D.L. 172/2020 - Ulteriori disposizioni urgenti per fronteggiare i rischi sanitari connessi alla diffusione del COVID-19 13 gennaio 2021 |
Indice |
Contenuto|Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referente|I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva| |
ContenutoIl decreto legge in esame, come modificato nel corso dell'esame in sede referente, detta disposizioni e misure di vario contenuto: esso è finalizzato a rafforzare le misure per il contenimento del contagio da Covid-19, nonché a disciplinare la progressiva ripresa dell'attività scolastica in presenza, a regolare la manifestazione del consenso al trattamento sanitario del vaccino anti Covid-19 per i soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite, e a prevedere la concessione di un contributo a fondo perduto ai soggetti titolari di partita IVA che svolgono attività prevalente nei settori dei servizi di ristorazione. Il provvedimento riproduce in parte le misure già previste dal D.L. n. 158/2020 per il periodo delle festività natalizie (A.C. 2812), e le disposizioni contenute nel D.L. n. 1/2021, decreti che vengono conseguentemente abrogati dall'articolo 1 del disegno di legge di conversione: le norme in essi contenute sono state inserite nel testo da emendamenti del Governo nel corso dell'esame in sede referente presso le Commissioni riunite X e XII. Il decreto-legge si compone di 8 articoli e di un allegato. |
Articolo 1 (Misure urgenti per le festività natalizie e di inizio anno nuovo)L'articolo 1, modificato in sede referente, dispone sulle misure urgenti per le festività natalizie e di inizio anno nuovo, recependo in parte alcune disposizioni del citato D.L. n. 158/2020.Il comma 1, stabilisce che, dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021 è vietato, nell'ambito del territorio nazionale, ogni spostamento in entrata e in uscita tra i territori di diverse regioni o province autonome, e nelle giornate del 25 e del 26 dicembre 2020 e del 1° gennaio 2021 è vietato altresì ogni spostamento tra comuni, salvi gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. Nei giorni festivi e prefestivi compresi tra il 24 dicembre 2020 e il 6 gennaio 2021 (vale a dire 24, 25, 26, 27 e 31 dicembre 2020, e 1, 2 e 3, 5 e 6 gennaio 2021), sull'intero territorio nazionale si applicano le misure previste dall'articolo 3 del D.P.C.M. 3 dicembre 2020 per le zone a massimo rischio (cd. aree rosse), mentre nei restanti giorni (28, 29, 30 dicembre 2020 e 4 gennaio 2021) quelle di cui all'articolo 2 del medesimo decreto (cd. aree arancioni).
Riguardo alla
classificazione di rischio e scenario, si ricorda che il
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 novembre 2020, a seguito del
peggioramento del tasso di contagiosità del virus
Sars-CoV-2, ha previsto, a partire
dal 6 novembre e fino al 3 dicembre,
misure più restrittive su tutto il territorio nazionale rispetto al precedente DPCM del 24 ottobre 2020, sostituendo quest'ultimo e prevedendo un inasprimento delle misure di contenimento del contagio in alcune regioni caratterizzate, in base a specifici parametri, da uno scenario di
elevata gravità (cd. aree arancioni, alle quali sono applicabili le misure di cui all'articolo 2 del citato DPCM del 3 novembre)
o massima gravità (cd. aree rosse, alle quali sono applicabili le misure di cui all'articolo 3), in entrambi i casi con un livello di rischio maggiore rispetto alle restanti aree del territorio nazionale (cd. aree gialle, cui sono state applicate le misure dell'art. 1). A partire
dal 4 dicembre, le misure di contenimento del contagio sono state
ulteriormente irrigidite con il
DPCM 3 dicembre 2020, in sostituzione delle disposizioni del decreto del mese precedente, in vista delle
festività di fine anno e per la prima metà del mese di gennaio 2021, anche in ragione di quanto previsto dal
D.L. n.158/2020 .
Si osserva che gli scenari vengono definiti sulla base del
monitoraggio dei dati epidemiologici secondo quanto stabilito nel documento di "
Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase del periodo autunno-invernale", condiviso dalla Conferenza delle Regioni e Province autonome, nonché sulla base dei dati elaborati dalla
cabina di regia di cui al
decreto 30 aprile 2020 che ha adottato
21 criteri relativi alle attività di monitoraggio del rischio sanitario, sentito il Comitato tecnico scientifico sui dati monitorati.
In base a tali dati di monitoraggio sono individuate, con
ordinanza del Ministro della salute, sentiti i Presidenti delle Regioni interessate, quali Regioni rientrano nei
diversi scenari di gravità dei contagi, alle quali si applicano le misure restrittive previste ai primi tre articoli del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, in misura crescente in base del grado di gravità dello scenario, dall'articolo 1 all'articolo 3 (v.
tabella sintetica di confronto sulle misure restrittive).
Da ultimo, l'
Ordinanza dell'11 dicembre 2020 ha modificato gli scenari di rischio di alcune regioni:
con efficacia dal 13 al 27 dicembre, salvo diversa classificazione, nessuna Regione rimane in zona a massimo rischio contagio da Covid-19 (cd. area rossa), mentre in zona cd. arancione - cui si applicano le misure di cui all'articolo 2 del
DPCM 3 dicembre 2020 - vi sono la Prov. aut. Bolzano, Campania, Toscana e Valle d'Aosta, oltre che l'Abruzzo (ultima regione ad essere rimasta in zona rossa prima dell'Ordinanza in commento). Tutte le rimanenti Regioni sono classificate in zona di rischio moderato (cd. area gialla), salvo misure più restrittive adottate dalle singole Regioni.
Il comma 1 in esame prevede che sono tuttavia consentiti gli spostamenti dai piccoli comuni, vale a dire con popolazione al di sotto dei cinquemila abitanti, fino ad una distanza di massimo 30 chilometri, con esclusione in ogni caso degli spostamenti verso i capoluoghi di provincia. Durante i giorni compresi tra il 24 dicembre 2020 e il 6 gennaio 2021 lo spostamento verso le abitazioni private viene inoltre consentito una sola volta al giorno, dalle ore 5 alle 22, verso una sola abitazione che si trova nella medesima regione e nei limiti di due persone, ulteriori rispetto a quelle già conviventi in tale abitazioni, ad esclusione dei minori di anni 14 sui quali tali persone esercitino la responsabilità genitoriale, e alle persone disabili o non autosufficienti conviventi. Viene comunque consentito il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione, con esclusione degli spostamenti verso le seconde case ubicate in un'altra Regione o Provincia autonoma.
In merito si ricorda che ai sensi dell'articolo 43 del codice civile, il
domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi; la
residenza, invece, è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale.
Nell'ambito delle misure per il contenimento dell'emergenza epidemiologica, il legislatore ha più volte fatto ricorso alle categorie sopra menzionate. In particolare:
Ai sensi del comma 2 durante l'intero periodo che va dal 24 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021 restano ferme le misure adottate con D.P.C.M. ai sensi dell'articolo 2, comma 1 del D.L. n.19/2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 35/2020.
Si ricorda che l'articolo 2 del
D.L. n. 19/2020 ha previsto l'adozione delle
misure emergenziali di contenimento (v.
supra) con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri,
su proposta del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia, nonché i presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l'intero territorio nazionale.
I citati decreti possono essere altresì adottati su proposta dei presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero del Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l'intero territorio nazionale, sentiti il Ministro della salute, il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia. Il Presidente del Consiglio dei ministri o un Ministro da lui delegato sono tenuti ad illustrarne il contenuto preventivamente alle Camere, al fine di tenere conto degli eventuali indirizzi dalle stesse formulati. Per i profili tecnico-scientifici e le valutazioni di adeguatezza e proporzionalità, i provvedimenti sono adottati sentito, di norma, il Comitato tecnico-scientifico di cui all'
ordinanza del Capo del dipartimento della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630.
Attualmente le disposizioni del
D.P.C.M. 3 dicembre 2020, sono in vigore dal 4 dicembre 2020 (in sostituzione di quelle del D.P.C.M. del 3 novembre 2020) fino al 15 gennaio 2021.
Per quanto riguarda gli spostamenti interregionali e fra comuni, si rinvia a quanto disposto al decreto legge in esame. A tali disposizioni si aggiunge la conferma del divieto di spostamenti (se non con autocertificazione per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità ovvero per motivi di salute) dalle ore 22,00 alle ore 5,00 del giorno successivo, nonché un rafforzamento di tale divieto nella notte di Capodanno quando la circolazione sarà sospesa dalle ore 22,00 del 31 dicembre 2020 fino alle ore 7,00 del 1° gennaio 2021 (art. 1, comma 3).
Per quanto riguarda gli spostamenti da/per l'estero, per ciascun elenco di paesi si prevedono differenti limitazioni. Per il periodo dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021, sono previste misure ancora più stringenti (per l'articolazione delle misure si rinvia al sito
Viaggiare sicuri del Ministero degli affari esteri e della cooperazione).
Resta fermo l'obbligo di utilizzare dispositivi di protezione delle vie respiratorie nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private e in tutti i luoghi all'aperto (con specifiche eccezioni chiaramente indicate) e ne è fortemente raccomandato l'uso anche all'interno delle abitazioni private in presenza di persone non conviventi.
Inoltre, per evitare assembramenti nei centri urbani, si consente, per tutta la giornata o in determinate fasce orarie, la chiusura al pubblico di strade o piazze considerate a rischio, fatta salva la possibilità di accesso e deflusso agli esercizi commerciali legittimamente aperti e alle abitazioni private (art. 1, comma 5). Nei locali pubblici e aperti al pubblico, nonché in tutti gli esercizi commerciali resta l'obbligo di esporre all'ingresso del locale un cartello con il numero massimo di persone ammesse contemporaneamente nel locale medesimo, sulla base dei protocolli e delle linee guida vigenti.
L'art. 1, comma 10, del D.P.C.M. 3 dicembre 2020 enumera poi le misure da applicarsi sull'intero territorio nazionale allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19. F
ra le misure specifiche applicabili nel periodo compreso fra il 4 dicembre 2020 e il 15 gennaio 2021 si ricordano le seguenti:
Le misure sopra elencate sono applicabili in tutto il territorio nazionale. Gli artt. 2 e 3 del decreto dispongono invece misure specifiche per le aree del territorio nazionale, che a seguito di ordinanze del Ministro della salute, sono collocate in "scenari di tipo 3 o 4" (v.
infra).
Il comma 2-bis
dell'articolo 1 in esame, dispone poi che con riguardo all'intero territorio nazionale, nel periodo dal 21 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021, i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 2 del citato
D.L. n. 19/2020 possono prevedere specifiche misure tra quelle previste al comma 2 dell'articolo 1 del D.L. 19/2020, anche indipendentemente dalla classificazione in livelli di rischio e scenario.
La violazione delle disposizioni del decreto in esame,di quelle del
D.L. n. 158/2020 , e di quelle di cui agli articoli 1 e 2 del
D.L. n. 1/2021(
comma 3), è sanzionata ai sensi dell'articolo 4 dl
D.L. 19/2020, convertito con modificazioni, dalla legge n. 35/2020.
In proposito, si ricorda che l'articolo 4, comma 1, del D.L. 19/2020 prevede che, salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto delle misure di contenimento dell'epidemia di cui all'articolo 1 comma 2 e' punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 1.000 e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall'articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanità. Se il mancato rispetto delle predette misure avviene mediante l'utilizzo di un veicolo la predetta sanzione è aumentata fino a un terzo.
A sua volta, l'art. 2, comma 1, del D.L. 33/2020 prevede che salvo che il fatto costituisca reato diverso da quello di cui all'articolo 650 del codice penale, "le violazioni delle disposizioni del presente decreto, ovvero dei decreti e delle ordinanze emanati in attuazione del presente decreto, sono punite con la sanzione amministrativa di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19". Nei casi in cui la violazione sia commessa nell'esercizio di un'attività di impresa, si applica altresì la sanzione amministrativa accessoria della chiusura dell'esercizio o dell'attività da 5 a 30 giorni". Il comma 2 reca inoltre disposizioni per l'accertamento e l'irrogazione delle sanzioni.
L'articolo 1 della legge n. 689 del 1981 dispone che nessuno puo' essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione.
L'articolo 650 del codice penale dispone che chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con l'arresto fino a 3 mesi o con l'ammenda fino a 206 euro.
Il comma 3-bis infine, modificando il comma 1 dell'articolo 1 del citato D.L. 19/2020, estende a cinquanta giorni (in precedenza trenta) il termine massimo di durata delle misure di contrasto alla diffusione del virus Covid-19 disciplinate dalla citata disposizione.
In linea generale va ricordato che il decreto-legge 19/2020, in relazione al perdurare dell'emergenza dovuta alla diffusione, ormai pandemica, del virus COVID-19, ha disciplinato in un atto di rango primario le misure eventualmente applicabili su tutto il territorio nazionale o su parte di esso, per contenere e contrastare i rischi sanitari conseguenti. Il decreto-legge 125/2020 ha poi prorogato il termine di efficacia delle disposizioni dettate dai decreti-legge nn. 19, 33 e 83 del 2020. Allo stesso tempo la delibera del Consiglio dei ministri del 7 ottobre 2020 ha prorogato lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 al 31 gennaio 2020.
Per quanto qui interessa, l'
art. 1, comma 1, del decreto-legge 19/2020 ha consentito l'adozione di una o più delle misure emergenziali di contenimento, elencate in maniera dettagliata dal successivo comma 2, per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 gennaio 2021, termine dello stato di emergenza, e con possibilità di modularne l'applicazione in aumento ovvero in diminuzione secondo l'andamento epidemiologico del predetto virus.
Più in particolare, le
misure emergenziali che, ai sensi dell'art. 1, comma 2 , del decreto-legge 19/2020
possono essere adottate per contrastare l'emergenza sanitaria, secondo principi di adeguatezza e proporzionalità al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso, sono le seguenti:
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Articolo 1-bis (Ulteriori disposizioni urgenti per il contenimento della diffusione da Covid-19)L'articolo 1-bis, inserito nel corso dell'esame in sede referente, prevede ulteriori disposizioni urgenti per il contenimento della diffusione del COVID-19, e recepisce il contenuto dell'articolo 1 del D.L. n. 1/2021 (Ulteriori disposizioni urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19). Il comma 1 proroga dal 7 al 15 gennaio 2021 il divieto - già vigente nel corso delle festività ai sensi dell'articolo 1- degli spostamenti in entrata e in uscita tra i territori di diverse regioni o province autonome, fatti salvi gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. Sono comunque consentiti gli spostamenti finalizzati al rientro presso la propria residenza, domicilio o abitazione, con esclusione degli spostamenti verso le seconde case ubicate in altra regione o provincia autonoma. Il comma 2 dispone, invece, che nei giorni 9 e 10 gennaio 2021 sull'intero territorio nazionale (ad eccezione delle cd. "zone rosse", cui si applicano le misure di cui all'articolo 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2020) si applichino le misure previste per la c.d. "zona arancione", di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 dicembre 2020 (cfr. supra art. 1). Restano comunque consentiti gli spostamenti dai comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti e per una distanza non superiore a 30 chilometri dai relativi confini, con esclusione in ogni caso degli spostamenti verso i capoluoghi di provincia. Il comma 3 prevede, inoltre, che, nelle cd. zone rosse, sino al 15 gennaio 2021, lo spostamento verso una sola abitazione privata sia consentito una volta al giorno, in un arco temporale compreso fra le ore 05,00 e le ore 22,00, e nei limiti di due persone, ulteriori rispetto a quelle ivi già conviventi, oltre ai minori di anni 14 sui quali tali persone esercitino la responsbilità genitoriale e alle persone disabili o non autosufficienti conviventi. Il comma 4 contiene una norma di chiusura volta a prevedere che nell'intero periodo di cui al comma 1 - vale a dire dal 7 al 15 gennaio - restano comunque ferme, per quanto non disposto dal presente decreto, le misure adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e con ordinanza del Ministro della salute ai sensi dell'articolo 2, commi 1 e 2, del D.L. n. 19/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 (cfr. supra). |
Articolo 1-ter (Modificazioni urgenti alla legislazione emergenziale)L'articolo 1-ter - che riproduce l'articolo 2 del D.L. n. 1/2021 - inserito durante l'esame in sede referente, modifica la procedura per l'individuazione degli scenari di rischio ai fini del contenimento della diffusione del COVID-19 definita ai commi 16-bis e 16-ter, articolo 1, del D.L. n. 33/2020(L. 74/2020) per fronteggiare l'emergenza epidemiologica, prevedendo ulteriori criteri di valutazione per l'applicabilità delle misure aggiuntive e progressive rispetto a quelle definite per l'intero territorio nazionale, tra quelle di cui all'articolo 1, comma 2, del D.L. 19/2020 (Legge 35/2020), individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. In particolare, al predetto articolo 1 viene aggiunto il comma 16-quater che stabilisce l'applicazione alle Regioni, con ordinanza del Ministero della salute, di tali misure aggiuntive e progressive nei territori ove si manifesti un'incidenza settimanale dei contagi superiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti quando:
In proposito si rammenta che l'articolo 1, comma 2, del D.L. 19/2020 (L. 35/2020) elenca una serie di misure restrittive e limitative delle libertà personali (cfr.
supra art. 1), che possono essere adottate, secondo principi di adeguatezza e proporzionalità, al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla totalità di esso. Si sottolinea che il DL. 19/2020, in ragione del perdurare dell'emergenza dovuta all'evolversi della situazione epidemiologica COVID-19 e del forte incremento in Italia dei casi e dei decessi, è diretto a tipizzare in un atto di rango primario, le misure potenzialmente applicabili su tutto il territorio nazionale o su parte di esso, per contenere e contrastare i rischi sanitari conseguenti, per periodi di tempo predeterminati. In particolare, si prevede che su specifiche parti del territorio nazionale, ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso, possano essere adottate, con le tipologie di provvedimenti individuate dal decreto-legge in esame, una o più misure tra quelle di cui al comma 2, per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a 30 giorni, reiterabili e modificabili anche più volte, fino al 31 luglio 2020 (ora 31 gennaio 2021).
In sede di prima applicazione e fino al 15 gennaio 2021, nelle more dell'adozione di un nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il comma 2 prevede che il Ministro della salute, con propria ordinanza, applichi le misure attualmente previste per il contenimento della diffusione del COVID-19 (dal D.P.C.M. del 3 dicembre 2020) a una o più Regioni nel cui territorio si manifesti un'incidenza dei contagi superiore a 50 casi ogni 100.000 abitanti in base agli scenari di rischio sopra delineati: - secondo quanto previsto all'art. 2 del DPCM 3 dicembre 2020, area c.d. "zona arancione" (lett. a)), se si profila lo scenario di tipo 2; - secondo quanto previsto all'art. 3 del DPCM 3 dicembre 2020, area c.d. "zona rossa" (lett. b)), se si profila lo scenario di tipo 3.
Qui una tabella riassuntiva delle misure di cui ai citati
articoli 2 e 3 del DPCM 3 dicembre 2020.
Le Ordinanze del Ministero della salute previste in sede di prima applicazione sono state pubblicate nella Gazzetta ufficiale del 9 gennaio 2021, con efficacia dal 10 al 15 gennaio 2021, per le regioni Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Calabria, Sicilia, prevedendo per tutte le citate Regioni, l'applicazione dal 10 al 15 gennaio 2021, nelle more del nuovo DPCM, delle misure di "area arancione" (art. 2 del DPCM 3 dicembre 2020).
I citati commi 16-
bis e 16-
ter dell'articolo 1 del
D.L. 33/2020 hanno in particolare definito la procedura a carattere automatico per l'
applicazione di restrizioni territoriali specifiche ai fini del contenimento dei contagi COVID-19, con ordinanza del Ministro della salute, adottata sentiti i Presidenti delle Regioni interessate, sulla base del monitoraggio dei dati epidemiologici secondo quanto stabilito nel documento di "
Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase del periodo autunno-invernale", condiviso dalla Conferenza delle Regioni e Province autonome (allegato 25), nonché sulla base dei dati elaborati dalla cabina di regia di cui al
decreto 30 aprile 2020 (che ha adottato i 21 criteri relativi alle attività di monitoraggio del rischio sanitario), sentito il Comitato tecnico scientifico sui dati monitorati, individuando le Regioni che si collocano in diversi scenari di rischio
:
I diversi scenari di rischio, come definiti dal sopra citato documento di "
Prevenzione e risposta al Covid-19" (p. 53-82), sono i seguenti:
SCENARIO 2, inteso come situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa ma gestibile dal sistema sanitario nel breve-medio periodo, con valori di Rt regionali sistematicamente e significativamente compresi tra Rt=1 e Rt=1,25 (ovvero con stime dell'Intervallo di Confidenza al 95% - IC95% - di Rt comprese tra 1 e 1,25), nel caso in cui non si riesca a tenere completamente traccia dei nuovi focolai, inclusi quelli scolastici, ma si riesca comunque a limitare di molto il potenziale di trasmissione di SARS-CoV-2 con misure di contenimento/mitigazione ordinarie e straordinarie; lo
SCENARIO 3 riguarda una situazione di trasmissibilità sostenuta e diffusa con rischi di tenuta del sistema sanitario nel medio periodo, con valori di Rt regionali sistematicamente e significativamente compresi tra Rt=1,25 e Rt=1,5 (ovvero con stime IC95% di Rt comprese tra 1,25 e 1,5), e in cui si riesca a limitare solo modestamente il potenziale di trasmissione di SARS-CoV-2 con misure di contenimento/mitigazione ordinarie e straordinarie. La crescita del numero di casi potrebbe comportare un sovraccarico dei servizi assistenziali entro 2-3 mesi;
SCENARIO 4, situazione di trasmissibilità non controllata con criticità nella tenuta del sistema sanitario nel breve periodo, con valori di Rt regionali sistematicamente e significativamente maggiori di 1,5 (ovvero con stime IC95% di Rt maggiore di 1,5). Anche se una epidemia con queste caratteristiche porterebbe a misure di mitigazione e contenimento più aggressive nei territori interessati, uno scenario di questo tipo potrebbe portare rapidamente a una numerosità di casi elevata e chiari segnali di sovraccarico dei servizi assistenziali, senza la possibilità di tracciare l'origine dei nuovi casi. La crescita del numero di casi potrebbe comportare un sovraccarico dei servizi assistenziali entro 1-1,5 mesi, a meno che l'epidemia non si diffonda prevalentemente tra le classi di età più giovani, come osservato nel periodo luglio-agosto 2020, e si riuscisse a proteggere le categorie più fragili (es. gli anziani). A questo proposito, si rimarca che appare piuttosto improbabile riuscire a proteggere le categorie più fragili in presenza di un'epidemia caratterizzata da questi valori di trasmissibilità. Esiste anche il caso dello
SCENARIO 1, quale Situazione di trasmissione localizzata (focolai) sostanzialmente invariata rispetto al periodo luglio-agosto 2020, con Rt regionali sopra soglia per periodi limitati (inferiore a 1 mese) e bassa incidenza, nel caso in cui la trasmissibilità non aumenti sistematicamente all'inizio dell'autunno, le scuole abbiano un impatto modesto sulla trasmissibilità e i sistemi sanitari regionali riescano a tracciare e tenere sotto controllo i nuovi focolai, inclusi quelli scolastici.
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Articolo 1-quater (Progressiva ripresa dell'attività scolastica in presenza)L'articolo 1-quater, inserito in sede referente, recepisce il contenuto dell'articolo 4 del D.L. n. 1/2021 e disciplina innanzitutto in via legislativa la graduale ripresa dell'attività scolastica in presenza nelle scuole secondarie di secondo grado nel periodo dal 7 al 16 gennaio 2021, superando quanto previsto in materia prima dal DPCM 3 dicembre 2020 e, poi, dall'Ordinanza del Ministro della salute 24 dicembre 2020.
L'art. 1, co. 10, lett.
s), del
DPCM 3 dicembre 2020 – le cui disposizioni, in generale, si applicano dal 4 dicembre 2020 e sono efficaci
fino al 15 gennaio 2021 – aveva stabilito, per quanto qui più interessa, che le istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado dovevano garantire, a decorrere
dal 7 gennaio 2021, attraverso forme flessibili nell'organizzazione dell'attività didattica, l'
attività didattica in presenza al
75% della popolazione studentesca. Prima di tale data, l'attività didattica doveva essere svolta al 100% tramite il ricorso alla didattica digitale integrata.
In base alla stessa lett.
s) citata, per tutto il periodo resta comunque salva la possibilità di svolgere
attività in presenza per l'uso dei
laboratori o per garantire l'inclusione scolastica degli
alunni con disabilità e, in generale, con bisogni educativi speciali, secondo quanto previsto dal
DM 89/2020 (con il quale sono state adottate le
Linee guida per la Didattica digitale integrata
), e dall'
ordinanza del Ministro dell'istruzione 134/2020 (relativa agli alunni e studenti con patologie gravi o immunodepressi), garantendo comunque il collegamento
on line con gli alunni della classe che sono in didattica digitale integrata.
L'art. 3, co. 1, lett.
f), dello stesso DPCM, ha stabilito altresì che nelle regioni che si collocano in uno "
scenario di tipo 4" e con un
livello di rischio "alto" (secondo quanto stabilito nel documento
"Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno invernale", condiviso dalla Conferenza delle regioni e province autonome l'8 ottobre 2020, di cui all'allegato 25), la didattica a distanza si estende anche agli studenti del
secondo e terzo anno di
istruzione secondaria di primo grado. Anche in tal caso si può svolgere attività
in presenza nelle fattispecie sopra indicate.
Successivamente, l'art. 1 dell'
Ordinanza del Ministro della salute 24 dicembre 2020
, sostanzialmente modificando quanto previsto dall'art. 1, co. 10, lett.
s), del DPCM 3 dicembre 2020, aveva
ridotto al 50%, per il periodo
dal 7 al 15 gennaio 2021, l'attività didattica
in presenza nelle scuole secondarie di secondo grado.
In particolare, il comma 1 dell'articolo 1-quater dispone ora che:
Alla data dell'11 gennaio 2021, nessuna regione risulta "rossa";
Con ordinanze del Ministro della salute dell'8 gennaio 2021, le regioni Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Calabria e Sicilia sono state collocate in uno "scenario di tipo 3" e con un livello di rischio "alto" (c.d. "arancioni") (ex art. 2 del citato DPCM 3 dicembre 2020). Con riferimento a tale previsione, con nota n. 13 del 6 gennaio 2021, il Ministero dell'istruzione ha fatto presente che "In una lettura sistematica delle disposizioni vigenti, la ripresa dell'attività in presenza per almeno il 50% della popolazione studentesca dovrà essere realizzata secondo le azioni delineate dai piani operativi derivanti dall'attività dei ‘tavoli prefettizi', di cui al DPCM 3 dicembre 2020, che hanno provveduto a coordinare le esigenze delle istituzioni scolastiche e dei servizi di trasporto sui territori di competenza, proprio in vista della ripresa della scuola in presenza. Resta inteso che sono da osservarsi le eventuali diverse determinazioni più restrittive deliberate dalle Regioni e dagli Enti locali nell'esercizio delle rispettive competenze".
L'art. 1, co. 16, del
D.L. 33/2020 (L. 74/2020), come modificato dall'art. 1, co. 2, lett.
a), del
D.L. 125/2020 (L. 159/2020) ha disposto, per quanto qui più interessa, che, in relazione all'andamento della situazione epidemiologica sul territorio, le regioni possono introdurre, informando contestualmente il Ministro della salute, misure derogatorie
restrittive
rispetto a quelle disposte dai DPCM.
Rispetto a quanto previsto dal comma 1 del D.L., alla data dell'11 gennaio 2021 l'attività didattica è ripresa in presenza almeno al 50% solo in 3 regioni (Toscana, Abruzzo, Valle d'Aosta), nonché nelle due province autonome di Trento (dal 7 gennaio) e di Bolzano (dal 7 gennaio e fino al 75%). Nelle altre regioni sono state adottate ordinanze che hanno rinviato la data della ripresa dell'attività didattica in presenza.
In base al comma 2, per lo stesso periodo dal 7 al 16 gennaio 2021 si conferma, invece, quanto previsto dal medesimo DPCM 3 dicembre 2020 circa la possibilità di svolgere attività in presenza, anche nelle scuole secondarie di secondo grado, qualora sia necessario l'uso di laboratori o per mantenere una relazione educativa che realizzi l'effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali. Si conferma, altresì, quanto previsto dallo stesso DPCM 3 dicembre 2020 circa l'attività didattica ed educativa per i servizi educativi per l'infanzia, per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione, che continua a svolgersi integralmente in presenza.
Lo stesso art. 1, co. 10, lett.
s), del
DPCM 3 dicembre 2020 ha disposto che le attività didattiche continuano a svolgersi in
presenza nei
servizi educativi per l'infanzia, nelle
scuole dell'infanzia e in quelle del
primo ciclo di istruzione, ma con
uso obbligatorio di dispositivi di protezione delle vie respiratorie, fatta eccezione per i bambini di età inferiore ai 6 anni e per i soggetti con patologie o disabilità incompatibili con l'uso della mascherina.
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Articolo 1-quinquies (Manifestazione del consenso al trattamento sanitario del vaccino anti Covid-19 per i soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite)L'art. 1-quinquies, inserito nel corso dell'esame referente, dispone relativamente all'individuazione della persona competente ad esprimere o negare il consenso al trattamento sanitario del vaccino anti Covid-19 per i soggetti incapaci ricoverati presso strutture sanitarie assistite (RSA o comunque tali strutture siano denominate). Esso recepisce il contenuto dell'articolo 5 del D.L. n. 1/2021.
Il comma 1 prevede che il consenso sia espresso a mezzo di: • tutore, curatore o amministratore di sostegno come individuati dalla legge n. 219 del 2017 . In premessa, sinteticamente si ricorda che la legge n. 219 prevede che il consenso informato della persona interdetta è espresso o rifiutato dal tutore, sentito l'interdetto ove possibile, mentre il consenso informato della persona inabilitata è espresso dalla medesima persona inabilitata o dal curatore. Nel caso in cui sia stato nominato un amministratore di sostegno la cui nomina preveda l'assistenza necessaria o la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario, il consenso informato è espresso o rifiutato anche dall'amministratore di sostegno ovvero solo da quest'ultimo, tenendo conto della volontà della persona inabilitata, in relazione al suo grado di capacità di intendere e di volere;
In particolare il
tutore e il curatore sono i soggetti che rappresentano legalmente rispettivamente gli interessi degli
interdetti (art. 414 c.c.) e degli
inabilitati (art.415 c.c.). Per la disciplina positiva degli istituti della tutela e della curatela dei maggiorenni incapaci, l'articolo 404 c.c. opera un rinvio complessivo alle norme di cui al titolo X, libro I, c.c. sulla tutela dei minori e sulla curatela dei minori emancipati. Previsioni specifiche dedicate all'organizzazione della tutela degli interdetti e della curatela degli inabilitati concernono i criteri di scelta del tutore e del curatore (criteri che divergono parzialmente rispetto alle ipotesi degli organi minorili, disciplinate rispettivamente agli artt. 348 e 392), nonché la durata degli uffici medesimi. La nomina del tutore dell'interdetto o del curatore dell'inabilitato spetta esclusivamente al giudice tutelare, per competenza funzionale. Il giudice vi provvede con decreto, non appena abbia ricevuto notizia della sentenza che ha pronunciato l'interdizione o l'inabilitazione
A differenza dell'interdizione e dell'inabilitazione, che sono provvedimenti ablativi della capacità d'agire tendenzialmente permanenti,
l'amministrazione di sostegno (art. 404 e ss. c.c.) ha la finalità di offrire a chi si trovi nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, uno strumento di assistenza che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire. La nomina dell'amministratore di sostegno avviene mediante pronunzia di decreto da parte del giudice tutelare del luogo dove la persona ha la residenza o il domicilio effettivo .La nomina si rende necessaria in presenza dei seguenti tre presupposti normativi espressi: la persona è affetta da un'infermità, ovvero da una menomazione fisica o psichica; si trova nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi; infine, la disabilità della persona incide negativamente sulla gestione degli interessi personali o patrimoniali (c.d. nesso eziologico) A differenza dell'interdetto e dell'inabilitato, il beneficiario dell'amministrazione di sostegno conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno. L'amministratore di sostegno può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata (art. 408, 1° co.).
• fiduciario, di cui all'articolo 4 della legge n. 219 del 2017, e comunque nel rispetto di quanto previsto dall'art. 3 della stessa legge n. 219 e della volontà eventualmente già espressa dall'interessato attraverso le disposizioni anticipate di trattamento - DAT (ai sensi del citato art. 4 e registrate nella banca dati DAT), ovvero della volontà che l'interessato avrebbe presumibilmente espresso ove capace di intendere e di volere.
La legge n. 219 prevede chiaramente che chi esprime le proprie volontà attraverso le DAT deve essere maggiorenne e capace d'intendere e volere. Ai sensi dell'art. 3 (
Minori e incapaci), sono pertanto da escludere i minorenni, le persone interdette e coloro che si trovano in una situazione di incapacità naturale (Codice Civile art. 428). Ne consegue che, nel caso in cui la persona sia:
•
disabile solo fisicamente, le DAT possono essere espresse utilizzando videoregistrazione o dispositivi che consentano alla persona con disabilità di comunicare le proprie volontà;
•
inabilitata, si ritiene che possa perfezionare le DAT senza l'assistenza di un curatore, in quanto la legge prevede espressamente che l'inabilitato possa da solo esprimere validamente un consenso informato.
Si ricorda che l'inabilità è una misura di protezione giuridica che presuppone una condizione d'infermità parziale (infermo di mente il cui stato non è talmente grave da far luogo all'interdizione), o situazioni sociali tali da mettere a rischio gli interessi della persona (chi abusa di bevande alcoliche o di stupefacenti, il sordomuto e il cieco dalla nascita in particolari condizioni). L'inabilitato conserva la capacità d'agire in ordine al compimento degli atti di ordinaria amministrazione e gli atti personali, mentre per il compimento degli atti di straordinaria amministrazione, il tribunale nomina un curatore il quale non si sostituisce all'inabilitato ma lo assiste, fornendo il proprio consenso.
Nel caso in cui sia presente un Amministratore di Sostegno (AdS), la possibilità di stesura delle DAT deve essere valutata alla luce del contenuto del decreto di nomina del Giudice Tutelare.
Le DAT sono disciplinate dal successivo art. 4 della legge 219, che le definisce come l'atto con cui ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere può, in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, ivi comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali. Il dichiarante le DAT può anche indicare una
persona di fiducia (fiduciario) che ne faccia le veci e lo rappresenti nelle relazioni con il medico e le strutture sanitarie. Il fiduciario deve essere maggiorenne e capace di intendere e di volere: l'accettazione della nomina avviene con la sottoscrizione delle DAT oppure con atto successivo che viene allegato a queste ultime. Il fiduciario può rinunciare alla nomina con atto scritto da comunicare al disponente; di converso il suo incarico può essere revocato dal disponente in qualsiasi momento, senza obbligo di motivazione e con le stesse modalità previste per la nomina. Qualora manchi l'indicazione del fiduciario o questi vi abbia rinunciato o sia deceduto, o sia divenuto incapace, le DAT conservano efficacia circa le convinzioni e le preferenze del disponente. In caso di necessità sarà il giudice tutelare a nominare un fiduciario o ad investire di tali compiti l'amministratore di sostegno ascoltando, nel relativo procedimento, il coniuge o la parte dell'unione civile, o, in mancanza, i figli, o, in mancanza di questi, gli ascendenti. In caso di contrasto tra il fiduciario e il medico, l'art. 3, comma 5, della legge prescrive che la decisione è rimessa al Giudice Tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata, ovvero dei soggetti di cui all'art. 406 c.c. o del medico o del direttore della struttura sanitaria (sul punto vedi anche
infra a proposito del comma 4 dell'articolo in commento).
In
caso di incapacità naturale, ovvero qualora il fiduciario, il tutore, il curatore o l'amministratore di sostegno manchino o non siano in alcun modo reperibili per almeno 48 ore, il
comma 2 dispone che ne assume la funzione di amministratore di sostegno, al solo fine dell'espressione del consenso alla somministrazione del trattamento vaccinale anti Covid-19, il direttore sanitario o, in difetto, il responsabile medico della residenza sanitaria assistita (RSA), o dell'analoga struttura comunque denominata, in cui la persona incapace è ricoverata. In tali casi nel consenso alla somministrazione del trattamento vaccinale anti Covid-19 si dà atto delle ricerche svolte e delle verifiche effettuate per accertare lo stato d'incapacità naturale dell'interessato. In difetto sia del direttore sanitario sia del responsabile medico della struttura, le attività previste dal presente comma sono svolte dal direttore sanitario della ASL territorialmente competente sulla struttura stessa o da un suo delegato.
Come è noto, la capacità d'agire consiste nell'attitudine della persona a compiere gli atti giuridici che concernono la propria sfera di interessi ossia a manifestare le volontà dirette all'acquisto e all'esercizio dei diritti e all'assunzione degli obblighi. Si acquista con la maggiore età (art. 2 c.c.) e si conserva fino alla morte, a meno che non venga meno nei casi previsti dalla legge. L'incapacità legale di agire è la situazione in cui si trova un soggetto che non possa validamente disporre della propria sfera giuridico-patrimoniale. È prevista in generale per i minori di età, mentre per i maggiorenni deve essere disposta dall'autorità giudiziaria con una sentenza. Ciò può avvenire sia a fini di tutela di coloro che non sono in grado di provvedere ai propri interessi (interdetti giudiziali, nonché minori emancipati, inabilitati e beneficiari di amministrazione di sostegno relativamente agli atti che non possono compiere senza la necessaria assistenza), sia a fini sanzionatori (interdetti legali). Per ciascuna incapacità di agire è preordinato un istituto di protezione del soggetto incapace, in modo che questi possa svolgere la sua vita giuridica in maniera anche indiretta, per mezzo di persone capaci preposte alla tutela dei suoi interessi. L'incapacità naturale è lo stato di fatto della persona che non è in grado d'intendere o di volere per una qualsiasi causa permanente o transitoria. Essa non indica uno stato legale d'incapacità, né si traduce di per sé nella perdita o nella riduzione della capacità d'agire del soggetto: acquista giuridica rilevanza come difetto della volontà negoziale che rende annullabile l'atto. Quanto alle cause dell'incapacità, le ipotesi tradizionali sono quelle dell'infermità mentale, del delirio, dell'ubriachezza, ma altresì di qualsiasi evento, anche di natura non patologica, che produca incapacità a consentire o a giudicare L'art. 428 c.c. dispone in proposito che gli atti compiuti in stato di incapacità naturale possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all'autore. In particolare, con riguardo all'infermità mentale, la giurisprudenza ritiene che non sia necessaria una malattia che annulli in modo totale ed assoluto le facoltà psichiche del soggetto, essendo sufficiente un perturbamento (anche se transitorio e non dipendente da una precisa forma patologica) tale da menomare gravemente, pur senza escluderle, le capacità intellettive e volitive, impedendo od ostacolando una seria valutazione dei propri atti e la formazione di una cosciente volontà (Cass. civ. Sez. III Ord., 12 giugno 2020, n. 11272; Cass. civ. Sez. II Sent., 30 maggio 2017, n. 13659; Cass. civ. Sez. III, 08 febbraio 2012, n. 1770). E' necessario che le facoltà intellettive e volitive del soggetto siano, a causa della malattia, perturbate al punto da impedirgli una seria valutazione del contenuto e degli effetti del negozio; ciò va provato in modo rigoroso e specifico (Cass. civ. Sez. II, 26 maggio 2000, n. 6999).
Ai sensi del successivo
comma 3, il soggetto individuato ai sensi dei commi 1 e 2, sentiti, quando già noti, il coniuge, la persona parte di unione civile o stabilmente convivente o, in difetto, il parente più prossimo entro il terzo grado, se accerta che il trattamento vaccinale è idoneo ad assicurare la migliore tutela della salute della persona ricoverata, esprime in forma scritta il consenso informato alla somministrazione del trattamento vaccinale anti Covid-19 e dei successivi eventuali richiami con le modalità previste per la persona interdetta e per la persona inabilitata (ai sensi dell'art. 3, commi 3 e 4 , della legge n. 219 del 2017), e ne dà comunicazione al dipartimento di prevenzione sanitaria competente per territorio.
Si valuti l'opportunità di specificare i tempi ed i modi di tale comunicazione.
Si ricorda che l'art. 1 della legge n. 219 del 2017 promuove e valorizza la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico basata sul consenso informato nel quale si incontrano l'autonomia decisionale del paziente e la competenza, l'autonomia professionale e la responsabilità del medico. Allo stesso tempo, la disposizione chiarisce che in tale relazione sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari o la parte dell'unione civile o il convivente ovvero una persona di fiducia del paziente medesimo. Conseguentemente, la legge n. 219 non richiede che vengano interpellati i familiari (almeno che non siano stati nominati rappresentanti legali o fiduciari) per l'espressione del consenso informato. La stessa legge n. 219 all'art. 7, comma 1, prevede che nelle situazioni di emergenza o di urgenza il medico e i componenti dell'équipe sanitaria assicurano le cure necessarie, nel rispetto della volontà del paziente ove le sue condizioni cliniche e le circostanze consentano di recepirla.
In ultimo, si ricorda che le unioni civili sono disciplinate dalla
legge n. 76 del 2016 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze). La suddetta legge ha istituito l'unione civile tra persone dello stesso sesso quale specifica formazione sociale ai sensi degli articoli 2 e 3 della Costituzione specificando (art. 1) che due persone maggiorenni dello stesso sesso costituiscono un'unione civile mediante dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni.
Come stabilito dal comma 4, il consenso alla somministrazione del trattamento vaccinale anti Covid-19 e dei successivi eventuali richiami, reso in conformità alla volontà dell'interessato espressa ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge n. 219 del 2017 (vedi supra) o, in difetto, in conformità a quella delle persone di cui al primo periodo dello stesso comma 3 dell'articolo in esame (ovvero tutore, curatore o amministratore di sostegno e fiduciario; in caso di loro assenza, il direttore sanitario o, in difetto, il responsabile medico della RSA - o comunque tali strutture siano denominate - assume la funzione di amministratore di sostegno) è immediatamente e definitivamente efficace. Il consenso non può essere espresso in difformità dalla volontà dell'interessato o, in difetto, da quella delle persone titolate ad esprimerlo (vedi immediatamente supra). Nondimeno, in caso di rifiuto di queste ultime, il direttore sanitario, o il responsabile medico della struttura in cui l'interessato è ricoverato, ovvero il direttore sanitario della ASL o il suo delegato, può richiedere, con ricorso al giudice tutelare ai sensi dell'art. 3, comma 5, della
n. 219 del
2017, di essere autorizzato a effettuare comunque la vaccinazione.
Si ricorda che, ai sensi dell'art. 3, comma 5, della legge n. 219, nel caso in cui il rappresentante legale della persona interdetta o inabilitata oppure l'amministratore di sostegno, in assenza delle disposizioni anticipate di trattamento (DAT) rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare su ricorso del rappresentante legale della persona interessata o dei soggetti di cui agli articoli 406 e seguenti del codice civile o del medico o del rappresentante legale della struttura sanitaria.
Si ricorda che l'art. 406 del cc che il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno di cui al successivo comma 407 può essere proposto dallo stesso soggetto beneficiario, anche se minore, interdetto o inabilitato, ovvero da uno dei soggetti indicati nell'articolo 417 (quali il coniuge, la persona stabilmente convivente, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo grado, il tutore o curatore ovvero il pubblico ministero). Preme qui ricordare che ai sensi dell'art. 406 cc, i responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura e assistenza della persona, ove a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l'apertura del procedimento di amministrazione di sostegno, sono tenuti a proporre al giudice tutelare il ricorso per l'istituzione dell'amministrazione di sostegno o a fornirne comunque notizia al pubblico ministero.
Il comma 5 chiarisce che, qualora non sia possibile procedere ai sensi del comma 4, per difetto di disposizioni di volontà dell'interessato, anticipate o attuali, e per irreperibilità o indisponibilità dei soggetti di cui al primo periodo del comma 3, il consenso al trattamento vaccinale sottoscritto dall'amministratore di sostegno, unitamente alla documentazione comprovante la sussistenza dei presupposti di cui ai commi 1, 2 e 3, è comunicato immediatamente, anche attraverso posta elettronica certificata, dalla direzione della struttura in cui l'interessato è ricoverato al giudice tutelare competente per territorio sulla struttura stessa. Il successivo comma 6 stabilisce che i
l giudice tutelare,
nel termine di quarantotto ore dal ricevimento degli atti di cui al comma 5 , disposti gli eventuali accertamenti quando dai documenti ricevuti non emerge la sussistenza dei presupposti di cui al comma 3, convalida con decreto motivato, immediatamente esecutivo, il consenso espresso ai sensi del comma 5, ovvero ne denega la convalida.
Ai sensi del comma 7, entro le quarantotto ore successive, il decreto motivato del giudice tutelare è comunicato all'interessato e al relativo rappresentante (individuato ai sensi del comma 2), a mezzo di posta certificata presso la struttura dove la persona è ricoverata. Il decorso del termine di cui al comma in esame priva di ogni effetto il provvedimento del giudice tutelare che sia comunicato successivamente.
Il comma 8 sottolinea che il consenso alla somministrazione del trattamento vaccinale anti Covid-19 e dei successivi eventuali richiami è privo di effetti fino alla comunicazione del decreto di convalida. Viene tuttavia previsto che
d
ecorso il termine di cui al comma 7 senza che sia stata effettuata la comunicazione ivi prevista, il consenso espresso ai sensi del comma 5 si considera a ogni effetto convalidato e acquista definitiva efficacia ai fini della somministrazione del vaccino (comma 9).
Infine il comma 10, in caso di rifiuto della somministrazione del vaccino o del relativo consenso da parte del direttore sanitario o del responsabile medico, ovvero del direttore sanitario della ASL o del suo delegato, dà facoltà al coniuge, alla persona parte di unione civile, o stabilmente convivente, e i parenti fino al terzo grado di ricorrere al giudice tutelare, ai sensi dell'art. 3, comma 5 della legge
n. 219
del 2017, affinchè disponga la sottoposizione al trattamento vaccinale.
Va infine ricordato che i commi 457 e ss. della legge di bilancio per il 2021 (Legge n. 178/2020) prevedono l'adozione del piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da virus SARS-CoV-2 e disciplinano la relativa attuazione. Quest'ultima è demandata alle regioni e province autonome, che vi provvedono tramite i medici specializzandi e tramite i medici, infermieri ed assistenti sanitari (ivi compresi quelli già in quiescenza) reperiti mediante le agenzie di somministrazione di lavoro, nonché, in caso di insufficienza delle risorse professionali summenzionate, tramite lo svolgimento di prestazioni aggiuntive da parte di medici, infermieri e assistenti sanitari dipendenti da enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale. Si prevede inoltre che la somministrazione dei vaccini in esame sia effettuata presso le strutture individuate - sentite le regioni e le province autonome - dal Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 e che l'Istituto superiore di sanità svolga appositi corsi di formazione per gli operatori sanitari coinvolti nelle attività di somministrazione, senza nuovi o maggiori oneri carico della finanza pubblica. |
Articolo 1-sexies (Clausola di invarianza finanziaria)L'articolo 1-sexies, inserito nel corso dell'esame referente, dispone che per l'attuazione degli articoli da 1-bis a 1-quinquies non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. |
Articolo 2 (Contributo a fondo perduto da destinare all'attività dei servizi di ristorazione)L'articolo 2 introduce un contributo a fondo perduto, nel limite massimo di 455 milioni di euro per il 2020 e di 190 milioni di euro per il 2021, a favore dei soggetti che, alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame: - hanno la partita IVA attiva; - ai sensi dell'articolo 35 del DPR n. 633/1972 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), dichiarano di svolgere come attività prevalente una di quelle riferite ai codici ATECO riportati nella tabella di cui all'allegato 1 del provvedimento in esame. L'allegato, di seguito riportato, si riferisce specificamente al settore delle attività di ristorazione.
La finalità enunciata è quella di sostenere gli operatori dei settori economici interessati dalle misure restrittive introdotte dal decreto-legge in commento per contenere la diffusione dell'epidemia «Covid-19». Il contributo non spetta ai soggetti che hanno attivato la partita IVA a partire dal 1° dicembre 2020. Essendo richiesta una partita attiva, questa non deve essere stata chiusa al momento dell'entrata in vigore del decreto-legge. In base al comma 2, il contributo a fondo perduto spetta esclusivamente ai soggetti che hanno già beneficiato del contributo a fondo perduto di cui all'articolo 25 del D.L. n. 34/2020 (L. n. 77/2020), che non abbiano restituito il predetto ristoro. Al fine di rendere quanto più rapida possibile la corresponsione del contributo, la norma stabilisce che esso venga accreditato direttamente sul conto corrente bancario o postale dei soggetti che hanno già ricevuto il contributo a fondo perduto previsto dall'articolo 25 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34. Il comma 3 prevede che l'ammontare del contributo è pari al contributo già erogato ai sensi dell'articolo 25 del decreto-legge n. 34 del 2020, mentre, secondo il comma 4, in ogni caso, l'importo del contributo non può essere superiore a euro 150.000. Il comma 5 rende applicabili, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 25, commi da 7 a 14, del decreto-legge n. 34 del 2020. Il comma 6 subordina l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 2 qui in esame al rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del COVID-19», e successive modifiche. Tra le misure adottate in sede europea a sostegno dell'economia dell'UE e dei diversi Stati membri, duramente colpiti dalla crisi, rientra l'adozione di norme maggiormente flessibili in materia di aiuti di Stato, tramite il cosiddetto Quadro Temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'emergenza del COVID-19. Sul tema, si rinvia al relativo tema dell'attività parlamentare. Il comma 7 reca la copertura dei relativi oneri, pari a 455 milioni di euro per il 2020 e di 190 milioni di euro per il 2021, ai quali si provvede - dopo la modifica formale introdotta in sede referente - a valere sul Fondo istituito nello stato di previsione del MEF di cui all'articolo all'art. 13-duodecies del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176. Nel testo originario del decreto-legge si faceva riferimento all'articolo 8, comma 2, del D.L. n. 149/2020, come rifinanziato dall'articolo 1, comma 1, del D.L. n. 154/2020. I due decreti-legge appena citati (n. 149 e 154 del 2020) non sono stati convertiti, ma il loro contenuto è stato inserito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (cosiddetto "ristori 1"). Il decreto-legge 9 novembre 2020, n. 149 e il decreto-legge 23 novembre 2020, n. 154 (nonché il decreto-legge 30 novembre 2020, n. 157), sono stati abrogati dall'art. 1, comma 2, della legge n. 176 del 2020, che ha però dichiarato validi gli atti e i provvedimenti adottati, nonché fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi decreti. Il Fondo è stato istituito per far fronte agli oneri derivanti dall'estensione delle misure previste dagli articoli 1, 2, 4, 5, 6, 7, 11, 13, 14 del D.L. 149/2020 in favore delle categorie di beneficiari ivi contemplate. La dotazione iniziale del fondo, pari a 340 milioni di euro per l'anno 2020 e 70 milioni di euro per l'anno 2021, è stata successivamente incrementato dall'articolo 1, comma 1, del D.L. n. 154/2020 di 1.450 milioni di euro per l'anno 2020 e di 220,1 milioni di euro per l'anno 2021, anche in conseguenza delle ordinanze del Ministero della salute del 10 novembre 2020, pubblicata nella GU n. 280 del 10 novembre 2020, del 13 novembre 2020, pubblicata nella GU n. 284 del 13 novembre 2020, e del 20 novembre 2020, pubblicata nella GU n. 290 del 21 novembre 2020.
Ai fini dell'immediata attuazione ai contributi, il Ministero dell'economia e delle finanze, ove necessario, può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione è effettuata con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa.
L'articolo 25 del D.L. 34/2020 dispone il riconoscimento di un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA con ricavi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d'imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto e il cui ammontare di fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019.
La misura del contributo è ottenuta applicando percentuali variabili in relazione al fatturato.
Il contributo spetta in ogni caso per un valore minimo di 1.000 euro per le persone fisiche e di 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
Più in dettglio, i commi 1, 2 e 3 introducono un contributo a fondo perduto e delimitano il perimetro dei beneficiari.
In particolare, il comma 1 dispone il riconoscimento di un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA, di cui al testo unico delle imposte sui redditi (TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986).
Il contributo non spetta (comma 2):
Il contributo spetta esclusivamente:
Il comma 4 definisce la condizione cui è subordinata la spettanza del contributo: l'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 deve essere inferiore ai due terzi dell'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019. Al fine di determinare correttamente i predetti importi, si fa riferimento alla data di effettuazione dell'operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi. La condizione stabilita dal presente comma non deve invece essere rispettata dai soggetti che hanno iniziato l'attività a partire dal 1° gennaio 2019 nonché dai soggetti che, a far data dall'insorgenza dell'evento calamitoso, hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni colpiti dai predetti eventi i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza Covid-19.
I commi 5 e 6 definiscono l'ammontare del contributo, ottenuto applicando le seguenti percentuali alla differenza tra l'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 e l'ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019 (comma 5):
Il contributo è in ogni caso riconosciuto (comma 6) per un importo non inferiore a 1.000 euro per le persone fisiche e a 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.
Ai sensi del comma 7, il contributo di cui al presente articolo non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi, non rileva altresì ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR e non concorre alla formazione del valore della produzione netta, base imponibile dell'IRAP ai sensi del decreto legislativo n. 446 del 1997.
I commi 8, 9 e 10 indicano le modalità per ottenere il contributo a fondo perduto.
I soggetti interessati presentano, esclusivamente in via telematica, una istanza all'Agenzia delle entrate con l'indicazione della sussistenza dei requisiti definiti dai precedenti commi (comma 8). L'istanza può essere presentata, per conto del soggetto interessato, anche da un intermediario di cui all'articolo 3, comma 3, del D.P.R. n. 322 del 1998 delegato al servizio del cassetto fiscale dell'Agenzia delle entrate o ai servizi per la fatturazione elettronica. L'istanza deve essere presentata entro sessanta giorni dalla data di avvio della procedura telematica per la presentazione della stessa, come definita con il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, di cui al comma 10. Ai sensi del comma 9, l'istanza contiene anche l'autocertificazione che i soggetti richiedenti, nonché i soggetti di cui all'articolo 85, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011 (Codice antimafia), non si trovano nelle condizioni ostative di cui all'articolo 67 del medesimo decreto legislativo n. 159 del 2011. Per la prevenzione dei tentativi di infiltrazioni criminali, con protocollo d'intesa sottoscritto tra il Ministero dell'interno, il Ministero dell'economia e delle finanze e l'Agenzia delle entrate sono disciplinati i controlli di cui al libro II del decreto legislativo n. 159 del 2011 (Nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia) anche attraverso procedure semplificate ferma restando, ai fini dell'erogazione del contributo di cui al presente articolo, l'applicabilità dell'art. 92 commi 3 e seguenti del citato decreto legislativo n. 159 del 2011, in considerazione dell'urgenza connessa alla situazione emergenziale. Qualora dai riscontri di cui al periodo precedente emerga la sussistenza di cause ostative, l'Agenzia delle entrate procede alle attività di recupero del contributo ai sensi del successivo comma 12. Colui che ha rilasciato l'autocertificazione di regolarità antimafia è punito con la reclusione da due anni a sei anni. In caso di avvenuta erogazione del contributo, si applica l'articolo 322-ter del codice penale (Confisca). L'Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di finanza stipulano apposito protocollo volto a regolare la trasmissione, con procedure informatizzate, dei dati e delle informazioni di cui al comma 8, nonché di quelli relativi ai contributi erogati, per le autonome attività di polizia economico-finanziaria di cui al decreto legislativo n. 68 del 2001. Le modalità di presentazione dell'istanza, il suo contenuto informativo, i termini di presentazione della stessa e ogni altro elemento necessario all'attuazione delle disposizioni del presente articolo sono definiti con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate (articolo 10). Ai sensi del comma 11, il contributo a fondo perduto è corrisposto dall'Agenzia delle entrate mediante accreditamento diretto in conto corrente bancario o postale intestato al soggetto beneficiario. I fondi con cui elargire i contributi sono accreditati sulla contabilità speciale intestata all'Agenzia delle entrate n. 1778 "Fondi di Bilancio". L'Agenzia delle entrate provvede al monitoraggio delle domande presentate ai sensi del comma 8 e dell'ammontare complessivo dei contributi a fondo perduto richiesti e ne dà comunicazione con cadenza settimanale al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Il comma 12 disciplina l'attività di controllo dei dati, recupero dei contributi non spettanti e relativa sanzione.
Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 27, comma 16, del decreto-legge n. 185 del 2008, nonché, per quanto compatibili, anche quelle di cui all'articolo 28 del decreto-legge n. 78 del 2010. Per le controversie relative all'atto di recupero si applicano le disposizioni previste dal decreto legislativo n. 546 del 1992 (recante disposizioni sul processo tributario).
Il comma 13 stabilisce che, qualora successivamente all'erogazione del contributo, l'attività d'impresa o di lavoro autonomo cessi o le società e gli altri enti percettori cessino l'attività, il soggetto firmatario dell'istanza inviata in via telematica all'Agenzia delle entrate ai sensi del comma 8 è tenuto a conservare tutti gli elementi giustificativi del contributo spettante e a esibirli a richiesta agli organi istruttori dell'amministrazione finanziaria. In questi casi, l'eventuale atto di recupero di cui al comma 12 è emanato nei confronti del soggetto firmatario dell'istanza.
Il comma 14, infine, dispone che, nei casi di percezione del contributo in tutto o in parte non spettante si applica l'articolo 316-ter del codice penale (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato).
Il comma 15 reca la quantificazione degli oneri, valutati in 6.192 milioni di euro per l'anno 2020, e indica la copertura finanziaria facendo rinvio all'articolo 265.
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Articolo 2-bis (Credito di imposta per canoni di locazione degli immobili ad uso non abitativo)L'articolo 2-bis, inserito nel corso dell'esame referente, reca una modifica all'articolo 28, comma 5, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, che prevede un credito di imposta per gli immobili ad uso non abitativo dell'ammontare mensile del canone di locazione (nonché di leasing o di concessione) a favore di alcuni soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro, che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi (nel mese di riferimento di almeno il cinquanta per cento).
Il comma 3 del citato articolo 28 prevede che il credito di imposta spetta alle strutture alberghiere, termali e agrituristiche, alle agenzie di viaggio e turismo e ai tour operator indipendentemente dal volume di ricavi e compensi registrato nel periodo d'imposta precedente, quindi anche in deroga al limite dei 5 milioni di euro appena richiamato.
Il comma 602 dell'articolo 1 della legge di bilancio per il 2021 (legge n. 178 del 2020) ha esteso il credito d'imposta alle agenzie di viaggio e ai tour operator, sino al 30 aprile 2021, in luogo dell'originario termine del 31 dicembre 2020. L'articolo 2-bis ora in commento precisa che il credito in questione spetta a condizione che le imprese turistico-ricettive, le agenzie e i tour operator abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel mese di riferimento di almeno il cinquanta per cento rispetto allo stesso mese del 2019, anno in cui non operavano le restrizioni dovute alla pandemia. In assenza di questo chiarimento, il comma 5 del citato art. 28 dispone che il credito d'imposta spetta a condizione che la diminuzione del fatturato del cinquanta per cento sia calcolato rispetto "allo stesso mese del periodo d'imposta precedente", che per i mesi da gennaio ad aprile 2021 sarebbe il 2020, ossia un periodo già condizionato dalle note restrizioni. |
Articolo 3 (Entrata in vigore)L'articolo 3 prevede che il decreto legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Il decreto legge è quindi in vigore dal 19 dicembre. |
Discussione e attività istruttoria in Commissione in sede referenteL'esame del provvedimento presso le Commissioni riunite X e XII è iniziato il 23 dicembre 2020. Come sopra ricordato, nel corso dell'esame in sede referente il contenuto del decreto ha subito alcune modifiche per effetto dell'approvazione di emendamenti alcuni dei quali hanno riprodotto il contenuto del D.L n. 158/2020 e del D.L. n. 1/2020. L'esame del provvedimento con la votazione del mandato ai relatori si è concluso nella seduta del 12 gennaio 2021. |
I pareri espressi dalle Commissioni in sede consultivaSul testo del decreto legge hanno espresso parere favorevole le Commissioni II (giustizia), VI (finanze), XIV (Politiche dell'Unione europea) e la commissione parlamentare per le questioni regionali. La I commissione (affari costituzionali) ha espresso parere favorevole con osservazione e la XIII (agricoltura) parere favorevole con condizioni. La V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione) esprimerà il parere di competenza nel corso dell'esame del provvedimento da parte dell'Assemblea. |