Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali (cd. Decreto Sostegni - bis)
Serie: Progetti di legge   Numero: 446/2 Volume II
Data: 19/07/2021

Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19,

per le imprese, il lavoro, i giovani,
la salute e i servizi territoriali

(cd. Decreto Sostegni - bis)

D.L. 73/2021 - A.S. 2320

Volume II - Articoli 36-78

Schede di lettura

 

 

 

 

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Dossier n. 393/2 Vol. II

 

 

 

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Progetti di legge n. 446/2 Vol. II

 

 

 

 

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I N D I C E

 

 

Schede di lettura. 11

Articolo 36 (Ulteriori disposizioni in materia di reddito di emergenza) 13

Articolo 37 (Reddito di ultima istanza per professionisti disabili) 18

Articolo 37-bis (Incremento del Fondo per le non autosufficienze) 21

Articolo 37-ter (Assunzioni di lavoratori socialmente utili o impegnati in attività di pubblica utilità) 22

Articolo 38, commi 1 e 2 (Disposizioni in materia di NASpI) 24

Articolo 38, commi 2-bis e 2-ter (Esclusione della riduzione dell’importo dei trattamenti di mobilità in deroga per i lavoratori delle aree di crisi industriale complessa) 27

Articolo 39 (Disposizioni in materia di contratto di espansione) 29

Articolo 40, commi 1 e 2 (Disposizioni speciali in materia di trattamenti straordinari di integrazione salariale) 33

Articolo 40, comma 1-bis (Differimento termini per la presentazione delle domande di accesso alle prestazioni integrative del Fondo di solidarietà del settore aereo) 37

Articolo 40, commi 3 e 6 (Disposizione transitoria di esonero dalla contribuzione addizionale per i trattamenti ordinari e straordinari di integrazione salariale) 38

Articolo 40, commi 4 e 5 (Disposizioni in materia di licenziamento) 40

Articolo 40-bis, commi 1 e 4 (Disposizioni in materia di trattamenti straordinari di integrazione salariale) 43

Articolo 40-bis, commi 2 e 3 (Disposizioni in materia di licenziamento) 46

Articolo 40-ter (Riconoscimento dei trattamenti integrativi arretrati del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale per il 2020) 49

Articolo 40-quater (Indennità in favore di alcuni ex lavoratori portuali) 51

Articolo 41 (Contratto di rioccupazione) 52

Articolo 41-bis (Disposizioni in materia di contratti di lavoro a tempo determinato) 56

Articolo 42, commi da 1 a 8 e 9-10 (Indennità per alcune categorie di lavoratori) 58

Articolo 42, comma 8-bis (Indennità corrisposte da regioni e province autonome in relazione all'emergenza epidemiologica da COVID-19) 66

Articolo 43 (Sgravio contributivo in favore dei datori di lavoro operanti nei settori del turismo, degli stabilimenti termali, del commercio nonché nei settori creativo, culturale e dello spettacolo) 67

Articolo 43-bis (Contributi per i servizi della ristorazione collettiva) 70

Articolo 43-ter (Disposizioni straordinarie in materia di promozione dell'offerta turistica) 71

Articolo 44 (Indennità in favore di operatori nel settore dello sport) 74

Articolo 45 (Proroga CIGS per cessazione di attività e incremento del Fondo sociale per occupazione e formazione) 78

Articolo 46, comma 1 (Oneri di funzionamento dei centri per l’impiego) 80

Articolo 46, commi 2-4 (Nuova Governance dell’Anpal: modifiche al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150) 83

Articolo 46, comma 5 (Finanziamento Istituti di patronato e assistenza sociale) 91

Articolo 47 (Differimento dei termini dei versamenti contributivi dei soggetti iscritti alle gestioni autonome speciali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali) 93

Articolo 47-bis (Differimento dei termini per la verifica della regolarità contributiva dei lavoratori autonomi e dei professionisti e disposizioni in materia di Fondi di solidarietà bilaterali del credito ordinario, cooperativo e della società Poste italiane Spa) 94

Articolo 48 (Piano nazionale per le Scuole dei mestieri) 107

Articolo 48-bis (Credito d’imposta sui costi sostenuti dalle imprese per la formazione professionale di alto livello dei propri dipendenti) 108

Articolo 49, commi 1 e 2 (Contributi in favore dei lavoratori frontalieri) 110

Articolo 49, commi 2-bis e 2-ter (Proroga dell'indennità assimilabile all'integrazione salariale in favore dei lavoratori dipendenti da imprese del territorio di Savona) 112

Articolo 50 (Assunzioni nei dipartimenti di prevenzione di dirigenti medici, di tecnici della prevenzione negli ambienti e nei luoghi di lavoro e di assistenti sanitari) 113

Articolo 50-bis, comma 1 (Disposizioni in materia di trattamenti di integrazione salariale nel settore del trasporto aereo) 115

Articolo 50-bis, commi 2-3, 6-7 e 10-11 (Disposizioni in materia di trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19) 117

Articolo 50-bis, commi 4 e 5 (Disposizioni in materia di licenziamento) 121

Articolo 50-bis, commi 8 e 9 (Istituzione del Fondo per il potenziamento delle competenze e la riqualificazione professionale dei soggetti beneficiari di strumenti di sostegno al reddito) 124

Articolo 50-ter (Assunzioni a termine e a tempo parziale presso alcuni Ministeri) 126

Articolo 50-quater (Contributo alla regione Calabria per tirocini di inclusione sociale) 128

Articolo 51 (Disposizioni urgenti in materia di trasporto pubblico locale) 129

Articolo 51-bis (Proroga dei termini per il ricorso alla Convenzione Consip Autobus 3 del 2 agosto 2018 e disposizioni in materia di Consip Spa) 135

Articolo 52, commi 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater, 2 e 4 (Misure di sostegno all’equilibrio di bilancio degli enti locali) 136

Articolo 52, commi 3 e 4 (Incremento delle risorse finalizzate a favorire le fusione di comuni) 143

Articolo 52-bis (Risorse a favore dei comuni sciolti per infiltrazione mafiosa e per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio ) 145

Articolo 53 (Misure urgenti di solidarietà alimentare e di sostegno alle famiglie per il pagamento  dei  canoni  di locazione e delle utenze domestiche) 148

Articolo 54 (Restituzione riserve Province autonome Trento e Bolzano) 151

Articolo 54-bis (Contributo enti di area vasta) 154

Articolo 54-ter (Riorganizzazione del sistema camerale della Regione siciliana) 155

Articolo 55 (Incremento contributo mancato incasso imposta di soggiorno) 157

Articolo 56, comma 1 (Utilizzo nell’anno 2021 dei ristori 2020 assegnati agli enti locali per finalità connesse all'emergenza epidemiologica) 160

Articolo 56, comma 2 (Utilizzo del Fondo anticipazione di liquidità per Regioni e Province autonome) 163

Articolo 56-bis  (Rinnovo delle concessioni di aree pubbliche) 165

Articolo 56-ter (Società partecipate in perdita e piano di risanamento aziendale) 167

Articolo 56-quater (Misure a favore degli enti locali per l’assistenza dei minori in comunità) 168

Articolo 57 (Fondo per l’esercizio delle funzioni delle regioni a statuto speciale) 171

Articolo 57-bis  (Dichiarazioni sostitutive) 174

Articolo 58, commi 1 e 4-sexies (Ordinanze ministeriali e altre misure per consentire l’ordinato avvio dell’a.s. 2021/2022) 177

Articolo 58, comma 2, lettere 0a) e a) (Disposizioni relative alla funzione dirigenziale tecnica con compiti ispettivi nell’ambito del Ministero dell’istruzione) 182

Articolo 58, comma 2, lett. b) (Non applicazione, per l’a.s. 2021/2022, della c.d. chiamata veloce di docenti, personale educativo e DSGA) 189

Articolo 58, comma 2, lett. d) e h) (Consiglio superiore della pubblica istruzione) 190

Articolo 58, comma 2, lettera e) (Interventi per i percorsi di istruzione e formazione professionale e di istruzione e formazione tecnica superiore, nonché per gli ITS) 193

Articolo 58, comma 2, lettera f) (Disposizioni in materia di mobilità del personale docente) 195

Articolo 58, comma 2, lettera g) (Differimento del termine per l’assunzione di collaboratori scolastici) 197

Articolo 58, comma 2, lettera i) (Scuola europea di Brindisi) 201

Articolo 58, comma 2, lettera i-bis) (Scuola per l’Europa di Parma) 202

Articolo 58, commi da 3 a 4-quinquies, da 4-septies a 5-bis e 6  (Risorse per l’avvio e lo svolgimento dell’anno scolastico 2021/2022) 204

Articolo 58, commi 5-ter e 5-quater (Dispositivi digitali per fruire della didattica digitale integrata) 212

Articolo 58-bis  (Misure per l'edilizia scolastica nelle aree interessate dagli eventi sismici del 2016 e del 2017) 215

Articolo 59 (Misure straordinarie per la copertura dei posti vacanti e disponibili di personale docente per l’a.s. 2021/2022 e per la semplificazione delle procedure concorsuali per l’immissione in ruolo dello stesso personale) 216

Articolo 60 (Misure straordinarie a sostegno degli studenti e del sistema della formazione superiore e della ricerca, nonché in materia di concorso di accesso alle scuole di specializzazione in medicina) 236

Articolo 60-bis (Modifica del comma 536 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178) 239

Articolo 60-ter (Interventi a sostegno delle università del Mezzogiorno) 241

Articolo 61 (Fondo italiano per la scienza) 243

Articoli 62 e 62-bis (Fondazione Centro italiano di ricerca per l’automotive e aerospace) 245

Articolo 63 (Misure per favorire le opportunità e per il contrasto alla povertà educativa) 250

Articolo 63-bis (Disposizioni in materia di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica) 256

Articolo 64, commi da 1 a 11 (Misure in favore dell’acquisto della casa di abitazione) 257

Articolo 64, commi 12-14 (Incremento del Fondo per le politiche giovanili) 264

Articolo 65, commi 1 e 10 (Incremento del Fondo emergenze spettacolo, cinema e audiovisivo) 267

Articolo 65, commi 2 e 10 (Incremento del Fondo emergenze imprese e istituzioni culturali) 272

Articolo 65, commi 3 e 10 (Incremento delle risorse per il funzionamento di istituti e luoghi della cultura statali) 275

Articolo 65, comma 4 (Disposizioni in materia di compenso per copia privata) 277

Articolo 65, comma 5 (Disposizioni in materia di opere cinematografiche e audiovisive) 280

Articolo 65, commi 6 e 7 (Disposizioni per il sostegno del circo equestre e dello spettacolo viaggiante) 284

Articolo 65, comma 8 (Interventi riguardanti le fondazioni lirico-sinfoniche) 286

Articolo 65, commi 9 e 10 (Card cultura per i diciottenni) 290

Articolo 65-bis (Credito di imposta per interventi conservativi sugli immobili di interesse storico e artistico) 293

Articolo 66 (Disposizioni urgenti in tema di previdenza e assistenza nel settore dello spettacolo) 295

Articolo 67, commi da 1 a 9, 10, 11, 12 e 13 (Misure urgenti a sostegno della filiera della stampa e investimenti pubblicitari) 304

Articolo 67, commi da 9-bis a 9-quater (Credito di imposta per l'acquisto della carta dei giornali) 310

Articolo 67, comma 9-quinquies (Riequilibrio finanziario dell'INPGI) 312

Articolo 67, comma 11-bis (Contributi diretti a imprese radiofoniche e a imprese editrici di quotidiani e periodici) 315

Articolo 67, comma 13-bis (Proroga dei poteri di istruttoria dell'AGCM circa la sussistenza di posizioni lesive del pluralismo nei mercati delle comunicazioni elettroniche) 318

Articolo 67-bis (Credito d’imposta canone patrimoniale) 320

Articolo 68, commi 1-2, 3-15  (Misure di sostegno per l’agricoltura, la pesca, l’acquacoltura e il settore agrituristico) 322

Articolo 68, commi 2-bis-2-quater (Settore zootecnico) 331

Articolo 68, commi 15-bis e 15-ter (Filiere e distretti di agricoltura biologica) 332

Articolo 68, commi 15-quater-15-sexies (Settore agrumicolo) 333

Articolo 68, commi 15-septies e 15-octies  (Promozione  del  lavoro agricolo) 334

Articolo 68-bis  (Misure per lo sviluppo e il sostegno delle innovazioni in agricoltura) 336

Articolo 68-ter  (Risorse per il riequilibrio degli interventi del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) 337

Articolo 68-quater  (Misure a sostegno del settore della birra artigianale) 340

Articolo 69, commi 1-5 (Indennità una tantum in favore degli operai agricoli a tempo determinato) 342

Articolo 69, commi 6 e 7 (Indennità per i pescatori autonomi) 344

Articolo 70 (Esonero contributivo a favore delle filiere agricole nei settori agrituristico e vitivinicolo) 346

Articolo 71 (Interventi per la ripresa economica e produttiva delle imprese agricole danneggiate dalle avversità atmosferiche) 348

Articolo 72 (Disposizioni urgenti per la funzionalità di ANAS S.p.A.) 352

Articolo 73 (Disposizioni urgenti in materia di trasporto) 354

Articolo 73-bis (Contributo per i destinatari dei ristori delle maggiori spese affrontate dagli autotrasportatori) 359

Articolo 73-ter (Disposizioni urgenti per il settore ferroviario) 360

Articolo 73-quater (Sospensione del pagamento della tassa di ancoraggio per le navi da crociera) 366

Articolo 73-quinquies (Disposizioni in materia di incentivi per l'acquisto di veicoli meno inquinanti) 368

Articolo 74, commi 1 e 2 (Proroga dell’integrazione del contingente “Strade Sicure”) 371

Articolo 74, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater (Compensi per vice-questori delle Forze di polizia) 374

Articolo 74, commi 3 e 4; comma 9 (Forze di polizia; polizie locali) 375

Articolo 74, comma 5, e commi 7 e 8 (Amministrazione civile dell'Interno; Prefetture) 379

Articolo 74, comma 6 (Vigili del fuoco) 380

Articolo 74, comma 10 (Capitanerie di Porto) 382

Articolo 74, comma 11 (Misure per la funzionalità del Corpo della polizia penitenziaria) 383

Articolo 74, commi 11-bis, 11-ter, 11-quater e 11-quinquies (Posti di vice ispettore della Polizia di Stato) 385

Articolo 74, comma 12 (Copertura finanziaria) 387

Articolo 74-bis  (Fondo per familiari di personale delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco deceduto per Covid-19) 388

Articolo 74-ter (Iniziative di solidarietà in favore dei familiari del personale delle Forze Armate) 389

Articolo 75 (Misure urgenti per l’esercizio dell’attività giurisdizionale militare e per la semplificazione delle attività di deposito degli atti, documenti e istanze nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19) 390

Articolo 75-bis (Misure per la sicurezza uffici e personale all’estero) 394

Articolo 76 (Subentro Agenzia delle entrate-riscossione a Riscossione Sicilia Spa) 397

Articolo 77, comma 1 (Acquisto di beni e servizi dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) 404

Articolo 77, comma 2 (Fondo per la definizione di contenziosi di pertinenza di altre amministrazioni pubbliche) 405

Articolo 77, commi 2-bis-2-sexies  (Fondo per gli indennizzi degli immobili danneggiati dalle emissioni del gruppo ILVA di Taranto) 407

Articolo 77, comma 3 (Incremento risorse del Fondo Sviluppo e Coesione) 410

Articolo 77, comma 4 (Incremento risorse del Fondo unico per l’edilizia scolastica) 412

Articolo 77, comma 5 (Incremento del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie) 414

Articolo 77, comma 6 (Fondo art. 13-dudodecies D.L. 137/2020 per gli oneri derivanti dall'estensione delle misure restrittive) 416

Articolo 77, comma 7 (Incremento Fondo esigenze indifferibili in corso di gestione) 418

Articolo 77, commi 8 e 10-13 (Copertura finanziaria oneri del provvedimento) 419

Articolo 77, comma 9 (Risorse per i territori dell’Emilia-Romagna colpiti dagli eventi calamitosi del 2020 e sismici del 2012) 427

Articolo 77, comma 9-bis (Risparmi di spesa contributo a fondo perduto a favore di determinati soggetti titolari di partita IVA) 429

Articolo 77-bis (Clausola di salvaguardia) 431

Articolo 78 (Entrata in vigore) 433

 


Schede di lettura


Articolo 36
(Ulteriori disposizioni in materia di reddito di emergenza)

 

 

L’articolo 36 rinnova il Reddito di emergenza (Rem) per ulteriori quattro quote, relative alle mensilità di giugno, luglio, agosto e settembre 2021. La domanda deve essere presentata all'INPS entro il 31 luglio 2021. Come per le precedenti quote Rem, l’ammontare mensile del beneficio è compreso fra 400 e 800 euro, a seconda della numerosità del nucleo familiare e della presenza di componenti disabili o non autosufficienti (in quest'ultimo caso fino a 840 euro).

Rispetto alla determinazione del valore del reddito familiare, ora riferito al mese di aprile 2021, viene confermata una delle novità introdotte dal Decreto sostegni rispetto alla normativa che ha regolamentato il Rem nel corso del 2020 (soglia di accesso riferita al reddito familiare incrementata di un dodicesimo del valore annuo del canone di locazione per i nuclei familiari che risiedono in locazione). Sono confermati anche i requisiti di accesso al Rem riferiti alla residenza, al patrimonio mobiliare familiare (riferito al 2020) e al valore ISEE. Inoltre continuano a essere in vigore le misure di semplificazione delle procedure di accertamento della residenza per i soggetti che, occupando abusivamente un immobile, intendono presentare domanda per l'accesso al Rem medesimo.

Il riconoscimento delle quattro quote di Rem è effettuato nel limite di spesa di 884,4 milioni di euro, da iscrivere sul "Fondo per il Reddito di emergenza".

 

Quote erogate nel 2020 e nel 2021

 

Finora sono state erogate complessivamente otto quote di Rem: cinque nel 2020 e tre nel 2021.

 

Disciplina

 

Nel 2020, l'art. 82 del decreto Rilancio (decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020) ha istituito il Reddito di emergenza - Rem, un sostegno straordinario rivolto ai nuclei familiari in condizione di necessità economica a causa dell'emergenza, che non avevano avuto accesso ai sostegni a tal fine previsti dal Decreto Cura Italia (decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020). Il beneficio è stato corrisposto in due quote (ovvero è stato erogato per due volte), ciascuna delle quali compresa fra 400 e 800 euro, a seconda della numerosità del nucleo familiare e della presenza di componenti disabili o non autosufficienti (in quest'ultimo caso fino a 840 euro).

In seguito, l'art. 23 del decreto legge n. 104 del 2020 (c.d. Decreto agosto), ferme restando le erogazioni già concesse del Rem, ha riconosciuto, a domanda, una ulteriore singola quota di Rem, erogata ai nuclei familiari – in possesso dei requisiti di legge – che presentano nuova domanda, indipendentemente dall'avere già richiesto, ed eventualmente ottenuto, il beneficio. La circolare n. 102 dell'INPS dell'11 settembre 2020 ha illustrato la misura, con particolare riferimento a modi e tempi della richiesta, nonché ai requisiti per l'accesso e ai rapporti con altre prestazioni ed altri redditi.

In ultimo, l'articolo 14 del decreto legge 137 del 2020 (c.d. Decreto ristoro) ha riconosciuto ai nuclei familiari già beneficiari del Rem, la medesima quota anche per i mesi di novembre e dicembre 2020. Hanno avuto facoltà di richiedere l'accesso all'erogazione delle quote anche i nuclei familiari fino ad allora non beneficiari del Rem (qui il messaggio n. 451 INPS del 12 novembre 2020).

Per il 2021, l’art. 12 del decreto legge n. 41 del 2021 ha previsto il riconoscimento, a domanda, di tre quote di Rem (per i mesi di marzo, aprile e maggio 2021). Come per il 2020, l’ammontare di ciascuna quota Rem è compreso fra 400 e 800 euro, a seconda della numerosità del nucleo familiare e della presenza di componenti disabili o non autosufficienti (in quest'ultimo caso fino a 840 euro). Il decreto legge n. 41 del 2021 ha poi introdotto alcune significative novità rispetto alla normativa che ha regolamentato il Rem nel corso del 2020. Al fine di ampliare la platea dei destinatari, innovando rispetto ai requisiti precedentemente richiesti, per i nuclei familiari che risiedono in abitazione in locazione, la soglia di accesso è incrementata di un dodicesimo del valore annuo del canone di locazione come dichiarato ai fini ISEE (art. 12, comma 1). Ulteriore novità è costituta da quanto stabilito dal comma 2, che riconosce le predette tre quote di Rem, nella misura prevista per nuclei composti da un unico componente (400 euro), anche in favore dei soggetti con ISEE in corso di validità non superiore a 30.000 euro, che hanno terminato le prestazioni di NASpI e DIS-COLL tra il periodo compreso fra il 1° luglio 2020 e il 28 febbraio 2021 (art. 12, comma 2). Per quanto riguarda i requisiti si rinvia alla Circolare INPS e per le incompatibilità si rinvia a quanto chiarito nella Circolare INPS n. 65 del 2021.

 

Autorizzazione di spesa per il 2020 e il 2021

 

Per il 2020, l'autorizzazione di spesa per l'erogazione del Rem è stata fissata (dall'art. 82, comma 10, del decreto legge n. 34 del 2020) in 971,3 milioni di euro (compresi i 5 milioni per gli oneri connessi alla stipula della convenzione con i centri di assistenza fiscale per la presentazione della richiesta del Rem), da iscrivere su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali denominato "Fondo per il Reddito di emergenza". Nel corso del 2020, il tasso di accoglimento delle domande è risultato molto inferiore (circa il 50 per cento in meno) a quanto inizialmente stimato, pertanto l'ammontare di tutte le quote Rem per il 2020, è stato ricompreso nell'ambito dello stanziamento iniziale.

Per il 2021, l’autorizzazione complessiva di spesa è pari a 1.520,1 milioni di euro, di cui 663,3 milioni di euro per il riconoscimento delle quote di Rem riferite ai mesi di marzo, aprile e maggio 2021 e 856,8 milioni di euro per il riconoscimento delle tre quote Rem 2021 ai lavoratori con ISEE in corso di validità non superiore a 30.000 euro, che hanno terminato le prestazioni di NASpI e DIS-COLL tra il 1° luglio 2020 e il 28 febbraio 2021.

 

L’articolo 36 riconosce, su domanda, ulteriori quattro quote di Reddito di emergenza, relative alle mensilità di giugno, luglio, agosto e settembre 2021. Restano ferme le erogazioni del Rem concesse ai sensi dell’art. 12, comma 1, del decreto legge n. 41 del 2021. L’articolo in commento specifica che ciascuna quota è della misura prevista dal comma 1 del citato art. 12, ovvero compresa fra 400 e 800 euro, a seconda della numerosità del nucleo familiare e della presenza di componenti disabili o non autosufficienti (in quest'ultimo caso fino a 840 euro).

 

Come detto supra, per il 2021, l'art. 12 del decreto legge n. 41 del 2021 (c.d. Decreto sostegni) ha rinnovato il Rem per ulteriori tre quote, relative alle mensilità di marzo, aprile e maggio 2021. Ai sensi del decreto legge n. 41, la domanda per le quote Rem 2021 doveva essere presentata all'INPS dal 7 al 30 aprile 2021. Tenuto conto della necessità di garantire un più ampio accesso al Rem, tale termine è stato successivamente prorogato al 31 maggio 2021. Il differimento del termine per l'invio delle domande è stato autorizzato, con nota protocollo numero 0003478.23-04-2021, dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,.

 

Il comma 2 prevede che, ai fini del riconoscimento delle quote di Rem, si applicano i requisiti previsti dal più volte citato art. 12, comma 1, del decreto legge n. 41 del 2021, fatta eccezione per il valore del reddito familiare ora riferito al mese di aprile 2021 (precedentemente al mese di febbraio 2021).

Più precisamente, per i nuclei familiari che risiedono in abitazione in locazione, la soglia di accesso riferita al reddito familiare è incrementata di un dodicesimo del valore annuo del canone di locazione come dichiarato ai fini ISEE. Resta inoltre fermo il possesso dei requisiti riferiti alla residenza, al patrimonio mobiliare familiare (riferito al 2020) e al valore ISEE. Inoltre continuano a essere in vigore le misure di semplificazione delle procedure di accertamento della residenza per i soggetti che, occupando abusivamente un immobile, intendono presentare domanda per l'accesso al Rem medesimo.

 

Per una disanima della disciplina del Reddito di emergenza di cui all’art. 12 del decreto legge n. 41 del 2021, si rinvia alla circolare INPS n. 61 del 14 aprile 2021.

 

Per quanto riguarda le incompatibilità, l’art. 12, comma 1, del decreto legge n. 41 del 2021 rinvia alle indennità COVID-19 istituite dall’articolo 10 del medesimo decreto legge, ovvero ai lavoratori danneggiati dall’emergenza epidemiologica da COVID- 19 appartenenti alle seguenti categorie: - soggetti già beneficiari dell’indennità di cui agli articoli 15 e 15-bis del decreto legge n. 137 del 2020 (art. 10, comma 1); - lavoratori dipendenti stagionali e lavoratori in somministrazione del settore del turismo e degli stabilimenti termali (art. 10, comma 2); - lavoratori dipendenti stagionali e lavoratori in somministrazione appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali (art. 10, comma 3, lettera a); - lavoratori intermittenti di cui agli articoli da 13 a 18 del D.Lgs. n. 81 del 2015, (art. 10, comma 3, lettera b); - lavoratori autonomi, privi di partita IVA, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie (art. 10, comma 3, lettera c); - incaricati alle vendite a domicilio di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 114 del 1998, (art. 10, comma 3, lettera d); - lavoratori dipendenti a tempo determinato del settore del turismo e degli stabilimenti termali (art. 10, comma 5).

 

Per quanto riguarda le prestazioni pensionistiche, il Rem non è compatibile con la presenza nel nucleo familiare di componenti che, al momento della domanda, siano titolari di pensione diretta o indiretta, a eccezione dell’assegno ordinario di invalidità. L’incompatibilità è indipendente dall’importo del trattamento pensionistico eventualmente percepito. Il requisito è verificato al momento della presentazione della domanda e, pertanto, nel caso in cui la domanda di Rem sia stata accolta e, successivamente, venga riconosciuto il diritto a pensione a un componente del nucleo, anche con decorrenza antecedente la presentazione della domanda di Rem (e conseguente erogazione di arretrati), la prestazione di Rem non sarà indebita in quanto, al momento della domanda di Rem, la titolarità della pensione non sussisteva. Sono inoltre incompatibili tutti i trattamenti pensionistici previdenziali, con l’eccezione dell’assegno ordinario di invalidità, e tutti i trattamenti pensionistici assistenziali, quali, ad esempio, l’assegno sociale. Diversamente, sono compatibili con il Rem i trattamenti assistenziali non pensionistici (ad esempio, indennità di accompagnamento, assegno di invalidità civile e assegno ordinario di invalidità di cui alla legge n. 222 del 1984,).

 

Per quanto riguarda i requisiti di compatibilità, si valuti l’opportunità di riferirsi all’assenza nel nucleo familiare di componenti che percepiscono o hanno percepito una delle indennità di cui agli artt. 42 (Proroga indennità lavoratori stagionali, turismo e spettacolo, indirizzata ai soggetti già beneficiari dell’indennità di cui all’articolo 10, commi da 1 a 9, del decreto legge n. 41del 2021), 44 (Indennità per i collaboratori sportivi), 49 (Disposizioni in favore dei lavoratori frontalieri) e 69 (Indennità per i lavoratori del settore agricolo e della pesca per i lavoratori del settore agricolo l’incompatibilità con il Rem è esplicitata nel testo dell’articolo) del decreto in commento. Peraltro, l’indicazione di tale incompatibilità è espressamente contenuta nel testo dell’articolo 44 ed in quello dell’articolo 69 limitatamente ai lavoratori del settore agricolo.

 

La domanda per le quote di Rem di cui alla disposizione in commento è presentata all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) entro il 31 luglio 2021 tramite modello di domanda predisposto dal medesimo Istituto e presentato secondo le modalità stabilite dallo stesso.

 

Per quanto non disciplinato, l’articolo in commento rinvia alle previsioni di cui al citato articolo 82 del decreto legge n. 34 del 2020, ove compatibili (comma 4).

 

Con riferimento agli oneri stimati per il riconoscimento delle quattro quote di Rem, il comma 5 fissa il limite di spesa di 884,4 milioni di euro per l’anno 2021.

 

La Relazione tecnica al provvedimento precisa che, non essendo disponibili nuovi dati rispetto a quanto valutato per la determinazione degli oneri dell’art.12, comma 1, del decreto legge n. 41 del 2020, si confermano le platee e gli importi medi mensili già stimati per il riconoscimento delle quote Rem di marzo, aprile e maggio 2021. Ne consegue che l’onere derivante è pari a 884,4 milioni di euro (221,1 ogni quota mensile), che costituisce limite di spesa, avendo stimato 402 mila nuclei e un importo medio mensile pari a 550 euro.

 

Conseguentemente, l’autorizzazione complessiva di spesa è incrementata di 884,4 milioni di euro per l’anno 2021. Tali risorse sono da iscrivere su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali denominato "Fondo per il Reddito di emergenza" (art. 82, comma 10, del decreto legge n. 34 del 2020). Agli oneri derivanti dall’attuazione della disposizione in esame, si provvede ai sensi dell’articolo 77 del decreto legge in esame (comma 6).


Articolo 37
(Reddito di ultima istanza per professionisti disabili)

 

 

L’articolo 37 esclude dai limiti di reddito previsti per il riconoscimento dell’indennità denominata reddito di ultima istanza – erogata in favore dei lavoratori autonomi e professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria - ogni emolumento, corrisposto dai medesimi enti ad integrazione del reddito a titolo di invalidità, avente natura previdenziale, che risponda alle medesime finalità dell’assegno ordinario di invalidità (già escluso dai suddetti limiti di reddito in base alla normativa vigente).

 

La disposizione in esame estende dunque la cumulabilità del reddito di ultima istanza, rispetto a quella già stabilita con l’assegno ordinario di invalidità dall’art. 31, co. 1-bis, del D.L. 18/2020, anche agli equivalenti emolumenti aventi natura previdenziale corrisposti dalle Casse professionali

Per tale finalità, la disposizione in commento – che inserisce i commi da 1-ter a 1-sexies al richiamato art. 31 del D.L. 18/2020 – equipara ogni emolumento corrisposto dai predetti enti ad integrazione del reddito a titolo di invalidità, comunque denominato e avente natura previdenziale, all’assegno ordinario di invalidità.

Tale reddito di ultima istanza è stato riconosciuto dall’articolo 44 del D.L. 18/2020, attraverso l’istituzione di un apposito Fondo, in favore dei lavoratori dipendenti e autonomi che, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro, nel limite di spesa 1.150 mln di euro per il 2020[1] (comma 1, cpv 1-ter).

Al richiamato art. 44 – per una disamina più dettagliata del quale si rinvia alla scheda di lettura presente nel dossier sul D.L. 41/2021 - è stata data attuazione con i decreti ministeriali del 28 marzo 2020 e del 29 maggio 2020 e con l’art. 13 del D.L. 104/2020, che hanno riconosciuto un’indennità in favore, tra gli altri, dei lavoratori iscritti ai suddetti enti - rispettivamente, di 600 euro per i mesi di marzo e aprile 2020 e di 1.000 euro per il mese di maggio 2020 - subordinandone l’erogazione alla sussistenza di determinati limiti di reddito. Tale indennità è stata infatti riconosciuta:

a)    ai lavoratori che hanno percepito, nell'anno di imposta 2018, un reddito complessivo (assunto al lordo dei canoni di locazione assoggettati a tassazione) non superiore a 35.000 euro la cui attività sia stata limitata dai provvedimenti restrittivi emanati in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da Covid-19;

b)    ai lavoratori che hanno percepito, nell'anno di imposta 2018, un reddito complessivo (assunto al lordo dei canoni di locazione assoggettati a tassazione) compreso tra 35.000 e 50.000 euro con una riduzione di almeno il 33 per cento del reddito del primo trimestre 2020, rispetto al reddito del primo trimestre 2019, o con la chiusura della partita IVA nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 ed il 31 marzo 2020, termine esteso al 30 aprile 2020 e al 31 maggio 2020 per le indennità, rispettivamente, dei mesi di aprile e di maggio 2020.

In caso di iscrizione all'ente di diritto privato di previdenza obbligatoria nel corso degli anni 2019 e 2020, l’indennità era riconosciuta ai soggetti che hanno conseguito redditi professionali non superiori ai predetti importi (come specificato dal citato DM del 29 maggio 2020).

 

La domanda per la corresponsione dell’indennità in commento può essere presentata entro il 31 luglio 2021 da parte dei soggetti interessati, percettori dei suddetti emolumenti di natura previdenziale, che non hanno avuto accesso alla misura in esame alla data del 26 maggio 2020 (data di entrata in vigore del decreto legge in esame). Tale domanda è presentata con le medesime modalità previste dal più volte richiamato DM 28 marzo 2020 (comma 1, cpv. 1-quater e 1-quinquies).

In base a tale DM le domande sono presentate da professionisti e lavoratori autonomi agli enti di previdenza cui sono obbligatoriamente iscritti – nello specifico, ad un solo ente previdenziale e per una sola forma di previdenza obbligatoria - che ne verificano la regolarità ai fini dell'attribuzione del beneficio, provvedendo ad erogarlo all'interessato nel rispetto del limite di spesa stabilito in ragione dell'ordine cronologico delle domande presentate e accolte.

L'istanza deve essere presentata secondo lo schema predisposto dai singoli enti previdenziali e deve essere corredata dalla dichiarazione del lavoratore interessato, rilasciata sotto la propria responsabilità: di essere lavoratore autonomo/libero professionista, non titolare di pensione; di non essere già percettore delle indennità previste dal D.L. 18/2020 in favore di talune categorie di lavoratori, né del reddito di cittadinanza; di non aver presentato per il medesimo fine istanza ad altra forma di previdenza obbligatoria; di rientrare nei limiti di reddito richiesti dal medesimo DM; di aver chiuso la partita IVA nei tempi richiesti.

Infine, gli enti di previdenza obbligatoria trasmettono l'elenco dei soggetti ai quali è stata corrisposta l'indennità all'Agenzia delle entrate e all'INPS per ricevere le informazioni necessarie ad effettuare i controlli secondo modalità e termini da definire con accordi di cooperazione tra le parti.

 

L’indennità in commento – che, come riportato nelle Relazioni tecnica ed illustrativa allegate al provvedimento, coinvolge una platea di circa 4000 potenziali beneficiari (vedi infra) - è erogata dai rispettivi enti di previdenza nel rispetto del limite di spesa complessivo di 8,5 milioni di euro per il 2021 – alla cui copertura si provvederà ai sensi dell’articolo 77 (cfr. la relativa scheda di lettura) – che sarà oggetto di monitoraggio da parte degli enti medesimi, che comunicano al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze i risultati. Qualora dal predetto monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori (commi 1, cpv. 1-sexies, e 2). Si valuti l’opportunità di definire le cadenze temporali delle suddette comunicazioni e la successiva procedura eventuale, come previsto dal richiamato DM 28 marzo 2020.

La Relazione tecnica evidenzia che, dalla ricognizione effettuata sulle 18 casse previdenziali (di cui 4 non erogano pensione di invalidità), è stato calcolato il numero totale dei percettori diretti di pensione di invalidità alla data del 31 dicembre 2020, e tra questi quelli con un reddito professionale inferiore a 50.000 euro annui, che avrebbero diritto a richiedere la prestazione prevista dall’art. 44 Dl 18/2020, per un totale di una platea potenziale di 3.883 aventi diritto.

Di conseguenza, moltiplicando la suddetta platea potenziale (3.883) per la somma degli emolumenti previsti per i mesi di marzo, aprile e maggio 2020 in base alle richiamate disposizioni (2.200 euro), la RT stima un costo della misura pari a 8.542.600 euro. Considerando che tale cifra si riferisce alla platea massima nell’ipotesi del 100% di domande effettuate entro il termine, la medesima RT ritiene che il finanziamento per 8,5 milioni di euro per il 2021 sia ampiamente sufficiente e capiente.

 

Si valuti, inoltre, l’opportunità di coordinare la disposizione in commento con quanto previsto dall’articolo 76 del D.L. 34/2020 che subordina l’erogazione del beneficio in esame alla condizione che i professionisti iscritti ai suddetti enti non siano titolari di pensione.

 


Articolo 37-bis
(Incremento del Fondo per le non autosufficienze)

 

 

L’articolo 37-bis, introdotto durante l’esame alla Camera, incrementa di 40 milioni di euro per l’anno 2022 il Fondo per le non autosufficienze allo scopo di finanziare specificamente programmi di assistenza domiciliare ed assistenza domiciliare integrata, per potenziare l’assistenza ed i servizi relativi ai progetti di vita indipendente per le persone con disabilità e non autosufficienti .

 

 Per dare copertura ai costi di rilevanza sociale dell'assistenza socio-sanitaria rivolta al sostegno di persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne la permanenza presso il proprio domicilio evitando il rischio di istituzionalizzazione, è stato istituito il Fondo per la non autosufficienza (FNA) (art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 - legge finanziaria 2007). Le risorse sono aggiuntive rispetto a quelle destinate alle prestazioni e ai servizi in favore delle persone non autosufficienti da parte delle Regioni e delle autonomie locali. La sezione II della legge di bilancio 2020 (legge 160/2019) ha previsto una dotazione del Fondo per il 2020 pari a 571 milioni di euro. Nel corso dell'esame referente, nel corpo della Sezione I della legge di bilancio, è stato inserito il comma 331 che ha  disposto un incremento di 50 milioni di euro a favore del Fondo per le non autosufficienze, le cui risorse sono pertanto pari, per il 2020, a 621 milioni di euro.

Nel periodo emergenziale da COVID-19, nell'ottica di rafforzare i servizi e i progetti di supporto alla domiciliarità per le persone disabili e non autosufficienti, e per il sostegno di coloro che se ne prendono cura, l'art. 104 del Decreto Rilancio (decreto legge 34/2020) ha incrementato il Fondo di 90 milioni di euro, finalizzando 20 milioni alla realizzazione di progetti per la vita indipendente. Pertanto le risorse del Fondo per il 2021 sono pari a 669 milioni di euro. Il D.P.C.M. 21 dicembre 2020  ha poi ripartito le risorse aggiuntive del Fondo per le non autosufficienze per l'anno 2020.

 

Agli oneri derivanti dall’articolo in esame, pari a 40 milioni di euro per l’anno 2022, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili, di cui all’articolo 1, comma 200 della legge n. 190/2014 (legge di stabilità 2015), come rifinanziato dall’articolo 77, comma 7, del presente decreto.

 

Il citato comma 200 dell’articolo 1 della legge n. 190/2014 prevede che nello stato di previsione del Ministero dell'economia e  delle finanze  e'  istituito  un  Fondo  per   far   fronte   ad   esigenze indifferibili che si manifestano nel corso  della  gestione,  con  la dotazione di 27 milioni di euro per l'anno 2015 e di  25  milioni  di euro  annui  a  decorrere  dall'anno  2016.  Il  Fondo  e'  ripartito annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  su proposta del Ministro dell'economia  e  delle  finanze.  Il  Ministro dell'economia  e  delle  finanze  e'  autorizzato  ad  apportare   le occorrenti variazioni di bilancio.

Ai sensi poi del citato articolo 77, comma7, del decreto legge in esame, il Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, è incrementato di 800 milioni di euro per l’anno 2021 e di 100 milioni di euro per l’anno 2022.


Articolo 37-ter
(Assunzioni di lavoratori socialmente utili o impegnati in attività di pubblica utilità)

 

 

L'articolo 37-ter - inserito dalla Camera - modifica la disciplina transitoria e speciale relativa alle assunzioni a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni (anche con contratto di lavoro parziale) di soggetti già impegnati in lavori socialmente utili o in attività di pubblica utilità.

Il comma 1 estende al periodo 1° agosto 2021-31 dicembre 2021[2] la possibilità di assunzione secondo una disciplina specifica dei soggetti già impegnati in lavori socialmente utili e temporaneamente utilizzati presso pubbliche amministrazioni. Tale disciplina specifica (il cui presupposto è una situazione di utilizzo con qualsiasi tipo di rapporto contrattuale) consente che i soggetti siano assunti (a tempo indeterminato) in posizione di lavoratori sovrannumerari, in deroga alla dotazione organica e alla condizione del rispetto del piano di fabbisogno del personale. Nelle formulazioni finora vigenti, tale possibilità di assunzione è ammessa fino al suddetto termine del 31 dicembre 2021 per i soggetti già impegnati in lavori di pubblica utilità[3] ovvero già impegnati in alcune fattispecie di lavori socialmente utili[4]. Il comma 1 estende quindi tale termine finale, con riferimento alle altre fattispecie pregresse di lavori socialmente utili (per le quali, come detto, il termine finora vigente è stabilito al 31 luglio 2021).

Il comma 2 prevede che nelle regioni e negli enti locali sottoposti a commissariamento la manifestazione di interesse all'avvio della procedura di stabilizzazione (presso le suddette amministrazioni temporaneamente utilizzatrici) sia espressa dall'organo commissariale.

 

Riguardo più in particolare all'intervento normativo di cui al comma 1, si ricorda che le possibilità in esame sono in ogni caso ammesse nei limiti delle risorse finanziarie già stanziate dall'articolo 1, comma 1156, lettera g-bis), della L. 27 dicembre 2006, n. 296 - risorse stanziate per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili e per le iniziative connesse alle politiche attive per il lavoro in favore delle regioni -.

Si ricorda inoltre che, in base alla disciplina di cui ai commi da 446 a 449 dell'articolo 1 della L. 30 dicembre 2018,  n. 145, e successive modificazioni - disciplina posta con riferimento al triennio 2019-2021 -[5], le assunzioni a tempo indeterminato - che possono essere anche a tempo parziale - sono effettuate anche da parte di pubbliche amministrazioni diverse da quelle utilizzatrici dei soggetti in esame; le assunzioni - fatte salve le disposizioni specifiche summenzionate - sono ammesse nei limiti della dotazione organica e del piano di fabbisogno del personale, nonché delle risorse finanziarie richiamate dai suddetti commi.

In via generale, le assunzioni in esame sono effettuate mediante selezioni riservate (con prova di idoneità) per i profili professionali per i quali non sia richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo e mediante procedure concorsuali riservate (per titoli ed esami) per gli altri profili[6]. Tuttavia, l’articolo 1, comma 292, della L. 30 dicembre 2020, n. 178, ha previsto alcune modifiche, con esclusivo riferimento ai profili professionali per i quali non sia richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo. Le modifiche prevedono tra l’altro: che le assunzioni siano operate in via diretta (senza selezione) per i casi in cui i lavoratori siano stati previamente individuati, in relazione alle medesime attività svolte, con procedure selettive pubbliche, anche espletate presso amministrazioni diverse da quella che procede all'assunzione; che per i lavoratori non rientranti in quest'ultima fattispecie resti possibile (come già previsto) lo svolgimento di selezioni riservate, mediante prova di idoneità; che tali procedure di selezione possano essere espletate anche presso pubbliche amministrazioni diverse da quella che procede all'assunzione.

 

Riguardo al comma 2 del presente articolo 37-ter, cfr. supra


Articolo 38, commi 1 e 2
(
Disposizioni in materia di NASpI)

 

 

L’articolo 38, commi 1 e 2, prevede che - per le prestazioni in pagamento e per quelle decorrenti dal 1° giugno 2021 al 30 settembre 2021 - non si applichi, fino al 31 dicembre 2021, la riduzione mensile del 3 per cento dell’importo della NASpI (Nuova assicurazione sociale per l’impiego) prevista dalla normativa vigente a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione del beneficio.

 

In dettaglio, tale riduzione – prevista dall’articolo 4, comma 3, del D.Lgs. 22/2015[7] - è sospesa, fino al 31 dicembre 2021 (comma 1, primo periodo):

§  per le prestazioni in pagamento, dal 1° giugno 2021, con la conseguenza che per esse viene confermato l’importo in pagamento alla data del 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore del decreto legge in esame);

§  per le prestazioni decorrenti dal 1° giugno al 30 settembre 2021

 

Dal 1° gennaio 2022 la riduzione in oggetto torna ad operare e l’importo delle prestazioni in pagamento con decorrenza antecedente il 1° ottobre 2021 è calcolato applicando le riduzioni corrispondenti ai mesi di sospensione trascorsi (comma 1, secondo periodo).

Sul punto, la Relazione illustrativa allegata al provvedimento precisa che le riduzioni maturate e non applicate nel predetto periodo di sospensione vengono applicate tutte insieme contestualmente con la conseguenza che dal 1° gennaio 2022 l’importo della Naspi ancora in godimento viene ridotto in misura pari alla somma delle riduzioni non applicate nel periodo di sospensione.

 

Per la determinazione dell’importo del beneficio - in base al richiamato art. 4 del D.Lgs. 22/2015, nonché alle circolari INPS nn. 94 e 142 del 2015 -, la NASpI è rapportata alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33.

Nei casi in cui la retribuzione mensile sia pari o inferiore nel 2021 a 1.227,55 euro (cfr. circ INPS 7/2021), la NASpI è pari al 75 per cento della retribuzione mensile. Nei casi in cui la retribuzione mensile sia superiore al predetto importo l'indennità è pari al 75 per cento del predetto importo incrementato di una somma pari al 25 per cento della differenza tra la retribuzione mensile e il predetto importo. La NASpI non può in ogni caso superare nel 2021 l'importo mensile massimo di 1.335,40 euro (come disposto dalla medesima circolare INPS 7/2021) [8].

Si ricorda che alla NASpI non si applica il prelievo contributivo di cui all’art. 26, della L. 41/1986, pari al 5,84 euro, previsto per le somme corrisposte a titolo di prestazioni previdenziali ed assistenziali sostitutive della retribuzione, che danno luogo a trattamenti da commisurare ad una percentuale della retribuzione non inferiore all'80%. Inoltre, nelle ipotesi di pagamento dell'indennità relativa a frazione di mese, il valore giornaliero dell'indennità è determinato dividendo l'importo così ottenuto per il divisore 30.

 

Agli oneri derivanti dall’articolo in esame - pari a 327, 2 milioni di euro per il 2021 - si provvede ai sensi dell’articolo 77 (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 2).

Come riportato nella Relazione tecnica allegata al provvedimento, per la stima degli oneri derivanti dalla disposizione in commento si è presa a riferimento la generazione di licenziati 2018 - in quanto si tratta della generazione più recente per la quale si sono completamente conclusi gli effetti finanziari al momento della valutazione -, integrata per poterla riferire agli ingressi in NASPI del 2021, tenendo conto degli effetti della pandemia sia in termini di maggior numero di disoccupati, sia in termini di maggiore difficoltà al reimpiego.

Rispetto a tale generazione tipo 2018, nel secondo semestre 2021 si è ipotizzato un numero di ingressi superiore del 16%, una durata effettiva del trattamento superiore del 20% e una misura media mensile di ANF pari a 50 euro per ciascun beneficiario.

Secondo le ipotesi formulate, ed ipotizzando l’entrata in vigore della norma a partire dal 1° giugno 2021, il numero medio di beneficiari del provvedimento risulta pari a circa 3,3 milioni, con un numero medio di mensilità pari a 4,4 ed un importo medio mensile della NASpI pari a 794 euro: in termini medi la disapplicazione della riduzione per il 2021 a partire dal 1° giugno 2021, comporterebbe un innalzamento di tale importo fino alla misura di 816 euro mensili in termini medi.

Sulla base delle ipotesi formulate, l’onere che ne deriva è il seguente:

 

 

 

 

Interventi a favore dei percettori di NASpI collegati all’emergenza epidemiologica da Covid-19

Tra gli interventi di sostegno al reddito predisposti al fine di fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19, si ricorda che l’art. 33 del D.L. 18/2020 ha ampliato di ulteriori 60 giorni il termine di decadenza di 68 giorni per la presentazione della domanda di NASpI, decorrenti dalla cessazione del rapporto di lavoro, con riferimento agli eventi di cessazione involontaria dall’attività lavorativa verificatisi dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020[9]. Il medesimo D.L. 18/2020, all’art. 40, co. 1 e 1-bis, ha sospeso per due mesi, a partire dal 17 marzo 2020, le misure di condizionalità e i relativi termini previsti per i percettori di NASpI dagli articoli 7 e 15 del D.Lgs. 22/2015 (che condizionano l'erogazione delle indennità alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa nonché ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai Servizi competenti).

Inoltre, sulla base di quanto previsto dagli artt. 92 del D.L. 34/2020 e 5 del D.L. 104/2020, la fruizione delle indennità di disoccupazione NASpI che sono terminate nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 30 aprile 2020 è stata prorogata di quattro mesi, mentre la fruizione delle medesime indennità in scadenza tra il 1° maggio 2020 e il 30 giugno 2020 è stata prorogata di due mesi. È stata inoltre prorogata a tutto il 2020 la mobilità in deroga per i lavoratori che abbiano cessato il trattamento di integrazione salariale in deroga per il periodo 1° dicembre 2017 - 31 dicembre 2018 e che non hanno diritto alla fruizione della NASpI.

Si richiama, altresì, quanto previsto dall’art. 12, co. 2, del D.L. 41/2021, che ha riconosciuto le ulteriori tre quote di Reddito di emergenza (REM) previste per i mesi da marzo a maggio 2021 anche in favore dei soggetti con ISEE non superiore a 30.000 euro che hanno terminato le prestazioni di NASpI tra il 1° luglio 2020 ed il 28 febbraio 2021.

Si ricorda, infine, che l’art. 16 del richiamato D.L. 41/2021 ha previsto che dal 23 marzo 2021 al 31 dicembre 2021, la NASpI sia concessa a prescindere dal possesso, da parte dell’interessato, del requisito delle trenta giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi che precedono lo stato di disoccupazione. A tale riguardo, si segnala che la circolare INPS 65/2021 ha specificato che la suddetta esclusione opera per gli eventi di disoccupazione verificatisi nell’arco temporale dal 1° gennaio 2021 e al 31 dicembre 2021. Conseguentemente, la medesima circolare ha precisato che le domande presentate a seguito di eventi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro verificatisi nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e il 19 aprile 2021 (data di pubblicazione della citata circolare INPS) e respinte per l’assenza del suddetto requisito delle trenta giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, devono essere riesaminate d’ufficio.

 


Articolo 38, commi 2-bis e 2-ter
(Esclusione della riduzione dell’importo dei trattamenti di mobilità in deroga per i lavoratori delle aree di crisi industriale complessa)

 

 

I commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 38 – introdotti nel corso dell’esame presso la Camera - dispongono che, con riferimento al periodo dal 1° febbraio 2021 al 31 dicembre 2021, non si applica la riduzione, inerente ai casi di proroghe successive alla seconda, dell’importo del trattamento di mobilità in deroga riconosciuto in favore dei lavoratori che operano in un'area di crisi industriale complessa, in possesso di determinati requisiti. A tal fine stanzia l’importo di 500.000 euro per il 2021, che costituisce limite massimo di spesa.

 

Come accennato, in base alla disposizione in commento, la suddetta riduzione – prevista dall’art. 2, co. 66, della L. 92/2012 (vedi infra) – non si applica, per l’arco temporale dal 1° febbraio 2021 al 31 dicembre 2021, ai lavoratori di cui all’art. 53-ter del D.L. 50/2017, che operano in un'area di crisi industriale complessa e che alla data del 1º gennaio 2017 risultavano beneficiari di un trattamento di mobilità ordinaria o di un trattamento di mobilità in deroga[10] (comma 2-bis).

Il richiamato art. 2, co. 66, della L. 92/2012 dispone che la misura dei trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, concessi in deroga alla normativa vigente, è ridotta del 10 per cento nel caso di prima proroga, del 30 per cento nel caso di seconda proroga e del 40 per cento nel caso di proroghe successive.

Si valuti l'opportunità di chiarire se il beneficio di cui ai commi 2-bis e 2-ter in esame consista soltanto nell'esclusione dell'ulteriore riduzione di 10 punti percentuali (riduzione che opererebbe a decorrere dalla terza proroga).

In base al richiamato art. 53-ter del D.L. 50/2017, per la corresponsione dei suddetti trattamenti le regioni possono impiegare le risorse finanziarie, nei limiti della parte non utilizzata, stanziate dall’art. 44, c. 11-bis del D.Lgs. 148/2015 per interventi di integrazione salariale straordinaria in deroga o di trattamenti di mobilità in deroga riconosciuti ai lavoratori già occupati nelle aree di crisi industriale complessa. L'eventuale impiego delle risorse a tal fine comporta la corresponsione di un trattamento di mobilità in deroga senza soluzione di continuità rispetto al trattamento precedente (quindi, con effetto retroattivo qualora quest'ultimo sia già cessato) e per un massimo di 12 mesi.

Tale possibilità è stata prorogata, sempre per un massimo di 12 mesi, anche per gli anni successivi al 2017 e, da ultimo, per il 2021, ai sensi dell’art. 1, co. 289, della L. 178/2020[11]. Al riguardo, come riportato nel messaggio INPS 2584/2021, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha chiarito che le regioni possono utilizzare anche per il 2021 le risorse residue dei precedenti finanziamenti e, inoltre, che il richiamato art. 1, co. 289, della L. 178/2020, perseguendo l’intento di semplificare, in un’unica disposizione di carattere generale, tutti gli interventi susseguitisi nel tempo che fanno riferimento al citato art. 44, co. 11-bis, del D.Lgs. 148/2015, pur in assenza di una proroga specifica delle singole misure, consente di utilizzare le risorse stanziate per tutti gli interventi che traggono origine da quest’ultimo articolo.

 

Per le suddette finalità viene stanziato l’importo – che costituisce limite massimo di spesa – pari a 500.000 euro per il 2021, a cui si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili (di cui all’art. 1, co. 200, della L. 190/2014), come rifinanziato dall’art. 77, co. 7, del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 2-ter).

 

 

 


Articolo 39
(Disposizioni in materia di contratto di espansione)

 

 

L’articolo 39 estende, dalla data di entrata in vigore del presente decreto ed esclusivamente per il 2021, le disposizioni relative al contratto di espansione alle aziende che occupino almeno 100 dipendenti (commi 1 e 2) e rifinanzia per l’anno 2024 le disposizioni in materia di agevolazione all’esodo per i lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dal conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia o anticipata (comma 3).

 

In dettaglio, la disposizione, al comma 1, modifica il comma 1-bis dell’articolo 41 del d.lgs. n. 148/2015 (articolo che disciplina il contratto di espansione: cfr. la ricostruzione sotto riportata), estendendo, per il solo anno 2021, alle aziende di qualsiasi settore che occupino almeno 100 dipendenti (calcolati complessivamente nelle ipotesi di aggregazione di imprese stabili con un’unica finalità produttiva o di servizi ) sia la possibilità di ricorrere al contratto di espansione (che nel testo modificato era consentita alle aziende che occupano almeno 500 dipendenti) sia la disciplina della agevolazione all’esodo prevista dal comma 5-bis dell’articolo 41 (applicabile sinora alle aziende con almeno 250 dipendenti). Per le aziende di cui sopra, la modifica del comma 1-bis appena descritta consente, in deroga agli articoli 4 e 22 del D.Lgs. 148/2015 (ai sensi del comma 3 dell’articolo 41), la possibilità, nell’anno 2021, di un intervento straordinario di integrazione salariale che può essere richiesto per un periodo non superiore a 18 mesi, anche non continuativi.

 

L’articolo 41 del D.Lgs/ 148/2015, prevede, in via sperimentale per gli anni 2019, 2020 e 2021, per le imprese con un organico superiore a 1.000 unità, la possibilità di avviare una procedura di consultazione sindacale finalizzata a stipulare in sede governativa un contratto di espansione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (comma 1). In deroga agli articoli 4 e 22 del medesimo D.Lgs, relativi alla durata complessiva degli interventi di integrazione salariale nel quinquennio mobile, l'intervento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto per un periodo non superiore a 18 mesi, anche non continuativi (comma 3). Il contratto deve contenere: a) il numero dei lavoratori da assumere e l'indicazione dei relativi profili professionali; b) la programmazione temporale delle assunzioni; c) l'indicazione della durata a tempo indeterminato dei contratti di lavoro; d) la riduzione complessiva media dell'orario di lavoro e il numero dei lavoratori interessati (comma 2).

Il comma 1-bis dell’articolo, introdotto dalla legge 178/2020 (l. di bilancio per il 2021), come si è accennato, prevede, esclusivamente per il 2021, che il limite minimo di unità lavorative in organico di cui al comma 1 non può essere inferiore a 500 unità, e, limitatamente agli effetti di cui al comma 5-bis, a 250 unità, calcolate complessivamente nelle ipotesi di aggregazione di imprese stabile con un'unica finalità produttiva o di servizi.

I commi 5 e 5-bis (quest’ultimo introdotto dalla l. 178/2020), prevedono un'indennità mensile per i lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dalla prima decorrenza utile della pensione di vecchiaia, che abbiano maturato il requisito minimo contributivo, o anticipata, nell'ambito di accordi di non opposizione e previo esplicito consenso in forma scritta dei lavoratori interessati, che il datore di lavoro riconosca per tutto il periodo e fino al raggiungimento della prima decorrenza utile del trattamento pensionistico, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro. In particolare, detta indennità, ai sensi del comma 5-bis, é commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, così come determinato dall'INPS. Qualora la prima decorrenza utile della pensione sia quella prevista per la pensione anticipata, il datore di lavoro versa anche i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto.

Per l’intero periodo di spettanza teorica della NASPI al lavoratore, il versamento a carico del datore di lavoro per l'indennità mensile è ridotto di un importo equivalente alla somma della prestazione della stessa NASPI, di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 (mentre ai sensi del comma 5, che prende in considerazione la medesima platea di soggetti prevista dal comma 5-bis, è prevista un'indennità mensile, ove spettante comprensiva dell'indennità NASpI). Inoltre, il versamento a carico del datore di lavoro per i contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto alla pensione anticipata è ridotto di un importo equivalente alla somma della contribuzione figurativa, in base all’’articolo 12 del medesimo decreto legislativo n. 22[12], fermi restando in ogni caso i criteri di computo della contribuzione figurativa.

Per le imprese o gruppi di imprese con un organico superiore a 1.000 unità lavorative che attuino piani di riorganizzazione e/o di ristrutturazione di particolare rilevanza strategica, e che si impegnino ad effettuare almeno una assunzione per ogni tre lavoratori che abbiano prestato il consenso, la riduzione dei versamenti a carico del datore di lavoro, di cui sopra, opera per ulteriori dodici mesi, per un importo calcolato sulla base dell’ultima mensilità di spettanza teorica della prestazione NASPI al lavoratore.

Allo scopo di dare attuazione al contratto di espansione, il datore di lavoro interessato presenta apposita domanda all'INPS, accompagnata dalla presentazione di una fideiussione bancaria a garanzia della solvibilità in relazione agli obblighi. Il datore di lavoro è obbligato a versare mensilmente all'INPS la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa. In ogni caso, in assenza del versamento mensile di cui sopra, l'INPS è tenuto a non erogare le prestazioni. I benefici di cui al comma 5-bis sono riconosciuti entro il limite complessivo di spesa di 117,2 milioni di euro per l’anno 2021, 132,6 milioni di euro per l’anno 2022, 40,7 milioni di euro per l’anno 2023 e 3,7 milioni per l’anno 2024. Se nel corso della procedura di consultazione di cui sopra emerge il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali non può procedere alla sottoscrizione dell'accordo governativo e conseguentemente non può prendere in considerazione ulteriori domande di accesso ai benefici di cui al presente comma. L'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, fornendo i risultati dell'attività di monitoraggio al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.

Ai sensi del comma 6, la prestazione di cui al comma 5 e 5-bis può essere riconosciuta anche per il tramite dei fondi di solidarietà bilaterali di cui all'articolo 26 già costituiti o in corso di costituzione, senza l'obbligo di apportare modifiche ai relativi atti istitutivi.

Ai sensi del comma 7, per i lavoratori che non si trovano nella condizione di beneficiare della prestazione prevista dal comma 5 e 5-bis è consentita una riduzione oraria, che non può essere superiore al 30 per cento dell'orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di espansione. Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell'orario di lavoro può essere concordata, ove necessario, fino al 100 per cento nell'arco dell'intero periodo per il quale il contratto di espansione è stipulato. I benefici di cui al comma 3 e al presente comma sono riconosciuti entro il limite complessivo di spesa di 15,7 milioni di euro per l'anno 2019, di 31,8 milioni di euro per l'anno 2020, di 101 milioni di euro per l'anno 2021 e di 102 milioni di euro per l'anno 2022.

Le disposizioni dell’articolo 41, sopra descritte, sono ulteriormente definite, in via attuativa dalla recente Circolare Inps n. 48/2021 [13].

Sono, conseguentemente, rideterminati i limiti di spesa di cui ai commi 5-bis e 7 dell’articolo 41, che vengono incrementati, rispettivamente, di 35 milioni di euro per l’anno 2021, 91 milioni di euro per l’anno 2022 e 50,5 milioni di euro per l’anno 2023 (che si aggiungono, quindi, ai 117,2 milioni di euro per l’anno 2021, 132,6 milioni di euro per l’anno 2022, 40,7 milioni di euro per l’anno 2023 e 3,7 milioni per l’anno 2024 già previsti) e di 66,7 milioni di euro per l’anno 2021 e 134,5 milioni di euro per l’anno 2022  (che si aggiungono, quindi, ai 101 milioni di euro per l'anno 2021 e di 102 milioni di euro per l'anno 2022 già previsti) (comma 1).

 

La relazione tecnica al provvedimento evidenzia i fattori alla base della quantificazione degli oneri relativi al comma 1, che sono: numero delle aziende con numero dei dipendenti tra 100 e 499 (pari a 7.670); numero complessivo di lavoratori in aziende con dipendenti tra 100 e 499 (pari a 1.470.000); retribuzione media annua (pari a 34.000 euro); numero di aziende con dipendenti tra 100 e 499 che hanno utilizzato CIGS (pari a 299); numero complessivo di lavoratori in aziende con dipendenti tra 100 e 499 che hanno utilizzato CIGS (pari a 61.550). Ai fini della riqualificazione professionale dei lavoratori dipendenti dalle aziende sopra individuate, sono stati considerati come rientranti nel campo di applicazione solo i lavoratori con una età compresa tra i 45 e i 57 anni che sono risultati pari a circa 600.000. Sono pertanto stati esclusi sia i lavoratori più giovani, che presumibilmente da un punto di vista professionale risultano più aggiornati, che gli ultra 57enni che rientrerebbero nel campo di applicazione del comma 5 dell’art 26-quater del Dl 34/2019.

 

La copertura degli oneri finanziari derivanti dal comma 1, complessivamente pari a 101,7 milioni di euro per l’anno 2021, a 225,5 milioni di euro per l’anno 2022 e a 50,5 milioni di euro per l’anno 2023 sopra quantificati è a valere sulle risorse di cui all’articolo 77 del decreto in esame (cfr la relativa scheda) (comma 2).

 

Infine, il comma 3 della disposizione prevede l’ulteriore finanziamento del comma 5-bis dell’articolo 41, con specifico riferimento all’anno 2024, portando il limite di spesa dagli attuali 3,7 milioni di euro a 30,4 milioni di euro.

 

La relazione tecnica al provvedimento specifica che tale misura si è resa necessaria “per consentire l’applicazione degli accordi già stipulati in sede ministeriale con riferimento a tre aziende con un organico superiore a 1000 dipendenti che hanno interessano complessivamente circa mille soggetti tutti con contestuale assunzioni. Tutte le aziende si sono impegnate ad effettuare almeno una assunzione per ogni tre lavoratori prevedendo dunque il beneficio della copertura Naspi per la durata di tre anni. Visti i tempi degli accordi e delle procedure le uscite si prevedono a partire da ottobre 2021”, determinando una esigenza finanziaria in via prospettica per il solo anno 2024 cui si provvede con le ulteriori risorse stanziate.

 

Ai conseguenti oneri, pari a 26, 7 milioni di euro per l’anno 2024 si provvede a valere sulle risorse di cui all’articolo 77 del decreto in esame (cfr la relativa scheda).

 


Articolo 40, commi 1 e 2
(Disposizioni speciali in materia di trattamenti straordinari
di integrazione salariale)

 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 40 prevedono, in via transitoria, per alcuni datori di lavoro[14], nel rispetto di un limite di spesa pari a 557,8 milioni di euro per il 2021, la possibilità di ricorso a trattamenti straordinari di integrazione salariale in base ad una specifica fattispecie, ivi definita, con criteri di calcolo della misura ed una durata massima diversi rispetto a quelli previsti dalla disciplina generale per i medesimi trattamenti (concessi in base alle causali definite da quest'ultima). Per i trattamenti di cui ai commi in esame non si applica la contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro, prevista dalla disciplina generale in caso di ammissione ai trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale.

I trattamenti di cui ai commi 1 e 2 sono subordinati alla stipulazione di un accordo collettivo aziendale di riduzione dell’attività lavorativa dei dipendenti in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto (26 maggio 2021) e sono ammessi per una durata massima di 26 settimane nel periodo compreso tra la suddetta data di entrata in vigore e il 31 dicembre 2021.

Per la copertura dell'onere finanziario corrispondente al suddetto limite massimo di spesa si provvede ai sensi del successivo articolo 77.

 

Riguardo all'ambito dei datori di lavoro che possono rientrare nella disciplina transitoria in esame, il comma 1 fa riferimento ai datori di lavoro privati di cui all'articolo 8, comma 1, del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2021, n. 69 - comma concernente la concessione, per periodi compresi entro il 30 giugno 2021, di trattamenti ordinari di integrazione con causale COVID-19 - e subordina la possibilità di ricorso ai trattamenti straordinari in esame alla condizione che nel primo semestre dell’anno 2021 il datore abbia subito un calo del fatturato del 50 per cento rispetto al primo semestre dell’anno 2019.

Si valuti l'opportunità di chiarire gli effetti del riferimento al suddetto articolo 8, comma 1, o di valutare se esso sia superfluo, qualora si intenda che l'ambito dei datori potenzialmente interessati dall'applicazione del comma 1 sia costituito da tutti quelli rientranti nell'ambito di applicazione generale dei trattamenti straordinari di integrazione salariale (secondo la relativa disciplina[15]).

Come accennato, i trattamenti di cui ai commi 1 e 2 in esame sono subordinati alla stipulazione di un accordo collettivo aziendale di riduzione dell’attività lavorativa dei dipendenti in forza alla data di entrata in vigore del presente decreto (26 maggio 2021) - accordo inteso al mantenimento dei livelli occupazionali nella fase di ripresa delle attività dopo l’emergenza epidemiologica da COVID-19 -. L'accordo, in base al richiamo dell'articolo 51 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, deve essere stipulato con le rappresentanze sindacali aziendali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ovvero con la rappresentanza sindacale unitaria. Ai fini in oggetto, l'accordo deve rispettare le seguenti condizioni: la riduzione media oraria non può essere superiore all’80 per cento dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati; per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può essere superiore al 90 per cento, nell’arco dell’intero periodo oggetto dell’accordo; devono essere specificate le modalità attraverso le quali l'impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, possa modificare in aumento l'orario - nei limiti del normale orario di lavoro -, con corrispondente riduzione dei trattamenti di integrazione salariale in esame.

Le prime due condizioni suddette costituiscono una deroga - come esplicitamente indica il comma 1 - rispetto a quelle previste dalla disciplina generale per i trattamenti straordinari di integrazione salariale con causale di contratto di solidarietà[16]. Si ricorda che, in base a quest'ultima disciplina, la riduzione media oraria non può essere superiore al 60 per cento dell'orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati e per ciascun lavoratore la percentuale di riduzione complessiva dell'orario di lavoro non può essere superiore al 70 per cento nell'arco dell'intero periodo oggetto del contratto di solidarietà[17].

I trattamenti di cui ai commi 1 e 2 in esame possono essere concessi per una durata massima di 26 settimane, nell'ambito del periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore del presente decreto (26 maggio 2021) e il 31 dicembre 2021.

Riguardo a tale ambito temporale, si valuti l'opportunità di chiarire le modalità di applicazione dei commi in esame, considerato che essi presuppongono, oltre alla stipulazione dell'accordo, la verifica del requisito di riduzione del fatturato nel primo semestre del 2021.

Si ricorda che, nella disciplina generale, i trattamenti straordinari di integrazione salariale hanno una durata massima[18]: di 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile, per la causale di riorganizzazione aziendale; di 12 mesi, anche continuativi, per la causale di crisi aziendale (una nuova autorizzazione non può essere concessa prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente autorizzazione); di 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile per la causale di contratto di solidarietà.

Sempre in base alla disciplina generale, il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale non possono superare complessivamente[19] la durata massima di 24 mesi in un quinquennio mobile - a tal fine, la durata dei trattamenti per la causale di contratto di solidarietà viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente - ovvero di 30 mesi per alcune imprese[20]. Il comma 1 in esame si pone esplicitamente in deroga ai limiti di cumulo suddetti, di cui all'articolo 4 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148. Da tale deroga consegue che il trattamento concesso ai sensi dei commi 1 e 2 non viene computato nell'ambito di tali limiti.

Il trattamento di integrazione per le ore di lavoro non prestate ed oggetto degli accordi collettivi di cui al presente comma 1 è pari al 70 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata per esse. Si ricorda che, in base alla disciplina generale dei trattamenti straordinari di integrazione salariale[21], l'aliquota di calcolo della misura è invece pari all'80 per cento e l'importo mensile del trattamento non può superare un determinato limite[22]. L'applicazione di quest'ultimo è esclusa per il trattamento di cui ai commi 1 e 2 in esame.

Resta fermo il riconoscimento della contribuzione figurativa ai fini pensionistici per le ore coperte dal trattamento in oggetto (così come previsto anche dalla suddetta disciplina generale). Al riguardo, si segnala, sotto il profilo redazionale, che il predicato verbale "è riconosciuto" dovrebbe essere volto al plurale.

Il comma 1 specifica altresì (in conformità alla disciplina generale relativa al trattamento straordinario di integrazione salariale con causale di contratto di solidarietà[23]) che: il calcolo del trattamento retributivo perso deve essere determinato inizialmente al netto degli eventuali aumenti retributivi previsti da contratti collettivi aziendali nel periodo di sei mesi antecedente la stipula dell’accordo collettivo; il trattamento di integrazione salariale è ridotto in corrispondenza di eventuali successivi aumenti retributivi, intervenuti in sede di contrattazione aziendale.

Come accennato, per i trattamenti di cui ai commi 1 e 2 in esame non è dovuto il contributo addizionale a carico del datore di lavoro, previsto dalla disciplina generale in caso di ammissione ai trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale[24].

Sotto il profilo redazionale, si valuti l'opportunità di riformulare l'inizio del comma 1 in esame, che prospetta, letteralmente, un'alternativa ai trattamenti di integrazione salariale di cui al citato D.Lgs. n. 148 del 2015, considerato che la parte successiva del comma prevede una fattispecie specifica di trattamento straordinario di integrazione salariale, con conseguente applicazione delle norme relative a quest'ultimo (di cui allo stesso D.Lgs. n. 148), ove compatibili con quelle speciali poste dal comma.

Ai fini del rispetto del limite di spesa posto per i trattamenti di cui ai commi 1 e 2 in esame - limite pari, come detto, a 557,8 milioni di euro per il 2021 -, l'INPS provvede al relativo monitoraggio; qualora emerga che sia stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite di spesa, l'INPS non prende in considerazione ulteriori domande.

Per la copertura dell'onere finanziario corrispondente a tale limite, si provvede ai sensi del successivo articolo 77.

 

 


Articolo 40, comma 1-bis
(Differimento termini per la presentazione delle domande di accesso alle prestazioni integrative del Fondo di solidarietà del settore aereo)

 

 

Il comma 1-bis dell’articolo 40 – introdotto nel corso dell’esame presso la Camera – differisce al 31 luglio 2021 i termini di decadenza per l’invio delle domande di accesso alle prestazioni integrative dei trattamenti straordinari di integrazione salariale erogate dal Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale, scaduti nel periodo dal 1° febbraio 2020 al 30 aprile 2021.

 

Il suddetto beneficio è riconosciuto nel limite di spesa di 18 mln di euro per il 2021, a cui si provvede attraverso uno specifico finanziamento del predetto Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale (di cui al DM n. 95269 del 2016), a titolo di concorso ai relativi oneri.

Al relativo onere – pari a 18 mln di euro per il 2021 – si provvede ai sensi dell'articolo 77 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rimanda).

 

Si ricorda che l’articolo 7, comma 8, del citato DM 95269/2016 dispone, in via generale, che le suddette domande devono essere presentate entro 60 giorni dall’adozione del decreto ministeriale di concessione del trattamento straordinario d’integrazione salariale

 Sul punto, si segnala che il rinvio operato dalla disposizione in commento all’articolo 7, comma 8, del citato DM 95269 del 2016 implica che il differimento in oggetto opera solo per le domande di accesso alle prestazioni integrative dei trattamenti di integrazione salariale, e non anche per quelle riferite alle prestazioni integrative della NASpI, i cui termini di decadenza sono posti invece dal comma 4 del citato articolo 7.

Si ricorda infatti che tra le prestazioni erogate dal suddetto Fondo di solidarietà vi sono anche quelle volte, in generale, ad integrare la misura della NASpI e del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria in modo tale da garantire che il trattamento complessivo sia pari all'80% della retribuzione lorda di riferimento. Si ricorda che le prestazioni integrative del Fondo, in quanto accessorie, sono subordinate alla sussistenza delle prestazioni principali di riferimento che integrano.

 

 

 

 


Articolo 40, commi 3 e 6
(Disposizione transitoria di esonero dalla contribuzione addizionale per i trattamenti ordinari e straordinari di integrazione salariale)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 40 prevede, in via transitoria, nel rispetto di un limite di minori entrate contributive pari a 163,7 milioni di euro per il 2021, l'esonero dalla contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro, prevista dalla disciplina generale in caso di ammissione ai trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale.

Il beneficio concerne le domande dei trattamenti suddetti presentate con riferimento a periodi (o frazioni di periodo) di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa compresi nel secondo semestre del 2021.

Per la copertura dell'onere finanziario corrispondente al suddetto limite - onere quantificato dal successivo comma 6 in 163,7 milioni per il 2021 e in 24 milioni per il 2023 - si provvede ai sensi del successivo articolo 77.

 

Riguardo all'ambito dei datori di lavoro che possono rientrare nella disciplina transitoria in esame, il comma 3 fa riferimento ai datori di lavoro privati di cui all'articolo 8, comma 1, del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2021, n. 69 - comma concernente la possibilità di concessione, per periodi compresi entro il 30 giugno 2021, di trattamenti ordinari di integrazione con causale COVID-19 -.

Si valuti l'opportunità di chiarire gli effetti del riferimento al suddetto articolo 8, comma 1, o di valutare se esso sia superfluo, qualora si intenda che l'ambito dei datori potenzialmente interessati dall'applicazione del comma 3 sia costituito da tutti quelli rientranti nell'ambito di applicazione generale dei trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale (secondo la relativa disciplina[25]), a prescindere dalla circostanza che i medesimi datori abbiano utilizzato i suddetti trattamenti ordinari con causale COVID-19.

Si ricorda che il contributo addizionale a carico del datore di lavoro, previsto dalla disciplina generale in caso di ammissione ai trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale[26], è pari - ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148 - al:

§  9 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al dipendente per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale, ordinaria o straordinaria, fruiti all'interno di uno o più interventi concessi, sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile;

§  12 per cento oltre il limite suddetto e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile;

§  15 per cento oltre quest'ultimo limite, nell'ambito di un quinquennio mobile.

Ai fini del rispetto del limite di minori entrate contributive posto per l'esonero di cui al comma 3 - limite pari, come detto, a 163,7 milioni per il 2021 -, l'INPS provvede al relativo monitoraggio; qualora emerga che sia stato raggiunto, anche in via prospettica, tale limite, l'INPS non adotta ulteriori provvedimenti di concessione dell'esonero.

L'onere finanziario corrispondente al suddetto limite è quantificato dal comma 6 in 163,7 milioni per il 2021 e in 24 milioni per il 2023 (quest'ultimo onere è costituito dagli effetti fiscali indotti di segno negativo); alla relativa copertura si provvede ai sensi del successivo articolo 77.

 


Articolo 40, commi 4 e 5
(Disposizioni in materia di licenziamento)

 

 

L’articolo 40, ai commi 4 e 5, preclude la possibilità di avviare le procedure di licenziamento individuale e collettivo (restando, altresì, sospese nel medesimo periodo le procedure pendenti avviate dopo il 23 febbraio 2020), nonché di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo (restando altresì sospese le procedure in corso per la medesima causale), ai datori di lavoro privati che, a decorrere dalla data del 1 luglio 2021 e fino al 31 dicembre 2021, sospendono o riducono l'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da COVID-19 e che presentino domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale, per la durata del trattamento medesimo fruito entro il 31 dicembre 2021 (comma 4). Alle preclusioni e sospensioni di cui sopra sono previste specifiche eccezioni (comma 5).

 

In dettaglio, il comma 4 dell’articolo preclude l’avvio delle procedure relative ai licenziamenti collettivi e individuali (disciplinati ai sensi degli artt. 4, 5 e 24 della l. n. 223 del 1991[27]: cfr. infra, scheda sull’istituto del licenziamento collettivo) ai datori di lavoro privati di cui al comma 3 dell’articolo 40 (alla cui scheda di lettura si rinvia). Si tratta dei datori di lavoro che, a decorrere dalla data del 1 luglio 2021 e fino al 31 dicembre del 2021, sospendono o riducono l'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da COVID-19 presentando, altresì, domanda di concessione del trattamento ordinario e straordinario di integrazione salariale (rispettivamente, ai sensi degli artt. 11 e 21 del D.Lgs 148/2015[28]). Il blocco delle procedure di licenziamento è disposto per la durata del trattamento di integrazione salariale.

Restano, altresì, sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto.

Ai medesimi datori di lavoro privati, resta, infine, preclusa, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966 n. 604[29] e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge[30].

Ai sensi del comma 5 dell’articolo, infine, le preclusioni e le sospensioni di cui al comma 4 non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati:

dal venir meno del soggetto imprenditoriale: a) per la cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, oppure per la cessazione definitiva dell’attività dell’impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività (sempre che nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’art. 2112 c.c); b) in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nei casi in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;

nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione  del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo: a detti lavoratori è comunque riconosciuta l’indennità di disoccupazione (Naspi), ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22[31].

 

L’istituto del licenziamento collettivo (che non trova applicazione nei confronti dei dirigenti) è disciplinato principalmente dall’articolo 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223. Le cause che giustificano il ricorso a tale istituto risiedono nella riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro e nella cessazione dell’attività. L’ipotesi di licenziamento collettivo si verifica nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco temporale di 120 giorni nell’unità produttiva oppure in più unità produttive dislocate nella stessa provincia. La normativa si applica a tutti i licenziamenti che, nel medesimo arco temporale e nello stesso territorio siano riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. È sempre obbligatoria la verifica della sussistenza di un nesso di causalità tra la trasformazione produttiva effettuata ed il ridimensionamento dei dipendenti (Cass., 4 dicembre 1998, n. 12297), nonché un nesso di congruità tra gli stessi (cioè una piccola trasformazione produttiva non può comportare un rilevante numero di licenziamenti). Spetta al datore di lavoro provare l’effettività e la definitività della diminuzione del fabbisogno di forza-lavoro, attraverso la mancata sostituzione dei lavoratori licenziati o l’assenza di ulteriori assunzioni. Si ricorda che la procedura stabilita per il licenziamento collettivo è applicata anche alle aziende in CIGS, qualora nel corso o al termine del programma si verifichi la necessità di procedere anche ad un solo licenziamento. La procedura è contenuta nell’articolo 4 della L. 223/1991, che disciplina la procedura per la dichiarazione di mobilità (identica in caso di licenziamenti collettivi). In particolare, tale procedura può essere avviata dall’impresa che sia stata ammessa alla CIGS, qualora nel corso di attuazione del programma – che l’impresa stessa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale – ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative (comma 1). La procedura (commi 2-13) consta in una fase cd. Sindacale e in una fase cd. Amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro ed i sindacati tentano di trovare soluzioni alternative al licenziamento.

 


Articolo 40-bis, commi 1 e 4
(Disposizioni in materia di trattamenti straordinari di integrazione salariale)

 

 

I commi 1 e 4 dell'articolo 40-bis - articolo inserito dalla Camera - costituiscono la trasposizione delle norme di cui all'articolo 4, comma 8, capoverso 1, e comma 9, del D.L. 30 giugno 2021, n. 99, D.L. di cui l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto n. 73 (nel testo riformulato dalla Camera) dispone l'abrogazione, con la salvezza degli effetti già prodottisi. Il comma 1 in esame prevede, in relazione a situazioni di particolare difficoltà, presentate al Ministero dello sviluppo economico, la possibilità del riconoscimento di un periodo di trattamento straordinario di integrazione salariale in favore di datori di lavoro che, per esaurimento dei limiti di durata, non potrebbero più ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale (ordinaria o straordinaria); per il periodo così ammesso è riconosciuta altresì l'esonero dalla contribuzione addizionale a carico del datore di lavoro, prevista dalla disciplina generale in caso di concessione di trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale. Il riconoscimento del periodo in esame è possibile nel limite massimo di tredici settimane - fruibili entro il 31 dicembre 2021 - e nel rispetto di un limite massimo di spesa pari a 351 milioni di euro per il 2021. Per la copertura dell'onere finanziario corrispondente a quest'ultimo limite, il comma 4 rinvia alle disposizioni di cui al successivo articolo 77.

 

Riguardo all'ambito dei datori di lavoro che possono rientrare nelle disposizioni in esame, il comma 1 fa riferimento ai datori di lavoro di cui all'articolo 8, comma 1, del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2021, n. 69 - comma concernente la concessione, per periodi compresi entro il 30 giugno 2021, di trattamenti ordinari di integrazione con causale COVID-19 -.

Si valuti l'opportunità di chiarire gli effetti del riferimento al suddetto articolo 8, comma 1, o di valutare se esso sia superfluo, qualora si intenda che l'ambito dei datori potenzialmente interessati dall'applicazione del presente comma 1 sia costituito da tutti quelli rientranti nell'ambito di applicazione generale dei trattamenti straordinari di integrazione salariale (secondo la relativa disciplina[32]).

Riguardo alle situazioni che potrebbero essere interessate dal presente comma 1, la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del citato D.L. n. 99[33] osserva (con riferimento alla suddetta norma corrispondente ivi posta) che esse, in concreto, sono costituite da casi in cui, nell'ultimo quinquennio mobile, il trattamento ordinario e/o quello straordinario di integrazione salariale abbiano raggiunto complessivamente la durata massima[34] di 24 mesi (a tal fine, la durata dei trattamenti straordinari per la causale di contratto di solidarietà viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente) ovvero di 30 mesi per alcune imprese[35]. La suddetta relazione osserva infatti che le aziende in oggetto hanno, presumibilmente, usufruito dei trattamenti ordinari di integrazione salariale con causale COVID-19 (concessi in base alle relative norme transitorie via via adottate), in luogo del trattamento straordinario di integrazione salariale (ovvero del trattamento ordinario senza causale COVID-19); in tal caso, esse non sono in concreto interessate dagli altri limiti di durata - previsti dalle norme del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, richiamate dal presente comma 1 -, in quanto i trattamenti ordinari con causale COVID-19, in base alla propria peculiare disciplina[36], non sono computati nei limiti di durata relativi agli istituti in oggetto.

Come accennato, per il periodo ammesso ai sensi del comma 1, non si applica il contributo addizionale a carico del datore di lavoro, previsto dalla disciplina generale in caso di ammissione ai trattamenti ordinari o straordinari di integrazione salariale[37].

 

Si ricorda che il contributo addizionale è pari - ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del citato D.Lgs. n. 148 del 2015 - al:

           a) 9 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al dipendente per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale, ordinaria o straordinaria, fruiti all'interno di uno o più interventi concessi, sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile;

           b) 12 per cento oltre il limite suddetto e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile;

           c) 15 per cento oltre quest'ultimo limite, nell'ambito di un quinquennio mobile.

 

Ai fini del rispetto del summenzionato limite di spesa di 351 milioni di euro per il 2021, il comma 1 demanda all'INPS il relativo monitoraggio finanziario; qualora da quest'ultimo emerga il raggiungimento, anche in via prospettica, del limite, l'INPS non prende in considerazione ulteriori domande.

 

 


Articolo 40-bis, commi 2 e 3
(Disposizioni in materia di licenziamento)

 

 

I commi 2 e 3 dell'articolo 40-bis - articolo inserito dalla Camera[38] - precludono, per la durata del trattamento straordinario di integrazione salariale riconosciuto dal comma 1 del medesimo articolo, fruito entro il 31 dicembre 2021, la possibilità di avviare le procedure di licenziamento individuale e collettivo (restando, altresì, sospese, nello stesso periodo di tempo, le procedure pendenti avviate dopo il 23 febbraio 2020), nonché di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo (restando altresì sospese le procedure in corso per la medesima causale), ai datori di lavoro privati che sospendono o riducono l'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da COVID-19 e che presentino domanda di concessione del medesimo trattamento di integrazione salariale (comma 2). Alle preclusioni e sospensioni di cui sopra sono previste specifiche eccezioni (comma 3).

 

In dettaglio, il comma 2 dell’articolo preclude l’avvio delle procedure relative ai licenziamenti collettivi e individuali (disciplinati ai sensi degli artt. 4, 5 e 24 della l. n. 223 del 1991[39]: cfr. infra, scheda sull’istituto del licenziamento collettivo) ai datori di lavoro privati di cui al comma 1 dell’articolo 40-bis (alla cui scheda di lettura si rinvia), ai quali riconosce un periodo di trattamento straordinario di integrazione salariale nel limite massimo di tredici settimane, fruibili entro il 31 dicembre 2021. Si tratta dei datori di lavoro di cui all'articolo 8, comma 1, del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2021, n. 69 - comma concernente la concessione, per periodi compresi entro il 30 giugno 2021, di trattamenti ordinari di integrazione con causale COVID-19 - che, per esaurimento dei limiti di durata, non potrebbero più ricorrere ai trattamenti di integrazione salariale (ordinaria o straordinaria).

Restano, altresì, sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto.

Ai medesimi datori di lavoro privati, resta, infine, preclusa, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966 n. 604[40] e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge[41].

Ai sensi del comma 3 dell’articolo, infine, le preclusioni e le sospensioni di cui al comma 2 non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati:

dal venir meno del soggetto imprenditoriale: a) per la cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, oppure per la cessazione definitiva dell’attività dell’impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività (sempre che nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’art. 2112 c.c); b) in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nei casi in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;

nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione  del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo: a detti lavoratori è comunque riconosciuta l’indennità di disoccupazione (Naspi), ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22[42].

 

L’istituto del licenziamento collettivo (che non trova applicazione nei confronti dei dirigenti) è disciplinato principalmente dall’articolo 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223. Le cause che giustificano il ricorso a tale istituto risiedono nella riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro e nella cessazione dell’attività. L’ipotesi di licenziamento collettivo si verifica nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco temporale di 120 giorni nell’unità produttiva oppure in più unità produttive dislocate nella stessa provincia. La normativa si applica a tutti i licenziamenti che, nel medesimo arco temporale e nello stesso territorio siano riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. È sempre obbligatoria la verifica della sussistenza di un nesso di causalità tra la trasformazione produttiva effettuata ed il ridimensionamento dei dipendenti (Cass., 4 dicembre 1998, n. 12297), nonché un nesso di congruità tra gli stessi (cioè una piccola trasformazione produttiva non può comportare un rilevante numero di licenziamenti). Spetta al datore di lavoro provare l’effettività e la definitività della diminuzione del fabbisogno di forza-lavoro, attraverso la mancata sostituzione dei lavoratori licenziati o l’assenza di ulteriori assunzioni. Si ricorda che la procedura stabilita per il licenziamento collettivo è applicata anche alle aziende in CIGS, qualora nel corso o al termine del programma si verifichi la necessità di procedere anche ad un solo licenziamento. La procedura è contenuta nell’articolo 4 della L. 223/1991, che disciplina la procedura per la dichiarazione di mobilità (identica in caso di licenziamenti collettivi). In particolare, tale procedura può essere avviata dall’impresa che sia stata ammessa alla CIGS, qualora nel corso di attuazione del programma – che l’impresa stessa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale – ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative (comma 1). La procedura (commi 2-13) consta in una fase cd. Sindacale e in una fase cd. Amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro ed i sindacati tentano di trovare soluzioni alternative al licenziamento.


Articolo 40-ter
(Riconoscimento dei trattamenti integrativi arretrati del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale per il 2020)

 

 

L’articolo 40-ter, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera, riconosce in favore dei lavoratori dei servizi aeroportuali di terra le prestazioni integrative arretrate e non erogate relative al periodo dal 1° marzo 2020 al 31 dicembre 2020 riferite ai trattamenti di integrazione salariale in deroga con causale Covid-19.

 

L’articolo in esame estende dunque al 2020 - nel limite massimo di spesa di 12 mln di euro per il 2021 - il suddetto beneficio già previsto per il medesimo personale per il 2021 ai sensi degli artt. 1, co. 714, della L. 178/2020 e 9, co. 3, del D.L. 41/2021 (comma 1).

Le richiamate disposizioni, infatti, hanno riconosciuto l’integrazione economica prevista[43] in favore del suddetto personale con riferimento ai trattamenti di cassa integrazione in deroga con causale Covid-19 concessi, rispettivamente, per una durata massima di dodici settimane, collocate tra il 1° gennaio 2021 ed il 30 giugno 2021, e per una durata massima di 28 settimane, collocate tra il 1° aprile 2021 ed il 31 dicembre 2021.

La suddetta integrazione economica – erogata dal Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale[44] e volta, in generale, ad integrare la misura della NASpI e del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria - è tale da garantire che il trattamento complessivo sia pari all'80% della retribuzione lorda di riferimento. Si ricorda che le prestazioni integrative del Fondo, in quanto accessorie, sono subordinate alla sussistenza delle prestazioni principali di riferimento che integrano.

Sul punto, si segnala altresì che la circolare INPS n. 72 del 2021 ha specificato la portata residuale di quanto disposto per il 2021 dal richiamato art. 9, co. 3, del D.L. 41/2021. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con apposito parere, ha infatti chiarito che i trattamenti di cassa integrazione in deroga con causale Covid-19 devono essere richiesti dalle imprese del trasporto aereo che abbiano integralmente fruito del trattamento straordinario di integrazione salariale previsto dalla normativa generale e che, quindi, sono rimaste prive di altre tutele in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa[45].

 

La definizione delle modalità per l’erogazione dei trattamenti integrativi arretrati in oggetto è demandata ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottarsi entro trenta giorni dall’entrata in vigore della presente disposizione (comma 2).

 

Agli oneri derivanti dal presente articolo - pari a 12 mln di euro per il 2021 - si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili (di cui all’art. 1, co. 200, della L. 190/2014), come rifinanziato dall’articolo 77, comma 7, del decreto in esame (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 3).

 

 

 


Articolo 40-quater
(Indennità in favore di alcuni ex lavoratori portuali)

 

 

L'articolo 40-quater - inserito dalla Camera - estende, in via transitoria, ad alcuni ex lavoratori portuali l'ambito di applicazione dell'indennità per le giornate di mancato avviamento al lavoro (prevista in favore dei lavoratori delle imprese operanti in alcuni porti). L'estensione concerne i lavoratori che fossero già alle dipendenze di alcune imprese, operanti in determinati porti ubicati nella Regione Sardegna, e che abbiano cessato di percepire il trattamento straordinario di integrazione salariale nel corso del 2020. In tale ambito, la possibilità concerne il periodo compreso tra l'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e il 31 dicembre 2021; nel caso di domanda della suddetta indennità, l'erogazione del trattamento di disoccupazione NASpI viene sospesa fino al termine del periodo di fruizione della medesima indennità.

L'estensione è operata nel limite di spesa di 4 milioni di euro per il 2021.

Alla copertura finanziaria corrispondente al suddetto limite si fa fronte mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili (di cui all'articolo 1, comma 200, della L. 23 dicembre 2014, n. 190, e successive modificazioni). 

 

La possibilità introdotta dalla novella di cui al presente articolo 40-quater fa riferimento[46] ai lavoratori che siano stati dipendenti da imprese abilitate a svolgere attività in porti della Regione Sardegna nei quali almeno l'80 per cento della movimentazione di merci "containerizzate" avvenga o sia avvenuta negli ultimi cinque anni[47] in modalità transhipment, si sia realizzata una sensibile diminuzione del traffico roteabile e passeggeri e sussistano, alla data del 22 maggio 2021, stati di crisi aziendale o cessazioni delle attività terminalistiche e delle imprese portuali.

L'indennità di mancato avviamento al lavoro[48] è costituita da un'indennità di importo giornaliero pari a un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile di integrazione salariale straordinaria e comprensiva della relativa contribuzione figurativa e degli assegni per il nucleo familiare.

Si valuti l'opportunità di chiarire, considerato che la norma transitoria in esame, da un lato, pone la suddetta indennità in alternativa al trattamento NASpI e, dall'altro, prevede la sospensione di quest'ultimo per il periodo di riconoscimento della medesima indennità, se il trattamento NASpI resti fruibile secondo i limiti di durata complessiva propri di tale istituto.

 


Articolo 41
(Contratto di rioccupazione)

 

 

L’articolo 41 istituisce, in via eccezionale, dal 1° luglio 2021 e fino al 31 ottobre 2021, il “contratto di rioccupazione”, quale contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato diretto a incentivare l’inserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori disoccupati nella fase di ripresa delle attività, dopo l’emergenza epidemiologica. Condizione per l’assunzione è la definizione di un progetto individuale di inserimento, della durata di 6 mesi, avente quale finalità l'adeguamento delle competenze professionali del lavoratore stesso al nuovo contesto lavorativo.

Per la durata del progetto, al datore di lavoro è riconosciuto l’esonero del 100% della contribuzione previdenziale a suo carico, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’ Inail, per un importo massimo di 6000 euro su base annua.

 

 

In dettaglio, la disposizione, dal 1° luglio 2021 fino al 31 ottobre 2021, istituisce, in via eccezionale, un nuovo strumento contrattuale diretto a incentivare l’inserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori in stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 19 del decreto-legislativo 14 settembre 2015, n. 150[49], nella fase di ripresa delle attività dopo l’emergenza epidemiologica (comma 1, primo periodo).

Gli elementi che caratterizzano la nuova tipologia contrattuale sono:

§  la forma scritta, ai fini della prova del contratto (comma 1, secondo periodo);

§  la definizione, con il consenso del lavoratore, di un progetto individuale di inserimento, della durata di sei mesi, finalizzato a garantire l'adeguamento delle competenze professionali del lavoratore stesso al nuovo contesto lavorativo. Durante il periodo di inserimento trovano applicazione le sanzioni previste dalla normativa vigente per il licenziamento illegittimo (comma 2);

§  la possibilità, per le parti, di recedere dal contratto, al termine del periodo di inserimento (ai sensi dell'articolo 2118 del codice civile[50]), con preavviso decorrente dal medesimo termine (durante il periodo di preavviso continua ad applicarsi la disciplina del contratto di rioccupazione) e la trasformazione di diritto del rapporto di lavoro in ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, se nessuna delle parti recede (comma 3). Con norma di chiusura, la disciplina ordinaria del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato si applica, per quanto non espressamente previsto, all’intera disposizione in esame (comma 4).

 

La stipula del contratto di rioccupazione comporta, per un periodo massimo di sei mesi, l'esonero dal versamento del 100 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, con esclusione dei premi e contributi dovuti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile (per un importo effettivo complessivo di 3.000 euro, quindi, considerata la durata semestrale del contratto). Resta ferma l'aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche (comma 5).

 

La disposizione prevede, tuttavia, alcune limitazioni e condizioni di carattere generale per l’accesso al nuovo strumento contrattuale ed ai suoi benefici sul piano contributivo:

§  con riferimento ai soggetti del contratto, si è visto che la disposizione consente solo ai disoccupati (e non anche ai lavoratori in cassa integrazione, ad esempio) di essere parte del contratto; con riferimento alla parte datoriale, sono esclusi dalla possibilità di ricorrere al contratto di rioccupazione i datori di lavoro privati del settore agricolo e del lavoro domestico;

§  l’esonero contributivo di cui al comma 5 spetta, poi, ai datori di lavoro privati che, nei sei mesi precedenti l'assunzione, non abbiano proceduto a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o a licenziamenti collettivi[51], nella medesima unità produttiva (fermi restando i principi generali di fruizione degli incentivi di cui all'articolo 31 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150[52]) (comma 6); l’esonero contributivo è, invece, revocato se il licenziamento viene intimato durante o al termine del periodo di inserimento, ovvero se il licenziamento collettivo o individuale per giustificato motivo oggettivo riguardi un lavoratore impiegato nella medesima unità produttiva e inquadrato con lo stesso livello e categoria legale di inquadramento del lavoratore assunto con gli esoneri di cui al comma 5, purché effettuato nei sei mesi successivi alla predetta assunzione: in tali casi si procede al recupero del beneficio già fruito. In caso di periodo residuo utile alla fruizione dell’esonero, ai fini del suo computo, si dispone che non produca effetti la predetta revoca nei confronti degli altri datori di lavoro privati che assumono il lavoratore ai sensi delle disposizioni sopra esaminate. Inoltre, in caso di dimissioni del lavoratore, si dispone che il beneficio venga riconosciuto per il periodo di effettiva durata del rapporto (comma 7);

§  il beneficio previsto dal comma 5 è cumulabile, per il periodo di durata del rapporto successiva ai sei mesi, con gli esoneri contributivi previsti a legislazione vigente[53] e, nei casi di revoca del beneficio stesso (di cui al comma 3), esso è oggetto di recupero da parte dell’ente previdenziale (comma 8);

§  condizione di efficacia delle disposizioni sopra descritte è l’autorizzazione della Commissione europea[54], che valuta il beneficio previsto dal comma 5 nel quadro di quanto previsto nella sezione 3.1 della comunicazione della Commissione europea C(2020) 1863 final, del 19 marzo 2020, recante un «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19»(e successive modificazioni[55]), nei limiti e alle condizioni di cui alla medesima comunicazione. Si ricorda che la sezione 3.1 della suddetta Comunicazione considera come aiuti di Stato, compatibili con il mercato interno[56], quelli che rispettino, tra le altre, le seguenti condizioni: siano di importo non superiore a 1.800.000 euro (per impresa e al lordo di qualsiasi imposta o altro onere); siano concessi entro il 31 dicembre 2021 (comma 9).

 

Per effetto delle disposizioni sopra illustrate (commi da 1 a 9), sono quantificati oneri per minori entrate contributive nel limite di 585,6 milioni di euro per l'anno 2021 e a 292,8 milioni di euro per l'anno 2022, affidando il monitoraggio del rispetto del limite di spesa all’Ente previdenziale, che comunica i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze. Qualora dal predetto monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori (comma 10).

 

Secondo la relazione tecnica al provvedimento, la stima degli effetti finanziari è stata realizzata utilizzando quale base tecnica le informazioni desunte dalle statistiche sulle assunzioni a tempo indeterminato rilevate nell’Osservatorio sul precariato e relative al periodo luglio-ottobre degli anni 2019 e 2020, nell’ipotesi che la norma diventi operativa a partire da luglio 2021. Il numero delle assunzioni rilevate è mediamente pari a 365.000 soggetti, da cui si sono esclusi, sulla base degli elementi riportati sulla RT della Legge di bilancio 2021, coloro che possono essere assunti utilizzando gli esoneri previsti dall’art.1 della legge n. 178/2020 (Legge di bilancio 2021), per una platea di riferimento finale pari a 325.000. L’esonero medio mensile stimato è pari a 450 euro.

 

Alle minori entrate derivanti dai commi da 1 a 9, pari a 585,6 milioni di euro per l’anno 2021 e a 292,8 milioni di euro per l’anno 2022 e valutate in 42 milioni di euro per l’anno 2024, si provvede, quanto a 202 milioni di euro per l’anno 2022, mediante le maggiori entrate derivanti dai medesimi commi da 1 a 9 e, quanto a 585,6 milioni di euro per l’anno 2021, a 90,8 milioni di euro per l’anno 2022 e a 42 milioni di euro per l’anno 2024 (mentre, come si evince dalla relazione tecnica al provvedimento, non sono stimate minori entrate nel 2023), ai sensi dell’articolo 77 (alla cui scheda di lettura si rinvia) (comma 11).

 

 


Articolo 41-bis
(Disposizioni in materia di contratti di lavoro a tempo determinato)

 

 

L'articolo 41-bis - inserito dalla Camera - modifica, in via temporanea, la disciplina dei contratti di lavoro dipendente a tempo determinato nel settore privato[57]. La modifica consiste nell'inserimento, in via transitoria, di una nuova fattispecie tra quelle che possono costituire il presupposto di ammissibilità - cosiddetta causale - di una durata del contratto superiore a dodici mesi (e in ogni caso non superiore a ventiquattro mesi)[58]. La nuova causale è costituita dalla sussistenza di specifiche esigenze individuate dai contratti collettivi di lavoro[59]. Qualora si basi su tale nuova fattispecie, il suddetto termine in deroga può essere apposto nel contratto solo fino al 30 settembre 2022 (ferma restando l'applicazione del medesimo contratto nel periodo successivo in base al termine di durata già apposto).

 

Più in particolare, la novella di cui al presente articolo 41-bis fa rinvio ai contratti collettivi di lavoro di cui all'articolo 51 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81. Questi ultimi sono costituiti dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

Come detto, qualora si basi sulla nuova causale in oggetto, il suddetto termine in deroga può essere apposto nel contratto solo fino al 30 settembre 2022 (ferma restando l'applicazione del medesimo contratto nel periodo successivo in base al termine di durata già apposto). Si valuti l'opportunità di chiarire se, ai fini in oggetto, sia sufficiente la stipulazione del contratto entro la data del 30 settembre 2022 o se invece sia necessario che anche il rapporto di lavoro inizi a decorrere entro tale data.

Si ricorda che, nella normativa finora vigente, le fattispecie di ammissibilità di un termine superiore a dodici mesi (e in ogni caso non eccedente i ventiquattro mesi) sono poste dall’articolo 19, comma 1, lettere a) e b), del citato D.Lgs. n. 81, e successive modificazioni. Tali lettere fanno riferimento alla sussistenza di esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, o di esigenze di sostituzione di altri lavoratori, o di esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria.

In caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a dodici mesi in assenza di una delle causali in oggetto, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di dodici mesi, ai sensi del comma 1-bis dello stesso articolo 19.

Si ricorda inoltre che l'articolo 21, comma 01, dello stesso D.Lgs. n. 81 richiede la sussistenza[60] di una di tali causali per: i rinnovi dei contratti a termine; le proroghe dei contratti a termine che determinino una durata complessiva del rapporto superiore ai dodici mesi. Tuttavia, in base ad una norma transitoria[61], i contratti possono essere rinnovati o prorogati, per un periodo massimo di dodici mesi e fermo restando il limite di durata complessiva, pari a ventiquattro mesi, mediante un atto intervenuto entro il 31 dicembre 2021, anche in assenza delle causali in oggetto[62].

Il suddetto articolo 21, comma 01, richiama l'intero comma 1 dell'articolo 19; la nuova causale è introdotta in quest'ultimo comma dalla novella di cui all'articolo 41-bis in esame, mentre la norma transitoria, la quale limita la validità della stessa nuova causale ai termini apposti fino al 30 settembre 2022, è posta dal nuovo comma 1.1, comma inserito dalla novella nel medesimo articolo 19 e che resta fuori dall'ambito del richiamo operato dal suddetto articolo 21, comma 01. Si valuti dunque l'opportunità di chiarire se e a quali condizioni la nuova causale sia valida anche ai fini dei rinnovi e delle proroghe suddetti.

Si ricorda che la disciplina delle causali non concerne i dipendenti pubblici, per i quali, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del D.L. 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2018, n. 96, e successive modificazioni, ha continuato a trovare applicazione la disciplina sui contratti a termine previgente rispetto alle novelle operate dal medesimo articolo 1 del D.L. n. 87.

Per quanto riguarda altre esclusioni o deroghe rispetto alle norme generali sui contratti a tempo determinato, cfr. l'articolo 29 del citato D.Lgs. n. 81, e successive modificazioni, nonché il suddetto articolo 1, comma 3, del D.L. n. 87.

 

 


Articolo 42, commi da 1 a 8 e 9-10
(Indennità per alcune categorie di lavoratori)

 

 

I commi da 1 a 8 dell’articolo 42 riconoscono un’indennità una tantum, pari a 1.600 euro, in favore di alcune categorie di lavoratori. La Camera ha operato un elevamento del relativo limite di spesa, di cui al comma 8; quest'ultimo intervento costituisce la trasposizione di una norma di cui all'articolo 4, comma 10, primo periodo, del D.L. 30 giugno 2021, n. 99, D.L. di cui l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto n. 73 (nel testo riformulato dalla Camera) prevede l'abrogazione, con la salvezza degli effetti già prodottisi.

Le categorie interessate dalla suddetta indennità sono le seguenti: lavoratori dipendenti stagionali nei settori del turismo e degli stabilimenti termali e lavoratori in regime di somministrazione nei suddetti settori (comma 2); altri lavoratori dipendenti a tempo determinato nei settori del turismo e degli stabilimenti termali (comma 5); lavoratori dipendenti stagionali e lavoratori in regime di somministrazione negli altri settori, lavoratori intermittenti ed alcune categorie particolari di lavoratori autonomi (commi 3 e 4); lavoratori dello spettacolo (comma 6). Ai soggetti beneficiari dell'analoga ultima indennità precedente - pari ciascuna a 2.400 euro - la nuova prestazione - ai sensi dei commi 1 e 7 - è corrisposta dall'INPS senza necessità di domanda, mentre gli altri interessati (ai sensi del medesimo comma 7) devono presentare domanda all'INPS[63]; la nuova indennità (comma 8) è erogata dall'INPS nel limite di spesa complessivo di 848 milioni di euro per il 2021 (750,4 milioni nel testo originario)[64]. L'indennità in esame (così come quelle precedenti) non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi (comma 8 citato). I divieti di cumulo della nuova indennità sono oggetto del suddetto comma 7.

I commi 9 e 10 sono stati riformulati dalla Camera al fine di trasporre le norme di cui al citato comma 10 dell'articolo 4 del D.L. n. 99. Nel nuovo testo, il comma 9 incrementa da 897,6 milioni di euro a 1.065 milioni (sempre per il 2021) il limite di spesa relativo alla precedente ultima indennità in favore dei lavoratori in oggetto - nel testo originario, il limite veniva elevato (nel comma 10) a 918,6 milioni -[65]. Per l'onere corrispondente sia a tale incremento del limite sia all'intero limite di spesa suddetto di cui al comma 8, il nuovo testo del comma 10 - oltre a rinviare, per una quota pari a 771,4 milioni, come nel testo originario dei commi 9 e 10, alle disposizioni di cui all'articolo 77 - riduce, in considerazione dell'andamento delle relative domande[66]: nella misura di 70 milioni di euro per il 2021, il limite di spesa per l'istituto cosiddetto dell'APE sociale; nella misura di 70 milioni di euro per il 2021, il limite di spesa per i trattamenti pensionistici liquidabili secondo la disciplina relativa ai cosiddetti soggetti precoci; nella misura di 126,6 milioni di euro per il 2021, il limite di spesa relativo alla concessione - in base ad alcune norme transitorie connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 ed inerenti a specifiche fattispecie relative ai figli - di congedi con indennità o di un bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting o di servizi integrativi per l’infanzia.

 

Si ricorda che la precedente ultima indennità in favore dei lavoratori in oggetto - pari, come detto, a 2.400 euro - è stata prevista dall'articolo 10, commi da 1 a 9, del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2021, n. 69[67].

Come accennato, i commi 1 e 7 del presente articolo 42 prevedono che ai soggetti beneficiari di tali precedenti indennità la nuova prestazione sia erogata dall'INPS - come conferma la circolare dell'INPS n. 90 del 29 giugno 2021 - senza necessità di domanda (in analogia ad un meccanismo di erogazione automatica già previsto, di volta in volta, per le indennità precedenti). Per gli altri soggetti - ivi compresi quelli che non rientrino nelle fattispecie o nelle condizioni (non del tutto identiche a quelle nuove[68]) poste per le precedenti indennità - la prestazione è erogata su domanda, da presentare all'INPS ai sensi del comma 7, sulla base dei requisiti di cui ai commi da 2 a 7.

La citata circolare dell'INPS n. 90 del 29 giugno 2021 - in conformità all'interpretazione già seguita per le precedenti indennità analoghe (cfr. la circolare dell'INPS n. 65 del 19 aprile 2021) - indica che l'indennità è riconosciuta (in via automatica) ai suddetti soggetti già beneficiari anche nei casi in cui ora sussista una delle cause ostative previste, per la relativa indennità, dai commi in esame[69].

 

I soggetti individuati dal comma 2 sono i lavoratori dipendenti stagionali nei settori del turismo e degli stabilimenti termali[70], nonché i lavoratori in regime di somministrazione presso imprese utilizzatrici operanti nei suddetti settori, qualora rientrino in tutte le seguenti fattispecie: abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore del presente decreto (26 maggio 2021); abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno 30 giornate nel medesimo periodo; alla suddetta data di entrata in vigore, non siano titolari di pensione[71] o di trattamento di disoccupazione NASpI né siano titolari di rapporto di lavoro dipendente; la circolare dell'INPS n. 90 del 29 giugno 2021, tuttavia, pone la condizione della mancanza di titolarità di un rapporto di lavoro dipendente con riferimento non alla suddetta data di entrata in vigore, ma con riferimento al giorno successivo; a quest'ultimo riguardo, si valuti l'opportunità di un chiarimento.

Si ricorda che ai lavoratori stagionali suddetti (fatte salve alcune differenze nelle relative condizioni) sono state già riconosciute, oltre alla suddetta ultima indennità precedente, pari a 2.400 euro, due indennità, pari a 1.000 euro ciascuna, ai sensi degli articoli 15 e 15-bis del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla  L. 18 dicembre 2020, n. 176, nonché, in precedenza: un'altra indennità, pari anch'essa a 1.000 euro[72]; un’indennità pari a 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo e aprile 2020 e pari a 1.000 euro per il mese di maggio 2020[73]; la summenzionata indennità relativa al mese di marzo 2020, tuttavia, non ha riguardato anche i suddetti lavoratori in regime di somministrazione.

Riguardo ai lavoratori dipendenti a tempo determinato diversi da quelli stagionali, cfr., per i settori summenzionati del turismo e degli stabilimenti termali, il successivo comma 5.

I soggetti individuati dal comma 3 corrispondono - fatte salve talune differenze, concernenti le relative condizioni - a categorie per le quali sono state già riconosciute la suddetta ultima indennità precedente, pari a 2.400 euro, nonché, con esclusione dei lavoratori in regime di somministrazione: le precedenti tre indennità di 1.000 euro ciascuna[74]; un’indennità pari a 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio 2020[75]. Più in particolare, le categorie di cui al presente comma sono costituite da:

-       i lavoratori dipendenti stagionali e i lavoratori in somministrazione, appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali, che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore del presente decreto (26 maggio 2021)[76] e che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno trenta giornate nel medesimo periodo[77];

-       i lavoratori intermittenti, di cui agli articoli da 13 a 18 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81[78], che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno trenta giornate nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore del presente decreto (26 maggio 2021);

-       i lavoratori autonomi, privi di partita IVA, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore del presente decreto (26 maggio 2021) siano stati titolari di contratti di lavoro autonomo occasionale[79] e che non abbiano un contratto in essere il giorno successivo alla suddetta data di entrata in vigore[80]. Ai fini in esame, gli stessi soggetti, per tali contratti, devono aver maturato, con riferimento al suddetto arco temporale, almeno un contributo mensile[81] nella cosiddetta Gestione separata INPS[82] e in ogni caso il soggetto deve risultare già iscritto (per i contratti in esame) alla data di entrata in vigore del presente decreto alla medesima Gestione separata;

-       gli incaricati alle vendite a domicilio di cui all'articolo 19 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, e successive modificazioni, con reddito annuo per il 2019, derivante dalle medesime attività, superiore ad euro 5.000, purché siano titolari di partita IVA attiva, siano iscritti alla suddetta Gestione separata INPS alla data di entrata in vigore del presente decreto (26 maggio 2021) e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.

I soggetti di cui al comma 3, alla data di presentazione della domanda, non devono essere titolari di pensione[83] né di contratto di lavoro dipendente (comma 4); la preclusione non concerne l’ipotesi di un contratto di lavoro intermittente senza diritto all’indennità di disponibilità[84].

I soggetti individuati dal comma 5 - corrispondenti (con talune differenze concernenti le relative condizioni) a categorie per le quali sono state già riconosciute, oltre alla suddetta ultima indennità precedente, pari a 2.400 euro, le precedenti tre indennità di 1.000 euro ciascuna[85], nonché (in precedenza) un’indennità, pari a 600 euro, per ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio 2020[86] - sono i lavoratori dipendenti a tempo determinato dei settori del turismo e degli stabilimenti termali[87], in possesso, in via cumulativa, dei seguenti requisiti:

-       titolarità nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore del presente decreto (26 maggio 2021) di uno o più contratti di lavoro a tempo determinato nei settori del turismo e degli stabilimenti termali, di durata complessiva pari ad almeno trenta giornate;

-       titolarità nell’anno 2018 di uno o più contratti di lavoro a tempo determinato o stagionale in uno dei due settori summenzionati, di durata complessiva pari ad almeno trenta giornate;

-       assenza di titolarità, alla data di entrata in vigore del presente decreto, di pensione[88] o di rapporto di lavoro dipendente; la circolare dell'INPS n. 90 del 29 giugno 2021, tuttavia, pone la condizione della mancanza di titolarità di un rapporto di lavoro dipendente con riferimento non alla suddetta data di entrata in vigore, ma con riferimento al giorno successivo; a quest'ultimo riguardo, si valuti l'opportunità di un chiarimento.

Si ricorda che l'ambito in esame non concerne i lavoratori stagionali (nei summenzionati settori del turismo e degli stabilimenti termali), che sono invece oggetto del precedente comma 2.

I soggetti individuati dal comma 6 sono gli iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo[89] che rientrino in una delle seguenti fattispecie: possesso di almeno 30 contributi giornalieri, versati al medesimo Fondo nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore del presente decreto (26 maggio 2021), con un reddito, relativo all'anno 2019, non superiore a 75.000 euro[90]; possesso di almeno 7 contributi giornalieri, versati al Fondo nel summenzionato periodo, con un reddito, relativo all'anno 2019, non superiore a 35.000 euro[91]. Si valuti l'opportunità di chiarire se, in conformità all'interpretazione seguita dalla circolare dell'INPS n. 65 del 19 aprile 2021 con riferimento alla suddetta ultima indennità precedente, i limiti si riferiscano esclusivamente ai redditi inerenti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo. L'indennità di cui al presente comma 6 è esclusa[92] nei casi di:

-       titolarità di un trattamento pensionistico[93]. La circolare dell'INPS n. 90 del 29 giugno 2021 specifica che tale condizione è posta con riferimento alla data di entrata in vigore del presente decreto (26 maggio 2021);

-       sussistenza di un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, fatti salvi i casi di contratti di lavoro intermittente privi del riconoscimento dell'indennità di disponibilità[94]. La circolare dell'INPS n. 90 del 29 giugno 2021 specifica che tale condizione è posta con riferimento non alla data di entrata in vigore del presente decreto (26 maggio 2021), ma al giorno successivo. Si valuti l'opportunità di un chiarimento.

Si valuti l’opportunità di chiarire, in conformità all'interpretazione seguita dall’INPS sia nella citata circolare n. 90 del 2021 sia nelle circolari relative alle precedenti indennità in oggetto[95], che la condizione dell'assenza di trattamenti pensionistici e di rapporti di lavoro dipendente a tempo indeterminato concerne anche la seconda fattispecie suddetta di lavoratori dello spettacolo.

Il comma 7, in primo luogo, specifica che le indennità di cui ai precedenti commi da 1 a 6 non sono cumulabili tra di esse e che sono invece cumulabili con l'assegno ordinario di invalidità, di cui all'articolo 1 della L. 12 giugno 1984, n. 222[96]. Si ricorda che il successivo articolo 44, comma 1, esclude il cumulo delle indennità in esame con quella ivi prevista (relativa a titolari di rapporti di collaborazione in ambito sportivo) e che le medesime indennità in oggetto non sono cumulabili con il Reddito di emergenza, in base alle norme relative a quest'ultimo (riguardo ad esso, cfr. sub l'articolo 36 del presente decreto). Riguardo ai criteri di cumulo o di incompatibilità con altri trattamenti - tra cui il Reddito di cittadinanza[97] e le indennità o i gettoni di presenza percepiti da parlamentari, consiglieri regionali e soggetti con mandati elettorali o incarichi politici[98] -, si rinvia al paragrafo 8 della citata circolare dell'INPS n. 90 del 2021.

Il medesimo comma 7 prevede che la domanda per le indennità di cui ai precedenti commi da 2 a 6 (sempre che non operi il beneficio dell'automatismo summenzionato) debba essere presentata all'INPS, in base a un modello predisposto dall'Istituto e secondo le modalità di presentazione stabilite dallo stesso; il termine per la domanda è posto dal comma 7 al 31 luglio 2021; tuttavia, la citata circolare dell'INPS n. 90 del 2021 pone il termine del 30 settembre 2021; si valuti l'opportunità di un chiarimento.

Il comma 8, in primo luogo, specifica che (così come già previsto per le precedenti indennità simili) le indennità di cui ai commi da 1 a 6 non concorrono alla formazione del reddito imponibile (ai fini delle imposte sui redditi). In secondo luogo, si prevede che le medesime indennità siano erogate dall'INPS nel limite di spesa complessivo di 848 milioni di euro per il 2021 (750,4 milioni, come detto, nel testo originario). L'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa e comunica i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze; qualora dal monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori.

I commi 9 e 10, come accennato, sono stati riformulati dalla Camera al fine di trasporre le norme di cui al citato comma 10 dell'articolo 4 del D.L. n. 99. Nel nuovo testo, il comma 9 incrementa da 897,6 milioni di euro a 1.065 milioni (sempre per il 2021) il limite di spesa relativo alla precedente ultima indennità in favore dei lavoratori in oggetto - nel testo originario, il limite veniva elevato (nel comma 10) a 918,6 milioni -[99]. Per l'onere corrispondente sia a tale incremento del limite sia all'intero limite di spesa suddetto di cui al comma 8, il nuovo testo del comma 10 - oltre a rinviare, per una quota pari a 771,4 milioni, come nel testo originario dei commi 9 e 10, alle disposizioni di cui all'articolo 77 - riduce, in considerazione dell'andamento delle relative domande[100]:

-       nella misura di 70 milioni di euro per il 2021, il limite di spesa - di cui all'articolo 1, comma 186, della L. 11 dicembre 2016, n. 232, e successive modificazioni - per l'istituto cosiddetto dell'APE sociale. Si ricorda che tale istituto (operante nella disciplina attuale fino al 31 dicembre 2021) consiste in un'indennità pre-pensionistica in favore di soggetti aventi determinati requisiti contributivi ed anagrafici e rientranti in almeno una tra specifiche fattispecie, inerenti alla sfera personale o familiare o lavorativa;

-       nella misura di 70 milioni di euro per il 2021, il limite di spesa - di cui all'articolo 1, comma 203, della suddetta L. n. 232 del 2016, e successive modificazioni - per i trattamenti pensionistici liquidabili secondo la disciplina relativa ai cosiddetti soggetti precoci. Si ricorda che quest'ultima categoria è costituita dai soggetti che abbiano almeno 12 mesi di contribuzione per periodi di lavoro effettivo precedenti il compimento del diciannovesimo anno di età, siano iscritti ad una forma di previdenza obbligatoria da una data precedente il 1° gennaio 1996 e si trovino in una delle fattispecie individuate dall'articolo 1, comma 199, della suddetta L. n. 232, e successive modificazioni;

-       nella misura di 126,6 milioni di euro per il 2021[101], il limite di spesa - di cui all'articolo 2, comma 8, del D.L. 13 marzo 2021, n. 30, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 maggio 2021, n. 61 - relativo alla concessione - in base ad alcune norme transitorie connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 ed inerenti a specifiche fattispecie relative ai figli - di congedi con indennità o di un bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting o di servizi integrativi per l’infanzia.

 

Si valuti l’opportunità di una riformulazione della rubrica dell’articolo 42, considerato che essa menziona solo alcune delle categorie di soggetti interessati dalle relative disposizioni.


Articolo 42, comma 8-bis
(Indennità corrisposte da regioni e province autonome in relazione all'emergenza epidemiologica da COVID-19)

 

 

Il comma 8-bis dell'articolo 42 è stato inserito dalla Camera. Esso esclude dalla base imponibile delle imposte sui redditi i contributi o indennità di qualsiasi natura corrisposti in favore di lavoratori dalle regioni o dalle province autonome in base a disposizioni di legge del medesimo ente territoriale e relativi all'emergenza epidemiologica da COVID-19; nel suddetto ambito, il beneficio dell'esenzione concerne esclusivamente le somme finanziate con oneri a carico del bilancio del medesimo ente e corrisposte in relazione alla cessazione, riduzione o sospensione dell'attività lavorativa o del rapporto di lavoro. Il beneficio è riconosciuto anche qualora le somme suddette siano state attribuite in via integrativa rispetto a misure di sostegno stabilite dalla disciplina statale.

 

In base alla formulazione della norma, l'esenzione riguarda esclusivamente le indennità corrisposte dai suddetti enti territoriali in relazione alla titolarità di redditi definiti - nel testo unico delle imposte sui redditi[102] - come redditi da lavoro (redditi da lavoro dipendente, assimilati a quelli da lavoro dipendente, o da lavoro autonomo[103]), con esclusione dei redditi qualificati nel medesimo testo unico come redditi di impresa. Sempre in base alla formulazione della norma, l'esenzione non riguarderebbe i casi in cui le indennità siano state corrisposte senza un provvedimento di rango legislativo. Si consideri l'opportunità di valutare tale profilo.

Si ricorda che, in ogni caso, l'articolo 10-bis, comma 1, del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, esclude dalla base imponibile, ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione (inerente all'IRAP), i contributi e le indennità di qualsiasi natura erogati in via eccezionale a seguito dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e diversi da quelli esistenti prima della medesima emergenza, da chiunque erogati e indipendentemente dalle modalità di fruizione e contabilizzazione, spettanti ai soggetti esercenti impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi. Riguardo alla disciplina di cui al medesimo articolo 10-bis, cfr. anche la scheda relativa all'articolo 1-bis del presente decreto.


Articolo 43
(Sgravio contributivo in favore dei datori di lavoro operanti nei settori del turismo, degli stabilimenti termali, del commercio nonché nei settori creativo, culturale e dello spettacolo)

 

 

L’articolo 43 prevede uno sgravio relativo alle quote di contribuzione previdenziale a carico dei datori di lavoro privati operanti in alcuni settori. Nel testo originario, il beneficio concerne i settori del turismo, degli stabilimenti termali e del commercio; la Camera ha aggiunto i settori creativo, culturale e dello spettacolo; in ogni caso, l'esonero concerne esclusivamente i datori suddetti che abbiano usufruito di trattamenti di integrazione salariale nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2021. L’esonero è riconosciuto - nel rispetto di un limite complessivo di minori entrate contributive pari a 770,9 milioni di euro per il 2021 (770,0 milioni nel testo originario, così modificato dalla Camera) - a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto (26 maggio 2021) e fino al 31 dicembre 2021, nel limite del doppio delle ore di integrazione salariale fruite nei suddetti tre mesi (commi 1 e 4). L’esonero è riparametrato su scala mensile nell’ambito dell’arco temporale summenzionato; in ogni caso, dal beneficio e dal relativo computo sono esclusi i premi e i contributi relativi all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

L’applicazione dell’esonero contributivo in esame è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea (comma 5).

Alcuni divieti connessi alla fruizione del beneficio sono disciplinati dai commi 2 e 3.

Il comma 6 rinvia per la copertura degli oneri finanziari derivanti dallo sgravio in esame al successivo articolo 77.

 

Si valuti l’opportunità di specificare se lo sgravio concerna esclusivamente i contributi (limitatamente, come detto, alle quote a carico del datore di lavoro) relativi ai lavoratori operanti nei summenzionati settori, considerato che il datore di lavoro potrebbe avere dipendenti operanti anche in altri settori.

Come accennato, il beneficio è commisurato al doppio delle ore di integrazione salariale eventualmente fruite nei mesi di gennaio, febbraio e marzo 2021. Si consideri l’opportunità di valutare se da tale limitazione debba conseguire - in conformità a precedenti previsioni di sgravi contributivi e in relazione al principio di parità di trattamento tra imprese - la formulazione di un principio di alternatività tra la domanda del beneficio in oggetto e la domanda di interventi di integrazione salariale con causale COVID-19[104].

 

Riguardo, più in particolare, all’ambito dei datori di lavoro interessati, si ricorda che, in base all’interpretazione seguita dall’INPS nel settore degli sgravi contributivi, la locuzione "datori di lavoro privati" ricomprende anche gli enti pubblici economici (cfr., per esempio, la circolare dell’INPS n. 57 del 28 aprile 2020). Per la ricognizione delle attività rientranti nei settori del turismo e degli stabilimenti termali, cfr. la circolare dell’INPS n. 94 del 14 agosto 2020. Riguardo all’ambito delle attività rientranti nel settore del commercio, cfr. la circolare dell’INPS n. 56 dell’8 marzo 2017.

 

Il comma 1 esplicita che lo sgravio contributivo in esame non modifica l’aliquota di computo dei trattamenti pensionistici.

L’esonero in oggetto è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote contributive previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta (comma 4). L'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite suddetto delle minori entrate contributive e comunica i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze; qualora dal monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite, non sono adottati altri provvedimenti concessori.

Come accennato, l’applicazione dell’esonero contributivo in esame è subordinata all’autorizzazione della Commissione europea (comma 5). Al riguardo, ferma restando la condizione suddetta, la norma richiama il rispetto dei limiti e delle condizioni stabiliti dalla Comunicazione della Commissione europea recante un "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19" (C/2020/1863 del 19 marzo 2020), e successive modificazioni[105]. Si ricorda che la sezione 3.1 della suddetta Comunicazione, e successive modificazioni, considera come aiuti di Stato compatibili con il mercato interno[106] quelli che rispettino, tra le altre, le seguenti condizioni: siano di importo non superiore a 1.800.000 euro (per impresa e al lordo di qualsiasi imposta o altro onere); siano concessi entro il 31 dicembre 2021[107].

Il comma 2 dispone che per i datori di lavoro che abbiano beneficiato dello sgravio in esame si applichino fino al 31 dicembre 2021 le norme di cui all’articolo 8, commi da 9 a 11, del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2021, n. 69. Tale richiamo comporta, per l’ipotesi in esame, l’applicazione fino al 31 dicembre 2021 - fatte salve alcune fattispecie - sia della norma transitoria sulla sospensione delle procedure di licenziamento collettivo sia della norma transitoria che esclude per i datori di lavoro la possibilità di risoluzione del rapporto di lavoro per giustificato motivo oggettivo.

Il comma 3 prevede che la violazione delle disposizioni di cui al comma 2 comporti la revoca (con efficacia retroattiva) dell'esonero contributivo in oggetto e l'impossibilità di presentare domanda di integrazione salariale con causale COVID-19. Si consideri l’opportunità di valutare quest’ultima previsione, considerato che la disciplina di cui al presente articolo non pone un principio di alternatività tra lo sgravio in esame e i trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19. Sotto il profilo redazionale, si valuti l’opportunità di integrare il richiamo ai suddetti trattamenti con il riferimento all’articolo 1, comma 300, dell'articolo 1 della L. 30 dicembre 2020, n. 178[108].

Il comma 6, ai fini della copertura finanziaria dell’onere di 770,9 milioni di euro per il 2021 - corrispondente al suddetto limite massimo di minori entrate contributive - e dei successivi effetti fiscali negativi derivanti dallo sgravio - valutati pari a 97,1 milioni di euro per il 2023 -, rinvia alle disposizioni di cui all’articolo 77, ad eccezione di due quote, pari, rispettivamente, a 0,9 milioni per il 2021 e a 0,1 milioni per il 2023, le quali vengono coperte dal medesimo comma 6 mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili (di cui all'articolo 1, comma 200, della L. 23 dicembre 2014, n. 190, e successive modificazioni).

Sotto il profilo redazionale, si valuti l'opportunità di sopprimere, nel comma 4, il riferimento ad un limite di minori entrate contributive per il 2023, pari a 0,1 milioni, in quanto improprio in relazione al periodo temporale di fruizione dell'esonero ed al quadro finanziario complessivo sopra ricordati.

 

 


Articolo 43-bis
(Contributi per i servizi della ristorazione collettiva)

 

 

L’articolo 43-bis, introdotto dalla Camera, dispone l'erogazione, alle imprese operanti nei servizi di ristorazione collettiva, di contributi a fondo perduto nel limite di spesa complessivo di 100 milioni di euro per l'anno 2021, al fine di mitigare la crisi economica derivante dall'emergenza epidemiologica da COVID-19 (comma 1).

 

Il comma 2 demanda a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, la definizione dei criteri e delle modalità di attuazione dell'articolo, anche al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa di cui al comma l, tenendo in considerazione anche il costo del lavoro.
Il comma 3 reca la copertura degli oneri, ai quali si provvede ai sensi dell'articolo 77.
Il comma 4 subordina l'efficacia delle suddette disposizioni all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

 

Tale disposizione prevede la comunicazione alla Commissione dei progetti diretti a istituire o modificare aiuti, in tempo utile perché questa presenti le sue osservazioni. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma dell'articolo 107[109], la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista dal paragrafo precedente e consistente nella modifica o nella soppressione delle misure in questione. Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

 


Articolo 43-ter
(Disposizioni straordinarie in materia di promozione dell'offerta turistica)

 

 

L’articolo 43-ter, introdotto dalla Camera, consente alle regioni la stipula di una polizza assicurativa relativa all'assistenza sanitaria a favore dei turisti stranieri non residenti in Italia né nella Repubblica di San Marino o nello Stato della Città del Vaticano, che contraggano la sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus-2 (SARS-CoV-2) durante la loro permanenza nel territorio regionale, quali ospiti di strutture turistico-ricettive, per il rimborso delle spese mediche da essi sostenute in relazione al COVID-19 per prestazioni erogate dalle strutture del Servizio sanitario nazionale e dei costi per il prolungamento del loro soggiorno in Italia. La finalità è quella di promuovere l'offerta turistica nazionale e di far fronte alle ricadute economiche negative sul settore turistico a seguito delle misure di contenimento e di gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 (comma 1).

 

Il comma 2 dispone che la copertura assicurativa abbia durata dalle ore ventiquattro della data di stipulazione della relativa polizza sino alle ore ventiquattro del 31 dicembre 2021. Il comma 3 prevede l'applicazione alla procedura per la stipulazione della polizza delle disposizioni finalizzate ad incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici in relazione agli affidamenti sopra soglia, dettate dall'articolo 2 del D.L. 76/2020 (L. 120/2020). Il comma 4 istituisce quindi, nello stato di previsione del Ministero del turismo, il «Fondo straordinario per il sostegno al turismo», con dotazione di 3 milioni di euro per l'anno 2021, per le finalità testé indicate. Il comma 5 demanda a un decreto del Ministro del turismo, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, sentita la Conferenza Stato-regioni, la definizione delle modalità di attuazione dell'articolo in esame. Il comma 6 reca la copertura degli oneri, ai quali si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili, come rifinanziato dall'articolo 77, comma 7, del provvedimento in esame.

 

In base all'articolo 2, comma 1, del D.L. 76/2020 (L. 120/2020), si applicano le procedure di affidamento e la disciplina dell'esecuzione del contratto in esso previste qualora la determina a contrarre o altro atto di avvio del procedimento equivalente sia adottato entro il 30 giugno 2023. In tali casi, salve le ipotesi in cui la procedura sia sospesa per effetto di provvedimenti dell'autorità giudiziaria, l'aggiudicazione o l'individuazione definitiva del contraente avviene entro il termine di sei mesi dalla data di adozione dell'atto di avvio del procedimento. Il mancato rispetto di tali termini, la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell'esecuzione dello stesso possono essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale e, qualora imputabili all'operatore economico, costituiscono causa di esclusione dell'operatore dalla procedura o di risoluzione del contratto per inadempimento che viene senza indugio dichiarata dalla stazione appaltante e opera di diritto.

Il comma 2 prevede - salvo quanto previsto al comma 3 - che le stazioni appaltanti procedono all’affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l’attività di progettazione, di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea mediante la procedura aperta, ristretta o - previa motivazione sulla sussistenza dei presupposti previsti dalla legge - la procedura competitiva con negoziazione sia per i settori ordinari sia per i settori speciali, ovvero  anche mediante il dialogo competitivo. In ogni caso si prevedono i termini ridotti in casi di urgenza di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c) del medesimo D.L. 76/2020.

Il comma 3 detta norme per il ricorso alla procedura negoziata per l’affidamento delle attività di esecuzione di lavori, servizi e forniture nonché dei servizi di ingegneria e architettura, inclusa l’attività di progettazione, per opere di importo pari o superiore alle soglie comunitarie. Si tratta della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara rispettivamente previste per i settori ordinari e per i settori speciali. Si stabilisce che essa può essere utilizzata nella misura strettamente necessaria quando - per ragioni di estrema urgenza derivanti dagli effetti negativi della crisi causata dalla pandemia COVID-19 o dal periodo di sospensione delle attività determinato dalle misure di contenimento adottate - i termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie non possono essere rispettati. Il ricorso a tale procedura per ragioni di estrema urgenza avviene previa pubblicazione dell'avviso di indizione della gara o di altro atto equivalente, nel rispetto di un criterio di rotazione. La disposizione indica, quale presupposto dell'adozione di tale modulo procedimentale nella fattispecie in esame, il criterio della 'misura strettamente necessaria', a sua volta collegato alla impossibilità di rispettare i termini, anche abbreviati, previsti dalle procedure ordinarie. La procedura negoziata può essere utilizzata altresì per l'affidamento delle attività di esecuzione lavori, servizi e forniture di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europee, anche in caso di singoli operatori economici con sede operativa collocata in aree di preesistente crisi industriale complessa, che, con riferimento a dette aree ed anteriormente alla dichiarazione dello stato di emergenza sanitaria da COVID-19 del 31 gennaio 2020, abbiano stipulato con le pubbliche amministrazioni competenti un accordo di programma ai sensi dell'articolo 252-bis del codice dell'ambiente, in materia di siti inquinati nazionali di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale.

Il comma 4 stabilisce poi disposizioni di deroga alla normativa vigente (fatti salvi i profili specificati) in relazione sia ai casi previsti dal comma 3 sia ad una ampia serie di settori espressamente elencati, quali: edilizia scolastica e universitaria; edilizia sanitaria e giudiziaria e penitenziaria; infrastrutture per la sicurezza pubblica; infrastrutture per attività di ricerca scientifica; trasporti e infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali, aeroportuali, lacuali e idriche, ivi compresi gli interventi inseriti nei contratti di programma ANAS-Mit 2016-2020 e RFI-Mit 2017 – 2021 e relativi aggiornamenti; gli interventi funzionali alla realizzazione del Piano Nazionale Energia e Clima (PNIEC); i contratti relativi o collegati ad essi, 'per quanto non espressamente disciplinato dall'articolo in esame'.

Tali disposizioni si applicano, altresì, agli interventi per la messa a norma o in sicurezza degli edifici pubblici destinati ad attività istituzionali, al fine di sostenere le imprese ed i professionisti del comparto edile, anche operanti nell'edilizia specializzata sui beni vincolati dal punto di vista culturale o paesaggistico, nonché per recuperare e valorizzare il patrimonio esistente.

In base al comma 5, per ogni procedura di appalto è nominato un responsabile unico del procedimento che, con propria determinazione adeguatamente motivata, valida ed approva ciascuna fase progettuale o di esecuzione del contratto, anche in corso d’opera.

Il comma 6 prevede la pubblicazione degli atti delle stazioni appaltanti adottati ai sensi del presente articolo, e del relativo aggiornamento degli atti, sui rispettivi siti internet istituzionali, nella sezione «Amministrazione trasparente» con applicazione della disciplina di cui al decreto legislativo n. 33 del 2013. Nella medesima sezione, sono altresì pubblicati gli ulteriori atti indicati all'articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici in materia di trasparenza. Il ricorso ai contratti secretati di cui all’articolo 162 del codice dei contratti pubblici è limitato ai casi di 'stretta necessità' e richiede una specifica motivazione.


Articolo 44
(Indennità in favore di operatori nel settore dello sport)

 

 

I commi da 1 a 6 dell’articolo 44 prevedono, in favore di titolari di rapporti di collaborazione presso il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), il CIP (Comitato Italiano Paralimpico), una federazione sportiva nazionale o una disciplina sportiva associata del CONI o del CIP, un ente di promozione sportiva, riconosciuto dal CONI o dal CIP, ovvero presso una società o associazione sportiva dilettantistica[110], nel rispetto di un limite di spesa pari a 220 milioni di euro per il 2021, un’indennità una tantum, di ammontare variabile in relazione alla misura del reddito percepito, nell’anno di imposta 2019, in relazione ad attività rientranti nelle fattispecie summenzionate. Il riconoscimento dell'indennità è subordinato alla condizione che i soggetti, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, abbiano cessato, ridotto o sospeso la loro attività; ai fini in oggetto, il comma 4 considera in ogni caso cessati a causa della suddetta emergenza anche i rapporti di collaborazione scaduti entro il 31 marzo 2021 e non rinnovati. L’indennità è corrisposta dalla società Sport e salute S.p.A[111]. I divieti di cumulo dell’indennità in esame con altri redditi ed altre prestazioni sono definiti dal comma 1. Il comma 6 rinvia per la copertura dell’onere finanziario - corrispondente al suddetto stanziamento di 220 milioni di euro per il 2021 - alle disposizioni di cui al successivo articolo 77.

I successivi commi da 7 a 12 definiscono una procedura di pagamento per i soggetti che abbiano fatto domanda sia alla società Sport e salute S.p.A. per alcune delle precedenti indennità temporanee in esame sia all'INPS per le indennità temporanee (incompatibili con quelle summenzionate) previste in favore di altre categorie di lavoratori da parte delle norme relative all'emergenza epidemiologica da COVID-19. La procedura in oggetto concerne i casi in cui l'INPS abbia riconosciuto il diritto alle indennità di propria competenza ed è ammessa nel rispetto di un limite massimo di spesa pari a 35,8 milioni di euro per il 2021. All’onere finanziario corrispondente al suddetto limite si provvede ai sensi delle disposizioni di cui al successivo articolo 77.

Il comma 13 prevede che le somme trasferite alla società Sport e salute S.p.A. ai fini del pagamento delle indennità in favore dei collaboratori sportivi in oggetto e non utilizzate siano riversate all'entrata del bilancio dello Stato entro il 15 settembre 2021.

 

Si ricorda che un’indennità è stata riconosciuta, per il mese di marzo 2020, per un ambito di categorie più limitato rispetto a quello summenzionato di cui al comma 1 del presente articolo[112] e, per ciascuno dei mesi di aprile, maggio, giugno, novembre e dicembre 2020, per un ambito di categorie identico a quello di cui al suddetto comma 1[113]; l'importo di ciascuna delle prime quattro indennità è stato pari a 600 euro, mentre l’importo di ciascuna delle due indennità successive è stato pari a 800 euro. Successivamente, l'articolo 10, commi da 10 a 15, del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2021, n. 69, ha riconosciuto un’ulteriore indennità una tantum, di ammontare variabile in relazione alla misura del reddito percepito nell’anno di imposta 2019[114].

La misura della nuova indennità, ai sensi del comma 2, è pari a:

§  2.400 euro per i soggetti che, nell’anno di imposta 2019, abbiano percepito compensi, relativi a rapporti di collaborazione rientranti nelle fattispecie summenzionate, in misura superiore a 10.000 euro;

§  1.600 euro nel caso in cui la misura dei compensi in esame (percepiti nell’anno di imposta 2019) sia risultata compresa tra 4.000 e 10.000 euro;

§  800 euro nel caso in cui i compensi in oggetto (percepiti nel medesimo anno di imposta) siano stati inferiori a 4.000 euro.

Per l'applicazione di tali parametri la società Sport e salute S.p.A. - ai sensi del comma 3 - acquisisce dall'Agenzia delle entrate, sulla base di apposite intese, i dati relativi ai beneficiari.

A differenza delle norme relative alle suddette indennità precedenti, la disciplina di cui ai commi da 1 a 5 in esame, per quanto riguarda i rapporti di collaborazione con le società e associazioni sportive dilettantistiche, non pone la condizione che la società o associazione sia iscritta nel relativo registro curato dal CONI (registro che contiene anche una sezione concernente le società ed associazioni dilettantistiche facenti capo al CIP). Si valuti l’opportunità di chiarire tale profilo.

Il comma 4 prevede, in primo luogo, che i soggetti interessati autocertifichino la persistenza dei presupposti e delle condizioni di cui al comma 1.

Riguardo alla previsione di cui al medesimo comma 4, secondo cui, come accennato, ai fini del riconoscimento dell’indennità, si considerano in ogni caso cessati a causa dell’emergenza epidemiologica anche i rapporti di collaborazione scaduti entro il 31 marzo 2021 e non rinnovati, si valuti l'opportunità di chiarire le fattispecie di scadenza e di mancato rinnovo, considerato anche che non vengono posti altri riferimenti circa il periodo temporale interessato dalla cessazione (ovvero dalla sospensione o riduzione dell’attività), circa la data di inizio del rapporto e circa il termine temporale di riferimento per la verifica dell'assenza di rinnovo.

Il comma 1 conferma che l'indennità in esame non concorre alla formazione del reddito fiscale imponibile (ai fini delle imposte sui redditi) ed esclude dall'ambito della prestazione i titolari di altro reddito da lavoro o di alcuni trattamenti, costituiti da indennità temporanee simili, nonché dal Reddito di cittadinanza, dal Reddito di emergenza e da trattamenti di integrazioni salariali; i redditi da lavoro (da lavoro dipendente o assimilati a quelli da lavoro dipendente o da lavoro autonomo) e i trattamenti summenzionati sono individuati in termini sostanzialmente omologhi rispetto ai divieti di cumulo già posti per le suddette indennità precedenti.

Il comma 1, inoltre, specifica, così come le disposizioni relative alle precedenti indennità, che dal divieto di cumulo con il reddito da lavoro dipendente deriva anche l'incompatibilità con le pensioni di ogni genere e con gli assegni ad esse equiparati[115], fatto salvo il cumulo[116] con l'assegno ordinario di invalidità, di cui all'articolo 1 della L. 12 giugno 1984, n. 222[117].

Il comma 5 prevede che la società Sport e salute S.p.A. provveda al monitoraggio del rispetto del limite di spesa di cui al comma 1 e comunichi, con cadenza settimanale, i risultati di tale attività all'Autorità di Governo competente in materia di sport e al Ministero dell'economia e delle finanze. Qualora dal monitoraggio emergano scostamenti rispetto al limite di spesa, la società Sport e salute S.p.A. non prende in considerazione ulteriori autocertificazioni, dandone comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze. Resta ferma la possibilità di utilizzo, ai fini dell’erogazione del beneficio e previa comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze, di eventuali economie accertate in sede di attuazione dell'ultima precedente indennità relativa ai collaboratori sportivi in esame.

Il comma 6 rinvia per la copertura finanziaria del suddetto stanziamento di 220 milioni di euro (per il 2021) alle disposizioni di cui al successivo articolo 77.

I commi da 7 a 12 definiscono una procedura di pagamento per i soggetti che abbiano fatto domanda sia alla società Sport e salute S.p.A. per le precedenti indennità temporanee in esame - con esclusione dell'ultima indennità precedente (di cui al citato articolo 10, commi da 10 a 15, del D.L. n. 41 del 2021) - sia all'INPS per le indennità temporanee - incompatibili con quelle summenzionate - previste in favore di altre categorie di lavoratori da parte delle norme relative all'emergenza epidemiologica da COVID-19. La procedura in oggetto concerne i casi in cui l'INPS abbia riconosciuto il diritto alle indennità di propria competenza.

Più in particolare, i commi 7 e 8 prevedono che la suddetta società acquisisca dall’INPS i dati relativi ai pagamenti effettuati da quest'ultimo e, previo accertamento della sussistenza dei requisiti stabiliti per ciascuna indennità prevista in favore dei titolari di un rapporto di collaborazione sportiva, liquidi l’importo spettante (detraendo le somme eventualmente già erogate dalla medesima società o dall'INPS), nel rispetto di un limite massimo di spesa pari a 35,8 milioni di euro per il 2021. Ai fini della suddetta verifica dei requisiti, i soggetti interessati presentano apposita autocertificazione, ai sensi del comma 10, nella piattaforma informatica già costituita - ai fini della presentazione delle domande per le indennità in oggetto di propria competenza - dalla società Sport e salute S.p.A.

Restano fermi (commi 8 e 9) i divieti di cumulo e le incompatibilità già vigenti (cfr., al riguardo, anche sub il precedente comma 1).

Si valuti l'opportunità di chiarire i criteri di determinazione dell'importo spettante, considerato che il comma 7 fa riferimento ai casi in cui il diritto all'indennità sia stato riconosciuto dall'INPS, che le indennità rientranti in quest'ultima fattispecie sono incompatibili con le indennità per i collaboratori sportivi e che il comma 8 fa riferimento alla verifica della sussistenza dei requisiti stabiliti per ciascuna indennità prevista in favore dei collaboratori sportivi.

Si valuti l'opportunità di chiarire se - come sembrerebbe dalla norma finale di cui al comma 7, la quale fa riferimento a tutte le indennità temporanee previste dalle disposizioni suddette e di competenza dell'INPS - la procedura di pagamento in esame riguardi anche l'indennità in favore dei lavoratori domestici[118] (benché essa non sia specificamente richiamata nel medesimo comma).

Alla copertura dell'onere finanziario corrispondente al suddetto limite di 35,8 milioni di euro per il 2021 si provvede (comma 11) ai sensi del successivo articolo 77.

Ai sensi del comma 12, sono autorizzati gli scambi dei dati necessari ai fini dell'attuazione dei commi da 7 a 10 tra la società Sport e salute S.p.A. e l'INPS, nonché il relativo trattamento.

Il comma 13 prevede che le somme trasferite alla società Sport e salute S.p.A. ai fini del pagamento delle indennità in favore dei collaboratori sportivi in oggetto e non utilizzate siano riversate all'entrata del bilancio dello Stato entro il 15 settembre 2021.

 

 


Articolo 45
(Proroga CIGS per cessazione di attività e incremento
del Fondo sociale per occupazione e formazione)

 

 

L’articolo 45 prevede, dal 26 maggio 2021 al 31 dicembre 2021, la possibilità già riconosciuta per il 2020 - di prorogare ulteriormente per un massimo di sei mesi (che si aggiungono al limite massimo di 12 mesi finora previsto) il trattamento straordinario di integrazione salariale per le aziende con particolare rilevanza strategica che cessano l’attività produttiva, qualora le azioni necessarie alla salvaguardia occupazionale e al completamento del processo di cessazione aziendale avviato abbiano incontrato fasi di particolare complessità.

 

La norma in commento - attraverso l’aggiunta del comma 1-bis all’art. 44 del D.L. 109/2018 - riconosce dunque la possibilità per le suddette aziende di fruire di un ulteriore periodo di CIGS, per un massimo di sei mesi, che va ad aggiungersi ai 12 mesi previsti, in deroga ai limiti generali di durata, per il 2021 e 2022 per le medesime aziende dall’art. 44 del D.L. 109/2018 (vedi infra)[119].

 

Tale ulteriore proroga è concessa, previo ulteriore accordo stipulato in sede governativa, qualora vi siano state particolari complessità (anche rappresentate dal Ministero dello sviluppo economico) per il completamento e per la salvaguardia occupazionale relativi al processo di cessione aziendale avviato (comma 1, primo periodo).

Ai maggiori oneri derivanti dalla proroga in commento si provvede a valere sulle risorse stanziate dall’articolo 1, comma 278, primo periodo, della L. 178/2020 per la proroga, per il 2021 e 2022, di ulteriori 12 mesi della CIGS per cessazione di attività e pari a 200 mln di euro per il 2021 e a 50 mln per il 2022, che, a tal fine, sono incrementate di 50 mln di euro per il 2021 e di 25 mln per il 2022 (comma 1, secondo periodo).

Come specificato nella Relazione tecnica allegata al decreto legge in esame, sulla base dei dati di monitoraggio dell’Inps si evidenzia che nel 2020 sono state utilizzate risorse per 63,8 milioni di euro inferiori alle risorse stanziate. Il finanziamento a norma del comma 278 articolo 1 della legge 178/2020 è di 200 milioni di euro per il 2021 e 50 per il 2022; considerato il limitato utilizzo di tale tipo di integrazione salariale contestualmente ai trattamenti di integrazione con causale Covid, la medesima RT stima che una proroga di 6 mesi dei trattamenti che terminano entro l’anno 2021 possa essere coperta da un finanziamento che, in ogni caso, costituisce limite di spesa, di 50 milioni di euro nel 2021 e 25 milioni nel 2022.

Ai suddetti maggiori oneri si provvede a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione (di cui all’art. 18, co. 1, lett. a), del D.L. 185/2008) che viene incrementato di 125 mln di euro per il 2022, a cui si provvede ai sensi dell'articolo 77 (alla cui scheda di lettura si rimanda) (commi 1, ultimo periodo, e 2).

 

CIGS per cessazione di attività

In attuazione della delega di cui alla L. 183/2014, che ha disposto, nell’ambito del riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di lavoro, l’esclusione di ogni forma di integrazione salariale in caso di cessazione definitiva dell'attività aziendale o di un ramo di essa, il D.Lgs. 148/2015 ha escluso (dal 1° gennaio 2016) la cessazione di attività di impresa (o di un ramo di essa) tra le cause di richiesta di cassazione integrazione guadagni. Tuttavia, l’articolo 21, comma 4, del medesimo decreto n. 148 ha previsto (in deroga ai limiti di durata massima) la possibilità di autorizzare, entro il limite di spesa di 50 milioni di euro annui per il triennio 2016-2018 (a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione), sino a un limite massimo di 12, 9 e 6 mesi, e previo accordo stipulato in sede governativa, un ulteriore intervento di CIGS, nel caso in cui all'esito dello specifico programma di crisi aziendale, l'impresa avesse cessato l'attività produttiva e sussistessero concrete prospettive di rapida cessione dell'azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale.

Successivamente, il richiamato art. 44 del D.L. 109/2018 - come modificato, da ultimo, dal comma 278 della L. 178/2020 - ha prorogato la concessione della CIGS in oggetto per gli anni 2021 e 2022, nel limite di spesa di 200 mln di euro per il 2021 e di 50 mln di euro per il 2022. Come anticipato, in base all’art. 44, l’autorizzazione alla prosecuzione della CIGS è ammessa:

§  qualora sussista una delle seguenti ipotesi:

-    risultino concrete prospettive di cessione dell’attività, con conseguente riassorbimento occupazionale;

-    sia possibile realizzare interventi di reindustrializzazione del sito produttivo;

-    siano svolti specifici percorsi di politica attiva del lavoro, posti in essere dalla regione interessata e relativi ai lavoratori dell'azienda in oggetto;

§  per un periodo massimo complessivo di dodici mesi;

§  anche in deroga ai limiti di durata massima per la cassa integrazione ordinaria e straordinaria, che prevedono, rispettivamente, in generale, una durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile e di 12 mesi, anche continuativi, in caso di crisi aziendale;

§  subordinatamente alla conclusione di un accordo stipulato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Infine, l’art. 1, co. 493, della L. 160/2019, aveva introdotto per il 202, la possibilità, per il 2020 e nel limite massimo complessivo delle risorse stanziate, di prorogare ulteriormente per un massimo di sei mesi il suddetto intervento di cassa integrazione guadagni straordinaria.

 


Articolo 46, comma 1
(Oneri di funzionamento dei centri per l’impiego)

 

 

L’articolo 46, comma 1, autorizza una spesa, nel limite di 70 milioni di euro per il 2021, per far fronte agli oneri di funzionamento correlati all’esercizio delle funzioni dei centri per l’impiego, in connessione con l’incremento delle dotazioni organiche previsto dal Piano straordinario di potenziamento dei centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro.

 

In dettaglio, il comma 1 autorizza una spesa, nel predetto limite di 70 milioni di euro per l’anno 2021 – da iscrivere su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – per far fronte agli oneri di funzionamento dei centri per l’impiego correlati all’esercizio delle relative funzioni e in connessione con l’incremento delle dotazioni organiche previsto dal richiamato Piano straordinario di potenziamento dei centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro.

 

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 12 del D.L. n. 4/2019, recante disposizioni finanziarie per l’attuazione del programma del reddito di cittadinanza, ha previsto, al comma 3, l’adozione, al fine di favorire il reinserimento occupazionale del beneficiario di reddito di cittadinanza, del Piano straordinario di potenziamento dei centri per l’impiego e delle politiche attive del lavoro, triennale e aggiornabile annualmente, che individua specifici standard di servizio per l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni in materia e i connessi fabbisogni di risorse umane e strumentali delle regioni e delle province autonome, nonché obiettivi relativi alle politiche attive del lavoro in favore dei beneficiari del reddito di cittadinanza. Tale Piano – adottato conhttps://www.lavoro.gov.it/documenti-e-norme/normative/Documents/2019/DM-28062019-n-74-potenziamento-dei-CPI.pdf DM 28 giugno 2019, a seguito di un'Intesa siglata il 17 aprile 2019 tra Stato e regioni - ha provveduto, tra l'altro, a ripartire le seguenti assunzioni (per un totale di 11.600 unità di personale) previste da diversi provvedimenti legislativi e volte al rafforzamento dei CPI:

§  fino a 3.000 unità di personale con decorrenza dal 2020 (art. 12, co. 3-bis, D.L. 4/2019)

§  fino a 4.000 unità di personale, da assumere nel 2019 e a decorrere dal 2020 (art. 1, co. 258, della L. 145/2018)

§  fino a 4.600 unità di personale a decorrere dall'anno 2021 (art. 12, co. 3-bis, D.L. 4/2019).[120]

Inoltre, l’articolo 1, comma 258, della L. n. 145/2018 e l’articolo 12, comma 3-bis, del citato D.L. n. 4/2019, hanno previsto un incremento delle dotazioni organiche dei centri per l’impiego per complessive 11.600 unità di personale e oneri per complessivi 464 milioni di euro a decorrere dal 2021, autorizzando, a decorrere dal 2021, la destinazione di risorse ai centri per l’impiego – con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano – a copertura degli oneri di finanziamento correlati all’esercizio delle relative funzioni, sulla base delle disponibilità del “Fondo da ripartire per l'introduzione del reddito di cittadinanza” di cui all’articolo 1, comma 255, della legge 145/2018[121].

Come ricordano le relazioni tecnica e illustrativa allegate al decreto-legge, tale ultima autorizzazione di spesa è stata soppressa dall’articolo 1, comma 371, della L. n. 178/2020, al fine di finanziare l’incremento del fondo destinato all’erogazione del beneficio economico del Reddito di cittadinanza. Pertanto, non residuando risorse disponibili a copertura dei maggiori oneri di funzionamento dei centri per l’impiego, il finanziamento operato dalla norma in commento trae origine dalla necessità di consentire l’incremento delle dotazioni organiche previsto dalle norme richiamate, nonché di garantire, per il 2021, la continuità di funzionamento dei centri per l’impiego e permettere le assunzioni previste dal Piano straordinario.

 

Agli oneri previsti dalla norma – pari, come detto, a 70 milioni di euro per il 2021 – si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per il reddito di cittadinanza, di cui all’articolo 12, comma 1, del D.L. n. 4/2019.

 

Si ricorda che il richiamato art. 12, comma 1, del D.L. n. 4/2019, ai fini dell'erogazione del beneficio economico del reddito di cittadinanza e della pensione di cittadinanza (di cui agli articoli 1, 2 e 3 e 8 del medesimo D.L.), nonché dell'erogazione del reddito di inclusione, autorizzava limiti di spesa nella misura di 5.906,8 milioni di euro nel 2019, di 7.166,9 milioni di euro nel 2020, di 7.391 milioni di euro nel 2021 e di 7.245,9 milioni di euro annui a decorrere dal 2022, da iscrivere su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali denominato «Fondo per il reddito di cittadinanza». Tale dotazione è stata rideterminata, da ultimo, dall’art. 1, comma 371, della L. n. 178/2020[122], nonché, per un importo pari a 1.000 milioni di euro per il 2021, dall’articolo 11, comma 1, del D.L. n. 41/2021.

La relazione tecnica giustifica la quantificazione del finanziamento in questione nella misura di 70 milioni di euro sulla base di una percentuale degli oneri di funzionamento, stimata in misura non inferiore al 15% del costo del nuovo personale (che è pari a 464 milioni di euro a decorrere dal 2021).

Si fa presente, infine, che tra gli investimenti delineati nel PNRR[123] figura l’investimento 1.1 (nell’ambito della Missione 5, Componente 1), che prevede risorse pari a 600 milioni di euro (200 per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023) per il potenziamento dei centri per l’impiego, da destinare alle regioni; di questi, 400 milioni sono già ripartiti tra le regioni stesse sulla base delle unità aggiuntive di personale previste nel Piano nazionale di potenziamento dei Centri per l’impiego[124].

 


Articolo 46, commi 2-4
(Nuova Governance dell’Anpal: modifiche
al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150)

 

 

L’articolo 46, commi da 2 a 4, modifica le norme del D.lgs.150/2015 concernenti la governance e l’organizzazione di ANPAL. In primo luogo, sono abrogate le norme concernenti la figura del presidente, le cui principali competenze sono attribuite al direttore, al quale è altresì affidata la rappresentanza legale dell’Agenzia. Sono abrogate, inoltre, le norme concernenti il direttore generale, sono individuati il procedimento di nomina e le funzioni del direttore e sono altresì ridefinite le modalità di nomina, le funzioni e la composizione del consiglio di amministrazione. Inoltre, si dispone la nomina di un commissario straordinario – del quale la norma individua poteri, funzioni e responsabilità – al fine di assicurare la continuità amministrativa dell’Agenzia, nelle more dell’adozione delle modifiche dello statuto dell’ANPAL, nonché della nomina del direttore e del consiglio di amministrazione di ANPAL. Infine, si prevede, a far data dalla nomina del commissario straordinario, il subentro del MEF – che esercita i diritti dell’azionista d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali –nella titolarità delle azioni di ANPAL Servizi Spa.

 

L’articolo 46, dunque, novellando il citato D. Lgs. n. 150/2015, abroga le disposizioni ivi contenute relative alla figura del presidente di ANPAL[125]; disciplina le nuove funzioni del direttore amministrazione e ridefinisce i compiti del consiglio di amministrazione (comma 2); dispone la nomina di un commissario straordinario, nelle more dell’adozione delle modifiche dello statuto di ANPAL e della nomina del direttore e del consiglio di amministrazione (comma 3) e prevede il subentro del MEF nella titolarità delle azioni di ANPAL Servizi Spa (comma 4).

 

Nuove funzioni del Direttore (comma 2, lett. a), lett. b) nn. 1) e 2) e lett. c), nn. 1) e 2))

 

Come già accennato, la norma in commento, eliminando il presidente dall’elenco degli organi di ANPAL[126], abroga altresì le disposizioni del D. Lgs. n. 150/2015 che ne disciplinavano le funzioni, attribuendo al direttore le principali competenze prima attribuite al presidente.

 

Si ricorda, in proposito, che il D.Lgs. n. 150/2015 affidava al presidente[127] il ruolo di interlocutore unico del governo, dei ministeri, degli altri enti e istituzioni, aveva la rappresentanza legale dell'ANPAL, presiedeva il consiglio di amministrazione, di cui convocava e presiedeva le riunioni e definiva l'ordine del giorno (funzioni ora attribuite al direttore). Il presidente, inoltre, era scelto tra personalità di comprovata esperienza e professionalità nel campo delle politiche e delle istituzioni del mercato del lavoro. Si ricorda che con la nomina del commissario straordinario, il successivo comma 3 dispone la decadenza automatica del presidente in carica alla data di entrata in vigore del decreto-legge (26 maggio 2021).

 

Il D.L. in commento sostituisce la figura del presidente con quella del direttore (v. infra), non riproducendo, però il contenuto dell’art. 7, comma 2, del D.Lgs. n. 150/2015, abrogato dal D.L. in commento, che affidava al presidente il ruolo di interlocutore unico del governo, dei ministeri, degli altri enti e istituzioni.

 

Inoltre, con la nomina del commissario straordinario, il presidente in carica alla data di entrata in vigore del D.L. in commento (26 maggio 2021) decade automaticamente da ANPAL e da ANPAL Servizi spa. Alla nomina del direttore, comunque, si procede entro il termine di sessanta giorni dall’entrata in vigore del D.L. (ossia entro il 25 luglio 2021) (cfr. infra, comma 3).

 

In particolare, la norma in esame, sostituendo l’art. 6, comma 2 e l’art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 150/2015, prevede che il direttore:

§  è scelto tra esperti, ovvero tra personale incaricato di funzioni di livello dirigenziale generale delle amministrazioni pubbliche[128], o di altro personale di diritto pubblico[129], in possesso di provata esperienza e professionalità nelle materie di competenza dell’ANPAL;

§  è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (come previsto dal D. Lgs. n. 150/2015 per la nomina del presidente); qualora sia dipendente di una pubblica amministrazione, la nomina avviene previo collocamento fuori ruolo, aspettativa non retribuita, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti. In tal caso, presso l’amministrazione di provenienza, è reso indisponibile un posto equivalente dal punto di vista finanziario.

§  ha diritto al trattamento economico e normativo riconosciuto per l’incarico di capo dipartimento di cui all’articolo 5 del D. Lgs. n. 300/1999.

Al riguardo, si ricorda che, ai sensi del richiamato art. 3 del D. Lgs. n. 300/1999, il capo del dipartimento svolge compiti di coordinamento, direzione e controllo degli uffici di livello dirigenziale generale compresi nel dipartimento stesso, al fine di assicurare la continuità delle funzioni dell'amministrazione ed è responsabile dei risultati complessivamente raggiunti dagli uffici da esso dipendenti, in attuazione degli indirizzi del ministro. Inoltre, dal capo del dipartimento dipendono funzionalmente gli uffici di livello dirigenziale generale compresi nel dipartimento stesso. In particolare, il capo del dipartimento, tra l’altro, determina i programmi per dare attuazione agli indirizzi del ministro; svolge funzioni di propulsione, di coordinamento, di controllo e di vigilanza nei confronti degli uffici del dipartimento; adotta gli atti per l'utilizzazione ottimale del personale secondo criteri di efficienza, disponendo gli opportuni trasferimenti di personale all'interno del dipartimento.

§  è sottoposto alla disciplina in materia di responsabilità dirigenziale di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi compresa la facoltà di revoca dell’incarico (c. 2, lett. b), n. 2));

In particolare, il citato art. 21 del D.Lgs. n. 165/2001 dispone l'impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, ovvero in caso di inosservanza delle direttive imputabili al dirigente, previa contestazione e ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo. In relazione alla gravità dei casi, l'amministrazione può inoltre, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, revocare l'incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli di cui all’art. 23 del D.Lgs., ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo. Infine, la norma prevede la decurtazione della retribuzione di risultato per il dirigente nei confronti del quale sia stata accertata, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio secondo le procedure previste dalla legge e dai contratti collettivi nazionali, la colpevole violazione del dovere di vigilanza sul rispetto, da parte del personale assegnato ai propri uffici, degli standard quantitativi e qualitativi fissati dall'amministrazione.

§  ha la rappresentanza legale dell’ANPAL (funzione prima attribuita al presidente);

§  provvede all’attuazione degli indirizzi e delle linee guida adottate d’intesa con il consiglio di amministrazione e approvate dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali;

§  presenta al consiglio di amministrazione il bilancio preventivo e il conto consuntivo;

§  riferisce periodicamente al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al consiglio di amministrazione e presenta una relazione annuale sull’attività svolta dall’ANPAL;

§  ha i poteri e la responsabilità della gestione dell’ANPAL, nonché la responsabilità per il conseguimento dei risultati fissati dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali nell’ambito, ove possibile, di massimali di spesa predeterminati dal bilancio o, nell’ambito di questo, dal Ministro stesso (c. 2, lett. c), n. 1));

§  partecipa alle sedute del consiglio di amministrazione (cfr. comma 3).

 

La norma dispone, inoltre, che i regolamenti interni di contabilità sono sottoposti all’approvazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Si fa presente che il D.Lgs. n. 150/2015 assegnava al consiglio di amministrazione il potere di adottare, su proposta del direttore generale, i regolamenti di contabilità e di organizzazione.

 

Conseguentemente, in virtù delle modifiche introdotte, la norma abroga i commi 12, 13 e 14 dell’articolo 4 del D.Lgs. n. 150/2015 (comma 2, lett. a)).

 

In particolare, il comma 12[130] prevedeva che entro il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali fosse nominato il presidente dell'ANPAL. La norma prevedeva, inoltre, che entro centoventi giorni fossero nominati il presidente e il direttore generale dell'ANPAL, con contestuale decadenza del presidente e del direttore generale in carica. Infine, la norma prevedeva la decadenza del presidente dalla carica di amministratore unico di ANPAL Servizi Spa e l’attribuzione al presidente della competenza del direttore generale di formulare proposte in materia di ristrutturazione operativa dell'ANPAL.

Il comma 13 prevedeva che, a far data dalla nomina di cui al comma 12, ANPAL subentrasse nella titolarità delle azioni di Italia Lavoro S.p.A. (cfr. supra) ed il suo presidente ne divenisse amministratore unico, senza diritto a compensi, con contestuale decadenza del consiglio di amministrazione di Italia Lavoro S.p.A. La norma prevedeva altresì l’adozione, da parte di Italia Lavoro S.p.A., dello statuto, soggetto all'approvazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, che prevedesse forme di controllo da parte ANPAL tali da assicurare la funzione di struttura in house di Italia Lavoro S.p.A.,

Il comma 14, infine, prevedeva il divieto per ANPAL di trasferire la titolarità delle azioni di Italia Lavoro S.p.A., dei diritti di opzione in sede di aumento del capitale sociale, dei diritti di prelazione dei diritti inoptati, nonché di concedere alcun altro diritto sulle azioni.

 

Il consiglio di amministrazione (comma 2, lett. b), n. 3), lett. c), n. 3) e lett. d))

 

La norma in esame sostituisce, inoltre, l’art. 6, comma 3 e l’art. 7, comma 2, del D.Lgs. n. 150/2015, che disciplinano la composizione, le funzioni e il procedimento di nomina del consiglio di amministrazione. Il comma 3 specifica, inoltre, che alla nomina dei componenti si procede, comunque, entro il termine di sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto legge in commento (ossia entro il 25 luglio 2021).

 

Il nuovo art. 6, comma 3 prevede che il cda – alle cui sedute partecipa, come detto, il direttore di ANPAL – è nominato per tre anni (analogamente a quanto previsto dal D.Lgs. n. 150/2015) con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e si compone di tre dirigenti, di cui almeno uno incaricato di funzioni di livello dirigenziale generale, delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001[131], o altro personale in regime di diritto pubblico di cui all’art. 3 del D.Lgs. 165/2001[132], in possesso di provata esperienza e professionalità nelle materie di competenza dell’ANPAL.

 

In proposito, si ricorda la composizione del cda ai sensi dell’art. 7, comma 3, del D.Lgs. n. 150/2015, che il D.L. in esame sostituisce: il presidente e due membri, nominati per tre anni con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, uno su proposta della Conferenza delle regioni e province autonome, uno su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali. I membri del consiglio di amministrazione, scelti tra personalità di comprovata esperienza e professionalità nel campo delle politiche e delle istituzioni del mercato del lavoro, cessano dalle funzioni allo scadere del triennio, anche se nominati nel corso dello stesso in sostituzione di altri dimissionari, decaduti dalla carica o deceduti.

 

La norma specifica, inoltre, che un componente è indicato dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome (anziché “su proposta” della Conferenza medesima) e un componente, su designazione (anziché “su proposta”) del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, svolge le funzioni di presidente.

I membri del cda cessano dalle funzioni allo scadere del triennio, anche se nominati nel corso dello stesso in sostituzione di altri dimissionari, decaduti dalla carica o deceduti (analogamente a quanto previsto dal D. Lgs. n. 150/2015), non percepiscono alcun compenso, indennità, gettone di presenza o altro emolumento comunque denominato e hanno diritto unicamente al rimborso delle spese sostenute per la trasferta dal luogo di residenza.

Si fa presente, al riguardo, che il D.Lgs. n. 150/2015 prevedeva invece che il trattamento economico dei consiglieri di amministrazione fosse determinato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, a valere sugli ordinari stanziamenti di bilancio dell'ANPAL e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. (art. 6). Il citato D. Lgs. n. 150/2015, inoltre, assegnava ulteriori poteri al consiglio di amministrazione, ossia quello di approvare i piani annuali dell'azione in materia di politiche attive, e adottare, su proposta del direttore generale, i regolamenti di contabilità e di organizzazione. Il consiglio di amministrazione, inoltre, esercitava, in via residuale, ogni altra funzione non compresa nella sfera di competenza degli altri organi dell'ANPAL (ex art. 7 co. 3, sostituito dalla norma in commento).

Si ricorda, inoltre, che con la nomina del commissario straordinario, il successivo comma 3 dispone la decadenza automatica del consiglio di amministrazione in carica alla data di entrata in vigore del decreto-legge (26 maggio 2021).

 

Conseguentemente, come già anticipato, in virtù delle modifiche introdotte, la norma abroga l’articolo 7, comma 2, del D. Lgs. n. 150/2015 (ai sensi del quale il presidente è interlocutore unico del governo, dei ministeri, degli altri enti e istituzioni (comma 2, lett. c), n. 2)), nonché l’articolo 8 (comma 2, lett. d)), che disciplinava la figura del direttore generale.

 

Si ricorda, al riguardo, che, ai sensi del richiamato articolo 8 del D. Lgs. n. 150/2015, il direttore generale[133] (figura soppressa dal D.L. in commento) coordinava l'organizzazione interna del personale, degli uffici e dei servizi, assicurandone l'unità operativa e di indirizzo; poteva assistere alle sedute del consiglio di amministrazione su invito dello stesso ed esercitava ogni altro potere ad esso attribuito dal presidente e dal consiglio di amministrazione. Con la nomina del commissario straordinario, il successivo comma 3 dispone la decadenza automatica direttore generale in carica alla data di entrata in vigore del decreto-legge (26 maggio 2021).

 

 

Statuto e Commissario straordinario (comma 3)

 

Il comma 3 dispone che, entro il termine di quarantacinque giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame (ossia entro il 10 luglio 2021) e in applicazione delle disposizioni di cui al comma 2, siano apportate le conseguenti modifiche allo statuto dell’ANPAL.

 

Al riguardo, si ricorda che lo statuto di ANPAL è stato adottato con DPR 26 maggio 2016 n. 108.

 

Il comma 3 reca, altresì, una disposizione volta ad assicurare la continuità amministrativa dell’Agenzia. In particolare, si dispone, nelle more dell’adozione delle modifiche dello statuto, nonché della nomina del direttore e del consiglio di amministrazione di ANPAL (ai sensi del comma 1, lettera b), nn. 2) e 3): si veda, al riguardo, l’osservazione sotto riportata) – alle quali si procede comunque entro il termine di sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame (ossia entro il 25 luglio 2021), la nomina di un commissario straordinario, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali[134].

Il commissario straordinario – che, per il periodo in cui è in carica, assume i poteri attribuiti al direttore ed al consiglio di amministrazione –       è scelto tra esperti, ovvero tra personale incaricato di funzioni di livello dirigenziale generale delle amministrazioni pubbliche, o altro personale di diritto pubblico, in possesso di provata esperienza e professionalità nelle materie di competenza dell’ANPAL (soggetti indicati al comma 1, lettera b), n. 2): si veda, al riguardo, l’osservazione sotto riportata). Inoltre, egli ha diritto al trattamento economico del direttore dell’ANPAL (ai sensi del comma 1, lettera b), n. 2): si veda, al riguardo, l’osservazione sotto riportata), ossia quello riconosciuto per l’incarico di capo dipartimento di cui all’articolo 5 del D.Lgs. n. 300/1999 (cfr. supra).

In proposito, si segnala che tutti i riferimenti interni al comma 3 relativi al comma 1 dell’articolo 46 in esame, devono intendersi in realtà riferiti al comma 2 del presente articolo.

La nomina del commissario straordinario comporta la decadenza automatica del presidente, del direttore generale e del consiglio di amministrazione dell’ANPAL in carica alla data di entrata in vigore del decreto-legge (26 maggio 2021), nonché la decadenza automatica del presidente dell’ANPAL dalla carica di amministratore unico di ANPAL Servizi Spa, di cui il commissario straordinario assume le funzioni di presidente fino alla nomina del nuovo presidente e del consiglio di amministrazione della società.

Il commissario, se individuato tra dipendenti della pubblica amministrazione, è collocato fuori ruolo, aspettativa non retribuita, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti. In tal caso è reso indisponibile un posto equivalente, dal punto di vista finanziario, presso l’amministrazione di provenienza.

 

 

Subentro del MEF nella titolarità delle azioni di ANPAL Servizi Spa (comma 4)

 

Il comma 4 prevede che, a far data dalla nomina del commissario straordinario, il Ministero dell’economia e delle finanze subentra nella titolarità delle azioni di ANPAL Servizi Spa, esercitando i diritti dell’azionista d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

Si ricorda che il D.Lgs. 150/2015, nell’istituire l’ANPAL - con il compito, tra l’altro, di coordinare la Rete nazionale dei servizi per il lavoro - all’art. 4, c. 13 disponeva che la stessa Agenzia subentrasse nella titolarità delle azioni di ANPAL Servizi S.p.A., (originariamente denominata Italia Lavoro Spa[135]), società rientrante nella predetta rete dei servizi, partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, che opera come soggetto strumentale per la promozione e la gestione di azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell'occupazione e dell'inclusione sociale[136].

Su ANPAL servizi Spa, che opera quale società in house del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, quest’ultimo esercita in via esclusiva la vigilanza e impartisce indirizzi di carattere generale.

Ai fini dell’esercizio del controllo analogo[137], di cui al Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita l’ANPAL, provvede a definire, con apposite direttive, priorità ed obiettivi della società; ad approvare le linee generali di organizzazione interna e, di concerto (in base alla formulazione tecnica della Camera, che ha così sostituito il riferimento originario all’intesa) con il Ministro dell’economia e delle finanze, lo statuto; ad individuare con proprio decreto gli atti di gestione ordinaria e straordinaria della società che, ai fini della loro efficacia e validità, dovranno formare oggetto di preventiva approvazione ministeriale.

Infine, la norma dispone il corrispondente adeguamento dello statuto entro il termine di sessanta giorni dalla nomina del commissario straordinario.

 

 


Articolo 46, comma 5
(Finanziamento Istituti di patronato e assistenza sociale)

 

 

L’articolo 46, comma 5, assegna per il 2021 ulteriori risorse pari a 50 milioni di euro per il finanziamento degli Istituti di patronato e assistenza sociale, che si aggiungono a quelle già previste dal cosiddetto decreto Agosto e dalla Legge di bilancio 2021, nella misura, rispettivamente, di 20 e di 15 milioni di euro.

 

Nel dettaglio, la disposizione in commento assegna, limitatamente all’esercizio finanziario 2021, ulteriori risorse pari a complessivi 50 milioni di euro per il finanziamento dei suddetti Istituti, ad incremento di quanto disposto dall’art. 18 del DL 104/2020, che ha previsto un finanziamento aggiuntivo di 20 milioni di euro annui dal 2020, e dall’art. 1, co. 321, della L. 178/2021, che ha incrementato tali risorse di 15 milioni di euro per il solo 2021[138].

 

Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 77 (alla cui scheda di lettura si rimanda).

 

Il finanziamento per l’attività di istituti di patronato e assistenza sociale è disciplinato dall’articolo 13, della legge n. 152/2001, secondo i criteri stabiliti con specifico regolamento (emanato con il D.M. 10 ottobre 2008), mediante il prelevamento di un'aliquota di finanziamento (pari, nella normativa vigente, allo 0,199%) sul gettito dei contributi previdenziali obbligatori incassati da tutte le gestioni amministrate dall'INPS e dall'INAIL.

L’importo ottenuto con il richiamato prelevamento è destinato al finanziamento degli istituti di patronato e di assistenza sociale nelle seguenti percentuali:

§  89,90% all'attività;

§  10% all'organizzazione, di cui il 2 per cento per l'estero;

§  0,10% per il controllo delle sedi all'estero, finalizzato alla verifica dell'organizzazione e dell'attività, nonché a verifiche ispettive straordinarie in Italia sull'organizzazione e sull'attività e per la specifica formazione del personale ispettivo addetto.

Si ricorda, inoltre, che le risorse destinate agli istituti di patronato e di assistenza sociale hanno in passato subito riduzioni per effetto di diversi provvedimenti, da ultimo l’art. 1, c. 605, della L. 208/2015 che, con riferimento all’esercizio finanziario 2016, ha disposto una riduzione delle suddette risorse pari a 15 milioni di euro.

Anche l’aliquota di finanziamento degli istituti in questione è stata oggetto di ripetute modifiche, passando dallo 0,226% inizialmente previsto a decorrere dal 2001, allo 0,199% previsto dall’art. 1, c. 605, della L. 208/2015 a decorrere dal 2015.

Parimenti, si è provveduto anche alla rimodulazione della quota di acconto del finanziamento statale, fissata dal 2019 al 78% dall’art. 1, c. 134, della L. 205/2017.

La ripartizione del finanziamento ai sensi del richiamato art. 13 della L. 152/2001 avviene con decreti della Direzione generale per le politiche previdenziali e assicurative. L’ultimo di tali decreti, il n. 348 del 26 aprile 2021, ha disposto la ripartizione tra gli Istituti di patronato e di assistenza sociale di 335,5 mln di euro a titolo di prima anticipazione per il 2020.

 

 


Articolo 47
(Differimento dei termini dei versamenti contributivi dei soggetti iscritti alle gestioni autonome speciali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali)

 

 

L’articolo 47 differisce dal 17 maggio 2021 al 20 agosto 2021, senza alcuna maggiorazione, il termine per il versamento delle somme richieste con l’emissione 2021 dei contributi previdenziali dovuti dai soggetti iscritti alle gestioni autonome speciali degli artigiani e degli esercenti attività commerciali.

 

Preliminarmente, va ricordato che la legge di bilancio 2021 (art. 1, co. 20-22-bis, L. 178/2020) ha introdotto un esonero temporaneo dal pagamento dei contributi previdenziali per i lavoratori autonomi - ivi compresi i liberi professionisti iscritti alle forme pensionistiche obbligatorie di base, nonché alle altre forme previdenziali obbligatorie gestite da enti previdenziali di diritto privato - e per il personale sanitario o sociosanitario già in quiescenza ed assunto in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Tale esonero è riconosciuto per il 2021 e nei limiti della dotazione di un apposito fondo[139] ed è subordinato all’autorizzazione della Commissione europea.

 

Vista la intervenuta scadenza del pagamento della prima rata dei contributi richiesti con l’emissione 2021 e dovuti dai soggetti iscritti alle gestioni autonome speciali dell’INPS degli artigiani e degli esercenti attività commerciali, fissata originariamente al 17 maggio 2021, la disposizione in commento interviene a sanare tale situazione differendo il suddetto termine al 20 agosto 2021.

Sul punto si segnala che tale differimento era già operativo sulla base del messaggio INPS del 13 maggio 2021, n. 1911, emanato in seguito al nulla osta da parte del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali (in attesa della pubblicazione del decreto interministeriale a cui l’art. 1, co. 21, della L. 178/2020 demanda la definizione dei criteri e delle modalità per la concessione dell'esonero in commento).

In linea con quanto disposto dal presente articolo 47, l’INPS, con circolare n. 85 del 2021, precisa che sui versamenti effettuati entro la data del 20 agosto 2021 non verranno applicate sanzioni civili o interessi

Per completezza, si ricorda che per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti il predetto beneficio è subordinato al possesso, nel periodo di imposta relativo al 2019, di un reddito complessivo non superiore a 50.000 euro e della riduzione del fatturato o dei corrispettivi nel 2020 pari ad almeno il 33 per cento rispetto al 2019.

 


Articolo 47-bis
(
Differimento dei termini per la verifica della regolarità contributiva dei lavoratori autonomi e dei professionisti e disposizioni in materia di Fondi di solidarietà bilaterali del credito ordinario, cooperativo e della società Poste italiane Spa)

 

 

L’articolo 47 bis, introdotto alla Camera, al fine della fruizione dell’esonero contributivo riconosciuto in favore dei lavoratori autonomi e dei professionisti aventi determinati requisiti, dispone che la regolarità contributiva è verificata d’ufficio dagli enti concedenti il predetto esonero a partire dal 1° novembre 2021 (comma 1). Prevede, infine, una disposizione interpretativa volta a chiarire l’applicazione dei criteri di tassazione degli assegni straordinari erogati dai Fondi di solidarietà bilaterali del credito ordinario, cooperativo e di Poste Italiane (comma 2).

 

In dettaglio, al comma 1, si tratta dell’esonero contributivo di cui all’articolo 1, commi da 20 a 22-bis della legge 178/2020 (L. di bilancio per il 2021), in ordine ai quali si dispone che la regolarità contributiva è verificata d’ufficio dagli enti concedenti il predetto esonero a partire dal 1° novembre 2021; a tal fine, la predetta regolarità è assicurata anche dai contributi versati alla data del 31 ottobre 2021, ferma restando la applicazione delle disposizioni sul recupero degli importi fruiti non spettanti.

L’articolo 1, commi da 20 a 22-bis, prevede la istituzione del Fondo per l'esonero dai contributi previdenziali dovuti dai lavoratori autonomi e dai professionisti ( con una dotazione finanziaria iniziale di 2.500 milioni di euro per l'anno 2021, che costituisce il relativo limite di spesa), destinata a finanziare l'esonero parziale dal pagamento dei contributi previdenziali dovuti dai lavoratori autonomi e dai professionisti iscritti alle gestioni previdenziali dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e dai professionisti iscritti agli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza che abbiano percepito nel periodo d'imposta 2019 un reddito complessivo non superiore a 50.000 euro e abbiano subìto un calo del fatturato o dei corrispettivi nell'anno 2020 non inferiore al 33 per cento rispetto a quelli dell'anno 2019 (comma 20). Sono previsti uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze per definire le modalità di concessione dell’esonero (comma 21) ed il monitoraggio da parte degli enti previdenziali sul rispetto del limite di spesa di cui ai commi precedenti (comma 22), fermo restando che il suddetto beneficio è concesso ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato[140].

 

Il comma 2 interviene sulla tassazione dell’assegno straordinario di accompagnamento a pensione (cd. assegno di esodo), erogato in forma rateale dai fondi bilaterali per il settore del credito, del credito cooperativo e di Poste italiane s.p.a (sui fondi bilaterali e sulle prestazioni da essi erogate cfr la nota nel box a fine scheda), assoggettandolo all’aliquota prevista per i redditi sottoposti a tassazione separata e prevedendo espressamente che su tali somme non si applichi il ricalcolo da parte dell’Amministrazione finanziaria.

La disposizione, che reca una norma di interpretazione autentica, è finalizzata, pertanto, a escludere il ricalcolo fiscale conseguente al regime di tassazione separata prevista per i suddetti assegni, effettuato da parte dell’Amministrazione finanziaria applicando le aliquote sulla base dei redditi medi degli ultimi 5 anni.

In particolare, le disposizioni in commento fanno specifico riferimento al settore del credito, ai sensi dell’articolo 59, comma 3, lettera a) della legge n. 449 del 1997, che individua uno specifico regime fiscale a titolo definitivo delle prestazioni erogate in forma rateale dai Fondi di solidarietà bilaterali del credito ordinario, cooperativo e della società Poste italiane Spa, in deroga all’ordinario regime Irpef previsto per la tassazione delle prestazioni erogate dagli enti bilaterali consistenti in indennità volte a sostituire il reddito di lavoro dipendente [141].

In particolare, la norma prevede che, in presenza di esuberi riguardanti banche, associazioni di banche e concessionari della riscossione cui si applicano i contratti collettivi del settore del credito, gli accordi stipulati, entro la medesima data del 31 marzo 1998, con le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale dipendente possono  prevedere, allo scopo di agevolare gli esodi, apposite indennità da erogare anche ratealmente, che sono assoggettate a tassazione separata, con l'utilizzo dell'aliquota spettante per il trattamento di fine rapporto – TFR, in conformità all'articolo 17 del testo unico delle imposte sui redditi.

A tale regime fiscale sono assoggettate le analoghe prestazioni eventualmente erogate dai citati fondi nazionali per il settore del credito in luogo dei datori di lavoro.

 

Si ricorda, in estrema sintesi, che la tassazione del TFR e delle somme a esso assimilate è disciplinata dagli articoli 17 e 19 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) mediante il sistema della cd. tassazione separata.

L’articolo 19 prevede che l'imposta sia applicata con l'aliquota determinata con riferimento all'anno in cui è maturato il diritto alla percezione del TFR; la base imponibile è corrispondente all'importo che risulta dividendo il suo ammontare, aumentato delle somme destinate alle forme pensionistiche complementari e al netto delle rivalutazioni già  assoggettate ad imposta sostitutiva, per il numero degli anni e frazione di anno preso a base di commisurazione, moltiplicando il risultato per dodici.

In sostanza, una volta individuata la base imponibile, si moltiplica il TFR accantonato per 12 (numero previsto dalla norma), dividendo il relativo risultato per gli anni di lavoro. Alla base imponibile sono applicati in prima battuta aliquote e scaglioni di reddito vigenti nell’anno di cessazione del rapporto di lavoro, mentre l’aliquota media è data in percentuale dal rapporto tra l’imposta ottenuta applicando l’aliquota Irpef vigente ed il reddito di riferimento. Successivamente, l’Agenzia delle entrate ricalcola tale importo in base all'aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione, iscrivendo a ruolo le maggiori imposte dovute ovvero rimborsando quelle spettanti.

 

Sulla tassazione di queste somme è recentemente intervenuta l’Agenzia delle entrate nella risposta all’interpello n. 390 del 2020.

L’istante nella richiesta faceva presente la cessazione, dal 1° gennaio 2019, della propria attività lavorativa e la percezione, dalla medesima data, di:

-        un assegno mensile erogato dall'INPS per conto del fondo di solidarietà per la riconversione e riqualificazione professionale, per il sostegno dell'occupazione e del reddito del personale dipendente delle imprese del credito (ai sensi della legge n. 92 del 2012 e del decreto interministeriale n. 83486 del 28 luglio 2014);

-        un assegno mensile erogato dal Banco BPM spa a titolo di incentivo all'esodo con accesso al fondo di solidarietà. Sia l'assegno straordinario di sostegno al reddito erogato dall'INPS che l'incentivo all'esodo erogato dal Banco BPM spa sono soggetti a tassazione separata, con l'utilizzo dell'aliquota TFR (art. 17 del TUIR).

L’Agenzia veniva dunque interpellata sulla possibilità di adottare, in sede di dichiarazione dei redditi, in alternativa, uno dei seguenti criteri di pagamento delle imposte:

- applicazione delle aliquote Irpef ai proventi derivanti dalle erogazioni periodiche effettuate dall'INPS per conto del fondo di solidarietà, mantenendo invece il regime di tassazione separata per le erogazioni effettuate da parte del Banco BPM spa;

- applicazione delle aliquote IRPEF sulla totalità dei proventi derivanti dalle citate erogazioni effettuate da INPS e BANCO BPM spa;

- mantenimento della la tassazione separata già operata dai soggetti erogatori.

La rilevanza dell’opzione concerneva, in particolare, la fruibilità delle detrazioni fiscali; l’istante riteneva più vantaggioso far concorrere al reddito complessivo i redditi soggetti a tassazione separata, al fine di beneficiare della detrazione delle spese sostenute per gli interventi di ristrutturazione edilizia. 

 

Al riguardo l’Agenzia faceva presente che l'articolo 17, comma 3, ultimo periodo del TUIR, per alcune tipologie di redditi sottoposti a tassazione separata (indicati al comma 1, lettera a), b), c) e c-bis): tra cui le indennità di fine rapporto, gli emolumenti arretrati, le indennità percepite per fine rapporto di collaborazione e le indennità di mobilità) non prevede la facoltà per il contribuente di optare per il regime della tassazione ordinaria in sede di dichiarazione dei redditi, ma stabilisce che gli uffici provvedono a iscrivere a ruolo le maggiori imposte dovute con le modalità stabilite per il TFR e gli altri redditi sottoposti a tassazione separata (come stabilito dagli articoli 19 e 21 TUIR), ovvero facendo concorrere i redditi stessi alla formazione del reddito complessivo dell'anno in cui sono percepiti, se ciò risulta più favorevole per il contribuente. Faceva inoltre presente che l'articolo 1, terzo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 stabilisce che i redditi soggetti a tassazione separata non devono essere indicati nella dichiarazione dei redditi, se corrisposti da soggetti che hanno l'obbligo per legge di effettuare la ritenuta d'acconto.

Pertanto, concludeva l’Agenzia, non possono essere indicati nella dichiarazione dei redditi gli emolumenti assoggettati a tassazione separata da parte dell'ente erogante; è l'Agenzia delle entrate a liquidare successivamente le imposte dovute sulle somme soggette a tassazione separata da parte dell'ente erogante, ai sensi dell'articolo 17 del TUIR, comunicandone l'esito al contribuente.

Con riferimento alle detrazioni per il settore edilizio, dunque, l’Agenzia reputava necessario che l’istante - dopo il ricevimento della comunicazione degli esiti della liquidazione dell'imposta – dovesse rivolgersi al competente ufficio territoriale dell'Agenzia delle entrate, il quale avrebbe provveduto. in sede di assistenza, alla modifica dell'esito della comunicazione utilizzando le detrazioni spettanti, previa verifica dei presupposti, a scomputo dell'imposta calcolata, facendo concorrere i redditi in questione alla formazione del reddito complessivo dell'anno in cui sono percepiti.

 

 

Il comma 2 interviene dunque con una norma interpretativa, riguardante il regime fiscale delle prestazioni erogate in forma rateale dai Fondi di solidarietà bilaterali del credito ordinario, cooperativo e della società Poste italiane Spa, assoggettati a tassazione separata ex articolo 59 sopra richiamato. Essa prevede che il richiamo all’articolo 17 TUIR si debba intendere come riferito alla determinazione dell'aliquota da applicare, con esclusione della possibilità di riliquidazione di tale imposta da parte degli uffici finanziari e, dunque, di invio di cd. avvisi bonari ai soggetti interessati.

 

Agli oneri derivanti dal comma 2, pari a 22 milioni di euro per l’anno 2021 si provvede a valere sulle risorse di cui all’articolo 1, comma 25-bis del decreto in esame (alla cui scheda di lettura si rimanda).

 

 

I fondi di solidarietà: quadro della normativa vigente

 

I fondi di solidarietà bilaterali, istituiti ai sensi dell’articolo 3, commi 4-45, della L. 92/2012 (cd. Riforma del mercato del lavoro) per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale (ordinaria o straordinaria), hanno lo scopo di assicurare ai lavoratori interessati una tutela nei casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa per le cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria[142]. Attualmente, la materia è disciplinata dagli articoli 26-40 del D.Lgs. 148/2015[143].

Fondi di solidarietà bilaterali

L’articolo 3, commi 4-13, della richiamata L. 92/2012 aveva disposto, entro il 2013, l’obbligo (per le aziende con più di 15 dipendenti) di definire un sistema inteso ad assicurare adeguate forme di sostegno per i lavoratori dei diversi comparti, attraverso la stipula, da parte delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi ad oggetto la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale. Tali fondi hanno lo scopo di assicurare ai lavoratori una tutela, in costanza di rapporto di lavoro, nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria[144].

Tali fondi (che non hanno personalità giuridica) sono costituiti presso l’INPS (del quale costituiscono gestioni), con apposito decreto ministeriale, entro i successivi tre mesi.

L’articolo 1, comma 185, della L. 147/2013 ha soppresso il termine[145] connesso alle specifiche procedure di costituzione dei fondi.

Gli oneri di amministrazione di ciascun fondo sono determinati secondo i criteri definiti dal regolamento di contabilità dell’INPS. I fondi hanno obbligo di bilancio in pareggio e non possono erogare prestazioni in carenza di disponibilità, e gli interventi a loro carico sono concessi previa costituzione di specifiche riserve finanziarie ed entro i limiti delle risorse già acquisite. Il richiamato decreto determina anche le aliquote di contribuzione ordinaria, ripartita tra datori di lavoro e lavoratori nella misura, rispettivamente, di 2/3 e di 1/3. Le prestazioni e i relativi obblighi contributivi non si applicano al personale dirigente, se non espressamente previsto. Sono previste anche ulteriori finalità[146]. I fondi assicurano l’erogazione di un assegno ordinario di importo almeno pari all'integrazione salariale, la cui durata massima sia non inferiore a 1/8 delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile, e comunque non superiore alle durate massime previste dalla legge. Oltre a ciò possono fornire ulteriori prestazioni[147]

A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 148/2015, con l’obiettivo di razionalizzare la disciplina dei fondi di solidarietà (apportando alcune modifiche alla normativa vigente) e fissare un termine certo per il loro avvio, è stata prevista (articolo 26, che comunque ricalca gli elementi essenziali stabiliti dalla normativa previgente) una disciplina per i fondi di solidarietà bilaterali di nuova istituzione, per i fondi di solidarietà esistenti che adeguino i propri statuti alla nuova disciplina legislativa (Fondi di solidarietà bilaterali alternativi) e per il Fondo di solidarietà residuale (che dal 2016 assume la denominazione di Fondo di integrazione salariale – FIS) per i settori che non abbiano provveduto all’istituzione di un fondo di solidarietà.

L’elemento di maggiore novità è costituito dall’estensione dell’obbligo di istituire un fondo di solidarietà fino alle imprese che occupano mediamente più di 5 dipendenti, compresi gli apprendisti (in luogo dei 15 dipendenti previsti dalla normativa previgente). Inoltre, i Fondi già costituiti alla data di entrata in vigore del decreto legislativo devono adeguarsi alle nuove disposizioni in merito alla platea di riferimento entro il 31 dicembre 2015. In mancanza, i datori di lavoro del relativo settore, che occupino mediamente più di 5 dipendenti, confluiscono nel fondo di integrazione salariale (di cui all’articolo 29) a decorrere dal 1° gennaio 2016 e i contributi da questi già versati o comunque dovuti ai fondi di solidarietà bilaterali già costituiti sono trasferiti al fondo di integrazione salariale.

In attuazione dell’articolo 26 del D. Lgs. n. 148/2015 – che prevede che le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale stipulano accordi e contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi a oggetto la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali – il decreto interministeriale 104125 ha istituito presso l’INPS il “Fondo di solidarietà bilaterale per le attività professionali”, allo scopo di garantire ai dipendenti del settore delle attività professionali, che occupano mediamente più di tre dipendenti, una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per le causali di cui agli articoli 11 e 21 del D. Lgs. n. 148 del 2015[148]

 

Fondi di solidarietà bilaterali alternativi

In riferimento ai settori richiamati in precedenza nei quali fossero stati operanti consolidati sistemi di bilateralità e in relazione alle peculiari esigenze dei medesimi settori (quali l’artigianato), l’articolo 3, comma 14 e ss., della L. 92/2012, ha stabilito l’adeguamento delle fonti normative ed istitutive dei rispettivi fondi bilaterali (ovvero dei fondi interprofessionali, di cui all'articolo 118 della L. 388/2000), alle finalità perseguite dai fondi di solidarietà, prevedendo misure intese ad assicurare ai lavoratori una tutela reddituale in costanza di rapporto di lavoro, in caso di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa, correlate alle caratteristiche delle attività produttive interessate. Ove, a seguito della predetta trasformazione, venga ad aversi la confluenza, in tutto o in parte, di un fondo interprofessionale in un unico fondo bilaterale, rimangono fermi gli obblighi contributivi (previsti dal richiamato articolo 118) e le risorse derivanti da tali obblighi sono vincolate alle finalità formative.

Per le finalità assicurate dal fondo, gli accordi e i contratti collettivi definiscono un'aliquota complessiva di contribuzione ordinaria di finanziamento non inferiore allo 0,20%, le tipologie di prestazioni in funzione delle disponibilità del fondo di solidarietà bilaterale, l'adeguamento dell'aliquota in funzione dell'andamento della gestione ovvero la rideterminazione delle prestazioni in relazione alle erogazioni, la possibilità di far confluire al fondo di solidarietà quota parte del contributo previsto per l'eventuale fondo interprofessionale nonché i criteri e requisiti per la gestione dei fondi. Anche tali fondi hanno l’obbligo di bilancio in pareggio e non possono erogare prestazioni in carenza di disponibilità (e gli interventi a loro carico sono concessi previa costituzione di specifiche riserve finanziarie ed entro i limiti delle risorse già acquisite).

L’articolo 27 del D.Lgs. 148/2015, pur riproducendo sostanzialmente la normativa previgente, ha introdotto alcune novità, i cui elementi di maggiore novità sono:

·       l’innalzamento (dallo 0,20%) allo 0,45% della retribuzione imponibile previdenziale, dell’aliquota di finanziamento a decorrere dal 2016 ;

·       per quanto concerne le prestazioni erogate, la previsione che i fondi debbano assicurare almeno un assegno di durata e misura pari all'assegno ordinario (di cui al successivo articolo 30) o, in alternativa, l’assegno di solidarietà (di cui al successivo articolo 31), eventualmente limitandone il periodo massimo previsto, prevedendo in ogni caso un periodo massimo non inferiore a 26 settimane in un biennio mobile.

Fondo di solidarietà residuale per l'integrazione salariale

Con il D.M. 7 febbraio 2014, n. 79141 (in attuazione dell’articolo 3, comma 19, della L. 92/2012) è stato istituito presso l'INPS il Fondo di solidarietà residuale, con lo scopo di tutelare, in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa, i lavoratori dipendenti dalle imprese appartenenti ai settori non rientranti nel campo di applicazione della normativa in materia d'integrazione salariale, purché con più di 15 dipendenti, per i quali non siano stati stipulati accordi collettivi volti all'attivazione di un fondo di solidarietà bilaterale, anche in forma alternativa[149]. Qualora gli accordi avvengano in relazione a settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali già coperte dal Fondo di solidarietà residuale, dalla data di decorrenza del nuovo fondo i datori di lavoro del relativo settore non sono più soggetti alla disciplina del fondo residuale, ferma restando la gestione a stralcio delle prestazioni già deliberate. I contributi eventualmente già versati o dovuti, restano acquisiti al Fondo residuale.

Successivamente in materia è intervenuto l’articolo 28 del D.Lgs. 148/2015, che anche in questo caso ha riprodotto sostanzialmente la normativa vigente per quanto riguarda le finalità e l’ambito applicativo, la soglia dimensionale (minimo 15 dipendenti) e la gestione del fondo. L’unica novità di rilievo attiene all’ipotesi in cui si addivenga alla costituzione di un fondo relativamente a settori già coperti dal fondo residuale. In tali casi si prevede che i nuovi fondi debbano fissare un'aliquota di finanziamento (0,45% della retribuzione imponibile previdenziale) e garantire un livello di prestazioni (assegno ordinario o, in alternativa, assegno di solidarietà) analoghi a quelli stabiliti per i fondi di solidarietà alternativi . Infine, si stabilisce che i contributi eventualmente già versati o dovuti in base al decreto istitutivo del fondo residuale, restano acquisiti al fondo residuale.

Particolare rilievo assumono le disposizioni del successivo articolo 29, ai sensi del quale a decorrere dal 1° gennaio 2016 il fondo di solidarietà residuale assume la denominazione di fondo di integrazione salariale (F.I.S.), disciplinandone l’attività e il funzionamento. Più specificamente, con il D.M. 3 febbraio 2016, n. 94343 (entrato in vigore il 14 aprile 2016) il Fondo di solidarietà residuale è stato adeguato, a decorrere dal 1° gennaio 2016, alle disposizioni del D.L.gs 148/2015 (assumendo la denominazione richiamata). Con la circolare INPS n. 22/2016 e con messaggio INPS n. 1986/2016 sono state fornite le prime indicazioni in merito all’operatività del Fondo (in attesa del completamento dell’iter amministrativo relativo all’adozione del D.M. 94343) nonché le modalità di presentazione delle istanze di accesso alle prestazioni garantite dal Fondo. Successivamente l’INPS, con i messaggi n. 306/ 2016 e n. 548/2016, ha fornito le prime indicazioni in merito alle aliquote di finanziamento delle prestazioni ordinarie erogate dal Fondo ed alcune precisazioni in riferimento al computo della media occupazionale. Da ultimo, con la circolare 176/2016 l’INPS ha illustrato la disciplina del Fondo così come delineata dalle disposizioni richiamate.

Sono soggetti alla disciplina del fondo di integrazione salariale i datori di lavoro che occupano mediamente più di cinque dipendenti, appartenenti a settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali che non rientrano nell'ambito di applicazione della normativa in materia di cassa integrazione guadagni, per i quali non siano stati stipulati accordi volti all'attivazione di un fondo di solidarietà bilaterale (ai sensi dell’articolo 26) o secondo il modello alternativo (ai sensi dell’articolo 27).

Per quanto riguarda le prestazioni erogate dal fondo, è previsto:

·       l'assegno di solidarietà per i datori di lavoro che occupano mediamente da 5 a 15 dipendenti;

·       l’assegno di solidarietà e l’assegno ordinario per i datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti; in tal caso l’assegno ordinario è garantito per una durata massima di 26 settimane in un biennio mobile, in relazione alle causali di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa previste dalla normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie (ad esclusione delle intemperie stagionali) e straordinarie (limitatamente alle causali per riorganizzazione e crisi aziendale).

Alla gestione del fondo di integrazione salariale provvede un comitato amministratore composto da esperti in possesso dei requisiti di professionalità e onorabilità designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative al livello nazionale, nonché da due funzionari, con qualifica di dirigente, in rappresentanza, rispettivamente, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell'economia e delle finanze. La partecipazione al comitato è gratuita e non dà diritto ad alcun compenso né ad alcun rimborso spese.

Al fine di garantire l'avvio del fondo di integrazione salariale a decorrere dal 1° gennaio 2016, qualora alla data del 30 novembre 2015 non risulti ancora costituito il comitato amministratore, i compiti di pertinenza di tale comitato vengono temporaneamente assolti da un commissario straordinario del fondo nominato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali (che resta in carica sino alla costituzione del comitato amministratore del fondo).

I trattamenti di integrazione salariale erogati dal fondo sono autorizzati dalla struttura territoriale INPS competente in relazione all'unità produttiva. In caso di aziende plurilocalizzate l'autorizzazione è comunque unica.

A decorrere dal 1° gennaio 2016, l'aliquota di finanziamento del fondo è fissata allo 0,65% per i datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti e allo 0,45% per i datori di lavoro che occupano mediamente da 5 a 15 dipendenti. È inoltre stabilita una contribuzione addizionale a carico dei datori di lavoro connessa all'utilizzo degli istituti previsti, pari al 4% della retribuzione persa.

Al fine di assicurare l’equilibrio finanziario del fondo si prevede che alle prestazioni erogate dal fondo si provvede nei limiti delle risorse finanziarie acquisite al fondo medesimo e che, in ogni caso, le prestazioni sono determinate in misura non superiore a quattro volte l'ammontare dei contributi ordinari dovuti dalla singola azienda, tenuto conto delle prestazioni già deliberate a qualunque titolo a favore dell'azienda medesima. Inoltre, si prevede che l'INPS proceda all'analisi dell'utilizzo delle prestazioni del fondo da parte dei datori di lavoro distinti per classi dimensionali e settori produttivi e che sulla base di tali analisi e del bilancio di previsione il comitato amministratore del fondo possa proporre modifiche in relazione all'importo delle prestazioni o alla misura delle aliquote di contribuzione.

Disposizioni comuni

Per quanto attiene alle modalità di contribuzione, la determinazione delle aliquote di contribuzione ordinaria è demandata ai decreti istitutivi dei fondi (ripartita come accennato in precedenza, tra datori di lavoro e lavoratori nella misura, rispettivamente, di 2/3 e 1/3) in maniera tale da garantire la precostituzione di risorse continuative adeguate sia per l'avvio dell'attività sia per la situazione a regime, da verificare anche sulla base dei bilanci di previsione. Nel caso in cui è prevista l’erogazione dell'assegno ordinario di importo pari all'integrazione salariale, è dovuto, a carico del datore di lavoro che ricorra alla sospensione o riduzione dell'attività lavorativa, un contributo addizionale, calcolato in rapporto alle retribuzioni perse, nella misura prevista da apposito decreto e comunque non inferiore all'1,5% (articolo 33 del D.Lgs. 148/2015). Un contributo straordinario (di importo corrispondente al fabbisogno di copertura degli assegni straordinari erogabili e della contribuzione correlata) è invece dovuto da parte del datore di lavoro per la prestazione di assegni straordinari per il sostegno al reddito. Ai contributi di finanziamento si applicano le disposizioni vigenti in materia di contribuzione previdenziale obbligatoria, ad eccezione di quelle relative agli sgravi contributivi[150].

Nei casi di erogazione dell'assegno straordinario è dovuto, da parte del datore di lavoro, un contributo straordinario di importo corrispondente al fabbisogno di copertura dell'assegno straordinario erogabile e della contribuzione correlata (articolo 33, comma 3, del D.Lgs. 148/2015). Ai contributi di finanziamento si applicano, inoltre, le disposizioni vigenti in materia di contribuzione previdenziale obbligatoria, ad eccezione di quelle relative agli sgravi contributivi (articolo 33, comma 4, del D.Lgs. 148/2015).

Per quanto attiene alla contabilità, i fondi hanno obbligo di presentazione, sin dalla loro costituzione, di bilanci di previsione a 8 anni basati sullo scenario macroeconomico coerente con il più recente DEF.

 

Prestazioni

Attualmente, gli articoli 30-32 del D.Lgs 148/2015 disciplinano le prestazioni erogate dai fondi di solidarietà, ossia l’assegno ordinario, l’assegno di solidarietà e le prestazioni ulteriori.

L’articolo 30 disciplina l'assegno ordinario, in relazione alle causali previste dalla normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie o straordinarie. La prestazione è di importo almeno pari all'integrazione salariale. I fondi stabiliscono la durata massima della prestazione, non inferiore a 13 settimane in un biennio mobile e non superiore, a seconda della causale invocata, alle durate massime previste dalla normativa per la CIGO e la CIGS e alla durata massima complessiva dei trattamenti (sotto tale ultimo profilo la disposizione ha innovato rispetto alla disciplina previgente, che limitava la durata dell’assegno ordinario a quella della CIGO). All'assegno ordinario sì applica, per quanto compatibile, la normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie[151].

 

L’articolo 31 disciplina l'assegno di solidarietà, che a decorrere dal l° gennaio 2016 il fondo di integrazione salariale dovrà garantire in favore dei dipendenti di datori di lavoro che stipulano con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative accordi collettivi aziendali che stabiliscono una riduzione dell'orario di lavoro. L'assegno di solidarietà può essere corrisposto per un periodo massimo di 12 mesi in un biennio mobile. La riduzione media oraria non può essere superiore al 60% dell'orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati. Per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell'orario di lavoro non può essere superiore al 70%. Gli accordi devono specificare le modalità attraverso le quali, qualora sia necessario soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, il datore di lavoro può modificare in aumento, nei limiti del normale orario di lavoro, l'orario ridotto. Il maggior lavoro prestato comporta una corrispondente riduzione dell'assegno di solidarietà. All'assegno di solidarietà, che va a sostituire i contratti di solidarietà difensivi cd. di tipo B[152], si applica, per quanto compatibile, la normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie.

 

L'articolo 32 prevede che i fondi di solidarietà possano erogare prestazioni ulteriori, quali prestazioni integrative, in termini di importi o durate, rispetto alle prestazioni pubbliche previste in caso di cessazione dal rapporto di lavoro ovvero prestazioni integrative, in termini di importo, in relazione alle integrazioni salariali; assegni straordinari per il sostegno al reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi 5 anni; contributi al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi fondi nazionali o dell'Unione europea.

 

L'articolo 34 stabilisce che nel caso di erogazione dell'assegno ordinario e dell'assegno di solidarietà i fondi di solidarietà provvedano a versare alla gestione di iscrizione del lavoratore interessato la contribuzione correlata alla prestazione, mentre il successivo articolo 35 reca disposizioni volte a garantire l'equilibrio finanziario dei Fondi. I fondi hanno obbligo pareggio di bilancio e non possono erogare prestazioni in carenza di disponibilità. Gli interventi a carico dei fondi sono concessi previa costituzione di specifiche riserve finanziarie ed entro i limiti delle risorse già acquisite. I fondi istituiti ai sensi degli articoli 26 (fondi di solidarietà bilaterali) e 28 (fondo di integrazione salariale) hanno inoltre obbligo di presentazione, sin dalla loro costituzione, di bilanci di previsione a otto anni basati sullo scenario macroeconomico coerente con il più recente DEF. In caso di necessità di assicurare il pareggio di bilancio ovvero di far fronte a prestazioni già deliberate o da deliberare, ovvero di inadempienza del comitato amministratore in relazione all'attività attribuite, l'aliquota contributiva può essere modificata con specifico decreto direttoriale anche in mancanza di proposta del comitato amministratore. In ogni caso, in assenza dell'adeguamento contributivo, l'INPS è tenuto a non erogare le prestazioni in eccedenza.

 

Attualmente, per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazioni salariali sono stati istituiti i seguenti fondi:

·       Fondo per il settore Assicurazioni, istituito con il decreto interministeriale 17 gennaio 2014, n. 78459 );

·       Fondo per il gruppo Poste Italiane, istituito con il decreto interministeriale 24 gennaio 2014, n. 78642 (Fondo istituito ai sensi della L. 662/1996 e adeguato alla L. 92/2012) Visto l’accordo del 30 aprile 2020 per apportare modifiche al suddetto decreto, è stato emanato il successivo DM 26 novembre 2020 (GU 281220-320);

·       Fondo per il settore del credito cooperativo, istituito con il decreto interministeriale 20 giugno 2014, n. 82761[153] (Fondo istituito ai sensi della L. 662/1996 e adeguato alla L. 92/2012);

·       Fondo per il settore del credito, istituito con il decreto interministeriale del 28 luglio 2014, n. 83486[154] (Fondo istituito ai sensi della L. 662/1996 e adeguato alla L. 92/2012);

·       Fondo per il gruppo Ferrovie dello Stato, istituito con il decreto interministeriale del 9 gennaio 2015, n. 86984 (Fondo istituito ai sensi della L. 662/1996 e adeguato alla L. 92/2012, adeguato alle disposizioni dell’articolo 26 del D.Lgs. 148/2015 dal D.M. 18 maggio 2017 n. 99296);

·       Fondo per il trasporto pubblico locale, istituito con il decreto interministeriale 9 gennaio 2015, n. 86985 (Fondo istituito ai sensi della L. 92/2012[155], ed adeguato ai sensi dell’articolo 26, commi 7-8, del D.Lgs. 148/2015 dal decreto interministeriale 17 ottobre 2016, n. 97510);

·       Fondo di solidarietà bilaterale alternativo per l’artigianato, istituito con il decreto interministeriale del 9 gennaio 2015, n. 86986, la cui disciplina è stata successivamente modificata dal decreto interministeriale 29 aprile 2016 (in attuazione dell’articolo 27, comma 1, del D.Lgs. 148/2015);

·       Fondo per il settore marittimo (SO-LIMARE), istituito con il decreto interministeriale 8 giugno 2015, n. 90401 (modificato dal D.M. 17 maggio 2017 n. 99295), la cui disciplina è stata successivamente modificata dal decreto interministeriale del 23 maggio 2016, n. 95933 (Fondo istituito ai sensi della L. 92/2012[156]);

·       Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo, istituito con il decreto interministeriale 7 aprile 2016, n. 95269 (Fondo istituito ai sensi dell'articolo 1-ter del D.L. 249/2004 e adeguato alla normativa vigente)[157];

·       Fondo di solidarietà per i lavoratori in somministrazione, istituito con il decreto interministeriale 25 marzo 2016, n. 95274, la cui disciplina è stata successivamente modificata dal decreto interministeriale 17 aprile 2016, n. 89581 (in attuazione dell’articolo 27 del D.Lgs. 148/2015);

·       Fondo di solidarietà bilaterale ormeggiatori e barcaioli dei porti italiani, istituito con il decreto interministeriale del 18 aprile 2016, n. 95440 (in attuazione dell’articolo 26, comma 2, del D.Lgs. 148/2015);

·       Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito, dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale addetto al servizio della riscossione dei tributi erariali, istituito con il decreto interministeriale del 18 aprile 2016, n. 95439 (in attuazione dell’articolo 26, comma 2, del D.Lgs. 148/2015);

·       Fondo territoriale intersettoriale della Provincia autonoma di Trento, istituito con il decreto interministeriale 1° giugno 2016, n. 96077 (in attuazione dell’articolo 40 del D.Lgs. 148/2015 – poi altri DM 20 dicembre 2016, n. 98187 e 9 agosto 2019, n. 103593[158]);

·       Fondo bilaterale di solidarietà per il sostegno del reddito del personale delle imprese dei servizi ambientali (in attuazione del citato articolo 26 del D.lgs n. 148/2015[159].

·       Fondo TRIS per il sostegno del reddito del personale dei settori chimico e farmaceutico istituito con DM del 4 dicembre 2020 (in attuazione dell’art. 26, co. 2 e 9, del D.Lgs. 148/2015).

 

Si ricorda, infine, che ai sensi dell’articolo 40 del D.Lgs. 148/2015, le Province autonome di Trento e di Bolzano possono sostenere l'istituzione di un fondo di solidarietà territoriale intersettoriale[160] per il quale (salvo specifiche disposizioni) trova applicazione la disciplina di cui all'articolo 26 del D.Lgs. 148/2015. Al richiamato fondo si applica la disciplina di cui all'articolo 35 del medesimo D.Lgs. 148/2015, sull'equilibrio finanziario dei fondi. Il Fondo prevede un'aliquota di finanziamento almeno pari a quella stabilita per il fondo di integrazione salariale, in relazione ai datori di lavoro che occupano mediamente fino a 15 dipendenti. Sono soggetti (e possono aderire) alla disciplina del Fondo i datori di lavoro appartenenti a settori, tipologie e classi dimensionali non rientranti nell'ambito di applicazione delle norme sulle integrazioni salariali e che non abbiano costituito fondi di solidarietà bilaterali o a fondi di solidarietà bilaterali alternativi, che occupino almeno il 75% dei propri dipendenti in unità produttive ubicate nel territorio delle province di Trento e di Bolzano.


Articolo 48
(Piano nazionale per le Scuole dei mestieri)

 

 

L’articolo 48 istituisce nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali un fondo, con una dotazione di 20 milioni di euro per l’anno 2021, denominato “Scuole dei mestieri”, finalizzato a favorire una maggiore integrazione tra il sistema delle politiche attive del lavoro e il sistema industriale nazionale, la transizione occupazionale e la formazione dei lavoratori attivi nell’ambito dei settori particolarmente specializzanti. La norma demanda a un successivo decreto l’individuazione dei criteri e delle modalità di applicazione della misura.

 

Più in dettaglio, è istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il citato fondo denominato “Scuole dei mestieri”, al fine di favorire:

§  una maggiore integrazione tra il sistema delle politiche attive del lavoro e il sistema industriale nazionale;

§  la transizione occupazionale;

§  la formazione dei lavoratori attivi nell’ambito dei settori particolarmente specializzanti (comma 1).

Sembrerebbe opportuno indicare in maniera puntuale i suddetti settori specializzanti.

Il fondo in questione è finalizzato all’istituzione, da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di Scuole dei mestieri nell’ambito dei settori di specializzazione industriale del territorio (comma 2).

Si rileva che, a fronte della rubrica della norma, nel corpo della disposizione non compare alcun riferimento ad un Piano nazionale per le scuole dei mestieri.

Infine, si demanda a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali l’individuazione dei criteri e delle modalità di applicazione della misura e di utilizzo delle risorse, nel rispetto del suddetto limite di spesa di 20 milioni di euro. Il decreto in questione dovrà essere emanato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame (26 maggio 2021), di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano (comma 3).

La relazione tecnica allegata al provvedimento specifica che il limite di spesa si ritiene congruo quale finanziamento iniziale di tale “azione di sistema, finalizzata a rafforzare e innovare l’intero comparto produttivo italiano”.

 

 


Articolo 48-bis
(Credito d’imposta sui costi sostenuti dalle imprese per la formazione professionale di alto livello dei propri dipendenti)

 

L’articolo 48-bis, inserito durante l'esame presso la Camera dei deputati, introduce per le imprese un credito d’imposta pari al 25 per cento delle spese sostenute in attività di formazione di alto livello, in particolare in ambiti legati allo sviluppo di nuove tecnologie e all’approfondimento delle conoscenze tecnologiche.

 

Il comma 1 riconosce a tutte le imprese (indipendentemente dalla forma giuridica, dalla dimensione aziendale e dal settore economico in cui operano) che effettuano spese per attività di formazione professionale di alto livello nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2020, un credito d’imposta in misura pari al 25 per cento, nel limite massimo complessivo delle risorse indicato al successivo comma 5.

 

Il comma 2 chiarisce le tipologie di attività di formazione ammesse al credito.

In particolare, la norma prevede che sono ammissibili al credito d’imposta le spese sostenute, fino all’importo massimo di 30.000 euro per ciascuna impresa beneficiaria, relative al costo aziendale del dipendente per il periodo in cui è occupato nelle attività di formazione attraverso corsi di specializzazione e di perfezionamento di durata non inferiore a sei mesi, svolti in Italia o all’estero, negli ambiti legati allo sviluppo di nuove tecnologie e all’approfondimento delle conoscenze delle tecnologie previste dal Piano nazionale industria 4.0.

Tali tecnologie sono quelle riferite ai big data e analisi dei dati, cloud e fog computing, sicurezza cibernetica, sistemi cyber-fisici, prototipazione rapida, sistemi di visualizzazione e realtà aumentata, robotica avanzata e collaborativa, interfaccia uomo-macchina, manifattura additiva, internet delle cose e delle macchine e integrazione digitale dei processi aziendali.

 

Per una consultazione dettagliata delle misure ascrivibili al cd. Piano Nazionale Industria 4.0 si rinvia alla lettura dell’approfondimento Industria 4.0 presente sul portale della documentazione della Camera dei deputati.

 

Il comma 3 specifica che il sopra citato credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito, né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi (articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917) ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione. A tal fine, non si applicano i vigenti limiti alla compensazione, in particolare:

-       il limite annuale all'utilizzo della compensazione dei crediti d'imposta (di cui all’articolo 1, comma 53 della legge n. 244 del 2007);

-       il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale (di cui all’articolo 34 della legge n. 388 del 2000).

 

A tale proposito, si segnala che l’articolo 22 del decreto in esame modifica l’articolo 34, comma 1 (primo periodo), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in materia di compensazione, che prevede a decorrere dal 1° gennaio 2001 che il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, sia fissato in 1 miliardo di lire (516 mila euro) per ciascun anno solare; limite successivamente aumentato a 700.000 euro (articolo 9, comma 2, decreto legge 8 aprile 2013, n. 35) e a 1 milione di euro per l'anno 2020 (articolo 147 del decreto legge 34 del 2020). L’articolo 22 eleva per l’anno 2021 a 2 milione di euro il richiamato limite.

 

Il comma 4 stabilisce che con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le disposizioni di attuazione dell’articolo, comprese quelle finalizzate ad assicurare il rispetto del limite di spesa.

 

Il comma 5 provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo, pari a 5 milioni di euro per l’anno 2021.


Articolo 49, commi 1 e 2
(Contributi in favore dei lavoratori frontalieri)

 

 

L’articolo 49, commi 1 e 2, autorizza la spesa di 6 mln di euro per il 2021 per l'erogazione di contributi in favore dei lavoratori frontalieri residenti in Italia e in possesso di determinati requisiti.

 

La disposizione in commento – attraverso una modifica all’art. 103-bis, co. 1, del D.L. 34/2020 – autorizza per il 2021 la spesa di 6 mln di euro per il riconoscimento di contributi in favore dei lavoratori frontalieri residenti in Italia (comma 1):

§  che svolgono la propria attività nei Paesi confinanti o limitrofi ai confini nazionali[161], ovvero in altri Paesi non appartenenti all'Unione europea confinanti o limitrofi ai confini nazionali con cui sono vigenti appositi accordi bilaterali, titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

§  titolari di rapporto di lavoro subordinato o di partita IVA, che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro frontaliero a decorrere dal 23 febbraio 2020 e siano privi dei requisiti richiesti per beneficiare dell’indennità di disoccupazione NASpI o DIS-COLL (di cui al D.Lgs. 22/2015) o delle diverse indennità previste in conseguenza dell’emergenza da Covid-19 (di cui al D.L. 18/2020). Sul punto, appare opportuno ricordare, ai fini di una ulteriore valutazione, che le indennità introdotte a favore di diverse categorie di lavoratori in conseguenza dell’emergenza epidemiologica sono riconducibili non solo al richiamato D.L. 18/2020, ma anche a provvedimenti successivi, quali i decreti legge nn. 34, 104 e 137 del 2020 e n. 41 del 2021.

 

Si ricorda che analoga misura a quella disciplinata dalla disposizione in commento era prevista per il 2020 dal richiamato art. 103-bis del D.L. 34/2020, rispetto alla quale non è stato adottato il relativo decreto attuativo.

Come specificato dalla Relazione illustrativa allegata al provvedimento, infatti, la presente disposizione consente di dare concreta attuazione, per il 2021, all’erogazione del beneficio con l’adozione del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze, che deve stabilire i criteri per il riconoscimento dei contributi previsti dalla disposizione in commento.

 

Ai relativi oneri - pari a 6 mln di euro per il 2021 - si provvede ai sensi dell’art. 77 (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 2).

Come specificato dalla Relazione tecnica al provvedimento, la disposizione si rende necessaria poiché le risorse iscritte per il 2020 per la medesima finalità e per un importo pari a 6 mln di euro (cap. 2019 dello stato di previsione della spesa del Ministero del lavoro e delle politiche sociali), non risultano essere state impegnate e risultano essere andate in economia. Pertanto al fine di dare attuazione alla disposizione, per l’anno 2021, è necessario prevedere un rifinanziamento degli oneri pari a 6 milioni di euro per l’anno 2021 ai quali si provvede mediante delle disposizioni finanziarie.

 


Articolo 49, commi 2-bis e 2-ter
(Proroga dell'indennità assimilabile all'integrazione salariale in favore dei lavoratori dipendenti da imprese del territorio di Savona)

 

L’articolo 49, commi 2-bis e 2-ter, introdotti nel corso dell'esame da parte della Camera dei deputati, prevedono, anche per l'anno 2021, la possibilità per la Regione Liguria di erogare, così come già era stato previsto per l'anno 2020, una specifica indennità in favore dei lavoratori delle imprese del territorio di Savona.

 

I commi in questione intervengono su quanto era già stato previsto dall'art. 94-bis, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

A tale proposito si ricorda che il citato articolo 94-bis, comma 1, aveva previsto che la regione Liguria potesse erogare nel 2020, nel limite di spesa di 1,5 milioni di euro, una specifica indennità in favore dei lavoratori dipendenti di imprese del territorio di Savona che siano impossibilitati a svolgere la propria attività lavorativa, in tutto o in parte, a seguito della frana causata dagli eventi atmosferici del mese di novembre 2019 lungo l'impianto di Funivie Spa di Savona. Più in generale, tra le finalità della norma allora enunciate, si indicava quella di mitigare gli effetti economici derivanti dalla diffusione del contagio da COVID-19 e di consentire la ripresa economica dell'area della Provincia di Savona.

Si prevedeva che l'indennità fosse pari al trattamento straordinario di integrazione salariale, comprensivo della relativa contribuzione figurativa, e che fosse erogata nel corso del 2020, con una durata massima di dodici mesi. La misura è residuale rispetto alla possibilità di applicazione dei trattamenti di integrazione salariale previsti, per i casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa, dalla disciplina generale di cui al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, compresi i trattamenti stabiliti dai fondi di solidarietà di cui al Titolo II dello stesso decreto n. 148, e successive modificazioni.

L'indennità è concessa nel limite delle risorse destinate alla regione Liguria per ammortizzatori sociali in deroga nelle aree di crisi industriale complessa, nell'ambito del riparto tra le regioni delle risorse (pari complessivamente a 216 milioni di euro per il 2016 ed a 117 milioni per il 2017) di cui all'art. 44, comma 11-bis, del citato decreto legislativo n. 148 del 2015, e successive modificazioni. 

I commi in questione, come detto in precedenza, estendono tale possibilità, nel limite massimo di 1,5 milioni di euro, anche per l'anno 2021.


Articolo 50
(Assunzioni nei dipartimenti di prevenzione di dirigenti medici, di tecnici della prevenzione negli ambienti e nei luoghi di lavoro e di assistenti sanitari)

 

 

L’articolo 50 prevede che le regioni e le province autonome autorizzino gli enti e le aziende del Servizio sanitario nazionale - in relazione ai modelli organizzativi della singola regione (o provincia autonoma) -  a procedere al reclutamento straordinario di dirigenti medici, di tecnici della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro e (in base all'integrazione operata dalla Camera) di assistenti sanitari, con contratti di lavoro a tempo indeterminato, da destinare ai dipartimenti di prevenzione. Tale reclutamento avviene in deroga agli ordinari limiti in materia di assunzioni ed è ammesso nell'ambito dei limiti di spesa posti, per ciascuna regione o provincia autonoma, dalla relativa tabella allegata. Tali risorse sono complessivamente pari a 3,4 milioni di euro per il 2021 e a 10 milioni annui a decorrere dal 2022 (comma 2).

Lo stanziamento è escluso (comma 3) dall'ambito delle disposizioni relative all'utilizzo flessibile delle risorse in materia sanitaria per l'emergenza da COVID-19, disposizioni stabilite dall'articolo 26, comma 4, del presente decreto (comma modificato dalla Camera).

 

Il comma 1 individua la finalità dell'intervento del reclutamento straordinario in oggetto nel potenziamento delle attività di prevenzione sull’intero territorio nazionale e nel rafforzamento dei servizi erogati dai dipartimenti di prevenzione (degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale) e relativi alla sicurezza nell'ambiente e nei luoghi di lavoro.

Le norme in esame non recano specificazioni sulle procedure di assunzione. Si valuti l'opportunità di specificare se si faccia riferimento esclusivamente a procedure concorsuali pubbliche; si ricorda in ogni caso che, con riferimento all'articolo 97, quarto comma, della Costituzione, la Corte costituzionale ha affermato costantemente che la facoltà del legislatore di introdurre deroghe al principio del concorso pubblico è legittima soltanto qualora le medesime siano delimitate in modo rigoroso e siano funzionali al buon andamento dell’amministrazione o corrispondano a peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico.

Il comma 2 specifica che lo stanziamento in esame - pari, come detto, a 3,4 milioni di euro per il 2021 e a 10 milioni annui a decorrere dal 2022 - costituisce un corrispondente incremento del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato e che il riparto del medesimo stanziamento è operato nella tabella allegata sulla base delle quote d'accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per il 2021. Lo stanziamento e il relativo riparto concernono anche quelle autonomie territoriali speciali che, in via generale, provvedono al finanziamento della spesa sanitaria corrente in via autonoma[162].

Il comma 3, come accennato, esplicita che lo stanziamento in esame è escluso dall'ambito delle disposizioni - di cui all'articolo 26, comma 4, del presente decreto - relative all'utilizzo flessibile delle risorse in materia sanitaria per l'emergenza da COVID-19; tale esclusione, in ogni caso, opererebbe anche in mancanza di clausola esplicita, in quanto le previsioni di cui al suddetto comma 4 (modificato, come detto, dalla Camera) riguardano soltanto le risorse stanziate per il 2020 (cfr. la relativa scheda di lettura).

Ai fini della copertura degli oneri finanziari derivanti dallo stanziamento di cui al presente articolo 50, il comma 4 rinvia alle disposizioni di cui al successivo articolo 77.

Sotto il profilo redazionale, si segnala che, in relazione alla suddetta figura professionale dei tecnici della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro[163], nel comma 1 occorrerebbe sostituire la locuzione "negli ambienti", ivi ricorrente due volte, con la locuzione "nell'ambiente"; si segnala inoltre che la rubrica del presente articolo 50 fa riferimento soltanto ai luoghi di lavoro e non anche all'ambiente.

 

 

 


Articolo 50-bis, comma 1
(Disposizioni in materia di trattamenti di integrazione salariale nel settore del trasporto aereo)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 50-bis - articolo inserito dalla Camera[164] - al fine di sostenere la fase di ripresa delle attività dopo l’emergenza epidemiologica, prevede, in via eccezionale, fino al 31 dicembre 2021, una proroga di sei mesi della cassa integrazione straordinaria per crisi aziendale in favore delle aziende operanti nel settore aereo, in possesso del Certificato di Operatore  Aereo (COA) e titolari di licenza di trasporto aereo di passeggeri rilasciata dall'Ente  nazionale dell'aviazione civile, che hanno cessato o cessano l'attività produttiva nel corso dell'anno 2020.

 

In dettaglio, la disposizione prevede che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame[165] e fino al 31 dicembre 2021, la proroga di sei mesi di cui all’articolo 44, comma 1-bis, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, (introdotto dall’articolo 45 del presente decreto, alla cui scheda di lettura si rinvia), prevista in via generale per le aziende che abbiano particolare rilevanza strategica sul territorio e che abbiano avviato il processo di cessazione aziendale, possa essere concessa anche alle aziende operanti nel settore aereo, in possesso del prescritto Certificato di Operatore Aereo (COA) e titolari di licenza di trasporto aereo di passeggeri rilasciata dall'Ente nazionale dell'aviazione civile, che hanno cessato o cessano l'attività produttiva nel corso dell'anno 2020, ai sensi dell’art. 94, commi 2 e 2-bis del dl 18/2020.

 

L’articolo 44, comma 1-bis, del decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109, è stato introdotto dall’articolo 45 del presente decreto e prevede, in via eccezionale, al fine di sostenere i lavoratori nella fase di ripresa delle attività dopo l'emergenza epidemiologica, dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 31 dicembre 2021 può essere autorizzata una proroga di sei mesi, previo ulteriore accordo da stipulare in sede governativa presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con la partecipazione del Ministero dello sviluppo economico e della Regione interessata, per le aziende che abbiano particolare rilevanza strategica sul territorio qualora abbiano avviato il processo di cessazione aziendale, le cui azioni necessarie al suo completamento e per la salvaguardia occupazionale, abbiano incontrato fasi di particolare complessità anche rappresentate dal Ministero dello sviluppo economico.

I commi 2 e 2-bis dell’art. 94 del dl 18/2020, si riferiscono, in particolare alle aziende di trasporto aereo di cui sopra, per le quali si autorizza, nel limite massimo di dieci mesi, il trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale. Tale trattamento può essere autorizzato, previo accordo in sede governativa stipulato, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche in presenza dei Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico nonché della Regione o delle Regioni interessate, ove ricorra almeno una delle seguenti condizioni: a) prospettive di cessione dell'azienda o di un ramo di essa; b) specifici percorsi di politica attiva del lavoro posti in essere dalla regione o dalle regioni interessate secondo le modalità indicate nell'accordo previsto dal presente comma (comma 2). Al fine di consentire il costante monitoraggio delle risorse finanziarie disponibili, il trattamento di integrazione salariale di cui sopra viene corrisposto direttamente dall'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (comma 2-bis).

 

La proroga può essere concessa previo accordo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la partecipazione del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e delle regioni interessate.

 

La disposizione quantifica una maggiore spesa complessiva pari a 19,7 milioni di euro per l’anno per l’anno 2021 e a 9,9 milioni di euro per l’anno 2022, a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione (di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185).

In dettaglio, si prevede, infatti, un limite di spesa di 12,3 milioni di euro per l’anno 2021 e di 6,2 milioni di euro per l’anno 2022 cui si aggiunge un incremento della dotazione del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale (costituito ai sensi dell’articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249), pari a 7,4 milioni di euro per l’anno 2021 e a 3,7 milioni di euro per l’anno 2022.

 

In base alla relazione tecnica, la potenziale platea è rappresentato da circa 1.450 soggetti, che, ipotizzando una retribuzione media mensile lorda di 3.000 euro comporta i seguenti oneri per la finanza pubblica.

·       per trattamenti di integrazione salariale 5,7 milioni di euro per l’anno 2021 e 2,9 milioni per il 2022;

·       per contribuzione figurativa 6,6 milioni di euro per l’anno 2021 e 3,3 per il 2022;

Per l’integrazione all’80% della retribuzione a carico del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale, si quantificano 7,4 milioni di euro per l’anno 2021 e 3,7 milioni per il 2022.


Articolo 50-bis, commi 2-3, 6-7 e 10-11
(Disposizioni in materia di trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19)

 

 

I commi 2, 3, 6, 7, 10 e 11 dell'articolo 50-bis - articolo inserito dalla Camera - costituiscono la trasposizione di alcuni commi dell'articolo 4 del D.L. 30 giugno 2021, n. 99, D.L. di cui l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto n. 73 (nel testo riformulato dalla Camera) prevede l'abrogazione, con la salvezza degli effetti già prodottisi. I commi in esame recano alcune modifiche ed integrazioni alla disciplina sui trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19. In particolare, i commi 2, 3 e 6 riconoscono la possibilità di un ulteriore periodo di trattamento ordinario di integrazione salariale con la causale suddetta nei settori delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili; l'ulteriore intervento in oggetto è ammesso per un massimo di diciassette settimane - ricadenti in ogni caso nell'ambito del periodo 1° luglio 2021-31 ottobre 2021 - nonché nel rispetto di un limite complessivo di spesa pari a 185,4 milioni di euro per il 2021. Per la copertura dell'onere corrispondente al suddetto limite, il comma 7 rinvia alle disposizioni di cui al successivo articolo 77. Il comma 10 concerne i criteri di imputazione finanziaria e contabile della spesa relativa ai trattamenti ordinari di integrazione salariale e assegni ordinari di integrazione salariale con causale COVID-19. Il comma 11 amplia le possibilità, per l'INPS, di adottare variazioni compensative tra gli specifici limiti di spesa, concernenti le varie tipologie di trattamento o assegno di integrazione salariale con causale COVID-19, fermo restando l'importo complessivo derivante dalla somma dei medesimi limiti.

 

Più in particolare, l'ulteriore trattamento ordinario di integrazione salariale con causale COVID-19 viene ammesso, ai sensi del comma 2, nei settori summenzionati (la cui terminologia corrisponde a quella dei codici 13, 14 e 15 della classificazione delle attività economiche Ateco 2007 dell'ISTAT), con riferimento a sospensioni o riduzioni dell'attività lavorativa nel periodo 1° luglio 2021-31 ottobre 2021 e limitatamente ai dipendenti in forza alla data di entrata in vigore del suddetto D.L. n. 99 (30 giugno 2021). Il comma esplicita che per l'ulteriore trattamento in oggetto non è dovuto alcun contributo addizionale, secondo il criterio già previsto (salvo il caso di alcune norme transitorie di diverso tenore) per i trattamenti di integrazione salariale con causale COVID-19[166].

Come detto, l'ulteriore trattamento in esame è ammesso nel limite di diciassette settimane (comma 2 citato) nonché nel rispetto di un limite complessivo di spesa pari a 185,4 milioni di euro per il 2021 (comma 6). L’INPS provvede al relativo monitoraggio finanziario; qualora da esso emerga, anche in via prospettica, il raggiungimento del limite di spesa, l’INPS non prende in considerazione ulteriori domande. Per la copertura dell'onere corrispondente al suddetto limite, il comma 7 rinvia alle disposizioni di cui al successivo articolo 77.

Il comma 3, per la disciplina sulla presentazione delle domande per il beneficio in oggetto (ivi comprese le norme sulle modalità di erogazione del trattamento), rinvia alle norme di cui all'articolo 8, commi 3, 4, 5 e 6, del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2021, n. 69.

 

Si ricorda che, ai sensi del comma 3 del suddetto articolo 8 del D.L. n. 41, la domanda deve essere presentata all’INPS[167], a pena di decadenza, entro la fine del mese successivo a quello in cui abbia avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa.

Il successivo comma 6 prevede che la prestazione possa essere chiesta sia nella forma del pagamento diretto dall'INPS al dipendente sia nella forma dell'anticipo da parte del datore di lavoro. Nel caso di pagamento diretto, si prevede (commi 4 e 6) la possibilità di richiesta (nell'ambito della domanda da parte del datore di lavoro di accesso al trattamento) di un'anticipazione pari al 40 per cento delle ore autorizzate nell'intero periodo - anticipazione che l’INPS dispone entro quindici giorni dal ricevimento della domanda (la quale, in tal caso, deve contenere i dati essenziali per il calcolo e l'erogazione dell'anticipazione medesima)[168] -.

Sia per il caso di pagamento diretto dall'INPS al dipendente sia per il caso di anticipazione da parte del datore di lavoro, il comma 5 (dello stesso articolo 8) prevede che i dati necessari per il calcolo (o per il saldo) della prestazione, nonché per l'accredito della relativa contribuzione figurativa, siano trasmessi nell'ambito delle denunce mensili (concernenti le retribuzioni e le relative contribuzioni) che il datore di lavoro deve rendere all'INPS (cosiddette denunce UNIEMENS)[169].

In caso di pagamento diretto della prestazione al dipendente da parte dell’INPS, il datore di lavoro è tenuto ad inviare all’Istituto tutti i dati necessari per il pagamento o per il saldo dell’integrazione salariale entro la fine del mese successivo a quello in cui sia collocato il periodo di integrazione salariale[170], ovvero, se posteriore, entro il termine di 30 giorni dall’adozione del provvedimento di concessione (comma 4).

 

Il comma 10 concerne i criteri di imputazione finanziaria e contabile della spesa relativa ai trattamenti ordinari di integrazione salariale e assegni ordinari di integrazione salariale con causale COVID-19. L'intervento normativo - oltre a confermare il principio sostanziale[171] in base al quale i trattamenti ed assegni con causale COVID-19 sono esclusi dal computo dei limiti di durata[172] previsti per il riconoscimento, ai sensi della disciplina generale, delle medesime prestazioni - è inteso a chiarire che i medesimi trattamenti ed assegni con causale COVID-19, senza alcuna eccezione di tipologia, sono computati nei limiti di spesa, previsti dalle relative norme speciali, solo qualora la prestazione sia erogata oltre i limiti di durata previsti dalla relativa disciplina generale e che i medesimi limiti di durata, ai fini finanziari e contabili in esame, si applicano senza tener conto dei periodi di trattamento con causale COVID-19 fruiti in base a precedenti richieste; in tutti gli altri casi, dunque, la spesa è imputata all'ordinaria gestione di competenza. L'intervento normativo viene adottato rispetto a diversi orientamenti interpretativi dell'INPS; questi ultimi, in particolare: includevano, ai soli fini dell'imputazione finanziaria e contabile in oggetto, nei limiti di durata anche i periodi di trattamento ordinario con causale COVID-19 fruiti in base a precedenti richieste - con conseguente inclusione (in caso di superamento dei limiti di durata così calcolati) della nuova prestazione nel computo dei limiti di stanziamento suddetti -[173]; imputavano per intero ai medesimi limiti di stanziamento la spesa per l'assegno ordinario di integrazione salariale (con causale COVID-19) altrimenti a carico del Fondo di integrazione salariale dell'INPS (Fondo cosiddetto residuale)[174]. Tali orientamenti determinerebbero un ampliamento delle ipotesi di spesa rientranti nei limiti di stanziamento - con conseguente possibile esaurimento in via anticipata delle risorse -, mentre le stime operate dalle relazioni tecniche di accompagnamento delle varie norme speciali in materia si sono basate sull'interpretazione ora riaffermata dall'intervento normativo di cui al comma 10 - il quale (in base all'alinea) retroagisce al 1° gennaio 2021 -.

Il comma 11 autorizza l'INPS ad adeguare, previa comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze, in relazione sia all'intervento normativo di cui al comma 10 sia agli esiti del monitoraggio finanziario, la ripartizione degli specifici limiti di spesa di cui all'articolo 13, comma 8, del citato D.L. n. 41 del 2021, e successive modificazioni, concernenti le varie tipologie di trattamento o assegno di integrazione salariale con causale COVID-19; resta fermo, in ogni caso, l'importo complessivo, derivante dalla somma dei medesimi limiti.

Si ricorda che, complessivamente, in base al suddetto articolo 13, comma 8, e all'articolo 7, comma 2, del D.L. 8 giugno 2021, n. 79, in fase di conversione alle Camere:

-     i limiti in oggetto per il 2021 (per i trattamenti con causale COVID-19 inerenti a settimane collocate nel 2021) sono pari a 4.336,0 milioni di euro per i trattamenti di cassa integrazione ordinaria e assegno ordinario di integrazione salariale, 2.590,4 milioni di euro per i trattamenti di cassa integrazione in deroga, 357,9 milioni di euro per i trattamenti di CISOA;

-     ciascuno di tali limiti può essere incrementato dall'INPS a valere su una quota aggiuntiva di risorse pari a 707,4 milioni.

Il presente comma 11 ammette le possibilità di variazione compensativa da parte dell'INPS anche al di fuori della quota aggiuntiva suddetta. Nella versione finora vigente, tali ulteriori possibilità erano invece riservate a eventuali decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze[175]. Si valuti l'opportunità di un coordinamento tra il comma 11 ed il citato articolo 8, comma 13, del D.L. n. 41, nella parte in cui quest'ultimo fa riferimento a tali decreti.

 


Articolo 50-bis, commi 4 e 5
(Disposizioni in materia di licenziamento)

 

 

I commi 4 e 5 dell'articolo 50-bis - articolo inserito dalla Camera[176] - precludono, per la durata del trattamento ordinario di integrazione salariale riconosciuto dal comma 2 del medesimo articolo, fruito dal 1° luglio al 31 ottobre 2021, la possibilità di avviare le procedure di licenziamento individuale e collettivo (restando, altresì, sospese, nello stesso periodo di tempo, le procedure pendenti avviate dopo il 23 febbraio 2020), nonché di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo (restando altresì sospese le procedure in corso per la medesima causale), ai datori di lavoro privati che sospendono o riducono l'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da COVID-19 e che presentino domanda di concessione del medesimo trattamento di integrazione salariale (comma 4). Alle preclusioni e sospensioni di cui sopra sono previste specifiche eccezioni (comma 5).

 

In dettaglio, il comma 4 dell’articolo preclude l’avvio delle procedure relative ai licenziamenti collettivi e individuali (disciplinati ai sensi degli artt. 4, 5 e 24 della l. n. 223 del 1991[177]: cfr. infra, scheda sull’istituto del licenziamento collettivo) ai datori di lavoro privati di cui al comma 2 dell’articolo 50-bis (alla cui scheda di lettura si rinvia), ai quali riconosce un periodo di trattamento ordinario di integrazione salariale nel limite massimo di diciassette settimane, fruibili dal 1° luglio al 31 dicembre 2021. Si tratta dei datori di lavoro dei settori delle industrie tessili, delle confezioni di articoli di abbigliamento e di articoli in pelle e pelliccia e delle fabbricazioni di articoli in pelle e simili[178].

Restano, altresì, sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto di appalto.

Ai medesimi datori di lavoro privati, resta, infine, preclusa, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966 n. 604[179] e restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’articolo 7 della medesima legge[180].

Ai sensi del comma 5 dell’articolo, infine, le preclusioni e le sospensioni di cui al comma 4 non si applicano nelle ipotesi di licenziamenti motivati:

dal venir meno del soggetto imprenditoriale: a) per la cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, oppure per la cessazione definitiva dell’attività dell’impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività (sempre che nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’art. 2112 c.c); b) in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nei casi in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso;

nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione  del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo: a detti lavoratori è comunque riconosciuta l’indennità di disoccupazione (Naspi), ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22[181].

 

L’istituto del licenziamento collettivo (che non trova applicazione nei confronti dei dirigenti) è disciplinato principalmente dall’articolo 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223. Le cause che giustificano il ricorso a tale istituto risiedono nella riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro e nella cessazione dell’attività. L’ipotesi di licenziamento collettivo si verifica nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco temporale di 120 giorni nell’unità produttiva oppure in più unità produttive dislocate nella stessa provincia. La normativa si applica a tutti i licenziamenti che, nel medesimo arco temporale e nello stesso territorio siano riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. È sempre obbligatoria la verifica della sussistenza di un nesso di causalità tra la trasformazione produttiva effettuata ed il ridimensionamento dei dipendenti (Cass., 4 dicembre 1998, n. 12297), nonché un nesso di congruità tra gli stessi (cioè una piccola trasformazione produttiva non può comportare un rilevante numero di licenziamenti). Spetta al datore di lavoro provare l’effettività e la definitività della diminuzione del fabbisogno di forza-lavoro, attraverso la mancata sostituzione dei lavoratori licenziati o l’assenza di ulteriori assunzioni. Si ricorda che la procedura stabilita per il licenziamento collettivo è applicata anche alle aziende in CIGS, qualora nel corso o al termine del programma si verifichi la necessità di procedere anche ad un solo licenziamento. La procedura è contenuta nell’articolo 4 della L. 223/1991, che disciplina la procedura per la dichiarazione di mobilità (identica in caso di licenziamenti collettivi). In particolare, tale procedura può essere avviata dall’impresa che sia stata ammessa alla CIGS, qualora nel corso di attuazione del programma – che l’impresa stessa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale – ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative (comma 1). La procedura (commi 2-13) consta in una fase cd. Sindacale e in una fase cd. Amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro ed i sindacati tentano di trovare soluzioni alternative al licenziamento.


Articolo 50-bis, commi 8 e 9
(Istituzione del Fondo per il potenziamento delle competenze e la riqualificazione professionale dei soggetti beneficiari di strumenti di sostegno al reddito)

 

 

L’articolo 50-bis, commi 8 e 9 – introdotto nel corso dell’esame presso la Camera e che riproduce il contenuto dell’art. 4, co. 11 e 12, del D.L. 99/2021 (di cui l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto n. 73 – riformulato dalla Camera - dispone l'abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi) – istituisce, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Fondo per il potenziamento delle competenze e la riqualificazione professionale dei lavoratori beneficiari di determinati sussidi, con una dotazione iniziale di 50 milioni di euro per il 2021.

 

Il suddetto Fondo è finalizzato a contribuire al finanziamento di progetti formativi rivolti ai lavoratori beneficiari di trattamenti di integrazione salariale per i quali è programmata una riduzione dell'orario di lavoro superiore al 30 per cento, calcolata in un periodo di dodici mesi, nonché ai percettori di NASpI (Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego) (comma 8).

Sul punto, si ricorda che la normativa vigente prevede taluni meccanismi di condizionalità, tra cui la partecipazione ad attività di formazione, per i beneficiari di strumenti di sostegno al reddito in assenza e in costanza di rapporto di lavoro.

In particolare, l’erogazione della NASpI è condizionata alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa nonché ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai Servizi competenti (art. 7, co. 1, D.Lgs. 22/2015).

La normativa vigente prevede altresì in capo ai soggetti beneficiari dei suddetti strumenti di sostegno al reddito, sia in costanza che in assenza di rapporto di lavoro, l’obbligo di partecipare alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione previste nel patto di servizio personalizzato stipulato con i Centri per l’impiego[182]. La mancata partecipazione comporta l’applicazione di sanzioni, graduate in base all’entità della violazione dell’obbligo, che vanno dalla decurtazione del beneficio alla decadenza dallo stesso (artt. 21 e 22 del D.Lgs. 150/2015)

 

Agli oneri derivanti dall’applicazione della disposizione in commento -  pari a 50 milioni di euro per il 2021 - si provvede ai sensi dell'articolo 77 (alla cui scheda di lettura si rimanda).

La definizione dei criteri e delle modalità di utilizzo ditali risorse è demandata ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare - previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano - entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in commento (comma 9).

 

 


Articolo 50-ter
(Assunzioni a termine e a tempo parziale presso alcuni Ministeri)

 

 

L'articolo 50-ter - inserito dalla Camera - autorizza il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri a bandire, nel limite massimo di spesa di cui al comma 6, procedure selettive per l'assegnazione al Ministero della cultura, al Ministero della giustizia e il Ministero dell'istruzione di personale con contratto di lavoro della durata di diciotto mesi e con orario di lavoro pari a diciotto ore settimanali; a tali procedure sono prioritariamente ammessi i soggetti già inquadrati come tirocinanti nell'ambito dei percorsi di formazione e lavoro presso i suddetti Ministeri.

Si prevede che le graduatorie approvate all'esito delle procedure in oggetto siano utilizzabili per le assunzioni a tempo determinato anche da parte di altre amministrazioni pubbliche (comma 5).

 

L'individuazione delle unità suddette da assegnare a ciascuno dei tre Ministeri e dell'area funzionale di inquadramento è demandata dal comma 2 ad un decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per il Sud e la coesione territoriale, previa intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni-città ed autonomie locali. Il medesimo comma specifica che tali assegnazioni sono disposte in deroga ai limiti di spesa vigenti, per le pubbliche amministrazioni, per i rapporti di lavoro a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Tuttavia, il successivo comma 5 prevede che le graduatorie approvate all'esito delle procedure in oggetto siano utilizzabili, secondo l'ordine di merito, per le assunzioni a tempo determinato anche da parte di altre amministrazioni pubbliche. Si valuti l'opportunità di chiarire se queste ultime ipotesi di assunzione a termine siano subordinate al rispetto dei limiti generali di spesa summenzionati, secondo la disciplina prevista per la relativa amministrazione.

Il comma 1 fa riferimento alle finalità di promuovere la rinascita occupazionale delle regioni comprese nell'obiettivo europeo "Convergenza" (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) e di migliorare la qualità degli investimenti in capitale umano. Si valuti l'opportunità di chiarire se le assegnazioni del personale in oggetto possano riguardare solo uffici ministeriali ubicati nelle suddette regioni, come sembrerebbe presupposto dalla rubrica dell'articolo.

Il comma 1, come accennato, pone un principio di priorità in favore dei soggetti già tirocinanti. Si valuti l'opportunità di chiarire se esso consista in una quota di riserva nell'ambito della procedura selettiva, tenuto conto anche dei limiti posti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale[183] in materia di quote di riserva nei pubblici concorsi o di quote di posti per i quali venga bandito un concorso riservato.

In base al successivo comma 3, per l'ammissione alle procedure in oggetto è richiesto il possesso di titolo di studio pari o superiore a quello della scuola dell'obbligo e dei requisiti previsti per l'accesso al pubblico impiego.

Le medesime procedure sono organizzate, per figure professionali omogenee, dal Dipartimento della funzione pubblica tramite l'associazione Formez PA (comma 4).

Il limite di spesa posto dal comma 6 è pari a 20 milioni di euro per il 2021 e 40 milioni per il 2022. Alla copertura finanziaria corrispondente a tale limite si provvede riducendo in misura corrispondente (per il 2021 e il 2022) il Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili (di cui all'articolo 1, comma 200, della L. 23 dicembre 2014, n. 190, e successive modificazioni).


Articolo 50-quater
(Contributo alla regione Calabria per tirocini di inclusione sociale)

 

 

L'articolo 50-quater - inserito dalla Camera - attribuisce alla regione Calabria un contributo di 25 milioni di euro per l'anno 2021, ai fini dell'integrazione dell'importo dell'indennità per lo svolgimento (nell'ambito delle politiche attive per il lavoro) di tirocini di inclusione sociale da parte di disoccupati già percettori di trattamenti di mobilità in deroga prorogati dalla medesima regione.

Ai fini della copertura finanziaria del suddetto stanziamento, si dispone una riduzione, nell'identica misura di 25 milioni per il 2021, del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili (di cui all'articolo 1, comma 200, della L. 23 dicembre 2014, n. 190, e successive modificazioni).

 

 


Articolo 51
(Disposizioni urgenti in materia di trasporto pubblico locale)

 

 

L’articolo 51 interviene in materia di trasporto pubblico locale, incrementando di 450 milioni per il 2021 il fondo per garantire l’erogazione dei servizi aggiuntivi programmati di trasporto pubblico locale e regionale (commi 1-4), prevedendo la destinazione di parte di tali risorse anche alla compensazione dei minori ricavi tariffari passeggeri di taluni servizi in concessione governativa (commi 5 e 6), nonché istituendo un apposito fondo di 50 milioni di euro per il 2021 in favore delle imprese, delle pubbliche amministrazioni e degli istituti scolastici che adottino i piani degli spostamenti casa-lavoro e casa-scuola e iniziative per la mobilità sostenibile, previa nomina del mobility manager (commi 7 e 8).

 

In dettaglio, il comma 1 incrementa di 450 milioni di euro per l’anno 2021 la dotazione del fondo di cui all’articolo 1, comma 816, della legge di bilancio 2021 (legge 30 dicembre 2020, n. 178).

Si tratta del Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con una dotazione iniziale di 200 milioni di euro per l'anno 2021, finalizzato a consentire l’erogazione di servizi aggiuntivi di trasporto pubblico locale e regionale, destinato anche a studenti e per i quali le regioni e i comuni sono stati autorizzati a ricorrere, mediante apposita convenzione e imponendo obblighi di servizio, a operatori che svolgono attività di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente nonché a titolari di licenze taxi ed NCC. Il finanziamento è destinato a fronteggiare le esigenze trasportistiche conseguenti all'attuazione delle misure di contenimento derivanti dall'applicazione delle Linee Guida per l'informazione agli utenti e le modalità organizzative per il contenimento della diffusione del COVID-19 in materia di trasporto pubblico e le Linee Guida per il trasporto scolastico dedicato, ove i predetti servizi nel periodo ante COVID-19 abbiano avuto un riempimento superiore a quello previsto dal DPCM in vigore all’atto dell’emanazione del decreto ministeriale di attuazione previsto dal secondo periodo del comma 1. Un finanziamento analogo è disposto a favore dei comuni dal comma 790 della stessa legge di bilancio.

 

Il comma 1 specifica che tali risorse aggiuntive sono destinate al finanziamento dei servizi aggiuntivi programmati al fine di far fronte agli effetti derivanti dalle limitazioni poste al coefficiente di riempimento dei mezzi, anche in coerenza con gli esiti dei tavoli prefettizi di cui al DPCM adottato ai sensi dell'articolo 2 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19. Si tratta dei tavoli per la definizione del più idoneo raccordo tra gli orari di inizio e termine delle attività didattiche e gli orari dei servizi di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano.

 

Il comma 2 dispone che, per le suddette finalità, le Regioni, le Province Autonome e i Comuni, nei limiti delle disponibilità del fondo, possano anche ricorrere a operatori economici esercenti il servizio di trasporto di passeggeri su strada ai sensi della legge 11 agosto 2003, n. 218, che disciplina l'attività di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente, nonché ai titolari di licenza per l'esercizio del servizio di taxi o di autorizzazione NCC, mediante apposita convenzione ovvero imponendo obblighi di servizio.

Si segnala peraltro che tale primo periodo del comma 2 riproduce il contenuto di quanto già previsto dal secondo periodo del comma 816 della legge di Bilancio 2021

 

Si prevede inoltre, con il secondo periodo del comma 2, per il personale degli operatori economici, esercenti il servizio di trasporto di passeggeri su strada nonché per i titolari di autorizzazione NCC, impiegato nei servizi aggiuntivi di trasporto pubblico regionale o locale, che si applichino esclusivamente le misure di sorveglianza sanitaria effettuata dal medico competente, ai sensi dell’articolo 41 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e non si applichino le previsioni del Regolamento per l'accertamento ed il controllo dell'idoneità fisica e psico-attitudinale del personale addetto ai pubblici servizi di trasporto (decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione 23 febbraio 1999, n. 88, in G. U. del 12 aprile 1999, n. 84), relative allo svolgimento delle visite di idoneità fisica e psicoattitudinale.

 

Il comma 3 dispone che qualora emerga la necessità di erogare servizi aggiuntivi destinati esclusivamente agli studenti della scuola secondaria di primo o di secondo grado, le convenzioni di cui al comma 2 possano essere stipulate, previa intesa con la Regione o la Provincia autonoma e nei limiti delle risorse ad essa assegnate, anche dagli uffici dirigenziali periferici del Ministero dell'istruzione relativamente agli ambiti territoriali di competenza. Tale necessità deve emergere all’esito di uno specifico procedimento, previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1, per la definizione del più idoneo raccordo tra gli orari di inizio e termine delle attività didattiche e gli orari dei servizi di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano e nelle forme ivi stabilite.

In proposito la Relazione illustrativa esplicita che i lavori dei tavoli di coordinamento sono istituti presso ciascuna Prefettura-UTG ai sensi dell’articolo 21, comma 3, del d.P.C.M. 2 marzo 2021 e dell’articolo 1, comma 1, del decreto legge 22 aprile 2021, n. 52, per la definizione del più idoneo raccordo tra gli orari di inizio e termine delle attività didattiche e gli orari dei servizi di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano.

 

In base al comma 4, le risorse del fondo di cui al comma 1 possono essere utilizzate, nel limite massimo di 45 milioni di euro, per il riconoscimento di contributi in favore degli stessi soggetti sopracitati a titolo di compensazione dei maggiori costi sostenuti per l’utilizzo di prodotti per la disinfezione delle superfici toccate frequentemente dall’utenza e per l’uso di sistemi di sanificazione ovvero di disinfezione dell’ambiente interno dei mezzi di trasporto, nonché per ogni  altra modalità e attività finalizzata a ridurre i rischi di contagi da Covid-19. Si tratta sempre dei soggetti impiegati nell’erogazione dei servizi aggiuntivi di trasporto pubblico: aziende di traporto pubblico regionale o locale, nonché operatori economici esercenti il servizio di trasporto di passeggeri su strada, titolari di licenza taxi o di autorizzazione NCC.

 

Le modalità di assegnazione delle risorse e le risorse per la ferrovia circumetnea, il servizio ferroviario Domodossola confine svizzero e la gestione governativa navigazione laghi (commi 5 e 6)

Il comma 5 prevede l’emanazione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge per l’assegnazione delle risorse del comma 1 a:

1)   le regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano;

    Si segnala che non si citano i comuni tra gli assegnatari delle risorse, come invece prevede il comma 2

2)  la gestione governativa della ferrovia circumetnea, alla concessionaria del servizio ferroviario Domodossola confine svizzero e alla gestione governativa navigazione laghi. In relazione all’assegnazione delle risorse prevista per tali ultimi soggetti, il successivo comma 6, prevede infatti che a tali gestioni possano essere assegnate le eventuali risorse residue dello stanziamento complessivo di cui al comma 1, nell'anno 2021, per le finalità previste dall'articolo 200, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, quindi, come anche riporta la Relazione illustrativa, per la compensazione per la riduzione dei ricavi tariffari relativi ai passeggeri, nonché per la copertura degli oneri derivanti dalle misure previste dall’articolo 215 del medesimo decreto legge (c.d. rilancio), che prevede il ristoro degli abbonamenti ferroviari o di trasporto pubblico locali, ai soggetti che non abbiano potuto usufruirne.

Si ricorda che il richiamato art. 200 del DL n. 34/2020 ha istituito un fondo, con una dotazione di 500 mln di € per il 2020 (così incrementata dal DL 104/2020), diretto a compensare la riduzione dei ricavi tariffari relativi ai passeggeri subita in ragione dell’emergenza derivante dalla pandemia di COVID-19 da una serie di  soggetti elencati nel comma 2 dello stesso articolo 200: imprese di trasporto pubblico locale e regionale, gestione governativa della ferrovia circumetnea, concessionaria del servizio ferroviario Domodossola confine svizzero, gestione governativa navigazione laghi e enti affidanti nel caso di contratti di servizio grosscost.

Gli enti affidanti nel caso di contratti di servizio grosscost non essendo citati dal comma 5 nell’elenco dei soggetti a cui possono essere assegnate le risorse residue del comma 1, sembrerebbero risultarne esclusi, a differenza di quanto previsto dall’art. 200 del D.L. n. 34/2020

Si ricorda altresì che per l’anno 2021, l’art. 29, comma 1, del D.L. n. 41/2021, in corso di esame parlamentare per la conversione in legge, ha quindi rifinanziato per ulteriori 800 milioni di euro, la dotazione del fondo di cui all’art. 200 del decreto-legge n. 34 del 2020, per compensare la riduzione dei ricavi n via prioritaria nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 31 dicembre 2020 e, per la parte restante, fino al termine dell'applicazione delle limitazioni relative alla capienza massima dei mezzi adibiti ai servizi di trasporto pubblico, individuate con i provvedimenti di cui all'articolo 2 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, rispetto alla media dei ricavi tariffari relativa ai passeggeri registrata nel medesimo periodo del biennio 2018-2019. Anche in tale caso si prevede che le risorse siano assegnate alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, nonché alla gestione governativa della ferrovia circumetnea, alla concessionaria del servizio ferroviario Domodossola confine svizzero e alla gestione governativa navigazione laghi.

 

I criteri per la ripartizione delle risorse del comma 1, sono quelli stabiliti ai sensi dell’articolo 1, comma 816, della legge di bilancio 2021 (legge 30 dicembre 2020, n. 178), il quale a sua volta ha previsto l’emanazione di un analogo decreto ministeriale in tal senso per l’assegnazione delle risorse, secondo i criteri stabiliti ai sensi del decreto di cui al comma 1-bis dell'articolo 44 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, che rinvia sua volta al provvedimento attuativo dell’art. 200, comma 2 del DL n. 34/2020, cioè il Decreto interministeriale dell'11 agosto 2020 n. 340.

 

Si dispone infine che con il medesimo decreto ministeriale previsto dal comma 5 sia determinata anche l’entità delle eventuali risorse da destinare per le finalità di cui al comma 4, quindi perla compensazione per i maggiori costi per la disinfezione, nonché le modalità di erogazione delle stesse.

Il fondo per i piani degli spostamenti casa lavoro e casa scuola ed il mobility manager (co. 7 e 8)

Il comma 7 prevede l’istituzione, presso il Ministero delle infrastrutture e la mobilità sostenibili, di un fondo con una dotazione di euro 50 milioni per l’anno 2021, finalizzato a consentire una più efficace distribuzione degli utenti del trasporto pubblico di linea, nonché di realizzare un più idoneo raccordo tra gli orari di inizio e termine delle attività economiche, lavorative e didattiche e gli orari dei servizi di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano, tenuto conto delle misure di contenimento individuate con i provvedimenti anti Covid.

Il fondo è destinato all’erogazione:

a)  di contributi in favore delle imprese e delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 229, comma 4, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, che provvedano, previa nomina del mobility manager previsto dallo stesso articolo 229, a predisporre, entro il 31 agosto 2021, un piano degli spostamenti casa-lavoro del proprio personale; si specifica che tali contributi sono destinati al finanziamento, nei limiti delle risorse disponibili, di iniziative di mobilità sostenibile, incluse iniziative di car-pooling, di car-sharing, di bike-pooling e di bike-sharing, in coerenza con le previsioni dei piani degli spostamenti casa – lavoro adottati entro il termine del 31 agosto 2021;

In relazione al termine qui previsto del 31 agosto 2021, si segnala che il termine annuale previsto per la redazione del piano degli spostamenti casa lavoro è fissato al 31 dicembre di ciascun anno dall’art. 229, co. 4, del D.L. 34/2020 e dal relativo decreto ministeriale 12 maggio 2021 di attuazione.

 

Si ricorda che l'art. 229, comma 4, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, ha previsto che le imprese e le pubbliche amministrazioni con più di 100 dipendenti ubicate in un capoluogo di regione, in una città metropolitana, in un capoluogo di provincia ovvero in un comune con popolazione superiore a 50.000 abitanti sono tenute ad adottare, entro il 31 dicembre di ogni anno, un piano degli spostamenti casa-lavoro del proprio personale dipendente, finalizzato alla riduzione dell'uso del mezzo di trasporto privato individuale nominando, a tal fine, un mobility manager con funzioni di supporto professionale continuativo alle attività di decisione, pianificazione, programmazione, gestione e promozione di soluzioni ottimali di mobilità sostenibile. Per le pubbliche amministrazioni tale figura è scelta tra il personale in ruolo. Il decreto 12 maggio 2021 del Ministero della transizione ecologica, di concerto con il MIMS (G.U. 26.05.2021), ha dettato le “Modalità attuative delle disposizioni relative alla figura del mobility manager”, come previsto dall’art. 229, co. 4, del citato DL n. 34/2020. Il decreto reca le definizioni di «mobility manager aziendale», figura prevista per le imprese e le pubbliche amministrazioni con funzioni di supporto professionale continuativo alle attività di decisione, pianificazione, programmazione, gestione e promozione di soluzioni ottimali di mobilità sostenibile e di «mobility manager d'area» nominato dai comuni: di tali figure gli art. 6 e 7 del decreto specificano le funzioni ed i requisiti. Il piano degli spostamenti casa-lavoro (PSCL) (art. 3) è finalizzato alla riduzione del traffico veicolare privato e individua le misure utili a orientare gli spostamenti casa-lavoro del personale dipendente verso forme di mobilità sostenibile alternative all'uso individuale del veicolo privato a motore, sulla base dell'analisi degli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti, delle loro esigenze di mobilità e dello stato dell'offerta di trasporto presente nel territorio interessato. Il decreto ministeriale ne conferma l’obbligo di emanazione entro il 31 dicembre di ogni anno e ne prevede (art. 4) la trasmissione al comune territorialmente competente entro quindici giorni dall'adozione.

b) di contributi in favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado che provvedano, previa nomina del mobility manager scolastico di cui all’articolo 5, comma 6, della legge 28 dicembre 2015, n. 221, a predisporre, entro il 31 agosto 2021, un piano degli spostamenti casa-scuola-casa del personale scolastico e degli alunni, che possa contribuire alla realizzazione delle finalità di cui al presente comma; tali contributi sono destinati al finanziamento, nei limiti delle risorse disponibili, di iniziative di mobilità sostenibile, incluse iniziative di piedibus, di car-pooling, di car-sharing, di bike-pooling e di bike-sharing, in coerenza con le previsioni dei piani degli spostamenti casa – scuola - casa adottati entro il termine del 31 agosto 2021.

 

Si ricorda che l'art. 5, comma 6 della legge 28 dicembre 2015, n. 221 ha istituito la figura del mobility manager scolastico in tutti gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, con il compito, tra l'altro, di organizzare e coordinare gli spostamenti casa-scuola del personale scolastico e degli alunni.

 

Il comma 8 rinvia ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, della transizione ecologica e dell’istruzione e previa intesa in sede di Conferenza unificata, la definizione dei criteri e delle modalità per il riconoscimento dei contributi per il tramite degli enti locali, indicati nel medesimo decreto, nel cui territorio sono ubicati i soggetti beneficiari.

 

Il comma 9 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla presente disposizione quantificati in complessivi euro 500 milioni per l’anno 2021, si provvede ai sensi dell’articolo 77 (alla cui scheda si rinvia).

 


Articolo 51-bis
(Proroga dei termini per il ricorso alla Convenzione Consip Autobus 3 del 2 agosto 2018 e disposizioni in materia di Consip Spa)

 

 

L’articolo 51-bis, introdotto nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, contiene una proroga di termini per il ricorso alla Convenzione Consip per il rinnovo dei mezzi di trasporto destinati ai servizi di trasporto pubblico locale e regionale, nonché ulteriori disposizioni in materia di Consip Spa.

 

In particolare il comma 1 dell'articolo in questione proroga dal 30 giugno 2021 al 31 dicembre 2021 l'autorizzazione all'acquisito di autobus con la convenzione Consip Autobus 3, stipulata il 2 agosto 2018.

 

Il comma 2, invece, estende a Consip spa, la deroga ai vincoli e ai limiti assunzionali, di incentivazione all'esodo del personale e di gestione del rapporto di lavoro, prevista per alcune società dell’amministrazione finanziaria ai sensi dell’articolo 1, comma 928, della legge n. 208 del 2015 aggiungendo a quest’ultima disposizione, che giustificava la deroga con le finalità di contrasto all’evasione e all'elusione fiscale ed al monitoraggio della spesa pubblica, anche la finalità di razionalizzazione degli acquisti pubblici e precisando che della deroga sopra descritta si tenga conto ai fini dell’emissione dei provvedimenti, a cura dell’amministrazione socia di Consip, per la fissazione degli obiettivi, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale, ai sensi dell’articolo 19, comma 5, del decreto legislativo n. 175 del 2016 (comma 2).

 

Il comma 3, infine, dispone che Consip possa avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato per le attività di realizzazione del Programma di razionalizzazione degli acquisti, di centrale di committenza e di e-procurement nonché con riferimento alle attività di centrale di committenza relative alle Reti telematiche delle pubbliche amministrazioni, al Sistema pubblico di connettività e alla Rete internazionale delle pubbliche amministrazioni.

 


Articolo 52, commi 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater, 2 e 4
(Misure di sostegno all’equilibrio di bilancio degli enti locali)

 

 

L’articolo 52, ai commi 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater, 2 e 4:

i) istituisce un fondo per la riduzione del disavanzo eventualmente registrato dagli enti locali a seguito dell'applicazione della disciplina legislativa (art. 39-ter, comma 1, del decreto legge 30 dicembre 2019, n. 162) in materia di contabilizzazione del fondo anticipazioni di liquidità (FAL), introdotta a seguito della sentenza della Corte costituzionale n.4 del 2020 (comma 1);

ii) consente ai comuni un ripiano decennale del maggior disavanzo derivante dalla predetta contabilizzazione delle anticipazioni di liquidità concesse dallo Stato (comma 1-bis, introdotto alla Camera);

iii) detta disposizioni per la rappresentazione contabile nei bilanci di previsione e nei rendiconti della gestione del FAL (comma 1-ter, anch'esso introdotto in prima lettura);

iv) stabilisce che, a seguito dell'utilizzo del contributo eventualmente ottenuto in sede di riparto del Fondo ci sui al comma 1, il maggior ripiano del disavanzo (conseguente alla ricostruzione del FAL) applicato al bilancio di previsione 2021 (primo esercizio del piano decennale) rispetto a quanto previsto dal comma 1-bis (cioè dal piano di rientro decennale) può non essere applicato al bilancio degli esercizi successivi

Il comma 2 dispone il differimento al 31 luglio 2021 dei termini per la deliberazione del rendiconto di gestione per il 2020 e per la deliberazione del bilancio di previsione 2021-2023 per gli enti locali che hanno incassato le anticipazioni di liquidità per il pagamento dei debiti commerciali scaduti contratti dalla pubblica amministrazione.

Il comma 4 dispone in ordine agli oneri derivanti dall'art.52.

 

L'articolo 52, al comma 1, nello specifico, istituisce un fondo, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, con una dotazione di 660 milioni di euro (con un incremento di 160 milioni rispetto ai 500 milioni iniziali a seguito di una modifica introdotta dalla Camera), in favore degli enti locali che hanno registrato un peggioramento del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019 rispetto all’esercizio precedente a seguito della ricostituzione del fondo anticipazioni di liquidità (FAL), ai sensi del richiamato art. 39-ter, comma 1, del DL 162/2019.

Il citato comma 1 dell'art.39-ter prevede che al fine di dare attuazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 2020 (v. infra), in sede di approvazione del rendiconto 2019 gli enti locali accantonino il FAL nel risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019, per un importo pari all'ammontare complessivo delle anticipazioni per il pagamento dei debiti pregressi della pubblica amministrazione (di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, e successivi rifinanziamenti), incassate negli esercizi precedenti e non ancora rimborsate alla data del 31 dicembre 2019. In altri termini gli enti locali sono tenuti ad accantonare le quote di anticipazione di liquidità non ancora rimborsate, in questo modo sterilizzando, a consuntivo, il miglioramento del risultato di amministrazione.

Va peraltro premesso che la citata disposizione faceva parte di un corpo normativo che includeva i commi 2 e 3, diretti ad attenuare l'impatto della norma di cui al comma 1 nei bilanci degli enti locali, che è stata oggetto di censura da parte della Corte costituzionale con la decisione n.89/2021 (v. infra).

Gli enti locali potranno partecipare al riparto del fondo solo nel caso in cui il maggiore disavanzo determinato dall’incremento del FAL è superiore il 10 per cento delle entrate correnti accertate. Si ha in proposito riguardo al rendiconto 2019 inviato alla banca dati delle pubbliche amministrazioni (BDAP). Il fondo di cui al primo periodo è destinato alla riduzione del disavanzo ed è ripartito con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato città ed autonomie locali, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, tenendo "tenendo conto del predetto maggiore disavanzo".

 

Con riferimento alla BDAP si ricorda che ai sensi dell'art.13 della L. 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), le amministrazioni pubbliche sono tenute a inserire in una banca dati unitaria istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze i dati concernenti i bilanci di previsione, le relative variazioni, i conti consuntivi, quelli relativi alle operazioni gestionali, nonché le altre informazioni rilevanti ai sensi della medesima legge. Ciò al fine, fra l'altro, di assicurare un efficace controllo e monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica. Con decreto del Ministro dell'economia 12 maggio 2016 si è provveduto alla definizione della modalità di trasmissione dei bilanci e dei dati contabili degli enti territoriali e dei loro organismi ed enti strumentali alla medesima banca dati delle pubbliche amministrazioni.

 

La ricostruzione del FAL si impone come conseguenza di due sentenze della Corte costituzionale (la n.4 del 2020 e la n.80 del 2021), che si illustrano a seguire in ordine cronologico, con cui sono state dichiarate incostituzionali le disposizioni statali in materia (dapprima l'art. 2, comma 6, del decreto-legge n.78 del 2015 e l’art. 1, comma 814, della legge n. 205 del 2017 e, con la seconda decisione, l'art.39-ter, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 162 del 2019, v. infra).

 

 

§   La sentenza n. 4 del 2020[184]

La sentenza censura due disposizioni che consentivano agli enti locali di tener conto delle anticipazioni di liquidità nel risultato di amministrazione, in termini di minor accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità, accrescendone l'entità e in questo modo di rinvenire nuove forme di copertura giuridica fittizia per maggiori spese correnti.

 Nello specifico, si tratta delle seguenti disposizioni:

1) l'art. 2, comma 6, del DL n.78 del 2015 (disposizioni urgenti in materia di enti territoriali). La norna dispone che gli «enti destinatari delle anticipazioni di liquidità a valere sul fondo per assicurare la liquidità per i pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili» di cui all'articolo 1 del decreto legge. n.35 del 2013 «utilizzano la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell’acquisizione delle erogazioni, ai fini dell’accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità nel risultato di amministrazione»;

2) l’art. 1, comma 814, della legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018). La norma reca un'interpretazione autentica dell'art.2, comma 6, citato. Esso «si interpreta nel senso che la facoltà degli enti destinatari delle anticipazioni di liquidità […] di utilizzare la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell’acquisizione delle erogazioni, ai fini dell’accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità nel risultato di amministrazione, può essere esercitata anche con effetti»: i) «sulle risultanze finali esposte nell’allegato 5/2  annesso al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, a seguito del riaccertemento straordinario dei residui»; ii) nonché sul ripiano del disavanzo tecnico eventualmente risultante dalla differenza positiva, a seguito del riaccertamento straordinario (approvato a decorrere dal 20 maggio 2015), fra i residui passivi reimputati ad un esercizio e la somma del fondo pluriennale vincolato stanziato in entrata e i residui attivi reimputati al medesimo esercizio.

 

La Corte dichiara l'illegittimità costituzionale delle disposizioni vagliate, in quanto le stesse violano gli articoli 81, 97, primo comma, e 119, sesto comma, della Costituzione.

Un impiego difforme delle anticipazioni di liquidità ad avviso della Corte si pone «in contrasto anche con l’equilibrio di bilancio» (Considerando in diritto n. 4.2, primo capoverso), poiché il mancato (o minore) accantonamento delle risorse a titolo di fondo crediti di dubbia esigibilità ha come effetto un miglioramento, del tutto apparente, del risultato di amministrazione (in sede di rendiconto). Da ciò ne consegue un incremento della capacità di spesa dell'ente, senza che sia al contempo individuabile un'effettiva copertura giuridica.

La Corte rileva inoltre che l’art. 119, sesto comma, Cost. «risulta violato perché le anticipazioni di liquidità costituiscono una forma straordinaria di indebitamento a lungo termine e – in quanto tali – sono utilizzabili in senso costituzionalmente conforme solo per pagare passività pregresse iscritte in bilancio»[185]. L'utilizzo per finanziare la spesa corrente viola il dettato costituzionale secondo cui l’indebitamento degli enti territoriali deve essere riservato a spese di investimento» (Considerando in diritto n. 4, primo capoverso).

 

§   La sentenza n. 80 del 2021[186]

La sentenza in esame dichiara l'illegittimità costituzionale dei commi 2 e 3 dell'art.39-ter del decreto-legge n. 162 del 2019, in quanto essi consentono un'anomala utilizzazione delle anticipazioni di liquidità finalizzate ai pagamenti dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni, che determina un illegittimo incremento della capacità di spesa degli enti locali.

La Corte censura proprio la disciplina che era stata introdotta al fine di tener conto dell’impatto sui bilanci degli enti locali della precedente decisione della Corte (la n. 4 del 2020, v. supra), consentendo che il disavanzo conseguente all’applicazione della sentenza potesse essere oggetto di un ripiano graduale.

La prima delle disposizioni censurate (il comma 2) conteneva un particolare meccanismo contabile che permetteva all'ente locale un ripiano annuale nel caso in cui applicando la corretta contabilizzazione delle anticipazioni di liquidità (prevista dal richiamato comma 1, in linea con la sentenza n. 4/2020) si fosse determinato un peggioramento del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre 2019 rispetto all’anno precedente.

Quanto al comma 3, esso era diretto a consentire, ai fini del richiamato ripiano annuale (di cui al comma 2), l'utilizzo dello stesso FAL secondo un arco temporale pari alla restituzione dell’anticipazione di liquidità e quindi con un orizzonte massimo di un trentennio.

 

La Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale delle disposizioni vagliate, in quanto le stesse violano gli articoli 81, 97, primo comma, e 119, sesto comma, della Costituzione.

Nel ricostruire la finalità delle anticipazioni di liquidità dettate dal DL n.35 del 2013, la Corte ricorda che tale provvedimento mira a porre rimedio al ritardo dei pagamenti delle amministrazioni pubbliche, attraverso una disciplina derogatoria delle disposizioni in materia di finanza pubblica, di carattere eccezionale, temporanea e frutto di un rigoroso bilanciamento di interessi.

Il comma 2 si pone in contrasto con gli artt. 81 e 97, primo comma, della Costituzione poiché «comporta una diluizione degli oneri di ripianamento omologa allo stesso periodo temporale previsto per il rimborso dell’anticipazione di liquidità, recando un immediato effetto perturbatore degli equilibri di bilancio sin dall’anno 2020, alterando i saldi e consentendo di celare parte delle maggiori passività emerse con la corretta appostazione del FAL» (Considerato in diritto n. 6.1, terzo capoverso). In questo modo si deroga alle ordinarie regole di ripiano del maggior disavanzo, che prevedono un orizzonte temporale annuale ovvero al massimo triennale, e comunque non superiore allo scadere del mandato elettorale, ai sensi dell'art. 42, comma 12, del d.lgs. n.118 del 2011[187].

La Corte rileva indi che la norma censurata ha l'effetto di separare il maggior disavanzo dal risultato di amministrazione, che deve invece essere unico. Inoltre, diluendo nel tempo il ripiano dell'ulteriore disavanzo, risulta irrispettosa dei principi di responsabilità democratica del mandato elettivo e di equità intergenerazionale.

Quanto al comma 3, la Corte afferma che esso «prevedendo che il FAL sia utilizzato fino al suo esaurimento per rimborsare l’anticipazione medesima, ne consente una destinazione diversa dal pagamento dei debiti pregressi, già inscritti in bilancio e conservati a residui passivi, poiché sostanzialmente permette di reperire nella stessa contabilizzazione del FAL in entrata le risorse (in uscita) per il rimborso della quota annuale dell’anticipazione».

Inoltre, la Corte rinviene una lesione dell'art.119, sesto comma, poiché la norma determina «un fittizio miglioramento del risultato di amministrazione con l’effetto di esonerare l’ente locale dalle appropriate operazioni di rientro dal deficit» (Considerato in diritto n. 7) liberando «ulteriori spazi di spesa che potrebbero essere indebitamente destinati all’ampliamento di quella corrente» (Considerato in diritto n. 6.3).

 

Nella relazione illustrativa si sostiene che la costituzione del richiamato fondo sia stato "avviata a seguito delle sollecitazioni pervenute dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 115 del 2020". La Corte, nella richiamata sentenza, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale di alcune disposizioni del DL n. 34 del 2019 con cui era stato consentito agli enti in predissesto di riproporre, a determinate condizioni, il piano finanziario di riequilibrio pluriennale. In tale occasione la Corte aveva rivolto un monito al legislatore in ordine alle potenziali conseguenze negative di norme che consentono di derogare al principio di equilibrio di bilancio e di non tener conto dell'esigenza che eventuali squilibri, di regola, andrebbero assorbiti nel corso del medesimo mandato amministrativo in cui si è generato il disavanzo. In tale ambito, nel richiamare la sent. n. 4 del 2020 (v. supra), sottolinea come l'intervento statale dovrebbe essere diretto a compensare gli squilibri strutturali imputabili alle caratteristiche socio-economiche del territorio e non ad introdurre misure che, attenuando il controllo sull'equilibrio finanziario, finiscono per favorire l'espansione del deficit.

 

Nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati sono stati introdotti i commi 1-bis., 1-ter e 1-quater.

Il comma 1-bis consente ai comuni  di ripianare in dieci anni il maggior deficit derivante dal maggior disavanzo al 31 dicembre 2019, generato dal riappostamento degli importi ottenuti a titolo di anticipazioni di liquidità per il pagamento dei crediti commerciali, che sono sterilizzati nel richiamato FAL, e che invece in passato (v.supra) erano stati utilizzati in termini di minor accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità.  A tal fine, detto maggior deficit, al netto delle anticipazioni rimborsate nel 2020 è ripianato, a decorrere dall’esercizio 2021, in quote costanti entro il termine massimo di dieci anni.

La disposizione precisa che l'intervento normativo è diretto a garantire il coordinamento della finanza pubblica, l’esercizio delle funzioni fondamentali e l’erogazione dei servizi pubblici essenziali da parte degli enti locali, "in attuazione" delle richiamate sentenze nn.4 del 2020 e 80 del 2021 (v.infra).

 

Il comma 1-ter detta disposizioni per la rappresentazione contabile nei bilanci di previsione e nei rendiconti della gestione del FAL. Nello specifico, dall’esercizio 2021, gli enti locali sono tenuti: i) a iscrivere nel bilancio di previsione il rimborso annuale delle anticipazioni di liquidità nel titolo 4 della spesa (riguardante il rimborso dei prestiti); ii) a ridurre, in sede di rendiconto, per un importo pari alla quota annuale rimborsata con risorse di parte corrente, il FAL accantonato ai sensi del comma 1; iii) ad iscrivere la quota del risultato di amministrazione liberata a seguito della riduzione del FAL nell’entrata del bilancio dell’esercizio successivo come «Utilizzo del fondo anticipazione di liquidità»; iv) a dare evidenza, nella nota integrativa allegata al bilancio di previsione e nella relazione sulla gestione allegata al rendiconto, della copertura delle spese riguardanti le rate di ammortamento delle anticipazioni di liquidità, che non possono essere finanziate dall’utilizzo del FAL stesso.

 

Il comma 1-quater stabilisce che, a seguito dell'utilizzo dell'intero importo del contributo eventualmente ottenuto in sede di riparto del Fondo ci sui al comma 1, il maggior ripiano del disavanzo (conseguente alla ricostruzione del FAL) applicato al bilancio di previsione 2021 (primo esercizio del piano decennale) rispetto a quanto previsto dal comma 1-bis (dal piano decennale) possa non essere applicato al bilancio degli esercizi successivi.

 

Il comma 2 dispone il differimento al 31 luglio 2021 dei termini per la deliberazione del rendiconto di gestione per il 2020 e per la deliberazione del bilancio di previsione 2021-2023 per gli enti locali che hanno incassato le anticipazioni di liquidità di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (ossia per il pagamento dei debiti commerciali scaduti).

 

Al riguardo, ai sensi dell'art.227 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento (TUEL) di cui al d.lgs. n.267/2000 stabilisce che l'organo consigliare sia tenuto ad approvare il rendiconto della gestione entro il 30 aprile dell'anno successivo (comma 2) e che in caso di mancata approvazione entro tale termine, si applica la procedura che può condurre allo scioglimento del consiglio (2-bis).

Ai sensi dell’articolo 151, comma 1, del TUEL, il termine per la deliberazione da parte degli enti locali del bilancio di previsione, riferito ad un orizzonte temporale almeno triennale, è fissato al 31 dicembre. Esso può peraltro essere differito con decreto del Ministro dell’interno, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, qualora sussistano motivate esigenze.

 

Al riguardo si rammenta che i termini per la deliberazione del rendiconto di gestione relativo all'esercizio 2020 e per la deliberazione del bilancio di previsione per il 2021 sono stati da ultimo (ulteriormente) differiti al 31 maggio ai sensi dell'art.3, commi 1 e 2, del DL 56/2021[188], recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi, in corso di conversione (AC 3075).

 

Fino al 31 luglio è autorizzato l’esercizio provvisorio di cui all’articolo 163 del citato decreto legislativo n. 267 del 2000.

 

Ai sensi dell'art.163 del TUEL si ricade nell'esercizio provvisorio se il bilancio di previsione non è approvato dal Consiglio entro il 31 dicembre dell'anno precedente. Nel corso dell'esercizio provvisorio, gli enti gestiscono gli stanziamenti di competenza previsti nell'ultimo bilancio approvato per l'esercizio cui si riferisce l'esercizio provvisorio, ed effettuano i pagamenti entro i limiti determinati dalla somma dei residui al 31 dicembre dell'anno precedente e degli stanziamenti di competenza al netto del fondo pluriennale vincolato. L'esercizio provvisorio è autorizzato con legge o con decreto del Ministro dell'interno che differisce il termine di approvazione del bilancio, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomia locale, in presenza di motivate esigenze. Nel corso dell'esercizio provvisorio non è consentito il ricorso all'indebitamento e gli enti possono impegnare solo spese correnti, le eventuali spese correlate riguardanti le partite di giro, lavori pubblici di somma urgenza o altri interventi di somma urgenza. Nel corso dell'esercizio provvisorio è consentito il ricorso all'anticipazione di tesoreria (ai sensi dell'art. 222 del TUEL).

 

Agli oneri per gli interventi recati ai commi in esame, pari a 660 milioni di euro per il 2021, si provvede  - così come del resto agli oneri per l'intervento di cui al comma 3 (oggetto di separata schede di lettura e pari a 6,5 milioni di euro a decorrere dal 2021) - ai sensi dell'art.77 del presente decreto (comma 4) (si veda in proposito la relativa scheda di lettura del Dossier).


Articolo 52, commi 3 e 4
(Incremento delle risorse finalizzate a favorire le fusione di comuni)

 

 

L’articolo 52, comma 3, incrementa, di un importo pari a 6,5 milioni di euro a decorrere dal 2021, le risorse destinate all'erogazione del contributo decennale a favore delle fusioni dei comuni.

Il comma 4 dispone in ordine agli oneri derivanti dall'art.52.

 

Il comma 3 incrementa, testualmente, "il contributo straordinario in favore dei comuni risultanti dalla fusione di cui all’articolo 15, comma 3 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267", per un importo pari a 6,5 a decorrere dal 2021.

 

Si ricorda che tale ultima disposizione del richiamato TUEL mira a favorire il processo di fusione dei comuni e, a tal fine, destina in favore dei comuni risultanti dal processo di fusione un contributo straordinario, commisurato ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondano, per i dieci anni decorrenti dalla data della fusione.

 

Ciò premesso, al di là del tenore letterale della disposizione, essa deve essere intesa come diretta accrescere il complesso degli stanziamenti[189] diretti, a legislazione vigente, a riconoscere il contributo decennale in favore delle fusioni dei comuni (e non ad incrementare direttamente tale contributo).

Si valuti l'opportunità di una conseguente riformulazione del comma 3.

 

Ai sensi dell'art.23, comma 2, del D.L. n. 90/2014, le norme previste per le fusioni di cui all'articolo 15, comma 3, s'intendono riferite anche alle fusioni per incorporazione (a partire evidentemente dal diritto a beneficiare del richiamato contributo decennale).

 

L’articolo 20, comma 1-bis, del decreto legge 6 luglio 2012 n. 95, stabilisce che i richiamati contributi siano commisurati nella misura del 60 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per l’anno 2010, nel limite degli stanziamenti previsti e comunque per un importo non superiore a 2 milioni di euro per ciascun ente beneficiario.

Come si legge nella relazione illustrativa, le risorse a disposizione delle fusioni dei comuni per l’anno 2021, prima dell'intervento normativo in esame, ammontano a circa 79 milioni di euro. Nello specifico si tratta di 76.549.370 euro, così come previsto dalle normative succedutesi negli anni, cui si devono aggiungere ulteriori risorse, pari a 2.588.288,59 euro, quali residui del fondo di solidarietà comunale per l’anno 2020.

L'art.1, comma 452, della legge 232/2016 (legge di bilancio per il 2017) - come modificato dall'art. 1, comma 885, della legge 205/2017 (legge di bilancio 2018) - stabilisce che eventuali accantonamenti al Fondo di solidarietà comunale, da destinare a titolo di conguaglio a singoli comuni derivante da rettifiche dei valori utilizzati ai fini del riparto del fondo, che non siano stati utilizzati per tale finalità, siano destinati all'incremento dei contributi straordinari per favorire le fusioni dei comuni.

Per l’anno 2021, la relazione precisa che il fabbisogno, calcolato ai fini della corresponsione del contributo nella misura citata del 60 per cento, è pari a euro 85.219.745,39, somma che peraltro potrebbe non essere esaustiva tenuto conto degli ulteriori fabbisogni per eventuali fusioni che si sono nel frattempo perfezionati nel corrente anno. Per tale ragione, a giudizio del Governo, risulta congrua la stima di ulteriori 6,5 milioni di euro per la copertura integrale del contributo da destinare alle fusioni dei comuni.

 

 

Agli oneri per l'intervento in esame, pari a 6,5 milioni di euro a decorrere dal 2021, unitamente a quelli previsti dai commi 1 e 2 del presente dell'articolo 52 (e complessivamente quantificati in 666,5 milioni di euro per l’anno 2021 e in 6,5 milioni di euro a decorrere dal 2022), si provvede ai sensi dell'art.77 del presente decreto (comma 4) (si veda in proposito la relativa scheda di lettura del Dossier).

 

 


Articolo 52-bis
(Risorse a favore dei comuni sciolti per infiltrazione mafiosa e per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio )

 

 

L’articolo 52-bis rifinanzia il Fondo per i comuni in stato di dissesto finanziario da destinare ai comuni i cui organi siano stati sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare, prevedendo che lo stanziamento aggiuntivo di 10 milioni di euro per il 2021, disposto dall’ultima legge di bilancio, venga ripartito tra tutti i comuni che risultano sciolti alla data del 1° gennaio 2021. Inoltre, interviene sulle procedure di assegnazione ai comuni dei contributi per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio, sospendendo l’applicazione di una disposizione che definisce specifici criteri di priorità nel caso in cui l’entità richieste pervenute superi l’ammontare delle risorse disponibili

 

L’articolo 52-bis interviene sulle risorse del Fondo per i comuni in stato di dissesto finanziario da destinare ai comuni i cui organi siano stati sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare, ai sensi dell’articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000[190], prevedendo che lo stanziamento aggiuntivo di 10 milioni di euro per il 2021, disposto dalla legge di bilancio per il 2021, venga ripartito tra i comuni che risultano sciolti alla data del 1° gennaio 2021.

 

Il Fondo in favore dei comuni in stato di dissesto finanziario è stato istituito dall’articolo 106-bis del decreto-legge n. 34 del 2020, in favore dei comuni in stato di dissesto finanziario alla data del 15 giugno 2020 con una dotazione di 20 milioni di euro per l'anno 2020. Le risorse del fondo sono destinate, per una quota del 50 per cento, alla realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria di beni immobili di proprietà degli stessi comuni in stato di dissesto finanziario da assegnare alla Polizia di Stato e all'Arma dei carabinieri e, per la restante quota del 50 per cento, ai comuni in stato di dissesto finanziario i cui organi sono stati sciolti per infiltrazione mafiosa (ai sensi dell'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n.167 del 2000, n. 267).

Il fondo è stato ripartito con il decreto del Ministro dell’interno 19 ottobre 2020.

L’articolo 1, commi 843 e 844, della legge n.178 del 2020 (legge di bilancio per il 2021) hanno rifinanziato il Fondo anche per l’anno 2021. In particolare, il comma 843 ha incrementato il Fondo di 10 milioni di euro per l’anno 2021, destinando le risorse a favore dei comuni sciolti per mafia. La norma prevede che il fondo sia ripartito con decreto del Ministro dell'interno, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in favore dei comuni di cui all’Allegato B al DM dell'interno 19 ottobre 2020 (di riparto delle risorse 2020), i cui organi sono stati sciolti per mafia.

Il citato Allegato B al DM 19 ottobre 2020 elenca seguenti comuni:

§  Caivano (NA);

§  Cirò Marina (KR);

§  Amantea (CS);

§  Pizzo (VV);

§  San Cataldo (CL),

§  Crucoli (KR);

§  Pachino (SR);

§  Briatico (VV).

Il successivo comma 844 ha incrementato il Fondo di ulteriori 5 milioni di euro per l’anno 2021, destinando le risorse alla realizzazione di interventi di manutenzione straordinaria di beni immobili da assegnare alla Polizia di Stato e all'Arma dei carabinieri, da attribuire sulla base dei progetti approvati entro il 31 dicembre 2020 da parte degli stessi comuni in stato di dissesto finanziario. Il riparto di tali risorse è stato adottato con il DM 13 luglio 2021, in corso di pubblicazione.

 

 

L’articolo 52-bis, al comma 2, inoltre, interviene sulle procedure di assegnazione ai comuni dei contributi per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio, sospendendo l’applicazione della disposizione che prevede, nel caso di mancata approvazione del piano urbanistico attuativo (PUA) e del piano di eliminazione delle barriere architettoniche (PEBA) entro il 31 dicembre dell'anno precedente, che i contributi attribuiti siano ridotti del 5 per cento.

In particolare, si prevede che le disposizioni di cui all’articolo 1, comma 141, terzo periodo, della legge n.145 del 2018, non si applicano alla procedura di assegnazione del contributo in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame e la relativa procedura di verifica dei requisiti resti sospesa fino alla definizione di specifiche Linee guida da parte del ministero delle infrastrutture e mobilità sostenibili, d’intesa con il Ministero dell’interno.

 

L’articolo 1, commi 139-148, della legge n.148 del 20215 (legge di bilancio per il 2019), assegna ai comuni, per il periodo 2021-2033, contributi per la realizzazione di opere pubbliche per la messa in sicurezza degli edifici e del territorio. La procedura per la concessione dei contributi prevede le seguenti fasi procedurali:

 

Il comma 141, secondo periodo, della legge n.145 del 2018, stabilisce che qualora l’entità delle richieste pervenute superi l’ammontare delle risorse disponibili, l’attribuzione è effettuata a favore degli enti che presentano la minore incidenza del risultato di amministrazione, al netto della quota accantonata, rispetto alle entrate finali di competenza, ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema di bilancio previsto dal D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, risultanti dai rendiconti della gestione del penultimo esercizio precedente a quello di riferimento, assicurando, comunque, ai comuni con risultato di amministrazione, al netto della quota accantonata, negativo, un ammontare non superiore alla metà delle risorse disponibili.

 

In particolare, il comma 141, secondo periodo, della legge n.145 del 2018, prevede che nel caso di mancata approvazione del piano urbanistico attuativo (PUA) e del piano di eliminazione delle barriere architettoniche (PEBA) entro il 31 dicembre dell'anno precedente, i contributi attribuiti sono ridotti del 5 per cento.

 


Articolo 53
(Misure urgenti di solidarietà alimentare e di sostegno alle famiglie per il pagamento dei canoni di locazione e delle utenze domestiche)

 

 

L’articolo 53, modificato nel corso dell’esame alla Camera, istituisce un Fondo di 500 milioni di euro per l'anno 2021 in favore dei comuni, al fine di adottare misure urgenti di solidarietà alimentare e di sostegno alle famiglie che versano in stato di bisogno per il pagamento dei canoni di locazione e delle utenze domestiche. Il Fondo è ripartito tra i comuni, per metà in proporzione alla popolazione residente e, per la restante metà, sulla base dei valori reddituali comunali rispetto alla media nazionale, per un contributo minimo spettante a ciascun ente non inferiore a 600 euro (comma 1).

Nel corso dell’esame parlamentare è stato inserito il comma 1-bis, che dà facoltà ai comuni, al fine di velocizzare il processo di spesa dei fondi in questione, di utilizzare le procedure previste nell’Ordinanza della protezione civile n. 658.

 

L’articolo 53 istituisce, al comma 1, un Fondo nello stato di previsione del Ministero dell’interno di 500 milioni di euro per l'anno 2021, destinato ai comuni ai fini dell’adozione di misure urgenti di solidarietà alimentare nonché per dare sostegno alle famiglie che si trovano in stato di bisogno relativamente al pagamento dei canoni di locazione e delle utenze domestiche.

Si rammenta che analoghi contributi ai comuni, volti a consentire iniziative di solidarietà nei confronti delle famiglie, sono stati previsti nel corso del 2020, a partire dalla fase iniziale dell’emergenza sanitaria, ma finalizzati esclusivamente a iniziative di solidarietà alimentare (cfr. box in calce alla scheda).

 

Per il riparto del Fondo è previsto un decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in conferenza Stato-città ed autonomie locali, da adottarsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame (entro, cioè, il 24 giugno 2021).

Il decreto di riparto è stato adottato con il DM interno 24 giugno 2021.

 

Il riparto tra i comuni è effettuato sulla base dei seguenti criteri:

§  per il 50% (250 milioni), in proporzione alla popolazione residente di ciascun comune (comma 1, lett. a);

§  per il restante 50% (250 milioni), in base alla distanza tra il valore del reddito pro capite di ciascun comune e il valore medio nazionale, ponderata per la rispettiva popolazione. I valori reddituali comunali di riferimento quelli relativi all’anno d’imposta 2018[191] (comma 1, lett. b).

§  il contributo minimo spettante a ciascun comune non può comunque risultare inferiore a 600 euro (comma 1, lett. c). A tal fine si prevede che, nel caso di comuni con popolazione maggiore di 100.000 abitanti, la quota calcolata in base al criterio della popolazione venga decurtata, proporzionalmente, dell’importo necessario ad assicurare il rispetto del criterio dell’importo minimo per ciascun comune.

 

Nel corso dell’esame alla Camera dei Deputati, è stato inserito il comma 1-bis, il quale, al fine di velocizzare le procedure di spesa dei fondi assegnati ai comuni, consente agli enti di applicare le procedure previste nell’Ordinanza del Dipartimento Protezione civile n. 658 del 29 marzo 2020, in quanto compatibili.

Sulla base di quanto assegnato l’articolo 2 dell’Ordinanza citata, ciascun comune è autorizzato all'acquisizione, a) di buoni spesa utilizzabili per l'acquisto di generi alimentari presso gli esercizi commerciali contenuti nell'elenco pubblicato da ciascun comune nel proprio sito istituzionale; b) di generi alimentari o prodotti di prima necessità.

I comuni, per l'acquisto e per la distribuzione dei beni possono avvalersi degli enti del Terzo settore.

Nell'individuazione dei fabbisogni alimentari e nella distribuzione dei beni, i comuni in particolare possono coordinarsi con gli enti attivi nella distribuzione alimentare realizzate nell'ambito del Programma operativo del Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD). Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali rende disponibile l'elenco delle organizzazioni partner del citato Programma operativo. L'ufficio dei servizi sociali di ciascun comune individua la platea dei beneficiari ed il relativo contributo tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall'emergenza epidemiologica da virus Covid-19 e tra quelli in stato di bisogno, per soddisfare le necessità più urgenti ed essenziali con priorità per quelli non già assegnatari di sostegno pubblico.

 

Il comma 2 dispone che alla copertura finanziaria dell’onere, pari a 500 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede ai sensi del successivo articolo 77 (alla cui scheda si rinvia).

 

 

Si rammenta che già nella fase iniziale dell’emergenza sanitaria, per assicurare risorse immediate ai comuni per le esigenze connesse all’emergenza Covid-19, a fine marzo 2020 – in assenza di uno strumento legislativo ad hoc – si era provveduto con l’Ordinanza del Dipartimento Protezione civile n. 658 ad un'anticipazione del fondo di solidarietà comunale (FSC)[192] da destinare al sostegno dei comuni interessati dall'emergenza epidemiologica da Covid 19 per iniziative di solidarietà alimentare. La dotazione del FSC, decurtata a tal fine per un importo pari a 400 milioni di euro, è stata successivamente reintegrata ai sensi dell'art.107 del decreto-legge n.107 del 2020.

Il riparto dell’assegnazione per “emergenza alimentare” è stato stabilito in base ai criteri di cui al comma 1 dell’articolo 2 dell’ordinanza: 80% (320 milioni di euro) in proporzione alla popolazione residente di ciascun comune; il restante 20% (80 milioni) in base alla differenza tra il valore del reddito pro capite di ciascun comune e il valore medio nazionale, ponderata per la rispettiva popolazione; contributo minimo di 600 euro per i comuni piccolissimi e maggior contributo per Comuni dell’originaria “zona rossa”[193], raddoppiato rispetto a quanto risultante dall'applicazione dei suddetti criteri evidenziati)[194].

Ulteriori 400 milioni sono stati assegnati per l’anno 2000 - dall’articolo 2 del D.L. n. 154 di novembre 2020 (c.d. Ristori-ter), poi confluito nell’art. 19-decies del D.L. n. 137/2020 (c.d. Ristori-bis) - per sostenere i comuni nell'adozione di misure urgenti di solidarietà alimentare, alla cui ripartizione si è provveduto entro il 27 novembre 2020 (cfr. Comunicato del Min. Interno), secondo i medesimi criteri previsti nella predetta Ordinanza del Dipartimento Protezione civile n. 658.

 


Articolo 54
(Restituzione riserve Province autonome Trento e Bolzano)

 

 

L’articolo 54, in attuazione di quanto disposto dalla legge di stabilità 2015 a recepimento dell’accordo del 15 ottobre 2014, stabilisce l’erogazione alle Province autonome di Trento e di Bolzano di 60 milioni di euro ciascuna, come restituzione delle riserve all’erario di cui alla legge di stabilità 2014.

 

L’articolo 1, comma 508, della legge di stabilità 2014[195] ha previsto la riserva all’erario delle maggiori entrate tributarie delle regioni a statuto speciale derivanti dalle norme dei decreti legge n. 138/2011 e n. 201/2011, per un periodo di 5 anni e a copertura degli oneri del debito pubblico.

 

 

 

Il sistema di finanziamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano è basato sulle compartecipazioni ai tributi erariali, nelle quote stabilite dagli statuti e dalle relative norme di attuazione. L’ordinamento finanziario di queste regioni prevede altresì la possibilità che venga riservato all’erario statale l’incremento di gettito delle imposte riscosse nel territorio delle regioni stesse, disposto dalla legge statale per far fronte a specifiche esigenze. Negli ultimi anni, anche in conseguenza della giurisprudenza costituzionale, sono state adottate delle norme statutarie che definiscono nel dettaglio la legittimità della riserva all’erario di quote di tributi erariali spettanti alle autonomie speciali.

In sostanza lo Stato ha la possibilità di riservare all'erario il gettito derivante dall'istituzione di nuovi tributi o da maggiorazioni di aliquote solo nel caso in cui tale gettito sia destinato per legge alla copertura di nuove specifiche spese non continuative (e che non rientrino in materie di competenza dell’ente autonomo, ivi comprese quelle relative a calamità naturali, specificano le norme per le regioni Friuli Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige). La riserva all'erario con queste caratteristiche deve comunque essere delimitata nel tempo e contabilizzata distintamente nel bilancio dello Stato tale da essere quantificabile.

Le norme statutarie adottate per le Province autonome di Trento e di Bolzano e per la Regione Friuli Venezia Giulia specificano inoltre che la riserva all’erario non è comunque ammessa se destinata al raggiungimento degli equilibri di finanza pubblica.

Si ricorda che il citato comma 508 riscrive le norme in merito alla riserva all'erario delle maggiori entrate delle Regioni a statuto speciale derivanti dalle norme dei decreti legge n. 138/2011 e n. 201/2011, in quanto quelle già presenti nello stesso decreto legge n. 138, sono state censurate dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 241 del 31 ottobre 2012. Motivazione principale della sentenza è che le norme non sono conformi alle disposizioni statutarie che – pur con delle differenze tra le regioni – pongono delle condizioni affinché la riserva all'erario sia considerata legittima. La Corte ha considerato come l'ordinamento finanziario delle regioni a statuto speciale preveda la possibilità che venga riservato all’erario statale l’incremento di gettito delle imposte riscosse nel territorio delle regioni stesse, disposto dalla legge statale solo per far fronte a specifiche esigenze. Proprio la destinazione del gettito alla «copertura di nuove specifiche spese di carattere non continuativo» è una delle condizioni previste dalle norme statutarie affinché sia legittima la riserva all'erario - insieme alla delimitazione temporale ed alla quantificabilità del gettito – che la Corte ha trovato carente. Nella maggioranza dei casi l'esame della Corte ha avuto un esito favorevole alle regioni, per cui sono venute meno le condizioni per il versamento all'erario dei maggiori proventi previsti.

 

Il comma 508 stabilisce che, al fine di assicurare il concorso delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano all'equilibrio dei bilanci e alla sostenibilità del debito pubblico (in attuazione dell'articolo 97, primo comma, della Costituzione) le nuove e maggiori entrate erariali derivanti dalle norme recate dei già citati decreti leggi 138/2011 e 201/2011, sono riservate all'Erario, per un periodo di cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2014. Le risorse sono interamente destinate alla copertura degli oneri del debito pubblico al fine di garantire la riduzione dello stesso, nella misura e dei tempi stabiliti dal Trattato sulla stabilità. Come stabilito dallo stesso comma 508, le modalità di individuazione e la quantificazione del maggior gettito da riservare all'Erario sono state stabilite con successivi decreti del Ministero dell'economia e delle finanze; nello specifico: Decreto 11 settembre 2014, Decreto 30 settembre 2015, Decreto 17 ottobre 2016, Decreto 12 ottobre 2017, D.M. 22 novembre 2017, il Decreto 4 ottobre 2018 e il D.M. 25 ottobre 2018.

 

Successivamente, in attuazione dell’accordo del 15 ottobre 2014 tra il Governo, la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano, il comma 412 della legge n. 190 del 2015 stabilisce che le riserve all’erario previste dal comma 508 della legge n. 147 del 2014 sono restituite alla regione Trentino-Alto Adige e alle province autonome di Trento e di Bolzano nell'importo di 20 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, previa individuazione della relativa copertura finanziaria.

 

Si rammenta che i commi da 406 a 413 della legge di stabilità 2015, recepiscono l'accordo siglato il 15 ottobre 2014, con il quale sono stati ridefiniti i rapporti finanziari tra lo Stato, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Le norme modificano l’ordinamento finanziario dei tre enti, secondo le procedure concordate previste dall’articolo 104 dello statuto (DPR 670/1972).

Tra i contenuti dell’accordo vi è la restituzione delle riserve, a decorrere dal 2019, come recepito dal citato comma 412 e l’inserimento nello statuto della disciplina generale della riserva all’erario (comma 3-bis dell'articolo 75-bis ).

 

La lettera d) del comma 407 della legge di stabilità 2015, integra la disciplina della riserva all'erario di quote di tributi erariali spettanti alle Regione ed alle Province autonome. A tal fine la norma inserisce il comma aggiuntivo 3-bis all'articolo 75-bis dello statuto.

La norma conferma la possibilità di riservare allo Stato il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi, solo nel caso in cui sia destinato per legge alla copertura di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della Regione o delle Province e purché risulti temporalmente delimitato, nonché quantificabile.

In aggiunta alla normativa vigente, viene specificato che non sono ammesse riserve di gettito destinate al raggiungimento di obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica.

 


Articolo 54-bis
(Contributo enti di area vasta)

 

 

L’articolo 54-bis, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, reca un contributo di 5 milioni di euro per l’anno 2021 in favore degli enti di area vasta in stato di dissesto finanziario.

 

Nel comma 1 si precisa che l’importo di 5 milioni di euro, autorizzato dall’articolo in esame al fine di garantire un contributo a favore degli enti di area vasta in dissesto finanziario, costituisce limite massimo di spesa.

 

Si rammenta che il dissesto finanziario si attiva laddove l’ente locale non sia più in grado di svolgere le proprie funzioni e di erogare servizi indispensabili o che non è in grado di assolvere a debiti liquidi ed esigibili (art. 244, Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali emanato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, TUEL).

 

Le modalità di attuazione della norma, nonché i criteri di ripartizione del contributo, sono rinviati ad un decreto del Ministro dell’interno da adottare di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, entro 90 giorni dalla data di conversione del presente decreto legge (comma 2).

 

Alla copertura dell’onere, si provvede a valere sulle risorse del Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, come rifinanziato dall’articolo 77, comma 7, del provvedimento in esame.

 

Si tratta del fondo istituito dall'articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014), iscritto sul capitolo n. 3076 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze.

Si rammenta che il richiamato comma 7 dell’articolo 77 reca un rifinanziamento del Fondo in questione di 800 milioni per l’anno 2021 e di 100 milioni per l’anno 2022.


Articolo 54-ter
(Riorganizzazione del sistema camerale della Regione siciliana)

 

 

L’articolo 54-ter attribuisce alla Regione siciliana, in considerazione delle sue competenze e della sua autonomia, la facoltà di provvedere, entro il 31 dicembre 2021, alla riorganizzazione del proprio sistema camerale e a recedere dagli accorpamenti già effettuati o in corso - nel rispetto degli indicatori di efficienza e di equilibrio economico, nonché del rispetto del numero massimo di camere di commercio previsto a livello complessivo dal decreto legislativo n. 219/2016 - e assicurando alle realtà di nuova costituzione la dotazione finanziaria e patrimoniale detenuta dalle camere precedentemente insistenti nella medesima circoscrizione territoriale.

Nelle more dell’attuazione della disposizione, entro trenta giorni dalla conversione del decreto legge e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sono istituite, anche tramite accorpamento e ridefinizione delle attuali circoscrizioni territoriali delle camere di commercio esistenti e comunque nel limite del numero massimo di camere di commercio di cui al citato decreto legislativo n. 219/2016, le circoscrizioni territoriali della camera di commercio di Catania, e della camera di commercio di Ragusa, Siracusa, Agrigento, Caltanissetta e Trapani. Il Ministro dello sviluppo economico nomina con decreto, d’intesa con il Presidente della Regione siciliana, un commissario ad acta per ciascuna delle citate camere di commercio.

 

 

La legge 29 dicembre 1993, n. 580, disciplina le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, come enti pubblici dotati di autonomia funzionale, che svolgono, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza, sulla base del principio di sussidiarietà di cui all'articolo 118 della Costituzione, funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, curandone lo sviluppo nell'ambito delle economie locali.

Il decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 219, ha introdotto una serie di importanti novità, con particolare riguardo alle funzioni delle camere di commercio, all'organizzazione dell'intero sistema camerale e alla sua governance complessiva. In particolare, sulla base dell'articolo 3 del decreto legislativo (“Riduzione del numero delle camere di commercio mediante accorpamento, razionalizzazioni delle sedi e del personale”), l'Unioncamere ha trasmesso al MISE una proposta di rideterminazione delle circoscrizioni territoriali, al fine di ricondurre il numero complessivo delle camere di commercio entro il limite di 60, nel rispetto di due vincoli (almeno una Camera di commercio per Regione; accorpamento delle Camere di commercio con meno di 75.000 imprese iscritte).

Il medesimo art. 3 ha poi rinviato a un successivo decreto del MISE, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per la rideterminazione delle circoscrizioni territoriali, l'istituzione delle nuove camere di commercio, la soppressione delle camere interessate dal processo di accorpamento e razionalizzazione.

In attuazione di tale disposizione, è stato adottato il decreto del MISE 8 agosto 2017 ("Rideterminazione delle circoscrizioni territoriali, istituzione di nuove camere di commercio, e determinazioni in materia di razionalizzazione delle sedi e del personale"), che prevede la ridefinizione delle circoscrizioni territoriali delle camere di commercio mediante accorpamento delle sedi (che passano dalle attuali 95 a 60), salvaguardando la presenza di almeno una camera di commercio in ciascuna Regione.

 

Attualmente nella regione siciliana risultano operanti le seguenti camere di commercio:

1.     Agrigento

2.     Caltanissetta

3.     Sud Est Sicilia (sede principale: Catania, sedi secondarie a Siracusa e Ragusa)

4.     Palermo e Enna

5.     Messina

6.     Trapani

 

Va ricordato che con decreto 21 aprile 2015 il MISE, su proposta delle tre camere di commercio interessate e d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, ha dato avvio al processo di costituzione della nuova “Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Agrigento, Caltanissetta e Trapani” mediante accorpamento tra le camere di commercio di Agrigento, di Caltanissetta e di Trapani.

 

Con l’articolo 54-ter, la Regione siciliana, in considerazione delle sue competenze e della sua autonomia, deve provvedere, entro il 31 dicembre 2021, alla riorganizzazione del proprio sistema camerale e a recedere dagli accorpamenti già effettuati o in corso - nel rispetto degli indicatori di efficienza e di equilibrio economico, nonché del rispetto del numero massimo di camere di commercio previsto a livello complessivo dal decreto legislativo n. 219/2016 (60, come ricordato) - e assicurando alle realtà di nuova costituzione la dotazione finanziaria e patrimoniale detenuta dalle camere precedentemente insistenti nella medesima circoscrizione territoriale.

Già prima di tale scadenza, entro trenta giorni dalla conversione del decreto legge e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sono istituite, anche tramite accorpamento e ridefinizione delle attuali circoscrizioni territoriali delle camere di commercio esistenti e comunque nel limite del numero massimo di camere di commercio di cui al citato decreto legislativo n. 219/2016 (sempre 60), le circoscrizioni territoriali della Camera di commercio di Catania, e della Camera di commercio di Ragusa, Siracusa, Agrigento, Caltanissetta e Trapani, che verrebbero pertanto accorpate.

Conseguentemente, il Ministro dello sviluppo economico deve nominare, d’intesa con il Presidente della Regione siciliana, un commissario ad acta per ciascuna delle citate camere di commercio.

 


Articolo 55
(Incremento contributo mancato incasso imposta di soggiorno)

 

 

L’articolo 55 incrementa di 100 milioni di euro, per l'anno 2021, il fondo per il ristoro ai comuni per la mancata riscossione dell'imposta di soggiorno e di analoghi contributi, specificando che il decreto (o i decreti) di ripartizione delle risorse ivi previste debba essere adottato entro il 31 ottobre 2021.

 

A tal fine l'articolo in esame modifica l'art. 25 del decreto-legge n. 41 del 2021 ("decreto sostegni", convertito dalla legge n. 69 del 2021).

L'articolo 25 del decreto-legge n. 41 del 2021 istituisce un fondo, per l'anno 2021, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, per il ristoro parziale dei comuni a seguito della mancata riscossione dell’imposta di soggiorno, del contributo di sbarco o del contributo di soggiorno, a seguito delle misure di contenimento del COVID-19, nonché l'imposta di cui alla legge della Provincia Autonoma di Bolzano 16 maggio 2012, n. 9.

La novella in esame attribuisce al fondo una dotazione di 350 milioni di euro (in luogo dei 250 milioni previsti dal testo previgente).

Alla ripartizione delle risorse si provvede con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da adottare entro il 31 ottobre 2021 (secondo la novella in esame; il testo previgente stabiliva il termine in 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge n. 41).

Si segnala che il decreto 8 luglio 2021 del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, reca il primo riparto (di 250 milioni) del fondo.

 

L'art. 25 del decreto-legge n. 41 stabilisce, inoltre, che la dichiarazione che deve essere presentata dai gestori delle strutture ricettive per l'anno 2020 - ai fini del pagamento delle imposte in oggetto - deve essere presentata unitamente alla dichiarazione per l'anno 2021.

Si osserva che l'articolo in esame è rubricato "Incremento contributo mancato incasso imposta di soggiorno". Dal punto di vista redazionale, si valuti l'opportunità di integrare la rubrica con il riferimento agli altri contributi oggetto della disciplina.

Al riguardo, si segnala che l'art. 25 del decreto-legge n. 41, nel testo originario, era rubricato "Imposta di soggiorno". Tale rubrica è stata modificata, in sede di conversione, in "Fondo per il ristoro ai comuni per la mancata riscossione dell'imposta di soggiorno e di analoghi contributi".

 

 

 

Riguardo all'imposta di soggiorno, l'articolo 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 ("Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale") dispone che i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte possono istituire, con deliberazione del consiglio comunale, un'imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio. L'imposta è determinata secondo criteri di gradualità, in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali. L'art. 46, comma 1-bis, del decreto-legge n. 124 del 2019, dispone che nei comuni capoluogo di provincia che - in base all'ultima rilevazione resa disponibile da parte delle amministrazioni pubbliche competenti per la raccolta ed elaborazione di dati statistici - abbiano avuto presenze turistiche in numero venti volte superiore a quello dei residenti, l'imposta di soggiorno può essere applicata fino all'importo massimo di 10 euro a notte (rispetto al vigente limite massimo di 5 euro).

Il contributo di sbarco, istituito dall'articolo 33 della legge n. 221 del 2015 (cd. collegato ambientale) ha sostituto la previgente imposta di sbarco; esso, come l'imposta di sbarco, è alternativo all'imposta di soggiorno. L' articolo 4, comma 3-bis del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 in materia di federalismo fiscale dispone che il contributo sia istituito con regolamento, nella misura massima di euro 2,50 (1 euro in più rispetto alla previgente imposta di sbarco) e può essere elevato a 5 euro dai comuni in via temporanea. Il contributo può essere elevato a 5 euro dai comuni anche in relazione all'accesso a zone disciplinate nella loro fruizione per motivi ambientali, in prossimità di fenomeni attivi di origine vulcanica; in tal caso il contributo può essere riscosso dalle locali guide vulcanologiche, regolarmente autorizzate, o da altri soggetti individuati dall'amministrazione comunale con apposito avviso pubblico. Esso è applicabile ai passeggeri che sbarcano sul territorio dell'isola minore utilizzando vettori che forniscono collegamenti di linea, così come ai passeggeri che sbarcano mediante vettori aeronavali che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali (dunque non solo di linea), abilitati e autorizzati ad effettuare collegamenti verso l'isola. Il contributo di sbarco è riscosso, unitamente al prezzo del biglietto, da parte delle compagnie di navigazione e aeree o dei soggetti che svolgono servizio di trasporto di persone a fini commerciali.

Il contributo di soggiorno è stato introdotto per Roma Capitale, a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive della città, secondo criteri di gradualità in proporzione alla loro classificazione, fino all'importo massimo di 10 euro per notte di soggiorno (art. 14, co. 16, lett. e) del D.L. n. 78 del 2010).

 

L'imposta comunale di soggiorno nella Provincia autonoma di Bolzano è disciplinata dalla legge provinciale n. 9 del 2021, art. 1, a carico di coloro che pernottano negli esercizi ricettivi situati sul territorio della provincia di Bolzano. L’imposta è graduata e può ammontare da un minimo di 0,50 euro sino ad un massimo di 2,50 euro per notte di soggiorno, tranne nei casi di esenzione stabiliti dalla Giunta provinciale. Gli esercizi ricettivi assumono il ruolo di sostituti di imposta.

 

I gestori delle strutture ricettive, situate nei territori dei comuni che, in base alla legge, hanno istituito l’imposta di soggiorno, una volta incassata l'imposta devono versarla al comune, tramite modello F24.

 

 


Articolo 56, comma 1
(Utilizzo nell’anno 2021 dei ristori 2020 assegnati agli enti locali
per finalità
connesse all'emergenza epidemiologica)

 

 

L’articolo 56, comma 1, interviene a chiarire che le risorse assegnate agli enti locali nel 2020 a valere sul Fondo per l'esercizio delle funzioni degli enti locali a titolo di ristoro della perdita di gettito connessa all'emergenza epidemiologica da COVID-19, ovvero a titolo di ristori per altre finalità specifiche, sono vincolate per le finalità cui sono state assegnate, nel biennio 2020-2021.

 

L’articolo 56, comma 1, concerne l’utilizzo delle risorse attribuite agli enti locali nel 2020, a titolo di ristoro per finalità connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

In particolare, la norma interviene sull’articolo 1, comma 823, della legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178/2020), il quale vincola le risorse del Fondo per l'esercizio delle funzioni degli enti locali, istituito per assicurare l’espletamento delle funzioni fondamentali in relazione alla perdita di entrate locali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19 (così come quelle dell’analogo fondo costituito per assicurare l’esercizio delle funzioni delle Regioni e delle Province autonome, di cui all’articolo 111, comma 1, del D.L. n. 34/2020), alla finalità esclusiva di ristorare, nel biennio 2020 e 2021, la perdita di gettito connessa all'emergenza epidemiologica da COVID-19.

La norma stabilisce inoltre che le risorse del Fondo non utilizzate alla fine di ciascun esercizio confluiscono nella quota vincolata del risultato di amministrazione e non possono essere svincolate (ai sensi dell’art. 109, comma 1-ter, del D.L. 18 del 2020[196]), né sono soggette ai limiti previsti dall’articolo 1, commi 897-898, della legge 145 del 2018 (applicazione al bilancio di previsione della quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione). Le eventuali risorse ricevute in eccesso sono versate all’entrata del bilancio dello Stato.

 

Il comma 1 in esame è volto a stabilire che anche le risorse assegnate per la predetta emergenza a titolo di ristori specifici di spesa, che rientrano nelle certificazioni previste dal comma 827 della legge n. 178/2020 e all'articolo 39, comma 2, del D.L n. 104/2020 (volte ad accertare la perdita di gettito delle entrate locali ai fini dell’assegnazione dei ristori del Fondo per le funzioni fondamentali) sono vincolate per le finalità cui sono state assegnate, nel biennio 2020-2021.

 

Il Fondo per l’esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali è stato istituito dal D.L. n. 34 del 2020 (articolo 106, commi 1-3), con una dotazione di 3,5 miliardi di euro per l'anno 2020, al fine di assicurare a comuni, province e città metropolitane le risorse necessarie per l'espletamento delle funzioni fondamentali in relazione alla possibile perdita di entrate locali connesse all'emergenza epidemiologica da Covid-19, destinato nella misura di 3 miliardi in favore dei comuni e di 0,5 miliardi in favore di province e città metropolitane.

La dotazione del Fondo è stata successivamente integrata di 1,67 miliardi di euro per l’anno 2020, di cui 1,22 miliardi in favore dei comuni e 450 milioni di euro in favore di province e città metropolitane, dall’articolo 39, comma 1, del D.L. n. 104/2020.

L’art. 1, comma 822, della legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178/2020) ha incrementato il Fondo di 500 milioni di euro per l’anno 2021.

Ai fini della verifica della perdita di gettito delle entrate locali e dell’andamento delle spese dei singoli enti locali, è stato previsto l’obbligo di una certificazione volta ad attestare che la perdita di gettito sia riconducibile esclusivamente all’emergenza Covid-19, e non anche a fattori diversi. La certificazione è finalizzata ad attestare che la perdita di gettito sia riconducibile esclusivamente all’emergenza Covid-19, al netto delle minori spese e delle risorse assegnate a vario titolo dallo Stato a ristoro delle minori entrate e delle maggiori spese connesse alla predetta emergenza, e non anche a fattori diversi o a scelte autonome di ciascun ente locale o della regione o provincia autonoma in cui insiste il suo territorio, con eccezione degli interventi di adeguamento alla normativa nazionale (comma 827 della legge n. 178/2020 e art. 39, comma 2, del D.L. n. 104/2020, citati dalla norma in esame).

I criteri e le modalità di riparto della dotazione del Fondo per i due comparti dei comuni e delle province e città metropolitane sono stati definiti con il D.M. interno del 16 luglio 2020[197]cfr. Allegato A per il comparto comuni e Allegato B per il comparto province e città metropolitane - a seguito dell'intesa raggiunta in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali nella seduta del 15 luglio 2020.

La ripartizione dei 3,5 miliardi del Fondo tra i singoli enti beneficiari è stata effettuata con il Decreto del direttore centrale della finanza locale del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'interno del 24 luglio 2020[198].

L’assegnazione delle risorse previste dall’art. 39, co. 1, del D.L. n. 104/2020, è stata effettuata con D.M. interno dell’11 novembre 2020, per un primo riparto di un acconto di 500 milioni di euro (di cui 400 milioni ai comuni e 100 milioni a province e città metropolitane). Con il successivo D.M. del 14 dicembre 2020 è stato ripartito il saldo delle risorse ex art. 39, co. 1, del D.L. n. 104/2020, pari a complessivi 1.170 milioni di euro, di cui 820 milioni di euro a favore dei comuni e 350 milioni di euro a favore delle città metropolitane e delle province, per l'anno 2020.

Da ultimo, con D.M. Interno il 14 aprile 2021 è stato effettuato il riparto di un acconto delle risorse incrementali autorizzate dalla legge di bilancio 2021, pari a 200 milioni di euro a favore dei comuni ed a 20 milioni di euro a favore di province e città metropolitane, per l’anno 2021.

Per una ricostruzione delle principali misure di finanza locale in relazione all’emergenza Covid-19 si rinvia al relativo tema.

 

 


Articolo 56, comma 2
(Utilizzo del Fondo anticipazione di liquidità
per Regioni e Province autonome)

 

 

L’articolo 56, comma 2, consente alle Regioni e Province autonome, se in disavanzo di amministrazione, di utilizzare, per l’anno 2021, le quote accantonate e vincolate del risultato di amministrazione, senza l’obbligo di scorporare dal disavanzo la quota minima obbligatoria accantonata per il fondo anticipazioni di liquidità.

 

Il comma 2 dell’articolo 56, concerne l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione da parte delle Regioni e Province autonome che si trovino in disavanzo di amministrazione.

In considerazione del protrarsi dell’emergenza sanitaria, la norma consente ai suddetti enti, per l’anno 2021, di utilizzare le quote accantonate e vincolate del risultato di amministrazione, secondo la disciplina prevista dall’articolo 1, commi 897 e 898, della legge 145 del 2018[199], ma senza l’obbligo di scorporare dal disavanzo la quota minima obbligatoria accantonata per il fondo anticipazioni di liquidità.

Nella sostanza la norma amplia la capacità di spesa delle Regioni e delle Province autonome, di un importo pari alle quote del Fondo anticipazione di liquidità accantonato nel risultato di amministrazione. Regioni e Province autonome in disavanzo possono, quindi, utilizzare la maggiore disponibilità finanziaria, nel corso 2021, sia per spese correnti che per spese di investimento.

 

La disciplina dell’utilizzo del risultato di amministrazione per gli enti in disavanzo è dettata dall’articolo 1, commi 897-900, della legge di bilancio per 2019. La disciplina si applica agli enti soggetti al decreto legislativo n. 118 del 2011 (in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi).

Il comma 897, in particolare, dispone che è comunque consentita ? quindi anche agli enti in disavanzo oltre che a quelli in avanzo ? l’applicazione al bilancio di previsione della quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione, per un importo non superiore a quello del risultato di amministrazione complessivo come risultante dal relativo prospetto (in particolare dalla lettera A)) al 31 dicembre dell'esercizio precedente.

La quota del risultato di amministrazione, come sopra definita, è applicata al bilancio di previsione al netto della quota minima obbligatoria accantonata per il fondo crediti di dubbia esigibilità e del fondo anticipazioni di liquidità. È quindi incrementata dell'importo del disavanzo da recuperare iscritto nel primo esercizio del bilancio di previsione.

Nelle more dell'approvazione del rendiconto dell'esercizio precedente, gli elementi da applicare si individuano con riferimento al prospetto riguardante il risultato di amministrazione presunto allegato al bilancio di previsione. In caso di esercizio provvisorio, si fa riferimento al prospetto di verifica del risultato di amministrazione effettuata sulla base dei dati di preconsuntivo di cui all'articolo 42, comma 9, del decreto legislativo n. 118 del 2011[200] per le regioni e di cui all'articolo 187, comma 3-quater, del decreto legislativo n. 267 del 2000[201] per gli enti locali.

Il comma 898 disciplina il caso in cui l’importo riportato alla lettera A) del prospetto del risultato di amministrazione risulti negativo o inferiore alla quota minima obbligatoria accantonata per il fondo crediti di dubbia esigibilità e al fondo anticipazioni di liquidità. In tal caso gli enti possono applicare al bilancio di previsione la quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione, per un importo non superiore a quello del disavanzo da recuperare iscritto nel primo esercizio del bilancio di previsione.

 

Conseguentemente, la disposizione in esame quantifica gli oneri in termini di indebitamento netto e fabbisogno nei seguenti importi:

§  164 milioni di euro per l'anno 2021,

§  200 milioni di euro per l'anno 2022,

§  190 milioni di euro per l'anno 2023,

§  77 milioni di euro per l'anno 2024,

§  10 milioni di euro per l’anno 2025.

 


Articolo 56-bis
(Rinnovo delle concessioni di aree pubbliche)

 

 

L’articolo 56-bis, introdotto dalla Camera, prevede che i comuni possano concludere, entro i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza, il procedimento amministrativo di rinnovo delle concessioni di posteggio per l'esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020 ai sensi di quanto previsto dalle Linee guida di cui all'Allegato A annesso al DM del 25 novembre 2020.

 

Il secondo periodo dell'articolo in esame prevede che entro i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza possano essere verificati il possesso dei requisiti soggettivi e morali e la regolarità contributiva previsti dalle Linee guida testé citate.

 

Il termine testé indicato è stato previsto dall'articolo 103, comma 2, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020), il quale stabilisce che tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, compresi i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all'articolo 15 del testo unico di cui al DPR 380/2001, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e la data della dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. La proroga si applica anche alle segnalazioni certificate di inizio attività, alle segnalazioni certificate di agibilità, nonché alle autorizzazioni paesaggistiche e alle autorizzazioni ambientali comunque denominate. Il medesimo termine si applica anche al ritiro dei titoli abilitativi edilizi comunque denominati rilasciati fino alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza.

Successivamente, l'articolo 26-bis del D.L. 41/2021 (L. 69/2021), ha espressamente esteso alle concessioni di posteggio per l'esercizio del commercio su aree pubbliche l'applicazione di tale termine finale, e ha conseguentemente stabilito che le stesse conservassero la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza, anche in deroga al termine previsto nel titolo concessorio e ferma restando l'eventuale maggior durata prevista.

L'articolo 181, comma 4-bis, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), ha stabilito il rinnovo delle concessioni oggetto dell'articolo in esame, se non già riassegnate ai sensi dell'intesa sancita in sede di Conferenza unificata il 5 luglio 2012, nel rispetto del comma 4-bis dell'articolo 16 del d.lgs. 59/2010, per la durata di dodici anni, secondo linee guida adottate dal Ministero dello sviluppo economico e con modalità stabilite dalle regioni entro il 30 settembre 2020, con assegnazione al soggetto titolare dell'azienda, sia che la conduca direttamente sia che l'abbia conferita in gestione temporanea, previa verifica della sussistenza dei requisiti di onorabilità e professionalità prescritti, compresa l'iscrizione ai registri camerali quale ditta attiva ove non sussistano gravi e comprovate cause di impedimento temporaneo all'esercizio dell'attività. In attuazione di tale disposizione è stato quindi adottato il citato DM del 25 novembre 2020.

Sul problema della compatibilità con il diritto dell'Unione europea delle misure di proroga in questione, si veda la segnalazione dell'AGCM AS1721 (Disciplina delle concessioni di posteggio per il commercio su area pubblica) del 15 febbraio 2021.

 

Per ulteriori approfondimenti relativi ai rinnovi già disposti da precedenti disposizioni legislative, all'attività di segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato nonché ai profili di costituzionalità e compatibilità col diritto dell'Unione europea, si rinvia al dossier n. 256/6 Volume II del 9 luglio 2020, pp. 308-317, predisposto in occasione dell'esame dell'AS 1874.

 

 


Articolo 56-ter
(Società partecipate in perdita e piano di risanamento aziendale)

 

 

L’articolo 56-ter, introdotto alla Camera, dispone che le aziende speciali e le società partecipate dalle pubbliche amministrazioni, che abbiano registrato un risultato negativo in quattro dei cinque esercizi precedenti, possano evitare la messa in liquidazione in presenza di un piano di risanamento aziendale che comprovi il riequilibrio economico delle attività svolte.

 

La disposizioni, in particolare, integra l’articolo 1, comma 555, della legge n.147/2013 (legge di bilancio per il 2014), il quale prevede, a decorrere dall'esercizio 2017, che le aziende speciali e le istituzioni a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali, titolari di affidamento diretto da parte di soggetti pubblici per una quota superiore all'80 per cento del valore della produzione, in caso di risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti, sono poste in liquidazione entro sei mesi dalla data di approvazione del bilancio o rendiconto relativo all'ultimo esercizio, con conseguente nullità degli atti di gestione e responsabilità erariale dei soci in caso di mancato avvio della procedura di liquidazione entro tale termine.

In particolare, la disposizione in esame prevede che quanto previsto dal suddetto comma 555 non trova applicazione qualora il recupero dell’equilibrio economico delle attività svolte sia comprovato da un idoneo piano di risanamento aziendale.

 

Si evidenzia l’opportunità di prevedere che il piano di risanamento aziendale sia preventivamente approvato dall’ente controllante.

 

 


Articolo 56-quater
(Misure a favore degli enti locali per l’assistenza dei minori in comunità)

 

 

L’articolo 56-quater, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, istituisce un Fondo presso il Ministero dell’interno con una dotazione di 3 milioni di euro per il 2021, per contribuire alle spese sostenute dai Comuni fino a 3mila abitanti per l’assistenza ai minori per i quali è stato disposto l’allontanamento dalla casa familiare con provvedimento dell’autorità giudiziaria.

 

Le risorse del Fondo sono ripartite con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il MEF, da adottare, previa intesa in sede di Conferenza Stato città ed autonomie locali, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame (comma 1).

Per il riparto del Fondo tra i comuni beneficiari si tiene conto del numero complessivo dei minori interessati in rapporto alla popolazione residente e dei costi per l’intervento socio-assistenziale in relazione all’età del minore e alla durata dello stesso.

La misura è finanziata a valere sulle risorse del Fondo esigenze indifferibili.

 

L’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza, in accordo con le Procure minorili di tutta Italia, dal 2014 ha iniziato a pubblicare un report sui minorenni accolti nelle comunità. Nel volume del 2019 dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza  La tutela dei minorenni in comunità vengono analizzati i dati, fino al 31 dicembre 2017, relativi ai minori ospiti presso le strutture di accoglienza presenti su tutto il territorio nazionale. I dati presi in esame provengono dalla costante attività di monitoraggio ed elaborazione dei dati avviata con le 29 procure della Repubblica presso i tribunali per i minorenni.

I dati si riferiscono a tutte le tipologie di comunità per minorenni, comprese le comunità familiari, le comunità terapeutiche e le strutture che consentono l’accoglienza genitore-bambino. Sono escluse le strutture che rientrano nell’ambito della prima accoglienza dei minorenni di origine straniera e le comunità di pertinenza del Ministero della giustizia.

Oltre alla dimensione quantitativa sono fotografate anche le principali caratteristiche qualitative dell’accoglienza in comunità e, ancora più in particolare: il numero di strutture presenti sul territorio di competenza; il numero di ispezioni effettuate; il numero degli ospiti complessivi; le caratteristiche degli ospiti, riguardo al genere, alla cittadinanza, all’eventuale condizione di minore non accompagnato e all’età; la tipologia di inserimento (giudiziale o consensuale); il numero di casi in cui la permanenza si protrae da oltre 24 mesi; la provenienza del minore al momento dell’inserimento, i casi in cui la permanenza termina a 18 anni e quelli in cui si protrae oltre la maggiore età..

Il volume evidenzia anche le criticità rilevate:

-       assenza, nonostante i tentativi fatti con le Linee di indirizzo per l’accoglienza nei servizi residenziali per minorenni, approvate in Conferenza Unificata il 14 dicembre 2017, di una denominazione condivisa dalle regioni che permetta di individuare con chiarezza le peculiarità organizzative e strutturali dei servizi residenziali per minorenni. Tale criticità si riversa inevitabilmente sulla raccolta dei dati;

-       assenza di un registro nazionale dei minori in comunità. Inoltre, il “Sistema informativo nazionale sui bambini e gli adolescenti” (SINBA), che costituisce una componente del Casellario dell’Assistenza incardinato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, non risulta essere entrato a regime su tutto il territorio nazionale. Il sistema è una banca dati relativa alle prestazioni sociali che vengono erogate dagli enti locali e ai relativi beneficiari. Le informazioni sono trasmesse, in forma anonimizzata, dagli enti locali all’INPS, che gestisce la banca dati per conto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

Con riguardo all'allontanamento del minore dalla propria famiglia, come è noto la Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, ratificata e resa esecutiva in Italia dalla legge n. 176 del 1991, prevede all'articolo 20 che ogni fanciullo il quale è temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare oppure che non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse ha diritto a una protezione e ad aiuti speciali dello Stato, in conformità con la propria legislazione nazionale.

La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), all'articolo 8, sancisce il diritto di ogni persona al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza e che non possa esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che essa sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, sia necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui. Va inoltre ricordata la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, il cui articolo 7 sancisce il diritto di ogni individuo al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni. L'articolo 24 della medesima Carta, riconoscendo il diritto dei bambini "alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere", stabilisce altresì che essi possano esprimere liberamente la propria opinione e che questa venga presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità. Si prevede inoltre il principio secondo cui «in tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente».

 

Nell’ordinamento interno, disposizioni concernenti l’allontanamento dalla casa familiare con provvedimento dell’autorità giudiziaria, sono contenute in particolare nel codice civile. In primo luogo, per quanto riguarda il codice civile, l'art. 330 c.c. disciplina l'ipotesi più grave, di allontanamento del minore per decadenza dalla responsabilità genitoriale e quella, meno grave e più frequente, di condotta pregiudizievole ai figli, che giustifica comunque la misura dell'allontanamento L'art. 330 c.c., infatti prevede che possa essere pronunciata la decadenza della responsabilità genitoriale nei confronti di quel genitore che violi o trascuri i propri doveri, ovvero abusi dei poteri inerenti la responsabilità stessa, arrecando grave pregiudizio nei confronti del figlio. Ove il comportamento del genitore non sia tale da giustificare la pronuncia della decadenza della responsabilità, ma sia in ogni caso pregiudizievole per il figlio, potranno essere adottati i più opportuni provvedimenti limitativi della responsabilità genitoriale ex art. 333 c.c. Infatti, quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza della responsabilità genitoriale prevista dall'art. 330 c.c., ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice, secondo le circostanze, può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore.

La competenza a conoscere della domanda di limitazione o decadenza dalla potestà dei genitori è attribuita dall'art. 38 delle disposizioni di attuazione del codice civile al tribunale per i minorenni, il quale ha una competenza di carattere generale, che si estende ad ogni tipo di situazione tale da esigere il collocamento coattivo del minore in luogo diverso da quello in cui si trova. Quando però tali procedimenti si inseriscono nell'ambito di un giudizio di separazione o divorzio, la competenza passa al tribunale ordinario, già competente per quest'ultimo.

 

 


Articolo 57
(Fondo per l’esercizio delle funzioni delle regioni a statuto speciale)

 

 

L’articolo 57 interviene nelle modalità di ripartizione tra le regioni a statuto speciale e le province autonome delle risorse del Fondo per l’esercizio delle funzioni delle regioni a statuto speciale per il 2021, pari a 260 milioni di euro, stabilendo per ciascuna autonomia la quota di riduzione del contributo alla finanza pubblica.

 

In particolare, l’articolo 57 modifica il comma 2 dell’articolo 23 del decreto legge n. 41 del 2021, al fine di modificare le modalità di ripartizione del contributo previsto per le regioni a statuto speciale a titolo di compensazione delle minori entrate tributarie dovute alla emergenza sanitaria e pari complessivamente a 260 milioni di euro per il 2021.

 

Il comma 2 dell’articolo 23 del decreto legge n. 41 del 2021 stabilisce un incremento di 260 milioni di euro per l’anno 2021 delle risorse del Fondo per l’esercizio delle funzioni delle Regioni e delle Province autonome, istituito dall’articolo 111, comma 1, del D.L. n. 34/2020 e destinato a compensare la perdita di entrate tributarie connessa all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Tale importo aggiuntivo è destinato a favore delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.

I periodi secondo e terzo del comma 2 dell’art. 23, ora sostituiti dalla dall’articolo 57 in esame, disciplinano le modalità di riparto delle risorse. Nello specifico, il periodo secondo stabilisce che il riparto delle risorse integrative del fondo tra le Autonomie speciali è effettuato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 30 aprile 2021, previa intesa in Conferenza Stato-Regioni, sulla base della perdita di gettito valutata dal tavolo tecnico istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze con D.M. 29 maggio 2020, ai sensi dell’art. 106, co. 2, del D.L. n. 34/2020, in relazione alla situazione di emergenza, e tenendo conto delle risorse assegnate a vario titolo dallo Stato a ristoro delle minori entrate e delle maggiori spese. La norma richiama inoltre il comma 823 della legge di bilancio per il 2021, che vincola le risorse del Fondo alle finalità di ristorare, nel biennio 2020 e 2021, la perdita di gettito connessa all'emergenza epidemiologica da COVID-19. Le risorse del Fondo non utilizzate alla fine di ciascun esercizio confluiscono nella quota vincolata del risultato di amministrazione e non possono essere svincolate ai sensi dell’art. 109, comma 1-ter, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, né sono soggette ai limiti previsti dall’articolo 1, commi 897-898, della legge n. 145/2018. Le eventuali risorse ricevute in eccesso, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato.

Il terzo periodo del comma 2 dell’art. 23 prevede, altresì, che il ristoro della perdita di gettito può essere attuato anche mediante riduzione del contributo alla finanza pubblica previsto per l'anno 2021, come disciplinato ora con l’articolo 57 in esame.

 

Il ristoro delle minori entrate è attuato mediante riduzione del contributo alla finanza pubblica, dovuto da ciascuna autonomia per l'anno 2021, dell’importo indicato nella tabella riportata nel testo di legge, e riprodotta a seguire.

 

Si rammenta che le regioni a statuto speciale e le province autonome sono tenute, al pari degli altri enti territoriali, a contribuire al risanamento dei conti pubblici. La misura e le modalità di realizzazione del contributo alla finanza pubblica di ciascuna regione a statuto speciale è determinato dalla legge in attuazione di accordi bilaterali.

 

Il contributo è determinato dalla legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018, come modificata e integrata dagli articoli 33-ter e 38-quater del decreto legge 34 del 2019) per le regioni Valle d'Aosta (commi 876-879 e 886-bis), Sicilia (commi 880-886-bis) e Friuli-Venezia Giulia (commi da 875-bis a 875-septies). Per questa regione, inoltre, la misura del concorso alla finanza pubblica è stata successivamente inserita nella norma di attuazione adottata con decreto legislativo 154 del 2019.

Per la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Bolzano e di Trento, invece il contributo e la disciplina dello stesso sono stabilite dallo Statuto (D.P.R. n. 670 del 1972) all'articolo 79, modificato da ultimo dalla legge di stabilità 2015 (comma 407 della legge 190 del 2014).

Per la regione Sardegna, infine, la legge di bilancio 2020, in attuazione dell'accordo sottoscritto il 7 novembre 2019, determina il contributo alla finanza pubblica dovuto dalla regione per gli anni 2018, 2019 e a regime dal 2020 (legge 160 del 2019, commi 868-869).

 

Il Fondo per l’esercizio delle funzioni delle regioni e delle province autonome è stato istituito con l’art. 111 del D.L. 34 del 2020, come modificato dall’art. 41, comma 1, del D.L. n. 104 del 2020, a seguito dei due accordi sanciti in sede di Conferenza Stato-Regioni il 20 luglio 2020: uno con le regioni a statuto ordinario (rep. atti. n.114 CSR) e uno con le regioni a statuto speciale e le province autonome (rep. atti. n.115 CSR).

Il Fondo, destinato a compensare la perdita di entrate tributarie connessa all’emergenza epidemiologica da COVID-19, al netto delle minori spese e delle risorse assegnate a vario titolo dallo Stato, ha una dotazione di 4.300 milioni di euro per il 2020, di cui di cui 1.700 milioni di euro a favore delle regioni a statuto ordinario e 2.600 milioni di euro a favore delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Con l’accordo quadro del 20 luglio 2020 tra il Governo e le Regioni a statuto speciale e le Province autonome (Repertorio atti n. 115/CSR del 20 luglio 2020) sono state stabilite le modalità di attuazione della compensazione delle minori entrate e le quote spettanti a ciascuna autonomia, per l’anno 2020. Nello specifico, il comma 2-bis del citato articolo 111, stabilisce che il ristoro delle minori entrate viene attuato per 2.404 milioni di euro come riduzione del contributo alla finanza pubblica dovuto dalle autonomie speciali, mentre 196 milioni costituiscono erogazioni dal fondo, la legge riporta le quote spettanti a ciascuna autonomia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

Si ricorda, inoltre, che la legge di bilancio 2021 (legge 178 del 2020, comma 805), in attuazione dell’accordo del 5 novembre 2020 (Repertorio atti n. 188/CSR del 5 novembre 2020) tra il Governo e le autonomie speciali, riduce di 100 milioni di euro il contributo alla finanza pubblica dovuto dalle regioni a statuto speciale e dalle province autonome di Trento e di Bolzano per l’anno 2021, a titolo di compensazione della perdita di gettito, e stabilisce gli importi per ciascun ente, con la tabella riportata nella legge stessa.


Articolo 57-bis
(Dichiarazioni sostitutive)

 

L'articolo 57-bis estende l'efficacia temporale di una misura transitoria di semplificazione procedimentale introdotta in relazione all'emergenza da Covid-19. Tale misura consiste in un'ampliata facoltà per cittadini ed imprese di presentare (anche in deroga alla legislazione vigente) dichiarazioni sostitutive, nei procedimenti avviati ad istanza di parte che abbiano ad oggetto erogazioni di denaro ovvero prestiti e finanziamenti da parte della pubblica amministrazione, relativi all'emergenza da Covid-19.

 

La disposizione - introdotta dalla Camera dei deputati - differisce il termine di applicazione dell'articolo 264, comma 1, lettera a) del decreto-legge n. 34 del 2020.

Tale lettera concerne i procedimenti avviati su istanza di parte, che abbiano ad oggetto l'erogazione di benefici economici comunque denominati, indennità, prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni e sospensioni, da parte di pubbliche amministrazioni, in relazione all'emergenza da Covid-19.

La lettera prevede che per quei procedimenti, le dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell'atto di notorietà (di cui agli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000) sostituiscano ogni tipo di documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento, anche in deroga ai limiti previsti dagli stessi o dalla normativa di settore (fatto comunque salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011).

La lettera vigente - ora novellata - del citato articolo 264 del decreto-legge n. 34 prevede quale termine di applicazione il 31 dicembre 2020.

La novella posticipa tale termine, giacché aggiunge la previsione che la lettera in esame si applichi per il periodo di vigenza del "Quadro temporaneo per le misure di aiuti di Stato per sostenere l'economia nel contesto della emergenza epidemiologica da COVID" approvato dalla Commissione europea.

Ebbene, siffatto Quadro - adottato dalla Commissione il 19 marzo 2020, per consentire agli Stati membri di avvalersi pienamente della flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di Stato al fine di sostenere l'economia nel contesto dell'epidemia di Covid-19 - è stato, successivamente, prorogato dalla Commissione al 31 dicembre 2021 (data che così risulta, allo stato, valere come termine di applicazione della lettera a) dell'articolo 264 del decreto-legge n. 34 del 2020).

Per tale riguardo, si ricorda peraltro che il decreto-legge n. 76 del 2020 (articolo 12, comma 1, lettera h), n. 2) ha introdotto nella legge generale sul procedimento amministrativo (nuovo comma 3-bis dell'articolo 18 della legge n. 241 del 1990) una disposizione a regime - che dunque prescinde dall'emergenza da Covid-19 - di tenore analogo a quella transitoria sopra sunteggiata.

Secondo siffatta disposizione a regime, nei procedimenti avviati su istanza di parte aventi ad oggetto l'erogazione di benefici economici comunque denominati, indennità, prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazioni da parte di pubbliche amministrazioni, ovvero il rilascio di autorizzazioni e nulla osta comunque denominati, le dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 del d.P.R. n. 445 del 2000 sostituiscono ogni tipo di documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento.

 

La dichiarazione sostitutiva di certificazione è un documento sottoscritto dall'interessato senza nessuna particolare formalità e presentato in sostituzione dei certificati: tali dichiarazioni possono riferirsi solo agli stati, qualità personali e fatti tassativamente elencati nell’articolo 46 del D.P.R. 445/2000. La dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà è il documento, sottoscritto dall'interessato, concernente stati, qualità personali e fatti, a sua diretta conoscenza e non ricompresi nell'elencazione dell'articolo 46: in questo caso l'atto deve essere sottoscritto con firma autenticata (articolo 47 del Testo unico).

L’elenco degli stati, dei fatti e delle qualità personali attestabili con dichiarazione sostitutiva di certificazione viene indicato specificamente dall’art. 46 del Testo unico. Si può attestare con dichiarazione sostitutiva di certificazione:

a) data e il luogo di nascita;

b) residenza;

c) cittadinanza;

d) godimento dei diritti civili e politici;

e) stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero;

f) stato di famiglia;

g) esistenza in vita;

h) nascita del figlio, decesso del coniuge, dell'ascendente o discendente;

i) iscrizione in albi, in elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni;

l) appartenenza a ordini professionali;

m) titolo di studio, esami sostenuti;

n) qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica;

o) situazione reddituale o economica anche ai fini della concessione dei benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali;

p) assolvimento di specifici obblighi contributivi con l'indicazione dell'ammontare corrisposto;

q) possesso e numero del codice fiscale, della partita IVA e di qualsiasi dato presente nell'archivio dell'anagrafe tributaria;

r) stato di disoccupazione;

s) qualità di pensionato e categoria di pensione;

t) qualità di studente;

u) qualità di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili;

v) iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo;

z) tutte le situazioni relative all'adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel foglio matricolare dello stato di servizio;

aa) di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l'applicazione di misure di sicurezza e di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa;

bb) di non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali;

bb-bis) di non essere l'ente destinatario di provvedimenti giudiziari che applicano le sanzioni amministrative di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231;

cc) qualità di vivenza a carico;

dd) tutti i dati a diretta conoscenza dell'interessato contenuti nei registri dello stato civile;

ee) di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e di non aver presentato domanda di concordato.

 

La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà si differenzia da quella sopra per il fatto che con il ricorso ad essa l’interessato non sostituisce una certificazione, ma un atto di notorietà, che appartiene alla categoria delle verbalizzazioni.

Ai sensi dell’art. 47 del testo unico, con la dichiarazione sostituiva dell’atto di notorietà possono essere attestati:

- stati, fatti e qualità personali a diretta conoscenza dell’interessato;

- stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti di cui si abbia diretta conoscenza, con dichiarazione resa nell'interesse proprio del dichiarante. Tale principio risponde ad esigenze di certezza del diritto e di rispetto della privacy;

- fatti, qualità personali e stati a conoscenza del diretto interessato, non compresi nell’elenco dei dati autocertificabili con dichiarazione sostitutiva di certificazione;

- lo smarrimento di documenti di riconoscimento o attestanti stati e qualità personali dell’interessato, ai fini del rilascio dei duplicati di documenti, nei casi in cui la legge non preveda la denuncia all’autorità giudiziaria.

 


Articolo 58, commi 1 e 4-sexies
(Ordinanze ministeriali e altre misure per consentire l’ordinato avvio dell’a.s. 2021/2022)

 

 

L’articolo 58, comma 1, demanda ad ordinanze interministeriali l'adozione di misure per l'ordinato avvio dell'a.s. 2021/2022, in merito a: data di inizio delle lezioni; procedure e tempi riguardanti le immissioni in ruolo, le utilizzazioni, le assegnazioni provvisorie e le supplenze; eventuale integrazione e rafforzamento degli apprendimenti; necessità degli studenti con patologie gravi o immunodepressi.

Il comma 4-sexies, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, sempre ai fini dell’avvio dell’a.s. 2021/2022, prevede l’istituzione di tavoli di coordinamento per la definizione del più idoneo raccordo fra gli orari delle attività didattiche e gli orari dei servizi di trasporto pubblico locale.

 

Ordinanze ministeriali

 

Il comma 1 – replicando, con alcune variazioni, parte di quanto previsto dall’art. 2, co. 1, del D.L. 22/2020 (L. 41/2010) in relazione all’avvio dell’a.s. 2020/2021 prevede che, con una o più ordinanze del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione, possono essere adottate, anche derogando a disposizioni vigenti, ma nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio, misure per l’ordinato avvio dell’a.s. 2021/2022.

Esse concernono:

 

a)    la definizione, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, della data di inizio delle lezioni, anche tenendo conto dell’eventuale necessità di rafforzamento degli apprendimenti quale ordinaria attività didattica e della conclusione delle procedure di avvio dell’anno scolastico.

In base all'art. 74 del d.lgs. 297/1994, l'anno scolastico ha inizio il 1° settembre e termina il 31 agosto. Le attività didattiche, comprensive anche degli scrutini e degli esami, e quelle di aggiornamento, si svolgono nel periodo compreso tra il 1° settembre ed il 30 giugno con eventuale conclusione nel mese di luglio degli esami di Stato. Allo svolgimento delle lezioni sono assegnati almeno 200 giorni. Spetta al Ministro dell'istruzione la determinazione, con propria ordinanza, del termine delle attività didattiche e delle lezioni, delle scadenze per le valutazioni periodiche e del calendario delle festività e degli esami.

Ai sensi dell'art. 138, co. 1, lett. d), del d.lgs. 112/1998, alle regioni è delegata, invece, la determinazione del calendario scolastico[202].

 

b)    L’adattamento e la modifica degli aspetti procedurali e delle tempistiche di immissione in ruolo[203], anche in relazione alla data di inizio delle lezioni[204], nonché di quelli relativi alle utilizzazioni[205], alle assegnazioni provvisorie[206] e alle attribuzioni di contratti a tempo determinato, anche in deroga al termine di conclusione delle stesse previsto dall’art. 4, co. 1 e 2, del D.L. 255/2001 (L. 333/2001).
In base all'art. 4, co. 1 e 2, del D.L. 255/2001 (L. 333/2001), le assunzioni a tempo indeterminato, i provvedimenti di utilizzazione, di assegnazione provvisoria e comunque quelli di durata annuale riguardanti il personale di ruolo, devono essere completati entro il 31 agosto di ciascun anno. Entro lo stesso termine del 31 agosto devono essere conferiti gli incarichi di presidenza delle istituzioni scolastiche. Entro la medesima data i dirigenti territorialmente competenti procedono altresì alle nomine dei supplenti annuali, e fino al termine dell'attività didattica. Decorso il termine del 31 agosto, alle stesse nomine, nonché a quelle per le supplenze brevi e saltuarie, provvedono i dirigenti scolastici.

Restano comunque fermi il rispetto dei vincoli di permanenza sulla sede previsti dalle disposizioni vigenti e delle facoltà assunzionali disponibili, nonché la decorrenza dei contratti dal 1° settembre o, se successiva, dalla data di inizio del servizio.

Sulla disciplina relativa ai vincoli di permanenza nella sede, si veda la scheda relativa all’art. 58, co. 2, lett. f).

 

c)    La previsione che, a partire dal 1° settembre 2021 e fino all’inizio delle lezioni, sono attivati l’eventuale integrazione e il rafforzamento degli apprendimenti[207], senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Al riguardo, si ricorda che, in attuazione di quanto previsto dall’art. 31, co. 6, del D.L. 41/2021 (L. 69/2021) – che ha incrementato di € 150 mln per il 2021 il Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi al fine di supportare le istituzioni scolastiche ed educative statali nella gestione della situazione emergenziale e nello sviluppo di attività volte a potenziare l’offerta formativa extracurricolare, il recupero delle competenze di base, il consolidamento delle competenze disciplinari, e a promuovere il recupero della socialità, della proattività e della vita di gruppo degli studenti – con comunicato del 27 aprile 2021 il Ministero dell’istruzione aveva reso noto il c.d. Piano estate, articolato in 3 fasi:

- Fase I, da realizzare nel corso del mese di giugno 2021, dedicata al rinforzo e al potenziamento delle competenze relazionali e disciplinari attraverso attività laboratoriali, scuola all’aperto, studio di gruppo;

- Fase II, da realizzare nel corso dei mesi di luglio e agosto 2021, dedicata al recupero della socialità: le attività di potenziamento degli apprendimenti devono essere affiancate da attività di aggregazione e socializzazione in modalità C.A.M.P.U.S. (computing, arte, musica, vita pubblica, sport);

- Fase III, da realizzare nel corso del mese di settembre 2021, dedicata, fino all’avvio delle lezioni, all’accoglienza. Le attività di potenziamento delle competenze e di accompagnamento degli studenti devono proseguire all’inizio del nuovo anno scolastico.

La partecipazione alle attività da parte degli studenti è su base volontaria. Le stesse attività possono essere svolte utilizzando altre strutture, anche all’aperto, e in collaborazione con altre istituzioni e con il terzo settore.

Al Piano sono stati destinati complessivi € 510 mln. In particolare, ai 150 mln di cui all’art. 31, co. 6, del D.L. 41/2021 (L. 69/2021)[208] si sommano:

- € 320 mln provenienti dal PON scuola competenze e ambienti per l’apprendimento 2014-2020. Le risorse PON sono disponibili anche per le scuole paritarie che svolgono il servizio con modalità non commerciali e per i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (CPIA)[209];

- € 40 mln provenienti dallo stesso Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa e per gli interventi perequativi[210].

Qui la pagina dedicata sul sito del Ministero dell’istruzione.

 

d)    La considerazione delle necessità degli studenti con patologie gravi o immunodepressi, in possesso di certificati rilasciati dalle competenti autorità sanitarie, nonché dal medico di assistenza primaria che ha in carico il paziente, tali da consentire loro di poter seguire la programmazione scolastica avvalendosi anche eventualmente della didattica a distanza[211].

Tavoli di coordinamento

 

Il comma 4-sexies replica con norma primaria quanto previsto la prima volta – con riferimento alle scuole secondarie di secondo grado – dal DPCM 3 dicembre 2020 e confermato senza soluzione di continuità fino al DPCM 2 marzo 2021, le cui disposizioni si applicano fino al 31 luglio 2021, in virtù dell’art. 1 del D.L. 52/2021 (L. 87/2021), salvo quanto diversamente disposto dallo stesso D.L.

In particolare, il comma 4-sexies dispone che, ai fini dell’avvio dell’a.s. 2021/2022, anche in considerazione del carico derivante dal rientro in classe di tutti gli studenti, è istituito presso ogni Prefettura-Ufficio territoriale del Governo e nell’ambito della Conferenza provinciale permanente di cui all’art. 11, co. 3, del d.lgs. 300/1999[212] un tavolo di coordinamento, presieduto dal Prefetto, per la definizione del più idoneo raccordo fra gli orari di inizio e termine delle attività didattiche e gli orari dei servizi di trasporto pubblico locale, urbano ed extraurbano.

Al tavolo di coordinamento partecipano il Presidente della provincia o il sindaco della città metropolitana, gli altri sindaci eventualmente interessati, i dirigenti degli ambiti territoriali del Ministero dell’istruzione, nonché i rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle aziende di trasporto pubblico locale.

All’esito dei lavori del tavolo, il Prefetto redige un documento operativo sulla base del quale le amministrazioni coinvolte adottano tutte le misure di rispettiva competenza. L’attuazione delle misure è monitorata dal medesimo tavolo di coordinamento, anche ai fini dell’eventuale adeguamento del documento operativo.

Nel caso in cui le misure non siano adottate nel termine previsto dal documento operativo, il Prefetto, ferma restando la possibilità di provvedere direttamente nei termini di cui allo stesso art. 11, co. 4, del d.lgs. 300/1999[213], ne dà comunicazione al Presidente della regione che adotta, si sensi dell’art. 32 della L. 833/1978, una o più ordinanze, con efficacia limitata al pertinente ambito provinciale, volte a garantire l’applicazione delle misure organizzative necessarie.

Le scuole modulano il piano di lavoro del personale ATA, nonché gli orari delle attività didattiche per docenti e studenti e gli orari degli uffici amministrativi, sulla base di quanto stabilito.

Le amministrazioni interessate provvedono all’attuazione di quanto disposto nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Con riferimento ai servizi di trasporto utilizzabili dagli studenti, si ricorda, in particolare, che l’art. 39, co. 1-bis, del D.L. 104/2020 (L. 126/2020) ha autorizzato i comuni a finanziare servizi di trasporto scolastico aggiuntivi, nel limite complessivo di € 150 mln per il 2020 e nel limite, per ciascun comune, del 30% della spesa sostenuta per le medesime finalità nel 2019, attraverso le risorse del fondo per assicurare l'esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali, nonché di quelle attribuite dal decreto del Ministero dell'interno 24 luglio 2020 (di cui all’art. 106, co. 1, del D.L. 34/2020-L. 77/2020).

Inoltre, l’art. 44, co. 1, dello stesso D.L. 104/2020 (L. 126/2020) – modificato dall'art. 1, co. 817, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021) – ha incrementato la dotazione del Fondo per sostenere il settore del trasporto pubblico locale e regionale, di cui all’art. 200 del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), ai fini, tra l’altro, dell’utilizzo, nel limite di € 300 mln per il 2020, di servizi aggiuntivi di trasporto pubblico locale e regionale, destinato anche a studenti. In particolare, ciascuna regione e provincia autonoma è stata autorizzata all'attivazione dei servizi aggiuntivi nel limite del 50% delle risorse ad essa attribuibili applicando alla spesa complessiva di € 300 mln le stesse percentuali di ripartizione previste dal decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, adottato in attuazione dell'art. 200, co. 2, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) (v. DM 11 agosto 2020, n. 340).

Successivamente, il citato Fondo di cui all’art. 200 del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) è stato ulteriormente incrementato dall'art. 22-ter, co. 2, del D.L. 137/2020 (L. 176/2020), che ha disposto, in particolare, che fino a € 190 mln per il 2021 possono essere utilizzati per il finanziamento di servizi aggiuntivi di trasporto pubblico locale e regionale, destinato anche a studenti, occorrenti per fronteggiare le esigenze di trasporto conseguenti all'attuazione delle misure di contenimento.

Nel prosieguo, la L. di bilancio 2021 (L. 178/2020: art. 1, co. 790) ha istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un Fondo con una dotazione di € 150 mln per il 2021, al fine di consentire l'erogazione dei servizi di trasporto scolastico nei comuni in conformità alle misure di contenimento della diffusione del COVID-19. Inoltre, ha istituito nello stesso stato di previsione un ulteriore fondo (art. 1, co. 816), con una dotazione di € 200 mln per il 2021, finalizzato a consentire l’erogazione di servizi aggiuntivi di trasporto pubblico locale e regionale, destinato anche a studenti.

Per gli ultimi interventi in materia, recati dal D.L. in esame, si veda la scheda relativa all’articolo 51.


Articolo 58, comma 2, lettere 0a) e a)
(Disposizioni relative alla funzione dirigenziale tecnica con compiti ispettivi nell’ambito del Ministero dell’istruzione)

 

 

L’articolo 58, comma 2, lettera a), abroga la previsione di riorganizzazione, all’interno del Ministero dell’istruzione, della funzione dirigenziale tecnica con compiti ispettivi, che doveva essere operata attraverso l’emanazione di un regolamento di delegificazione.

A sua volta, la lettera 0a), inserita durante l’esame alla Camera, opera direttamente tale riorganizzazione. In particolare, prevede l’istituzione, nell’ambito del ruolo dei dirigenti del Ministero dell’istruzione, di una sezione dei dirigenti tecnici con funzioni ispettive (al posto di un apposito ruolo), personale al quale si applica la normativa vigente per i dirigenti delle amministrazioni dello Stato. Inoltre, ne ridisciplina le modalità di reclutamento.

 

La disciplina vigente inerente il ruolo degli ispettori tecnici è contenuta negli articoli da 419 a 424 del d.lgs. 297/1994. Nello specifico:

- l’art. 419 prevede che il Ministro provvede, con proprio decreto, sentito il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI), alla ripartizione dei posti del ruolo unico degli ispettori tecnici tra scuola dell'infanzia, primaria e secondaria, nell'ambito dell'Amministrazione centrale e di quella periferica. Per la scuola secondaria, si procede per settori disciplinari;

- l’art. 420 prevede i requisiti per la partecipazione al concorso per titoli ed esami per l’accesso al ruolo del personale tecnico ispettivo, differenti a seconda del grado di scuola per il quale si concorre. L’anzianità di servizio richiesta è di 9 anni. Prevede, inoltre, che i concorsi a posti di ispettore tecnico sono indetti ogni due anni, nei limiti dei posti disponibili nei contingenti relativi ai vari gradi e tipi di scuola, e tenuto conto dei settori d'insegnamento. I bandi stabiliscono altresì le modalità di partecipazione, il termine di presentazione delle domande, i titoli di ammissione e i titoli valutabili, nonché il calendario delle prove scritte;

- l’art. 421 dispone che le commissioni dei concorsi sono composte da: 3 docenti universitari (di cui uno nominato presidente), dei quali almeno 2 che professino un insegnamento compreso nel settore disciplinare oggetto del concorso; un funzionario dell'amministrazione della pubblica istruzione con qualifica di dirigente; un ispettore tecnico. Almeno un terzo dei componenti deve essere di sesso femminile, salvo motivata impossibilità;

- l’art. 422 dispone che i concorsi si articolano in 3 prove scritte e una prova orale. Il contenuto delle prove scritte è distinto per i concorsi relativi ai contingenti per la scuola dell'infanzia e primaria, da un lato, e per i concorsi relativi ai contingenti per la scuola secondaria di primo e di secondo grado, dall'altro. Le commissioni giudicatrici dispongono di 100 punti, di cui 45 da attribuire alle prove scritte, 25 alla prova orale e 30 alla valutazione dei titoli. Sono ammessi alla prova orale i candidati che abbiano riportato nelle prove scritte una votazione media non inferiore a 36 punti su 45, con non meno di punti 10,50 su 15 in ciascuna di esse. La prova orale si intende superata dai candidati che abbiano riportato una votazione non inferiore a 20 punti su 25. I programmi delle prove di esame ed i titoli valutabili sono stabiliti con decreto del Ministro, sentito il CSPI;

- l’art. 423 dispone che nelle graduatorie, approvate con decreto del direttore generale competente, i concorrenti che hanno superato le prove di esame sono collocati in base al punteggio risultante dalla somma dei voti delle stesse e dei punti assegnati per i titoli. A parità di punteggio si applicano i criteri di preferenza stabiliti dall'art. 5 del DPR 3/1957, e successive modificazioni. I candidati collocati in graduatoria in posizione eccedente il numero dei posti messi a concorso hanno titolo, nell'ordine della graduatoria, a surrogare i vincitori che rinunzino alla nomina o ne siano dichiarati decaduti, entro un anno dalla data di approvazione della graduatoria stessa;

- l’art. 424 che dispone l’esclusione dai concorsi a posti del personale ispettivo tecnico, con provvedimento motivato del direttore generale, oltre che di coloro che risultino privi dei requisiti, anche di coloro che abbiano riportato, dopo la nomina nei ruoli del personale della scuola, la sanzione disciplinare superiore alla censura, salvo che sia intervenuta la riabilitazione.

 

Al riguardo, l'art. 3-bis del D.L. 1/2020 (L. 12/2020) – di cui si prevede ora l’abrogazione – aveva previsto la riorganizzazione, all'interno del Ministero dell'istruzione, della funzione dirigenziale tecnica con compiti ispettivi. A tal fine, aveva disposto l’emanazione – che sarebbe dovuta avvenire entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge – di un regolamento di delegificazione (art. 17, co. 2, L. 400/1988) che doveva disciplinare anche le modalità e le procedure di reclutamento dei dirigenti tecnici mediante concorso selettivo per titoli ed esami, nel rispetto dei seguenti principi e criteri regolatori:

a)        accesso riservato al personale docente, educativo e ai dirigenti scolastici delle istituzioni scolastiche ed educative statali in possesso di diploma di laurea magistrale, specialistica, ovvero di laurea conseguita in base al previgente ordinamento, di diploma accademico di secondo livello rilasciato dalle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, ovvero di diploma accademico di vecchio ordinamento congiunto con diploma di istituto di istruzione secondaria superiore, che avesse maturato un’anzianità complessiva di almeno 10 anni e che fosse confermato in ruolo;

b)        previsione che il concorso poteva comprendere una prova preselettiva e doveva comprendere una o più prove scritte, cui dovevano essere ammessi tutti coloro che superavano l'eventuale preselezione, nella misura del triplo dei posti messi a concorso, e una prova orale, a cui seguiva la valutazione dei titoli;

c)        previsione che le prove scritte e orali erano superate con valutazione pari a 7/10 o equivalente;

d)        previsione che le commissioni giudicatrici dovevano essere presiedute da dirigenti del Ministero dell’istruzione, che ricoprivano o avessero ricoperto un incarico di direzione di uffici dirigenziali generali, ovvero da professori di prima fascia di università statali e non statali, magistrati amministrativi, ordinari, contabili, avvocati e procuratori dello Stato, consiglieri di Stato con documentate esperienze nel campo della valutazione delle organizzazioni complesse o del diritto e della legislazione scolastica. In caso di carenza di personale nelle qualifiche citate, la funzione di presidente doveva essere esercitata da dirigenti tecnici con un’anzianità di servizio di almeno 5 anni. Non era stato esplicitato il numero complessivo di componenti della Commissione;

e)        previsione di svolgimento di un periodo di formazione e prova, a decorrere dall’immissione nei ruoli (non era stata esplicitata la durata del periodo);

f)        previsione di una quota riservata fino al 10% dei posti per i soggetti che, avendo i requisiti per partecipare al concorso, avessero svolto le funzioni di dirigente tecnico, ai sensi dell'art. 19, co. 5-bis e 6, del d.lgs. 165/2001, per almeno tre anni, entro il termine per la presentazione della domanda di partecipazione al medesimo concorso, presso gli uffici dell'amministrazione centrale e periferica del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministero dell'istruzione.

Inoltre, aveva disposto che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento, sarebbero stati abrogati gli artt. 419, 420, 421, 422 e 424 del citato d.lgs. 297/1994.

 

Nello specifico, la lettera a) abroga l’art. 3-bis del D.L. 1/2020 (L. 12/2020).

 

La relazione illustrativa all’A.C. 3132 faceva presente che l’emanazione del regolamento rallenta l’emanazione del bando di concorso per dirigente tecnico che, per le scoperture di organico e le delicate funzioni attribuite, appare assolutamente prioritario.

 

Al riguardo, si ricorda preliminarmente che l’art. 1, co. 94, periodi terzo e ss., della L. 107/2015 aveva previsto la possibilità per il triennio 2016-2018 di conferire incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale di durata non superiore a tre anni per le funzioni ispettive al fine di garantire azioni di supporto alle scuole nell’attuazione della medesima legge, nonché assicurare la valutazione dei dirigenti scolastici e la realizzazione del sistema nazionale di valutazione. Aveva altresì disposto che tali incarichi potevano essere conferiti, nell'ambito della dotazione organica dei dirigenti tecnici dell’allora MIUR, anche in deroga alle percentuali previste dall'art. 19, co. 5-bis e 6, del d.lgs. 165/2001 per i dirigenti di seconda fascia. A tal fine, aveva autorizzato una spesa nel limite massimo di € 7 mln per ciascun anno del triennio 2016-2018.

Infine, aveva previsto che gli incarichi dovevano essere conferiti, in base all'art. 19, co. 1-bis, del medesimo d.lgs. 165/2001, mediante valutazione comparativa dei curricula e previo avviso pubblico, da pubblicare nel sito dell’allora MIUR, che rendesse conoscibili il numero dei posti e la loro ripartizione tra amministrazione centrale e uffici scolastici regionali, nonché i criteri di scelta da adottare per la valutazione comparativa[214].

Successivamente, l’art. 2, co. 3, del D.L. 126/2019 (L. 159/2019) ha autorizzato l’allora MIUR, nell’ambito della dotazione organica vigente e in deroga a specifiche disposizioni relative all’avvio di procedure concorsuali da parte delle pubbliche amministrazioni, a bandire un concorso pubblico, per titoli ed esami, per l’immissione in ruolo, a decorrere da gennaio 2021 – termine, di fatto, poi differito – di 59 dirigenti tecnici e, a decorrere dal 2023, di ulteriori 87 unità, con conseguente maggiore spesa di personale per € 7,90 mln annui per ciascuno degli anni 2021 e 2022 e per € 19,55 mln annui a decorrere dal 2023[215].

Nelle more dell’espletamento del concorso, il co. 4 dello stesso art. 2 ha rifinanziato l’autorizzazione di spesa prevista dall’art. 1, co. 94, della L. 107/2015[216], al fine di continuare a consentire l’attribuzione, anche per parte del 2019 e per il 2020, di incarichi temporanei di livello dirigenziale non generale di durata non superiore a tre anni per le funzioni ispettive, ferma restando la procedura prevista dallo stesso co. 94. Ha comunque previsto che gli incarichi temporanei dovevano avere termine all’atto dell’immissione in ruolo dei (primi 59) dirigenti tecnici a seguito del concorso e, comunque, entro il 31 dicembre 2020.

In particolare, il rifinanziamento è stato pari a € 1,98 mln per il 2019 e a € 7,90 mln per il 2020[217].

Da ultimo, l’art. 230-bis, co. 2, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha autorizzato il Ministero dell’istruzione a prorogare gli incarichi temporanei conferiti ai sensi dell’art. 2, co. 4, del D.L. 126/2019 (L .159/2019) al massimo fino al 31 dicembre 2021.

Conseguentemente, ha disposto che le assunzioni dei dirigenti tecnici avvengono con decorrenza successiva alla scadenza degli incarichi temporanei.

Infine, ha previsto che ai relativi oneri, pari a € 7,9 mln per l'anno 2021, si provvede a valere sulle risorse destinate dall’art. 2, co. 3, dello stesso D.L. 126/2019 (L. 159/2019), per il medesimo anno, all’assunzione dei dirigenti tecnici.

 

A sua volta, la lettera 0a):

 

·  istituisce presso il Ministero dell’istruzione, nell’ambito del ruolo dei dirigenti di cui all’art. 23 del d.lgs. 165/2001, la sezione dei dirigenti tecnici con funzioni ispettive – ai quali si applicano, per quanto non diversamente previsto, le disposizioni relative ai dirigenti delle amministrazioni dello Stato –, superando dunque la previsione di un ruolo apposito per i dirigenti tecnici del Ministero, con ripartizione dei posti tra scuola dell'infanzia, primaria e secondaria.
A tal fine, sostituisce l’art. 419 del d.lgs. 297/1994.
Al riguardo, si ricorda che l’art. 23 del d.lgs. 165/2001 prevede, in particolare, l’istituzione, in ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, del ruolo dei dirigenti, che si articola nella prima e nella seconda fascia, nel cui ambito sono altresì definite apposite sezioni in modo da garantire la eventuale specificità tecnica. I dirigenti della seconda fascia sono reclutati per concorso indetto dalle singole amministrazioni, ovvero per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione. Essi transitano nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti, per un periodo pari almeno a 5 anni senza essere incorsi nelle misure previste per le ipotesi di responsabilità dirigenziale, nei limiti dei posti disponibili, ovvero nel momento in cui si verifica la prima disponibilità di posto utile, tenuto conto, quale criterio di precedenza ai fini del transito, della data di maturazione del requisito dei 5 anni e, a parità di data di maturazione, della maggiore anzianità nella qualifica dirigenziale;

 

·  ridefinisce i requisiti per la partecipazione ai concorsi per titoli ed esami, non più distinti a seconda del grado di istruzione, disponendo che possono partecipare:

-   i dirigenti scolastici delle istituzioni scolastiche statali;

-   il personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche ed educative statali, confermato in ruolo, che sia in possesso di diploma di laurea magistrale o specialistica, ovvero di laurea conseguita in base al previgente ordinamento, di diploma accademico di secondo livello rilasciato dalle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), ovvero di diploma accademico conseguito in base al previgente ordinamento congiunto con diploma di istituto secondario superiore, e che abbia maturato un'anzianità complessiva, anche nei diversi profili indicati, di almeno 10 anni (a fronte, come visto, di almeno 9 anni).

La disposizione riprende uno dei principi regolatori previamente recati dall'art. 3-bis del D.L. 1/2020 (L. 12/2020).

A tal fine, novella i co. 1-5 dell’art. 420 del d.lgs. 297/1994;

 

 

·  conferma che i concorsi per titoli ed esami sono indetti ogni 2 anni, precisando ora, però, che ciò avviene nel limite dei posti vacanti e disponibili.

A tal fine, novella il co. 6 dell’art. 420 del d.lgs. 297/1994;

 

·  prevede che i bandi di concorso disciplinano le prove concorsuali e i titoli valutabili con il relativo punteggio, nel rispetto di modalità e limiti previsti dalla normativa vigente. Gli stessi bandi stabiliscono, inoltre, le modalità di partecipazione, il termine di presentazione delle domande e il calendario delle prove.

Sin da subito, si dispone che le prove si intendono superate con una valutazione pari ad almeno 7/10 o equivalente.

La previsione relativa al punteggio minimo riprende uno dei principi regolatori recati dall'art. 3-bis del D.L. 1/2020 (L. 12/2020).

A tal fine, novella il co. 7 dell’art. 420 del d.lgs. 297/1994;

 

·  dispone che il bando di concorso può prevedere una riserva fino al 10% dei posti messi a concorso per i soggetti che, avendo i requisiti per partecipare al concorso, abbiano ottenuto l'incarico di dirigente tecnico, ai sensi dell'art. 19, co. 5-bis e 6, del d.lgs. 165/2001, e abbiano svolto le relative funzioni ispettive per almeno 3 anni, entro il termine di presentazione della domanda di partecipazione al concorso, presso gli uffici dell'amministrazione centrale e periferica del Ministero dell'istruzione.

Anche tale disposizione riprende, con qualche variazione, uno dei principi regolatori recati dall'art. 3-bis del D.L. 1/2020 (L. 12/2020).

A tal fine, inserisce nell’art. 420 del d.lgs. 297/1994 il co. 7-bis.

 

Relativamente alle commissioni esaminatrici dei concorsi, dispone che le stesse sono nominate con decreto del direttore generale competente e sono composte da:

a) 3 dirigenti del Ministero dell'istruzione, che ricoprano o abbiano ricoperto un incarico di direzione di uffici dirigenziali generali, ovvero professori di prima fascia di università statali e non statali, magistrati amministrativi, ordinari e contabili, avvocati dello Stato, consiglieri di Stato con documentata esperienza nel campo della valutazione delle organizzazioni complesse o del diritto e della legislazione scolastica;

b) un dirigente tecnico del Ministero dell'istruzione;

c) un dirigente amministrativo di livello non generale del Ministero dell'istruzione.
Rimane fermo che il presidente della commissione è nominato tra i membri di cui alla lett. a). Scompare, invece, la previsione in base alla quale almeno un terzo dei componenti della commissione esaminatrice deve essere di sesso femminile, salvo motivata impossibilità.

A tal fine, novella l’art. 421 del d.lgs. 297/1994.

 

Relativamente alle prove concorsuali, stabilisce che esse consistono in 2 prove scritte (a fronte di 3) e una prova orale.

Le commissioni giudicatrici dispongono di 200 punti, di cui 100 da attribuire alle prove scritte, 60 alla prova orale e 40 alla valutazione dei titoli.

Resta fermo che la prova orale è intesa ad accertare la capacità di elaborazione personale e di valutazione critica dei candidati, anche mediante la discussione sugli argomenti delle prove scritte, nonché sulla legislazione scolastica italiana, e che la valutazione dei titoli è effettuata soltanto nei riguardi dei candidati che abbiano superato la prova orale.

A tal fine, novella l’art. 422 del d.lgs. 297/1994.

 

Con riguardo alle graduatorie dei concorsi, resta innanzitutto confermato che le stesse sono approvate con decreto del direttore generale competente e che i candidati che hanno superato le prove di esame sono collocati in graduatoria in base al punteggio risultante dalla somma dei voti delle prove e dei punti assegnati per i titoli. Si stabilisce ora, però, che le graduatorie sono formate esclusivamente nel limite dei posti messi a concorso.

A tal fine, novella l’art. 423 del d.lgs. 297/1994, sopprimendo però anche il co. 3, che stabilisce i criteri di preferenza da applicare nei casi di parità di punteggio.

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di un approfondimento, in particolare valutando se il citato co. 3 dell’art. 423 del d.lgs. 297/1994 non debba, piuttosto, essere aggiornato, facendo riferimento ai criteri di preferenza di cui all’art. 5 del DPR 487/1994.

Infine, abroga l’art. 424 del 297/1994.


Articolo 58, comma 2, lett. b)
(Non applicazione, per l’a.s. 2021/2022, della c.d. chiamata veloce di docenti, personale educativo e DSGA)

 

 

L’articolo 58, comma 2, lett. b), dispone che, con riferimento alle operazioni di avvio dell’a.s. 2021/2022, non si applicano le disposizioni relative alla c.d. “chiamata veloce” del personale docente ed educativo e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (DSGA).

 

Si tratta delle disposizioni recate dall’art. 1, co. da 17 a 17-septies, del D.L. 126/2019 (L. 159/2019) e dall’art. 32-ter, co. 2-4, del D.L. 104/2020 (L. 126/2020).

 

L’art. 1, co. da 17 a 17-septies, del D.L. 126/2019 (L. 159/2019), al fine di ridurre il ricorso ai contratti a tempo determinato, ha previsto che, a decorrere dall’a.s. 2020/2021, per la copertura, in ciascuna regione, dei posti vacanti e disponibili di personale docente ed educativo che residuano dopo le consuete operazioni di immissione in ruolo, si procede mediante scorrimento delle graduatorie di altre regioni o province[218]. A tal fine, gli interessati possono presentare domanda, per ciascuna graduatoria di provenienza (dunque, graduatorie ad esaurimento o graduatorie di merito), per i posti di una o più province di una medesima regione, al fine dell’immissione in ruolo in territori diversi da quelli di pertinenza delle stesse graduatorie. Gli uffici scolastici regionali (USR) dispongono le conseguenti immissioni in ruolo entro il 10 settembre di ogni a.s.

Le modalità applicative sono state definite con DM 25 dell'8 giugno 2020.

 

Nel prosieguo, l’art. 32-ter, co. 2, 3 e 4, del D.L. 104/2020 (L. 126/2020) ha previsto che, a decorrere dall’a.s. 2021/2022, i posti di DSGA rimasti vacanti e disponibili nella singola regione dopo le consuete operazioni di immissione in ruolo, sono destinati alle immissioni in ruolo dei soggetti inseriti nelle graduatorie del concorso del 2018, nei limiti della quota degli idonei, che presentino istanza per i posti residuati in una o più regioni, fermo restando il regime autorizzatorio di cui all’art. 39, co. 3 e 3-bis, della L. 449/1997 e nel limite delle facoltà assunzionali annualmente previste.

Le modalità applicative – che sarebbero dovute essere definite con decreto del Ministro dell'istruzione, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge - non risultano intervenute.

 


Articolo 58, comma 2, lett. d) e h)
(Consiglio superiore della pubblica istruzione)

 

 

Al fine di sostenere la regolare conclusione dell’anno scolastico e formativo 2020/2021 e di avviare il successivo anno scolastico, le lettere d) e h) dell'articolo 58, comma 2, dispongono:

§  nell'arco temporale intercorrente tra il 27 maggio e il 31 agosto 2021, la riduzione a 7 giorni, decorrenti dalla richiesta del Ministro dell'istruzione, del termine per l'espressione dei pareri da parte del Consiglio superiore della pubblica istruzione (lett. d));

§  la proroga della componente elettiva del Consiglio superiore della pubblica istruzione dal 31 agosto 2021 al 31 agosto 2022 per ragioni di emergenza sanitaria (lett. h)).

 

La lett. d) dell'art. 58, comma 2, dispone che - a decorrere dal giorno successivo alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame (27 maggio 2021) e fino al 31 agosto 2021 - il Consiglio superiore della pubblica istruzione (CSPI) renda il proprio parere nel termine di 7 giorni dalla richiesta da parte del Ministro dell'istruzione.

Tale disposizione opera in deroga a quanto previsto dall'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 30 giugno 1999, n. 233, sulla base del quale il CSPI rende i propri pareri nel termine ordinario di 20 giorni dalla richiesta, salvo che, per motivi di particolare urgenza, il Ministro assegni un termine diverso, che non può comunque essere inferiore a 10 giorni. Decorso il termine di 20 giorni o quello inferiore assegnato dal Ministro, si può prescindere dal parere.

 

Si tratta dell'estensione di un ulteriore mese della disciplina prevista fino al 31 luglio 2021 dal numero 13 dell’Allegato 2 - in combinato disposto con l’art. 11 – del D.L. 52/2021, in corso di conversione (A.C. 3045-A).

Al riguardo, si ricorda che la prima previsione di un termine ridotto a 7 giorni per l’espressione dei pareri da parte del CSPI è stata introdotta dall'art. 3, co. 1, del D.L. 22/2020 (L. 41/2020) che, in particolare, aveva previsto ciò fino al 31 luglio 2020 (termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020). Il termine è poi stato prorogato, senza soluzione di continuità, fino al 31 luglio 2021 e, con la disposizione in esame, la disciplina derogatoria si estende sino al 31 agosto.

 

Si ricorda che i termini di 20 e 10 giorni stabiliti nel vigente art. 3, comma 5, del decreto legislativo n. 233 del 1999 sono stati così ridotti, rispetto agli originari termini di 45 e 15 giorni, per effetto di una modificazione apportata dall'art. 3, comma 2-ter, del decreto-legge n. 22 del 2020.

 

Il decreto legislativo n. 233 del 1999 - in attuazione della delega conferita dall'art. 21, comma 15, della legge n. 159 del 1997 - ha provveduto a riformare gli organi collegiali della pubblica istruzione di livello nazionale e periferico, costituendo, quale organo di livello centrale e di garanzia dell'unitarietà del sistema nazionale dell'istruzione, il CSPI.

Ai sensi dell'art. 2 del decreto legislativo n. 233, il CSPI formula proposte ed esprime pareri obbligatori: a) sugli indirizzi in materia di definizione delle politiche del personale della scuola; b) sulle direttive del Ministro dell'istruzione, in materia di valutazione del sistema dell'istruzione; c) sugli obiettivi, indirizzi e standard del sistema di istruzione definiti a livello nazionale nonché sulla quota nazionale dei curricoli dei diversi tipi e indirizzi di studio; d) sull'organizzazione generale dell'istruzione.

Il Consiglio si pronuncia, inoltre, sulle materie che il Ministro ritenga di sottoporgli.

Può esprimere altresì, anche di propria iniziativa, pareri facoltativi su proposte di legge e in genere in materia legislativa e normativa attinente all'istruzione e promuovere indagini conoscitive sullo stato di settori specifici dell'istruzione, i cui risultati formano oggetto di relazioni al Ministro.

 

La lett. h) dell'art. 58, comma 2 - mediante novella all’articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge n. 22 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 41 del 2020 - proroga di un anno, specificamente dal 31 agosto 2021 al 31 agosto 2022, per ragioni di emergenza sanitaria, la componente elettiva del CSPI.

Integra altresì la formulazione del medesimo art. 3, comma 2-bis, disponendo che, al fine di consentire lo svolgimento in sicurezza delle operazioni per l'elezione della predetta componente elettiva, con ordinanza del Ministro dell'istruzione siano stabiliti nuovi termini e modalità per le elezioni.

Dispone, infine, che i membri della componente elettiva decadano unitamente ai componenti non elettivi in carica all'atto della loro nomina, secondo modalità e termini previsti nella stessa ordinanza del Ministro dell’istruzione.

 

L'art. 3, comma 2-bis, del decreto-legge n. 22 del 2020, inserito dalla legge di conversione n. 41 del 2020, ha previsto la proroga al 31 agosto 2021 della componente elettiva del CSPI, allo scopo di garantire la continuità delle funzioni del CSPI e la regolarità dei provvedimenti ministeriali sottoposti al suo parere obbligatorio.

Tale proroga è stata disposta in deroga a quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 1999, n. 233 ("Riforma degli organi collegiali territoriali della scuola, a norma dell'articolo 21 della L. 15 marzo 1997, n. 59"), il cui art. 3, comma 1, dispone, per i membri del CSPI, una durata in carica di 5 anni.

Il CSPI è stato costituito con il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 31 dicembre 2015, n. 980; pertanto il relativo mandato quinquennale - in assenza della proroga al 31 agosto 2021 - sarebbe giunto a scadenza il 31 dicembre 2020.

Sulla base di quanto previsto dall'art. 2, comma 8, secondo periodo, del decreto legislativo n. 233, i membri del Consiglio non sono rieleggibili più di una volta.

Ai sensi del medesimo art. 2, comma 6, il CSPI è formato da 36 componenti, dei quali: 15 sono eletti dalla componente elettiva che rappresenta il personale delle scuole statali nei consigli scolastici locali (è garantita la rappresentanza di almeno una unità di personale per ciascun grado di istruzione); 15 sono nominati dal Ministro dell'istruzione tra esponenti significativi del mondo della cultura, dell'arte, della scuola, dell'università, del lavoro, delle professioni e dell'industria, dell'associazionismo professionale, che assicurino il più ampio pluralismo culturale (di questi, 3 sono esperti designati dalla Conferenza unificata Stato-regioni città e autonomie locali e 3 sono esperti designati dal CNEL); 3 sono eletti rispettivamente uno dalle scuole di lingua tedesca, uno dalle scuole di lingua slovena e uno dalle scuole della Valle d'Aosta; 3 sono nominati dal Ministro dell'istruzione in rappresentanza delle scuole pareggiate, parificate e legalmente riconosciute e delle scuole dipendenti dagli enti locali, tra quelli designati dalle rispettive associazioni.

Il Consiglio è integrato da un rappresentante della Provincia di Bolzano o da un rappresentante della Provincia di Trento, secondo quanto previsto dal medesimo articolo 2, comma 6, quando è chiamato ad esprimere il parere su progetti di una delle due Province concernenti la modifica degli ordinamenti scolastici.

Con ordinanza del Ministro dell'istruzione sono stabiliti i termini e le modalità per le elezioni, che si svolgono su liste unitarie comprensive del personale delle scuole statali di ogni ordine e grado, nonché per le designazioni e le nomine dei componenti del Consiglio (art. 2, comma 9).

Con ordinanza del Ministro dell'istruzione n. 173 del 9 dicembre 2020 - ferma restando la proroga al 31 agosto 2021 della componente elettiva del Consiglio disposta dall’articolo 3, comma 2-bis, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22 - è stata prevista la ricostituzione del Consiglio, con decreto del Ministro dell'istruzione, mediante rinnovo della componente non elettiva, con effetti a decorrere dal 1° gennaio 2021.

La medesima ordinanza ha altresì indetto le elezioni ai fini del rinnovo della componente elettiva del CSPI, fissando lo svolgimento delle operazioni di voto alla data del 13 aprile 2021.

 

Su tale previsione viene ora a incidere la disposizione in commento, la quale dispone una ulteriore proroga della componente elettiva al 31 agosto 2022 e prevede che con (ulteriore) ordinanza del Ministro dell'istruzione siano stabiliti nuovi termini e modalità per le elezioni.

 

Secondo quanto previsto dall'art. 3, comma 3, dell'ordinanza n. 173, il termine quinquennale della durata in carica del Consiglio decorre, per ciascuna delle componenti (elettiva e non elettiva), dalla data dei relativi decreti di ricostituzione.

 

Anche su tale previsione incide la disposizione in esame, stabilendo che i membri della componente elettiva decadano unitamente ai componenti non elettivi in carica all'atto della loro nomina, secondo modalità e termini previsti nella (nuova) ordinanza del Ministro dell’istruzione.

 

L'ordinanza n. 173 (art. 3, comma 4) dispone, infine, che, nelle more dell’insediamento del Consiglio, al fine di assicurare lo svolgimento delle sue funzioni, esso possa operare nella composizione di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 31 dicembre 2015, n. 980, e successive integrazioni, ai sensi del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, di disciplina della proroga degli organi amministrativi.

 

 


Articolo 58, comma 2, lettera e)
(Interventi per i percorsi di istruzione e formazione professionale
e di istruzione e formazione tecnica superiore, nonché per gli ITS)

 

 

L’articolo 58, comma 2, lettera e), riguarda la validità dell’anno scolastico o formativo 2020/2021 relativo ai sistemi regionali di istruzione e formazione professionale (IeFP), ai sistemi regionali che realizzano i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) e agli Istituti tecnici superiori (ITS), e la possibilità per gli stessi di continuare a percepire risorse a valere sui Fondi strutturali di investimento europei anche qualora si determini una riduzione dei livelli qualitativi e quantitativi delle attività formative svolte.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che per il sistema di istruzione e formazione professionale (IeFP) - i cui percorsi rappresentano una delle componenti del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione -, la competenza legislativa è delle regioni, spettando allo Stato la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni.

In particolare, ai sensi del d.lgs. 226/2005, le regioni assicurano l'articolazione di percorsi di durata triennale - che si concludono con il conseguimento di un titolo di qualifica professionale, che consente l'accesso al quarto anno del sistema dell'istruzione e formazione professionale - e di percorsi di durata almeno quadriennale, che si concludono con il conseguimento di un titolo di diploma professionale, che consente l’accesso all’istruzione e formazione tecnica superiore.

Da ultimo, l’art. 2 del d.lgs. 61/2017 ha previsto che, ai fini dell'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione sino al conseguimento, entro il diciottesimo anno di età, di almeno una qualifica professionale triennale, lo studente può scegliere, all'atto dell'iscrizione ai percorsi del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, tra:

§  percorsi di istruzione professionale per il conseguimento di diplomi quinquennali, realizzati da scuole statali o da scuole paritarie;

§  percorsi di istruzione e formazione professionale per il conseguimento di qualifiche triennali e di diplomi professionali quadriennali, realizzati dalle istituzioni formative accreditate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi del d.lgs. 226/2005.

A sua volta, l’art. 4, co. 4, del medesimo d.lgs. 61/2017 ha previsto che le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale possono attivare, in via sussidiaria, previo accreditamento regionale, percorsi di istruzione e formazione professionale per il rilascio della qualifica e del diploma professionale quadriennale. I percorsi sono realizzati nel rispetto degli standard formativi definiti da ciascuna regione[219].

 

Si ricorda, altresì, che il sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) – istituito con l’art. 69 della L. 144/1999 – è stato riorganizzato, sulla base di quanto previsto dall’art. 1, co. 631, della L. 296/2006, con il DPCM 25 gennaio 2008, che ha previsto tre differenti tipologie di intervento: percorsi IFTS, poli tecnico-professionali e Istituti tecnici superiori (ITS).

Si tratta di un sistema di formazione terziaria non universitaria.

In particolare, in base all’art. 11 del DPCM 25 gennaio 2008, le regioni adottano, ogni triennio, nell'ambito della programmazione dell'offerta formativa di loro esclusiva competenza, piani territoriali riferiti alle tre tipologie di intervento sopra indicate.

 

In particolare, l’articolo 58, comma 2, lettera e), dispone che qualora, a seguito dell’emergenza da COVID-19, i sistemi IeFP e IFTS e gli ITS non possano effettuare il numero minimo di ore previsto dalla vigente normativa per il relativo percorso formativo, l’anno scolastico o formativo 2020/2021 conserva comunque validità.

Inoltre, dispone che, qualora si determini una riduzione dei livelli qualitativi e quantitativi delle attività formative svolte, si deroga alle disposizioni di cui all’art. 4, co. 7, del DPR 22/2018, in base alle quali nelle predette circostanze possono essere previsti meccanismi di riduzione dei contributi concessi a valere sulle risorse dei Fondi strutturali di investimento europei (SIE).

In base all’art. 4, co. 7, del Regolamento recante i criteri sull'ammissibilità delle spese per i programmi cofinanziati dai Fondi strutturali di investimento europei (SIE) per il periodo di programmazione 2014/2020, emanato con DPR 22/2018, l'Autorità di gestione può prevedere meccanismi di riduzione del contributo, anche nella forma di percentuali di riduzione forfettaria, se i livelli qualitativi o quantitativi non siano soddisfatti o nel caso in cui vengano riscontrati inadempimenti delle disposizioni di riferimento, nel rispetto del principio di proporzionalità.

 

Si replica, così, parte di quanto disposto per l’anno scolastico o formativo 2019/2020 dall’art. 91 del D.L. 34/2020 (L. 77/2020).


Articolo 58, comma 2, lettera f)
(Disposizioni in materia di mobilità del personale docente)

 

L’articolo 58, comma 2, lettera f), modifica la disciplina relativa ai termini minimi di permanenza del personale docente nella sede di prima assegnazione, riducendo gli stessi (da 5) a 3 anni.

Al contempo, introduce nuove limitazioni relative alla mobilità in corso di carriera, finalizzate a salvaguardare la continuità didattica, che si applicano a decorrere dalle operazioni di mobilità relative all’a.s. 2022/2023.

 

A tal fine, si novella, anzitutto, ulteriormente l’art. 399, co. 3, del d.lgs. 297/1994, che, a seguito della novella apportata dall'art. 1, co. 17-octies, del D.L. 126/2019 (L. 159/2019), aveva disposto l’innalzamento (da 3) a 5 anni, a decorrere dalle immissioni in ruolo per l’a.s. 2020/2021, per i docenti neoassunti di ogni ordine e grado di scuola, del periodo di permanenza minima nella sede di titolarità.

 

In particolare, in base all'art. 399, co. 3, del d.lgs. 297/1994, come novellato, da ultimo, dall'art. 1, co. 17-octies, del D.L. 126/2019 (L. 159/2019), a decorrere dalle immissioni in ruolo disposte per l'a.s. 2020/2021, i docenti a qualunque titolo destinatari di nomina a tempo indeterminato potevano chiedere il trasferimento, l'assegnazione provvisoria o l'utilizzazione in altra istituzione scolastica, ovvero ricoprire incarichi di insegnamento a tempo determinato in altro ruolo o classe di concorso, soltanto dopo 5 anni scolastici di effettivo servizio nell'istituzione scolastica di titolarità, fatte salve le situazioni sopravvenute di esubero o soprannumero. Tale previsione non si applicava ai lavoratori dipendenti che, assistendo una persona con handicap grave, hanno diritto a fruire di 3 giorni di permesso mensile retribuito e ai soggetti con handicap grave che, oltre a usufruire alternativamente dei permessi orari giornalieri o mensili, hanno diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non possono essere trasferiti in altra sede, senza il loro consenso (art. 33, co. 3 e 6, L. 104/1992), purché tali condizioni siano intervenute successivamente alla data di iscrizione ai rispettivi bandi di concorso ovvero all'inserimento periodico nelle graduatorie ad esaurimento (art. 401, d.lgs. 297/1994).

 

Inoltre, al medesimo fine, si novella ulteriormente anche l’art. 13, co. 3, del d.lgs. 59/2017 che, a seguito della novella apportata dall'art. 1, co. 792, lett. m), n. 3), della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019), aveva previsto – già prima dell’intervento generalizzato derivante dall'art. 1, co. 17-octies, del D.L. 126/2019 (L. 159/2019) – il vincolo di permanenza quinquennale nella sede di prima assegnazione per i docenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado.

In particolare, l’art. 13, co. 3, del d.lgs. 59/2017 ha previsto, tra l’altro, che, nella scuola secondaria, in caso di valutazione finale positiva al termine del percorso annuale di formazione iniziale e prova, il docente è confermato in ruolo presso l'istituzione scolastica ove ha svolto il periodo di prova. Il docente era tenuto a rimanere nella predetta istituzione scolastica, nel medesimo tipo di posto e classe di concorso, per almeno altri 4 anni, salvo che in caso di sovrannumero o esubero o di applicazione dell'art. 33, co. 5 o 6, della L. 104/1992, limitatamente a fatti sopravvenuti successivamente al termine di presentazione delle istanze per il relativo concorso.

 

Inoltre, si prevede che, al fine di tutelare l’interesse degli studenti alla continuità didattica, i docenti possono presentare istanza volontaria di mobilità non prima di 3 anni dalla precedente, qualora in tale occasione abbiano ottenuto la titolarità in una qualunque sede della provincia chiesta.

Tale previsione si applica a decorrere dalle operazioni di mobilità relative all’a.s. 2022/2023.

 

Preliminarmente, si ricorda che la mobilità del personale docente può essere territoriale (cambio di sede) o professionale (passaggio di cattedra o di ruolo).

Gli artt. 460-469 del d.lgs. 297/1994 disciplinano la mobilità territoriale (a domanda e d'ufficio) del personale direttivo e docente, mentre gli artt. 470-474 disciplinano la mobilità professionale dei docenti.

Da ultimo, superando le previsioni dell’art. 1, co. 73, della L. 107/2015 – in base al quale, dall'a.s. 2016/2017, la mobilità territoriale e professionale del personale docente operava tra gli ambiti territoriali –, l'art. 1, co. 796, della L. 145/2018 ha stabilito che, a decorrere dall'a.s. 2019-2020, le procedure di reclutamento e quelle di mobilità territoriale e professionale del personale docente non possono comportare che ai docenti sia attribuita la titolarità su ambito territoriale.

La disciplina è completata da contratti collettivi nazionali integrativi. Da ultimo, è stato siglato, il 6 marzo 2019, il CCNI triennale sulla mobilità per il triennio 2019-2020, 2020-2021 e 2021-2022.

Le operazioni di mobilità sono annuali, disciplinate con Ordinanze ministeriali.

Da ultimo, per l’a.s. 2021/2022, è intervenuta l’Ordinanza ministeriale 106 del 29 marzo 2021 (relativa anche alla mobilità del personale educativo ed ATA).

Le domande potevano essere presentate dal 29 marzo al 13 aprile 2021.

 

Il 7 giugno 2021 è stato reso noto che le domande elaborate sono state 87.454, delle quali 71.838 per la mobilità territoriale e 15.616 per quella professionale.

I docenti effettivamente coinvolti sono stati 78.232 - al netto delle domande non accoglibili – di cui 64.240 donne e 13.992 uomini. Le domande soddisfatte a livello nazionale sono state 47.230, pari al 60,4%. Nel dettaglio, sono state accolte 40.786 domande di mobilità territoriale, per un totale di 6.911 spostamenti di docenti fuori regione).

Qui la pagina dedicata sul sito del Ministero dell’istruzione.

Per ulteriori approfondimenti sulla disciplina, v. qui.


Articolo 58, comma 2, lettera g)
(
Differimento del termine per l’assunzione di collaboratori scolastici)

 

 

L’articolo 58, comma 2, lettera g), differisce (dal 1° marzo 2021) al 1° settembre 2021 il termine per l’assunzione nel profilo di collaboratore scolastico di personale delle imprese già impegnate nella pulizia delle scuole, all’esito della seconda procedura selettiva per la stabilizzazione.

 

A tal fine, novella ulteriormente l’art. 58, co. 5-sexies, del D.L. 69/2013 (L. 98/2013).

 

Al riguardo si ricorda che l’art. 2, co. 5, lett. da a) ad e), del D.L. 126/2019 (L. 159/2019), modificando i co. da 5-bis a 5-quater dell’art. 58 del D.L. 69/2013 (L. 98/2013), inseriti dall’art. 1, co. 760, della L. di bilancio 2019 (L. 205/2018), e inserendo nello stesso i co. 5-quinquies e 5-sexies:

- ha differito (dal 1° gennaio) al 1° marzo 2020 il termine a partire dal quale i servizi di pulizia e ausiliari nelle scuole statali sono svolti esclusivamente da personale dipendente appartenente al profilo di collaboratore scolastico (co. 5-bis)[220];

- ha modificato la disciplina – dettata dalla stessa L. di bilancio 2019 – per la stabilizzazione nel profilo di collaboratore scolastico del personale delle imprese di pulizia assunto a tempo indeterminato e impegnato nell’erogazione dei medesimi servizi per almeno 10 anni, anche non continuativi, purché inclusivi di 2018 e 2019. In particolare, ha sostituito alla procedura selettiva per titoli e colloquio una procedura selettiva per soli titoli, prevedendo che i candidati dovevano essere graduati secondo le modalità previste per i concorsi provinciali per titoli a posti di collaboratore scolastico, di cui all’art. 554 del d.lgs. 297/1994, e disponendo che la stessa riguardava l’assunzione di 11.263 collaboratori scolastici. Ha, altresì, disposto che non poteva partecipare alla procedura il personale escluso dall'elettorato politico attivo, coloro che siano stati destituiti o dispensati dall'impiego presso una pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento o dichiarati decaduti per aver conseguito la nomina o l'assunzione mediante la produzione di documenti falsi o viziati da nullità insanabile, nonché i condannati per i reati in materia di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 73, DPR 309/1990), i condannati per uno dei delitti contro la persona per i quali sono previste le pene accessorie (artt. 600-septies.2 e 609-nonies c.p.), e gli interdetti da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado o da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate abitualmente da minori (co. 5-ter)[221];

- ha confermato che le assunzioni all’esito della procedura selettiva erano autorizzate anche a tempo parziale e che i rapporti instaurati a tempo parziale non possono essere trasformati in rapporti a tempo pieno, né può esserne incrementato il numero di ore lavorative, se non in presenza di risorse certe e stabili. Al contempo, ha previsto che, nel limite complessivo di 11.263 unità, i posti eventualmente residuati all’esito della stessa procedura dovevano essere utilizzati per il collocamento – a domanda, e nell’ordine di una apposita graduatoria nazionale formulata sulla base del punteggio già ottenuto nell’ambito della medesima procedura – di soggetti assunti a tempo parziale ovvero risultati in soprannumero nella provincia, in virtù della propria posizione in graduatoria (co. 5-quater)[222];

- ha previsto che, sempre nell’ambito del numero complessivo di 11.263 posti, per l’a.s. 2020/2021 dovevano essere avviate, una tantum, operazioni di mobilità straordinaria, a domanda – disciplinate da apposito accordo sindacale e riservate al personale assunto con la procedura selettiva – sui posti eventualmente ancora residuati all’esito della procedura di chiamata dall’apposita graduatoria nazionale (co. 5-quinquies)[223];

- ha autorizzato il Ministero ad avviare, dopo le operazioni di mobilità straordinaria per l’a.s. 2020/2021, una seconda procedura selettiva per soli titoli (graduando i candidati secondo le modalità previste nel co. 5-ter) per la copertura – a decorrere dal 1° gennaio 2021, poi prorogato al 1° marzo 2021 e ora differito al 1° settembre 2021– dei posti eventualmente residuati. In particolare, ha disposto che può partecipare alla seconda procedura il personale impegnato nell’erogazione dei medesimi servizi di pulizia e ausiliari per almeno 5 anni, anche non continuativi, purché inclusivi del 2018 e del 2019, in qualità di dipendente, non solo a tempo indeterminato (come nel caso della prima procedura selettiva), ma anche a tempo determinato, di imprese titolari di contratti per lo svolgimento dei medesimi servizi. Non possono, invece, partecipare i soggetti esclusi dalla partecipazione alla prima procedura selettiva, nonché i soggetti già inseriti nelle graduatorie della medesima. Infine, ha affidato a un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, per la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze, la definizione dei requisiti per la partecipazione, nonché delle relative modalità di svolgimento e dei termini per la presentazione delle domande

.

In attuazione, è intervenuto il D.I. 13 maggio 2021 n. 156 che ha previsto assunzioni a tempo indeterminato per 1.591 posti, indicandone la ripartizione fra le province.

 

La seconda procedura selettiva è stata dunque indetta con D.D. 951 del 16 giugno 2021 (qui un errata corrige relativo al termine per l’assunzione). In particolare, in base allo stesso D.D., la domanda di partecipazione poteva essere presentata entro il 5 luglio 2021.

 

Nel frattempo, l’art. 1, co. 965, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021), novellando ulteriormente l’art. 58 del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) con l’aggiunta del nuovo comma 5-septies, ha disposto che i posti che, nell’ambito degli 11.263 autorizzati dal co. 5-ter, siano eventualmente rimasti vacanti e disponibili dopo le 4 fasi previste dai commi da 5-ter a 5-sexies (prima procedura selettiva, graduatoria nazionale, mobilità straordinaria, seconda procedura selettiva) sono destinati, a domanda, ai soggetti che partecipano alla seconda procedura selettiva (di cui al co. 5-sexies) che, pur in possesso dei requisiti ivi previsti, non abbiano trovato posto nella relativa provincia. A tal fine, è predisposta un’(ulteriore) apposita graduatoria nazionale, formulata sulla base del punteggio attribuito nella seconda procedura selettiva.

 

Per completezza, si ricorda che l’art. 1, co. 964, della stessa L. 178/2020 ha previsto la trasformazione a tempo pieno, dal 1° gennaio 2021, del contratto di lavoro di 4.485 collaboratori scolastici già assunti a tempo parziale dal 1° marzo 2020 all’esito della prima procedura selettiva, nonché l’assunzione a tempo pieno, dal 1° settembre 2021, sino ad un massimo di 45 unità, di ulteriori collaboratori scolastici che nella medesima procedura selettiva siano risultati in sovrannumero nella provincia in virtù della propria posizione in graduatoria.

Conseguentemente, ha autorizzato il Ministero dell’istruzione a coprire, in aggiunta alle ordinarie facoltà assunzionali, 2.288 posti vacanti e disponibili nell’organico di diritto del personale ATA e non coperti a tempo indeterminato nell’a.s. 2020/2021.

A tal fine, ha autorizzato la spesa di € 56,17 mln nel 2021, € 56,91 mln per ciascuno degli anni dal 2022 al 2028, € 60,76 mln nel 2029, € 61,56 mln nel 2030, ed € 61,62 mln annui a decorrere dal 2031[224].


Articolo 58, comma 2, lettera i)
(
Scuola europea di Brindisi)

 

 

L’articolo 58, comma 2, lettera i) prevede che con decreto del Ministro dell’istruzione si provveda all’unificazione dei due cicli di istruzione presso una sola istituzione scolastica ed a disciplinare l’organizzazione e il funzionamento della Scuola europea di Brindisi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

In particolare la disposizione integra la disciplina introdotta dall’art. 6 del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243[225] riguardante la Scuola europea di Brindisi: da un lato si prevede l’accorpamento del primo e del secondo ciclo di istruzione presso un’unica istituzione scolastica, da effettuarsi con regolamento del Ministro dell’istruzione, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400; dall’altro si dispone che l’organizzazione e il funzionamento della Scuola europea di Brindisi avvenga senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Si ricorda che l’articolo 6 del richiamato decreto-legge n. 243 del 2016 ha autorizzato il Ministero dell’istruzione, dell’Università e della ricerca alla stipula e all’esecuzione di convenzioni con il Segretariato generale delle scuole europee: tale autorizzazione è stata finalizzata a consentire lo svolgimento del previsto curriculum per le scuole europee, dal livello dell’infanzia al conseguimento del baccalaureato europeo per i figli del personale espatriato in servizio presso la base logistica delle Nazioni Unite di Brindisi. A tale fine la medesima disposizione ha autorizzato una spesa di 577.522,36 euro annui, a decorrere dal 2017, per assicurare le risorse necessarie a garantire un’offerta formativa plurilingue presso questa istituzione scolastica.

L’istituto di Brindisi – accanto a quello di Parma (dove ha sede l’EFSA, Autorità Europea per la sicurezza alimentare), e di Varese (che ospita ad Ispra il Centro Comune di Ricerca – è una delle tre scuole aventi sede in Italia accreditate presso il Segretariato generale delle scuole europee, La Scuola è sorta per garantire un’adeguata formazione ed istruzione ai figli del personale della Base Onu di Brindisi, e non solo, che al termine del percorso di studi potranno conseguire il titolo di “baccalaureato europeo”.

La Scuola europea di Brindisi è articolata in due sezioni: la sezione italofona, in cui la lingua madre degli studenti è l’italiano e sezione anglofona, in cui la lingua madre è l’inglese. Attualmente l’Istituto è incardinato in due differenti istituzioni scolastiche; il primo ciclo, dalla materna alla terza classe della scuola secondaria di primo grado, è istituito presso l’Istituto comprensivo “Centro” di Brindisi, il secondo ciclo presso il Liceo scientifico “Fermi-Monticelli”.

 


Articolo 58, comma 2, lettera i-bis)
(
Scuola per l’Europa di Parma)

 

 

La disposizione in commento introduce un comma aggiuntivo alla legge n. 115 del 2009 che ha attribuito alla Scuola per l’Europa di Parma la personalità giuridica di diritto pubblico. All’istituto viene riconosciuta la facoltà di stabilire, a titolo di cofinanziamento, contributi obbligatori necessari al funzionamento delle sezioni linguistiche anglofona, francofona ed italiana, finalizzate al rilascio del titolo di “baccelliere europeo”. Tali rette sono da porre a carico delle famiglie degli alunni i cui genitori non siano dipendenti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) né di società convenzionate con l’EFSA stessa.

 

La disposizione integra la disciplina introdotta dalla legge 3 agosto 2009, n. 115, recante il riconoscimento della personalità giuridica di diritto pubblico alla Scuola per l’Europa di Parma: un comma aggiuntivo all’art. 1, il comma 3-bis, riconosce all’istituto la facoltà di stabilire in modo autonomo ed a titolo di cofinanziamento, contributi obbligatori o rette necessari al funzionamento delle sezioni anglofona, francofona ed italiana della scuola materna, elementare e secondaria, secondo programmi e strutture conformi al sistema delle “scuole europee”, in funzione del conseguimento, al termine della settima classe, del titolo finale di “baccelliere europeo”.
Tali rette sono da porre a carico delle famiglie degli alunni i cui genitori non siano dipendenti dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) né di società convenzionate con l’EFSA stessa. L’importo dei contributi non può eccedere i 2.000 euro annui per alunno, fatte salve le riduzioni spettanti alle famiglie in base alle disposizioni vigenti.
La Scuola per l’Europa di Parma è un istituto scolastico ad ordinamento speciale, associato al sistema delle Scuole Europee di cui adotta gli ordinamenti, i programmi, il modello didattico ed il modello amministrativo. Opera dal 2004, e, come accennato, con la legge la legge n. 115/2009 le è stata riconosciuta la personalità giuridica di diritto pubblico ed autonomia amministrativa, finanziaria e patrimoniale. Il decreto del Ministro dell’istruzione del 18 giugno 2010, n.138, recante regolamento amministrativo della Scuola per l’Europa di Parma, disciplina le procedure amministrative ed il funzionamento degli organi. La Scuola è posta sotto la vigilanza del Ministero dell’Istruzione. 
La Scuola è attualmente frequentata da circa 600 alunni suddivisi in tre sezioni linguistiche (anglofona, francofona e italiana).
Per l’organizzazione delle scuole europee si rinvia alla scheda sub art. 58, comma 2, lett. i). Si aggiunge in questa sede che il baccellierato (o baccalaureato) europeo viene conseguito, presso una delle scuole europee, al termine del settimo anno del ciclo secondario I dettagli delle prove d'esame da sostenere per ottenere tale diploma sono scritti nell’allegato dello “Statuto delle scuole europee”, oggetto di una convenzione internazionale sottoscritta, anche dall’Italia, a Lussemburgo il 21 giugno 1994, ratificata dal nostro Paesi ai sensi della legge 6 marzo 1996, n. 151.

 

 


Articolo 58, commi da 3 a 4-quinquies, da 4-septies a 5-bis e 6
(Risorse per l’avvio e lo svolgimento dell’anno scolastico 2021/2022)

 

 

L’articolo 58, commi da 3 a 4-quinquies, da 4-septies a 5-bis, nel testo come modificato durante l’esame alla Camera, stanzia nuove risorse volte a contenere il rischio epidemiologico nell'anno scolastico 2021/2022, ovvero garantirne l’ordinato avvio.

In particolare, il comma 3, oltre a consentire agli enti locali di utilizzare fino al 31 dicembre 2021 le risorse del Fondo per l’emergenza epidemiologica da COVID-19 già assegnate per l’a.s. 2020/2021 per l’acquisizione di ulteriori spazi da destinare all’attività didattica, incrementa le stesse di € 70 mln per il 2021.

Il comma 4 istituisce il (nuovo) Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 per l’anno scolastico 2021/2022, con una dotazione di € 350 mln nel 2021, da destinare a spese per l’acquisto di beni e servizi da parte delle scuole statali. La specifica destinazione delle risorse è definita dal comma 4-bis, introdotto durante l’esame alla Camera.

Per finalità analoghe, il comma 5, modificato durante l’esame alla Camera, autorizza un contributo complessivo di € 60 mln nel 2021 a favore delle scuole paritarie, di cui € 10 mln a favore delle scuole dell’infanzia, indicando i presupposti per fruirne. A sua volta, il comma 5-bis, introdotto durante l’esame alla Camera, disciplina le conseguenze della mancata osservanza degli obblighi previsti.

I commi da 4-ter a 4-quinquies, introdotti durante l’esame alla Camera, riguardano l’attivazione di ulteriori incarichi temporanei di personale docente e ATA fino al 30 dicembre 2021, nei limiti delle risorse già previste per l’a.s. 2020/2021 che risultano non spese.

Il comma 4-septies, introdotto durante l’esame alla Camera, istituisce un fondo, con uno stanziamento di € 6 mln per il 2021, le cui risorse sono destinate alle scuole che necessitano di completare l’acquisizione degli arredi scolastici.

Il comma 6 reca le modalità di copertura degli oneri derivanti dai commi 3, 4 e 5.

 

Preliminarmente, si ricorda che l’art. 235 del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione il "Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19"[226], con uno stanziamento di € 377,6 mln nel 2020 e di € 600 mln nel 2021, da ripartire con decreto del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, con l’unico vincolo della destinazione delle risorse a misure di contenimento del rischio epidemiologico da realizzare presso le istituzioni scolastiche statali in relazione all’avvio dell’a.s. 2020/2021 e nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica.

Le risorse del Fondo sono state destinate, in base all’art. 231-bis dello stesso D.L., introdotto durante l’esame parlamentare, a misure volte a derogare al numero minimo e massimo di alunni per classe, e ad attivare ulteriori incarichi temporanei di personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) a tempo determinato dalla data di inizio delle lezioni e fino al termine delle stesse[227]. Al riguardo, a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 32, co.6-quater, del D.L. 104/2020 (L. 126/2020), è stato previsto che, in caso di sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell'emergenza epidemiologica, tale personale assicurava le prestazioni con le modalità del lavoro agile[228].

Infine, l’art. 231-bis, co. 3, del D.L. 34/2020 ha previsto che il Ministero dell'istruzione doveva provvedere, entro il 31 maggio 2021, al monitoraggio delle spese per il personale docente e ATA, comunicando le relative risultanze al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, entro il mese successivo, Ha, altresì disposto che le eventuali economie sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e sono destinate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.

 

Successivamente, l’art. 32 del D.L. 104/2020 (L. 126/2020) ha incrementato le risorse del Fondo di € 400 mln nel 2020 e di € 600 mln nel 2021.

In particolare, di tali risorse aggiuntive, € 32 mln nel 2020 ed € 48 mln nel 2021 sono stati destinati:

a) al trasferimento di risorse agli enti locali competenti in materia di edilizia scolastica, ai fini dell'acquisizione - in affitto o con le altre modalità previste dalla legislazione vigente, inclusi l'acquisto, il leasing o il noleggio di strutture temporanee - di ulteriori spazi da destinare all'attività didattica nell'a.s. 2020/2021, nonché delle spese derivanti dalla conduzione di tali spazi e dal loro adattamento alle esigenze didattiche (co. 2, lett. a);

b) alla assegnazione di risorse agli uffici scolastici regionali per il sostegno finanziario ai patti di comunità, al fine di ampliare la permanenza a scuola degli allievi (co. 2, lett. b).

L’altra parte dell'incremento, pari ad € 368 mln nel 2020 e ad € 552 mln nel 2021, è stata destinata: al potenziamento delle misure previste dall’art. 231-bis del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), consentendo la sostituzione del personale così assunto dal primo giorno di assenza[229]; all'autorizzazione allo svolgimento di prestazioni di lavoro straordinario nei mesi di agosto e settembre 2020 da parte del personale degli ambiti territoriali del Ministero dell'istruzione impegnato nelle operazioni di avvio dell'a.s. 2020/2021 e all'incremento del Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa (art. 40 del CCNL comparto istruzione e ricerca del 19 aprile 2018), anche per remunerare lo svolgimento di prestazioni aggiuntive rese dal personale delle istituzioni scolastiche.

Con D.I. 28 agosto 2020, n. 109 è stato stabilito che:

- le risorse destinate all’acquisizione di ulteriori spazi da destinare all’attività didattica nell’a.s. 2020/2021, nonché delle spese derivanti dalla conduzione di tali spazi e dal loro adattamento alle esigenze didattiche, erano € 70 mln, di cui € 29 mln nel 2020 ed € 41 mln nel 2021, e che le stesse erano assegnate prioritariamente agli affitti e alle spese di conduzione e di adeguamento degli spazi locati alle esigenze didattiche, a seguito di verifica con gli Uffici scolastici regionali e previa rilevazione degli effettivi fabbisogni con avviso pubblico;

- € 363 mln nel 2020 e € 552 mln nel 2021 erano destinati al potenziamento delle misure previste dall’art. 231-bis del D.L. 34/2020 (L. 77/2020)[230].

 

In tale quadro, il comma 3 consente, innanzitutto, l’utilizzo fino al 31 dicembre 2021 delle risorse (evidentemente, residuate) del Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 già assegnate e destinate all'acquisizione di ulteriori spazi da destinare all'attività didattica nell’a.s. 2020-2021, nonché alle spese derivanti dalla conduzione di tali spazi e dal loro adattamento alle esigenze didattiche.

Inoltre, per le medesime finalità, autorizza la spesa di ulteriori € 70 mln per il 2021, da trasferire agli enti locali beneficiari e da rendicontare entro il 31 dicembre 2021.

A tali fini, novella l’art. 32, co. 2, lett. a), del D.L. 104/2020 (L. 126/2020).

 

Il comma 4 istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione il (nuovo) Fondo per l'emergenza epidemiologica da COVID-19 per l’anno scolastico 2021/2022, da destinare a spese per l’acquisto di beni e servizi da parte delle scuole statali.

Le risorse del Fondo – pari a € 350 mln per il 2021 – devono essere ripartite con le stesse modalità previste dall’art. 235 del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), ossia con decreto del Ministro dell'istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con l'unico vincolo (al riguardo, si veda, però, quanto dispone il co. 4-bis) della destinazione a misure di contenimento del rischio epidemiologico da realizzare presso le istituzioni scolastiche statali e nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica.

 

Si valuti l’opportunità di incrementare le risorse del Fondo già costituito, piuttosto che prevedere la costituzione di un nuovo, omonimo, Fondo.

 

Il comma 4-bis, introdotto durante l’esame alla Camera, specifica le finalità alle quali possono essere destinate le risorse.

Si tratta delle medesime, identiche, finalità per le quali l’art. 231 del medesimo D.L. 34/2020 (L. 77/2020) aveva previsto un incremento di € 331 mln per il 2020 del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche[231].

In particolare, le risorse possono essere destinate ad:

 

a) acquisto di servizi professionali, di formazione e di assistenza tecnica per la sicurezza sui luoghi di lavoro, per la didattica a distanza e per l’assistenza medico-sanitaria e psicologica, di servizi di lavanderia, di rimozione e smaltimento di rifiuti.

Al riguardo, si ricorda che nel Protocollo di intesa fra il Ministero dell’istruzione e le organizzazioni sindacali per garantire l’avvio dell’a.s. 2020/2021 in condizioni di sicurezza, adottato con D.D. 87 del 6 agosto 2020, era stato fatto presente che, sulla base di una Convenzione tra il Ministero dell’istruzione e il Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi, doveva essere promosso un sostegno psicologico per fronteggiare situazioni di insicurezza, stress, ansia dovuta ad eccessiva responsabilità, timore di contagio, rientro al lavoro in “presenza”, difficoltà di concentrazione, situazione di isolamento vissuta. A tale scopo si suggeriva, fra l’altro, il ricorso a sportelli di ascolto e si evidenziava che il supporto psicologico doveva essere coordinato dagli Uffici scolastici regionali e dagli Ordini degli psicologi regionali e poteva essere fornito, anche mediante accordi e collaborazioni tra istituzioni scolastiche, attraverso specifici colloqui con professionisti abilitati alla professione psicologica e psicoterapeutica, effettuati in presenza o a distanza, comunque senza alcun intervento di tipo clinico.
E’, dunque, intervenuto il
protocollo di intesa siglato il 16 ottobre 2020. Qui il successivo accordo integrativo del protocollo.

Inoltre, nel medesimo Protocollo era stato fatto presente che il Ministero dell’istruzione doveva attivare una collaborazione istituzionale con il Ministero della salute, il Commissario straordinario e l’Autorità garante per la protezione dei dati personali per dare l’opportunità di svolgere test diagnostici per tutto il personale delle scuole statali e paritarie, incluso il personale supplente, in concomitanza con l’inizio delle attività didattiche e nel corso dell’anno, nonché di effettuare test a campione per la popolazione studentesca con cadenza periodica. Infine, era stata prevista l’individuazione, in tutte le scuole, del medico competente per effettuare la sorveglianza sanitaria, nonché la sorveglianza sanitaria eccezionale per i cosiddetti lavoratori fragili. Al riguardo, si ricordava che già il Verbale della riunione del Comitato tecnico scientifico del 22 giugno 2020 aveva rappresentato l‘opportunità di prevedere, nell’ambito dei Dipartimenti di prevenzione territoriali, un referente per l’ambito scolastico che potesse raccordarsi con i dirigenti scolastici al fine di un efficace contact tracing e di una risposta immediata in caso di criticità;

 

b) acquisto di dispositivi di protezione e di materiali per l’igiene individuale e degli ambienti, nonché di ogni altro materiale, anche di consumo, in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Al riguardo, si ricorda che l’art. 8, co. 8, del D.L. 76/2020 (L. 120/2020) ha disposto che, fino alla scadenza dello stato di emergenza epidemiologica, il Commissario straordinario per l'emergenza da COVID-19 procede all'acquisizione e distribuzione delle apparecchiature e dei dispositivi di protezione individuale, nonché di ogni necessario bene strumentale, compresi gli arredi scolastici, utile a garantire l'ordinato avvio dell'a.s. 2020-2021, nonché a contenere e contrastare l'eventuale emergenza nelle istituzioni scolastiche statali. Qui i dati sulla distribuzione di mascherine e gel;

 

c) interventi in favore della didattica degli studenti con disabilità, disturbi specifici di apprendimento (DSA) ed altri bisogni educativi speciali (BES);

d) interventi utili a potenziare la didattica anche a distanza e a dotare le scuole e gli studenti degli strumenti necessari per la fruizione di modalità didattiche compatibili con la situazione emergenziale (al riguardo, si veda anche quanto dispone l’art. 58, co. 5-ter), nonché a favorire l’inclusione scolastica e ad adottare misure che contrastino la dispersione;

 

e) acquisto e utilizzo di strumenti editoriali e didattici innovativi;

 

f) adattamento degli spazi interni ed esterni e delle loro dotazioni allo svolgimento dell’attività didattica in condizioni di sicurezza, inclusi interventi di piccola manutenzione, di pulizia straordinaria e sanificazione, nonché interventi di realizzazione, adeguamento e manutenzione dei laboratori didattici, delle palestre, di ambienti didattici innovativi, di sistemi di sorveglianza e dell’infrastruttura informatica.

 

Al riguardo, si ricorda che, per il perseguimento di finalità in parte analoghe, l’art. 31, co. 1-3, del D.L. 41/2021 (L. 69/2021) ha incrementato il Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche di € 150 mln per il 2021.

In particolare, l’incremento è stato destinato a:

- dispositivi di protezione e materiali per l’igiene individuale, degli ambienti e dell’aria, ovvero di altri materiali, anche di consumo, il cui impiego sia riconducibile all’emergenza sanitaria da COVID-19;

- servizi professionali per il supporto e l’assistenza psicologica e pedagogica a studenti e personale scolastico, in relazione alla prevenzione e al trattamento dei disagi correlati alla medesima emergenza;

- servizi medico-sanitari volti a supportare le istituzioni scolastiche ed educative statali nella gestione dell’emergenza epidemiologica, nelle attività inerenti alla somministrazione facoltativa di test diagnostici alla popolazione scolastica e all’espletamento delle attività di tracciamento dei contatti, anche allo scopo di assicurare un tempestivo raccordo con i Dipartimenti di prevenzione delle ASL;

- dispositivi e materiali per il potenziamento delle attività di inclusione degli studenti con disabilità, DSA, altri BES.

 

A sua volta, il comma 5, modificato durante l’esame alla Camera, dispone che, sempre al fine di contenere il rischio epidemiologico in relazione all'avvio dell'a.s. 2021/2022, alle scuole paritarie dell’infanzia, primarie e secondarie è erogato un contributo complessivo di € 60 mln nel 2021, di cui € 10 mln a favore delle scuole dell’infanzia.

Il contributo deve essere ripartito con decreto del Ministro dell’istruzione tra gli Uffici scolastici regionali in proporzione al numero degli alunni iscritti nelle medesime istituzioni scolastiche paritarie.

Gli Uffici scolastici regionali provvedono al successivo riparto in favore delle istituzioni scolastiche paritarie dell’infanzia, primarie e secondarie in proporzione al numero di alunni iscritti nell’a.s. 2020/2021.

 

In base allo stesso comma 5, le risorse sono erogate a condizione che, entro un mese dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, le istituzioni scolastiche paritarie pubblichino nel proprio sito:

- l’organizzazione interna, con particolare riferimento all’articolazione degli uffici e all’organigramma;

- le informazioni relative ai titolari di incarichi di collaborazione o consulenza, compresi gli estremi dell’atto di conferimento dell’incarico, il curriculum vitae e il compenso erogato;

- il conto annuale del personale e delle relative spese sostenute, con particolare riferimento ai dati relativi alla dotazione organica e al personale effettivamente in servizio e al relativo costo, nonché i tassi di assenza;

- i dati relativi al personale in servizio con contratto di lavoro non a tempo indeterminato;

- i documenti e gli allegati del bilancio preventivo e del conto consuntivo;

- le informazioni relative ai beni immobili e gli atti di gestione del patrimonio.

Si tratta di obblighi di pubblicazione attualmente previsti per le pubbliche amministrazioni dal d.lgs. 33/2013 (in particolare, si vedano gli artt. 13, 15, 16, 17, 29 e 30).

 

A sua volta, il comma 5-bis, introdotto durante l’esame alla Camera, dispone che la mancata osservanza degli obblighi di pubblicazione comporta la revoca dell’erogazione del contributo.

 

Si valuti l’opportunità di approfondire il coordinamento fra la previsione, recata dal comma 5, in base alla quale il rispetto degli obblighi di pubblicazione ivi previsti, nei termini indicati, rappresenta una condizione per l’erogazione delle risorse e la previsione, recata dal comma 5-bis, in base alla quale il mancato rispetto degli stessi obblighi comporta la revoca dell’erogazione del contributo.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 233, co. 3 e 4, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha autorizzato la spesa di € 165 mln per il 2020 a favore dei soggetti che gestiscono in via continuativa i servizi educativi per l’infanzia[232] e delle scuole per l'infanzia non statali, e una spesa complessiva di € 120 mln per le scuole primarie e secondarie paritarie, quale sostegno economico a fronte della riduzione o del mancato versamento delle rette o delle compartecipazioni da parte dei fruitori, determinato dalla sospensione dei servizi in presenza[233].

 

I commi da 4-ter a 4-quinquies, introdotti durante l’esame alla Camera, riguardano l’attivazione di ulteriori incarichi temporanei di personale docente e ATA fino al 30 dicembre 2021, nei limiti delle risorse previste allo stesso scopo per l’a.s. 2020/2021 che risultino non spese.

In particolare, il comma 4-ter prevede che entro il 31 luglio 2021 il Ministero dell’istruzione provvede al monitoraggio delle spese di cui all’art. 231-bis, co. 2, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) relative all’attivazione di incarichi temporanei di personale docente e ATA, e comunica le relative risultanze al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. La quota parte delle risorse che, in base al monitoraggio, non risulta spesa è destinata all’attivazione di ulteriori incarichi temporanei per l’avvio dell’a.s. 2021/2022.

Nei limiti di tali risorse, con ordinanza del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono adottate, anche in deroga alle disposizioni vigenti, misure volte ad autorizzare i dirigenti degli Uffici scolastici regionali ad:

a)   attivare ulteriori incarichi temporanei di personale docente a tempo determinato dalla data di presa di servizio fino al 30 dicembre 2021, finalizzati al recupero degli apprendimenti e da impiegare in base alle esigenze delle istituzioni scolastiche, nell’ambito della loro autonomia. Come già per l’a.s. 2020/2021, in caso di sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica, tale personale assicura le prestazioni con le modalità del lavoro agile;

b)  attivare ulteriori incarichi temporanei di personale ATA a tempo determinato dalla data di presa di servizio fino al 30 dicembre 2021, per finalità connesse all’emergenza epidemiologica. In tal caso, a differenza di quanto disposto per l’a.s. 2020/2021, non si prevede che, in caso di sospensione delle attività didattiche in presenza a seguito dell’emergenza epidemiologica, tale personale assicura le prestazioni con le modalità del lavoro agile.

 

Conseguentemente, il comma 4-quinquies abroga il comma 3 dell’art. 231-bis del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) che, come si è visto ante, ha previsto il monitoraggio entro il 31 maggio 2021, disponendo che le eventuali economie sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e sono destinate al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.

 

Il comma 4-quater dispone che le risorse sono ripartite fra gli Uffici scolastici regionali con decreto del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

 

Il comma 4-septies, introdotto durante l’esame alla Camera, istituisce nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione un fondo con uno stanziamento di € 6 mln per il 2021, le cui risorse sono destinate alle istituzioni scolastiche che necessitano di completare l’acquisizione degli arredi scolastici.

Alla copertura dei relativi oneri si provvede, in base allo stesso co. 4-septies, mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (di cui all’art. 1, co. 200, della L. 190/2014).

 

Il comma 6 dispone, invece, che agli oneri derivanti dall’attribuzione al medesimo Fondo per l’emergenza epidemiologica da COVID-19 istituito dall’art. 235 del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) di ulteriori risorse per il 2021, nonché dall’istituzione del nuovo Fondo per l’emergenza epidemiologica da COVID-19 per l’a.s. 2021/2022, e dall’attribuzione di risorse alle scuole paritarie, (co. 3, lett. b), 4 e 5), si provvede ai sensi dell'articolo 77.


Articolo 58, commi 5-ter e 5-quater
(Dispositivi digitali per fruire della didattica digitale integrata)

 

 

L’articolo 58, comma 5-ter e 5-quater, introdotti durante l’esame alla Camera, prevedono l’erogazione alle scuole di contributi per la concessione in comodato d’uso gratuito agli studenti appartenenti a nuclei familiari a basso reddito di dispositivi digitali dotati di connettività, al fine, fra l’altro, di favorire la fruizione della didattica digitale integrata.

 

A tal fine, si sostituiscono i co. 623 e 624 e si sopprime il co. 625 dell’art. 1 della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021).

 

L’art. 1 della L. 178/2020, al fine di ridurre il fenomeno del divario digitale e favorire la fruizione della didattica a distanza, ha previsto la concessione a famiglie con un reddito ISEE non superiore a € 20.000 annui, in cui almeno un componente sia iscritto ad un ciclo di istruzione scolastica o universitaria, non titolari di un contratto di connessione internet e di un contratto di telefonia mobile e che si dotino del sistema pubblico di identità digitale (SPID), di un dispositivo mobile in comodato gratuito dotato di connettività per un anno o di un bonus di valore equivalente da utilizzare per le stesse finalità (co. 623).

Il beneficio può essere concesso ad un solo soggetto per nucleo familiare e nel limite complessivo di spesa massima di € 20 mln per il 2021. A tal fine, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un apposito fondo, con una dotazione di € 20 mln per il 2021, da trasferire successivamente al bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per la trasformazione digitale (co. 624).

Le modalità di accesso al beneficio dovevano essere definite, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, con decreto del Presidente del Consiglio o con decreto del Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione (co. 625).

Il decreto non risulta intervenuto.

 

In particolare, il comma 5-ter dispone che, al fine di ridurre il fenomeno del divario digitale e favorire la fruizione della didattica digitale integrata, le istituzioni scolastiche possono richiedere contributi per la concessione in comodato d’uso gratuito agli studenti appartenenti a nuclei familiare con ISEE non superiore a € 20.000 annui, di dispositivi digitali dotati di connettività.

Il beneficio è concesso nel limite complessivo massimo di spesa di € 20 mln per il 2021.

A tal fine, lo stesso comma 5-ter prevede l’incremento di € 20 mln per il 2021 “del fondo” – rectius: dell’autorizzazione di spesa” - di cui all’art. 1, co. 62, della L. 107/2015.

 

Conseguentemente, il comma 5-quater dispone che la Presidenza del Consiglio dei ministri versa all’entrata del bilancio dello Stato le risorse ad essa già trasferite in attuazione dell’art. 1, co. 624, della L. 178/2020, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 1, co. 62, della L. 107/2015 ha autorizzato, a decorrere dal 2016, la spesa di € 30 mln annui per l’attuazione del Piano nazionale scuola digitale e per la didattica laboratoriale.

A seguito dell’emergenza da COVID-19, le risorse sono state ripetutamente incrementate, anche al fine di dotare gli studenti meno abbienti di dispositivi digitali.

In particolare:

- l’art. 120, co. 1-3, 5-5-bis, 6 e 7, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) ha incrementato le risorse di € 85 mln per il 2020, destinandole: per € 10 mln, a consentire alle scuole statali di dotarsi di piattaforme e di strumenti digitali utili per l’apprendimento a distanza, o di potenziare quelli già in dotazione; per € 70 mln, a mettere a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d’uso, dispositivi digitali individuali per la fruizione delle medesime piattaforme, nonché alla necessaria connettività di rete; per € 5 mln a formare il personale scolastico sulle metodologie e le tecniche per la didattica a distanza. Le scuole potevano comunque utilizzare le risorse loro assegnate per le piattaforme e gli strumenti digitali, qualora superiori alle necessità riscontrate, anche per le altre due finalità[234];

- l’art. 2, co. 3-bis, del D.L. 22/2020 (L. 41/2020) ha incrementato le risorse di € 2 mln per il 2020;

- l’art. 21, co. 1-6, 6-quinquies e 7-bis del D.L. 137/2020 (L. 176/2020) ha incrementato le risorse di € 85 mln per il 2020, nonché di € 2 mln per il 2021 specificamente destinati alla regione Val D’Aosta e alle province autonome di Trento e di Bolzano, per l’acquisto di dispositivi e strumenti digitali individuali per la fruizione delle attività di didattica digitale integrata, da concedere in comodato d'uso agli studenti meno abbienti, nonché per l'utilizzo delle piattaforme digitali per l'apprendimento a distanza e per la necessaria connettività di rete[235].

- l’art 1, co. 512, della L. di bilancio 2021 (L. 178/2020) ha incrementato le risorse di € 8,1 mln annui, dal 2021, al fine di potenziare le azioni per l’innovazione didattica e digitale nelle scuole attraverso il coinvolgimento degli animatori digitali in ciascuna istituzione scolastica;

- l’art. 32 del D.L. 41/2021 (L. 69/2021) ha incrementato le risorse di € 35 mln per il 2021 per consentire il completamento del programma di sostegno alla fruizione delle attività di didattica digitale integrata nelle regioni del Mezzogiorno. In particolare, le risorse sono destinate all'acquisto di dispositivi e strumenti digitali individuali, anche al fine di assicurare una connettività di dati illimitata, da concedere in comodato d'uso agli studenti meno abbienti, nonché per l'utilizzo delle piattaforme digitali per l'apprendimento a distanza. Sono altresì destinate alle istituzioni scolastiche per l'acquisto di dispositivi e strumenti per lo sviluppo di ambienti funzionali alla didattica digitale integrata, nonché per assicurare una connettività di dati illimitata.

Le risorse devono essere ripartite tra le istituzioni scolastiche delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia con decreto del Ministro dell'istruzione, di concerto con il Ministro per il sud e la coesione territoriale e il Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, tenuto conto del fabbisogno rispetto al numero di studenti di ciascuna e del contesto socioeconomico delle famiglie.


Articolo 58-bis
(Misure per l'edilizia scolastica nelle aree interessate dagli eventi sismici del 2016 e del 2017)

 

 

L'articolo 58-bis, inserito nel corso dell'esame in prima lettura, destina al Fondo unico per l'edilizia scolastica l'incremento di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 in precedenza disposto a favore del Fondo per l'accelerazione delle attività di ricostruzione a seguito degli eventi sismici del 2016 e 2017 (istituito dall'art. 41, comma 2, del decreto-legge n. 50 del 2017, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 96 del 2017).

 

L'articolo in esame novella l'art. 32, comma 7-bis, del decreto-legge n. 104 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 126 del 2020, il quale - al fine di garantire il regolare svolgimento delle attività didattiche e il diritto allo studio degli studenti delle aree interessate dagli eventi sismici del 2016 e del 2017 - aveva disposto l'incremento di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 del Fondo istituito dall'art. 41, comma 2, del decreto-legge n. 50 del 2017,  destinando tali risorse all'attuazione di interventi di messa in sicurezza, di adeguamento sismico e di ricostruzione di edifici scolastici ricadenti nelle zone sismiche 1 e 2 delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessate dagli eventi sismici del 2016 e del 2017.

Il suddetto incremento viene ora fatto confluire nel Fondo unico per l'edilizia scolastica di cui all'art. 11, comma 4-sexies, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012.

Tali risorse saranno ripartite con decreto del Ministro dell'istruzione, ai sensi dell'art. 32, comma 7-bis, secondo periodo (rimasto inalterato).

 

Si ricorda che il Fondo unico per l'edilizia scolastica è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a decorrere dall'esercizio finanziario 2013, con l'obiettivo di farvi confluire tutte le risorse iscritte nel bilancio dello Stato comunque destinate a finanziare interventi di edilizia scolastica (art. 11, comma 4-sexies, del decreto-legge n. 179 del 2012).

Successivi incrementi del Fondo sono stati disposti: dall'art. 232, comma 8, del decreto-legge n. 34 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2020; dall'art. 1, comma 811, della legge n. 178 del 2020; dall'art. 77, commi 4 del decreto-legge in esame (peraltro a fronte di una decurtazione del medesimo Fondo ai sensi del comma 10, lett. d), del medesimo articolo).

 


Articolo 59
(Misure straordinarie per la copertura dei posti vacanti e disponibili di personale docente per l’a.s. 2021/2022 e per la semplificazione delle procedure concorsuali per l’immissione in ruolo dello stesso personale)

 

 

L’articolo 59, modificato durante l’esame alla Camera, reca disposizioni specifiche per la per la copertura dei posti, comuni e di sostegno, di personale docente nelle scuole di ogni ordine e grado, per l’anno scolastico 2021/2022, e per la semplificazione delle procedure concorsuali per l’immissione in ruolo del medesimo personale, a cominciare da quelle relative alle classi di concorso delle materie scientifiche e tecnologiche.

In particolare, i commi da 1 a 9 recano una disciplina speciale per la copertura di posti vacanti e disponibili per l’a.s. 2021/2022 per tutte le classi di concorso, che riguarda le immissioni in ruolo attraverso l’incremento della quota proveniente dalle graduatorie dei concorsi straordinari banditi nel 2018 e l’integrazione – questa, valida a regime – delle graduatorie del concorso straordinario bandito nel 2020 con tutti i candidati risultati idonei. Si prevede altresì l’attribuzione, in via straordinaria, di contratti a tempo determinato, su posti comuni e di sostegno, che, all’esito di un percorso valutato positivamente, possono trasformarsi in immissioni in ruolo. I contratti a tempo determinato sono stipulati con soggetti inseriti nella prima fascia delle graduatorie provinciali per le supplenze o negli appositi elenchi aggiuntivi, nonché, per i posti comuni, in possesso di 3 anni di servizio nelle scuole statali negli ultimi 10.

Da ultimo, per la copertura, ma a decorrere dal 1° settembre 2022, dei posti vacanti e disponibili per l’a.s. 2021/2022 eventualmente residuati, il comma 9-bis prevede una procedura concorsuale straordinaria per titoli e prova disciplinare, destinata ai docenti in possesso di 3 anni di servizio nelle scuole statali negli ultimi 5.

I commi da 10 a 13 introducono disposizioni – anche queste, valide a regime – volte a semplificare le modalità di svolgimento dei concorsi ordinari per il personale docente, su posti comuni e di sostegno, nelle scuole di ogni ordine e grado. Tali modalità semplificate si applicano anche ai concorsi ordinari banditi nel 2020 (le cui prove non sono state avviate).

Per i concorsi ancora da avviare, il comma 10-bis prevede una riserva di posti pari al 30% per ciascuna regione, classe di concorso e tipologia di posto, in favore di coloro che sono in possesso di 3 anni di servizio nelle scuole statali, negli ultimi 10.

I commi da 14 a 19 stabiliscono l’applicazione di modalità specifiche e particolarmente accelerate per lo svolgimento dei concorsi ordinari banditi nel 2020, limitatamente alle classi di concorso delle materie scientifiche e tecnologiche, al fine di utilizzarne le graduatorie già per le immissioni in ruolo dell’a.s. 2021/2022.

Il comma 20 prevede la definizione di appositi protocolli per lo svolgimento in sicurezza dei concorsi per il personale scolastico fino a dicembre 2022.

Infine, il comma 21 semplifica le modalità per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria all’esito delle procedure straordinarie per l’immissione in ruolo e per l’abilitazione bandite nel 2020.

 

 

L’art. 399, co. 1, del d.lgs. 297/1994 dispone che l’accesso ai ruoli del personale docente ha luogo, per tutti gli ordini e gradi di scuola, per il 50% dei posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50%, attingendo alle graduatorie (ora) ad esaurimento (GAE).

 

Su tale base, per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, la vigente disciplina per la copertura dei posti, sia comuni che di sostegno, è recata dall’art. 4, co. 1-ter, 1-quater, 1-decies e 1-undecies del D.L. 87/2018 (L. 96/2018).

In particolare – fermo restando che, annualmente, per il 50% dei posti vacanti e disponibili si provvede attingendo, fino al loro esaurimento, alle GAE –, è stato disposto che, per il restante 50% (o oltre, nel caso di esaurimento delle GAE), si procede, anzitutto, mediante scorrimento delle graduatorie di merito dei concorsi banditi nel 2016 (ai sensi dell’art. 1, co. 114, della L. 107/2015[236]), con riferimento a coloro che hanno raggiunto il punteggio minimo previsto dal bando (c.d. idonei), sino al termine di validità delle graduatorie medesime[237], fermo restando il diritto all’immissione in ruolo per i vincitori del concorso.

Alla copertura dei posti non coperti con il ricorso alle graduatorie dei concorsi del 2016 si provvede:

a) per metà dei posti, mediante ricorso alle graduatorie del concorso straordinario bandito nel 2018 (ai sensi dello stesso art. 4, co. 1-quinquies-1-novies, del D.L. 87/2018), fino a integrale scorrimento delle stesse[238];

b) per l’altra metà dei posti, mediante ricorso alle graduatorie di concorsi ordinari per titoli ed esami banditi con cadenza biennale[239].

All’esaurirsi di ciascuna graduatoria regionale del concorso straordinario, i posti rimasti vacanti sono comunque coperti con l’utilizzo delle graduatorie dei concorsi ordinari.

 

Per la copertura dei posti, sia comuni che di sostegno, nella scuola secondaria di primo e di secondo grado la vigente disciplina è recata, anzitutto, dall’art. 17, co. 1 e 2, del d.lgs. 59/2017, come modificato dall'art. 1, co. 792, lett. o), n. 1), della L. 145/2018.

In particolare, fermo restando che, annualmente, per il 50% dei posti vacanti e disponibili si provvede attingendo, fino al loro esaurimento, alle GAE, è stato disposto che, per il restante 50% (o oltre, nel caso di esaurimento delle GAE) si procede mediante scorrimento delle graduatorie di merito delle seguenti procedure concorsuali:

a) concorsi banditi nel 2016 (ai sensi dell'art. 1, co. 114, della L. 107/2015), negli stessi termini ante indicati[240];

b) concorso straordinario bandito nel 2018, in ciascuna regione, ai sensi del co. 3 dello stesso art. 17 del d.lgs. 59/2017[241], al quale, al netto dei posti utilizzati per la procedura del 2016, è destinato il 100% (del 50%) dei posti per gli a.s. 2018/2019 e 2019/2020, l'80% per gli a.s. 2020/2021 e 2021/2022, il 60% per gli a.s. 2022/2023 e 2023/2024, il 40% per gli a.s. 2024/2025 e 2025/2026, il 30% per gli a.s. 2026/2027 e 2027/2028 e il 20% per i bienni successivi, sino a integrale scorrimento di ciascuna graduatoria di merito regionale;

c) concorsi ordinari, da bandire ogni biennio (al riguardo, v. ante), ai quali sono destinati i posti non utilizzati per quelli di cui alle lettere a) e b).

Successivamente, l’art. 1, co. 4, del D.L. 126/2019 (L. 159/2019) ha disposto che annualmente, completata l'immissione in ruolo dei candidati iscritti nelle GAE e nelle graduatorie di merito dei concorsi banditi nel 2016 e nel 2018, per le rispettive quote, e disposta la confluenza dell'eventuale quota residua delle GAE nella quota destinata ai concorsi, la quota parte delle facoltà assunzionali destinata alle GAE, non coperta con le stesse, è destinata per il 50% (e fino a concorrenza di 24.000 posti, poi incrementati a 32.000: v. infra) alle graduatorie della procedura straordinaria (prevista dallo stesso art. 1, co. 1-16, e 19: v. infra) e per il 50% a quelle del concorso ordinario da bandire contestualmente alla procedura straordinaria (v. infra). L'eventuale posto dispari è destinato alle graduatorie del medesimo concorso ordinario.

 

 

 

Disposizioni generali per la tempestiva copertura dei posti comuni e di sostegno di personale docente vacanti e disponibili per l’a.s. 2021/2022

 

I commi da 1 a 9-bis recano una disciplina speciale per la copertura dei posti di personale docente vacanti e disponibili per l’a.s. 2021/2022, che si applica a tutte le classi di concorso.

 

In argomento, appare utile ricordare, preliminarmente, che, come risulta dallo schema di decreto interministeriale relativo alla consistenza organica del personale docente per l’a.s. 2021/2022, inviato dal Ministero dell’istruzione agli Uffici scolastici regionali con nota 13520 del 29 aprile 2021, nell’a.s. 2021/2022 il riparto regionale e il numero complessivo dei posti comuni dell’organico di diritto rimane (sostanzialmente) immutato rispetto al precedente a.s., ed è pari a 620.623 (a fronte di 620.631 nell’a.s. 2020/2021)[242].

Non subiscono variazioni i posti dell’adeguamento alle situazioni di fatto (pari a 14.142[243]), mentre, a seguito degli incrementi disposti dalla L. di bilancio 2021 (L. 178/2020: art. 1, co. 960 e 968) per i posti di sostegno e per il potenziamento dell’offerta formativa nella scuola dell’infanzia, la dotazione organica dei posti di sostegno passa (da 101.170 nell’a.s. 2020/2021) a 106.170, mentre quella per il potenziamento passa (da 49.202 nell’a.s. 2020/2021) a 50.202.

Quanto ai posti vacanti e disponibili, la relazione tecnica al decreto-legge in esame faceva presente che si tratta di circa 112.000.

 

In particolare, i commi da 1 a 3 prevedono che, nel limite dell’autorizzazione concessa (ex art. 39 della L. 449/1997), con riferimento all’a.s. 2021/2022, i posti comuni e di sostegno vacanti e disponibili nell’organico dell’autonomia sono coperti secondo quanto previsto dalla legislazione vigente, fatto salvo che:

·     la quota delle immissioni in ruolo dalle graduatorie del concorso straordinario a posti di docente nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria, bandito nel 2018 (ai sensi dell’art. 4, co. 1-quater, lett. b), del D.L. 87/2018-L. 96/2018), è incrementata (dal 50%) al 100%;

·     la quota delle immissioni in ruolo dalle graduatorie del concorso straordinario a posti di docente nella scuola secondaria di primo e secondo grado, bandito nel 2018 (ai sensi dell’art. 17, co. 2, lett. b), del d.lgs. 59/2017), è incrementata (dall’80%) al 100%[244].

 

Inoltre, si stabilisce che – a regime – la graduatoria del concorso straordinario per le immissioni in ruolo del personale docente della scuola secondaria di primo e secondo grado, bandito nel 2020 (ai sensi dell’art. 1, co. 1, del D.L. 126/2019-L. 159/2019: v. infra), è integrata con i soggetti che hanno conseguito il punteggio minimo di 7/10 o equivalente nella prova scritta di concorso (c.d. idonei).

 

Si valuti l’opportunità di chiarire se si intende effettivamente integrare le graduatorie, ovvero costituire elenchi aggiuntivi, come in passate, analoghe, circostanze.

 

Per la copertura dei posti comuni e di sostegno vacanti e disponibili che ancora residuano dopo le immissioni di cui ai commi da 1 a 3, il comma 4 stabilisce che – fatti salvi i posti relativi ai concorsi ordinari per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, nonché per la scuola secondaria, banditi, rispettivamente, con D.D. 498/2020 e D.D. 499/2020 (v. infra) –, in via straordinaria, esclusivamente per l’a.s. 2021/2022, si procede con contratti a tempo determinato, su posti comuni e di sostegno, assegnati a docenti che sono inclusi nella prima fascia delle graduatorie provinciali per le supplenze (art. 4, co. 6-bis, L. 124/1999) – dunque, sono in possesso di titolo di abilitazione o di titolo di specializzazione sul sostegno[245] –, ovvero negli appositi elenchi aggiuntivi.

Si tratta degli elenchi aggiuntivi – non disciplinati, prima del decreto-legge in esame da norme primarie - previsti dall’Ordinanza Ministeriale 60 del 10 luglio 2020 (v. infra) che ne ha rimesso la disciplina ad un successivo decreto ministeriale, stabilendo che negli stessi potevano iscriversi, anche con riserva, coloro che conseguivano il titolo di abilitazione o di specializzazione sul sostegno entro il 1° luglio 2021. Il successivo DM 51 del 3 marzo 2021, intervenuto in attuazione dell’art. 10 della stessa ordinanza proprio per la disciplina degli elenchi aggiuntivi, aveva, a sua volta, prorogato il suddetto termine al 20 luglio 2021.

Si valuti l’opportunità di fare esplicito riferimento agli elenchi aggiuntivi di cui all’OM 60 del 10 luglio 2020 e al DM 51/2021.

Contestualmente, il termine per il conseguimento dei titoli utili per l’iscrizione negli elenchi aggiuntivi viene ora fissato al 31 luglio 2021.

Si proroga, dunque, ulteriormente – in via legislativa – un termine riferito ad un istituto che, come si è detto, non è stato previsto da norma primaria.

Ai fini dell’assegnazione del contratto a tempo determinato per i posti comuni è altresì necessario aver svolto su posto comune, entro l’a.s. 2020/2021, nelle istituzioni scolastiche statali, negli ultimi 10 anni scolastici oltre quello in corso, almeno 3 annualità di servizio, anche non consecutive, valutabili come tali ai sensi dell’art. 11, co. 14, della L. 124/1999.

In base all’art. 11, co. 14, della L. 124/1999, il servizio di insegnamento non di ruolo è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni, oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale.

Al riguardo, si ricorda, tuttavia, che, con riferimento all’a.s. 2019/2020, in relazione all’emergenza insorta a seguito del COVID-19, l’art. 121-ter del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) ha previsto che, qualora le scuole del sistema nazionale d'istruzione non potevano effettuare almeno 200 giorni di lezione (previsti a regime), l’anno scolastico conservava comunque validità. Erano del pari decurtati, proporzionalmente, i termini previsti per la validità dei periodi di formazione e di prova del personale e per il riconoscimento dell'anzianità di servizio.

 

Si valuti l’opportunità di richiamare anche l’art. 121-ter del D.L. 18/2020 (L. 27/2020).

 

In base al comma 5, il contratto a tempo determinato è proposto esclusivamente nella provincia e nella o nelle classi di concorso o tipologie di posto per le quali il docente risulta iscritto nella prima fascia delle graduatorie provinciali o negli elenchi aggiuntivi.

 

I commi da 6 a 8 dispongono che, nel corso del medesimo contratto a tempo determinato, i candidati svolgono il percorso annuale di formazione iniziale e prova, seguito da una prova disciplinare, cui hanno accesso i candidati valutati positivamente ai sensi dell’art. 1, co. 117, della L. 107/2015.

Per il percorso annuale di formazione iniziale e prova, il testo richiama, da un lato, solo l’art. 13 del d.lgs. 59/2017, che, si ricorda, riguarda (solo) la scuola secondaria. Al contempo, richiama anche, come già detto, la valutazione positiva di cui all’art. 1, co. 117, della L. 107/2015, che riguarda tutti gli ordini di scuola.

Più in generale, infatti, il periodo di formazione e prova del personale docente ed educativo è disciplinato dall’art. 1, co. 115-120, della L. 107/2015, nonché, per quanto compatibile, dagli artt. da 437 a 440 del d.lgs. 297/1994.

In particolare:

- il co. 116 dell’art. 1 della L. 107/2015 ha previsto che il positivo superamento del periodo di formazione e prova, subordinato allo svolgimento del servizio effettivamente prestato per almeno 180 giorni, dei quali almeno 120 per le attività didattiche, determina l'effettiva immissione in ruolo;

- il co. 117 ha disposto che il personale docente ed educativo in periodo di formazione e di prova è sottoposto a valutazione da parte del dirigente scolastico, sentito il comitato per la valutazione[246], sulla base dell'istruttoria di un docente al quale sono affidate dal dirigente scolastico le funzioni di tutor;

- il co. 119 ha previsto che, in caso di valutazione negativa del periodo di formazione e di prova, il personale docente ed educativo è sottoposto ad un secondo periodo di formazione e di prova, non rinnovabile;

- infine, il co. 118 ha disposto che, con decreto del Ministro dell'istruzione, sono individuati gli obiettivi, le modalità di valutazione del grado di raggiungimento degli stessi, le attività formative e i criteri per la valutazione del personale docente ed educativo[247].

 

Si valuti, dunque, l’opportunità di un adeguamento del testo.

 

La prova disciplinare è superata dai candidati che raggiungono una soglia di idoneità – per la quale il testo non reca indicazioni - ed è valutata da una commissione esterna all’istituzione scolastica di servizio.

 

In caso di positiva valutazione del percorso annuale di formazione e prova e di giudizio positivo della prova disciplinare, il docente è assunto a tempo indeterminato e confermato in ruolo, con decorrenza giuridica dal 1° settembre 2021, o, se successiva, dalla data di inizio del servizio, nella medesima istituzione scolastica presso cui ha prestato servizio a tempo determinato.

La negativa valutazione del percorso di formazione e prova comporta la reiterazione dell’anno di prova, ai sensi dell’art. 1, co. 119, della L. 107/2015.

Il giudizio negativo relativo alla prova disciplinare comporta, invece, la decadenza dalla procedura e l’impossibilità di trasformazione a tempo indeterminato del contratto.

 

In base al comma 9, le modalità di attribuzione del contratto a tempo determinato, nonché le modalità di espletamento della prova disciplinare, “la commissione nazionale”rectius: “le modalità di costituzione della commissione nazionale, inclusi i requisiti dei componenti” – , incaricata di redigere i quadri di riferimento per la sua valutazione e le modalità di formazione delle commissioni incaricate di valutare la prova disciplinare, inclusi i requisiti dei componenti, devono essere disciplinate con decreto del Ministro dell’istruzione (per la cui emanazione non è previsto un termine).

Per le attività svolte, ai componenti della commissione nazionale non sono dovuti compensi, indennità, rimborsi spese o altre utilità comunque denominate.

 

Da ultimo, per la copertura, a decorrere dal 1° settembre 2022, dei posti vacanti e disponibili per l’a.s. 2021/2022 eventualmente residuati dopo le immissioni in ruolo ai sensi dei commi da 1 a 4, il comma 9-bis prevede una procedura concorsuale straordinaria per titoli e prova disciplinare, riservata ai docenti non ricompresi fra quelli di cui al comma 4 che abbiano svolto, entro il termine di presentazione della domanda di partecipazione, negli ultimi 5 anni scolastici, un servizio di almeno 3 anni anche non consecutivi nelle scuole statali, valutabili come tali ai sensi del già citato art. 11, co. 14, della L. 124/1999.

 

In particolare, la procedura concorsuale straordinaria è bandita – per regione e classe di concorso – per un numero di posti pari a quelli vacanti e disponibili per l’a.s. 2021/2022, che residuano dopo le immissioni in ruolo ai sensi dei commi da 1 a 4, fatti salvi, anche in tal caso, i posti relativi ai concorsi ordinari per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, nonché per la scuola secondaria, banditi, rispettivamente, con D.D. 498/2020 e D.D. 499/2020.

Ogni candidato può partecipare alla procedura in un’unica regione, per una sola classe di concorso per la quale ha maturato almeno un anno di servizio tra quelli richiesti come requisito.

Il bando determina il contributo di segreteria posto a carico dei partecipanti, tale da coprire integralmente l’onere della procedura concorsuale.

Le graduatorie di merito regionali sono predisposte sulla base dei titoli posseduti e del punteggio conseguito in una prova disciplinare da svolgere entro il 31 dicembre 2021.

I candidati vincitori partecipano, con oneri a proprio carico, ad un percorso di formazione, da organizzare anche in collaborazione con le università, che ne integra le competenze professionali e che prevede una prova conclusiva.

Le modalità di svolgimento della prova disciplinare e della prova conclusiva devono essere definite con decreto del Ministro dell’istruzione.

In caso di positiva valutazione del percorso di formazione e della prova conclusiva, il candidato è assunto a tempo indeterminato dal 1° settembre 2022 sui posti di cui si è detto ante, che vengono resi indisponibili per operazioni di mobilità e (altre) immissioni in ruolo. Con l’immissione in ruolo dei vincitori, le graduatorie della procedura concorsuale straordinaria decadono.

Nel corso dall’a.s. 2022/2023 i docenti assunti svolgono altresì il percorso annuale di formazione iniziale e prova. Anche in tal caso, tuttavia, il testo richiama solo l’art. 13 del d.lgs. 59/2017, che riguarda (solo) la scuola secondaria.

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di un adeguamento del testo.

 

L’art. 1-quater del D.L. 126/2019 (L. 159/2019), aggiungendo il co. 6-bis nell’art. 4 della L. 124/1999, ha previsto, al fine di ottimizzare l’attribuzione degli incarichi di supplenza, che, a decorrere dall’a.s. 2020/2021, per il conferimento delle supplenze annuali e delle supplenze fino al termine delle attività didattiche si utilizzano, in subordine alle GAE, (invece delle graduatorie di istituto) apposite graduatorie provinciali, distinte per tipologia di posto e classe di concorso. Successivamente, l’art. 2, co. 4, 4-bis e 4-ter, del D.L. 22/2020 (L. 41/2020) ha previsto che, in considerazione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, le procedure di istituzione delle nuove graduatorie provinciali e le procedure di conferimento delle relative supplenze dovevano essere disciplinate, per l’a.s. 2020/2021 e l’a.s. 2021/2022, con ordinanza del Ministro dell’istruzione, che tutto il procedimento è informatizzato e che la valutazione delle istanze e l’approvazione delle graduatorie doveva essere effettuata dagli uffici scolastici territoriali.

In attuazione, è intervenuta l’OM 60 del 10 luglio 2020 (qui le tabelle allegate) che, in prima applicazione e per il biennio relativo agli a.s. 2020/2021 e 2021/2022, ha disciplinato la costituzione delle graduatorie provinciali per le supplenze (GPS) e delle graduatorie di istituto su posto comune e di sostegno, nonché l’attribuzione degli incarichi a tempo determinato del personale docente nelle istituzioni scolastiche statali, su posto comune e di sostegno (nonché del personale educativo).

In particolare, in base all’ordinanza:

-  per l’attribuzione delle supplenze annuali e delle supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche, sono utilizzate le GAE. In caso di esaurimento o incapienza delle stesse, si procede allo scorrimento delle GPS. In caso di esaurimento o incapienza delle GPS, sono utilizzate le graduatorie di istituto. Per le supplenze temporanee si utilizzano le graduatorie di istituto;

-  ogni docente può iscriversi alle GPS per una sola provincia (anche diversa dalla provincia di inserimento nelle GAE o dalla provincia scelta per l’inserimento nella prima fascia delle graduatorie di istituto per il triennio 2019/2020, 2020/2021, 2021/2022), ma per più classi di concorso;

-  le GPS per i posti comuni per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria sono suddivise in due fasce. La prima è costituita dai soggetti in possesso dello specifico titolo di abilitazione. La seconda è costituita dagli studenti che, nell’a.a. 2019/2020, risultavano iscritti al terzo, quarto o al quinto anno del corso di laurea in Scienze della formazione primaria, avendo conseguito, rispettivamente, almeno 150, 200 e 250 CFU entro il termine di presentazione dell’istanza;

-  le GPS per i posti comuni per la scuola secondaria di primo e secondo grado, distinte per classi di concorso, sono suddivise in due fasce. La prima è costituita dai soggetti in possesso dello specifico titolo di abilitazione. La seconda è costituita dai soggetti in possesso di uno dei seguenti requisiti: a) per le classi di concorso di cui alla tab. A dell’Ordinamento classi di concorso, possesso del titolo di studio, comprensivo dei CFU/CFA o esami aggiuntivi ed eventuali titoli aggiuntivi previsti dalla normativa vigente per la specifica classe di concorso, e di uno dei seguenti requisiti: possesso dei 24 CFU/CFA di cui all’art. 5, co. 1, lett. b), del d.lgs. 59/2017; abilitazione specifica su altra classe di concorso o per altro grado; precedente inserimento nella terza fascia delle graduatorie di istituto per la specifica classe di concorso; b) per le classi di concorso di cui alla tab. B dell’Ordinamento classi di concorso, possesso del titolo di studio ed eventuali titoli aggiuntivi previsti dalla normativa vigente per la specifica classe di concorso e di uno dei seguenti requisiti: possesso dei 24 CFU/CFA di cui all’art. 5, co. 2, lett. b), del d.lgs. 59/2017; abilitazione specifica su altra classe di concorso o per altro grado; precedente inserimento nella terza fascia delle graduatorie di istituto per la specifica classe di concorso;

-  le GPS relative ai posti di sostegno, distinte per gradi di istruzione (scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo grado, secondaria di secondo grado) sono suddivise in due fasce. La prima è costituita dai docenti che hanno la specializzazione per il grado di istruzione scelto; la seconda è costituita dai soggetti, privi del relativo titolo di specializzazione, che entro l’a.s. 2019/2020 abbiano maturato tre annualità di insegnamento su posto di sostegno nel relativo grado e che siano in possesso: per la scuola dell’infanzia e primaria, del relativo titolo di abilitazione o del titolo di accesso alle GPS di seconda fascia del relativo grado; per la scuola secondaria di primo e secondo grado, dell’abilitazione o del titolo di accesso alle GPS di seconda fascia del relativo grado;

-  è prevista la costituzione di elenchi aggiuntivi alle GPS di prima fascia in cui, nelle more della ricostituzione delle stesse GPS, era stato previsto che potevano richiedere l’inserimento i docenti che acquisivano il titolo di abilitazione o di specializzazione entro il 1° luglio 2021 (al riguardo, vedi ante). Agli elenchi aggiuntivi si attinge con priorità rispetto alla seconda fascia;

-  dopo l’assegnazione dei posti disponibili ai docenti presenti nelle GAE e nelle GPS, per le supplenze brevi, i dirigenti scolastici possono attingere alle graduatorie di istituto suddivise in tre fasce: la prima costituita dagli abilitati presenti nelle GAE, la seconda e la terza costituite, rispettivamente, dagli abilitati e dai non abilitati presenti nelle GPS.

Nel prosieguo è intervenuto il D.D. 858 del 21 luglio 2020 che ha stabilito che le domande per l’inserimento nelle GPS potevano essere presentate dal 22 luglio al 6 agosto 2020.

Ancora in seguito, con DM 51 del 3 marzo 2021 è stata disciplinata la costituzione degli elenchi aggiuntivi. In particolare, il DM aveva indicato il termine del 20 luglio 2021 quale termine ultimo per il conseguimento del titolo di abilitazione o di specializzazione sul sostegno (ma su questo termine incide, come si è visto, il comma 4, lett. a), dell’articolo in esame).

 

Disposizioni a regime per lo svolgimento delle procedure concorsuali ordinarie per il personale docente

 

I commi da 10 a 13 introducono, a regime, “in deroga” alle disposizioni vigenti, modalità semplificate di svolgimento dei concorsi ordinari per il personale docente delle scuole di ogni ordine e grado – che si applicano anche ai concorsi già banditi –, garantendone comunque il carattere comparativo, al fine di garantire che gli stessi siano banditi con frequenza annuale.

Si supera, così, la frequenza biennale da ultimo stabilita, come detto ante, dall’art. 4 del D.L. 87/2018 (L. 96/2018) per la scuola dell’infanzia e la scuola primaria, e dall’art. 17 del d.lgs. 59/2017 per la scuola secondaria.

Le disposizioni appaiono raffrontabili con quanto disposto dall’art. 10 del D.L. 44/2021 (L. 76/2021), che ha introdotto, a regime, una procedura semplificata per lo svolgimento dei concorsi pubblici relativi al reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni, ad eccezione di quello in regime di diritto pubblico.

 

Preliminarmente, si valuti l’opportunità di disporre l’abrogazione delle disposizioni superate dalla nuova disciplina (la deroga, infatti, si riferisce a un periodo transitorio).

 

Scuola dell’infanzia e primaria

 

Con D.D. 498 del 21 aprile 2020, pubblicato nella GU-IV serie speciale n. 34 del 28 aprile 2020, è stato indetto un concorso ordinario, per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento di personale docente per posti comuni e di sostegno nella scuola dell'infanzia e primaria, per complessivi 12.863 posti che si prevedevano vacanti e disponibili per il biennio costituito dagli a.s. 2020/2021 e 2021/2022.

Le domande di partecipazione potevano essere presentate dal 15 giugno al 31 luglio 2020.

 

Scuola secondaria di primo e secondo grado

 

L’art. 1, co. 1, del D.L. 126/2019 (L. 159/2019) ha autorizzato l’allora Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ad avviare, contestualmente ad un concorso ordinario per titoli ed esami, anche una procedura straordinaria per titoli ed esami per il reclutamento (inizialmente) di 24.000 docenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado, relativi a regioni, classi di concorso e tipologia di posti per i quali si prevedevano posti vacanti e disponibili negli a.s. dal 2020/2021 al 2022/2023. La procedura è stata riservata a soggetti che hanno svolto, fra gli a.s. 2008/2009 e 2019-2020, almeno 3 annualità di servizio nelle scuole secondarie statali, ovvero sono stati impegnati in progetti regionali di formazione che prevedono attività di carattere straordinario, nonché finalizzata all'abilitazione all'insegnamento nella scuola secondaria[248].

In particolare, per quanto qui più interessa, lo stesso art. 1 ha disposto che la procedura di cui al co. 1 prevede:

-  lo svolgimento di una prova scritta informatizzata (per l’immissione in ruolo), composta – a seguito delle modifiche non testuali derivanti dall’art. 2, co. 02, del D.L. 22/2020 (L. 41/2020) – da quesiti a risposta aperta su argomenti afferenti le classi di concorso e sulle metodologie didattiche (co. 9, lett. a)) (maggiori specifiche sulla tipologia dei quesiti sono state introdotte con lo stesso art. 2 del D.L. 22/2020). La prova si intendeva superata con un punteggio minimo di 7/10 o equivalente (co. 10);

-  la formazione (in ogni regione, per ciascuna classe di concorso e per il sostegno) di una graduatoria di vincitori, risultante dal punteggio conseguito nella prova scritta (per l’immissione in ruolo) e da quello attribuito alla valutazione dei titoli, nel limite dei posti previsti (co. 9, lett. b));

-  l’immissione in ruolo dei vincitori, nel limite dei posti annualmente autorizzati e, conseguentemente, la loro ammissione al percorso annuale di formazione iniziale e prova (co. 9, lett. c));

-  lo svolgimento di una prova scritta informatizzata (per la sola abilitazione all’insegnamento), composta da quesiti a risposta multipla su argomenti afferenti alle classi di concorso e sulle metodologie didattiche (co. 9, lett. d));

-  la compilazione di un elenco non graduato dei soggetti che, avendo conseguito nelle prove scritte di cui alle lett. a) e d) il punteggio minimo indicato, possono conseguire l'abilitazione all'insegnamento alle condizioni di cui alla lett. g) (co. 9, lett. e));

-  l'abilitazione all'esercizio della professione docente, per la relativa classe di concorso, dei vincitori della procedura immessi in ruolo, all'atto della conferma in ruolo. I vincitori della procedura possono altresì conseguire l'abilitazione prima dell'immissione in ruolo, alle condizioni di cui al co. 9, lett. g), numeri 2) e 3) (co. 9, lett. f)) (su tale profilo interviene, però, ora, il co. 21 dell’articolo in esame);

-  l'abilitazione all'esercizio della professione docente per coloro che risultano iscritti nell'elenco non graduato di cui alla lett. e) del co. 9, purché:

1) abbiano in essere un contratto di docenza a tempo indeterminato ovvero a tempo determinato di durata annuale o fino al termine delle attività didattiche presso una istituzione scolastica o educativa del sistema nazionale di istruzione;

2) conseguano i 24 crediti formativi universitari (CFU) o accademici (CFA) di cui all'art. 5, co.1, lett. b), del d.lgs. 59/2017, ove non ne siano già in possesso;

3) superino la prova orale di cui al co. 13, lett. c) (co. 9, lett. g)).

Inoltre, lo stesso art. 1, co. 13, nel testo come modificato dall’art. 2, co. 05, del D.L. 22/2020 (L. 41/2020), ha previsto che con decreto del Ministro dell'istruzione di natura non regolamentare, che doveva essere adottato entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, dovevano essere sono definiti:

a) le modalità di acquisizione per i vincitori, durante il periodo di formazione iniziale e con oneri a carico dello Stato, dei CFU o CFA, ove non ne siano già in possesso;

b) l'integrazione del periodo di formazione iniziale e prova di cui all'art. 13 del d.lgs. 59/2017, con una prova orale, che precede la valutazione del periodo di formazione iniziale e di prova, da superarsi con il punteggio di 7/10 o equivalente, nonché i contenuti e le modalità di svolgimento della prova e l'integrazione dei comitati di valutazione con non meno di due membri esterni all'istituzione scolastica, di cui almeno uno dirigente scolastico;

c) le modalità di acquisizione, per i soggetti di cui al co. 9, lett. f), secondo periodo, e lett. g), ai fini dell'abilitazione e senza oneri a carico della finanza pubblica, dei CFU o CFA, nonché le modalità ed i contenuti della prova orale di abilitazione e la composizione della relativa commissione.

Su tutti i profili da ultimo ricapitolati interviene, ora, il co. 21 dell’articolo in esame.

 

La procedura straordinaria è stata indetta con D.D. 510 del 23 aprile 2020, pubblicato nella GU-IV serie speciale n. 34 del 28 aprile 2020.

Il D.D. 510/2020 è stato poi modificato e integrato, a seguito delle novità intervenute con il D.L. 22/2020 (L. 41/2020) e con il D.L. 34/2020 (L. 77/2020: art. 230, co. 1) – che ha incrementato i posti a 32.000 – con D.D. 783 dell'8 luglio 2020, pubblicato nella GU-IV serie speciale n. 53 del 10 luglio 2020. In particolare, in base all’art. 15, co. 3, del D.D. 510/2020, ogni graduatoria regionale finalizzata all'immissione in ruolo, distinta per classe di concorso, grado di istruzione, tipologia di posto, comprende un numero di candidati non superiore ai contingenti assegnati a ciascuna procedura concorsuale.

Qui la pagina dedicata sul sito del Ministero dell’istruzione.

 

Il concorso ordinario per la scuola secondaria di primo e di secondo grado – per complessivi (iniziali) 25.000 posti, relativi ai posti previsti vacanti e disponibili per il biennio 2020/2021 e 2021/2022 – è stato indetto con D.D. 499 del 21 aprile 2020, pubblicato nella GU-IV serie speciale n. 34 del 28 aprile 2020. A seguito delle modifiche introdotte dal D.L. 34/2020 (L. 77/2020: art. 230, co. 2) – che ha incrementato i posti messi a concorso a 33.000 – è intervenuto il D.D. 649 del 3 giugno 2020[249].

Le domande di partecipazione potevano essere presentate dal 15 giugno al 31 luglio 2020.

 

La procedura per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria di primo e di secondo grado è stata indetta con D.D. 497 del 21 aprile 2020, pubblicato nella GU-IV serie speciale n. 34 del 28 aprile 2020[250].

Le domande di partecipazione potevano essere presentate dal 28 maggio al 3 luglio 2020.

 

In particolare, il comma 10 dispone che le prove dei concorsi ordinari per l’immissione in ruolo, su posti comuni e di sostegno, del personale della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria, si svolgono secondo le seguenti modalità semplificate:

·     prova scritta con più quesiti a risposta multipla, volti all’accertamento delle conoscenze e competenze del candidato sulla disciplina della classe di concorso o tipologia di posto per la quale partecipa, nonché sull’informatica e sulla lingua inglese. La prova – che sostituisce le prove scritte previste a legislazione vigente[251] –  è valutata al massimo 100 punti ed è superata da coloro che conseguono il punteggio minimo di 70.

Non si dà luogo alla previa pubblicazione dei quesiti. L’amministrazione si riserva la possibilità, in ragione del numero di partecipanti, di prevedere, qualora necessario, la non contestualità delle prove relative alla medesima classe di concorso, assicurandone comunque la trasparenza e l'omogeneità in modo da garantire il medesimo grado di selettività tra tutti i partecipanti;

·     prova orale;

·     valutazione dei titoli;

·     formazione della graduatoria sulla base delle valutazioni ottenute nelle fasi di cui ai punti precedenti, nel limite dei posti messi a concorso.

 

A sua volta, il comma 10-bis dispone che i bandi dei concorsi emanati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge prevedono – purché i posti messi a concorso per ciascuna regione, classe di concorso o tipologia di posto sia almeno pari a 4 - una riserva di posti pari al 30% per ciascuna regione, classe di concorso e tipologia di posto, a favore di coloro che, entro il termine per la presentazione della domanda di partecipazione, hanno svolto presso le scuole statali almeno 3 anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi 10, valutabili come tali ai sensi del più volte citato art. 11, co. 14, della L. 124/1999.

Nel calcolo della percentuale di posti riservati si procede con arrotondamento per difetto.

La riserva vale su un’unica regione e per le classi di concorso o tipologie di posto per le quali il candidato abbia maturato un servizio di almeno un anno scolastico.

 

Il comma 11 affida:

·     ad un decreto del Ministero dell’istruzione (per la cui emanazione non è previsto un termine) la definizione delle conseguenti modifiche da apportare ai bandi dei concorsi intervenuti nel 2020, ma le cui prove non sono state svolte a causa dell’emergenza da COVID-19, disponendo, però, che ciò non comporta la riapertura dei termini per la presentazione delle domande (salvo, però, quanto disposto, per specifiche classi di concorso, dal co. 18), né la modifica dei requisiti di partecipazione, né modifiche dei programmi concorsuali;

·     ad un decreto del Ministro dell’istruzione (per la cui emanazione non è previsto un termine) la disciplina delle modalità di redazione dei quesiti della prova scritta, anche a titolo oneroso, della “commissione nazionale” – rectius: “delle modalità di costituzione della commissione nazionale, inclusi i requisiti dei componenti” –, incaricata di redigere i quadri di riferimento per la valutazione della prova scritta, dei “programmi delle prove”, dei requisiti dei componenti delle commissioni cui spetta la valutazione della prova scritta e della prova orale, dei titoli valutabili e del relativo punteggio.

Al riguardo, si valuti l’opportunità di considerare che il co. 11 nel primo periodo fa salvi i programmi concorsuali, mentre nel secondo periodo prevede una (nuova) disciplina dei programmi delle prove.

Si valuti, inoltre, l’opportunità di indicare le modalità di valutazione anche della prova orale e il punteggio necessario per il suo superamento.

 

A sua volta, il comma 12 affida ad un ulteriore decreto del Ministro dell'istruzione, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, in coerenza con le riforme del Piano nazionale di ripresa e resilienza[252], la disciplina, nell’ambito del percorso di formazione e prova, delle attività formative, delle procedure e dei criteri di verifica degli standard professionali, delle modalità di verifica in itinere e finale, incluse l'osservazione sul campo, la struttura del bilancio delle competenze e del portfolio professionale.

Si valuti l’opportunità di coordinare le previsioni del comma 12 con quelle recate dall’art. 1, co. 118, della L. 107/2015, di cui si è detto ante.

 

Infine, il comma 13 dispone che le immissioni in ruolo dei vincitori, nel limite previsto dal bando di concorso per la specifica regione, classe di concorso o tipologia di posto, in caso di incapienza dei posti destinati annualmente alle assunzioni, possono essere disposte anche negli anni scolastici successivi, sino all'esaurimento della graduatoria, nel limite delle facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente per i concorsi ordinari.

 

Disposizioni specifiche per la semplificazione delle procedure concorsuali ordinarie già bandite nelle materie scientifiche e tecnologiche

 

I commi da 14 a 19 dispongono l’applicazione di modalità specifiche e ulteriormente semplificate di svolgimento delle procedure concorsuali ordinarie bandite nel 2020, limitatamente alle classi di concorso delle materie scientifiche e tecnologiche specificamente indicate, al fine di disporre delle relative graduatorie entro il 31 luglio 2021.

Le disposizioni sono introdotte in considerazione dell’obiettivo indicato nel Piano Nazionale di ripresa e resilienza di rafforzamento di tali materie[253] e del corrispondente elevato numero di posti vacanti e disponibili.

In particolare, i commi 14 e 15 hanno disposto che, in via straordinaria, esclusivamente per le immissioni in ruolo relative all’a.s. 2021/2022, le procedure concorsuali ordinarie bandite con il già citato D.D. 499/2020, relative alle classi di concorso per l’insegnamento nella scuola secondaria di secondo grado Fisica (classe A020), Matematica (classe A026), Matematica e fisica (classe A027) e Scienze e tecnologie informatiche (classe A041), nonché alla classe di concorso per l’insegnamento nella scuola secondaria di primo grado Matematica e scienze (classe A028)[254], si svolgono per il numero di posti messi a bando (pari, rispettivamente, a: 282; 1005; 815; 903; 3124), nel modo seguente:

·     prova scritta computer-based, con 50 quesiti a risposta multipla (con 4 risposte, di cui una sola esatta), non previamente pubblicati, di cui: 40, volti all’accertamento delle conoscenze e competenze del candidato sulle discipline della classe di concorso “o tipologia di posto” per la quale partecipa e vertenti sui programmi previsti dall’allegato A al DM 20 aprile 2020, n. 201 per la singola classe di concorso (per la classe di concorso A027-Matematica e Fisica i 40 quesiti sono 20 di matematica e 20 di fisica; per la classe di concorso A028-Matematica e scienze i 40 quesiti sono 20 di matematica e 20 nell’ambito delle scienze chimiche, fisiche, biologiche e naturali); 5 vertenti sull’informatica; 5 vertenti sulla lingua inglese.
Si valuti l’opportunità di approfondire il riferimento alla “tipologia di posto”, trattandosi, per tutte le classi di concorso indicate, di posti comuni (e non di posti comuni e posti di sostegno).

Ha, altresì, previsto che l’ordine dei 50 quesiti sarebbe stato somministrato in modalità casuale per ogni candidato. La prova avrebbe avuto una durata massima di 100 minuti, fermi restando gli eventuali tempi aggiuntivi per i candidati con disabilità di cui all’art. 20 della L. 104/1992.

La valutazione della prova sarebbe stata effettuata assegnando 2 punti a ciascuna risposta esatta, 0 punti alle risposte non date o errate. La prova, valutata al massimo 100 punti, sarebbe stata superata da coloro che avrebbero conseguito il punteggio minimo di 70 punti.

Dunque, evidentemente per l’urgenza che caratterizzava la procedura, sono state stabiliti con norma primaria alcuni aspetti che, in condizioni ordinarie, sarebbero stati rimessi al bando (numero dei quesiti con la relativa suddivisione per materia; numero di risposte possibili per ciascun quesito; criteri di valutazione delle risposte esatte, non date o errate; tempo massimo per lo svolgimento della prova).

Ha, altresì, stabilito che la prova scritta si sarebbe svolta nelle sedi individuate dagli Uffici scolastici regionali. Anche in tal caso, l’amministrazione si sarebbe riservata la possibilità, in ragione del numero di partecipanti, di prevedere, ove necessario, la non contestualità delle prove relative alla medesima classe di concorso, assicurandone comunque la trasparenza e l'omogeneità in modo da garantire il medesimo grado di selettività tra tutti i partecipanti;

·     prova orale, valutata al massimo 100 punti e superata da coloro che conseguono il punteggio minimo di 70 punti. Tali specifiche costituiscono una integrazione rispetto a quanto previsto per la generalità delle classi di concorso;

·     formazione della graduatoria, entro il 31 luglio 2021, esclusivamente sulla base della somma delle valutazioni della prova scritta e della prova orale, nel limite dei posti messi a concorso. In questo caso, la differenza rispetto alla disciplina generale consiste, oltre alla fissazione di un termine per la formazione della graduatoria, nel non considerare la valutazione dei titoli.

 

Analogamente a quanto previsto per la disciplina semplificata generale, il comma 16 ha affidato ad un decreto del Ministero dell’istruzione la definizione delle eventuali, ulteriori, modifiche da apportare al bando di concorso, disponendo che ciò non avrebbe comportato la riapertura dei termini per la presentazione delle domande, né la modifica dei requisiti di partecipazione.

 

Le disposizioni modificative al D.D. 499/2020 sono state emanate con D.D. 826 dell’11 giugno 2021 (pubblicato nella G.U. n. 47 del 15 giugno 2021).

In particolare, lo stesso ha specificato, rispetto a quanto già previsto dal decreto-legge in commento, che:

-  per la prova scritta si sarebbe fatto riferimento ai programmi previsti dall’allegato A al DM 20 aprile 2020, n. 201 per la singola classe di concorso; i 5 quesiti di “informatica” sarebbero stati volti ad accertare le competenze digitali;

-  i temi della prova orale sono predisposti da ciascuna commissione giudicatrice secondo il programma di cui al già citato allegato A al DM 20 aprile 2020, n. 201. Le commissioni le predispongono in numero pari a tre volte quello dei candidati ammessi alla prova. Ciascun candidato estrae la traccia, su cui svolgere la prova, 24 ore prima dell’orario programmato per la propria prova. Le tracce estratte sono escluse dai successivi sorteggi.
Nel caso delle classi di concorso A020 Fisica, A027 Matematica e fisica, A028 Matematica e scienze – per le quali l’art. 8, co. 8 del D.D. 499/2020 prevede (sulla base di quanto stabilito dal medesimo allegato A al
DM 20 aprile 2020, n. 201) lo svolgimento, nell'ambito della prova orale, di una prova pratica –, la commissione ha a disposizione 100 punti per la prova pratica e 100 punti per il colloquio. Il voto della prova orale è dato dalla media aritmetica delle rispettive valutazioni. Superano la prova orale i candidati che conseguono un punteggio complessivo minimo di 70 punti.

Il superamento di tutte le prove concorsuali attraverso il conseguimento dei punteggi minimi costituisce abilitazione all’insegnamento per la specifica classe di concorso.

In base al comunicato del Ministero del 15 giugno 2021, i candidati interessati alla procedura sono oltre 60.000 (A020 Fisica: 2.494 candidati; A026 Matematica: 8.115 candidati; A027 Matematica e fisica: 5.233 candidati; A028 Matematica e Scienze: 39.160 candidati; A041 Scienze e tecnologie informatiche: 5.519 candidati).

Qui il diario delle prove scritte, che si sono svolte dal 2 all’8 luglio 2021.

Qui la pagina del sito del Ministero dedicata alla procedura concorsuale, in cui è indicata anche la suddivisione dei posti per regione.

Gli Uffici scolastici regionali stanno procedendo alla pubblicazione delle date di svolgimento della prova orale.

 

Il medesimo comma ha stabilito, inoltre, che:

·     la redazione dei quesiti della prova scritta, anche a titolo oneroso, sarebbe stata assegnata con affidamento diretto ad una o più università;

·     i servizi logistici e informatici necessari per lo svolgimento della stessa prova scritta sarebbero stati assegnati, sempre con affidamento diretto, anche a soggetti in house rispetto al Ministero dell’istruzione;

·     le commissioni di concorso sarebbero dovute essere costituite con decreto del direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale responsabile della procedura, che avrebbe provveduto entro 5 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell’avviso di convocazione per la prova scritta;

·     per gruppi comprendenti un numero di candidati superiore a 50, è possibile formare sottocommissioni per lo svolgimento contestuale della prova orale, ferma restando l’unicità del presidente;

·     al presidente, ai componenti e al segretario delle commissioni esaminatrici che concludono le operazioni concorsuali redigendo la graduatoria finale entro il 31 luglio 2021 è riconosciuto un compenso aggiuntivo, rispetto a quello previsto a legislazione vigente, pari a 2 volte il compenso base previsto dall’art. 2, co. 1, n. 3), 2 e 3, nonché dall’art. 5, del DPCM 24 aprile 2020.

L’art. 2, co. 1, n. 3), 2 e 3, del DPCM 24 aprile 2020 ha disposto che, nei concorsi relativi ai profili dell'Area III o categorie equiparate, il compenso base è pari € 1.800 per ciascun componente delle commissioni esaminatrici, incrementato del 10% per i presidenti, e ridotto della stessa percentuale per i segretari. Ai membri aggiunti aggregati alle commissioni esaminatrici è dovuto il compenso base ridotto del 50%. L’art. 5 dello stesso DPCM ha previsto che, nel caso di suddivisione delle commissioni esaminatrici in sottocommissioni, ai componenti di queste ultime compete il compenso base ridotto del 50%;

·     con decreto del Ministro dell’istruzione dovevano essere disciplinati “la commissione nazionale” – rectius: “le modalità di costituzione della commissione nazionale, inclusi i requisiti dei componenti” – incaricata di valutare la congruità e l’equivalenza dei quesiti e di redigere i quadri di riferimento per la valutazione della prova orale, nonché i requisiti dei componenti delle commissioni cui spetta la valutazione della prova scritta e della prova orale.

 

Il comma 19 dispone che agli oneri derivanti dal comma 16, pari a € 7.684.000 per il 2021, si provvede ai sensi dell'articolo 77.

 

In base al comma 17, le graduatorie delle procedure per le indicate classi di concorso nelle materie scientifiche e tecnologiche approvate, per eventuali oggettive ragioni di ritardo, entro il 30 ottobre 2021 sono (comunque) utilizzate per le immissioni in ruolo relative all’a.s. 2021/2022, con conseguente risoluzione dei contratti di lavoro a tempo determinato stipulati sui relativi posti vacanti e disponibili.

In ogni caso, le graduatorie approvate successivamente al 31 ottobre 2021 sono utilizzate, con priorità rispetto alle graduatorie delle procedure ordinarie, per le immissioni in ruolo dei vincitori, nel limite previsto dal bando di concorso per la specifica regione e classe di concorso, fino al loro esaurimento, nel corso degli anni successivi, nel limite delle facoltà assunzionali disponibili a legislazione vigente.

Alle immissioni in ruolo per l'a.s. 2021/2022 si applica la decorrenza dei contratti dal 1 settembre o dalla data di inizio del servizio, se successiva. A tal fine, si richiama, infatti, l'articolo 58, co. 1, lett. b) del decreto-legge in esame.

 

Infine, il comma 18 dispone che per i candidati della procedura semplificata resta impregiudicata la partecipazione alla procedura concorsuale ordinaria per le corrispondenti classi di concorso.

A tal fine, dispone che i posti della predetta procedura concorsuale ordinaria sono rideterminati in ragione dei posti vacanti e disponibili, nei limiti individuati con decreto del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro per le pubblica amministrazione.

Dispone, altresì, che, con decreto del Ministero dell’istruzione si provvede alla riapertura dei termini di partecipazione limitatamente alle procedure concorsuali ordinarie relative alle classi di concorso sopra indicate.

 

Disposizioni per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria all’esito della procedura straordinaria bandita nel 2020

 

Il comma 21 semplifica le modalità per il conseguimento dell’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria all’esito della procedura concorsuale straordinaria prevista dall’art. 1 del D.L. 126/2019 (L. 159/2019) (v. ante).

 

In particolare, rispetto al quadro ante descritto, il comma 21 elimina – sia per i soggetti che conseguono il punteggio minimo previsto nella prova scritta per l’immissione in ruolo, sia per coloro che conseguono il punteggio minimo previsto nella prova scritta per l’abilitazione all’insegnamento – la necessità di possedere i 24 CFU o CFA e di sostenere una prova orale di abilitazione integrativa del periodo di formazione iniziale e prova.

 

A tal fine, all’art. 1 del D.L. 126/2019 (L. 159/2019) si sopprimono i punti 2) e 3) della lett. g) del co. 9 e si abroga il co. 13.

 

La relazione illustrativa all’A.C. 3132 faceva presente che l’acquisizione dei 24 CFU/CFA risulta contraddittoria se richiesta ad aspiranti che, come nel caso del concorso straordinario, risultano avere tre anni di servizio come requisito di partecipazione e che, conseguentemente, hanno acquisito competenze dirette attraverso l’esperienza di insegnamento.

Evidenziava, inoltre, che l’integrazione della prova scritta con una prova orale, nell’originario contesto del D.L. 126/2019 (L. 159/2019), si inseriva in una procedura concorsuale la cui prova scritta avrebbe dovuto essere articolata in quesiti a risposta multipla. La sostituzione – operata dal D.L. 22/2020 (L. 41/2020) – con una prova articolata in quesiti a risposta aperta ha poi consentito di verificare le competenze disciplinari e didattico metodologiche già in sede di svolgimento della prova scritta.

 

Disposizioni per lo svolgimento in sicurezza delle procedure concorsuali per il personale scolastico fino al 31 dicembre 2022

 

Il comma 20 stabilisce che con ordinanza del Ministro dell’istruzione sono definiti appositi protocolli, sottoposti alla previa approvazione del Comitato tecnico-scientifico, relativi alle modalità di svolgimento in sicurezza, fino al 31 dicembre 2022, dei concorsi per il personale scolastico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo, la relazione illustrativa all’A.C. 3132 evidenziava che l’espletamento dei concorsi del personale scolastico necessita di protocolli esclusivi e adeguati soprattutto sul piano logistico (dato che le sedi di svolgimento di queste procedure consentono una capienza massima di partecipanti minore rispetto a quella consentita in altre sedi), specificità, questa, che evidentemente impedisce l’applicazione dei protocolli ordinari adottabili per altre procedure concorsuali.


Articolo 60
(Misure straordinarie a sostegno degli studenti e del sistema della formazione superiore e della ricerca, nonché in materia di concorso di accesso alle scuole di specializzazione in medicina)

 

 

L'articolo 60 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, per l'anno 2021, un fondo con dotazione pari a 50 milioni di euro, destinato a promuovere attività di orientamento e tutorato rivolte a studenti che necessitano di azioni specifiche per l'accesso ai corsi di formazione superiore nonché di azioni di recupero e inclusione riferite anche a studenti con disabilità e con disturbi specifici dell'apprendimento.

L'articolo reca altresì disposizioni relative ai concorsi di accesso alle scuole di specializzazione in medicina.

 

Il comma 1 - in considerazione dei disagi determinati dalla crisi epidemiologica da COVID-19 - istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, per l'anno 2021, un fondo con dotazione pari a 50 milioni di euro, ai cui oneri si provvede ai sensi dell'art. 77 del provvedimento in esame, recante le disposizioni finanziarie.

Il fondo è finalizzato a favorire l’attività di orientamento e tutorato a beneficio di studenti che necessitino di azioni specifiche indirizzate alla promozione del loro accesso ai corsi della formazione superiore, nonché di azioni di recupero e inclusione, aperte anche agli studenti con disabilità e con disturbi specifici dell’apprendimento.

L'individuazione dei criteri di riparto e di utilizzazione delle suddette risorse è demandata a un decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

Sono soggetti destinatari delle risorse in questione:

§  le università, anche non statali legalmente riconosciute ammesse al contributo di cui alla legge 29 luglio 1991, n. 243.

La legge n. 243 del 1991 disciplina l'accesso ai contributi statali per le università e gli istituti superiori non statali legalmente riconosciuti.

Il contributo da assegnare a ciascuna università è quantificato sulla base di criteri oggettivi, che tengono conto di determinati elementi, tra i quali i dati statistici e informativi riguardanti: il numero degli studenti; le facoltà, i corsi di laurea, le scuole, i corsi di dottorato di ricerca, i dipartimenti e gli istituti; l'organico del personale docente e non docente; la dotazione di strumentario scientifico, tecnico e di biblioteca; la consistenza e il grado di disponibilità delle strutture immobiliari adibite alle attività universitarie; le condizioni finanziarie con specificazione delle entrate derivanti dalle tasse e dai contributi studenteschi.

Le università sono vincolate a riservare una quota del contributo statale agli studenti capaci e meritevoli privi di mezzi, mediante borse di studio o forme di esenzione dal pagamento di tasse e contributi studenteschi.

 

§  le istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica di cui all'articolo 1 della legge 21 dicembre 1999, n. 508, che ha provveduto alla riforma delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA), dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati.

 

Nella Relazione illustrativa si pone in rilievo la coerenza delle disposizioni di cui al comma in esame con l'art. 3, comma 4, del decreto legislativo n. 68 del 2012, il quale affida alle università e alle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica - nei limiti delle risorse disponibili nei relativi bilanci - (tra l'altro) l'organizzazione dei servizi di orientamento e di tutorato, al fine di realizzare il successo formativo degli studi.

 

Il comma 2, apportando modifiche all’articolo 19, comma 12, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002):

§  elimina - ai fini della partecipazione ai concorsi per le scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia da parte dei medici iscritti ai corsi di formazione specifica in medicina generale - l'obbligo di dover rinviare detta partecipazione al termine del corso di formazione in medicina generale ovvero di dover interrompere il corso medesimo;

§  elimina - ai fini della partecipazione ai concorsi per i corsi di formazione specifica in medicina generale da parte dei medici che si iscrivono alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia - l'obbligo di dover rinviare detta partecipazione al termine della scuola universitaria di specializzazione ovvero di dover interrompere la medesima;

§  esclude, in ogni caso, la contemporanea iscrizione e frequenza a corsi di formazione specifica in medicina generale e alle scuole di specializzazione universitaria di area sanitaria (con la conseguenza che l'eventuale superamento del secondo concorso impone al medico di optare per uno dei due percorsi).

 

Nella Relazione illustrativa si evidenzia come le modificazioni introdotte dal comma in esame siano tese ad adeguare il dettato normativo:

§  sia ai principi sanciti dal giudice amministrativo (costituiscono oggetto di richiamo le sentenze TAR Lazio n. 13187/2020, n. 12355/2020, n. 12936/2020 e n. 13187/2020), che ha interpretato l'“interruzione” del corso prevista dall'art. 19, comma 12, della legge n. 448 del 2001 come "sospensione della frequenza con conseguente obbligo di recupero delle giornate di formazione perse" per poter partecipare alle prove della procedura concorsuale per l’accesso alle scuole di specializzazione, senza che ciò necessariamente comporti, per l’interessato, l’onere di dover rinunciare preventivamente al corso di formazione in medicina generale, soltanto per poter partecipare al concorso e, dunque, prima di avere la certezza in ordine all’accesso al corso di specializzazione universitaria di suo interesse, certezza che potrà maturare solo per effetto dell’eventuale superamento della prova concorsuale e dell’utile collocazione in graduatoria;

§  sia al parere espresso dal Ministero della salute nella nota N. DGPROF/4/I.5.f.b/2011/9, nella quale si asserisce che "dalla lettura del dettato normativo è palese come il legislatore, con il termine “interrompendo”, non abbia inteso precludere al medico in formazione specifica in medicina generale la possibilità di partecipare alle selezioni per l’accesso ai corsi di specializzazione universitaria, fermo restando il principio, in caso di esito positivo, della preclusione alla contemporanea frequenza ad entrambi i corsi".

 

Il comma 3 - tramite novella all’articolo 19, comma 5, del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120 - effettua una modifica di coordinamento conseguente alla disposizione di cui al comma 2, inserendo anche i concorrenti iscritti ai corsi di formazione specifica in medicina generale tra i soggetti per i quali si rende necessario disciplinare le modalità di valutazione dei titoli nell’ambito dei concorsi per l'accesso alle scuole di specializzazione in medicina e chirurgia.

Per effetto della disposizione in esame, si prevede di non valutare i c.d. “titoli aggiuntivi”  (titoli di studio di cui all'art. 5, comma 1, del decreto del Ministro dell’università e della ricerca 10 agosto 2017, n. 130) anche ai concorrenti iscritti ai corsi di formazione specifica in medicina generale, al pari di quanto stabilito con riferimento ai concorrenti: i) in possesso di diploma di specializzazione, ii) titolari di contratto di specializzazione, iii) dipendenti medici delle strutture del Servizio sanitario nazionale o delle strutture private con esso accreditate, e iv) in possesso del diploma di formazione specifica per medico di medicina generale di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368.

Il comma 4 - sempre a fini di coordinamento con la disposizione di cui al comma 2 -  interviene sull’articolo 2, comma 1, del decreto del Ministro dell’università e della ricerca 10 agosto 2017, n. 130, sopprimendo il terzo periodo, che interpretava l'articolo 19, comma 12, della legge n. 448, nel senso di consentire ai medici iscritti ai corsi di formazione specifica in medicina generale la partecipazione ai concorsi per l'accesso alle scuole di specializzazione universitarie di area sanitaria alla condizione di aver terminato il corso di formazione ovvero di rinunciare ad esso, interrompendolo anticipatamente.

 

Si valuti l'opportunità - sotto il profilo della gerarchia delle fonti - di intervenire su una norma di rango secondario con disposizione di rango primario.

 


Articolo 60-bis
(
Modifica del comma 536 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2020, n. 178)

 

 

L’articolo 60-bis sostituisce il comma 536 dell'articolo 1 della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021). Il nuovo testo modifica alcune caratteristiche dell'agevolazione prevista dal vigente comma 536 per sostenere l'investimento in capitale umano in settori strategici per lo sviluppo economico e sociale del Paese e promuovere l'inserimento di giovani neo-laureati nel sistema produttivo.

 

L’articolo in esame, inserito dalla Camera in prima lettura, sostituisce il comma 536 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) in modo da modificare alcune caratteristiche dell'agevolazione prevista per sostenere l'investimento in capitale umano in settori strategici per lo sviluppo economico e sociale del Paese e promuovere l'inserimento di giovani neo-laureati nel sistema produttivo.

 

Si rammenta che i commi da 536 a 539 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2021 prevedono un credito d’imposta per le donazioni effettuate nel 2021 o nel 2022 sotto forma di borse di studio e iniziative formative finalizzate allo sviluppo e alla acquisizione di competenze manageriali, promosse da università pubbliche e private, da istituti di formazione avanzata e da scuole di formazione manageriale pubbliche o private.

In particolare, il comma 536 prevede che ai soggetti pubblici e privati che sostengono finanziariamente, tramite donazioni effettuate nell'anno 2021 o nell'anno 2022, nella forma di borse di studio, iniziative formative finalizzate allo sviluppo e all'acquisizione di competenze manageriali, promosse da università pubbliche e private, da istituti di formazione avanzata o da scuole di formazione manageriale pubbliche e private come definite al comma 537, è concesso un credito d'imposta fino al 100 per cento per le piccole e micro imprese, fino al 90 per cento per le medie imprese e fino all'80 per cento per le grandi imprese dell'importo delle donazioni effettuate fino all'importo massimo di 100.000 euro. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti il Ministro dell'università e della ricerca e il Ministro dello sviluppo economico, sono stabilite le disposizioni per l'attuazione del presente comma e dei commi da 537 a 539 e determinate le aliquote di fruizione del credito d'imposta di cui al primo periodo, al fine del rispetto del limite complessivo di spesa di cui al comma 539.

 

Per effetto delle modifiche approvate, il contributo è ora diretto alle imprese (in luogo dei soggetti pubblici o privati previsti a legislazione vigente).

Inoltre, si precisa che il contributo, sotto forma di credito di imposta, è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.

Infine, si rinvia per le disposizioni attuative a un decreto del Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite, nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato (in luogo di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, sentiti il Ministro dell'università e della ricerca e il Ministro dello sviluppo economico).

Rimangono invece immutate le altre caratteristiche dell'agevolazione: riguarda il sostegno finanziario, tramite donazioni effettuate nell'anno 2021 o nell'anno 2022, nella forma di borse di studio, iniziative formative finalizzate allo sviluppo e all'acquisizione di competenze manageriali, promosse da università pubbliche e private, da istituti di formazione avanzata o da scuole di formazione manageriale pubbliche e private come definite al comma 537. Il credito d'imposta è fino al 100 per cento per le piccole e micro imprese, fino al 90 per cento per le medie imprese e fino all'80 per cento per le grandi imprese dell'importo delle donazioni effettuate fino all'importo massimo di 100.000 euro. Le disposizioni attuative riguardano, oltre al presente comma, anche i commi da 537 a 539, al fine del rispetto del limite complessivo di spesa di cui al comma 539.


Articolo 60-ter
(Interventi a sostegno delle università del Mezzogiorno)

 

 

L’articolo 60-ter, introdotto durante l’esame alla Camera, destina risorse alle università, statali e non statali, del Mezzogiorno aventi un numero complessivo di iscritti non superiore a 9.000.

 

Nello specifico, l’articolo 60-ter dispone che, al fine di promuovere lo sviluppo e di potenziare l’attrattività degli atenei del Mezzogiorno, alle università statali e non statali legalmente riconosciute aventi sede legale nei territori delle regioni Abruzzo, Basilicata, Molise, Campania, Calabria, Puglia, Sardegna e Sicilia, che hanno un numero complessivo di iscritti non superiore a quello ante indicato, è riconosciuto un contributo complessivo di € 2 mln per il 2021, che costituisce limite massimo di spesa.

I criteri e le modalità di ripartizione delle risorse devono essere definiti con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (art. 1, co. 200, L. 190/2014).

 

Per completezza, si ricorda che una disposizione per certi versi analoga è stata prevista dall’art. 1, co. 521, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021) che, ai fini di un adeguato sostegno finanziario delle università del Mezzogiorno, con particolare riferimento alla mitigazione degli effetti della crisi economica derivante dall’emergenza da COVID-19, ha disposto:

- l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell’università e della ricerca (MUR) , del Fondo perequativo a sostegno delle università non statali legalmente riconosciute del Mezzogiorno, con una dotazione di € 5 mln per il 2021[255];

- l’incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali (FFO) di € 3 mln per il 2021, da destinare alle università del Mezzogiorno con un numero di iscritti minore di 20.000[256].

I criteri di ripartizione delle risorse sono stati definiti con DM 619 del 20 maggio 2021 che, in particolare, ha ripartito:

- € 5 mln fra le università non statali LUM “Degennaro”, Kore, Suor Orsola Benincasa e stranieri “Dante Alighieri” ;

- € 3 mln tra le università statali aventi sede nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna, aventi un numero di iscritti ai corsi di laurea e laurea magistrale nell’a.a. 2019/2020 complessivamente inferiore a 20.000.


Articolo 61
(Fondo italiano per la scienza)

 

 

L'articolo 61 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca, il "Fondo italiano per la scienza" con una dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2021 e di 150 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022.

 

Il Fondo italiano per la scienza è destinato a promuovere lo sviluppo della ricerca fondamentale.

Agli oneri derivanti dall'istituzione del Fondo - quantificati in 50 milioni di euro per l'anno 2021 e 150 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022 - si provvede ai sensi dell'articolo 77 del provvedimento in esame, recante le disposizioni finanziarie.

L'individuazione dei criteri e delle modalità per l'assegnazione delle risorse del Fondo è demandata a un decreto del Ministro dell'università e della ricerca, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

Tali criteri e modalità di assegnazione delle risorse devono conformarsi a procedure competitive ispirate ai parametri dello European Research Council (ERC), con particolare riferimento alle tipologie denominate "Starting Grant" e "Advanced Grant".

 

Nella Relazione illustrativa si specifica che "in coerenza con i princìpi che informano il finanziamento della ricerca di base e fondamentale a livello internazionale, i bandi valorizzeranno il contenuto innovativo dei progetti presentati ed il profilo curriculare dei presentatori. I parametri citati nella disposizione prevedono lo svolgimento di progetti di ricerca di durata, di norma, triennale posti sotto la responsabilità di un P.I. (principal investigator) al quale, nell’ambito del finanziamento concesso, è data possibilità di strutturare uno specifico gruppo di ricerca finalizzato all’obiettivo del progetto. Inoltre, una particolare valorizzazione sarà riservata, tra i criteri del bando, alla promozione delle ricerche svolte presso strutture di ricerca nazionali, soprattutto se proposte da ricercatori italiani impegnati all’estero, nei cui confronti, pertanto, tale programma costituisce un incentivo al rientro".

 

Il European Research Council (ERC) - Consiglio europeo della ricerca - è stato istituito nel febbraio 2007 dalla Commissione europea nell'ambito del Settimo programma quadro per la ricerca (7° PQ), al fine di provvedere all'attuazione del programma specifico "Idee" del 7° PQ e sostenere la ricerca di frontiera svolta su iniziativa dei ricercatori.

L'obiettivo principale dell'ERC è stimolare l'eccellenza scientifica in Europa, sostenendo e incoraggiando i migliori scienziati, studiosi ed ingegneri e invitandoli a presentare le loro proposte nei vari settori della ricerca.

L'ERC è composto da un consiglio scientifico indipendente e da un'agenzia esecutiva che opera per conto della Commissione europea. Il consiglio scientifico definisce la strategia scientifica e le relative metodologie, mentre l'agenzia esecutiva provvede all'attuazione di tali strategie e metodologie gestendo le attività di finanziamento dell'ERC nel contesto giuridico del 7° PQ.

L'agenzia esecutiva dell'ERC è stata formalmente istituita nel dicembre 2007 ed è diventata autonoma dal punto di vista amministrativo il 15 luglio 2009.

L'ERC opera in modo trasparente e in piena integrità e autonomia, princìpi di cui è garante la Commissione europea, alla quale il Consiglio rende conto. La Commissione europea detiene la responsabilità finale dell'esecuzione del 7° PQ e del relativo bilancio.

Gli schemi di finanziamento offerti dall'ERC si articolano in tre tipologie:

§  Starting Grant, rivolta a ricercatori in qualsiasi ambito di ricerca che intendono svolgere attività autonoma di ricerca in Europa.

Ai fini dell'erogazione del finanziamento sono richiesti: 2-7 anni di esperienza maturata dopo il conseguimento del dottorato di ricerca (o di un altro titolo equipollente) e con un curriculum scientifico molto promettente; un’eccellente proposta di ricerca; che le attività di ricerca siano svolte presso un’organizzazione di ricerca pubblica o privata (“istituzione ospitante”) situata in uno degli Stati membri dell’UE o dei Paesi associati a Horizon Europe.

Il finanziamento per ciascuna borsa di ricerca è fino a 1,5 milioni di euro per un periodo di 5 anni.

§  Consolidator Grant, rivolto a ricercatori che stanno consolidando il proprio team o progetto di ricerca indipendente.

Ai fini dell'erogazione del finanziamento sono richiesti: 7-12 anni di esperienza maturata dopo il conseguimento del dottorato di ricerca (o di un altro titolo equipollente) e con un curriculum scientifico molto promettente; un’eccellente proposta di ricerca; che le attività di ricerca siano svolte presso un ente di ricerca pubblica o privata (“istituzione ospitante”) situata in uno degli Stati membri dell’UE o dei Paesi associati a Horizon Europe.
Il finanziamento per ciascuna borsa di ricerca è fino a 2 milioni di euro per un periodo di 5 anni.

§  Advanced Grant, rivolto a leader nella ricerca affermati a livello internazionale, di qualsiasi età e nazionalità, al fine di consentire loro di portare avanti progetti altamente innovativi in grado di aprire nuove frontiere di ricerca.

Ai fini dell'erogazione del finanziamento è richiesto di essere scientificamente indipendenti, attivi nella ricerca negli ultimi 10 anni e avere un profilo che identifichi il ricercatore come leader del/i rispettivo/i settore/i di ricerca. Anche in questo caso è richiesto che le attività di ricerca siano svolte presso un’organizzazione di ricerca pubblica o privata (“istituzione ospitante”) situata in uno degli Stati membri dell’UE o dei Paesi associati a Horizon Europe.

Il finanziamento per ciascuna borsa di ricerca è fino a 2,5 milioni di euro per un periodo di 5 anni.

 


Articoli 62 e 62-bis
(Fondazione Centro italiano di ricerca per l’automotive e aerospace)

 

 

L’articolo 62, nel testo originario, modificava la normativa sul Centro nazionale di eccellenza per la ricerca, l’innovazione e il trasferimento tecnologico nel settore automotive nell’area di crisi industriale complessa di Torino al fine di renderla compatibile con la disciplina degli aiuti di Stato a favore della ricerca, sviluppo e innovazione, prevedendo una autorizzazione di spesa permanente di 20 milioni di euro a decorrere dal 2021.

 

L’articolo 62-bis, a sua volta, riporta l’autorizzazione di spesa al solo periodo 2020-2021, ridisciplinando del tutto l’Istituto, istituendo, con la natura giuridica di fondazione, il Centro Italiano di ricerca per l'Automotive sui temi tecnologici ed ambiti applicativi relativi alla manifattura partendo da automotive e aerospace con prevedibili evoluzioni verso Industria 4.0 e la sua intera catena del valore, per la creazione di un'infrastruttura di ricerca ed innovazione che utilizzi i metodi di intelligenza artificiale.

Per la costituzione della Fondazione e per la realizzazione del progetto volto ad incrementare l'innovazione del Paese nel settore dell'automotive è autorizzata la spesa di 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2021. Ai relativi oneri si provvede, quanto a 20 milioni per il 2021, mediante corrispondente riduzione del Fondo esigenze urgenti ed indifferibili, come rifinanziato dall’art. 77, comma 7 del decreto legge, a decorrere dall’anno 2022, ai sensi dell’art. 77.

 

L’articolo 49 del decreto-legge 19 maggio 2020 prevede la realizzazione di un’infrastruttura di ricerca di interesse nazionale denominata Centro nazionale per la ricerca, l’innovazione e il trasferimento tecnologico nel campo della mobilità e dell’automotive, con sede a Torino, nell'ambito del programma green new deal e del Piano Transizione 4.0. Il centro è destinato a favorire i processi di transizione ecologica nei settori della mobilità sostenibile pubblica e privata e la competitività dell’industria dell’automotive, prevedendo una spesa di 20 milioni di euro per il 2020.

L’articolo 49 del decreto-legge n. 34 del 2020 prevedeva che il finanziamento fosse erogato nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 26 del regolamento (UE) n. 651/2014.

 

Il richiamato articolo 26 disciplina gli aiuti agli investimenti per le infrastrutture di ricerca.

Il paragrafo 1 prevede che gli aiuti alla creazione o all'ammodernamento delle infrastrutture di ricerca che svolgono attività economiche sono compatibili con il mercato interno ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, del Trattato e sono esentati dall'obbligo di notifica di cui all'articolo 108, paragrafo 3, del trattato purché soddisfino le condizioni di cui allo stesso articolo e al capo I.

In base al paragrafo 2, se un'infrastruttura di ricerca svolge attività sia economiche che non economiche, i finanziamenti, i costi e le entrate di ciascun tipo di attività sono contabilizzati separatamente sulla base di principi contabili applicati con coerenza e obiettivamente giustificabili.

Il paragrafo 3 prevede che il prezzo applicato per la gestione o l'uso dell'infrastruttura corrisponde a un prezzo di mercato.

Ai sensi del paragrafo 4, l'accesso all'infrastruttura è aperto a più utenti e concesso in modo trasparente e non discriminatorio. Le imprese che hanno finanziato almeno il 10 % dei costi di investimento dell'infrastruttura possono godere di un accesso preferenziale a condizioni più favorevoli. Al fine di evitare una sovracompensazione, è necessario che tale accesso sia proporzionale al contributo dell'impresa ai costi di investimento e che tali condizioni siano rese pubbliche.

Per il paragrafo 5, i costi ammissibili corrispondono ai costi degli investimenti materiali e immateriali mentre giusta il paragrafo 6 l'intensità di aiuto non supera il 50 % dei costi ammissibili.

Infine, il paragrafo 7 prevede che se un'infrastruttura di ricerca riceve finanziamenti pubblici per attività sia economiche che non economiche, gli Stati membri istituiscono un meccanismo di monitoraggio e di recupero al fine di garantire che l'intensità di aiuto applicabile non venga superata in conseguenza di un aumento della proporzione di attività economiche rispetto alla situazione prevista alla data di concessione degli aiuti.

 

La relazione illustrativa chiarisce che le modifiche sono volte a meglio rispettare i criteri di distinzione tra attività economiche e attività non economiche. In base alla disciplina comunitari appena ricordata, infatti, le sovvenzioni alle prime sono classificabili come aiuto di Stato, mentre i finanziamenti alle attività non economiche non costituiscono aiuto.

 

Per attività non economiche si intendono:

§  la formazione nell’ambito del sistema nazionale di istruzione,

§  la ricerca, anche collaborativa, condotta in maniera indipendente,

§  la diffusione della conoscenza su base trasparente e non discriminatoria.

 

A queste si aggiungono le attività di trasferimento tecnologico qualora i proventi vengano completamente reinvestiti nelle attività di formazione, ricerca e diffusione, sulla base di specifica disposizione statutaria.

 

Per attività economiche si intendono invece:

§  la locazione di attrezzature o laboratori alle imprese,

§  la fornitura di servizi a imprese

§  l’esecuzione di contratti di ricerca per conto di terzi.

 

Esiste poi una sorta di soglia di tolleranza per lo sfruttamento imprenditoriale delle attività di ricerca, posto che se le attività economiche realizzate con gli stessi fattori produttivi utilizzati dall’istituto di ricerca per le attività non economiche non eccedono il 20% della capacità produttiva complessiva, tali attività (economiche) possono essere compatibili con il non aiuto a condizione che la distinzione tra le due tipologie di attività sia chiaramente individuabile e se ne tenga una contabilità separata.

Pertanto, l’articolo 62, comma 1, lettera a), modifica il comma 1 dell’articolo 49 del dl n. 34 del 2020 attribuendo carattere permanente alla spesa di 20 milioni, non più circoscritta al solo 2020.

Con le modifiche apportate in prima lettura alla Camera, l’autorizzazione di spesa torna ad avere carattere temporaneo, relativo agli anni 2020 e 2021.

Il comma 2, lettera b), specifica le funzioni del Centro nel senso di accentuare il carattere non economico (o imprenditoriale) delle sue attività.

In questo senso le modifiche al comma 2 dell’articolo 49 richiamato:

a)   prevedono la collaborazione del Centro non solo con istituti di ricerca nazionali ed europei, ma anche con le università;

b)  le attività di trasferimento delle conoscenze avvengono "anche mediante attività di formazione", eliminando il riferimento all’istruzione;

c)   viene esplicitato che il Centro promuove e organizza attività di:

§  ricerca e sviluppo (R&S) svolta in maniera indipendente e volta all'acquisizione di maggiori conoscenze e di una migliore comprensione inclusa la R&S collaborativa, nel cui ambito il Polo intraprende un'effettiva collaborazione;

§  ampia diffusione dei risultati della ricerca su base non esclusiva e non discriminatoria;

§  formazione volta a ottenere risorse umane qualificate per le competenze inerenti l'attività del Centro.

 

Il comma 1, lettera c), infine, identifica il Politecnico di Torino come soggetto responsabile della realizzazione del Centro.

Il beneficiario delle risorse pubbliche è pertanto lo stesso Politecnico, che entro il 31 luglio 2021 deve sottoporre alla valutazione e approvazione del MISE una proposta progettuale contenente i criteri, le modalità e i tempi di attuazione dell'intervento e di realizzazione dell'infrastruttura.

Entro 40 giorni dalla presentazione della proposta, il Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell'università e della ricerca, approva la proposta con apposito decreto.

 

Il comma 2, con riguardo all’onere finanziario pari a 20 milioni di euro a decorrere dal 2021, rinvia al successivo articolo 77.

 

L’articolo 62-bis, anche se formalmente ha natura di articolo aggiuntivo, nella sostanza sostituisce l’articolo 62, modificando la governance, la natura giuridica ed il raggio di azione del centro di ricerca. Pertanto, l’autorizzazione permanente di spesa di 20 milioni annui viene ricondotto al nuovo Centro di ricerca, con decorrenza dal 2021.

Entrambe le strutture avranno sede a Torino. Il Centro di cui all’articolo 62-bis unisce il settore della ricerca sulla mobilità e l’automotive a quello dell’intelligenza artificiale, precedentemente non menzionata.

Il nuovo Centro ha la natura giuridica di una fondazione, di cui sono membri fondatori il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero dell’università e della ricerca e il Ministero dello sviluppo economico, ai quali è attribuita la vigilanza sulla fondazione medesima (comma 2).

Il comma 3 contiene la disciplina per l’avvio della fondazione, prevedendo l’emanazione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca e con il Ministro dello sviluppo economico, entro sessanta giorni dalla conversione in legge del decreto ai fini della nomina del comitato di coordinamento, che dovrà predisporre lo schema di statuto della fondazione, da approvare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze (di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca e con il Ministro dello sviluppo economico).

Ai componenti del comitato di coordinamento non spettano indennità o altri emolumenti.

Lo statuto prevede forme di partecipazione – anche finanziaria - alla fondazione da parte di altri enti pubblici e privati.

 

Il comma 4, conseguenzialmente, prevede che il patrimonio della fondazione sia costituito da apporti dei citati Ministeri, da ulteriori apporti dello Stato, nonché dalle risorse provenienti da soggetti pubblici e privati.

 

Ai sensi del comma 5, per lo svolgimento dei propri compiti la fondazione può avvalersi di personale, anche di livello dirigenziale, messo a disposizione dalle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196. La fondazione può avvalersi, inoltre, della collaborazione di esperti e di società di consulenza nazionali ed estere, ovvero di università e di istituti universitari e di ricerca.

Il comma 6 attribuisce alla fondazione, in quanto polo scientifico infrastrutturale a sostegno della ricerca e dello sviluppo, il compito di agire con approccio multidisciplinare nel rispetto dei princìpi di piena accessibilità per la comunità scientifica nazionale. A tale fine la fondazione presenta una relazione biennale ai Ministeri vigilanti, che la trasmettono alle Camere, sulle attività svolte e programmate.

Il comma 7 prevede una convenzione (da sottoscrivere entro il 30 giugno 2022) tra la fondazione, i membri fondatori e gli altri soggetti finanziatori, per definire le modalità di attuazione delle attività della fondazione, tra cui:

a) individuare periodicamente programmi di ricerca e innovazione da realizzare con l’uso maggioritario delle risorse poste a carico dello Stato, mediante bandi rivolti alla comunità scientifica esterna alla fondazione;

b) promuovere il costante confronto con il sistema di ricerca nazionale per massimizzare la compatibilità e l’integrazione delle facility della fondazione con quelle presenti nel sistema nazionale di ricerca;

c) avviare e coordinare le procedure competitive annuali per la selezione, secondo le migliori pratiche internazionali, di progetti presentati per l’accesso alle facility infrastrutturali da ricercatori o gruppi di ricercatori, afferenti a università ed enti pubblici di ricerca, a cui garantire l’uso prevalente delle facility infrastrutturali della fondazione. Ai fini dell’attribuzione dei risultati delle ricerche, i ricercatori che svolgono in tutto o in parte i loro progetti di ricerca presso la fondazione conservano l’affiliazione all’ente scientifico di provenienza;

d) prevedere modalità di reclutamento di ricercatori, in via prioritaria, nell’ambito del sistema universitario e della ricerca, che consentano, attraverso specifiche convenzioni con le istituzioni interessate, la doppia affiliazione.

Come anticipato, il comma 8 autorizza la spesa di 20 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2021.

 

Si segnala che nell’anno 2021 coincidono le autorizzazioni di spesa (20 milioni) per il polo di eccellenza di cui all’articolo 62 e per la fondazione di cui all’articolo 62-bis, per un totale di 40 milioni per l’anno in corso.

 

Il comma 9 prevede gli atti connessi alle operazioni di costituzione della fondazione e di conferimento e devoluzione alla stessa sono esclusi da ogni tributo e diritto e sono effettuati in regime di neutralità fiscale.

 

Ai sensi del comma 10, le modalità di attuazione della disposizione in commento, nonché il trasferimento delle risorse alla fondazione, sono stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca e con il Ministro dello sviluppo economico.

L’ultimo comma (comma 11) provvede alla copertura finanziaria.

 


Articolo 63
(Misure per favorire le opportunità e per il contrasto
alla povertà educativa)

 

 

Per il 2021, l’articolo 63 incrementa di 135 milioni di euro il Fondo per le politiche della famiglia. Tali risorse sono destinate al finanziamento delle iniziative dei Comuni rivolte al potenziamento dei centri estivi, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa destinati alle attività dei minori. Gli interventi possono essere attuati nel periodo 1 giugno - 31 dicembre 2021, anche in collaborazione con enti pubblici e privati. I criteri di riparto delle risorse ai Comuni, nonché le modalità di monitoraggio dell’attuazione degli interventi finanziati, e quelle di recupero delle somme attribuite, nel caso di mancata manifestazione di interesse alle iniziative, ovvero di mancata o inadeguata realizzazione dell’intervento, sono stabiliti con decreto del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, previa intesa in sede di Conferenza unificata.

Inoltre, l’articolo in commento proroga per l’anno 2022 l’operatività del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e rifinanzia il contributo riconosciuto alle Fondazioni bancarie sotto forma di credito di imposta, incrementandone l’ammontare nella misura di ulteriori 45 milioni di euro nel 2021 (passando così il contributo da 55 a 100 milioni) e fissandolo in 55 milioni di euro nel 2022.

Infine, viene estesa al 2022 l’assegnazione alle fondazioni bancarie di un contributo sotto forma di credito d'imposta delle erogazioni effettuate nei periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2017, a condizione che le predette erogazioni siano utilizzate dai soggetti richiedenti nell'ambito dell'attività non commerciale, relativamente ai progetti finalizzati alla promozione del welfare di comunità. Il contributo stanziato per il 2022 è di 60 milioni di euro.

 

Commi da 1 a 4 - Iniziative dei Comuni per il potenziamento dei centri estivi, dei servizi socioeducativi e dei centri ricreativi per minori, finanziate a valere sul Fondo politiche per la famiglia

 

Al fine di sostenere le famiglie anche mediante l’offerta di opportunità educative rivolte ai figli, una quota di risorse a valere sul Fondo per le politiche della famiglia è destinata al finanziamento delle iniziative dei Comuni rivolte al potenziamento dei centri estivi, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa destinati alle attività dei minori.

Come sottolineato dalla Relazione illustrativa al provvedimento, l’articolo in esame riproduce la previsione di cui all’art. 105 del decreto legge n. 34 del 2020 (a questo proposito si veda infra nel Box dedicato al Fondo per le politiche della famiglia). Infatti, dal monitoraggio in corso, a cura del Dipartimento per le politiche della famiglia, è emerso l’avvenuto utilizzo in una percentuale superiore al 90 % delle risorse erogate, attestando l’importanza dell’iniziativa in un periodo di oggettiva difficoltà economica e sociale per le famiglie con figli, correlata all’emergenza epidemiologica in atto. Il protrarsi della situazione rende pertanto opportuno, sottolinea la Relazione, estendere l’arco temporale di riferimento, consentendo il finanziamento anche di interventi da svolgere oltre il periodo estivo, ovvero fino al 31 dicembre 2021, ovviamente riferibili alle tipologie di iniziative menzionate nella norma e compatibili con il lasso temporale di riferimento (servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa destinati alle attività dei minori).

 

Si valuti l’opportunità di indicare in modo specifico la fascia di età dei minori a cui sono rivolte le iniziative dei Comuni

 

L'ordinanza congiunta Salute/Famiglia del 21 maggio 2021 reca "Linee guida per la gestione in sicurezza di attività; educative non formali e informali, e ricreative, volte al benessere dei minori durante l'emergenza COVID-19". Le Linee guida, che aggiornano il documento di cui all'allegato 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 2 marzo 2021, si rivolgono ai soggetti pubblici e privati che offrono attività; educative non formali e informali, nonche? attività ricreative volte al benessere dei minori, fermi restando i protocolli e le linee guida vigenti che disciplinano attività specifiche (es. attività sportive, attività culturali, ecc.). Tra tali attività sono ricomprese, a titolo esemplificativo le attività svolte: in centri estivi; in servizi socioeducativi territoriali; in centri con funzione educativa e ricreativa destinati ai minori; presso associazioni, scout, cooperative, parrocchie e oratori e gruppi giovanili delle comunità religiose (c.d. attività di comunità). Sono inoltre ricomprese: attività educative che prevedono il pernottamento, anche residenziali; spazi per il gioco libero, laboratori e servizi doposcuola, ludoteche; scuole di danza, lingua, musica, teatro e altre attività educative extracurriculari, con esclusione di attività di formazione professionale; attività presso istituzioni culturali e poli museali; attività che prevedono la costante presenza dei genitori o tutori insieme ai bambini in età da 0 a 6 anni (es. corsi per neogenitori, corsi di massaggio infantile); attività svolte da nidi e micronidi, sezioni primavera e servizi integrativi che concorrono all'educazione e alla cura delle bambine e dei bambini; attività di nido familiare (cd. tagesmutter); attività all'aria aperta (es. parchi pubblici, parchi nazionali, foreste).

 

Gli interventi possono essere attuati nel periodo 1 giugno - 31 dicembre 2021, anche in collaborazione con enti pubblici e privati. Per le finalità supra illustrate, il Fondo per le politiche della famiglia è incrementato, per il 2021, di 135 milioni di euro. Al relativo onere, pari a 135 milioni di euro per l'anno 2021, si provvede ai sensi dell'articolo 77 del decreto in commento (comma 4).

 

 

Il Fondo per le politiche della famiglia è stato istituito ai sensi dell'art. 19, comma 1, del decreto legge n. 223 del 2006 per promuovere e realizzare interventi a tutela della famiglia, nonché per supportare l'Osservatorio nazionale sulla famiglia. Il Fondo è stato ridisciplinato dalla legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

L'art. 3 del decreto legge n. 86 del 2018, in materia di riordino delle competenze dei Ministeri, ha confermato in capo al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro delegato per la famiglia e le disabilità (ora Ministro per le pari opportunità e la famiglia), le funzioni precedentemente svolte dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di famiglia, attribuendone ulteriori con la finalità di raccordare alcune competenze proprie della materia della famiglia, quali i profili relativi alle adozioni, nazionali e internazionali, nonché un più ampio novero di funzioni attinenti l'infanzia e l'adolescenza. Le modifiche all'ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio è avvenuto con l'adozione del DPCM 21 ottobre 2019. Conseguentemente, la legge di bilancio 2019 (art. 1, comma 482, della legge n. 145 del 2018) ha introdotto una nuova disciplina e nuove finalizzazioni del Fondo.

Con riferimento alle risorse del Fondo, dal 2019, la dotazione a regime del Fondo è pari a 100 milioni di euro. Nel periodo emergenziale da COVID-19, l'art. 105 del Decreto Rilancio (decreto legge n. 34 del 19 maggio 2020) ha incrementato, per il 2020, le risorse del Fondo di 150 milioni di euro, allo scopo di destinare ai Comuni una quota di 135 milioni per il potenziamento durante il periodo estivo, anche in collaborazione con istituti privati, dei centri estivi diurni, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa per i bambini e adolescenti di età compresa tra zero e 16 anni, nonché di destinare i restanti 15 milioni di euro al contrasto della povertà educativa con iniziative mirate. L'incremento di 150 milioni, previa Intesa in Conferenza unificata, è stato ripartito con il decreto 25 giugno 2020, che ha disposto il riparto fra le regioni e le province autonome, con i criteri utilizzati per la ripartizione del Fondo nazionale per le Politiche sociali, di 135 milioni (si veda per questo l’Allegato 1, mentre le quote di risorse finanziarie da destinare ai singoli Comuni interessati sono indicate nell’Allegato 2). I restanti 15 milioni sono stati assegnati tramite il bando Educare in Comune, per progetti per il contrasto della povertà educativa e il sostegno delle opportunità culturali e educative di persone minorenni.

Successivamente l'art. 19 del decreto legge n. 183 del 2020 di proroga termini (inserendo il comma 3-bis nel corpo dell'art. 105 del Decreto rilancio) ha espressamente previsto che le risorse non utilizzate, iscritte sul pertinente capitolo del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio, nel limite di 15 milioni di euro, possono essere spese fino a giugno 2021.
Il Fondo, per il 2021, ha raggiunto una dotazione finale pari a 155,9 milioni di euro grazie all'incremento di 50 milioni previsto dalla legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 23, della legge n. 178 del 2020) per sostenere il rientro al lavoro delle lavoratrici madri e per favorire la conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura della famiglia.

 

I criteri di riparto delle risorse ai Comuni (tenuto conto della popolazione minorenne come risultante dai dati ISTAT relativi all’ultimo censimento della popolazione residente), nonché le modalità di monitoraggio dell’attuazione degli interventi finanziati, e quelle di recupero delle somme attribuite, nel caso di mancata manifestazione di interesse alle iniziative, ovvero di mancata o inadeguata realizzazione dell’intervento, sono stabilite con decreto del Ministro per le pari opportunità e la famiglia, previa intesa in sede di Conferenza unificata (comma 2). Alla erogazione delle risorse ai Comuni, sulla base dei criteri stabiliti, provvede la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche della famiglia, tramite ricorso ad anticipazione di tesoreria disposta dal Ministero dell’economia e delle finanze, regolarizzata con l’emissione degli ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa entro la conclusione dell’esercizio 2021 (comma 3).

 

Con riferimento alla procedura di individuazione dei beneficiari, la Relazione illustrativa al procedimento chiarisce che “il riferimento alla manifestazione di interesse alle iniziative si è reso necessario per rimediare ad una criticità gestionale emersa in riferimento alla procedura del 2020, stante che la ripartizione sulla base del computo di tutti i Comuni astrattamente coinvolgibili, al di là del concreto interesse, rende più celere e efficace la prima fase di attribuzione delle risorse, “decurtabili” ex post una volta appurata la mancanza di volontà di iniziative nel settore. Si è infine ritenuto utile replicare, legificandone il meccanismo, lo schema procedimentale seguito con riferimento all’anno 2020, che assicura la tempestività della concreta erogazione dei benefici e ne migliora conseguentemente l’efficacia. L’importo della spesa necessaria è stato quantificato riproponendo il dato “storico” rivelatosi congruo e, come detto, pressoché completamente utilizzato, per l’anno 2020, con identica allocazione finanziaria”.

 

Commi da 5 a 8 – Iniziative per il contrasto della povertà educativa minorile e per la promozione del welfare di comunità: proroga dell’operatività del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile e rifinanziamento del credito riconosciuto alle Fondazioni bancarie

 

Il comma 5 proroga per l’anno 2022 l’operatività del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, di cui all'articolo 1, comma 392, della stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015). Pertanto, per il 2022 viene rifinanziato il contributo riconosciuto alle Fondazioni bancarie sotto forma di credito di imposta, nella misura del 65 per cento dei versamenti effettuati dalle stesse Fondazioni al Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Inoltre si incrementa l’ammontare del contributo nella misura di ulteriori 45 milioni di euro nel 2021 (passando così da 55 a 100 milioni) e di 55 milioni di euro nel 2022.

L’intervento legislativo è attuato modificando l’art. 1, comma 394, primo e secondo periodo, della legge n. 208 del 2015[257] e l’art. 1, comma 478, primo periodo, della legge n.145 del 2018[258].

 

 

La Legge di Stabilità per il 2016 (Legge n. 208 del 2015) ha previsto, ai commi 392-395, l'istituzione del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, con l'obiettivo sostenere l'infanzia svantaggiata. Il Fondo è alimentato dai versamenti delle Fondazioni di origine bancaria, alle quali è stato riconosciuto un contributo, pari a 100 milioni di euro, per ciascun anno del triennio 2016-2018, sotto forma di credito d'imposta, pari al 75 per cento dei versamenti effettuati. Successivamente, la legge di bilancio 2019 (Legge n.145 del 2018, art. 1, commi 478-480) ha confermato il Fondo per il successivo triennio 2019-2021, mettendo a disposizione 55 milioni di euro annui di credito di imposta a favore delle Fondazioni di origine bancaria che possono usufruirne per il 65% degli importi versati.

Come precisato dalla Relazione illustrativa al provvedimento, nel 2019 e nel 2020 sono stati riconosciuti crediti alle Fondazioni per circa 55 milioni di euro annui.

Il Fondo è disciplinato dal Protocollo d'Intesa siglato da Acri, Presidenza del Consiglio dei Ministri, MEF e Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il soggetto attuatore è stato individuato nella Fondazione con il Sud, attraverso l'impresa sociale "Con i Bambini", appositamente costituita per lo scopo, al fine di garantire maggiore trasparenza e tracciabilità della gestione del Fondo. Le risorse vengono assegnate tramite bandi, mentre le scelte di indirizzo strategico vengono definite da un apposito Comitato di indirizzo composto pariteticamente da Fondazioni di origine bancaria, Governo, organizzazioni del Terzo Settore e rappresentanti di ISFOL e EIEF – Istituto Einaudi per l'economia e la finanza. Nel triennio 2016-2018 le Fondazioni hanno alimentato il Fondo con circa 360 milioni di euro.

La legge di bilancio 2018 (L. 205/2017), all'art. 1, co. 230, ha poi attribuito all'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) il compito di definire i parametri e gli indicatori misurabili al fine dell'individuazione di zone di intervento prioritario per la realizzazione di specifici interventi educativi urgenti per il contrasto della povertà educativa minorile sul territorio nazionale. E' stato così definito l'IPE – Indice di Povertà Educativa (riferito ad un target di giovani tra i 15 e i 29 anni) attraverso quattro dimensioni riferibili a: Partecipazione, Resilienza, Capacità di intessere relazioni e Standard di vita.

Con i Bambini ha pubblicato ad oggi undici bandi ( Prima Infanzia (0-6 anni), Adolescenza (11-17 anni), Nuove Generazioni 5-14 anni, Un passo avanti, Ricucire i sogni, Cambio rotta, A braccia aperte, Un domani possibile , Non uno di meno, Comincio da zero, Bando per le comunità educanti). Nella gestione dei bandi, è stato introdotto l'elemento della valutazione di impatto.

Nel periodo emergenziale, l'art. 105 del decreto legge n. 34 del 2020 (c.d. Decreto rilancio) ha stanziato 150 milioni di euro, di cui, come detto, 135 milioni destinati ai comuni per le iniziative dei centri estivi e 15 milioni destinati a progetti di contrasto della povertà educativa.

Sempre in tema di povertà educativa si segnala in ultimo l'art. 246 del medesimo Decreto rilancio, che, nel 2020, ha destinato 20 milioni all’erogazione di contributi volti al sostegno degli enti del terzo settore nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia (qui il Bando per le Regioni del Mezzogiorno per risorse pari a 16 milioni), Lombardia e Veneto[259] per interventi riservati al contrasto alla povertà educativa, e 20 milioni per l'anno 2021, per interventi aventi finalità di rafforzamento dell'azione a tutela delle fasce più deboli della popolazione a seguito dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. La concessione dei contributi è a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020.

 

Il comma 7 estende al 2022 le misure previste dall’art. 1, comma 202, della legge n. 205 del 2017[260], che assegna alle fondazioni bancarie un  contributo sotto forma di credito d'imposta pari al 65% delle erogazioni effettuate nei periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2017, relativamente ai progetti finalizzati alla promozione del welfare di comunità attraverso interventi di contrasto alle povertà e fragilità sociali, al disagio di famiglie con minori, alla domiciliarità delle cure a anziani e disabili, alla dotazione di strumentazioni per le cure sanitarie, all’inclusione socio-lavorativa, alla promozione dell’occupazione. Il contributo stanziato per il 2022, pari a 60 milioni di euro (della stessa entità del contributo stanziato dalla legge di bilancio 2018 per ciascun anno del triennio 2019-2021), è assegnato secondo l'ordine temporale con cui le fondazioni comunicano all'Associazione di fondazioni e di casse di risparmio S.p.A. (ACRI) l'impegno a effettuare le erogazioni.

L’intervento legislativo è attuato modificando l’art. 1, comma 202, primo periodo, della legge n. 205 del 2017.

 

Il comma 8 reca l’autorizzazione di spesa per gli oneri derivanti dai commi 5, 6 e 7 pari a 45 milioni di euro per l’anno 2021 e 115 milioni di euro per l’anno 2022, in particolare si provvede:

§   quanto a 45 milioni di euro per l’anno 2021 ai sensi dell’art. 77 del provvedimento in esame;

§   quanto a 115 milioni di euro per l’anno 2022 mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui al Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (ex art. 1, comma 200, legge di stabilità 2015 - legge n. 190 del 2014).

 

 


Articolo 63-bis
(Disposizioni in materia di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica)

 

 

L’articolo 63-bis modica l’articolo 2, comma 5, del decreto legislativo n. 112 del 2008, al fine di prevedere, nell’ambito delle convenzioni accessorie al rilascio dei permessi di costruire, concernenti la realizzazione di nuovi edifici residenziali che le amministrazioni competenti individuino in termini preferenziali, tra le opere da realizzare a scomputo degli oneri di urbanizzazione primaria, ai sensi dell’articolo 16, comma 2, secondo periodo del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, quelle necessarie ad assicurare il collegamento in fibra ottica tra l’edificio e il nodo di connessione più vicino.

 

L’articolo 2, comma 5, del decreto legislativo n. 112 del 2008 dispone che le infrastrutture destinate all'installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'articolo 16, comma 7, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

L’articolo 16, comma 2, secondo periodo del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 prevede che a scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio indisponibile del comune.

 

L’obiettivo della disposizione, considerato l’obbligo già esistente per gli edifici di nuova costruzione di predisporre all’interno le infrastrutture in fibra ottica per le connessioni ultraveloci delle singole unità abitative (ai sensi dell’articolo 135-bis del DPR 380 del 2001), è quello di rendere più agevole la realizzazione dei collegamenti in fibra ottica delle zone di nuova urbanizzazione indicando tra le opere che possono essere realizzate dai privati a scomputo degli oneri di urbanizzazione in termini preferenziali la predisposizione di quanto necessario al collegamento dei nuovi edifici residenziali con il più vicino nodo di connessione alla rete in fibra ottica.


Articolo 64, commi da 1 a 11
(Misure in favore dell’acquisto della casa di abitazione)

 

 

L’articolo 64 proroga fino al 31 dicembre 2021 alcune disposizioni riguardanti l'operatività e l'estensione dei requisiti di accesso del Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa ("Fondo Gasparrini"), già previste a legislazione vigente a seguito dell'emergenza da COVID-19 (comma 1).

Incrementa (di 290 milioni di euro per il 2021 e di 250 milioni di euro per il 2022) la dotazione del Fondo di garanzia per la prima casa, modificando taluni requisiti per l'accesso ai benefici dello stesso (commi da 2 a 5). Durante l'esame presso la Camera dei deputati, è stato inserito un nuovo comma 3-bis, il quale specifica che i soggetti finanziatori sono tenuti ad indicare, in sede di richiesta della garanzia, le condizioni economiche di maggior favore applicate ai beneficiari in ragione dell’intervento del Fondo. Dispone talune forme di esenzione dall'imposta di registro e dalle imposte ipotecaria e catastale in relazione ad atti traslativi della proprietà - nonché atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione - riferiti alle "prime case", a favore di soggetti che non abbiano compiuto trentasei anni di età. Disciplina, altresì, i casi di insussistenza delle condizioni o dei requisiti richiesti per la fruizione di tali agevolazioni nonché di decadenza dalle medesime agevolazioni (commi da 6 a 11).

 

Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa - "Fondo Gasparrini" (comma 1)

 

Il comma 1 stabilisce che si applichino fino al 31 dicembre 2021 le disposizioni concernenti l'operatività del Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa ("Fondo Gasparrini") previste dall’articolo 54, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020 ("Cura Italia", convertito, dalla legge n. 27 del 2020). 

L'art. 54, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 18 del 2020 stabilisce che, in deroga alla ordinaria disciplina del Fondo in oggetto, i relativi benefici siano estesi a lavoratori autonomi, liberi professionisti, imprenditori individuali e piccoli imprenditori (di cui all'articolo 2083 c.c.[261]) a condizione che tali soggetti autocertifichino - secondo le ordinarie procedure  degli articoli 46 e 47 del D.P.R. n. 445 del 2000 - di aver registrato, in un trimestre successivo al 21 febbraio 2020 e precedente la domanda - ovvero nel minor lasso di tempo intercorrente tra il 21 febbraio 2020 e la data della domanda, qualora non sia trascorso un trimestre - un calo del proprio fatturato che sia superiore al 33% del fatturato dell’ultimo trimestre 2019, in conseguenza della chiusura o della restrizione della propria attività a seguito delle misure adottate per l’emergenza da COVID-19.

La lettera a-bis) del comma 1 dell’art. 54 in commento, prevede che l'ammissione ai benefìci del Fondo sia estesa alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, per mutui ipotecari, erogati alle predette cooperative, di importo massimo pari al prodotto tra l’importo di 400.000 euro (indicato alla lettera b) del medesimo comma 1) e il numero dei rispettivi soci, qualora almeno il 10% dei soci assegnatari di immobili residenziali e relative pertinenze si trovi nelle condizioni previste dall'art. 2, comma 479, della legge n. 244 del 2007. Quest'ultimo elenca le cause di ammissione ai benefici a valere sul Fondo (v. infra).

Per tali cooperative la sospensione delle rate del mutuo opera (lettera a-ter)):

§  per 6 mesi, qualora sussistano le condizioni, verificatesi successivamente al 31 gennaio 2020, per un numero di assegnatari pari ad almeno il 10 per cento dei soci;

§  per 12 mesi, qualora le medesime condizioni, verificatesi successivamente al 31 gennaio 2020, riguardino un numero di assegnatari compreso tra un valore superiore al 20 per cento e fino al 40 per cento dei soci;

§  per 18 mesi, qualora le medesime condizioni, verificatesi successivamente al 31 gennaio 2020, riguardino un numero di assegnatari superiore al 40 per cento dei soci.

La lettera a-quater) del comma 1 dell'art. 54 in questione disciplina le modalità di presentazione delle domande da parte delle cooperative.

 

In deroga alle norme generali sull’accesso al Fondo, la lettera b), chiarisce che non è richiesta la presentazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). Si prevede (prosegue la medesima lettera b)): che sono ammissibili mutui di importo non superiore a 400.000 euro (importo elevato rispetto al precedente limite di 250.000 euro); che la sospensione del pagamento delle rate può essere concessa anche ai mutui già ammessi ai benefici del Fondo per i quali sia ripreso, per almeno tre mesi, il regolare ammortamento delle rate.

Infine (comma 1, lettera b-bis)), si prevede che la sospensione del pagamento delle rate può essere concessa anche ai mutui che fruiscono della garanzia del Fondo di garanzia per la prima casa (v. infra).

 

Si ricorda che l’articolo 2 della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007, commi 475 e seguenti) ha istituito il Fondo di solidarietà per i mutui per l'acquisto della prima casa presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze.

In sintesi, la disciplina del Fondo - come modificata in seguito dalla legge n. 92/2012 (riforma del mercato del lavoro) - consente ai titolari di un mutuo per l'acquisto della prima casa di beneficiare della sospensione del pagamento delle rate al verificarsi di situazioni di temporanea difficoltà, destinate ad incidere negativamente sul reddito complessivo del nucleo familiare.

Il Fondo, su richiesta del mutuatario che intende avvalersi della facoltà di sospensione per i mutui concessi da intermediari bancari o finanziari, provvede al pagamento degli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione.

La sospensione può essere chiesta per non più di due volte e per un periodo massimo di diciotto mesi nel corso dell'esecuzione del contratto. In tal caso, la durata del contratto di mutuo e delle garanzie relative viene prorogata di un periodo eguale alla durata della sospensione. Al termine della sospensione, il pagamento delle rate riprende secondo gli importi e con la periodicità originariamente previsti dal contratto, salvo diverso patto eventualmente intervenuto fra le parti per la rinegoziazione delle condizioni del contratto medesimo. La sospensione non comporta l'applicazione di alcuna commissione o spesa di istruttoria ed avviene senza richiesta di garanzie aggiuntive.

La sospensione non può essere chiesta: nel caso di ritardo nei pagamenti superiore a novanta giorni consecutivi, ovvero per i quali sia intervenuta la decadenza dal beneficio del termine o la risoluzione del contratto stesso, anche tramite notifica dell'atto di precetto, o sia stata avviata da terzi una procedura esecutiva sull'immobile ipotecato; nel caso di fruizione di agevolazioni pubbliche; per i mutui relativamente ai quali sia stata stipulata un'assicurazione a copertura del rischio che si verifichino gli eventi che danno diritto al beneficio della sospensione, a specifiche condizioni.

Il beneficio è previsto nelle ipotesi individuate dall’articolo 2, comma 479 della richiamata legge n. 244 e, più precisamente, in caso di:

§  cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa;

§  cessazione dei rapporti di lavoro parasubordinato o di rappresentanza commerciale o di agenzia (art. 409 n. 3 del c.p.c.), sempre salva la risoluzione consensuale, il recesso datoriale per giusta causa, il recesso del lavoratore non per giusta causa;

§  morte o riconoscimento di grave handicap ovvero di invalidità civile (ai sensi della legge n. 104 del 1992) non inferiore all'80%.

A seguito di novella introdotta dall'art. 54 del decreto-legge n. 18 del 2020, tra le cause di ammissione al Fondo, rientrano anche la sospensione dal lavoro o la riduzione dell’orario di lavoro per un periodo di almeno trenta giorni, anche in attesa dell’emanazione dei provvedimenti di autorizzazione dei trattamenti di sostegno del reddito.

Si ricorda che le norme attuative del Fondo, gestito da SIMEST, sono contenute nei decreti ministeriali 21 giugno 2010 n.132 e n. 37 del 22 febbraio 2013.

 

 

Fondo di garanzia per la prima casa (commi da 2 a 5)

 

Il comma 2 interviene sulla norma che individua le categorie con priorità nell’attribuzione dei benefici a valere sul Fondo di garanzia per la prima casa (di cui all'articolo 1, comma 48, lettera c) della legge di stabilità per il 2014. legge 27 dicembre 2013, n. 147). Si tratta di giovani coppie o nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, conduttori di alloggi di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, nonché, secondo il testo previgente, di "giovani di età inferiore ai trentacinque anni titolari di un rapporto di lavoro atipico". Con la modifica in esame, tale categoria viene sostituita dai giovani che non hanno compiuto trentasei anni di età. Il comma 3 stabilisce che per i soggetti che rientrano nelle suddette categorie aventi priorità e con ISEE non superiore a 30 mila euro, la misura massima della garanzia concedibile dal Fondo è elevata all’80% (dal 50%) della quota capitale, tempo per tempo in essere sui finanziamenti concessi. La norma di riferisce ai casi in cui il rapporto tra l’importo del finanziamento e il prezzo d’acquisto dell’immobile, comprensivo degli oneri accessori, superiore all’80% ("limite di finanziabilità"). Tale disposizione si applica alle domande presentate tra il 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore della presente disposizione) al 30 giugno 2022.

Il nuovo comma 3-bis, introdotto dalla Camera dei deputati, prevede che i soggetti finanziatori sono tenuti ad indicare, in sede di richiesta della garanzia, le condizioni economiche di maggior favore applicate ai beneficiari in ragione dell’intervento del Fondo di garanzia per la prima casa. Viene abrogato l'ultimo periodo del comma 3 recante una disposizione di analogo contenuto.

 

Il comma 4 incrementa la dotazione del Fondo di 290 milioni di euro per l'anno 2021 e di 250 milioni per l’anno 2022. Il comma 5 dispone in ordine alla copertura del relativo onere, facendo rinvio all'articolo 77.

Lo stanziamento del Fondo è allocato sul capitolo 7077 dello stato di previsione del MEF. La legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) attribuiva a tale capitolo 20 milioni di euro - di competenza - per ciascuno degli anni 2021-2023.

 

L'articolo 1, comma 48, lettera c) della legge di stabilità per il 2014 (legge 27 dicembre 2013, n. 147) ha istituito presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze il Fondo di garanzia per la prima casa ("Fondo prima casa"), nell'ambito di un riordino generale del sistema delle garanzie per l'accesso al credito delle famiglie e delle imprese e in sostituzione del Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa. Il Fondo prevede la concessione di garanzie a prima richiesta su mutui, dell'importo massimo di 250 mila euro, per l'acquisto - ovvero per l'acquisto anche con interventi di ristrutturazione purché con accrescimento dell'efficienza energetica - di unità immobiliari site sul territorio nazionale da adibire ad abitazione principale del mutuatario.

Con decreto ministeriale 31 luglio 2014, pubblicato nella G.U. n. 226 del 29 settembre 2014 sono state emanate le norme di attuazione della disciplina ed è stata individuata Consap quale soggetto gestore del Fondo.

Al Fondo sono state attribuite risorse pari complessivamente a 600 milioni di euro nel triennio 2014-2016 (200 milioni annui), nonché le attività e le passività del precedente Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori (istituito dall’articolo 13, comma 3-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008), che ha continuato ad operare fino all'emanazione dei decreti attuativi necessari a rendere operativo il nuovo Fondo di garanzia.

Il Fondo concede garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari, nella misura massima del 50 per cento della quota capitale, tempo per tempo in essere sui finanziamenti, connessi all'acquisto e ad interventi di ristrutturazione e accrescimento dell'efficienza energetica di unità immobiliari, site sul territorio nazionale, da adibire ad abitazione principale del mutuatario, con le priorità sopra ricordate. Gli interventi del Fondo di garanzia per la prima casa sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza.

Con il Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’economia e delle finanze e l’ABI, siglato l’8 settembre 2014, sono state disciplinate le modalità di adesione all’iniziativa da parte delle banche e degli intermediari finanziari.

Si ricorda che l'art. 1, comma 658, della legge di bilancio per il 2019 (l. n. 145/2018), dispone che il Fondo possa essere alimentato, oltre che mediante il versamento di contributi da parte delle regioni e di altri enti e organismi pubblici, con l’intervento della Cassa depositi e prestiti, anche a valere su risorse di soggetti terzi e al fine di incrementare la misura massima della garanzia del Fondo. Si prevede inoltre che le norme di rango secondario di attuazione del Fondo stabiliscano le condizioni alle quali è subordinato il mantenimento dell’efficacia della garanzia del Fondo, in caso di cessione del mutuo.

Per lo stato del Fondo e le modalità di finanziamento, si veda anche la relativa pagina sul sito del MEF.

 

Agevolazioni per l'acquisto della "prima casa" (commi da 6 a 11)

 

Il comma 6 dispone l'esenzione dall'imposta di bollo e dalle imposte ipotecaria e catastale sugli atti relativi a trasferimenti di proprietà ovvero su atti traslativi o costitutivi di nuda proprietà, usufrutto, uso o abitazione, di prime case di abitazione, a favore di soggetti che non abbiano compiuto trentasei anni aventi un ISEE non superiore a 40.000 euro annui.

Il requisito anagrafico deve intendersi riferito al compimento degli anni nell'anno in cui viene rogitato l'atto in questione.

Il beneficio si applica quando ricorrano le condizioni per l'applicazione dell'aliquota del 2% dell'imposta di registro, ai sensi della nota II-bis, art. 1, tariffa, parte prima, del testo unico delle disposizioni sull'imposta di registro (di cui al d.P.R. n. 131 del 1986, "testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro").

Non si applica alle abitazioni aventi le seguenti categorie catastali:

§  A1 - Abitazioni di tipo signorile

§  A8 - Abitazioni in ville

§  A9 - Castelli, palazzi di eminenti pregi artistici e storici

 

La richiamata nota II-bis stabilisce che si possa applicare l'imposta di registro con aliquota rifdotta del 2% agli atti in questione, relativi ad abitazioni non di lusso, alle seguenti condizioni:

a)   che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l'acquirente sia cittadino italiano emigrato all'estero, che l'immobile sia acquistato come prima casa sul territorio italiano; la dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto;

b)   che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare;

c)   che nell'atto di acquisto l'acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni l'aliquota agevolata al 2% o con altre agevolazioni previste dalle norme richiamate dalla medesima nota II-bis.

 

Il comma 7 reca la disciplina del medesimo beneficio quando la cessione dell'abitazione sia soggetta ad IVA. In tale caso, l'acquirente che non abbia ancora compiuto trentasei anni nell'anno in cui l'atto è rogitato, beneficia di un credito d'imposta di importo pari a quello dell'IVA versata in relazione all'acquisto. Tale credito d'imposta non dà luogo a rimborsi ma può essere portato in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito, ovvero dell'IRPEF, dovuta in base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data dell’acquisto. Il credito d'imposta può essere altresì utilizzato in compensazione, secondo la disciplina di cui al decreto legislativo n. 241 del 1997 ("Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni").

Il comma 8 prevede l'esenzione delle imposte sostitutive applicabili ai finanziamenti per acquisto, costruzione e ristrutturazione di immobili, al ricorrere delle condizioni e requisiti previsti dal comma 6. L'esenzione si applica quando la sussistenza di tali condizioni e requisiti sia dichiarata dalla parte mutuataria resa nell'atto del finanziamento o allegata a tale atto. La disposizione fa riferimento all'imposta sostitutiva delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e delle tasse sulle concessioni governative la cui aliquota - pari allo 0,25% dell'ammontare complessivo del finanziamento - è fissata dall’articolo 18 del d.P.R. n. 601 del 1973 (recante "Disciplina delle agevolazioni tributarie").

Ai sensi del comma 9 le disposizioni previste dai commi da 6 a 8 si applicano agli atti stipulati tra il 26 maggio (data di entrata in vigore del presente decreto-legge) e il 30 giugno 2022.

Il comma 10 disciplina i casi di insussistenza delle condizioni dei requisiti e decadenza dalle agevolazioni, prevedendo che per il recupero delle imposte dovute e la determinazione delle sanzioni e degli interessi trovino applicazione:

§  la tariffa - parte prima - articolo 1, nota II-bis, del d.P.R. n. 131 del 1986

§  l’articolo 20 del d.P.R. n. 601 del 1973.

 

La già citata nota II-bis stabilisce che in caso di dichiarazione mendace o di trasferimento per atto a titolo oneroso o gratuito degli immobili acquistati con i benefici ivi previsti, prima del decorso del termine di cinque anni dalla data del loro acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sovrattassa pari al 30 per cento delle stesse imposte. In caso di applicabilità dell'IVA, si procede al recupero della differenza (tra la somma dovuta e l'agevolazione indebitamente fruita) nonché all'irrogazione della sanzione amministrativa, pari al 30 per cento della differenza medesima. Sono comunque dovuti gli interessi di mora. Le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall'alienazione dell'immobile acquistato con i benefici "prima casa", proceda all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

Riguardo all'esenzione dell'imposta sostitutiva sui finanziamenti, l'art. 20 del d.P.R. n. 601 del 1973 prevede, con disposizione analoga, che si proceda, nei confronti del mutuatario, al recupero della differenza, nonché a irrogare la sanzione amministrativa pari al 30 per cento della differenza medesima.

 

Il comma 11 rinvia all'articolo 77 per quanto concerne la copertura degli oneri (valutati in 347,34 milioni di euro per l’anno 2021 e 260,48 milioni di euro per l’anno 2022) derivanti dai commi da 6 a 10.


Articolo 64, commi 12-14
(Incremento del Fondo per le politiche giovanili)

 

 

L’articolo 64, commi 12-14, modificato nel corso dell’esame alla Camera, reca un incremento del Fondo per le politiche giovanili pari a 35 milioni di euro (30 milioni nel testo originario)

 

Il comma 12, modificato nel corso dell’esame alla Camera, dispone l’incremento, per il 2021 di 35 milioni di euro (nel testo originario 30 milioni) del Fondo per le politiche giovanili. Le risorse sono destinate alle politiche di prevenzione e contrasto ai fenomeni di disagio giovanile e comportamenti a rischio, compresi quelli dovuti all’uso non consapevole delle piattaforme digitali, anche attraverso attività di assistenza e supporto psicologico, azioni volte a favorire l’inclusione e l’innovazione sociale nonché lo sviluppo individuale, la promozione di attività sportive per i giovani di età inferiore ai 35 anni.

Il comma 13 demanda ad un decreto del Ministro delle politiche giovanili, d'intesa con la Conferenza unificata, la definizione dei criteri di riparto delle risorse e le modalità di attuazione degli interventi. Tali interventi, specifica il comma in esame, sono realizzati dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano e dal sistema delle Autonomie locali.

Il comma 14 dispone in ordine al relativo onere, rinviando all'articolo 77 quanto alla somma di 30 milioni; per i restanti 5 milioni si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione.

 

Il Fondo per le politiche giovanili è stato istituito, dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge 223/2006, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, al fine di promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e all'inserimento nella vita sociale, anche attraverso interventi volti ad agevolare la realizzazione del diritto dei giovani all'abitazione, nonché per facilitare l'accesso al credito per l'acquisto e l'utilizzo di beni e servizi. Il fondo è destinato a finanziare azioni e progetti di rilevante interesse nazionale, nonché le azioni ed i progetti destinati al territorio, individuati di intesa con le regioni e gli enti Locali.

Il cap. 853 del bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri per il 2021 reca uno stanziamento relativo al Fondo per le politiche giovanili pari a circa 36,4 milioni di euro.

Si ricorda che la legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145 del 2018), art. 1, comma 459, ha incrementato di 30 milioni, a decorrere dal 2019, le risorse del predetto Fondo.



Articolo 65-bis

(Credito di imposta per interventi conservativi sugli immobili di interesse storico e artistico)

 

 

L'articolo 65-bis, inserito nel corso dell'esame in prima lettura, riconosce un credito di imposta alle persone fisiche, pari al 50 per cento delle spese sostenute negli anni 2021 e 2022 per la manutenzione, protezione e restauro degli immobili di interesse storico e artistico. A tal fine è istituito il Fondo per il restauro e per altri interventi conservativi con una dotazione di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

 

Nello specifico il Fondo per il restauro e per altri interventi conservativi sugli immobili di interesse storico e artistico (soggetti alla tutela prevista dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004) è istituito nello stato di previsione del Ministero della cultura, con una dotazione di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, in termini di limite massimo di spesa (comma 1).

Il Fondo è destinato alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio immobiliare di interesse storico e artistico, in attuazione dell'articolo 9 della Costituzione e secondo le disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, anche tenuto conto della crisi economica determinata dall'emergenza epidemiologica da Covid-19 (comma 2).

La determinazione dei criteri e delle modalità di gestione e di funzionamento del Fondo, nonché la definizione delle procedure per l'accesso alle risorse sono demandate a un decreto del Ministro della cultura, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in conformità alla disciplina del credito d'imposta direttamente prevista dall'articolo in esame (comma 6).

L'articolo prevede, infatti che, a valere sulle risorse del Fondo, alle persone fisiche che detengono a qualsiasi titolo immobili di interesse storico e artistico soggetti alla tutela prevista dal codice dei beni culturali e del paesaggio, a condizione che non siano utilizzati nell'esercizio di impresa, sia riconosciuto un credito d'imposta per le spese sostenute negli anni 2021 e 2022 per la manutenzione, la protezione o il restauro di detti immobili, in misura pari al 50 per cento degli oneri rimasti a carico delle medesime persone fisiche. L'importo massimo complessivo del credito è  di 100.000 euro (comma 3).

Il credito d'imposta è utilizzabile in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, che disciplina i versamenti unitari delle imposte con eventuale compensazione dei crediti, a decorrere dal riconoscimento dello stesso. Esso non è cumulabile con alcun altro contributo o finanziamento pubblico né con la detrazione a favore dei soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate dal codice dei beni culturali e del paesaggio, prevista dall'art. 15, comma 1, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (comma 4).

In luogo dell'utilizzo diretto del credito d'imposta, i soggetti ai quali esso è stato riconosciuto possono optare per la cessione, anche parziale, del credito ad altri soggetti, inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari (comma 5).

L'articolo provvede, infine, alla copertura degli oneri derivanti dalle nuove disposizioni, quantificati in 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, disponendo che ad essi si provveda mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili (istituito dall'art. 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014, e da ultimo incrementato di 800 milioni di euro per l'anno 2021 e di 100 milioni di euro per l'anno 2022 dall'articolo 77, comma 7, del provvedimento in esame) (comma 7).


Articolo 65, commi 1 e 10
(Incremento del Fondo emergenze spettacolo,
cinema e audiovisivo)

 

 

L’articolo 65, comma 1, incrementa, per l'anno 2021, di € 47,85 mln per la parte corrente e di € 120 mln per gli interventi in conto capitale, la dotazione dei Fondi destinati alle emergenze nei settori dello spettacolo, del cinema e dell’audiovisivo, insorte a seguito delle misure adottate per il contenimento del COVID-19, istituiti dall’art. 89, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020).

Il comma 10, modificato durante l’esame alla Camera, reca la copertura degli oneri.

 

Il comma 1 dispone, inoltre, che quota parte dell’incremento del fondo di parte corrente è destinata a riconoscere un contributo a fondo perduto per le spese sostenute per i test di diagnosi dell’infezione da virus SARS-CoV-2 nel settore dello spettacolo.

 

Per le misure riguardanti il settore adottate per fronteggiare le conseguenze derivanti dal COVID-19, si veda la pagina dedicata sul sito del Ministero della cultura.

 

Preliminarmente, si valuti l’opportunità di novellare l’art. 89, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020).

 

L’art. 89, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) ha previsto l’istituzione nello stato di previsione dell’allora Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo[262] di due Fondi – uno di parte corrente, l’altro in conto capitale[263] – volti a sostenere l’emergenza dei settori dello spettacolo, del cinema e dell’audiovisivo, con uno stanziamento, per il 2020, originariamente pari, rispettivamente, a € 80 mln e a € 50 mln.

Successivamente:

§  l’art. 183, co. 1, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020), novellando il citato art. 89, co. 1, ha incrementato per il 2020 a € 145 mln le risorse del Fondo di parte corrente e a € 100 mln le risorse del Fondo in conto capitale[264]. Inoltre, inserendo il co. 3-bis nello stesso art. 89, ha previsto un possibile incremento delle risorse del “Fondo di cui al comma 1”, per € 50 mln nel 2021, mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione, già assegnate al Piano operativo “Cultura e turismo” di competenza dell’allora MIBACT;

§  l’art. 80, co. 2, del D.L. 104/2020 (L. 126/2020), sempre novellando il medesimo art. 89, co. 1, ha disposto che, per il 2020, la dotazione del Fondo di parte corrente era incrementata a € 185 mln, mentre la dotazione del Fondo in conto capitale era incrementata a € 150 mln;

§  l’art. 5, co. 1, e l’art. 6-bis, co. 1, del D.L. 137/2020 (L. 176/2020) – senza novellare il più volte citato art. 89, co. 1 – hanno incrementato la dotazione del Fondo di parte corrente, rispettivamente, di ulteriori € 100 mln per il 2020 (per un totale, dunque, di € 285 mln) e di € 90 mln per il 2021;

§  l’art. 36, co. 1, del D.L. 41/2021 (L. 69/2021) – senza novellare il più volte citato art. 89, co. 1 – ha incrementato di € 200 mln per il 2021 la dotazione del Fondo di parte corrente.

 

Per effetto di quanto ora previsto, dunque, per il 2021 le risorse del Fondo di parte corrente risultano pari a € 337,85 mln, mentre le risorse del Fondo di parte capitale risultano pari a € 120 mln.

 

Per la distribuzione delle risorse sono intervenuti vari decreti ministeriali. In particolare:

§  con DM 188 del 23 aprile 2020 sono stati destinati € 20 mln per il 2020, quota parte del Fondo di parte corrente, agli organismi operanti nei settori del teatro, della danza, della musica e del circo che non sono stati destinatari di contributi a valere sul FUS nel 2019. Tali risorse sono poi state incrementate di € 6,8 mln per il 2020, sempre provenienti dal Fondo di parte corrente, con DM 278 del 10 giugno 2020. Ulteriori risorse, sempre provenienti dal Fondo di parte corrente, sono state destinate ai medesimi organismi con DM 503 del 9 novembre 2020 (€ 13,4 mln per il 2020), DM 557 del 3 dicembre 2020 (€ 13,4 mln per il 2020), DM 137 del 26 marzo 2021 (€ 1 mln per il 2021 per le imprese di produzione circense) e DM 162 del 16 aprile 2021 ( 27 mln per il 2021);

§  con DM 211 del 28 aprile 2020 sono stati destinati € 5 mln per il 2020, quota parte del Fondo di parte corrente, allo spettacolo viaggiante.  Modifiche al medesimo decreto sono poi state apportate con DM 313 del 10 luglio 2020.
Tali risorse sono state incrementate con DM 480 del 26 ottobre 2010 (€ 5 mln per il 2020), DM 559 del 3 dicembre 2020 (€ 5 mln per il 2020) e DM 136 del 26 marzo 2021 (€ 10 mln per il 2021), sempre a valere sul Fondo di parte corrente;

§  con DM 273 del 5 giugno 2020 si è provveduto ad assegnare al Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo € 100 mln per il 2020, provenienti dal Fondo in conto capitale, destinati agli interventi di cui al Capo III della L. 220/2016 (incentivi fiscali, contributi automatici, contributi selettivi, contributi alle attività e alle iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva).
Ulteriori € 25 mln per il 2020 provenienti dal Fondo in conto capitale sono stati attribuiti al medesimo Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo con
DM 463 del 14 ottobre 2020, che ha anche destinato € 25 mln per il 2020, sempre provenienti dal Fondo in conto capitale, a Istituto Luce Cinecittà Srl. Da ultimo, è intervenuto il DM 223 del 21 giugno 2021, il cui testo sarà visibile dopo la registrazione, recante ulteriore riparto del Fondo in conto capitale destinato al Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo;

§  con DM 274 del 5 giugno 2020 sono stati destinati € 20 mln per il 2020, quota parte del Fondo di parte corrente, al sostegno delle sale cinematografiche.
Ulteriori € 20 mln per il 2020 sono stati destinati alle sale cinematografiche, sempre a valere sul Fondo di parte corrente, al fine di potenziare il ristoro dei mancati introiti da biglietteria, con DM 315 del 10 luglio 2020.
Inoltre, lo stesso decreto ha destinato ulteriori € 2 mln per il 2020, sempre del Fondo di parte corrente, al sostegno della programmazione delle sale all’aperto nella stagione estiva. Altre risorse, sempre provenienti dal Fondo di parte corrente, sono state destinate alle sale cinematografiche con
DM 450 del 7 ottobre 2020 (€ 20 mln per il 2020), DM 558 del 3 dicembre 2020 (€ 50 mln per il 2020), DM 188 del 18 maggio 2021 (€ 10 mln per il 2021 per il sostegno della programmazione di spettacoli cinematografici all’aperto, nonché € 10 mln per il 2021 per il  sostegno e alla organizzazione degli spettacoli dal vivo all’aperto svolti nel periodo compreso tra il 26 aprile e il 30 settembre 2021), DM 197 del 25 maggio 2021 (€ 40 mln per il 2021);

§  con DM 313 del 10 luglio 2020 sono stati destinati € 10 mln per il 2020, quota parte del Fondo di parte corrente, al sostegno dell’esercizio teatrale privato (e, al contempo, come ante evidenziato, sono state apportate modifiche al DM 211 del 28 aprile 2020).

§  Successivamente, con DM 407 del 17 agosto 2020 è stato consentito l’accesso al beneficio anche alle piccole sale teatrali (fra 100 e 299 posti) e, al contempo, sono stati aggiornati i criteri previsti dal DM 313/2020.
Il DM 407/2020 è poi stato modificato dal
DM 467 del 16 ottobre 2020 che, inoltre, ha proceduto ad un ulteriore riparto del Fondo di parte corrente. In particolare, ha destinato: € 5 mln per il 2020 ai teatri di rilevante interesse culturale, ai centri di produzione teatrale, ai teatri di tradizione e ai centri di produzione danza; € 4 mln per il 2020 al sostegno degli organismi di programmazione ovvero esercizio teatrale che avevano inoltrato richiesta di contributo ai sensi dei DM 10 luglio 2020 e 17 agosto 2020; € 1 mln per il 2020 al sostegno di festival, cori e bande; € 1,1 mln per il 2020 al Fondo nazionale per la rievocazione storica;

§  con DM 380 del 5 agosto 2020 sono stati destinati € 10 mln per il 2020, quota parte del Fondo di parte corrente, al sostegno all’industria musicale, discografica e fonografica.
In seguito, il
DM 460 del 13 ottobre 2020 ha modificato il DM 380/2020: in particolare, preso atto che le risorse dallo stesso indicate risultavano eccedenti di € 4,7 mln rispetto ai contributi teorici erogabili al totale dei beneficiari e che l’importo eccedente sarebbe stato messo in economia, ha ridotto le risorse da assegnare a € 5,3 mln per il 2020;

§  con DM 397 del 10 agosto 2020 sono stati destinati € 10 mln per il 2020, quota parte del Fondo di parte corrente, per il ristoro degli operatori nel settore della musica dal vivo (organizzazione di concerti, attività di booking e intermediazione di concerti, attività di management e consulenza di artisti, proprietà e gestione di spazi adibiti alla musica dal vivo: c.d. live club; attività di organizzazione di festival di musica dal vivo);

§  con DM 487 del 29 ottobre 2020 sono stati destinati € 10 mln per il 2020, quota parte del Fondo di parte corrente, alle scuole di danza private non configurate come associazioni sportive dilettantistiche o società sportive dilettantistiche o comunque non facenti capo al CONI;

§  con DM 488 del 2 novembre 2020 sono stati destinati complessivi € 20 mln per il 2020 al sostegno di autori ed artisti interpreti ed esecutori (€ 10 mln) e degli organismi di gestione collettiva e delle entità di gestione indipendente di cui all’art. 2 del d.lgs. 35/2017 (€ 10 mln).
Successivamente, con
DM 107 del 3 marzo 2021 sono stati destinati € 25 mln per il 2021 al sostegno degli autori e degli artisti interpreti ed esecutori (€ 20 mln) e degli organismi di gestione collettiva e delle entità di gestione indipendente (€ 5 mln). Tale DM è stato poi modificato con DM 125 del 16 marzo 2021;

§  con DM 515 del 12 novembre 2020 sono stati destinati € 10 mln per il 2020, quota parte del Fondo di parte corrente, al sostegno di cantanti, danzatori, professori d’orchestra, artisti del coro, artisti circensi, altri artisti e maestranze iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo, scritturati da organismi e centri di produzione della danza, fondazioni lirico sinfoniche, teatri di tradizione, istituzioni concertistico orchestrali, complessi strumentali, festival di danza, circo, musicali o multidisciplinari, organismi di produzione musicale o imprese circensi; al contempo, con DM 516 del 12 novembre 2020 sono stati destinati € 10 mln per il 2020, quota parte del Fondo di parte corrente, al sostegno di attori, altri artisti e maestranze iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo, scritturati da teatri, centri di produzione teatrale, compagnie teatrali professionali e festival teatrali o multidisciplinari.
Successivamente, con
DM 613 del 29 dicembre 2020, si è proceduto ad un ulteriore riparto del Fondo di parte corrente (per un totale di € 3,3 mln per il 2020 e € 12,6 mln per il 2021), destinando € 7,1 mln per il sostegno degli scritturati per spettacoli di musica, danza e circo ed € 8,8 mln per il sostegno degli scritturati per spettacoli teatrali.
Da ultimo, con
DM 69 del 5 febbraio 2021 sono stati destinati ai medesimi scritturati complessivi € 3,5 mln per il 2021 (in tal caso, senza indicazione della suddivisione delle risorse fra i due gruppi);

§  con DM 529 del 20 novembre 2020 sono stati destinati € 5 mln per il 2020, quota parte del Fondo di parte corrente, al sostegno degli operatori della sartoria, modisteria, parruccheria, produzione calzaturiera, attrezzeria, buffetteria che abbiano una quota superiore al 50% del fatturato derivante da forniture per lo spettacolo. Ulteriori € 5 mln per il 2021 sono stati destinati con DM 199 del 26 maggio 2021 al sostegno dei fornitori di servizi tecnici e apparecchi luci, audio e video, degli operatori della sartoria e dei costumi di scena, comprese le confezioni e il relativo commercio al dettaglio, la fabbricazione e il finissaggio, modisteria, parruccheria, produzione calzaturiera, attrezzeria, bigiotteria, buffetteria, della falegnameria e di altre attività artigiane per la scenografia, nonché delle altre attività artigiane di supporto alle rappresentazioni che abbiano una quota superiore al 50% del fatturato derivante da forniture per lo spettacolo;

§  con DM 27 del 12 gennaio 2021, sono stati destinati € 20 mln per il 2021 al sostegno delle fondazioni lirico-sinfoniche;

§  con DM 26 del 12 gennaio 2021 sono stati destinati € 25 mln per il 2021, quota parte del Fondo, al sostegno delle imprese di distribuzione cinematografica;

§  con DM 190 del 24 maggio 2021 sono stati destinati € 3 mln per il 2021, quota parte del Fondo di parte corrente, alle imprese di distribuzione cinematografica e audiovisiva internazionale;

§  con DM 200 del 26 maggio 2021 sono stati destinati € 2,5 mln per il 2021, quota parte del Fondo di parte corrente, ai negozi di dischi.

Il comma 10, modificato durante l’esame alla Camera, dispone che alla copertura degli oneri derivanti, fra l’altro, dal comma 1, si provvede in parte ai sensi dell’articolo 77 e, in altra parte, mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (art. 1, co. 200, L. 190/2014).


Articolo 65, commi 2 e 10
(Incremento del Fondo emergenze imprese e istituzioni culturali)

 

 

L’articolo 65, comma 2, incrementa di € 20 mln per il 2021 il Fondo per le emergenze delle imprese e delle istituzioni culturali, istituito dall’art. 183, co. 2, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) per contrastare gli effetti dell'emergenza epidemiologica da COVID-19.

Il comma 10, modificato durante l’esame alla Camera, reca la copertura degli oneri.

 

Per le misure riguardanti il settore adottate per fronteggiare le conseguenze derivanti dal COVID-19, si veda la pagina dedicata sul sito del Ministero della cultura.

 

Preliminarmente, si valuti l’opportunità di novellare l’art. 183, co. 2, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020).

 

L’art. 183, co. 2, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha istituito nello stato di previsione dell’allora Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo[265] il Fondo per le emergenze delle imprese e delle istituzioni culturali[266], con una dotazione, per il 2020, di € 171,5 mln, destinato al sostegno dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura non statali, nonché delle librerie, dell’intera filiera dell’editoria, inclusi le imprese e i lavoratori della filiera di produzione del libro, a partire da coloro che ricavano redditi prevalentemente dai diritti d'autore. Il medesimo Fondo è stato altresì destinato al ristoro delle perdite derivanti dall’annullamento, a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, di spettacoli, fiere, congressi e mostre.

In seguito:

§  l’art. 5, co. 3, e l’art. 6-bis, co. 3 e 4, del D.L. 137/2020 (L. 176/2020) – senza novellare il citato art. 183, co. 2, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) - hanno incrementato di ulteriori € 400 mln per il 2020 e di € 51 mln per il 2021 la dotazione del Fondo. In particolare, € 350 mln della dotazione aggiuntiva per il 2020 sono stati destinati al ristoro delle perdite subite dal settore delle fiere e dei congressi, mentre € 1 mln della dotazione 2021 è stato destinato al ristoro delle perdite subite dagli organizzatori di eventi sportivi internazionali in programma nel territorio italiano, per l’annullamento delle presenze di pubblico stabilito con il DPCM 24 ottobre 2020 (adottato nell’ambito delle misure per il contenimento della diffusione del COVID-19). Il ristoro è stato limitato alle spese che gli organizzatori avevano sostenuto per garantire la presenza in sicurezza del pubblico, con riferimento ai 10 giorni successivi all’adozione del DPCM;

§  l’art. 36, co. 2 e 3, del D.L 41/2021 (L. 69/2021) - senza novellare il più volte citato art. 183, co. 2, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) - ha incrementato il Fondo di € 120 mln per il 2021 e ha escluso le fiere e i congressi dai possibili destinatari delle risorse del Fondo[267].

 

Per effetto dell’incremento disposto dal comma 2, le risorse del Fondo per il 2021 sono dunque pari a € 191 mln.

 

Per la distribuzione delle risorse, sono intervenuti vari decreti ministeriali. In particolare:

§  il DM 267 del 4 giugno 2020, che ha destinato € 30 mln per il 2020 al sostegno del libro e della filiera dell’editoria libraria tramite l’acquisto di libri, prevedendo l’assegnazione delle risorse alle biblioteche, aperte al pubblico, dello Stato, degli enti territoriali e degli istituti culturali di cui alla L. 534/1996 e alla L. 549/1995. Ulteriori € 30 mln per il 2021 sono stati destinati alla medesima finalità con DM 191 del 24 maggio 2021;

§  il DM 268 del 4 giugno 2020, che ha destinato € 10 mln per il 2020 al c.d. “tax credit librerie”, ossia il credito di imposta, istituito dall’art. 1, co. 319, della L. 205/2017 a decorrere dal 2018, di cui possono usufruire gli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri in esercizi specializzati, o nel settore di vendita al dettaglio di libri di seconda mano. Ulteriori risorse sono state destinate allo stesso obiettivo con DM 226 del 28 giugno 2021, il cui testo sarà visibile dopo la registrazione. In base al comunicato stampa, si tratta di € 10 mln per il 2021;

§  il DM 297 del 26 giugno 2020, che ha destinato € 50 mln per il 2020 ai musei civici, ai musei diocesani e agli altri musei e luoghi della cultura non statali con personalità giuridica o, se di appartenenza pubblica, comunque dotati di autonomia organizzativa, contabile e di bilancio.
Ulteriori risorse sono state destinati ai musei e ai luoghi della cultura non statali con
DM 448 del 7 ottobre 2020 (€ 20 mln per il 2020), DM 517 del 13 novembre 2020 (€ 17,6 mln per il 2020), DM 568 del 7 dicembre 2020 (€ 15,5 mln per il 2020) e DM 228 del 28 giugno 2021, il cui testo sarà visibile dopo la registrazione. In base al comunicato stampa, si tratta di € 50 mln per il 2021;

§  il DM 364 del 30 luglio 2020, che ha destinato € 10 mln per il 2020 al sostegno dei piccoli editori. Tale decreto è stato poi modificato con DM 481 del 26 ottobre 2020 che, conseguentemente, ha previsto la riapertura dei termini di presentazione delle domande di contributo per la durata di 10 giorni, e con DM 547 del 1° dicembre 2020;

§  il DM 371 del 3 agosto 2020, che ha destinato € 20 mln per il 2020 al ristoro delle perdite subite dagli operatori per la cancellazione, l’annullamento o il rinvio, a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, di almeno un evento fieristico o congressuale in Italia o all’estero (qui la rettifica del 3 settembre 2020). Tali risorse sono poi state incrementate di € 350 mln per il 2020 (dei quali, € 130 mln agli enti fiera e agli organizzatori di fiere, € 130 mln agli organizzatori di congressi, ed € 90 mln ai soggetti erogatori di servizi di logistica e trasporto e di allestimento che abbiano una quota superiore al 50% del fatturato derivante da attività riguardanti fiere e congressi) con DM 548 dell’1 dicembre 2020;

§  il DM 372 del 3 agosto 2020 che ha destinato € 20 mln per il 2020 al ristoro delle perdite subite dagli operatori per la cancellazione, l’annullamento o il rinvio, a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, di almeno una mostra d’arte in Italia o all’estero (qui la rettifica del 3 settembre 2020). Modifiche al DM 372/2020 sono poi state apportate prima con DM 468 del 19 ottobre 2020 e, successivamente, a seguito della destinazione al settore di ulteriori € 15 mln per il 2020, con DM 485 del 29 ottobre 2020. Ulteriori risorse sono state destinate allo stesso settore con DM 521 del 16 novembre 2020, (€ 14,4 mln per il 2020), DM 527 del 18 novembre 2020 (€ 10 mln per il 2020), DM 568 del 7 dicembre 2020 (€ 10 mln per il 2020), DM 19 del 7 gennaio 2021 (€ 2 mln per il 2021) e DM 227 del 28 giugno 2021, il cui testo sarà visibile dopo la registrazione (in base al comunicato stampa, si tratta di € 20 mln per il 2021). Infine, il DM 134 del 26 marzo 2021 ha apportato modifiche al DM 18 novembre 2020 e al DM 7 gennaio 2021;

§  il DM 394 del 10 agosto 2020, che ha destinato € 12 mln per il 2020 al ristoro delle perdite subite dagli organizzatori di concerti di musica leggera per la cancellazione, l’annullamento o il rinvio, a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, di almeno uno spettacolo programmato in Italia;

§  il DM 461 del 14 ottobre 2020, che ha destinato € 5 mln per il 2020 al sostegno dei traduttori editoriali. Modifiche allo stesso sono poi state apportate con DM 562 del 4 dicembre 2020;

§  il DM 533 del 24 novembre 2020, che ha destinato € 12 mln per il 2020 all’editoria specializzata nell’arte e nel turismo ed € 10 mln per il 2020 al sostegno dei soggetti che forniscono servizi guida, audioguida o didattica agli istituti e ai luoghi della cultura;

§  il DM 43 del 19 gennaio 2021, che ha destinato € 1 mln per il 2021 alle risorse destinate alle perdite subite dagli organizzatori di eventi sportivi internazionali;

§  il DM 107 del 3 marzo 2021, che ha destinato € 15 mln per il 2021 agli operatori nel settore dei concerti e della musica dal vivo ed € 10 mln per il 2021 agli organizzatori di concerti di musica leggera. Tale DM è stato poi modificato con DM 125 del 16 marzo 2021.

 

Il comma 10, modificato durante l’esame alla Camera, dispone che alla copertura degli oneri derivanti, tra l’altro, dal comma 2 si provvede in parte ai sensi dell’articolo 77 e, in altra parte, mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (art. 1, co. 200, L. 190/2014).


Articolo 65, commi 3 e 10
(Incremento delle risorse per il funzionamento di istituti e luoghi della cultura statali)

 

 

L’articolo 65, comma 3, incrementa di € 20 mln per il 2021 le risorse destinate al funzionamento di istituti e luoghi della cultura statali, tenuto conto delle mancate entrate da vendita di biglietti di ingresso, conseguenti all’adozione delle misure di contenimento del COVID-19.

Il comma 10, modificato durante l’esame alla Camera, reca la copertura degli oneri.

 

Per le misure riguardanti il settore adottate per fronteggiare le conseguenze derivanti dal COVID-19, si veda la pagina dedicata sul sito del Ministero della cultura.

 

In base all’art. 101 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004), sono istituti e luoghi della cultura i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali.

 

In particolare, ai fini sopra indicati, il comma 3 novella ulteriormente l’art. 183, co. 3, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020).

 

L’art. 183, co. 3, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha destinato alla finalità sopra indicata € 100 mln per il 2020[268].

Successivamente:

§  l’art. 80, co. 1, lett. b), del D.L. 104/2020 (L. 126/2020), novellando l’art. 183, co. 3, del D.L. 34/2020, ha incrementato l’autorizzazione di spesa per il 2020 di € 65 mln;

§  l’art. 1, co. 575, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021), sempre novellando la disposizione citata, ha autorizzato la spesa di € 25 mln per il 2021 e di € 20 mln per il 2022;

§  l’art. 36, co. 4, del D.L. 41/2021 (L. 69/2021), sempre novellando la disposizione citata, ha incrementato le risorse di € 80 mln per il 2021.

 

Per effetto dell’incremento, le risorse complessivamente disponibili per il 2021 sono dunque pari a € 125 mln.

Al riguardo, nella pagina del sito del Ministero della cultura è evidenziato che si tratta di una misura immediatamente operativa (ossia, che non richiede l’adozione di atti applicativi).

 

Il comma 10, modificato durante l’esame alla Camera, dispone che alla copertura degli oneri derivanti, tra l’altro, dal comma 3 si provvede in parte ai sensi dell’articolo 77 e, in altra parte, mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (art. 1, co. 200, L. 190/2014).


Articolo 65, comma 4
(Disposizioni in materia di compenso per copia privata)

 

 

L’articolo 65, comma 4, modificato nel corso dell’esame alla Camera, dispone in materia di compenso per copia privata.

Nello specifico, le lettere a) e b) modificano la disciplina per la corresponsione del suddetto compenso, stabilendo, in particolare, che la quota spettante agli artisti interpreti o esecutori è assegnata loro direttamente dalla SIAE, anche tramite le imprese che svolgono attività di intermediazione dei diritti connessi al diritto d’autore, e non più per il tramite dei produttori dei fonogrammi.

La lettera b-bis) – introdotta nel corso dell’esame alla Camera – dispone l’obbligo di rendicontazione delle somme corrisposte quale compenso per copia privata.

 

A tali fini, interviene sull’art. 71-octies della L. 633/1941.

 

Preliminarmente, si ricorda che l'art. 71-septies della L. 633/1941 ha stabilito che gli autori ed i produttori di fonogrammi, nonché i produttori originari di opere audiovisive, gli artisti interpreti ed esecutori ed i produttori di videogrammi, e i loro aventi causa, hanno diritto ad un compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi (c.d. compenso per “copia privata”). Il compenso è determinato con decreto (ora) del Ministro della cultura, sottoposto ad aggiornamento triennale, tenendo conto dell'apposizione o meno delle misure tecnologiche, nonché della diversa incidenza della copia digitale rispetto alla copia analogica[269].

In base all’art. 71-octies, co. 1 e 2, della stessa L. 633/1941, il compenso per apparecchi e supporti di registrazione audio è corrisposto alla SIAE, che provvede a ripartirlo, al netto delle spese, per il 50% agli autori e loro aventi causa e – nel testo previgente – provvedeva a ripartirlo per il 50% ai produttori di fonogrammi, anche tramite le loro associazioni di categoria maggiormente rappresentative. I produttori di fonogrammi dovevano corrispondere senza ritardo, e comunque entro 6 mesi, il 50% del compenso loro attribuito agli artisti interpreti o esecutori interessati.

A sua volta, il co. 3 dello stesso art. 71-octies dispone che il compenso per apparecchi e supporti di registrazione video è corrisposto alla SIAE, che provvede a ripartirlo, al netto delle spese, per il 30% agli autori e per il 70% in parti uguali tra i produttori originari di opere audiovisive, i produttori di videogrammi e gli artisti interpreti o esecutori, anche tramite le loro associazioni di categoria maggiormente rappresentative. Il 50% della quota spettante agli artisti interpreti o esecutori è destinata alle attività di studio e di ricerca nonché per i fini di promozione, di formazione e di sostegno professionale degli artisti interpreti o esecutori (art. 7, co. 2, L. 93/1992).

 

Corresponsione del compenso per copia privata agli artisti interpreti o esecutori

 

In particolare, le lettere a) e b) prevedono che la SIAE (fermo restando il riparto, al netto delle spese, del 50% del compenso per copia privata per apparecchi e supporti di registrazione audio ad essa corrisposto agli autori e loro aventi causa), ripartisce (sempre al netto delle spese) il restante 50%, in parti uguali, tra i produttori di fonogrammi e gli artisti intrepreti o esecutori, anche tramite le imprese che svolgono attività di intermediazione  dei diritti connessi al diritto d'autore[270], di cui al d.lgs. 35/2017[271].

 

A tal fine, si novella il co. 1 e si abroga il co. 2 dell’art. 71-octies della L. 633/1941.

 

La relazione illustrativa all’A.C. 3132 evidenziava che in tal modo si snellisce il meccanismo di corresponsione della quota di compenso destinata ad artisti interpreti o esecutori per garantire un sostegno più veloce a una delle categorie particolarmente colpite dall’emergenza in corso.

 

Obblighi di rendicontazione delle somme corrisposte quale compenso per copia privata

 

La lettera b-bis) prevede innanzitutto che la SIAE, entro il 31 dicembre di ogni anno, deve trasmettere al Ministero della cultura (MIC) il rendiconto dettagliato delle spese sostenute per la gestione delle attività di cui all’art. 71-octies, co. 1 e 3, della L. 633/1941, nonché l’elenco dei soggetti beneficiari del riparto dei compensi, con i relativi importi.

A tal fine, aggiunge il comma 3-ter nell’art. 71-octies della L. 633/1941.

 

Dispone, inoltre, che, a loro volta, gli altri soggetti abilitati a ripartire il compenso di cui all’art. 71-septies della stessa L. 633/1941 devono trasmettere, al MIC e alla SIAE, sempre entro il 31 dicembre di ogni anno, il rendiconto dettagliato della destinazione delle somme e della relativa ripartizione in favore dei beneficiari, nonché delle spese sostenute in quanto strettamente connesse all’attività di riparto.

Altresì, prevede che la SIAE definisce modelli e procedureapprovati dal MIC – relativi alle attività di riparto, che consentano alla medesima società di verificare necessità e congruità delle spese rendicontate e delle eventuali somme accantonate o comunque non distribuite.

La SIAE può procedere a verifiche amministrativo-contabili, anche a campione, per accertare la regolarità dei dati rendicontati e disporre il reintegro degli importi detratti a copertura di spese di gestione o di eventuali accantonamenti al fine del successivo riparto tra i beneficiari. Sugli esiti delle verifiche, la SIAE riferisce al MIC.

Il mancato rispetto degli obblighi di rendicontazione determina per i soggetti inadempienti l’impossibilità di partecipare ai successivi riparti, nonché l’obbligo di restituzione degli importi complessivi ricevuti dalla SIAE.

A tali fini, aggiunge il comma 3-quater nell’art. 71-octies della L. 633/1941.


Articolo 65, comma 5
(Disposizioni in materia di opere cinematografiche e audiovisive)

 

 

L’articolo 65, comma 5, modificato nel corso dell’esame alla Camera, reca disposizioni in materia di opere cinematografiche e audiovisive.

In particolare, le lettere a) e b) riservano quota parte dei contributi automatici a valere sul Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo di cui alla L. 220/2016, dovuti alle imprese cinematografiche e audiovisive per lo sviluppo, la produzione e la distribuzione in Italia e all’estero di nuove opere cinematografiche e audiovisive di nazionalità italiana, ai registi e agli autori del soggetto, della sceneggiatura e della musica.

La lettera 0a) – introdotta nel corso dell’esame alla Camera – dispone in merito all’utilizzo delle opere depositate, ai fini dell’accesso ai benefici di cui alla medesima L. 220/2016, presso la Cineteca nazionale.

 

Destinazione di quota parte dei contributi automatici ai registi e agli autori delle opere cinematografiche e audiovisive

 

Le lettere a) e b) del comma 5 riservano quota parte dei contributi automatici dovuti alle imprese cinematografiche e audiovisive per lo sviluppo, la produzione e la distribuzione in Italia e all’estero di nuove opere cinematografiche e audiovisive di nazionalità italiana, ai registi e agli autori del soggetto, della sceneggiatura e della musica.

 

La relazione illustrativa all’A.C. 3132 evidenziava che si intende così valorizzare il principio di partecipazione degli autori al successo delle opere, riconoscendo loro un contributo sinora destinato esclusivamente alle imprese cinematografiche e audiovisive.

 

A tal fine, la lettera a) – richiamando le disposizioni in materia di diritti di utilizzazione economica delle opere cinematografiche recate del Titolo I, Capo IV, Sezione III, della L. 633/1941 –, novella l’art. 23, co. 1, della L. 220/2016, inserendo un secondo periodo.

 

Preliminarmente, si ricorda che l’art. 13 della L. 220/2016 – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 583, lett. a), della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021) – ha istituito il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo. Le risorse del Fondo sono destinate al riconoscimento di incentivi e agevolazioni fiscali attraverso lo strumento del credito d'imposta, all’erogazione di contributi automatici e di contributi selettivi, all’erogazione di contributi alle attività e iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva, nonché al finanziamento del Piano straordinario per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche e polifunzionali e del Piano straordinario per la digitalizzazione del patrimonio cinematografico e audiovisivo.

Il Fondo è alimentato, a regime, con gli introiti erariali derivanti dalle attività del settore. L’importo minimo del finanziamento attraverso gli introiti erariali non può essere inferiore a € 640 mln annui[272].

In particolare, l’art. 23 ha stabilito che il Ministero della cultura concede contributi automatici alle imprese cinematografiche e audiovisive al fine di concorrere, nei limiti previsti dalla disciplina in materia di aiuti di Stato, allo sviluppo, alla produzione e distribuzione in Italia e all'estero di nuove opere cinematografiche e audiovisive di nazionalità italiana.

L'importo complessivo dei contributi automatici spettante a ciascuna impresa è determinato sulla base di parametri oggettivi, relativi alle opere cinematografiche e audiovisive precedentemente prodotte ovvero distribuite dalla medesima impresa, individuati dall'art. 24.

 

A sua volta, la lettera b) del comma 5 affida ad un decreto ministeriale, da adottare acquisiti il parere della Conferenza Stato-regioni e il parere del Consiglio superiore del cinema e dell’audiovisivo, la definizione dei requisiti e delle modalità di erogazione dei contributi destinati ai nuovi beneficiari.

A tal fine, novella l’art. 25, co. 1, della stessa L. 220/2016, inserendo la lett. d-bis).

 

L’art. 25, co. 1, della L. 220/2016 ha demandato ad un decreto ministeriale, da adottare acquisiti il parere della Conferenza Stato-regioni e il parere del Consiglio superiore del cinema e dell’audiovisivo, la definizione di:

a) requisiti minimi che devono possedere le imprese cinematografiche e audiovisive, con particolare riferimento alla loro solidità patrimoniale e finanziaria, per accedere ai contributi automatici;

b) criteri di assegnazione dei contributi, requisiti delle opere beneficiarie ed eventuali ulteriori specifiche e limitazioni, nonché le eventuali ulteriori categorie di opere rispetto a quelle di cui all'art. 24, co. 2, lett. c), per le quali possono essere introdotti meccanismi premianti;

c) termine massimo entro cui l'importo può essere utilizzato;

d) casi di decadenza, ovvero di revoca.

In attuazione, è intervenuto il DM 342/2017, che, per quanto qui maggiormente interessa, ha disposto, all’art. 3, che possono accedere ai contributi:

a) produttori; nel caso di opere televisive, l’accesso è riservato ai soli produttori indipendenti;

b) distributori cinematografici in Italia;

c) editori home entertainment;

c) distributori internazionali.

 

Disposizioni relative all’utilizzo delle opere cinematografiche e audiovisive depositate presso la Cineteca nazionale

 

Preliminarmente, si ricorda che l’art. 7, co. 1 e 5, della L. 220/2016 ha disposto che, per l'ammissione ai benefici previsti dalla stessa legge, è necessario, tra l’altro, che l'impresa di produzione, ultimata l'opera cinematografica o audiovisiva, ne depositi una copia, anche digitale, presso la Cineteca nazionale, secondo modalità applicative che sono state definite con DM 344 del 31 luglio 2017[273], che ha definito anche le modalità di costituzione di una rete nazionale delle cineteche pubbliche.

In base ai co. 2-4 dello stesso art. 7, per proiezioni a scopo culturale e didattico, organizzate direttamente o con altri enti a carattere culturale, trascorsi 3 anni dall'avvenuto deposito, e al di fuori di ogni finalità di lucro, la Cineteca nazionale può avvalersi delle copie depositate o di altre copie stampate a proprie spese, in deroga a quanto previsto dall'art. 10, secondo comma[274], e dagli artt. 46[275] e 46-bis[276] della L. 633/1941, sulla protezione del diritto d’autore. Il Ministero può avvalersi della copia acquisita dalla Cineteca nazionale per proiezioni e manifestazioni cinematografiche e internazionali in Italia e all’estero, non aventi finalità commerciali. Il patrimonio filmico della Cineteca nazionale è di pubblico interesse.

 

La lettera 0a) del comma 5 dispone che con lo stesso decreto ministeriale di cui all’art. 7, co. 5, della L. 220/2016, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, sono stabiliti anche:

·     i limiti temporali oltre i quali le opere depositate presso la Cineteca nazionale possono essere considerate, rispettivamente, opere fuori commercio oppure opere di pubblico interesse depositate in via permanente con presunzione di autorizzazione alla fruizione;

·     i criteri per definire scambi delle opere di cui al punto precedente con cineteche nazionali di altri Stati e per realizzare con esse raccolte, anche congiunte, per la diffusione della cultura cinematografica;

·     le modalità di svolgimento, da parte della Cineteca nazionale, ai fini delle attività di promozione cinematografica e audiovisiva di cui all’art. 27, co. 1, lett. da a) ad e)[277] della stessa L. 220/2016 di proiezioni in sala delle opere depositate o di iniziative dirette a realizzare raccolte di opere o a diffonderle su piattaforme telematiche di apprendimento (e-learning), anche a pagamento, con idonee limitazioni all’accesso e senza possibilità per gli utenti di scaricare i contenuti;

·     i criteri di ripartizione dei proventi derivanti da tali iniziative, tenendo conto dei costi di restauro e di digitalizzazione delle opere utilizzate e delle altre spese sostenute dalla Cineteca nazionale, nonché i casi in cui essa, in riferimento alle opere che vi sono depositate, è esclusa dagli obblighi inerenti ai diritti di cui ai già citati artt. 46 e 46-bis della L. 633/1941, in quanto istituto di tutela del patrimonio culturale.

 

A tal fine, aggiunge un periodo all’art. 7, co. 5, della L. 220/2016.


Articolo 65, commi 6 e 7
(Disposizioni per il sostegno del circo equestre
e dello spettacolo viaggiante)

 

 

L’articolo 65, comma 6, come modificato dalla Camera dei deputati, esonera - dal 1° gennaio al 31 dicembre 2021 - i soggetti che esercitano le attività di circo equestre e di spettacolo viaggiante dal pagamento dei canoni dovuti per concessioni o autorizzazioni concernenti l'utilizzazione del suolo pubblico.

Il comma 7, modificato dalla Camera, prevede l'istituzione di un fondo destinato al ristoro dei Comuni a fronte della diminuzione delle entrate conseguente a tali esoneri.

 

La norma mira a favorire la ripresa delle attività circensi e dello spettacolo viaggiante, danneggiate dall'emergenza epidemiologiche da COVID-19, come individuate dall'art. 1 della legge n. 337 del 1968 (recante "Disposizioni sui circhi equestri e sullo spettacolo viaggiante"). A tal fine si prevede l'esonero dal pagamento dei canoni (di cui all'art. 1, comma 816 e seguenti, della legge di bilancio per il 2020, n. 160 del 2019) dovuti in relazione alla titolarità di concessioni o autorizzazioni concernenti l'utilizzazione del suolo pubblico, per lo svolgimento di tali attività.

Durante l'esame presso la Camera dei deputati, il periodo di esonero, previsto dal 1° gennaio al 31 agosto 2021, è stato esteso al 31 dicembre 2021.

 

Si rammenta che, nell'ambito di una riforma complessiva prevista dalla bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019), l'art. 1, comma 816, introduce il canone unico (istituito dai comuni, dalle province e dalle città metropolitane) che, dal 2021, sostituisce la Tosap, il Cosap, l'imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni, il canone per l'installazione dei mezzi pubblicitari e il canone per l'uso o l'occupazione delle strade (di cui all'articolo 27, commi 7  e  8, del codice della strada), limitatamente alle strade di pertinenza  dei  comuni  e delle province. Il canone - prevede il citato comma 816 - è comunque comprensivo di qualunque canone ricognitorio o concessorio previsto da norme di legge e dai regolamenti comunali e provinciali, fatti salvi  quelli  connessi  a prestazioni di servizi. In particolare il canone ha sostituito la tassa per l'occupazione temporanea di spazi ed aree pubbliche (Tosap), di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 e del canone (Cosap) di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997. n. 446. Il citato articolo 45 del decreto legislativo n. 507 del 1993 disciplina le occupazioni temporanee di spazi e aree pubbliche, nel qual caso la tassa è commisurata alla effettiva superficie occupata ed è graduata in rapporto alla durata delle occupazioni medesime. L’articolo 63 del decreto legislativo n. 446 del 1997 si riferisce invece al canone per l’occupazione dei medesimi spazi e aree, che consente a comuni e province di prevedere che l'occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree destinate a mercati anche attrezzati, sia assoggettata, in sostituzione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, al pagamento di un canone.

 

Il medesimo comma 6, inoltre, stabilisce esplicitamente che si debba tener conto di quanto stabilito dall’articolo 4, comma 3-quater, del decreto-legge n. 162 del 2019, (convertito dalla legge n. 8 del 2020).

A tale riguardo si ricorda che l'art. 1, comma 847, della legge di bilancio per il 2020 (L. n. 160 del 2019) ha abrogato l'intero Capo II del d.lgs. n. 507 del 1993 (concernente la Tosap) e l’art. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997 (in materia di Cosap) a decorrere dal 1° gennaio 2020. Tuttavia, l'art. 4, comma 3-quater, D.L. n. 162 del 2019 (c.d. decreto fiscale, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 8 del 2020) prevede che tali abrogazioni non abbiano effetto, limitatamente all'anno 2020.

 

Il comma 7 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo con una dotazione di 8,65 milioni di euro per l’anno 2021, destinato a provvedere al ristoro dei Comuni, in vista delle minori entrate a seguito degli esoneri dal pagamento dei canoni.

Durante l'esame presso la Camera dei deputati, la dotazione del Fondo è stata innalzata a 12,95 milioni. All'ulteriore onere, pari a 4,3 milioni, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili nel corso di gestione, di cui all'art. 1. Comma 200, della legge n. 190 del 2014 (ai sensi della modifica del comma 10 del presente articolo, alla cui scheda si rinvia).

 

Alla ripartizione del Fondo si provvede con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali da adottare entro sessanta giorni dall’entrata in vigore delle disposizioni in esame.

Il decreto è comunque adottato al ricorrere della condizione prevista dall'art. 3, comma 3, del decreto legislativo n. 281 del 1997. Tale disposizione prevede che quando un'intesa espressamente prevista dalla legge non è raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno (Conferenza Stato-città ed autonomie locali, nel caso in esame), il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata.

 


Articolo 65, comma 8
(Interventi riguardanti le fondazioni lirico-sinfoniche)

 

 

L’articolo 65, comma 8, sopprime il limite massimo di finanziamento, pari a € 20 mln, attribuibile a ciascuna delle fondazioni lirico-sinfoniche che hanno presentato il piano di risanamento triennale per il periodo 2021-2023 nel termine previsto dalla legge di bilancio 2021.

 

A tal fine, novella l’art. 1, co. 590, terzo periodo, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021).

 

La relazione illustrativa all’A.C. 3132 faceva presente che l’eliminazione di tale vincolo consentirà un utilizzo delle risorse in maniera effettivamente corrispondente ai piani di risanamento presentati da ciascuna fondazione e al suo più efficace rilancio.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 1, co. da 589 a 594, della L. 178/2020 ha introdotto previsioni volte a consentire la prosecuzione del percorso di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche[278]. In particolare, il co. 590 ha previsto la possibilità, per le (5) fondazioni che non lo avessero già fatto a seguito dell’art. 11 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) e dei successivi interventi normativi, di presentare, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, un piano di risanamento triennale per il periodo 2021-2023, predisposto secondo quanto disposto dallo stesso art. 11 e dalle linee guida conseguentemente adottate (v. infra). Al riguardo, ha specificato che, ai fini della redazione del piano, si doveva far riferimento, per la rinegoziazione e ristrutturazione del debito e per la riduzione della dotazione organica, al debito e alla dotazione organica esistenti al 31 dicembre 2019.

Ai fini indicati, lo stesso co. 590 ha disposto che il fondo di rotazione – istituito dallo stesso art. 11 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) – è incrementato, per l'anno 2021, di € 40 mln. Aveva altresì disposto che il finanziamento attribuibile a ciascuna fondazione non poteva essere superiore a € 20 mln.

Infine, ha previsto che, per l’erogazione delle risorse, si applicano le disposizioni di cui al co. 7 dello più volte citato art. 11 e ha stabilito per le medesime il termine del 31 dicembre 2023 per il raggiungimento del tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario. Le fondazioni per le quali non sia stato presentato o non sia approvato un piano di risanamento nei termini stabiliti, ovvero non sia stato raggiunto il pareggio economico in ciascun esercizio e, entro l'esercizio finanziario 2023, il tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario, sono poste in liquidazione coatta amministrativa.

 

Per le fondazioni lirico-sinfoniche che si trovassero nelle condizioni di amministrazione straordinaria, di cui all’art. 21 del d.lgs. 367/1996, o fossero state in regime di amministrazione straordinaria nel corso degli ultimi due esercizi, non avendo ancora terminato la ricapitalizzazione, ovvero non potessero far fronte ai debiti certi ed esigibili da parte di terzi, l’art. 11, co. 1 e 2, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) aveva previsto la possibilità di presentare un piano di risanamento. Tra i contenuti inderogabili del piano era stata prevista, in particolare, la riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo, nonché la razionalizzazione del personale artistico, previo accordo con le associazioni sindacali, la rinegoziazione e ristrutturazione del debito, il divieto di ricorrere a nuovo indebitamento.

Il piano doveva essere presentato ad un Commissario straordinario, appositamente nominato (v. infra), e doveva assicurare gli equilibri strutturali del bilancio, sotto il profilo sia patrimoniale, sia economico-finanziario, entro i tre successivi esercizi finanziari, ovvero, in base al testo originario del co. 14 dello stesso art. 11, entro l’esercizio 2016. Il piano doveva essere approvato, su proposta motivata del commissario straordinario, sentito il collegio dei revisori dei conti, con decreto MIBACT-MEF, entro 30 giorni dalla sua presentazione. In base al citato co. 14, infatti, le fondazioni che non avessero presentato il piano di risanamento entro i termini previsti, o per le quali il piano di risanamento non fosse stato approvato nei termini previsti, ovvero che non avessero raggiunto entro l’esercizio 2016 le condizioni di equilibrio strutturale del bilancio, sotto il profilo sia patrimoniale, sia economico-finanziario, dovevano essere poste in liquidazione coatta amministrativa.

Per facilitare il percorso di risanamento, il co. 6 dello stesso art. 11 ha previsto la possibilità di accedere a un fondo di rotazione per la concessione di finanziamenti di durata fino a un massimo di 30 anni, in favore delle fondazioni che fossero nelle condizioni di cui al co. 1. La dotazione del fondo di rotazione era stata inizialmente fissata a € 75 mln per il 2014.

Per l’erogazione delle risorse, il co. 7 ha previsto che il commissario straordinario doveva predisporre un contratto tipo, approvato dal MEF, nel quale dovevano essere indicati, tra l'altro, il tasso di interesse sui finanziamenti, le misure di copertura annuale del rimborso del finanziamento, le modalità di erogazione e di restituzione delle somme, prevedendo, altresì, qualora l'ente non avesse adempiuto nei termini ivi stabiliti al versamento delle rate di ammortamento dovute, sia le modalità di recupero delle medesime somme, sia l'applicazione di interessi moratori. L'erogazione delle somme doveva essere subordinata alla sottoscrizione, da parte di ciascuna delle fondazioni, di contratti conformi al contratto tipo.

 

Successivamente, l’art. 5 del D.L. 83/2014 (L. 106/2014) ha previsto, fra l'altro, la possibilità, per le fondazioni che avevano presentato il piano di risanamento, di negoziare e applicare nuovi contratti integrativi aziendali e ha incrementato, per il 2014, di € 50 mln il fondo di rotazione. Inoltre, ha previsto che le Agenzie fiscali potevano ricorrere alla transazione fiscale anche nei confronti delle fondazioni lirico-sinfoniche che avessero presentato i piani di risanamento.

Ancora dopo, l’art. 1, co. 355, della L. di stabilità 2016 (L. 208/2015) aveva prorogato (dal 2016) al 2018 il termine per il raggiungimento dell’equilibrio strutturale di bilancio per le fondazioni che avevano già presentato il piano di risanamento, previa predisposizione, da parte delle stesse – entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge (dunque, entro il 31 marzo 2016) – di un’integrazione del piano, relativa al periodo 2016-2018, pena la sospensione dei contributi a valere sul Fondo unico per lo spettacolo (FUS).

Il successivo co. 356 ha esteso a tutte le fondazioni la possibilità di accedere al fondo di rotazione, allo scopo incrementato di € 10 mln per il 2016, stabilendo che quelle interessate potevano presentare – entro il 30 giugno 2016 – un piano triennale per il periodo 2016-2018, secondo le indicazioni dell’art. 11 del D.L. 91/2013 e delle linee guida relative ai piani di risanamento[279]. In particolare, ha specificato che il piano doveva prevedere la riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo fino al 50% di quella in essere al 31 dicembre 2015 e la rinegoziazione e ristrutturazione del debito esistente alla medesima data.

Nel prosieguo, l’art. 24 del D.L. 113/2016 (L. 160/2016) ha introdotto elementi di maggiore flessibilità nel percorso di risanamento, sostituendo il riferimento al raggiungimento dell'equilibrio strutturale del bilancio, sia sotto il profilo patrimoniale che economico-finanziario, con il riferimento al raggiungimento del pareggio economico in ciascun esercizio e al tendenziale equilibrio patrimoniale e finanziario entro il (termine originario) 2018. Tale termine è, poi, stato prorogato dapprima al 2019 (art. 1, co. 323, della L. di bilancio 2018-L. 205/2017), poi al 31 dicembre 2020 (art. 7, co. 1, primo periodo, e 3-bis, del D.L. 162/2019-L. 8/2020) e, da ultimo, al 31 dicembre 2021 (art. 1, co. 589, L. 178/2020).

Inoltre, l’art. 1, co. 592, della stessa L. 178/2020 ha prorogato le funzioni del Commissario straordinario fino al 31 dicembre 2022, al fine di proseguire l'attività di monitoraggio dei piani di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche che li hanno già presentati, e fino al 31 dicembre 2023 per le attività concernenti l'approvazione e il monitoraggio dei nuovi piani di risanamento, ove presentati[280].

 

Il monitoraggio semestrale dello stato di attuazione dei piani di risanamento è stato affidato dall’art. 11, co. 3, lett. b), del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) al Commissario straordinario. Da ultimo, il 24 novembre 2020 è stata pubblicata la seconda relazione semestrale 2020 relativa al periodo gestionale di riferimento primo semestre 2020, che, ricordato che il percorso di risanamento avviato riguardava 9 delle 14 Fondazioni (Petruzzelli e Teatri di Bari, Teatro Massimo di Palermo, Teatro del Maggio musicale fiorentino, Teatro San Carlo di Napoli, Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, Teatro dell'Opera di Roma, Teatro Comunale di Bologna, Teatro Carlo Felice di Genova, Arena di Verona), ha fatto presente, in particolare, che il percorso di risanamento virtuosamente seguito nell’ultimo quinquennio è stato interrotto bruscamente dall’irrompere della pandemia da COVID-19, anche se, alla chiusura dei dati relativi al primo semestre 2020, nonostante i lunghi periodi di inattività, le fondazioni non mostravano ancora una condizione di severa sofferenza: ciò, per effetto della concomitante contrazione delle voci di costo più significative – quali, quelle relative al personale e alle produzioni artistiche –, della tenuta della contribuzione pubblica e dell’intervento della legislazione emergenziale di sostegno.

Cionondimeno, ha evidenziato che l’effetto determinato dalla pandemia potrà essere assorbito e superato medio tempore solo con un piano nazionale di “recovery” che possa potenziare le azioni di risanamento e rilancio delle fondazioni nei prossimi anni.

In ogni caso, per tutta la stagione 2021 le fondazioni devono procedere alla redazione di veri e propri “piani di contingenza”, applicando il massimo rigore sia nella gestione economica che in quella finanziaria e perseguendo piani di attività a bassissimo rischio. Al contempo, dovranno elaborare un piano strategico di breve-medio periodo.

Infine, per le ragioni esposte, la relazione aveva sollecitato a differire il termine per il raggiungimento del tendenziale equilibrio economico e finanziario.


Articolo 65, commi 9 e 10
(Card cultura per i diciottenni)

 

 

L’articolo 65, comma 9, incrementa di € 70 mln le risorse per l’assegnazione della c.d. Card cultura – introdotta per la prima volta nel 2016 – ai giovani che compiono 18 anni nel 2021.

Il comma 10, modificato durante l’esame alla Camera, reca la copertura degli oneri.

 

A tal fine, il comma 9 novella l’art. 1, co. 576, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021) che, a sua volta, ha novellato l’art. 1, co. 357, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020).

 

Si valuti dunque l’opportunità di novellare direttamente l’art. 1, co. 357, della L. 160/2019.

 

Per effetto dell’incremento, le risorse complessivamente disponibili per i giovani che compiono 18 anni nel 2021 sono pari a € 220 mln, ossia allo stesso importo previsto per i giovani che hanno compiuto 18 anni nel 2020.

 

L’art. 1, co. 979-980, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) – nel testo come modificato dall’art. 2-quinquies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) – aveva previsto che a tutti i residenti nel territorio nazionale, in possesso, ove previsto, di permesso di soggiorno, che compivano 18 anni nel 2016 era assegnata una carta elettronica – dell’importo nominale massimo di € 500 –, da utilizzare per ingressi a teatro, cinema, mostre e altri eventi culturali, spettacoli dal vivo, per l’accesso a musei, monumenti, gallerie e aree archeologiche e parchi naturali, per l’acquisto di libri. A tal fine, aveva autorizzato la spesa di € 290 mln per il 2016[281] .

Successivamente, tale previsione era stata estesa dall’art. 1, co. 626, della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) anche ai giovani che compivano 18 anni nel 2017, che potevano utilizzare la carta anche per l'acquisto di musica registrata, nonché di corsi di musica, di teatro o di lingua straniera. A tal fine, era stata autorizzata la spesa di € 290 mln per il 2017[282] .

Ancora in seguito, la L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) aveva rifinanziato l’iniziativa per il 2018 e per il 2019 con € 290 mln annui, ma intervenendo direttamente nello stato di previsione dell’allora MIBACT (cap. 1430).

Al riguardo, la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato, nell’Adunanza di Sezione del 7 giugno 2018 (NUMERO AFFARE 00680/2018), pronunciandosi sullo schema di un nuovo DPCM di definizione della disciplina applicativa, aveva stigmatizzato la mancanza di una norma legittimante di rango primario da porre a base dello stesso[283].

A tale rilievo aveva dato seguito l’art. 7 del D.L. 91/2018 (L. 108/2018), che aveva inserito nell’art. 1, co. 626, della L. 232/2016 il riferimento al 2018[284].

Successivamente, l’art. 1, co. 604, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) aveva definito la disciplina sostanziale per l’assegnazione della carta a tutti i residenti nel territorio nazionale che compivano 18 anni nel 2019, stabilendo un limite massimo di spesa di € 240 mln (rispetto ai 290 mln previsti in precedenza) e demandando la definizione della disciplina applicativa (non più ad un DPCM, ma) ad un decreto dell’allora Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Nel prosieguo, l’art. 50, co. 2, lett. h), del D.L. 34/2019 (L. 58/2019) aveva ridotto l’autorizzazione di spesa per il 2019 di € 100 mln, a copertura di quota parte degli oneri da esso recati – riduzione poi ristorata dalla legge di assestamento per il 2019 (L. 110/2019) – mentre l’art. 3, co. 4-bis, del D.L. 59/2019 (L. 81/2019) ha inserito i prodotti dell’editoria audiovisiva fra quelli che possono essere acquistati[285].

Ancora dopo, il già citato art. 1, co. 357, della L. 160/2019 aveva esteso ai residenti nel territorio nazionale che compivano 18 anni di età nel 2020 la disciplina per l’assegnazione della carta, stabilendo un limite massimo di spesa di € 160 mln – poi elevato a € 190 mln dall'art. 183, co. 11-ter, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) e a € 220 mln dalla L. di assestamento 2020 (L. 128/2020) – e inserendo gli abbonamenti a quotidiani anche in formato digitale tra i prodotti che possono essere acquistati con la stessa[286].

Da ultimo, l’art. 1, co. 576, della L. 178/2020 (L. di bilancio 2021), novellando l’art. 1, co. 357, della L. 160/2019, aveva autorizzato la spesa di € 150 mln per il 2021 per l’assegnazione della carta anche ai giovani che compiono 18 anni nel 2021. A sua volta, il co. 611 – sempre novellando l’art. 1, co. 357, della L. 160/2019 - ha disposto che i giovani che compiono 18 anni nel 2020 e nel 2021 possono utilizzare la medesima carta anche per l’acquisto di abbonamenti a periodici.

 

Con comunicato del 28 marzo 2021, il MIC aveva reso noto che “dalla prima edizione ad oggi si sono registrati circa 1,6 milioni di ragazzi che hanno speso in cultura oltre 730 milioni di euro. Di questa cifra l’83% è stato speso per acquisto di libri, il 14% per concerti e musica mentre il restante 3% per le altre varie spese culturali previste”.

Da ultimo, con comunicato del 21 maggio 2021, il MIC ha reso noto che “Ad oggi sono 314.000 i ragazzi nati nel 2003 che si sono registrati sul sito www.18app.it e hanno giù speso 32,5 milioni di euro. Quella in corso è la quinta edizione di questa misura che dall’inizio ha visto partecipare quasi due milioni di ragazzi che hanno speso circa 800 milioni in cultura.”

 

Il comma 10, modificato durante l’esame alla Camera, dispone che alla copertura degli oneri derivanti, tra l’altro, dal comma 9, si provvede in parte ai sensi dell’articolo 77 e, in altra parte, mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (art. 1, co. 200, L. 190/2014).



Articolo 65-bis
(Credito di imposta per interventi conservativi sugli immobili di interesse storico e artistico)

 

 

 

L'articolo 65-bis, inserito nel corso dell'esame in prima lettura, riconosce un credito di imposta alle persone fisiche, pari al 50 per cento delle spese sostenute negli anni 2021 e 2022 per la manutenzione, protezione e restauro degli immobili di interesse storico e artistico. A tal fine è istituito il Fondo per il restauro e per altri interventi conservativi con una dotazione di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022.

 

Nello specifico il Fondo per il restauro e per altri interventi conservativi sugli immobili di interesse storico e artistico (soggetti alla tutela prevista dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004) è istituito nello stato di previsione del Ministero della cultura, con una dotazione di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, in termini di limite massimo di spesa (comma 1).

Il Fondo è destinato alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio immobiliare di interesse storico e artistico, in attuazione dell'articolo 9 della Costituzione e secondo le disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, anche tenuto conto della crisi economica determinata dall'emergenza epidemiologica da Covid-19 (comma 2).

La determinazione dei criteri e delle modalità di gestione e di funzionamento del Fondo, nonché la definizione delle procedure per l'accesso alle risorse sono demandate a un decreto del Ministro della cultura, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in conformità alla disciplina del credito d'imposta direttamente prevista dall'articolo in esame (comma 6).

L'articolo prevede, infatti che, a valere sulle risorse del Fondo, alle persone fisiche che detengono a qualsiasi titolo immobili di interesse storico e artistico soggetti alla tutela prevista dal codice dei beni culturali e del paesaggio, a condizione che non siano utilizzati nell'esercizio di impresa, sia riconosciuto un credito d'imposta per le spese sostenute negli anni 2021 e 2022 per la manutenzione, la protezione o il restauro di detti immobili, in misura pari al 50 per cento degli oneri rimasti a carico delle medesime persone fisiche. L'importo massimo complessivo del credito è  di 100.000 euro (comma 3).

Il credito d'imposta è utilizzabile in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, che disciplina i versamenti unitari delle imposte con eventuale compensazione dei crediti, a decorrere dal riconoscimento dello stesso. Esso non è cumulabile con alcun altro contributo o finanziamento pubblico né con la detrazione a favore dei soggetti obbligati alla manutenzione, protezione o restauro delle cose vincolate dal codice dei beni culturali e del paesaggio, prevista dall'art. 15, comma 1, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (comma 4).

In luogo dell'utilizzo diretto del credito d'imposta, i soggetti ai quali esso è stato riconosciuto possono optare per la cessione, anche parziale, del credito ad altri soggetti, inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari (comma 5).

L'articolo provvede, infine, alla copertura degli oneri derivanti dalle nuove disposizioni, quantificati in 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, disponendo che ad essi si provveda mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili (istituito dall'art. 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014, e da ultimo incrementato di 800 milioni di euro per l'anno 2021 e di 100 milioni di euro per l'anno 2022 dall'articolo 77, comma 7, del provvedimento in esame) (comma 7).


 

Articolo 66
(Disposizioni urgenti in tema di previdenza
e assistenza nel settore dello spettacolo)

 

 

L’articolo 66, modificato dalla Camera, introduce alcune disposizioni in materia di previdenza e assistenza nel settore dello spettacolo, con particolare riferimento: alla indennità di malattia (commi 1 e 2), all’importo massimo della retribuzione giornaliera riconosciuta a fini assistenziali (comma 3), alla assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (commi 4, 5, 5-bis e 5-ter), alla tutela e al sostegno della genitorialità (comma 6), alla assicurazione per i lavoratori autonomi dello spettacolo – ALAS (commi da 7 a 16), ai contributi a fini pensionistici (commi 17 e 18), all’adeguamento dell’elenco delle categorie professionali (commi 19 e 20).

 

In dettaglio, la disposizione prevede:

indennità di malattia: i lavoratori iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo hanno diritto all’indennità di malattia per un massimo di 180 giorni nell’anno solare, a condizione che possano far valere almeno 40 contributi giornalieri (in luogo dei 100 finora previsti) dal 1° gennaio dell’anno solare precedente l’insorgenza della malattia.  Viene infatti, modificato l’articolo 13, comma 1, del D.Lgs.C.P.S. 16/07/1947, n. 708 (recante “Disposizioni concernenti l'Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo), in base al quale “l’indennità giornaliera che compete all'iscritto in caso di malattia è pari al 50% della media delle ultime cento paghe giornaliere percepite”. La relazione illustrativa evidenzia che il passaggio da 100 a 40 contributi è dovuto al fatto che la precedente previsione rendeva spesso impossibile l’accesso alla tutela in materia (commi 1 e 2);

In base alla relazione tecnica, la stima dell’onere tiene conto sia del diverso calcolo della retribuzione media giornaliera globale che del diverso valore del massimale giornaliero di retribuzione previsti dalla norma.

 

 

Importo massimo della retribuzione giornaliera riconosciuta a fini assistenziali: viene innalzata da 130 mila lire (67,14 euro) a 100 euro la retribuzione massima giornaliera di riferimento per il calcolo delle prestazioni del SSN, dei contributi e delle prestazioni per le indennità economiche di malattia e maternità. Secondo la relazione illustrativa, attualmente, infatti, l’articolo 6, comma 15 del decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536, “prevede che per i lavoratori dello spettacolo con contratto di lavoro a tempo determinato, i contributi per le prestazioni del Servizio sanitario nazionale e i contributi e le prestazioni per le indennità economiche di malattia e maternità sono calcolati su un importo massimo della retribuzione giornaliera pari a lire 130.000 (67,14). Senonché, detta regola determina, proprio in relazione ai soggetti con rapporto di lavoro saltuario e discontinuo, livelli di prestazione che risultano decisamente non adeguati anche assumendo a riferimento i compensi giornalieri medi del settore. Con la norma in esame, si prevede, dunque, l’innalzamento della retribuzione massima giornaliera di riferimento a euro 100,00” (comma 3);

La disposizione prevede l’aumento da 130.000 lire a 100 euro dell’importo massimo della retribuzione giornaliera riconosciuta a fini assistenziali. In base alla relazione tecnica, dalla disposizione derivano maggiori oneri i cui effetti sono ricompresi nelle quantificazioni dei commi 1, 2 e 6.

 

Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali presso l’INAIL dei lavoratori iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo: con decorrenza 1° gennaio 2022, l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) è estesa anche ai lavoratori autonomi iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo.

Le modalità di attuazione del predetto obbligo assicurativo, i soggetti tenuti al versamento del relativo premio le retribuzioni imponibili da assumere per il calcolo dei premi e la liquidazione delle prestazioni indennitarie, l’inquadramento nelle gestione tariffaria (qualora non sia possibile operare la classificazione per settori dei datori di lavoro, ai fini previdenziali e assistenziali, come previsto dall’articolo 49 della legge 88/1989), sono stabiliti, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, con uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle finanze e con il Ministro della cultura,, su proposta dell’INAIL; inoltre, per il personale delle fondazioni lirico sinfoniche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367[287] e di cui alla legge 11 novembre 2003, n. 310[288], si prevede che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della disposizione, sia assicurato contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Si dispone, in entrambi i casi, la applicazione delle disposizioni del testo unico vigenti in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (commi 4 e 5, sostituiti nel corso dell’esame presso la Camera).

 

La Camera ha, altresì, introdotto i commi 5-bis e 5-ter: con riferimento al primo, sono fatti salvi i versamenti dei premi e delle prestazioni erogate anteriormente alla data di entrata in vigore della disposizione; inoltre, per i periodi antecedenti alla predetta entrata in vigore, nel caso di evento occorso che comporti un indennizzo da parte dell’INAIL, sono comunque dovuti, a decorrere dalla data dell’evento stesso, i premi relativi alla specifica posizione assicurativa, senza applicazione di sanzioni e interessi.

Con riferimento ai giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della disposizione aventi ad oggetto le questioni di cui al comma 5 dell’ articolo, il comma 5-ter dispone che essi sono dichiarati estinti d'ufficio con compensazione delle spese fra le parti e i provvedimenti giudiziari non ancora passati in giudicato restano privi di effetto.

 

Tutela e sostegno della genitorialità: le modifiche normative al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151[289] mirano a rendere effettiva la tutela e il sostegno della maternità e della paternità per i lavoratori dello spettacolo. Come spiega la relazione illustrativa, i lavoratori dello spettacolo, “benché pacificamente ricompresi fra i soggetti beneficiari delle tutele spesso non riescono ad accedervi. Ciò, in quanto i requisiti ivi previsti non tengono conto delle specificità delle prestazioni lavorative degli stessi e, in particolar modo, del loro carattere discontinuo”. Si prevede, così, l’inserimento, all’interno del capo X del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, di una norma ad hoc, l’articolo 59-bis, la quale chiarisce che le lavoratrici e i lavoratori iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo hanno diritto alle tutele previste dal testo unico rispettivamente per i rapporti di lavoro subordinato o autonomo; stabilisce inoltre che per le lavoratrici e i lavoratori di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a) e b) del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182, ai fini del calcolo dell’indennità di cui all’articolo 23, la retribuzione media globale giornaliera corrisponde all’importo ottenuto dividendo l’ammontare percepito in relazione alle attività lavorative nel settore dello spettacolo nei dodici mesi antecedenti l’insorgenza dell’evento per il numero di giorni lavorati, o comunque retribuiti, risultanti nel medesimo periodo. Questa previsione si è resa necessaria perché sinora il calcolo della retribuzione faceva riferimento alla retribuzione media globale giornaliera”, intesa come il valore che si ottiene dividendo per trenta l’importo totale della retribuzione del mese precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo (art. 23, comma 4, D.Lgs 151/2001). Senonché, proprio in ragione del carattere discontinuo delle prestazioni lavorative dei professionisti dello spettacolo, non è infrequente che nel mese precedente a quello nel corso del quale ha avuto inizio il congedo non siano reperibili giorni lavorati, o comunque retribuiti, utili ai fini del predetto calcolo. La modifica propone, invece, una soluzione che consente di parametrare il beneficio a quelle che sono le prestazioni effettivamente svolte dai lavoratori in questione (comma 6);

 

La stima dell’onere tiene conto sia del diverso calcolo della retribuzione media giornaliera globale che del diverso valore del massimale giornaliero previsti dalla norma. La valutazione è stata effettuata ipotizzando l’entrata in vigore della norma a partire dal 1° giugno 2021.

 

 

Assicurazione per i lavoratori autonomi dello spettacolo – ALAS: ai commi da 7 a 16 si prevede, dal 1° gennaio 2022, il riconoscimento per i lavoratori autonomi dello spettacolo di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a) e b) [290], del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182[291], di un’indennità mensile per la disoccupazione involontaria (ALAS), erogata dall’INPS (comma 7), in possesso di determinati requisiti, tra cui: a) essere in stato di non occupazione; b) non essere titolari di trattamento pensionistico diretto a carico di gestioni previdenziali obbligatorie; c) non essere beneficiari di reddito di cittadinanza di cui al decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26, d) aver maturato, nel periodo che va dal primo gennaio dell'anno solare precedente la conclusione dell'ultimo rapporto di lavoro di lavoro autonomo alla data di presentazione della domanda di indennità, almeno quindici giornate di contribuzione versata o accreditata al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo; e) avere un reddito relativo all’anno solare precedente alla presentazione della domanda non superiore a 35.000 euro (comma 8). I requisiti di cui alle lettere a), b) e c) devono essere mantenuti anche durante la percezione dell’indennità (comma 10).

La domanda di indennità deve essere proposta all’INPS per via telematica entro il termine di decadenza di sessantotto giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro autonomo (comma 9).

L’indennità è rapportata al reddito imponibile ai fini previdenziali risultante dai versamenti contributivi effettuati al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo, relativo all’anno in cui si è concluso l’ultimo rapporto di lavoro autonomo e all’anno solare precedente, diviso per il numero di mesi di contribuzione, o frazioni di essi (comma 11).

Essa è pari al 75 per cento dello stesso reddito nel caso in cui il reddito mensile sia pari o inferiore nel 2021 all’importo di 1.227,55 euro, annualmente rivalutato sulla base della variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell’anno precedente. Nel caso in cui il reddito medio mensile sia superiore al predetto importo l’indennità è pari al 75 per cento del predetto importo incrementata di una somma pari al 25 per cento della differenza tra il reddito medio mensile e il predetto importo. L’indennità non può in ogni caso superare l'importo massimo mensile di 1.335,40 euro nel 2021, annualmente rivalutato sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell'anno precedente (comma 12).

L’indennità è corrisposta mensilmente per un numero di giornate pari alla metà delle giornate di contribuzione versata o accreditata al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo nel periodo che va dal primo gennaio dell’anno solare precedente la conclusione dell'ultimo rapporto di lavoro di lavoro autonomo. Ai fini della durata non sono computati i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazione della prestazione. L’indennità non può in ogni caso superare la durata massima di sei mesi (comma 13).

Per i periodi di fruizione dell’indennità è riconosciuta la contribuzione figurativa rapportata al reddito medio mensile come determinato dal comma 6 entro un limite di retribuzione pari a 1,4 volte l'importo massimo mensile dell’indennità per l'anno in corso. A decorrere dal 1° gennaio 2022, per i lavoratori di cui al comma 7, è dovuta un'aliquota contributiva pari al due per cento[292] (comma 14).

L’indennità è, inoltre, incompatibile con le altre prestazioni a tutela della disoccupazione involontaria e non concorre[293] alla formazione del reddito ai sensi del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (commi 15 e 16);

 

Sono stati oggetto di stima, dalla relazione tecnica:

1.   l’onere derivante dall’erogazione dell’indennità ALAS (commi 5, 6, 7);

2.   l’onere derivante dal riconoscimento della contribuzione figurativa (comma 8);

3.   la maggiore entrata derivante dal versamento, per i lavoratori di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a) e b), del D.Lgs. n. 182/1997, di un’aliquota contributiva pari al 2% (comma 8).

 

 

Contributi a fini pensionistici: si modifica il decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182[294], riducendo (attraverso la modifica dell’articolo 2, comma 2, lett. a) e dell’articolo 1, comma 15) il numero di contributi giornalieri complessivi richiesti da 120 a 90, ai fini della maturazione dell'annualità di contribuzione necessaria per l’accesso alle prestazioni pensionistiche, che altrimenti risulterebbe, secondo la relazione illustrativa, “sproporzionato rispetto ai livelli occupazionali del settore, come si evince dai dati Inps degli ultimi anni”. Al predetto art. 2 viene aggiunto un comma 2-bis con il quale si è stabilito che sono dovuti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 16 luglio 1947, n. 708, i contributi giornalieri anche nei casi di: a) attività di insegnamento retribuite o di formazione svolte in enti accreditati presso le amministrazioni pubbliche competenti o da queste organizzate; b) attività remunerate di carattere promozionale di spettacoli dal vivo, cinematografici, televisivi o del settore audiovisivo, nonché di altri eventi organizzati o promossi da soggetti pubblici o privati che non hanno come scopo istituzionale o sociale l’organizzazione e la diffusione di spettacoli o di attività educativa collegate allo spettacolo. Il comma 2-ter. Anch’esso aggiunto, prevede che, per le attività di cui alle lettere a) e b) del comma 2 -bis non sono richiesti gli adempimenti di cui all’articolo 6, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 16 luglio 1947, n. 708, vale a dire la produzione del certificato di agibilità nei locali di proprietà o di cui abbiano un diritto personale di godimento le imprese dell'esercizio teatrale, cinematografico e circense, i teatri tenda, gli enti, le associazioni, le imprese del pubblico esercizio, gli alberghi, le emittenti radiotelevisive e gli impianti sportivi.

Sono stati aggiunti inoltre, all’articolo 1, i commi 15-ter, 15-quater e 15-quinquies che prevedono: l’accredito d'ufficio di un numero di contributi giornalieri, fino a concorrenza di 90 contributi giornalieri annui complessivi, ai soli fini dell'acquisizione del diritto alla corresponsione dei trattamenti pensionistici, per i lavoratori appartenenti al gruppo di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), che non raggiungano il requisito dell’annualità di contribuzione richiesto per il sorgere del diritto alle prestazioni e che abbiano dichiarato per il medesimo anno una retribuzione globale derivante dall’esercizio delle attività lavorative per le quali è richiesta l’iscrizione obbligatoria al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo superiore quattro volte l’importo del trattamento minimo annuale in vigore nell’assicurazione generale obbligatoria (15-ter); l’accreditamento di un’ulteriore giornata, fino a concorrenza di 90 contributi giornalieri annui complessivi per ogni giornata contributiva versata al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo, riferite alla categoria attori cinematografici e audiovisivi determina l’accreditamento di un’ulteriore giornata (15-quater);

che il datore di lavoro o il committente rilasci al lavoratore, al termine della prestazione lavorativa, una certificazione attestante l’ammontare della retribuzione giornaliera corrisposta e dei contributi versati, con particolare riguardo a quanto disposto dai commi 8 e 12, con conseguente sanzione amministrativa (pari a 10 mila euro), salvo che il fatto non costituisca reato più grave, per il caso di mancato rilascio o di attestazione non veritiera. è stabilito che il datore di lavoro è punito con la sanzione amministrativa non superiore a 10.000 euro, , e il divieto di accedere, nell’anno successivo, a benefici, sovvenzioni, contributi o agevolazioni, anche tributarie (15-quinquies).

Si è poi prevista, con la modifica dell’articolo 4, comma 7, primo periodo, che ai fini dell'accesso al diritto alle prestazioni, i requisiti contributivi da far valere devono riferirsi, non più esclusivamente ad effettive prestazioni lavorative svolte nel settore dello spettacolo, bensì a prestazioni lavorative effettive svolte per almeno due terzi nel predetto settore, al fine di garantire il ricongiungimento dei contributi maturati presso altre gestioni.

Le disposizioni appena descritte, di cui al comma 17, si applicano a decorrere dal 1° luglio 2021 (commi 17 e 18).

 

Si riportano di seguito gli effetti finanziari complessivi delle disposizioni dei commi 17 e 18:

 

Anno

Totale entrate
(netto fisco)

Totale onere prestazioni

Totale onere contributi figurativi

Totale onere

Effetti complessivi
(entrate-uscite)

2021

0,0

14,8

0,0

14,8

-14,8

2022

10,9

45,1

8,6

53,7

-42,8

2023

6,7

45,7

8,7

54,4

-47,7

2024

8,5

46,9

8,8

55,7

-47,2

2025

8,6

48,2

8,9

57,1

-48,5

2026

8,7

50,0

9,0

59,0

-50,3

2027

8,8

51,5

9,1

60,6

-51,8

2028

9,0

53,9

9,2

63,1

-54,1

2029

9,1

57,2

9,4

66,6

-57,5

2030

9,3

61,5

9,6

71,1

-61,8

 

Adeguamento all’elenco delle categorie professionali:

si interviene sul secondo comma dell’articolo 3, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 16 luglio 1947, n. 708, che attribuisce al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da un lato la potestà di integrare, con apposito decreto, il novero delle figure professionali soggette all’obbligo assicurativo al FPLS e al FPSP (al fine di adeguare la platea dei lavoratori assicurati sulla base dell’evoluzione delle tecnologie produttive e dell’inserimento nel mercato del lavoro di figure professionali che applicano abilità innovative) e, dall’altro, il potere di integrare o ridefinire la distinzione in tre gruppi dei lavoratori dello spettacolo, per come prevista dall’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182.

La modifica comporta il coinvolgimento del Ministro della cultura e del Ministro con delega per lo sport, prevedendo che il decreto ministeriale venga adottato sentiti gli stessi, nonché una costanza nell’adeguamento, prevedendo che avvenga con cadenza almeno quinquennale, tenuto conto, come riferisce la relazione illustrativa che “l’ultimo adeguamento delle figure professionali è invero avvenuto nel 2005. Senonché, dal 2005 il settore dello spettacolo si è popolato di numerose nuove figure professionali, le quali risultano oggi assicurate al Fondo pensioni lavoratori dipendenti, alla Gestione separata di cui alla legge n. 335 del 1995 o alla gestione dei commercianti, a seconda della configurazione dell’attività lavorativa. Da qui, l’importanza di una previsione che introduca una scadenza temporale entro cui procedere all’adeguamento, in modo da consentire alle nuove figure professionali condizioni di tutela previdenziale più aderenti alle modalità tipiche di svolgimento delle prestazioni lavorative. Per quel che poi concerne il potere di integrazione o ridefinizione della distinzione in tre gruppi dei lavoratori dello spettacolo di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182, si prevede che lo stesso possa essere esercitato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali adottato, oltreché di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, anche con il Ministro della cultura.

Con riferimento all’adeguamento delle figure professionali si specifica che in sede di prima applicazione esso è disposto entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (commi 19 e 20).

 

Le disposizioni dei commi 19 e 20, secondo la relazione tecnica, non hanno impatto finanziario.

 

Il comma 21 individua gli oneri della disposizione nel modo seguente:

agli oneri dell’articolo, con esclusione di quelli derivanti dai commi 3, 4 e 5, quantificati in 14,8 milioni di euro per l’anno 2021, 53,7 milione di euro per l’anno 2022, 58,6 milioni di euro per l’anno 2023, 58,2 milioni di euro per l’anno 2024, 59,7 milioni di euro per l’anno 2025, 61,6 milioni di euro per l’anno 2026, 63,2 milioni di euro per l’anno 2027, 65,7 milioni di euro per l’anno 2028, 69,4 milioni di euro per l’anno 2029, 73,9 milioni di euro per l’anno 2030 e 74,5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2031, si provvede, per 10,9 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, 11 milioni di euro per l’anno 2024, 11,2 milioni di euro per l’anno 2025, 11,3 milioni di euro per l’anno 2026, 11,4 milioni di euro per l’anno 2027, 11,6 milioni di euro per l’anno 2028, 11,9 milioni di euro per l’anno 2029, 12,1 milioni di euro per l’anno 2030 e 12,3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2031, mediante le maggiori entrate derivanti dai commi da 7 a 16 e, per il restante importo, ai sensi dell’articolo 77 (alla cui scheda di lettura si rinvia).

 


Articolo 67, commi da 1 a 9, 10, 11, 12 e 13
(Misure urgenti a sostegno della filiera
della stampa e investimenti pubblicitari)

 

 

L’articolo 67, commi da 1 a 6, riconosce alle imprese editrici di quotidiani e periodici che stipulano, anche attraverso le associazioni rappresentative, accordi di filiera orientati a garantire la sostenibilità e la capillarità della diffusione della stampa, in particolare nei piccoli comuni e nei comuni con un solo punto vendita di giornali, un credito d’imposta fino al 30 per cento della spese sostenute nell’anno 2020 per la distribuzione delle testate edite, risultanti da apposita attestazione. Il credito d’imposta è concesso entro il tetto di spesa di 60 milioni di euro per l’anno 2021, non è cumulabile con il contributo diretto alle imprese editrici di quotidiani e periodici, è utilizzabile esclusivamente in compensazione. L’efficacia della disposizione è subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), all’autorizzazione della Commissione europea.

Il comma 7 stabilisce che, per l'anno 2021, l’IVA relativa al commercio di giornali quotidiani e di periodici e dei relativi supporti integrativi può applicarsi, in deroga al regime vigente, in relazione al numero delle copie consegnate o spedite, diminuito a titolo di forfetizzazione delle rese del 95 per cento (in luogo dell’80 per cento previsto in via ordinaria).

I commi 10, 11, 12 e 13 estendono agli investimenti pubblicitari effettuati sulle emittenti radiofoniche e televisive il regime speciale di credito d'imposta previsto per il biennio 2021–2022 dalla legge di bilancio 2021 per gli investimenti pubblicitari su quotidiani e periodici.

 

Il comma 1 riconosce alle imprese editrici di quotidiani e periodici che stipulano, anche attraverso le associazioni rappresentative, accordi di filiera orientati a garantire la sostenibilità e la capillarità della diffusione della stampa, in particolare nei piccoli comuni e nei comuni con un solo punto vendita di giornali, un credito d’imposta fino al 30 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2020 per la distribuzione delle testate edite, ivi inclusa la spesa per il trasporto dai poli di stampa ai punti vendita, come attestata ai sensi del successivo comma 2.

Si considerano ammissibili (comma 2) le spese di distribuzione e trasporto sostenute, al netto della percentuale di sconto per la rete di vendita del prezzo di copertina, risultanti da apposita attestazione rilasciata dai soggetti di cui all’articolo 35, commi 1, lettera a), e 3, del decreto legislativo n. 241 del 1997, legittimati a rilasciare il visto di conformità dei dati esposti nelle dichiarazioni fiscali, ovvero dai soggetti che esercitano la revisione legale dei conti ai sensi dell’articolo 2409-bis del codice civile.

Sono dunque soggetti legittimati a rilasciare l'attestazione: i responsabili dei centri di assistenza fiscale, gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali, dei consulenti del lavoro e i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria.

 

Il credito d’imposta è concesso entro il tetto di spesa di 60 milioni di euro per l’anno 2021 previa istanza diretta al Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. Ove le risorse disponibili risultino insufficienti rispetto alle richieste ammesse, è prevista la ripartizione delle stesse tra i beneficiari in misura proporzionale al credito d’imposta astrattamente spettante. Ai fini del calcolo della misura di sostegno, il successivo comma 3 stabilisce che essa non è cumulabile con il contributo diretto alle imprese editrici di quotidiani e periodici previsto dall’articolo 2, commi 1 e 2, della legge n. 198 del 2016, n. 198, e dal decreto legislativo n. 70 del 2017. Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 e ai fini del suo utilizzo il modello F24 deve essere presentato a pena di scarto esclusivamente tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate e per un ammontare che non risulti eccedente l’importo spettante.

Il comma 4 prevede la revoca del credito d’imposta nel caso in cui la documentazione presentata contenga elementi non veritieri o risultino false le dichiarazioni rese, che può essere anche parziale, nel caso in cui dagli accertamenti effettuati siano rilevati elementi che condizionano esclusivamente la misura del beneficio concesso. Ai fini del recupero di quanto indebitamente fruito, si applica l’articolo 1, comma 6, del decreto legge n. 40 del 2010.

Tale norma prevede che, al fine di contrastare fenomeni di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta e per accelerare le procedure di recupero nei casi di utilizzo illegittimo dei crediti d'imposta agevolativi la cui fruizione è autorizzata da amministrazioni ed enti pubblici, anche territoriali, l'Agenzia delle entrate trasmetta a tali amministrazioni ed enti, tenuti al detto recupero, entro i termini e secondo le modalità telematiche stabiliti con provvedimenti dirigenziali generali adottati d'intesa, i dati relativi ai predetti crediti utilizzati in diminuzione delle imposte dovute o in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.

 

L’efficacia della disposizione è subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), all’autorizzazione della Commissione europea.

 

Le modalità, i contenuti, la documentazione richiesta ed i termini per la presentazione dell’istanza di accesso al credito d'imposta per le spese di distribuzione e trasporto sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il MEF, da emanare entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.

 

Il comma 6 provvede a determinare la copertura degli oneri derivanti dal credito d'imposta per le spese di distribuzione e trasporto (60 milioni di euro per l’anno 2021) mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, di cui all’articolo 1 della legge n. 198 del 2016

 

Il comma 7 applica anche per l’anno 2021 il regime straordinario di forfettizzazione delle rese di giornali quotidiani e periodici ai fini dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), che ne consente la riduzione del 95 per cento (invece dell’80 per cento previsto in via ordinaria), introdotto per il 2020 dall'articolo 187 del decreto n. 34 (decreto Rilancio). In particolare, viene stabilito che per l'anno 2021, per il commercio di giornali quotidiani e di periodici e dei relativi supporti integrativi, l’IVA può applicarsi, in deroga al regime vigente, in relazione al numero delle copie consegnate o spedite, diminuito a titolo di forfetizzazione delle rese del 95 per cento (in luogo dell’80 per cento previsto in via ordinaria).

Resta fermo che sono esclusi dall’agevolazione i giornali pornografici e quelli ceduti unitamente a beni diversi dai supporti integrativi.

 

L’articolo 74, comma 1, lettera c), del D.P.R. 633/1972 (D.P.R. IVA) prevede che, per il commercio di giornali quotidiani, di periodici, di libri, dei relativi supporti integrativi e di cataloghi, l’imposta è dovuta dagli editori sulla base del prezzo di vendita al pubblico, in relazione al numero delle copie vendute. L'imposta può applicarsi in relazione al numero delle copie consegnate o spedite, diminuito a titolo di forfetizzazione della resa del 70 per cento per i libri e dell'80 per cento per i giornali quotidiani e periodici, esclusi quelli pornografici e quelli ceduti unitamente a beni diversi dai supporti integrativi.

In base alla stessa disposizione, per periodici si intendono i prodotti editoriali registrati come pubblicazioni ai sensi della legge n. 47 del 1948; per supporti integrativi si intendono i nastri, i dischi, le videocassette e gli altri supporti sonori, videomagnetici o digitali ceduti, anche gratuitamente, in unica confezione, unitamente ai libri per le scuole di ogni ordine e grado e per le università, inclusi i dizionari, e ai libri fruibili dai disabili visivi, a condizione che i beni unitamente ceduti abbiano prezzo indistinto e che, per il loro contenuto, non siano commercializzabili separatamente.

L’agevolazione si applica anche se i giornali quotidiani, i periodici ed i libri sono ceduti unitamente a beni diversi dai supporti integrativi, con prezzo indistinto ed in unica confezione, sempreché il costo del bene ceduto, anche gratuitamente, congiuntamente alla pubblicazione non sia superiore al cinquanta per cento del prezzo dell'intera confezione; in ogni caso, l'imposta si applica con l'aliquota di ciascuno dei beni ceduti.

 

Il comma 8 integra la disciplina del credito di imposta per le edicole disposta dall’articolo 1, comma 609, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021). La norma riconosce un credito d'imposta per gli anni 2021 e 2022 agli esercenti attività commerciali che operano esclusivamente nel settore della vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici e alle imprese di distribuzione della stampa che riforniscono di giornali quotidiani o periodici rivendite situate nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e nei comuni con un solo punto vendita, alle condizioni e con le modalità previste dall'articolo 1, commi da 806 a 809, della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), nel limite massimo di spesa di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022. Con le modifiche recate dall'articolo in esame viene specificato che, fermo restando il suddetto limite di spesa, per gli anni 2021 e 2022 il credito d’imposta può essere altresì parametrato agli importi spesi per l’acquisto o il noleggio di registratori di cassa o registratori telematici e di dispositivi POS.

Il comma 609 della legge di bilancio 2021 ha prorogato per gli anni 2021 e 2022 il credito d’imposta per le edicole e altri rivenditori al dettaglio di quotidiani, riviste e periodici (c.d. tax credit per le edicole). I commi 806-809 della legge di bilancio 2019 hanno precedentemente introdotto un’agevolazione fiscale per le edicole e gli altri rivenditori al dettaglio, che svolgono esclusivamente vendita di quotidiani, riviste e periodici. Essa si estende a quegli esercizi i quali pur non esclusivamente dedicati alla vendita dei giornali siano però gli unici punti vendita nel comune considerato (come identificati dall’articolo 2, comma 3, del decreto legislativo n. 170 del 2001). L'articolo 1, comma 393, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) ha esteso il credito d'imposta anche nei casi in cui l’attività commerciale non rappresenti l'unico punto vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici nel comune di riferimento. L'agevolazione è riconosciuta prioritariamente agli esercenti attività commerciali che operano esclusivamente nel settore della vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici. Il credito d’imposta era stato riconosciuto per due anni (2019 e 2020) e nel limite, rispettivamente, di 13 milioni di euro e di 17 milioni. Ciascun esercente il credito d’imposta poteva fruire della misura agevolativa entro un limite di 2.000 euro all’anno, nonché entro i limiti delle regole europee sugli aiuti de minimis e solo mediante modulo F24 in compensazione (comma 807 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019).

Il comma 808 rimandava la definizione delle modalità attuative a un D.P.C.M. (poi emanato come D.P.C.M. 31 maggio 2019), anche con riferimento al monitoraggio ed al rispetto dei limiti di spesa ivi previsti, nonché alla definizione di eventuali altre spese da ammettere al credito d’imposta.

L'articolo 98 del decreto legge n. 18 del 2020 (Cura Italia) ha ampliato l'ambito soggettivo e oggettivo della misura incrementando l'importo massimo del credito d'imposta fruibile da ciascun beneficiario da 2.000 a 4.000 euro per l'anno 2020; ampliando le fattispecie di spesa compensabili con l'ammissione delle spese per i servizi di fornitura di energia elettrica, i servizi telefonici e di collegamento a Internet, nonché per i servizi di consegna a domicilio delle copie di giornali; estendendo il credito d'imposta, per l'anno 2020, alle imprese di distribuzione della stampa che riforniscono giornali quotidiani e/o periodici a rivendite situate nei comuni con una popolazione inferiore a 5.000 abitanti e nei comuni con un solo punto vendita.

Il comma 609 della legge di bilancio 2021 ha esteso quindi la misura agevolativa al 2021 e 2022, alle condizioni e con le modalità appena illustrate, per gli esercenti attività commerciali che operano esclusivamente nel settore della vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici e alle imprese di distribuzione della stampa che riforniscono giornali quotidiani o periodici a rivendite situate nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e nei comuni con un solo punto vendita, nel limite di spesa annuale di 15 milioni di euro, che costituisce tetto di spesa.

Secondo i dati elaborati dal Dipartimento per l’informazione e l’editoria, per l’anno 2020 sono pervenute 5.120 domande (di cui 4.081 da parte di edicole, 1.017 da punti vendita non esclusivi e 22 da distributori), per un totale del credito concedibile (applicando il limite individuale di 4.000 euro) pari a 13.147.040 euro.

 

Il comma 9 stabilisce che agli oneri derivanti dai commi da 1 a 7, pari a 80,66 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede ai sensi dell’articolo 77.

 

I commi 10, 11, 12 e 13 estendono agli investimenti pubblicitari effettuati sulle emittenti radiofoniche e televisive il regime speciale di credito d'imposta previsto per il biennio 2021–2022 dalla legge di bilancio 2021 per gli investimenti pubblicitari su quotidiani e periodici.

 

In particolare, con l’articolo 1, comma 608, della legge di bilancio 2021 è stato modificato l’articolo 57-bis del decreto-legge n. 50 del 2017 che ha disciplinato, tra l’altro, la concessione di incentivi fiscali agli investimenti pubblicitari su quotidiani e periodici, nonché sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, introducendo il comma 1-quater con il quale è stato prorogato per gli anni 2021 e 2022 il regime “speciale” del credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari sui media, introdotto per l'anno 2020 con l’articolo 186 del decreto “Rilancio” (comma 13).

Il regime “speciale” si caratterizza rispetto alla disciplina originariamente prevista dal decreto n. 50 del 2017 in quanto:

§  sono inclusi nel calcolo tutti gli investimenti pubblicitari e non solamente quelli incrementali rispetto a quello dell’anno precedente;

§  è stata modificata la modalità di calcolo dell'agevolazione, passando dal 75 per cento del solo margine incrementale al 50 per cento dell'investimento complessivo.

La suddetta proroga del regime “speciale” al 2021 e 2022 riguardava tuttavia esclusivamente gli investimenti pubblicitari effettuati sui giornali. Con le norme in esame tale regime speciale di credito d'imposta viene esteso investimenti pubblicitari sulle emittenti radiofoniche e televisive, per il biennio 2021 – 2022, ripristinando così il parallelismo tra settore stampa e settore radiotelevisivo caratterizzava in origine la misura agevolativa.

Il comma 10 sostituisce l’attuale comma 1-quater dell’articolo 57-bis del decreto legge n. 50 del 2017 con una formulazione che considera gli investimenti pubblicitari su entrambi i canali (giornali ed emittenti radiotelevisive), secondo il modello già attuato per l’anno 2020 e presente nel comma 1-ter del medesimo articolo 57-bis. Sono quindi quantificati sia il tetto di spesa dell’intera misura in 90 milioni di euro per ognuno dei due anni 2021 e 2022, sia la ripartizione del corrispondente onere carico del Fondo del pluralismo, distintamente sulle due quote spettanti alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed al Ministero dello sviluppo economico.

Viene prevista anche la riapertura dei termini per l’invio della comunicazione telematica di accesso alla procedura, posto che la nuova disposizione entra in vigore successivamente alla scadenza del termine della presentazione delle domande per il corrente anno 2021, fissato al 31 marzo di ogni anno dal regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 maggio 2018, n. 90.

Con il comma 11 vengono abrogate le disposizioni di cui ai commi 612 e 613 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2020 n. 178, non ancora attuate, che avevano introdotto in via sperimentale, per gli anni 2021 e 2022, un contributo aggiuntivo per abbonamenti ai giornali al “voucher digitale” destinato alle famiglie a basso reddito per l’acquisizione di servizi di connessione in banda ultra larga e dei relativi dispositivi elettronici.

Il comma 12 quantifica gli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 10 e reca la copertura finanziaria. Con il comma 13 si stabilisce il limite di spesa dedicato al credito d’imposta per gli investimenti pubblicitari in esame, con il relativo onere a carico del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, ripartito a valere sulle due quote del Fondo spettanti alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dello sviluppo economico.

 


Articolo 67, commi da 9-bis a 9-quater
(Credito di imposta per l'acquisto della carta dei giornali)

 

 

I commi da 9-bis a 9-quater dell'articolo 67, introdotti dalla Camera dei deputati prevedono, per il 2021, un credito d’imposta in favore delle imprese editrici di quotidiani e periodici, iscritte al registro degli operatori di comunicazione, per l’acquisto della carta utilizzata per la stampa.

Il credito di imposta è riconosciuto nella misura del 10 per cento delle spese sostenute nell'anno 2020, entro il limite di 30 milioni per il 2021, che costituisce tetto di spesa.

 

La disposizione estende al 2021 analogo beneficio previsto, per il 2020, dall'articolo 188 del decreto-legge n. 34 del 2020 (cd. decreto rilancio, come convertito dalla legge n. 77 del 2020). Si prevede che le disposizioni di tale articolo 188 continuino ad applicarsi, in quanto compatibili.

Per tale finalità, il comma 9-ter prevede un corrispondente incremento del Fondo per il pluralismo dell'informazione (art. 1 della legge n.  198 del 2016), nell'ambito della quota spettante alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Le risorse destinate al credito di imposta sono iscritte nel pertinente capitolo di spesa dello stato di previsione del MEF e sono successivamente trasferite nella contabilità speciale n. 1778 ("Agenzia delle entrate - fondi di bilancio") per le necessarie regolazioni contabili. All'onere, dispone il comma 9-quater, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili in corso di gestione (di cui all'art. 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014), come rifinanziato dall'articolo 77 del presente decreto-legge, alla cui scheda si rinvia. 

 

L’articolo 188 del citato decreto n. 34 del 2020 ha previsto, in via straordinaria, per l’anno 2020, un credito d’imposta per le spese sostenute per l’acquisto, nel 2019, della carta utilizzata per la stampa di quotidiani e periodici, quale misura di sostegno fiscale al settore editoriale a seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19.

In particolare, in base al comma 1, il credito di imposta è riconosciuto, per l’anno 2020, a favore delle imprese editrici di quotidiani e di periodici iscritte al registro degli operatori di comunicazione (ROC) ed è pari al 10% della spesa sostenuta nell'anno 2019 per l'acquisto della carta utilizzata per la stampa delle testate edite. Il credito d’imposta è riconosciuto entro il limite di 30 milioni di euro per l’anno 2020, che costituisce tetto di spesa. Per il riconoscimento del credito d’imposta si applicano le disposizioni introdotte per il credito d’imposta per l'acquisto della carta utilizzata per la stampa delle testate edite e dei libri sostenuta nell'anno 2004, ossia l’art. 4, co. 182, 183, 184, 185 e 186 della L. 350/2003, e il DPCM 318/2004, la cui disciplina è stata successivamente estesa alle spese sostenute nel 2005 dall'art. 1, co. 484, della L. 311/2004.

Il credito d’imposta non è cumulabile con il contributo diretto alle imprese editrici di quotidiani e periodici, di cui all'art. 2, co. 1 e 2, della L. 198/2016, e al d.lgs. 70/2017, conseguentemente emanato.

 

Per un inquadramento di carattere generale, si rinvia al tema web sulle misure per l’editoria adottate a seguito dell’emergenza sanitaria curato dal Servizio studi della Camera dei deputati.

 

 


Articolo 67, comma 9-quinquies
(Riequilibrio finanziario dell'INPGI)

 

 

Il comma 9-quinquies dell’articolo 67 è stato introdotto dalla Camera dei deputati. Esso, in primo luogo, differisce dal 30 giugno 2021 al 31 dicembre 2021 alcuni termini temporali, relativi al processo di riequilibro finanziario dell’INPGI (Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani "Giovanni Amendola") e alla sospensione della norma sull’eventuale commissariamento. In secondo luogo, si prevede l’istituzione, presso la Presidenza del Consiglio – Dipartimento per l’informazione e l’editoria, di una commissione tecnica, al fine di consentire i necessari approfondimenti sulle misure di riforma volte al riequilibrio della gestione previdenziale sostitutiva dell'INPGI. I lavori della commissione devono concludersi entro il 20 ottobre 2021.

 

Più in dettaglio, la norma novella l’articolo 1, comma 31, della L. 30 dicembre 2020, n. 178, in primo luogo differendo dal 30 giugno 2021 al 31 dicembre 2021 il termine entro cui l’INPGI è tenuto a trasmettere ai Ministeri vigilanti un bilancio tecnico attuariale, che tenga conto degli effetti delle misure adottate, nonché differendo il termine finale della sospensione – con esclusivo riferimento all'INPGI – della norma che prevede la nomina di un commissario straordinario per il caso in cui un ente di diritto privato che gestisca forme di previdenza obbligatoria presenti un disavanzo economico-patrimoniale.

Resta fermo – ai sensi dell'articolo 16-quinquies, comma 2, del D.L. 30 aprile 2019, n. 34[295], e successive modificazioni – che l'INPGI deve adottare misure di riforma del regime previdenziale e che, nel caso di mancato conseguimento (tramite esse) di una prospettiva - indicata nel suddetto bilancio tecnico attuariale - di sostenibilità economico-finanziaria di medio e lungo periodo, sono emanati uno o più regolamenti governativi per l'ampliamento della platea contributiva relativa al medesimo INPGI.

Riguardo alla sospensione della norma sulla nomina di un commissario straordinario (norma di cui all'articolo 2, comma 4, del D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, e successive modificazioni), si fa letteralmente riferimento alla sola gestione previdenziale relativa ai giornalisti lavoratori dipendenti ("gestione sostitutiva"), anziché all’intero Istituto.

 

Si ricorda che il citato articolo 16-quinquies, comma 2, del D.L. n. 34 del 2020 demanda all'INPGI di adottare, entro il termine ora ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2021[296], misure di riforma intese al riequilibrio finanziario della gestione pensionistica concernente i giornalisti aventi un rapporto di lavoro dipendente ed alla sostenibilità economico-finanziaria di medio e lungo periodo della stessa gestione. Le misure devono intervenire, in via prioritaria, sul contenimento della spesa e, in subordine, sull'incremento delle entrate contributive. Le delibere in esame sono approvate – ai sensi della disciplina generale, di cui al citato D.Lgs. n. 509 del 1994, sull'adozione delle misure in materia di contributi e prestazioni degli enti di diritto privato che gestiscono forme di previdenza obbligatoria – da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze[297]. Per i casi in cui le delibere concernano (come nel caso in esame) lavoratori dipendenti, la norma generale prevede che esse siano adottate sulla base delle determinazioni definite dalla contrattazione collettiva nazionale. La norma in oggetto non specifica se le nuove misure possano essere adottate in deroga a quest’ultima fase procedurale.

Come detto, l'INPGI deve trasmettere ai Ministeri vigilanti – entro il termine ora differito al 31 dicembre 2021, qualificato come perentorio – un bilancio tecnico attuariale, che tenga conto degli effetti delle misure adottate.

Qualora il suddetto bilancio tecnico non evidenzi la sostenibilità economico-finanziaria di medio e lungo periodo della gestione pensionistica relativa ai giornalisti aventi un rapporto di lavoro dipendente, il Governo adotta uno o più regolamenti di delegificazione, intesi a definire un allargamento della platea contributiva dell'INPGI. Ai fini della copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'eventuale adozione delle suddette norme regolamentari - le quali potrebbero comportare un passaggio di assicurati dall'INPS all'INPGI -, si prevede che sia accantonato e reso indisponibile nel bilancio dello Stato un importo pari a 159 milioni di euro per il 2023, 163 milioni per il 2024, 167 milioni per il 2025, 171 milioni per il 2026, 175 milioni per il 2027, 179 milioni per il 2028, 183 milioni per il 2029, 187 milioni per il 2030, 191 milioni annui a decorrere dal 2031[298].

Si ricorda, inoltre, che il citato articolo 2, comma 4, del D.Lgs. n. 509 del 1994, concernente il commissariamento, prevede che, in caso di disavanzo economico-finanziario, rilevato dai rendiconti annuali e confermato anche dal bilancio tecnico, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri Ministri competenti, si provveda alla nomina di un commissario straordinario, il quale adotta i provvedimenti necessari per il riequilibrio della gestione. Sino al ristabilimento dell'equilibrio finanziario sono sospesi tutti i poteri degli organi di amministrazione dell'ente. Ai fini dell'eventuale attivazione della procedura di commissariamento, la Commissione parlamentare per il controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale segnala ai Ministeri vigilanti le situazioni di disavanzo economico-finanziario di cui sia venuta a conoscenza nell'esercizio delle proprie funzioni di controllo dei bilanci degli enti privati suddetti.

 

Inoltre, il comma 9-quinquies in commento istituisce, presso la Presidenza del Consiglio – Dipartimento per l’informazione e l’editoria, una commissione tecnica composta da rappresentanti del medesimo Dipartimento, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero dell’economia e delle finanze, dell’INPS e dell’INPGI, al fine di consentire i necessari approfondimenti sulle misure di riforma volte al riequilibrio della suddetta gestione previdenziale sostitutiva dell'INPGI. I lavori della commissione devono concludersi entro il 20 ottobre 2021. Le relative attività sono svolte senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; pertanto, ai componenti della commissione non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati.


Articolo 67, comma 11-bis
(Contributi diretti a imprese radiofoniche e a imprese editrici di quotidiani e periodici)

 

 

L’articolo 67, comma 11-bis, introdotto durante l’esame alla Camera, differisce di ulteriori 12 mesi i termini riguardanti l’abolizione, o la progressiva riduzione fino all’abolizione, dei contributi diretti a favore di determinate categorie di imprese radiofoniche e di imprese editrici di quotidiani e periodici, fissati, nelle more di una revisione organica della normativa di settore, dalla L. di bilancio 2019.

 

A tal fine, novella ulteriormente l’art. 1, co. 394, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020).

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 1, co. 810, lett. a), della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019 – come modificato dall’art. 30-quater, co. 4, del D.L. 34/2019 (L. 58/2019) – aveva previsto, a decorrere dal 31 gennaio 2020, l’abrogazione della L. 230/1990 e la novella dell’art. 1, co. 1247, della L. 296/2006, in materia di contributi alle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale (v. infra).

Lo stesso art. 1, co. 810, lett. b), della L. 145/2018 aveva previsto la progressiva riduzione dei contributi concessi, ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. a), b) e c), del d.lgs. 70/2017, a determinate categorie di imprese editrici di quotidiani e periodici (v. infra), fino alla totale abolizione dal “1° gennaio 2022” – rectius: “a decorrere dall’annualità di contributo 2022” – nella seguente misura:

-   per l’annualità 2019, del 20% della differenza tra l’importo spettante in base alla normativa vigente e € 500.000;

-   per l’annualità 2020, del 50% della differenza tra l’importo spettante in base alla normativa vigente e € 500.000;

-   per l’annualità 2021, del 75% della differenza tra l’importo spettante in base alla normativa vigente e € 500.000.

 

In seguito, tutti i termini previsti dall’art. 1, co. 810, della L. 145/2018 sono stati differiti di complessivi 48 mesi dall’art. 1, co. 394, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020), come modificato prima dall’art. 1, co. 10-quaterdecies, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020) e, successivamente, dall’art. 7, co. 4-ter, del D.L. 183/2020 (L. 21/2021)[299].

 

Pertanto, a seguito dell’ulteriore differimento:

§  decorre dal 31 gennaio 2025 l’abrogazione delle disposizioni che prevedono la concessione di contributi alle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale;

§  decorre dall’annualità di contributo 2024 la riduzione progressiva – secondo le modalità precedentemente esposte – dell’importo complessivamente erogabile a ciascuna impresa, fino alla totale abolizione a decorrere dall’annualità di contributo 2027, per le seguenti categorie di imprese editrici di quotidiani e periodici:

-       imprese editrici costituite come cooperative giornalistiche che editano quotidiani e periodici (art. 2, co. 1, lett. a), d.lgs. 70/2017);

-       enti senza fini di lucro, ovvero imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia da essi interamente detenuto (art. 2, co. 1, lett. c), d.lgs. 70/2017).

 

Rimane invece fermo che termina con l’annualità di contributo 2021 la corresponsione del contributo alle imprese editrici di quotidiani e periodici il cui capitale sia detenuto in misura maggioritaria da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi fini di lucro (art. 2, co. 1, lett. b), d.lgs. 70/2017) (categoria inclusa tra quelle per le quali il testo originario dell’art. 1, co. 810, lett. b), della L. 145/2018 aveva previsto la riduzione progressiva a decorrere dal 2019). Infatti, il contributo a tali imprese è stato previsto limitatamente a un periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della L. 198/2016.

 

Sulla disciplina vigente in materia di contributi diretti all’editoria, si veda il tema curato dal Servizio Studi della Camera Interventi per l’editoria.

 

 

La L. 230/1990 aveva concesso un contributo (per il solo triennio 1990-1992) alle imprese radiofoniche private che nel triennio 1987-1989 avessero (fra l’altro) trasmesso quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o letterari per non meno di nove ore comprese tra le 7 e le 20.

Successivamente, l’art. 1, co. 1247, della L. 296/2006 ha disposto che i contributi previsti dall’art. 4 della L. 250/1990 – relativi ad imprese radiofoniche che risultavano essere organi di partiti politici presenti in almeno un ramo del Parlamento[300] – sono corrisposti anche alle imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale ai sensi della L. 230/1990[301].

Ancora in seguito, l’art. 44, co. 1, lett. b-bis), del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) e l’art. 12, co. 1, del DPR 223/2010 hanno disposto che le imprese radiofoniche private che abbiano svolto attività di informazione di interesse generale ai sensi della L. 230/1990 mantengono il diritto all’intero contributo, anche in presenza di riparto percentuale fra gli altri aventi diritto.

In base alle informazioni disponibili sul sito della Presidenza del Consiglio –Dipartimento per l’informazione e l’editoria, negli anni ha beneficiato del contributo unicamente l’impresa Centro di produzione Spa, titolare dell’emittente Radio Radicale[302].

 


 

Articolo 67, comma 13-bis
(Proroga dei poteri di istruttoria dell'AGCM circa la sussistenza di posizioni lesive del pluralismo nei mercati delle comunicazioni elettroniche)

 

 

L’articolo 67, comma 13-bis, introdotto nel corso dell'esame alla Camera dei deputati, prevede una proroga dei poteri di istruttoria dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCM) in merito alla verifica della sussistenza di posizioni lesive del pluralismo nei mercati delle comunicazioni elettroniche. L'articolo in questione proroga il termine che era stato previsto dall'articolo 4-bis, comma 1 del decreto-legge n. 125 del 2020.

 

A tale proposito si ricorda che il citato articolo 4-bis aveva attribuito all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di verificare, mediante apposita istruttoria, la sussistenza di eventuali effetti distorsivi o di posizioni comunque lesive del pluralismo nei casi in cui un soggetto si trovi ad operare, contemporaneamente, nei mercati delle comunicazioni elettroniche e in un mercato diverso, ricadente nel sistema integrato delle comunicazioni (SIC).

 

In particolare, l'articolo in questione, al comma 1, prevedeva che a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 125 del 2020, e per i successivi sei mesi, qualora un soggetto si trovi ad operare  contemporaneamente nei mercati delle comunicazioni elettroniche e in un mercato diverso, ricadente nel sistema integrato delle comunicazioni (SIC), anche attraverso partecipazioni in grado di determinare un’influenza notevole ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dovrà avviare un'apposita istruttoria, il cui termine di conclusione è fissato in sei mesi dalla data di avvio del procedimento.

 

A tale riguardo può essere utile ricordare che, ai sensi dell'articolo 2359, comma 3, del codice civile: "Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.

 

L’attività istruttoria dell'Autorità indipendente dovrà essere volta a verificare la sussistenza di effetti distorsivi o di posizioni comunque lesive del pluralismo sulla base di criteri previamente individuati.

Tali criteri, in base a quanto previsto dalla norma in questione, dovranno tenere conto, tra l'altro:

-       dei ricavi;

-       delle barriere all’ingresso;

-       del livello di concorrenza nei mercati coinvolti.

 

L'Autorità, al termine dell'istruttoria, potrà eventualmente adottare i provvedimenti di cui all'articolo 43, comma 5 del decreto legislativo n. 177 del 2005 (Testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici) inibendo l'operazione o rimuovendone gli effetti.

L'articolo 67, comma 13-bis, pertanto, proroga il termine, originariamente previsto in sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 125 del 2020, alla futura data di entrata in vigore del decreto legislativo di recepimento della direttiva europea sui servizi di media audiovisivi, fermo restando che la proroga, comunque, non potrà eccedere il 30 ottobre del 2021.

 


Articolo 67-bis
(Credito d’imposta canone patrimoniale)

 

 

L’articolo 67-bis, inserito durante l’esame alla Camera, attribuisce per l’anno 2021 un credito d’imposta - nel limite di 20 milioni di euro - per il pagamento del canone unico patrimoniale dovuto per la diffusione di messaggi pubblicitari, per un periodo massimo di sei mesi. L’agevolazione spetta ai titolari di impianti pubblicitari, privati o in concessione, destinati all’affissione di manifesti o altre installazioni pubblicitarie commerciali, con esclusione delle insegne di esercizio.

 

Più in dettaglio, il comma 1 dell’articolo in esame intende fronteggiare gli effetti dell’emergenza sanitaria da Covid-19 per assicurare la ripresa del mercato della pubblicità in aree pubbliche, aperte al pubblico o, comunque, percepibile da tali luoghi.

A tale scopo si attribuisce per l’anno 2021 un credito d’imposta - nel limite di spesa di 20 milioni di euro – ai titolari di impianti pubblicitari, privati o in concessione ai soggetti privati, destinati all’affissione di manifesti o analoghe installazioni pubblicitarie commerciali, anche attraverso pannelli luminosi e proiezione di immagini.

Sono escluse le insegne di esercizio, ovvero ogni scritta in caratteri alfanumerici, completata eventualmente da simboli e da marchi, realizzata e supportata con materiali di qualsiasi natura, installata nella sede dell'attività a cui si riferisce o nelle pertinenze accessorie alla stessa, che può essere luminosa sia per luce propria che per luce indiretta (articolo 47, comma 1 del regolamento di attuazione del Codice della Strada, d.P.R. n. 495 del 1992).

 

Il credito di imposta è attribuito ai beneficiari in misura proporzionale all’importo dovuto a titolo di canone unico patrimoniale per la diffusione di messaggi pubblicitari, per un periodo massimo di sei mesi.

 

Si ricorda in questa sede che, in relazione all’emergenza epidemiologica, sino al 31 dicembre 2021 (articolo 30, comma 1 del decreto-legge Sostegni, n. 41 del 2021) alcune tipologie di attività economiche, nella specie gli esercizi di ristorazione ovvero di somministrazione di pasti e di bevande, sono stati esonerati dal pagamento del canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitari nonché del canone per l'occupazione delle aree destinate ai mercati.

L'esonero in parola era già stato previsto dall'articolo 181, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020 (c.d. decreto Rilancio) dal 1° maggio al 31 ottobre 2020, indi prorogato dal decreto-legge n. 104 del 2020 (c.d. decreto Agosto) e, fino al 31 marzo 2021, dal decreto-legge n. 137 del 2020 (cd. decreto Ristori).

Si tratta di un esonero disposto, come detto supra, per specifiche tipologie di imprese: il credito di imposta in esame è invece diretto alla generalità dei titolari di impianti pubblicitari, alle condizioni di legge.

 

Si rammenta che, nell'ambito di una riforma complessiva prevista dalla legge n. 160 del 2019 (bilancio 2020), il comma 816 ha istituito il canone unico che, dal 2021, sostituisce la Tosap, il Cosap, l'imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni, il canone per l'installazione dei mezzi pubblicitari e il canone per l'uso o l'occupazione delle strade (di cui all'articolo 27, commi 7 e 8, del codice della strada), limitatamente alle strade di pertinenza dei comuni e delle province. Il canone - prevede il citato comma 816 - è comunque comprensivo di qualunque canone ricognitorio o concessorio previsto da norme di legge e dai regolamenti comunali e provinciali, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi.

 

Il comma 2 affida a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, il compito di stabilire le modalità attuative delle disposizioni relative al credito d’imposta, per la fruizione dell’agevolazione e per assicurare il rispetto del limite di spesa previsto.

Il comma 3 quantifica gli oneri derivanti dalle norme in esame in 20 milioni di euro per l’anno 2021, cui si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte a esigenze indifferibili che si presentano nel corso della gestione (di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190), come rifinanziato dall’articolo 77, comma 7, del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia).

Il comma 4 richiede che le norme in esame trovino applicazione nel quadro degli aiuti di Stato cosiddetti de miminis (regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013).

 


Articolo 68, commi 1-2, 3-15
(Misure di sostegno per l’agricoltura, la pesca, l’acquacoltura
e il settore agrituristico)

 

 

L’articolo 68 reca una serie di misure relative al comparto agricolo. Esso innalza al 9,5 per cento, limitatamente al 2021, la misura delle percentuali di compensazione IVA applicabili alle cessioni di animali vivi delle specie bovina e suina (commi 1 e 2). Estende ai settori dell’agricoltura, della pesca e della silvicoltura la possibilità di cumulare la garanzia del Fondo centrale di garanzia delle PMI con altre forme di garanzia acquisite sui finanziamenti per operazioni di investimento immobiliare a determinate condizioni (comma 3). Istituisce nello stato di previsione del MIPAAF il Fondo per il sostegno del settore bieticolo saccarifero, con una dotazione di 25 milioni di euro per il 2021 (commi 4-8). Estende alle donne – a prescindere dall’età - l'applicabilità delle misure agevolative per lo sviluppo dell'imprenditorialità in agricoltura e del ricambio generazionale (concessione di mutui agevolati e di un contributo a fondo perduto) (comma 9). Gli addetti allo svolgimento dell'attività agrituristica sono considerati lavoratori agricoli anche ai fini della valutazione del rapporto di connessione     tra attività agricola ed attività agrituristica (commi 10-12). Esso interviene inoltre sul sistema di anticipazione delle somme dovute agli agricoltori nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune (commi 13 e 14). La disciplina relativa al Fondo agrumicolo viene modificata per consentire che le risorse del fondo possano altresì essere erogate a condizioni diverse da quelle previste dalla normativa europea de minimis, qualora destinate ad interventi finalizzati alla ricostituzione del potenziale produttivo compromesso a seguito di emergenze fitosanitarie, nel rispetto della disciplina dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato riguardante gli aiuti agli investimenti materiali o immateriali alle aziende agricole il cui potenziale produttivo è stato danneggiato da calamità naturali, avversità atmosferiche assimilabili a calamità naturali, epizoozie e organismi nocivi ai vegetali, nonché prevenzione dei danni da essi arrecati (comma 15).

 

Compensazioni IVA carni (commi 1-2)

 

Il comma 1, lettere a) e b), innalza al 9,5 per cento, limitatamente al 2021, la misura delle percentuali di compensazione IVA applicabili alle cessioni di animali vivi delle specie bovina e suina, novellando l’articolo 1, comma 506, della legge di bilancio per il 2018 (L. n. 205/2017).

 

Nella previgente formulazione, l’articolo 1, comma 506, della legge di bilancio per il 2018 (L. n. 205/2017), come modificato dall'articolo 1, comma 39, della legge di bilancio per il 2021 (L. 178/2020) aveva prorogato al 2021 la possibilità di innalzare le percentuali di compensazione applicabili agli animali vivi delle specie bovina e suina rispettivamente in misura non superiore al 7,7 per cento e all'8 per cento.

Il comma 506 aveva previsto, nella formulazione originaria, l’innalzamento delle percentuali di compensazione IVA applicabili agli animali vivi della specie bovina e suina, rispettivamente, in misura non superiore al 7,7% e all’8% per ciascuna delle annualità 2018, 2019 e 2020; aveva demandato la concreta attuazione della misura a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottarsi entro il 31 gennaio di ciascuna annualità. Tale misura riproponeva quanto già previsto, per l’anno 2017, dall’art. 1, comma 45 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), che aveva disposto le medesime percentuali di compensazione IVA.

L’articolo 1, comma 908, della legge di stabilità per il 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208) aveva previsto, limitatamente al 2016, l’innalzamento delle percentuali di compensazione IVA applicabili agli animali vivi della specie bovina e suina, rispettivamente, in misura non superiore al 7,7% e all’8%. Prima di tale intervento la percentuale di compensazione IVA era stabilita nel limite massimo del 7% per gli animali bovini e del 7,3% per gli animali suini.

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 34, comma 1, del D.P.R. 633/1972, (DPR IVA), istituisce, per le cessioni dei prodotti agricoli e ittici compresi nella tabella A, parte prima, allegata allo stesso decreto, un regime di detrazione forfettizzata dell'imposta sul valore aggiunto, basato sull'applicazione di percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole.

L'imposta si applica con le aliquote proprie dei singoli prodotti, salva l'applicazione delle aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione per i passaggi di prodotti alle cooperative e loro consorzi (di cui al comma 2, lettera c) del medesimo art. 34) che applicano il regime speciale e per le cessioni effettuate dagli imprenditori agricoli con volume d’affari al di sotto di 7000 euro annui e i cessionari e committenti (comma 6, primo e secondo periodo dello stesso art. 34).

 

Il comma 2 rinvia all’articolo 77 per la copertura degli oneri relativi, pari ad euro 27,5 milioni per il 2021.

 

Cumulabilità della garanzia del Fondo centrale di garanzia (FCG) delle PMI con altre garanzie per le operazioni di investimento immobiliare nel settore agricolo (comma 3)

 

Il comma 3 estende ai settori dell’agricoltura, della pesca e della silvicoltura la possibilità di cumulare la garanzia del Fondo centrale di garanzia delle PMI con altre forme di garanzia acquisite sui finanziamenti per operazioni di investimento immobiliare nei predetti settori a condizione che l'investimento:

- abbia durata minima di 10 anni;

- sia di importo superiore a 100.000 euro.

Resta salvo quanto previsto dall’articolo 13, comma 1, del D.L. n. 23/2020 (L. n. 40/2020).

 

In particolare, la disposizione sopra richiamata aveva previsto, alla lettera i), che, fino al 31 dicembre 2020 e in deroga alla vigente disciplina del Fondo centrale di garanzia delle PMI, di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della L. n. 662/1996, per operazioni di investimento immobiliare nei settori turistico - alberghiero, compreso il settore termale, e delle attività immobiliari, con durata minima di 10 anni e di importo superiore a euro 500.000, la garanzia del Fondo poteva essere cumulata con altre forme di garanzia acquisite sui finanziamenti.

 

Il secondo periodo del comma 3 stabilisce che i benefìci accordati ai sensi del paragrafo 3.1 della Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 recante un “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” non superano le soglie ivi previste, tenuto conto di eventuali altre misure di aiuto, da qualunque soggetto erogate, concesse al beneficiario ai sensi del medesimo paragrafo 3.1.

 

Il punto 23 enuncia le seguenti condizioni specifiche per gli aiuti concessi alle imprese dei settori dell'agricoltura, della pesca e dell'acquacoltura: a. l'aiuto complessivo non supera 270.000 EUR per ciascuna impresa operante nel settore della pesca e dell'acquacoltura o 225.000 EUR per ciascuna impresa operante nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli; l'aiuto può essere concesso sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o in altre forme come anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni, a condizione che il valore nominale totale di tali misure non superi il massimale di 270.000 EUR o 225.000 EUR per impresa; tutti i valori utilizzati devono essere al lordo di qualsiasi imposta o altro onere; b. gli aiuti concessi alle imprese operanti nella produzione primaria di prodotti agricoli non devono essere stabiliti in base al prezzo o al volume dei prodotti immessi sul mercato; c. gli aiuti alle imprese operanti nel settore della pesca e dell'acquacoltura non riguardano nessuna delle categorie di aiuti di cui all'articolo 1, paragrafo 1, lettere da a) a k), del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione.

 

Fondo per il sostegno del settore bieticolo saccarifero (commi 4-8)

 

Il comma 4 istituisce nello stato di previsione del MIPAAF il Fondo per il sostegno del settore bieticolo saccarifero, con una dotazione di 25 milioni di euro per il 2021, per:

- sostenere interventi di aiuto per ettaro coltivato a barbabietola da zucchero;

- favorire la continuità produttiva nel settore bieticolo saccarifero, anche per fare fronte alle emergenze o a situazioni di crisi di mercato impreviste determinate dalle misure restrittive introdotte per il contenimento della pandemia da COVID-19 e stimolare la ripresa e il rilancio del comparto.

Il comma 5 determina l’aiuto, nei limiti della suddetta dotazione finanziaria pari a 25 mln di euro per il 2021, sulla base delle superfici coltivate a barbabietola da zucchero risultate ammissibili nel quadro del regime di aiuto di base di cui al regolamento (UE) n. 1307/2013 ed in relazione alle quali siano state presentate domande di aiuto dallo stesso produttore nell’anno 2021.

Il comma 6 disciplina le modalità di erogazione dell’aiuto a favore dei produttori di barbabietola da zucchero, mediante il versamento di un acconto pari all’80 percento dell’importo richiesto e del saldo al termine delle verifiche di ammissibilità.

Il secondo periodo del comma 6 estende all’erogazione dell’acconto la disciplina agevolativa prevista dall’articolo 78, comma 1-quater, del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020).

 

I commi 1-quater e 1-quinquies dell'articolo 78 hanno previsto che, per assicurare liquidità alle imprese, e data la situazione di emergenza in atto, le amministrazioni pubbliche possano posticipare alcuni controlli e adempimenti richiesti per legge al momento dell’erogazione del saldo, sottoponendo il pagamento dell’anticipo a clausola risolutiva. Si tratta, in particolare, secondo quanto specificato dal comma 1-quinquies, di: a) gli adempimenti connessi alla regolarità dei contributi pubblici in relazione alle regole sugli aiuti di Stato come desumibile dal Registro nazionale degli aiuti di Stato; b) l’obbligo di verifica, con modalità telematica, ed in tempo reale, della regolarità contributiva nei confronti dell'INPS e dell'INAIL dell’azienda che svolge i lavori; c) l’obbligo di verifica fiscale per i pagamenti da parte delle amministrazioni pubbliche di importi superiori a cinquemila euro; d) l’obbligo di acquisire la comunicazione antimafia mediante consultazione alla banca dati nazionale unica.

 

Si ricorda, in relazione alle risorse destinate negli ultimi anni al settore bieticolo-saccarifero, che la legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) ha disposto uno stanziamento di 5 milioni di euro per l'anno 2017 (cap. 7370).

Un successivo rifinanziamento di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018-2021 è stato disposto dall'art. 56-bis del decreto-legge n. 50 del 2017 (legge n. 96 del 2017), destinato all'apposito Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera di cui all'articolo 1, comma 1063 della legge n. 296 del 2006, costituito presso l'AGEA.

La legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) ha ulteriormente incrementato la dotazione del suddetto Fondo di 4 milioni di euro per il 2018, di 5 milioni di euro per il 2019 e di 6 milioni di euro per il 2020 (art. 1, comma 1178).

Dal decreto di ripartizione in capitoli 2021-2023, risultano, quindi, complessivamente appostati a tal fine - nel cap. 7370 del MIPAAF, 5 milioni di euro per il 2021, mentre non sono previste risorse per il 2022 e il 2023.

Il decreto-legge n. 27 del 2019 (legge n. 44 del 2019) all'art. 10-quinquies, ha poi previsto interventi di sostegno per le imprese del settore saccarifero. In particolare, si è disposto che i procedimenti di recupero di taluni aiuti concessi per il settore dello zucchero, derivanti dalla decisione di esecuzione della Commissione n. 2015/103, restino sospesi sino all'accertamento definitivo dell'obbligo a carico dei beneficiari. L'art. 10, comma 5 del decreto-legge n. 183 del 2020 (cosiddetto proroga termini), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 21 del 2021, ha in seguito previsto che tale sospensione avvenga "fino all'accertamento definitivo dell'obbligo a carico dei beneficiari e comunque sino al 31 marzo 2021".

 

Il comma 7 demanda la definizione dei criteri e delle modalità di attuazione del Fondo a un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare entro 20 giorni dal 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore del provvedimento in esame), previa comunicazione alla Conferenza Stato-Regioni.

Il secondo periodo del comma 7 stabilisce che gli aiuti di cui all'articolo in esame devono essere stabiliti anche nel rispetto della Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020, recante “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” e successive modifiche ed integrazioni.

 

Il comma 8 statuisce in relazione alla copertura degli oneri, ai quali si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per la filiera della ristorazione, istituito dall’articolo 58 del D.L. n. 104/2020 (L. n. 126/2020).

 

Autoimprenditorialità femminile in agricoltura (comma 9)

 

Il comma 9 estende alle imprenditrici – a prescindere dall’età - l'applicabilità delle misure agevolative per lo sviluppo dell'imprenditorialità in agricoltura e del ricambio generazionale recate dal Titolo I, Capo III, del d.lgs. n. 185/2000.

 

Tali misure sono (art. 10 del d.lgs. 185/2000):

- concessione di mutui agevolati per gli investimenti, a un tasso pari a zero, della durata massima di dieci anni comprensiva del periodo di preammortamento e di importo non superiore al 60 per cento della spesa ammissibile;

- concessione di un contributo a fondo perduto fino al 35 per cento della spesa ammissibile.

 

A tal fine esso novella il comma 2, lettera c), dell’articolo 10-bis del d.lgs. n. 185/2000.

 

L'articolo 10-bis prevede che possono beneficiare delle agevolazioni in questione le imprese, in qualsiasi forma costituite, che subentrino nella conduzione di un'intera azienda agricola, esercitante esclusivamente l'attività agricola ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile da almeno due anni alla data di presentazione della domanda di agevolazione, e presentino progetti per lo sviluppo o il consolidamento dell'azienda agricola attraverso iniziative nel settore agricolo e in quello della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli. Le imprese subentranti devono essere in possesso dei seguenti requisiti: a) siano costituite da non più di sei mesi alla data di presentazione della domanda di agevolazione; b) esercitino esclusivamente l'attività agricola ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile; c) siano amministrate e condotte da un giovane imprenditore agricolo di età compresa tra i 18 ed i 40 anni ovvero, nel caso di società, siano composte, per oltre la metà numerica dei soci e delle quote di partecipazione, da giovani imprenditori agricoli di età compresa tra i 18 ed i 40 anni. Possono altresì beneficiare delle agevolazioni le imprese che presentino progetti per lo sviluppo o il consolidamento di iniziative nei settori della produzione e della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli, attive da almeno due anni alla data di presentazione della domanda di agevolazione. Tali imprese devono esercitare esclusivamente l'attività agricola ed essere amministrate e condotte da un giovane imprenditore agricolo di età compresa tra i 18 ed i 40 anni ovvero, nel caso di società, devono essere composte, per oltre la metà numerica dei soci e delle quote di partecipazione, da giovani imprenditori agricoli di età compresa tra i 18 ed i 40 anni.

 

Sostegno dell’occupazione nel settore agrituristico (commi 10-12)

 

Il comma 10 prevede che gli addetti allo svolgimento dell'attività agrituristica, di cui all’articolo 2, comma 2, della L. n. 96/2006, sono considerati lavoratori agricoli anche ai fini della valutazione del rapporto di connessione tra attività agricola ed attività agrituristica. Il fine è quello di sostenere l’incremento occupazionale nel settore agricolo e ridurre gli effetti negativi causati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Sono fatti salvi i criteri recati dall’articolo 2135 del codice civile in relazione alla prevalenza dell’attività agricola principale.

 

In base al terzo comma dell'art. 2135 c.c. si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.

 

Il comma 11 interviene sulla disciplina relativa ai criteri e ai limiti dell'attività agrituristica previsti dall'articolo 4 della L. n. 96/2006.

Viene eliminato il riferimento al tempo di lavoro necessario all’esercizio dell'attività agrituristica e di quella agricola quale regola in base alla quale le regioni e le province autonome sono chiamate a definire criteri per la valutazione del rapporto di connessione delle attività agrituristiche rispetto alle attività agricole che devono rimanere prevalenti, affinché l'organizzazione dell'attività agrituristica non abbia dimensioni tali da perdere i requisiti di connessione rispetto all'attività agricola.

Il comma 12 dispone in relazione agli oneri derivanti dall’attuazione dei commi 10 e 11, valutati in 1,57 milioni di euro per l’anno 2021, 4,56 milioni di euro per l’anno 2022, 3,63 milioni di euro per l’anno 2023, 3,65 milioni di euro per l’anno 2024, 3,67 milioni di euro per l’anno 2025, 3,70 milioni di euro per l’anno 2026, 3,72 milioni di euro per l’anno 2027, 3,74 milioni di euro per l’anno 2028, 3,76 milioni di euro a decorrere dall’anno 2029. A tali oneri si provvede, per 1,57 milioni di euro per l’anno 2021, 4,56 milioni di euro per l’anno 2022 e 3,76 milioni di euro a decorrere dall’anno 2023, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.

 

Anticipazione pagamenti diretti per danni da avverse condizioni metereologiche (commi 13 e 14)

 

I commi 13 e 14 intervengono sul sistema di anticipazione delle somme dovute agli agricoltori nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune.

Il comma 13 sostituisce il comma 1 dell’articolo 10-ter del D.L. n. 27/2019 (L. n. 44/2019) per modificare le condizioni che rendono legittima la corresponsione - entro il 31 luglio di ciascun anno e fino al persistere della situazione di crisi determinatasi - di un’anticipazione da parte degli organismi pagatori riconosciuti sulle somme oggetto di domanda nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune (PAC).

Le nuove condizioni sono:

- le gravi emergenze sanitarie e fitosanitarie (la formulazione previgente menzionava le "gravi patologie fitosanitarie");

- le gravi perturbazioni di mercato (il previgente riferimento era alla crisi di alcuni settori).

Il comma 14 introduce i nuovi commi 2-bis e 2-ter nell’articolo 10-ter del D.L. n. 27/2019 (L. n. 44/2019).

Il nuovo comma 2-bis prevede che, in alternativa alla procedura ordinaria - di cui al comma 2 - di corresponsione dell'anticipo dei contributi PAC per i pagamenti diretti alle imprese agricole aventi diritto (pari al 70%), l’anticipazione è concessa agli agricoltori applicando i tassi di interesse di mercato definiti in base ai tassi di riferimento stabiliti ai sensi della comunicazione della Commissione europea 2008/C 14/02 e pertanto non comporta elementi di aiuto di Stato. Tale regime trova applicazione nel periodo di vigenza del “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” di cui alla Comunicazione della Commissione del 19 marzo 2020, C (2020)1863 e successive modifiche.

Il nuovo comma 2-ter prevede che gli interessi da corrispondere su tale anticipazione sono compensati agli agricoltori mediante una sovvenzione diretta che costituisce aiuto di Stato notificato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del TFUE, sulla base della sezione 3.1 della comunicazione della Commissione europea «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19» nei limiti del massimale previsto per ciascuna impresa operante nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli di cui al punto 23 (sul quale si veda sopra) del medesimo «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19.

 

Fondo agrumicolo (comma 15)

 

Il comma 15 integra la disciplina relativa al Fondo per favorire la qualità e la competitività delle imprese agrumicole e dell’intero comparto agrumicolo (allocato sul capitolo 7051 dello stato di previsione del MIPAAF), aggiungendo un ulteriore periodo all’articolo 1, comma 131, della legge di bilancio per il 2018 (L. n. 205/2017).

La nuova disposizione prevede che le risorse del fondo possono altresì essere erogate a condizioni diverse da quelle previste dal regolamento (UE) n. 1408/2013, qualora destinate ad interventi finalizzati alla ricostituzione del potenziale produttivo compromesso a seguito di emergenze fitosanitarie, nel rispetto della disciplina dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato riguardante gli aiuti agli investimenti materiali o immateriali alle aziende agricole il cui potenziale produttivo è stato danneggiato da calamità naturali, avversità atmosferiche assimilabili a calamità naturali, epizoozie e organismi nocivi ai vegetali, nonché prevenzione dei danni da essi arrecati.

 

La relazione illustrativa informa che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali n. 9049776 del 10 agosto 2020 è stato emanato un bando per l’erogazione di 8 milioni di euro a favore delle imprese agrumicole aderenti ad organizzazioni di produttori riconosciute, per la parziale copertura delle spese relative ad operazioni di espianto e reimpianto di agrumeti compromessi dai virus della “tristeza” e del mal secco. Il contributo per ciascuna domanda ritenuta ammissibile è stato definito nella misura dell’80% del massimale di spesa (euro 12.277,60) previsto per il sostegno alla stessa azione attuata nei programmi operativi delle organizzazioni di produttori e nel rispetto delle regole stabilite per il regime di aiuti de minimis di cui al regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, così come modificato dal regolamento (UE) n. 316/2019.

In fase di applicazione si è riscontrato uno scarso interesse per la misura, riconducibile essenzialmente al vincolo del de minimis. Infatti, le domande presentate sono state solo 36, di cui accolte 30, per complessivi 347,4 ettari e un importo di spesa di euro 3.412.215,15, successivamente ridotto a euro 481.729,53, a causa dei vincoli richiamati.

Considerato che gran parte della superficie agrumetata italiana è compromessa dagli attacchi dei virus della tristeza e del male secco e che occorre accelerare e sostenere con ogni possibile azione la ricostituzione del patrimonio produttivo agrumicolo nazionale, si ritiene opportuno utilizzare le disponibilità del Fondo in questione, eliminando il vincolo di spesa connesso all’applicazione della normativa sul de minimis, facendo invece riferimento alle norme sugli aiuti di stato riguardanti gli aiuti agli investimenti materiali o immateriali in favore delle aziende agricole il cui potenziale produttivo è stato danneggiato da calamità naturali, avversità atmosferiche assimilabili a calamità naturali, epizoozie e organismi nocivi ai vegetali, nonché prevenzione dei danni da essi arrecati.

 

Al riguardo, si ricorda che il comma 131 dell'articolo 1 della legge 205 del 2017 ha istituito il fondo agrumicolo nello stato di previsione del MIPAAF, con una dotazione di 2 milioni di euro per il 2018 e di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020. Il suddetto Fondo ha il fine di incentivare l’aggregazione, gli accordi di filiera, l’internazionalizzazione, la competitività e la produzione di qualità del comparto, anche attraverso il sostegno ai contratti e agli accordi di filiera. Gli interventi finanziati con tali risorse sono erogati alle condizioni previste dal regolamento (UE) n. 1408 del 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti de minimis nel settore agricolo.

Con il DM 25 luglio 2019 (Criteri e modalità di ripartizione delle risorse del Fondo nazionale agrumicolo) sono stati definiti i criteri e le modalità di ripartizione delle risorse del suddetto Fondo.

Il DM citato elenca le seguenti finalità: a) incentivare e sostenere l'aggregazione e l'organizzazione economica dei produttori di agrumi e dell'intera filiera produttiva e favorire le ricadute positive sulle produzioni agricole; b) valorizzare gli accordi e i contratti di filiera nel comparto agrumicolo; c) favorire l'internazionalizzazione; d) sostenere e promuovere la competitività e la produzione di qualità nel settore agrumicolo, anche attraverso azioni di comunicazione e informazione al consumatore.

Le risorse disponibili sono ripartite nelle seguenti attività finanziabili: a) concessione di contributi per il sostegno al ricambio varietale delle aziende agrumicole; b) finanziamento di campagne di comunicazione istituzionale e promozione rivolte ai consumatori funzionali alle attività di investimento di cui al presente decreto e con l'obiettivo di sostenere la competitività, lo sviluppo del mercato e la qualità del settore agrumicolo; c) concessione di contributi per la conoscenza, salvaguardia e sviluppo dei prodotti agrumicoli DOP/ IGP ai sensi del decreto ministeriale del 1° marzo 2016, n. 15487. Gli interventi sono attuati dal Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, anche per l'eventuale tramite dei propri enti collegati come Ismea e Crea, con provvedimenti che individuano, oltre a quanto già previsto dal DM, l'ammontare delle risorse disponibili, le spese ammissibili, tipologia ed entità delle agevolazioni, le modalità di presentazione delle domande e per la concessione e l'erogazione degli aiuti.


Articolo 68, commi 2-bis-2-quater
(Settore zootecnico)

 

 

I commi dal 2-bis al 2-quater dell’articolo 68 sono stati introdotti dalla Camera. Il comma 2-bis dispone l'incremento del Fondo per lo sviluppo e il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura per un importo pari a 5 mln di euro per il 2021, al fine di erogare contributi per gli allevatori bovini (rectius "di bovini"). La motivazione dell'intervento è rinvenuta nel rilevante incremento dei costi di produzione per il settore zootecnico, derivante dalle tensioni sui mercati nazionale e internazionali, riguardanti gli alimenti per il bestiame. Il comma 2-ter stabilisce che le suddette disposizioni si applicano nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza della Covid-19", e successive modifiche. Il comma 2-quater reca la copertura degli oneri, ai quali si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili, come rifinanziato dall'articolo 77, comma 7, del provvedimento in esame.

 

L'articolo 1, comma 128, della legge di bilancio per il 2021 (L. 178/2020) ha istituito, nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il «Fondo per lo sviluppo e il sostegno delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura», con una dotazione di 300 milioni di euro per l'anno 2021, al fine di garantire lo sviluppo e il sostegno del settore agricolo, della pesca e dell'acquacoltura. La dotazione iniziale del Fondo era pari a 150 mln di euro per il 2021 ed è stata successivamente incrementata dall'articolo 39, comma 1, del D.L. 41/2021 (L. 69/2021).

 

 


Articolo 68, commi 15-bis e 15-ter
(Filiere e distretti di agricoltura biologica)

 

 

I commi 15-bis e 15-ter dell’articolo 68 sono stati introdotti dalla Camera. Il comma 15-bis dispone lo stanziamento di 15 mln di euro per il 2021 al fine di potenziare gli interventi in favore delle forme di produzione agricola a ridotto impatto ambientale e di promuovere le filiere e i distretti di agricoltura biologica. Il comma 15-ter reca la copertura degli oneri, ai quali si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per il 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al MIPAAF.

 

L'articolo 1, comma 522, della legge di bilancio per il 2020 (L. 160/2019) ha istituito nello stato di previsione del MIPAAF il «Fondo per l'agricoltura biologica», con una dotazione pari a 4 milioni di euro per l'anno 2020 e a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, al fine di dare attuazione a interventi a favore delle forme di produzione agricola a ridotto impatto ambientale e per la promozione di filiere e distretti di agricoltura biologica e di ogni attività a queste connessa. Tale comma ha altresì previsto che con appositi provvedimenti normativi, nei limiti delle risorse testé indicate, che costituiscono il relativo limite di spesa, si provvede a dare attuazione agli interventi ivi previsti.

 

 


Articolo 68, commi 15-quater-15-sexies
(Settore agrumicolo)

 

 

I commi dal 15-quater al 15-sexies dell’articolo 68 sono stati introdotti dalla Camera. Il comma 15-quater estende al 2021 l'operatività del Fondo nazionale agrumicolo, prevedendo una dotazione di 5 mln di euro per tale annualità, che costituisce limite di spesa in base al comma 15-quinquies. A tal fine il comma 15-quater novella l'articolo 1, comma 131, della legge di bilancio per il 2018 (L. 205/2017). Attualmente, tale disposizione prevede per il predetto Fondo una dotazione di 2 milioni di euro per l'anno 2018 e di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020. Il comma 15-sexies reca la copertura degli oneri, ai quali si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili, come rifinanziato dall'articolo 77, comma 7, del provvedimento in esame.


Articolo 68, commi 15-septies e 15-octies
(Promozione del lavoro agricolo)

 

 

I commi 15-septies e 15-octies dell’articolo 68 – introdotti nel corso dell’esame presso la Camera – estendono fino al 31 dicembre 2021, e, se successivo, fino al termine dello stato di emergenza da Covid-19, la possibilità, già riconosciuta per il 2020, per i percettori di ammortizzatori sociali in costanza o in assenza di rapporto di lavoro di stipulare con datori di lavoro del settore agricolo contratti a termine senza subire la perdita o la riduzione dei predetti benefici, nonché la previsione secondo cui determinate prestazioni svolte da soggetti che offrono aiuto e sostegno alle aziende agricole in zone montane non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato.

 

Nel dettaglio, il comma 15-septies estende fino al suddetto termine quanto previsto dall’articolo 94 del D.L. 34/2020, ossia:

§  la possibilità per i percettori di ammortizzatori sociali, limitatamente al periodo di sospensione a zero ore della prestazione lavorativa, di NASPI e DIS-COLL, nonché di reddito di cittadinanza, di stipulare con datori di lavoro del settore agricolo contratti a termine non superiori a 30 giorni, rinnovabili per ulteriori 30 giorni, senza subire la perdita o la riduzione dei predetti benefici;

§  la previsione, originariamente prevista sino al 31 luglio 2020, secondo cui determinate prestazioni svolte da soggetti che offrono aiuto e sostegno alle aziende agricole in zone montane non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato, analogamente a quanto previsto in via generale dall’art. 74 del D.Lgs. 276/2003 per le prestazioni svolte da parenti e affini sino al sesto grado in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi (salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori);

§  l’esclusione per il beneficiario di reddito di cittadinanza dell’obbligo di comunicare all’INPS la variazione della condizione occupazionale a seguito dell'avvio di un'attività di lavoro dipendente previsto dall’art. 3, c. 8, del D.L. 4/2019.

Il richiamato art. 3, c. 8, dispone, infatti, che, in caso di variazione della condizione occupazionale nelle forme dell'avvio di un'attività di lavoro dipendente da parte di uno o più componenti il nucleo familiare nel corso dell'erogazione del Rdc, il maggior reddito da lavoro concorre alla determinazione del beneficio economico nella misura dell'80 per cento, a decorrere dal mese successivo a quello della variazione e fino a quando il maggior reddito non è ordinariamente recepito nell'ISEE per l'intera annualità.

 

Il successivo comma 15-octies dispone che agli oneri derivanti da quanto previsto dal comma precedente – pari a 58,9 mln di euro per il 2021 – si provvede ai sensi dell’articolo 77 del presente decreto legge (alla cui scheda di lettura si rimanda).

 


Articolo 68-bis
(Misure per lo sviluppo e il sostegno delle innovazioni in agricoltura)

 

 

L’articolo 68-bis è stato introdotto dalla Camera. Il comma 1 incrementa di 0,5 mln di euro per il 2021 l'autorizzazione di spesa prevista dall'articolo 1, comma 521, della legge di bilancio per il 2020 (L. 160/2019), al fine di sostenere, entro il predetto limite di spesa, la ripresa, lo sviluppo e il sostegno delle filiere agricole tramite sperimentazioni, progetti innovativi e impiego di soluzioni tecnologiche per la produzione agricola, con l'obiettivo di:

- ridurre i costi e le spese sostenute dai produttori agricoli,

- aumentarne la resilienza di fronte alle costrizioni dell'emergenza pandemica,

- contenere l'impatto ambientale

- e mitigare i cambiamenti climatici.

Il comma 2 reca la copertura degli oneri, ai quali si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili, come rifinanziato dall'articolo 77, comma 7, del provvedimento in esame.

 

L'articolo 1, comma 520, della legge di bilancio per il 2020 (L. 160/2019) - come sostituito dall'art. 222, comma 6, del D.L. 34/2020 (L. 77/2020) - ha previsto la concessione alle imprese agricole e agroalimentari di un contributo a fondo perduto, nel limite massimo di 100.000 euro e dell'80 per cento delle spese ammissibili, per il finanziamento di iniziative finalizzate allo sviluppo di processi produttivi innovativi e dell'agricoltura di precisione o alla tracciabilità dei prodotti con tecnologie blockchain, nei limiti previsti dalla normativa europea in materia di aiuti de minimis. Esso ha inoltre demandato a un decreto di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la statuizione dei criteri, delle modalità e delle procedure per l'erogazione dei contributi, nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 521.

Il comma 521 ha autorizzato la spesa di 1 milione di euro per il 2020, da intendere come limite massimo di spesa, per l'attuazione degli interventi di cui al comma 520.


Articolo 68-ter
(Risorse per il riequilibrio degli interventi del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale)

 

 

L’articolo 68-ter - introdotto dalla Camera dei deputati - dispone uno stanziamento di 92.717.455,29 euro per il riequilibrio finanziario tra i territori regionali, a seguito del riparto delle risorse relative al Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) per il biennio 2021 e 2022.

 

Nello specifico, il comma 1 stabilisce che il predetto importo pari a 92.717.455,29 euro - quale quota di cofinanziamento nazionale a valere sulle risorse del Fondo di rotazione di cui all'articolo articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183 - è diretto, per il periodo transitorio 2021-2022, ad assicurare il riequilibrio finanziario tra le regioni a seguito del riparto delle risorse relative al FEASR, nonché a sostenere i soggetti colpiti dall'emergenza epidemiologica "Covid-19".

Si ricorda, in proposito, che il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ha approvato, il 17 giugno 2021, con deliberazione motivata a norma dell'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il riparto, su base regionale, del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), relativo agli anni 2021 e 2022. La somma di euro 3.564.095.032 è così ripartita: euro 1.714.991.710 per l'anno 2021 ed euro 1.849.103.322 per l'anno 2022.

La relazione tecnica allegata all’emendamento del Governo che ha introdotto la disposizione in commento, chiarisce che le disposizioni proposte con l’inserimento dell’articolo in commento, che riproducono il testo dell’articolo 1 del decreto-legge n. 89 del 2021, non determinano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, in quanto l'incremento del cofinanziamento nazionale a carico del Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, pari a 92.717.455,29 euro, è effettuato a valere sulle risorse disponibili a legislazione vigente sul predetto Fondo, che risulta peraltro capiente rispetto al fabbisogno.

Nella stessa Relazione è riportata la seguente tabella che illustra le assegnazioni al Fondo, ripartite tra le Regioni che - spiega la stessa Relazione - vedono assegnarsi minori risorse rispetto a quelle che le stesse avrebbero ottenuto ove si fossero applicati i criteri adottati nel periodo di programmazione 2014-2020.

REGIONI

IMPORTO

Basilicata

  5.631.737,89

Calabria

  1.398.759,55

Campania

40.165.463,37

Sicilia

26.449.625,25

Umbria

19.071.869,23

TOTALE

92.717.455,29

 Si ricorda, in proposito, che il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) è stato istituito con la finalità di sostenere la politica europea in materia di sviluppo rurale e, quindi, di finanziare i programmi di sviluppo rurale presentati dagli Stati membri e dalle regioni dell'Unione. I programmi sono elaborati in collaborazione con la Commissione europea e gli Stati membri e tengono conto degli orientamenti strategici in materia di sviluppo rurale adottati dal Consiglio, nonché delle priorità delineate nei piani strategici nazionali. La disciplina del suddetto Fondo è contenuta in alcuni Regolamenti dell'UE, tra i quali si ricordano il Regolamento (UE) n. 1303/2013 che reca disposizioni comuni ai Fondi europei e il Regolamento (UE) n.1305/2013 recante norme sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del FEARS.

 In particolare, l'art. 6 del citato Regolamento n. 1305/2013, prevede che "il FEASR interviene negli Stati membri nel quadro di programmi di sviluppo rurale" e che tali programmi attuano una strategia intesa a realizzare le priorità dell'Unione in materia di sviluppo rurale. Gli Stati membri possono presentare un unico programma nazionale o, come nel caso dell'Italia, una serie di programmi regionali. La stessa disposizione chiarisce che se uno Stato membro presenta un programma nazionale e una serie di programmi regionali, le misure e i tipi di interventi sono programmati a livello nazionale o regionale, ed è garantita la coerenza tra le strategie dei programmi nazionali e regionali. L'art. 8 del menzionato regolamento indica il contenuto dei programmi di sviluppo rurale, mentre gli articoli 9 e seguenti indicano le procedure di preparazione approvazione ed eventuale modifica degli stessi programmi, stabilendo che ciascun programma è approvato dalla Commissione mediante un atto di esecuzione.

Come si legge nella Relazione illustrativa allegata al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 89 del 2021, di recente è intervenuto, in materia, il regolamento (UE) n. 2020/2220, che ha introdotto alcune disposizioni transitorie relative al sostegno da parte del FEASR (e del Fondo europeo agricolo di garanzia FEAGA) per gli anni 2021 e 2022, assegnando risorse FEASR all'Italia per € 1.654.587.531 per il 2021 e € 1.355.921.375 per il 2022. A queste risorse devono essere aggiunte quelle indicate nell'allegato I-bis del regolamento (UE) 1305/2013, introdotto dall'allegato II del Regolamento (UE) n. 2020/2220, pari a 910.586.126 euro e così ripartite: 269.404.179 euro per il 2021 e 641.181.947 euro per il 2022, pari rispettivamente al 30 per cento e al 70 per cento delle assegnazioni totali "Next Generafion EU" per lo sviluppo rurale. La stessa Relazione Illustrativa riferisce che l'assegnazione delle risorse del FEASR, al netto del fabbisogno per il Programma nazionale di sviluppo rurale e per il Programma rete rurale nazionale, pari a 349.000.000 euro per il primo ed 8.000.000 euro per la Rete rurale nazionale, ammonta complessivamente a 3.564.095.032 euro suddivisa in 1.714.991.710 euro per l'annualità 2021 ed 1.849.103.322 euro per l'annualità 2022. Le sopra richiamate risorse dovevano essere ripartite tra le Regioni e le Province autonome in tempi ragionevolmente contenuti per consentire le modifiche ai programmi regionali di sviluppo rurale, al Programma nazionale di sviluppo rurale e alla Rete rurale nazionale.

Nella stessa Relazione illustrativa si fa presente che, nonostante il confronto serrato e i numerosi tentativi di mediazione da parte del Governo, le Regioni e le Province autonome non hanno raggiunto un accordo sulle modalità di riparto dei fondi 2021 e 2022: di conseguenza, con la sopra citata delibera del Consiglio dei Ministri adottata il 17 giugno 2021, si è reso necessario deliberare, ai sensi dell' articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il riparto dei fondi FEASR destinati agli interventi di sviluppo rurale per gli anni 2021 e 2022.

Secondo la citata Relazione, la proposta di riparto governativa, che ha sintetizzato le diverse posizioni regionali fondate su contrapposte visioni e letture anche degli accordi sui quali era stato ripartito il plafond destinato allo sviluppo rurale 2014-2020, ha comportato una distribuzione che ha ridotto le aspettative di alcune Regioni. In ragione del fatto che alcune Regioni sarebbero state penalizzate  dal nuovo criterio di riparto il Governo - spiega la relazione - ha ritenuto indispensabile procedere ad un riequilibrìo finanziario, al fine di consentire il tempestivo avvio alle procedure regionali per l'assegnazione delle risorse FEASR con risorse adeguate rispetto al raggiungimento degli obiettivi prefissati, destinando il menzionato importo di euro 92.717.455,29 quale quota di cofinanziamento nazionale a valere sulle risorse del Fondo di rotazione di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183.

Il comma 2 stabilisce che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali - Dipartimento delle politiche europee e internazionali e dello sviluppo rurale - fornisce al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione Europea (IGRUE) -, la suddivisione dell'importo richiamato al comma 1 tra i programmi di sviluppo rurale oggetto del riequilibrio. Le regioni che beneficiano di tali risorse le inseriscono nei piani finanziari dei rispettivi programmi come finanziamenti nazionali integrativi.

Si ricorda, infine, che l’art. 1, comma 2 del disegno di legge di conversione del presente provvedimento, introdotto alla Camera, abroga il decreto-legge n. 89 del 2021 - il cui art. 1 è riprodotto dall’articolo in commento - di cui sono fatti salvi gli effetti.


Articolo 68-quater
(Misure a sostegno del settore della birra artigianale)

 

 

L’articolo 68-quater - introdotto dalla Camera dei deputati - riconosce un contributo a fondo perduto, per l’anno 2021, in favore dei piccoli birrifici che producono birra artigianale.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo in commento prevede che la misura del predetto contributo sia pari a 0,23 euro per litro di birra complessivamente preso in carico rispettivamente, nel registro della birra condizionata ovvero nel registro annuale di magazzino nell’anno 2020, sulla base dei dati riportati nella dichiarazione riepilogativa che è annualmente presentata, dagli stessi micro birrifici, all’Ufficio dogane e monopoli territorialmente competente.

 

L’articolo 2 della legge 16 agosto 1962, n. 1364, come modificato dall’art. 35 della legge 28 luglio 2016, n. 154, definisce, alla lettera 4-bis, birra artigianale quella prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione. La stessa disposizione definisce piccolo birrificio quello che è legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio; che utilizza impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio, che non opera sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui e la cui produzione annua non superi 200.000 ettolitri (includendosi in questo quantitativo le quantità di birra prodotte per conto di terzi).

 

Si ricorda, inoltre, che la legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) ha disposto l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di un Fondo per la tutela ed il rilancio delle filiere agricole apistica, brassicola (cioè relativa alla birra), della canapa e della frutta a guscio, con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2021 (art. 1, comma 138).

 

L’articolo 8 del D.M. 4 giugno 2019 recante disposizioni in materia di semplificazione dei microbirrifici, stabilisce che, sulla birra realizzata e confezionata nei microbirrifici è applicata l’aliquota ridotta di accisa, qualora la produzione dell’impianto non risulti superiore a 10.000 ettolitri di birra annui. A tal fine, gli esercenti i microbirrifici presentano, entro il 31 gennaio di ogni anno, all’Ufficio dogane e monopoli territorialmente competenti in relazione al luogo ove sono ubicati i singoli microbirrifici, una dichiarazione riepilogativa nella quale è indicato il volume della birra presa in carico, rispettivamente, nel registro della birra condizionata e nel registro annuale di magazzino.

 

Agli oneri derivanti dalla disposizione in commento, valutati in 10 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione del “Fondo per lo sviluppo ed il sostegno delle filiere, della pesca e dell’acquacoltura”, il quale, istituito dalla legge di bilancio 2021 (art. 1, commi 128 e 129 della legge n. 178 del 2020) con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro, è stato  recentemente incrementato, per il 2021, dall’art. 39 del decreto-legge n. 41 del 2021, cd. Sostegni, di ulteriori 150 milioni di euro, portando le risorse complessive di tale fondo a 300 milioni di euro per l'anno 2021.


Articolo 69, commi 1-5
(Indennità una tantum in favore degli
operai agricoli a tempo determinato)

 

 

L’articolo 69, commi da 1 a 5, riconosce, nel limite di spesa di 448 milioni di euro per il 2021, un’indennità una tantum pari a 800 euro in favore degli operai agricoli a tempo determinato che nel 2020 abbiano svolto almeno 50 giornate effettive di attività di lavoro agricolo e che non siano titolari di pensione o di rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

 

Per il riconoscimento della suddetta indennità, gli operai agricoli a tempo determinato (commi 1 e 2):

§  devono aver effettuato almeno 50 giornate effettive di attività di lavoro agricolo nel 2020. Sul punto, la circolare INPS n. 90 del 2021 specifica che a tal fine sono utili esclusivamente le giornate di iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli dipendenti riferiti al medesimo anno 2020;

§  non devono essere titolari, alla data di presentazione della domanda:

-     di contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, con esclusione del contratto di lavoro intermittente senza diritto all'indennità di disponibilità

-     di pensione.

Riguardo alla condizione, posta dal comma 2, circa l’assenza di titolarità di un trattamento pensionistico, la circolare INPS n. 90 del 2021 – come disposto in precedenza anche con riferimento ad analoghe indennità riconosciute dagli artt. 30 del D.L. 18/2020 e 84, co. 7, del D.L. 34/2020 per i mesi di marzo e aprile 2020 (vedi infra) - chiarisce che l'incompatibilità concerne i soli trattamenti pensionistici diretti, consentendo quindi il cumulo con quelli in favore dei superstiti. 

Come anticipato, analoga indennità era riconosciuta, alle medesime condizioni e per i medesimi soggetti, dagli artt. 30 del D.L. 18/2020 e 84, co. 7, del D.L. 34/2020 ed era pari a 600 euro per il mese di marzo 2020 e a 500 euro per il mese di aprile 2020.

 

L’indennità in esame (comma 3):

§  non concorre alla formazione del reddito fiscale imponibile (ai fini delle imposte sui redditi);

§  è incompatibile con l’intervenuta riscossione, alla data del 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore del presente decreto legge) del reddito di cittadinanza e del reddito di emergenza di cui all’art. 82 del D.L. 34/2020, all’art. 12 del D.L. 41/2021 e all’art. 36 del decreto legge in esame. Sul punto, si valuti l’opportunità di richiamare anche le ulteriori disposizioni che disciplinano il REM, quali l’art. 23 del D.L. 104/2020 e l’art. 14 del D.L. 137/2020;

§  non è cumulabile con l’indennità una tantum, pari a 2.400 euro, riconosciuta dall’art. 10 del D.L. 41/2021 in favore di alcune categorie di lavoratori e con le relative proroghe poste dal decreto in esame[303]. Sul punto, la circolare INPS n. 90 del 2021 specifica che tale indennità non è altresì cumulabile con le nuove indennità poste dagli articoli 42 e 44 del provvedimento in esame;

§  è cumulabile con l’assegno ordinario di invalidità.

 

L’indennità in oggetto è erogata dall’INPS nel limite di spesa complessivo di 448 milioni di euro per il 2021 e la relativa domanda è presentata all'INPS entro il 30 giugno 2021 (tramite modello di domanda predisposto dal medesimo Istituto e presentato secondo le modalità stabilite dallo stesso).

L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa e comunica i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Qualora dal monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori (comma 4).

Alla copertura degli oneri – pari a 448 mln di euro per il 2021 - si provvede ai sensi dell’articolo 77 (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 5).

Per la stima dei suddetti oneri, la Relazione tecnica allegata al provvedimento evidenzia che da un’analisi amministrativa risultano circa 620.000 OTD con almeno 50 giornate lavorate nel 2020. Escludendo quanti nel 2021 risultano titolari di pensione o di rapporto di lavoro subordinato (non intermittente) ed escludendo i beneficiari di reddito di cittadinanza risultanti a marzo 2021 e i beneficiari di reddito di emergenza che hanno ricevuto almeno un pagamento nel 2020, si stima che i potenziali beneficiari dell’indennizzo in possesso dei requisiti siano pari a circa 560.000 lavoratori.

 


Articolo 69, commi 6 e 7
(Indennità per i pescatori autonomi)

 

 

L’articolo 69, commi 6 e 7, riconosce un'indennità una tantum di 950 euro ai pescatori autonomi, compresi i soci di cooperative, che esercitano professionalmente la pesca.

 

La disposizione in commento riconosce un'indennità una tantum di 950 euro ai pescatori autonomi, compresi i soci di cooperative, che esercitano professionalmente la pesca in acque marittime, interne e lagunari (di cui alla L. 250/1958), non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, ad esclusione della Gestione separata (di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995[304]).

L'indennità – che, come riportato nella Relazione tecnica al provvedimento, si stima potrà riguardare un numero medio di circa 4.000 soggetti - è erogata dall'INPS, previa domanda e nel limite di spesa 3,8 milioni di euro per il 2021 e non concorre alla formazione del reddito fiscale imponibile (ai fini delle imposte sui redditi). L’INPS provvede al monitoraggio del rispetto del suddetto limite di spesa e ne comunica i risultati al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Qualora dal predetto monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori (comma 6).

Ai relativi oneri -  pari a 3,8 mln di euro per il 2021 - si provvede ai sensi dell’articolo 77 (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 7).

Riguardo alla condizione, posta dalla norma in esame, circa l’assenza di titolarità di un trattamento pensionistico, la circolare INPS n. 90 del 2021 – come disposto anche in precedenza con riferimento ad analoga indennità riconosciuta dall’art. 222, co. 8, del D.L. 34/2020 per il mese di maggio 2020 (vedi infra) - chiarisce che l'incompatibilità concerne i soli trattamenti pensionistici diretti, consentendo quindi il cumulo con quelli in favore dei superstiti. La circolare altresì esplicita che l'indennità in oggetto - la quale è subordinata all'assenza di iscrizione ad altre forme previdenziali obbligatorie - è incompatibile con altre indennità temporanee riconosciute a favore di talune categorie di lavoratori a seguito dell’emergenza epidemiologica. 

Come anticipato, analoga indennità era riconosciuta, alle medesime condizioni e per i medesimi soggetti, dall’art. 222, co. 8, del D.L. 34/2020 ed era pari a 950 euro per il mese di maggio 2020.

Al riguardo, la richiamata circolare n. 118 del 2020 fa presente che, stante il dettato normativo, che individua quali destinatari dell’indennità di cui trattasi i pescatori autonomi, i soci di cooperative indicati dal comma 8 dell’articolo 222 destinatari dell’indennità sono esclusivamente i soci che operano quali lavoratori autonomi e non anche quelli con rapporto di lavoro subordinato.

 


Articolo 70
(Esonero contributivo a favore delle filiere agricole
nei settori agrituristico e vitivinicolo)

 

 

L’articolo 70 riconosce alle aziende appartenenti alle filiere agricole appartenenti ai settori agrituristico e vitivinicolo nonché agli imprenditori agricoli professionali, ai coltivatori diretti, ai mezzadri e ai coloni, l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, per la quota a carico dei datori di lavoro per la mensilità relativa a febbraio 2021.

 

In dettaglio, al fine di assicurare la tutela produttiva e occupazionale delle filiere agricole appartenenti ai settori agrituristico e vitivinicolo, alle aziende appartenenti alle predette filiere, ivi incluse le aziende produttrici di vino e birra e di contenere gli effetti negativi del perdurare dell’epidemia da Covid 19, ai soggetti che svolgono le attività identificate dai codici ATECO di cui alla tabella E, allegata al presente decreto, è riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, per la quota a carico dei datori di lavoro per la mensilità relativa a febbraio 2021. Il medesimo esonero è riconosciuto agli imprenditori agricoli professionali, ai coltivatori diretti, ai mezzadri e ai coloni. L’esonero è riconosciuto nei limiti della contribuzione dovuta al netto di altre agevolazioni o riduzioni delle aliquote di finanziamento della previdenza obbligatoria, previste dalla normativa vigente e spettanti nel periodo di riferimento dell’esonero (commi 1 e 2).

Per l’esonero di cui ai commi 1 e 2, resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche (comma 3).

Tale esonero è riconosciuto nel rispetto della disciplina dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato, in particolare ai sensi delle sezioni 3.1 e 3.12 della Comunicazione della Commissione europea C(2020) 1863 final, del 19 marzo 2020, recante un «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19»,e successive modificazioni”[305]e nei limiti ed alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione.

Con specifico riferimento al punto 23 del paragrafo 3.1 della predetta Comunicazione, agli aiuti concessi alle imprese dei settori dell'agricoltura, della pesca e dell'acquacoltura si applicano le seguenti condizioni specifiche:

a.   l'aiuto complessivo non supera 225 000 EUR per ciascuna impresa operante nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli; l'aiuto può essere concesso sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o in altre forme come anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni

b.   gli aiuti concessi alle imprese operanti nella produzione primaria di prodotti agricoli non devono essere stabiliti in base al prezzo o al volume dei prodotti immessi sul mercato;

Il punto 3.12 riguarda, invece, in generale, quindi non soltanto per il settore agricolo, gli aiuti sotto forma di sostegno a costi fissi non coperti.

 

Il beneficio è autorizzato nel limite di minori entrate contributive pari a 72,5 milioni di euro per l’anno 2021. A tal fine, l’ente previdenziale provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa di cui sopra e comunica i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze e sospende i provvedimenti concessori qualora dal predetto monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica (comma 4)

Alle minori entrate derivanti dai commi da 1 a 4, pari a 72,5 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede ai sensi dell’articolo 77 (cfr. la relativa scheda) (comma 5).

 

Si ricorda che analogo sgravio è stato introdotto dall'art. 16 del D.L. 137/2020, che ha riconosciuto a favore delle aziende appartenenti alle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura, comprese le aziende produttrici di vino e birra, l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per la quota a carico dei datori di lavoro per la mensilità relativa a novembre 2020. L'esonero era riconosciuto nei limiti della contribuzione dovuta al netto di altre agevolazioni o riduzioni delle aliquote di finanziamento della previdenza obbligatoria, previsti dalla normativa vigente e spettanti nel periodo di riferimento dell'esonero. Il medesimo esonero era altresì riconosciuto agli imprenditori agricoli professionali, ai coltivatori diretti, ai mezzadri e ai coloni con riferimento alla contribuzione dovuta per il medesimo mese di novembre 2020.

Tale sgravio è stato esteso anche con riferimento alla contribuzione dovuta per il mese di dicembre 2020 (art. 16-bis del D.L. 137/2020) e per il mese di gennaio 2021 (art. 19 del D.L. 41/2021).

 


Articolo 71
(Interventi per la ripresa economica e produttiva delle
imprese agricole danneggiate dalle avversità atmosferiche)

 

 

L’articolo 71 - modificato nel corso dell’esame presso la Camera - prevede la possibilità per le imprese agricole che abbiano subito danni per le eccezionali gelate, brinate e grandinate verificatesi nei mesi di aprile, maggio e giugno 2021 e per quelle che hanno subito analoghi danni a seguito delle avversità atmosferiche verificatesi in Calabria il 21 e il 22 novembre 2020, di accedere agli interventi compensativi del Fondo di solidarietà nazionale-interventi indennizzatori, che viene rifinanziato - a tal fine - per complessivi 161 milioni di euro per il 2021.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo in commento prevede che le imprese agricole che abbiano subito danni dalle gelate, brinate e grandinate eccezionali verificatesi negli scorsi mesi di aprile, maggio e giugno 2021 e che, al verificarsi dell’evento, non beneficiavano della copertura recata da polizze assicurative a fronte del rischio gelo, brina e grandine, possano accedere agli interventi previsti per favorire la ripresa dell’attività economica e produttiva di cui all'articolo 5 del decreto legislativo n. 102 del 2004.

Si ricorda che il riferimento alle grandinate e ai mesi di maggio e giugno 2021, come il riferimento al rischio brina e grandine (relativo alle polizze assicurative) è stato introdotto nel corso dell’esame presso la Camera.

 

La relazione illustrativa del provvedimento originario ha rilevato che la disposizione in commento è finalizzata a garantire il rafforzamento della tutela economica e occupazionale delle imprese agricole danneggiate dalle avversità atmosferiche verificatesi, in particolare, nella prima settimana di aprile 2021. Tale periodo - prosegue la relazione - è stato caratterizzato dal verificarsi di eccezionali gelate notturne, che hanno raggiunto, in alcune regioni, anche la temperatura di -7°. Risultano colpite numerose regioni italiane: danni a meli e ciliegi in Trentino; in Toscana sono state colpite viti e piante ornamentali; in Puglia, sono state dimezzate le produzioni di ortofrutta; nel Lazio sono stati compromessi coltivazioni di kiwi e vigneti.

 

Si ricorda, che i citati interventi previsti dall’articolo 5 del decreto legislativo n. 102 del 2004 hanno carattere di aiuti compensativi che intendono favorire la ripresa dell'attività produttiva delle imprese agricole (di cui all’articolo 2135 del codice civile) che abbiano subito danni superiori al 30 per cento della produzione lorda vendibile.

In particolare, i predetti aiuti consistono in:

a)   contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno accertato sulla base della produzione lorda vendibile media ordinaria, da calcolare secondo le modalità e le procedure previste dagli orientamenti e dai regolamenti comunitari in materia di aiuti di Stato. Nelle zone svantaggiate di  cui  all'articolo  32  del regolamento (UE) n. 1305/2013 il contributo può essere elevato fino al 90 per cento;

b)   prestiti ad ammortamento quinquennale per le esigenze di esercizio dell'anno in cui si è verificato l'evento dannoso e per l'anno successivo, da erogare al seguente tasso agevolato:

1.   20 per cento del tasso di riferimento per le operazioni di credito agrario oltre i 18 mesi per le aziende ricadenti nelle suddette zone svantaggiate;

2.   35 per cento del tasso di riferimento per le operazioni di credito agrario oltre i 18 mesi per le aziende ricadenti in altre zone; nell'ammontare del prestito sono comprese le rate delle operazioni di credito in scadenza nei 12 mesi successivi all'evento inerenti all'impresa agricola;

c)   proroga delle operazioni di credito agrario, di cui all'articolo 7 del medesimo decreto legislativo n. 102 del 2004;

d)   agevolazioni previdenziali, di cui all'articolo 8 dello stesso decreto.

In caso di danni causati alle strutture aziendali ed alle scorte possono essere concessi a titolo di indennizzo contributi in conto capitale fino all'80 per cento dei costi effettivi elevabile al 90 per cento nelle citate zone svantaggiate.

Sono esclusi dalle suddette agevolazioni - recita il comma 4 dell'art. 5 del medesimo decreto legislativo n. 102 del 2004 - i danni alle produzioni ed alle strutture ammissibili all'assicurazione agevolata o per i quali è possibile aderire ai fondi di mutualizzazione.

Gli interventi compensativi sono ammessi esclusivamente nel caso di danni a produzioni, strutture e impianti produttivi non inseriti nel Piano assicurativo agricolo annuale, finalizzati alla ripresa economica e produttiva delle imprese agricole che hanno subito danni da calamità naturali o eventi eccezionali, nei limiti previsti dalla normativa dell'Unione europea (art. 1, comma 3, lettera b) del medesimo decreto).

 

Il comma 1-bis – introdotto dalla Camera - estende l’accesso ai suddetti interventi del Fondo di Solidarietà nazionale (FSN) anche delle imprese agricole site in Calabria che hanno subito danni a seguito delle avversità atmosferiche verificatesi il 21 e il 22 novembre 2020, entro i limiti delle risorse disposti dal successivo comma 3-bis (pari a 1 milione di euro per l’anno 2021), che costituisce il limite massimo di spesa.

 

Il comma 2 prevede che le regioni, anche in deroga ai termini stabiliti all'articolo 6, comma 1 del suddetto decreto legislativo n. 102 del 2004, possano deliberare la proposta di declaratoria di eccezionalità degli eventi di cui sopra entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (avvenuta il 26 maggio 2021).

 

Si ricorda che il suddetto art. 6 del decreto legislativo n. 104 del 2004, prevede, al comma 1, che, al fine di attivare gli interventi di cui al citato articolo 5, le regioni competenti, attuata la procedura di delimitazione del territorio colpito e di accertamento dei danni conseguenti, deliberano, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla cessazione dell'evento dannoso, la proposta di declaratoria della eccezionalità dell'evento stesso, nonché', tenendo conto della natura dell'evento e dei danni, l'individuazione delle provvidenze da concedere fra quelle previste dall'articolo 5 e la relativa richiesta di spesa. Il suddetto termine è prorogato di trenta giorni in presenza di eccezionali e motivate difficoltà accertate dalla giunta regionale. Il comma 2 del medesimo art. 6, prevede poi che il MIPAAF, previo accertamento degli effetti degli eventi calamitosi, dichiari entro trenta giorni dalla richiesta delle regioni interessate, l'esistenza del carattere di eccezionalità delle calamità naturali, individuando i territori danneggiati e le provvidenze sulla base della richiesta.

 

Il comma 3 dispone che per gli interventi descritti al comma 1, la dotazione finanziaria del “Fondo di solidarietà nazionale - interventi indennizzatori” di cui all’articolo 15 del decreto legislativo n. 102 del 2004, sia incrementata di 160 milioni di euro per l’anno 2021 (di cui 5 milioni a favore degli imprenditori apistici).

 

Si ricorda che, nella ripartizione in capitoli dello stato di previsione del MIPAAF, per il Fondo di solidarietà nazionale – interventi indennizzatori (cap. 7411) sono state iscritte risorse, per il 2021, per 90 milioni di euro, sia in conto competenza, sia in conto cassa.

 

Il comma 3-bis introdotto dalla Camera - prevede che per gli interventi in favore delle imprese agricole colpite dalle citate avversità atmosferiche verificatesi in Calabria lo scorso novembre (di cui al comma 1-bis), la dotazione del “Fondo di solidarietà nazionale - interventi indennizzatori” sia incrementata (ulteriormente) di 1 milione di euro per l’anno 2021.

 

Il comma 3-ter – introdotto dalla Camera - modifica, integrando il comma 2-bis dell’art. 7 del decreto-legge 29 marzo 2019, n. 27, convertito con modificazioni dalla legge 21 maggio 2019, n. 44, la disciplina inerente le misure di sostegno alle imprese del settore olivicolo-oleario site in alcuni comuni della Provincia di Pisa (Calci, Vicopisano e Butti) che hanno subito danni a causa degli incendi verificatisi nel 2018, disponendo, che la Regione Toscana possa destinare eventuali economie di spesa agli interventi del Fondo di solidarietà nazionale (FSN).

Si fa riferimento:

- agli interventi compensativi previsti nel caso di danni a produzioni, strutture e impianti produttivi non inseriti nel Piano di gestione dei rischi in agricoltura e finalizzati alla ripresa economica e produttiva delle imprese agricole che hanno subito danni a seguito di calamità naturali o altri eventi eccezionali nei limiti previsti dalle disposizioni comunitarie;

 -agli interventi di ripristino delle infrastrutture connesse all'attività agricola (tra cui quelle irrigue e di bonifica) compatibilmente con le esigenze primarie delle imprese agricole.

 

Il comma 4, infine, prevede che alla copertura degli oneri del presente articolo, pari a 161 milioni di euro per l’anno 2021, si provveda, per 105 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 58 del decreto-legge n. 104 del 2020 (cosiddetto Agosto), convertito con modificazioni dalla legge n. 126 del 2020, relativa all’istituzione del Fondo per la filiera della ristorazione e, per i restanti 56 milioni di euro, mediante corrispondente riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili di cui all’art. 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014 come rifinanziato dall’art. 77, comma 7 del provvedimento in esame.

 

Si ricorda, in proposito, che il suddetto art. 58 del decreto-legge n. 104 del 2020 (così come modificato dall’art. 31-decies del decreto-legge n. 137 del 2020, convertito, con modificazioni dalla legge n. 176 del 2020) ha previsto, al comma 1, l’istituzione – presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali - del Fondo per la filiera della ristorazione, destinato a sostenere la ripresa e la continuità  dell’attività degli esercizi di ristorazione ed evitare gli sprechi alimentari, con una dotazione pari a 250 milioni di euro per il 2020 e 200 milioni di euro per il 2021, che costituiscono limite di spesa.

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di fare riferimento, nel testo del comma 4 dell’articolo in commento, al comma 1 dell’art. 58 del decreto-legge n. 104 del 2020.

 

Infine, si segnala che l’articolo 68, comma 8 del presente provvedimento, prevede anch’esso che, a copertura degli oneri determinati dall’istituzione del “Fondo per il sostegno del settore bieticolo saccarifero”, con una dotazione di 25 milioni di euro per l’anno 2021, disposta dal comma 4 del medesimo art. 68, si faccia fronte mediante corrispondente riduzione del suddetto Fondo per la filiera della ristorazione.


Articolo 72
(Disposizioni urgenti per la funzionalità di ANAS S.p.A.)

 

 

L’articolo 72 prevede l’assegnazione ad ANAS S.p.A. di 35,5 milioni di euro per l’anno 2021, al fine di garantire la sicurezza della circolazione stradale e la copertura degli oneri connessi alle attività di monitoraggio, sorveglianza, gestione, vigilanza, infomobilità e manutenzione delle strade inserite nella rete di interesse nazionale, trasferite dalle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana ad ANAS S.p.A (comma 1). Per tali finalità si prevede, inoltre, l’assunzione, negli anni 2021 e 2022, con contratti di lavoro a tempo determinato, di 370 unità di personale in possesso di alta specializzazione nei settori dell’ingegneria, dell’impiantistica, dell’elettrotecnica e della manutenzione delle infrastrutture stradali, per una spesa di 12,63 milioni di euro per l’anno 2021 e 25,258 milioni di euro per l’anno 2022 (comma 2).

 

L’articolo 71, comma 1, prevede l’assegnazione ad ANAS S.p.A. di 35,5 milioni di euro per l’anno 2021, al fine di garantire la sicurezza della circolazione stradale e la copertura degli oneri connessi alle attività di monitoraggio, sorveglianza, gestione, vigilanza, infomobilità e manutenzione delle strade inserite nella rete di interesse nazionale di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 novembre 2019 (vedi infra) e trasferite dalle Regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana ad ANAS S.p.A.

Nella Relazione illustrativa si evidenzia che la disposizione di cui al comma 1 si rende necessaria per garantire la copertura dei costi incrementali derivanti dalla ridefinizione della rete in gestione ANAS destinati alle attività di monitoraggio, sorveglianza, gestione, vigilanza, infomobilità e manutenzione ricorrente, che sono stati quantificati in 35,5 milioni di euro per l’anno 2021.

Il comma 2 dell’art. 72 autorizza Anas S.p.A. ad assumere, negli anni 2021 e 2022, con contratti di lavoro a tempo determinato 370 unità di personale in possesso di alta specializzazione nei settori dell’ingegneria, dell’impiantistica, dell’elettrotecnica e della manutenzione delle infrastrutture stradali, da inquadrare in base al vigente contratto collettivo nazionale di lavoro. A tal fine è autorizzata la spesa di 12,63 milioni di euro per l’anno 2021 e 25,258 milioni di euro per l’anno 2022.

Nella Relazione tecnica si specifica che il fabbisogno di tecnici per Anas, necessari ad assicurare l’attività di manutenzione e di ispezione della intera rete stradale in gestione, negli anni 2021 e 2022, è stabilito in 370 tecnici, con la seguente ripartizione: 150 tecnici per Centri di Manutenzione, 110 tecnici per piano di accelerazione produzione di manutenzione programmata, 85 tecnici Ispettori ponti, 25 tecnici impiantisti.

Il comma 3 dell’articolo 72 specifica che agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 48,13 milioni di euro per l’anno 2021 e 25,258 milioni di euro per l’anno 2022, si provvede ai sensi dell’articolo 77 (alla cui scheda si rinvia).

Il processo di riclassificazione delle strade appartenenti alla rete stradale di competenza delle Regioni a favore di Anas S.p.A. (cd. Piano Rientro strade) ha preso avvio nel corso del 2018, per effetto di quanto previsto nel D.P.C.M. 20 febbraio 2018, sulla revisione delle reti stradali di interesse nazionale e regionale ricadenti nelle Regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Toscana e Umbria, che ha previsto il trasferimento ad Anas, di 3.513 km. di strade, con 1.619 ponti e viadotti e 123 gallerie. Successivamente, nel corso del 2019, è stata avviata la seconda fase del citato Piano, che si è conclusa ad inizio del 2020, attraverso l’emanazione del D.P.C.M. 21 novembre 2019 relativo alla revisione della rete stradale della Regione Piemonte e del D.P.C.M. 21 novembre 2019, per le reti stradali relative alle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto (entrambi i provvedimenti sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 22/2020), che a loro volta hanno previsto il trasferimento ad Anas di ulteriori 3.000 km. di strade (873 km in Emilia Romagna, 1.001 km in Piemonte, 1.076 km in Lombardia e 40 km in Toscana, che si aggiungono ai 573 km. trasferiti con il D.P.C.M. del 20 febbraio 2018 dalla stessa regione, e km 725 Veneto, con circa 1.300 ponti.

In merito alle risorse e alle tempistiche del Piano di rientro stradale di ANAS S.p.A., nella seduta del 12 marzo 2019 della VIII Commissione della Camera ha avuto luogo l'audizione di rappresentanti dell'ANAS sulla gestione di Anas e sullo stato degli investimenti nella rete stradale e autostradale nazionale, nel corso della quale sono stati affrontati i temi relativi all’avvio della prima fase del Piano di rientro stradale (2018) e alle previsioni per la seconda fase del Piano per il 2019.

In proposito, in risposta all'interrogazione 3-00668, svolta nella seduta dell'Assemblea del Senato del 7 marzo 2019, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha sottolineato che "il decreto del Presidente del Consiglio del 21 Luglio 2017, in applicazione dell'articolo 1, comma 140, della legge di stabilità del 2016, ha stanziato nel Fondo infrastrutture 440 milioni destinati a interventi di riclassificazione della rete stradale. Successivamente, nel 2018 (con il D.P.C.M. 28 novembre 2018) il Fondo è stato ulteriormente rifinanziato per oltre 640 milioni di euro. Ad oggi, quindi, per gli investimenti sui tratti stradali trasferiti dalle Regioni ad ANAS sono stanziate risorse pari ad oltre un miliardo di euro".

L’entità delle risorse messe a disposizione è stata confermata, successivamente,  in occasione della risposta all’interrogazione 5-05690 svolta nella seduta dell’8 aprile 2021 presso la VIII Commissione della Camera, allorquando il Governo ha fatto presente, oltre al fatto che per effetto dei provvedimenti adottati a partire dal 2018 il totale della rete in gestione ANAS supererà i 32.000 chilometri, che nell'ambito del Contratto di Programma 2016-2020, già aggiornato per il periodo 2018-2019 dalla delibera CIPE n. 36 del 24 luglio 2019, sono previste risorse pari a 1,1 miliardi di euro dedicati al finanziamento delle attività afferenti alle strade trasferite ad ANAS, nonché risorse per la realizzazione di nuovi ponti sul Po.

 

 


Articolo 73
(Disposizioni urgenti in materia di trasporto)

 

 

L’articolo 73 prevede il rifinanziamento di alcune misure di sostegno nei settori aereo, per 100 milioni di euro, ed aeroportuale, per 300 milioni di euro, (commi 1-3), per le imprese di trasporto ferroviario e, in termini eventuali, anche a beneficio del gestore dell’infrastruttura ferroviaria, per complessivi 150 milioni di euro (commi 4-5), per le società cooperative che gestiscono i servizi di ormeggio, per la quota residua degli stanziamenti effettuati per l’anno 2020 (comma 6), nonché per le imprese armatoriali delle navi iscritte nei registri nazionali che esercitano attività di cabotaggio, di rifornimento dei prodotti petroliferi necessari alla propulsione ed ai consumi di bordo delle navi, nonché adibite a deposito ed assistenza alle piattaforme petrolifere nazionali per un importo pari a complessivi 56 milioni di euro (comma 7). Nel corso dell’esame alla Camera dei deputati sono state introdotte ulteriori disposizioni a sostegno del settore marittimo e portuale, in considerazione del protrarsi dell’emergenza Covid-19, con particolare riferimento ai sostegni riconosciuti alle imprese di lavoro portuale (commi 6-bis/6-quater).

 

In particolare il comma 1 rifinanzia con ulteriori 100 milioni di euro per l’anno 2021 la dotazione del fondo di cui all’articolo 198 del decreto–legge 19 maggio 2020, n. 34. L’intervento è motivato in ragione dei danni subiti dall'intero settore dell'aviazione a causa dell'insorgenza dell'epidemia da COVID 19.

 

L’articolo 198 del decreto-legge n. 34 del 2020 ha istituito un Fondo con una dotazione di 130 milioni di euro per l'anno 2020, per la compensazione dei danni subiti dagli operatori nazionali (diversi dalle imprese che adempiono ad oneri di servizio pubblico) in possesso del prescritto Certificato di Operatore Aereo (COA) in corso di validità e titolari di licenza di trasporto aereo di passeggeri rilasciati dall'Ente nazionale dell'aviazione civile, che impieghino aeromobili con una capacità superiore a 19 posti. Ai fini dell’attuazione delle disposizioni sopra indicate è stato emanato il decreto ministeriale 27 gennaio 2021.

L'art. 12, comma 4, D.L. 31 dicembre 2020, n. 183 ha poi previsto che la misura compensativa si applichi, nel limite di 16 milioni di euro a valere sulle risorse sopra indicate, anche per la compensazione dei danni subiti dal 1° gennaio 2021 fino al 30 giugno 2021.

 

Il comma 2 rifinanzia con ulteriori 300 milioni di euro per l'anno 2021 il Fondo di cui all’articolo 1, comma 715, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, volto a compensare i danni subiti da gestori aeroportuali e da prestatori di servizi aeroportuali.

Anche in tal caso la finalità dell’intervento è quella di mitigare gli effetti economici sull'intero settore aeroportuale derivanti dall'emergenza epidemiologica da COVID-19,

Ai sensi del comma 3 le risorse assegnate sono destinate alla compensazione:

§  nel limite di 285 milioni di euro, dei danni subiti dai gestori aeroportuali in possesso del prescritto certificato in corso di validità rilasciato dall'Ente nazionale dell'aviazione civile;

§  b) nel limite di 15 milioni di euro, dei danni subiti dai prestatori di servizi aeroportuali di assistenza a terra in possesso del prescritto certificato in corso di validità rilasciato dall'Ente nazionale dell'aviazione civile.

L’articolo 1, comma 715, della legge di bilancio 2021 ha attribuito per l’anno 2021 500 milioni di euro per la compensazione, nel limite di 450 milioni di euro, dei danni subiti dai gestori aeroportuali in possesso del prescritto certificato in corso di validità rilasciato dall'Ente nazionale dell'aviazione civile e, nel limite di 50 milioni di euro, dei danni subiti dai prestatori di servizi aeroportuali di assistenza a terra in possesso del prescritto certificato in corso di validità rilasciato dall'Ente nazionale dell'aviazione civile.

 

Il comma 4 autorizza l’ulteriore spesa di 150 milioni di euro per l’anno 2021 a favore di Rete ferroviaria italiana Spa, che lo deduce dai costi netti totali afferenti ai servizi del pacchetto minimo di accesso al fine di disporre, dal 1° maggio 2021 al 30 settembre 2021, entro il limite massimo dello stanziamento, una riduzione del canone per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria per le imprese ferroviarie fino al 100 per cento della quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario di cui all'articolo 17, comma 4, del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, per i servizi ferroviari passeggeri non sottoposti a obbligo di servizio pubblico e per i servizi ferroviari merci.

Si dispone inoltre che il canone per l'utilizzo dell'infrastruttura su cui applicare la riduzione è determinato sulla base delle vigenti misure di regolazione definite dall'Autorità di regolazione dei trasporti.

La finalità dell’intervento è quella di sostenere la ripresa del traffico ferroviario in considerazione del perdurare dell’emergenza epidemiologica da COVID – 19.

 

Disposizioni analoghe, dirette ad assicurare la riduzione del canone per l’utilizzo delle infrastrutture ferroviarie erano previste:

§  all’articolo 196, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 34 del 2020 per il periodo tra il 10 marzo 2020 e il 30 giugno 2020 (attribuzione a RFI di 115 milioni di euro per l'anno 2020 al fine di disporre una riduzione del canone per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria per i servizi ferroviari passeggeri e merci non sottoposti ad obbligo di servizio pubblico pari alla quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario di cui all'articolo 17, comma 4, del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112).

§  all’articolo 196, commi 3 e 4, del medesimo decreto-legge n. 34, con riferimento al periodo dal 1° luglio 2020 e al 31 dicembre 2020 (attribuzione a RFI di ulteriori 155 milioni di euro per l'anno 2020 a favore di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A, che dispone, entro il limite massimo del citato stanziamento, una riduzione del canone per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria pari al 60 per cento della quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario di cui all'articolo 17, comma 4, del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 per i servizi ferroviari passeggeri non sottoposti ad obbligo di servizio pubblico e pari al 40 per cento della quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario di cui all'articolo 17, comma 4, del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112 per i servizi ferroviari merci).

§  all’articolo 1, comma 679, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021)  per il periodo dal 1° gennaio al 30 aprile 2021 (attribuzione a Rete Ferroviaria Italiana S.p.A di 20 milioni per il 2021 e 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2034 per un totale di 150 milioni di euro che dispone entro il limite massimo dello stanziamento indicato, una riduzione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria fino al 100 per cento della quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario di cui all’articolo 17, comma 4, del decreto n. 112 del 2015 per i servizi ferroviari passeggeri non sottoposti ad obbligo di servizio pubblico e per i servizi ferroviari merci).

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 17, comma 4, del decreto n. 112 del 2015, i canoni per il pacchetto minimo di accesso e per l'accesso all'infrastruttura di collegamento agli impianti di servizio sono stabiliti al costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario sulla base di quanto disposto al comma 1 e tenuto conto delle modalità di calcolo definite dall'atto di esecuzione di cui all'articolo 31, paragrafo 3, della direttiva 2012/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio. Spetta all'Autorità di regolazione dei trasporti definire, fatta salva l'indipendenza del gestore dell'infrastruttura e tenendo conto dell'esigenza di assicurare l'equilibrio economico dello stesso, i criteri per la determinazione del canone per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria da parte del gestore dell'infrastruttura.

 

Il comma 5 prevede che eventuali risorse residue, nell'ambito di quelle di cui al comma 4, conseguenti anche a riduzioni dei volumi di traffico rispetto a quelli previsti dal piano regolatorio 2016-2021 e riferiti al periodo compreso tra il 1° maggio 2021 al 30 settembre 2021, sono destinate a compensare il gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale delle minori entrate derivanti dal gettito del canone per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria nel medesimo periodo.

Ai fini procedurali si dispone che Rete ferroviaria italiana Spa trasmetta entro il 15 novembre 2021 al Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e all'Autorità di regolazione dei trasporti una rendicontazione sull'attuazione delle disposizioni appena commentate.

Disposizioni analoghe sono previste all’articolo 196, comma 5 del decreto-legge n. 34 del 2020 con riferimento al residuo dello stanziamento relativo al periodo 1° luglio 2020 - 31 dicembre 2020 (il termine per la rendicontazione era fissato al 30 aprile 2021) e al comma 680 dell’articolo 1 della legge della legge n. 178 del 2020 con riferimento al residuo dello stanziamento relativo al periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e il 30 aprile 2021 (il termine per la rendicontazione è fissato al 30 settembre 2021).

 

Il comma 6 prevede l’assegnazione a titolo di indennizzo per le ridotte prestazioni di ormeggio rese da dette società dal 1° gennaio 2021 al 31 luglio 2021 rispetto ai corrispondenti mesi dell'anno 2019, alle società cooperative per i servizi di ormeggio (previste dall'articolo 14, comma 1-quinquies, della legge 28 gennaio 1994, n. 84) delle eventuali risorse residue e non assegnate di cui alla lettera b) del comma 7 del decreto-legge n. 34 del 2020.

A tale scopo viene modificato l’art. 199, comma 8, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34

 

L’articolo 199, comma 7, lettera b) del decreto-legge n. 34 del 2020 assegna 24 milioni per l'anno 2020 per indennizzare le società cooperative che svolgono servizi di ormeggio, un indennizzo per le ridotte prestazioni di ormeggio rese da dette società dal 1° febbraio 2020 al 31 dicembre 2020 rispetto ai corrispondenti mesi dell'anno 2019. Il comma 8 del medesimo articolo dispone, tra l’altro, che si proceda all’assegnazione delle risorse con uno o più decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

 

Nel corso dell’esame parlamentare alla Camera dei deputati sono stati introdotti i commi 6-bis/6-quater che prevedono:

·       l’interpretazione autentica della disposizione di cui all’articolo 199, comma 1, lettera b) del decreto-legge n. 34 del 2020 che dispone che le autorità di sistema portuale possano erogare un contributo a beneficio del soggetto fornitore di lavoro portuale per ogni lavoratore in relazione a ciascuna giornata di lavoro prestata in meno rispetto al corrispondente mese dell'anno 2019. La disposizione introdotta dal comma 6-bis prevede che per “ciascun lavoratore” debba intendersi ogni lavoratore con contratto di lavoro subordinato (anche a tempo determinato, stagionale o part time) o con contratto di somministrazione di lavoro di cui al capo IV del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;

·       l’aumento da 2 a 4 milioni per l’anno 2021 delle risorse nei limiti delle quali le Autorità di sistema portuale possono erogare il contributo previsto ai sensi del sopra ricordato articolo 199, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 34 del 2020, al soggetto fornitore di lavoro portuale. Si individua inoltre la copertura finanziaria dell’intervento a valere sul Fondo esigenze indifferibili come rifinanziato dall’articolo 77, comma 7, del decreto-legge in commento e alla cui scheda si rinvia per approfondimenti (commi 6-ter e 6-quater);

 

Il comma 7 proroga al 31 dicembre 2021 il termine fino al quale i benefici di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1997, n. 457 (ossia l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per legge) sono estesi alle imprese armatoriali delle unità o navi iscritte nei registri nazionali che esercitano attività di cabotaggio, di rifornimento dei prodotti petroliferi necessari alla propulsione ed ai consumi di bordo delle navi, nonché adibite a deposito ed assistenza alle piattaforme petrolifere nazionali.

A tal fine il citato comma novella il comma 1, dell’articolo 88, del decreto–n. 104 del 2020.

Il relativo onere è determinato in 49 milioni di euro per l’anno 2021 e 7 milioni di euro per l’anno 2022.

 

L’articolo 6, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1997 n. 457, dispone che le imprese armatrici, per il personale avente i requisiti per essere iscritto nelle matricole della gente di mare ed imbarcato su navi iscritte nel Registro internazionale, nonché lo stesso personale suindicato sono esonerati dal versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dovuti per legge.

Il comma 8 indica la copertura finanziaria per le misure di cui ai commi 1, 2, 4 e 7 rinviando alla norma che disciplina le disposizioni finanziarie (art. 77).

 


Articolo 73-bis
(Contributo per i destinatari dei ristori delle maggiori spese affrontate dagli autotrasportatori)

 

 

L’articolo 73-bis, introdotto nel corso dell'esame da parte della Camera dei deputati, prevede un contributo a favore degli autotrasportatori per le maggiori spese che gli autotrasportatori stessi hanno dovuto affrontare a seguito del crollo del cosiddetto "Ponte Morandi" di Genova.

 

 

L'articolo in questione, al comma 1, individua un importo massimo del suddetto contributo pari a 6 milioni di euro per l'anno 2021.

Per quanto attiene alla platea dei beneficiari, lo stesso comma 1, la individua tra i destinatari dei ristori erogati ai sensi dell'articolo 5, comma 3 del decreto-legge n. 109 del 2018.

A tale riguardo si ricorda che il suddetto comma 3 dell’articolo 5, aveva originariamente autorizzato una spesa pari a 20 milioni di euro per l’anno 2018 a sostegno degli autotrasportatori a copertura delle maggiori spese da questi sostenute per la forzata percorrenza di tratti autostradali e stradali aggiuntivi rispetto ai normali percorsi e per le difficoltà logistiche dipendenti dall’ingresso e dall’uscita delle aree urbane e portuali, rimettendo ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, la definizione delle tipologie di spesa ammesse a ristoro, nonché i criteri e le modalità per l’erogazione a favore degli autotrasportatori delle risorse, nei limiti delle disponibilità.

 

Il comma 2 rinvia ad un apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e delle mobilità sostenibili, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento d'urgenza in esame, le modalità di attuazione di quanto previsto dal comma 1 con particolare riguardo all'acquisizione, da parte dei soggetti destinatari dei contributi, della relativa documentazione necessaria per usufruire del contributo.

 

Il comma 3 prevede la copertura finanziaria, mentre il comma 4 stabilisce che l'efficacia delle disposizioni in esame è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi delle norme sul Trattato di funzionamento dell'Unione europea.

 


Articolo 73-ter
(Disposizioni urgenti per il settore ferroviario)

 

 

L’articolo 73-ter dispone l’approvazione una modalità semplificata di approvazione dell’aggiornamento per gli anni 2020 e 2021 del contratto di programma 2017-2021 - parte investimenti tra il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e Rete Ferroviaria Italiana S.p.a.

 

In particolare il comma 1 prevede che tale aggiornamento si consideri approvato con il parere favorevole espresso dal Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS) e gli stanziamenti ivi previsti si considerano immediatamente disponibili per Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. ai fini dell'assunzione di impegni giuridicamente vincolanti.

 

L’obiettivo dell’intervento è quello di permettere l'avvio immediato degli interventi sulla rete ferroviaria nazionale.

Il comma 2 dispone che l'efficacia della disposizione di cui al comma 1, relativamente agli interventi i cui oneri sono a carico delle risorse previste per l'attuazione di progetti compresi nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, resta subordinata alla definitiva approvazione del Piano da parte del Consiglio dell'Unione europea.

 

Si segnala che i commi 1 e 2 dell’articolo 73-ter riproducono il contenuto dell’articolo 2 del decreto-legge n. 89 del 2021, abrogato dal comma 1-bis della legge di conversione e di cui la medesima disposizione fa salvi gli effetti.

 

Si ricorda che già precedentemente l'aggiornamento ad un contratto di programma (precisamente l'aggiornamento 2016 del contratto di programma 2012-2016) è stato approvato per legge.

L'articolo 10, comma 1, del D.L. 22/10/2016, n. 193, avente ad oggetto Finanziamento di investimenti per la rete ferroviaria, aveva infatti previsto che: "E' autorizzata la spesa di 320 milioni di euro per l'anno 2016, anche per la sicurezza e l'efficientamento della rete ferroviaria, e di 400 milioni di euro per l'anno 2018 per il finanziamento di interventi relativi alla "Sicurezza ed adeguamento a obblighi di legge", ivi compresi quelli previsti nella parte programmatica del contratto di programma, aggiornamento 2016 - Parte investimenti tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Rete ferroviaria italiana (RFI) Spa, sul quale il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), nella seduta del 10 agosto 2016, si è espresso favorevolmente e che è contestualmente approvato. L'autorizzazione di spesa di cui al periodo precedente è immediatamente efficace per l'ulteriore corso dei relativi interventi che vengono recepiti nel successivo contratto di programma - Parte investimenti 2017-2021".

I contenuti dell'aggiornamento 2020-2021 del contratto di programma 2017-2021 - parte investimenti tra il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e Rete Ferroviaria Italiana S.p.a. sono stati decritti nel corso dell'audizione svolta dal Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili il 24 giugno 2021 presso la Commissione IX della Camera dei deputati.

 

Il contratto di programma tra Rete Ferroviaria italiana e Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, e i relativi aggiornamenti, dalla loro fase di presentazione alla loro concreta esecutività comportano l'applicazione di una complessa procedura.

I principali passaggi sono:

·  La presentazione al CIPESS dello schema di contratto e l'approvazione della delibera;

·  La registrazione della delibera del CIPESS da parte della Corte dei Conti;

·  La pubblicazione della delibera del CIPESS in Gazzetta Ufficiale;

·  L'esame parlamentare dello schema di contratto di programma;

·  La sottoscrizione del contratto di programma da parte di MIMS e RFI;

·  L'approvazione del contratto tramite decreto ministeriale;

·  La registrazione del decreto di approvazione del contratto presso la Corte dei conti.

Parallelamente a questi passaggi si aggiunge la fase di consultazione sullo schema di contratto di programma dell'ART e degli operatori del settore, rispettivamente a carico del MIMS e di RFI. 

 

La procedura della legge n. 238 del 1993 e la deliberazione del CIPESS

La legge n. 238 del 1993 stabilisce che il Ministro dei trasporti trasmette al Parlamento, per l'espressione del parere da parte delle Commissioni permanenti competenti per materia, prima della stipulazione con le Ferrovie dello Stato S.p.a., i contratti di programma, corredati dal parere, ove previsto, del Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto (CIPET), ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera m), della legge 4 giugno 1991, n. 186.

Il CIPET è stato soppresso dall'articolo 1, comma 21 della legge n. 537 del 1993 e le sue funzioni sono state attribuite al CIPE (ora CIPESS) ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 373 del 1994 che ha confermato, tra l'altro, le competenze di cui alla lettera e) ed m) della legge n. 186 del 1991. Le funzioni di cui alla citata lettera m) sono state poi confermate dall'articolo 37, comma 6-ter, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 che ha istituito l'Autorità di regolazione dei trasporti (ART). Peraltro la delibera CIPE n. 141 del 1999 ha rimesso al MIMS "gli adempimenti tecnici relativi allo svolgimento delle funzioni di cui all'art. 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 20 aprile 1994, n. 373".

L'articolo 2, comma 1, lettera m), della sopra ricordata legge prevede che Il CIPET (ora il CIPESS) "valuta la conformità dei piani e programmi generali, che prevedono interventi comunque incidenti sul settore del trasporto, anche già adottati o in corso di realizzazione, di amministrazioni statali e regionali nonché di enti pubblici e società, agli obiettivi del Piano generale dei trasporti ed alle direttive emanate ai sensi della lettera e)".

La lettera e) dell'articolo 2, comma 1 della legge n. 186 del 1991 attribuisce al CIPET le seguenti funzioni (anch'esse trasferite al CIPESS): "emana direttive per l'adeguamento e il coordinamento, con il Piano generale dei trasporti, dei piani e programmi, anche già adottati o in corso di realizzazione, di amministrazioni statali, regionali e locali, nonché di enti pubblici e di società, che prevedano interventi comunque incidenti sul settore del trasporto. A tal fine le amministrazioni, enti e società di cui sopra trasmettono al Segretariato del CIPET i piani e programmi già adottati o in corso di realizzazione e quelli in fase di elaborazione, nonché tutte le informazioni richieste o comunque ritenute utili. Entro novanta giorni dall'emanazione della direttiva, le amministrazioni, enti e società di cui sopra adeguano i piani e programmi formulando, ove necessario, piani attuativi specifici, e li trasmettono al Segretariato del CIPET".

A tal fine, i piani e programmi generali sono trasmessi al CIPET (ora CIPESS), che si esprime entro novanta giorni dalla comunicazioneDecorso inutilmente tale termine, si intende espresso parere favorevole.

Il parere contrario del CIPESS determina la sospensione dell'efficacia del piano o programma generale, che si trasmette a tutti gli strumenti e provvedimenti attuativi. Le opere previste dal piano o programma generale su cui il CIPESS ha espresso parere contrario non possono usufruire di finanziamenti pubblici.

 

La registrazione presso la Corte dei conti della delibera CIPESS

La delibera del CIPESS che esprime parere favorevole sullo schema di contratto di programma viene poi sottoposta al controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 20 del 1994 che, alla lettera d), sottopone alla registrazione della Corte dei conti "provvedimenti dei comitati interministeriali di riparto o assegnazione di fondi ed altre deliberazioni emanate nelle materie di cui alle lettere b) e c)" ossia, con specifico riferimento alla lettera c), "atti normativi a rilevanza esterna, atti di programmazione comportanti spese ed atti generali attuativi di norme comunitarie".

Il procedimento di controllo soggiace ad un periodo massimo di durata, generalmente di 60 giorni, non derogabile. Prevede, in ogni caso, in relazione ad eventuali esigenze istruttorie, un periodo di sospensione che, con evidente finalità acceleratoria, non può complessivamente superare i 30 giorni (art. 3, co. 2, L. 20 del 1994 e art. 27, co. 1, L. 340/2000).

L'articolo 3, comma 2, della legge n. 20 del 1994 prevede che "I provvedimenti sottoposti al controllo preventivo acquistano efficacia se il competente ufficio di controllo non ne rimetta l'esame alla sezione del controllo nel termine di trenta giorni dal ricevimento. Il termine è interrotto se l'ufficio richiede chiarimenti o elementi integrativi di giudizio. Decorsi trenta giorni dal ricevimento delle controdeduzioni dell'amministrazione, il provvedimento acquista efficacia se l'ufficio non ne rimetta l'esame alla sezione del controllo. La sezione del controllo si pronuncia sulla conformità a legge entro trenta giorni dalla data di deferimento dei provvedimenti o dalla data di arrivo degli elementi richiesti con ordinanza istruttoria. Decorso questo termine i provvedimenti divengono esecutivi.  

Peraltro le sezioni riunite della Corte dei conti possono, con deliberazione motivata, stabilire che singoli atti di notevole rilievo finanziario, individuati per categorie ed amministrazioni statali, siano sottoposti all'esame della Corte per un periodo determinato. La Corte può chiedere il riesame degli atti entro quindici giorni dalla loro ricezione, ferma rimanendone l'esecutività. Le amministrazioni trasmettono gli atti adottati a seguito del riesame alla Corte dei conti, che ove rilevi illegittimità, ne dà avviso al Ministro (articolo 3, comma 3 della legge n. 20 del 1994).

L'articolo 27, comma 1, della legge 340 del 2000 stabilisce che "Gli atti trasmessi alla Corte dei conti per il controllo preventivo di legittimità divengono in ogni caso esecutivi trascorsi sessanta giorni dalla loro ricezione, senza che sia intervenuta una pronuncia della Sezione del controllo, salvo che la Corte, nel predetto termine, abbia sollevato questione di legittimità costituzionale, per violazione dell'articolo 81 della Costituzione, delle norme aventi forza di legge che costituiscono il presupposto dell'atto, ovvero abbia sollevato, in relazione all'atto, conflitto di attribuzione. Il predetto termine è sospeso per il periodo intercorrente tra le eventuali richieste istruttorie e le risposte delle amministrazioni o del Governo, che non può complessivamente essere superiore a trenta giorni. Alcune disposizioni hanno ulteriormente ridotto questi termini.

Ad esempio l'articolo 33, comma 1, del decreto-legge n. 189 del 2016, avente ad oggetto gli interventi urgenti a beneficio delle popolazioni colpite dal sisma del 2016 stabilisce tra l'altro che i termini previsti dall'articolo 27, comma 1, della legge 24 novembre 2000, n. 340, siano dimezzati e che in ogni caso, durante lo svolgimento della fase del controllo, l'organo emanante può, con motivazione espressa, dichiararli provvisoriamente efficaci, esecutori ed esecutivi, a norma degli articoli 21-bis, 21-ter e 21-quater, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Un testo identico è contenuto all'articolo 2, comma 4, del decreto-legge n. 19 del 2020 (Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19), con riferimento ai soli provvedimenti attuativi del decreto-legge sottoposti a registrazione.

L'articolo 41 del decreto-legge n. 201 del 2011 che prevede, tra l'altro, che le delibere assunte dal CIPESS in relazione a finanziamenti destinati alla realizzazione dei progetti e dei programmi di intervento pubblico "sono formalizzate e trasmesse al Presidente del Consiglio dei ministri per la firma entro trenta giorni decorrenti dalla seduta in cui viene assunta la delibera", stabilisce anche che, se sottoposte al controllo preventivo della Corte dei conti, i termini previsti dall'articolo 3, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, sono ridotti di un terzo.

Allo stesso modo l'articolo 3 del decreto-legge n. 324 del 1999, contenente disposizioni in materia di servizio civile, riduceva di un terzo i termini indicati dall'articolo 3, comma 2, della legge n. 20 del 1994.

 

La pubblicazione della delibera del CIPESS

Successivamente alla registrazione della Corte dei conti la delibera è pubblicata in Gazzetta Ufficiale, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto del presidente della Repubblica n. 1092 del 1985 che recita appunto che "I decreti e gli altri atti di cui all'art. 15, comma 1, lettera d) (tra cui rientrano le delibere dei comitati interministeriali), siano pubblicati nella prima parte della Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana "subito dopo che siano pervenuti registrati o, se non assoggettati al controllo della Corte dei conti, subito dopo che siano stati muniti del «visto» del Guardasigilli e del sigillo dello Stato". La pubblicazione deve comunque avvenire entro i trenta giorni successivi alla ricezione dell'atto registrato ovvero all'opposizione del «visto».

 

Le procedure di consultazione introdotte dal decreto legislativo n. 112 del 2015

L'articolo 15, comma 2, del decreto legislativo n. 112 del 2015, ha introdotto tuttavia un ulteriore passaggio procedurale da porre in essere "prima della sottoscrizione del contratto". Infatti il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili informa l'organismo di regolazione (ossia l'ART) e, mediante il gestore dell'infrastruttura (ossia RFI), i richiedenti e, su loro richiesta, i richiedenti potenziali, sul contenuto del contratto di programma, al fine di consentire agli stessi di esprimersi al riguardo prima che esso sia sottoscritto, soprattutto in materia di interventi nei terminali e scali merci, nei nodi urbani, nelle stazioni e nei collegamenti con i porti.

 

L'esame parlamentare

Successivamente alla pubblicazione della delibera del CIPESS in Gazzetta Ufficiale lo schema di contratto di programma può essere trasmesso alle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica che esprimono il proprio parere sul documento entro 30 giorni dall'assegnazione.

Una volta concluso l'esame parlamentare, segue una fase eventuale di verifica presso il CIPESS relativa a possibili modifiche allo schema di contratto di programma derivanti dal recepimento dei pareri parlamentari.

Con l'articolo 15, comma 1-bis, lett. a), D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, è stata introdotta una modifica all'articolo 1 della legge n. 238 del 1993 volta a limitare i casi nei quali gli aggiornamenti dei contratti di programma formeranno oggetto dell'esame parlamentare. La norma prevede che per gli eventuali aggiornamenti ai contratti di programma che non comportino modifiche sostanziali e siano sostanzialmente finalizzati al recepimento delle risorse finanziarie recate dalla legge di bilancio o da altri provvedimenti di legge, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti trasmette una informativa al Parlamento senza quindi la necessità dell'espressione del parere parlamentare. La disposizione precisa che "Per sostanziali si intendono le modifiche che superano del 15 per cento le previsioni riportate nei contratti di programma di cui al comma 1, con riferimento ai costi e ai fabbisogni sia complessivi che relativi al singolo programma o progetto di investimento".

 

Le fasi conclusive

Concluso l'esame parlamentare, MIMS e Rete ferroviaria italiana procedono alla sottoscrizione del contratto.

Una volta sottoscritto il contratto viene emanato il decreto di approvazione.

L'approvazione dei contratti della pubblica amministrazione è prevista in via generale dall'articolo 19 del R.D. 18/11/1923, n. 2440, Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato. Tale disposizione prevede che "Gli atti di aggiudicazione definitiva ed i contratti, anche se stipulati per corrispondenza ai sensi del precedente art. 17, non sono obbligatori per l'amministrazione, finché non sono approvati dal ministro o dall'ufficiale all'uopo delegato e non sono eseguibili che dopo l'approvazione". L'articolo 33, comma 2, del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016) prevede, con specifico riferimento, tuttavia ai controlli sugli atti delle procedure di affidamento che: "L'eventuale approvazione del contratto stipulato avviene nel rispetto dei termini e secondo procedure analoghe a quelle di cui al comma 1. L'approvazione del contratto è sottoposta ai controlli previsti dai rispettivi ordinamenti delle stazioni appaltanti". Il comma 1 del citato articolo stabilisce che la proposta di aggiudicazione è soggetta ad approvazione dell'organo competente secondo l'ordinamento della stazione appaltante e nel rispetto dei termini dallo stesso previsti, decorrenti dal ricevimento della proposta di aggiudicazione da parte dell'organo competente. In mancanza, il termine è pari a trenta giorni. Il termine è interrotto dalla richiesta di chiarimenti o documenti e inizia nuovamente a decorrere da quando i chiarimenti o documenti pervengono all'organo richiedente. Decorsi tali termini, la proposta di aggiudicazione si intende approvata.

Si segnala a questo proposito che l'articolo 5, della legge n. 123 del 2011 prevede espressamente che "Sono assoggettati al controllo preventivo di regolarità amministrativa e contabile tutti gli atti dai quali derivino effetti finanziari per il bilancio dello Stato (…). Sono in ogni caso soggetti a controllo preventivo i seguenti atti: (…) b) decreti di approvazione di contratti o atti aggiuntivi, atti di cottimo e affidamenti diretti, atti di riconoscimento di debito". Quanto alle modalità di effettuazione del controllo riferito al decreto di approvazione si dispone che "Gli atti soggetti al controllo preventivo di cui al comma 2, lettere b) (…) sono inviati agli Uffici di controllo per il controllo di regolarità amministrativa e contabile". L'articolo 8 della stessa legge prevede che "Gli atti di cui all'articolo 5, contestualmente alla loro adozione, sono inviati all'ufficio di controllo che, entro trenta giorni dal ricevimento, provvede all'apposizione del visto di regolarità amministrativa e contabile".

Il decreto legislativo n. 112 del 2015 prevede (art. 15, comma 2, ultimo periodo) che "Il contratto di programma è pubblicato entro un mese dalla sua approvazione".

Infine il decreto di approvazione viene inviato per la registrazione alla Corte dei conti. L'articolo 3, comma 1, lettera g), prevede il controllo preventivo della Corte dei conti per i "decreti che approvano contratti delle amministrazioni dello Stato, escluse le aziende autonome: attivi, di qualunque importo, ad eccezione di quelli per i quali ricorra l'ipotesi prevista dall'ultimo comma dell'articolo 19 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440; di appalto d'opera, se di importo superiore al valore in ECU stabilito dalla normativa comunitaria per l'applicazione delle procedure di aggiudicazione dei contratti stessi; altri contratti passivi, se di importo superiore ad un decimo del valore suindicato".

I termini e la procedura per la registrazione del contratto sono quelli indicati nel paragrafo dedicato alla registrazione della delibera del CIPESS a cura della Corte dei conti.

 

Il comma 3 prevede l'assegnazione di 40 milioni di euro a favore di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) per la progettazione anche esecutiva di interventi per il miglioramento dei collegamenti tra Roma e le aree dell’Appennino soggette agli eventi sismici a far data dal 24 agosto 2016 anche attraverso la revisione o l’aggiornamento di progetti esistenti già esaminati dal CIPE o presenti nel contratto di programma RFI nonché alla redazione di studi di fattibilità finalizzati a migliorare il collegamento tra i capoluoghi di provincia dell’Italia centrale ricompresi nel cratere sismico e Roma.

 

Il comma 4 reca la copertura finanziaria degli oneri dell’intervento a valere sul ricorso all’indebitamento autorizzato dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica il 22 aprile 2021.

 


Articolo 73-quater
(Sospensione del pagamento della tassa di ancoraggio per le navi da crociera)

 

L’articolo 73-quater dispone la non applicazione della tassa d’ancoraggio, alle navi da crociera dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge fino alla fine dell’anno 2021 (comma 1). Viene contestualmente istituito un Fondo presso il MIMS diretto a compensare le Autorità di sistema portuale dei mancati introiti della tassa suddetta (comma 2). Si rimette ad un decreto del MIMS la definizione delle modalità di attribuzione delle somme citate (comma 4) e si subordina all’autorizzazione della Commissione europea l’efficacia dell’aiuto (comma 3). Si prevede infine la copertura finanziaria dell’intervento (comma 5).

 

In particolare il comma 1 precisa che la sospensione della tassa di ancoraggio disciplinata dalla legge 9 febbraio 1963, n. 82, e dall’articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 maggio 2009, n. 107 per le navi da crociera è finalizzata a fronteggiare la riduzione del traffico crocieristico nei porti italiani e a promuovere la ripresa delle attività turistiche ad esso connesse.

 

La tassa di ancoraggio di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 107 del 2009 si applica alle operazioni commerciali in un porto, rada o spiaggia dello Stato ovvero nell'ambito di zone o presso strutture di ormeggio, quali banchine, moli, pontili, piattaforme, boe, torri e punti di attracco, in qualsiasi modo realizzati.

Soggette alla tassa sono le navi nazionali, le navi estere equiparate alle nazionali in virtù di trattati, nonché le navi operate da compagnie di navigazione di Stati con i quali l'Unione europea abbia stipulato accordi di navigazione e di trasporto marittimo, ancorché non battano la bandiera di detti Stati.

L’importo della tassa è calcolato per ogni tonnellata di stazza netta della nave in misura crescente al crescere della stessa.

Il gettito della tassa d’ancoraggio è attribuito alle Autorità di sistema portuale.

Si ricordo che la tassa d’ancoraggio era stata sospesa fino al 30 aprile 2020 dall’articolo 92, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

Per i mancati introiti derivanti dalla sospensione della tassa il comma 2 istituisce un Fondo con una dotazione pari a 2,2 milioni di euro per l’anno 2021 che sarà diretto alla compensazione delle Autorità di sistema portuale dei mancati introiti della tassa suddetta nonché a copertura dei rimborsi da esse effettuati nei confronti degli operatori economici che, alla data di entrata in vigore della disposizione, abbiano già provveduto al versamento della tassa di ancoraggio relativa al periodo decorrente dalla data di entrata in vigore della disposizione e fino al termine dell’anno 2021.

Il comma 3 subordina all’autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea l’efficacia dell’aiuto, che disciplina la comunicazione dei progetti diretti a istituire o modificare aiuti.

Il comma 4 fissa il termine entro il quale dovrà essere emanato dal Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, sentita la Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di sistema portuale, il decreto con cui sono stabilite le modalità di assegnazione delle risorse di cui al comma 2 alle Autorità di sistema portuale.

Tale termine è fissato in trenta giorni dal rilascio dell’autorizzazione della Commissione europea ai sensi del comma 3.

Il comma 5 prevede la copertura finanziaria dell’intervento, a valere sul Fondo esigenze indifferibili come rifinanziato dall’articolo 77, comma 7, del decreto-legge in commento (e alla cui scheda si rinvia per approfondimenti).

 

 

 


Articolo 73-quinquies
(
Disposizioni in materia di incentivi per l'acquisto di veicoli meno inquinanti)

 

L’articolo 73-quinquies dispone l’estensione al 2021 dei regimi speciali di favore per l’acquisto di autoveicoli, veicoli commerciali e veicoli speciali previsti dalla legge di bilancio 2021 (comma 1) e il rifinanziamento con 350 milioni di euro del Fondo per agevolare l’acquisto di veicoli meno inquinanti istituito dalla legge di bilancio 2019, disciplinando la ripartizione delle risorse tra le varie categorie di mezzi a ridotte emissioni rispetto alle quali è possibile fruire del bonus ed introducendo anche la nuova ipotesi di acquisto di autoveicoli usati (comma 2) rispetto alla quale vengono precisate le condizioni di applicazione (comma 3). È infine prevista la copertura finanziaria dell’intervento (comma 4).

 

In particolare si prevedono i seguenti interventi:

·       la proroga fino al 31 dicembre 2021 del regime di favore previsto dalla legge di bilancio 2021 (comma 654) per coloro che acquistano in Italia, anche in locazione finanziaria, un autoveicolo nuovo di fabbrica (cat. M1) con prezzo di listino inferiore a 40 mila euro con contestuale rottamazione di un veicolo omologato in una classe inferiore ad Euro 6 e che sia stato immatricolato prima del 1° gennaio 2011 e del regime di favore previsto per l’acquisto di veicoli commerciali (cat. N1) e veicoli speciali (cat. M1) differenziato in ragione della massa totale a terra del veicolo, dell'alimentazione dello stesso e dell'eventuale rottamazione di un veicolo della medesima categoria omologato in una classe fino ad Euro 4/IV (comma 1).

 

·       Il rifinanziamento con 350 milioni di euro del fondo di cui all’articolo 1041 della legge n. 145 del 2018 originariamente destinato a finanziare l’acquisto di veicoli a basse emissioni e che viene così ripartito (comma 2):

-       60 milioni di euro per l’acquisto (anche in locazione finanziaria) di autoveicoli con emissioni fino a 60 g/km CO2 (lett. a);

-       200 milioni di euro per l’acquisto (anche in locazione finanziaria) di autoveicoli con emissioni da 61 a 135 g/km CO2 (lett. b);

-       50 milioni di euro per l’acquisto (anche in locazione finanziaria) di veicoli commerciali (cat. N1) e veicoli speciali (cat. M1) di cui 15 milioni di euro riservati all’acquisto di veicoli esclusivamente elettrici (lett. c);

-       40 milioni di euro per l’acquisto di autoveicoli usati (cat. M1) per il quale non siano stati già goduti i benefici previsti per l’acquisto di veicoli a basse emissioni, con classe non inferiore ad euro 6 e prezzo risultante dalle quotazioni medie non superiore a 25 mila euro, con contestuale rottamazione di un veicolo immatricolato prima del 1° gennaio 2011 o che superi nel periodo di vigenza dell’agevolazione i 10 anni dall’immatricolazione di cui l’acquirente o un familiare convivente siano proprietari o intestatari da almeno 12 mesi (lett. d). In quest’ultimo caso il contributo è riconosciuto in misura decrescente al crescere delle emissioni (da 2000 euro a 750) secondo i seguenti valori:

 

Emissioni CO2 g/Km

Contributo in euro

0-60

2.000

61-90

1.000

91-160

750

 

 

Il contributo di cui alla lettera d) è riconosciuto solo se il cedente aderisce e fino all’esaurimento delle risorse. Il cedente riconosce il contributo all’acquirente sul prezzo e ne recupera l’importo mediante corrispondente credito d’imposta utilizzabile esclusivamente in compensazione e presentando il modello F24 esclusivamente tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate.

Il contributo è inoltre riconosciuto fino all’esaurimento delle risorse che costituiscono limite di spesa.

Non si applicano alla compensazione i limiti di cui all'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale), e all'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (250.000 euro quale limite annuale per i crediti d’imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, relativa ai crediti d'imposta derivanti da agevolazioni concesse alle imprese).

 

 Si segnala, a tale proposito, che l’articolo 22 del decreto in esame modifica l’articolo 34, comma 1 (primo periodo), della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in materia di compensazione elevando per l’anno 2021 a 2 milioni di euro il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale.

La disposizione citata fissava originariamente, a decorrere dal 1° gennaio 2001, tale limite in 1 miliardo di lire (516 mila euro) per ciascun anno solare; limite successivamente aumentato a 700.000 euro (articolo 9, comma 2, decreto legge 8 aprile 2013, n. 35) e a 1 milione di euro limitatamente all'anno 2020 (articolo 147 del decreto legge 34 del 2020).

Si ricorda altresì che l’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 prevede tuttavia che l’ammontare eccedente sia riportato in avanti anche oltre il limite temporale eventualmente previsto dalle singole leggi istitutive e sia comunque compensabile per l'intero importo residuo a partire dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l'eccedenza.

 

Per la disciplina applicativa degli incentivi sono richiamate le disposizioni che disciplinano i vigenti regimi agevolati riguardanti l’acquisto di veicoli a basse emissioni ossia i commi 1032-1036 e 1038 dell’articolo 1 della legge n. 145 del 2018 e le apposite disposizioni attuative (comma 3).

 

Per approfondimenti sui diversi regimi di incentivazione per il rinnovo del parco dei veicoli in Italia e per i profili procedurali concernenti le modalità di riconoscimento dell’incentivo e dell’eventuale recupero dello stesso, quando riconosciuto sul prezzo di vendita,  si rinvia al paragrafo “La mobilità stradale sostenibile: l'ecobonus e gli interventi per la rottamazione dei veicoli inquinanti” pubblicato sul Portale della documentazione della Camera dei deputati.

 

Il comma 4 prevede che alla copertura dell’intervento si provveda ai sensi dell’articolo 77 del decreto-legge.


Articolo 74, commi 1 e 2
(Proroga dell’integrazione del contingente “Strade Sicure”)

 

 

L’articolo 74, commi 1 e 2, proroga dal 30 aprile al 31 luglio 2021 l’impiego delle 753 unità aggiuntive di personale delle Forze armate dell’operazione “Strade Sicure” in relazione all’emergenza Covid, con una spesa stimata di 7.670.674 euro per l’anno 2021, comprensiva degli oneri connessi alle prestazioni di lavoro straordinario.

 

Più in particolare, il comma 1 contiene la proroga dell’incremento di 753 unità personale del dispositivo “Strade Sicure” per lo svolgimento dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID-19, fino al 31 luglio 2021.

Si ricorda che, da ultimo, l’articolo 35, comma 8 del D.L. n. 41/2021 (cd. decreto “Sostegni”) ha prorogato dal 31 gennaio al 30 aprile 2021 l’impiego delle 753 unità aggiuntive di personale delle Forze armate dell’operazione “Strade Sicure” in relazione all’emergenza Covid, con una spesa stimata di 7.164.575 euro per l’anno 2021. La norma è intervenuta sui commi 1025 e 1026 dell’articolo 1 della legge di bilancio per il 2021, che contenevano la precedente proroga al 31 gennaio 2021, dell’integrazione di 753 unità di personale militare. In precedenza l’integrazione era stata prorogata fino al 31 dicembre 2020 dall’articolo 35 del decreto legge n. 125 del 2020.

Riguardo all’integrazione del personale di Strade Sicure in relazione all’emergenza Covid, si ricorda che l’articolo 22 comma 2, secondo periodo, del decreto legge n. 9 del 2020 aveva disposto una prima integrazione di 253 unità del contingente di personale militare facente parte del dispositivo “Strade sicure”.

Successivamente, l’articolo 74-ter del decreto legge n. 18 del 2020 (c.d. “Cura Italia”), nel confermare la richiamata integrazione ha, altresì, precisato che l'intero dispositivo di "Strade sicure" - pari a 7.050 unità, secondo la previsione dell'articolo 1, comma 132 della legge n. 160 del 2019 - può essere impegnato nelle attività di contenimento dell'emergenza Covid-19.

A sua volta, l’articolo 22 del D.L. n. 34 del 2020 (c.d. “decreto Rilancio”) ha ulteriormente integrato, di ulteriori 500 unità – da affiancare, quindi, alle 7.303 unità già autorizzate (7.050 + 253) - il contingente delle Forze armate facente parte del dispositivo "Strade sicure", fino alla data del 31 luglio 2020.

Gli articoli 35 dei decreti legge nn. 104 e 125 del 2020 hanno, poi, prorogato, rispettivamente al 15 ottobre 2020 e al 31 dicembre 2020 la complessiva integrazione delle richiamate 753 unità.

Si ricorda, inoltre, più in generale, che i commi 1023-1026, al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi di controllo del territorio, hanno disposto la proroga nel dispositivo “Strade sicure” di un contingente di personale delle Forze armate pari a:

§  7.050 unità fino al 30 giugno 2021:

§  6.000 unità dal 1° luglio 2021 al 30 giugno 2022;

§  5.000 unità dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2022.

 

Il comma 2 autorizza, per l’anno 2021, la spesa complessiva di euro 7.670.674, di cui euro 1.875.015 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario ed euro 5.795.659 per gli altri oneri connessi all’impiego del personale.

 

La Relazione tecnica dettaglia gli oneri connessi all’impiego del contingente aggiuntivo dal 1° maggio al 31 luglio 2021 (92 giorni) per 753 unità di personale:

•          lavoro straordinario: 1.875.015 euro;

•          indennità onnicomprensiva: 2.039.485 euro;

•          indennità di marcia/missione/oneri per ricognizioni e trasferimenti: 82.430 euro;

•          materiali ed attrezzare varie/pedaggi autostradali 10.224 euro;

•          vitto: 1.039.140 euro;

•          alloggiamento: 2.424.660 euro;

•          equipaggiamento/vestiario: 100.450 euro;

•          funzionamento automezzi: 99.360 euro.

 

L'operazione "Strade sicure" rappresenta la più capillare e longeva operazione delle Forze armate, sul territorio nazionale, a fianco delle Forze dell'ordine, in funzione di contrasto alla criminalità e al terrorismo in numerose città italiane. L'operazione è svolta in massima parte dall'Esercito, con il contributo della Marina, dell'Aeronautica e dell'Arma dei Carabinieri, questi ultimi, in particolare, con funzioni di comando e controllo nelle sale operative.

Per l'Esercito rappresenta a tutt'oggi l'impegno più oneroso in termini di uomini, mezzi e materiali.

Il principale riferimento normativo in merito alle possibilità di impiego delle Forze armate in compiti di ordine pubblico è attualmente rappresentato dall'articolo 89 del Codice dell'ordinamento militare  (di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010) il quale include tra i compiti delle Forze Armate, oltre alla difesa della patria, il concorso alla "salvaguardia delle libere istituzioni" e lo svolgimento di  "compiti specifici in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza".

La possibilità di fare ricorso alle Forze armate per far fronte a talune gravi emergenze di ordine pubblico sul territorio nazionale è stata contemplata per la prima volta nel corso della XI legislatura (1992-1994, Cfr. operazione "Forza Paris" in Sardegna 15 luglio 1992).

Da ultimo, il comma 132 dell'articolo 1 della legge di bilancio per l'anno 2020 (legge n. 160 del 2019) ha prorogato fino al 31 dicembre 2020 e limitatamente a 7.050 unità l'operatività del Piano di impiego concernente l'utilizzo di un contingente di personale militare appartenente alle Forze Armate per il controllo del territorio in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia.

Scopo dell'intervento è quello di garantire la prosecuzione degli interventi delle Forze Armate nelle attività di vigilanza a siti e obiettivi sensibili (commi 74 e 75 dell'articolo 24 del D.L. n. 78 del 2009) anche in relazione alle straordinarie esigenze di prevenzione e di contrasto della criminalità e del terrorismo e di prevenzione dei fenomeni di criminalità organizzata e ambientale nella regione Campania (articolo 3, comma 2 del decreto-legge n. 136 del 2013).

Per quanto concerne le disposizioni di carattere ordinamentale applicabili al personale militare impiegato nelle richiamate attività:

1. il personale militare è posto a disposizione dei prefetti interessati;

2. il Piano di impiego del personale delle Forze armate è adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Ministro dell'interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari;

3. nel corso delle operazioni, i militari delle Forze armate agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza

Il Piano di impiego è stato adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, il 29 luglio 2008 ed è operativo dal 4 agosto 2008. Il Piano riguardava inizialmente un contingente massimo di 3.000 unità con una durata massima di sei mesi, rinnovabile per una sola volta. Il D.L. n. 151/2008 ha, successivamente, autorizzato, fino al 31 dicembre 2008, l'impiego di un ulteriore contingente massimo di 500 militari delle Forze Armate da destinare a quelle aree del Paese dove, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, risultava necessario assicurare un più efficace controllo del territorio. Il Piano è stato successivamente prorogato.

 

Per un approfondimento dell'operazione "Strade sicure" al seguente link il  documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulle condizioni del personale militare impiegato nell'operazione "Strade Sicure", approvato dalla Commissione Difesa della Camera nella seduta del 30 luglio 2020.

Si veda, altresì, il seguente tema: Impiego delle Forze armate nella tutela del territorio

 

 


Articolo 74, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater
(Compensi per vice-questori delle Forze di polizia)

 

Tali disposizioni destinano risorse aggiuntive al Fondo per le qualifiche di vice questore aggiunto e di vice questore (e qualifiche e gradi corrispondenti) delle Forze di polizia.

 

Questi commi - introdotti dalla Camera dei deputati - autorizzano l'incremento di 8.628.749 euro per l'anno 2021 delle risorse del Fondo destinato alle qualifiche di vice questore aggiunto e di vice questore e qualifiche e gradi corrispondenti delle Forze di polizia.

Questo, "per fronteggiare specifiche esigenze di carattere operativo o valorizzare l'attuazione di specifici programmi o il raggiungimento di qualificati obiettivi" (come recita l'articolo 45, comma 11 del decreto legislativo n. 95 del 2017, istitutivo - dal 2018 - del Fondo di cui si tratta).

La ripartizione di tali aggiuntive risorse è la seguente:

-       2.003.114 di euro per la Polizia di Stato, relativamente alle annualità 2018 e 2019;

-       3,4 milioni di euro per l’Arma dei carabinieri, relativamente alla annualità 2020;

-       3 milioni di euro per la Corpo della guardia di finanza relativamente alla annualità 2020;

-       225.635 euro per il Corpo della polizia penitenziaria, relativamente alle annualità 2018 e 2019.

 

Agli oneri si provvede a valere sul Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (dall'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014).

 


Articolo 74, commi 3 e 4; comma 9
(Forze di polizia; polizie locali)

 

 

Il comma 3 dell'articolo 74 destina risorse (per circa 40,3 milioni) per il pagamento di indennità di ordine pubblico, di ulteriori oneri, di prestazioni di lavoro straordinario, delle Forze di polizia, nonché di altri oneri connessi all'impiego di personale delle polizie locali.

Il comma 4 destina risorse (per circa 22,6 milioni) per la sanificazione e la disinfezione straordinaria di uffici, ambienti e mezzi delle Forze di polizia, nonché per la dotazione di dispositivi di protezione individuale e materiale sanitario ai fini dell'equipaggiamento del loro personale.

Il comma 9 destina risorse (per circa 18,5 milioni) alla remunerazione delle maggiori prestazioni di lavoro straordinario connesse al controllo del territorio, rese dal personale delle Forze di Polizia (Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Guardia di finanza).

Siffatte previsioni concernono il periodo di attività ricompreso tra il 1° maggio e il 31 luglio 2021.

 

Il comma 3 dell'articolo 74 del decreto-legge autorizza - in relazione allo svolgimento dei maggiori compiti connessi all'emergenza epidemiologica in corso - per l'anno 2021 la spesa di 40.317.880 euro, per il personale delle Forze di polizia e delle polizie locali.

È da intendersi che il lasso temporale di riferimento sia dal 1° maggio al 31 luglio 2021.

Tale autorizzazione di spesa è così ripartita:

§  13.185.180 euro per il pagamento delle indennità di ordine pubblico del personale delle Forze di polizia e degli altri oneri connessi all'impiego del personale delle polizie locali;

§  8.431.150 euro per gli ulteriori oneri connessi all'impiego del personale delle Forze di polizia;

§  18.701.550 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale delle Forze di polizia.

 

La quantificazione degli oneri è calcolata (si legge nella relazione tecnica) sulla base di una proiezione delle unità di personale impiegate giornalmente durante l'anno 2020 e nel primo quadrimestre del 2021, vale a dire: 22.000 unità per le Forze di polizia (8.500 unità per la Polizia di Stato; 11.000 unità per l'Arma dei Carabinieri; 1.500 unità per la Guardia di Finanza) e 2.500 unità delle polizie locali.

 

La previsione fa seguito a quanto disposto dall'articolo 35, comma 1, del decreto-legge n. 41 del 22 marzo 2021 (cd. 'decreto-sostegni'), il quale ha autorizzato lo stanziamento di 92.063.550 euro per le medesime finalità sopra ricordate (secondo la seguente ripartizione: 51.120.750 euro per il pagamento delle indennità di ordine pubblico del personale delle Forze di polizia e degli altri oneri connessi all'impiego del personale delle polizie locali; 17.194.800 euro per gli ulteriori oneri connessi all'impiego del personale delle Forze di polizia; 23.748.000 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale delle Forze di polizia).

Antecedentemente, la legge di bilancio 2021 (art. 1, comma 351, legge n. 178 del 2020) è intervenuta per finalità analoghe con autorizzazioni di spesa per il periodo dal 1° al 31 gennaio 2021, così modulate: 40.762.392 euro per il pagamento delle indennità di ordine pubblico del personale delle Forze di polizia e degli altri oneri connessi all'impiego del personale delle polizie locali; 11.478.200 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale delle Forze di polizia.

Innanzi, l'articolo 32, comma 1 del decreto-legge n. 137 del 2020 disponeva per il periodo dal 16 ottobre 2020 fino al 24 novembre 2020 l'autorizzazione di spesa di complessivi 67.761.547 euro, ripartiti per il pagamento della indennità di ordine pubblico (44.177.280 euro, si evinceva dalla relazione tecnica) nonché delle prestazioni di lavoro straordinario (15.304.267 euro) del personale delle Forze di polizia. Così come autorizzava risorse per fare fronte agli oneri connessi all'impiego delle polizie locali (euro 8.280.000, si evinceva dalla relazione tecnica).

Ed in sede di conversione di quel decreto-legge, vi confluiva altresì (quale articolo 32-bis) quanto statuito dall'articolo 20 del successivo decreto-legge n. 157 del 2020 (cd. 'ristori-quater'), recante autorizzazione per il periodo ricompreso tra il 25 novembre e il 31 dicembre 2020: 48.522.984 euro per il pagamento delle indennità di ordine pubblico del personale delle Forze di polizia e degli altri oneri connessi all'impiego del personale delle polizie locali; 13.773.840 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale delle Forze di polizia.

Risalendo ancora a ritroso, l'articolo 37 del decreto-legge n. 104 del 2020 autorizzava (al comma 1) - per la prosecuzione dal 1° luglio 2020 fino al 15 ottobre 2020 del dispositivo di pubblica sicurezza preordinato al contenimento della emergenza epidemiologica - l'ulteriore spesa di 24.696.021 euro, di cui 20.530.146 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale delle Forze di polizia e 4.165.875 euro per il pagamento degli altri oneri connessi all'impiego del personale delle polizie locali (precedentemente per le polizie locali, l'articolo 115 del decreto-legge n. 18 del 2020 aveva istituito presso il Ministero dell'interno per l'anno 2020 un fondo con dotazione pari a 10 milioni di euro, al fine di contribuire all'erogazione dei compensi per le maggiori prestazioni di lavoro straordinario e per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale).

A monte di tutta la sequenza normativa, dapprima l'articolo 22, comma 1, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, indi con l'identico testo l'articolo 74, comma 01, primo periodo, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (abrogativo del decreto-legge n. 9) avevano autorizzato la spesa di 4.111.000 euro per l'anno 2020 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario, per un periodo di 30 giorni a decorrere dalla data di effettivo impiego, del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate. La spesa era finalizzata allo svolgimento, da parte delle Forze di polizia e delle Forze armate, dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del Covid-19.

Ai medesimi fini, l'articolo 74, comma 1, ancora del decreto-legge n. 18 del 2020 autorizzava una nuova spesa in conseguenza dell'estensione a tutto il territorio nazionale delle misure di contenimento dell'epidemia, per un periodo di ulteriori 90 giorni, a decorrere dalla scadenza del periodo iniziale di 30 giorni sopra ricordato. Siffatta autorizzazione di spesa era pari a complessivi 59.938.776 euro per l'anno 2020 (dei quali 34.380.936 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario, 25.557.840 per gli altri oneri connessi all'impiego del personale).

Il combinato disposto sopra ricordato del decreto-legge n. 18 'copriva' dunque un periodo complessivo di quattro mesi. Poiché la data di effettivo impiego delle Forze di polizia per l'emergenza epidemiologica era stata il 24 febbraio 2020, il termine di 'esaurimento' delle misure previste dall'articolo 74 del decreto-legge n. 18 si collocava sul finire del mese di giugno 2020.

Seguivano le disposizioni dell'articolo 23 del decreto-legge n. 34 del 2020. Esse non agivano sulla proiezione temporale di tale termine, il quale rimaneva pressoché immutato (30 giugno 2020). Agivano bensì sull'estensione della platea dei destinatari.

Infatti il personale delle Forze di polizia impegnato nell'emergenza era stato in fatto ben superiore a quello inizialmente stimato. Se il decreto-legge n. 18 aveva stimato l'impegno di 4.000 unità, il dispositivo effettivo impiegato era giunto a 55.700 unità (impegnate nelle attività per assicurare l'osservanza delle misure di contenimento della diffusione del contagio). Ad esse si erano aggiunte allora 1.000 unità della Guardia di finanza (impegnate nei controlli e riscontri circa le attività economiche consentite, con supporto ai Prefetti sul territorio) nonché circa 12.000 unità di appartenenti ai corpi e servizi di polizia locale, messi a disposizione dei Prefetti.

Il comma 1 dell'articolo 23 del decreto-legge n. 34 del 2020 mirava a 'ricalibrare' le analoghe previsioni del decreto-legge n. 18, alla luce dell'andamento effettivo dell'impiego di forze dell'ordine nell'opera di contenimento dell'epidemia. Pertanto autorizzava l'ulteriore spesa per le Forze di polizia di 13.045.765 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario, di 111.329.528 euro per la corresponsione dell'indennità di ordine pubblico.

 

Il comma 4 interviene - con riferimento al medesimo periodo temporale sopra ricordato: dal 1° maggio al 31 luglio 2021 - prevedendo uno stanziamento complessivo di 22.651.320 euro per l'anno 2021, per la sanificazione e la disinfezione straordinaria degli uffici, degli ambienti e dei mezzi in uso alle medesime Forze di polizia, nonché al fine di assicurare un'adeguata   dotazione   di dispositivi di protezione individuale e un idoneo equipaggiamento al relativo personale impiegato.

L’autorizzazione di spesa è, più in dettaglio, così ripartita:

§  11.625.000 euro per spese di sanificazione e disinfezione degli uffici, degli ambienti e dei mezzi;

§  11.026.320 euro per l'acquisto dei dispositivi di protezione individuale e per l'ulteriore materiale sanitario.

 

Il comma 9 autorizza - per le attività effettuate nel medesimo trimestre: maggio-luglio 2021 - la spesa di 18.575.092 euro per la remunerazione delle maggiori prestazioni di lavoro straordinario connesse al controllo del territorio ed alla vigilanza economico-finanziaria, rese dal personale della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Guardia di finanza.

Si tratta di stima calibrata sulla previsione di impiego di complessive 62.574 unità di personale (così ripartite, si legge nella relazione tecnica: 26.074 unità della Polizia di Stato; 24.000 unità dell'Arma dei Carabinieri; 12.500 unità della Guardia di finanza), per cinque ore mensili aggiuntive pro-capite.

È a notare come quelle così considerate siano prestazioni di lavoro straordinario diverse da quelle oggetto del comma 3 di questo stesso articolo del decreto-legge.

Lì si tratta di attività svolta entro il dispositivo di pubblica sicurezza preordinato in via emergenziale al contenimento del contagio pandemico; qui della tradizionale attività di controllo del territorio finalizzata al mantenimento della sicurezza pubblica e alla prevenzione e al contrasto della criminalità.

Secondo la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, l'emergenza epidemiologica non ha fatto venir meno le ordinarie incombenze di controllo del territorio e di vigilanza economico-finanziaria bensì "al contrario, le ha aumentate, anche alla luce dell'endemica crisi economica, delle diffuse incertezze occupazionali, delle crescenti tensioni sociali e delle progressive riaperture decise dal Governo con il decreto-legge 22 aprile 2021, n. 52".

 


Articolo 74, comma 5, e commi 7 e 8
(Amministrazione civile dell'Interno; Prefetture)

 

 

Il comma 5 ed il comma 8 dell'articolo 74 destinano risorse per il pagamento di prestazioni di lavoro straordinario rese dal personale dell'Amministrazione civile dell'Interno e delle Prefetture.

Il comma 7 destina risorse per fare fronte alle esigenze sanitarie, di pulizia e di acquisto dei dispositivi di protezione individuale del Ministero dell'interno.

 

Il comma 5 autorizza per l'anno 2021 - con riferimento al periodo ricompreso tra il 1° maggio e il 31 luglio 2021 - la spesa di 832.500 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale dell'Amministrazione civile dell'interno in relazione all'emergenza epidemiologica.

Si intende qui il personale di cui all'articolo 3, secondo comma, lettere a) e b) della legge n. 121 del 1981 (la quale reca l'ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza) ossia: il personale addetto agli uffici del dipartimento della pubblica sicurezza ed agli altri uffici, istituti e reparti in cui essa si articola; le autorità provinciali, il personale da esse dipendente nonché le autorità locali di pubblica sicurezza (pertanto le Prefetture e le Questure).

Secondo la relazione tecnica, si tratta della remunerazione di quindici ore pro-capite di straordinario, per mille unità di personale.

 

Il comma 7 autorizza la spesa di 2,52 milioni per fare fronte - fino al 31 luglio 2021 - alle esigenze sanitarie, di pulizia e di acquisto dei dispositivi di protezione individuale del Ministero dell'interno, anche nell'articolazione territoriale delle Prefetture.

 

Il comma 8 autorizza per l'anno 2021 - con riferimento al periodo ricompreso tra il 1° maggio e il 31 luglio 2021 - la spesa di 1.372.275 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale delle Prefetture.

Secondo la relazione tecnica, si tratta della remunerazione di quindici ore mensili pro-capite di straordinario, per 1.500 unità di personale (delle 7.800 attualmente in servizio presso le Prefetture).

Secondo la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, "la prestazione delle attività lavorative in modalità 'lavoro agile', che interessa tra il 30 per cento ed il 50 per cento del personale, impone alle unità che quotidianamente prestano servizio in presenza nelle sedi prefettizie, prestazioni di lavoro che coprano archi temporali maggiori, con conseguente incremento di lavoro straordinario effettuato".

 


Articolo 74, comma 6
(Vigili del fuoco)

 

 

Il comma 6 dell'articolo 74 destina risorse (per circa 4,6 milioni) per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario dei Vigili del fuoco.

 

Il comma 6 dell'articolo 74 del decreto-legge autorizza - in relazione allo svolgimento dei maggiori compiti connessi all'emergenza epidemiologica in corso - per l'anno 2021 la spesa di euro 4.622.070 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

È da intendersi che il lasso temporale di riferimento sia dal 1° maggio al 31 luglio 2021 (analogamente a quanto previsto dal comma 3 per le Forze di polizia).

 

Ne dà conferma la relazione tecnica che correda il disegno di legge di conversione.

Essa riporta come lo stanziamento sia inteso a 'coprire' il ricorso (nel periodo 1° maggio-31 luglio 2021) a 300 unità di personale operativo richiamato dal turno libero ed impiegato in orario straordinario, nonché a squadre specialistiche aggiuntive rispetto all’ordinario dispositivo di soccorso (con tre squadre composte ciascuna da 5 unità, alle quali si aggiungono 3 unità per ciascuna squadra di personale specialista per il contrasto del rischio biologico, per le principali città metropolitane maggiormente esposte al rischio pandemico (per un totale di 24 unità complessive di personale).

 

La disposizione recata da questo comma fa seguito ad altre, susseguitesi nel corso del 2020 e del 2021.

Ripercorrendo a ritroso la sequenza, si rinviene l'articolo 35, comma 3 del decreto-legge n. 41 del 22 marzo 2021 (cd. 'decreto-sostegni'), che ha autorizzato

- in relazione allo svolgimento dei maggiori compiti connessi all'emergenza epidemiologica in corso - la spesa di 5.763.533 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per il periodo dal 1° febbraio al 30 aprile 2021.

Antecedentemente, l'articolo 1, comma 352, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio per il 2021). Al fine di garantire le attività connesse all'emergenza epidemiologica per il periodo dal 1° al 31 gennaio 2021, esso ha autorizzato la spesa di 2.633.971 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale dei Vigili del fuoco.

Innanzi l'articolo 32-bis della legge n. 176 del 2020 (entro cui 'confluiva' quanto disposto dall'articolo 20, comma 2 del decreto-legge n. 157 del 2020, cd. 'ristori quater') recava autorizzazione di una ulteriore spesa di 5.325.302 euro onde garantire la piena funzionalità del dispositivo di soccorso del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a decorrere dal 25(gradi) novembre e fino al 31 dicembre 2020, e per garantire le attività di soccorso pubblico e di scorta tecnica in caso di trasferimento in condizioni di bio-contenimento, a decorrere dal 25 novembre e fino al 31 dicembre 2020. Le risorse previste erano volte alla retribuzione del lavoro straordinario reso necessario per richiamare dal turno libero il personale (nel numero giornaliero allora stimato, in media, di 600 unità, onde sostituire quello posto in isolamento per la vicenda Covid-19) nonché per l'impiego di squadre specialistiche, incluse quelle per il contrasto del rischio biologico.

Precedentemente, l'articolo 32 del decreto-legge n. 137 del 2020 (cd. 'ristori ter') aveva autorizzato - per garantire la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in relazione agli accresciuti impegni connessi all'emergenza epidemiologica, per l'anno 2020 (con riferimento al lasso temporale dal 16 ottobre al 24 novembre) - l'ulteriore spesa di 734.208 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale dei vigili del fuoco (la quantificazione dell'onere era calcolata sulla base dell'impiego di unità di personale impiegate in squadre specialistiche per attività di soccorso pubblico o di scorta tecnica in caso di trasferimento in condizioni di elevato bio-contenimento).

Innanzi, vale ricordare come il decreto-legge n. 76 del 2020 (cd. 'decreto semplificazioni') recasse disposizioni per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Ancor prima, l'articolo 23, comma 3 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 autorizzava per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per l'anno 2020 la spesa complessiva di 1.391.200 euro, di cui 693.120 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario (e 698.080 euro per attrezzature e materiali dei nuclei specialistici per il contrasto del rischio biologico, per incrementare i dispositivi di protezione individuali del personale operativo e i dispositivi di protezione collettivi e individuali del personale nelle sedi di servizio).

Ed innanzi, dapprima l'articolo 22, comma 2, del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, indi con l'identico testo l'articolo 74, comma 02, primo periodo, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (abrogativo del decreto-legge n. 9) autorizzavano la spesa di 432.000 euro per l'anno 2020 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario, per un periodo di 30 giorni a decorrere dalla data di effettivo impiego.

Ai medesimi fini, l'articolo 74, comma 2, ancora del decreto-legge n. 18 del 2020 autorizzava una nuova spesa in conseguenza dell'estensione a tutto il territorio nazionale delle misure di contenimento dell'epidemia, per un periodo di ulteriori 90 giorni, a decorrere dalla scadenza del periodo iniziale di 30 giorni sopra ricordato (talché il combinato disposto 'copriva' un periodo complessivo di quattro mesi, il cui 'esaurimento' si collocava sul finire del mese di giugno 2020). La nuova autorizzazione di spesa era complessivamente pari a 5.973.600 euro, di cui 2.073.600 euro per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario (e 900.00 per i richiami del personale volontario, 3.000.000 per le attrezzature e materiali dei nuclei specialistici per il contrasto del rischio biologico).

 


Articolo 74, comma 10
(Capitanerie di Porto)

 

 

L’articolo 74, comma 10, prevede uno stanziamento a favore del Corpo delle capitanerie di porto - Guardia Costiera per fare fronte ai nuovi compiti connessi alla diffusione del COVID-19.

 

In particolare, il comma in questione autorizza, dal 1° maggio 2021 al 31 luglio 2021, la spesa complessiva di euro 1.951.238, di cui euro 351.238 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario e di euro 1.600.000 per spese di sanificazione ed acquisto di materiale di protezione individuale.

 

 

 


Articolo 74, comma 11
(Misure per la funzionalità del Corpo della polizia penitenziaria)

 

 

Il comma 11 dell'articolo 74 reca autorizzazioni di spesa per indennità di prestazioni di lavoro straordinario del personale del Corpo della polizia penitenziaria, dei dirigenti della carriera dirigenziale penitenziaria, nonché dei direttori degli istituti penali per minorenni e del personale appartenente al comparto funzioni centrali dell’Amministrazione penitenziaria e della Giustizia minorile e di comunità, nonché per il pagamento delle spese per i dispositivi di protezione e prevenzione, di sanificazione e disinfezione degli ambienti e dei locali nella disponibilità del medesimo personale, nonché a tutela della popolazione detenuta.

 

La disposizione, al fine di garantire il rispetto dell'ordine e della sicurezza in ambito carcerario e per far fronte al protrarsi della situazione emergenziale connessa alla crisi epidemiologica, autorizza la spesa complessiva di 4.494.951,00 euro per l'anno 2021.

 

Tali risorse sono destinate:

§  per una quota pari ad euro 3.427.635,00 al pagamento del lavoro straordinario svolto dal personale del Corpo di polizia penitenziaria, dei dirigenti della carriera dirigenziale penitenziaria, nonché dei direttori degli istituti penali per minorenni e del personale appartenente al comparto funzioni centrali dell’Amministrazione penitenziaria e della Giustizia minorile e di comunità nel periodo dal 1° maggio al 31 luglio 2021 in ragione dei più gravosi compiti derivanti dalle misure straordinarie poste in essere per il contenimento epidemiologico;

§  per una quota pari a euro 1.067.316,00 per le spese per i dispositivi di protezione e prevenzione, di sanificazione e disinfezione degli ambienti e dei locali nella disponibilità del medesimo personale, nonché a tutela della popolazione detenuta.

 

E' opportuno ricordare che, dapprima, l'articolo 32-bis del decreto legge n. 137 del 2020, conv. legge n. 176 del 2020 (c.d. decreto-legge ristori), al comma 5, ha autorizzato la spesa complessiva di euro 3.636.500 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del solo personale appartenente al Corpo di polizia penitenziaria svolte nel periodo dal 16 ottobre al 31 dicembre 2020 e che, successivamente l'articolo 35, comma 4, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, conv. legge n. 69 del 2021 (c.d. decreto-legge sostegni) ha autorizzato autorizza la spesa complessiva di 44.790.384 euro per l'anno 2021, destinati per una quota pari ad euro 3.640.384 al pagamento del lavoro straordinario svolto dal personale del Corpo di polizia penitenziaria, dei dirigenti della carriera dirigenziale penitenziaria, nonché dei direttori degli istituti penali per minorenni nel periodo dal 1° febbraio al 30 aprile 2021 in ragione dei più gravosi compiti derivanti dalle misure straordinarie poste in essere per il contenimento epidemiologico; e per una quota pari a euro 1.150.000 per le spese per i dispositivi di protezione e prevenzione, di sanificazione e disinfezione degli ambienti e dei locali nella disponibilità del medesimo personale, nonché a tutela della popolazione detenuta.

 


Articolo 74, commi 11-bis, 11-ter, 11-quater e 11-quinquies
(Posti di vice ispettore della Polizia di Stato)

 

 

Si prevede la copertura di un massimo di 999 posti di vice ispettore della Polizia di Stato, integralmente mediante scorrimento delle graduatorie di due scorsi concorsi interni.

 

Questi commi - introdotti dalla Camera dei deputati - dispongono che la copertura di un massimo di "ulteriori" 999 posti di vice ispettore del ruolo degli ispettori della Polizia di Stato, "nell'ambito" di quelli disponibili alla data del 31 dicembre 2016, sia realizzata in via straordinaria mediante integrale scorrimento delle graduatorie dei concorsi interni per titoli ed esami per la copertura di posti per viceispettore indetti il 2 novembre 2017 ed il 31 dicembre 2018 (rispettivamente per la copertura di 501 posti e di 263 posti).

Parrebbe suscettibile di approfondimento se tale scorrimento risulti di fatto affiancato da ulteriori procedure concorsuali, non riservate, ovvero si risolva in una quota di riserva, di cui sarebbe da vagliare la compatibilità con i limiti individuati dalla giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di quote di riserva nei pubblici concorsi o di quote di posti per i quali venga bandito un concorso riservato. Si ricorda che la quota del 50 per cento corrisponde alla misura massima che, in base alla giurisprudenza della Corte costituzionale[306], può essere stabilita come quota di riserva nei pubblici concorsi o come quota di posti per i quali venga bandito un concorso riservato (la giurisprudenza costituzionale fa riferimento, al riguardo, anche alla disciplina generale, relativa alle pubbliche amministrazioni[307], che consente una riserva di posti non superiore al 50 per cento in favore del personale interno[308]).

 

Si prevede che i soggetti immessi nel ruolo mediante tale scorrimento accedano alla qualifica di vice ispettore con decorrenza giuridica ed economica il giorno successivo alla data di conclusione del corso di formazione.

Inoltre si prevede che i posti della qualifica di vice ispettori coperti in base alla suddetta procedura "tornino ad essere disponibili" per i relativi concorsi pubblici di accesso alla qualifica, in ragione di almeno 250 unità ogni due anni, dal 31 dicembre 2023.

Gli oneri connessi a siffatte assunzioni sono così quantificati:

·      2.726.510 euro per il 2021;

·      5.453.020 euro per il 2022;

·      6.525.725 euro per il 2023;

·      7.6900.430 euro per il 2024;

·      7.611.390 euro per il 2025;

·      7.639.595 euro per il 2026;

·      7.658.950 euro per il 2027;

·      7.660.820 euro per il 2028;

·      8.220.260 euro per il 2029;

·      8.803.860 euro per il 2030;

·      8.828.020 euro a decorrere dal 2031.

 

Agli oneri si provvede a valere sul Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (dall'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014).

 


Articolo 74, comma 12
(Copertura finanziaria)

 

 

Il comma 12 dell'articolo 74 reca disposizione circa la copertura finanziaria delle disposizioni recate dal medesimo articolo.

 

L'articolo 74 del decreto-legge - come si è rammentato nelle schede di lettura supra - reca un novero di disposizioni, relative a: la proroga del contingente 'Strade sicure'; la remunerazione delle prestazioni di lavoro straordinario (per il trimestre 1° maggio-31 luglio 2021) rese dal personale della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, della Guardia di finanza, Corpo nazionale dei vigili del fuoco, del Corpo della polizia penitenziaria, del Corpo delle capitanerie di porto-Guardia costiera, dell'Amministrazione civile dell'interno; la sanificazione e dotazione di dispositivi di protezione individuale per le Forze di polizia e per il Ministero dell'interno.

Il comma 12 riepiloga il complessivo onere di tale insieme di previsioni del decreto-legge, pari a circa 105 milioni di euro.

Per la copertura finanziaria di quest'onere (pari a 105.008.000 euro) esso fa rinvio all'articolo 77 del decreto-legge in esame (v. scheda infra).

 

 


Articolo 74-bis
(Fondo per familiari di personale delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco deceduto per Covid-19)

 

 

L'articolo 74-bis istituisce un Fondo per i familiari del personale delle Forze di Polizia e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, deceduto per effetto diretto o come concausa del contagio da Covid-19, avvenuto in conseguenza dell'attività di servizio prestata nell'azione di contenimento, contrasto e gestione dell'emergenza epidemica.

 

Questo articolo - introdotto dalla Camera dei deputati - istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'interno un Fondo volto ad erogare un contributo economico a favore dei familiari del personale delle Forze di Polizia e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco impegnato nelle azioni di contenimento, contrasto e gestione dell'emergenza da Covid-19, deceduto per effetto diretto o come concausa del contagio da Covid-19, per patologia contratta durante lo stato d'emergenza in conseguenza dell'attività di servizio prestata.

Il contributo opera nel limite di spesa di 1,5 milioni di euro per l'anno 2021.

Con decreto del Ministro dell'interno (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze) da adottarsi entro 30 giorni, saranno individuati i fruitori del contributo e le misure applicative della disposizione.

Agli oneri si provvede a valere sul Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall'articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014, legge di stabilità per il 2015).


Articolo 74-ter
(Iniziative di solidarietà in favore dei familiari del personale delle Forze Armate)

 

 

L’articolo 74-ter, introdotto durante l’esame parlamentare, istituisce un Fondo destinato a fornire un contributo economico ai familiari del personale delle Forze Armate impegnato nell’emergenza COVID-19 deceduto per una patologia contratta in relazione al contagio dal virus.

 

Tale Fondo viene istituito nello stato di previsione del Ministero della Difesa e il contributo grazie ad esso erogato opera nel limite di spesa di 1,5 milioni di euro per l’anno 2021.

I destinatari del Fondo sono i familiari del personale delle Forze Armate impegnato nelle azioni di contenimento, contrasto e gestione dell’emergenza COVID-19 che, durante lo stato d’emergenza abbiano contratto, in conseguenza dell’attività di servizio prestata, una patologia dalla quale sia conseguita la morte per effetto diretto o come concausa del contagio da COVID-19.

Con decreto del Ministro della Difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro 30 giorni, saranno individuati i soggetti che possono fruire del contributo e le misure applicative della disposizione.

Agli oneri si provvede a valere sul Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, istituito nello stato di previsione del MEF dall’articolo 1, comma 200, della legge di stabilità per il 2015 (legge n. 190/2014).

 

 


Articolo 75
(Misure urgenti per l’esercizio dell’attività giurisdizionale militare e per la semplificazione delle attività di deposito degli atti, documenti e istanze nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19)

 

 

L’articolo 75 estende ai procedimenti penali militari l’efficacia di alcune disposizioni di semplificazione già previste per l’esercizio dell’attività giurisdizionale comune e finalizzate a garantire, nel perdurare della emergenza sanitaria da Covid-19, la tutela della salute e la conduzione dell’attività giudiziaria.

 

Il comma 1 estende ai procedimenti penali militari, in quanto compatibili e limitatamente al periodo di vigenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, le disposizioni per l’esercizio dell’attività giurisdizionale e per la semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze introdotte nell’ambito della giurisdizione penale ordinaria previste dai seguenti articoli:

 

a)  23-bis e 24 del decreto-legge n. 137 del 2020

 

Il richiamato articolo 23-bis interviene sul giudizio penale di appello consentendo, fino al 31 gennaio 2021, che la decisione sia assunta sulla base di un giudizio cartolare, che si svolge in camera di consiglio, con modalità da remoto e senza la partecipazione di PM e difensori delle parti. Le modalità semplificate di trattazione non si applicano in caso di rinnovazione dibattimentale e quando le parti facciano richiesta scritta di trattazione orale.

A sua volta l’articolo 24 prevede misure – la cui efficacia è limitata al 31 gennaio 2021 - di semplificazione per le attività di deposito di atti, documenti e istanze nella fase del processo penale inerente alla chiusura delle indagini preliminari (art. 415-bis c.p.p.), stabilendo che lo stesso avvenga esclusivamente mediante il portale del processo penale telematico. Per tutti gli altri atti, documenti e istanze viene consentito il deposito con valore legale tramite PEC, presso gli indirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari, indicati in apposito provvedimento, nel quale si individueranno anche le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e le ulteriori modalità di invio. La disposizione deroga espressamente alla disciplina vigente in materia di deposito di atti, documenti e istanze nel processo penale, contenuta nell’art. 221, comma 11, del D.L. 34/2020.

 

Per un approfondimento di queste disposizioni si rinvia al seguente dossier.

b)  dall’articolo 37–bis del decreto-legge n. 76 del 2020.

 

L’articolo 37-bis è volto a semplificare le procedure per la liquidazione dei compensi dovuti ai difensori d’ufficio ovvero ai difensori delle parti ammesse al patrocinio a spese dello Stato, prevedendo il deposito della richiesta esclusivamente per via telematica.

 

Per un approfondimento di queste disposizioni si rinvia seguente dossier

 

La relazione illustrativa allegata al testo del decreto legge presentato alla Camera ricorda che, al fine di contenere i possibili effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 sullo svolgimento delle funzioni giurisdizionali, sin dall’inizio della pandemia sono state introdotte misure normative straordinarie, in parte applicabili anche per la giurisdizione militare. Con interventi normativi urgenti successivi sono state previste integrazioni e modifiche alle citate disposizioni iniziali, così delineando gradualmente una disciplina complessiva dell’attività giurisdizionale nella vigenza della specifica situazione emergenziale.

Tale disciplina è attualmente contenuta in un unico testo risultante dalla conversione del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, disposta dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, laddove, tra l’altro, si estende la vigenza degli articoli 23, 23-bis e 24 del citato decreto-legge n. 137 del 2020 fino allo scadere dello stato di emergenza pandemica (cfr, sopra).

Con riguardo all'applicabilità delle disposizioni appena richiamate alla giurisdizione penale militare, la relazione illustrativa evidenzia che soltanto l’articolo 23, recante misure per l’espletamento di attività nelle differenti fasi processuali attraverso il ricorso a collegamenti da remoto e videoconferenze, risulta immediatamente applicabile tramite espressa previsione (il comma 10 dello stesso articolo 23).

Non si rinvengono invece analoghe disposizione di estensione alla giurisdizione penale militare né con riguardo agli articoli 23-bis e 24 del decreto-legge n. 137 del 2020, in materia, rispettivamente di disciplina del giudizio di appello e di deposito telematico degli atti, né con riferimento all’articolo 37-bis del decreto-legge n. 76 del 2020, in materia di deposito delle istanze di liquidazione dei compensi spettanti al difensore  della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato e al difensore d’ufficio.

A tal proposito la relazione governativa ricorda peraltro che gli articoli 261 c.p.m.p. e 207 delle disposizioni attuative c.p.p., prevedono espressamente che le disposizioni che disciplinano il procedimento penale comune si applicano, “salvo che la legge disponga altrimenti”, anche ai procedimenti penali militari, sicché ogni modifica normativa interveniente sulla predetta disciplina è efficace anche in tale ultimo ambito, senza che a tal fine sia indispensabile una specifica previsione di portata estensiva.

In particolare, si spiega nella relazione, mentre non sussiste alcuna criticità rispetto all’immediata applicazione al processo penale militare delle disposizioni in materia di giudizio di appello recate dal citato articolo 23-bis, talune problematiche, di natura esclusivamente tecnica, sono invece rinvenibile con riferimento all’estensione al processo penale militare delle disposizioni di semplificazione in materia di deposito di atti recate dall’articolo 24 del citato decreto-legge n. 137 del 2020.

Tali disposizioni, spiega il Governo, - pur essendo in astratto, perfettamente applicabili alla giurisdizione militare - non possono, tuttavia, trovare immediata operatività, per l’indisponibilità presso la giustizia militare, di un portale dei servizi telematici e di mezzi informativi analoghi, per caratteristiche tecniche e funzionalità, a quelli, invece, già in dotazione agli uffici giudiziari ordinari.

Ad avviso del Governo si rende pertanto necessario l’intervento di coordinamento normativo volto sia a sancire espressamente l’applicabilità delle menzionate disposizioni alla giurisdizione penale militare, sia a prevedere gli adeguamenti necessari a rendere concretamente produttive di effetti le misure di semplificazione emanate per il deposito degli atti, anche per la giurisdizione militare.

Nello specifico, in funzione del fatto che gli uffici giudiziari militari non sono dotati del portale dei servizi telematici, occorre prevedere che, in luogo del deposito degli atti indicati dall’articolo 24 tramite il portale, ne sia consentita la trasmissione e il deposito mediante posta elettronica certificata. In tal modo vengono rese effettive ed immediatamente applicabili anche per i procedimenti penali militari le misure di semplificazione finalizzate a garantire la tutela della salute nel perdurare della emergenza sanitaria e consentire, nel contempo, lo svolgimento dell'attività giudiziaria e l’esercizio [in sicurezza] dei diritti della difesa anche nel processo penale militare.

 

Il comma 2 dispone che per gli uffici giudiziari militari e per il Consiglio della magistratura militare in funzione di giudice disciplinare, i collegamenti da remoto utilizzabili per le attività relative al giudizio di appello (articolo 23-bis del decreto-legge n. 137/2020) e di deposito atti, comprese le istanze per la liquidazione dei compensi spettanti al difensore  della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, sono definiti con provvedimento adottato dal responsabile della struttura tecnica del Ministero della difesa (struttura omologa a quella Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia nell’ambito del processo penale ordinario) d’intesa con il Consiglio della magistratura militare.

 

Il comma 3 prevede che nei procedimenti penali militari, tutti gli atti, i documenti e le istanze previste dagli articoli 24 del decreto-legge n. 137 del 2020 e 37 -bis del decreto-legge n. 76 del 2020 sono depositati con valore legale mediante invio da indirizzo di posta elettronica certificata a indirizzo di posta elettronica certificata del competente ufficio giudiziario.

A garanzia della regolarità dell’invio e del deposito, similmente a quanto definito per la giurisdizione ordinaria, è previsto altresì che l’indirizzo certificato di invio risulti dal Registro generale degli indirizzi certificati di cui all’articolo 7 del decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44 e quello di destinazione sia incluso in un provvedimento del responsabile della struttura tecnica del Ministero della difesa, omologa a quella Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, adottato d’intesa con il Consiglio della magistratura militare.

Il comma 3 in esame rinvia, infine, al sopra citato provvedimento, da pubblicarsi nel sito internet del Ministero della difesa, la definizione delle specifiche tecniche relative ai formati degli atti, alla sottoscrizione digitale, e le modalità di invio, secondo le caratteristiche corrispondenti a quanto previsto per i procedimenti penali ordinari, dagli omologhi provvedimenti del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia.

 

La relazione illustrativa precisa che il comma 3, nel prevedere disposizioni di adeguamento volte a consentire il conseguimento degli effetti anche all’interno della giurisdizione militare dei citati articoli 24 decreto-legge n. 137/2020 e 37-bis del decreto-legge n. 76/2020, differisce dalla giurisdizione ordinaria vista l’assenza del portale per il processo telematico in seno alla giustizia militare.

 

Il comma 4 rappresenta una clausola di salvaguardia della validità e dell’efficacia degli atti di impugnazione di qualsiasi tipo, degli atti di opposizione e dei reclami giurisdizionali di cui alla legge 26 luglio 1975, n. 354, sottoscritti digitalmente e pervenuti alla casella di posta elettronica certificata dell’ufficio giudiziario militare competente, posti in essere in data antecedente rispetto all’entrata in vigore della presente disposizione e, comunque a decorrere dall’entrata in vigore del decreto-legge n. 137/2020.

 


Articolo 75-bis
(Misure per la sicurezza uffici e personale all’estero)

 

 

Tale articolo aggiuntivo reca disposizioni volte al potenziamento della sicurezza delle sedi e del personale in servizio all’estero, recando le relative coperture finanziarie.

 

Nello specifico, questo articolo - introdotto dalla Camera dei deputati - incrementa, al comma 1, l’indennità di servizio corrisposta al personale dell’Arma dei carabinieri (prevista dall’articolo 171, del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri) per l'impiego all’estero per la sicurezza delle rappresentanze diplomatiche e consolari e degli uffici degli addetti militari all'estero. Tale comma quantifica tale incremento in 1,4 milioni di euro per l’anno 2021 e di 5,4 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022.

 

Al comma 2, sono introdotte modificazioni all'Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri, di cui due alla lettera a) per novellare l'art. 203 relativo a persone estranee all'Amministrazione degli Esteri (i cosiddetti esperti) e una alla lettera b) per novellare l'art. 211 in materia di assicurazioni sanitarie per il personale dell'Amministrazione in questione.

Con la lettera a), prima alinea, si introduce all’articolo 203, secondo comma, lettera b), accanto al richiamo all’articolo 208, quello all’articolo 211, novellato dalla successiva lettera b).

Per effetto di tale modifica viene esclusa per gli esperti, appartenenti alle carriere direttive del personale dello Stato o di enti pubblici, operanti presso l’amministrazione centrale o la rete diplomatico-consolare del MAECI, l’applicazione delle misure di assicurazioni sanitaria ai sensi del novellato articolo 211 del D.P.R. Tale esclusione si aggiunge a quelle già previste dall'art. 208 del decreto riguardanti la corresponsione dell’indennità di richiamo dall’estero (art. 176), il rimborso delle spese sostenute per la frequenza dei figli presso scuole straniere operanti in Italia (art. 179, secondo comma) e l’indennizzo per danni .

 

L’articolo 203, secondo comma, lettera b) riconosce, comunque, alle persone estranee all'Amministrazione degli affari esteri in servizio all'estero ai sensi dello stesso decreto, se occupano un posto ai sensi dell'articolo 168 (“esperti”[309]), le disposizioni relative al trattamento economico del personale in servizio all'estero, ed ai viaggi del personale e trasporto degli effetti (rispettivamente previste dal titolo I e titolo II della parte III del citato DPR).

 

Con la seconda alinea della lettera a), sempre all’art. 203 del citato DPR, viene abrogato il quinto comma, che prevede l’applicazione delle disposizioni in materia di assistenza sanitaria (art. 211) a tutto il personale indicato nello stesso articolo 203 (quindi, anche agli esperti di cui al secondo comma lettera b) dell’articolo) che abbia diritto alla assistenza ENPAS (Ente nazionale di previdenza ed assistenza ai dipendenti statali, confluito nell’INPDAP nel 1994, a sua volta soppresso nel 2011 con trasferimento delle relative funzioni all'INPS).

 

La lettera b) del comma 2 novella integralmente l’articolo 211 (in materia di assicurazioni) dell'Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri.

La nuova formulazione dell’articolo 211, pertanto, prevede al comma 1 che l’assistenza sanitaria al personale in servizio all'estero e ai familiari aventi diritto sia assicurata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1980, n. 618, Assistenza sanitaria ai cittadini italiani all'estero.

Il comma 2 dispone che, in favore del personale con sede di servizio in Stati o territori dove non è erogata l'assistenza sanitaria in forma diretta, il MAECI sia autorizzato a stipulare una o più polizze assicurative per prestazioni sanitarie in caso di malattia, infortunio, maternità e che tali polizze prevedano, in caso di carenza in loco di strutture sanitarie adeguate all'evento occorso, il trasferimento dell’infermo e dell’eventuale accompagnatore. Finora il MAECI rimborsava, in alternativa all'assistenza sanitaria in forma indiretta, fino all'85 per cento delle spese connesse alla stipula di polizza con una o più compagnie di assicurazione, da individuare d'intesa con il Ministero della sanità, per prestazioni sanitarie in caso di malattia, infortunio e maternità, secondo condizioni e modalità determinate con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro della sanità. Finora, per il caso del trasferimento dell’infermo e del familiare convivente non previsto nelle condizioni delle polizze stipulate, si applicava la procedura di cui all'art. 6 del DPR n. 618/1980 che prevede la previa autorizzazione dell'autorità consolare competente, sentito il Ministero della Sanità (comma 2 del testo attualmente vigente).

Il comma 3 dispone altresì in merito al personale inviato in missione in Stato o territorio diverso da quello della sede di servizio, prevedendo che il MAECI possa stipulare polizze assicurative per prestazioni sanitarie urgenti in caso di malattia o infortunio e per il trasferimento dell’infermo e dell’eventuale accompagnatore.

Il comma 4 prevede che in favore del personale e dei familiari a carico di cui ai primi 3 commi, si applichino, nella misura in cui le prestazioni non siano coperte dalle polizze assicurative stipulate, le misure di assistenza sanitaria in forma indiretta previste dall'art. 7 del DPR n. 618/1980 e l'istituto del trasferimento d'infermo di cui all'art. 6 del medesimo DPR.

Infine, il comma 5 provvede ad autorizzare il MAECI a stipulare, in favore del personale di ruolo in servizio o inviato in missione all’estero, una o più polizze assicurative che coprano i rischi di morte, di invalidità permanente o di altre gravi menomazioni, causati da atti di natura violenta o da eventi calamitosi di origine naturale o antropica occorsi all’estero, prevedendo un massimale di copertura non inferiore a 1 milione di euro in caso di morte, estese anche ai familiari a carico, purché effettivamente conviventi nella stessa sede del dipendente. Finora, il MAECI provvedeva alla stipula di polizze assicurative a favore dei dipendenti in servizio "in Paesi ove si verifichino situazioni di pericolosità suscettibili di porre a serio rischio la loro incolumità fisica", per la copertura dei rischi di morte, invalidità permanente o altre gravi menomazioni, "causati da atti di natura violenta" - nulla prevedendo per i rischi da eventi calamitosi di origine naturale o antropica occorsi all’estero. Inoltre, modalità e condizioni per la copertura assicurativa, estesa al solo coniuge se effettivamente residente nella stessa sede - mentre secondo la modifica proposta sarebbe estesa ora a tutti i familiari a carico purché conviventi nella stessa sede - venivano finora determinate con decreto del MAECI, d'intesa con il MEF.

 

Il comma 3 dell’articolo aggiuntivo in esame reca la copertura degli oneri finanziari derivanti dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, pari a 8 milioni di euro per l’anno 2021 ed a 12 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022, provvedendo mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” dello stato di previsione del MEF per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al MAECI.

 


Articolo 76
(
Subentro Agenzia delle entrate-riscossione
a Riscossione Sicilia Spa)

 

 

L’articolo 76 dispone lo scioglimento, dal 30 settembre 2021, di Riscossione Sicilia S.p.A. e il passaggio dell'esercizio delle funzioni relative alla riscossione nel territorio regionale all'Agenzia delle entrate, che le svolge mediante l’Agenzia delle entrate-Riscossione.

Si prevede dunque, ai fini del passaggio di funzioni, che entro il 31 ottobre 2021 sia erogato, in favore di Agenzia delle entrate-Riscossione, un versamento in conto capitale di ammontare pari a 300 milioni di euro a carico del bilancio dello Stato, a valere sugli stanziamenti già autorizzati dalla legge di bilancio 2021.

Agenzia delle entrate-Riscossione dal 1 ottobre 2021 subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi di Riscossione Sicilia S.p.A.. Parallelamente, il personale di Riscossione Sicilia S.p.A. passa alle dipendenze di Agenzia delle entrate-Riscossione senza soluzione di continuità. Viene dunque vietato a Riscossione Sicilia di effettuare ulteriori assunzioni dal 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore delle norme in esame).

Sono poi disciplinati gli adempimenti connessi allo scioglimento e si chiarisce che l’Agenzia delle entrate-Riscossione è tenuta indenne dalla Regione siciliana dalle conseguenze patrimoniali derivanti dall’attività di Riscossione Sicilia S.p.A., con specifici limiti.

Le operazioni e gli atti disciplinati dalle norme in esame sono esenti da imposte e tasse di qualsiasi natura.

 

 

Ai sensi dell’articolo 2, comma 2 della legge n. 19 del 2005 della Regione siciliana, in conformità alla normativa nazionale, dal 1° ottobre 2006 le funzioni relative alla riscossione in Sicilia sono esercitate dalla Regione mediante la società Riscossione Sicilia S.p.A. o altra società successivamente operante nell'area strategica servizi di riscossione dei tributi, a seguito del riordino delle società a totale o maggioritaria partecipazione regionale.

La società è stata costituita con capitale iniziale di 16 milioni di euro, con la partecipazione comunque maggioritaria della Regione. La struttura societaria di Riscossione Sicilia è così composta: la Regione Siciliana detiene il 99,885% delle azioni di mentre il restante pacchetto azionario, pari allo 0,115%, è detenuto da Agenzia delle entrate – riscossione (ex Equitalia).

Come emerge dall’ultima relazione sulla gestione pubblicata sul sito internet di Riscossione Sicilia, essa può effettuare le attività di riscossione spontanea, di liquidazione e accertamento delle entrate tributarie o patrimoniali degli enti pubblici, anche territoriali, e delle loro società partecipate, nonché altre attività strumentali a quelle della Regione Siciliana e dell’Agenzia delle Entrate, anche attraverso la stipula di appositi contratti di servizio. Essa opera su incarico e committenza della Regione Siciliana e degli altri organismi di diritto pubblico soci, che esercitano su di essa un controllo analogo a quello esercitato dalla Regione e dagli altri Enti pubblici sui propri uffici (cd. in house providing).

La disposizione si inserisce nell’ambito del percorso di riassetto dell’attività di riscossione nel territorio della Regione siciliana, già avviato dalla Regione medesima a seguito dell’emanazione del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193 che all’articolo 1, comma 3 che – nell’attribuire l'esercizio delle funzioni relative alla riscossione nazionale all'Agenzia delle entrate-Riscossione - ha stabilito che l’ente può anche svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie o patrimoniali delle amministrazioni locali. Pertanto, a decorrere dal 1° luglio 2017, le amministrazioni locali possono deliberare di affidare al soggetto preposto alla riscossione nazionale le attività di riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate tributarie o patrimoniali proprie e delle società da esse partecipate (articolo 2).

In attuazione della richiamata disposizione, l’articolo 28 della legge regionale  n. 16 del 2017 della Regione siciliana ha autorizzato l’avvio delle procedure di liquidazione di Riscossione Sicilia S.p.A. previa stipula, entro il 31 dicembre 2018, di apposita convenzione con il Ministero dell’economia e delle finanze per assicurare il mantenimento dei livelli occupazionali del personale.  Successivamente, l’articolo 7 della legge regionale n. 1 del 2019 della Regione siciliana, ha prorogato il termine per la stipula al 31 dicembre 2019 autorizzando, altresì, il governo della regione - ove entro tale data la convenzione non fosse stata stipulata - ad avviare le procedure per la costituzione di un nuovo soggetto giuridico strategico nelle forme più appropriate che potesse essere intestatario della convenzione ministeriale per la riscossione dei tributi e delle imposte nella regione.

Come rilevato nella relazione illustrativa al DDL di bilancio 2021, la sopra richiamata possibilità per Agenzia delle entrate-Riscossione di subentrare alla società Riscossione Sicilia S.p.A., nell'esercizio delle funzioni relative alla riscossione nel territorio della regione, ha assunto nel 2020 un carattere di urgenza. La perdurante situazione di difficoltà economico-finanziaria di Riscossione Sicilia S.p.A. è apparsa, infatti, ulteriormente compromessa dalle significative perdite di ricavi derivanti dalla sospensione della riscossione fino al 31 dicembre 2020 (disposta dai provvedimenti normativi emanati nel periodo di emergenza epidemiologica). Tale situazione ha impattato negativamente sulla prospettiva di mantenimento del criterio della continuità aziendale.

L’articolo 1, comma 1090 della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) ha previsto  dunque la possibilità per Agenzia delle entrate-Riscossione di subentrare alla società Riscossione Sicilia S.p.A. Al fine di garantire il subentro senza soluzione di continuità la disposizione ha autorizzato autorizza nel 2021 un contributo in conto capitale in favore di Agenzia delle entrate-Riscossione, fino a 300 milioni di euro da erogarsi, entro 30 giorni dalla data di decorrenza del subentro (utilizzabile anche a copertura di eventuali rettifiche di valore dei saldi patrimoniali della società).

Successivamente l’articolo 8 della legge della Regione Siciliana n. 9 del 2021 (legge di stabilità regionale) ha abrogato la l'articolo 28 della legge regionale 11 agosto 2017, n. 16 delegando le funzioni relative alla riscossione sul territorio regionale all'Agenzia delle Entrate, mediante l'Agenzia delle Entrate-Riscossione, con le modalità individuate in apposito accordo tra Ministero dell'economia e delle finanze e Agenzia delle Entrate, volto a definire tutti gli aspetti di natura tecnica ed amministrativa, discendenti dal predetto trasferimento e, relativi al passaggio di funzioni tra Riscossione Sicilia S.p.A. e Agenzia delle Entrate, ivi compresa la cessione delle azioni detenute dalla Regione siciliana. Sino all’adozione della disciplina applicativa, la Regione prosegue con la gestione secondo la normativa vigente all'1 gennaio 2021.

Nelle more del riassetto, l’Assessorato regionale dell'economia - dipartimento regionale delle finanze e del credito è autorizzato ad erogare a Riscossione Sicilia S.p.A., per l'anno 2021, la quota correlata alla notifica della cartella di pagamento che ha luogo secondo le disposizioni sulla remunerazione del servizio di riscossione (previste dall'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112) per un importo complessivo non superiore a 18 milioni. Nelle more del riassetto del sistema della riscossione in Sicilia, Riscossione Sicilia S.p.A. è autorizzata a riversare a partire dal 1° novembre 2021 ed entro il 10 dicembre 2021, con riversamenti decadali e senza applicazioni di interessi, i riversamenti delle somme riscosse (di cui all'articolo 22 del decreto legislativo n. 112/1999) che scadono fino al 30 giugno 2021, con esclusivo riferimento alle sole entrate di spettanza della Regione.

É stato dunque abrogato il comma 2 dell'articolo 12 della legge regionale 12 maggio 2020, n. 9 (legge di stabilità regionale 2020-2022), che attribuiva a Riscossione Sicilia S.p.A., per l'anno 2020, nelle more delle operazioni di concentrazione con Agenzia delle entrate-Riscossione (ADER), a titolo di remunerazione del servizio di notifica delle cartelle, un importo complessivo non superiore a 25 milioni, da destinare prioritariamente alle retribuzioni dovute ai dipendenti, a titolo di anticipazione e con obbligo per la società di procedere alla restituzione, in unica soluzione e senza interessi entro 90 giorni dalla chiusura dell'esercizio 2020.

La legge di stabilità regionale 2021 vieta infine, nelle more dell'attuazione delle norme contenute nella legge nazionale di bilancio 2021, e del passaggio del personale di Riscossione Sicilia S.p.A. alle dipendenze dell'Agenzia delle Entrate - Riscossione, dal 21 aprile 2021 (data di entrata in vigore della legge di stabilità regionale) alla società di effettuare assunzioni di personale, a qualsiasi titolo e con ogni tipologia di contratto di lavoro subordinato.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame dispone dunque che, in attuazione delle richiamate norme della legge di bilancio 2021 dal 30 settembre 2021 Riscossione Sicilia S.p.A. è sciolta, cancellata d'ufficio dal registro delle imprese ed estinta, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione, e i relativi organi decadono, fatti salvi gli adempimenti (di cui al comma 6) prodromici allo scioglimento, ovvero l’approvazione del bilancio di esercizio 2020, la delibera del bilancio di chiusura e la trasmissione alla Regione Siciliana per l’approvazione (cfr. infra).

 

Il comma 2 prevede dunque che dal 1° ottobre 2021, secondo quanto previsto dalla già illustrata legge della Regione Siciliana 15 aprile 2021, n. 9, l'esercizio delle funzioni relative alla riscossione nel territorio regionale, di cui al richiamato 'articolo 2, comma 2, della Legge Regionale del 22 dicembre 2005 n. 19 della medesima Regione Siciliana, sia affidato all'Agenzia delle entrate ed è svolto dall'Agenzia delle entrate-Riscossione che, dalla stessa data, vi provvede, nel territorio della Regione, anche relativamente alle entrate non spettanti a quest’ultima.

 

Di conseguenza dal 1° ottobre 2021 viene modificato l’articolo 3, comma 29-bis del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, al fine di chiarire che nel territorio della Regione Siciliana le funzioni di riscossione sono svolte dall'Agenzia delle entrate mediante la Riscossione S.p.a. ovvero altra società per azioni a maggioranza pubblica, che opera con i medesimi diritti ed obblighi previsti per la stessa Riscossione S.p.a, anche con riferimento alle entrate spettanti alla Regione medesima.

 

Il comma 3 prevede che, per garantire senza soluzione di continuità l’esercizio delle funzioni di riscossione nel territorio della Regione Siciliana, entro il 31 ottobre 2021, è erogato, in favore di Agenzia delle entrate-Riscossione, un versamento in conto capitale di ammontare pari a 300 milioni di euro a carico del bilancio dello Stato, anche a copertura di eventuali rettifiche di valore dei saldi patrimoniali di Riscossione Sicilia S.p.A., a valere sullo stanziamento autorizzato dalla legge di bilancio 2021 (300 milioni di euro, vedi supra).

 

Ai sensi del comma 4, al medesimo fine di assicurare la continuità e la funzionalità nell’esercizio delle attività di riscossione nella Regione Siciliana, Agenzia delle entrate-Riscossione dal 1 ottobre 2021 subentra, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, di Riscossione Sicilia S.p.A. con i poteri e secondo le disposizioni in materia di servizio nazionale della riscossione (di cui al titolo I, capo II, e al titolo II, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602).

 

Il comma 5, tenuto conto della specificità delle funzioni proprie della riscossione e delle competenze tecniche necessarie al loro svolgimento, dispone in ordine al personale della società sciolta: a decorrere dal 1° ottobre 2021, il personale di Riscossione Sicilia S.p.A. con contratto di lavoro a tempo indeterminato, o sino alla scadenza del contratto in essere se a tempo determinato, che alla data di entrata in vigore della presente legge risulti in servizio o assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro, passa alle dipendenze di Agenzia delle entrate-Riscossione senza soluzione di continuità e con la garanzia della conservazione della posizione giuridica, economica e previdenziale maturata alla data del passaggio, ferma restando la ricognizione delle competenze possedute, ai fini di una collocazione organizzativa coerente e funzionale alle esigenze dello stesso ente.

Dalla data del passaggio alle dipendenze di Agenzia delle entrate – Riscossione di cui al periodo che precede, a tale personale è applicata in via esclusiva la contrattazione collettiva vigente presso il nuovo datore di lavoro con immediata cessazione dell’intera contrattazione collettiva, di tutti gli accordi sindacali e degli usi aziendali.

Viene fatto divieto a Riscossione Sicilia S.p.A di effettuare assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia di contratto di lavoro subordinato dalla data di entrata in vigore della norma in esame, ovvero dal 26 maggio 2021.

 

 

Il comma 6 dispone in ordine agli ulteriori adempimenti conclusivi, prevedendo che entro il 30 settembre 2021 l’assemblea degli azionisti di Riscossione Sicilia S.p.A. approvi il bilancio di esercizio per l’anno 2020, corredato delle relazioni di legge. Entro centoventi giorni dalla stessa data, il bilancio di chiusura di Riscossione Sicilia S.p.A. deve essere deliberato dagli organi in carica alla data del relativo scioglimento e, corredato delle relazioni di legge, viene trasmesso per l’approvazione alla Regione Siciliana.

Si applicano le disposizioni dell'articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 novembre 1998, n. 439, che prevede la trasmissione delle delibere di approvazione del bilancio di previsione, delle relative variazioni e del conto consuntivo degli enti pubblici non economici, qualora siano sottoposte ad approvazione del Ministero vigilante, ai sensi della normativa vigente, siano trasmesse, entro dieci giorni dalla data delle delibere stesse, al Ministero vigilante e al MEF.

Esse diventano esecutive se, entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricezione, ridotto a trenta per le delibere di variazione al bilancio di previsione, il Ministero vigilante, anche su segnalazione del MEF, non ne ricusi l'approvazione per vizi di legittimità, con motivato provvedimento che indichi espressamente le norme che si ritengono violate, ovvero non ne disponga il riesame per ragioni attinenti al merito, anche economico-finanziario.

 

Il comma 7 dell’articolo in esame precisa che l’Agenzia delle entrate-Riscossione, previo utilizzo del versamento di 300 milioni di cui al comma 3, è tenuta indenne dalla Regione Siciliana, in misura proporzionale alla percentuale di partecipazione della medesima al capitale sociale di Riscossione Sicilia S.p.A. alla data dello scioglimento, ovvero, alla data dell’eventuale precedente dismissione di tale partecipazione, dalle conseguenze patrimoniali derivanti dall’attività di Riscossione Sicilia S.p.A., ivi comprese quelle:

§  per spese incorse, perdite sostenute o danni, anche non noti alla predetta data, subiti per effetto di un’operazione effettuata o di un atto compiuto o di un fatto determinatosi fino alla stessa data;

§  originate da qualsiasi sopravvenienza passiva, insussistenza dell’attivo o minusvalenza rispetto alle risultanze dei bilanci di cui al comma 6 e che non trovino presidio nei fondi ivi accantonati;

§  originate dall’assenza, incompletezza, o erroneità delle informazioni presenti sui sistemi informativi aziendali, riguardanti i carichi affidati, le relative procedure di recupero e ogni altra attività esperita;

§  scaturenti dal diniego del discarico per inesigibilità (di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n.112).

 

Il Governo nella relazione illustrativa chiarisce che il contributo di cui al comma 3 è destinato a copertura di rettifiche dei valori contabili alla data di subentro e, residualmente, di eventuali altre sopravvenienze passive o insussistenze patrimoniali collegate alle medesime rettifiche che dovessero emergere negli esercizi successivi.

 

Inoltre, ai sensi del comma 8 le obbligazioni gravanti sulla Regione Siciliana ai sensi del richiamato comma 7 sono temporalmente limitate alle richieste di indennizzo avanzate da Agenzia delle entrate-Riscossione entro il 31 dicembre 2030.  Tale limite temporale non opera per le obbligazioni gravanti sulla medesima Regione Siciliana originate dall’assenza, incompletezza, o erroneità delle informazioni presenti sui sistemi informativi aziendali, riguardanti i carichi affidati, le relative procedure di recupero e ogni altra attività esperita, per quelle scaturenti dal diniego del discarico per inesigibilità (ai sensi delle lettere c) e d) dello stesso comma 7) e, comunque, per quelle derivanti dallo svolgimento dell’attività di riscossione.

 

Il comma 9 affida a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanarsi entro il 30 settembre 2021, d’intesa con il Presidente della Regione Siciliana, l’individuazione delle modalità per l’esercizio, nei confronti della Regione Siciliana, della manleva dalle obbligazioni (di cui al comma 7), nonché le procedure di conciliazione per la risoluzione di eventuali controversie, tenendo anche conto della necessità, per quest’ultima, di provvedere alle necessarie variazioni di bilancio.

 

Il comma 10 dispone che, nell’ambito della relazione annuale sui risultati della riscossione (di cui all’articolo 1, comma 14-bis, del decreto-legge 22 ottobre 2016 n. 193), l’Agenzia delle entrate – Riscossione espone separatamente, in apposita sezione da trasmettere alla Regione Siciliana “ai fini della predisposizione del rapporto di cui all'articolo 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196”, le informazioni sui carichi di ruolo concernenti le entrate spettanti alla stessa Regione Siciliana e le relative procedure di riscossione che hanno condotto ai risultati conseguiti, evidenziando in particolare le ragioni della mancata riscossione dei predetti carichi.

 

Il richiamato comma 14-bis dell’articolo 1 del decreto-legge n. 193 del 2016 dispone che il soggetto preposto alla riscossione nazionale rediga una relazione annuale sui risultati conseguiti in materia di riscossione, esponendo distintamente i dati concernenti i carichi di ruolo ad esso affidati, l'ammontare delle somme riscosse e i crediti ancora da riscuotere, nonché le quote di credito divenute inesigibili. La relazione, è trasmessa all'Agenzia delle entrate e al Ministero dell'economia e delle finanze, ai fini dell'individuazione delle metodologie e procedure di riscossione più proficue in termini di economicità della gestione e di recupero dei carichi di ruolo non riscossi.

Il richiamato articolo 10-bis della legge di contabilità generale dello Stato disciplina il contenuto della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanze - Nadef; al comma 5 fa riferimento al rapporto programmatico sulle spese fiscali, che indica gli interventi volti a ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali in tutto o in parte ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che si sovrappongono a programmi di spesa aventi le stesse finalità, che il Governo intende attuare con la manovra di finanza pubblica.

 

Al riguardo si rileva che il testo della norma pubblicato in Gazzetta fa riferimento al “rapporto di cui all’articolo 10-bis”, mentre la relazione illustrativa richiama l'articolo 10-bis.1 della legge di contabilità generale dello Stato, che disciplina il contenuto del rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva predisposto contestualmente alla Nadef.

 

Il comma 11 esenta le operazioni e gli atti disciplinati dalle norme in esame da imposte e tasse di qualsiasi natura.

 

Infine il comma 12 dispone l’adeguamento, da parte della Regione Siciliana, del proprio ordinamento in materia di riscossione, compatibilmente con le attribuzioni previste dallo Statuto e dalle relative norme di attuazione.

 


Articolo 77, comma 1
(Acquisto di beni e servizi dell’Istituto
Nazionale della Previdenza Sociale)

 

 

L’articolo 77, comma 1, dispone l’incremento, nel limite massimo di 45 milioni di euro per l’anno 2021, del valore medio dell’importo delle spese sostenute per l’acquisto di beni e servizi dell’INPS.

 

Più in dettaglio, la norma dispone l’incremento, nel predetto limite massimo di 45 milioni di euro per l’anno 2021, del valore medio dell’importo delle spese sostenute per l’acquisto di beni e servizi dell’INPS, al fine di consentire lo sviluppo dei servizi finalizzati all’erogazione delle prestazioni destinate a contenere gli effetti negativi dell’emergenza epidemiologica COVID-19 sul reddito dei lavoratori.

 

Si ricorda, al riguardo, che l’art. 1, comma 591, della L n. 160/2019 (legge di bilancio per il 2020) aveva previsto che, a decorrere dal 2020, le amministrazioni pubbliche (tra cui rientra l’INPS) non potessero effettuare spese per l’acquisto di beni e servizi per un importo superiore al valore medio sostenuto per le medesime finalità negli esercizi finanziari 2016, 2017 e 2018, come risultante dai relativi rendiconti o bilanci deliberati.

L’articolo 101 del D.L. n. 34/2020 ha successivamente innalzato i tetti di spesa per acquisti di beni e servizi da parte dell’INPS, nel limite di 68 milioni per il 2020.

La relazione tecnica giustifica l’intervento in questione in considerazione della fase emergenziale ancora in atto, nonché dell’intento del Governo di rafforzare le misure di sostegno economico dei lavoratori e favorire la continuità dei rapporti di lavoro e lo sviluppo delle attività produttive. In ragione di ciò, l’INPS è dunque chiamato, anche nel 2021, a “potenziare le attività che favoriscono l’erogazione delle prestazioni ai lavoratori e dei servizi alle aziende attraverso soluzioni basate su servizi digitali e di contact center multicanale idonei a ridurre le esigenze di mobilità dei lavoratori, degli esponenti aziendali e degli intermediari previdenziali”. L’obiettivo della norma, pertanto, è quello di preservare in capo all’INPS, anche per l’esercizio finanziario 2021, la capacità di spesa per il finanziamento dello sviluppo dei suddetti servizi.

 

Agli oneri derivanti dalla norma, quantificati, come detto, in 45 milioni di euro per il 2021, si provvede ai sensi del successivo comma 10, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 


Articolo 77, comma 2
(Fondo per la definizione di contenziosi di pertinenza
di altre amministrazioni pubbliche)

 

 

L’articolo 77, comma 2, istituisce un fondo con una dotazione di 500 milioni di euro per l’anno 2021 da ripartire per la sistemazione contabile di somme anticipate, in solido, da parte delle amministrazioni centrali dello Stato, per la definizione di contenziosi di pertinenza di altre amministrazioni pubbliche.

 

Il riparto del fondo è disposto con decreto del Ragioniere generale dello Stato, ai sensi dell’articolo 4-quater, comma 2, del decreto legge n. 32 del 2019.

 

L’art. 4-quater, comma 2, del decreto-legge n. 32 del 2019, al fine di semplificare e accelerare le procedure di assegnazione di fondi nel corso della gestione, prevede che le variazioni di bilancio di cui ai seguenti articoli della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009) vengano disposte con decreti del Ragioniere generale dello Stato:

§  articolo 24, comma 5-bis, ovvero quelle occorrenti per l'iscrizione nei diversi stati di previsione della spesa interessati delle somme versate all'entrata del bilancio dello Stato finalizzate per legge al finanziamento di specifici interventi o attività. In precedenza tali variazioni di bilancio erano disposte dal Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente;

§  articolo 27, relativo ai Fondi speciali per la reiscrizione in bilancio di residui passivi perenti delle spese correnti e in conto capitale. In precedenza il trasferimento di somme da tali fondi speciali e la loro corrispondente iscrizione alle unità elementari di bilancio, ai fini della gestione e della rendicontazione, aveva luogo mediante decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, da registrare alla Corte dei conti, con riferimento alle dotazioni di competenza e a quelle di cassa delle unità elementari di bilancio interessate;

§  articolo 29, inerente il Fondo di riserva per le autorizzazioni di cassa. In precedenza i decreti di variazione riguardanti tale Fondo erano disposte con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro interessato, da comunicare alla Corte dei conti. Tali decreti di variazione erano inoltre trasmessi al Parlamento.

§  articolo 33, commi 4-ter e 4-sexies, relativi alle variazioni compensative nell’ambito dello stato di previsione di ciascun Ministero, in sede di disegno di legge di assestamento. In precedenza le variazioni compensative di cui al comma 4-ter, aventi ad oggetto consumi intermedi e investimenti fissi lordi, erano disposte con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta del Ministro competente; le variazioni aventi ad oggetto spese concernenti l'acquisto di beni e servizi comuni a più centri di responsabilità amministrativa, gestite nell'ambito dello stesso Ministero da un unico ufficio o struttura di servizio, potevano essere disposte con decreto interdirettoriale del dirigente generale, cui fa capo il predetto ufficio o struttura di servizio del Ministero interessato, e dell'Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale del bilancio della Ragioneria generale dello Stato, da comunicare alla Corte dei conti. Le variazioni di bilancio di cui al comma 4-sexies, necessarie alla ripartizione nel corso dell'esercizio finanziario, anche tra diversi Ministeri, di fondi da ripartire istituiti per legge erano disposte, salvo che non fosse diversamente previsto dalla legge medesima, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze su proposta dei Ministri interessati.

 


Articolo 77, commi 2-bis-2-sexies
(Fondo per gli indennizzi degli immobili danneggiati dalle emissioni del gruppo ILVA di Taranto)

 

 

I commi 2-bis-2-sexies, aggiunti allarticolo 77 nel corso dell’esame alla Camera, istituiscono e disciplinano un Fondo, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 5 milioni di euro per il 2021 e 2,5 milioni di euro per il 2022, per il riconoscimento di un indennizzo, nel limite di spesa massima autorizzata, per i danni agli immobili derivanti dall'esposizione prolungata all’inquinamento degli stabilimenti siderurgici del gruppo ILVA di Taranto (comma 2-bis). Il diritto all’indennizzo è previsto per i proprietari di immobili dei quartieri della città di Taranto in favore dei quali sia stata emessa sentenza de?nitiva di risarcimento dei danni a carico di ILVA S.p.A. (comma 2-ter) ed è riconosciuto nella misura massima del 20 per cento del valore di mercato dell'immobile danneggiato al momento della domanda e comunque per un ammontare non superiore a 30.000 euro per ciascuna unità abitativa (comma 2-quater). Con l’emanazione di un decreto del Ministero dello sviluppo economico, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge, sono stabilite le condizioni e le modalità per la richiesta di accesso al Fondo e per la liquidazione dell'indennizzo (comma 2-quinquies). Agli oneri previsti si provvede mediante riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili di cui all’art. 1, comma 200, della legge 190/2014, come rifinanziato dall’art. 77, comma 7 del presente decreto-legge (comma 2-sexies).

 

Nello specifico, i commi da 2-bis a 2-sexies, aggiunti all’articolo 77 nel corso dell’esame alla Camera, istituiscono e disciplinano un Fondo volto a garantire indennizzi a favore dei proprietari degli immobili danneggiati dalle emissioni inquinanti provocate dagli stabilimenti siderurgici del gruppo ILVA di Taranto.

 

Il comma 2-bis istituisce nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un Fondo con una dotazione di 5 milioni di euro per l'anno 2021 e di 2,5 milioni di euro per l'anno 2022, per il riconoscimento di un indennizzo, nel limite di spesa delle dotazioni previste, per i danni agli immobili derivanti dall'esposizione prolungata all'inquinamento provocato dagli stabilimenti siderurgici di Taranto del gruppo ILVA.

Il comma 2-ter riconosce il diritto di accesso al Fondo, nei limiti delle disponibilità finanziarie del medesimo fondo, ai proprietari di immobili siti nei quartieri della città di Taranto oggetto dell'aggressione di polveri provenienti dagli stabilimenti siderurgici del gruppo ILVA, in favore dei quali sia stata emessa sentenza definitiva di risarcimento dei danni, a carico di ILVA Spa, attualmente sottoposta ad amministrazione straordinaria, con insinuazione del credito allo stato passivo della procedura, in ragione dei maggiori costi connessi alla manutenzione degli stabili di loro proprietà ovvero per la riduzione delle possibilità di godimento dei propri immobili, nonché per il deprezzamento subìto dagli stessi a causa delle emissioni inquinanti provenienti dagli stabilimenti siderurgici del gruppo ILVA.

 

In merito, la terza sezione civile della Corte di cassazione ha confermato nella sentenza n. 18810 del 2021, respingendo il ricorso del gruppo ILVA, la legittimità delle sentenze del Tribunale di Taranto del 2014 (sentenza n. 708 del 6 marzo 2014) e della Corte d'Appello Corte di Appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto del 2018 (sentenza n. 45 del 31 gennaio 2018) , che avevano riconosciuto il diritto al risarcimento per il "ridotto godimento dei propri immobili" determinato dalle emissioni inquinanti del gruppo ILVA S.p.A di Taranto. La Corte di cassazione sottolinea che “…la giurisprudenza di questa Corte ha già più volte riconosciuto che la compressione o la limitazione del diritto di proprietà o altro diritto reale, che siano causate dall'altrui fatto dannoso, sono suscettibili di valutazione economica non soltanto se ne derivi la necessità di una spesa ripristinatoria (cosiddetto danno emergente) o di perdite dei frutti della cosa (lucro cessante), ma anche se la compressione e la limitazione del godimento siano sopportate dal titolare con suo personale disagio o sacrificio (v., da ultimo, Cass. 17/12/2019, n. 33439; v. anche Cass. 26/09/2018, n. 22824; sulla risarcibilità dei danni conseguenti al ridotto godimento dell'immobile, v. già Cass. 27/07/1988, n. 4779; Cass. 29/11/2005, n. 25921, nella quale, diversamente da quanto argomentato dalla ricorrente in memoria, non si fa solo riferimento ai danni, derivanti in quel caso da vizi dell'opera appaltata, « riconducibili alla necessità di procedere ad interventi finalizzati alla eliminazione dei vizi dell'opera appaltata», ma anche a quelli conseguenti alla «ridotta utilizzazione dell'appartamento a seguito della ingiustificata protrazione dei lavori da eseguire all'interno dell'immobile rispetto ai termini contrattualmente previsti»)”.

Per approfondimenti sull’intera vicenda dell’ILVA si rinvia alla ricostruzione fornita con l’informativa resa, al Senato e alla Camera, da parte del Ministro dello sviluppo economico in data 7 novembre 2019.

Si ricorda inoltre che, come evidenziato nel comunicato stampa di Invitalia del 10 dicembre 2020, l’accordo di investimento “tra Arcelor Mittal Holding Srl, Arcelor Mittal Sa e Invitalia per una nuova fase di sviluppo ecosostenibile dell’Ilva di Taranto” è stato firmato il 10 dicembre 2020.

Per una introduzione ai contenuti del piano ambientale e al processo attraverso il quale si è pervenuti all’approvazione del D.P.C.M. 29 settembre 2017 si veda il paragrafo “Il c.d. piano ambientale” del tema (tratto dal dossier di inizio della XVIII, quindi aggiornato a marzo 2018) “Emergenza ambientale nell'area dell'ILVA di Taranto”.

 

Il comma 2-quater specifica che il previsto indennizzo è riconosciuto nella misura massima del 20 per cento del valore di mercato dell'immobile danneggiato al momento della domanda e comunque per un ammontare non superiore a 30.000 euro per ciascuna unità abitativa.

Il comma 2-quinquies prevede che con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le condizioni e le modalità per la presentazione della richiesta per l'accesso al Fondo e per la liquidazione dell'indennizzo, anche al fine del rispetto del limite di spesa previsto.

Il comma 2-sexies stabilisce la copertura degli oneri derivanti dai commi da 2-bis a 2-quinquies, pari a 5 milioni di euro per l'anno 2021 e a 2,5 milioni di euro per l'anno 2022, mediante corrispondente riduzione del Fondo per le esigenze indifferibili (articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190), come rifinanziato dall'articolo 77, comma 7, del presente decreto.


Articolo 77, comma 3
(Incremento risorse del Fondo Sviluppo e Coesione)

 

 

Il comma 3 dell’articolo 77 incrementa di 200 milioni per il 2021 le risorse del Fondo sviluppo e coesione (FSC) per il periodo di programmazione 2021-2027.

 

La disposizione in esame si limita ad incrementare la dotazione del Fondo senza tuttavia indicarne alcuna specifica finalità di destinazione.

 

Agli oneri relativi al rifinanziamento si provvede ai sensi del successivo comma 10 dell’articolo in esame.

Al riguardo si segnala che contestualmente al finanziamento in oggetto, il successivo comma 10 – nel definire la copertura finanziaria degli oneri complessivi del D.L. in esame – dispone, alla lettera c), una riduzione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, relative al ciclo di programmazione 2021-2027, di 50 milioni per il 2024, 50 milioni per il 2025, 100 milioni per il 2026, nonché una riduzione in soli termini di fabbisogno e indebitamento netto di 10 milioni di euro per il 2027.

 

Il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) è lo strumento finanziario nazionale attraverso il quale vengono attuate le politiche per lo sviluppo orientate alla coesione economica, sociale e territoriale e alla rimozione degli squilibri economici e sociali, in attuazione dell’articolo 119, comma 5, della Costituzione.

Nel Fondo sono iscritte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate alle finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici. Il requisito dell'aggiuntività è espressamente precisato dalla disciplina istitutiva del Fondo, laddove si dispone (art. 2 del D.Lgs. n. 88/2011) che le risorse non possono essere sostitutive di spese ordinarie del bilancio dello Stato e degli enti decentrati, in coerenza con l'analogo criterio dell'addizionalità previsto per i fondi strutturali dell'Unione europea.

Il Fondo ha carattere pluriennale, in coerenza con l'articolazione temporale della programmazione dei Fondi strutturali dell'Unione europea, garantendo l'unitarietà e la complementarietà delle procedure di attivazione delle relative risorse con quelle previste per i fondi comunitari. L'intervento del Fondo è destinato al finanziamento di progetti strategici, sia di carattere infrastrutturale sia di carattere immateriale, di rilievo nazionale, interregionale e regionale, aventi natura di grandi progetti o di investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente connessi.

Le risorse sono destinate ai territori secondo la chiave di riparto dell’80 per cento alle aree del Mezzogiorno e del 20 per cento alle aree del Centro-Nord.

 

Relativamente alle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per il ciclo di programmazione 2021-2027, si ricorda che l’articolo 1, comma 177, della legge di bilancio per il 2021 (legge n. 170/2020) ha disposto una prima assegnazione di risorse aggiuntive nell’importo di 50 miliardi di euro, destinate esclusivamente ad interventi per lo sviluppo, volti a ridurre i divari socio-economici e territoriali tra le diverse aree del Paese.

Una quota parte dei 50 miliardi autorizzati dalla legge di bilancio 2021 è stata peraltro già impiegata dalla legge di bilancio stessa, per un importo di circa 6.025 milioni, con corrispondete riduzione delle risorse del Fondo 2021-2027 a circa 44 miliardi.

Nel disciplinare le procedure per la programmazione delle risorse, il successivo comma 178 ha stabilito l’impiego della dotazione finanziaria del FSC 2021-2027 per obiettivi strategici, in coerenza con gli obiettivi e le strategie dei fondi strutturali e di investimento europei 2021-2027 nonché con le politiche di investimento e di riforma previste nel Piano nazionale per la ripresa e la resilienza (PNRR), secondo princìpi di complementarità e addizionalità delle risorse.

Le risorse del FSC 2021-2027 sono state incrementate di 15,5 miliardi per le annualità dal 2022 al 2031 dall’articolo 2 del D.L. 6 maggio 2021, n. 59. Il rifinanziamento è connesso a quanto indicato dal Governo nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), presentato alla UE il 30 aprile 2021, nel quale è indicato un anticipo della programmazione del Fondo, in linea con le politiche settoriali di investimento e di riforma previste nel PNRR, secondo un principio di complementarità e di addizionalità delle risorse.

 

 


Articolo 77, comma 4
(Incremento risorse del Fondo unico per l’edilizia scolastica)

 

 

Il comma 4 dell’articolo 77 incrementa di 150 milioni per il 2021 le risorse del Fondo unico per l’edilizia scolastica.

 

Il Fondo unico è stato istituito ai sensi dell'art.11, comma 4-sexies, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n.179 (e non n.17 come recato nella disposizione in esame).

Agli oneri relativi al rifinanziamento del Fondo si fa rinvio al successivo comma 10 dell’articolo in esame.

Va peraltro rilevato che il finanziamento in oggetto è in parte compensato proprio da una riduzione del medesimo Fondo unico disposta ai sensi del richiamato comma 10, riguardante la copertura finanziaria degli oneri complessivi del presente provvedimento.

Nello specifico, il comma 10, alla lettera d), dispone una riduzione delle risorse del Fondo unico, pari a 50 milioni per ciascuno degli anni 2024 -2026 e pari a 10 milioni di euro per il 2027, solo in termini di fabbisogno e indebitamento netto.

L'esito complessivo è quello di far sì che - (tendenzialmente) a parità di risorse complessive in una prospettiva pluriennale - il Fondo Unico per l'edilizia scolastica possa disporre anticipatamente (cioè per il corrente anno) di parte delle risorse programmate per gli anni a venire (sino al 2027).

 

L'all'art.11, comma 4-sexies, del D.L. 179/2012 ha istituito, nello stato di previsione dell'allora Ministero dell'istruzione, università e ricerca, ora Ministero dell'istruzione, il Fondo unico per l'edilizia scolastica, nel quale confluiscono tutte le risorse iscritte nel bilancio dello Stato comunque destinate a finanziare interventi di edilizia scolastica.

 

Nell'ambito del Fondo unico, ai sensi dell'art. 58-octies del D.L. 124/2019,  è stata istituita un'apposita sezione, con la dotazione di 5 milioni di euro per l'anno 2019 e di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2025, per interventi diretti a far fronte ad esigenze urgenti e indifferibili di messa in sicurezza e riqualificazione energetica degli edifici scolastici pubblici. Nell'ambito di tali interventi, le vi sono quelli da realizzare a seguito delle verifiche di vulnerabilità sismica effettuate ai sensi dell'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 20 marzo 2003, n. 3274 (per le zone 3 e 4) e dell'art. 20-bis del D.L. 8/2017 (per le zone 1 e 2).

Ad un decreto del Ministro dell'istruzione (allora MIUR), sentiti i competenti Dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei ministri, che avrebbe dovuto essere emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 124/2019, erano demandate l'individuazione delle modalità di accesso alle risorse della richiamata sezione del Fondo, delle priorità degli interventi,  nonché di ogni altra disposizione occorrente per l'attuazione dell'intervento normativo.

Successivamente, le risorse previste dall'articolo 58-octies per gli anni 2019-2021 sono state utilizzare per assicurare una quota della copertura degli , in quota parte, finanziare gli interventi urgenti per l'avvio e il regolare svolgimento dell'anno scolastico 2020/2021 ai sensi dell'art.32-bis, comma 3, del D.L. 104/2020. Nello specifico, dette risorse sono state trasferite agli enti locali per la realizzazione, a seguito dell'emergenza da COVID-19, di interventi strutturali o di manutenzione straordinaria finalizzati all'adeguamento e all'adattamento a fini didattici degli ambienti e degli spazi, anche assunti in locazione.

Con decreto del Ministro dell'istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze 1 gennaio 2021 si è provveduto alla definizione dei criteri per l’assegnazione di risorse agli enti locali per la realizzazione dei richiamati interventi finalizzati all’adeguamento e all’adattamento a fini didattici degli ambienti e degli spazi, ai sensi dell’articolo 32-bis del DL 104/2020.

Ancor prima, peraltro, con l'art.232, comma 8, del D.L. 34/2020, erano stati stanziati 30 milioni di euro per il 2020 a titolo di incremento delle risorse del "fondo per le emergenze di cui al Fondo unico per l'edilizia scolastica", con la finalità di sostenere gli enti locali nella realizzazione di interventi urgenti di edilizia scolastica e di adattamento degli ambienti e delle aule didattiche per il contenimento del contagio relativo al Covid-19 in vista dell'avvio dell'anno scolastico 2020-2021.

 

Il riparto dello stanziamento è stato effettuato con il DM 77 del 29 luglio 2020 ed ha interessato tutte le province e città metropolitane nonché i comuni con popolazione scolastica pari o superiore alle 10.000 unità (di cui all'allegato 1). Gli importi sono stati erogati in funzione crescente al numero degli studenti). Le spese ammissibili sono le seguenti: lavori di manutenzione straordinaria su edifici pubblici destinati ad uso scolastico, nonché per opere murarie, impianti e sistemazioni esterne; acquisto di beni durevoli, come a titolo esemplificativo, tensostrutture o strutture modulari per la realizzazione di nuovi spazi; interventi edilizi di adeguamento di edifici pubblici per la creazione di nuovi spazi utilizzabili per la didattica.

 

Da ultimo, la L. di bilancio 2021 ( L. 178/2020: art. 1, co. 811) ha incrementato di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023 le risorse destinate al medesimo "fondo per le emergenze di cui al Fondo unico per l'edilizia scolastica".

 

Le risorse per il Fondo, iscritte sul cap. 8105, sono pari a 527,8 milioni per il 2021.

 

 


 


Articolo 77, comma 5
(Incremento del Fondo di rotazione per
l’attuazione delle politiche comunitarie)

 

 

Il comma 5 dell’articolo 77 incrementa di 100 milioni per il 2025 e di 140 milioni per il 2026 la dotazione del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (c.d. Fondo IGRUE).

 

Il comma 5 incrementa la dotazione del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie, previsto dall’articolo 5 della legge n. 183 del 1987 (c.d. Fondo IGRUE), di 100 milioni per il 2025 e di 140 milioni per il 2026.

 

Nel "Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie" (c.d. Fondo IGRUE), previsto dall’art. 5, comma 1, della legge n. 183/1987, si rammenta, sono iscritte le risorse nazionali destinate, per il principio della addizionalità, al cofinanziamento degli interventi comunitari nelle aree obiettivo dei fondi strutturali (cap. 7493/MEF).

Il fondo di rotazione è gestito presso la Ragioneria Generale dello Stato con gestione autonoma fuori del bilancio dello Stato, con compiti di intermediazione sui flussi finanziari Italia-Ue, al fine di consentire una maggiore celerità e trasparenza delle procedure finanziarie riguardanti l’attivazione delle risorse UE. Nel Fondo di rotazione transitano quindi entrambi i flussi finanziari (risorse comunitarie e di cofinanziamento nazionale) a cui la RGS-IGRUE attinge per effettuare trasferimenti e pagamenti in favore delle Amministrazioni titolari degli interventi. Attraverso il Fondo di rotazione si assicura, in particolare, la centralizzazione presso la tesoreria dello Stato dei flussi finanziari provenienti dall’Unione europea e la gestione univoca dei relativi trasferimenti in favore delle Amministrazioni e degli Enti titolari, consentendo anche di monitorare l’impatto di tali flussi sugli aggregati di finanza pubblica, in funzione anche del rispetto dei vincoli del patto di stabilità.

 

Per quel che concerne le risorse del Fondo IGRUE, la legge di bilancio 2021 (legge n. 178/2020), nel disciplinare all’articolo 1, comma 51, il cofinanziamento nazionale degli interventi cofinanziati dall’Unione europea per il periodo di programmazione 2021-2027, ha disposto, in Sezione II, il rifinanziamento del Fondo per il cofinanziamento degli interventi del ciclo di programmazione 2021-2027 per un importo complessivo pari a 39 miliardi per il periodo 2021-2030 (di cui 2 miliardi per il 2021, 2,5 miliardi per il 2022, 4,624 miliardi per il 2023, 5 miliardi per ciascuno degli anni dal 2024 al 2027, 3,3 miliardi per ciascuno degli anni 2028 e 2029 e 3,276 miliardi per l’anno 2030).

Tali risorse vanno a sommarsi a quelle già presenti nel bilancio dello Stato relative al cofinanziamento nazionale degli interventi del precedente ciclo di programmazione 2014-2020 (per le quali la stessa legge di bilancio ha peraltro disposto una riprogrammazione di 3,199 miliardi posticipati dal 2023 al 2024 e annualità successive), come evidenziato nella successiva tabella.

(milioni di euro)

Fondo IGRUE (cap. 7493/MEF)

2021

2022

2023

2024 e ss

Risorse ciclo 2014-2020

4.125,0

5.375,0

6.475,0

19.525,0

Risorse ciclo 2021-2027 (L. Bilancio 2021)

2.000,0

2.500,0

4.624,0

29.876,0

Riprogrammazione II Sezione (L. Bilancio 2021)

-

-

-3.199,0

3.199,0

Rifinanziamento art. 77, co. 5, D.L. in esame

 

 

 

240,0

LEGGE DI BILANCIO 2021

6.125,0

7.875,0

7.900,0

52.840,0

 

 


Articolo 77, comma 6
(Fondo art. 13-dudodecies D.L. 137/2020 per gli oneri
derivanti dall'estensione delle misure restrittive)

 

 

L’articolo 77, comma 6, incrementa di 100 milioni di euro per l'anno 2021 e di 130 milioni di euro per l'anno 2022 le risorse del Fondo previsto all’articolo 13-duodecies del decreto-legge n. 137 del 2020 per provvedere agli oneri derivanti dall’estensione delle misure restrittive adottate per fronteggiare gli effetti della pandemia anche in conseguenza delle relative ordinanze del Ministero della salute.

 

In particolare, il comma 6 incrementa di 100 milioni di euro per l’anno 2021 e di 130 milioni di euro per l’anno 2022 le risorse del Fondo di cui all’articolo 13-duodecies del decreto-legge n. 137 del 2020, convertito con modificazioni, dalla legge n. 176 del 2020.

Per la copertura degli oneri finanziari si rinvia al comma 10.

 

Si rammenta che, per quanto di interesse, l’articolo 13-duodecies del decreto-legge n. 137 del 2020 rinvia (comma 1) alle ordinanze del Ministro della salute adottate ai sensi dell’articolo 19-bis del medesimo decreto per quanto riguarda la classificazione e l’aggiornamento delle aree del territorio nazionale, caratterizzate da uno scenario di elevata o massima gravità e da un livello di rischio alto (c.d. area arancione e rossa).

Il comma 2 stabilisce che agli oneri derivanti dall’estensione delle misure di cui agli articoli 1, 1-bis, 8-bis, 9-bis, 9-quinquies, 13-bis, 13-ter, 13-terdecies e 22-bis, anche in conseguenza delle ordinanze del Ministero della salute del 10 novembre 2020, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 280 del 10 novembre 2020, del 13 novembre 2020, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 284 del 13 novembre 2020, e del 20 novembre 2020, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 290 del 21 novembre 2020 nonché in conseguenza delle eventuali successive ordinanze del Ministero della salute, adottate ai sensi dell’articolo 19-bis, si provvede nei limiti del fondo allo scopo istituito nello stato di previsione del MEF.

Il comma 3 precisa che le risorse del fondo sono utilizzate anche per le eventuali regolazioni contabili mediante versamento sulla contabilità speciale n. 1778, intestata: «Agenzia delle entrate - Fondi di bilancio». In relazione alle maggiori esigenze derivanti dall’attuazione degli articoli 9-bis, 13-bis, 13-terdecies e 22-bis, il comma autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare nei limiti delle risorse disponibili del fondo di cui al comma 2 le occorrenti variazioni di bilancio anche in conto residui. Il comma 4 dispone che le risorse del fondo non utilizzate alla fine dell’esercizio finanziario 2020 sono conservate nel conto dei residui per essere utilizzate per le medesime finalità previste dal comma 2 anche negli esercizi successivi.

 

La relazione tecnica chiarisce che l'incremento del Fondo è finalizzato, in via prudenziale, a far fronte ad eventuali necessità derivanti da provvedimenti di chiusura delle attività economiche adottati nel corso del 2021, motivati dall’esigenza sanitaria in corso.

 

 


Articolo 77, comma 7
(Incremento Fondo esigenze indifferibili in corso di gestione)

 

 

L’articolo 77, comma 7, incrementa le risorse del Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione di 800 milioni per l’anno 2021 e di 100 milioni per l’anno 2022.

 

Si tratta del fondo istituito dall'articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014), iscritto sul capitolo n. 3076 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Nel bilancio per il 2021-2023 (legge n. 178 del 2020 e relativo D.M. 30 dicembre 2020 di ripartizione in capitoli), il Fondo presenta una dotazione di 645,2 milioni per il 2021, 383,5 milioni per il 2022 e di 431,8 milioni per il 2023.

La dotazione del Fondo è stata ridotta, nel corso dell’anno, di:

§  5,6 milioni di euro per il 2021 e di 10,8 milioni annui a decorrere dall'anno, ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera b) del D.L. n. 22/2021 (Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri);

§  di 35 milioni di euro per il 2023, 14 milioni per il 2024 e di 8 milioni per l’anno 2025, ai sensi dell'articolo 42, comma 10, lettera d), del D.L. n. 41/2021 (c.d. "sostegni") in corso di esame alla Camera dei deputati. Il medesimo decreto-legge n. 41 prevede altresì, all’art. 41, un incremento della dotazione del Fondo di 550 milioni di euro per l’anno 2021;

§  di 10,1 milioni nel 2033 e di 3,4 milioni nel 2034, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera c), del D.L. n. 59/2021 (istitutivo del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR) in corso di esame al Senato.

 

Ai relativi oneri si provvede ai sensi del successivo comma 10 dell’articolo 77 in esame (alla cui scheda si rinvia), che reca la copertura finanziaria degli oneri complessivi del provvedimento.

 

Si segnala, peraltro, che il rifinanziamento autorizzato dal comma in esame del Fondo in questione è utilizzato a copertura degli oneri derivanti da numerose disposizioni contenute nel provvedimento in esame.

 


Articolo 77, commi 8 e 10-13
(Copertura finanziaria oneri del provvedimento)

 

 

L’articolo 77 reca, ai commi 8 e da 10 a 13, le disposizioni finanziarie per la copertura degli oneri recati dal provvedimento.

In particolare, il comma 8 provvede a quantificare gli interessi passivi sui titoli del debito pubblico derivanti dagli effetti del ricorso all’indebitamento, autorizzato dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica il 22 aprile 2021, a valere sul quale è posta la gran parte della copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento (indebitamento di cui al comma 10, lettera h)).

Il comma 10, modificato nel corso dell’esame alla Camera a seguito dell’inserimento nel decreto in esame delle disposizioni del D.L. 30 giugno 2021, n. 99, recante “Misure urgenti in materia fiscale, di tutela del lavoro, dei consumatori e di sostegno alle imprese”, reca la quantificazione degli oneri derivanti dal provvedimento in esame e l'individuazione delle relative coperture finanziarie.

Il comma 11 provvede, alla luce del maggiore indebitamento, ad incrementare, per il triennio 2021-2023, il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario sostituendo, di conseguenza, l'allegato 1 all'articolo 1, comma 1, della legge di bilancio per il 2021.

Il comma 12 provvede ad innalzare da 180 a 223 miliardi l'importo massimo di emissione di titoli pubblici per l’anno 2021.

Il comma 13 provvede, infine, ad autorizzare il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio nonché a disporre, ove necessario, il ricorso ad anticipazioni di tesoreria.

 

In particolare, il comma 8 quantifica l’entità degli interessi passivi sui titoli del debito pubblico derivanti dagli effetti del ricorso all’indebitamento - autorizzato dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica il 22 aprile 2021 con le risoluzioni di approvazione (a maggioranza assoluta) della Relazione presentata al Parlamento ai sensi dell’articolo 6 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (si veda, al riguardo, il box riportato alla fine del comma 10) – per la quota parte indicata dal comma 10, lettera h), necessaria a garantire la copertura finanziaria alle misure di sostegno introdotte dal decreto-legge in esame.

Gli interessi passivi sui titoli del debito pubblico sono valutati in:

§  150 milioni di euro per l’anno 2022,

§  208 milioni per l’anno 2023,

§  247 milioni per l’anno 2024,

§  307 milioni per l’anno 2025,

§  366 milioni per l’anno 2026,

§  449 milioni per l’anno 2027,

§  517 milioni per l’anno 2028,

§  575 milioni per l’anno 2029,

§  625 milioni per l’anno 2030,

§  712 milioni per l’anno 2031,

§  782 milioni per l’anno 2032,

§  836 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2033.

Tali importi aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto, a:

§  23 milioni di euro per l’anno 2021,

§  155 milioni per l’anno 2022,

§  235 milioni per l’anno 2023,

§  291 milioni per l’anno 2024,

§  364 milioni per l’anno 2025,

§  433 milioni per l’anno 2026,

§  526 milioni per l’anno 2027,

§  586 milioni per l’anno 2028,

§  650 milioni per l’anno 2029,

§  708 milioni per l’anno 2030,

§  767 milioni per l’anno 2031,

§  876 milioni per l’anno 2032,

§  929 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2033.

 

Il comma 10, come modificato nel corso dell’esame alla Camera, reca la quantificazione e la copertura finanziaria degli oneri complessivi derivanti dalle disposizioni del provvedimento, ad esclusione di alcuni articoli (si tratta degli articoli 13, comma 3, 16, 17, 23, 29, 35, 46, commi da 1 a 4, 47, 57, 68, commi da 3 a 15, 71, 75 e 76), i quali - come anche evidenziato nella Relazione tecnica - non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Le modifiche apportate al comma nel corso dell’esame alla Camera – che riguardano gli oneri per gli anni 2021 e 2022 - sono sostanzialmente conseguenti all’inserimento nel provvedimento in esame delle disposizioni del D.L. 30 giugno 2021, n. 99, recante “Misure urgenti in materia fiscale, di tutela del lavoro, dei consumatori e di sostegno alle imprese”.

Gli oneri complessivi sono determinati nei seguenti importi:

§  in termini di saldo netto da finanziare, in 43.803,433 milioni di euro per l’anno 2021, 2.326,511 milioni nel 2022, 777,051 milioni per l’anno 2023, 649,21 milioni per l’anno 2024, 749,88 milioni per l’anno 2025, 870,97 milioni nel 2026, 805,61 milioni per l’anno 2027, 875,61 milioni per l’anno 2028, 937 milioni per l’anno 2029, 956,79 milioni per l’anno 2030, 1.084,48 milioni per l’anno 2031, 1.086,34 milioni nel 2032, 1.112,65 milioni per l’anno 2033 e 1.084,7 milioni annui a decorrere dal 2034, che aumentano, in termini di saldo netto da finanziare di cassa a 44.360,333 milioni di euro per l’anno 2021,

§  in termini di indebitamento netto e fabbisogno in 2.776,711 milioni di euro nel 2022, 1.221,901 milioni per l’anno 2023, 759,31 milioni per l’anno 2024, 873,51 milioni per l’anno 2027, 935,41 milioni per l’anno 2028, 1.002,6 milioni per l’anno 2029, 1.030,19 milioni per l’anno 2030, 1.129,68 milioni nel 2031, 1.170,54 milioni nel 2032, 1.195,85 milioni per l’anno 2033 e 1.167,9 milioni annui a decorrere dal 2034.

 

Ai sensi delle lettere da a) a l) del comma 10, a tali oneri si provvede:

a)  quanto a 130,18 milioni di euro per l’anno 2021, 1.370,25 milioni per l’anno 2022, 776,05 milioni per l’anno 2023, 81,79 milioni nel 2024, 61,76 milioni nel 2025, 58,56 milioni nel 2026, 61,67 milioni per l’anno 2027, 56,2 milioni nel 2028, 55,56 milioni nel 2029, 55,16 milioni nel 2030, 1,21 milioni nel 2031, 1,16 milioni nel 2032 e 0,20 milioni nel 2034, che aumentano a 1.575,05 milioni di euro per l'anno 2022 in termini di saldo netto da finanziare di cassa e, in termini di fabbisogno e indebitamento netto, in 251,449 milioni di euro per l’anno 2021, 1.869,483 milioni per l’anno 2022, 906,79 milioni per l’anno 2023, 86,64 milioni per l’anno 2024, 66,61 milioni per l’anno 2025, 63,41 milioni nel 2026, 66,52 milioni per l’anno 2027, 61,05 milioni nel 2028, 60,41 milioni nel 2029, 60,01 milioni nel 2030, 6,06 milioni nel 2031, 6,01 milioni nel 2032, 4,85 milioni per l’anno 2033, 5,05 milioni per l’anno 2034 e 4,85 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2035, mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dagli articoli 9, 11-ter, 14, 19, 20, 26, 30, 40, 41, 42 comma 10, 43, 50, 72 e 74 (comma 10, lett. a);

b)  quanto a 24,70 milioni di euro per l’anno 2023, 24,20 milioni per l'anno 2024, 25,50 milioni l'anno 2025, 27,30 milioni per l'anno 2026, 28,80 milioni per l'anno 2027, 31,10 milioni per l'anno 2028, 34,50 milioni per l'anno 2029, 38,80 milioni per l'anno 2030, 39,20 milioni per ciascuno degli anni dal 2031 al 2033, 225,50 milioni per l'anno 2034 e a 225,70 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2035, mediante corrispondente riduzione del Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili che si presentano in corso di gestione, di cui all’art. 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014) (comma 10, lett. b).

Si tratta, si rammenta, del Fondo iscritto sul capitolo 3076 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze; per la ricostruzione delle risorse del Fondo si rinvia alla scheda relativa all’articolo 77, comma 7, del provvedimento in esame.

c)   quanto a 50 milioni di euro per l’anno 2024, 50 milioni di euro per l’anno 2025 e 100 milioni di euro nell’anno 2026, nonché a 10 milioni di euro per l’anno 2027, in soli termini di fabbisogno e indebitamento netto, mediante corrispondente riduzione del Fondo per lo sviluppo e la coesione – periodo di programmazione 2021-2027, come rifinanziato ai sensi dell’articolo 1, comma 177, della legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178/2020) (comma 10, lett. c).

Si tratta, si rammenta, del Fondo in cui sono iscritte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate alle finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché a incentivi e investimenti pubblici, attraverso il quale sono attuate le politiche orientate alla coesione economica, sociale e territoriale e alla rimozione degli squilibri economici e sociali, in attuazione dell’articolo 119, comma 5, della Costituzione; per la ricostruzione delle risorse del Fondo si rinvia alla scheda relativa all’articolo 77, comma 3, del provvedimento in esame, il quale reca, altresì, un rifinanziamento del Fondo di 200 milioni per l’anno 2021.

d)  quanto a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2025 e 2026 e, solo in termini di fabbisogno e indebitamento netto, 10 milioni di euro per l’anno 2027, mediante corrispondente riduzione del Fondo unico per l’edilizia scolastica (comma 10, lett. d).

Si tratta, si rammenta, del Fondo istituito nello stato di previsione dell’allora MIUR dall’art. 11, co. 4-sexies dal D.L. 179/2012 (L. 221/2012). Per la ricostruzione delle risorse del Fondo si rinvia alla scheda relativa all’articolo 77, comma 4, del provvedimento in esame, il quale reca, altresì, un rifinanziamento del Fondo di 150 milioni per l’anno 2021.

e)   quanto a 23 milioni di euro a decorrere dal 2023, mediante corrispondente riduzione del Fondo speciale di parte corrente utilizzando, utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (comma 10, lett. e).

f)    quanto a 113,75 milioni di euro per l’anno 2021, 8 milioni di euro per l'anno 2022, 197,86 milioni nel 2023, 220 milioni nel 2024, 145 milioni nel 2025 e 150 milioni di euro nel 2026, mediante riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali (comma 10, lett. f).

Si tratta del Fondo istituito, con dotazione in termini di sola cassa, dall'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154. Il Fondo è allocato sul capitolo 7593 dello stato di previsione del MEF. Nel bilancio per il 2021-2023 presenta uno stanziamento pari a 423 milioni per il 2021, 597 milioni per il 2022 e 448 milioni per il 2023.

g)  quanto a 90 milioni di euro per l’anno 2027, 70 milioni di euro per l’anno 2028 e 50 milioni di euro per l’anno 2029, mediante corrispondente riduzione del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie (comma 10, lett. g).

Si tratta del Fondo, istituito dall’art. 5, comma 1, della legge n. 183/1987 (c.d. Fondo IGRUE), iscritto al cap. 7493 del MEF, in cui sono iscritte le risorse nazionali destinate, per il principio della addizionalità, al cofinanziamento degli interventi comunitari nelle aree obiettivo dei fondi strutturali. Per la ricostruzione delle risorse del Fondo si rinvia alla scheda relativa all’articolo 77, comma 5, del provvedimento in esame.

h)  quanto a 2.127 milioni di euro per l'anno 2021, mediante corrispondente utilizzo degli importi di cui al comma 9-bis dell’articolo 77 – si tratta dei risparmi di spesa derivanti dall’utilizzo della misura di cui all'articolo 1 del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, recante un contributo a fondo perduto a favore di determinati soggetti titolari di partita IVA che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario - che sono versati all'entrata del bilancio dello Stato, da parte dell'Agenzia delle entrate, ad esclusione dell'importo di 194,6 milioni di euro per l'anno 2021 (comma 10, lett. h);

i)    quanto a 141 milioni di euro per l'anno 2022, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, in termini di competenza e di cassa, sul capitolo 4339 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, riguardante le somme da trasferire all'INPS a titolo di anticipazioni di bilancio sul fabbisogno finanziario delle gestioni previdenziali nel loro complesso (comma 10, lett. i);

j)    mediante il ricorso all’indebitamento autorizzato dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica il 22 aprile 2021, con le risoluzioni di approvazione, a maggioranza assoluta, della Relazione al Parlamento, presentata ai sensi dell’art. 6 della Legge n. 234/2012 (comma 10, lett. l).

 

Mediante il ricorso all’indebitamento sono coperti, in sostanza, la gran parte degli oneri del provvedimento, non considerati dalle precedenti lettere a)-g) del comma in esame, come evidenziato dal prospetto degli effetti finanziari delle norme allegato alla Relazione tecnica, per un totale di 41.766,3 milioni di euro nel 2021.

 

 

Il 15 aprile 2021, insieme al Documento di economia e finanza 2021 (DEF), il Governo ha presentato la Relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 243 del 2012, nella quale illustra l’aggiornamento de gli obietti programmatici di finanza pubblica e del piano di rientro verso l’Obiettivo di medio termine (OMT), già autorizzato sia con la Relazione al Parlamento 2020, allegata alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2020 (NADEF 2020), sia con le successive Relazioni al Parlamento approvate nel corso del 2020 e del 2021 in relazione alle misure per il contrasto degli effetti dell’epidemia da COVID-19.

Con la Relazione di aprile, sentita la Commissione europea, il Governo richiede al Parlamento l’autorizzazione a rivedere il percorso di avvicinamento all’OMT fissando il nuovo livello dell’indebitamento netto programmatico al -11,8 per cento del PIL nel 2021, al -5,9 per cento nel 2022, al -4,3 per cento nel 2023 e al -3,4 per cento nel 2024 (rispetto al precedente profilo programmatico fissato al -8,8 per cento del PIL nel 2021 dalla precedente Relazione al Parlamento del 15 gennaio, e al -4,7 per cento nel 2022 e al -3 per cento nel 2023 dalla NADEF).

In valore assoluto, il ricorso all'indebitamento è pari a 40 miliardi di euro nell'anno 2021 e a 6 miliardi di euro medi annui per il periodo 2022-2033, principalmente finalizzati a finanziare spese per investimenti pubblici e ulteriori misure di sostegno all'economia e alle imprese.

In termini strutturali, l’indebitamento netto programmatico delle amministrazioni pubbliche si attesterebbe al -9,3 per cento del PIL nel 2021, al -5,4 per cento nel 2022, al -4,4 per cento nel 2023 e al -3,8 per cento nel 2024.

Il nuovo livello del debito pubblico è stimato al 159,8% del PIL nel 2021, per poi diminuire al 156,3% nel 2022, al 155% nel 2023 e al 152,7% nel 2024. Il successivo sentiero di avvicinamento all'Obiettivo di Medio Termine (OMT) prevede di riportare il rapporto fra debito pubblico e PIL verso il livello pre-crisi (134,6 per cento) per la fine del decennio.

L'autorizzazione al maggiore indebitamento è stata concessa il 22 aprile 2021 con l’approvazione, a maggioranza assoluta, da parte della Camera della risoluzione n. 6/00185 e del Senato della risoluzione n. 6/00184, ai fini del finanziamento degli ulteriori interventi urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19.

Per un'illustrazione della Relazione del Governo nell'ambito del quadro macroeconomico e finanziario delineato dal DEF 2021, si veda la Documentazione di finanza pubblica n. 27, curata dai Servizi di documentazione del Senato e della Camera,. Per un riepilogo delle precedenti Relazioni al Parlamento e degli scostamenti di bilancio per l'emergenza COVID-19, si rinvia al portale della documentazione della Camera dei deputati.

In comma 11 provvede, alla luce del maggiore indebitamento, ad incrementare, per il triennio 2021-2023, il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario sostituendo, di conseguenza, l'allegato 1 all'articolo 1, comma 1, della legge di bilancio per il 2021, che fissa i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza e cassa, rideterminandone gli importi in aumento.

Si rammenta che l'Allegato 1 della legge di bilancio 2021 è già stato sostituito più volte, per la ridefinizione dei nuovi livelli di saldo netto da finanziare e di ricorso al mercato finanziario conseguenti al ricorso al maggiore indebitamento autorizzato dal Parlamento il 20 gennaio e il 22 aprile 2021, per la copertura dei seguenti provvedimenti:

§  dall'art. 22-quinquies, comma 2, del D.L. n. 183 del 2020 (c.d. "proroga termini", introdotto durante l'esame parlamentare, con disposizioni identiche a quelle dell'articolo 3 del D.L. n. 7 del 2021, contestualmente abrogato dal ddl di conversione del D.L. n. 183);

§  dall'art. 3, comma 3, del D.L. n. 30 del 2021 (rischi sanitari connessi al COVID e sostegno ai lavoratori con figli minori in didattica a distanza o in quarantena);

§  dall'art. 42, comma 1, del D.L. n. 41 del 2021 (c.d. "sostegni");

§  dall’art. 5, comma 3, del D.L. n. 59 del 2021 (istitutivo del Piano Nazionale complementare agli interventi del PNRR).

 

Per effetto del comma 11 in esame, pertanto, i valori di cui all'Allegato 1 della legge di bilancio 2021 risultano così ridefiniti, rispetto ai precedenti valori fissati, da ultimo, dal D.L. n. 59/2021.

Nuovo allegato 1 alla legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020)

(tra parentesi i valori dell’allegato 1 della legge di bilancio 2021, come da ultimo ridefiniti dall’articolo 5, comma 3, D.L. 6 maggio 2021, n. 59)

(milioni di euro)

RISULTATI DIFFERENZIALI

- COMPETENZA

Descrizione risultato differenziale

2021

2022

2023

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

-286.000

(-242.281)

-167.200

(-166.374)

-148.700

(-148.536)

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*)

573.235 (529.516)

441.497 (440.671)

503.750 (503.586)


- CASSA

Descrizione risultato differenziale

2021

2022

2023

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge

-379.000

(-335.281)

-218.700

(-217.874)

-208.200

(-208.036)

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge (*)

666.365 (622.646)

492.997 (492.171)

563.250 (563.086)

(*) al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

Si ricorda che in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, lettera a) della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), l’articolo 1 della legge di bilancio determina (mediante rinvio ad apposito allegato) i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza per ciascun anno del triennio di riferimento. I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.

Il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il ricorso al mercato finanziario, invece, rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che non sono coperte dalle entrate finali. Tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

 

In ragione del maggior ricorso all’indebitamento, il comma 12 dispone l'aumento da 180.000 a 223.000 milioni di euro dell'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, al netto di quelli da rimborsare e di quelli per regolazioni debitorie, unitamente ai prestiti dell'Unione europea, stabilito, per l'anno 2021, dall’articolo 3, comma 2, della legge di bilancio 2021 (legge n. 178 del 2020) e, da ultimo, ridefinito dall’articolo 42 del D.L. n. 41/2021.

 

Si rammenta che il limite massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, è annualmente stabilito dalla legge di bilancio, all’art. 3 relativo allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

Per il 2021, tale limite, originariamente stabilito in 145.000 milioni dalla legge n. 178/2020, è stato innalzato a 180.000 milioni dall’articolo 42, comma 2, del D.L. n. 41/2021 (c.d. Sostegni).

 

Il comma 13, infine, autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio, ai fini dell'immediata attuazione delle disposizioni recate dal provvedimento, nonché a disporre, ove necessario, il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione è effettuata con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa.

 

 


Articolo 77, comma 9
(Risorse per i territori dell’Emilia-Romagna colpiti
dagli eventi calamitosi del 2020 e sismici del 2012)

 

 

L’articolo 77, comma 9 prevede per l'anno 2021 una spesa di 100 milioni di euro per far fronte agli eccezionali eventi meteorologici per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con delibera del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2020 nel territorio delle Province di Bologna, di Ferrara, di Modena e di Reggio Emilia.

Le risorse previste sono destinate ai territori che risultano già danneggiati dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012.

 

L’articolo 77, comma 9, prevede per l'anno 2021 una spesa di 100 milioni di euro per far fronte agli eccezionali eventi meteorologici per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza con delibera del Consiglio dei Ministri del 23  dicembre  2020 nel territorio delle Province di Bologna, di Ferrara, di Modena e di Reggio Emilia.

Le risorse previste sono destinate ai territori che risultano già danneggiati dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012.

Lo stato di emergenza dichiarato con le delibere del Consiglio dei Ministri del 22 maggio 2012 e del 30 maggio 2012, nel territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, interessate dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012, è stato prorogato fino al 31 maggio 2013 dall’art. 1 comma 3 del D.L. 74/2012, e ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2021 dall’art. 15, comma 6, del D.L. 162/2019. Per ulteriori approfondimenti si rinvia al tema web “Terremoti” della Camera dei deputati.

A seguito degli eventi calamitosi meteorologici accaduti nel mese di dicembre 2020, che hanno interessato il medesimo territorio delle province di Bologna, di Ferrara, di Modena e di Reggio-Emilia, è stato dichiarato lo stato di emergenza, per dodici mesi dalla data del 23 dicembre 2020 (data di emanazione della delibera del 23 dicembre 2020). Per l'attuazione dei primi interventi, nelle more della valutazione dell'effettivo impatto dell'evento in rassegna, si provvede nel limite di euro 17.600.000,00 a valere sul Fondo per le emergenze nazionali di cui all'art. 44, comma 1, del decreto legislativo n. 1 del 2018.

 

La norma in esame stabilisce che le risorse siano assegnate per la realizzazione degli interventi previsti dall'articolo 25, comma 2, lettere b), d) ed e) del decreto legislativo n. 1 del 2018 (Codice della Protezione civile).

L’art. 25 comma 2 del Codice di protezione civile prevede, alle lettere b) d) ed e), che con le ordinanze di protezione civile, nel limite delle risorse disponibili, si dispone in ordine: b) al ripristino della funzionalità dei servizi pubblici e delle infrastrutture di reti strategiche, alle attività di gestione dei rifiuti, delle macerie, del materiale vegetale o alluvionale o delle terre e rocce da scavo prodotti dagli eventi e alle misure volte a garantire la continuità amministrativa nei comuni e territori interessati, anche mediante interventi di natura temporanea; d) alla realizzazione di interventi, anche strutturali, per la riduzione del rischio residuo nelle aree colpite dagli eventi calamitosi, strettamente connesso all'evento e finalizzati prioritariamente alla tutela della pubblica e privata incolumità, in coerenza con gli strumenti di programmazione e pianificazione esistenti; e) alla ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture, pubbliche e private, danneggiate, nonché dei danni subiti dalle attività economiche e produttive, dai beni culturali e paesaggistici e dal patrimonio edilizio, da porre in essere sulla base di procedure definite con la medesima o altra ordinanza.

 

Le previste risorse sono trasferite o versate nella contabilità speciale aperta per l'emergenza ai sensi dell'articolo 6, comma 2 dell'ordinanza 732/2020 e intestata al Commissario delegato.

Con la OCDPC 732 del 31 dicembre 2020 sono state previste misure urgenti di protezione civile in conseguenza degli eventi meteorologici verificatisi nei giorni dal 1° al 10 dicembre 2020 nel territorio delle province di Bologna, di Ferrara, di Modena e di Reggio Emilia, per la nomina del Commissario delegato (Presidente della regione Emilia-Romagna), per i contributi di autonoma sistemazione, per la ricostruzione dei territori colpiti, e per la rimozione dei materiali litoidi e vegetali. Il citato art. 6, comma 2 dell’ordinanza 732/2020 prevede che per la realizzazione degli interventi previsti nella presente ordinanza, è autorizzata l'apertura di apposita   contabilità speciale intestata al commissario delegato.

 

Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per le emergenze nazionali di cui all'articolo 44, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1.

 

 


Articolo 77, comma 9-bis
(Risparmi di spesa contributo a fondo perduto a favore di determinati soggetti titolari di partita IVA)

 

 

L’articolo 77, comma 9-bis, introdotto nel corso dell’esame alla Camera, reca la quantificazione degli ulteriori risparmi di spesa derivanti dall’utilizzo della misura di cui all'articolo 1 del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, recante un contributo a fondo perduto a favore di determinati soggetti titolari di partita IVA che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario, indicati pari a 2.127 milioni di euro.

 

Il comma riproduce il testo dell’articolo 7, comma 1, del D.L. 30 giugno 2021, n. 99, abrogato dall’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto legge.

 

La norma in esame quantifica in circa 2.127 milioni di euro le risorse non utilizzate per la misura agevolativa di cui all'articolo 1 del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, che risultano già nella disponibilità della contabilità speciale 1778 intestata all'Agenzia delle entrate, su cui sono confluite le risorse inizialmente stanziate per la misura agevolativa in questione.

Come riportato nella Relazione Tecnica del D.L. n. 99/2021, di seguito illustrata, tale importo è ulteriore ai 3.150 milioni di euro di risparmi già utilizzati dall’art. 1, comma 16, del provvedimento in esame (cfr. la relativa scheda di lettura) a copertura degli oneri derivanti dal contributo a fondo perduto “perequativo”, per un complesso, dunque, di risparmi di spesa derivanti dal contributo di cui all'articolo 1 del D.L. n. 41/2021 pari a circa 5.277 milioni di euro (rispetto allo stanziamento di oltre 11.150 milioni di euro inizialmente stimato).

 

Si rammenta che, al fine di sostenere gli operatori economici colpiti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19, l’articolo 1 del D.L. n. 41 del 2021 (c.d. Sostegni 1) riconosce un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti titolari di partita IVA, residenti o stabiliti nel territorio dello Stato, che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario.

Il contributo spetta esclusivamente ai soggetti titolari di reddito agrario (di cui all’articolo 32 del citato TUIR), nonché ai soggetti con ricavi derivanti da specifiche attività di cessioni di beni e prestazioni di servizi (di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a) e b), del TUIR), o compensi in denaro o in natura (di cui all’articolo 54, comma 1, del citato TUIR) non superiori a 10 milioni di euro nel secondo periodo d’imposta antecedente a quello di entrata in vigore del presente decreto, ossia nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019. Ai sensi del comma 4, il contributo spetta a condizione che l’ammontare medio mensile di fatturato e corrispettivi del 2020 sia inferiore almeno del 30% rispetto a quello del 2019.

L’importo del contributo non può essere superiore a 150 mila euro ed è riconosciuto, comunque, per un importo non inferiore a 1.000 euro per le persone fisiche e a 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.

In alternativa, a scelta irrevocabile del contribuente, il contributo a fondo perduto è riconosciuto nella sua totalità sotto forma di credito d’imposta, da utilizzare esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1977, presentando il modello F24 esclusivamente tramite i servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle entrate.

Per l’erogazione del contributo da parte dell’Agenzia delle entrate, il comma 8 prevede che i soggetti interessati presentino, esclusivamente in via telematica, una istanza all’Agenzia delle entrate con l’indicazione della sussistenza dei requisiti.

Gli oneri complessivi, derivanti dalla misura agevolativa in questione, sono stati valutati, dal comma 12 dell’articolo 1 del D.L. n. 41/2021, in 11.150 milioni di euro per l’anno 2021.

 

Secondo quanto riportato nella Relazione Tecnica del D.L. n. 99 del 2021, sulla base delle elaborazioni avviate successivamente alla data del 28 maggio 2021 - data di chiusura per la presentazione delle istanze finalizzate all’ottenimento del contributo a fondo perduto di cui all’articolo 1 del DL n. 41 del 2021 - risulta che:

·       sono stati finora eseguiti pagamenti di contributi tramite bonifico per circa 5.076 milioni di euro;

·       sono stati finora riconosciuti contributi come crediti d’imposta da utilizzare in compensazione tramite modello F24 per circa 167 milioni di euro;

·       l’esame delle istanze attualmente sospese, anche eventualmente in autotutela, potrebbe determinare altri pagamenti e crediti d’imposta per un importo massimo stimato di circa 630 milioni di euro.

 

Pertanto, secondo le valutazioni del Governo, i contributi di cui all’articolo 1 del D.L. n. 41/2021 potranno determinare oneri per il bilancio dello Stato fino a un importo massimo di 5.873 milioni di euro (considerando le tre voci sopra riportate), contro gli 11.150 milioni previsti nella relazione tecnica originaria.

Di conseguenza, rispetto a tale stanziamento, emergono risparmi di spesa per circa 5.277 milioni di euro.

Una parte di tali risparmi, peraltro, nell’importo di 3.150 milioni di euro, risultano già essere stati utilizzati per la copertura finanziaria degli oneri derivanti dal contributo a fondo perduto “perequativo” di cui all’articolo 1, comma 16, del D.L. in esame.

Gli ulteriori risparmi di spesa emergenti dall’applicazione dell’articolo 1 del D.L. n. 41/2021 vengono, pertanto, quantificati dal comma in esame in 2.127 milioni di euro.

 

 


Articolo 77-bis
(Clausola di salvaguardia)

 

 

L' articolo 77-bis, introdotto dalla Camera dei deputati, prevede che le disposizioni in esame si applichino alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e le relative disposizioni di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale n. 3 del 2001.

 

La disposizione in commento stabilisce che le norme del decreto-legge in esame non sono idonee a disporre in senso difforme a quanto previsto negli statuti speciali di regioni e province autonome (si tratta pertanto di una clausola a salvaguardia dell'autonomia riconosciuta a tali autonomie territoriali). Tale inidoneità, che la norma in esame esplicita, trae invero origine dal rapporto fra le fonti giuridiche coinvolte e, nello specifico, rileva che norme di rango primario (quali quelle recate dal decreto-legge) non possono incidere sul quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale, fonte di grado superiore) e dalle relative norme di attuazione. Le norme di rango primario si applicano pertanto solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di tali enti.

Si tratta di una clausola, costantemente inserita nei provvedimenti che intervengono su ambiti materiali ascrivibile alle competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, che rende più agevole l'interpretazione delle norme legislative coperte dalla stessa, con un effetto potenzialmente deflattivo del contenzioso costituzionale. La mancata previsione della clausola potrebbe infatti indurre una o più autonomie speciali ad adire la Corte costituzionale, nel dubbio sull'applicabilità nei propri confronti di una determinata disposizione legislativa (incidente su attribuzioni ad esse riservate dai propri statuti speciali).

La presenza di una siffatta clausola tuttavia non esclude a priori la possibilità che una o più norme (ulteriori) del provvedimento legislativo possano contenere disposizioni lesive delle autonomie speciali, quando "singole norme di legge, in virtù di una previsione espressa, siano direttamente e immediatamente applicabili agli enti ad autonomia speciale"[310].

 

La disposizione in esame specifica che il rispetto degli statuti e delle norme di attuazione è assicurato anche con "riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3", di riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione. L'articolo 10 della citata legge costituzionale, nello specifico, ha introdotto la cosiddetta clausola di maggior favore nei confronti delle regioni e delle province con autonomia speciale. L'articolo prevede infatti che le disposizioni della richiamata legge costituzionale (e quindi, ad esempio, delle disposizioni che novellano l'art.117 della Costituzione rafforzando le competenze legislative in capo alle regioni ordinarie) si applichino ai predetti enti "per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite" e comunque "sino all’adeguamento dei rispettivi statuti".

 

Tale disposizione attribuisce agli enti territoriali ad autonomia speciale competenze aggiuntive rispetto a quelle già previste nei rispettivi statuti e consente alla Corte costituzionale di valutare, in sede di giudizio di legittimità, se prendere ad esempio a parametro l’articolo 117 della Costituzione, anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nell'ambito di una determinata materia assicuri una autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali.

 


Articolo 78
(Entrata in vigore)

 

 

L'articolo 78 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il decreto-legge è dunque vigente dal 26 maggio 2021.

 

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del disegno di legge di conversione del presente decreto, la medesima legge di conversione (la quale apporta modifiche al decreto-legge) entra in vigore il giorno successivo a quello della propria pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 



[1]    Tale autorizzazione di spesa, così determinata da ultimo dall’art. 78, co. 1, lett. a), del D.L. 34/2020, è stata prima ridotta per il 2020 di 506,5 mln di euro (per 405,2 mln dall’art. 13, co. 2, lett. b), del D.L. 104/2020) e per 101,3 mln dall’art. 34, co. 7, lett. h), del D.L. 137/2020) e successivamente incrementata di 10 mln di euro per il 2021 dall’art. 13, co. 1, del D.L. 41/2021.

[2]    Per il termine finora vigente del 31 luglio 2021, cfr. l’articolo 1, comma 495, primo periodo, della L. 27 dicembre 2019, n. 160, e successive modificazioni.

[3]    Cfr. l'articolo 8, comma 2-bis, del D.L. 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 maggio 2021, n. 76.

[4]    Queste ultime sono costituite dai lavori socialmente utili individuati dal secondo periodo del citato articolo 1, comma 495, della L. n. 160, e successive modificazioni. Tale norma fa riferimento a soggetti impegnati in lavori socialmente utili in quanto rientranti in alcune disposizioni specifiche e transitorie, relative a concessioni di trattamenti straordinari di integrazione salariale.

[5]    In merito a tali norme, cfr. altresì le circolari del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 1 dell'11 gennaio 2019, n. 15 del 1° agosto 2019 e n. 9 del 15 giugno 2020.

[6]    Entrambe le tipologie di procedure sono organizzate (per figure professionali omogenee) dal Dipartimento della funzione pubblica, mediante la Commissione per l’attuazione del Progetto di Riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM), la quale si avvale dell'Associazione Formez PA.

[7]    Si ricorda che la NASpI - istituita a decorrere dal 1° maggio 2015 dall’art. 3, co. 1, del richiamato D.Lgs. n. 22/2015 – è un’indennità mensile di disoccupazione riconosciuta ai lavoratori dipendenti (con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni e degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato) che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti: stato di disoccupazione; almeno tredici settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione; trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione.

[8]    Tali importi minimo e massimo sono rivalutati annualmente sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell'anno precedente.

[9]    Sul punto, cfr. circolare INPS 49/2020.

[10]   La corresponsione di tale beneficio è subordinata alla condizione che ai medesimi lavoratori siano contestualmente applicate

[11]   Le altre proroghe sono avvenute ai sensi dell’art. 1, co. 139, della L. 205/2017 per il 2018, dell’art. 1, co. 282 e 1136, lett. c), della L. 145/2018 per il 2019 e dell’art. 1, co. 491, della L. 160/2019 per il 2020.

 

[12]   In base all’articolo 12, comma 1, la contribuzione figurativa è rapportata alla retribuzione di cui all'articolo 4, comma 1, entro un limite di retribuzione pari a 1,4 volte l'importo massimo mensile della NASpI per l'anno in corso.

[13]   Tra le numerose statuizioni della circolare, giova ricordare, con riferimento al profilo dimensionale delle imprese destinatarie delle disposizioni in esame, in particolare ai fini della sussistenza dei requisiti occupazionali di cui al comma 1 e 1-bis dell’articolo 41 e in assenza di una specifica previsione legislativa, che si mutuano i criteri di computo utilizzati dall’Istituto per dare applicazione alle indicazioni di cui all’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo n. 148/2015, riferendosi quindi ai lavoratori occupati mediamente nel semestre precedente la data di sottoscrizione del contratto di espansione. Il numero dei lavoratori in organico è riferito alla singola impresa, anche se articolata in più unità aziendali dislocate sul territorio nazionale. Inoltre, nella determinazione del numero dei dipendenti occupati devono essere ricompresi i lavoratori di qualunque qualifica (lavoranti a domicilio, dirigenti, ecc.) e per il computo delle singole fattispecie contrattuali (lavoratori a tempo determinato, a tempo parziale, ecc.) si rinvia ai criteri precisati nel decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. Nel determinare la media occupazionale, devono essere ricompresi nel semestre anche i periodi di sosta di attività e di sospensioni stagionali; per le aziende di nuova costituzione il requisito, analogamente ai casi di trasferimento di azienda, si determinerà in relazione ai mesi di attività, se inferiori al semestre. Il requisito occupazionale è valutato considerando il numero complessivo di lavoratori in forza a ogni singola azienda, applicando a ogni matricola aziendale interessata i criteri di computo sopra precisati.

[14]   Riguardo a tale ambito, cfr. infra.

[15]   Si ricorda che l'articolo 20 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, e successive modificazioni, prevede, in primo luogo, che il suddetto istituto possa trovare applicazione per le imprese che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente più di quindici dipendenti, inclusi gli apprendisti e i dirigenti, e che siano:

      a) imprese industriali (comprese quelle edili e affini);

      b) imprese artigiane che procedano alla sospensione dei lavoratori in conseguenza di sospensioni o riduzioni dell'attività dell'impresa che eserciti l'influsso gestionale prevalente;

      c) imprese appaltatrici di servizi di mensa o ristorazione, che subiscano una riduzione di attività in dipendenza di situazioni di difficoltà dell'azienda appaltante, le quali abbiano comportato per quest'ultima il ricorso al trattamento ordinario o straordinario di integrazione salariale;

      d) imprese appaltatrici di servizi di pulizia, anche se costituite in forma di cooperativa, che subiscano una riduzione di attività in conseguenza della riduzione delle attività dell'azienda appaltante, la quale abbia comportato per quest'ultima il ricorso al trattamento straordinario di integrazione salariale;

      e) imprese dei settori ausiliari del servizio ferroviario, ovvero del comparto della produzione e della manutenzione del materiale rotabile;

      f) imprese cooperative di trasformazione di prodotti agricoli o loro consorzi;

      g) imprese di vigilanza.

      Il medesimo articolo 20 prevede inoltre che possano rientrare nell'ambito di applicazione in esame le imprese che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente più di cinquanta dipendenti, inclusi gli apprendisti e i dirigenti, e che siano:

      a) imprese esercenti attività commerciali (comprese quelle della logistica);

      b) agenzie di viaggio e turismo (compresi gli operatori turistici).

      Sempre in base all'articolo 20, possono rientrare nell'ambito di applicazione in esame, a prescindere dal numero dei dipendenti:

      a) le imprese del trasporto aereo e di gestione aeroportuale e le società da queste derivate, nonché le imprese del sistema aeroportuale;

      b) i partiti e i movimenti politici e le loro rispettive articolazioni e sezioni territoriali, nei limiti e alle condizioni stabiliti o richiamati dal medesimo articolo 20.

      L'applicazione al settore dell'editoria del trattamento straordinario di integrazione salariale è disciplinato dall'articolo 25-bis dello stesso D.Lgs. n. 148.

[16]  Le tre causali per le quali può essere concesso il trattamento straordinario di integrazione salariale sono disciplinate dall'articolo 21 del citato D.Lgs. n. 148 del 2015 (riguardo alle due causali diverse dal contratto di solidarietà, cfr. infra).

[17]   La terza condizione summenzionata, che, ai sensi del comma 1 del presente articolo 40, deve essere rispettata da parte dell'accordo collettivo, è posta anche dalla disciplina generale (relativamente al trattamento straordinario di integrazione salariale con causale di contratto di solidarietà).

[18]   Ai sensi dell'articolo 22 del citato D.Lgs. n. 148 del 2015. I limiti massimi in oggetto si riferiscono alle singole unità produttive interessate dal trattamento.

[19]   Anche per tali limiti occorre far riferimento alla singola unità produttiva.

[20]   Tale limite più elevato concerne: le imprese industriali e artigiane dell'edilizia e affini; le imprese industriali esercenti l'attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo; le imprese artigiane che svolgano attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgano tale attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dall'attività di escavazione.

[21]   Cfr. l'articolo 3 del citato D.Lgs. n. 148 del 2015.

[22]   Quest'ultimo è pari, nel 2021, a 998,18 euro, ovvero a 1.199,72 euro qualora la retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento, comprensiva dei ratei di mensilità aggiuntive, sia superiore a 2.159,48 euro.

      Si ricorda che i trattamenti in esame sono in ogni caso assoggettati ad un'aliquota contributiva pari al 5,84 per cento.

[23]   Cfr. il comma 5 del citato articolo 21 del D.Lgs. n. 148 del 2015.

[24]   Tale contributo (ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del citato D.Lgs. n. 148 del 2015) è pari al:

      a) 9 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al dipendente per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale, ordinaria o straordinaria, fruiti all'interno di uno o più interventi concessi, sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile;

      b) 12 per cento oltre il limite suddetto e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile;

      c) 15 per cento oltre quest'ultimo limite, nell'ambito di un quinquennio mobile.

      Si ricorda che, per i trattamenti ordinari di integrazione salariale, il contributo addizionale non è dovuto qualora il trattamento sia concesso per eventi oggettivamente non evitabili (articolo 13, comma 3, del citato D.Lgs. n. 148 del 2015).

[25]   Riguardo all'ambito di applicazione del trattamento ordinario di integrazione salariale, cfr. l'articolo 10 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148.

      Riguardo all'ambito di applicazione del trattamento straordinario di integrazione salariale - ambito di cui agli articoli 20 e 25-bis dello stesso D.Lgs. n. 148 -, cfr., in nota, nella scheda relativa ai commi 1 e 2 del presente articolo 40.

[26]   Si ricorda che, per i trattamenti ordinari di integrazione salariale, il contributo addizionale non è dovuto qualora il trattamento sia concesso per eventi oggettivamente non evitabili (articolo 13, comma 3, del citato D.Lgs. n. 148 del 2015).

[27]    Ai sensi dell’art. 4, l'impresa che sia stata ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale, qualora ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative, ha facoltà di avviare la procedura di licenziamento collettivo; l’articolo 5 individua invece i criteri attraverso i quali scegliere i lavoratori da licenziare; l’articolo 24 definisce l’ambito soggettivo e dimensionale delle imprese cui si applicano le disposizioni degli artt. 4 e 5.

[28]   Ai sensi dell’articolo 11, l'integrazione salariale ordinaria è corrisposta ai dipendenti sospesi dal lavoro o che effettuino prestazioni di lavoro a orario ridotto nei seguenti casi: a) situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all'impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali; b) situazioni temporanee di mercato. Ai sensi dell’articolo 21, l'intervento straordinario di integrazione salariale può essere richiesto quando la sospensione o la riduzione dell'attività lavorativa sia determinata da una delle seguenti causali: a) riorganizzazione aziendale; b) crisi aziendale, ad esclusione, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dei casi di cessazione dell'attività produttiva dell'azienda o di un ramo di essa; c) contratto di solidarietà.

 

[29]   Ai sensi dell’articolo 3, il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

[30]   Le procedure di cui all’articolo 7, ai fini del licenziamento per giustificato motivo di cui all’art. 3, comportano una comunicazione del datore di lavoro nella quale egli deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La comunicazione prelude ad un tentativo di conciliazione tra datore di lavoro e lavoratore previa convocazione dalla Direzione territoriale del lavoro: l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione.

[31]   Ai sensi del predetto articolo 1, a decorrere dal 1° maggio 2015 è istituita presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti …una indennità mensile di disoccupazione, denominata: «Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI)», avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.

[32]   Si ricorda che l'articolo 20 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, e successive modificazioni, prevede, in primo luogo, che il suddetto istituto possa trovare applicazione per le imprese che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente più di quindici dipendenti, inclusi gli apprendisti e i dirigenti, e che siano:

      a) imprese industriali (comprese quelle edili e affini);

      b) imprese artigiane che procedano alla sospensione dei lavoratori in conseguenza di sospensioni o riduzioni dell'attività dell'impresa che eserciti l'influsso gestionale prevalente;

      c) imprese appaltatrici di servizi di mensa o ristorazione, che subiscano una riduzione di attività in dipendenza di situazioni di difficoltà dell'azienda appaltante, le quali abbiano comportato per quest'ultima il ricorso al trattamento ordinario o straordinario di integrazione salariale;

      d) imprese appaltatrici di servizi di pulizia, anche se costituite in forma di cooperativa, che subiscano una riduzione di attività in conseguenza della riduzione delle attività dell'azienda appaltante, la quale abbia comportato per quest'ultima il ricorso al trattamento straordinario di integrazione salariale;

      e) imprese dei settori ausiliari del servizio ferroviario, ovvero del comparto della produzione e della manutenzione del materiale rotabile;

      f) imprese cooperative di trasformazione di prodotti agricoli o loro consorzi;

      g) imprese di vigilanza.

      Il medesimo articolo 20 prevede inoltre che possano rientrare nell'ambito di applicazione in esame le imprese che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, abbiano occupato mediamente più di cinquanta dipendenti, inclusi gli apprendisti e i dirigenti, e che siano:

      a) imprese esercenti attività commerciali (comprese quelle della logistica);

      b) agenzie di viaggio e turismo (compresi gli operatori turistici).

      Sempre in base all'articolo 20, possono rientrare nell'ambito di applicazione in esame, a prescindere dal numero dei dipendenti:

      a) le imprese del trasporto aereo e di gestione aeroportuale e le società da queste derivate, nonché le imprese del sistema aeroportuale;

      b) i partiti e i movimenti politici e le loro rispettive articolazioni e sezioni territoriali, nei limiti e alle condizioni stabiliti o richiamati dal medesimo articolo 20.

      L'applicazione al settore dell'editoria del trattamento straordinario di integrazione salariale è disciplinato dall'articolo 25-bis dello stesso D.Lgs. n. 148.

[33]   La relazione tecnica è reperibile nell'A.C. n. 3183. Cfr. la parte di essa relativa al suddetto articolo 4, comma 8, capoverso 1, e comma 9, del D.L. n. 99.

[34]   Per tali limiti - posti dall'articolo 4 del citato D.Lgs. n. 148 del 2015 - occorre far riferimento alla singola unità produttiva.

[35]   Tale limite più elevato concerne: le imprese industriali e artigiane dell'edilizia e affini; le imprese industriali esercenti l'attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo; le imprese artigiane che svolgano attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgano tale attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dall'attività di escavazione.

     

[36]   Riguardo a tale profilo della disciplina dei trattamenti ordinari di integrazione salariale con causale COVID-19, si rinvia alla scheda di lettura dell'articolo 50-bis, commi 10 e 11, del presente decreto.

[37]   Si ricorda che, per i trattamenti ordinari di integrazione salariale, il contributo addizionale non è dovuto qualora il trattamento sia concesso per eventi oggettivamente non evitabili (articolo 13, comma 3, del citato D.Lgs. n. 148 del 2015).

[38]   Essi costituiscono la trasposizione delle norme di cui all'articolo 4, comma 8, capoversi 2 e 3 del D.L. 30 giugno 2021, n. 99, di cui l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto n. 73 (nel testo modificato dalla Camera dei deputati) dispone la abrogazione.

[39]    Ai sensi dell’art. 4, l'impresa che sia stata ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale, qualora ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative, ha facoltà di avviare la procedura di licenziamento collettivo; l’articolo 5 individua invece i criteri attraverso i quali scegliere i lavoratori da licenziare; l’articolo 24 definisce l’ambito soggettivo e dimensionale delle imprese cui si applicano le disposizioni degli artt. 4 e 5.

[40]   Ai sensi dell’articolo 3, il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

[41]   Le procedure di cui all’articolo 7, ai fini del licenziamento per giustificato motivo di cui all’art. 3, comportano una comunicazione del datore di lavoro nella quale egli deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La comunicazione prelude ad un tentativo di conciliazione tra datore di lavoro e lavoratore previa convocazione dalla Direzione territoriale del lavoro: l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione.

[42]   Ai sensi del predetto articolo 1, a decorrere dal 1° maggio 2015 è istituita presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti …una indennità mensile di disoccupazione, denominata: «Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI)», avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.

[43]   Ex art. 5 del D.M. n. 95269 del 7 aprile 2016.

[44]   Il Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale è stato istituito con il richiamato decreto interministeriale 7 aprile 2016, n. 95269, che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, ha adeguato alle previsioni di cui al D.Lgs. 148/2015 la disciplina del previgente Fondo speciale per il sostegno del reddito e dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo. La relativa disciplina si applica, dunque, alle prestazioni integrative a carico del Fondo che decorrono dal 1° gennaio 2016, riconosciute in favore dei lavoratori delle imprese del trasporto aereo e di gestione aeroportuale e società da queste derivate, nonché delle imprese del sistema aeroportuale.

[45]   Sul punto, si ricorda che, come disposto dall’art. 22 del D.Lgs. 148/2015, la durata massima della CIGS è pari a 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile, per le causali di riorganizzazione aziendale e di contratto di solidarietà, e a 12 mesi, anche continuativi, per la causale di crisi aziendale. Per la causale di contratto di solidarietà, ricorrendo determinate condizioni, la durata massima può raggiungere 36 mesi, anche continuativi, nel quinquennio mobile.

 

[46]   Cfr. il comma 1 dell'articolo 9-bis del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2021, n. 69, nonché l'articolo 18 della L. 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni.

[47]   Il termine di riferimento per il computo dei cinque anni è costituito dalla data di entrata in vigore (22 maggio 2021) della citata L. n. 69 del 2021.

[48]    Cfr. l'articolo 3, comma 2, della L. 28 giugno 2012, n. 92.

[49] Ai sensi di tale disposizione, sono considerati disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarano, in forma telematica, al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l'impiego.

[50]   Ai sensi del quale “Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti”.

[51]   Ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604 e della legge 23 luglio 1991, n. 223.

[52]   Ai sensi di tale disposizione, infatti, al fine di garantire una omogenea applicazione degli incentivi, l’assunzione non deve costituire attuazione di un obbligo preesistente, né violare il diritto di precedenza alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine; inoltre, il datore di lavoro non deve avere  sospensioni dal lavoro legate ad una crisi o riorganizzazione aziendale in corso (salvo che l’assunzione riguardi lavoratori impiegati in unità produttive diverse o con livello diverso rispetto a quelli sospesi). Non è possibile, infine, usufruire degli incentivi se il lavoratore assunto é stato licenziato nei sei mesi precedenti da datore di lavoro in rapporto di colleganza con il datore di lavoro che assume.

[53]   Quali, ad esempio, ricorrendone le condizioni, quelli previsti dai commi da 10 a 15 e da 16 a 19 dell’articolo 1 della legge 178/2020 (legge di bilancio per l’anno 2021), che prevedono incentivi per i giovani under 36 e per le donne lavoratrici.

[54]   Ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.

[55]   La suddetta Comunicazione è stata novellata dalle seguenti Comunicazioni: C/2020/2215 del 3 aprile 2020, C/2020/3156 dell'8 maggio 2020, C/2020/4509 del 29 giugno 2020, C/2020/7127 del 13 ottobre 2020 e C/2021/564 del 28 gennaio 2021. Per il testo consolidato, cfr. la presente url.

[56]   Disposizioni specifiche sono previste per i settori dell’agricoltura, della pesca e dell’acquacoltura.

[57]   Riguardo all'ambito di applicazione, cfr. anche infra.

[58]   Si ricorda che un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso gli uffici dell’Ispettorato nazionale del lavoro competenti per territorio (ai sensi dell'articolo 19, comma 3, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81).

[59]   Riguardo all'ambito dei contratti collettivi interessati, cfr. infra.

[60]   La condizione non si applica per le proroghe e i rinnovi dei rapporti di lavoro concernenti le attività stagionali.

[61]   Di cui all'articolo 93 del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, e successive modificazioni.

[62]   Il rinnovo o proroga in base alla suddetta deroga può essere stipulato una sola volta. Tuttavia, per i rinnovi o proroghe stipulati prima del 23 marzo 2021, cfr. il comma 2 dell'articolo 17 del D.L. 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 maggio 2021, n. 69.

[63]   Riguardo al termine temporale per la presentazione della domanda, cfr. la parte della presente scheda relativa al comma 7.

[64]   Per le motivazioni sottostanti la definizione del nuovo importo, si rinvia alla relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del citato D.L. n. 99. La relazione tecnica è reperibile nell'A.C. n. 3183 (cfr. la parte di essa relativa al suddetto articolo 4, comma 10, del D.L. n. 99).

[65]   Per le motivazioni sottostanti la definizione del nuovo importo, cfr. la suddetta parte della relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del citato D.L. n. 99.

[66]   Per le motivazioni sottostanti la definizione dei nuovi importi, cfr. la suddetta parte della relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del citato D.L. n. 99.

[67]   Per le varie indennità ancora precedenti, cfr. infra.

[68]  Cfr., al riguardo, infra, sub i commi da 2 a 6.

[69]   Riguardo a tali norme, cfr. infra.

[70]   La circolare dell'INPS n. 49 del 30 marzo 2020 (emanata con riferimento all’indennità riconosciuta per il mese di marzo 2020 in favore dei suddetti lavoratori stagionali) ricomprende nel beneficio anche i casi in cui il rapporto di lavoro sia cessato per la scadenza del termine previsto dal medesimo contratto.

      La circolare operava anche la ricognizione delle attività rientranti nei suddetti settori. Tale ricognizione è stata successivamente operata, da ultimo, dalla circolare dell'INPS n. 90 del 29 giugno 2021.

[71]   Le circolari INPS relative alle indennità temporanee in esame (cfr., da ultimo, la citata circolare dell'INPS n. 90 del 2021) hanno chiarito che la preclusione non concerne il caso di trattamento pensionistico in favore di superstiti.

[72]   Ai sensi dell'articolo 9, comma 1, del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126.

[73]   Ai sensi dell’articolo 29 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e dell’articolo 84, commi 5 e 6, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77.

[74]   Ai sensi dei commi 2 e 3 del citato articolo 9 del D.L. n. 104 e dei citati articoli 15 e 15-bis del D.L. n. 137.

[75]   Per l’indennità relativa al mese di marzo, cfr. il D.M. 30 aprile 2020; per l’indennità relativa ai mesi di aprile e maggio, cfr. i commi 8 e 9 del citato articolo 84 del D.L. n. 34 del 2020.

[76]   La circolare dell'INPS n. 67 del 29 maggio 2020 - emanata con riferimento alle indennità riconosciute per i suddetti lavoratori stagionali per i mesi di marzo, aprile e maggio 2020 - ha specificato che la fattispecie concerneva i lavoratori con qualifica di stagionali, il cui ultimo rapporto di lavoro fosse cessato (anche per scadenza del termine) nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020 (termine temporale, quest’ultimo, posto dalla disciplina relativa ai mesi summenzionati) e sempre che la medesima cessazione fosse avvenuta con un datore di lavoro rientrante nei settori produttivi diversi dai settori del turismo e degli stabilimenti termali.

[77]   In base alla citata circolare dell'INPS n. 90 del 2021 - conforme, sul punto, alle circolari sulle precedenti indennità temporanee in oggetto -, l'indennità non concerne i lavoratori stagionali e in somministrazione del settore agricolo, iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli e quindi beneficiari delle specifiche tutele della disoccupazione agricola.

[78]   Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro, che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente.

[79]   In merito al lavoro autonomo, la norma in esame richiama la nozione generale di contratto d’opera, di cui all’articolo 2222 del codice civile.

[80]   La citata circolare dell'INPS n. 90 del 2021 - in conformità all'interpretazione già seguita dall'INPS (con riferimento alle precedenti indennità temporanee in oggetto) - specifica che la suddetta condizione dell’assenza di contratto fa riferimento ai contratti di lavoro appartenenti alla medesima tipologia (lavoro autonomo occasionale); per le preclusioni derivanti da altre tipologie di lavoro, cfr. sub il successivo comma 4.

[81]   Il summenzionato requisito del contributo mensile si commisura con riferimento al periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e la data di entrata in vigore del presente decreto (cfr. la citata circolare dell'INPS n. 90 del 2021).

[82]   Si ricorda che in tale Gestione (di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335) sono iscritti (tra gli altri) i lavoratori autonomi ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non rientrino in altri regimi pensionistici obbligatori di base (facenti capo ad altre gestioni dell’INPS o ad altri enti, pubblici o privati).

[83]   Le circolari INPS relative alle indennità temporanee in esame (cfr., da ultimo, la citata circolare dell'INPS n. 90 del 2021) hanno chiarito che la preclusione non concerne il caso di trattamento pensionistico in favore di superstiti.

[84]   La compatibilità di un contratto di lavoro intermittente senza diritto all’indennità di disponibilità concerne anche i soggetti che presentino la domanda in base alle fattispecie soggettive (di cui al comma 3) diverse rispetto a quella relativa ai lavoratori intermittenti (cfr. la citata circolare dell'INPS n. 90 del 2021).

[85]   Ai sensi del comma 5 del citato articolo 9 del D.L. n. 104 e dei citati articoli 15 e 15-bis del D.L. n. 137.

[86]   Ai sensi del D.M. 13 luglio 2020.

[87]   Riguardo alla ricognizione, operata dall’INPS, delle attività rientranti nei suddetti settori, cfr. supra, in nota.

[88]   Le circolari INPS relative alle indennità temporanee in esame (cfr., da ultimo, la citata circolare dell'INPS n. 90 del 2021) hanno chiarito che la preclusione non concerne il caso di trattamento pensionistico in favore di superstiti.

[89]   Fondo gestito dall’INPS.

[90]   Tale limite di reddito era posto anche per la suddetta ultima indennità precedente, mentre per le indennità ancora precedenti il limite di reddito era pari a 50.000 euro. Queste ultime erano costituite da tre indennità di 1.000 euro ciascuna (ai sensi dell’articolo 9, comma 4, del citato D.L. n. 104 del 2020 e degli articoli 15 e 15-bis del citato D.L. n. 137 del 2020) nonché da un’indennità pari a 600 euro per ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio 2020 (ai sensi dell’articolo 38 del citato D.L. n. 18 del 2020 e dei commi 10 e 11 dell’articolo 84 del citato D.L. n. 34 del 2020).

[91]   Si ricorda che questa seconda fattispecie non era prevista dalla norma (di cui al citato articolo 38 del D.L. n. 18 del 2020) relativa all’indennità per il mese di marzo 2020. Riguardo al complesso delle indennità precedenti per i lavoratori dello spettacolo, cfr. supra, in nota.

[92]   Le preclusioni in esame sono analoghe a quelle poste per la suddetta ultima indennità precedente.

[93]   Le circolari INPS relative alle indennità temporanee in esame (cfr., da ultimo, la citata circolare dell'INPS n. 90 del 2021) hanno chiarito che la preclusione non concerne il caso di trattamento pensionistico in favore di superstiti.

[94]   Riguardo all'istituto del lavoro intermittente, cfr. supra, sub il comma 3 del presente articolo 42.

[95]   Cfr., da ultimo, la citata circolare dell'INPS n. 65 del 2021.

[96]   L'assegno può concernere gli assicurati la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle loro attitudini, sia ridotta in modo permanente, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo.

[97]   Di cui al capo I del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26, e successive modificazioni.

[98]   Le indicazioni concernenti le indennità ed i gettoni di presenza delle suddette categorie derivano da pareri del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

[99]   Per le motivazioni sottostanti la definizione del nuovo importo, si rinvia alla relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del citato D.L. n. 99. La relazione tecnica è reperibile, come detto, nell'A.C. n. 3183 (cfr. la parte di essa relativa al suddetto articolo 4, comma 10, del D.L. n. 99).

[100] Per le motivazioni sottostanti la definizione dei nuovi importi, cfr. la suddetta parte della relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del citato D.L. n. 99.

[101] L'importo della riduzione, pur essendo pari a 126,6 milioni di euro, è destinato alla copertura di una quota di onere pari a soli 104 milioni, in quanto la spesa relativa ai suddetti congedi comprende anche gli oneri per la contribuzione figurativa, i quali non rientrano nel computo dei saldi relativi all'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e al fabbisogno di cassa. Tale asimmetria rende quindi necessaria una riduzione in misura più elevata, ai fini dell'integrale compensazione per tutte le tipologie di saldi.

[102] Testo unico di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

[103] Riguardo a tali nozioni, cfr. i capi IV e V del titolo I del suddetto testo unico delle imposte sui redditi, e successive modificazioni.

[104] Riguardo a questi ultimi, cfr. infra.

[105]  La suddetta Comunicazione è stata novellata dalle seguenti Comunicazioni: C/2020/2215 del 3 aprile 2020, C/2020/3156 dell'8 maggio 2020, C/2020/4509 del 29 giugno 2020, C/2020/7127 del 13 ottobre 2020 e C/2021/564 del 28 gennaio 2021. Per il testo consolidato, cfr. la presente url.

[106]  Disposizioni specifiche sono previste per i settori dell’agricoltura, della pesca e dell’acquacoltura.

[107]  Qualora l’aiuto sia concesso sotto forma di agevolazioni fiscali, "la passività fiscale in relazione alla quale è concessa tale agevolazione deve essere sorta entro il 31 dicembre 2021".

[108]  Si ricorda infatti che per le previsioni e i termini temporali di quest’ultimo comma è rimasta un’autonoma applicabilità, come indicato nel messaggio dell’INPS n. 1297 del 26 marzo 2021.

[109] L'art. 107, paragrafo 1, del TFUE stabilisce il principio per cui, salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza. Il paragrafo 2 elenca una serie di aiuti compatibili con il mercato interno.

[110]  Riguardo all’ambito delle associazioni e società dilettantistiche interessate, cfr. infra.

[111]  Si ricorda che le azioni di tali società sono attribuite al Ministero dell’economia e delle finanze.

[112]  Nella disciplina relativa all’indennità di marzo 2020 - di cui all'articolo 96 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e al D.M. 6 aprile 2020 - non erano inclusi i rapporti di collaborazione presso: il CONI; il CIP; le suddette federazioni e discipline associate del CIP; gli enti di promozione sportiva riconosciuti dal medesimo CIP.

[113]  La disciplina relativa alle indennità di aprile e maggio 2020 è posta dall’articolo 98, commi da 1 a 6, del D.L. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, e dal D.M. 29 maggio 2020. La disciplina relativa all'indennità per il mese di giugno 2020 è posta dall'articolo 12 del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 ottobre 2020, n. 126, e dal D.M. 28 settembre 2020 (quest'ultimo è stato emanato dopo che un precedente D.M. del 27 agosto 2020 non era stato ammesso alla registrazione da parte della Corte dei conti). La disciplina relativa all'indennità per i mesi di novembre e di dicembre 2020 è posta, rispettivamente, dall’articolo 17 e dall’articolo 17-bis del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176.

[114] La misura di tale indennità era pari a:

      -  3.600 euro per i soggetti che, nell’anno di imposta 2019, avessero percepito compensi, relativi a rapporti di collaborazione rientranti nelle fattispecie summenzionate, in misura superiore a 10.000 euro;

      -   2.400 euro nel caso in cui la misura dei compensi in esame (percepiti nell’anno di imposta 2019) fosse risultata compresa tra 4.000 e 10.000 euro;

      -   1.200 euro nel caso in cui i compensi in oggetto (percepiti nel medesimo anno di imposta) fossero stati inferiori a 4.000 euro.

[115]  Si ricorda infatti che le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati costituiscono, ai fini delle imposte sui redditi, reddito da lavoro dipendente, ai sensi dell'articolo 49, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

      Secondo le faq pubblicate sul sito della società Sport e salute S.p.A., è consentito il cumulo dell'indennità in esame con i trattamenti pensionistici di invalidità o in favore di superstiti. Cfr. la faq relativa alla suddetta ultima indennità precedente.

[116]  Si ricorda che tale cumulo non è stato previsto per l'indennità in oggetto relativa al mese di marzo 2020.

[117]  L'assegno può concernere gli assicurati la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle loro attitudini, sia ridotta in modo permanente, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo. Riguardo ai trattamenti pensionistici di invalidità, cfr. pure supra, in nota.

[118]  Indennità di cui all’articolo 85 del citato D.L. n. 34 del 2020.

[119] Analoga possibilità era riconosciuta, limitatamente al 2020, dall’art. 1, co. 493, della L. 160/2019

[120] Tali assunzioni sono state ripartite nel seguente modo dal DM 22 maggio 2020, che ha modificato parzialmente il suddetto Piano di potenziamento: 5.600 unità dal 2019, 8.600 unità dal 2020 e fino a 4.600 unità dal 2021. Sul punto si segnala che tali limiti non vanno sommati, ma ciascuno assorbe il precedente, così che le unità di personale da assumere corrispondono alle 11.600 previste dalle richiamate norme di rango legislativo.

[121] L’articolo 1, comma 255, della L. 145/2018 istituiva nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo da ripartire per l'introduzione del reddito di cittadinanza, con una dotazione pari a 7.100 milioni per il 2019, a 8.055 milioni per il 2020 e a 8.317 milioni annui a decorrere dal 2021. Tale dotazione è stata più volte rideterminata nel corso del tempo.

[122] La norma richiamata ha incrementato l’autorizzazione di spesa di cui all’art. 12, comma 1, del D.L. n. 4/2019 per un importo pari a 196,3 milioni di euro per l'anno 2021, 473,7 milioni di euro per l’anno 2022, 474,1 milioni di euro per l’anno 2023, 474,6 milioni di euro per l’anno 2024, 475,5 milioni di euro per l’anno 2025, 476,2 milioni di euro per l’anno 2026, 476,7 milioni di euro per l’anno 2027, 477,5 milioni per l’anno 2028 e 477,3 milioni annui a decorrere dall’anno 2029.

[123] Il testo definitivo del PNRR è stato trasmesso lo scorso 30 aprile dal Governo alla Commissione europea.

[124] Obiettivo dell’investimento è quello di “migliorare l’offerta, l’analisi dei fabbisogni di competenze e la definizione di piani formativi individuali, attraverso il potenziamento del 90% dei Centri per l’impiego entro il triennio 2021-2023”.

[125] L’ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro) è stata istituita dall’art. 4 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 150, recante il riordino della disciplina in materia di servizi per l'impiego e di politiche attive per il lavoro. L’Agenzia, dotata di  personalità giuridica di diritto pubblico e vigilata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è stata istituita, con dotazione organica non superiore a 395 unità, per assolvere alle seguenti funzioni: coordinamento delle politiche del lavoro per le persone in cerca di occupazione e la ricollocazione dei disoccupati; coordinamento della Rete nazionale dei servizi per il lavoro; responsabilità del sistema informativo per la gestione del mercato del lavoro; svolgimento di analisi, monitoraggio e valutazione delle politiche attive e dei servizi per il lavoro.

[126] Ai sensi degli artt. 6 e 7 del D. Lg. n. 150/2015, nel testo previgente alle modifiche recate dal D.L. in esame, erano organi di ANPAL: il presidente, interlocutore unico del governo, dei ministeri, degli altri enti e istituzioni, che aveva la rappresentanza legale dell'ANPAL, presiedeva il consiglio di amministrazione, di cui convocava e presiedeva le riunioni e definiva l'ordine del giorno, potendo altresì assistere alle sedute del consiglio di sorveglianza; il consiglio di amministrazione, composto dal presidente e da due membri, dotato dei seguenti poteri: approvare i piani annuali dell'azione in materia di politiche attive, deliberare il bilancio preventivo e il conto consuntivo, deliberare i piani d'impiego dei fondi disponibili e adottare, su proposta del direttore generale, i regolamenti di contabilità e di organizzazione. Il consiglio esercitava, inoltre, ogni altra funzione che non sia compresa nella sfera di competenza degli altri organi dell'ANPAL; il consiglio di vigilanza, dotato dei seguenti poteri: formulare proposte sulle linee di indirizzo generale, proporre gli obiettivi strategici e vigilare sul perseguimento degli indirizzi e degli obiettivi strategici adottati dal consiglio di amministrazione; il collegio dei revisori, composto da tre membri effettivi.

[127] Si fa presente che il presidente in carica alla data di entrata in vigore del presente decreto è stato nominato con D.P.R. 4 febbraio 2019.

[128] Di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165

[129] Di cui all’articolo 3 del medesimo D. Lgs.

[130] Come modificato, dapprima, dal dall'art. 1, comma 718, della L. n. 145/2018, a decorrere dal 1° gennaio 2019, e, successivamente, dall'art. 26-septies, comma 1, letto. a) del D.L. n. 4/2019.

[131] Tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D. Lg. n. 300/1999.

[132] Tra cui i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e delle Forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia.

[133] Si fa presente che il direttore generale in carica alla data di entrata in vigore del presente decreto è stato nominato con D.P.R. 18 novembre 2019.

[134] Si segnala al riguardo che, con D.P.R. 7 giugno 2021, l’incarico di commissario straordinario è stato conferito al dottor Raffaele Michele Tangorra “per la durata necessaria all’adozione delle modifiche dello statuto, nonché alla nomina del direttore e del consiglio di amministrazione della medesima Agenzia”.

[135]  Il cambio di denominazione è stato stabilito dall'articolo 1, comma 595, della L. 11 dicembre 2016, n. 232.

[136] Con l’istituzione dell’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, ANPAL Servizi S.p.a ha mutato assetto societario, divenendo ente in house dell’Agenzia. Il D.L. n. 4/2019, recante Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni, all’articolo 12, comma 3, ha specificato il ruolo di ANPAL Servizi, volto a “garantire l'avvio e il funzionamento del Rdc”. A tal riguardo, la norma ha assegnato alla Società un significativo ruolo nell’attuazione del Piano straordinario di potenziamento dei centri per l'impiego e delle politiche attive del lavoro approvato in sede di Conferenza Stato Regioni il 16 aprile 2019.  Successivi interventi normativi – da ultimo, l’art. 1, comma 320, della L. n. 178/2020 – hanno autorizzato lo stanziamento di risorse a titolo di contributo per il funzionamento di ANPAL Servizi S.p.A. Si ricorda, infine, che il capitale di ANPAL Servizi S.p.a. è posseduto dall'ANPAL. ANPAL Servizi Spa ha adottato il Regolamento per il reclutamento del personale dipendente e il Regolamento per il conferimento di incarichi di collaborazione.

[137] Per «controllo analogo», ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera c), del D. Lg. n. 175/2016 (il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) si intende la situazione in cui l'amministrazione esercita su una società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, esercitando un'influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della società controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall'amministrazione partecipante.

[138] Sul punto si segnala che, come riportato sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è stato firmato il decreto per il finanziamento degli Istituti di patronato nell'esercizio finanziario 2021, grazie al quale saranno erogati i predetti 15 milioni di euro previsti dalla legge di bilancio 2021.

[139] Tale Fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con una dotazione pari a 2.500 mln di euro per il 2021 (ex art. 1, co. 20, L. 178/2020, come modificato dall’art. 3, co. 1, lett. a), del D.L. 41/2021.

[140] Di cui alla sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea recante un "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19" e nei limiti ed alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione.

 

[141] Si veda, al riguardo, la risposta dell’Agenzia delle entrate all’interpello n. 24 del 2018, secondo cui le prestazioni consistenti in indennità volte a sostituire il reddito di lavoro dipendente sono assoggettate a tassazione con le medesime modalità previste per i redditi che vanno a sostituire.

 

[142] L'articolo 3, commi 42-43, della L. 92/2012 ha previsto inoltre l'adeguamento, mediante appositi decreti, della disciplina dei fondi di solidarietà ex art. 2, comma 28, della L. 662/1996, alle specifiche disposizioni contenute nella L. 92/2012, sulla base di accordi e contratti collettivi.

[143] Per i richiamati fondi, così come previsto dall’articolo 46, comma 5, del D.Lgs. 148/2015, i rinvii all’articolo 3, commi da 4 a 45 della L. 92/2012, ovvero ad altre disposizioni abrogate, operati da ciascun decreto istitutivo di un fondo di solidarietà bilaterale, si intendono riferiti alle corrispondenti norme del D.Lgs 148/2015.

[144]  Si ricorda che l'articolo 2, comma 28, della L. 23 dicembre 1996, n. 662 (provvedimento collegato 1997), e il relativo D.M. di attuazione 27 novembre 1997, n. 477, hanno posto una disciplina-quadro ai fini della definizione di un sistema di ammortizzatori sociali per gli enti ed aziende (pubblici e privati) erogatori di servizi di pubblica utilità nonché per le altre categorie e settori di imprese sprovvisti; la concreta definizione degli strumenti è ivi demandata a singoli regolamenti - emanati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze -, adottati a séguito del deposito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di contratti collettivi nazionali, concernenti tale materia e stipulati dalle organizzazioni sindacali (dei datori e dei dipendenti) maggiormente rappresentative.

[145] Posto al 31 ottobre 2013, il termine concerneva la scadenza entro la quale: si sarebbe dovuto procedere alla stipula dell'accordo quadro, propedeutico al procedimento di costituzione sia dei fondi di solidarietà bilaterali presso l’I.N.P.S. sia dei fondi di solidarietà alternativi (cd. puri); si sarebbe dovuto istituire un fondo di solidarietà residuale, nel caso in cui non fossero stati stipulati accordi collettivi volti all’attivazione di fondi di solidarietà bilaterali; avrebbe dovuto essere adeguata la disciplina dei fondi di solidarietà istituiti ai sensi dell’articolo 2, comma 28, della L. 662/1996 alle norme della L. 92/2012.

[146] Quali assicurare ai lavoratori una tutela integrativa rispetto a prestazioni connesse alla perdita del posto di lavoro o a trattamenti di integrazione salariale previsti dalla normativa vigente; erogare assegni straordinari per il sostegno al reddito (riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi 5 anni); contribuire al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale (cd. outplacement).

[147] Quali prestazioni integrative, rispetto alle prestazioni pubbliche previste in caso di cessazione del rapporto di lavoro ovvero prestazioni integrative, in termini di importo, in relazione alle integrazioni salariali; assegni straordinari per il sostegno al reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni; contributi al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi fondi nazionali o dell'UE.

[148] Cfr, al riguardo, la Circolare INPS n. 77/2021.

[149] Con la circolare INPS n. 100/2014 sono state definite le modalità operative del Fondo.

[150] In attuazione a quanto evidenziato, il D.M. 79141/2014 ha disposto, con riferimento al fondo di solidarietà residuale, che per le prestazioni è dovuto al Fondo un contributo ordinario dello 0,50% della retribuzione mensile imponibile ai fini previdenziali dei lavoratori dipendenti, esclusi i dirigenti, di cui due terzi a carico del datore di lavoro e un terzo a carico dei lavoratori, nonché un contributo addizionale a carico del datore di lavoro che ricorra alla sospensione o riduzione dell'attività lavorativa, calcolato in rapporto alle retribuzioni perse nella misura del 3% per le imprese che occupano fino a 50 dipendenti e nella misura del 4,50% per le imprese che occupano più di 50 dipendenti.

[151] Per le modalità di fruizione dell’assegno v. circolare INPS 16 dicembre 2015, n. 201.

[152] Introdotti dalla L. 236/93 (art. 5 commi 5, 7 e 8, e regolamentati anche dalla circolare del Ministero Lavoro n. 20 del 25 maggio 2004), i contratti di solidarietà difensivi sono i contratti che si possono applicare alle imprese che non rientrano nel regime di CIGS (ovvero imprese artigiane, imprese commerciali/terziario, aziende appaltatrici di servizi di mense e di servizi di pulizia), che abbiano occupato mediamente più di 15 lavoratori nel semestre precedente la data di presentazione dell'istanza del trattamento di integrazione salariale. Nel computo dei dipendenti, si calcolano anche gli apprendisti. Merita segnalare, inoltre, che con la nota n. 40/3763 del 18 febbraio 2016 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha fornito chiarimento in merito al raccordo tra la disciplina dei contratti di solidarietà l’istituzione del Fondo di Integrazione Salariale e dei Fondi di solidarietà bilaterali alternativi.

[153] V. nota n. 13.

[154] Con il decreto interministeriale 23 settembre 2016, n. 97220, emanato in attuazione dell’articolo 26, comma 9, lettera b), del D.Lgs. 148/2015, è stata riconosciuta la possibilità, per il biennio 2016-2017, di un assegno straordinario per il sostegno al reddito, riconosciuto nel quadro dei processi di agevolazione all'esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi 7 anni (in luogo di 5), sulla base di quanto disposto dall’articolo 12, comma 1, del D.L. 59/2016. In seguito alle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 234, della L. 232/2016, i requisiti indicati con il D.M. 3 aprile 2017, n. 98998, sono stati prorogati al biennio 2018-2019 e sono state estese al Fondo per il personale del credito cooperativo.

[155] Per le modalità applicative del fondo v. circolare INPS 30 settembre 2016, n. 186. L’ambito di applicazione del fondo è stato successivamente esteso dall’Accordo del 10 dicembre 2015, e dal successivo Accordo integrativo del 23 maggio 2016.

[156] Per le modalità applicative del fondo v. circolare INPS 11 febbraio 2016, n. 28.

[157]   Per precisazioni sulla modalità di calcolo della retribuzione riferimento, cfr. i messaggi INPS 1336/2021 e 1761/2021.

[158] Cfr. messaggio INPS 1360/2021.

[159] Il Fondo in questione è stato istituito con accordo sindacale nazionale stipulato in data 18 luglio 2018 tra Utilitalia, Cisambiente, Legacoop, Fise Assoambiente e FP CGIL, FIT CISL, Uiltrasporti UIL, FIADEL; tale accordo è stato recepito con il decreto 9 agosto 2019, n. 103594, del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze. Cfr. al riguardo, la circolare INPS 86/2021.

[160] Secondo quanto indicato dal Governo nella risposta all’interrogazione 5-07761 Gnecchi in Commissione Lavoro il 13 aprile 2016, lo schema di decreto del richiamato Fondo è stato predisposto ed è alla firma del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

[161] Ai sensi del regolamento (CE) n. 883/2004 del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (come modificato dal regolamento (CE) n. 988/2009 del 16 settembre 2009), nonché dell'allegato II all'Accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall'altra, sulla libera circolazione delle persone, del 21 giugno 1999 e reso esecutivo dalla legge 364/2000.

[162] In tale fattispecie rientrano le regioni a statuto speciale, tranne la Sicilia, e le province autonome di Trento e di Bolzano.

[163] Figura professionale di cui all'articolo 5 del D.M. 29 marzo 2001.

[164] Essi costituiscono la trasposizione delle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 8, capoversi 2 e 3 del D.L. 30 giugno 2021, n. 99, di cui l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto n. 73 (nel testo modificato dalla Camera dei deputati) dispone la abrogazione.

[165] In realtà, per effetto della trasposizione descritta nella nota 1, la decorrenza della disposizione in esame risale alla entrata in vigore del decreto-legge 99 e prosegue con dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.

[166] Per i trattamenti ordinari di integrazione salariale (con causale COVID-19), la norma base di esclusione del contributo addizionale è posta dall'articolo 19, comma 4, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27.

[167]  L'INPS ha specificato (cfr., per esempio, la circolare dell'INPS n. 72 del 29 aprile 2021) che l'effetto di decadenza concerne solo la frazione di periodo (oggetto della domanda) per la quale il termine sia scaduto e che il trattamento può essere quindi concesso con riferimento alla frazione successiva. Si ricorda inoltre che, nel caso di decadenza, l'INPS provvede al recupero, nei confronti del datore di lavoro, dell'acconto eventualmente corrisposto (cfr. la circolare dell'INPS n. 78 del 27 giugno 2020).

[168]  Riguardo a tale anticipazione, cfr. l'articolo 22-quater, comma 4, e l’articolo 22-quinquies del citato D.L. n. 18 del 2020, nonché, per l'interpretazione seguita, secondo la quale il meccanismo di anticipazione è facoltativo (nell'ambito della domanda del datore di lavoro di accesso al trattamento), la circolare dell'INPS n. 78 del 27 giugno 2020.

[169] Cfr., al riguardo, la circolare dell'INPS n. 62 del 14 aprile 2021, nonché il paragrafo 19 della citata circolare dell'INPS n. 72 del 2021.

[170]  Si ricorda che, con riguardo ad una norma precedente in materia, l’INPS ha interpretato tale locuzione come riferita al mese successivo a quello in cui sia cessato l’intervento di integrazione salariale (cfr. la circolare dell'INPS n. 78 del 27 giugno 2020).

[171] Principio già posto dalla precedente versione dell'articolo 19, comma 3, del citato D.L. n. 18 del 2020; tale comma è ora novellato dalla lettera a) del presente comma 10

[172] Riguardo a tali limiti, cfr. gli articoli 4 e 12, l'articolo 29, comma 3, l'articolo 30, comma 1, e l'articolo 39 del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148.

[173] Tale orientamento dell'INPS si basava su una certa interpretazione della norma (del testo previgente del citato articolo 19, comma 3, del D.L. n. 18) che prevedeva la neutralizzazione, ai fini delle successive richieste, dei suddetti periodi di trattamento fruiti. Tale disposizione viene soppressa dalla novella di cui alla lettera a) del presente comma 10.

[174] Riguardo a tale Fondo, cfr. il Titolo II del citato D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni (e in particolare l'articolo 29, e successive modificazioni).

[175] Si ricorda che il citato articolo 8, comma 13, del D.L. n. 41 prevede altresì che, in via subordinata rispetto alle esigenze di rifinanziamento mediante variazioni compensative, i suddetti decreti ministeriali possono altresì utilizzare le relative quote residue al fine di estendere la durata massima degli assegni ordinari di integrazione salariale e dei trattamenti di integrazione salariale in deroga (con causale COVID-19), rispetto al limite delle quaranta settimane per il 2021.

[176] Essi costituiscono la trasposizione delle norme di cui all'articolo 4, commi 4 e 5 del D.L. 30 giugno 2021, n. 99, di cui l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente decreto n. 73 (nel testo riformulato dalla Camera dei deputati) dispone la abrogazione.

[177]  Ai sensi dell’art. 4, l'impresa che sia stata ammessa al trattamento straordinario di integrazione salariale, qualora ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative, ha facoltà di avviare la procedura di licenziamento collettivo; l’articolo 5 individua invece i criteri attraverso i quali scegliere i lavoratori da licenziare; l’articolo 24 definisce l’ambito soggettivo e dimensionale delle imprese cui si applicano le disposizioni degli artt. 4 e 5.

[178] La cui terminologia corrisponde a quella dei codici 13, 14 e 15 della classificazione delle attività economiche Ateco 2007 dell'ISTAT

[179]  Ai sensi dell’articolo 3, il licenziamento per giustificato motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all'attività produttiva, all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa.

[180] Le procedure di cui all’articolo 7, ai fini del licenziamento per giustificato motivo di cui all’art. 3, comportano una comunicazione del datore di lavoro nella quale egli deve dichiarare l'intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato. La comunicazione prelude ad un tentativo di conciliazione tra datore di lavoro e lavoratore previa convocazione dalla Direzione territoriale del lavoro: l'incontro si svolge dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione.

[181] Ai sensi del predetto articolo 1, a decorrere dal 1° maggio 2015 è istituita presso la Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti …una indennità mensile di disoccupazione, denominata: «Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI)», avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.

[182] Per i beneficiari di trattamenti di integrazione salariale l’obbligo di stipulare il patto di servizio personalizzato è previsto solo nei casi in cui la riduzione di orario connessa all'attivazione di una procedura di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa sia superiore al 50 per cento dell’orario di lavoro (art. 22, co. 1, D.Lgs. 150/2015).

[183] Cfr., in particolare, la sentenza n. 194 del 9-16 maggio 2002, la sentenza n. 225 del 21-24 giugno 2010 e la sentenza n. 90 del 2-12 aprile 2012.

[184] Per approfondimenti si rinvia alla Nota breve n. 172 "Uso improprio delle anticipazioni di liquidità per i pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni: la sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 2020", a cura del Servizio studi del Senato.

[185] Le anticipazioni in esame sono,  ad avviso della Corte,  misure che presentano un carattere di eccezionalità in quanto: a) sono «inscindibilmente collegate a una sofferenza della cassa», spesso legata a pregressi fenomeni di inappropriata gestione; b) sono «frutto di un rigoroso bilanciamento di interessi rilevanti in sede costituzionale e dell’Unione europea», quali l’esigenza di rispettare i vincoli di indebitamento e quella di onorare i debiti; c) rappresentano «un rimedio contingente, non riproducibile serialmente nel tempo e inidoneo a risanare bilanci strutturalmente in perdita» (Considerando in diritto n. 4.1, secondo capoverso).

[186] Per approfondimenti si rinvia alla Nota breve n. 288 "Una nuova censura della Corte costituzionale sull'uso improprio delle anticipazioni di liquidità: la sentenza n. 80 del 2021 (Documento VII n.111)", a cura del Servizio studi del Senato.

[187] Tale affermazione era stata formulata nella sent. n.115 del 2020, per il commento della quale si rinvia alla Nota breve n.212 "I piani di riequilibrio degli enti locali nella giurisprudenza costituzionale: la sentenza n. 115 del 2020" a cura del Servizio studi del Senato.

[188] Per la ricostruzione normativa dei precedenti differimenti dei predetti termini si rinvia al Dossier dei Servizi studio si Senato e Camera " Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi  DL 56/2021-A.C. 3075" ed in particolare  alla scheda di lettura dell'art.3.

[189] Per un approfondimento relativo alle autorizzazioni legislative con cui sono state, nel tempo, incrementate le risorse in favore delle fusioni dei comuni si rinvia al Documento "Unioni e fusioni di comuni" a cura del Servizio studi della Camera dei deputati.

[190] Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

[191] I valori reddituali comunali sono pubblicati dal Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’economia e delle finanze, all’indirizzo:

https://www1.finanze.gov.it/finanze3/analisi_stat/index.php?search_class%5B0%5D=cCOMUNE&opendata=yes;v

[192]  Si tratta, come noto, del fondo per il finanziamento dei comuni, anche con finalità di perequazione Istituito dall'articolo 1, comma 380, della legge di stabilità per il 2013 (legge 228/2012), parallelamente alla nuova disciplina dell'imposta municipale propria (IMU), e alimentato proprio con una quota del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi.

[193]  Si tratta dei seguenti comuni: 1) nella Regione Lombardia: Bertonico; Casalpusterlengo; Castelgerundo; Castiglione D'Adda; Codogno; Fombio; Maleo; San Fiorano; Somaglia; Terranova dei Passerini; 2) nella Regione Veneto: Vò.

[194]  L’allegato all’ordinanza fornisce l’importo dell’assegnazione per ciascun singolo Comune e per le Regioni e Province autonome del Nord. Le assegnazioni relative ai Comuni delle Regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta e delle Province autonome di Trento e di Bolzano sono state attribuite alle relative amministrazioni a statuto speciale, che hanno provveduto al riparto ulteriore con propri atti.

[195] Legge n.147/2013

[196] L’art. 109 del D.L. 18 del 2020, disciplina l’utilizzo degli avanzi per spese di urgenza a fronte dell'emergenza COVID-19. In particolare, il comma 1-ter, stabilisce che, in sede approvazione del rendiconto 2019 da parte dell'organo esecutivo degli enti territoriali (tra cui le regioni) sono autorizzati allo svincolo delle quote di avanzo vincolato di amministrazione che ciascun ente individua, riferite ad interventi conclusi o già finanziati negli anni precedenti con risorse proprie, non gravate da obbligazioni sottostanti già contratte e con esclusione delle somme relative alle funzioni fondamentali e ai livelli essenziali delle prestazioni. Le risorse svincolate, previa comunicazione all'amministrazione statale o regionale che ha erogato le somme, sono utilizzate da ciascun ente per interventi necessari ad attenuare la crisi del sistema economico derivante dagli effetti diretti e indiretti del virus COVID-19. Tali disposizioni si applicano anche all'esercizio 2021, con riferimento al rendiconto 2020.

[197]  Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 182 del 21 luglio 2020.

[198]  Si veda al riguardo il comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 188 del 28 luglio 2020.

[199] Legge di bilancio per il 2019.

[200] Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

[201] Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL)

[202] Analoga previsione era recata dall’art. 2, co. 1, lett. a), del D.L. 22/2020 (L. 41/2020). Nella seduta del 22 luglio 2020, il Consiglio dei Ministri – non essendo intervenuta l’intesa entro 30 giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l'oggetto era stato posto all'ordine del giorno – aveva approvato, a norma dell’art. 3, co. 3, del d.lgs. 281/1997, una deliberazione motivata che aveva autorizzato il Ministro dell’istruzione ad adottare comunque l’ordinanza in questione. Era, conseguentemente, intervenuta l’ordinanza n. 69 del 23 luglio 2020, in base alla quale le lezioni dell’a.s. 2020/2021 nell’intero territorio nazionale potevano avere inizio a decorrere dal 14 settembre 2020. Le regioni dovevano adottare le restanti determinazioni in materia di calendario scolastico, fermo restando che allo svolgimento delle lezioni erano assegnati almeno 200 giorni.

[203] Per la disciplina dell’accesso ai ruoli si veda, più approfonditamente, la scheda relativa all’art. 59 del testo in commento.

[204] L’art. 22, co. 1, lett. b), del D.L. 22/2020 (L. 41/2020) aveva previsto che le immissioni in ruolo per l’a.s. 2020/2021 dovevano comunque concludersi entro il 20 settembre 2020.

[205] L'utilizzazione in altra istituzione scolastica è disciplinata dall'art. 455 del d.lgs. 297/1994.

[206] L'assegnazione provvisoria è disciplinata dagli artt. 475 e 476 del d.lgs. 297/1994.

[207] Analoga previsione era recata dall’art. 1, co. 2, del D.L. 22/2020 (L. 41/2020).

[208] Le risorse sono state ripartite con DM 158 del 14 maggio 2021 in considerazione del numero degli alunni frequentanti le istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado. Qui l’allegato.

[209] Qui l’avviso pubblico per l’assegnazione delle risorse, emanato con nota prot. 9707 del 27 aprile 2021. Le domande potevano essere presentate fino al 21 maggio 2021. Qui il comunicato stampa del 24 maggio 2021 relativo alle domande presentate e le relative slide.

[210] Qui il D.D. 39 del 14 maggio 2021, adottato ai sensi dell’art. 3, co. 1, lett. a), del DM 48/2021, e diretto a realizzare una procedura di selezione e finanziamento delle iniziative educative proposte da istituzioni scolastiche ed educative statali di ogni ordine e grado nell’ambito del Piano scuola estate 2021. Le candidature potevano essere presentate dal 13 al 25 maggio 2021. Con D.D. 45 del 25 giugno 2021 si è proceduto all’aggiornamento della graduatoria definitiva approvata con D.D. n. 43 del 17 giugno 2021.

[211] Analoga previsione era recata dall’art. 2, co. 1, lett. d-bis), del D.L. 22/2020 (L. 41/2020). In attuazione, era intervenuta l’ordinanza 134 del 9 ottobre 2020 che, in particolare, aveva previsto che le scuole, nell’ambito della loro autonomia, dovevano:

-      prevedere nel Piano scolastico per la didattica digitale integrata il diritto per gli studenti con patologie gravi o immunodepressi (condizione valutata e certificata dal pediatra di libera scelta/medico di medicina generale in raccordo con il dipartimento di prevenzione territoriale) a beneficiare della stessa, in modalità integrata ovvero esclusiva, con i docenti già assegnati alla classe di appartenenza;

-      consentire a tali studenti di poter beneficiare di percorsi di istruzione domiciliare, ovvero di fruire delle modalità di DDI previste per gli alunni beneficiari del servizio di “scuola in ospedale”;

-      valutare, nel caso in cui la condizione di disabilità certificata dello studente con patologie gravi o immunodepresso fosse associata a una condizione documentata comportante implicazioni emotive o socio culturali tali da doversi privilegiare la presenza a scuola, di adottare ogni opportuna forma organizzativa per garantire, anche periodicamente, lo svolgimento di attività didattiche in presenza.

Doveva comunque essere garantita l’attività didattica in presenza agli studenti con disabilità certificata che non presentassero condizioni di grave patologia o immunodepressione documentata.

[212] In base all’art. 11, co. 3, del d.lgs. 300/1999, il Prefetto è coadiuvato da una conferenza provinciale permanente, dallo stesso presieduta e composta dai responsabili di tutte le strutture amministrative periferiche dello Stato che svolgono la loro attività nella provincia, nonché da rappresentanti degli enti locali.

[213] In particolare, l’art. 11, co. 4, del d.lgs. 300/1999, dispone che, nell'esercizio delle funzioni di coordinamento, il Prefetto, sia in sede di conferenza provinciale sia con interventi diretti, può richiedere ai responsabili delle strutture amministrative periferiche dello Stato l'adozione di provvedimenti volti ad evitare un grave pregiudizio alla qualità dei servizi resi alla cittadinanza. Nel caso in cui non vengano assunte nel termine indicato le necessarie iniziative, il Prefetto, previo assenso del Ministro competente per materia, può provvedere direttamente, informandone preventivamente il Presidente del Consiglio dei Ministri.

[214] Con DM 12 novembre 2015, n. 882, il numero degli incarichi da conferire era stato individuato in 48, da ripartire fra Amministrazione centrale (3) e Amministrazione periferica (45).

[215] Per lo svolgimento del concorso era stata autorizzata la spesa di € 170.000 nel 2019 e di € 180.000 nel 2020.

[216] La relazione illustrativa all’A.C. 2222 faceva presente che, in realtà, con l’autorizzazione di spesa prevista dalla L. 107/2015 era stato finanziato il conferimento di 51 incarichi, i cui contratti erano scaduti nei primi mesi del 2019 o stavano per scadere.

[217] In attuazione, con DM 14 maggio 2020, n. 3, si è proceduto alla ripartizione tra il Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione e gli Uffici scolastici regionali (USR) di 59 incarichi di dirigente con funzioni tecnico-ispettive.

In particolare, il DM ha precisato che la ripartizione tra gli USR teneva conto del numero di dirigenti tecnici di ruolo o a tempo determinato in servizio alla data di emanazione del decreto, del numero di istituzioni scolastiche presenti in ciascuna regione e della necessità di assicurare a ciascun USR almeno due dirigenti tecnici. Ha, altresì, previsto che gli incarichi dovevano essere conferiti mediante procedura di selezione comparativa dei curricula, previa pubblicazione, sul sito del Ministero dell’istruzione e degli USR, di appositi avvisi.

Le procedure di selezione dovevano essere avviate entro 5 giorni dalla data di pubblicazione del decreto.

[218] Nel caso, però, di procedure concorsuali avviate e non concluse, i relativi posti messi a concorso sono comunque accantonati e resi indisponibili e non possono essere coperti con tale meccanismo.

[219] I criteri generali per favorire il raccordo tra il sistema dell'istruzione professionale e il sistema di istruzione e formazione professionale e per la realizzazione dei percorsi di cui all'art. 4, co. 4, del d.lgs. 61/2017 sono stati definiti con D.I. 17 maggio 2018.

[220] In base al co. 5 dello stesso art. 58 – come modificato, da ultimo, dall'art. 2, co. 5, lett. a), del D.L. 126/2019 (L. 159/2019) – dall’a.s. 2013/2014 e fino al 29 febbraio 2020, le istituzioni scolastiche ed educative statali hanno acquistato – ai sensi dell’art. 1, co. 449, della L. 296/2006 (che ha disposto che tutte le amministrazioni statali sono tenute ad approvvigionarsi di beni e servizi utilizzando le convenzioni-quadro Consip) – i servizi esternalizzati per le funzioni corrispondenti a quelle assicurate dai collaboratori scolastici loro occorrenti nel limite della spesa che si sarebbe sostenuta per coprire i posti di collaboratore scolastico accantonati ai sensi dell’art. 4 del DPR 119/2009 (che aveva previsto che nelle istituzioni scolastiche in cui i compiti del profilo di collaboratore scolastico erano assicurati, in tutto o in parte, da personale esterno all'amministrazione, era accantonato il 25% dei posti del corrispondente profilo professionale).

[221]       La disciplina applicativa relativa alla prima procedura selettiva è stata adottata con D.I. 1074 del 20 novembre 2019 (qui un errata corrige all'allegato). Il bando è stato emanato con D.D. 2200 del 6 dicembre 2019. Il termine per la presentazione della domanda è poi stato prorogato con D.D. 2318 del 20 dicembre 2019. Il 5 febbraio 2020, rispondendo alla Camera all’interrogazione a risposta immediata 3-01282, il rappresentante del Governo aveva fatto presente che erano state inoltrate 12.977 istanze.

Successivamente, l’art. 20 del D.L. 9/2020 – il cui contenuto è stato poi riversato nell’art. 121-bis del D.L. 18/2020 (L. 27/2020, che ha previsto l'abrogazione del D.L. 9/2020, facendo salvi gli effetti giuridici prodotti) – ha previsto che i collaboratori scolastici che avrebbero dovuto prendere servizio il 1° marzo 2020 nelle scuole chiuse a causa dell'emergenza sanitaria legata al COVID-19 avrebbero sottoscritto il contratto di lavoro e preso servizio, dalla medesima data, provvisoriamente, presso gli ambiti territoriali degli uffici scolastici regionali in attesa di essere assegnati presso la sede di destinazione.

[222] La previsione era volta a consentire spostamenti fra province o fra posizioni. Con D.D. 573 del 18 maggio 2020 (di cui è stato dato avviso nella Gazzetta ufficiale – IV serie speciale n. 40 del 22 maggio 2020) sono state disciplinate le modalità di predisposizione della graduatoria nazionale finalizzata al conferimento dei posti interi residuati all’esito della procedura selettiva indetta con D.D. 2200/2019 ai partecipanti destinatari di assunzioni a tempo parziale al 50% ovvero risultati in soprannumero nella provincia in virtù della propria posizione in graduatoria.

L’inserimento nella graduatoria nazionale doveva avvenire a domanda degli interessati, sulla base del punteggio già acquisito nelle graduatorie provinciali di provenienza.

Dovevano essere altresì inseriti d’ufficio nella graduatoria nazionale, limitatamente alla provincia della graduatoria di inserimento, coloro che, all’esito della procedura di cui al D.D. 2200/2019, non erano stati destinatari di proposta di immissione in ruolo a tempo parziale al 50% in quanto soprannumerari nella graduatoria provinciale per carenza di posti disponibili qualora, nel corso della procedura nazionale, si fossero evidenziate ulteriori disponibilità nella provincia di inclusione per l’immissione in ruolo con contratto a tempo parziale al 50%.

In particolare, il decreto, evidenziato che, a seguito dello svolgimento della prima procedura selettiva, il numero di posti interi residuati e disponibili a livello provinciale, nell’ambito del numero complessivo di 11.263 posti, era pari a 1.817, li ha ripartiti fra province sulla base dei posti in ciascuna residuati.

La domanda per l’inserimento nella graduatoria nazionale doveva essere presentata entro 15 giorni dalla data di pubblicazione del decreto sul sito del Ministero e degli Uffici scolastici regionali interessati. Al riguardo, con nota prot. 12254 del 18 maggio 2020 era stato chiarito che il termine decorreva dal 22 maggio 2020 e scadeva il 6 giugno 2020.

[223] La mobilità straordinaria del personale ATA assunto con le procedure di internalizzazione dal 1° marzo 2020 nel profilo professionale del collaboratore scolastico con rapporto di lavoro a tempo indeterminato è stata disciplinata con Contratto Collettivo Nazionale Integrativo sottoscritto il 3 agosto 2020.

Conseguentemente, con nota 25403 del 24 agosto 2020, il Ministero dell’istruzione aveva fatto presente che le domande per la partecipazione alla procedura potevano essere inviate dal 25 al 31 agosto 2020 e che la procedura doveva concludersi entro il 13 settembre 2020.

[224] Al riguardo, il Ministero dell’istruzione ha fornito prime istruzioni ed indicazioni operative agli Uffici scolastici regionali con nota prot. n. 195 del 4 gennaio 2021.

In particolare, il Ministero ha chiarito che la trasformazione a tempo pieno dei contratti a tempo parziale di coloro che erano stati assunti il 1° marzo 2020 (e ai quali erano state attribuite, dal 1° settembre 2020, 18 ore aggiuntive di supplenza fino al 31 dicembre 2020) opera con decorrenza giuridica dal 1° gennaio 2021 ed economica dalla sottoscrizione del contratto a tempo pieno, e che l’ampliamento contrattuale può avvenire sui posti nelle scuole dove gli interessati sono attualmente già in servizio.

Il Ministero, infine, si è riservato di fornire ulteriori indicazioni per la gestione dei posti vacanti e disponibili nell’organico di diritto del personale ATA a decorrere dall’a.s. 2021/2022.

[225] Convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 18, “Interventi urgenti per la coesione sociale e territoriale, con particolare riferimento a situazioni critiche in alcune aree del Mezzogiorno”.

[226] Il Fondo è allocato sul cap. 3385.

[227] In attuazione, è intervenuta l’OM 83 del 5 agosto 2020 che ha disposto che i dirigenti preposti agli USR, previa acquisizione e valutazione delle motivate istanze dei dirigenti scolastici, e nelle situazioni ove non fosse possibile procedere diversamente, potevano derogare, nel limite delle risorse, al numero minimo e  massimo di alunni per classe. A tal fine, gli stessi dirigenti attivavano, per il solo a.s. 2020/2021, con loro decreti, ulteriori incarichi temporanei di personale docente e ATA, con priorità per la scuola dell'infanzia e del primo ciclo, con particolare riferimento alla scuola primaria; in subordine, per la scuola secondaria di secondo grado. Ha, altresì, disposto che le risorse dovevano essere ripartite tra gli USR con decreto del Ministro dell'istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per il 50% sulla base del numero degli alunni presenti al sistema informativo del Ministero e, per il rimanente 50%, proporzionalmente sulla base delle richieste avanzate dagli USR. I posti relativi ai contratti così attivati avevano durata fino al termine delle lezioni.

[228] A supporto dell'erogazione di tali prestazioni le istituzioni scolastiche potevano incrementare la strumentazione entro il limite di spesa complessivo di € 10 mln.

[229] Il 10% delle risorse incrementali per l’attivazione dei contratti temporanei a tempo determinato del personale scolastico è stata resa indisponibile per essere utilizzata per la copertura delle sostituzioni.

[230] Con lo stesso D.I. 28 agosto 2020, n. 109 sono stati destinati: € 3 mln nel 2020 ed € 7 mln nel 2021 ai patti di comunità; € 0,2 mln all’autorizzazione allo svolgimento di prestazioni di lavoro straordinario rese nei mesi di agosto e settembre 2020 dal personale degli ambiti territoriali del Ministero dell’istruzione impegnato nelle operazioni di avvio dell’a.s. 2020/2021; € 4,8 mln all’incremento del Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa per lo svolgimento di prestazioni aggiuntive rese nei mesi di agosto e settembre 2020 dal personale delle istituzioni scolastiche impegnato nelle operazioni di avvio dell’a.s. 2020/2021

[231] Le risorse del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche sono allocate sui capp. 1195, 1196, 1204, 1194 e 2394 dello stato di previsione del Ministero dell’istruzione.

[232] In base all’art. 2, co. 3 e 4, del d.lgs. 65/2017, i servizi educativi per l'infanzia sono articolati in: nidi e micronidi (che accolgono i bambini tra 3 e e 36 mesi); sezioni primavera (che accolgono bambini tra 24 e 36 mesi). Esse sono aggregate, di norma, alle scuole per l'infanzia statali o paritarie o inserite nei Poli per l'infanzia; servizi integrativi (spazi gioco, centri per bambini e famiglie, servizi educativi in contesto domiciliare). I servizi educativi per l'infanzia sono gestiti dagli enti locali in forma diretta o indiretta, da altri enti pubblici o da soggetti privati; le sezioni primavera possono essere gestite anche dallo Stato.

[233] Con DM 118 dell’8 settembre 2020 sono stati definiti criteri e parametri per la ripartizione delle risorse destinate al sostegno economico alle scuole paritarie primarie e secondarie. Qui il D.D. 1131 e il D.D. 1132 del 14 settembre 2020, con i quali sono state assegnate le risorse agli Uffici scolastici regionali.

Con DM 119 dell'8 settembre 2020 sono stati definiti criteri e parametri per la ripartizione delle risorse destinate ai soggetti gestori dei servizi educativi per l’infanzia e delle scuole dell’infanzia paritarie. Qui il D.D. 1136 e il D.D. 1137 del 15 settembre 2020, con i quali sono state assegnate le risorse agli Uffici scolastici regionali.

[234] Le risorse incrementali sono state ripartite con DM 26 marzo 2020, n. 187.

[235] Per il riparto degli € 85 mln è intervenuto il DM 2 novembre 2020, n. 155. Qui l’allegato. Per il riparto dei € 2 mln è intervenuto il DM 153 del 5 maggio 2021.

[236] Il 26 febbraio 2016 sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale - IV serie speciale n. 16, per quanto qui interessa, un bando di concorso per titoli ed esami per il reclutamento di personale docente per posti comuni nella scuola dell'infanzia e primaria (6.933 posti per la scuola dell’infanzia; 17.299 posti per la scuola primaria) e un bando di concorso per titoli ed esami per posti di sostegno in tutti gli ordini e gradi di scuola (di cui, 304 nella scuola dell’infanzia, 3.799 nella scuola primaria, 975 nella scuola secondaria di primo grado, 1.023 nella scuola secondaria di secondo grado).

[237] Al riguardo, si ricorda che l’art. 1, co. 18, del D.L. 126/2019 (L. 159/2019) ha prolungato per un ulteriore anno la validità delle graduatorie di merito e degli elenchi aggiuntivi del concorso del 2016, già prorogata di un anno – rispetto al triennio di validità, a decorrere dall'a.s. successivo a quello di approvazione previsto dall’art. 400, co. 01, del d.lgs. 297/1994 – dall’art. 1, co. 603, della L. 205/2017.

[238] L’art. 4, co. 1-quater, lett. b), del D.L. 87/2018 (L. 96/2018) ha previsto una procedura concorsuale straordinaria, per titoli e prova orale, riservata ai docenti in possesso di diploma magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002, nonché a laureati in Scienze della formazione primaria, che avessero svolto, nel corso degli ultimi 8 anni scolastici, almeno 2 annualità di servizio specifico, anche non continuative, su posto comune o di sostegno, presso le istituzioni scolastiche statali, per la copertura di parte dei posti vacanti e disponibili, sia comuni che di sostegno, nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria. Il concorso straordinario è stato bandito con D.D. 1546 del 7 novembre 2018, pubblicato nella GU-IV serie speciale del 9 novembre 2018.

[239] La previsione di cadenza biennale dei concorsi ordinari ha, dunque, superato quanto previsto dall’art. 400 del d.lgs. 297/1994, che indicava una cadenza triennale.

[240] Il 26 febbraio 2016 è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale - IV serie speciale n. 16 un bando di concorso per titoli ed esami per il reclutamento di personale docente per posti comuni nella scuola secondaria (16.147 posti per la scuola secondaria di primo grado; 17.232 posti per la scuola secondaria di secondo grado).

[241] L’art. 17, co. 2, lett. b), e co. 3 e 4, del d.lgs. 59/2107 ha previsto una procedura concorsuale per titoli e prova orale non selettiva, riservata ai docenti in possesso di titolo abilitante all'insegnamento nella scuola secondaria o di specializzazione di sostegno per i medesimi gradi di istruzione, in deroga al requisito relativo al possesso di 24 crediti formativi universitari o accademici. I soggetti partecipanti non dovevano essere titolari di un contratto di lavoro a tempo indeterminato come docente presso le scuole statali. Le modalità di espletamento del concorso straordinario sono state definite con DM 15 dicembre 2017. Il relativo bando è stato pubblicato nella GU-IV serie speciale del 16 febbraio 2018.

[242] È comunque attuato l’adeguamento dell’organico di diritto a quanto previsto dal d.lgs. 61/2017, relativo alla revisione dei percorsi dell'istruzione professionale, ai sensi del quale per l’a.s. 2021/22 è prevista una riduzione dei posti comuni, a livello nazionale, in misura pari a 650 unità, di cui 486 posti di Itp e 164 posti per docenti laureati.

[243] Più 121 posti per la supplenza a docenti destinati alle Scuole europee.

[244] La relazione tecnica all’A.C. 3132 faceva presente che, dei circa 112.000 posti vacanti e disponibili, al massimo 53.000 potranno essere coperti con le attuali graduatorie concorsuali. Al riguardo, per le vie brevi si è appreso che ci si riferisce alle graduatorie dei concorsi del 2016 e del 2018 e a quelle della procedura straordinaria bandita nel 2020 per 32.000 posti (v. infra).

[245] La relazione tecnica all’A.C. 3132 evidenziava che nelle prime fasce delle GPS risultano presenti circa 18.500 docenti (non sono inclusi, ovviamente, i soggetti che potranno iscriversi negli elenchi aggiuntivi).

[246] Il comitato per la valutazione del servizio dei docenti è disciplinato dall’art. 11 del d.lgs. 297/1994, come modificato dall’art. 1, co. 129, della L. 107/2015.

[247] In attuazione, è intervenuto il DM 850 del 27 ottobre 2015.

[248] In base al co. 7 dello stesso art. 1, era ammesso a partecipare alla procedura straordinaria per la sola abilitazione all'insegnamento:

-      Chi, fra gli a.s. 2008/2009 e 2019/2020, ha svolto almeno 3 annualità di servizio, anche non consecutive, su posto comune o di sostegno, anche cumulativamente, presso scuole statali, scuole paritarie, ovvero nell’ambito di percorsi di istruzione e formazione professionale (che fanno capo alle regioni), purché, nel caso dei predetti percorsi, il servizio sia stato svolto per la tipologia di posto o gli insegnamenti riconducibili alle classi di concorso di cui all’art. 2 del DPR 19/2016, e successive modificazioni;

-      i docenti di ruolo delle scuole statali, che hanno prestato, fra gli a.s. 2008/2009 e 2019/2020 su posto comune o di sostegno, almeno 3 annualità di servizio, anche non consecutive, e siano altresì in possesso, tra gli ulteriori requisiti previsti per la partecipazione alla procedura per il reclutamento, di quelli relativi al titolo di studio e alla eventuale specializzazione per il sostegno. Si tratta, sostanzialmente, dei docenti di altro ordine o grado di istruzione, ovvero di altra classe di concorso (c.d. “docenti ingabbiati”) che intendano abilitarsi per altro ordine o grado di istruzione, ovvero per altra classe di concorso.

[249] Ulteriori modifiche al D.D. 499/2020 sono state adottate con D.D. 749 del 1° luglio 2020, intervenuto in attuazione dell’art. 1, co. 7, ultimo periodo, del D.L. 22/2020 (L. 41/2020), che, per i candidati esterni all’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo, ha previsto la possibilità di partecipare a procedure concorsuali pubbliche, selezioni e procedure di abilitazione, comunque denominate, nel periodo intercorrente tra la sessione ordinaria dello stesso esame e la conclusione della sessione straordinaria, per le quali fosse richiesto il diploma di scuola secondaria di secondo grado, con riserva del superamento del predetto esame di Stato.

[250] Modifiche al D.D. 497/2020 sono poi state adottate con D.D. 748 del 1° luglio 2020, intervenuto in attuazione del già citato art. 1, co. 7, ultimo periodo, del D.L. 22/2020 (L. 41/2020).

[251] In base al DM 327 del 9 aprile 2019, il concorso per titoli ed esami per l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola dell'infanzia e primaria, su posto comune e di sostegno, si articola in una prova scritta (articolata in quesiti in parte a risposta aperta, in parte a risposta chiusa), una prova orale (che valuta, tra l’altro, la capacità di comprensione e conversazione in lingua inglese almeno al livello B2 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue) e nella successiva valutazione dei titoli. I bandi possono prevedere lo svolgimento di un test di preselezione che precede le prove, qualora a livello regionale e per ciascuna distinta procedura, il numero dei candidati sia superiore a quattro volte il numero dei posti messi a concorso.

      Le commissioni giudicatrici dispongono di 100 punti, di cui 40 per la prova scritta, 40 per la prova orale e 20 per i titoli. La prova scritta e la prova orale sono superate con un punteggio minimo di 28 punti.

      Per quanto riguarda la scuola secondaria, in base all’art. 6 del d.lgs. 59/2017 – come modificato, da ultimo dall'art. 1, co. 792, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) –, il concorso per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli del personale docente su posto comune prevede 3 prove di esame, delle quali due scritte, a carattere nazionale, e una orale. Il concorso per posto di sostegno prevede una prova scritta a carattere nazionale e una orale (che comprende, fra l’altro, la conoscenza di una lingua straniera europea almeno al livello B2 del quadro comune europeo, nonché il possesso di adeguate competenze didattiche nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione). Tutte le prove sono superate con il punteggio minimo di 7/10 o equivalente.

[252] Il PNRR prevede, in particolare, quale intervento di riforma, l’istituzione della Scuola di alta formazione, deputata all’emanazione delle linee di indirizzo della formazione del personale scolastico attraverso corsi erogati on line, alla selezione e al coordinamento delle iniziative formative.

[253] Nell’ambito dell’investimento Nuove competenze e nuovi linguaggi (M4C1-I 3.1-16-17) dell’allegato alla decisione UE sul PNRR –con riferimento al quale sono attribuite risorse per complessivi € 1.100 mln (a fondo perduto, dal 2021 al 2024), cui si aggiungono € 250 mln PON – si intende promuovere l’integrazione, all’interno dei curricula di tutti i cicli scolastici, di attività, metodologie e contenuti volti a sviluppare, tra l’altro, le competenze STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), con particolare riguardo verso le pari opportunità.

[254] Le classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento sono state definite, da ultimo, dall’all. A al DPR 14 febbraio 2016, n. 19, come aggiornate con D.M. 259 del 9 maggio 2017.

[255] In base al DM 30 dicembre 2020, recante ripartizione in capitoli delle unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e per il triennio 2021-2023, le risorse sono allocate sul cap. 1820 dello stato di previsione del MUR.

[256] Il FFO è stato istituito nello stato di previsione del MUR dall'art. 5, co. 1, lett. a), della L. 537/1993, ed è relativo alla quota a carico del bilancio statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università statali, comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l'ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica, ad eccezione della quota destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale – destinata a confluire nel Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) (art. 1, co. 870, L. 296/2006) – e della spesa per le attività sportive universitarie. Le risorse sono allocate sul cap. 1694 dello stato di previsione del MUR.

[257] Legge 28 dicembre 2015, n. 208 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016).

[258] L. 30 dicembre 2018, n. 145, Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021.

[259] Per approfondimenti si rinvia all’Avviso pubblico per le Regioni del Mezzogiorno (per risorse pari a 16 milioni) e all’Avviso pubblico per le Regioni Lombardia e Veneto (per risorse pari a 4 milioni).

[260] Legge 27 dicembre 2017, n. 205, Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020.

[261] Il quale così stabilisce: "Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia".

[262] L’art. 6 del D.L. 22/2021 (L. 55/2021) ha trasferito le competenze in materia di turismo – precedentemente attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MIBACT) – al neoistituito Ministero del turismo e, conseguentemente, ha modificato la denominazione del MIBACT in Ministero della cultura.

[263] La relazione tecnica all’A.S. 1766 (disegno di legge di conversione del D.L. 18/2020) faceva presente che il Fondo di parte corrente è destinato agli operatori dei settori, mentre il Fondo di parte capitale è destinato a sostenere gli investimenti finalizzati al rilancio degli stessi settori. Le risorse di parte corrente sono allocate sul cap. 1919, mentre quelle in conto capitale sono allocate sul cap. 7250.

[264] Per completezza, si ricorda che, peraltro, l’art. 84, co. 15, dello stesso D.L. 34/2020 (L. 77/2020) ha stabilito che, a parziale copertura delle ulteriori misure di sostegno dei lavoratori danneggiati dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, fra i quali rientrano anche i lavoratori intermittenti iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo, che non beneficiano del trattamento di integrazione salariale, si doveva provvedere per € 9,6 mln, a valere sulle risorse del Fondo di parte corrente destinato al sostegno delle emergenze dei settori dello spettacolo, del cinema e dell’audiovisivo.

[265] L’art. 6 del D.L. 22/2021 (L. 55/2021) ha trasferito le competenze in materia di turismo – precedentemente attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MIBACT) – al neoistituito Ministero del turismo e, conseguentemente, ha modificato la denominazione del MIBACT in Ministero della cultura.

[266] Il Fondo è stato allocato sul cap. 2062 dello stato di previsione dell’allora MIBACT.

[267] L’esclusione delle fiere e i dei congressi dai possibili destinatari delle risorse del Fondo è derivata – come confermava la relazione illustrativa all’A.S. 2144 – dalla riconducibilità della competenza relativa alle fiere e ai congressi al settore del turismo, per il quale l’art. 6 del D.L. 22/2020 (L. 55/2021), come già detto, ha istituito un apposito Ministero.

[268] Le risorse sono state allocate sul cap. 5676 dello stato di previsione dell’allora Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MIBACT).

      Successivamente, l’art. 6 del D.L. 22/2021 (L. 55/2021) ha trasferito le competenze in materia di turismo – precedentemente attribuite al MIBACT – al neoistituito Ministero del turismo e, conseguentemente, ha modificato la denominazione del MIBACT in Ministero della cultura.

[269] Da ultimo, è intervenuto il DM 30 giugno 2020.

[270] Per diritti connessi al diritto d’autore si intendono quei diritti riconosciuti non direttamente all’autore, ma ad altri soggetti comunque collegati o affini. Tra i diritti connessi più importanti vi sono quelli spettanti agli artisti interpreti ed esecutori, ai produttori di dischi fonografici o supporti analoghi, ai produttori di opere cinematografiche o audiovisive, alle emittenti radiofoniche e televisive.

[271] In base al d.lgs. 35/2017, l’attività di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi al diritto d’autore può essere svolta da organismi di gestione collettiva e da entità di gestione indipendente. In base all’art. 2, in particolare: per organismo di gestione collettiva si intende un soggetto che, come finalità unica o principale, gestisce diritti d’autore o diritti connessi ai diritti d’autore per conto di più di un titolare di tali diritti, a vantaggio collettivo di costoro, e che è detenuto o controllato dai propri membri, e/o non persegue fini di lucro. In tale definizione è inclusa esplicitamente la SIAE. Per entità di gestione indipendente si intende un soggetto che ha – come uniche o principali – le medesime finalità dell’organismo di gestione collettiva ma che, a differenza di questo, non è detenuto né controllato, direttamente o indirettamente, integralmente o in parte, dai titolari dei diritti, e persegue fini di lucro.

[272] Le modalità di gestione del Fondo sono state definite con DPCM 20 maggio 2017, mentre il riparto dello stesso fra le diverse tipologie di contributi è stato effettuato:

- per il 2017, con DM 13 luglio 2017;

- per il 2018, con DM 148 del 15 marzo 2018;

- per il 2019, con DM 149 del 14 marzo 2019, DM 179 del 2 aprile 2019, DM 199 del 24 aprile 2019, DM 520 del 7 novembre 2019 e DM 7 febbraio 2020;

- per il 2020, con DM 187 del 22 aprile 2020, DM 405 del 12 agosto 2020, DM 574 del 9 dicembre 2020 e DM 615 del 30 dicembre 2020;

- per il 2021, con DM 65 del 3 febbraio 2021 e DM 154 del 9 aprile 2021.

[273] In particolare, l’art. 3 del DM ha stabilito che il deposito deve avvenire non oltre 30 giorni dalla data dell’ottenimento del nulla osta per la proiezione in pubblico, ovvero dall’avvenuta comunicazione al pubblico dell’opera.

[274] Le parti indivise di opere di più autori si presumono di valore eguale, salvo la prova per iscritto di diverso accordo.

[275] Relativo all'esercizio dei diritti di utilizzazione economica, spettante al produttore, che ha per oggetto lo sfruttamento cinematografico dell'opera prodotta.

[276] In caso di cessione del diritto di diffusione al produttore, spetta agli autori di opere cinematografiche e assimilate un equo compenso per la comunicazione al pubblico via etere, via cavo e via satellite.

[277] Si tratta di iniziative e manifestazioni finalizzate a:

a) favorire lo sviluppo della cultura cinematografica e audiovisiva in Italia;

b) promuovere le attività di internazionalizzazione del settore;

c) promuovere, anche a fini turistici, l'immagine dell'Italia attraverso il cinema e l'audiovisivo;

d) sostenere la realizzazione di festival, rassegne e premi di rilevanza nazionale ed internazionale;

e) promuovere le attività di conservazione, restauro e fruizione del patrimonio cinematografico e audiovisivo.

[278] Le fondazioni lirico-sinfoniche sono state inizialmente disciplinate dalla L. 800/1967, che ha dichiarato il "rilevante interesse generale" dell'attività lirica e concertistica "in quanto intesa a favorire la formazione musicale, culturale e sociale della collettività nazionale". Sono stati così riconosciuti come enti autonomi 11 teatri lirici – il Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Comunale di Firenze (ora, Fondazione Teatro del Maggio musicale fiorentino), il Teatro Comunale dell'Opera di Genova (ora, Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova), il Teatro alla Scala di Milano, il Teatro San Carlo di Napoli, il Teatro Massimo di Palermo, il Teatro dell'Opera di Roma, il Teatro Regio di Torino, il Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, il Teatro La Fenice di Venezia e l'Arena di Verona – e 2 istituzioni concertistiche assimilate: l'Accademia nazionale di S. Cecilia di Roma e l'Istituzione dei concerti e del teatro lirico Giovanni Pierluigi da Palestrina di Cagliari (ora, Fondazione teatro lirico di Cagliari). Agli enti sopra indicati si è aggiunta, a seguito della L. 310/2003, la Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari. Attualmente, pertanto, le fondazioni lirico-sinfoniche sono quattordici.

[279] In base a quanto riportato nell’Allegato 1 alla prima Relazione semestrale sull’applicazione dei piani di risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche, le linee guida per la compilazione dei piani di risanamento sono state emanate con nota prot. n. 3231 del 19 febbraio 2014.

[280] L’art. 11, co. 3 e 5, dello stesso D.L. 91/2013 (L. 112/2013) ha affidato la nomina del Commissario straordinario ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Da ultimo, a ciò si è proceduto con D.I. 33 del 12 gennaio 2021.

[281] I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo da assegnare, pari a € 500, erano stati disciplinati con DPCM 15 settembre 2016, n. 187.

[282] I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo da assegnare, erano stati disciplinati con DPCM 4 agosto 2017, n. 136, che aveva modificato il DPCM del 2016.

[283] In particolare, in risposta alle controdeduzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri, aveva osservato che anche dalla nuova impostazione dello schema normativo di finanza pubblica delineata con la L. 163/2016 non sembrava poter derivare il venir meno della necessità di emanare una norma legittimante di rango primario da porre a base del DPCM, al fine anzitutto di poter individuare la platea di beneficiari del diritto.

[284] I criteri e le modalità di utilizzazione della Carta per i giovani che hanno compiuto 18 anni nel 2018 erano dunque stati disciplinati con DPCM 7 dicembre 2018, n. 138, che aveva ulteriormente modificato il DPCM del 2016, stabilendo, in particolare, che la Carta poteva essere utilizzata dagli stessi fino al 31 dicembre 2019.

[285] Gli importi nominali da assegnare nell’ambito delle risorse disponibili, nonché i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo della Carta per coloro che hanno compiuto 18 anni nel 2019 erano stati definiti con D.I. 24 dicembre 2019, n. 177, in base al quale le iscrizioni sul sito www.18app.italia.it erano aperte fino al 31 agosto 2020, mentre la scadenza per spendere il bonus era il 28 febbraio 2021.

[286] La disciplina applicativa è stata definita con D.I. 22 dicembre 2020, n. 192 che, modificando il D.I. 177/2019, ha disposto, in particolare, che per i giovani che hanno compiuto 18 anni nel 2020 le iscrizioni sul sito www.18app.italia.it sono aperte fino al 31 agosto 2021, mentre la scadenza per spendere il bonus è il 28 febbraio 2022.

[287] Recante “Disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato”. L’articolo 1 dispone, appunto, la trasformazione degli enti di prioritario interesse nazionale che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato secondo le disposizioni previste dal decreto medesimo.

[288] Recante “Costituzione della «Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari», con sede in Bari, nonché disposizioni in materia di pubblici spettacoli, fondazioni lirico-sinfoniche e attività culturali”.

[289] Recante “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53”

[290] Si tratta dei lavoratori che: a) prestino a tempo determinato, attività artistica o tecnica, direttamente connessa con la produzione e la realizzazione di spettacoli e che b) prestino a tempo determinato attività al di fuori delle ipotesi di cui alla lettera a).

[291] Recante “Attuazione della delega conferita dall'articolo 2, commi 22 e 23, lettera a), della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di regime pensionistico per i lavoratori dello spettacolo iscritti all'ENPALS”.

[292] Essa confluisce presso la Gestione prestazioni temporanee di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88.

[293] Come precisato nel corso dell’esame alla Camera, con l’introduzione della particella “non”.

[294] Recante “Attuazione della delega conferita dall'articolo 2, commi 22 e 23, lettera a), della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di regime pensionistico per i lavoratori dello spettacolo iscritti all'ENPALS”.

[295] Convertito, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n. 58.

[296] Il termine in questione era stato già prorogato al 30 giugno 2021 dall’art. 1, comma 31, della L. n. 178/2020.

[297]  La richiamata norma generale fa riferimento anche al concerto con altri Ministeri competenti (non sussistenti nel caso dell'INPGI).

[298]  Non sono specificati le procedure di individuazione dei programmi oggetto di accantonamento e di indisponibilità (nonché di determinazione dei relativi importi) né i termini e le modalità per l'eventuale ripristino delle risorse (per l'ipotesi in cui le norme regolamentari non vengano adottate nel relativo anno di riferimento).

[299] In particolare, la relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio 2020 (A.S. 1586) sottolineava che il differimento di ulteriori 12 mesi da esso recato era finalizzato ad evitare che, già a decorrere da gennaio 2020, si determinassero gli effetti di abolizione o riduzione dei contributi, con conseguenti effetti sia sulla continuità aziendale delle imprese, sia sui livelli occupazionali, senza che fosse previamente intervenuta, come peraltro richiedeva la stessa legge di bilancio 2019, una revisione organica della normativa di settore.

[300] In particolare, per le imprese radiofoniche che risultavano essere organi di partiti politici presenti in almeno un ramo del Parlamento e che, oltre ad aver registrato la testata e a non essere editori o controllori di imprese editrici di quotidiani o periodici organi dei medesimi partiti, trasmettevano quotidianamente propri programmi informativi su avvenimenti politici, religiosi, economici, sociali, sindacali o culturali, per non meno del 50% delle ore di trasmissione comprese fra le 7 e le 20, l’art. 4 della L. 250/1990 – come modificato, da ultimo, dall’art. 2, co. 6, del D.L. 63/2012 (L. 103/2012) – aveva previsto la corresponsione di un contributo annuo pari al 40% della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti. Aveva, altresì, disposto che, ove le entrate pubblicitarie fossero state inferiori al 25% dei costi di esercizio annuali, compresi gli ammortamenti, era concesso alle stesse imprese un ulteriore contributo integrativo pari al 50% del contributo già indicato. A decorrere dal 1° gennaio 1991, il contributo integrativo era stato raddoppiato dall’art. 2, co. 1, della L. 278/1991.

      La somma di tutti i contributi non poteva, comunque, superare il 50% cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti.

      Successivamente, l’art. 12, co. 4, del DPR 223/2010 aveva stabilito che i contributi previsti, tra l’altro, dall’art. 4 della L. 250/1990 non potevano comunque eccedere, per ogni singola impresa, l’importo di € 4 mln (annui).

      In seguito, l’art. 3 del d.lgs. 70/2017 – emanato in attuazione dell'art. 2, co. 1 e 2, L. 198/2016 – ha specificato, con riferimento all’esclusione dalla possibilità di continuare a percepire i contributi da parte degli organi di informazione dei partiti e dei movimenti politici e sindacali, già prevista dalla medesima legge, che sono comprese nell’esclusione, oltre alle imprese editrici, anche le imprese di cui all’art. 4 della L. 250/1990, ossia le imprese radiofoniche organi di partiti politici presenti in almeno un ramo del Parlamento.

      La disciplina dell’art. 4 citato ha continuato, in ogni caso, ad applicarsi alle imprese radiofoniche private che hanno svolto attività di informazione di interesse generale.

[301] Il riferimento alla L. 7 agosto 1990, n. 250, contenuto nell’art. 1, co. 1247, della L. 296/2006, è da intendersi come errore materiale.

[302] Dal medesimo sito, risulta che tali contributi sono stati pari a € 3.000.000 per il 2019, a € 4.000.000 per ciascuno degli anni dal 2011 al 2018 (nello specifico: 2018, 2017, 2016, 2015, 2014, 2013, 2012, 2011), a € 4.131.655,20 per ciascuno degli anni 2010 e 2009, a € € 4.153.629,44 per il 2008, a € 4.153.452,00 per il 2007, a € 4.153.180,20 per il 2006, a € 4.159.915,00 per il 2005, a € 4.159.915,19 per il 2004, a € 4.132.000,00 per il 2003.

[303] Ossia quelle previste per i lavoratori dipendenti stagionali nei settori del turismo e degli stabilimenti termali e per i lavoratori in regime di somministrazione nei suddetti settori, per gli altri lavoratori dipendenti a tempo determinato nei settori del turismo e degli stabilimenti termali, per i lavoratori dipendenti stagionali e per i lavoratori in regime di somministrazione negli altri settori, per i lavoratori intermittenti ed alcune categorie particolari di lavoratori autonomi e per i lavoratori dello spettacolo.

[304] Si ricorda che in tale gestione sono iscritti (tra gli altri) i lavoratori autonomi e i soggetti titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non sono iscritti ad altri regimi pensionistici obbligatori (gestiti dall’INPS o da altri enti, pubblici o privati).

[305] La suddetta Comunicazione è stata novellata dalle seguenti Comunicazioni: C/2020/2215 del 3 aprile 2020, C/2020/3156 dell'8 maggio 2020, C/2020/4509 del 29 giugno 2020, C/2020/7127 del 13 ottobre 2020 e C/2021/564 del 28 gennaio 2021. Per il testo consolidato, cfr. la presente url.

[306] Cfr., in particolare, la sentenza n. 194 del 9-16 maggio 2002, la sentenza n. 225 del 21-24 giugno 2010 e la sentenza n. 90 del 2-12 aprile 2012.

[307] Pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

[308] Cfr. l'articolo 52, comma 1-bis, del citato D.Lgs. n. 165 del 2001, e successive modificazioni.

[309] Secondo il detto articolo 168,c.1: “L'Amministrazione degli affari esteri può utilizzare negli uffici centrali o nelle rappresentanze diplomatiche e negli uffici consolari, per l'espletamento di specifici incarichi che richiedano particolare competenza tecnica e ai quali non si possa sopperire con funzionari diplomatici, esperti tratti da personale dello Stato o di Enti pubblici appartenenti a carriere direttive o di uguale rango”.

[310] Si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2016. In altra decisione (la n.191 del 2017) la Corte afferma che occorre "verificare, con riguardo alle singole disposizioni impugnate, se esse si rivolgano espressamente anche agli enti dotati di autonomia speciale, con l’effetto di neutralizzare la portata della clausola generale". Sul tema si vedano altresì le sentenze nn.154 e 231 del 2017.