Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Trasporti
Titolo: Disposizioni urgenti in materia di infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale
Riferimenti: AC N.3278/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 477
Data: 20/09/2021
Organi della Camera: IX Trasporti

 Disposizioni urgenti in materia di infrastrutture, dei trasporti e della circolazione stradale

 

 D.L. 121/2021 – A.C. 3278

 

 

 

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Progetti di legge n. 477

 

 

 

 

 

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D21121.docx

 


INDICE

 

 

Articolo 1 (Disposizioni urgenti per la sicurezza della circolazione dei veicoli e di specifiche categorie di utenti) 3

Articolo 2 (Disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza nel settore delle infrastrutture autostradali e idriche) 7

Articolo 3 (Disposizioni urgenti in materia di investimenti e di sicurezza nel settore dei trasporti e delle infrastrutture ferroviarie e impianti fissi) 10

Articolo 4 (Disposizioni urgenti in materia di investimenti e. 13

di sicurezza nel settore del trasporto marittimo) 13

Articolo 5 (Disposizioni urgenti per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e del Consiglio superiore dei Lavori pubblici) 16

Articolo 6 (Disposizioni urgenti per la funzionalità dell’Agenzia nazionale per sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali) 19

Articolo 7 (Disposizioni urgenti in materia di trasporto aereo) 22

Articolo 8 (Disposizioni in materia di incentivi all'acquisto di veicoli meno inquinanti e per i veicoli di categoria M1, M1 speciali, N1 e L) 27

Articolo 9  (Misure semplificative per la rapida realizzazione del “Parco della Giustizia di Bari”) 30

Articolo 10, commi 1-6 (Procedure di attuazione del PNRR) 40

Articolo 10, comma 7 (Modalità di accesso ai servizi erogati in rete  dalle pubbliche amministrazioni) 49

Articolo 11 (Rifinanziamento della componente prestiti e contributi del Fondo 394/81) 52

Articolo 12 (Disposizioni urgenti in materia di progettazione territoriale e investimenti) 56

Articolo 13, comma 1 (Estensione della misura agevolativa “Resto al sud” ai Comuni delle Isole minori del Centro-Nord Italia) 66

Articolo 13, comma 2  (Proroga in materia di investimenti destinati ai comuni) 69

Articolo 14 (Cabina di regia edilizia scolastica) 71

Articolo 15 (Disposizioni urgenti in materia di perequazione infrastrutturale) 73

Articolo 16, commi 1 e 2 (Commissario “ponte Morandi”) 90

Articolo 16, comma 3 (Disposizioni per i comuni colpiti dagli eventi sismici del 2018) 92


Articolo 1
(
Disposizioni urgenti per la sicurezza della circolazione dei veicoli e di specifiche categorie di utenti)

 

L’art. 1 contiene modifiche al codice della strada e ulteriori disposizioni di modifica della legislazione vigente in materia di sicurezza del trasporto stradale

 

Il comma 1 reca una nutrita serie di modifiche al codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 1992) volte a rafforzare la sicurezza della circolazione stradale e a introdurre il c.d. codice rosa.

 

 Viene anzitutto sostituito l’art. 7, lett. d), per consentire al sindaco maggiori possibilità di riserva di posti di sosta, mediante propria ordinanza.

 

Oltre che nelle fattispecie precedentemente previste (veicoli di polizia stradale, vigili del fuoco e dei servizi di soccorso, veicoli al servizio di persone con limitata o impedita capacità motoria, munite di contrassegno, e servizi di linea per lo stazionamento ai capilinea) la riserva di posti può essere ordinata anche per i veicoli:

-   al servizio delle donne in stato di gravidanza o di genitori con un bambino di età non superiore a due anni, munite di contrassegno speciale, denominato «permesso rosa»;

-   elettrici;

-   per il carico e lo scarico delle merci nelle ore stabilite;

-   adibiti al trasporto scolastico nelle ore stabilite.

 

Giova ricordare che alcune di queste modifiche erano previste nel testo unificato delle proposte di legge nn. 24 e abbinate, adottato come testo base dalla IX Commissione Trasporti della Camera dei deputati nella seduta 14 maggio 2019.

 

Vi è poi una modifica dell’art. 61 del codice della strada, principalmente in materia di lunghezza dei veicoli del trasporto pubblico locale.

 

La lunghezza massima degli autoarticolati e degli autosnodati è portata da 16 metri e mezzo a 18, mediante una novella del comma 2. Indi, viene aggiunto un comma 2-bis, ai sensi del quale gli autosnodati e i filosnodati destinati a sistemi di trasporto rapido di massa possono raggiungere la lunghezza massima di 24 metri, purchè su itinerari in corsia riservata autorizzati dal MIMS.

 

Seguono poi lievi modifiche:

-        all’art. 80, comma 8, in virtù della quale la prevista facoltà di affidare in concessione, a imprese di autoriparazione le revisioni periodiche dei veicoli per il trasporto merci, è estesa ai rimorchi e ai semirimorchi;

-        all’art. 116, comma 9, per cui gli autisti del noleggio con conducente, per conseguire la necessaria patente KA o se del caso KB devono possedere l’attestazione di aver frequentato un corso di formazione di primo soccorso.

 

Più ampie sono le modifiche apportate ai successivi articoli 158 e 188 del medesimo codice della strada.

 

Infatti, all’art. 158, relativo ai divieti di sosta e di fermata:

a)     al comma 2, vengono aggiunte le lett. d-bis) e g-bis) ai sensi delle quali la sosta è vietata anche negli spazi riservati – rispettivamente - allo stazionamento e alla fermata dei veicoli adibiti al trasporto scolastico e a quello dei veicoli con il citato permesso rosa;

b)    viene poi inserito un comma 4-bis che le sanzioni amministrative per i trasgressori del divieto inerente al permesso rosa;

c)     il comma 5 rimodula le sanzioni inerenti ad alcuni divieti.

 

A sua volta, l’art. 188, inerente alle garanzie per gli invalidi, subisce modifiche in materia di sanzioni, che vengono inasprite sia per coloro che fruiscono delle strutture dedicate alla circolazione e alla sosta delle persone invalide senza autorizzazione sia per coloro che le usano senza osservarne le dovute modalità.

 

Viene poi aggiunto l’art. 188-bis, il quale disciplina compiutamente la sosta dei veicoli con permesso rosa, prevedendo sia la facoltà degli enti proprietari delle strade di allestire per essi appositi spazi, sia i casi e le modalità di rilascio del permesso da parte dei comuni, sia ancora le sanzioni per le violazioni.

 

Anche il contenuto di queste disposizioni è rinvenibile nel citato testo unificato delle proposte di legge nn. 24 e abbinate.

 

Al comma 2 sono contenute invece modifiche alla legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020). In particolare, l’uso del fondo volto a incentivare la sosta gratuita per le persone con diminuita capacità motoria (previsto all’art. 1, comma 819) viene esteso alle medesime iniziative adottate in favore dei soggetti destinatari del permesso rosa. Il comma 820 del citato art. 1 viene modificato per coordinamento legislativo, in omaggio alla nuova denominazione del MIT (oggi MIMS).

 

I commi 3 e 4 ineriscono alla circolazione in prova.

 

Intervenendo in una materia regolata in gran parte da fonte secondaria (il d.P.R. 24 novembre 2001, n. 474), il comma 3 prevede che, in deroga agli obblighi di revisione periodica di cui all’art. 80 del codice della strada, i veicoli non immatricolati e quelli muniti di carta di circolazione possono circolare con l’autorizzazione in prova per motivi connessi a prove tecniche, sperimentali o costruttive, dimostrazioni o trasferimenti, anche per ragioni di vendita o di allestimento. Resta fermo l’obbligo assicurativo.  

 

Il comma 4, conseguentemente, prevede che - entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, il citato d.P.R. n. 474 del 2001 sia aggiornato.

 

Il comma 5 – a sua volta – inerisce all’esercizio dell’attività di autotrasportatore e apporta una parziale novella al decreto legislativo n. 286 del 2005.

All’art. 14 del predetto decreto legislativo – secondo cui l'attività di guida su strada aperta all'uso pubblico per mezzo di veicoli per i quali è necessaria una patente di guida di categoria C1, C1E, C, CE, D1, D1E, D e DE è subordinata all'obbligo di qualificazione iniziale e all'obbligo di formazione periodica - viene modificato nel senso di specificare che i veicoli di cui si tratta sono adibiti al trasporto sia di cose sia di passeggeri.

 

All’art. 22 dello stesso decreto legislativo, inerente al codice unionale armonizzato vengono introdotte norme volte a rendere il nostro ordinamento più aderente alla direttiva 2018/645/UE.

 

In particolare, secondo la relazione governativa di accompagno al provvedimento, esso sono:

 

preordinate a tenere ben distinte e chiare le casistiche relative alla comprova della qualificazione CQC in commento: 
??- da parte di chi è titolare di una patente di guida italiana (comma 5, lettera b), numero 1): in tal caso sarà possibile apporre sulla stessa il codice 95, come da indicazioni dei commi 2 e 3 del predetto 
articolo 22 del decreto legislativo n. 286 del 2005, a seconda che si tratti di qualificazione per il trasporto di cose o persone; 
??- da parte di chi è titolare di patente rilasciata da altro Stato e, a seguito di un corso di qualificazione iniziale o formazione periodica frequentato in Italia (comma 5, lettera b), numero 2), secondo la disciplina posta dall'
articolo 21 del decreto legislativo n. 286 del 2005, consegue una CQC formato card sulla quale è apposto il codice «95» (è evidente che in questo caso non si può apporre il codice 95 sulla patente rilasciata da altro Stato); 
??- da parte di un titolare di patente rilasciata da Stato extra UE o extra SEE (spazio economico europeo). Ai sensi dell'
articolo 10 della direttiva 2003/59/CE, come modificata dalla direttiva (UE) 2018/645, la qualificazione per il trasporto di cose può essere comprovata mediante l'attestato di conducente, ma uno Stato membro può decidere di rilasciare comunque la carta di qualificazione del conducente apponendovi il codice comunitario 95 (ovviamente trattasi di CQC formato card, non potendo apporre un codice 95 sulla patente rilasciata da altro Stato). Nel caso in cui l'impresa sia stabilita in Italia (comma 5, lettera b), numero 3) le modalità di rilascio della carta di qualificazione del conducente e di apposizione del codice unionale «95» sono disciplinate con decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. La disposizione di cui al comma 5, lettera b), numero 4, uniforma a livello eurounitario la disciplina relativa ai titoli comprovanti la qualificazione iniziale e la formazione periodica per l'esercizio dell'attività professionale del trasporto di persone di conducenti dipendenti, in qualità di autista, da un'impresa stabilita in uno Stato membro. 

 

Al comma 6 è prevista invece la modifica del decreto-legge (emanato sotto la prima fase acuta della pandemia da COVID-19) n. 18 del 2020 (convertito nella lege n. 27 del 2020. Al relativo art. 92 vengono infatti aggiunti i commi da 4-octies a 4-undecies.

 

L’ambito dell’intervento normativo è costituito dalle attività svolte dagli ispettori incaricati dei controlli tecnici periodici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi. Vi si prevede che - con decreto del MIMS sono individuati numero e composizione delle commissioni di esame, nonché i requisiti e le modalità di nomina dei relativi componenti, per l’abilitazione degli ispettori. Inoltre, è previsto che le spese del procedimento di abilitazione sono a carico del richiedente. E’ anche precisata la modalità di fissazione dei compensi dei membri delle citate commissioni esaminatrici.

 

 

 


 

Articolo 2
(Disposizioni urgenti in materia di investimenti e sicurezza nel settore delle infrastrutture autostradali e idriche)

 

 

L’articolo 2 reca norme afferenti al settore autostradale (commi 1 e 2) e alla gestione delle dighe (commi 3 e 4).

Il comma 1 differisce al 31 dicembre 2021 il termine per il perfezionamento dell’aggiornamento dei piani economici finanziari dei concessionari autostradali, mentre il comma 2 proroga di due anni la durata delle concessioni in corso relative ai servizi di distribuzione di carbolubrificanti e ai servizi di ristoro sulla rete autostradale.

Il comma 3 interviene sulle competenze in materia di dighe, mentre il comma 4 modifica la disciplina relativa al progetto di gestione richiesto per l’effettuazione delle operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe.

 

 

Il comma 1 – in considerazione dei provvedimenti di regolazione e limitazione della circolazione stradale adottati nel periodo emergenziale da COVID-19 e della conseguente incidenza di detti provvedimenti sulla dinamica dei transiti sulla rete autostradale – dispone il differimento dal 31 luglio 2021 al 31 dicembre 2021 del termine (previsto dal comma 3 dell’art. 13 del decreto legge n. 162 del 2019) per il perfezionamento dell’aggiornamento dei piani economici finanziari dei concessionari autostradali presentati nel termine del 30 marzo 2020.

 

L’art. 13, comma 3, del decreto legge n. 162 del 2019 ha disposto, per i concessionari, il cui periodo regolatorio quinquennale sia pervenuto a scadenza, il differimento del termine per l’adeguamento delle tariffe autostradali relative all’anno 2020 sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economici finanziari, predisposti in conformità alle delibere adottate dall’Autorità di regolazione dei trasporti. A tal fine, la norma stabilisce che le proposte di aggiornamento dei piani economico-finanziari sono presentate dai concessionari al Concedente entro il 30 marzo 2020 e che l’aggiornamento è perfezionato entro e non oltre il 31 luglio 2020.

Tale disposizione è stata poi modificata e integrata dall’art. 13, comma 5, del decreto legge n. 183 del 2020, al fine di:

- prevedere il differimento del termine per l'adeguamento delle tariffe autostradali relative anche all’anno 2021 (oltre che all'anno 2020) sino alla definizione del procedimento di aggiornamento dei piani economico-finanziari;

- differire dal 31 luglio 2020 al 31 luglio 2021 il termine per la definizione dei procedimenti di aggiornamento dei piani economico-finanziari. Tale ultimo termine viene quindi differito al 31 dicembre 2021 dalla norma in esame.

Per approfondimenti, si rinvia alla scheda di lettura sul citato art. 13, comma 5.

 

La relazione illustrativa al presente decreto-legge sottolinea che la norma in esame “si rende necessaria in ragione del dilatamento delle tempistiche delle procedure di aggiornamento dei piani economici finanziari alla luce della situazione di incertezza nella determinazione della dinamica dei transiti sulla rete autostradale a causa dell’emergenza sanitaria da COVID-19 tuttora in corso che non ha consentito la predisposizione di proposte di piani finanziari sulla base di previsioni attendibili”.

 

Il comma 2 – in considerazione del calo di traffico registrato sulle autostrade italiane derivante dall'emergenza epidemiologica da COVID-19 e dalle relative misure di limitazione del contagio adottate dallo Stato e dalle regioni, al fine di contenere i conseguenti effetti economici e di salvaguardare i livelli occupazionali – proroga di 2 anni la durata delle concessioni in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, relative ai servizi di distribuzione di carbolubrificanti e ai servizi di ristoro sulla rete autostradale.

Lo stesso comma dispone che tale proroga non si applica in presenza di procedure di evidenza pubblica finalizzate al nuovo affidamento delle concessioni in questione già definite con l'aggiudicazione alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

Il comma 3 integra il disposto del primo periodo del comma 171 dell’art. 2 del decreto legge n. 262 del 2006 – che ha provveduto al trasferimento al Ministero delle infrastrutture dei compiti e delle attribuzioni facenti capo al Registro italiano dighe, soppresso dal precedente comma 170 – al fine di precisare che tale trasferimento opera fermi restando:

- i compiti, gli obblighi, e le responsabilità degli enti concessionari e dei soggetti gestori in materia di sicurezza;

- nonché le funzioni di controllo delle amministrazioni concedenti.

 

Il comma 4 modifica la disciplina relativa al progetto di gestione richiesto (dall’art. 114 del decreto legislativo n. 152 del 2006, c.d. codice dell’ambiente) per l’effettuazione delle operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe.

 

L’art. 114, comma 2, del codice dell’ambiente, onde assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell'acqua invasata sia del corpo ricettore, prevede (tra l’altro) che le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun invaso. Il successivo comma 4 (oggetto di modifica da parte della norma in esame) dispone che tale progetto di gestione è predisposto dal gestore sulla base dei criteri fissati con apposito decreto ministeriale adottato, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

La disciplina previgente testé richiamata viene integrata dalla norma in esame al fine di:

- precisare che la disciplina medesima si applica solamente alle “grandi dighe” cioè agli invasi realizzati da sbarramenti aventi le caratteristiche di cui all'art. 1, comma 1, del decreto legge n. 507 del 1994, vale a dire le “opere di sbarramento, dighe di ritenuta o traverse, che superano i 15 metri di altezza o che determinano un volume d'invaso superiore a 1 milione di metri cubi”;

- stabilire che, per le “piccole” dighe (cioè quelle non aventi le caratteristiche indicate all’art. 1, comma 1, del decreto legge n. 507 del 1994, che sono state devoluti alla competenza regionale dall’art. 89 del decreto legislativo n. 112 del 1998), le regioni, in conformità ai propri ordinamenti, adeguano la disciplina regionale agli obiettivi di cui ai commi 2, 3 e 9 dell’art. 114 del codice dell’ambiente, anche tenuto conto delle specifiche caratteristiche degli sbarramenti e dei corpi idrici interessati.

Si ricorda nuovamente che il comma 2 dell’art. 114 del codice dell’ambiente, al fine di assicurare il mantenimento della capacità di invaso e la salvaguardia sia della qualità dell'acqua invasata sia del corpo ricettore, prevede che le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun invaso. Lo stesso comma dispone che il progetto di gestione è finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni connesse con le attività di manutenzione da eseguire sull'impianto, sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore, dell'ecosistema acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate e rilasciate a valle dell'invaso durante le operazioni stesse. Il successivo comma 3 dispone che il progetto di gestione individua altresì eventuali modalità di manovra degli organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del corpo ricettore. Il comma 9, invece, dispone che le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento degli invasi non devono pregiudicare gli usi in atto a valle dell'invaso, né il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale e degli obiettivi di qualità per specifica destinazione.

 

 


 

Articolo 3
(Disposizioni urgenti in materia di investimenti e di sicurezza nel settore dei trasporti e delle infrastrutture ferroviarie e impianti fissi)

 

 

L'art. 3 contiene misure urgenti volte ad accelerare l'attuazione del "Piano nazionale di implementazione del sistema europeo di gestione del traffico ferroviario”. Vengono inoltre introdotte alcune disposizioni per assicurare la continuità del servizio di trasporto ferroviario lungo la linea Tirano (Italia) - Campocologno (Svizzera), nonché ulteriori disposizioni in materia di trasporto pubblico locale.

 

In particolare, il comma 1 contiene disposizioni volte ad accelerare l’attuazione del «Piano nazionale di implementazione del sistema europeo di gestione del traffico ferroviario, European Rail Traffic Management System (di seguito “ERTMS”) e a garantire un efficace coordinamento tra la dismissione del sistema di segnalamento nazionale (classe B) e l'adeguamento dei sottosistemi di bordo dei veicoli con il sistema ERTMS.

 

A tale proposito è utile ricordare che l'ERTMS o, più precisamente, l'ERTMS/ETCS (European Rail Traffic Management System/European Train Control System) è un sistema di gestione, controllo e protezione del traffico ferroviario e relativo segnalamento di bordo, progettato allo scopo di sostituire i molteplici, e tra loro incompatibili, sistemi di circolazione e sicurezza delle varie ferrovie europee allo scopo di garantire l'interoperabilità dei treni soprattutto sulle nuove reti ferroviarie ad alta velocità.

 

A tal fine lo stesso comma 1 dell'articolo in questione prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di un fondo con una dotazione pari a 60 milioni di euro, per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026.

 

Il comma 2 specifica che le risorse finanziarie sopra citate sono destinate al finanziamento degli interventi di rinnovo o ristrutturazione dei veicoli, per l'adeguamento del relativo sottosistema di bordo di classe «B» al sistema ERTMS rispondente alle Specifiche Tecniche di Interoperabilità.

Nella relazione illustrativa, viene precisato che la quantificazione dei costi pari, a 300 milioni di euro, è stata stimata dal gestore dell’infrastruttura, con il supporto di un advisor indipendente, prendendo in considerazione la necessità di adeguare i sistemi di bordo di 5.000 cabine di guida ad un costo di 60.000 euro ciascuna.

 Si prevede, inoltre, che possano beneficiare del finanziamento gli interventi realizzati a partire dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame ed entro il 31 dicembre 2026, sui veicoli che risultino iscritti in un registro di immatricolazione istituito presso uno Stato membro dell'Unione europea, che circolano sul territorio nazionale e soltanto nel caso che detti interventi non risultino già finanziati dai contratti di servizio in essere con lo Stato o le regioni.

Il comma 3 rinvia ad un decreto del MIMS, da adottare di concerto con il MEF, la definizione delle modalità attuative di erogazione del contributo alle imprese ferroviarie o ai proprietari dei veicoli per gli interventi sui veicoli di cui al comma 2, nei limiti della effettiva disponibilità del fondo.

Si precisa, infine, che la disposizione di cui al comma in questione subordina l’efficacia del citato decreto all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea.

Il comma 4 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 1, mentre il comma 5 prevede la proroga al 2021 del termine di operatività del fondo destinato alla formazione del personale impiegato in attività della circolazione ferroviaria, con particolare riferimento alla figura professionale dei macchinisti del settore del trasporto ferroviario di merci.

I commi da 6 a 8 introducono disposizioni finalizzate ad assicurare la continuità del servizio di trasporto ferroviario lungo la linea Tirano (Italia) - Campocologno (Svizzera).

In particolare, il comma 6 autorizza la circolazione nel territorio italiano dei rotabili ferroviari a tal fine impiegati per l’intera durata della concessione rilasciata al gestore di detto servizio di trasporto dall’ufficio governativo della Confederazione elvetica.

Si ricorda al riguardo che la linea da Tirano, in Italia, fino a Campocologno, in Svizzera, era stata costruita su concessione di costruzione per una tranvia elettrica a scartamento ridotto. Dopo il subentro della Ferrovia Retica nella titolarità della concessione (intervenuto nell’anno 1950), il relativo servizio è stato tuttavia sempre effettuato con materiale rotabile di tipo ferroviario, e con modalità di esercizio parimenti assimilabili al trasporto ferroviario.

Il comma 7 stabilisce che, nel territorio italiano, il relativo servizio di trasporto ferroviario debba avvenire in conformità alle norme per le reti ferroviarie funzionalmente isolate dal resto del sistema ferroviario.

Al riguardo, si ricorda che le reti ferroviarie isolate sono quelle reti concesse dallo Stato e quelle attribuite alle regioni ed adibite a servizi ferroviari locali ordinariamente espletati con distanziamento regolato da segnali.

Infine, il comma 8 stabilisce che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento d'urgenza in esame, il Comune di Tirano e il gestore della linea ferroviaria debbano definire il disciplinare di esercizio relativo alla parte del tracciato che, in ambito urbano, si interseca con il traffico veicolare e con i passaggi pedonali.

Al comma 9, da ultimo, si provvede ad introdurre una modifica all’articolo 51, comma 6, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106 in materia di trasporto pubblico locale. 

Si ricorda che il citato articolo 51, in considerazione del perdurare dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, aveva incrementato la dotazione del fondo di cui all'articolo 1, comma 816, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, di ulteriori 450 milioni di euro per l'anno 2021 al fine di finanziare i servizi aggiuntivi programmati per il trasporto pubblico locale per far fronte agli effetti derivanti dalle limitazioni poste al coefficiente di riempimento dei mezzi di trasporto, anche in coerenza con gli esiti dei tavoli prefettizi di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35.

Con la disposizione in esame si novella il comma 6 dell’articolo 51, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, al fine di prevedere che eventuali risorse residue dallo stanziamento di cui al comma 1 del medesimo articolo 51, siano destinate, oltre che per le finalità previste dall'articolo 200, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, anche al potenziamento delle attività di controllo finalizzate ad assicurare che l'utilizzo dei mezzi di trasporto pubblico locale avvenga in conformità alle misure di contenimento e di contrasto dei rischi sanitari derivanti dalla diffusione del COVID-19.

 


 

Articolo 4
(Disposizioni urgenti in materia di investimenti e

di sicurezza nel settore del trasporto marittimo)

 

 

L'articolo 4 reca una serie di modifiche alle norme del decreto legislativo n. 53 del 2011 in materia di sicurezza delle navi. Esso, inoltre, contiene alcune disposizioni volte a favorire alcuni investimenti nel settore del trasporto marittimo.

 

In particolare, il comma 1 modifica alcune disposizioni del decreto legislativo sopracitato, relativo alla “Attuazione della direttiva 2009/16/CE recante le norme internazionali per la sicurezza delle navi, la prevenzione dell'inquinamento e le condizioni di vita e di lavoro a bordo per le navi che approdano nei porti comunitari e che navigano nelle acque sotto la giurisdizione degli Stati membri” al fine di aggiornare talune disposizioni, armonizzandone il contenuto del decreto legislativo alla recepita direttiva 2009/16/CE, e di attualizzare le previsioni concernenti la formazione del personale ispettivo del Corpo delle Capitanerie di porto.

A tale riguardo:

-        la lettera a) modifica l’articolo 14 del decreto legislativo n. 53 del 2011, che traspone nell’ordinamento l’articolo 23 della direttiva 2009/16/CE, concernente le segnalazioni di apparenti anomalie a bordo delle navi.

-        la lettera b) modifica l’articolo 16 del decreto legislativo 53 del 2011, che traspone nell’ordinamento l’articolo 19, paragrafo 5 della direttiva 2009/16/CE, relativo alla sospensione delle ispezioni, in casi eccezionali,

-        la lettera c) apporta modifiche all’articolo 18 del decreto legislativo 53 del 2011, che traspone l’articolo 15 della direttiva relativo alle “Safety and Security guidelines and procedures”.

-        la lettera d) contiene alcune abrogazioni al fine di assicurare un migliore coordinamento normativo;

-        la lettera e), infine, apporta modifiche all’Allegato I al decreto legislativo 53 del 2011, concernente gli ispettori.

Il comma 2 reca alcune modifiche all’allegato A della legge 28 gennaio 1994, n. 84, prevedendo l’inserimento del Porto di Arbatax e del Porto Rifugio e del Porto Isola di Gela nella circoscrizione di competenza, rispettivamente, dell’Autorità di sistema portuale del Mare di Sardegna e dell’Autorità di sistema portuale del Mare di Sicilia Occidentale.

A tale riguardo si segnala che, come emerge anche nella relazione illustrativa, la Regione Sardegna ha rappresentato l’esigenza dell'inserimento del Porto di Arbatax nella circoscrizione dell’Autorità di sistema portuale del Mare di Sardegna al fine di ricondurlo all'interno di un corretto quadro normativo e gestionale rispetto alle funzioni e alle attività di fatto da esso svolte.  In particolare, la gestione delle rotte verso i porti nazionali di Genova e Civitavecchia (esercitate tutto l’anno) necessita, secondo la Regione Sardegna, di una stretta azione di coordinamento ed integrazione con gli altri scali della Sardegna dai quali partono gli altri collegamenti (Cagliari, Olbia, Golfo Aranci e Porto Torres), al fine di integrare fra loro i servizi con lo scopo, per un verso, di migliorare l’offerta marittima e, per l’altro, di limitare la percorrenza dei veicoli (soprattutto quelli pesanti) su strada a favore dell’uso del vettore marittimo.

Al comma 3, al fine di migliorare e rendere più sostenibile la mobilità di passeggeri e merci tra le aree metropolitane di Reggio Calabria e Messina, nonché la continuità territoriale da e per la Sicilia si assegnano all’Autorità di Sistema portuale dello Stretto:

- 2 milioni di euro per il 2021;

- 30 milioni di euro per il 2022;

- 5 milioni di euro per il 2023

al fine di realizzare gli interventi infrastrutturali necessari per aumentare la capacità di accosto per le unità adibite al traghettamento nello Stretto di Messina, nonché i servizi ai pendolari.

 

Il comma 4 modifica l’articolo 89 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126 per renderla maggiormente coerente con la normativa europea.

A tale proposito, si evidenzia che la tale norma aveva istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo con una dotazione iniziale di 50 milioni di euro per l’anno 2020 e di 20 milioni di euro per l’anno 2021, destinato a compensare la riduzione dei ricavi tariffari relativi ai passeggeri trasportati nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 dicembre 2020 rispetto alla media dei ricavi registrata nel medesimo periodo del precedente biennio, a favore delle imprese armatoriali che operano con navi di bandiera italiana, iscritte nei registri alla data del 31 gennaio 2020, impiegate nei trasporti di passeggeri e combinati di passeggeri e merci via mare, anche in via non esclusiva, per l’intero anno.

Il limite posto nella stessa norma di ammettere al godimento del beneficio le sole navi battenti bandiera italiana, non includendo quelle iscritte nei registri degli Stati dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo ovvero battenti bandiera di altri Stati dell’Unione Europea o dello Spazio economico europeo, rischierebbe di essere in contrasto con le norme europee in tema di aiuti di Stato e di regolazione del mercato interno, con conseguente possibile non approvazione della misura in sede di notifica alla Commissione Europea che potrebbe giudicare la suddetta previsione normativa una restrizione.

Per tale ragione, come emerge nella relazione illustrativa, il Governo ha ritenuto di procedere con una modifica normativa, di allineamento alla norma europea.

Il comma 5  apporta delle modifiche all’articolo 199 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, prevedendo alla lettera a), che le Autorità di sistema portuale e l'Autorità portuale di Gioia Tauro, compatibilmente con le proprie disponibilità di bilancio, possano continuare a disporre la riduzione dell'importo dei canoni concessori di cui al codice della navigazione utilizzando a tal fine anche il proprio avanzo di amministrazione limitatamente all’anno 2020.

Le lettere b) e c) modificano, rispettivamente, i commi 10-bis e 10-quinquies dell’articolo 199, ridefinendo in senso riduttivo la tipologia di introiti da prendere in considerazione ai fini della determinazione dei contributi riconoscibili in favore delle Autorità di sistema portuale

La lettera d)  prevede che le eventuali risorse residue di cui alla lettera a) del comma 7 dell’articolo 199 del richiamato decreto-legge n. 34 del 2020, non assegnate, siano destinate alle imprese titolari di concessioni demaniali nonché alle imprese concessionarie per la gestione di stazioni marittime e servizi di supporto a passeggeri, a titolo di indennizzo per le ridotte prestazioni rese da dette società conseguenti alla riduzione dei volumi di traffico dal 1° gennaio 2021 al 31 luglio 2021, rispetto ai corrispondenti mesi dell'anno 2019, secondo criteri e le modalità da stabilire con decreto del Ministero delle infrastrutture e mobilità sostenibili.

Il comma 6, infine, modifica l’articolo 103-bis del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, prorogando fino al 31 dicembre 2021 le procedure semplificate di stipula dei contratti di arruolamento dei membri dell'equipaggio o del personale dei servizi ausiliari di bordo ad opera del comandante della nave ovvero dall'armatore o da un suo procuratore nelle forme di cui al codice della navigazione.

Articolo 5
(
Disposizioni urgenti per la funzionalità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e del Consiglio superiore dei Lavori pubblici)

 

 

L'articolo 5 istituisce presso il MIMS una struttura di missione denominata Centro per l'innovazione e la sostenibilità in materia di infrastrutture e mobilità (CISMI). Esso, inoltre, contiene ulteriori disposizioni organizzative del Ministero al fine di garantire una migliore funzionalità.

Da ultimo, vengono inserite alcune disposizioni in merito al Consiglio superiore dei Lavori pubblici.

 

In particolare, il comma 1 prevede l’istituzione, presso il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di una struttura di missione, denominata Centro per l'innovazione e la sostenibilità in materia di infrastrutture e mobilità (CISMI), al fine di garantire la realizzazione degli interventi di titolarità del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, finanziati in tutto o in parte con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza ovvero del Piano nazionale per gli investimenti complementari, in coerenza con i relativi cronoprogrammi, per la quale si rende necessario, in base a quanto si ricava dalla relazione illustrativa, promuovere e incrementare le attività di studio, di ricerca e di sviluppo nel settore della sostenibilità delle infrastrutture e della mobilità, della innovazione tecnologica, organizzativa e dei materiali, assicurando, al contempo, nuove forme di intermodalità e di servizi di rete anche attraverso lo svolgimento di specifiche attività di natura formativa.

Il CISMI non costituisce struttura dirigenziale e opera alle dirette dipendenze del Ministro. Alla struttura di missione è assegnato un contingente complessivo di venti unità di personale.

Il comma 2 stabilisce che, nello svolgimento della propria attività, il CISMI possa stipulare, per conto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, apposite convenzioni con enti ed istituti di ricerca specializzati, pubblici e privati.

Il comma 3 individua la copertura finanziaria delle disposizioni di cui al comma 1.

 

Il comma 4 modifica l’articolo 45 del decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, introducendo una modifica dei soli rimborsi spesa agli esperti invitati a partecipare alle riunioni del Comitato speciale in seno al Consiglio, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente e di quanto previsto per i componenti e gli esperti del Consiglio superiore dei lavori pubblici.

 

Il comma 5 reca la copertura finanziaria della disposizione di cui al comma 4.

 

Il comma 6 reca modifiche all’articolo 22, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, in materia di funzionamento della Commissione nazionale per il dibattito pubblico.

 

A tale riguardo si ricorda che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 76 del 2018 sono state disciplinate le modalità di svolgimento, le tipologie e le soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico, nonché le competenze della Commissione Nazionale per il dibattito pubblico e con il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 30 dicembre 2020, n. 627, è stata istituita la Commissione nazionale, composta, ai sensi dell’articolo 4 del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 76 del 2018 da n. 15 membri e da n. 3 esperti eventualmente nominati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta della Commissione, che prendono parte ai lavori della Commissione senza diritto di voto.

 

Con la norma in esame si provvede a modificare il comma 2 del citato articolo 22 del decreto legislativo n. 50 del 2016 al fine di riconoscere ai componenti della Commissione nazionale un rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per le missioni effettuate nei limiti previsti per il personale del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, con oneri complessivi, per tutti i componenti della Commissione, non superiori a 18.000 euro per l'anno 2021 ed a 36.000 euro a decorrere dall’anno 2022.

 

I commi 7 e 8 prevedono per il personale in servizio al MIMS, diverso da quello appartenente al ruolo dirigenziale, a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento d'urgenza in esame, l’incremento dell’indennità di amministrazione e del fondo risorse decentrate del personale non dirigenziale di cui all’articolo 76 del contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto funzioni centrali 2016-2018 e, con riferimento al personale dirigenziale, l’incremento dei fondi per la retribuzione di posizione e la retribuzione di risultato del medesimo personale.

 

Il comma 9 reca la copertura finanziaria degli oneri previsti nei precedenti commi da 6 a 8.

 

La disposizione di cui al comma 10 disciplina il pagamento delle funzioni tecniche dei dipendenti delle amministrazioni aggiudicatrici con riguardo ad un periodo temporale rispetto al quale il Consiglio di Stato ha evidenziato l’esistenza di un “vuoto normativo”.

In base agli elementi forniti nella relazione illustrativa, infatti, con pareri rilasciati al Ministero dei beni culturali e al Ministero della giustizia, il Consiglio di Stato ha evidenziato che i regolamenti delle amministrazioni aggiudicatrici sono stati abrogati a seguito dell’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici del 2016 e ha rappresentato la necessità di un intervento legislativo finalizzato a regolamentare il periodo transitorio tra l’abrogazione del vecchio regolamento e l’entrata in vigore di quello previsto dall’articolo 113, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

 

La disposizione, pertanto, prevede che il regolamento di cui all’art. 113, comma 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016 si applica agli appalti di lavori, servizi e forniture, le cui procedure sono state avviate successivamente alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo n. 50, anche se eseguite prima della entrata in vigore del predetto regolamento.

 

Il comma 11 introduce disposizioni relative al funzionamento del Comitato Centrale per l’Albo nazionale degli autotrasportatori di merci per conto di terzi che opera nell’ambito del Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.

 

A tale riguardo si segnala che la disciplina relativa alla composizione, organizzazione e funzionamento del citato Comitato Centrale è contenuta nella legge istitutiva 6 giugno 1974, n. 298 e nel decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 284.

Attualmente, oltre ai soggetti istituzionali previsti dall’articolo 10 del citato decreto legislativo n. 284 del 2005, fanno parte del Comitato ben 13 Associazioni di categoria degli autotrasportatori, ivi compresi i rappresentanti del movimento cooperativo.


 

Articolo 6
(
Disposizioni urgenti per la funzionalità dell’Agenzia nazionale per sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali)

 

 

L’art. 6 contiene norme sull’Agenzia nazionale per sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali, modificando diversi testi legislativi vigenti, tra cui il decreto legge n. 109 del 2018 (c.d. decreto Genova), il codice della strada e il decreto legislativo n. 264 del 2006 (disciplina della rete stradale transeuropea).

 

Il comma 1 apporta modificazioni all’art. 12 decreto-legge n. 109 del 2018 (adottato dopo la tragedia del viadotto Polcevera a Genova e convertito con la legge n. 130 del 2018).

 

Il comma 4 del citato art. 12 viene modificato con disposizioni di coordinamento legislativo con l’art. 4 del decreto legislativo n. 264 del 2006, a sua volta modificato dai commi 8 e 9 del presente art. 6 (v. infra).

 

Al medesimo art. 12, viene poi aggiunto il comma 4-quater, ai sensi del quale le funzioni degli uffici speciali trasporti a impianti fissi (Ustif) del MIMS sono devolute all’Agenzia nazionale per sicurezza delle infrastrutture stradali e autostradali.

 

Si prevede altresì che l’Agenzia disciplina – con proprio decreto - i requisiti per il rilascio dell'autorizzazione di sicurezza relativa al sistema di trasporto costituito dall'infrastruttura e dal materiale rotabile, con i contenuti di cui al decreto legislativo n. 50 del 2019 (artt. 9 e 11), per quanto applicabili, nonché, d'intesa con il MIMS, le modalità per la realizzazione e l'apertura all'esercizio di nuovi sistemi di trasporto a impianti fissi.

 

La lett. e) del comma 1 modifica – a sua volta – il comma 9, lett. b) del citato decreto legge n. 109, elevando le dotazioni organiche complessive del personale di ruolo dipendente dall'Agenzia:

-      da 569 a 668 unità come limite massimo;

-      da 42 a 48 quelle di livello dirigenziale non generale;

-      da 2 a 3 gli uffici di livello dirigenziale generale.

 

Al comma 2 è contenuta una novella all’art. 12, comma 3, lett. a), del codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 1992) volta ad aggiungere il personale, con compiti ispettivi o di vigilanza sulle infrastrutture stradali o autostradali, dell'Agenzia al novero dei soggetti investiti di compiti di prevenzione e accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale e tutela e controllo sull'uso delle strade.

 

Premesso che gli addetti ai predetti compiti di prevenzione e accertamento devono – ai sensi dell’alinea del comma 3 dell’art. 12 qui modificato – sostenere un esame di qualificazione, il comma 3 prevede che per il personale dell’Agenzia il requisito di anzianità di servizio per accedere all’esame non è richiesto, in via transitoria, fino al 31 dicembre 2023.

 

Il comma 4 prevede che - entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge – vengono adeguate le fonti di regolazione dell’Agenzia (statuto, regolamento di amministrazione e restanti regolamenti), secondo le modalità del predetto decreto-legge n. 109.

 

Il comma 5 dispone il passaggio di personale dagli Ustif all’Agenzia, a decorrere dal 1° gennaio 2022, precisando numero di unità, qualifiche e livelli retributivi. E’ disciplinata anche la fase precedente all’adozione del decreto di cui al comma 6, ove è previsto che il Ministro dell’economia e delle finanze provvede con proprio decreto alle occorrenti variazioni bilancio.

 

La relazione tecnica al provvedimento quantifica nuovi oneri per la finanza pubblica in relazione a questo comma (unitamente a quelli per le lett. e) ed f) del comma 1, v. supra) per circa 1 milione e 350 mila euro ad anno.

 

Il comma 7 quantifica gli oneri derivanti dalle modifiche legislative inerenti all’Agenzia e provvede alla relativa copertura.

 

Come poc’anzi anticipato, ai commi 8 e 9 sono portate modifiche al decreto legislativo n. 264 del 2006, di recepimento della direttiva 2004/54/CEE sulla sicurezza nelle gallerie della rete stradale transeuropea.

 

Al comma 8 – mediante una novella dell’art. 2 del decreto legislativo n. 264 - è previsto che presso l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle citate infrastrutture è costituita un’apposita Commissione che funge da autorità amministrativa prevista nella predetta direttiva. In precedenza tale commissione era costituita presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici.

 

E’ altresì previsto – a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge - che la Commissione sia composta dal direttore dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali o da un suo delegato, che la presiede e da ulteriori 17 persone:

-        quattro esperti tecnici designati dallo stesso direttore;

-        tre esperti tecnici designati dal Presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici;

-        due rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili designati dal Ministro;

-        un rappresentante dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali;

-        tre rappresentanti del Ministero dell'interno designati dal Ministro e scelti, rispettivamente, tra il personale della Polizia stradale, del Dipartimento per gli affari interni e territoriali e del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile;

-        un rappresentante del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri;

-        un magistrato amministrativo;

-        un magistrato contabile;

-        un avvocato dello Stato

(questi ultimi 3, designati secondo le modalità individuate dagli ordinamenti di rispettiva appartenenza).

 

Poiché risulta che la Commissione è di numero pari, si potrebbe valutare di sopprimere il rappresentante dell’Agenzia nazionale, poiché al suo direttore spetta la presidenza ed egli comunque nomina 4 esperti tecnici.

 

La Commissione è nominata con provvedimento del Direttore dell'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali e autostradali e dura in carica quattro anni.

 

    La lett. c) del comma 8 porta una disposizione di coordinamento; mentre il comma 9 prevede che la Commissione attualmente in carica sia rinnovata – con provvedimento del direttore dell’Agenzia - entro 45 giorni dalla data dell’entrata in vigore della legge di conversione.

 

 


 

Articolo 7
(Disposizioni urgenti in materia di trasporto aereo)

 

 

L’articolo 7, autorizza la prosecuzione dei collegamenti tra lo scalo di Milano Linate e gli aeroporti del Regno Unito, a condizione di reciprocità, sino al 30 ottobre 2022 (comma 1); prevede inoltre disposizioni relative all’amministrazione straordinaria di Alitalia ed alla cessione dei beni aziendali, al fine di velocizzare il completamento della procedura di cessione degli asset in linea con quanto previsto dalla Commissione europea (comma 2).

 

I voli tra lo scalo di Milano Linate ed il Regno Unito (comma 1)

 

In dettaglio, il comma 1, prevede l’applicazione fino alla data del 30 ottobre 2022 delle disposizioni dell’articolo 17-quater del decreto-legge n. 22 del 2019, che hanno consentito ai vettori comunitari e del Regno Unito (in via transitoria e non oltre diciotto mesi dalla data di recesso del regno Unito dall’Unione europea), di continuare ad operare collegamenti di linea ''point to point'', mediante aeromobili del tipo ''narrow body'' (corridoio unico), tra lo scalo di Milano Linate e altri aeroporti del Regno Unito, nei limiti della definita capacità operativa dello scalo di Milano Linate e a condizione di reciprocità.

La disposizione intende consentire una transizione ordinata nel settore del trasporto aereo che eviti, anche in considerazione degli effetti derivanti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, disservizi per il traffico di passeggeri e merci da e verso gli aeroporti del Regno Unito, conseguenti al recesso del Regno dall’UE, ai sensi dell’art. 50 TUE.

 

La relazione illustrativa evidenzia in proposito che la stagione di traffico Winter 2021/2022 risulta già operativa e che la stagione Summer 2022 è in corso di programmazione.

 

Si ricorda che con il decreto legge n. 22 del 2019, convertito con modificazioni, dalla legge n. 41 del 2019, n. 4, è stato consentito il proseguimento dei collegamenti diretti tra Milano Linate e gli aeroporti del Regno Unito in occasione della Brexit (su cui si rinvia agli appositi dossier sul recesso e sugli scambi commerciali tra l’UE e il Regno Unito), in quanto la disciplina della ripartizione del traffico aereo su tale scalo la limitava ai collegamenti intra-UE.

Le norme di ripartizione del traffico aereo sul sistema aeroportuale di Milano (che comprende gli aeroporti di Malpensa, Linate e Orio al Serio) sono state stabilite nel decreto del ministro delle Infrastrutture e dei trasporti del 3 marzo 2000 n. 15 e dal successivo decreto del 5 gennaio 2001, che hanno qualificato lo scalo di Milano Linate quale infrastruttura per collegamenti «point to point», mentre Milano Malpensa è stato identificato come hub internazionale. Tali norme, approvate dalla Commissione europea con Decisione del 21 dicembre 2000, hanno qualificato Milano Linate come aeroporto aperto al solo traffico intra-UE operato da vettori europei con l'utilizzazione di una determinata tipologia di aeromobili con unico corridoio (c.d. ''narrow body'') e, come detto, con collegamenti point to point, cioè collegamenti diretti senza scalo. Con la Decisione della Commissione UE 2016/2019 sono state approvate le nuove norme di ripartizione del traffico aereo su Linate, contenute poi nel decreto del ministro delle infrastrutture e trasporti 18 novembre 2016, che ha consolidato la liberalizzazione di destinazioni e frequenze in ambito europeo, fermi restando i limiti di capacità operativa dello scalo. In base a tale decreto (art. 1 che ha modificato il precedente decreto ministeriale n. 15 del 2000) è infatti consentito ai vettori comunitari di operare collegamenti di linea “point to point”, mediante aeromobili del tipo “narrow body” (corridoio unico), tra lo scalo di Milano Linate e altri aeroporti dell’Unione europea, nei limiti della definita capacità operativa dello scalo (mentre in precedenza erano fissati specifici limiti in termini di numero dei collegamenti consentiti a seconda del traffico passeggeri sulle singole rotte). Per quanto riguarda il Regolamento (CE) n. 1008/2008, si ricorda che esso consente (articolo 19, paragrafo 2) che uno Stato membro possa, senza discriminazioni tra le destinazioni all'interno della Comunità oppure basate sulla nazionalità o sull'identità del vettore aereo, regolamentare la distribuzione del traffico aereo tra aeroporti che rispettano le seguenti condizioni: a) servono la stessa città o la stessa conurbazione; b) sono serviti da adeguate infrastrutture di trasporto che offrono per quanto possibile un collegamento diretto che rende possibile giungere all'aeroporto in meno di novanta minuti, anche, eventualmente, su base transfrontaliera; c) sono collegati l'uno all'altro e alla città o alla conurbazione che devono servire da servizi di trasporto pubblico frequenti, affidabili ed efficienti; nonché d) offrono ai vettori aerei i servizi necessari e non ne pregiudicano indebitamente le opportunità commerciali. La distribuzione del traffico aereo tra gli aeroporti deve rispettare inoltre i principi di proporzionalità e trasparenza ed essere basata su criteri oggettivi.

L'articolo 19, paragrafo 3, dispone poi che lo Stato membro interessato informi la Commissione UE, che decide entro sei mesi, della sua intenzione di regolare la distribuzione del traffico aereo ovvero di modificare le disposizioni esistenti in materia di distribuzione del traffico.


 

Le modifiche alle procedure relative all’amministrazione straordinaria di Alitalia S.p.a. ed alla cessione dei beni aziendali (comma 2)

 

Il comma 2 modifica la disciplina dei poteri dei Commissari straordinari in relazione al trasferimento dei complessi aziendali facenti capo ad Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A. in amministrazione straordinaria e alle altre società del medesimo gruppo anch'esse in amministrazione straordinaria, in coerenza con la decisione della Commissione europea.

 

In tal senso vengono apportate numerose modifiche all'articolo 11-quater, del decreto-legge 25 maggio n. 73 del 2021, di seguito descritte:

La lett. a) del comma 2, sostituisce il comma 4, disponendo che:

·        il programma della procedura di amministrazione straordinaria sia immediatamente adeguato (anziché che i Commissari provvedano ad adeguarlo, come nel testo previgente) alla decisione della Commissione europea dai commissari straordinari, i quali possono procedere all'adozione, per ciascun compendio di beni oggetto di cessione (anziché per ciascun ramo d’azienda), anche di distinti programmi nell'ambito di quelli previsti dall'articolo 27 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270;

L’articolo 27 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 prevede i seguenti programmi di cessione: cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno ("programma di cessione dei complessi aziendali"); ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni ("programma di ristrutturazione"); cessione di complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno ("programma di cessione dei complessi di beni e contratti").

·       quanto alle modifiche al programma, la cui durata si computa dalla data di modifica, si conferma che possono essere adottate anche dopo la scadenza del termine del primo programma autorizzato e possono prevedere la cessione a trattativa privata anche di singoli beni, oltre che di rami d’azienda come già previsto, o di parti di essi, perimetrati in coerenza con la decisione della Commissione europea;

·       il programma predisposto e adottato dai commissari straordinari in conformità al piano industriale si intende a ogni effetto autorizzato;

·       è autorizzata la cessione diretta alla società ITA S.p.a. (la cui istituzione è stata disciplinata dall’articolo 79 del decreto-legge n. 18 del 2020) di compendi aziendali del ramo aviation individuati dall’offerta vincolante (in aggiunta a quelli individuati nel piano industriale come previsto dal comma 3 dell’art. 11-quater), formulata dalla società in conformità alla decisione della Commissione europea; a seguito di tale cessione, totale o parziale, si prevede che gli slot aeroportuali non trasferiti all’acquirente siano restituiti al responsabile dell’assegnazione delle bande orarie sugli aeroporti (individuato dal regolamento (CEE) n. 95/93);

·       è autorizzata l’autonoma cessione, anche antecedentemente alla modifica del programma, del marchio “Alitalia”, da effettuarsi nei confronti di titolari di licenze di esercizio di trasporto aereo o di certificazioni di operatore aereo (escludendosi pertanto altre categorie di soggetti investitori), individuati tramite procedura di gara che, nel rispetto delle diposizioni europee, anche in materia antitrust, garantisca la concorrenzialità delle offerte e la valorizzazione del marchio;

·       si conferma la disposizione che prevede che la stima del valore dei complessi oggetto della cessione possa essere effettuata tramite perizia disposta da un soggetto terzo individuato dall'organo commissariale, previo parere del comitato di sorveglianza, da rendere nel termine massimo di tre giorni dalla richiesta;

·       si dispone che a seguito della decisione della Commissione europea il Ministero dell’economia e delle finanze sottoscriva l’aumento di capitale della società, previsto dall’articolo 79, comma 4-bis.

 

 

Con la lettera b) del comma 2 viene sostituito il comma 9 del citato articolo 11-quater, che ha istituito un fondo nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2021, diretto a garantire l'indennizzo dei titolari di titoli di viaggio, nonché di voucher, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, emessi dall'amministrazione straordinaria: la disposizione  aggiunge anche l’indennizzo per analoghi titoli, anche in questo caso non utilizzati alla data del trasferimento dei complessi aziendali della società. La disposizione conferma altresì che l'indennizzo è erogato esclusivamente nell'ipotesi in cui non sia garantito al contraente un analogo servizio di trasporto ed è quantificato in misura pari all'importo del titolo di viaggio. Si dispone che il Ministero dello sviluppo economico provveda al trasferimento all'Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.a. e all'Alitalia Cityliner S.p.a. in amministrazione straordinaria delle risorse sulla base di specifica richiesta dei commissari (non si prevede più l’emanazione di un provvedimento del MISE per le modalità attuative), che dia conto dei presupposti di cui al presente comma. Si aggiunge la previsione che i commissari provvedano mensilmente alla trasmissione al Ministero di un rendiconto delle somme erogate.

 

Si ricorda che con il decreto-legge n. 34 del 2020, convertito dalla legge n. 77 del 2020, è stata prevista la costituzione di una nuova società "per l'esercizio dell'attività d'impresa nel settore del trasporto aereo di persone e merci", interamente controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze.

Il decreto ministeriale di costituzione della nuova società , denominata  Italia Trasporto Aereo Spa (ITA S.p.a), è stato firmato il 9 ottobre 2020.

Il decreto-legge consente alla società di costituire una o più società controllate o partecipate per la gestione dei singoli rami di attività e per lo sviluppo di sinergie e alleanze con altri soggetti pubblici e privati, nazionali ed esteri e la autorizza ad acquistare e prendere in affitto, anche a trattativa diretta, rami d'azienda di imprese titolari di licenza di trasporto aereo rilasciata dall'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile, anche in amministrazione straordinaria. Ai fini della capitalizzazione della nuova società sono previste risorse pari a 3 miliardi di euro per l'anno 2020.

Il 21 dicembre 2020 è stato presentato il Piano industriale di Italia Trasporto Aereo S.p.a. (ITA S.p.a.) che è stato altresì inviato alle autorità europee. Sullo schema di piano industriale di ITA S.p.a., la IX Commissione della Camera ha espresso parere favorevole con osservazioni il 17 marzo 2021(Atto n. 237).

Il 13 maggio 2021 la IX Commissione della Camera dei deputati ha approvato all’unanimità una risoluzione che ha impegnato il Governo a valutare la sussistenza dei presupposti per definire con la Commissione europea un accordo che possa rispondere alle esigenze che il Governo ha delineato con la decisione di costituire una nuova compagnia aerea; ad assumere comunque, tenuto conto delle interlocuzioni con la Commissione europea, tutte le iniziative necessarie a consentire che Ita spa possa avviare la propria attività entro luglio 2021; a mettere in campo tutti gli strumenti necessari per la salvaguardia della forza lavoro ad oggi presente in Alitalia.

Le Commissioni riunite Trasporti e Attività produttive il 28 luglio 2021 hanno svolto l'audizione del sottosegretario per l’Economia e le Finanze, Claudio Durigon, sulle prospettive di Italia trasporto aereo spa. Esponenti delle organizzazioni sindacali dei lavoratori Alitalia sono stati a loro volta ascoltati nell’audizione innanzi alla Commissioni riunite Trasporti e Lavoro del 15 settembre 2021.

 

Per un approfondimento sui numerosi interventi normativi legati alla crisi ed al commissariamento della Società Alitalia S.p.A. si rinvia al relativo Tema, sul Portale di documentazione della Camera dei deputati.

Articolo 8
(Disposizioni in materia di incentivi all'acquisto di veicoli meno inquinanti e per i veicoli di categoria M1, M1 speciali, N1 e L)

 

 

L’articolo 8 interviene sulla disciplina delle agevolazioni per l’acquisto di veicoli nuovi a basse emissioni (c.d. ecobonus).

Esso specifica che il termine del 31 dicembre 2021, per usufruire dei contributi, si riferisce alla data di acquisto del veicolo e non alla data di immatricolazione; tale modifica si applica alle procedure in corso e si fissano i termini di scadenza per il completamento della procedura on line di prenotazione dei contributi; inoltre si prevede (comma 3) che le risorse per il c.d. extrabonus per l’acquisto di veicoli elettrici e ibridi, che siano ancora disponibili, siano destinate alla copertura dell’ecobonus previsto per gli stessi veicoli, eliminandosi in tal modo le risorse per l’extrabonus.

 

In dettaglio, il comma 1 modifica l’alinea del comma 1031 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018), al fine di specificare che gli ecoincentivi per l’acquisto di veicoli nuovi non inquinanti previsti dallo stesso comma 1 (c.d. ecobonus), sono riconosciuti a chi acquista i veicoli dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021, anche in locazione finanziaria, e li immatricola in Italia.

 

La modifica è volta a chiarire che il termine del 31 dicembre 2021 è riferito al solo acquisto del veicolo e non anche alla data di immatricolazione, che può pertanto essere successiva, in quanto legata ai tempi di consegna del veicolo.

Si specifica, al comma 2, che tale disposizione si applica anche alle procedure in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto e che continuano a trovare applicazione, in quanto compatibili, le disposizioni del decreto del MISE 20 marzo 2019, con i seguenti termini di scadenza, per la conclusione della procedura on line prevista dal decreto ministeriale per la conferma della prenotazione dei contributi (per approfondimenti si veda il sito: ecobonus.mise.gov.it):

-        al 31 dicembre 2021 per le prenotazioni inserite, anche se in fase di completamento, dal 1° gennaio 2021 al 30 giugno 2021;

-        al 30 giugno 2022 per quelle inserite tra il 1° luglio 2021 e il 31 dicembre 2021.

Si dispone inoltre che tali termini si applichino, alle medesime condizioni, al completamento delle prenotazioni in corso per i contributi relativi ai veicoli di categoria M1 (autovetture), M1 speciali, N1 e L, che vengono pertanto prorogati a tali date.

Si ricorda che la procedura prevede che dalla prenotazione dell’incentivo si abbiano fino a 180 giorni di tempo per la consegna del veicolo.

 

Il comma 3 interviene sulle risorse per l’acquisto di veicoli meno inquinanti, stabilendo una diversa destinazione di quelle stanziate dall’articolo 73-quinquies, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 73 del 2021, per la concessione dell’ulteriore contributo (c.d. extrabonus) per l’acquisto di autoveicoli elettrici ed ibridi con emissioni comprese nella fascia 0-60 grammi di CO2/Km (il contributo è pari a euro 2.000 con rottamazione ed euro 1.000 in assenza di rottamazione ed è cumulabile con l'ecobonus previsto dal comma 1031 delle legge di bilancio 2019).

 

Si tratta – in definitiva - dei 60 mln di euro con i quali era stato rifinanziano per il 2021 l’extrabonus (introdotto dall’articolo 1, comma 652, della legge di bilancio 2021).

 

Il comma 3 stabilisce che le risorse che siano disponibili alla data di entrata in vigore del presente decreto, pari a circa 57 milioni di euro in base alla relazione tecnica, vengano destinate all’erogazione dell’ecobonus per i veicoli elettrici ed ibridi, previsto dall’articolo 1, comma 1031, della legge di bilancio 2019, il cui stanziamento ha attualmente esaurito le risorse.

 

La nuova destinazione dello stanziamento è applicabile anche i contributi per i sistemi di riqualificazione elettrica, in quanto anche questi ultimi sono ricompresi nel comma 1031 che viene richiamato.

 

Non vengono invece apportate modifiche alla destinazione degli altri 200 milioni di euro previsti per il rifinanziamento dello stesso fondo, che consentono la concessione di contributi (in base alla lett. b) del comma 2 dell’art. 73-quinquies), per l'acquisto di autoveicoli più inquinanti (cioè con emissioni più alte di Co2, comprese nella fascia 61-135 g di CO2 per km): pertanto si riduce comparativamente la convenienza all’acquisto di veicoli ibridi ed elettrici rispetto ai veicoli più inquinanti, non essendoci più risorse disponibili per concedere l’extrabonus sui veicoli elettrici ed ibridi, mentre rimane inalterata la destinazione dei fondi aggiuntivi già stanziati per concedere i contributi per l’acquisto di veicoli più inquinanti, per i quali attualmente risultano ancora disponibili risorse (pari a circa 105 milioni di euro in base a quanto riportato sul sito del MISE)

 

Si ricorda in proposito, che il richiamato art. 73-quinquies del decreto legge n. 73 del 2021 (c.d. decreto sostegni-bis), ha rifinanziato complessivamente di 350 milioni di € per il 2021 la dotazione del fondo per la copertura degli ecoincentivi per l'acquisto di nuovi veicoli. Di questi:

-        60 milioni erano stati destinati come detto alla copertura del c.d. extrabonus, per il 2021 per l'acquisto di autoveicoli nuovi (cat. M1) elettrici o ibridi, sia con che senza rottamazione di un altro veicolo, concesso a condizione che il venditore conceda uno sconto analogo al contributo statale;

-        200 milioni è stato destinato ai contributi per l'acquisto, anche in locazione finanziaria, di autoveicoli nuovi le cui emissioni sono comprese nella fascia 61-135 g di CO2 per km, con rottamazione di un veicolo di classe inferiore ad euro 6; il contributo è pari a 1.500 euro a condizione che sia praticato dal venditore uno sconto pari ad almeno 2.000 euro;

-        50 milioni ai contributi per l'acquisto, anche in locazione finanziaria, di veicoli commerciali di categoria N1 nuovi di fabbrica o autoveicoli speciali di categoria M1 nuovi di fabbrica, di cui euro 15 milioni riservati ai veicoli esclusivamente elettrici;

-        40 milioni ai contributi destinati alle persone fisiche che acquistano in Italia, entro il 31 dicembre 2021, un veicolo di categoria M1 usato con prezzo risultante dalle quotazioni medie di mercato non superiore a 25.000 euro, omologato in una classe non inferiore a Euro 6.

 

 

Il comma 3 rinvia infine a un provvedimento del Ministero dello sviluppo economico la possibilità di destinare ai medesimi fini, cioè all’erogazione dei contributi ordinari, le stesse risorse (del richiamato articolo 73-quinquies, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 73 del 2021), che si rendano disponibili successivamente alla data di entrata in vigore del decreto in commento, quindi le risorse prenotate per l’erogazione dei contributi aggiuntivi che non vengano successivamente confermate.

 

 


 

Articolo 9
(Misure semplificative per la rapida realizzazione del “Parco della Giustizia di Bari”)

 

 

L’articolo 9 disciplina una procedura speciale per l’approvazione del progetto per la realizzazione Parco della Giustizia di Bari. Nello specifico, motore di tutta la procedura è un Commissario straordinario, che svolge le funzioni di stazione appaltante e approva, in sede di conferenza di servizi, con la partecipazione obbligatoria di un rappresentante del Ministero della giustizia, il progetto di fattibilità tecnica ed economica dell’opera, con il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici. L'approvazione del progetto da parte del Commissario tiene luogo, in particolare, dei pareri, nulla osta e autorizzazioni necessari ai fini della localizzazione dell'opera, della conformità urbanistica e paesaggistica dell'intervento, della risoluzione delle interferenze e delle relative opere mitigatrici e compensative (commi 1-3). All'esito della verifica del progetto definitivo e del progetto esecutivo, il Commissario straordinario procede direttamente all'approvazione del progetto definitivo ovvero del progetto esecutivo (comma 4). Si prevede altresì che il Commissario straordinario possa procedere, sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica, all'affidamento congiunto dei livelli di progettazione successivi e dell'esecuzione dell'opera (comma 5). In caso di impugnazione degli atti relativi alle procedure di affidamento indette per la progettazione e l'esecuzione degli interventi di edilizia giudiziaria e delle infrastrutture a supporto dell’opera, si applicano le disposizioni previste per le infrastrutture strategiche (comma 6).

 

 

Si ricorda che uno dei primi provvedimenti esaminati dal Parlamento in questa legislatura è stato, nel mese di giugno del 2018, il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 73 del 2018, adottato dal Governo in relazione alla necessità di garantire il regolare e ordinato svolgimento dei procedimenti e dei processi penali presso gli uffici giudiziari del tribunale di Bari e della relativa procura della Repubblica, a seguito della dichiarata inagibilità degli immobili che li ospitava.

L’esigenza di dotare il capoluogo di provincia di adeguate strutture giudiziarie aveva, già il 25 gennaio del 2018, portato alla firma di un Protocollo d’Intesa tra Ministero della Giustizia, Demanio, Comune e Città Metropolitana di Bari, Corte di Appello, Procura Generale, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Provveditorato alle opere pubbliche per la Campania, Molise, Puglia e Basilicata per la realizzazione a Bari di una cittadella giudiziaria. Tale protocollo è stato integrato successivamente da un ulteriore accordo siglato il 30 luglio 2019.

Successivamente, il 1 ottobre 2020 è stata firmata la Convenzione tra il Ministero della Giustizia e l’Agenzia del Demanio per la realizzazione del “Parco della Giustizia di Bari” (che sorgerà nell’area delle caserme dismesse “Capozzi” e “Milano”). In particolare, la Convenzione disciplina la programmazione, la progettazione, l’esecuzione e il collaudo delle opere riguardanti il Primo Lotto funzionale del nuovo polo giudiziario barese. Tra gli interventi previsti, la demolizione degli edifici preesistenti, la bonifica dell’area e la realizzazione delle opere di urbanizzazione.

Il 20 novembre 2020 l’Agenzia del demanio ha pubblicato la gara europea per affidare i rilievi tecnici propedeutici al progetto.

 

Il Commissario straordinario e l’approvazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica (comma 1)

 

Il comma 1 prevede, anzitutto, che il Commissario straordinario del Parco della Giustizia di Bari, nominato in applicazione dell’articolo 4 del decreto-legge n. 32 del 2019[1], proceda all’approvazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica dell’opera, come previsto all’articolo 23, commi 5 e 6, del decreto legislativo n. 50 del 2016 (Codice dei contratti pubblici).

 

Il comma 1 dell’art. 4 del D.L. 32/2019 ha previsto che con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (da adottare entro il 31 dicembre 2020) possano essere individuati «interventi infrastrutturali caratterizzati da un elevato grado di complessità progettuale, da una particolare difficoltà esecutiva o attuativa, da complessità delle procedure tecnico - amministrative ovvero che comportano un rilevante impatto sul tessuto socio - economico a livello nazionale, regionale o locale», e che con i medesimi decreti si provveda alla nomina di commissari straordinari per la realizzazione di tali interventi. La stessa disposizione consente altresì l'emanazione di ulteriori D.P.C.M., con le stesse modalità testé richiamate ed entro il 31 dicembre 2021, con cui il Presidente del Consiglio dei ministri può individuare ulteriori interventi, per i quali disporre la nomina di Commissari straordinari.

I poteri e le attribuzioni dei Commissari sono disciplinati dai commi 2-5 dell’art. 4 del D.L. 32/2019. In base al comma 2, i Commissari straordinari, individuabili anche nell'ambito delle società a controllo pubblico, cui spetta l'assunzione di ogni determinazione ritenuta necessaria per l'avvio ovvero la prosecuzione dei lavori, anche sospesi, provvedono all'eventuale rielaborazione e approvazione dei progetti non ancora appaltati, operando in raccordo con i Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, anche mediante specifici protocolli operativi per l'applicazione delle migliori pratiche. Lo stesso comma dispone che l'approvazione dei progetti da parte dei Commissari straordinari, d'intesa con i Presidenti delle Regioni territorialmente competenti, sostituisce, ad ogni effetto di legge, ogni autorizzazione, parere, visto e nulla osta occorrenti per l'avvio o la prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela ambientale e alla tutela di beni culturali e paesaggistici, per i quali è delineata una specifica disciplina. Il comma 3 prevede, tra l’altro, che per l'esecuzione degli interventi, i Commissari straordinari possono essere abilitati ad assumere direttamente le funzioni di stazione appaltante e operano in deroga alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici, fatto salvo il rispetto di una serie di principi e di disposizioni che vengono richiamati dalla norma. È altresì autorizzata, dal comma 3-bis, l'apertura di apposite contabilità speciali intestate ai Commissari straordinari nominati, per le spese di funzionamento e di realizzazione degli interventi nel caso svolgano le funzioni di stazione appaltante.

 

L’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 stabilisce che la progettazione in materia di lavori pubblici si articola, secondo tre livelli di successivi approfondimenti tecnici, in progetto di fattibilità tecnica ed economica, progetto definitivo e progetto esecutivo, I commi 5 e 6 dell’art. 23 disciplinano, in materia di progetto di fattibilità tecnica ed economica, l’individuazione, tra più soluzioni, di quella che presenta il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività, in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e prestazioni da fornire, e la redazione del progetto, in base allo svolgimento di una serie di indagini geologiche, idrogeologiche, idrologiche, idrauliche, geotecniche, sismiche, storiche, paesaggistiche ed urbanistiche, e di diverse ulteriori verifiche.

 

L’approvazione del progetto è effettuata con la convocazione della conferenza di servizi istruttoria, prevista dall’articolo 14, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), alla quale partecipa, obbligatoriamente, in deroga a quanto previsto dall'articolo 14-ter, comma 4, della citata legge, anche un rappresentante del Ministero della giustizia.

 

L’art. 14, comma 1 della legge 241/1990 prevede che la conferenza di servizi istruttoria può essere indetta dall'amministrazione procedente, anche su richiesta di altra amministrazione coinvolta nel procedimento o del privato interessato, quando lo ritenga opportuno per effettuare un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo, ovvero in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesime attività o risultati. L’art. 14-ter, comma 4 stabilisce che alla conferenza partecipino anche amministrazioni non statali, le amministrazioni statali sono rappresentate da un unico soggetto abilitato ad esprimere definitivamente in modo univoco e vincolante la posizione di tutte le predette amministrazioni, nominato, anche preventivamente per determinate materie o determinati periodi di tempo, dal Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, ove si tratti soltanto di amministrazioni periferiche, dal Prefetto. Ferma restando l'attribuzione del potere di rappresentanza al suddetto soggetto, le singole amministrazioni statali possono comunque intervenire ai lavori della conferenza in funzione di supporto.

 

Si prevede inoltre la partecipazione del Consiglio superiore dei lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 215 del Codice dei contratti pubblici, per l’espressione del parere sul progetto di fattibilità tecnica ed economica trasmesso a cura del Commissario. Il parere reso dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, in deroga a quanto previsto dall'articolo 1, comma 9, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, non riguarda anche la valutazione di congruità del costo.

 

L'articolo 215 del Codice dei contratti pubblici disciplina in materia di appalti pubblici le funzioni del Consiglio superiore dei lavori pubblici, in particolare, prevedendo l’espressione del parere obbligatorio sui progetti definitivi di lavori pubblici di competenza statale, o comunque finanziati per almeno il 50 per cento dallo Stato, di importo superiore ai 50 milioni di euro,  nonché il parere sui progetti delle altre stazioni appaltanti che siano pubbliche amministrazioni, sempre superiori a tale importo, ove esse ne facciano richiesta. Per i lavori pubblici di importo inferiore a 50 milioni di euro, le competenze del Consiglio superiore sono esercitate dai comitati tecnici amministrativi presso i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche. Qualora il lavoro pubblico di importo inferiore a 50 milioni di euro, presenti elementi di particolare rilevanza e complessità il provveditore sottopone il progetto, con motivata relazione illustrativa, al parere del Consiglio superiore.

L’art. 1, comma 7 del D.L. 32/2019 ha inoltre previsto diverse deroghe alla suddetta disciplina. In particolare, in deroga all'articolo 215, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, fino al 30 giugno 2023, il Consiglio superiore dei lavori pubblici esprime il parere obbligatorio di cui al comma 3 del medesimo articolo 215 esclusivamente sui progetti di fattibilità tecnica ed economica di lavori pubblici di competenza statale, o comunque finanziati per almeno il 50 per cento dallo Stato, di importo pari o superiore ai 100 milioni di euro. Per i lavori pubblici di importo inferiore a 100 milioni di euro e fino a 50 milioni di euro, le competenze del Consiglio superiore sono esercitate dai comitati tecnici amministrativi presso i Provveditorati interregionali per le opere pubbliche. Per i lavori pubblici di importo inferiore a 50 milioni di euro si prescinde dall'acquisizione del parere di cui all'articolo 215, comma 3, del citato decreto legislativo n. 50 del 2016. L’art. 1, comma 9 del D.L. 32/2019 ha previsto che il Consiglio superiore dei lavori pubblici, in sede di espressione di parere, fornisce anche la valutazione di congruità del costo. Le amministrazioni, in sede di approvazione dei progetti definitivi o di assegnazione delle risorse, indipendentemente dal valore del progetto, possono richiedere al Consiglio la valutazione di congruità del costo, che è resa entro trenta giorni. Decorso il detto termine, le amministrazioni richiedenti possono comunque procedere.

 

 

Valutazione ambientale e variante urbanistica del progetto (commi 2 e 3)

 

Il comma 2 stabilisce che il progetto di fattibilità tecnica ed economica deve essere predisposto in conformità a quanto previsto dall'articolo 48, comma 7, quarto periodo, del D.L. 77/2021 (vedi infra) e trasmesso, a cura del Commissario altresì, all'autorità competente ai fini dell'espressione del provvedimento di valutazione ambientale di cui alla Parte seconda del Codice dell’ambiente (D. Lgs. 152/2006), unitamente alla documentazione di cui agli articoli 13, comma 3, e 22, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 152 del 2006.

 

L’art. 13 del Codice dell’ambiente disciplina al comma 3 la redazione del rapporto ambientale, assegnandone la redazione al proponente o all'autorità procedente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Il rapporto ambientale costituisce parte integrante del piano o del programma e ne accompagna l'intero processo di elaborazione ed approvazione. In tale rapporto ambientale debbono essere individuati, descritti e valutati gli impatti significativi che l'attuazione del piano o del programma proposto potrebbe avere sull'ambiente e sul patrimonio culturale, nonché le ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell'ambito territoriale del piano o del programma stesso (comma 4).

L’art. 22 del Codice dell’ambiente reca la procedura per lo studio di impatto ambientale, predisposto dal proponente secondo le indicazioni e i contenuti di cui all'allegato VII alla parte seconda del decreto, sulla base del parere espresso dall'autorità competente a seguito della fase di consultazione sulla definizione dei contenuti prevista dall'articolo 21, qualora attivata.

Nella seconda parte del Codice dell’ambiente (artt. 19-29) è disciplinata, inoltre, la procedura per la valutazione di impatto ambientale, utilizzata per la valutazione dei progetti e delle singole opere, che si adotta nella fase di progettazione, quella cioè in cui è più facile individuare scientificamente i potenziali impatti ambientali e le possibili alterazioni delle componenti naturali causate dalla messa in opera.

La disciplina della valutazione di impatto ambientale (VIA), contenuta nella parte seconda del Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006) è stata profondamente modificata, con il D.Lgs. 104/2017, al fine di recepire le modifiche apportate, alla legislazione europea in materia, dalla direttiva 2014/52/UE. Per un’analisi sintetica delle principali novità introdotte dal D.Lgs. 104/2017 si rinvia al paragrafo “Valutazioni ambientali” del tema “Valutazioni e controlli ambientali” tratto dal dossier di inizio della XVIII legislatura.

Il recepimento della direttiva 2014/52/UE non è stato però giudicato del tutto adeguato dalla Commissione europea, che in data 12 febbraio 2020 ha avviato, con una lettera di costituzione in mora ai sensi dell’articolo 258 del TFUE, una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia (n. 2019/2308) per non conformità alla normativa europea in materia di valutazione dell'impatto ambientale. È quindi intervenuto, anche ai fini del superamento di tale contenzioso, il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76.

L’articolo 50 del D.L. 76/2020 ha apportato una lunga serie di modifiche alla disciplina della VIA volte a perseguire principalmente l’accelerazione delle procedure, soprattutto tramite una riduzione dei termini previgenti e la creazione di una disciplina specifica per la valutazione ambientale, in sede statale, dei progetti necessari per l’attuazione del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). Diverse modifiche sono inoltre finalizzate (come poc’anzi anticipato) ad allineare la disciplina nazionale a quella europea al fine di superare la procedura di infrazione n. 2019/2308.

Per un’analisi approfondita delle modifiche in questione si rinvia al commento dell’art. 50 del D.L. 76/2020 tratto dal dossier predisposto in occasione dell’esame parlamentare del relativo disegno di legge di conversione. La procedura di infrazione 2019/2308 è stata in seguito archiviata, come risulta dal comunicato del 24 febbraio 2021 del Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

In tale ambito, con le recenti disposizioni recate dal D.L. 77/2021 (artt. 17-28) le disposizioni del Codice dell’ambiente sono state modificate, al fine di perseguire due principali obiettivi: integrare la disciplina prevista per la valutazione ambientale dei progetti del PNIEC al fine di ricomprendervi anche la valutazione dei progetti per l’attuazione del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza); operare un intervento di semplificazione sulla disciplina di VIA e VAS (Valutazione Ambientale Strategica) prevista dalla parte seconda del Codice dell’ambiente. Per approfondire tali interventi si rinvia al relativo dossier sul D.L. 77/2021.

 

Il comma 2 stabilisce, inoltre, l’applicazione dei termini di cui all'articolo 4, comma 2, secondo periodo, del decreto-legge 18 aprile 2019 n. 32.

 

L'approvazione dei progetti da parte dei Commissari straordinari, d'intesa con i Presidenti delle regioni territorialmente competenti, sostituisce, ad ogni effetto di legge, ogni autorizzazione, parere, visto e nulla osta occorrenti per l'avvio o la prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela ambientale, per i quali i termini dei relativi procedimenti sono dimezzati, e per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici, per i quali il termine di adozione dell'autorizzazione, parere, visto e nulla osta è fissato nella misura massima di sessanta giorni dalla data di ricezione della richiesta, decorso il quale, ove l'autorità competente non si sia pronunciata, detti atti si intendono rilasciati.

 

 

Gli esiti della valutazione ambientale sono trasmessi e comunicati dall'autorità competente alle altre amministrazioni che partecipano alla prevista conferenza di servizi.

Qualora si sia svolto il dibattito pubblico è escluso il ricorso all'inchiesta pubblica di cui all'articolo 24-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006.

La norma in esame è analoga a quanto previsto dal comma 3 dell’art. 44 del D.L. 77/2021.

 

Il dibattito pubblico, previsto dall'articolo 22 del Codice dei contratti pubblici, prevede che le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori pubblicano, nel proprio profilo del committente, i progetti di fattibilità relativi alle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull'ambiente, sulle città e sull'assetto del territorio, nonché gli esiti della consultazione pubblica, comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interesse. I contributi e i resoconti sono pubblicati, con pari evidenza, unitamente ai documenti predisposti dall'amministrazione e relativi agli stessi lavori. Con il D.P.C.M. 10 maggio 2018, n. 76, emanato ai sensi del comma 2 dell’art. 22 è stato disciplinato il regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico e con il decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti del 30 dicembre 2020, n. 627 è stata istituita la Commissione nazionale per il Dibattito pubblico sulle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale. Per approfondire si rinvia alla seguente documentazione del Servizio studi. Con l’art. 46 del D.L. 77/2021 sono state inoltre recate modifiche alla disciplina del dibattito pubblico, demandando ad un apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, da adottare, su proposta della Commissione nazionale per il dibattito pubblico, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della predetta disposizione, l’individuazione delle soglie dimensionali delle opere da sottoporre obbligatoriamente a dibattito pubblico inferiori a quelle previste dall'Allegato 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 maggio 2018, n. 76.

L'inchiesta pubblica, prevista all'articolo 24-bis del Codice dell'ambiente, come introdotto dall'articolo 13 del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, consente all'autorità competente di disporre che la consultazione del pubblico si svolga nelle forme dell'inchiesta pubblica, con oneri a carico del proponente, nel rispetto del termine massimo di novanta giorni. L'inchiesta si conclude con una relazione sui lavori svolti ed un giudizio sui risultati emersi, predisposti dall'autorità competente. Per approfondire tali tematiche si rinvia al dossier “Dibattito pubblico sulle opere pubbliche” del Senato.

In relazione alle procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell'Unione europea, l’art. 48 del D.L. 77/2021 ha previsto al comma 7, che, in deroga a quanto previsto dall'articolo 215 del decreto legislativo n. 50 del 2016, il parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici è reso esclusivamente sui progetti di fattibilità tecnica ed economica di lavori pubblici di competenza statale, o comunque finanziati per almeno il 50 per cento dallo Stato, di importo pari o superiore ai 100 milioni di euro. In tali casi, il parere reso dal Consiglio Superiore, in deroga a quanto previsto dall'articolo 1, comma 9, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, non riguarda anche la valutazione di congruità del costo. In relazione agli investimenti di importo inferiore ai 100 milioni di euro, dalla data di entrata del decreto e fino al 31 dicembre 2026, si prescinde dall'acquisizione del parere di cui all'articolo 215, comma 3, del decreto legislativo n. 50 del 2016.

Il comma 7, quarto periodo dell’art. 48 del D.L. 77/2021 prevede in particolare che con provvedimento del Presidente del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, sono individuate le modalità di presentazione delle richieste di parere, è indicato il contenuto essenziale dei documenti e degli elaborati di cui all'articolo 23, commi 5 e 6, del decreto legislativo n. 50 del 2016, occorrenti per l'espressione del parere, e sono altresì disciplinate, fermo quanto previsto dall'articolo 44 del decreto-legge 77/2021, procedure semplificate per la verifica della completezza della documentazione prodotta e, in caso positivo, per la conseguente definizione accelerata del procedimento.

 

Il comma 3 stabilisce che l'approvazione del progetto da parte del Commissario tiene luogo dei pareri, nulla osta e autorizzazioni necessari ai fini della localizzazione dell'opera, della conformità urbanistica e paesaggistica dell'intervento, della risoluzione delle interferenze e delle relative opere mitigatrici e compensative.

L'approvazione del progetto perfeziona, ad ogni fine urbanistico ed edilizio, l'intesa tra Stato e regione, in ordine alla localizzazione dell'opera, ha effetto di variante degli strumenti urbanistici vigenti e comprende, il parere reso dal Consiglio superiore dei lavori pubblici di cui dell'articolo 215 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, i provvedimenti di valutazione ambientale e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l'esercizio del progetto, recandone l'indicazione esplicita.

La variante urbanistica, conseguente all'approvazione del progetto, comporta l'assoggettamento dell'area a vincolo preordinato all'esproprio, ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e le comunicazioni agli interessati, previste all'articolo 14, comma 5, della legge n. 241 del 1990, tengono luogo della fase partecipativa di cui all'articolo 11 del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001.

Gli enti locali provvedono alle necessarie misure di salvaguardia delle aree interessate e delle relative fasce di rispetto e non possono autorizzare interventi edilizi incompatibili con la localizzazione dell'opera.

La norma in esame è analoga al comma 4 dell’art. 44 del D.L. 77/2021

 

Verifica e approvazione del progetto definitivo e del progetto esecutivo e affidamento congiunto dell’opera (commi 4-6)

 

Il comma 4 stabilisce che a seguito della verifica del progetto definitivo e del progetto esecutivo, condotta ai sensi dell'articolo 26, comma 6, del Codice dei contratti pubblici, accertando, altresì, l'ottemperanza alle prescrizioni impartite in sede di approvazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica, nonché a quelle impartite in sede di valutazione ambientale, il Commissario straordinario procede, in deroga all'articolo 27 del medesimo Codice, direttamente all'approvazione del progetto definitivo ovvero del progetto esecutivo.

La norma in esame è analoga a quanto disposto dal comma 7 dell’art. 44 del D.L. 77/2021.

 

L’art. 27 del Codice stabilisce le procedure di approvazione dei progetti relativi ai lavori pubblici, successivamente alla verifica effettuata ai sensi dell’art. 26 del Codice, prevedendo specificatamente la conformità alla legge 7 agosto 1990, n. 241, alle disposizioni statali e regionali che regolano la materia, e alle disposizioni in materia di conferenza di servizi dettate dagli articoli 14-bis e seguenti della citata legge n. 241 del 1990. L’art. 26 del Codice, che disciplina la procedura per la verifica preventiva della progettazione, individua al comma 6 del Codice i soggetti preposti alla attività di verifica progettuale sulla base del costo dell’opera pubblica.

 

Il comma 5 consente al Commissario straordinario di procedere, sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica, all'affidamento congiunto dei livelli di progettazione definitivo ed esecutivo e dell'esecuzione dell'opera.

L'affidamento dell’opera avviene:

§  mediante acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta;

§  ovvero, in alternativa, mediante offerte aventi a oggetto la realizzazione del progetto definitivo, del progetto esecutivo e il prezzo.

In entrambi i casi, l'offerta relativa al prezzo indica distintamente il corrispettivo richiesto per la progettazione definitiva, per la progettazione esecutiva e per l'esecuzione dei lavori.

Il comma 5 consente, inoltre, al Commissario - in caso di modifiche sostanziali – di convocare una nuova conferenza di servizi, per l'approvazione del progetto definitivo, a cui partecipa anche l'affidatario dell'appalto, che provvede, ove necessario, ad adeguare il progetto alle eventuali prescrizioni susseguenti alle determinazioni del Commissario, anche rese in seguito alla conferenza di servizi.

La norma in esame è analoga a quanto previsto dal comma 5 dell’art. 48 del D.L. 77/2021.

 

Il comma 6 prevede l’applicazione delle disposizioni dell’art. 125 del codice del processo amministrativo (decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104), concernenti le controversie relative alle infrastrutture strategiche, in caso di impugnazione degli atti relativi alle procedure di affidamento indette per la progettazione e l'esecuzione degli interventi di edilizia giudiziaria e delle infrastrutture a supporto.

La norma in esame appare analoga al comma 4 dell’art. 48 del D.L. 77/2021.

 

L’art. 125, comma 2 del Codice del processo amministrativo specifica, in particolare, che in sede di pronuncia del provvedimento cautelare, si tiene conto delle probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell'opera, e, ai fini dell'accoglimento della domanda cautelare, si valuta anche la irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente, il cui interesse va comunque comparato con quello del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure.

 

 


 

Articolo 10, commi 1-6
(Procedure di attuazione del PNRR)

 

 

L’art. 10, commi 1-6, definisce alcune procedure per l’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), prevedendo, in particolare, che le amministrazioni responsabili stabiliscano criteri di assegnazione delle risorse ulteriori rispetto a quelli ordinari previsti dalla disciplina di settore e idonei ad assicurare il rispetto delle condizionalità, degli obiettivi iniziali, intermedi e finali e dei cronoprogrammi previsti dal PNRR, nonché i relativi obblighi di monitoraggio.

 

Il comma 1 interviene sulle modalità operative per l’erogazione delle risorse finanziarie del Fondo di bilancio “Next Generation UE” (NGEU), istituito dalla legge n. 178/2020.

In particolare, si dispone la sostituzione dell’articolo 1, comma 1039, della legge 30 dicembre 2020, n. 178[2], prevedendo che le risorse NGUE sono attribuite alle amministrazioni od organismi titolari e/o attuatori di progetti, in relazione al fabbisogno finanziario di ciascuno di essi, con le procedure definite con il decreto di cui al comma 1042 della medesima n. 178 del 2020.

 

I commi 1037-1050 della legge n.178 del 2020 (legge di bilancio per il 2021) hanno introdotto una serie di misure per l’attuazione del Programma Next Generation EU, prevedendo:

·       l’istituzione di un apposito Fondo di rotazione nello stato di previsione del MEF (con una dotazione di 32,766 miliardi di euro per il 2021, 40,037 miliardi di euro per il 2022 e 44,573 miliardi di euro per il 2023;

·       l’istituzione di una apposita Unità di missione presso la Ragioneria generale dello Stato;

·       la definizione, con decreto del MEF, delle procedure amministrativo-contabili per la gestione delle risorse e delle modalità di rendicontazione;

·       la definizione, con DPCM, delle modalità di rilevazione dei dati relativi alla attuazione finanziaria, fisica e procedurale di ciascun progetto;

·       la predisposizione da parte del MEF di un apposito sistema informatico, al fine di supportare le attività di gestione, monitoraggio, rendicontazione e controllo dei progetti;

·       la definizione delle modalità di concessione delle anticipazioni e dei successivi trasferimenti, destinati ai singoli progetti, sulla base di cronoprogrammi e rendicontazioni bimestrali;

·       la trasmissione di una relazione governativa annuale alle Camere per dare conto dello stato di attuazione dei progetti.

 

In particolare, il comma 1038 ha stabilito che le risorse del Fondo sono versate su due appositi conti correnti infruttiferi aperti presso la Tesoreria centrale dello Stato, denominati, rispettivamente, «Ministero dell'economia e delle finanze - Attuazione del Next Generation EU-Italia - Contributi a fondo perduto» e «Ministero dell'economia e delle finanze - Attuazione del Next Generation EU-Italia - Contributi a titolo di prestito». Nel primo conto corrente sono versate le risorse relative ai progetti finanziati mediante contributi a fondo perduto; nel secondo conto corrente sono versate le risorse relative ai progetti finanziati mediante prestiti. I predetti conti correnti hanno amministrazione autonoma e costituiscono gestioni fuori bilancio, ai sensi della legge 25 novembre 1971, n. 1041.

Il previgente comma 1039[3] (sostituito dalla disposizione in esame) prevedeva che le risorse giacenti nei conti correnti infruttiferi di cui al comma 1038 fossero trasferite, in relazione al fabbisogno finanziario, a ciascuna amministrazione od organismo titolare dei progetti (ma non anche ai soggetti “attuatori”), mediante giroconto su un conto corrente della Tesoreria centrale appositamente istituito, sulla base delle procedure definite con il decreto di cui al comma 1042, nel rispetto del sistema di gestione e controllo delle componenti del Next Generation EU.

 

Le differenze rispetto alla disciplina previgente del comma 1039 risultano pertanto le seguenti:

·       la specifica previsione che le risorse vengano trasferite anche ai soggetti “attuatori” (e non solo ai soggetti “titolari” dei progetti);

·       la soppressione dell’inciso che prevedeva il trasferimento delle risorse “mediante giroconto su un conto aperto presso la Tesoreria statale”. Da ciò consegue che la definizione delle modalità per il trasferimento delle risorse vengano rimesse esclusivamente al DM del MEF previsto dal comma 1042.

 

L’articolo 1, comma 1042, della legge n. 178/2021 prevede che “con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, il primo da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le procedure amministrativo-contabili per la gestione delle risorse di cui ai commi da 1037 a 1050, nonché le modalità di rendicontazione della gestione del Fondo di cui al comma 1037”.

 

Si segnala che non risulta fin qui adottato il DM del MEF previsto dall’articolo 1, comma 1042, della legge n. 178/2021 (il quale prevedeva, tra l’altro, che il primo DM attuativo fosse adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge).

 

Il comma 2 prevede che il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze con cui sono state individuate le risorse finanziarie, come determinate nella decisione di esecuzione del Consiglio UE – ECOFIN recante “Approvazione della Valutazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell’Italia”, venga aggiornato sulla base di eventuali riprogrammazioni del PNRR adottate secondo quanto previsto dalla normativa dell’Unione[4], e che le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) necessarie all’attuazione del Piano siano assegnate annualmente sulla base del cronoprogramma finanziario degli interventi cui esse sono destinate[5].

 

Il 13 luglio 2021 il PNRR dell'Italia è stato definitivamente approvato con Decisione di esecuzione del Consiglio, che ha recepito la proposta della Commissione europea. Alla Decisione si accompagna un allegato con cui vengono definiti, in relazione a ciascun investimento e riforma, precisi obiettivi e traguardi, cadenzati temporalmente, al cui conseguimento si lega l'assegnazione delle risorse su base semestrale.

Il 13 agosto 2021 la Commissione europea, a seguito della valutazione positiva del PNRR, ha erogato all’Italia, ai sensi dell’articolo 13 del Reg. (CE) 12 febbraio 2021, n.2021/241/UE (che ha istituito il Dispositivo per la ripresa e la resilienza), 24,9 miliardi a titolo di prefinanziamento (di cui 8,957 miliardi a fondo perduto e per 15,937 miliardi di prestiti), pari al 13% dell'importo totale stanziato a favore del Paese.

Per un'analisi dettagliata del PNRR dell'Italia e della Decisione di esecuzione del Consiglio  si rinvia  al dossier dei Servizi studi di Camera e Senato e all'apposita sezione del Portale della documentazione della Camera dei deputati[6].

 

Il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze a cui la disposizione in esame fa riferimento il D.M. del Ministero dell’economia e delle finanze del 6 agosto 2021[7].

 

Tale provvedimento assegna le risorse finanziarie (191,5 miliardi di euro) previste per l’attuazione dei singoli interventi del PNRR alle Amministrazioni titolari, individuate nella Tabella A allegata. Tale Tabella elenca per ciascun Ministero gli interventi di competenza, con l’indicazione dei relativi importi totali, suddivisi per progetti in essere, nuovi progetti e quota anticipata dal Fondo di sviluppo e coesione. Le Amministrazioni titolari di interventi sono i seguenti:

 

Amministrazioni titolari

Numero di interventi di competenza

Importo totale (miliardi di euro)

Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili

44

39,7

Ministero della transizione ecologica

26

34,7

Ministero della salute

19

15,6

Ministero dell’istruzione

11

17,6

Ministero dello sviluppo economico

18

18,2

Ministero dell’università e ricerca

12

11,7

Ministero dell’interno

6

12,5

Ministero del lavoro e delle politiche sociali

11

7,3

Ministero della cultura

25

4,3

Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali

4

3,7

Ministero della giustizia – Consiglio di Stato

3

2,7

Ministero del turismo

15

2,4

Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale

1

1,2

Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento del Tesoro

1

0,3

PCM – Ministro per l’innovazione tecnologica e digitale

31

12,8

PCM – Ministro per il Sud e la coesione territoriale

5

1,3

PCM – Ministro per la pubblica amministrazione

14

1,3

PCM – Ministro per gli affari regionali e le autonomie

1

0,1

PCM – Ministro per le politiche giovanili

1

0,6

PCM – Ministro per le pari opportunità e la famiglia

1

0,01

PCM – Dipartimento per lo sport

1

0,7

PCM – Dipartimento per la protezione civile

1

1,2

PCM – Dipartimento programmazione economica

5

1,5

TOTALE

256

191,5

 

Le Amministrazioni titolari sono tenute ad attivare le procedure per gli interventi di rispettiva competenza, secondo quanto previsto dalla normativa nazionale ed europea vigente, promuovendo e adottando i relativi provvedimenti, ivi compresi quelli relativi all’individuazione dei soggetti attuatori e all’assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti nei confronti dei terzi. Le stesse Amministrazioni adottano ogni iniziativa necessaria ad assicurare l’efficace e corretto utilizzo delle risorse finanziarie assegnate e la tempestiva realizzazione degli interventi secondo il cronoprogramma previsto dal PNRR, ivi compreso il puntuale raggiungimento dei relativi traguardi e obiettivi. Esse inoltre vigilano sulla tempestiva, efficace e corretta attuazione degli interventi di rispettiva competenza, curando la rilevazione dei relativi dati finanziari, fisici e procedurali da inviare al sistema di monitoraggio gestito dal Servizio centrale per il PNRR, all’interno della Ragioneria Generale dello Stato.

Nella Tabella B allegata al DM sono elencati i traguardi e gli obiettivi che concorrono alla presentazione delle richieste di rimborso semestrali alla Commissione europea, ripartiti per interventi a titolarità di ciascuna Amministrazione.

 

Il comma 3 individua la base giuridica dell’attivazione, da parte delle Amministrazioni responsabili, delle procedure di attuazione dei singoli interventi previsti dal PNRR, anche ai fini dell’assunzione dei relativi impegni di spesa, stabilendo che essa è costituita dalla notifica della Decisione di Esecuzione del Consiglio UE – ECOFIN recante “Approvazione della Valutazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza dell’Italia” e dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di cui al precedente comma 2.

 

Il comma 4 prevede che le amministrazioni e i soggetti responsabili dell’attuazione possono utilizzare le “opzioni di costo semplificate” previste dagli articoli 52 e seguenti del Regolamento (UE) 2021/1060 ai fini della contabilizzazione e rendicontazione delle spese, salvo che sia diversamente previsto nel PNRR.

 

Le “opzioni di costo semplificate” si riferiscono ai costi dichiarati in base a un tasso forfettario, a somme forfettarie e a tabelle standard di costi unitari (di seguito denominati «opzioni semplificate in materia di costi») applicabili agli interventi cofinanziati dai Fondi europei.

Con le “opzioni di costo semplificate” i costi ammissibili di un’operazione sono calcolati conformemente a un metodo predefinito che si basa sulle realizzazioni, sui risultati o su altri costi chiaramente individuati in anticipo con riferimento a un importo per unità o mediante applicazione di una percentuale. Le opzioni semplificate in materia di costi sono pertanto un metodo di calcolo dei costi ammissibili di un’operazione da utilizzare in alternativa al metodo tradizionale: il calcolo è infatti effettuato sulla base dei costi effettivamente sostenuti e pagati.

Con le opzioni semplificate in materia di costi non è più necessario risalire, per ogni euro di spesa cofinanziata, ai singoli documenti giustificativi; questa caratteristica delle opzioni semplificate in materia di costi è fondamentale, giacché riduce notevolmente gli oneri amministrativi.

Con il ricorso alle opzioni semplificate in materia di costi, inoltre, le risorse umane e gli sforzi amministrativi necessari per la gestione dei fondi possono concentrarsi maggiormente sul raggiungimento degli obiettivi strategici, in quanto la raccolta e la verifica dei documenti (finanziari) comporta un minor dispendio di risorse, contribuendo, pertanto, a un impiego più corretto ed efficiente dei fondi SIE (minore tasso di errore) (cfr. la recente Comunicazione della Commissione 2021/C 200/01 — Orientamenti sull’uso delle opzioni semplificate in materia di costi nell’ambito dei fondi strutturali e di investimento europei (fondi SIE) — versione riveduta).

Nel richiamato Regolamento (UE) 2021/1060[8], l’articolo 51, che disciplina le forme di contributo dell'Unione ai programmi, prevede le seguenti diverse forme che può assumere il contributo dell'Unione, disciplinate dagli artt. 52 e seguenti:

a) finanziamento non collegato ai costi delle operazioni pertinenti, in conformità dell'articolo 95, e basato su uno degli elementi seguenti:

i) il soddisfacimento di condizioni;

ii) il conseguimento di risultati;

b) il rimborso del sostegno fornito ai beneficiari;

c) costi unitari in conformità dell'articolo 94 che coprono tutte o determinate categorie specifiche di costi ammissibili, chiaramente individuate in anticipo con riferimento a un importo per unità;

d) somme forfettarie in conformità dell'articolo 94 che coprono in modo generale tutte o determinate categorie specifiche di costi ammissibili, chiaramente individuate in anticipo;

e) finanziamento a tasso forfettario in conformità dell'articolo 94 o dell'articolo 36, paragrafo 5, che copre categorie specifiche di costi ammissibili, chiaramente individuate in anticipo, applicando una percentuale;

f) una combinazione delle forme di cui alle lettere da a) a e).

 

Il comma 5 dispone che le amministrazioni responsabili, in sede di definizione dei provvedimenti recanti le procedure di attuazione degli interventi del PNRR, sono tenute a stabilire criteri di assegnazione delle risorse ulteriori rispetto ai criteri ordinari previsti dalla disciplina di settore ed idonei ad assicurare il rispetto delle condizionalità, degli obiettivi iniziali, intermedi e finali e dei cronoprogrammi previsti dal PNRR, nonché i relativi obblighi di monitoraggio, rendicontazione e controllo previsti dal Regolamento UE 241/2021 (istitutivo del Dispositivo di ripresa e resilienza), anche sulla base di apposite linee guida da emanarsi con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Il comma 6 prevede che nel caso in cui si renda necessario il recupero di somme nei confronti di regioni, province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali, trovano applicazione le procedure di cui al comma 7-bis dell’articolo 1 del decreto legge 6 maggio 2021, n. 59.

 

L’articolo 1, comma 7-bis, del DL n.59 del 2021, disciplina la revoca del finanziamento nei casi di mancato rispetto dei termini previsti dal cronoprogramma procedurale degli adempimenti e di mancata alimentazione dei sistemi di monitoraggio, qualora non risultino assunte obbligazioni giuridicamente vincolanti. Sono fatte salve le procedure applicabili ai programmi e interventi cofinanziati dal PNRR e le misure di accelerazione e semplificazione applicabili agli investimenti del PNC previste dal citato art. 14 del D.L. n. 77 del 2021.

I provvedimenti di revoca sono adottati dal Ministro a cui risponde l'amministrazione centrale titolare dell'intervento. Nel caso in cui il soggetto attuatore sia la stessa amministrazione centrale, nonché per gli interventi per le aree del terremoto del 2009 e del 2016 (di cui al comma 2, lettera b), numero 1), la revoca è disposta con D.P.C.M. su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

Le risorse disponibili per effetto delle revoche, anche iscritte in conto residui, sono riprogrammate con uno o più D.P.C.M., su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, secondo criteri premianti nei confronti delle amministrazioni che abbiano riportato i migliori dati di impiego delle risorse. Per le risorse oggetto di revoca, i termini di conservazione dei residui di cui all'articolo 34-bis, commi 3 e 4, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, decorrono nuovamente dal momento dell'iscrizione nello stato di previsione di destinazione[9].

La norma prevede, inoltre, che qualora le somme oggetto di revoca siano state già trasferite dal bilancio dello Stato, le stesse devono essere tempestivamente versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione, al fine di consentirne l'utilizzo previsto con la riprogrammazione disposta con il D.P.C.M. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio anche in conto residui.

In caso di mancato versamento delle predette somme da parte degli enti locali delle regioni a statuto ordinario e delle regioni Sicilia e Sardegna, il recupero è operato con le procedure previste dall'articolo 1, commi 128 e 129, della legge 24 dicembre 2012, n. 228[10].

Per gli enti locali delle regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in caso di mancato versamento, le predette autonomie speciali assoggettano i propri enti ad una riduzione in corrispondente misura dei trasferimenti correnti erogati dalle medesime regioni o province autonome che provvedono, conseguentemente, a riversare all'entrata del bilancio statale le somme recuperate. In caso di mancato versamento da parte delle regioni e delle province autonome si procede al recupero delle somme dovute a valere sulle giacenze depositate a qualsiasi titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale.


 

Articolo 10, comma 7
(Modalità di accesso ai servizi erogati in rete
 dalle pubbliche amministrazioni)

 

 

L’articolo 10, comma 7, dispone che le pubbliche amministrazioni, utilizzano esclusivamente le identità digitali SPID, la carta di identità elettronica (CIE) e la carta nazionale dei servizi (CNS) ai fini dell'identificazione dei cittadini che accedono ai propri servizi in rete (c.d. switch-off per l’accesso ai servizi online della PA).

Inoltre, si prevede che - con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione - sia stabilita la data a decorrere dalla quale le pubbliche amministrazioni utilizzano esclusivamente le identità digitali SPID, la carta di identità elettronica e la carta nazionale dei servizi per consentire l'accesso delle imprese e dei professionisti ai propri servizi in rete.

Al contempo, si stabilisce che con i medesimi decreti sia individuata la data a decorrere dalla quale i gestori di servizi pubblici e le società a controllo pubblico utilizzano esclusivamente le identità digitali SPID, la carta di identità elettronica e la carta nazionale dei servizi ai fini dell'identificazione degli utenti dei propri servizi on-line.

 

La disposizione ripristina, con alcune modificazioni, quanto previsto dall’articolo 64, comma 3-bis, del Codice dell’amministrazione digitale (CAD) adottato con il decreto legislativo n. 82 del 2005, abrogato dall’art. 66-bis, comma 2, del decreto legge n. 77 del 2021, recante disposizioni in materia di governace del PNRR e di semplificazione (si veda il testo a fronte in calce alla scheda).

Il citato comma 3-bis riguarda la tempistica di introduzione dell’obbligo di utilizzare esclusivamente l’identità digitale degli utenti che accedono a servizi in rete forniti dalle pubbliche amministrazioni e dagli altri soggetti competenti.

Il primo periodo del nuovo comma 3-bis prevede che i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), del CAD, ossia le pubbliche amministrazioni, utilizzano esclusivamente le identità digitali SPID e la carta di identità elettronica ai fini dell'identificazione dei cittadini che accedono ai propri servizi in rete. La disposizione prevede che anche la carta nazionale dei servizi – CNS sia idonea all’identificazione dei cittadini, attraverso il rinvio al comma 2-nonies che dispone in ordine all’accesso ai servizi in rete delle p.a. tramite CNS.

 

La Carta nazionale dei servizi è un documento rilasciato su supporto informatico per consentire l'accesso per via telematica ai servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni (art. 1, comma 1, lett. d) CAD). A differenza della Carta di identità elettronica non contiene la foto del titolare e non richiede particolari requisiti di sicurezza per il supporto plastico. La completa corrispondenza informatica tra CNS e CIE assicura l’interoperabilità tra le due carte.

 

La disposizione coincide sostanzialmente con il secondo periodo del comma 3-bis abrogato, a eccezione della rimozione del termine temporale di decorrenza dell’obbligo, individuato nel 28 febbraio 2021 e ormai superato. Inoltre, viene utilizzata l’espressione di “identità digitale SPID”, in luogo della più generica “identità digitale”.

 

Si ricorda in proposito che alle pubbliche amministrazioni è fatto divieto, a decorrere dal 28 febbraio 2021, di rilasciare o utilizzare credenziali diverse da SPID, CIE o CNS per l’accesso ai servizi on line della p.a. fermo restando l'utilizzo di quelle già rilasciate fino alla loro naturale scadenza e, comunque, non oltre il 30 settembre 2021 (art. 24, comma 4, del decreto legge n. 76 del 2020).

 

La prima parte del secondo periodo del nuovo comma 3-bis riproduce sostanzialmente il contenuto del terzo periodo del comma abrogato prevedendo che con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione sia stabilita la data a decorrere dalla quale le pubbliche amministrazioni utilizzano esclusivamente le identità digitali SPID, la carta di identità elettronica e la carta nazionale dei servizi per consentire l'accesso delle imprese e dei professionisti ai propri servizi in rete.

Oltre a fare riferimento allo SPID, come nella modifica di cui sopra, la disposizione include espressamente anche la CNS tra gli strumenti di identificazione delle imprese e dei professionisti.

 

Come si legge nella relazione illustrativa, l’adozione del decreto governativo di individuazione della data di decorrenza dell’obbligo è legata al raggiungimento di una sufficiente diffusione del cd. SPID professional di cui alle linee guida AgID pubblicate a novembre del 2019.

 

Analogamente, la modifica introdotta con l’ultimo parte del nuovo comma 3-bis, riguarda la determinazione della data a decorrere dalla quale i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) (gestori di servizi pubblici) e c) (società a controllo pubblico) utilizzano esclusivamente le identità digitali SPID, la carta di identità elettronica e la carta nazionale dei servizi ai fini dell'identificazione degli utenti dei propri servizi on-line.

 

La disposizione supera in tal modo una discrasia emersa con l’approvazione della legge di conversione del decreto-legge n. 77 del 2021. L’art. 41 del decreto-legge, nel testo originario, ha introdotto un articolato apparato sanzionatorio per le pubbliche amministrazioni in caso di violazione di obblighi in materia di transizione digitale. Tra questi la violazione degli obblighi di utilizzare esclusivamente le identità digitali per l’identificazione degli utenti dei servizi on-line, come previsto dall’articolo 64, comma 3-bis, del CAD. Tuttavia, nel corso dell’esame parlamentare è stato introdotto l’art. 66-bis che dispone modifiche ad alcune disposizioni legislativa, tra cui l’abrogazione del citato comma 3-bis dell’art. 64 CAD.

 

Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005)

Testo vigente prima dell’abrogazione da parte deL D.L. 77/2021

Testo introdotto dal D.L. 121/2021

Art. 64
Sistema pubblico per la gestione delle identità digitali e modalità di accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni

 

3-bis Fatto salvo quanto previsto dal comma 2-nonies, a decorrere dal 28 febbraio 2021, i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), utilizzano esclusivamente le identità digitali e la carta di identità elettronica ai fini dell'identificazione dei cittadini che accedono ai propri servizi in rete (secondo periodo).

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione è stabilita la data a decorrere dalla quale i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), utilizzano esclusivamente le identità digitali per consentire l'accesso delle imprese e dei professionisti ai propri servizi in rete (terzo periodo).

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, è stabilità la data a decorrere dalla quale i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c) utilizzano esclusivamente le identità digitali ai fini dell'identificazione degli utenti dei propri servizi on-line (primo periodo).

3-bis. Fatto salvo quanto previsto dal comma 2-nonies, i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), utilizzano esclusivamente le identità digitali SPID e la carta di identità elettronica ai fini dell'identificazione dei cittadini che accedono ai propri servizi in rete.


Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione è stabilita la data a decorrere dalla quale i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a), utilizzano esclusivamente le identità digitali SPID, la carta di identità elettronica e la carta nazionale dei servizi per consentire l'accesso delle imprese e dei professionisti ai propri servizi in rete,


                                                   nonché la data a decorrere dalla quale i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c) utilizzano esclusivamente le identità digitali SPID, la carta di identità elettronica e la carta nazionale dei servizi ai fini dell'identificazione degli utenti dei propri servizi on-line.

 


 

Articolo 11
(Rifinanziamento della componente prestiti e contributi del Fondo 394/81)

 

 

L’articolo 11 interviene in materia di sostegno all’internazionalizzazione delle imprese, rifinanziando la componente prestiti e contributi del Fondo 394/81. Si tratta di una misura annunciata nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (“PNRR”) (Missione 1, Componente 2, Investimento 5), su cui la Commissione UE ha richiesto degli interventi di sostegno normativo, come meglio specificato più avanti.

 

L’art. 11 rifinanzia la componente prestiti e contributi del Fondo di cui alla legge n. 394 del 1981, in attuazione della sub-misura “Rifinanziamento e ridefinizione del Fondo 394/81 gestito da SIMEST” relativa al sostegno all’internazionalizzazione in particolare delle PMI, di cui alla Missione 1, Componente 2, Investimento 5 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (“PNRR”).

L'obiettivo dell'investimento 5 (“Politiche industriali di filiera e internazionalizzazione”) è di rafforzare la competitività delle filiere produttive, agevolando l'accesso ai finanziamenti e favorendo l'internazionalizzazione delle stesse dopo la crisi COVID-19. 

Una delle due linee di intervento riguarda proprio il rifinanziamento del Fondo 394/81 gestito da SIMEST: che eroga sostegno finanziario alle imprese, in particolare PMI, per sostenerne l'internazionalizzazione mediante vari strumenti quali programmi di accesso ai mercati internazionali e sviluppo del commercio elettronico.

 

L’Allegato della Decisione di esecuzione del Consiglio relativa all’approvazione del PNRR dell’Italia ha richiesto espressamente l’emanazione di una norma per il rifinanziamento della componente “contributi e prestiti” del Fondo 394/81, da adottare entro il 30 settembre 2021. 

In particolare, in base al citato Allegato “il o i decreti-legge devono prevedere il rifinanziamento della componente "contributi e prestiti" del Fondo 394/81. Il Consiglio di amministrazione del Fondo deve approvare una decisione che definisce la politica di investimento. La politica di investimento collegata al rifinanziamento del Fondo 394/81 deve definire come minimo:

i)      la natura e la portata dei progetti sostenuti, che devono essere in linea con gli obiettivi del regolamento (UE) 2021/241. Il capitolato d'oneri deve includere criteri di ammissibilità per garantire la conformità agli orientamenti tecnici sull'applicazione del principio "non arrecare un danno significativo" (2021/C58/01) dei progetti sostenuti nell'ambito della misura mediante l'uso di una prova di sostenibilità, un elenco di esclusione e il requisito di conformità alla pertinente normativa ambientale nazionale e dell'UE;

ii)    il tipo di interventi sostenuti;

iii)  i beneficiari interessati, con una prevalenza di PMI, e i relativi criteri di ammissibilità;

iv)   disposizioni per reinvestire potenziali rientri in obiettivi strategici analoghi, anche oltre il 2026, qualora non siano riutilizzati per rimborsare gli interessi per prestiti contratti conformemente al regolamento (UE) 2021/241.

L'accordo contrattuale con l'entità o l'intermediario finanziario incaricati deve imporre il ricorso agli orientamenti tecnici sull'applicazione del principio "non arrecare un danno significativo" (2021/C58/01).

 

L’articolo tende a dare attuazione a quanto richiesto in sede europea.

Il comma 1 prevede l’istituzione di due distinte sezioni nell’ambito del Fondo rotativo gestito da Simest:

· la Sezione Prestiti concede finanziamenti a tasso agevolato ai sensi dell’articolo 6 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, e ha una dotazione finanziaria pari a 800 milioni di euro per il 2021;

· la Sezione Contributi concede cofinanziamenti a fondo perduto fino al cinquanta per cento dei finanziamenti a tasso agevolato concessi a valere sullo stanziamento della sezione Prestiti, con dotazione finanziaria pari a 400 milioni di euro per il 2021. La relazione tecnica sottolinea che “poiché la destinazione del rifinanziamento di tale componente è espressamente previsto dalla disposizione normativa non sarà necessario alcun decreto interministeriale di riparto a valle della norma primaria in esame”.

 

Il Fondo di cui all'art. 2 del D.L. n. 251 del 1981 (Fondo 394/81) è stato istituito per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri, anche al di fuori dell’UE, come precisato dal D.L. n. 34/2019. Il Fondo è gestito da SIMEST, sulla base di apposita convenzione stipulata con il Ministero dello sviluppo economico.

SIMEST è una società per azioni del Gruppo Cassa Depositi e Prestiti con una presenza azionaria privata (banche e sistema imprenditoriale) e gestisce gli strumenti finanziari pubblici a sostegno delle attività di internazionalizzazione delle imprese italiane, dedicati soprattutto alle PMI. Dal 2020 la gestione è sottoposta all’indirizzo e alla vigilanza del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. L'articolo 1, comma 270, della legge di bilancio 2018 (l. n. 2015/2017, modificato da ultimo dal D.L. n. 104/2019) ha poi previsto la composizione del Comitato Agevolazioni, organo competente ad amministrare il Fondo rotativo (cfr. D.M. 24 aprile 2019, che disciplina le competenze e il funzionamento del Comitato).

Sulla disciplina del Fondo ha inciso l’articolo 6 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.

Tale norma ha imposto che le iniziative delle imprese italiane dirette alla loro promozione, sviluppo e consolidamento sui mercati esteri possano fruire delle agevolazioni finanziarie esclusivamente nei limiti ed alle condizioni previsti dal Regolamento europeo relativo agli aiuti di importanza minore (de minimis).

Le iniziative ammissibili ai benefici del Fondo sono:

a) la realizzazione di programmi aventi caratteristiche di investimento finalizzati al lancio ed alla diffusione di nuovi prodotti e servizi ovvero all'acquisizione di nuovi mercati per prodotti e servizi già esistenti, attraverso l'apertura di strutture volte ad assicurare in prospettiva la presenza stabile nei mercati di riferimento;

b) studi di pre-fattibilità e di fattibilità collegati ad investimenti italiani all'estero, nonché programmi di assistenza tecnica collegati ai suddetti investimenti;

c) altri interventi prioritari.

Per le predette iniziative è utilizzato il Fondo Legge n. 394/1981 con una riserva di destinazione alle piccole e medie imprese (PMI) pari al 70 per cento annuo delle risorse del Fondo stesso.

Nel bilancio relativo al 2020 troviamo i primi risultati della espansione delle risorse gestite dalla SIMEST per fronteggiare la crisi derivante dall’emergenza sanitaria. <con riferimento ai prestiti, dai 560 milioni di risorse mobilitate e gestite nel 2019, si passa ai 1.139 del 2020.

Il comma 2 dispone che le imprese richiedenti i finanziamenti agevolati possano domandare di essere esentate dalla prestazione della garanzia, in deroga alla vigente disciplina relativa al Fondo 394/81. Già l’articolo 48, comma 2, lett. d), del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cd. “Rilancio”) aveva previsto la possibilità per le imprese richiedenti di essere esentate dalla prestazione della garanzia. La misura, inizialmente valida fino al 31 dicembre 2020, è stata successivamente estesa fino al 30 giugno 2021 dall’art. 1, comma 1.142, lett. c), della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di Bilancio 2021).

Il comma 3 attribuisce al Comitato agevolazioni (di cui al ricordato articolo 1, comma 270, della legge 27 dicembre 2017, n. 205), ossia all’organo interministeriale che gestisce il Fondo 394/81, il compito di definire con proprie delibere i termini, le modalità e le condizioni per la realizzazione dell’agevolazione, tenendo conto dei requisiti richiesti per tale intervento dall’Allegato della Decisione di esecuzione del Consiglio relativa all'approvazione PNRR dell’Italia approvata dal Consiglio dell’Unione europea il 13 luglio 2021 (che richiede espressamente l’adozione di una “Politica di investimento”).

Il comma 4 autorizza il Comitato agevolazioni a disporre, con proprie delibere, eventuali trasferimenti di risorse dalla sezione relativa alla componente “contributi”, alla sezione relativa alla componente “prestiti”, al fine di garantire il pieno utilizzo delle risorse. Anche questa norma è finalizzata ad assicurare l’utilizzo più rapido ed efficiente delle risorse finanziarie allocate per la sub-misura. La relazione tecnica rileva che questa flessibilità nella gestione dei fondi può consentire – data la natura rotativa del Fondo – “il rientro di fondi che altrimenti non sarebbero stati restituiti”. Viene così minimizzata “l’eventualità di conseguenze sfavorevoli per la finanza pubblica derivante dalla mancata utilizzazione dei fondi”.

Il comma 5 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 1, pari a 1,2 miliardi di euro per l’anno 2021, cui si provvede a valere sul Fondo di rotazione per l’attuazione del Next Generation EU-Italia. Le due sezioni del Fondo 394/81 sono istituite a valere sulle risorse assegnate alla misura del PNRR e non comportano in questa sede oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

Articolo 12
(Disposizioni urgenti in materia di progettazione territoriale e investimenti)

 

 

L’articolo 12 – al fine di rilanciare e accelerare il processo di progettazione nei comuni delle regioni del Mezzogiorno, nonché in quelli ricompresi nelle aree interne del Paese, in vista dell'avvio del ciclo di programmazione 2021/2027 dei fondi strutturali e del Fondo sviluppo e coesione (FSC) e della partecipazione ai bandi attuativi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)  – prevede l’istituzione del “Fondo concorsi progettazione e idee per la coesione territoriale”, con una dotazione di 12,4 milioni di euro per il 2021 e 111,2 milioni di euro per il 2022, e ne disciplina le modalità di accesso, riparto e utilizzo.

 

 

La lettera a) dell’articolo in esame introduce le disposizioni citate all’interno del D.L. 91/2017, nel nuovo articolo 6-quater.

 

 

Istituzione del Fondo concorsi progettazione e idee per la coesione territoriale (art. 6-quater, co. 1, primo periodo)

 

Il comma 1 di tale nuovo articolo – al fine di rilanciare e accelerare il processo di progettazione nei comuni delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia nonché in quelli ricompresi nella mappatura aree interne, in vista dell'avvio del ciclo di programmazione 2021-2027 dei fondi strutturali e del Fondo sviluppo e coesione nonché della partecipazione ai bandi attuativi del PNRR – prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per il successivo trasferimento all'Agenzia per la coesione territoriale, del “Fondo concorsi progettazione e idee per la coesione territoriale.

La finalità del Fondo, secondo quanto espresso nella Relazione illustrativa, è di animare e potenziare la progettualità locale, in vista dell’ingente mole di risorse finanziarie messe a disposizione grazie al PNRR, al Fondo Sviluppo e coesione e ai Fondi strutturali ciclo di programmazione 2021-2027, tutte finalizzate in gran parte al recupero del divario infrastrutturale e socio-economico che caratterizza i territori del Mezzogiorno e delle aree interne.

In sostanza, il concorso di progettazione e di idee mira a realizzare due obiettivi:

-   sopperire, nell’immediato, al deficit di progettualità locale prevalentemente imputabile alla carenza di personale tecnico presso gli enti locali medio piccoli, fiaccati da un lungo periodo di blocco del turnover;

-   coinvolgere professionisti singoli e associati nell’individuazione di idee e progetti in modo da moltiplicare le energie e rendere diffuso e partecipato il processo di ripresa e resilienza, anche alla luce del principio di solidarietà orizzontale.

 

Relativamente alle risorse finanziarie messe a disposizione per il PNRR, si ricorda che la coesione sociale e territoriale rappresenta uno dei pilastri fondamentali su cui poggia la programmazione e il contenuto dell’intero PNRR. In particolare, interventi specifici per la coesione sono contenuti nella Missione 5 “Inclusione e coesione”, nell’ambito della componente 3, che mira a ridurre i divari tra le diverse aree del Paese. La componente 3 si articola in due settori d'intervento, per un complesso di risorse pari a 1,98 miliardi di euro: piano per la resilienza delle zone interne, periferiche e montane attraverso il rafforzamento delle aree interne; progetti per lo sviluppo del Sud, in cui rientrano gli investimenti per combattere la povertà nell'istruzione, il potenziamento dei beni confiscati alla criminalità organizzata e gli investimenti infrastrutturali nel potenziamento delle zone economiche speciali[11]. A favore degli stessi interventi della componente 3 sono inoltre stanziati 2,43 miliardi di euro dal Fondo complementare. In particolare, il D.L. n. 59 del 2021, che ha approvato il Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR, finanzia i seguenti investimenti complementari: 1.780 milioni di euro per gli anni dal 2021 al 2026 a favore degli interventi per le aree del terremoto del 2009 e 2016; 350 milioni di euro per gli anni dal 2022 al 2026 a favore degli ecosistemi per l’innovazione al Sud in contesti urbani marginalizzati; 300 milioni di euro per gli anni dal 2021 al 2026 a favore della Strategia Nazionale Aree Interne - Miglioramento dell'accessibilità e della sicurezza delle strade[12].

 

 

Risorse del Fondo (art. 6-quater, co. 1, primo periodo)

 

Il comma 1 prevede, oltre a quanto sopra illustrato, che la dotazione complessiva del Fondo sia pari a 123,5 milioni di euro, così ripartita nel biennio 2021-2022:

-      12,4 milioni di euro per il 2021

-      111,2 milioni per il 2022.

Gli oneri relativi alla costituzione del Fondo sono posti a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2021-2027, di cui all'art. 1, comma 177, della legge 178/2020 (legge di bilancio 2021).

Il comma 177 della legge di bilancio 2021 ha disposto una assegnazione di risorse aggiuntive in favore del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il nuovo ciclo di programmazione 2021-2027, nell’importo di 50 miliardi di euro per gli anni dal 2021 al 2030, destinate esclusivamente a sostenere interventi per lo sviluppo, volti a ridurre i divari socio-economici e territoriali tra le diverse aree del Paese. In analogia con i precedenti cicli di programmazione, le risorse sono destinate ai territori secondo la chiave di riparto dell’80 per cento alle aree del Mezzogiorno e del 20 per cento alle aree del Centro-Nord. Il finanziamento è autorizzato secondo la seguente articolazione temporale: 4 miliardi per il 2021, 5 miliardi annui dal 2022 al 2029 e 6 miliardi per l’anno 2030 (comma 178).

Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) è lo strumento finanziario nazionale attraverso il quale vengono attuate le politiche per lo sviluppo orientate alla coesione economica, sociale e territoriale e alla rimozione degli squilibri economici e sociali, in attuazione dell’articolo 119, comma 5, della Costituzione. Nel Fondo sono iscritte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate alle richiamate finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici. Il requisito dell'aggiuntività è espressamente precisato dalla disciplina istitutiva del Fondo, laddove si dispone (art. 2 del D.Lgs. n. 88/2011) che le risorse non possono essere sostitutive di spese ordinarie del bilancio dello Stato e degli enti decentrati, in coerenza con l'analogo criterio dell'addizionalità previsto per i fondi strutturali dell'Unione europea. Il Fondo ha carattere pluriennale, in coerenza con l'articolazione temporale della programmazione dei Fondi strutturali dell'Unione europea, garantendo l'unitarietà e la complementarietà delle procedure di attivazione delle relative risorse con quelle previste per i fondi comunitari. L'intervento del Fondo è destinato al finanziamento di progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo nazionale, interregionale e regionale, aventi natura di grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi.

 

Comuni che possono accedere al Fondo (art. 6-quater, co. 2)

 

In base al disposto del comma 2, al Fondo accedono:

-      tutti i Comuni con popolazione complessiva inferiore a 30.000 abitanti ricompresi nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia,

-      i comuni ricompresi nella mappatura aree interne[13] del Paese.

L’accesso al fondo è sulla base delle classi demografiche e secondo l'assegnazione di cui alla Tabella A, introdotta dalla lettera b) dell’articolo in esame in allegato al D.L. 91/2017 (v. infra).

Nella citata tabella A, di seguito riportata, sono indicati gli importi complessivi del Fondo assegnati per classe demografica dei comuni, da ripartire tra gli enti beneficiari.

 

Classi demografiche

Importo da ripartire tra gli enti beneficiari
(in milioni di euro)

Fino a 1.000 abitanti

19,448

tra 1.001 e 5.000 abitanti

43,192

tra 5.001 e 10.000 abitanti

24,518

tra 10.001 e 20.000 abitanti

21,735

tra 20.001 e 30.000 abitanti

8,740

Premialità prevista dall’art. 6-quater, co. 3, per i comuni aggregati nelle unioni di comuni

5,882

Totale

123,515

 

Ai fini della quantificazione della dotazione del Fondo la Relazione tecnica fornisce alcuni elementi relativi ai comuni beneficiari della norma in esame.

I Comuni delle Regioni del Mezzogiorno con popolazione inferiore a 30.000 abitanti sono indicati in 2.422 (sulla base dei dati ISTAT, popolazione residente 2019); i comuni del Centro e del Nord classificati come aree interne nell’ambito della mappatura 2014-2020 sono 2.232. In attesa dell’adozione della mappatura aree interne 2021-2027, si presume che la numerosità e la popolazione dei comuni delle aree interne del Centro-Nord rimanga costante nella mappatura 2021-2027.

La ripartizione dei comuni sulla base della popolazione residente consente infatti di ipotizzare un numero medio di concorsi da finanziare per ogni comune e, dunque, il numero totale di concorsi da finanziare. Relativamente alla premialità, di cui al comma 3 dell’art. 6-quater (v. infra), nella RT si riporta che, secondo i dati pubblicati sul sito del Ministero dell’Interno (https://dait.interno.gov.it/territorio-e-autonomie-locali/sut/elenco_unioni_comuni_comp.php), attualmente esistono 557 Unioni di Comuni che raggruppano circa 3mila comuni (il 37% rispetto al totale dei circa 7.900 comuni italiani). Ipotizzando che la percentuale dei Comuni destinatari del contributo facenti parti di un’unione di comuni è pari a quella nazionale, ne deriva che i comuni destinatari della premialità prevista dal comma 3 saranno circa 1.700.

 

 

Modalità di riparto delle risorse del Fondo (art. 6-quater, co. 3, primo periodo)

 

Il comma 3 prevede che le risorse del Fondo sono ripartite ai singoli enti beneficiari:

-   con D.P.C.M. su proposta dell'Autorità politica delegata per il sud e la coesione territoriale da adottarsi entro il 30 novembre 2021.

L’Autorità politica è attualmente costituita dal Ministero per il Sud e la Coesione territoriale (D.P.C.M. 13 febbraio 2021 e D.P.C.M. 15 febbraio 2021 con il quale è stata attribuita la delega alla Ministra Carfagna relativamente alla materia delle politiche per la coesione territoriale e per gli interventi finalizzati allo sviluppo del Mezzogiorno);

-   assicurando una premialità ai comuni aggregati nelle Unioni di comuni (disciplinate dall'art. 32 del d.lgs. 267/2000);

-   nei limiti delle risorse specificate in tabella A (v. sopra).

 

 

Impegno delle risorse ripartite (art. 6-quater, co. 3, periodo secondo e ss.)

 

Il comma 3 dispone inoltre che le risorse sono impegnate dagli enti beneficiari mediante la messa a bando, entro e non oltre 6 mesi dalla pubblicazione del decreto di riparto, anche per il tramite di società in house, di premi per l'acquisizione di proposte progettuali, secondo le procedure di evidenza pubblica previste (dal Capo IV, Titolo VI del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 50/2016) per i concorsi di progettazione e di idee.

Lo stesso comma dispone altresì che il trasferimento delle risorse avviene dopo la pubblicazione del bando.

Decorso il predetto termine di sei mesi, le risorse non impegnate sono restituite al Fondo e riassegnate agli enti beneficiari, secondo le modalità e le garanzie stabilite nel decreto di cui al primo periodo. Con il medesimo decreto è definita ogni altra misura utile ad ottenere il miglior impiego delle risorse.

 

 

Gestore del Fondo (art. 6-quater, co. 4)

 

Il comma 4 stabilisce che l’Autorità responsabile della gestione del Fondo è l’Agenzia per la coesione territoriale.

L’Agenzia per la coesione territoriale, istituita nel 2014 e sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio, ha compiti di programmazione, coordinamento, sorveglianza e sostegno della politica di coesione. In particolare,  l'Agenzia, con riferimento sia ai Fondi Strutturali Europei sia al Fondo per lo Sviluppo e la Coesione, tenuto conto degli obiettivi definiti dagli atti di indirizzo e programmazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, assicura in raccordo con le amministrazioni competenti il monitoraggio e il controllo di tutti i programmi operativi e di tutti gli interventi della politica di coesione, vigilando altresì sull'attuazione dei programmi medesimi e sulla realizzazione dei progetti che utilizzano risorse della politica di coesione; fornisce assistenza tecnica alle amministrazioni che gestiscono programmi europei o nazionali, anche con riferimento alla formazione del personale delle amministrazioni interessate; sostiene la realizzazione dei programmi con azioni di accompagnamento alle amministrazioni titolari, promuovendo il ricorso ai Contratti Istituzionali di Sviluppo e l'attivazione dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa - Invitalia Spa, in qualità di centrale di committenza; promuove, il miglioramento della qualità, della tempestività, dell'efficacia e della trasparenza delle attività di programmazione e attuazione degli interventi; può assumere le funzioni dirette di autorità di gestione di programmi finanziati con le risorse della politica di coesione e per la conduzione di specifici progetti avvalendosi a tal fine di Invitalia Spa; propone, ai fini dell'adozione da parte della Presidenza del Consiglio, le necessarie misure di accelerazione degli interventi, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del D.Lgs. 88/2011, e dà esecuzione alle determinazioni assunte ai fini dei poteri sostitutivi in caso di inerzia o inadempimento delle amministrazioni pubbliche responsabili degli interventi, per evitare il disimpegno dei fondi europei, ai sensi dell'articolo 6, comma 6, del medesimo D.Lgs. n. 88/2011.

 

L'Agenzia inoltre, nell'ambito delle proprie competenze, senza oneri ulteriori:

- assicura ogni utile supporto agli enti beneficiari per il celere ed efficace accesso al Fondo;

- provvede al monitoraggio ai fini di cui al comma 3 e ai fini della verifica di coerenza delle proposte con gli obiettivi del PNRR e della programmazione del FSC e dei Fondi strutturali 2021/2027, come saranno definiti da apposite linee guida adottate entro il 30 ottobre 2021 dall’Autorità politica delegata per il sud e la coesione territoriale, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibilie, secondo quanto previsto dal comma 6.

 

 

Monitoraggio delle risorse del Fondo (art. 6-quater, co. 5)

 

In base al comma 5, il monitoraggio delle risorse di cui al comma 3 avviene attraverso il sistema di cui al d.lgs. 229/2011.

Ogni proposta progettuale acquisita dall'ente beneficiario che si traduce in impegno di spesa ai sensi del comma 3, è identificata dal codice unico di progetto (CUP).

Si ricorda che l’art. 11 della L. 3/2003 ha previsto, principalmente per la funzionalità della rete di monitoraggio degli investimenti pubblici, che ogni nuovo progetto di investimento pubblico deve essere dotato di un «Codice unico di progetto», che le competenti amministrazioni o i soggetti aggiudicatori richiedono in via telematica secondo la procedura definita dal CIPE.

 

L'alimentazione del sistema di monitoraggio è assicurata dall'ente beneficiario titolare del codice unico di progetto.

L'Agenzia per la coesione territoriale ha pieno accesso alle informazioni raccolte attraverso il sistema citato, anche ai fini di quanto disciplinato dal comma 3.

 

 

Valutazione e sviluppo delle proposte progettuali (art. 6-quater, co. 6-9 e 11)

 

Il comma 6 dispone che nella valutazione delle proposte progettuali di cui al comma 3, gli enti beneficiari verificano che esse siano coerenti o complementari rispetto agli obiettivi posti dall'art. 3 del regolamento (UE) 2021/241 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza, nonché con gli obiettivi della programmazione FSC 2021/2027, come definiti da apposite linee guida adottate entro il 30 ottobre 2021 dall'Autorità politica delegata per il sud e la coesione territoriale di concerto con il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.

 

L’art. 3 del regolamento (UE) 2021/241 individua l’ambito di applicazione del dispositivo per la ripresa e la resilienza, strutturato in sei pilastri: transizione verde; trasformazione digitale; crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, che comprenda coesione economica, occupazione, produttività, competitività, ricerca, sviluppo e innovazione, e un mercato interno ben funzionante con PMI forti; coesione sociale e territoriale; salute e resilienza economica, sociale e istituzionale; politiche per la prossima generazione, l’infanzia e i giovani, come l’istruzione e le competenze.

 

Lo stesso comma dispone altresì che le proposte:

- devono essere utili a realizzare almeno uno dei seguenti obiettivi: la transizione verde dell'economia locale, la trasformazione digitale dei servizi, la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, che assicuri lo sviluppo armonico dei territori, anche dal punto di vista infrastrutturale, la coesione economica, l'occupazione, la produttività, la competitività, lo sviluppo turistico del territorio, la ricerca, l'innovazione sociale, la cura della salute e la resilienza economica, sociale e istituzionale a livello locale, nonché il miglioramento dei servizi per l'infanzia e di quelli tesi a fornire occasione di crescita professionale ai giovani;

- devono, altresì, soddisfare i seguenti ulteriori criteri: privilegiare la vocazione dei territori, individuare soluzioni compatibili con gli strumenti urbanistici regolatori generali o comunque essere agevolmente e celermente realizzabili, anche con modeste varianti, e comportare soluzioni a basso impatto ambientale, di recupero e valorizzazione del patrimonio esistente, di contrasto all'abusivismo, in ogni caso limitando il consumo di suolo;

- devono avere un livello progettuale di dettaglio, ove afferenti a interventi di carattere sociale, sufficiente all'avvio delle procedure di affidamento del servizio o di co-progettazione, secondo quanto previsto dall'art. 140 del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 50/2016) e dall'art. 55 del d.lgs. 117/2017. Nel caso di lavori pubblici, il livello progettuale oggetto di concorso, da acquisire ai sensi dell'art. 152, comma 4, del citato Codice è quello del progetto di fattibilità tecnica ed economica di cui all'art. 23 del Codice medesimo.

All’interno della disciplina dei concorsi di progettazione e di idee (recata dal Capo IV, Titolo VI del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 50/2016, che contiene gli articoli da 152 a 157), l’art. 152, comma 4, dispone infatti che “nel concorso di progettazione relativo al settore dei lavori pubblici sono richiesti esclusivamente progetti o piani con livello di approfondimento pari a quello di un progetto di fattibilità tecnica ed economica, salvo nei casi di concorsi in due fasi di cui agli articoli 154, comma 5, e 156, comma 7”.

Relativamente al richiamo all’art. 140 del Codice, si ricorda che tale articolo individua le norme applicabili ai servizi sociali e ad altri servizi specifici dei settori speciali. In particolare tale articolo dispone, tra l’altro, che gli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici di cui all'allegato IX (servizi sanitari, servizi sociali e servizi connessi; servizi amministrativi, sociali, in materia di istruzione, assistenza sanitaria e cultura; servizi di sicurezza sociale obbligatoria; servizi di prestazioni sociali; servizi religiosi; servizi alberghieri e di ristorazione; ecc.) sono aggiudicati in applicazione degli articoli 142, 143, 144 del Codice medesimo e fermo restando quanto previsto dal titolo VII (artt. 55-57) del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117. L’articolo 55 citato, in particolare, reca norme per assicurare il coinvolgimento degli enti del Terzo settore.

Si ricorda infine che il progetto di fattibilità tecnica ed economica, sulla base del disposto dell’art. 23, comma 5, del Codice, individua, tra più soluzioni, quella che presenta il miglior rapporto tra costi e benefici per la collettività, in relazione alle specifiche esigenze da soddisfare e prestazioni da fornire. Per i concorsi di progettazione e di idee di cui all'articolo 152, il progetto di fattibilità è preceduto dal documento di fattibilità delle alternative progettuali. Nel progetto di fattibilità tecnica ed economica, il progettista sviluppa, nel rispetto del quadro esigenziale, tutte le indagini e gli studi necessari per la definizione degli aspetti di cui al comma 1[14], nonché gli elaborati grafici per l'individuazione delle caratteristiche dimensionali, volumetriche, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori da realizzare e le relative stime economiche, ivi compresa la scelta in merito alla possibile suddivisione in lotti funzionali. Il progetto di fattibilità tecnica ed economica deve consentire, ove necessario, l'avvio della procedura espropriativa.

 

Il comma 7 dispone che le proposte progettuali selezionate sono acquisite in proprietà dagli enti beneficiari e possono essere poste a base di successive procedure strumentali alla loro concreta realizzazione o utilizzate per la partecipazione degli enti beneficiari ad avvisi o altre procedure di evidenza pubblica attivate da altre amministrazioni nazionali o comunitarie.

 

Il comma 8 prevede che per lo sviluppo delle progettazioni che hanno a oggetto i lavori, l'ente beneficiario, ove non si avvalga di procedure di appalto integrato, provvede all’affidamento al vincitore della realizzazione dei successivi livelli di progettazione, con procedura negoziata senza bando, sempre che il soggetto sia in possesso, in proprio o mediante avvalimento, dei requisiti di capacità tecnico-professionale ed economica previsti nel bando in rapporto ai livelli progettuali da sviluppare.

 

In base al comma 9, in attuazione dei commi 7 e 8, l'ente beneficiario, per garantire la qualità della progettazione e della conseguente realizzazione dell'intervento, può avvalersi della Agenzia del demanio - Struttura per la progettazione di beni ed edifici pubblici (prevista e disciplinata dall’art. 1, commi da 162 a 170, della legge 30 dicembre 2018, n. 145), la quale opera senza oneri diretti per le prestazioni professionali rese agli enti territoriali richiedenti ai sensi dell'art. 1, comma 163, della predetta legge n. 145 del 2018.

Il richiamato comma 163 dispone infatti che, ferme restando le competenze delle altre amministrazioni, la Struttura, su richiesta delle amministrazioni centrali e degli enti territoriali interessati, che ad essa possono rivolgersi, previa convenzione e senza oneri diretti di prestazioni professionali rese per gli enti territoriali richiedenti, svolge le proprie funzioni, al fine “di favorire lo sviluppo e l'efficienza della progettazione e degli investimenti pubblici, di contribuire alla valorizzazione, all'innovazione tecnologica, all'efficientamento energetico e ambientale nella progettazione e nella realizzazione di edifici e beni pubblici, alla progettazione degli interventi di realizzazione e manutenzione, ordinaria e straordinaria, di edifici e beni pubblici, anche in relazione all'edilizia statale, scolastica, universitaria, sanitaria e carceraria, nonché alla predisposizione di modelli innovativi progettuali ed esecutivi per edifici pubblici e opere similari e connesse o con elevato grado di uniformità e ripetitività”.

 

Il comma 11 dispone che le proposte progettuali acquisite dagli enti beneficiari ai sensi del comma 7, sono considerate direttamente candidabili alla selezione delle operazioni previste dai programmi operativi regionali e nazionali di gestione dei Fondi strutturali e dai Piani di sviluppo e coesione finanziati dal FSC, nell'ambito del ciclo di programmazione 2021/2027, sempre che siano coerenti con gli assi prioritari, le priorità d'investimento e gli obiettivi specifici di riferimento fissati dai programmi e dai piani predetti, secondo condizioni e modalità individuate con il decreto di cui al comma 3, previa intesa della Conferenza unificata.

 

Bando tipo (art. 6-quater, co. 10)

Il comma 10 prevede che l’Agenzia per la coesione territoriale, in collaborazione con l'ANAC, predispone, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, un bando tipo da utilizzare per i concorsi di cui al presente articolo.

 

Accesso alle informazioni (art. 6-quater, co. 12)

Il comma 12 stabilisce che nel portale istituzionale Opencoesione sono raccolte e rese immediatamente accessibili tutte le informazioni dell'iniziativa, anche ai fini del controllo e del monitoraggio sociale dei processi di ideazione, progettazione e realizzazione degli interventi.


 

Articolo 13, comma 1
(Estensione della misura agevolativa “Resto al sud” ai Comuni delle Isole minori del Centro-Nord Italia)

 

 

Il comma 1 dell’art. 13 estende ai comuni delle Isole minori del Centro-Nord Italia (Campo nell'Elba, Capoliveri, Capraia, Giglio, Marciana, Marciana Marina, Ponza, Porto Azzurro, Portoferraio, Portovenere, Rio, Ventotene) i benefici dei finanziamenti concessi tramite l’istituto denominato “Resto al Sud”.

 

 

Il comma 1 estende ad alcuni comuni specificamente elencati (Campo nell'Elba, Capoliveri, Capraia, Giglio, Marciana, Marciana Marina, Ponza, Porto Azzurro, Portoferraio, Portovenere, Rio, Ventotene) e compresi nelle Isole minori del Centro-Nord Italia la possibilità di ricorrere alle agevolazioni previste in base all’istituto denominato Resto al Sud, volto a promuovere lo sviluppo di nuove attività imprenditoriali (ad esclusione del commercio, come meglio spiegato più avanti) e libero professionali nei territori (prima dell’intervento del decreto-legge in esame) ricadenti in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia e nelle aree del cratere sismico del Centro Italia (Lazio, Marche, Umbria).

Nel 2021 Il Fondo, gestito da INVITALIA, ha consentito il finanziamento di 9.247 iniziative imprenditoriali, per un ammontare complessivo di 483 milioni di euro (dati al 1 agosto 2021), su una disponibilità pari a 1.250 milioni di euro.

Secondo quanto riportato nella relazione tecnica, potranno fruire della estensione della agevolazione 19.105 soggetti (quelli in età utile ai fini dell’agevolazione).

La relazione illustrativa evidenzia che lo stato di crisi imprenditoriale connesso all’emergenza sanitaria registra un impatto particolarmente grave nelle aree insulari minori, a causa della “debolezza/specificità del loro assetto imprenditoriale” e anche “per l’intensificarsi dei processi di spopolamento e decrescita demografica”.

Come esempi delle cause di debolezza del sistema produttivo e imprenditoriale, vengono citati l’ubicazione periferica delle aree, l’insufficiente infrastrutturazione e dotazione di servizi essenziali, la difficoltà dei trasporti, i cui costi riducono la competitività e la settorialità delle attività produttive, “concentrate soprattutto nei settori della pesca e del turismo”.

 

 

 

La misura “Resto al Sud” costituisce una delle principali forme di sostegno per lo sviluppo di nuove realtà imprenditoriali del Mezzogiorno. È stata introdotta dall'art. 1 del D.L. 91/2017 (L. n. 123/2017) per promuovere la costituzione di nuove imprese da parte di giovani imprenditori nelle regioni del Mezzogiorno: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. La misura è stata successivamente estesa quanto al suo ambito soggettivo e, recentemente, con uno dei decreti adottati per far fronte alla crisi economica generata dalla pandemia da COVID-19 (D.L. n. 34/2020, cd. Decreto Rilancio), potenziata in termini di entità del sostegno a fondo perduto che può essere concesso a valere su di essa.

La misura era inizialmente rivolta ai giovani imprenditori del Mezzogiorno, di età compresa tra i 18 e 35 anni. La legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018) ha ampliato la platea dei potenziali beneficiari, elevandone l'età massima da 35 a 45 anni ed estendendone le agevolazioni alle attività libero professionali (articolo 1, comma 601).

La misura è stata poi estesa ai comuni colpiti dal sisma del 24 agosto 2016, del 26 e 30 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017, anche in deroga ai limiti di età nel caso di comuni con più del 50 per cento di edifici inagibili (esito 'E') (art. 5, comma 1, D.L. n. 123/2019, conv. in L. n. 156/2019).

Da ultimo, con la legge di bilancio per il 2021 l’età massima dei potenziali beneficiari è stata portata a 55 anni (l. n. 178/2020, art. 1, comma 170).

Il beneficio concesso consiste in un finanziamento, fino a un massimo di 60 mila euro (200 mila per le società, anche cooperative), costituito per il 50 per cento da una erogazione a fondo perduto e per il restante 50 per cento da un prestito (bancario) a tasso zero da rimborsare in otto anni. Il prestito a tasso zero beneficia sia di un contributo in conto interessi per tutta la durata del prestito, corrisposto agli istituti di credito da INVITALIA, gestore della misura, sia di una garanzia per la restituzione dei prestiti erogati dagli istituti di credito. La garanzia è fornita dal Fondo di garanzia PMI, presso il quale opera una apposita sezione speciale.

Come accennato, il D.L. n. 34/2020 (L. n. 77/2020, articolo 245-bis) ha innalzato da 50.000 a 60.000 euro l’entità massima del finanziamento erogabile per le imprese individuali e ha rimodulato la percentuale a fondo perduto e quella a restituzione (innalzando dal 35 al 50% la quota a fondo perduto e, contestualmente, riducendo dal 65 al 50% quella a restituzione a tasso zero, sia nei confronti di imprese individuali che di società). Queste novità si sono applicate alle domande presentate dopo il 19 luglio 2020.

I beneficiari devono mantenere la residenza o la sede legale e operativa nelle regioni interessate dalla misura per tutta la durata del finanziamento.

Sono finanziate le attività di produzione di beni nei settori dell'artigianato, dell'industria, della pesca e dell'acquacoltura, ovvero relative alla fornitura di servizi, compresi quelli turistici. Sono escluse dal finanziamento le attività del commercio a eccezione della vendita dei beni prodotti nell'attività di impresa.

Il D.L. n. 34/2020 (articolo 245) ha poi previsto l'ulteriore concessione di un contributo a fondo perduto in favore dei beneficiari della misura, a copertura del fabbisogno di circolante, a valere sulle risorse ancora disponibili a essa assegnate: 15.000 euro per le attività di lavoro autonomo e libero-professionali esercitate in forma individuale e 10.000 euro per ciascun socio dell'impresa beneficiaria (fino ad un massimo di 40.000 euro), per far fronte a crisi di liquidità correlate agli effetti socio-economici dell'emergenza Covid-19.

La misura è stata finanziata per un importo complessivo fino a 1.250 milioni per il periodo 2017-2025 a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) – ciclo di programmazione 2014-2020, e il  CIPE ha provveduto alla ripartizione in annualità degli importi (CIPE delibera n. 74 del 7 agosto 2017 e delibera n. 102 del 22 dicembre 2017).

 

 

 


 

Articolo 13, comma 2
(Proroga in materia di investimenti destinati ai comuni)

 

Il comma 2 dell’art. 13 proroga, limitatamente all’anno 2021, dal 15 settembre al 15 ottobre, il termine entro il quale i comuni beneficiari dei contributi previsti dall’articolo 1, comma 29, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020), per investimenti destinati ad opere pubbliche in materia di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile. Conseguentemente, limitatamente all’anno 2021, viene altresì prorogato dal 31 ottobre al 15 novembre, il termine entro il quale il Ministero dell'interno provvede, con proprio decreto, alla revoca totale o parziale dei contributi erogati.

 

Le lettere a) e b) del comma 2 dell’art. 13 integrano, rispettivamente, i commi 32 e 34 dell’art. 1 della Legge di bilancio 2020 (Legge 160/2019), al fine di prorogare i termini previsti per i comuni, per beneficiare dei contributi stabiliti dall’articolo 1, comma 29, della Legge di bilancio 2020, per ciascuno degli anni dal 2020 al 2024, nel limite complessivo di 500 milioni di euro annui, per investimenti destinati ad opere pubbliche in materia di:

a) efficientamento energetico, ivi compresi interventi volti all’efficientamento dell’illuminazione pubblica, al risparmio energetico degli edifici di proprietà pubblica e di edilizia residenziale pubblica, nonché all’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili;

b) sviluppo territoriale sostenibile, ivi compresi interventi in materia di mobilità sostenibile, nonché interventi per l’adeguamento e la messa in sicurezza di scuole, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

In particolare, con l’aggiunta di un ulteriore periodo al comma 32 dell’art. 1 della legge di bilancio 2020, il comune beneficiario del contributo di cui al citato comma 29 è tenuto, limitatamente al 2021, ad iniziare l'esecuzione dei lavori entro il 15 ottobre, anziché entro il 15 settembre.

Conseguentemente, limitatamente all’anno 2021, il termine previsto dal comma 34 dell’art. 1 della legge di bilancio 2020 per la revoca totale o parziale del contributo da parte del Ministero dell'interno, viene fissato al 15 novembre, anziché al 31 ottobre.

La relazione illustrativa segnala che “la norma, quindi, mira a concedere ai comuni il tempo necessario per acquisire materiali, che, attualmente, non sono reperibili sul mercato e ove reperibili hanno costi molto più elevati del valore di mercato”.

In tale ambito, per l’anno 2020, l'art. 51, comma 1-bis, D.L. 104/2020 ha prorogato dal 15 settembre al 15 novembre, il termine previsto dal citato comma 32, entro il quale i comuni beneficiari dei contributi per le finalità previste dal citato comma 29 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2020 sono tenuti ad iniziare l'esecuzione dei lavori, e dal 31 ottobre al 15 dicembre, il termine previsto dal citato comma 34, entro il quale il Ministero dell'interno provvede, con proprio decreto, alla revoca totale o parziale dei contributi erogati.


 

Articolo 14
(Cabina di regia edilizia scolastica)

 

 

L'articolo 14 integra con un rappresentante dell'Autorità politica delegata per le politiche di coesione la composizione della Cabina di regia per il monitoraggio dello stato di realizzazione dei progetti di costruzione, ristrutturazione e riqualificazione di edifici di proprietà dei Comuni destinati ad asili nido e scuole dell’infanzia, istituita dall'art. 1, comma 61, della legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160 del 2019).

 

L'articolo 1, comma 61, della legge n. 160 del 2019 – qui novellato - prevede (tra l'altro) l'istituzione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio per il 2020, di una Cabina di regia per il monitoraggio dello stato di realizzazione dei singoli progetti di costruzione, ristrutturazione e riqualificazione di edifici di proprietà dei Comuni destinati ad asili nido, scuole dell'infanzia e centri polifunzionali per i servizi alla famiglia.

La Cabina, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, nell'ambito delle risorse (umane, strumentali e finanziarie) disponibili a legislazione vigente, è presieduta dal Capo del Dipartimento per le politiche della famiglia ed è composta da un rappresentante, rispettivamente, del Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie, del Ministero dell'interno, del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (ora Ministero dell'istruzione) e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché da un componente designato dalla Conferenza unificata, ai quali non spettano compensi, rimborsi spese, gettoni di presenza e indennità comunque denominate.

A tali membri viene ora aggiunto un rappresentante dell'Autorità politica delegata per le politiche di coesione, alla quale - con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 marzo 2021 - è stato delegato  l'esercizio  delle funzioni di coordinamento, indirizzo, promozione d'iniziative, anche normative,  vigilanza e verifica, relativamente alla materia delle politiche per la coesione territoriale e per gli  interventi  finalizzati  allo sviluppo del Mezzogiorno.

Tale integrazione pare in linea con quanto contenuto all'art. 1, comma 60, comma 1, della medesima legge di bilancio per il 2020. Nello specifico (cfr. comma 1, lettera a)) si dispone che ai fini del finanziamento destinati ai comuni (ai sensi del comma 59) occorre accordare priorità ai progetti di costruzione, ristrutturazione, messa in sicurezza e riqualificazione di strutture localizzate nelle aree svantaggiate del Paese e nelle periferie urbane, con lo scopo di rimuovere gli squilibri economici e sociali ivi esistenti.

 

Si segnala che il  D.P.C.M. 30 dicembre 2020 ha definito - in prima applicazione e in via sperimentale per il quinquennio 2021-2025 -  le modalità e le procedure di presentazione delle richieste di contributo per progetti relativi alle richiamate opere pubbliche di messa in sicurezza, ristrutturazione, riqualificazione o costruzione di edifici di proprietà dei comuni destinati ad asili nido e scuole dell'infanzia e a centri polifunzionali per i servizi alla famiglia, i criteri di riparto e le modalità di utilizzo delle risorse, ivi incluse le modalità di utilizzo dei ribassi d'asta, di monitoraggio, anche in termini di effettivo utilizzo delle risorse assegnate, di rendicontazione e di verifica, nonché le modalità di recupero ed eventuale riassegnazione delle somme non utilizzate.

 


 

Articolo 15
(Disposizioni urgenti in materia di perequazione infrastrutturale)

 

 

L’articolo 15 novella la disciplina relativa alla perequazione infrastrutturale, recata all’articolo 22 della legge n. 42 del 2009 (di delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione), con l'intento di semplificarne le procedure. Nel complesso, nonostante le modifiche ed integrazioni, si può considerare per molti aspetti confermato l'impianto presente nel testo previgente - risultante dalle modifiche introdotte con la legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020) - basato sulla ricognizione della dotazione infrastrutturale del Paese, sull'individuazione del divario tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale e sulla conseguente adozione di misure volte ad assorbirlo, attraverso interventi finanziati da un fondo con una dotazione pari a 4,6 miliardi di euro.

 

 

L’articolo 22 della richiamata legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale reca disposizioni sulla perequazione infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale.

 

La materia è stata ridefinita dall’articolo 1, comma 815, della richiamata legge di bilancio 2021 (Cfr la scheda di approfondimento al termine della presente scheda di lettura), che ha novellato il citato articolo 22 (inserendo, rispetto al testo originario, i commi da 1-bis a 1-sexies), fra l'altro prevedendo che la ricognizione delle dotazioni infrastrutturali venisse effettuata entro il 30 giugno 2021 e istituendo, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, il “Fondo perequativo infrastrutturale” per il finanziamento delle infrastrutture necessarie ad assorbire il divario infrastrutturale, con una dotazione complessiva pari a 4.600 milioni di euro per gli anni dal 2022 al 2033.

Successivamente è intervenuto l’articolo 59 del decreto-legge n. 77 del 2021 che, nel testo presentato alle Camera, riformulava l’articolo 22 della legge n. 42/2009 con la finalità di semplificare il procedimento di perequazione infrastrutturale, secondo una disciplina per molti aspetti analoga a quella recata nell'articolo in esame.

Nel corso dell’esame parlamentare, tale articolo è stato tuttavia radicalmente modificato, sicché in luogo di una nuova disciplina esso ha disposto una mera proroga dal 30 giugno al 31 dicembre 2021 del termine entro cui avrebbe dovuto essere effettuata la ricognizione delle dotazioni infrastrutturali e avrebbero dovuto essere definiti gli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale in termini di servizi minimi per le predette tipologie di infrastrutture.

 

L’articolo 15 in esame, al fine di semplificare il procedimento di perequazione infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale, riformula nuovamente il testo dell’articolo 22 della legge n. 42/2009, riprendendo in gran parte l’impostazione già formulata con l’originario testo dell’art. 59 del D.L. n. 77.

 

In particolare, il nuovo comma 1 dell'articolo 22 della legge n.42/2009 - volto a disciplinare la fase istruttoria (competenze, modalità e tempistica) del procedimento - distingue due tipologie di ricognizione infrastrutturale (mentre nel testo previgente si indicavano genericamente le infrastrutture) dirette ad assicurare il recupero del divario infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale, anche infra-regionali nonché di garantire analoghi livelli essenziali di infrastrutturazione e dei servizi a essi connessi[15]:

i) una prima tipologia, riguardante le infrastrutture statali (primo periodo), è demandata al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, da effettuarsi entro e non oltre il 30 novembre 2021 (in luogo del “31 dicembre 2021”), sentite le amministrazioni competenti e le strutture tecniche del Ministro per il Sud e la coesione territoriale (nel testo previgente la ricognizione era demandata ad “uno o più D.P.C.M, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale”, v.infra).

Nel testo non si precisa con quale atto il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili è chiamato ad effettuare la predetta ricognizione.[16]

Nello specifico, con il predetto provvedimento si effettua, limitatamente alle infrastrutture statali, la ricognizione del numero e della classificazione funzionale delle strutture sanitarie, assistenziali e scolastiche, nonché la ricognizione del numero e dell'estensione, con indicazione della relativa classificazione funzionale, delle infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali e idriche (rispetto al testo previgente non figurano più “le reti elettrica e digitale e di trasporto e distribuzione del gas”).;

ii) una seconda tipologia di ricognizione, che riguarda le infrastrutture non di competenza statale (secondo periodo). In proposito, la disposizione prevede che gli enti territoriali, nonché gli "altri soggetti pubblici e privati" siano tenuti a effettuare la ricognizione, per quanto di rispettiva competenza. Nel far ciò i predetti soggetti hanno la facoltà di avvalersi del supporto tecnico-amministrativo dell’Agenzia per la coesione territoriale. La ricognizione effettuata dagli enti locali e dagli altri soggetti pubblici e privati è comunicata alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano entro il 30 novembre 2021. Queste ultime trasmettono poi la predetta documentazione, unitamente agli esiti della ricognizione effettuata sulle infrastrutture di propria competenza, nei successivi cinque giorni, alla Conferenza delle regioni e delle province autonome, che, a sua volta, predispone il documento di ricognizione conclusivo da comunicare, entro e non oltre il 31 dicembre 2021, al Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Ai sensi della presente disposizione gravano obblighi in capo agli enti territoriali e ai "soggetti pubblici e privati competenti".

 Al riguardo, si valuti l'opportunità di precisare se l'onere ricada in ragione della proprietà dell'infrastruttura o dell'utilizzo della stessa.

Si valuti altresì l'opportunità di specificare, con riferimento alle ricognizioni in capo ai soggetti diversi dagli enti territoriali e specie con riguardo ai soggetti privati, attraverso quali modalità debba essere assicurato l'adempimento di siffatto obbligo di comunicazione delle ricognizioni effettuate.

 

La disposizione in esame, come accennato, innova la disciplina previgente (per un raffronto puntuale tra il testo previgente e il testo risultante dalle modifiche introdotte dall’articolo 15 in esame si rinvia al testo a fronte al termine della presente scheda) sotto diversi aspetti: in precedenza la ricognizione era posta in capo esclusivamente al Presidente del Consiglio dei ministri e non si distingueva fra la ricognizione delle infrastrutture statali e quella delle altre infrastrutture. A tal fine si aveva riguardo ad uno o più DPCM (e non al decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili), da adottare su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale.

Nel testo previgente il coinvolgimento degli enti territoriali era inoltre limitato alla previsione secondo cui la ricognizione si sarebbe avvalsa dei dati e delle informazioni forniti dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome.

Si segnala inoltre che nel testo previgente del citato art.22, commi 1-bis e 1-ter):

i) nel novero delle infrastrutture oggetto della ricognizione erano incluse anche le reti elettrica e digitale, nonché di trasporto e distribuzione del gas (comma 1, lettera a)).

ii) il provvedimento statale avrebbe dovuto altresì definire gli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale in termini di servizi minimi per le predette tipologie di infrastrutture (comma 1, lettera b));

iii) la ricognizione avrebbe dovuto tener conto, in particolare, dei seguenti elementi: estensione delle superfici territoriali; valutazione della rete viaria con particolare riferimento a quella del Mezzogiorno; deficit infrastrutturale e deficit di sviluppo; densità della popolazione e densità delle unità produttive; particolari requisiti delle zone di montagna; carenze della dotazione infrastrutturale esistente in ciascun territorio; specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall'insularità, anche con riguardo all'entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione (comma 1-bis);

iv) al Presidente del Consiglio dei ministri (o al Ministro dallo stesso delegato) erano demandati, anche per il tramite della Struttura di missione Investitalia e del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei ministri, il coordinamento delle attività propedeutiche all'emanazione dei citati DPCM con cui definire la modalità di effettuazione della ricognizione nonché, in collaborazione con i Ministeri competenti, la definizione degli schemi-tipo per la ricognizione e degli standard di riferimento (comma 1-ter).

 

Il comma 1-bis dell'art.22 della L. 42/2009, introdotto dall'articolo in esame, dispone, alla luce degli esiti della descritta fase ricognitiva, in ordine all'individuazione, con il coinvolgimento delle regioni, dei criteri con cui effettuare la perequazione per ridurre il divario infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del Paese. Nello specifico, demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri[17] da adottare entro il 31 marzo 2022, sentiti il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, il Ministro dell'economia e delle finanze, e il Ministro per il Sud e la coesione territoriale, previa intesa in sede di Conferenza unificata:

·     la definizione dei criteri di priorità e delle azioni da perseguire per il recupero del divario infrastrutturale e di sviluppo risultante dalla ricognizione. A tal fine, occorre avere riguardo alle carenze infrastrutturali, anche con riferimento agli aspetti prestazionali e qualitativi, sussistenti in ciascun territorio, con particolare attenzione alle aree che risentono di maggiori criticità nei collegamenti infrastrutturali con le reti su gomma e su ferro di carattere e valenza nazionale della dotazione infrastrutturale sussistenti in ciascun territorio, all'estensione delle superfici territoriali e alla specificità insulare e delle zone di montagna e delle aree interne, nonché dei territori del Mezzogiorno, alla densità della popolazione e delle unità produttive;

Alcuni dei parametri da ultimo richiamati erano indicati, nel testo previgente, come criteri sulla base dei quali effettuare la ricognizione. Quanto ai criteri di priorità per l'assegnazione dei finanziamenti, la loro individuazione era demandata ai DPCM senza ulteriore specificazione (v.infra).

 

·     l'individuazione dei Ministeri competenti e della quota di finanziamento, con ripartizione annuale, a valere sulle risorse del Fondo perequativo infrastrutturale (disciplinato dal comma 1-ter, v. infra). A tal fine si tiene conto di quanto già previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e dal Piano complementare.

 

Come noto, il PNRR si inserisce all’interno del programma Next Generation EU (NGEU) elaborato dall’Unione Europea per sostenere lo sviluppo dei Paesi a seguito della crisi pandemica[18]. La principale componente del programma NGEU è il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza, che ha una durata di sei anni (dal 2021 al 2026). Il PNRR presentato dall’Italia si compone di una serie di investimenti e di riforme, cui sono destinate risorse pari a 222,1 miliardi di euro, di cui 191,5 miliardi sono finanziate attraverso il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza e 30,6 miliardi attraverso il Fondo complementare. Quest'ultimo è stato istituito con il decreto legge n.59 del 2021, a valere sullo scostamento pluriennale di bilancio chiesto dal Consiglio dei ministri ed approvato dal Parlamento il 22 aprile scorso. Il totale dei fondi previsti ammonta a di 222,1 miliardi (cui vanno aggiunti 13 miliardi resi disponibili dal Programma React-EU per gli anni 2021-2023).

 

 

Con specifico riguardo ai criteri di priorità per la specificità insulare, al terzo periodo del novellato comma 1-bis dell'articolo 22 della legge n.42/2009, si specifica che si deve tener conto:

- di quanto previsto dall'articolo 1, comma 690, della legge 30 dicembre 2020, n. 178[19];

- degli esiti del tavolo tecnico-politico sui costi dell'insularità di cui al punto 10 dell'accordo in materia di finanza pubblica fra lo Stato e la regione Sardegna del 7 novembre 2019[20];

- a condizione che sia comunque assicurato il rispetto dei termini previsti dal presente articolo.

 

Il comma 1-ter dell'art.22 della L. 42/2009 - come novellato dall'articolo in commento - disciplina il Fondo perequativo infrastrutturale per il finanziamento delle infrastrutture necessarie ad assorbire il divario infrastrutturale. La disposizione recepisce il contenuto già presente nel testo previgente del comma 1-quater del medesimo articolo, come introdotto con la legge di bilancio per il 2021. Detto Fondo, istituito presso lo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, ha una dotazione complessiva di 4,6 miliardi di euro per gli anni dal 2022 al 2033, così ripartita: 100 milioni per l’anno 2022, 300 milioni per ciascuno degli anni 2023-2027, 500 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2028-2033.

È altresì confermato che al Fondo non si applica l’articolo 7-bis del decreto-legge n. 243 del 2016[21], che introduce, al fine di favorire il riequilibrio territoriale, il criterio di assegnazione preferenziale di risorse a favore degli interventi nei territori delle regioni del Mezzogiorno (c.d. regola del 34per cento), al fine di favorire il riequilibrio territoriale.

Rispetto al testo previgente, risulta invece innovativo l'ultimo periodo del comma 1-ter, con cui si prevede che il Dipartimento per gli Affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri possa stipulare una apposita convenzione per il supporto tecnico–operativo alle attività di competenza nel limite massimo di 200.000 euro per il 2021.

La convenzione è stipulata ai sensi degli articoli 5 e 192 del Codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n.50.

L’articolo 5 del Codice dei contratti reca i principi comuni in materia di esclusione, dall'ambito di applicazione del codice stesso, di una concessione o di un appalto pubblico aggiudicati (da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore) a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato.

Il comma 1 individua le condizioni che devono essere contestualmente soddisfatte affinché si ricada nella fattispecie di affidamento in house, che, in quanto tale, non rientra nella disciplina del Codice: un’amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore deve esercitare sulla persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi (lett. a), inteso come "un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata", che può essere esercitata da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dal soggetto aggiudicatore; oltre l'80 per cento delle attività della persona giuridica controllata deve essere effettuato nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall'amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore (lett. b); nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei trattati, che non esercitano un'influenza determinante sulla persona giuridica controllata (lett. c).

Ai sensi dell'art.192 del Codice degli appalti, per quanto rileva in questa sede, si prevede che ai fini dell'affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuino preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell'offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all'oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche (comma 2). Inoltre, si dispone in ordine alle forme di pubblicità degli atti connessi all'affidamento degli appalti pubblici e dei contratti di concessione tra enti nell'ambito del settore pubblico, da assicurarsi tramite pubblicazione nel profilo del committente nella sezione Amministrazione trasparente in formato open-data (comma 3).

 

Il nuovo comma 1-quater dell'art.22 della L.42/2009 prevede che entro 30 giorni dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1-bis, ciascun Ministero competente, assegnatario delle risorse, individui, anche sulla base di una proposta non vincolante della Conferenza delle regioni e delle province autonome, in un apposito Piano da adottare con decreto del Ministro competente d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni:

·     gli interventi da realizzare, che non devono essere già oggetto di integrale finanziamento a valere su altri fondi nazionali o comunitari e che devono essere corredati del Codice unico di progetto - CUP (art. 11, comma 2-bis, della legge n. 3 del 2003).

Il CUP è il codice che identifica un progetto d'investimento pubblico ed è lo strumento centrale per il funzionamento del Sistema di Monitoraggio degli Investimenti Pubblici. Ai sensi del richiamato art.11, comma 2-bis, gli atti amministrativi, adottati dalle Amministrazioni pubbliche, che dispongono un finanziamento o autorizzano l'esecuzione di progetti di investimento pubblico sono nulli in assenza dei corrispondenti codici unici che costituiscono elemento essenziale dell'atto stesso;

·     l'importo del relativo finanziamento;

·     i soggetti attuatori, in relazione al tipo e alla localizzazione dell'intervento;

·     il cronoprogramma della spesa, con indicazione delle risorse annuali necessarie per la loro realizzazione;

·     le modalità di revoca e di eventuale riassegnazione delle risorse in caso di mancato avvio nei termini previsti dell'opera da finanziare.

 

Il Piano è infine comunicato alla Conferenza unificata.

 

Il comma 1-quinquies conferma i contenuti già presenti nel testo previgente (al comma 1-sexies), ai sensi del quale il monitoraggio della realizzazione degli interventi è effettuato attraverso il sistema di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229[22]. A tal fine, si precisa che la classificazione degli interventi dovrà avvenire sotto la voce “Interventi per il recupero del deficit infrastrutturale legge di bilancio 2021”.

 

Il citato D.lgs. n. 229 contempla specifici obblighi di monitoraggio per le amministrazioni pubbliche e per i soggetti, anche privati, che realizzano opere pubbliche.

 

Il comma 1-sexies, infine, reca la copertura dell'onere recato al comma 1-ter (riguardante la convenzione che può essere stipulata dal Dipartimento per gli affari regionali per il supporto tecnico-operativo, v. supra), quantificato in 200.000 euro, che è posto a carico del Fondo per le esigenze indifferibili (di cui all'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014).

 

Nella scheda di approfondimento che segue si dà conto delle principali novità introdotte con la legge di bilancio per il 2021 rispetto alla versione originaria del testo della legge n.42 del 2009.

 

 

L’articolo 1, comma 815, della legge di bilancio 2021 aveva riscritto l'art.22 della L.42/2009, che era rimasto a lungo inattuato. Dopo aver dato conto delle novità introdotte con l'articolo in esame, in questa sede si dà conto degli aspetti innovativi introdotti con l'ultima legge di bilancio rispetto alla disciplina originaria.

Il comma 1 dell'art.22, come novellato con la legge di bilancio, demandava, come detto, ad uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri il compito di effettuare una ricognizione delle dotazioni infrastrutturali esistenti, mentre nel testo originario veniva attribuito al Ministro dell'economia e delle finanze, "d'intesa con il Ministro per le riforme per il federalismo, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per i rapporti con le regioni e gli altri Ministri competenti per materia" una "ricognizione degli interventi infrastrutturali", sulla base delle norme vigenti.

Con l'art.1, comma 815, si specificava che la finalità degli interventi perequativi, consistente nel recupero del deficit infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale, riguardava anche le aree infra-regionali. Tale ultimo riferimento ai territori intraregionali, ancorché potenzialmente desumibile dalla disciplina originaria, veniva reso esplicito. La novità (mantenuta anche nel testo riformulato da ultimo dal presente decreto-legge) consiste nello specificare che la perequazione deve essere intesa non come volta a beneficiare esclusivamente le regioni con minore grado di sviluppo infrastrutturale, bensì come diretta a colmare eventuali divari strutturali riguardanti territori anche situati all'interno di regioni che, nelle restanti parti, siano adeguatamente dotate di capitale fisico.

Nel testo originario era disciplinata una fase transitoria (definita agli articoli 20 e 21 della medesima legge n.42/2009) nella quale si prevedeva l'individuazione, sulla base della richiamata ricognizione, di interventi perequativi che tenessero conto anche della virtuosità degli enti nell'adeguamento al processo di convergenza ai costi o al fabbisogno standard. Siffatti interventi da effettuare nelle aree sottoutilizzate avrebbero dovuto essere individuati nell'allegato infrastrutture al Documento di programmazione economico-finanziaria.

Quanto agli ambiti oggetto della ricognizione, nella legge di bilancio per il 2021 sono sostanzialmente confermati rispetto a quelli previsti nel testo previgente: strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche, nonché rete stradale, autostradale, ferroviaria, portuale, aeroportuale[23], idrica, elettrica e digitale e di trasporto e distribuzione del gas.

Risulta invece innovativa la scelta di precisare che la ricognizione si avvale dei dati e delle informazioni forniti dalla Conferenza delle regioni e delle Province autonome.

Si demanda inoltre ai medesimi DPCM la definizione degli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale in termini di servizi minimi per le predette tipologie di infrastrutture.

Il comma 1-bis dell'art.22 della legge n.42 del 2009, anch'esso introdotto con la citata legge di bilancio, riguarda i parametri su cui operare la ricognizione infrastrutturale, riproducendo tendenzialmente i contenuti della disposizione originaria, di cui al comma 1, secondo periodo, dell'art.22 medesimo (venuti meno nel testo ora vigente).

Ai fini della ricognizione, si sarebbe dovuto tener conto, in particolare:

a)     dell'estensione delle superfici territoriali;

b)     della valutazione della rete viaria con particolare riferimento a quella del Mezzogiorno;

c)     del deficit infrastrutturale e del deficit di sviluppo;

d)     della densità della popolazione e della densità delle unità produttive;

e)     di particolari requisiti delle zone di montagna;

f)      delle carenze della dotazione infrastrutturale esistente in ciascun territorio;

g)     della specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall'insularità, anche con riguardo all'entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione.

Ai sensi del comma 1-ter dell'art.22 della legge n.42/2009, risultante dal comma 815, il coordinamento delle attività propedeutiche all’emanazione dei richiamati DPCM spetta al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro dallo stesso delegato, anche per il tramite della Struttura di missione Investitalia e del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri. Tali aspetti presentano un carattere innovativo rispetto alla disciplina allora previgente, così come la previsione secondo cui il Presidente del Consiglio (o il Ministro delegato), in collaborazione con i Ministeri competenti e avvalendosi delle anzidette strutture, era chiamato a definire gli schemi-tipo per la ricognizione e gli standard di riferimento.

Il comma 1-quater dell'art.22 della l.n.42/2009 risultante dalle modifiche introdotte con la legge di bilancio per il 2021, contenente disposizioni precedentemente non previste, demanda ad ulteriori DPCM l'individuazione sia delle infrastrutture necessarie a colmare il deficit di servizi rispetto agli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale, sia dei criteri di priorità per l’assegnazione dei finanziamenti.

Tali decreti avrebbero dovuto essere adottati, entro sei mesi dalla richiamata ricognizione della dotazione infrastrutturale, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale e con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in Conferenza unificata.

Fra i principali elementi di novità introdotte nell'ultima manovra economica, vi è la previsione, come detto confermata anche dal presente decreto-legge, con cui è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, il “Fondo perequativo infrastrutturale” per il finanziamento delle infrastrutture necessarie ad assorbire il divario infrastrutturale, con la dotazione complessiva, pari a 4.600 milioni di euro per gli anni dal 2022 al 2033.

Anche i commi 1-quinquies e comma 1-sexies dell'art.22 della l.n.42/2009, relativi, rispettivamente, alla ripartizione del Fondo perequativo infrastrutturale e al monitoraggio della realizzazione degli interventi presentavano carattere innovativo.


 

 

La tempistica degli adempimenti contenuti nella nuova formulazione dell’art. 22 della legge n. 42 del 2009, come sostituito dall’art. 15 in esame, può essere così sintetizzata:

 

Termine (entro)

Oggetto

30 novembre 2021

Il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili effettua la ricognizione di alcune tipologie di infrastrutture statali.

30 novembre 2021

Gli enti locali trasmettono alla propria Regione e alla propria P.A. la ricognizione delle infrastrutture non statali di loro competenza.

5 dicembre 2021

(nei 5 giorni successivi)

Le Regioni e le P.A. trasmettono la ricognizione delle infrastrutture non statali di loro competenza (unitamente a quelle pervenute dagli enti locali) alla Conferenza delle regioni e delle province autonome.

31 dicembre 2021

La Conferenza delle regioni e delle province autonome trasmette il documento di ricognizione conclusivo (da essa predisposto), al Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri.

31 marzo 2022

È adottato il DPCM sui criteri di priorità e sulle azioni da perseguire per il recupero del divario infrastrutturale e di sviluppo risultante dalla ricognizione.

30 aprile 2022
(Entro 30 giorni dal DPCM)

È adottato, con decreto del Ministro competente, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in Conferenza Stato-Regioni, un apposito Piano che individua gli interventi da realizzare. L'individuazione di tali interventi avviene anche sulla base di una proposta non vincolante da parte della Conferenza delle regioni Il Piano è comunicato alla Conferenza Unificata.

 

 


 

A seguire si propone un testo a fronte delle disposizioni di cui all'articolo 22, commi da 1 a 1-sexies, della legge n.42 del 2009 nel testo attualmente vigente a seguito dell'articolo 15 in esame (colonna di destra) e nel testo previgente.

 

Legge n. 42 del 2009, art. 22, commi da 1 a 1-sexies  - Perequazione infrastrutturale

Testo previgente

Testo vigente (D.L. n. 121/2021, art. 15)

1. Al fine di assicurare il recupero del deficit infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale, anche infra-regionali, entro e non oltre il 31 dicembre 2021, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale:

a) è effettuata la ricognizione delle dotazioni infrastrutturali esistenti riguardanti le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche, nonché la rete stradale, autostradale, ferroviaria, portuale, aeroportuale, idrica, elettrica e digitale e di trasporto e distribuzione del gas. La ricognizione si avvale dei dati e delle informazioni forniti dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome;

b) sono definiti gli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale in termini di servizi minimi per le predette tipologie di infrastrutture.

1. Al fine di assicurare il recupero del divario infrastrutturale tra le diverse aree geografiche del territorio nazionale, anche infra-regionali, nonché di garantire analoghi livelli essenziali di infrastrutturazione e dei servizi a essi connessi, entro e non oltre il 30 novembre 2021 il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sentite le amministrazioni competenti, le strutture tecniche del Ministro per il sud e la coesione territoriale, effettua, limitatamente alle infrastrutture statali, la ricognizione del numero e della classificazione funzionale delle strutture sanitarie, assistenziali e scolastiche, nonché del numero e dell’estensione, con indicazione della relativa classificazione funzionale, delle infrastrutture stradali, autostradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali, idriche. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché gli enti locali e gli altri soggetti pubblici e privati competenti, anche avvalendosi del supporto tecnico-amministrativo dell’Agenzia per la coesione territoriale, provvedono alla ricognizione delle infrastrutture di cui al primo periodo non di competenza statale. La ricognizione effettuata dagli enti locali e dagli altri soggetti pubblici e privati è trasmessa alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano entro il 30 novembre 2021 che la trasmettono, unitamente a quella di propria competenza, nei successivi cinque giorni, alla Conferenza delle regioni e delle province autonome. Questa predispone il documento di ricognizione conclusivo da comunicare, entro e non oltre il 31 dicembre 2021, al Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri.

1-bis. La ricognizione di cui al comma 1, lettera a), è effettuata tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi:

a) estensione delle superfici territoriali;

b) valutazione della rete viaria con particolare riferimento a quella del Mezzogiorno;

c) deficit infrastrutturale e deficit di sviluppo;

d) densità della popolazione e densità delle unità produttive;

e) particolari requisiti delle zone di montagna;

f) carenze della dotazione infrastrutturale esistente in ciascun territorio;

g) specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall'insularità, anche con riguardo all'entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione.

 

1-ter. 1-ter. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro dallo stesso delegato, anche per il tramite della Struttura di missione Investitalia e del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica della Presidenza del Consiglio dei ministri, coordina le attività propedeutiche all'emanazione dei decreti di cui al comma 1 e, in collaborazione con i Ministeri competenti, definisce gli schemi-tipo per la ricognizione di cui al comma 1, lettera a), e gli standard di riferimento di cui al comma 1, lettera b).

 

1-quater. Entro sei mesi dalla ricognizione di cui al comma 1, lettera a), con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuate le infrastrutture necessarie a colmare il deficit di servizi rispetto agli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale, nonché stabiliti i criteri di priorità per l'assegnazione dei finanziamenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per il finanziamento delle infrastrutture necessarie di cui al periodo precedente, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze è istituito il "Fondo perequativo infrastrutturale" con una dotazione complessiva di 4.600 milioni di euro per gli anni dal 2022 al 2033, di cui 100 milioni di euro per l'anno 2022, 300 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027, 500 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2028 al 2033. Al predetto Fondo non si applica l'articolo 7-bis del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18.

1-bis. All’esito della ricognizione di cui al comma 1, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti i Ministri delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, per gli affari regionali e le autonomie, dell’economia e delle finanze, e per il Sud e la coesione territoriale, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottarsi entro il 31 marzo 2022, sono stabiliti i criteri di priorità e le azioni da perseguire per il recupero del divario infrastrutturale e di sviluppo risultante dalla ricognizione predetta, avuto riguardo alle carenze infrastrutturali, anche con riferimento agli aspetti prestazionali e qualitativi, sussistenti in ciascun territorio, con particolare attenzione alle aree che risentono di maggiori criticità nei collegamenti infrastrutturali con le reti su gomma e su ferro di carattere e valenza nazionale della dotazione infrastrutturale di ciascun territorio, all’estensione delle superfici territoriali e alla specificità insulare e delle zone di montagna e delle aree interne, nonché dei territori del Mezzogiorno, alla densità della popolazione e delle unità produttive, e si individuano i Ministeri competenti e la quota di finanziamento con ripartizione annuale, tenuto conto di quanto già previsto dal PNRR e dal Piano complementare di cui al decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, a valere sulle risorse del fondo cui al comma 1-ter. I criteri di priorità per la specificità insulare devono tener conto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 690, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e degli esiti del tavolo tecnico-politico sui costi dell’insularità di cui al punto 10 dell’accordo in materia di finanza pubblica fra lo Stato e la regione Sardegna del 7 novembre 2019, purché sia comunque assicurato il rispetto dei termini previsti dal presente articolo.

1-ter. Per il finanziamento degli interventi di cui al comma 1-quater, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito il “Fondo perequativo infrastrutturale” con una dotazione complessiva di 4.600 milioni di euro per gli anni dal 2022 al 2033, di cui 100 milioni di euro per l’anno 2022, 300 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2023 al 2027, 500 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2028 al 2033. Al predetto Fondo non si applica l’articolo 7-bis del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18. Il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri per il supporto tecnico - operativo alle attività di competenza, può stipulare apposita convenzione ai sensi degli articoli 5 e 192 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nel limite massimo di 200.000 euro per l’anno 2021.

1-quinquies. Alla ripartizione del Fondo di cui al comma 1-quater si provvede con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri competenti, di concerto con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che individua gli interventi da realizzare, l'importo del relativo finanziamento, i soggetti attuatori e il cronoprogramma della spesa, con indicazione delle risorse annuali necessarie per la loro realizzazione.

1-quater . Entro trenta giorni dal decreto di cui al comma 1-bis, ciascun Ministero competente, assegnatario delle risorse di cui al comma 1-bis individua, anche sulla base di una proposta non vincolante della Conferenza delle regioni e delle province autonome, in un apposito Piano da adottare con decreto del Ministro competente d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa, ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, gli interventi da realizzare, che non devono essere già oggetto di integrale finanziamento a valere su altri fondi nazionali o comunitari, l’importo del relativo finanziamento, i soggetti attuatori, in relazione al tipo e alla localizzazione dell’intervento, il cronoprogramma della spesa, con indicazione delle risorse annuali necessarie per la loro realizzazione, nonché le modalità di revoca e di eventuale riassegnazione delle risorse in caso di mancato avvio nei termini previsti dell’opera da finanziare. Gli interventi devono essere corredati, ai sensi dell’articolo 11, comma 2-bis , della legge 16 gennaio 2003, n. 3, del Codice unico di progetto. Il Piano di cui al primo periodo è comunicato alla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

1-sexies. Il monitoraggio della realizzazione degli interventi finanziati di cui al comma 1-quater è effettuato attraverso il sistema di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, classificando gli interventi sotto la voce "Interventi per il recupero del deficit infrastrutturale legge di bilancio 2021.

1-quinquies . Il monitoraggio della realizzazione degli interventi finanziati di cui al comma 1-quater è effettuato attraverso il sistema di cui al decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, classificando gli interventi sotto la voce “Interventi per il recupero del divario infrastrutturale legge di bilancio 2021.

 

1-sexies. Agli oneri derivanti dal comma 1-ter, pari a 200.000 euro per l’anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

 


 

Articolo 16, commi 1 e 2
(Commissario “ponte Morandi”)

 

 

L’art. 16 proroga fino al 31 dicembre 2024 la durata massima dell’incarico del Commissario straordinario previsto per la ricostruzione del “ponte Morandi”, avvenuto il 14 agosto 2018 (comma 1) e disciplina la copertura dei relativi oneri quantificati complessivamente in circa 4,9 milioni di euro per il periodo 2021-2024.

 

 

Il comma 1 proroga fino al 31 dicembre 2024 la durata massima dell’incarico del Commissario straordinario previsto dall’art. 1, comma 1, del D.L. 109/2018 in seguito al crollo di un tratto del viadotto Polcevera dell'autostrada A10, nel comune di Genova, noto come “ponte Morandi”, avvenuto il 14 agosto 2018 (disposizioni di modifica del decreto-legge n. 109/2018 sono previste anche all’articolo 6 del decreto-legge, v. supra).

 

Il testo previgente dell’art. 1, comma 1, del D.L. 109/2018 prevede che la durata dell'incarico del Commissario straordinario è di dodici mesi e può essere prorogata o rinnovata non oltre un triennio dalla prima nomina, vale a dire non oltre il 4 ottobre 2021 (essendo la prima nomina stata effettuata con il D.P.C.M. 4 ottobre 2018 e successivamente prorogata con i decreti datati D.P.C.M. 30 settembre 2019 e con il D.P.C.M. 2 ottobre 2020).

Il comma 1 citato ha previsto la nomina del Commissario al fine di garantire, in via d'urgenza, le attività per la demolizione, la rimozione, lo smaltimento e il conferimento in discarica dei materiali di risulta, nonché per la progettazione, l'affidamento e la ricostruzione dell'infrastruttura e il ripristino del connesso sistema viario.

La relazione illustrativa ricorda che al Commissario straordinario “gli articoli 6 e 9-bis (come modificato dal comma 72 dell’articolo 1 della legge n. 160 del 2019 - legge di Bilancio 2020) hanno inoltre affidato l’approvazione del ‘programma straordinario di investimenti urgenti per la ripresa e lo sviluppo del porto e delle relative infrastrutture di accessibilità e per il collegamento intermodale dell’aeroporto Cristoforo Colombo con Genova nonché per la messa in sicurezza idraulica e l'adeguamento alle norme in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro’. Conseguentemente, in aggiunta alla ricostruzione del viadotto Polcevera, il Commissario ha svolto la sua attività di impulso e coordinamento fra i differenti soggetti attuatori del programma straordinario (Autorità di Sistema Portuale, Comune di Genova, Aeroporto di Genova, Rete Ferroviaria Italiana) e di monitoraggio del relativo stato di avanzamento, anche sotto il profilo delle risorse finanziarie. Il programma straordinario, infatti, sempre secondo la relazione governativa, caratterizzato da elementi di estrema complessità amministrativa oltre che realizzativa, è destinato a modificare in modo determinante la città, il suo porto e, quindi, l’assetto strategico dell’intero Paese nel settore marittimo e della logistica delle merci. Alcuni progetti e, in particolare, quello relativo alla razionalizzazione dell’accessibilità e della messa in sicurezza idraulica dell’area portuale industriale di Genova Sestri Ponente (strategico anche per la cantieristica navale del nostro Paese), richiedono un presidio che svolga funzioni straordinarie, garantendo la massima sinergia anche procedimentale fra Amministrazioni e promuovendo e facilitando le relazioni fra tutti i soggetti (Istituzioni, Operatori economici, Cittadini)”.

Alla luce di tali considerazioni, la relazione illustrativa giustifica quindi la proroga.

 

 

Il comma 2 disciplina la copertura degli oneri derivanti dalla proroga recata dal comma precedente, quantificati complessivamente in circa 4,9 milioni di euro (per la precisione in 375.000 euro per l'anno 2021 e in 1.500.000 euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024).

Alla copertura di tali oneri si provvede:

a)   quanto a 375.000 euro per l'anno 2021 e a 1.500.000 euro per ciascuno degli anni 2023 e 2024, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (si segnala l’opportunità di utilizzare la dicitura corretta di “Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili”);

b)  quanto a 1.500.000 euro per l'anno 2022, mediante corrispondente riduzione del Fondo di parte corrente, costituito con le risorse derivanti dal riaccertamento annuale dei residui passivi, ai sensi dell'art. 34-ter, comma 5, della legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196), iscritto nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.

 


 

 

Articolo 16, comma 3
(Disposizioni per i comuni colpiti dagli eventi sismici del 2018)

 

 

Il comma 3 dell’art. 16 prevede a favore degli interventi di ricostruzione previsti nei comuni della città metropolitana di Catania e della provincia di Campobasso, interessati dagli eventi sismici del 2018, che non sia più obbligatorio annotare la concessione del contributo per la ricostruzione nei registri immobiliari.

 

Il comma 3 dell’art. 16 abroga il comma 8 dell’articolo 10 del D.L. 32/2019 (cosiddetto “sblocca cantieri”), che prevede per gli interventi di ricostruzione nei comuni della città metropolitana di Catania e della provincia di Campobasso, interessati dagli eventi sismici del 2018, l’obbligo di annotare la concessione del contributo nei registri immobiliari, anche se in esenzione da qualsiasi tributo o diritto e senza alcun'altra formalità.

Nella relazione illustrativa si sottolinea che l’intervento in questione comporta una “procedura amministrativamente complessa, che richiede una molteplicità di adempimenti”.

In tale ambito, la disposizione in esame risulta identica a quella dell’articolo 6, comma 10-bis, del D.L. 189/2016 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016), abrogata successivamente dall’ articolo 2, comma 1, lettera b), del D.L. 123/2019.

Con la delibera del Consiglio dei ministri del 28 dicembre 2018, è stato dichiarato, per dodici mesi (fino al 28 dicembre 2019), lo stato di emergenza in conseguenza dell'evento sismico che il giorno 26 dicembre 2018 ha colpito il territorio dei comuni di Zafferana Etnea, Viagrande, Trecastagni, Santa Venerina, Acireale, Aci Sant'Antonio, Aci Bonaccorsi, Milo, Aci Catena della provincia di Catania. Per l'attuazione dei primi interventi, si è provveduto nel limite di 10 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali. Con la delibera del consiglio dei ministri 11 giugno 2019 è stato disposto un ulteriore stanziamento di 37 milioni di euro. 

Con la delibera del consiglio dei ministri 21 dicembre 2019 , lo stato di emergenza è stato prorogato di ulteriori dodici mesi (fino al 21 dicembre 2020).

Successivamente lo stato di emergenza è stato prorogato fino al 31 dicembre 2021 (art. 57, comma 8, D.L. 104/2020).

Con la delibera del Consiglio dei ministri del 6 settembre 2018 è stato dichiarato, per la durata di 6 mesi, decorrenti dalla data del 6 settembre 2018, lo stato di emergenza nei Comuni della Provincia di Campobasso colpiti da una serie di eventi sismici a far data dal 16 agosto 2018 (Acquaviva Collecroce, Campomarino, Castelbottaccio, Castelmauro, Guardiafilera,Guglionesi, Larino, Lupara, Montecilfone, Montefalcone del Sannio,  Montemitro, Montorio nei Frentani,  Morrone del Sannio, Palata, Portocannone, Rotello, San Felice del Molise, San Giacomo degli Schiavoni, San Martino in Pensilis, Santa Croce di Magliano e Tavenna). Per l'attuazione dei primi interventi, si è provveduto nel limite di 2 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali (integrati di 3,3 milioni con la delibera del 10 gennaio 2019 e di 1,6 milioni con la delibera del 14 luglio 2020).

Con la delibera del Consiglio dei ministri del 20 marzo 2019 è stato prorogato lo stato di emergenza di dodici mesi, con un ulteriore stanziamento di 2 milioni di euro. Successivamente, è stata prevista la possibilità di proroga fino ad una durata complessiva di tre anni per lo stato di emergenza conseguente agli eventi sismici che hanno colpito i comuni della provincia di Campobasso, a far data dal 16 agosto 2018, individuati dall'allegato 1 del D.L. 32/2019 (art. 15, comma 2, D.L. 162/2019). Ai sensi e per gli effetti del combinato disposto dell'art. 15, comma 2, del D.L. 162/2019, e dell'art. 24, comma 3, del Codice della protezione civile (decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1), con la delibera del Consiglio dei ministri 20 aprile 2020 è  stato prorogato di ulteriori 12 mesi lo stato di emergenza in questione. Successivamente, con la delibera del Consiglio dei Ministri del 14 aprile 2021 lo stato di emergenza è stato prorogato di ulteriori sei mesi.

Per ulteriori approfondimenti, si rinvia al tema web “Terremoti”.

 

 

 

 

 



[1] D.L. 18 aprile 2019, n. 32, Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici.

[2]     Legge di bilancio per il 2021.

[3]     Come già modificato dall’articolo 15, comma 1, del DL n.77 del 2021.

[4]     Il Reg. (CE) 12 febbraio 2021, n.2021/241/UE, che ha istituito il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, prevedendo il finanziamento dei Piani nazionali di ripresa e resilienza, stabilisce (art.21) che “se il piano per la ripresa e la resilienza, compresi i pertinenti traguardi e obiettivi, non può più essere realizzato, in tutto o in parte, dallo Stato membro interessato a causa di circostanze oggettive, lo Stato membro interessato può presentare alla Commissione una richiesta motivata affinché presenti una proposta intesa a modificare o sostituire le decisioni di esecuzione del Consiglio […] A tal fine, lo Stato membro può proporre un piano per la ripresa e la resilienza modificato o un nuovo piano per la ripresa e la resilienza. Gli Stati membri possono chiedere assistenza tecnica per l'elaborazione di tale proposta nell'ambito dello strumento di sostegno tecnico. Se ritiene che i motivi addotti dallo Stato membro interessato giustifichino una modifica del pertinente piano per la ripresa e la resilienza, la Commissione valuta il piano modificato o nuovo per la ripresa e la resilienza e presenta una proposta per una nuova decisione di esecuzione del Consiglio, entro due mesi dalla presentazione ufficiale della richiesta. Se necessario, lo Stato membro interessato e la Commissione possono convenire di prorogare tale termine di un periodo di tempo ragionevole. Il Consiglio adotta la nuova decisione di esecuzione, di norma, entro quattro settimane dall'adozione della proposta della Commissione. Se ritiene che i motivi addotti dallo Stato membro interessato non giustifichino una modifica del pertinente piano per la ripresa e la resilienza, la Commissione respinge la richiesta dopo aver dato allo Stato membro interessato la possibilità di presentare le proprie osservazioni entro il termine di un mese dalla comunicazione delle conclusioni della Commissione.

[5]     Al riguardo si rammenta che è stata anticipata nel PNRR la programmazione nazionale del FSC 2021-2027 per un valore di circa 15,5 miliardi, in linea con le politiche settoriali di investimento e di riforma previste nel Piano, al fine di accelerare la capacità di utilizzo delle risorse e di realizzazione degli investimenti previsti dal PNRR. Tali risorse sono state successivamente reintegrate nella disponibilità del FSC dall’art. 2 del D.L. n. 59/2021, istitutivo del Piano Complementare Nazionale, così da garantire la piena complementarietà e addizionalità delle risorse.

 

[6]     Sul PNRR dell’Italia veda anche il sito governativo ItaliaDomani.

[7]     Il DM è stato fornito per le vie brevi dal MEF, ma non risulta ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale (al riguardo si segnala che il decreto stesso prevede, al comma 7 dell’articolo unico, che esso venga trasmesso “ai competenti organi di controllo e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale”).

[8]     Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante le disposizioni comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale europeo Plus, al Fondo di coesione, al Fondo per una transizione giusta, al Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l'acquacoltura, e le regole finanziarie applicabili a tali fondi e al Fondo Asilo, migrazione e integrazione, al Fondo Sicurezza interna e allo Strumento di sostegno finanziario per la gestione delle frontiere e la politica dei visti.

[9]     Si ricorda che l’articolo 34-bis della legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196) reca la disciplina in materia di conservazione in bilancio dei residui passivi e di eliminazione dei residui stessi dal conto del bilancio.

In particolare, il comma 3 riguarda il mantenimento in bilancio delle somme stanziate per spese in conto capitale non impegnate alla chiusura dell'esercizio (c.d. residui di stanziamento). Mentre le somme di parte corrente non impegnate alla chiusura dell’esercizio di competenza sono registrate in economia, per gli stanziamenti in conto capitale è autorizzata in via generale la conservazione in bilancio anche se entro la fine dell’esercizio finanziario tali spese non sono state impegnate. Il loro mantenimento in bilancio è autorizzato nei limiti di un solo anno successivo all’esercizio di iscrizione in bilancio. Per gli stanziamenti iscritti in bilancio in forza di disposizioni legislative che siano entrate in vigore nell'ultimo quadrimestre dell'esercizio finanziario, il periodo di conservazione è protratto di un ulteriore anno.

Il comma 4 riguarda il mantenimento in bilancio dei residui propri delle spese in conto capitale. Per i residui propri relativi a spese in conto capitale, i termini di conservazione in bilancio sono fissati a tre anni. Decorsi i suddetti termini, i residui si intendono perenti agli effetti amministrativi, e sono eliminati dal conto del bilancio. Poiché a tali residui continuano a sottostare i relativi impegni giuridici di spesa, il relativo importo viene riscritto come debito nel conto del patrimonio. Le somme eliminate possono riprodursi in bilancio con riassegnazione alle pertinenti unità elementari di bilancio degli esercizi successivi.

Si evidenzia che l’articolo 15, comma 5, ha esteso all’anno 2022 l’applicazione sperimentale, prevista dall’art. 4-quater del D.L. n. 32/2019 per il triennio 2019-2021, di alcune deroghe alle norme contabili sul mantenimento in bilancio delle risorse in conto capitale, tra le quali l’allungamento dei termini di mantenimento in bilancio dei residui relativi alle spese in conto capitale, rispetto a quanto previsto dall’articolo 34-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196, prevedendo che: i termini riferiti ai residui di stanziamento (comma 3) sono prolungati di un ulteriore esercizio, passando quindi da uno a due esercizi; i termini relativi ai residui propri (comma 4, primo periodo) sono prolungati di ulteriori tre esercizi, con la possibilità, dunque di poter essere pagati entro il sesto esercizio successivo a quello dell'assunzione dell'impegno di spesa, decorsi i quali i residui si intendono perenti agli effetti amministrativi.

[10]   Le norme citate stabiliscono che a decorrere dal 1° gennaio 2013, le somme a debito a qualsiasi titolo dovute dagli enti locali al Ministero dell’interno sono recuperate a valere su qualunque assegnazione finanziaria dovuta dal Ministero stesso. In caso di incapienza sulle assegnazioni finanziarie, sulla base dei dati comunicati dal Ministero dell’interno, l’Agenzia delle entrate provvede a trattenere le relative somme all’atto del pagamento ai Comuni dell’imposta municipale propria ovvero per le province all’atto del riversamento alle province della RC auto. Gli importi recuperati sono riversati dalla stessa Agenzia ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato ai fini della successiva riassegnazione a pertinenti capitoli dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’interno

[11]   Per un'analisi dettagliata del PNRR dell'Italia e della Decisione di esecuzione del Consiglio  si rinvia  al dossier dei Servizi studi di Camera e Senato.

[12]   Per un'illustrazione analitica del contenuto del D.L. n. 59 del 2021 si rinvia al dossier dei Servizi di documentazione di Camera e Senato.

[13]   Si rammenta che la mappatura delle aree interne del Paese è stata funzionale all’attivazione della Strategia nazionale per le aree interne (SNAI), una delle linee strategiche di intervento dei Fondi strutturali europei 2014-2020, che rappresenta una azione diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile, al fine di contrastare, nel medio periodo, il declino demografico che caratterizza talune aree del Paese, definite come quelle aree più lontane dai poli di servizio essenziale primario e avanzato, che corrispondono al 60% della superficie territoriale, al 52% dei Comuni e al 22% della popolazione italiana.

      Al fine di definire il concetto di aree interne, il territorio nazionale è stato suddiviso a livello comunale secondo un criterio di capacità di offerta di alcuni servizi essenziali, che sono stati identificati nella presenza sul territorio di un istituto di scuola secondaria superiore, di una struttura ospedaliera sede di un DEA di primo livello e di una stazione ferroviaria classificata non inferiore a ”Silver”. In base alla compresenza di questi tre requisiti sono stati individuati i “poli urbani” e i “poli intercomunali”, composti da quei comuni tra loro vicini nei quali erano presenti “congiuntamente” i tre servizi essenziali. I comuni non rientranti nei poli sono stati classificati in base ad un indicatore di “accessibilità”, calcolato in termini di minuti di percorrenza per raggiungere il polo più prossimo: i limiti sono stati fissati in meno di 20 minuti (aree di cintura), tra 20 e 40 minuti (aree intermedie), tra 40 e 75 minuti (aree periferiche) e oltre i 75 minuti (aree ultraperiferiche). I comuni con tempi di accessibilità superiori ai 20 minuti dal polo più vicino sono stati classificati “aree interne” (il complesso dei comuni afferenti alle aree intermedie, periferiche e ultra periferiche).

      Per la Strategia Nazionale per le Aree Interne, che ha lo scopo di assicurare agli abitanti maggiore accessibilità ai servizi essenziali, in primis di trasporto pubblico locale, di istruzione e socio-sanitari, in aggiunta ai fondi europei il legislatore ha stanziato risorse nazionali per complessivi 481,2 milioni per il periodo 2015-2023, a valere sulle risorse del Fondo per l'attuazione delle politiche comunitarie (art. 5, legge n. 187/1983). Come illustrato nell’ultima Relazione sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, allegata al DEF 2021, al 31 dicembre 2020, le aree interne che hanno definito strategie d’area sono 71, con un totale di investimenti programmati di circa 1,167 miliardi di euro, composte da 1.060 Comuni (elenco), da poco meno di 2 milioni abitanti (dato al 2020) e un territorio di circa 51mila kmq, pari ad un sesto del territorio nazionale.

[14] Tale comma 1 dispone che la progettazione in materia di lavori pubblici è intesa ad assicurare una serie di aspetti: il soddisfacimento dei fabbisogni della collettività; la qualità architettonica e tecnico funzionale e di relazione nel contesto dell'opera; la conformità alle norme ambientali, urbanistiche e di tutela dei beni culturali e paesaggistici, nonché il rispetto di quanto previsto dalla normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza; ecc.

[15]   Nel testo previgente (art. 22, comma 1, lett. b) si prevede che con DPCM sarebbero stati definiti gli standard di riferimento per la perequazione infrastrutturale in termini di servizi minimi per le predette tipologie di infrastrutture.

[16]   Nel testo originario dell'art.59 del d-l 77/2021 era previsto lo strumento del decreto ministeriale).

 

[17]   Il testo originario dell’art. 59 del D.L. n. 77 assegnava tale compito ad una delibera del CIPESS, su proposta del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.

[18]   Per un'analisi dettagliata del PNRR dell'Italia e della Decisione di esecuzione del Consiglio  si rinvia  al dossier dei Servizi studi di Camera e Senato e all'apposita sezione del Portale della documentazione della Camera dei deputati.

[19]   Il richiamato comma 690 attribuisce alla commissione paritetica per l'attuazione dello statuto della Regione Siciliana il compito di quantificare i costi derivanti dalla condizione di insularità per la medesima Regione;

 

[20]   Al riguardo si segnala che il punto n.10 del citato accordo, al secondo periodo, reca l'intesa fra lo Stato e la Regione per l'istituzione "entro 60 giorni" dalla sottoscrizione dell'accordo medesimo di un "tavolo tecnico-politico per la definizione degli svantaggi strutturali permanenti derivanti alla Sardegna dalla sua particolare condizione di insularità come enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 6/2019 e degli strumenti compensativi più idonei alla loro rimozione in ossequio ai principi di uguaglianza, coesione territoriale e pari opportunità". Ai sensi del terzo periodo, al tavolo è demandata la predisposizione entro il 30 giugno 2020 di un testo di accordo istituzionale, che le parti si impegnano a sottoscrivere;

[21]   "Interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno". La disposizione stabilisce che le Amministrazioni centrali dello Stato siano tenute ad assicurare l'obiettivo di destinare agli interventi nelle regioni del Mezzogiorno un volume complessivo annuale di stanziamenti ordinari in conto capitale proporzionale alla popolazione di riferimento (corrispondente, cioè, al 34 per cento degli stanziamenti complessivi).

 

[22]   Recante "Attuazione dell'articolo 30, comma 9, lettere e), f) e g), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche, di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti nei tempi previsti e costituzione del Fondo opere e del Fondo progetti".

[23]   Nel testo previgente, invero, si faceva riferimento "alle strutture portuali ed aeroportuali".