del Paese (datacenter e cloud). nonché a promuovere investimenti che favoriscano l'innovazione in settori strategici (agroalimentare, telecomunicazioni, trasponi, aerospazio). In questo contesto, ciascun cittadino e ciascuna impresa sarà dotato di un'identità digitale unica”.

Il rinnovamento della pubblica amministrazione è una delle politiche e riforme di supporto al piano (le altre sono la riforma fiscale, quella della giustizia e quella del mercato del lavoro) che dovranno accompagnare ed agevolare la realizzazione degli obiettivi del piano.

La proposta di Linee guida individua diverse “azioni di riforma” delle amministrazioni pubbliche:

§  la “missione digitale”, per garantire l’interoperabilità delle banche dati della pubblica amministrazione secondo il principio once only e procedere alla razionalizzazione dei data center e all’ampliamento dell’uso del cloud computing per le pubbliche amministrazioni;

§  il rinnovamento del capitale umano attraverso:

-     il potenziamento delle competenze anche digitali;

-     l’utilizzo di modalità di selezione del personale innovative e semplificate totalmente digitali;

-     il rafforzamento delle competenze manageriali dei dirigenti;

§  interventi di innovazione delle strutture organizzative quali:

-     la regolazione dello smart working e (conseguentemente);

-     l’adeguamento dei sistemi di valutazione della performance;

§  lo snellimento delle procedure operative e modalità di erogazione dei servizi, sulla scorta di quanto già realizzato con il D.L. 76/2020.

 

Si ricorda infine, che la NADEF annuncia, tra i collegati alla decisione di bilancio, tra gli altri, i seguenti provvedimenti:

§  ddl recante “Riordino della disciplina in materia di prevenzione della corruzione, obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”:

§  ddl recante “Disposizioni in materia di lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni”

§  ddl recante “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’articolo 116, 3 comma, Cost.”

§  ddl recante “Implementazione delle forme di raccordo tra Amministrazioni centrali e regionali, anche la fine della riduzione del contenzioso costituzionale”

§  ddl di revisione del Testo Unico dell’ordinamento degli enti locali.

 

 


4. Allegati

Il rapporto programmatico sulle spese fiscali

Il Governo, in ottemperanza al dettato normativo, ha presentato in allegato alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2020 (NADEF 2020) il rapporto programmatico recante gli interventi in materia di spese fiscali[46].

Nello specifico, si ricorda che l'articolo 1, comma 1, del D.Lgs. n. 160 del 2015, intervenendo sulla legge di contabilità e finanza pubblica[47], dispone che la NADEF sia corredata da "un rapporto programmatico nel quale sono indicati gli interventi volti a ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali in tutto o in parte ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che si sovrappongono a programmi di spesa aventi le stesse finalità, che il Governo intende attuare con la manovra di finanza pubblica". Nell'indicazione degli interventi resta ferma la priorità della tutela dei redditi di lavoro dipendente e autonomo, dei redditi di imprese minori e dei redditi di pensione, della famiglia, della salute, delle persone economicamente o socialmente svantaggiate, del patrimonio artistico e culturale, della ricerca e dell'istruzione, nonché dell'ambiente e dell'innovazione tecnologica. "Le spese fiscali per le quali sono trascorsi cinque anni dalla entrata in vigore sono oggetto di specifiche proposte di eliminazione, riduzione, modifica o conferma".

L’art. 1, comma 3, del citato decreto legislativo n. 160 ha previsto altresì l'inserimento in allegato allo stato di previsione dell'entrata di un rapporto annuale sulle spese fiscali, che elenca qualunque forma di esenzione, esclusione, riduzione dell'imponibile o dell'imposta ovvero regime di favore, derivante da disposizioni normative vigenti, con separata indicazione di quelle introdotte nell'anno precedente e nei primi sei mesi dell'anno in corso[48].

La procedura di monitoraggio e riordino delle spese fiscali delineata dal citato decreto legislativo prevede dunque due strumenti: da una parte il rapporto programmatico, da allegare alla NADEF, che è atto di natura politica del Governo; dall’altra, il rapporto annuale di ricognizione delle spese fiscali, di natura tecnica, elaborato da una Commissione di esperti[49]. Il rapporto annuale dovrebbe costituire la base informativa per la redazione del rapporto di natura programmatica[50].

Il rapporto programmatico 2020[51] è articolato in tre paragrafi. Nel primo è illustrato il quadro normativo di riferimento. Nel secondo, si dà conto del lavoro svolto dalla Commissione di esperti sulle tax expenditures. Il terzo paragrafo reca infine le linee programmatiche per il riordino delle agevolazioni fiscali e le prospettive di medio termine.

 

Nello specifico, il rapporto programmatico 2020, dopo aver ricordato il quadro normativo di riferimento, evidenzia che dalla lettura del rapporto annuale sulle spese fiscali (2019) si evince che la Commissione ha deciso di scegliere, come peraltro fatto negli anni precedenti, quale metodo di valutazione degli effetti finanziari derivanti dalle spese fiscali, il metodo del benchmark legale, nel quale il sistema tributario di riferimento è identificato con quello vigente (current tax law)[52]. Pertanto sono stati tralasciati altri metodi di definizione delle spese fiscali[53], sottolineando che il metodo prescelto consiste nel valutare, volta per volta, se una disposizione di natura agevolativa rappresenti una caratteristica strutturale del tributo oppure costituisca una deviazione dalla norma; solo in tale ultimo caso la misura sarà considerata una spesa fiscale[54].

 

Il rapporto programmatico ricorda quindi i criteri di classificazione prescelti dalla Commissione per il censimento delle spese fiscali ed in particolare il riferimento alle missioni di spesa considerate nel bilancio dello Stato. Una scelta che - si legge nel rapporto programmatico - agevola peraltro "i confronti tra le spese fiscali ed i programmi di spesa destinati alle medesime finalità", previsti dalla norma.

 

Riporta, a titolo esemplificativo, alcune tavole riepilogative recanti evidenza delle classificazioni per tributo, per natura dell'agevolazione e per classe di costo utilizzate nel rapporto annuale 2019[55]. Ad un primo esame delle citate tavole allegate al rapporto programmatico sulle spese fiscali si evidenzia che poco più di un quarto delle misure fiscali (141 su 532) interessa l'IRPEF; di queste circa un terzo (45 su 141) hanno un'incidenza sul gettito inferiore a 10 milioni di euro.

 

Il rapporto delinea quindi le linee programmatiche in materia.

Nel merito rappresenta che:

l'attuale Governo ritiene sia necessario procedere, all'interno di un più ampio disegno di riforma fiscale, alla riduzione, semplificazione e riordino delle spese fiscali;

l'obiettivo dell'intervento è assicurare maggiore equità, efficienza e trasparenza al sistema tributario;

il riordino terrà conto di due importanti dimensioni: la riforma fiscale e la strategia di contrasto ai cambiamenti climatici;

il disegno di riforma fiscale avrà l'obiettivo di semplificare e ridurre il prelievo sul lavoro, e in particolare sui redditi medi, gli obiettivi di semplificazione favoriranno il raggiungimento di una maggiore trasparenza del sistema, mentre l'attività di riordino considererà le conseguenze in termini di efficienza economica, di efficacia, di equità e dei costi amministrativi, anche in relazione ai possibili programmi di spesa che perseguono finalità sovrapponibili con quelle delle spese fiscali oggetto di riordino[56],

in coerenza con il Green New Deal adottato dalla Commissione Europea, la revisione del sistema delle imposte ambientali e dei sussidi dannosi per l'ambiente sarà orientata ad incentivare la transizione ecologica, prevedendo interventi graduali, pluriennali, proporzionati e condivisi con gli stakeholders.

 

Si rammenta che per la disciplina vigente (art. 10?bis, comma 5?bis, della legge n. 196 del 2009), il rapporto programmatico dovrebbe indicare:

gli interventi che il Governo intende attuare, con la manovra di finanza pubblica, per ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali in tutto o in parte ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche, ovvero che si sovrappongono a programmi di spesa aventi le stesse finalità;

le specifiche proposte di eliminazione, riduzione, modifica o conferma delle spese fiscali per le quali sono trascorsi cinque anni dalla entrata in vigore.

 

Il quarto rapporto programmatico, esaminato alla luce del dettato normativo sopra ricordato, non riporta:

le proposte di rimodulazione o conferma delle spese fiscali ultra quinquennali;

l'individuazione delle spese fiscali che si sovrappongono a programmi di spesa aventi le stesse finalità e che sarebbero state interessate da interventi nell'ambito della manovra di bilancio[57].

Tuttavia, a differenza dei rapporti precedenti, il rapporto informa che la legge di bilancio per il 2020 ha previsto l'istituzione della Commissione interministeriale per lo studio e l'elaborazione di proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientali dannosi, con il compito di elaborare una proposta organica per la ridefinizione, entro il 31 ottobre 2020, del sistema delle esenzioni a partire dall'anno 2021 in materia di trasporto merci, navale e aereo, di agricoltura e usi civili con l'obiettivo di ridurre la spesa pubblica e di sostenere le innovazioni e gli investimenti in ricerca, innovazione tecnologica, sviluppo e infrastrutture per la riconversione ecologica con l'obiettivo di una riduzione delle emissioni di gas serra entro l'anno 2030. Evidenzia quindi che i risultati del confronto con gli operatori, derivanti dalla consultazione pubblica online, indetta dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) sulle proposte frutto del lavoro svolto dalla citata Commissione interministeriale che si è concluso il 27 agosto 2020, potranno orientare l'attività del Governo nella revisione delle tax expenditures. La revisione punterà a definire un sistema di regole e incentivi in grado di stimolare sia gli investimenti per il rinnovo delle produzioni e degli impianti in uso - in modo da contenere le emissioni e ridurre i consumi energetici, e per l'utilizzo delle nuove tecnologie - sia i consumi sostenibili, attivando un circolo virtuoso tra innovazione e ambiente.

Si ricorda che l'Unione europea, in più di una occasione, ha invitato l'Italia a ridurre il numero delle agevolazioni esistenti, l'entità delle misure e l'incidenza delle stesse sul sistema tributario[58]. Tuttavia nell'ultima Raccomandazione del Consiglio del 20 maggio 2020 (COM/2020/512 final)[59] sul programma nazionale di riforma 2020 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità 2020 dell'Italia, tale raccomandazione non è stata formulata.

Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva-anno 2020

Il Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva, oltre a indicare i dati relativi al recupero delle somme evase, fornisce le stime del cosiddetto tax gap (la differenza tra gettito teorico e gettito effettivo) relativo alle entrate tributarie e contributive nonché della propensione all’inadempimento dei contribuenti (propensione al gap), dato dal rapporto tra l’ammontare del tax gap e il gettito teorico. Sono riportate, inoltre, le maggiori entrate derivanti dalla lotta all’evasione da destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale e gli indirizzi sulle strategie per il contrasto dell’evasione.

I dati si basano sulla Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione contributiva, allegata alla Nota, predisposta dalla Commissione di esperti istituita con DM 28 aprile 2016.

 

Preliminarmente si segnala che nella Relazione di quest’anno la quota di imposte per le quali è stato stimato il tax gap ammonta al 93,08%, a fronte del valore dell’87,5% registrato lo scorso anno. Tale scostamento non deriva da un ampliamento dei tributi considerati, ma è da ascrivere essenzialmente alla modifica di contabilizzazione delle entrate locali intervenuta dal 2018 a seguito della variazione delle regole Eurostat.

 

Dai dati presentati emerge che nel triennio 2015-2017 (per il quale si dispone di un quadro completo delle valutazioni) si registra un gap medio annuale pari a circa 107,2 miliardi di euro, di cui 95,9 miliardi di mancate entrate tributarie e 11,3 miliardi di mancate entrate contributive.

Nel 2018 si registra una riduzione molto ampia del tax gap, di quasi 5 miliardi di euro rispetto all’anno d’imposta 2017.

Il risultato è attribuibile agli effetti dell’adozione di nuove misure di contrasto all’evasione fiscale e di miglioramento della tax compliance introdotte negli anni più recenti, soprattutto in materia di IVA. Tra il 2017 e il 2018, infatti, la riduzione più importante del tax gap si registra per tale imposta, che passa da 36,8 miliardi di euro nel 2017 a 33,3 miliardi di euro nel 2018, con una flessione complessiva pari a 3,5 miliardi di euro. Riduzioni significative del tax gap hanno interessato quasi tutte le imposte, con l’unica eccezione della TASI e del canone RAI, dove il tax gap rimane pressoché stabile.

Tabella 27

 

Anche la propensione al gap diminuisce in modo significativo nel 2018 per tutte le tipologie di imposte con l’unica eccezione del canone RAI, dove si assiste a un leggero incremento, e dell’IMU, dove il gap rimane invariato.

Il miglioramento della compliance, ovvero dell’adempimento spontaneo più significativo riguarda l’IVA e l’IRPEF da lavoro autonomo e impresa, con una riduzione di 3,2 punti percentuali (dal 2017 al 2018), mentre la propensione al gap delle accise diminuisce di 3 punti percentuali. La compliance dell’IRES migliora di 0,6 punti percentuali, così come quella dell’imposta sostitutiva sulle locazioni (0,4 punti percentuali) e quella dell’IRAP e della TASI (0,3 punti percentuali).

Tabella 28

Per quanto riguarda il contrasto all'evasione, nel 2019 il risultato annuale relativo all’obiettivo di riscossione complessiva è pari a 19,9 miliardi di euro (+3,4% rispetto ai 19,2 miliardi nel 2018), di cui 5,1 miliardi derivano dalla riscossione coattiva, 12,6 miliardi dai versamenti diretti e 2,13 miliardi dalle iniziative relative all'attività di promozione alla compliance.

Nell'ambito dei tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate, il recupero ordinario da attività di controllo è pari a 16,8 miliardi di euro, con un incremento del 4,1% rispetto all'anno precedente (16,2 miliardi). Di questi, 11,7 miliardi derivano dai versamenti diretti (somme versate a seguito di atti emessi dall’Agenzia o accordi per deflazionare il contenzioso), che registrano un aumento del 4% rispetto al 2018; 2,1 miliardi sono frutto dell’attività di promozione della compliance (risultato conseguito anche grazie a oltre 2,1 milioni di alert inviati dall’Agenzia), mentre il recupero conseguente ai ruoli ordinari di competenza dell’Agenzia delle entrate si attesta a 3 miliardi.

 

Circa la valutazione delle maggiori entrate derivanti dall'attività di contrasto dell'evasione fiscale rispetto alle corrispondenti previsioni di bilancio dell'anno in corso da destinare al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, la Relazione indica che la stima degli incassi attesi per il 2020 è sensibilmente inferiore agli incassi realizzati nel 2019 per circa 6,8 miliardi di euro. Il Governo segnala che tale dato è conseguenza della sospensione dell’attività di accertamento e controllo da parte dell’Amministrazione fiscale durante la situazione di emergenza legata allo shock pandemico. Pertanto, in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio 2021, non saranno iscritte risorse aggiuntive nel predetto Fondo per la riduzione della pressione fiscale.

 

In merito alle strategie per ridurre l’evasione, il Rapporto indica che l’azione di contrasto sarà perseguita attraverso un piano organico basato sulla semplificazione delle regole e degli adempimenti nonché su una nuova e più efficace alleanza tra contribuenti e Amministrazione finanziaria. Il contrasto all’evasione fiscale sarà perseguito anche agevolando, estendendo e potenziando i pagamenti elettronici e riducendo drasticamente i costi delle transazioni cashless. L’Amministrazione fiscale (come indicato anche nell’Atto d’indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale per gli anni 2020-2022) avrà come obiettivo quello di perseguire la semplificazione degli adempimenti, il miglioramento dei servizi offerti per favorire l'assolvimento degli obblighi tributari e l’emersione spontanea delle basi imponibili, nonché di contrastare l’evasione attraverso mirati interventi di controllo e accertamento ex post all’esito di specifiche analisi di rischio.



[1]    Legge 4 agosto 2016, n.163, che è intervenuta su numerose disposizioni della legge di contabilità e finanza pubblica al fine di disciplinare il contenuto della legge di bilancio prevista dalla legge n.243/2012. In particolare, oltre a spostare dal 20 al 27 settembre il termine di presentazione della Nota di aggiornamento al DEF, l’articolo 1 di tale legge ha modificato l’articolo 10-bis della legge di contabilità, in ordine al contenuto della Nota medesima.

[2]    Tale disposizione, inserita dall’articolo 1, comma 7, lettera b) della legge n.163/2016, costituisce una delle modifiche più significative apportate dalla legge medesima ai contenuti della NADEF, finalizzata ad esporre nel Documento una prima informazione in ordine ai contenuti ed alla composizione della manovra che verrà poi operata con la legge di bilancio.

[3]    A norma del Patto di Stabilità e crescita (PSC), ciascuno Stato membro deve raggiungere e mantenere il proprio Obiettivo a medio termine (OMT o MTO, medium term objective) oppure attuare un percorso di avvicinamento verso l’OMT stesso. L’OMT è definito in termini strutturali, non nominali: pertanto esso si calcola come il saldo del conto economico delle amministrazioni pubbliche corretto per l’impatto previsto del ciclo economico (saldo corretto per il ciclo) e al netto delle misure una tantum. Per l’Italia, l’OMT è il pareggio di bilancio. Nel testo i concetti di obiettivo di medio termine, medium term objective, e i corrispondenti acronimi OMT, MTO, nonché di obiettivo programmatico strutturale, vengono usati in maniera alternativa.

[4]    L’ISTAT (Comunicato Euro Zone Economic Outlook, 29 settembre 2020) prevede che il Pil e gli altri aggregati economici registreranno una ripresa nel III trimestre del 2020. La produzione industriale, dopo un calo congiunturale del -15,8% nel II trimestre, è prevista segnare un rimbalzo nel III trimestre (+15,2%), per poi continuare a crescere a tassi più moderati nei due trimestri successivi (+1,4 e +1,0%). A causa dell'incertezza che condiziona le attese sia sulla domanda interna sia su quella estera, il processo di recupero degli investimenti sarà graduale. Nel III trimestre essi aumenterebbero in misura meno accentuata (+10,2%) della produzione industriale, ma la crescita comparata assumerebbe valori maggiori nei trimestri successivi (+3,0% e +2,3%).

[5]    La revisione dei conti nazionali, (cfr. Comunicato ISTAT del 2 ottobre 2020), ha ampliato, seppure in misura marginale, il calo congiunturale senza precedenti registrato nel secondo trimestre dal prodotto interno lordo italiano (-13,0% rispetto al -12,8% diffuso precedentemente).

[6]    Si ricorda, che, in considerazione delle condizioni eccezionali di emergenza sanitaria, l’orizzonte delle previsioni del Documento di Economia e Finanza 2020 è stato limitato al solo biennio 2020-2021 e con riferimento al solo andamento tendenziale.

[7]    https://www.istat.it/it/archivio/247349

[8]    Pagine 16 e seguenti.

[9]    Detto valore si riferisce al complesso delle misure adottate con i decreti legge varati a seguito della crisi pandemica (ivi compresi i decreti legge n. 18 e 23 del 2020).

[10]   Spese finali al netto della spesa per interessi. Per quanto riguarda la spesa per interessi, si rinvia all’apposito paragrafo di approfondimento.

[11]   Spesa corrente al netto della spesa per interessi.

[12]   Legge n. 145/2018 e decreto-legge n. 4/2019.

[13]   Comunicato stampa della BCE del 10 settembre 2020.

[14]   Per un approfondimento sulla metodologia di calcolo dell'OMT si veda il dossier XVIII legislatura "Finanza Pubblica e Regole Europee: guida alla lettura e sintesi dei dati principali", seconda edizione, aprile 2018.

[15]   Per maggiori dettagli, si veda la pubblicazione annuale della Commissione Europea, Vade Mecum on the Stability and Growth Pact, 2019.

[16]   Commissione Europea, Assessment of the 2020 Stability Programme for Italy.

[17]   Cfr. a questo proposito i Regolamenti UE 1173/2011, 1175/2011, 1177/2011 e la Direttiva 2011/85/UE.

[18]   Commissione Europea, Communication from the Commission to the Council on the activation of the general escape clause of the Stability and Growth Pact, 20.3.2020, COM(2020) 123 final.

[19]   La clausola di salvaguardia generale è stata introdotta durante la revisione della disciplina fiscale operata dal Six-Pack nel 2011. Il Regolamento 1466/97 che disciplina il braccio preventivo del PSC stabilisce che in periodi di grave recessione economica per l’area dell’euro o l’Unione nel suo insieme, gli Stati membri possano essere autorizzati a deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di bilancio a medio termine (OMT), a condizione che ciò non comprometta la sostenibilità di bilancio. Il Regolamento 1467/97 che disciplina invece il braccio correttivo del PSC stabilisce che in caso di grave recessione economica nell’area dell’euro o nell’Unione nel suo insieme, il Consiglio possa decidere, su raccomandazione della Commissione, di adottare una revisione del percorso di rientro del disavanzo al di sotto della soglia del 3 % per uno Stato membro che si trovi già in procedura per disavanzo eccessivo.

[20]   Le lettere della Commissione a ciascun stato membro sulla predisposizione del DBP 2021 sono disponibili al seguente indirizzo: https://ec.europa.eu/info/business-economy-euro/economic-and-fiscal-policycoordination/eu-economic-governance-monitoring-prevention-correction/stability-and-growth-pact/applyingrules-stability-and-growth-pact_en

[21]   Si veda il Capitolo 1 del presente dossier per maggiori dettagli.

[22]   Si vedano il box al paragrafo 2.3 e European Commission, Vade Mecum on the Stability & Growth Pact, 2019 pag. 8, box 1.3. Si ricordi che l’output gap quest’anno è calcolato con nuovi metodi per tenere conto della riduzione “meccanica” dell’offerta.

[23]   Le cifre precedenti sono arrotondate al primo decimale e possono differire leggermente da quelle esposte in Tabella 20.

[24]   Cfr. il paragrafo sulla Relazione ex articolo 6, comma 5, per l'illustrazione del nuovo percorso di avvicinamento all'OMT.

[25]   L’indicatore di medio periodo, S1, individua la variazione del saldo primario strutturale in termini cumulati fino al 2020 tale da garantire, se mantenuta costante negli anni successivi, di raggiungere un livello di debito/PIL pari al 60% entro il 2030, e ripagare i costi di invecchiamento.

[26]   Si veda la matrice che specifica l’aggiustamento annuale verso l’OMT in base alla situazione del ciclo economico presentata nella Comunicazione della Commissione ‘Making the best use of flexibility within the existing rules of the Stability and Growth Pact’ del 13 gennaio 2015.

[27]   Cfr. l'approfondimento sulla regola della spesa nell' ED n. 3, La governance economica europea, giugno 2013, per i dettagli sulle voci da inserire nell'aggregato di riferimento e sulla modalità di determinazione del tasso di crescita limite (benchmark).

[28]   Commissione Europea, Assessment of the 2020 Stability Programme for Italy.

[29]   La prima autorizzazione è stata richiesta dal Governo il 5 marzo 2020, con successiva integrazione l’11 marzo, ed ha permesso l’emanazione del primo decreto legge che ha stanziato rilevanti risorse per fronteggiare l’emergenza (D.L. n. 18/2020, cosiddetto “Cura Italia”). La seconda autorizzazione è stata presentata il 24 aprile 2020. Votata a maggioranza assoluta, ha permesso al Governo di approvare il D.L. n. 34/2020 (cosiddetto “Rilancio”). Gli effetti sulla finanza pubblica di tali scostamenti erano già incorporati nel DEF 2020. Infine, il 22 luglio il Governo ha presentato la terza Relazione al Parlamento attraverso la quale ha richiesto l’autorizzazione ad aumentare l’indebitamento, per finanziare i provvedimenti dettagliati nel D.L. n. 104/2020.

[30]   Commissione Europea, Communication from the Commission to the European Parliament, the European Council, the Council, the European Central Bank, the European Investment Bank and the Eurogroup, coordinated economic response to the COVID-19 Outbreak”, COM(2020) 112 final, 13.3.2020.

[31]   Commissione Europea, Communication from the Commission to the European Parliament, the European Council, the Council, the European Central Bank, the European Economic and Social Committee, the Committee of the Regions and the European Investment Bank, 2020 European Semester: Country-specific recommendations, COM(2020) 500 final, 20/05/2020.

[32]   La componente stock-flussi riflette operazioni finanziarie e di privatizzazione, nonché le poste di raccordo contabile tra dati di cassa e di competenza economica. A parità di altre condizioni, un suo aumento rispetto all'anno precedente aumenta il rapporto debito/PIL.

[33]   A parità di ogni altra condizione, un avanzo primario (pari al saldo di bilancio al netto della spesa per interessi) in crescita rispetto all'anno precedente riduce il rapporto debito/PIL. Il c.d. "effetto valanga" (snow-ball) consiste nella differenza tra il tasso di interesse (costo medio) sul debito pubblico e il tasso di crescita del PIL nominale. A parità di altre condizioni, un effetto valanga in diminuzione rispetto all'anno precedente riduce il rapporto debito/PIL.

[34]   Per approfondimenti sul Semestre europeo, cfr. il dossier n. 37 del Servizio studi del Senato "Il Semestre europeo in Senato: procedure e prassi", marzo 2019.

[35]    Per approfondimenti sul Semestre europeo, cfr. il dossier n. 37 del Servizio studi del Senato "Il Semestre europeo in Senato: procedure e prassi", marzo 2019. Sulle raccomandazioni specifiche per paese, cfr. la Nota breve n. 8 del Servizio del bilancio del Senato, "Le raccomandazioni europee sul Programma nazionale di riforma e sul Programma di stabilità 2019 dell'Italia",  giugno 2019.

[36]   Pag.107.

[37]   Per approfondimenti sulla strategia europea di risposta alla crisi si rinvia al dossier del Servizio studi “Le politiche di settore nel quadro europeo” (22 settembre 2020).

[38]   Ai sensi dell’articolo 10-bis, comma 1, lettera c), della legge n.196/2009 (legge di contabilità).

[39]   Approvata nella seduta del 29 luglio 2020 dall’Assemblea del Senato -Conforme con le indicazioni della risoluzione e con le indicazioni del PNR, il parere approvato dalla Commissione XII della Camera il 28 luglio 2020 sul Programma Nazionale di Riforma per l'anno 2020, di cui alla III Sezione del Documento di economia e finanza 2020. Doc. LVII, n. 3.

[40]   Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza”, convertito, con modificazioni, dalla legge n.77/2020.

[41]   Misure urgenti per il sostegno ed il rilancio dell’economia.

[42]   Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2020.

[43]   La predetta Raccomandazione muoveva dall’analisi del Consiglio, in base alla quale si rilevava che “la spesa dell'Italia per le pensioni, pari a circa il 15 % del PIL nel 2017, è tra le più elevate dell'Unione ed è destinata a crescere nel medio periodo a causa del peggioramento dell'indice di dipendenza degli anziani. Il bilancio 2019 e il decreto legge di attuazione del nuovo regime di pensionamento anticipato del gennaio 2019 tornano indietro su elementi delle precedenti riforme delle pensioni, aggravando la sostenibilità a medio termine delle finanze pubbliche. Queste nuove norme aumenteranno ulteriormente la spesa pensionistica a medio periodo. Tra il 2019 e il 2021 il nuovo regime di pensionamento anticipato ("quota 100") consentirà alle persone che hanno versato 38 anni di contributi di andare in pensione a 62 anni. È stato inoltre esteso l'ambito di applicazione delle disposizioni vigenti in materia di pensionamento anticipato, in particolare sospendendo fino al 2026 l'indicizzazione alla speranza di vita del requisito contributivo minimo, introdotta dalle precedenti riforme pensionistiche

[44]   CFR. il focus pubblicato nella Parte III, Indebitamento netto e debito pubblico – Dati di consuntivo e previsioni a legislazione vigente, pagg. 61 e seguenti.

[45]   Pagg.7 e 58.

[46]    Si tratta del quarto rapporto programmatico sulle c.d. spese fiscali.

[47]    Inserendo il comma 5?bis all'art. 10?bis della Legge 31 dicembre 2009, n. 196.

[48]    Ciascuna misura è accompagnata dalla sua descrizione e dall'individuazione della tipologia dei beneficiari e, ove possibile, dalla quantificazione degli effetti finanziari e del numero dei beneficiari. Le misure sono raggruppate in categorie omogenee, contrassegnate da un codice che ne caratterizza la natura e le finalità. Il rapporto individua le spese fiscali e ne valuta gli effetti finanziari prendendo a riferimento modelli economici standard di tassazione, rispetto ai quali considera anche le spese fiscali negative. Ove possibile e, comunque, per le spese fiscali per le quali sono trascorsi cinque anni dalla entrata in vigore, il rapporto effettua confronti tra le spese fiscali e i programmi di spesa destinati alle medesime finalità e analizza gli effetti microeconomici delle singole spese fiscali, comprese le ricadute sul contesto sociale”.

[49]    La commissione è stata istituita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze il 28 aprile 2016.

[50]    Nella procedura delineata dalla legge la pubblicazione del rapporto programmatico precede quella del rapporto annuale, per cui il primo non può che fare riferimento al rapporto dell'anno precedente. La Commissione di esperti chiamata ad elaborare la ricognizione annuale sulle spese fiscali (la c.d. Commissione Marè) ha richiamato l'attenzione sull'opportunità di un intervento normativo che meglio definisca la relazione logico-temporale tra i due strumenti base del monitoraggio delle spese fiscali. Il suggerimento è stato riproposto anche nel quarto rapporto sulle spese fiscali (2019).

[51]    Senato della repubblica, Doc. LVII n. 3-bis, allegato 2.

[52]    Già nel precedente rapporto redatto dalla commissione si erano individuate, classificate e stimate le spese fiscali con il metodo del sistema fiscale vigente.

[53]    In particolare il benchmark teorico, che risulta essere soggetto ad un ampio margine di arbitrio, ed il benchmark della spesa equivalente, che avrebbe comportato una definizione di spesa fiscale troppo restrittiva.

[54]    La valutazione è basata sia sull'esame di carattere sistematico del tributo, a partire dalle norme istitutive e dalla loro giustificazione, sia sulla considerazione della portata dimensionale della disposizione (sia sotto il profilo finanziario in termini di gettito, sia con riferimento al numero di soggetti destinatari della misura).

[55]    Come già indicato nel "rapporto sulle spese fiscali 2017", l'elenco delle spese fiscali per missione utilizzato è composto di 20 voci, che possono essere confrontate anche con la classificazione delle spese COFOG in sede UE. Inoltre sottolinea che l'ampiezza delle variabili ai fini della classificazione delle spese fiscali consente l'aggregazione secondo criteri diversi dalle missioni assicurando al bilancio una maggiore trasparenza e leggibilità e fornendo uno strumento efficace per future scelte in termini di spending review.

[56]    "A tale scopo verrà rafforzata ulteriormente la base conoscitiva in materia di spese fiscali (confronto e sovrapposizione con programmi di spesa, microsimulazioni, analisi sull'incidenza territoriale e settoriale)".

[57]    Il rapporto annuale sulle spese fiscali (2019) evidenzia che per quanto concerne “le finalità”, "la Commissione ha valutato, anche in questo rapporto 2019, diverse ipotesi di classificazione, ispirandosi anche alle esperienze degli altri paesi. Si è riscontrato che, nella generalità dei casi, il contenuto informativo aggiuntivo rispetto alla classificazione per missioni fosse di per sé non così rilevante e che, anzi, talora, nuove classificazioni finivano per rappresentare duplicazioni e sovrapposizioni. Si consideri, peraltro, che la scelta della Commissione di utilizzare un benchmark legale già di per sé esclude la possibilità di riconoscere nelle spese fiscali una serie di obiettivi, per così dire, “strutturali”, che sono stati proposti e utilizzati in altri contesti, quali promuovere l’equità del sistema tributario, assicurare la neutralità dell’imposizione, evitare doppie imposizioni, realizzare una semplificazione del sistema, attuare norme internazionali, ecc. In questo Rapporto tali finalità sono richiamate solo nell’allegato al paragrafo 4, per agevolare il confronto tra spese fiscali e programmi di spesa. Al di là di questo, la Commissione ha ritenuto di non effettuare, anche in questo quarto rapporto (2019), altre classificazioni delle spese fiscali rispetto alle missioni". Con riferimento al confronto tra spese fiscali e programmi di spesa il Rapporto rinvia a quanto evidenziato nel precedente Rapporto sulle spese fiscali 2018; il confronto (previsto dall'articolo 21, comma 11-bis della legge n. 196 del 2009) che affianca per missione le due componenti spese fiscali da un lato e programmi di spesa dall'altro consente un'analisi del loro contenuto (allegato A) e dell'esistenza o meno di collegamenti tra capitoli di spesa e misure agevolative fiscali, contributive, tariffarie (Allegato B, sez. 1 e sez. 2).

[58]    In particolare nella precedente raccomandazione del Consiglio del 9 luglio 2019 (2019/C 301/12), pubblicata in GUUE C301/69 in data 5 settembre 2019, si raccomandava per il 2019 ed il 2020, l'adozione di provvedimenti volti, tra le altre finalità, a "spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati".

[59]    Pubblicata in GUUE C 282/74 in data 26 agosto 2020.