Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Istituzioni
Titolo: Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri
Riferimenti: AC N.2915/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 407
Data: 08/03/2021
Organi della Camera: I Affari costituzionali

 

 

 

 

Servizio Studi

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Dossier n. 362

 

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 407

 

 

 

 

 

La redazione del presente dossier è stata curata dal Servizio Studi della Camera dei deputati

 

 

 

 

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D21022.docx

 


INDICE

 

Schede di lettura

§  Articolo 1 (Modifiche all’articolo 2 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300) 5

§  Articolo 2 (Ministero della transizione ecologica) 9

§  Articolo 3 (Disposizioni transitorie concernenti il Ministero della transizione ecologica- MITE) 22

§  Articolo 4 (Comitato dei Ministri per la transizione ecologica) 30

§  Articolo 5 (Disposizioni concernenti il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili) 36

§  Articolo 6, commi 1, 2, lett. a), b) e c), 3 e 4 (Ministero della cultura) 39

§  Articolo 6, comma 2, lett. d) e Articolo 7 (Ministero del turismo e disposizioni transitorie) 41

§  Articolo 8 (Funzioni in materia di innovazione tecnologica e transizione digitale e istituzione del Comitato interministeriale per la transizione digitale) 58

§  Articolo 9 (Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza) 74

§  Articolo 10 (Procedure per la riorganizzazione dei ministeri) 77

§  Articolo 11 (Disposizioni finanziarie) 80

§  Articolo 12 (Entrata in vigore) 83

§  Il quadro normativo. 85

§  La composizione del Governo in alcuni Paesi europei 91

 


Schede di lettura

 


Articolo 1
(Modifiche all’articolo 2 del
decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300)

 

 

L’articolo 1 istituisce, in primo luogo, il Ministero del turismo scorporando le funzioni in materia di turismo dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo per trasferirle ad un dicastero ad hoc. Viene così aumentato il numero complessivo dei ministeri da 14 a 15. Di conseguenza viene modificata la denominazione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo in Ministero della cultura.

Inoltre, viene istituito il Ministero della transizione ecologica che sostituisce il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare accorpando le funzioni di questo con quelle in materia di politica energetica e mineraria svolte dal Ministero dello sviluppo economico.

Infine, viene mutata la denominazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili.

 

A tal fine, la disposizione in esame modifica l’articolo 2 del decreto legislativo 30 luglio 1999, che disciplina l’organizzazione del Governo, e specificatamente il comma 1, che reca l’elenco dei ministeri, e il comma 4-bis, che fissa il numero massimo dei ministeri e dei membri complessivi dei Governo.

 

Nel dettaglio, il comma 1, lett. a) dell’articolo in esame interviene sull’elenco dei ministeri (nn. 1), 2) e 3).

Viene sostituita in primo luogo (n. 1) la denominazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare con quella di Ministero della transizione ecologica (disciplinato dai successivi articoli 2, 3 e 4 del presente provvedimento che prevedono, tra l’altro, il trasferimento al nuovo dicastero delle funzioni in materia di politica energetica e mineraria nazionale esercitate dal Ministero dello sviluppo economico).

 

Con il n. 2) la denominazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti viene mutata in Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, la cui denominazione, ai sensi dell’articolo 5 del decreto-legge in esame, sostituisce la precedente.

 

Il n. 3) modifica la denominazione del Ministero per i beni e per le attività culturali e per il turismo in Ministero della cultura.

Tale modifica è conseguenziale allo scorporo delle funzioni in materia di turismo che sono attribuite ad un nuovo dicastero denominato Ministero del turismo. A tal fine, il n. 4) aggiunge all’elenco dei ministeri il Ministero del turismo disciplinato dagli articoli 6 e 7 del decreto-legge in esame.

 

La lettera b) del comma 1, di conseguenza, modifica l’art. 2, comma 4-bis del D.Lgs. 300/1999 elevando da 14 a 15 il numero massimo dei ministeri. L’aumento è dovuto, come si è detto, alla istituzione del dicastero del Turismo.

Resta fermo a 65 il numero massimo complessivo dei membri del Governo (Presidente del Consiglio, ministri, viceministri e sottosegretari) stabilito dal medesimo art. 2, comma 4-bis.

 

Il 2 marzo 2021 il Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio, con proprio decreto, ha nominato il professor Roberto Cingolani Ministro della transizione ecologica, il professor Enrico Giovannini Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, l'onorevole Dario Franceschini Ministro della cultura e l'onorevole Massimo Garavaglia Ministro del turismo. (DPR 2 marzo 2021, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4 marzo 2021, n. 54).

 

Nel corso della attuale legislatura si registrano altri tre interventi di riorganizzazione dei ministeri, precedenti al provvedimento in esame, i primi due dei quali recano disposizioni che riguardano anche i dicasteri e le funzioni oggetto del decreto-legge in commento.

 

All’inizio della legislatura, tra i primi atti del I Governo Conte, il decreto-legge 12 luglio 2018, n. 86 modifica le competenze di alcuni ministeri e della Presidenza del Consiglio dei ministri come segue:

§  trasferisce al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (che assume la nuova denominazione di Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo - MIPAAFT) le funzioni in materia di turismo in precedenza esercitate dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il quale tornava ad assumere la denominazione di Ministero per i beni e le attività culturali – MIBAC;

§  attribuisce al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare alcune funzioni esercitate in precedenza dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. Si tratta di compiti in materia di coordinamento e monitoraggio di determinati interventi di emergenza ambientale e in materia di contrasto al dissesto idrogeologico e di difesa e messa in sicurezza del suolo. Al medesimo Ministero vengono altresì attribuite le funzioni relative alla promozione dell'economia circolare e all'uso efficiente delle risorse, nonché al coordinamento delle misure di contrasto e contenimento del danno ambientale e di ripristino in sicurezza dei siti inquinati;

§  individua un complesso di funzioni in materia di famiglia, adozioni, infanzia e adolescenza, disabilità, spettanti - in parte in base alle norme già vigenti, in parte in base a trasferimenti di competenza da altri ministeri - al Presidente del Consiglio ovvero al Ministro delegato per la famiglia e le disabilità;

§  sopprime il dipartimento della Presidenza del Consiglio denominato "Casa Italia";

§  introduce disposizioni per interventi di edilizia scolastica.

§  riordina le competenze dell'Agenzia per la coesione territoriale.

 

Successivamente, dopo la formazione del II Governo Conte, è intervenuto il decreto-legge 21 settembre 2019, n. 104 recante disposizioni in materia di riordino dei ministeri e altre disposizioni urgenti, che ha riportato al Ministero dei beni e delle attività culturali le funzioni in materia di turismo già trasferite al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in virtù del D.L 86/2018.

Inoltre, trasferisce al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale le funzioni (con le relative risorse umane e strumentali) esercitate dal Ministero dello sviluppo economico in materia di politica commerciale e promozionale con l'estero e di sviluppo dell'internazionalizzazione del sistema Paese. Sempre dal Ministero dello sviluppo economico sono trasferite al Ministero degli affari esteri le competenze sulle autorizzazioni per le esportazioni di materiali che rientrano nella Convenzione sulla proibizione delle armi chimiche e per le esportazioni di materiali a duplice uso.

Viene inoltre istituita una struttura tecnica per il controllo interno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed è ridefinita l'organizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare superando il modello incentrato sulla figura del segretario generale e sulle direzioni generali e adottando una struttura per dipartimenti.

 

Il terzo intervento è stato realizzato con il decreto-legge 5 gennaio 2021, n. 1 (il cui contenuto è stato poi trasfuso nel decreto-legge 18 dicembre 2020, n. 172) che ha istituito il Ministero dell'istruzione e il Ministero dell'università e della ricerca e ha soppresso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR). Conseguentemente, il numero dei dicasteri, in precedenza fissato a 13, è stato elevato a 14.

Il provvedimento disciplina l'ordinamento dei due Dicasteri, stabilendo, per il primo, un'organizzazione per dipartimenti e, per il secondo, un'organizzazione in uffici dirigenziali generali coordinati da un segretario generale.

Al Ministero dell'università e della ricerca sono attribuite le funzioni e i compiti dello Stato in materia di istruzione universitaria, di ricerca scientifica, tecnologica e artistica e di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM).

Al Ministero dell'istruzione sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in ordine al sistema educativo di istruzione e formazione.


 

Articolo 2
(Ministero della transizione ecologica)

 

L’articolo 2 disciplina la trasformazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in Ministero della transizione ecologica (MiTE). In particolare, il comma 2 reca una serie di modifiche al decreto legislativo n. 300/1999, prevedendo il trasferimento di competenze in materia di politica energetica dal Ministero dello sviluppo economico (MiSE) al MiTE ed una complessiva ridefinizione delle funzioni di tale ultimo Dicastero. È inoltre prevista la ridenominazione del Comando carabinieri per la tutela ambientale (comma 5) e l’adeguamento dello statuto dell’ENEA (comma 6).

 

Di seguito si illustra il dettaglio delle disposizioni recate dall’articolo in esame.

Ridenominazione (commi 1 e 3)

Il comma 1 dispone la ridenominazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) in “Ministero della transizione ecologica”, d’ora in poi indicato con l’acronimo MiTE.

Il comma 3 prevede che le nuove denominazioni “Ministro della transizione ecologica” e “Ministero della transizione ecologica” sostituiscono, a ogni effetto e ovunque presenti, rispettivamente, le precedenti denominazioni “Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare” e “Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”.

Modifiche alle funzioni del Ministero dello sviluppo economico (comma 2, lett. a) e b)

Come anticipato, il comma 2 modifica il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, prevedendo il trasferimento delle competenze del Ministero dello sviluppo economico in materia di politica energetica al Ministero della transizione ecologica.

 

Al comma 2, lettera a), vengono conseguentemente modificate le competenze del Ministero dello sviluppo economico indicate all'articolo 28, commi l e 2, del D.Lgs. 300/1999.

 

Così, con il comma 2, lettera a), punto 1, sono soppresse le competenze che riguardano la “definizione degli obiettivi e delle linee di politica energetica e mineraria nazionale e provvedimenti ad essi inerenti; rapporti con organizzazioni internazionali e rapporti comunitari nel settore dell'energia, ferme restando le competenze del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministero degli affari esteri, compresi il recepimento e l'attuazione dei programmi e delle direttive sul mercato unico europeo in materia di energia, ferme restando le competenze del Presidente del Consiglio dei Ministri e delle Regioni; attuazione dei processi di liberalizzazione dei mercati energetici e promozione della concorrenza nei mercati dell'energia e tutela dell'economicità e della sicurezza del sistema; individuazione e sviluppo delle reti nazionali di trasporto dell'energia elettrica e del gas naturale e definizione degli indirizzi per la loro gestione; politiche di ricerca, incentivazione e interventi nei settori dell'energia e delle miniere; ricerca e coltivazione di idrocarburi e risorse geotermiche; normativa tecnica, area chimica, sicurezza mineraria, escluse le competenze in materia di servizio ispettivo per la sicurezza mineraria e di vigilanza sull'applicazione della legislazione attinente alla salute sui luoghi di lavoro, e servizi tecnici per l'energia; vigilanza su enti strumentali e collegamento con le società e gli istituti operanti nei settori dell'energia; gestione delle scorte energetiche nonché predisposizione ed attuazione dei piani di emergenza energetica”.

 

Il comma 2, lettera a), punto 2), con riferimento alle attività di studio del MISE, sopprime il riferimento alla “rilevazione, elaborazione, analisi e diffusione di dati statistici in materia energetica e mineraria, finalizzati alla programmazione energetica e mineraria”.

 

Le competenze di cui ai punti 1 e 2 sono elencate tra quelle del nuovo Ministero con le modifiche apportate dalla lettera d) dello stesso comma 2, comma 1 (vedi infra).

 

La lettera c) del comma 2 dell’articolo in esame riscrive la rubrica del Capo VIII del Titolo IV, intitolata “Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio” al fine di far riferimento alla nuova denominazione assunta dal Ministero, vale a dire quella di Ministero della transizione ecologica.

La successiva lettera d) reca modifiche all’art. 35 del d.lgs. 300/1999 che, nel testo previgente, disciplinava l’istituzione e le attribuzioni del Ministero dell’ambiente.

In particolare, il numero 1) della lettera in esame modifica il comma 1 dell’art. 35 citato, ove si dispone l’istituzione del Ministero dell’ambiente, al fine di disporre l’istituzione del Ministero della transizione ecologica.

Il numero 2) invece riscrive integralmente il comma 2 dell’art. 35 – che nel testo previgente disciplinava le funzioni e i compiti del Ministero dell’ambiente – al fine di individuare le funzioni e i compiti del nuovo Ministero della transizione ecologica.

A differenza del testo previgente, che attribuiva al Ministero dell'ambiente le funzioni e i compiti spettanti allo Stato relativi alla tutela dell'ambiente, del territorio e dell'ecosistema, il nuovo testo previsto dalla lettera in esame dispone che al Ministero della transizione ecologica sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato:

§  relativi allo sviluppo sostenibile, ferme restando le funzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri;

 

Si tratta di compiti che, benché non elencati nel testo previgente dell’art. 35, sono già svolti di fatto dal Ministero dell’ambiente, la cui principale missione, nell’ambito delle politiche di bilancio, è proprio la missione 18 “Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente”.

 

§  e alla tutela e alla valorizzazione dell’ambiente, del territorio e dell’ecosistema.

 

Si fa notare che, rispetto al testo previgente, viene quindi aggiunta la parola “valorizzazione”.

 

La riscrittura in esame interviene inoltre sull’elenco delle materie attribuite alla competenza del Ministero. Il testo a fronte di seguito riportato aiuta a comprendere le modifiche recate dalla riscrittura di cui trattasi.

 

Come sottolineato anche dalla relazione illustrativa, si fa notare che, rispetto al testo previgente, i nuovi ambiti di intervento concernenti le nuove competenze attribuite al MiTE sono indicati alle lettere b), c), d) del nuovo testo dell’articolo 35, comma 2, mentre le lettere a), e), f), g), h), i), l) ed m) riprendono i compiti già attribuiti al Ministero dell’ambiente, con la sola differenza (tralasciando differenze di carattere più formale che sostanziale) che alla lettera e) si fa espresso riferimento al riuso e riciclo dei rifiuti, nonché all'economia circolare, mentre alla lettera i) viene precisata la competenza del MiTE anche per la bonifica dei c.d. siti orfani.

Relativamente a tali siti, si fa notare che la relativa competenza è già attribuita al MATTM dal comma 800 dell’art. 1 della legge di bilancio 2019 (L. 145/2018). In attuazione di tale comma è stato emanato il D.M. Ambiente 29 dicembre 2020 di approvazione del Programma nazionale di finanziamento degli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti orfani.

 

 

Materie di competenza del MATTM

Materie di competenza del MiTE

a) individuazione, conservazione e valorizzazione delle aree naturali protette, tutela della biodiversità e della biosicurezza, della fauna e della flora, attuazione e gestione, fatte salve le competenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri

 

e del Ministero degli affari esteri,

 

della Convenzione di Washington (CITES) e dei relativi regolamenti comunitari, della difesa del mare e dell'ambiente costiero, e della comunicazione ambientale;

a) individuazione, conservazione e valorizzazione delle aree naturali protette, tutela della biodiversità e della biosicurezza, della fauna e della flora, attuazione e gestione, fatte salve le competenze della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali

 e del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale,

della Convenzione di Washington (CITES) e dei relativi regolamenti europei, della difesa del mare e dell'ambiente costiero, e della comunicazione ambientale;

 

b) definizione degli obiettivi e delle linee di politica energetica e mineraria nazionale e provvedimenti ad essi inerenti;

autorizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili di competenza statale anche ubicati in mare;

rapporti con organizzazioni internazionali e rapporti comunitari nel settore dell'energia, ferme restando le competenze del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, compresi il recepimento e l'attuazione dei programmi e delle direttive sul mercato unico europeo in materia di energia, ferme restando le competenze del Presidente del Consiglio dei ministri e delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano;

attuazione dei processi di liberalizzazione dei mercati energetici e promozione della concorrenza nei mercati dell'energia e tutela dell'economicità e della sicurezza del sistema;

individuazione e sviluppo delle reti nazionali di trasporto dell'energia elettrica e del gas naturale e definizione degli indirizzi per la loro gestione;

politiche di ricerca, incentivazione e interventi nei settori dell'energia e delle miniere;

ricerca e coltivazione di idrocarburi e risorse geotermiche;

normativa tecnica, area chimica, sicurezza mineraria, escluse le competenze in materia di servizio ispettivo per la sicurezza mineraria e di vigilanza sull'applicazione della legislazione attinente alla salute sui luoghi di lavoro, e servizi tecnici per l'energia;

vigilanza su enti strumentali e collegamento con le società e gli istituti operanti nei settori dell'energia;

gestione delle scorte energetiche nonché predisposizione ed attuazione dei piani di emergenza energetica;

sicurezza nucleare e disciplina dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi;

agro-energie;

rilevazione, elaborazione, analisi e diffusione di dati statistici in materia energetica e mineraria, finalizzati alla programmazione energetica e mineraria;

 

c) piani e misure in materia di combustibili alternativi e delle relative reti e strutture di distribuzione per la ricarica dei veicoli elettrici, qualità dell’aria, politiche di contrasto ai cambiamenti climatici e per la finanza climatica e sostenibile e il risparmio ambientale anche attraverso tecnologie per la riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra;

 

d) pianificazione in materia di emissioni nei diversi settori dell’attività economica, ivi compreso quello dei trasporti;

b) gestione dei rifiuti ed interventi di bonifica dei siti inquinati;

e) gestione, riuso e riciclo dei rifiuti ed economia circolare;

tutela delle risorse idriche e relativa gestione, fatta salva la competenza del Ministero delle politiche agricole e forestali;

f) tutela delle risorse idriche e relativa gestione, fatta salva la competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

c) promozione di politiche di sviluppo durevole e sostenibile, nazionali e internazionali;

g) promozione di politiche di sviluppo sostenibile, nazionali e internazionali;

c-bis) politiche di promozione per l'economia circolare e l'uso efficiente delle risorse, fatte salve le competenze del Ministero dello sviluppo economico;

h) promozione di politiche per

l'economia circolare e l'uso efficiente delle risorse, fatte salve le competenze del Ministero dello sviluppo economico;

c-ter) coordinamento delle misure di contrasto e contenimento del danno ambientale e di ripristino in

sicurezza dei siti inquinati;

i) coordinamento delle misure di contrasto e contenimento del danno ambientale, nonché di bonifica e di ripristino in sicurezza dei siti inquinati, ivi compresi i siti per i quali non è individuato il responsabile della contaminazione ovvero quelli per i quali i soggetti interessati non provvedono alla realizzazione degli interventi, nonché esercizio delle relative azioni giurisdizionali;

d) sorveglianza, monitoraggio e recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività e all'impatto sull'ambiente,

 

con particolare riferimento alla prevenzione e repressione delle violazioni compiute in danno dell'ambiente, prevenzione e protezione dall'inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico e dai rischi industriali;

l) sorveglianza, monitoraggio e recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività e alla riduzione dell'impatto delle attività umane sull'ambiente,

con particolare riferimento alla prevenzione e repressione delle violazioni compiute in danno dell'ambiente, prevenzione e protezione dall'inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico e dai rischi industriali;

e) difesa e assetto del territorio con riferimento ai valori naturali e ambientali.

m) difesa e assetto del territorio con riferimento ai valori naturali e ambientali.

 

Con riferimento alla lettera b) del nuovo testo del comma 2 dell’art. 35 del D.Lgs. 300/1999, si fa notare che in esso sono traslate le disposizioni che nel testo previgente erano collocate nell’art. 28 del medesimo decreto legislativo e relative alle funzioni del Ministero dello sviluppo economico e che ora sono soppresse dalla lettera a) del comma 2 dell’articolo in esame.

 

Sotto il profilo della formulazione della disposizione, a proposito del trasferimento della materia rapporti con organizzazioni internazionali e rapporti comunitari di cui alla lett. b), in merito alla dizione “rapporti comunitari” si rileva che sul punto è intervenuto il Trattato di Lisbona, che – oltre a sancire una fondamentale riforma istituzionale, in base alla quale tanto la “Comunità europea”, quanto l’Unione fondata sul sistema dei “tre pilastri” ha lasciato il posto all’Unione europea intesa come complesso giuridico unico – ha previsto anche una riforma linguistica: l’articolo 2 del Trattato di Lisbona stabilisce infatti che, “nell’intero trattato”, i termini “la Comunità” o “la Comunità europea” siano sostituiti da “l’Unione”, e l’aggettivo “comunitario”, comunque declinato, da “dell’Unione”.

 

Si segnala che la lettera b) attribuisce al MiTE anche le competenze su:

§  “sicurezza nucleare e disciplina dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi”. Con riferimento a tale materia, la disciplina è essenzialmente contenuta nel decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, che da un lato aveva istituito come autorità di regolamentazione l'”Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN)” e dall’altro prevede l’adozione di un programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, da adottare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti il Ministro della salute, la Conferenza unificata e l'autorità di regolamentazione competente. Ora le competenze governative vengono concentrate nel Ministero per la transizione ecologica;

§  “agro-energie”. Sul punto, si ricorda che – recependo le direttive comunitarie in materia, l’articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, prevede obblighi di immissione in consumo di quote percentuali di quote di biocarburanti, rapportate al consumo di carburanti diesel e benzina. Tali quote sono state definite in dettaglio nel decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 ottobre 2014 (aggiornato dal D.M. 30 dicembre 2020), prevedendo l’immissione obbligatoria - dal 2021 - del 10,0% di biocarburanti rispetto al quantitativo totale di benzina e gasolio immesso in consumo nell’anno solare. Anche in questo caso, la competenza passa al nuovo Dicastero.

 

Con riferimento alla lettera c), si fa notare che le competenze in materia di combustibili alternativi e delle reti per la ricarica dei veicoli elettrici sembrano definire in maniera più puntuale quanto già previsto dal regolamento di organizzazione del MiSE (D.P.C.M. 93/2019).

 

Si ricorda in proposito che l’art. 8 affida alla Direzione generale per l'approvvigionamento, l'efficienza e la competitività energetica, lo “sviluppo di programmi sulla mobilità sostenibile, quali mobilità elettrica e altri carburanti alternativi” nonché la “razionalizzazione e adeguamento della rete di distribuzione carburanti alle esigenze della mobilità sostenibile”.

Per i carburanti alternativi, si richiama il decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257, recante la disciplina di attuazione della direttiva 2014/94/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2014, sulla realizzazione di una infrastruttura per i combustibili alternativi.

 

Si segnala la novità costituita dalla “finanza climatica”, espressione fin qui non usata a livello legislativo. L’espressione è usata a livello internazionale: l’OCSE a novembre 2020 ha pubblicato un proprio report dedicato alla materia (Climate Finance Provided and Mobilised by Developed Countries in 2013-18).

A livello europeo, l'Unione europea sottolinea di avere un ruolo primario nel settore, considerando che insieme agli Stati membri (compreso il Regno Unito) e la Banca europea per gli investimenti si è rivelata il maggior contributore di finanziamenti pubblici per il clima a favore dei paesi in via di sviluppo, fornendo 23,2 miliardi di euro nel 2019, con un aumento del 6,9% rispetto al 2018.

L’Unione europea ha anche istituito il gruppo tecnico di esperti dell’Unione Europea sulla finanza sostenibile (Technical Expert Group on Sustainable Finance - TEG), per attività di studio e proposta volte a sviluppare:

§  un sistema di classificazione europeo, la cosiddetta Tassonomia europea, per determinare se un’attività economica sia sostenibile;

§  uno standard europeo per i Green Bond;

§  metodologie per benchmark europei climatici e per la loro comunicazione,

§  linee guida per migliorare la comunicazione da parte delle imprese delle informazioni relative al clima.

 

Si valuti l’opportunità di chiarire il senso dell’espressione “finanza climatica” che, nel significato italiano, sembra alludere specificamente a strumenti finanziari e ad una politica fiscale legati al contesto dei cambiamenti climatici, mentre l’espressione “climate finance” riguarda più genericamente finanziamenti delle attività sostenibili.

 

Relativamente alla qualità dell’aria e alle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici contemplate dalla nuova lettera c), nonché alla pianificazione in materia di emissioni nei diversi settori dell’attività economica, ivi compreso quello dei trasporti, contemplata dalla lettera d), si fa notare che trattasi di una enunciazione più chiara e precisa di funzioni già svolte dal Ministero dell’ambiente in base a quanto disposto dal regolamento di organizzazione del MATTM (D.P.C.M. 97/2019).

Si ricorda in proposito che l’art. 3-bis affida al Dipartimento per la transizione ecologica e gli investimenti verdi le competenze del MATTM in una serie di materie, tra cui “contrasto ai cambiamenti climatici, efficientamento energetico, miglioramento della qualità dell'aria e sviluppo sostenibile”.

L’art. 7 del medesimo decreto affida alla Direzione generale per il clima, l'energia e l'aria del MATTM, tra l’altro, funzioni nei seguenti ambiti:

a) programmi e progetti nazionali per la riduzione della «intensità di carbonio» nei diversi settori economici, con particolare riferimento alla produzione e consumo di energia, ai trasporti, alle attività agricole e forestali;

b) strategie di intervento idonee a governare gli effetti dei cambiamenti climatici sul piano della mitigazione e dell'adattamento;

c) riduzione delle emissioni di gas serra e incentivazione delle fonti di energie rinnovabili.

 

La relazione illustrativa rimarca anche la novità prevista alla lettera d), in forza del quale al Ministero della transizione ecologica sono attribuiti compiti di pianificazione in materia di emissioni nei diversi settori dell'attività economica, ivi compreso il settore dei trasporti.

 

La lettera e) del comma 2 modifica e integra il testo dell’art. 37 del d.lgs. 300/1999 al fine di prevedere:

§  - che i dipartimenti in cui è articolato il Ministero possono essere non più di 3, aumentando quindi di una unità il limite previsto dal testo previgente;

§  - l’introduzione di un limite (pari a 10) anche per il numero delle direzioni generali del MiTE.

 

In proposito la relazione illustrativa ricorda che, in base al D.P.C.M. n. 97 del 2019 (recante “Regolamento di organizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'Organismo indipendente di valutazione della performance e degli Uffici di diretta collaborazione”), il Ministero dell'ambiente “era strutturato in due dipartimenti e otto direzioni generali; in forza di quanto previsto dal successivo articolo 3, comma 2, del decreto in esame, alle predette Direzioni si aggiungeranno la Direzione generale per l'approvvigionamento, l'efficienza e la competitività energetica e la Direzione generale per le infrastrutture e la sicurezza dei sistemi energetici e geominerari del Ministero dello sviluppo economico”.

Ulteriori norme relative alle funzioni trasferite dal MiSE al MiTE (commi 4 e 7)

Il comma 4 dispone il subentro del Ministero della transizione ecologica al Ministero dello sviluppo economico con riguardo alle funzioni di cui all'articolo 35, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 300 del 1999, che come si ricorderà è stata riformulata per trasferire al nuovo Ministero le competenze del MISE, come descritte nell’art. 28 del medesimo decreto legislativo, ora sono soppresse dalla lettera a) del comma 2 dell’articolo in esame.

 

Il comma 7 precisa che nell’ambito di tali competenze rientrano:

a)     le competenze a qualunque titolo inerenti all'attività delle società operanti nei settori di riferimento, - tra i quali rientrano – come specificato nella relazione illustrativa - quelli a qualunque titolo afferenti all'attività della SO.G.I.N. - Società Gestione Impianti Nucleari per Azioni, ivi compreso il potere di emanare indirizzi nei confronti della società.

 

La SOGIN gestisce il combustibile nucleare irraggiato e le materie nucleari: il primo è stato conferito da Enel. in relazione all'esercizio delle quattro centrali nucleari italiane in smantellamento e alla Centrale nucleare di Creys-Malville in Francia; le seconde affidate da ENEA, in quanto derivanti dall'esercizio dei suoi impianti del ciclo del combustibile.

Il decreto legislativo 31/2010 ha affidato inoltre a Sogin il compito di localizzare, progettare e realizzare il Deposito Nazionale e il Parco Tecnologico dei rifiuti radioattivi. Il Parco Tecnologico è un centro di ricerca, con laboratori dedicati alle attivita di ricerca e formazione nelle operazioni di messa in sicurezza e smantellamento degli impianti e delle centrali elettronucleari e nella gestione dei rifiuti radioattivi. Il Deposito nazionale è una struttura di superficie destinata alla messa in sicurezza definitiva dei rifiuti radioattivi prodotti dal decommissioning dei siti nucleari italiani e dalle quotidiane attività di medicina nucleare e di ricerca scientifica e tecnologica.

 

b)    l'esercizio dei diritti di azionista allo stato esercitati dal Ministero dello sviluppo economico nei confronti di GSE s.p.a. -Gestore Servizi Energetici, la società individuata dallo Stato italiano per perseguire e conseguire gli obiettivi di sostenibilità ambientale, nei due pilastri delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica.

 

Il GSE è una società interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), che svolge le proprie attività secondo gli indirizzi strategici del MISE (ora, del MITE).

Al GSE sono attribuiti incarichi di natura pubblicistica nel settore energetico.

La Società promuove, attraverso l’erogazione d’incentivi, l’energia elettrica prodotta da Fonti Energetiche Rinnovabili (FER), attua i meccanismi di promozione dell’efficienza energetica e verifica la sussistenza dei requisiti previsti per il riconoscimento o il mantenimento degli incentivi.

Il GSE, in qualità di controllante, esercita funzioni di indirizzo e coordinamento per le seguenti società:

-        Acquirente Unico S.p.A. (AU) cui è attribuito il compito di approvvigionare l’energia elettrica sul mercato all’ingrosso per i clienti domestici e le piccole imprese che ancora non sono passati al libero mercato;

-        Gestore dei Mercati Energetici S.p.A. (GME), cui sono affidate prevalentemente la gestione e l’organizzazione dei mercati dell’energia elettrica, del gas naturale e ambientali, nonché, in materia di carburanti, la gestione e l’organizzazione della piattaforma della logistica petrolifera di oli minerali e della piattaforma per la negoziazione di prodotti petroliferi liquidi per autotrazione;

-        Ricerca sul Sistema Energetico – RSE S.p.A. (RSE), cui è affidato il compito di sviluppare progetti di ricerca di interesse pubblico generale per il sistema elettrico nazionale.

 

c) l'approvazione della disciplina del mercato elettrico e del mercato del gas naturale e dei criteri per l'incentivazione dell'energia elettrica da fonte rinnovabile di cui al decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (“norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica”), e di cui al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 (“Promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili”), e l'esercizio di ogni altra competenza già a qualunque titolo esercitata dal Ministero dello sviluppo economico fino alla data di entrata in vigore del decreto in esame in materia di concorrenza e regolazione dei servizi di pubblica utilità nei settori energetici.

 

Ridenominazione del Comando carabinieri per la tutela ambientale (comma 5)

Il comma 5 novella il secondo periodo del comma 2-bis dell’articolo 174-bis, e l’alinea del comma1 dell’articolo 828 del Codice dell’ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010 al fine di modificare l’attuale denominazione del "Comando carabinieri per la tutela ambientale" nella nuova nomenclatura "Comando carabinieri per la tutela ambientale e la transizione ecologica".

 

A tale cambiamento di denominazione non sembra conseguire, allo stato, un mutamento delle competenze del Comando medesimo.

 

A tal proposito si ricorda che il Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale, ora Comando carabinieri per la tutela ambientale e la transizione ecologica, è chiamato a contrastare i fenomeni di inquinamento, di abusivismo edilizio nelle aree protette e di smaltimento illecito delle sostanze tossiche. Anche la vigilanza sul “ciclo dei rifiuti” rientra tra le funzioni di questo reparto.

L’articolo 828 definisce il contingente a disposizione del richiamato Comando Contingente per la tutela dell'ambiente.

Da un punto di vista strutturale il Comando fa parte della più generale struttura della difesa preposta alla tutela forestale, ambientale e agroalimentare del Paese e  comprensiva di reparti dedicati, in via prioritaria o esclusiva, all'espletamento, nell'ambito delle competenze attribuite all'Arma dei carabinieri, di compiti particolari o che svolgono attività di elevata specializzazione in materia di tutela dell'ambiente, del territorio e delle acque, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare, a sostegno o con il supporto dell'organizzazione territoriale (cfr. art. 174 –bis del Codice dell’ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010).

In particolare, con il decreto legislativo 177 del 2016 è stato istituito il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari, dal quale dipendono reparti dedicati all’espletamento di compiti particolari e di elevata specializzazione in materia di tutela dell’ambiente, del territorio e delle acque, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare, a sostegno o con il supporto dell’organizzazione territoriale (cfr. art. 174 –bis del Codice dell’ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010).

 

Il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari dipende gerarchicamente dal Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri e funzionalmente dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali per le materie afferenti alla sicurezza e tutela agroalimentare e forestale.

Del Comando, inoltre, si avvale il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, del mare e del turismo limitatamente allo svolgimento delle specifiche funzioni espressamente riconducibili alle attribuzioni dello stesso Ministero.

L'organizzazione delle forze è stata organizzata presso il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari (CUFAA), dal quale dipendono reparti dedicati all'espletamento di compiti particolari e di elevata specializzazione in materia di tutela dell'ambiente, del territorio e delle acque, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare, a sostegno o con il supporto dell'organizzazione territoriale. 

Dal CUFAA dipendono:

-        il Comando Carabinieri per la Tutela Forestale, istituito il 1° giugno 2017;

-        il Comando Carabinieri per la Tutela della Biodiversità e dei Parchi, istituito il 1° giugno 2017;

-        il Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale;

-        il Comando Carabinieri per la Tutela Agroalimentare.

http://www.camera.it/temiap/leg18/25/CUFAA.PNG

 

Fonte:http://www.carabinieri.it/arma/oggi/organizzazione/organizzazione-per-la-tutela-forestale-ambientale-e-agroalimentare/cufaa

 

Adeguamento dello statuto dell’ENEA (comma 6)

Il comma 6 reca una norma che prevede l’obbligo di adeguamento - entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto – dello statuto dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile- ENEA. L’adeguamento consiste nel prevedere il passaggio dell’azione di vigilanza al Ministero della transizione ecologica.

Copertura degli oneri (comma 8)

Per coprire gli oneri connessi all’aumento di una direzione generale (come disposto dalla lettera e) del comma 2), il comma 8 autorizza la spesa di:

§  249.000 euro per l’anno 2021;

§  e di 332.000 euro a decorrere dal 2022.


 

Articolo 3
(Disposizioni transitorie concernenti il Ministero della transizione ecologica- MITE)

 

 

L’articolo 3 disciplina il trasferimento al Ministero della transizione ecologica della Direzione generale per l’approvvigionamento, l’efficienza e la competitività energetica e della Direzione generale per le infrastrutture e la sicurezza dei sistemi energetici e geominerari del Ministero dello sviluppo economico, incluse le risorse umane, strumentali e finanziarie, e la gestione dei residui, per l’esercizio delle nuove funzioni attribuite in materia di politica energetica e mineraria nazionale, individuando, altresì, la dotazione organica del personale dirigenziale del Ministero della transizione ecologica (commi 1-3).

Con un D.P.C.M., da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono individuate le risorse umane e strumentali da trasferire dal Ministero dello sviluppo economico al Ministero della transizione ecologica (comma 4).

Fino alla data di trasferimento del personale individuato dal D.P.C.M., al Ministero della transizione ecologica è consentito, per lo svolgimento delle funzioni trasferite, di avvalersi delle competenti strutture e dotazioni organiche del Ministero dello sviluppo economico (comma 6).

Si stabiliscono, inoltre, misure riguardanti la corresponsione del trattamento economico del personale non dirigenziale trasferito al Ministero della transizione ecologica (commi 4 e 5).

Si istituisce, transitoriamente, presso il Ministero della transizione ecologica, il Dipartimento per l'energia e il clima, in cui confluiscono le due Direzioni generali trasferite dal Ministero dello sviluppo economico e la Direzione generale per il clima, l'energia e l'aria, già istituita presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Si prevede, altresì, l’applicazione transitoria del vigente regolamento di organizzazione del Ministero dell’ambiente e della tutela e del territorio e del mare (comma 7).

Sono, inoltre, dettate norme riguardanti il personale appartenente ai ruoli dirigenziali di amministrazioni centrali diverse dal Ministero dello sviluppo economico, titolare di incarichi dirigenziali nell’ambito delle direzioni generali, trasferite al Ministero della transizione ecologica (comma 8) e sono previste disposizioni in materia di controllo della regolarità amministrativa e contabile attribuite al dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze (comma 9).

Trasferimento di funzioni al MITE (commi 1 e 2)

Il comma 1 prevede il trasferimento al Ministero della transizione ecologica (d’ora in avanti MITE) delle risorse umane, strumentali e finanziarie, compresa la gestione residui, destinate all'esercizio delle funzioni statali di cui all’articolo 35, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, come modificato dal presente decreto, che disciplina le nuove funzioni in materia di politica energetica e mineraria nazionale.

Le competenze trasferite riguardano materie rivolte, principalmente, alla definizione degli obiettivi e delle linee di politica energetica e mineraria nazionale, all’autorizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili di competenza statale anche ubicati in mare, all’individuazione e allo sviluppo delle reti nazionali di trasporto dell'energia elettrica e del gas naturale e alla definizione degli indirizzi per la loro gestione, alle politiche di ricerca, incentivazione e interventi nei settori dell'energia e delle miniere e alla ricerca e alla coltivazione di idrocarburi e risorse geotermiche, a seguito del trasferimento di competenze di cui al precedente articolo 2, cui si rinvia per ulteriori approfondimenti.

 

In sintesi, in attuazione della L. n. 59/1997 (cosiddetta legge Bassanini), in tema di riordino dei ministeri, è stato emanato il D.Lgs. n. 300/1999 (organizzazione dei ministeri), che all’art. 35 ha previsto l’istituzione e le attribuzioni di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio (ridenominato, successivamente, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ai sensi dell’articolo 1, comma 13-bis del D.L. n. 181/2006).

L’art. 35 del citato D.Lgs. 300/99, modificato dagli articoli 2 e 4-bis del D.L. 86/2018, al comma 2, ha attribuito al Ministero dell’ambiente, le funzioni e i compiti spettanti allo Stato relativi alla tutela dell'ambiente, del territorio e dell'ecosistema; in particolare, nella lett. b) del medesimo comma 2 dell’art. 35, per effetto delle modifiche recate dal decreto in esame, sono ora disciplinate le nuove funzioni attribuite al MITE, riguardanti la politica energetica e mineraria nazionale (vedi in proposito la scheda dell’art. 2 del decreto in esame).

Nel corso del 2019 il Ministero dell’ambiente è stato interessato da un profondo processo di riorganizzazione. Coerentemente con quanto previsto dal citato D.L. 86/2018, infatti, si è proceduto a riorganizzare il Ministero, ridefinendo compiti e obiettivi, attraverso l’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 giugno 2019, n. 97, che ha previsto un Segretariato generale e sette direzioni generali. Successivamente, con il D.L. 104/2019 (art. 5) è stata disposta la modifica della governance del Ministero dell’ambiente, con l’introduzione di due Capi dipartimento in luogo del Segretario generale e di una direzione generale aggiuntiva. È stato adottato, conseguentemente, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 novembre 2019, n. 138, che ha previsto una articolazione in due dipartimenti e otto direzioni generali.

 

La dotazione del personale del MATTM, prevista nelle due tabelle A) e B) del D.P.C.M. n. 97/2019, tenendo conto dell'art. 1, comma 317, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, (Legge di bilancio 2019), che ha incrementato la pianta organica del Ministero di 20 unità dirigenziali e 300 unità di personale non dirigenziale, presenta: 58 unità di personale dirigenziale (di cui 10 di livello generale) e 859 unità di personale non dirigenziale.

Si riporta di seguito l’organigramma del MATTM in base ai due D.P.C.M. 97/2019 e 138/2019.

Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM)

DPCM 97/2019

DPCM 138/2019

Segretariato generale

Dipartimento per il personale, la natura, il territorio e il Mediterraneo (DiPENT)

Dipartimento per la transizione ecologica e gli investimenti verdi (DiTEI)


Direzione generale per l'economia circolare (ECI)

 

Direzione generale per l'economia circolare (ECI)

Direzione generale per la sicurezza del suolo e dell'acqua (SUA)

Direzione generale per la sicurezza del suolo e dell'acqua (SUA)

 

Direzione generale per il patrimonio naturalistico ed il mare (PNM)

Direzione generale per il patrimonio naturalistico (PNA)

 

Direzione generale per il mare e le coste (MAC)

Direzione generale per il clima, l'energia e l'aria (CLEA)

 

Direzione generale per il clima, l'energia e l'aria (CLEA)

Direzione generale per il risanamento ambientale (RiA)

 

Direzione generale per il risanamento ambientale (RiA)

Direzione generale per la crescita sostenibile e la qualità dello sviluppo (CRESS)

 

Direzione generale per la crescita sostenibile e la qualità dello sviluppo (CRESS)

Direzione generale delle politiche per l'innovazione, il personale e la partecipazione (IPP)

Direzione generale delle politiche per l'innovazione, il personale e la partecipazione (IPP)

 

 

Il comma 2 prevede il trasferimento al MITE – a decorrere dalla data di adozione del D.P.C.M., recante l’individuazione delle risorse umane e strumentali da trasferire al MITE, previsto dal comma 4 dell’articolo in esame – di due Direzioni del Ministero dello sviluppo economico (MISE), in particolare della Direzione generale per l’approvvigionamento, l’efficienza e la competitività energetica e della Direzione generale per le infrastrutture e la sicurezza dei sistemi energetici e geominerari.

Si prevede, nello specifico, il trasferimento della relativa dotazione organica e dei relativi posti di funzione di dirigente di livello generale e non generale.

Conseguentemente, la dotazione organica del personale dirigenziale del Ministero dello sviluppo economico è rideterminata in 17 posizioni di livello generale e 104 posizioni di livello non generale.

Dotazione organica del MITE e trattamento economico corrisposto (commi 3-6)

Il comma 3 prevede che la dotazione organica del personale dirigenziale del Ministero della transizione ecologica è individuata in 13 posizioni di livello generale e in 67 posizioni di livello non generale.

La dotazione di personale del MATTM (in base alle tabelle A) e B) del citato D.P.C.M. 97/2019 e successive modificazioni) presenta 58 unità di personale dirigenziale (di cui 10 di livello generale e 48 di livello non generale) e 859 unità di personale non dirigenziale.

Il comma 4 stabilisce che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro della transizione ecologica di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze e per la pubblica amministrazione, si provveda alla puntuale individuazione delle risorse umane, finanziarie e strumentali da trasferire al MITE.

Conseguentemente, la dotazione organica del personale non dirigenziale del Ministero dello sviluppo economico è ridotta in misura corrispondente al personale trasferito.

Le risorse umane che vengono trasferite includono il personale di ruolo dirigenziale e non dirigenziale, nonché il personale a tempo determinato con incarico dirigenziale ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme sul personale dipendente della PA), che risulta in servizio alla data del 13 febbraio 2021 presso la Direzione generale per l’approvvigionamento, l’efficienza e la competitività energetica e la Direzione generale per le infrastrutture e la sicurezza dei sistemi energetici e geominerari del Ministero dello sviluppo economico.

Si ricorda che in base al citato art. 19, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001, gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti, a tempo determinato, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia. La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque anni.

Al personale non dirigenziale, trasferito ai sensi dell’articolo in esame, si applica il trattamento economico, compreso quello accessorio, previsto nell’amministrazione di destinazione e viene corrisposto un assegno ad personam riassorbibile, pari all’eventuale differenza fra le voci fisse e continuative del trattamento economico dell’amministrazione di provenienza, ove superiore, e quelle riconosciute presso l’amministrazione di destinazione.

Il comma 5 prevede che – fino alla data di adozione del decreto del MEF relativo alla gestione finanziaria delle funzioni trasferite di cui al comma 6 dell’articolo in esame – il MISE provvede alla corresponsione del trattamento economico spettante al personale trasferito al MITE.

A partire dalla medesima data, le risorse finanziarie afferenti al trattamento economico del personale, compresa la quota del Fondo risorse decentrate, sono allocate sui pertinenti capitoli iscritti nello stato di previsione della spesa del Ministero della transizione ecologica. Tale importo considera i costi del trattamento economico corrisposto al personale trasferito e tiene conto delle voci retributive fisse e continuative, del costo dei buoni pasto, della remunerazione del lavoro straordinario e del trattamento economico di cui al Fondo risorse decentrate.

 

Svolgimento delle funzioni ante trasferimento e gestione finanziaria (comma 6)

Il comma 6 stabilisce che - fino alla data di adozione del decreto del MEF di cui al presente comma - il MITE si avvale, per lo svolgimento delle funzioni trasferite, delle competenti strutture e dotazioni organiche del Ministero dello sviluppo economico.

Fino alla medesima data, la gestione delle risorse finanziarie relative alle funzioni trasferite, compresa la gestione dei residui passivi e perenti, è esercitata dal MISE.

 

Entro sessanta giorni dalla data di adozione del citato D.P.C.M. di cui al comma 4, il MEF provvede, con proprio decreto, ad effettuare le occorrenti variazioni di bilancio, in termini di residui, di competenza e di cassa, tra gli stati di previsione interessati, ivi comprese l’istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi.

 

Nel prospetto che segue si riportano le previsioni di spesa (raffrontate al 2020) relative alle due Direzioni che vengono trasferite, così come esposte nella legge di bilancio per il 2021:

 (dati di competenza, in milioni di euro)

Missione/
Programma

CDR

2020

2021

legge di bilancio

LEGGE DI BILANCIO

Differenza Bil.2020

-Bil. 2021

Energia e diversificazione delle fonti energetiche (10)

Promozione dell'efficienza energetica, delle energie rinnovabili e regolamentazione del mercato energetico

(10.7)

Direzione generale per l'approvvigionamento, l'efficienza e la competitività energetica

160

113,2

-46,8

Innovazione, reti energetiche, sicurezza in ambito energetico e di georisorse (10.8)

Direzione generale per le infrastrutture e la sicurezza dei sistemi energetici e geominerari

196,1

213,5

17,4

SPESA FINALE MISSIONE 10

356,1

326,7

-29,4

 

A decorrere dalla data di cui al primo periodo, cioè dalla data di adozione del citato decreto del MEF, transitano in capo al MITE i rapporti giuridici attivi e passivi relativi alle funzioni trasferite.

Istituzione del Dipartimento per l'energia e il clima, regolamento di organizzazione, incremento del personale del MITE, ed ulteriori disposizioni (commi 7-9)

Il comma 7 istituisce presso il MITE - fino alla data di entrata in vigore del regolamento di organizzazione di cui all’articolo 10 del decreto-legge in esame (vedi la relativa scheda del presente dossier) - il Dipartimento per l'energia e il clima, in cui confluiscono le due Direzioni generali trasferite dal MISE (cioè, la Direzione generale per l’approvvigionamento, l’efficienza e la competitività energetica e la Direzione generale per le infrastrutture e la sicurezza dei sistemi energetici e geominerari), e la Direzione generale per il clima, l'energia e l'aria, già istituita presso il MATTM.

Di seguito è riportato l’organigramma del Ministero della transizione ecologica (MITE) in base al presente decreto-legge.

 

 

 

Ministero della transizione ecologica (MITE)

 

D.L. 22/21

Dipartimento per il personale, la natura, il territorio e il Mediterraneo (DiPENT)

Dipartimento per la transizione ecologica e gli investimenti verdi (DiTEI)

Dipartimento per l'energia e il clima (DiEC)

Direzione generale per la sicurezza del suolo e dell'acqua (SUA)

Direzione generale per l'economia circolare (ECI)

Direzione generale per l’approvvigionamento, l’efficienza e la competitività energetica

Direzione generale per il patrimonio naturalistico (PNA)

Direzione generale per il risanamento ambientale (RiA)

Direzione generale per le infrastrutture e la sicurezza dei sistemi energetici e geominerari

Direzione generale per il mare e le coste (MAC)

Direzione generale per la crescita sostenibile e la qualità dello sviluppo (CRESS)

Direzione generale per il clima, l'energia e l'aria (CLEA)

Direzione generale delle politiche per l'innovazione, il personale e la partecipazione (IPP)

 

 

 

Il comma 7 stabilisce, inoltre, fino alla data di entrata in vigore del citato regolamento di organizzazione di cui all’articolo 10 del decreto-legge in esame, l’applicazione, in quanto compatibile, del vigente regolamento di organizzazione del MATTM.

Il medesimo comma 7 prevede, altresì, che il contingente di personale degli Uffici di diretta collaborazione del Ministro della transizione ecologica venga incrementato di venti unità, anche estranee alla pubblica amministrazione. A tale fine, è autorizzata la spesa di 540.000 euro per l'anno 2021 e di 650.000 euro a decorrere dal 2022. 

Come già ricordato il vigente regolamento di organizzazione è il D.P.C.M. 97/2019, successivamente modificato dal D.P.C.M. 138/2019, che tra l’altro disciplina i seguenti Uffici di diretta collaborazione del Ministro: Ufficio di Gabinetto; Ufficio legislativo; Segreteria del Ministro; Segreteria tecnica del Ministro; Ufficio del Consigliere diplomatico; Ufficio stampa; ufficio e segreteria del Vice Ministro, ove nominato; Segreterie dei Sottosegretari di Stato.

Il comma 8 consente al personale appartenente ai ruoli dirigenziali di amministrazioni centrali diverse dal MISE, titolare di incarichi dirigenziali nell’ambito delle direzioni generali traferite al Ministero della transizione ecologica, di optare per il transito nel ruolo di quest’ultimo Ministero.

Il comma 9 prevede che le funzioni di controllo della regolarità amministrativa e contabile attribuite al dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del MEF sugli atti adottati dal Ministero della transizione ecologica continuano ad essere svolte dall’Ufficio centrale del bilancio, già operante presso il MATTM, presso il quale si prevede l’istituzione di un ulteriore posto di funzione dirigenziale di livello non generale.

Il MEF è autorizzato a bandire apposite procedure concorsuali pubbliche e ad assumere, in deroga ai vigenti vincoli assunzionali, una unità di livello dirigenziale non generale e sette unità di personale a tempo indeterminato, da inquadrare nell'area terza, fascia retributiva F1. A tal fine è autorizzata la spesa di 217.949 euro per l’anno 2021 e di 435.897 euro annui a decorrere dall'anno 2022.


 

Articolo 4
(Comitato dei Ministri per la transizione ecologica)

 

 

L'articolo 4 istituisce, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE), con il compito di assicurare il coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica e la relativa programmazione. Si stabilisce la composizione del Comitato, che è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, o, in sua vece, dal Ministro della transizione ecologica. Il CITE approva, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, il Piano per la transizione ecologica - sul quale è acquisito il parere della Conferenza Unificata - al fine di coordinare le politiche in materia di riduzione delle emissioni di gas climalteranti, mobilità sostenibile, contrasto al dissesto idrogeologico e al consumo del suolo, risorse idriche e relative infrastrutture, qualità dell'aria ed economia circolare. Inoltre, il CITE delibera sulla rimodulazione dei sussidi ambientalmente dannosi. Si demanda ad un D.P.C.M. l’istituzione di un Comitato tecnico di supporto del CITE, con il compito di istruire le questioni all'ordine del giorno e ai cui componenti non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della transizione ecologica, si prevede l'adozione del regolamento interno del CITE; le deliberazioni del CITE sono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale.

 

Il comma 1 inserisce un nuovo articolo 57-bis nel codice dell'ambiente (decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), istituendo il Comitato interministeriale per la transizione ecologica (CITE) presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Il CITE ha il compito di assicurare il coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica e la relativa programmazione.

 

Il comma 2 prevede che il CITE sia presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, o, in sua vece, dal Ministro della transizione ecologica. La norma reca poi la composizione; lo compongono i Ministri:

§  Ministro della transizione ecologica

§  Ministro dell'economia e delle finanze

§  Ministro dello sviluppo economico

§  Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (come ridefinito dal presente decreto-legge)

§  Ministro del lavoro e delle politiche sociali

§  Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali.

Al Comitato partecipano, altresì, gli altri Ministri o loro delegati aventi

competenza nelle materie oggetto dei provvedimenti e delle tematiche poste all'ordine del giorno.

 

Il comma 3 reca le funzioni del CITE: esso approva, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, il Piano per la transizione ecologica, al fine di coordinare le politiche in materia di:

 a) riduzione delle emissioni di gas climalteranti;

 b) mobilità sostenibile;

 c) contrasto al dissesto idrogeologico e al consumo del suolo;

 d) risorse idriche e relative infrastrutture;

 e) qualità dell'aria;

 f) economia circolare.

 

Il comma 4 prevede che tale Piano individua le azioni, le misure, le fonti di finanziamento, il relativo cronoprogramma, nonché le amministrazioni competenti all'attuazione delle singole misure. Sul Piano è acquisito il parere della Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

 

Si ricorda che la Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni. La Conferenza unificata è convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale incarico non è conferito, dal Ministro dell'interno.

Si ricorda altresì che il coinvolgimento della Conferenza unificata nel processo di approvazione del Piano mira a dare attuazione al principio di leale collaborazione.

Come indicato dalla Corte costituzionale, che ad esempio nella sentenza n.78 del 2018 ha censurato il mancato coinvolgimento decisionale delle regioni in relazione all'approvazione del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile e all'emanazione del decreto ministeriale attuativo, occorre assicurare "il coinvolgimento decisionale del sistema regionale nella definizione di aspetti aventi diretta incidenza sulla sua sfera di interesse" (Considerato in diritti n.2.2).

In altre occasioni, la Corte, avendo rilavato una particolare incidenza della legge statale negli ambiti di competenza delle regioni, è giunta sino a prescrivere che il coinvolgimento del sistema regionale dovesse essere realizzato tramite una sostanziale condivisione del contenuto del provvedimento attuativo della medesima legge, tramite il ricorso allo strumento dell'intesa (sent. n. 251 del 2016 riguardante l'art.19 della legge n.124 del 2015 in materia di riordino della disciplina dei servizi pubblici locali, fra i quali rientra il trasporto locale e il tema della mobilità sostenibile).

 

Il comma 5 affida al CITE la funzione di deliberare sulla rimodulazione dei sussidi ambientalmente dannosi di cui all'articolo 68 della legge 28 dicembre 2015, n. 221 (c.d. collegato ambientale), che disciplina il 'Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli'.

 

L'articolo 68 del c.d. collegato ambientale ha prevista, a sostegno dell'attuazione degli impegni derivanti dalla comunicazione della Commissione europea «Europa 2020 - Una strategia per una crescita intelligente sostenibile e inclusiva» e in accordo con le raccomandazioni contenute nel Rapporto OCSE 2013 sulle performance ambientali dell'Italia e con la dichiarazione conclusiva della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile svoltasi a Rio de Janeiro dal 20 al 22 giugno 2012, l'istituzione presso il Ministero dell'ambiente del 'Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli', gestito sulla base delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. La disposizione prevede che, per la redazione del Catalogo il Ministero dell'ambiente si avvale, oltre che delle informazioni nella disponibilità propria e dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, delle informazioni rese disponibili dall'Istituto nazionale di statistica, dalla Banca d'Italia, dai Ministeri, dalle regioni e dagli enti locali, dalle università e dagli altri centri di ricerca, che forniscono i dati a loro disposizione secondo uno schema predisposto dal medesimo Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. I sussidi sono intesi nella loro definizione più ampia e comprendono, tra gli altri, gli incentivi, le agevolazioni, i finanziamenti agevolati e le esenzioni da tributi direttamente finalizzati alla tutela dell'ambiente. In base al co. 2 di tale articolo 68, il Catalogo è aggiornato entro il 30 giugno di ogni anno. E' previsto l'invio alle Camere e alla Presidenza del Consiglio dei ministri, entro il 31 luglio di ogni anno, di una relazione concernente gli esiti dell'aggiornamento del Catalogo.

 

Si segnala che la formulazione del comma 5 in esame prevede che il Comitato deliberi 'sulla rimodulazione dei sussidi ambientalmente dannosi', (c.d. SAD) che, nella definizione più ampia fornita dalla legge, attengono a incentivi e agevolazioni nonché esenzioni da tributi che risultano normati da norme legislative. Al riguardo, si segnala peraltro che, ai sensi del successivo comma 8, le deliberazioni del CITE sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

La relazione illustrativa al decreto-legge in esame afferma che il CITE provvede all’approvazione 'delle proposte per la rimodulazione' dei sussidi ambientalmente dannosi; il dato testuale della norma prevede tuttavia la capacità di deliberare sulla rimodulazione tout court.

Si segnala infine che la formulazione del comma non risulta espressamente riferita al Catalogo dei sussidi, di cui al citato articolo 68 del collegato ambiente, menzionando i soli SAD.

 

Alla luce della formulazione del comma 5, si valuti di chiarire il tenore del potere deliberativo previsto dal comma, laddove si stabilisce che 'Il CITE delibera sulla rimodulazione dei sussidi ambientalmente dannosi', considerato che gli stessi attengono a profili normati da disposizioni legislative.

Si valuti inoltre, sul piano testuale, di chiarire la formulazione, laddove si fa riferimento esclusivamente ai sussidi ambientalmente dannosi, alla luce della dicitura del Catalogo di cui all'articolo 68 della legge n. 221 del 2015.

 

In materia di sussidi ambientalmente dannosi, più nel dettaglio si ricorda che il Programma nazionale di riforma 2020 (Sezione III del DEF 2020) - Doc. LVII, n. 3, Sezione III e Allegati, evidenziava l'intento di razionalizzare le spese fiscali – come richiesto dalla Raccomandazione n. 1 della Commissione per l’anno 2019 e nell'ambito delle Raccomandazioni della Commissione UE per il 2020 di concentrare gli investimenti sulla transizione verde e digitale- e, in particolare, rivedere i sussidi ambientalmente dannosi (SAD) in base agli esiti dei lavori della Commissione per lo studio, le proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi, istituita con la legge di bilancio per il 2020: tale legge di bilancio (articolo 1, commi 98-100 della legge n. 160 del 2019) aveva previsto l’istituzione, presso il Ministero dell'ambiente, di una Commissione per lo studio, le proposte per la transizione ecologica e per la riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi, con una dotazione di 0,5 milioni di euro per l’anno 2020. Essa, insediata il 13 febbraio 2020, aveva avviato un ciclo di consultazioni pubbliche sulle misure di rimodulazione, formulando sei proposte normative volte a rimodulare sette SAD previsti nel Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli. Da quanto riportato sul sito del Ministero, la progressiva riconversione dei sussidi dannosi all’ambiente (c.d. SAD) in sussidi favorevoli all’ambiente (c.d. SAF) ha la fa finalità ultima di q" riorientare le risorse già attribuite ad uno specifico settore verso soluzioni “green” ovvero ambientalmente sostenibili e virtuose, senza incidere sui soggetti e sulle categorie attualmente percettori delle agevolazioni (con una “logica a saldo zero”, volta a fornire alle imprese risorse per riorganizzare il processo produttivo in termini di innovazione tecnologica e sostenibilità. Per le successive edizioni del catalogo, giunto alla terza edizione (2019) si veda la sezione dedicata.

 

In base al comma 6, il Comitato monitora l'attuazione del Piano, lo aggiorna in funzione degli obiettivi conseguiti e delle priorità indicate anche

in sede europea e adotta le iniziative idonee a superare eventuali ostacoli e ritardi.

 Il comma 7 demanda ad un D.P.C.M. di istituire un Comitato tecnico di supporto del CITE, composto da:

- un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri

- e da un rappresentante per ciascuno dei Ministeri di cui al comma 2 (Ministri della transizione ecologica, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del lavoro e delle politiche sociali e delle politiche agricole, alimentari e forestali designati dai rispettivi Ministri).

Il Comitato tecnico ha il compito di istruire le questioni all'ordine del giorno del CITE. Ai suoi componenti non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati.

 

Il comma 8 prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della transizione ecologica, è adottato il regolamento interno del CITE, che ne disciplina il funzionamento. Le deliberazioni del CITE sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

In base al comma 9, la Presidenza del Consiglio dei ministri assicura il supporto tecnico e organizzativo alle attività del CITE nell'ambito delle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 Il comma 10 stabilisce la clausola di invarianza, prevedendo che dall'attuazione dell'articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Infine, si segnala che la Relazione illustrativa al decreto-legge in esame riporta che 'Restano comunque ferme le funzioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (CIPESS)'; tale elemento non è menzionato nella formulazione testuale della norma in esame.

Si ricorda che in materia di programmazione economica, il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), ha assunto la denominazione di Comitato interministeriale per la programmazione economica e per lo sviluppo sostenibile - CIPESS. L'art. 1-bis del decreto-legge n. 111 del 2019 (conv. dalla legge n. 141 del 2019, c.d. D.L. clima), ha previsto, al fine di assicurare il coordinamento delle politiche pubbliche orientate al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile adottati dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre del 2015, che il Comitato interministeriale per la programmazione economica assumesse la denominazione di Comitato interministeriale per la programmazione economica e per lo sviluppo sostenibile (CIPESS), a decorrere dal 1° gennaio 2021. Con la delibera CIPE n. 79/2020 (pubblicata nella G.U. n. 40 del 17 febbraio 2021) sono state approvate le conseguenti modifiche al Regolamento interno del Comitato.

Dalla pagina istituzionale dedicata al Cipess, si afferma che dal 1° gennaio 2021 tale esistente Comitato sarà chiamato - per effetto della riforma introdotta dal cd decreto clima - ad un cambiamento, non nominalistico ma sostanziale, volto al rilancio della crescita secondo criteri di sostenibilità, anche attraverso l’innovazione del nostro sistema produttivo, in ossequio all’Agenda 2030 e ai programmi dell’Unione Europea, aprendosi una nuova fase che 'segna il passaggio verso un’economia diversa, orientata alla transizione ecologica e alla sostenibilità'.

 

Si valuti di chiarire i profili di coordinamento tra il Comitato di cui alla disposizione in esame e le funzioni del Comitato interministeriale per la programmazione economica e per lo sviluppo sostenibile (Cipess), ora con funzioni in materia di sostenibilità, attese le competenze previste in materia di programmazione.

 

 

 


 

Articolo 5
(Disposizioni concernenti il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili)

 

 

L’articolo 5 modifica la denominazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sostituendola con la nuova: “Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili”

 

Con il comma 1 si provvede a denominare il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), come «Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (MIMS).

Si ricorda in proposito che il Ministro Giovannini ha dichiarato, sia in una nota ministeriale che he nel corso dell’audizione del 2 marzo 2021 presso le Commissioni riunite Trasporti e Ambiente di Camera e Senato, che l’aggettivo in fondo alla nomenclatura del dicastero è “sostenibili”, al plurale, con riferimento pertanto sia alle infrastrutture sostenibili che alla mobilità sostenibile e che l’ottica è quella di dare una visione di “sistema”, evidenziando inoltre che il cambio di nome “corrisponde a una visione di sviluppo che ci allinea alle attuali politiche europee e ai principi del Next Generation Eu”.

Il comma 2 dispone conseguentemente che le nuove denominazioni «Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili» e “Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili” sostituiscano, a ogni effetto e ovunque presenti, rispettivamente, le denominazioni «Ministro delle infrastrutture e dei trasporti» e «Ministero delle infrastrutture e dei trasporti».

 

Si ricorda che l'articolo 4, comma 5, del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 2019, n. 132, ha autorizzato la riorganizzazione degli uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ivi compresi quelli di diretta collaborazione, mediante uno o più regolamenti da adottare, previo parere del Consiglio di Stato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa delibera del Consiglio dei ministri. A decorrere dalla data di efficacia di ciascuno di tali decreti si prevede che cessi di avere vigore il regolamento di organizzazione vigente. Il termine, inizialmente fissato al 31 luglio 2020, è stato poi differito al 31 dicembre 2020 dall’art. 1, comma 8-octies del DL n. 125/2020, convertito dalla legge n. 159/2020. I regolamenti non sono stati peraltro emanati nel termine previsto. Lo stesso DL 104/2019 ha altresì istituito, fino al 31 dicembre 2020, una Struttura tecnica per il controllo interno del Ministero.

L’attuale organizzazione del Ministero delle infrastrutture e trasporti è stata definita con D.P.C.M 11 febbraio 2014, n. 72 e con D.M. 4 agosto 2014, n. 346 sono stati rimodulati gli Uffici dirigenziali di secondo livello. Il Regolamento di organizzazione del Ministero mantiene la consueta struttura dipartimentale, che consta di due Dipartimenti nei quali sono incardinate le Direzioni Generali.

I due Dipartimenti hanno assunto le seguenti denominazioni:

1) il Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale, cui fanno capo a livello centrale 7 Direzioni Generali ed a livello periferico quattro Direzioni Generali Territoriali (Nord-Ovest; Nord-Est; Centro; Sud).

Le Direzioni Generali sono le seguenti:

- Direzione Generale del personale e degli affari generali;

- Direzione Generale per la motorizzazione;

- Direzione Generale per la sicurezza stradale;

- Direzione Generale per il trasporto stradale e l'intermodalità;

- Direzione Generale per i sistemi di trasporto a impianti fissi ed il trasporto pubblico locale;

- Direzione Generale per la vigilanza sulle Autorità portuali, le infrastrutture portuali ed il trasporto marittimo e per le vie d'acqua interne;

- Direzione Generale per gli aeroporti e il trasporto aereo.

Nell'ambito del Dipartimento opera anche il Comitato Centrale per l'Albo nazionale degli autotrasportatori, disciplinato dal D.Lgs. 21 novembre 2005, n. 284.

2) il Dipartimento per le infrastrutture, i sistemi informativi e statistici, cui fanno capo a livello centrale le seguenti Direzioni Generali:

- Direzione Generale per lo sviluppo del territorio, la programmazione ed i progetti internazionali;

- Direzione Generale per l'edilizia statale e gli interventi speciali;

- Direzione Generale per le strade e le autostrade e per la vigilanza e la sicurezza nelle infrastrutture stradali;

- Direzione Generale per la regolazione ed i contratti pubblici;

- Direzione Generale per le dighe e le infrastrutture idriche ed elettriche;

- Direzione Generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali;

- Direzione Generale per i sistemi informativi e statistici.

Si ricorda che nel MIT sono poi incardinati il Consiglio superiore dei lavori pubblici e il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia Costiera, che svolge le funzioni di competenza del Ministero nelle materie previste dall'art. 13 del D.P.C.M. 11 febbraio 2014, n. 72. Il Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera svolge, in sede decentrata, le attribuzioni per lo stesso previste dal Codice della Navigazione e dalle altre leggi speciali, nelle materie di competenza del Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale. Entrambi costituiscono Centri di Responsabilità del Ministero.

Operano inoltre presso il MIT:

o   la Struttura tecnica di missione per l'indirizzo strategico, lo sviluppo delle infrastrutture e l'alta sorveglianza, che ha sostituito la Struttura tecnica di missione a suo tempo istituita ai sensi dell'articolo 163, lettera b), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (ora articolo 214 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, e successive modificazioni), che ha compiti di indirizzo e pianificazione strategica, ricerca, supporto ed alta consulenza, valutazione, revisione della progettazione, monitoraggio ed alta sorveglianza delle infrastrutture e che, ai sensi dell'articolo 214, comma 3, del citato decreto legislativo n. 50 del 2016, svolge anche le funzioni del Nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici, previste dall'articolo 1 della legge del 17 maggio 1999, n. 144 e dall'articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 228;

o   la Direzione generale per le investigazioni ferroviarie e marittime, cui sono attribuiti i compiti di cui al decreto legislativo 14 maggio 2019, n. 50 (che ha abrogato e sostituito il decreto legislativo 10 agosto 2017, n. 162), in materia di sinistri ferroviari, e al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 165, in materia di sinistri marittimi.

 

 

 


 

Articolo 6, commi 1, 2, lett. a), b) e c), 3 e 4
(Ministero della cultura)

 

 

L'articolo 6, commi 1 e 2, lett. a), b) e c), cambia l'attuale denominazione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo in "Ministero della cultura", e sopprime le attribuzioni da esso svolte in materia di turismo. A tal fine, novella il D.Lgs. 300/1999. Il comma 3 sostituisce la nuova denominazione ovunque presente. Il comma 4 incrementa di 692.000 euro annui a decorrere dal 2021 la dotazione finanziaria destinata alle esigenze degli Uffici di diretta collaborazione del Ministero della cultura.

 

Per una ricostruzione dei numerosi passaggi delle funzioni in materia di turismo da e verso il Dicastero dei beni culturali, si rinvia alla scheda di lettura relativa agli articoli 6, co. 1, lett. d) e 7.

 

Il comma 1 reca la nuova denominazione del Dicastero per i beni e le attività culturali e per il turismo, d'ora in poi "Ministero della cultura".

 

Il comma 2 novella conseguentemente il D.Lgs. 300/1999 e modifica:

§  la rubrica del Titolo IV del Capo XII, inserendo la nuova denominazione "Ministero della cultura" (lett. a);

§  l'art. 52, co. 1, relativo alle attribuzioni del Dicastero, sopprimendo il riferimento al turismo (lett. b);

§  l'art. 53, co. 1, sopprimendo il secondo periodo sui compiti del Ministero in materia di politiche turistiche nazionali (lett. c).

 

Il comma 3 - per quanto qui di interesse - sostituisce le denominazioni "Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo" e "Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo" con le nuove denominazioni "Ministro della cultura" e "Ministero della cultura", ad ogni effetto e ovunque presenti.

 

Il comma 4 incrementa di 692.000 euro annui a decorrere dal 2021 le risorse destinate agli Uffici di diretta collaborazione del Ministero della cultura, di cui all'art. 5, co. 5, del D.P.C.M. 169/2019. Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell'articolo 11, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

Si ricorda che in base all'art. 5, co. 2, del D.P.C.M. 169/2019, sono Uffici di diretta collaborazione:

a) l'Ufficio di Gabinetto;

b) la Segreteria del Ministro;

c) l'Ufficio Legislativo;

d) l'Ufficio Stampa;

e) le Segreterie dei Sottosegretari di Stato.

In base al co. 3, agli Uffici di diretta collaborazione è assegnato personale del Ministero e dipendenti pubblici, anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando, nel numero massimo di cento unità, comprensivo, in numero non superiore a venticinque, di esperti estranei alla amministrazione assunti con contratto a tempo determinato comunque di durata non superiore a quella di permanenza in carica del Ministro e di un Consigliere diplomatico aggiunto per il turismo. Inoltre, secondo il co. 4, possono essere chiamati a collaborare con gli Uffici di diretta collaborazione fino a venti consiglieri, di cui almeno cinque a titolo gratuito. Il co. 5 dettaglia il trattamento economico onnicomprensivo del personale addetto agli Uffici di diretta collaborazione e dei collaboratori di cui al citato co. 4.

 

Quanto all'adozione del nuovo regolamento di organizzazione del Ministero della cultura, si rinvia alla scheda di lettura relativa all'articolo 10.

 


 

Articolo 6, comma 2, lett. d) e Articolo 7
(Ministero del turismo e disposizioni transitorie)

 

 

L’articolo 6, comma 1, lettera d) dispone l’istituzione del Ministero del turismo e ne disciplina le relative attribuzioni, introducendo, a tal fine, nel D.Lgs. n. 300/1999 gli articoli da 54-bis a 54-quater, che costituiscono un nuovo Capo XII-bis “Ministero del Turismo” nell’ambito del Titolo IV relativo a “I Ministeri”.

Al Ministero del turismo sono trasferite le funzioni già esercitate dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo in materia di turismo. A tal fine, l’articolo 7 reca delle disposizioni transitorie inerenti il trasferimento al Ministero del turismo delle risorse umane, strumentali e finanziarie, compresa la gestione dei residui, destinate all’esercizio delle funzioni allo stesso riconosciute.

 

Segnatamente, l’articolo 6, comma 1, lettera d), integra il D.Lgs. n. 300/1999 di disciplina dell’organizzazione del Governo, con tre nuovi articoli da 54-bis a 54-quater, il quali vengono inseriti in un nuovo Capo XII-bis “Ministero del Turismo”, nell’ambito del Titolo IV relativo ai Ministeri.

 

Il nuovo articolo 54-bis dispone, al comma 1, l’istituzione del Ministero del turismo cui sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia, eccettuate quelle attribuite ad altri Ministeri o ad Agenzie, e fatte salve in ogni caso le funzioni conferite dalla vigente legislazione alle regioni e agli enti locali.

Al Ministero del turismo, dispone il comma 2, sono trasferite le funzioni già esercitate dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo in materia di turismo.

L’istituzione di un Ministero dedicato al turismo è motivata, come si legge in premessa al decreto-legge, dall'obiettivo prioritario di rilanciare il relativo settore fortemente inciso dall'emergenza da COVID-19.

 

Quanto alla disciplina ricostruttiva degli avvicendamenti competenziali in materia di turismo tra diversi dicasteri, verificatisi negli ultimi anni, e quanto al riparto di competenze Stato Regioni sulla materia turismo, si rinvia al box successivo.

 

L’articolo 54-ter disciplina le seguenti aree funzionali del Ministero: curare la programmazione, il coordinamento e la promozione delle politiche turistiche nazionali, i rapporti con le regioni e i progetti di sviluppo del settore turistico, le relazioni con l'Unione europea e internazionali in materia di turismo, fatte salve le competenze del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale - MAECI.

Il Ministero cura altresì i rapporti con le associazioni di categoria e le imprese turistiche e con le associazioni dei consumatori.

L’articolo 54-quater disciplina, al comma 1, l’articolazione del Ministero.

Gli uffici dirigenziali generali, coordinati da un Segretario generale sono pari a 4, ivi incluso quest’ultimo.

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 4 del D.Lgs. n. 300/1999 dispone che l'organizzazione, la dotazione organica, l'individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale ed il loro numero, le relative funzioni e la distribuzione dei posti di funzione dirigenziale, l'individuazione dei dipartimenti, nei casi e nei limiti fissati dalle disposizioni dello stesso D.Lgs., e la definizione dei rispettivi compiti sono stabiliti con regolamenti o con decreti del Ministro emanati ai sensi dell'art. 17, co-4-bis della L. n. 400/1988.

Pertanto, la disposizione in esame, diversamente da quanto dispone in via generale il D.Lgs. n. 300, fissa direttamente con fonte primaria, per il Ministero del turismo, il numero esatto degli uffici dirigenziali generali.

 

L’articolo 7, al comma 1, dispone, conseguentemente, il trasferimento al Ministero del turismo delle risorse umane, strumentali e finanziarie, compresa la gestione dei residui, destinate all’esercizio delle funzioni allo stesso Ministero riconosciute dall’articolo 54-bis del D.Lgs. n. 300/1999, come inserito dall’articolo 6, comma 1, lett. d).

Al comma 1 e al comma 3 dell’articolo 7, si valuti l’opportunità di sostituire l’espressione “come modificato” con l’espressione “come inserito”.

 

Ai sensi del comma 2, entro il 31 maggio 2021 (novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge), la Direzione generale Turismo del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo è soppressa e i relativi posti di un dirigente di livello generale e di tre dirigenti di livello non generale, sono trasferiti al Ministero del turismo.

Tuttavia, la disposizione aggiunge che la dotazione organica dirigenziale del Ministero della cultura resta determinata in un numero di 192 posizioni di livello non generale e - in base all'articolo 54 del D.lgs. n. 300/1999 - in massimo 27 posizioni di livello dirigenziale generale.

A tal fine, il comma autorizza la spesa di euro 337.500 per l'anno 2021 e di euro 675.000 annui a decorrere dall'anno 2022.

 

A tale riguardo, la relazione tecnica specifica gli oneri determinati dall’invarianza della dotazione organica sono calcolati secondo i costi riferiti, rispettivamente, ad una posizione dirigenziale di livello generale (pari a 285.000 euro annui) e a tre posizioni dirigenziali di livello non generale (pari a 130.000 euro annui cad.).

 

Si ricorda inoltre che l’articolo 54, comma 1, del D.Lgs. n. 300/1999 dispone che il Dicastero in questione si articola in uffici dirigenziali generali centrali e periferici, coordinati da un segretario generale, e in non più di due uffici dirigenziali generali presso il Gabinetto del Ministro. Il numero degli uffici dirigenziali generali, incluso il segretario generale, non può essere superiore a ventisette. L'individuazione e l'ordinamento degli uffici del Ministero sono stabiliti ai sensi dell'articolo 4 del medesimo D.Lgs. n. 300/1999.

La Tabella A allegata al D.P.C.M. 2 dicembre 2019, n. 169 (Regolamento di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo) stabilisce infatti che la dotazione organica della dirigenza del Dicastero per i beni culturali si compone di 27 dirigenti di prima fascia e 192 dirigenti di seconda fascia.

 

Quanto alla dotazione organica del personale del Ministero del turismo, il comma 3 dell’articolo 7 demanda alla Tabella A, seconda colonna, allegata al Decreto, che si riporta di seguito.

Come si evince dalla Tabella, la dotazione organica del neo istituito Ministero del Turismo, è pari a 150 unità, di cui 4 dirigenti di livello generale e 16 dirigenti di livello non generale.

 

Il comma 3 stabilisce la dotazione organica dirigenziale del Ministero del turismo, suddividendo le seguenti due categorie:

§  la dotazione organica dirigenziale di livello generale del Ministero è determinata in 4 posizioni ai sensi di quanto previsto dall’articolo 54-quater del D.Lgs. n. 300/1999, inserito dal decreto legge in esame;

§  la dotazione organica di livello non generale è fissata nel numero di 16 posizioni, inclusa una presso gli uffici di diretta collaborazione del Ministro.

Il personale dirigenziale e non dirigenziale è inserito nei rispettivi ruoli del personale del Ministero.

 

Come già ricordato, l’articolo 4 del D.Lgs. n. 300/1999 dispone che l'organizzazione, la dotazione organica, l'individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale ed il loro numero, le relative funzioni e la distribuzione dei posti di funzione dirigenziale, l'individuazione dei dipartimenti, nei casi e nei limiti fissati dalle disposizioni dello stesso D.Lgs., e la definizione dei rispettivi compiti sono stabiliti con regolamenti o con decreti del Ministro emanati ai sensi dell'art. 17, co-4-bis della L. n. 400/1988.

Pertanto, la disposizione in esame, diversamente da quanto dispone in via generale il D.Lgs. n. 300, fissa direttamente con fonte primaria la dotazione organica del Ministero del turismo.

 

Ai sensi del comma 4 - ferma l'operatività del Segretariato generale mediante due uffici dirigenziali non generali – le competenti articolazioni amministrative del Ministero del turismo, perseguono le seguenti missioni:

a) reclutamento e gestione del personale; relazioni sindacali; gestione del bilancio; acquisizione di beni e servizi; supporto tecnologico ed informatico; adempimenti in materia di salute e sicurezza sul posto di lavoro, e in materia di trasparenza e anticorruzione;

b) attuazione del piano strategico e rapporti con le Regioni e le autonomie territoriali; attuazione di piani di sviluppo delle politiche turistiche nazionali; gestione delle relazioni con l'Unione europea e internazionali; coordinamento e integrazione dei programmi operativi nazionali e di quelli regionali;

c) promozione turistica; attuazione delle misure di sostegno agli operatori del settore; programmazione e gestione degli interventi finanziati mediante fondi strutturali; promozione di investimenti di competenza; assistenza e tutela dei turisti; supporto e vigilanza sugli enti vigilati dal Ministero.

 

Il comma 5 dell’articolo 7 dispone il trasferimento al Ministero del Turismo, entro il 31 maggio 2021 (novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge), delle risorse umane, assegnate presso la Direzione generale Turismo del MIBACT, individuate nella Tabella A, (prima colonna), in servizio alla data del 13 febbraio 2021, con le connesse risorse strumentali e finanziarie.

Le unità della Direzione Generale del Turismo del MIBACT attualmente in servizio sono 27, delle quali 21 sono personale non dirigenziale (13 di Area II e 8 di Area III).

A tali unità, precisa la relazione tecnica, si aggiungono 2 unità con provvedimento di distacco presso altre amministrazioni (cfr. sul punto, il successivo comma 5).

Il trasferimento riguarda il personale del MIBACT a tempo indeterminato, compreso quello in assegnazione temporanea presso altre amministrazioni, nonché il personale a tempo determinato con incarico dirigenziale ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del D. Lgs. n. 165/2001[1], entro i limiti stabiliti dai rispettivi contratti già stipulati.

La revoca dell'assegnazione temporanea presso altre amministrazioni del personale trasferito, già in posizione di comando, rientra nella competenza del Ministero del turismo.

 

La dotazione organica del Ministero della cultura e le relative facoltà di assunzioni sono conseguentemente ridotte in misura corrispondente alla dotazione organica del personale non dirigenziale di cui al decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo 13 gennaio 2021 per la parte attribuita alla Direzione generale Turismo.

Come precisato dalla relazione tecnica, la riduzione è relativa a 40 unità di area II e n. 42 unità di area III.

 

Ai sensi del comma 6, al personale con qualifiche non dirigenziali trasferito si applica il trattamento economico, compreso quello accessorio, stabilito nell'amministrazione di destinazione e continua ad essere corrisposto, ove riconosciuto, l'assegno ad personam riassorbibile secondo i criteri e le modalità già previsti dalla normativa vigente.

Al personale delle qualifiche non dirigenziali è riconosciuta l'indennità di amministrazione prevista per i dipendenti del Ministero della cultura.

 

Il comma 8 dispone che il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze che provvede ad apportare le variazioni di bilancio - in termini di residui competenza e cassa, ivi comprese l'istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi - occorrenti a dare attuazione al trasferimento di competenze e risorse al neo istituito Ministero del turismo, debba essere adottato entro il 31 maggio 2021 (novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge).

In proposito, la relazione tecnica specifica che le dotazioni del Fondo per consentire ai cittadini italiani residenti all'estero, che attestino la loro iscrizione all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), l’ingresso gratuito nella rete museale, istituito ai sensi dell'art. l, commi 89 e 90, della legge di bilancio 2021 (L. 30 dicembre 2020, n. 178) rimarranno in capo al MIBACT, e gestiti dalla Direzione generale Musei. Le risorse sono allo stato iscritte sul cap. 6845 dello stato di previsione della spesa del Mibact, Missione 31 Turismo (cfr. infra, box ricostruttivo).

 

Fino alla data di adozione del predetto decreto:

§  il Ministero della cultura è competente a corrispondere il trattamento economico spettante al personale trasferito (comma 7) e alla gestione delle risorse finanziarie relative alla materia del turismo, compresa la gestione dei residui passivi e perenti (comma 8);

§  il Ministero del turismo si avvale, per lo svolgimento delle funzioni, delle competenti strutture e delle relative dotazioni organiche del Ministero della cultura.

 

A decorrere dalla data di adozione del predetto decreto:

·       le risorse finanziarie destinate al trattamento economico del personale, compresa la quota del Fondo risorse decentrate, sono allocate sui pertinenti capitoli iscritti nello stato di previsione della spesa del Ministero del turismo. Tale importo considera i costi del trattamento economico corrisposto al personale trasferito e tiene conto delle voci retributive fisse e continuative, del costo dei buoni pasto, della remunerazione del lavoro straordinario e del trattamento economico di cui al Fondo risorse decentrate (comma 7);

·       i rapporti giuridici attivi e passivi, già facenti capo al MIBACT in materia di turismo transitano in capo al Ministero del turismo, (comma 9).

 

Il comma 8, inoltre, consente, nelle more dell'adozione del regolamento di organizzazione del Ministero del turismo, che lo stesso possa avvalersi, nei limiti strettamente indispensabili per assicurare la funzionalità del Ministero, delle risorse strumentali e di personale dell'ENIT-Agenzia nazionale del turismo, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Quanto all’adozione dei regolamenti di organizzazione conseguenti al diverso assetto di competenze dei Ministeri delineato dal decreto legge in esame, si rinvia alla scheda di lettura relativa all’articolo 10.

 

Ai sensi del comma 10, in fase di prima applicazione (in assenza del regolamento di organizzazione del Ministero) per l'organizzazione degli uffici di diretta collaborazione, al Ministero del turismo si applica il regolamento di organizzazione del MIBACT, di cui al D.P.C.M. 2 dicembre 2019, n. 169.

 

Ai sensi del comma 11, nelle more dell'adozione del regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro del turismo, e nell'ambito del contingente di personale del Ministero (di cui al comma 3), il contingente di tali uffici di diretta collaborazione è stabilito in 30 unità e, in aggiunta, il Ministro può procedere immediatamente alla nomina dei responsabili degli predetti uffici.

A tali fini, è autorizzata la spesa di 1,667 milioni per l'anno 2021 e di euro 2 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022.

La relazione illustrativa precisa che il contingente degli uffici di diretta collaborazione del Ministero della cultura resta fissato in l00 unità, oltre ad un massimo di 20 Consiglieri a supporto del Ministro, di cui almeno 5 a titolo gratuito.

 

Nelle more dell'entrata in vigore dei regolamenti di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione dei Ministeri interessati, l'Organismo indipendente di valutazione - previsto dal Regolamento di organizzazione del MIBACT (art. 11 D.P.C.M. n. 169/2019) - opera sia per il Ministero del turismo sia per il Ministero della cultura.

Il comma 12 autorizza il Ministero del turismo ad assumere a tempo indeterminato fino a 107 unità di personale non dirigenziale, di cui 94 di area terza e 13 di area seconda, e fino a 13 unità di personale dirigenziale di livello non generale, mediante l'indizione di apposite procedure concorsuali pubbliche, o l'utilizzo di graduatorie di concorsi pubblici di altre pubbliche amministrazioni in corso di validità, o mediante procedure di mobilità, ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del D.Lgs. n. 165/2001.

Nelle more dell'assunzione del personale, il Ministero può avvalersi di personale proveniente da altre amministrazioni pubbliche, con esclusione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche, collocate in posizione di comando, al quale si applica la disposizione di cui all'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127.

 

Presso il Ministero del turismo, hanno sede e operano:

§  il Centro per la promozione del Codice mondiale di etica del turismo, costituito nell'ambito dell'Organizzazione Mondiale del Turismo-Agenzia specializzata dell'ONU, e

§  il Comitato permanente per la promozione del turismo di cui all'articolo 58 del D.Lgs. n. 79/2011 (Codice del turismo).

Il Ministero supporta l’attività di tali organismi

 

Sugli organismi in esame, che hanno già sede presso la Direzione generale Turismo del MIBACT, si rinvia, infra, al box ricostruttivo.

Per l'attuazione del comma 12 in esame, è autorizzata la spesa di 3.287.172 euro per l'anno 2021 e di 6.574.344 euro a decorrere dall'anno 2022, cui si provvede per l'importo di 3.287.172 euro per l’anno 2021 e per l'importo di 3.533.459 euro dall'anno 2022 a valere sulle facoltà di assunzioni trasferite dal MIBACT e, per l'importo di 3.040.885 euro a decorrere dall'anno 2022 si provvede ai sensi dell'articolo 11, che reca disposizioni di copertura finanziaria.

 

Ai sensi del comma 13, i titolari di incarichi dirigenziali nell'ambito della Direzione generale Turismo del MIBACT, appartenenti ai ruoli dirigenziali di altre amministrazioni e trasferiti al Ministero per il turismo, possono optare per il transito nel ruolo di quest'ultimo Ministero.

Nelle more della conclusione delle procedure concorsuali per il reclutamento del personale dirigenziale, nell'anno 2021, per il conferimento di incarichi dirigenziali di livello generale presso il Ministero del turismo, non si applicano i limiti percentuali di cui all'articolo 19, comma 5-bis, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e, per il conferimento di incarichi dirigenziali di livello non generale, i limiti percentuali di cui all'articolo 19, commi 5-bis e 6, sono elevati rispettivamente fino al 50 e al 30 per cento.

 

L’articolo 19, co. 5-bis del D.Lgs. n. 165/2001 consente di conferire incarichi dirigenziali generali e non a dirigenti non appartenenti ai ruoli di dirigente di cui all'articolo 23 dello stesso D.lgs. n. 165/2001, purché dipendenti delle amministrazioni pubbliche, ovvero dipendenti di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo, aspettativa non retribuita, comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti. Gli incarichi possono essere conferiti entro il limite del 15 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui al citato articolo 23 e del 10 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia. Tali limiti possono essere aumentati, rispettivamente, fino ad un massimo del 25 e del 18 per cento, con contestuale diminuzione delle corrispondenti percentuali fissate dal comma 6 dello stesso articolo 19.

Il comma 6 dispone che ciascuna amministrazione può conferire incarichi dirigenziali a tempo determinato a persone di comprovata qualificazione professionale esterne all'amministrazione, ovvero a personale pubblico non dirigente (anche appartenente all'amministrazione conferente), entro il limite del 10% della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di dirigente e del 10% della dotazione di quelli di seconda fascia (quest’ultima percentuale è stata così rideterminata dall’art. 1, co. 6, secondo periodo, del decreto-legge 162 del 2019). La durata degli incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale generale, di Segretario generale di Ministeri, di dirigente generale di strutture articolate in uffici dirigenziali generali, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque anni.

 

Gli incarichi dirigenziali di livello non generale cessano all'atto dell'assunzione in servizio, nei ruoli del personale del Ministero per il turismo, dei vincitori delle predette procedure concorsuali.

 

Ai sensi del comma 14, le funzioni di controllo della regolarità amministrativa e contabile attribuite al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato - RGS del Ministero dell'economia e delle finanze, sugli atti adottati dal Ministero del turismo, nella fase di prima applicazione, sono svolte dagli uffici competenti in base alla normativa vigente in materia alla data del 2 marzo 2021 (entrata in vigore del decreto legge).

Entro il 31 dicembre 2021, al fine di assicurare l'esercizio delle funzioni di controllo sugli atti del Ministero del turismo, è istituito un apposito Ufficio centrale di bilancio di livello dirigenziale generale nell'ambito della RGS.

Per le predette finalità sono, altresì, istituiti due posti di funzione dirigenziale di livello non generale e il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato a bandire apposite procedure concorsuali pubbliche e ad assumere in deroga ai vigenti limiti assunzioni due unità di livello dirigenziale non generale e dieci unità di personale a tempo indeterminato, da inquadrare nell'area terza, posizione economica F1.

Le funzioni di controllo sugli atti adottati dal Ministero della cultura continuano ad essere svolte dal coesistente Ufficio centrale di bilancio.

Al tal fine, viene autorizzata la spesa di 483.000 euro per l'anno 2021 e di 966.000 euro annui a decorrere dall'anno 2022.

 

Ai sensi del comma 15, per le spese di locazione è autorizzata la spesa di 1,5 milioni di euro per l'anno 2021 e di euro 2 milioni di euro dall'anno 2022.

Ai sensi del comma 16, per le spese di funzionamento è autorizzata la spesa di 290 mila euro per l'anno 2021 e di euro 456 mila e100 euro dall'anno 2022.

Ai sensi del comma 17, entro il 31 maggio 2021 (novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto legge), deve essere modificato lo statuto dell'ENIT-Agenzia nazionale del turismo al fine di armonizzarlo con il nuovo assetto istituzionale e con i compiti del Ministro del turismo, nonché per assicurare un adeguato coinvolgimento delle Regioni e delle autonomie territoriali.

 

Al comma 17, si valuti l’opportunità di sostituire il richiamo al Ministro del turismo con il Ministero del turismo.

 

I “passaggi” di competenza in materia di turismo tra diversi Dicasteri

 

Il D.lgs. n. 300/1999 aveva originariamente attribuito al Ministero delle attività produttive (ora Ministero dello sviluppo economico), le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di turismo e industria alberghiera, come conseguenza dell'accorpamento – nel contesto della drastica riduzione dei Ministeri prevista dalla riforma Bassanini – di tutte le funzioni attinenti alle politiche nazionali rivolte al settore produttivo nel suo complesso.

La modifica dell'assetto dei Ministeri operata dal Governo Prodi con il D.L. 18 maggio 2006, n. 181 (legge n. 233/2006), ha sancito il trasferimento, all’indomani della riforma del Titolo V della Costituzione, delle residue competenze statali in materia di turismo al Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e articolato in due uffici dirigenziali di livello generale, con relativa attrazione di competenze e di risorse finanziarie (sul riparto delle competenze legislative in materia di turismo tra Stato e Regioni, cfr. infra).

Nel 2013, durante il Governo Letta, con l'art. 1, co. 2, della legge 24 giugno 2013, n. 71, mediante una novella al d.lgs. 300/1999, all'allora Ministero per i beni e le attività culturali - che avrebbe assunto la nuova denominazione di «Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo»  (MIBACT) - sono state trasferite le funzioni sul turismo nonché, con decorrenza dal 21 ottobre 2013 (data di adozione del D.P.C.M. previsto dal successivo co. 5), le relative risorse umane, strumentali e finanziarie, compresa la gestione dei residui. Inoltre, in base al co. 3, al MIBACT era trasferito il personale che alla data del 21 maggio 2013 prestava servizio presso l'Ufficio per le politiche del turismo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con conseguente riduzione delle strutture e delle dotazioni organiche in misura corrispondente alle funzioni e al personale trasferiti. Il co. 6 ha autorizzato l'allora MIBACT ad adeguare la propria struttura organizzativa sulla base del predetto trasferimento di funzioni e di personale e il co. 7 - nelle more dell'adozione del DPCM previsto dal co. 5 - ha stabilito che esso si avvalesse dell'Ufficio per le politiche del turismo della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Con il D.P.C.M. 21 ottobre 2013, adottato in attuazione dell'art. 1, co. 5, L. 71/2013, sono stati definiti i termini e le modalità di trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri al MIBACT e con D.M. 18 novembre 2013 è stata istituita la Direzione generale Turismo, successivamente disciplinata dall'art. 19 del D.P.C.M. 171/2014 (regolamento di organizzazione del MIBACT).

 

Nel 2018, durante il Governo Conte I, le competenze sul turismo sono state oggetto di un ulteriore passaggio tra Dicasteri.

L’articolo 1 del D.L. 12 luglio 2018, n. 86 (convertito, con modificazioni, in legge 9 agosto 2018, n. 97) ha infatti disposto, a partire dal 1° gennaio 2019, il trasferimento dal MIBACT al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali delle funzioni esercitate.

In conseguenza di ciò, sono state modificate le denominazioni dei due Ministeri, divenute, rispettivamente, "Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e del turismo - MIPAAFT" e "Ministero dei beni e delle attività culturali-MIBAC".

Con decorrenza dal 1º gennaio 2019, sono state trasferite anche le risorse umane, strumentali e finanziarie, compresa la gestione residui, della Direzione generale Turismo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo nonché quelle comunque destinate all'esercizio delle funzioni oggetto del trasferimento. In attuazione, è intervenuto il D.P.C.M. n. 76/2019, recante il regolamento di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, con cui è stato abrogato il D.P.C.M. 171/2014 non prevedendo peraltro più la Direzione generale Turismo.

Il Regolamento di organizzazione del MIPAAFT è stato adottato con D.P.C.M. 8 febbraio 2019, n. 25.

 

Nello stesso anno 2019, durante il Governo Conte II, l’articolo 1 del D.L. n. 104/2019 (convertito, con modificazioni, in Legge n. 132/2019) ha riattribuito - a decorrere dal 1° gennaio 2020 - al Ministero dei beni e delle attività culturali le funzioni in materia di turismo. Al MIBACT è stata dunque attribuita la competenza a curare “la programmazione, il coordinamento e la promozione delle politiche turistiche nazionali, i rapporti con le regioni e i progetti di sviluppo del settore turistico, le relazioni con l'Unione europea e internazionali in materia di turismo, fatte salve le competenze del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, e i rapporti con le associazioni di categoria e le imprese turistiche” (art. 1, co. 13 del D.L. n. 104/2019).

Il Regolamento di organizzazione del MIBACT, degli uffici di diretta collaborazione del Ministro e dell'Organismo indipendente di valutazione della performance è stato conseguente adottato, con D.P.C.M. 2 dicembre 2019, n. 169.

Alla Direzione generale «Turismo» l’articolo 24 del D.P.C.M. ha attribuito funzioni e compiti di programmazione, coordinamento e promozione delle politiche turistiche nazionali, di cura dei rapporti con le Regioni e dei progetti di sviluppo del settore turistico, delle relazioni con l'Unione europea e internazionali in materia di turismo e dei rapporti con le associazioni di categoria e le imprese turistiche. Alla Direzione è stato conferito il compito di esercitare funzioni di indirizzo e vigilanza, su ogni soggetto giuridico costituito con la partecipazione del Ministero per finalità attinenti agli ambiti di competenza della stessa, inclusi l'ENIT e il Club Alpino Italiano (CAI).

Ai sensi del D.P.C.M., la Direzione generale è stata articolata in tre uffici dirigenziali di livello non generale e presso la Direzione hanno sede e operano il Centro per la promozione del Codice mondiale di etica del turismo, costituito nell'ambito dell'Organizzazione Mondiale del Turismo, Agenzia specializzata dell'ONU, e il Comitato permanente di promozione del turismo in Italia, - istituito, ai sensi dell'articolo 58 del Codice del Turismo, approvato con D.Lgs. n. 79/2011, con D.M. 8 agosto 2014 - che opera quale organo consultivo del Ministro.

Si rammenta che il Comitato permanente è presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro delegato, il quale a sua volta può all'uopo delegare un suo rappresentante. Il Comitato è stato istituito per promuovere un'azione coordinata dei diversi soggetti che operano nel settore del turismo con la politica e la programmazione nazionale e in tal senso deve essere assicura la rappresentanza presso di esso di tutti i soggetti pubblici e privati operanti nel settore turistico. Il Comitato, 1l 14 settembre 2017, ha approvato all'unanimità il "Piano strategico per lo sviluppo del turismo per il periodo 2017-2022", ai sensi dell'articolo 34-quinquies del D.L. 179/2012 (convertito con modificazioni dalla L. n. 221/2012).

La Direzione generale Turismo costituisce centro di responsabilità amministrativa ai sensi della disciplina contabile nazionale, ed è responsabile per l'attuazione dei piani gestionali di competenza.

A tale riguardo, quale conseguenza del trasferimento di funzioni in materia di turismo al MIBACT, la missione di spesa del bilancio statale – Missione 31 "Turismo" e il sotteso programma "Sviluppo e competitività del turismo" è stata trasferita, a decorrere dall’esercizio finanziario 2020, dallo stato di previsione del MIPAAFT al MIBACT.

Nella legge di bilancio 2021 (L. n. 178/2020), la Missione 31 "Turismo", cui è sotteso l’unico programma di spesa “Sviluppo e competitività del turismo 31.1, reca uno stanziamento di competenza pari a 158 milioni per il 2021, a 62,6 milioni per il 2022 e a 46,8 milioni per il 2021.

 

Competenza legislativa in materia di turismo tra Stato e Regioni

 

La riforma costituzionale del Titolo V della Costituzione, operata con L. Cost. n. 3/2001 ha reso il turismo una materia di competenza "residuale" per le Regioni ordinarie, alla stregua di quanto previsto per le Regioni speciali che - già prima del 2001 - erano dotate di tale competenza (art.117, quarto comma, Cost.).

Questo mutamento delle competenze regionali è stato confermato in più occasioni dalla Corte costituzionale, a partire dalla sentenza n. 197/2003.

Nonostante ciò, è necessario sottolineare che, per numerosi e rilevanti profili della disciplina del turismo, il riferimento alla legislazione statale è tuttora assai consistente.

Innanzitutto, si devono considerare i rilevanti condizionamenti che possono derivare alla potestà legislativa regionale dall'intervento del legislatore statale in altre materie affidate espressamente alla sua competenza, esclusiva o concorrente, che presentano profili di connessione o sovrapposizione con la materia del turismo. In particolare, si segnalano: la tutela della concorrenza; i rapporti internazionali e con l'UE; la tutela dell'ambiente e dei beni culturali, nonché le competenze concorrenti in materia di professioni; governo del territorio (comprendente l'urbanistica e l'edilizia); grandi reti di trasporto e di navigazione.

Inoltre, secondo gli indirizzi della Corte costituzionale, anche la competenza regionale più ampia comunque non esclude a priori la possibilità per la legge statale di attribuire funzioni amministrative al livello centrale e di regolarne l'esercizio, in base ai principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione (art. 118 Cost.),

Dal punto di vista istituzionale, va segnalata la mediazione operata nelle sedi di concertazione nazionale, e in particolare nella Conferenza Stato-Regioni, il cui rilievo è senz'altro accresciuto dopo la riforma costituzionale del 2001. In questa sede lo Stato e le Regioni hanno concluso accordi, che hanno condotto, nella sostanza, ad un esercizio "congiunto" di competenze normative su numerosi e rilevanti profili concernenti il turismo che, in base ai criteri formali di riparto delle competenze, avrebbero dovuto essere assegnati all'uno o all'altro livello.

Si ricorda a questo proposito che, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, sulla normativa statale in materia di turismo è stata fatta un'operazione di codifica nel Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo (D.Lgs. 79/2011). Il Codice, finalizzato alla promozione del mercato del turismo e al rafforzamento della tutela del consumatore, avrebbe dovuto intervenire nella materia fissando punti di riferimento univoci al fine di un coordinamento tra Stato e Regioni, nell'ambito delle rispettive competenze. Inoltre, esso avrebbe dovuto operare un riordino e una razionalizzazione complessiva delle disposizioni vigenti nella materia. La sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 2012, accogliendo i ricorsi presentati dalle Regioni sotto il profilo del mancato rispetto da parte del d.lgs. dei limiti della delega legislativa, ha sostanzialmente ridotto la portata normativa del Codice, che ha pertanto perso definitivamente il suo carattere di sistematicità ed organicità e risulta oggi ridotto alle sole disposizioni relative al "diritto privato del turismo" (Capo I Titolo VI), tra le quali si segnalano le norme sulla risarcibilità del "danno da vacanza rovinata", sui contratti del turismo c.d. "organizzato", sulle locazioni turistiche o le norme relative ai singoli contratti (multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e scambio),disposizioni queste di derivazione comunitaria. Il D.Lgs. n. 79/2011 è stato infatti da ultimo modificato D.Lgs. n. 62/2018 di attuazione della Direttiva 2015/2302/UE relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici collegati.

Nella sentenza n. 80/2012, la Corte costituzionale tra l'altro ha dichiarato l'illegittimità di numerose disposizioni contenute nel citato Codice, in quanto volte all'accentramento da parte dello Stato di funzioni invece rientranti nella competenza legislativa residuale delle Regioni.

Tra le norme del Codice dichiarate illegittime rientrano le norme relative: alla classificazione generale delle strutture ricettive(articolo 8); alla classificazione e disciplina delle strutture ricettive alberghiere ed extra-alberghiere (articolo 9); alla classificazione degli standard qualitativi delle imprese turistiche ricettive (articolo 10); alla disciplina della pubblicità dei prezzi (articolo 11); alla classificazione delle strutture ricettive all'aperto (articolo 13); alla disciplina degli standard qualitativi dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive (articolo 15); alla semplificazione degli adempimenti amministrativi delle strutture turistico-ricettive (articolo 16); alle «definizioni» in materia di agenzie di viaggio e turismo (articolo 18); alla disciplina dei procedimenti amministrativi in materia di turismo (articolo 21); alla definizione e disciplina dei «sistemi turistici locali» (contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse, caratterizzati dall'offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell'agricoltura e dell'artigianato locale, o dalla presenza diffusa di imprese singole o associate (articolo 23); alla disciplina delle agevolazioni in favore dei turisti con animali domestici al seguito (articolo 30); alla disciplina delle attività di assistenza al turista (articolo 68). È stata inoltre dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale la norma statale che demandava ad un decreto ministeriale la qualificazione dei "marina resort" come strutture turistico-ricettive all'aria aperta, nella parte in cui tale norma non prevede alcuna forma di coinvolgimento delle Regioni (Sent. Corte Costituzionale n. 21/2016, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 31, comma 1, del D.L. n. 133/3014 nella parte in cui non prevede la previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome).

Nell'attuale assetto, pertanto, sono le leggi regionali disciplinano nel dettaglio le caratteristiche delle strutture turistico ricettive, conformemente a quanto stabilito in materia dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.

La via della concertazione e delle intese costituisce comunque, come già diffusamente evidenziato, la base anche dell’approvazione del citato Piano strategico del turismo 2017-2022.

 

Le funzioni amministrative: il ruolo delle Regioni e degli enti locali

 

Quanto all'organizzazione amministrativa complessiva del settore, la Regione, come si evidenzia anche in dottrina (cfr. Osservatorio sulle fonti, Brevi note in tema di leggi regionali sul turismo, a cura di Stefania Cantisani, n. 2/2016) ha mantenuto un ruolo centrale di programmazione e coordinamento dell'attività in materia, che si esplica attraverso l'esercizio delle funzioni e dei compiti che riguardano generalmente i seguenti ambiti di competenza :

a) la programmazione dello sviluppo sostenibile e competitivo del turismo e l'innovazione dell'offerta turistica regionale;

b) l'omogeneità dei servizi e delle attività collegate all'offerta turistica regionale;

c) le attività di promozione turistica e, in particolare, dell'immagine unitaria della Regione all'Italia e all'estero, anche attraverso le relazioni internazionali

d) la diffusione della conoscenza sulle caratteristiche dell'offerta turistica del territorio regionale;

e) l'attuazione e il finanziamento di specifici progetti d'interesse regionale definiti ai sensi della legislazione vigente, e il sostegno agli operatori del settore;

f) l'organizzazione della raccolta, della elaborazione e della comunicazione delle statistiche regionali del turismo, delle rilevazioni e delle informazioni concernenti l'offerta e la domanda turistica.

La programmazione è attuata mediante la redazione di Piani o Programmi di norma triennali che sono adottati dal Consiglio regionale su proposta della Giunta (così in Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte e Umbria) ovvero approvati direttamente dalla Giunta (come avviene in Puglia) e poi declinati attraverso programmi annuali di competenza dell'esecutivo, che definiscono gli obiettivi strategici e le linee d'indirizzo per la qualificazione dell'offerta turistica e le fonti di finanziamento a disposizione per i progetti turistici e per gli operatori del ramo.

Si segnala che nella predisposizione degli atti di programmazione regionali (Programmi e/o Piani pluriennali e/o annuali) sono coinvolti in varia misura, coerentemente con il principio di sussidiaretà, gli enti locali, le organizzazioni territoriali di natura privata che hanno come obiettivo lo sviluppo e la promozione del turismo, le organizzazioni imprenditoriali e delle organizzazioni sindacali del settore maggiormente rappresentative a livello regionale.

In alcuni casi l'intervento normativo si è realizzato mediante l'adozione di leggi organiche comprendenti tutti o quasi i settori sopra citati al fine di raccogliere in un unico testo normativo le disposizioni in precedenza sparse in vari altri atti legislativi: si vedano ad esempio i testi unici approvati dalle Regioni Toscana (L.R. 20/12/2016, n. 86), Veneto (L.R. 4 novembre2002, n.33 e s.m.e i.), Marche (L.R. 11 luglio 2006, n.9); altre Regioni, invece, hanno preferito dettare disposizioni che comunque contengono una disciplina organica della materia seppure non riunita sotto la denominazione di "testo unico".

Molto spesso, inoltre, quegli stessi settori normati dalle leggi regionali in materia di turismo hanno ricevuto una regolamentazione specifica con leggi regionali ad hoc: si pensi al settore della ricettività turistica, a quello dei servizi e delle professioni turistiche, o a settori particolari connessi al turismo propriamente detto come l'agriturismo, l'ittiturismo e il pescaturismo.

Il ruolo regionale di "governo" del settore trova inoltre conferma in un complesso di funzioni che pongono la Regione al centro delle relazioni con gli altri soggetti istituzionali, a partire dallo Stato, attraverso la partecipazione alla Conferenza Stato-Regioni ed alla Conferenza Unificata.

Una seconda costante di tutte le leggi regionali è rappresentata dal riconoscimento del ruolo centrale dei comuni nella promozione dei sistemi integrati di offerta turistica e nella creazione di reti di cooperazione pubblico-privata.

Sull'assetto delle competenze amministrative degli enti locali (comuni e province) ha inciso la legge n. 56/2014 (cd. legge del Rio), il cui articolo unico ha disposto la trasformazione delle province in "enti territoriali di area vasta" di secondo grado. Ad essi sono state attribuite funzioni che vengono distinte in fondamentali (commi 85-87), funzioni esercitate d'intesa con i comuni (comma 88) e funzioni attribuite dallo Stato e dalle Regioni (commi 89-91).

Il turismo non rientra nelle funzioni fondamentali. Il processo di trasferimento delle funzioni diverse da quelle fondamentali è regolato dalle disposizioni contenute all'art.1, c. 89 e ss., della citata legge, che ha previsto che lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze attribuiscano le funzioni provinciali diverse da quelle fondamentali, in attuazione dell'articolo 118 Cost..

Ne consegue dunque che, in materia di turismo, il conferimento spetta alle Regioni. A conclusione del processo di riordino delle funzioni delle province, le funzioni degli enti di area vasta e, per quanto qui interessa, anche quelle in materia di "turismo", che non sono inquadrate tra quelle "fondamentali, "sono state variamente riallocate in capo alle città metropolitane e/o ai comuni quando non confermate di competenza provinciale o riassorbite dalla stessa Regione.


 

Articolo 8
(Funzioni in materia di innovazione tecnologica e transizione digitale e istituzione del Comitato interministeriale per la transizione digitale)

 

 

L'articolo 8 reca un triplice ordine di disposizioni, concernenti:

§  le attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di innovazione tecnologica e transizione digitale;

§  l'istituzione di un Comitato interministeriale per la transizione digitale;

§  un contingente aggiuntivo di personale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, per l'innovazione e digitalizzazione, anche al fine di operare quale segreteria tecnico-amministrativa del neo-istituito Comitato interministeriale.

 

Il comma 1 dispone circa le attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di innovazione tecnologica e transizione digitale.

A tal riguardo novella l'articolo 5 (concernente in via generale le attribuzioni del Presidente del Consiglio, appunto) della legge n. 400 del 1988, la quale reca disciplina dell'attività di Governo ed ordinamento della Presidenza del Consiglio.

Si viene così ad inserire la previsione che il Presidente del Consiglio promuova, indirizzi, coordini l’azione del Governo nelle seguenti materie:

§  innovazione tecnologica;

§  attuazione dell'agenda digitale italiana ed europea;

§  strategia italiana per la banda ultra larga;

§  digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni e delle imprese;

§  trasformazione, crescita e transizione digitale del Paese, in ambito pubblico e privato;

§  accesso dei servizi in rete;

§  connettività;

§  infrastrutture digitali materiali e immateriali;

§  strategia nazionale dei dati pubblici.

 

L'articolo 95, primo comma della Costituzione enuncia in termini riassuntivi i poteri - di direzione della politica generale dei Governo, di impulso e coordinamento dell'opera dei ministri - spettanti al Presidente del Consiglio.

Esso recita: "Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei Ministri".

La legge n. 400 del 1988 - all'articolo 5, si è ricordato - declina quel dispositivo costituzionale, delineando e specificando poteri di promozione e coordinamento.

 

Può ricordarsi come la Commissione europea monitori il progresso digitale degli Stati membri dell'Unione europea mediante una relazione annuale sull'indice di digitalizzazione dell'economia e della società (DESI, acronimo dall'inglese per Digital Economy and Society Index).

La relazione del 2020 (ultima finora disponibile, alimentata da dati riferiti all'anno 2019, dunque antecedenti l'evoluzione impressa dall'epidemia da Covid-19) colloca l'Italia al venticinquesimo posto su 28 Paesi (incluso ancora il Regno Unito, nel 2019), seguita da Romania, Grecia e Bulgaria.

Tale posizione è riferita ad un indice della performance nella competitività digitale, rilevata sulla scorta di cinque indicatori: connettività, capitale umano, utilizzo di internet, integrazione di tecnologie digitali, servizi pubblici digitali.

Secondo quelle stime, l'Italia si porrebbe entro l'Unione europea al diciassettesimo posto per connettività (con una posizione assai avanzata circa la preparazione al 5G, di ritardo invece quanto a diffusione delle reti ad altissima capacità, cd. VHCN); all'ultimo posto per capitale umano (il 42% delle persone di età compresa tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base, contro il 58% nell'Unione europea; ed il 22% dispone di competenze digitali superiori a quelle di base, contro il 33% nell'Unione europea; gli specialisti in tecnologie dell'informazione e della comunicazione sono il 2,8% dell'occupazione totale, contro il 3,9% dell'Unione europea); al terzultimo posto per utilizzo di servizi internet (con il 17% delle persone che vivono in Italia che non ha mai utilizzato internet, cifra pari a quasi il doppio della media dell'Unione europea); al ventiduesimo posto per integrazione delle tecnologie digitali (con un divario per quanto riguarda tra l'altro il commercio elettronico, giacché solo il 10% delle piccole e medie imprese vende online, contro il 18% dell'Unione europea); al diciannovesimo posto per servizi pubblici digitali (con il 32% degli utenti on line che fruiscono attivamente di servizi di e-government, contro il 67% dell'Unione europea).

 

La competitività digitale si irradia in Italia in molteplici piani di azione pubblica, dal Piano triennale per l'informatica nella Pubblica amministrazione 2019-2021 ai Piani nazionali "Impresa 4.0" indi "Transizione 4.0" (con insieme un Fondo nazionale innovazione), dal Piano nazionale Scuola digitale al Piano banda ultra larga, fino al Piano "2025. Strategie per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione del Paese. Le prime azioni per l'Italia del futuro", per menzionare solo alcuni.

A fini di coordinamento e impulso delle iniziative per l'innovazione tecnologica e la trasformazione digitale, alcune competenze un tempo attribuite all'Agenzia per l'Italia digitale sono state man mano 'centralizzate' presso la Presidenza del Consiglio (cfr. tra gli altri l'articolo 8 del decreto-legge n. 135 del 2018).

A seguire vi è stata una delega di funzioni nel corso del 2019 (governo Conte II) alla figura del Ministro per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, ora (governo Draghi: cfr. d.P.C.m. del 13 febbraio 2021) Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. Può ricordarsi come un Ministro per l'innovazione e le tecnologie fosse già nei Governi di primi anni Duemila (governi Berlusconi II e III), dal 2006 unitamente alla delega di ministro per la pubblica amministrazione (governi Prodi II e Berlusconi IV) fino al 2011.

Sul piano normativo interno, misure in favore della digitalizzazione sono state adottate, di recente, dal decreto-legge n. 76 del 2020, recante "Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale". Precedentemente il decreto-legge n. 34 del 2020 aveva istituito (articolo 239) nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione. Sui collegamenti digitali di scuole e ospedali, è intervenuto il decreto-legge n. 183 del 2020 (articolo 20).

Specifico rilievo, beninteso, assumono le tematiche della innovazione tecnologica e digitalizzazione entro il "Piano nazionale di ripresa e resilienza", nello schema trasmesso al Parlamento che ciascuno Stato membro dell'Unione europea è tenuto a predisporre, con un piano di riforme e investimenti pubblici per il periodo 2021-2026, onde acquisire quota parte del Next Generation Eu, lo strumento per la ripresa economica, istituito dall'Unione europea ad integrazione del suo Quadro finanziario pluriennale vigente.

Del Next Generation Eu uno dei 'pilastri' è la trasformazione digitale da cui la presenza, all'interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza quale proposto dal Governo (proposta del 12 gennaio 2021), di un'apposita missione dedicata a "digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura" (cfr. lo specifico dossier dei Servizi Studi di Camera e Senato).  

Permane al contempo l'Agenda Digitale, la quale è sorta a livello europeo (nell’ambito della più ampia strategia Europa 2020, lanciata nel 2010: l'Agenda Digitale ne costituisce una delle sette iniziative 'faro') con il principale obiettivo di creare le condizioni un mercato digitale unico e dinamico, in grado di sospingere le economie europee verso una crescita sostenibile ed inclusiva. Rilievo saliente è annesso, a tal fine, alla valorizzazione delle tecnologie digitali e all'adeguamento tecnologico della pubblica amministrazione (amministrazione digitale e open data, sanità, istruzione, giustizia, sicurezza, fatturazione e pagamenti elettronici, identità digitale, cloud e banda larga). A livello nazionale, l’Agenda Digitale è il documento strategico-programmatico con il quale ogni Paese membro dell'Unione Europea si impegna a promuovere e incentivare l'innovazione digitale e lo sviluppo delle infrastrutture tecnologiche all’interno del proprio territorio nazionale.

 

 

 

 

L’Agenda digitale europea (AGE) è una delle sette cosiddette iniziative faro della strategia Europa 2020 (Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (COM(2010)2020), lanciata a marzo 2010 dalla Commissione europea, con l’intento di uscire dalla crisi e di preparare l’economia dell’UE alle sfide del prossimo decennio. L’iniziativa Agenda digitale (COM (2010) 245) mira a stabilire il ruolo chiave delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) per raggiungere gli obiettivi che l’Europa si è prefissata per il 2020 e prevede sette grandi linee d'azione, per ognuna delle quali sono indicate misure specifiche, per un totale di 101 (di cui 78 a carico della Commissione e 23 a carico degli Stati membri):

§  realizzare il mercato unico del digitale, favorendo l'accesso a servizi e contenuti online, semplificando i meccanismi esistenti di liberatoria e gestione del diritto d’autore; semplificando le transazioni online e transfrontaliere; rafforzando i diritti dei consumatori. Uno degli obiettivi è rendere la differenza tra roaming e tariffe nazionali vicina allo zero entro il 2015;

§  migliorare l'interoperabilità delle tecnologie dell’informazione e telecomunicazioni (TIC) attraverso la promozione di standard tecnici; rafforzare la sicurezza e la privacy dei cittadini europei nell'utilizzazione delle TIC, considerato che l’88% dei consumatori online in Europa non si sente sicuro e non fa ricorso a tecnologie delle quali non si fida;

§  assicurare la diffusione capillare e l'accesso dei cittadini a Internet ad altissima velocità offrendo entro il 2020 l’accesso a internet a velocità pari o superiori a 30Mbps per tutti i cittadini europei, e lavorare affinché entro la stessa data almeno il 50% delle famiglie sia abbonata a internet con connessioni al di sopra di 100 Mbps;

§  aumentare gli stanziamenti su ricerca e innovazione nel settore delle TIC; uno degli obiettivi è quello di raddoppiare gli stanziamenti pubblici entro il 2020, raggiungendo la somma totale di 1 miliardo di euro;

§  promuovere la conoscenza delle TIC per favorirne l'uso da parte di tutti i cittadini migliorando l’alfabetizzazione e l’inclusione nel mondo digitale: oltre la metà dei cittadini europei, 250 milioni, si collega a internet ogni giorno, ma un altro 30%, 150 milioni, non lo ha mai fatto; l’obiettivo del 2015 è di dimezzare questo dato. Tra gli altri obiettivi da raggiungere entro il 2015: incrementare l’uso regolare di internet dal 60 al 75% e dal 41 al 60% fra le persone svantaggiate; portare il 50% della popolazione a fare acquisti online e il 20% a fare acquisti on line transfrontalieri. Inoltre il 33% delle piccole e medie imprese dovrebbe effettuare vendite/acquisti online entro la stessa data;

§  accelerare l'adozione di soluzioni intelligenti basate sulle TIC per affrontare le grandi sfide del futuro come la riduzione dei consumi energetici, il miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti e dei disabili (e-health), l’utilizzo dei servizi digitali pubblici (e-government). Tra gli obiettivi: ricorso all'e-government da parte del 50% della popolazione, di cui oltre la metà dovrebbe essere in grado di restituire moduli compilati; disponibilità online, entro il 2015, di tutti i servizi pubblici fondamentali transfrontalieri previsti dagli Stati membri; riduzione dell’uso di energia per illuminazione del 20% entro il 2020.

Su tali basi, la Commissione europea ha successivamente presentato proposte finalizzate al raggiungimento degli obiettivi individuati.

 

Posto che rimangono ferme – secondo quanto dispone espressamente il comma 8 del presente articolo del decreto-legge - le competenze e le funzioni attribuite dalla legge in via esclusiva al Presidente del Consiglio dei ministri in materia di innovazione tecnologica e la transizione digitale, il comma 2 istituisce un Comitato interministeriale per la transizione digitale.

Esso è inteso quale sede di coordinamento e monitoraggio dell'attuazione delle iniziative di innovazione tecnologica e transizione digitale delle pubbliche amministrazioni competenti in via ordinaria.

Sono in ogni caso ricomprese prioritariamente nelle materie di competenza del neo-istituito Comitato interministeriale per la transizione digitale - ancora dispone il comma 2 - le attività (di coordinamento e monitoraggio) circa l'attuazione delle iniziative relative:

 

§  alla strategia nazionale italiana per la banda ultralarga, alle reti di comunicazione elettronica satellitari, terrestri mobili e fisse;

§   

§  al fascicolo sanitario elettronico e alla piattaforma dati sanitari;

 

Il fascicolo sanitario elettronico (FSE) è l'insieme dei dati e documenti digitali di tipo sanitario e socio-sanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l'assistito, riferiti anche alle prestazioni erogate al di fuori del Servizio sanitario nazionale.

Così lo definisce l'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012 (e successive modificazioni). Le disposizioni attuative sono recate dal d.P.C.m. n. 178 del 2015 ("Regolamento in materia di fascicolo sanitario elettronico").

La locuzione "piattaforma dati sanitari" parrebbe invece suscettibile di maggiore specificazione, non parendo inequivoco se si intenda far qui riferimento al cd. Nuovo sistema informativo sanitario (cfr. decreto ministeriale 7 dicembre 2016, n. 262) o ad altri sistemi informativi, od anche alla piattaforma informativa nazionale inerente alle vaccinazioni contro il COVID-19 (di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 2 del 2021).

 

§  alle iniziative per lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie emergenti dell’intelligenza artificiale, dell’internet delle cose (IoT) e della blockchain.

 

Ancora riguardo al Comitato interministeriale per la transizione digitale, il comma 6 ne specifica le funzioni, le quali consistono - ferme restando le ordinarie competenze delle pubbliche amministrazioni sulle attività di attuazione dei singoli progetti - nell'esame di:

§  linee strategiche, attività e progetti di innovazione tecnologica e transizione digitale di ciascuna amministrazione, "anche per valorizzarli e metterli in connessione tra loro in modo da realizzare efficaci azioni sinergiche";

§  modalità esecutive più idonee a fini realizzativi.

Ed aggiunge il monitoraggio delle azioni e dei progetti in corso, onde verificare lo stato di attuazione delle attività, individuare eventuali disfunzioni o criticità, elaborare possibili soluzioni e iniziative.

 

 

La composizione e le modalità di funzionamento del Comitato interministeriale sono disciplinate dai commi 3, 4 e 5.

Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, o, in sua vece, dal Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, ove nominato, ed è composto, prevede il comma 3, da:

§  il Ministro per la pubblica amministrazione, ove nominato;

§  il Ministro dell'economia e delle finanze;

§  il Ministro della giustizia;

§  il Ministro dello sviluppo economico;

§  il Ministro della salute.

Al Comitato partecipano altresì gli altri Ministri (o loro delegati) aventi competenza nelle materie oggetto dei provvedimenti e delle tematiche poste all'ordine del giorno.

Quando il Comitato tratti materie d'interesse delle regioni e province autonome, alle sue riunioni prendono parte - prevede il comma 4 - il presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome o un presidente di regione o di provincia autonoma da lui delegato.

Così come partecipano, per i rispettivi ambiti di competenza, il presidente dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e il presidente dell’Unione delle province d’Italia (UPI).

Le disposizioni disciplinano altresì il funzionamento del Comitato interministeriale.

Secondo la previsione del comma 5, infatti, il presidente del Comitato (ossia il Presidente del Consiglio dei ministri od il Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, ove nominato) lo convoca, ne determina l’ordine del giorno, ne definisce le modalità di funzionamento e ne cura, anche per il tramite di una segreteria tecnico amministrativa, le attività propedeutiche e funzionali allo svolgimento dei lavori e all’attuazione delle delibere.

Il Comitato garantisce adeguata pubblicità ai propri lavori.

 

Il comma 7 prevede sia istituita una segreteria tecnico-amministrativa del Comitato, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, con compiti di supporto e collaborazione, per la preparazione e lo svolgimento dei lavori e per il compimento delle attività di attuazione delle deliberazioni del Comitato.

Ai lavori della segreteria tecnico-amministrativa possono essere chiamati a partecipare (a titolo gratuito) rappresentanti delle pubbliche amministrazioni le quali partecipino al Comitato.

La segreteria tecnico amministrativa trae il proprio personale all'interno del contingente previsto dal comma 9.

Quest'ultimo prevede che presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - più precisamente, presso la struttura di questa competente per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale - operi un contingente composto da:

§  esperti in possesso di specifica ed elevata competenza nello studio, supporto, sviluppo e gestione di processi di trasformazione tecnologica e digitale. Possono essere anche estranei alla pubblica amministrazione e sono nominati per speciali esigenze secondo criteri e limiti fissati dal Presidente del Consiglio (prevede l'articolo 9, comma 2 del decreto legislativo n. 303 del 1999, cui la disposizione rinvia);

§  unità di personale non dirigenziale, collocato in posizione di fuori ruolo o comando (o altra analoga posizione prevista dagli ordinamenti di appartenenza), proveniente da pubbliche amministrazioni (di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001), con esclusione del personale docente, educativo, amministrativo e tecnico ausiliario delle istituzioni scolastiche, nonché del personale delle Forze di polizia. Le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro quindici giorni dalla richiesta (prevede l'articolo 17, comma 14 della legge n. 127 del 1997, cui la disposizione rinvia).

Il numero degli esperti e delle unità di personale di prestito non è predeterminato dalla disposizione, la quale pone una complessiva autorizzazione di spesa - nel limite di 2,2 milioni per il 2021 e di 3,2 milioni dal 2022.

La determinazione numerica di esperti e personale non dirigenziale è rimessa dunque - prevede il comma 10 - a decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, fermo restando la complessiva autorizzazione di spesa nonché, aggiunge la disposizione, un massimale di compenso individuale di 90.000 euro (al lordo degli oneri a carico dell'amministrazione).

 

Ancora, è disposto - dal comma 11 - un incremento di 15 unità del contingente previsto (per 7 unità) dall'articolo 42, comma 1, del decreto-legge n. 162 del 2019.

Il limite massimo di spesa previsto a tal fine è di 600.000 euro annui, a decorrere dal 2021.

Si tratta di un contingente di personale in posizione di fuori ruolo, comando o altra analoga posizione, con qualifica non dirigenziale, proveniente dai ministeri (ad esclusione dei Ministeri dell'interno, della difesa, della giustizia, dell'economia e delle finanze e dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del personale docente educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario delle istituzioni scolastiche) ovvero da altre pubbliche amministrazioni. All'atto del collocamento fuori ruolo, laddove disposto, è reso indisponibile un numero di posti equivalente dal punto di vista finanziario nelle amministrazioni di provenienza.

La citata disposizione del decreto-legge n. 162 del 2019 previde tale contingente di personale presso la Presidenza del Consiglio per lo svolgimento delle funzioni nella materia dell'innovazione tecnologica, anche al fine di favorire la diffusione di processi di innovazione tecnologica delle imprese e start-up, nonché nelle materie dell'attuazione dell'agenda digitale e della trasformazione digitale del Paese con particolare riferimento alle infrastrutture digitali materiali e immateriali, alle tecnologie e servizi di rete, allo sviluppo ed alla diffusione dell'uso delle tecnologie tra cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni, alla diffusione dell'educazione e della cultura digitale.

 

 

La banda ultra-larga

 

La Strategia italiana per la banda ultralarga è stata approvata dal Consiglio dei ministri nella seduta del 3 marzo 2015 al fine di conseguire gli obiettivi europei delineati già nel 2010 con l'adozione della comunicazione "Un'agenda digitale europea"(COM(2010)245), una delle sette "iniziative faro" della Strategia per la crescita Europa 2020, che prevedeva obiettivi in tema di banda larga ed ultra larga, con diverse scadenze temporali:

- Banda larga di base per tutti entro il 2013;

- Banda larga veloce (pari o superiore a 30 Mbps) per tutti entro il 2020.

- Banda larga ultraveloce (velocità superiore a 100 Mbs) per almeno il 50% degli utenti domestici europei entro il 2020.

La Strategia ha stabilito il quadro nazionale delle iniziative pubbliche in materia, con orizzonte al 2020. Essa è tutt'ora in corso di attuazione sull'intero territorio nazionale, con una serie di gare aggiudicate, nonché lavori in corso per quanto riguarda la realizzazione della rete, mentre sono state implementate solo parzialmente le misure a sostegno della domanda. Per le connessioni a banda ultra larga l'obiettivo del Piano di azione delineato nella Strategia era quello di avere entro il 2020 la sottoscrizione da parte di almeno il 50% della popolazione di servizi a più di 100 Mbps (velocità di trasmissione dati), attraverso un obiettivo di copertura per le reti ultraveloci ad oltre 100 Mbps per l'85% della popolazione e di portare il 100% della popolazione ad almeno 30 Mbps.

I principali interventi delineati erano:

1) interventi sull'infrastruttura di rete;

2) modalità di sostegno allo sviluppo della banda ultralarga dal lato dell'offerta;

3) sostegno allo sviluppo della banda ultralarga dal lato della domanda.

Con riferimento all'infrastruttura di rete, nella Strategia si è proceduto a distinguere il territorio nazionale da un punto di vista tecnico in 94.645 sotto-aree (il relativo database è gestito da Infratel, società in-house del MISE e soggetto attuatore dei Piani Banda Larga e Ultra Larga del Governo) e da un punto di vista della qualità delle connessioni in quattro cluster di intervento a seconda del livello di intervento pubblico necessario per il conseguimento dell'obiettivo:

- Cluster A - aree redditizie: rappresenta l'area più favorevole al conseguimento dell'obiettivo di realizzare reti ultraveloci a 100 Mbs entro il 2020. Comprende 15 città "nere" (le più popolose d'Italia) e le principali aree industriali. Riguarda il 15% della popolazione nazionale (circa 9,4 milioni di abitanti);

- Cluster B - aree per le quali non è previsto un investimento a 100 Mbs: è formato dalle aree per le quali sono previste dagli operatori privati iniziative per connessioni a 30 Mbps; in queste aree, senza interventi pubblici le condizioni di mercato non sono sufficienti a garantire i ritorni minimi necessari agli operatori che investono per una connessione a 100 Mbs e include 1120 comuni in cui risiede il 45% della popolazione (circa 28,2 milioni). È diviso in due sotto cluster, a seconda che sia stato avviato o meno un intervento pubblico per lo sviluppo della connettività ad almeno 30 Mbps.

- Cluster C - aree marginali: per le quali gli operatori possono maturare l'interesse a investire in reti con più di 100 Mbps soltanto grazie a un sostegno statale. Include circa 2.650 comuni e alcune aree rurali non coperte da reti a più di 30 Mbps. Vi risiedono circa 15,7 milioni di persone (il 25% della popolazione).

Cluster D - aree a fallimento di mercato per le loro caratteristiche di scarsa densità abitativa e di dislocazione frastagliata sul territorio per le quali solo l'intervento pubblico diretto può garantire alla popolazione residente un servizio di connettività a più di 30 Mbps. Il Cluster D ingloba i restanti 4.300 comuni circa, soprattutto al Sud, incluse alcune aree rurali. Riguarda il 15% della popolazione.

Un'ulteriore classificazione delle aree del territorio nazionale, esplicativa di quella sopra ricordata, distingue le aree in tre tipologie a seconda delle decisioni di investimento delle scelte di investimento delle società di comunicazione elettronica: "aree nere", nelle quali almeno due operatori di mercato hanno programmato investimenti per la realizzazione della banda ultralarga nel successivo triennio (tali aree sostanzialmente corrispondono a quelle del cluster A), "aree bianche" nelle quali nessun operatore di mercato, nei propri piani di investimento dei successivi tre anni, dichiara di investire per la realizzazione dell'infrastruttura (corrispondenti a grandi linee ai cluster C e D) e aree grigie nelle quali un solo operatore commerciale intende effettuare investimenti per la realizzazione dell'infrastruttura (corrispondenti al cluster B). Tale classificazione è contenuta nel Piano di investimenti per la diffusione della banda ultralarga.

La governance del Piano è posta in capo al COBUL, composto da: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero per la Pubblica Amministrazione, Ministero per gli Affari Regionali e Autonomie, Ministero per il Sud e la Coesione territoriale, Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, Presidente della Conferenza delle regioni e delle Province autonome e Infratel Italia col supporto tecnico di AgID (Agenzia per l'Italia Digitale) e dell'Agenzia per la coesione territoriale. Il coordinamento con le amministrazioni locali è assicurato tramite un accordo quadro siglato in data 11 febbraio 2016.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La strategia nazionale dati

 

Gli articoli 33-35 del decreto-legge 76/2020[2], recante Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale hanno delineato la Strategia di gestione del patrimonio informativo pubblico per fini istituzionali. Apportando interventi in materia di patrimonio informativo pubblico, le disposizioni riconducono il patrimonio medesimo ad una Piattaforma unica nazionale, in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, anche al fine di garantire alle pubbliche amministrazioni di consultare e accedere ai dati detenuti da altre amministrazioni evitando di dover chiedere al cittadino la stessa informazione o il medesimo dato già richiesto e detenuto (secondo la logica cd. once only).

In proposito si prevede:

·       una sanzione per i dirigenti responsabili dell'inadempimento all'obbligo di rendere disponibili i dati e l'obbligo in capo al concessionario di servizi di rendere disponibili all'amministrazione concedente tutti i dati acquisiti e generati nella fornitura del servizio agli utenti (art. 33);

·       una nuova disciplina della Piattaforma digitale nazionale dati, prevedendo, tra l'altro l'adozione con DPCM di una Strategia nazionale dati per identificare le modalità di messa a disposizione dei dati (art. 34, co. 4);

·       l'istituzione da parte della Presidenza del Consiglio di una infrastruttura digitale centralizzata (cloud nazionale) ad alta affidabilità dove sono destinati a migrare i CED delle amministrazioni centrali e locali privi dei requisiti di sicurezza fissati con regolanmento dall'AGID. In alternativa, le p.a. possono migrare i servizi digitali verso soluzioni cloud che rispettono i requisiti fissati dall'AGID (art. 35).

In particolare, l'articolo 34 (Semplificazione per la Piattaforma Digitale Nazionale Dati) ha riscritto l'articolo 50-ter del Codice dell'amministrazione digitale (CAD, D. Lgs. n. 82 del 2005), introdottovi dal decreto legislativo n. 217 del 2017 al fine di istituzionalizzare il progetto di Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), già introdotto nel Piano triennale per l'informatica 2017-2019, disciplinando la promozione della progettazione, dello sviluppo e della sperimentazione della Piattaforma medesima, con l'obiettivo di favorire la conoscenza e l'utilizzo del patrimonio informativo detenuto dalle amministrazioni pubbliche per finalità istituzionali, nonché la condivisione dei dati tra i soggetti che abbiano diritto ad accedervi, ai fini della semplificazione degli adempimenti amministrativi dei cittadini e delle imprese.

In sostanza, la Piattaforma digitale nazionale dati, già prevista dal legislatore del 2017 (D. Lgs, n. 217), con l'introduzione dell'articolo 50-ter nel Cda, ed estesa dal Dl 34/2020 ai gestori di servizi pubblici, ivi comprese le società quotate in relazione ai servizi di pubblico interesse, e società a controllo pubblico, è stata ridisegnata dall'articolo 34 del Dl n. 76.

Tale articolo definisce la Piattaforma quale infrastruttura tecnologica che renda possibile l'interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici (e delle società a controllo pubblico purché non quotate, potrebbe intendersi, sulla scorta delle previsioni del decreto-legge n. 34 citato).

Siffatta interoperabilità è resa possibile mediante l'accreditamento, l'identificazione e la gestione dei livelli di autorizzazione dei soggetti abilitati ad operare sulla Piattaforma.  Quest'ultima inoltre assicura la raccolta e conservazione delle informazioni circa gli accessi e le transazioni realizzati per suo tramite.  La condivisione di dati e informazioni avviene attraverso la messa a disposizione e l'utilizzo da parte dei soggetti accreditati, di "interfacce di programmazione delle applicazioni" (API, nell'acronimo di Application Programming Interface, ossia uno strumento di programmazione che 'interfaccia', rendendoli comunicanti, programmi o piattaforme altrimenti incompatibili).

Si prevede che le interfacce siano sviluppate dai soggetti abilitati con il supporto della Presidenza del Consiglio dei ministri e in conformità alle Linee guida AgID in materia di interoperabilità. E sono raccolte in un “catalogo API”, reso disponibile, ai soggetti accreditati, dalla medesima Piattaforma.

Le pubbliche amministrazioni - nell'accezione ampia di cui all'articolo 2, comma 2, del Codice dell'amministrazione digitale - sono tenute ad accreditarsi alla Piattaforma, a sviluppare le interfacce e a rendere disponibili le proprie basi dati. Questo, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Dunque la Piattaforma fa perno sulla condivisione dei dati attraverso interfacce di programmazione delle applicazioni - non già sull'acquisizione di dati detenuti dalle varie amministrazioni convergenti verso un 'centro'.

Le linee guida circa: gli standard tecnologici; i criteri di sicurezza, di accessibilità, di disponibilità e di interoperabilità per la gestione della piattaforma; il processo di accreditamento; la fruizione del catalogo API - sono tutti elementi che l'AgID definirà, sentito il Garante per la protezione dei dati personali ed acquisito il parere della Conferenza unificata.

L'accesso dei dati da parte della Piattaforma non modifica la titolarità del dato, ferme restando le specifiche responsabilità del trattamento in carico al soggetto gestore della Piattaforma ovvero ai soggetti fruitori dei servizi di accesso ed elaborazione.

In fase di prima applicazione, la Piattaforma assicura prioritariamente l'interoperabilità con i seguenti sistemi informativi:

·  l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) (di cui all’art. 5 del DL 201/2011);

·  la banca dati nazionale unica della documentazione antimafia (di cui all’art. 96 del D. Lgs. n. 159 del 2011);

·  l'Anagrafe nazionale della popolazione residente (di cui all'articolo 62 del Codice dell'amministrazione digitale);

·  le banche dati dell'Agenzie delle entrate, individuate dal Direttore della medesima Agenzia.

Nella Piattaforma non confluiscono i dati attinenti a ordine e sicurezza pubblici, difesa e sicurezza nazionale, polizia giudiziaria e polizia economico finanziaria.

Definito il 'perimetro' della Piattaforma e i suoi connotati, la disposizione si sofferma sugli 'obblighi' delle pubbliche amministrazioni.

Si tratta di tutte le pubbliche amministrazioni menzionate dall'articolo 2 del Codice dell'amministrazione digitale, dunque: le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 (nel rispetto del riparto di competenza di cui all'articolo 117 della Costituzione), ivi comprese le autorità di sistema portuale, nonché le autorità amministrative indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione (autorità queste ultime che la previgente formulazione dell'articolo 50-ter del Codice invece escludeva dalla Piattaforma); gestori di servizi pubblici, ivi comprese le società quotate, in relazione ai servizi di pubblico interesse; società a controllo pubblico (come definite nel decreto legislativo n. 175 del 2016, escluse le società quotate).

Ebbene, tali soggetti sono tenuti - si è ricordato - ad accreditarsi alla Piattaforma, a sviluppare le interfacce e a rendere disponibili le proprie basi dati.

Peraltro questi soggetti possono continuare ad utilizzare anche i sistemi di interoperabilità già previsti dalla legislazione vigente.

Il comma 4 dell'articolo 34 in esame demanda ad un d.P.C.m. da adottarsi entro 60 giorni dall'entrata in vigore della disposizione in esame (vigente dal 15 settembre 2020), di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero dell'interno, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e acquisito il parere della Conferenza Unificata, la definizione della Strategia nazionale dati. Con essa sono identificate le tipologie, i limiti, le finalità e le modalità di messa a disposizione, su richiesta della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei dati aggregati e anonimizzati di cui siano titolari le pubbliche amministrazioni.

 

 

 

 

I comitati interministeriali

 

I comitati interministeriali sono organi collegiali di governo concorrenti all'attuazione dell'indirizzo politico (se anche alla sua determinazione, è profilo più controverso in dottrina) in specifici settori.

Volti ad una 'saldatura' tra decisione politica ed attuazione amministrativa, essi sono espressione di un potere di auto-organizzazione, proprio degli organi costituzionali.

Qualora tra le loro attribuzioni figuri l'adozione di atti amministrativi (o di atti che possano valere da presupposti sostanziali di atti amministrativi), essi sono istituiti per legge, in una sorta di 'intersezione' delle riserve di legge poste dall'articolo 95 e dall'articolo 97 della Costituzione.

I comitati interministeriali (che hanno origine pre-repubblicana: ad esempio il Comitato per il credito e il risparmio, ancor oggi operante, risale al 1936-38) aumentarono di numero (e di attribuzioni, nel caso del Comitato per la programmazione economica, la cui legge istitutiva fu la n. 48 del 1967) nel nome della programmazione affermatasi negli anni Sessanta, e declinata come programmazione di settore dai secondi anni Settanta.

Una drastica loro riduzione fu imposta dalla legge n. 593 del 1993 (articolo 1, commi 21 e 25), che molti ne soppresse, in modo 'nominato' - il Comitato interministeriale per il coordinamento della politica industriale (CIPI); il Comitato interministeriale per la politica economica estera (CIPES); il Comitato interministeriale per la cinematografia; il Comitato interministeriale per la protezione civile; il Comitato interministeriale per l'emigrazione (CIEM); il Comitato interministeriale per la tutela delle acque dall'inquinamento; il Comitato interministeriale prezzi (CIP); il Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto (CIPET); il Comitato interministeriale per la lotta all'AIDS; il Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (CISD); il Comitato interministeriale gestione fondo interventi educazione e informazione sanitaria) - o non ("sono altresì soppressi...gli altri comitati interministeriali, che prevedano per legge la partecipazione di più Ministri o di loro delegati"). 

Furono lasciati in vita dalla legge del 1993 solo i seguenti comitati:

§  Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), poi oggetto del decreto legislativo n. 430 del 1997, che ne ha riordinato le competenze e che ha poi assunto la denominazione di Comitato interministeriale per la programmazione economica e per lo sviluppo sostenibile - CIPESS per effetto dell'articolo-bis del decreto-legge n. 111 del 2019, a decorrere dal 1° gennaio 2021. Con la delibera CIPE n. 79/2020 (pubblicata nella G.U. n. 40 del 17 febbraio 2021) sono state approvate le conseguenti modifiche al Regolamento interno del Comitato;

§  Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), le cui competenze deliberative sono state definite dal Testo unico bancario del 1993;

§  Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza che ha poi assunto la denominazione di Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR), con l'art. 5 della legge n. 124 del 2007 ("Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto")[3];

§  Comitato dei ministri per i servizi tecnici nazionali e gli interventi nel settore della difesa del suolo (ora Comitato dei Ministri per gli interventi nel settore della difesa del suolo, istituito dall'art. 1 legge n. 183 del 1989; cfr. ora il decreto legislativo n. 152 del 2006, recante "Norme in materia ambientale", articolo 57);

§  Comitato interministeriale per la salvaguardia di Venezia (istituito dalla legge n. 798 del 1984), ora Comitato istituzionale per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna, per effetto dell'articolo 95, comma 22 del decreto-legge n. 104 del 2020, il quale ne reca una nuova disciplina.

 

In tempo successivo - può ricordarsi, senza pretesa di esaustività - si è avuta l'istituzione del Comitato interministeriale per gli affari comunitari (CIACE), previsto dall'art. 2 della legge n. 11 del 2005. Quest'ultima è stata successivamente abrogata dalla legge n. 234 del 2012 ("Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea") la quale ha previsto (art. 2) il Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE).

Un Comitato interministeriale per l'indirizzo e la guida strategica delle politiche di semplificazione e di qualità della regolazione è stato istituito dall'articolo 1 del decreto-legge n. 4 del 2006.

Si segnala, al riguardo, che l'A.C. n. 1812, recante "Deleghe al Governo in materia di semplificazione e codificazione" (d'iniziativa del Governo Conte-I) prevede l'istituzione di un Comitato interministeriale per il coordinamento delle attività di semplificazione e codificazione.

L'articolo 1 del decreto-legge n. 52 del 2012 ("Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica") ha istituito il Comitato interministeriale per la revisione della spesa pubblica. Tale disciplina è stata abrogata dall'art. 49-bis del decreto-legge n. 69 del 2013, il quale, dettando nuove misure per il rafforzamento della spending review e prevedendo la possibilità di nomina di un Commissario straordinario, ha comunque confermato, con alcune modifiche, il suddetto Comitato.

Il Comitato interministeriale per la prevenzione e il contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione, è previsto dalla legge n. 190 del 2012 ("Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione"). Tale disposizione demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. l'istituzione e la disciplina del Comitato medesimo, senza definirne la composizione e definendo solo taluni compiti. In attuazione di tale previsione è stato emanato il d.P.C.m. 16 gennaio 2013.

Il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo è stato istituito dall'art. 15 della legge n. 125 del 2014 ("Disciplina generale sulla cooperazione internazionale per lo sviluppo"). Peraltro, l’art. 3 della legge n. 49 del 1987 aveva istituito un Comitato interministeriale competente per tale materia, successivamente soppresso (dalla legge n. 537 del 1993) e assorbito, quanto alle sue funzioni, dal CIPE (ai sensi del d.P.R. n. 373 del 1994).

A quelli or ricordati, si aggiungono alcuni altri. Non sono mancate infatti leggi istitutive di ulteriori comitati per specifiche materie, come:

§  il Comitato la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento elettromagnetico (articolo 6 della legge n. 36 del 2001);

§  il Comitato per fronteggiare la crisi del settore bieticolo-saccarifero (art. 2 del decreto-legge n. 2 del 2006, come convertito dalla legge n. 81; cfr. anche art. 35 del decreto-legge n. 5 del 2012 recante "Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo");

§  il Comitato interministeriale per le politiche urbane - CIPU (art. 12-bis del decreto-legge n. 83 del 2012 come convertito in legge);

§  il Comitato interministeriale per gli interventi di prevenzione del danno ambientale e dell'illecito ambientale ed il monitoraggio del territorio della regione Campania (art. 2 del decreto-legge n. 136 del 2013);

§  il Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e alla ricerca aerospaziale - COMINT (art. 2 della legge n. 7 del 2018, il quale novella il decreto legislativo n. 128 del 2003 di riordino dell'Agenzia spaziale italiana; sulla composizione del Comitato è successivamente intervenuto il decreto-legge n. 86 del 2018);

§  il Comitato interministeriale per il monitoraggio e la pubblicazione delle informazioni necessarie ai fini dell'emissione dei titoli di Stato Green, istituito dalla legge di bilancio per il 2020 (art. 1, comma 93 della legge n. 160 del 2019) la cui composizione è stata disciplinata dal d.P.C.m. 9 ottobre 2020.

 

Il presente decreto-legge n. 22 del 2021 prevede infine l'istituzione - oltre che del ricordato Comitato interministeriale per la transizione digitale - di un Comitato interministeriale per la transizione ecologica.


 

Articolo 9
(Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza)

 

 

L’articolo 9 pone in capo alla Presidenza del Consiglio, ovvero al Ministro delegato della famiglia, le funzioni di competenza statale in materia di Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza. Conseguentemente, le risorse del Fondo vengono trasferite dallo stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali al bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

Il Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza

La legge 28 agosto 1997, n. 285[4] ha sollecitato e sostenuto la progettualità orientata alla tutela e alla promozione del benessere dei bambini e dei ragazzi attraverso l'istituzione di un Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza suddiviso tra le Regioni (70%) e 15 Città riservatarie (30%), chiamando gli enti locali e il terzo settore a programmare insieme e a diffondere una cultura di progettazione concertata e di collaborazione interistituzionale.

In seguito, la legge finanziaria 2007 (legge 296/2006) ha disposto, all'art. 1, co. 1258, che la dotazione del Fondo sia costituita soltanto dalla quota destinata ai progetti da realizzare nelle 15 città riservatarie. Le ulteriori risorse destinate alle Regioni sono state indirizzate nel Fondo per le politiche sociali (FNPS) in maniera indistinta, rendendo difficilmente riconoscibile su base nazionale il contributo del FNPS alle politiche per l’infanzia e l’adolescenza. Pertanto, il Piano Sociale Nazionale 2018-2020[5], ha destinato agli interventi e ai servizi sociali per l’infanzia e l’adolescenza una quota pari ad almeno il 40% delle risorse complessive del FNPS.

Tornando al Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, il riparto della quota riservata (qui i decreti di riparto) avviene, per il 50 per cento, sulla base dell'ultima rilevazione della popolazione minorile effettuata dall'ISTAT e per il 50 per cento secondo i seguenti criteri:

a) carenza di strutture per la prima infanzia secondo le indicazioni del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia della Presidenza del Consiglio dei ministri;

b) numero di minori presenti in presìdi residenziali socio-assistenziali in base all'ultima rilevazione dell'ISTAT;

c) percentuale di dispersione scolastica nella scuola dell'obbligo come accertata dal Ministero della pubblica istruzione;

d) percentuale di famiglie con figli minori che vivono al di sotto della soglia di povertà così come stimata dall'ISTAT;

e) incidenza percentuale del coinvolgimento di minori in attività criminose come accertata dalla Direzione generale dei servizi civili del Ministero dell'interno, nonché dall'Ufficio centrale per la giustizia minorile del Ministero di grazia e giustizia.

Oggi le 15 Città riservatarie - Bari, Bologna, Brindisi, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Taranto, Torino, Venezia - costituiscono una sorta di nucleo fondante per le politiche della legge 285 e rappresentano un laboratorio di sperimentazione in materia di infanzia e adolescenza. Il trasferimento delle risorse avviene con vincolo di destinazione, quindi i finanziamenti della legge 285 sono collegati alla progettazione dei servizi per l'infanzia e l'adolescenza. Tra gli strumenti promossi dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per la buona riuscita della sperimentazione 285, vi è il Tavolo di coordinamento tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Città riservatarie e la Banca dati dei progetti.

La dotazione del Fondo per il 2021 è pari a 28,8 milioni di euro.

 

Come evidenziato dalla Relazione illustrativa, la norma è finalizzata a rendere coerente la titolarità del Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza rispetto alle funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche di infanzia e adolescenza attribuite al Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero al Ministro delegato per la famiglia, dall'articolo 3, comma l, lettera c), del decreto legge n. 86 del 2018. La Relazione inoltre osserva che tale intervento consente di provvedere direttamente al finanziamento della Conferenza nazionale sull'infanzia e sull'adolescenza, prevista dall'art. 11 della medesima legge n. 285 del 1997, la cui organizzazione e i relativi oneri sono attualmente già posti in carico al Dipartimento per le politiche della famiglia.

 

Attualmente le funzioni della Presidenza del Consiglio - ovvero, del Ministro delegato per la famiglia - in materia di politiche per l'infanzia e l'adolescenza, come disegnate dall’art. 3 del decreto legge n. 86 del 2018, prevedono:

-        le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche per le adozioni, anche internazionali, di minori italiani e stranieri;

-        le funzioni di indirizzo e coordinamento relative allo sviluppo dei servizi socio-educativi per la prima infanzia, fatte salve le competenze del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

-        funzioni inerenti all'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e al Centro nazionale di documentazione e di analisi per l'infanzia e l'adolescenza;

-        promozione e coordinamento delle iniziative volte a tutelare i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e a contrastare ogni forma di violenza e abuso dei minori, in coerenza con la Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989;

-        funzioni inerenti all'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile;

-        prevenzione e contrasto alla diffusione del bullismo online (cyberbullismo);

-        compito di convocare periodicamente (e in ogni caso almeno ogni tre anni) la Conferenza nazionale sull'infanzia e sull'adolescenza.

 

Il comma 1 pone in capo al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro delegato per la famiglia, le funzioni di competenza statale in materia di Fondo nazionale per l’infanzia e l’adolescenza, precedentemente gestito e ripartito dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Più precisamente, la norma in commento dispone che il Fondo sia ripartito con decreto del Presidente del Consiglio, ovvero del Ministro delegato per la famiglia, emanato di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, dell'interno, dell’economia e delle finanze, della giustizia, e con il Ministro delegato per le pari opportunità, sentite la Conferenza Stato-regioni nonché le Commissioni parlamentari competenti. L’intervento legislativo viene attuato sostituendo il comma 3 dell’art. 1 della legge n. 285 del 1997.

Conseguentemente, il comma 2 prevede che le somme impegnate, ma non liquidate, entro la chiusura dell'esercizio finanziario per gli interventi in favore dei comuni riservatari siano conservate per cinque anni nel bilancio della Presidenza del consiglio dei ministri (precedentemente nella dotazione dello stato di previsione del Ministero della solidarietà sociale). L’intervento legislativo viene attuato modificando l’art. 1, comma 1258, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) che ha disposto, a decorrere dal 2007 (si veda supra), che la dotazione del Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza, limitatamente alle risorse destinate ai comuni riservatari, sia determinata annualmente dalla legge finanziaria.

Infine, il comma 3, sopprime l’art. 3, comma 1, lett. c), punto 2, del decreto legge n. 86 del 2018[6]  che rimetteva alla Presidenza del Consiglio dei ministri le funzioni di espressione del concerto in materia di Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza.


 

Articolo 10
(Procedure per la riorganizzazione dei ministeri)

 

 

L’articolo 10 stabilisce che entro il 30 giugno 2021 i regolamenti di riorganizzazione dei Ministeri dello sviluppo economico, della transizione ecologica, della cultura, delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, del turismo, ivi inclusi quelli degli uffici di diretta collaborazione, sono adottati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, in deroga al procedimento ordinario stabilito dall’articolo 17, comma 4-bis, della L. 400/1988 (nonché dall’articolo 4 del D.Lgs. 300/1999) che prevede regolamenti governativi di delegificazione.

 

Tali procedure semplificate di riorganizzazione (con D.P.C.M. anziché con il procedimento ordinario stabilito dall’articolo 17, comma 4-bis, della L. 400/1988) coinvolgono tutti i dicasteri interessati dalle modifiche introdotte con il decreto-legge in esame ovvero dal medesimo istituiti.

 

Per quanto concerne il procedimento di adozione del D.P.C.M., la disposizione in esame richiede la proposta del Ministro competente di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell’economia e delle finanze, nonché la delibera da parte del Consiglio dei ministri.

La disposizione esplicita altresì che il Presidente del Consiglio dei ministri ha facoltà di richiedere sui decreti di riorganizzazione il parere del Consiglio di Stato, che pertanto non risulta obbligatorio, come nel caso dei regolamenti adottati con D.P.R. ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (v. infra).

Un’ulteriore differenza rispetto alla procedura prevista per i D.P.R. di organizzazione dei Ministeri, di cui al citato comma 4-bis, è rappresentata dal fatto che per i D.P.C.M. in questione non è previsto il parere delle Commissioni parlamentari.

 

Ancorché non richiamato esplicitamente, sul D.P.C.M. è previsto il controllo preventivo di legittimità della Corte dei Conti in virtù della norma generale che lo estende a tutti i provvedimenti emanati a seguito di deliberazione del Consiglio dei Ministri (art. 3, co. 1, L. n. 20/1994).

 

 

 

 

Le fonti dell’organizzazione ministeriale

 

La Costituzione riserva alla legge l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e la determinazione del numero, delle attribuzioni e dell’organizzazione dei ministeri (art. 95, terzo comma, Cost.).

Nel rispetto della riserva di legge (relativa), l’organizzazione interna dei ministeri è disciplinata da una pluralità di fonti normative.

Le strutture di primo livello (dipartimenti o direzioni generali) sono stabilite direttamente dalla legge, che nel caso di specie è rappresentata dal D.Lgs. 300/1999, il quale fissa per ciascun ministero il numero massimo di dipartimenti o di direzioni generali, a seconda del modello organizzativo prescelto.

Nell’ambito di tale struttura primaria, si provvede a definire il numero (nonché l’organizzazione, la dotazione organica e le funzioni) degli uffici di livello dirigenziale generale in cui sono articolati i dipartimenti o le direzioni generali, mediante regolamenti di delegificazione adottati con D.P.R. ex art. 17, co. 4-bis, L. 400/1988 (così dispone l’art. 4, co. 1, del D.Lgs. 300/1999).

L’articolazione interna degli uffici di livello dirigenziale generale è demandata al ministro che provvede, con proprio decreto di natura non regolamentare, alla individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale e alla definizione dei relativi compiti (art. 17, co. 4-bis, lett. e), L. 400/1988 e art. 4, co. 4, D.Lgs. 300/1999).

Anche per la disciplina degli uffici di diretta collaborazione del Ministro, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l’amministrazione, l’assetto ordinario delle fonti ministeriali (art. 7 del d.lgs. 300/1999) prevede che siano istituiti e disciplinati con regolamento ex art. 17, co. 4-bis, L. 400/1988.

Negli ultimi anni il legislatore ha già fatto ricorso a procedure di semplificazione e accelerazione dei processi di riorganizzazione ministeriale mediante l’adozione di DPCM, in deroga alle procedure ordinarie ed in ogni caso in via transitoria.

In particolare, si ricordano i seguenti precedenti:

- l’art. 2, comma 10-ter, del D.L. 95/2012 (c.d. spending review) aveva previsto la possibilità di adottare i regolamenti di organizzazione conseguenti alla riduzione delle dotazioni organiche del personale, con finalità di contenimento della spesa pubblica, con D.P.C.M., anziché con D.P.R. La deroga aveva carattere provvisorio e, a seguito di una serie di proroghe, è stata ammessa fino al 28 febbraio 2014;

- successivamente, l’art. 16, co. 4, D.L. 66/2014 ha autorizzato nuovamente i Ministeri, al solo fine di realizzare interventi di riordino diretti ad assicurare ulteriori riduzioni della spesa, ad adottare i rispettivi regolamenti di organizzazione nella forma di DPCM, anziché di regolamenti di delegificazione, fino al 15 luglio 2014, termine poi prorogato al 15 ottobre 2014 (art 2, co. 4-bis, D.L. 90/2014). In questo caso era prevista la possibilità di includere anche la disciplina degli uffici di diretta collaborazione;

- di nuovo, l’articolo 4-bis, del D.L 86/2018 (L. 97/2018), il quale ha previsto che la procedura sopra descritta fosse applicabile da tutti i ministeri dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo D.L. 86/2018 e fino al 30 giugno 2019.

Successivamente, si possono confrontare: D.L. 104/2019 (L. 132/2019); art. 16-ter, co. 7, D.L. 124/2019 (L. 157/2019); art. 1, co. 167, L. 160/2019; art. 3, comma 6, D.L. 1/2020 (L. 12/2020); art. 116, D.L. 18/2020 (L. 27/2020).

I D.P.C.M. di organizzazione sono adottati su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa delibera del Consiglio dei ministri e sono soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti. Sugli stessi decreti di norma si è previsto che il Presidente del Consiglio dei ministri abbia facoltà di richiedere il parere del Consiglio di Stato. Per effetto di una modifica introdotta dall’art. 16-ter, co. 7, del D.L. 124/2019 (L. 157/2019) è stato, più di recente, stabilito che, con effetto dal 31 marzo 2020, la richiesta di parere al Consiglio di Stato nei D.P.C.M. di organizzazione ministeriale è obbligatoria e non più facoltativa.

 

In base all’articolo 10 in esame l’autorizzazione ad aggiornare l’organizzazione dei Ministeri con D.P.C.M. ha carattere temporaneo. Secondo la lettera della disposizione tale facoltà è infatti ammessa, per tutte le amministrazioni interessate e ai fini di quanto disposto dal decreto-legge in esame, fino al 30 giugno 2021.

 

Anche nei casi in cui negli ultimi anni il legislatore ha fatto ricorso, in deroga alle procedure ordinarie, a modalità di semplificazione e accelerazione dei processi di riorganizzazione ministeriale, prevedendo l’adozione di D.P.C.M., in luogo dei regolamenti di delegificazione (v. supra), in occasione di complessivi riordini degli assetti ministeriali o di singoli dicasteri, tali modalità sono state sempre autorizzate in via transitoria.

 

 

 


 

Articolo 11
(Disposizioni finanziarie)

 

 

L’articolo 11 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento, quantificati in circa 9,2 milioni di euro per il 2021 e in 15,9 milioni a decorrere dall’anno 2022.

 

Il comma 1 quantifica gli oneri finanziari del provvedimento in 9.218.199 euro per l'anno 2021 e in 15.931.382 euro annui a decorrere dall'anno 2022.

Tali oneri sono costituiti in gran parte dalle maggiori spese di personale connesse alle esigenze del nuovo assetto dei Ministeri.

In particolare, gli oneri derivano dalle seguenti disposizioni:

-       articolo 2, comma 8: maggiori spese connesse alla istituzione del Capo dipartimento del nuovo Ministero della transizione ecologica;

-       articolo 3, commi 7 e 9: incremento del contingente di personale degli Uffici di diretta collaborazione del Ministro della transizione ecologica, e del personale del MEF per l’Ufficio centrale di bilancio destinato alle funzioni di controllo di regolarità amministrativa e contabile sugli atti adottati dal medesimo Ministero;

-       articolo 6, commi 4 e 5: esigenze finanziarie degli Uffici di diretta collaborazione del Ministero della cultura e degli Uffici di direzione generale Ministero del turismo;

-       articolo 7, commi 2, 11, 12, 14, 15 e 16: assunzioni di personale per le competenze e l'assetto organizzativo del Ministero del turismo;

-       articolo 8, commi 9 e 11: assunzione di un contingente di esperti di elevata competenza, ovvero di personale non dirigenziale, in materia di innovazione tecnologica e transizione digitale.

 

Alla copertura di tali oneri si provvede:

a)   quanto a 3.646.449 euro per l'anno 2021 e 5.100.897 euro annui a decorrere dall'anno 2022, mediante corrispondente utilizzo del Fondo speciale di parte corrente.

Allo scopo viene utilizzato, in parte l'accantonamento relativo al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (per 2.696.500 euro per l'anno 2021 e 3.367.000 euro annui a decorrere dall'anno 2022); in parte l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (per 249 mila euro per l'anno 2021 e 332 mila euro annui a decorrere dall'anno 2022) ed in parte l'accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze (per 700.949 euro per l'anno 2021 e 1.401.897 euro annui a decorrere dall'anno 2022);

b)  quanto a 5.571.750 euro per l'anno 2021 e 10.830.485 euro annui a decorrere dall'anno 2022, mediante corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione.

Il fondo, istituito dall'articolo 1, comma 200, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014) per far fronte ad esigenze indifferibili che si vengano a manifestare nel corso della gestione finanziaria del bilancio, è iscritto sul capitolo n. 3076 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Nel bilancio per il 2021-2023 (legge n. 178/2020 e relativo D.M. 30 dicembre 2020 di ripartizione in capitoli), il Fondo presenta una dotazione di 645,2 milioni per il 2021, 383,5 milioni per il 2022 e di 431,8 milioni per il 2023.

 

(milioni di euro)

Art.

TABELLA ONERI/COPERTURA (in termini di saldo netto da finanziare)

2021

dal 2022

TOTALE ONERI

9,22

15,93

2, co. 8

Istituzione Capo dipartimento presso il Ministero della Transizione ecologica

0,25

0,33

3, co. 7

Incremento del contingente di personale degli Uffici di diretta collaborazione del Ministro della transizione ecologica

0,54

0,65

3, co. 9

Assunzioni MEF per funzioni di controllo di regolarità amministrativa e contabile svolti dall’Ufficio centrale di bilancio del Ministero per la transizione ecologica

0,22

0,44

6, co. 4

Incremento della dotazione finanziaria destinata alle esigenze degli Uffici di diretta collaborazione del Ministero della cultura

0,69

0,69

6, co. 5

Istituzione Uffici di direzione generale presso il ministero del Turismo

0,44

0,88

7, co. 2

Trasferimento dal Ministero della cultura al Ministero per il turismo di 4 dirigenti e invarianza dotazione personale dirigenziale Ministero della cultura

0,34

0,68

7, co. 11

Personale degli Uffici di diretta collaborazione del Ministro per il turismo

1,67

2,00

7, co. 12

Procedure concorsuali per assunzione di personale presso il Ministero del Turismo

-

3,04

7, co. 14

Assunzione presso il MEF per funzioni di controllo di regolarità amministrativa e contabile svolti dagli uffici centrali di bilancio del Ministero del turismo

0,48

0,97

7, co. 15

Spese per fitto di locali destinati al Ministero del Turismo

1,50

2,00

7, co. 16

Spese di funzionamento del Ministero del Turismo

0,29

0,46

8, co. 9

Struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri e unità di personale competente per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale

2,20

3,20

8, co. 11

Incremento di unità del contingente necessario per lo svolgimento delle funzioni nella materia dell'innovazione tecnologica

0,60

0,60

TOTALE COPERTURA

9,22

15,93

11, lett. a)

Riduzione Fondo speciale di parte corrente (Tab. A)

-3,65

-5,10

11, lett. b)

Riduzione fondo esigenze indifferibili in corso di gestione

-5,57

-10,83

 

Il comma 2 stabilisce che - fatta eccezione per gli articoli elencati al precedente comma l, di cui si fornisce apposita copertura finanziaria - all'attuazione delle ulteriori disposizioni del provvedimento si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (comma 3).


 

Articolo 12
(Entrata in vigore)

 

 

L'articolo dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Il decreto-legge è dunque vigente dal 2 marzo 2021.

 


Il quadro normativo

La composizione del Governo e il numero dei ministeri

 

Le basi normative

La Costituzione riserva alla legge l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e la determinazione del numero, delle attribuzioni e dell’organizzazione dei ministeri (art. 95, 3° comma, Cost.).

La riserva di legge per l’ordinamento della Presidenza del Consiglio è stata attuata dalla legge 400/1988, ampiamente modificata per questo aspetto dal D.Lgs. 303/1999, adottato in base alla delega contenuta nella legge 59/1997 (la cosiddetta legge Bassanini).

La riserva di legge in tema di ministeri è stata attuata dal già richiamato D.Lgs. 303/1999 (relativo all’organizzazione della Presidenza del Consiglio), e dal D.Lgs. 300/1999 (organizzazione dei ministeri), anch’esso di attuazione della legge 59/1997.

Il numero massimo complessivo dei membri del Governo a qualunque titolo, compresi i ministri, i ministri senza portafoglio, i vice ministri e i sottosegretari, è pari a sessantacinque; inoltre, la composizione del Governo deve essere coerente con il principio di pari opportunità di genere sancito dall’articolo 51 della Costituzione (D.Lgs. 300/1999, art. 2, comma 4-bis).

 

L’organizzazione del Governo

Presidente del Consiglio dei ministri e ministri

Il Governo è composto del Presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri, che insieme costituiscono il Consiglio dei ministri. Spetta al Presidente della Repubblica nominare il Presidente del Consiglio e, su proposta di questo, i ministri (art. 92 Cost.).

 

Il Presidente del Consiglio può proporre al Consiglio dei ministri l'attribuzione ad uno o più ministri delle funzioni di vicepresidente del Consiglio dei ministri che, in caso di assenza o impedimento temporaneo del Presidente del Consiglio, lo sostituisce. Quando non sia stato nominato il Vicepresidente del Consiglio dei ministri, la supplenza in assenza di diversa disposizione da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, al ministro più anziano secondo l'età. (L. 400/1988, art. 8).

 

 

I ministri costituiscono il vertice del dicastero che sono chiamati a presiedere. Il numero complessivo dei ministeri - secondo la disciplina previgente il D.L. 22/2021 che li ha portati a 15 (decreto legislativo 300/1999, art. 2) - è fissato in 14 che sono così denominati:

1)    Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;

2)    Ministero dell'interno;

3)    Ministero della giustizia;

4)    Ministero della difesa;

5)    Ministero dell'economia e delle finanze;

6)    Ministero dello sviluppo economico;

7)    Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;

8)    Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;

9)    Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

10) Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

11) Ministero dell'istruzione;

12) Ministero dell'università e della ricerca;

13) Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo;

14) Ministero della salute.

 

Il Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio, può conferire al Presidente del Consiglio stesso o ad un ministro l’incarico di reggere ad interim un dicastero. In tal caso, fermo restando il numero dei ministeri, il numero dei ministri verrebbe ad essere inferiore a quello dei ministeri (L. 400/1088, art. 9, comma 4).

 

Ministri senza portafoglio

Oltre ai ministri responsabili di un dicastero, all'atto della costituzione del Governo, possono essere nominati ministri senza portafoglio (L. 400/1988, art. 9, commi 1 e 2), ossia ministri per la cui attività non sono previsti autonomi stati di previsione in sede di bilancio, bensì specifici stanziamenti nell’ambito del bilancio della Presidenza del Consiglio. Essi, infatti, svolgono funzioni delegate dal Presidente del Consiglio dei ministri (sentito il Consiglio dei ministri, con provvedimento da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale) ed operano presso la Presidenza del Consiglio.

Il numero dei ministri senza portafoglio e le deleghe ad essi affidate variano da governo a governo; generalmente sono sempre nominati i ministri senza portafoglio per i rapporti con il Parlamento, per la pubblica amministrazione e per gli affari regionali.

 

Viceministri e sottosegretari di Stato

Completano la composizione del Governo i sottosegretari di Stato chiamati a coadiuvare il Presidente del Consiglio e i singoli ministri. I sottosegretari di Stato sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il ministro che il sottosegretario è chiamato a coadiuvare, sentito il Consiglio dei ministri (L. 400/1988, art. 10).

Un sottosegretario di Stato è nominato segretario del Consiglio dei ministri di cui redige il verbale. È l’unico sottosegretario che partecipa di diritto alle sedute del Consiglio dei ministri.

A non più di dieci sottosegretari di Stato può essere attribuito il titolo di vice ministro, qualora siano loro conferite deleghe relative ad aree o progetti di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più direzioni generali. In tale caso la delega, conferita dal ministro competente, è approvata dal Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio. I vice ministri possono partecipare, su invito del Presidente del Consiglio d'intesa con il ministro competente, alle sedute del Consiglio dei ministri, senza diritto di voto, per riferire su questioni attinenti alla materia loro delegata (L. 400/1988, art. 10, co. 3 e 4).

 

La composizione dei Governi nella XVI, XVII e XVIII legislatura

Nella tabella che segue viene confrontata la composizione dei Governi delle ultime legislature.

 

 

Presidente del Consiglio

Ministri

Ministri senza portafoglio

Viceministri e sottosegretari

Totale

XVI legislatura

IV Berlusconi 7.5.2008 12.11.2011

12

9

38

60

Monti 16.11.2011 21.12.2012

11

6

29

47

XVII legislatura

Letta 28.4.2013 14.2.2014

13

8

41

63

Renzi 21.2.2014 7.12.2016

13

3

45

62

Gentiloni 12.12.2016 24.3.2018

13

5

42

61

XVIII legislatura

I Conte 31.5.2018 20.8.2019

12

6

46

65

II Conte 4.9.2019 26.1.2021

13

8

43

65

 

I dati si riferiscono alla composizione iniziale di ciascun Governo (al momento della sua formazione) e non tengono conto delle eventuali variazioni occorse nel corso del tempo.

 

La legge finanziaria per il 2008 (L. 244/2007, art 1, commi 376 e 377) ha modificato la composizione del Governo, riducendo da 18 a 12 il numero dei ministeri e fissando un tetto al numero complessivo dei componenti (60 membri). La disposizione prevedeva che la riforma sarebbe entrata in vigore a partire dal Governo successivo a quello allora in carica. Pertanto, all’inizio della XVI legislatura (2008), il IV Governo Berlusconi ha attuato la riforma, formando un Esecutivo di 12 membri. Il medesimo Governo, nel 2009, ha aumentato a 13 il numero dei ministeri (L. 172/2009) e il numero massimo di membri del Governo è stato elevato a 65 (DL 195/2009). Successivamente, il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali è stato sostituito dal Ministero della salute e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed è stato nominato un nuovo ministro senza portafoglio.

Nel 2011, con il Governo Monti, il numero dei ministri è ridotto a 11, fermo restando il numero dei dicasteri (13): il dicastero dell’Economia e delle finanze viene assunto ad interim dallo stesso Presidente del Consiglio Monti, così come quelli dello Sviluppo e delle Infrastrutture e trasporti sono affidati al ministro Passera. Nel luglio 2012, il numero dei ministri sale a 12, con la cessazione dell’interim e la nomina del prof. Grilli a Ministro dell’economia e delle finanze.

Nella XVIII legislatura, alla formazione del I Governo Conte, fermo restando il numero dei dicasteri (13), il numero dei ministri è pari a 12 in quanto il dicastero dello Sviluppo economico e quello del Lavoro e delle politiche sociali sono affidati al Ministro e Vicepresidente del Consiglio Di Maio.

Con la formazione del II Governo Conte nel settembre 2019 il numero dei ministri è stato riportato a 13 e, successivamente, a 14 con il decreto-legge 1/2020 che ha istituito il Ministero dell'istruzione e il Ministero dell'università e della ricerca e ha soppresso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR).

 

Il Governo Draghi

Dopo la crisi del II Governo Conte il Presidente della Repubblica Mattarella conferisce l’incarico di formare il nuovo Governo al prof. Mario Draghi che accetta con riserva.

Il Presidente del Consiglio scioglie la riserva 12 febbraio 2021 e presenta la lista dei ministri. Si tratta di 23 ministri, di cui 14 con portafoglio e 9 senza portafoglio. Tra i ministri senza portafoglio viene nominato l’on. Massimo Garavaglia, al quale – come annunciato dal Presidente del Consiglio al momento della lettura al Quirinale dell’elenco dei ministri – “sarà conferito l’incarico per il coordinamento di iniziative nel settore del turismo, e che sarà preposto al nuovo Ministero del turismo, con portafoglio”.

Il Presidente della Repubblica, quindi, con quattro distinti decreti adottati il 12 febbraio:

·       accetta le dimissioni rassegnate il 26 gennaio 2021 dal Presidente del Consiglio dei ministri prof. Giuseppe Conte in nome proprio e dei ministri componenti il Consiglio medesimo;

·       accetta, su proposta del Presidente del Consiglio, le dimissioni rassegnate dai Sottosegretari di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai sottosegretari di Stato presso i ministeri;

·       nomina il prof. Mario Draghi, Presidente del Consiglio dei ministri;

·       nomina, su proposta del Presidente del Consiglio, i 23 ministri del nuovo Governo.

I quattro decreti sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 38 del 15 febbraio 2019.

 

Dopo il giuramento dei ministri e il voto sulla fiducia del nuovo Governo alla Camera e al Senato, il 24 febbraio 2021 si svolge a Palazzo Chigi la riunione del Consiglio dei Ministri per la nomina dei Sottosegretari. Nel complesso i Sottosegretari sono 40 (compreso il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Garofoli, nominato il 13 febbraio 2021). Successivamente sarà designato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega allo Sport. Il numero complessivo dei componenti del Governo è dunque di 64 membri, oltre al Presidente del Consiglio, ed escluso il Sottosegretario allo Sport ancora da designare, entro la soglia massima prevista dalla legge pari a 65 (D.Lgs. 300/1999, art. 2, comma 4-bis).

 

 


La composizione del Governo in alcuni Paesi europei

 

Francia

Attualmente il Governo francese di Jean Castex, nominato Primo ministro nel luglio 2020, è composto da 16 ministeri:

 

1.     Ministère de l'Europe et des Affaires étrangères

2.     Ministère de la Transition écologique

3.     Ministère de l'Éducation nationale, de la Jeunesse et des Sports

4.     Ministère de l'Économie, des Finances et de la Relance

5.     Ministère des Armées

6.     Ministère de l'Intérieur

7.     Ministère du Travail, de l'Emploi et de l'Insertion

8.     Ministère des Outre-mer

9.     Ministre de la Cohésion des territoires et des Relations avec les collectivités territoriales

10. Ministère de la Justice

11. Ministère de la Culture

12. Ministère des Solidarités et de la Santé

13. Ministère de la Mer

14. Ministre de l’Enseignement supérieur, de la Recherche et de l’Innovation

15. Ministère de l’Agriculture et de l’Alimentation

16. Ministère de la Transformation et de la Fonction publiques

 

I membri del Governo francese sono complessivamente 43:

·       un Primo ministro

·       16 ministri

·       14 viceministri

·       12 sottosegretari di Stato

 

Germania

Il Governo tedesco della Cancelliera Angela Merkel, formato nel marzo 2018, è composto da 14 Ministeri federali (Bundesministerien):

1)    Finanze

2)    Interno

3)    Esteri

4)    Economia e energia

5)    Giustizia e protezione dei consumatori

6)    Lavoro ed affari sociali

7)    Difesa

8)    Alimentazione e agricoltura

9)    Famiglia

10) Salute

11) Trasporti e infrastrutture digitali

12) Ambiente

13) Istruzione e ricerca

14) Cooperazione economica e sviluppo

 

Ad ogni dicastero è preposto un Ministro Federale. Inoltre, fa parte del Gabinetto il Capo della Cancelleria federale che ricopre il ruolo di Ministro federale per compiti speciali. Pertanto il numero dei ministri è pari a 15.

 

I membri del Governo tedesco sono complessivamente 46:

·       un Cancelliere

·       15 ministri federali (Bundesminister)

·       3 ministri di Stato (Staatsminister) che coadiuvano il Ministro degli esteri

·       28 sottosegretari di Stato (Parlamentarische Staatssekretäre).

 

Regno Unito

Il Governo britannico del Primo Ministro Boris Johnson, formato nel luglio 2019, è composto attualmente da 23 Ministeri dipartimentali (Ministerial departments):

1)    Attorney General's Office

2)    Cabinet Office

3)    Department for Business, Energy & Industrial Strategy

4)    Department for Digital, Culture, Media & Sport

5)    Department for Education

6)    Department for Environment Food & Rural Affairs

7)    Department for International Trade

8)    Department for Transport

9)    Department for Work & Pensions

10) Department of Health & Social Care

11) Foreign, Commonwealth & Development Office

12) HM Treasury

13) Home Office

14) Ministry of Defence

15) Ministry of Housing, Communities & Local Government

16) Ministry of Justice

17) Northern Ireland Office

18) Office of the Advocate General for Scotland

19) Office of the Leader of the House of Commons

20) Office of the Leader of the House of Lords

21) Office of the Secretary of State for Scotland

22) Office of the Secretary of State for Wales

23) UK Export Finance

 

La composizione del Governo è la seguente:

·       1 Prime minister

·       21 Cabinet ministers generalmente denominati Secretaries of State

·       97 Other ministers (vi sono compresi i ministri che non fanno parte del Cabinet, i Ministers of State e i Parliamentary Under Secretaries of State)

In totale dunque il numero dei membri del Governo è pari a 119.

 

Spagna

Attualmente il Governo spagnolo di Pedro Sanchez, formatosi nel 2018, è composto da 22 Ministeri:

1)    Ministerio de Agricultura, Pesca y Alimentación

2)    Ministerio de Asuntos Económicos y Transformación Digital

3)    Ministerio de Asuntos Exteriores, Unión Europea y Cooperación

4)    Ministerio de Ciencia e Innovación

5)    Ministerio de Consumo

6)    Ministerio de Cultura y Deporte

7)    Ministerio de Defensa

8)    Ministerio de Derechos Sociales y Agenda 2030

9)    Ministerio de Educación y Formación Profesional

10) Ministerio de Hacienda

11) Ministerio de Igualdad

12) Ministerio de Inclusión, Seguridad Social y Migraciones

13) Ministerio de Industria, Comercio y Turismo

14) Ministerio de Justicia

15) Ministerio de la Presidencia, Relaciones con las Cortes y Memoria Democrática

16) Ministerio de Política Territorial y Función Pública

17) Ministerio de Sanidad

18) Ministerio de Trabajo y Economía Social

19) Ministerio de Transportes, Movilidad y Agenda Urbana

20) Ministerio de Universidades

21) Ministerio del Interior

22) Ministerio para la Transición Ecológica y el Reto Demográfico

 

I ministri sono 22 di cui quattro sono anche Vicepresidenti del Governo.

Per ogni ministero viene nominato un sottosegretario che generalmente proviene dalla pubblica amministrazione.

 

 



[1] Si rammenta qui brevemente che, ai sensi dell’articolo 19, co. 6 del D.Lgs. n. 165/2001, gli incarichi dirigenziali a tempo determinato possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10% della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di dirigente e dell'8 % della dotazione di quelli di seconda fascia. La durata degli incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale generale, di Segretario generale di Ministeri, di dirigente generale di strutture articolate in uffici dirigenziali generali, il termine di tre anni, e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque anni.

[2] Convertito con modificazioni dalla L. 11 settembre 2020, n. 120.

[3] Precedentemente, l'art. 2 della legge n. 801 del 1977 aveva istituito il Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza (CIIS).

[4]     Legge 28 agosto 1997, n. 285, Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza.

[5]     Il Piano sociale nazionale, presentato in attuazione del Decreto legislativo n. 147 del 2017 (istitutivo del Reddito di inclusione), è stato adottato con decreto interministeriale del 26   novembre   2018 con la finalità di programmare l’utilizzo delle risorse e la governance del Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS). Il decreto 19 novembre 2020 ha ripartito il FNPS per l’anno 2020.

[6]     Decreto legge 12 luglio 2018, n. 86, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nonché in materia di famiglia e disabilità.