Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Documento di economia e finanza 2019
Serie: Documentazione di Finanza Pubblica   Numero: 7
Data: 11/04/2019
Organi della Camera: V Bilancio

 

Documento di economia e finanza 2019

Doc. LVII, n.2

 

APRILE 2019

 

 

 

 

Servizio Studi

Tel. 06 6706-2451 * studi1@senato.it - Twitter_logo_blue.png @SR_Studi

 

 

Servizio del Bilancio

Tel. 06 6706-5790 * sbilanciocu@senato.it  - Twitter_logo_blue.png @SR_Bilancio

 

 

 

 

 

Servizio Studi - Dipartimento Bilancio

Tel. 06 6760-2233 * st_bilancio@camera.it - Twitter_logo_blue.png @CD_bilancio

 

 

Servizio Bilancio dello Stato

Tel. 06 6760-2174 – 06 6760-9455 * bs_segreteria@camera.it

 

 

Documentazione di finanza pubblica n. 7

 

 

La documentazione dei Servizi e degli Uffici del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati è destinata alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. I contenuti originali possono essere riprodotti, nel rispetto della legge, a condizione che sia citata la fonte.


INDICE

Il Documento di economia e finanza........................................................................... 1

Parte I - Il quadro macroeconomico............................................................................ 6

1. La congiuntura internazionale e l’area dell’euro....................................................... 6

2. Lo scenario macroeconomico nazionale.................................................................. 14

2.1. I risultati nel 2018........................................................................................... 14

2.2. Le prospettive dell’economia italiana per il 2019 e per il triennio successivo. 23

2.2.1. Il quadro macroeconomico tendenziale.................................................... 23

2.2.2. Il quadro macroeconomico programmatico.............................................. 35

2.3. Il mercato del lavoro....................................................................................... 36

Parte II – La finanza pubblica.................................................................................... 40

1. Gli andamenti di finanza pubblica.......................................................................... 40

?     Tavole DEF e confronti con Nota tecnico-illustrativa 2019.......................... 42

1.1. Il consuntivo 2018.......................................................................................... 47

1.1.1. L’indebitamento netto.............................................................................. 47

1.1.2. Le entrate................................................................................................. 47

1.1.3. Le spese................................................................................................... 52

1.2. Le previsioni tendenziali per il periodo 2019-2022......................................... 62

1.2.1. L’indebitamento netto.............................................................................. 63

1.2.2. Le entrate................................................................................................. 65

?     Le clausole di salvaguardia........................................................................... 70

1.2.3. Le spese................................................................................................... 73

?     La spesa per interessi.................................................................................... 91

2. La finanza pubblica nel quadro delle regole europee.............................................. 96

2.1. La finanza pubblica strutturale........................................................................ 96

2.2. La valutazione delle deviazioni significative e della regola della spesa.......... 98

2.3. Spese per la clausola degli eventi eccezionali............................................... 103

2.4. L’evoluzione del rapporto debito/PIL............................................................ 96

2.5. La regola del debito e gli altri fattori rilevanti.............................................. 111

Parte III – Analisi del Programma nazionale di Riforma...................................... 113

1. Introduzione......................................................................................................... 113

2. Il PNR nel quadro della governance europea....................................................... 115

2.1. Le Raccomandazioni del Consiglio del luglio 2018..................................... 117

2.2. Relazione per paese relativa all'Italia 2019 della Commissione europea....... 122

3. Le politiche pubbliche nel programma nazionale di riforma................................. 125

3.1. Finanza pubblica e tassazione....................................................................... 125

3.2. Settore bancario e finanziario........................................................................ 133

3.3. Investimenti, infrastrutture, territorio e ambiente......................................... 135

3.4. Sostegno alle imprese e riequilibrio territoriale............................................. 154

3.5. Istituzioni e Giustizia.................................................................................... 163

3.6. Lavoro, Previdenza, Sanità e Educazione..................................................... 182

 



Il Documento di economia e finanza

Il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio, che traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall’Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo e per il conseguimento degli obiettivi di sviluppo, occupazione, riduzione del rapporto debito-PIL e per gli altri obiettivi programmatici prefigurati dal Governo per l’anno in corso e per il triennio successivo.

Il DEF viene trasmesso alle Camere affinché si esprimano su tali obiettivi e sulle conseguenti strategie di politica economica contenute nel Documento. Dopo il passaggio parlamentare, il Programma di Stabilità e il Programma nazionale di riforma vanno inviati al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione europea entro il 30 aprile.

Secondo quanto dispone l’articolo 7 della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009 (Legge di contabilità), il Documento, che s’inquadra al centro del processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell’UE - il Semestre europeo deve essere infatti presentato al Parlamento, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, entro il 10 aprile di ciascun anno, al fine di consentire alle Camere di esprimersi sugli obiettivi programmatici di politica economica in tempo utile per l’invio al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, entro il successivo 30 aprile[1], del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma (PNR).

 

Il Semestre europeo fornisce un quadro, temporalmente scandito, per la gestione delle varie tappe della strategia di coordinamento delle politiche economiche tra i paesi dell’UE. In sintesi, esso si compone delle seguenti fasi:

§  novembre: presentazione da parte della Commissione dell’Analisi annuale della crescita, della Relazione sul meccanismo di allerta per la prevenzione degli squilibri macroeconomici. Il Consiglio europeo elabora le Linee guida di politica economica e di bilancio a livello UE e a livello di Stati membri;

§  febbraio: la Commissione pubblica le Relazioni per Paese integrate, per i paesi selezionati nella relazione sul meccanismo di allerta che presentano squilibri macroeconomici, dall'esame approfondito;

§  dalla metà alla fine di aprile: gli Stati membri presentano alla Commissione e al Consiglio i Piani nazionali di riforma (PNR, elaborati nell’ambito della nuova Strategia per la crescita e l’occupazione UE 2020) ed i Piani di stabilità e convergenza (PSC, elaborati nell’ambito del Patto di stabilità e crescita), tenendo conto delle linee guida dettate dal Consiglio europeo;

§  maggio: sulla base dei PNR e dei PSC, la Commissione europea elabora le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati membri;

§  giugno/luglio: il Consiglio ECOFIN e, per la parte che gli compete, il Consiglio Occupazione e affari sociali, approvano le raccomandazioni della Commissione europea, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno;

§  seconda metà dell’anno: gli Stati membri approvano le rispettive leggi di bilancio, tenendo conto delle raccomandazioni ricevute. In base alla disciplina del regolamento (UE) n. 473/2013 (uno dei due atti che compongono il c.d. Two-pack), la Commissione europea opera, di norma entro il mese di novembre, una valutazione del documento programmatico di bilancio (DPB) di ciascun Stato membro.

 

Ad iniziare dall’Analisi annuale sulla crescita e dalla Relazione sul meccanismo di allerta dell’anno successivo, la Commissione dà anche conto dei progressi conseguiti dai Paesi membri nell’attuazione delle raccomandazioni. Ciò avviene, in particolare, nell’ambito delle Relazioni per paese, integrate dagli esami approfonditi per gli stati che vengono a tal fine indicati nella relazione sul meccanismo di allerta. Per quanto riguarda l’Italia, il relativo esame approfondito è contenuto nel documento di lavoro dei servizi della Commissione “Relazione per paese relativa all’Italia 2019” (per la quale si rinvia all’apposita sezione del presente dossier).

 

Quanto alla struttura del DEF, questa è disciplinata dall’articolo 10 della legge di contabilità, nel quale si dispone che sia composta di tre sezioni e di una serie di allegati.

In particolare, la prima sezione espone lo schema del Programma di Stabilità, che deve contenere tutti gli elementi e le informazioni richiesti dai regolamenti dell'Unione europea e, in particolare, dal nuovo Codice di condotta sull'attuazione del Patto di stabilità e crescita, con specifico riferimento agli obiettivi di politica economica da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico.

La sezione espone gli obiettivi e il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica per il triennio successivo; l’indicazione degli obiettivi programmatici per l'indebitamento netto, per il saldo di cassa e per il debito delle PA, articolati per i sottosettori della PA, accompagnata anche da un'indicazione di massima delle misure attraverso le quali si prevede di raggiungere gli obiettivi. Ciò anche ai fini di dar conto del rispetto del percorso di avvicinamento all’obiettivo di medio termine (OMT), qualora si sia verificato uno scostamento dall’obiettivo medesimo. La sezione contiene, inoltre, le previsioni di finanza pubblica di lungo periodo e gli interventi che si intende adottare per garantirne la sostenibilità.

La seconda sezione, Analisi e tendenze della finanza pubblica” riporta, principalmente, l'analisi del conto economico e del conto di cassa delle amministrazioni pubbliche nell'anno precedente; le previsioni tendenziali a legislazione vigente, almeno per il triennio successivo, dei flussi di entrata e di uscita del conto economico e del saldo di cassa; l'indicazione delle previsioni a politiche invariate per i principali aggregati del conto economico della PA riferite almeno al triennio successivo; le informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa, con particolare riferimento a quelli relativi al pubblico impiego, alla protezione sociale e alla sanità, al debito delle amministrazioni pubbliche ed al relativo costo medio, nonché all’ammontare della spesa per interessi del bilancio dello Stato correlata a strumenti finanziari derivati; le informazioni, infine, sulle risorse destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate, con evidenziazione dei fondi nazionali addizionali.

 

La terza sezione reca, infine, lo schema del Programma Nazionale di riforma (PNR) che, in coerenza con il Programma di Stabilità, contiene gli elementi e le informazioni previsti dai regolamenti dell'Unione europea e dalle specifiche linee guida per il Programma nazionale. In tale ambito sono indicati:

§  lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell'eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;

§  gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività;

§  le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nel Programma di stabilità;

§  i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione.

 

Sulla base di quanto prevedono sia alcune norme della legge di contabilità, sia ulteriori disposizioni che prescrivono la presentazione in allegato al DEF di alcuni specifici documenti, al DEF 2019 sono allegati sei documenti:

§  il rapporto sullo stato di attuazione della riforma della contabilità e finanza pubblica, previsto dall’articolo 3 della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità) (Doc. LVII, n. 2 - Allegato I);

§  la relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, previsto dall'articolo 10, comma 7, della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità pubblica) e all'articolo 7 del decreto legislativo n. 88 del 2011 (Doc. LVII, n. 2 - Allegato II);

§  la relazione sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra (c.d. allegato Kyoto), di cui al comma 9 dell’articolo 10, comma 9, della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità) (Doc. LVII, n. 2 - Allegato III);

§  il documento sulle spese dello Stato nelle regioni e nelle province autonome, previsto dall’articolo 10, comma 10, della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità)  (Doc. LVII, n. 2 - Allegato IV);

§  la relazione sui fabbisogni annuali di beni e servizi della pubblica amministrazione e sui risparmi conseguiti con il sistema delle convenzioni Consip, previsto dall’articolo 2, comma 576, della legge n.244 del 2007 (Doc. LVII, n. 2 - Allegato V);

§  la relazione sul monitoraggio degli obiettivi di spesa dei Ministeri del ciclo 2018-2020 (cd. spending review ministeriale), previsto dall’articolo 22-bis, comma 5, della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità) (Doc. LVII, n. 2 - Allegato VI);

 

Successivamente alla trasmissione del DEF, in data 16 aprile 2019, sono stati trasmessi i seguenti ulteriori documenti allegati al DEF:

§  il rapporto sugli indicatori di benessere equo e sostenibile, previsto dall'articolo 10, comma 10-bis, della legge 196/2009 (Doc. LVII, n. 2 - Allegato VII);

§  il documento "Strategie per una nuova politica della mobilità in Italia", predisposto ai sensi dell'articolo 10, comma 8, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (Doc. LVII, n. 2 - Allegato VIII).

 

A completamento della manovra di bilancio, il Governo conferma i disegni di legge già indicati nel precedente documento programmatico e indica, altresì, quali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica per il 2020 i seguenti:

§  Disegno di Legge di delega al Governo per l’adozione di disposizioni per il contrasto della violenza in occasione di manifestazioni sportive (Atto Camera 1603-ter);

§  Disegno di Legge recante deleghe al Governo per il miglioramento della PA (Atto Senato 1122).

 

Si ricorda che la NADEF 2018 ha dichiarato collegati alla decisione di bilancio i seguenti provvedimenti:

 

 

 

 

Parte I - Il quadro macroeconomico

1. La congiuntura internazionale e l’area dell’euro

Il DEF 2019, nella prima sezione relativa al Programma di Stabilità, evidenza come l’andamento dell’economia mondiale nel 2018 è stato caratterizzato da un rallentamento della crescita, dovuto principalmente ad un minor dinamismo del commercio internazionale, che aveva invece giocato un ruolo fortemente propulsivo nell’anno precedente.

Secondo le più recenti stime diffuse dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) ad aprile (WEO) – riportate nel DEF – la crescita del PIL globale si sarebbe fermata al 3,6 per cento nel 2018, in decelerazione rispetto al risultato raggiunto nel 2017 (3,8 per cento), frutto di un forte rallentamento della crescita del commercio mondiale, stimata nel 2018 al 3,4 per cento rispetto al 5,4 per cento del 2017.

Il rallentamento è stato innescato principalmente dall’acuirsi delle tensioni commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina, che con l’emergere di tensioni geopolitiche in altri rilevanti paesi e dall’accresciuta instabilità socio-economica all’interno di alcuni paesi emergenti, ha fortemente condizionato il clima di fiducia degli operatori economici e nei mercati finanziari. Ciò ha dispiegato i suoi effetti sulla domanda interna dei principali Paesi attraverso un sensibile calo degli investimenti e una moderazione dei consumi. Di conseguenza, l’attività manifatturiera, soprattutto quella rivolta alla produzione di beni di investimento, ha subito una battuta d’arresto, facendo risultare particolarmente esposte quelle economie che, come nel caso della Germania, sono tuttora altamente specializzate nel settore industriale.

Negli Stati Uniti, nel 2018 la crescita del PIL ha proseguito al ritmo sostenuto del 2,9%, grazie al robusto contributo degli investimenti e all’incremento dei consumi, che hanno beneficiato di un mercato del lavoro in ottime condizioni con un tasso di disoccupazione stabile ai minimi storici intorno al 4 per cento. Tuttavia, il ritmo di crescita nella seconda metà del 2018 ha rallentato, offrendo minore slancio alle prospettive per l’anno in corso. La previsione del FMI indica una moderazione della crescita statunitense per il 2019 al 2,3 per cento, con un ulteriore rallentamento all’1,9 per cento nel 2020.

In Cina, il 2018 si è chiuso con un tasso di crescita del PIL del 6,6 per cento annuo, in rallentamento rispetto al 6,8 per cento del 2017. Si tratta del tasso di crescita medio annuo più basso dal 1990, sebbene lievemente superiore al target fissato ad inizio anno dal Governo (6,5 per cento). Su tale risultato ha indubbiamente inciso l’inasprirsi delle relazioni commerciali con gli Stati Uniti che, sia pure in misura più contenuta di quanto inizialmente annunciato, si è tradotto l’anno scorso in un progressivo inasprimento dei dazi sui beni di importazione. Inoltre, la domanda interna e, in particolare, gli investimenti, hanno risentito della politica fiscale restrittiva per la riduzione dell’indebitamento.

Anche il Giappone ha accusato un rallentamento della crescita. Il PIL è aumentato dello 0,8%, in decelerazione rispetto al 2017 (1,7%), accusando l’impatto dei pesanti disastri naturali che hanno colpito il Paese compromettendo l’attività economica nella seconda parte dell’anno. L’economia è peraltro tra quelle che maggiormente stanno risentendo delle tensioni commerciali internazionali: già dall’autunno dello scorso anno la flessione della domanda estera da parte della Cina sta danneggiando sensibilmente la dinamica dell’export nipponico con ripercussioni significative sull’attività industriale.

 

Nel complesso, il FMI prevede che la crescita media dell’economia mondiale nel 2019 sarà anche inferiore a quella del 2018, introno al 3,3% nel 2019, con una revisione al ribasso, rispetto alle previsioni di ottobre scorso, di 0,4 punti percentuali, legata principalmente all’indebolimento del ciclo nei Paesi avanzati. La crescita tornerà a stabilizzarsi al 3,6% a partire dal 2020, principalmente per il venir meno delle battute d'arresto della crescita nell'area dell'euro, che si considerano temporanee, e per una graduale stabilizzazione delle condizioni nelle economie di mercati emergenti.

Tabella 1 - Prospettive dello scenario internazionale

(variazioni percentuali)

 

2017

2018

2019

2020

2021

2022

Commercio internazionale

5,4

3,8

2,5

3,7

3,8

3,9

Prezzo del petrolio
(Brent FOB dollari/Barile)

54,1

71,3

64,8

64,6

62,9

61,7

Cambio dollaro/euro

1,130

1,171

1,135

1,134

1,134

1,134

Fonte: DEF 2019 – Sezione I Programma di stabilità (aprile 2019). Per il 2017, dati FMI.

Secondo quanto riportato nel World Economic Outlook (WEO) del FMI di aprile 2019, il forte rallentamento del crescita globale nella seconda metà del 2018 riflette una confluenza di fattori che influenzano le principali economie, tra i principali: il rallentamento della Cina; la perdita di slancio dell'economia dell'area dell'euro superiore al previsto per l’indebolimento della fiducia dei consumatori e delle imprese e per l’interruzione della produzione di automobili in Germania a causa delle nuove norme sulle emissioni; la diminuzione degli investimenti in Italia con l'allargamento degli spread sovrani; la diminuzione della domanda esterna, in particolare di quella proveniente dall'Asia emergente; ed infine il peggioramento del sentiment dei mercati finanziari dovuto alle crescenti tensioni commerciali. Tali fattori penalizzano la crescita globale che è prevista rallentare, nel breve termine, dal 3,6% nel 2018 al 3,3% nel 2019, per poi tornare al 3,6% nel 2020.

Nel complesso, i rischi per le prospettive rimangono al ribasso. Un'ulteriore escalation delle tensioni commerciali e il conseguente aumento dell'incertezza delle politiche potrebbero ulteriormente indebolire la crescita. Possibili fattori scatenanti includono una Brexit senza accordo per l’uscita del Regno Unito dall'Unione Europea; dati economici persistentemente deboli che indicano un protratto rallentamento della crescita globale; prolungata incertezza fiscale e alti rendimenti in Italia, in particolare se accompagnata da una recessione più profonda, con possibili ricadute negative per altre economie dell'area dell'euro.

 

In merito all’andamento dell’economia globale, anche l’OCSE, nell’Interim Economic Outlook di marzo 2019, sottolinea la perdita di slancio dell’economia globale dovuta all'acuirsi dell'incertezza delle politiche, alle persistenti tensioni commerciali e al continuo calo della fiducia delle imprese e dei consumatori. Gli indicatori di fiducia sono notevolmente diminuiti in tutti i paesi dell'OCSE, specialmente nell'area dell'euro e nel Regno Unito, dove la crescita ha deluso, ma anche in Cina, dove forti sono le preoccupazioni per l'entità del rallentamento. Il rallentamento, più rapido del previsto, riflette anche, in parte le profonde recessioni che si sono verificate in alcune economie dei mercati emergenti e la diffusa debolezza nei settori industriali. Alla debolezza dell’Europa hanno contribuito – sottolinea in particolare l’OCSE - anche fattori una tantum, come l'interruzione del settore automobilistico a seguito di nuovi test sulle emissioni dei veicoli. Nel complesso, la crescita del commercio mondiale ha subito un forte rallentamento, portandosi attorno al 4% nel 2018 dal 5¼ per cento nel 2017.

Gli indicatori anticipatori suggeriscono che le prospettive commerciali a breve termine continuano ad essere deboli. In particolare, gli indicatori delle indagini sui nuovi ordini di esportazione rimangono bassi in Cina, e continuano a diminuire in Europa e in molte economie asiatiche. Complessivamente, visti i recenti sviluppi, l’OCSE prevede che la crescita globale si riduca ulteriormente dal 3,6% del 2018 al 3,3% nel 2019 e al 3,4% nel 2020, con rischi al ribasso che continueranno a crescere.

La crescita è stata rivista al ribasso in quasi tutte le economie del G20, con revisioni particolarmente ampie nell'area dell'euro sia nel 2019 che nel 2020, in modo particolarmente marcato in Germania e in Italia. Nelle economie avanzate, il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro, l'inflazione al ribasso e le misure fiscali di sostegno destinate alle famiglie a basso reddito in alcuni paesi, tra cui Francia e Italia, dovrebbero contribuire a sostenere la crescita del reddito reale e la spesa delle famiglie. Anche la politica monetaria accomodante continuerà a sostenere l'attività economica. Tuttavia, l'incertezza politica continua e il calo della fiducia sono destinati a pesare ulteriormente sugli investimenti delle imprese e sulle prospettive commerciali delle economie avanzate.

Le prospettive di crescita nelle economie dei mercati emergenti sono previste stabilizzarsi nel 2019-2020, ma con sviluppi divergenti nelle principali economie. In particolare, la crescita in Cina è prevista ridursi progressivamente al 6% entro il 2020, sostenuta da misure politiche che compensano i deboli sviluppi commerciali. Un rallentamento più netto della Cina – sostiene l’OCSE - avrebbe colpito la crescita e le prospettive commerciali in tutto il mondo.

Permangono, in questo quadro, i rischi al ribasso, che potrebbero determinare una crescita ancora più debole laddove si materializzassero o interagissero l’intensificarsi delle misure protezionistiche, la persistente incertezza delle politiche e la prolungata crescita sottomedia in Europa, una Brexit disordinata, un rallentamento più accentuato in Cina.

 

Per quel che concerne l’Area dell’euro, il DEF sottolinea i segnali di marcato rallentamento del ciclo economico, con la crescita del PIL che si è fermata all’1,8 per cento nel 2018 rispetto al 2,3 per cento del 2017, innescato inizialmente dal venir meno della spinta propulsiva del commercio estero e trasferitosi nel corso dei mesi sulla domanda interna, soprattutto di investimenti privati. Poiché la moderazione ha riguardato principalmente il settore manifatturiero, a fronte di una dinamica più resiliente dei servizi, ne sono risultati maggiormente interessati paesi, quali la Germania e l’Italia, le cui economie sono a trazione industriale. Il clima di fiducia degli operatori economici europei e le relative scelte di investimento sono stati poi fortemente condizionati dall’incertezza che ha accompagnato gli sviluppi dell’uscita del Regno Unito dall’UE, ancora in corso di definizione.

Sul piano della politica monetaria, il DEF ricorda che a fine 2018 si è conclusa la fase di espansione del bilancio della Banca Centrale Europea (BCE) mediante il programma di Quantitative Easing (QE), che era stato un fattore importante a sostegno della crescita dell’Area. Tuttavia, in presenza di segnali di indebolimento ciclico e al permanere di un tasso di inflazione al di sotto dell’obiettivo del 2 per cento, la BCE ha annunciato nuove operazioni di rifinanziamento a lungo termine.

 

In tale contesto, il Consiglio direttivo ha deciso di adeguare le indicazioni prospettiche sui tassi di interesse di riferimento della BCE in modo tale da riflettere l’aspettativa secondo cui essi si manterranno “sui livelli attuali almeno fino alla fine del 2019 e in ogni caso finché necessario per assicurare che l’inflazione continui stabilmente a convergere su livelli inferiori ma prossimi al 2 per cento nel medio termine” e per ribadire le indicazioni prospettiche in materia di reinvestimenti. Inoltre, il Consiglio direttivo ha deciso di avviare una nuova serie di operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (OMRLT-III) e di continuare a effettuare operazioni di prestito tramite procedure d’asta a tasso fisso con piena aggiudicazione dell’importo almeno fino alla fine del periodo di mantenimento delle riserve che inizia a marzo 2021.

 

Per quanto riguarda le prospettive dell’Area dell’euro, il DEF rileva che le ultime indagini sul clima di fiducia degli operatori indicano che nel breve termine l’area dell’euro rimarrà in una condizione di crescita lenta. Nel complesso, le principali organizzazioni internazionali prevedono che la crescita dell’area continui a tassi relativamente modesti nell’anno in corso, con una graduale stabilizzazione del ciclo negli anni successivi.

Le recenti previsioni del FMI, pubblicate ad aprile 2019 nel WEO - che vengono riportate nel DEF - pongono la crescita dell’Area dell’Euro all’1,3 per cento nel 2019 e all’1,5 per cento nel 2020, sostanzialmente in linea con le proiezioni macroeconomiche per l’Area dell’euro formulate dagli esperti della BCE nel marzo 2019. Leggermente più caute risultano le previsioni formulate dall’OCSE, a marzo 2019, che pongono la crescita dell’Area euro all’1,0% nel 2019 e all’1,2% nel 2020.

 

Le proiezioni macroeconomiche per l’Area dell’euro formulate dagli esperti della BCE nel marzo 2019 sottolineano che la crescita del PIL in termini reali nell’area dell’euro si è mantenuta inaspettatamente modesta nel quarto trimestre del 2018, con andamenti divergenti nei paesi maggiori dell’area dell’euro ed, in alcuni casi, connessa a fattori specifici. Ciò è apparso evidente in Germania e Italia, dove il calo è stato sostanziale: in Germania la crescita del PIL si è arrestata nella seconda metà del 2018, dopo essere stata pari allo 0,4% nella prima; in Italia è scesa su valori negativi nel secondo semestre, dallo 0,2% del primo. Il netto indebolimento dell’economia tedesca nella seconda metà del 2018 va ricondotto in parte alle turbative nel settore automobilistico, che si sono dimostrate più persistenti del previsto, ma ha altresì riflesso una debolezza più generale nei vari settori. Per quanto concerne l’Italia, l’incertezza, la volatilità dei mercati finanziari e il deterioramento del clima di fiducia delle imprese hanno esercitato un impatto sempre più negativo sull’attività economica. In Francia e in Spagna, invece, la crescita del PIL sul trimestre precedente nella seconda metà del 2018 è stata lievemente superiore che nella prima.

Gli indicatori recenti segnalano peraltro livelli di attività sostanzialmente inferiori alle attese anche nella prima metà del 2019.

Sebbene al rallentamento abbiano sicuramente concorso alcuni fattori temporanei, tuttavia – sottolineano gli esperti della BCE - il peggioramento generalizzato degli indicatori del clima economico nei vari paesi e settori negli ultimi mesi suggerisce la compresenza di fattori sfavorevoli più persistenti e di un lieve indebolimento della dinamica congiunturale di fondo rispetto alle valutazioni precedenti. E’ probabile che l’attività nell’area dell’euro, nel breve termine, risenta ancora dell’effetto congiunto delle incertezze su scala internazionale (quali le minacce di intensificazione delle misure protezionistiche e la possibilità di una Brexit disordinata) e di fattori interni avversi in alcuni paesi dell’area. Tuttavia, nel periodo successivo lo scenario di base formulato dagli esperti della BCE ipotizza che questi andamenti sfavorevoli, a livello sia interno sia mondiale, vengano gradualmente meno e che prevalgano via via i fattori fondamentali a sostegno dell’espansione nell’area, in particolare l’orientamento molto accomodante della politica monetaria, l’aumento dei salari, la ripresa della domanda esterna e il lieve allentamento delle politiche fiscali. Ci si attende, pertanto, una crescita del PIL in termini reali nell’area euro intorno all’1,1% nel 2019, per poi salire all’1,6% nel 2020 e all’1,5% nel 2021. In confronto alle proiezioni di dicembre, il dato relativo al 2019 è stato rivisto al ribasso di 0,6 punti percentuali.

 

L’OCSE, nell’Interim Economic Outlook di marzo scorso, prevede invece che la crescita del PIL nell'area dell'euro rimarrà debole, all'1% nel 2019 e all'1,2% nel 2020. L'indebolimento della domanda esterna e dei fattori una tantum ha contribuito certamente al rallentamento dello scorso anno; ma la debolezza della crescita del commercio intra-area, l'elevata incertezza politica e il moderato livello di fiducia indicano un rallentamento della domanda sottostante che potrebbe persistere. La crescita salariale e le politiche macroeconomiche accomodanti forniscono sostegno alla spesa delle famiglie, ma l'incertezza politica, la domanda esterna più debole e una minore fiducia probabilmente peseranno sugli investimenti. Nonostante lo stimolo che l'allentamento fiscale fornirà quest'anno, la crescita è stata rivista in modo particolarmente marcato in Germania e in Italia, riflettendo la quota relativamente elevata delle esportazioni in termini di PIL rispetto a quella della Francia.

Nella tabella che segue sono riportate le previsioni di crescita del PIL dei principali Paesi europei formulate dal FMI nel Word economic outlook di aprile 2019, dall’OCSE nell’Interim Economic Outlook di marzo 2019, nonché dalla Commissione europea nel Winter Forecast di febbraio 2019.

Tabella 2 – Previsione del Prodotto interno lordo – Confronto Paesi europei

(variazioni %)

 

 

FMI -WEO
aprile 2019

OCSE-Interim
marzo 2019

Commissione Europea
febbraio 2019

 

2018

2019

2020

2019

2020

2019

2020

Italia

0,9

0,1

0,9

-0,2

0,5

0,2

0,8

Francia

1,5

1,3

1,4

1,3

1,3

1,3

1,5

Germania

1,4

0,8

1,4

0,7

1,1

1,1

1,7

Spagna

2,6

2,1

1,9

-

-

2,1

1,9

area euro

1,8

1,3

1,5

1,0

1,2

1,3

1,6

Regno Unito

1,4

1,2

1,4

0,8

0,9

1,3

1,3

 

Secondo le previsioni più recenti del FMI, l'economia italiana è prevista crescere ancora a un tasso molto al di sotto della media dell’Area euro (1,3%).

Guardando alle più recenti previsioni delle istituzioni internazionali, il DEF osserva che, pur in un quadro di rallentamento, nel 2020 la nostra economia dovrebbe ridurre il divario di crescita rispetto alla media dei paesi dell’Area Euro e alle grandi economie europee (Francia e Germania).

 

Quanto all’inflazione, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IAPC) è previsto continuare a diminuire fino al quarto trimestre del 2019, per poi aumentare nel resto nell’orizzonte temporale di proiezione raggiungendo l’1,6% nel 2021, secondo le proiezioni degli esperti della BCE.

I grafici che seguono mostrano congiuntamente gli andamenti del PIL e dell’inflazione nell’Area dell’euro.

 

PIL in termini reali dell’area dell’euro

(variazioni percentuali sul trimestre precedente)

IAPC dell’area dell’euro

(variazioni percentuali sui dodici mesi)

Fonte: Proiezioni macroeconomiche per l’Area dell’euro formulate dagli esperti della BCE nel marzo 2019

Per quanto concerne i rischi per la previsione, il DEF evidenzia come, negli ultimi mesi, si sia assistito ad un progressivo deterioramento delle aspettative degli osservatori internazionali, con uno sbilanciamento al ribasso degli scenari di rischio sempre più marcato, nonostante i più recenti indicatori sembrino ravvisare un quadro meno fosco di quello che si prospettava negli ultimi mesi dello scorso anno.

Di fatto, l’incertezza sull’evoluzione del commercio internazionale continua a pesare sulle scelte di investimento e di produzione delle imprese. In particolare, il DEF sottolinea le preoccupazioni legate ad una ipotetico peggioramento nel prossimo futuro dei rapporti commerciali tra l’America e l’Europa - sebbene il 2019 si sia aperto con segnali di distensione tra Stati Uniti e Cina – e quelle legate ad un possibile ulteriore indebolimento della domanda globale, influenzata dall’ipotesi di un rallentamento a ritmi più rapidi del previsto delle principali economie mondiali, Stati Uniti, Cina e Europa. A conforto, il DEF sottolinea che, per Cina, gli ultimi dati macroeconomici mostrano una tenuta della domanda interna e, per quanto riguarda l’export, una maggiore stabilizzazione potrebbe derivare da una riorganizzazione dei flussi commerciali in area asiatica. Anche riguardo al rallentamento dell’area euro, le prospettive sono di una moderazione della crescita ma i rischi di una vera e propria recessione appaiono relativamente contenuti: un recupero del commercio internazionale e della domanda estera, grazie ai progressi nelle trattative internazionali, potrebbe supportare nuovamente le economie europee finora maggiormente penalizzate.

Infine, sul piano dei mercati finanziari, il DEF sottolinea come le tensioni che avevano interessato i mercati finanziari nel 2018, in particolare fino all’autunno dello scorso anno, sono sensibilmente rientrate dopo i recenti annunci di politica monetaria da parte delle Banche centrali dei principali Paesi avanzati che si sono posizionate su un percorso molto più graduale di normalizzazione monetaria. Tuttavia, nel DEF emerge la consapevolezza che, se il rallentamento economico in atto dovesse risultare peggiore di quanto attualmente atteso o eventi imprevisti portassero ad un repentino cambio delle aspettative, non si possono esclude brusche e pericolose correzioni sui mercati finanziari.


 

2. Lo scenario macroeconomico nazionale

Il DEF 2019 espone l’analisi del quadro macroeconomico italiano relativo all’anno 2018 e le previsioni tendenziali per l’anno in corso e per il periodo 2020-2022, che riflettono i segnali di rallentamento della ripresa dell’economia italiana, in un contesto di debolezza economica internazionale.

2.1. I risultati nel 2018

Con riferimento al 2018, il DEF evidenzia come l’economia italiana abbia perso slancio durante l’anno, registrando una crescita del PIL reale nel complesso dello 0,9 per cento nel 2018, in discesa rispetto all’1,6 per cento registrato del 2017. Alla modesta crescita congiunturale registrata nei primi due trimestri del 2018 (+0,2 per cento nel I trimestre e +0,1 nel II) sono seguite, infatti, contrazioni congiunturali del PIL nel terzo e quarto trimestre (-0,1 per cento in entrambi i trimestri).

Tale risultato risulta inferiore sia a quanto previsto a settembre scorso nella Nota di aggiornamento del DEF 2018 - che aveva rivisto al ribasso le stime di crescita del 2018 dall’1,5 all’1,2 per cento, alla luce del peggioramento del contesto economico internazionale[2] – sia a quanto stimato a dicembre 2018, nel Documento di aggiornamento del quadro macroeconomico e di finanza pubblica, presentato successivamente all’approvazione della manovra di bilancio come rimodulata in conseguenza del recepimento degli accordi intervenuti tra il Governo e la Commissione europea, che aveva ulteriormente rivisto al ribasso la crescita del PIL all’1 per cento.

Secondo i dati forniti dall’ISTAT[3], nel IV trimestre 2018 il prodotto interno lordo ha registrato una variazione negativa dello 0,1% rispetto al trimestre precedente (che già aveva registrato una contrazione dello 0,1 per cento) e ha segnato una variazione nulla nei confronti del quarto trimestre del 2017. Tutti i principali aggregati della domanda interna hanno tuttavia segnato una crescita rispetto al III trimestre, con un incremento dello 0,1% dei consumi finali nazionali e dello 0,3% degli investimenti fissi lordi. Anche le importazioni e le esportazioni sono cresciute, rispettivamente, dello 0,7% e dell’1,3%. L’ulteriore flessione registrata nel IV trimestre avviene dunque – afferma l’ISTAT - in presenza di una dinamica molto moderata di consumi e investimenti, nonché delle esportazioni nette, a cui si è contrapposto tuttavia l’effetto negativo della contrazione delle scorte.

Nel complesso, la crescita dell’economia è proseguita per il quinto anno consecutivo, segnando tuttavia un rallentamento rispetto al 2017, come evidenziato nel grafico che segue.

Figura 1 - Andamento del PIL in volume

Fonte: ISTAT, Comunicato “PIL e indebitamento AP” (1 marzo 2019), e relativo aggiornamento (9 aprile 2019)

L’indebolimento della dinamica è derivato - secondo quanto esposto nel Comunicato Istat del 1 marzo 2019, come aggiornato dal successivo Comunicato del 9 aprile 2019[4] - da un netto ridimensionamento del contributo positivo della domanda interna, e in particolare della componente dei consumi privati. L’andamento delle esportazioni ha segnato una decelerazione e l’apporto della domanda estera netta al PIL è divenuto lievemente negativo.

Come riportato nel DEF, infatti, la domanda interna ha continuato ad espandersi ma a tassi inferiori rispetto al 2017, mentre le esportazioni nette hanno invece sottratto 0,1 punti percentuali alla crescita per effetto delle tensioni commerciali globali.

Il rallentamento degli scorsi trimestri è stato principalmente dovuto – spiega il DEF – a fattori esterni, quali la forte flessione della crescita del commercio mondiale e la caduta della produzione industriale in Europa, in particolare in Germania. Le esportazioni di beni e servizi dell’Italia, infatti, dopo essere cresciute del 5,9 per cento in termini reali nel 2017, sono aumentate di solo l’1,9 per cento nel 2018. La caduta dell’export si è verificata a inizio 2018 e ha portato, in corso d’anno, ad una revisione al ribasso dei programmi di investimento delle imprese e ad una diminuzione della produzione industriale, che tuttavia è stata lievemente più contenuta di quella registrata in Germania.

A questi fattori esterni si è inoltre sommato a partire dal secondo trimestre un marcato rialzo dei rendimenti sui titoli di Stato, che si è accompagnato ad una maggiore cautela da parte di imprese e famiglie. La crescita dei consumi delle famiglie si è, infatti sostanzialmente arrestata a partire dal secondo trimestre, mentre gli investimenti fissi lordi si sono complessivamente ridotti nella seconda metà dell’anno.

Sulla base dei dati forniti dall’ISTAT, nel 2018 si registra, dal lato della domanda interna, in termini di volume, una crescita sia dei consumi finali nazionali dello 0,5 per cento (rispetto al +1,3% nel 2017) sia degli investimenti fissi lordi del 3,4 per cento (+4,3% nel 2017). Per quel che riguarda i flussi con l’estero, le esportazioni di beni e servizi sono aumentate dell’1,9 per cento e le importazioni del 2,3 per cento (in decelerazione rispetto ai dati del 2017, in cui si era registrato un incremento, rispettivamente, del 5,9 e del 5,5 per cento).

Nel complesso, la domanda interna ha contribuito positivamente alla crescita del PIL nel 2018 per 1,0 punti percentuali mentre la domanda estera netta negativamente, per 0,1 punti.

Tabella 3 - Conto economico delle risorse e degli impieghi - anni 2016-2018

(variazioni percentuali)

 

2016

2017

2018

PIL

1,1

1,7

0,9

Importazioni

3,6

5,5

2,3

Consumi finali nazionali

1,0

1,3

0,5

- spesa delle famiglie residenti

1,3

1,5

0,6

- spesa delle P.A.

0,1

0,3

0,2

- spesa delle I.S.P.*

2,2

3,0

-0,3

Investimenti fissi lordi

3,5

4,3

3,4

- costruzioni

0,9

1,3

2,6

- macchinari, attrezzature

3,4

2,4

2,8

- mezzi di trasporto

23,7

38,7

14,5

Esportazioni

2,1

5,9

1,9

*    Istituzioni Sociali Private

Fonte: ISTAT, “PIL e indebitamento AP – Anni 2016-2018 - Aggiornamento” (9 aprile 2019).

Per quanto concerne la domanda interna, il DEF evidenzia come la crescita dei consumi privati nel 2018 si è più che dimezzata (0,6 per cento da 1,5 per cento del 2017), nonostante la dinamica sostenuta del reddito disponibile reale, sospinta dai rinnovi contrattuali del comparto pubblico e le favorevoli condizioni di accesso al credito. Infatti, la propensione al risparmio è aumentata nel corso dell’anno, sottolinea il DEF, attestandosi tuttavia all’8,0 per cento, al di sotto della media degli ultimi 10 anni (9,0 per cento).

Sul punto, i più recenti dati congiunturali diffusi dall’Istat nel Comunicato del 3 aprile 2019 rilevano che nel IV trimestre il reddito disponibile delle famiglie consumatrici ha subito una diminuzione, riportandosi sostanzialmente sul livello registrato all’inizio dell’anno. Le famiglie hanno tuttavia mantenuto una dinamica espansiva dei consumi, alimentata da una nuova diminuzione della propensione al risparmio, scesa a un livello vicino al minimo registrato un anno e mezzo prima. Il reddito disponibile delle famiglie consumatrici nel IV trimestre 2018 è infatti diminuito dello 0,2% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono cresciuti dello 0,5% nello stesso periodo. Ne è derivata una flessione di 0,6 punti percentuali della propensione al risparmio delle famiglie, scesa al 7,6% (8,2% nel terzo trimestre).

 

È proseguita nel 2018 l’espansione degli investimenti (3,4 per cento), sebbene in calo rispetto all’anno scorso (+4,3 per cento). Nel settore si registra, in particolare, il forte ridimensionamento del contributo della componente dei mezzi di trasporto in seguito alla contrazione del mercato dell’auto, che aveva trainato la ripresa negli anni precedenti (sceso al 14,5 per cento rispetto al 38,7 per cento del 2017).

Come sottolineato nel DEF, l’industria dell’auto e della componentistica italiana, che coinvolge più di 250.000 addetti (tra diretti e indiretti) e quasi 6000 imprese, nel 2018 ha infatti registrato un calo della produzione rispetto all’anno precedente (-3,4 per cento), così come a un calo del fatturato e degli ordinativi (rispettivamente -2,1 e -2,4 per cento).

Con riferimento al settore delle costruzioni, il DEF sottolinea una lieve accelerazione degli investimenti rispetto al 2017, trainati dalle abitazioni, mentre è risultato modesto l’incremento di quelli di natura infrastrutturale.

Il Comunicato ISTAT del 20 marzo 2019 sulla “Produzione nelle costruzioni” rileva che a gennaio 2019 l’indice è stimato in aumento dello 0,6% rispetto al mese precedente, proseguendo nella fase di moderata crescita congiunturale iniziata a novembre 2018 (+0,3 per cento sul trimestre precedente). Si registra, tuttavia, per il secondo mese consecutivo, un calo su base annua del dato corretto per gli effetti di calendario, che evidenzia come il debole incremento congiunturale registrato dal trimestre conferma che i segnali di recupero non sembrano ancora sufficienti a determinare una stabile tendenza positiva di più lungo termine.

La moderata crescita del settore delle costruzioni è associata al debole andamento dei prezzi delle abitazioni che nel quarto trimestre 2018 hanno segnato un lieve calo (-0,2% sul trimestre precedente). Le compravendite, che probabilmente hanno risentito positivamente della riduzione dei prezzi, hanno mostrato una contestuale ripresa nel corso del 2018.

Il Comunicato Istat (“Prezzi delle abitazioni” del 28 marzo 2019) conferma la debolezza della dinamica dei prezzi delle abitazioni, che calano nuovamente rispetto all’anno precedente, come nel 2017, seppur in presenza di una crescita vivace dei volumi compravenduti. A determinare questo andamento sono esclusivamente i prezzi delle abitazioni esistenti, mentre quelli della abitazioni nuove tornano a crescere dopo la flessione del 2017. In media, nel 2018, i prezzi delle abitazioni diminuiscono complessivamente dello 0,6%, a fronte di dinamiche di prezzo di segno opposto tra i prezzi delle abitazioni esistenti (che pesano per oltre l’80% sul dato complessivo), in diminuzione dell’1,0%, e quelli delle abitazioni nuove che aumentano dell’1,0%.

Questo lieve miglioramento dello stato di salute del settore delle costruzioni – in particolare di quello immobiliare - viene valutato dal DEF come un tassello importante per la ripresa dell’economia, anche in ragione delle positive ricadute su consumi e occupazione. L’andamento delle quotazioni immobiliari ha infatti un effetto diretto sui patrimoni e indiretto sulla fiducia delle famiglie, dal momento che le abitazioni costituiscono la quasi totalità della ricchezza reale delle famiglie stesse.

La Banca d’Italia nel Bollettino Economico n. 2/2019 evidenzia che nel quarto trimestre del 2018, gli investimenti in edilizia residenziale sono cresciuti dello 0,6 per cento, in linea con il perdurare della ripresa in molti paesi dell’area dell’euro e nell’area nel suo insieme. Sebbene nel 2018 la crescita sia stata più lenta rispetto alle vigorose dinamiche osservate nel 2017, essa si mantiene su livelli solidi riflettendo un buono stato di salute. In linea con questi andamenti, i recenti indicatori di breve periodo e i risultati delle indagini segnalano una dinamica positiva ma in rallentamento.

 

Per quanto concerne il commercio con l’estero, la dinamica delle esportazioni si è rivelata più debole del previsto (+1,9%, rispetto al +5,9 del 2017), in conseguenza dell’indebolimento della domanda estera, fortemente ridimensionata dal rallentamento degli scambi mondiali legato alle tensioni commerciali causate dall’inasprimento dei dazi all’importazione. Anche le importazioni hanno rallentato, in seguito all’indebolimento della domanda interna e in particolare del ciclo produttivo industriale, registrando una crescita del 2,3% (rispetto al 5,5 per cento nel 2017).

Riguardo alle componenti settoriali del valore aggiunto, il DEF sottolinea, in particolare, il rallentamento dell’industria manifatturiera, che ha continuato a crescere ma a tassi decisamente inferiori (+2,1 per cento nel 2018 dal 3,6 per cento del 2017), e della produzione industriale, cresciuta, nella media d’anno, dello 0,8 per cento rispetto al 3,6 per cento dell’anno precedente.

Sul punto, il Comunicato Istat (“Produzione industriale” dell’8 marzo 2019) rileva come, dopo il punto di massimo di dicembre 2017, in tutti i trimestri del 2018 la produzione ha registrato, al netto della stagionalità, flessioni congiunturali, con un calo più marcato nell’ultimo trimestre. Ciononostante, nel complesso dell’anno i livelli produttivi risultano in moderata crescita, grazie all’effetto di trascinamento dovuto al positivo andamento dell’anno precedente. Sempre in media annua, si rileva una dinamica positiva per i beni strumentali e per quelli di consumo, mentre sono in flessione i beni intermedi e l’energia.

In particolare, il DEF sottolinea il forte calo rispetto all’anno precedente della produzione del settore dell’auto e componentistica, e il rallentamento  del settore dei servizi, che pur mostrandosi più resiliente di quello manifatturiero nel corso dell’anno, mostra una crescita del valore aggiunto nel 2018 più che dimezzata rispetto all’anno precedente (0,6 per cento rispetto all’1,4 per cento).

 

Commercio con l’estero

Il DEF rileva che, dopo aver registrato nel 2017 - la migliore performance degli ultimi dieci anni (con un tasso di crescita prossimo al 6 per cento) - nel 2018 le esportazioni dell’Italia sono aumentate di meno del 2 per cento, mostrando una moderazione più accentuata rispetto agli altri partner europei. In effetti nel 2018 le esportazioni in valore e volume hanno rallentato in tutti i principali paesi europei e il contributo fornito alla crescita dalla domanda estera netta è stato quasi ovunque negativo.

Il Rapporto sulla competitività dei settori produttivi dell’Istat rileva che negli anni recenti l’Italia ha beneficiato in misura molto minore rispetto alle altre economie dell’area dell’euro della forte crescita nel commercio internazionale delle attività del terziario: nel 2018 il valore delle esportazioni di servizi era inferiore al 6 per cento del Pil, contro l’8,3 in Germania, il 9,3 in Francia e il 10,5 in Spagna. Inoltre, la composizione delle esportazioni di servizi del nostro Paese, inoltre, è molto diversa rispetto a quelle di Francia e Germania, con una prevalenza – come in Spagna – dei servizi di viaggio e una scarsa rilevanza delle attività a maggior contenuto di conoscenza.

La decelerazione dell’export italiano in valore appare decisamente più marcata per gli scambi con i paesi extra-Ue (+1,7 per cento, dal +8,2 del 2017) rispetto a quelli Ue (+4,1 per cento, dal +7,2). Alla modesta performance nei mercati extra-Ue nel corso del 2018 potrebbe aver contribuito una perdita di competitività di prezzo (in termini di cambio effettivo reale) pari, in media d’anno, a circa il 2,5 per cento.

Secondo la BCE (Bollettino n. 2/2019), lo scambio di beni nell'area dell’euro, che ha continuato a crescere a un ritmo contenuto alla fine del 2018, dovrebbe registrare un ulteriore calo nel breve termine. I dati più recenti sullo scambio mensile di beni confermano, per il quarto trimestre, risultati modesti del commercio nell’area dell’euro nel suo insieme, per lo più riconducibili all’interscambio all’interno dell’area. A dicembre 2018 le esportazioni dell’area dell’euro in termini nominali hanno subito una contrazione dello 0,5 per cento rispetto al mese precedente, con un calo ancora più pronunciato delle esportazioni all’interno dell’area (dello 0,9 per cento).

Per quanto riguarda l’Italia, i dati di gennaio (Comunicato Istat del 19 marzo 2019) mostrano un aumento congiunturale per le esportazioni (+2,5%), da ascrivere all’incremento delle vendite verso i mercati extra Ue (+5,9%), e una flessione per le importazioni (-4,1%). L’export di prodotti dell’industria farmaceutica e dei macchinari verso gli Stati Uniti e della pelletteria e dei prodotti in metallo verso la Svizzera forniscono il contributo più ampio all’aumento delle vendite all’estero.

 

L’andamento dei flussi commerciali con l’estero del nostro Paese è rappresentato nel grafico che segue:

Figura 2 – Flussi commerciali dell’Italia con l’estero

Fonte: Comunicato Istat del 19 marzo 2019.

 

Secondo il DEF, guardando alle prospettive di breve termine, permangono i rischi al ribasso del contesto internazionale legati all’incertezza delle relazioni commerciali cino-statunitensi, la cui più recente evoluzione potrebbe condurre ad una composizione. Rimane tuttavia aperto il confronto tra Stati Uniti ed UE, soprattutto sul settore degli autoveicoli che ben rappresenta i reciproci legami commerciali e all’interno del quale l’Italia costituisce il terzo paese esportatore per un valore di 4,6 miliardi di dollari nel 2018, dopo la Germania ed il Regno Unito15. Ulteriori opportunità potrebbero aprirsi con le recenti iniziative di confronto con la Cina, nella linea dei round negoziali già intrapresi dall’UE

 


 

Condizioni del credito

Il DEF evidenzia la prosecuzione nel 2018 della dinamica di espansione dei prestiti al settore privato (società non finanziarie e famiglie), iniziata nel 2016, dopo quattro anni di contrazione.

In effetti le condizioni di offerta del credito rimangono nel complesso distese, secondo la Banca d’Italia (si veda il Bollettino Economico n. 1-2019, paragrafo 2.7 da pag. 29) anche se dai sondaggi presso le imprese provengono alcuni segnali di irrigidimento. Il costo del credito resta contenuto: la trasmissione dei maggiori oneri della raccolta all’ingrosso ai tassi sui prestiti è stata finora rallentata dalle buone condizioni di patrimonializzazione delle banche e dall’elevata stabilità delle loro fonti di finanziamento, ma potrebbe rafforzarsi se il più alto livello dei rendimenti sovrani si mostrasse persistente.

La dinamica dei finanziamenti alle famiglie è rimasta solida nel comparto dei mutui come in quello del credito al consumo. I prestiti alle società non finanziarie sono aumentati dell’1,1 per cento sui dodici mesi. La crescita ha interessato il credito alle imprese manifatturiere (2,1 per cento) e quello alle società dei servizi (2,3 per cento); è continuata la flessione dei finanziamenti alle imprese di costruzioni (-2,4 per cento). In tutti i settori i prestiti alle società di minore dimensione si sono ulteriormente contratti (-3,2 per cento).

I tassi d’interesse continuano a rimanere su livelli contenuti e stabili. A inizio 2019 – rileva il Documento - il tasso armonizzato applicato alle famiglie per nuove concessioni legate all’acquisto di abitazioni è pari al 2,3 per cento, mentre quello applicato al credito al consumo è pari all’8,2 per cento. Per quanto riguarda i nuovi prestiti alle imprese, il tasso medio relativo alle concessioni al di sotto della soglia del milione di euro è di poco superiore al 2 per cento, mentre al di sopra di tale soglia il tasso è pari all’1,04 per cento.

La qualità del credito continua a migliorare e si è ulteriormente ridotta l’incidenza dei prestiti deteriorati. Secondo l’ultimo Bollettino economico della Banca d’Italia, nell’anno appena trascorso l’incidenza dei prestiti deteriorati ha continuato a ridursi, raggiungendo nel terzo trimestre del 2018 rispettivamente il 9,4 e il 4,5 per cento (da 9,7 e 4,7 nel periodo precedente). Alla diminuzione ha contribuito l’attuazione dei piani di cessione delle posizioni in sofferenza. Nel terzo trimestre del 2018, inoltre, il flusso dei nuovi crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti, al netto dei fattori stagionali e in ragione d’anno, è rimasto su valori molto contenuti (1,7 per cento).

La BCE (Bollettino n. 2/2019), tuttavia, segnala un’attenuazione delle dinamiche del credito a gennaio.

Il tasso di crescita sui dodici mesi dei prestiti delle IFM al settore privato è sceso al 3,0 per cento a gennaio dal 3,4 per cento di dicembre. Ciò è dovuto a un forte calo del tasso di crescita sui dodici mesi dei prestiti alle SNF, dal 3,9 per cento di dicembre al 3,3 per cento di gennaio. Gli sviluppi nella crescita dei prestiti alle imprese, accompagnati da notevole eterogeneità fra paesi, sono in linea con l’andamento storico e riconducibili al rallentamento del PIL in termini reali a partire dall’inizio del 2018.

Figura 3 - Prestiti delle IFM alle SNF in alcuni paesi dell’area dell’euro (variazioni percentuali sui dodici mesi)

Fonte: BCE

 

Al tempo stesso, a gennaio, il tasso di crescita sui dodici mesi dei prestiti alle famiglie si è mantenuto stabile al 3,2 per cento, anch’esso in un contesto caratterizzato da una marcata eterogeneità fra paesi.

 

Quanto al mercato del lavoro, i dati per il 2018 confermano la prosecuzione della tendenza favorevole, nonostante l’inversione di tendenza registrata nel secondo semestre dell’anno: la crescita degli occupati, secondo il dato di contabilità nazionale, è stata dello 0,9 per cento (sospinta dall’occupazione dipendente mentre gli indipendenti hanno continuato a ridursi per l’ottavo anno consecutivo) e il tasso di disoccupazione si è ridotto di 0,6 punti percentuali rispetto al 2017, scendendo al 10,6 per cento. Sul mercato del lavoro, si rinvia al paragrafo 2.3.

 

Con riferimento, infine, all’evoluzione dei prezzi, nel 2018 l’inflazione è rimasta sostanzialmente sui livelli dell’anno precedente (1,2 per cento rispetto all’1,3 per cento) sempre sospinta dalle componenti volatili; risulta infatti più contenuta e in lieve decelerazione la componente di fondo rispetto all’anno precedente (0,7 per cento dallo 0,8 per cento). L’inflazione interna, misurata dal deflatore del PIL, ha invece lievemente accelerato (allo 0,8 per cento dallo 0,4 per cento) per effetto del rinnovo dei contratti della PA e del pagamento degli arretrati.

2.2. Le prospettive dell’economia italiana per il 2019 e per il triennio successivo

Per quel che concerne le previsioni, il DEF 2019 presenta due scenari di previsioni macroeconomiche, uno tendenziale e l’altro programmatico, che, fermo restando le assunzioni relative al quadro internazionale, coerenti con le più recenti previsioni delle principali istituzioni internazionali, differiscono per le assunzioni relative alle riforme economiche.

Le previsioni del quadro tendenziale incorporano gli effetti sull’economia delle azioni di politica economica, delle riforme e della politica fiscale messe in atto precedentemente alla presentazione del Documento stesso. Il quadro programmatico, invece, include l’impatto sull’economia delle politiche economiche prospettate all’interno del Programma di Stabilità e del Piano Nazionale delle Riforme, che saranno concretamente definite nella Nota di aggiornamento di settembre 2019 e adottate con la prossima legge di bilancio. Le due previsioni coincidono, pertanto, per l’anno in corso, mentre si differenziano gradualmente negli anni successivi.

Si ricorda che nel DEF 2019 le stime tendenziali incorporano le misure previste dalla Legge di Bilancio per il 2019, come il Reddito di cittadinanza (che secondo il DEF dovrebbe fornire uno stimolo ai consumi delle famiglie meno abbienti, caratterizzati da una propensione al consumo più elevata della media) e le misure pensionistiche del D.L. n. 4/2019 (“Quota 100”). Inoltre la lettura della previsione tendenziale deve tenere conto del fatto che la legislazione vigente, come modificata dalla Legge di Bilancio per il 2019, prevede un aumento delle aliquote IVA a gennaio 2020 e a gennaio 2021, nonché un lieve rialzo delle accise sui carburanti a gennaio 2020.

2.2.1. Il quadro macroeconomico tendenziale

Lo scenario a legislazione vigente esposto nel DEF 2019 riflette l’effetto di trascinamento negativo derivante dal rallentamento della crescita dell’economia italiana registrato nel secondo semestre del 2018, in un contesto economico internazionale ed europeo più difficile di quanto previsto in autunno.

Nel complesso, gli indicatori economici più recenti confermano la prosecuzione di una fase ciclica debole per l’economia italiana ma suggeriscono anche che la contrazione dell’attività economica si sia arrestata nel primo trimestre del 2019. Il quadro si mantiene tuttavia fosco per il settore manifatturiero.

In gennaio, sottolinea il DEF, i dati effettivi di occupazione, produzione industriale, esportazioni di merci e vendite al dettaglio hanno mostrato un certo rimbalzo. Tuttavia, gli indici di fiducia di imprese e delle famiglie hanno continuato a flettere, sia in gennaio che a febbraio, riprendendo solo lievemente a marzo nei servizi e nelle costruzioni.

 

I dati congiunturali diffusi dall’ISTAT relativi ai primi mesi dell’anno in corso mostrano timidi segnali di ripresa. Dopo due trimestri di stagnazione, la spesa per consumi delle famiglie – nonostante la riduzione del potere di acquisto delle famiglie, che ha comportato il calo della propensione al risparmio al 7,6 per cento – è tornata a crescere nel quarto trimestre (0,2 per cento in termini congiunturali). La produzione industriale, che tra settembre e dicembre si era progressivamente ridotta, nei primi due mesi dell’anno (Comunicato ISTAT di aprile) ha segnato due incrementi congiunturali consecutivi, che l’hanno riportata su valori prossimi a quelli di fine estate. L’indagine Istat sul clima di fiducia delle imprese di marzo registra che l’indice a marzo torna a crescere, per la prima volta da giugno 2018, pur confermando per il quarto mese consecutivo un livello inferiore a quello medio dell’anno base. L’indice conferma i segnali negativi nel comparto manifatturiero che si manifestano quasi ininterrottamente da settembre 2017 ed a marzo 2019 scende ai minimi da quattro anni. La rilevazione registra inoltre un ulteriore peggioramento del saldo degli ordini interni di beni strumentali nei primi tre mesi dell’anno in corso. Continua l’indebolimento del clima di fiducia dei consumatori.

 

A fronte di questi andamenti congiunturali, nel quadro tendenziale, la previsione di crescita del PIL in termini reali per il 2019 è rivista al ribasso di 0,9 punti percentuali, allo 0,1 per cento rispetto allo 1,0 per cento prospettato nello scenario dell’ultimo documento di aggiornamento del quadro macroeconomico e di finanza pubblica presentato a dicembre scorso.

Negli anni successivi, il DEF prevede che il tasso di crescita reale progredisca gradualmente allo 0,6 per cento nel 2020 e allo 0,7 per cento nel 2021, fino allo 0,9 per cento nel 2022, mantenendosi per tutto il periodo previsivo al di sotto del profilo tracciato a dicembre scorso.

Nel nuovo profilo di crescita tendenziale – sottolinea il DEF - sono considerati gli effetti negativi dell’aumento previsto delle imposte indirette, derivante dalle c.d. clausole di salvaguardia[5].

In particolare, nell’ultimo anno di previsione il tasso di crescita del PIL è stimato sotto l’1 per cento: questa previsione tiene conto del fatto che i principali previsori internazionali scontano una decelerazione della crescita mondiale su un orizzonte a tre-quattro anni e che il maggior grado di incertezza della previsione, connesso ad un orizzonte temporale più lungo, rende opportuna – si spiega nel DEF - l’adozione di un approccio tecnico in base al quale il trend di crescita dell’economia converge verso quello del prodotto potenziale.

Tabella 4 - Confronto sulle previsioni di crescita del PIL

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo
ISTAT

Agg. Quadro Macroeconomico
e di finanza pubblica
dicembre 2018

DEF 2019
Previsioni tendenziali
aprile 2019

 

2018

2019

2020

2021

2019

2020

2021

2022

PIL

0,9

1,0

1,1

1,0

0,1

0,6

0,7

0,9

 

Tale stima risente del trascinamento negativo (calcolato nell’ordine di  -0,2 punti percentuali) determinato dai dati del IV trimestre del 2018, decisamente inferiori alle attese, e, in maniera ancora più sensibile, dell’attuale configurazione delle variabili esogene della previsione, tra cui una minore crescita attesa del commercio mondiale, che determina un impatto negativo sulle previsioni di crescita (nel complesso -0,2 punti percentuali) derivante, soprattutto, della sensibile revisione al ribasso della domanda mondiale pesata per l’Italia.

In sintesi, come peraltro esplicitato nel riquadro sulla revisione delle stime per il 2019 e anni seguenti, l’effetto congiunto delle due variazioni spiega metà della revisione al ribasso del PIL. L’altra metà della revisione è legata a una dinamica prevista del PIL nel primo semestre 2019 ancora modesta, spiegata da un accresciuto livello di incertezza e dal rallentamento del manifatturiero europeo, in particolare di quello tedesco, ancora non pienamente colto dalle variabili esogene internazionali.

La revisione al ribasso tiene infine conto anche di una valutazione sui rischi geopolitici di medio termine.

 

Revisione delle esogene internazionali

Nel DEF viene riportato – nel focus su “Gli errori di previsione sul 2018 e la revisione delle stime per il 2019 e gli anni seguenti” – un quadro sintetico dell’impatto sulla crescita dell’attuale contesto internazionale a raffronto con quanto ipotizzato nell’Aggiornamento del Quadro Macroeconomico e di Finanza Pubblica pubblicato lo scorso dicembre. Se si confrontano le nuove previsioni con quelle precedenti, la diversa configurazione delle variabili esogene pesa – come già detto - per la maggior parte della revisione al ribasso. All’interno delle esogene, le prospettive di crescita del resto del mondo e del commercio internazionale meno favorevoli sono infatti il fattore più rilevante per il peggioramento della previsione, soprattutto per il 2019.

Il raffronto evidenzia un complessivo peggioramento delle esogene rispetto alle precedenti stime, con riguardo in primo luogo alla domanda mondiale, che nei confronti dell’Italia impatta negativamente sul PIL per oltre -0,3 punti percentuali nel 2019 e di 0,1 punti nel 2020. Un ulteriore effetto negativo viene prodotto dal prezzo del petrolio, in ragione della risalita delle quotazioni del greggio verificatasi nei primi mesi del 2019. Rispetto a quanto prospettato a dicembre si ha quindi un livello dei prezzi leggermente più alto su tutto l’orizzonte di previsione, soprattutto nel 2019 e 2020, da cui deriverebbe un impatto negativo di 0,1 punti per il PIL nel 2020. Sul fronte dei tassi di cambio, nel 2018 si è osservato un deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro. L’aggiornamento del tasso di cambio nominale effettivo rispetto a dicembre vede un maggiore deprezzamento dell’euro rispetto alle altre valute dello 0,6 per cento nel 2019, con un impatto macroeconomico positivo di 1 decimo di punto percentuale sulla crescita del PIL nel 2019 e nel 2020. Risulta positiva rispetto a quanto stimato a dicembre anche l’evoluzione dei tassi di interesse, che mantengono un profilo più accomodante per tutto il periodo di previsione, con un beneficio sulla crescita di 0,2 punti percentuali di PIL nel 2019 e nel 2020.

Complessivamente, il nuovo contesto internazionale risulta meno favorevole rispetto alla Nota di dicembre, soprattutto nel 2019 con un andamento del PIL che risulterebbe meno elevato di circa lo 0,2 per cento, per effetto del rallentamento della domanda mondiale compensata solo in parte dai benefici derivanti dal deprezzamento dell’euro, come espone la tavola che segue, che mostra gli impatti sulla crescita del PIL delle revisioni delle esogene internazionali rispetto alle assunzioni della Nota di dicembre.

Tabella 5 - Effetto stimato sul PIL della variazione rispetto al DPB delle esogene internazionali (differenze dei tassi di crescita previsti)

(variazioni percentuali)

 

2019

2020

2021

Commercio mondiale

-0,3

-0,1

0,1

Tasso di cambio nominale effettivo

0,1

0,1

0,0

Prezzo del petrolio

0,0

-0,1

0,0

Ipotesi tassi di interesse

0,0

0,2

0,3

Fonte: DEF 2019 – Programma di Stabilità.

Secondo le stime del modello econometrico riportato dal DEF, l’economia beneficerebbe di 4 decimi di punto sulla crescita nel 2021, per effetto del profilo più favorevole dei tassi d’interesse.

 

La nuova previsione tendenziale per il 2019 si basa – spiega il DEF - sull’aspettativa di una graduale ripresa della crescita trimestrale del PIL, che da poco sopra lo zero nei primi due trimestri dell’anno si porterebbe ad un ritmo annualizzato dell’1,2 per cento nel secondo semestre.

Durante l’intero arco previsivo il principale motore della crescita sarebbe rappresentato dalla domanda interna, mentre la domanda estera fornirebbe un contributo marginalmente positivo solo a fine periodo.

 

Nello scenario tendenziale, sulla domanda interna, infatti - ribadisce il DEF - cominceranno ad esercitare effetti positivi, a partire dai prossimi mesi, le più importanti misure espansive previste dalla legge di bilancio 2019, con l’entrata in vigore della L. n. 26/2019.

In particolare, il DEF fa riferimento all’impatto sulla crescita congiunturale dei consumi delle famiglie che dovrebbe derivare dal Reddito di cittadinanza a partire dal secondo trimestre di quest’anno - che dovrebbe fornire uno stimolo ai consumi delle famiglie meno abbienti che hanno una propensione al consumo più elevata della media – che sarebbe in grado di determinare un effetto positivo sulla crescita del PIL reale di 0,2 punti percentuali sia nel 2019 che nel 2020[6]. Analogamente, le misure relative al sistema previdenziale (c.d. quota 100), che avrebbero un effetto neutrale quest’anno sul livello del prodotto, avrebbero un effetto positivo sulla crescita di 0,1 punti percentuali nel 2020.

Tuttavia, nel 2020-2021 - rileva il DEF -  l’effetto positivo dei due provvedimenti viene in parte ridimensionato, nello scenario tendenziale, dagli effetti dell’attivazione degli aumenti dell’IVA derivanti dalle clausole di salvaguardia. Nonostante non venga ipotizzata una traslazione completa sui prezzi, l’aumento dei prezzi al consumo inciderebbe sul reddito disponibile reale con ricadute sulla propensione al consumo.

Anche le maggiori risorse per gli investimenti pubblici stanziate dalla legge di bilancio 2019, che dovrebbero fornire da stimolo agli investimenti pubblici - nel nuovo quadro tendenziale dei conti della PA, gli investimenti aumenterebbero del 5,2 per cento nel 2019 - fornirebbero a partire dal secondo trimestre dell’anno, un contributo alla crescita del PIL reale superiore a 0,1 punti percentuali.

 

Impatto macroeconomico delle misure relative a Reddito di cittadinanza e a Quota 100

I focus a pagina 34 e 36 del Programma di stabilità valutano, rispettivamente, l’impatto macroeconomico degli interventi in materia di RdC e pensioni sulle previsioni tendenziali di crescita. Le tavole R1 (a pag 35 e a pag. 37) propongono una dettagliata analisi macroeconomica dell’effetto dei citati provvedimenti sul PIL e sulle sue componenti, sui deflatori del PIL e dei consumi, e sui parametri relativi all’occupazione. La tabella che segue riassume gli effetti attribuiti ai provvedimenti per quanto concerne il PIL e il tasso di disoccupazione.

Tabella 6 – Impatto del Reddito di cittadinanza e delle misure pensionistiche su PIL e tasso di disoccupazione tendenziali (differenza rispetto allo scenario base)

(variazioni percentuali)

 

2019

2020

2021

2022

PIL

Reddito di cittadinanza

+0,2

+0,2

+0,1

+0,0

Misure in materia di pensioni

+0,0

+0,1

+0,1

+0,0

Tasso di disoccupazione

Reddito di cittadinanza

+0,4

+1,3

+1,2

+0,9

Misure in materia di pensioni

-0,2

-0,6

-0,8

-0,9

 

Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, l’effetto espansivo sul PIL è determinato principalmente dai maggiori consumi. Il tasso di variazione percentuale del PIL si accrescerebbe rispetto allo scenario di base di 0,2 punti percentuali sia nel 2019 sia nel 2020 e di 0,1 punti percentuali nel 2021. Dopo quattro anni, nel 2022, il livello del prodotto risulterebbe superiore, rispetto a quello dello scenario di base, di 0,5 punti percentuali.

Sul tasso di disoccupazione, il reddito di cittadinanza porta ad un aumento fino a raggiungere nel 2020 un livello superiore rispetto allo scenario base di 1,3 punti percentuali. Tale divario si andrebbe gradualmente a ridurre negli anni successivi.

Riguardo all’impatto delle misure in materia di accesso alla pensione anticipata mediante il meccanismo di ‘Quota 100’, rispetto allo scenario base, esse lascerebbero invariato il tasso di variazione percentuale del PIL nel 2019, che aumenterebbe di 0,1 punti percentuali sia nel 2020 sia nel 2021 e rimarrebbe invariato nel 2022. Dopo quattro anni, nel 2022, il livello del prodotto risulterebbe quindi lievemente accresciuto di 0,2 punti percentuali rispetto allo scenario di base. Tali misure, secondo il DEF, portano anche ad una diminuzione crescente del tasso di disoccupazione.

Il calo del numero degli occupati a seguito del nuovo canale di accesso al trattamento pensionistico porterebbe a una corrispondente riduzione delle forze di lavoro. In generale, una pari diminuzione dell’occupazione e delle forze di lavoro sospingerebbe al rialzo il tasso di disoccupazione rispetto allo scenario base. Tuttavia, secondo il DEF, il turn-over generazionale, ovvero il grado di sostituzione dei lavoratori che optano per la ‘Quota 100’ con lavoratori neoassunti, preme nella direzione opposta. In particolare, ove si ipotizzi che i nuovi assunti provengano integralmente dal pool dei disoccupati, un tasso di sostituzione del 10 per cento sarebbe sufficiente a garantire l’invarianza del tasso di disoccupazione. Pertanto, se il turn-over generazionale fosse maggiore del 10 per cento, allora, a parità di altre condizioni, il tasso di disoccupazione calerebbe.

Si segnala che la valutazione dell’impatto macroeconomico degli interventi in materia di RdC e pensioni è riportata anche nel paragrafo II.2 del PNR. Le tavole (II.3, II.4 e II.5) espongono l’impatto macroeconomico delle suddette misure in termini di scostamento percentuale rispetto ai livelli della simulazione di base, che corrispondono ai valori cumulati delle differenze nei tassi di variazione percentuali.

 

Per quanto riguarda il PIL nominale, la stima tendenziale prevista per il 2019 si attesta all’1,2 per cento.

Il sentiero del PIL nominale scende in misura significativa in confronto alla precedente previsione ufficiale di dicembre scorso, in quanto riflette anche un abbassamento delle proiezioni del deflatore, il cui incremento scende dall’1,1 all’1,0 per cento in presenza di deboli pressioni inflazionistiche.

Il nuovo quadro macroeconomico tendenziale 2019-2022 è stato validato dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio in data 25 marzo 2019.

 

La validazione delle previsioni macroeconomiche

Nel rispetto dei regolamenti europei[7], le previsioni macroeconomiche tendenziali e programmatiche presentate nel DEF sono sottoposte alla validazione dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), secondo quanto previsto dalla legge n. 243/2012 di attuazione del principio del pareggio del bilancio. Lo scenario macroeconomico tendenziale ha ottenuto la validazione dell’Ufficio, comunicata al Ministro dell’economia e delle finanze il 25 marzo 2019.

Nel validare le previsioni contenute nel quadro macroeconomico tendenziale MEF 2019-2022, l’Ufficio allega una nota esplicativa che illustra tale valutazione. Secondo tale nota, la previsione 2019-2022 del PIL reale nel quadro macroeconomico tendenziale DEF - che sconta per il 2020 e 2021 gli aumenti dell’IVA connessi alle clausole di salvaguardia – appare, nell'insieme, in un accettabile intervallo di valutazione, pur in presenza di contenuti disallineamenti rispetto all'estremo superiore delle previsioni del panel UPB.

Con specifico riferimento al PIL reale, il quadro macroeconomico tendenziale del DEF prospetta un netto rallentamento della crescita quest'anno, allo 0,1 per cento (da 0,9 nel 2018), cui fa seguito un recupero allo 0,6 per cento nel 2020 e un’accelerazione progressiva nel biennio 2020-2021. Tale stima di crescita del PIL si colloca, in ciascuno degli anni dell’orizzonte previsivo al di sotto dei valori estremi superiori del panel UPB. La composizione della crescita, secondo il DEF, è quasi interamente ascrivibile alla domanda interna, in quanto il contributo delle esportazioni nette si manterrebbe sostanzialmente nullo su tutto l'orizzonte previsivo.

Le stime sull’occupazione (ULA) sono molto simili a quelle delle mediane del panel UPB nel 2019-2020 ed appena più pronunciate nel biennio successivo. Anche il tasso di disoccupazione è pressoché allineato fino all'anno prossimo e successivamente risulta più favorevole.

Quanto all'inflazione, la stima della variazione del deflatore dei consumi privati all’1 per cento quest’anno prevista nel quadro tendenziale DEF è simile a quella ipotizzata dal panel Upb, con un'accelerazione dal 2020 al 2,3 per cento per gli aumenti dell'IVA seguito da una graduale riassorbimento fino all'1,5 per cento nel 2022. Con riferimento al deflatore del PIL, l'evoluzione prevista nel quadro tendenziale del DEF, ovvero un’accelerazione fino a quasi il due per cento l'anno prossimo e successivamente un rallentamento graduale, nell'ambito del range dei previsori del panel UPB e prossima al valore mediano di tali stime.

Date le previsioni circa l'andamento del PIL reale e del deflatore del PIL, la dinamica del PIL nominale del quadro DEF risulta nel complesso in linea con le previsioni del panel UPB.

Lo scenario macroeconomico tendenziale del DEF quest'anno recepisce sia importanti provvedimenti di stimolo all’economia, quali il Reddito di cittadinanza, sia il forte shock negativo che deriverebbe dall'attivazione delle clausole di salvaguardia sulle imposte indirette, previste dalla legge di bilancio per il 2019. Il contestuale operare delle diverse misure rende complesse e incerte le stime macroeconomiche, soprattutto sul triennio 2020-2021.

Lo scenario macroeconomico di medio termine dell’economia italiana appare soggetto a forti rischi, prevalentemente orientati al ribasso, sia di matrice internazionale e finanziaria, sia interni. L’UPB delinea in particolare tre categorie di rischi, che inducono alla cautela nelle previsioni:

§  il rischio di ulteriore peggioramento del contesto internazionale (incertezza sulla ripresa del dialogo tra USA e Cina, sulla Brexit, sulle numerose tensioni geopolitiche locali, ecc.);

§  il rischio di indebolimento dell’offerta (i fattori di produzione quest’anno potrebbero risentire di alcuni elementi frenanti, come condizioni per l’investimento meno favorevoli, venire meno di alcuni incentivi, ed un possibile indebolimento del fattore lavoro nei primi trimestri del 2019);

§  il rischio di squilibri finanziari e avversione al rischio degli investitori.

 

In merito alle stime di crescita tendenziale del PIL, il DEF evidenzia alcuni rischi al ribasso rispetto allo scenario internazionale adottato ai fini della previsione del PIL per l’Italia, legati in particolare all’incertezza riguardante il commercio internazionale, alla minaccia del protezionismo, a fattori geopolitici e a cambiamenti di paradigma in industrie chiave quali l’auto e la componentistica.

Le previsioni sull’andamento del commercio mondiale rilasciate dalle principali organizzazioni internazionali hanno infatti subito, anche recentemente, una continua revisione al ribasso. Le aspettative di crescita per i principali partner commerciali dell’Italia sono positive, ma denotano un ritmo inferiore al 2018 e un minor traino del settore manifatturiero, anche a causa dell’incertezza sulle politiche commerciali degli USA e della Cina.

 

Sull’andamento dell’attività economica nel primo trimestre 2019, il DEF evidenzia che emergono – secondo i più recenti dati congiunturali Istat - segnali contrastanti.

Per quanto riguarda la produzione industriale, l’ultimo Comunicato ISTAT di aprile, registra a febbraio un ulteriore aumento della produzione industriale, dello 0,8% rispetto a gennaio, che segna la seconda variazione congiunturale positiva dopo quattro mesi consecutivi di cali che avevano contraddistinto la parte finale del 2018. Nonostante questo andamento positivo, la variazione congiunturale degli ultimi tre mesi continua a evidenziare un segno negativo, seppur di entità notevolmente ridotta. Il confronto tendenziale torna a mostrare una modesta dinamica espansiva.

A gennaio l’Istat (comunicato del 15 marzo 2019) stima che il fatturato dell’industria aumenti in termini congiunturali del 3,1%. Dopo la marcata flessione registrata a dicembre dello scorso anno, il fatturato industriale torna dunque a crescere a gennaio, trainato dal mercato estero. La variazione congiunturale degli ultimi tre mesi, tuttavia, rimane negativa (Nella media degli ultimi tre mesi, sui precedenti tre, l’indice complessivo mostra comunque un calo dell’1,8%).  Su base tendenziale, il settore dei macchinari e attrezzature ha fornito il contributo positivo maggiore alla crescita del fatturato complessivo, mentre i mezzi di trasporto il contributo negativo più rilevante, soprattutto a causa dell’andamento del comparto degli autoveicoli. Una dinamica simile è registrata dagli ordinativi, con una crescita congiunturale dell’1,8% rispetto al mese precedente, mentre nella media degli ultimi tre mesi presentano una riduzione rispetto ai tre mesi precedenti (-2,1%).

Per quanto riguarda il settore delle costruzioni, i dati Istat rilevano la prosecuzione a gennaio 2019 della fase di moderata crescita congiunturale iniziata a novembre 2018; d’altro canto si registra per il secondo mese consecutivo un calo su base annua del dato corretto per gli effetti di calendario. Il debole incremento congiunturale registrato dal trimestre mobile conferma che i segnali di recupero non sembrano ancora sufficienti a determinare una stabile tendenza positiva di più lungo termine.

Per quanto attiene infine al clima di fiducia, l’ultimo comunicato dello scorso 27 marzo rileva che a marzo 2019 continua l’indebolimento del clima di fiducia dei consumatori, che raggiunge il minimo rispetto al periodo settembre 2017-marzo 2019, condizionato da valutazioni più negative sulla situazione economica dell’Italia, mentre quello delle imprese torna a crescere per la prima volta da giugno 2018, pur confermando per il quarto mese consecutivo un livello inferiore a quello medio dell’anno base. In particolare, per le imprese, l’indice di fiducia aumenta nei servizi e nelle costruzioni mentre diminuisce nel comparto manifatturiero.

 

Si ritiene utile, infine, riportare un confronto tra le previsioni tendenziali di crescita recate nel DEF 2019 e quelle elaborate dai principali istituti di ricerca nazionali e internazionali nei primi mesi dell’anno, che stimano per il 2019 una crescita del PIL tra -0,2 e +0,2 punti percentuali.

Tabella 7 - Previsioni degli istituti nazionali e internazionali sulla crescita del PIL italiano

(variazioni percentuali)

 

2019

2020

GOVERNO (aprile ’19)

0,1

0,6

REF.IRS (aprile ’19)

-0,1

0,7

CER (aprile ’19)

0,2

0,6

CONFINDUSTRIA (aprile ’19)

0,0

0,4

PROMETEIA (marzo ’19)

0,1

0,7

FMI - WEO (aprile ‘18)

0,1

0,9

OCSE – Interim Economic Outlook (marzo ‘19)

-0,2

0,5

COMMISSIONE UE – Winter Forecast (febbraio ‘19)

0,2

0,8

Fonte: elaborazione Servizio Studi

Le componenti del quadro macroeconomico tendenziale

La tabella che segue riporta le previsioni tendenziali per gli anni 2019-2022 dei principali indicatori del quadro macroeconomico complessivo esposto nel DEF 2019, a raffronto con i dati di consuntivo del 2017.

Tabella 8 - Il quadro macroeconomico tendenziale

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

Previsioni tendenziali

 

2018

2019

2020

2021

2022

PIL

0,9

0,1

0,6

0,7

0,9

Importazioni

2,3

2,2

2,5

2,5

2,5

Consumi finali nazionali

0,5

0,4

0,6

0,6

0,6

- spesa delle famiglie e I.S.P

0,6

0,6

0,6

0,7

0,8

- spesa delle P.A.

0,2

-0,3

0,4

0,1

0,0

Investimenti fissi lordi

3,4

0,7

1,2

1,3

1,5

- macchinari, attrezzature e beni immateriali

2,1

0,1

1,1

1,3

1,6

- mezzi di trasporto

14,5

-1,4

1,3

1,4

1,4

- costruzioni

2,6

1,4

1,3

1,3

1,4

Esportazioni

1,9

2,1

2,3

2,5

2,6

 

PIL nominale (miliardi di euro)

1.757,0

1.777,9

1.823,3

1.868,9

1.914,5

Fonte: DEF 2019, Sezione I: programma di Stabilità, Tavola II.1.

Come si evince dalla tabella, i principali indicatori macroeconomici manifestano nell’anno 2019 un peggioramento rispetto al 2018.

Risulta stabile la spesa per consumi delle famiglie, sostenuta, a partire dalla fine del secondo trimestre 2019, dall’entrata in vigore del Reddito di Cittadinanza e del canale di pensionamento anticipato (c.d. Quota 100). Nel 2020-2021, l’effetto positivo dei due provvedimenti viene in parte ridimensionato dagli effetti dell’attivazione degli aumenti dell’IVA, previsti nella Legge di Bilancio 2019.

La crescita degli investimenti fissi lordi, in progressivo rallentamento dalla seconda metà del 2018, subisce su base annua un brusco calo nel 2019. Nel triennio successivo, il quadro macroeconomico tendenziale del DEF prevede un sentiero di espansione modesto (+1,2 per cento nel 2020, + 1,2 per cento nel 2021 e +1,5 per cento nel 2022).

Secondo il DEF, per l’anno in corso la debolezza degli investimenti in macchinari risente del contesto globale incerto in particolare per le tensioni commerciali ancora in atto tra USA e Cina. Inoltre potrebbero influire condizioni di erogazione del credito meno favorevoli. In gennaio, i dati sui prestiti alle imprese hanno riportato un segno negativo; inoltre nelle indagini sul credito bancario è emerso un lieve restringimento del credito alle imprese. Dal 2020 inciderebbe positivamente la ripresa dell’export. Gli investimenti in costruzioni crescerebbero a tassi moderati grazie alla componente residenziale favorita dalla politica monetaria accomodante e dagli incentivi alla ristrutturazione.

Le esportazioni aumenterebbero in media a un tasso inferiore a quello dei mercati esteri rilevanti per l’Italia a causa dell’incertezza generata dalle tensioni commerciali. Anche le importazioni riporterebbero un profilo di crescita moderato in linea con la domanda interna. Il saldo delle partite correnti risulterebbe pari a 2,5 punti percentuali di PIL a fine periodo.

 

Il grafico seguente mostra l’andamento delle principali variabili del quadro macroeconomico, a partire dal 2008, sino alla fine del periodo di previsione indicato del DEF 2019.

Figura 4 - Conto economico delle risorse e degli impieghi – Previsioni tendenziali

var. % a prezzi costanti

2013-2015 obiettivi Governo
 


Quanto alla dinamica dei prezzi, l’inflazione resterà contenuta nel 2019 (1,0 per cento) per effetto della caduta dei prezzi dei beni energetici e del rallentamento della domanda interna. Nel 2020 e 2021 la crescita dei prezzi più sostenuta (+2,3 per cento nel 2020 e + 1,8 per cento nel 2021) risente dell’aumento delle aliquote IVA.

Tabella 9 - Andamento dei prezzi

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

Previsioni Tendenziali

 

2018

2019

2020

2021

2022

Deflatore del PIL

0,8

1,0

1,9

1,7

1,5

Deflatore dei consumi

1,1

1,0

2,3

1,8

1,5-

Inflazione programmata*

1,0

1,2

-

-

-

Fonte: DEF 2019. (*) per l’inflazione programmata, NADEF 2018.

Per quanto concerne l’inflazione programmata, si ricorda che con la Nota di aggiornamento del DEF 2018 si è inserito il tasso di inflazione programmata per il 2019 all’1,2%. Il DEF 2019 non pubblica un nuovo valore dell’inflazione programmata. Sul sito del MEF è disponibile una tabella con i tassi di inflazione programmata dal 1982 al 2019.

Secondo le stime preliminari del Comunicato ISTAT del 29 marzo, nel mese di marzo 2019 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) registra un aumento dello 0,3% su base mensile e dell’1,0% su base annua (stesso tasso tendenziale del mese precedente). La stabilità dell’inflazione è la sintesi di dinamiche contrapposte: da una parte l’accelerazione dei Beni energetici non regolamentati (da +0,8% a +3,3%), dall’altra il rallentamento dei prezzi dei Beni alimentari non lavorati (da +3,7% a +2,0%), dei Servizi relativi ai trasporti (da +0,9% a +0,4%) e dei Tabacchi (da +4,5% a +4,0%).

L’“inflazione di fondo”, al netto degli energetici e degli alimentari freschi, accelera lievemente da +0,4% a +0,5%, mentre quella al netto dei soli beni energetici rimane stabile a +0,7%.

L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) aumenta del 2,3% su base mensile e dell’1,1% in termini tendenziali (stabile rispetto a febbraio). Il marcato rialzo congiunturale è in larga parte dovuto alla fine dei saldi invernali di abbigliamento e calzature, di cui il NIC non tiene conto.

Figura 5 - Dinamica dei prezzi

Fonte: ISTAT, “Prezzi al consumo – 29 marzo 2019, dati provvisori”. Indici dei prezzi al consumo NIC per tipologia di prodotto. Variazioni percentuali tendenziali.

2.2.2. Il quadro macroeconomico programmatico

Contestualmente alla pubblicazione del DEF, il Governo ha approvato due decreti legge contenenti misure di stimolo agli investimenti privati e delle amministrazioni territoriali (D.L. “Crescita”) e misure volte a snellire le procedure di approvazione delle opere pubbliche e di progetti di costruzione privati (D.L. “Sblocca Cantieri”), che vengono considerate per la predisposizione delle stime del quadro programmatico.

L’impatto complessivo dei due provvedimenti sull’economia viene prudenzialmente stimato in 0,1 punti percentuali di crescita aggiuntiva del PIL reale nel 2019, che porta la crescita del PIL nello scenario programmatico allo 0,2 per cento in termini reali, rispetto allo 0,1 per cento dello scenario tendenziale. In confronto alla previsione tendenziale, è soprattutto la componente degli investimenti fissi lordi a spiegare la maggiore crescita del PIL.

Per quanto riguarda gli anni successivi, secondo il DEF lo snellimento delle procedure per appalti pubblici e costruzioni private e il più elevato livello degli investimenti pubblici del quadro programmatico, pur in presenza di misure di copertura finanziaria, assicurano un differenziale positivo di crescita del PIL in confronto allo scenario tendenziale pari a 0,2 punti percentuali nel 2020 (da 0,6 punti percentuali del tendenziale, a 0,8 del programmatico) e 0,1 punti nel 2021 (da 0,7 punti percentuali del tendenziale, a 0,8 del programmatico). Solo nell’ultimo anno della previsione, il 2022, la crescita del PIL risulterebbe inferiore a quella tendenziale per 0,1 punti percentuali (da 0,9 punti percentuali del tendenziale, a 0,8 del programmatico), in ragione – secondo il DEF - di un obiettivo di deficit più sfidante.

 

Si ricorda che nel DEF 2019 le stime tendenziali incorporano le misure previste dalla Legge di Bilancio per il 2019, come il Reddito di cittadinanza (che secondo il DEF dovrebbe fornire uno stimolo ai consumi delle famiglie meno abbienti, caratterizzati da una propensione al consumo più elevata della media) e le misure pensionistiche del D.L. n. 4/2019 (“Quota 100”). Inoltre la lettura della previsione tendenziale deve tenere conto del fatto che la legislazione vigente, come modificata dalla Legge di Bilancio per il 2019, prevede un aumento delle aliquote IVA a gennaio 2020 e a gennaio 2021, nonché un lieve rialzo delle accise sui carburanti a gennaio 2020.

Tabella 10 - Il quadro macroeconomico tendenziale e programmatico

(variazioni percentuali)

 

Previsioni tendenziali

Previsioni Programmatiche

 

2019

2020

2021

2022

2019

2020

2021

2022

PIL

0,1

0,6

0,7

0,9

0,2

0,8

0,8

0,8

Importazioni

2,2

2,5

2,5

2,5

2,2

2,7

2,6

2,5

Consumi finali nazionali

0,4

0,6

0,6

0,6

0,4

0,7

0,6

0,5

- spesa delle famiglie e I.S.P

0,6

0,6

0,7

0,8

0,6

0,7

0,7

0,6

- spesa delle P.A.

-0,3

0,4

0,1

0,0

-0,4

0,8

0,1

-0,1

Investimenti fissi lordi

0,7

1,2

1,3

1,5

1,4

2,0

1,8

1,6

- macchinari, attrezzature e vari*

0,1

1,1

1,3

1,6

0,7

1,3

1,1

1,4

- mezzi di trasporto

-1,4

1,3

1,4

1,4

-1,3

1,6

1,6

1,4

- costruzioni

1,4

1,3

1,3

1,4

2,5

2,8

2,5

2,0

Esportazioni

2,1

2,3

2,5

2,6

2,1

2,3

2,4

2,6

 

Occupazione (ULA)

-0,2

0,2

0,5

0,6

-0,1

0,3

0,6

0,5

Tasso di disoccupazione

11,0

11,2

10,9

10,6

11,0

11,1

10,7

10,4

 

Deflatore PIL

1,0

1,9

1,7

1,5

1,0

2,0

1,8

1,6

*Tale voce ricomprende gli investimenti in macchinari e attrezzature e in beni immateriali.

Fonte: DEF 2019, Sezione II: Analisi e tendenze della Finanza pubblica, Tab. I.1-1 e I.1-2.

2.3. Il mercato del lavoro

Per quanto concerne il mercato del lavoro, il DEF sottolinea la prosecuzione della tendenza favorevole del mercato del lavoro nella prima metà del 2018, con una parziale inversione di tendenza nel secondo semestre. Nel complesso, la crescita degli occupati, quale rilevata dalla contabilità nazionale, è stata comunque pari allo 0,9 per cento, sospinta dall’occupazione dipendente, mentre gli indipendenti hanno continuato a ridursi per l’ottavo anno consecutivo. Le ore lavorate sono aumentate dell’1,1 per cento, quindi si è registrato un aumento delle ore lavorate pro-capite di 0,2 per cento, dopo il calo dello scorso anno.

In base ai risultati dell’indagine delle forze lavoro, l’occupazione cresce dello 0,8 per cento. Il tasso di occupazione sale al 58,5 per cento, a solo 0,1 punti di distanza dal picco del 2008. L’aumento è sospinto dai lavoratori dipendenti (1,2 per cento) a loro volta trainati esclusivamente dagli occupati a tempo determinato mentre per la prima volta dopo quattro anni si riducono gli occupati dipendenti a tempo indeterminato (-0,7 per cento). Con riferimento alla tipologia di orario, il lavoro a tempo pieno cresce a fronte di una lieve riduzione del part-time. Il part-time involontario continua invece ad aumentare (5,0 per cento) e rappresenta il 64,1 per cento del totale del tempo parziale. Il miglioramento del mercato del lavoro si è riflesso nella riduzione del tasso di disoccupazione (al 10,6 dall’11,2 per cento). Altro fattore positivo il calo degli inattivi (-0,9 per cento) e degli scoraggiati (-11,5 per cento).

Dopo la moderazione degli anni scorsi sono tornati a crescere i redditi pro-capite (2,0 per cento dallo 0,3 per cento del 2017) per effetto del rinnovo dei contratti in molti comparti, tra cui il pubblico impiego, e del progressivo esaurirsi degli sgravi contributivi introdotti a partire dal 2015. Il costo del lavoro per unità di prodotto ha mostrato un sensibile recupero (1,9 per cento dal -0,5 per cento del 2017) in seguito alla sostanziale stabilità della produttività del lavoro.

 

La tabella seguente riporta i dati di consuntivo dell’ultimo decennio dei principali indicatori del mercato del lavoro.

Tabella 11 - Mercato del lavoro anni 2008-2018

 

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2014

2015

2016

2017

2018

Occupati  (migliaia di unità)

23.090

22.699

22.527

22.598

22.566

22.191

22.279

22.465

22.891

23.073

23.200

Occupati variazione %

0,9

-1,7

-0,8

0,3

-0,1

-1,7

0,4

0,8

1,3

1,2

0,6

Totale Unità di lavoro standard

25.023

24.336

24.130

24.162

23.830

23.250

23.298

23.450

23.759

23.961

24.154

Unità di lavoro standard -variazione %

-0,4

-2,7

-0,8

0,1

-1,4

-2,4

0,2

0,7

1,3

0,9

0,8

Tasso di attività

62,9

62,3

62,0

62,1

63,5

63,4

63,9

64,0

64,9

65,4

65,7

Tasso di occupazione

58,6

57,4

56,8

56,8

56,6

55,5

55,7

56,3

57,6

58,0

58,6

Tasso di disoccupazione

6,7

7,7

8,4

8,4

10,7

12,1

12,7

11,9

11,7

11,2

10,5

Fonte: Consuntivi 2018: Comunicato ISTAT, Occupati e disoccupati (dati provvisori) (1 aprile 2019). Per le ULA 2014-2018, Comunicato ISTAT, PIL e indebitamento  netto delle AP  – Anni 2016-2018 (9 aprile 2019). Per gli anni precedenti, banca dati Istat (I.Stat).

Gli andamenti temporali, riportati nei grafici che seguono, evidenziano l’inversione di tendenza avvenuta nel mercato del lavoro negli ultimi anni, dapprima sul numero di occupati (che ha toccato il suo minimo nel 2013 ed è gradualmente risalito, senza però ancora raggiungere il valore del 2008) e nel tasso di disoccupazione (che, dopo 7 anni di aumento ininterrotto, dal massimo toccato nel 2014 è sceso di 1,5 punti percentuali in due anni, con una forte diminuzione nel 2015, un leggero calo nel 2016 e nuovamente una diminuzione sensibile nel 2017 e soprattutto nel 2018).

La tabella riassuntiva dei principali indicatori del mercato del lavoro nell’ultimo decennio sopra riportata, evidenzia che benché il numero di occupati a fine 2017 sia tornato ad eguagliare il livello del 2008, in termini di unità di lavoro standard l’occupazione risulti ancora significativamente inferiore, potendosene dedurre che a fine periodo lavora un numero di persone pressoché eguale a quello di dieci anni fa, ma per un minor numero di ore.

La nota dell’Istat “Il mercato del lavoro – IV trimestre 2018”, diffusa il 13 marzo 2019, effettua un’analisi disaggregata relativa all’andamento degli indicatori nel 2018. Nel corso dell’anno il quadro occupazionale ha mostrato un lieve peggioramento: nel quarto trimestre 2018 si osserva una diminuzione dell’occupazione rispetto al trimestre precedente, in un contesto di aumento della disoccupazione e di calo dell’inattività. Dal lato dell’offerta di lavoro, nel quarto trimestre del 2018, il numero di persone occupate diminuisce rispetto al trimestre precedente (-36 mila, -0,2%) a seguito di un modesto calo per i dipendenti, in particolare a termine, e di una riduzione più accentuata per gli indipendenti. Il tasso di occupazione rimane stabile al 58,6%. Nei dati mensili più recenti (gennaio 2019), al netto della stagionalità, il tasso di occupazione rimane invariato e il numero di occupati mostra una lieve crescita rispetto a dicembre 2018, sintesi del calo degli indipendenti e dei dipendenti a termine più che compensato dall’aumento dei dipendenti a tempo indeterminato.

Tabella 12 - Il mercato del lavoro

(variazioni percentuali)

 

Consuntivo

Previsioni Tendenziali

2018

2019

2020

2021

2022

Occupazione (ULA) *

0,8

-0,2

0,2

0,5

0,6

Tasso di disoccupazione

10,5

11,0

11,2

10,9

10,6

Tasso di occupazione

58,6

58,7

58,9

59,3

59,8

CLUP (sul PIL)

1,9

0,9

0,9

1,0

1,3

* Unità di lavoro standard – variazione %

Fonte: DEF 2019

Le previsioni tendenziali riportate nel DEF[8], esposte nella tabella sopra riportata, evidenziano un incremento del tasso di disoccupazione nel prossimo biennio, con una diminuzione nel biennio successivo. Il valore del tasso di disoccupazione nel 2022 (10,6%), tuttavia, non riesce a ritornare ad eguagliare quello del 2018 (10,4%).

Tali previsioni, invece, mantengono una variazione positiva dell’occupazione per tutto il periodo di previsione relativamente al tasso di occupazione che dovrebbe registrare una crescita di un punto percentuale alla fine del periodo rispetto al consuntivo 2018.


 

Parte II – La finanza pubblica

1. Gli andamenti di finanza pubblica

Il Documento di economia e finanza riporta l'analisi del conto economico delle amministrazioni pubbliche a legislazione vigente, per il periodo 2019-2022, integrato con le informazioni relative alla chiusura dell'esercizio 2018.

 

Per quanto riguarda i dati riferiti al consuntivo 2018, le informazioni riportate nel Documento tengono conto degli aggiornamenti dei dati diffusi dall’ISTAT con i seguenti comunicati:

·      il comunicato “Pil e indebitamento AP”, del 1° marzo 2019;

·      il comunicato “IV trimestre 2018 - Conto trimestrale delle AP”, del 3 aprile 2019;

·      il comunicato di aggiornamento “Pil e indebitamento delle amministrazioni pubbliche: aggiornamento”, del 9 aprile 2019.

 

Il comunicato del 3 aprile ha aggiornato le stime del conto economico delle pubbliche amministrazioni per l’anno 2018 sulla base, come di consueto, delle informazioni resesi disponibili dopo la chiusura delle precedenti stime.

L’aggiornamento del 9 aprile si è reso necessario per effetto della riclassificazione di talune unità istituzionali che sono state incluse nel settore delle amministrazioni pubbliche. La riclassificazione deriva da un’analisi effettuata dall’Istat in accordo con Eurostat che ha condotto a considerare le predette unità come appartenenti al settore delle amministrazioni pubbliche sulla base dei criteri stabiliti dal SEC 2010.[9]

Le unità riclassificate sono le seguenti: dal 2016 Concessioni autostradali venete s.p.a.; dal 2017 Rete ferroviaria Italiana s.p.a., Ferrovie Nord s.p.a., Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa (Invitalia), Cassa del Trentino s.p.a., Finanziaria per lo sviluppo della Lombardia s.p.a., Finanziaria regionale abruzzese s.p.a., Finpiemonte s.p.a., Finanziaria regionale Valle d’Aosta s.p.a., Acquirente Unico s.p.a. e Ricerca sul sistema energetico s.p.a.

Per effetto della riclassificazione, vengono rivisti i dati relativi ai conti economici nazionali e al conto delle amministrazioni pubbliche (AP) per il 2017 e 2018. I principali aggiornamenti indicati dal comunicato del 9 aprile sono i seguenti: il Pil nominale è rivisto verso l’alto di circa 3,2 miliardi nel 2017 e circa 3,0 nel 2018; l’indebitamento netto fa registrare una lieve riduzione in valore assoluto ma resta invariato – rispetto al precedente comunicato – il suo rapporto percentuale rispetto al Pil (2,4% nel 2017 e 2,1% nel 2018); si ha un aumento delle spese per il personale e dei consumi intermedi, in parte compensati da un minor esborso per contributi alle imprese.

Nel complesso, le spese correnti sono riviste verso l’alto di circa 2,3 miliardi nel 2017 e 2,7 nel 2018; per le spese in conto capitale si registra invece una diminuzione dei contributi agli investimenti (per circa 4,1 miliardi nel 2017 e 3,6 nel 2018) e un aumento della spesa per investimenti fissi lordi (rispettivamente di 4,4 e 4,0 miliardi): tale cambiamento è l’effetto della riclassificazione del principale gestore delle reti ferroviarie.

 

Le tabelle di seguito riportate espongono quindi i dati, inclusi nel DEF, relativi al consuntivo 2018 e alle previsioni 2019-2022. In alcune tavole, il raffronto è esteso ai dati di consuntivo riferiti all’esercizio 2017.

Limitatamente al consuntivo 2018 e alle previsioni per il triennio 2019-2021 sono presentati, inoltre, elementi di raffronto con le precedenti stime formulate nella Nota tecnico illustrativa della legge di bilancio 2019 (NTI)[10], che incorporano gli effetti della legge di bilancio 2019.

 

In proposito si prende atto di quanto affermato dal DEF, secondo cui le revisioni conseguenti all’ampliamento del perimetro della pubblica amministrazione (indicate nel comunicato del 9 aprile) rendono “poco informativa” l’analisi dello scostamento fra i predetti risultati e le stime della NTI. Per questi motivi, nel DEF tale analisi è svolta con riferimento ai dati riportati nel comunicato del 3 aprile, che vengono esposti in un’apposita Tabella della Sez. II.

Pur prendendo atto di tali rilievi metodologici, nel presente dossier, per ragioni di omogeneità rispetto ai dati impiegati nelle ulteriori analisi, si farà riferimento esclusivamente ai dati aggiornati con il comunicato del 9 aprile, anche con riguardo al raffronto con la NTI.


?  Tavole DEF e confronti con Nota tecnico-illustrativa 2019

Tabella 13 – Conto economico della PA a legislazione vigente

(importi in milioni di euro)

Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

Tabella 14 – Conto economico della PA a legislazione vigente

(% del Pil)

Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

Tabella 15 – Conto economico della PA a legislazione vigente – Variazioni rispetto all’anno precedente

(importi in milioni di euro)

Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

Tabella 16 – Conto economico della PA a legislazione vigente – Variazioni rispetto all’anno precedente

(valori percentuali)

Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

Tabella 17 – Conto economico della PA a legislazione vigente – Raffronto fra la Nota tecnico illustrativa (NTI) della legge di bilancio 2019 e il DEF 2019

(importi in milioni di euro)

Nota: eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.


1.1. Il consuntivo 2018

1.1.1. L’indebitamento netto

I dati riferiti all’ultimo esercizio concluso, resi noti dall’ISTAT[11], attestano un indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per il 2018 pari, in valore assoluto, a 37.505 milioni, corrispondente al 2,1 per cento del Pil.

 

Per quanto attiene al confronto con le precedenti stime, si evidenzia che la NTI 2019 prevedeva un indebitamento netto pari all’1,9 per cento in termini di Pil. La stima è stata poi aggiornata al 2,1 per cento con le Comunicazioni Istat di marzo e aprile 2019.

 

Il dato indica un miglioramento rispetto all’anno 2017: in tale esercizio l’indebitamento è infatti risultato pari a 41.285 milioni (2,4 per cento del Pil). Hanno contribuito a tale miglioramento sia un incremento del saldo primario (per 3,16 miliardi) sia una riduzione della spesa per interessi (per 0,6 miliardi). In termini relativi, fra il 2017 e il 2018 il saldo primario è aumentato dall’1,4 all’1,6 per cento del Pil, mentre la spesa per interessi è diminuita dal 3,8 per cento del 2017 al 3,7 per cento del Pil del 2018.

Limitando l’analisi ai principali aggregati del conto economico della p.a., si rileva che al miglioramento del saldo concorre principalmente un incremento delle entrate (per 12,5 miliardi), che determina effetti più che compensativi rispetto all’incremento registrato dal lato delle spese (per 8,7 miliardi).

 

Gli andamenti delle voci di entrata e di spesa sono esaminati distintamente nei successivi capitoli.

1.1.2. Le entrate

Nel 2018 le entrate totali delle Amministrazioni pubbliche registrano, rispetto all’anno 2017, un incremento in valore assoluto di 12,5 miliardi di euro (da 803,6 miliardi a 816,1 miliardi di euro). Poiché l’incremento (+1,6 per cento) risulta, in proporzione, lievemente inferiore a quello del Pil nominale (+1,7 per cento), l’andamento delle entrate totali rispetto al prodotto interno lordo registra una contrazione, attestandosi al 46,4 per cento del Pil (-0,1 punti percentuali rispetto al 2017).

In particolare, le entrate correnti evidenziano, rispetto al 2017, un incremento di circa 15,4 miliardi (+1,9 per cento), determinato dall’aumento delle imposte indirette (+2,1 per cento) e dei contributi sociali (+4,2 per cento), parzialmente compensato dalla contrazione delle imposte dirette (-0,7 per cento).

In rapporto al Pil, le entrate correnti registrano un incremento di 0,1 punti percentuali, passando dal 46,1 per cento al 46,2 per cento del prodotto interno lordo.

Le imposte in conto capitale registrano, invece, una contrazione di circa 0,84 miliardi di euro (-36,2 per cento).

Nel seguente grafico si confrontano i dati relativi agli anni 2017 e 2018 dei principali aggregati riferiti alle entrate correnti (imposte dirette, imposte indirette e contributi sociali).

Figura 6 - Principali componenti delle entrate correnti (anni 2017 e 2018)

 

Il DEF evidenzia che all’incremento delle imposte indirette ha contribuito il gettito dell’imposta sul valore aggiunto.

In particolare, il Documento segnala che le entrate relative all’IVA sugli scambi interni riflettono, tra l’altro, le misure[12] che hanno ampliato ad una platea più vasta di contribuenti l'ambito applicativo del meccanismo dello split payment[13]. Inoltre, con riferimento al gettito IVA sulle importazioni, il DEF afferma che concorre al trend positivo l'aumento del prezzo del petrolio.

 

In merito alla contrazione delle imposte dirette, il DEF segnala che il decremento è in parte determinato dalle consistenti entrate registrate nel 2017 per la rottamazione delle cartelle esattoriali. Rilevano inoltre gli effetti della riduzione dell'aliquota IRES e della proroga delle agevolazioni relative al cd. superammortamento e iperammortamento.

Si fa presente che la riduzione dell’aliquota IRES opera con decorrenza 2017. Gli effetti nel 2018 sembrerebbero quindi imputabili ad un minor gettito in termini di saldo delle imposte dovute per l’anno 2017 e ad un conseguente ammontare ridotto del primo acconto versato nell’anno di riferimento. In proposito sarebbero utili ulteriori elementi di valutazione.

 

L’andamento negativo delle imposte in conto capitale (da 2.318 milioni del 2017 a 1.478 milioni) risente, evidenzia il DEF, del calo del gettito derivante dalla voluntary disclosure, per l’esaurirsi degli effetti della misura.

La tabella II.2-9 concernente le misure one-off, riportata nella Sezione II del Documento in esame, indica, in corrispondenza della voce “emersione capitali all’estero (voluntary disclosure)”, entrate pari a 4.078 milioni nel 2016, a 956 milioni nel 2017 e a 264 milioni nel 2018.

 

La pressione fiscale nel 2018 conferma il valore del 2017, attestandosi al 42,1 per cento del Pil.

Le entrate tributarie includono gli effetti dell’attività di contrasto all’evasione fiscale. Il Documento[14] evidenzia la grande attenzione posta alla strategia complessiva per assicurare la tax compliance, focalizzando gli sforzi sull’attuazione della delega fiscale per un fisco trasparente, equo e orientato alla crescita (legge n. 23 del 2014) e sul cambiamento di approccio nei confronti dei contribuenti. In generale, il DEF afferma che le attività di contrasto all’evasione fiscale sono state orientate sia a potenziare e valorizzare il confronto preventivo tra fisco e contribuente, con l’intento di migliorare la propensione all’adempimento spontaneo (c.d. effetto indiretto dell’attività di contrasto dell’evasione fiscale), sia a recuperare gettito attraverso l’attività di accertamento e controllo (c.d. effetto diretto dell’attività di contrasto dell’evasione fiscale).

In merito ai risultati ottenuti nel 2018 sono indicati[15], in particolare, gli incassi derivanti dall’attività di contrasto all’evasione, che risultano pari a 19,2 miliardi (-4,5% rispetto all’anno precedente), includendo le somme derivanti dal recupero di evasione sui tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate (versamenti diretti, attività di promozione della compliance, entrate da voluntary disclosure, ecc.) nonché 5,7 miliardi derivanti dalle riscossioni da ruolo effettuate dall’Agenzia entrate-riscossione e dalla Riscossione Sicilia Spa.

 

Rispetto alle stime per l’anno 2018 contenute nella NTI 2019 – pur tenendo conto, come evidenziato in precedenza, della ridotta significatività di tale confronto a causa della revisione del 9 aprile scorso - si evidenzia che i dati del DEF rilevano un aumento delle entrate totali di circa 3,5 miliardi di euro.

Concorrono a tale variazione delle stime le entrate tributarie (+784 milioni) il cui incremento è determinato dalla maggiore previsione di entrata delle imposte indirette (+759 milioni) e delle imposte in conto capitale (+109 milioni), in parte compensato dalla riduzione delle stime delle imposte dirette -84 milioni).

I contributi sociali, rispetto alle previsioni della NTI, sono risultati nel 2018 superiori alle stime attese per 803 milioni complessivi, per effetto sia di maggiori contributi sociali effettivi (+625 milioni), che di maggiori contributi figurativi (+ 178 milioni).

La revisione al rialzo interessa anche le “altre entrate correnti” indicate in 74.974 milioni rispetto al valore di 73.139 milioni indicato nella NTI (+1,8 miliardi).

Sarebbero utili ulteriori indicazioni in merito alle determinanti di tale revisione della stima relativa alla voce “altre entrate correnti”.

Con riferimento alla composizione del gettito tributario nel 2018 in relazione alla categoria di enti interessati (bilancio dello Stato, poste correttive della P.A. ed enti territoriali), il Documento riporta la seguente tabella.

 

Tabella 18 - Entrate tributarie della P.A.

(milioni di euro)

 

Risultati

(DEF)

Stime

(NTI)

Differenze

Totale Entrate tributarie P.A.

503.961

503.177

+784

Bilancio dello Stato

463.295

463.299

-4

Poste correttive della P.A.

-64.771

-63.703

-1.068

Enti territoriali

105.437

103.581

+1.856

 

Il DEF afferma che il risultato realizzato per il bilancio dello Stato rispetto alle precedenti stime è imputabile all’effetto combinato dell’aumento delle entrate derivante dalle imposte dirette (+852 milioni) e dall’andamento meno favorevole registrato nel settore delle imposte indirette (-856 milioni).

Tra le imposte dirette, il DEF segnala uno scostamento positivo delle stime in termini di IRES (maggiori versamenti del secondo acconto) ed uno scostamento negativo, più contenuto, dell’imposta sostitutiva su ritenute, interessi e altri redditi di capitale che registra un gettito inferiore alle stime di 568 milioni a causa di una dinamica meno favorevole dei tassi di interessi. Il gettito IRPEF risulta invece sostanzialmente in linea con le previsioni (-126 milioni).

Il DEF afferma inoltre che lo scostamento negativo delle stime delle imposte indirette è imputabile ad una generalizzata flessione di tutte le principali voci d’imposta (imposta di bollo, imposta sulle successioni e donazioni, imposta sull’energia elettrica e addizionale, imposta unica sui giochi, PREU), fatta eccezione per l’IVA che risulta in linea con le previsioni.

Viene inoltre precisato che le innovazioni contabili introdotte dal SEC 2010 hanno comportato un diverso trattamento dei crediti per imposte anticipate (Deferred Tax Assets, DTA), che dal 2014 non vengono più contabilizzati per cassa, tra le poste correttive che nettizzano le entrate tributarie del bilancio dello Stato, ma sono registrate tra le spese per l’intero ammontare nell’anno in cui si sono formate (principio della competenza). Per l’anno 2018 i crediti DTA sono stati pari a 1,4 miliardi (4,9 miliardi nel 2015, 2,4 miliardi nel 2016 e 5,9 miliardi nel 2017).

Lo scostamento delle stime registrato sul versante degli enti territoriali è attribuito dal DEF alle maggior entrate IRAP (+288 milioni) e all’aumento delle devoluzioni e regolazioni intercorse tra Stato e Regioni (+1.191 milioni).

1.1.3. Le spese

Le spese finali del 2018, sulla base del conto economico delle Amministrazioni pubbliche del 9 aprile[16] (Tabella II.1-3, pag. 9), hanno mostrato un incremento in valore assoluto rispetto al precedente esercizio, impatto che è stato più che compensato, nei suoi effetti sui saldi, dalla crescita economica registrata nell'anno, da cui è conseguito un netto incremento delle entrate correnti rispetto al 2017.

In valore assoluto, le spese si attestano nel 2018 a 853.618 milioni, in aumento dell'1% rispetto al dato 2017, allorché l'analogo valore era stato di 844.895 milioni, in aumento (+2%) rispetto al dato 2016. È da considerare che il valore registrato a consuntivo dalle spese finali nel 2018, è stato più alto (+6,8 miliardi circa) anche di quello indicato dalla NTI 2019, che era stato previsto pari a 846.826 milioni di euro.

Nel complesso, rispetto al PIL, le spese finali diminuiscono la loro incidenza, passando dal 48,9% del 2017 al 48,6% del 2018. La variazione "complessiva" è dovuta interamente alle spese in conto capitale che hanno registrato un calo di 0,6 punti di PIL, mentre le spese correnti hanno segnato un incremento di 0,3 punti di PIL. Prosegue il trend in calo della spesa per interessi, sia pure ad un ritmo alquanto moderato, che registra una diminuzione al 3,7% del PIL, rispetto al 3,8% del PIL avutosi nel 2017.

 

Nel 2018 la spesa per prestazioni sociali in denaro è risultata pari a circa 349 miliardi di euro, il 19,9% del PIL, in aumento rispetto al 2017 (19,8%). In valori assoluti, la spesa pensionistica ha registrato un aumento rispetto al 2017 del 2%, favorito dall'indicizzazione ai prezzi. L'andamento più vivace delle altre prestazioni sociali in denaro (+3,1%) deriva da un aumento della spesa per liquidazioni di fine rapporto, da un incremento della spesa per tutela di maternità e di quella per altri assegni e sussidi assistenziali a fronte di incrementi più contenuti di altre componenti di spesa e di un contenimento della spesa per prestazioni di ammortizzatori sociali.

 

Nel 2018 la spesa per redditi da lavoro dipendente registra un incremento, rispetto al dato 2017, del 3,1%, attestandosi su di un valore assoluto complessivo pari a 171.826 milioni di euro. L’incidenza in termini di PIL si attesta al 9,8% in lieve aumento (+0,2%) rispetto all'anno precedente.

 

L’aggregato dei consumi intermedi ha poi fatto registrare nel 2018 un incremento della spesa dell’1,5% rispetto al 2017 (+2,1 mld). L’incidenza di tale voce in termini di PIL resta tuttavia inalterata all’8,2%. Nel confronto con le precedenti stime fornite dalla Nota tecnico-illustrativa, il dato di consuntivo 2018, risulta comunque superiore di 1.457 milioni rispetto alle attese.

Va evidenziato che nel complesso le altre spese correnti (contributi alla produzione, trasferimenti diversi e pagamenti al Bilancio della U.E. - quota RNL) ha registrato risultati sostanzialmente in linea con le stime contenute nella NTI.

Nell'illustrazione particolareggiata fornita dal DEF in merito all'evoluzione dell'aggregato della spesa corrente nel triennio 2016/2018, si evidenzia che l’incremento di circa 17,5 miliardi registratosi nel 2018 è dovuto, oltre che alle prestazioni sociali in denaro (+7,6 miliardi), ai redditi di lavoro dipendente aumentati di oltre 5 miliardi nel 2018 rispetto al 2017, a ragione della sottoscrizione dei rinnovi contrattuali relativi al triennio 2016-2018, siglati nel corso dell'anno, che hanno interessato diversi settori del pubblico impiego.

D'altro canto, sempre per i redditi di lavoro dipendente, il documento evidenzia che a consuntivo si è registrata una maggiore spesa rispetto alla ultima stima contenuta nella NTI 2019 (169.633 milioni) per 2.193 milioni, per effetto del trascinamento della revisione della base 2017 e per opera della revisione ai dati di consuntivo conseguenti all'ampliamento del perimetro di riferimento.

 

In ultimo, la spesa in conto capitale del 2018 è risultata pari in valore assoluto a 58.365 milioni, con una diminuzione di circa 8,8 miliardi rispetto al 2017, allorché si era registrato invece un incremento, rispetto al dato del 2016, di 9,7 miliardi, pari a circa il 17%. In termini percentuali rispetto al PIL, l’incidenza della spesa in conto capitale rimane nel 2018 piuttosto bassa, pari al 3,3%, a fronte della percentuale del 3,9% dell'anno precedente.

Va comunque rimarcato il dato per cui le spese in conto capitale sono state superiori alle recenti stime contenute nella NTI (+3.455 milioni), a seguito del valore più elevato degli Investimenti fissi lordi e delle Altre spese in conto capitale, cui si contrappone, in parte, il dato dei minori Contributi agli investimenti.

 

Nel complesso il consuntivo 2018 in percentuale del PIL, evidenzia una crescita di 1 punto percentuale delle spese finali rispetto all'analogo dato dell'anno precedente, che è pressoché integralmente ascrivibile all'aumento registratosi nella spesa corrente, solo parzialmente compensata dalla contrazione della spesa in conto capitale.

La spesa delle Amministrazioni centrali

Il conto economico relativo a tale comparto, come noto comprendente i ministeri ma anche tutti i soggetti costituzionali e di rilevanza costituzionale, ha evidenziato una flessione delle spese finali del 2018, ammontate nell'anno a 498.220 milioni di euro, segnandosi un calo di -973 milioni rispetto al dato precedente dell'anno 2017 che era stato di 499.193 milioni di euro. Quest'ultimo, si rea era evidenziato in aumento di 4.410 milioni di euro rispetto ai 494.783 milioni di euro registrati nel 2016.

Tabella 19 - Conto economico delle amministrazioni centrali

Fonte: DEF 2019, sez. II, tabella II.1-5.

In termini percentuali la flessione delle spese finali del biennio 2018/2017 si è concretizzata in un -0,2 per cento, dopo che nel biennio 2017/2016 si era avuto un aumento dello 0,9 per cento.

In percentuale del PIL, la spesa finale si è dunque attestata al 28,4%, in lieve calo rispetto al 2017 allorché era stata del 28,9 per cento, dato che già registrava un calo rispetto al 2016 in cui la percentuale era risultata pari al 29,3 per cento.

Nel complesso, il settore Amministrazioni centrali, ha evidenziato un dato in controtendenza con il dato complessivo del Conto Economico della PA, che ha invece registrato un incremento delle spese finali nel 2018 pari al +1 per cento rispetto alla spesa registrata nel 2017.

Per quanto concerne le macro categorie, la flessione è da attribuirsi principalmente al sensibile incremento registrato dalle spese in conto capitale, che sono risultate in calo in valore assoluto del -17,5 per cento rispetto al dato 2017, dopo che in tale anno erano aumentate del 29,5 per cento rispetto all'anno precedente.

Per quanto riguarda le spese correnti, in valore assoluto, queste sono cresciute dell'1,7 per cento rispetto al 2017, anno in cui si erano registrate in flessione rispetto al 2016.

La dinamica registrata delle singole categorie economiche di spesa segnala, per la spesa corrente, la flessione dei trasferimenti alle altre amministrazioni pubbliche, che si sono attestati a 206.302 milioni di euro, segnando un valore in diminuzione di -633 milioni di euro rispetto al dato 2017 allorché le stesse erano assommate a 206.935 milioni di euro. Nel biennio 2017/2016 si era registrata una più netta flessione di -7.449 milioni di euro, essendo il dato passato dai 214.384 milioni di euro del 2016 ai 206.935 milioni di euro avutisi del 2017.

Con riferimento alla dinamica delle altre voci di spesa, particolare evidenzia va data ai redditi di lavoro dipendente che si registrano ancora in sensibile incremento (+3.774 milioni di euro) rispetto al 2017, essendosi attestata la relativa spesa, in valore assoluto, pari a 102.814 milioni di euro, a fronte dei 99.040 milioni di euro registrati nel 2017 e ai 96.190 milioni di euro registrati nel 2016. Al dato in valore assoluto, si associa ad un sensibile incremento (+0,2 per cento) nella percentuale di tale voce di spesa rispetto al PIL che si attesta nel 2018 al 5,9 per cento, dopo il 5,7 per cento registrato nel 2016 e 2017.

Per i consumi intermedi, va detto che questi registrano nel 2018 ancora un incremento in valore assoluto, attestandosi a 27.503 milioni di euro (+1.006 milioni di euro), a fronte dei 26.497 milioni di euro segnati nel 2017, i quali già scontavano un netto incremento (+3.156 milioni di euro) rispetto al dato 2016 (23.341 milioni di euro). In percentuale del PIL, la voce di spesa si eleva all'1,6 per cento, dopo che nel 2017 era stata dell'1,5 per cento e nel 2016 era stata dell'1,4 per cento.

Una dinamica particolare è invece riconducibile alle prestazioni sociali che nel 2018 si segnalano ancora in crescita, essendosi attestate nell'anno a 15.388 milioni di euro, dopo che nel 2017 si erano state pari a 14.621 milioni di euro e nel 2016 pari a 14.438 milioni di euro. In termini percentuali sul PIL, la voce si attesta nel 2018 allo 0,9 per cento del PIL, cioè una percentuale analoga a quella già registrata nell'anno precedente (0,8 per cento del PIL) e identica a quella registrata nel 2016.

Un dato senz'altro da evidenziare è anche quello associato alla dinamica registrata dalle Altre spese correnti che si sono attestate nel 2018 a 41.926 milioni di euro in valore assoluto, in netto incremento (+3.110 milioni di euro) rispetto al dato 2017 pari a 38.816 milioni di euro e che risultava in flessione (-4.681 milioni di euro) rispetto ai 43.497 milioni di euro registrati nel 2016. In percentuale del PIL, tale spesa si attesta dunque nel 2018 in aumento al 2,4 per cento, dopo che nel 2017 era stata del 2,2 per cento e che nel 2016 era stata del 2,6 per cento.

La spesa corrente primaria, cioè senza considerare la spesa per interessi, evidenzia in valore assoluto un incremento di +8.024 milioni di euro, essendosi attestata nel 2018 a 393.933 milioni di euro dopo che nell'anno precedente era stata di 385.909 milioni di euro. Va evidenziato che il dato inverte la dinamica registrata nel biennio 2016/2017, in cui si era avuta una flessione di -5.941 milioni di euro.

Gli interessi passivi si sono registrati in calo rispetto all'anno precedente, essendosi attestati a 63.682 milioni di euro, -359 milioni di euro sul dato 2017, dal momento che in tale anno erano assommati a 64.041 milioni di euro. Una riduzione inferiore a quella registratasi già nel 2017 rispetto al 2016, per cui si era avuta una minore spesa si - 880 milioni di euro. In percentuale del PIL, la voce si attesta al 3,6%, dopo che nel 2017 e nel 2016 era stata del 3,7 per cento e del 3,8 per cento.

Per quanto riguarda infine le spese in conto capitale nel loro complesso, in valore assoluto, il 2018 ha segnato una marcata flessione di tale voce di -8.638 milioni di euro rispetto al dato di spesa 2017, attestandosi a 40.605 milioni di euro contro i 49.243 milioni di euro segnati nell'anno precedente. Il dato segna l'inversione della tendenza registrata nel biennio precedente 2017/2016, in cui si era invece registrato un sostanziale incremento di 11.231 milioni di euro in valore assoluto, essendo le stesse passate dai 38.012 milioni del 2016 ai 49.243 del 2017.

La dinamica registrata nel 2018 ha evidentemente risentito del calo della voce altre spese in conto capitale, che ha segnato una flessione di -11.231 milioni di euro rispetto al dato 2017 integralmente dovuta alla cessazione degli interventi di sostegno al settore bancario che aveva influito sul dato 2017 rispetto al 2016 (+11.888 milioni di euro).

In percentuale del PIL, la flessione delle spese in conto capitale è attestata da un indice al 2,3 per cento, dopo che nel 2017 tale voce era "rimbalzata" al 2,9 per cento, ritornando quini su valori prossimi al 2,2 per cento già registrato nel 2016.

Amministrazioni locali

Nel 2018 l'indebitamento netto delle amministrazioni locali passa rispetto all'anno precedente da 1.326 milioni di euro a 3.835 milioni di euro, circa lo 0,2% in rapporto percentuale del PIL. Tale risultato deriva da un incremento rispetto all'anno 2017 delle entrate finali (+2,4 per cento) superiore rispetto all'aumento delle spese finali (+1,3 per cento). Nel dettaglio la crescita delle spese è imputabile principalmente all'incremento delle spese correnti (+1,4%) e in misura minore dall'aumento delle spese in conto capitale (+0,4%). Da rilevare la riduzione della spesa per interessi passivi (-13,1%) rispetto all'anno 2017.

Tabella 20 - Conto economico delle Amministrazioni Locali

(milioni di euro)

 

Risultati

 

2016

2017

2018

Spese

 

 

 

Spese correnti netto interessi

209.365

211.651

215.129

in % PIL

12,4

12,3

12,2

Interessi passivi

2.735

2.848

2.476

in % PIL

0,2

0,2

0,1

Spese correnti

212.100

214.499

217.605

in % PIL

12,6

12,4

12,4

Spese in conto capitale

28.414

26.083

26.176

in % PIL

1,7

1,5

1,5

Totale spese

240.514

240.582

243.781

in % PIL

14,2

13,9

13,9

Entrate

 

 

 

Entrate correnti

235.655

234.806

240.895

in % PIL

13,9

13,6

13,7

Entrate in conto capitale non tributarie

6.778

6.993

6.608

in % PIL

0,4

0,4

0,4

Totale Entrate

242.540

241.908

247.616

in % PIL

14,4

14,0

14,1

 

 

 

 

Saldo primario

4.761

4.174

6.311

in % PIL

0,3

0,2

0,4

Saldo di parte corrente

23.555

20.307

23.290

in % PIL

1,4

1,2

1,3

Indebitamento netto

2.026

1.326

3.835

in % PIL

0,1

0,1

0,2

Pil nominale

1.689.824

1.727.382

1.756.982

 

 

 

 

La regola dell'equilibrio di bilancio per le Amministrazioni locali

Il DEF 2019 dedica una apposita sezione (Sez. I, par. VI.2) alla regola dell'equilibrio di bilancio per le amministrazioni locali che rappresenta il contributo di regioni, province e comuni al conseguimento dell'obiettivo di indebitamento netto perseguito a livello nazionale.

In particolare, si evidenzia la forte semplificazione della regola di finanza pubblica in seguito alle sentenze della Corte costituzionale n. 247/2017 e n. 101/2018 che, pur dichiarando non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 1, della legge n. 164 del 2016, inerente il conseguimento da parte delle Amministrazioni locali di un saldo non negativo in termini di competenza tra entrate finali e spese finali, ha fornito un'interpretazione in base alla quale l'avanzo di amministrazione e il fondo pluriennale vincolato non possono essere limitati nel loro utilizzo. Secondo la Corte il D. Lgs. n. 118/2011 è in grado di assicurare agli enti territoriali la piena attuazione degli articolo 81 e 97 della Costituzione e il loro concorso agli obiettivi di finanza pubblica.

Il legislatore con la Legge di bilancio 2019[17], nel prendere atto di tali sentenze, a decorrere dal 2019 (dal 2021 per le regioni a statuto ordinario) ha delineato un nuovo quadro per gli enti territoriali, che prevede:

·      il rispetto degli equilibri di bilancio (risultato di competenza dell'esercizio non negativo, finale e di parte corrente, ed equilibrio di cassa finale) e degli altri principi contabili introdotti dal D. Lgs. n. 118/2011;

·      una semplificazione degli adempimenti di monitoraggio e certificativi. La verifica sugli andamenti di finanza pubblica sarà effettuata attraverso il SIOPE mentre il controllo successivo sarà operato attraverso le informazioni trasmesse alla BDAP;

·      la possibilità di programmare le proprie risorse finanziarie nel medio-lungo periodo per assicurare il rilancio degli investimenti sul territorio, anche attraverso l'utilizzo senza limiti degli avanzi di amministrazione e dei fondi vincolati pluriennali.

Queste misure secondo il DEF contribuiranno a rilanciare gli investimenti delle amministrazioni locali che dalla crisi del 2009 hanno fornito un contributo alla crescita reale degli investimenti della PA quasi sempre negativo.

Si sottolinea poi l'attenzione in favore degli investimenti delle amministrazioni locali posta dalla Legge di bilancio 2019 che, accanto alle iniziative già previste a legislazione vigente, prevede le seguenti misure finanziarie aggiuntive:

·      contributi ai comuni per piccole opere, nel limite complessivo di 400 milioni per il 2019;

·      contributi per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio in favore delle regioni a statuto ordinario, nel limite complessivo di 135 milioni annui per il periodo 2021-2025, 270 milioni per il 2026, 315 milioni annui per il periodo 2027-2032 e 360 milioni per il 2033;

·      contributi per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio in favore dei comuni, nel limite complessivo di 250 milioni annui per il periodo 2021-2025, 400 milioni per il 2026, 450 milioni annui per il periodo 2027-2031 e 500 milioni per il 2032;

·      contributi per edilizia sanitaria, nel limite complessivo di 100 milioni annui per ciascuno degli anni 2021 e 2022, 300 milioni annui per il triennio 2023-2025, 400 milioni annui per il periodo 2026-2031, 300 milioni per il 2032 e 200 milioni per il 2033;

·      contributo per le province delle regioni a statuto ordinario per strade e scuole, per un importo complessivo di 250 milioni annui per il periodo 2019-2033;

·      contributi per investimenti delle regioni a statuto ordinario, pari a 800 milioni per l’anno 2019, 908 milioni per il 2020, 1.033 milioni annui per il biennio 2021-2022 e 468 milioni per il 2033;

·      contributi per investimenti nell’ambito degli Accordi con le autonomie speciali, per un importo complessivo nel periodo 2019-2033 pari a 2.486 milioni;

·      contributi per messa in sicurezza dei ponti, per un importo complessivo di 50 milioni annui per il periodo 2019-2023;

·      contributi per interventi di ripristino straordinario della piattaforma stradale della grande viabilità e per la revisione progettuale del completamento della Metro linea C a favore di Roma Capitale, nel limite complessivo di 95 milioni per il 2019, 85 milioni per il 2020 e 20 milioni per il 2021.

Prestazioni sociali in denaro

Nel 2018 la spesa per prestazioni sociali in denaro è risultata pari a circa 349 miliardi di euro, sfiorando il 20% del PIL ed aumentando del 2,2% rispetto al 2017. Marginalmente più contenuto (+2%) è stato l'aumento relativo alla spesa pensionistica, ascrivibile in misura sostanzialmente paritaria all'indicizzazione ai prezzi, da un lato, e al saldo tra le nuove pensioni liquidate e quelle eliminate, sia in termini numerici sia di importo, nonché alle ricostituzioni di importo delle pensioni in essere e arretrati liquidati, dall'altro. Decisamente più vivace l'andamento delle altre prestazioni sociali in denaro (+3,1%), che scaturisce da un aumento della spesa per liquidazioni di fine rapporto, da un incremento della spesa per tutela di maternità e da un aumento della spesa per altri assegni e sussidi assistenziali, a fronte di incrementi più contenuti di altre componenti di spesa e di un contenimento della spesa per ammortizzatori sociali.

I risultati di contabilità nazionale per l’anno 2018 della spesa per prestazioni sociali in denaro evidenziano un livello di spesa inferiore a quanto previsto nella Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza 2018 e nella Nota tecnico-illustrativa alla Legge di bilancio 2019-2021.

In un'ottica pluriennale, si evidenzia, a livello complessivo, il rallentamento della dinamica dell’aggregato di spesa in esame nel periodo 2010/2018 (+2% medio annuo), più che dimezzata rispetto al decennio 2000-2009 (+4,4%). In considerazione del peso delle prestazioni sociali in denaro (circa il 50% della spesa corrente al netto degli interessi), tale riduzione della dinamica registrata nel periodo 2010/2018 ha contribuito in modo significativo al contenimento della dinamica della complessiva spesa delle PP.AA. e, conseguentemente, al processo di progressiva stabilizzazione della finanza pubblica e al conseguimento dei relativi obiettivi. Va in ogni caso ribadito che al contenimento della dinamica del quadriennio 2015-2018 (con un tasso medio annuo di crescita nominale della spesa in esame dell’1,6%), ha certamente contribuito la sostanziale assenza di indicizzazione delle prestazioni ai prezzi nel triennio 2015-2017, per effetto di un tasso di inflazione sostanzialmente nullo nel periodo 2014-2016.

Tabella 21 - Spesa per prestazioni sociali in denaro, 2015-2018

Fonte: DEF 2019, sezione II, tabella III.2.1.

Sanità

Nel 2018 la spesa sanitaria corrente del Conto economico consolidato della sanità relativo alle istituzioni delle PP.AA. è risultata pari a circa 115,4 miliardi di euro, in crescita dell'1,6% rispetto ai 113,6 miliardi di euro registrati nel 2017. Con riferimento alle singole componenti di spesa, il DEF evidenzia:

1)  la spesa per i redditi da lavoro dipendente è pari a circa 35,5 miliardi, in aumento del 2,4% rispetto al 2017. Tale dinamica è imputabile all’aumento connesso al rinnovo contrattuale per il personale del comparto. Sul 2018, oltre all’onere di competenza dell’anno, ricadono, infatti, anche i costi degli arretrati previsti per il 2016 e il 2017. L’incremento della spesa è comunque attenuato dai perduranti effetti positivi derivanti dagli strumenti di governance del settore sanitario introdotti dagli Accordi Stato-Regioni intervenuti in materia, incentrati principalmente sul blocco del turnover in vigore nelle regioni sotto piano di rientro, sulle politiche di contenimento delle assunzioni messe in atto autonomamente dalle regioni non sottoposte ai piani di rientro e sugli automatismi introdotti dalla legislazione vigente in materia di rideterminazione dei fondi per i contratti integrativi in relazione al personale dipendente cessato.

2)  la spesa per i consumi intermedi è pari a circa 33,5 miliardi, in crescita rispetto al 2017 dell'1,7%. La crescita complessiva dell'aggregato è determinata esclusivamente dalla dinamica della spesa per l'acquisto dei prodotti farmaceutici (+6,5%), in quanto la restante componente dei consumi intermedi denota una contrazione (-0,8%), attribuibile alla centralizzazione degli acquisti anche tramite gli strumenti offerti dalla CONSIP e dalle centrali regionali, alla disponibilità dei prezzi di riferimento di un insieme di beni e servizi quale strumento di programmazione e controllo della spesa, alla fissazione di in un tetto alla spesa per i dispositivi medici, pari al 4,4% del fabbisogno sanitario regionale standard.

3)  la spesa per le prestazioni sociali in natura corrispondenti a beni e servizi prodotti da produttori market è pari a circa 40,3 miliardi, in aumento di circa il 2,1% rispetto al 2017. Con riferimento alle principali componenti dell’aggregato, si registra quanto segue:

a)   la spesa per l’assistenza farmaceutica convenzionata è pari a circa 7,6 miliardi, in riduzione dello 0,6% rispetto al 2017. Tale risultato conferma, sia pur attenuata, la tendenza in riduzione registrata negli ultimi anni, a seguito delle misure di contenimento previste e, in particolare, della fissazione di un tetto di spesa, con attivazione del meccanismo del pay-back in caso di suo sforamento;

b)  la spesa per l’assistenza medico-generica è pari a 6,8 miliardi, superiore del 2,2% al valore del 2017, per l’effetto connesso all’imputazione nel 2018 dei costi degli arretrati relativi al rinnovo delle convenzioni per il biennio 2016-2017;

c)   la spesa per le altre prestazioni sociali in natura (ospedaliere, specialistiche, riabilitative, integrative ed altra assistenza) ha sfiorato i 26 miliardi, in aumento del 3% rispetto all’anno precedente. La dinamica di tale componente di spesa risente, tra gli altri fattori:

-         di una migliore regolazione, in particolare nelle regioni sotto piano di rientro, dei volumi di spesa per le prestazioni sanitarie acquistate da operatori privati accreditati, realizzata attraverso la definizione di tetti di spesa e l’attribuzione di budget, con il perfezionamento dei relativi contratti in tempi coerenti con la programmazione regionale;

-         dell’effetto delle disposizioni previste dalla normativa vigente sugli importi e sui volumi di acquisto di prestazioni, erogate da soggetti privati accreditati, per l’assistenza specialistica e ospedaliera;

-                dell’onere connesso al pagamento degli arretrati relativi al biennio 2016-2017 per il rinnovo delle convenzioni dell’assistenza specialistica dei professionisti della medicina ambulatoriale.

4)     per le altre componenti di spesa, il livello registrato ha sostanzialmente attinto i 6 miliardi, con un decremento di quasi il 7% rispetto al 2017.

Tabella 22 - Spesa sanitaria 2015-2018

Fonte: DEF 2019, sezione II, tabella III.3-1.

1.2. Le previsioni tendenziali per il periodo 2019-2022

Il DEF rappresenta l’andamento previsto dell’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni nel periodo 2019-2022.

Rispetto alle precedenti stime, riferite al triennio 2019-2021 ed incorporate nella NTI, il DEF formula le nuove previsioni sulla base:

·      delle informazioni relative al consuntivo 2018 diffuse dall’ISTAT;

·      del nuovo quadro macroeconomico rappresentato nella Sezione I del DEF medesimo (che contiene il Programma di stabilità dell’Italia);

·      degli effetti finanziari associati ai provvedimenti legislativi approvati a tutto marzo 2019.

Circa tale ultima voce, si rileva che da un’analisi delle tabelle fornite dalla Sezione II del DEF, gli effetti sul saldo dei provvedimenti approvati nel primo trimestre del 2019 parrebbero riconducibili in misura praticamente esclusiva al DL 4/2019 (reddito di cittadinanza e “quota 100”), con effetti netti – in termini di indebitamento – per 7 milioni nel 2019, 77 milioni nel 2020 e 54 milioni nel 2021.

 

Sono inoltre presentate le previsioni relative all’esercizio 2022, non considerato nell’orizzonte previsionale della NTI.

Preliminarmente si segnala che la stima dell’indebitamento netto per il 2019 sconta l’indisponibilità in via definitiva dei 2 miliardi di accantonamenti di cui all’articolo 1, commi da 1117 a 1120, della legge di Bilancio 2019.

Le norme citate hanno disposto che, per l'anno 2019, determinate dotazioni del bilancio dello Stato siano accantonate e rese indisponibili, in termini di competenza e di cassa, per un importo complessivo pari a 2 miliardi di euro. Un apposito allegato alla medesima legge di bilancio suddivide i predetti accantonamenti per Ministero, missione e programma, salva la possibilità di rimodularli a invarianza di effetti sui saldi. La norma prevede che gli accantonamenti siano poi confermati o resi disponibili a seconda degli esiti di un monitoraggio che ha ad oggetto la coerenza fra gli andamenti tendenziali dei conti pubblici ed il raggiungimento degli obiettivi programmatici per l'esercizio 2019.

Il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari riferito alla legge di bilancio non considerava le disposizioni, tenendo conto del carattere eventuale dell’attivazione delle predette procedure.

L’accantonamento era stabilito, come detto, in termini di competenza e di cassa. Peraltro essendo la disposizione posta a tutela degli obiettivi di finanza pubblica, la formulazione della stessa lascia supporre un identico impatto in termini di indebitamento netto. In proposito sarebbe utile una conferma.

 

Negli anni seguenti, la dinamica delle entrate tributarie risente delle disposizioni che hanno aggiornato dal 2020 gli aumenti automatici dell’IVA e delle accise e sconta dunque gli effetti della prevista attivazione delle clausole di salvaguardia (si veda l’apposito approfondimento).

1.2.1. L’indebitamento netto

Per quanto attiene al nuovo quadro previsionale, il conto economico esposto dal DEF evidenzia per il 2019 un indebitamento netto pari al 2,4 per cento del Pil (42,1 miliardi).

 

Rispetto al 2018, nel 2019 si determina quindi un incremento del saldo dello 0,3 per cento in termini di Pil, dovuto a un peggioramento del saldo primario (per 5,6 miliardi), solo parzialmente compensato dalla minore spesa per interessi (per circa 1 miliardo).

Per gli anni successivi, si stima un decremento dell’indebitamento netto rispetto al 2019, sia in valore assoluto sia in rapporto al Pil, con riduzioni annue costanti tranne che per l’ultimo esercizio dell’intervallo di previsione[18]:

2020: -35,9 miliardi (-2,0 per cento del Pil);

2021: -34,1 miliardi (-1,8 per cento del Pil);

2022: -36,2 miliardi (-1,9 per cento del Pil).

 

In base al DEF, l’indicata evoluzione del saldo è determinata principalmente dalla crescita del saldo primario, che - positivo in tutti gli esercizi - aumenta la propria incidenza rispetto al Pil dall’1,6 per cento del 2020 all’1,9 per cento nel 2021 fino a raggiungere il 2,0 per cento nel 2022. A fronte di tale andamento, tuttavia, il DEF stima anche una correlativa crescita della spesa per interessi che, sempre in rapporto al Pil, passa dal 3,6 per cento nel 2020 al 3,7 per cento nel 2021 e, infine, al 3,9 per cento nel 2022.

Per quanto attiene ai valori assoluti, nei primi due esercizi considerati la crescita del saldo primario supera quella della spesa per interessi, mentre nel 2022 la crescita del saldo primario non compensa la (maggiore) crescita degli interessi, determinando il peggioramento dell’indebitamento netto prima evidenziato con riferimento all’ultimo esercizio del quadriennio.

Riguardo all’andamento del saldo di indebitamento netto in rapporto al Pil, occorre altresì considerare la crescita del Pil nominale, prevista per ciascuno degli esercizi indicati, che vede tale grandezza passare da 1.778 miliardi nel 2019 a 1.914 miliardi nel 2022.

 

Con riferimento al triennio 2019-2021 è possibile operare un raffronto con le previsioni contenute nella NTI.

In proposito, il DEF segnala che il confronto fra le due previsioni risente della variazione nei livelli delle variabili degli anni di consuntivo dovuta agli effetti delle riclassificazioni di talune unità istituzionali all’interno della p.a. (come individuate nel Comunicato Istat del 9 aprile descritto nella parte iniziale del presente capitolo).

 

Relativamente al 2019 l’indebitamento netto (pari, come visto, al 2,4 per cento del Pil) risulta maggiore rispetto a quanto stimato nella NTI (2,0 per cento): tale differenza è spiegata da maggiori spese e maggiori entrate finali, rispettivamente, per 0,7 e 0,3 punti percentuali, con un livello più elevato, secondo quanto evidenziato dal DEF, soprattutto delle spese e delle entrate correnti.

Anche per gli esercizi successivi, rispetto alla NTI, si evidenzia un peggioramento delle stime, che sono così aggiornate (in rapporto al PIL):

·      per il 2020 la previsione di indebitamento netto passa dall’1,8 per cento (NTI) al 2,0 per cento (DEF);

·      per il 2021 la stima passa dall’1,5 per cento (NTI) all’1,8 per cento (DEF).

Tale revisione è determinata da un peggioramento delle stime del saldo primario (in termini assoluti di 5,2 miliardi nel 2020 e di 8,4 miliardi nel 2021), tale da compensare la diminuzione della previsione di spesa per interessi (di 3,3 miliardi sia nel 2020 sia nel 2021).

Concorre al peggioramento delle stime del rapporto indebitamento netto/PIL, oltre alle descritte revisioni delle stime, in valore assoluto, del saldo primario e della spesa per interessi, anche l’aggiornamento delle stime sul PIL nominale, che evidenzia una diminuzione di tale grandezza (-32,2 miliardi nel 2020 e -34,4 miliardi nel 2021).

Di seguito si offre un raffronto con le stime riferite al rapporto indebitamento netto/Pil contenute in alcuni documenti di organismi internazionali pubblicati nel corrente mese di aprile 2019.

 

Previsioni di organismi internazionali

Secondo l’OCSE, che ha comunicato le proprie previsioni nel Rapporto economico 2019 sull’Italia il 1° aprile, la politica di bilancio espansiva e una debole crescita faranno lievitare il disavanzo delle finanze pubbliche, che passerà dal 2,1% del PIL nel 2018 al 2,5% nel 2019 e al 3,0% nel 2020.

Secondo il FMI, che ha pubblicato il World Economic Outlook April 2019 il 10 aprile 2019, il rapporto deficit/PIL è previsto al 2,7% nel 2019 e al 3,4% nel 2020[19].

 

Si evidenzia infine che la sez. I del DEF 2019 fornisce anche indicazioni relative all’andamento tendenziale dell’indebitamento netto in termini strutturali. Tali previsioni indicano un rapporto del deficit strutturale rispetto al Pil pari al -1,6 per cento nel 2019, con un miglioramento negli esercizi successivi (-1,2 per cento nel 2020, -1,0 per cento nel 2021 e nuovamente -1,2 per cento nel 2022).

Sul punto si rinvia ai paragrafi relativi alla finanza strutturale.

1.2.2. Le entrate

Il Documento di economia e finanza 2019 stima per il periodo di previsione un andamento crescente, in valore assoluto, delle entrate totali, che passano da 827,6 miliardi nel 2019 a 892,9 miliardi nel 2022.

In termini di incidenza sul Pil, le stime relative alle entrate totali della PA registrano, nel 2019, un incremento di 0,1 punti percentuali rispetto al 2018 (passando da 46,4 a 46,5 punti percentuali). Negli anni successivi le stime presentano un andamento non omogeneo: nel 2020 il rapporto cresce al 47,1 per cento, per poi ridursi negli anni 2021 e 2022 rispettivamente al 47,0 e al 46,6 per cento del Pil, come risulta dal seguente grafico.

Figura 7 - Entrate della P.A. (anni 2019-2022)

 

Il Documento afferma che tale andamento risente della dinamica del Pil nominale, dell’effetto combinato della sterilizzazione delle clausole di salvaguardia con riguardo all’esercizio 2019, del venir meno delle misure relative agli sgravi contributivi previsti dalle leggi di bilancio 2015 e 2016 e delle disposizioni della legge di bilancio 2019 in materia di entrate fiscali[20].

 

Le entrate tributarie in rapporto al Pil sono attese scendere al 28,5 per cento nel 2019 (rispetto al 28,7 per cento del 2018), per aumentare al 29,4 per cento per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e diminuire nuovamente al 29,2 per cento nell’anno successivo. In proposito il DEF segnala che la riduzione del 2019 sconta gli effetti dei provvedimenti introdotti con la legge di bilancio 2019 che ha previsto, tra l’altro, la disattivazione delle clausole di salvaguardia, l’estensione dell’ambito di applicazione del regime forfettario agevolato e la tassazione a favore delle imprese che reinvestono gli utili in beni strumentali e per l’incremento dell’occupazione nonché l’aumento della deducibilità IMU sugli immobili strumentali e la proroga al 2019 delle detrazioni fiscali delle spese destinate all’efficientamento energetico.

Le stime relative alle annualità successive al 2019 includono gli effetti degli aumenti automatici dell’IVA e delle accise (cd “clausole di salvaguardia”). Rispetto a tali valori il DEF evidenzia che, ai fini della disattivazione dei predetti aumenti automatici, sono ancora da definire le misure alternative di copertura e di riforma fiscale.

 

In merito all’aggiornamento delle stime, il DEF segnala che, rispetto alla NTI 2019, le nuove previsioni delle entrate tributarie considerano, oltre alle variazioni del quadro macroeconomico e agli effetti dei provvedimenti legislativi, anche l’effetto di trascinamento dei risultati 2018, che si sono attestati a 784 milioni in più rispetto alle stime della NTI 2019.

Nel confronto con le valutazioni della NTI, la previsione aggiornata per l’anno 2019 delle entrate totali registra un incremento di 0,3 punti percentuali di Pil determinato dalla revisione delle stime delle entrate tributarie (+0,4 p.p.) parzialmente compensata dalla contrazione delle entrate contributive e delle altre entrate.

Il seguente grafico considera le entrate finali ed evidenzia il confronto fra le previsioni della NTI 2019 e quelle aggiornate indicate nel DEF 2019, con riguardo sia agli importi in valore assoluto (milioni di euro) che in percentuale del Pil.

 

Figura 8 - Entrate totali: confronto tra NTI 2019 e DEF 2019

 

Riguardo ai fattori che, in linea generale, hanno determinato la revisione delle stime delle entrate rispetto a quelle indicate nella NTI, il DEF evidenzia che le nuove previsioni considerano, oltre alle variazioni del quadro macroeconomico e agli effetti dei provvedimenti legislativi con impatto differenziale sugli anni di riferimento, l’effetto di trascinamento dei risultati 2018.

Analogo andamento si riscontra per la componente delle entrate tributarie, che registra una riduzione rispetto alle precedenti stime per ciascun anno del periodo di riferimento.

 

Nei seguenti grafici sono evidenziati le previsioni di entrata relative al periodo 2018-2021, indicate nella NTI e nel DEF, riferite alle diverse voci che incidono sul livello della pressione fiscale (imposte dirette, imposte indirette, imposte in conto capitale e contributi sociali).

 

 

 

 

 

Per il complesso delle entrate tributarie, si registra una variazione positiva per l’anno 2019, rispetto al 2018, in misura pari a circa 2,9 miliardi.

Nell’anno 2020, le previsioni riferite a tale aggregato mostrano, rispetto all’anno precedente, un incremento del 5,6 per cento (+28.404 milioni) ascrivibile non solo al miglioramento del quadro congiunturale, ma anche agli effetti della legge di bilancio 2019 e dei provvedimenti legislativi adottati in anni precedenti, con particolare riferimento all’operatività delle “clausole di salvaguardia” (cfr. specifico approfondimento). L’andamento crescente prosegue, in modo più attenuato, negli anni 2021 e 2022 con ulteriori incrementi su base annua, pari, rispettivamente, al 2,8 per cento (+15.111 milioni) e all’1,6 per cento (+8.943 milioni).

Nel periodo 2020-2022, la dinamica delle entrate tributarie risente oltre che degli aumenti automatici dell’IVA e delle accise, degli effetti dell’obbligo di trasmissione elettronica dei corrispettivi all’Agenzia delle entrate nonché di quelli della definizione agevolata delle contestazioni fiscali e delle controversie tributarie pendenti.

Nella seguente tabella si confrontano le entrate tributarie complessive indicate dal DEF con le componenti relative alle clausole di salvaguardia, al fine di evidenziare le variazioni stimate, al netto degli effetti ascritti alle medesime clausole.

Tabella 23 - Entrate tributarie al lordo e al netto della clausola di salvaguardia

(milioni di euro)

 

2019

2020

2021

2022

Valori assoluti

Entrate tributarie

506.859

535.263

550.374

559.317

di cui clausola salvaguardia

0

23.072

28.753

28.753

Valori assoluti al netto clausole salvaguardia

Entrate tributarie al netto degli effetti della clausola salvaguardia

506.859

512.191

521.621

530.564

Variazioni rispetto all’anno precedente

 

5.332

9.430

8.943

Fonte: Elaborazione su dati delle relazioni tecniche.

La tabella evidenzia che, al netto delle variazioni dovute alle clausole di salvaguardia, gli incrementi delle entrate tributarie risulterebbero pari a circa 5,3 miliardi nel 2020 (rispetto al 2019), a circa 9,4 miliardi nel 2021 (rispetto al 2020) e a circa 8,9 miliardi nel 2022 (rispetto al 2021).

 

Con riferimento infine ai contributi sociali, le previsioni rispetto ai dati di consuntivo 2018 (234.964 milioni di euro) indicano una crescita del 2,4 per cento nel 2019 (240.592 milioni di euro), mentre nel 2020 (244.194 milioni di euro) e nel 2021 (248.335 milioni di euro) l’incremento si attesterà, rispettivamente, all’1,5 e all’1,7 per cento. L’aumento delle entrate dovrebbe quindi riprendere nel 2022 (253.644 milioni di euro), con un incremento del 2,1 per cento. In rapporto al Pil, i contributi sociali mostrano un incremento di 0,1 punti percentuali nel 2019 (dal 13,4 al 13,5 per cento) per poi ridursi di 0,1 punti percentuali ogni anno nel triennio 2020-2022. Tale tendenza, oltre agli andamenti delle variabili macroeconomiche rilevanti, sconta il venir meno degli effetti economici delle misure di esonero contributivo previste dalle leggi di stabilità 2015 e 2016 per le nuove assunzioni a tempo indeterminato, gli interventi di agevolazione per le assunzioni di giovani introdotti con la legge di bilancio 2018, nonché la revisione delle tariffe INAIL introdotta dalla legge di bilancio 2019. Il profilo previsionale tiene conto, inoltre, delle entrate connesse al rinnovo dei contratti del pubblico impiego.

 

Infine, la pressione fiscale nelle previsioni del DEF 2019 si riduce lievemente nel 2019 (42 per cento in luogo del 42,1 per cento nel 2018), si attesta al 42,7 per cento negli anni 2020 e 2021 per poi scendere al 42,5 per cento nel 2022. Tale andamento, evidenzia il Documento, riflette l’entrata a regime degli incrementi delle imposte indirette previsti a legislazione vigente (clausole di salvaguardia), in mancanza di misure compensative di spesa o di entrata.

 

Nel seguente grafico si confrontano le previsioni relative all’andamento della pressione fiscale indicate nella NTI 2019 e nel DEF 2019.

Figura 9 – Pressione fiscale

 

?  Le clausole di salvaguardia

L’articolo 1, comma 626, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità 2014) e articolo 1, comma 718, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015) hanno introdotto clausole di salvaguardia che prevedono meccanismi automatici per la realizzazione di effetti di maggior gettito fiscale (aumento delle aliquote IVA e delle accise). Tali norme sono state oggetto di numerosi interventi di modifica diretti, in via prevalente, ad evitare l’entrata in vigore, per determinati periodi di imposta, degli aumenti delle aliquote.

Nella seguente tabella si riportano le aliquote e gli effetti finanziari attribuiti alle clausole di salvaguardia nella versione originaria.

Tabella 24 - Introduzione degli aumenti di imposte – formulazione originaria

(milioni di euro)

 

2015

2016

2017

2018

2019

2020

Normativa previgente legge n. 190/2014

 

 

 

 

 

 

 -Aliquota IVA ridotta ante legge n. 190/2014

10%

10%

10%

10%

10%

10%

 - Aliquota IVA ordinaria ante legge n. 190/2014

22%

22%

22%

22%

22%

22%

Legge n. 190/14 (art. 1, co.718) – Testo originario

 

 

 

 

 

 

Aliquota IVA ridotta

Aliquota IVA ordinaria

Maggior gettito variazione accise

Totale variazione entrate L. 190/2014

10%

12%

13%

13%

13%

13%

22%

24%

25%

25,5%

25,5%

25,5%

0

0

0

700

700

700

0

+12.814

+19.221

+21.965

+21.965

+21.965

Fonte: Elaborazione su dati delle relazioni tecniche.

Nella seguente tabella sono invece riepilogati i successivi interventi realizzati sulle aliquote aventi la finalità di neutralizzare, anche in misura parziale, le clausole di salvaguardia ed i relativi effetti finanziari. Si segnala che, nel 2018, gli interventi operati sulla disciplina sono stati finalizzati a disattivare gli incrementi che sarebbero scattati dal 2019 e ad incrementare il gettito da realizzare nelle annualità successive.

Si evidenzia altresì che in sede di relazione tecnica alla legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) sono stati aggiornati i parametri sottostanti i valori della stima.

 

Tabella 25 - Modifiche intervenute (2015-2018)

(importi in milioni di euro)

 

2015

2016

2017

2018

2019

2020

2021

Modifiche legge n. 208/2015

 

 

 

 

 

 

 

Aliquota IVA ridotta

10%

10%

13%

13%

13%

13%

13%

Aliquota IVA ordinaria

22%

22%

24%

25%

25%

25%

25%

Maggior gettito variazione accise

0

0

0

350

350

350

350

Totale variazione entrate L. 208/2015

0

-12.814

-4.088

-2.394

-2.394

-2.394

-2.394

 

Modifiche legge n. 232/2016 (art.1, co.631)

 

 

 

 

 

 

 

Aliquota IVA ridotta

10%

10%

10%

13%

13%

13%

13%

Aliquota IVA ordinaria

22%

22%

22%

25%

25,9%

25,9%

25,9%

Maggior gettito variazione accise

0

0

0

350

350

350

350

Totale variazione entrate L. 232/2016

0

0

-15.133

0

+3.679

+3.679

+3.679

 

Modifiche DL n. 50/2017 (art.9)

 

 

 

 

 

 

 

Aliquota IVA ridotta

10%

10%

10%

11,5%

12%

13%

13%

Aliquota IVA ordinaria

22%

22%

22%

25%

25,4%

24,9%

25,0%

Maggior gettito variazione accise

0

0

0

0

350

350

350

Totale variazione entrate DL n. 50/17

0

0

0

-3.829

-4.363

-4.088

-3.679

 

Modifiche DL n. 148/2017 (art.5)

 

 

 

 

 

 

 

Aliquota IVA ridotta

10%

10%

10%

11,14%

12%

13%

13%

Aliquota IVA ordinaria

22%

22%

22%

25%

25,4%

24,9%

25,0%

Maggior gettito variazione accise

0

0

0

0

10

350

350

Totale variazione entrate DL n. 148/17

0

0

0

-840

-340

0

0

 

Modifiche legge n. 205/17 (art.1, co.2)

 

 

 

 

 

 

 

Aliquota IVA ridotta

10%

10%

10%

10%

11,5%

13%

13%

Aliquota IVA ordinaria

22%

22%

22%

22%

24,2%

24,9%

25,0%

Maggior gettito variazione accise

0

0

0

0

0

350

350

Totale variazione entrate L. 205/17

0

0

0

-14.908

-6.075

0

0

 

Modifiche legge n. 145/18 (art.1, co.2)

 

 

 

 

 

 

 

Aliquota IVA ridotta

10%

10%

10%

10%

10%

13%

13%

Aliquota IVA ordinaria

22%

22%

22%

22%

22%

25,2%

26,5%

Maggior gettito variazione accise

0

0

0

0

0

400

400

Totale variazione entrate L. 145/18

0

0

0

0

-12.472

+3.910

+9.182

Fonte: Elaborazione su dati delle relazioni tecniche.

 

Infine, nella seguente tabella si riportano gli effetti finanziari di maggior gettito imputabile alle clausole di salvaguardia che, in base agli allegati tecnici alla legge di bilancio 2019, dovrebbero risultare attualmente inclusi nei tendenziali di finanza pubblica.

 

Tabella 26 - Clausole di salvaguardia – Importi inclusi nei tendenziali

(importi in milioni di euro)

 

2019

2020

2021

dal

2022

Imposta sul valore aggiunto

 

 

 

 

Aliquota IVA ridotta

10%

13,0%

13,0%

13,0%

Gettito stimato per incremento aliquota

0,0

8.688

8.688

8.688

Aliquota IVA ordinaria

22%

25,2%

26,5%

26,5%

Gettito stimato per incremento aliquota

0,0

13.984

19.665

19.665

Totale IVA

0,0

22.672

28.353

28.353

Accise

 

 

 

 

Maggior gettito accise carburanti

0,0

400

400

400

Totale maggiori entrate

0,0

23.072

28.753

28.753

Fonte: Elaborazione su dati delle relazioni tecniche

 

In termini di Pil, gli effetti di maggior gettito atteso dall’attivazione delle clausole di salvaguardia rappresentano circa l’1,3 nel 2020 e l’1,5 per cento negli anni 2021 e 2022.

1.2.3. Le spese

L'aggiornamento delle previsioni di spesa sconta gli effetti di un profilo di crescita del PIL nominale molto meno dinamico rispetto alla NTI, per cui si prevede un livello di indebitamento netto previsto per l’anno 2019 del 2,4 per cento del PIL, superiore di 0,4 all’obiettivo ivi indicato a suo tempo per il 2019[21].

Nel confronto con le previsioni della NTI 2019, per l’anno 2019 si prevedono infatti maggiori spese per 0,7 punti percentuali di PIL, per effetto di un livello più elevato soprattutto delle spese correnti.

In valore assoluto, la dinamica delle spese correnti al netto degli interessi è infatti prevista in aumento di 18.355 milioni di euro nel 2019, di ulteriori 18.104 milioni di euro nel 2020, di 11.647 milioni di euro nel 2021 e di 12.015 milioni di euro nel 2022, con una percentuale di crescita annua che va dal 2,5 per cento del 2019, al 2,4 per cento nel 2020, all'1,5 per cento nel 2021 e nel 2022.

Tuttavia, in percentuale del PIL, il quadro previsionale tendenziale per macro aggregati prevede che le spese correnti, sempre al netto degli interessi, sono previste diminuire nell’orizzonte previsionale, da 42,1 per cento nel 2019 fino al 41,3 per cento nel 2022.

La spesa per interessi, in valore assoluto, è attesa in diminuzione nel 2019 rispetto al 2018 di -995 milioni di euro, cui fa seguito un aumento atteso di +1.999 milioni di euro nel 2020 rispetto al 2019, di ulteriori +3.676 milioni di euro nel 2021 e di +4.080 milioni di euro nel 2022 rispetto al 2021. In percentuale del PIL, invece, la stessa spesa è prevista costante al 3,6 per cento nel 2019 e nel 2020, e in lieve crescita nel 2021 al 3,7 per cento, fino al raggiungere il 3,9 per cento nel 2022.

Le spese totali, in valore assoluto, sono previste in costante crescita rispetto all'anno precedente di +16.106 milioni di euro nel 2019, di +25.250 milioni di euro nel 2020, di +17.244 milioni di euro nel 2021 e di +16.928 milioni di euro nel 2022.

In rapporto al PIL, le stesse sono previste in aumento nel 2019 al 48,9 per cento (48,6 per cento il dato nel 2018) e in lieve flessione nel 2020 (49,1 per cento), per poi ridursi nel biennio successivo, registrandosi poi il 48,8 per cento nel 2021, per attestarsi al 48,5 per cento nel 2022, dato analogo a quello del 2018.

Per la spesa primaria in valore assoluto è prevista una crescita nelle annualità dell'orizzonte considerato che vede, dopo un incremento di +17.101 milioni di euro e di +23.251 milioni di euro nel 2020, una dinamica più contenuta di +13.568 milioni di euro nel 2021 e di +12.848 milioni di euro nel 2022.

Non di meno, si prevede che l’incidenza della spesa primaria sul PIL si riduca nell'intero orizzonte di previsione per 0,3 punti percentuali, passando dal 45 per cento circa del 2018 al 44,7 per cento del 2022. Tale flessione è prevista, nonostante una dinamica che registra un incremento della percentuale nelle singole annualità del biennio 2019/2020, attestandosi l'indice per tali annualità al 45,3 per cento (2019) e al 45,5 per cento (2020), cui seguono la flessione al 45,1 per cento nel 2021 per poi prevedersi una percentuale del 44,7 per cento nel 2022.

Circa la dinamica prevista per tutti i principali aggregati delle spese correnti, ad eccezione delle prestazioni sociali, si evidenziano in linea di massima andamenti decrescenti in rapporto al PIL nell'orizzonte previsionale considerato. Tale dato va tuttavia considerato alla luce della dinamica in valore assoluto delle singole voci.

In particolare, per i Redditi di lavoro dipendente, il quadro tendenziale della spesa in valore assoluto evidenzia, ad eccezione del 2021 (-267 milioni di euro rispetto al 2020), una lieve crescita della spesa che passa dai 172.594 milioni di euro del 2019 ai 174.859 milioni di euro del 2022, con incrementi rispetto alle annualità prevedenti che vanno dallo 0,4 per cento del 2019 allo 0,8 per cento del 2020, proseguendo con una flessione del -0,2 per cento nel 2021, per poi riprendere la dinamica di crescita con un previsto + 0,6 per cento nel 2022.

Non di meno, in percentuale del PIL, la citata voce di spesa, elaborata nel Documento secondo le coordinate metodologiche sommariamente riportate nel Box che segue, è prevista in costante riduzione nel periodo di previsione, passando dal 9,8 per cento del PIL nel 2018 al 9,1 per cento del 2022, pur considerando la conclusione della tornata contrattuale 2016-2018, le risorse stanziate dalla legge di Bilancio per il 2019 per il triennio 2019-2021, la nuova indennità di vacanza contrattuale relativa al triennio 2022-2024 e le assunzioni in deroga previste dalle leggi di Bilancio per il 2018 e 2019, nonché, tenendo conto del maggior numero di pensionamenti attesi già dal 2019 per effetto della c.d. “quota 100”.[22]

 

Sul metodo di costruzione della spesa tendenziale per "Redditi di lavoro dipendente" nel Documento di economia e finanza 2019

Il Documento riferisce di un profilo di sviluppo che dipende dagli andamenti previsti per il quadriennio in ragione dei principali fattori di incremento e di riduzione della spesa, in particolare per la dinamica dell’occupazione, l’evoluzione delle dinamiche retributive e l’impatto delle manovre di finanza pubblica. La previsione può essere letta come aggregazione delle componenti della spesa per retribuzioni lorde e per contributi sociali - questi ultimi ulteriormente distinti fra contributi effettivi, figurativi e contribuzione aggiuntiva - ovvero essere disaggregata nelle predette componenti. L’identità contabile che lega la spesa per redditi da lavoro alla somma delle spese per retribuzioni e oneri sociali è, infatti, utilizzata anche iterativamente per verificare la coerenza complessiva dell’impianto previsionale.

Tra i fattori certificati che determinano l’evoluzione delle dinamiche retributive si considerano, in particolare, gli aumenti per rinnovi contrattuali e gli effetti di slittamento salariale. La proiezione degli incrementi di spesa dovuti ai rinnovi contrattuali risente in misura significativa dell’applicazione del criterio della legislazione vigente e dell’ipotesi sulla tempistica dei rinnovi. Il criterio della legislazione vigente influisce sulla determinazione degli effetti economici da attribuire ai trienni contrattuali per cui non si sono ancora stanziate risorse con la legge di stabilità.

Il Documento segnala che, in via convenzionale, tale fattore è stimato nel senso di proiettare come crescita retributiva, per quegli anni per cui non si è ancora disposto lo stanziamento, gli incrementi corrispondenti all’indennità di vacanza contrattuale, considerando anche un minimo di dinamica indotta dagli effetti di slittamento salariale. L’ipotesi sulla tempistica dei rinnovi assume particolare rilevanza alla luce dei consistenti ritardi che hanno caratterizzato le ultime stagioni contrattuali del pubblico impiego.

La componente di "slittamento" salariale è definita come differenza fra la spesa effettiva per retribuzioni e gli importi imputabili ai rinnovi contrattuali e agli effetti delle manovre di finanza pubblica. Per la previsione si utilizza il tasso medio di slittamento salariale calcolato sugli ultimi cinque anni, per limitare l’impatto di variazioni erratiche di breve periodo. L’ipotesi di crescita è aggiornata ogni anno sulla base delle risultanze di consuntivo della spesa per retribuzioni.

Per ulteriori elementi, si rinvia alla dettagliata illustrazione dei criteri adottati contenuta nel Documento[23].

 

Per le spese per consumi intermedi si prevede, in valore assoluto, una costante dinamica di crescita (nel confronto col dato dell'anno precedente del quadro previsionale), che va dai + 268 milioni di euro nel 2019(+0,2 per cento), +3.517 milioni di euro nel 2020 (+2,4 per cento); +777 milioni di euro nel 2021 (+0,5 per cento) e + 1.551 milioni di euro nel 2022 (+0,6 per cento).

Non di meno, in percentuale del PIL, si prevede che la voce passi dall'8,1 per cento del PIL del 2019 al 7,8 per cento del PIL nel 2022[24].

Nel Documento è riportata la metodologia adottata nella stima di tale voce di spesa, per cui si evidenzia che questa aggrega diverse tipologie di spesa, tra cui quelle per il funzionamento delle varie Amministrazioni Pubbliche, le spese per aggi e commissioni di riscossione dei tributi erariali, di formazione del personale e gli acquisti di farmaci[25].

In particolare, si segnala che alla luce dei cambiamenti metodologici introdotti dal SEC 2010, la nuova serie storica, oltre ad aver risentito dell’ampliamento del perimetro delle A.P., è stata depurata da alcune componenti, quali la spesa per armamenti, la spesa per ricerca e sviluppo e per assegni di ricerca.

L'aggiornamento delle regole di contabilità nazionale, intervenuto con le regole del SEC2010, ha anche stabilito che le spese per consumi intermedi siano registrate in termini di competenza economica, corrispondendo al momento in cui i beni e servizi passano effettivamente da un proprietario ad un altro per essere impiegati nel processo produttivo. In sintesi, la registrazione per competenza giuridica riflette l’impegno assunto a valere sullo stanziamento di bilancio; l’impegno avviene nel momento in cui il contratto di fornitura viene perfezionato con conseguente nascita dell’obbligo di pagamento da parte dell’Amministrazione.

Pertanto, l’ipotesi che esplicitamente assunta nella formulazione delle previsioni in esame è che l’impegno giuridico di bilancio rappresenta la fase contabile che meglio approssima il principio della competenza economica[26].

 

Inoltre, per le Altre spese correnti, la dinamica della spesa prevista, in valore assoluto rispetto all'anno precedente dell'orizzonte previsionale, evidenzia una costante crescita sebbene "progressivamente" calante da +2.092 milioni di euro nel 2019 (+3,2 per cento sul dato 2018), a +293 milioni di euro nel 2020 (+0,4 per cento), per poi crescere di +227 milioni di euro nel 2021 (+0,3 per cento) e di +166 milioni di euro nel 2022 (+ 0,2 per cento).

Coerentemente, in percentuale del PIL, il quadro previsionale evidenzia che le spese passeranno dal 3,8 per cento del 2019 al 3,6 per cento del 2022, dopo che la previsione è prevista costante al 3,7 per cento per il biennio 2020/2021[27].

Tale aggregato di spesa del conto della PA comprende, come noto, diverse tipologie di spesa, tra cui i contributi alla produzione, gli aiuti internazionali, i contributi relativi al finanziamento del Bilancio Comunitario, i trasferimenti correnti a istituzioni sociali private, a famiglie e imprese. Tra questi, di preminente rilievo è il finanziamento delle spese iscritte nel bilancio comunitario.

Nel bilancio dello Stato a legislazione vigente, così come nelle previsioni tendenziali, viene iscritto l’ammontare del contributo previsto per l’Italia sulla base del bilancio di previsione UE proposto dalla Commissione e approvato dal Consiglio UE e dal Parlamento europeo, che voce costituisce, pertanto, una variabile di fatto "esogena" del modello di finanza pubblica.

Relativamente agli altri trasferimenti (all’estero, a imprese e a famiglie) sul conto delle AP e sul relativo saldo, la contabilizzazione per competenza economica prevede che la migliore approssimazione sia rappresentata dalla registrazione delle operazioni per cassa, ovvero secondo l’effettivo pagamento delle somme a favore dei beneficiari. Di conseguenza, anche in sede di formulazione delle previsioni tendenziali a legislazione vigente si prendono a riferimento i flussi di pagamento previsti per il triennio.

Infine, circa la spesa per interessi passivi, in valore assoluto, è previsto che tal voce passerà nell'intero orizzonte previsionale dai 63.984 milioni di euro nel 2019 ai 73.739 milioni di euro del 2022, attestandosi, nelle annualità intermedie, a 65.983 milioni di euro (2020) e a 69.659 milioni di euro (2021).

Ciò nonostante, in percentuale del PIL, è previsto che questa voce non registri sensibili incrementi nell'orizzonte considerato, dal momento che il quadro tendenziale sconta una valore "reale" costante che passa dal 3,6 per cento del PIL del 2019 al 3,9 per cento del 2022, dopo aver registrato il 3,6-3,7 per cento del PIL nel 2020 e 2021[28].

 

Il metodo di costruzione della spesa tendenziale per "Interessi passivi" nel Documento di economia e finanza 2019.

Il Documento riferisce che sulla stima della spera per interessi influisce la dinamica prevista negli anni del fabbisogno complessivo di dette amministrazioni e quindi dell’evoluzione del loro stock di debito complessivo, sia secondo quello di competenza economica (SEC2010), al fine di garantire l’informazione necessaria per le previsioni dell’indebitamento netto delle AP, nel rispetto delle definizioni dei conti nazionali dettate dalla procedura dei disavanzi eccessivi del Trattato di Maastricht. In particolare, per quanto attiene al sotto settore delle Amministrazioni Centrali, la prima componente della spesa per interessi annuale che viene elaborata, sia adottando il criterio di cassa che quello competenza economica (SEC2010), è quella del Settore Statale. All’interno di quest’ultimo ci si concentra innanzitutto sui titoli di Stato negoziabili, sia emessi in euro che in altra valuta: il calcolo degli interessi tiene conto sia dello stock di titoli in circolazione, sia delle emissioni di nuovo debito necessarie a coprire la quota di titoli in scadenza che deve essere rifinanziata, nonché del fabbisogno di cassa del Settore Statale di ogni anno del periodo di previsione, derivante dal saldo primario tendenziale del Settore Statale43 e dai relativi interessi di cassa. Sulla base di questi input e anche in base a specifici obiettivi in termini di disponibilità monetarie presso la Tesoreria, al fine di garantire un’efficiente gestione di liquidità (cash management), vengono stimati i volumi complessivi di titoli di Stato da emettere nei vari anni di previsione, in linea con i limiti sanciti nei documenti di bilancio.

Certifica che mediante un modello elaborato e adattato negli anni, viene selezionato un portafoglio di emissioni che risulta essere efficiente rispetto ad un numero molto elevato di scenari di tassi di interesse e di inflazione e che consente di conseguire una struttura del debito sufficientemente solida rispetto ai rischi di mercato (rischio di tasso di interesse, rischio di tasso di cambio) e che limiti adeguatamente il rischio di rifinanziamento. Nota la composizione delle emissioni future, viene individuata un’evoluzione della struttura a termine dei tassi di interesse sui titoli di Stato e dell’inflazione dell’Area Euro e domestica - per tener conto della spesa legata ai titoli indicizzati all’inflazione europea e italiana - per gli anni oggetto di stima. Lo scenario base dei tassi di interesse recepisce i livelli rilevati sulla curva spot e forward dei titoli di Stato italiani nelle settimane immediatamente precedenti la redazione del documento. L’ipotesi sull’evoluzione dell’inflazione dei Paesi dell’Eurozona (indice HICP Area Euro ex-tabacco) e italiana (indice FOI ex-tabacco) tiene conto delle stime della Banca Centrale Europea e dei maggiori istituti di ricerca macroeconomica. Poi, sulla base della globalità di questi input, un programma di calcolo, appositamente elaborato all’interno del Dipartimento del Tesoro, consente di produrre le stime degli interessi annuali sui titoli di Stato domestici, elaborate sia con il criterio di cassa che con quello di competenza (SEC2010).

Inoltre, segnala che la spesa per interessi complessiva sui titoli di Stato presente nelle stime del DEF viene anche alimentata, tra le varie voci, dagli interessi sui titoli emessi nei mercati non domestici, in forma sia pubblica sia di piazzamento privato. Con riferimento a questa tipologia di titoli, si ipotizzano volumi in emissione compatibili con quanto assorbibile dal mercato a condizioni di costo convenienti rispetto al finanziamento sul mercato interno, tenendo conto dell’ammontare di titoli analoghi in scadenza. L’ipotesi sui volumi delle emissioni nei mercati non domestici è del tutto in linea con la strategia del MEF su questi strumenti, che è quella di ampliare la composizione degli investitori ma ad un costo inferiore rispetto ai titoli domestici.

Per il calcolo previsionale degli interessi sugli strumenti in valuta si utilizza un programma in dotazione presso il Dipartimento del Tesoro. Esso è collegato a dei provider di dati finanziari in tempo reale: le curve dei tassi di interesse e di cambio vengono istantaneamente aggiornate ed automaticamente salvate nel sistema per essere usate nel calcolo degli interessi. Nelle stime della spesa per interessi di cassa viene inglobato anche il saldo netto dei flussi derivanti dagli swap di copertura dei titoli in valuta estera (cross currency swap) e dalle altre posizioni esistenti in derivati. Rientrano in questa categoria anche gli interest rate swap il cui impatto sulla spesa per interessi viene calcolato secondo le stesse modalità, facendo riferimento a quelli in essere al momento della produzione delle stime.

Le previsioni della spesa per interessi, di cassa e di competenza (SEC2010), del Settore Statale, includono anche quella relativa ai Buoni Postali Fruttiferi di competenza del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ai mutui a carico dello Stato erogati dalla Cassa Depositi e Prestiti, ai Conti di Tesoreria intestati ad enti non facenti parte delle Pubbliche Amministrazioni, quali la Cassa Depositi e Prestiti (C/C n. 29814).

Per ulteriori elementi, si rinvia alla dettagliata illustrazione dei criteri adottati contenuta nel Documento.[29]

 

Per le spese in conto capitale, la dinamica della spesa prevista in valore assoluto rispetto all'anno precedente, registra una flessione marcata nel 2019 (-1.254 milioni di euro, pari al -2,1 per cento rispetto al dato 2018), per poi evidenziare un incremento di +5.147 milioni di euro nel 2020 (+9 per cento), di 1.921 milioni di euro nel 2021 (+3,1 per cento) e di ulteriori 833 milioni di euro nel 2022 (+1,3 per cento). Nel complesso, la spesa dovrebbe passare in valore assoluto dai 58.111 milioni di euro del 2019 ai 65.012 milioni di euro nel 2022.

In percentuale del PIL, è comunque previsto che tali spese, dopo la flessione attesa nel 2019 rispetto al 2018 (3,2 per cento contro il 3,3 per cento dell'anno scorso) si attesteranno al 3,4 per cento nel 2020 e rimarranno sostanzialmente stabili su tale valore fino al 2022.

Tale andamento è principalmente imputabile alle spese per investimenti fissi lordi, che è prevista in aumento di 0,3 punti percentuali nell'intero orizzonte previsionale dal 2019 al 2022[30]. Quanto ai contributi agli investimenti è previsto che essi rimangano stabili allo 0,7 per cento del PIL nel quadriennio 2019/2022.

Gli investimenti pubblici, così come definiti nel SEC2010, sono costituiti dalle acquisizioni, al netto delle cessioni, di beni materiali o immateriali che rappresentano il prodotto dei processi di produzione, e sono utilizzati più volte o continuativamente nei processi di produzione per più di un anno. La spesa per investimenti fissi lordi presenta criteri di registrazione assai diversificati a seconda del conto di riferimento.

Sul conto economico delle Amministrazioni Pubbliche, nonché nella valutazione degli interventi normativi finalizzati alla realizzazione di opere pubbliche, le spese per investimenti sono registrate sulla base delle informazioni, qualora disponibili, degli stati di avanzamento lavori (SAL). In caso di mancanza di tali dati (soprattutto per le amministrazioni che adottano la contabilità finanziaria), in luogo dei SAL si utilizza l’effettivo pagamento disposto dall’Amministrazione, in quanto considerato il miglior dato approssimativo disponibile della competenza economica. In caso di nuove iniziative di investimento, si prevede che lo stanziamento di competenza venga erogato sulla base di stime di avanzamento lavori. Nel caso degli investimenti effettuati dall’ANAS, nella formulazione delle previsioni si tiene conto del cronoprogramma dei lavori, e dei conseguenti pagamenti annuali, previsti nell’ambito del contratto di programma tra la società ed il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in qualità di vigilante e aggiornati periodicamente sulla base dell’effettivo avanzamento degli stessi.

Per classi di investimento medie, sia con riferimento alla complessità che agli importi, si può ipotizzare una erogazione nell’arco di 3-5 anni, di cui mediamente il 30/35 per cento viene valutato nel primo anno in cui lo stanziamento autorizzato viene iscritto in bilancio.

 

Il metodo di costruzione della spesa tendenziale per i "Investimenti fissi lordi" nel Documento di economia e finanza 2019

Il Documento riferisce che nell’ambito delle spese per investimenti rientrano anche i contributi pluriennali (di norma quindicennali) destinati al finanziamento di opere pubbliche o di altri investimenti realizzati da parte di soggetti esterni alle Amministrazioni Pubbliche. La metodologia adottata per la previsione tendenziale di tale tipologia di spesa si basa sulle modalità di utilizzo dei contributi pluriennali. Queste possono essere di due tipi:1. erogazione diretta al beneficiario per tutto il periodo di durata del contributo;2. autorizzazione, a favore del beneficiario, all’attualizzazione del contributo. In questo caso, il beneficiario può contrarre un’operazione di finanziamento/raccolta fondi presso un istituto finanziatore il cui onere (rata di ammortamento) è posto a carico dello Stato a valere sul contributo stesso. L’erogazione del mutuo è effettuata con garanzia diretta o indiretta (accettazione delega di pagamento) dell’Amministrazione pubblica erogatrice del contributo.

Per i contributi autorizzati con legge fino a tutto l’anno 2006, nel tendenziale è stato considerato un importo pari al contributo stesso erogato direttamente al beneficiario. Per quelli autorizzati a partire dal 2007, salvo che non sia diversamente disposto dalle norme autorizzatorie, è considerato un importo corrispondente alla previsione del “tiraggio” (ricavo netto, ovvero finanziamento concesso dall’istituto finanziatore) annuo in relazione con il valore degli stati di avanzamento lavori previsti. Segnala che i contributi di cui al punto 1 possono essere “attualizzati” nei limiti delle risorse precostituite nell’apposito Fondo iscritto nello stato di previsione del MEF, il cui ammontare, iscritto sull’apposito capitolo del bilancio dello Stato solo in termini di cassa, è assunto nei tendenziali a legislazione vigente. Le risorse del Fondo, infatti, sono finalizzate alla compensazione dei maggiori oneri sull’indebitamento netto derivanti dall’attualizzazione dei contributi stessi.

Evidenzia che nel SEC 2010 sono classificate come investimenti fissi lordi le spese militari e le spese per R&S.Con riferimento alle spese militari, negli investimenti fissi si ritrova non solo la componente relativa a mezzi e attrezzature militari che possono avere anche uso civile, ma anche le armi da guerra, ivi compresi veicoli e altre attrezzature utilizzate nella produzione dei servizi della difesa. Per tutte le forniture militari relative ad armamenti complessi si iscrive, sul conto, il valore dei beni che si prevede vengano effettivamente consegnati, a prescindere dai pagamenti stimati sulla base dell’avanzamento dei lavori. La previsione di tali importi viene comunicata dal Ministero della Difesa e costituisce una variabile esogena del modello mentre la previsione di spesa in R&Sè funzione di variabili macroeconomiche.

Per ulteriori elementi, si rinvia alla dettagliata illustrazione dei criteri adottati contenuta nel Documento[31].

Le Amministrazioni centrali

Per tale specifico sotto-settore, in merito alle specifiche componenti della spesa iscritte nel conto economico della PA, le nuove stime tendenziali aggiornate del DEF indicano, per le spese correnti, al netto degli interessi, e in rapporto al PIL, un sensibile incremento nell’orizzonte previsionale, passando dal 22,6 per cento del 2019 fino a raggiungere il 23,2 per cento nel 2022. In valore assoluto, tale aggregato di spesa dovrebbe registrare un incremento nell'orizzonte previsionale passando a 402.633 milioni di euro nel 2019 ai 434.455 milioni di euro del 2022 (+32 miliardi circa).

Tabella 27 - Conto economico delle amministrazioni centrali (in milioni di euro)

Fonte: DEF 2019, sez. II, tabella II.2-3.

Tabella 28 - Conto economico delle amministrazioni centrali (in % del PIL)

Fonte: DEF 2019, sez. II, tabella II.2-4.

La spesa per interessi, in valore assoluto, è prevista in costante aumento dai 62.907 milioni di euro del 2019 ai 73.135 milioni di euro nel 2022 (+10.228 milioni di euro), attestandosi a valori intermedi di 65.136 milioni di euro nel 2020 e 68.960 milioni di euro nel 2021.

In percentuale del PIL, se nel 2019 la spesa è stimata pari al 3,5 per cento del PIL, è previsto che aumenterà solo lievemente al 3,6 e al 3,7 per cento del PIL nel 2020 e 2021, per poi attestarsi al 3,9 per cento del PIL nel 2022.

Per quanto concerne poi le spese in conto capitale del comparto, in valore assoluto, dopo una costante crescita prevista nel triennio 2019-2021, per cui si stima una spesa di 40.076 nel 2019, 40.786 milioni di euro nel 2020 e 41.204 milioni di euro nel 2021, è attesa una flessione della spesa a 39.320 milioni di euro nel 2022.

In percentuale del PIL, il quadro previsionale tendenziale evidenzia che tali spese dovrebbero registrare nell'intero periodo un decremento reale di 0,2 punti percentuali di PIL, passando dal 2,3 per cento del 2019 al 2,1 per cento del 2022.

Le spese totali, in valore assoluto, sono previste in aumento dai 505.616 milioni di euro del 2019 ai 546.910 milioni di euro nel 2022, passando per i 526.204 milioni di euro nel 2020 e 536.610 milioni di euro nel 2021 (+ 41.294 milioni di euro nell'intero periodo).

In percentuale del PIL, passano dal 28,4 per cento del 2019, al 28,9 per cento del 2021, per poi salire al 28,7 per cento nel 2021 e attestarsi al 29,3 per cento nel 2022.

Per la voce relativa a redditi di lavoro dipendente, in valore assoluto, se l'ammontare della spesa prevista per il 2019 è pari a 102.825 milioni di euro (solo +11 milioni di euro sul dato 2018), la stessa è stimata invece in aumento nel 2020 (+654 milioni di euro, attestandosi a 103.479 milioni di euro), per poi attestarsi a 102.082 milioni di euro nel 2021 (-1.397 milioni di euro sul dato 2020). L'orizzonte previsionale si conclude comunque con una flessione della spesa prevista a 102.841 milioni di euro nel 2022 (- 759 milioni di euro).

In percentuale del PIL, la categoria è stima al 5,8 per cento nel 2019, in calo rispetto al dato 2018 (5,9 per cento), e ancora in flessione al 5,7 per cento nel 2020, cui segue un valore ancora in calo al 5,5 per cento del PIL in entrambe le annualità del biennio 2020-2021.

 

In proposito, ad integrazione degli elementi di massima forniti dal DEF a supporto della stima del dato tendenziale di spesa relativo ai redditi di lavoro dipendente, sarebbero utili più precisi elementi conoscitivi di ordine quantitativo, in merito al concorso dei fattori considerati nella evoluzione della spesa complessiva prevista in ciascuna annualità del triennio.

Ciò detto, in particolare, per le Amministrazioni centrali, in considerazione del previsto avvio del rinnovo contrattuale per il triennio 2019-2021, e dei tempi relativi al riconoscimento dei relativi incrementi salariali per le varie categorie di personale.

 

Per i consumi intermedi, in valore assoluto, registrano un incremento nel biennio 2019 e 2020, attestandosi in tali anni, rispettivamente; a 26.106 milioni di euro (-1.397 milioni di euro rispetto al dato 2018 che era pari a 27.503 milioni di euro) e 26.573 milioni di euro (+467 rispetto al dato del 2019), per poi flettere marcatamente a 25.905 milioni di euro (-668 milioni di euro rispetto al dato 2020) e a 25.891 milioni di euro (-14 milioni di euro nel 2022).

Non di meno, in percentuale del PIL, è comunque previsto che le stesse si attesteranno all'1,5-1,4 per cento in tutte le annualità.

Per le spese in conto capitale, in valore assoluto, le stesse sono previste in flessione dai 40.076 milioni di euro previsti per il 2019 ai 39.320 milioni di euro attesi nel 2022, passando per una crescita prevista a 40.786 milioni di euro nel 2020 e a 41.204 milioni di euro nel 2021.

In percentuale del PIL, il quadro evolutivo tendenziale per le annualità del quadriennio 2019/2021, conferma nondimeno una stima di sostanziale congelamento della spesa, che oscilla tra il 2,3 e il 2,1 per cento, coerentemente al trend della medesima grandezza previsto per l'intera PA.

Di tale evidenza, si trae conferma anche dalla ricognizione della dinamica attesa per gli investimenti fissi lordi, in percentuale del PIL, per cui il quadro tendenziale riportato dal Documento sconta una percentuale pressoché costante in tutte le annualità del periodo considerato, con valori che si confermano sempre intorno all'1,1 per cento.

 

Amministrazioni locali

Le previsioni tendenziali a legislazione vigente delle amministrazioni locali nel periodo 2019-2022 mostrano un indebitamento netto in costante diminuzione, anche se permane sempre su risultati positivi. Tale andamento denota comunque un equilibrio tra il totale delle entrate finali e delle spese finali, anche se queste ultime presentano in valore assoluto un andamento in crescita leggermente più accentuato nel periodo considerato. Nel dettaglio si rileva una diminuzione della spesa per interessi passivi, in valore assoluto, nel periodo 2019-2022 del 14% circa mentre la spesa corrente al netto degli interessi registra, sempre in termini assoluti, un andamento crescente nel medesimo periodo del 4,8%. La spesa in conto capitale subisce nell'identico periodo un incremento di oltre il 25 per cento. Il rapporto di equilibrio tra entrate e spese finali si riscontra anche in percentuale del PIL, mostrando i due valori un andamento pressoché simile fino a coincidere nel 2022 e che si riflette su un valore dell'indebitamento netto in termini di PIL dello 0,2% nel 2019 e dello 0,1% nel successivo triennio.

Tabella 29 - Conto economico delle Amministrazioni Locali

Fonte: Elaborazioni su DEF 2019, sez. II, pag. 23, tabella II.2-5.

 

Prestazioni sociali in denaro

Le previsioni della spesa per prestazioni sociali in denaro, elaborate sulla base della normativa vigente e del quadro macroeconomico tendenziale di riferimento, scontano per il 2019 una crescita rispetto al 2018 del 4,4%. In particolare, per quanto concerne la spesa pensionistica (+3,2%) la previsione tiene conto del numero di pensioni di nuova liquidazione, dei tassi di cessazione stimati sulla base dei più aggiornati elementi, della rivalutazione delle pensioni in essere ai prezzi (pari, per l’anno 2019, all'1,1%), delle ricostituzioni degli importi delle pensioni in essere. Le previsioni in relazione agli anni 2019 e successivi tengono anche conto degli interventi normativi contenuti nella legge di bilancio 2019 e nel decreto-legge n. 4 del 2019, nonché degli elementi emersi dall'attività di monitoraggio ai fini della stima dei risultati per il 2018 e dei primi dati relativi al 2019. La spesa per altre prestazioni sociali in denaro viene stimata crescere dell'8,3%, significativamente influenzata dall'introduzione ed implementazione delle misure correlate al Reddito di cittadinanza, nonché da incrementi di spesa comunque programmati. Anche per tale voce di spesa si è tenuto conto della stima dei risultati per il 2018 e delle prime valutazioni relative al 2019.

Per il periodo 2020-2022 la complessiva spesa per prestazioni sociali in denaro dovrebbe presentare un tasso di variazione medio, prendendo a riferimento il 2019, del 2,9% annuo. Il tasso di variazione medio del periodo per la spesa pensionistica risulta pari al 3,2% annuo, mentre quello della spesa per altre prestazioni sociali in denaro è pari al 2% annuo.

Gli elementi a base delle previsioni non si discostano essenzialmente dai parametri tipicamente decisivi nel determinare il livello degli aggregati in questione e già considerati per le stime relative al 2019, innestandosi nella cornice normativa vigente, comprensiva pertanto degli effetti derivanti dal potenziamento degli istituti di contrasto alla povertà, di tutela della famiglia e in materia di prestazioni assistenziali.

La stima per gli anni 2019 e successivi si assesta per la spesa per prestazioni sociali in denaro ad un livello inferiore a quanto previsto nel Conto delle PA programmatico della Nota tecnico-illustrativa alla legge di bilancio 2019-2021, alla luce sia dei dati disponibili per il 2017 e per i primi mesi del 2019 che di un diverso profilo di indicizzazione ai prezzi delle prestazioni per gli anni considerati, sulla base di aggiornate dinamiche dei prezzi rispetto a quelle delineate nello scenario tendenziale della Nota tecnico-illustrativa alla legge di bilancio per il 2019.

 

Si rappresenta, sul punto, che andrebbero chiarite, al di là degli effetti sul livello dei prezzi certamente riconducibili al rallentamento economico, le relazioni fra le cennate dinamiche dei prezzi stessi e le indicazioni fornite sulle clausole di salvaguardia, la cui attivazione, operando verosimilmente in senso incrementativo del tasso d'inflazione, trascinerebbe quindi verso l'alto, attraverso il meccanismo dell'indicizzazione dei trattamenti al livello dei prezzi, l'ammontare della spesa per l'aggregato in esame.

Tabella 30 - Previsioni della spesa per prestazioni sociali in denaro, 2018-2022

Fonte: DEF 2019, sezione II, tabella III.2-2.

Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano

La previsione dell’andamento di medio-lungo periodo della spesa pensionistica in rapporto al PIL recepisce i parametri demografici sottostanti lo scenario mediano elaborato dall’Istat, con base 2017. In particolare, le previsioni demografiche, estese fino al 2065, assumono un tasso di fecondità che converge gradualmente a 1,59, un flusso netto di immigrati pari a circa 165.000 unità annue fino al 2065 con un profilo leggermente decrescente e una speranza di vita alla nascita in aumento di circa 5,35 anni rispetto al 2017.

Per quanto riguarda il quadro macroeconomico, il tasso di crescita reale del PIL si attesta, nel lungo periodo, attorno all’1,2% medio annuo. Il tasso di occupazione aumenta di circa 10 punti percentuali, nella fascia di età 15-64 anni, rispetto al valore del 2015. Per il periodo 2019-2022, le ipotesi di crescita sono coerenti con quelle delineate nel presente documento nell’ambito del quadro macroeconomico tendenziale.

La previsione, a normativa vigente, sconta gli effetti delle misure contenute negli interventi di riforma adottati negli ultimi venti anni, a partire dall'applicazione del regime contributivo (cd. "Riforma Dini" del 1995) fino alla sua estensione generalizzata e all'innalzamento dell'età pensionabile introdotte con il decreto-legge n. 201 del 2011, che ha migliorato in modo significativo la sostenibilità del sistema pensionistico nel medio-lungo periodo, anche prevedendo la periodica indicizzazione dei requisiti anagrafici e contributivi richiesti per i trattamenti pensionistici alle variazioni della speranza di vita, misurata dall’ISTAT. Con medesima periodicità (prossima ad essere biennale) ed analogo procedimento è previsto, inoltre, l’adeguamento dei coefficienti di trasformazione in funzione delle probabilità di sopravvivenza.

La previsione tiene altresì conto delle misure contenute nel decreto-legge n. 4 del 2019, che ha introdotto agevolazioni nell’accesso al pensionamento anticipato, in particolare, consentendo l’anticipo del pensionamento ai soggetti che maturano, in via congiunta, i requisiti anagrafici e contributivi rispettivamente di 62 anni di età e di 38 anni di contributi entro il 31 dicembre 2021 e stabilendo la disapplicazione dell’adeguamento del requisito contributivo per l’accesso al pensionamento anticipato indipendente dall’età anagrafica agli incrementi della speranza di vita per l’intero periodo 2019-2026.

Dopo la crescita del triennio 2008-2010, peraltro imputabile esclusivamente alla fase acuta della recessione, il rapporto fra spesa pensionistica e PIL risente negativamente dell’ulteriore fase di recessione degli anni successivi. A partire dal 2015, in presenza di un andamento di crescita più favorevole e della graduale prosecuzione del processo di innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento, il rapporto fra spesa pensionistica e PIL decresce per circa un triennio, per poi aumentare nel 2019-2021. Seguirà una lieve flessione fino al 2026, quando il rapporto raggiungerà il 15,7%.

L’andamento dal 2019 al 2026 è condizionato, in una prima fase, dall’esplicarsi delle misure in ambito previdenziale contenute nel decreto legge n. 4 del 2019 che, fino al 2021, favoriscono una più rapida uscita

dal mercato del lavoro e il conseguente aumento del numero di pensioni in rapporto al numero di occupati. Nel quinquennio successivo, la flessione del rapporto tra spesa pensionistica e PIL viene spiegata in parte dalla riduzione dell’importo medio di pensione, conseguente all’anticipo del pensionamento, ed in parte dal recupero dei livelli occupazionali precedenti l’adozione del provvedimento.

Successivamente il rapporto riprende ad aumentare fino a raggiungere il 16,2% nel 2044, per poi ripiegare rapidamente fino al 15,4% nel 2050 e al 13,1% nel 2070.

La fase di crescita fino al 2044 è ascrivibile essenzialmente all’incremento del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati indotto dalla transizione demografica, solo in parte compensato dall’innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento. Tale incremento sopravanza l’effetto di contenimento degli importi pensionistici esercitato dalla graduale applicazione del sistema di calcolo contributivo sull’intera vita lavorativa.

Infine, la rapida riduzione del rapporto fra spesa pensionistica e PIL, nella fase finale del periodo di previsione, è determinata dall’applicazione generalizzata del calcolo contributivo che si accompagna alla stabilizzazione, e successiva inversione di tendenza, del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati. Tale andamento si spiega sia con la progressiva uscita delle generazioni del baby boom, sia con l’adeguamento automatico dei requisiti minimi di pensionamento in funzione della speranza di vita.

Figura 10 - Spesa pubblica per pensioni in % PIL

Fonte: DEF 2019, sezione II, figura III.2-1.

Sanità

La spesa sanitaria del 2019 è prevista pari a 118,06 miliardi, con un tasso di crescita del 2,3%. Nel dettaglio, la previsione evidenzia:

1.   per i redditi da lavoro dipendente un livello di spesa pari a 36,5 miliardi, scontando il completamento dei rinnovi contrattuali del triennio 2016-2018 e l'applicazione delle altre disposizioni in materia di rinnovi contrattuali, la riduzione delle risorse destinate trattamento accessorio definita dalla legislazione vigente, nonché i potenziali effetti derivanti dalle disposizioni di riforma del sistema pensionistico contenute nel decreto legge n. 4 del 2019;

2.    per i consumi intermedi un livello di spesa pari a 34,15 miliardi, con un incremento dell'1,8% sostanzialmente identico a quello registrato nel 2017. Tale aumento dipende soprattutto dalla componente farmaceutica, per la quale si stima una crescita del 3,9%, in coerenza con gli andamenti degli ultimi anni e con il rispetto del tetto del 6,89% della spesa farmaceutica per acquisti diretti. Per le altre componenti dei consumi intermedi la spesa risulta in leggera crescita rispetto all’anno precedente (+0,7%), anche per effetto della prosecuzione degli effetti di contenimento derivanti dalle misure già implementate a legislazione vigente;

3.   per le prestazioni sociali in natura corrispondenti a beni e servizi prodotti da produttori market un livello di spesa pari a 41,4 miliardi. Con riferimento alle singole componenti di tale aggregato:

a.    per l’assistenza farmaceutica convenzionata è prevista una spesa pari a circa 7,6 miliardi, che sconta le misure di contenimento previste e risulta coerente con il rispetto del tetto del 7,96% della spesa farmaceutica convenzionata;

b.   per l’assistenza medico-generica è prevista una spesa pari a circa 7,2 miliardi, tenuto anche conto delle specifiche disposizioni in materia di rinnovo delle convenzioni, nonché delle disposizioni in materia pensionistica contenute nel decreto-legge n. 4 del 2019;

c.    per le altre prestazioni sociali in natura (ospedaliere, specialistiche, riabilitative, integrative ed altra assistenza) è prevista una spesa pari a 26,6 miliardi.

4.   per le altre componenti di spesa è previsto un livello di spesa pari a quasi 6 miliardi.

 

Nel triennio 2020-2022, la spesa sanitaria è prevista crescere ad un tasso medio annuo dell’1,4% (quindi più lentamente che nel 2018), mentre il PIL nominale crescerebbe in media del 2,5%. Ne deriva che il rapporto fra la spesa sanitaria e PIL decresce e si attesta, alla fine dell’arco temporale considerato, ad un livello pari al 6,4%. La previsione riflette sostanzialmente i medesimi fattori già considerati nella costruzione del quadro previsionale per il 2019:

Tabella 31 - Previsione della spesa sanitaria 2019-2022

Fonte: DEF 2019, sezione II, tabella III.3-2.

 

?  La spesa per interessi

Dai dati di consuntivo per il 2018, la spesa per interessi risulta pari a 64.979 milioni, con una riduzione rispetto al dato del 2017, di circa 0,6 miliardi. In termini di Pil la spesa si colloca, nel 2018, al 3,7 per cento, rispetto al 3,8 per cento del 2017.

 

Dal confronto con le precedenti stime, si osserva un valore superiore di circa 500 milioni rispetto a quello indicato per il 2018 nella Nota tecnico illustrativa alla legge di bilancio 2019.

 

Negli anni 2019 e 2020, le previsioni a legislazione vigente mostrano una riduzione su base annua della spesa per interessi per circa 1 miliardo nel 2019 ed un rialzo di circa 2 miliardi nel 2020, anno nel quale la spesa raggiunge il valore di 65.983 milioni. L’andamento crescente è confermato dalle previsioni riferite al 2021 e al 2022, esercizi nei quali l’aggregato di spesa raggiunge, rispettivamente, il valore di 69.659 milioni e 73.739 milioni. Anche in termini di incidenza sul Pil, la spesa presenta un andamento crescente, passando dal 3,6 per cento nel 2019 al 3,9 per cento alla fine del periodo di previsione (2022).

 

Rispetto alle precedenti stime, si osserva che le nuove previsioni assumono, per tutto il periodo considerato, valori inferiori rispetto a quelli della Nota tecnico illustrativa riferita al testo approvato della legge di bilancio 2019, sia in termini assoluti che di incidenza rispetto al Pil, come risulta dalla seguente tabella.

Tabella 32 - Spesa per interessi: confronto tra Nota tecnico illustrativa 2019 e Documento di economia e finanzia 2019

(importi in milioni di euro)

 

2018

2019

2020

2021

2022

DEF 2019

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

64.979

63.984

65.983

69.659

73.739

Variazione assoluta annua

-619

-995

1.999

3.676

4.080

Variazione %

-0,9

-1,5

3,1

5,6

5,9

In % del Pil

3,7

3,6

3,6

3,7

3,9

Pil nominale

1.756.982

1.777.899

1.823.329

1.868.945

1.914.457

 

 

 

 

 

 

NTI 2019

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

 64.476

 66.018

 69.290

 72.924

 

Variazione assoluta annua

-1.122

 1.542

 3.272

 3.634

 

Variazione %

-1,7

2,4

5,0

5,2

 

In % del Pil

3,7

3,7

3,7

3,8

 

Pil nominale

1.761.208

1.802.525

1.855.483

1.903.388

 

Fonte: elaborazione su dati della NTI e del DEF2019.

Nel grafico sottostante si evidenzia l’andamento della spesa per interessi per tutto il periodo considerato (2018-2021) ed il raffronto, in termini assoluti ed in percentuale del Pil rispetto alla NTI 2019.

Figura 11 – Spesa per interessi confronto tra DEF 2019 e NTI

 

Sarebbero utili ulteriori indicazioni riguardo agli specifici fattori alla base del più favorevole andamento rispetto alle stime della NTI (gennaio 2019).

 

Con riguardo all’andamento per i prossimi anni che emerge dalle nuove stime a legislazione vigente, il DEF precisa che la spesa per interessi è prevista ridursi lievemente nel 2019 rispetto al precedente esercizio per effetto del costo delle nuove emissioni, ancora molto contenuto per larga parte del primo semestre dell’anno; a partire dal 2020, invece, si registra una tendenza ad una crescita annua fino al 2022, che risente dell’aumento significativo dei rendimenti all’emissione a partire della seconda metà del 2019 e delle proiezioni al rialzo di tali rendimenti previsto utilizzando i tassi impliciti delle curve forward di questa fase di mercato. In particolare, il Documento precisa che le stime circa l’evoluzione futura della spesa per interessi per il periodo 2019-2022, in continuità con la consueta metodologia, sono state elaborate sulla base di uno scenario dei tassi di interesse coerente con i tassi attesi impliciti nella curva dei rendimenti italiana (tassi forward) osservati nel periodo di predisposizione delle stime. Nell’arco temporale di stima, lo scenario ipotizza una crescita graduale dei tassi su tutte le scadenze, con incrementi annui che tendono a ridursi negli ultimi anni di previsione. Le ipotesi sull’inflazione europea e italiana, necessarie per stimare l’impatto sulla spesa per interessi derivante dai titoli reali (BTP€i e BTP Italia), sono state assunte coerenti con il quadro macro programmatico. Le previsioni sulle emissioni sono state elaborate in modo da garantire sia il rifinanziamento dei titoli in scadenza che il pagamento del fabbisogno di cassa del Settore Statale, la cui dinamica ipotizzata è in decremento nel periodo di stima.

 

Nella seguente tabella si riportano i dati forniti dal DEF riferiti alle ipotesi utilizzate riguardo all’andamento dei tassi di interesse a breve e a lungo termine.

Tabella 33 - Ipotesi utilizzate per i tassi di interesse

 

2018

2019

2020

2021

2022

 

 

 

 

 

 

Tasso di interesse a breve termine

n.d.

-0,01

0,85

1,75

2,39

Tasso di interesse a lungo termine

2,54

2,73

3,13

3,49

3,77

 

 

 

 

 

 

Fonte: DEF 2019

Nota: Per tasso di interesse a breve termine si intende la media dei tassi previsti sui titoli di Stato a 3 mesi in emissione durante l'anno. Per tasso di interesse a lungo termine si intende la media dei tassi previsti sui titoli di Stato a 10 anni in emissione durante l'anno.

Ulteriori elementi in merito alle stime della spesa per interessi possono desumersi dalle “Linee Guida della Gestione del Debito Pubblico – Anno 2019” elaborate dal Dipartimento del Tesoro. In particolare, questo documento evidenzia che, in concomitanza, con la fase di definizione del programma di governo (dalla seconda metà di maggio 2018) e successivamente con la pubblicazione dei primi documenti ufficiali di politica fiscale, il mercato dei titoli di Stato ha sperimentato fasi di forte tensione che si sono tradotte in un cospicuo allargamento del differenziale di rendimento rispetto ai principali paesi europei (Germania in primis) e un incremento sostanziale della volatilità dei corsi dei titoli che, sebbene con intensità diverse, è proseguita fino alla fine del 2018. Le conseguenze per la gestione del debito sono state molto significative, sia in termini di aumento del costo delle nuove emissioni che di riduzione della liquidità dei titoli sul mercato secondario, particolarmente rilevante per alcune tipologie. Tuttavia, considerando l’anno nella sua interezza, il costo medio all’emissione nel 2018 risulta essere stato pari all’1,07%, un livello in salita rispetto allo 0,68% del 2017, ma ancora particolarmente basso in una prospettiva storica. Il documento afferma che la struttura del debito ha consentito che gli sviluppi di questi mesi non si traducessero in un immediato e sostanziale incremento del costo medio del debito, nonostante l’entità affatto trascurabile della risalita dei tassi di interesse sui collocamenti effettuati a partire dalla seconda metà di maggio. Dalle prime stime emerge infatti che nel 2018 il costo medio del debito, calcolato come rapporto tra gli interessi e lo stock di debito delle Pubbliche Amministrazioni, dovrebbe attestarsi al di sotto del 3%, analogamente al 2017, un valore storicamente ancora molto basso. Questo risultato si deve alle caratteristiche della composizione del debito, che alla fine del 2018, relativamente allo stock di titoli di Stato, presenta una vita media pari a 6,78 anni, un dato solo marginalmente inferiore a quello di fine 2017 pari a 6,9 anni.

Nel 2019 le emissioni a medio lungo termine del Tesoro (quindi escludendo i BOT) saranno finalizzate alla copertura dei titoli a medio lungo termine in scadenza, che saranno pari a circa 201 miliardi di euro (quasi 17 miliardi in più di quelli 2018), e del fabbisogno del settore statale.

Il documento afferma altresì che, dal punto di vista macroeconomico e dei rischi geopolitici nazionali ed internazionali, il 2019, in base alle informazioni attualmente disponibili, sarà caratterizzato da un livello di incertezza analogo a quello del 2018, e questo rende difficile prevedere non solo l’evoluzione dei tassi sul debito italiano ma anche quella dei tassi europei. Tale incertezza sarà anche alimentata dal fatto che a partire da gennaio il programma di acquisti di titoli di Stato da parte della BCE, nell’ambito del cosiddetto Public Sector Purchase Program, continuerà limitatamente al reinvestimento dei titoli in scadenza. Pur essendo questo aspetto noto da molti mesi e quindi ampiamente prezzato dal mercato, è plausibile che possa avere un impatto sul funzionamento del mercato secondario e sulle scelte di investimento degli altri sottoscrittori del debito.

Si rileva, infine, che il Comunicato del 10 aprile della BCE afferma che il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha deciso che i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rimarranno invariati rispettivamente allo 0,00%, allo 0,25% e al ?0,40%. Il Consiglio direttivo si attende che i tassi di interesse di riferimento della BCE si mantengano su livelli pari a quelli attuali almeno fino alla fine del 2019 e in ogni caso finché sarà necessario per assicurare che l’inflazione continui stabilmente a convergere su livelli inferiori ma prossimi al 2% nel medio termine. Il comunicato precisa, altresì, che il Consiglio direttivo intende continuare a reinvestire, integralmente, il capitale rimborsato sui titoli in scadenza nel quadro del programma di acquisto di attività per un prolungato periodo di tempo successivamente alla data in cui inizierà a innalzare i tassi di interesse di riferimento della BCE, e in ogni caso finché sarà necessario per mantenere condizioni di liquidità favorevoli e un ampio grado di accomodamento monetario.


 

2. La finanza pubblica nel quadro delle regole europee

2.1. La finanza pubblica strutturale

Nell’ambito del cosiddetto braccio preventivo (preventive arm) del Patto di stabilità e crescita, gli Stati membri predispongono e aggiornano periodicamente i rispettivi programmi di stabilità, con i quali presentano il percorso di aggiustamento necessario per il conseguimento dell'obiettivo di medio termine (OMT) della finanza pubblica. Tale obiettivo è espresso in termini di valore del saldo di bilancio strutturale, il quale si calcola sottraendo dal saldo nominale del conto consolidato delle pubbliche amministrazioni (indebitamento/accreditamento netto) la componente dovuta al ciclo economico, le misure temporanee e quelle una tantum[32].

La Nota di aggiornamento del DEF (NADEF) 2018 ha rideterminato il piano di rientro verso l’OMT. Si ricorda che per l’Italia, l’OMT è il pareggio di bilancio. In particolare, il governo ha ridisegnato l’approccio di policy prevedendo un raggiungimento graduale dell’OMT a partire dal 2021. Nella NADEF 2018 l’indebitamento netto era fissato al 2,4% del PIL nel 2019, al 2,1% nel 2020 e all’1,8% nel 2021, in coerenza con un obiettivo di saldo strutturale costante al -1,7% del PIL in ciascuno degli anni del triennio 2019-2021. La legge di bilancio per il 2019 ha fissato un indebitamento netto del 2,04%.

Al fine di valutare la coerenza delle correzioni del saldo strutturale con le regole europee, si tiene conto dell'output gap, che misura la posizione ciclica di un’economia sulla base della differenza tra il tasso di crescita del PIL reale e quello del PIL potenziale. Il percorso di miglioramento progressivo del saldo di bilancio strutturale verso l’OMT si fonda sulle regole di aggiustamento fiscale definite dalla Commissione europea che tengono conto del calcolo effettivo dell’output gap, della crescita potenziale e del livello di debito. Per il 2019, poiché l’Italia si trova in una condizione di congiuntura negativa (bad times), poiché ha un debito/Pil superiore al 60%, e poiché il governo stima nel DEF 2019 una crescita reale inferiore a quella potenziale, la correzione fiscale annuale richiesta è di 0,25 punti percentuali di PIL[33]. Si noti che la crescita effettiva dell'Italia sarà inferiore a quella potenziale di 1,7 p.p. (output gap), indicando così che il Paese si trova in una fase congiunturale sfavorevole.

La regola può tuttavia variare in relazione anche alla flessibilità accordata dalla Commissione Europea all’Italia che per il 2019 porta la correzione richiesta allo 0,07% rendendo, rispetto a tale valore, la deviazione strutturale prevista nel DEF 2019 non significativa (si veda il DEF 2019 alla pagina 56). Si osserva che la flessibilità è stata concordata per le spese legate al dissesto idrogeologico e per quelle legate agli interventi sulla rete viaria.

Il DEF 2019 in esame prevede per gli anni successivi un ridimensionamento delle aspettative di crescita rispetto a quanto ipotizzato nel dicembre del 2018. Tuttavia il saldo di bilancio nominale continuerà a generare avanzi primari crescenti cosicché dal 2020 si prevede che il saldo strutturale dovrebbe migliorare (si veda tabella III.5 del DEF 2019). L’aggiustamento fiscale per il 2020 ammonterebbe a 0,2 p.p. del PIL mentre per il 2021 e 2022 sarebbe dello 0,3 p.p. per ciascun anno.

Quanto alla stima dell'output gap, il DEF 2019 suggerisce che la crescita effettiva dell'Italia sarà inferiore di 1,7 p.p. rispetto a quella potenziale mentre negli anni successivi si prevede uno scostamento di 1,6 p.p. La performance del deficit di bilancio 2018 produce una variazione del saldo strutturale per il 2019 di -0,1 punti percentuali (il saldo di bilancio strutturale arriverebbe a ?1,5 p.p. del PIL). Si tratta di un miglioramento rispetto a quanto previsto nel DPB (-0,9%), ma inferiore a quello raccomandato dal Consiglio UE (+0,6%)[34].

Secondo quanto prospettato dal DEF 2019, la spesa pubblica subirà un incremento dell’1,7 per cento nel 2019, realizzando una deviazione non significativa su base annuale. Sebbene si evidenzi uno scostamento significativo rispetto alla media 2018-2019, la distanza dal percorso suggerito al netto dei margini di tolleranza, non è ampia.

Per il 2020, si segnala una piena compliance rispetto agli obiettivi annuali e uno scostamento non significativo sugli obiettivi biennali[35].

Si riporta qui di seguito la Tabella III.5 relativa agli indicatori di finanza pubblica corretti per il ciclo.

 

Tabella 34 - La finanza pubblica corretta per il ciclo (in percentuale del PIL)

Fonte: DEF 2019, sezione I, tavola III.5.

2.2. La valutazione delle deviazioni significative e della regola della spesa

L’Italia è soggetta al braccio preventivo (preventive arm) del Patto di stabilità e Crescita (PSC). L’articolo 121 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) è la base legale del braccio preventivo del PSC. Stabilisce una procedura di sorveglianza multilaterale basata sugli indirizzi di massima per le politiche economiche, che definiscono il contesto generale di valutazione delle politiche degli Stati membri. Politiche economiche che sono ritenute incoerenti con tali linee guida o che rischiano di compromettere il corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria, possono portare a procedure di infrazione secondo l’articolo 121 (4) del TFUE.

In base alle regole del braccio preventivo ciascun paese ha un obiettivo di medio termine. Specificamente, l'Italia deve definire una strategia economico-finanziaria per raggiungere il pareggio di bilancio strutturale che rappresenta l’obiettivo di medio termine (OMT) del Paese. Questo percorso viene valutato sulla base della compliance dello stato membro rispetto a due criteri: la variazione del saldo strutturale e la regola di spesa. Essi variano in funzione della congiuntura economica, della deviazione dalla crescita potenziale e dal livello del debito pubblico. Sono pertanto criteri che possono variare nel tempo e tra paesi.

La valutazione della compliance si basa su un'analisi dei dati presentati nel Patto di Stabilità e Crescita e nei documenti programmatici di bilancio (DBP) e su una valutazione del rischio in base alle previsioni della Commissione Europea.

 

Indebitamento netto strutturale e obiettivo di medio termine

L'indebitamento netto strutturale è definito nel seguente modo: indebitamento netto (la differenza tra entrate e uscite, compresa la spesa per interessi, delle amministrazioni pubbliche), corretto per il ciclo economico (le oscillazioni del Pil attorno a un teorico andamento di lungo periodo) al netto delle misure una tantum e temporanee e al netto delle spese effettuate su programmi di spesa della UE finanziati con fondi della UE stessa. Si noti inoltre che le spese per investimento finanziate con fondi nazionali sono spalmate su 4 anni.

La correzione per il ciclo economico è coerente con la logica di garantire nel medio-lungo periodo la sostenibilità delle finanze pubbliche. Infatti, si ritiene che un paese che attraversa una fase negativa del ciclo economico potrebbe registrare un indebitamento netto più elevato di quanto desiderabile al fine di sostenere l'economia, viceversa in una fase positiva dovrebbe migliorare lo stato di salute delle proprie finanze più di quanto richiesto in una fase neutrale, per trovarsi così in condizioni più solide laddove il ciclo economico dovesse peggiorare.

L'esclusione delle misure una tantum e temporanee evita di tener conto di entrate e uscite che hanno effetti transitori sul bilancio pubblico (uno o pochi esercizi) e che, dunque, non producono cambiamenti duraturi sui saldi strutturali.

La variazione del saldo strutturale: la misura della correzione

Per stabilire la coerenza del percorso che porta al pareggio di bilancio il primo criterio oggetto di valutazione è la variazione del saldo strutturale (di seguito: correzione) cioè la differenza tra il saldo strutturale dell'anno considerato rispetto al precedente.

La correzione richiesta è determinata attraverso una matrice che tiene conto del rapporto debito/Pil, del rischio di sostenibilità delle finanze pubbliche nel medio periodo e della congiuntura economica del paese[36]. Livelli del rapporto debito/Pil maggiori del 60% impongono correzioni più marcate mentre le fasi congiunturali negative attenuano lo sforzo fiscale richiesto al Paese. A titolo esemplificativo, in presenza di una congiuntura neutrale e di un rapporto debito/Pil superiore al 60% la correzione richiesta è maggiore di 0,5 punti percentuali di Pil. In tal caso, l'indebitamento netto strutturale dovrebbe quindi ridursi rispetto al livello dell'anno precedente di oltre 0,5 p.p. di Pil. In caso di congiuntura negativa un paese con oltre il 60% di rapporto debito/Pil deve attuare una correzione di 0,25 p.p. se la crescita si trova al di sotto del potenziale oppure di 0,5 p.p. se si trova al di sopra del potenziale di crescita. Nel 2019, l’Italia si trova in una fase congiunturale sfavorevole (bad times) con una crescita inferiore al potenziale. Tali condizioni richiederebbero aggiustamenti dello 0,25 al lordo delle voci successivamente spiegate in questi paragrafi (si veda paragrafo 2.3 infra).

La correzione richiesta può essere ridotta nel caso in cui le istituzioni europee riconoscano in favore del paese: l'applicazione delle cosiddette "clausole di flessibilità" per tener conto delle riforme strutturali e degli investimenti (che nel medio/lungo termine dovrebbero migliorare le prospettive di crescita del paese che li pone in essere); la presenza di eventi non usuali al di fuori del controllo del paese, quali ad esempio gravi recessioni o calamità naturali, o ancora di fenomeni migratori di portata tale da determinare un aumento involontario della spesa del paese.

La regola della spesa

Tale regola varia in funzione della posizione relativa del paese rispetto all’OMT. Se il paese si trova sul suo OMT, la crescita della spesa annuale non dovrebbe superare il tasso di crescita di riferimento del PIL potenziale a medio termine, a meno che l'eccesso di spesa non sia accompagnato da misure discrezionali di entrate tali da consentire allo Stato Membro di rimanere sul suo OMT. Nel caso di paesi che non hanno ancora raggiunto l’OMT, la crescita della spesa annuale non dovrebbe superare un livello specificatamente individuato e da collocarsi al di sotto del tasso di crescita di riferimento del PIL potenziale a medio termine a meno che l’eccesso non sia compensato da entrate appropriate. In aggiunta ogni riduzione fiscale discrezionale deve essere compensata con eguale riduzione delle spese o incremento di altre entrate.

Poiché l'Italia non ha ancora raggiunto il pareggio di bilancio strutturale (il proprio OMT) la spesa pubblica italiana[37] dovrebbe crescere a un tasso pari al massimo alla differenza tra il tasso di crescita di medio termine del PIL potenziale[38] e il cosiddetto margine di convergenza[39].

 

Di seguito proponiamo un quadro retrospettivo degli andamenti della compliance italiana rispetto alle regole di finanza strutturale e le indicazioni che emergono dal DEF per gli anni 2019 e 2020.

Per il 2017 l'indebitamento netto strutturale doveva ridursi di circa 0,11 p.p. di PIL rispetto al 2016 quale risultante di una riduzione di almeno 0,5 p.p. di Pil mitigata per effetto della flessibilità aggiuntiva connessa al fenomeno dei rifugiati e per i costi degli eventi sismici (si veda paragrafo 2.3 infra). Nel 2017 il saldo strutturale è invece peggiorato di 0,4 p.p. di Pil, con una deviazione di 0,5 p.p. di Pil su base annua e 0,27 p.p. sulla media dei due anni. Sul versante della regola di spesa, si registra una deviazione dalla variazione richiesta di 0,31 punti su un anno e di 0,1 punti su due anni.

La tabella seguente illustra i margini di flessibilità concessi all’Italia nel quadro del percorso di avvicinamento all’OMT per tener conto della congiuntura economica, dell’applicazione delle clausole di flessibilità e per il ricorrere di eventi eccezionali.

Per il 2018 l'indebitamento netto strutturale dovrebbe ridursi di 0,5 p.p. di Pil, in considerazione di condizioni cicliche negative e dell’elevato debito pubblico. Tuttavia, applicando il margine di discrezionalità concesso dalla Commissione, l’aggiustamento richiesto è di 0,3 p.p. di PIL. Poiché la variazione strutturale è negativa per 0,02 p.p. la deviazione risulta di 0,32 p.p. sull’anno. Nel caso della regola di spesa, lo scostamento dalla variazione richiesta sarebbe pari a 0,56 punti di PIL su base annua. In entrambi i casi si tratta di deviazioni significative.

Per il 2019 la variazione richiesta del saldo strutturale verso l’OMT è di 0,07 p.p. per effetto di un aggiustamento stimato di 0,25 p.p. corretto per la flessibilità accordata per la messa in sicurezza del territorio pari a 0,18 p.p. di PIL. Poiché l'indebitamento netto strutturale dovrebbe aumentare di 0,14 p.p. di Pil la deviazione dalla variazione strutturale richiesta sarebbe di 0,21 p.p. su un anno e di 0,08 p.p. su due anni. In entrambi i casi si tratta di variazioni non significative.

Sul fronte della regola di spesa, la deviazione prevista sarebbe pari a circa 0,2 p.p. su un anno e a 0,4 p.p. sulla media dei due anni. Nel primo caso si tratta di una variazione significativa, mentre nel secondo caso il Governo ritiene che, benché significativa, la distanza dal percorso suggerito non sia ampia.

Si consideri che nelle ultime previsioni della Commissione Europea nel Novembre del 2018 ci si aspettava un significativo peggioramento del saldo strutturale su un anno pari all’1,2 p.p. del PIL tale da spingere tale saldo verso la soglia del 3% determinando un significativo scostamento[40].

Il DEF, come spiegato nelle precedenti righe, propone uno scenario di netto miglioramento.

Per il 2020, il Governo ha elaborato due possibili scenari. Il primo si muove in un contesto di saldo programmatico ed il secondo in un contesto tendenziale. In entrambi i casi l’aggiustamento del saldo strutturale richiesto per raggiungere l’OMT è di 0,5 p.p. di PIL. Tenendo conto della variazione annuale programmatica del saldo strutturale la deviazione sarebbe di 0,33 p.p. secondo lo scenario programmatico e di 0,14 p.p. per lo scenario tendenziale. Nel primo caso la deviazione sarebbe significativa. Al contrario, per la regola della spesa si segnala una piena compliance rispetto all’aggiustamento annuale e una deviazione non significativa sulla deviazione biennale.

 

Con riferimento al rispetto delle regole circa il percorso per raggiungere il pareggio di bilancio strutturale le tabelle seguenti contengono gli elementi necessari a valutare i due criteri citati: la variazione del saldo strutturale e la regola di spesa e la presenza di eventuali deviazioni dagli obiettivi previsti.

Tabella 35 - Deviazioni significative

Fonte: DEF 2019, sezione I, tavola III.8.

2.3. Spese per la clausola degli eventi eccezionali

Con la Comunicazione sulla flessibilità del Patto di stabilità e crescita (PSC) del 13 gennaio 2015[41], la Commissione europea ha chiarito le modalità e le condizioni di utilizzo di margini di flessibilità, che consentono deviazioni temporanee dall’obiettivo a medio termine (OMT) o dal percorso di avvicinamento al medesimo, nell’ambito delle regole vigenti del PSC.

Tale flessibilità è, in particolare, riconosciuta per l’adozione di riforme strutturali e per gli investimenti pubblici (“clausole di flessibilità”). L’aggiustamento di bilancio richiesto è inoltre modulato in relazione all’andamento del ciclo economico, secondo i criteri fissati nella Comunicazione.

La Posizione comune formalmente approvata dal Consiglio ECOFIN nel febbraio 2016[42] ha introdotto alcuni elementi di novità rispetto alla Comunicazione della Commissione in materia di flessibilità del gennaio 2015. In particolare:

·      è stata precisata l’applicabilità della clausola per gli investimenti a progetti di investimento cofinanziati dai diversi Fondi strutturali e di investimenti europei;

·      è stata indicata una misura massima dello 0,5 per cento del PIL alla deviazione dal percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine consentita per la clausola degli investimenti, in analogia a quanto previsto per la clausola delle riforme;

·      è stato previsto un limite massimo dello 0,75 per cento alla deviazione complessiva che si ottiene cumulando le due clausole.

 

Il Patto di stabilità e crescita prevede inoltre un’ipotesi di allontanamento temporaneo nel percorso di avvicinamento all’OMT (soggetto ad autorizzazione) in caso di “eventi eccezionali[43].

Il Vademecum della Commissione europea sul PSC[44] ricorda che questa ipotesi, definita di adeguamento del percorso di consolidamento di bilancio, è stata introdotta dal Six pack nel 2011 e chiarisce che l’attivazione di questa clausola non si traduce in una sospensione a tempo indefinito del consolidamento delle finanze pubbliche, bensì nella riprogettazione del percorso di avvicinamento, su basi specifiche per il singolo Paese, al fine di tener conto delle circostanze eccezionali di una grave crisi economica nell’area euro o nell’Unione, come pure di un evento inconsueto al di fuori del controllo dello Stato. In tali circostanze, dunque, le descritte deviazioni temporanee possono essere consentite ex ante (ai sensi dell’articolo 5 citato) oppure possono non essere prese in considerazione ex post (ai sensi dell’articolo 6 citato).

La Tabella III.4 del DEF fornisce i dati relativi alla flessibilità accordata all'Italia con il dettaglio relativo alla flessibilità per eventi eccezionali. A partire dal 2017 l’Italia non ha goduto di nessuna flessibilità accordata per riforme strutturali ed investimenti. Nel 2017 è stata accordata la flessibilità per i rifugiati (0,16) e la messa in sicurezza del territorio (0,19). Nel 2019 è stata accordata la flessibilità per quanto riguarda la messa in sicurezza del territorio pari a 0,18 p.p. di PIL equivalente a circa 3,7 miliardi di Euro.

Tabella 36 - Flessibilità accordata all'Italia nel Patto di stabilità

Fonte: DEF 2019, sezione I, tavola III.4.

Il Governo ha varato un piano straordinario di interventi tesi a contrastare il dissesto idrogeologico e a misure eccezionali volte alla messa in sicurezza della rete di collegamenti italiana. Attraverso il Piano straordinario di interventi per mettere in sicurezza il territorio e la popolazione dai rischi collegati al dissesto idrogeologico (c.d. decreto ‘ProteggItalia’), varato il 20 febbraio 2019, è stato adottato il “Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale” avente la finalità di definire, fra l’altro, gli ambiti specifici e le misure di intervento, un quadro unitario concernente i fabbisogni, la ripartizione tra i suddetti ambiti e le misure di intervento, il sistema di governance e il cronoprogramma delle attività. Il DPCM prevede un Piano stralcio immediato per l’anno 2019 con gli interventi aventi carattere di urgenza e indifferibilità, fino alla concorrenza di un importo complessivo di 3 miliardi. Le risorse finanziarie complessivamente disponibili ammontano ad oltre 14 miliardi. Per i primi 3,3 miliardi si è già provveduto al riparto annuale delle risorse ai Commissari delegati, prevedendo la possibilità di finanziare la sola progettazione da realizzare nel 2019 nonché modalità per semplificare e velocizzare le procedure, quali, per esempio, il trasferimento di una quota a titolo di anticipo del 30 per cento dell’assegnazione per l’anno 2019 e la riprogrammazione immediata delle risorse non utilizzate.

Anche per gli interventi ordinari il Ministero dell’ambiente si è fatto proponente di misure normative di semplificazione e razionalizzazione delle procedure vigenti per accelerare i tempi delle autorizzazioni nazionali e regionali nonché per fronteggiare la carenza di progettazione e per rafforzare la governance in capo ai Commissari. Le misure di accelerazione introdotte sono volte a consentire la concreta realizzazione degli interventi per un ammontare di spesa previsto in circa 2,5 miliardi nel 2019.

Nell’ambito del contratto di programma tra il Ministero delle infrastrutture e la società ANAS SpA 2016-2020, a seguito di una ricognizione dello stato di sicurezza della rete viaria nazionale, sono stati individuati gli interventi di manutenzione e di messa in sicurezza più urgenti, con particolare riguardo a ponti, viadotti e gallerie, con un piano di manutenzione straordinaria aggiuntivo per il triennio in corso di valore complessivo fra gli 1,7 e i 2 miliardi. A tali risorse si aggiungono quelle destinate alla messa in sicurezza della rete viaria e degli edifici pubblici del territorio assegnate direttamente a comuni e Regioni stanziate dalla Legge di bilancio per il 2019, che ammontano a poco meno di 2 miliardi complessivi sul triennio 2019-2021[45].

2.4. L’evoluzione del rapporto debito/PIL

Il rapporto debito pubblico/PIL è aumentato in media di quasi 5 punti percentuali all'anno nel periodo 2008-2014, per poi stabilizzarsi intorno al 132% (131,6% nel 2015, 131,4% nel 2016 e 131,4% nel 2017 - cfr. Figura 12).

Figura 12 - Andamento del debito pubblico 2000-2018 (% del PIL)

Fonte: Database AMECO (anni 2000-2014), Comunicato stampa Banca d'Italia del 9 aprile 2019 (anni 2015-2018)

Nel 2018 il rapporto è aumentato fino al 132,2%, valore superiore a quanto stimato nel Documento programmatico di bilancio (DPB) 2019 e nella NADEF 2018 (131,9%), nonché nel Quadro macroeconomico e di finanza pubblica del dicembre scorso (131,7%). Il DEF riconduce tale divergenza a una crescita del PIL nominale inferiore alle attese.

 

I dati sul debito pubblico italiano sono stati rivisti al rialzo dalla Banca d'Italia in occasione della Notifica trasmessa alla Commissione europea nell'ambito della Procedura per i disavanzi eccessivi. In particolare, il debito è stato rivisto al rialzo di 0,8 miliardi per il 2016, 5,5 miliardi per il 2017 e 5,3 miliardi per il 2018, corrispondenti a circa 0,1 punti percentuali di PIL per ciascun anno. Le revisioni riflettono principalmente l'ampliamento del perimetro delle Amministrazioni pubbliche definito dall'Istat in accordo con l'Eurostat.

 

L'aumento rispetto al 2017 viene spiegato dal DEF con l'aumento del fabbisogno del settore pubblico, gli incrementi delle disponibilità liquide del Tesoro, l'aumento degli scarti di emissione dovuti alle emissioni sotto la pari conseguenti all'aumento dei tassi, nonché con la rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione, risultata in aumento rispetto all'anno precedente. Il DEF ricorda inoltre che anche nel 2018 non si sono avuti introiti da privatizzazioni.

Tra le componenti della variazione del rapporto debito/PIL rispetto all'anno precedente (cfr. Tabella 37), il DEF segnala che il miglioramento dell'avanzo primario ha mitigato l'effetto negativo della componente snow-ball[46] e di quella stock-flussi[47].

 

Quanto alle previsioni, il DEF stima per il 2019 un rapporto debito/PIL pari al 132,6%, superiore al valore del 130% previsto dalla NADEF 2018, del 129,2% previsto dal DPB 2019 e del 130,7% previsto dal Quadro macroeconomico e di finanza pubblica del dicembre 2018. Questa revisione al rialzo delle previsioni è ricondotta dal DEF principalmente alle riclassificazioni ereditate dagli anni precedenti e alla crescita del PIL nominale inferiore alle attese. Rispetto al Quadro dello scorso dicembre, nel DEF si conferma invece la diminuzione della giacenza di liquidità pari a circa lo 0,1% del PIL e i proventi da privatizzazione pari a circa l'1% del PIL.

Pertanto, in termini di fattori determinanti, il DEF riconduce il peggioramento del rapporto per il 2019 interamente all'effetto snow-ball causato dal rallentamento della crescita del PIL nominale, mentre la componente stock-flussi dovrebbe subire un'inversione di tendenza dovuta ai maggiori introiti da privatizzazioni.

Negli anni successivi, il rapporto debito/PIL è previsto dal Governo in continua riduzione (131,3% nel 2020, 130,2% nel 2021 e 128,9% nel 2022), principalmente a causa del contenimento del fabbisogno pubblico, dal contenimento delle disponibilità liquide del Tesoro, dell'aumento della crescita nominale del PIL e dell'aumento degli introiti da privatizzazione.

Tabella 37 - Determinanti del debito pubblico (1)

Note:

1) Eventuali imprecisioni derivano dagli arrotondamenti.

2) Al lordo delle quote di pertinenza dell'Italia dei prestiti a Stati Membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM.

3) Include gli effetti dei contributi per GLF e programma ESM.

3) La voce "Altro", residuale rispetto alle precedenti, comprende: variazioni delle disponibilità liquide del MEF; discrepanze statistiche; riclassificazioni Eurostat; contributi a sostegno dell'Area Euro previsti dal programma EFSF.

Fonte: DEF 2019, Sez. I, Tavola III.10 (Determinanti del debito pubblico)

Il DEF 2019 segnala inoltre che al netto dei contributi italiani all'ESM e dei prestiti ad altri Stati membri, il rapporto debito/PIL è stato pari al 128,8% nel 2018 e scenderà al 125,9% nel 2022 (cfr. Tabella 38).

Tabella 38 - Debito delle amministrazioni pubbliche in rapporto al PIL

Note:

1) Eventuali imprecisioni derivano dagli arrotondamenti.

2) I sostegni includono le quote di pertinenza dell'Italia dei presstiti a Stati membri dell'UEM, bilaterali o attraverso l'EFSF, e del contributo al capitale dell'ESM.

Fonte: DEF 2019, Sez. I, Tavola III.11 (Debito delle amministrazioni pubbliche per sottosettore)

Nella Tabella 39 è riportata la ripartizione del debito al lordo dei sostegni finanziari all’area dell’euro per sottosettore.

Tabella 39 - Debito delle amministrazioni pubbliche per sottosettore (1)

Note:

1) Eventuali imprecisioni derivano da arrotondamenti.

2) Al lordo delle passività nei confronti degli altri sottosettori.

Fonte: DEF 2019, Sez. I, Tavola III.11 (Debito delle amministrazioni pubbliche per sottosettore).

L’andamento del debito della PA risulta determinato pressoché integralmente dalla componente delle amministrazioni centrali. Nel periodo di programmazione 2019-2022 la componente attribuibile alle amministrazioni locali registra una riduzione in valore assoluto (mentre la riduzione della componente delle amministrazioni centrali riguarda soltanto il suo rapporto col PIL), passando dai circa 126 miliardi di euro del 2019 ai 116 miliardi stimati per il 2022.

Resta costante a circa 126 milioni di euro la componente ascrivibile agli enti di previdenza e assistenza.

2.5. La regola del debito e gli altri fattori rilevanti

Il DEF 2019 conferma la difficoltà per l'Italia a soddisfare la regola del debito pur in presenza di un percorso di aggiustamento dell'indebitamento netto sia in termini nominali che strutturali. Il Governo sottolinea a tal proposito sia il contesto di bassa crescita del PIL nominale, indotta dal quadro macroeconomico internazionale, sia l'elevato costo del debito. Manovre di consolidamento basate sull'incremento dell'avanzo primario causerebbero effetti controproducenti di natura pro-ciclica.

La Tabella 40 pone a confronto i divari del rapporto debito/PIL (sia nello scenario tendenziale sia in quello programmatico) rispetto al livello soglia del criterio forward-looking con quello rispetto al debito corretto per il ciclo. Il minore divario si avrebbe con il criterio forward-looking negli anni 2018 e 2019 e con la correzione per il ciclo economico nell'anno 2020, sia nello scenario tendenziale che in quello programmatico. In particolare, nel caso dello scenario programmatico, il divario sarebbe pari al 6,2% del PIL nel 2018 e al 5,2% nel 2019 con il criterio forward looking, mentre sarebbe pari al 3,9% del PIL con il criterio della correzione per il ciclo.

Tabella 40 - Rispetto della regola del debito nella configurazione forward looking e del debito corretto per il ciclo

Fonte: DEF 2019, Sez. I, Tavola III.12 (Rispetto della regola del debito: configurazione forward-looking e debito corretto per il ciclo)

La regola del debito

La riforma della governance economica dell'UE, adottata nel novembre 2011 (six pack) e richiamata nel Fiscal compact, ha introdotto una regola numerica che specifica il ritmo di avvicinamento del rapporto debito/PIL al valore soglia del 60%. La regola è stata recepita nell'ordinamento italiano con la legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio dell’equilibrio di bilancio.

In particolare, la regola si considera rispettata se la quota del rapporto debito/PIL in eccesso rispetto al valore del 60%

a)    si è ridotta in media di 1/20 all'anno nei tre anni precedenti quello di riferimento (criterio backward looking), ovvero

b)   è prevista ridursi, in base alle stime elaborate dalla Commissione europea, in media di 1/20 all'anno nei due anni successivi all'ultimo per il quale si disponga di dati (criterio forward-looking).

Nel valutare il rispetto dei due criteri precedenti, la regola prevede che si tenga conto dell'influenza del ciclo economico, depurando il rapporto debito/PIL dell'effetto prodotto dal ciclo sia sul numeratore sia sul denominatore.

Se anche in questo caso la regola non risulta rispettata, possono essere valutati i c.d. fattori rilevanti. In particolare, la Commissione sarà chiamata in questo caso a redigere un rapporto ex articolo 126, comma 3, del TFUE, nel quale esprimere valutazioni “qualitative” in merito agli sviluppi delle condizioni economiche e della finanza pubblica nel medio periodo, oltre che su ogni altro fattore che, nell'opinione dello Stato membro, sia rilevante nel valutare complessivamente il rispetto delle regole di bilancio europee.

 

Dalla sua entrata a regime nel 2015, la regola del debito non è mai stata rispettata dall'Italia in nessuna delle sue configurazioni.

Il DEF ricostruisce la sequenza delle interlocuzioni tra la Commissione europea e il Governo italiano sul mancato rispetto della regola e sui fattori rilevanti nei passati quattro anni, fino ad arrivare alle riserve espresse dalla Commissione europea sul DPB 2019 che hanno condotto all'apertura di una procedura per deficit eccessivo[48]. All'esito di un percorso di negoziazione protrattosi per alcune settimane, il Governo ha rivisto la propria programmazione di finanza pubblica con l'obiettivo di conciliare maggiormente le esigenze di sostenibilità della finanza pubblica con gli obiettivi del contratto di Governo, riuscendo a scongiurare l'apertura della procedura di infrazione e a rimandare la valutazione alla primavera del 2019, come previsto dal calendario del Semestre europeo.


 

Parte III – Analisi del Programma nazionale di Riforma

1. Introduzione

La terza Sezione del DEF 2019 reca il Programma Nazionale di riforma (PNR) che, in stretta relazione con quanto previsto nel Programma di Stabilità, definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delle finanze pubbliche, in coerenza con gli indirizzi formulati dalle istituzioni europee nell’ambito del semestre Europeo.

In tale ambito sono indicati:

§  la strategia di riforma del Governo, in relazione alle raccomandazioni formulate dal Consiglio UE al termine del semestre europeo  (parte I);

§  lo scenario macroeconomico e i prevedibili effetti delle riforme in termini macroeconomici e finanziari (parte II);

§  le principali linee di intervento del programma di Governo (parte III);

§  il quadro degli interventi ricompresi nelle azioni di policy per le politiche di coesione (parte IV: Fondi strutturali);

§  le interlocuzioni istituzionali con regioni e province autonome nella preparazione del PNR (parte V).

 

Di seguito si riporta l’impatto finanziario delle misure del programma nazionale di riforma, con riferimento a quanto dettagliato nelle griglie ad esso allegate.

Si precisa che gli effetti finanziari nelle griglie sono valutati in termini di maggiori/minori entrate e maggiori/minori spese sia per il bilancio dello Stato, sia per la Pubblica Amministrazione (PA) e quantificati con riferimento ai relativi saldi. La quantificazione degli impatti delle misure prescinde dalle coperture reperite in ogni provvedimento.

Tabella 41 - Impatto finanziario delle misure nelle griglie del PNR

(milioni di euro)

Fonte: DEF 2019 – Sez. III – Tavola II.8


 

2. Il PNR nel quadro della governance europea

La terza sezione del DEF (Programma Nazionale di Riforma - PNR) può essere più compiutamente analizzata e compresa nei suoi contenuti fondamentali se inserita all'interno della governance economica europea e, in particolare, della cornice del Semestre europeo.

I due paragrafi seguenti circoscrivono l'analisi alle raccomandazioni specifiche che, su proposta delle Commissione, sono state adottate, nel luglio 2018, dal Consiglio per essere rivolte all'Italia così come agli altri Paesi dell’UE, nonché ai risultati delle analisi condotte all'interno della procedura sugli squilibri macroeconomici e alle relative raccomandazioni formulate dalla Commissione all'Italia (c.d. pacchetto d'inverno, febbraio 2019).

Il Box seguente fornisce una sintesi del Semestre europeo al cui interno si inseriscono i documenti oggetto di esame della presente nota.

 

Box -Il Semestre europeo

Il Semestre europeo consiste in un insieme di documenti, adempimenti e procedure volti ad assicurare il coordinamento e la sorveglianza delle politiche economiche e di bilancio dei paesi membri della zona euro e dell'Unione europea. Tali attività ? ritenute necessarie a mantenere le condizioni di stabilità economica e finanziaria da cui dipende il funzionamento dell'area valutaria ? sono poste in essere dal Consiglio dell'Unione europea su impulso della Commissione.

Il Semestre si sviluppa nella prima metà di ciascun anno di riferimento, quando la politica economica e di bilancio degli Stati membri si trova ancora in una fase di programmazione ed è quindi possibile indirizzarne i contenuti e gli strumenti al fine di garantire la coerenza delle decisioni assunte a livello nazionale con gli obiettivi fissati dall'Unione.

Negli ultimi sei mesi dell'anno, tra luglio e dicembre, si sviluppa invece il cd. "semestre nazionale", in cui ciascun paese attua le politiche programmate all'esito del dialogo con le istituzioni europee. I bilanci sono quindi sottoposti ad approvazione, secondo le procedure nazionali, entro fine anno.

 

Più in dettaglio, il calendario puntuale delle attività è articolato nei seguenti termini:

- nel mese di novembre dell'anno precedente a quello di riferimento la Commissione europea pubblica il "pacchetto d'autunno", che contiene:

§  l'analisi annuale della crescita che propone le priorità politiche (economiche ma anche sociali) dell'UE per l'anno di riferimento. Gli Stati membri sono invitati a tenerne conto nell'elaborazione delle rispettive politiche economiche;

§  la relazione sul meccanismo di allerta, che passa in rassegna gli sviluppi macroeconomici nei singoli Stati membri dell'UE. Sulla base di essa può essere condotto un esame approfondito della situazione di quei paesi in cui si ritiene elevato il rischio di squilibri macro-economici;

§  il progetto di raccomandazione del Consiglio sulla politica economica della zona euro, in base alla quale tali Stati sono invitati ad attuare politiche ad essi specifiche;

- tra gennaio e febbraio:

§  il Consiglio dell'Ue discute l'analisi annuale della crescita; discute, eventualmente modifica ed approva il progetto di raccomandazione sulla politica economica della zona euro;

§  il Parlamento europeo può invitare il presidente del Consiglio, la Commissione, il presidente del Consiglio europeo o il presidente dell'Eurogruppo a discutere questioni relative al Semestre. Può altresì promuovere uno scambio di opinioni con singoli Stati membri (cd. "dialogo economico");

§  il Parlamento europeo organizza la settimana parlamentare europea. Si tratta di una riunione interparlamentare che riunisce la Conferenza sul Semestre europeo (un'opportunità di scambiare informazioni sulle migliori prassi relative all'attuazione del Semestre) ed una delle due sessioni annuali della Conferenza sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance nell'UE;

- a fine febbraio la Commissione europea pubblica, nel "pacchetto d'inverno", una valutazione annuale della situazione economica e sociale negli Stati membri. Vengono pubblicate delle relazioni per paese che includono, qualora sia ravvisato un rischio, esami approfonditi degli squilibri macroeconomici. Può formulare progetti di raccomandazioni;

- a marzo:

§  il Consiglio europeo fornisce orientamenti politici sulla base dell'analisi annuale della crescita;

§  il Consiglio dell'UE fornisce analisi e conclusioni;

- entro aprile gli Stati membri presentano i propri programmi nazionali di riforma (PNR) e i programmi nazionali di stabilità (per i Paesi della zona euro, PS) o di convergenza (per gli altri Stati UE).

- a maggio, con il "pacchetto di primavera", la Commissione europea valuta i programmi nazionali e presenta dei progetti di raccomandazioni specifiche per paese;

- a giugno:

§  il Consiglio dell'UE discute le proposte di raccomandazioni specifiche per paese;

§  il Consiglio europeo ne approva la versione definitiva;

- a luglio il Consiglio dell'UE adotta le raccomandazioni specifiche e gli Stati membri sono invitati ad attuarle;

- tra settembre e novembre la Presidenza di turno del Consiglio dell'UE organizza la Conferenza interparlamentare sulla stabilità, il coordinamento economico e la governance nell'Unione europea;

- entro il 15 ottobre gli Stati membri della zona euro presentano alla Commissione e all'Eurogruppo i documenti programmatici di bilancio dell'anno successivo;

- tra ottobre e novembre: la Commissione fornisce pareri sui documenti programmatici di bilancio e l'Eurogruppo esamina tali pareri e formula una dichiarazione;

- a fine autunno il Parlamento europeo esprime il proprio parere sul ciclo del Semestre europeo in corso.

2.1. Le Raccomandazioni del Consiglio del luglio 2018

Nella riunione del 13 luglio 2018 il Consiglio dell'Unione europea ha approvato le raccomandazioni specifiche per paese e i pareri sulle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri (di seguito: raccomandazioni), chiudendo così il ciclo annuale del Semestre europeo, avviato nell'autunno 2017.

Nel testo approvato dal Consiglio vengono confermate le quattro aree delle raccomandazioni delle Commissione indirizzate all'Italia e riguardanti gli aggiustamenti di bilancio e la fiscalità (I), la giustizia, la gestione delle aziende partecipate e la concorrenza (II), il risanamento del settore bancario e il miglioramento dell'accesso delle imprese ai mercati finanziari (III), il mercato del lavoro, la ricerca, l'innovazione e le infrastrutture (IV).

Aggiustamenti di bilancio e fiscalità (CSR 1)

Il Consiglio ha fissato un preciso obiettivo quantitativo (consistente nel contenimento entro lo 0,1% del tasso di crescita nominale della spesa primaria netta, corrispondente a un aggiustamento strutturale dello 0,6% del PIL), mentre nelle raccomandazioni del 2017 si faceva riferimento, più genericamente, alla necessità di “perseguire un consistente sforzo di bilancio nel 2018, in linea con i requisiti del braccio preventivo del patto di stabilità e crescita”. Resta invariata la richiesta di provvedere a una tempestiva attuazione del programma di privatizzazioni e di utilizzare le entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL. Si continua a raccomandare di trasferire il carico fiscale gravante sui fattori produttivi verso imposte meno penalizzanti per la crescita, con esiti neutri per il bilancio, con un’azione decisa per ridurre il numero e l’entità delle agevolazioni fiscali e per aggiornare gli obsoleti valori catastali del patrimonio immobiliare. Si richiede di ampliare l’uso obbligatorio dei sistemi elettronici di fatturazione e pagamento, al fine di contrastare l'evasione fiscale, e di ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica, al fine di creare margini per altri interventi di carattere sociale.

 

Il Governo, nel condividere la rilevanza strategica della riduzione del debito pubblico, opta per un miglioramento del saldo strutturale più graduale rispetto alla Raccomandazione del Consiglio che implicherebbe un’eccessiva restrizione di bilancio, con riflessi negativi di carattere sociale, meritevoli di attenzione non inferiore a quella rivolta ai saldi di bilancio nella definizione della politica economica. Dal punto di vista della politica fiscale, in linea con il Contratto di Governo, la progressiva introduzione della flat tax ridurrà il cuneo fiscale sul lavoro e sarà coperta da una riduzione delle spese fiscali, salvaguardando quelle destinate al sostegno alla famiglia e alle persone con disabilità, in coerenza con quanto raccomandato dalla Commissione Europea e dall’OCSE. Il Governo non ritiene opportuno in questa fase rivedere l’imposizione sugli immobili, già oggetto di numerosi cambiamenti legislativi negli ultimi anni. Dal lato delle uscite, si continuerà l’opera di revisione della spesa pubblica con l’obiettivo di ridurre il rapporto fra spesa corrente e PIL e di aumentare la spesa per investimenti.

Giustizia, PA e concorrenza (CSR 2)

In materia di giustizia, il Consiglio raccomanda di ridurre la durata del processo civile mediante una gestione efficiente dei procedimenti e norme per assicurare la disciplina processuale; potenziare la lotta contro la corruzione, in particolare riducendo la durata dei processi penali per evitare la prescrizione; attuare il nuovo quadro anti-corruzione. 

Chiede poi di assicurare il rispetto del nuovo quadro normativo per le imprese pubbliche e di accrescere l'efficienza e la qualità dei servizi pubblici locali. 

Infine, raccomanda di affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore dei servizi, eventualmente mediante una nuova legge annuale ad hoc.

 

Il DEF ricorda sul punto l'approvazione della nuova legge per il contrasto dei reati contro l’Amministrazione pubblica, che innalza le pene per reati di corruzione, introducendo altre rilevanti modifiche normative, sia di carattere sostanziale sia processuale, al fine di potenziare l’attività di prevenzione, accertamento e repressione dei reati contro la PA, oltre a modificare la disciplina della prescrizione, bloccandone il decorso dopo la sentenza di primo grado. Il Governo è inoltre al lavoro su un disegno di legge delega per la riforma del processo civile mirata alla semplificazione e alla riduzione dei tempi dei processi e alla riforma del processo penale, al fine di garantirne la ragionevole durata e l’effettività.

La tutela e la promozione di un’equa concorrenza, la revisione delle concessioni pubbliche e il potenziamento delle agenzie di supervisione dei settori regolamentati saranno oggetto di nuove iniziative legislative e di politica economica.

Il settore bancario (CSR 3)

Con riferimento al settore bancario viene raccomandato, da un lato, di mantenere il ritmo di riduzione dello stock dei crediti deteriorati e di rafforzare gli incentivi alla ristrutturazione e al risanamento dei bilanci, in particolare nel segmento delle banche soggette alla vigilanza nazionale e, dall'altro, di attuare tempestivamente la riforma in materia di insolvenza. E' altresì necessario migliorare l'accesso delle imprese ai mercati finanziari.

 

Il Governo ricorda che il risanamento degli istituti di credito e lo smaltimento dei prestiti in sofferenza proseguono a ritmo sostenuto e assicura che svilupperà un piano per lo smaltimento dei crediti deteriorati ma non ancora in sofferenza. A fine marzo il Governo ha approvato un decreto per garantire la stabilità finanziaria, economica e degli investimenti, che prevede il mantenimento, con alcune modifiche, dello schema di concessione della garanzia dello Stato sulla cartolarizzazione di sofferenze (GACS). La riforma delle banche popolari è in fase di attuazione, mentre quella del credito cooperativo è sostanzialmente conclusa.

L’accesso ai finanziamenti per le PMI sarà ulteriormente migliorato con il sostegno ai fondi di venture capital e un maggiore orientamento dei Programmi Individuali di Risparmio (PIR) verso le PMI.

Mercato del lavoro e spesa sociale (CSR 4)

In relazione al mercato del lavoro, il Consiglio raccomanda di accelerare l'attuazione della riforma delle politiche attive del lavoro, di incoraggiare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, razionalizzando le politiche di sostegno alle famiglie ed estendendo la rete assistenziale all'infanzia. Oltre ad auspicare una razionalizzazione della spesa sociale e un miglioramento della sua composizione, poi, evidenzia la necessità di promuovere ricerca, innovazione, digitalizzazione, formazione professionale e infrastrutturazione.

 

Il DEF sottolinea che il Governo è già intervenuto con il c.d. "Decreto Dignità" per ridurre l’abuso dei contratti di lavoro a termine e tutelare maggiormente i lavoratori con contratti a tempo indeterminato nell’eventualità di licenziamenti. Il RdC rafforzerà il contrasto alla povertà e le politiche attive del lavoro, grazie anche a maggiori risorse finanziarie per i CpI e per l’ANPAL. La riforma del welfare consentirà il pensionamento anticipato di lavoratori che hanno conseguito un elevato numero di anni di contribuzione, creando spazi per l’assunzione di giovani. Le risorse pubbliche destinate all’istruzione, alla ricerca, alla diffusione dell’innovazione, digitalizzazione e interconnessione nei processi produttivi (Piano ‘Impresa 4.0’) e alla diffusione delle competenze informatiche sono state complessivamente incrementate. Infine, il rilancio e lo sviluppo delle infrastrutture saranno oggetto di un ampio sforzo, sia organizzativo che finanziario.

 

Sintesi delle raccomandazioni rivolte all'Italia nel 2016 e nel 2017

 

Nel luglio del 2016 il Consiglio sono state cinque le raccomandazioni all'Italia:

1)   Aggiustamenti di bilancio e fiscalità: limitare nel 2016 la deviazione temporanea dall'aggiustamento dello 0,5% del PIL richiesto all'importo dello 0,75% del PIL concesso per gli investimenti e per l'attuazione delle riforme strutturali, a condizione di riprendere il percorso di avvicinamento all'obiettivo di bilancio a medio termine nel 2017. Viene chiesto di conseguire un aggiustamento annuo di bilancio verso l'OMT pari allo 0,6% o più del PIL nel 2017. Con riferimento al processo di privatizzazione si raccomanda di assicurare l'attuazione puntuale del programma di privatizzazioni, impiegando tali entrate straordinarie per ridurre il debito pubblico. Viene inoltre richiesto di completare la riforma del processo di bilancio nel corso del 2016 e assicurare che la revisione della spesa ne costituisca parte integrante. Sul fronte del fisco si raccomanda di: spostare il carico fiscale dai fattori di produzione al consumo e al patrimonio, ridurre il numero e la portata delle agevolazioni fiscali, completare la riforma del catasto entro il primo semestre 2017, procedere nel contrasto all'evasione fiscale con disposizioni, quali ad esempio la diffusione dei sistemi elettronici di fatturazione e pagamento, volte al miglioramento del tasso di rispetto dell'obbligo tributario.

2)   PA, contrasto alla corruzione e giustizia civile: attuare la riforma della pubblica amministrazione adottando e applicando tutti i decreti legislativi necessari, in particolare in materia di riforma delle imprese di proprietà pubblica, servizi pubblici locali e gestione delle risorse umane; potenziare la lotta contro la corruzione anche riformando l'istituto della prescrizione entro fine 2016; ridurre la durata dei procedimenti civili dando attuazione alle riforme e assicurando una gestione efficiente delle cause.

3)   I crediti deteriorati e il settore bancario: viene raccomandato, da un lato, di accelerare il processo di riduzione dei crediti deteriorati, anche agendo sul fronte di un ulteriore miglioramento della disciplina dell'insolvenza e del recupero crediti e, dall'altro, di completare in tempi brevi l'attuazione delle riforme in corso in materia di governo societario.

4)   Mercato del lavoro e spesa sociale: si raccomanda di attuare la riforma delle politiche attive, con particolare riguardo all'incremento dell'efficienza dei servizi per l'impiego e all'incentivazione del lavoro dei componenti delle famiglie che costituirebbero la seconda fonte di reddito. Sul fronte della spesa sociale, oltre alla sua revisione e razionalizzazione, viene raccomandato di adottare e attuare la strategia nazionale di lotta contro la povertà.

5)   Concorrenza: si chiede di adottare e attuare rapidamente la legge sulla concorrenza rimasta in sospeso; intervenire ulteriormente per aumentare la concorrenza nelle professioni regolamentate, nei trasporti, nella sanità, nel commercio al dettaglio e nell'aggiudicazione delle concessioni.

 

Nel luglio del 2017 il Consiglio sono state quattro le raccomandazioni all'Italia:

1)      Sostenibilità finanze pubbliche: perseguire un consistente sforzo di bilancio nel 2018 ed adottare le ulteriori necessarie misure al fine di continuare l'aggiustamento strutturale annuo di almeno lo 0,6% del PIL, richiesto per il raggiungimento dell'obiettivo di pareggio del bilancio in termini strutturali a medio termine, essendovi il rischio di una deviazione significativa dal requisito nel 2018 a politiche invariate; accelerare l'attuazione del programma di privatizzazioni e usare le conseguenti entrate straordinarie per accelerare la riduzione del debito pubblico; trasferire il carico fiscale dai fattori di produzione verso settori meno penalizzanti per la crescita; ridurre numero e portata delle agevolazioni fiscali e completare la riforma del catasto; reintrodurre l'imposta sulla prima casa per le famiglie con reddito elevato; estendere ulteriormente l'uso di sistemi elettronici di fatturazione e pagamento, in quanto l'uso di tali sistemi è ben al di sotto della media UE;

2)      Giustizia, Pubblica Amministrazione e Concorrenza: aumentare gli sforzi per accorciare la durata e smaltire l'arretrato della giustizia civile sebbene le riforme abbiano fatto registrare alcuni progressi; potenziare la lotta contro la corruzione e rivedere l'istituto della prescrizione; completare la riforma del pubblico impiego e aumentare l'efficienza delle imprese pubbliche; rimuovere gli ostacoli alla concorrenza, specialmente nei settori delle professioni regolamentate, delle concessioni, degli appalti pubblici e del sistema delle autorizzazioni nonché dei servizi pubblici locali, compresi i trasporti;

3)       Crediti deteriorati e settore bancario: perseguire l'ulteriore ridimensionamento dello stock dei crediti deteriorati, sebbene siano stati compiuti alcuni progressi, anche migliorando ulteriormente la disciplina dell'insolvenza e dell'escussione delle garanzie;

4)      Mercato del lavoro e spesa sociale: attuare la riforma delle politiche attive del mercato del lavoro e affrontare le criticità in diversi settori quali la piena attuazione del sistema Garanzia giovani, la formazione degli adulti, la partecipazione delle donne al mercato del lavoro; sviluppare la contrattazione collettiva di secondo livello, con il coinvolgimento delle parti sociali, al fine di migliorare l'allocazione efficiente delle risorse e aumentare la reattività delle retribuzioni alle situazioni economiche locali; incentivare al lavoro le persone che costituirebbero la seconda fonte di reddito; adottare e attuare la strategia nazionale di lotta contro la povertà, anche al fine di ridurre le disparità regionali; rivedere e razionalizzare la spesa sociale.

2.2. Relazione per paese relativa all'Italia 2019 della Commissione europea

La Commissione europea ha pubblicato il 27 febbraio 2019 il "pacchetto d’inverno" del Semestre europeo 2019 concernente l'analisi della situazione economica e sociale negli Stati membri. Qui di seguito si espongono alcuni elementi di sintesi riguardanti la Relazione per l'Italia[49].

Secondo quanto esposto nella Relazione, l'Italia rientra tra i paesi che presentano "squilibri eccessivi" (insieme a Cipro e alla Grecia)[50].

L’attuale fase di deterioramento prospettico del quadro macroeconomico internazionale e la strutturale debolezza dell’economia italiana richiederebbero l’implementazione, secondo la Commissione, di rigorose politiche atte a contrastare la fase depressiva del ciclo e, contestualmente, a sostenere la produttività e la crescita potenziale. Inoltre, l’elevato rapporto debito/PIL impone che le riforme economiche garantiscano la percezione di fiducia nel paese da parte dei mercati. In continuità con le raccomandazioni rivolte all'Italia nei recenti cicli del Semestre europeo, la Commissione richiama, per il nostro Paese, la necessità di finanze pubbliche sane, una maggiore efficienza della pubblica amministrazione e della giustizia, per assicurare un miglior funzionamento del sistema di istruzione e del mercato del lavoro, un contesto più favorevole alle imprese e un più solido settore bancario.

Per i prossimi anni la Commissione prevede che la crescita economica relativamente debole e i piani di bilancio attuali possano mettere sotto pressione il disavanzo pubblico. La sostenibilità del debito è anche insidiata dalla scarsa crescita della produttività che continua ad essere inferiore rispetto alla media UE. La produttività del lavoro è rimasta stabile nel 2018, mentre quella totale dei fattori è cresciuta dello 0,5% (circa la metà della media UE). A tali risultati insoddisfacenti hanno concorso il basso livello d'investimenti e d'innovazione, gli ostacoli alla concorrenza, le debolezze del settore pubblico e un contesto non favorevole alle imprese. Emerge chiaramente come la produttività totale dei fattori è inferiore rispetto alla media dell'UE: il tasso annuale di crescita della produttività totale dei fattori è stato in media, nel periodo 2010-2017, solo dello 0,3%, ovvero 0,5 punti percentuali in meno rispetto alla media dell'UE.

 

Nel 2018 è proseguito il miglioramento del mercato del lavoro seppure in misura graduale. Tuttavia i tassi di disoccupazione rimangono superiori alla media UE, con particolare riferimento alla disoccupazione giovanile e a quella femminile. La percentuale di lavoratori a tempo determinato è salita al 17,5% nel terzo trimestre del 2018 ed è superiore alla media dell'UE. La crescita dell'occupazione è stata trainata dai contratti a tempo determinato.

Secondo la Commissione, occorrono investimenti adeguati per rafforzare la capacità amministrativa, il capitale umano e l'innovazione e per ridurre le disparità regionali.  Secondo le indicazioni della Relazione gli investimenti volti alla sostenibilità ambientale andrebbero incoraggiati per la loro capacità di incidere sulla riduzione dei divari territoriali. La formazione lorda di capitale fisso, al 18,1% del PIL nel terzo trimestre del 2018, è ancora nettamente inferiore sia all'ultimo picco del 2007 (22%) sia alla media dell'UE (20,6%).

 

Secondo la Commissione, l'Italia ha compiuto progressi limitati nel dar seguito alle raccomandazioni specifiche del 2018.

Progressi limitati si sono osservati nella lotta contro l'economia sommersa e nel rafforzamento dell'uso dei pagamenti elettronici.

Nel miglioramento del quadro giuridico per la lotta alla corruzione alcuni progressi sono stati compiuti in seguito all’approvazione della nuova legge anticorruzione.

Altrettanto limitati, secondo la Commissione, sono stati i progressi rispetto alla soluzione del deterioramento dei crediti nel settore bancario e nell'attuazione della riforma dell'insolvenza.

Alcuni progressi si rilevano nel ricorso delle imprese al mercato dei capitali per il finanziamento e nell'attuazione della riforma delle politiche attive del mercato del lavoro.

I progressi sono stati limitati anche per quanto riguarda la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e l'innovazione, la ricerca, le competenze e le infrastrutture digitali e l'istruzione terziaria professionalizzante.

Allo stesso tempo la Commissione giudica che nessun progresso è stato rilevato rispetto all’allentamento della pressione fiscale e alla riduzione della quota delle pensioni di vecchiaia sulla spesa pubblica. Su quest’ultimo punto si segnala un potenziale peggioramento in seguito a “quota 100”.

Nessun progresso ulteriore rispetto agli anni precedenti è stato compiuto in tema di riduzione della durata dei processi civili e di rimozione delle restrizioni alla concorrenza.

 

Rimane ancora elevato il livello di tassazione del lavoro rispetto alla media UE e la relativa compliance agli obblighi fiscali è ancora insoddisfacente. In Italia l'evasione fiscale, soprattutto a causa dell'omessa fatturazione, rimane elevata ed il divario dell'IVA (differenza tra il gettito IVA atteso e il gettito IVA effettivo) è tra i più alti dell'UE. Pur avendo fatto passi in avanti sulla fatturazione elettronica, alcune misure fiscali recentemente approvate equivalgono ad un condono. Il mercato del lavoro non è ancora sufficientemente sostenuto dalla realizzazione di politiche attive adeguate e coordinate con le politiche fiscali. Le uniche misure sono volte alla realizzazione del reddito di cittadinanza. Il lavoro sommerso rimane diffuso soprattutto al Sud.

La misura del Reddito di cittadinanza potrebbe risultare di difficile attuazione ed il suo impatto effettivo sull'occupazione dipenderà dall'efficacia delle politiche di attivazione e dei controlli.

L'istruzione è una sfida importante soprattutto nel Sud dell'Italia, con conseguenze negative sulla qualità del capitale umano.

Debolezze strutturali frenano gli investimenti ed altri fattori che trainano la produttività.


 

3. Le politiche pubbliche nel programma nazionale di riforma

3.1. Finanza pubblica e tassazione

3.1.1. Politica di bilancio

All’interno della prima Raccomandazione del Consiglio si chiede all’Italia di “Assicurare che il tasso di crescita nominale della spesa pubblica primaria netta non superi lo 0,1 % nel 2019, corrispondente a un aggiustamento strutturale annuo dello 0,6 % del PIL.”, in sostanziale continuità con quanto richiesto nelle raccomandazioni degli anni precedenti.

 

Al riguardo nel DEF si afferma che il Governo, pur condividendo l’enfasi sulla riduzione del debito, opta per un “miglioramento del saldo strutturale più graduale rispetto alla Raccomandazione del Consiglio, che implicherebbe una eccessiva restrizione di bilancio”, osservando che “considerazioni di carattere sociale debbano ricevere altrettanta attenzione dei saldi di bilancio nella definizione della politica economica”.

 

Per quanto riguarda i saldi di finanza pubblica il DEF individua il seguente scenario programmatico.

 

L’indebitamento netto della PA è confermato pari al 2,4 per cento del PIL nel 2019, per poi scendere al 2,1 per cento nel 2020, all’1,8 per cento nel 2021 e all’1,5 per cento nel 2022.

 

Il saldo strutturale peggiora di 0,1 punti percentuali nel 2019 (ma risulterebbe in lieve miglioramento al netto della clausola per eventi eccezionali), mentre nei successivi tre anni è previsto in miglioramento, di 0,2 punti percentuali di PIL nel 2020 e di 0,3 all’anno nel 2021 e nel 2022, Nel complesso, quindi, il saldo strutturale scende dal -1,5 per cento del PIL nel 2019 al -0,8 per cento nel 2022.

A giudizio del Governo tali valori sarebbero “in linea con una graduale convergenza verso il pareggio strutturale” previsto dal Patto di stabilità e crescita, […] pur puntando in media a miglioramenti del saldo strutturale più contenuti in confronto ad un’interpretazione letterale delle regole”.

 

Il rapporto debito/PIL è previsto salire dal 132,2 per cento del 2018 al 132,6 per cento a fine 2019, mentre una graduale discesa è prevista per il successivo triennio, al 131,3 per cento nel 2020, 130,2 per cento nel 2021 e al 128,9 per cento nel 2022.

Al riguardo il Governo osserva che “La sostanziale compliance del programma di finanza pubblica con il braccio preventivo del patto di stabilità e crescita dovrebbe costituire un fattore rilevante per la valutazione dell’osservanza della regola del debito da parte dell’Italia, che la Commissione europea dovrà effettuare sulla base del consuntivo 2018”.

 

Si segnala che nella Relazione Paese per l’Italia del 2019 la Commissione conclude che “Il rapporto debito pubblico/PIL rimane molto alto e i piani di bilancio attuali, insieme all'indebolimento della ripresa e all'aumento dei costi di finanziamento, impediscono che continui a diminuire. […] Secondo le previsioni, gli squilibri che permangono non dovrebbero riassorbirsi nel breve periodo o potrebbero addirittura deteriorarsi nei prossimi anni. Le proiezioni del Governo[51] danno un rapporto debito pubblico/PIL in crescita a quasi il 132 % nel 2018 e indicano che tale valore dovrebbe rimanere stabile nel 2019 e nel 2020, senza prendere in considerazione i proventi presunti da privatizzazioni e il gettito IVA previsto dall'attivazione delle clausole di salvaguardia. […] L'espansione di bilancio prevista dal governo non prevede misure efficaci per far fronte alla debole crescita potenziale dell'Italia e, in particolare, per colmare il persistente divario di produttività rispetto alla media dell'UE. […] Alcune misure previste nel bilancio 2019 rappresentano un'inversione di marcia rispetto a componenti di precedenti importanti riforme, in particolare nel settore delle pensioni, che possono minacciare la sostenibilità delle finanze pubbliche”.

 

Poiché la risposta del Governo a tale raccomandazione è illustrata in maniera diffusa all'interno del DEF si rinvia (anche al fine di evitare  duplicazioni di contenuti tra le diverse parti del presente dossier), in particolare, alla sezione relativa al Percorso programmatico di finanza pubblica, nonché alle schede che seguono (della presente sezione) per quanto concerne gli interventi della strategia di riforma del Governo suscettibili di incidere in modo più rilevante sull’andamento della spesa pubblica e, quindi, sull’aggiustamento strutturale richiesto.

3.1.2 Tassazione e contrasto all’evasione

Nella raccomandazione 1, il Consiglio dell’Unione europea dopo avere rilevato che nessun progresso è stato realizzato nel 2018 riguardo all'alleggerimento della pressione fiscale sui fattori produttivi, alla revisione delle agevolazioni fiscali e alla riforma del sistema catastale, mentre progressi limitati si sono avuti nel potenziamento delle fatturazioni e dei pagamenti elettronici obbligatori, raccomanda che si sposti la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati, e che si intensifichino gli sforzi per ridurre l'economia sommersa, in particolare potenziando i pagamenti elettronici obbligatori mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti.

La Commissione europea, nella Relazione per Paese 2019 relativa all'Italia, sottolinea che il sistema fiscale italiano grava pesantemente sul lavoro e sul capitale, mentre altre fonti di entrate sono sottoutilizzate; le entrate derivanti dalle imposte sul lavoro in percentuale del totale del gettito fiscale corrispondono alla media dell'UE, ma rimangono relativamente elevate in percentuale del PIL. Di fatto, il cuneo fiscale sul lavoro a parere dell’UE è uno dei più elevati dell’Unione, pari al 47,7% nel 2017 sul salario medio del lavoratore a fronte di una media UE del 42,8%. Analogamente, nel 2017 il carico fiscale sul capitale era ben superiore alla media UE.

Al contrario, la Commissione rileva che le entrate derivanti dall'imposta sul valore aggiunto (IVA) sono relativamente basse, pari al 14,9% del gettito fiscale complessivo nel 2017, rispetto al 18,1% per l'UE.

La Commissione sottolinea anche che non vi sono ancora piani per ridurre il numero e la portata delle spese fiscali, non sia stato riformato l'obsoleto sistema catastale e che l’estensione del regime forfettario determinerà una perdita netta di gettito mentre viene valutata positivamente l’introduzione dell'obbligo della fatturazione elettronica.

 

In tema di tassazione, il Governo attribuisce un ruolo centrale alla riduzione della pressione fiscale sui redditi per la creazione di un clima più favorevole alla crescita. In particolare, l’azione di riforma fiscale riguarderà l’attuazione progressiva di un sistema di flat tax come componente importante di un modello di crescita più bilanciato.

 

La pressione fiscale, che nel 2018 si è attestata al 42,1 per cento del PIL, rimane infatti elevata, ma il Governo intende agire per ridurla gradualmente su famiglie e imprese, anche grazie alle azioni di contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale.

Per il 2019 è stata introdotta una prima riduzione attraverso l’estensione del regime forfetario (fino a 65.000 euro di ricavi), sostitutivo di IRPEF e IRAP, che assoggetta all’aliquota del 15 per cento una base imponibile forfettizzata (i soggetti che aderiscono a questo regime agevolato sono anche esentati dal versamento dell’IVA). A partire dal 1° gennaio 2020, un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e dell’IRAP con aliquota del 20 per cento sarà applicata a imprenditori individuali e lavoratori autonomi con ricavi compresi tra 65.000 e 100.000 euro.

Inoltre per incentivare gli investimenti, il cd. decreto-legge crescita, in via di emanazione, consente alle imprese di beneficiare di una riduzione dell’aliquota IRES e IRPEF applicabile agli utili non distribuiti.

Si segnala che tale norma è già contenuta nella legge di bilancio 2019 (commi 28-34) che prevede - dal periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2018 - l’applicazione di un’aliquota IRES agevolata al 15 per cento (in luogo dell’ordinaria 24 per cento) a una parte del reddito delle imprese che incrementano i livelli occupazionali ed effettuano nuovi investimenti, nonché l’applicazione di tale agevolazione alle imprese soggette a IRPEF.

 

L’azione di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale, fondamentale nell’assicurare l’equità del prelievo e tutelare la concorrenza tra le imprese, sarà perseguito attraverso il potenziamento di nuove tecnologie per effettuare controlli mirati.

Dall’analisi della Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva 2018, emerge che per il triennio 2014-2016 - per il quale si dispone di stime complete per tutte le imposte e contributi considerati - il tax gap complessivo è stato pari a circa 109 miliardi, di cui 97,6 miliardi di mancate entrate tributarie e 11,4 miliardi di mancate entrate contributive.

Nel 2019, il Governo si impegna a monitorare - attraverso la Commissione che redige la predetta relazione - l’applicazione dei recenti interventi adottati per la prevenzione e il contrasto dell’evasione, come l’inserimento del canone RAI nella bolletta elettrica e la fatturazione elettronica.

Sul punto il Governo rileva che con l’introduzione dal 1° gennaio dell’obbligo di fatturazione elettronica tra operatori economici e dal 1° luglio 2019 dell’obbligo di invio telematico dei corrispettivi (per i soggetti con un volume d’affari superiore a 400.000€), le basi dati saranno alimentate da nuovi flussi informativi utilizzabili per incentivare l’adempimento dei contribuenti. A tale proposito si rileva che già nel primo mese di operatività dell’obbligo di fatturazione elettronica sono più che raddoppiate le fatture elettroniche inviate all’Agenzia delle Entrate: i dati mostrano un trend in forte ascesa, con 228 milioni di file inviati da parte di oltre 2,3 milioni di operatori.

 

Il Governo rappresenta come con il decreto-legge n. 119 del 2018 (decreto fiscale) sono state introdotte disposizioni volte ad agevolare la chiusura delle posizioni debitorie aperte, per consentire all’attività di riscossione ordinaria di riprendere con maggiore efficienza. Lo stesso obiettivo viene perseguito con riguardo al contenzioso, favorendo la chiusura delle liti pendenti Nel 2019 sarà valutata la possibilità di introdurre misure simili anche per le posizioni debitorie delle imprese.

Il medesimo decreto fiscale ha disposto inoltre che dal 1° luglio 2019 il processo telematico diventerà obbligatorio anche in materia tributaria, una giurisdizione che ha un notevole impatto economico per cittadini e imprese: il valore economico delle controversie tributarie attivate nel 2018 è stato pari ad oltre 24 miliardi, mentre il valore dei giudizi pendenti, nei due gradi di giudizio al 31 dicembre del medesimo anno, si attesta a circa 43 miliardi.

 

Tra gli interventi in materia fiscale adottati con la legge di bilancio 2019, il DEF ricorda la sterilizzazione per il 2019 dell’aliquota IVA ridotta del 10 per cento e dell’aliquota IVA ordinaria del 22 per cento, con un impatto di circa 12,5 miliardi; la proroga delle detrazioni per interventi di efficienza energetica, ristrutturazione edilizia e per l'acquisto di mobili e grandi elettrodomestici, nonché per interventi di sistemazione a verde. In materia di tassazione immobiliare, si segnalano l'aumento dal 20% al 40% della deducibilità dell'IMU sugli immobili strumentali dal reddito di impresa e di lavoro autonomo, l'introduzione della cedolare secca anche per le locazioni degli immobili commerciali (categoria C/1 entro i 600 mq), l'estromissione agevolata dell'immobile strumentale dell'imprenditore individuale e la rivalutazione del valore dei terreni (e delle partecipazioni), agli effetti della determinazione delle plusvalenze.

Il Governo sottolinea che è attualmente all’esame della Camera - già approvato dalla Commissione Finanze e ora in discussione in Assemblea - anche un disegno di legge sulle semplificazioni fiscali che ha l’obiettivo di modificare il calendario fiscale e snellire gli adempimenti dichiarativi e comunicativi. Tra le misure contenute nel testo vi sono il divieto per l’amministrazione finanziaria di chiedere ai contribuenti, in sede di controllo formale delle dichiarazioni dei redditi, certificazioni e documenti relativi a informazioni disponibili nell’anagrafe tributaria; l’ampliamento dell’ambito operativo del versamento unitario F24; misure agevolative, sotto forma di abbuoni sui prezzi e di credito d’imposta, per incoraggiare l’aumento della percentuale di imballaggi riutilizzabili o avviati al riciclo immessi sul mercato e benefici finanziari e fiscali, sotto forma di crediti d’imposta per l’acquisto di prodotti da riciclo e da riuso.

3.1.3 Privatizzazioni e valorizzazione del patrimonio pubblico

All’interno della prima Raccomandazione del Consiglio si chiede all’Italia di “utilizzare le entrate straordinarie per accelerare la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL”, in continuità con quanto richiesto nelle raccomandazioni degli anni precedenti.

 

Come già previsto nei precedenti documenti programmatici del Governo, anche nel DEF 2019 il programma di privatizzazioni viene richiamato come uno degli strumenti che contribuiscono all’azione di consolidamento dei conti pubblici

Il DEF 2019 conferma, tra gli obiettivi programmatici, introiti da privatizzazioni e da altri proventi finanziari per 1 punto di PIL nel 2019 e per 0.3 punti nel 2020 (non sono previsti introiti, invece, nel 2021), senza tuttavia fornire elementi informativi in merito agli introiti fin qui conseguiti e alle procedure di privatizzazione avviate o programmate.

Il Documento ricorda, quindi, che nel corso del 2018 (come anche nel 2017) non sono stati registrati introiti da privatizzazioni, al contrario di quanto ipotizzato nei precedenti obiettivi programmatici.

 

Si segnala che nella Relazione Paese per l’Italia del 2019 la Commissione osserva che “Gli obiettivi di privatizzazione fissati per i prossimi anni, particolarmente ambiziosi per il 2019, sono soggetti a significativi rischi al ribasso alla luce dei risultati insoddisfacenti osservati negli ultimi anni”, concludendo che senza prendere in considerazione i proventi da privatizzazioni, il rapporto debito pubblico/PIL dovrebbe rimanere stabile intorno al 132 % (a fronte delle proiezioni del Governo, nella NADEF 2018, pari al 130,7% ipotizzando tali proventi).

 

Il DEF conferma, altresì, il ruolo della valorizzazione del patrimonio immobiliare nella strategia economica e di bilancio; tali interventi rientrano infatti tra le misure volte alla riduzione del rapporto debito/PIL.

Il PNR stima che per il 2018 i proventi derivanti dalle vendite di immobili pubblici ammontino a 825 milioni di euro. Il programma straordinario di dismissioni immobiliari stabilito dalla legge di bilancio 2019 per il triennio 2019-2021 prevede un introito di 1,25 miliardi, ulteriore rispetto agli 1,84 miliardi già previsti a legislazione vigente.

Più precisamente, il Governo ricorda che la Legge di Bilancio per il 2019 (articolo 1, commi 422-433 della legge n. 145 del 2018) prevede un programma di dismissioni immobiliari volto a conseguire un introito pari a 950 milioni di euro nel 2019 e 150 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021. La dismissione è effettuata secondo un piano, da adottarsi entro il 30 aprile 2019 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze (al momento della redazione del presente lavoro detto decreto non risulta ancora emanato).

Nel Programma Nazionale di Riforma il Governo fornisce alcuni dati sugli immobili pubblici: sulla base della ricognizione annuale del MEF, il valore patrimoniale dei fabbricati pubblici censiti, pari a circa 1 milione di unità catastali, è stimato in 284 miliardi, per la maggior parte (78 per cento) riconducibile a fabbricati utilizzati direttamente dalla PA (circa 222 miliardi) e quindi non disponibili, nel breve-medio termine, per progetti di valorizzazione e dismissione. Il restante 22 per cento è dato in uso, a titolo gratuito o oneroso, a privati (48 miliardi), oppure risulta non utilizzato (12 miliardi) o in ristrutturazione (2 miliardi). Al 31 dicembre 2018, i beni statali affidati all’Agenzia del Demanio risultano pari complessivamente a 42.866 immobili, fabbricati e terreni, per un valore di circa 60,82 miliardi. In termini di valore, l’85 per cento è costituito da immobili in uso governativo, circa il 12 per cento da beni del demanio storico-artistico e altro patrimonio indisponibile e solo il restante 3 per cento da patrimonio disponibile.

Con riferimento alle attività dell’Agenzia del demanio sugli immobili utilizzati a fini istituzionali, l’esecutivo rileva come esse siano orientate ad una gestione economica più efficiente, attraverso la razionalizzazione degli spazi in uso e la rinegoziazione dei contratti di locazione. Le locazioni passive per la PA centrale ammontavano per l’anno 2014 a oltre 900 milioni; a seguito delle misure di rilascio e razionalizzazione intervenute nel corso del tempo, nel 2018 la spesa per canoni complessiva si è ridotta attestandosi a circa 800 milioni. Il Governo prevede di ottenere un risparmio, a regime, di circa 200 milioni rispetto alla spesa sostenuta al 31 dicembre 2014.

Per quanto invece concerne le risorse affidate all’Agenzia del Demanio, il Governo afferma che essa intende gestire nei prossimi anni 2,3 miliardi di euro - già stanziati dalle vigenti leggi - di cui circa 1,1 miliardi per la riqualificazione sismica ed energetica degli immobili statali e 1,2 miliardi destinati alla razionalizzazione degli usi governativi per l’abbattimento della spesa per locazione passiva. Ricorda inoltre le iniziative per la riduzione del rischio sismico, avviate dall’Agenzia a dicembre 2018 e in prosecuzione nel 2019.

Per quanto riguarda l’attuazione del federalismo demaniale, l'Agenzia del Demanio ha effettuato 5.244 trasferimenti di immobili nell’ambito di quello ordinario e 150 trasferimenti con il federalismo culturale.

Quanto ai fondi immobiliari gestiti da INVIMIT Sgr, interamente partecipata dal MEF, si segnala che gli immobili pubblici apportati a detti fondi, al 31 dicembre 2018, presentavano un valore in termini di Asset Under Management, pari a circa 1,38 miliardi; a fronte di tali apporti sono state emesse quote destinate a essere successivamente collocate sul mercato. I proventi generati dalla vendita delle quote dei fondi, se facenti riferimento agli immobili dello Stato, possono essere destinati al Fondo per l’ammortamento di titoli di Stato, mentre quelli relativi agli immobili degli altri enti sono contabilizzati a riduzione del debito dell’ente, contribuendo in tal modo al contenimento del debito pubblico consolidato.

3.1.4 Revisione della spesa

Per quanto riguarda la revisione della spesa (spending review), il Documento preannuncia “un paziente lavoro di revisione della spesa corrente”, che porterà a un primo pacchetto di misure nella legge di bilancio per il 2020.

Il programma di spending review comporterà risparmi di spesa corrente pari a 2 miliardi nel 2020 (ammontare invariato rispetto al 2019) a 5 miliardi nel 2021 e a 8 miliardi nel 2022 (valori cumulati).

 

Il DEF riporta poi (in un apposito focus: Sezione II, pag.13) i risultati della nuova procedura di spending review dei ministeri integrata nel ciclo di bilancio. La procedura è stata adottata per la prima volta nella fase di formazione del disegno di legge di bilancio 2018-2020, nell’ambito della quale è stato definito un contributo aggregato dei Ministeri alla manovra di finanza pubblica pari a 1 miliardo in termini di indebitamento netto, successivamente ripartito tra i vari ministeri con il D.P.C.M. del 28 giugno 2017. Per un obiettivo complessivo di risparmio pari a 1 miliardo di euro sono stati ridotti gli stanziamenti dei capitoli di bilancio corrispondenti per circa 1,3 miliardi di euro.

Nel focus si rileva che sulla base delle evidenze contabili e delle informazioni contenute nelle relazioni trasmesse da ciascun Ministero, le voci del bilancio statale interessate dalla procedura mostrano un’effettiva riduzione della spesa nel 2018 rispetto agli andamenti tendenziali e, anche, in confronto con la gestione 2017. La situazione è, tuttavia, differenziata a seconda degli interventi considerati e, per alcuni di essi, sono emersi rischi per il completo conseguimento dell’obiettivo di risparmio, a fronte dei quali le amministrazioni hanno raramente proposto interventi correttivi.

 

Ulteriori elementi sui risultati e le criticità della prima applicazione della nuova procedura di spending review dei ministeri sono contenute nell’apposito allegato al DEF, trasmesso in attuazione dell’articolo 22-bis, comma 5, della legge n. 196 del 2009 (Legge di contabilità) (Doc. LVII, n. 2 - Allegato VI).

 


 

3.2. Settore bancario e finanziario

La Raccomandazione n. 3 del Consiglio dell’Unione europea concerne il sistema bancario e la disponibilità di finanziamenti per le imprese, il risanamento degli istituti di credito e lo smaltimento dei prestiti in sofferenza proseguono a ritmo sostenuto; in particolare, l’UE raccomanda all’Italia di mantenere il ritmo della riduzione dell'elevato stock di crediti deteriorati e di sostenere ulteriori misure di ristrutturazione e risanamento dei bilanci delle banche, anche per gli istituti di piccole e medie dimensioni, e attuare tempestivamente la riforma in materia di insolvenza. Raccomanda infine di migliorare l'accesso delle imprese ai mercati finanziari.

 

A livello europeo, l’Italia sta contribuendo alla discussione in corso sul completamento dell’Unione bancaria e dell’Unione del mercato dei capitali, sostenendo allo stesso tempo la revisione delle modalità di realizzazione del progetto stabilite in passato.

 

A livello nazionale, l'obiettivo primario indicato dal Governo è rendere pienamente effettivo il principio costituzionale della tutela del risparmio. In tale direzione, sono stati presi provvedimenti volti consentire il rimborso a favore degli investitori che hanno subito un danno ingiusto nella prestazione di servizi di investimento da parte di banche poste in liquidazione.

 

La Commissione europea, nella Relazione per Paese, ha evidenziato che l’Italia ha compiuto alcuni progressi riguardo ai crediti deteriorati e alla ristrutturazione delle banche.

In linea con quanto raccomandato dalla Commissione, il Governo indica la necessità di proseguire con l’azione di riduzione dei crediti deteriorati intrapresa dal sistema bancario italiano.

Nel 2018 l’incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti erogati dalle banche italiane ha continuato a ridursi, sia al lordo sia al netto delle rettifiche, raggiungendo a dicembre rispettivamente l’8,7 e il 4,3 per cento (dai livelli di 11,5 e 6,1 per cento nel 2017). Alla diminuzione hanno contribuito il calo del flusso dei nuovi crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti (che ha raggiunto un minimo storico) e l’attuazione dei piani di cessione delle posizioni in sofferenza.

La Commissione UE, nel Country report, rileva che i miglioramenti nella gestione dei non performing loans derivano da molteplici fattori, tra cui una  migliore qualità dei dati relativi a tali poste, l’ingresso di imprese di gestione dei crediti deteriorati sul mercato, un migliore riassorbimento degli NPL da parte delle banche. L’UE ritiene che vi siano spazi per un ulteriore sviluppo del mercato secondario dei crediti deteriorati e segnala che gli operatori di mercato specializzati negli incagli sono attualmente in numero ridotto sul mercato italiano.

Un ruolo significativo nella riduzione dei crediti deteriorati viene assegnato dal governo alle misure disposte con decreto legge n. 18 del 2016, con il quale è stato autorizzato, a seguito della positiva decisione della Commissione europea, uno schema per la concessione della garanzia dello Stato sulla cartolarizzazione di crediti classificati come sofferenze nel bilancio delle banche e degli intermediari finanziari (Garanzia sulle cartolarizzazioni delle sofferenze - GACS), che ha contribuito al miglioramento delle condizioni sul mercato secondario dei crediti deteriorati. Alla luce della positiva esperienza riscontrata, la misura è stata confermata nell'ambito del decreto legge n. 22 del 2019, con alcune modifiche suggerite dall'esperienza di concreta attuazione dello schema, e sarà operativa subordinatamente alla positiva autorizzazione della Commissione europea.

 

Con riferimento all'attuazione delle riforme delle banche di credito cooperativo (BCC) e delle banche popolari, il Governo segnala che tutte le banche popolari sono state trasformate in società per azioni, fatta eccezione per due (per una delle quali la procedura è stata sospesa, essendo in corso un appello alla Corte di Giustizia Ue). Allo stesso tempo, la riforma delle BCC è giunta al suo pieno completamento, con il consolidamento di circa 230 banche 2 grandi gruppi significativi ai sensi del regolamento Ue n. 1024 del 2013 e la costituzione di un sistema di garanzia istituzionale (IPS - Institutional Protection Scheme) da parte delle BCC della regione Alto Adige, come consentito dalle modifiche alla legge di riforma del settore bancario cooperativo apportate nella seconda metà del 2018.

 

Infine il Governo intende dedicare un’attenzione specifica all’utilizzo delle nuove tecnologie mediante l'istituzione presso il MEF di un Comitato di Coordinamento per il Fintech (prestazione di servizi bancari e finanziari con l'impiego di tecnologie innovative) che possa favorire anche la partecipazione attiva ai lavori dell’Unione europea e degli organismi internazionali competenti.


 

3.3. Investimenti, infrastrutture, territorio e ambiente

3.3.1 Investimenti e infrastrutture

Investimenti pubblici

Il Governo intende dare maggiore impulso agli investimenti pubblici, invertendo la tendenza negativa in atto da molti anni, soprattutto a seguito della crisi economica.

La strategia delineata passa attraverso l’incremento delle risorse e il miglioramento della capacità di spesa delle amministrazioni pubbliche.

 

Per quanto riguarda gli obiettivi di politica di bilancio, lo scenario programmatico presentato prevede un aumento degli investimenti pubblici nel prossimo triennio, che dal 2,1 per cento del PIL registrato nel 2018 si porterebbero al 2,6 per cento del PIL nel 2022.

 

Si ricorda che nello scenario programmatico definito nella NADEF 2018 erano previste risorse aggiuntive pari a oltre 0,2 punti di PIL nel 2019, per arrivare a oltre 0,3 punti di PIL nel 2021, così innalzando la quota di investimenti pubblici in rapporto al PIL dall’1,9 per il 2018 al 2,3 per cento nel 2021.

Al fine di conseguire l’obiettivo programmatico definito nella NADEF, l’intervento di maggiore portata contenuto nella legge di bilancio è quello all’articolo 1, commi 95-98 e 105-106, che istituiscono un Fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese, con una dotazione complessiva di 50,2 miliardi di euro per gli anni dal 2019 al 2033.

Il profilo finanziario triennale del Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, è il seguente: 2,9 miliardi di euro per il 2019, 3,1 miliardi per il 2020 e 3,4 miliardi per ciascuno degli anni dal 2021 al 2033.

 

Il DEF sottolinea, quindi, che secondo il quadro tendenziale più aggiornato dei conti della PA, nel 2019 gli investimenti pubblici aumenteranno del 5,2 per cento. Nella previsione tendenziale si è ipotizzato che l’impulso di questo aumento si manifesti a partire dal secondo trimestre dell’anno. Nel complesso, l’aumento previsto nel quadro a legislazione vigente dovrebbe fornire un contributo alla crescita del PIL reale superiore a 0,1 punti percentuali.

Infrastrutture

Pur  risultando assente, rispetto ai DEF precedenti, uno specifico Allegato infrastrutture, alla luce della Raccomandazione n. 4 del Consiglio Europeo e della Relazione paese relativa all'Italia 2019 della Commissione europea (in cui si evidenzia che “gli investimenti pubblici nelle infrastrutture restano bassi, anche se il governo intende affrontare la questione della mancanza di competenze in materia di gestione dei progetti nelle pubbliche amministrazioni che limita la capacità di investire”) nel PNR riveste un particolare rilievo il tema del rilancio delle infrastrutture, con la previsione di interventi, di natura normativa ed organizzativa, finalizzati a rimuovere gli ostacoli burocratici e legali che negli ultimi anni hanno frenato la realizzazione di opere pubbliche .

 

Si ricorda che a partire dal 2015 è stata avviata una fase di revisione della programmazione delle infrastrutture strategiche attraverso una selezione di priorità, individuate negli allegati al DEF. Il Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. n. 50/2016) ha, infatti, abrogato la previgente disciplina speciale, risalente alle legge n. 443/2001 (cd. “legge obiettivo”) in materia di programmazione, progettazione e realizzazione delle infrastrutture strategiche. Nel contempo, il Codice ha introdotto una nuova disciplina per la programmazione e la realizzazione delle infrastrutture prioritarie, incentrata sull’adozione del Documento pluriennale di pianificazione (DPP) (peraltro non ancora adottato).

I dati relativi alle singole opere strategiche sono consultabili attraverso il sistema SILOS (Sistema informativo legge opere strategiche).

 

La riforma della disciplina normativa dei contratti pubblici

La riforma della disciplina dei contratti pubblici rappresenta la direttrice di intervento più rilevante nell’ambito delle politiche infrastrutturali, al dichiarato fine di favorire ed accelerare la pianificazione e la gestione degli investimenti infrastrutturali mediante una complessiva rivisitazione e semplificazione del quadro normativo.

A tale riguardo, il PNR richiama la delega legislativa contenuta nel disegno di legge A.S. 1162 (presentato al Senato e di cui non è ancora iniziato l’esame) per la semplificazione, la razionalizzazione, il riordino, il coordinamento e l’integrazione della normativa in materia di contratti pubblici, che dovrà condurre ad una complessiva riforma del Codice dei contratti pubblici.

 

In attesa di una riforma organica del Codice dei contratti pubblici (sulla cui applicazione è in corso di svolgimento una apposita indagine conoscitiva dell’8a Commissione (Lavori pubblici) del Senato nel corso della quale si sono svolte numerose audizioni e sono state depositate diverse memorie), diversi interventi correttivi sono previsti ad opera del decreto-legge cd. “sblocca cantieri” (non ancora pubblicato in G.U.), con l’obiettivo di restituire slancio agli appalti pubblici, favorendo la crescita economica e rinvigorendo la ripresa del settore delle costruzioni.

 

Nel quadro generale della riforma della disciplina dei contratti pubblici, particolare rilievo viene poi attribuito, nella prospettiva di favorire la partnership con il settore privato, alla valorizzazione dello strumento del partenariato pubblico-privato (PPP), con la definizione di un contratto standard PPP in grado di fornire una guida alle pubbliche amministrazioni per la strutturazione in dettaglio delle operazioni di PPP.

 

Le misure per la verifica dello stato di attuazione dei programmi infrastrutturali e il miglioramento delle attività di progettazione delle pubbliche amministrazioni

Il PNR segnala la necessità di intervenire con apposite misure per migliorare le capacità della pubblica amministrazione di selezionare, avviare e completare entro tempi ragionevoli progetti infrastrutturali ad alta redditività economica e sociale, ponendo in particolare rimedio alla perdita di competenze tecniche e progettuali delle pubbliche amministrazioni.

In tale direzione si muovono le misure, già assunte, istitutive di strutture con compiti di promozione e supporto alle attività di verifica dello stato di attuazione dei programmi di investimento infrastrutturale e di affiancamento delle pubbliche amministrazioni nelle attività di progettazione di opere pubbliche. Si segnala che le succitate misure sono finalizzate a superare le barriere individuate nel Rapporto Paese della Commissione per l’Italia, in particolare quelle legate all’inefficienza del sistema degli appalti pubblici, al basso livello di capacità amministrativa e allo scarso coordinamento tra i livelli della P.A. Nella citata relazione si legge che “I due organi istituzionali centralizzati (Centrale per la gestione delle opere pubbliche e InvestItalia) che dovrebbero essere attivati nel 2019 rappresentano un passo avanti in questa direzione”.

 

Oltre alla cabina di regia “Strategia Italia” (art. 40 del decreto-legge n.109/2018, convertito dalla L. n. 130/2018), si tratta, in particolare, delle seguenti strutture, entrambe istituite dalla legge n. 145/2018 (legge di bilancio 2019):

§  la struttura di missione temporanea “Investitalia” (istituita con DPCM 15 febbraio 2019), per il supporto alle attività del Presidente del Consiglio dei ministri relative al coordinamento delle politiche del Governo in materia di investimenti pubblici e privati (per approfondimenti si veda il dossier sulla legge di bilancio 2019, commi 179-183 e 368);

§  la “Struttura per la progettazione di beni ed edifici pubblici”, cui sono affidati una serie di compiti tra i quali quello di fornire supporto alle amministrazioni centrali e periferiche, favorire lo sviluppo e l’efficienza della progettazione e degli investimenti pubblici e predisporre modelli innovativi progettuali ed esecutivi per edifici pubblici e opere similari (per approfondimenti si veda il dossier sulla legge di bilancio 2019, commi 162-170).

 

Viene inoltre anticipato che nel D.L. crescita (non ancora pubblicato in G.U.) si provvede al potenziamento dei Provveditorati con l’immissione di cento unità di personale di alta professionalità (ingegneri e progettisti) al fine di rafforzare l’autonoma capacità progettuale di queste articolazioni periferiche del MIT e ad accrescere la loro funzione di sostegno alle autonomie territoriali e locali nella realizzazione delle infrastrutture.

3.3.2 Trasporti

Nell’ambito delle principali linee di intervento del programma di Governo con riferimento agli investimenti si prevede innanzi tutto che una quota del Fondo finalizzato al rilancio degli investimenti delle amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese, istituito dalla legge di bilancio per il 2019 (l. n. 145 del 2018, articolo 1, commi 95, 96, 98 e 105) la cui dotazione complessiva è di 43,6 miliardi per gli anni dal 2019 al 2033, sarà destinata alla realizzazione, sviluppo e sicurezza di sistemi di trasporto pubblico di massa.

Con riguardo alla strategia di intervento in materia di infrastrutture e trasporti il Governo intende dare priorità alla sicurezza delle infrastrutture e promuovere il trasporto ferroviario regionale e l’intermodalità, la mobilità sostenibile e conseguire la riduzione del numero di vittime della strada.

Con riferimento al trasporto ferroviario il Governo conferma che il completamento dell’Alta velocità potrà essere effettuato anche “attraverso innovazioni tecnologiche che consentano di diminuire i tempi di percorrenza sulle medie distanze” mentre viene ribadito l’intendimento di prevedere la possibilità di affidare a Rete Ferroviaria Italiana (RFI) alcuni tratti oggi gestiti dalle Regioni.

Per quanto riguarda la mobilità sostenibile, oltre a dar conto degli interventi realizzati con riguardo alla mobilità ciclistica, si ricordano i finanziamenti per il Piano strategico della mobilità sostenibile che ha destinato 3,7 miliardi al ricambio del parco bus con mezzi a basso impatto. Dal 2019 al 2033, secondo quanto indicato nel Documento, saranno rinnovati 2.000 autobus l’anno, oltre a 250 treni (questi ultimi entro il 2022). Sono stati inoltre stanziati 300 milioni di euro per nuovi mezzi navali destinati al trasporto pubblico locale.

 

Si ricorda che l'emanazione del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile è stata prevista dalla legge di Bilancio 2017 (articolo 1, commi 613- 615, della L. 232/2016) ed in particolare il comma 613 ha disposto l'incremento delle risorse attribuite al Fondo per il rinnovo dei del parco mezzi del trasporto pubblico locale e regionale (istituito dalla legge n. 208 del 2015 (art. 1, comma 866) di altri 200 milioni di euro per il 2019 e di 250 milioni per ciascuno degli anni dal 2020 al 2033, per un totale di 3,7 miliardi €, e ne ha esteso le finalità al finanziamento delle infrastrutture tecnologiche di supporto, segnatamente le infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici.

Pe quanto riguarda l’emanazione del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile, la legge di bilancio 2017 (al comma 615) ne ha previsto l’approvazione con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ma su tale disposizione è successivamente intervenuta la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 78 del 2018, a dichiararne l'illegittimità nella parte in cui non ha previsto alcuna forma di coinvolgimento decisionale delle Regioni. A seguito di ciò, in data 20 dicembre 2018 è stata raggiunta l'Intesa in Conferenza Unificata sullo schema di DPCM di approvazione del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile.

 

Sempre in tale ambito si ricordano gli interventi della legge di bilancio 2019 (l. n. 145 del 2018) in materia di ecobonus e di imposta progressiva sugli acquisti di veicoli inquinanti.

Con riferimento alle riforme concernenti il trasporto stradale il Governo dà conto della presentazione del disegno di legge delega di riforma del Codice della Strada.

Il 19 dicembre 2018 è stato inoltre avviato, presso la IX Commissione Trasporti della Camera, l'esame congiunto di una serie di proposte di legge aventi ad oggetto interventi di riforma puntuale del Codice della strada.

 

Si riferisce invece alla necessità di sviluppare adeguatamente l’intermodalità l’intendimento di promuovere presso Rete Ferroviaria Italiana ed ANAS il potenziamento delle infrastrutture di adduzione e di ultimo miglio, in modo da ridurre le esternalità negative ed i tempi di permanenza delle merci nei porti

Nella legge di bilancio, l. n. 145 del 2018, è prevista la destinazione di 100 milioni di euro annui nel 2019-2020 per la realizzazione di connessioni ferroviarie, valorizzando soprattutto collegamenti con porti e aeroporti.

Con riferimento al settore aeroportuale, sono ricordati gli interventi di sostegno contenuti nella legge di bilancio per il 2019 (l. n. 145 del 2018)  a beneficio degli aeroporti di Crotone e Reggio Calabria che, nell’intendimento del Governo, si inquadrano nella strategia diretta a migliorare la connettività, innanzitutto delle aree remote e disagiate del Paese.

 

Per quanto riguarda l’autotrasporto si ricordano gli interventi effettuati con la legge di bilancio per il 2019 (l. n. 145 del 2018) in materia di revisioni  e quelli relativi all’assunzione di giovani conducenti. Tra le iniziative che verranno poste in essere il Documento indica la costituzione di tavoli di lavoro per impostare i contenuti di forme di incentivazione per l’aggregazione delle imprese di autotrasporto e proseguire le politiche di incentivazione finalizzate allo svecchiamento del parco veicolare.

Infine si preannuncia un Piano di grandi investimenti nelle zone economiche speciali (ZES) con una dotazione di 50 milioni per il 2019 150 milioni per il 2020 e 100 per il 2021.

Concessioni autostradali

In materia di concessioni autostradali, nel PNR si afferma che l’obiettivo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) è riequilibrare i rapporti tra interessi pubblici e privati e implementare le nuove regole con cui l’Autorità di regolazione dei trasporti (ART) ha approvato il sistema tariffario di pedaggio basato sul price cap con determinazione dell’indicatore di produttività a cadenza quinquennale, per l’affidamento delle concessioni di alcune tratte autostradali.

Viene ricordato che il D.L. 109/2018 ha, fra l’altro, modificato le norme istitutive dell’ART estendendone le competenze in materia autostradale, anche alle concessioni in essere. In esecuzione di tali disposizioni, l’ART ha avviato (con la delibera n. 16/2019) un procedimento volto a definire il sistema tariffario applicabile a ciascuna concessione, che si concluderà a fine giugno 2019 dopo la consultazione pubblica degli stakeholders.

 

Più in generale, la strategia del Governo nell’ambito delle infrastrutture autostradali è volta alla realizzazione di una rete efficiente, razionale e sostenibile, soprattutto nel senso dell’armonico sviluppo della rete viaria già realizzata. Nell’ambito di tale strategia, acquistano una rinnovata centralità la coerenza e l’attendibilità economico-finanziaria dei piani economico-finanziari (PEF) delle concessioni in corso di approvazione, al fine di evitare, anche prospetticamente, fenomeni di aggravio dell’onere a carico della fiscalità generale.

Particolare riguardo verrà infine dato alla sicurezza dell’infrastruttura autostradale, nella prospettiva dell’adozione di misure quadro orientate ad un complessivo innalzamento dei livelli generali di affidabilità dell’infrastruttura.

Un altro obiettivo prioritario del Governo è, secondo il PNR, l’applicazione delle più moderne tecnologie di monitoraggio delle infrastrutture stradali e autostradali.

3.3.3 Comunicazioni

Alla raccomandazione 4 del Consiglio dell’Unione  europea che richiede l’assunzione di iniziative volte a “Promuovere la ricerca, l’innovazione, le competenze digitali e le infrastrutture mediante investimenti meglio mirati e accrescere la partecipazione all’istruzione terziaria professionalizzante” fanno riferimento gli interventi, inseriti nella strategia di riforma del Governo riguardanti il settore delle comunicazioni.

 

In primo luogo il Governo intende concludere la predisposizione delle Strategie Nazionali per l’Intelligenza Artificiale e per la Blockchain proseguendo inoltre le sperimentazioni sull’utilizzo di queste tecnologie. Gli interventi relativi a tali iniziative sono inseriti tra le azioni strategiche del cronoprogramma (per il periodo 2019-2022). Il Governo intende poi porre in essere gli interventi necessari per rendere operativo il Fondo per favorire lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things.

La legge di bilancio 2019 (l. n. 145 del 2018, articolo 1, comma 226) ha istituito il Fondo per favorire lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di Intelligenza Artificiale, Blockchain e Internet of Things, con una dotazione di 15 milioni € annui dal 2019 al 2021.

 

Si ribadisce inoltre l’intendimento di partecipare attivamente al programma ‘Europa Digitale’, che si indirizzerà all’intelligenza artificiale, alla sicurezza informatica, alle competenze digitali, alla digitalizzazione dell’Amministrazione pubblica e ai supercomputer.

Il "Programma Europa digitale" è costituito dalla proposta di regolamento che istituisce il programma Europa digitale per il periodo 2021-2027 [COM(2018) 434 final]. Si tratta di un nuovo programma che ha la finalità di accrescere e massimizzare i vantaggi della trasformazione digitale per i cittadini, le pubbliche amministrazioni e le imprese europei e che è compreso nella proposta sul quadro finanziario pluriennale (QFP) per il periodo 2021-2027. Il suo scopo è fornire uno strumento di spesa adattato ai requisiti operativi dello sviluppo di capacità nei settori individuati dal Consiglio europeo, nonché sfruttare le sinergie tra di essi. La proposta prevede come data di applicazione il 1° gennaio 2021.

 

Per lo sviluppo di Intelligenza artificiale, Blockchain, Internet of Things, nonché per la diffusione del Wi-Fi, il Governo ricorda che il CIPE, nella seduta del 25 ottobre 2018, ha destinato 100 milioni di euro, a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 (con contestuale rifinalizzazione delle risorse già assegnate con le delibere CIPE n. 65/2015, n. 71/2017 e successivamente con la delibera n. 105/2017 relative al piano banda ultra larga), cui si aggiungono le nuove risorse individuate dalla Legge di Bilancio per il 2019.

Il Documento si concentra più specificamente sulla Blockchain sottolineando come l’Italia sia tra i primi Paesi europei a offrire una prima cornice normativa alla tecnologia Blockchain e agli smart contract.

La definizione di blockchain è stata inserita nel nostro ordinamento dall'articolo 8-ter del D.L. 14 dicembre 2018, n. 135

Il Documento segnala inoltre come a gennaio 2019 sia stata istituita presso il MISE una commissione di esperti con il compito di elaborare una strategia nazionale sulla tecnologia blockchain e sui registri distribuiti e una commissione di esperti chiamati a redigere una Strategia nazionale sull’intelligenza artificiale per definire la prospettiva italiana rispetto a quanto negoziato a livello europeo, nell’ambito del piano coordinato sull’intelligenza artificiale.

In materia di intelligenza artificiale (AI), la Commissione europea ha adottato il 25 aprile 2018 una apposita Comunicazione (COM(2018)237final), che ne analizza le caratteristiche e gli aspetti ed il 10 aprile 2018, 25 paesi europei, tra cui l'Italia, hanno firmato una  dichiarazione di cooperazione sull'intelligenza artificiale.

 

Il Documento attribuisce poi un ruolo rilevante, nell’ambito delle politiche per l’innovazione, alla Strategia nazionale per Banda Ultra Larga e allo sviluppo della tecnologia 5G, indicando l’esigenza di una semplificazione della governance del settore.

È in corso di svolgimento presso la IX Commissione un'indagine conoscitiva sulle nuove tecnologie delle telecomunicazioni con particolare riguardo alla transizione verso il 5G ed alla gestione dei big data.

 

Sul versante della domanda di connessioni ultra veloci, come ipotizzato nella citata strategia, si conferma l’esigenza di avviare interventi di sostegno alla domanda. A questo proposito il documento individua una strategia di incentivazione all’utilizzo di tali servizi e prodotti “attraverso nuovi modelli di sperimentazione e partenariato a ‘zero burocrazia per l’innovazione’ in specifiche aree del Paese”.

Viene infine sottolineata la necessità di definire la seconda parte del Piano Nazionale Banda Ultra larga con l’intervento nelle aree grigie impegnando i fondi previsti nella delibera CIPE 71/2017, riprendendo il dialogo avviato in materia con la Commissione Europea.

La Strategia nazionale per Banda Ultra Larga è stata definita nel corso della XVII legislatura al fine di individuare un quadro di interventi per il superamento del ritardo nella realizzazione di reti ultra veloci in Italia. L’obiettivo della Strategia è quello di assicurare, entro il 2020, la copertura con reti ultraveloci oltre i 100 Mbps per almeno l’85 per cento della popolazione italiana prevedendo la copertura ad almeno 30 Mbps per il restante 15 per cento della popolazione. La strategia inoltre è diretta a garantire la copertura oltre i 100 Mbps a tutte le sedi/edifici pubblici, poli industriali, aree di interesse economico e concentrazione demografica, nonché alle principali località turistiche e agli snodi logistici. Con riferimento alla realizzazione delle reti a banda ultralarga e per approfondimenti relativi alla Strategia nazionale per Banda Ultra Larga si rinvia agli appositi paragrafi del tema “le reti e la banda ultralarga”.

 

Sempre nell’ottica di assicurare un adeguato sviluppo delle reti ultra veloci, vengono poi ricordati gli interventi previsti dal decreto-legge n. 135 del 2018 al fine di introdurre alcune semplificazioni procedurali e alcuni chiarimenti per consentire una più agevole realizzazione delle infrastrutture per la banda ultra larga.

Con riferimento allo sviluppo del 5G il documento ricorda l’avvenuta conclusione della gara per l’assegnazione delle bande di frequenza ad essa destinate e dà conto dei lavori svolti dal Tavolo TV 4.0 istituito al fine di individuare soluzioni adeguate per garantire la tempestiva liberazione della banda 700 mhz, considerato che tali frequenze sono allo stato attribuite alla radiotelevisione.

Si dà infine conto del fatto che con il decreto-legge n. 22 del 2019 è stato introdotto un articolo che include le reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia 5G tra i settori di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale prevedendo la possibilità di esercitare la Golden power anche per la fornitura di materiali e di servizi e non solo nel caso di acquisizione di partecipazioni azionarie.

Da un punto di vista programmatico il documento segnala comunque l’esigenza di potenziare l’integrazione tra rete fisica e 5G.

Per approfondimenti sulla materia del 5G e sui procedimenti in corso in merito alla riarticolazione delle frequenze radiotelevisive si vedano gli appositi paragrafi dei temi Spettro radio, 5g ed innovazione tecnologica e Servizi media audiovisivi (radio e televisione).

 

Da ultimo il Documento dà conto dell’avvio del progetto “Piazza Wifi Italia” che, nel quadro del piano WiFi.Italia.IT, è diretto a favorire, tramite un’apposita applicazione dedicata, la connessione gratuita a una rete wi-fi libera e diffusa su tutto il territorio nazionale. Si ricorda la previsione di un nuovo stanziamento di 45 milioni di euro (che si aggiungono agli 8 milioni già disponibili).

 

Per approfondimenti sul progetto "Piazza Wifi Italia" si veda l’apposito paragrafo del tema “le reti e la banda ultralarga”.

 

3.3.4 Ambiente e energia

Il PNR individua sette sfide principali alle quali il Governo intende rispondere nei prossimi anni:

1)  ridurre le concentrazioni di inquinanti atmosferici;

2)  contrastare i cambianti climatici mediante riduzione dei gas a effetto serra specialmente nel settore della mobilità;

3)  salvaguardare la biodiversità terrestre e marina e assicurare una migliore e più coordinata gestione delle aree protette e del capitale naturale;

4)  limitare il consumo del suolo e prevenire il rischio idrogeologico;

5)  mettere in sicurezza il territorio mediante prevenzione e contrasto dei danni ambientali;

6)  promuovere l'uso sostenibile delle risorse e governare la transizione verso l'economia circolare e i "rifiuti zero";

7)  ridurre le procedure di infrazione in materia ambientale.

 

Al fine di raggiungere tali obiettivi, il Governo terrà conto degli impegni assunti in ambito europeo, internazionale e regionale e proseguirà l'attuazione della Strategia nazionale di sviluppo sostenibile. Il PNR annuncia le misure che adotterà per ciascuna sfida.

Riduzione dell'inquinamento atmosferico

Il Governo, in cooperazione con le Regioni, favorirà sinergie tra i settori dei trasporti, dell'energia e dell'agricoltura al fine di garantire una migliore qualità dell'aria e di ridurre le emissioni di PM10 (particolato) e di NO2 (biossido di azoto).

Lotta ai cambiamenti climatici

Saranno sviluppati il lavoro ecologico, la "decarbonizzazione" e "defossilizzazione" della produzione e saranno attuale norme di semplificazione amministrativa in materia ambientale. Si favorirà l'utilizzo di fondi rotativi per lo supporto delle politiche pubbliche e degli investimenti per l'implementazione di misure volte all'efficientamento energetico degli edifici, con particolare riguardo all'edilizia residenziale pubblica.

In tema di riqualificazione si dà conto della proroga al 2019 delle detrazioni per interventi di efficienza energetica e ristrutturazione edilizia; sarà poi reso operativo il Fondo nazionale per l'efficienza energetica (con dotazione al 31 dicembre 2020 di 310 milioni di euro).  Saranno sostenuti, anche nelle sedi internazionali, obiettivi più ambiziosi e vincolanti per la riduzione delle emissioni di C02 delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri nuovi, come previsto anche dalla proposta di Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il clima (PNIEC), presentata alla Commissione europea nel gennaio scorso. Il PNIEC prevede, tra l'altro, una riduzione dei gas a effetto serra rispetto al 2005 per tutti i settori non ETS (agricolo, trasporti, residenziale e civile) del 33% a fronte di un obiettivo UE del 30% (si veda il Quadro 2030 per l'energia e il clima).

Salvaguardia della biodiversità, gestione delle aree protette e del capitale naturale

Il Governo continuerà a contribuire alla definizione del Quadro generale per la biodiversità post 2020 della Convenzione sulla biodiversità biologica e, sul piano nazionale, ad implementare la rete Natura 2000. Si impegnerà nella prevenzione degli incendi, nel contrasto al bracconaggio e nel commercio illegale di specie protette mediante un coordinamento tra le Forze di polizia, meccanismi di videosorveglianaza e modifiche al codice penale. Promuoverà l'integrazione del Capitale naturale nelle valutazioni e nei sistemi di monitoraggio delle politiche, contribuendo alla realizzazione degli obiettivi dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (con particolare riguardo al 2021-2027). In materia di protezione del mare: sarà rafforzata la partecipazione ai processi internazionali di governance, sarà portata avanti l'attuazione della Pianificazione Spaziale marittima e sarà incoraggiato il recupero dei rifiuti marini e il loro conferimento a terra; il Consiglio dei Ministri nel mese di aprile ha approvato un disegno di legge in materia, che favorirà i comportamenti virtuosi in tal senso.

Gestione sostenibile del territorio

Il Governo promuoverà la rigenerazione urbana mediante regole semplici e cogenti contro il consumo del suolo, controlli efficaci e sanzioni. Saranno stabilizzati l'"ecobonus" e il "sistema bonus" attraverso apposite certificazioni atte a semplificare le attività delle amministrazioni locali. Altre misure al riguardo prevedono: prevenzione e manutenzione del territorio; aggiornamento della pianificazione di settore; responsabilizzazione dei cittadini e delle Istituzioni sui rischi; realizzazione di infrastrutture verdi; rilancio del patrimonio edilizio esistente; introduzione del bilancio comunale ecologico; rafforzamento della governance delle aree marine costiere.

Sono all'esame del Senato i disegni di legge in materia: A.S. 86 e connessi, presso le Commissioni riunite 9a (Agricoltura e produzione alimentare) e 13a (Territorio, ambiente, beni ambientali) del Senato, sui cui si veda l'ampio ciclo di audizioni. E' inoltre all'esame della Camera la proposta  in materia di rigenerazione urbana, nonché di perequazione, compensazione e incentivazioni urbanistiche, A.C. 113 in corso d'esame presso l'VIII Commissione (Ambiente) della Camera.

Sicurezza del territorio

Saranno inasprite le sanzioni sui reati ambientali previste dalla Legge n. 68 del 2015 e l'implementazione di attività di contrasto alle ecomafie in base al principio "chi inquina paga".

Uso sostenibile delle risorse ed economia circolare

Il documento indica la prossima emanazione di due decreti volti and incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili (FER 1 e FER 2), in attesa che venga recepita la nuova direttiva sulle fonti rinnovabili (direttiva (ue)2018/2001).

Il PNIEC prevede un obiettivo di produzione di energia da fonti rinnovabili nei consumi finali lordi di energia pari al 30%, in linea con gli obiettivi UE per l'Italia, e una quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti del 21,6%, a fronte del 14% previsto dall'Ue. E' prevista inoltre una riduzione dei consumi di energia primaria del 43% (contro l'obiettivo Ue del 32,5%). Si menzionano in corso di approvazione dieci disegni di legge in materia di semplificazione e codificazione che riguardano, tra l'altro, i settori dell'energia e delle fonti rinnovabili.

Si ricorda, al riguardo, come nella Relazione Paese sull'Italia, in relazione all'obiettivo relativo alle energie rinnovabili si è evidenziato come, rispetto all'anno scorso, la quota della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili appaia in stallo, ferma al 34 %, mentre la quota delle energie rinnovabili nei trasporti è diminuita del 13 % circa (dal 7,4 % nel 2016 al 6,5 % nel 2017); la quota di energie rinnovabili nel settore del riscaldamento e del raffreddamento risulta aumentata notevolmente nello stesso periodo (dal 18,9 % al 20,1 %). La Relazione indica pertanto per l'Italia necessari ulteriori sforzi in tutti e tre i settori al fine di garantire una crescita costante delle energie rinnovabili e il raggiungimento degli obiettivi per il 2020 e il 2030, nonché in materia di obiettivi di efficienza energetica.

 

Il Ministero dell'ambiente (MATTM), cui è attribuita la competenza in materia di economica circolare, ha istituito un quadro di monitoraggio a livello nazionale, in conformità con quello previsto dalla Commissione europea.

Nell'ambito del PON Governance 2014-2020 è stato creato il Progetto Creiamo-PA che prevede, tra le linee di intervento, quella relativa a "Modelli e strumenti per la transizione verso l'economia circolare", destinata in particolare alle Regioni.

A seguito dell'adozione del "Pacchetto rifiuti-economia circolare" da parte dell'Ue, il Governo annuncia modifiche alla normativa nazionale in tema di gestione dei rifiuti (con particolare riferimento al Decreto legislativo n. 152/06) nonché l'adozione di decreti "End of waste" sulla cessazione della qualifica di rifiuto volti, tra l'altro, ad incoraggiare il circolo virtuoso di prevenzione, riutilizzo e riciclo dei rifiuti, anche mediante meccanismi fiscali premianti (oltre al credito di imposta del 36%  per l'acquisto da parte delle imprese di prodotti riciclati da raccolta differenziata introdotto dalla Legge di bilancio 2019).

Il Governo annuncia misure per la riduzione dei rifiuti di plastica nell'ambito della revisione del Programma Nazionale di prevenzione dei rifiuti, richiamando le misure varate con la Legge di Bilancio 2019 e quelle previste dal c.d. Decreto crescita. Sarà inoltre modificata l'attività dei Consorzi nazionali di riciclaggio per coordinare azioni di contrasto al traffico illecito di rifiuti e sarà creata una cabina di regia per le attività legate all'inquinamento da amianto.

Procedure di infrazione

Il Governo conferma l'impegno volto a ridurre le infrazioni aperte nei confronti dell'Italia (da 117 nel 2014 alle 74 attuali), di cui il 23% riguarda l'ambiente (inquinamento atmosferico, rifiuti, acque reflue urbane).

3.3.5 Rete idrica, edilizia pubblica e prevenzione rischi sismici

Nella relazione Paese Italia del 2019 della Commissione europea si sottolinea, con riguardo alle priorità di riforma nel settore degli investimenti, che al Sud vengono fatti pochi investimenti efficaci nelle infrastrutture idriche, a fronte di persistenti rischi di scarsità di acqua e di siccità, e che sono necessari investimenti nella prevenzione del rischio sismico e idrogeologico onde ridurre la spesa per l'emergenza.

Alla luce di tali osservazioni, il PNR, nell’ambito delle linee di intervento riguardanti gli investimenti e le infrastrutture, prevede la riqualificazione delle infrastrutture idriche al fine di provvedere alla questione riguardante le emergenze idriche.

Al fine di favorire gli investimenti di completamento degli invasi per uso agricolo e civile, con il decreto del Ministro delle infrastrutture n. 526 del 6 dicembre 2018 è stato adottato il Piano straordinario per la realizzazione di interventi nel settore idrico (art. 1, comma 523, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 – Legge di bilancio 2018), che prevede 30 interventi finanziati per circa 250 milioni di euro.

Si prevede in particolare l’adozione di un apposito Fondo di Garanzia, che, oltre alle infrastrutture del servizio idrico integrato (acquedotti o impianti fognari e di depurazione), riguarderà anche gli investimenti sulle dighe.

In fase di adozione risulta, altresì, un primo stralcio del Piano nazionale di interventi nel settore idrico, riguardante, anche, la progettazione di interventi.

Obiettivi del Governo sono: garantire l’accesso universale all’acqua, rafforzare la tutela quali-quantitativa della risorsa, ridurre gli sprechi e incrementare gli investimenti di natura pubblica sul servizio idrico integrato.

Al riguardo, proposte di legge in materia di gestione pubblica e partecipativa del ciclo integrale delle acque (A.C. n. 52 e n. 773) sono all’esame della VIII Commissione (ambiente) della Camera dei Deputati.

Con riferimento all’edilizia pubblica, il Governo, attraverso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), intende rendere operativa la piattaforma digitale Building Information Modeling (BIM) per l’attività di progettazione e monitoraggio delle costruzioni, per un risparmio potenziale fino a 30 miliardi negli appalti pubblici.

In questo comparto è stato emanato il decreto 3 ottobre 2018 del MIT riguardante un Programma di recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà dei Comuni e degli Istituti autonomi per le case popolari comunque denominati, con un riparto di circa 321 milioni di euro tra le Regioni.

In merito alla prevenzione del rischio sismico, si prevedono interventi e misure di messa in sicurezza del patrimonio abitativo e di miglioramento del patrimonio energetico riguardanti: verifiche di vulnerabilità e progetti di adeguamento delle scuole in zone a rischio sismico 1 e 2, istituzione di dieci cantieri pilota per sensibilizzare i territori ad intervenire sulla messa in sicurezza di edifici pubblici esistenti e di Casa Sicura ‘Portale sisma bonus’, per agevolare la conoscenza e la fruizione della detrazione concessa.

Un accordo tra il MIT e Casa Italia prevede interventi per 6 milioni per la realizzazione di interventi di prevenzione sismica sulle cd. infrastrutture puntuali, come ospedali e caserme.

Nell’allegato D (orientamenti in materia di investimenti finanziati dalla politica di coesione 2021-2027 per l'Italia) risultano:

§  altamente prioritari investimenti intesi a promuovere l'adattamento ai cambiamenti climatici, la prevenzione dei rischi e la resilienza alle catastrofi;

§  investimenti per promuovere una gestione sostenibile delle acque e dei rifiuti e l'economia circolare.

 

Si segnala, infine, che sull’utilizzo dei Fondi strutturali e di investimento europei (SIE), si registra un ritardo di attuazione per l’Italia pari al 56 % rispetto al 63 % per l'UE nel suo complesso. Nel 2018 sono stati assegnati per migliorare, principalmente nell'Italia meridionale, la qualità delle aree, degli impianti e delle attrezzature per la fornitura di servizi pubblici locali nei settori della prevenzione dei rischi (2,3 miliardi di EUR), dell'economia circolare e della gestione delle risorse idriche (1,4 miliardi di EUR).

3.3.6 Politiche agricole

Nell’ambito del capitolo “Altre riforme” un apposito paragrafo è dedicato all’attività che il Governo intende svolgere nel settore agricolo.

Il primo obiettivo riguarda l’esigenza di semplificare le procedure.

A tal fine, è stato approvato, dal Consiglio dei ministri del 28 febbraio 2019, il disegno di legge sulle semplificazioni che, per il comparto agricolo, prevede una delega al Governo per migliorare la competitività e la sostenibilità delle filiere produttive seguendo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a)   semplificare gli adempimenti amministrativi a carico delle imprese agricole al fine della corresponsione dei contributi europei, nazionali e regionali previsti;

b)  semplificare i procedimenti amministrativi richiesti dagli enti locali per l’avvio dell’attività di impresa;

c)   rivedere la normativa sul funzionamento dei mercati per garantire un corretto funzionamento delle regole di concorrenza del mercato e un’equa ripartizione dei margini lungo la filiera;

d)  prevedere un sistema di rilevazione dei prezzi e dei costi di produzione delle imprese per assicurare una maggiore trasparenza nelle relazioni contrattuali;

e)   prevedere misure per incentivare l’aumento delle dimensioni delle aziende agricole, lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile e l’ammodernamento delle filiere, anche attraverso un maggior coordinamento degli incentivi esistenti;

f)    riordinare la disciplina relativa alle frodi agroalimentari;

g)   istituire un regime unico dei controlli di qualità dei prodotti di qualità certificata.

 

Si ricorda che è attualmente all’esame della Commissione agricoltura della Camera, in sede referente, la proposta di legge C. 982, che reca “Disposizioni per la semplificazione e l'accelerazione dei procedimenti amministrativi nelle materie dell'agricoltura e della pesca nonché delega al Governo per il riordino e la semplificazione della normativa in materia di pesca e acquacoltura”.

 

Un ulteriore intervento annunciato dal Governo riguarderà la riorganizzazione del Ministero delle politiche agricole, al fine di realizzare una struttura che favorisca una interlocuzione semplice e diretta con gli operatori, le associazioni e tutte le istituzioni del sistema: ci si prefigge, in particolare, il rafforzamento della tutela del Made in Italy agroalimentare, con la protezione delle indicazioni geografiche nel mondo e sul web, il contrasto all’Italian sounding e l’adozione di un sistema di etichettatura corretto e trasparente per la tutela dei consumatori.

 

Si ricorda, a tale proposito, che art. 1 del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86 (legge n. 97 del 2018) ha trasferito le funzioni in materia di turismo dal Ministero dei beni e delle attività culturali (e del turismo) al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che - da allora - ha assunto la denominazione di Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo (MIPAAFT). Con decorrenza 1° gennaio 2019, al MIPAAFT sono state altresì trasferite le risorse umane, strumentali e finanziarie, compresa la gestione dei residui, della Direzione generale turismo dell’ex MIBACT, nonché quelle comunque destinate all'esercizio delle funzioni oggetto del trasferimento. E’ stato quindi emanato il D.P.C.M. 12 novembre 2018 che ha individuato e definito la disciplina per il trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie del MIPAAFT e, successivamente, il DPCM 8 febbraio 2019, n. 25, che ha recato il regolamento di organizzazione del Ministero.

 

Altri ambiti di intervento riguarderanno la ricerca e la formazione professionale, che potrà essere realizzata attraverso la promozione di protocolli di cooperazione tra gli enti di ricerca, il mondo produttivo e gli istituti di formazione. Ulteriori azioni saranno indirizzate a rendere operativi i “distretti del cibo”, a rafforzare il Piano strategico nazionale sul biologico, a dare avvio alle mense biologiche certificate nelle scuole.

In ambito forestale, il Governo intende adottare la prima Strategia forestale nazionale, tramite l’emanazione di un decreto interministeriale, in base all’art. 6 del decreto legislativo n. 34 del 2018 (cosiddetto testo unico sulle foreste).

Nel corso dei mesi a venire entrerà nel vivo il negoziato per la riforma della politica agricola comune (PAC). La riduzione del budget a disposizione della politica agricola – riporta il PNR - potrebbe portare ad una fuoriuscita di alcune aziende dal mercato, con effetti negativi sull’ambiente e sul tessuto sociale, soprattutto nelle aree più fragili del Paese. Gli Stati membri sono chiamati a redigere un Piano strategico adattabile alle diverse realtà e che favorisca la competitività delle imprese. Particolare attenzione verrà prestata alla sostenibilità delle filiere zootecniche nazionali, adottando un disciplinare unico sul benessere animale, cui gli allevatori potranno aderire su base volontaria, avvalendosi dell’eventuale contributo PAC.

 

A tale proposito, si ricorda che il 1° giugno 2018 sono state pubblicate le proposte di riforma della politica agricola comune dopo il 2020, nell'ambito del futuro bilancio dell'Unione europea per il periodo 2021-2027.

Si tratta di tre proposte di regolamenti – il cui esame non è ancora terminato presso le istituzioni europee - relativi rispettivamente:

1)    ai piani strategici della PAC, con particolare riguardo a un nuovo metodo di lavoro relativo ai pagamenti diretti agli agricoltori, al sostegno allo sviluppo rurale e ai programmi di sostegno settoriali (COM(2018) 392);

2)    all'organizzazione comune unica di mercato (OCM unica) (COM(2018) 394);

3)    al finanziamento, alla gestione e al monitoraggio della PAC (COM(2018) 393.

Sul loro contenuto, si rinvia al dossier dell’Ufficio rapporti dell’Unione europea della Camera dei deputati (sul loro esame congiunto nelle Commissioni parlamentari competenti, si veda la seguente scheda per il Senato e la seguente scheda per la Camera).

 

Il Governo, inoltre, ritiene fondamentale rafforzare la pesca marittima anche attraverso un miglior utilizzo del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP).

 

Al riguardo, si ricorda che la Commissione europea ha presentato la proposta di regolamento COM(2018) 390, che ha lo scopo di istituire tale Fondo per il prossimo periodo di programmazione 2021-2027. Sui contenuti della predetta proposta, si rinvia al relativo dossier dell’Ufficio rapporti dell’Unione europea della Camera (per il relativo esame presso la Camera, si veda la seguente scheda; per il Senato, la seguente).

3.3.7 Politiche del turismo

Nell’ambito del capitolo “Altre riforme”, un apposito paragrafo del PNR è dedicato alle politiche dell’Esecutivo nel settore del turismo. Si segnala, peraltro, che in tale ambito non sono state indicate specifiche Raccomandazioni del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2018 dell’Italia.

Il PNR evidenzia come il Governo sia intervenuto sotto il profilo della governance nel settore, ridefinendo le attribuzioni relative al turismo, a seguito del trasferimento delle funzioni in materia dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali al Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari, Forestali e del Turismo (MIPAAFT).

 

Si ricorda, infatti, che il D.L. n. 86/2018 ha disposto il trasferimento al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (che ha assunto la nuova denominazione di Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo - MIPAAFT) delle funzioni in materia di turismo già esercitate dal MIBACT. Il D.L. ha altresì disposto il trasferimento al MIPAAFT, con decorrenza dal 1° gennaio 2019, delle risorse umane, strumentali e finanziarie, compresa la gestione dei residui, della Direzione generale per le politiche del turismo del MIBACT nonché quelle comunque destinate all'esercizio delle funzioni oggetto del trasferimento.

 

Il PNR evidenzia che il Dipartimento del Turismo presso il MiPAAFT non si occuperà solo delle politiche del turismo, ma anche di politiche di promozione e valorizzazione dei territori in ottica enogastronomica, con azione integrata e di sostegno al settore nei suoi vari comparti professionali e industriali.

Si rileva, inoltre, che tra i temi che saranno trattati nell’ambito della Conferenza Stato Regioni, attraverso il concerto con i dicasteri competenti e sentite le principali categorie professionali ed industriali, saranno compresi, in particolare, il riordino della normativa relativa alle professioni turistiche e ai sistemi di agevolazione fiscale vigenti (Tax Credit ristrutturazione e Tax credit digitalizzazione), nonché la risoluzione delle problematiche relative alle concessioni demaniali marittime, alla luce della Direttiva Servizi UE (Direttiva Bolkestein).

Il PNR evidenzia, inoltre, che nel settore ricettivo saranno promosse misure come la definizione di un codice identificativo unico, a supporto della lotta all’abusivismo.

Si sottolinea altresì la necessità di una ridefinizione organica della regolamentazione applicativa dell’imposta di soggiorno, attraverso la contrattazione con i Comuni, tale da dotarli di un efficace sistema di accertamento, eventualmente utilizzando banche dati già esistenti.

La base di partenza per la programmazione finanziaria saranno le linee di attività individuate dal Piano Strategico del Turismo 2017-2022, in una prospettiva di integrazione con le politiche agricole, che definisca un quadro più ampio di tutela del Made in Italy. In tale contesto, l’Esecutivo intende focalizzare l’attenzione sulle specificità del Sud Italia, definendo una serie di iniziative coordinate, imperniate sulla valorizzazione delle specificità territoriali, fondate sul binomio enogastronomia e turismo, con specifica attenzione alle aree interne, che devono diventare uno dei fattori di maggiore attrattività del nostro Paese.

Il PNR evidenzia inoltre la necessità di una revisione dell’approccio operativo e funzionale di ENIT - Agenzia Italiana del Turismo, al fine di consentire all’ente di esercitare funzioni di coordinamento reale e di definire le linee di indirizzo relative alla promozione turistica e all’internazionalizzazione del Made in Italy (sul punto si rinvia più specificamente alla sezione Concorrenza e sostegno alle imprese e al Made in Italy).

Si ricorda, in proposito, che il citato D.L. n. 86/2018 ha devoluto, rispettivamente, al Ministro e al Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo le competenze relative all'ENIT – Agenzia nazionale del turismo e alla società Promuovi Italia S.p.A., in liquidazione.

Il PNR sottolinea infine l’intenzione del Governo di avviare la trasformazione digitale della rilevazione dati e la relativa rielaborazione, nel contesto della diffusione del wi-fi a livello nazionale, con l’ambizione di costituire un contesto integrato di supporto anche alla digitalizzazione dell’offerta turistica.

 


 

3.4. Sostegno alle imprese e riequilibrio territoriale

3.4.1. Concorrenza e sostegno alle imprese

La Raccomandazione n. 2 formulata nei confronti dell’Italia dal Consiglio dell’UE nel mese di luglio 2018 sollecita l’Italia ad affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore dei servizi, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza.

Nel DEF, il Governo preannuncia l’adozione, entro il 2019, di una nuova legge annuale sulla concorrenza e di nuove iniziative legislative per la tutela e la promozione di un’equa concorrenza, la revisione delle concessioni pubbliche e il potenziamento delle autorità di regolazione.

Si osserva che le iniziative in questione non vengono ulteriormente specificate.

A tale proposito, appare utile ricordare che la Commissione Europea, nella Relazione per paese relativa all'Italia 2019 (cd. Country Report) del 27 febbraio 2019[52] ha effettuato una prima valutazione circa il livello di attuazione delle raccomandazioni 2018 formulate nei confronti dell’Italia. La Commissione ha rilevato come non siano stati compiuti progressi per quanto riguarda l'eliminazione delle restrizioni alla concorrenza per la quale permangono ostacoli importanti. Alcuni settori, tra cui quello dei servizi alle imprese e del commercio al dettaglio risentirebbero ancora di una regolamentazione eccessiva. L'attuazione tempestiva della legge annuale sulla concorrenza del 2015 e l'eliminazione delle rimanenti restrizioni alla concorrenza sosterrebbero la produttività. Le restrizioni, osserva la Commissione, riguardano soprattutto l’apertura dei negozi. Nell’ambito della propria valutazione, l’attuazione della Raccomandazione n. 2 acquisisce rilevanza per la procedura di monitoraggio degli squilibri macroeconomici.

Con riferimento alle misure di sostegno alle imprese, esse vengono prevalentemente orientate a sostenerne crescita e competitività, attraverso la ripresa degli investimenti e lo sviluppo tecnologico del tessuto imprenditoriale italiano, caratterizzato in prevalenza da realtà produttive piccole e medie.

Il PNR evidenzia la necessità di ridurre in maniera sostanziale le barriere agli investimenti, sia pubblici che privati, in linea con le osservazioni formulate dalla Commissione europea nel Country Report di febbraio 2019 (cfr. Box infra).

A questo riguardo, il Governo ritiene opportuno agire su diversi fronti, con politiche di accesso al credito per le imprese, di alleggerimento del carico amministrativo e di sostegno al tessuto imprenditoriale nella sua posizione sull’estero.

 

Ostacoli strutturali agli investimenti, produttività e competitività dell’Italia e analisi delle risposte politiche nel Country Report 2019 della Commissione UE

Nel Country Report del 27 febbraio 2019, la Commissione UE ha aggiornato l’esame condotto nell’ambito del monitoraggio degli squilibri macroeconomici nei confronti dell’Italia.

All’origine degli squilibri macroeconomici dell’Italia e dell’andamento dell’economia vi sono, secondo la Commissione, debolezze di tipo strutturale.

In particolare, la produttività totale dei fattori, che dà la misura dell’efficienza con cui il capitale e il lavoro vengono utilizzati nella produzione, ha avuto, nel periodo 2010-2017, un tasso annuale di crescita debole, in media solo dello 0,3 %, vale a dire 0,5 punti percentuali in meno rispetto alla media dell'UE. Anche nel 2018, la produttività totale dei fattori è prevista in aumento dello 0,4 % e il divario di produttività tra l'Italia e l'UE continua ad ampliarsi. La debole crescita della produttività è riconducibile a carenze strutturali: un basso livello d'investimenti e d'innovazione, ostacoli alla concorrenza, debolezze del settore pubblico e un contesto non favorevole alle imprese sono tra gli elementi di freno. Il divario regionale resta poi acuto.

La Commissione rileva come le misure volte a stimolare gli investimenti privati e l'innovazione, come il piano "Impresa 4.0", hanno esercitato in generale un effetto positivo. Occorrerebbe però rendere permanenti le misure ritenute più efficaci a seguito di una valutazione approfondita. Inoltre, le micro e piccole imprese incontrano particolari difficoltà ad adottare strategie di miglioramento della produttività. Le misure a sostegno della conoscenza (come i cluster tecnologici) e della cooperazione tra imprese aiutano soprattutto le imprese più piccole ad affrontare queste difficoltà e ad aumentare la loro bassa produttività.

In un apposito focus, la Commissione conduce un’analisi dei fattori che costituiscono un ostacolo agli investimenti e le azioni prioritarie in corso. Tra questi, viene richiamato l'accesso delle imprese ai finanziamenti, pesantemente sbilanciato a favore delle banche nelle quali persistono sacche di vulnerabilità (si rinvia al Capitolo della presente sezione del dossier sul Settore bancario e finanziario). Un sistema finanziario più diversificato, con mercati dei capitali sviluppati completerebbe il finanziamento bancario e renderebbe il sistema finanziario dell'Italia più resiliente agli shock, soprattutto nei periodi in cui i canali del credito sono compromessi. Sebbene notevolmente rafforzato negli ultimi anni, il finanziamento non bancario è ancora modesto rispetto al credito bancario alle imprese (circa 700 miliardi di euro nel settembre 2018). La Commissione richiama le misure in proposito già adottate, tra cui il rafforzamento del venture capital pubblico, il crowdfunding per le PMI e le start-up, l'incentivo alla capitalizzazione delle imprese con capitale proprio e i mini-bond, gli interventi in materia di Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Richiama altresì l’istituzione di un nuovo Fondo per il venture capital e l’estensione dei PIR alle società non quotate. Tuttavia, rileva come - nell'ambito della legge di bilancio 2019 - sia stato abolito l'incentivo alla capitalizzazione delle imprese con capitale proprio (ACE), il quale ha contribuito a ridurre l'indebitamento e a promuovere il capitale proprio delle imprese.

Sul miglioramento dell'accesso delle imprese ai mercati finanziari – oggetto della Raccomandazione n. 3 formulata dal Consiglio nei confronti dell’Italia a luglio 2018 – la Commissione valuta dunque progressi limitati del nostro Paese.

La Commissione rileva altresì come sia indispensabile promuovere gli investimenti pubblici e privati attraverso investimenti nell'istruzione superiore e nelle competenze. Gli investimenti nell'innovazione e il sostegno all'efficienza delle piccole imprese rafforzerebbero la produttività. Inoltre, gli investimenti pubblici possono attirare investimenti privati, creando condizioni favorevoli, mediante la promozione delle infrastrutture pertinenti (ad esempio, nel campo della ricerca, dei trasporti e dell'energia).

Quanto alla risposta politica agli squilibri macroeconomici individuati, la Commissione europea rileva che l'espansione di bilancio prevista dal Governo non prevede misure efficaci per far fronte alla debole crescita potenziale dell'Italia e, in particolare, per colmare il persistente divario di produttività rispetto alla media dell'UE. La riforma della pubblica amministrazione è stata attuata. Il miglioramento dell'efficienza nella giustizia civile resta però limitato. Inoltre, l'attuazione della legge annuale sulla concorrenza del 2015 è in ritardo e devono ancora essere eliminate le restanti restrizioni alla concorrenza.

Il Governo intende dare priorità a:

·      la tutela del Made in Italy e la promozione dell’internazionalizzazione delle imprese italiane;

·      il rafforzamento del venture capital e del Piano ‘Impresa 4.0’;

·      la promozione dell’innovazione tecnologica;

·      la tutela delle PMI;

·       il pagamento dei debiti della PA;

·      il contrasto agli abusi nell’utilizzo dei fondi pubblici;

·       lo sviluppo delle aree sottoutilizzate;

·      la tutela dell’ambiente e le energie alternative.

In tale ottica, il Governo richiama l’approvazione, in Consiglio dei Ministri, di un Decreto legge tutt’ora in corso di definizione, che introduce misure urgenti per la crescita economica, in particolare, sgravi e incentivi fiscali, disposizioni per il rilancio degli investimenti privati e norme per la tutela del Made in Italy.

Il Governo segnala inoltre la pubblicazione di un portale web grazie al quale gli imprenditori possono trovare tutte le informazioni relative alle misure nazionali di incentivazione disponibili.

Al contempo, vengono prospettate azioni di semplificazione amministrativa per l’avvio di impresa, l’ottenimento di permessi edilizi, il trasferimento della proprietà immobiliare e il pagamento delle imposte.

Nell’ambito dei fondi per lo sviluppo delle tecnologie emergenti, che hanno visto il rifinanziamento e la prosecuzione in legge di bilancio di alcune misure già introdotte nella scorsa legislatura con il cd. Piano Impresa 4.0[53], il DEF richiama l’adozione, a febbraio 2019, da parte del Ministero dello Sviluppo Economico di un decreto, in attesa del visto della Corte dei Conti, che incrementa di 150 milioni il Fondo per la crescita sostenibile, per il sostegno di iniziative di ricerca e sviluppo nei settori applicativi della Strategia nazionale di specializzazione intelligente.

Il Governo prospetta poi un rafforzamento del Fondo di Garanzia delle PMI, attraverso apposite misure, contenute nel cd. D.L. crescita, in corso di definizione.

Inoltre, viene preannunciata l’istituzione di una Banca per gli Investimenti con garanzia esplicita dello Stato, con la funzione di fungere da cabina di regia e da promotore per una razionalizzazione degli strumenti di accesso al credito per le PMI. Gli sportelli unici per l’impresa, già esistenti a livello territoriale, verranno inoltre potenziati.

3.4.2 Fondi strutturali e politica di coesione

Il quadro di governance istituzionale per le politiche di coesione, delineato dall’articolo 10 del D.L. n. 101/2013, è stato rafforzato dal Decreto legge 12 luglio 2018, n. 86, che ha ridefinito i ruoli delle competenti strutture della Presidenza del Consiglio e dell’Agenzia per la coesione territoriale (sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio), al fine di dare nuovo impulso all'azione di programmazione, coordinamento, sorveglianza e sostegno della politica di coesione, determinando una accelerazione dei programmi di spesa e un miglioramento della capacità programmatoria coordinata del sistema.

Il rafforzamento della governance assume rilevo anche in considerazione degli impegni che il Dipartimento per le politiche di coesione (DPCoe) e l’Agenzia per la coesione territoriale (ACT) sono chiamati a portare avanti nel corso del 2019, con particolare riferimento al presidio dell’attuazione della programmazione 2014-2020 e la fitta agenda del negoziato con la Commissione europea e gli altri partner europei per il ciclo di programmazione post 2020.

La programmazione dei fondi strutturali 2007-2013

Nel quadro della programmazione 2007-2013 dei Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE), ormai giunta a conclusione, è proseguito il confronto con i servizi della Commissione europea al fine di addivenire alla chiusura formale e al pagamento del saldo richiesto entro il 31 marzo 2017, che ha consentito di raggiungere l’obiettivo di “sostanziale pieno assorbimento delle risorse cofinanziate del ciclo di programmazione 2007-2013”.

Alla data del 31 marzo 2017 si è registrata una certificazione complessiva di spesa pari a 46,2 miliardi, a fronte di risorse programmate pari a 45,8 miliardi, corrispondenti al 101% del totale programmato.

La programmazione dei fondi strutturali 2014-2020

In relazione alla programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali e di investimento europei (SIE), tutti i programmi operativi cofinanziati dai fondi FESR e FSE relativi all’obiettivo "Investimenti in favore della crescita e dell'occupazione" sono ormai entrati nella fase attuativa. Si tratta di 51 programmi (di cui 12 nazionali e 39 regionali) per un valore complessivo di investimenti pari a oltre 53 miliardi, incluso il cofinanziamento nazionale.

L’importo delle risorse programmate tiene conto sia dell’adeguamento tecnico del Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) 2014-2020 per l’anno 2017 - che ha assegnato all’Italia ulteriori 1.645 milioni (in tale occasione sono stati assegnati all’Italia anche 343 milioni all’Iniziativa occupazione giovani-IOG), a cui si sono aggiunti 800 milioni di cofinanziamento nazionale - sia della riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale di alcuni Programmi operativi, nazionali e regionali, relativamente ad alcune regioni meno sviluppate e in transizione.

Si ricorda, infatti, che per alcuni Programmi Operativi (i Programmi Nazionali Governance e capacità Istituzionale, Città metropolitane, Ricerca e Innovazione, Scuola e Inclusione sociale, e i Programmi operativi regionali delle Regioni Basilicata, Sicilia e Molise) è stata richiesta nel mese di ottobre, e successivamente approvata dalla Commissione, la variazione del tasso di cofinanziamento nazionale. Ciò ha comportato – si legge nel Comunicato dell’Agenzia per la coesione del 2 gennaio 2019 - una riduzione delle risorse dei Programmi Operativi da 54,2 a 53,1 miliardi di euro.

Nell’ambito della Programmazione 2014-2020, le Amministrazioni titolari di Programmi operativi sono tenute al rispetto di specifici target di spesa il cui mancato raggiungimento comporta la perdita di risorse finanziarie pari alla differenza rispetto al target da raggiungere (disimpegno automatico). Tali target seguono la cosiddetta regola comunitaria N+3 (stabilita dall’articolo 136 del Regolamento UE 1303/2013) secondo la quale le Amministrazioni titolari di Programmi operativi devono presentare alla Commissione europea domande di pagamento, ossia richieste di rimborso, relative a spese sostenute e controllate entro il 31 dicembre del terzo anno successivo all’impegno di bilancio riferito ai Programmi medesimi.

 

Al 31 dicembre 2018 dei 51 Programmi Operativi cofinanziati dai fondi UE, 48 programmi Operativi hanno raggiunto l’obiettivo fissato per l’N+3 per il 2018, di cui 10 PON e 38 POR, scongiurando di fatto il rischio di perdita delle relative risorse dal disimpegno automatico.

Solo i seguenti 3 Programmi non hanno raggiunto gli obiettivi di spesa, per complessivi 61,25 milioni di euro come di seguito indicato:

· PON Inclusione (24,69 milioni di euro);

· PON Ricerca e Innovazione (35,09 milioni di euro);

· POR Valle D’Aosta FSE (1,47 milioni di euro).

Il PON Inclusione e il PON Ricerca e Innovazione hanno presentato richiesta di eccezione al disimpegno automatico alla Commissione europea. A conclusione delle verifiche, la Commissione europea quantificherà con propria decisione le effettive perdite di risorse comunitarie che saranno calcolate tenendo conto della categoria di regione e del relativo fondo.

 

Complessivamente - come riportato nel Comunicato dell’Agenzia per la coesione del 2 gennaio 2019 - la spesa sostenuta e certificata alla Commissione europea al 31 dicembre 2018 è pari a 9,7 miliardi di euro, con un livello del tiraggio delle risorse comunitarie a valere sul bilancio UE intorno a 6,2 miliardi di euro, pari al 118% del target (fissato a 5,2 miliardi), con un risultato che supera ampiamente le soglie di spesa previste al 31 dicembre.

Spesa certificata per gruppi di regioni al 31.12.2018*

 

Nell’impostazione strategica della politica di coesione 2014-2020, il DEF e il relativo Allegato recante la “Relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate” sottolineano, infine, la rilevanza delle tre Strategie (la Strategia Nazionale di Specializzazione Intelligente, la Strategia per le Aree Urbane e la Strategia per le Aree Interne), evidenziando i progressi compiuti in relazione a ciascuna di esse.

In particolare, la Strategia nazionale per le aree interne del Paese rappresenta una azione diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, definite come quelle aree più lontane dai servizi di base, che interessano oltre il 30% del territorio nazionale ed il 7,6% della popolazione italiana. La Strategia è sostenuta sia dai fondi europei (FESR, FSE e FEASR), per il cofinanziamento di progetti di sviluppo locale, sia da risorse nazionali (281,18 milioni messi a disposizione dalle leggi di stabilità 2016 e 2017 e dalla legge di bilancio per il 2018).

Il DEF 2019 riporta che nel 2017 si è completato il processo di selezione di 72 aree pilota (4 in più rispetto al 2016) che comprendono 1.077 Comuni, per 2.072.718 abitanti. Le aree selezionate sono quelle in cui si è registrata una maggiore perdita di popolazione (4,6% tra il 2000 e il 2011) e che presentano più seri problemi strutturali di accessibilità, in linea con quanto previsto dall’Accordo di Partenariato. Al 31 dicembre 2018, risultano approvate le Strategie definitive in 34 aree, per un totale di investimenti di 565,8 milioni, con il 62% di investimenti in favore di progetti di sviluppo e il 38% di investimenti per il miglioramento de i servizi alla persona (mobilità, istruzione e trasporti). Alle risorse programmate in tali aree, grazie anche alla sinergia generata con la Strategia, hanno contribuito 365,83 milioni rinvenienti dalla programmazione 2014-2020 dei fondi SIE.

Nuova disciplina della c.d. regola del 34 per cento nella assegnazione degli stanziamenti statali ordinari in conto capitale

La legge di bilancio per il 2019 è intervenuta sulle modalità di verifica del rispetto del principio di assegnazione differenziale degli stanziamenti statali ordinari in conto capitale secondo il criterio di proporzionalità rispetto alla popolazione di riferimento, introdotto dall'articolo 7-bis del decreto-legge n. 243/2016.

Si ricorda che tale disposizione introduce, in nome del principio del riequilibrio territoriale, il criterio di assegnazione differenziale di risorse aggiuntive a favore degli interventi nei territori delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Sardegna, disponendo che le Amministrazioni centrali dello Stato si debbano conformare all'obiettivo di destinare agli interventi nelle regioni del Mezzogiorno un volume complessivo annuale di stanziamenti ordinari in conto capitale proporzionale alla popolazione di riferimento (corrispondente, cioè, 34% degli stanziamenti) o conforme ad altro criterio relativo a specifiche criticità.

La legge di bilancio per il 2019 è intervenuta sulla disciplina:

§  semplificando le procedure attualmente previste e disponendo che i programmi di spesa in conto capitale delle amministrazioni centrali interessati dalla norma vengano individuati annualmente, non più con direttiva del Presidente del Consiglio, bensì nel Documento di Economia e Finanza (DEF) - in sede di prima applicazione, dalla Nota di aggiornamento del DEF 2019 - su indicazione del Ministro per il Sud;

§  includendo nell'ambito degli stanziamenti oggetto di verifica anche quelli compresi nei contratti di programma (inclusi quelli vigenti) del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e Anas S.p.A..

Entro il 28 febbraio di ogni anno le Amministrazioni centrali trasmettano al Ministro per il Sud, che cura l’applicazione del principio di assegnazione differenziale di risorse aggiuntive a favore delle suddette Regioni, ed al Ministro dell'economia e delle finanze, con apposita comunicazione, l'elenco dei programmi di spesa ordinaria in conto capitale interessati dall'applicazione di tale regola.

In attesa del decreto attuativo, che deve essere emanato entro il 30 giugno 2019, che stabilisca le modalità con le quali verificare se le amministrazioni centrali si siano conformate all’obiettivo, il DEF 2019 riporta l’elenco dei programmi di spesa ordinaria in conto capitale per l’anno 2019, individuati in via sperimentale.

Programmi di spesa ordinaria in conto capitale delle amministrazioni centrali

Fonte: DEF 2019 – Sezione III PNR pag 122.

 


 

3.5. Istituzioni e Giustizia

3.5.1 Pubblica amministrazione

Nella Relazione relativa all'Italia del 27 febbraio 2019 (Country Report), la Commissione europea, pur riconoscendo che dal 2011 ad oggi sono stati compiuti alcuni progressi[54], sottolinea – come già nel Country Report degli ultimi anni (2018, 2017 e 2016) – che la modernizzazione della pubblica amministrazione continua a restare una delle questioni strutturali cruciali del nostro Paese. Infatti, «il livello medio delle prestazioni è tra i più bassi dell'UE, con ripercussioni negative sia sulle imprese che sui cittadini. A questo esito concorrono la complessità delle procedure, la sovrapposizione delle responsabilità e la gestione carente del pubblico impiego».

Nel Report 2019, la Commissione richiama in particolare il valore strategico delle seguenti azioni per il nostro Paese:

§  orientare le istituzioni pubbliche ad una maggiore efficienza ed efficacia, specie in favore delle attività imprenditoriali: sul punto si rileva che l’impatto delle riforme di semplificazione delle autorizzazioni adottate nel 2017-2018, è ancora limitato;

§  digitalizzare processi e servizi pubblici, che comporterebbe notevoli risparmi e il miglioramento della qualità dei servizi. Secondo gli indicatori di e-Government, infatti, l’Italia ha prestazioni inferiori alla media UE;

§  accelerare le procedure amministrative: in questo caso, secondo la Commissione, le misure adottate in attuazione della riforma del 2015 attraverso le nuove disposizioni in materia di Conferenza dei servizi e SCIA, sono state completate e devono essere rese operative, soprattutto sostenendo gli enti locali.

 

Per quanto riguarda il miglioramento nella gestione del pubblico impiego, azione fortemente auspicata nel Country Report 2018, la Commissione evidenzia che gli effetti della riforma del pubblico impiego del 2017 (D.Lgs. 75/2017) potrebbero necessitare di tempi lunghi di verifica, in quanto «la modifica di prassi amministrative di lunga data, in particolare a fronte di uno scarso ricambio generazionale e un elevato numero di persone con contratti a tempo determinato, potrebbe rivelarsi difficoltosa».

Pertanto, la Commissione europea auspica che alle riforme avviate possa essere affiancato lo sblocco del turn over e la riforma della dirigenza pubblica, ritenuta fondamentale per l’efficienza della pubblica amministrazione.

 

Sulle politiche in esame, nel DEF 2019 il Governo, alla sezione del PNR 2019 (paragrafo III.4) dichiara che, a fronte dei recenti ed ampi tentativi di riforme della PA che non hanno avuto risultati apprezzabili, intende procedere in maniera mirata, con singoli interventi tesi all’efficientamento e alla modernizzazione della PA.

In tale contesto, il Governo conferma due provvedimenti già annunciati nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2018, successivamente tradotti in disegni di legge che sono attualmente all’esame del Parlamento: il disegno di legge per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo (A.S. n. 920-B, nel testo che la Camera ha ritrasmesso al Senato con modifiche) e il disegno di legge recante deleghe in materia di lavoro dei dipendenti pubblici, ai fini del miglioramento della pubblica amministrazione (A.S. 1122).

In particolare, attraverso il cd. disegno di legge concretezza il Governo individua singole misure con la finalità di migliorare l’azione della PA in termini di maggiore efficienza e di eliminare altresì i disequilibri regionali: creazione di un nuovo organismo di verifica e controllo delle amministrazioni; ulteriori strumenti per contrastare il fenomeno dell’assenteismo; misure per accelerare lo sblocco delle assunzioni. La tavola del cronoprogramma stima che tale riforma sarà realizzata entro il 2020 (azione 37).

 

Con il secondo provvedimento (A.S. 1122), qualificato dal Documento in esame come "collegato alla manovra di finanza pubblica", il Governo intende impostare la riforma della dirigenza pubblica, non realizzata nel ciclo delle recenti riforme del pubblico impiego e volta ad incentivare la qualità della prestazione lavorativa dei dirigenti, valorizzando il merito, favorendo la formazione continua e definendo con maggiore chiarezza i criteri per la valutazione della performance.

La tavola del cronoprogramma stima che tale riforma sarà realizzata entro il 2020 (azione 40).

 

Ancora in materia di pubblico impiego, l’Esecutivo dichiara l’intenzione di puntare ad un progressivo e urgente ricambio generazionale nella PA che favorisca anche le competenze digitali e le professionalità con competenze strategiche alle esigenze della PA. Ricorda che in tale ambito sono in fase di attuazione una serie di misure previste dalla legge di bilancio per il 2019.

Per il Governo alle politiche di ricambio generazionale è coessenziale lo snellimento delle procedure concorsuali per l’accesso all’impiego alle dipendenze delle PA., mediante l’utilizzo del sistema del concorso unico nelle amministrazioni dello Stato, negli enti pubblici non economici e nelle agenzie nazionali. Sull’espletamento delle relative procedure è in corso di definizione un DM che stabilisce modalità semplificate.

 

Nell’ottica del miglioramento dell’efficienza della PA, il Governo ricorda infine le misure contenute nel D.L. 135/2018 (conv. L. 12/2019) in materia di sostegno e semplificazione dei costi e degli adempimenti per le imprese (c.d. decreto semplificazioni).

Accanto alle azioni già intraprese, il Governo richiama le ulteriori misure deliberate dal Consiglio dei Ministri che, nella seduta del 28 febbraio ha approvato dieci disegni di legge contenenti deleghe al Governo in materia di semplificazione e codificazioni.

Dei provvedimenti annunciati, allo stato quattro di essi sono stati presentati al Parlamento.

Si tratta dei seguenti provvedimenti:

§  S.1162, Delega al Governo per la semplificazione, la razionalizzazione, il riordino, il coordinamento e l'integrazione della normativa in materia di contratti pubblici;

§  C.1698, Delega al Governo in materia di turismo;

§  S.1151, Delega al Governo per la revisione del codice civile;

§  S.1152, Delega al Governo per la semplificazione e la razionalizzazione della normativa in materia di ordinamento militare.

 

La tavola del cronoprogramma stima che tali riforme saranno realizzate entro il 2020 (azione 36).

3.5.2 Giustizia

La Raccomandazione n. 2 del Consiglio europeo per il 2018 - riprendendo sostanzialmente quanto già previsto nella omologa Raccomandazione per il 2016 e 2017 - invita l'Italia a ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio, facendo rispettare le norme di disciplina procedurale, incluse quelle già prese in considerazione dal legislatore”, nonché ad “aumentare l’efficacia della prevenzione e repressione della corruzione riducendo la durata dei processi penali e attuando il nuovo quadro anticorruzione”.

A tale Raccomandazione il Governo, nel Programma nazionale di riforma 2019,  intende rispondere con l’individuazione di una serie di azioni strategiche - inserite nel cronoprogramma che ne indica i tempi di realizzazione -  e degli strumenti normativi atti a concretizzare le azioni stesse. Nel Paragrafo dedicato alla Giustizia sono trattati in particolare gli interventi concernenti il processo civile, il processo penale, la lotta alla corruzione e il sistema penitenziario. Trasversale alle azioni indicate nei vari settori è la politica per il personale della giustizia, individuata come uno dei mezzi attraverso i quali  il governo intende migliorare l’efficienza del sistema giudiziario.

Inserite nel Paragrafo dedicato alla Sicurezza pubblica, sono invece le azioni strategiche volte al contrasto della criminalità e alla lotta alle mafie.

 

Processo civile

Nella Relazione per paese relativa all'Italia (Country Report) del  27 febbraio 2019, la Commissione europea rileva come l'Italia abbia compiuto progressi solo limitati nel dare attuazione alla sopra citata Raccomandazione del Consiglio. Più nel dettaglio, l'istituzione europea lamenta la perdurante scarsa efficienza del sistema giudiziario civile italiano. Pur riconoscendo che, nel complesso, le riforme passate stanno iniziando a incidere positivamente sulla durata dei processi nei gradi di giudizio superiori, ribadisce tuttavia la necessità di limitare gli abusi del processo e garantire un funzionamento più efficiente dei tribunali al fine di ridurre la durata dei procedimenti, tramite una complessiva riforma della procedura civile. Tra le altre criticità persistenti del sistema giudiziario civile italiano la Commissione  individua: l'utilizzo tuttora limitato e incoerente del filtro di inammissibilità per gli appelli al giudice di secondo grado; i numerosi posti vacanti per il personale amministrativo; le grandi differenze che persistono tra i tribunali per quanto riguarda l'efficacia della gestione dei procedimenti.

A fronte di tali considerazioni, il PNR 2019 annovera l’efficienza del processo civile tra le azioni strategiche e specifica secondo quanto indicato nel  cronoprogramma che l’obiettivo dovrebbe essere realizzato entro il 2019. Al riguardo il Governo, pur ribadendo il trend di riduzione della durata media dei procedimenti civili, richiama l’esigenza di programmare interventi normativi idonei in relazione al permanere delle criticità.

In particolare, oltre al potenziamento del processo telematico, non solo in ambito civile ma anche penale e tributario, il PNR ritiene fondamentale intervenire sul processo civile, attualmente caratterizzato dalla predeterminazione legale dei poteri del giudice e delle parti, con un ambizioso intervento di riforma. Tale intervento che dovrebbe concretizzarsi nell’adozione di un disegno di legge di delega è, secondo quanto riportato dal Governo, in fase avanzata di elaborazione ed è imperniato sulla semplificazione del processo civile monocratico tramite l’individuazione di un unico rito semplificato modellato sullo schema del rito sommario di cognizione. Analoghi meccanismi semplificatori dovrebbero essere introdotti per le cause riservate alla decisione del tribunale in composizione collegiale e per i giudizi dinanzi al giudice di pace e di secondo grado. La riforma dovrebbe inoltre investire gli istituti della mediazione obbligatoria e della negoziazione assistita.

 

Tra gli interventi di modifica al codice di procedura civile il Governo annovera la collocazione in tale codice della disciplina dell’azione di classe (prima contenuta nel codice del consumo) ad opera della legge approvata definitivamente dal Parlamento il 3 aprile 2019 (AS 844) con la finalità di potenziare questo istituto allargandone il campo d'applicazione. Il Governo inserisce l’approvazione della c.d. class action tra le azioni strategiche per la competitività,

 

Con riguardo al miglioramento dell’efficienza dell’amministrazione giudiziaria il PNR sottolinea la centralità degli interventi sul personale e l’importanza di perseguire l’obiettivo della copertura e dell’ampliamento delle piante organiche nonché della riqualificazione del personale in servizio.

Si ricorda, al riguardo, che con la legge di Bilancio 2019 sono infatti state autorizzate le assunzioni a tempo indeterminato, per il triennio 2019-2021, di 3.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale. L’organico della magistratura ordinaria viene aumentato di 600 unità e il Ministero della giustizia è, nel contempo, autorizzato a bandire annualmente, nel triennio 2019-2021, un concorso annuale per un massimo di 200 posti.

 

Giustizia penale lotta alla corruzione e riforma dei tempi di prescrizione

Nel Country Report la Commissione sottolinea la scarsa efficienza della giustizia penale con riguardo ai tempi del processo che risultano sostanzialmente invariati dal 2014 e rimangono tra i più lunghi dell'UE in tutti i gradi di giudizio.

In particolare la Commissione evidenzia come a livello di appello i lunghi tempi del processo (2,5 anni) siano dovuti principalmente all'elevato numero di cause pendenti da oltre 2 anni e all'aumento del contenzioso anche a causa dei tassi di appello in crescita (si è infatti passati dal 40 % al 45 % nel periodo 2014-2017).

Al riguardo, il PNR sottolinea la necessità di una riforma del processo penale volta ad assicurare la ragionevole durata del processo e recuperare l’efficienza del sistema nelle regole del “giusto processo”. Tale obiettivo, secondo il cronoprogramma è da realizzare nel periodo 2019-2020. Secondo quanto riportato dal Governo, il disegno di legge di riforma è allo studio di un tavolo tecnico istituito presso il Ministero della Giustizia in confronto con le categorie professionali organizzate.

 

Sul fronte della lotta alla corruzione, la Commissione europea, nel citato Country Report, ritiene invece significativi i progressi compiuti dall'Italia. In particolare l’istituzione europea fa positivo riferimento al nuovo quadro normativo per la protezione del whistleblower e soprattutto alla nuova legge anticorruzione (n. 3 del 2019) che inasprisce le pene per i delitti di corruzione, estende a tali casi tecniche investigative speciali sotto copertura, rafforza la deterrenza tramite l’interdizione perpetua dai pubblici uffici o l’incapacità in perpetuo di contrattare con la pubblica amministrazione per gli autori di atti di corruzione.

Per restituire effettività all’azione di accertamento e repressione dei reati la Commissione fa riferimento altresì alla realizzata riforma dell’istituto della prescrizione, la cui entrata in vigore è prevista a partire dal 1 gennaio 2020, che sospende definitivamente la decorrenza della prescrizione dopo la sentenza di condanna di primo grado.

Come è noto la riforma dell’istituto della prescrizione è contenuta nella citata legge n. 3 del 2019 (c.d. Spazzacorrotti), attraverso la modifica degli articoli 158, 159 e 160 del codice penale. L'entrata in vigore della riforma della prescrizione è fissata al 1° gennaio 2020.

 

Sistema penitenziario

Tra le azioni strategiche inserite nel cronoprogramma il Governo individua la “riforma della detenzione” la cui realizzazione è prevista nell’arco temporale 2019-2022.

Nel PNR si fa riferimento al riguardo all’obiettivo di realizzare un processo di riqualificazione che permetta di superare le carenze strutturali delle carceri e il sovraffollamento. In particolare il Governo ricorda l’adozione di specifiche misure in materia di edilizia penitenziaria.

Il riferimento è al DL 135 del 2018, il cui art. 7 contiene  disposizioni volte a far fronte all'emergenza determinata dal progressivo sovraffollamento delle strutture carcerarie e a consentire una più celere attuazione del piano di edilizia penitenziaria in corso.

Anche in tale settore, il Governo ha previsto nella legge di Bilancio 2019 l’assunzione di personale dell’amministrazione penitenziaria, con particolare riguardo al personale dirigenziale, tecnico e amministrativo, nonché di diverse unità del Corpo di polizia penitenziaria al fine di incrementare l’efficienza degli istituti penitenziari, nonché per le necessità di prevenzione e contrasto della diffusione dell’ideologia di matrice terroristica in ambito carcerario

 

Contrasto alla criminalità organizzata e alle mafie

Tra le azioni che il Governo intende perseguire sul versante  della sicurezza pubblica, il Governo inserisce la lotta contro le mafie e le organizzazioni criminali.

Nell’ambito di tale azione strategica – da realizzare secondo il crono programma entro il 2019 - il Governo riconosce dunque come essenziale l’aggressione alle ricchezze illecitamente accumulate.  Al riguardo, nel PNR non sono indicate specifiche azioni da intraprendere, ma sono ricordate le principali misure già adottate, i cui effetti consentiranno di potenziare il ruolo dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, tramite la semplificazione delle procedure, al rafforzamento dell’organico, all’autonomia finanziaria dell’Agenzia.

In particolare si ricorda il Regolamento sull’organizzazione e la dotazione delle risorse umane e strumentali  dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, (D.p.R 8 agosto 2018). Il Governo ricorda altresì gli interventi in materia, contenuti nel decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113  (c.d. sicurezza e immigrazione) che contiene specifiche disposizioni volte a migliorare l’efficienza e la funzionalità dell’Agenzia, con particolare riguardo alla possibilità della stessa di vendere sul mercato gli immobili confiscati, impedendo che rimangano a carico dello stato per un lungo periodo.

 

In tema di contrasto alla criminalità il PNR ritiene inoltre significativa l’approvazione della legge sulla legittima difesa.

Si ricorda che il 28 marzo 2019, il Parlamento ha definitivamente approvato la proposta di legge (A.S. 5 e abb.-B; A.C. 1309-A) volta a modificare la disciplina della legittima difesa. Il provvedimento che non è ancora stato pubblicato in Gazzetta ufficiale, rafforza le tutele per colui che reagisce ad una violazione del domicilio, e interviene inoltre su alcuni reati contro il patrimonio (furto in abitazione e con strappo, rapina) e sul delitto di violazione di domicilio.

 

Tra gli interventi volti a contrastare la criminalità il PNR inserisce anche il disegno di legge recante disposizioni per il contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive, attualmente all’esame della Camera dei deputati.

Si ricorda che l’AC 1603-ter, (Legge di delega al Governo per l’adozione di disposizioni per il contrasto della violenza in occasione di manifestazioni sportive) di iniziativa governativa, è frutto dello stralcio dell’AC 1603 (Deleghe al Governo e altre disposizioni in materia di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché misure di contrasto della violenza in occasione delle manifestazioni sportive e di semplificazione) e modifica la disciplina del c.d. DASPO, divieto di accesso alle competizioni sportive e prevede l’adozione di un testo unico in materia di prevenzione e di contrasto dei fenomeni di violenza connessi alle manifestazioni sportive. Il Governo ha indicato tale disegno di legge quale collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2020.

 

Riforma della disciplina delle crisi di impresa e insolvenza

Tra i  temi affrontati dal PNR nel Paragrafo dedicato alla Giustizia, il Governo inserisce quello della riforma della disciplina delle crisi di impresa e dell’insolvenza.

Tale riforma è infatti annoverata le azioni strategiche del crono programma, che ne fissa la realizzazione entro il 2019. Si tratta in realtà di un intervento normativo già adottato: il decreto legislativo n. 14 del 2019 che, in attuazione della legge delega per la riforma della crisi di impresa e dell’insolvenza, è volto ad introdurre una disciplina organica della materia. Gli effetti del provvedimento si dispiegheranno a partire dall’entrata in vigore di esso, ossia decorsi 18 mesi dalla data di pubblicazione del decreto, e dunque il 14 agosto 2020.

3.5.3 Sicurezza pubblica

Nel PNR  si evidenzia che le azioni che il Governo intende perseguire in tale ambito riguardano:

i)    il contrasto dei flussi migratori irregolari, in una logica di condivisione delle responsabilità della difesa delle frontiere esterne dell’Unione Europea;

ii)  la revisione dell’ordinamento degli enti locali, per contrastare il condizionamento dei poteri criminali e la corruzione;

iii)             la lotta contro tutte le mafie e le organizzazioni criminali, anche attraverso nuovi strumenti, per colpirne le ricchezze illecitamente accumulate (su cui si veda il paragrafo Giustizia);

iv)il potenziamento dell’innovazione tecnologica e l’introduzione delle modifiche ordinamentali per la lotta alla criminalità diffusa (su cui si veda il paragrafo Giustizia).

 

Immigrazione

Il PNR segnala preliminarmente il trend decrescente degli sbarchi di migranti sul nostro territorio a partire dal 2017, tendenza consolidata a partire da giugno 2018, con una riduzione percentuale pari all’80 per cento.

Viene preannunciato un “nuovo approccio” da parte del Governo nelle politiche di contenimento dei flussi migratori verso l’Europa, “che vanno intercettati nei Paesi di partenza e transito”, tema che deve essere altresì gestito in una dimensione europea. Il Governo intende inoltre rivedere il canale della protezione umanitaria “cui accedono anche persone che in base alla normativa europea sull’asilo non avevano i requisiti per la protezione internazionale al momento dell’ingresso nel nostro Paese e che, ora, permangono sul territorio con difficoltà di inserimento”.

Il Governo ricorda inoltre che è stata avviata la riforma del sistema di accoglienza, ferme restando le particolari misure da assicurare alle categorie vulnerabili e gli interventi di accoglienza integrata (SPRAR).

La gestione dei flussi migratori richiede la piena operatività dei Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR), che attualmente hanno una disponibilità complessiva di 880 posti. Nuovi centri sono in corso di realizzazione. Altrettanto importanti – si evidenzia nel PNR - sono le misure, e le relative risorse, per i rimpatri volontari assistiti (RVA), con il finanziamento anche di fondi europei (FAMI).

Con riferimento all’area di policy Immigrazione e sicurezza, appartenente all’ambito Competitività, il PNR individua l’azione n. 48: Contrasto all’immigrazione irregolare e tutela della sicurezza cittadino che nel cronoprogramma si dà per realizzata nel 2018 (TavolaI.1, p. 5).

In proposito si ricorda che il Governo ha approvato a settembre 2018 il decreto-legge 113 del 2018, convertito in legge nel dicembre successivo.

 

Si ricorda, inoltre, che la I Commissione Affari costituzionali della Camera ha avviato il 6 aprile 2018 una indagine conoscitiva in materia di immigrazione, diritto di asilo e gestione dei flussi.

 

Carta d’identità elettronica

Viene ricordato, nel PNR, che è giunta a completamento la progettazione della piattaforma informatica e dell’infrastruttura tecnologica per la carta d’identità elettronica (CIE). La conseguente implementazione e realizzazione è in fase di ultimazione. Al 31 agosto 2018 sono state installate postazioni di lavoro presso 7.395 Comuni. Le CIE emesse alla stessa data risultano in totale 4.934.152.

 

Al riguardo si ricorda che nel mese di aprile 2019 la I Commissione della Camera ha avviato l’esame in sede referente della proposta di legge A.C. 432 che reca disposizioni concernenti l’implementazione dell’uso della carta d'identità elettronica e la sua utilizzazione per l'accertamento dell'identità personale.

 

Nel marzo 2019 è stato approvato dal Governo il Piano triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione 2019-2021, documento di indirizzo strategico ed economico destinato alle amministrazioni che accompagna la trasformazione digitale del Paese.

 

Nel proseguire gli indirizzi contenuti nella versione 2017-2019, il Piano:

§  sostiene il percorso inclusivo di crescita digitale delle PA centrali e locali con un maggiore coinvolgimento della figura del responsabile per la transizione al digitale;

§  definisce i principi architetturali fondamentali, le regole di interoperabilità delle infrastrutture nazionali e il modello di cooperazione fra ecosistemi e piattaforme;

§  facilita il rapporto tra le PA e il mercato, coinvolgendo anche i soggetti privati nello sviluppo di servizi integrati ed interoperabili;

§  introduce una nuova chiave di lettura delle iniziative di trasformazione digitale che individua le aree di intervento e l’impatto sugli interlocutori e gli attori principali del percorso: i cittadini, le imprese e le PA.

 

Forze di polizia

Nel PNR si fa presente che assume particolare rilievo la modernizzazione degli ordinamenti del personale delle Forze di Polizia, i cui ruoli sono stati ridisegnati dal decreto legislativo n. 95 del 2017 ma il cui processo di attuazione è tuttora in corso.

 

Si ricorda, in proposito, che in attuazione della legge di riorganizzazione della pubblica amministrazione n. 124/2015, si è proceduto alla revisione dei ruoli delle Forze di polizia ed alla riorganizzazione del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, inclusa l'istituzione del Fondo per l'operatività del soccorso pubblico. Il riordino dei ruoli ha fatto seguito al provvedimento di razionalizzazione e potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia, con cui è stato disposto, tra l'altro, l'assorbimento delle funzioni del Corpo forestale dello Stato nell'ambito delle altre Forze di Polizia con particolare riguardo all'Arma dei Carabinieri.

La legge di conversione del decreto-legge n. 113 del 2018 ha delegato il Governo all'adozione, entro il 30 settembre 2019, di decreti legislativi integrativi e correttivi in materia di riordino dei ruoli delle Forze armate e delle Forze di polizia sulla base delle risorse presenti nel fondo di cui all'articolo 35 del medesimo decreto-legge n. 113, di cui la legge di bilancio 2019 ha disposto ulteriori rifinanziamenti.

Si ricorda, inoltre, che sono in discussione alla Camera una serie di proposte di legge relative allo sviluppo di politiche integrate della sicurezza e al riordino della disciplina della polizia locale (A.C. 242 e abb.).

 

Ordinamento enti locali

Il Governo preannuncia nel PNR l’intenzione di presentare un disegno di legge di delega legislativa per una revisione sistematica dell’ordinamento degli enti locali, che ridefinisca il complessivo assetto della materia, armonizzando le disposizioni originarie sia con la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, con gli interventi di settore succedutisi negli anni.

 

Si ricorda, in proposito, che il decreto legge "proroga termini" n. 91/2018 (art. 1, comma 2-ter) ha disposto l'istituzione di un tavolo tecnico-politico, presso la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, per la redazione di linee guida finalizzate all'avvio di un percorso di revisione organica della disciplina in materia di ordinamento delle province e delle città metropolitane, al superamento dell'obbligo di gestione associata delle funzioni e alla semplificazione degli oneri amministrativi e contabili a carico dei comuni, soprattutto di piccole dimensioni.

Il 10 gennaio 2019 il tavolo tecnico si è riunito per la prima volta sotto la presidenza del sottosegretario all'Interno Stefano Candiani. Nelle sedute del 14 febbraio e del 13 marzo 2019 il tavolo tecnico ha affrontato la questione del riordino delle province e della ridefinizione delle città metropolitane.

Per un quadro generale della normativa vigente in materia di ordinamento e funzioni degli enti locali si veda il dossier Enti locali: ordinamento e funzioni (2018).

 

Reingegnerizzazione del sistema informativo elettorale

Nel PNR si preannuncia l’intenzione di procedere alla reingegnerizzazione del Sistema Informativo Elettorale (S.I.EL) per l’adeguamento delle infrastrutture tecnologiche al nuovo sistema di assegnazione dei seggi, introdotto con la legge n. 165 del 2017 che ha riformato il sistema per l’elezione dei componenti della Camera e del Senato. Il riferimento nel DEF è anche alle prossime elezioni europee, previste nella giornata di domenica 26 maggio 2019.

 

Nel corso dell’audizione sulle linee programmatiche svolta il 25 luglio 2018 presso le Commissioni riunite Affari costituzionali della Camera e del Senato il Ministro dell’interno, Matteo Salvini, ha evidenziato che con l’intervento di reingegnerizzazione in questione il Siel verrà adeguato sia in termini di flessibilità operativo-gestionale sia di interoperabilità, garantendo un funzionale sistema a supporto tecnico-operativo delle prefetture e dei comuni.

3.5.4 Riforme costituzionali

Nel PNR si evidenzia come l’obiettivo di fondo delle riforme costituzionali attualmente in corso di esame parlamentare è rappresentato dal “miglioramento della qualità delle decisioni attraverso una più ampia ed effettiva partecipazione dei cittadini alla vita politica” e da una “maggiore efficacia delle attività delle Camere”.

Gli interventi di riforma costituzionale all’esame del Parlamento riguardano in particolare:

§  la riduzione del numero dei parlamentari (C. 1585, già approvato dal Senato),

§  il rafforzamento delle iniziative legislative popolari, il cui iter può sfociare in un referendum popolare, e la modifica del quorum del referendum abrogativo (S. 1089, già approvato dalla Camera).

La tavola del cronoprogramma stima che tali riforme saranno realizzate tra il 2019 e il 2022 (azione 48).

 

Riduzione del numero dei parlamentari

Il testo approvato dal Senato ed attualmente all'esame della Camera (C. 1585) dispone, in particolare, una riduzione pari al 36,5 per cento del numero dei parlamentari, passando dagli attuali 945 a 600.

Più precisamente, il numero dei deputati passa da 630 a 400, compresi i deputati eletti nella circoscrizione Estero, che sono ridotti da dodici a otto. Il numero dei senatori elettivi, invece, è ridotto da 315 a 200, compresi i senatori eletti nella circoscrizione Estero, che passano da sei a quattro.

Il testo interviene anche sulla previsione costituzionale dell'art. 57, terzo comma, che individua un numero minimo di senatori per ciascuna Regione. Rispetto al testo vigente, si stabilisce che è pari a tre il numero minimo di senatori elettivi per ciascuna regione o provincia autonoma; resta immutata la rappresentanza senatoriale del Molise (due senatori) e della Valle d'Aosta (un senatore) prevista dal vigente articolo 57, terzo comma, della Costituzione.

La riduzione del numero dei parlamentari trova applicazione a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della legge costituzionale ed, in ogni caso, non prima che siano trascorsi sessanta giorni dalla predetta data di entrata in vigore.

Parallelamente, la Commissione Affari costituzionali della Camera sta esaminando un progetto di legge (C. 1616), anch'esso già approvato dal Senato, di modifica della normativa elettorale al fine - come evidenziato nel corso del dibattito parlamentare - di "rendere neutra, rispetto al numero dei parlamentari fissato in Costituzione, la normativa elettorale per le Camere. (…) In base allo schema proposto, eventuali modifiche del numero dei deputati e dei senatori, stabilito agli articoli 56 e 57 della Costituzione, non richiederanno specifici interventi di armonizzazione della normativa elettorale che diversamente sarebbero necessari per evitare problemi di funzionamento del sistema".

Nel corso dell’esame parlamentare è stata svolta un’indagine conoscitiva sul provvedimento con audizioni di esperti della materia.

 

Disposizioni in materia di iniziativa legislativa popolare e di referendum

Il testo approvato dalla Camera dei deputati, in prima deliberazione, ed attualmente all'esame del Senato (S. 1089), introduce per l'iniziativa legislativa popolare una procedura ‘rinforzata', ossia tale da concludersi - al verificarsi di alcune condizioni - con lo svolgimento di una consultazione referendaria. Questo, qualora l'iniziativa legislativa popolare sia sorretta da un numero di sottoscrizioni di almeno 500.000 elettori e le Camere non la approvano entro 18 mesi dalla sua presentazione.

3.5.5 Autonomia differenziata

Il programma nazionale di riforma richiama l'attuazione dell'art.116, terzo comma, della Costituzione, in materia di attribuzione di forme e condizioni di autonomia ulteriori alle regioni ordinarie rispetto a quanto previsto nel riparto di competenze legislative fra Stato e regioni, sancito all'art.117, commi secondo, terzo e quarto.

Il riferimento all'attuazione dell'art.116, terzo comma, opera in continuità rispetto a quanto previsto nel Programma di Governo e nella Nota di aggiornamento al DEF 2018.

 

Ai sensi dell'art 116, terzo comma, con legge da approvare con la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, il Parlamento può attribuire alle regioni "ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia" sulla base di un'intesa fra lo Stato e la regione interessata[55].

L'autonomia differenziata può essere riconosciuta:

1)    in tutte le materie in cui è prevista una potestà legislativa concorrente fra Stato e regione (art. 117, terzo comma, Cost.): rapporti internazionali e con l'Unione europea delle regioni;         commercio con l'estero;          tutela e sicurezza del lavoro;          istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni;     ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi;    tutela della salute;       alimentazione; ordinamento sportivo;            protezione civile;        governo del territorio;             porti e aeroporti civili;            grandi reti di trasporto e di navigazione;        ordinamento della comunicazione;     produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;      valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale;  enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale;

2)    nelle seguenti materie di potestà legislativa esclusiva statale: organizzazione della giustizia di pace (art. 117, secondo comma, lett. l), Cost.); norme generali sull'istruzione (art. 117, secondo comma, lett. n), Cost.); tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali (art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.).

 

Si tratta di una disposizione che, introdotta nel 2001 in sede di riforma del titolo V della Costituzione, non ha avuto sino ad oggi piena attuazione.

Tuttavia, come evidenziato nel Documento in esame, nella parte conclusiva della XVII legislatura sono stati avviati i negoziati con il Governo su iniziativa delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Il 28 febbraio 2018 si è giunti alla sottoscrizione di tre distinti accordi "preliminari" , con cui le parti hanno inteso dare rilievo al percorso intrapreso e alla convergenza su principi generali, metodologia e un preliminare elenco di materie (Tutela dell'ambiente e dell'ecosistema; Tutela della salute; Istruzione; Tutela del lavoro; Rapporti internazionali e con l'Unione europea) in vista della definizione dell'intesa per l'attribuzione dell'autonomia differenziata.

Con l'avvio della XVIII legislatura le trattative sono proseguite e si sono arricchite con la richiesta delle regioni interessate di estendere la discussione ad ulteriori materie.

Come specificato nel DEF, il Consiglio dei ministri ha avviato l'esame di nuove bozze di intesa (invero nel testo del DEF si fa riferimento, evidentemente per un mero refuso, ad "intese [già] siglate") in vista della definitiva sottoscrizione.

Nella seduta del Consiglio dei ministri n.44 del 14 febbraio 2019, sulla base di quanto si apprende dal relativo comunicato stampa, il Ministro per gli Affari regionali "ha illustrato i contenuti delle intese. Il Consiglio dei ministri ne ha preso atto e condiviso lo spirito".

 

Sul sito internet del Dipartimento Affari regionali della Presidenza del Consiglio si dà conto di tre bozze di intesa sulle quali si è registrata la convergenza di Governo e regioni interessate, il cui articolato è, al momento, limitato alle sole Disposizioni generali.

 

Il tema dell'autonomia differenziata è già oggetto di taluni approfondimenti conoscitivi da parte di Commissioni bicamerali: nello specifico, la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha avviato l'indagine conoscitiva "sul processo di attuazione del regionalismo differenziato ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione" e la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale sta svolgendo audizioni "in materia di autonomia finanziaria delle Regioni e di attuazione dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione".

 

Si segnala peraltro che negoziati per l'attuazione del regionalismo differenziato sono stati attivati anche con altre regioni: Liguria, Toscana, Piemonte, Marche e Umbria (si veda in proposito l'intervento del Ministro per gli affari regionali in occasione dell'illustrazione delle linee programmatiche in materia di autonomie regionali resa dinanzi alle Commissioni affari costituzionali di Camera e Senato il 18 settembre 2018).   Le trattative con tali regioni, a cui non si fa cenno nel Documento in esame, sono in uno stato meno avanzato rispetto a quelle in corso con Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna.

3.5.6 Politica estera

Per quanto attiene alla proiezione internazionale del nostro Paese, il Programma nazionale di riforma si ricollega agli orientamenti espressi dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale nella seduta del 10 luglio scorso delle Commissioni congiunte Affari esteri dei due rami del Parlamento sulle linee programmatiche del suo dicastero.

Il PRN pone pertanto in rilievo, nell’ambito della sezione dedicata alla Difesa[56], che l’azione del Governo sarà finalizzata, nel solco della tradizionale collocazione politico-internazionale italiana, alla tutela degli interessi nazionali, “prestando la massima attenzione nella destinazione delle relative risorse, a fronte dei costi associati”.

Particolare rilievo assume, inoltre, nell’ambito della sezione su Ambiente e energia[57], il riferimento ad azioni di politica estera coerenti con le sfide ambientali con le quali il nostro Paese è chiamato a confrontarsi (inquinamento, cambiamenti climatici, desertificazione, sfruttamento eccessivo delle risorse naturali e perdita di biodiversità). 

In tale prospettiva si prevede la prosecuzione della partecipazione del nostro Paese alla definizione del Quadro generale per la biodiversità post-2020 nell’ambito della Convenzione di Rio de Janeiro sulla diversità biologica ed il rafforzamento della partecipazione italiana ai processi internazionali di governance, con particolare riferimento ai processi per la formulazione di un “Patto Globale per l’Ambiente” (GPE) e dell’Accordo attuativo per la Protezione della Biodiversità al di fuori delle giurisdizioni nazionali (BBNJ) e a specifiche misure per limitare i rifiuti marini (marine litter) e per il recupero degli stessi.

Aiuto pubblico allo sviluppo

Si ricorda che nel Programma di stabilità per l’Italia è riportato un box[58] che fa il punto sulle risorse stanziate per l’Aiuto pubblico allo sviluppo (APS) italiano nel 2018. Il testo precisa che, sulla base di stime preliminari, nel 2018 l’APS italiano dovrebbe attestarsi su 4,24 mld di euro, pari allo 0,24 per cento del reddito nazionale lordo (RNL), con un decremento di 1 mld rispetto al 2017, attribuibile in larga misura alla riduzione delle spese destinate all’accoglienza temporanea in Italia dei rifugiati e dei richiedenti asilo.

Il Governo conferma in ogni caso l’esigenza di un riallineamento dell’Italia agli standard internazionali in materia di APS, proseguendo il percorso di avvicinamento all’obiettivo dello 0,7 per cento del RNL fissato nel 2015 dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e in linea con quanto previsto dall’art. 30 della legge n. 125 del 2014.

Il testo sottolinea altresì la necessità di un maggiore coordinamento delle politiche pubbliche nel settore della cooperazione internazionale, con l’obiettivo di migliorare la qualità e la coerenza dell’azione dell’Italia in tema di APS valorizzando, in particolare, gli strumenti previsti dalla normativa di settore.

3.5.7 Difesa

Per quanto concerne il comparto della Difesa “Duplice uso sistematico delle Forze armate ” e “resilienza” sono tra le parole chiave del DEF 2019 in linea di continuità con le linee programmatiche presentate dal Ministro della Difesa Elisabetta Trenta al Parlamento lo scorso 26 luglio e poi dettagliate nel documento di integrazione concettuale pubblicato sul sito del Ministero della Difesa a settembre.

 

Rispetto al passato tali obiettivi sembrano acquisire una più incisiva valenza programmatica unitamente ad altri elementi di continuità in particolare rispetto alla posizione italiana nell’ambito della struttura di difesa comune integrata della Nato e nel contesto della Politica di sicurezza e Difesa Comune (PSDC) dell’Ue.

Il duplice uso civile e militare delle tecnologie e delle forze armate

Nel Documento si sottolinea come lo strumento militare abbia svolto e verosimilmente continuerà a svolgere con sempre maggiore impegno,  rilevanti iniziative in concorso e a sostegno delle autorità civili in caso di disastri naturali o antropici.

Da tale considerazione consegue che, da un punto di vista strategico, anche gli equipaggiamenti per le forze armate, o almeno buona parte di essi, dovranno essere disegnati e costruiti in vista di un loro molteplice uso militare e civile – denominato “multipurpose by design[59]. Un così “sistemico” utilizzo anche in ambito civile delle competenze e delle capacità a duplice uso di cui la Difesa dispone contribuirebbe ad incrementare le capacità di “resilienza nazionale” del Paese a supporto della collettività.

Difesa collettiva e collaborazione pubblico-privato

La definizione di una Strategia Generale Nazionale di sicurezza che valorizzi le competenze e le potenzialità di tutte le componenti del Sistema Paese con particolare riferimento al mondo dell'università, della ricerca, dell'industria e al settore privato rappresenta un obiettivo strategico chiaramente delineato nel Documento in esame. Lo strumento militare viene, infatti, considerato parte di un sistema collegiale più ampio, che coinvolge le autorità pubbliche e il settore privato nel suo complesso, in grado di confrontarsi con le moderne minacce e i rischi per la sicurezza.

Il Governo dichiara, pertanto, di voler promuovere le politiche per l’innovazione e per la ricerca scientifica e tecnologica, con il contributo del mondo accademico, dell’industria e del settore privato. Nello specifico si impegnerà per creare e integrare competenze specialistiche avanzate nel settore industriale, attraverso la formazione di centri di competenza ad alta specializzazione costituiti da Università/ricerca e industria (grandi e piccole-medie imprese), al fine di favorire il trasferimento tecnologico e l’innovazione nei processi produttivi, l’adozione e la diffusione delle tecnologie abilitanti.

Nell’analisi dei fattori di rischio del Paese particolare attenzione viene data alla minaccia cibernetica e alla conseguente necessità di investire in adeguati programmi di difesa cibernetica.

Con riferimento alla necessità di garantire elevati sistemi di difesa della rete energetica nazionale contro possibili intrusioni di natura cibernetica, il Governo intende potenziare le capacità di resilienza del sistema, favorire la produzione e l’approvvigionamento da fonti eco-sostenibili e adoperarsi per la riduzione dei consumi e dei fabbisogni. In tale contesto il Governo esaminerà la possibilità di implementare “distretti energetici intelligenti” (smart military district), nei quali sia massimizzato il ricorso all’auto-consumo (…) in un alveo certo di sicurezza cibernetica, in perfetta simbiosi con il binomio cyber security - energy security.

Personale militare

Sul fronte del personale militare il Governo, a fronte del progressivo invecchiamento del personale militare e civile della Difesa, intende favorire lo sblocco del turn over e garantire nuove assunzioni. Dichiara, inoltre, di voler proseguire la compiuta regolamentazione dell’esercizio dell’associazionismo sindacale del personale delle Forze armate e dei corpi di Polizia ad ordinamento militare.

 

Al riguardo, si ricorda che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 120 del 2018, innovando il proprio precedente orientamento giurisprudenziale su questo tema ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1475, comma 2, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), in quanto prevede che “I militari non possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale o aderire ad altre associazioni sindacali” invece di prevedere che “I militari possono costituire associazioni professionali a carattere sindacale alle condizioni e con i limiti fissati dalla legge; non possono aderire ad altre associazioni sindacali”.

Nella richiamata sentenza la  Corte,  nel riconoscere la legittimità di associazioni professionali a carattere sindacale,  ha sottolineato la necessità di una puntuale regolamentazione della materia in considerazione della specificità dell’ordinamento militare e della sussistenza di peculiari esigenze di “coesione interna e neutralità”, che distinguono le Forze armate dalle altre strutture statali. In tale settore, sottolinea la Corte, non è concepibile alcune vuoto normativo, “vuoto che sarebbe di impedimento allo stesso riconoscimento del diritto di associazione sindacale”. In attesa del varo dell'intervento legislativo, al fine di non ledere o comprimere l'esercizio del diritto di associazione sindacale tra i militari, il Ministero della Difesa, con circolare del 21 settembre 2018[60], ha provveduto a integrare le disposizioni interne in materia di associazionismo tra militari, indicando specifiche condizioni per consentire l'avvio delle procedure di costituzione delle associazioni professionali a carattere sindacale.

In relazione a questo argomento sono attualmente in corso di esame presso la Commissione difesa della Camera le proposte di legge C. 875 Corda, C. 1060 Maria Tripodi, C. 1702 Pagani[61].

Partecipazione alle missioni internazionali

Nella sezione I del Documento di economia e finanza, programma di stabilità per l’Italia[62], il Governo fa presente che nella prossima manovra di finanza pubblica sarà previsto uno stanziamento di 1,5 miliardi (1,1 miliardi al netto degli effetti fiscali e contributivi)  per garantire la partecipazione dell’Italia alle missioni internazionali.

 

Si ricorda che l’articolo 4 della legge n. 145 del 2016 ha previsto l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, di un apposito Fondo per il finanziamento delle missioni internazionali, la cui dotazione è stabilita annualmente dalla legge di bilancio, ovvero da appostiti provvedimenti legislativi (comma 1). Il Fondo è ripartito attraverso un apposito DPCM sottoposto al parere delle competenti commissioni parlamentari. L’ultima legge di bilancio per l’anno 2019 ha dotato tale fondo di circa 997,2 milioni di euro.

Il grafico di seguito riportato descrive l’andamento degli oneri finanziari delle missioni internazionali nel periodo 2004-2018 come riportati dalla Relazione della Corte dei conti sul rendiconto generale dello Stato sui singoli anni quanto al periodo 2004-2014 e dalle autorizzazioni di spesa disposte dai provvedimenti di autorizzazione e proroga per quanto riguarda gli anni 2015-2018[63].

 

 


 

3.6. Lavoro, Previdenza, Sanità e Educazione

3.6.1. Lavoro

Obiettivi e raccomandazioni

Riguardo al tasso di occupazione, l'obiettivo indicato per l'Italia nell'àmbito della Strategia Europa 2020 consiste nell'elevamento almeno al 67 per cento per i soggetti della fascia d'età compresa tra i 20 ed i 64 anni (obiettivo che costituisce la trasposizione per il nostro Paese del target generale, rappresentato dall'elevamento al 75 per cento del medesimo tasso). Riguardo in generale al mercato del lavoro, la quarta raccomandazione formulata per l'Italia, nel 2018, dal Consiglio dell'Unione europea auspicava di: accelerare l’attuazione della riforma delle politiche attive del lavoro, per garantire parità di accesso ai servizi di assistenza nella ricerca di lavoro ed alla formazione; incoraggiare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro attraverso una strategia globale, razionalizzando le politiche di sostegno alle famiglie ed estendendo la copertura delle strutture di assistenza all’infanzia.

Nel quarto trimestre del 2018 il valore del suddetto tasso di occupazione per i soggetti della fascia d'età compresa tra i 20 ed i 64 anni è stato pari, in Italia, al 63,0 per cento (il valore per i soli uomini è stato pari al 72,8 per cento e per le sole donne al 53,3 per cento).

Interventi adottati nella legislatura in corso

Riguardo alle misure già adottate nella corrente legislatura, il Documento in esame fa riferimento, in particolare, al complesso di interventi di cui al cosiddetto "decreto dignità" - D.L. 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2018, n. 96 - e di cui al recente decreto-legge - D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26 - che ha introdotto l'istituto del Reddito di cittadinanza ed ha previsto - sia ai fini dell'attuazione di quest'ultimo sia ai fini dello sviluppo delle politiche attive del lavoro in generale - un potenziamento dei centri per l'impiego. Riguardo a queste ultime due misure, si rinvia all'apposito paragrafo del presente dossier.

Il summenzionato "decreto dignità", per quanto riguarda le politiche per il lavoro, ha operato alcune modifiche alla disciplina del contratto a tempo determinato, della somministrazione di lavoro, delle prestazioni di lavoro occasionali, dei limiti minimi e massimi della misura dell'indennità in caso di licenziamento illegittimo, degli sgravi contributivi per assunzioni e delle misure di disincentivo alla delocalizzazione delle imprese.

Più in particolare, in merito alle tipologie contrattuali, il decreto:

§  ha ridotto la durata massima del contratto di lavoro a termine, pari nella disciplina previgente a 36 mesi, prevedendo un limite di 12 mesi e definendo alcune ipotesi in cui il contratto può avere una durata superiore, nel rispetto di un limite massimo di 24 mesi. Tali ipotesi sono costituite dalla sussistenza di esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, o di esigenze di sostituzione di altri lavoratori oppure di esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria. I nuovi limiti trovano applicazione anche per le ipotesi di proroghe o rinnovi dei contratti a termine (per i rinnovi, inoltre, l'ammissibilità è subordinata, anche nell'àmbito dei 12 mesi, alla sussistenza delle medesime ipotesi previste per la possibilità di elevamento del limite da 12 a 24 mesi);

§  ha esteso ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati da un soggetto somministratore le norme relative ai limiti di durata e di rinnovi e proroghe dei contratti a termine e ha posto un limite quantitativo per il numero complessivo di lavoratori assunti a termine e di quelli utilizzati mediante somministrazione di lavoro a tempo determinato;

§  ha definito con riferimento a specifiche categorie di committenti (imprenditori agricoli, aziende alberghiere, strutture ricettive che operano nel settore del turismo, enti locali) alcune deroghe alla disciplina generale delle prestazioni di lavoro occasionali.

In merito agli incentivi per le assunzioni, il "decreto dignità" ha previsto una riduzione dei contributi previdenziali, in favore dei datori di lavoro privati, con riferimento alle assunzioni con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, effettuate nel biennio 2019-2020, di soggetti aventi meno di 35 anni di età e che non abbiano avuto (neanche con altri datori) precedenti rapporti di lavoro a tempo indeterminato (non costituisce motivo ostativo il precedente svolgimento di rapporti di apprendistato, sempre che non siano proseguiti in rapporti a tempo indeterminato). La riduzione è applicata su base mensile, per un periodo massimo di 36 mesi, ed è pari al 50 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico del datore di lavoro (con esclusione dei premi relativi all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali); in ogni caso, la misura massima della riduzione è pari a 3.000 euro su base annua.

Si ricorda che, in base alla disciplina generale a regime (di cui all'articolo 1, commi da 100 a 108 e da 113 a 115, della L. 27 dicembre 2017, n. 205), un beneficio analogo è previsto, per le fattispecie in esame, solo nel caso in cui l'età del lavoratore sia inferiore ai 30 anni.

Si ricorda altresì che l'articolo 1, comma 247, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, consente, per gli anni 2019 e 2020, la destinazione di risorse finanziarie per favorire l’assunzione con contratto a tempo indeterminato, nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna, di soggetti che non abbiano compiuto i 35 anni di età ovvero di soggetti di età pari o superiore alla suddetta soglia, purché privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi. Tali misure possono consistere anche in un esonero contributivo integrale della quota di contribuzione a carico del datore di lavoro privato (fatti salvi i premi assicurativi summenzionati), entro il limite massimo di un importo pari a 8.060 euro su base annua.

Riguardo alle delocalizzazioni, il "decreto dignità" prevede:

§  alcune ipotesi di decadenza dai benefìci - relativi ad aiuti di Stato per l’effettuazione di investimenti produttivi - per le imprese che operino una delocalizzazione delle attività economiche (le norme in esame distinguono a seconda che la delocalizzazione sia operata o meno in Stati appartenenti allo Spazio economico europeo);

§  alcune ipotesi di decadenza o di riduzione dei benefìci per i casi in cui l'impresa, fuori dei casi riconducibili a giustificato motivo oggettivo, operi riduzioni, in misura superiore a determinate percentuali, dei livelli occupazionali degli addetti all’unità produttiva o all’attività interessata da misure di aiuto di Stato che prevedessero la valutazione dell’impatto occupazionale.

Linee di intervento indicate nel Documento

Sotto il profilo delle modalità di intervento legislativo, il Documento in esame conferma, tra i disegni di legge "collegati alla manovra di finanza pubblica", quelli già così qualificati nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2018, tra cui il disegno di legge delega per la semplificazione e il riassetto delle norme in materia di lavoro - disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 28 febbraio 2019 ed in attesa di presentazione alle Camere - ed il disegno di legge per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo (A.S. n. 920-B, nel testo che la Camera ha ritrasmesso al Senato con modifiche). Inoltre, il Documento attribuisce la qualifica di "collegato" ad altri disegni di legge, tra i quali l'A.S. n. 1122 (disegno di legge recante deleghe in materia di lavoro dei dipendenti pubblici, ai fini del miglioramento della pubblica amministrazione). Riguardo ai suddetti due disegni di legge in materia di pubblico impiego, si rinvia allo specifico paragrafo del presente dossier.

Il Documento dedica specifica attenzione all'ipotesi dell'introduzione del salario minimo - ipotesi che, afferma il Documento, "potrebbe essere oggetto di valutazione" -. Riguardo alle proposte di legge presentate in materia alla Camera ed al Senato, aventi l'obiettivo di far corrispondere ai lavoratori una retribuzione complessiva proporzionata e sufficiente alla quantità e qualità del lavoro prestato, nel rispetto dei princìpi costituzionali, il Documento assume come riferimento l'A.S. n. 658; tale disegno di legge - ricorda il Documento - propone un intervento che garantisca l’efficacia generale dei trattamenti salariali minimi previsti dai contratti nazionali comparativamente più rappresentativi e che tuteli - mediante la determinazione di un valore minimo inderogabile (pari a 9 euro lordi l'ora) - anche i soggetti per i quali non trovi applicazione alcun contratto. Questi ultimi sono costituiti, in particolare, dai collaboratori (che svolgano prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro).

Il Documento afferma, inoltre, che il Governo intende sviluppare l'impegno dell'incentivazione del lavoro giovanile e femminile e della lotta al precariato, anche mediante l'estensione della disciplina in materia di equo compenso (introdotta, per i liberi professionisti, dall'articolo 19-quaterdecies del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 2017, n. 172, e successive modificazioni) e la revisione della normativa sulle prestazioni di lavoro occasionali.

Riguardo al lavoro femminile, il Documento rileva che tutte le regioni hanno intensificato gli interventi per accrescere le competenze delle lavoratrici e supportare con adeguate politiche attive l’avvicinamento o il reinserimento delle donne nel mercato del lavoro, anche rafforzando la rete di servizi territoriali relativi alle esigenze di cura familiare.

Il Documento afferma altresì che saranno perseguiti una revisione degli incentivi alla genitorialità, lo sviluppo di una rete di centri dedicati (quali gli asili nido ed i centri estivi) e l'introduzione di una politica fiscale che favorisca le famiglie con figli.

Riguardo al tema della sicurezza sul lavoro, il Governo intende operare alcune modifiche della relativa disciplina, intese alla semplificazione degli adempimenti per le piccole e medie imprese, ed aumentare le risorse da destinare al personale addetto ai controlli ed alle loro attività di verifica.

3.6.2 Reddito di cittadinanza

Nell’ambito delle azioni implementate in attuazione della Raccomandazione n. 4, il Documento evidenzia l’introduzione del Reddito di cittadinanza (di seguito Rdc) quale misura di politica attiva del lavoro e contrasto alla povertà, nonché il rafforzamento dei centri per l’impiego, anche tramite l’autorizzazione alle assunzioni da parte delle Regioni. Per il finanziamento della misura è stato istituito un apposito Fondo, con una dotazione pari a 7,1 miliardi di euro per il 2019, 8,055 per il 2020, 8,317 dal 2021

Con riferimento al RdC, introdotto con il D.L. 4/2019 (vedi box di approfondimento), il Governo sottolinea, in particolare:

§  la sua funzione di sostenere il reddito di coloro che si trovano al di sotto della soglia ISEE di 9.630 euro e di fornire un incentivo per il rientro nel mercato del lavoro;

§  la previsione di un incentivo per i datori di lavoro che assumono a tempo pieno ed indeterminato soggetti beneficiari di Rdc (cumulabile con gli altri incentivi contenuti nella Legge di bilancio 2019);

§  l’operatività completamente digitale del Rdc, con conseguente riduzione di tempi, costi e possibilità di frodi, nonché la piena interoperabilità delle banche dati a disposizione dello Stato e dei Centri per l’impiego che consentirà l’incontro in tempo reale della domanda e dell’offerta di lavoro.

 

Ristrutturazione dei Centri per l’impiego

Il Documento sottolinea come l’implementazione del Reddito di cittadinanza sia connessa ad un rafforzamento qualitativo e quantitativo dei centri per l’impiego, anche al fine di rendere omogenee le prestazioni fornite e realizzare una rete capillare in tutto il territorio nazionale.

Vengono evidenziati due aspetti rilevanti che si intendono definire, ossia:

§  individuare le competenze da formare, funzionali allo sviluppo delle diverse Regioni;

§  definire un sistema di tracciabilità dei fondi destinati alla ristrutturazione dei centri per l’impiego.

Il rafforzamento dei CpI, come specificato nel Documento, include anche l’assunzione di personale. In particolare, viene evidenziato che:

§  la legge di Bilancio 2019 (art. 1, c. 258, L. 145/2018) autorizza l’assunzione di 4.000 unità di personale da parte delle regioni da destinare ai CPI;

§  nell’ambito del Piano triennale straordinario di potenziamento delle politiche attive del lavoro, sono stati stanziati 340 milioni nel triennio 2019-2021 per il potenziamento del CpI, di cui 270 milioni per l’assunzione di ulteriori professionalità, ovvero i cosiddetti navigator[64] (ex art. 12 del D.L. 4/2019)[65];

§  il Piano di rafforzamento dei servizi e delle politiche attive del lavoro (adottato nella Conferenza Unificata Stato-Regioni del 21 Dicembre 2017) autorizza le regioni e le province autonome, le agenzie e gli enti regionali (o le province e le città metropolitane se delegate all'esercizio delle funzioni con legge regionale) ad assumere dal 2020 fino a complessive 3.000 unità di personale, da destinare ai centri per l'impiego, e dal 2021 ulteriori 4.600 unità di personale (compresa la stabilizzazione delle unità di personale).

Il Documento ricorda, inoltre, la costituzione del Sistema Informativo del Reddito di Cittadinanza, nonché la previsione dello sviluppo di servizi avanzati per le imprese per facilitare l’attività di ricollocazione dei disoccupati. Infine, sono state stanziate risorse per assicurare un adeguamento dei locali dei centri per l’impiego anche dal punto di vista strutturale.

Il Documento riporta anche una valutazione dell’impatto della riforma dei CpI e delle politiche attive contenuta nel richiamato D.L. 4/2019.

Gli effetti macroeconomici associati alla misura del Rdc possono essere identificati attraverso tre canali, ossia: la maggiore partecipazione, che aumenta l’offerta di lavoro e spinge verso il basso le retribuzioni (effetto partecipazione); la formazione professionale dei beneficiari di Rdc (effetto formazione); la facilitazione nell’incontro tra domanda ed offerta di lavoro (effetto miglioramento del cd. “search and matching).

La Tabella seguente riporta l’impatto strutturale delle misure nelle diverse ipotesi. Le colonne (a), (b) e (c) mostrano l’impatto dell’effetto di partecipazione considerando che l’efficacia dei CpI sia, rispettivamente, bassa, media oppure piena. Le colonne (d) ed (e) mostrano gli effetti marginali rispetto allo scenario (c) associati alle attività di formazione (d) e al miglioramento dell’incontro tra domanda ed offerta (e).

 

 

Sul punto, la Relazione per Paese della Commissione europea evidenzia come la nuova riforma dei CpI sia a sostenere l'integrazione nel mercato del  lavoro dei beneficiari del nuovo Rdc, ma, nonostante ciò, “le  politiche    attive del mercato del lavoro rimangono deboli e sono scarsamente integrate con le politiche sociali”.

 

 

Impatto macroeconomico del Reddito di cittadinanza

Il Documento contiene una valutazione del Rdc in termini di impatto macroeconomico.

La relativa simulazione è stata effettuata ipotizzando, tra l’altro, rispetto allo scenario di base:

§  un incremento esogeno della forza lavoro (in linea con la stima dell’Istat) a partire dal secondo trimestre del 2019, che raggiunge nel secondo trimestre del 2020 le 470 mila unità, rimanendo a tale livello negli anni successivi:

§  una propensione marginale al consumo rispetto al reddito disponibile pari, sin dall’inizio, a 0,8 (secondo il Documento coerente con l’ipotesi che taluni beneficiari del sussidio possano accrescere la loro propensione al risparmio con riferimento ai redditi diversi dal Rdc);

§  livelli invariati delle retribuzioni per i primi due anni (anche se, come specificato nel Documento, un aumento esogeno della partecipazione al mercato del lavoro dovrebbe indurre un incremento del tasso di disoccupazione e, di conseguenza, una tendenza deflattiva per i salari) ed una loro diminuzione dal terzo anno (anche perché i salari di ingresso dei nuovi occupati sono verosimilmente inferiori rispetto alla retribuzione media dell’economia);

§  che il potenziamento dei CpI contribuisca a migliorare il funzionamento del mercato del lavoro, determinando dal terzo anno effetti positivi sull’occupazione.

Di seguito una tavola riassuntiva dell’impatto macroeconomico del Rdc, secondo la quale il tasso di scostamento percentuale del PIL si accrescerebbe rispetto allo scenario di base, cumulativamente[66], di 0,2 punti percentuali nel 2019 di 0,4 nel 2020 e di 0,5 punti percentuali nel 2021 e nel 2022.

 

L’effetto espansivo sul PIL è determinato principalmente dai maggiori consumi. Il tasso di variazione percentuale del PIL si accrescerebbe rispetto allo scenario di base di 0,2 punti percentuali sia nel 2019 sia nel 2020 e di 0,1 punti percentuali nel 2021. Dopo quattro anni, nel 2022, il livello del prodotto risulterebbe superiore, rispetto a quello dello scenario di base, di 0,5 punti percentuali.

L’occupazione avrebbe un incremento di 0,1 punti percentuali nel 2019, 0,3 nel 2020, 0,6 nel 2021, sino ad arrivare ad un incremento di 1,1 punti percentuali rispetto ai livelli dello scenario nel 2022, con un numero maggiore di occupati pari a circa 260 mila unità. Come riportato nel Documento, “tale incremento potrebbe ritenersi troppo ottimistico alla luce delle evidenze empiriche recenti per l’Italia sull’incidenza dei posti di lavoro vacanti sul numero degli occupati (vacancy rate). Tale incidenza è pari infatti a circa 1,2 punti percentuali, un livello solo di poco inferiore all’incremento percentuale dell’occupazione dell’1,1 per cento previsto nel 2022. È, tuttavia, utile tenere presente che l’altra riforma contenuta nel D.L. 4/2019, quella sul trattamento di pensione anticipata (cd ‘Quota 100’), dovrebbe verosimilmente condurre ad un aumento non trascurabile del vacancy rate in concomitanza con le decisioni individuali di pensionamento anticipato”.

Con riferimento all’impatto del nuovo beneficio sull’occupazione, la Relazione per Paese della Commissione europea - nel registrare alcuni progressi nell'attuazione della riforma delle politiche attive del mercato del lavoro - afferma che questo dipenderà dall'efficacia delle politiche di attivazione e dei controlli, sottolineando da un parte il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro, ma, dall’altra, l’aumento della povertà lavorativa, che colpisce in particolare i lavoratori temporanei e le persone provenienti da un contesto migratorio. Viene, inoltre, evidenziato come l’attuazione del Rdc “potrebbe costituire un onere considerevole per la pubblica amministrazione”.

Anche il tasso di disoccupazione subisce un incremento fino al 2021 (0,4 punti percentuali nel 2019, 1,3 nel 2020 e 1,2 nel 2021), per tornare a scendere a 0,9 punti percentuali nel 2022. Come specificato nel Documento, la misura porterebbe al suddetto aumento (quanto meno iniziale) poiché i beneficiari del Rdc, per poter godere del beneficio, hanno l’obbligo di dichiararsi disponibili a lavorare nell’immediato; cessando quindi di essere inattivi e non trovando immediatamente lavoro, verrebbero classificati come disoccupati.

 

Per quanto attiene, infine, alla valutazione dell’impatto macroeconomico complessivo derivante dall’introduzione del Reddito di cittadinanza e di “quota 100”, la seguente tabella riporta le stime di impatto con riferimento ad entrambi i provvedimenti. Rispetto allo scenario base, si avrebbe una crescita del PIL di 0,2 punti percentuali nel 2019, 0,4 punti nel 2020 e di 0,7 e 0,6 punti, rispettivamente, nel 2021 e nel 2022. Il tasso di disoccupazione cresce nel biennio 2019-2020 (rispettivamente di 0,3 e 0,7 punti percentuali rispetto allo scenario base); nei due anni successivi, tuttavia, tale incremento tenderebbe a riassorbirsi. Dopo un’iniziale riduzione dell’occupazione rispetto allo scenario base (-0,2% nel 2019 e 2020), questa aumenterebbe, risultando superiore di 0,8 punti percentuali nel 2022.

 

 

 

Reddito di cittadinanza

Il Reddito di cittadinanza è stato introdotto dal D.L. 4/2019 quale misura unica di contrasto alla povertà, con decorrenza dal 1° aprile 2019. Il suddetto Reddito di cittadinanza assume la denominazione di Pensione di cittadinanza nel caso di nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni (adeguata agli incrementi della speranza di vita). Si prevede la possibilità che la pensione di cittadinanza possa essere concessa anche nei casi in cui il componente o i componenti del nucleo familiare di età pari o superiore a 67 anni convivano esclusivamente con una o più persone in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza.

Per avere diritto al Rdc è necessario il possesso congiunto di determinati requisiti di residenza, reddituali e patrimoniali (tra gli altri, essere cittadini italiani, europei o lungo soggiornanti e risiedere in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi 2 in via continuativa ed un ISEE inferiore a 9.360 euro annui), riferiti al nucleo familiare. Il richiedente il beneficio non deve essere sottoposto a misura cautelare personale, anche adottata a seguito di convalida dell'arresto o del fermo, o aver riportato condanne definitive, intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta, per determinati delitti. Per poter beneficiare del Rdc, i cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea (fatte salve determinate eccezioni) devono produrre apposita certificazione, rilasciata dalla competente autorità dello Stato estero, sui suddetti requisiti di reddito e patrimoniali e sulla composizione del nucleo familiare.

Il beneficio economico del Reddito di cittadinanza è costituito da un'integrazione del reddito familiare, fino ad una soglia, su base annua, di 6.000 euro (moltiplicata, in caso di nuclei con più di un componente, secondo una determinata scala di equivalenza), a cui si aggiunge, nel caso in cui il nucleo risieda in un'abitazione in locazione, una componente pari all'ammontare del canone annuo stabilito nel medesimo contratto di locazione, fino ad un massimo di 3.360 euro annui (1.800 euro annui in caso di casa di proprietà per il cui acquisto è stato acceso un mutuo).

Il RdC può essere goduto per un periodo di diciotto mesi, rinnovabile a condizione che lo stesso venga sospeso per un mese (la sospensione non opera nel caso della Pensione di cittadinanza).

L'erogazione del Rdc è subordinata alla dichiarazione, da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, di immediata disponibilità al lavoro, nonché alla sottoscrizione, da parte dei medesimi, di un Patto per il lavoro ovvero di un Patto per l'inclusione sociale. Tra gli obblighi in capo al beneficiario vi è quello di accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue, definite tali sulla base di criteri temporali e di distanza (che diventano meno selettivi al crescere della durata del godimento del Reddito di cittadinanza ed in relazione al numero di offerte rifiutate). La congruità dipende anche dall'importo della retribuzione, che deve essere superiore al 10% della misura massima del beneficio fruibile dal beneficiario del Rdc.

Inoltre, sono previsti incentivi per i datori di lavoro che assumono a tempo pieno ed indeterminato soggetti beneficiari del Rdc.

Infine, si dispone l’irrogazione di sanzioni in caso di violazioni inerenti il riconoscimento e il godimento del RdC, graduate in base alla natura della violazione, prevedendo, nei casi più gravi, la pena della reclusione fino a sei anni.

3.6.3 Previdenza

Nell’ambito delle azioni implementate in attuazione della Raccomandazione n. 1 del Consiglio dell’Unione europea, che richiede la riduzione del “peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica al fine di creare margini per altra spesa sociale”, il presente Documento evidenzia l’introduzione della Pensione di cittadinanza quale misura di contrasto alla povertà per le persone con età anagrafica pari o superiore ai 67 anni, analizzando il suddetto istituto congiuntamente al Reddito di cittadinanza, sottolineandone la funzione di sostegno al reddito.

Il principale strumento in ambito previdenziale viene, invece, dal Documento identificato nell’introduzione della forma di pensionamento anticipato denominata ‘Quota 100’.

Tale istituto consente ai lavoratori che nel triennio 2019-2021 abbiano raggiunto, congiuntamente, il requisito anagrafico di 62 anni ed il requisito contributivo di 38 anni, di accedere più agevolmente alla pensione anticipata, favorendo, in tal modo, il ricambio generazionale e migliorando l’innovazione e la produttività delle imprese e dell’Amministrazione pubblica.

Al tempo stesso, si rileva che il calo del numero degli occupati a seguito del nuovo canale di accesso al trattamento pensionistico porterebbe ad una corrispondente riduzione della forza lavoro, la qual cosa sospingerebbe al rialzo il tasso di disoccupazione rispetto allo scenario base”. Tuttavia, il grado di sostituzione dei lavoratori che optano per la ‘Quota 100’ con lavoratori neoassunti potrebbe andare nella direzione opposta, nell’ipotesi in cui i nuovi assunti provengano integralmente dal bacino dei disoccupati, se il tasso di sostituzione per il turn-over generazionale fosse maggiore del 10%: allora, a parità di altre condizioni, il tasso di disoccupazione calerebbe.

Nella Tabella seguente sono riportati i risultati delle simulazioni della suddetta forma di pensionamento anticipato, in relazione al suo impatto macroeconomico. In particolare, il PIL rimarrebbe invariato nel 2019 e 2020 e aumenterebbe rispetto allo scenario base, cumulativamente[67], dello 0,2% sia nel 2021 sia nel 2022[68].

 

TAvola II.4 – Una valutazione dell’impatto macroeconomico delle misure in materia di trattamento di pensione anticipata (scostamenti percentuali rispetto allo scenario base)

 

2019

2020

2021

2022

PIL

0,0

0,0

0,2

0,2

Deflatore del PIL

-0,1

-0,1

0,0

0,1

Deflatore dei Consumi

-0,1

-0,1

-0,1

0,1

Consumi

0,1

0,2

0,4

0,4

Investimenti

0,1

0,1

0,1

0,1

Esportazioni

0,0

0,1

0,0

0,0

Importazioni

0,0

-0,1

0,2

0,3

Occupazione

-0,3

-0,5

-0,4

-0,3

Tasso di partecipazione (*)

-0,1

-0,3

-0,3

-0,3

Tasso di disoccupazione (*)

-0,2

-0,6

-0,8

-0,9

(*) Differenza rispetto allo scenario base

Nota: I risultati della tabella sono espressi in termini di scostamento percentuale rispetto ai livelli della simulazione di base, che corrispondono ai valori cumulati delle differenze nei tassi di variazione percentuali, metrica utilizzata nel relativo focus nel cap. II del Programma di stabilità.

L’andamento dell’occupazione nella seconda metà del 2019 rifletterebbe la fuoriuscita degli aderenti al provvedimento dal mercato del lavoro e la loro parziale sostituzione, in misura pari a circa il 35%, con nuovi assunti. Negli anni successivi, l’incidenza del turn-over stimata dal modello risulterebbe compresa tra il 70% e l’80% dei pensionamenti anticipati[69]. La graduale diminuzione del tasso di disoccupazione rispetto allo scenario base sarebbe di 0,9 punti percentuali nel 2022. Questa evoluzione, insieme al fatto che un minor tasso di disoccupazione spinge al rialzo le retribuzioni, contribuirebbe a generare effetti positivi sui consumi privati, che, dopo tre anni, sarebbero su livelli superiori per 0,4 punti percentuali rispetto allo scenario base.

Inoltre, viene rilevato un decremento dell’occupazione pari allo 0,3% nel 2019 e allo 0,5% nel 2020 (successivamente il decremento diminuisce (-0,4% nel 2021 e -0,3% nel 2022); al riguardo il Documento lega tale diminuzione ad un incremento della produttività del lavoro rispetto allo scenario base, che in parte rifletterebbe una maggiore intensità di utilizzo del fattore lavoro (soprattutto all’inizio del periodo). Successivamente, la graduale immissione di nuovi assunti ricondurrebbe la produttività verso i livelli dello scenario base.

Si segnala, inoltre, un decremento del tasso di partecipazione (cioè del rapporto tra forza lavoro e popolazione civile in età lavorativa) pari allo 0,1% nel 2019 e allo 0,3% nel triennio 2020-2022.

 

 

Per quanto concerne le stime derivanti dall’introduzione del reddito di cittadinanza e di “quota 100”, si rimanda a quanto descritto al paragrafo 3.7.1.1.

Sempre in materia previdenziale, oltre alla cd. “Quota 100” il D.L. 4/2019 ha previsto altri interventi. In particolare, è stato disposto:

§  la riduzione dell’anzianità contributiva per l’accesso al pensionamento anticipato (articolo 15) indipendente dall’età anagrafica, che per il periodo 2019-2026 risulta pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne (senza essere soggetti agli adeguamenti connessi all’aumento della speranza di vita). La decorrenza è fissata decorsi tre mesi dalla maturazione dei requisiti (disposizioni particolari sono previste per il personale scolastico). Analogamente, si dispone (articolo 17) che fino al 2026 il suddetto incremento dell'età pensionabile non trova applicazione anche nei confronti dei cd. lavoratori precoci, che quindi potranno accedere al trattamento pensionistico con un'anzianità contributiva pari a 41 anni, indipendentemente dall'età anagrafica. La decorrenza è fissata decorsi tre mesi dalla maturazione dei requisiti;

§  l’estensione (articolo 18) della fruizione della cd. opzione donna (l'istituto sperimentale per il pensionamento anticipato delle donne), disponendo che il diritto al trattamento pensionistico anticipato secondo le regole di calcolo del sistema contributivo venga riconosciuto nei confronti delle lavoratrici che abbiano maturato i requisiti richiesti (un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e un'età anagrafica pari o superiore a 58 anni, per le lavoratrici dipendenti, e a 59 anni per le lavoratrici autonome), entro il 31 dicembre 2018 (in luogo del 31 dicembre 2015). I requisiti anagrafici non sono adeguati agli incrementi alla speranza di vita;

§  la proroga a tutto il 2019 (articolo 18) della sperimentazione della cd. APE sociale (consistente in una indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di soggetti che si trovino in particolari condizioni).

 

In relazione alla spesa pensionistica, le tendenze di medio-lungo periodo contenute nel Documento, nella sezione dedicata al Programma di stabilità, evidenziano successivamente al 2018 una fase di crescita nel rapporto tra spesa pensionistica e PIL che si protrae fino al 2042, anno in cui viene raggiunto il 18,4 per cento.

Tale aumento è dovuto:

§  fino al 2030, in parte al rallentamento della dinamica del prodotto interno lordo di breve periodo e, in parte, ad un maggior ricorso al pensionamento, come conseguenza delle misure previste dal D.L. 4/2019;

§  dopo il 2030, all’aumento del numero di pensioni rispetto al numero degli occupati dovuta all’ingresso in quiescenza delle generazioni cosiddette del baby boom, “solo in parte compensato dall’innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento e dall’effetto di contenimento degli importi pensionistici esercitato dalla graduale applicazione del sistema di calcolo contributivo sull’intera vita lavorativa”.

Dopo il 2042, il rapporto tra spesa pensionistica e PIL scende rapidamente portandosi al 16,9 per cento nel 2050 e al 14,7 per cento nel 2060 fino a raggiungere il 13,8 per cento nel 2070. Tale decrescita è determinata dall’applicazione generalizzata del metodo di calcolo contributivo che si accompagna alla stabilizzazione, e successiva inversione di tendenza, del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati.

Il Report per Paese della Commissione europea evidenzia come, con riferimento all’evoluzione del debito pubblico e ai futuri costi conseguenti all’invecchiamento della popolazione, le nuove misure che hanno introdotto la possibilità di prepensionamento causeranno un aumento della spesa pensionistica con un possibile peggioramento della sostenibilità del debito pubblico in futuro (anche a causa di possibili effetti negativi sul potenziale di crescita)[70].

Pensione di cittadinanza e “Quota 100”

La Pensione di cittadinanza è la denominazione che, in base all’art. 1 del D.L. 4/2019, assume il Reddito di cittadinanza nel caso in cui il beneficio sia riconosciuti a nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni (requisito anagrafico soggetto agli incrementi della speranza di vita). La pensione di cittadinanza può essere concessa anche nei casi in cui il componente o i componenti del nucleo familiare di età pari o superiore a 67 anni convivano esclusivamente con una o più persone in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza.

L'articolo 14 del D.L. 4/2019 ha introdotto, in via sperimentale per il triennio 2019-2021, la possibilità di conseguire la pensione anticipata in presenza di un requisito anagrafico pari a 62 anni (soggetto all'adeguamento all'incremento della speranza di vita) e di un'anzianità contributiva minima di 38 anni in favore dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati (con esclusione di quelli iscritti alle Casse professionali), nonché in favore degli altri lavoratori iscritti alla Gestione separata.

Per il conseguimento del suddetto requisito contributivo, coloro che non siano già titolari di trattamento pensionistico a carico di una delle gestioni previdenziali interessate da quota 100, possono ricorrere all'istituto del cumulo gratuito dei periodi assicurativi non coincidenti nelle richiamate gestioni amministrate dall'INPS.

La pensione anticipata in oggetto non è cumulabile con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui.

La decorrenza del trattamento pensionistico è fissata per i dipendenti privati decorsi tre mesi dalla maturazione dei requisiti, sei mesi per quelli pubblici.

Dall'ambito del nuovo istituto è escluso il comparto difesa e sicurezza (Forze Armate, Forze dell'ordine e VV.FF).

3.6.4.Sanità

In tema di sanità, il Documento amplia e dà conto dei contenuti degli interventi di Governo già illustrati nella Nota di aggiornamento del DEF, ribadendo le criticità di medio-lungo periodo tra le quali l’invecchiamento demografico e l’evoluzione della domanda dei servizi sanitari, l’erogazione dei LEA in modo uniforme sul territorio nazionale, l’integrazione tra sistemi sanitari e assistenza sociale, la promozione della prevenzione sanitaria e l’innovazione tecnologica.

Le azioni da intraprendere per risolvere queste criticità riguardano, in particolare, alcuni ambiti di seguito esaminati.

Le politiche del personale

Si conferma l’intervento riguardante una più adeguata individuazione dei fabbisogni del personale in base alla recente normativa sul pubblico impiego che ha introdotto la pianificazione triennale (D.Lgs. 75/2017). L’aggiornamento dei parametri di spesa per il personale sanitario, diretto a garantire i livelli essenziali di assistenza attraverso lo sblocco del turnover, è contenuto nel c.d. DL crescita (di prossima pubblicazione).

 

E’ inoltre previsto il completamento dei processi di assunzione e stabilizzazione del personale e l’aumento delle borse di studio per formare i medici specialisti e di medicina generale, oltre che una modifica della normativa in materia di dirigenza sanitaria innovata già nel 2016.

 

L’ultima legge di bilancio (legge n. 145/2018) ha previsto un incremento degli stanziamenti (da 22,5 milioni per il 2019 fino ad arrivare a 100 milioni annui a decorrere dal 2023 per complessivi 330 milioni nel quinquennio) allo scopo di prevedere un aumento annuo stimato di 900 nuovi contratti relativi a borse di specializzazione medica (comma 521) ed un incremento di 10 milioni, come limite di spesa, a decorrere dal 2019, delle disponibilità vincolate sul FSN per l'attivazione di ulteriori borse di studio per la formazione specifica di MMG (comma 518). A quest’ultimo proposito, recentemente il DL. n. 135/2018 cd. “Semplificazioni” (L. 12/2019), ha introdotto, in via transitoria fino al 2021, la possibilità di assegnare incarichi di MG ai medici iscritti al relativo corso di formazione specialistica (quindi con il solo titolo della laurea) in base al fabbisogno regionale rilevato e subordinatamente al rispetto delle graduatorie regionali dei medici in possesso del diploma di medicina generale.

La governance della spesa sanitaria

Il Programma richiama i due documenti prodotti dal Tavolo tecnico di lavoro sui farmaci e sui dispositivi medici: il primo, volto a elaborare proposte concrete per garantire trasparenza ed efficienza della spesa farmaceutica, il secondo su strumenti innovativi per la gestione ed il controllo della spesa per dispositivi medici.

Un cenno è fatto anche al Tavolo dei Soggetti Aggregatori di cui al D.P.C.M 14 novembre 2014 per la specifica definizione delle categorie merceologiche sanitarie. Con riferimento al campo di ricerca farmacologica, sono stati infine individuati i componenti del gruppo nuove tecnologie CAR-T per la cura di alcuni tumori del sangue.

A quest’ultimo riguardo, si segnala il finanziamento previsto dalla legge di bilancio (comma 523), pari a 5 milioni di euro, per la rete oncologica cui fanno parte istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCSS) impegnati nello sviluppo di questo tipo di nuove tecnologie.

Innovazione e ricerca  in campo sanitario

Si richiama l’intesa in Conferenza Stato-Regioni concernente l’istituzione dell’Anagrafe Nazionale dei Vaccini e l’implementazione del Fascicolo sanitario elettronico in tutte le regioni volto a consentire l’interconnessione dei sistemi informativi del SSN per tracciare il percorso seguito dal paziente presso le strutture sanitarie e i livelli assistenziali forniti. Ulteriore obiettivo è l’estensione anche al settore veterinario del sistema informativo per la tracciabilità dei medicinali ad uso umano.

Monitoraggio, aggiornamento e attuazione dei LEA

Al fine di garantire l’attuazione dei Livelli Essenziali e del relativo monitoraggio (v. approfondimento) consentendone l’erogazione nell’ambito delle attività ospedaliere a rischio di interruzione (in particolare per la parte medicina di emergenza e medicina generale), si richiama il sopracitato intervento normativo in materia di fabbisogni del personale del SSN e di accesso alla professione medica (v. ante). Di tali fabbisogni si terrà conto nella prossima sottoscrizione, prevista dalla citata legge di bilancio 2019 (comma 515) entro il termine - ormai scaduto - del 31 marzo, del nuovo Patto per la Salute 2019-2021 da concordare con le regioni (passaggio necessario per queste ultime ad ottenere l’incremento del fabbisogno sanitario per gli anni 2020 e 2021 rispetto al livello del 2019).

L’attuazione dei LEA dovrà inoltre essere garantita attraverso gli aggiornamenti del Programma nazionale Esiti (qui il PNE 2016) e del Piano nazionale delle Cronicità per uniformarne l’erogazione nelle diverse regioni, oltre che mediante un futuro regolamento volto ad individuare gli standard qualitativi e strutturali dell’assistenza territoriale.

Con riferimento all’assistenza ospedaliera, si ricorda il decreto 2 aprile 2015, n. 70, che ne definisce gli standard quali-quantitativi e strutturali volti ad ammodernare l’intero Sistema sanitario. Inoltre, è stata sancita l’Intesa su uno schema di decreto diretto a stabilire la disciplina per la valutazione dell’assistenza sanitaria garantita dai sistemi sanitari regionali.

Funzionamento del Sistema sanitario

In merito, risulta già adottato a febbraio scorso in Conferenza Stato-regioni il nuovo Piano nazionale di governo delle liste d’attesa (PNGLA) – che le regioni devono recepire con intesa entro 60 giorni – diretto a, tra l’altro, regolare in maniera più efficiente l’accesso informatico alle agende di prenotazione delle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, prevedere tempi massimi di attesa di tutte le prestazioni ambulatoriali, indicare un sistema di valutazione della dirigenza sanitaria in base al raggiungimento degli obiettivi di garanzia dei LEA.

Si ricorda che la legge di bilancio 2019 (commi 510-512) ha destinato alla riduzione dei tempi di attesa delle prestazioni sanitarie una spesa di complessivi 350 milioni nel triennio 2019-2021, a cui si aggiungono ulteriori 50 milioni nel 2020 già previsti dal DL. 119/2018 in materia fiscale (L. 136/2018). E’ stata inoltre stabilita l’istituzione dell’Osservatorio nazionale sulle liste d’attesa con funzioni di consultazione per l’implementazione del Piano da parte delle regioni e per il monitoraggio degli interventi, intercettazione delle criticità e indicazione di azioni uniformi.

Edilizia sanitaria e ammodernamento tecnologico attrezzature

Si fa riferimento alla ricognizione effettuata dal Ministero della salute sul fabbisogno di interventi infrastrutturali di edilizia sanitaria, indicando peraltro il termine di fine marzo per l’insediamento (non ancora ufficializzato) presso il Ministero della salute di un’apposita cabina di regia diretto a selezionare le priorità d’intervento.

3.6.5 Famiglia e disabilità

Le politiche rivolte alla famiglia e alla disabilità, possono essere ricondotte nell’area di policy cui si rivolge la  Racc. 4, dedicata al Lavoro, ma al cui interno, tra le misure previste o implementate, sono citate le risorse impegnate dalla legge di bilancio 2019 per i fondi non autosufficienza,  politiche sociali e politiche per la famiglia.

Nel paragrafo espressamente dedicato a Famiglia e disabilità, il Documento precisa che si intende proseguire nell’attuazione di politiche volte a invertire le tendenze demografiche avverse nonché a favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Si vuole anche  garantire un contesto ordinamentale in grado di superare la frammentazione degli attuali strumenti di sostegno, definendo politiche strutturali efficaci di promozione della natalità e dell’occupazione femminile, riordinando al contempo, nel contesto della collaborazione tra i livelli di governo, il sistema dei servizi e delle prestazioni sociali. Il  fine è quello di pervenire ad un sistema più semplice e coordinato delle diverse misure di sostegno di natura assistenziale e fiscale, che tenga conto della situazione effettiva di ciascun nucleo familiare e garantisca, secondo una logica coerente, interventi complementari e integrati nei diversi ambiti della fiscalità, dei sussidi monetari, dell’assistenza all’infanzia, dei servizi alla persona, della conciliazione e delle pari opportunità, valorizzando al contempo le forme di collaborazione e partnership tra la sfera pubblica e il mondo dell’associazionismo no profit.

 

Come rilevato dalla Relazione per paese relativa  all'Italia 2019[71], sebbene la legge di bilancio 2019 preveda un aumento dei fondi destinati alle persone a carico, alle persone con disabilità gravi senza sostegno familiare e ai caregiver familiari, in molti casi le persone con disabilità e altri gruppi svantaggiati non ricevono un sostegno adeguato perché i servizi di assistenza a domicilio e presso le comunità e i servizi di assistenza a lungo termine presentano problemi inerenti ai finanziamenti, all'accesso e alla qualità. Inoltre, la Commissione rileva che i servizi di assistenza per l'infanzia e a lungo termine sono ancora poco sviluppati, mentre le misure volte a promuovere le pari opportunità e l'equilibrio tra vita professionale e vita privata sono frammentate e di portata limitata, con ripercussioni negative sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

Nuova disciplina del Fondo per le politiche della famiglia e servizi territoriali

Il Documento sottolinea che, al potenziamento degli interventi e della rete dei servizi a sostegno della famiglia, risponde anche la nuova disciplina del Fondo per le politiche della famiglia, il cui stanziamento strutturale (pari nel 2018 a circa 5 milioni di euro) è stato elevato a oltre 100 milioni a regime dalla legge di bilancio 2019 (art. 1, c. 482, della legge 145/2018).

Si ricorda che attualmente il Dipartimento per le politiche antidroga presso la Presidenza del Consiglio fa capo al Ministro per la famiglia e la disabilità, e che il Fondo politiche antidroga presenta una dotazione pari a circa 4,6 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2019-2021[72].

Sostegno alla genitorialità

Il Documento sottolinea come siano state rafforzate e innovate le misure a sostegno della maternità e della genitorialità proseguendo nell’erogazione di benefici già previsti e intervenendo in favore della conciliazione dei tempi vita-lavoro.

 

In tema di benefici, il decreto legge 119/2018 (art. 23-quater, c. 1-3) ha disposto la prosecuzione, anche per il 2019, dell'istituto dell'assegno di natalità (c.d. Bonus bebè) per i figli nati o adottati tra il 1º gennaio 2019 e il 31 dicembre 2019, con le stesse modalità stabilite per il 2018, ma con un incremento del 20 per cento dell'importo dell'assegno per le nascite e adozioni intervenute nel 2019 relativamente ai figli successivi al primo. La legge di bilancio 2019 (art. 1, c. 488, della legge 145/2018) ha inoltre incrementato da 1.000 a 1.500 euro il buono su base annua per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici o privati o per il supporto, presso la propria abitazione, dei bambini al di sotto dei tre anni affetti da gravi patologie croniche e lo ha esteso a ciascun anno del triennio 2019-2021.

Sul piano delle misure volte a promuovere un migliore equilibrio tra vita professionale e vita familiare la legge di bilancio 2019 ha previsto due ulteriori interventi in materia di congedo di maternità e di paternità, alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo il parto, entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che il medico competente attesti che tale opzione non porti pregiudizio alla salute della donna e del bambino e prorogando per il 2019 il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente , elevandone la durata a cinque giorni e disponendo che anche per il 2019 il padre possa astenersi per un ulteriore giorno. Maggiori opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro sono, infine, riconducibili alle modifiche introdotte in tema dell'attività lavorativa in modalità agile (smart working) dalla legge di bilancio 2019 (art. 1, c. 486) che ha posto a carico dei datori di lavoro, pubblici e privati, che stipulano accordi per lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile smart working, l'obbligo di dare priorità alle richieste di esecuzione del lavoro secondo la suddetta modalità fatte dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del congedo di maternità, ovvero ai lavoratori con figli disabili che necessitino di un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale.

Disabilità e non autosufficienza

Il Documento cita in premessa l’istituzione dell’apposita “Struttura di missione per le politiche in favore delle persone con disabilità”, incardinata presso  la Presidenza del Consiglio dei ministri – Ministro per la famiglia e disabilità -, che assicura gli adempimenti necessari per la realizzazione degli interventi connessi all'attuazione delle politiche per la disabilità, in coerenza con gli obiettivi della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Con l’ottica di razionalizzare gli interventi in materia di disabilità, il Consiglio dei Ministri n. 48 del 28 febbraio 2019, ha inoltre approvato un disegno legge recante la delega al Governo per l’adozione di un Codice in materia di disabilità che prevede l’intervento in più ambiti settoriali, occupazionali ed, infine, accessibilità e diritto alla mobilità.

 

Per quanto riguarda i fondi dedicati alla disabilità la legge di bilancio 2019 (Sezione II della legge 145/2018) ha previsto :

§  un incremento del Fondo per le non autosufficienze di 100 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2019-2021; A tali risorse potranno aggiungersi quelle rinvenienti dal contrasto alla indebita fruizione dei benefici per l’invalidità civile, per il quale si intendono rafforzare selettivamente i controlli.;

§  il ripristino dell’originaria dotazione di 56,1 milioni del Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare (c.d. ‘Fondo dopo di noi’), le cui risorse dovranno essere impiegate dalle Regioni per programmi di assistenza mirata;

§  un incremento del Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare di 5 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2019-2021.

 

Infine, il Documento espone le linee programmatiche in tema di disabilità: adozione del primo Piano triennale per la non autosufficienza; attuazione della disciplina in materia di caregiver familiare; implementazione dell’assistenza sanitaria domiciliare; maggiore raccordo tra i diversi enti pubblici nella presa in carico delle persone con disabilità; semplificazione del sistema di accertamento sanitario per il riconoscimento della condizione di disabilità; aggiornamento dell’elenco delle patologie esonerate da visite di revisione e controllo. Infine, si prevede di dedicare particolare impegno nel rafforzamento del sistema informativo, anche in vista dell’attuazione del secondo Programma d’Azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità e dell’adozione del terzo Programma d’azione.

3.6.6 Istruzione e ricerca

Si segnala che nell'ambito delle Raccomandazioni del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2018 dell’Italia, del 13 luglio 2018 (2018/C320/11), la n. 4 include, fra l’altro, la promozione della ricerca e le competenze digitali mediante investimenti meglio mirati, nonché l’accrescimento della partecipazione all'istruzione terziaria professionalizzante[73].

In risposta a tale raccomandazione, il Governo dichiara anzitutto di aver incrementato le risorse pubbliche destinate all'istruzione e alla ricerca, anche a livello qualitativo. Tra le altre azioni previste in risposta alla suddetta raccomandazione si citano il credito di imposta in ricerca e sviluppo e nuove disposizioni sul "rientro dei cervelli", con un'estensione dei benefici a partire dall'anno di imposta 2020[74].

Nella Relazione per Paese relativa all'Italia 2019, sulla valutazione dell'attuazione delle raccomandazioni, si registrano progressi limitati riguardo all'innovazione, alle competenze digitali, alle infrastrutture e all'istruzione terziaria professionalizzante di cui alla raccomandazione n. 4. Si afferma inoltre che il livello di spesa pubblica italiana in proporzione al PIL per il settore tra i più bassi dell'UE (3,9 % per l'Italia e 4,7 % per l'UE nel 2016) e che i tassi di istruzione terziaria restano bassi e i risultati dell'apprendimento sono scadenti. In relazione alle competenze digitali, la Relazione segnala che i progressi finora compiuti sono stati modesti dato che il finanziamento del Piano nazionale per la scuola digitale è ancora insufficiente per conseguire gli obiettivi del piano e le misure attuate non sono state destinate alle categorie a rischio di esclusione sociale.

 

Il PNR 2019 conferma poi i disegni di legge già indicati nei precedenti documenti programmatici quali collegati alla manovra di finanza pubblica. Relativamente al settore dell'istruzione, si ricorda che la Nota di aggiornamento al DEF 2018 aveva indicato, fra gli altri, come disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, anche il "disegno di legge recante disposizioni in materia di istruzione, università, alta formazione artistica, musicale e coreutica, ricerca e attività sportiva scolastica e universitaria, nonché di riassetto, semplificazione e codificazione della normativa dei medesimi settori, che quindi viene riconfermato dal DEF 2019 e che è stato approvato dal Consiglio dei ministri nella riunione del 28 febbraio 2019 ma non è stato ancora presentato al Parlamento.

Tra le azioni strategiche del cronoprogramma, previste fino al 2022, sono citati:

§  il Piano nazionale per la formazione dei docenti;

§  la completa attuazione del Piano nazionale scuola digitale[75];

§  il rafforzamento dell'inclusione scolastica;

§  la revisione del Programma nazionale per la ricerca 2015-2020.

 

Nello specifico paragrafo relativo a Istruzione e ricerca, con particolare riguardo all'istruzione, il PNR richiama poi l'esigenza di codificare, mediante un testo unico, le norme sulla scuola, operazione che dovrebbe essere compiuta attraverso il citato disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica. Si fa presente inoltre che:

§  proseguiranno gli sforzi per contrastare l'abbandono scolastico. La Relazione per Paese relativa all'Italia 2019 evidenzia che il tasso di abbandono scolastico rimane al di sopra della media dell'UE (14% contro 10,6% nel 2017);

§  quanto all'accesso alla professione docente, con la legge di bilancio 2019 (L. 145/2018) è stata semplificata la relativa procedura concorsuale.

In particolare, i co. 792, 794 e 795 dell'art. 1 della L. 145/2018 ridefiniscono il percorso per l’accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria, sia per i posti comuni che per quelli di sostegno. In particolare, sostituiscono il percorso triennale di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione docente (FIT) con un percorso annuale di formazione iniziale e prova, cui si continua ad accedere previo superamento di un concorso, all’esito del quale, però, si consegue già l’abilitazione all’insegnamento per la classe di concorso per cui si è partecipato e si è immessi in ruolo. Il docente, concluso positivamente l’anno di formazione iniziale e prova, deve rimanere nella stessa scuola, negli stessi tipo di posto e classe di concorso, per almeno altri quattro anni. Infine, il comma 796 dispone che, dall’a.s. 2019/2020, ai docenti non è più attribuita la titolarità su ambito territoriale. Si torna, dunque, alla titolarità di tutti i docenti in una singola scuola.

La Relazione per Paese relativa all'Italia sottolinea l'importanza di motivare i docenti, adeguare i relativi stipendi alla media europea e ampliarne le prospettive di carriera;

§  viene abrogata la "chiamata diretta" dei docenti, ossia la "chiamata per competenze" prevista dall'art. 1, co. 79-82, della L. 107/2015 ("Buona scuola").

Sono all'esame della 7a Commissione del Senato in prima lettura i disegni di legge nn. 763 e abbinati sull'abolizione della chiamata diretta. Di fatto l'istituto della "chiamata diretta" è stato già superato con il contratto collettivo nazionale integrativo stipulato il 26 giugno 2018 tra il MIUR e le organizzazioni sindacali, anche se in via derogatoria e solo per l'anno scolastico 2018-2019. In sede di contrattazione, è stato affermato che non era possibile "attivare le procedure di compartecipazione e imparzialità nell'individuare requisiti professionali in base ai quali i dirigenti scolastici avrebbero potuto procedere garantendo la pubblicazione di eventuali criteri oggettivi prima della mobilità 2018-2019". È stata quindi messa in atto una procedura semplificata basata essenzialmente sul punteggio conseguito;

§  entro settembre 2019 saranno immessi in ruolo i candidati ammessi al corso-concorso per dirigenti scolastici.

Si ricorda che l'art. 10 del D.L. 135/2018 ha previsto una deroga alla procedura ordinaria di reclutamento dei dirigenti scolastici fissata all'art. 29 del d.lgs. n. 165 del 2001 nonché al successivo D.M. n. 138 del 2017, anticipando l’assunzione dei vincitori al momento dell'ammissione dei candidati al corso conclusivo del corso-concorso nazionale, per titoli ed esami, per l’assunzione di 2.425 dirigenti scolastici, bandito nella G.U. del 24 novembre 2017; 

§  con l'art. 6 del D.L. 91/2018, sono state introdotte modifiche all'esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione, differendo di un anno l'obbligo sia dello svolgimento della prova nazionale INVALSI ai fini dell'ammissione all'esame sia dello svolgimento del monte ore di alternanza scuola-lavoro;

§  è stata ridotta e ridefinita l'alternanza scuola-lavoro.

L'art. 1, co. 784-787, della L. 145/2018 ha ridenominato gli attuali percorsi di alternanza scuola-lavoro in “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento” e, a decorrere dall’anno scolastico 2018-2019, è ridotto il numero di ore minimo complessivo da svolgere. In particolare, i nuovi percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento sono svolti per una durata complessiva minima di: 210 ore nel triennio terminale dei percorsi di istruzione professionale (a fronte delle previgenti 400 ore dei percorsi di alternanza scuola-lavoro); 150 ore nel secondo biennio e nel quinto anno degli istituti tecnici (a fronte delle previgenti 400 ore dei percorsi di alternanza scuola-lavoro); 90 ore nel secondo biennio e nel quinto anno dei percorsi liceali (a fronte delle previgenti 200 ore dei percorsi di alternanza scuola-lavoro);

§  saranno intraprese misure per il reclutamento dei docenti con titoli idonei all'insegnamento della lingua inglese, della musica e dell'educazione motoria nella scuola primaria.

Attualmente, è all'esame della 7a Commissione del Senato il disegno di legge n. 992, già approvato dalla Camera dei deputati sull'inserimento di docenti con titolo idoneo per l'insegnamento curriculare dell'educazione motoria nella scuola primaria;

§  per il sistema integrato di educazione e istruzione, occorre introdurre una misura di perequazione che incrementi il relativo Fondo nazionale previsto dall'art. 12 del d. lgs. n. 65/2017;

§  anche nell'ottica di ridurre la dispersione scolastica, l'art. 1, co. 728 e 729, della L. 145/2018 ha incrementato il tempo pieno con posti aggiuntivi nella scuola primaria;

§  per favorire l'inclusione scolastica, è stato istituito un gruppo di lavoro specifico per implementare le misure previste dal d.lgs. n. 66/2017 e sarà rafforzata la formazione dei docenti di sostegno. La citata Relazione per Paese relativa all'Italia ha rilevato che il tasso di abbandono scolastico delle persone con disabilità è superiore alla media dell'UE (30,2 % contro 23,6 %);

§  per la sicurezza degli edifici scolastici, il MIUR ha avviato una mappatura satellitare degli edifici scolastici, in collaborazione con l'Agenzia spaziale italiana (ASI) e il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR);

§  sono stati ripartiti i fondi per l'ampliamento dei percorsi formativi degli Istituti tecnici superiori (ITS) per l'anno scolastico in corso. In merito all'istruzione terziaria non universitaria, la Relazione per Paese relativa all'Italia ha constatato che il tasso di occupazione dei diplomati degli Istituti Tecnici Superiori è di oltre l'80% dopo un anno, ma essi rappresentano meno dell'1% di tutti gli studenti dell'istruzione terziaria, contro una media OCSE del 18% e sono concentrati nelle regioni più industrializzate d'Italia.

 

Quanto al settore universitario, della ricerca e dell'alta formazione artistica musicale e coreutica, il PNR fa presente che:

§  sono allo studio misure per ampliare la platea degli studenti universitari che beneficiano dell’esenzione contributiva (c.d. no tax area)[76]. Inoltre, si intende intervenire sulla “stabilizzazione da parte delle Regioni del Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio” e sulla semplificazione delle procedure amministrative per l’erogazione delle stesse. La Relazione per Paese relativa all'Italia ha evidenziato che il sistema di istruzione superiore risente della carenza di finanziamenti e di personale, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno e che l'onere finanziario per gli studenti e le loro famiglie è aumentato, tanto che il tasso di iscrizione all'università rimane relativamente basso. Inoltre, la citata Relazione ha messo in luce che le tasse universitarie sono aumentate costantemente e sono attualmente tra le più alte d'Europa mentre il sostegno agli studenti è ancora limitato (solo l'11,6 % degli studenti ha ricevuto borse di studio nel 2017);

§  si procederà alla revisione dei corsi a numero programmato.

Si ricorda che sono all'esame della VII Commissione della Camera dei deputati le proposte di legge nn. 334 e abbinati in materia di accesso ai corsi universitari;

§  con l'art. 1, co. 400-402, della L. 145/2018 sono state stanziate risorse per l'assunzione di ricercatori di "tipo b" e per le relative progressioni di carriera, grazie anche all'incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO);

§  anche nel quadro della citata revisione del Programma nazionale per la ricerca 2015-2020, si rafforzeranno gli investimenti pubblici in ricerca e si incentiverà lo strumento del partenariato pubblico-privato;

§  si introdurranno semplificazioni nei processi di acquisto di beni e servizi nel mondo della ricerca;

§  proseguirà la partecipazione del sistema di ricerca italiano alle iniziative finanziate dalla Commissione europea e nel nuovo programma quadro di ricerca e innovazione Orizzonte Europa (COM (2018) 435);

§  nel settore dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), si completerà il processo di riforma del sistema di reclutamento; è stata avviata peraltro la fase di statizzazione attraverso il D.I 22 febbraio 2019, n. 121 e con DM. 28 dicembre 2018, n. 870, ai sensi dell'art. 22-bis del D.L. 50/2017.

3.6.7 Beni culturali

Preliminarmente, si segnala che in tema di beni culturali non sono state indicate specifiche Raccomandazioni del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2018 dell’Italia.

 

Il PNR 2019 conferma i disegni di legge già indicati nei precedenti documenti programmatici quali collegati alla manovra di finanza pubblica. Relativamente al settore dei beni culturali, si ricorda che la Nota di aggiornamento al DEF 2018 aveva indicato, fra gli altri, come disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, anche il "disegno di legge di delega al Governo per il riordino della materia dello spettacolo e per la modifica del codice dei beni culturali", che quindi viene riconfermato dal DEF 2019 e che è stato approvato dal Consiglio dei ministri nella riunione del 28 febbraio 2019 ma non è stato ancora presentato al Parlamento.

Nel paragrafo specifico Beni culturali, si fa presente che:

§  sarà intrapreso un piano straordinario di assunzioni per fronteggiare il deficit di organico.

Si ricorda che l'art. 1, co. 338, 339 e 342 della L. 145/2018 autorizzano  il MIBAC: ad espletare procedure concorsuali per l'assunzione – a decorrere dal 2020 e dal 2021 – di complessive 1.000 unità di personale di Area II e III; a procedere nel 2019 ad assunzioni, nel limite di spesa dallo stesso fissato, attraverso scorrimento delle graduatorie relative alle procedure di selezione pubblica bandite nel maggio 2016 per personale di Area III; a coprire, nel 2019, i posti vacanti nei profili professionali delle Aree II e III assumendo, nel limite del 50% delle proprie facoltà assunzionali, i candidati idonei presenti nelle graduatorie approvate a decorrere dal 1° gennaio 2010 a seguito di procedure selettive interne per il passaggio, rispettivamente, alla II e alla III Area. Le assunzioni avvengono in ordine di graduatoria e nel limite dei posti previsti in ciascun bando;

§  tra le misure per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, si procederà: ad una mappatura dei beni culturali abbandonati e non utilizzati; alla prevenzione del rischio per i siti archeologici; alla realizzazione di un Catalogo unico nazionale digitale del patrimonio culturale; al monitoraggio della gestione dei siti UNESCO italiani; allo sviluppo di reti museali; alla sperimentazione di card digitali per usufruire di beni e attività culturali; alla valorizzazione della moda e del design;

§  sarà attribuita valenza strategica alla sicurezza del patrimonio culturale, implementando l'Unità per la sicurezza del patrimonio culturale, istituita con D.P.C.M.1° dicembre 2017, n. 238;

§  sarà promosso un piano per la digitalizzazione del patrimonio culturale;

§  saranno investite risorse per la promozione della cultura tra i giovani, per progetti dei territori e per iniziative nei settori dell'arte contemporanea, dell'archeologia, dell'architettura, della riqualificazione delle periferie e dell'innovazione;

§  saranno migliorati i criteri per l'assegnazione delle risorse del Fondo unico per lo spettacolo (FUS)[77];

§  saranno avviate azioni per il risanamento delle Fondazioni lirico-sinfoniche[78];

§  attraverso il citato disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, si redigerà - mediante delega legislativa - il "Codice dello spettacolo" e saranno apportate modifiche al Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al d.lgs. 42/2004;

§  si rafforzerà la capacità del Mezzogiorno di gestire progetti culturali;

§  saranno incentivati progetti di promozione delle attività culturali nelle scuole e nelle università.



[1]     La presentazione del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea entro il 30 aprile, è disciplinata dal Regolamento UE n. 473/2013, recante disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro, che fissa, all’articolo 4, un calendario comune di bilancio.

[2]     Si ricorda che la Nota di aggiornamento del DEF 2018 aveva rivisto al ribasso le stime della crescita del PIL per il 2018, dall’1,5 all’1,2%, in relazione al nuovo contesto di crescita meno dinamica a livello globale ed europeo e agli andamenti congiunturali inferiori alle attese dei primi trimestri dell’anno (con un tasso di crescita del PIL dello 0,3% nel primo trimestre e in decelerazione allo 0,2% nel secondo trimestre), ascrivibile principalmente al venir meno del contributo positivo del settore estero, che aveva invece supportato la ripresa nel 2017.

[3]     Comunicato ISTAT, “Conti economici trimestrali” (5 marzo 2019).

[4]     Il Comunicato del 9 aprile presenta una nuova versione dei dati relativi ai conti economici nazionali e al conto delle Amministrazioni pubbliche (AP) per il 2017 e 2018, con una revisione rispetto a quelle diffuse, rispettivamente, il 1° marzo scorso (per il PIL) e il 3 aprile scorso (per il conto delle AP), al fine di incorporare nei conti una modifica del perimetro del settore delle AP e, in particolare, di includere alcune unità istituzionali che per loro natura producono un impatto significativo su diversi aggregati economici, tra cui il valore aggiunto.

[5]     Le clausole di salvaguardia, si ricorda, prevedono un aumento delle aliquote IVA a gennaio 2020 e a gennaio 2021, nonché un lieve rialzo delle accise sui carburanti a gennaio 2020. Secondo stime ottenute con il modello econometrico del Tesoro (ITEM), l’aumento delle imposte indirette provocherebbe una minore crescita del PIL in termini reali e un rialzo dell’inflazione - sia in termini di deflatore del PIL, sia di prezzi al consumo – rispetto ad uno scenario di invarianza fiscale. Questi impatti sarebbero concentrati negli anni 2020 e 2021, ma persisterebbero in minor misura anche nel 2022 tramite la struttura di ritardi di ITEM.

[6]     Considerato il ritardo con cui le altre principali variabili macroeconomiche rispondono all’aumento dei consumi, lo stimolo incrementale alla crescita del PIL – si sottolinea nel DEF -persisterà per alcuni trimestri, influenzando anche la crescita media del PIL nel 2020.

[7]     Si veda, in particolare, il Reg. (EU) 473/2013, facente parte del c.d. Two-Pack.

[8]     DEF 2019, Sezione I, Tabella II-1

[9]     L’implementazione di tale modifica è stata definita irrevocabilmente da Eurostat solo negli ultimi giorni di marzo.

[10]    Ai fini delle analisi contenute nel presente dossier si utilizza la NTI aggiornata in base al testo approvato della legge di bilancio per il 2019, resa disponibile sul sito della Ragioneria Generale dello Stato.

[11]    Comunicati “Pil e indebitamento AP”, del 1° marzo 2019 (aggiornato dal successivo comunicato “Pil e indebitamento delle amministrazioni pubbliche: aggiornamento”, del 9 aprile 2019) e “IV trimestre 2018 - Conto trimestrale delle AP”, del 3 aprile 2019.

[12]    Decreti-legge n. 50 del 2017 e n. 148/2017. Il decreto legge n. 87/2018 (cd decreto dignità) ha escluso i professionisti con decorrenza luglio 2018.

[13]    Lo split payment è disciplinato dall’art. 17-ter del DPR n. 633/1972 (introdotto dall’art. 1, comma 629, lett. b), della legge n. 190/2014) ed ha finalità antielusive. Si tratta di un meccanismo di versamento dell’IVA in base al quale l’imposta indicata in fattura è versata dal cliente all’Erario in luogo del fornitore (cd reverse charge). L’ambito di applicazione, inizialmente riferito alle sole forniture nei confronti della PA, è stato oggetto di numerose modifiche dirette ad estendere la platea dei soggetti di destinatari, con conseguente previsione di maggiori entrate.

[14]    Cfr. Focus “Contrasto all’evasione fiscale”, Sezione I.

[15]    Cfr. “Valutazione per l’anno 2018 delle maggiori entrate derivanti dal contrasto all’evasione fiscale”, Sezione III.

[16]    I dati diffusi dall'ISTAT il 9 aprile tengono conto del cambiamento del perimetro del settore delle Amministrazioni Pubbliche a seguito della riclassificazione di diverse unità (RFI S.p.A., FerrovieNord S.p.A.,Cassa del Trentino S.p.A., Invitalia). Nonostante le revisioni e le riclassificazioni il DEF sottolinea che il rapporto indebitamento netto/PIL per l'anno 2018 viene confermato al 2,1%, in miglioramento di tre decimi di punto rispetto al valore registrato nel 2017 (2,4%). Le riclassificazioni hanno comportato un aumento rilevante della spesa per redditi da lavoro dipendente, per consumi intermedi e per investimenti (rispettivamente +1.762, +1.982 e +4.038 milioni), quasi interamente compensata da minori contributi alla produzione e contributi agli investimenti e da maggiori entrate correnti per produzione di beni e servizi (rispettivamente -1.173, -3.527 e +2.989 milioni). Le riclassificazioni hanno comportato modifiche in aumento anche ai valori del PIL e del Debito pubblico.

[17]    Legge n. 145 del 2018, articolo 1, commi 819 e ss.

[18]    Nei valori indicati, il segno negativo indica l’indebitamento netto delle pp. aa.

[19]    Nelle stime relative all’Italia il FMI assume che l’incremento automatico dell’IVA per il 2020 sarà annullato.

[20]    In particolare, la revisione delle tariffe INAIL, il potenziamento delle clausole di salvaguardia negli anni 2020 e 2021, l’estensione del regime dei minimi e l’abrogazione del regime opzionale dell’IRI.

[21]    Tale stime scontano anche l’indisponibilità in via definitiva dei 2 miliardi di accantonamenti di cui all’articolo 1, commi da 1117 a 1120, della Legge di Bilancio 2019-2021.

[22]    In valore assoluto, l'aggregato di spesa è previsto che passi dai 172.594 milioni di euro per il 2019, ai 174.018 nel 2020, ai 173.751 nel 2021, per poi attestarsi sui 174.859 milioni di euro previsti nel 2022.Gli analoghi valori riportati dal quadro tendenziale 2019/2021 dalla NTI evidenziava 170.157 milioni di euro per il 2019, 169.579 nel 2020 e 168.959 nel 2021.

[23]    Cfr. MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, Documento di Economia e finanza 2019, Nota Metodologica sui criteri di formulazione delle previsioni tendenziali, Allegato alla Sezione II - "Analisi e tendenze della finanza pubblica", pagine 17-19.

[24]    In valore assoluto, l'aggregato è previsto raggiungere i 144.123 milioni di euro nel 2019; i 147.640 milioni di euro nel 2020, i 148.417 milioni di euro nel 2021, per poi attestarsi a 149.968 milioni di euro nel 2022. Gli analoghi valori riportati dal quadro tendenziale 2019/2021 dalla NTI evidenziavano 144.388 milioni di euro per il 2019, 146.140 nel 2020 e 147.936 nel 2021.

[25]    Inoltre, nei conti nazionali, è assegnato a tale voce anche il valore della produzione dei servizi di intermediazione finanziaria indirettamente misurati (SIFIM), in precedenza escluso dalla stima del PIL. Il valore dei SIFIM deriva dai margini di intermediazione relativi all’attività di raccolta del risparmio presso i settori dove esso si forma (tipicamente, le famiglie) e dall’impiego dei fondi raccolti presso i settori (imprese e Amministrazioni Pubbliche) che presentano fabbisogno di finanziamento. Tale voce del Conto economico della PA rappresenta complessivamente il consumo di servizi da parte dell’operatore pubblico. Il valore dei SIFIM in previsione viene mantenuto costante rispetto all’ultimo anno di consuntivo in quanto non ha impatto sul saldo.

[26]    L'ISTAT, nella pubblicazione annuale dei conti delle Amministrazioni Pubbliche, distingue tra consumi intermedi in senso stretto e le prestazioni sociali in natura (acquisti da produttori market). In particolare, tale distinzione è riconducibile al tipo di utilizzo del bene o servizio. Gli acquisti da produttori market riguardano beni e servizi prodotti da soggetti non facenti parte delle Amministrazioni Pubbliche e messi a disposizione direttamente dei beneficiari, le famiglie. La spesa per tali beni e servizi riguarda le funzioni Sanità (spese per l'assistenza farmaceutica e per le prestazioni sanitarie erogate in convenzione) e Protezione Sociale per l’acquisto di servizi assistenziali. Rientrano, invece, tra i consumi intermedi in senso stretto tutti i beni e i servizi destinati ad essere trasformati in processi produttivi finalizzati all’erogazione diretta dei servizi sanitari e assistenziali e all’erogazione di prestazioni in denaro assistenziali e previdenziali.

[27]    In valore assoluto, l'aggregato è previsto raggiungere 67.792 milioni di euro nel 2019; 68.085 milioni di euro nel 2020, 68.312 milioni di euro nel 2021, per poi attestarsi a 68.478 milioni di euro nel 2022. Gli analoghi valori riportati dal quadro tendenziale 2019/2021 dalla NTI evidenziavano 67.227 milioni di euro per il 2019, 67.025 nel 2020 e 67.723 nel 2021.

[28]    In valore assoluto, l'aggregato è previsto raggiungere 63.984 milioni di euro nel 2019; 65.983 milioni di euro nel 2020, 69.959 milioni di euro nel 2021, per poi attestarsi a 73.739 milioni di euro nel 2022. Gli analoghi valori riportati dal quadro tendenziale 2019/2021 dalla NTI evidenziavano 66.011 milioni di euro per il 2019, 69.284 nel 2020 e 72.917 nel 2021.

[29]    Cfr. MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, Documento di Economia e finanza 2019, Nota Metodologica sui criteri di formulazione delle previsioni tendenziali, Allegato alla Sezione II-"Analisi e tendenze della finanza pubblica", doc. cit. pagine 29-32.

[30]    In valore assoluto, l'aggregato è previsto raggiungere i 18.929 milioni di euro nel 2019; i 20.133 milioni di euro nel 2020, i 20.723 milioni di euro nel 2021, per poi attestarsi a 21.119 milioni di euro nel 2022. Gli analoghi valori riportati dal quadro tendenziale 2019/2021 dalla NTI evidenziavano 34.828 milioni di euro per il 2019, 37.431 nel 2020 e 38.940 nel 2021.

[31]    Cfr. MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, Documento di Economia e finanza 2019, Nota Metodologica sui criteri di formulazione delle previsioni tendenziali, Allegato alla Sezione II-"Analisi e tendenze della finanza pubblica", doc. cit. pagine 32-35.

[32]    Per maggiori dettagli, cfr. Servizio del bilancio e Servizio studi del Senato della Repubblica e Servizio bilancio dello Stato della Camera dei Deputati, Finanza pubblica e regole europee: guida alla lettura e sintesi dei dati principali - Documentazione di inizio legislatura, Documentazione di finanza pubblica n. 1, aprile 2018.

[33]    Si veda Vademecum on the stability and growth pact, edition 2019 della Commissione Europea, box 1.6 pagg. 16-17.

[34]    Il DPB è stato inviato dal Governo alla Commissione europea, all'Eurogruppo e al Parlamento italiano in data 16 ottobre 2018 e, a seguito del parere negativo espresso dalla Commissione europea, è stato ripresentato in data 13 novembre 2018. In tale versione viene confermata l'esistenza di una non-compliance particolarmente seria. Si veda in proposito Senato della Repubblica - Servizio del bilancio, Documento programmatico di bilancio 2019, Nota breve n. 2, ottobre 2018, e European Commission, Report on Public Finance in EMU, Institutional paper 095, gennaio 2019.

[35]    DEF 2019, Sez. I, p. 57.

[36]    Il rischio di sostenibilità di medio periodo è valutato attraverso l'indicatore S1 e le condizioni congiunturali (cicliche) dell’economia sono sintetizzate dall’output gap. l’indicatore di medio periodo S1 misura l’aggiustamento del saldo primario strutturale da realizzare in termini cumulati nei cinque anni successivi all’ultimo anno di previsione, in modo da garantire, se mantenuto costante negli anni successivi, il raggiungimento di un livello di debito/PIL pari al 60 per cento entro quindici anni sostenendo anche i maggiori costi legati all’invecchiamento. A motivo della sua costruzione, l’indicatore S1 è parametrizzato rispetto all’obbiettivo di debito pubblico sancito nel Patto di Stabilità e Crescita. Si veda a tal proposito Commissione europea, Vade Mecum on the Stability and Growth Pact, 2019 edition, Institutional Paper 101, aprile 2019, p. 15.

[37]    Più precisamente l’aggregato di spesa riferimento è calcolato sottraendo, in ciascun anno, dalla spesa pubblica totale la spesa per interessi, la spesa per investimenti dell’anno in corso corretta per la dinamica dei precedenti quattro anni; la spesa per programmi europei finanziata dal bilancio comunitario; la componente ciclica dei sussidi di disoccupazione e la variazione delle misure discrezionali di entrata.

[38]    Il tasso di crescita medio del potenziale è calcolato applicando una metodologia della funzione di produzione concordata a livello europeo che considera la media decennale delle previsioni della Commissione Europea centrata sull’anno in cui si esercita la valutazione. I dieci anni su cui viene calcolata la media sono quindi i quattro anni precedenti a quello della valutazione e i cinque anni successivi.

[39]    La differenza tra il tasso di crescita appropriato per la spesa netta e il tasso di riferimento a medio termine della crescita potenziale del PIL viene indicato come margine di convergenza ed è impostato al fine di garantire un appropriato aggiustamento verso l'obiettivo a medio termine. Il margine di convergenza è calcolato per essere coerente con le richieste restrizioni del bilancio strutturale. Si veda Commissione europea, Vade Mecum on the Stability and Growth Pact, 2019 edition, Institutional Paper 101, aprile 2019, p. 28.

[40]    Commissione Europea, Report from the Commission, Italy, 21 novembre 2018, COMM (2018) 809 Final.

[41]    La Comunicazione riguarda l’utilizzo di margini di flessibilità nel perseguimento dell’OMT per “tenere conto in modo ottimale di tre dimensioni politiche specifiche, concernenti rispettivamente: i) gli investimenti, in particolare riguardo all’istituzione del nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici nel quadro del piano di investimenti per l’Europa; ii) le riforme strutturali e iii) la situazione congiunturale”. Cfr. Commissione europea, Sfruttare al meglio la flessibilità consentita dalle norme vigenti del Patto di stabilità e crescita, COM(2015) 12 final, 13.1.2015.

[42]    Cfr. Economic and Financial Committee, A Commonly Agreed Position of Flexibility within the Stability and Growth Pact, 27 novembre 2015.

[43]    L’articolo 5, par. 1, del Reg. (CE) n. 1466/97 dispone che: “Qualora si produca un evento inconsueto al di fuori del controllo dello Stato membro interessato che abbia rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale di detto Stato o in caso di grave recessione economica della zona euro o dell'intera Unione, gli Stati membri possono essere autorizzati ad allontanarsi temporaneamente dal percorso di aggiustamento all'obiettivo di bilancio a medio termine […], a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa.” Corrispondentemente, l’art. 6, par. 3, del medesimo Regolamento, nel disciplinare la valutazione delle deviazioni dall'MTO o dal relativo percorso di avvicinamento, e le circostanze in presenza delle quali tali deviazioni risultino “significative” dispone che: “… la deviazione può non essere considerata significativa qualora sia determinata da un evento inconsueto che non sia soggetto al controllo dello Stato membro interessato e che abbia rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale dello Stato membro o in caso di grave recessione economica della zona euro o dell'intera Unione, a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa.”

[44]    Commissione europea, Vade Mecum on the Stability and Growth Pact, 2019 edition, Institutional Paper 101, aprile 2019, capitolo 2.

[45]    Le misure descritte sono volte a consentire la realizzazione di interventi sulla rete per un ammontare di spesa previsto in circa 1 miliardo nel 2019.

[46]    A parità di ogni altra condizione, un avanzo primario (pari al saldo di bilancio al netto della spesa per interessi) in crescita rispetto all'anno precedente riduce il rapporto debito/PIL. L'effetto snow-ball consiste nella differenza tra il tasso di interesse (costo medio) sul debito pubblico e il tasso di crescita del PIL nominale. A parità di altre condizioni, un effetto snow-ball in diminuzione rispetto all'anno precedente riduce il rapporto debito/PIL.

[47]    L'aggiustamento stock-flussi riflette operazioni finanziarie e di privatizzazione, nonché le poste di raccordo contabile tra dati di cassa e di competenza economica. A parità di altre condizioni, un suo aumento rispetto all'anno precedente aumenta il rapporto debito/PIL.

[48]    Per una ricostruzione del negoziato tra Governo e Commissione europea e della valutazione della Commissione sul rispetto della regola del debito, cfr. Servizio Studi del Senato, "La relazione della Commissione europea del 21 novembre 2018 sul debito pubblico italiano", Note su atti dell'Unione europea n. 14, novembre 2018.

[49]    V. la Nota breve n. 6 del Servizio del Bilancio del Senato (marzo 2019).

[50]    Presentano invece squilibri economici: Bulgaria, Croazia, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Spagna e Svezia. Per squilibrio macroeconomico si intende "ogni tendenza che possa determinare sviluppi macroeconomici che hanno, o potrebbero avere, effetti negativi sul corretto funzionamento dell'economia di uno Stato membro, dell'Unione economica e monetaria o dell'intera Unione," mentre gli squilibri eccessivi sono "squilibri gravi, compresi quelli che mettono o potrebbero mettere a rischio il corretto funzionamento dell'Unione economica e monetaria."

[51]    Il riferimento è allo scenario programmatico definito nella NADEF 2018.

[52]    La Commissione, con il predetto documento, ha aggiornato l’esame approfondito condotto nell’ambito del monitoraggio degli squilibri macroeconomici nei confronti dell’Italia (l’Italia è sottoposta ad esame approfondito, ex artt. 3 e 4 Reg. (UE) n. 1176/2011 {SWD (2016) 354 final}.

[53]    Il Piano Nazionale Industria 4.0 finanziato con la legge di bilancio 2017 (Legge n. 232/2016), integrato, con nuovi stanziamenti, nella successiva legge di bilancio 2018 (Legge n. 205/2017) (cambiando denominazione in Piano Nazionale Impresa 4.0), ha definito una politica articolata di sostegno pubblico all’adozione di tecnologie 4.0 da parte delle imprese: nuovi stanziamenti per il completamento delle reti a banda ultralarga (piano Banda Ultra-Larga), sgravi fiscali riconosciuti alle imprese che investono in beni strumentali e tecnologie 4.0 in essi incorporate (iper- e super-ammortamento), credito agevolato per sostenere gli investimenti (Nuova Sabatini e Fondo di Garanzia), potenziamento degli Istituti Tecnici Superiori (ITS), il credito d’imposta alla formazione 4.0, creazione e finanziamento dei Centri di Competenza digitale. Talune misure cardine del Piano sono state oggetto di rifinanziamento e proroga anche nell’attuale legislatura, con la legge di bilancio per il 2019 (Legge n. 145/2018 (si rimanda all’iper ammortamento, alla cd. Nuova Sabatini e al Fondo di garanzia per le PMI, al credito d'imposta per le spese di formazione nel settore delle tecnologie 4.0), anche con l’introduzione di nuove misure (Istituzione del Fondo per interventi in favore delle tecnologie e delle applicazioni di intelligenza artificiale Blockchain and Internet of things, Istituzione di un contributo per agevolare l’inserimento nelle PMI di manager per l’innovazione, cd. Voucher manager).

[54]    La Commissione ricorda che nel 2015 è stata adottata una riforma complessiva della pubblica amministrazione e nel 2018 è stato presentato un nuovo disegno di legge e valuta che le misure previste semplificano e chiariscono il processo decisionale, incentivano la trasparenza e l'efficienza e migliorano la gestione del pubblico impiego, che tuttavia possono risultare di difficile attuazione in settori specifici, come il pubblico impiego e le imprese pubbliche.

[55]    Per approfondimenti si rinvia al Dossier n.104/1 del Servizio studi del Senato, "Il processo di attuazione del regionalismo differenziato", marzo 2019.

[56]    Pag. 114.

[57]    Pagg. 101-102.

[58]    Pag. 140.

[59]    Parte III del PNR, pagina 115.

[60]    La circolare reca "Sentenza della Corte costituzionale n. 120/2018. Procedure per la costituzione di associazioni professionali tra militari a carattere sindacale".

[61]    Per un approfondimento si veda il seguente tema: Associazioni professionali a carattere sindacale del personale militare

[62]    Pagina 128.

[63]   Per un approfondimento si vedano i seguenti temi: Prime applicazioni della "legge quadro sulle missioni internazionali" e La nuova disciplina della partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali.

[64]    Il richiamato art. 12 autorizza la spesa a favore dell'ANPAL Servizi Spa per consentire la selezione, mediante procedura selettiva pubblica, delle professionalità necessarie ad organizzare l'avvio del Rdc, la stipulazione di contratti, nelle forme del conferimento di incarichi di collaborazione, con i soggetti selezionati, la formazione e l'equipaggiamento dei medesimi, nonché la gestione amministrativa e il coordinamento delle loro attività, al fine di svolgere le azioni di assistenza tecnica alle regioni e alle province autonome previste dal presente comma.

[65]    Sul punto, si ricorda che si è in attesa del via libera definitivo della Conferenza Stato-Regioni all’accordo tecnico siglato lo scorso 11 aprile per l’approvazione del richiamato Piano triennale.

[66] Si segnala che anche nei focus a pagina 34 e 36 del Programma di stabilità viene effettuata la valutazione dell’impatto macroeconomico degli interventi in materia di RdC e pensioni. La metrica ivi utilizzata è costituita dalle differenze nei tassi di variazione percentuali, mentre. nelle tabelle del PNR qui riportate, per ogni anno, i valori di riferimento sono quelli cumulati rispetto alle corrispondenti tabelle contenute nel programma di stabilità. I piccoli scostamenti che sussistono si presumono dovuti ad arrotondamenti.

 

[67]    Si segnala che anche nei focus a pagina 34 e 36 del Programma di stabilità viene effettuata la valutazione dell’impatto macroeconomico degli interventi in materia di RdC e pensioni. La metrica ivi utilizzata è costituita dalle differenze nei tassi di variazione percentuali, mentre. nelle tabelle del PNR qui riportate, per ogni anno, i valori di riferimento sono quelli cumulati rispetto alle corrispondenti tabelle contenute nel programma di stabilità. I piccoli scostamenti che sussistono si presumono dovuti ad arrotondamenti.

[68]    Concorre al leggero calo del PIL del 2019 anche la riduzione del valore aggiunto del settore pubblico, misurato sulla base del numero degli occupati nella P.A..

[69]    Il Documento ipotizza che gli effetti del provvedimento relativo all’introduzione del reddito di cittadinanza e alla riforma dei centri per l’impiego determinino un aumento della partecipazione al mercato del lavoro, contribuendo così a colmare i posti di lavoro lasciati vacanti dai pensionamenti anticipati.

[70]  “Le nuove disposizioni sulle pensioni dovrebbero peggiorare la sostenibilità di bilancio. Per quanto riguarda la sostenibilità di bilancio a lungo termine, le passività implicite derivanti dall'invecchiamento della popolazione sono state contenute dalle varie riforme pensionistiche attuate negli anni passati. Tuttavia, un decreto-legge del gennaio 2019 annulla alcuni elementi di quelle riforme, ampliando la possibilità del pensionamento anticipato. In particolare, il decreto-legge introduce la possibilità di andare in pensione a 62 anni con 38 anni di contributi nel periodo 2019-2021. Sebbene non siano previste riduzioni specifiche delle prestazioni pensionistiche, periodi contributivi più brevi (coperti parzialmente o totalmente dal sistema figurativo a contribuzione definita) comporteranno automaticamente per i beneficiari del regime prestazioni pensionistiche ridotte. Inoltre, è stata soppressa fino al 2026 l'indicizzazione alla speranza di vita del requisito contributivo minimo per l'accesso alla pensione a norma del vigente regime di pensione anticipata. A ciò si aggiunge la proroga del regime sperimentale di pensione anticipata per le donne ("opzione donna"). Sebbene il Parlamento possa ancora modificare i dettagli della riforma e per quanto l'esatta entità dei costi dipenderà dall'effettiva adesione al regime, le nuove norme aumenteranno considerevolmente la spesa pensionistica nei prossimi anni. Il bilancio 2019 ha previsto un fondo pari allo 0,2 % del PIL nel 2019, allo 0,4 % del PIL nel 2020 e allo 0,5 % del PIL nel 2021. Tuttavia, la riforma graverà sulle finanze pubbliche anche dopo il 2021. Di fatto, anche se il nuovo regime di pensione anticipata non fosse prorogato, nel corso del triennio il numero dei pensionati sarà aumentato facendo salire la spesa pensionistica per molti anni dopo il 2021 rispetto allo scenario precedente la riforma. Inoltre, l'assenza di indicizzazione alla speranza di vita del periodo contributivo per l'accesso alla pensione a norma del vigente regime di pensione anticipata è destinata a incrementare la spesa pensionistica a medio termine. Infine, queste disposizioni, ampliando la possibilità di pensione anticipata, potrebbero incidere negativamente sull'offerta di lavoro, ostacolando così la crescita potenziale.” (Commissione europea - “Relazione per paese relativa all'Italia 2019”)

[71]    Commissione europea, Relazione per paese relativa all'Italia 2019 comprensiva dell'esame approfondito sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici, {COM(2019) 150 final} del 27 febbraio 2019

[72]    Il Fondo è destinato a finanziare progetti sperimentali diretti all’attivazione di interventi nelle scuole secondare di I e II grado, all’identificazione precoce delle condizioni di vulnerabilità e dell’uso occasionale delle sostanze stupefacenti e al supporto educativo e formativo in favore delle famiglie e del personale scolastico, con l’obiettivo di prevenire l’uso delle droghe e ridurre i tempi di accesso alle cure per coloro che ne fanno uso. 

[73]             L’istruzione terziaria professionalizzante è offerta dagli Istituti tecnici superiori – istituiti dall’art. 13 del D.L. 7/2007 (L. 40/2007) – e dalle nuove c.d. lauree sperimentali con orientamento professionale, la cui introduzione è stata prevista dal DM 12 dicembre 2016, n. 987. In particolare, è stata prevista la sperimentazione di 1 corso di laurea ad orientamento professionale in ciascun ateneo, subordinandola da alcuni criteri. Per il coordinamento del sistema di istruzione tecnica superiore e delle lauree professionalizzanti, con DM 23 febbraio 2017, n. 115, è stata costituita una cabina di regia che ha elaborato un documento finale.

[74]    Si tratta di misure presumibilmente previste del decreto-legge "crescita", approvato in Consiglio dei ministri il 4 aprile 2019.

[75]    Con il D.M. 14 novembre 2018, n. 721 sono stati stanziati 35 milioni di euro per interventi mirati in quest'ambito, oltre che altre risorse per l'ampliamento dell'offerta formativa.

[76]    L’art. 1, co. 252-267, della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) ha ridefinito la disciplina in materia di contributi corrisposti dagli studenti universitari prevedendo, per quanto qui più interessa, l’esonero dal pagamento per gli studenti che appartengono ad un nucleo familiare con ISEE fino a € 13.000. Ha, poi, fissato i criteri per la determinazione dell'importo massimo del contributo per determinate categorie di studenti, fino ad un ISEE di € 30.000.

[77]    Sui criteri di riparto del FUS si veda la Nota breve n. 50 del Servizio studi del Senato. In tale ambito è in corso una apposita indagine conoscitiva presso la 7a Commissione del Senato.

[78]    Per un approfondimento sulle Fondazioni lirico-sinfoniche si veda l'apposito tema pubblicato sul sito della Camera dei deputati.