Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: D.L. 34/2020 - Misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all'economia (cd. Decreto Rilancio) Volume II - Articoli 104-185-bis
Riferimenti: AC N.2500/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 295/6 - Volume II
Data: 09/07/2020
Organi della Camera: V Bilancio

Misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all'economia (cd. “Decreto Rilancio”)

(approvato dalla Camera dei deputati)

Volume II - Articoli 104-185-bis

 

D.L. 34/2020 – A.S. 1874

9 luglio 2020

 

 

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Dossier n. 256/6 Volume II

 

 

 

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Progetti di legge n. 295/6 Volume II

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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INDICE VOLUME II

N.B. Sono evidenziate le disposizioni introdotte o modificate durante l’esame presso la Camera dei deputati

 

Titolo IV – Disposizioni per la disabilità e la famiglia   7

Articolo 104 (Assistenza e servizi per la disabilità). 7

Articolo 105 (Finanziamento dei centri estivi 2020 e contrasto alla povertà educativa)  17

Articolo 105-bis (Fondo per il Reddito di Libertà per le donne vittime di violenza)  20

Articolo 105-ter (Contributo per la frequenza di cori, bande e scuole di musica)  22

Articolo 105-quater (Misure per il sostegno alle vittime di discriminazione fondata sull'orientamento sessuale e l'identità di genere). 24

Titolo V – Enti territoriali e debiti commerciali degli enti territoriali. 26

Articolo 106, commi 1-3 (Fondo per l’esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali)  26

Articolo 106, comma 3-bis (Differimento termini relativi ai bilanci di previsione degli enti locali). 29

Articolo 106-bis (Fondo per i comuni in dissesto finanziario) 32

Articolo 107 (Reintegro Fondo di Solidarietà Comunale a seguito dell’emergenza alimentare) 35

Articolo 108 (Anticipazione delle risorse in favore di province e città metropolitane)  37

Articolo 109 (Servizi delle pubbliche amministrazioni). 42

Articolo 110 (Rinvio termini bilancio consolidato). 46

Articolo 110, comma 1-bis (Differimento termine adozione bilanci di esercizio dell’anno 2019 enti settore sanitario). 47

Articolo 111 (Fondo per l’esercizio delle funzioni delle Regioni e delle Province autonome)  49

Articolo 112 (Fondo per i comuni delle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza). 51

Articolo 112-bis (Fondo per i comuni delle zone rosse e per altri territori particolarmente colpiti dall’emergenza sanitaria). 53

Articolo 113 (Rinegoziazione mutui enti locali. Semplificazione procedure di adesione)  55

Articolo 113, comma 2-bis (Destinazione degli immobili per finalità diverse dall'edilizia giudiziaria). 59

Articolo 114 (Differimento dei termini per la stabilizzazione dei contributi a favore dei comuni per opere pubbliche e per l’abbattimento delle barriere architettoniche). 61

Articolo 114-bis (Sospensione termini e deroghe per enti in riequilibrio). 63

Articolo 114-ter (Misure urgenti per la distribuzione del gas naturale nei comuni montani)  65

Articolo 115 (Fondo di liquidità per il pagamento dei debiti commerciali degli enti territoriali) 67

Articolo 116 (Pagamento dei debiti degli enti locali e delle regioni e province autonome)  71

Articolo 117, commi 1-4 (Disposizioni in materia di anticipo del finanziamento sanitario corrente e di pagamento dei debiti degli enti sanitari). 79

Articolo 117, comma 4-bis (Cessione crediti commerciali verso enti del Servizio Sanitario)  83

Articolo 117, commi 5-11 (Disposizioni in materia di anticipo del finanziamento sanitario corrente e di pagamento dei debiti degli enti sanitari). 86

Articolo 118 (Riassegnazione al fondo ammortamento titoli di Stato). 92

Articolo 118-bis (Disposizioni in materia di assunzioni di personale negli enti in dissesto) 95

Articolo 118-ter (Riduzione di tariffe e aliquote entrate locali). 97

Articolo 118-quater (Disposizioni in favore del comune di Matera). 98

Articolo 118-quinquies (Supporto Fondazione patrimonio comune) 100

Titolo VI – Misure fiscali. 102

Articolo 119 (Ecobonus, sismabonus, fotovoltaico e colonnine veicoli elettrici)  102

Articolo 119-bis (Differimento del termine di inizio lavori per i comuni beneficiari di contributi per l’efficientamento energetico e lo sviluppo territoriale). 115

Articolo 120 (Credito d'imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro)  116

Articolo 121 (Opzione per la cessione o sconto in luogo delle detrazioni fiscali)  119

Articolo 122 (Cessione dei crediti d’imposta riconosciuti da provvedimenti emanati per fronteggiare l’emergenza). 125

Articolo 123 (Soppressione delle clausole di salvaguardia in materia di IVA e accisa)  127

Articolo 124 (IVA beni necessari per il contenimento dell'emergenza sanitaria)  130

Articolo 125 (Credito d'imposta per la sanificazione degli ambienti di lavoro)  132

Articolo 126, comma 1 e commi 2-3 (Proroga dei termini di ripresa della riscossione dei versamenti sospesi). 136

Articolo 126, comma 1-bis (Sostegno alle vittime di richieste estorsive). 139

Articolo 127 (Proroga dei termini di ripresa della riscossione per i soggetti di cui agli articoli 61 e 62 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27)  141

Articolo 128 (Salvaguardia del credito di cui all'articolo 13, comma 1-bis, del TUIR, ovvero del trattamento integrativo di cui all'articolo 1 della L. 2 aprile 2020, n. 21). 144

Articolo 129 (Acconto accisa sul gas naturale e sull’energia elettrica). 147

Articolo 129-bis (Imposte dirette e accise per Campione d’Italia). 149

Articolo 130 (Differimento di alcuni adempimenti in materia di accisa). 157

Articolo 131 (Rimessione in termini per i versamenti in materia di accisa). 163

Articolo 132 (Pagamento dell’accisa sui prodotti energetici) 165

Articolo 133 (Differimento sugar tax e plastic tax). 167

Articolo 134 (IVAFE per i soggetti diversi dalle persone fisiche). 169

Articolo 135 (Disposizioni in materia di giustizia tributaria e contributo unificato) 171

Articolo 136 (Incentivi per gli investimenti nell'economia reale). 175

Articolo 136-bis (Rivalutazione beni cooperative agricole) 180

Articolo 137 (Proroga della rideterminazione del costo d’acquisto dei terreni e delle partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati). 182

Articolo 138 (Allineamento TARI e IMU con il bilancio di previsione 2020). 184

Articolo 139 (Rafforzamento delle attività di promozione dell’adempimento spontaneo da parte dei contribuenti). 186

Articolo 140 (Memorizzazione e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri)  189

Articolo 141 (Lotteria dei corrispettivi). 192

Articolo 142 (Rinvio precompilata IVA). 193

Articolo 143 (Rinvio della procedura automatizzata di liquidazione dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche). 195

Articolo 144 (Rimessione in termini e sospensione versamenti avvisi bonari) 197

Articolo 145 (Sospensione compensazione tra credito d’imposta e debito iscritto a ruolo)  200

Articolo 146 (Indennità requisizione strutture alberghiere) 201

Articolo 147 (Incremento crediti compensabili tramite modello F24). 203

Articolo 148 (Modifiche alla disciplina degli ISA). 205

Articolo 149 (Sospensione dei versamenti da accertamento con adesione, conciliazione, rettifica e liquidazione e da recupero dei crediti d’imposta). 208

Articolo 150 (Ripetizione dell’indebito su prestazioni previdenziali e retribuzioni) 212

Articolo 151 (Differimento sospensione licenze, autorizzazioni e iscrizione ad albi e ordini professionali). 214

Articolo 152 (Sospensioni dei pignoramenti su stipendi e pensioni). 216

Articolo 153 (Sospensione delle verifiche inadempienze beneficiari P.A.). 219

Articolo 154 (Proroga del periodo di sospensione delle attività dell'agente della riscossione)  221

Articolo 155 (Integrazione del contributo a favore di Agenzia delle entrate-Riscossione per il triennio 2020-2022). 224

Articolo 156 (Accelerazione delle procedure di riparto del cinque per mille per l’esercizio finanziario 2019). 226

Articolo 157 (Proroga dei termini al fine di favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali). 231

Articolo 157, comma 7-ter (Proroga della validità dei documenti di riconoscimento)  235

Articolo 158 (Cumulabilità della sospensione dei termini processuali e della sospensione nell'ambito del procedimento di accertamento con adesione). 237

Articolo 159 (Ampliamento della platea dei contribuenti che si avvalgono del modello 730)  239

Articolo 160 (Iscrizione al catasto edilizio urbano dei fabbricati rurali ubicati nei comuni colpiti dal sisma 2016 e 2017). 242

Articolo 161 (Proroga del pagamento dei diritti doganali). 244

Articolo 162 (Rateizzazione del debito di accisa). 246

Articolo 163 (Proroga in materia di tabacchi). 248

Articolo 163-bis (Potenziamento Agenzia delle Dogane). 250

Articolo 164 (Valorizzazione del patrimonio immobiliare). 251

Titolo VII – Disposizioni per la tutela del risparmio nel settore creditizio.. 256

Capo I -  Garanzia dello Stato su passività di nuova emissione   256

Articoli 165-167 (Garanzia dello Stato su passività di nuova emissione). 256

Capo II -  Regime di sostegno pubblico per l'ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche di ridotte dimensioni. 265

Articoli 168-175 (Regime di sostegno pubblico per l’ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche di ridotte dimensioni). 265

Articolo 175-bis (Disposizioni in materia di tutela del risparmio e Fondo indennizzo risparmiatori). 274

Titolo VIII – Misure di settore.. 278

Capo I -  Misure per il turismo e la cultura.. 278

Articolo 176 (Tax credit vacanze). 278

Articolo 177 (Esenzioni IMU per il settore turistico). 282

Articolo 178 (Fondo turismo). 284

Articolo 179 (Promozione turistica in Italia). 292

Articolo 180 (Ristoro ai Comuni per la riduzione di gettito dell’imposta di soggiorno e altre disposizioni in materia). 298

Articolo 181 (Sostegno delle imprese di pubblico esercizio). 302

Articolo 181, commi 4-bis e 4-ter (Concessioni di posteggio per commercio su aree pubbliche) 308

Articolo 182, commi 1 e 3 (Misure di sostegno per il settore turistico). 318

Articolo 182, commi 1-bis e 1-ter (Viaggi ferroviari e musei gratuiti per studenti universitari) 319

Articolo 182, comma 2 (Concessioni beni del demanio marittimo). 321

Articolo 182, comma 2-bis (Definizione dei codici ATECO per le attività del commercio, della ristorazione e delle strutture ricettive nelle aree ad alta densità turistica). 326

Articolo 182, comma 3-bis (Rimborso di titoli di viaggio, di soggiorno e di pacchetti turistici) 329

Articolo 183, commi 1 e 12 (Incremento dei Fondi emergenze spettacolo, cinema, audiovisivo) 338

Articolo 183, commi 2, 3 e 12 (Misure di sostegno a favore di istituti e luoghi della cultura, nonché di imprese e istituzioni culturali). 342

Articolo 183, commi 4, 5 e 6 (Fondo unico per lo spettacolo). 345

Articolo 183, comma 7 (Interventi per il cinema e l’audiovisivo). 350

Articolo 183, commi 8 e 8-bis (Capitale italiana della cultura 2021-2023). 354

Articolo 183, comma 8-ter (Capitale italiana del libro). 357

Articolo 183, commi 9 e12 (Art-bonus). 358

Articolo 183, commi 10 e 12 (Piattaforma digitale per fruizione patrimonio culturale e spettacoli). 360

Articolo 183, comma 10-bis (Incremento del Fondo “Carta della cultura”). 361

Articolo 183, commi 11 e 11-bis (Rimborso dei titoli di acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura). 362

Articolo 183, commi 11-ter e 12 (Card cultura per i diciottenni). 368

Articolo 183, comma 11-quater (Fondo per il sostegno alle attività dello spettacolo di musica dal vivo). 370

Articolo 184 (Fondo per la cultura). 371

Articolo 184, comma 5-bis (Contributo per la candidatura di Padova nella lista del patrimonio mondiale UNESCO). 379

Articolo 185 (Disposizioni relative al pagamento dei crediti dell’IMAIE in liquidazione)  380

Articolo 185-bis (Patrimonio culturale immateriale). 387

 


Titolo IV – Disposizioni per la disabilità e la famiglia

Articolo 104
(Assistenza e servizi per la disabilità)

 

 

Nell’ottica di rafforzare i servizi e i progetti di supporto alla domiciliarità per le persone disabili e non autosufficienti, e per il sostegno di coloro che se ne prendono cura, l’articolo 104 incrementa di 90 milioni di euro, per il 2020, il Fondo per le non autosufficienze, finalizzando 20 milioni alla realizzazione di progetti per la vita indipendente.

Per le stesse finalità, e nell’ottica di rafforzare tali interventi anche attraverso la realizzazione di soluzioni alloggiative innovative, il Fondo Dopo di Noi è incrementato di ulteriori 20 milioni di euro, per il 2020.

Inoltre, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, viene istituito il “Fondo di sostegno per le strutture semiresidenziali per persone con disabilità”, nel limite di spesa di 40 milioni per il 2020, da trasferire al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Le risorse del Fondo sono indirizzate al riconoscimento di indennizzi agli enti gestori delle strutture semiresidenziali per persone disabili, che, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica, hanno dovuto affrontare oneri non previsti per l’adozione di sistemi di protezione individuale del personale e degli utenti. La definizione dei criteri di priorità e delle modalità di attribuzione dell’indennizzo è demandata a uno o più decreti del Presidente del Consiglio, da adottare entro quaranta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.

Nel corso dell’esame alla Camera, è stato inserito il comma 3-bis che ha introdotto, in via sperimentale per il 2020, una misura diretta a rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena inclusione delle persone con disabilità nello svolgimento di attività sportive amatoriali. A tal fine, nei limiti di spesa di 5 milioni di euro, che vanno ad incrementare il Fondo sanitario nazionale, il Ssn provvede ad erogare, a persone con disabilità fisiche, ausili, ortesi e protesi degli arti inferiore e superiori a tecnologia avanzata. I tetti di spesa per ogni singola regione che accede al Fondo sanitario nazionale, i criteri per l’erogazione degli ausili, ortesi e protesi e le modalità per garantire il rispetto dei tetti di spesa regionali e nazionale sono definiti con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.

Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari, per il 2020, a 155 milioni di euro si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 

In conseguenza della emergenza epidemiologica da COVID-19, al fine di potenziare l'assistenza, i servizi e i progetti di vita indipendente per le persone disabili e non autosufficienti e per il sostegno di coloro che se ne prendono cura, il comma 1 incrementa, per il 2020, di 90 milioni di euro lo stanziamento del Fondo per le non autosufficienze, finalizzando 20 milioni alla realizzazione di progetti per la vita indipendente. Pertanto, considerando che la legge di bilancio 2020 ha assegnato al Fondo 621 milioni, lo stanziamento risulta ora pari a 711 milioni di euro.

 

La legge 162/1998 ha introdotto nella legge quadro per l’assistenza (art. 39, comma l-ter) un primo espresso riferimento al diritto alla vita indipendente delle persone con disabilita?. La legge 162 ha infatti previsto, fra le possibilità operative delle Regioni, l’istituzione di programmi di aiuto alla persona, gestiti in forma indiretta attraverso piani personalizzati, in grado di garantire il diritto ad una vita indipendente alle persone con disabilita? permanente e grave limitazione dell'autonomia personale, mediante forme di assistenza domiciliare e di aiuto personale, anche della durata di 24 ore, e mediante l’istituzione di servizi di accoglienza per periodi brevi e di emergenza (comunità-alloggio, case-famiglia e analoghi servizi residenziali inseriti nei centri abitati).

Nel corso degli anni, le Regioni, sulla base delle indicazioni contenute nella legge 162, hanno sperimentato e favorito una progettualità volta all’assistenza indiretta, alla deistituzionalizzazione e all’incentivazione della domiciliarità nonché, sebbene in modo residuale, al supporto a percorsi di autonomia personale.

L’approvazione della legge 112/2016 Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare ha rafforzato il quadro sul diritto dei disabili all’autodeterminazione e alla vita indipendente fornendo ulteriori indicazioni sul cd. Dopo di noi.

 Lo sviluppo di una rete di interventi e di servizi nell’ordinaria programmazione sociale dei territori è stata invece disegnata dal secondo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità del 2017, in particolare dalla Linea di intervento 2 “Politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l’inclusione nella società”, con particolare riferimento alle azioni 3, 4 e 5.  Al Programma sono seguite le Linee guida per la presentazione di progetti in materia di vita indipendente ed inclusione nella società delle persone con disabilita?, approvate anch’esse nel 2017, che hanno fornito le indicazioni necessarie per individuare le caratteristiche dei progetti di vita indipendente finanziabili dalle Regioni attraverso la quota di risorse, a tal fine vincolate,

del Fondo per le non autosufficienze.

 

Per dare copertura ai costi di rilevanza sociale dell'assistenza socio-sanitaria rivolta al sostegno di persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne la permanenza presso il proprio domicilio evitando il rischio di istituzionalizzazione, è stato istituito il Fondo per le non autosufficienze (FNA) (art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 - legge finanziaria 2007). Le risorse sono aggiuntive rispetto a quelle destinate alle prestazioni e ai servizi in favore delle persone non autosufficienti da parte delle Regioni e delle autonomie locali. La sezione II della legge di bilancio 2020 (legge 160/2019) ha previsto una dotazione del Fondo per il 2020 pari a 571 milioni di euro. L'art. 1, comma 331, della medesima legge di bilancio, ha disposto un incremento di 50 milioni di euro a favore del Fondo per le non autosufficienze, le cui risorse sono pertanto pari, per il 2020, a 621 milioni di euro.

A decorrere dal 2016, l'intera dotazione del FNA ha assunto carattere strutturale e si è accresciuta negli anni successivi: dai 400 milioni del 2016 ai 450 del biennio 2017-18 fino ai 573,2 milioni di euro nel 2019 (Per un approfondimento sulla consistenza del Fondo fino al 2019 si rinvia alla Tabella a cura della Segreteria della Conferenza delle regioni e delle province autonome). A queste risorse vanno poi sommate quelle derivanti dai risparmi connessi al programma straordinario di verifica della permanenza del possesso dei requisiti sanitari per l'erogazione delle prestazioni di invalidità civile, condotte da INPS nel periodo 2013-2015, che il legislatore ha ridestinato all'FNA.

Le risorse del Fondo sono ripartite annualmente tra le regioni con decreto interministeriale, previa Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. Il Decreto di riparto del 26 settembre 2016, stabilendo la destinazione delle risorse, ha definito, all'articolo 3, la condizione delle persone con disabilità gravissime, ma solo ai fini del riparto, attribuendo agli interventi e servizi loro dedicati il 40% delle risorse. Il successivo Decreto di riparto 27 novembre 2017 ha attribuito le risorse del Fondo, prioritariamente, e comunque in maniera esclusiva per una quota non inferiore al 50%, per gli interventi a favore di persone in condizione di “disabilità gravissima”, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e delle persone con stato di demenza molto grave, tra cui quelle affette dal morbo di Alzheimer (come previsto, per l'Alzheimer, dall'art. 1, comma 411, della legge 232/2016 - legge di bilancio 2017). Il restante ammontare del Fondo finanzia gli interventi per “non autosufficienze gravi”, ad oggi pero? non meglio specificate a livello nazionale e quindi rimesse nei termini definitori esclusivamente alla programmazione regionale.

Si ricorda, che, dal 2014, a valere sulla quota del Fondo destinata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono finanziate anche le azioni volte all'attuazione del Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, adottato con D.P.R. 4 ottobre 2013, relativamente alla linea di attività n. 2, “Vita indipendente e inclusione nella società”.

Il Piano per la non autosufficienza 2019-2021 (e conseguente riparto triennale del Fondo, adottati entrambi con DPCM del 21 novembre 2019) ha programmato l'utilizzo delle risorse afferenti al Fondo per le non autosufficienze su un orizzonte triennale e mediante indirizzi nazionali. Le priorità per l'utilizzo delle risorse del Fondo vengono definite nella logica degli obiettivi di servizio, considerati strumenti per avviare il riconoscimento dei livelli essenziali delle prestazioni, ancora non definibili nel complesso, tenuto conto dell’insufficienza delle risorse disponibili. Per quanto riguarda la platea dei disabili gravissimi (stimata inferiore a 60 mila persone), il Piano ritiene sostenibile un intervento che, in assenza di servizi erogati dal territorio (quali assistenza domiciliare o servizi semiresidenziali), preveda un trasferimento di almeno 400 euro mensili per 12 mensilità.

Sul punto, la Relazione illustrativa al provvedimento evidenzia che l’incremento del Fondo intende assicurare una graduale progressione nel raggiungimento dei servizi essenziali, affinché si possa giungere alla istituzione di "un assegno di cura e per l’autonomia, con alcune caratteristiche uniformi definite a livello nazionale".

In questo quadro, la Relazione sottolinea anche i maggiori costi che derivano dalla tutela dei disabili gravissimi e dei non autosufficienti gravi in considerazione della emergenza da COVID-19, che ha imposto e impone l’incremento e la riorganizzazione delle diverse prestazioni ed attività di assistenza, necessari per contrastare e ridurre il rischio epidemiologico. Sempre la Relazione mette in rilievo che l’incremento del Fondo intende favorire anche i progetti di vita indipendente (vedi infra), che nell'attuale contesto di rischio assumono una maggiore rilevanza in relazione a quanto evidenziatosi nelle strutture residenziali dedicate all’assistenza dei disabili gravissimi e degli non autosufficienti gravi.

 

Il comma 2 incrementa di 20 milioni per il 2020 lo stanziamento del Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare (Fondo Dopo di noi di cui all'art. 3, comma 1, della legge 112/2016), che, con tale incremento, raggiunge per il 2020 l’ammontare di 78,1 milioni.

La Relazione illustrativa al provvedimento evidenzia che, nelle fasi emergenziali di c.d. convivenza con il nuovo coronavirus, saranno richiesti complessivi maggiori oneri per la tutela delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare. Tali risorse dovranno infatti essere indirizzate all’adozione urgente di interventi volti alla cd. deistituzionalizzazione, ovvero a forme di supporto alla domiciliarità, nonché a progetti personalizzati per l’acquisizione di maggiori livelli di autonomia quotidiana, volti a ridurre, in ambienti domestici e alloggiativi adeguati, i rischi di contagio delle persone con disabilità grave.

 

 

 

 

 

La legge n. 112/2016 ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Fondo destinato "alla copertura finanziaria di interventi legislativi recanti misure per il sostegno di persone con disabilità grave prive di legami familiari". In seguito, il decreto legge 86/2018, in materia di riordino delle competenze dei Ministeri, ha attribuito al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro delegato per la famiglia e le disabilità (ora Ministro per le pari opportunità e la famiglia), la titolarità, insieme al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dei decreti di attuazione e degli atti di riparto delle risorse del Fondo Dopo di noi, che è stato disciplinato, con l'individuazione degli obiettivi di servizio  e delle modalità di riparto,  dal decreto del 23 novembre 2016.

Dal 2018, il Fondo ha una dotazione strutturale pari a 56,1 milioni. La legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 490, della legge 160/2019) ha incrementato la dotazione del Fondo Dopo di noi di 2 milioni di euro per il 2020. Pertanto le risorse del Fondo risultano pari, a legislazione vigente, a 58,1 milioni di euro.

Destinatari delle misure di assistenza, cura e protezione sono le persone con disabilità grave non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, prive di sostegno familiare, in quanto mancanti di entrambi i genitori o perché gli stessi non sono in grado di fornire l'adeguato sostegno genitoriale. In tal senso, le misure prevedono la progressiva presa in carico della persona disabile durante l'esistenza in vita dei genitori e devono essere definite con il coinvolgimento dei soggetti interessati e nel rispetto della volontà delle persone con disabilità grave, ove possibile, dei loro genitori o di chi ne tutela gli interessi.

Le misure previste dalla legge 112/2016 rafforzano quanto già previsto in tema di progetti individuali per le persone disabili. Restano infatti salvi i livelli essenziali di assistenza e gli altri benefici previsti dalla legislazione vigente in favore delle persone disabili, accanto ai quali, la legge n. 112 aggiunge la previsione di interventi di residenzialità a finanziamento misto pubblico/privato volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità delle persone con disabilità grave in abitazioni o gruppi-appartamento che riproducono condizioni abitative e relazionali della casa familiare. Si prevedono inoltre detrazioni sulle spese sostenute per sottoscrivere polizze assicurative e contratti a tutela dei disabili gravi nonché esenzioni e sgravi su trasferimenti di beni dopo la morte dei familiari, costituzione di trust e altri strumenti di protezione legale.

Per l'attuazione della legge, si rinvia alla Seconda Relazione (riferita all'anno 2018) al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 22 giugno 2016, n. 112.

 

 

Il comma 3 istituisce, nello stato di previsione Ministero dell’economia e delle finanze, un Fondo denominato "Fondo di sostegno per le strutture semiresidenziali per persone con disabilità" nel limite di spesa di 40 milioni di euro per il 2020, da trasferire alla Presidenza del Consiglio. Il Fondo è istituito al fine di garantire la concessione di un indennizzo agli enti gestori delle strutture semiresidenziali, comunque denominate dalle normative regionali, a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario per persone con disabilità. Tali strutture, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, hanno infatti dovuto affrontare oneri non previsti derivanti dall’adozione di sistemi di protezione individuale del personale e degli utenti.

La definizione dei criteri di priorità e delle modalità di attribuzione dell’indennizzo è demandata a uno o più decreti del Presidente del Consiglio, da adottare entro quaranta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.

 

Sul punto, la Relazione illustrativa evidenzia che alla chiusura delle strutture semiresidenziali, disposta con il decreto legge 18/2020, ha fatto seguito il D.P.C.M. del 26 aprile 2020, con cui se ne autorizza la riapertura a condizione che vengano assicurati specifici protocolli concernenti il rispetto delle disposizioni per la prevenzione del contagio e la tutela della salute degli utenti e degli operatori.

A questo riguardo, si fa notare che, nel periodo di sospensione dell’attività dei Centri diurni semiresidenziali, il decreto legge 18/2020, agli articoli 47 e 48, ha previsto la possibilità di riconvertire i servizi resi da tali strutture in prestazioni alternative (domiciliari, a distanza, o negli stessi Centri, se adeguatamente attrezzati) soggette a specifiche spese legate all'emergenza COVID-19 (finalizzate alla riorganizzazione dei servizi, all'approvvigionamento di dispositivi di protezione e all'adattamento degli spazi).

A tale proposito, si rinvia alla scheda di questo Dossier relativa all’art. 89 che, al comma 2, prevede che le amministrazioni destinatarie dei fondi sociali (Fondo non autosufficienze, Fondo per le politiche sociali, Fondo Dopo di noi e Gondo nazionale per ‘infanzia e l’adolescenza), possono includere specifiche spese legate all'emergenza COVID-19 (finalizzate alla riorganizzazione dei servizi, all'approvvigionamento di dispositivi di protezione e all'adattamento degli spazi), anche a valere su risorse finanziarie relative alle quote di riparto dei Fondi sociali delle annualità precedenti.

Da quanto esposto, andrebbe pertanto coordinato il contenuto del comma in esame con quello dell’art. 89, comma 2, chiarendo se gli indennizzi del “Fondo di sostegno per le strutture semiresidenziali per persone con disabilità” possono essere richieste esclusivamente per i costi sostenuti dai Centri semiresidenziali, comunque denominati, dal momento della loro riapertura, disposta dal 4 maggio 2020, o se invece tali indennizzi possono essere richieste anche per i maggiori costi sostenuti durante il periodo di sospensione dell’attività dei Centri.

 

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, è stato inserito il comma 3-bis che ha introdotto, in via sperimentale per il 2020, una misura diretta a rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena inclusione delle persone con disabilità nello svolgimento di attività sportive amatoriali. A tal fine, nei limiti di spesa di 5 milioni di euro, per il 2020, che vanno ad incrementare il Fondo sanitario nazionale, il Ssn provvede ad erogare, a persone con disabilità fisiche, ausili, ortesi e protesi degli arti inferiore e superiori a tecnologia avanzata e con caratteristiche funzionali allo svolgimento di attività sportive amatoriali.

Per quanto riguarda le modalità attuative della misura, si ricorda che affinché le nuove prestazioni specialistiche e di assistenza protesica “su misura”, inserite nei Nuovi LEA (D.p.c.m. 12 gennaio 2017), possano essere effettivamente erogate è necessario che vengano definite le tariffe da corrispondere agli erogatori, sia pubblici che privati equiparati o accreditati, per tali prestazioni.

Attualmente, in attesa della pubblicazione del decreto con le tariffe riferite alle protesi, alle ortesi e agli ausili ammessi alla fornitura dai Nuovi LEA, vengono erogate le prestazioni e gli ausili/protesi/ortesi elencati nel DPCM 29 novembre 2001 (LEA precedenti), fatte salve le prerogative delle Regioni (prestazioni extra LEA). Le tariffe a cui attualmente fare riferimento, pertanto, sono ancora quelle  contenute nel nomenclatore tariffario stabilito dal D.M. 332 del 27/8/1999, "Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione e tariffe".

 

Per quanto riguarda l'assistenza protesica, i Nuovi LEA hanno introdotto alcune prestazioni innovative, soprattutto nel settore delle tecnologie informatiche e di comunicazione, a favore dei disabili con gravissime limitazioni funzionali (cosiddetti ausili ICT- Information Communication Technologies), nonché l'introduzione degli apparecchi acustici a tecnologia digitale per la prescrizione dei quali, tuttavia, è stato indicato un preciso intervallo di perdita uditiva.

Il nuovo Nomenclatore (Allegato 5 - Ausili su misura) contiene gli elenchi delle prestazioni e delle tipologie di dispositivi erogabili dal Ssn, riportando, per ciascuna prestazione o tipologia di dispositivo, il codice identificativo, la definizione, la descrizione delle principali caratteristiche e le condizioni di erogabilità.

Sostanzialmente il Decreto di Aggiornamento dei LEA aggiorna la disciplina di erogazione dell'assistenza protesica nei termini seguenti:

         ridefinisce l'elenco delle protesi e ortesi "su misura" (elenco 1) e l'elenco degli ausili "di serie" (elenco 2A e 2B), aggiornando la nomenclatura in relazione alle innovazioni cliniche e tecnologiche intervenute negli anni, e rendendo "di serie" alcuni ausili sino ad oggi erogati "su misura" (carrozzine, protesi acustiche etc.). Nei nuovi elenchi sono tra l'altro inclusi molti dispositivi di tecnologia avanzata per gravissime disabilità e protesi acustiche digitali, mentre sono esclusi dispositivi ortopedici su misura per lievi deformità del piede (quali i plantari).

         identifica i beneficiari dell'assistenza (art. 18), includendovi i soggetti che, pur in attesa di accertamento dell'invalidità, abbiano urgente bisogno dell'ausilio, i soggetti affetti da malattie rare ed i soggetti in assistenza domiciliare integrata con disabilità temporanea;

         rinvia la definizione delle modalità di erogazione ad un'apposita Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni (art. 19);

         ridefinisce i principi generali per l'individuazione degli erogatori di protesi prevedendo l'istituto dell'accreditamento sulla base dell'accertamento di alcuni requisiti, e conferma la modalità di remunerazione in base a tariffe predeterminate per gli ausili su misura.

Si ricorda infine che la legge di bilancio 2018 (articolo 1, comma 420, della legge 205/2017) aveva disposto che, entro il 28 febbraio 2018, fossero adottati i decreti di fissazione delle tariffe massime delle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale nonché le tariffe massime delle prestazioni di assistenza protesica relativa ai dispositivi su misura. Tali decreti, in base all'art. 64, commi 2 e 3, del D.P.C.M. 12 gennaio 2017, devono essere emanati dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni. Ai sensi del citato articolo 64, dalla data di pubblicazione dei decreti trovano applicazione, rispettivamente, le nuove disposizioni in materia di assistenza specialistica ambulatoriale e in materia di erogazione di dispositivi protesici, disposizioni richiamate dai medesimi commi 2 e 3 dell'art. 64 e stabilite dal suddetto D.P.C.M. di revisione dei LEA.

 

Si prevede che con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, sono definiti:

§  i tetti di spesa per singola regione che accede al Fondo nazionale sanità (si rileva che andrebbe correttamente utilizzata la locuzione Fondo sanitario nazionale);

 

Al proposito, si rileva che nel precedente Accordo del 7 novembre 2019   (di attuazione dell’art. 9-ter di individuazione dei criteri di definizione del tetto di spesa regionale) erano comprese anche le regioni e le province autonome. Si ricorda inoltre che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio. Fa eccezione la Regione siciliana, sola regione tra le autonomie speciali, a non finanziarie completamente i servizi di assistenza sanitaria sul proprio territorio. Ai sensi della legge 296/2006, articolo 1 comma 830, infatti, la regione a decorrere dal 2009, partecipa alla spesa sanitaria nella misura del 49,11%. Per la restante parte essa riceve i finanziamenti dallo Stato al pari delle regioni a statuto ordinario. Per tale ragione, la Regione siciliana è esclusa dalla normativa concernente le regioni a statuto speciale.

 

 

L’articolo 9-ter del decreto legge 78/2015 ha confermato che, annualmente, la spesa a livello nazionale per dispositivi medici non deve superare il tetto del 4,4% del fabbisogno sanitario nazionale. In caso di superamento del tetto di spesa regionale per l'acquisto di dispositivi medici, la stessa norma ha introdotto un meccanismo di payback, a carico delle aziende fornitrici. In particolare l’art. 9-ter, comma 1, lett. b), ha previsto che il tetto di spesa regionale, fermo restando il citato tetto nazionale fissato al 4,4%, debba essere individuato per ciascuna regione, coerentemente con la composizione pubblico-privata dell'offerta, tramite accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni e aggiornato con cadenza biennale. Con l’Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano del 7 novembre 2019 (atto rep. 182/2019) sono stati definiti i criteri di individuazione dei tetti di spesa regionali per l’acquisto dei dispositivi medici per l’anno 2019 e le modalità procedurali di individuazione del superamento dei tetti di spesa regionali.

Successivamente, l’art. 1, comma 557, della legge di bilancio 2019 (legge 145/ 2018), ha sostituito  il comma 8 dell’art. 9-ter del decreto legge 78/2015, prevedendo che il superamento del tetto di spesa a livello nazionale e regionale per l’acquisto di dispositivi medici, rilevato sulla base del fatturato di ciascuna azienda, sia dichiarato con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, e che la rilevazione, per l’anno 2019 e successivi, sia effettuata sulla base dei dati risultanti dalla fatturazione elettronica. Contestualmente è stato specificato che, nell’esecuzione di contratti, anche in essere, è fatto obbligo di indicare nella predetta fatturazione “in modo separato il costo del bene e il costo del servizio”. Successivamente, la circolare n. 7435 del 17 marzo 2020 ha fornito alle regioni le indicazioni operative (per il 2019 e a decorrere dal 2020), cui le aziende sanitarie devono attenersi per assicurare la correttezza dei dati provenienti dalle fatture elettroniche. In particolare, a decorrere dal 2020, la circolare fornisce le indicazioni necessarie all’individuazione dei dispositivi medici oggetto del tetto di spesa per i quali gli enti del SSN, in fase d’ordine al fornitore, dovranno specificare il conto di imputazione. E’ indicato, infine, il tracciato della fattura elettronica che il fornitore dovrà trasmettere completo dei dati relativi al conto di imputazione. In considerazione della situazione di emergenza relativa al COVID-19, la ricognizione dei dati relativi all’anno 2019, prevista dalla circolare entro il 30 aprile 2020, è stata prorogata entro e non oltre il 30 giugno 2020.

 

§  i criteri per l’erogazione degli ausili, ortesi e protesi

§  le modalità per garantire il rispetto dei tetti di spesa regionali e nazionale.

 

 

Come stabilito dal comma 4, agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 155 milioni di euro per il 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265.


 

Articolo 105
(Finanziamento dei centri estivi 2020 e
contrasto alla povertà educativa)

 

 

L’articolo 105 incrementa di 150 milioni di euro per l’anno 2020 il Fondo per le politiche della famiglia allo scopo di destinare una quota di risorse ai Comuni per il potenziamento, anche in collaborazione con istituti privati, dei centri estivi diurni, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa, durante il periodo estivo, per i minori di età compresa tra 0 e 16anni  (con una modifica approvata dalla Camera dei deputati) , nonché allo scopo di contrastare con iniziative mirate la povertà educativa. I criteri per il riparto della quota di risorse sono stabiliti con decreto del Ministro con delega per le politiche familiari, previa intesa in sede di Conferenza unificata.

 

Più nel dettaglio, il comma 1 prevede che al fine di sostenere le famiglie, per l’anno 2020, una quota di risorse a valere sul Fondo per le politiche della famiglia, di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legge 223/2006 [1], pari, ai sensi del comma 3, a 150 milioni di euro, sia destinata ai comuni, per finanziare iniziative, anche in collaborazione con enti pubblici e privati, volte a introdurre:

a)   interventi per il potenziamento dei centri estivi diurni, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa destinati alle attività dei minori di età compresa fra 0 e 16 anni (con una modifica approvata dalla Camera), per i mesi da giugno a settembre 2020;

b)   progetti volti a contrastare la povertà educativa e ad incrementare le opportunità culturali e educative dei minori.

 

La misura è finalizzata a recuperare almeno in parte l’offerta educativa e culturale destinata ai bambini ed agli adolescenti che, a causa dell’emergenza sanitaria e della chiusura delle attività didattiche resa necessaria dall’attuazione delle misure di contenimento, non hanno potuto svolgere adeguate esperienze, anche di contatto sociale, al di fuori del contesto domestico e familiare. Nello stesso tempo essa viene incontro alle esigenze dei genitori/lavoratori chiamati nella Fase 2, a riprendere lo svolgimento della propria attività. 

Il Dipartimento per le politiche della famiglia ha pubblicato sul proprio sito le  Linee guida per la gestione in sicurezza di opportunità organizzate di socialità e gioco per bambini ed adolescenti nella fase 2 dell’emergenza COVID-19., redatte grazie al lavoro congiunto con l’Associazione nazionale comuni italiani, l’Unione delle Province d'Italia, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, la Società Italiana di Pediatria, d'intesa con i Ministeri dell'Istruzione, della Salute, del Lavoro e delle politiche sociali, delle Politiche giovanili e dello sport, ed integrate dalle raccomandazioni del Comitato tecnico-scientifico del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Va poi ricordato che il Fondo per le politiche della famiglia è stato istituito ai sensi dell'art. 19, comma 1, del decreto legge 223/2006 per promuovere e realizzare interventi a tutela della famiglia, nonché per supportare l'Osservatorio nazionale sulla famiglia. Il Fondo è stato ridisciplinato dalla legge 296/2006  (legge finanziaria 2007).

Recentemente, l'art. 3 del decreto legge 86/2018, in materia di riordino delle competenze dei Ministeri, ha confermato in capo al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro delegato per la famiglia e le disabilità (ora Ministro per le pari opportunità e la famiglia), le funzioni precedentemente svolte dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di famiglia, attribuendone ulteriori con la finalità di raccordare alcune competenze proprie della materia della famiglia, quali i profili relativi alle adozioni, nazionali e internazionali, nonché un più ampio novero di funzioni attinenti l'infanzia e l'adolescenza. Le conseguenti modifiche all'ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio è avvenuto con l'adozione del DPCM 21 ottobre 2019.

Conseguentemente, la legge di bilancio 2019 (art. 1, comma 482, della legge 145/2018) ha introdotto una nuova disciplina e nuove finalizzazioni del Fondo, fra le quali si ricordano: interventi volti a valorizzare il ruolo dei Centri per la famiglia; definizione di criteri e modalità per la riorganizzazione dei Consultori familiari (previa intesa in sede di Conferenza unificata); percorsi di sostegno, anche di natura economica, ai minori orfani di crimini domestici e alle loro famiglie, affidatarie o adottive; progetti finalizzati alla protezione e la presa in carico dei minori vittime di violenza assistita; contrasto del fenomeno del cyberbullismo; interventi per il sostegno dei genitori separati e divorziati; interventi volti a favorire i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l'abbandono dei minori;  interventi in materia di adozione e affidamenti.

Dal 2019, la dotazione a regime del Fondo è pari a 100 milioni di euro. Per il 2020, la dotazione del Fondo prevista dalla legge di bilancio 2020  è pari a 74,5 milioni di euro (la Sezione II della legge 160/2019 ha infatti operato una riduzione di circa 30 milioni di euro sulla dotazione strutturale del Fondo come stabilita dalla legge di bilancio 2019).

 

In tema di povertà educativa va ricordato che la legge di bilancio 2019 (L. n.145/2018, art. 1, comma 478) ha prorogato e rifinanziato, per gli anni 2019, 2020 e 2021, il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, già istituito dalla legge di stabilità 2016 (legge 208/2015, art. 1, commi da 392 a 395), alimentato da versamenti effettuati dalle fondazioni di origine bancaria. Contestualmente, la citata legge di bilancio 2019 (art. 1, commi 479 e 480) ha prorogato per il medesimo triennio 2019-2021 il credito d'imposta concesso alle fondazioni bancarie per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018 relativo ai versamenti al predetto Fondo, riducendone però l'entità dal 75 al 65 per cento degli importi versati ed abbassandone il relativo limite di spesa da 100 a 55 milioni di euro annui.

 Si segnala infine che, la legge di bilancio 2018 (L. 205/2017), all'art. 1, co. 230, attribuisce all'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) il compito di definire i parametri e gli indicatori misurabili al fine dell'individuazione di zone di intervento prioritario per la realizzazione di specifici interventi educativi urgenti per il contrasto della povertà educativa minorile sul territorio nazionale.

 

Ai sensi del comma 2 le modalità per il riparto della quota di risorse vengono definiti con decreto del Ministro con delega per le politiche familiari,  previa intesa in sede di conferenza unificata[2], riservando la misura del 10 per cento per il finanziamento dei progetti volti a contrastare la povertà educativa e la restante quota al potenziamento dei centri estivi e dei servizi socioeducativi.


 

Articolo 105-bis
(Fondo per il Reddito di Libertà per le donne vittime di violenza)

 

 

Per il 2020, l’articolo 105-bis, inserito durante l’esame alla Camera dei deputati, integra, con 3 milioni di euro, il “Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità”. Le risorse incrementali sono finalizzate a contenere i gravi effetti economici derivanti dal COVID-19 sulle donne in condizione di maggiore vulnerabilità e a favorire, attraverso l’indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà.

Le risorse stanziate, pari a 3 milioni di euro, sono ripartite con criteri definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Nel corso dell’esame alla Camera è stato inserito l’articolo in commento con l’obiettivo di:

§  contenere i gravi effetti economici derivanti dal COVID-19 sulle donne in condizione di maggiore vulnerabilità;

§  favorire, attraverso l’indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà.

Per tale finalità, per il 2020, viene pertanto integrato di 3 milioni di euro il "Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità" (con una dotazione per il il 2020 pari a circa 60 milioni di euro).

Le risorse stanziate (pari come detto a 3 milioni di euro) sono ripartite con criteri definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro con delega alle pari opportunità, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, previa Intesa in sede di Conferenza unificata. 

 

Sul sito dell’ISTAT è attiva la sezione Speciale Emergenza COVID-19 dedicata alle misure assunte durante le fasi 1 e 2 della crisi emergenziale. La sezione (Contesto, il fenomeno, la fuoriuscita dalla violenza, il percorso giudiziario, la prevenzione, esperienze internazionali), contiene molto materiale fra cui si segnala:

§  la pubblicazione ISTAT, Violenza di genere al tempo del Covid-19: le chiamate al numero verde 1522;

§  le iniziative del Dipartimento pari opportunità, fra cui: Avviso per il finanziamento di interventi urgenti per il sostegno alle misure adottate dalle Case Rifugio e dai Centri Antiviolenza in relazione all’emergenza sanitaria da COVID 19 dell’aprile 2020;

§  le iniziative del Ministero dell’interno, fra cui: Circolare sulle violenze di genere e violenza domestica, azioni di sensibilizzazione (27 marzo 2020); Circolare sulla possibilità di reperire ulteriori alloggi per accoglienza delle donne vittime di violenza (21 marzo 2020).

 

Il comma 2 specifica che agli oneri derivanti dall’ articolo in commento, pari a 3 milioni di euro per il 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili, come rifinanziato dall'articolo 265, comma 5, del decreto in commento.

 


 

Articolo 105-ter
(
Contributo per la frequenza di cori, bande e scuole di musica)

 

 

L'articolo 105-ter, introdotto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, riconosce per il 2020 un contributo per le spese sostenute per la frequenza di cori, bande e scuole di musica, nel limite di spesa di € 10 mln.

 

In particolare, il contributo è riconosciuto – per un importo non superiore a € 200 – ai nuclei familiari con un ISEE in corso di validità, ordinario o corrente (ai sensi dell’art. 9 del DPCM 159/2013[3]), non superiore a € 30.000, per le spese sostenute per:

§  frequenza di lezioni di musica presso scuole di musica iscritte nei registri regionali da parte di minori di 16 anni già iscritti alle medesime scuole alla data del 23 febbraio 2020;

§  frequenza di cori, bande e scuole di musica riconosciuti da una pubblica amministrazione”.

 

Preliminarmente, si valuti l’opportunità di esplicitare se i requisiti anagrafici e temporali si applichino anche al caso di frequenza di cori, bande e scuole di musica “riconosciuti da una pubblica amministrazione”.

 

Quanto ai soggetti citati, si utilizzano pressoché le stesse espressioni presenti nella L. di bilancio 2020.

In particolare, l’art. 1, co. 346 e 347, della L. 160/2019 – novellando l'art. 15 del testo unico delle imposte sui redditi (DPR 917/1986) ha previsto, a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data del 1° gennaio 2021, la detraibilità del 19%, su un importo massimo di € 1.000, delle spese sostenute da contribuenti con reddito complessivo non superiore a € 36.000 per l'iscrizione annuale e l'abbonamento di ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni a conservatori di musica, a istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica (AFAM) legalmente riconosciute, a scuole di musica iscritte nei registri regionali, nonché a cori, bande, e scuole di musica riconosciute da una pubblica amministrazione”.

 

Si valuti l’opportunità di esplicitare il riferimento al riconoscimento da parte di una pubblica amministrazione.

 

Il contributo può essere richiesto una sola volta da ciascun nucleo familiare ed è riconosciuto a condizione che la spesa sia stata sostenuta con versamento bancario o postale, ovvero con altri sistemi di pagamento tracciabili, individuati dall’art. 23 del d.lgs. 241/1997.

 

Modalità e termini per la richiesta e l’erogazione del contributo devono essere definiti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell’istruzione e il Ministro dell’economia e delle finanze, per la cui emanazione non è previsto un termine.

 

Alla copertura degli oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte a esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (art. 1, co. 200, L. 190/2014), come incrementato dall’art. 265, co. 5.

 


 

Articolo 105-quater
(Misure per il sostegno alle vittime di discriminazione fondata sull'orientamento sessuale e l'identità di genere)

 

 

L’articolo 105-quater, introdotto dalla Camera dei deputati, incrementa di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 la dotazione del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, destinando tali risorse al finanziamento di politiche per la prevenzione e il contrasto della violenza per motivi legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere e per il sostegno delle vittime.

 

Il comma 1 del nuovo articolo, introdotto nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, incrementa di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, la dotazione del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità al fine di finanziare politiche per la prevenzione e il contrasto della violenza per motivi legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere e per il sostegno delle vittime.

 

Il Fondo nazionale per le politiche relative di diritti e alle pari opportunità (art. 19, co. 3, D.L. n. 223/2006, conv. L. 4 agosto 2006, n. 248) è stato istituito con l'intento di promuovere le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, con una dotazione iniziale di 3 milioni di euro per l'anno 2006 e di 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2007. Tale autorizzazione è stata successivamente incrementata sulla base di singole disposizioni nell'ambito delle manovre finanziarie. (Si vedano da ultimo i commi 351 e 352 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2020). E' opportuno ricordare che il D.P.C.M. del 4 dicembre 2019, pubblicato nella GU 30 gennaio 2020 n. 24, ha decretato la ripartizione del Fondo per i diritti e le pari opportunità per l’anno 2019.

 

A tal fine la disposizione prevede l'istituzione di uno speciale programma di assistenza che garantisce assistenza legale, psicologica, sanitaria, sociale alle vittime di discriminazione fondate sull'orientamento sessuale e l'identità di genere nonché ai soggetti che si trovino in condizione di vulnerabilità in relazione all'orientamento sessuale o all'identità di genere in ragione del contesto sociale e familiare di riferimento.

 

Si ricorda che sono attualmente all'esame della Camera dei deputati i disegni di legge AA.CC. 107-569-868-2171 e 2255, recanti modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, proprio in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere.

 

Si valuti l'opportunità di meglio precisare l'ambito soggettivo di applicazione, chiarendo quali siano i requisiti che i richiedenti devono possedere per poter accedere ai servizi previsti dal programma di assistenza.

 

L'attuazione degli interventi previsti è demandata a successivi provvedimenti normativi (comma 2).

Si valuti l'opportunità di chiarire quali siano i provvedimenti normativi ai quali la norma fa riferimento e il loro iter di adozione, nonché di esplicitare se a tali provvedimenti sia rimessa anche la ripartizione delle risorse stanziate.

 

Il comma 3 reca la copertura finanziaria: agli oneri derivanti dalla disposizione in esame si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui al comma 200 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2000 (per il cui si rifinanziamento si veda il comma 5 dell'articolo 265 del d.l. in conversione).

 

 


 

Titolo V – Enti territoriali e debiti commerciali degli enti territoriali

Articolo 106, commi 1-3
(Fondo per l’esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali)

 

 

L’articolo 106, ai commi 1-3, prevede l’istituzione di un fondo con una dotazione di 3,5 miliardi di euro per l’anno 2020, destinato ad assicurare ai comuni, alle province e alle città metropolitane, le risorse necessarie per l’espletamento delle funzioni fondamentali in relazione alla possibile perdita di entrate locali connesse all’emergenza Covid-19.

Il riparto del fondo è demandato ad un decreto del Ministro dell’interno entro il 10 luglio 2020; tuttavia, al fine di assicurare una celere erogazione di risorse per fronteggiare l’emergenza sanitaria da COVID-19, si prevede, in ogni caso, l’erogazione a ciascun ente, entro 10 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge in esame, del 30 per cento del fondo a titolo di acconto sulle somme spettanti.

Al fine di monitorare la tenuta delle entrate locali, si prevede l’istituzione di un apposito tavolo tecnico presso il Ministero dell’economia e delle finanze, con il compito di esaminare le conseguenze connesse all’emergenza Covid-19 sull’espletamento delle funzioni fondamentali, con riferimento alla possibile perdita di gettito relativa alle entrate rispetto ai fabbisogni di spesa di ciascun ente.

 

L’articolo 106 prevede, al comma 1, l’istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero dell’interno con una dotazione di 3,5 miliardi di euro per l’anno 2020. Tale fondo concorre ad assicurare ai comuni, alle province e alle città metropolitane le risorse necessarie per l’espletamento delle funzioni fondamentali, anche in relazione alla possibile perdita di entrate locali connesse all’emergenza Covid-19, nella misura di 3 miliardi in favore dei comuni e di 0,5 miliardi in favore di province e città metropolitane.

I criteri e le modalità di riparto del fondo, tra gli enti di ciascun comparto, sono rinviati a un decreto del Ministero dell’interno da adottare entro il 10 luglio 2020, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e previa intesa in Conferenza stato città ed autonomie locali, sulla base degli effetti determinati dall’emergenza COVID-19 sui fabbisogni di spesa e sulle minori entrate (calcolate al netto delle minori spese, e tenendo conto delle risorse assegnate a vario titolo a ristoro delle predette minori entrate e delle maggiori spese), come valutati dall’apposito Tavolo tecnico istituito dal successivo comma 2.

Al fine di assicurare, in ogni caso, una celere erogazione di risorse per fronteggiare l’emergenza sanitaria da COVID-19, si prevede, nelle more dell’adozione del suddetto decreto, che una quota pari al 30 per cento della componente del fondo spettante a ciascun comparto sia erogata, entro 10 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge in esame, a ciascuno degli enti del comparto a titolo di acconto sulle somme spettanti, in proporzione alle entrate accertate al 31 dicembre 2019 di cui ai titoli I e III (tributarie ed extratributarie, tipologie 1 e 2), come risultanti dal SIOPE.

La norma prevede una verifica a consuntivo della effettiva perdita di gettito e dell’andamento delle spese, da effettuare entro il 30 giugno 2021, ai fini dell'eventuale conseguente regolazione dei rapporti finanziari tra Comuni e tra Province e Città metropolitane, con conseguente eventuale rettifica delle somme originariamente attribuite.

All’onere di cui al presente comma, pari a 3,5 miliardi di euro per l’anno 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265, recante la copertura complessiva del provvedimento.

 

Al fine di monitorare gli effetti dell’emergenza Covid-19 sulle tenuta delle entrate locali dei comuni, delle province e delle città metropolitane, ivi incluse le entrate dei servizi pubblici locali, rispetto ai fabbisogni di spesa, il comma 2 prevede l’istituzione, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, entro dieci giorni dall’entrata in vigore del decreto legge in esame, di un tavolo tecnico presso il Ministero dell’economia e delle finanze, presieduto dal Ragioniere generale dello Stato o da un suo delegato, con il compito di esaminare le conseguenze connesse all’emergenza Covid-19 sull’espletamento delle funzioni fondamentali, con riferimento alla possibile perdita di gettito delle entrate locali rispetto ai fabbisogni di spesa.

Il Tavolo è composto da: due rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze, due rappresentanti del Ministero dell’interno, due rappresentanti dell’ANCI, di cui uno per le città metropolitane, un rappresentante dell’UPI e dal Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Ai componenti del tavolo non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati. Il tavolo si avvale inoltre, senza nuovi o maggiori oneri, del supporto tecnico della SOSE - Soluzioni per il Sistema Economico S.p.A.

 

Infine, il comma 3 da facoltà al Ragioniere generale dello Stato, per le finalità di cui sopra, di attivare, anche con l’ausilio dei Servizi ispettivi di finanza pubblica (SIFiP), monitoraggi presso Comuni, Province e Città metropolitane, per verificare il concreto andamento degli equilibri di bilancio, ai fini del riparto del fondo e della quantificazione della perdita di gettito, dell’andamento delle spese e dell’eventuale conseguente regolazione dei rapporti finanziari tra Comuni, Province e Città metropolitane.

 

I Servizi ispettivi di finanza pubblica (SIFiP), istituiti presso il Ministero dell'economia e finanze – Ragioneria Generale dello Stato, svolgono verifiche amministrativo-contabili presso tutte le pubbliche amministrazioni, finalizzate ad accertare la regolarità della gestione amministrativa e contabile e le modalità di utilizzo delle risorse pubbliche. In via generale, il Ministero dell'economia e finanze – Ragioneria Generale dello Stato, per tramite dei Servizi ispettivi di finanza pubblica (SiFiP), ai sensi della disciplina sui poteri di monitoraggio attribuiti alla RGS dalla legge di contabilità nazionale (articolo 14, legge n. 196/2009), procede in ogni caso ad effettuare verifiche circa gli eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica. Sulla base di tali poteri, l'articolo 5 del D.Lgs. n. 149/2011, consente al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – di attivare verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile, qualora un ente, anche attraverso le rilevazioni SIOPE, evidenzi situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori: ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria; disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio; anomale modalità di gestione dei servizi per conto di terzi.

 

 


 

Articolo 106, comma 3-bis
(Differimento termini relativi ai bilanci di previsione
degli enti locali)

 

 

Il comma 3-bis dell’articolo 106, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, dispone il differimento al 30 settembre 2020 del termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2020–2022 degli enti locali, attualmente fissato al 31 luglio, in considerazione delle condizioni di incertezza sull’entità delle risorse disponibili per gli enti locali.

È altresì differito al 30 settembre anche il termine per la deliberazione di salvaguardia degli equilibri generali di bilancio, da parte dell’organo consiliare.

E inoltre differito al 31 gennaio 2021 il termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l’esercizio 2021.

Infine, vengono differiti i termini entro i quali le delibere e i regolamenti concernenti determinati tributi comunali devono essere pubblicate al fine di acquisire efficacia a decorrere dalla data di pubblicazione.

 

In particolare, attraverso la modifica e l’integrazione dell’articolo 107 comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, la disposizione prevede:

a)   il differimento al 30 settembre 2020 del termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2020–2022 degli enti locali, ordinariamente fissato al 31 dicembre dell’anno precedente dall’articolo 151 del TUEL (Testo unico dell’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000).

Si rammenta che, il termine di approvazione del bilancio di previsione all’esercizio finanziario 2020 era già stato differito al 31 marzo 2020 con il decreto del Ministro dell’interno del 13 dicembre 2019 e poi al 31 luglio dall’art. 107, comma 2, del D.L. n. 18/2020, contestualmente alla deliberazione di controllo a salvaguardia degli equilibri di bilancio a tutti gli effetti di legge, prevista dall’articolo 193, comma 2, del TUEL entro il 31 luglio di ogni anno.

b)  il differimento al 30 settembre 2020 del termine, previsto al 31 luglio dall’articolo 193, comma 2, del TUEL, per la deliberazione da parte dell’organo consiliare del permanere degli equilibri generali di bilancio.

Si rammenta che ai sensi dell’articolo 193, comma 2, del TUEL, con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente locale, e comunque almeno una volta entro il 31 luglio di ciascun anno, l'organo consiliare provvede con delibera a dare atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, ad adottare, contestualmente:

- le misure necessarie a ripristinare il pareggio qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di gestione o di amministrazione, per squilibrio della gestione di competenza, di cassa ovvero della gestione dei residui;

- i provvedimenti per il ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio, di cui all'art. 194;

- le iniziative necessarie ad adeguare il fondo crediti di dubbia esigibilità accantonato nel risultato di amministrazione in caso di gravi squilibri riguardanti la gestione dei residui.

La deliberazione è allegata al rendiconto dell'esercizio relativo.

 

c)   il rinvio, per il solo 2020, dei termini entro i quali le delibere e i regolamenti concernenti determinati tributi comunali devono essere pubblicate al fine di acquisire efficacia a decorrere dalla data di pubblicazione. In particolare, i termini differiti sono quelli stabiliti dall’articolo 13, comma 15-ter, del decreto-legge n.201 del 2011[4] e dall’articolo 1, commi 762 e 767, della legge n.160 del 2019[5] (legge di bilancio per il 2020), i quali, dal 14 ottobre e dal 28 ottobre, sono rinviati, rispettivamente, al 31 ottobre e al 16 novembre.

 

d)  il differimento al 31 gennaio 2021 del termine per la deliberazione del bilancio di previsione dell’esercizio finanziario 2021.

 

 

 


 

Articolo 106-bis
(Fondo per i comuni in dissesto finanziario)

 

 

L’articolo 106-bis, introdotto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, istituisce un fondo, con una dotazione di 20 milioni di euro per il 2020, in favore dei comuni in stato di dissesto finanziario alla data del 15 giugno 2020.

 

Il nuovo fondo, istituito presso il Ministero dell’interno, è finalizzato:

§  per il 50% ad interventi di manutenzione straordinaria di beni immobili di proprietà dei comuni in stato di dissesto finanziario[6], da destinare alla Polizia di Stato e ai Carabinieri;

§  per il 50% ai comuni in dissesto finanziario i cui organi sono stati sciolti a seguito di fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare.

 

La ripartizione delle risorse del fondo, pari a 20 milioni di euro per il 2020, è fatta con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenze Stato-Città ed autonomie locali, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, sulla base della popolazione residente al 31 dicembre 2018.

 

La disciplina relativa allo scioglimento dei consigli comunali e provinciali per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare è dettata agli articoli da 143 a 146 del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (TUEL), di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. Come sottolineato dalla Corte costituzionale, questa particolare ipotesi di scioglimento rappresenta una «misura governativa straordinaria» che è «funzionale all’esigenza di contrasto della criminalità organizzata mafiosa o similare» (sentenza n. 182 del 2014).

Il presupposto per lo scioglimento è la presenza di "concreti, univoci e rilevanti elementi":

su collegamenti con la criminalità organizzata di tipo mafioso degli amministratori locali;

ovvero su forme di condizionamento degli stessi.

In entrambi i casi occorre che: risultino compromessi la libera determinazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni, nonché il regolare funzionamento dei servizi loro affidati; i richiamati collegamenti o le forme di condizionamento siano idonei ad arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica (art. 143, comma 1, TUEL).

Al prefetto competente per territorio sono demandati l’iniziativa e lo svolgimento di ogni opportuno approfondimento al fine di verificare la sussistenza dei richiamati elementi e a tal fine nomina una commissione di indagine con poteri di accesso presso l'ente locale interessato (art. 143, comma 2, TUEL).

Successivamente il prefetto, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblica competente per territorio, trasmette al Ministro dell'interno una relazione finale nella quale si dà conto della eventuale sussistenza degli elementi che giustificherebbero lo scioglimento dell'ente (art. 143, comma 3, TUEL).

In tale caso, il Ministro può proporre lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale interessato all’indagine se i collegamenti con la criminalità organizzata emergono a carico degli amministratori locali. Lo scioglimento è deliberato dal Consiglio dei ministri e disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, entro tre mesi dalla trasmissione della relazione prefettizia (art. 143, comma 4, TUEL).

Qualora, invece, la relazione prefettizia rilevi la sussistenza degli elementi di collegamento alla criminalità o delle anzidette forme di condizionamento con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti o al personale dell'ente – in alternativa o in aggiunta allo scioglimento dell'ente – il Ministro dell'interno, su proposta del prefetto, può adottare con proprio decreto ogni provvedimento utile a far cessare immediatamente il pregiudizio in atto e ricondurre alla normalità la vita amministrativa dell'ente, inclusa la sospensione dall'impiego del dipendente o la sua destinazione ad altra mansione, con l'obbligo di avvio del conseguente procedimento disciplinare (art. 143, comma 5).

Negli altri casi – ossia nell’ipotesi di insussistenza del presupposto per lo scioglimento del Consiglio ovvero per l’adozione dei provvedimenti correttivi dell’azione amministrativa dell’ente e sanzionatori dei dipendenti coinvolti nell’infiltrazione di tipo mafioso – il Ministro dell'interno, entro tre mesi dalla trasmissione della relazione prefettizia, emana comunque un decreto di conclusione del procedimento in cui dà conto degli esiti dell'attività di accertamento (art. 143, comma 6, TUEL).

Con il decreto di scioglimento la gestione del comune è affidata ad una commissione straordinaria (per un periodo compreso tra dodici e diciotto mesi, prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro in casi eccezionali) che esercita, fino all'insediamento degli organi ordinari a norma di legge, le attribuzioni spettanti al Consiglio, alla Giunta ed al sindaco o presidente di provincia (art. 144 TUEL).

Il Ministro dell’interno presenta ogni anno al Parlamento una relazione sull’attività svolta dalla gestione straordinaria dei singoli comuni sciolti per infiltrazioni mafiose (art. 146, comma 2, TUEL). L’ultima relazione, riferita all’anno 2019, è stata trasmessa alla Camera il 15 maggio 2020 (Doc. LXXXVIII, n. 3). Nella relazione si pone in evidenza che, dall'analisi dei provvedimenti di scioglimento adottati nel 2019, “il 28,6% dei comuni sciolti per infiltrazione/condizionamento di tipo mafioso versa in condizioni di deficit finanziario e, quindi, ha dichiarato il dissesto o si è avvalso della procedura di riequilibrio pluriennale. Tale dato appare particolarmente significativo se si considera che, a livello nazionale, su 7. 904 comuni, quelli che nel 2019 risultano in dissesto o riequilibrio finanziario pluriennale rappresentano il 4, 7%” (pag. 6).

 


 

Articolo 107
(Reintegro Fondo di Solidarietà Comunale a seguito
dell’emergenza alimentare)

 

 

L’articolo 107 è volto a reintegrare la dotazione del Fondo di solidarietà comunale per l’anno 2020 dell’importo di 400 milioni, distolto dal fondo medesimo a seguito di quanto previsto dall’Ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 658 del 29 marzo 2020, emessa in relazione all’emergenza Covid-19 per garantire misure urgenti di solidarietà alimentare.

 

Si rammenta, infatti, che per assicurare risorse immediate ai comuni per le esigenze connesse all’emergenza Covid-19, a fine marzo 2020 sono stati emanati due provvedimenti:

§  DPCM 28 marzo 2020, recante “Determinazione e riparto del Fondo di solidarietà comunale 2020”, con il quale è stato sancito l’accordo raggiunto l’11 dicembre 2019 in Conferenza Stato-Città, sull’assegnazione delle spettanze ai comuni del Fondo di solidarietà comunale (FSC) per l’anno 2020. L’emanazione del DPCM ha consentito al Ministero dell’Interno di erogare in anticipo l’acconto del 66% del FSC, ordinariamente previsto entro il mese di maggio, corrispondente ad un importo di circa 4,3 miliardi di euro;

§  Ordinanza del Dipartimento Protezione civile n. 658, con la quale sono stati assegnati ai Comuni fondi per complessivi 400 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo di solidarietà comunale, utilizzabili con procedure semplificate, per misure urgenti di solidarietà alimentare. Il riparto dell’assegnazione per “emergenza alimentare” è stato stabilito in base ai criteri di cui al comma 1 dell’articolo 2 dell’ordinanza (80% popolazione; 20% distanza tra redditi pro capite comunali inferiori alla media nazionale e la stessa media; minimo di 600 euro per i comuni piccolissimi e maggior contributo per Comuni dell’originaria “zona rossa”)[7].

All’onere derivante dall’articolo in esame, pari a 400 milioni per il 2020 si provvede ai sensi dell’articolo 265, recante la copertura complessiva del provvedimento.

 

Si ricorda, infine, che il Fondo di solidarietà comunale costituisce il fondo per il finanziamento dei comuni anche con finalità di perequazione, alimentato con una quota del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi. Esso è stato istituito dall'articolo 1, comma 380, della legge di stabilità per il 2013 (legge 228/2012) in ragione della nuova disciplina dell'imposta municipale propria (IMU) introdotta dalla legge medesima, in sostituzione del precedente Fondo sperimentale di riequilibrio comunale previsto dal D.Lgs. n. 23/2011 di attuazione del federalismo municipale.

La dotazione annuale del Fondo è definita per legge (art. 1, comma 448, legge n. 232/2016) ed è in parte assicurata attraverso una quota dell'imposta municipale propria (IMU), di spettanza dei comuni, che in esso confluisce annualmente, nell’importo di 2.768,8 milioni. Nella legge di bilancio per il 2020, il Fondo - iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'interno (cap. 1365) – presenta una dotazione pari a 6.546,3 milioni per il 2020, 6.646,3 milioni per il 2021 e 6.746,3 milioni per il 2022.

Relativamente ai criteri di riparto, definiti dal comma 449 dell'articolo 1 della legge n. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017), si distingue tra le diverse componenti del Fondo: a) una componente puramente "ristorativa", costituita dalla quota di risorse necessarie a compensare i comuni del minor gettito ad essi derivante dall’IMU per le esenzioni e le agevolazioni IMU e TASI previste dalla legge di stabilità 2016, che viene ripartita tra i comuni interessati sulla base del gettito effettivo IMU e TASI relativo all'anno 2015; b) una componente "tradizionale", destinata al riequilibrio delle risorse storiche, che viene ripartita tra i comuni in parte sulla base di criteri compensativi della spesa storica, in parte sulla base di criteri di tipo perequativi, basati sulla differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard.

Per ulteriori approfondimenti sul tema della composizione e del riparto del Fondo di solidarietà comunale, si rinvia al Tema: “Le risorse per i comuni: il Fondo di solidarietà comunale”.

 

 


 

Articolo 108
(Anticipazione delle risorse in favore di province
e città metropolitane)

 

 

L’articolo 108 interviene sul fondo sperimentale di riequilibrio provinciale, confermandone sostanzialmente la disciplina vigente e rideterminandone l’importo per l’anno 2020 in 184,8 milioni di euro, in aumento di circa 58,3 milioni di euro rispetto alla vigente dotazione di bilancio.

Sono altresì confermati i criteri vigenti per la determinazione ed il riparto dei trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione, corrisposti dal Ministero dell'interno in favore delle province appartenenti alla Regione siciliana e alla regione Sardegna.

La norma precisa, tuttavia, che l’applicazione della disciplina vigente è confermata fino “alla revisione del sistema di finanziamento delle Province e delle Città metropolitane”.

 

In particolare, il comma 1 – nel sostituire il comma 6-bis dell’articolo 4 del D.L. n. 210/2015 (recante la vigente disciplina di determinazione e ripartizione delle risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale) - conferma le modalità di riparto del fondo sperimentale di riequilibrio provinciale secondo i criteri già adottati con decreto del Ministro dell'interno 4 maggio 2012[8].

 

Il citato decreto prevede i seguenti criteri di ripartizione:

a)    il 50% in proporzione al valore della spettanza figurativa dei trasferimenti fiscalizzati di ciascuna provincia;

b)   il 38% in proporzione al gettito della soppressa addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, negli importi quantificati per ciascuna provincia nel documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale in data 22 febbraio 2012;

c)    il 5% in relazione alla popolazione residente;

d)   il 7% in relazione all'estensione del territorio provinciale.

 

Ai fini della ricognizione delle risorse da ripartire e da attribuire, si conferma altresì la previsione di un decreto annuale del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.

Per l’anno 2020, tuttavia, la disposizione provvede direttamente a rideterminare la dotazione del Fondo medesimo, iscritto sul capitolo 1352 dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’interno, in 184.809.261 euro, in aumento di circa 58,3 milioni di euro rispetto alla dotazione di bilancio.

 

Nel bilancio di previsione per il 2020, si rammenta, il Fondo di riequilibrio provinciale per le città metropolitane e le province ricomprese nelle regioni a statuto ordinario (cap. 1352/Interno) presenta una dotazione di 126,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022.

Tali risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio per l'anno 2020 sono già state ripartite con il D.M. Interno 9 aprile 2020. A sensi dell'art. 3, del citato decreto, l’importo spettante è stato erogato in unica soluzione entro il 30 aprile 2020.

 

La norma in esame, infine, nel riformulare le disposizioni vigenti, precisa che l’attuale disciplina di determinazione e ripartizione delle risorse del Fondo è confermata “sino alla revisione del sistema di finanziamento delle Province e delle Città metropolitane”.

 

Con riguardo alla previsione di una revisione del sistema di finanziamento delle Province e delle Città metropolitane, si rammenta come le ingenti misure di riduzione della spesa, imposte a province e città metropolitane a partire dal 2010 per assicurare il concorso di tali enti al risanamento dei conti pubblici, nonché la riforma effettuata con la legge 56/2014 che ha ridefinito le funzioni e il ruolo delle province stesse, hanno inciso profondamente sugli assetti finanziari di tali enti. Infine, la mancata approvazione della riforma costituzionale nel 2016, che prevedeva, tra l'altro, la soppressione delle province, ha ulteriormente fatto emergere la necessità di interventi di razionalizzazione degli assetti istituzionali e finanziari degli enti in questione.

Nel corso degli ultimi anni, per superare le difficoltà economico-finanziarie del comparto, si è proceduto mediante l’attivazione di misure straordinarie di carattere finanziario a favore di Province e Città metropolitane, con l'autorizzazione di diversi contributi a sostegno della spesa per l'esercizio delle funzioni fondamentali, nonché per sostenere gli investimenti.

 

Il Fondo sperimentale di riequilibrio per le province delle regioni a statuto ordinario è stato istituito dall'articolo 21 del D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68[9], in attuazione della legge delega sul federalismo fiscale, per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attribuzione alle province dell’autonomia di entrata. Il Fondo, operante dal 2012, è alimentato dal gettito della compartecipazione provinciale all’IRPEF, la cui aliquota è determinata in misura tale da compensare la soppressione dei trasferimenti erariali ed il venir meno delle entrate legate all’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, anch’essa soppressa dall’anno 2012.

La soppressione dei trasferimenti erariali delle province è stata attuata nel 2012, con il D.P.C.M. 12 aprile 2012, nell'importo di 1.039,9 milioni (secondo le risultanze contenute nel documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale nella seduta del 22 febbraio 2012). A seguito di tale soppressione, è stato istituito il Fondo sperimentale di riequilibrio delle province, finalizzato a realizzare in forma progressiva ed equilibrata l'attuazione dell'autonomia di entrata delle province, determinato nel medesimo importo di 1.039,9 milioni di euro (con il D.M. Interno 4 maggio 2012). A decorrere dal 2014, la dotazione è stata poi rideterminata in 1.046,9 milioni.

Rispetto alla sua dotazione teorica, le risorse effettivamente disponibili in bilancio del Fondo (iscritto sul cap. 1352/Interno) sono state via via ridotte nel corso degli anni, ad opera di diversi provvedimenti normativi che hanno disposto il taglio dei trasferimenti in favore delle province al fine di garantire il concorso di tali enti al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica[10]. Di fatto, il taglio disposto dal primo decreto-legge di spending review (D.L. n. 95/2012, che a decorrere dal 2015 raggiunge l'importo complessivo di oltre 1,2 miliardi di euro) ha sostanzialmente azzerato il Fondo sperimentale di riequilibrio, inficiandone, di fatto, la finalità programmatoria e di riequilibrio ad esso assegnata dal legislatore. Come già sopra ricordato, nel bilancio di previsione per il 2020, il Fondo di riequilibrio provinciale presenta una dotazione di 126,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022.

 

 

Il comma 1 conferma altresì, sempre sino alla revisione del sistema di finanziamento delle Province e delle Città metropolitane, i criteri per la determinazione ed il riparto dei trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione, corrisposti dal Ministero dell'interno in favore delle province appartenenti alla Regione siciliana e alla regione Sardegna, in base alle disposizioni dell'articolo 10, comma 2, del D.L. n. 16 del 2014.

Si sottolinea che il riferimento alle province delle sole Regioni Sicilia e Sardegna è dovuto al fatto che in queste regioni - contrariamente a quanto avviene nelle altre regioni a statuto speciale - la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato[11].

La disposizione richiamata dal comma – che a sua volta rinvia alle precedenti disposizioni dell’articolo 4, comma 6, del D.L. n. 16 del 2012 - disciplina la quantificazione dei trasferimenti erariali per gli enti locali che non sono stati oggetto di fiscalizzazione nell’anno 2012, ai sensi della legge n. 42 del 2009 di attuazione del federalismo fiscale, e pertanto ancora spettanti agli enti locali.

Si rammenta che, secondo le risultanze contenute nel documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale nella seduta del 22 febbraio 2012, il D.P.C.M. 12 aprile 2012 ha quantificato i trasferimenti statali non fiscalizzati per le province per il 2012, nell’importo di 13,4 milioni.

 

Si ricorda che con il termine di “trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione” si intendono - per quel che concerne gli enti locali delle regioni a statuto ordinario - quei trasferimenti residuali che, in linea di massima, non presentando il carattere della generalità e della permanenza, non sono stati soppressi dai provvedimenti attuativi del federalismo fiscale, nonché i trasferimenti erariali spettanti agli enti locali delle regioni a Statuto speciale che non rientrano ancora nel sistema del federalismo fiscale, necessari a finanziare i bilanci e le funzioni ad esse attribuite.

Tali trasferimenti continuano ancora ad essere assegnati agli enti come spettanza ed erogati dal Ministero dell’interno alle scadenze indicate nel suo decreto del 21 febbraio 2002[12].

 

Il comma 2 dispone la copertura finanziaria degli oneri recati dall’incremento del Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale previsto dal comma 1, nell’importo di circa 58,3 milioni di euro nel 2020, cui si provvede mediante corrispondente utilizzo delle risorse recuperate nel 2020 dall’Agenzia delle entrate ai sensi dell’articolo 1, commi 128 e 129, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all’erario.

 

I citati commi, si rammenta, dispongono, a decorrere dal 1° gennaio 2013, il recupero integrale delle somme a debito a qualsiasi titolo dovute dagli enti locali al Ministero dell’interno a valere su qualunque assegnazione finanziaria dovuta dal Ministero stesso (comma 128). In caso di incapienza sulle assegnazioni finanziarie, l'Agenzia delle Entrate provvede a trattenere le relative somme, per i comuni interessati, all'atto del pagamento agli stessi dell'imposta municipale propria e, per le province, all'atto del riversamento alle medesime dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore. Con cadenza trimestrale, gli importi recuperati dall'Agenzia delle entrate sono riversati dalla stessa Agenzia ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato ai fini della successiva riassegnazione ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'interno.

 

 


 

Articolo 109
(Servizi delle pubbliche amministrazioni)

 

 

L’articolo 109 modifica la disciplina già vigente introdotta a seguito della conversione del D.L. 18/2020, riguardante i servizi delle pubbliche amministrazioni, in considerazione dei provvedimenti di sospensione di alcuni servizi, laddove disposta con ordinanze regionali o altri atti, relativamente a prestazioni in forme individuali domiciliari o a distanza, ovvero negli stessi luoghi ove si svolgono normalmente i servizi a carattere educativo, scolastico, sociosanitario e socioassistenziale, senza ricreare aggregazione, mediante personale dipendente da soggetti privati. Le priorità di tali prestazioni sono individuate dall'amministrazione competente, tramite coprogettazioni con gli enti gestori privati e vengono retribuite con importi già dovuti per l'erogazione del servizio standard, cui si sommano quote soggette alla verifica del mantenimento delle strutture che attualmente hanno sospeso l’attività e quote eventualmente riconosciute a copertura delle spese residue incomprimibili. In relazione alle ore non lavorate, sono riconosciuti i trattamenti del fondo di integrazione salariale e di cassa integrazione in deroga. L’articolo contiene anche una disposizione a sostegno del trasporto scolastico.

 

A seguito degli atti adottati ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del D.L. 6/2020 sono stati previsti uno o più decreti dell’Esecutivo per l’attuazione delle misure di emergenza, tra cui misure di sospensione. La disciplina relativa alle prestazioni individuali fornite dalle pubbliche amministrazioni durante tali sospensioni, come previsto dall’art. 48 del D.L.. 18/2020 (consulta scheda), viene ora integrata e rettificata in più punti:

§  vengono modificati i riferimenti normativi utilizzati, allo scopo di meglio definire l’ambito di intervento di tali servizi delle pubbliche amministrazioni, durante la sospensione dei servizi educativi e scolastici rientranti nel nuovo Sistema integrato di educazione e istruzione da zero a sei anni[13], chiarendo che sono estesi anche agli alunni della scuola primaria e secondaria di primo grado e secondo grado, con disabilità certificata ai sensi della legge n. 104/1992[14];

§  viene esteso l’ambito di intervento ad altre attività sociosanitarie e socioassistenziali, oltre ai già previsti centri diurni per anziani e per persone con disabilità, ivi includendo i servizi per i centri diurni e semiresidenziali per minori, per la salute mentale, per le dipendenze e per persona senza fissa dimora, nonchè i servizi differibili;

§  si integra la disciplina vigente con la possibilità che tali servizi siano resi anche su proposta degli enti gestori di specifici progetti, per le stesse finalità dei servizi in esame resi dalle pubbliche amministrazioni. Queste ultime possono continuare ad avvalersi anche di personale dipendente da soggetti privati che operano in base a contratti di convenzione, concessione o appalto, che risulti disponibile e già impiegato in tali servizi.

Rimane la precisazione che le prestazioni svolte in forme domiciliari devono essere rese nel rispetto delle direttive sanitarie applicate negli stessi luoghi ove si svolgono normalmente i servizi, senza che si possa ricreare aggregazione. Continua inoltre a valere che tali servizi possono essere svolti secondo priorità individuate dall’amministrazione competente, tramite co-progettazioni con gli enti gestori, impiegando i medesimi operatori ed i fondi ordinari destinati a tale finalità, alle stesse condizioni assicurative già previste, anche in deroga a eventuali clausole contrattuali, convenzionali, concessorie. In particolare, si prevede che devono essere adottati specifici protocolli per la definizione di tutte le misure necessarie per assicurare la massima tutela della salute di operatori ed utenti.

 

Il comma 2 autorizza le pubbliche amministrazioni, durante la sospensione dei sopra richiamati servizi educativi e scolastici e dei servizi sociosanitari e socioassistenziali, al pagamento dei gestori privati di tali servizi per il tutto il periodo della sospensione, sulla base delle risorse disponibili e delle prestazioni rese in altra forma. Rispetto al testo previgente, quindi, non si fa più riferimento agli importi di spesa iscritti nel bilancio preventivo.

Nel caso in cui le prestazioni siano convertite in altra forma, in deroga alla normativa vigente sui contratti pubblici relativi a lavori e servizi (D.Lgs. n. 50/2016) e previo accordo tra le parti secondo le modalità indicate al precedente comma 1 (convenzione, concessione o appalto), le stesse devono essere retribuite ai gestori con le seguenti quote:

§  quota parte dell’importo dovuto per l’erogazione del servizio standard secondo le modalità attuate precedentemente alla sospensione e subordinatamente alla verifica dell’effettivo svolgimento dei servizi;

§  un’ulteriore quota per il mantenimento delle strutture attualmente interdette, ad esclusiva cura degli affidatari di tali attività, tramite personale a ciò preposto, in modo che le strutture siano immediatamente disponibili e in regola con tutte le disposizioni vigenti, all’atto della ripresa della normale attività;

§  una terza quota, eventualmente riconosciuta a copertura delle spese residue incomprimibili, definita tenendo anche in considerazione altre entrate che affluiscono agli enti gestori.

Rispetto alla normativa previgente, pertanto, si segnala la corresponsione di questa ulteriore quota che dovrebbe essere corrisposta in relazione alle spese residue degli enti gestori, definite “incomprimibili”, categoria residuale che presumibilmente comprende costi di gestione giustificati dall’emergenza, che vengono sostenuti in aggiunta a quelli legati all’erogazione del servizio standard e oltre ai costi fissi di mantenimento delle strutture, al netto di eventuali entrate residue mantenute a qualsiasi titolo e per altri contributi ricevuti.

 

Si precisa, infine, che a seguito dell'attivazione dei servizi di cui al comma precedente, è fatta comunque salva la possibilità per i gestori privati di usufruire, in relazione alle ore non lavorate, dei trattamenti del fondo di integrazione salariale e di cassa integrazione in deroga per il personale utilizzato nei servizi resi dai gestori privati. Questi vengono attivati, qualora già riconosciuti per la sospensione dei servizi per l'infanzia (sistema di istruzione 0-6 anni) e degli altri servizi sociosanitari e socioassistenziali elencati al comma 1, nonché in relazione ai servizi degli educatori per gli alunni disabili se previsti da accordi definiti all’articolo 4-ter del DL 18/2020 medesimo, nell'ambito dei provvedimenti di sospensione assunti in attuazione del D. L. n. 6 del 2020 e con ordinanze regionali o altri provvedimenti che dispongano la sospensione dei centri diurni per anziani e persone con disabilità (comma 3).

 

La norma reca, infine, la lettera b) (non coerente con la formulazione dell’articolo e per la quale appare necessaria una rettifica di coordinamento formale del testo) che esclude il servizio di trasporto scolastico dal divieto di decurtazione dei corrispettivi, previsto all’art. 92, comma 4-bis, primo periodo, del DL. 18/2020: si tratta della disposizione che ha previsto che non possano essere applicate, da parte dai committenti dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale e di trasporto scolastico, anche laddove negozialmente previste, decurtazioni di corrispettivo, né sanzioni e/o penali nei confronti dei gestori di tali servizi, in ragione delle minori corse effettuate o delle minori percorrenze realizzate a decorrere dal 23 febbraio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, al fine di contenere gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e delle misure di contrasto alla diffusione del virus.

In materia interviene anche l’art. 200, comma 3 del presente decreto legge (alla cui scheda si rinvia), che ricomprende invece i servizi ferroviari passeggeri di lunga percorrenza e quelli interregionali indivisi, tra quelli per cui la riduzione del servizio di trasporto in conseguenza dell’emergenza Covid-19 non comporta decurtazioni di corrispettivo o l’applicazione di sanzioni o penali.

 


 

Articolo 110
(Rinvio termini bilancio consolidato)

 

 

L’articolo 110 differisce dal 30 settembre al 30 novembre 2020 il termine per l’approvazione del bilancio consolidato 2019 da parte delle Regioni, degli enti locali e dei loro enti e organismi strumentali.

 

Il D.Lgs. n. 118 del 2011 disciplina l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali (comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane e unioni di comuni) e dei loro enti e organismi strumentali (enti richiamati dall’articolo 1, comma 1). Tali enti sono tenuti a redigere il bilancio consolidato con i propri enti ed organismi strumentali, aziende, società controllate e partecipate, secondo le modalità ed i criteri individuati nel principio applicato del bilancio consolidato di cui all'allegato n. 4/4 dello stesso D.Lgs. n. 118 del 2011.

L’allegato n. 4/4 al D.Lgs. n. 118 del 2011[15] afferma che il bilancio consolidato è un documento contabile a carattere consuntivo che rappresenta il risultato economico, patrimoniale e finanziario del «gruppo amministrazione pubblica», attraverso un'opportuna eliminazione dei rapporti che hanno prodotto effetti soltanto all'interno del gruppo, al fine di rappresentare le transazioni effettuate con soggetti esterni al gruppo stesso. Il bilancio consolidato è predisposto dall'ente capogruppo, che ne deve coordinare l'attività.

Le regioni, gli enti locali e i loro enti e organismi strumentali (enti di cui all'articolo 1, comma 1, del D.Lgs.  n. 118 del 2011) redigono un bilancio consolidato che rappresenti in modo veritiero e corretto la situazione finanziaria e patrimoniale e il risultato economico della complessiva attività svolta dall'ente attraverso le proprie articolazioni organizzative, i suoi enti strumentali e le sue società controllate e partecipate. Il bilancio consolidato è quindi lo strumento informativo primario di dati patrimoniali, economici e finanziari del gruppo, inteso come un'unica entità economica distinta dalle singole società e/o enti componenti il gruppo, che assolve a funzioni essenziali di informazione, sia interna che esterna, che non possono essere assolte dai bilanci separati degli enti e/o società componenti il gruppo né da una loro semplice aggregazione.

Il termine ordinario per l’approvazione del bilancio consolidato è il 30 settembre dell’anno successivo (art. 18, comma 1, lett. c)).


 

Articolo 110, comma 1-bis
(Differimento termine adozione bilanci di esercizio
dell’anno 2019 enti settore sanitario)

 

 

Il comma 1-bis dell’articolo 110, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, dispone il differimento al 30 giugno 2020 del termine per l’adozione dei bilanci di esercizio dell’anno 2019 degli enti del settore sanitario e della gestione sanitaria accentrata presso la regione (rispetto al 31 maggio previsto dal decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18).

Sono altresì differiti i termini entro cui la giunta regionale deve approvare i suddetti bilanci d'esercizio dell’anno 2019, nonché il bilancio consolidato dell’anno 2019 del Servizio sanitario regionale, che vengono fissati, rispettivamente, al 31 luglio e al 30 novembre 2020 (rispetto al 30 giugno e 31 luglio 2020 previsto dal D.L. n. 18/2020).

 

A tal fine viene sostituito il comma 3 dell’articolo 107 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, che recava un primo rinvio dei suddetti termini rispetto alle scadenze ordinarie stabilite dal D.Lgs. n. 118/2011.

 

In particolare, il comma 1-bis dispone, per l’anno 2020, il differimento al 30 giugno 2020 del temine per l’adozione del bilancio di esercizio relativo all’anno 2019 degli enti del settore sanitario e della gestione sanitaria accentrata presso la regione.

Tale termine, ordinariamente fissato dall’articolo 31 del D.Lgs. n. 118/2011 al 30 aprile dell'anno successivo, era già stato differito al 31 maggio dall’articolo 3 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.

La disposizione riguarda il bilancio di esercizio degli enti di cui alla lettera c) del comma 2 dell'articolo 19 del D.Lgs. n. 118/2011 (e cioè aziende sanitarie locali, aziende ospedaliere, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, anche se trasformati in fondazioni, aziende ospedaliere universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale), la cui adozione spetta al direttore generale, e il bilancio di esercizio della gestione sanitaria accentrata presso la regione (qualora le singole regioni esercitino la scelta di gestire direttamente presso la regione una quota del finanziamento del proprio servizio sanitario, di cui alla lettera b), punto i), del comma 2 dell'articolo 19 del D.Lgs. n. 118/2011), la cui adozione spetta al responsabile della gestione sanitaria accentrata presso la regione.

 

Di conseguenza, il comma in esame provvede a modificare per l’anno 2020 i termini entro cui la giunta regionale deve approvare i predetti bilanci d'esercizio dell’anno 2019, previsti all’articolo 32, comma 7, del medesimo D.Lgs. n. 118/2011, fissandoli al 31 luglio.

 

Si rammenta che tale termine, ordinariamente fissate al 31 maggio dalla normativa vigente, ai sensi dell’art. 32, comma 7, del D.Lgs. n. 118/2011, è già stato differito al 30 giugno, dall’articolo 107, comma 3, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.

 

Viene inoltre differito al 30 novembre 2020 il termine per l’approvazione del bilancio consolidato dell’anno 2019 del Servizio sanitario regionale da parte della giunta regionale.

 

Si rammenta che tale termine, ordinariamente fissate al 30 giugno dalla normativa vigente, ai sensi dell’art. 32, comma 7, del D.Lgs. n. 118/2011, è già stato differito al 31 luglio 2020, dall’articolo 107, comma 3, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.

 


 

Articolo 111
(Fondo per l’esercizio delle funzioni delle Regioni
e delle Province autonome)

 

 

L’articolo 111 istituisce un fondo con una dotazione di 1,5 miliardi di euro per il 2020 da ripartire tra le Regioni e le Province autonome sulla base della rispettiva perdita di entrate tributarie dovuta alla emergenza sanitaria e destinato a finanziare le spese essenziali in materia di sanità, assistenza e istruzione. La quantificazione della perdita di gettito da parte delle regioni sarà effettuata da un tavolo tecnico, a composizione mista Stato-Regioni e presieduto dal Ragioniere generale dello Stato, il quale potrà inoltre attivare monitoraggi presso gli enti per verificare il concreto andamento degli equilibri di bilancio.

 

Il comma 1 istituisce presso il Ministero dell’economia e delle finanze un fondo con una dotazione di 1,5 miliardi di euro per il 2020. Il fondo è destinato a coprire l’eventuale perdita di entrate tributarie da parte delle Regioni e delle Province autonome in relazione all’emergenza sanitaria in atto, al fine di assicurare le risorse necessarie per l’espletamento delle funzioni essenziali in materia di sanità, assistenza e istruzione.

Il fondo verrà ripartito tra gli enti con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 31 luglio 2020, previa intesa in Conferenza Stato-Regioni. La ripartizione dovrà essere basata sulla perdita di entrate tributarie dovuta alla emergenza sanitaria in corso, da parte di ciascuna Regione e Provincia autonoma, come individuata e verificata dal tavolo tecnico istituito dal comma 2.

Il comma 1 stabilisce inoltre che entro il 30 giugno 2021, il tavolo tecnico procede alla verifica a consuntivo della perdita di gettito e dell’andamento delle spese, con conseguente eventuale regolazione dei rapporti finanziaria tra regioni e rettifica degli importi attribuiti.

 

Il comma 2 istituisce un tavolo tecnico con il compito di monitorare gli effetti dell’emergenza sanitaria sulle entrate tributarie di Regioni e Province autonome rispetto, principalmente, ai fabbisogni di spesa legati alle funzioni essenziali in materia di sanità, assistenza e istruzione.

Il tavolo è istituito con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge in esame; è presieduto dal Ragioniere generale dello Stato ed è composto da:

§  tre rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze,

§  da un Rappresentante del Ministro degli affari regionali,

§  quattro rappresentanti della Conferenza delle regioni e province autonome (organismo di coordinamento politico tra i Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle Province autonome), di cui uno in rappresentanza delle Autonomie speciali;

§  dal Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard[16];

 

La norma specifica che compito del tavolo tecnico è quello di esaminare la possibile perdita di gettito relativa alle entrate regionali, non compensata da meccanismi automatici, destinate a finanziare le spese essenziali connesse alle funzioni in materia sanità, assistenza e istruzione. Il tavolo opera senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato ed ai suoi componenti non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati. Per il compito assegnatogli, si avvale del supporto tecnico della SOSE[17], società partecipata del Ministero delle finanze che già fornisce supporto tecnico, tra gli altri, alla Ragioneria Generale dello Stato ed alla Commissione Tecnica per i Fabbisogni standard.

 

Il comma 3 prevede che il Ragioniere generale dello Stato possa attivare, con l’ausilio dei Servizi ispettivi di finanza pubblica e su indicazione del Tavolo tecnico, monitoraggi presso le Regioni e le Province autonome, per verificare il concreto andamento degli equilibri di bilancio, ai fini della quantificazione della perdita di gettito e dell’andamento delle spese.

 

Il comma 4, infine, reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’istituzione del fondo, pari all’intera consistenza del fondo stesso, rinviando all’articolo 265 del decreto legge in esame che provvede alla copertura dell’intero provvedimento (si veda la relativa scheda di lettura del presente dossier).

 


 

Articolo 112
(Fondo per i comuni delle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza)

 

 

L’articolo 112 istituisce presso il Ministero dell’interno un fondo di 200 milioni di euro per l’anno 2020 in favore dei comuni ricadenti nei territori delle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati è stato individuato tra i comuni beneficiari anche il comune di San Colombano al Lambro, a cui vengono assegnati 500 mila euro.

 

L’articolo 112 istituisce presso il Ministero dell’interno un fondo di 200 milioni di euro per l’anno 2020 in favore dei comuni ricadenti nei territori delle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza, di cui al comma 6 dell’articolo 18 del decreto-legge 9 aprile 2020, n. 23.

Si prevede un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 10 giorni dalla entrata in vigore della norma, con il quale è disposto il riparto del contributo tra i comuni destinatari, sulla base della popolazione residente.

Il riparto del fondo, sulla base della popolazione residente, è stato effettuato con decreto del Ministro dell’interno 27 maggio 2020[18].

I comuni beneficiari devono destinare le risorse assegnate ad interventi di sostegno di carattere economico e sociale connessi con l’emergenza sanitaria da COVID-19.

All’onere di 200 milioni per l’anno 2020 si provvede ai sensi dell’articolo 265 (copertura finanziaria).

 

L’articolo 18 del D.L. n. 23 del 2020 ha disposto per determinati operatori economici la sospensione dei versamenti tributari e contributivi, nonché dei premi per l’assicurazione obbligatoria. In particolare, il comma 6 ha previsto un allargamento dei requisiti per beneficiare della sospensione del versamento dell’IVA nei mesi di aprile e maggio 2020 a favore dei soggetti domiciliati in alcune province particolarmente colpite dall’emergenza Covid-19, ovvero Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza.

 

Il comma 1-bis, inserito nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, riconosce un contributo di 500 mila euro, per l’anno 2020, al comune di San Colombano al Lambro, interamente ricompreso nel territorio della ASL di Lodi, ancorché facente parte della provincia di Milano.

Il contributo è determinato sulla base di quanto previsto dal citato decreto del Ministero dell’interno 27 maggio 2020, il quale ha ripartito il fondo di 200 milioni in esame a favore dei comuni delle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza, sulla base della popolazione residente.

Agli oneri derivanti dal comma 1-bis si provvede a valere sul fondo per le esigenze indifferibili, come rifinanziato dal comma 5 dell’articolo 265 del provvedimento.


 

Articolo 112-bis
(Fondo per i comuni delle zone rosse e per altri territori particolarmente colpiti dall’emergenza sanitaria)

 

 

L’articolo 112-bis, introdotto nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, istituisce presso il Ministero dell’interno un fondo di 40 milioni di euro per l’anno 2020 a favore di comuni particolarmente colpiti dall’emergenza sanitaria non rientranti tra quelli destinatari del fondo previsto dall’articolo 112. Inoltre, introduce, per il 2020, alcune deroghe alla normativa vigente in materia di variazioni di bilancio e obbligo di rendicontazione, relativamente alle risorse trasferite agli enti locali per fronteggiare l’emergenza.

 

Il comma 1 istituisce il fondo con una dotazione di 40 milioni di euro per l’anno 2020 per finanziare interventi di sostegno economico e sociale a favore di comuni particolarmente colpiti dall’emergenza sanitaria, non rientranti tra quelli previsti dall’articolo 112 (il quale istituisce un fondo di 200 milioni a favore dei comuni ricadenti nei territori delle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza).

 

Il comma 2 dispone che il fondo deve essere ripartito entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza Stato città ed autonomie locali.

 

Il comma 3 definisce i criteri per la ripartizione del fondo, prevedendo che si tiene conto, sulla base della popolazione residente:

§  dei comuni individuati come zona rossa o all’interno di una zona rossa per i quali è stato imposto il divieto di accesso o di allontanamento, per effetto di specifiche disposizioni statali o regionali, di durata non inferiore a 15 giorni;

§  di altri comuni, sulla base dell’incidenza, in rapporto alla popolazione residente, del numero di contagi e di decessi da Covid-19, comunicati dal Ministero della salute e accertati alla data del 30 giugno 2020.

 

Il comma 4 prevede alcune deroghe alla normativa vigente per l’anno 2020.

In primo luogo, in caso di esercizio provvisorio, vengono autorizzate le variazioni di bilancio adottate dall’organo esecutivo (la giunta) riguardanti l’utilizzo delle risorse trasferite agli enti locali da norme di legge per fronteggiare l’emergenza Covid-19.

Inoltre, si prevede che per le risorse trasferite agli enti locali da norme di legge per fronteggiare l’emergenza Covid-19, non trova applicazione la norma (di cui all’articolo 158 del decreto legislativo n. 267 del 2000), di carattere generale, che richiede la presentazione del rendiconto per tutti i contributi straordinari erogati agli enti locali.

 

L’articolo 158 del decreto legislativo n.267 del 2000 (Testo unico degli enti locali) prevede che per tutti i contributi straordinari assegnati da amministrazioni pubbliche o dallo Stato agli enti locali è dovuta la presentazione del rendiconto all'amministrazione erogante. Il rendiconto deve essere presentato, a cura del segretario e del responsabile del servizio finanziario, entro il termine perentorio di sessanta giorni dal termine dell'esercizio finanziario relativo; l’inosservanza del termine comporta l'obbligo di restituzione del contributo straordinario assegnato. Il rendiconto, oltre alla dimostrazione contabile della spesa, documenta i risultati ottenuti in termini di efficienza ed efficacia dell'intervento. Ove il contributo attenga ad un intervento realizzato in più esercizi finanziari l'ente locale è tenuto al rendiconto per ciascun esercizio.

 


 

Articolo 113
(
Rinegoziazione mutui enti locali.
Semplificazione procedure di adesione
)

 

 

L’articolo 113 consente agli enti locali di effettuare, nel corso dell’anno 2020, operazioni di rinegoziazione o di sospensione dei mutui e di altre forme di prestito contratti con banche, intermediari finanziari e Cassa depositi e prestiti, anche se in esercizio provvisorio, mediante deliberazione dell’organo esecutivo, fermo restando l’obbligo di provvedere alle relative iscrizioni nel bilancio di previsione.

In caso di adesione ad accordi tra ABI e associazioni di enti locali che prevedono la sospensione delle quote capitale delle rate di ammortamento dei finanziamenti in scadenza nel 2020, la sospensione può avvenire anche in deroga alle norme previste dal TUEL per i mutui contratti con enti diversi da Cassa depositi e prestiti e dall’Istituto per il credito sportivo e in deroga alle norme in tema di rinegoziazione dei mutui con emissione di titoli obbligazionari o con strumenti derivati.

 

Il comma 1, in considerazione delle difficoltà determinate dall’attuale emergenza epidemiologica da virus Covid-19, attribuisce agli enti locali la facoltà di effettuare, nel corso dell’anno 2020, operazioni di rinegoziazione o sospensione della quota capitale di mutui e di altre forme di prestito contratto con le banche, gli intermediari finanziari e la Cassa depositi e prestiti, anche nel corso dell’esercizio provvisorio, mediante deliberazione dell’organo esecutivo (ovvero la Giunta), fermo restando l’obbligo di provvedere alle relative iscrizioni nel bilancio di previsione.

Nel prevedere la rinegoziazione anche per gli enti in esercizio provvisorio, la norma richiama l’articolo 163 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL) il quale disciplina l’esercizio provvisorio e la gestione provvisoria nel caso in cui il bilancio di previsione non sia approvato entro il 31 dicembre dell’anno precedente. Nel corso dell'esercizio provvisorio o della gestione provvisoria, gli enti gestiscono gli stanziamenti di competenza previsti nell'ultimo bilancio approvato per l'esercizio cui si riferisce la gestione o l'esercizio provvisorio, ed effettuano i pagamenti entro i limiti determinati dalla somma dei residui al 31 dicembre dell'anno precedente e degli stanziamenti di competenza al netto del fondo pluriennale vincolato.

 

Al riguardo si evidenzia che la Cassa depositi e prestiti (Cdp) il 23 aprile 2020 ha diffuso la circolare n. 1300 con la quale, per fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid-19, si è resa disponibile alla rinegoziazione per l’anno 2020 dei prestiti in ammortamento al 1° gennaio 2020 concessi a Comuni, Province, Città Metropolitane, Unioni di Comuni, Comunità Montane, inclusi quelli già oggetto di precedenti programmi di rinegoziazione, alle condizioni, nei termini e con le modalità ivi indicate. L’operazione è ampiamente illustrata anche sull’apposito sito istituzionale. Il periodo di adesione va dal 6 al 27 maggio 2020.

La circolare di Cdp richiede, per l’adesione alla rinegoziazione, la delibera dell’organo consiliare, mentre la norma in esame prevede la deliberazione dell’organo esecutivo.

L’operazione prevede la possibilità di rinegoziare i prestiti con capitale residuo non inferiore a 10.000, anche con scadenza ravvicinata, nonché i mutui degli enti in predissesto e quelli degli enti in dissesto qualora abbiano approvato il bilancio stabilmente riequilibrato. Per la rata di giugno, posticipata al 31 luglio, viene sospeso il pagamento della quota capitale e gli interessi saranno calcolati sulla base del piano di ammortamento vigente. La quota capitale della rata di dicembre sarà corrisposta nella misura dello 0,25% del debito residuo 2020, e gli interessi saranno calcolati sulla base del piano post rinegoziazione, la cui scadenza minima è prevista per il 2043. I pagamenti riprenderanno a giugno 2021, comprensivi della quota capitale ordinaria post rinegoziazione.

 

Il comma 2 prevede che in caso di adesione ad accordi promossi dall’Associazione Bancaria Italiana e dalle associazioni degli enti locali, che prevedono la sospensione delle quote capitale delle rate di ammortamento in scadenza nell’anno 2020 dei finanziamenti in essere, con conseguente modifica del relativo piano di ammortamento, tale sospensione può avvenire anche in deroga all'articolo 204 comma 2 del TUEL e all’articolo 41, commi 2 e 2-bis, della legge n. 448 del 2001, fermo restando il pagamento delle quote interessi alle scadenze contrattualmente previste. Le sospensioni in esame non comportano il rilascio di nuove garanzie, essendo le stesse automaticamente prorogate al fine di recepire la modifica del piano di ammortamento.

 

L’art. 204, comma 2 del TUEL dispone che i contratti di mutuo con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, e dall'Istituto per il credito sportivo, devono, a pena di nullità, essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti clausole e condizioni:

a)    l'ammortamento non può avere durata inferiore ai cinque anni;

b)   la decorrenza dell'ammortamento deve essere fissata al 1° gennaio dell'anno successivo a quello della stipula del contratto. In alternativa, la decorrenza dell'ammortamento può essere posticipata al 1° luglio seguente o al 1° gennaio dell'anno successivo e, per i contratti stipulati nel primo semestre dell'anno, può essere anticipata al 1° luglio dello stesso anno;

c)    la rata di ammortamento deve essere comprensiva, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi;

d)   unitamente alla prima rata di ammortamento del mutuo cui si riferiscono devono essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi, al medesimo tasso, decorrenti dalla data di inizio dell'ammortamento e sino alla scadenza della prima rata. Qualora l'ammortamento del mutuo decorra dal primo gennaio del secondo anno successivo a quello in cui è avvenuta la stipula del contratto, gli interessi di preammortamento sono calcolati allo stesso tasso del mutuo dalla data di valuta della somministrazione al 31 dicembre successivo e dovranno essere versati dall'ente mutuatario con la medesima valuta 31 dicembre successivo;

e)    deve essere indicata la natura della spesa da finanziare con il mutuo e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell'investimento, dato atto dell'intervenuta approvazione del progetto definitivo o esecutivo, secondo le norme vigenti;

f)    deve essere rispettata la misura massima del tasso di interesse applicabile ai mutui, determinato periodicamente dal Ministro dell'economia e delle finanze con proprio decreto[19].

L’articolo 41 della legge n. 448 del 2001 prevede, ai commi 2 e 2-bis, che gli enti locali, fermo restando quanto previsto nelle relative pattuizioni contrattuali, possono provvedere alla conversione dei mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996, anche mediante il collocamento di titoli obbligazionari di nuova emissione o rinegoziazioni, anche con altri istituti, dei mutui, in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti stessi, al netto delle commissioni e dell'eventuale retrocessione del gettito dell'imposta sostitutiva sugli interessi, premi ed altri frutti riscossa dalle banche ai sensi dell'articolo 2 del D.Lgs. n. 239 del 1996.

Si prevede, inoltre, che i contratti con cui le regioni e gli enti locali pongono in essere le operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e le operazioni in strumenti derivati devono essere trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro.

 

Al riguardo si sottolinea che l’ANCI, l’UPI e l’ABI hanno stipulato il 7 aprile 2020 un Accordo-quadro in base al quale gli enti locali possono chiedere alle banche, che aderiscono all’Accordo, la sospensione per un anno della quota capitale delle rate dei finanziamenti che scadono nel corso del 2020.

L’Accordo prevede, tra l’altro:

§  la possibile sospensione del pagamento della quota capitale delle rate dei mutui in essere in scadenza nel 2020, per un periodo di 12 mesi;

§  che non sono modificate le condizioni economiche previste contrattualmente: il tasso di interesse al quale viene realizzata l’operazione di sospensione è quello originariamente previsto nel contratto e le banche aderenti non applicheranno alcuna commissione all’operazione di sospensione;

§  che gli interessi maturati nel periodo di sospensione sono corrisposti alla banca alle scadenze contrattualmente previste;

§  al termine del periodo di sospensione, la banca estende la durata del piano di ammortamento originario di 12 mesi.

Nell’Accordo è previsto che le banche possano applicare misure di maggior favore per gli enti locali rispetto a quelle previste nell’Accordo stesso.

 

Gli enti dovranno presentare la richiesta alle banche aderenti entro il 15 maggio, le quali si impegnano a fornire risposta entro i successivi 30 giorni. Sul sito dell’Associazione bancaria è possibile consultare l’elenco aggiornato delle banche aderenti.

 

Si ricorda che l’articolo 112 del decreto-legge n. 18 del 2020 (c.d. “Cura Italia) ha già disposto la sospensione di un anno del pagamento della quota capitale, in scadenza successivamente al 17 marzo 2020, dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. agli enti locali e trasferiti al Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 5, commi 1 e 3, del D.L. n. 269/2003. Il pagamento è differito all’anno immediatamente successivo alla data di scadenza del piano di ammortamento contrattuale, sulla base della periodicità del pagamento prestabilita dal contratto o dal provvedimento regolante il mutuo.


 

Articolo 113, comma 2-bis
(Destinazione degli immobili per finalità diverse
dall'edilizia giudiziaria)

 

 

Il comma 2-bis dell'articolo 113, introdotto nel corso dell'esame alla Camera dei deputati,  prevede che nel caso in cui i mutui concessi agli enti locali da Cassa depositi e prestiti siano stati estinti per essere stati gli obblighi derivanti dal finanziamento interamente assolti ovvero gli stessi siano in ammortamento e sia cessata la destinazione dell'immobile a finalità di edilizia giudiziaria l'immobile possa essere destinato, previo parere favorevole del Ministero della giustizia, alla amministrazione interessata per finalità diverse dall'edilizia giudiziaria, anche in considerazione di particolari condizioni quali quelle determinate dalla attuale emergenza epidemiologica da Covid-19.

 

Il comma 2-bis dell'articolo 113, introdotto nel corso dell'esame alla Camera dei deputati, novella l'articolo 19 della legge n. 119 del 1981, il quale autorizza la concessione agli enti locali di mutui da parte della Cassa depositi e prestiti, per l'esecuzione di costruzioni di nuovi edifici giudiziari ovvero di lavori edilizi per immobili da adibire a sedi di uffici giudiziari.

 

In particolare la disposizione in commento interviene sul comma 3 dell'articolo 19, il quale, a legislazione vigente, prevede che qualora i finanziamenti concessi risultino non ancora erogati o utilizzati, gli enti locali hanno facoltà di impiegare i mutui in questione per realizzare interventi edilizi ("ricostruzione, ristrutturazione, sopra-elevazione, ampliamento, restauro o rifunzionalizzazione") su edifici pubblici da destinarsi a finalità anche differenti dall'edilizia giudiziaria - purché il riuso degli edifici sia funzionale alla realizzazione di progetti di edilizia giudiziaria. Per modificare la destinazione del finanziamento, gli enti locali dovranno presentare apposita istanza di autorizzazione alla Cassa depositi e prestiti, previa acquisizione di parere favorevole da parte del Ministero della giustizia. Sempre il comma 3 dell'articolo 19 prevede infine (ultimo periodo) che nel caso in cui i mutui concessi siano stati estinti per essere stati gli obblighi derivanti dal finanziamento interamente assolti nei confronti della Cassa depositi e prestiti, l'immobile può essere destinato dall'amministrazione interessata a finalità diverse dall'edilizia giudiziaria previo parere favorevole del Ministero della giustizia.

 

Il nuovo comma 2-bis dell'articolo 113 riscrive l'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo 19 della legge n. 119 del 1981, prevedendo che non solo nel caso in cui i mutui concessi siano stati estinti per essere stati gli obblighi derivanti dal finanziamento interamente assolti nei confronti della Cassa depositi e prestiti, ma anche nel caso in cui i mutui concessi siano in ammortamento e sia cessata la destinazione dell'immobile a finalità di edilizia giudiziaria l'immobile possa essere destinato - previo parere favorevole del Ministero della giustizia - alla amministrazione interessata per finalità diverse dall'edilizia giudiziaria, anche in considerazione di particolari condizioni quali quelle determinate dalla attuale emergenza epidemiologica da Covid-19.


 

Articolo 114
(Differimento dei termini per la stabilizzazione dei contributi a favore dei comuni per opere pubbliche e per l’abbattimento
delle barriere architettoniche)

 

 

L’articolo 114 proroga, per l’anno 2020, i termini per l’utilizzo dei finanziamenti autorizzati – dall’art. 30, comma 14-ter, del D.L. 34/2019 – in favore dei comuni con meno di 1.000 abitanti per il potenziamento degli investimenti di messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l’abbattimento delle barriere architettoniche a beneficio della collettività. I termini previsti dal testo iniziale sono stati ulteriormente prorogati nel corso dell’esame alla Camera dei deputati.

 

Al fine di comprendere l’operatività delle proroghe in questione occorre richiamare, seppur in estrema sintesi, il contenuto delle norme oggetto di proroga.

I primi otto periodi del comma 14-ter dell’art. 30 del D.L. 34/2019 – al fine di stabilizzare i contributi a favore dei comuni allo scopo di potenziare gli investimenti per la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l'abbattimento delle barriere architettoniche a beneficio della collettività – hanno:

§  autorizzato, a decorrere dall'anno 2020, l'avvio di un programma pluriennale per la realizzazione degli interventi in questione nei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti;

§  demandato ad un apposito decreto del Ministro dell'interno, da emanare entro il 15 gennaio di ciascun anno, l’effettuazione del riparto delle disponibilità finanziarie tra i comuni in questione, assegnando a ciascun comune un contributo di pari importo.

Per l’esercizio 2020 il riparto è stato disposto con il D.M. Interno 14 gennaio 2020 che, sulla base dell’effettiva disponibilità finanziaria, ha assegnato, a ciascuno dei 1.940 comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, l’importo di 11.597,90 euro.

 

Per l’utilizzo di tali contributi, nei periodi terzo, quarto e sesto del citato comma 14-ter, sono stati fissati i seguenti termini procedurali:

§  inizio dell’esecuzione dei lavori entro il 15 maggio di ciascun anno (tale termine, prorogato per il 2020 al 15 luglio dal testo iniziale dell’articolo in esame, è stato ulteriormente prorogato al 15 settembre 2020 nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati);

§  eventuale revoca del contributo, in tutto o in parte, entro il 15 giugno di ciascun anno (tale termine, prorogato per il 2020 al 30 agosto dal testo iniziale dell’articolo in esame, è stato ulteriormente prorogato al 15 ottobre 2020 nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati) con decreto del Ministro dell'interno, in caso di mancato rispetto del termine di inizio dell'esecuzione dei lavori o di parziale utilizzo del contributo;

§  inizio dell'esecuzione dei propri lavori da parte dei comuni che sono risultati assegnatari delle somme revocate, entro il 15 ottobre di ciascun anno (tale termine, prorogato per il 2020 al 15 novembre dal testo iniziale dell’articolo in esame, è stato ulteriormente prorogato al 15 dicembre 2020 nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati).

 

 


 

Articolo 114-bis
(Sospensione termini e deroghe per enti in riequilibrio)

 

L’articolo 114-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, prevede alcune deroghe alla procedura di dissesto e di riequilibrio finanziario pluriennale enti locali, al fine di tenere conto degli effetti dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

 

Il comma 1 rinvia il termine per l'impugnazione della delibera di approvazione o di diniego del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, di cui all'articolo 243-quater, comma 5, del Testo unico degli enti locali (TUEL). In particolare, si prevede che il termine di 30 giorni ivi indicato, già rinviato al 30 giugno 2020 dal DL n.18/2020, decorre dal 1° gennaio 2021.

 

L'articolo 243-quater del decreto legislativo n.267/2000 (TUEL) prevede che entro dieci giorni dalla delibera di ricorso alla procedura di risanamento finanziario, il piano di riequilibrio finanziario pluriennale è trasmesso alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti e alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, la quale, entro il termine di sessanta giorni dalla data di presentazione del piano, svolge la necessaria istruttoria e redige una relazione finale, che è trasmessa alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti (comma 1).

In fase istruttoria, la Commissione può formulare rilievi o richieste istruttorie, cui l'ente è tenuto a fornire risposta entro trenta giorni (comma 2).

Spetta alla Corte dei conti la delibera sull'approvazione o sul diniego del piano, valutandone la congruenza ai fini del riequilibrio (comma 3). La delibera di accoglimento o di diniego della Corte è comunicata al Ministero dell’Interno (comma 4).

In particolare, il comma 5 (su cui interviene la disposizione in esame), prevede che la delibera di approvazione o di diniego del piano può essere impugnata entro 30 giorni, nelle forme del giudizio ad istanza di parte, innanzi alle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale composizione che si pronunciano nell'esercizio della propria giurisdizione esclusiva in tema di contabilità pubblica, (ai sensi dell'articolo 103, secondo comma, della Costituzione) entro 30 giorni dal deposito del ricorso. Fino alla scadenza del termine per impugnare e, nel caso di presentazione del ricorso, sino alla relativa decisione, le procedure esecutive intraprese nei confronti dell'ente sono sospese.

Si ricorda, infine, che in materia è già intervenuto l’articolo 107, comma 7, del decreto-legge n.18/2020, che ha rinviato al 30 giugno 2020 i termini previsti dai commi 1, 2 e 5, dell’articolo 243-quater del decreto legislativo n.267/2000 (TUEL).

 

Il comma 2 dispone che la verifica sullo stato di attuazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, di cui all’articolo 243-quater, comma 6, del decreto legislativo n.267/2000 (TUEL), non si effettua con riferimento al primo semestre del 2020, mentre la verifica relativa al secondo semestre riguarda l’intero anno e tiene conto degli effetti dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

 

L’articolo 243-quater, comma 6, del decreto legislativo n.267/2000 (TUEL), prevede che ai fini del controllo dell'attuazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale approvato, l'organo di revisione economico-finanziaria dell'ente trasmette al Ministero dell'interno e alla competente Sezione regionale della Corte dei conti, entro quindici giorni successivi alla scadenza di ciascun semestre, una relazione sullo stato di attuazione del piano e sul raggiungimento degli obiettivi intermedi fissati dal piano stesso, nonché, entro il 31 gennaio dell'anno successivo all'ultimo di durata del piano, una relazione finale sulla completa attuazione dello stesso e sugli obiettivi di riequilibrio raggiunti.

 


 

Articolo 114-ter
(Misure urgenti per la distribuzione del
gas naturale nei comuni montani)

 

 

L'articolo 114-ter - introdotto nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati - stabilisce che si considerano efficienti e già valutati positivamente ai fini dell'analisi costi-benefici per i consumatori: le estensioni e i potenziamenti di reti ed impianti esistenti in comuni già metanizzati e le nuove costruzioni di reti ed impianti in comuni da metanizzare che presentano un numero di gradi - giorno maggiore di 3.000 e classificati come montani, nonché nei comuni che hanno presentato nei termini previsti domanda di contributo relativamente al completamento del programma di metanizzazione del Mezzogiorno, nei limiti delle risorse già assegnate.

Il CIPE provvede ad aggiornare conseguentemente i tempi per le modalità istruttorie delle domande di cui alle delibere adottate in materia. A tal fine l'Autorità ammette a integrale riconoscimento tariffario i relativi investimenti.

 

L'articolo 114-ter - introdotto nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati - novella l'articolo 23 del d.lgs. n. 164/2000 (Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale), introducendovi il nuovo comma 4-bis.

La nuova disposizione stabilisce che si considerano efficienti e già valutati positivamente ai fini dell'analisi costi-benefici per i consumatori:

§  le estensioni e i potenziamenti di reti ed impianti esistenti in comuni già metanizzati

§  le nuove costruzioni di reti ed impianti in comuni da metanizzare che presentano un numero di gradi - giorno maggiore di 3.000 (cioè appartenenti alla zona climatica F) prevista dall'articolo 2 del Regolamento recante norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia - DPR n. 412/1993) e classificati come montani ai sensi della L. n. 1102/1971, nonché nei comuni che hanno presentato nei termini previsti domanda di contributo relativamente al completamento del programma di metanizzazione del Mezzogiorno ai sensi della deliberazione 28 gennaio 2015, n. 5/2015 del CIPE in attuazione della L. n. 147/2013, nei limiti delle risorse già assegnate.

 

L'art. 1, co. 319, L. 147/2013, al fine di consentire il completamento del programma di metanizzazione del Mezzogiorno (disciplinato dall'articolo 11 della legge n. 784/1980), ha tra l'altro autorizzato la concessione, ai comuni e ai loro consorzi, di contributi in conto capitale fino ad un massimo del 54 per cento del costo dell'investimento previsto per la realizzazione delle reti urbane del gas metano, per un importo di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2020. I contributi sono erogati qualora l'avanzamento dell'opera raggiunga almeno il 25 per cento della spesa ammessa al finanziamento. Con delibera del CIPE sono stabilite le procedure per la concessione dei contributi secondo le seguenti priorità: a) concessione ai comuni che abbiano già presentato, nei tempi previsti, la domanda di contributo ai sensi delle deliberazioni del CIPE n. 99 del 30 giugno 1999 e n. 28 del 29 settembre 2004; b) proseguimento del programma generale di metanizzazione del Mezzogiorno, biennio operativo, di cui alla deliberazione CIPE del 30 giugno 1999. Alla copertura di tali impegni finanziari si provvede a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione relative alla programmazione nazionale 2014-2020.

In attuazione di quanto previsto dalla precedente disposizione, deliberazione 28 gennaio 2015, n. 5/2015.

 

Il CIPE provvede ad aggiornare conseguentemente i tempi per le modalità istruttorie delle domande di cui alle delibere adottate in materia. A tal fine l'Autorità ammette a integrale riconoscimento tariffario i relativi investimenti.

 

 

 


 

Articolo 115
(Fondo di liquidità per il pagamento dei debiti
commerciali degli enti territoriali)

 

 

L’articolo 115 istituisce un Fondo, con una dotazione di 12 miliardi di euro per il 2020, per assicurare un'anticipazione di liquidità destinata al pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili di Regioni, province autonome, enti locali ed enti del Servizio sanitario nazionale.

 

L'articolo alloca risorse finalizzate a concedere anticipazioni agli enti territoriali che si trovino in uno stato di carenza di liquidità, derivante, come si legge nella relazione illustrativa "anche [..] dalla situazione straordinaria di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell’epidemia da COVID-19". La norma, che consente agli enti beneficiari  di far fronte al pagamento dei propri debiti di carattere commerciale certi, liquidi ed esigibili, fornisce una consistente iniezione di liquidità, in ultima analisi, nei confronti del settore economico nel suo complesso.

Va peraltro segnalato che il ritardo nei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni costituisce una criticità ben antecedente rispetto all'emergenza sanitaria in corso, che verosimilmente non potrà che aver ampliato il fenomeno, per via del rallentamento dell'attività delle pubbliche amministrazioni.

Per ridurre detto ritardo il Governo e il Parlamento hanno in passato adottato soluzioni simili a quelli recati nell'articolo in esame, che hanno contenuto, ancorché non risolto, il problema (si veda in proposito la scheda di approfondimento proposta in calce alla presente scheda).

 

Ai sensi del comma 1, il Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili per gli enti locali e le regioni è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Il Fondo, con una dotazione di 12 miliardi di euro per il 2020, è distinto in due Sezioni (ognuna corrispondente ad un articolo nell'ambito del medesimo capitolo di bilancio) dirette ad assicurare liquidità rispettivamente: i) alle regioni e alle province autonome per i pagamenti dei debiti degli enti del Servizio Sanitario Nazionale; ii) agli enti locali e alle regioni e province autonome per debiti diversi da quelli finanziari e sanitari. Ogni Sezione ha una propria dotazione finanziaria: quella per i debiti degli enti del SSN ha una dotazione pari a 4 miliardi; l'altra Sezione è pari a 8 miliardi.

Eventuali variazioni compensative tra le Sezioni (ovvero fra gli articoli all'interno del medesimo capitolo) possono essere disposte con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di cui si prevede una comunicazione al Parlamento.

Si segnala che nell'ambito della Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti diversi da quelli finanziari e sanitari la dotazione complessiva è ulteriormente ripartita fra enti locali (per una quota pari a 6,5 miliardi) e regioni/province autonome (per una quota pari a 1,5 miliardi).

Agli oneri derivanti dal comma 1, come detto pari a 12 miliardi di euro nel 2020, si provvede ai sensi dell'art.265 (alla cui scheda si fa rinvio).

 

Il comma 2 rinvia ad una convenzione fra il Ministero dell'economia e delle finanze e la Cassa depositi e prestiti S.p.A. (CDP), da stipulare entro 10 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, la definizione delle modalità operative del Fondo.

La disposizione in commento precisa che detta convenzione:

i)    contiene criteri e modalità per l'accesso da parte degli enti territoriali alle risorse delle Sezioni, che dovrà avvenire mediante sottoscrizione di un contratto tipo. Detto contratto è approvato con decreto del Direttore generale del Tesoro ed è pubblicato sui siti internet del Ministero dell'economia e della CDP;

ii)  reca i criteri e le modalità di gestione delle due Sezioni da parte di CDP;

iii)         è pubblicata sui siti internet delle parti contraenti (Ministero dell'economia e CDP).

Il comma 2 inoltre autorizza il medesimo Ministero a trasferire le disponibilità delle richiamate Sezioni su due conti correnti presso la Tesoreria centrale, ad esso intestati, su cui la CDP può effettuare operazioni di prelevamento e versamento per le finalità di cui alle predette Sezioni.

 

Il comma 3 quantifica in 300.000 euro, per il corrente anno, gli oneri connessi alle attività oggetto della richiamata convenzione, per i quali si provvede ai sensi dell’articolo 265.

Ulteriori 300.000 euro sono destinati, ai sensi del comma 4, al potenziamento della struttura di gestione e assistenza tecnica della piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni.

 

In proposito, l'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64  (richiamato dalla disposizione in esame) impone alle amministrazioni pubbliche di registrarsi, ai fini della certificazione delle somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali (ai sensi di disposizioni di leggi ivi richiamate), presso la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato.

Il comma in esame chiarisce che l'intervento è motivato in ragione della centralità del rilascio delle certificazioni al fine di garantire l’operatività di quanto disposto agli articoli 125 e 126 (alle cui schede si rinvia).

 

Anche con riferimento all'onere derivante dal comma 4 si provvede ai sensi dell'art.265.

 

Il ritardo nei pagamenti dei debiti contratti dalle pubbliche amministrazioni costituisce un problema assai risalente, al quale il Governo e il Legislatore hanno tentato di porre rimedio con precedenti interventi legislativi, ed in particolare con  il decreto-legge 35 del 2013, senza riuscire a superare del tutto la criticità[20].

Il decreto-legge reca, all'art.1, strumenti diretti a garantire la puntualità dei pagamenti dei debiti contratti dalla PA. Nello specifico, il comma 10 istituisce un Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili, con una dotazione di circa 16,5 miliardi di euro per il 2013 e di circa 7,3miliardi per il 2014. Il Fondo è suddiviso in tre distinte Sezioni (mentre il decreto legge in esame, come visto, ne contempla due): una relativa agli enti locali, una alle regioni e province autonome e una agli enti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

L'obbligo di adempiere con puntualità le obbligazioni scadute della PA è contenuto nella direttiva 2011/7/UE e nel decreto legislativo n. 192 del 2012 che ne recepisce i contenuti. In estrema sintesi, tutte le pubbliche amministrazioni sono tenute a pagare le proprie fatture entro 30 giorni dalla data del loro ricevimento, ad eccezione degli enti del SSN (per i quali il termine è di 60 giorni).

Anche in considerazione degli effetti di tale provvedimento e degli ulteriori interventi legislativi, si è registrato un miglioramento  complessivo, negli ultimi anni, nei tempi di pagamento, come segnalato dal Ministero dell'economia e delle finanze (http://www.mef.gov.it/focus/article_0055.html), che monitora il processo di estinzione dei debiti commerciali avvalendosi del sistema informatico denominato Piattaforma dei crediti commerciali (PCC), in cui confluiscono le informazioni sulle singole fatture ricevute dalle oltre 22.200 amministrazioni pubbliche registrate.

Nonostante tale miglioramento, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha recentemente riconosciuto (Causa C-122/18 del 28 gennaio 2020) che «la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti» in forza della citata direttiva poiché non ha assicurato «che le sue pubbliche amministrazioni rispettino effettivamente i termini di pagamento» pari a 30 o 60 giorni. Nell'occasione, la Corte non ha ritenuto di poter prendere in considerazione «la circostanza, quand'anche accertata, che la situazione relativa ai ritardi di pagamento delle pubbliche amministrazioni nelle transazioni commerciali [...] sia in via di miglioramento» (paragrafo n.64). In proposito, nella decisione, al paragrafo 61, si fa riferimento a tempi medi di ritardo, secondo le argomentazioni prodotte dall'Italia, pari a 10 giorni per le pubbliche amministrazioni non appartenenti al SSN e di 8 per quelle ad esso appartenenti.

 


 

Articolo 116
(Pagamento dei debiti degli enti locali e
delle regioni e province autonome)

 

 

L’articolo 116 è diretto ad assicurare anticipazioni di liquidità in favore di regioni ed enti locali per consentire loro di estinguere debiti scaduti, con effetti positivi per gli operatori economici.

Gli aspetti qualificanti sono: i) la convenienza per gli enti beneficiari, derivante dal piano di ammortamento trentennale, dalla sua decorrenza a partire dal 2022, dalla previsione di un tasso di interesse contenuto (pari al rendimento di mercato dei Buoni poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di emissione); ii) la definizione di tempi certi e ristretti, come si evince dalla domanda (contenente l'elenco dei debiti che si intendono soddisfare) da avanzare entro il 7 luglio 2020, dall'erogazione entro il 24 luglio  e dall'obbligo di estinguere i debiti entro i successivi 30 giorni.

 

L'articolo disciplina le modalità di attivazione delle anticipazioni di liquidità degli enti locali e delle regioni, che può essere disposta attingendo alle dotazioni di una delle due sezioni (quella per debiti diversi da quelli finanziari e sanitari) di cui si compone il Fondo per il pagamento dei debiti commerciali degli enti territoriali, istituito dall'art.124 del presente provvedimento (si veda la relativa scheda di lettura).

 

Il comma 1 autorizza gli enti locali (di cui all’articolo 2, comma 1, del testo unico degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), le regioni e le province autonome a chiedere alla Cassa depositi e prestiti (CDP) anticipazioni di liquidità qualora non siano in grado di far fronte ai pagamenti relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali.

 

Ai sensi dell'art.2, comma 1, del TUEL, per enti locali si intendono i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni.

 

Le anticipazioni sono dirette all'estinzione di debiti certi, liquidi ed esigibili, nonché maturati alla data del 31 dicembre 2019, che gli enti territoriali non sono in grado di far fronte, per carenza di liquidità, "anche a seguito della situazione straordinaria di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell’epidemia da COVID-19". La relativa richiesta alla CDP deve essere effettuata tra il 15 giugno e il 7 luglio 2020, secondo le modalità previste nella convenzione di cui all’articolo 115, comma 2, del presente decreto (alla cui scheda si rinvia). 

La disposizione in esame individua nella Giunta l'organo dell'ente territoriale competente a formulare tale richiesta.

La disposizione parrebbe non tener conto che nelle province e nelle città metropolitane non sono più previste le Giunte, secondo quanto previsto dalla legge n.56 del 2014, "Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni".

 

L'anticipazione di liquidità non può essere domandata per debiti fuori bilancio a meno che l'ente non ne abbia disposto il relativo riconoscimento. Si tratta di una norma coerente con la previsione, già richiamata, secondo cui i debiti devono essere certi, liquidi ed esigibili.

 

Come si evince dal comma 2, le anticipazioni in questione non comportano il trasferimento di risorse aggiuntive in favore degli enti richiedenti, poiché costituiscono un mero strumento di pagamento di debiti conseguenti a spese che hanno già una relativa copertura di bilancio. A conferma di ciò, sono escluse - come detto - le anticipazioni per la copertura di debiti fuori bilancio, che per loro natura non sono registrati in bilancio, fintanto che non se ne disponga il riconoscimento (con la relativa copertura).

Per tale ragione la norma specifica che le anticipazioni "non costituiscono indebitamento ai sensi dell’articolo 3, comma 17, della legge 24 dicembre 2003, n. 350".

 

Il citato art.3, comma 17, stabilisce che costituiscono indebitamento "l'assunzione di mutui, l'emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni relative a flussi futuri di entrata, a crediti e a attività finanziarie e non finanziarie, l'eventuale somma incassata al momento del perfezionamento delle operazioni derivate di swap (cosiddetto upfront), le operazioni di leasing finanziario stipulate dal 1° gennaio 2015, il residuo debito garantito dall'ente a seguito della definitiva escussione della garanzia, [..] il residuo debito garantito a seguito dell'escussione della garanzia per tre annualità consecutive [..]".

Proprio la medesima disposizione esclude che generino indebitamento "le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio".

 

Risulta cruciale che le disposizioni legislative che autorizzano anticipazioni di liquidità, ai fini della loro legittimità costituzionale, non accrescano la capacità di spesa dell'ente.

Sul punto la giurisprudenza costituzionale (ex multis, si veda,  da ultimo, la sent. n.4 del 2020[21]) riconosce la compatibilità  di siffatte disposizioni legislative (che comportano un indebitamento dell'ente), con l'articolo 119, sesto comma, della Costituzione (per il quale l'indebitamento è possibile solo per la realizzazione di investimenti),  solo per il pagamento di passività pregresse iscritte in bilancio. Nello specifico, la Corte costituzionale ha affermato che le anticipazioni devono essere  misure che presentano un carattere di eccezionalità in quanto: a) sono «inscindibilmente collegate a una sofferenza della cassa», spesso legata a pregressi fenomeni di inappropriata gestione; b) sono «frutto di un rigoroso bilanciamento di interessi rilevanti in sede costituzionale e dell’Unione europea», quali l’esigenza di rispettare i vincoli di indebitamento e quella di onorare i debiti; c) rappresentano «un rimedio contingente, non riproducibile serialmente nel tempo e inidoneo a risanare bilanci strutturalmente in perdita» (sent. n.4/2020, Considerando in diritto n.4.1, secondo capoverso).

 

Il comma 2 in commento dispone altresì che le anticipazioni sono concesse in deroga rispetto ad alcune disposizioni legislative:

i) per gli enti locali la deroga riguarda quanto disposto agli articoli 203 e 204 del TUE testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

 

L'articolo 203 ("Attivazione delle fonti di finanziamento derivanti dal ricorso all'indebitamento") subordina il ricorso all'indebitamento: a) all'avvenuta approvazione del rendiconto dell'esercizio del penultimo anno precedente quello in cui si intende deliberare il ricorso a forme di indebitamento; b) all'avvenuta deliberazione del bilancio di previsione nel quale sono iscritti i relativi stanziamenti. Inoltre, qualora nel corso dell'esercizio si renda necessario attuare nuovi investimenti o variare quelli già in atto, l'organo consiliare adotta apposita variazione al bilancio di previsione e contestualmente adegua il documento unico di programmazione e le previsioni del bilancio degli esercizi successivi (per la copertura degli oneri derivanti dall'indebitamento e per la copertura delle spese di gestione).

 

L'articolo 204 ("Regole particolari per l'assunzione di mutui") dispone (fra l'altro) che l'ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale degli interessi, sommato a quello dei mutui precedentemente contratti, a quello dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi, a quello delle aperture di credito stipulate e a quello derivante dal prestito di garanzie, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi non supera il 10 per cento delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui.

 

ii) per le regioni e le province autonome, la deroga riguarda quanto disposto all'articolo 62 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 ("Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42").

L'articolo (rubricato "Mutui e altre forme di indebitamento" pone una serie di limiti per il ricorso al debito da parte delle regioni. Fra l'altro, esso stabilisce che: occorre la previa approvazione del consiglio regionale del rendiconto dell'esercizio di due anni precedenti a quello al cui bilancio il nuovo indebitamento si riferisce; l'autorizzazione all'indebitamento è concessa con legge di approvazione del bilancio o con leggi di variazione del medesimo, e decade al termine dell'esercizio cui il bilancio si riferisce; l'autorizzazione al nuovo debito è subordinata alla circostanza che l'importo complessivo delle annualità di ammortamento per capitale e interesse dei mutui e delle altre forme di debito in estinzione nell'esercizio considerato, al netto dei contributi erariali sulle rate di ammortamento dei mutui in essere al momento della sottoscrizione del finanziamento e delle rate riguardanti debiti espressamente esclusi dalla legge, non superi il 20 per cento dell'ammontare complessivo delle entrate del titolo "Entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa" al netto di quelle della tipologia "Tributi destinati al finanziamento della sanità" ed a condizione che gli oneri futuri di ammortamento trovino copertura nell'ambito del bilancio di previsione della regione stessa.

 

Gli enti richiedenti, una volta che si è perfezionato il contratto di anticipazione, sono tenuti ad adeguare le relative iscrizioni nel bilancio di previsione. A tal fine si prevede che operino nel rispetto di quanto previsto dal paragrafo 3.20-bis del principio applicato della contabilità finanziaria di cui all’allegato 4/2 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118.

 

Detto paragrafo stabilisce (fra l'altro) che le anticipazioni di liquidità non costituiscono indebitamento agli effetti dell'art. 119 della Costituzione e di norma si estinguono entro un anno.

Per le anticipazioni di liquidità a rimborso pluriennale, prevede l'iscrizione in bilancio di un fondo anticipazione di liquidità nel titolo 4 della spesa, di importo pari alle anticipazioni di liquidità incassate nell'esercizio e non restituite, non impegnabile e pagabile, destinato a confluire nel risultato di amministrazione, come quota accantonata. Il fondo, con corrispondente accantonamento annuale, sterilizza gli effetti espansivi della spesa e non deve costituire forma surrettizia di copertura di spese. Il paragrafo prevede inoltre una serie di modalità di contabilizzazione previste per le anticipazioni di liquidità, distinte a seconda della fonte che le ha istituite:

 

Gli enti territoriali che ottengono dette anticipazioni procederanno ad accantonare, nei bilanci di previsione, una quota del risultato di amministrazione nel fondo anticipazione di liquidità. Tale operazione sarà effettuata anche da parte degli enti che registrano un disavanzo di amministrazione.

 

Come si legge nella relazione illustrativa, tale previsione costituisce una deroga alla disciplina dell’utilizzo del risultato di amministrazione da parte degli enti in disavanzo (di cui all’articolo 1, comma 897 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n. 145).

 

Il comma 3 dispone in ordine alle modalità di presentazione della richiesta di anticipazione di liquidità.  Quest'ultima deve, nello specifico, contenere:

i) un'apposita dichiarazione sottoscritta dal rappresentante legale dell'ente (pertanto sindaco, presidente della provincia, presidente di regione, etc.) in cui si elencano i debiti da pagare con l'anticipazione. Detta richiesta è redatta utilizzando l'apposito modello generato dalla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (si veda la scheda riferita all'articolo 115 del presente decreto).

ii) l’attestazione di copertura finanziaria delle spese concernenti il rimborso delle rate di ammortamento, corredata dalla verifica da parte dell'organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile.

 

Ai sensi del comma 4, l'anticipazione è concessa entro il 24 luglio 2020 a valere sulla sezione del fondo per Fondo di liquidità per il pagamento dei debiti commerciali degli enti territoriali destinata ad assicurare la liquidità per pagamenti di debiti diversi da quelli finanziari e sanitari.

Il richiamato Fondo è istituito dall'art. 115, comma 1 (per il commento del quale si rinvia alla relativa scheda di lettura).

Poiché le richieste di anticipazione potrebbero essere maggiori rispetto alle risorse stanziate nella citata sezione, pari a 8 miliardi (così suddivise in due quote: 6,5 miliardi per debiti contratti dagli enti locali e 1,5 per debiti delle regioni, ai sensi del citato art.115), la norma in esame stabilisce che l'anticipazione è concessa in modo proporzionale all'ammontare complessivo delle richieste di anticipazione pervenute e, comunque, nei limiti delle somme disponibili nella sezione medesima.

Nell'eventualità che il totale delle richieste soddisfatte a valere su una delle due quote della sezione del fondo sia inferiore rispetto alla medesima quota, le risorse residue possono essere destinate alle eventuali richieste non soddisfatte presentate per l’altra quota della medesima sezione.

Il comma 5 dispone in ordine al piano di ammortamento per la restituzione dell'anticipazione. Esso prevede una restituzione secondo rate costanti e in un periodo massimo di 30 anni. La restituzione è tuttavia anticipata nell'evenienza che si determini il ripristino della normale gestione della liquidità, secondo quanto previsto nella convenzione tra il Ministero e la CDP (di cui all'art.115, comma, alla cui scheda di lettura si fa rinvio).

Il piano di ammortamento prende avvio nel 2022 e le rate sono corrisposte non oltre il 31 ottobre di ciascun anno.

La norma in esame, in combinato disposto con il comma 7 (in cui si opera un riferimento "alla prima scadenza di pagamento della rata prevista dal relativo contratto", v. infra), parrebbe potersi interpretare nel senso che la data di avvio del piano di ammortamento, compresa fra il 1 gennaio 2022 e il 31 ottobre, sia decisa nei distinti contratti di anticipazione che ciascun ente sottoscrive con la CDP. Peraltro, se la data di scadenza della prima (e delle altre rate) non fosse la stessa per tutti gli enti beneficiari, si creerebbero delle situazioni di vantaggio per taluni e di svantaggio per altri.

 

Il comma 5 prevede altresì interessi di preammortamento "dalla data dell'erogazione e fino alla data di decorrenza dell’ammortamento". Detti interessi, stando alla formulazione della disposizione "saranno corrisposti, il giorno lavorativo bancario antecedente tale data". Poichè nel testo si fa riferimento a due date, si valuti la possibilità di chiarire a quale di esse ci si riferisce, in modo da specificare se gli interessi di preammortamento debbano essere erogati nel momento dell'erogazione ovvero successivamente ad essa, cioè nel momento in cui prende avvio il piano di ammortamento.

La remunerazione per le anticipazioni è costituita dal tasso di interesse che la disposizione stabilisce che sia pari al rendimento di mercato dei Buoni Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di emissione. Tale rendimento è quello rilevato dal Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze alla data della pubblicazione del presente decreto e pubblicato sul sito internet del medesimo Ministero.

Il comma 6 disciplina le modalità di recupero delle rate di ammortamento eventualmente non corrisposte dagli enti al momento della loro scadenza: se si tratta di erogazioni in favore degli enti locali, il recupero è effettuato dall’Agenzia delle entrate in sede di riversamento di specifiche entrate tributarie di competenza dell’ente inadempiente. Nel caso dei comuni, la trattenuta è effettuata all'atto del pagamento agli stessi dell'imposta municipale propria, riscossa tramite modello F24 o altre modalità di riscossione; nel caso delle città metropolitane e delle province, la trattenuta è effettata all'atto del riversamento alle medesime dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile, derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (esclusi i ciclomotori), riscossa tramite modello F24; nel caso di regioni e province autonome, il recupero è effettuato a valere sulle giacenze disponibili sui conti aperti presso la tesoreria statale e intestati ai medesimi enti.

Ai sensi del comma 7, qualora si registrino eventuali residui una volta concluso il pagamento di tutti i debiti per i quali era stata chiesta l'anticipazione di liquidità, questi devono essere impiegati per la parziale estinzione dell'anticipazione stessa, in occasione della restituzione della prima rata prevista dal contratto.

 

La disposizione reca una sanzione per la mancata ottemperanza a tale obbligo: la mancata estinzione dell'anticipazione entro la prima rata "è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare" ai sensi decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 ("Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche").

 

La misurazione e la valutazione della performance dei dirigenti e del personale responsabile di una unità organizzativa in posizione di autonomia e responsabilità, sono disciplinate dall’articolo 9 del D.Lgs. n. 150/2009. Esse si collegano "a) agli indicatori di performance relativi all'ambito organizzativo di diretta responsabilità, ai quali è attribuito un peso prevalente nella valutazione complessiva; b) al raggiungimento di specifici obiettivi individuali; c) alla qualità del contributo assicurato alla performance generale della struttura, alle competenze professionali e manageriali dimostrate, nonché ai comportamenti organizzativi richiesti per il più efficace svolgimento delle funzioni assegnate; d) alla capacità di valutazione dei propri collaboratori, dimostrata tramite una significativa differenziazione dei giudizi.

 

La disciplina in esame non parrebbe invece prevedere alcuna esplicita sanzione nel caso in cui il residuo in esame sia determinato (non dall'estinzione di taluni debiti per ragioni diverse dal pagamento, bensì) dall'inesattezza della dichiarazione sottoscritta dal rappresentante legale dell'ente contenente l'elenco dei debiti da pagare con l'anticipazione. Si consideri che, nel caso in cui il complesso delle richieste sia maggiore rispetto alla dotazione della sezione del Fondo, una richiesta di un ente superiore rispetto alle effettive esigenze potrebbe andare a detrimento delle richieste degli altri enti, che potrebbero ricevere un ammontare inferiore rispetto a quanto necessario, con una penalizzazione del sistema economico nel suo complesso.

 

Gli enti beneficiari sono tenuti ad estinguere i debiti per i quali hanno ottenuto l'anticipazione di liquidità entro il trentesimo giorno successivo alla data di erogazione (comma 8). Al fine di favorire la puntualità in tale adempimento, si prevede che il mancato pagamento dei debiti entro tale termine rileva, anche in questo caso, ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare. La verifica in ordine all'avvenuto pagamento dei debiti è effettuato dalla CDP, attraverso la citata piattaforma elettronica (richiamata anche dal comma 3, a cui si rinvia). Qualora verifichi mancati pagamenti, può chiedere la restituzione dell'anticipazione per un importo equivalente ai mancati pagamenti. Tale restituzione è previsto che possa avvenire "anche ricorrendo alle modalità di cui al comma 6", che, come già segnalato (v. supra), reca le modalità di recupero delle rate di ammortamento eventualmente non corrisposte dagli enti al momento della loro scadenza.

 

Il comma 9 coordina l'articolo in commento con le disposizioni introdotte con la legge di bilancio 2020 (art.1, comma 556, della legge n.160 del 2019) che già avevano ampliato, rispetto alla legislazione vigente, le possibilità per gli enti territoriali di ottenere anticipazioni di cassa.

 

L’articolo 1, comma 556, ha aggiunto i commi da 7-bis a 7-novies all’art. 4 del decreto legislativo 231/2002, che, in sintesi, prevedono che le banche, gli intermediari finanziari, la CDP e le istituzioni finanziarie dell'Unione europea possano concedere ai comuni, alle province, alle città metropolitane, alle regioni  e alle province autonome, anche per conto dei rispettivi enti del Servizio sanitario nazionale (SSN), anticipazioni di liquidità da destinare al pagamento di debiti, certi, liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31 dicembre 2019, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali.

 

Il comma 9 specifica che le anticipazioni di cui al comma 1 possono essere utilizzate dai comuni, dalle province, dalle città metropolitane, dalle regioni e dalle province autonome anche ai fini del rimborso, totale o parziale, delle anticipazioni concesse, limitatamente alla quota capitale delle stesse, ai sensi della norma appena richiamata (comma 556), che risultino erogate alla data del 15 giugno 2020, nel rispetto delle pattuizioni contrattuali.

 


 

Articolo 117, commi 1-4
(Disposizioni in materia di anticipo del finanziamento sanitario corrente e di pagamento dei debiti degli enti sanitari)

 

 

L’articolo 117, commi 1-4, allo scopo di incrementare la liquidità disponibile presso gli enti del Servizio sanitario nazionale e, in tal modo, favorire una tempestiva gestione dei pagamenti durante il periodo di emergenza epidemiologica, prevede alcune deroghe rispetto alla normativa vigente in materia di erogazione del finanziamento del SSN a cui concorre ordinariamente lo Stato, a riparto già definito e in attesa dell’adozione delle delibere annuali del CIPE.

 

Il regime di deroga in commento, riferito all’art. 2, comma 68, lett. b) e c), della legge n. 191/2009[22] (legge finanziaria 2010) autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze:

-       a concedere alle regioni a statuto ordinario e alla regione siciliana anticipazioni delle risorse con riferimento al livello del finanziamento a cui concorre ordinariamente lo Stato, nella misura del 99 per cento - con un incremento di due punti percentuali rispetto al 97% previsto dalla normativa vigente - delle somme dovute a titolo di finanziamento ordinario della quota indistinta per l’anno 2020, al netto delle entrate proprie[23], e, per la sola regione siciliana, al netto della compartecipazione regionale al finanziamento della spesa sanitaria[24]. Per le regioni che risultano adempienti nell'ultimo triennio rispetto agli adempimenti previsti dalla normativa vigente, la misura della citata erogazione del finanziamento è fissata al livello del 99,5 per cento (vale a dire 1,5 punti in più rispetto al 98% previsto dalla normativa vigente). Le medesime percentuali di cui alla presente lettera sono applicate all’anno 2019, per cui si procede all’erogazione di quota parte delle quote premiali accantonate.

Sono rideterminate di conseguenza le somme residue che rimangono da erogare, come previsto all’art. 2, comma 68, lett. c) della citata legge finanziaria 2010, per gli anni 2019 e 2020, che rispetto al totale della somma da erogare alle regioni inadempienti e alle regioni adempienti nell’ultimo rientro, scendono, rispettivamente, all’1 e allo 0,5 per cento (lett. a));

-       a trasferire alle regioni il finanziamento destinato agli interventi di medicina penitenziaria, il finanziamento destinato al superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, ove spettante, il finanziamento destinato agli istituti zooprofilattici sperimentali per l’anno 2020, nelle misure indicate nella proposta al CIPE di riparto del Ministero della salute su cui è stata raggiunta l’Intesa in sede di Conferenza Stato, regioni e province autonome il 31 marzo 2020 rep. atti 55/CSR (per il 2019 v. Del. CIPE 85/2019 sanità penitenziaria e Del. n. 86/2019 ospedali psichiatrici giudiziari) (lett.b));

-       ad effettuare a beneficio delle regioni l’erogazione del 100 per cento del finanziamento stabilito per il 2020 per gli obiettivi del Piano sanitario nazionale nelle misure indicate nella proposta al CIPE di riparto del Ministero della salute su cui è stata raggiunta l’Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni il 31 marzo 2020 rep. atti 56/CSR, oltre che l’erogazione dell’intera quota residua del finanziamento degli obiettivi del piano sanitario nazionale per gli anni 2018 e 2019 (lett. c)).

Tale erogazione avviene in deroga a quanto previsto dalla normativa vigente[25] che prevede l’elaborazione a carico delle regioni, sulla scorta di linee guida approvate con Accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, di specifici progetti per accedere alla restante quota vincolate del Fondo sanitario nazionale da erogare (il 30%). Rimangono ferme le verifiche del Comitato permanente per l’erogazione dei L.E.A. sui progetti presentati dalle regioni, anche ai fini dell’eventuale recupero delle somme in caso di verifica negativa dei medesimi progetti a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti negli esercizi successivi;

-       ad anticipare all’Istituto superiore di sanità (ISS), all’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (INMP) e al Centro nazionale sangue (CNS) il 100 per cento del finanziamento stabilito per l’anno 2020 nell’ambito degli obiettivi del piano sanitario nazionale, in base alle misure indicate nella proposta al CIPE di riparto del Ministero della salute su cui è stata raggiunta l’Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni il 31 marzo 2020 rep. atti 56/CSR e il 100 per cento del finanziamento stabilito per l’anno 2019 nell’ambito degli obiettivi del piano sanitario nazionale. Tali erogazioni possono essere effettuate anche nelle more del perfezionamento dei procedimenti previsti ai fini dell’accesso al finanziamento e fermi restando eventuali recuperi a valere sulle somme spettanti negli esercizi successivi, in caso di mancato perfezionamento dei citati procedimenti (lett. d));

-       ad anticipare alle regioni e agli altri enti un importo fino al 100 per cento del finanziamento relativo all’anno 2020 assegnato con Intese raggiunte in sede di Conferenza Stato-regioni, in attesa dell’adozione delle rispettive delibere del CIPE.

Rispetto a tali anticipazioni di liquidità, la RT stima, a valere sulle disponibilità di cassa degli stanziamenti di bilancio, un flusso di circa 3.375 milioni di euro. 

 

Il comma 2 precisa che i predetti trasferimenti possono essere effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa del MEF e che lo stesso Ministero è comunque autorizzato ad effettuare eventuali necessarie compensazioni ovvero recuperi a valere sulle risorse a qualunque titolo spettanti alle regioni e agli altri enti anche negli esercizi successivi, a seguito del perfezionamento dei procedimenti e delle verifiche degli adempimenti richiesti.

 

Per garantire che tali flussi di liquidità siano efficaci per gli scopi previsti, il comma 3,  in deroga a quanto disposto all'art. 3, comma 7, del D.L. 35/2013 (L. n. 64/2013), prevede che, per il 2020, le regioni devono garantire l'erogazione ai rispettivi Servizi sanitari regionali, entro la fine dell'anno, della totalità delle somme (invece che dell’importo di almeno il 95%)[26] incassate nel medesimo anno dallo Stato a titolo di finanziamento del SSN e delle somme che la stessa regione, a valere su risorse proprie dell'anno, destina al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale.

 

Infine, allo scopo di agevolare una regolare programmazione e gestione amministrativa e contabile dei pagamenti per far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione dell’epidemia, anche con riferimento al tempestivo pagamento dei debiti commerciali nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 118/2011[27], il comma 4 dispone la temporanea sospensione delle azioni esecutive fino al 31 dicembre 2020. Pertanto, i pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del proprio Servizio sanitario regionale, effettuati in data antecedente all’entrata in vigore del presente decreto-legge (19 maggio 2020) non producono effetti dalla suddetta data. Gli enti del Servizio sanitario regionale e i loro tesorieri non rimangono vincolati dalle predette azioni esecutive e possono disporre, per la gestione dell’emergenza sanitaria e per il pagamento dei loro debiti, delle somme agli stessi trasferite dalle regioni fino a tutto il 2020.

 


 

Articolo 117, comma 4-bis
(Cessione crediti commerciali verso enti del Servizio Sanitario)

 

 

Il comma 4-bis dell’articolo 117, inserito durante l’esame presso la Camera dei deputati, stabilisce che il perfezionamento della cessione di crediti - non ancora certificati sull’apposita piattaforma della RGS per il pagamento dei debiti scaduti della PA -, che risultino esigibili nei confronti degli enti del Servizio Sanitario Nazionale, anche tramite il procedimento di cartolarizzazione, possa avvenire solo a seguito di espressa accettazione dell’ente debitore.

 

Il comma 4-bis, introdotto durante l’esame presso la Camera dei deputati, prevede che i crediti commerciali certi, liquidi ed esigibili vantati nei confronti degli enti del Servizio Sanitario Nazionale, che derivano dalla stipula di accordi contrattuali ai sensi dell'articolo 8-quinquies del D. Lgs. n. 502/1992 (v. box), ove non siano stati certificati mediante la piattaforma elettronica di cui all'articolo 7 del D. L. n. 35/2013 (L. 64/2013) per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, possono essere ceduti, anche in base alle norme della L. n. 130 del 1999 sulla cartolarizzazione dei crediti, solo a seguito di espressa accettazione da parte dell'ente debitore.

Alla piattaforma elettronica definita dall’articolo 7 del sopra richiamato DL. 35/2013 provvedono a registrarsi le pubbliche amministrazioni, a partire dal 2014, per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni. Essa è predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, per assicurare l'univoca identificazione di tutti i soggetti coinvolti nella certificazione telematica e nella eventuale cessione dei crediti certificati o oggetto di anticipazione[28].

 

Inoltre, in base alla disciplina definita dalla L. n. 130 del 1999 è data la possibilità ai fornitori di servizi sanitari per conto degli enti del SSN di cedere i propri crediti, chiaramente definiti nell’ammontare maturato e non sottoposti ad alcuna condizione sospensiva ovvero a termini di riscossione, a società appositamente costituite che si occuperanno della loro trasformazione in titoli negoziabili sul mercato finanziario.

 

L’ente debitore, ricevuta la notifica ed effettuate le dovute verifiche, avrà pertanto la possibilità di esplicitare l’accettazione o il rifiuto della cessione del credito entro 45 giorni dalla notifica, decorsi inutilmente i quali la cessione si intende comunque rifiutata.

In ogni caso la cessione dei crediti, anche se certificati mediante la citata piattaforma elettronica, deve essere notificata all'ente debitore con l'indicazione puntuale degli estremi delle singole partite creditorie cedute.

La norma solleva l’ente debitore dal rispondere dei pagamenti effettuati al cedente a seguito delle operazioni di cartolizzazione del credito in data anteriore alla notifica effettuata all’ente sanitario dell'atto di cessione.

La norma in esame appare dunque completare il quadro definito dal presente articolo 117 a favore della liquidità degli enti del SSN, per far fronte, in particolare, alle esigenze straordinarie ed urgenti causate dall’emergenza epidemiologica, e per facilitare, come stabilito dal comma 4 (v. ante), la temporanea sospensione delle azioni esecutive, fino al 31 dicembre 2020.

 

In proposito si osserva che la norma in commento sembra introdurre a regime una procedura diretta a consentire il diniego da parte degli enti del SSN della cessione dei crediti esigibili vantati verso di essi, a fronte di un sistema di agevolazione per i medesimi enti di durata temporanea ed emergenziale definita fino al termine dell’anno in corso.

 

 

Gli accordi tra fornitori privati ed enti sanitari incaricati di fornire l’assistenza sanitaria sono necessari per definire il programma di attività delle prestazioni svolte a carico del SSN, con l’indicazione dei volumi e delle tipologie di prestazioni erogabili e la loro remunerazione massima. L’art. 8-quinquies del D.lgs. n. 502 del 1992 che ha disposto il “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421” ha provveduto ad inserire la disciplina dello strumento dell’accordo che la struttura privata deve sottoscrivere per la fornitura ed erogazione delle prestazioni accreditate. In tal modo, soggetti privati accreditati sono titolati a fornire assistenza agli utenti per conto del SSN al pari delle strutture pubbliche, nei soli termini dell’accordo sottoscritto con l’ente sanitario - ad esempio una Asl -, che prevede, tra l’altro, il volume massimo delle prestazioni valorizzato al corrispondente costo di erogazione.

Pertanto, nell’ambito del limite massimo di spesa definito dalla sola Regione nel cui territorio si svolge l’assistenza, gli accordi sono definiti tenendo conto della programmazione regionale che, definita la spesa sostenibile tramite il finanziamento del Fondo sanitario per singola istituzione o per gruppi di istituzioni a seguito dell’approvazione dei preventivi annuali delle prestazioni, deve vincolare la successiva contrattazione dei piani sanitari con specifiche modalità ed indirizzi di attuazione.

L'accreditamento istituzionale costituisce il presupposto per l'esercizio di attività sanitarie per conto del Servizio sanitario nazionale ed è rilasciato dalla regione alle strutture autorizzate, pubbliche ed equiparate, alle strutture private lucrative e non lucrative e ai professionisti che ne facciano richiesta, in presenza di requisiti di qualificazione, della funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale e della verifica, con esito positivo, dell'attività svolta e dei risultati raggiunti. La relativa disciplina è di competenza legislativa regionale, che determina il riparto delle responsabilità tra i soggetti fornitori e l’ente sanitario competente per territorio per la definizione e la verifica del rispetto degli accordi contrattuali. Sono contenuti essenziali di tali accordi: a) gli obiettivi di salute e i programmi di integrazione dei servizi; b) il volume massimo di prestazioni che le strutture presenti nell'ambito territoriale si impegnano ad assicurare, distinto per tipologia e per modalità di assistenza; c) i requisiti del servizio da rendere, con particolare riguardo ad accessibilità, appropriatezza clinica e organizzativa, tempi di attesa e continuità assistenziale; d) il corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate, da verificare a consuntivo sulla base dei risultati raggiunti e delle attività effettivamente svolte; e) il debito informativo delle strutture erogatrici per il monitoraggio degli accordi pattuiti e le procedure che dovranno essere seguite per il controllo esterno della appropriatezza e della qualità della assistenza prestata e delle prestazioni rese.

 


 

Articolo 117, commi 5-11
(Disposizioni in materia di anticipo del finanziamento sanitario corrente e di pagamento dei debiti degli enti sanitari)

 

 

L'articolo 117, commi 5-11 consente alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano i cui enti del Servizio sanitario nazionale non riescono a far fronte ai pagamenti dei debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2019 relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali, di richiedere alla Cassa depositi e prestiti S.p.A. (CDP) l'anticipazione di liquidità. Tali anticipazioni di liquidità non comportano la disponibilità di risorse aggiuntive, consentono esclusivamente di superare temporanee carenze di liquidità e pertanto non costituiscono indebitamento. La disposizione disciplina le modalità della richiesta, di rimborso dell'anticipazione e di monitoraggio delle spese effettuate.

 

In particolare, il comma 5 consente alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, i cui enti del Servizio sanitario nazionale, a causa dell'emergenza da COVID-19, non riescono a far fronte ai pagamenti dei debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2019 relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali, di richiedere alla Cassa depositi e prestiti S.p.A. (CDP) l'anticipazione di liquidità da destinare ai predetti pagamenti.

La richiesta dovrà essere deliberata dalla Giunta, nel periodo intercorrente tra il 15 giugno 2020 e il 7 luglio 2020 e dovrà essere inoltrata secondo le modalità stabilite nella Convenzione di cui all’articolo 115, comma 2, a valere sulle risorse della "Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale" di cui all'articolo 115, comma 1.

 

Legislazione vigente in materia di anticipazioni di liquidità agli enti locali

L'articolo 222 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL - decreto legislativo n. 267 del 2000) disciplina le anticipazioni di tesoreria per i comuni, le province e le città metropolitane. Il tesoriere, su richiesta dell'ente, concede delle anticipazioni di tesoreria entro il limite massimo dei 3/12 (elevato a 5/12 per gli enti in dissesto economico-finanziario) delle entrate afferenti ai primi tre titoli di entrata del bilancio (entrate correnti) accertate nel penultimo anno precedente. Gli interessi decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme con le modalità previste dalla convenzione che regola il rapporto con il tesoriere. Alternativamente, l'articolo 195 del TUEL consente agli enti locali, ad eccezione di quelli in stato di dissesto finanziario sino all'emanazione del decreto di approvazione del piano di riequilibrio da parte del Ministero dell'interno, di disporre l'utilizzo, in termini di cassa, delle entrate vincolate per il finanziamento di spese correnti per un importo non superiore all'anticipazione di tesoreria disponibile ai sensi dell'articolo 222. Le regioni, ai sensi dell'articolo 69 del decreto legislativo n. 118 del 2011, possono contrarre anticipazioni, unicamente allo scopo di fronteggiare temporanee deficienze di cassa, per un importo non eccedente il 10% dell'ammontare complessivo delle entrate di competenza di natura corrente, salvo che la convenzione di tesoreria preveda un limite più basso. Gli enti pubblici strumentali delle regioni, invece, possono contrarre anticipazioni per un limite non eccedente il 10% dell'ammontare complessivo delle entrate derivanti dai trasferimenti correnti dalla regione. Gli interessi sulle anticipazioni di tesoreria decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme con le modalità previste dalla convenzione. Un ampliamento delle possibilità per gli enti locali, le regioni e le province autonome, di richiedere anticipazioni di liquidità finalizzate al pagamento di debiti, maturati alla data del 31 dicembre 2018, in termini del tutto analoghi quelli previsti dal comma 556 in commento, è stata introdotta, da ultimo, dall’articolo 1, commi 849-857, della legge n.145/2018 (legge di bilancio per il 2019). Il termine per il rimborso delle anticipazioni ottenute era fissato al 15 dicembre 2019.

Il comma 556 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) amplia le possibilità per gli enti locali, le regioni e le province autonome, di richiedere anticipazioni di liquidità finalizzate al pagamento di debiti, maturati alla data del 31 dicembre 2019, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali. La norma stabilisce il limite di ammontare delle anticipazioni, definisce le garanzie e fissa modalità e termini per la richiesta e il rimborso delle anticipazioni.

 

Il comma 6 precisa che tali anticipazioni di liquidità:

§  non comportano la disponibilità di risorse aggiuntive per le regioni né per i relativi enti sanitari

§  consentono esclusivamente di superare temporanee carenze di liquidità e di effettuare pagamenti di spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio regionale per costi già iscritti nei bilanci degli enti sanitari

§  non costituiscono indebitamento ai sensi dell’articolo 3, comma 17, della legge n. 350 del 2003

 

L'articolo 3, comma 16, della legge finanziaria 2004 (legge n. 350 del 2003) dispone che, ai sensi dell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, le regioni a statuto ordinario, gli enti locali, le aziende e gli organismi di cui agli articoli 2, 29 e 172, comma 1, lettera b), del TUEL, ad eccezione delle società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici, possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento.

Le regioni a statuto ordinario possono, con propria legge, disciplinare l'indebitamento delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere e degli enti e organismi di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 76 del 2000 solo per finanziare spese di investimento.

Il successivo comma 17 del medesimo articolo precisa le operazioni finanziarie che devono intendersi quali forme di indebitamento agli effetti dell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione. Si tratta dell'assunzione di mutui, l'emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni relative a flussi futuri di entrata, a crediti e a attività finanziarie e non finanziarie, l'eventuale somma incassata al momento del perfezionamento delle operazioni derivate di swap (cosiddetto upfront), le operazioni di leasing finanziario stipulate dal 1° gennaio 2015, il residuo debito garantito dall'ente a seguito della definitiva escussione della garanzia. Inoltre, costituisce indebitamento il residuo debito garantito a seguito dell'escussione della garanzia per tre annualità consecutive, fermo restando il diritto di rivalsa nei confronti del debitore originario. Non costituiscono indebitamento, agli effetti del citato articolo 119, le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio.

 

§  sono concesse in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 62 del decreto legislativo n. 118 del 2011.

 

L'articolo 62 (Mutui e altre forme di indebitamento) del decreto legislativo n. 118 del 2011 stabilisce che:

1.    Il ricorso al debito da parte delle regioni, fatto salvo quanto previsto dall'art. 40, comma 2, è ammesso esclusivamente nel rispetto di quanto previsto dalle leggi vigenti in materia, con particolare riferimento agli articoli 81 e 119 della Costituzione, all'art. 3, comma 16, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dagli articoli 9 e 10 della legge 24 dicembre 2012, n. 243.

2.    Non può essere autorizzata la contrazione di nuovo indebitamento, se non è stato approvato dal consiglio regionale il rendiconto dell'esercizio di due anni precedenti a quello al cui bilancio il nuovo indebitamento si riferisce.

3.    L'autorizzazione all'indebitamento, concessa con la legge di approvazione del bilancio o con leggi di variazione del medesimo, decade al termine dell'esercizio cui il bilancio si riferisce.

4.    Le entrate derivanti da operazioni di debito sono immediatamente accertate a seguito del perfezionamento delle relative obbligazioni, anche se non sono riscosse, e sono imputate agli esercizi in cui è prevista l'effettiva erogazione del finanziamento. Contestualmente è impegnata la spesa complessiva riguardante il rimborso dei prestiti, con imputazione agli esercizi secondo il piano di ammortamento, distintamente per la quota interessi e la quota capitale.

5.    Le somme iscritte nello stato di previsione dell'entrata in relazione ad operazioni di indebitamento autorizzate, ma non perfezionate entro il termine dell'esercizio, costituiscono minori entrate rispetto alle previsioni.

6.    Le regioni possono autorizzare nuovo debito solo se l'importo complessivo delle annualità di ammortamento per capitale e interesse dei mutui e delle altre forme di debito in estinzione nell'esercizio considerato, al netto dei contributi erariali sulle rate di ammortamento dei mutui in essere al momento della sottoscrizione del finanziamento e delle rate riguardanti debiti espressamente esclusi dalla legge, non supera il 20 per cento dell'ammontare complessivo delle entrate del titolo "Entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa" al netto di quelle della tipologia "Tributi destinati al finanziamento della sanità" ed a condizione che gli oneri futuri di ammortamento trovino copertura nell'ambito del bilancio di previsione della regione stessa, fatto salvo quanto previsto dall'art. 8, comma 2-bis, della legge n. 183 del 2011. Nelle entrate di cui al periodo precedente, sono comprese le risorse del fondo di cui all'art. 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, alimentato dalle compartecipazioni al gettito derivante dalle accise. Concorrono al limite di indebitamento le rate sulle garanzie prestate dalla regione a favore di enti e di altri soggetti ai sensi delle leggi vigenti, salvo quelle per le quali la regione ha accantonato l'intero importo del debito garantito.

7.    In caso di superamento del limite di cui al comma 6, determinato dalle garanzie prestate dalla regione alla data del 31 dicembre 2014, la regione non può assumere nuovo debito fino a quando il limite non risulta rispettato.

8.    La legge regionale che autorizza il ricorso al debito deve specificare l'incidenza dell'operazione sui singoli esercizi finanziari futuri, nonché i mezzi necessari per la copertura degli oneri, e deve, altresì, disporre, per i prestiti obbligazionari, che l'effettuazione dell'operazione sia deliberata dalla giunta regionale, che ne determina le condizioni e le modalità.

9.    Ai mutui e alle anticipazioni contratti dalle Regioni, si applica il trattamento fiscale previsto per i corrispondenti atti dell'Amministrazione dello Stato.

 

Successivamente al perfezionamento delle anticipazioni, le regioni e le province autonome e i relativi enti sanitari eseguono, per quanto di rispettiva competenza, le dovute scritture contabili nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 118 del 2011.

La quota del risultato di amministrazione accantonata nel fondo anticipazione di liquidità è applicata al bilancio di previsione anche da parte delle regioni e delle province autonome in disavanzo di amministrazione.

 

Il comma 7 dispone che la richiesta di anticipazione di liquidità sia corredata di un'apposita dichiarazione sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile finanziario dell'ente richiedente contenente l'elenco dei debiti da pagare con l'anticipazione, redatta utilizzando il modello generato dalla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 35 del 2013.

 

Ai sensi del comma 8, l'anticipazione è concessa entro il 24 luglio 2020, proporzionalmente alle richieste di anticipazione pervenute e, comunque, nei limiti delle somme disponibili e delle coperture per il relativo rimborso predisposte dalle regioni.

Eventuali risorse non richieste possono essere destinate alle eventuali richieste regionali non soddisfatte.

Alla relativa erogazione si provvede previa verifica positiva, da parte del Tavolo di verifica degli adempimenti regionali in materia sanitaria di cui all’articolo 12 dell’Intesa raggiunta presso la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano il 23 marzo 2005, dell’idoneità e della congruità delle misure legislative regionali, di copertura del rimborso dell'anticipazione di liquidità, maggiorata dei relativi interessi.

Tali misure legislative sono approvate dalle regioni entro il 15 luglio 2020 e sono preliminarmente sottoposte, corredate di puntuale relazione tecnica che ne dimostri la sostenibilità economico-finanziaria, al citato Tavolo di verifica degli adempimenti entro il 15 giugno 2020.

 

Il comma 9 disciplina il meccanismo di restituzione.

L’anticipazione è restituita, con piano di ammortamento a rate costanti, comprensive di quota capitale e quota interessi, con durata fino a un massimo di 30 anni o anticipatamente in conseguenza del ripristino della normale gestione della liquidità, alle condizioni di cui al contratto tipo di cui al precedente articolo 115, comma 2.

La rata annuale è corrisposta a partire dall’esercizio 2022 e non oltre il 31 ottobre di ciascun anno.

Dalla data dell’erogazione e sino alla data di decorrenza dell’ammortamento saranno corrisposti, il giorno lavorativo bancario antecedente tale data, interessi di preammortamento.

Il tasso di interesse da applicare alle suddette anticipazioni è pari al rendimento di mercato dei Buoni Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di emissione rilevato dal MEF - Dipartimento del tesoro alla data della pubblicazione del presente decreto e pubblicato sul sito internet del medesimo Ministero.

 

Il comma 10 dispone che le regioni provvedano entro dieci giorni dalla relativa acquisizione al trasferimento dell’anticipazione di liquidità agli enti sanitari che provvedono all’estinzione dei debiti di cui al comma 5 entro i successivi sessanta giorni dall’erogazione dell’anticipazione.

In caso di gestione sanitaria accentrata presso la regione questa provvede entro sessanta giorni dall’acquisizione dell’anticipazione all’estinzione dei debiti di sua competenza.

Il mancato pagamento dei debiti entro il termine di cui al periodo precedente è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo n. 165 del 2001.

La CDP verifica, attraverso la piattaforma elettronica di cui al comma 7, l'avvenuto pagamento dei debiti di cui al medesimo comma e, in caso di mancato pagamento, può chiedere per il corrispondente importo, la restituzione dell'anticipazione.

Il rappresentante legale e il responsabile finanziario dell'ente richiedente forniscono, entro i 5 giorni successivi ai pagamenti, al Tavolo di verifica per gli adempimenti apposita dichiarazione sottoscritta attestante i pagamenti avvenuti.

 

Il comma 11 prevede che, in caso di mancata corresponsione di qualsiasi somma dovuta ai sensi del contratto di anticipazione, alle scadenze ivi previste, ovvero in caso di mancata restituzione di cui al comma 10, sulla base dei dati comunicati dalla CDP, il MEF provvede al relativo recupero a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti.

 


 

Articolo 118
(Riassegnazione al fondo ammortamento titoli di Stato)

 

 

L'articolo 118 dispone che gli importi restituiti dagli enti territoriali a fronte delle anticipazioni di liquidità di cui agli articoli 116 e 117, nonché le eventuali somme residue del “Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili” di cui all'articolo 115, sono annualmente versati ad appositi capitoli dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato. Gli importi dei versamenti relativi alla quota capitale sono riassegnati al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

 

L'unico comma dell'articolo in esame dispone che gli importi restituiti dagli enti territoriali a fronte delle somme anticipate dallo Stato, ai sensi degli articoli 116 e 117, sono annualmente versati ad appositi capitoli dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato, distinti per la quota capitale e per la quota interessi.

Gli importi dei versamenti relativi alla quota capitale sono riassegnati al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

Sono ugualmente versate all’entrata del bilancio dello Stato e riassegnate al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato le eventuali somme, di cui all’articolo 115, non richieste alla data del 31 dicembre 2020 (somme residue del “Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili”).

 

Il Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato è stato istituito dalla legge n.  432 del 1993 presso la Direzione generale del Tesoro del MEF con l’obiettivo di ridurre la consistenza dei titoli di Stato in circolazione mediante acquisti sul mercato o rimborso dei titoli in scadenza a partire dal 1° gennaio 1995.

Ai sensi dell’articolo 2, comma 182, della legge n. 662 del 1996 i proventi che confluiscono nel fondo possono essere utilizzati anche per l’acquisto di partecipazioni azionarie possedute da società delle quali il Tesoro sia unico azionista, ai fini della loro dismissione.

Il fondo è alimentato dai proventi delle dismissioni di beni e attività dello Stato, dal gettito derivante da entrate straordinarie dello Stato, da eventuali assegnazioni da parte del MEF, dai proventi di donazioni e disposizioni testamentarie e dai proventi della vendita di attività mobiliari e immobiliari confiscate dall’autorità giudiziaria in relazione a somme sottratte in modo illecito alla pubblica amministrazione.

In base a quanto riportato dalla Relazione al Parlamento 2018 sull’amministrazione del "Fondo per l’ammortamento dei Titoli di Stato", a seguito degli indirizzi dettati dalla Banca Centrale Europea (BCE) nel corso degli ultimi anni, la gestione amministrativa del Fondo è stata modificata da gennaio 2015 ed ai sensi dell’articolo 1, comma 387 della Legge di Stabilità 2015 n. 190 del 23 dicembre 2014 (cfr. Relazione al Parlamento per il 2015), le giacenze del Fondo sono state trasferite sul conto di gestione intestato alla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (CDP) acceso presso la Banca d’Italia.

Un’apposita Convenzione, stipulata tra il Dipartimento del Tesoro e la CDP il 30 dicembre 2014 e resa esecutiva con decreto del direttore generale del Tesoro n. 3513 del 19 gennaio 2015, disciplina le modalità gestionali del Fondo, sia in termini di trasferimenti delle risorse al conto sopra menzionato, sia per le operazioni di riduzione del debito (rimborsi o riacquisti). La suddetta Convenzione è stata rivista a marzo 2016 tramite l’Accordo modificativo, sottoscritto con protocollo del dipartimento del Tesoro n. 30178 del 24 marzo 2016 e reso esecutivo con decreto del direttore generale del Tesoro n. 48912 del 23 maggio 2016.

La gestione delle somme accreditate è attribuita dall’articolo 48 del T.U. del debito pubblico (D.P.R. n. 398 del 2003) al direttore generale del Tesoro o, per delega, al dirigente generale del debito pubblico, e confermata annualmente dai “decreti cornice”, di cui l’ultimo emesso è il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze n. 162 del 2 gennaio 2019.

Le entrate al Fondo, ai sensi dell’articolo 45 comma 2 del T.U. del debito pubblico, affluiscono attraverso i seguenti capitoli del Capo X del bilancio dello Stato: n. 4055 (dismissioni patrimoniali e vendita partecipazioni dello Stato); n. 3330 (versamenti per donazioni, alienazione beni immobiliari dello Stato ed eventuali assegnazioni da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze); n. 3512 (risorse rivenienti dall’applicazione del limite massimo retributivo per emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con le pubbliche amministrazioni statali); n. 4859  (restituzione da parte degli enti territoriali della quota di capitale delle somme anticipate dallo Stato);  sugli altri capitoli - 4533, 4862 e 3428 - non sono affluite entrate per il 2018. Le somme possono altresì venire stanziate direttamente sul capitolo di spesa 9565 relativo al Fondo, laddove venga espressamente previsto da una norma di legge (cfr. paragrafo successivo). Di conseguenza, la maggioranza delle somme che transitano in bilancio sono trasferite sul conto di gestione della CDP per mezzo di decreti di variazione dall’entrata alla spesa, sottoposti alla registrazione della Corte dei Conti, a cui fanno seguito appositi mandati informatici di pagamento sul citato capitolo di spesa 9565, di pertinenza del centro di responsabilità Tesoro – (Unità di Voto 21.2 – Ammortamento titoli di Stato) del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Le dismissioni delle partecipazioni direttamente detenute dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, nonché le operazioni ad esse assimilate, sono la fonte primaria delle entrate del Fondo.

L’obiettivo della riduzione dell’ammontare del debito pubblico viene perseguito sia riacquistando sul mercato i titoli di Stato in circolazione, sia attraverso i rimborsi a scadenza.

 

 

 


 

Articolo 118-bis
(Disposizioni in materia di assunzioni di
personale negli enti in dissesto)

 

 

L’articolo 118-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, reca disposizioni in materia di procedure di assunzione di personale da parte degli enti territoriali in condizioni finanziarie negative.

 

La disposizione prevede che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e nel rispetto dei principi di risanamento della finanza pubblica e di contenimento delle spese, le regioni a statuto ordinario, le province, le città metropolitane e i comuni in condizioni finanziarie negative (strutturalmente deficitari, in riequilibrio finanziario pluriennale o in dissesto finanziario[29]), prima di avviare nuove procedure concorsuali per assunzioni a qualsiasi titolo, possono riattivare e portare a termine quelle eventualmente sospese, annullate o revocate per motivi di interesse pubblico riconducibili alla situazione finanziaria dell’ente medesimo.

 

Sul punto, si segnala che la legge di bilancio 2019 (art. 1, c. 823, L. 145/2018) ha eliminato il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, nell’anno successivo all’inadempienza, per gli enti locali in dissesto finanziario (ossia quelli che non conseguono un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali), precedentemente previsto dall’art. 1, c. 475, lett. e), della L. 205/2017. Ai sensi dell’art. 1, c. 824, della richiamata L. 145/2018, le regioni a statuto ordinario applicheranno quanto previsto dal citato comma 823 a decorrere dal 2021.

 

Viene altresì specificato che la definitiva assunzione di personale avverrà nel rispetto dei piani triennali di fabbisogno del personale e sarà soggetta al controllo centrale sulle dotazioni organiche e sulle assunzioni di personale da parte della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali, istituita presso il Ministero dell’interno (come disposto dall’art. 243, c. 1, del D.Lgs. 267/2000, Testo unico degli enti locali).

 

 

 

 


 

Articolo 118-ter
(Riduzione di tariffe e aliquote entrate locali)

 

 

L'articolo 118-ter, introdotto dalla Camera dei deputati, consente agli enti territoriali di deliberare una riduzione fino al 20 per cento delle tariffe e delle aliquote delle proprie entrate, tributarie e patrimoniali, purché il soggetto obbligato al pagamento vi provveda con autorizzazione permanente all’addebito diretto del pagamento su conto corrente bancario o postale.

 

In materia di entrate locali si ricorda che la legge di bilancio 2020 ha introdotto una complessiva riforma dell'assetto dell'imposizione immobiliare locale, con l'unificazione delle due vigenti forme di prelievo (l'Imposta comunale sugli immobili, IMU e il Tributo per i servizi indivisibili – TASI) in un unico testo.

Inoltre, il decreto-legge Proroga termini 2020 (D.L. n. 162 del 2019, articolo 4, comma 3-quater) stabilisce che limitatamente all’anno 2020 si applicano le disposizioni in materia di imposta comunale sulla pubblicità, diritto sulle pubbliche affissioni e tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (capi I e II del decreto legislativo n. 507 del 1993) nonché le norme in materia di canone per l'installazione di mezzi pubblicitari e per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (articoli 62 e 63 del decreto legislativo n. 446 del 1997), in deroga a quanto previsto del comma 847 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2020 che ne dispone l’abrogazione a decorrere dal 1° gennaio 2020. Quindi per il 2020 continuano ad applicarsi i tributi comunali sopra citati, che sono sostituiti a partire dal 2021 dal canone unico patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria, istituito dai commi 816-836 della legge di bilancio 2020.

Da ultimo, il provvedimento in esame (articolo 177) prevede l'abolizione della prima rata IMU per i possessori di immobili adibiti a stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali o stabilimenti termali, così come per gli immobili di agriturismi, villaggi turistici, ostelli della gioventù e campeggi, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività (articolo 177, alla cui scheda di lettura si rinvia).

 

Per una disamina completa delle  entrate degli enti territoriali si rinvia al relativo tema web.

 


 

Articolo 118-quater
(Disposizioni in favore del comune di Matera)

 

L’articolo 118-quater - introdotto dalla Camera dei deputati - autorizza, anche per l'anno 2020, la spesa di 1.500.000 euro in favore del comune di Matera, già autorizzata per il triennio 2017-2019. Esso sopprime inoltre la previsione per cui il comune di Matera, nell'anno 2020, può provvedere alle relative spese nel limite massimo di 1.200.000 euro a valere sulle proprie risorse. A tal fine, novella l'articolo 1, comma 346, della L. 208/2015.

 

Preliminarmente, si ricorda che la L. 208/2015 ha dettato una disciplina particolare per gestire il ruolo di «Capitale europea della cultura» riconosciuto a Matera per il 2019.

L'azione comunitaria "Capitale europea della cultura" è stata istituita per gli anni dal 2007 al 2019 attraverso la Decisione n. 1622/2006/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 2006 che ha disposto la nomina, per ognuno degli anni sopra indicati, di una città di ciascuno degli Stati membri indicati nell'elenco allegato. Successivamente, la Decisione n. 445/2014/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 aprile 2014 ha istituito l'azione "Capitali europee della cultura" per gli anni dal 2020 al 2033. La Decisione n. 445/2014/UE è stata poi modificata dalla Decisione n. 2017/1545/UE del 13 settembre 2017. In base al calendario allegato, l'Italia - dopo il 2019 - potrà partecipare nuovamente alla selezione nel 2033.

Con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo 23 dicembre 2014 è stata adottata e approvata la Raccomandazione inoltrata dalla Commissione esaminatrice (Selection Panel) al Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo (MIBACT), secondo cui Matera era la città designata quale Capitale europea della cultura 2019.  In relazione a tale designazione, la L. 208/2015 (art. 1, co. 345) ha autorizzato la spesa di 2 milioni di euro per il 2016, 6 milioni di euro per il 2017, 11 milioni di euro per il 2018 e 9 milioni di euro per il 2019 per la realizzazione di un programma di interventi, da individuare con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, previa intesa con il sindaco di Matera. Il programma di interventi per Matera è stato approvato con D.M. 1° maggio 2016, n. 230.

L'art. 1, co. 346, della L. 208/2015 - novellato, da ultimo, dall'art. 7 del D.L. 162/2019 (L. 8/2020) - ha disposto quindi che al comune di Matera non si applicano, fino al 31 dicembre 2019, le norme di contenimento delle spese per l'acquisto di beni e di servizi e, fino al 31 dicembre 2020, quelle limitative delle assunzioni di personale con contratti di lavoro dipendente a tempo determinato o con forme contrattuali flessibili (art. 9, co. 28, D.L. 78/2010), nei limiti di quanto strettamente necessario allo svolgimento dell'evento. La disposizione ha previsto inoltre fino al 31 dicembre 2020 la possibilità, per il comune di Matera, di autorizzare la corresponsione al personale non dirigenziale direttamente impiegato nelle attività connesse all'evento di "Capitale europea della cultura", nel limite massimo complessivo di 30 ore pro capite mensili, di compensi per prestazioni di lavoro straordinario effettivamente rese oltre i limiti previsti dall’articolo 14 del CCNL del personale del comparto "Regioni-Autonomie locali" del 1° aprile 1999[30]. E' altresì consentita l'instaurazione di un rapporto di lavoro dirigenziale a tempo determinato.

Il citato L'L'Per le attività connesse al ruolo di Capitale europea della cultura, Lllart. 1, co. 346, della L. 208/2015 ha pertanto autorizzato la spesa, in favore del comune di Matera, pari a 500.000 euro per il 2016 e a 1.500.000 euro per gli anni 2017-2019. In virtù dell'articolo in commento, tale autorizzazione di spesa, pari a 1.500.000 euro, è stanziata anche per l'anno 2020 (lett.a)). Ai relativi oneri si provvede a valere sulle risorse di cui all'art. 265, co. 5, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

Si sopprime poi la previsione per cui il comune di Matera può provvedere, per il 2020, nel limite massimo di spesa di 1.200.000 euro a valere sulle proprie risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente (lett.b)).

 

 

 

 


 

Articolo 118-quinquies
(Supporto Fondazione patrimonio comune)

 

 

L’articolo 118-quinquies, introdotto nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, prevede che l'Agenzia del demanio e le regioni possono avvalersi della Fondazione patrimonio comune dell'ANCI al fine di garantire un supporto agli enti locali nell'individuazione, regolarizzazione, trasformazione e messa a norma di strutture di proprietà.

 

In particolare la disposizione in esame (comma 1) stabilisce che l'Agenzia del demanio e le regioni possono avvalersi della Fondazione patrimonio comune dell'ANCI al fine di fornire supporto tecnico agli enti locali nell'individuazione, regolarizzazione, trasformazione e messa a norma di strutture di proprietà ai fini dell'utilizzo nella fase di emergenza COVID-19.

 

 

Si ricorda che la Fondazione patrimonio comune dell'ANCI ha come scopo, quale ente strumentale dell'Associazione Nazionale dei comuni Italiani di sviluppare e diffondere la cultura della valorizzazione e dell’impiego efficiente del patrimonio di proprietà dei comuni italiani, supportando e collaborando con tutti i soggetti interessati a compiere operazioni straordinarie sugli asset degli enti locali. Per il perseguimento dei propri scopi, la Fondazione potrà, tra l'altro:

§  effettuare attività di studio, ricerca e formazione sulle migliori pratiche e procedure per censire, valutare, valorizzare e più in generale disporre del patrimonio pubblico ed in particolare quello di proprietà dei comuni; curare la progettazione, la realizzazione e la diffusione di banche dati locali o nazionali sugli asset detenuti dai comuni;

§  offrire servizi informativi, di supporto consulenziale e di assistenza tecnica a distanza o sul campo su tutte le operazioni straordinarie attivabili in base alla normativa vigente dai comuni sul patrimonio che detengono, con particolare riferimento alla valorizzazione e dismissione del patrimonio sia mobiliare che immobiliare; predisporre piani di valorizzazione del patrimonio e promuovere la costituzione di Fondi che investano nel patrimonio dei comuni;

§  stipulare accordi e convenzioni con altri soggetti interessati a supportare i comuni nella gestione dei loro patrimoni, con particolare riferimento alle agenzie nazionali e locali che hanno competenze in materia di immobili e catasto e competenze in materia di gestione titoli, azioni e partecipazioni societarie, agli ordini dei professionisti che per competenze possono supportare i comuni nella ricognizione, gestione e valorizzazione del proprio patrimonio, alle istituzioni finanziarie pubbliche e private che possono finanziare le operazioni sul patrimonio.

Si ricorda, inoltre, che il comma 368 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) prevede già la facoltà per InvestItalia di avvalersi della collaborazione tecnica della Fondazione Patrimonio comune dell'ANCI relativamente ad alcuni investimenti locali.

Per una ricognizione delle attività della Fondazione si rimanda alla lettura delle norme contenute all’interno del suo Statuto.

 

Si dispone che per garantire tale attività di supporto tecnico sono stanziati a favore della medesima Fondazione euro 300.000 per l’anno 2020.

 

Il comma 2 provvede alla copertura finanziaria.

 

 


 

Titolo VI – Misure fiscali

Articolo 119
(Ecobonus, sismabonus, fotovoltaico e colonnine veicoli elettrici)

 

 

L’articolo 119, modificato durante l’esame presso la Camera dei deputati, introduce una detrazione pari al 110% delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica (anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione) e di misure antisismiche sugli edifici (anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici) sostenute dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021.

Il termine per fruire dell’agevolazione fiscale di riqualificazione energetica viene esteso fino al 30 giugno 2022 per gli interventi effettuati dagli istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati.

La detrazione è prevista inoltre per l’installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica nonché di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.

Tali misure si applicano esclusivamente agli interventi effettuati dai condomìni, dalle persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, dagli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati, dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa, dagli enti del Terzo settore, nonché dalle associazioni e dalle società sportive dilettantistiche per determinate tipologie di intervento.

Per le persone fisiche le agevolazioni per la riqualificazione energetica degli edifici si applicano per gli interventi realizzati su un numero massimo di due unità immobiliari. Le norme non si applicano alle unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali A 1, A8 e A9 (abitazioni di tipo signorile, ville e castelli ovvero palazzi di eminenti pregi artistici o storici) e la detrazione è concessa a condizione che la regolarità degli interventi sia asseverata da professionisti abilitati, che devono anche attestare la congruità delle spese sostenute con gli interventi agevolati.

 

Il comma 1 della disposizione incrementa al 110% (rispetto al 65% e al 50% disposto dall’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63) l’aliquota di detrazione dall’Irpef o dall’Ires spettante a fronte di specifici interventi in ambito di efficienza energetica.

 

Si ricorda che l’agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifici, come prorogata nel tempo da numerosi provvedimenti, consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta (originariamente del 55 per cento, poi elevata al 65 per cento, da ripartire in 10 rate annuali di pari importo) delle spese sostenute entro un limite massimo diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta riassuntivamente di riduzioni Irpef e Ires che riguardano le spese per:

§  la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento; la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione; la realizzazione di interventi su edifici esistenti, parti di edifici esistenti o unità immobiliari, riguardanti strutture opache verticali, strutture opache orizzontali (coperture e pavimenti), finestre comprensive di infissi; l'installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici o industriali e per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università (articolo 1, commi da 344-347, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), l'acquisto e la posa in opera di micro-cogeneratori in sostituzione di impianti esistenti;

§  la sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria (articolo 1, comma 48, legge 13 dicembre 2010, n. 220);

§  l’acquisto e la posa in opera delle schermature solari indicate nell’allegato M del decreto legislativo n. 311 del 2006.

Il comma 175, lettera a), n.1, della legge di bilancio 2020 proroga al 31 dicembre 2020 il termine previsto per avvalersi della richiamata detrazione fiscale.

Per una dettagliata ricognizione delle agevolazioni fiscali per il risparmio energetico si consiglia la lettura della Guida dell’Agenzia delle entrate.

Per una panoramica della materia si rinvia alle pagine web Riqualificazione energetica degli edifici: l'ecobonus e Detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e di efficienza energetica consultabili sul Portale della documentazione della Camera dei deputati.

 

In particolare, la disposizione stabilisce che la detrazione prevista per la riqualificazione energetica degli edifici (articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63) si applica nella misura del 110 per cento, per le spese documentate e rimaste a carico del contribuente, sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo, nei seguenti specifici casi:

 

§  interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali, orizzontali e inclinate che interessano l'involucro dell'edificio con un’incidenza superiore al 25 per cento della superficie disperdente lorda dell'edificio o dell'unità immobiliare situata all'interno di edifici plurifamiliari che sia funzionalmente indipendente e disponga di uno o più accessi autonomi dall'esterno (lettera a).

La detrazione è calcolata su un ammontare complessivo delle spese non superiore a:

§  50.000 euro per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari situate all'interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall'esterno;

§  40.000 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l'edificio per gli edifici composti da due a otto unità immobiliari;

§  30.000 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l'edificio per gli edifici composti da più di otto unità immobiliari.

I materiali isolanti utilizzati devono rispettare i criteri ambientali minimi previsti dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 11 ottobre 2017.

 

§  interventi sulle parti comuni degli edifici per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti centralizzati per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria, a condensazione, con efficienza almeno pari alla classe A di prodotto prevista dal regolamento delegato (UE) n.?811/2013 della Commissione, del 18 febbraio 2013 a pompa di calore (ivi compresi gli impianti ibridi o geotermici, anche abbinati all'installazione di impianti fotovoltaici (comma 5) e relativi sistemi di accumulo (comma 6) ovvero con impianti di microcogenerazione o a collettori solari). La detrazione è riconosciuta inoltre per l'allaccio a sistemi di teleriscaldamento efficiente esclusivamente per i comuni montani non interessati dalle procedure europee di infrazione relative alla qualità dell’aria con riferimento al mancato rispetto dei valori limite di biossido di azoto (n. 2014/2147 del 10 luglio 2014 o n. 2015/2043 del 28 maggio 2015 per l’inottemperanza dell'Italia agli obblighi previsti dalla direttiva 2008/50/CE) (lettera b).

 

Si ricorda che in base all'articolo 2, comma 2, lettera tt), del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 per teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti è da intendersi un sistema di teleriscaldamento o teleraffreddamento che usa, in alternativa, almeno:

a)  il 50 per cento di energia derivante da fonti rinnovabili;

b)  il 50 per cento di calore di scarto;

c)  il 75 per cento di calore cogenerato;

d)  il 50 per cento di una combinazione delle precedenti.

Per un approfondimento delle procedure di infrazione per l’inottemperanza dell'Italia agli obblighi previsti alla qualità dell’aria si rinvia alla lettura del dossier: Qualità dell’aria: l’Italia deferita alla Corte di giustizia dell’Ue realizzato dal Servizio studi del Senato della Repubblica.

 

La detrazione è calcolata su un ammontare complessivo delle spese non superiore a 20.000 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l'edificio per gli edifici composti fino a otto unità immobiliari ovvero a 15.000 euro moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l'edificio per gli edifici composti da più di otto unità immobiliari ed è riconosciuta anche per le spese relative allo smaltimento e alla bonifica dell'impianto sostituito;

 

§  interventi sugli edifici unifamiliari o sulle unità immobiliari situate all'interno di edifici plurifamiliari che siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall'esterno per la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti per il riscaldamento, il raffrescamento o la fornitura di acqua calda sanitaria, a condensazione, con efficienza almeno pari alla classe A di prodotto prevista dal regolamento delegato (UE) n.?811/2013 della Commissione, del 18 febbraio 2013, a pompa di calore, (ivi compresi gli impianti ibridi o geotermici, anche abbinati all'installazione di impianti fotovoltaici (comma 5) e relativi sistemi di accumulo (comma 6) ovvero con impianti di microcogenerazione, nonché a collettori solari) (lettera c).

L’agevolazione è riconosciuta altresì, esclusivamente per le aree non metanizzate nei comuni non interessati dalle procedure europee di infrazione sopra citate, per la sostituzione con caldaie a biomassa aventi prestazioni emissive con i valori previsti almeno per la classe 5 stelle. Infine, l’agevolazione è riconosciuta anche nei comuni montani non interessati dalle procedure europee di infrazione richiamate per l'allaccio a sistemi di teleriscaldamento efficiente.

 

Si ricorda che nel decreto ministeriale 7 novembre 2017 n. 186 (allegato 1 (articolo 3)) sono individuati i valori di riferimento per la classe 5 stelle. 

 

La detrazione prevista è calcolata su un ammontare complessivo delle spese non superiore a 30.000 euro ed è riconosciuta anche per le spese relative allo smaltimento e alla bonifica dell'impianto sostituito.

 

Il comma 2 stabilisce che l’aliquota agevolata si applica anche a tutti gli interventi di efficientamento energetico contenuti nel citato articolo 14 del decreto-legge n. 63 del 2013, nei limiti di spesa previsti per ciascun intervento a legislazione vigente e a condizione che siano eseguiti congiuntamente ad almeno uno degli interventi indicati al comma 1.

Qualora l'edificio sia sottoposto ad almeno uno dei vincoli previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.?42) o gli interventi di cui al citato comma 1 siano vietati da regolamenti edilizi, urbanistici e ambientali, la detrazione si applica comunque a tutti gli interventi di efficientamento energetico, anche se non eseguiti congiuntamente ad almeno uno degli interventi di cui al medesimo comma 1, fermi restando i requisiti previsti al comma 3 (miglioramento classe energetica).

 

Il comma 3 indica i requisiti tecnici minimi da rispettare ai fini della spettanza della detrazione con riferimento agli interventi di ecobonus di cui ai commi 1 e 2.

La disposizione chiarisce che ai fini dell’accesso alla detrazione, gli interventi devono rispettare i requisiti minimi previsti dai decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Nel loro complesso, devono assicurare, anche congiuntamente agli interventi previsti ai successivi commi 5 e 6 (impianti solari fotovoltaici), il miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio o delle unità immobiliari situate all'interno di edifici plurifamiliari le quali siano funzionalmente indipendenti e dispongano di uno o più accessi autonomi dall'esterno, ovvero se non possibile, il conseguimento della classe energetica più alta, da dimostrare mediante l’attestato di prestazione energetica-A.P.E. (articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192) prima e dopo l’intervento, rilasciato da tecnico abilitato nella forma della dichiarazione asseverata.

Inoltre, la norma chiarisce che, nel rispetto dei prescritti requisiti minimi, sono ammessi all'agevolazione, nei limiti stabiliti ai commi 1 e 2, anche gli interventi di demolizione e ricostruzione.

 

Si ricorda che l'articolo 3, comma 1, lettera d), del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 stabilisce che nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente.

 

Il nuovo comma 3-bis proroga la fruizione della detrazione fino alla metà del 2022 per gli interventi effettuati su immobili Iacp.

In particolare la norma stabilisce che le disposizioni previste dai commi da 1 a 3 si applicano anche alle spese, documentate e rimaste a carico del contribuente (sostenute dal 1o gennaio 2022 al 30 giugno 2022) per gli interventi effettuati dagli istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati, nonché dagli enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti istituti (istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di in house providing).

 

Il comma 4 introduce una detrazione pari al 110% delle spese relative a specifici interventi antisismici sugli edifici (commi da 1-bis a 1-septies dell’articolo 16 del decreto-legge n. 63 del 2013), sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021:

§  adozione di misure antisismiche, su edifici ubicati nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zona sismica 1 e 2) con particolare riguardo all'esecuzione di opere per la messa in sicurezza statica, in particolare sulle parti strutturali, per la redazione della documentazione obbligatoria atta a comprovare la sicurezza statica del patrimonio edilizio, nonché per la realizzazione degli interventi necessari al rilascio della suddetta documentazione. Gli interventi devono essere realizzati sulle parti strutturali degli edifici o complessi di edifici collegati strutturalmente e comprendere interi edifici e, ove riguardino i centri storici, devono essere eseguiti sulla base di progetti unitari e non su singole unità immobiliari (attualmente agevolati al 50%);

§  interventi di riduzione del rischio sismico che determini il passaggio ad una (attualmente agevolati al 70% su case singole e al 75% nei condomìni) o due classi (attualmente agevolati al 80% su case singole e al 85% nei condomìni)  di rischio inferiori e nelle zone a rischio sismico 1, 2 e 3 anche mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, allo scopo di ridurne il rischio sismico, anche con variazione volumetrica rispetto all'edificio preesistente, ove le norme urbanistiche vigenti consentano tale aumento.

 

Dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 per gli interventi sopra citati, in caso di cessione del credito ad un'impresa di assicurazione e di contestuale stipula di una polizza che copre il rischio di eventi calamitosi, la detrazione per i premi delle assicurazioni aventi per oggetto il rischio di eventi calamitosi stipulate relativamente a unità immobiliari ad uso abitativo (articolo 15, comma 1, lettera f-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, DPR 917/1986) spetta nella misura del 90 per cento.

Le agevolazioni non si applicano agli edifici ubicati in zona sismica 4.

 

Il comma 4-bis estende la detrazione introdotta dal comma 4 anche alla realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici.

In particolare, la norma prevede che la detrazione è riconosciuta anche per la realizzazione di sistemi di monitoraggio strutturale continuo a fini antisismici, a condizione che sia eseguita congiuntamente a uno degli interventi antisismici previsti dai sopra citati commi da 1-bis a 1-septies, nel rispetto dei limiti di spesa previsti dalla legislazione vigente per i medesimi interventi.

 

Il comma 5 estende la detrazione nella misura del 110% anche per l’installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica su edifici, per le spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021, fino ad un ammontare non superiore a euro 48.000 e comunque nel limite di spesa di euro 2.400 per ogni kW di potenza nominale dell’impianto solare fotovoltaico, da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo, sempreché l’installazione degli impianti sia eseguita congiuntamente a uno degli interventi riqualificazione energetica o di miglioramento sismico (commi 1 e 4).

In caso di interventi di trasformazione degli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, interventi di nuova costruzione, e interventi di ristrutturazione urbanistica (articolo 3, comma 1, lettere d), e) ed f), del DPR 6 giugno 2001, n. 380) il predetto limite di spesa è ridotto ad euro 1.600 per ogni kW di potenza nominale.

 

Il comma 6 stabilisce che tale detrazione è riconosciuta anche per l’installazione contestuale o successiva di sistemi di accumulo integrati negli impianti solari fotovoltaici agevolati, alle stesse condizioni e nel limite di spesa di euro 1.000 per ogni kWh di capacità di accumulo del sistema di accumulo.

 

Il comma 7 stabilisce che la detrazione è subordinata alla cessione in favore del Gestore dei servizi energetici-GSE dell’energia non auto-consumata in sito ovvero non condivisa per l'autoconsumo e non è cumulabile con altri incentivi pubblici o altre forme di agevolazione di qualsiasi natura previste dalla normativa europea, nazionale e regionale, compresi i fondi di garanzia e di rotazione e gli incentivi per lo scambio sul posto (articolo 25-bis del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91).

 

In merito al ritiro dell’energia non autoconsumata si ricorda che l’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, stabilisce che per quanto concerne l'energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza inferiore a 10 MVA, nonché da impianti di potenza qualsiasi alimentati dalle fonti rinnovabili eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice ed idraulica, limitatamente, per quest'ultima fonte, agli impianti ad acqua fluente, ad eccezione di quella ceduta al Gestore della rete nell'àmbito delle convenzioni in essere stipulate, limitatamente agli impianti nuovi, potenziati o rifatti, essa è ritirata, su richiesta del produttore, dal gestore di rete alla quale l'impianto è collegato. L'Autorità per l'energia elettrica ed il gas determina le modalità per il ritiro dell'energia elettrica di cui al presente comma facendo riferimento a condizioni economiche di mercato.

 

Con il decreto del Ministro dello sviluppo economico che disciplina la tariffa incentivante per la remunerazione degli impianti a fonti rinnovabili (comma 9, articolo 42-bis del decreto-legge n. 162 del 2019) sono individuati altresì i limiti e le modalità relativi all'utilizzo e alla valorizzazione dell'energia condivisa prodotta dagli impianti incentivati ai sensi del comma in esame.

 

Si ricorda che il comma 9 dell’articolo 42-bis del decreto-legge n.?162 del 2019 dispone che con decreto del Ministro dello sviluppo economico è individuata una tariffa incentivante per la remunerazione degli impianti a fonti rinnovabili inseriti nelle configurazioni sperimentali sulla base dei seguenti criteri:

a) la tariffa incentivante è erogata dal GSE Spa ed è volta a premiare l'autoconsumo istantaneo e l'utilizzo di sistemi di accumulo;

b) il meccanismo è realizzato tenendo conto dei princìpi di semplificazione e di facilità di accesso e prevede un sistema di reportistica e di monitoraggio dei flussi economici ed energetici a cura del GSE Spa, allo scopo di acquisire elementi utili per la riforma generale del meccanismo dello scambio sul posto, da operare nell'ambito del recepimento della direttiva (UE) 2018/2001;

c) la tariffa incentivante è erogata per un periodo massimo di fruizione ed è modulata fra le diverse configurazioni incentivabili per garantire la redditività degli investimenti;

d) il meccanismo è realizzato tenendo conto dell'equilibrio complessivo degli oneri in bolletta e della necessità di non incrementare i costi tendenziali rispetto a quelli dei meccanismi vigenti;

e) è previsto un unico conguaglio, composto dalla restituzione delle componenti tariffarie disciplinate in via regolata, nonché di quelle connesse al costo della materia prima energia, che non risultano tecnicamente applicabili all'energia condivisa, in quanto energia istantaneamente autoconsumata sulla stessa porzione di rete di bassa tensione e, per tale ragione, equiparabile all'autoconsumo fisico in situ, compresa la quota di energia condivisa, e dalla tariffa incentivante.

 

Il comma 8 riconosce anche per l’installazione di infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici la detrazione nella misura del 110 cento, da ripartire tra gli aventi diritto in cinque quote annuali di pari importo, sempreché l’installazione sia eseguita congiuntamente ad uno degli interventi di cui al comma 1.

 

Il comma 9 circoscrive l’ambito dei soggetti beneficiari delle agevolazioni fiscali introdotte dall’articolo.

Il comma prevede che le disposizioni contenute nei commi da 1 a  8 si applicano agli interventi effettuati dai condomini, nonché, su unità immobiliari adibite ad abitazione principale, dalle persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni e dagli Istituti autonomi case popolari (IACP) comunque denominati nonché dagli enti aventi le stesse finalità sociali dei predetti Istituti, istituiti nella forma di società che rispondono ai requisiti della legislazione europea in materia di in house providing per interventi realizzati su immobili, di loro proprietà ovvero gestiti per conto dei comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica, nonché dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa per interventi realizzati su immobili dalle stesse posseduti e assegnati in godimento ai propri soci (lettere a-d).

Le norme si applicano altresì anche agli interventi realizzati dagli enti del Terzo settore (organizzazioni non lucrative di utilità, organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale iscritte nel registro nazionale e nei registri regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano, lettera d-bis) nonché alle associazioni e alle società sportive dilettantistiche per i lavori finalizzati ai soli immobili, o a parte di immobili, adibiti a spogliatoi (lettera e).

 

Si ricorda che l'articolo 101, comma 3 del decreto legislativo 3 lu­glio 2017, n. 117, dispone che il requisito dell'iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore, nelle more dell'istituzione del Registro medesimo, si intende soddisfatto da parte delle reti associative e degli enti del Terzo settore attraverso la loro iscrizione ad uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore.

 

Il comma 10 stabilisce che le agevolazioni per la riqualificazione energetica degli edifici (commi da 1 a 3) si applicano agli interventi effettuati dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, per gli interventi realizzati sul numero massimo di due unità immobiliari, fermo restando il riconoscimento delle detrazioni per gli interventi effettuati sulle parti comuni dell'edificio.

 

Ai sensi del comma 11, ai fini dell’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all'articolo 121, il contribuente richiede il visto di conformità dei dati relativi alla documentazione che attesta la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione. Il visto di conformità è rilasciato dai soggetti iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro o nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio (articolo 3, comma 3, lettere a) e b), del DPR 22 luglio 1998, n. 322) e dai responsabili dei centri di assistenza fiscale.

 

Il comma 12 specifica che i dati relativi all’opzione sono comunicati esclusivamente in via telematica, anche avvalendosi dei soggetti che rilasciano il visto di conformità indicato al comma 11, secondo quanto disposto con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, che definisce anche le modalità attuative, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

 

Il comma 13 stabilisce che ai fini della detrazione del 110 per cento di cui all’articolo in esame e dell’opzione per la cessione o per lo sconto di cui all'articolo 121:

§  per gli interventi di riqualificazione energetica, i tecnici abilitati asseverano il rispetto dei requisiti e la corrispondente congruità delle spese sostenute. Una copia dell’asseverazione viene trasmessa esclusivamente per via telematica all’ Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA). Con decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità di trasmissione e le modalità attuative;

§  per gli interventi antisismici, l'efficacia rispetto alla riduzione del rischio sismico è asseverata dai professionisti incaricati della progettazione strutturale, direzione dei lavori delle strutture e collaudo statico secondo le rispettive competenze professionali, e iscritti ai relativi Ordini o Collegi professionali. I professionisti incaricati attestano, altresì, la congruità delle spese sostenute.

Il soggetto che rilascia il visto di conformità di cui al comma 11 verifica la presenza delle asseverazioni e delle attestazioni rilasciate dai professionisti incaricati.

 

Il comma 13-bis prevede che l'asseverazione di cui al comma 13 è rilasciata al termine dei lavori o per ogni stato di avanzamento dei lavori sulla base delle condizioni e nei limiti indicati all'articolo 121 del decreto in esame. L'asseverazione rilasciata dal tecnico abilitato attesta i requisiti tecnici sulla base del progetto e dell'effettiva realizzazione. Ai fini dell'asseverazione della congruità delle spese si fa riferimento ai prezzari individuati dal decreto del Ministro dello sviluppo economico (comma 13, (lettera a)).

Nelle more dell'adozione del predetto decreto la congruità delle spese è determinata facendo riferimento ai prezzi riportati nei prezzari predisposti dalle regioni e dalle province autonome, ai listini ufficiali o ai listini delle locali Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura ovvero, in difetto, ai prezzi correnti di mercato in base al luogo di effettuazione degli interventi.

 

Il comma 14 dispone che ferma restando l’applicazione delle sanzioni penali ove il fatto costituisca reato, ai soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni infedeli si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 a euro 15.000 per ciascuna attestazione o asseverazione infedele resa.

I soggetti responsabili delle attestazioni e asseverazioni stipulano una polizza di assicurazione della responsabilità civile, con massimale adeguato al numero delle attestazioni o asseverazioni rilasciate e agli importi degli interventi oggetto delle predette attestazioni o asseverazioni e, comunque, non inferiore a 500 mila euro., al fine di garantire ai propri clienti e al bilancio dello Stato il risarcimento dei danni eventualmente provocati dall'attività prestata. La non veridicità delle attestazioni o asseverazioni comporta la decadenza dal beneficio e si applicano le sanzioni amministrative previste della legge 24 novembre 1981, n 689.

L’organo addetto al controllo sull’osservanza della presente disposizione è individuato nel Ministero dello sviluppo economico.

 

Il comma 15 chiarisce che rientrano tra le spese detraibili quelle sostenute per il rilascio delle attestazioni e delle asseverazioni di cui ai commi 3 e 13 e del visto di conformità di cui al comma 11.

Il comma 15-bis chiarisce che le disposizioni del presente articolo non si applicano alle unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali A 1, A8 e A9 (abitazioni di tipo signorile, ville e castelli ovvero palazzi di eminenti pregi artistici o storici).

 

Il comma 16 reca delle modifiche all'articolo 14 del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63 al fine di semplificare e coordinare le norme vigenti in materia di interventi di efficienza energetica.

In particolare, il comma, con efficacia dal 1°gennaio 2020, sopprime il secondo, il terzo e il quarto periodo del comma 1 del richiamato articolo 14 in materia di detrazioni fiscali per interventi di efficienza energetica.

 

Si ricorda che i periodi soppressi prevedono che la detrazione per gli interventi di efficienza energetica è ridotta al 50 per cento per le spese, sostenute dal 1° gennaio 2018, relative agli interventi di acquisto e posa in opera di finestre comprensive di infissi, di schermature solari e di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione con efficienza almeno pari alla classe A di prodotto prevista dal regolamento delegato (UE) n. 811/2013 della Commissione, del 18 febbraio 2013. Sono esclusi dalla detrazione gli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione con efficienza inferiore alla classe di cui al periodo precedente. La detrazione si applica nella misura del 65 per cento per gli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione di efficienza almeno pari alla classe A di prodotto prevista dal citato regolamento delegato (UE) n. 811/2013 e contestuale installazione di sistemi di termoregolazione evoluti, appartenenti alle classi V, VI oppure VIII della comunicazione della Commissione 2014/C 207/02, o con impianti dotati di apparecchi ibridi, costituiti da pompa di calore integrata con caldaia a condensazione, assemblati in fabbrica ed espressamente concepiti dal fabbricante per funzionare in abbinamento tra loro, o per le spese sostenute all'acquisto e posa in opera di generatori d'aria calda a condensazione.

 

Il comma conseguentemente introduce, a partire dal 1°gennaio 2020, un nuovo comma all’articolo 14 (comma 2.1) che prevede che la detrazione al 65 per cento è ridotta al 50 per cento per le spese, sostenute dal 1°gennaio 2018, relative agli interventi di acquisto e posa in opera di finestre comprensive di infissi, di schermature solari e di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione con efficienza almeno pari alla classe A di prodotto prevista dal regolamento delegato (UE) n. 811/2013 della Commissione, del 18 febbraio 2013. Sono esclusi dalla detrazione di cui al presente articolo gli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione con efficienza inferiore alla classe di cui al periodo precedente.

La detrazione si applica nella misura del 65 per cento per gli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione di efficienza almeno pari alla classe A di prodotto prevista dal citato regolamento delegato (UE) n. 811/2013 e contestuale installazione di sistemi di termoregolazione evoluti, appartenenti alle classi V, VI oppure VIII della comunicazione 2014/C 207/02 della Commissione o con impianti dotati di apparecchi ibridi, costituiti da pompa di calore integrata con caldaia a condensazione, assemblati in fabbrica ed espressamente concepiti dal fabbricante per funzionare in abbinamento tra loro, o per le spese sostenute per l'acquisto e la posa in opera di generatori d'aria calda a condensazione.

 

L’articolo 16-bis stabilisce che l'esercizio di impianti fino a 200 kW da parte di comunità energetiche rinnovabili costituite in forma di enti non commerciali o da parte di condomìni che aderiscono alle configurazioni di autoconsumo (articolo 42-bis del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162) non costituisce svolgimento di attività commerciale abituale. Pertanto, la detrazione pari al 36 per cento (articolo 16-bis, comma 1, lettera h), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917) per gli impianti a fonte rinnovabile da parte di soggetti che aderiscono alle configurazioni di autoconsumo si applica fino alla soglia di 200 kW e per un ammontare complessivo di spesa non superiore a euro 96.000.

 

L’articolo16-ter chiarisce che le disposizioni del comma 5 (installazione di impianti solari fotovoltaici connessi alla rete elettrica su edifici) si applicano all'installazione degli impianti di cui al comma 16-bis. L'aliquota di cui al medesimo comma 5 si applica alla quota di spesa corrispondente alla potenza massima di 20 kW e per la quota di spesa corrispondente alla potenza eccedente 20 kW spetta la detrazione pari al 36% nel limite massimo di spesa complessivo di euro 96.000 riferito all'intero impianto.

 

Il comma 16-quater reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla disposizione (valutati in 63,6 milioni di euro per l'anno 2020, in 1.294,3 milioni di euro per l'anno 2021, in 3.309,1 milioni di euro per l'anno 2022, in 2.935 milioni di euro per l'anno 2023, in 2.755,6 milioni di euro per l'anno 2024, in 2.752,8 milioni di euro per l'anno 2025, in 1.357,4 milioni di euro per l'anno 2026, in 27,6 milioni di euro per l'anno 2027, in 11,9 milioni di euro per l'anno 2031 e in 48,6 milioni di euro per l'anno 2032).

 


 

Articolo 119-bis
(Differimento del termine di inizio lavori per i comuni beneficiari di contributi per l’efficientamento energetico e lo sviluppo territoriale)

 

 

L’articolo 119-bis, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, differisce dal 30 giugno 2020 al 31 ottobre 2020 il termine entro il quale deve avvenire l’inizio dei lavori da parte dei comuni beneficiari di contributi per interventi di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile. Viene altresì eliminata la condizione che limita l’applicazione del differimento alla mancata consegna dei lavori da parte dei comuni, entro il termine inizialmente fissato al 31 ottobre 2019, per fatti non imputabili all'amministrazione.

 

L’art. 30 del D.L. 34/2019 assegna, sulla base di determinati criteri, contributi in favore dei comuni per la realizzazione di progetti relativi a investimenti nel campo dell'efficientamento energetico e dello sviluppo territoriale sostenibile. I contributi assegnati ai comuni, in base alla popolazione residente, sono destinati ad opere pubbliche in materia di:

a) efficientamento energetico, ivi compresi interventi volti all'efficientamento dell'illuminazione pubblica, al risparmio energetico degli edifici di proprietà pubblica e di edilizia residenziale pubblica, nonché all'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili;

b) sviluppo territoriale sostenibile, ivi compresi interventi in materia di mobilità sostenibile, nonché interventi per l'adeguamento e la messa in sicurezza di scuole, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l'abbattimento delle barriere architettoniche (art. 30, comma 3, D. L. 34/2019).

L’assegnazione dei contributi ai comuni è avvenuta con il decreto direttoriale 14 maggio 2019 del Ministero dello sviluppo economico.

Il comma 5 dell’art. 30 ha previsto l’obbligo, per i Comuni beneficiari del contributo in questione, di iniziare l'esecuzione dei lavori entro il 31 ottobre 2019.

Tale termine è stato successivamente differito al 31 dicembre 2019 dall’art. 15, comma 01, del D.L. 101/2019.

In seguito, l’art. 1, comma 8-ter, del D.L. 162/2019, ha disposto l’ulteriore differimento al 30 giugno 2020, ma solamente per i comuni che non hanno potuto provvedere alla consegna dei lavori entro il termine iniziale del 31 ottobre 2019 e a condizione che ciò sia avvenuto per fatti non imputabili all'amministrazione.

L’articolo in esame novella tale ultima disposizione prevedendo un ulteriore differimento fino al 31 ottobre 2020, ma eliminando la condizione citata.

 


 

Articolo 120
(Credito d'imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro)

 

 

L’articolo 120 riconosce ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione in luoghi aperti al pubblico, nonché alle associazioni, alle fondazioni e agli altri enti privati, compresi gli enti del Terzo settore, un credito d'imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute, nel 2020 e per un massimo di 80.000 euro, per gli interventi necessari a far rispettare le prescrizioni sanitarie e le misure di contenimento contro la diffusione del virus COVID-19. Il credito d’imposta è cumulabile con altre agevolazioni per le medesime spese, comunque nel limite dei costi sostenuti.

 

Più in dettaglio, il comma 1 riconosce ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione in luoghi aperti al pubblico indicati nell’allegato 1 al provvedimento, nonché alle associazioni, alle fondazioni e agli altri enti privati, compresi gli enti del Terzo del settore un credito d'imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute, nel 2020 e per un massimo di 80.000 euro, per gli interventi necessari a far rispettare le prescrizioni sanitarie e le misure di contenimento contro la diffusione del virus COVID-19.

Negli interventi agevolabili sono compresi quelli edilizi necessari per il rifacimento di spogliatoi e mense, per la realizzazione di spazi medici, ingressi e spazi comuni, per l’acquisto di arredi di sicurezza, nonché in relazione agli investimenti in attività innovative, ivi compresi quelli necessari ad investimenti di carattere innovativo quali lo sviluppo o l’acquisto di strumenti e tecnologie necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa e per l’acquisto di apparecchiature per il controllo della temperatura dei dipendenti e degli utenti.

Scopo esplicito della norma è sostenere ed incentivare l'adozione di misure legate alla necessità di adeguare i processi produttivi e gli ambienti di lavoro.

 

Il credito d’imposta (comma 2):

§  è cumulabile con altre agevolazioni per le medesime spese, comunque nel limite dei costi sostenuti;

§  è utilizzabile nell’anno 2021 esclusivamente in compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241);

Ad esso non si applicano i limiti all’utilizzo in compensazione (elevati a un milione di euro dall’articolo 147 del provvedimento in esame), di cui alla legge n. 388 del 2000, e quello annuale di 250 mila euro, di cui alla legge n. 244 del 2007.

 

Si ricorda che l’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, prevede che i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche.

Ai sensi del comma 2, sono compensabili, tramite versamento unitario (F24), tra l’altro, i crediti e i debiti relativi alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute alla fonte; - all'imposta sul valore aggiunto; - alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto; - ai contributi previdenziali; - ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; ai tributi locali (art. 2-bis, comma 1, decreto legge n. 193 del 2016).

 

Il comma 3 affida a uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, l’individuazione delle ulteriori spese ammissibili o di ulteriori soggetti aventi diritto, oltre a quelli indicati al comma 1, nel rispetto del limite di spesa di 2 milioni di euro.

Ai sensi del comma 4, con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro 30 giorni dalla data di pubblicazione della legge di conversione del decreto legge in esame, sono stabilite le modalità per il monitoraggio degli utilizzi del credito d'imposta, ai fini di quanto previsto in merito alla copertura finanziaria dall’articolo 17, comma 13, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

 

Si ricorda che l’articolo 17, comma 13, della legge 31 dicembre2009, n. 196, stabilisce che il Ministro dell'economia e delle finanze, allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, assume tempestivamente le conseguenti iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione. La medesima procedura è applicata in caso di sentenze definitive di organi giurisdizionali e della Corte costituzionale recanti interpretazioni della normativa vigente suscettibili di determinare maggiori oneri.

 

Il comma 5 chiarisce che il credito d’imposta si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final, “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modifiche. Per ulteriori informazioni sul contenuto della Comunicazione si rinvia al relativo tema web.

Il comma 6 reca la copertura finanziaria dell’intervento, il cui onere è stimato in 2 miliardi di euro, cui si provvede mediante le norme generali di cui all’articolo 265 del provvedimento, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 

Si ricorda che l’articolo 125 del provvedimento in esame ridisciplina ex novo il credito d’imposta per la sanificazione degli ambienti di lavoro, in precedenza previsto dai decreti-legge n. 18 e n. 23 del 2020, i cui relativi articoli sono abrogati.

 

 

 


 

Articolo 121
(Opzione per la cessione o sconto in luogo delle detrazioni fiscali)

 

 

L’articolo 121, modificato dalla Camera dei deputati, consente, per le spese sostenute negli anni 2020 e 2021, di usufruire di alcune detrazioni fiscali in materia edilizia ed energetica (in prevalenza, aventi forma di detrazione dalle imposte sui redditi) sotto forma di crediti di imposta o sconti sui corrispettivi, cedibili ad altri soggetti, comprese banche e intermediari finanziari, in deroga alle ordinarie disposizioni previste in tema di cedibilità dei relativi crediti.

Durante l’esame alla Camera dei deputati:

§  è stato precisato che il credito di imposta è di importo pari alla detrazione spettante e che può essere ceduto anche a istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;

§  è stato previsto che la trasformazione della detrazione in credito di imposta opera solo all’atto della cessione ad altri soggetti;

§  è stata introdotta la possibilità di esercitare la predetta opzione in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori;

§  sono stati precisati gli interventi per cui spetta l’agevolazione nel caso di restauro delle facciate;

§  che nel caso di trasformazione in crediti di imposta, non si applica il divieto di compensazione in presenza di debiti iscritti a ruolo, per imposte erariali ed accessori, di ammontare superiore a 1.500 euro;

§  che per l’esercizio dell’opzione è possibile avvalersi dei soggetti che possono presentare le dichiarazioni in via telematica.

 

In particolare il comma 1 consente ai soggetti che, negli anni 2020 e 2021, sostengono alcune spese in materia edilizia ed energetica per le quali è previsto un meccanismo di detrazione dalle imposte sui redditi (interventi elencati al comma 2 della norma in esame), di usufruire di tali agevolazioni sotto forma, alternativamente, di:

§  un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto fino a un importo massimo pari al corrispettivo dovuto, che viene anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi, il quale può recuperarlo sotto forma di credito d'imposta, con facoltà di successiva cessione del credito ad altri soggetti. Nel corso dell’esame alla Camera è stato precisato che tale il credito di imposta è di importo pari alla detrazione spettante, che può coinvolgere più fornitori e che può essere ceduto anche a istituti di credito e gli altri intermediari finanziari;

§  come precisato in dalla Camera, per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare, con facoltà di successiva cessione ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari, così precisando che la trasformazione della detrazione in credito di imposta opera solo all’atto della cessione ad altri soggetti.

 

Durante l’esame alla Camera è stato inoltre inserito un nuovo comma 1-bis, che consente di esercitare la predetta opzione in relazione a ciascuno stato di avanzamento dei lavori. In particolare, per gli interventi di cui all’articolo 119 del provvedimento in esame (cd. ecobonus, sismabonus, incentivi per il fotovoltaico e per l’installazione di colonnine elettriche; si rinvia alla scheda di lettura per ulteriori informazioni) gli stati di avanzamento dei lavori non possono essere più di due per ciascun intervento complessivo e ciascuno stato di avanzamento deve riferirsi ad almeno il 30 per cento del medesimo intervento

Ai sensi del comma 2 le norme suddette si applicano alle spese relative agli interventi di:

a) recupero del patrimonio edilizio (di cui all'articolo 16-bis, comma 1, lettere a) e b), del TUIR - Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917).

Le lettere a) e b) dell’articolo 16-bis si riferiscono agli interventi di manutenzione, restauro e ristrutturazione edilizia sulle parti comuni dell’edificio o sulle singole unità immobiliari.

In estrema sintesi tale agevolazione fiscale consiste in una detrazione dall’Irpef del 36% delle spese sostenute, fino a un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare. Per le spese sostenute dal 26 giugno 2012 al 31 dicembre 2020 è possibile usufruire di una detrazione più elevata (50%) e il limite massimo di spesa è di 96.000 euro. La detrazione deve essere ripartita in 10 quote annuali di pari importo. Si rinvia alla scheda dell’Agenzia delle entrate;

b) efficienza energetica (di cui all’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 e di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 119 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia).

In sintesi, l'agevolazione consiste in una detrazione dall'Irpef o dall' Ires concessa quando si eseguono interventi che aumentano il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti. Essa, da ripartire in 10 rate annuali di pari importo, varia a seconda che l’intervento riguardi la singola unità immobiliare o gli edifici condominiali e dell’anno in cui è stato effettuato. Condizione indispensabile per fruire dell’agevolazione è che gli interventi siano eseguiti su unità immobiliari e su edifici (o su parti di edifici) esistenti, di qualunque categoria catastale, anche se rurali, compresi quelli strumentali per l’attività d’impresa o professionale. L'agevolazione può essere richiesta per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2020. Per la maggior parte degli interventi la detrazione è pari al 65%, per altri spetta nella misura del 50%. Si rinvia alla scheda dell’Agenzia delle entrate per ulteriori informazioni;

c) adozione di misure antisismiche (di cui all’articolo 16, commi da 1-bis e 1-ter a 1-septies del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, e di cui al comma 4 del richiamato articolo 119, alla cui scheda di lettura si rinvia).

Per gli interventi di adozione di misure antisismiche il decreto legge n. 63 del 2013 ha introdotto il cosiddetto “sisma bonus”, prevedendo detrazioni maggiori di quelle previste per le ristrutturazioni edilizie, nonché regole più specifiche; a seconda del risultato ottenuto con l’esecuzione dei lavori, della zona sismica in cui si trova l’immobile e della tipologia di edificio, sono concesse detrazioni differenti. Per le spese sostenute tra il 1º gennaio 2017 e il 31 dicembre 2021, la percentuale di detrazione può arrivare fino all’85% e deve essere ripartita in 5 quote annuali di pari importo. Le detrazioni possono essere usufruite anche dai soggetti passivi Ires e, dal 2018, dagli Istituti autonomi per le case popolari e dagli enti che hanno le stesse finalità sociali, nonché dalle cooperative di abitazione a proprietà indivisa. Si rinvia altresì alla guida dell’Agenzia delle entrate;

d) recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti (cd. bonus facciate) ivi inclusi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, di cui all’articolo 1, comma 219, della legge di bilancio 2020 (27 dicembre 2019, n. 160). Nel corso dell’esame alla Camera è stato precisato che sono inclusi anche gli interventi di cui al successivo comma 220, ovvero i lavori di rifacimento della facciata, che non siano di sola pulitura o tinteggiatura esterna, e che riguardino interventi influenti dal punto di vista termico o interessino oltre il 10 per cento dell'intonaco della superficie disperdente lorda complessiva dell'edificio.

L’agevolazione consiste in una detrazione d’imposta, da ripartire in 10 quote annuali costanti, pari al 90% delle spese sostenute nel 2020 per interventi, compresi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna, finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti ubicati in determinate zone. Sono ammessi al beneficio esclusivamente gli interventi sulle strutture opache della facciata, su balconi o su ornamenti e fregi. Si veda la scheda dell’Agenzia delle entrate per ulteriori informazioni;

e) installazione di impianti fotovoltaici, di cui al già richiamato articolo 16-bis, comma 1, lettera h) del richiamato TUIR, ivi compresi gli impianti di cui ai commi 5 e 6 dell'articolo 119 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia.

f) installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici (di cui all’articolo 16-ter del richiamato decreto-legge n. 63 del 2013 e di cui al comma 8 dell'articolo 119 del provvedimento in esame).

La legge di bilancio 2019 ha introdotto una detrazione fiscale relativa alle infrastrutture di ricarica delle auto elettriche. In particolare, l’agevolazione è riconosciuta per le spese sostenute dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021 per l’acquisto e la posa in opera delle colonnine, compresi i costi iniziali per la richiesta di potenza addizionale fino a un massimo di 7 kW. Il beneficio va ripartito in dieci quote annuali di pari importo, spetta nella misura del 50% delle spese sostenute ed è calcolato su un ammontare complessivo non superiore a 3mila euro (articolo 1, comma 1039, della legge n. 145 del 2018, che ha introdotto il nuovo articolo 16-ter al decreto-legge n. 63 del 2013).

 

Le disposizioni di cui al comma 2 si pongono esplicitamente in deroga alla vigente disciplina che consente, per le ristrutturazioni edilizie e la riqualificazione energetica, di cedere il credito derivante dalla detrazione, ovvero di usufruirne come contributo a titolo di sconto (articolo 14, commi 2-ter, 2-sexies e 3.1; articolo 16, commi 1-quinquies, terzo, quarto e quinto periodo, e 1-septies, secondo e terzo periodo, del decreto legge 4 giugno 2013, n. 63).

 

Ai sensi del comma 3, i crediti d’imposta di cui al presente articolo sono utilizzati in compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241), sulla base delle rate residue di detrazione non fruite, e con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione. La quota di credito d’imposta non utilizzata nell'anno non può essere usufruita negli anni successivi e non può essere richiesta a rimborso. Ad esso non si applicano i limiti all’utilizzo in compensazione (elevati a un milione di euro dall’articolo 147 del decreto legge in esame), di cui alla legge n. 388 del 2000, e quello annuale di 250 mila euro, di cui alla legge n. 244 del 2007.

Nel corso dell’esame alla Camera dei deputati è stato chiarito che le disposizioni in esame derogano all’articolo 31, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010, che vieta la compensazione dei crediti relativi alle imposte erariali in presenza di debiti iscritti a ruolo, per imposte erariali ed accessori, di ammontare superiore a 1.500 euro.

 

Il comma 4 dispone che, ai fini del controllo, si applichino le attribuzioni e i poteri di accertamento in tema di imposte sui redditi, posti in capo all’Amministrazione finanziaria dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Si chiarisce che i fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto. L’Agenzia delle entrate, nell’ambito dell’ordinaria attività di controllo procede, in base a criteri selettivi e tenendo anche conto della capacità operativa degli uffici, alla verifica documentale della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d’imposta negli ordinari termini di accertamento (per i crediti non spettanti: cinque anni dalla dichiarazione, ai sensi articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; per i crediti inesistenti: otto anni dall’utilizzo del credito ai sensi dell’articolo 27, commi da 16 a 20, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185).

 

Ai sensi del comma 5, in assenza dei requisiti che danno diritto alla detrazione, l’Agenzia delle entrate provvede a recuperare l’importo corrispondente alla detrazione non spettante, maggiorato di interessi e sanzioni Tale importo, maggiorato degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo (di cui all’articolo 20 del DPR 29 settembre 1973, n. 602) e delle sanzioni per utilizzo di crediti di imposta in misura superiore a quella spettante, ovvero inesistenti (di cui all’ articolo 13 del D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471).

 

Il comma 6 prevede che il recupero del predetto importo sia effettuato nei confronti del soggetto beneficiario delle originarie detrazioni. Resta ferma, in presenza di concorso nella violazione, l’applicazione della norma per cui, ove più persone concorrono in una violazione, ciascuna di esse soggiace alla sanzione per questa disposta (articolo 9, comma 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472); rimane ferma anche la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento dell’importo maggiorato di sanzioni e interessi.

 

Ai sensi del comma 7 si affida a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottare – per effetto delle modifiche approvate dalla Camera dei deputati – entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame  (in luogo dell’originario termine del 19 giugno 2020, trenta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento), il compito di definire le modalità attuative delle disposizioni in esame, comprese quelle relative all'esercizio delle opzioni, da effettuarsi in via telematica.

 

Nel corso dell’esame presso la Camera è stato infine precisato che, per l’esercizio dell’opzione per via telematica, è consentito avvalersi anche dei soggetti abilitati alla presentazione telematica delle dichiarazioni, individuati dall’articolo 3, comma 3 del D.P.R. n. 322 del 1999, ovvero:

a) gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;

b) i soggetti iscritti nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;

c) le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;

d) i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;

e) gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

Articolo 122
(Cessione dei crediti d’imposta riconosciuti da provvedimenti emanati per fronteggiare l’emergenza)

 

 

L’articolo 122, modificato dalla Camera dei deputati, è volto a consentire la cessione dei crediti d’imposta, anche a istituti di credito e altri intermediari finanziari, per i canoni di locazione, la sanificazione e l’adeguamento degli ambienti di lavoro nonché per l’acquisto dei dispositivi di protezione individuali. Durante l’esame alla Camera è stato precisato che la cessione può essere effettuata anche nei confronti del locatore o concedente, a fronte di uno sconto di pari ammontare sul canone da versare.

 

In particolare, il comma 1 consente, fino al 31 dicembre 2021, ai soggetti beneficiari dei crediti d’imposta istituiti per far fronte alle conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria, di optare per la cessione, anche parziale, ad altri soggetti, inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari. Come precisato durante l'esame presso la Camera, la cessione può essere effettuata anche nei confronti del locatore o concedente, a fronte di uno sconto di pari ammontare sul canone da versare.

Il comma 2 chiarisce che tale opzione si applica ai seguenti crediti d’imposta:

a)   credito d’imposta per botteghe e negozi di cui all’articolo 65 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18;

Tale articolo concede un credito d’imposta pari al 60 per cento del canone di locazione, relativo al mese di marzo, di negozi e botteghe (immobili rientranti nella categoria catastale C/1). Il credito d’imposta è riservato agli esercenti attività d’impresa.

 

b)   credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda di cui all’articolo 28 del decreto in esame;

Tale articolo introduce un credito d’imposta per l'ammontare mensile del canone di locazione di immobili a uso non abitativo a favore di alcuni soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro, che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi. Per le strutture alberghiere il credito d’imposta spetta indipendentemente dal volume di affari registrato nel periodo d’imposta precedente.

 

c)   credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro di cui all’articolo 120;

Tale articolo riconosce ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione in luoghi aperti al pubblico, nonché alle associazioni, alle fondazioni e agli altri enti privati, compresi gli enti del Terzo settore, un credito d'imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute, nel 2020 e per un massimo di 80.000 euro, per gli interventi necessari a far rispettare le prescrizioni sanitarie e le misure di contenimento contro la diffusione del virus COVID-19. Il credito d’imposta è cumulabile con altre agevolazioni per le medesime spese, comunque nel limite dei costi sostenuti.

 

d)   credito d’imposta per sanificazione degli ambienti di lavoro e l’acquisto di dispositivi di protezione di cui all’articolo 125.

Tale articolo riconosce ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, agli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, un credito d'imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute, nel 2020 e per un massimo di 60.000 euro, per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti. Viene dunque abrogato il credito d’imposta per la sanificazione precedentemente disciplinato dall’articolo 64 del decreto-legge n. 18 del 2020 e successivamente modificato dall’articolo 30 del decreto-legge n. 23 del 2020.

 

I cessionari utilizzano il credito ceduto anche in compensazione, con le stesse modalità con le quali sarebbe stato utilizzato dal soggetto cedente. La quota di credito non utilizzata nell'anno non può essere utilizzata negli anni successivi e non può essere richiesta a rimborso. Ad esso non si applicano i limiti all’utilizzo in compensazione (elevati a un milione di euro dall’articolo 147 del decreto legge in esame), di cui alla legge n. 388 del 2000, e quello annuale di 250 mila euro, di cui alla legge n. 244 del 2007. (comma 3).

 

Ai sensi del comma 4, la cessione del credito non pregiudica i poteri delle competenti Amministrazioni relativi al controllo della spettanza del credito d’imposta e all'accertamento e all'irrogazione delle sanzioni nei confronti dei soggetti beneficiari. I soggetti cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito ricevuto.

 

Il comma 5 demanda ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione delle modalità attuative delle disposizioni in esame, comprese quelle relative all'esercizio dell’opzione, da effettuarsi in via telematica.


 

Articolo 123
(Soppressione delle clausole di salvaguardia
in materia di IVA e accisa)

 

 

L’articolo 123 sopprime, in via definitiva, le c.d. clausole di salvaguardia che, a decorrere dal 1° gennaio del 2021, prevedono aumenti delle aliquote dell’imposta sul valore aggiunto e di quelle in materia di accisa su alcuni prodotti carburanti.

 

In relazione alle aliquote IVA, occorre preliminarmente ricordare che a decorrere dal 1° ottobre 2013 l'aliquota ordinaria è rideterminata nella misura del 22 per cento. L’ordinamento prevede inoltre due aliquote ridotte: un’aliquota al 10 per cento e una al 5 per cento, quest’ultima istituita con la legge di stabilità 2016 (commi 960-963). Resta in vigore fino all'introduzione del regime definitivo previsto dalla direttiva IVA, infine, l'aliquota super–ridotta al 4 per cento, applicabile a condizione che l’aliquota sia in vigore al 1° gennaio 1991 e che essa risponda a ben definite ragioni di interesse sociale (articolo 110, direttiva IVA).

 

Quanto alla clausola di salvaguardia, essa è stata introdotta dai commi 718 e 719 della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) a tutela dei saldi di finanza pubblica, con l’obiettivo di incrementare le aliquote IVA ordinaria e ridotta al 10% rispettivamente di 2,5 e 2 punti percentuali e le accise su benzina e gasolio in misura tale da determinare maggiori entrate non inferiori a 700 milioni di euro a decorrere dal 2018. I predetti aumenti IVA erano in origine previsti a partire dall’anno 2016.

La legge di stabilità 2016 e la legge di bilancio 2017 hanno rinviato la decorrenza degli aumenti IVA, rispettivamente, al 2017 ed al 2018 e ridotto gli aumenti dell’accisa a 350 milioni di euro. La legge di stabilità 2016 ha inoltre disattivato la precedente clausola di salvaguardia prevista dalla legge di stabilità 2014, volta a introdurre variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni delle agevolazioni e detrazioni vigenti (cd. tax expenditures) tali da assicurare maggiori entrate pari a 3 miliardi di euro per il 2015, 7 miliardi per il 2016 e 10 miliardi a decorrere dal 2017.

Successivamente, l’articolo 9 del decreto-legge n. 50 del 2017 ha rimodulato gli aumenti di imposta previsti, posticipandoli in parte agli anni successivi, mentre la legge di bilancio 2018 ha completato la sterilizzazione degli aumenti IVA per l’anno 2018 e delle accise per l’anno 2019, già parzialmente avviata con il decreto-legge n. 148 del 2017, rimodulando per il 2019 gli aumenti IVA.

La legge di bilancio 2019 ha previsto la sterilizzazione delle clausole per l’anno 2019, mentre per gli anni successivi ha confermato l’aumento dell’IVA ridotta dal 10 al 13% dal 2020 e un aumento di 0,3 punti percentuali per il 2020 e di 1,5 punti percentuali a decorrere dal 2021 - che si somma ai già previsti aumenti - dell’IVA ordinaria fino al 26,5%.

Da ultimo, la legge di bilancio 2020 ha previsto (legge 160 del 2019, commi 2 e 3) la sterilizzazione completa per il 2020 e parziale dal 2021, con un aumento dell’IVA ridotta dal 10 al 12% e un aumento dell’IVA ordinaria di 3 punti percentuali per il 2021 (al 25%) e di 1,5 punti percentuali (fino al 26,5%) a decorrere dal 2022.

È stata inoltre rimodulata la misura delle maggiori entrate nette attese dall’aumento delle accise sui carburanti in misura tale da determinare maggiori entrate nette non inferiori a 1.221 milioni di euro per l'anno 2021, a 1.683 milioni di euro per l'anno 2022, a 1.954 milioni di euro per l'anno 2023, a 2.054 milioni di euro per l'anno 2024 e a 2.154 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2025 e per ciascuno degli anni successivi.

 

Effetti finanziari della clausola di salvaguardia introdotti dalla legge di bilancio 2020

 

2020

2021

2022

Aliquota Iva 10%

sterilizzazione per il 2020

+ 2 punti percentuali dal 2021

0

(12%)

5.793

(12%)

5.793

Aliquota Iva 22%

sterilizzazione per il 2020

+ 3 punti percentuali nel 2021

+ 4,5 punti percentuali dal 2022

0

(25%)

13.110

(26,5%)

19.665

Accise carburanti

1.221 milioni per il 2021

1.683 milioni per il 2022

1.954 milioni per il 2023 e

2.054 milioni per il 2024

2.154 milioni dal 2025

0

1.221

1.683

TOTALE CLAUSOLE

0

20.124

27.141

 

Come chiarito dalla relazione tecnica, il quadro macroeconomico al 31 marzo 2020 utilizzato per la redazione del DEF, che ha stimato una diminuzione dei consumi finali delle famiglie pari a -7,4 per cento per il 2020 e un incremento del 5,8 per cento per il 2021, ha determinato una nuova stima degli effetti sulle clausole di salvaguardia in commento.

 

In sostanza, la riduzione di un trimestre pari al 7,4 per cento corrisponde ad una riduzione annua pari all’1,6 per cento. Posto che un punto di aliquota Iva ridotta del 10% vale circa 2.896,5 milioni di euro su base annua, mentre un punto di aliquota Iva ordinaria del 22% vale circa 4.370 milioni di euro, una riduzione dei consumi dell’1,6% determina che tali importi si riducano rispettivamente a circa 2.850 milioni di euro per ogni punto di aliquota ridotta e a 4.300 milioni di euro per ogni punto di aliquota ordinaria.

Pertanto, a seguito dell’adeguamento effettuato sulla base della riduzione dei consumi finali delle famiglie dell’1,6% a decorrere dall’anno 2021, le previsioni del bilancio dello Stato scontano il seguente gettito atteso dalle clausole di salvaguardia vigenti:

 

Effetti finanziari della clausola di salvaguardia a seguito del quadro macroeconomico al 31 marzo 2020

 

2020

2021

2022

2023

2024

2025

Aliquota Iva 10%

sterilizzazione per il 2020

+ 2 punti percentuali dal 2021

0

(12%)

5.700

(12%)

5.700

(12%)

5.700

(12%)

5.700

(12%)

5.700

Aliquota Iva 22%

sterilizzazione per il 2020

+ 3 punti percentuali nel 2021

+ 4,5 punti percentuali dal 2022

0

(25%)

12.900

(26,5%)

19.350

(26,5%)

19.350

(26,5%)

19.350

(26,5%)

19.350

Accise carburanti

1.221 milioni per il 2021

1.683 milioni per il 2022

1.954 milioni per il 2023 e

2.054 milioni per il 2024

2.154 milioni dal 2025

0

1.221

1.683

1.954

2.054

2.154

TOTALE CLAUSOLE

0

19.821

26.733

27.004

27.104

27.204

 

 

L’articolo 123 in esame prevede quindi l’abrogazione del richiamato comma 718, dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014, che prevede a regime i descritti aumenti di IVA e accise a regime.

 

È inoltre abrogato il comma 2 dell’articolo 1 della legge n. 145 del 2018, il quale, come illustrato, ha previsto riduzioni dell’aliquota ridotta e dell’aliquota ordinaria dell'IVA per gli anni 2019 e 2020.

 

Ai sensi del comma 2, alle minori entrate derivanti dal presente articolo valutati – come già esposto nella tabella sopra illustrata - in 19.821 milioni di euro per l’anno 2021, 26.733 milioni di euro per l’anno 2022, 27.004 milioni di euro per l’anno 2023, 27.104 milioni di euro per l’anno 2024, 27.204 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025, si provvede ai sensi dell’articolo 265, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 


 

Articolo 124
(IVA beni necessari per il contenimento dell'emergenza sanitaria)

 

 

L’articolo 124 prevede l’applicazione dell’aliquota IVA del 5 per cento alle mascherine e agli altri dispositivi medici e di protezione individuale.

 

In relazione alle aliquote IVA, si ricorda preliminarmente che dal 1° ottobre 2013, l'aliquota ordinaria è stata rideterminata nella misura del 22 per cento. L'ordinamento prevede inoltre due aliquote ridotte: una aliquota al 10 per cento e una al 5 per cento, quest'ultima istituita con la legge di stabilità 2016 (commi 960-963). Resta in vigore fino all'introduzione del regime definitivo previsto dalla direttiva IVA, infine, l'aliquota super–ridotta al 4 per cento, a condizione che l'aliquota fosse in vigore al 1° gennaio 1991 e che la sua applicazione risponda a ben definite ragioni di interesse sociale (articolo 110, direttiva IVA).

Si segnala che l’articolo 123 del presente decreto sopprime, in via definitiva, le c.d. clausole di salvaguardia che, a decorrere dal 1° gennaio del 2021, prevedono aumenti delle aliquote dell’imposta sul valore aggiunto e di quelle in materia di accisa su alcuni prodotti carburanti.

 

In particolare il comma 1 prevede che alle cessioni di mascherine e di altri dispositivi medici e di protezione individuale si applichi l’aliquota IVA del 5 per cento attraverso l’inserimento dei seguenti beni al nuovo numero 1-quater nella tabella A, parte II-bis, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA):

§  ventilatori polmonari per terapia intensiva e subintensiva

§  monitor multiparametrico anche da trasporto

§  pompe infusionali per farmaci e pompe peristaltiche per nutrizione enterale

§  tubi endotracheali

§  caschi per ventilazione a pressione positiva continua

§  maschere per la ventilazione non invasiva

§  sistemi di aspirazione

§  umidificatori

§  laringoscopi

§  strumentazione per accesso vascolare

§  aspiratore elettrico

§  centrale di monitoraggio per terapia intensiva

§  ecotomografo portatile

§  elettrocardiografo

§  tomografo computerizzato

§  mascherine chirurgiche

§  mascherine Ffp2 e Ffp3

§  articoli di abbigliamento protettivo per finalità sanitarie quali guanti in lattice, in vinile e in nitrile, visiere e occhiali protettivi, tuta di protezione, calzari e soprascarpe, cuffia copricapo, camici impermeabili, camici chirurgici

§  termometri

§  detergenti disinfettanti per mani

§  dispenser a muro per disinfettanti

§  soluzione idroalcolica in litri

§  perossido al 3% in litri

§  carrelli per emergenza

§  estrattori RNA

§  strumentazione per diagnostica per COVID-19

§  tamponi per analisi cliniche

§  provette sterili

§  attrezzature per la realizzazione di ospedali da campo”.

 

Ai sensi del comma 2, in considerazione dello stato di emergenza sanitaria in atto, le cessioni dei beni sopra illustrati, effettuate entro il 31 dicembre 2020, sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto, con diritto alla detrazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

 

Tale norma, come confermato nella relazione illustrativa, è adottata in conformità a quanto comunicato dalla Commissione europea agli Stati membri con nota del 26 marzo 2020, in merito alle misure che possono essere immediatamente adottate per mitigare l’impatto della pandemia. In tale contesto, e tenuto conto che nel gennaio 2018 è stata presentata una proposta di direttiva, attualmente in discussione in Consiglio, che modifica la disciplina delle aliquote IVA per permettere a tutti gli Stati di applicare un’aliquota ridotta anche inferiore al 5% e un’esenzione con diritto a detrazione dell’IVA versata a monte - in principio su tutti i beni e servizi tranne alcuni esplicitamente elencati - la Commissione ha fatto presente che gli Stati, per il periodo di emergenza sanitaria, possono ritenersi autorizzati ad applicare aliquote ridotte o esenzioni con diritto a detrazione alle cessioni dei materiali sanitari e farmaceutici necessari per contrastare il diffondersi dell’epidemia.

 

Infine, il comma 3 quantifica gli oneri dell’agevolazione in 257 milioni di euro per l’anno 2020 e 317,7 milioni di euro annui a decorrere dal 2021, cui si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 

 


 

Articolo 125
(
Credito d'imposta per la sanificazione degli ambienti di lavoro)

 

 

L’articolo 125 riconosce ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, agli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti e, per effetto delle modifiche apportate presso la Camera dei deputati, anche alle strutture alberghiere a carattere imprenditoriale in possesso di specifici requisiti di legge, un credito d'imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute, nel 2020 e per un massimo di 60.000 euro, per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti. Viene dunque abrogato il credito d’imposta per la sanificazione precedentemente disciplinato dall’articolo 64 del decreto-legge n. 18 del 2020 e successivamente modificato dall’articolo 30 del decreto-legge n. 23 del 2020.

 

Più in dettaglio, il comma 1 riconosce ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione e agli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, un credito d'imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute nel 2020 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti.

Nel corso dell’esame presso la Camera, il credito d’imposta è stato esteso anche alle strutture alberghiere a carattere imprenditoriale, purché siano in possesso del codice identificativo, da utilizzare in ogni comunicazione inerente all’offerta e alla promozione dei servizi all’utenza, previsto dall’articolo 13-quater, comma 4 del decreto-legge n. 34 del 2019.

La richiamata norma, per migliorare la qualità dell’offerta turistica, assicurare la tutela del turista e contrastare forme irregolari di ospitalità, anche ai fini fiscali, istituisce presso il Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo una apposita banca dati delle strutture ricettive, nonché degli immobili destinati alle locazioni brevi presenti sul territorio nazionale, identificate secondo un codice alfanumerico, denominato “codice identificativo”, da utilizzare in ogni comunicazione inerente all’offerta e alla promozione dei servizi all’utenza.

 

Il credito d'imposta spetta fino ad un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 200 milioni di euro per l'anno 2020.

 

Scopo esplicito della norma è di favorire l’adozione di misure dirette a contenere e contrastare la diffusione del virus Covid-19.

Il comma 2 individua le spese agevolabili. Si tratta in particolare delle spese per:

a)   la sanificazione degli ambienti nei quali è esercitata l 'attività lavorativa e istituzionale e degli strumenti utilizzati nell'ambito di tali attività;

b)   l'acquisto di dispositivi di protezione individuale, quali mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea;

c)   l'acquisto di prodotti detergenti e disinfettanti;

d)   l'acquisto di dispositivi di sicurezza diversi da quelli di cui alla lettera b), quali termometri, termoscanner, tappeti e vaschette decontaminanti e igienizzanti, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea, ivi incluse le eventuali spese di installazione;

e)   l'acquisto di dispostivi atti a garantire la distanza di sicurezza interpersonale, quali barriere e pannelli protettivi, ivi incluse le eventuali spese di installazione.

 

Il credito d’imposta (comma 3) è utilizzabile o nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di sostenimento della spesa, oppure in compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241).

Ad esso non si applicano i limiti all’utilizzo in compensazione (elevati a un milione di euro dall’articolo 147 del decreto legge in esame), di cui alla legge n. 388 del 2000, e quello annuale di 250 mila euro, di cui alla legge n. 244 del 2007.

Nel corso dell’esame presso la Camera è stato chiarito che esso non rileva ai fini della deducibilità degli interessi passivi e delle componenti negative di reddito (di cui agli articoli 61 e 109 del Testo Unico delle Imposte sui redditi – TUIR di cui al D.P.R. n. 917 del 1986).

 

Il credito non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive.

 

Si ricorda che l’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, prevede che i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche.

Ai sensi del comma 2, sono compensabili, tramite versamento unitario (F24), tra l’altro, i crediti e i debiti relativi alle imposte sui redditi, alle relative addizionali e alle ritenute alla fonte; - all'imposta sul valore aggiunto; - alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto; - ai contributi previdenziali; - ai premi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; ai tributi locali (art. 2-bis, comma 1, decreto legge n. 193 del 2016).

 

Il comma 4 affida a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame, il compito di stabilire criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta, al fine del rispetto del limite di spesa suddetto.

 

Il comma 5 abroga il previgente credito d’imposta per la sanificazione, di cui l’articolo 64 del decreto-legge n. 18 del 2020 e all’articolo 30 del decreto-legge n. 23 (conv. dalla L. 5 giugno 2020, n. 40).

Si valuti l’opportunità di precisare se siano salvi gli effetti medio tempore prodotti dalla disposizione abrogata.

Si ricorda che l’articolo 64 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha concesso un credito d’imposta, per l’anno 2020, pari al 50 per cento delle spese sostenute per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti di lavoro. Il credito d’imposta è riservato agli esercenti attività d’impresa, arte o professione, fino ad un importo massimo di 20.000 euro per ciascun beneficiario e nel limite complessivo di 50 milioni di euro. Si affida (comma 2) alle norme di rango secondario, più precisamente a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 16 aprile 2020 (30 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento, non emanato) il compito di stabilire i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta, anche al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa.

Successivamente l’articolo 30 del decreto-legge n. 23 del 2020 - all’esame della Camera al momento di redazione del presente lavoro - ha incluso nel predetto credito di imposta, secondo le misure e nei limiti di spesa complessivi previsti dal decreto-legge n. 18 del 2020, anche gli oneri relativi all’acquisto di dispositivi di protezione individuale (quali, ad esempio, mascherine chirurgiche, Ffp2 e Ffp3, guanti, visiere di protezione e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari), ovvero all’acquisto e all’installazione di altri dispositivi di sicurezza atti a proteggere i lavoratori dall’esposizione accidentale ad agenti biologici o a garantire la distanza di sicurezza interpersonale (quali, ad esempio, barriere e pannelli protettivi). Sono, inoltre, compresi i detergenti mani e i disinfettanti.

Per ulteriori chiarimenti si rinvia alla circolare dell’Agenzia delle entrate 9/E del 13 aprile 2020, che ha operato un coordinamento con i chiarimenti già contenuti nei precedenti documenti di prassi.

Si valuti l’opportunità di precisare se siano salvi gli effetti medio tempore prodotti dalla disposizione abrogata.

 

Il comma 6 reca la copertura finanziaria dell’intervento, il cui onere è pari a 200 milioni di euro per l'anno 2020: ad esso si provvede, per 150 milioni di euro ai sensi dell'articolo 265 (norma di copertura generale del provvedimento, alla cui scheda di lettura si rinvia) e per 50 milioni di euro mediante utilizzo delle risorse rivenienti dall'abrogazione del vigente credito d’imposta per la sanificazione (comma 5).

 

Si ricorda che l’articolo 120 del provvedimento in esame riconosce ai soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione in luoghi aperti al pubblico, nonché alle associazioni, alle fondazioni e agli altri enti privati, compresi gli enti del Terzo settore, un credito d'imposta pari al 60 per cento delle spese sostenute, nel 2020 e per un massimo di 80.000 euro, per gli interventi necessari a far rispettare le prescrizioni sanitarie e le misure di contenimento contro la diffusione del virus COVID-19.

 


 

Articolo 126, comma 1 e commi 2-3
(Proroga dei termini di ripresa della riscossione
dei versamenti sospesi)

 

 

L’articolo 126, comma 1, proroga dal 30 giugno al 16 settembre 2020 il termine di ripresa della riscossione dei versamenti tributari e contributivi sospesi a favore di alcuni soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione e per gli enti non commerciali.

La norma proroga altresì (comma 2) dal 31 luglio al 16 settembre 2020 il versamento delle ritenute d'acconto sui redditi di lavoro autonomo nonché sulle provvigioni.

La disposizione sposta al 16 settembre 2020 anche il termine di ripresa dei versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria sospesi per i comuni maggiormente colpiti dall’emergenza sanitaria (comma 3).

 

Preliminarmente si ricorda che l’articolo 18 (commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6) del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, attualmente all’esame della Camera dei deputati, stabilisce la sospensione per alcuni operatori economici dei termini dei versamenti relativi alle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilato, alle trattenute relative all'addizionale regionale e comunale e all'imposta sul valore aggiunto per i mesi di aprile e maggio 2020. Tali soggetti beneficiano inoltre per lo stesso periodo della sospensione dei termini relativi ai contributi previdenziali e assistenziali, nonché ai premi per l'assicurazione obbligatoria.

I beneficiari sono gli esercenti attività di impresa, arte e professione, individuati in base ai ricavi o ai compensi conseguiti nel periodo di imposta precedente, che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nonché ai soggetti economici che hanno intrapreso l’esercizio dell’attività dopo il 31 marzo 2020.

Per gli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, che svolgono attività istituzionale di interesse generale non in regime d’impresa, la sospensione si applica limitatamente alle ritenute sui redditi di lavoro dipendente e assimilato e alle trattenute delle addizionali regionali e comunali, ai contributi previdenziali e assistenziali e ai premi per l'assicurazione obbligatoria.

Viene inoltre stabilita per alcune province particolarmente colpite dall’emergenza Covid-19 la sospensione dei versamenti dell’imposta sul valore aggiunto per i mesi di aprile e maggio 2020 alla sola condizione che abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame proroga il termine di ripresa della riscossione dei versamenti tributari e contributivi (sospesi per i mesi di aprile 2020 e di maggio 2020) prevista dal sopra citato articolo 18.

In particolare la disposizione prevede che i versamenti sospesi, relativi alle ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilati, alle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale, all’imposta sul valore aggiunto e ai contributi previdenziali e assistenziali, nonché ai premi per l’assicurazione obbligatoria, sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un'unica soluzione entro il 16 settembre 2020 (in luogo del 30 giugno 2020) o mediante rateizzazione, fino ad un massimo di quattro rate mensili (in luogo di cinque rate mensili) di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020 (in luogo del mese di giugno 2020). Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.

 

Il comma 2 proroga i termini per il versamento delle ritenute d'acconto sui redditi di lavoro autonomo nonché sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari (articoli 25 e 25-bis del D.P.R. n. 600 del 1973) disposto dall’articolo 19 del decreto legge 8 aprile 2020, n. 23.

 

Si ricorda che il sopra citato articolo 19 stabilisce che per i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi non superiori a euro 400.000 nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data del 17 marzo 2020, i ricavi e i compensi percepiti nel periodo compreso tra il 17 marzo 2020 e il 31 maggio 2020 non sono assoggettati alle ritenute d'acconto sui redditi di lavoro autonomo nonché sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari (articoli 25 e 25-bis del DPR n. 600 del 1973) da parte del sostituto d'imposta, a condizione che nel mese precedente non abbiano sostenuto spese per prestazioni di lavoro dipendente o assimilato.

I contribuenti, che si avvalgono della opzione sopra citata rilasciano un’apposita dichiarazione dalla quale risulti che i ricavi e compensi non sono soggetti a ritenuta ai sensi della presente disposizione e provvedono a versare l'ammontare delle ritenute d'acconto non operate dal sostituto in un’unica soluzione entro il 31 luglio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di luglio 2020, senza applicazione di sanzioni e interessi.

Per una panoramica dettagliata delle norme introdotte dai richiamati articoli 18 e 19 del decreto legge 8 aprile 2020, n. 23 si rinvia alla lettura del dossier Misure per le imprese e in materia di settori strategici, salute, lavoro, termini amministrativi e processuali realizzato dai Servizi Studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

In particolare la disposizione concede ai soggetti di più ridotte dimensioni ovvero con ricavi o compensi non superiori a euro 400.000 la possibilità di versare le ritenute d’acconto, oggetto della sospensione, in unica soluzione entro il 16 settembre 2020 (in luogo del 31 luglio 2020) ovvero al massimo in quattro rate mensili (in luogo di cinque rate mensili) di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020 (in luogo del mese di luglio 2020) senza applicazione di sanzioni e interessi. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.

 

Il comma 3 stabilisce che gli adempimenti e i versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria sospesi per i comuni ricadenti nella cosiddetta zona rossa (articolo 5 del decreto legge 2 marzo 2020, n.  9) sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un'unica soluzione entro il 16 settembre 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di quattro rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020.

Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato

 

Si ricorda che il sopra citato articolo 5 del decreto legge 2 marzo 2020, n. 9 stabilisce che nei comuni individuati nell'allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020, sono sospesi i termini relativi agli adempimenti e ai versamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria in scadenza nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 30 aprile 2020. Non si fa luogo al rimborso dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria già versati. Gli adempimenti e i pagamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria, sospesi ai sensi del presente articolo, sono effettuati a far data dal 1° maggio 2020 anche mediante rateizzazione fino a un massimo di cinque rate mensili di pari importo, senza applicazione di sanzioni e interessi.

 


 

Articolo 126, comma 1-bis
(Sostegno alle vittime di richieste estorsive)

 

 

Il comma 1-bis dell’articolo 126, inserito nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, è volto ad incrementare di 4 milioni di euro annui, per l’anno 2020, il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell’usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici.

 

Gli stanziamenti per il suddetto Fondo - di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 - vengono incrementati con la finalità di sostenere gli imprenditori vittime del racket, che risultano altresì colpiti dagli effetti economici avversi dovuti alla pandemia generata dal Covid-19. L’incremento di tali stanziamenti è limitato al solo anno 2020.

Alla copertura della norma si provvede tramite il Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili, di cui all’articolo 1, comma 200, della legge n. 190 del 2014, come rifinanziato dall’art. 265 del decreto-legge in esame.

 

Il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell’usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici scaturisce dall’unificazione di diversi fondi preesistenti:

§  il Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura, di cui all’art. 14 della legge n. 108 del 1996;

§  il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive, di cui all’art. 18 della legge n. 44 del 1999;

§  il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, di cui all’art. 1 della legge n. 512 del 1999.

 

I primi due fondi erano già stati unificati dall’art. 4 del d.P.R. n. 455 del 1999 (poi integralmente sostituito dal d.P.R. n. 60 del 2014, che detta la disciplina generale del Fondo ed i procedimenti per l’accesso alle varie forme di contributo da esso erogate), mentre l'articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, ha successivamente provveduto ad accorpare anche il fondo per le vittime della mafia.

Con ulteriori interventi normativi, le risorse del Fondo sono state destinate anche al ristoro delle vittime dei reati intenzionali violenti, in ottemperanza con la direttiva 2004/80/CE (art. 14 della legge n. 122 del 2016) e all’erogazione di borse di studio ed al finanziamento di iniziative di orientamento, formazione e sostegno per l'inserimento lavorativo in favore degli orfani per crimini domestici, nonché per misure di aiuto economico alle famiglie affidatarie (art. 11 della legge n. 4 del 2018), portando alla denominazione attualmente vigente del Fondo.

 

Anche a seguito dell’unificazione, permangono due distinti Comitati di solidarietà, che hanno sede presso il Ministero dell’interno e sono presieduti da Commissari di nomina governativa, con funzione deliberante l’uno in materia di estorsione e usura e l’altro in materia di mafia e reati intenzionali violenti.

Il Comitato di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura delibera, alle condizioni previste dalla legge:

§  sugli indennizzi a favore delle vittime dell'estorsione esercenti un'attività economica imprenditoriale, ovvero in favore di terzi danneggiati, commisurati ai danni derivanti dagli eventi subiti;

§  sull’erogazione di mutui decennali senza interessi a favore delle vittime dell’usura esercenti un’attività economica, per un ammontare commisurato al danno subito.

 

Il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e dei reati intenzionali violenti delibera, alle condizioni previste dalla legge:

§  sui benefici economici alle vittime della mafia, pari al danno quantificato in sede penale nel giudizio contro l'autore del reato, nonché alle spese ed onorari di costituzione e difesa posti a carico degli imputati;

§  sugli indennizzi alle vittime di reati intenzionali violenti, volti a rifondere le spese mediche e assistenziali sostenute in conseguenza del reato subito (in caso di violenza sessuale o di omicidio è prevista in ogni caso l’erogazione di un indennizzo, il cui importo è definito con decreto ministeriale);

§  sull’erogazione delle borse di studio e dei programmi per l'inserimento lavorativo in favore degli orfani per crimini domestici, nonché sugli aiuti economici alle famiglie affidatarie.

 

Il Fondo è gestito da Consap S.p.A. (Concessionario servizi assicurativi pubblici), che opera in regime di convenzione con il Ministero dell’interno ed è alimentato, ai sensi dell’art. 2, nei modi previsti dalle norme di istituzione dei rispettivi fondi che in esso sono confluiti (leggi 108/1996, 44/1999 e 512/1999), tra cui, oltre allo stanziamento a carico del bilancio dello Stato (che per l’anno 2020 è pari a 38 milioni di euro), figurano anche i proventi delle confische collegate ai delitti di mafia e di usura, le donazioni e i lasciti da chiunque effettuati. Il contributo maggiore all’alimentazione del Fondo è dato però dalle risorse relative al contributo pari allo 0,1% dei premi assicurativi nel ramo danni (esclusa RC auto), che ne aumentano cospicuamente le disponibilità annuali: ad esempio, nel bilancio 2018 sul capitolo era iscritto uno stanziamento per 14,5 mln, che sono divenuti 139,6 milioni nel rendiconto 2018.


 

Articolo 127
(Proroga dei termini di ripresa della riscossione per i soggetti di cui agli articoli 61 e 62 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27)

 

 

L’articolo 127 dispone la proroga di alcuni termini per i versamenti sospesi ai sensi dell'articolo 61 (Sospensione dei versamenti delle ritenute, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l’assicurazione obbligatoria) e dell'articolo 62 (Sospensione dei termini degli adempimenti e dei versamenti fiscali e contributivi) del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

In particolare, l'unico comma dell'articolo in esame dispone la modificazione degli articoli 61 e 62 del decreto-legge n. 18 del 2020 (c.d. "Cura Italia") nel modo seguente:

a)   all’articolo 61:

1)   il comma 4 è sostituito dal seguente: “4. I versamenti sospesi ai sensi del comma 1 sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un'unica soluzione entro il 16 settembre 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 4 rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020. Nei medesimi termini sono effettuati, anche mediante il sostituto d'imposta, i versamenti delle ritenute non operate ai sensi dell'articolo 1, comma 3 (ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e assimilati e sui compensi e altri redditi corrisposti dallo Stato), del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 febbraio 2020 pubblicato nella G.U. n. 48 del 26 febbraio 2020. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato. Gli adempimenti sospesi ai sensi del comma 1 sono effettuati entro il 16 settembre 2020.”;

 

Si rammenta che l’articolo 61 del decreto-legge n. 18 del 2020 interviene sulla disciplina della sospensione dei versamenti delle ritenute e dei contributi e dei premi introdotta dal decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, abrogato dal medesimo decreto-legge n. 18.

 

In particolare, il previgente comma 4 dell'articolo 61 stabilisce che i versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2020. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato. Nei medesimi termini sono effettuati, anche mediante il sostituto d’imposta, i versamenti delle ritenute sui compensi e altri redditi corrisposti dallo Stato, previste dall’articolo 29 (ritenute alla fonte sui compensi e altri redditi corrisposti dallo Stato) del D.P.R. n. 600 del 1973 non operate ai sensi del predetto articolo 1, comma 3, del DM 24 febbraio 2020.

 

2)   il comma 5 è sostituito dal seguente: “5. Le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le associazioni e le società sportive professionistiche e dilettantistiche, di cui al comma 2, lettera b), applicano la sospensione di cui al comma 1 fino al 30 giugno 2020. Gli adempimenti e i versamenti sospesi ai sensi del periodo precedente sono effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, con le modalità e nei termini previsti dal comma 4. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.”;

 

In particolare, il previgente comma 5 dell'articolo 61 prevede una specifica disciplina per le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le associazioni e le società sportive, professionistiche e dilettantistiche: per tali soggetti i versamenti sospesi sono effettuati, senza applicazione di sanzioni e interessi, in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020 (anziché entro il 31 maggio).

Restano fermi la rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di giugno 2020 e il non luogo al rimborso di quanto già versato.

 

b)   all’articolo 62 il comma 5 è sostituito dal seguente: “5. I versamenti sospesi ai sensi dei commi 2 e 3, nonché del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 febbraio 2020, pubblicato nella G.U. n. 48 del 26 febbraio 2020, sono effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in un'unica soluzione entro il 16 settembre 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 4 rate mensili di pari importo, con il versamento della prima rata entro il 16 settembre 2020. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.”

 

Si rammenta di seguito sinteticamente il contenuto dell'articolo 62 del decreto-legge n. 18 del 2020.

L’articolo 62 sospende gli adempimenti tributari diversi dai versamenti e dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale in scadenza dall’8 marzo al 31 maggio 2020. La disposizione riconosce inoltre la sospensione dei versamenti da autoliquidazione ai titolari di partita Iva di minori dimensioni nonché a tutti i soggetti delle province maggiormente colpite dal Covid-19 a prescindere dai ricavi o compensi percepiti.

L’articolo precisa inoltre che per i comuni della cosiddetta zona rossa restano ferme le disposizioni del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 24 febbraio 2020.

In particolare, il previgente comma 5 stabilisce che i versamenti sospesi ai sensi dei commi 2 e 3, nonché del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 24 febbraio 2020 sono effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in un'unica soluzione entro il 31 maggio 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di maggio 2020. Non si fa luogo al rimborso di quanto già versato.

 

Secondo la relazione tecnica, le disposizioni non determinano effetti finanziari in quanto la ripresa dei versamenti ricade all'interno della stessa annualità dei termini vigenti.

 


 

Articolo 128
(Salvaguardia del credito di cui all'articolo 13, comma 1-bis, del TUIR, ovvero del trattamento integrativo di cui all'articolo 1
della L. 2 aprile 2020, n. 21)

 

 

L'articolo 128 prevede che il c.d. bonus 80 euro, di cui all'articolo 13, comma 1-bis, del TUIR, e il trattamento integrativo di 100 euro, di cui all'articolo 1 del decreto-legge n. 3 del 2020, spettanti, rispettivamente, fino al 30 giugno 2020 e dal 1 luglio 2020 ai lavoratori dipendenti e assimilati in possesso dei requisiti previsti nelle citate disposizioni, sono riconosciuti anche nel caso in cui il lavoratore risulti incapiente per effetto del minor reddito di lavoro dipendente prodotto nell'anno 2020 a causa delle conseguenze connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 (comma 1).

Inoltre (comma 2), l'articolo prevede che il sostituto d'imposta eroghi al lavoratore le somme che quest'ultimo non ha percepito a titolo di bonus 80 euro nel periodo in cui lo stesso ha fruito delle misure a sostegno del lavoro ai sensi degli articoli da 19 a 22 del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

Il comma 1 stabilisce che, al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dall'emergenza da COVID -19, per l'anno 2020 il c.d. "bonus 80 euro" - cioè il credito di cui all'articolo 13, comma 1-bis, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986) - e il trattamento integrativo di cui all'articolo 1 del decreto-legge n. 3 del 2020 spettano anche se l'imposta lorda calcolata sui redditi di cui all'articolo 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), del citato TUIR, sia di importo inferiore alla detrazione spettante ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del medesimo TUIR, per effetto delle misure a sostegno del lavoro contenute negli articoli 19 (Norme speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e di assegno ordinario), 20 (Trattamento ordinario di integrazione salariale per le aziende già in Cassa integrazione straordinaria), 21 (Trattamento di assegno ordinario per i datori di lavoro che hanno trattamenti di assegni di solidarietà in corso), 22 (Trattamenti di integrazione salariale in deroga), 23 e 25 (Congedi parentali per lavoratori dipendenti pubblici e privati, autonomi, iscritti alla Gestione separata e del settore sanitario e permessi per i sindaci), del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

Si rammenta che la disciplina relativa al c.d. "bonus 80 euro" (articolo 13, comma 1-bis, del TUIR), stabilisce che ai percettori dei redditi di cui agli articoli 49, con esclusione di quelli indicati nel comma 2, lettera a), e 50, comma 1, lettere a), b), c), c-bis), d), h-bis) e l), del TUIR, qualora l'imposta lorda sia di importo superiore a quello della detrazione spettante ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del citato TUIR (cioè la detrazione per lavoro dipendente e assimilati), spetta attualmente (fino al 30 giugno 2020) un credito rapportato al periodo di lavoro nell'anno, che non concorre alla formazione del reddito, di importo pari a:

§  se il reddito complessivo non è superiore a 24.600 euro: 960 euro;

§  se il reddito complessivo è superiore a 24.600 euro ma non a 26.600 euro: parte del credito corrispondente al rapporto tra l'importo di 26.600 euro, diminuito del reddito complessivo, e l'importo di 2.000 euro.

I sostituti d'imposta sono chiamati a riconoscere il trattamento integrativo ripartendone l'ammontare sulle retribuzioni erogate, verificandone in sede di conguaglio la spettanza.

I redditi per cui spetta il bonus 80 euro sono quindi:

§  i redditi di lavoro dipendente (come definiti dall'articolo 49 del TUIR), con esclusione delle pensioni di ogni genere e assegni a esse equiparati (comma 2, lettera a) del medesimo articolo 49);

§  i seguenti redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (articolo 50, comma 1, del TUIR):

o  compensi percepiti, entro i limiti dei salari correnti maggiorati del 20 per cento, dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi, delle cooperative agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e delle cooperative della piccola pesca (lettera a));

o  indennità e compensi percepiti a carico di terzi dai prestatori di lavoro dipendente per incarichi svolti in relazione a tale qualità ad esclusione di quelli che per clausola contrattuale devono essere riversati al datore di lavoro e di quelli che per legge devono essere riversati allo Stato (lettera b));

o  somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante (lettera c));

o  somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente o nell'oggetto dell'arte o professione esercitate dal contribuente (lettera c-bis));

o  remunerazioni dei sacerdoti, nonché congrue e supplementi di congrua (lettera d));

o  prestazioni derivanti dall'adesione a forme pensionistiche complementari (lettera h-bis));

o  compensi percepiti dai soggetti impegnati in lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative (lettera l)).

Il bonus 80 euro è stato originariamente introdotto dall'articolo 1 del decreto-legge n. 66 del 2014 per il solo anno 2014 e poi reso permanente dalla legge di stabilità 2015 (articolo 1, commi 12-15 della legge n. 190 del 2014). Successivamente, l'articolo 1, comma 132, della legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) ha elevato le soglie di reddito complessivo (rispettivamente da 24.000 a 24.600 e da 26.000 a 26.600) che danno diritto al credito, aumentando così il numero di beneficiari dell'agevolazione.

 

Il bonus 80 euro spetta soltanto nella prima metà dell'anno 2020, in quanto l'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 3 del 2020 ne dispone l'abrogazione a decorrere dal 1° luglio 2020.

 

L'articolo 1 del medesimo decreto-legge n. 3 del 2020 dispone, in sostituzione del bonus 80 euro a partire dalla seconda metà dell'anno 2020, il riconoscimento di una somma a titolo di trattamento integrativo in favore dei percettori delle stesse tipologie di reddito di lavoro dipendente e di taluni redditi assimilati relativi al bonus 80 euro, sempreché l'imposta lorda sia di importo superiore a quello della detrazione spettante ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del citato TUIR (cioè la detrazione spettante per lavoro dipendente e assimilati).

Il trattamento integrativo spetta soltanto se il reddito complessivo non è superiore a 28.000 euro ed è pari a 1.200 euro in ragione annua a decorrere dal 2021, mentre è pari a 600 euro per l'anno 2020.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame dispone, inoltre, che il credito di cui all'articolo 13, comma 1-bis, del citato TUIR, non attribuito nei mesi in cui il lavoratore fruisce delle misure a sostegno del lavoro di cui agli articoli da 19 a 22 del decreto-legge n. 18 del 2020, è riconosciuto dal sostituto d'imposta a decorre dalla prima retribuzione utile e comunque entro i termini di effettuazione delle operazioni di conguaglio.

 

La relazione tecnica precisa che l'articolo in esame non determina nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica rispetto alla legislazione vigente.

 


 

Articolo 129
(Acconto accisa sul gas naturale e sull’energia elettrica)

 

 

L’articolo 129 stabilisce la riduzione delle rate di acconto mensili dell’accisa sul gas naturale e sull’energia elettrica, dovute dal mese di maggio al mese di settembre 2020, in particolare disponendo che le stesse siano versate nella misura del 90 per cento di quelle calcolate in via ordinaria, e cioè sulla base dei consumi dell’anno precedente. Si prevede poi che le rate di acconto mensili, relative a ciascuno dei restanti tre mesi (ottobre, novembre e dicembre) del 2020 siano versate, invece, secondo le modalità ordinarie. Infine, l’eventuale versamento a conguaglio è effettuato in un’unica soluzione entro le normali scadenze fissate dal Testo unico accise, vale a dire entro il 31 marzo 2021 per il gas naturale ed entro il 16 marzo 2021 per l’energia elettrica; si consente, in alternativa, di dilazionare il debito a conguaglio in dieci rate mensili di pari importo, da versare nel periodo da marzo a dicembre 2021.

Si differisce dal 16 al 20 maggio 2020 la rata di acconto mensile dell’accisa sul gas naturale dovuta per il mese di maggio 2020

 

Al riguardo si ricorda che i soggetti obbligati al pagamento dell’accisa sul gas naturale e l’energia elettrica sono tenuti, rispettivamente ai sensi degli articoli 26, comma 13 e 56, commi 1 e 2 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle accise - TUA), a versare l’imposta mediante rate di acconto mensili, calcolate sulla base dei consumi dell’anno precedente e mediante eventuali conguagli relativi all’accisa dovuta per l’anno precedente, che viene determinata in dichiarazioni annuali di consumo.

In particolare, ai sensi dell’articolo 26, comma 13 TUA l'accertamento dell'accisa dovuta sul gas naturale viene effettuato sulla base di dichiarazioni annuali, contenenti tutti gli elementi necessari per la determinazione del debito d'imposta, presentate dai soggetti obbligati entro il mese di marzo dell'anno successivo a quello cui la dichiarazione si riferisce. Il pagamento dell'accisa è effettuato in rate di acconto mensili da versare entro la fine di ciascun mese, calcolate sulla base dei consumi dell'anno precedente. Il versamento a conguaglio è effettuato entro il mese di marzo dell'anno successivo a quello cui si riferisce e le somme eventualmente versate in eccedenza all'imposta dovuta sono detratte dai successivi versamenti di acconto. L'Amministrazione finanziaria ha facoltà di prescrivere diverse rateizzazioni d'acconto sulla base dei dati tecnici e contabili disponibili.

Per quanto riguarda l’energia elettrica, l’articolo 56, comma 1 analogamente dispone che il pagamento sia effettuato in rate di acconto mensili, da versare entro il giorno 16 di ciascun mese, calcolate sulla base di un dodicesimo dei consumi dell'anno precedente. Per il mese di agosto la rata di acconto è versata entro il giorno 20. Il versamento a conguaglio è effettuato entro il giorno 16 del mese di marzo dell'anno successivo a quello cui si riferisce. Le somme eventualmente versate in più del dovuto sono detratte dai successivi versamenti di acconto; l'Amministrazione finanziaria ha facoltà di prescrivere, sulla base dei dati tecnici e contabili disponibili, rateizzazioni di acconto diverse.

 

Per effetto delle norme in esame (comma 1):

§  sono ridotte le rate di acconto mensili dell’accisa sul gas naturale e sull’energia elettrica, da versare nel periodo compreso tra i mesi di maggio e settembre 2020, in particolare disponendo che le stesse siano versate nella misura del 90 per cento di quelle calcolate, come stabilito dal testo unico delle accise, sulla base dei consumi dell’anno precedente;

§  si prevede poi che le rate di acconto mensili relative a ottobre, novembre e dicembre 2020, siano versate, invece, secondo le già illustrate modalità ordinarie (sulla base dei consumi dell’anno precedente, ai sensi degli articoli 26, comma 13 e 56, commi 1 e 2 del TUA);

§  infine, l’eventuale versamento a conguaglio è effettuato in un’unica soluzione entro le normali scadenze, vale a dire entro il 31 marzo 2021 per il gas naturale ed entro il 16 marzo 2021 per l’energia elettrica. Viene respo possibile, in alternativa, di ripartire il conguaglio in dieci rate mensili di pari importo, senza interessi, da versare nel periodo da marzo a dicembre 2021, entro l’ultimo giorno di ciascun mese.

 

Si prescrive infine che le somme eventualmente risultanti a credito sono detratte, nei modi ordinari, dai versamenti di acconto successivi alla presentazione della dichiarazione annuale.

 

Il comma 2 differisce dal 16 al 20 maggio 2020 la rata di acconto mensile dell’accisa sul gas naturale dovuta per il mese di maggio 2020.

 

Il comma 3 quantifica in 246,9 milioni di euro per l'anno 2020 e in 134,7 milioni di euro per l'anno 2022 gli oneri derivanti dalle norme in esame, cui si provvede ai sensi dell'articolo 265 (alla cui scheda di lettura si rinvia).

 

 


 

Articolo 129-bis
(Imposte dirette e accise per Campione d’Italia)

 

 

L'articolo 129-bis, inserito dalla Camera dei deputati, reca un complesso di misure fiscali relative al comune di Campione d’Italia.

In primo luogo, vengono modificate ed ampliate alcune agevolazioni introdotte dalla legge di bilancio 2020:

§  si allunga da cinque a dieci periodi di imposta la riduzione a metà delle imposte sui redditi e dell’IRAP per le delle persone fisiche e le società che risiedono o sono iscritte alla camera di commercio di Campione d’Italia e si eleva il massimale di tali agevolazioni;

§  viene modificata la misura del credito d’imposta per gli investimenti effettuati a Campione d’Italia, modulata secondo la dimensione dell’impresa, anche nell’importo massimo concedibile;

§  si affida a un provvedimento dell’Agenzia delle entrate la percentuale di riduzione forfettaria dei redditi di impresa prodotti a Campione d’Italia;

§  si sottopongono ad accisa, con aliquota agevolata, il gasolio per riscaldamento e l’energia elettrica rispettivamente consumato e utilizzato a Campione d’Italia.

 

I commi 559-580 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019), anche in considerazione dell’inclusione dell’ente nel territorio doganale europeo e nell’ambito territoriale di operatività della disciplina armonizzata delle accise, hanno introdotto una serie di disposizioni concernenti Campione d’Italia.

I commi da 559 a 568 hanno disciplinato una nuova imposta locale sul consumo di Campione d’Italia (ILCCI) , sulle forniture di beni, prestazioni di servizi e importazioni effettuate nel territorio del Comune per il consumo finale, con aliquote IVA allineate a quelle svizzere. Viene assoggettata a tale imposta anche l’introduzione di beni provenienti dal territorio dell’Unione europea.  Con norma di rango secondario sono stabilite le franchigie applicabili alle importazioni dall’UE soggette a imposta e i casi di esonero dall’obbligo dichiarativo.

Non si applicano ai residenti a Campione d’Italia le restrizioni in tema di franchigie doganali, IVA e accise che sono, invece, ordinariamente previste per i residenti nelle zone di frontiera. Per i residenti a Campione d’Italia si affida la determinazione di tali soglie alle norme di rango secondario, in coerenza con la normativa vigente in materia di franchigie doganali UE.

Viene poi chiarito che Campione d’Italia e le acque territoriali del lago di Lugano sono incluse nell’ambito di applicazione della disciplina sulle accise e nel territorio doganale (commi 569-572).

Sono previste agevolazioni IRPEF, IRES e IRAP per i soggetti residenti a Campione d’Italia, che consistono nella riduzione a metà delle imposte per cinque anni (commi 573-576).

Si prevede un credito d’imposta per i nuovi investimenti iniziali nel territorio di Campione d’Italia, fino al 2024 (commi 577-579).

Infine, il regime agevolato IRES per Campione d’Italia è esteso anche a società ed enti non residenti che hanno sede nel Comune medesimo (comma 580).

La disciplina della legge di bilancio 2020 è conseguente alle novità recate dal Regolamento (UE) 2019/474 e dalla Direttiva (UE) 2019/475 che hanno incluso il comune italiano di Campione d'Italia e le acque italiane del Lago di Lugano, rispettivamente, nel territorio doganale dell'Unione e nell’ambito territoriale di applicazione della disciplina generale delle accise.

Si segnala che la Direttiva (UE) 2019/475 è tra quelle elencate nall’Allegato A del disegno di legge di delegazione europea 2019 (A.S. 1721), all’esame del Senato al momento della redazione del presente lavoro.

Come emerge dai considerando alla richiamata direttiva, con lettera del 18 luglio 2017 l'Italia ha chiesto che il comune italiano di Campione d'Italia e le acque italiane del Lago di Lugano siano inclusi nel territorio doganale dell'Unione, ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013, nonché nell'ambito di applicazione territoriale della direttiva 2008/118/CE ai fini dell'accisa, lasciando nel contempo tali territori al di fuori dell'ambito di applicazione territoriale della direttiva 2006/112/CE ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.

La direttiva (UE) 2019/475 chiarisce al riguardo che l’inclusione del comune italiano di Campione d'Italia e delle acque italiane del Lago di Lugano discende dalla circostanza secondo cui le motivazioni storiche che ne giustificavano l'esclusione, quali l'isolamento e gli svantaggi economici, non sono più pertinenti. 

L'Italia ha chiesto tuttavia l'esclusione di tali territori dall'applicazione territoriale della direttiva IVA 2006/112/CE, ritenendo che ciò fosse essenziale per garantire condizioni di parità fra gli operatori economici stabiliti in Svizzera e nel comune italiano di Campione d'Italia attraverso l'applicazione di un regime di imposizione indiretta locale in linea con l'imposta sul valore aggiunto svizzera.

 

Modifiche alle agevolazioni imposte dirette e IRAP

La lettera a) del comma 1 modifica il comma 573 della legge di bilancio 2020, che ha introdotto alcune agevolazioni IRPEF per le persone fisiche iscritte all’anagrafe di Campione d’Italia.

Nella formulazione vigente, si prevede che l’imposta dovuta sui redditi diversi da quelli d’impresa dalle persone fisiche residenti al 20 ottobre 2019 a Comune di Campione d’Italia, nonché sui redditi di lavoro autonomo relativi ad attività svolte in studi siti alla medesima data nel Comune di Campione d’Italia, determinata ai sensi dell’articolo 188-bis del Testo unico delle imposte sui redditi (dunque forfettariamente ridotta se prodotta in franchi) è ridotta al cinquanta per cento per cinque periodi di imposta.

Con le modifiche in esame viene eliminato il termine del 20 ottobre 2019, dunque l’agevolazione spetta a chiunque risulti residente a Campione d’Italia, anche dopo la data del 20 ottobre 2019, e viene elevato da cinque a dieci il numero dei periodi di imposta per cui vige la detassazione.

 

La lettera b) del comma 1 interviene sul comma 574, che reca agevolazioni temporanee sui redditi d’impresa realizzati dalle imprese individuali, delle società di persone e dalle società IRES.

Nella formulazione vigente, per le imprese iscritte al 20 ottobre 2019 alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Como e aventi sede sociale operativa, o un’unità locale, nel Comune di Campione d’Italia, come determinate ai sensi dell’articolo 188-bis del TUIR, le imposte sui redditi di impresa sono ridotte al cinquanta per cento per cinque periodi di imposta.

Con le modifiche in esame viene eliminato il termine del 20 ottobre 2019, dunque l’agevolazione spetta a tutte le imprese iscritte alla camera di commercio di Campione d’Italia, anche dopo tale data, e viene elevato da cinque a dieci il numero dei periodi di imposta per cui vige la riduzione del cinquanta per cento delle imposte sui redditi di impresa.

 

La lettera c) del comma 1 interviene sul comma 575, ai sensi del quale, per i predetti soggetti destinatari della tassazione agevolata sui redditi di impresa (di cui al comma 574) l’IRAP che deriva da attività esercitate nel Comune di Campione d'Italia è ridotta nella misura del cinquanta per cento per cinque periodi di imposta.

Con le modifiche in esame viene elevato da cinque a dieci il numero dei periodi di imposta per cui vige la riduzione IRAP per imprese individuali, società di persone e soggetti IRES.

 

La lettera d) del comma 1 introduce il nuovo comma 576-bis che, per l’anno 2020, eleva gli importi massimi concedibili delle agevolazioni sulle imposte dirette sopra richiamate (di cui ai commi 573-575, come modificati dalle norme in esame), i quali di conseguenza trovano applicazione nei limiti di 800.000 euro per ogni impresa.

Per le imprese della pesca e dell’acquacoltura il limite è di 120.000 euro per impresa, mentre l’importo massimo per le imprese di produzione primaria di prodotti agricoli tale limite è di 100.000 euro.

 

Tale disposizione è in esplicita deroga al comma 576, ai sensi del quale le agevolazioni sulle imposte sui redditi e sull’IRAP contenute nelle predette norme:

§  si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2019 (dunque dal 2020);

§  operano ai sensi e nei limiti della disciplina degli aiuti de minimis, di cui al regolamento (UE) n. 1407/2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) agli aiuti de minimis, del regolamento (UE) n. 1408/2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE agli aiuti de minimis nel settore agricolo e del regolamento (UE) n. 717/2014 relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE agli aiuti de minimis nel settore della pesca e dell'acquacoltura.

In estrema sintesi, si ricorda che alcune categorie di aiuti di Stato sono esentate dalla notifica alla Commissione UE, sulla base di specifici regolamenti di esenzione: si tratta degli aiuti definiti dalla UE come de minimis, che si presume non incidano sulla concorrenza in modo significativo. In linea generale, il regolamento 1407/2013 chiarisce che l’importo complessivo degli aiuti de minimis concessi da uno Stato membro a un’impresa unica non può superare 200.000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari.

Per il settore della produzione primaria, il regolamento 1408/2013 fissa un massimale di 15.000 euro  nell’arco di tre esercizi finanziari, mentre per la pesca e l’acquacoltura il massimale (regolamento 717/2014) è di 30.000 euro.

 

Si rammenta che per l’emergenza Covid-19 è stato stabilito un nuovo quadro regolatorio degli aiuti di Stato, "State Aid Temporary Framework" da parte della Commissione UE (cfr. relativo tema dell'attività parlamentare).

 

Modifiche al credito di imposta per investimenti

 

La lettera e) del comma 1 sostituisce il vigente comma 577 che concede, in vista del rilancio economico del Comune di Campione d’Italia, un credito di imposta alle imprese che effettuano investimenti facenti parte di un progetto di investimento iniziale, come definito dalle norme europee sugli aiuti di stato compatibili col mercato interno (articolo 2, punti 49, 50 e 51, del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014).

Tale credito d'imposta, nella formulazione vigente del comma 577, è pari  al 50 per cento dei costi individuati come ammissibili ai sensi della medesima disciplina UE (articolo 14 del predetto regolamento (UE) n. 651/2014).

Con le modifiche in esame:

§  si specifica che gli investimenti agevolabili vanno effettuati nel territorio del Comune di Campione d’Italia;

§  viene variata la misura del credito d’imposta, che rimane commisurato a una quota dei costi ammissibili ai sensi della medesima disciplina UE, (in luogo del 50 per cento  degli stessi), ma in una percentuale variabile a seconda delle dimensioni d’impresa: 25 per cento del costo ammissibile per le grandi imprese, 35 per cento per le medie imprese e 45 per cento per le piccole imprese;

§  viene introdotto un limite massimo per l’agevolazione, anch’esso commisurato alle dimensioni dell’impresa: 30 milioni di euro per ciascun progetto di investimento per le grandi imprese, 20 milioni per le medie imprese, 6 milioni per le piccole imprese.

 

Si ricorda che il regolamento 651/2014 dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno, in applicazione della disciplina europea sulla concorrenza.

In linea generale, l’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE qualifica i finanziamenti statali con specifiche caratteristiche come aiuti di Stato, quindi soggetti a notifica alla Commissione a norma dell'articolo 108, paragrafo 3, ai fini della valutazione sulla compatibilità con la disciplina europea sulla concorrenza. Tuttavia, secondo il disposto dell'articolo 109 del trattato, il Consiglio può stabilire le categorie di aiuti che sono esentate dall'obbligo di notifica. In conformità dell'articolo 108, paragrafo 4, del trattato, la Commissione può adottare regolamenti concernenti tali categorie di aiuti di Stato, quale il predetto regolamento 651/2014 che individua, tra l’altro, gli aiuti di stato a finalità regionale compatibili con il mercato interno. 

In particolare l’articolo 2, ai punti da 49 a 51, definisce come “investimento iniziale”:

§  un investimento in attivi materiali e immateriali relativo alla creazione di un nuovo stabilimento, all'ampliamento della capacità di uno stabilimento esistente, alla diversificazione della produzione di uno stabilimento per ottenere prodotti mai fabbricati precedentemente o a un cambiamento fondamentale del processo produttivo complessivo di uno stabilimento esistente;

§  l'acquisizione di attivi appartenenti a uno stabilimento che sia stato chiuso o che sarebbe stato chiuso senza tale acquisizione e sia acquistato da un investitore che non ha relazioni con il venditore. Non rientra nella definizione la semplice acquisizione di quote di un'impresa.

Sono definite “attività uguali o simili” quelle che rientrano nella stessa classificazione operata, a livello statistico, mediante la categorizzazione NACE Rev. 2 di cui al regolamento (CE) n. 1893/2006, che definisce la classificazione statistica delle attività economiche NACE Revisione 2. Si tratta, in sintesi, della classificazione statistica delle attività economiche nella UE.

Il punto 51 definisce “investimento iniziale a favore di una nuova attività economica”: 

§  un investimento in attivi materiali e immateriali relativo alla creazione di un nuovo stabilimento o alla diversificazione delle attività di uno stabilimento, a condizione che le nuove attività non siano uguali o simili a quelle svolte precedentemente nello stabilimento;

§  l'acquisizione di attivi appartenenti a uno stabilimento che sia stato chiuso o che sarebbe stato chiuso senza tale acquisizione e sia acquistato da un investitore che non ha relazioni con il venditore, a condizione che le nuove attività che verranno svolte utilizzando gli attivi acquisiti non siano uguali o simili a quelle svolte nello stabilimento prima dell'acquisizione.

 

L’articolo 14 del Regolamento individua quali sono i costi ammissibili, in particolare (par. 4):

§  i costi per gli investimenti materiali e immateriali;

§  i costi salariali stimati relativi ai posti di lavoro creati per effetto di un investimento iniziale, calcolati su un periodo di due anni; o

§  una combinazione dei costi precedenti, purché l'importo cumulato non superi l'importo più elevato fra i due.

I successivi paragrafi dell’articolo 14 recano la disciplina di dettaglio sui predetti costi, anche con riferimento alle modalità di calcolo. 

 

Ai sensi del comma 578 il credito d’imposta si applica a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2024

 

La lettera f) del comma 1 introduce il nuovo  comma 577-bis ai sensi del quale, per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2020, il credito d’imposta trova applicazione nei limiti di 800.000 euro per ogni impresa.

Per le imprese della pesca e dell’acquacoltura il limite è di 120.000 euro per impresa, mentre l’importo massimo per le imprese di produzione primaria di prodotti agricoli tale limite è di 100.000 euro.

 

La lettera g) del comma 1 introduce il nuovo  comma 578-bis, ai sensi del quale la maggiorazione  delle agevolazioni sulle imposte dirette e del credito d’imposta sugli investimenti a Campione d’Italiaprevisti, per il 2020, rispettivamente dai già commentati commi 576-bis e 577-bis – si applica previo parere favorevole della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 108, comma 3 TFUE, nel quadro del Temporary Framework degli aiuti di Stato nel quadro dell’emergenza (cfr. commento al comma 576-bis)

 

Reddito di impresa prodotto a Campione d’Italia

 

Il comma 2 modifica l’articolo 1, comma 632 della legge di stabilità 2014, legge n. 147 del 2013 relativo alla percentuale di riduzione forfettaria del reddito prodotto in franchi a Campione d’Italia.

 

Si ricorda che l’articolo 188-bis del TUIR, novellato anch’esso dalla legge di bilancio 2020, reca la complessiva disciplina delle imposte sui redditi per Campione d’Italia. 

 In linea generale, il reddito delle persone fisiche (comma 1) e il reddito d'impresa (comma 2) prodotti a Campione d’Italia, a specifiche condizioni di legge, possono essere computati in euro anche se prodotti in franchi, sulla base del cambio corrente, ridotto forfetariamente del 30 per cento.

Tale percentuale -  ai sensi del comma 632 della predetta legge  di stabilità 2014 - maggiorata o ridotta in misura pari allo scostamento percentuale medio annuale registrato tra le due valute, viene stabilita con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare, su conforme parere della Banca d'Italia, entro il 15 febbraio di ciascun anno, e non può comunque essere inferiore al 30 per cento.

 

Con le modifiche in esame si affida al predetto provvedimento dell’Agenzia delle entrate la determinazione della percentuale di riduzione forfettaria dei redditi di impresa prodotti a Campione d’Italia (di cui articolo 188-bis, comma 2), oltre che dei redditi delle persone fisiche (di cui al comma 1): anche per i redditi di impresa la riduzione non può essere inferiore al 30 per cento.

 

Accise sui prodotti energetici a Campione d’Italia

 

Il comma 3 sottopone ad accisa il gasolio usato come combustibile per riscaldamento nel territorio del Comune di Campione d’Italia, ai sensi della disciplina del Testo Unico Accise (D.Lgs. n. 504 del 1995) ma con aliquota agevolata di 201,50 euro per mille litri (in luogo della vigente aliquota di 403,2 euro per mille litri).

Si dispone che per tali consumi non trovino applicazione le riduzioni del costo del gasolio previste dalla legge nei territori ricadenti in zone montane.

 

Il comma 4 assoggetta ad accisa l’energia elettrica consumata nel Comune di Campione d’Italia, ai sensi della disciplina del Testo Unico Accise (D.Lgs. n. 504 del 1995), con le seguenti aliquote agevolate:

§  euro 0.001 per ogni kWh di energia impiegata, per qualsiasi applicazione, nelle abitazioni;

§  euro 0.0005 per ogni kWh di energia impiegata nei locali diversi dalle abitazioni.

Per le aliquote vigenti di accisa si rinvia all’apposito prospetto dell’Agenzia delle Dogane.

 

Il comma 5 subordina l’applicazione delle predette misure d’accisa sul gasolio e sull’elettricità alla previa autorizzazione del Consiglio, ai sensi della Direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003 sulla tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità. Ove autorizzate, le misure d’accisa si applicano dalla data di autorizzazione e rimangono vigenti per sei anni.

 

Copertura finanziaria

 

Il comma 6, che quantifica gli oneri dell’articolo in esame e ne dispone la copertura finanziaria, è stato modificato dalla Camera dei deputati.

Oltre a quantificare gli oneri delle norme in esame, se ne dispone la copertura attraverso la corrispondente riduzione del Fondo per esigenze indifferibili che si presentino in corso di gestione, rifinanziato dall’articolo 265, comma 5 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia).

Tali oneri sono stimati pari a 55.000 euro per l’anno 2020, 105.000 euro per l’anno 2021, a 103.000 euro per l’anno 2022, a 105.000 euro per l’anno 2023, a 105.000 euro per l’anno 2024, a 6.205.000 euro per l’anno 2025, a 8.729.000 euro per l’anno 2026, a 8.069.000 euro per l’anno 2027, a 8.072.000 euro per l’anno 2028, a 8.070.000 euro per l’anno 2029, a 1.970.000 euro per l’anno 2030 e, nella formulazione originaria della norma, a 630.000 euro per l’anno 2031.

Con le modifiche apportate durante l'esame presso la Camera è stato soppresso il riferimento all’onere per l’anno 2031, posto che – secondo quanto emerge dalla relazione annessa all’emendamento dei Relatori - per tale annualità le disposizioni di cui all’articolo 129-bis determinano maggiori entrate.

 

 

 


 

Articolo 130
(Differimento di alcuni adempimenti in materia di accisa)

 

 

L’articolo 130 reca il differimento dell’efficacia di alcune disposizioni in materia di accisa, introdotte dal decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, che hanno disciplinato specifici adempimenti antifrode. In particolare:

§  si differisce al 1° gennaio 2021 l’efficacia degli obblighi autorizzativi e di contabilizzazione previsti per i piccoli depositi di prodotti energetici;

§  si differisce dal 1° luglio al 1° ottobre 2020 l’efficacia della disciplina della tracciabilità degli oli lubrificanti;

§  si proroga dal 30 giugno al 30 dicembre 2020 il termine ultimo, per gli esercenti di depositi fiscali di stoccaggio di prodotti energetici (con capacità non inferiore a 3.000 metri cubi), per dotarsi del cd. sistema INFOIL;

§  si posticipa dal 30 giugno al 30 settembre 2020 il termine per l’operatività dell’obbligo di presentare esclusivamente in forma telematica il documento di accompagnamento doganale (ivi compreso il DAS – documento amministrativo semplificato) per la benzina e il gasolio usato come carburante sottoposti ad accisa;

§  si posticipa al 31 dicembre 2020 il termine per l’emanazione della determinazione del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli con la quale sono fissati i tempi e i modi con cui le imprese distributrici di energia elettrica e gas naturale ai consumatori finali (operatori di vettoriamento) sono tenute a presentare, esclusivamente in forma telematica, i dati relativi ai prodotti trasportati.

 

Depositi di prodotti energetici

Il comma 1, lettera a), differisce al 1° gennaio 2021 l’efficacia degli obblighi autorizzativi e di contabilizzazione previsti, per i piccoli depositi di prodotti energetici, dall’articolo 5 del decreto-legge n. 124 del 2019, come posposti dall’articolo 92, comma 4-sexies del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

Occorre al riguardo ricordare che l’articolo 5 del predetto decreto-legge  ha abbassato (comma 1, lettera c), punto 1, n. 1.1) il limite di capacità previsto per i depositi per uso privato, agricolo e industriale (da 25 a 10 metri cubi) nonché quello previsto (punto 1, n.1.2)  per i serbatoi cui sono collegati gli apparecchi di distribuzione automatica di carburanti per usi privati, agricoli ed industriali (da 10 a 5 metri cubi), ai fini dell’insorgere dell’obbligo di denuncia all’amministrazione finanziaria e di acquisizione della licenza per l’esercizio dell’attività.  Di conseguenza gli operatori che gestiscono tali depositi, a seguito della predetta modifica, sono tenuti a munirsi di licenza fiscale e a tenere la contabilità prescritta dal TUA. Si stabilisce (punto 2 della lettera c)) che con determinazione del Direttore dell’Agenzia dogane e monopoli siano previste modalità semplificate per la tenuta della medesima contabilità.

 

Il comma 2 del richiamato articolo 5 stabilisce, al primo periodo, che la predetta determinazione sia adottata entro il 27 dicembre 2020. Essa è stata adottata il 27 dicembre 2019 (Det. n. 240433/RU) e reca, per l’appunto, modalità semplificate di tenuta dei registri contabili per depositi e impianti di distribuzione di prodotti energetici.

L’articolo 5, comma 2, secondo periodo, come modificato dall’articolo 91, comma 4-sexies del citato decreto-legge n. 18, ha poi fissato al 1° gennaio 2021 l’efficacia:

§  delle disposizioni (articolo 5, comma 1, lettera c), n. 1.2) che riducono da 10 a 5 metri cubi la capacità dei serbatoi, per gli esercenti apparecchi di distribuzione automatica di carburanti per usi privati, agricoli ed industriali, ai fini dell’obbligo di licenza;

§  le norme che prevedono una disciplina semplificata per la tenuta del registro di carico e scarico (stabilita con la predetta determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli) sia per gli esercenti dei depositi per uso privato, agricolo ed industriale aventi capacità superiore a 10 metri cubi e non superiore a 25 metri cubi, sia per gli esercenti impianti per apparecchi di distribuzione automatica di carburanti per usi privati, agricoli ed industriali, collegati a serbatoi la cui capacità globale risulti superiore a 5 metri cubi e non superiore a 10 metri cubi.

 

Con le disposizioni in esame vengono riallineate al 1° gennaio 2021 l’efficacia di tutte le disposizioni di cui all’articolo 5, comma 1, lettera c), numeri 1) e 2): dunque hanno efficacia a decorrere dal 1° gennaio 2021 anche le norme che abbassano da 25 a 10 metri cubi i limiti capacitivi (di cui all’articolo 5, comma 1, lettera c), punto 1, n. 1.1) dei depositi per uso privato, agricolo e industriale, ai fini del rilascio della licenza fiscale.

 

L’articolo 136, comma 2, lettera b) apporta una modifica al citato articolo 25 del TUA, in modo tale che ai piccoli depositi (aventi capacità superiore a 10 metri cubi e non superiore a 25 metri cubi, nonché gli impianti collegati a serbatoi la cui capacità globale risulti superiore a 5 metri cubi e non superiore a 10 metri cubi) sia rilasciato solo un codice identificativo in luogo della licenza di esercizio; a decorrere dal 1° gennaio 2021 tali soggetti sono obbligati, in luogo della denuncia, a dare comunicazione di attività all’Ufficio dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, competente per territorio, al fine del rilascio del predetto codice identificativo. Gli stessi tengono il registro di carico e scarico con modalità semplificate, da stabilire con determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Frodi nel settore degli idrocarburi

La lettera b) del comma 1 dell’articolo in esame differisce dal 1° luglio al 1° ottobre 2020 l’efficacia della nuova disciplina della tracciabilità degli oli lubrificanti, introdotta dall’articolo 7 del decreto-legge n. 124 del 2019.

 

Al riguardo si ricorda che l’articolo 7 del decreto-legge n. 124 del 2019 ha introdotto norme volte a contrastare l’uso fraudolento di taluni prodotti, classificabili come oli lubrificanti, illecitamente venduti e utilizzati come carburanti per autotrazione o combustibili per riscaldamento, allo scopo di evadere il pagamento dell’accisa. A tal fine è stato introdotto un nuovo articolo 7-bis nel Testo Unico Accise, che ha previsto un sistema di tracciabilità di alcune tipologie di oli lubrificanti, mediante l’attribuzione di un Codice amministrativo di riscontro necessario per la loro circolazione nel territorio nazionale. Il Codice è emesso dal sistema informatizzato dell’Agenzia dogane e monopoli su richiesta del soggetto che effettua l’immissione in consumo di tali prodotti, ovvero del mittente, secondo la destinazione finale degli oli lubrificanti. Tale sistema di tracciabilità viene esteso anche alle preparazioni lubrificanti e ad altri prodotti individuati con decreto ministeriale che, in relazione alle loro caratteristiche, possono essere destinati all’impiego come carburanti per motori, combustibili per riscaldamento ovvero come lubrificanti. Ove i prodotti lubrificanti in transito non siano stati presentati all’Ufficio delle dogane di uscita oppure i dati inseriti ai fini del rilascio del codice amministrativo di riscontro risultino non veritieri, si configura il tentativo di sottrazione del prodotto all’accertamento dell’accisa, con l’applicazione delle conseguenti sanzioni penali.

 

Il comma 4 dell’articolo 7, al primo periodo, subordina l’operatività della disciplina sulla tracciabilità all’emanazione delle disposizioni secondarie di attuazione: il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 22 aprile 2020 ha introdotto le relative norme secondarie in tema di tracciabilità degli oli lubrificanti (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 maggio 2020, n. 28).

Il secondo periodo del comma 4 stabiliva - nella sua formulazione originaria - che la nuova disciplina sulla tracciabilità avesse efficacia a decorrere dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di pubblicazione del decreto attuativo e, dunque, dal 1° luglio 2020.

Per effetto delle modifiche in esame, sostituendo il comma 4 dell’articolo 7, si differisce l’efficacia della predetta disciplina al 1° ottobre 2020.

 

Correlatamente, con il comma 2, lettera a) dell’articolo 136 sono apportate alcune modifiche all’articolo 7-bis del Testo Unico Accise, introdotto dall’articolo 7 del decreto-legge n. 124 sopra citato.

In particolare, integrando il comma 6 dell’articolo 7-bis TUA, si consente che le norme secondarie di attuazione possano escludere dalla disciplina della tracciabilità i trasporti di piccole quantità di prodotto confezionato (comma 2, lettera a), n. 1)

Viene poi apportata una modifica al comma 7 dell’articolo 7-bis (comma 2, lettera a), n. 2), il quale estende le norme sulla tracciabilità anche alle preparazioni lubrificanti rientranti nel codice NC 3403, se trasportate sfuse o in contenitori di capacità superiore a 20 litri; con la novella in commento si precisa che vengono fatte salve le esclusioni stabilite con le predette norme attuative.

Sistema INFOIL

La lettera c) del comma 1 differisce dal 30 giugno al 30 dicembre 2020 il termine ultimo, per gli esercenti di depositi fiscali di stoccaggio di prodotti energetici (con capacità non inferiore a 3.000 metri cubi), per dotarsi del cd. sistema INFOIL, ovvero di un sistema informatizzato per la gestione della detenzione e della movimentazione della benzina e del gasolio usato come carburante.

 

Viene a tal fine modificato l’articolo 10, comma 1, primo periodo del decreto-legge n. 124 del 2019, che nella sua formulazione originaria fissava il termine per dotarsi del sistema INFOIL al 30 giugno 2020.

 

L’articolo 10 ha l’esplicito scopo di uniformare le procedure di controllo sui depositi fiscali di stoccaggio a quelle già instaurate presso le raffinerie e gli stabilimenti di produzione di prodotti energetici, ai sensi dell’articolo 23, comma 14 del Testo Unico Accise - D.Lgs. n. 504 del 1995 (TUA). Per tali impianti, per l’appunto dotati di un sistema informatizzato di controllo in tempo reale del processo di gestione della produzione, detenzione e movimentazione dei prodotti, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli procede all'accertamento della liquidazione dell'imposta avvalendosi dei dati necessari alla determinazione della quantità e della qualità dei prodotti energetici rilevati dal sistema medesimo con accesso in modo autonomo e diretto, come chiarito dalla relazione illustrativa al decreto. Si tratta del cosiddetto sistema INFOIL, che con le norme in esame viene applicato ai depositi fiscali di prodotti energetici di mero stoccaggio.

Documento di accompagnamento doganale telematico

La lettera d) del comma 1 posticipa dal 30 giugno al 30 settembre 2020 il termine (previsto dall’articolo 11 del decreto-legge n. 124 del 2019) per l’operatività dell’obbligo di presentare esclusivamente in forma telematica il documento di accompagnamento doganale (ivi compreso il DAS – documento amministrativo semplificato) per la benzina e il gasolio usato come carburante sottoposti ad accisa, secondo la determinazione del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli 10 maggio 2020, n. 138764/RU.

 

La circolazione dei prodotti sottoposti ad accisa deve essere effettuata con la scorta dei seguenti documenti di accompagnamento:

§  documento di accompagnamento accise (e-AD, elettronico) per il trasferimento di prodotti soggetti ad imposta da un deposito fiscale ad un altro deposito fiscale; da un deposito fiscale al deposito di un destinatario registrato; dal luogo di importazione ad un deposito fiscale o di un destinatario registrato, da un deposito fiscale al luogo di esportazione;

§  documento di accisa semplificato (DAS, cartaceo) per il trasferimento di prodotti assoggettati ad imposta da un deposito fiscale o di un destinatario registrato ad un deposito libero da accisa o ad un impianto di distribuzione di carburanti; da un deposito libero da accisa o dal luogo di importazione, nel caso di corresponsione dell’accisa all’atto della importazione, ad un altro deposito libero da accisa o ad un impianto di distribuzione di carburanti; da un deposito libero o dal deposito di un destinatario registrato al luogo di esportazione, nel caso di richiesta di rimborso dell’accisa versata.

Si ricorda al riguardo che dal 1° gennaio 2011 è diventato operativo l’e-AD, ovvero il documento amministrativo elettronico (articolo 6 del Testo Unico Accise -TUA, D.Lgs. n. 504 del 1995). La nuova disciplina è stata introdotta dalla Direttiva 2008/118/CE, relativa al regime generale delle accise, e dal Reg. n. 684/2009, sulle procedure informatizzate relative alla circolazione di prodotti sottoposti ad accisa in sospensione dall'accisa, e recepita in Italia dal D.Lgs. n. 48/2010, che ha apportato le relative novelle al TUA.

La richiamata direttiva n. 118 del 2008 ha obbligato tutti gli Stati membri e gli operatori economici ad aderire all’EMCS - Excise Movement and Control System, sistema informatizzato comunitario per il controllo dei movimenti tra gli Stati membri dei prodotti in sospensione d’accisa (alcol e bevande alcoliche, vino, tabacchi e prodotti energetici) in regime sospensivo, che rappresenta la base per la costruzione di un sistema di analisi dei rischi nel settore delle accise. Il sistema prevede, per questi movimenti, la sostituzione del documento amministrativo di accompagnamento (DAA) in formato cartaceo con un messaggio elettronico, consentendone così il controllo in tempo reale.

Si ricorda che l’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, lettera b) ha affidato a determinazioni del direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli il compito di stabilire tempi e modalità per la presentazione esclusivamente in forma telematica del documento di accompagnamento previsto per la circolazione dei prodotti assoggettati ad accisa. Tuttavia la decorrenza dell’obbligo è stata più volte differita da successive determinazioni: da ultimo, per effetto dell’articolo 1 della Determinazione del 18 dicembre 2017, n. 139996, tale data è stata posticipata al 1° gennaio 2020.

Trasmissione telematica dei quantitativi di energia elettrica e di gas naturale

La lettera e) del comma 1 posticipa al 31 dicembre 2020 il termine per l’emanazione della determinazione del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli con la quale sono fissati i tempi e i modi con cui le imprese distributrici di energia elettrica e gas naturale ai consumatori finali (operatori di vettoriamento) sono tenute a presentare, esclusivamente in forma telematica, i dati relativi ai prodotti trasportati, come previsto dall’articolo 12 del decreto-legge n. 124 del 2019.

 

Il richiamato articolo 12 ha affidato a una determinazione del Direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, che secondo la formulazione originaria del decreto si sarebbe dovuta emanare entro il 27 dicembre 2019 (sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge n. 124), il compito di:

·      fissare i tempi e le modalità di esecuzione per disporre la presentazione, esclusivamente in forma telematica, dei dati relativi al prodotto trasportato, distintamente per ciascuno dei soggetti obbligati, da parte dei soggetti che effettuano l’attività di vettoriamento nel settore del gas naturale e dell’energia elettrica, e cioè le imprese che si occupano della consegna ai clienti finali attraverso reti di gasdotti locali integrati funzionalmente (comma 1, lettera a));

·      fissare i tempi e le modalità con cui i soggetti obbligati trasmettono i predetti quantitativi di gas naturale ed energia elettrica fatturati, suddivisi per destinazione d’uso (comma 1, lettera b)).

Tali soggetti sono tenuti a trasmettere i dati relativi ai quantitativi di gas naturale ed energia elettrica fatturati, suddivisi per destinazione d’uso.

 

Copertura finanziaria

Il comma 3 quantifica le minori entrate derivanti dalle norme in esame in 320,31 milioni di euro per l'anno 2020, a cui si provvede ai sensi della norma di copertura generale del provvedimento, contenuta nell'articolo 265 (si rinvia alla relativa scheda di lettura per ulteriori informazioni).

 


 

Articolo 131
(Rimessione in termini per i versamenti in materia di accisa
)

 

 

L’articolo 131 considera tempestivi i pagamenti dell’accisa sui prodotti energetici immessi in consumo nel mese di marzo 2020, ove effettuati oltre il termine di legge, purché avvengano entro il 25 maggio 2020; a tali pagamenti non si applicano sanzioni e indennità di mora.

 

L’articolo 3, comma 4 del Testo Unico Accise – TUA (D.Lgs. n. 504 del 1995) chiarisce che, per i prodotti immessi in consumo in ciascun mese, il pagamento dell'accisa deve essere effettuato entro il giorno 16 del mese successivo, mentre per le immissioni in consumo avvenute nel mese di luglio, il pagamento dell'accisa è effettuato entro il giorno 20 del mese di agosto; per le immissioni in consumo avvenute dal 1° al 15 del mese di dicembre, il pagamento dell'accisa deve essere effettuato entro il giorno 27 dello stesso mese ed in tale caso non è ammesso il versamento unitario (F24), ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

In caso di ritardo si applica l'indennità di mora del 6 per cento, riducibile al 2 per cento se il pagamento avviene entro 5 giorni dalla data di scadenza, e sono, inoltre, dovuti gli interessi in misura pari al tasso stabilito per il pagamento differito di diritti doganali. Dopo la scadenza del suddetto termine, non è consentita l'estrazione dal deposito fiscale di altri prodotti fino all'estinzione del debito d'imposta.

La disciplina delle sanzioni per omessi o ritardati versamenti tributari è invece contenuta nell’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997 (ai sensi del quale si applica una sanzione pari al trenta per cento di ogni importo non versato; sono previste sanzioni inferiori nel caso di ritardo nei versamenti. In particolare, nel caso di ritardo non superiore a novanta giorni, quindici per cento dell’importo non versato; per ritardi non superiori a quindici giorni, la sanzione già ridotta, ulteriormente decurtata di un importo pari a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo).

Tuttavia al riguardo si ricorda che la Corte di Cassazione, con la sentenza 30034 del 2018, ha chiarito che la citata disposizione speciale del D.Lgs. n. 504 del 1995, (articolo 3, comma 4) prevale sull’ordinaria disciplina delle sanzioni tributarie prevista dall’articolo 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997: di conseguenza, nell’ipotesi di ritardo nel pagamento delle accise, oltre agli interessi, si applica la sola indennità di mora di cui all’articolo 3 cit., comma 4, non dunque della sanzione di cui all’art. 13 citato.

 

Si segnala che le norme in esame prevedono (primo periodo) che i pagamenti effettuati entro il 25 maggio 2020 siano considerati tempestivi e, al secondo periodo, esplicitamente prevedono la disapplicazione di sanzioni e indennità di mora. Le norme in esame tacciono invece sull’applicazione degli interessi, che sono dovuti in misura pari al tasso stabilito per il pagamento differito di diritti doganali, ex articolo 3, comma 4 TUA.

Occorrerebbe al riguardo chiarire se la tempestività del pagamento entro il 25 maggio esclude la corresponsione degli interessi, ovvero se essi si considerano comunque dovuti.

 

Si ricorda che l’articolo 132 del provvedimento in esame consente di effettuare i pagamenti dell’accisa sui prodotti energetici immessi in consumo nei mesi di aprile, maggio, giugno, luglio e agosto dell’anno 2020 nella misura dell’ottanta per cento degli importi dovuti ex lege. Tali versamenti sono considerati effettuati a titolo di acconto, con versamento del saldo al 16 novembre 2020 senza interessi.

 

 


 

Articolo 132
(
Pagamento dell’accisa sui prodotti energetici)

 

 

L’articolo 132 introduce un meccanismo di saldo e di acconto limitatamente alle accise dovute sui prodotti energetici immessi in consumo in alcuni mesi del 2020, in deroga alla disciplina generale che prevede il pagamento in un’unica soluzione. Si consente di effettuare i pagamenti dell’accisa sui prodotti energetici immessi in consumo nei mesi di aprile, maggio, giugno, luglio e agosto dell’anno 2020 nella misura dell’ottanta per cento degli importi dovuti ex lege, con scadenze diverse secondo la data di immissione in consumo. Tali versamenti sono considerati effettuati a titolo di acconto. In tali ipotesi il versamento del saldo è fissato al 16 novembre 2020, senza interessi.

 

Più in dettaglio (comma 1), in considerazione dello stato di emergenza derivante dalla diffusione del COVID-19, le norme in esame prevedono che i pagamenti dell’accisa sui prodotti energetici immessi in consumo nei mesi di aprile, maggio, giugno, luglio e agosto dell’anno 2020 da eseguirsi ai sensi di legge (articolo 3, comma 4, del testo unico accise, TUA, approvato con il decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504) nella misura dell’ottanta per cento, a titolo di acconto, degli importi dovuti alle medesime scadenze.

Tali acconti sono versati entro il 25 maggio 2020, per i prodotti energetici immessi in consumo nel mese di aprile 2020, ovvero alle scadenze di legge (previste dal predetto articolo 3, comma 4, del TUA) per i prodotti energetici immessi in consumo nei mesi di maggio, giugno, luglio e agosto dell'anno 2020.

 

In tal caso (comma 2) il versamento del saldo delle somme dovute ex lege è effettuato entro il termine del 16 novembre 2020, senza il pagamento di interessi

Si introduce dunque un meccanismo di saldo e di acconto limitatamente alle accise dovute sui prodotti energetici immessi in consumo in alcuni mesi del 2020, in deroga alla disciplina generale, che prevede il pagamento in un’unica soluzione dell’accisa.

 

Si ricorda che l’articolo 3, comma 4 del Testo Unico Accise – TUA (D.lgs. n. 504 del 1995) chiarisce che, per i prodotti immessi in consumo in ciascun mese, il pagamento dell'accisa deve essere effettuato entro il giorno 16 del mese successivo, mentre per le immissioni in consumo avvenute nel mese di luglio, il pagamento dell'accisa è effettuato entro il giorno 20 del mese di agosto; per le immissioni in consumo avvenute dal 1° al 15 del mese di dicembre, il pagamento dell'accisa deve essere effettuato entro il giorno 27 dello stesso mese ed in tale caso non è ammesso il versamento unitario (F24), ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

In caso di ritardo si applica l'indennità di mora del 6 per cento, riducibile al 2 per cento se il pagamento avviene entro 5 giorni dalla data di scadenza, e sono, inoltre, dovuti gli interessi in misura pari al tasso stabilito per il pagamento differito di diritti doganali. Dopo la scadenza del suddetto termine, non è consentita l'estrazione dal deposito fiscale di altri prodotti fino all'estinzione del debito d'imposta.

 

L’articolo 131 del provvedimento in esame considera tempestivi i pagamenti dell’accisa sui prodotti energetici immessi in consumo nel mese di marzo 2020, ove effettuati oltre il termine di legge, purché avvengano entro il 25 maggio 2020; a tali pagamenti non si applicano sanzioni e indennità di mora.

 


 

Articolo 133
(Differimento
sugar tax e plastic tax)

 

 

L’articolo 133 differisce al 1° gennaio 2021 l’efficacia delle disposizioni istitutive della cd. plastic tax, imposta sul consumo dei manufatti con singolo impiego (MACSI), nonché di quelle che introducono e disciplinano la cd. sugar tax, imposta sul consumo delle bevande edulcorate: entrambe sono state introdotte dalla legge di bilancio 2020.

 

Differimento Plastic Tax

Si ricorda che i commi 634-658 della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) stabiliscono l'istituzione e disciplinano l'applicazione di un'imposta sul consumo di manufatti in plastica con singolo impiego (MACSI) che hanno o sono destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari, ad esclusione dei manufatti compostabili, dei dispositivi medici e dei MACSI adibiti a contenere e proteggere medicinali. Le disposizioni riconoscono altresì un credito di imposta alle imprese attive nel settore delle materie plastiche, produttrici di MACSI destinati ad avere funzione di contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o di prodotti alimentari nella misura del 10% delle spese sostenute, dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2020, dalle citate imprese per l'adeguamento tecnologico finalizzato alla produzione di manufatti compostabili.

Il comma 651 ha demandato a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, da pubblicare, entro il mese di maggio 2020, nella Gazzetta Ufficiale, la definizione delle modalità di attuazione dell’imposta; ha affidato a un provvedimento interdirettoriale dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli e dell'Agenzia delle entrate il compito di stabilire le modalità per l'eventuale scambio di informazioni tra l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e l'Agenzia delle Entrate. Tali provvedimenti non risultano ancora emanati.

La decorrenza dell’imposta di consumo sui MACSI, ai sensi della formulazione originaria del comma 652, era fissata a partire dal primo giorno del secondo mese successivo alla data di pubblicazione del predetto provvedimento interdirettoriale.

 

Le norme in commento (articolo 133, comma 1, lettera a)) posticipano il termine di operatività dell’imposta al 1° gennaio 2021, a tal fine intervenendo sul comma 652.

Differimento Sugar Tax

La richiamata legge di bilancio 2020, ai commi 661-676, ha previsto l'istituzione e disciplinato l'applicazione di un'imposta sul consumo di bevande analcoliche edulcorate, nella misura di 10 euro per ettolitro nel caso di prodotti finiti e di 0,25 euro per chilogrammo nel caso di prodotti predisposti a essere utilizzati previa diluizione.

In particolare, il comma 675 ha rinviato a un decreto del Ministro dell'Economia e delle finanze, di natura non regolamentare, da pubblicare entro il mese di agosto dell'anno 2020, la definizione delle modalità di attuazione dell’imposta. Il successivo comma 676 ha fissato la decorrenza delle disposizioni del presente articolo dal primo giorno del secondo mese successivo alla pubblicazione del richiamato decreto attuativo del MEF.

I predetti provvedimenti non risultano ancora emanati.

 

Le norme in commento (articolo 133, comma 1, lettera b)) posticipano il termine di operatività dell’imposta al 1° gennaio 2021, a tal fine intervenendo sul comma 676.

 

Copertura finanziaria

Il comma 2 dell’articolo quantifica gli oneri delle norme in esame in 199,1 milioni di euro per l'anno 2020, 120,4 milioni di euro per l'anno 2021 e 42,2 milioni di euro per l'anno 2023, cui si provvede ai sensi dell'articolo 265 (alla cui scheda di lettura si rinvia).

 


 

Articolo 134
(IVAFE per i soggetti diversi dalle persone fisiche)

 

 

L’articolo 134 uniforma il trattamento previsto per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all'estero da soggetti diversi dalle persone fisiche, ai fini dell’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero (IVAFE), a quello previsto per gli stessi soggetti ai fini dell’imposta di bollo.

 

Preliminarmente si segnala che  i commi 710 e 711 dell’articolo1 della legge di bilancio 2020 estendono l'ambito di applicazione dell'imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero stabilendo che, a decorrere dal 2020, sono soggetti passivi dell’imposta, oltre alle persone fisiche, anche gli enti non commerciali e le società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice, residenti in Italia, che sono tenuti agli obblighi di dichiarazione per gli investimenti e le attività previsti dall'articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990.

 

Si ricorda che la base imponibile dell'IVAFE è costituita dal valore dei prodotti finanziari, dei conti correnti e dei libretti di risparmio detenuti all'estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato (articolo 19, comma 18, del decreto legge n. 201 del 2011). L'IVAFE è dovuta proporzionalmente alla quota e al periodo di detenzione, nella misura del 2 per mille del valore dei prodotti finanziari (comma 20).

Per i conti correnti e i libretti di risparmio l'imposta è stabilita in misura fissa (pari a 34,20 euro per le persone fisiche). Nel rispetto del divieto della doppia imposizione, dall'IVAFE si deduce, fino a concorrenza del suo ammontare, un credito d'imposta pari all'ammontare dell'eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui sono detenuti i prodotti finanziari, i conti correnti e i libretti di risparmio. Per il versamento, la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e i rimborsi nonché per il contenzioso riferiti all'IVAFE si applicano le disposizioni previste per l'imposta sul reddito delle persone fisiche.

Quanto agli obblighi di dichiarazione per gli investimenti e le attività previsti dall'articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990 si  ricorda che il richiamato articolo stabilisce che le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate ai sensi dell'articolo 5 del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR), residenti in Italia che, nel periodo d'imposta, detengono investimenti all'estero ovvero attività estere di natura finanziaria, suscettibili di produrre redditi imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione annuale dei redditi. Sono altresì tenuti agli obblighi di dichiarazione i soggetti indicati nel precedente periodo che, pur non essendo possessori diretti degli investimenti esteri e delle attività estere di natura finanziaria, siano titolari effettivi dell'investimento secondo quanto disposto dalla disciplina antiriciclaggio. In particolare, per titolare effettivo di un rapporto o di un'operazione, si intende la persona fisica o le persone fisiche, diverse dal cliente, nell'interesse della quale o delle quali, in ultima istanza, il rapporto continuativo è istaurato, la prestazione professionale è resa o l'operazione è eseguita (articolo 1, comma 2, lettera pp), del decreto legislativo n. 231 del 2007). L'articolo 20 del decreto legislativo n. 231 del 2007 fornisce agli intermediari, nell'ambito delle disposizioni relative agli obblighi di adeguata verifica della clientela, i criteri specifici per la determinazione della titolarità effettiva di clienti diversi dalle persone fisiche.

 

La lettera a) del comma 1, al fine di uniformare il trattamento previsto, per i conti correnti e i libretti di risparmio dei soggetti diversi dalle persone fisiche, ai fini dell’IVAFE, a quello previsto per gli stessi soggetti ai fini dell’imposta di bollo (articolo 13, comma 2-bis, lettera b), della tariffa , parte I, allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 642) dispone che l’imposta prevista per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti all'estero per i soggetti diversi dalle persone fisiche è stabilita in misura fissa pari a 100 euro (pari a quella dell’imposta di bollo).

 

La lettera b) stabilisce inoltre che per i soggetti diversi dalle persone fisiche l’imposta massima dovuta è di 14.000 euro (pari a quella dell’imposta di bollo).

 

 

 


 

Articolo 135
(Disposizioni in materia di giustizia tributaria e contributo unificato)

 

 

L’articolo 135 sospende, dall’8 marzo al 31 maggio, il computo delle sanzioni da omesso pagamento del contributo unificato per l’iscrizione a ruolo nei procedimenti civili, tributari e amministrativi (comma 1); inoltre, estende l’ambito di applicazione della disciplina dell’udienza tributaria a distanza o da remoto (comma 2). Infine, con esclusivo riferimento ai procedimenti tributari, e solo per l’anno 2020, l’art. 135 dispone in ordine alla ripartizione delle somme ricavate dal citato contributo unificato tra le Commissioni tributarie (comma 3).

 

Il comma 1 interviene sull’articolo 62 del decreto-legge n. 18 del 2020, che ha sospeso dall’8 marzo al 31 maggio 2020 molti adempimenti tributari.

 

In particolare, l’art. 62 del decreto-legge n. 18 del 2020 (convertito dalla legge n. 27 del 2020) ha sospeso gli adempimenti tributari diversi dai versamenti e dall’effettuazione delle ritenute alla fonte e delle trattenute relative all’addizionale regionale e comunale in scadenza dall’8 marzo al 31 maggio 2020. La disposizione riconosce, inoltre, la sospensione dei versamenti da autoliquidazione ai titolari di partita Iva di minori dimensioni nonché a tutti i soggetti delle province maggiormente colpite dal Covid-19 a prescindere dai ricavi o compensi percepiti. Gli adempimenti sospesi dovranno essere effettuati entro il 30 giugno 2020 senza applicazione di sanzioni.

 

Inserendo il comma 1-bis all’art. 62, il decreto-legge in esame estende tale sospensione al computo delle sanzioni da omesso pagamento del contributo unificato di iscrizione a ruolo, previste dall’articolo 16 del TU spese di giustizia (D.P.R. n. 115 del 2002).

 

Si ricorda che il contributo unificato di iscrizione a ruolo ha sostituito tutte le altre imposte (imposte di bollo, tassa di iscrizione a ruolo, diritti di cancellaria, ecc.) precedentemente previste per l’instaurazione di procedimenti civili, tributari e amministrativi. In linea generale, il contributo unificato si applica per ciascun grado di giudizio nel processo civile, compresa la procedura concorsuale, e di volontaria giurisdizione, nel processo tributario e nel processo amministrativo (artt. 9-18-bis, TU spese di giustizia).

In particolare, l’art. 16 del TU disciplina l’omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato, prevedendo l’iscrizione a ruolo dell’importo dovuto maggiorato degli interessi per il mancato tempestivo pagamento e una sanzione dal 100 al 200% della maggiore imposta dovuta (si applica l’art. 71 del DPR n. 131 del 1986), rinviando per le modalità di riscossione agli articoli 247 e ss. del TU.

Inoltre, con una modifica introdotta dall’art. 29 del decreto-legge n. 23 del 2020, l’art. 16, comma 1-ter, consente agli uffici giudiziari di notificare la sanzione derivante da omesso o parziale pagamento del contributo unificato anche tramite posta elettronica certificata nel domicilio eletto o, in mancanza di tale indicazione, mediante il deposito presso l’ufficio di segreteria o di cancelleria dell’autorità giudiziaria competente. La disposizione specifica che la notifica PEC è consentita anche qualora l’irrogazione della sanzione sia contenuta nell’invito al pagamento di cui all’articolo 248 del TU.

 

Il decreto-legge, dunque, esclude l’applicazione di sanzioni per l’omesso pagamento del contributo nel periodo considerato, contestualmente sospendendo il procedimento disciplinato dall’art. 248 del citato TU, che demanda all’ufficio giudiziario la notifica alla parte l’invito al pagamento.

 

L’art. 248 del TU disciplina l’invito al pagamento del contributo unificato nei casi di omissione o di insufficiente versamento prevedendo che sia l’ufficio presso il magistrato competente a notificare alla parte l’invito al pagamento dell’importo dovuto, quale risulta tra il valore della causa e il corrispondente scaglione, con espressa avvertenza che si procederà ad iscrizione a ruolo, con addebito degli interessi al saggio legale, in caso di mancato pagamento entro un mese. L’invito è notificato anche a mezzo posta elettronica certificata nel domicilio eletto o, nel caso di mancata elezione del domicilio, è depositato presso l’ufficio.

 

Il comma 2 interviene sull’art. 16 del decreto-legge n. 119 del 2018 che, modificando il decreto legislativo n. 546 del 1992 sul processo tributario, ha introdotto disposizioni sulla digitalizzazione e sulla possibilità per le parti di partecipare all’udienza da remoto.

 

In particolare, tale disposizione ha esteso le possibilità di trasmissione telematica delle comunicazioni e notificazioni inerenti il processo, agevolato le procedure in materia di certificazione di conformità relative alle copie di atti, provvedimenti e documenti, reso possibile la partecipazione a distanza delle parti all'udienza pubblica.

In base al comma 4 dell’art. 16 del decreto-legge n. 119/2018, infatti, le parti possono partecipare a distanza all’udienza pubblica di cui all’articolo 34 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando anche una sola di esse formuli apposita richiesta nel ricorso o nel primo atto difensivo; l’udienza si svolge mediante un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo del domicilio indicato dal contribuente, dal difensore, dall’ufficio impositore o dai soggetti della riscossione con modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto viene detto. Il luogo dove la parte processuale si collega in audiovisione è equiparato all'aula di udienza. Si demanda poi ad uno o più provvedimenti del Direttore generale delle finanze, sentito il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria e l’Agenzia per l’Italia Digitale, l’individuazione delle regole tecnico-operative per consentire la partecipazione all’udienza a distanza, la conservazione della visione delle relative immagini, e le Commissioni tributarie presso le quali attivare l’udienza pubblica a distanza. Almeno un’udienza per ogni mese e per ogni sezione è riservata alla trattazione di controversie per le quali è stato richiesto il collegamento audiovisivo a distanza.

 

Il provvedimento in esame sostituisce il comma 4 dell’art. 16 per estendere il campo d’applicazione delle udienze da remoto, con una disciplina che va a regime e che dunque non è circoscritta all’attuale fase emergenziale. Rispetto alla normativa previgente, il decreto-legge:

§  estende l’applicabilità della disciplina sulla partecipazione a distanza alle udienze in camera di consiglio. Il riferimento normativo dell’art. 34 del d.lgs. n. 546/1992, relativo alle udienze pubbliche, è infatti integrato con quello all’art. 33 del medesimo decreto legislativo, relativo alla trattazione in camera di consiglio;

§  consente la partecipazione da remoto non solo alle parti processuali (contribuente, ufficio impositore o agenti della riscossione, difensori), ma anche al giudice tributario e al personale amministrativo delle commissioni tributarie;

§  prevede che la richiesta di udienza da remoto possa essere presentata dalle parti non solo all’atto del ricorso, o nel primo atto difensivo, ma anche successivamente, purché prima dell’avviso di trattazione dell’udienza.

Si ricorda che in base all’art. 31 del d.lgs. n. 546 del 1992 la segreteria della Commissione tributaria deve dare comunicazione alle parti costituite della data di trattazione almeno trenta giorni prima della data stessa.

 

§  conferma che le regole tecnico operative per le udienze da remoto debbano essere fissate con provvedimenti del Direttore generale delle finanze, sentito il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, ma aggiunge a questo iter il parere del Garante per la protezione dei dati personali. La disposizione, peraltro, elimina dall’art. 16, comma 4, la previsione dell’obbligo di conservazione delle immagini dell’udienza;

§  elimina la previsione che imponeva alle sezioni tributarie di dedicare almeno un’udienza al mese alla trattazione di controversie per le quali fosse stato richiesto il collegamento audiovisivo a distanza;

§  demanda ai Presidenti delle Commissioni tributarie la predeterminazione di criteri in base ai quali i singoli giudici tributari possano individuare le controversie per le quali la segreteria comunicherà alle parti lo svolgimento dell’udienza a distanza.

La riforma aggiunge, dunque, alla possibilità per le parti di richiedere l’udienza da remoto – già prevista dal legislatore – la possibilità per il giudice tributario di disporre, autonomamente, l’udienza a distanza per alcune specifiche controversie.

Trattandosi di una disposizione destinata ad applicarsi anche cessata l’emergenza epidemiologica in atto, si valuti l’opportunità di specificare in quali ipotesi il giudice tributario possa, senza richiesta delle parti, imporre una trattazione da remoto.

 

Il comma 3 disciplina, per il solo 2020, la ripartizione tra le commissioni tributarie di parte del gettito del contributo unificato di iscrizione a ruolo per le controversie tributarie. In deroga alla disciplina generale, che imporrebbe di ripartire le somme in base all’efficienza dei diversi uffici nello smaltimento dell’arretrato, il decreto-legge prevede una distribuzione alle Commissioni tributarie in proporzione al personale – togato e amministrativo – da loro impiegato.

 

La disposizione deroga per il 2020 alla previsione generale, di cui all’art. 37, comma 13, del decreto-legge n. 98 del 2011, in base alla quale il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria provvede al riparto annuale delle somme derivanti dal maggior gettito di contributo unificato imputabili all’aumento degli scaglioni del suddetto contributo effettuato nel 2011, tra gli uffici giudiziari che hanno raggiunto specifici obiettivi di smaltimento dell'arretrato, e tenuto conto delle dimensioni e della produttività di ciascun ufficio.

 


 

Articolo 136
(Incentivi per gli investimenti nell'economia reale)

 

 

L'articolo 136 modifica la disciplina dei piani di risparmio a lungo termine. Il comma 1 disciplina il caso degli investimenti qualificati indiretti, ovvero le quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR), e consente una maggiore concentrazione dell'esposizione (e del relativo rischio) verso un medesimo emittente o gruppo. In particolare, per i piani a lungo termine costituiti a decorrere dal 1° gennaio 2020 che rispondono a una specifica configurazione del portafoglio di attività, la quota del totale di strumenti finanziari di uno stesso emittente o stipulati con la stessa controparte o con altra società appartenente al medesimo gruppo dell'emittente o della controparte o in depositi e conti correnti viene elevata dal 10 al 20 per cento. La lettera a) del comma 2 amplia i limiti alle somme che possono essere destinate ai piani di risparmio a lungo termine, portandoli da 30.000 a 150.000 euro annuali, fino a un massimo complessivo elevato da 150.000 euro a 1.500.000 di euro. La lettera b) stabilisce che ciascuna persona fisica può essere titolare di un solo piano di risparmio a lungo termine costituito fino al 31 dicembre 2019, e di un solo piano di risparmio costituito a partire dal 1° gennaio 2020.

 

Il comma 1 dell'articolo 136 modifica l'articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019, che è intervenuto sulla disciplina dei piani di risparmio a lungo termine.

La legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017), con i commi 88-114 dell'articolo 1, ha introdotto un sistema di agevolazioni fiscali volte a incoraggiare investimenti a lungo termine (per almeno cinque anni) nell'economia reale. In particolare, sono esenti da imposta i redditi di capitale e i redditi diversi percepiti da persone fisiche, al di fuori di attività di impresa commerciale, derivanti da specifici "investimenti qualificati", detenuti per un periodo minimo di 5 anni. I piani individuali di risparmio (PIR), i quali investono in imprese italiane e europee, con una quota di attività riservata alle piccole e medie imprese (PMI), rientrano fra gli strumenti che possono beneficiare dell'esenzione, nel rispetto del vincolo dei 5 anni di detenzione e nei limiti di 30 mila euro all'anno e, comunque di complessivi 150 mila euro. Sono gestiti dagli intermediari finanziari (sia sotto forma di fondi di investimento che di gestione individuale) e dalle imprese di assicurazione, i quali devono investire le somme rispettando il principio della diversificazione del portafoglio. Ciascuna persona fisica non può essere titolare di più di un piano di risparmio a lungo termine e ciascun piano di risparmio a lungo termine non può avere più di un titolare. La legge di bilancio 2017 ha detassato anche i redditi derivanti dagli investimenti a lungo termine nel capitale delle imprese e nei PIR effettuati da enti di previdenza obbligatoria e forme di previdenza complementare. La legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) al comma 210 dell'articolo 1, ha innalzato dal 5 al 10 per cento la quota dell'attivo patrimoniale che tali enti possono destinare a investimenti "qualificati", secondo il regime agevolato. La legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 212) ha inoltre inserito le quote o le azioni di fondi di venture capital residenti nel territorio dello Stato tra le tipologie di investimenti "qualificati", introducendo ulteriori vincoli agli investimenti nei PIR, per destinare le risorse ai predetti fondi di venture capital, ed elevato dal 30 al 40 per cento la quota di detrazioni spettanti per l'investimento in start-up innovative.

 

L’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019 ha previsto nuovi criteri per gli investimenti destinati ai PIR costituiti a decorrere dal 1° gennaio 2020 (PIR 2020), oltre a disporre l'inapplicabilità agli enti di previdenza obbligatoria e complementare delle disposizioni relative all’unicità del PIR. In particolare, viene previsto che in ciascun anno solare di durata del piano di risparmio a lungo termine, per almeno due terzi dell'anno stesso:

§  almeno il 70 per cento delle risorse complessive dev'essere investito in strumenti finanziari di imprese italiane o europee stabilmente organizzate in Italia (stessa percentuale prevista dalla legislazione vigente per i PIR emessi prima del 2020), di cui:

-     almeno il 25 per cento (rispetto all’attuale 30 per cento) in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati;

-     almeno il 5 per cento in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB o FTSE MID Cap di Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati (nuovo criterio inserito dall’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019).

 

La norma, pertanto, non ha rinnovato le ulteriori disposizioni introdotte dalla legge di bilancio 2019 riguardanti quote o azioni di fondi per il venture capital e strumenti finanziari ammessi alle negoziazioni sui sistemi multilaterali emessi da PMI.

Si segnala che i nuovi criteri fanno seguito ad alcuni rilievi critici espressi dalla Banca d’Italia. In particolare, nel Rapporto sulla stabilità finanziaria (capitolo sull’impatto delle recenti modifiche normative sui fondi PIR) l’Istituto evidenzia il profilo di potenziale rischio rappresentato dal vincolo di investimenti  in strumenti finanziari emessi da piccole e medie imprese italiane e da fondi di venture capital.

 

Il comma 1 dell'articolo in esame inserisce i nuovi commi 2-bis e 2-ter dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019.

Il nuovo comma 2-bis consente una maggiore concentrazione dell'esposizione (e del relativo rischio) verso un medesimo emittente o gruppo. In particolare, per i PIR 2020 con una specifica configurazione del portafoglio di attività, la quota del totale di strumenti finanziari di uno stesso emittente o stipulati con la stessa controparte o con altra società appartenente al medesimo gruppo dell'emittente o della controparte o in depositi e conti correnti viene elevata dal 10 al 20 per cento. Fra gli investimenti, oltre agli investimenti qualificati elencati dal comma 2, vengono richiamati anche i prestiti erogati alle imprese italiane o stabilmente organizzate in Italia, nonché gli investimenti in crediti delle medesime imprese.

Si segnala che, per essere considerati investimenti qualificati ai fini della definizione del PIR tali strumenti dovrebbero essere inclusi anche nell'elenco di cui al comma 2 dell'articolo 13-bis in argomento.

L'aumento dei limiti alla concentrazione si applica ai PIR 2020 che, per almeno i due terzi dell’anno solare di durata del piano, investano almeno il 70 per cento del valore complessivo, direttamente o indirettamente, in strumenti finanziari, anche non negoziati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo del TUIR, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, diverse da quelle inserite negli indici FTSE MIB e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati, in prestiti erogati alle predette imprese nonché in crediti delle medesime imprese.

Il nuovo comma 2-ter disciplina il caso degli investimenti qualificati indiretti, ovvero le quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) residenti nel territorio dello Stato, ai sensi dell'articolo 73 del TUIR, o in Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio economico europeo, che investono per almeno il 70 per cento dell'attivo in investimenti qualificati definiti, per i PIR 2020, dal comma 2 dell'articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019, nel rispetto dei limiti di concentrazione elevati per effetto del nuovo comma 2-bis. In particolare, il nuovo comma 2-ter stabilisce che i vincoli di investimento di cui ai commi 2 e 2-bis:

a)   devono essere raggiunti entro la data specificata nel regolamento o nei documenti costitutivi dell'OICR;

b)   cessano di essere applicati quando l’organismo di investimento inizia a vendere le attività, in modo da rimborsare le quote o le azioni degli investitori;

c)   sono temporaneamente sospesi quando l’organismo di investimento raccoglie capitale aggiuntivo o riduce il suo capitale esistente, purché tale sospensione non sia superiore a 12 mesi.

Il comma 2 dell'articolo 136 apporta modifiche alla disciplina dei piani di risparmio a lungo termine recata dal bilancio 2017.

La lettera a) del comma 2 modifica i limiti alle somme che possono essere destinate ai piani di risparmio a lungo termine (articolo 1, comma 101 della legge di bilancio 2017). Fermi restando i limiti di 30.000 euro all'anno e di 150.000 euro complessivi per i "vecchi" piani, ai PIR 2020 gli investitori possono destinare somme o valori per un importo non superiore a 150.000 euro all’anno e a 1.500.000 euro complessivi. Tali limiti, elevati rispettivamente di 5 e 10 volte rispetto alla legislazione previgente all'entrata in vigore del decreto in esame, non si applicano (così come quelli previsti per gli strumenti emessi fino al 31 dicembre 2019) agli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria e alle forme pensionistiche complementari).

 

La lettera b) del comma 2 sostituisce l'articolo 1, comma 112, della legge di bilancio 2017, che disponeva l'unicità del PIR, stabilendo che ciascuna persona fisica può essere titolare di un solo piano di risparmio a lungo termine costituito ai sensi della legge di bilancio 2017 fino al 31 dicembre 2019, e di un solo piano di risparmio costituito a partire dal 1° gennaio 2020 ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 124 del 2019. Ciascun piano di risparmio a lungo termine non può avere più di un titolare. L’intermediario o l’impresa di assicurazioni presso il quale sono costituiti i piani, all’atto dell’incarico acquisisce dal titolare un’autocertificazione con la quale lo stesso dichiara di non essere titolare di un altro piano di risparmio a lungo termine costituito ai sensi della legge di bilancio 2017, o di un altro PIR 2020.

 

Il comma 3 dell'articolo 139 abroga l'articolo 36-bis del decreto legge n. 34 del 2019, n. 34, che recava disposizioni in materia di trattamento fiscale (agevolato) dei fondi di investimento europei a lungo termine. Secondo quanto confermato anche nella relazione illustrativa del Governo, poiché la disciplina in esame estende la possibilità di costituirei PIR 2020, oltre che tramite OICR aperti e contratti di assicurazione, anche tramite Fondi di investimento alternativi (FIA), fra i quali rientrano i fondi cosiddetti "ELTIF" (European Long Term Investments Fund), la disciplina speciale in materia fiscale prevista per tali fondi europei viene abrogata, in quanto assorbita dalla norma in commento.

 

Gli European Long Term Investments Fund sono fondi "chiusi", che prevedono cioè il rimborso del capitale a scadenze definite, introdotti dal Regolamento europeo 2015/760, per incentivare l'investimento a lungo termine in progetti infrastrutturali, in società non quotate e in piccole e medie imprese (PMI) che hanno bisogno di stabili fonti di finanziamento. Si tratta di strumenti di investimento difficilmente vendibili sul mercato prima della scadenza, che sono caratterizzati quindi da un basso livello di liquidità, ma che possono offrire un flusso di proventi e una rivalutazione a scadenza del capitale investito. L'orizzonte temporale del rimborso è a medio lungo termine, coerentemente con la tipologia delle attività che si intende finanziare. Un fondo autorizzato ai sensi del Regolamento 2015/760 può essere commercializzato su tutto il territorio europeo. L'autorizzazione viene rilasciata sulla base del rispetto degli obblighi relativi alle politiche di investimento che il fondo intende intraprendere. Oltre agli investimenti ammissibili, il regolamento definisce alcuni limiti volti ad assicurare che la composizione del portafoglio rispetti il principio della diversificazione.

L'articolo abrogato, con disciplina simmetrica rispetto a quella recata dall'articolo in esame, esentava i redditi derivanti agli investimenti effettuati in fondi ELTIF dalle imposte sui redditi di capitale (di cui all'articolo 44, comma 1, lettera g), del TUIR) e sui redditi diversi (di cui all'articolo 67, comma 1, lettera c-ter), del medesimo testo unico). Tale regime fiscale speciale era applicabile agli investimenti effettuati, per un importo non superiore a 150.000 euro nell'anno e non superiore a 1.500.000 euro complessivamente, in fondi ELTIF (o fondi di ELTIF) nel rispetto di specifiche condizioni definite dal comma 3 dell'articolo 36-bis del decreto legge 34 del 2019. Il successivo comma 9 fissava la decorrenza delle agevolazioni a partire dagli investimenti effettuati nell'anno 2020.

 

Il comma 4 stabilisce, infine, che alle minori entrate derivanti dall'articolo in esame si provvede ai sensi dell'articolo 265, alla cui scheda si fa rinvio.

 


 

Articolo 136-bis
(Rivalutazione beni cooperative agricole)

 

 

L'articolo 136-bis, introdotto nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, consente alle cooperative agricole a mutualità prevalente e ai loro consorzi di rivalutare i beni d'impresa e le partecipazioni risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2018, nel rispetto di specifiche condizioni, fino alla concorrenza delle perdite dei periodi precedenti, senza versare imposte sostitutive.

 

L'articolo 1, comma 696, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) prevede per le società di capitali, per le cooperative, per i trust e per gli altri enti pubblici e privati i quali esercitano attività commerciali, residenti nel territorio dello Stato, che non adottano i princìpi contabili internazionali nella redazione del bilancio, la possibilità di rivalutare, in deroga alle disposizioni di legge vigenti in materia, i beni di impresa e le partecipazioni in società controllate e collegate costituenti immobilizzazioni, risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2018. Dagli attivi soggetti alla rivalutazione sono esclusi gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività di impresa,

 

Il comma 697 stabilisce che la rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio o rendiconto dell’esercizio successivo a quello incorso al 31 dicembre 2018, per il quale il termine di approvazione scade successivamente alla data di entrata in vigore della legge di bilancio per il 2020. Viene inoltre disposto che la rivalutazione debba riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria omogenea e debba essere annotata nel relativo inventario e nella nota integrativa. I successivi commi 698 e 699 stabiliscono le imposte sostitutive applicabili al regime disposto dalla legge di bilancio 2020.

 

Per effetto della norma in esame, introdotta nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, le cooperative agricole a mutualità prevalente e il loro consorzi possono rivalutare i beni indicati nel comma 696, articolo 1, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020), ovvero i beni di impresa e le partecipazioni in società controllate e collegate costituenti immobilizzazioni, risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2018, nel rispetto delle condizioni indicate dal suddetto comma 697. La rivalutazione può essere effettuata fino alla concorrenza delle perdite dei periodi precedenti computabili in diminuzione del reddito ai sensi dell'articolo 84 del D.P.R. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR), senza assolvere alle imposte sostitutive di cui ai commi 698 e 699 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2020, nei limiti del 70 per cento del loro ammontare. Le perdite utilizzate ai sensi del precedente periodo non possono essere utilizzate in diminuzione del reddito ai sensi del citato articolo 84 del TUIR, che consente di computare la perdita di un periodo d'imposta in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi, in misura non superiore all'ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che trova capienza in tale ammontare.

 

Con riferimento all'ambito di applicazione della norma in esame, si fa presente che l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 228 del 2001 stabilisce che si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento connesse alla coltivazione del fondo, selvicoltura e allevamento di animali, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico.

L'articolo 2514 del Codice Civile definisce i requisiti delle cooperative a mutualità prevalente. In particolare, Le cooperative a mutualità prevalente devono prevedere nei propri statuti:

a)    il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;

b)   il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;

c)    il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;

d)   l'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

 

Il comma 2 stabilisce che agli oneri derivanti dall'articolo in esame si provvede ai sensi dell'articolo 265, alla cui scheda di lettura si fa rinvio.

 

Il comma 3, infine, stabilisce che l'efficacia delle misure in esame è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea.

 


 

Articolo 137
(Proroga della rideterminazione del costo d’acquisto dei terreni e delle partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati)

 

 

L'articolo 137 proroga la facoltà di rideterminare i valori delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili) posseduti, sulla base di una perizia giurata di stima, a condizione che il valore così rideterminato sia assoggettato a un'imposta sostitutiva il cui versamento può essere rateizzato fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo. Per effetto delle modifiche introdotte nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, il termine per il versamento della prima rata, nonché quello per la redazione e il giuramento della perizia, sono stati posticipati dal 30 settembre 2020 al 15 novembre 2020.

 

Gli articoli 5 e 7 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) hanno introdotto la possibilità di rideterminare i valori delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni (sia agricoli sia edificabili) posseduti da persone fisiche e società semplici alla data del 1° gennaio 2002, agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze di cui all'articolo 81, comma 1, lettere a) e b), del D.P.R. n. 917 del 1986 (testo unico delle imposte sui redditi - TUIR). Il valore da assumere in luogo del costo o valore di acquisto deve essere determinato sulla base di una perizia giurata di stima redatta da specifiche categorie di soggetti. Il valore così rideterminato è assoggettato un’imposta sostitutiva.

Il decreto legge n. 282 del 2002 ha poi riaperto i termini per la rivalutazione dei suddetti valori, applicandola a partecipazioni e terreni posseduti alla data del 1° gennaio 2003. In seguito, i termini sono stati riaperti nel tempo sino alla proroga contenuta nell'articolo 1, comma 693, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) che consente di effettuare la rivalutazione per le partecipazioni in società non quotate e per i terreni posseduti alla data del 1° gennaio 2020. Il successivo comma 694 ha inoltre modificato il valore delle aliquote per la determinazione dell'imposta sostitutiva, prevedendo un'unica aliquota all'11 per cento applicabile alla rideterminazione di valore delle partecipazioni in società non quotate e dei terreni. In particolare, mentre è stata mantenuta pari all'11 per cento l'aliquota per le partecipazioni qualificate detenute alla data del 1º gennaio 2020, la stessa è stata aumentata dal 10 all'11 per cento per le partecipazioni in società non quotate su mercati regolamentati che non risultano qualificate. La partecipazione in una società non quotata si definisce qualificata, ai sensi dell'articolo 67 del TUIR, quando è associata a una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria superiore al 20 per cento ovvero ad una quota del patrimonio superiore al 25 per cento. Anche con riferimento alla rideterminazione dei terreni edificabili e con destinazione agricola, l'aliquota è stata aumentata dal 10 all'11 per cento.

L'articolo in esame consente di effettuare la rivalutazione per le partecipazioni in società non quotate e per i terreni posseduti alla data del 1° luglio 2020.

 

Le imposte sostitutive, pari all'11 per cento del valore rideterminato, possono essere rateizzate fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo.

 

Per effetto delle modifiche introdotte nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, il termine per il versamento della prima rata, nonché quello per la redazione e il giuramento della perizia, sono stati posticipati dal 30 settembre 2020 al 15 novembre 2020. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo.

 

Il comma 3, infine, stabilisce che agli oneri derivanti dall'articolo in esame si provvede ai sensi dell'articolo 265, alla cui scheda di lettura si fa rinvio.


 

Articolo 138
(Allineamento TARI e IMU con il bilancio di previsione 2020)

 

 

L’articolo 138 uniforma i termini per l’approvazione degli atti deliberativi in materia di TARI e IMU al termine del 31 luglio 2020 concernente il bilancio di previsione.

 

Si ricorda preliminarmente che l’articolo 107, comma 2, del decreto legge n. 18 del 2020 (cd. Cura Italia) per l'esercizio 2020 ha differito il termine per la deliberazione del bilancio di previsione al 31 luglio 2020.

 

A tal fine, ai sensi del comma 1, sono abrogati:

§  il comma 4 dell’articolo 107 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, che aveva differito dal 30 aprile al 30 giugno 2020 il termine per la determinazione delle tariffe della Tari e della tariffa corrispettiva, attualmente fissato al 30 aprile dall’articolo 1, comma 683-bis, della legge 27 dicembre 2013, n.147;

Si segnala che il successivo comma 5 dell’articolo 107, non abrogato, consente ai comuni di approvare le tariffe della TARI e della tariffa corrispettiva adottate per l’anno 2019 anche per l’anno 2020, provvedendo successivamente, entro il 31 dicembre 2020, alla determinazione ed approvazione del Piano economico finanziario del servizio rifiuti (PEF) per il 2020. L’eventuale conguaglio tra i costi risultanti dal PEF per il 2020 ed i costi determinati per l’anno 2019 può essere ripartito in tre anni, a decorrere dal 2021. Tale facoltà è concessa in deroga alle disposizioni vigenti, di cui all’articolo 1, commi 654 e 683, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che prevedono l'obbligo di assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio nonché l'obbligo di approvare le tariffe della TARI in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani e le aliquote della TASI entro il termine fissato dalle norme statali per l'approvazione del bilancio di previsione.

 

§  il comma 683-bis dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che consentiva una deroga dei termini di approvazione delle tariffe e dei regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva.

Si rammenta che il citato comma 683-bis, della legge 27 dicembre 2013, n.147, inserito dall'articolo 57-bis, comma 1, lett. b) del D.L. n. 124/2019 (decreto fiscale), prevede per l'anno 2020, in considerazione della necessità di acquisire il piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, che i comuni, in deroga alla normativa vigente, approvano le tariffe e i regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva entro il 30 aprile, anziché collegarlo alla data di deliberazione del bilancio di previsione. La deroga è legata, si ricorda, alla recente emanazione della prima direttiva ARERA sui costi del servizio rifiuti in base alla quale dovranno essere formulati o riformulati i piani finanziari relativi al 2020 e si applica anche in caso di esigenze di modifica a provvedimenti già deliberati.

 

§  il comma 779 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, che consentiva ai comuni di deliberare in materia di IMU anche oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione per gli anni 2020-2022 e comunque non oltre il 30 giugno 2020, assicurando, in tal caso, la retroattività delle delibere con effetto dal 1° gennaio 2020;

Si ricorda che i commi da 738 a 783 della legge di bilancio 2020 riformano l’assetto dell’imposizione immobiliare locale, unificando le due vigenti forme di prelievo (l’Imposta comunale sugli immobili, IMU e il Tributo per i servizi indivisibili, TASI) e facendo confluire la relativa normativa in un unico testo. L’aliquota di base è fissata allo 0,86 per cento e può essere manovrata dai comuni a determinate condizioni. Ulteriori aliquote sono definite nell’ambito di una griglia individuata con decreto del MEF. Sono introdotte modalità di pagamento telematiche.

 

Con le modifiche in esame, quindi, i termini per l’approvazione degli atti deliberativi in materia di TARI e IMU sono fissati, ai sensi delle norme ordinarie per gli enti locali, entro i termini per l’approvazione del bilancio di previsione che, per l’anno 2020 scade il 31 luglio 2020.

L’articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, stabilisce, infatti, che gli enti locali deliberano le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione. Dette deliberazioni, anche se approvate successivamente all'inizio dell'esercizio purché entro il termine innanzi indicato, hanno effetto dal 1° gennaio dell'anno di riferimento. In caso di mancata approvazione entro il suddetto termine, le tariffe e le aliquote si intendono prorogate di anno in anno.

 


 

Articolo 139
(Rafforzamento delle attività di promozione dell’adempimento spontaneo da parte dei contribuenti)

 

 

L’articolo 139, al fine di incrementare la tax compliance, stabilisce che le convenzioni fra Ministro dell'economia e delle finanze e le Agenzie fiscali, a decorrere dal triennio 2020-2022, prevedano specifici obiettivi volti ad ottimizzare i servizi di assistenza e consulenza offerti ai contribuenti, (favorendone ove possibile la fruizione online) e a migliorare i tempi di erogazione dei rimborsi fiscali. A tal fine la disposizione rivede in parte i meccanismi di incentivazione del personale delle agenzie fiscali favorendo l’obiettivo del recupero di gettito per il bilancio dello Stato piuttosto che quello del maggior gettito incassato.

 

Il comma 1, primo periodo, dell’articolo chiarisce le finalità sottostanti all’introduzione delle norme in esame ovvero favorire il rafforzamento delle attività di promozione dell'adempimento spontaneo degli obblighi fiscali da parte dei contribuenti anche alla luce del necessario riassetto organizzativo dell’amministrazione finanziaria a seguito della situazione straordinaria di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell’epidemia da COVID-19.

Per raggiungere tale scopo la disposizione prevede che le convenzioni fra Ministro dell'economia e delle finanze e Agenzie fiscali (articolo 59, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300) stabiliscono per le agenzie fiscali, a decorrere dal triennio 2020-2022, specifici obiettivi volti ad ottimizzare i servizi di assistenza e consulenza offerti ai contribuenti, favorendone ove possibile la fruizione online, e a migliorare i tempi di erogazione dei rimborsi fiscali ai cittadini ed alle imprese.

 

Si ricorda che le attività delle Agenzie fiscali sono regolate sulla base di convenzioni triennali stipulate con il Ministro dell'economia e delle finanze. Le Agenzie fiscali (Agenzia delle Entrate, Agenzia del Demanio, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, l’Agenzia delle entrate-Riscossione) svolgono funzioni tecnico-operative al servizio del Ministero per fornire informazioni e assistenza ai contribuenti, godono di piena autonomia sia in materia di bilancio che in materia di organizzazione della propria struttura.

Il Ministro dell’economia e delle finanze dopo l'approvazione da parte del Parlamento del documento di programmazione economica-finanziaria ed in coerenza con i vincoli e gli obiettivi stabiliti in tale documento, determina annualmente, e comunque entro il mese di settembre, con un proprio atto di indirizzo e per un periodo almeno triennale, gli sviluppi della politica fiscale, le linee generali e gli obiettivi della gestione tributaria, le grandezze finanziarie e le altre condizioni nelle quali si sviluppa l'attività delle agenzie fiscali. Il documento di indirizzo è trasmesso al Parlamento. Il Ministro e ciascuna Agenzia, sulla base del documento di indirizzo, stipulano una convenzione triennale, con adeguamento annuale per ciascun esercizio finanziario, con la quale vengono fissati:

§  i servizi dovuti e gli obiettivi da raggiungere;

§  le direttive generali sui criteri della gestione ed i vincoli da rispettare;

§  le strategie per il miglioramento;

§  le risorse disponibili;

§  gli indicatori ed i parametri in base ai quali misurare l'andamento della        gestione.

I testi delle convenzioni stipulate sono consultabili sul sito del MEF-Dipartimento finanze.

 

Per raggiungere gli obiettivi di tax compliance sopra citati la disposizione (secondo periodo) dispone a decorrere dall’attività 2020 una parziale revisione dei meccanismi di incentivazione del personale dell’amministrazione finanziaria (articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 157). La norma stabilisce infatti che ai fini dell’integrazione degli stanziamenti spettanti alle agenzie fiscali per le attività di promozione dell’adempimento spontaneo degli obblighi fiscali e di controllo fiscale, si deroga al criterio del maggior gettito incassato rispetto all’ultimo anno consuntivato e si tiene, invece, conto del recupero di gettito per il bilancio dello Stato connesso al raggiungimento degli obiettivi fissati nelle convenzioni.

 

Analogamente, il terzo periodo, dispone che a decorrere dalle attività 2020, per la determinazione delle quote di risorse correlabili all’attività di controllo fiscale (articolo 12, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79) si tiene conto del recupero di gettito per il bilancio dello Stato, anche derivante dalle attività di promozione dell’adempimento spontaneo degli obblighi fiscali, connesso al raggiungimento degli obiettivi fissati nelle convenzioni.

 

Si ricorda che l’articolo 12, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base delle somme riscosse in via definitiva correlabili ad attività di controllo fiscale, dei risparmi di spesa conseguenti a controlli che abbiano determinato il disconoscimento in via definitiva di richieste di rimborsi o di crediti d'imposta, delle maggiori entrate realizzate con la vendita degli immobili dello Stato nonché sulla base dei risparmi di spesa per interessi, calcolati rispetto alle previsioni definitive di bilancio e connessi con la gestione della tesoreria e del debito pubblico e con l'attività di controllo e di monitoraggio dell'andamento della finanza pubblica e dei flussi di bilancio per il perseguimento degli obiettivi programmatici, determina con proprio decreto le misure percentuali da applicare su ciascuna di tali risorse, per l'amministrazione economica e per quella finanziaria in relazione a quelle di rispettiva competenza, per le finalità di cui al comma 2 e per il potenziamento dell'Amministrazione economica e finanziaria, in misura tale da garantire la neutralità finanziaria rispetto al previgente sistema. Il comma 2 prevede che le somme derivanti dall'applicazione del comma precedente, secondo modalità determinate con il decreto indicato, affluiscono ad appositi fondi destinati al personale dell'Amministrazione economica e finanziaria in servizio presso gli Uffici adibiti alle attività di cui al citato comma che hanno conseguito gli obiettivi di produttività definiti, anche su base monetaria.

 

Il comma 2 prevede la clausola di invarianza finanziaria stabilendo che dall’attuazione delle disposizioni in esame non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

 


 

Articolo 140
(Memorizzazione e trasmissione telematica
dei dati dei corrispettivi giornalieri)

 

 

L’articolo 140 proroga al 1° gennaio 2021 la non applicazione delle sanzioni previste per i casi di mancata memorizzazione, omissione della trasmissione, memorizzazione o trasmissione con dati incompleti o non veritieri, qualora la trasmissione telematica dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri sia effettuata entro il mese successivo a quello dell'operazione. La norma introduce altresì uno slittamento al 1° gennaio 2021 del termine di adeguamento dei registratori telematici per la trasmissione dei dati dei corrispettivi giornalieri al Sistema tessera sanitaria.

 

Si ricorda in via preliminare che l’articolo 2 del D.Lgs. n. 127 del 2015, come modificato nel tempo - in particolare dal decreto-legge n. 119 del 2018 e dalla legge di bilancio 2019 - dispone che dal 1° gennaio 2020 i soggetti che effettuano le operazioni qualificate come commercio al minuto o attività assimilate (articolo 22 del DPR IVA) memorizzino elettronicamente e trasmettano telematicamente all'Agenzia delle entrate i dati relativi ai corrispettivi giornalieri (cd. scontrino elettronico). L’operatività dello scontrino elettronico è stabilita al 1° luglio 2019 per i contribuenti con volume d'affari superiore a 400.000 euro.

 

Per una panoramica dettagliata in tema di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica si rinvia alla lettura della circolare dell’Agenzia delle entrate N. 3/E del 21 febbraio 2020: Chiarimenti in tema di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri.

 

Il comma 6-ter del sopra citato articolo 2 dispone in linea generale che i dati relativi ai corrispettivi giornalieri dei commercianti al minuto e assimilati siano trasmessi telematicamente all’Agenzia delle entrate entro dodici giorni dall’effettuazione della relativa operazione (determinata ai sensi delle regole generali in tema di IVA, ossia ai sensi dell’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633). Rimangono fermi la memorizzazione giornaliera dei dati relativi ai corrispettivi nonché i termini di effettuazione delle liquidazioni periodiche IVA (articolo 1, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 100).

Nel primo semestre di vigenza dell’obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi, decorrente dal 1° luglio 2019 per i soggetti con volume di affari superiore a euro 400.000 e dal 1° gennaio 2020 per gli altri soggetti, non si applicano le sanzioni previste dalla legge (articolo 2, comma 6), ove la trasmissione telematica sia effettuata entro il mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione, fermi restando i termini di liquidazione dell’imposta sul valore aggiunto.

In merito alle sanzioni, il comma 6 dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 127 del 2015 stabilisce che, in caso di mancata memorizzazione o di omissione della trasmissione, ovvero nel caso di memorizzazione o trasmissione con dati incompleti o non veritieri, si applichino le sanzioni previste per la mancata emissione di ricevuti e scontrini e quelle per la reiterazione di dette violazioni (rispettivamente articolo 6, comma 3, e articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471).

Ai sensi del comma 3 dell’articolo 6, nel caso di mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto ovvero nell'emissione di tali documenti per importi inferiori a quelli reali, la sanzione è in ogni caso pari al cento per cento dell'imposta corrispondente all'importo non documentato. La stessa sanzione si applica in caso di omesse annotazioni su apposito registro dei corrispettivi relativi a ciascuna operazione in caso di mancato o irregolare funzionamento degli apparecchi misuratori fiscali. Se non constano omesse annotazioni, la mancata tempestiva richiesta di intervento per la manutenzione è punita con sanzione amministrativa da euro 250 a euro 2.000.

Nel caso di contestazione (articolo 12, comma 2), nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell'obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie, è disposta la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività ovvero dell'esercizio dell'attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese. Il provvedimento di sospensione è immediatamente esecutivo. Se l'importo complessivo dei corrispettivi oggetto di contestazione eccede la somma di euro 50.000 la sospensione è disposta per un periodo da un mese a sei mesi.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame proroga fino al 1° gennaio 2021 la non applicazione delle sanzioni previste dal richiamato comma 6 dell’articolo 2 del decreto legislativo n. 127 del 2015.

In particolare la norma dispone che nel primo semestre di vigenza dell'obbligo di trasmissione telematica decorrente dal 1° luglio 2019 per i soggetti con volume di affari superiore a euro 400.000 e fino al 1° gennaio 2021 (rispetto alla previgente data del 1° luglio 2020) per gli altri soggetti, le sanzioni previste dal comma 6 non si applicano in caso di trasmissione telematica dei dati relativi ai corrispettivi giornalieri entro il mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione, fermi restando i termini di liquidazione dell'imposta sul valore aggiunto.

 

Per quanto attiene alle regole tecniche di trasmissione telematica con cadenza mensile all’Agenzia delle entrate dei dati dei corrispettivi giornalieri si consiglia la consultazione del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 236086 del 4 luglio 2019.

 

Il comma 2 interviene anche sulle disposizioni del comma 6-quater del citato articolo 2, prevedendo uno slittamento – sempre al 1° gennaio 2021 (anziché al 1° luglio 2020) – del termine di adeguamento dei registratori telematici per la trasmissione dei dati dei corrispettivi giornalieri al Sistema tessera sanitaria.

Pertanto la norma stabilisce che, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria a decorrere dal 1° gennaio 2021 adempiono a tale obbligo esclusivamente mediante la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati relativi a tutti i corrispettivi giornalieri al Sistema tessera sanitaria.

 

La relazione illustrativa che accompagna il decreto specifica che le proroghe si rendono necessarie in considerazione del fatto che la situazione di emergenza epidemiologica COVID-19, con la chiusura di gran parte degli esercizi commerciali (soprattutto di piccole dimensioni) e il contenimento degli spostamenti non essenziali, rende difficoltosa la distribuzione e l’attivazione dei registratori telematici.

 

 


 

Articolo 141
(Lotteria dei corrispettivi)

 

 

L'articolo 141 proroga dal 1° luglio 2020 al 1° gennaio 2021 la data di avvio della lotteria dei corrispettivi.

 

In particolare, l'unico comma dell'articolo in esame dispone la proroga dal 1° luglio 2020 al 1° gennaio 2021 del termine di decorrenza della lotteria dei corrispettivi di cui all'articolo 1, comma 540, della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016).

Nella relazione illustrativa, il Governo chiarisce che la proroga si rende necessaria in considerazione del fatto che la situazione di emergenza epidemiologica COVID-19, con la chiusura di gran parte degli esercizi commerciali (soprattutto di piccole dimensioni) e il contenimento degli spostamenti non essenziali, rende difficoltosa la distribuzione e l’attivazione dei registratori telematici, mettendo a rischio la possibilità per la totalità degli esercenti con volume d’affari inferiore a 400.000 euro di dotarsi di tale strumento e, quindi, poter trasmettere i dati della lotteria a partire dal 1° luglio 2020. Conseguentemente, secondo il Governo, si potrebbe creare confusione nei contribuenti che non comprenderebbero con immediatezza i motivi dell’impossibilità di partecipare alla lotteria per acquisti effettuati da taluni operatori, discriminando questi ultimi non per loro colpa ma per la situazione di emergenziale in corso e creando false aspettative dei cittadini che si ripercuoterebbero sull’efficacia della lotteria stessa.

Si ricorda che i commi da 540 a 544 della legge n. 232 del 2016 (legge di bilancio 2017) hanno previsto l’istituzione – inizialmente dal 2018, termine successivamente prorogato al 1° luglio 2020 – di una lotteria nazionale, cui partecipano i contribuenti che effettuano acquisti di beni o servizi presso esercenti che trasmettono telematicamente i corrispettivi. Per partecipare all'estrazione è necessario che i contribuenti, al momento dell'acquisto, comunichino il proprio codice fiscale all'esercente e che quest'ultimo trasmetta all'Agenzia delle entrate i dati della singola cessione o prestazione. Le vincite non concorrono alla formazione del reddito imponibile del vincitore e non sono assoggettate ad alcun prelievo erariale. Ove siano utilizzati strumenti di pagamento elettronici da parte dei consumatori, sono previsti premi aggiuntivi associati alla lotteria medesima.

 

La relazione tecnica chiarisce che l'articolo comporta risparmi di spesa per 19,4 milioni di euro, di cui 14,7 milioni per il rinvio delle estrazioni previste per il secondo semestre 2020 al 2021 e 4,7 milioni per il conseguente posticipo delle spese amministrative.

Articolo 142
(Rinvio precompilata IVA)

 

 

L’articolo 142 rinvia l’avvio sperimentale del processo che prevede la predisposizione delle bozze dei registri IVA, delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA e della dichiarazione annuale dell’IVA, da parte dell’Agenzia delle entrate, alle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2021 (rispetto al previgente 1° luglio 2020).

 

Preliminarmente si ricorda che l’articolo 16 del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124 (Decreto fiscale 2019) ha sostituito integralmente il comma 1 dell’articolo 4 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 prevedendo che a partire dalle operazioni IVA effettuate dal 1° luglio 2020, in via sperimentale, nell’ambito di un programma di assistenza on line basato sui dati delle operazioni acquisiti con le fatture elettroniche e con le comunicazioni delle operazioni transfrontaliere nonché sui dati dei corrispettivi acquisiti telematicamente, l'Agenzia delle entrate mette a disposizione dei soggetti passivi dell'IVA residenti e stabiliti in Italia, in apposita area riservata del sito internet dell'Agenzia stessa, le bozze dei seguenti documenti:

§  registri delle fatture e degli acquisti (articoli 23 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633);

§  comunicazioni delle liquidazioni periodiche dell’IVA.

 

L’articolo in esame sostituisce interamente il comma 1 dell’articolo 4 sopra citato disponendo che l’avvio sperimentale del processo che prevede la predisposizione delle bozze dei registri IVA, delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche IVA e della dichiarazione annuale dell’IVA da parte dell’Agenzia delle entrate sia rinviato alle operazioni IVA effettuate dal 1° gennaio 2021.

 

In particolare la disposizione stabilisce che a partire dalle operazioni IVA effettuate dal 1° gennaio 2021, in via sperimentale, nell’ambito di un programma di assistenza on line basato sui dati delle operazioni acquisiti con le fatture elettroniche e con le comunicazioni delle operazioni transfrontaliere nonché sui dati dei corrispettivi acquisiti telematicamente, l’Agenzia delle entrate mette a disposizione di tutti i soggetti passivi dell’IVA residenti e stabiliti in Italia, in apposita area riservata del sito internet dell'Agenzia stessa, le bozze dei seguenti documenti:

§  registri delle fatture e degli acquisti (articoli 23 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633);

§  liquidazione periodica dell’IVA;

§  dichiarazione annuale dell’IVA.

Tale processo di semplificazione e riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili a carico dei contribuenti è stato illustrato dal direttore dell’Agenzia delle entrate durante un’audizione al Senato della Repubblica (Indagine conoscitiva sul processo di semplificazione del sistema tributario e del rapporto tra contribuenti e fisco). Il direttore ha rappresentato che avendo tutti i dati IVA disponibili, sia quelli legati alla fatturazione elettronica sia quelli legati alla trasmissione dei corrispettivi, l’amministrazione finanziaria può mettere i contribuenti nelle condizioni di ricevere i registri IVA disponibili in linea sulla base dei dati acquisiti; inoltre, sono messe a disposizione anche le bozze delle liquidazioni periodiche precompilate, così come la bozza della dichiarazione IVA precompilata. Il contribuente può apportare modifiche alla bozza dal momento che l’Agenzia è in possesso del dato numerico ma non possiede tutte quelle ulteriori informazioni connesse al profilo soggettivo e, quindi, alla percentuale di detraibilità di alcune spese nota solo all’interessato.

 

La norma inoltre abroga il comma 1-bis, dell’articolo 4 richiamato, introdotto dal Decreto fiscale 2019, che dispone che a partire dalle operazioni IVA 2021 l’Agenzia delle entrate mette a disposizione dei soggetti passivi IVA residenti e stabiliti in Italia, nell'area riservata del proprio sito internet, la bozza della dichiarazione annuale IVA. Tale disposizione non risulta più necessaria in quanto il riferimento alla bozza della dichiarazione annuale IVA, per la quale viene confermato l’avvio con riguardo alle operazioni IVA del 2021, è ora già previsto dal comma 1 dello stesso articolo.

 

 


 

Articolo 143
(Rinvio della procedura automatizzata di liquidazione
dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche
)

 

 

L’articolo 143 differisce dal 1° gennaio 2020 al 1° gennaio 2021 l’applicazione delle disposizioni che hanno introdotto una procedura di integrazione, da parte dell’Agenzia delle entrate, dell’imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche inviate tramite il Sistema di Interscambio, ove non rechino l’annotazione di assolvimento dell’imposta.

 

Al riguardo si ricorda che l’articolo 12-novies del decreto-legge n. 34 del 2019 consente all’Agenzia delle entrate, già in fase di ricezione delle fatture elettroniche, di verificare con procedure automatizzate la corretta annotazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo, avendo riguardo alla natura e all’importo delle operazioni indicate nelle fatture stesse. L’Agenzia delle entrate, ove rilevi che sulle fatture elettroniche non sia stata apposta la specifica annotazione di assolvimento dell’imposta di bollo, può integrare le fatture stesse con procedure automatizzate, già in fase di ricezione sul Sistema di interscambio (disciplinato dall’articolo 1, commi 211 e 212, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, legge finanziaria 2008).  Nei casi residuali in cui non sia possibile effettuare tale verifica con procedure automatizzate, restano comunque applicabili le ordinarie procedure di regolarizzazione dell’assolvimento dell’imposta di bollo e di recupero del tributo, ai sensi del D.P.R. n. 642 del 1972 che reca il Testo Unico sull’imposta di bollo.

Successivamente l’articolo 17 del decreto-legge n. 124 del 2019 ha introdotto una specifica procedura di comunicazione tra Amministrazione e contribuente per individuare il quantum dovuto nel caso di ritardato, omesso o insufficiente versamento dell’imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche. L’amministrazione finanziaria deve comunicare con modalità telematiche al contribuente l’ammontare dell’imposta da versare nonché delle sanzioni per tardivo versamento e degli interessi. Se il contribuente non provvede al pagamento, in tutto o in parte, delle somme dovute entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione, il competente ufficio dell'Agenzia delle entrate procede all'iscrizione a ruolo a titolo definitivo.

Nella sua formulazione previgente, il quarto periodo dell’articolo 12-novies chiariva che la disciplina dell’articolo 12-novies si applicava alle fatture inviate dal 1° gennaio 2020.

Con le modifiche in esame si chiarisce che le disposizioni che introducono una procedura di integrazione, da parte dell’Agenzia delle entrate, dell’imposta di bollo dovuta sulle fatture elettroniche inviate tramite il Sistema di Interscambio che non recano l’annotazione di assolvimento dell’imposta si applicano alle fatture inviate dal 1° gennaio 2021.

 

Il comma 2 quantifica l’onere e reca la copertura finanziaria dell’intervento.

 


 

Articolo 144
(Rimessione in termini e sospensione versamenti avvisi bonari)

 

 

L’articolo 144 rimette nei termini i contribuenti per i pagamenti in scadenza tra l’8 marzo 2020 e il 18 maggio 2020 delle somme richieste mediante le comunicazioni degli esiti del controllo automatizzato e del controllo formale (c.d. avvisi bonari). Tali versamenti sono considerati tempestivi se effettuati entro il 16 settembre 2020.

La norma prevede analogamente che anche i versamenti dovuti all’esito degli stessi controlli, in scadenza nel periodo compreso tra l’entrata in vigore del decreto (19 maggio 2020) e il 31 maggio 2020, possono essere effettuati entro il 16 settembre 2020.

 

Preliminarmente si rappresenta che l’effettuazione dei pagamenti chiesti con le comunicazioni degli esiti del controllo automatizzato, (articoli 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972) e del controllo formale (articolo 36-ter del d.P.R. n. 600 del 1973), anche nell’ipotesi di pagamento rateale in corso, inviate ai contribuenti prima dell’inizio della fase emergenziale, è stata sospesa dal 21 febbraio al 31 marzo 2020 dall'articolo 1 del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 24 febbraio 2020 per i soggetti che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nei comuni individuati nell'allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° marzo 2020 (c.d. zona rossa).

La medesima sospensione non è prevista per altri soggetti dalle disposizioni del decreto-legge n. 18 del 2020 o del decreto-legge n. 23 del 2020.

 

Nel corso dell’audizione dell’Agenzia delle entrate svoltasi presso le Commissioni riunite VI Finanze e X Attività produttive della Camera dei deputati, il 22 aprile 2020, l’Agenzia ha segnalato che fin dall’inizio della fase emergenziale ha sospeso l’invio nei confronti dei contribuenti degli atti conseguenti alle diverse attività di controllo, tra cui, in particolare, le comunicazioni degli esiti dei controlli automatizzato e formale delle dichiarazioni. Tale sospensione, pur non essendo espressamente inizialmente prevista da diposizioni normative è stata attuata per non porre ulteriori adempimenti a carico dei contribuenti in questa fase così delicata per tutto il Paese. In particolare, da fine febbraio 2020 è stato sospeso l’invio di circa:

§  300 mila lettere di compliance per i riscontri delle comunicazioni periodiche IVA;

§  250 mila comunicazioni di irregolarità (cd. avvisi bonari) che derivano dai controlli automatizzati delle dichiarazioni.

Per quanto concerne le comunicazioni inviate ai contribuenti prima dell’inizio della fase emergenziale, non vi è alcuna disposizione che sospenda il pagamento delle somme dovute in acquiescenza, salvo quanto detto per i contribuenti della c.d. zona rossa. Pertanto, anche durante questo periodo, i contribuenti sono tenuti ad effettuare, in unica soluzione o in forma rateale, i versamenti dovuti in base alle comunicazioni ricevute precedentemente, salvo prossimi interventi normativi.

 

L’articolo 144, comma 1, rimette nei termini i contribuenti per i pagamenti in scadenza tra l’8 marzo 2020 e il 18 maggio 2020 anche per le rateazioni in corso, delle somme chieste mediante le comunicazioni degli esiti del controllo automatizzato, e del controllo formale, nonché mediante le comunicazioni degli esiti della liquidazione relativamente ai redditi soggetti a tassazione separata (articoli 2, 3 e 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462).

Pertanto i versamenti dei pagamenti degli avvisi bonari e delle relative rate in scadenza nel periodo compreso tra l’8 marzo 2020 e il 18 maggio 2020, sono considerati tempestivi se effettuati entro il 16 settembre 2020.

 

Si ricorda sinteticamente che le comunicazioni di irregolarità sono emesse a seguito dell'attività di controllo sulle dichiarazioni fiscali, sulla base dei dati dichiarati dal contribuente o, comunque, in possesso dell'Agenzia delle Entrate (c.d. controllo automatico). Le stesse comunicazioni possono derivare da controlli diretti a verificare la correttezza dei dati indicati nelle dichiarazioni e dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti attraverso un riscontro con la documentazione richiesta al contribuente oppure incrociando i dati presenti nelle dichiarazioni presentate anche da altri soggetti o trasmessi per legge all'Agenzia (c.d. controllo formale). Le comunicazioni, sia degli esiti del controllo automatico sia del controllo formale, non sono veri e propri atti impositivi, anzi, la loro funzione è rendere noti i risultati dei controlli e consentire al contribuente di regolarizzare la propria posizione, usufruendo della riduzione delle sanzioni ed evitando l’iscrizione a ruolo e l’emissione della cartella.

Per una panoramica dettagliata della disciplina si rinvia alla consultazione della guida dell’Agenzia delle entrate Comunicazioni sui controlli delle dichiarazioni.

 

Il comma 2 prevede altresì che i versamenti delle somme dovute in scadenza nel periodo compreso tra il 19 maggio 2020 e il 31 maggio 2020, possono essere effettuati entro il 16 settembre 2020, senza applicazione di ulteriori sanzioni e interessi.

 

Il comma 3 dispone che i versamenti sospesi dalle norme precedenti (commi 1 e 2) possono essere effettuati anche in 4 rate mensili di pari importo a decorrere da settembre 2020 con scadenza il 16 di ciascun mese. Non si procede al rimborso di quanto già versato.


 

Articolo 145
(Sospensione compensazione tra credito d’imposta
e debito iscritto a ruolo)

 

 

L’articolo 145 consente di effettuare i rimborsi fiscali nei confronti di tutti i contribuenti senza l’applicazione della procedura di compensazione tra il credito d’imposta e il debito iscritto a ruolo.

 

L’articolo in esame, comma 1, stabilisce che nel 2020 in sede di erogazione dei rimborsi fiscali non si applica la compensazione tra il credito d’imposta e il debito iscritto a ruolo (articolo 28-ter del DPR 29 settembre 1973, n. 602).

 

Si ricorda che tale norma stabilisce che, in sede di erogazione di un rimborso d'imposta, l'Agenzia delle entrate verifica se il beneficiario risulta iscritto a ruolo e, in caso affermativo, trasmette in via telematica apposita segnalazione all'agente della riscossione che ha in carico il ruolo, mettendo a disposizione dello stesso, sulla contabilità le somme da rimborsare. Ricevuta la segnalazione, l'agente della riscossione notifica all'interessato una proposta di compensazione tra il credito d'imposta ed il debito iscritto a ruolo, sospendendo l'azione di recupero ed invitando il debitore a comunicare entro sessanta giorni se intende accettare tale proposta.

In caso di accettazione della proposta, l'agente della riscossione movimenta le somme e le riversa entro i limiti dell'importo complessivamente dovuto a seguito dell'iscrizione a ruolo. In caso di rifiuto della proposta o di mancato tempestivo riscontro alla stessa, cessano gli effetti della sospensione e l'agente della riscossione comunica in via telematica all'Agenzia delle entrate che non ha ottenuto l'adesione dell'interessato alla proposta di compensazione. All'agente della riscossione spetta il rimborso delle spese vive sostenute per la notifica nonché un rimborso forfetario.

 

Nella relazione illustrativa che accompagna il decreto in esame viene sottolineato che tale disposizione, in considerazione del periodo emergenziale in atto, ha la finalità di immettere liquidità nel sistema economico anche a favore delle famiglie.

 

Il comma 2 prevede la copertura finanziaria delle minori entrate derivanti dall’articolo (40 milioni di euro per l'anno 2020).

 

 


 

Articolo 146
(
Indennità requisizione strutture alberghiere)

 

 

L’articolo 146 stabilisce le modalità per il calcolo dell’indennità di requisizione a favore del proprietario il cui immobile (strutture alberghiere, ovvero altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità) sia stato requisito a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19. La norma dispone che tale indennità può essere liquidata in forma di acconto. Successivamente l’indennità di requisizione, determinata in via definitiva entro quaranta giorni, è liquidata calcolando la differenza tra gli importi definitivi calcolati e quelli erogati in acconto dell’indennità di requisizione.

 

La disposizione in esame modifica l’articolo 6, comma 8, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, che contiene le norme relative alla corresponsione della somma di denaro a titolo di indennità a favore del proprietario il cui immobile (strutture alberghiere, ovvero altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità) sia stato requisito per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario o in permanenza domiciliare a causa dell’emergenza sanitaria Covid-19.

 

Per una panoramica dettagliata della norma modificata si rinvia al dossier Decreto-legge n. 18/2020 (cd. Cura Italia) realizzato dal Servizio Studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. In sintesi si ricorda che il comma 8 richiamato contiene le disposizioni relative alla corresponsione della somma di denaro a titolo di indennità di requisizione in uso degli immobili, stabilendo in particolare che la stessa:

§  sia liquidata nello stesso decreto di requisizione del prefetto;

§  con riguardo all’entità, sia determinata in misura corrispondente, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, allo 0,42% di del valore corrente di mercato dell'immobile requisito o di quello di immobili di caratteristiche analoghe;

§  sia liquidata, in via provvisoria, con riferimento al numero di mesi o frazione di mesi che intercorrono tra la data della requisizione e quella del termine dell'emergenza. In caso di prolungamento della requisizione, la differenza tra l'indennità già corrisposta e quella spettante per l'ulteriore periodo deve essere corrisposta al proprietario entro 30 giorni dalla scadenza del termine originariamente indicato.

Se non è indicato alcun termine, la requisizione si presume disposta fino al 31 luglio 2020, ovvero fino al termine al quale sia stata ulteriormente prorogata la durata dello stato di emergenza.

 

In particolare l’articolo in esame stabilisce che l’indennità di requisizione delle strutture alberghiere, ovvero degli altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità è liquidata in forma di acconto, nello stesso decreto di requisizione del prefetto, applicando lo 0,42%, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, al valore ottenuto moltiplicando la rendita catastale, rivalutata del cinque per cento, per il moltiplicatore utilizzato ai fini dell’imposta di registro (comma 5 articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131) relativo alla corrispondente categoria catastale dell’immobile requisito.

Tale modifica consente di effettuare immediatamente un primo ristoro in forma di acconto al proprietario il cui immobile è stato requisito.

 

La norma prosegue stabilendo che l’indennità di requisizione è determinata in via definitiva entro quaranta giorni con successivo decreto del prefetto, che ai fini della stima si avvale dell’Agenzia delle entrate, sulla base del valore corrente di mercato al 31 dicembre 2019 dell’immobile requisito o di quello di immobili di caratteristiche analoghe, in misura corrispondente, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, allo 0,42% di detto valore.

 

Il riferimento al 31 dicembre 2019, come segnalato anche nella relazione illustrativa che accompagna il testo del decreto, è motivato dal fatto di evitare che i riferimenti di mercato corrente siano quelli potenzialmente alterati e fortemente instabili dei primi mesi del 2020, segnati dagli effetti della pandemia COVID-19.

Con il decreto del prefetto che stabilisce l’indennità definitiva di requisizione è liquidata la differenza tra gli importi definitivi e quelli in acconto dell’indennità di requisizione.

 

 

 


 

Articolo 147
(Incremento crediti compensabili tramite modello F24)

 

 

L’articolo 147 modifica, per l'anno 2020, il limite annuo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili tramite modello F24 elevandolo a 1 milione di euro.

 

La disposizione in esame, comma 1, modifica il limite previsto dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, in materia di compensazione, che prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2001 il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili, ovvero rimborsabili ai soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in 1 miliardo di lire (516 mila euro) per ciascun anno solare. A decorrere dall’anno 2014, detto limite è stato elevato a 700 mila euro (articolo 9, comma 2, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35).

 

Si ricorda sinteticamente che il contribuente ha la facoltà di compensare i crediti e i debiti nei confronti dei diversi enti impositori (Stato, INPS, Enti Locali, INAIL, ENPALS) risultanti dalla dichiarazione e dalle denunce periodiche contributive. Si usa il modello di pagamento unificato F24 che permette di scrivere in apposite sezioni sia gli importi a credito utilizzati sia gli importi a debito dovuti. Il pagamento si esegue per la differenza tra debiti e crediti. Il modello F24 deve essere presentato in ogni caso da chi opera la compensazione, anche se il saldo finale indicato risulti uguale a zero per effetto della compensazione stessa. Il modello F24 permette, infatti, a tutti gli enti di venire a conoscenza delle compensazioni operate in modo da poter regolare le reciproche partite di debito e credito. Possono avvalersi della compensazione tutti i contribuenti, compresi quelli che non devono presentare la dichiarazione in forma unificata, a favore dei quali risulti un credito d'imposta dalla dichiarazione e dalle denunce periodiche contributive.

Per una panoramica dettagliata dell’istituto della compensazione si rimanda alla pagina web dell’Agenzia delle entrate.

 

La norma in esame per l’anno 2020, eleva a 1 milione di euro il richiamato limite annuo dei crediti compensabili attraverso l’istituto della compensazione ovvero rimborsabili in conto fiscale.

Tale provvedimento, si segnala nella relazione illustrativa che accompagna il decreto, è volto a incrementare la liquidità delle imprese, favorendo lo smobilizzo dei crediti tributari e contributivi attraverso l’istituto della compensazione.

 

Il comma 2 stabilisce la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’applicazione dell’articolo (557,5 milioni di euro per l'anno 2020).

 

 


 

Articolo 148
(Modifiche alla disciplina degli ISA)

 

 

L’articolo 148 introduce alcune modifiche al procedimento di elaborazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale-ISA per i periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2020 e 2021 volte a valorizzazione l’utilizzo delle informazioni già nella disponibilità dell’Amministrazione finanziaria per evitare l’introduzione di nuovi oneri dichiarativi per il contribuente.

La disposizione sposta inoltre i termini per l’approvazione degli indici e la loro eventuale integrazione rispettivamente al 31 marzo e al 30 aprile.

La norma fornisce poi nuove indicazioni all'Agenzia delle entrate e al Corpo della guardia di finanza utilizzabili per la definizione delle specifiche strategie di controllo dell’affidabilità fiscale del contribuente.

 

Preliminarmente si ricorda che al fine di favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili e di stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari da parte dei contribuenti e il rafforzamento della collaborazione tra questi e l'Amministrazione finanziaria, anche con l'utilizzo di forme di comunicazione preventiva rispetto alle scadenze fiscali, l’articolo 9-bis del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, ha previsto l’istituzione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per gli esercenti attività di impresa, arti o professioni.

Gli indici, elaborati con una metodologia basata su analisi di dati e informazioni relativi a più periodi d'imposta, rappresentano la sintesi di indicatori elementari tesi a verificare la normalità e la coerenza della gestione aziendale o professionale, anche con riferimento a diverse basi imponibili, ed esprimono su una scala da 1 a 10 il grado di affidabilità fiscale riconosciuto a ciascun contribuente, anche al fine di consentire a quest'ultimo, sulla base dei dati dichiarati entro i termini ordinariamente previsti, l'accesso a uno specifico regime premiale.

Gli indici si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2018 (comma 931 della legge n. 205 del 2017). Contestualmente all'adozione degli indici cessano di avere effetto, al fine dell'accertamento dei tributi, le disposizioni relative agli studi di settore (articolo 7-bis del decreto legge n. 193 del 2016).

Inoltre, si prevede che l’Agenzia delle entrate rende disponibili, ai soggetti esercenti attività di impresa e di lavoro autonomo, i dati in suo possesso utili per l’applicazione degli ISA nell’area riservata del suo sito internet istituzionale.

Nel provvedimento del 31/01/2020 dell’Agenzia delle entrate  sono individuati i dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per il periodo di imposta 2020, i 175 modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli stessi, da utilizzare per il periodo di imposta 2019, nonché le modalità per l’acquisizione degli ulteriori dati necessari ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per il periodo di imposta 2019 e il programma delle elaborazioni degli indici sintetici di affidabilità fiscale applicabili a partire dal periodo d’imposta 2020.

 

L’articolo 148, comma 1, introduce alcune misure per i periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2020 e nel 2021 volte ad alleggerire il carico degli oneri dichiarativi dei contribuenti alla luce degli effetti dell’emergenza sanitaria, anche attraverso l’individuazione di nuove specifiche cause di esclusione dall’applicazione degli stessi ISA.

 

Si ricorda che i commi 6 e 7 del richiamato articolo 9-bis, prevedono che gli indici non si applicano ai periodi d'imposta nei quali il contribuente:

a)    ha iniziato o cessato l'attività ovvero non si trova in condizioni di normale svolgimento della stessa;

b)   dichiara ricavi o compensi di ammontare superiore al limite stabilito dal decreto di approvazione o revisione dei relativi indici.

Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze possono essere previste ulteriori ipotesi di esclusione dell'applicabilità degli indici per determinate tipologie di contribuenti. Al momento non risulta emanato alcun decreto al riguardo.

 

In particolare, al fine di valorizzare le informazioni già nella disponibilità dell’Amministrazione finanziaria, la società a partecipazione pubblica, Soluzioni per il Sistema Economico - SOSE S.p.A., a cui è affidata l’elaborazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale (articolo 10, comma 12, della legge 8 maggio 1998 n. 146), definisce specifiche metodologie basate su analisi ed elaborazioni utilizzando, anche attraverso l’interconnessione e la pseudonimizzazione, direttamente le banche dati già disponibili per l’Amministrazione finanziaria, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, l’Ispettorato nazionale del lavoro e l’Istituto nazionale di statistica, nonché i dati e gli elementi acquisibili presso istituti ed enti specializzati nella ricerca e nell’analisi economica.

 

Nello stesso periodo, valutate le proposte da parte delle organizzazioni di categoria e degli ordini professionali presenti nella Commissione consultiva di esperti (articolo 9-bis, comma 8, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50), possono essere individuati ulteriori dati e informazioni necessari per una migliore valutazione dello stato di crisi individuale anche in deroga a quanto previsto all’articolo 9-bis, comma 4, secondo periodo, del decreto-legge del 24 aprile 2017, n. 50.

 

Si ricorda che il sopra citato comma 4 stabilisce che con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro il 31 gennaio dell'anno per il quale si applicano gli indici, sono individuati i dati economici, contabili e strutturali rilevanti per l'applicazione degli indici che i contribuenti sono tenuti a dichiarare (vedi il sopra citato provvedimento del 31/01/2020).

Sono altresì spostati i termini per l’approvazione degli indici e per la loro eventuale integrazione rispettivamente al 31 marzo (in luogo del 31 dicembre) e al 30 aprile (in luogo del mese di febbraio) dell’anno successivo a quello di applicazione.

 

Il comma 2 fornisce nuove indicazioni all'Agenzia delle entrate e al Corpo della guardia di finanza utili per la definizione delle specifiche strategie di controllo dell’affidabilità fiscale del contribuente.

 

Si ricorda che il comma 14 dell’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, prevede che l'Agenzia delle entrate e il Corpo della guardia di finanza, nel definire specifiche strategie di controllo basate su analisi del rischio di evasione fiscale, tengono conto del livello di affidabilità fiscale dei contribuenti derivante dall'applicazione degli indici nonché delle informazioni presenti nell'apposita sezione dell'anagrafe tributaria.

 

In particolare la disposizione stabilisce che, considerate le difficoltà correlate al primo periodo d’imposta di applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale e gli effetti sull’economia e sui mercati conseguenti all’emergenza sanitaria, nella definizione delle strategie di controllo  per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2018, l’Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di finanza tengono conto anche del livello di affidabilità fiscale derivante dall’applicazione degli indici per il successivo periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2019 e non solo utilizzando i dati dichiarati ai fini degli studi di settore per il periodo d’imposta 2017.

 

Sull’applicazione degli ISA nel periodo d’imposta 2018 si consiglia la consultazione della circolare dell’Agenzia delle entrate n.17 del 2019: Indici sintetici di affidabilità fiscale – periodo di imposta 2018 – primi chiarimenti.

 

Analogamente, per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020, si tiene conto anche del livello di affidabilità fiscale più elevato derivante dall’applicazione degli indici per i precedenti periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2018 e al 31 dicembre 2019.

 


 

Articolo 149
(Sospensione dei versamenti da accertamento con adesione, conciliazione, rettifica e liquidazione e da recupero
dei crediti d’imposta)

 

 

L’articolo 149 proroga al 16 settembre 2020 i termini per l’effettuazione di una serie di versamenti fiscali che scadono tra il 9 marzo e il 31 maggio 2020, tra cui le somme dovute a seguito di accertamenti con adesione, mediazioni, conciliazioni, recupero dei crediti di imposta e avvisi di liquidazione.

Vengono altresì prorogate alla stessa data le rate relative alle definizioni agevolate disciplinate dal cd. decreto fiscale 2019, i cui termini scadono tra il 9 marzo e il 31 maggio 2020.

 

Più in dettaglio, il comma 1 proroga al 16 settembre 2020 i termini di versamento delle somme dovute a seguito di:

a)   atti di accertamento con adesione, ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218;

Si ricorda sinteticamente che l’accertamento con adesione consente al contribuente di definire le imposte dovute ed evitare, in tal modo, l’insorgere di una lite tributaria. Esso implica l’accordo tra contribuente e ufficio, che può essere raggiunto sia prima dell’emissione di un avviso di accertamento, che dopo, sempre che il contribuente non presenti ricorso davanti al giudice tributario. La procedura riguarda tutte le più importanti imposte dirette e indirette e può essere attivata tanto dal contribuente quanto dall’ufficio dell’Agenzia delle Entrate nella cui circoscrizione territoriale il contribuente ha il domicilio fiscale. Si rinvia alla scheda informativa dell’Agenzia delle Entrate per ulteriori dettagli;

b)   accordo conciliativo nel processo tributario, ai sensi dell’articolo 48 e dell’articolo 48-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546;

Il D.Lgs. 156 del 2015 ha novellato l’articolo 48 del D.Lgs. 546/1992 e ha introdotto gli articoli 48-bis e 48-ter del D.Lgs. 546/1992, consentendo di utilizzare l’istituto della conciliazione giudiziale sia in primo che in secondo grado. Sono previste due tipologie di conciliazione giudiziale:

-       fuori udienza (articolo 48), quando, in pendenza di giudizio, le parti, con istanza congiunta sottoscritta personalmente o dai difensori, depositano l’accordo conciliativo raggiunto per la definizione totale o parziale della controversia.

-       in udienza (articolo 48-bis) che si verifica quando una delle parti, fino a 10 giorni liberi prima dell’udienza di trattazione, presenta istanza per la conciliazione totale o parziale della controversia.

Dalla conciliazione possono prodursi i seguenti effetti: l’estinzione totale o parziale della causa, a seconda che la conciliazione sia totale o parziale; la riduzione delle sanzioni al 40 o al 50 per cento del minimo previsto dalla legge, a seconda che la conciliazione sia avvenuta rispettivamente in primo o secondo grado.

c)   accordo di mediazione, ai sensi dell’articolo 17-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546;

La mediazione tributaria si applica alle controversie di valore non superiore a 20.000 euro, relative a tutti gli atti impugnabili, individuati dall’art. 19 del D.lgs. n. 546 del 1992: in tale ipotesi, il ricorso produce gli effetti del reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell'ammontare della pretesa. Fino al 31 dicembre 2015, la mediazione tributaria è stata applicata ai soli atti emessi dall'Agenzia delle entrate e notificati a partire dal 1 aprile 2012. A decorrere dal 1° gennaio 2016, a seguito delle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 156 del 2015, la mediazione è applicabile anche alle controversie relative all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, agli enti locali e all'agente e ai concessionari della riscossione (per i ricorsi introduttivi presentati a partire dal 1° gennaio 2016). Per ulteriori dettagli si rinvia alla scheda dell’Agenzia delle Entrate

d)   atti di liquidazione a seguito di attribuzione della rendita, ai sensi dell’articolo 12 del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70, dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 e dell’articolo 34, commi 6 e 6-bis del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346;

L’articolo 12 del decreto-legge 14 marzo 1988, n. 70 ha esteso ai trasferimenti di immobili non ancora iscritti in catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita l’applicazione del criterio di c.d. valutazione automatica, già vigente per i soli immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita e introdotta, in materia di imposta di registro, dal comma 4 dell’articolo 52 del Testo unico dell’imposta di registro (DPR n. 131 del 1986)  nonché, in materia di imposta sulle successioni e donazioni, dal quinto comma dell’articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 637, successivamente trasfuso nel comma 5 dell’articolo 34 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346. Per usufruire della valutazione automatica, l’interessato deve: 1. dichiarare, nell’atto di trasferimento o nella dichiarazione di successione, di volersi avvalere delle disposizioni dell’articolo 12; 2. presentare all’ufficio tecnico erariale competente la domanda di voltura, allegando alla richiesta specifica istanza di attribuzione della rendita catastale; 3. produrre all’Agenzia delle entrate la ricevuta di avvenuta presentazione della domanda. Viene dunque prodotto un certificato catastale attestante l’avvenuta iscrizione con attribuzione di rendita; si calcola l’imposta dovuta e, qualora il valore tabellare risultante a seguito della procedura descritta sia superiore a quello dichiarato, si procede al recupero della differenza d’imposta. Ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 12 del DL n. 70 del 1988, per le unità immobiliari urbane che sono oggetto di denuncia in catasto tramite la procedura prevista dal regolamento emanato con decreto ministeriale 19 aprile 1994, n. 701, la valutazione automatica si applica, con riferimento alla rendita proposta, “alla sola condizione che il contribuente dichiari nell’atto di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo”. In tale ipotesi, quindi, non sono necessari gli ulteriori adempimenti a carico sia dei contribuenti che degli uffici finanziari;

e)   atti di liquidazione per omessa registrazione di contratti di locazione e di contratti diversi, ai sensi delle norme in materia di imposta di registro (articolo 10, dell’articolo 15 e dell’articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 che rispettivamente riguardano la richiesta di registrazione, la registrazione ex officio e la riscossione);

f)    atti di recupero delle sanzioni e dei crediti indebitamente utilizzati, anche in compensazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 421 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

Per la riscossione di tali somme l'Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero, motivato, da notificare al contribuente;

g)   ) avvisi di liquidazione emessi in presenza di omesso, carente o tardivo versamento dell’imposta di registro (di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131), delle imposte ipocatastali (di cui all’articolo 33, comma 1-bis, del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, D.Lgs. 346 del 1990), dell’imposta sulle donazioni di cui al citato Testo unico, dell’imposta sostitutiva sui finanziamenti (di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601) e dell’imposta sulle assicurazioni (di cui alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216).

 

Il comma 2 prevede che la proroga riguarda i predetti atti (indicati al comma 1) i cui termini di versamento scadono tra il 9 marzo e il 31 maggio 2020.

Ai sensi del comma 3, si proroga al 16 settembre 2020 il termine finale per la notifica del ricorso di primo grado innanzi alle Commissioni tributarie, per gli atti individuati al comma 1.

Alla medesima data del 16 settembre 2020 sono prorogate le scadenze degli atti definibili con l’acquiescenza agevolata del contribuente agli avvisi di accertamento e di liquidazione, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, i cui termini di versamento scadono nel periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e il 31 maggio 2020.

L’articolo 15 sopra richiamato consente di definire con modalità agevolate le sanzioni irrogate per specifiche violazioni, se il contribuente rinuncia ad impugnare l'avviso di accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con adesione, provvedendo a pagare, entro il termine per la proposizione del ricorso, le somme complessivamente dovute, tenuto conto della predetta riduzione. In ogni caso la misura delle sanzioni non può essere inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo

 

Il comma 4 prevede che la proroga al 16 settembre 2020 si applica anche alle rate, in scadenza nel periodo compreso tra il 9 marzo e il 31 maggio 2020, dovute in base agli atti rateizzabili individuati ai commi 1, 2, e a quelli in relazione ai quali opera la disposizione di cui al comma 3: acquiescenza, adesione, mediazione, conciliazione.

La proroga al 16 settembre 2020 riguarda anche le rate relative alle definizioni agevolate disciplinate dal cd. decreto fiscale 2019, i cui termini scadono tra il 9 marzo e il 31 maggio 2020. Si tratta, in particolare, delle rate relative a:

§  definizione agevolata dei processi verbali di constatazione (articolo 1 del decreto-legge n. 119 del 2018);

§  definizione agevolata degli atti del procedimento di accertamento (articolo 2 del decreto-legge n. 119 del 2018);

§  definizione agevolata delle controversie tributarie (articolo 6 del decreto-legge n. 119 del 2018);

§  regolarizzazione con versamento volontario di periodi d'imposta precedenti (articolo 7 del decreto legge n. 119 del 2018).

 

Il comma 5 consente di versare il dovuto, senza applicazione di ulteriori interessi, in un'unica soluzione oppure in quattro rate mensili di pari importo con scadenza il 16 di ciascun mese; la prima o unica rata deve essere versata entro il 16 settembre 2020.

Al comma 6 viene previsto che gli eventuali versamenti oggetto di proroga, comunque effettuati durante tale lasso temporale, non sono rimborsabili.

 


 

Articolo 150
(Ripetizione dell’indebito su prestazioni previdenziali e retribuzioni)

 

 

L’articolo 150 stabilisce che le somme indebitamente erogate al lavoratore o al pensionato devono essere restituite al sostituto d’imposta al netto della ritenuta operata al momento dell’erogazione. Al sostituto d’imposta che ha versato all’erario la ritenuta e che abbia avuto in restituzione le somme al netto della stessa, spetta un credito di imposta nella misura del 30% delle somme ricevute, utilizzabile in compensazione senza limiti di importo. La disposizione si applica alle somme restituite dal 1° gennaio 2020 e non ha effetti retroattivi.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame inserisce un nuovo comma (2-bis) all’articolo 10 del testo unico delle imposte sui redditi (decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917-TUIR) in materia di oneri deducibili.

 

Preliminarmente si ricorda che in base al sopra citato articolo 10 (comma 1, lett. d-bis)) del TUIR, il datore di lavoro (nonché il sostituto di imposta) può pretendere la restituzione delle somme indebitamente erogate al lordo delle ritenute fiscali operate all’atto del pagamento.

La norma prevede che sono deducibili dal reddito complessivo le somme restituite al soggetto erogatore, se assoggettate a tassazione in anni precedenti. L’ammontare, in tutto o in parte, non dedotto nel periodo d’imposta di restituzione può essere portato in deduzione dal reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi; in alternativa, il contribuente può chiedere il rimborso dell’imposta corrispondente all’importo non dedotto secondo modalità definite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 aprile 2016.

 

Tuttavia, come evidenziato anche nella relazione illustrativa che accompagna il decreto, l’indirizzo giurisprudenziale prevalente ritiene che la ripetizione dell’indebito nei confronti del percettore non può che avere ad oggetto le somme che questi abbia effettivamente percepito in eccesso, non potendosi pretendere la restituzione di importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del percettore (ad es. Cassazione, Sez. Lav., 27 luglio 2018, n. 19735).

Pertanto il datore ha diritto di ripetere quanto il dipendente abbia effettivamente percepito (somma netta) e non anche le ritenute fiscali operate quale sostituto d’imposta e mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente.

Ciò premesso, il nuovo comma 2-bis dell’articolo 10 TUIR prevede espressamente che le somme percepite, se assoggettate a ritenuta, sono restituite al soggetto erogatore al netto della ritenuta subita e non costituiscono oneri deducibili.

 

Il comma 2 dispone che ai sostituti d’imposta ai quali siano restituite le somme al netto delle ritenute operate e versate, spetta un credito d’imposta pari al 30 per cento delle somme ricevute, utilizzabile senza limite di importo in compensazione.

 

Il comma 3 prevede che le disposizioni introdotte al comma 1 si applicano alle somme restituite dal 1° gennaio 2020.

Sono fatti salvi i rapporti già definiti alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

 

 

 


 

Articolo 151
(Differimento sospensione licenze, autorizzazioni e iscrizione
ad albi e ordini professionali)

 

 

L’articolo 151 proroga al 31 gennaio 2021 il termine per la notifica degli atti e per l’esecuzione dei provvedimenti di sospensione della licenza o dell’autorizzazione amministrativa all’esercizio dell’attività, ovvero dell’esercizio dell’attività medesima o dell’iscrizione ad albi e ordini professionali. Tale sospensione non si applica nei confronti di coloro che commettono violazioni successivamente alla data di entrata in vigore del decreto (19 maggio 2020).

 

Preliminarmente si ricorda che l’articolo 67, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 dispone che sono sospesi dall'8 marzo al 31 maggio 2020 i termini relativi alle attività di liquidazione, controllo, accertamento, riscossione e contenzioso da parte degli uffici degli enti impositori.

 

Per una ricostruzione dettagliata delle norme introdotte dall’articolo 67 si consiglia la lettura del dossier Misure per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 (cd. "Cura Italia") realizzato dai Servizi Studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

 

La disposizione in esame (comma 1) proroga al 31 gennaio 2021 il termine per la notifica degli atti e per l’esecuzione dei provvedimenti di sospensione della licenza o dell’autorizzazione amministrativa all’esercizio dell’attività, ovvero dell’esercizio dell’attività medesima o dell’iscrizione ad albi e ordini professionali, emanati dalle direzioni regionali dell’Agenzia delle entrate (articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471).

 

Si ricorda che l’articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (sanzioni accessorie in materia di imposte dirette ed imposta sul valore aggiunto) disciplina la notifica e l’esecuzione degli atti di sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dell’attività medesima e i provvedimenti di sospensione dell’iscrizione ad albi o ordini professionali a carico dei soggetti (imprese, commercianti e lavoratori autonomi) ai quali sono state contestate più violazioni degli obblighi di emissione di scontrini, ricevute fiscali, certificazione dei corrispettivi o degli obblighi di regolarizzazione di acquisto di mezzi tecnici per le telecomunicazioni. In particolare l’articolo prevede che:

§  qualora siano state contestate, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell'obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie è disposta la sospensione della licenza o dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività ovvero dell'esercizio dell'attività medesima per un periodo da tre giorni ad un mese (comma 2);

§  la sospensione è disposta anche nei confronti dei soggetti esercenti i posti e apparati pubblici di telecomunicazione e nei confronti dei rivenditori agli utenti finali dei mezzi tecnici ai quali, nel corso di dodici mesi, siano state contestate tre distinte violazioni dell'obbligo di regolarizzazione dell'operazione di acquisto di mezzi tecnici (comma 2-quinquies);

§  qualora siano state contestate a carico di soggetti iscritti in albi ovvero ad ordini professionali, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell'obbligo di emettere il documento certificativo dei corrispettivi compiute in giorni diversi, è disposta in ogni caso la sanzione accessoria della sospensione dell'iscrizione all'albo o all'ordine per un periodo da tre giorni ad un mese. In caso di recidiva, la sospensione è disposta per un periodo da quindici giorni a sei mesi (comma 2-sexies).

 

Nella relazione illustrativa che accompagna il decreto si evidenzia che la proroga al 31 gennaio 2021 deriva del fatto che la gran parte delle attività imprenditoriali, commerciali e professionali hanno dovuto affrontare un lungo periodo di chiusura a seguito dei provvedimenti adottati per l’emergenza sanitaria.

 

Il comma 2, al fine di evitare che possano essere commesse violazioni degli obblighi sopra citati nella consapevolezza che l’esecuzione della eventuale sanzione accessoria non potrà avvenire prima del 1° febbraio 2021, dispone che la proroga della sospensione non si applica nei confronti di coloro che hanno commesso anche una sola delle violazioni previste dal richiamato articolo 12 successivamente alla data di entrata in vigore del decreto (19 maggio 2020).

 


 

Articolo 152
(Sospensioni dei pignoramenti su stipendi e pensioni)

 

 

L’articolo 152 stabilisce la sospensione, nel periodo intercorrente tra il 19 maggio e il 31 agosto 2020, degli obblighi di accantonamento derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati dall’agente di riscossione sulle somme dovute a titolo di stipendio, pensione e trattamenti assimilati.

La disposizione prevede inoltre che, durante tale periodo, le somme che avrebbero dovuto essere accantonate non sono sottoposte al vincolo pignoratizio di indisponibilità, anche in caso di intervenuta ordinanza di assegnazione del giudice dell'esecuzione.

 

L’articolo 152, comma 1, sospende, dalla data di entrata in vigore del decreto al 31 agosto 2020, la possibilità di effettuare pignoramenti presso terzi da parte dell’agente di riscossione del salario, e di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza.

In particolare la norma prevede che fino al 31 agosto 2020 sono sospesi gli obblighi di accantonamento derivanti dai pignoramenti presso terzi effettuati prima della stessa data dall’agente della riscossione e, con le modifiche introdotte nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, dai terzi a cui sono affidati, anche disgiuntamente, l'accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate (articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446) aventi ad oggetto somme dovute a titolo di stipendi, pensioni e trattamenti assimilati.

 

Si ricorda che l'articolo 52, comma 5, lettera b), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, stabilisce che qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l'accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate, nel rispetto della normativa dell'Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, a:

1) i soggetti iscritti nell'albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali;

2) gli operatori degli Stati membri stabiliti in un Paese dell'Unione europea che esercitano le menzionate attività, i quali devono presentare una certificazione rilasciata dalla competente autorità del loro Stato di stabilimento dalla quale deve risultare la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore;

3) la società a capitale interamente pubblico, mediante convenzione, a condizione: che l'ente titolare del capitale sociale eserciti sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente che la controlla; che svolga la propria attività solo nell'ambito territoriale di pertinenza dell'ente che la controlla;

4) le società misto pubblico privato iscritte nell'albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali, i cui soci privati siano scelti, nel rispetto della disciplina e dei princìpi comunitari, tra i soggetti di cui ai numeri 1) e 2), a condizione che l'affidamento dei servizi di accertamento e di riscossione dei tributi e delle entrate avvenga sulla base di procedure ad evidenza pubblica.

 

Le somme che avrebbero dovuto essere accantonate nel medesimo periodo non sono sottoposte a vincolo di indisponibilità e il terzo pignorato le rende fruibili al debitore esecutato, anche se anteriormente alla data di entrata in vigore decreto (19 maggio 2020) sia intervenuta un’ordinanza di assegnazione del giudice dell'esecuzione.

In tal modo il terzo pignorato, come il datore di lavoro o l’ente pensionistico, dovrà renderle fruibili le somme al debitore esecutato, erogandogli lo stipendio o la pensione senza decurtazioni, anche in caso di avvenuta assegnazione da parte del giudice.

 

Restano fermi gli accantonamenti effettuati prima della data di entrata in vigore del decreto e restano definitivamente acquisite e non sono rimborsabili le somme accreditate, anteriormente alla stessa data, all’agente della riscossione e ai terzi a cui sono affidati, anche disgiuntamente, l'accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate.

Si ricorda che la legge di bilancio 2020 (commi 784 e ss.gg.) ha complessivamente riformato la riscossione degli enti locali, con particolare riferimento agli strumenti per l'esercizio della potestà impositiva, fermo restando l'attuale assetto dei soggetti abilitati alla riscossione delle entrate locali. In sintesi, le norme:

§  intervengono sulla disciplina del versamento diretto delle entrate degli enti locali, prevedendo che tutte le somme a qualsiasi titolo riscosse appartenenti agli enti locali affluiscano direttamente alla tesoreria dell'ente;

§  disciplinano in modo sistematico l'accesso ai dati da parte degli enti e dei soggetti affidatari del servizio di riscossione;

§  introducono anche per gli enti locali l'istituto dell'accertamento esecutivo, sulla falsariga di quanto già previsto per le entrate erariali (cd. ruolo), che consente di emettere un unico atto di accertamento avente i requisiti del titolo esecutivo; l'accertamento esecutivo opera, a partire dal 1° gennaio 2020, con riferimento ai rapporti pendenti a tale data;

§  novellano la procedura di nomina dei funzionari responsabili della riscossione;

§  in assenza di regolamentazione da parte degli enti, disciplinano puntualmente la dilazione del pagamento delle somme dovute;

§  istituiscono una sezione speciale nell'albo dei concessionari della riscossione, cui devono obbligatoriamente iscriversi i soggetti che svolgono le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all'accertamento e alla riscossione delle entrate locali;

§  prevedono la gratuità delle trascrizioni, iscrizioni e cancellazioni di pignoramenti e ipoteche richiesti dal soggetto che ha emesso l'ingiunzione o l'atto esecutivo.

 

Il comma 2 stabilisce la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’articolo.

 


 

Articolo 153
(Sospensione delle verifiche inadempienze beneficiari P.A.)

 

 

L’articolo 153 sospende l’obbligo previsto per le amministrazioni pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica di verificare se il beneficiario risulti inadempiente al versamento di una o più cartelle di pagamento prima di effettuare un pagamento superiore a 5.000 euro.

 

Preliminarmente si ricorda che l’articolo 68, comma 1, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, sospende con riferimento alle entrate tributarie e non tributarie, i termini dei versamenti, scadenti nel periodo dall’8 marzo (dal 21 febbraio 2020 per i comuni interessati dalle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui al D.P.C.M del 1° marzo 2020 (comma 2-bis)) al 31 maggio 2020, derivanti da cartelle di pagamento emesse dagli agenti della riscossione, nonché dagli avvisi di accertamento esecutivo fiscale e contributivo. Tale termine è ulteriormente prorogato al 31 agosto dall’articolo 154 del presente decreto.

 

Per una ricostruzione dettagliata delle norme introdotte dall’articolo 68 si consiglia la lettura del dossier Misure per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 (cd. "Cura Italia") realizzato dai Servizi Studi della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

 

L’articolo in esame, comma 1, stabilisce che nello stesso periodo di sospensione previsto dal citato articolo 68 non si applicano le disposizioni prevista dall’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, che dispongono che le amministrazioni pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all'agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.

 

Con la sospensione introdotta dall’articolo in esame, quindi, il debitore può ricevere il pagamento delle somme di cui è creditore nei confronti delle P.A. anche nel caso in cui sia inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di uno o più di cartelle di pagamento.

La norma chiarisce infine che le verifiche eventualmente già effettuate, anche in data antecedente al periodo di sospensione, per le quali l’agente della riscossione non ha già notificato l’ordine di versamento restano prive di qualunque effetto e le amministrazioni pubbliche nonché le società a prevalente partecipazione pubblica possono procedere al pagamento a favore del beneficiario.

 

Il comma 2 dispone la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’applicazione dell’articolo.

 

 


 

Articolo 154
(Proroga del periodo di sospensione delle attività
dell'agente della riscossione)

 

 

L’articolo 154 proroga dal 31 maggio al 31 agosto 2020 la sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati all'agente della riscossione disposta dall’articolo 68 del decreto-legge n. 18 del 2020 (cd. Cura Italia). Si consente inoltre di versare le rate di alcuni istituti agevolativi, tra cui la “rottamazione-ter” e il “saldo e stralcio”, in scadenza nell’anno 2020, entro il 10 dicembre 2020 e si amplia la possibilità di chiedere dilazioni.

 

Si ricorda in sintesi che l’articolo 68 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha sospeso i termini, scadenti dall’8 marzo al 31 maggio 2020, per il versamento di somme derivanti da cartelle di pagamento e da accertamenti esecutivi, da accertamenti esecutivi doganali, da ingiunzioni fiscali degli enti territoriali e da accertamenti esecutivi degli enti locali, prevedendo che i versamenti oggetto di sospensione siano effettuati in unica soluzione entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione. La norma ha altresì differito al 31 maggio 2020 il termine per il pagamento delle rate relative alle definizioni agevolate e al saldo e stralcio dei debiti tributari e, di conseguenza, anche i termini per le comunicazioni di inesigibilità poste a carico degli agenti della riscossione.

 

Più in dettaglio il comma 1, lettera a) dell’articolo in commento modifica il comma 1 dell’articolo 68 del richiamato decreto-legge n. 18 del 2020, differendo dal 31 maggio al 31 agosto 2020 il termine finale della predetta sospensione.

La lettera b) introduce il nuovo comma 2-ter all’articolo 68, chiarendo che, per i piani di dilazione in essere alla data dell’8 marzo 2020 e i provvedimenti di accoglimento emessi con riferimento alle richieste presentate fino al 31 agosto 2020, la decadenza del debitore dalle rateazioni accordate dall’agente della riscossione e gli altri effetti di tale decadenza previsti dalla legge si determinano in caso di mancato pagamento di dieci - anziché cinque - rate, anche non consecutive.

 

Si ricorda che l’articolo 19, comma 3, lettere a), b) e c), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 prevede che in caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di cinque rate, anche non consecutive:

§  il debitore decade automaticamente dal beneficio della rateazione;

§  l'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione;

§  il carico può essere nuovamente rateizzato se, all'atto della presentazione della richiesta, le rate scadute alla stessa data sono integralmente saldate. In tal caso, il nuovo piano di dilazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla medesima data.

 

La lettera c) sostituisce il comma 3 dell’articolo 68 che, nella sua formulazione originaria, differisce al 31 maggio 2020 il termine di pagamento delle rate della c.d. “rottamazione-ter” e del c.d. “saldo e stralcio” in scadenza al 28 febbraio e al 31 marzo 2020.

 

Più in dettaglio il previgente comma 3 differisce al 31 maggio il termine, originariamente fissato al 28 febbraio 2020, per il versamento:

§  della rata, che scade il 28 febbraio 2020, in cui è dilazionato l’importo delle somme dovute a titolo di definizione agevolata delle cartelle di pagamento disposta dal decreto-legge n. 119 del 2018, cd. rottamazione-ter (articolo 3, comma 2, lettera b) del decreto citato), ivi comprese le rate, scadenti nel medesimo giorno, relative alle rottamazioni degli anni precedenti e che, in virtù del decreto-legge n. 119 del 2018, sono state riaperte ai contribuenti inadempienti ai precedenti piani di rateazione, nonché rimodulate nel tempo (articolo 3, comma 23 del decreto-legge n. 119 del 2018);

§  della rata, che scade il 28 febbraio 2020, in cui è dilazionato l’importo delle somme dovute a titolo di definizione agevolata dei carichi affidati all'agente della riscossione a titolo di risorse proprie dell'Unione europea, disposta anch’essa dal decreto-legge n. 119 del 2018 (all'articolo 5, comma 1, lettera d));

§  della rata, che scade il 28 febbraio 2020, in cui è dilazionato l’importo delle somme dovute a titolo di cd. rottamazione-ter, per i contribuenti che abbiano aderito a tale rottamazione in un secondo momento, e cioè entro il 31 luglio 2019 (a seguito della successiva riapertura dei termini operata dall'articolo 16-bis del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34);

§   della rata, scadente il 31 marzo 2020, delle somme dovute a titolo di “saldo e stralcio” delle cartelle (riduzione delle somme dovute, per i contribuenti in grave e comprovata difficoltà economica, disciplinata all'articolo 1, comma 190, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, legge di bilancio 2019).

 

Con le modifiche in esame si consente di eseguire il versamento di tutte le rate di tali istituti agevolativi, in scadenza nell’anno 2020, entro il 10 dicembre 2020.

Più in dettaglio si dispone che il mancato, insufficiente o tardivo versamento, alle relative scadenze, delle rate da corrispondere nell’anno 2020, delle predette definizioni agevolate (di cui agli articoli 3 e 5 del decreto-legge 23 ottobre 2018, n. 119, all'articolo 16-bis del decreto-legge 30 aprile 2019 e all'articolo 1, commi 190 e 193, della legge 30 dicembre 2018, n. 145), non determina l’inefficacia delle stesse definizioni, ove il debitore effettui l’integrale versamento delle predette rate entro il termine del 10 dicembre 2020.

Si precisa che a tale ultimo termine non si applica la “tolleranza” di cinque giorni nel versamento (di cui all’articolo 3, comma 14-bis, del DL n. 119 del 2018).

 

La lettera d) del comma 1 inserisce il comma 3-bis all’articolo 68.

Viene così rimossa la preclusione - prevista dall’articolo 3, comma 13, lettera a), del decreto-legge n. 119 del 2018 - alla possibilità di chiedere la dilazione del pagamento dei debiti inseriti nelle dichiarazioni di adesione alle predette definizioni agevolate, per i quali il richiedente non abbia poi provveduto al pagamento di quanto dovuto determinandone l’inefficacia. Più in dettaglio, per i debiti per i quali, alla data del 31 dicembre 2019, si è determinata l’inefficacia delle definizioni agevolate (rottamazione ter, saldo e stralcio), possono essere accordate nuove dilazioni ai sensi della disciplina generale (articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973).

 

 


 

Articolo 155
(Integrazione del contributo a favore di Agenzia delle entrate-Riscossione per il triennio 2020-2022)

 

 

L’articolo 155 incrementa a 300 milioni di euro per l’anno 2020 la quota massima che l’Agenzia delle entrate è autorizzata a erogare a titolo di contributo in favore dell’ente pubblico Agenzia delle entrate-Riscossione.

 

I commi da 326 a 328 della legge di bilancio 2019 autorizzano l’Agenzia delle entrate ad erogare una quota non superiore a 70 milioni di euro per l’anno 2019, a 20 milioni di euro per il 2020 e a 10 milioni di euro per l’anno 2021 a titolo di contributo in favore dell’ente pubblico Agenzia delle entrate-Riscossione.

 

L’articolo 155 sostituisce integralmente i commi richiamati (326, 327 e 328) incrementando a 300 milioni di euro per l’anno 2020 la quota massima erogata a favore dell’Agenzia delle entrate-Riscossione tenuto conto dell’esigenza di garantire, nel triennio 2020-2022, l’equilibrio gestionale del servizio nazionale di riscossione.

 

Nella relazione illustrativa che accompagna il decreto si sottolinea che la norma è finalizzata ad assicurare la continuità operativa dell’Agenzia delle entrate– Riscossione, nonché a garantirne l’equilibrio economico, gestionale e finanziario per l’anno 2020, e per i successivi 2021 e 2022 a fronte degli interventi normativi di sostegno per i contribuenti correlati alle misure introdotte per il contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

Si ricorda che l’Agenzia delle entrate-Riscossione è un ente pubblico economico istituito ai sensi dell’articolo 1 del decreto legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito con modificazioni dalla legge 1 dicembre 2016 n. 225, e svolge le funzioni relative alla riscossione nazionale. L’ente è sottoposto all’indirizzo e alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze ed è strumentale dell’Agenzia delle entrate a cui è attribuita la titolarità della riscossione nazionale ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del decreto legge 30 settembre 2005 n. 203. Agenzia delle entrate-Riscossione è subentrata, a titolo universale, nei rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, delle società del Gruppo Equitalia sciolte a decorrere dal 1° luglio 2017 (a eccezione di Equitalia Giustizia). Essa può svolgere le attività di riscossione delle entrate tributarie o patrimoniali di tutte le amministrazioni locali (come individuate dall'ISTAT) e delle società da esse partecipate, con l'esclusione delle società di riscossione (D.L. n. 50 del 2017, articolo 35).

 

In particolare la norma prevede che l’Agenzia delle entrate, in qualità di titolare della funzione della riscossione, svolta dall’ente pubblico economico Agenzia delle entrate-Riscossione, eroga allo stesso ente, a titolo di contributo e in base all’andamento dei proventi risultanti dal relativo bilancio annuale, una quota non superiore a 300 milioni di euro per l’anno 2020, a valere sui fondi accantonati in bilancio a favore del predetto ente incrementati degli eventuali avanzi di gestione dell’esercizio 2019 (in deroga all’articolo 1, comma 358, della legge 24 dicembre 2007, n. 244)  e sulle risorse assegnate per l’esercizio 2020 alla medesima Agenzia delle entrate (nuovo comma 326).

 

Si ricorda che il sopra citato comma 358 della legge 24 dicembre 2007, n. 244-Legge finanziaria 2008 stabilisce che le entrate derivanti dal riversamento al bilancio dello Stato degli avanzi di gestione conseguiti dalle agenzie fiscali, ad esclusione dell'Agenzia del demanio, tranne quelli destinati alla incentivazione del personale, sono utilizzate per il potenziamento delle strutture dell'amministrazione finanziaria, con particolare riguardo a progetti volti al miglioramento della qualità della legislazione e alla semplificazione del sistema e degli adempimenti per i contribuenti. A tal fine, le somme versate in uno specifico capitolo di entrata sono riassegnate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento per le politiche fiscali.

 

La disposizione fa salvo quanto previsto in via generale dalla disciplina degli oneri di funzionamento del servizio nazionale della riscossione (articolo 17 del D.Lgs. n. 112 del 1999) e stabilisce che tale erogazione è effettuata entro il secondo mese successivo all’approvazione del bilancio annuale dell’Agenzia delle entrate – Riscossione.

 

Qualora la quota da erogare per l’anno 2020 all’ente Agenzia delle entrate-Riscossione a titolo di contributo risulti inferiore all’importo di 300 milioni di euro, la quota erogabile allo stesso ente per l’anno 2021 si determina per un ammontare pari alla differenza (nuovo comma 327).

 

Analogamente (nuovo comma 328), la norma stabilisce che la parte non fruita della quota assegnata per il 2021, costituisce la quota erogabile all’ente Agenzia delle entrate-Riscossione per l’anno 2022.

 


 

Articolo 156
(Accelerazione delle procedure di riparto del cinque per mille
per l’esercizio finanziario 2019)

 

 

L’articolo 156, al fine di anticipare al 2020 l’erogazione del contributo del cinque per mille relativo all’anno finanziario 2019 a favore degli enti beneficiari, stabilisce che nella ripartizione delle risorse sulla base delle scelte dei contribuenti non si tiene conto delle dichiarazioni dei redditi integrative. Il contributo relativo all’anno 2019 deve essere erogato entro il 31 ottobre 2020.

 

La norma, al fine di far fronte alle difficoltà rilevate dagli enti del terzo settore che svolgono attività di rilevante interesse sociale e all’imminente esigenza di liquidità evidenziata a seguito dell’emergenza sanitaria Covid-19 (come evidenziato dalla relazione illustrativa), anticipa al 2020 l’erogazione del contributo del cinque per mille relativo all’anno finanziario 2019.

In particolare, la disposizione accelera le procedure di erogazione del contributo, stabilendo che nella ripartizione dello stesso non si tiene conto delle dichiarazioni dei redditi integrative presentate ai sensi dell'articolo 2, commi 7 e 8, del regolamento di cui al DPR n. 322 del 1998.

 

L'articolo 2, del D.P.R. n. 322 del 1998 (Regolamento sulle modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all’IRAP e all’IVA) disciplina il termine per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi. Scaduti i termini di presentazione della dichiarazione, il contribuente può rettificare o integrare la stessa presentando, secondo le stesse modalità previste per la dichiarazione originaria, una nuova dichiarazione completa di tutte le sue parti, su modello conforme a quello approvato per il periodo d'imposta cui si riferisce la dichiarazione.

Sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro 90 giorni dalla scadenza, con l’applicazione delle sanzioni amministrative; le dichiarazioni presentate oltre i 90 giorni si considerano omesse, ma costituiscono comunque titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati (comma 7). Le dichiarazioni dei redditi possono essere integrate per correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l'indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d'imposta ovvero di un maggiore o di un minore credito, mediante successiva dichiarazione da presentare non oltre i termini stabiliti per l’accertamento dall'articolo 43 del D.P.R. n. 600 del 1973, ovvero entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione (comma 8).

La norma in esame dispone, inoltre, che gli elenchi degli enti ammessi e di quelli esclusi dal beneficio, relativamente all’anno 2019, sono pubblicati sul sito istituzionale dell’Agenzia delle entrate entro il 31 luglio 2020 e il contributo è erogato dalle amministrazioni competenti entro il 31 ottobre 2020.

Le amministrazioni competenti sono il Ministero del lavoro e delle politiche sociali per gli enti del Terzo Settore e del volontariato e assistenza sociale; il Ministero dell'istruzione e il Ministero dell'università e della ricerca per i contributi alla ricerca scientifica e universitaria; il Ministero della salute per i contributi relativi alla ricerca sanitaria; il Ministero dell'interno per i comuni; la Presidenza del Consiglio dei Ministri per le associazioni sportive dilettantistiche; il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per le finalità di attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici; il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per gli enti gestori delle aree protette.

Si segnala che, con riferimento all’anno di imposta 2018, l’Agenzia dell’entrate ha pubblicato sul proprio sito l’elenco dei beneficiari del 5 per mille con l’indicazione delle scelte espresse e degli importi spettanti a ciascuno.

 

 

L'istituto del 5 per mille dell'IRPEF è stato introdotto a titolo sperimentale, per l'anno 2006, dai commi 337-340 dell'art. 1 della legge n. 266/2005, i quali hanno previsto l'istituzione di un apposito Fondo nel quale far confluire una quota pari al 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche da destinare ad una serie di finalità di interesse sociale e di ricerca. L'istituto è stato poi annualmente confermato, da apposite norme di legge, fino all'anno 2014, ed è stato reso definitivo a partire dall'esercizio 2015, con la legge di stabilità per il 2015 (art. 1, co. 154, legge n. 194/2014), che ne ha definito il relativo ammontare annuale, da intendersi quale limite massimo di spesa, stanziato per le finalità cui è diretto il 5 per mille. La legge di bilancio per il 2015 ne ha inoltre stabilizzato la disciplina, estendendo a decorrere dal 2015 l'applicazione delle disposizioni recate dall'articolo 2, commi da 4-novies a 4-undecies, del D.L. n. 40 del 2010 e dal relativo D.P.C.M. di attuazione (D.P.C.M. 23 aprile 2010). Il D.P.C.M. 23 aprile 2010 è stato successivamente modificato dal D.P.C.M. 7 luglio 2016, emanato in attuazione dell'articolo 1, comma 154, della legge n. 190/2014, il quale, ai fini di una maggiore trasparenza sull'utilizzo delle somme, ha introdotto numerose disposizioni tese a rafforzare vari aspetti della semplificazione e della rendicontazione.

Nel 2017, in attuazione della delega conferita al Governo dall'art. 9, comma 1, lettere c) e d), della legge n. 106 del 2016 (riforma del Terzo settore), è stato emanato il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 111, finalizzato al completamento della riforma strutturale dell'istituto del cinque per mille dell'IRPEF in favore degli enti del Terzo Settore e all'introduzione, per gli enti beneficiari, di obblighi di pubblicità e di trasparenza sulle risorse ad essi destinate. In questo senso, il D.Lgs. n. 111/2017, secondo una logica di continuità con la normativa previgente, ha completato la riforma strutturale dell'istituto del cinque per mille, nel rispetto delle esigenze di razionalizzazione e revisione organica del contributo, disciplinando la destinazione in base alle scelte espresse dai contribuenti. Esso ha introdotto numerose disposizioni volte, in particolare, alla razionalizzazione e revisione dei criteri di accreditamento dei soggetti beneficiari e dei requisiti per l'accesso al beneficio; alla semplificazione e accelerazione delle procedure per il calcolo e l'erogazione dei contributi spettanti; alla definizione di obblighi di pubblicità delle risorse erogate; alla revisione della disciplina sanzionatoria.

Da ultimo, il Governo ha presentato in Parlamento uno schema di D.P.C.M. che reca una nuova disciplina delle modalità e dei termini per l'accesso al riparto del cinque per mille dell'IRPEF da parte degli enti destinatari del contributo, nonché delle modalità e dei termini per la formazione, l'aggiornamento e la pubblicazione dell'elenco permanente degli enti iscritti e per la pubblicazione degli elenchi annuali degli enti ammessi (A.G. n. 171). La Commissione Bilancio della Camera ha espresso il proprio parere favorevole il 22 aprile 2020. La Commissione Bilancio del Senato ha espresso parere favorevole con osservazioni il 29 aprile 2020.

L’articolo 12 dello schema di D.P.C.M., al fine di velocizzare ulteriormente le procedure di erogazione delle risorse, stabilisce che, a partire dall'anno 2019, per il riparto delle risorse destinate sulla base delle scelte dei contribuenti non si tiene conto delle dichiarazioni dei redditi integrative (presentate ai sensi dell'art. 2, commi 7, 8 e 8-bis[31], del D.P.R. n. 322 del 1998), in linea con quanto previsto in tal senso dall'articolo 6 del D.Lgs. n. 111/2017, che sul punto ha innovato rispetto alla normativa precedente.

La disposizione del decreto-legge in esame, pertanto, anticipa l’entrata in vigore della norma prevista dal D.P.C.M. di attuazione del D.Lgs. n. 11 del 2017, non ancora emanato.

 

I contribuenti possono destinare le risorse del 5 per mille alle seguenti finalità:

§  sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri nazionale, regionale e provinciale e delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano in determinati settori (assistenza sociale, assistenza sanitaria, beneficenza, istruzione, formazione, sport dilettantistico, tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico, promozione della cultura e dell'arte, tutela dei diritti civili, ricerca scientifica, cooperazione allo sviluppo e solidarietà internazionale). L'articolo 3 del D.Lgs. n. 111/2017 ha individuato quali soggetti destinatari del beneficio del 5 per mille gli "enti iscritti nel Registro unico nazionale degli enti del terzo settore" anziché riproporre l'elencazione delle suddette singole tipologie di enti;

§  finanziamento della ricerca scientifica e dell'università;

§  finanziamento della ricerca sanitaria;

§  attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente;

§  sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI a norma di legge, che svolgono una rilevante attività di interesse sociale;

§  finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici;

§  finanziamento degli enti gestori delle aree protette.

Ove il contribuente non abbia indicato alcun codice fiscale ai fini della destinazione diretta del cinque per mille, le somme corrispondenti al complesso delle quote del cinque per mille destinate dai contribuenti, con la loro firma, sono ripartite, nell'ambito delle medesime finalità, in proporzione al numero complessivo delle destinazioni dirette, espresse mediante apposizione del codice fiscale, conseguite da ciascuno dei soggetti presenti negli elenchi. Ai comuni spettano le quote del cinque per mille dell'IRPEF dei contribuenti che in essi risiedono e che hanno apposto la propria firma.

L'Agenzia delle entrate, sulla base delle scelte operate dai contribuenti, trasmette in via telematica al Ministero dell'economia e delle finanze - RGS, i dati occorrenti a stabilire, sulla base degli incassi relativi all'imposta sui redditi delle persone fisiche per il periodo d'imposta considerato, gli importi delle somme che spettano a ciascuno dei soggetti a favore dei quali i contribuenti hanno effettuato una valida destinazione della quota del cinque per mille della loro imposta sui redditi delle persone fisiche. Gli importi saranno ripartiti, nei limiti di quanto stanziato in bilancio sul Fondo, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, tra gli stati di previsione delle amministrazioni interessate, sulla base dei dati comunicati dall'Agenzia delle entrate. La corresponsione a ciascun soggetto delle somme spettanti è effettuata dalle amministrazioni competenti.

 

Per quanto concerne le risorse per il 5 per mille, a differenza di quanto disposto per il primo anno di applicazione (2006, in cui le somme corrispondenti alla quota del 5 per mille sono state determinate "sulla base degli incassi in conto competenza relativi all'IRPEF, sulla base delle scelte espresse dai contribuenti come risultanti dal rendiconto generale dello Stato"), negli anni successivi è stata introdotta una specifica autorizzazione legislativa di spesa, disposta in termini di limite massimo di spesa stanziato per le finalità cui è diretto il 5 per mille.

L'articolo 1, comma 154, della legge n. 190/2014 (legge di stabilità per il 2015) ha stabilito in 500 milioni di euro annui l'importo destinato alla liquidazione della quota del 5 per mille a decorrere dall'anno 2015 (iscritto sul cap. 3094/Ministero dell'economia e delle finanze). La norma dispone, inoltre, che le somme iscritte sul capitolo, non impegnate alla chiusura dell'esercizio (31 dicembre), possano essere utilizzate nell'esercizio successivo. La necessità di una tale disposizione - che consente il mantenimento in bilancio delle somme stanziate per il 5 per mille che, secondo la normativa contabile, se non utilizzate, alla chiusura dell'esercizio costituirebbero economie di bilancio - è connessa alla complessa procedura per il riparto delle somme che si svolge di media nell'arco di due anni, in considerazione sia dei tempi necessari per l'esame dei soggetti ammissibili al contributo sia anche i relativi ricorsi che questi possono presentare.

Da ultimo, l'articolo 1, comma 720 della legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160/2019), ha disposto un incremento delle risorse per il 5 per mille IRPEF, nell'importo di 10 milioni per il 2020, di 20 milioni per il 2021 e di 25 milioni a decorrere dal 2022, portando dunque l'autorizzazione di spesa destinata alla liquidazione della quota del 5 per mille dell'IRPEF a 510 milioni per l'anno 2020, in 520 milioni per l'anno 2021 e in 525 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2022.

Per quel che concerne le risorse, si rammenta, infine, che la legge 4 agosto 2016, n. 163, di riforma della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196/2009, ha introdotto il divieto di utilizzo per la copertura finanziaria delle leggi le risorse del cinque per mille dell'IRPEF che risultino effettivamente utilizzate sulla base delle scelte dei contribuenti, al fine di garantire il rispetto delle scelte espresse dai contribuenti all'atto del prelievo fiscale.

 

 

 


 

Articolo 157
(Proroga dei termini al fine di favorire la graduale ripresa delle attività economiche e sociali)

 

 

L'articolo 157 dispone che gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti di imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione, per i quali i termini di decadenza scadono tra l’8 marzo 2020 ed il 31 dicembre 2020, sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021. Non si procede altresì agli invii di una serie di atti, comunicazioni e inviti, elaborati o emessi, anche se non sottoscritti, entro il 31 dicembre 2020. L'articolo stabilisce, infine, che i termini di decadenza per la notificazione delle cartelle di pagamento relative a una serie di dichiarazioni sono prorogati di un anno. Con una modifica apportata nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati si è precisato che le disposizioni contenute nel presente articolo non si applicano alle entrate degli enti territoriali.

 

Il comma 1 dispone che, in deroga a quanto previsto all'articolo 3 della legge n. 212 del 2000, gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni, di recupero dei crediti di imposta, di liquidazione e di rettifica e liquidazione, per i quali i termini di decadenza, calcolati senza tener conto del periodo di sospensione di cui all’articolo 67 (Sospensione dei termini relativi all'attività degli uffici degli enti impositori), comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020, scadono tra l’8 marzo 2020 ed il 31 dicembre 2020, sono emessi entro il 31 dicembre 2020 e sono notificati nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021, salvo casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi.

 

Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 3 (Efficacia temporale delle norme tributarie), comma 3, della legge n. 212 del 2000 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati.

 

Il comma 2 aggiunge che dal termine iniziale del periodo di sospensione di cui al comma 1, non si procede altresì agli invii dei seguenti atti, comunicazioni e inviti, elaborati o emessi, anche se non sottoscritti, entro il 31 dicembre 2020:

a)   comunicazioni di cui agli articoli 36-bis (Liquidazioni delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni) e 36-ter (Controllo formale delle dichiarazioni) del D.P.R. n. 600 del 1973;

b)   comunicazioni di cui all’articolo 54-bis (Liquidazione dell'imposta dovuta in base alle dichiarazioni) del D.P.R. n. 633 del 1972;

c)   inviti all’adempimento di cui all’articolo 21-bis (Comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche I.V.A.) del decreto-legge n. 78 del 2010;

d)   atti di accertamento dell’addizionale erariale della tassa automobilistica, di cui all’articolo 23, comma 21, del decreto-legge n. 98 del 2011;

e)   atti di accertamento delle tasse automobilistiche di cui al Testo Unico n. 39 del 1953 ed all’articolo 5 del decreto-legge n. 953 del 1982, limitatamente alle Regioni Friuli Venezia Giulia e Sardegna ai sensi dell’articolo 17, comma 10, della legge n. 449 del 1997;

f)    atti di accertamento per omesso o tardivo versamento della tassa sulle concessioni governative per l’utilizzo di telefoni cellulari di cui alla Tariffa articolo 21 del D.P.R. n. 641 del 1972.

 

Il comma 2-bis stabilisce che gli atti, le comunicazioni e gli inviti di cui al comma 2 sono notificati, inviati o messi a disposizione nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2021, salvo casi di indifferibilità e urgenza, o al fine del perfezionamento degli adempimenti fiscali che richiedono il contestuale versamento di tributi.

Restano ferme le disposizioni previste dall’articolo 1, comma 640 della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014).

 

Si rammenta che l'articolo 1, comma 640, della legge di stabilità 2015, stabilisce che, nelle ipotesi di presentazione di dichiarazione integrativa ai sensi degli articoli 2, comma 8, e 8, comma 6-bis del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni, e 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni, ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, nei casi di regolarizzazione dell'omissione o dell'errore:

a)    i termini per la notifica delle cartelle di pagamento di cui all'articolo 25, comma 1, lettere a) e b), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni, relativi, rispettivamente, all'attività di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni e di controllo formale delle dichiarazioni, concernenti le dichiarazioni integrative presentate per la correzione degli errori e delle omissioni incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo, decorrono dalla presentazione di tali dichiarazioni, limitatamente agli elementi oggetto dell'integrazione;

b)   i termini per l'accertamento di cui agli articoli 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, e 57 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, decorrono dalla presentazione della dichiarazione integrativa, limitatamente ai soli elementi oggetto dell'integrazione;

c)    i termini di cui all'articolo 76 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, e successive modificazioni, concernenti l'imposta di registro, decorrono dalla regolarizzazione spontanea degli errori od omissioni;

d)   i termini di cui all'articolo 27 del testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, e successive modificazioni, concernente le imposte di successione e donazione, decorrono dalla regolarizzazione spontanea degli errori od omissioni.

 

Ai sensi del comma 3, i termini di decadenza per la notificazione delle cartelle di pagamento previsti dall'articolo 25, comma 1, lettere a) e b), del D.P.R. n. 602 del 1973, sono prorogati di un anno relativamente:

a)   alle dichiarazioni presentate nell’anno 2018, per le somme che risultano dovute a seguito dell'attività di liquidazione prevista dagli articoli 36-bis (Liquidazioni delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni) del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis (Liquidazione dell'imposta dovuta in base alle dichiarazioni) del D.P.R. n. 633 del 1972;

b)   alle dichiarazioni dei sostituti d'imposta presentate nell’anno 2017, per le somme che risultano dovute ai sensi degli articoli 19 e 20 del TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986);

c)   alle dichiarazioni presentate negli anni 2017 e 2018, per le somme che risultano dovute a seguito dell'attività di controllo formale prevista dall'articolo 36-ter (Controllo formale delle dichiarazioni) del D.P.R. n. 600 del 1973.

 

Il comma 4 stabilisce che, con riferimento agli atti indicati ai commi 1 e 2 notificati nel 2021 non sono dovuti, se previsti, gli interessi per ritardato pagamento di cui all’articolo 6 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 21 maggio 2009 e gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo di cui all’articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973, per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e la data di notifica dell’atto stesso.

Con riferimento alle comunicazioni di cui al comma 2 non sono dovuti gli interessi per ritardato pagamento di cui all’articolo 6 del citato decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 21 maggio 2009 dal mese di elaborazione, e gli interessi per ritardata iscrizione a ruolo di cui all’articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973, per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e la data di consegna della comunicazione.

 

Ai sensi del comma 5, al fine del differimento dei termini di cui al presente articolo, l’elaborazione o l’emissione degli atti o delle comunicazioni è provata anche dalla data di elaborazione risultante dai sistemi informativi dell’Agenzia delle entrate, compresi i sistemi di gestione documentale dell’Agenzia medesima.

 

Il comma 6 dispone che, con uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate sono individuate le modalità di applicazione del presente articolo.

 

Il comma 7 reca la quantificazione degli oneri, valutati in 205 milioni di euro per l’anno 2020, e l'indicazione della copertura mediante rinvio all’articolo 265.

 

Il comma 7-bis, infine, introdotto nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, precisa che le disposizioni contenute nel presente articolo non si applicano alle entrate degli enti territoriali.


 

Articolo 157, comma 7-ter
(Proroga della validità dei documenti di riconoscimento)

 

 

Il comma 7-ter, introdotto nel corso dell’esame della Camera dei deputati, è volto a prorogare fino al 31 dicembre 2020 la validità dei documenti di riconoscimento e di identità con scadenza dal 31 gennaio 2020.

 

A tal fine, la disposizione modifica l’articolo 104 del decreto-legge n. 18/2020 (convertito da L. 27/2020) che, in relazione all’emergenza epidemiologica e al fine di evitare l’aggregazione di persone negli spazi degli uffici aperti al pubblico, ha disposto la proroga fino al 31 agosto 2020 della validità dei documenti di riconoscimento e di identità con scadenza dal 31 gennaio 2020. Resta ferma, invece, la data di scadenza indicata nel documento ai fini dell’espatrio.

 

Si ricorda che i documenti la cui validità è prorogata – indicati mediante rinvio alle definizioni del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (art. 1, co. 1, lett. c), d) ed e) del d.P.R. 445/2000) – sono:

a)   ogni documento munito di fotografia del titolare e rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, da una pubblica amministrazione italiana o di altri Stati, che consenta l'identificazione personale del titolare (documento di riconoscimento);

b)   la carta d’identità ed ogni altro documento munito di fotografia del titolare e rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, da una pubblica amministrazione competente dello Stato italiano o di altri Stati, con la finalità prevalente di dimostrare l’identità personale del suo titolare;

c)   il documento analogo alla carta d’identità elettronica rilasciato dal comune fino al compimento del quindicesimo anno di età.

 

Si ricorda, in particolare, che sono equipollenti alla carta di identità (ai sensi dell’articolo 35, co. 2, D.P.R. 445 del 2000):

§  il passaporto

§  la patente di guida,

§  la patente nautica,

§  il libretto di pensione,

§  il patentino di abilitazione alla conduzione di impianti termici,

§  il porto d’armi,

§  le tessere di riconoscimento, purché munite di fotografia e di timbro o di altra segnatura equivalente, rilasciate da un'amministrazione dello Stato.

Con riferimento alla validità dei documenti, in particolare si ricorda che la carta di identità, ivi inclusa la carta d’identità elettronica (CIE), ha durata di dieci anni. Per i minori di età inferiore a tre anni, la validità della carta d’identità è di tre anni; mentre per i minori di età compresa fra tre e diciotto anni, la validità è di cinque anni.

La carta d’identità è titolo valido per l'espatrio anche per motivi di lavoro negli Stati membri dell'Unione europea e in quelli con i quali vigono, comunque, particolari accordi internazionali (si cfr. area Schengen).

 

 

 

 


 

Articolo 158
(Cumulabilità della sospensione dei termini processuali e della sospensione nell'ambito del procedimento di
accertamento con adesione)

 

 

L'articolo 158 reca una disposizione di natura interpretativa finalizzata a chiarire che la sospensione dei termini processuali prevista dall'articolo 83, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, debba considerarsi cumulabile in ogni caso con la sospensione del termine di impugnazione prevista dalla procedura di accertamento con adesione.

 

L'unico comma dell'articolo in esame dispone che, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge n. 212 del 2000, la sospensione dei termini processuali prevista dall'articolo 83, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, si intende cumulabile in ogni caso con la sospensione del termine di impugnazione prevista dalla procedura di accertamento con adesione (novanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza, ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 218 del 1997).

 

Si rammenta che l'articolo 1, comma 2, della legge n. 212 del 2000 (Disposizioni in materia di statuto del contribuente), stabilisce che l'adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica.

 

Si rammenta altresì che, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020, dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali.

Si intendono pertanto sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti per la fase delle indagini preliminari, per l'adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione, per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni e, in genere, tutti i termini procedurali.

Ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l'inizio stesso è differito alla fine di detto periodo.

Quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l'udienza o l'attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto.

Si intendono altresì sospesi, per la stessa durata indicata nel primo periodo, i termini per la notifica del ricorso in primo grado innanzi alle Commissioni tributarie e il termine di cui all'articolo 17-bis, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992, ai sensi del quale il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di novanta giorni dalla data di notifica, entro il quale deve essere conclusa la procedura di cui al presente articolo.


 

Articolo 159
(Ampliamento della platea dei contribuenti
che si avvalgono del modello 730)

 

 

L'articolo 159 dispone l'ampliamento della platea dei contribuenti che si avvalgono del 730 per lavoratori dipendenti senza sostituto d'imposta al fine di garantire i conguagli derivanti dalla dichiarazione dei redditi presentata mediante modello 730.

 

L'unico comma dell'articolo in esame dispone che, per il periodo d'imposta 2019, i soggetti titolari dei redditi di lavoro dipendente e assimilati indicati all’articolo 34, comma 4, del decreto legislativo n. 241 del 1997, possono adempiere agli obblighi di dichiarazione dei redditi con le modalità indicate all'articolo 51-bis del decreto-legge n. 69 del 2013, anche in presenza di un sostituto d'imposta tenuto a effettuare il conguaglio.

 

Come chiarito dal Governo stesso nella relazione illustrativa, l’articolo 51-bis del decreto-legge n. 69 del 2013 prevede che i soggetti titolari dei redditi di lavoro dipendente e assimilati indicati agli articoli 49 e 50, comma 1, lettere a), c), c-bis), d), g), con esclusione delle indennità percepite dai membri del Parlamento europeo, i) e l), del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986), in assenza di un sostituto d’imposta tenuto a effettuare il conguaglio, possono comunque adempiere agli obblighi di dichiarazione dei redditi presentando l’apposita dichiarazione modello 730 e la relativa scheda ai fini della destinazione del 5 e 8 per mille con le modalità indicate dall'articolo 13, comma 1, lettera b), del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164, ai soggetti di cui all'articolo 34, comma 4, del decreto legislativo n. 241 del 1997 (organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti e pensionati od organizzazioni territoriali da esse delegate, aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti; sostituti di cui all'articolo 23 del D.P.R. n. 600 del 1973, aventi complessivamente almeno cinquantamila dipendenti; associazioni di lavoratori promotrici di istituti di patronato riconosciuti aventi complessivamente almeno cinquantamila aderenti), e agli altri soggetti che possono prestare l'assistenza fiscale ai sensi delle disposizioni contenute nel decreto-legge n. 203 del 2005.

I soggetti a cui si riferisce l'articolo 51-bis del decreto-legge n. 69 del 2013 sono i titolari dei seguenti redditi:

§  i redditi di lavoro dipendente (articolo 49);

§  i seguenti redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (articolo 50, comma 1, del TUIR):

-     compensi percepiti, entro i limiti dei salari correnti maggiorati del 20 per cento, dai lavoratori soci delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative di servizi, delle cooperative agricole e di prima trasformazione dei prodotti agricoli e delle cooperative della piccola pesca (lettera a));

-     somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, se il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante (lettera c));

-     somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica, alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili, alla partecipazione a collegi e commissioni, nonché quelli percepiti in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente o nell'oggetto dell'arte o professione esercitate dal contribuente (lettera c-bis));

-     remunerazioni dei sacerdoti, nonché congrue e supplementi di congrua (lettera d));

-     le indennità percepite dai membri del Parlamento nazionale e del Parlamento europeo e le indennità, comunque denominate, percepite per le cariche elettive e per le funzioni di cui agli articoli 114  e 135 della Costituzione e alla legge n. 816 del 1985, nonché i conseguenti assegni vitalizi percepiti in dipendenza dalla cessazione delle suddette cariche elettive e funzioni e l'assegno del Presidente della Repubblica (lettera g)), con esclusione delle indennità percepite dai membri del Parlamento europeo;

-     gli altri assegni periodici, comunque denominati, alla cui produzione non concorrono attualmente né capitale né lavoro;

-     compensi percepiti dai soggetti impegnati in lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative (lettera l)).

 

Lo stesso articolo 51-bis, ai commi 2 e 3, stabilisce che se dal 730 presentato emerge un debito, il pagamento è effettuato direttamente dal contribuente o dal soggetto che presta l’assistenza fiscale tramite il modello F24. Se invece emerge un credito, il rimborso è eseguito dall’Amministrazione finanziaria, sulla base del risultato finale della dichiarazione, successivamente al termine di scadenza previsto per la presentazione del modello 730 (30 settembre 2020).

 

Il Governo chiarisce che, considerata l’emergenza epidemiologica da Covid-19 su tutto il territorio nazionale e il livello di gravità della situazione economica che sta investendo le imprese che potrebbe determinare anche l’impossibilità per molti sostituti di effettuare i conguagli derivanti dalla presentazione del 730, al fine di evitare un ulteriore danno al contribuente, derivante dalla mancata definizione del conguaglio fiscale da assistenza fiscale, si prevede la possibilità di presentazione del Modello 730/2020 nella modalità “senza sostituto” anche in presenza di un sostituto d’imposta tenuto a effettuare il conguaglio.

 

La relazione tecnica non attribuisce all'articolo alcun effetto sulla finanza pubblica in quanto gli eventuali versamenti scaturenti dalla dichiarazione sono effettuati secondo le modalità previste per i soggetti che utilizzano il modello dichiarativo Redditi PF, mentre gli eventuali rimborsi sono erogati dall’Agenzia delle entrate – in luogo del sostituto d’imposta – successivamente al termine di scadenza previsto per la presentazione del modello 730 (30 settembre 2020).

 

 


 

Articolo 160
(Iscrizione al catasto edilizio urbano dei fabbricati rurali
ubicati nei comuni colpiti dal sisma 2016 e 2017)

 

 

L'articolo 160 proroga al 31 dicembre 2021 il termine per la contestazione delle sanzioni tributarie applicabili nei confronti dei soggetti che non abbiano provveduto a dichiarare al catasto edilizio urbano i fabbricati iscritti nel catasto dei terreni ubicati nei comuni colpiti dal sisma del 24 agosto, del 26 e 30 ottobre 2016 e dal sisma del 18 gennaio 2017.

 

L'unico comma dell'articolo in esame, stabilisce che, in deroga alle disposizioni dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 212 del 2000 (statuto dei diritti del contribuente), per i fabbricati ubicati nei comuni di cui agli allegati 1 (comuni colpiti dal sisma del 24 agosto 2016), 2 (comuni colpiti dal sisma del 26 e del 30 ottobre 2016) e 2-bis (comuni colpiti dal sisma del 18 gennaio 2017) al decreto-legge n. 189 del 2016, il termine per la contestazione delle sanzioni previste, per il caso di inottemperanza da parte del soggetto obbligato, dall' articolo 13, comma 14-quater, del decreto-legge n. 201 del 2011, è prorogato al 31 dicembre 2021.

 

Si rammenta che, ai sensi dell'articolo 3 (Efficacia temporale delle norme tributarie), comma 3, della legge n. 212 del 2000 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati.

 

Si rammenta, altresì, che, ai sensi dell'articolo 13, comma 14-quater, del decreto-legge n. 201 del 2011, nelle more della presentazione della dichiarazione di aggiornamento catastale, l'imposta municipale propria è corrisposta, a titolo di acconto e salvo conguaglio, sulla base della rendita delle unità similari già iscritte in catasto.

Il conguaglio dell'imposta è determinato dai comuni a seguito dell'attribuzione della rendita catastale.

In caso di inottemperanza da parte del soggetto obbligato, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 336, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 2004) - in base al quale i comuni, in caso di difformità rispetto alle risultanze catastali, possono chiedere agli interessati la presentazione di atti di aggiornamento e, in caso di inottemperanza, procedono, entro novanta giorni dalla notificazione, a far iscrivere in catasto gli immobili o a farne verificare il classamento -, salva l'applicazione delle sanzioni previste per la violazione degli articoli 20 e 28 del regio decreto-legge n. 652 del 1939 (Accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano).

 

Nella relazione illustrativa, il Governo precisa che la proroga è limitata temporalmente, considerato che il termine per la contestazione delle sanzioni tributarie scadrebbe, in base alle vigenti disposizioni, a seconda della data degli eventi calamitosi, fra marzo e agosto 2021 (per effetto delle proroghe previste relativamente ai fabbricati ubicati nei comuni richiamati colpiti dal sisma nonché della sospensione connessa all’emergenza sanitaria disposta dall’8 marzo al 31 maggio 2020 dall’articolo 67 del decreto-legge n. 18 del 2020).

La proroga, fissata unitariamente al 31 dicembre 2021, consente ai titolari di diritti reali su fabbricati rurali ancora iscritti al catasto terreni di completare le procedure per la relativa iscrizione al catasto edilizio urbano, regolarizzando spontaneamente la loro posizione catastale avvalendosi dell’istituto del ravvedimento, di cui all’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997.

 

La relazione tecnica non ascrive all'articolo alcun effetto sulla finanza pubblica.

 


 

Articolo 161
(Proroga del pagamento dei diritti doganali)

 

 

L’articolo 161 proroga i pagamenti dei diritti doganali in scadenza tra il 1° maggio (data in cui cessano gli effetti dell’art.92 del D.L. 17 marzo 2020, n.18, cd. Cura Italia) e il 31 luglio 2020, senza applicazione di sanzioni ed interessi, per alcune categorie produttive, titolari del conto di debito doganale, che si trovino in gravi difficoltà di carattere economico o sociale.

 

Al riguardo si ricorda che l’articolo 92, comma 3 del decreto-legge n. 18 del 2020 ha - tra l’altro - differito al 1° maggio 2020 i pagamenti dei diritti doganali in scadenza tra il 17 marzo 2020 e il 30 aprile 2020, senza applicazione di interessi. Si tratta delle ipotesi in cui l’amministrazione finanziaria ha autorizzato la corresponsione periodica dei diritti doganali (ai sensi dell’articolo 78 del D.P.R n. 43 del 1973) ovvero il ricevitore della dogana abbia consentito il pagamento differito (ai sensi del successivo articolo 79).

L’articolo 78 prevede infatti che l’amministrazione finanziaria possa consentire a coloro che effettuano con carattere di continuità operazioni doganali di ottenere la libera disponibilità della merce senza il preventivo pagamento dei diritti liquidati, i quali sono annotati, per ciascun operatore, in apposito conto di debito. Periodicamente, alla fine di un determinato intervallo di tempo fissato dall'Amministrazione predetta e che non può comunque eccedere i trenta giorni, il ricevitore della dogana riassume il debito relativo al gruppo di operazioni effettuate nell'intervallo medesimo da ciascun operatore. In tal caso il debito deve essere soddisfatto entro i successivi due giorni lavorativi salve le previsioni dell’articolo 79 ed 80. L’articolo 79 dispone che il ricevitore della dogana a richiesta dell'operatore, consente il pagamento differito dei diritti doganali per un periodo di trenta giorni. Lo stesso ricevitore può autorizzare la concessione di una maggiore dilazione, per il pagamento dei diritti afferenti la sola fiscalità interna, fino ad un massimo di novanta giorni, compresi i primi trenta. L’articolo 80 disciplina le modalità di computo della decorrenza e della scadenza del periodo per il quale è concesso il pagamento differito.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame proroga i pagamenti dei diritti doganali in scadenza tra la data del 1° maggio (data in cui cessano gli effetti dell’art.92 del D.L. 17 marzo 2020, n.18) e la data del 31 luglio 2020, ove effettuati secondo le ricordate modalità previste dagli articoli 78 e 79 del decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, senza applicazione di sanzioni e di interessi.

Ai sensi del comma 2, la proroga del pagamento dei diritti doganali interessa i titolari del conto di debito che si trovino in gravi difficoltà di carattere economico o sociale e che rientrino nelle seguenti categorie:

§  soggetti che gestiscono servizi di trasporto merci e trasporto passeggeri terrestre, aereo, marittimo, fluviale, lacuale e lagunare, ivi compresa la gestione di funicolari, funivie, cabinovie, seggiovie e ski-lift di cui all’articolo 61, comma 2, lettera o) del decreto-legge n. 18 del 2020;

§  soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi non superiori a 50 milioni di euro nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto, che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 33 per cento nel mese di marzo 2020 rispetto allo stesso mese del precedente periodo d’imposta e nel mese di aprile 2020 rispetto allo stesso mese del  precedente periodo d’imposta (articolo 18, comma 1 del decreto-legge n. 23 del 2020);

§  soggetti esercenti attività d'impresa, arte o professione, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato con ricavi o compensi superiori a 50 milioni di euro nel periodo di imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi di almeno il 50 per cento  nel mese di marzo 2020  rispetto allo stesso mese del  precedente periodo d’imposta e nel mese di aprile 2020 rispetto allo stesso mese del  precedente periodo d’imposta (articolo 18, comma 3 del decreto-legge n. 23 del 2020).

 

La sospensione avviene su istanza di parte. Le modalità di applicazione delle suddette disposizioni sono rinviate (comma 3) ad una determinazione del Direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

 


 

Articolo 162
(Rateizzazione del debito di accisa)

 

 

L’articolo 162 modifica le norme che consentono al titolare del deposito fiscale di prodotti energetici e alcolici di rateizzare il debito di accisa, prevedendo che:

§  per accedere alla rateizzazione, il titolare sia in difficoltà economiche documentate e riscontrabili;

§  il numero delle rate sia modulato in funzione del completo versamento del debito di imposta entro la data prevista per il pagamento dell’accisa sui prodotti immessi in consumo nel mese di novembre dell’anno di riferimento;

§  non sia più previsto un decreto ministeriale di attuazione per l’operatività della disciplina sulla rateizzazione del debito d’accisa.

 

Si ricorda preliminarmente che l’articolo 4-ter, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 193 del 2016 ha introdotto il comma 4-bis all’articolo 3 del Testo Unico Accise (D.lgs. n. 504 del 1995), norma che consente al titolare del deposito fiscale di prodotti energetici o di alcol e bevande alcoliche, ove si trovi in condizioni oggettive e temporanee di difficoltà economica, di presentare all'Agenzia delle dogane e dei monopoli, entro la scadenza fissata per il pagamento delle accise, una istanza di rateizzazione del debito d'imposta relativo alle immissioni in consumo effettuate nel mese precedente alla predetta scadenza. Permanendo le medesime condizioni, possono essere presentate istanze di rateizzazione relative ad un massimo di altre due scadenze di pagamento successive alla prima; non sono ammesse ulteriori istanze prima dell'avvenuto integrale pagamento dell'importo già sottoposto a rateizzazione. L'Agenzia adotta il provvedimento di accoglimento o di diniego entro il termine di quindici giorni dalla data di presentazione dell'istanza di rateizzazione e, in caso di accoglimento, autorizza il pagamento dell'accisa dovuta mediante versamento in rate mensili in numero non inferiore a sei e non superiore a ventiquattro. Sulle somme per le quali è autorizzata la rateizzazione sono dovuti gli interessi nella misura stabilita dal codice civile (0,05 punti), maggiorata di 2 punti. Il mancato versamento, anche di una sola rata, entro la scadenza fissata comporta la decadenza dalla rateizzazione e il conseguente obbligo dell'integrale pagamento degli importi residui, oltre agli interessi e all'indennità di mora, nonché della sanzione prevista per il ritardato pagamento delle accise. La decadenza non trova applicazione nel caso in cui si verifichino errori di limitata entità nel versamento delle rate.

Il comma 4-bis ha infine demandato a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze l’individuazione delle condizioni e delle modalità di applicazione delle predette norme; tale decreto tuttavia non è stato emanato.

 

Con le modifiche in esame, che integrano il comma 4-bis:

§  si richiede che le difficoltà economiche che danno diritto alla presentazione dell’istanza di rateizzazione siano documentate e riscontrabili (lettera a));

§  in luogo di prevedere una forbice per il numero delle rate in cui il pagamento è dilazionabile (non inferiore a sei e non superiore a ventiquattro), si dispone che il numero delle rate sia modulato in funzione del completo versamento del debito di imposta entro la data prevista per il pagamento dell’accisa sui prodotti immessi in consumo nel mese di novembre del medesimo anno (lettera b));

§  si elimina la previsione di un decreto ministeriale di attuazione per l’operatività della disciplina sulla rateizzazione del debito d’accisa (lettera c)).

 

 


 

Articolo 163
(Proroga in materia di tabacchi)

 

 

L’articolo 163 proroga al 31 ottobre 2020 la scadenza del pagamento dell’accisa sui prodotti da fumo e sui tabacchi da inalazione senza combustione, nonché dell’imposta di consumo sui prodotti liquidi da inalazione e sui prodotti accessori ai tabacchi da fumo, dovute per i periodi contabili dei mesi di aprile e maggio 2020.

 

Più in dettaglio la norma in esame, mantenendo fermo l’obbligo di rendicontazione nei termini previsti dalla legge, prevede che i soggetti obbligati al pagamento dell’accisa sui tabacchi lavorati, sui prodotti ad essi assimiliati, nonché sui tabacchi da inalazione senza combustione (di cui agli articoli 39-bis, 39-ter e 39-terdecies del Testo Unico Accise, D.Lgs. n. 504 del 1995), oltre che i soggetti obbligati al pagamento dell’imposta di consumo su succedanei del fumo (o liquidi da inalazione senza combustione) e sui prodotti accessori ai tabacchi da fumo (di cui agli articoli 62-quater e 62-quinquies del TUA) possono versare entro il 31 ottobre 2020 gli importi dovuti per i periodi contabili dei mesi di aprile e maggio 2020. Viene precisata tuttavia la debenza degli interessi legali, calcolati giorno per giorno.

 

Si ricorda che in materia di accisa sui tabacchi la legge di bilancio 2020 (articolo 1, comma 659 della legge n. 160 del 2019) ha innalzato l'importo dell'accisa minima e dell'onere fiscale minimo (quest'ultimo valevole per le sigarette) sui tabacchi lavorati, nonché l'importo dell'aliquota di base sui predetti prodotti.

In primo luogo viene innalzato l'importo dell'accisa minima gravante su sigari, sigaretti e tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette, che per tali prodotti aumenta rispettivamente da 30 a 35 euro, da 32 a 37 euro, da 125 a 130 euro.

Viene altresì elevato l'onere fiscale minimo sulle sigarette, che sale dal 95,22 per cento al 96,22 per cento della somma dell'accisa globale e dell'IVA, calcolate con riferimento al prezzo medio ponderato delle sigarette. 

Viene poi modificato l'allegato I al Testo Unico Accise, al fine di elevare le aliquote di base sui tabacchi lavorati – la componente che serve a calcolare l'accisa globale, che a sua volta fa parte dell'accisa complessiva - nonché di unificare il prelievo sul tabacco da fiuto o da mastico.

Le aliquote di base dei tabacchi lavorati sono così rideterminate:

§  sigari: dal 23 al 23,5 per cento (la cui entrata in vigore è prorogata al 1° gennaio 2021 dal decreto legge n. 162 del 2019;

§  sigaretti: dal 23,5 al 24 per cento; 

§  sigarette: dal 59,5 al 59,8 per cento;

§  tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette dal 56,00 al 59 per cento;

§  altri tabacchi da fumo dal 56 al 56,5 per cento;

§  tabacco da fiuto e da mastico, dal 24,78 al 25,28 per cento.

Già la legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi 1074-1078) aveva elevato la misura dell'accisa gravante sui tabacchi lavorati: in particolare, è stata innalzata la componente specifica per il calcolo dell'accisa complessiva delle sigarette e l'accisa minima applicabile ad altri tabacchi lavorati, incrementando inoltre l'onere fiscale minimo per le sigarette e le aliquote base per il calcolo delle accise per sigarette, sigari e sigaretti. 

Inoltre la medesima legge di bilancio 2020 (comma 660) introduce una nuova imposta di consumo sui prodotti accessori al consumo dei tabacchi da fumo, ovvero filtri e cartine, nella misura di 0,0036 euro il pezzo.

 

 


 

Articolo 163-bis
(Potenziamento Agenzia delle Dogane)

 

 

L'articolo 163-bis, introdotto dalla Camera dei deputati, estende al 2021 e al 2022 l'incremento di otto milioni di euro delle risorse variabili del Fondo risorse decentrate dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, originariamente disposto per il solo 2020 dal decreto-legge n. 23 del 2020.

 

La norma in esame (comma 1, lettera a) interviene, in particolare, sul comma 1 dell’articolo 31 del decreto-legge n. 23 del 2020, il quale nella formulazione vigente dispone, per l'anno 2020, l'incremento di otto milioni di euro delle risorse variabili del Fondo risorse decentrate dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, al fine di compensare lo svolgimento di maggiori prestazioni lavorative articolate su turnazioni, in considerazione dei rilevanti impegni derivanti dall’incremento delle attività di controllo presso i porti, gli aeroporti e le dogane interne in relazione all’emergenza sanitaria.

 

Con le modifiche in commento:

§  l’incremento di otto milioni è disposto anche per gli anni 2021 e 2022;

§  viene precisato dunque (lettera b) del comma 1) che tale incremento è effettuato anche in relazione all’emergenza sanitaria.

 

La lettera c) prevede che la compensazione degli effetti finanziari derivanti dalle norme in commento, pari a 4,12 milioni di euro per gli anni 2021 e 2022, avvenga mediante riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione dei contributi pluriennali (articolo 6, comma 2 del decreto-legge n. 154 del 200).


 

Articolo 164
(Valorizzazione del patrimonio immobiliare)

 

 

L’articolo 164 provvede innanzitutto ad apportare alcune modifiche terminologiche alla disciplina del conferimento di beni pubblici ai fondi comuni d'investimento immobiliare al fine di precisare i soggetti coinvolti (comma 1).

Inoltre (comma 2), prevede che il Ministero della difesa, in caso di gare deserte, possa procedere alla dismissione unitaria di più immobili liberi inseriti in un unico fabbricato ovvero comprensorio abitativo, senza il riconoscimento del diritto di preferenza per il personale militare e civile del Ministero della difesa stesso.

Per effetto di una modifica introdotta nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati (comma 2-bis), l'articolo modifica la disciplina di deroga al divieto per le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici territoriali e gli altri soggetti pubblici di acquistare gli immobili pubblici oggetto di riordino, gestione e valorizzazione.

Infine (comma 3), si modifica la disciplina delle concessioni di valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni immobili del Ministero della difesa.

 

Il comma 1 apporta le seguenti modificazioni all’articolo 33, comma 4, ultimo periodo, del decreto-legge n. 98 del 2011:

a)   le parole “degli enti territoriali nonché da parte degli enti pubblici, anche economici, strumentali delle regioni” sono sostituite dalle seguenti: “di regioni, provincie, comuni anche in forma consorziata o associata ai sensi del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL - decreto legislativo n. 267 del 2000), e di altri enti pubblici ovvero di società interamente partecipate dai predetti enti”;

b)   le parole “ciascuna regione” sono sostituite dalle seguenti: “ciascuno di detti soggetti”.

 

Si rammenta che l’articolo 33, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011 disciplina la destinazione funzionale dei beni oggetto di conferimento o trasferimento ai fondi comuni d'investimento immobiliare, di cui ai commi 2, 8-ter e 8-quater del medesimo articolo 33, fondi promossi al fine di valorizzare il patrimonio immobiliare pubblico.

 

Secondo quanto chiarito dal Governo nella relazione illustrativa e nella relazione tecnica, le modifiche avrebbero lo scopo di precisare i soggetti coinvolti nelle operazioni di apporto ai fondi, allineando così la terminologia a quella usata nei predetti commi 2, 8-ter e 8-quater. Quindi si fa riferimento non più, genericamente, a enti territoriali ed enti pubblici strumentali delle regioni, ma, più precisamente, a regioni, provincie, comuni anche in forma consorziata o associata ai sensi del TUEL e altri enti pubblici ovvero società interamente partecipate dai predetti enti.

 

Il comma 2 aggiunge all’articolo 306 del decreto legislativo n. 66 del 2010 il comma 5-bis, ai sensi del quale, nel rispetto delle finalità del programma pluriennale di cui all’articolo 297 (Programma pluriennale per gli alloggi di servizio costituenti infrastrutture militari e opere destinate alla difesa nazionale) ed allo scopo di rendere più celeri le procedure di alienazione degli alloggi di cui al comma 3, il Ministero della difesa, in caso di gare deserte, può procedere alla dismissione unitaria di più immobili liberi inseriti in un unico fabbricato ovvero comprensorio abitativo, mediante la procedura ad evidenza pubblica di cui all’articolo 307, comma 10.  Il valore dei beni da porre a base d’asta è stabilito con decreto del Ministero della difesa – Direzione dei lavori e del demanio del Segretariato generale della difesa sulla base del valore dei singoli alloggi costituenti il lotto in vendita. Tali dismissioni sono effettuate senza il riconoscimento del diritto di preferenza per il personale militare e civile del Ministero della difesa di cui al comma 3.

 

L'articolo 306 (Dismissione degli alloggi di servizio del Ministero della difesa) del decreto legislativo n. 66 del 2010 (Codice dell'ordinamento militare) disciplina la dismissione degli alloggi di servizio del Ministero della difesa non realizzati su aree ubicate all'interno di basi, impianti, installazioni militari o posti al loro diretto e funzionale servizio, si applicano le disposizioni del presente articolo.

 

Nella relazione illustrativa e nella relazione tecnica, il Governo chiarisce che il comma 2 si propone di razionalizzare le procedure di dismissione del patrimonio alloggiativo del Ministero della difesa rendendo più appetibile sul mercato la specifica offerta che sarà aperta direttamente a imprenditori del settore, ovvero a cooperative private.

Il Governo evidenzia che l'articolo 297, comma 1, del predetto decreto legislativo n. 66 del 2010 stabilisce che, in relazione alle esigenze derivanti dalla riforma strutturale connessa al nuovo modello delle Forze armate, conseguito alla sospensione del servizio obbligatorio di leva, il Ministero della difesa predispone, con criteri di semplificazione, di razionalizzazione e di contenimento della spesa, un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio di cui all'articolo 231, comma 4, il quale attiene agli immobili appartenenti al demanio militare e al demanio culturale in consegna alla Difesa.

Lo stesso Ministero, allo scopo di conseguire tale obiettivo, ha avviato l'alienazione degli alloggi di servizio non più funzionali ai fini istituzionali delle Forze Armate, individuando 3.022 alloggi da alienare.

Ad oggi, prosegue il Governo, la maggior parte delle vendite è stata finalizzata a favore del personale della Difesa occupante gli alloggi stessi, mentre la vendita all'asta di quelli liberi si è dovuta confrontare con un mercato immobiliare non sempre favorevole.

La disposizione in esame si renderebbe necessaria a causa della non completa efficacia dei meccanismi di vendita delle singole unità immobiliari.

 

Il comma 2-bis, inserito nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, dispone la sostituzione del comma 17-bis dell'articolo 3 (recante le modalità di cessione degli immobili pubblici oggetto di riordino, gestione e valorizzazione) del decreto-legge n. 351 del 2001.

 

Occorre considerare innanzitutto che l'articolo 3, comma 17, terzo periodo, del decreto-legge n. 351 del 2001 sopra richiamato, dispone il divieto per le amministrazioni dello Stato, gli enti pubblici territoriali e gli altri soggetti pubblici di acquistare i beni immobili di cui al medesimo decreto 351. Ai sensi del quarto periodo del medesimo comma 17, tale divieto non si applica agli enti pubblici territoriali che intendono acquistare beni immobili ad uso non residenziale per destinarli a finalità istituzionali degli enti stessi.

 

Il nuovo testo del comma 17-bis, introdotto nel corso dell'esame alla Camera dei deputati, dispone che il divieto di cui al terzo periodo del comma 17 sopra menzionato non si applica agli enti pubblici territoriali che intendono acquistare, sulla base dei valori correnti di mercato, unità immobiliari residenziali, escluse quelle di pregio ai sensi del comma 13, poste in vendita, ai sensi dell'articolo del decreto-legge n. 351 del 2001, che risultano libere, ovvero che intendono acquistare, con le diminuzioni di prezzo previste dal primo (30% del prezzo di mercato) e, in caso di acquisto di un intero immobile, dal secondo periodo del comma 8 (ulteriore abbattimento del prezzo di mercato secondo i coefficienti in vigore), unità immobiliari a uso residenziale poste in vendita ai sensi dell'articolo 3 del medesimo decreto-legge n. 351 del 2001, locate ai medesimi enti pubblici territoriali al fine di fronteggiare l'emergenza abitativa o per le quali non sia stato esercitato il diritto di opzione da parte dei conduttori che si trovano nelle condizioni di disagio economico di cui al comma 4, ai fini dell'assegnazione delle unità immobiliari ai predetti soggetti.

 

Il nuovo testo del comma 17-bis, come modificato dalla Camera, differisce da quello vigente per le seguenti previsioni:

-          precisa che l'acquisto dovrà avvenire sulla base dei valori correnti di mercato;

-          esclude le unità immobiliari di pregio;

-          estende l'applicazione alle unità immobiliari locate ai medesimi enti territoriali al fine di fronteggiare l'emergenza abitativa;

-          non prevede più la possibilità che, ai fini dell'acquisto di immobili di cui al comma 1 dell'articolo 3 del medesimo decreto-legge n. 351 del 2001, le regioni, i comuni e gli altri enti pubblici territoriali possano costituire società per azioni, anche con la partecipazione di azionisti privati individuati tramite procedura di evidenza pubblica.

 

Il comma 3 inserisce all’articolo 3-ter, comma 13, del decreto-legge n. 351 del 2001, dopo il primo periodo, un ulteriore periodo ai sensi del quale, in considerazione della specificità degli immobili militari, le concessioni e le locazioni di cui al medesimo comma sono assegnate dal Ministero della difesa con procedure ad evidenza pubblica, per un periodo di tempo commisurato al raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa e comunque non eccedente i cinquanta anni, e per le stesse può essere riconosciuta, nei suddetti limiti temporali, la costituzione di un diritto di superficie ai sensi degli articoli 952 e seguenti del codice civile.

Conseguentemente, il quinto periodo dell’articolo 3-ter, comma 13, del decreto-legge n. 351 del 2001, è integrato con il riferimento alla scadenza del termine di durata del diritto di superficie.

 

Si rammenta che l'articolo 3-bis del decreto-legge n. 351 del 2001 disciplina le concessioni di valorizzazione e utilizzazione a fini economici dei beni immobili.  In particolare, il predetto articolo 3-bis stabilisce, tra l'altro, che i beni immobili di proprietà dello Stato individuati ai sensi dell'articolo 1 possono essere concessi o locati a privati, a titolo oneroso, ai fini della riqualificazione e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero, restauro, ristrutturazione anche con l'introduzione di nuove destinazioni d'uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o attività di servizio per i cittadini, ferme restando le disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio. Il comma 4, in particolare, stabilisce che le concessioni e le locazioni di cui al presente articolo sono assegnate con procedure ad evidenza pubblica, per un periodo di tempo commisurato al raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa e comunque non eccedente i cinquanta anni.

 

Il successivo articolo 3-ter, comma 13, del medesimo decreto-legge 351 del 2001, dispone che, per garantire la conservazione, il recupero e il riutilizzo degli immobili non necessari in via temporanea alle finalità di difesa dello Stato è consentito, previa intesa con il Comune e con l'Agenzia del demanio, per quanto di sua competenza, l'utilizzo dello strumento della concessione di valorizzazione di cui all'articolo 3-bis sopra richiamato.

La relazione tecnica non ascrive all'articolo alcun effetto sulla finanza pubblica.


 

 

Titolo VII – Disposizioni per la tutela del risparmio nel settore creditizio

Capo I -  Garanzia dello Stato su passività di nuova emissione

Articoli 165-167
(Garanzia dello Stato su passività di nuova emissione)

 

 

L'articolo 165 autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) a concedere la garanzia dello Stato su passività delle banche aventi sede legale in Italia, nonché al fine di integrare il valore di realizzo del collaterale stanziato da banche italiane a garanzia di finanziamenti erogati dalla Banca d'Italia per fronteggiare gravi crisi di liquidità (erogazione di liquidità di emergenza - ELA), fino a un valore nominale di 19 miliardi di euro, nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato.

L'articolo 166 definisce le (ulteriori) condizioni per la concessione della garanzia dello Stato su passività delle banche aventi sede legale in Italia. Tali condizioni sono riferite al rispetto dei requisiti di fondi propri ovvero, nel caso in cui tali requisiti non risultino rispettati ma la banca abbia comunque patrimonio netto positivo, all'urgente bisogno di sostegno della liquidità, a seguito della positiva decisione della Commissione europea sulla compatibilità dell'intervento con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato. L'articolo 167, infine, stabilisce che, per quanto non previsto dagli articoli 165 e 166, si applica il Capo I del decreto legge n. 237 del 2016 che disciplina il medesimo oggetto delle norme in esame, ad eccezione dell’articolo 3, comma 2, che stabilisce un limite all'importo da destinare alla singola banca.

 

L'articolo 165, comma 1, autorizza il MEF, nei sei mesi successivi all’entrata in vigore del decreto in esame, a concedere la garanzia dello Stato su passività delle banche aventi sede legale in Italia (comma 2) fino a un valore nominale di 19 miliardi di euro, in conformità a quanto previsto dal Titolo VIII (disposizioni per la tutela del risparmio nel settore creditizio), Capo I (garanzia dello Stato su passività di nuova emissione), del provvedimento in esame, e nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato.

Il comma 1 specifica che la finalità di tale intervento è quella di evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria, ai sensi della disciplina attuativa della direttiva 2014/59/UE (Bank Recovery and Resolution Directive - BRRD) che, insieme al regolamento (UE) n. 806/2014 (Single Resolution Mechanism Regulation - SRMR), definisce un sistema armonizzato di regole sul risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie. La normativa di recepimento della direttiva BRRD è contenuta nei decreti legislativi n. 180 del 2015, n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB) e n. 58 del 1998 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria - TUF).

Ai sensi di tale disciplina, la necessità di un sostegno finanziario pubblico rappresenta una delle situazioni per cui una banca viene considerata in dissesto o a rischio di dissesto, circostanza che costituisce uno dei presupposti necessari per l'avvio della procedura di risoluzione. L'articolo 18, comma 1, del decreto legislativo n. 180 del 2015 e l'articolo 18, paragrafo 4 del SRMR, specificano le condizioni verificate le quali può essere concesso un sostegno finanziario pubblico a una banca senza che questa venga considerata in dissesto o a rischio di dissesto. In particolare, ciò si verifica nel caso in cui, per evitare o porre rimedio a una grave perturbazione dell'economia e preservare la stabilità finanziaria, il sostegno finanziario pubblico straordinario viene concesso:

a)    in una delle seguenti forme:

i) una garanzia dello Stato a sostegno degli strumenti di liquidità forniti dalla banca centrale alle condizioni da essa applicate;

ii) una garanzia dello Stato sulle passività di nuova emissione;

iii) la sottoscrizione di fondi propri o l'acquisto di strumenti di capitale effettuati a prezzi e condizioni che non conferiscono un vantaggio alla banca, se al momento della sottoscrizione o dell'acquisto questa non versa in una delle situazioni (ulteriori rispetto alla concessione del sostegno finanziario pubblico) per cui viene considerata in dissesto o a rischio di dissesto, né ricorrono i presupposti per la riduzione o la conversione di azioni e altri strumenti di capitale computabili nei fondi propri, unicamente per far fronte a carenze di capitale evidenziate nell'ambito di prove di stress condotte a livello nazionale, dell'Unione europea, o del Meccanismo di vigilanza unico, o nell'ambito delle verifiche della qualità degli attivi o di analoghi esercizi condotti dalla Banca centrale europea (BCE), dall'Autorità bancaria europea (ABE) o da autorità nazionali;

b)   nonché a condizione che il sostegno finanziario pubblico straordinario:

i) sia erogato previa approvazione ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato e, nei casi di cui alla lettera a), punti i) e ii), sia riservato a banche con patrimonio netto positivo;

ii) sia adottato su base cautelativa e temporanea, in misura proporzionale alla perturbazione dell'economia; e

iii) non venga utilizzato per coprire perdite che la banca ha registrato o verosimilmente registrerà nel prossimo futuro.

 

Il comma 3 specifica che la garanzia può essere concessa solo dopo la positiva decisione della Commissione europea sul regime di concessione della garanzia o, nel caso previsto dall'articolo 165, comma 2, sulla notifica individuale.

 

Ai sensi del comma 4, inoltre, il MEF può rilasciare, entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto in esame, fermi restando i limiti indicati nel comma 1, la garanzia statale per integrare il valore di realizzo del collaterale stanziato da banche italiane a garanzia di finanziamenti erogati dalla Banca d'Italia per fronteggiare gravi crisi di liquidità (erogazione di liquidità di emergenza - ELA), in conformità con gli schemi previsti dalla Banca centrale europea.

Le operazioni di Emergency Liquidity Assistance (ELA) sono operazioni straordinarie di finanziamento concesse a istituzioni finanziarie solvibili (di norma banche) in crisi temporanea di liquidità. Attraverso queste operazioni la Banca d'Italia può fornire, su base discrezionale, credito di ultima istanza nella forma di prestiti temporanei a fronte di adeguate garanzie. Il "collaterale" rappresenta proprio l'attività finanziaria che può essere stanziata a garanzia di una operazione di finanziamento.

 

Il periodo di sei mesi entro i quali possono essere concesse le garanzie statali sulle passività e quelle integrative del valore di realizzo di collaterali stanziati nelle operazioni di ELA, può essere esteso (comma 5) con decreto Ministro dell'economia e delle finanze fino a un massimo di ulteriori sei mesi, previa approvazione da parte della Commissione europea.

 

Il comma 6 dell'articolo 165 chiarisce che, nella disciplina in esame, per Autorità competente si intende la Banca d'Italia o la BCE secondo le modalità e nei casi previsti dal regolamento (UE) n. 1024/2013.

Il regolamento (UE) n. 1024/2013 (Single Supervisory Mechanism Regulation - SSMR) definisce la ripartizione delle attività di vigilanza e i meccanismi di cooperazione fra la BCE e le banche centrali nazionali, con riferimento al sistema armonizzato di criteri e requisiti minimi riferiti all'organizzazione, al capitale e ad altri strumenti che una banca deve detenere affinché si possa ritenere che sia in grado di operare in condizioni di sicurezza e di far fronte autonomamente alle perdite operative. Tali regole costituiscono i principi e i parametri da rispettare per assicurare una gestione sana e prudente degli enti creditizi e la prima linea (preventiva) di difesa contro le crisi che possono colpire i soggetti che svolgono attività legate al credito. La BCE vigila direttamente sul rispetto dei requisiti prudenziali da parte delle banche che hanno attività superiori ai 30 miliardi di euro oppure che rappresentano almeno il 20 per cento del PIL del loro Paese. (le banche "significative"). Le altre banche sono soggette alla vigilanza delle autorità nazionali, nell’ambito degli indirizzi formulati dalla BCE e di un’azione di supervisione comunque svolta da quest’ultima prevalentemente sulla base di informazioni trasmesse dalle autorità di vigilanza nazionali. Per ulteriori approfondimenti sulle riforme del sistema bancario a livello nazionale ed europeo si fa rinvio al relativo dossier.

 

Il comma 7 dispone l'istituzione, nello stato di previsione del MEF, di un fondo a copertura delle garanzie concesse ai sensi delle norme in esame, con una dotazione di 30 milioni di euro per l’anno 2020. Per la gestione del fondo è autorizzata l’apertura di apposito conto corrente di tesoreria centrale. Il successivo comma 8 specifica che i corrispettivi delle garanzie concesse sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al fondo. Le risorse del Fondo non più necessarie, quantificate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato.

 

L'articolo 166, del decreto in esame definisce le (ulteriori) condizioni per la concessione della garanzia dello Stato su passività delle banche aventi sede legale in Italia. Tali condizioni sono riferite al rispetto dei requisiti di fondi propri stabiliti dall'articolo 92 del regolamento (UE) n. 575/2013 (Capital Requirements Regulation - CRR) ovvero, nel caso in cui tali requisiti non risultino rispettati ma la banca abbia comunque patrimonio netto positivo, all'urgente bisogno di sostegno della liquidità, a seguito della positiva decisione della Commissione europea sulla compatibilità dell'intervento con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato applicabile alle misure di sostegno alla liquidità nel contesto della crisi finanziaria.

 

In particolare, il comma 1 dell'articolo 166 stabilisce che la concessione della garanzia su passività di nuova emissione è effettuata sulla base della valutazione caso per caso da parte dell'Autorità competente (BCE o Banca d'Italia a seconda della "significatività" della banca) del rispetto dei requisiti di fondi propri di cui all'articolo 92 del CRR, su base individuale e consolidata, alla data dell'ultima segnalazione di vigilanza disponibile. Se nei sei mesi precedenti la data di entrata in vigore del decreto legge in esame sono state svolte prove di stress a livello dell'Unione europea o del Meccanismo di vigilanza unico (Single Supervisory Mechanism - SSM) o sono stati condotti dalla BCE o dall'ABE verifiche della qualità degli attivi o analoghi esercizi, la valutazione dell’Autorità competente riguarda altresì l’inesistenza di carenze di capitale evidenziate da dette prove, verifiche o esercizi. Per carenza di capitale si intende l'inadeguatezza attuale o prospettica dei fondi propri rispetto alla somma dei requisiti di fondi propri di cui all'articolo 92 del CRR, su base individuale e consolidata, e degli eventuali requisiti specifici di carattere inderogabile stabiliti dall'Autorità competente.

L'articolo 92 del CRR stabilisce tre coefficienti che quantificano l'ammontare di capitale primario di classe 1 (4,5 per cento), capitale di classe 1 (6 per cento) e capitale totale (8 per cento), espresso in percentuale dell'importo complessivo dell'esposizione al rischio, che le banche devono necessariamente detenere ai fini della sana e prudente gestione.

Ove tale requisito non risulti rispettato, il comma 2 dell'articolo 166 consente comunque la concessione della garanzia, subordinatamente al rispetto di tre condizioni: il patrimonio netto della banca risulti positivo, la banca abbia urgente bisogno di sostegno della liquidità e la Commissione europea si sia espressa positivamente sulla compatibilità dell'intervento con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato applicabile alle misure di sostegno alla liquidità nel contesto della crisi finanziaria.

 

Il comma 3 chiarisce, inoltre, che le banche alle quali viene concessa la garanzia devono svolgere la propria attività in modo da non abusare del sostegno ricevuto né conseguire indebiti vantaggi per il tramite dello stesso, in particolare nelle comunicazioni commerciali rivolte al pubblico.

 

L'articolo 167, infine, stabilisce che, per quanto non previsto dagli articoli 165 e 166, si applica il Capo I del decreto legge n. 237 del 2016, ad eccezione degli articoli 3, comma 2, e 4, comma 3.

 L'articolo 3, comma 2 del richiamato decreto, fra i limiti applicabili alla concessione della garanzia, indica che, per ciascuna banca, l'ammontare massimo complessivo delle operazioni di sostegno non avrebbe potuto, di norma, eccedere i fondi propri a fini di vigilanza. Il successivo articolo 4, comma 3, stabilisce che la garanzia dello Stato può essere concessa anche a favore di una banca in risoluzione o di un ente-ponte di cui al decreto legislativo n. 180 del 2015.

 

Il Capo I del decreto legge n. 237 del 2016 disciplina il medesimo oggetto delle norme in esame, ovvero la concessione della garanzia dello Stato sulle passività delle banche aventi sede legale in Italia (articoli 1-9) e sui finanziamenti erogati discrezionalmente dalla Banca d'Italia alle banche italiane per fronteggiare gravi crisi di liquidità (ELA, articoli 10-11).

In base alle disposizioni del decreto, al quale viene fatto rinvio per quanto non previsto dal decreto in esame, la garanzia è concessa dal MEF nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato, sulla base di una decisione positiva della Commissione europea sul regime di concessione della garanzia o, nel caso la banca beneficiaria soffra di una carenza di capitale, sulla notifica individuale.

Per accedere alla garanzia gli strumenti di debito devono essere emessi successivamente all'entrata in vigore del decreto legge, con durata residua non inferiore a tre mesi e non superiore a cinque anni (o a sette anni per le obbligazioni bancarie già assistite da una forma di garanzia), e rimborso del capitale in un’unica soluzione a scadenza; essi inoltre devono essere a tasso fisso, in euro, senza clausole di subordinazione nel rimborso del capitale e nel pagamento degli interessi, non devono essere titoli strutturati o prodotti complessi.

L'ammontare delle garanzie è limitato a quanto strettamente necessario per ripristinare la capacità di finanziamento a medio-lungo termine della banca beneficiaria.

La garanzia è onerosa, incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta e copre il capitale e gli interessi. Il valore nominale degli strumenti finanziari con durata superiore ai 3 anni sui quali può essere prestata la garanzia non può eccedere un terzo del valore nominale totale degli strumenti finanziari emessi dalla banca. Sono escluse dalla garanzia le passività computabili nei fondi propri a fini di vigilanza.

Nel caso di banche con urgente bisogno di sostegno alla liquidità, la garanzia può essere concessa, su strumenti finanziari con scadenza non superiore a due mesi, in deroga al limite minimo di durata di tre mesi ordinariamente fissato dalle norme in commento.

Il corrispettivo per la garanzia è determinato caso per caso, sommando a una commissione base una commissione quantificata sulla base della valutazione del rischio di ciascuna operazione, in linea con le comunicazioni della Commissione in materia.

La richiesta della garanzia è presentata secondo un modello predisposto dal Dipartimento del Tesoro, il quale la concede sulla base di una valutazione positiva dell'autorità di vigilanza. A specifiche condizioni, la banca è tenuta a presentare un piano di ristrutturazione per confermare la redditività e la capacità di raccolta a lungo termine senza ricorso al sostegno pubblico, da sottoporre alla Commissione europea.

Qualora una banca non sia in grado di adempiere all'obbligazione garantita, invia, entro 30 giorni dalla scadenza, una richiesta motivata all'autorità di vigilanza e al Tesoro, il quale provvede al pagamento. La banca rimborsa le somme pagate dallo Stato con l’applicazione di interessi al tasso legale e, contestualmente, essa presenta un piano di ristrutturazione da sottoporre alla Commissione europea. Le somme corrisposte dal Tesoro agli istituti di credito per onorare la garanzia sono vincolate per destinazione e non aggredibili da altri creditori della banca a diverso titolo.

Per ulteriori approfondimenti si fa rinvio alle schede di lettura del decreto legge n. 237 del 2016.

 

Il sistema armonizzato di regole sul risanamento e la risoluzione delle crisi bancarie, insieme alle regole che definiscono un sistema armonizzato di requisiti minimi riferiti al capitale e ad altri strumenti che una banca deve detenere affinché si possa ritenere che sia in grado di operare in condizioni di sicurezza e di far fronte autonomamente alle perdite operative, contenute nella direttiva CRD 2013/36/UE (Capital Requirements Directive - CRD) e nel regolamento (UE) n. 575/2013 (Capital Requirements Regulation - CRR), atti sui quali vigilano la Banca Centrale Europea (BCE) e le banche centrali nazionali, secondo i meccanismi di cooperazione stabiliti dal regolamento (UE) n. 1024/2013 (Single Supervisory Mechanism Regulation - SSMR), costituiscono il codice unico (single rulebook) del settore a livello europeo.

Con l'entrata in vigore della BRRD e del SRMR è stato definito il quadro giuridico del Meccanismo di risoluzione unico delle banche e delle società di intermediazione mobiliare (SIM) che prestano servizi che comportano l’assunzione di rischi in proprio (Single Resolution Mechanism - SRM), complementare al Meccanismo di vigilanza unico (Single Supervisory Mechanism - SSM) con l’obiettivo di preservare la stabilità finanziaria dell’area dell’euro mediante un sistema unitario delle procedure di risoluzione. È altresì prevista l’istituzione di un Fondo di risoluzione unico per il finanziamento dei programmi di risoluzione (Single Resolution Fund - SRF) alimentato dai contributi degli intermediari dei paesi dell’area dell’euro con un piano di versamenti distribuito in 8 anni.

Il sistema è formato dalle autorità nazionali di risoluzione (National Resolution Authority - NRA) e dal Comitato di risoluzione unico (Single Resolution Board - SRB), un’agenzia europea per l’esercizio delle funzioni di risoluzione, nel cui consiglio sono presenti anche i rappresentanti delle autorità nazionali. Il sistema di risoluzione unico ha l'obiettivo di assicurare la gestione efficace delle crisi delle banche "significative" (sostanzialmente tutte le banche che hanno un attivo superiore ai 30 miliardi di euro) o con operatività transfrontaliera nell’area dell’euro e delle principali SIM, superando i problemi determinati dalla frammentazione delle procedure su base nazionale. Il Comitato di risoluzione unico assume le decisioni in merito ai piani di risoluzione e all’avvio della risoluzione e individua le azioni più idonee al raggiungimento degli obiettivi fissati dalla disciplina europea. Le autorità nazionali di risoluzione, oltre a partecipare alle decisioni del Comitato, sono responsabili dell’attuazione delle concrete misure di risoluzione.

Le autorità nazionali di risoluzione (per l'Italia il ruolo è stato attribuito alla Banca d'Italia) rimangono altresì responsabili della gestione delle crisi degli intermediari meno significativi. Nello svolgimento di tali attività le NRA agiscono nell’ambito degli orientamenti e delle linee guida stabiliti dal Comitato di risoluzione unico che, in casi eccezionali, può esercitare poteri di sostituzione assicurando l’effettiva unitarietà del Meccanismo.

Sia il SRB sia le autorità nazionali si avvalgono degli strumenti di gestione delle crisi introdotti dalla BRRD. Tale quadro prevede in primo luogo che gli enti creditizi siano costantemente preparati ad affrontare un deterioramento della propria situazione finanziaria, adottando e tenendo aggiornato un piano di risanamento che preveda l’adozione da parte dell’ente di misure volte al ripristino della sua situazione finanziaria. Il piano costituisce un vero e proprio requisito di governo societario anche ai fini della direttiva CRD. Il piano è basato su un complesso di indicatori della situazione finanziaria concordati fra l'ente e l'autorità di risoluzione, che vengono monitorati per identificare le circostanze in cui risulti opportuno mettere in atto specifiche azioni di risanamento definite in via preventiva.

Così come gli enti devono essere preparati a gestire il deterioramento della situazione finanziaria, le autorità di risoluzione devono essere preparate a gestire i casi in cui questo deterioramento conduca al dissesto o al rischio di dissesto dell'ente. Il piano di risoluzione della crisi, preparati di norma con l'assistenza degli enti stessi, non deve presupporre interventi di salvataggio esterno (bail-out). La risoluzione di un ente s’intende possibile quando all’autorità di risoluzione risulta fattibile e credibile liquidare l’ente con procedura ordinaria di insolvenza oppure risolverne la crisi applicando all’ente i vari strumenti di risoluzione ed esercitando nei suoi confronti i diversi poteri di risoluzione, evitando il più possibile qualsiasi effetto negativo significativo, comprese situazioni di instabilità finanziaria più ampia o di eventi a livello sistemico, sul sistema finanziario dello Stato membro in cui l’ente è stabilito o di altri Stati membri dell’Unione e nella prospettiva di assicurare la continuità delle funzioni essenziali svolte dall’ente. Le autorità di risoluzione notificano con tempestività all’ABE quando la risoluzione di un ente non viene ritenuta possibile. In sostanza, il Comitato valuta se la banca possa essere liquidata nell’ambito delle procedure di insolvenza nazionali. Questo è l’approccio convenzionale, a meno che il Comitato non giunga alla conclusione che sia nel pubblico interesse procedere alla risoluzione.

La BRRD identifica una serie di misure di intervento precoce attivabili dall'autorità di vigilanza prudenziale ai sensi del CRR qualora un ente violi o appaia prossimo a violare i requisiti prudenziali, a causa tra l’altro di un rapido deterioramento della situazione finanziaria, del peggioramento della situazione di liquidità, del rapido aumento dei livelli di leva finanziaria, dei crediti in sofferenza o della concentrazione di esposizioni. Tali opzioni di intervento, vanno ad integrare il quadro dei poteri di vigilanza prudenziale stabilito dall'articolo 104 della CRD, si sostanziano nella richiesta rivolta all'organo amministrativo dell'ente di intraprendere specifiche azioni volte a risanare la situazione finanziaria, e sono assistite dalla facoltà di esigere la rimozione dell’alta dirigenza o dell’organo di amministrazione dell’ente, nella sua totalità o per quanto riguarda singole persone e dal potere di nomina della nuova alta dirigenza o dell’organo di amministrazione. 

Le misure di intervento precoce sono esemplificative delle aree di interconnessione fra la disciplina prudenziale e la disciplina del risanamento e della risoluzione (per un approfondimento su CRD e CRR, si fa rinvio alla scheda di lettura dell'articolo 10 del disegno di legge in esame). Proprio al fine di gestire tali aree, il considerando 54 del regolamento SRMR prevede che il Comitato di risoluzione, le autorità nazionali di risoluzione e le autorità competenti, compresa la Banca centrale europea, dovrebbero all'occorrenza concludere (e riesaminare periodicamente) un memorandum d'intesa che descriva i termini generali della reciproca cooperazione nello svolgimento dei rispettivi compiti previsti dalla legislazione dell'Unione.

Qualora tutte le azioni di risanamento e intervento precoce non fossero in grado di evitare il rischio di dissesto, la BRRD prevede l'avvio di un'azione di risoluzione (articoli 31 e seguenti della BRRD), finalizzata a garantire la continuità delle funzioni essenziali; evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria; salvaguardare i fondi pubblici riducendo al minimo il ricorso al sostegno finanziario pubblico straordinario; tutelare i depositanti, gli investitori e i clienti.

 Gli strumenti principali che le relative autorità possono applicare per la risoluzione di una crisi bancaria sono elencati dall'articolo 37 della BRRD: vendita dell'attività d'impresa, creazione di un ente-ponte, separazione delle attività (applicabile solo se abbinato a un altro strumento di risoluzione), salvataggio interno mediante svalutazione o conversione in capitale delle passività ammissibili (bail-in).

 

La BRRD è stata modificata dalla direttiva (UE) 2019/879, la cui attuazione è oggetto del disegno di Legge di delegazione europea 2019, in corso di esame in commissione presso il Senato (A.S. 1721), che reca inoltre criteri per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del SRMR.

 

 

 


 

Capo II -  Regime di sostegno pubblico per l'ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di
banche di ridotte dimensioni

Articoli 168-175
(Regime di sostegno pubblico per l’ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa
di banche di ridotte dimensioni)

 

 

Gli articoli da 168 a 175 istituiscono un regime di sostegno pubblico per l'ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche, diverse dalle banche di credito cooperativo, con attività totali di valore pari o inferiore a 5 miliardi di euro (articolo 168). A tal fine, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato a concedere il sostegno pubblico alle operazioni di trasferimento a una banca acquirente di attività e passività, di azienda, rami d’azienda nonché di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco  della banca in liquidazione coatta amministrativa (articolo 169). L'ammontare complessivo massimo degli oneri a carico dello Stato per la concessione del sostegno pubblico in esame, è pari a 100 milioni. Il comma 5 dell'articolo 169 stabilisce che tale sostegno può essere concesso a seguito della positiva decisione della Commissione europea sulla compatibilità del regime di sostegno in argomento con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato. L'articolo 170 dispone la trasmissione al MEF da parte della Banca d'Italia delle offerte vincolanti per l’acquisto di un compendio ceduto che prevedono quale condizione la concessione di misure di sostegno pubblico. Il MEF seleziona l'offerta che, nel rispetto dell'obiettivo di assicurare l’ordinato svolgimento della procedura di liquidazione coatta amministrativa, minimizza il sostegno pubblico. Ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, la cessione del compendio di cui all’articolo 169 si considera cessione di un ramo di azienda e, pertanto, è esclusa dall'ambito di applicazione dell'imposta. L'articolo 173 dispone che il MEF, sulla base degli elementi forniti dalla Banca d’Italia, presenti alla Commissione europea una relazione annuale sul funzionamento del regime di sostegno in esame.

 

L'articolo 168 definisce l'ambito di applicazione delle disposizioni contenute nel Capo II del Titolo VIII (disposizioni per la tutela del risparmio nel settore creditizio) del decreto in esame, che istituiscono un regime di sostegno pubblico per l'ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche di ridotte dimensioni. In particolare, si tratta di banche, diverse dalle banche di credito cooperativo, con attività totali di valore pari o inferiore a 5 miliardi di euro, sottoposte alla procedura prevista dall’articolo 80 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico bancario - TUB) dopo l’entrata in vigore del decreto legge in esame.

La soglia dei 5 miliardi è superiore a quella attualmente prevista (3,5 miliardi) nella Circolare Banca d’Italia n. 285/2013 per definire la classe dimensionale delle "banche di minori dimensioni o complessità operativa". Allo stesso tempo, la soglia dei 5 miliardi costituisce uno dei requisiti per identificare gli enti piccoli e non complessi ai sensi che ha modificato il regolamento (UE) n. 575/2013 (Capital Requirements Regulation - CRR), come modificato dal regolamento (UE) 2019/876 la cui attuazione è oggetto del disegno di Legge di delegazione europea 2019, in corso di esame in commissione presso il Senato (A.S. 1721). Il regolamento (UE) 2019/876, fra le opzioni discrezionali per cui è richiesta una scelta agli Stati membri, ha previsto la possibilità di individuare una soglia inferiore ai 5 miliardi di euro per la definizione di enti piccoli e non complessi (nuovo punto 145 dell’articolo 4 del CRR). Oltre ad essere caratterizzato da un valore totale delle attività in media pari o inferiore alla soglia di 5 miliardi di euro nel quadriennio immediatamente precedente, il CRR prevede una serie di requisiti ulteriori necessari per qualificare un ente "piccolo e non complesso": non essere soggetto ad alcun obbligo (o soggetto a obblighi semplificati) in relazione ai piani di risoluzione e di risanamento; avere un portafoglio di negoziazione di piccole dimensioni a norma dell'articolo 94 del CRR; avere un valore totale delle posizioni in derivati non superiore al 2 per cento del totale delle attività in bilancio e fuori bilancio e un valore totale dell'insieme delle sue posizioni in derivati non superiore al 5 per cento e operante prevalentemente nello Spazio economico europeo. L'ente non deve, inoltre, utilizzare modelli interni per soddisfare i requisiti prudenziali e non aver sollevato obiezioni contro la classificazione come “ente piccolo e non complesso” presso l'autorità competente.

 

L'articolo 80 del TUB prevede che, su proposta della Banca d’Italia o su istanza motivata degli organi amministrativi, dell’assemblea straordinaria, dei commissari straordinari o dei liquidatori, il Ministro dell’economia e delle finanze possa disporre con decreto la liquidazione coatta amministrativa delle banche, anche quando ne sia in corso l’amministrazione straordinaria ovvero la liquidazione secondo le norme ordinarie, se ricorrono i presupposti indicati nell’articolo 17 del decreto legislativo n. 180 del 2015, di recepimento della direttiva 2014/59/UE (Bank Recovery and Resolution Directive - BRRD), per cui la banca è considerata in dissesto o a rischio di dissesto, ma non quelli indicati nell’articolo 20, comma 2, del medesimo decreto, per cui non sussiste un interesse pubblico alla risoluzione della crisi attraverso il ricorso agli strumenti stabiliti dalla BRRD e dal relativo regolamento (UE) n. 806/2014 (Single Resolution Mechanism Regulation - SRMR) e la risoluzione non è necessaria e proporzionata per conseguire la stabilità finanziaria, il contenimento degli oneri a carico delle finanze pubbliche, la tutela dei depositanti e degli investitori protetti da sistemi di garanzia o di indennizzo, nonché dei fondi e delle altre attività della clientela.

I successivi articoli del TUB disciplinano gli organi della procedura (articolo 81), l'accertamento giudiziale dello stato di insolvenza (82), gli effetti del provvedimento per la banca, per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti (83), i poteri e il funzionamento degli organi liquidatori (84), gli adempimenti iniziali (85), l'accertamento dello stato passivo (86), le opposizioni a tale provvedimento (87), le insinuazioni tardive (89), la liquidazione dell'attivo (90) le restituzioni e i riparti (91), gli adempimenti finali (92), le procedure prive di risorse liquide o con risorse insufficienti (92-bis), il concordato di liquidazione (93), la sua esecuzione, la chiusura di tale procedura (94) e l'applicazione della liquidazione coatta amministrativa alle succursali di banche extracomunitarie (95).

 

L'articolo 169 stabilisce che, al fine di assicurare l’ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa delle banche di ridotte dimensioni, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato a concedere il sostegno pubblico alle operazioni di trasferimento a una banca acquirente di attività e passività, di azienda, rami d’azienda nonché di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco (definito "il compendio ceduto") della banca in liquidazione coatta amministrativa. Il sostegno, volto a favorire che i diritti da soddisfare e le attività da realizzare possano essere gestiti in blocco, può essere fornito nelle seguenti forme, anche in combinazione fra di loro:

a)   trasformazione in crediti di imposta delle attività per imposte anticipate della banca posta in liquidazione coatta amministrativa, anche laddove non iscritte nel bilancio di quest’ultima;

b)   trasformazione in crediti di imposta delle attività per imposte anticipate dell’acquirente, anche laddove non iscritte nel bilancio di quest’ultima;

c)   concessione all’acquirente di garanzie su componenti del compendio ceduto. Tale garanzia dello Stato è gratuita, a prima richiesta, incondizionata, irrevocabile ed esplicita, copre capitale, interessi e oneri accessori fino all’importo massimo garantito e prevede il concorso del beneficiario nelle perdite;

d)   erogazione all’acquirente di contributi ove le precedenti forme di sostegno pubblico non siano sufficienti.

 

Il comma 2 specifica le componenti che possono essere oggetto della trasformazione in crediti di imposta di cui alle precedenti lettere a) e b):

§  perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile ai sensi dell’articolo 84 del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR);

§  importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto calcolato secondo il regime di aiuto alla crescita economica di cui all’articolo 1, comma 4, del decreto legge n. 201 del 2011, non ancora dedotto né trasformato in credito d’imposta.

L'articolo 1 del decreto legge n. 201 del 2011 ha introdotto la disciplina dell'aiuto alla crescita economica (Ace) mediante la riduzione della imposizione sui redditi derivanti dal finanziamento con capitale di rischio. In particolare, ai fini della determinazione del reddito complessivo netto dichiarato dalle società e dagli enti indicati nell'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del TUIR, è ammesso in deduzione un importo corrispondente al rendimento nozionale del nuovo capitale proprio. Il rendimento nozionale del nuovo capitale proprio è valutato mediante applicazione di un'aliquota percentuale dell'1,3 per cento (articolo 1, comma 287 della legge n. 160 del 2019 - legge di bilancio 2020) alla variazione in aumento del capitale proprio rispetto a quello esistente alla chiusura dell'esercizio in corso al 31 dicembre 2010. La parte del rendimento nozionale che supera il reddito complessivo netto dichiarato è computata in aumento dell'importo deducibile dal reddito dei periodi d'imposta successivi ovvero si può fruire di un credito d'imposta applicando alla suddetta eccedenza le aliquote di cui agli articoli 11 e 77 del TUIR. Il credito d'imposta è utilizzato in diminuzione dell'IRAP, e va ripartito in cinque quote annuali di pari importo;

§  componenti reddituali di cui all’articolo 1, commi 1067 e 1068, della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), derivanti dall'adozione del modello di rilevazione delle perdite su crediti di cui allo standard internazionale IFRS 9;

I commi 1067 e 1068 della legge di bilancio 2019 stabiliscono che i componenti reddituali derivanti esclusivamente dall’adozione del modello di rilevazione delle perdite su crediti di cui allo standard internazionale IFRS 9, iscritti in bilancio da enti creditizi e finanziari in sede di prima adozione del medesimo principio, sono deducibili dalla base imponibile dell’imposta sul reddito delle società e dell'IRAP per il 10 per cento del loro ammontare nel periodo d’imposta di prima adozione dell’IFRS 9 e per il restante 90 per cento in quote costanti nei nove periodi d’imposta successivi. Successivamente, per effetto dell'articolo 1, comma 713 della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) la deduzione della quota del 10 per cento per il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019, è stata differita al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2028.

 

Il comma 3 specifica che il credito d’imposta derivante dalla trasformazione:

§  non è produttivo di interessi;

§  può essere utilizzato in compensazione, senza limiti di importo, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, chiesto a rimborso ovvero ceduto secondo quanto previsto dall’articolo 43-bis o dall’articolo 43-ter del D.P.R. n. 602 del 1973;

§  va indicato nella dichiarazione dei redditi e non concorre alla formazione del reddito di impresa né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).

 

Il comma 4 stabilisce l'ammontare complessivo massimo degli oneri a carico dello Stato per la concessione del sostegno pubblico in esame, pari a 100 milioni di euro eventualmente incrementati secondo le modalità di cui al successivo comma 6.

In caso di concessione di garanzie, per cui (a differenza della trasformazione di attività in crediti d'imposta e dell'erogazione di contributi) l'importo da erogare può essere solo stimato, attraverso un processo di analisi probabilistica dell'effettivo ammontare delle garanzie per le quali sarà successivamente richiesta l'escussione, il comma 3 prevede che il corrispondente ammontare del sostegno pubblico sia pari al fair value delle garanzie stesse.

Per "fair value" (valore equo) si intende il corrispettivo al quale un’attività (passività) può essere scambiata (estinta) in una libera transazione tra parti consapevoli e disponibili. Si tratta dunque di un valore teorico, risultante da un processo di stima delle variabili in grado di incidere sul valore dello strumento. 

 

Il comma 5 dell'articolo 169 stabilisce che il sostegno pubblico può essere concesso a seguito della positiva decisione della Commissione europea sulla compatibilità del regime di sostegno in argomento con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato.

Il termine entro il quale può essere concesso il sostegno è di dodici mesi dalla data della positiva decisione della Commissione sul regime di sostegno. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze tale periodo può essere esteso fino a un massimo di ulteriori dodici mesi previa approvazione da parte della Commissione europea. Nel caso sia necessaria la notifica individuale del singolo intervento, il sostegno può essere concesso ad esito della relativa autorizzazione della Commissione europea.

 

Il successivo comma 6 stabilisce inoltre che, per far fronte agli oneri derivanti dal regime di sostegno pubblico all’ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche di ridotte dimensioni è istituito nello stato di previsione del MEF un fondo di importo pari a 100 milioni di euro per il 2020. Il fondo può essere incrementato con gli eventuali minori oneri derivanti dall'attuazione delle misure di sostegno alle imprese disposte dagli articoli 55, 56 e 57 del decreto legge n. 18 del 2020

L'articolo 170 dispone la trasmissione al MEF da parte della Banca d'Italia delle offerte vincolanti per l’acquisto di un compendio ceduto che prevedono quale condizione la concessione di misure di sostegno pubblico. Sono trasmesse le sole offerte per le quali la Banca d’Italia attesta che:

a)   l’offerente ha una situazione patrimoniale, finanziaria e organizzativa idonea, anche in relazione alla dimensione dei suoi attivi rapportati a quelli del compendio ceduto, a sostenerne l’acquisizione e a integrarlo nella propria organizzazione aziendale entro un anno dall’acquisizione;

b)   tra l’offerente e la banca posta in liquidazione coatta amministrativa non sussistono rapporti di controllo ai sensi dell’articolo 23 del TUB;

c)   l’offerente è autorizzato a svolgere l'attività bancaria e le altre attività connesse del compendio ceduto;

d)   il compendio ceduto non comprende le passività assoggettabili a bail-in, indicate all'articolo 52, comma 1, lettera a), punti i), ii), iii) e iv), del decreto legislativo n. 180 del 2015.

e)    Si tratta in particolare delle riserve e del capitale rappresentato da azioni, anche non computate nel capitale regolamentare, nonché dagli altri strumenti finanziari computabili nel capitale primario di classe 1, strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1, elementi di classe 2 e debiti subordinati diversi dagli strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1 o dagli elementi di classe 2.

f)    non vi sono condizioni ostative al rilascio dell’autorizzazione alla cessione di attività e passività ai sensi dell’articolo 90, comma 2, del TUB.

L'articolo 90 del TUB disciplina il realizzo dell'attivo nell'ambito della procedura di liquidazione coatta amministrativa. Ai sensi del comma 2, i commissari, con il parere favorevole del comitato di sorveglianza e previa autorizzazione della Banca d’Italia, possono cedere attività e passività, l’azienda, rami d’azienda nonché beni e rapporti giuridici individuabili in blocco. La cessione può avvenire in qualsiasi stadio della procedura, anche prima del deposito dello stato passivo.

 

Ai sensi del comma 2, la Banca d’Italia attesta inoltre che:

a)   la cessione non è attuabile senza ricorso al sostegno pubblico, evidenziando le motivazioni per le quali il supporto pubblico è necessario per l’ordinato svolgimento della liquidazione, anche alla luce delle valutazioni espresse dal sistema di garanzia dei depositi in merito alla possibilità di effettuare interventi ai sensi dell’articolo 96-bis del TUB. Qualora vengano presentate offerte che non prevedono il sostegno pubblico la Banca d’Italia ha l'obbligo di motivarne l’esclusione;

b)   le offerte sono state individuate, anche sulla base di trattative a livello individuale, nell'ambito di una procedura aperta, concorrenziale, non discriminatoria di selezione dell'offerta di acquisto più conveniente, in conformità del quadro normativo dell’Unione europea sugli aiuti di Stato;

c)   le offerte trasmesse sono idonee a garantire la liquidazione ordinata della banca e il mantenimento della redditività a lungo termine dell'acquirente o del nuovo soggetto risultante dalla cessione.

 

Ai sensi del comma 3 dell'articolo 170, le offerte di acquisto di un compendio ceduto devono contenere gli impegni previsti ai fini del rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato, inclusa la comunicazione della Commissione europea 2013/C-216/01 (Comunicazione sul settore bancario), con particolare riguardo alle condizioni per l'autorizzazione di regimi di liquidazione ordinata  (paragrafo 6.4 della comunicazione), al divieto di utilizzo dei segni distintivi della banca in liquidazione coatta amministrativa e agli ulteriori impegni eventualmente indicati dalla Commissione europea, nella decisione di cui all’articolo 169, comma 5, al fine di limitare le distorsioni della parità concorrenziale e assicurare la redditività dell’acquirente dopo l’acquisizione.

 

Ai fini della concessione del sostegno, il successivo articolo 171 stabilisce che, tenuto conto delle attestazioni fornite dalla Banca d’Italia ai sensi dell’articolo 170, verificata la conformità con quanto previsto dalle norme in esame e con la decisione della Commissione europea di cui all'articolo 169, comma 5, selezionata l'offerta che, nel rispetto dell'obiettivo di assicurare l’ordinato svolgimento della procedura di liquidazione coatta amministrativa, minimizza il sostegno pubblico, il Ministro dell’economia e delle finanze può disporre le misure di sostegno con proprio decreto (comma 1), sottoposto al controllo preventivo di legittimità e alla registrazione della Corte dei Conti (comma 2).

L’acquirente può avvalersi delle misure di sostegno solo successivamente della cessione del compendio.

Per effetto della concessione del sostegno, al MEF è attribuito un credito nei confronti della liquidazione coatta amministrativa (comma 3). Il credito è pagato dopo i crediti prededucibili ai sensi dell'articolo 111, comma 1, numero 1), e dell'articolo 111-bis della legge fallimentare e prima di ogni altro credito. Con riferimento alle misure di cui all’articolo 169, comma 1, lettere a) e b), il credito del MEF è commisurato al valore attuale netto attribuito all’acquirente per effetto della trasformazione in crediti di imposta delle attività per imposte anticipate.

Il comma 4 specifica inoltre che se la concentrazione che deriva dall’acquisizione del compendio ceduto all’acquirente non risulta di dimensione comunitaria ai sensi del regolamento (CE) n. 139/2004, essa si intende autorizzata in deroga alle procedure previste dalle norme a tutela della concorrenza e del mercato di cui alla legge n. 287 del 1990, per rilevanti interessi generali dell'economia nazionale.

 

L'articolo 172, comma 1, dispone che, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, la cessione del compendio di cui all’articolo 169 si considera cessione di un ramo di azienda e, pertanto, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera b) del  D.P.R n. 633 del 1972, è esclusa dall'ambito di applicazione dell'imposta in quanto non è riconducibile alla cessione di beni. Agli atti aventi a oggetto la cessione del compendio si applicano le imposte di registro, ipotecaria e catastale, ove dovute, nella misura fissa di 200 euro ciascuna.

Il comma 2 specifica che al soggetto cessionario e al soggetto cedente si applicano le disposizioni previste, rispettivamente, per l’ente-ponte e per l’ente sottoposto a risoluzione dall’articolo 15 del decreto legge n. 18 del 2016.

Tale disposizione stabilisce che la cessione di diritti, attività e passività di un ente sottoposto a risoluzione a un ente-ponte non costituisce realizzo di plusvalenze o minusvalenze ai fini dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta regionale sulle attività produttive. I beni ricevuti dall'ente-ponte sono valutati fiscalmente in base agli ultimi valori fiscali riconosciuti in capo all'ente cedente. Dalla data in cui ha effetto la cessione l'ente-ponte subentra nella posizione dell'ente sottoposto a risoluzione in ordine ai diritti, attività o passività oggetto di cessione, incluse la deduzione o la tassazione dei componenti di reddito dell'ente sottoposto a risoluzione già imputati a conto economico e non ancora dedotti o tassati dallo stesso alla data della cessione, e nelle deduzioni derivanti da opzioni di riallineamento dell'avviamento e di altre attività immateriali esercitate dall'ente sottoposto a risoluzione. Le perdite di cui all'articolo 84 del TUIR dell'ente sottoposto a risoluzione sono portate in diminuzione del reddito dell'ente-ponte.

 

Il comma 3 stabilisce che i componenti positivi derivanti dagli interventi a sostegno della cessione del compendio non concorrono alla formazione del reddito complessivo ai fini delle imposte sul reddito e alla determinazione del valore della produzione netta del cessionario. Le spese sostenute dal cessionario nell’ambito delle misure di ristrutturazione aziendale sovvenzionate con gli eventuali contributi di cui all’articolo 169, comma 1, lettera d), sono comunque deducibili dal reddito complessivo ai fini delle imposte sul reddito e dal valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive. Il cessionario inoltre non è obbligato solidalmente con il cedente ai sensi dell’articolo 33 del decreto legislativo n. 231 del 2001 (comma 4).

Tale articolo dispone che, nel caso di cessione dell'azienda nella cui attività è stato commesso il reato, il cessionario è solidalmente obbligato, salvo il beneficio della preventiva escussione dell'ente cedente e nei limiti del valore dell'azienda, al pagamento della sanzione pecuniaria.

 

Per effetto del comma 5, infine, sono escluse dalla cessione le controversie relative ad attività e passività escluse dalla stessa e le relative passività.

 

L'articolo 173 dispone che il MEF, sulla base degli elementi forniti dalla Banca d’Italia, presenti alla Commissione europea una relazione annuale sul funzionamento del regime di sostegno pubblico per l’ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche di ridotte dimensioni ai sensi del paragrafo 6.5 della Comunicazione della Commissione Europea 2013/C-216/01.

 

L'articolo 174 delega al MEF il potere di emanare disposizioni di attuazione delle norme in esame con uno o più decreti.

 

L'articolo 175 stabilisce che agli oneri derivanti dal regime di sostegno pubblico per l’ordinato svolgimento delle procedure di liquidazione coatta amministrativa di banche di ridotte dimensioni (articoli da 168 a 174), nonché a quelle del precedente Capo I relativo alla garanzia dello Stato su passività di nuova emissione (articoli da 165 a 167) si provvede ai sensi dell’articolo 265, alla cui scheda di lettura si fa rinvio.

 

 


 

Articolo 175-bis
(Disposizioni in materia di tutela del risparmio e
Fondo indennizzo risparmiatori)

 

 

L'articolo 175-bis, introdotto nel corso dell'esame alla Camera dei deputati, specifica che la Commissione tecnica per la valutazione delle domande presentante al Fondo indennizzo risparmiatori (FIR), ai fini delle verifiche sulla sussistenza del requisito relativo al patrimonio mobiliare di proprietà del risparmiatore che limita l'accesso alla procedura di indennizzo forfettario dichiarato nella relativa domanda, può avvalersi delle informazioni risultanti dalle banche dati detenute dall’Agenzia delle entrate. Per effetto delle integrazioni introdotte dall'articolo in esame vengono inoltre esclusi dalle prestazioni del FIR, oltre ai parenti e affini, anche i coniugi dei soggetti che hanno ricoperto a partire dal 1° gennaio 2007 specifici incarichi di direzione e controllo nelle banche i cui strumenti sono oggetto della procedura.

 

L'articolo in esame, introdotto nel corso dell'esame alla Camera dei deputati interviene sul Fondo indennizzo risparmiatori (FIR), istituito e disciplinato dalla legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi da 493 a 507, legge n. 145 del 2018) e, successivamente, oggetto di molteplici atti normativi (vedi infra).

 

Per effetto dell'articolo 175-bis, comma 1, è stato integrato il comma 501-bis, inserito nella legge di bilancio 2019 dall'articolo 36 del decreto legge n. 34 del 2019. La disposizione prevede che le attività di supporto per l'espletamento delle funzioni della Commissione tecnica (per la valutazione delle domande di indennizzo, vedi infra) siano affidate dal MEF, nel rispetto dei pertinenti princìpi dell'ordinamento nazionale e di quello dell'Unione europea, a società a capitale interamente pubblico, su cui l'amministrazione dello Stato eserciti un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e la cui attività sia svolta quasi esclusivamente nei confronti della predetta amministrazione. Gli oneri e le spese relative a tali attività di supporto sono a carico delle risorse finanziarie del FIR entro il limite massimo complessivo di 12,5 milioni di euro.

Ad integrazione di tali disposizioni, con le modifiche approvate dalla Camera, viene specificato che la Commissione tecnica, attraverso la suddetta società di supporto, può effettuare, anche successivamente all'erogazione degli indennizzi, i riscontri necessari a verificare la sussistenza del requisito relativo alla consistenza del patrimonio mobiliare (il cui valore deve risultare inferiore a 100.000 euro), dichiarato dal risparmiatore nella domanda di accesso alla procedura di indennizzo forfettario (disciplinata dall'articolo 1, comma 502-bis, della legge di bilancio 2019). A tal fine, la Commissione può avvalersi delle informazioni risultanti dalle banche dati detenute dall’Agenzia delle entrate, comprese le informazioni sui rapporti bancari e finanziari, nonché sulle operazioni di natura finanziaria effettuate al di fuori di rapporti continuativi, rilevate e comunicate all'anagrafe tributaria dagli intermediari bancari e finanziari ai sensi del D.P.R. n. 605 del 1973 e del decreto legge n. 201 del 2011. Viene, inoltre, chiarito che l’attività posta in essere dall’Agenzia delle entrate è svolta nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. L'individuazione delle tipologie di informazioni riscontrabili, le modalità di effettuazione dei controlli e le misure di sicurezza adeguate ai rischi di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta, viene demandata a un provvedimento che dovrà essere adottato dal MEF su proposta della Commissione tecnica e sentito il Garante per la protezione dei dati personali.

 

Il comma 2 integra l'articolo 1, comma 505, della legge di bilancio 2019 che esclude dalle prestazioni del FIR i soggetti che abbiano avuto, dal 1° gennaio 2007, specifici incarichi nelle banche poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018 o nelle loro controllate (componente del consiglio di amministrazione e degli organi di controllo e di vigilanza, inclusi gli organi che svolgono funzioni di gestione del rischio e revisione interna; membro del collegio sindacale; consigliere delegato; direttore generale e vice direttore generale), nonché i loro parenti e affini di primo e di secondo grado. Per effetto delle integrazioni introdotte dall'articolo in esame, oltre ai parenti e affini, vengono esclusi anche i coniugi dei soggetti che hanno ricoperto dal 2007 specifici incarichi di direzione e controllo nelle banche i cui strumenti sono oggetto della procedura.

 

Per fornire tutela e ristoro ai risparmiatori che hanno subìto un pregiudizio ingiusto in relazione all'investimento in strumenti finanziari emessi da banche poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018, usufruendo dei servizi prestati dalla banca emittente o da una società controllata, la legge di bilancio 2019 (articolo 1, commi da 493 a 507, legge n. 145 del 2018) ha istituito, con una dotazione finanziaria di 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019-2021, e disciplinato il Fondo indennizzo risparmiatori (FIR).

L'indennizzo è commisurato ai costi sostenuti per l'acquisto dei titoli, nella misura del 30 per cento per gli azionisti e del 95 per cento per gli obbligazionisti, entro il limite massimo complessivo di 100.000 euro per ciascun risparmiatore.

Il FIR ha sostituito il Fondo di ristoro con analoghe finalità istituito dalla legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018) e modificato dal decreto-legge n. 91 del 2018. Tale Fondo era stato istituito in favore dei risparmiatori che avessero subìto un danno ingiusto, riconosciuto con sentenza del giudice o con pronuncia degli arbitri presso la camera arbitrale per i contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui al codice dei contratti pubblici, in ragione della violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione e al collocamento di strumenti finanziari emessi da banche aventi sede legale in Italia, sottoposte ad azione di risoluzione o comunque poste in liquidazione coatta amministrativa, dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018. L'operatività del fondo è stata nel tempo estesa anche ai risparmiatori destinatari di pronunce favorevoli dell'Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF).

Il decreto-legge n. 34 del 2019 ha modificato la disciplina del FIR, ridefinendo il perimetro dei risparmiatori che possono accedere al Fondo, chiarendo alcuni elementi di calcolo dell'indennizzo, e riformando la procedura per la presentazione, l’esame e l’ammissione delle domande all’indennizzo del Fondo. L'erogazione dell'indennizzo non è più subordinata all'accertamento del danno ingiusto da parte del giudice o dell'arbitro finanziario ma è basata sul riconoscimento di violazioni massive, cioè quelle condotte violative che le banche (e loro controllate) aventi sede legale in Italia e poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 1° gennaio 2018, hanno posto in modo talmente consistente da far presumere che un singolo investitore ne sia stato oggetto. La Commissione tecnica istituita dalle norme secondarie che attuano la disciplina del FIR ha il compito di verificare la sussistenza del nesso di causalità tra le citate violazioni massive e il danno subito dai risparmiatori, anche attraverso la preventiva tipizzazione delle violazioni massive e la corrispondente identificazione degli elementi in presenza dei quali l’indennizzo può essere direttamente erogato.

Il decreto legge n. 34 del 2019 ha anche previsto una procedura di indennizzo forfettario per una categoria speciale di beneficiari del FIR, identificati sulla base della consistenza del patrimonio mobiliare e del reddito, che sono soddisfatti con priorità a valere sulla dotazione del FIR. Viene data precedenza ai pagamenti di importo non superiore a 50.000 euro.

Con il decreto ministeriale del 10 maggio 2019 sono state determinate le modalità di accesso al FIR: per ulteriori informazioni si rinvia al focus pubblicato sul sito del MEF. Dal 22 agosto 2019, per effetto della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale dell'8 agosto 2019, è attivo il Portale per la presentazione delle istanze di indennizzo al Fondo.

La legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 236-238) ha ulteriormente integrato la disciplina del FIR. In particolare, nell'ambito della definizione dei risparmiatori che possono accedere al FIR, con riferimento agli aventi causa, è stato specificato che, nei casi di trasferimento tra vivi successivi al 30 dicembre 2018, rilevano i requisiti reddituali e patrimoniali e i limiti quantitativi all'indennizzo che sussistevano in capo al dante causa in relazione al complesso di azioni od obbligazioni da questi detenute. Con riferimento all'indennizzo per gli azionisti, commisurato al 30 per cento del costo di acquisto dei titoli, inclusi gli oneri fiscali, è stato specificato che, in caso di più acquisti, la percentuale si applica al prezzo medio degli stessi e che, gli oneri fiscali sono quelli sostenuti anche durante il periodo di possesso delle azioni. È stato inoltre prorogato il termine per la presentazione delle domande di indennizzo dal 18 febbraio 2020 al 18 aprile 2020. Con riferimento alla procedura di indennizzo forfettario istituita dal comma 502-bis della legge di bilancio 2019, è stato previsto che i cittadini italiani residenti all'estero in possesso dei relativi requisiti soggettivi e oggettivi, debbano presentare idonea documentazione del Paese di residenza attestante i prescritti requisiti di reddito e di patrimonio mobiliare.

Sulla disciplina è poi intervenuto l'articolo 50 del decreto legge n. 18 del 2020, per effetto del quale sono stati integrati i commi 496 e 497 della legge di bilancio 2019, che definiscono la misura dell'indennizzo rispettivamente per gli azionisti e gli obbligazionisti.

Il comma 496 prevede che, sempre nel rispetto del limite di 100.000 euro, la percentuale del 30 per cento possa essere incrementata qualora in ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 le somme complessivamente erogate per l'indennizzo secondo il piano di riparto siano inferiori alla previsione di spesa dell'esercizio finanziario, nel pieno rispetto dei limiti di spesa, della dotazione finanziaria del FIR e fino al suo esaurimento, fermo restando quanto previsto al comma 499. Tali disposizioni sono state integrate specificando che all'azionista, in attesa della predisposizione del piano di riparto degli indennizzi, può essere corrisposto un anticipo nel limite massimo del 40 per cento dell’importo dell’indennizzo deliberato dalla Commissione tecnica a seguito del completamento dell’esame istruttorio. La medesima previsione è stata inserita al comma 497, laddove si prevede che, entro il limite di 100.000 euro, la percentuale del 95 per cento possa essere incrementata qualora in ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 le somme complessivamente erogate per l'indennizzo secondo il piano di riparto degli indennizzi siano inferiori alla previsione di spesa dell'esercizio finanziario, nel pieno rispetto dei limiti di spesa, della dotazione finanziaria del FIR e fino al suo esaurimento, fermo restando quanto previsto al comma 499. Anche in questo caso, è stato specificato che all’obbligazionista, in attesa della predisposizione del piano di riparto, può essere corrisposto un anticipo nel limite massimo del 40 per cento dell’importo dell’indennizzo deliberato dalla Commissione tecnica a seguito del completamento dell’esame istruttorio.

L'articolo 50 del decreto legge n. 18 del 2020 è inoltre intervenuto sul citato articolo 1, comma 237 della legge di bilancio 2020, che aveva già prorogato dal 18 febbraio al 18 aprile 2020 il termine per la presentazione delle domande di indennizzo, posticipandolo ulteriormente sino al 18 giugno 2020.

 


 

Titolo VIII – Misure di settore

Capo I -  Misure per il turismo e la cultura

Articolo 176
(Tax credit vacanze)

 

 

L’articolo 176 concede un credito, relativo al periodo d’imposta 2020 ed utilizzabile dal 1° luglio al 31 dicembre 2020, per i pagamenti di servizi turistici usufruiti sul territorio nazionale. Il beneficio è destinato a nuclei familiari con ISEE non superiore a 40.000 euro. Sono inoltre dettate le condizioni per la fruizione del beneficio. L'ammontare massimo del credito, utilizzabile da un solo componente per nucleo familiare, è pari a 500 euro per nucleo familiare (300 euro per i nuclei di due persone, 150 euro per i nuclei di una sola persona).

Il beneficio è fruibile esclusivamente:

§  nella misura dell’80 per cento, d’intesa con il fornitore del servizio, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto;

§  il restante 20 per cento è riconosciuto in forma di detrazione di imposta.

Lo sconto è rimborsato al fornitore dei servizi sotto forma di credito d'imposta, da utilizzare esclusivamente in compensazione.

Si demanda ad un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione delle modalità applicative delle disposizioni in esame.

Nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati sono state apportate alcune correzioni di carattere formale.

 

Il comma 1 riconosce un credito in favore dei nuclei familiari con ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente, di cui al DPCM n. 159 del 2013) inferiore ai 40.000 euro per il pagamento di servizi offerti dalle imprese turistico ricettive, dalle aziende di agriturismo e dai bed and breakfast. Tali imprese dovranno essere in possesso dei titoli prescritti (dalle norme nazionali o regionali) per l’esercizio dell’attività. Il credito è utilizzabile dal 1° luglio al 31 dicembre 2020.

La disposizione specifica che, ai fini del riconoscimento del beneficio, si può considerare l'ISEE in corso di validità, ordinario ovvero corrente (ai sensi dell'art. 9 del DPCM n. 159 del 2013).

 

Il DPCM n. 159 del 2013 - richiamato dal comma 1 dell'articolo in esame - reca il regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'ISEE. L'art. 9 del regolamento stabilisce che può essere calcolato l'ISEE corrente, riferito ad un periodo di tempo più ravvicinato al momento della richiesta della prestazione, qualora vi sia una rilevante variazione nell'Indicatore e al contempo si sia verificata, per almeno uno dei componenti il nucleo familiare, nei 18 mesi precedenti la richiesta della prestazione, una delle variazioni della situazione lavorativa ivi elencate.

Si ricorda qui, in estrema sintesi, che l'ISEE, istituito dal D.lgs. 109/1998, è un indicatore utilizzato per confrontare, mediante apposite scale di equivalenza volte a misurare forfettariamente le differenti condizioni soggettive, la situazione economica del nucleo familiare del soggetto che richiede prestazioni sociali agevolate. È calcolato sulla base di una Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) e vale annualmente per tutti i membri del nucleo e per tutte le prestazioni sociali, anche se richieste ad enti erogatori diversi.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla pagina dedicata sul sito dell'INPS.

 

Si ricorda, inoltre, che la legge n. 96 del 2006 reca disciplina dell'agriturismo. L'art. 2 della legge citata stabilisce che per attività agrituristiche debbano intendersi le attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli (di cui all'articolo 2135 c.c.), anche nella forma di società di capitali o di persone, oppure associati fra loro, attraverso l'utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali.

Si segnala, infine, che è all'esame della 10a commissione del Senato il disegno di legge A.S. n. 1413, approvato dalla Camera dei deputati, il quale conferisce al Governo la delega per l'adozione di uno o più decreti legislativi in materia di turismo, contestualmente individuando i relativi principi e criteri direttivi. Per un inquadramento generale della materia si veda la relativa Nota n. 122 (luglio 2019).

 

Il comma 2 stabilisce che il credito si può riconoscere ad un solo componente del gruppo familiare, nella misura massima di:

§  500 euro per nucleo familiare;

§  300 euro per i nuclei familiari di due persone;

§  150 euro per i nuclei familiari composti da una sola persona.

 

Il comma 3 stabilisce le seguenti condizioni per la fruizione del beneficio, a pena di decadenza:

a)   le spese devono essere sostenute in unica soluzione in relazione ai servizi resi da un singolo fornitore del servizio;

b)   il totale del corrispettivo deve essere documentato da fattura elettronica o documento commerciale (di cui al d.lgs. n. 127/2015, art. 2, recante la disciplina sulla trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi); si specifica che la fattura o il documento dovranno riportare il codice fiscale del soggetto richiedente il credito;

c)   il pagamento del servizio deve essere corrisposto senza l’ausilio, l’intervento o l’intermediazione di soggetti che gestiscono piattaforme o portali telematici diversi da agenzie di viaggio e tour operator.

 

Ai sensi del comma 4 il credito è fruibile esclusivamente nella misura dell’80 per cento, d’intesa con il fornitore del servizio, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto e per il 20 per cento in forma di detrazione di imposta in sede di dichiarazione dei redditi da parte dell’avente diritto.

Il comma 5 prevede il rimborso dello sconto all'impresa turistica ricettiva, all'agriturismo o al bed and breakfast, sotto forma di credito d'imposta. Si chiarisce che il credito d'imposta in esame è utilizzabile esclusivamente in compensazione (ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997). Non si applicano a tali crediti compensabili i limiti generali (700.000 euro) e i limiti speciali (cd. limite di utilizzo, pari 250.000 euro) di cui, rispettivamente, all’articolo 34 della legge n. 388 del 2000 e all’articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007.

Il medesimo credito di imposta può essere oggetto di cessione a terzi, anche diversi dai propri fornitori di beni e servizi, nonché ad istituti di credito o intermediari finanziari. Il credito d'imposta non ulteriormente ceduto è usufruito dal cessionario con le stesse modalità previste per il soggetto cedente.

Qualora sia accertata la mancata sussistenza (tale locuzione è stata inserita in sede di coordinamento formale nel corso dell'esame presso la Camera), anche parziale, di tutte le condizioni previste, il fornitore dei servizi e i cessionari risponderanno solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in misura eccedente lo sconto applicato. La norma pone in capo all'Agenzia delle entrate il compito di provvedere al recupero dell’importo corrispondente, maggiorato di interessi e sanzioni.

 

Si ricorda che l’articolo 17 del d.lgs. 241 del 1997 disciplina la compensazione dei crediti. Al fine di compensare i crediti con i propri debiti, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

Al fine di contrastare indebite compensazioni, l'art. 3 del D.L. n. 124 del 2019 (conv. dalla l. n. 157 del 2019) consente di compensare per importi superiori a 5.000 euro annui solo a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui emerge il credito; estende l’obbligo di utilizzare modalità di pagamento telematiche a tutti i soggetti che intendono effettuare la compensazione; introduce una specifica disciplina sanzionatoria.

Il comma 6 demanda ad un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da adottare sentito l’INPS e previo parere dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, la definizione delle modalità applicative dei commi da 1 a 5, da eseguire anche avvalendosi della società per azioni PagoPA.

La piattaforma pagoPA è la piattaforma per la gestione del sistema dei pagamenti pubblici, che consente a privati e aziende di effettuare pagamenti elettronici alla PA. PagoPA S.p.A. è la società partecipata dallo Stato creata allo scopo di diffondere i servizi digitali in Italia costituita ai sensi dell'art. 8 del D.L. n. 135 del 2018. Tale articolo 8 ha trasferito, dall'Agenzia per l'Italia Digitale alla Presidenza del Consiglio dei ministri, i compiti relativi alla piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento. A tale fine ha previsto la costituzione di una società per azioni interamente partecipata dallo Stato per lo svolgimento delle suddette attività. Al Presidente del Consiglio dei ministri sono attribuite le funzioni di indirizzo, coordinamento e supporto tecnico delle pubbliche amministrazioni per assicurare la massima diffusione delle forme di pagamento con strumenti elettronico.

Sul sistema pagoPA, si veda il relativo sito internet.

 

Con il provvedimento del 17 giugno 2020 l’Agenzia delle Entrate ha fornito le indicazioni per richiedere e utilizzare il Bonus vacanze. Istruzioni semplificate su quanto vale, come chiederlo e a chi spetta sono state messe a disposizione in una guida e in un vademecum dedicato.

Con la Circolare 18/E del 3 luglio 2020, l'Agenzia delle entrate, inoltre, ha fornito alcuni chiarimenti sulla fruizione del beneficio, riguardanti l'ambito di applicazione soggettivo e oggettivo, i requisiti per la fruizione, le modalità di rimborso dello sconto al fornitore, la cessione del credito.

 

Il comma 7 dispone in ordine alla copertura degli oneri, valutati in circa 1.677,2 milioni euro per l’anno 2020 e in circa 733,8 milioni euro per l’anno 2021, rinviando all'art. 265 del presente decreto-legge.

 


 

Articolo 177
(Esenzioni IMU per il settore turistico)

 

 

L’articolo 177, modificato dalla Camera dei deputati, prevede l’abolizione della prima rata dell'IMU, quota-Stato e quota-Comune, per l’anno 2020 in favore dei possessori di immobili adibiti a stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali o stabilimenti termali, così come per gli immobili classificati nella categoria catastale D/2, vale a dire gli immobili di agriturismi, villaggi turistici, ostelli della gioventù e campeggi, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività.

Nel corso dell’esame alla Camera l’agevolazione è stata estesa agli immobili in uso da parte di imprese esercenti attività di allestimenti di strutture espositive nell'ambito di eventi fieristici o manifestazioni;

 

In particolare, il comma 1, in considerazione degli effetti connessi all’emergenza sanitaria da COVID 2019, esenta dalla prima rata, relativa all’anno 2020, dell'imposta municipale propria (IMU) gli immobili:

§  adibiti a stabilimenti balneari marittimi, lacuali e fluviali e degli stabilimenti termali (lettera a));

§  rientranti nella categoria catastale D/2 (alberghi e pensioni con fine di lucro) ovvero – secondo quanto specificato dalla norma - agriturismi, villaggi turistici, ostelli della gioventù, rifugi di montagna, colonie marine e montane, affittacamere per brevi soggiorni, case e appartamenti per vacanze, bed & breakfast, residence e campeggi, a condizione che i relativi proprietari siano anche gestori delle attività esercitate (lettera b)).

Nel corso dell’esame alla Camera dei deputati l’agevolazione è stata estesa agli immobili in uso da parte di imprese esercenti attività di allestimenti di strutture espositive nell'ambito di eventi fieristici o manifestazioni (nuova lettera b-bis));

 

Si ricorda che i commi da 738 a 783 della legge di bilancio 2020 hanno riformato l'assetto dell'imposizione immobiliare locale, unificando le due vigenti forme di prelievo (l'Imposta comunale sugli immobili, IMU e il Tributo per i servizi indivisibili, TASI) e facendo confluire la relativa normativa in un unico testo. L'aliquota di base è fissata allo 0,86 per cento e può essere manovrata dai comuni a determinate condizioni. Ulteriori aliquote sono definite nell'ambito di una griglia individuata con decreto del MEF. Sono introdotte modalità di pagamento telematiche.

In particolare, il comma 772 dispone, relativamente agli immobili strumentali, la deducibilità dell'IMU dal reddito di impresa e dal reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni, diversamente da quanto accade per l'IRAP, imposta rispetto alla quale il tributo locale risulta, invece, indeducibile. In via transitoria, il comma 773, stabilisce che la deduzione si applica nella misura del 60 per cento per gli anni 2020 e 2021 (ovvero per i periodi d'imposta successivi a quello in corso, rispettivamente, al 31 dicembre 2019 e al 31 dicembre 2020), mentre l'intera deducibilità dell'IMU, dell'IMI e dell'IMIS ha effetto a decorrere dal 2022, ovvero dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021.

Il comma 2 prevede che per il ristoro ai comuni a fronte delle minori delle entrate derivanti dall’abolizione dell’IMU, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo con una dotazione che, a seguito delle modifiche approvate dalla Camera, è pari a 76,55 milioni di euro per l’anno 2020.

Nel testo originario del decreto-legge la dotazione era pari a 74,90 milioni.

Nella motivazione che accompagna l’emendamento dei Relatori si chiarisce che la modifica apportata intende adeguare l’onere derivante dall’esenzione dall’IMU per il settore turistico e fieristico, in conformità alla relazione tecnica predisposta dal Dipartimento delle finanze.

Alla ripartizione del Fondo si provvede con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

Ai sensi del comma 3, le disposizioni in esame si applicano nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’emergenza COVID-19.

Il comma 4 quantifica gli oneri in 211,45 milioni di euro per l’anno 2020, importo così incrementato a seguito delle modifiche introdotte nel corso dell’esame alla Camera dei deputati, cui si provvede ai sensi dell’articolo 265, alla cui scheda di lettura si rinvia.

 


 

Articolo 178
(Fondo turismo)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 178 istituisce nello stato di previsione del MIBACT un fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per il 2020, al fine di sostenere il settore turistico mediante operazioni di mercato.

Il fondo è finalizzato alla sottoscrizione di quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio e fondi di investimento, gestiti da società di gestione del risparmio, in funzione di acquisto, ristrutturazione e valorizzazione di immobili destinati ad attività turistico-ricettive.

Il comma in esame demanda a un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione delle modalità e delle condizioni di funzionamento del fondo, comprese le modalità di selezione del gestore del Fondo, anche mediante il coinvolgimento di Cassa depositi e prestiti S.p.A. individuato come istituto nazionale di promozione ai sensi della normativa europea sugli investimenti strategici e di altri soggetti privati.

Il comma 2 prevede che il corrispettivo al soggetto gestore è riconosciuto, a valere sulla dotazione del fondo, nel limite massimo di 200.000 euro per il 2020.

Il comma 3 consente l'incremento del Fondo, nella misura di 100 milioni di euro per il 2021, mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione individuate a legislazione vigente per il periodo di programmazione 2014-2020 previa delibera del CIPE volta a rimodulare e ridurre di pari importo, per il medesimo anno, le somme già assegnate con le rispettive delibere CIPE al Piano operativo "Cultura e turismo" di competenza del MIBACT.

Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Il comma 1 istituisce nello stato di previsione del MIBACT un fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per il 2020, al fine di sostenere il settore turistico mediante operazioni di mercato.

 

Il 13 maggio 2020 la Commissione europea ha pubblicato la comunicazione Turismo e trasporti nel 2020 e oltre (COM(2020) 550 final).

Il pacchetto mira ad aiutare la ripresa del settore turistico dell'UE dalla pandemia sostenendo le imprese e garantendo che l'Europa continui a essere la prima destinazione dei visitatori.

Il pacchetto della Commissione per il turismo e i trasporti comprende: una strategia complessiva volta alla ripresa nel 2020 e oltre; un approccio comune per il ripristino della libera circolazione e l'eliminazione delle restrizioni alle frontiere interne dell'UE in modo graduale e coordinato; un quadro a sostegno del graduale ripristino dei trasporti, che garantisca nel contempo la sicurezza dei passeggeri e del personale; una raccomandazione che punta a far sì che i buoni di viaggio siano per i consumatori un'alternativa attraente al rimborso in denaro; criteri per la ripresa graduale e in sicurezza delle attività turistiche e per lo sviluppo di protocolli sanitari per le strutture ricettive quali ad esempio gli alberghi.

Con particolare riferimento alle imprese del settore, la Commissione intende sostenere il turismo europeo con le seguenti iniziative.

Garanzia di liquidità per le imprese turistiche, in particolare le PMI, attraverso:

flessibilità nel quadro delle norme in materia di aiuti di Stato, che consenta agli Stati membri di introdurre regimi, quali i regimi di garanzia per i buoni e altri regimi di liquidità, per sostenere le imprese dei settori dei trasporti e dei viaggi e per garantire che siano soddisfatte le richieste di rimborso dovute alla pandemia di coronavirus. La Commissione, previa notifica da parte dello Stato membro interessato, può approvare molto rapidamente i regimi per i buoni;

finanziamenti dell'UE: l'UE continua a fornire, in regime di gestione concorrente con gli Stati membri, liquidità immediata alle imprese colpite dalla crisi tramite l'iniziativa di investimento in risposta al coronavirus. La Commissione ha inoltre messo a disposizione, con il Fondo europeo per gli investimenti, fino a 8 miliardi di € di finanziamenti per 100 000 piccole imprese colpite dalla crisi.

Salvaguardia dei posti di lavoro con un contributo finanziario fino a 100 miliardi di € dal programma SURE:

il programma SURE aiuta gli Stati membri a coprire i costi dei regimi nazionali di riduzione dell'orario lavorativo e di misure analoghe che consentano alle imprese di salvaguardare i posti di lavoro. La Commissione sostiene inoltre i partenariati tra i servizi per l'impiego, le parti sociali e le imprese per facilitare la riqualificazione professionale, specialmente per i lavoratori stagionali.

Collegamento dei cittadini all'offerta turistica locale, promozione delle attrazioni e del turismo locali e dell'Europa come destinazione turistica sicura:

la Commissione collaborerà con gli Stati membri alla promozione di un sistema di buoni "di sostegno" nell'ambito del quale i clienti potranno sostenere i loro alberghi o ristoranti preferiti. La Commissione sosterrà inoltre delle campagne di comunicazione paneuropee volte a promuovere l'Europa come meta turistica d'eccellenza.

A integrazione delle misure a breve termine, la Commissione continuerà a collaborare con gli Stati membri per promuovere il turismo sostenibile in linea con il Green Deal europeo e incoraggiare una trasformazione digitale dei servizi turistici per una scelta più ampia, una migliore assegnazione delle risorse e nuove modalità di gestione dei flussi turistici e di viaggio.

La Commissione organizzerà una convenzione europea sul turismo insieme alle istituzioni dell'UE, all'industria, alle regioni, alle città e alle altre parti interessate per costruire insieme il futuro di un ecosistema turistico europeo sostenibile, innovativo e resiliente: l'"Agenda europea per il turismo 2050".

 

Il fondo è finalizzato alla sottoscrizione di quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio e fondi di investimento, gestiti da società di gestione del risparmio, in funzione di acquisto, ristrutturazione e valorizzazione di immobili destinati ad attività turistico-ricettive.

 

L'organismo di investimento collettivo del risparmio (Oicr) è l'organismo istituito per la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, il cui patrimonio è raccolto tra una pluralità di investitori mediante l'emissione e l'offerta di quote o azioni, gestito in monte nell'interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi nonché investito in strumenti finanziari, crediti, inclusi quelli erogati, a favore di soggetti diversi dai consumatori, a valere sul patrimonio dell'OICR, partecipazioni o altri beni mobili o immobili, in base a una politica di investimento predeterminata (art. 1, co. 1, lettera k), del TUF - d.lgs. 58/1998).

Il fondo "comune" di investimento è l'Oicr costituito in forma di patrimonio autonomo, suddiviso in quote, istituito e gestito da un gestore (art. 1, co. 1, lettera j), del TUF - d.lgs. 58/1998).

La società di gestione del risparmio (SGR) è la società per azioni con sede legale e direzione generale in Italia autorizzata a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio (art. 1, co. 1, lettera o), del TUF - d.lgs. 58/1998).

 

Il comma in esame demanda a un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la definizione delle modalità e delle condizioni di funzionamento del fondo, comprese le modalità di selezione del gestore del Fondo, anche mediante il coinvolgimento di Cassa depositi e prestiti S.p.A. come istituto nazionale di promozione ai sensi della normativa europea sugli investimenti strategici, in base alla disciplina recata dall’articolo 1, comma 826, della L. n. 208/2015 (legge di stabilità 2016), e di altri soggetti privati.

 

I commi da 822 a 830 dell'articolo 1 della L. n. 208/2015 individuano la Cassa depositi e prestiti S.p.A. come istituto nazionale di promozione ai sensi della normativa europea sugli investimenti strategici e come possibile esecutore degli strumenti finanziari destinatari dei fondi strutturali e di eventuali fondi apportati da amministrazioni ed enti pubblici o privati, abilitandola a svolgere le attività previste da tale normativa anche utilizzando le risorse della gestione separata.

Il comma 822 prevede che, onde perseguire l'obiettivo di supportare la costituzione delle Piattaforme di investimento (cfr. infra) previste dal Regolamento (UE) n. 2015/1017 del 25 giugno 2015, cd. Regolamento Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), le operazioni finanziarie delle piattaforme di investimento ammissibili al FEIS promosse dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. (di seguito anche: CDP) possano essere assistite dalla garanzia dello Stato. Tale garanzia statale è qualificata come onerosa, a prima richiesta, esplicita, incondizionata e irrevocabile.

Le «banche o istituti nazionali di promozione» sono le entità giuridiche che espletano attività finanziarie su base professionale, cui è stato conferito un mandato da uno Stato membro o da un'entità di uno Stato membro, a livello centrale, regionale o locale, per svolgere attività di sviluppo o di promozione così come definite all'articolo 2, n. 3 del Regolamento (UE) 2015/1017 del 25 giugno 2015 relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici, al polo europeo di consulenza sugli investimenti e al portale dei progetti di investimento europei e che modifica i regolamenti (UE) n. 1291/2013 e (UE) n. 1316/2013.

Secondo la Comunicazione COM (2015) 361, la principale motivazione economica dell'istituzione di una banca di promozione risiede nel fatto che i fallimenti del mercato possono ridurre gli investimenti e, di conseguenza, rallentare la crescita futura portandola a livelli non efficienti sotto il profilo economico, e che un istituto con un mandato pubblico si trova in posizione migliore rispetto agli operatori privati per rimediare ai fallimenti del mercato. Secondo il documento, l'Italia ha annunciato di partecipare al progetto FEIS tramite la Cassa Depositi e Prestiti per un importo di 8 miliardi di euro.

Il documento prefigura la cooperazione tra le banche nazionali di promozione e la BEI tramite accordi di coinvestimento (piattaforme di investimento) che vengono strutturati al fine di aggregare i progetti d'investimento, ridurre i costi delle operazioni e dell'informazione e ripartire più efficacemente il rischio fra i vari investitori. Le piattaforme d'investimento possono essere società veicolo, conti gestiti, accordi di cofinanziamento o di condivisione dei rischi basati su contratti oppure accordi stabiliti con altri mezzi tramite i quali le entità incanalano un contributo finanziario al fine di finanziare una serie di progetti di investimento.

Il comma 823 prevede che un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con i Ministri interessati, approvi le piattaforme di investimento ammissibili alla garanzia dello Stato. In attuazione di tale disposizione sono stati emanati il D.M. 6 febbraio 2017, il D.M. 28 febbraio 2018 e il D.M. 15 marzo 2018. 

Il comma 824 stabilisce che i criteri, le modalità e le condizioni per la concessione della garanzia statale siano definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.M. 3 agosto 2016.

Il comma 825, a copertura delle garanzie statali previste dai commi 822-829 nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, istituisce un fondo, la cui dotazione iniziale per l'anno 2016 è fissata in 200 milioni di euro. Viene inoltre autorizzata l'istituzione di un conto corrente di tesoreria dedicato. Il comma prevede altresì che le amministrazioni statali e degli enti territoriali possano versare contributi al fine di incrementare la dotazione del Fondo. Le modalità di versamento sono stabilite con il decreto di cui al comma precedente, ovvero attraverso la procedura prevista dal comma 497 (rimodulazione in via amministrativa delle risorse assegnate a fondi di garanzia, cfr. infra).

Il comma 826 attribuisce alla CDP la qualifica di istituto nazionale di promozione, come definito dall’articolo 2, n. 3, del Regolamento (UE) n. 2015/1017 del 25 giugno 2015 relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), secondo quanto previsto nella Comunicazione COM (2015) 361 del 22 luglio 2015 della Commissione europea.

Il comma 827 abilita la CDP a svolgere le attività degli istituti nazionali di promozione previste dal Regolamento (UE) n. 2015/1017, nonché i compiti previsti dal Regolamento (CE) n. 1303/2013 e dal Regolamento (UE, EURATOM) n. 966/2012.

Il Regolamento (CE) n. 1303/2013 del 17 dicembre 2013 in materia di disposizioni comuni sui fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) reca disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.

Il Regolamento (UE, EURATOM) n. 966/2012 del 25 ottobre 2012, stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione.

Il comma 828 autorizza la CDP a impiegare le risorse della gestione separata di cui all’articolo 5, comma 8, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, per contribuire a realizzare gli obiettivi del FEIS, tra l’altro mediante il finanziamento di piattaforme d’investimento e di singoli progetti ai sensi del Regolamento (UE) n. 2015/1017, nel rispetto della disciplina dell’Unione europea sugli aiuti di Stato.

L’articolo 5, comma 8, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 ha istituito un sistema separato ai soli fini contabili ed organizzativi, la cui gestione è uniformata a criteri di trasparenza e di salvaguardia dell'equilibrio economico.

Sono assegnate alla gestione separata le partecipazioni e le attività a essa strumentali, connesse e accessorie, e le attività di assistenza e di consulenza in favore dei soggetti finanziati da CDP.

La CDP finanzia sotto qualsiasi forma lo Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico, utilizzando fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali, assistiti dalla garanzia dello Stato e distribuiti attraverso Poste italiane S.p.A. o società da essa controllate, e fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato. L'utilizzo dei fondi è consentito anche per il compimento di ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale della CDP S.p.A. effettuata nei confronti dei medesimi soggetti, o dai medesimi promossa, nonché nei confronti di soggetti privati per il compimento di operazioni nei settori di interesse generale individuati con D.M., tenuto conto della sostenibilità economico-finanziaria di ciascuna operazione. Le operazioni adottate nell'ambito delle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo possono essere effettuate anche in cofinanziamento con istituzioni finanziarie europee, multilaterali o sovranazionali, nel limite annuo stabilito con apposita convenzione stipulata tra la medesima CDP e il Ministero dell'economia e delle finanze.

Il comma 829 stabilisce che la Cassa depositi e prestiti S.p.A. e le società dalla stessa controllate possono esercitare i compiti di esecuzione degli strumenti finanziari destinatari dei Fondi SIE, di cui al Regolamento n. 966/2012 e al Regolamento n. 1303/2013, in forza di un mandato della Commissione europea ovvero mediante affidamenti da parte delle autorità di gestione.

In forza del comma 830 le amministrazioni e gli enti pubblici o i privati, anche a valere su risorse europee possono contribuire a finanziare le attività di cui al comma precedente. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, vengono individuate, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, le eventuali risorse delle amministrazioni statali.

 

Il comma 2 prevede che il corrispettivo al soggetto gestore è riconosciuto, a valere sulla dotazione del fondo, nel limite massimo di 200.000 euro per il 2020.

Il comma 3 consente l'incremento del Fondo, nella misura di 100 milioni di euro per il 2021, mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione individuate dall’art. 1, co. 6, della L. 147/2013 (legge di stabilità 2014) per il periodo di programmazione 2014-2020 previa delibera del CIPE volta a rimodulare e ridurre di pari importo, per il medesimo anno, le somme già assegnate con le delibere CIPE n. 3 del 2016, n. 100 del 2017 e n. 10/2018 al Piano operativo "Cultura e turismo" di competenza del MIBACT.

Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Con la delibera del CIPE n. 3 del 1° maggio 2016, è stato approvato il Piano stralcio «Cultura e Turismo». In base alle premesse, l’obiettivo strategico del Piano è il potenziamento dell’offerta culturale e dei sistemi di fruizione turistica, attraverso il rafforzamento e la riqualificazione del sistema delle infrastrutture culturali mediante interventi diretti alla tutela, valorizzazione e messa in rete del patrimonio culturale, materiale ed immateriale, ed al consolidamento e/o la realizzazione dei sistemi territoriali turistico-culturali. Per la realizzazione di tale Piano stralcio, di competenza del MIBACT, viene assegnato al medesimo Ministero l’importo complessivo di 1.000 milioni di euro a valere sulle risorse del FSC per il ciclo di programmazione 2014-2020, ai sensi della lettera d) dell’art. 1, comma 703, della legge n. 190/2014. L’assegnazione di 1.000 milioni di euro è ripartita tra diversi interventi, secondo quanto indicato nella tabella di cui all’allegato 2 della delibera, che indica anche i macroaggregati cui afferiscono gli interventi stessi e le relative assegnazioni.

In particolare sono individuati i seguenti tre macroaggregati:

a) sistema museale italiano, con un valore complessivo di 645 milioni di euro; b) sistemi territoriali turistico-culturali (cammini, percorsi, aree vaste), con un valore complessivo di 185 milioni di euro;

c) insieme di interventi di completamento particolarmente significativi e di nuovi interventi a cui è destinata una riserva di importo pari a 170 milioni di euro, tutti da individuare con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Nell’ambito di tale riserva, 150 milioni di euro sono assegnati a favore di interventi, non superiori a 10 milioni di euro, afferenti al progetto di recupero di luoghi culturali dimenticati, denominato «Bellezz@-Recuperiamo i luoghi culturali dimenticati» e 20 milioni di euro a favore di interventi di particolare strategicità.

In relazione al cronoprogramma indicato nella proposta ed in coerenza con gli stanziamenti di bilancio dello Stato relativi al FSC 2014-2020, l’assegnazione disposta con la delibera corrisponde a 194 milioni di euro per l’anno 2020, 125 milioni di euro per l’anno 2021 e 94 milioni di euro per l’anno 2022.

Con la delibera CIPE n. 100 del 22 dicembre 2017, è stata approvata l’integrazione al Piano stralcio «Cultura e Turismo» di competenza del MIBACT approvato con delibera n. 3 del 2016. L’integrazione finanziaria al Piano è pari a 30,35 milioni di euro, è posta a carico delle risorse FSC 2014-2020 come integrate dalla legge 11 dicembre 2016, n. 232 - legge di bilancio 2017 - ed è finalizzata alla realizzazione di alcuni interventi nei territori delle Regioni autonome Valle d’Aosta e Friuli Venezia Giulia e della Regione Piemonte.

L’articolazione finanziaria dell'assegnazione prevede 2 milioni di euro per l'anno 2020.

Si ricorda che, successivamente, la delibera CIPE n. 10/2018 ha approvato il Piano operativo "Cultura e turismo", cui è stata è assegnata una dotazione finanziaria complessiva di 740 milioni di euro a valere sulle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020, come integrate dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205. In base all’articolazione finanziaria annuale prevista (che si riferisce al periodo 2018-2025), le risorse per il 2020 ammontano a € 50 mln. Nelle premesse a tale delibera, si richiamano le delibere n. 3 del 2016 e n. 100 del 2017, con le quali sono state assegnate risorse FSC 2014-2020 per un importo complessivo di 1.030,35 milioni di euro in favore del Piano stralcio «Cultura e Turismo» e del relativo primo Addendum, entrambi di competenza del MIBACT, volti a realizzare un approccio integrato e sinergico tra cultura e fruizione turistica dei beni culturali. Inoltre, vi si sottolinea la proposta di approvazione del Piano operativo «Cultura e turismo», «ad integrazione e rafforzamento del Piano stralcio e relativo Addendum già approvati con le citate delibere n. 3 del 2016 e n. 100 del 2017».

La delibera CIPE n. 31/2018 ha infine approvato integrazioni alle delibere nn. 10, 11, 14 e 15 del 2018, con cui sono stati approvati i Piani operativi "Cultura e turismo", "Ambiente", "Imprese e competitività" e "Salute", con assegnazione di risorse a valere sulle disponibilità del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2014-2020.

 

 


 

Articolo 179
(Promozione turistica in Italia)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 179 istituisce nello stato di previsione del MIBACT Fondo per la promozione del turismo in Italia, con una dotazione di 20 milioni di euro per il 2020, allo scopo di favorire la ripresa dei flussi turistici in ambito nazionale, demandando a un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo l'individuazione dei soggetti destinatari delle risorse e delle iniziative da finanziare nonché la definizione delle modalità di assegnazione anche al fine del rispetto del suddetto limite di spesa.

Il secondo periodo del comma in esame interviene sulla disciplina relativa alla governance dell'ENIT - Agenzia nazionale del turismo.

Nel dettaglio:

sono espunte le previsioni secondo le quali entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 83/2014 (L. n. 106/2014) si sarebbe dovuto provvedere all'approvazione del nuovo statuto dell'ENIT, il quale, adottato in sede di prima applicazione dal commissario straordinario, avrebbe poi dovuto essere approvato con DPCM, su proposta dello stesso Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo.

Sono introdotte nuove disposizioni in base alle quali:

il Consiglio di amministrazione è composto dal Presidente, da un membro nominato dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, con funzioni di amministratore delegato, per la cui nomina una modifica approvata nel corso dell'esame alla Camera dei deputati introduce l'obbligo di sentire le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, e da un membro nominato dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo su designazione della Conferenza Stato-Regioni;

il collegio dei revisori dei conti è composto da tre membri effettivi, uno dei quali designato dal Ministro dell’economia e delle finanze e da due supplenti, nominati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, che altresì designa il Presidente.

È eliminata la disposizione in base alla quale lo statuto avrebbe dovuto stabilire, altresì, che il consiglio di amministrazione fosse composto, oltre che dal presidente dell'ENIT, da due membri nominati dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di cui uno su designazione della Conferenza Stato-Regioni, e l'altro sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, nel rispetto della vigente disciplina in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni.

Il comma 2 stabilisce che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge si provvede all’attuazione delle disposizioni relative alla nomina del presidente nonché del Consiglio di amministrazione dell'ENIT (quest'ultima previsione è stata introdotta dal comma 1 dell'articolo in esame).

Il comma 2 assegna quindi all’ENIT il termine di 30 giorni, decorrenti dalla data di tali nomine, per l'adeguamento del proprio statuto alle nuove disposizioni introdotte.

Il comma 3 reca la disposizione di copertura degli oneri derivanti dall'articolo in esame.

 

Il comma 1 istituisce nello stato di previsione del MIBACT il Fondo per la promozione del turismo in Italia, con una dotazione di 20 milioni di euro per il 2020, allo scopo di favorire la ripresa dei flussi turistici in ambito nazionale, demandando a un DM, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, l'individuazione, anche avvalendosi dell’ENIT - Agenzia nazionale del turismo, dei soggetti destinatari delle risorse e delle iniziative da finanziare nonché la definizione delle modalità di assegnazione anche al fine del rispetto del suddetto limite di spesa.

 

L'ENIT-Agenzia nazionale per il turismo è un ente pubblico economico operante nella promozione dell'offerta turistica in Italia. Il D.L. 31 maggio 2014, n. 83, all'art. 16 ha previsto la trasformazione di ENIT-Agenzia nazionale per il turismo in ente pubblico economico e la liquidazione di Promuovi Italia S.p.A.

Lo Statuto di ENIT è stato approvato con DPCM 14 marzo 2019, registrato alla Corte dei Conti il 2 maggio 2019.

L'Agenzia svolge le proprie funzioni ed attività attraverso la sede centrale e le sedi periferiche e adotta propri regolamenti di contabilità e di amministrazione. La sua attività è regolata dall'art. 16 del citato D.L. n. 83/2014, dallo statuto e dalle norme relative alle persone giuridiche private. L' Agenzia svolge tutte le funzioni e i compiti ad essa attribuiti dalla legge nel perseguimento della missione di promozione del turismo, e provvede, tra l'altro, a:

a. curare la promozione all'estero dell'immagine turistica italiana e delle varie tipologie dell'offerta turistica nazionale, nonché la promozione integrata delle risorse turistiche delle Regioni, delle Province Autonome di Trento e Bolzano e, per il loro tramite, degli enti locali;

b. realizzare le strategie promozionali a livello nazionale ed internazionale e di informazione all'estero, di sostegno alle imprese per la commercializzazione dei prodotti turistici italiani;

c. svolgere le attività attribuite dalla legge, dallo statuto e dai regolamenti con particolare utilizzazione di mezzi digitali, piattaforme tecnologiche e rete internet attraverso la gestione del portale "Italia.it", nonché di ogni altro strumento di comunicazione ritenuto opportuno;

d. svolgere e organizzare attività e servizi di consulenza e di assistenza per lo Stato, per le regioni e per le Province Autonome di Trento e Bolzano e per gli organismi pubblici e privati, sottoscrivendo apposite convenzioni per promuovere e sviluppare processi indirizzati ad armonizzare i servizi di accoglienza e di informazione ai turisti ed anche, con corrispettivo, per attività promozionali e pubblicitarie di comunicazione e pubbliche relazioni;

e. attuare intese e forme di collaborazione con Enti pubblici e con gli Uffici della rete diplomatico-consolare del Ministero degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale, compresi gli Istituti di Cultura, secondo quanto previsto da appositi protocolli di intesa con le altre sedi di rappresentanza italiana all'estero, anche ai sensi dell'art. 1 della Legge 31 marzo 2005 n. 56.

In particolare, l'art. 2, comma 1, lettera h) dello Statuto dell'ENIT, approvato con DPCM 14 marzo 2019, affida all'ente il compito di attuare intese e forme di collaborazione con Enti pubblici e con gli Uffici della rete diplomatico-consolare del Ministero degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale, compresi gli Istituti di Cultura, secondo quanto previsto da appositi protocolli di intesa con le altre sedi di rappresentanza italiana all'estero. Inoltre, secondo quanto previsto dalla lett. b) dell'art. 2, comma 1, dello statuto, ENIT ha il compito di realizzare le strategie promozionali a livello nazionale ed internazionale e di informazione all'estero, di sostegno alle imprese per la commercializzazione dei prodotti turistici italiani.

Nel corso dell'attuale legislatura, è stato approvato in prima lettura dalla Camera il disegno di legge AC. 1698, che conferisce un'ampia delega al Governo per la riorganizzazione e la semplificazione della disciplina in materia di turismo. L'esame istruttorio del provvedimento, avvenuto nella X Commissione attività produttive della Camera, ha visto lo svolgimento di un ciclo di audizioni, nel corso del quale sono state raccolte le osservazioni di soggetti istituzionali e di numerose associazioni di categoria. L'Assemblea della Camera ha approvato in prima lettura il provvedimento, nella seduta del 10 luglio 2019. Il disegno di legge è attualmente all'esame in sede referente della 10ª Commissione del Senato (A.S. 1413).

Infine, si segnala che presso la X Commissione attività produttive della Camera è stato incardinato, il 2 ottobre 2019, l'esame della proposta di legge A.C. 1743 che prevede l'istituzione del Ministero del turismo e contiene altre disposizioni per la promozione del turismo e il sostegno del lavoro e delle imprese operanti nel settore turistico, nonché delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per l'istituzione della Scuola nazionale di alta formazione turistica e la disciplina dell'attività delle piattaforme tecnologiche di intermediazione di servizi turistici. In particolare, l'articolo 7 prevede, tra l'altro, misure di razionalizzazione dell'attività degli uffici esteri dell'ENIT – Agenzia nazionale del turismo.

 

Il terzo periodo del comma in esame interviene sulla disciplina relativa alla governance dell'ENIT, contenuta nell’articolo 16 del D.L. n. 83/2014 (L. n. 106/2014), "anche in ragione dell’esigenza di assicurare l’attuazione tempestiva ed efficace di quanto stabilito dal presente comma".

Nel dettaglio:

 

§  sono espunte le previsioni secondo le quali entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 83/2014 (L. n. 106/2014) si sarebbe dovuto provvedere all'approvazione del nuovo statuto dell'ENIT, il quale, adottato in sede di prima applicazione dal commissario straordinario, avrebbe poi dovuto essere approvato con DPCM, su proposta dello stesso Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo.

 

Come sopra evidenziato, il nuovo statuto dell'ENIT è stato approvato con DPCM 14 marzo 2019.

 

A tal fine, sono soppressi il primo e il secondo periodo dell’articolo 16, comma 5, del D.L. n. 83/2014 (L. n. 106/2014).

 

Allo stesso comma 5 sono introdotti due nuovi periodi in base ai quali:

§  il Consiglio di amministrazione è composto dal Presidente, da un membro nominato dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, con funzioni di amministratore delegato, per la cui nomina una modifica approvata nel corso dell'esame alla Camera dei deputati introduce l'obbligo di sentire le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, e da un membro nominato dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo su designazione della Conferenza Stato-Regioni;

§  il collegio dei revisori dei conti è composto da tre membri effettivi, uno dei quali designato dal Ministro dell’economia e delle finanze e da due supplenti, nominati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, che altresì designa il Presidente.

Resta in vigore l'attuale previsione - contenuta nello stesso comma 5 - secondo cui il presidente dell'ENIT è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo;

 

Secondo l'attuale disciplina statutaria (che fa ancora riferimento al "Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo"), sono organi di ENIT: il Presidente; il Consiglio di amministrazione; il Collegio dei revisori dei conti.

Il Presidente è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo nel rispetto della disciplina in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39.

Il Presidente dura in carica per un periodo di tre anni, rinnovabile per una sola volta. La carica di Presidente è incompatibile con altri rapporti di lavoro subordinato e con qualsiasi altra attività professionale privata che si ponga in conflitto di interessi con le finalità e i compiti di ENIT. Il Presidente è scelto in base a criteri di alta professionalità, di capacità manageriale e di onorabilità.

Il Consiglio di amministrazione è composto, oltre che dal Presidente di ENIT, da due membri nominati dal Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, di cui uno su designazione della Conferenza Stato-Regioni, e l'altro sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, nel rispetto della disciplina in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39. I componenti del Consiglio di amministrazione durano in carica tre anni e possono essere rinnovati per non più di una volta. La gestione di ENIT spetta al Consiglio di amministrazione, il quale può delegare, nei limiti consentiti dalla legge, proprie attribuzioni, compresa la facoltà di subdelegare, ad uno dei suoi componenti che, conseguentemente, viene nominato consigliere delegato. Il Consiglio di amministrazione può sempre impartire direttive al consigliere delegato e avocare a sé operazioni rientranti nella delega. Il Consiglio di amministrazione può, inoltre, delegare, nei limiti consentiti dalla legge e nel rispetto del bilancio approvato, propri dipendenti o collaboratori all'impegno di spesa. Il Consiglio di amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio delle deleghe.

Il Collegio dei revisori dei conti è composto da tre membri effettivi, fra i quali il suo Presidente, e da due membri supplenti. I componenti del Collegio sono nominati con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo, che designa altresì il suo Presidente. Uno dei componenti è designato dal Ministero dell'economia e delle finanze. I componenti del Collegio durano in carica tre anni e possono essere confermati una sola volta. I componenti devono essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia.

Il presidente attualmente in carica risulta nominato con DPR del 4 febbraio 2019 mentre gli altri due attuali componenti del consiglio di amministrazione sono stati nominati con DM 4749 del 2 maggio 2019.

 

§  al comma 6, mediante soppressione del terzo periodo, è altresì eliminata la disposizione in base alla quale lo statuto avrebbe dovuto stabilire che il consiglio di amministrazione fosse composto, oltre che dal presidente dell'ENIT, da due membri nominati dal Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di cui uno su designazione della Conferenza Stato-Regioni, e l'altro sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, nel rispetto della vigente disciplina in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni.

Il comma 2 stabilisce che entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge si provvede all’attuazione delle disposizioni relative, rispettivamente, alla nomina del presidente nonché del Consiglio di amministrazione dell'ENIT (quest'ultima previsione è stata introdotta dal comma 1 dell'articolo in esame).

Il comma 2 assegna quindi all’ENIT il termine di 30 giorni, decorrenti dalla data di tali nomine, per l'adeguamento del proprio statuto alle nuove disposizioni introdotte all’articolo 16, comma 5, del D.L. n. 83 del 2014.

Il comma 3 reca la disposizione di copertura degli oneri derivanti dall'articolo in esame.

 


 

Articolo 180
(Ristoro ai Comuni per la riduzione di gettito dell’imposta di soggiorno e altre disposizioni in materia)

 

 

L’articolo 180, comma 1, istituisce un Fondo, nello stato di previsione del Ministero dell'interno per l'anno 2020, per il ristoro parziale dei comuni a seguito della mancata riscossione dell’imposta di soggiorno, del contributo di sbarco o del contributo di soggiorno. Al Fondo è attribuita una dotazione di 100 milioni di euro. Alla ripartizione si provvede con decreto ministeriale (comma 2). Il comma 5 dispone in ordine alla copertura dei relativi oneri.

I commi 3 e 4 novellano alcune disposizioni concernenti il pagamento dell’imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno (quest'ultimo previsto per Roma capitale). I soggetti che incassano tali imposte o contributi devono successivamente versare al comune i relativi importi. La presentazione della relativa dichiarazione, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale, deve essere effettuata dal gestore della struttura ricettiva, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi (comma 3). Il medesimo diritto di rivalsa è riconosciuto, ai sensi del comma 4, anche al soggetto che incassa il canone o il corrispettivo - ovvero che interviene nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi - dovuto per locazioni brevi.

Viene quindi dettata la disciplina sanzionatoria relativa ai casi di omessa o infedele presentazione della dichiarazione ovvero per omesso, ritardato o parziale versamento dell'imposta (di soggiorno o di sbarco) o contributo di soggiorno.

Nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati sono state apportate alcune correzioni di carattere formale.

 

Il fondo di cui al comma 1 mira, quindi, a fornire un ristoro parziale ai comuni a fronte delle minori entrate derivanti dalla mancata riscossione dell’imposta di soggiorno a seguito delle misure di contenimento del COVID-19. Come sopra accennato, il medesimo comma 1 attribuisce una dotazione di 100 milioni di euro per il 2020.

Ai sensi del comma 2, si provvede alla ripartizione delle somme con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da adottare entro 30 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge.

Il comma 5 dispone che alla copertura dei relativi oneri si provvede ai sensi dell'art. 265 (alla cui scheda si rinvia).

 

L'articolo 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 ("Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale"), in materia di imposta di soggiorno, dispone che i comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d'arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, un'imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali.

Si ricorda, per completezza, che l'art. 46, comma 1-bis, D.L. n. 124 del 2019, dispone che nei comuni capoluogo di provincia che - in base all'ultima rilevazione resa disponibile da parte delle amministrazioni pubbliche competenti per la raccolta ed elaborazione di dati statistici - abbiano avuto presenze turistiche in numero venti volte superiore a quello dei residenti, l'imposta di soggiorno può essere applicata fino all'importo massimo di 10 euro a notte (rispetto al vigente limite massimo di 5 euro).

Il contributo di sbarco, istituito dall'articolo 33 della legge n. 221 del 2015 (cd. collegato ambientale) ha sostituto la previgente imposta di sbarco; esso, come l'imposta di sbarco, è alternativo all'imposta di soggiorno.

Quanto al contributo di soggiorno, esso era stato già introdotto per Roma Capitale a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive della città, secondo criteri di gradualità in proporzione alla loro classificazione, fino all'importo massimo di 10 euro per notte di soggiorno (art. 14, co. 16, lett. e) del D.L. n. 78 del 2010).

 

I gestori delle strutture ricettive, situate nei territori dei comuni che, in base alla legge (art. 4 comma 1 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23), hanno istituito l’imposta di soggiorno, una volta incassata l'imposta devono versarla al comune, tramite modello F24.

 

Per un inquadramento di carattere generale, si veda il temaweb "Le entrate delle regioni e degli enti locali" (marzo 2020). 

 

La disposizione di cui al comma 5-ter dell’art. 4 del decreto-legge n. 50 del 2017 già qualifica il soggetto che incassa il canone o il corrispettivo - ovvero che interviene nel pagamento dei predetti canoni o corrispettivi - quale responsabile del pagamento dell'imposta di soggiorno o del contributo di soggiorno, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale, quando la locazione risponde ai requisiti della locazione breve di cui al comma 1 dell’art. 4 medesimo.

Si intendono per locazioni brevi i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività d'impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, ovvero soggetti che gestiscono portali telematici, mettendo in contatto persone in cerca di un immobile con persone che dispongono di unità immobiliari da locare.

 

Novellando tale comma 5-ter dell’art. 4 del decreto-legge n. 50 del 2017[32], il comma 4 riconosce al soggetto responsabile del pagamento del tributo, il diritto di rivalsa sui soggetti passivi.

Il comma 3, introducendo un nuovo comma 1-bis all'art. 4 del citato decreto legislativo n. 23 del 2011, attribuisce la qualifica di responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno - o del contributo di soggiorno previsto per Roma capitale - al gestore della struttura ricettiva con diritto di rivalsa sui soggetti passivi.

Inoltre le novelle, sia nel caso delle strutture ricettive, sia nel caso delle locazioni brevi, pongono in capo a tale soggetto responsabile la presentazione della dichiarazione. Tale dichiarazione deve essere presentata cumulativamente ed esclusivamente in via telematica entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo. Le modalità di presentazione sono demandate ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione (come è stato specificato nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati con l'approvazione delle correzioni formali).

I medesimi commi 3 e 4 recano poi la disciplina sanzionatoria, valida sia per le strutture turistiche ricettive, sia in caso di locazione breve:

§  in caso di omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento dal 100 al 200 per cento dell'importo dovuto;

§  in caso di omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997[33].

 

Per effetto dei commi 3 e 4 in esame, quindi, vengono così allineate le distinte discipline per le locazioni brevi e per le strutture ricettive.

 

Secondo alcune stime effettuate da uno studio pubblicato dalla Banca d'Italia[34] riferite all'anno 2016, le riscossioni dei Comuni relative alla sola imposta di soggiorno sono state pari a 376 milioni di euro (cui vanno aggiunto ulteriori 11 milioni riferiti alla Provincia autonoma di Trento ove il tributo è riscosso a livello provinciale), in media intorno al 4 per cento del complesso delle entrate tributarie da imposte degli enti interessati, circa 20 euro per abitante e 1,4 euro a pernottamento. Per comparazione, nello stesso anno l’addizionale all’Irpef generava incassi per circa 95 euro pro capite nella media degli stessi enti.

 

Secondo valutazioni più recenti[35], il gettito complessivo avrebbe registrato un sensibile aumento, raggiungendo, nel 2019, 622 milioni di euro (+13,7% rispetto al 2018). Tale incremento sarebbe dovuto anche all'aumento delle amministrazioni comunali che hanno introdotto l'imposta (72 solamente nel 2019).

 

 


 

Articolo 181
(Sostegno delle imprese di pubblico esercizio)

 

 

L’articolo 181, comma 1, esonera - dal 1° maggio al 31 ottobre 2020 - gli esercizi di ristorazione ovvero per la somministrazione di pasti e di bevande dal pagamento della tassa o del canone dovuti per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Tosap e Cosap). La disposizione mira a favorire la ripresa delle attività turistiche.

Il comma 5 istituisce un fondo per il ristoro dei comuni a fronte della diminuzione delle entrate conseguente a tale esonero. Al fondo è attribuita una dotazione pari a 127,5 milioni di euro per l’anno 2020. Alla copertura del relativo onere si provvede ai sensi del comma 6.

Nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati sono stati introdotti i commi da 1-bis a 1-quater, che esonerano dal pagamento della tassa per l'occupazione temporanea di spazi ed aree pubbliche o del relativo canone i titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l'utilizzazione del suolo pubblico per l'esercizio del commercio su aree pubbliche (di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114), dal 1° marzo 2020 fino al 30 aprile 2020. Le norme introdotte prevedono il ristoro ai comuni delle minori entrate, attraverso l’istituzione di un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell’interno.

Il comma 2 reca procedure semplificate, in via telematica, per la presentazione di domande di nuove concessioni per l’occupazione di suolo pubblico ovvero di ampliamento delle superfici già concesse nel medesimo periodo (quindi dal 1° maggio al 31 ottobre 2020).

Il comma 3 prevede, ai soli fini di assicurare il rispetto delle misure di distanziamento, che la posa di strutture amovibili in spazi aperti, a determinate condizioni e da parte dei medesimi soggetti individuati dal comma 1, non sia soggetta a talune autorizzazioni previste dalla legislazione vigente. La presente disposizione si applica non oltre il termine del 31 ottobre 2020. Riguardo a tali strutture, inoltre, non trova applicazione il termine di novanta giorni per la loro rimozione previsto dal t.u. dell'edilizia per opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee (comma 4).

 

Il comma 1 si applica alle diverse tipologie di esercizi elencate dall'art. 5, comma 1, della legge n. 287 del 1991. Si tratta di:

a)   esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari);

b)   esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari);

c)   esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari;

d)   esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione.

 

Tali esercizi sono esonerati dal pagamento, dal 1° maggio al 31 ottobre 2020, dal pagamento:

§  della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (Tosap) di cui al Capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507;

§  dal canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (Cosap) di cui all’articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

 

Si tiene conto di quanto stabilito dall’articolo 4, comma 3-quater, del decreto-legge n. 162 del 2019, convertito con modificazioni dalla legge n. 8 del 2020. L'art. 1, comma 847, della legge di bilancio per il 2020 (L. n. 160 del 2019) ha abrogato l'intero Capo II del d.lgs. n. 507 del 1993 (concernente la Tosap) e l’art. 63 del d.lgs. n. 446 del 1997 (in materia di Cosap) a decorrere dal 1° gennaio 2020. Tuttavia, l'art. 4, comma 3-quater, D.L. n. 162 del 2019 (c.d. decreto fiscale, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 8 del 2020) prevede che tali abrogazioni non abbiano effetto, limitatamente all'anno 2020.

Si rammenta che tali abrogazioni si iscrivono in una riforma complessiva prevista dai commi da 837 a 847, i quali istituiscono il canone unico patrimoniale di concessione per l’occupazione nei mercati, che dal 2021 sostituisce la Tosap, il Cosap e, limitatamente ai casi di occupazioni temporanee, la Tari.

Nel caso in cui l’intesa non sia raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni (condizione prevista dal comma 3 dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281) il decreto è comunque adottato.

 

Il comma 5 istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo con una dotazione di 127,5 milioni di euro per l’anno 2020, destinato a provvedere al ristoro dei comuni, in vista delle minori entrate a seguito dell'esonero dal pagamento di Tosap e Cosap disposti dal comma 1.

Alla ripartizione del Fondo si provvede con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali da adottare entro trenta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge.

Il decreto è comunque adottato al ricorrere della condizione prevista dall'art. 3, comma 3, del decreto legislativo n. 281 del 1997. Tale disposizione prevede che quando un'intesa espressamente prevista dalla legge non è raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata.

 

Si valuti l'opportunità di chiarire la portata del riferimento all'art.3, comma 3, del decreto legislativo n. 281 del 1997, contenuto al terzo periodo del comma in esame, tenuto conto che la disposizione consente allo Stato di procedere, senza attendere l'intesa della Conferenza Stato-regioni (che, peraltro. nel caso in esame è la Conferenza Stato-città), dopo che sono trascorsi trenta giorni dalla prima seduta della medesima Conferenza in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, mentre il secondo periodo del medesimo comma dispone che il decreto debba essere adottato entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.

 

Il comma 6 rinvia all’art. 265 del decreto-legge per la copertura dell’onere derivante dall'istituzione del fondo.

 

In merito alla Tosap si ricorda che:

§  alla Tosap sono sottoposte le occupazioni di qualsiasi natura effettuate - anche senza titolo - nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province (articolo 38 del d.lgs. 507/93);

§  soggetto passivo del tributo (articolo 39) – dovuto al comune o alla provincia – è il titolare dell'atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall'occupante di fatto, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all'uso pubblico nell'ambito del rispettivo territorio;

§  la disciplina applicativa del tributo è affidata all’ente territoriale, tenuto ad approvare il regolamento per l'applicazione della Tosap;

§  la normativa statale distingue occupazioni permanenti e temporanee (articolo 42) e disciplina altresì le modalità di graduazione e determinazione della tassa. In particolare (articolo 42, commi 3 e 4) la tassa è graduata a seconda dell'importanza dell'area sulla quale insiste l'occupazione; essa si determina in base all'effettiva occupazione, espressa in metri quadrati o in metri lineari con arrotondamento all'unità superiore della cifra contenente decimali;

§  l’articolo 49 del D.Lgs. 507/93 elenca i casi di esenzione. Sono tra l’altro esenti da imposta le occupazioni effettuate dallo Stato, dalle regioni, province, comuni e loro consorzi, da enti religiosi per l'esercizio di culti ammessi nello Stato, dagli enti pubblici per finalità specifiche di assistenza, previdenza, sanità, educazione, cultura e ricerca scientifica.

 

Il D.Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446, all’articolo 63, ha autorizzato i comuni e le province, con apposito regolamento, ad escludere l'applicazione della Tosap e ad assoggettare l'occupazione permanente e temporanea di suolo pubblico al pagamento di un canone (Cosap) da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione ed in base a tariffa. Tra l’altro, il regolamento (articolo 63, comma 2):

§  deve prevedere le procedure per il rilascio, il rinnovo e la revoca degli atti di concessione;

§  reca l’indicazione analitica della tariffa, dell'entità dell'occupazione, del valore economico della disponibilità dell'area, nonché del sacrificio imposto alla collettività;

§  reca altresì l’indicazione delle modalità e termini di pagamento del canone e la previsione di speciali agevolazioni per occupazioni ritenute di particolare interesse pubblico;

§  infine, il regolamento deve fissare un limite minimo (516,5 euro) di ammontare complessivo dei canoni dovuti a ciascun comune o provincia e dettare i criteri il versamento del canone stesso.

 

 

Nel corso dell’esame del provvedimento presso la Camera sono stati introdotti i commi da 1-bis a 1-quater.

Ai sensi del comma 1-bis, in considerazione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, i titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l'utilizzazione del suolo pubblico per l'esercizio del commercio su aree pubbliche (di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114), sono esonerati dal 1° marzo 2020 fino al 30 aprile 2020 dal pagamento della tassa per l'occupazione temporanea di spazi ed aree pubbliche, di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 e del canone di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997. n. 446.

 

Il richiamato articolo 45 del D.Lgs. n. 507 del 1993 disciplina le occupazioni temporanee di spazi e aree pubbliche, nel qual caso la tassa è commisurata alla effettiva superficie occupata ed è graduata in rapporto alla durata delle occupazioni medesime. Come già visto supra, l’articolo  63 del D.Lgs. n. 446 del 1997 si riferisce invece al canone per l’occupazione dei medesimi spazi e aree, che consente a comuni e province di prevedere che l'occupazione, sia permanente che temporanea, di strade, aree e relativi spazi soprastanti e sottostanti appartenenti al proprio demanio o patrimonio indisponibile, comprese le aree destinate a mercati anche attrezzati, sia assoggettata, in sostituzione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, al pagamento di un canone.

 

Il comma 1-ter dispone il rimborso delle somme versate nel periodo 1° marzo-30 aprile 2020, di cui al comma l-bis.

 

Il comma 1-quater dispone che, per ristorare i comuni delle minori entrate derivanti dall’esonero da TOSAP e COSAP temporanei e dai rimborsi di quanto versato, è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno un Fondo con una dotazione di 12,5 milioni di euro per l'anno 2020. Alla ripartizione del Fondo tra gli enti interessati si provvede con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed Autonomie locali, da adottare entro sessanta giorni dall'entrata  in vigore della presente legge di conversione del provvedimento in esame.

 

Ai sensi del comma 2, a far data dal 1° maggio 2020 ("stesso termine di cui al comma 1") e fino al 31 ottobre 2020, le domande di nuove concessioni per l’occupazione di suolo pubblico ovvero di ampliamento delle superfici già concesse sono presentate in via telematica, con allegata la sola planimetria. Ciò è posto in deroga alla disciplina sullo Sportello unico delle attività produttive (SUAP) di cui D.P.R. n. 160 del 2010, il quale reca puntuali prescrizioni in merito alla presentazione in via telematica delle domande indirizzate al SUAP medesimo.

In particolare, l'art. 5 dell'Allegato del citato D.P.R. n. 160 reca la specificazione dell'insieme dei file che costituiscono ogni domanda telematica al SUAP.

 

Si prevede inoltre l'esenzione dall'imposta di bollo (di cui al D.P.R. n. 642 del 1972).

 

Il comma 3 stabilisce che i medesimi soggetti di cui al comma 1 possono effettuare la posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico di dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni, al solo fine di favorire il rispetto delle disposizioni sul distanziamento. Tali elementi dovranno comunque essere funzionali alle attività (ristorazione, somministrazione di alimenti e bevande e simili) previste dall'art. 5 della legge n. 287 del 1991 (v. supra).

La posa di tali opere amovibili non è subordinata alle autorizzazioni di cui agli articoli 21 e 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 ("Codice dei beni culturali e del paesaggio").

L'art. 21 del Codice disciplina le autorizzazioni necessarie alla realizzazione di interventi su beni culturali ivi elencati. Tenuto conto della disposizione in esame, sembra pertinente la disposizione di cui al comma 4 secondo la quale "l'esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente" in relazione alla collocazione di opere amovibili in spazi di interesse culturale.

L’art. 146 del Codice riguarda l'autorizzazione paesaggistica e prevede un regime ordinario e un regime semplificato per interventi di lieve entità. Tale autorizzazione costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio (art. 146, comma 4).

 

Il comma 4 prevede che alla posa in opera delle strutture amovibili di cui al comma 3 è disapplicato il limite temporale di novanta giorni per la rimozione per la loro rimozione (di cui all’art. 6 co. 1, lettera e-bis), del D.P.R n. 380 del 2001, recante il testo unico in materia edilizia).

In base a tale disposizione (fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) rientrano tra gli interventi eseguibili senza alcun titolo abilitativo le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni, previa comunicazione di avvio lavori all'amministrazione comunale.

 


 

Articolo 181, commi 4-bis e 4-ter
(Concessioni di posteggio per commercio su aree pubbliche)

 

 

I commi 4-bis e 4-ter, introdotti nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, dispongono che le concessioni di posteggio per l'esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020 - se non già riassegnate - sono rinnovate per la durata di dodici anni. Il rinnovo avviene secondo linee guida adottate dal Ministero dello sviluppo economico, con modalità stabilite dalle regioni entro il 30 settembre 2020 con assegnazione al titolare dell'azienda, previa verifica della sussistenza dei requisiti di onorabilità e professionalità prescritti, dell'iscrizione ai registri camerali quale ditta attiva, ove non sussistano gravi e comprovate cause di impedimento temporaneo all'esercizio dell'attività (comma 4-bis).

Nelle more di un generale riordino della disciplina del commercio su aree pubbliche, le regioni hanno facoltà di disporre che i comuni possano assegnare, su richiesta degli aventi titolo, in via prioritaria e in deroga ad ogni altro criterio, concessioni per posteggi liberi, vacanti o di nuova istituzione agli operatori in possesso dei requisiti prescritti, che siano rimasti esclusi dai procedimenti di selezione ovvero che, all'esito dei procedimenti, non hanno conseguito la riassegnazione della concessione (comma 4-ter).

 

Nel dettaglio, il comma 4-bis dispone che le concessioni di posteggio per l'esercizio del commercio su aree pubbliche aventi scadenza entro il 31 dicembre 2020 - se non già riassegnate ai sensi dell'intesa sancita in sede di Conferenza unificata il 5 luglio 2012 - nel rispetto del comma 4-bis dell'articolo 16 del D.Lgs. n. 59/2010, sono rinnovate per la durata di dodici anni.

Il rinnovo avviene secondo linee guida adottate dal Ministero dello sviluppo economico, con modalità stabilite dalle regioni entro il 30 settembre 2020, con assegnazione al soggetto titolare dell'azienda – sia che la conduca direttamente sia che l'abbia conferita in gestione temporanea – previa verifica della sussistenza dei requisiti di onorabilità e professionalità prescritti, compresa l'iscrizione ai registri camerali, quale ditta attiva ove non sussistano gravi e comprovate cause di impedimento temporaneo all'esercizio dell'attività.

 

Ai sensi del comma 4-ter, nelle more di un generale riordino della disciplina del commercio su aree pubbliche, al fine di promuovere e garantire gli obiettivi connessi alla tutela dell'occupazione, le regioni hanno facoltà di disporre che i comuni possano assegnare, su richiesta degli aventi titolo, in via prioritaria e in deroga ad ogni altro criterio, concessioni per posteggi liberi, vacanti o di nuova istituzione ove necessario, agli operatori, in possesso dei requisiti prescritti, che siano rimasti esclusi dai procedimenti di selezione previsti dalla vigente normativa ovvero che, all'esito dei procedimenti stessi, non hanno conseguito la riassegnazione della concessione.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 1180 della legge di bilancio 2018 (Legge n. 205/2017), ha prorogato al 31 dicembre 2020 il termine delle concessioni di commercio su aree pubbliche con scadenza anteriore alla predetta data e in essere al 1° gennaio 2018. Ciò, con l’esplicito fine di garantire che le procedure per l’assegnazione delle medesime concessioni siano realizzate in un contesto temporale omogeneo.

Si ricorda, inoltre, che l’articolo 1, comma 686 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145/2019) ha escluso dal campo di applicazione del Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, di recepimento della direttiva cd. Bolkestein n. 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, le attività di commercio al dettaglio sulle aree pubbliche (novella all’articolo 7 del D.Lgs. n. 59/2010).

Il comma 686 ha inoltre abrogato, nel D.Lgs. n. 59/2010, l’articolo 70, concernente la disciplina del commercio al dettaglio su aree pubbliche ed è intervento sull’articolo 16 del citato D.Lgs., il quale, ai commi 1-4 individua i criteri e le fattispecie nelle quali è obbligatorio il ricorso ad una procedura di selezione tra i diversi candidati potenziali all’esercizio di attività, in regime autorizzatorio, incluse nell’ambito di applicazione del decreto stesso.

Con un nuovo comma 4-bis è stata esplicitamente esclusa l’applicazione di tali criteri di selezione al commercio al dettaglio su aree pubbliche.

 

Circa le Segnalazioni dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato sulla durata e criteri di selezione dei concessionari di posteggi su aree pubbliche per l’esercizio del commercio al dettaglio, si rinvia al Box, infra.

Si segnala in questa sede che, secondo consolidato orientamento dell’AGCM «la previsione da parte dell'articolo 28 del Decreto Legislativo n. 114/98 di una durata decennale della concessione appare un termine eccessivamente lungo, anche tenuto conto della natura dell'attività che il soggetto aggiudicatario andrà a svolgere (commercio su aree pubbliche), la quale non richiede particolari investimenti, e si pone in contrasto con gli obiettivi di liberalizzazione e di apertura alla concorrenza perseguiti dallo stesso Decreto. Ancor più ingiustificata dal punto di vista concorrenziale, secondo l’AGCM, appare la previsione di qualsiasi meccanismo di rinnovo delle autorizzazioni che sia suscettibile di aggravare l'irrigidimento del mercato, perpetuando la posizione degli operatori già esistenti e non consentendo l'alternanza dell'offerta in questo settore commerciale».

L’Autorità ha anche osservato che la durata "dovrebbe essere rigorosamente definita in maniera da perseguire l'equilibrio economico-finanziario degli investimenti del concessionario, senza però rinviare per tempi eccessivamente lunghi il confronto concorrenziale".

Si rinvia inoltre, infra, alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, evidenziando in questa sede come la Corte si sia espressa in più occasioni sulle disposizioni statali o regionali che recano norme di proroga di concessioni in essere, anche in relazione alle previsioni dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, che richiama il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario nell'esercizio della potestà legislativa dello Stato e delle regioni.

In più occasioni (ex multis sentenze n. 340, n. 233 e n. 180 del 2010 e sentenza n. 205 del 2011) la Corte costituzionale ha valutato le disposizioni impugnate richiamando, oltre al rispetto del riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le regioni, i principi comunitari in materia di temporaneità delle concessioni e di apertura alla concorrenza, con particolare riguardo alle disposizioni che, seppure per un periodo temporalmente limitato, «impediscono l'accesso di altri potenziali operatori economici al mercato, ponendo barriere all'ingresso tali da alterare la concorrenza tra imprenditori».

 

La materia del commercio è attribuita alla competenza residuale (e quindi esclusiva) delle Regioni (art. 117, comma 3, Cost.), ma presenta altresì profili inerenti alla materia della tutela della concorrenza, che la Costituzione attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato (art. 117, comma 2, lett. e), Cost.)

 

Più in particolare, l'attività di "commercio al dettaglio su area pubblica" è disciplinata dagli articoli da 27 a 30 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, come modificato dal D.Lgs. 59/2010, con il quale è stata recepita nell’ordinamento italiano la Direttiva 2006/123/UE relativa ai servizi nel mercato interno, che prevede altresì il potere delle Regioni in materia di programmazione dello sviluppo commerciale e di definizione dei relativi criteri di pianificazione urbanistica.

L'attività di commercio ambulante, o commercio su area pubblica, è una attività di vendita di merci al dettaglio, effettuata su aree di proprietà pubblica, ovvero su piazzole (o posteggi) assegnati, oppure in forma itinerante.

Per commercio ambulante si intende, segnatamente, l’"attività di vendita di merci al dettaglio (anche somministrazione alimenti e bevande) effettuate su aree pubbliche, attrezzate o meno, coperte o scoperte" (art. 27).

Secondo il comma 1 dell’articolo 28 del D.Lgs. n. 114, il commercio sulle aree pubbliche può essere svolto: a) su posteggi dati in concessione per dieci anni; b) su qualsiasi area purché in forma itinerante.

L'esercizio di tale attività è soggetto – secondo il comma 2 dell’articolo 28 del D.Lgs. n. 114 e D.Lgs. n. 222/2016 - ad apposita autorizzazione rilasciata a persone fisiche, a società di persone, a società di capitali regolarmente costituite[36] o cooperative.

Le regioni, nell’esercizio della potestà normativa in materia di disciplina delle attività economiche, possono stabilire che l’autorizzazione all’esercizio dell’attività sia subordinata alla presentazione da parte del richiedente del documento unico di regolarità contributiva (DURC).

L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vendita sulle aree pubbliche mediante l'utilizzo di un posteggio è rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal sindaco del comune sede del posteggio ed abilita anche all'esercizio in forma itinerante nell'ambito del territorio regionale. L'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vendita sulle aree pubbliche esclusivamente in forma itinerante è rilasciata, in base alla normativa emanata dalla regione, dal comune nel quale il richiedente, persona fisica o giuridica, intende avviare l'attività. L'autorizzazione abilita anche alla vendita al domicilio del consumatore, nonché nei locali ove questi si trovi per motivi di lavoro, di studio, di cura, di intrattenimento o svago.

 

Il D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 ha attuato la Direttiva 2006/123/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 (c.d. "Direttiva Bolkestein") relativa ai servizi nel mercato interno.

L'art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 59/2010 ha definito l'ambito di applicazione del medesimo decreto, individuandolo in qualunque attività economica, di carattere imprenditoriale o professionale, svolta senza vincolo di subordinazione, diretta allo scambio di beni o alla fornitura di altra prestazione anche a carattere intellettuale.

Il medesimo D.lgs. 59/2010 ha esplicitato un'articolata serie di deroghe (artt. da 2 a 7) all'applicazione della direttiva 2006/123/UE.

Gli articoli da 2 a 7 del D.Lgs. 59/2010, elencano infatti le attività di servizi sottratte all'applicazione del decreto stesso: le attività connesse con l'esercizio di pubblici poteri, quando le stesse implichino una partecipazione diretta e specifica all'esercizio del potere pubblico e alle funzioni che hanno per oggetto la salvaguardia degli interessi generali dello Stato e delle altre collettività pubbliche; alla disciplina fiscale delle attività di servizi; ai servizi d'interesse economico generale assicurati alla collettività in regime di esclusiva da soggetti pubblici o da soggetti privati, ancorché scelti con procedura ad evidenza pubblica, che operino in luogo e sotto il controllo di un soggetto pubblico (art. 2, co.1); i servizi sociali (art. 3); i servizi finanziari (art. 4); i servizi di comunicazione (art. 5); i servizi di trasporto (art. 6).

Il successivo art. 7 elenca gli ulteriori servizi esclusi dall'applicazione del decreto:

a)    i servizi di somministrazione di lavoratori forniti dalle agenzie per il lavoro, autorizzate ai sensi del D. Lgs. n. 276/2003;

b)   i servizi sanitari e quelli farmaceutici forniti direttamente a scopo terapeutico nell'esercizio delle professioni sanitarie, indipendentemente dal fatto che vengano prestati in una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione, di finanziamento e dalla loro natura pubblica o privata;

c)    i servizi audiovisivi, ivi compresi i servizi cinematografici, a prescindere dal modo di produzione, distribuzione e trasmissione, e i servizi radiofonici;

d)   il gioco d'azzardo e di fortuna, comprese le lotterie, le scommesse e le attività delle case da gioco, nonché le reti di acquisizione del gettito;

e)    i servizi privati di sicurezza;

f)    i servizi forniti da notai.

La legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 686) ha inserito tra i settori esclusi le attività del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche (nuova lett. f-bis).

Il Capo II del D.Lgs. n. 59/2010 detta disposizioni generali in materia di regimi autorizzatori. In particolare, l’art. 14 ha previsto la possibilità di introdurre limitazioni all'esercizio dell'attività economica istituendo o mantenendo regimi autorizzatori «solo se giustificati da motivi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione, di proporzionalità, nonché delle disposizioni di cui al presente titolo». La stessa disposizione, tuttavia, fissa i requisiti a cui subordinare la sussistenza di tali motivi imperativi (definiti, peraltro, come «ragioni di pubblico interesse»).

L'art.16 del D.Lgs. n. 59 del 2010 – in conseguenza di quanto previsto dal sopra ricordato art. 14 – ha disposto che le autorità competenti – nel caso in cui il numero delle autorizzazioni disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato «per ragioni correlate alla scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche disponibili» – debbano attuare una procedura di selezione tra i potenziali candidati, garantendo «la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalità atti ad assicurarne l'imparzialità, cui le stesse devono attenersi» (commi 2 e 3). Tutto ciò, allo scopo di garantire sia la parità di trattamento tra i richiedenti, impedendo qualsiasi forma di discriminazione tra gli stessi, sia la libertà di stabilimento, conformemente alla citata direttiva 2006/123/UE.

In particolare, il comma 4 dell’articolo 16 ha disposto che nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attività di servizi sia limitato, il titolo stesso deve essere rilasciato per una durata limitata e non può essere rinnovato automaticamente, né possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorché giustificati da particolari legami con il primo.

La legge di bilancio 2019 (articolo 1, comma 686) ha introdotto all’articolo 16 del D.Lgs. n. 59/2010, un nuovo comma 4-bis che dispone la non applicazione al commercio su aree pubbliche delle disposizioni dell’articolo sopra descritte, relative alla procedura di selezione tra i candidati potenziali.

Conseguentemente, la stessa legge di bilancio 2019 ha abrogato l’articolo 70 del D.Lgs. n. 59/2010, specificamente riferito al commercio al dettaglio sulle aree pubbliche.

Si ricorda che l’art. 70, comma 5, aveva demandato ad una intesa in sede di Conferenza unificata, l’individuazione, anche in deroga al disposto di cui al citato articolo 16 del D.Lgs. n. 59/2010, dei criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche e le disposizioni transitorie da applicare, con le decorrenze previste, anche alle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del decreto ed a quelle prorogate durante il periodo intercorrente fino all'applicazione di tali disposizioni transitorie[37].

 

Dunque, i profili della durata e dei criteri per l'assegnazione di posteggi su aree pubbliche hanno trovato una prima regolazione nell'Intesa Stato-Regioni del 5 luglio 2012 "sui criteri da applicare nelle procedure di selezione per l'assegnazione di posteggi su aree pubbliche", adottata ai sensi dell’articolo 70, comma 5, del D.Lgs. n. 59/2010.

L’Intesa del 2012 è intervenuta anche in ordine alla durata della concessione, da fissarsi da parte del Comune; "In ogni caso, la durata della concessione non può essere inferiore ai nove anni, , nel caso siano (…) necessari rilevanti investimenti materiali, superiore ai dodici anni". Nei mercati a carattere turistico la durata delle concessioni deve essere "comunque non inferiore a sette anni" (punto 1).

Inoltre, il criterio prioritario di assegnazione è stato individuato nella "maggiore professionalità acquisita", definita in base all'anzianità di esercizio dell'impresa, anche nello specifico posteggio oggetto di selezione; ulteriore criterio di cui potersi tener conto la regolarità contributiva, fiscale e previdenziale dell'impresa (punto 2, lett. a)1.

In attuazione dell'Intesa del 2012, è stata adottata la successiva Intesa Conf. Unificata 16/07/2015, n. 67/CU e il Documento unitario 16/45/CR13c/C11 DEL 24 marzo 2016, che ha sancito la necessità di applicare la normativa sui criteri per le concessioni di posteggio in maniera univoca per tutte le attività svolte sulle aree pubbliche (artigianali, di somministrazione di alimenti, e di rivendita di quotidiani e periodici). La Conferenza, per "assicurare omogeneità territoriale", ha proposto di adottare un limite unico a livello nazionale di durata delle concessioni, pari a 12 anni, al fine di consentire il recupero degli investimenti anche immateriali in un'attività caratterizzata da limitati volumi di vendita. Il Documento ha dettato, infine, "disposizioni transitorie", per compensare le disparità di trattamento tra gli operatori che, essendo titolari di concessioni scadute prima dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 59/2010, avevano usufruito di una proroga e quelli che, diversamente, non se ne sono potuti avvantaggiare.

Il regime transitorio fissato è consistito dunque nel prorogare di diritto a maggio o luglio 2017 le concessioni che sarebbero scadute, rispettivamente, dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 59/2010 e dell'Intesa del 2015, rinviando l'applicazione dei nuovi criteri di selezione soltanto dopo lo spirare del regime transitorio.

Successivamente, l’articolo 6, comma 8, del D.L. 244/2016 (cd. D.L. milleproroghe) ha prorogato al 31 dicembre 2018 la scadenza delle concessioni per il commercio su aree pubbliche in essere alla data di entrata in vigore del D.L. medesimo, al fine di allineare le scadenze delle concessioni stesse.

Ancora dopo, la legge di bilancio per il 2018 (L. 27 dicembre 2017, n. 205) ha introdotto alcune disposizioni in materia di concessioni per il commercio sulle aree pubbliche.

In particolare, l’articolo 1, comma 1180, ha prorogato al 31 dicembre 2020 il termine delle concessioni per commercio su aree pubbliche con scadenza anteriore alla predetta data e in essere alla data di entrata in vigore della legge di bilancio. Ciò con il fine di garantire che le procedure per l’assegnazione delle medesime concessioni siano realizzate in un contesto temporale omogeneo.

Il medesimo art. 1, al comma 1181, ha poi previsto che le amministrazioni interessate prevedessero specifiche modalità di assegnazione per coloro che nel biennio precedente l’entrata in vigore della norma avessero direttamente utilizzato le concessioni quale unica o prevalente fonte di reddito per sé e per il proprio nucleo familiare, anche in deroga a quanto previsto dalla disciplina delle autorizzazioni al commercio su aree pubbliche e delle connesse concessioni di posteggio di cui all’articolo 16 del D.lgs. 59/2010 (su cui v. infra). Ciò, specifica la norma, nel quadro della promozione e garanzia degli obiettivi di politica sociale connessi alla tutela dell'occupazione.

E’ stato poi demandato alla Conferenza Unificata il compito di provvedere all’integrazione dei criteri previsti dall’Intesa di cui all’articolo 70 del D.lgs n. 59/2010, stabilendo altresì, ai fini della garanzia della concorrenza nel settore, il numero massimo di posteggi complessivamente assegnabili ad un medesimo soggetto giuridico, sia nella medesima area sia in diverse aree, mercatali e non mercatali.

L’articolo 70 del D.Lgs. n. 59/2010 è stato, come detto, abrogato dal comma 686 dell’articolo 1 della legge di bilancio 2019.

 

Giurisprudenza costituzionale

Si richiama quanto evidenziato dalla giurisprudenza costituzionale, che ha specificamente dichiarato (cfr. sentenza n. 291 del 2012) l'incostituzionalità di disposizioni regionali che prevedevano l'inapplicabilità al commercio su aree pubbliche di quanto previsto dall'art. 16 del D.Lgs. n. 59 del 2010 (attuativo dell'art. 12 della direttiva Bolkestein).

In particolare, la Corte ha dichiarato l'incostituzionalità di tali norme per il contrasto con la disciplina comunitaria cui il legislatore nazionale ha dato attuazione e con i vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea in materia di accesso ed esercizio dell'attività dei servizi (in particolare in tema dei residuali regimi autorizzatori), ma anche perché esse non prevedono forme di «bilanciamento tra liberalizzazione e […] i motivi imperativi di interesse generale», come, invece, richiesto dalla normativa comunitaria[38].

Le disposizioni del D.Lgs. n. 59 del 2010 – ha sostenuto la Corte - sono da ascrivere alla tipologia di disposizioni che tendono ad assicurare procedure concorsuali di garanzia mediante la loro strutturazione in modo da consentire «la più ampia apertura del mercato a tutti gli operatori economici» (sentenza n. 401 del 2007) e che sono da ricomprendere, secondo la giurisprudenza costituzionale, nella nozione di concorrenza che «non può che riflettere quella operante in ambito comunitario» (sentenze n. 270 e n. 45 del 2010, n. 401 del 2007), che ha «un contenuto complesso in quanto ricomprende non solo l'insieme delle misure antitrust, ma anche azioni di liberalizzazione, che mirano ad assicurare e a promuovere la concorrenza "nel mercato" e "per il mercato", secondo gli sviluppi ormai consolidati nell'ordinamento europeo e internazionale (sentenza n. 200 del 2012).

Con riferimento alla possibilità di rinnovo automatico, si ricorda che la Corte costituzionale si è espressa in più occasioni sulle disposizioni statali o regionali che recano norme di proroga di concessioni in essere, anche in relazione alle previsioni dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, che richiama il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario nell'esercizio della potestà legislativa dello Stato e delle regioni.

In più occasioni (ex multis sentenze n. 340, n. 233 e n. 180 del 2010 e sentenza n. 205 del 2011) la Corte costituzionale ha valutato le disposizioni impugnate richiamando, oltre al rispetto del riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le regioni, i principi comunitari in materia di temporaneità delle concessioni e di apertura alla concorrenza, con particolare riguardo alle disposizioni che, seppure per un periodo temporalmente limitato, «impediscono l'accesso di altri potenziali operatori economici al mercato, ponendo barriere all'ingresso tali da alterare la concorrenza tra imprenditori».

In particolare la Corte Costituzionale, con la sentenza del 4/7/2013 n. 171, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della l. reg. Liguria 30.7.2012, n. 24, che ha tentato di reintrodurre il rinnovo automatico delle concessioni a seguito di eventi naturali atmosferici che causassero danni. La Corte ha affermato che il rinnovo o la proroga automatica delle concessioni, venendo meno agli obblighi che incombono ai sensi degli artt. 49 e 101 del TFUE e dell'art. 12 della dir. 2006/123/UE (c.d. dir. Bolkestein), viola l'art. 117, co. 1, cost., per contrasto con i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario in tema di libertà di stabilimento e di tutela della concorrenza, determinando altresì una disparità di trattamento tra operatori economici, in violazione dell'art. 117, co. 2, lett. e).

 

Segnalazioni dell’AGCM

Con riguardo, infine, alla durata delle concessioni e ai criteri di selezione, si richiama anche quanto affermato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato nel parere del 15 dicembre 2015 (A.S. 1335), nel quale si ribadisce che in più occasioni l'Autorità ha affermato il principio per cui un termine eccessivamente ampio di durata delle concessioni può alterare il funzionamento del mercato, rendendo più difficoltoso l'ingresso da parte di nuovi operatori, a detrimento della qualità dell'offerta, e determinando, di conseguenza, una cristallizzazione degli assetti esistenti nel mercato di riferimento. Riferendosi, in particolare, alla previgente disciplina del commercio su aree pubbliche, l'Autorità ha ritenuto eccessivamente lunga la durata decennale della concessione, "anche tenuto conto della natura dell'attività che il soggetto aggiudicatario andrà a svolgere, la quale non richiede particolari investimenti". Tale principio è stato costantemente ribadito in tutti i settori economici caratterizzati dal ricorso allo strumento concessorio (di beni o servizi), per affermare l'opportunità di ridurre la discrezionalità amministrativa nella scelta dei concessionari, basandosi su criteri oggettivi, trasparenti, non discriminatori, e di rispettare i principi comunitari della parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità.

Una durata delle concessioni non eccessivamente ampia risulta strettamente funzionale al rispetto di tali principi e l'Autorità, nell'esercizio delle proprie funzioni consultive nell'ambito di vari settori produttivi affidati in concessione ha sempre affermato che la durata "dovrebbe essere rigorosamente definita in maniera da perseguire l'equilibrio economico-finanziario degli investimenti del concessionario, senza però rinviare per tempi eccessivamente lunghi il confronto concorrenziale".

Quanto ai criteri di assegnazione dei posteggi, nel medesimo parere si ribadisce che quelli che danno peso decisivo a requisiti di anzianità o di esperienza pregressa in un determinato settore sono comunque idonei a pregiudicare il corretto dispiegarsi di dinamiche di mercato, in quanto possono favorire gli operatori esistenti, a scapito di nuovi concorrenti. Pertanto, secondo il consolidato orientamento dell'Autorità, tali criteri dovrebbero essere considerati soltanto in maniera residuale.

Si rinvia, sul punto, anche alla successiva segnalazione AGCM del 20 dicembre 2018 su “Concessioni e criticità concorrenziali”, nella quale l’Autorità ha segnalato che le concessioni di posteggio per il commercio su aree pubbliche dovrebbero avere una durata adeguata, effettivamente proporzionata agli investimenti effettuati e alla natura del posteggio interessato, mentre i criteri di anzianità, tali da attribuire all’operatore uscente un vantaggio concorrenziale non replicabile dai nuovi operatori, dovrebbero essere eliminati.

Da ultimo, si rinvia al parere AGCM del 5 dicembre 2019, AS1638 (sul Testo unico del Commercio della Regione Lazio- durata delle concessioni dei posteggi).

L’Autorità in quella sede ha evidenziato come, secondo il proprio consolidato orientamento, «la previsione da parte dell'articolo 28 del Decreto Legislativo n. 114/98 di una durata decennale della concessione appare un termine eccessivamente lungo, anche tenuto conto della natura dell'attività che il soggetto aggiudicatario andrà a svolgere (commercio su aree pubbliche), la quale non richiede particolari investimenti, e si pone in contrasto con gli obiettivi di liberalizzazione e di apertura alla concorrenza perseguiti dallo stesso Decreto. Ancor più ingiustificata dal punto di vista concorrenziale appare la previsione di qualsiasi meccanismo di rinnovo delle autorizzazioni che sia suscettibile di aggravare l'irrigidimento del mercato, perpetuando la posizione degli operatori già esistenti e non consentendo l'alternanza dell'offerta in questo settore commerciale».

Anche di recente l’Autorità ha espressamente rappresentato come la durata eccessiva delle concessioni (10 anni) unita alla individuazione della maggiore professionalità acquisita, quale criterio prioritario per l’assegnazione delle medesime, appaia idoneo a pregiudicare il corretto dispiegarsi delle dinamiche di mercato, favorendo gli operatori uscenti ed ostacolando l’ingresso di nuovi concorrenti, in aperto contrasto con i principi espressi dagli artt. 10 e 12 della Direttiva 2006/123/CE e degli artt. 14 e 16 del D. Lgs. n. 59/20102.

Le medesime considerazioni, d’altra parte, sono state svolte dall’Autorità anche riguardo a diversi settori economici, là dove si è sempre ribadito che la durata delle concessioni «dovrebbe essere rigorosamente definita in maniera da perseguire l’equilibrio economico-finanziario degli investimenti del concessionario, senza però rinviare per tempi eccessivamente lunghi il confronto concorrenziale».


 

Articolo 182, commi 1 e 3
(Misure di sostegno per il settore turistico)

 

 

L’articolo 182, comma 1, istituisce un fondo per sostenere le agenzie di viaggio e i tour operator in considerazione dell'impatto economico negativo conseguente all'adozione delle misure di contenimento del COVID-19. Al fondo è attribuita una dotazione di 25 milioni di euro per il 2020. Si demanda ad un decreto ministeriale la definizione delle modalità di assegnazione e ripartizione del fondo.

Il comma 3, modificato nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, dispone in ordine alla copertura dell'onere di cui al comma 1, nonché delle disposizioni concernenti viaggi ferroviari e musei gratuiti per studenti universitari, inserite dalla Camera.

 

Il fondo per sostenere le agenzie di viaggio e i tour operator previsto dal comma 1 è istituito nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo con una dotazione di 25 milioni di euro per l’anno 2020. La norma demanda ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, la definizione delle modalità di ripartizione e assegnazione delle risorse agli operatori.

Il comma 3 dispone in ordine alla copertura degli oneri, pari a 25 milioni di euro per l'anno 2020, derivanti dall'istituzione del fondo.

A seguito delle modifiche approvate nel corso dell'esame alla Camera dei deputati, esso provvede alla copertura degli oneri derivanti dalle disposizioni concernenti viaggi ferroviari e musei gratuiti per studenti universitari (commi 1-bis e 1-ter del presente articolo 182, v. relativa scheda), quantificati in 10 milioni di euro per il 2020.

Ai fini della copertura di tali oneri, il comma in esame rinvia all'art. 265 del presente decreto-legge.


 

Articolo 182, commi 1-bis e 1-ter
(Viaggi ferroviari e musei gratuiti per studenti universitari)

 

 

L’articolo 182, commi 1-bis e 1-ter, introdotto durante l'esame presso la Camera dei deputati, consente ad alcune categorie di studenti iscritti presso università e istituzioni di alta formazione di beneficiare, per l'anno 2020, nel rispetto del limite di spesa di 10 milioni di euro per il medesimo anno 2020, la concessione gratuita di viaggi ferroviari per la durata di un mese a scelta e l'ingresso gratuito nei musei, monumenti, gallerie e aree archeologiche situati nel territorio nazionale e nelle mostre didattiche che si svolgono in essi. Le relative modalità attuative sono demandate ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

In dettaglio, il comma 1-bis, per promuovere il turismo culturale, riconosce ad alcune categorie di studenti, per l'anno 2020:

§  la concessione gratuita di viaggio sulla rete ferroviaria italiana per la durata di un mese a scelta;

§  l'ingresso a titolo gratuito, "per il medesimo periodo", nei musei, monumenti, gallerie e aree archeologiche situati nel territorio nazionale e nelle mostre didattiche che si svolgono in essi. Parrebbe non chiaro se l'espressione "medesimo periodo" sia riferita allo stesso mese in cui si effettuano viaggi ferroviari gratuiti o se invece intenda solo indicare in un mese la durata della gratuità dell'accesso a musei e altri luoghi. Si valuti l'opportunità di un chiarimento.

Tali benefici sono rivolti a studenti iscritti, presso le università e le istituzioni di alta formazione:

§  a corsi per il conseguimento della laurea;

§  a corsi per il conseguimento di un master universitario;

§  a corsi per il conseguimento di un dottorato di ricerca.

Si segnala che, in base all'art. 3 del D.M. 270/2004, le università istituiscono corsi di laurea, di laurea magistrale, di specializzazione e di dottorato di ricerca. Nella disposizione in commento non si fa riferimento agli studenti iscritti a corsi di laurea magistrale e di specializzazione. Si valuti l'opportunità di un approfondimento.

Inoltre, il richiamo alle istituzioni di alta formazione (artistica, musicale e coreutica - AFAM) potrebbe rendere necessario menzionare anche i corsi, corrispondenti a quelli universitari, istituiti presso tali istituzioni (nello specifico: i corsi per il conseguimento del diploma accademico di primo e secondo livello e i corsi per il conseguimento del diploma accademico di formazione alla ricerca). Anche in tal caso, si valuti l'opportunità di un approfondimento.

Si specifica che i predetti benefici sono riconosciuti nel rispetto del limite di spesa di 10 milioni di euro per il medesimo anno 2020.

 

Il comma 1-ter affida ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, le disposizioni di attuazione del comma 1-bis.

Dati i soggetti destinatari della misura, le tipologie di benefici previsti (non limitati solo a viaggi ferroviari gratuiti ma anche ad ingressi gratuiti a musei e mostre), nonchè la finalità di promozione del turismo culturale, si valuti l'opportunità di un coinvolgimento anche dei Ministri dell'università e della ricerca e per i beni e le attività culturali e per il turismo nella definizione delle modalità attuative.

Al predetto decreto è demandata anche l'individuazione delle modalità di concessione e di utilizzo dei benefici di cui al comma 1-bis, al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa ivi previsto.

 

 

 


 

Articolo 182, comma 2
(Concessioni beni del demanio marittimo)

 

 

Il comma 2, riscritto durante l'esame presso la Camera dei deputati, per le necessità di rilancio del settore turistico e al fine di contenere i danni, diretti e indiretti, causati dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, stabilisce che le amministrazioni competenti non possono avviare o proseguire a carico dei concessionari, che intendono proseguire la propria attività mediante l'uso di beni del demanio marittimo, i procedimenti amministrativi per la devoluzione delle opere non amovibili, per il rilascio o l'assegnazione, con pubblica evidenza, delle aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della presente disposizione. L'utilizzo dei beni oggetto dei procedimenti amministrativi in parola è confermato a fronte del pagamento del canone previsto dalla concessione e impedisce il verificarsi della devoluzione delle opere. Le disposizioni non si applicano quando la devoluzione, il rilascio o l'assegnazione a terzi dell'area è stata disposta in ragione della revoca della concessione oppure della decadenza del titolo per fatto e colpa del concessionario diverso dal mancato pagamento dei canoni.

 

Con una modifica apportata dalla Camera, è stato riscritto il comma 2 della disposizione. La nuova disposizione prevede per le necessità di rilancio del settore turistico e al fine di contenere i danni, diretti e indiretti, causati dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, il divieto per le amministrazioni competenti di avviare o proseguire a carico dei concessionari che intendono proseguire la propria attività mediante l'uso di beni del demanio marittimo i procedimenti amministrativi per la devoluzione delle opere non amovibili di cui all'articolo 49 del codice della navigazione, per il rilascio o l'assegnazione, con pubblica evidenza, delle aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge.

 

Si ricorda che l'art. 49 del Codice della navigazione, in materia di Devoluzione delle opere non amovibili, prevede che, salvo che sia diversamente stabilito nell'atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell'autorità concedente di ordinarne la demolizione con la restituzione del bene demaniale nel pristino stato. In quest' ultimo caso, l'amministrazione, ove il concessionario non esegua l'ordine di demolizione, può provvedervi a termini dell'articolo 54 del medesimo Codice.

In base alla disposizione del comma 2, come riscritto dalla Camera, si prevede che l'utilizzo dei beni oggetto dei procedimenti amministrativi in parola dei concessionari sia confermato a fronte del pagamento del canone previsto dalla concessione e impedisce il verificarsi della devoluzione delle opere.

 

Si valuti di chiarire la formulazione, atteso che sembrerebbe, in base al testo della disposizione, che l'utilizzo del bene - anziché il pagamento del canone concessorio - impedisca il verificarsi della devoluzione, risultando opportuno un chiarimento.

 

In base al comma 2, come riscritto dalla Camera dei deputati, le disposizioni del presente articolo non si applicano quando la devoluzione, il rilascio o l'assegnazione a terzi dell'area è stata disposta in ragione della revoca della concessione oppure della decadenza del titolo per fatto e colpa del concessionario.

 

La versione originaria del comma 2 della disposizione del decreto ha invece previsto, per gli operatori del settore turistico concessionari di beni del demanio marittimo, in conformità a quanto disposto dall’articolo 1, commi 682 e 683 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) che qualora le aree e le relative pertinenze siano oggetto di riacquisizione già disposta o comunque avviata ovvero di procedimenti di nuova assegnazione, fosse consentito il proseguimento dell'attività, nel rispetto degli obblighi inerenti ai relativi rapporti concessori già in atto.

La disposizione originaria prevedeva, inoltre, in capo agli enti concedenti, la ricognizione delle attività conne ai beni del demanio marittimo in oggetto, ferma restando l’efficacia dei titoli già rilasciati: tale disposizione non è prevista nella formulazione approvata dalla Camera.

In base alla disposizione, resta fermo quanto disposto nei riguardi dei concessionari dall'articolo 1, commi 682 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n.?145 (legge di bilancio 2019).

In sintesi, per quanto riguarda le concessioni demaniali attualmente in essere, i commi 682, 683 e 684, art. 1, della legge di bilancio per il 2019, ne stabiliscono la durata ex-lege in quindici anni, con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge (1° gennaio 2019).

Tale proroga si applica alle seguenti fattispecie:

§  le concessioni a carattere turistico ricreativo disciplinate dal comma 1 dell’articolo 01 del decreto n. 400/1993.

Tale norma ha integrato la disciplina del codice della navigazione, individuando, nell'ambito delle concessioni demaniali marittime, alcune tipologie di concessioni, definite "a scopo turistico ricreativo” per l'esercizio delle seguenti attività:

a)    gestione di stabilimenti balneari;

b)   esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio;

c)    noleggio di imbarcazioni e natanti in genere;

d)   gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive;

e)    esercizi commerciali;

f)    servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente con le esigenze di utilizzazione di cui alle precedenti categorie di utilizzazione.

§  le concessioni vigenti al momento dell’entrata in vigore del decreto legge n. 194/2009, nonché quelle rilasciate successivamente a tale data a seguito di una procedura amministrativa attivata anteriormente al 31 dicembre 2009 e per le quali il rilascio è avvenuto nel rispetto dell’articolo 18 del D.P.R. 15 febbraio 1952 n. 328 o il rinnovo è avvenuto nel rispetto dell’art. 02 della legge 4 dicembre 1993 n. 494 di conversione del decreto legge 5 ottobre 1993 n. 40;

§  le concessioni delle aree di demanio marittimo per finalità residenziali e abitative, già oggetto di proroga ai sensi del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78. Il D.L. n. 78 del 2015 (articolo 7, commi 9-septiesdecies – 9-duodevicies) ha demandato alle Regioni una ricognizione delle rispettive fasce costiere, finalizzata anche alla proposta di revisione organica delle zone di demanio marittimo ricadenti nei propri territori (in tal senso le Regioni Lazio, Veneto).

Per ulteriori approfondimenti si veda il dossier sulla legge di bilancio 2019.

 

Si segnala che la norma originaria faceva fermo quanto stabilito dall’articolo 34 del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 (conv. dalla l. n. 8 del 2020), che sospende (al fine di sostenere i settori del turismo balneare e della nautica da diporto) dal 1° gennaio 2020 al 30 settembre 2020 il pagamento dei canoni dovuti per le concessioni relative alle pertinenze demaniali marittime con finalità turistico-ricreative e per le concessioni relative alla realizzazione e gestione di strutture destinate alla nautica da diporto, mentre tale previsione non è replicata dal comma 2 come riscritto durante l'esame alla Camera.

Inoltre, la norma anteriore alla modifica apportata Camera, prevedeva che disposizioni del presente comma non si applicassero in riferimento ai beni che non hanno formato oggetto di titolo concessorio, né quando la riacquisizione dell’area e delle relative pertinenze è conseguenza dell’annullamento, della revoca o della decadenza del titolo per fatto del concessionario: con le modifiche apportate durante l'esame alla Camera dei deputati, con la riscrittura del comma 2 tale ultima fattispecie di esclusione della prosecuzione della concessione  è stata invece prevista per il caso di in cui la devoluzione, il rilascio o l'assegnazione a terzi dell'area sia stata disposta in ragione della revoca della concessione oppure della decadenza del titolo per fatto e colpa del concessionario diverso dal mancato pagamento dei canoni.

 

Per completezza di informazione, si segnala che, sul tema delle concessioni demaniali marittime, la V Commissione della Camera aveva inserito alcune disposizioni (nuovi commi da 2-bis a 2-undecies), successivamente espunte a seguito del rinvio da parte dell'Assemblea alla sede referente.

In base al comma 2-bis, le disposizioni sulla durata di quindici anni delle concessioni, di cui all'articolo 1, commi 682 e 683 della legge 145 del 2018, si sarebbero dovute applicare anche alle concessioni lacuali e fluviali, ivi comprese quelle gestite dalle società sportive iscritte al registro del Comitato olimpico nazionale italiano   nonché alle concessioni per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, inclusi i punti di ormeggio.

Con i commi da 2-ter a 2-sexies, mediante si modificava il criterio di determinazione del canone di concessione per le pertinenze destinate ad attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi in ambito demaniale marittimo, prevedendo l'applicazione di tale nuovo criterio anche alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto. Si stabiliva inoltre un valore minimo di euro 2.500 per l'importo annuo del canone dovuto quale corrispettivo dell'utilizzazione di aree e pertinenze demaniali marittime con qualunque finalità dal 1° gennaio 2021 e fino alla revisione e all'aggiornamento dei canoni demaniali posti a carico dei concessionari. Si prevedeva inoltre che i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente disposizione sono sospesi fino al 31 dicembre 2020 e sono inefficaci i relativi provvedimenti già adottati oggetto di contenzioso, inerenti al pagamento dei canoni, concernenti le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative e le concessioni demaniali marittime per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto.

Infine, i commi da 2-septies a 2-undecies recavano disposizioni per la definizione di procedimenti giudiziari ed amministrativi, pendenti alla data di entrata in vigore del disegno di legge di conversione del decreto-legge, relativi ai canoni dovuti per le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, mediante il pagamento delle somme richieste in forma ridotta, previa domanda all'ente gestore e all'Agenzia del demanio da parte del concessionario.

Per approfondimenti, v. il dossier, vol. 2, sull'A.C. 2500-A.

 

 

Si ricorda che la Corte di Giustizia dell'Unione europea si è pronunciata, con sentenza del 14 luglio 2016 (cause riunite C-458/14 e C-67/15), stabilendo che il diritto comunitario (articolo 49 TFUE) non consente che le concessioni per l'esercizio delle attività turistico-ricreative nelle aree demaniali marittime e lacustri siano prorogate in modo automatico in assenza di una procedura di selezione dei potenziali candidati. La Corte ha dichiarato che l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico?ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati.

Su tali questioni è recentemente intervenuto il Consiglio di Stato - sentenza della Sesta Sezione, n. 7874 del 18 novembre 2019 - ribadendo l'illegittimità delle proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime. La Corte Costituzionale è intervenuta in più occasioni, dichiarando costituzionalmente illegittime alcune disposizioni regionali per mancato rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario (articolo 117, primo comma, della Costituzione) e, in alcuni casi, anche per violazione degli articoli 3 e 117, secondo comma, lett. a) ed e), della Costituzione. Le norme censurate prevedevano proroghe delle concessioni demaniali marittime in favore dei concessionari in essere. Per approfondimenti sulle pregresse procedure di infrazione in sede UE e sulla giurisprudenza costituzionale si veda il dossier (vol. II) sulla legge di bilancio 2019.

 

 


 

Articolo 182, comma 2-bis
(Definizione dei codici ATECO per le attività del commercio, della ristorazione e delle strutture ricettive nelle aree
ad alta densità turistica)

 

 

Con riferimento alle aree ad alta densità turistica, in considerazione della crisi delle attività economiche ivi operanti e al fine di consentire l'accesso a misure di sostegno mirate in favore delle imprese dei settori del commercio, della ristorazione e delle strutture ricettive colpite dalla prolungata riduzione dei flussi di turistici, il comma 2-duodecies dell'articolo 182 - introdotto nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati - prevede che l'ISTAT definisce, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, una classificazione volta all'attribuzione di un codice ATECO specifico nell'ambito di ciascuna delle attività del commercio, della ristorazione e delle strutture ricettive, mediante l'introduzione, nell'attuale classificazione alfanumerica delle attività economiche, di un elemento ulteriore, al fine di evidenziarne il nesso turistico territoriale.

Per l'individuazione di tali aree ci si avvale: a) della classificazione relativa alla territorialità delle attività turistico-alberghiere prevista a legislazione vigente in relazione all'individuazione di tre aree territoriali omogenee in relazione alle quali differenziare le modalità di applicazione degli studi di settore; b) delle rilevazioni sulla capacità di carico turistica effettuate dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e degli indicatori di densità turistica rilevati dall'Osservatorio nazionale del turismo, quali il rapporto tra il numero di presenze turistiche e la superficie del territorio, tenuto conto della popolazione residente; c) delle eventuali indicazioni, anche correttive, dei comuni, relative all'individuazione, nel proprio territorio, delle aree a maggiore densità turistica ovvero prossime ai siti di interesse artistico, culturale, religioso, storico, archeologico e ai siti riconosciuti dall'UNESCO, ovvero individuate nell'area delle città d'arte, purché rispondenti ai predetti criteri.

 

Con riferimento alle aree ad alta densità turistica, in considerazione della crisi delle attività economiche ivi operanti e al fine di consentire l'accesso a misure di sostegno mirate in favore delle imprese dei settori del commercio, della ristorazione e delle strutture ricettive colpite dalla prolungata riduzione dei flussi di turistici, il comma 2-duodecies - introdotto nel corso dell'esame alla Camera dei deputati - prevede che l'ISTAT definisce, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, una classificazione volta all'attribuzione di un codice ATECO specifico nell'ambito di ciascuna delle attività del commercio, della ristorazione e delle strutture ricettive, mediante l'introduzione, nell'attuale classificazione alfanumerica delle attività economiche, di un elemento ulteriore, al fine di evidenziarne il nesso turistico territoriale.

Per l'individuazione di tali aree ci si avvale:

a)   della classificazione relativa alla territorialità delle attività turistico-alberghiere di cui all'allegato 3 al DM 26 febbraio 2000 (Individuazione di tre aree territoriali omogenee in relazione alle quali differenziare le modalità di applicazione degli studi di settore), pubblicato nel supplemento ordinario alla GU n. 67 del 21 marzo 2000, concernente l'individuazione delle aree territoriali omogenee cui applicare gli studi di settore, e successivi aggiornamenti;

 

L'Allegato 3 contiene la Nota tecnica sulla territorialità delle attività turistico-alberghiere.

Secondo tale documento, nel paragrafo 1. Criteri per la definizione delle aree della territorialità delle attività turistico-alberghiere si afferma che obiettivo dell'analisi è l'individuazione di aree territoriali omogenee sulla base delle caratteristiche localizzative ed operative delle attività che ricadono nell'ambito dell'industria turistica ed alberghiera; quest'ultima assume infatti profili economici differenti in relazione ai diversi mercati di riferimento delle imprese che offrono servizi turistici le quali, per tale motivo, operano con differenti dimensioni e caratteristiche della domanda.

I flussi turistici variano in funzione dei fattori di attrazione della località visitata e della motivazione stessa della visita, aspetti che concorrono a determinare le caratteristiche di stagionalità o non stagionalità dei soggiorni effettuati.

Nel primo caso rientrano tipicamente le occasioni di viaggio legate a periodi di vacanza trascorsi presso località marine, montane o lacustri (stagioni estive e/o invernali). Il secondo caso, invece, riguarda i soggiorni trascorsi in località differenti dalla residenza abituale, con motivazioni di varia natura: a) per ragioni legate alle caratteristiche della propria attività lavorativa (il turismo di affari); b) per visitare località interessanti sotto il profilo artistico, storico e culturale (il turismo d'arte); c) per attrattiva commerciale; d) per motivazioni di tipo salutistico (il turismo termale).

Le differenti caratteristiche della domanda turistica e la diversa funzione d'uso della località meta della visita turistica determinano, inoltre, anche una diversa caratterizzazione dell'offerta ricettiva: così ad esempio il turismo di affari richiede una qualità delle strutture alberghiere mediamente superiore a quella proposta al turismo per vacanza in termini di livello di servizio, assistenza al cliente e disponibilità di attrezzature per agevolare lo svolgimento dell'attività di lavoro anche lontano dalla propria sede abituale.

Per contro, i flussi turistici collegati a più lunghi periodi di permanenza in una stessa località di vacanza comportano un maggior ventaglio di offerta di strutture ricettive, le quali devono essere in larga parte rivolte ad una clientela composta soprattutto da nuclei familiari (anche ampi) che esprimono esigenze di comodità, funzionalità e accessibilità in termini di costo, generalmente differenti da quelle dei turisti che viaggiano da soli o in coppia. Si spiega anche in tal modo la diffusione di strutture come i campeggi, le abitazioni in affitto e le pensioni le quali, in vario modo, rispondono al requisito di conciliare periodi di permanenza di lunga durata a costi più contenuti rispetto alle strutture alberghiere.

Sviluppando l'analisi lungo queste linee, è stato possibile ottenere una rappresentazione delle principali aree di attrazione e frequentazione turistica del nostro paese in funzione delle diverse caratterizzazioni della domanda e dell'offerta.

L'analisi è stata condotta a livello di singolo Comune.

Il percorso metodologico è il seguente.

­       scelta di un set di indicatori che permettano di cogliere gli aspetti precedentemente esposti;

­       identificazione di aree territoriali omogenee rispetto a tali indicatori.

­       Allo scopo di cogliere le principali caratteristiche territoriali che differenziano tra loro le aree di attrazione turistica del nostro Paese, si è proceduto ad una selezione di indicatori in grado di esprimerne gli aspetti peculiari secondo le seguenti componenti:

­       struttura dell'offerta ricettiva;

­       dimensione dei flussi turistici;

­       vocazione turistica, ovvero ciò che esercita l'attrazione del turista; si sono a tal fine distinti i fattori di attrazione paesaggistica (montagna, mare, lago) da quelli di natura culturale (monumenti antichi, musei, siti archeologici, ecc.).

 

b)   delle rilevazioni sulla capacità di carico turistica effettuate dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo e degli indicatori di densità turistica rilevati dall'Osservatorio nazionale del turismo, quali il rapporto tra il numero di presenze turistiche e la superficie del territorio, tenuto conto della popolazione residente;

c)   delle eventuali indicazioni, anche correttive, dei comuni, relative all'individuazione, nel proprio territorio, delle aree a maggiore densità turistica ovvero prossime ai siti di interesse artistico, culturale, religioso, storico, archeologico e ai siti riconosciuti dall'UNESCO, ovvero individuate nell'area delle città d'arte, purché rispondenti ai criteri di cui alle lettere a) e b).

 


 

Articolo 182, comma 3-bis
(Rimborso di titoli di viaggio, di soggiorno e di pacchetti turistici)

 

 

Il comma 3-bis dell'articolo 182, inserito nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, novella l'art. 88-bis del D.L. n. 18 del 2020 ("Cura Italia") in materia di rimborso di titoli di viaggio, di soggiorno e di pacchetti turistici, anche in relazione alla sospensione di viaggi e iniziative di istruzione.

Le modifiche prevedono: l'estensione a diciotto mesi del periodo di validità dei voucher emessi a titolo di rimborso; l'estensione dell'obbligo di restituzione della somma versata, senza emissione del voucher, ai rimborsi relativi ai programmi internazionali di mobilità studentesca degli studenti del quarto anno della scuola secondaria di secondo grado; l'ampliamento delle possibilità di utilizzo del voucher; i criteri per il rimborso dei voucher non utilizzati. Infine, viene istituito un fondo per assicurare l'indennizzo dei consumatori titolari di voucher non utilizzati alla scadenza di validità, e non rimborsati a causa della insolvenza o del fallimento dell'operatore turistico o del vettore.

 

Il comma in esame propone novelle all'art. 88-bis del D.L. n. 18 del 2020 ("Cura Italia", conv. dalla L. 24 aprile 2020, n. 27). Esso estende il periodo di validità, da dodici a diciotto mesi dalla data di emissione, del voucher riconosciuto in relazione a contratti di trasporto aereo, ferroviario, marittimo, nelle acque interne o terrestre, ai contratti di soggiorno e ai contratti di pacchetto turistico (modifiche al ai commi 3, 4, 5, 6, 7 e 9 dell'art. 88-bis). Per una descrizione sintetica dei commi qui richiamati, v. box, infra.

 

La medesima estensione a diciotto mesi è prevista per i voucher eventualmente emessi a titolo di rimborso a seguito di sospensione di viaggi e iniziative di istruzione (modifica al comma 8 dell'art. 88-bis). Tale comma 8 reca la disciplina sul mancato svolgimento dei viaggi e iniziative di istruzione sospesi a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, che quindi copre il periodo 31 gennaio - 31 luglio 2020. Tale sospensione per l'intero anno scolastico 2019-2020 (che termina il 31 agosto, un mese dopo la cessazione dello stato di emergenza) è stata poi confermata dall'art. 2, co. 6 del DL 22/2020. In caso di mancato svolgimento dei predetti viaggi e iniziative, è previsto un rimborso, che può essere effettuato anche mediante un voucher di pari importo.

È sempre corrisposto il rimborso con restituzione della somma versata, senza emissione di voucher, quando il viaggio o l'iniziativa di istruzione riguarda la scuola dell'infanzia o le classi terminali della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado nonché, secondo la modifica approvata nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, per i soggiorni di studio degli studenti del quarto anno delle scuole secondarie di secondo grado nell'ambito dei programmi internazionali di mobilità studentesca previsti per gli anni scolastici 2019/2020 e 2020/2021.

 

Si segnala inoltre che, a seguito delle modifiche approvate dalla Camera dei deputati, il rimborso viene esteso al mancato svolgimento di soggiorni studio previsti nell'ambito dei programmi di mobilità non soltanto per l'anno scolastico 2019/2020 - per il quale infatti vige la sospensione dei viaggi di istruzione - ma anche per l'anno scolastico 2020/2021, in assenza tuttavia di una esplicita sospensione dei viaggi di istruzione per tale anno scolastico. 

Si valuti pertanto l'opportunità di un chiarimento.

Si osserva, infine, che la novella non fa riferimento ai programmi europei di mobilità studentesca.

Si valuti l'opportunità di un'integrazione in tal senso.

 

Sono fatti salvi, con effetto per l'anno scolastico 2020/2021, i rapporti instaurati alla data del 24 febbraio 2020 (giorno successivo alla data di entrata in vigore del D.L.6/2020 che ha disposto la sospensione dei viaggi di istruzione[39]) dalle scuole con gli organizzatori aggiudicatari. Si stabilisce poi che, nell'ambito degli stessi rapporti con ciascun organizzatore, gli istituti scolastici committenti possono modificare le modalità di svolgimento di viaggi e delle iniziative di istruzione, anche riguardo alle classi di studenti, ai periodi, alle date e alle destinazioni.

 

Alla sospensione dei viaggi ed iniziative di istruzione trova applicazione il principio generale di cui all'articolo 1463 del codice civile, ai sensi del quale, nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito.

In tal modo, verrebbero coperte anche le ipotesi di viaggi di istruzione per le quali non sia stato stipulato un contratto di pacchetto turistico, a cui infatti si applica l'art. 41, co. 4, dell'Allegato 1 al d.lgs. 79/2011 recante il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, in ordine al diritto di recesso del viaggiatore prima dell'inizio del pacchetto di viaggio (v. infra, in relazione ad una segnalazione AGCOM). Ciò consente dunque alle scuole di recedere dal contratto, prima dell'inizio del pacchetto, senza corrispondere spese di recesso, e di ottenere il rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, non potendo comunque richiedere indennizzi supplementari.

 

Il medesimo comma 3-bis modifica il comma 11 dell'art. 88-bis. Esso prevede, nel testo vigente, che - fuori dei casi previsti dai commi da 1 a 7 - per tutti i rapporti inerenti ai contratti di cui all'articolo 88-bis instaurati con effetto dall'11 marzo al 30 settembre 2020 "nell'intero territorio nazionale", anche per le prestazioni da rendere all'estero e per le prestazioni in favore di contraenti provenienti dall'estero, quando le prestazioni non siano rese a causa degli effetti derivanti dall'emergenza epidemiologica, la controprestazione già ricevuta può essere restituita con un voucher di pari importo valido per un anno dalla emissione.

Con la novella in esame:

§  si prevede l'applicabilità della disposizione ai casi previsti dai commi da 1 a 7;

§  si definisce ulteriormente l'ambito di applicazione della disposizione espungendo la locuzione "nell'intero territorio nazionale";

§  si prevede che il voucher abbia validità di diciotto mesi e che sia emesso entro 14 giorni dall'esercizio del recesso, in analogia a quanto previsto dalle altre modifiche recate dal comma 3-bis in esame al comma 12 dell'art. 88-bis (v. infra).

 

Si osserva che la novella al comma 11 mira a superare alcune criticità riscontrabili nella definizione dell'ambito di applicazione della disposizione vigente, chiarendo che le previsioni del comma 11 debbano trovare applicazione con riguardo ai rapporti inerenti a tutti i contratti di trasporto, di soggiorno o di pacchetto turistico, di cui ai commi da 1 a 7, escludendo solo quelli relativi ai contratti relativi ai viaggi e alle iniziative di istruzione di cui al comma 8.

 

Si modifica inoltre il comma 12 dell'art. 88-bis. Tale comma 12 stabilisce che l'emissione dei voucher assolve i correlativi obblighi di rimborso e non richiede alcuna forma di accettazione da parte del destinatario. Con la modifica in esame si limita tale disposizione ai voucher emessi a fronte a di recesso esercitato entro il 31 luglio 2020.

Si prevede, inoltre, che il voucher possa essere:

§  emesso e utilizzato anche per servizi resi da un altro operatore appartenente allo stesso gruppo societario;

§  utilizzato anche per la fruizione di servizi successiva al termine di validità, a condizione che le relative prenotazioni siano state effettuate entro tale termine.

 

Si propone, inoltre, l'inserimento di un nuovo comma 12-bis all'art. 88-bis. Esso stabilisce che:

§  la nuova durata della validità pari a diciotto mesi si applichi anche ai voucher emessi precedentemente all'entrata in vigore della disposizione in esame;

§  in ogni caso, decorsi diciotto mesi dall'emissione, per i voucher non usufruiti né impiegati nella prenotazione dei servizi di cui all'art. 88-bis del DL n. 18, sia corrisposto il rimborso dell'importo versato, entro 14 giorni dalla richiesta;

§  il rimborso del voucher relativo a contratti di trasporto (aereo, ferroviario, marittimo, nelle acque interne o terrestre) può essere richiesto decorsi 12 mesi dall'emissione e viene corrisposto entro 14 giorni dalla richiesta.

 

Si segnala che la Raccomandazione della Commissione europea C(2020) 3125 final del 13 maggio 2020 (relativa ai buoni offerti a passeggeri e viaggiatori come alternativa al rimborso per pacchetti turistici e servizi di trasporto annullati nel contesto della pandemia di Covid-19) individua, ai numeri da 3 a 12, alcune caratteristiche dei voucher che sono almeno in parte recepite dalle novelle in esame: validità minima 12 mesi; rimborso automatico alla scadenza entro 14 giorni; possibilità di richiedere il rimborso entro 12 mesi della data di emissione dei buoni con validità superiori a 12 mesi; possibilità di utilizzo dei buoni per il pagamento di qualunque nuova prenotazione realizzata prima della data di scadenza degli stessi, anche qualora il pagamento sia effettuato o il servizio sia prestato dopo tale data. Inoltre gli operatori dovrebbero garantire la possibilità di utilizzare il buono per le medesime prestazioni alle stesse condizioni, relativamente al prezzo e alla qualità del servizio, della prenotazione originaria. Si può valutare di offrire la possibilità di utilizzare il buono per prestazioni offerte da operatori che fanno parte dello stesso gruppo di società dell'operatore emittente. Inoltre, continua la Raccomandazione, i voucher dovrebbero essere trasferibili. Sono quindi esemplificate alcune opzioni per rendere il buono più attraente ed individuate alcune caratteristiche che essi dovrebbero possedere riguardo al supporto e alle indicazioni in esso contenute.

 

Inoltre, viene istituito un fondo per assicurare l'indennizzo dei consumatori titolari di voucher, non utilizzati alla scadenza di validità, e non rimborsati a causa della insolvenza o del fallimento dell'operatore turistico o del vettore. Al fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, è attribuita una dotazione di 5 milioni di euro per il 2020 e di un milione per il 2021. Si prevede che l'indennizzo sia riconosciuto nei limiti della disponibilità del fondo. La disposizione demanda ad un regolamento del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, la definizione dei criteri e delle modalità di attuazione delle disposizioni in esame, nonché della misura dell'indennizzo. Il decreto è adottato entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto (nuovo comma 12-ter).

Ai relativi oneri, si provvede (nuovo comma 12-quater):

§  per l'anno 2020 mediante riduzione, di 5 milioni di euro, del Fondo per la promozione del turismo in Italia (v. art. 179, comma 1, del presente decreto-legge);

§  per il 2021, mediante riduzione, di un milione di euro, dell'autorizzazione di spesa di cui all’articolo 2, comma 98, del decreto-legge n. 262 del 2006 (conv. dalla legge 24 n. 286). Si tratta del trasferimento di risorse a seguito dell'attribuzione, ivi prevista, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, di competenze in materia di turismo. Si valuti l'opportunità di chiarire a quali risorse la disposizione faccia riferimento, atteso che la materia del turismo rientra attualmente tra le competenze del MIBACT (Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo).

 

Si segnala che la citata Raccomandazione della Commissione europea C(2020) 3125 final ha richiamato la possibilità, da parte degli Stati membri, di soddisfare le richieste di rimborso dei passeggeri o dei viaggiatori in caso di fallimento del vettore o operatore turistico. La Commissione sottolinea che se il rimborso viene effettuato dopo la procedura di liquidazione, esso "non rappresenta un sostegno alla liquidità a favore dell'operatore turistico o del vettore – che non svolgerebbero più alcuna attività economica – bensì va a vantaggio unicamente dei passeggeri e dei viaggiatori" e che, di conseguenza, tale rimborso non costituirebbe un aiuto di Stato, non soggetto, quindi, all'approvazione della Commissione.

 

Si segnala, inoltre, che in merito ad alcune criticità della disciplina di cui all'art. 88-bis del D.L. n. 18, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha trasmesso, in data 28 maggio 2020, una segnalazione al Parlamento e al Governo. Rileva l'Autorità che l'art. 41, comma 4, del Codice del turismo[40], in attuazione dell'art. 12 della direttiva (UE) 2015/2302, garantisce al viaggiatore il diritto di recesso dal contratto relativo a pacchetto turistico o trasporto passeggeri, senza spese, nonché il rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, senza indennizzo supplementare, in caso di circostanze inevitabili e straordinarie che pregiudichino l'esecuzione del pacchetto o il trasporto verso destinazione (comma 4). Il comma 5 del medesimo articolo disciplina il diritto di recesso dell'organizzatore del pacchetto turistico.

Inoltre, prosegue l'Autorità, vari regolamenti europei, applicabili ad ambiti specifici, prevedono che l'emissione del voucher sia sempre possibile ma previa accettazione del destinatario del rimborso. Si tratta, in particolare, dei regolamenti in materia di diritti dei passeggeri del trasporto aereo (regolamento (CE) n. 261/2004), del trasporto per vie navigabili (regolamento (UE) n.1177/2010), del trasporto effettuato con autobus (regolamento (UE) n. 181/2011) e del trasporto ferroviario (regolamento (CE) n.1371/2007).

La citata Raccomandazione della Commissione europea C(2020) 3125 final del 13 maggio 2020 (relativa ai buoni offerti a passeggeri e viaggiatori come alternativa al rimborso per pacchetti turistici e servizi di trasporto annullati nel contesto della pandemia di Covid-19) ha inoltre ribadito che, nel contesto dell'emergenza in atto, "l'organizzatore può offrire al viaggiatore un rimborso sotto forma di buono. Tale possibilità non priva tuttavia i viaggiatori del diritto al rimborso in denaro".

Sulla base delle considerazioni qui sopra illustrate, l'Autorità conclude che l'art. 88-bis vigente si ponga in contrasto con alcune norme del diritto dell'Unione europea e come la medesima disposizione "si presti difficilmente ad interpretazioni costituzionalmente e comunitariamente orientate" (si veda anche, al riguardo il comunicato AGCM del 28 maggio 2020).

 

Al riguardo, si segnala che la Commissione europea ha aperto, due procedure di infrazione nei confronti dell'Italia, con l'invio, il 2 luglio 2020, della lettera di costituzione in mora, per aver violato le norme dell'UE sulla tutela dei diritti dei passeggeri.

Secondo la procedura avviata nei confronti di Italia e Grecia, i due Paesi avrebbero adottato disposizioni che prevedono l'emissione del voucher quale unica forma di rimborso a seguito di cancellazione del viaggio per l'emergenza Covid, in violazione dei regolamenti dell'UE sui diritti dei passeggeri, ai quali deve essere riconosciuto il diritto di scegliere tra un rimborso in denaro o in altra forma, tra cui il voucher.

Ulteriore procedura è stata avviata nei confronti di dieci Stati membri (Repubblica Ceca, Cipro, Grecia, Francia, Italia, Croazia, Lituania, Polonia, Portogallo and Slovacchia) i quali avrebbero - in violazione dell'art. 12, par. 4, della direttiva (UE) 2015/2302 sui pacchetti turistici - disposizioni che consentono agli operatori turistici il rimborso mediante emissione di voucher in via esclusiva oppure prevedendo rimborsi in denaro oltre il termine dei 14 giorni dalla richiesta, fissato dalle disposizioni applicabili.

Al riguardo, si veda la pagina July infringements package: key decisions (2 luglio 2020) sul sito della Commissione europea e, in relazione alla procedura nei confronti di Grecia e Italia, il comunicato (con stessa data) della Rappresentanza in Italia.

 

Si valuti l'opportunità di generalizzare la necessità dell'accettazione del voucher da parte del destinatario che, in base al nuovo testo del comma 12, non è richiesta per l'emissione di voucher a seguito di recesso esercitato entro il 31 luglio 2020.

 

L'articolo 88-bis del decreto-legge n. 34 del 2020 ("Cura Italia", conv. dalla L. n. 27 del 2020), nel testo vigente, prevede (comma 1) che, al verificarsi di determinate circostanze ivi elencate e connesse all'emergenza epidemiologica, con riferimento a diverse tipologie di contratti di trasporto, di soggiorno e di pacchetto turistico, si applichi la disciplina in materia di impossibilità totale della prestazione recata dall'art. 1463 del codice civile. In tali casi, quindi, la parte liberata dalla prestazione non può chiedere il corrispettivo e deve restituire quanto già ricevuto. 

La norma si applica alle prestazioni dovute in relazione a contratti di trasporto aereo, ferroviario, marittimo, nelle acque interne o terrestre, nonché ai contratti di soggiorno, ai contratti di pacchetto turistico. In particolare si tratta (comma 1) dei:

 

a)        contratti - da eseguirsi nel periodo di quarantena o permanenza domiciliare - stipulati dai soggetti nei confronti dei quali è stata disposta la quarantena con sorveglianza attiva ovvero la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva da parte dell'autorità sanitaria competente, in attuazione dei provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge n.  6 del 2020 (conv. legge n. 13 del 2020) e dell'articolo 2 del decreto legge n. 19 del 2020;

b)        contratti stipulati da soggetti destinatari dei provvedimenti di divieto di allontanamento nelle aree interessate dal contagio, come individuate dai D.P.C.M. adottati ai sensi dei su citati decreti-legge, da eseguirsi nei periodi di efficacia di tali decreti;

c)        contratti- da eseguirsi nel periodo di quarantena, permanenza domiciliare o ricovero - sottoscritti da soggetti risultati positivi al virus COVID-19 nei confronti dei quali è disposta la quarantena oppure la permanenza domiciliare fiduciaria, con sorveglianza attiva, ovvero il ricovero presso strutture sanitarie;

d)        contratti stipulati dai soggetti che hanno programmato soggiorni o viaggi con partenza o arrivo nelle aree interessate dal contagio, come individuate dai D.P.C.M. adottati in attuazione dei decreti legge su ricordati da eseguirsi nei periodi di efficacia di tali decreti;

e)        contratti sottoscritti da soggetti  che  hanno  programmato  la  partecipazione  a concorsi pubblici o procedure di selezione pubblica, a manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, a eventi e a ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di  carattere  culturale,  ludico, sportivo e religioso, anche se svolti  in  luoghi  chiusi  aperti  al pubblico, annullati, sospesi o rinviati dalle autorità competenti in attuazione dei provvedimenti adottati ai sensi  dell'articolo  3  del decreto-legge n. 6 del 2020 (conv. legge n. 13 del 2020) e dell'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020, da eseguirsi nel periodo di efficacia dei   predetti provvedimenti;

f)         contratti sottoscritti dai soggetti intestatari di titolo di viaggio o acquirenti di pacchetti turistici, acquistati in Italia, aventi come destinazione Stati esteri dove sia impedito o vietato lo sbarco, l'approdo o l'arrivo in ragione della emergenza epidemiologica in atto.

 

Il comma 2 riguarda la documentazione che deve essere necessariamente comunicata ai fini del rimborso.

Il comma 3 riguarda le modalità di rimborso. Entro 30 giorni dalla comunicazione dell'interessato, il vettore o la struttura ricettiva procedono al rimborso del corrispettivo versato per il titolo di viaggio e per il soggiorno ovvero all'emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dalla data di emissione.

Il comma 4 prevede che il diritto di recesso può essere esercitato dal vettore, previa comunicazione tempestiva all'acquirente, quando le prestazioni non possono essere eseguite in ragione di provvedimenti adottati dalle autorità nazionali, internazionali o di stati esteri, a causa dell'emergenza epidemiologica in atto. In tali casi il vettore ne dà tempestiva comunicazione all'acquirente e entro i successivi trenta giorni, procede al rimborso del corrispettivo versato per il titolo di viaggio oppure all'emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall'emissione.

I commi 5-7 e 9 disciplinano le modalità di esercizio del diritto di recesso dai contratti relativi ai pacchetti turistici stipulati con strutture ricettive e organizzatori di pacchetti turistici.

Il comma 5 consente alle strutture ricettive che hanno sospeso o cessato l'attività, in tutto o in parte, a causa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, in alternativa, di offrire all'acquirente un servizio sostitutivo di qualità equivalente, superiore o inferiore con restituzione della differenza di prezzo, procedere al rimborso del prezzo o, infine, emettere un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante.

Il comma 6 consente ai soggetti individuati dal comma 1 che hanno stipulato contratti di trasporto aereo, ferroviario, marittimo, nelle acque interne o terrestre, contratti di soggiorno o di pacchetto turistico, l'esercizio del diritto di recesso dai contratti di pacchetto turistico da eseguirsi nei periodi di ricovero, di quarantena con sorveglianza attiva, di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva ovvero di durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nelle aree interessate dal contagio o negli Stati dove è impedito o vietato lo sbarco, l'approdo o l'arrivo in ragione della situazione emergenziale epidemiologica da COVID-19.

In tali casi, l'organizzatore può offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, o inferiore con restituzione della differenza di prezzo, procedere al rimborso oppure emettere, anche per il tramite dell'agenzia venditrice, un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante. Il rimborso è corrisposto e il voucher è emesso appena ricevuti i rimborsi o i voucher dai singoli fornitori di servizi e comunque non oltre 60 giorni dalla data prevista di inizio del viaggio.

Il comma 7 consente agli organizzatori di pacchetti turistici l'esercizio del diritto di recesso dai contratti di pacchetto turistico stipulati con i soggetti indicati dal comma 1 e aventi come destinazione Stati esteri ove sia impedito o vietato lo sbarco, l'approdo o l'arrivo in ragione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, e comunque quando l'esecuzione del contratto è impedita, in tutto o in parte, da provvedimenti adottati a causa di tale emergenza dalle autorità nazionali, internazionali o di Stati esteri. Anche in tali casi, l'organizzatore può offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, o inferiore con restituzione della differenza di prezzo, procedere al rimborso oppure emettere, anche per il tramite dell'agenzia venditrice, un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante. Il rimborso è corrisposto e il voucher è emesso appena ricevuti i rimborsi o i voucher dai singoli fornitori di servizi e comunque non oltre 60 giorni dalla data prevista di inizio del viaggio.

Il comma 9 prevede che, nei predetti casi di esercizio del diritto di recesso, il vettore e la struttura ricettiva procedono al rimborso del corrispettivo versato in favore del soggetto dal quale hanno ricevuto il pagamento oppure all'emissione in suo favore di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall'emissione.

Il comma 10 prevede che le disposizioni relative al rimborso trovino applicazione anche nei casi in cui il titolo di viaggio, il soggiorno e il pacchetto turistico sia stato acquistato attraverso agenzia di viaggi o un portale di prenotazione.

Il comma 13 prevede che le disposizioni in materia di rimborso titoli di viaggio e di pacchetti turistici costituiscono norme di applicazione necessaria.

Quanto ai commi 8, 11 e 12, qui novellati, v. supra.

 

 

 


 

Articolo 183, commi 1 e 12
(Incremento dei Fondi
emergenze spettacolo, cinema, audiovisivo)

 

 

L'articolo 183, comma 1, incrementa la dotazione dei Fondi di parte corrente e di parte capitale destinati al sostegno delle emergenze dei settori dello spettacolo, del cinema e dell’audiovisivo insorte a seguito delle misure adottate per il contenimento del COVID-19.

Il comma 12 reca le disposizioni di copertura finanziaria.

 

A tal fine, si novella l’art. 89, co. 1 e 2, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) e si aggiunge nello stesso il co. 3-bis.

 

L’art. 89 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) ha previsto l’istituzione nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo di due Fondi – uno di parte corrente, l’altro di conto capitale[41] – volti a sostenere l’emergenza dei settori dello spettacolo, del cinema e dell’audiovisivo, con uno stanziamento, per il 2020, rispettivamente, di € 80 mln e di € 50 mln, per complessivi € 130 mln. Ha, altresì, affidato la definizione delle modalità di ripartizione e assegnazione delle risorse agli operatori dei settori, inclusi artisti, autori, interpreti ed esecutori, tenendo conto altresì dell’impatto economico negativo conseguente all’adozione delle misure di contenimento del COVID-19, a un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge[42].

In attuazione, sono finora intervenuti alcuni decreti ministeriali. In particolare:

·      con DM 188 del 23 aprile 2020 sono stati destinati € 20 mln di parte corrente agli organismi operanti nei settori del teatro, della danza, della musica e del circo che non sono stati destinatari di contributi a valere sul FUS nel 2019.

Le risorse sono state ripartite in parti uguali e, comunque, in misura non superiore a € 10.000 per ciascun beneficiario. Potevano presentare domanda, entro le ore 16.00 del 25 maggio 2020, i soggetti in possesso dei seguenti requisiti: prevedere nello statuto o nell’atto costitutivo lo svolgimento di attività di spettacolo dal vivo; avere sede legale in Italia; non aver ricevuto nel 2019 contributi a valere sul FUS; aver svolto tra il 1° gennaio 2019 e il 29 febbraio 2020 un minimo di 15 rappresentazioni e aver versato contributi previdenziali per almeno 45 giornate lavorative, ovvero, in alternativa, aver ospitato, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 29 febbraio 2020, un minimo di 10 rappresentazioni essendo in regola con il versamento dei contributi previdenziali.

Qui l’avviso pubblico per la presentazione delle domande.

Tali risorse sono poi state incrementate di € 6,8 mln, sempre provenienti dal Fondo di parte corrente con DM 278 del 10 giugno 2020. Al riguardo, con comunicato stampa dell’11 giugno 2020, il Mibact aveva fatto presente che l’incremento permetteva di soddisfare tutte le domande pervenute entro 25 maggio 2020.

L’erogazione dei contributi è stata disposta con D.D. 30 giugno 2020, n. 1109. Lo stesso D.D. dà conto anche delle domande non ammesse;

·      con DM 211 del 28 aprile 2020 si è proceduto, all’assegnazione di € 5 mln di parte corrente destinati allo spettacolo viaggiante.

Le risorse sono ripartite in parti uguali e, comunque, in misura non superiore a € 2.000 per ciascun beneficiario. Potevano presentare domanda i soggetti in possesso dei seguenti requisiti: avere sede legale in Italia; essere in possesso di licenza di esercizio di spettacolo viaggiante; avere dichiarato per l’anno 2018 un reddito di impresa non superiore a € 50.000; essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali.

Qui l’avviso pubblico per la presentazione delle domande, che ha fissato come termine finale il 19 giugno 2020.

L’assegnazione dei contributi è disposta entro il 31 luglio 2020;

·      con DM 273 del 5 giugno 2020 si è provveduto ad assegnare al Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo € 100 mln per il 2020, quota parte del Fondo di conto capitale, destinati agli interventi di cui al Capo III della L. 220/2016 (incentivi fiscali, contributi automatici, contributi selettivi, contributi alle attività e alle iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva). Il DM dispone che l’assegnazione è finalizzata ad attuare le misure di sostegno previste dall’art. 183, co. 7, del D.L. 34/2020.

 

Nel quadro descritto, il comma 1 incrementa innanzitutto la dotazione complessiva dei Fondi (da € 130 mln) a € 245 mln, per il 2020, destinando l’incremento a entrambi: il Fondo di parte corrente passa (da € 80 mln) a 145 mln; il Fondo in conto capitale passa (da € 50 mln) a € 100 mln (lett. a)).

Al riguardo, si segnala, tuttavia, che l’art. 84, co. 15, del decreto-legge in esame, come modificato durante l’esame alla Camera dei deputati, riduce di € 9,6 mln per il 2020 l’incremento del Fondo di parte corrente disposto dal comma 1 in esame, destinando tali risorse a misure di sostegno dei lavoratori danneggiati dall'emergenza epidemiologica da COVID-19, fra i quali vi sono anche lavoratori intermittenti iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo, che non beneficiano del trattamento di integrazione salariale.

 

Conseguentemente, il comma 12 dispone che agli oneri derivanti, tra l’altro, dal comma 1, si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 

Inoltre, lo stesso comma 1 sostituisce il riferimento a un unico decreto ministeriale attuativo con il riferimento a uno o più decreti ministeriali attuativi (lett. b)).

 

Infine, aggiungendo il co. 3-bis nell’art. 89 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020), dispone che “il Fondo di cui al comma 1” dello stesso art. 89 può essere incrementato per € 50 mln per il 2021 mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), previa delibera del CIPE volta a rimodulare e ridurre di pari importo, per il medesimo anno, le somme già assegnate con le delibere dello stesso CIPE n. 3 del 2016, n. 100 del 2017 e n. 10 del 2018 al «Piano operativo “Cultura e turismo”» di competenza del MIBACT. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le conseguenti variazioni di bilancio (lett. c)).

 

Si valuti l’opportunità di specificare a quale dei due Fondi – di parte corrente o in conto capitale – è destinato l’eventuale incremento previsto per il 2021.

 

Al riguardo, si ricorda che, sulla base di quanto disposto dall’art. 1, co. 703, lett. d), della L. 190/2014 (L. di stabilità 2015), il CIPE ha approvato, con delibera n. 3 del 1 maggio 2016, il Piano stralcio «Cultura e turismo», presentato dal MIBACT, per un valore di € 1.000 mln, da finanziare a carico delle risorse del Fondo sviluppo e coesione 2014-2020 (FSC) (istituito nello stato di previsione del MEF), di cui: € 64 mln per il 2016, € 90 mln per il 2017, € 196 mln per il 2018, € 237 mln per il 2019, € 194 mln per il 2020, € 125 mln per il 2021 ed € 94 mln per il 2022.

Successivamente, con delibera n. 100 del 22 dicembre 2017, il CIPE ha approvato un Addendum al Piano stralcio “Cultura e turismo”, con assegnazione, sempre a valere sul FSC 2014-2020, di € 30,35 mln, di cui: € 2 mln per il 2020; € 2 mln per il 2021; € 2 mln per il 2022; € 6 mln per il 2023; € 8 mln per il 2024; € 10,35 mln per il 2025.

Ancora dopo, con delibera n. 10 del 28 febbraio 2018 il CIPE ha approvato, ad integrazione e rafforzamento del Piano stralcio e relativo Addendum già approvati con le delibere 3/2016 e 100/2017, il Piano operativo “Cultura e turismo”, al quale sono stati assegnati € 740 mln, sempre a valere sul FSC 2014-2020. In particolare, l’articolazione finanziaria dell’assegnazione era la seguente: € 30 mln per il 2018; € 50 mln per il 2019; € 50 mln per il 2020; € 100 mln per il 2021; € 70 mln per il 2022; € 10 mln per il 2023; € 10 mln per il 2024; € 420 mln per il 2025.

Successivamente, però, l’art. 1, co. 366, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha incrementato la dotazione del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo di € 75 mln per l'anno 2020, a valere su quota parte delle risorse assegnate al Piano operativo “Cultura e turismo”.

Conseguentemente, con delibera CIPE n. 8 del 17 marzo 2020 è stato disposto che, in esito a tale operazione di riduzione finanziaria, il valore complessivo del Piano operativo Cultura e turismo risulta pari a € 665 mln, rispetto ad € 740 mln iniziali.

 

Alla luce di quanto ricostruito, si valuti l’opportunità di fare riferimento anche al “Piano stralcio Cultura e turismo”.

 

 


 

Articolo 183, commi 2, 3 e 12
(
Misure di sostegno a favore di istituti e luoghi della cultura,
nonché di imprese e istituzioni culturali
)

 

 

L'articolo 183, comma 2, modificato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, istituisce il Fondo per le emergenze delle imprese e delle istituzioni culturali, con una dotazione, per il 2020, di € 171,5 mln, destinato al sostegno di musei ed altri istituti e luoghi della cultura non statali, al sostegno delle librerie e dell’intera filiera dell’editoria, nonché al sostegno di altre imprese e istituzioni culturali.

A sua volta, il comma 3 autorizza, per il 2020, la spesa di € 100 mln, al fine di assicurare il funzionamento di musei ed altri istituti e luoghi della cultura statali.

Il comma 12 reca le disposizioni di copertura finanziaria.

 

In particolare, in base al comma 2, come modificato durante l’esame presso la Camera dei deputati, il Fondo per le emergenze delle imprese e delle istituzioni culturali – dotato, come detto, di € 171,5 mln per il 2020 – è istituito nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo ed è destinato innanzitutto al sostegno dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura non statali[43], nonché delle librerie, dell’intera filiera dell’editoria, inclusi le imprese e i lavoratori della filiera di produzione del libro, a partire da coloro che ricavano redditi prevalentemente dai diritti d'autore.

Il medesimo Fondo è altresì destinato al ristoro delle perdite derivanti dall’annullamento, a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, di spettacoli, fiere, congressi e mostre.

 

Le modalità di ripartizione e assegnazione delle risorse sono stabilite, tenendo conto dell’impatto economico negativo nei diversi settori conseguente all’adozione delle misure di contenimento del COVID-19, con uno o più decreti del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

Al riguardo, sia la Commissione Affari costituzionali, nel parere reso il 10 giugno 2020, sia la Commissione parlamentare per le questioni regionali, nel parere reso in pari data, hanno richiamato l’attenzione sulla mancata previsione di coinvolgimento, ai fini dell’emanazione dei decreti, della Conferenza unificata.

Si valuti, pertanto, l’opportunità di dar seguito a quanto segnalato ai fini dell’adozione dei suddetti decreti.

 

Peraltro, in attuazione, sono già intervenuti:

§  il DM 267 del 4 giugno 2020, che ha destinato € 30 mln per il 2020 del Fondo al sostegno del libro e della filiera dell’editoria libraria tramite l’acquisto di libri. Le risorse sono assegnate alle biblioteche, aperte al pubblico, dello Stato, degli enti territoriali e degli istituti culturali di cui alla L. 534/1996 e alla L. 549/1995, per l’acquisto di libri fino a un massimo di:

a) € 1.500 per le biblioteche con un patrimonio librario fino a 5.000 volumi;

b) € 3.500 per le biblioteche con un patrimonio librario di oltre 5.000 volumi e fino a 20.000 volumi;

c) € 7.000 per le biblioteche con un patrimonio librario di oltre 20.000 volumi.

Le risorse assegnate a ciascuna biblioteca devono essere utilizzate per almeno il 70% per l’acquisto di libri presso almeno 3 diverse librerie (con codice ATECO principale 47.61) presenti sul territorio della provincia o città metropolitana in cui si trova la biblioteca. Ove in tale territorio non siano presenti o attive almeno 3 librerie (con codice ATECO principale 47.61), la biblioteca può effettuare gli acquisti nel territorio della regione.

Le risorse – che sono state allocate sul cap. 7771 dello stato di previsione del Mibact – devono essere spese entro 30 giorni dall’avvenuto accredito da parte della Direzione generale Biblioteche e diritto d’autore e, comunque, non oltre il 30 settembre 2020.

Le biblioteche devono presentare, in via telematica, entro i 15 giorni successivi alla pubblicazione di apposito avviso, domanda di contributo per l’acquisto di libri alla Direzione generale Biblioteche e diritto d’autore, che effettua l’istruttoria ed eroga i contributi entro 30 giorni dal termine per la presentazione delle domande e, comunque, non oltre il 31 agosto 2020.

L’avviso è stato pubblicato il 3 luglio 2020. In base al comunicato stampa, le domande possono essere presentate fino alle ore 24 del 20 luglio 2020;

§  il DM 268 del 4 giugno 2020, che ha destinato € 10 mln per il 2020 del Fondo al c.d. “tax credit librerie” di cui all’art. 1, co. 319, della L. 205/2017[44]. Il decreto fa presente che le risorse saranno trasferite sul capitolo di bilancio iscritto, ai sensi dell’art. 1, co. 319, della L. 205/2017, nello stato di previsione del MEF;

§  il DM 297 del 26 giugno 2020 “Riparto di quota parte del Fondo emergenze imprese e istituzioni culturali di cui all’art. 183, comma 2, del decreto-legge n. 34 del 2020, destinata al sostegno dei musei e dei luoghi della cultura non statali”, il cui testo sarà visibile dopo la registrazione da parte della Corte dei conti.

 

Il comma 3 autorizza, per il 2020, la spesa di € 100 mln, al fine di assicurare il funzionamento degli istituti e dei luoghi della cultura statali, tenuto conto dei mancati introiti derivanti dalla vendita di biglietti di ingresso conseguenti all’adozione delle misure di contenimento del COVID-19. A tal fine, si dispone che le risorse sono assegnate allo stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, ma non si precisa con quale atto saranno definite le relative modalità di ripartizione.

Si valuti l’opportunità di un chiarimento.

 

Conseguentemente, il comma 12 dispone che agli oneri derivanti, tra l’altro, dai commi 2 e 3, si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 

 

 


 

Articolo 183, commi 4, 5 e 6
(Fondo unico per lo spettacolo)

 

 

L’articolo 183, commi 4, 5 e 6, individua criteri specifici per l’attribuzione delle risorse del Fondo unico per lo spettacolo (FUS) nel periodo 2020-2022, in deroga alla disciplina generale, a seguito della sospensione delle attività di spettacolo deliberata per far fronte all’emergenza sanitaria da COVID-19.

 

 

In particolare, il comma 4 prevede che la quota del Fondo unico per lo spettacolo destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche per il 2020 e per il 2021 è ripartita sulla base della media delle percentuali assegnate per il triennio 2017-2019, in deroga ai criteri generali e alle percentuali di ripartizione previsti dall’art. 1 del DM 3 febbraio 2014.

Prevede, altresì, che, per il 2022, gli stessi criteri generali sono adeguati in ragione dell’attività svolta a fronte dell’emergenza sanitaria da COVID-19, delle esigenze di tutela dell’occupazione e della riprogrammazione degli spettacoli annullati.

In virtù del richiamo al DM 3 febbraio 2014, il riferimento sembrerebbe essere alle sole 12 fondazioni lirico-sinfoniche non dotate di forme organizzative speciali[45].

Infatti, per le due fondazioni lirico-sinfoniche dotate di forme organizzative speciali – ossia, la Fondazione Teatro alla Scala (DM 5 gennaio 2015) e l’Accademia di Santa Cecilia (DM 5 gennaio 2015) – i criteri per l’assegnazione dei contributi sono recati dal D.I. 6 novembre 2014.

Si valuti comunque l’opportunità di un chiarimento, anche al fine di chiarire la disciplina applicabile alle fondazioni lirico-sinfoniche dotate di forme organizzative speciali nel periodo 2020-2022.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 11, co. 20, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) ha stabilito che la quota del FUS destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche è determinata annualmente con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, sentita la Consulta per lo spettacolo (poi sostituita, a seguito della L. 175/2017, con il Consiglio superiore dello spettacolo), ed è attribuita ad ogni fondazione con decreto del Direttore generale per lo spettacolo dal vivo, sentita la commissione consultiva per la musica, sulla base dei seguenti criteri:

§  il 50% della quota è ripartita in considerazione dei costi di produzione derivanti dalle attività realizzate da ogni fondazione nell'anno precedente quello cui si riferisce la ripartizione, sulla base di indicatori di rilevazione della produzione;

§  il 25% della quota è ripartita in considerazione del miglioramento dei risultati della gestione attraverso la capacità di reperire risorse;

§  il 25% della quota è ripartita in considerazione della qualità artistica dei programmi.

Il co. 21 ha previsto l'intervento di un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, sentita la commissione consultiva per la musica, per la determinazione degli indicatori di rilevazione della produzione, dei parametri per la rilevazione del miglioramento dei risultati della gestione e di quelli per la rilevazione della qualità artistica dei programmi, nonché del procedimento per l'erogazione dei contributi.

Su tale base normativa, i criteri generali e le percentuali della quota del FUS destinata alle fondazioni lirico-sinfoniche sono stati definiti con il citato DM 3 febbraio 2014.

In particolare, l’art. 1 del DM 3 febbraio 2014 ha ribadito i criteri previsti dall’art. 11, co. 20, del D.L. 91/2013.

 

In seguito, l’art. 5 del D.L. 83/2014 (L. 106/2014) – inserendo il co. 21-bis nell’art. 11 del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) – ha disposto che, a decorrere dal 2015, le fondazioni lirico-sinfoniche dotate di forme organizzative speciali che non versano in situazioni di difficoltà economico-patrimoniale percepiscono una quota del FUS determinata percentualmente con valenza triennale.

La disciplina attuativa, recata dal già citato D.I. 6 novembre 2014, ha stabilito (art. 5) che l'assegnazione di tale contributo è determinata dal Direttore generale per lo spettacolo dal vivo, sentita la Commissione consultiva per la musica, in considerazione dell’attività realizzata nel triennio precedente l'assegnazione e sulla base dei programmi di attività del triennio successivo corredati dei relativi budget preventivi. L'accertamento di attività inferiori a quelle valutate ai fini del contributo assegnato, ovvero la variazione sostanziale di elementi artistici dei programmi di attività, comporta la corrispondente riduzione del contributo triennale[46].

 

Da ultimo, peraltro, l’art. 7, co. 1, secondo periodo, del D.L. 162/2019 (L. 8/2020) ha stabilito che, per il 2020, il contributo a valere sulle risorse FUS assegnato a ciascuna fondazione lirico-sinfonica non dotata di forma organizzativa speciale non può avere un valore percentuale superiore o inferiore del 10% rispetto alla media aritmetica dei contributi assegnati alla medesima fondazione nei 3 anni precedenti, sulla base della disciplina recata dall’art. 11, co. 20 e 21, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013).

 

Si valuti l’opportunità di specificare se tale previsione sia da intendersi superata o meno.

 

Il comma 5 prevede, anzitutto, che, per il 2020, agli organismi finanziati a valere sul FUS per il triennio 2018-2020 diversi dalle fondazioni lirico-sinfoniche è erogato un anticipo del contributo fino all’80% dell’importo riconosciuto per il 2019.

Dunque, l’anticipo è corrisposto nella misura massima indicata, si intenderebbe indipendentemente dalla richiesta dell’interessato e senza condizioni (si veda, infra, la normativa generale).

Si valuti comunque l’opportunità di un chiarimento.

 

Lo stesso comma 5 dispone, inoltre, che, con uno o più decreti del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare ai sensi dell’art. 9, co. 1, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) – si tratta, dunque, di decreti di natura non regolamentare –, sono stabiliti le modalità – rectius: e i criteri per l’erogazione della quota restante, tenendo conto dell’attività svolta a fronte dell’emergenza sanitaria da COVID-19, della tutela dell’occupazione e della riprogrammazione degli spettacoli annullati, nonché, in deroga alla durata triennale della programmazione, le modalità – rectius: e i criteri – per l’erogazione dei contributi per il 2021, anche sulla base delle attività effettivamente svolte e rendicontate nel 2020.

Dunque, a differenza di quanto previsto per le fondazioni lirico-sinfoniche, per gli altri organismi dello spettacolo dal vivo per l’anno 2022 dovrebbe applicarsi la disciplina generale per l’attribuzione delle risorse del FUS.

 

Al riguardo si ricorda che per tutti i settori dello spettacolo dal vivo diversi da quello relativo alle fondazioni lirico-sinfoniche, l'art. 9, co. 1, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013) ha previsto che i criteri di assegnazione dei contributi – da rideterminare con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo – devono tener conto dell'importanza culturale della produzione svolta, dei livelli quantitativi, degli indici di affluenza del pubblico, nonché della regolarità gestionale degli organismi.

Era, dunque, intervenuto, dapprima, il DM 1 luglio 2014, adottato d'intesa con la Conferenza unificata (successivamente modificato con DM 5 novembre 2014, DM 3 febbraio 2016, DM 5 febbraio 2016, DM 30 settembre 2016 e DM 3 gennaio 2017).

Il TAR Lazio, con sentenza n. 7479 del 28 giugno 2016, ravvisando la natura sostanziale di regolamento del DM 1 luglio 2014, lo aveva ritenuto illegittimo, in quanto emanato in violazione delle disposizioni procedimentali di cui all’art. 17 della L. 400/1988 (che prevede, tra l’altro, il parere obbligatorio del Consiglio di Stato), pur senza che la legge attributiva del potere contenesse alcuna indicazione espressa sotto il profilo formale, rilevante alla stregua di disciplina speciale[47].

Come risultante dal comunicato stampa del 2 luglio 2016, nello stesso giorno era intervenuta, su richiesta del Mibact, la sospensione della sentenza del TAR Lazio da parte del Consiglio di Stato.

Nelle more del giudizio di merito, l’art. 24, co. 3-sexies, del D.L. 113/2016 (L. 160/2016) ha poi disposto che l’art. 9, co. 1, del D.L. 91/2013 si interpreta nel senso che il decreto ministeriale ivi previsto ha la stessa natura non regolamentare prevista per i decreti di cui all’art. 1, co. 1, del D.L. 24/2003 e che le regole tecniche di riparto sono basate sull’esame comparativo di appositi programmi di attività pluriennale presentati dagli enti dello spettacolo e possono definire apposite categorie tipologiche dei soggetti ammessi alla presentazione della domanda per ciascuno dei settori di attività (danza, musica, teatro, circo, spettacolo viaggiante).

Da ultimo, con sentenza n. 5035 del 13 ottobre 2016, il Consiglio di Stato aveva riformato la sentenza del TAR Lazio n. 7479 del 28 giugno 2016, evidenziando che il DM 1 luglio 2014 aveva natura non regolamentare e che doveva, pertanto, ritenersi che l'art. 24, co. 3-sexies, del D.L. 113/2016 era una norma di interpretazione autentica non innovativa.

Successivamente, è stato emanato il DM 332 del 27 luglio 2017 – che si applica per le domande di contributo a decorrere dall'anno di contribuzione 2018 –che ha abrogato, dall’1 gennaio 2018, il DM 1 luglio 2014 e le sue modifiche e integrazioni, fatte salve le disposizioni relative alla presentazione della documentazione consuntiva afferente l'erogazione dei contributi assegnati nel triennio 2015-2017 e comunque fino alla chiusura dei relativi procedimenti amministrativi. Modifiche al DM 27 luglio 2017 sono poi state apportate con DM 245 del 17 maggio 2018 e, da ultimo, con DM 317 del 3 maggio 2019.

In particolare, l’art. 1, co. 2, del DM 332/2017 prevede che i contributi sono concessi per progetti triennali, corredati di programmi per ciascuna annualità, mentre l’art. 6 dispone che, su domanda dell'interessato, l'amministrazione può erogare una anticipazione fino ad un massimo dell'80% dell'ultimo contributo ottenuto, a condizione che sia stata regolarmente presentata la documentazione relativa all'ultimo sostegno finanziario.

 

Il comma 6 dispone, infine, che, decorso il primo periodo di trattamento ordinario di integrazione salariale pari a 9 settimane, previsto dall’art. 19 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020), gli organismi dello spettacolo dal vivo possono utilizzare le risorse erogate a valere sul FUS per il 2020 anche per integrare le misure di sostegno del reddito dei propri dipendenti, in misura comunque non superiore alla parte fissa della retribuzione continuativamente erogata prevista dalla contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto dell’equilibrio del bilancio e, in ogni caso, limitatamente al periodo di ridotta attività degli enti.

Al riguardo, si ricorda che l’art. 19 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) è modificato dall’art. 68 del decreto-legge in commento – alla cui scheda si rinvia - che prevede una estensione del termine di 9 settimane citato dalla disposizione in commento.

Si valuti, dunque, l’opportunità di un chiarimento.


 

Articolo 183, comma 7
(Interventi per il cinema e l’audiovisivo)

 

 

L’articolo 183, comma 7, modificato nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, reca misure finalizzate a mitigare gli effetti subiti dal settore cinematografico e audiovisivo a seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19, in particolare introducendo la possibilità di prevedere, per il 2020, una maggiore flessibilità nella ripartizione delle risorse destinate ai crediti di imposta, anche in deroga alle percentuali previste a regime.

 

Nello specifico, si autorizza il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo ad adottare – limitatamente agli stanziamenti relativi all’anno 2020, e nel rispetto del limite delle risorse individuate con il decreto di riparto del Fondo per il cinema e l'audiovisivo di cui all’art. 13, co. 5, della L. 220/2016 – uno o più decreti volti a ridefinire, per ogni tipologia di credito di imposta, le disposizioni applicative utili per stabilire l’entità delle risorse da destinare a ciascun beneficiario, anche in deroga alle percentuali previste dalla stessa legge per tipologia di credito di imposta e al limite massimo stabilito per ciascuna ai sensi dell’art. 21, co. 1, della medesima legge.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l’art. 13 della L. 220/2016 ha istituto il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell'audiovisivo – d’ora in avanti: Fondo per il cinema e l'audiovisivo – destinato al finanziamento di diversi interventi previsti dalla stessa legge. In particolare, il co. 5 – come modificato dall’art. 3, co. 4, del D.L. 59/2019 (L. 81/2019) – ha previsto che, con decreto del Ministro, sentito il Consiglio superiore del cinema e dell’audiovisivo, si provvede al riparto del Fondo fra le tipologie di contributi previsti dalla stessa legge (credito di imposta: artt. 15-20; contributi automatici: artt. 23-25[48]; contributi selettivi: art. 26[49]; contributi per le attività e le iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva: art. 27, co. 1[50]), fermo restando che l'importo complessivo per i contributi di cui agli artt. 26 e 27, co. 1, non può essere inferiore al 10% e superiore al 15% del Fondo medesimo[51]. Inoltre, specifiche sezioni del Fondo sono destinate al finanziamento degli interventi del Piano straordinario per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche e polifunzionali e del Piano straordinario per la digitalizzazione del patrimonio cinematografico e audiovisivo, di cui, rispettivamente, agli artt. 28[52] e 29[53].

Nello specifico, i crediti di imposta riguardano le imprese di produzione (art. 15), le imprese di distribuzione (art. 16), le imprese dell'esercizio cinematografico e le industrie tecniche e di post-produzione (art. 17), il potenziamento dell'offerta cinematografica (art. 18), l'attrazione in Italia di investimenti cinematografici e audiovisivi (art. 19) e le imprese non appartenenti al settore cinematografico e audiovisivo (art. 20). Per ciascuna di tali tipologie, gli articoli citati hanno stabilito le percentuali di corresponsione degli stessi crediti di imposta.

A sua volta, l’art. 21, dettando disposizioni comuni ai diversi crediti di imposta, ha, anzitutto, disposto che gli stessi sono riconosciuti entro il limite massimo complessivo indicato con il già citato decreto di riparto del Fondo per il cinema e l’audiovisivo. Inoltre, ha stabilito che con il medesimo decreto si provvede al riparto delle risorse complessivamente iscritte in bilancio tra le diverse tipologie di credito di imposta; ove necessario, tale riparto può essere modificato, con le medesime modalità, anche in corso d'anno (co. 1).

Inoltre, ha demandato a uno o più decreti del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico, il compito di stabilire, per ciascuna delle tipologie di credito d'imposta e nell'ambito delle percentuali per ciascuna previsti, i limiti di importo per opera o beneficiario, le aliquote da riconoscere alle varie tipologie di opere, ovvero alla varie tipologie di impresa o di sala cinematografica, la base di commisurazione del beneficio, con la specificazione dei riferimenti temporali, nonché le ulteriori disposizioni applicative, fra cui i requisiti, le condizioni e la procedura per la richiesta e il riconoscimento del credito, prevedendo modalità atte a garantire che ciascun beneficio sia concesso nel limite massimo dell'importo complessivamente stanziato, nonché le modalità dei controlli e i casi di revoca e decadenza (co. 5).

In attuazione dell’art. 21, co. 5, della L. 220/2016 sono intervenuti il D.I. 15 marzo 2018 relativo al credito di imposta per le imprese di produzione cinematografica ed audiovisiva di cui all'art. 15 della L. 220/2016 e il D.I. 15 marzo 2018 relativo ai crediti d'imposta nel settore cinematografico e audiovisivo di cui agli artt. 16, 17, co. 1, 18, 19 e 20 della medesima L. 220/2016[54].

 

Si dispone, inoltre, che, qualora dall’attuazione di quanto previsto derivino nuovi o maggiori oneri, alla relativa copertura si provvede nei limiti delle risorse disponibili del Fondo di conto capitale di cui all’art. 89 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) che, a tal fine, sono trasferite ai pertinenti capitoli iscritti nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze[55].

 

Per il fondo di parte capitale di cui all’art. 89 del D.L. 18/2020, si veda la scheda relativa all’art. 183, co. 1 e 12.

 

Infine, si dispone che a scopi di mitigazione degli effetti subiti dal settore cinematografico possono essere finalizzati anche i contributi automatici, i contributi selettivi e i contributi per le attività e iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva previsti dagli artt. 23-27 della L. 220/2016, nonché – a seguito delle modifiche apportate nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati –, i contributi per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche e polifunzionali previsti dall’art. 28 della stessa legge.

 

L’intenzione sembrerebbe quella di prevedere, per il 2020, anche per le suddette tipologie di contributo, criteri di ripartizione ulteriori rispetto a quelli previsti a regime, finalizzati a mitigare gli effetti negativi dell’emergenza sanitaria in atto.

 

Si valuti, tuttavia, l’opportunità di esplicitare meglio tale previsione.

 


 

Articolo 183, commi 8 e 8-bis
(
Capitale italiana della cultura 2021-2023)

 

 

L'articolo 183, comma 8, conferisce alla città di Parma, anche per il 2021, il titolo di Capitale italiana della cultura già attribuito alla stessa per il 2020, al contempo stabilendo che la procedura che era in corso per il titolo di Capitale italiana della cultura 2021 si intende riferita al 2022.

Il comma 8-bis, introdotto durante l’esame presso la Camera dei deputati, dispone che il medesimo titolo è attribuito in via legislativa per il 2023, in deroga alla procedura ordinaria, alle città di Bergamo e Brescia.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l’art. 7, co. 3-quater, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014) ha previsto che il Consiglio dei Ministri conferisce annualmente il titolo di "Capitale italiana della cultura" ad una città italiana, sulla base di un'apposita procedura di selezione definita con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, previa intesa in sede di Conferenza unificata. Aveva, altresì, previsto che i progetti presentati dalla città designata sono finanziati a valere sulla quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020, nel limite di € 1 mln per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017, 2018 e 2020[56].

Successivamente, l’art. 1, co. 326, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha reso permanente tale previsione, disponendo che il titolo di “Capitale italiana della cultura” è conferito, con le medesime modalità, anche per gli anni successivi al 2020, e autorizzando a tal fine la spesa di € 1 mln annui dal 2021.

La procedura di selezione per l’attribuzione del titolo di capitale italiana della cultura è stata inizialmente definita con DM 12 dicembre 2014. Successivamente, la procedura è stata modificata, con riferimento agli anni successivi al 2017, con DM 16 febbraio 2016. Da ultimo, con DM n. 494 del 23 ottobre 2019 sono state apportate modifiche al DM del 2016, con riguardo agli anni successivi al 2020.

 

Il conferimento alla città di Parma, anche per il 2021, del titolo di Capitale italiana della cultura – previsto dal comma 8 – deriva, evidentemente, dalla circostanza che, in relazione alla sospensione di tutte le attività culturali e dei servizi di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura disposta dai provvedimenti di contenimento dell'epidemia da COVID-19, sono stati sospesi gli eventi del programma generale e del calendario di Parma2020.

 

La città di Parma è stata designata capitale italiana della cultura per il 2020 con delibera del Consiglio dei Ministri del 7 febbraio 2019. La designazione, però, era già stata resa nota dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo il 16 febbraio 2018.

Con riferimento a ciò, l’art. 1, co. 613, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) ha autorizzato la spesa di € 3 mln per il 2019, al fine di sostenere iniziative per la valorizzazione del patrimonio culturale della città di Parma, designata Capitale italiana della cultura 2020. Il programma degli interventi è stato approvato con DM 14 ottobre 2019, n. 467.

Le ulteriori risorse, pari ad € 1 mln, a carico dell'annualità 2020 del Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 – previste dalla norma istitutiva – sono state assegnate dal CIPE con delibera 21 novembre 2019.

Da ultimo, l’art. 1, co. 364, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha autorizzato la spesa di € 2 mln per il 2020 per iniziative culturali e di spettacolo nei comuni della provincia di Parma. Tali risorse possono essere impiegate anche per prorogare, fino al 31 dicembre 2020, i contratti a tempo determinato stipulati dagli istituti e luoghi della cultura della medesima provincia.

 

Per quanto concerne la procedura che era in corso per il conferimento del titolo di Capitale italiana per la cultura 2021 – valido ora per il 2022 – in attuazione di quanto previsto dal medesimo comma 8 in esame è intervenuto il Decreto del Segretario Generale n. 300 del 21 maggio 2020.

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che il bando – adottato con Decreto del Segretario generale n. 382 del 15 dicembre 2019 – aveva disposto che le città che desideravano candidarsi al titolo di Capitale italiana della cultura 2021 avevano tempo di presentare una manifestazione di interesse entro il 16 dicembre 2019.

Da ultimo, con Decreto del Segretario generale n. 118 del 12 marzo 2020 – che aveva fatto seguito al Decreto del Segretario generale n. 83 del 26 febbraio 2020 –era stato differito al 30 giugno 2020, in relazione all’emergenza Coronavirus, il termine per l’invio di un dossier di candidatura da parte delle 44 città che hanno manifestato il loro interesse alla selezione[57].

A seguito di quanto disposto dal comma 8 in esame, il citato Decreto del Segretario generale n. 300 del 21 maggio 2020 ha differito, anzitutto, al 31 luglio 2020 il termine per l’invio del dossier di candidatura.

Ha, inoltre, differito altri termini: in particolare, ha disposto che la Giuria seleziona un massimo di 10 progetti finalisti entro il 12 ottobre 2020 e, entro il 12 novembre 2020, raccomanda al Ministro la candidatura del comune, della città metropolitana o dell’unione di comuni ritenuta più idonea a essere insignita del titolo di Capitale italiana della cultura per il 2022, corredando tale proposta di relazione motivata.

Infine, ha previsto che i comuni, le città metropolitane e le unioni di comuni che avevano già inviato il proprio dossier di candidatura alla data di pubblicazione del decreto, possono annullare la trasmissione già effettuata e trasmettere un nuovo dossier di candidatura entro il 31 luglio 2020.

 

A sua volta, il comma 8-bis, introdotto durante l’esame presso la Camera dei deputati, prevede che, per l’anno 2023, il titolo di Capitale italiana della cultura è conferito, in via straordinaria e in deroga rispetto alla procedura ordinaria, alle città di Bergamo e di Brescia, al fine di promuovere il rilancio socio-economico e culturale dell’area più colpita dall’emergenza sanitaria da COVID-19.

A tal fine, le città di Bergamo e di Brescia presentano al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, entro il 31 gennaio 2022, un progetto unitario di iniziative finalizzato a incrementare la fruizione del patrimonio culturale materiale e immateriale.


 

Articolo 183, comma 8-ter
(
Capitale italiana del libro)

 

 

L'articolo 183, comma 8-ter, introdotto nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati, prevede che, per il 2020, il titolo di Capitale italiana del libro è conferito ad una città italiana direttamente dal Consiglio dei Ministri, senza apposita selezione.

 

A tal fine, novella l’art. 4, co. 1, secondo periodo, della L. 15/2020, che reca disposizioni per la promozione e il sostegno della lettura.

 

In particolare, l’art. 4 della L. 15/2020 dispone che a fine di favorire progetti, iniziative e attività per la promozione della lettura, a partire dal 2020 il Consiglio dei ministri assegna annualmente ad una città italiana il titolo di Capitale italiana del libro. Il titolo è conferito all'esito di un'apposita selezione, svolta secondo modalità da definire, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge[58], con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, previa intesa in sede di Conferenza unificata. La selezione avviene sulla base dei progetti presentati dalle città che si candidano al titolo. I progetti della città assegnataria del titolo sono finanziati entro il limite di spesa di € 500.000 annui a decorrere dal 2020.

 

Evidentemente, non essendo ancora intervenuto il decreto ministeriale attuativo, non si è nelle condizioni di effettuare la selezione.

 

Si valuti, tuttavia, l’opportunità di esplicitare i criteri sulla base dei quali il Consiglio dei Ministri assegnerà il titolo.


 

Articolo 183, commi 9 e12
(
Art-bonus)

 

 

L'articolo 183, comma 9, estende il credito di imposta per le erogazioni liberali a sostegno della cultura e dello spettacolo (c.d. Art-bonus) anche ai complessi strumentali, alle società concertistiche e corali, ai circhi e agli spettacoli viaggianti.

Il comma 12 reca le disposizioni di copertura finanziaria.

 

A tal fine, il comma 9 novella l’art. 1, co. 1, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014).

 

L’art. 1, co. 1, del D.L. 83/2014 (L. 106/2014) – come modificato, prima dell’intervento in commento, dall’art. 5 della L. 175/2017 – ha previsto che alle persone fisiche o giuridiche che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, per il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione, delle istituzioni concertistico-orchestrali, dei teatri nazionali, dei teatri di rilevante interesse culturale, dei festival, delle imprese e dei centri di produzione teatrale e di danza, nonché dei circuiti di distribuzione, e per la realizzazione di nuove strutture, il restauro e il potenziamento di quelle esistenti, di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo,  spetta un credito di imposta pari al 65%.

A sua volta, l’art. 17 del D.L. 189/2016 (L. 229/2016) ha previsto – senza novellare l’art. 1, co. 1, del D.L. 83/2014 – che il credito di imposta spetta anche per le erogazioni liberali effettuate a favore del MIBACT per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali di interesse religioso presenti nei comuni delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria colpiti dagli episodi sismici verificatisi a partire dal 24 agosto 2016, anche appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose.

Spetta, altresì, per le erogazioni liberali per il sostegno dell'Istituto superiore per la conservazione e il restauro, dell'Opificio delle pietre dure e dell'Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario, al fine di favorire gli interventi di restauro del patrimonio culturale nelle aree colpite da eventi calamitosi.

Da ultimo, l’art. 3-sexies del D.L. 123/2019 (L. 156/2019) ha esteso la possibilità di fruire dell’Art-bonus – anche in questo caso senza novellare l’art. 1, co. 1, del D.L. 83/2014 – per le erogazioni liberali per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali di interesse religioso presenti nei territori di Venezia e di Matera (interessate da straordinari eventi meteorologici nel mese di novembre 2019).

 

Qui il sito ufficiale dedicato all'ART-BONUS, con sezioni dedicate agli interventi e ai mecenati.

Qui il comunicato del MIBACT del 1 febbraio 2020 che fornisce alcuni dati sull’entità delle donazioni e sul numero dei mecenati.

 

Conseguentemente, il comma 12 dispone che agli oneri derivanti, tra l’altro, dal comma 9, si provvede ai sensi dell’articolo 265.


 

Articolo 183, commi 10 e 12
(
Piattaforma digitale per fruizione patrimonio culturale e spettacoli)

 

 

L'articolo 183, comma 10, prevede la realizzazione di una piattaforma digitale per la fruizione del patrimonio culturale e degli spettacoli, a tal fine autorizzando la spesa di € 10 mln per il 2020.

Il comma 12 reca le disposizioni di copertura finanziaria.

 

In particolare, il comma 10 dispone che la piattaforma digitale è realizzata, al fine di sostenere la ripresa delle attività culturali, dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, anche mediante la partecipazione della Cassa Depositi e Prestiti, che può coinvolgere altri soggetti pubblici e privati.

 

Dispone, altresì, che con i decreti che individuano i criteri di attribuzione di risorse pubbliche possono essere stabiliti condizioni o incentivi per assicurare che gli operatori beneficiari dei relativi finanziamenti forniscano o producano contenuti per la citata piattaforma.

A tal fine, nello specifico, si citano i decreti adottati ai sensi dell’art. 9, co. 1, del D.L. 91/2013 (L. 112/2013), ossia i decreti (di natura non regolamentare) per la definizione dei criteri di attribuzione dei contributi FUS ai soggetti dello spettacolo dal vivo diversi dalle fondazioni lirico-sinfoniche, nonché i decreti adottati ai sensi della L. 220/2016 per disciplinare l’accesso ai benefici previsti dalla medesima legge a sostegno del cinema e dell'audiovisivo.

Non si citano, invece, i decreti adottati ai sensi dell’art. 11, co. 20, 21 e 21-bis, dello stesso D.L. 91/2013 che, come si è visto nella scheda relativa all’art. 183, commi 4-6, definiscono i criteri di attribuzione dei contributi FUS alle fondazioni lirico-sinfoniche.

Al riguardo, si valuti l’opportunità di un chiarimento.

 

Conseguentemente, il comma 12 dispone che agli oneri derivanti, tra l’altro, dal comma 10, si provvede ai sensi dell’articolo 265.


 

Articolo 183, comma 10-bis
(
Incremento del Fondo “Carta della cultura”)

 

 

Il comma 10-bis dell'articolo 183, introdotto durante l’esame presso la Camera dei deputati, prevede un incremento, per il 2020, del Fondo “Carta della cultura” istituito dalla L. 15/2020.

 

In particolare, l’incremento è pari, per il 2020, a € 15 mln.

 

L’art. 6 della L. 15/2020 ha istituito la “Carta della cultura”, di importo nominale pari a € 100, con la quale lo Stato contribuisce alle spese per l'acquisto di libri, anche digitali, muniti di codice ISBN, nonché di prodotti e servizi culturali, da parte di cittadini italiani e stranieri residenti nel territorio nazionale appartenenti a nuclei familiari economicamente svantaggiati. Le somme assegnate con la Carta non costituiscono reddito imponibile del beneficiario e non rilevano ai fini del computo del valore dell’ISEE.

Ai fini dell’assegnazione della Carta, nello stato di previsione del Ministero dei i beni e delle attività culturali e del turismo è stato istituito il Fondo “Carta della cultura”, con una dotazione di € 1 mln annui a decorrere dal 2020, integrabile con proventi derivanti da donazioni, lasciti o disposizioni testamentarie di soggetti privati, destinati allo Stato per il conseguimento delle finalità del Fondo, nonché con proventi elargiti dalle imprese.

Le modalità applicative devono essere definite con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, che sarebbe dovuto essere adottato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.


 

Articolo 183, commi 11 e 11-bis
(
Rimborso dei titoli di acquisto di biglietti per spettacoli,
musei e altri luoghi della cultura
)

 

 

L'articolo 183, comma 11, modificato durante l'esame presso la Camera dei deputati, novella l'art. 88 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) in materia di rimborso per l'acquisto di biglietti relativi a spettacoli, musei e altri luoghi della cultura sospesi per l'emergenza sanitaria, mediante la restituzione della somma o la corresponsione di un voucher. Si modifica il procedimento di rimborso o emissione dei suddetti voucher, si introduce un termine (finale) di decorrenza della impossibilità sopravvenuta della prestazione (fino al 30 settembre 2020) e si stabilisce che la durata del voucher passa (da dodici) a diciotto mesi dall'emissione. Per i concerti di musica leggera sono disciplinate le ipotesi in cui si provvede al rimborso con restituzione della somma versata. Le procedure di rimborso si applicano anche a quegli eventi inizialmente sospesi per le misure di contenimento riferite solo a territori circoscritti e a determinate categorie di soggetti.

Il comma 11-bis, introdotto dalla Camera dei deputati, estende l'applicazione delle procedure sopradecritte anche ai voucher già emessi alla data di entrata in vigore della disposizione. 

 

L'art. 88, co. 1, del D.L. 18/2020 (L. 27/2020) dispone l'applicazione dell'art. 1463 del codice civile - ossia la sopravvenuta impossibilità della prestazione - ai contratti di acquisto:

§  di titoli di accesso per spettacoli di qualsiasi natura, inclusi quelli cinematografici e teatrali;

§  di biglietti di ingresso ai musei e agli altri luoghi della cultura.

In base al principio generale di cui all'articolo 1463 del codice civile, nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito.

 

La novella apportata dal comma 11 incide sul termine di decorrenza della sopravvenuta impossibilità della prestazione - che comunque deve essere motivata in ragione degli effetti derivanti dall'emergenza da Covid-19 - che si verifica dalla data di adozione del D.P.C.M. 8 marzo 2020 (cioè dall'8 marzo medesimo) fino al 30 settembre 2020.

Il D.P.C.M. 8 marzo 2020 ha previsto le seguenti misure di contenimento valevoli su tutto il territorio nazionale (art. 2, co. 1, lett. b) e d)):

§  la sospensione delle manifestazioni, degli eventi e degli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato;

§  la sospensione dell'apertura dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all'articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D. Lgs. 42/2004.

Secondo l'art. 101 del d.lgs. 42/2004 sono istituti e luoghi della cultura i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali.

La conseguenza della sopravvenuta impossibilità della prestazione ai sensi dell'art. 1463 del codice civile è il rimborso di quanto corrisposto per i titoli di accesso e i biglietti, che - in base al co. 2 dell'art. 88, interamente sostituito dalla disposizione in commento - avviene su apposita istanza dei soggetti acquirenti, presentata entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del D.L.18/2020 (cioè entro il 16 aprile 2020), o dalla diversa data della comunicazione dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione (questa è la parte oggetto di modifica). Si valuti l'opportunità di specificare a chi competa la comunicazione dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione.

Nel testo originario invece l'istanza poteva essere presentata entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore dei provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 2, co. 1 e 2, del D.L. 19/2020 (su cui si veda infra).

 

Si ricorda che il D.L. 19/2020, all'art. 1, ha previsto la possibilità di adottare specifiche misure per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, tra cui per quanto di interesse:

§  limitazione o sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni altra forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo, ricreativo e religioso (art. 1, co. 2, lett. g));

§  chiusura di cinema, teatri, sale da concerto, sale da ballo (art. 1, co. 2, lett.i));

§  limitazione o sospensione dei servizi di apertura al pubblico o chiusura dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura (art. 1, co. 2, lett.r)).

L'art. 2, co. 1 e 2, del D.L. 19/2020 indica le modalità di attuazione delle summenzionate misure di contenimento.

Inoltre, il D.L. 33/2020, all'art. 1, co. 8, stabilisce che - dal 18 maggio al 31 luglio 2020 - le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura con la presenza di pubblico, ivi compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo e fieristico, in luogo pubblico o aperto al pubblico, si svolgono con le modalità stabilite con i provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 2 del citato D.L. 19/2020. In attuazione del D.L. 19/2020 e del D.L. 33/2020, è intervenuto da ultimo il D.P.C.M. 11 giugno 2020 efficace a partire dal 15 giugno 2020 fino al 14 luglio 2020, secondo il quale, per quanto di interesse:

§  sono ripresi gli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all'aperto, purchè si svolgano con posti a sedere preassegnati e distanziati e a condizione che sia comunque assicurato il rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro sia per il personale, sia per gli spettatori che non siano abitualmente conviventi, con il numero massimo di 1000 spettatori per spettacoli all'aperto e di 200 spettatori per spettacoli in luoghi chiusi, per ogni singola sala (art. 1, co. 1, lett. m));

§  restano sospesi gli eventi che implichino assembramenti in spazi chiusi o all'aperto quando non è possibile assicurare il rispetto delle condizioni sopradescritte (art. 1, co. 1, lett. m));

§  restano comunque sospese le attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati, all'aperto o al chiuso (art. 1, co. 1, lett. m));

§  prosegue il servizio di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura a determinate condizioni, già ripreso dal 18 maggio 2020 (art. 1, co. 1, lett. p)).

Si ricorda infatti che il D.P.C.M. 17 maggio 2020, efficace a partire dal 18 maggio 2020 al 14 giugno 2020, ha operato alcune distinzioni nella ripresa delle attività stabilendo:

§  la sospensione fino al 14 giugno 2020 degli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi anche all'aperto (art.1, co.1, lett. m));

§  la ripresa dal 18 maggio 2020 del servizio di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura a determinate condizioni (art.1, co.1, lett. p)).

 

All'istanza di rimborso, presentata all'organizzatore dell'evento anche per il tramite dei canali di vendita da quest'ultimo utilizzati, deve essere allegato il relativo titolo di acquisto. La novella introdotta dalla disposizione in commento elimina la verifica (prevista nel testo originario), da parte dell'organizzatore dell'evento, dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione e conseguentemente dell'inutilizzabilità del titolo di accesso oggetto dell'istanza di rimborso. Si valuti l'opportunità di una più puntuale indicazione dei soggetti cui va richiesto il rimborso, che non necessariamente sono organizzatori di eventi”, posto che il rimborso può essere richiesto anche per biglietti di musei e analoghi.

 

L'organizzatore dell'evento provvede al rimborso o all'emissione di un voucher di importo pari al prezzo del titolo di acquisto da utilizzare entro diciotto mesi dall'emissione (e non entro un anno come previsto dal testo originario dell'art. 88, co. 2, del D.L. 18/2020). Si introduce pertanto l'alternativa tra rimborso (parrebbe intendersi con restituzione della somma versata) e voucher, ma non viene esplicitato a chi spetti la decisione tra i due strumenti. Si valuti l'opportunità di un chiarimento ed eventualmente di generalizzare la necessità dell'acquisizione del consenso del destinatario del voucher.

 

Con riferimento all'art.88-bis del D.L. 18/2020 che disciplina analoghe fattispecie, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) ha trasmesso, in data 28 maggio 2020, una segnalazione al Parlamento e al Governo, puntualizzando fra l'altro che in diversi regolamenti europei, applicabili ad ambiti specifici, l'emissione del voucher è sempre possibile ma previa accettazione del destinatario del rimborso. Si tratta, in particolare, dei regolamenti in materia di diritti dei passeggeri del trasporto aereo (regolamento (CE) n. 261/2004), del trasporto per vie navigabili (regolamento (UE) n.1177/2010), del trasporto effettuato con autobus (regolamento (UE) n. 181/2011) e del trasporto ferroviario (regolamento (CE) n.1371/2007).

Per quanto qui di interesse, si segnala la Raccomandazione della Commissione europea C(2020) 3125 final del 13 maggio 2020 (relativa ai buoni offerti a passeggeri e viaggiatori come alternativa al rimborso per pacchetti turistici e servizi di trasporto annullati nel contesto della pandemia di Covid-19) con cui è stato ribadito che, nel contesto dell'emergenza in atto, "l'organizzatore può offrire al viaggiatore un rimborso sotto forma di buono. Tale possibilità non priva tuttavia i viaggiatori del diritto al rimborso in denaro".

Per ulteriori approfondimenti e per l'avvio di due procedure di infrazione nei confronti dell'Italia si rimanda alla scheda relativa all'art. 182, comma 3-bis.

 

Viene inoltre introdotta la previsione per cui l’emissione dei voucher assolve i correlativi obblighi di rimborso e non richiede alcuna forma di accettazione da parte del destinatario.

Durante l'esame presso la Camera, è stato inserito un periodo aggiuntivo secondo il quale l'organizzatore di concerti di musica leggera provvede, comunque, al rimborso con restituzione della somma versata ai soggetti acquirenti alla scadenza del periodo di validità del voucher quando la prestazione dell'artista originariamente programmata venga annullata, senza rinvio ad altra data compresa nel medesimo periodo di validità del voucher. In caso di cancellazione definitiva del concerto, l'organizzatore provvede immediatamente al rimborso con restituzione della somma versata.

Sulla questione si veda anche la risposta del Governo all'interrogazione n. 5-04227 Belotti svolta il 25 giugno 2020 in VII Commissione della Camera dei deputati.

 

La Camera dei deputati ha introdotto il comma 2-bis all'art. 88 del D.L. 18/2020 che estende (retroattivamente) l'applicazione delle procedure di rimborso per sopravvenuta impossibilità della prestazione anche ai contratti di acquisto di titoli di accesso e di biglietti di ingresso per prestazioni da rendere nei territori interessati dalle prime misure di contenimento derivanti dall'art. 3 del D.L.6/2020 (L. 13/2020), a decorrere dalla data di entrata in vigore delle misure medesime, nonché comunque per i soggetti che, dalla medesima data, si sono trovati nelle condizioni di cui all’articolo 88-bis, comma 1, lettere a), b) e c).

Il primo provvedimento attuativo dell'art. 3 del D.L. 6/2020 è il D.P.C.M. 23 febbraio 2020 (entrato in vigore il 23 febbraio stesso) che ha previsto misure di contenimento solo per alcune zone del Paese, mentre il D.P.C.M. 8 marzo 2020, sopra descritto, le ha estese a tutto il territorio nazionale.

L'art. 88-bis del D.L. 18/2020, al co. 1, individua i soggetti che hanno diritto al rimborso di contratti di soggiorno e di pacchetto turistico, quali, per quanto di interesse:

§  i soggetti nei confronti dei quali è stata disposta la quarantena con sorveglianza attiva ovvero la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva da parte dell'autorità sanitaria competente, con riguardo ai contratti da eseguire nel medesimo periodo di quarantena o permanenza domiciliare (lett. a));

§  i soggetti residenti, domiciliati o destinatari di un provvedimento di divieto di allontanamento nelle aree interessate dal contagio, con riguardo ai contratti da eseguire nel periodo di efficacia dei predetti decreti (lett. b));

§  i soggetti risultati positivi al virus COVID-19 per i quali è disposta la quarantena con sorveglianza attiva ovvero la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva da parte dell'autorità sanitaria competente ovvero il ricovero presso le strutture sanitarie, con riguardo ai contratti da eseguire nel medesimo periodo di permanenza, quarantena o ricovero (lett. c)).

Si consente dunque di provvedere al rimborso per quegli eventi sospesi nei territori inizialmente interessati dalle misure di contenimento a partire dal 23 febbraio 2020 o comunque per quei soggetti colpiti, sempre dal 23 febbraio 2020, dai divieti di allontanamento (non potendo dunque prendere parte a eventi che si sarebbero potuti svolgere in aree del Paese non sottoposte, a quella data, alle suddette misure di contenimento).

Con riferimento alle circostanze descritte, il termine di trenta giorni per la presentazione dell’istanza di rimborso decorre dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

 

Viene inoltre abrogato il comma 3 dell'art. 88 del D.L. 18/2020 che stabiliva un termine finale (mobile) di applicazione delle procedure di rimborso sopradescritte, collegato alla data di efficacia dei provvedimenti attuativi del D.L. 19/2020. Detta abrogazione pare connessa alla previsione per cui la sopravvenuta impossibilità della prestazione - quale presupposto per poter chiedere il rimborso - vale fino al 30 settembre 2020.

 

Il comma 11-bis, introdotto durante l'esame presso la Camera dei deputati, stabilisce che le procedure di rimborso summenzionate si applicano anche ai voucher già emessi alla data di entrata in vigore della presente disposizione.

Articolo 183, commi 11-ter e 12
(Card cultura per i diciottenni)

 

 

Il comma 11-ter dell'articolo 183, introdotto durante l’esame presso la Camera dei deputati, incrementa di € 30 mln le risorse destinate, per il 2020, alla Card cultura per i diciottenni, utilizzabile per l'acquisto di determinati prodotti culturali, di cui all’art. 1, co. 357 e 358, della L. 160/2019.

Il comma 12 reca le disposizioni di copertura finanziaria.

 

Pertanto, in base a quanto disposto dal comma 11-ter, le risorse da destinare a coloro che compiono 18 anni nel 2020 ammontano a € 190 mln.

 

Conseguentemente, il comma 12 dispone che agli oneri derivanti, tra l’altro, dal comma 11-ter, si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 

Si ricorda che l’art. 1, co. 357 e 358, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha esteso ai residenti nel territorio nazionale che compiono 18 anni di età nel 2020 la disciplina per l’assegnazione della Card cultura – introdotta per la prima volta dalla L. di stabilità 2016[59] –, stabilendo un limite massimo di spesa di € 160 mln, e inserendo gli abbonamenti a quotidiani anche in formato digitale tra i prodotti che possono essere acquistati con la stessa Card.

La Carta elettronica è pertanto utilizzabile, dai soggetti che compiono 18 anni nel 2020, per l’acquisto di biglietti per rappresentazioni teatrali e cinematografiche e spettacoli dal vivo, libri, abbonamenti a quotidiani anche in formato digitale, musica registrata, prodotti dell’editoria audiovisiva, titoli di accesso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche, parchi naturali, corsi di musica, di teatro o di lingua straniera.

Gli importi nominali da assegnare nell’ambito delle risorse disponibili, nonché i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo della Carta, devono essere definiti con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che sarebbe dovuto essere adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.


 

Articolo 183, comma 11-quater
(Fondo per il sostegno alle attività dello spettacolo
di musica dal vivo)

 

 

Il comma 11-quater dell'articolo 183, introdotto durante l’esame presso la Camera dei deputati, istituisce nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo un Fondo per il sostegno dei soggetti che producono e distribuiscono spettacoli di musica, non già finanziati a valere sul Fondo unico per lo spettacolo (FUS), per le attività di spettacolo dal vivo messe in scena a partire dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge e fino al 31 dicembre 2020.

 

In particolare, il Fondo, con una dotazione di € 10 mln per il 2020, è destinato alle imprese e agli enti di produzione e distribuzione di spettacoli di musica, compresi gli enti in forma cooperativa e associativa, costituiti formalmente entro il 28 febbraio 2020, che non siano già finanziati a valere sul FUS.

Esso è istituito anche al fine di sopperire ai mancati incassi provenienti dalla vendita di biglietti e alle spese organizzative aggiuntive derivanti dalle prescrizioni correlate all'emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

Le risorse sono ripartite con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

 

Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (art. 1, co. 200, L. 190/2014), come incrementato dall’art. 265, co. 5, del decreto-legge in commento.

 

Per completezza, si ricorda che, con DM 188 del 23 aprile 2020, ai soggetti che non sono stati destinatari di finanziamenti a valere sul FUS nel 2019 – tra cui soggetti operanti nel campo della musica - sono state destinate, a determinate condizioni, anche risorse a valere sui Fondi per il sostegno delle emergenze dei settori dello spettacolo, del cinema e dell’audiovisivo di cui all’art. 89 del D.L. 18/2020 (L. 27/2020), da ultimo incrementati dal co. 1 dell’art. 183 del decreto-legge in commento.

Più ampiamente, si veda la scheda riferita all’art. 183, co. 1 e 12.


 

Articolo 184
(Fondo per la cultura)

 

 

L'articolo 184, modificato nel corso dell'esame presso la Camera dei deputati, istituisce, nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (MIBACT), un Fondo per la promozione di investimenti e il supporto di altri interventi per la tutela, la conservazione, il restauro, la fruizione, la valorizzazione e la digitalizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale, con una dotazione di 50 milioni di euro per il 2020. Detto Fondo può essere incrementato con apporti finanziari di soggetti privati. Per l'anno 2021, esso è incrementato con risorse provenienti dal Fondo per lo sviluppo e la coesione, pari a 50 milioni di euro.

L'Istituto nazionale di promozione, cioè la Cassa depositi e prestiti S.p.A. (CDP), ha la facoltà di svolgere, anche tramite società partecipate, l'istruttoria e la gestione delle operazioni connesse alle iniziative di cui sopra, nonché le relative attività di assistenza e consulenza. Il decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo previsto dalla disposizione può inoltre destinare una quota delle risorse al finanziamento di un fondo di garanzia per la concessione di contributi in conto interessi e di mutui per interventi di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale, gestito e amministrato a titolo gratuito dall'Istituto per il credito sportivo in gestione separata.

 

In dettaglio, il comma 1 (modificato durante l'esame presso la Camera dei deputati) reca l'istituzione nello stato di previsione del MIBACT di un Fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2020, finalizzato alla promozione di investimenti e al supporto di altri interventi per la tutela, la conservazione, il restauro, la fruizione, la valorizzazione e la digitalizzazione del patrimonio culturale materiale e immateriale.

 

Si ricorda che il d.lgs. 42/2004, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio, all'art. 2 definisce il patrimonio culturale come l'insieme di beni culturali e paesaggistici. Sono beni culturali le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà. Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati dal Codice stesso costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge.

Sempre il d.lgs. 42/2004, definisce:

§  la tutela del patrimonio culturale (art. 3), che consiste "nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un'adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione";

§  la valorizzazione del patrimonio culturale (art.6), che consiste "nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale. In riferimento al paesaggio, la valorizzazione comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati",

§  le misure di conservazione (art. 29), che consistono in una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro. In particolare, per restauro si intende "l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all'integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali. Nel caso di beni immobili situati nelle zone dichiarate a rischio sismico in base alla normativa vigente, il restauro comprende l'intervento di miglioramento strutturale",

 

e disciplina, agli artt. 101-105 le modalità di fruizione dei beni culturali.

 

Inoltre, la definizione di patrimonio culturale immateriale è contenuta nella Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, adottata a Parigi il 17 ottobre 2003 dalla XXXII sessione della Conferenza generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura e recepita dalla L. 167/2007.

 

Il tema della digitalizzazione del patrimonio culturale è fortemente sentito durante l'attuale emergenza sanitaria da COVID-19, nella prospettiva di garantire comunque una forma di accesso ai beni culturali, seppure in forma virtuale. Non è un caso dunque che in tutto il mondo siano state rese accessibili gratuitamente le risorse delle biblioteche e siano state favorite visite virtuali e accesso gratuito ai siti internet di musei e luoghi della cultura. Per l'Italia, si veda la campagna "La cultura non si ferma".

L'obiettivo di ampliare l'accesso ai beni culturali attraverso la loro digitalizzazione è stato oggetto di numerose iniziative a livello sia europeo che nazionale. 

Già nel 2005, sei capi di Stato e di Governo, tra cui l'Italia, invocarono la creazione di una biblioteca digitale europea; dopo varie tappe, a novembre 2008 è stato dato avvio al progetto Europeana, nata appunto come biblioteca digitale dell'Unione europea e diventata la piattaforma digitale dell'Europa per il patrimonio culturale. E' disponibile la cronologia della digitalizzazione e dell'accessibilità in rete del patrimonio culturale, che presenta tutte le iniziative rilevanti e i documenti politici europei a decorrere dal 2005.  

Il 27 ottobre 2011, la Commissione europea ha adottato una raccomandazione sulla digitalizzazione e l’accessibilità in rete dei materiali culturali e sulla conservazione digitale, i cui risultati sono stati esaminati nel relativo report del giugno 2019 sempre della Commissione europea, anche a seguito della Dichiarazione di cooperazione per promuovere la digitalizzazione del patrimonio culturale del 4 aprile 2019 (sottoscritta anche dall'Italia). Per una sintesi del report si veda qui. Inoltre, l'attenzione al digitale è stata menzionata tra gli obiettivi dell'istituzione dell'Anno europeo del patrimonio culturale nel 2018.

A livello nazionale, si ricorda che con D.M. 37 del 23 gennaio 2017 è stato costituito il Servizio per la digitalizzazione del patrimonio culturale–Digital Library dell’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione (ICCD), al quale è stato affidato il coordinamento e la promozione dei programmi di digitalizzazione del patrimonio culturale di competenza del MIBACT. L'ICCD ha elaborato il Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale, quale cornice di riferimento per le politiche e le strategie di digitalizzazione del Dicastero.

Tale assetto è stato modificato dal D.P.C.M. 2 dicembre 2019, n. 169, recante il regolamento di organizzazione del MIBACT, che ha istituito quale ufficio dotato di autonomia speciale di livello dirigenziale generale l'Istituto centrale per la digitalizzazione  del  patrimonio culturale - Digital Library. Tale nuovo Istituto elabora il Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale, ne cura l'attuazione ed esprime parere obbligatorio e vincolante su ogni iniziativa del Ministero in materia. Esso inoltre svolge funzioni di indirizzo anche sull'ICCD.

Quanto alle risorse, si ricorda che l'art. 1, co. 611, della L. 145/2018 ha autorizzato la spesa di 4 milioni di euro per il 2019 da parte dell'allora Ministero per i beni e le attività culturali per proseguire l'attività di digitalizzazione del patrimonio culturale. L'art. 1, co. 375, della L. 160/2019 ha disposto uno stanziamento di 23 milioni di euro per l'anno 2021 e di 33 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2035 per incrementare la quota degli utili del gioco del lotto del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo destinata fra l'altro a progetti per la digitalizzazione inerente il patrimonio culturale.

 

Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo - per l'adozione del quale non è previsto un termine - di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite modalità e condizioni di funzionamento del Fondo.

Il comma 2 stabilisce inoltre che la dotazione del Fondo può essere incrementata con risorse di soggetti privati, comprese le persone giuridiche private di cui al titolo II (artt. 11-13) del libro primo del codice civile.

Durante l'esame presso la Camera dei deputati, è stato specificato che l'apporto finanziario dei soggetti privati può consistere anche in operazioni di microfinanziamento, di mecenatismo diffuso, di azionariato popolare e di crowfunding idonee a permettere un'ampia partecipazione della collettività al finanziamento della cultura.

 

Il comma 3 attribuisce all'Istituto nazionale di promozione, cioè la Cassa depositi e prestiti S.p.A. (di seguito anche CDP), la facoltà di svolgere, anche tramite società partecipate, l'istruttoria e la gestione delle operazioni connesse alle iniziative di cui al comma 1, nonché le relative attività di assistenza e consulenza, con oneri a carico del fondo, sulla base di apposita convenzione con il MIBACT.

 

I commi dal 822 al 830 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) individuano la Cassa depositi e prestiti S.p.A. come istituto nazionale di promozione ai sensi della normativa europea sugli investimenti strategici e come possibile esecutore degli strumenti finanziari destinatari dei fondi strutturali e di eventuali fondi apportati da amministrazioni ed enti pubblici o privati, abilitandola a svolgere le attività previste da tale normativa anche utilizzando le risorse della gestione separata.

 In particolare, il comma 822 prevede che, onde perseguire l'obiettivo di supportare la costituzione delle Piattaforme di investimento (cfr. infra) previste dal Regolamento (UE) n. 2015/1017 del 25 giugno 2015, c.d. Regolamento Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), le operazioni finanziarie delle piattaforme di investimento ammissibili al FEIS promosse dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. possano essere assistite dalla garanzia dello Stato. Tale garanzia statale è qualificata come onerosa, a prima richiesta, esplicita, incondizionata e irrevocabile. 

 

Le «banche o istituti nazionali di promozione» sono le entità giuridiche che espletano attività finanziarie su base professionale, cui è stato conferito un mandato da uno Stato membro o da un'entità di uno Stato membro, a livello centrale, regionale o locale, per svolgere attività di sviluppo o di promozione così come definite all'articolo 2, n. 3 del Regolamento (UE) 2015/1017 del 25 giugno 2015 relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici, al polo europeo di consulenza sugli investimenti e al portale dei progetti di investimento europei e che modifica i regolamenti (UE) n. 1291/2013 e (UE) n. 1316/2013. Secondo la Comunicazione COM (2015) 361, la principale motivazione economica dell'istituzione di una banca di promozione risiede nel fatto che i fallimenti del mercato possono ridurre gli investimenti e, di conseguenza, rallentare la crescita futura portandola a livelli non efficienti sotto il profilo economico, e che un istituto con un mandato pubblico si trova in posizione migliore rispetto agli operatori privati per rimediare ai fallimenti del mercato. Il documento prefigura la cooperazione tra le banche nazionali di promozione e la BEI tramite accordi di co-investimento (piattaforme di investimento) che vengono strutturati al fine di aggregare i progetti d'investimento, ridurre i costi delle operazioni e dell'informazione e ripartire più efficacemente il rischio fra i vari investitori. Le piattaforme d'investimento possono essere società veicolo, conti gestiti, accordi di cofinanziamento o di condivisione dei rischi basati su contratti oppure accordi stabiliti con altri mezzi tramite i quali le entità incanalano un contributo finanziario al fine di finanziare una serie di progetti di investimento.

 

Il comma 826, in particolare, attribuisce alla CDP la qualifica di istituto nazionale di promozione, come definito dall’articolo 2, n. 3, del Regolamento (UE) n. 2015/1017 del 25 giugno 2015 relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), secondo quanto previsto nella Comunicazione COM (2015) 361 del 22 luglio 2015 della Commissione Europea.

Il comma 827 abilita la CDP a svolgere le attività degli istituti nazionali di promozione previste dal Regolamento (UE) n. 2015/1017, nonché i compiti previsti dal Regolamento (CE) n. 1303/2013 e dal Regolamento (UE, EURATOM) n. 966/2012.

Il Regolamento (CE) n. 1303/2013 del 17 dicembre 2013 in materia di disposizioni comuni sui fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE) reca disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.  Il Regolamento (UE, EURATOM) n. 966/2012 del 25 ottobre 2012, stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione.

 

Il comma 828 autorizza la CDP a impiegare le risorse della gestione separata di cui all’articolo 5, comma 8, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, per contribuire a realizzare gli obiettivi del FEIS, tra l’altro mediante il finanziamento di piattaforme d’investimento e di singoli progetti ai sensi del Regolamento (UE) n. 2015/1017, nel rispetto della disciplina dell’Unione europea sugli aiuti di Stato. 

 

L’articolo 5, comma 8, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 ha istituito un sistema separato ai soli fini contabili ed organizzativi, la cui gestione è uniformata a criteri di trasparenza e di salvaguardia dell'equilibrio economico. Sono assegnate alla gestione separata le partecipazioni e le attività a essa strumentali, connesse e accessorie, e le attività di assistenza e di consulenza in favore dei soggetti finanziati da CDP.  La CDP finanzia sotto qualsiasi forma lo Stato, le regioni, gli enti locali, gli enti pubblici e gli organismi di diritto pubblico, utilizzando fondi rimborsabili sotto forma di libretti di risparmio postale e di buoni fruttiferi postali, assistiti dalla garanzia dello Stato e distribuiti attraverso Poste italiane S.p.A. o società da essa controllate, e fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che possono essere assistiti dalla garanzia dello Stato. L'utilizzo dei fondi è consentito anche per il compimento di ogni altra operazione di interesse pubblico prevista dallo statuto sociale della CDP S.p.A. effettuata nei confronti dei medesimi soggetti, o dai medesimi promossa, nonché nei confronti di soggetti privati per il compimento di operazioni nei settori di interesse generale individuati con D.M., tenuto conto della sostenibilità economico-finanziaria di ciascuna operazione. Le operazioni adottate nell'ambito delle attività di cooperazione internazionale allo sviluppo possono essere effettuate anche in cofinanziamento con istituzioni finanziarie europee, multilaterali o sovranazionali, nel limite annuo stabilito con apposita convenzione stipulata tra la medesima CDP e il Ministero dell'economia e delle finanze.

 

Il comma 829 stabilisce che la Cassa depositi e prestiti S.p.A. e le società dalla stessa controllate possono esercitare i compiti di esecuzione degli strumenti finanziari destinatari dei Fondi SIE, di cui al Regolamento n. 966/2012 e al Regolamento n. 1303/2013, in forza di un mandato della Commissione europea ovvero mediante affidamenti da parte delle autorità di gestione.

 

In forza del comma 830 le amministrazioni e gli enti pubblici o i privati, anche a valere su risorse europee possono contribuire a finanziare le attività di cui al comma precedente. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, vengono individuate, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, le eventuali risorse delle amministrazioni statali.

 

In base al comma 4, il decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze che disciplina il funzionamento del Fondo, di cui al comma 1, può destinare una quota delle risorse al finanziamento di un fondo di garanzia per la concessione di contributi in conto interessi e di mutui per interventi di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio culturale.

Il fondo di cui al presente comma è gestito e amministrato a titolo gratuito dall'Istituto per il credito sportivo in gestione separata secondo le modalità definite con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

L'Istituto per il credito sportivo è un ente pubblico economico istituito con la legge n. 1295 del 1957, e successivamente disciplinato dal D.P.R. n. 453 del 2000, che opera nel settore del credito per lo sport e per le attività culturali. Si tratta quindi di una banca pubblica che opera ai sensi e per gli effetti dell’articolo 151 del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico bancario). Finalità dell'Istituto è quella di erogare, a favore di soggetti pubblici e privati, finanziamenti a medio e lungo termine, volti alla progettazione, costruzione, ampliamento e miglioramento di impianti sportivi, ivi compresa l'acquisizione delle aree e degli immobili relativi a dette attività. Alle menzionate finalità l'Istituto provvede con le risorse derivanti del proprio patrimonio e con l'emissione di obbligazioni.

Il patrimonio dell'Istituto, la cui consistenza è accertata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, tenendo conto dei diritti eventualmente acquisiti dai soggetti partecipanti al fondo di dotazione, è costituito:

§  dal fondo di dotazione, conferito dai partecipanti, nonché dal fondo di garanzia, conferito dal CONI;

§  dal fondo patrimoniale di cui al quarto comma dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 1957, n. 1295, e successive modificazioni;

§  dalle riserve.

Dai dati più recenti, riportati dal bilancio dell'esercizio finanziario 2018, risulta un patrimonio netto di circa 860 milioni di euro e un utile di esercizio pari a circa 13 milioni di euro.

Il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo esercita sull'Istituto la vigilanza a norma dell'articolo 157, comma 3, del decreto legislativo n. 112 del 1998, dell'articolo 2, comma 2, lettera g), del decreto legislativo n. 368 del 1998, e dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 300 del 1999. Il Ministero dell'economia e delle finanze esercita i poteri di vigilanza per quanto di propria competenza

 

In base al comma 5, il Fondo può essere incrementato, nella misura di 50 milioni di euro per l’anno 2021 mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), di cui all'art. 1, co. 6, della L. 147/2013, previa delibera del CIPE volta a rimodulare e ridurre di pari importo, per il medesimo anno, le somme già assegnate con le delibere del CIPE n. 3 del 2016, n. 100 del 2017 e n. 10 del 2018 al Piano operativo "Cultura e turismo" di competenza del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

Il Piano operativo "Cultura e turismo" è stato inizialmente finanziato nell'ambito del c.d. Piano Stralcio "Cultura e turismo" a valere sul Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020, adottato ai sensi dell'art. 1, co. 703, lett. d), della L. 190/2014, con la delibera CIPE n. 3/2016 (1.000 milioni di euro). La dotazione del Piano Stralcio "Cultura e Turismo" è stata poi successivamente integrata con la delibera CIPE n. 100/2017 – Primo Addendum (30,4 milioni). Con la delibera CIPE n. 10/2018 il CIPE ha approvato il Piano operativo «Cultura e Turismo» (740 milioni di euro), ad integrazione e rafforzamento del Piano stralcio e relativo Addendum già approvati con le citate delibere n. 3/2016 e n. 100/2017, per un valore complessivo di 1.770,4 milioni di euro ed un orizzonte di spesa delle risorse assegnate che si estende dall’anno 2018 all’anno 2025. Per un'analisi del Piano allegato alla delibera 10/2018 si veda qui.

In base alla delibera 10/2018, l’articolazione finanziaria annuale è la seguente: anno 2018, 30 milioni di euro; anno 2019, 50 milioni di euro; anno 2020, 50 milioni di euro; anno 2021, 100 milioni di euro; anno 2022, 70 milioni di euro; anno 2023, 10 milioni di euro; anno 2024: 10 milioni di euro; anno 2025, 420 milioni di euro.

Per un riepilogo di tutti gli interventi adottati con le suddette delibere nell'ambito del FSC si veda qui.

Per una panoramica approfondita sul Fondo per lo sviluppo e la coesione si veda il corrispondente tema web della Camera dei deputati.

 

Il comma 6 stabilisce che alla copertura degli oneri, pari a 52 milioni di euro per l’anno 2020 (a seguito dell'inserimento, alla Camera, del comma 5-bis, su cui si rinvia alla relativa scheda di lettura), si provvede ai sensi dell'articolo 265, su cui si rinvia alla relativa scheda.

 


 

Articolo 184, comma 5-bis
(Contributo per la candidatura di Padova nella lista
del patrimonio mondiale UNESCO)

 

 

L’articolo 184, comma 5-bis, introdotto durante l'esame presso la Camera dei deputati, autorizza la spesa di 2 milioni di euro per il 2020 per la realizzazione e il completamento del programma della città di Padova candidata all'iscrizione della Lista del patrimonio mondiale dell'Unesco.

 

Preliminarmente si ricorda che la Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, firmata a Parigi il 23 novembre 1972, e ratificata dall'Italia con la L. 184/1977, prevede che i beni candidati possano essere iscritti nella Lista del patrimonio mondiale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO) come patrimonio culturale, patrimonio naturale e paesaggio culturale. Per essere inseriti nella lista i siti devono essere di eccezionale valore universale e rispondere ad almeno uno dei dieci criteri previsti nelle Linee guida operative .

 

In dettaglio, la disposizione autorizza la spesa di 2 milioni di euro per il 2020 per la realizzazione e il completamento del programma di candidatura della città di Padova nella Lista del patrimonio mondiale con il progetto "Padova Urbs Pietà, Giotto, la cappella degli Scrovegni ed i cicli pittorici del Trecento".

Dopo un iter di candidatura iniziato nel 1996, nel 2019 la Commissione nazionale italiana per l’UNESCO ha infatti designato il sto seriale "Padova Urbs picta. Giotto, la Cappella degli Scrovegni e i cicli pittorici del Trecento" come candidatura italiana alla lista del patrimonio mondiale per il 2020. La candidatura di Padova riguarda dunque la Cappella degli Scrovegni e i cicli pittorici del Trecento.

Per maggiori dettagli si veda qui.

Ai relativi oneri si provvede a valere sulle risorse di cui all'articolo 265, comma 5, alla cui scheda di lettura si rinvia.


 

Articolo 185
(
Disposizioni relative al pagamento dei crediti
dell’IMAIE in liquidazione
)

 

 

L’articolo 185, modificato durante l’esame presso la Camera dei deputati, fissa innanzitutto il termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge per il deposito da parte dei commissari liquidatori del bilancio finale di liquidazione dell’Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori (IMAIE) in liquidazione.

Inoltre, interviene sulla disciplina per il pagamento dei creditori, anche fissando in via legislativa il termine per la riscossione dei crediti, e su quella per la destinazione degli eventuali residui attivi e delle somme relative ai diritti non esercitati nei termini stabiliti.

 

Preliminarmente si ricorda che l’IMAIE era stato previsto dall’art. 4 della L. 93/1992, che ne aveva affidato la costituzione alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale delle categorie degli artisti interpreti o esecutori firmatarie dei contratti collettivi nazionali. Inoltre, per quanto maggiormente interessa, aveva previsto che la finalità statutaria dell’Istituto consisteva nella tutela dei diritti degli artisti interpreti e esecutori previsti dalla L. 633/1941 (c.d. diritti connessi al diritto d’autore)[60] e nell’attività di difesa e promozione degli interessi collettivi delle categorie.

A sua volta, l’art. 5 della stessa L. 93/1992 – come modificato dall’art. 36 del d.lgs. 68/2003 – aveva stabilito che i compensi spettanti agli artisti ai sensi della già citata L. 633/1941 dovevano essere versati all’IMAIE dai produttori di fonogrammi o dalle loro associazioni di categoria i quali dovevano trasmettere anche la documentazione necessaria alla identificazione degli aventi diritto (co. 1).

L’IMAIE determinava l’ammontare dei compensi spettanti a ciascun artista interprete o esecutore in base ai criteri definiti da accordo concluso fra le associazioni di categoria dei produttori di fonogrammi e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative delle categorie degli artisti interpreti o esecutori, firmatarie dei contratti collettivi nazionali (co. 2).

Entro il primo mese di ogni trimestre, l’IMAIE comunicava agli aventi diritto l’ammontare dei compensi maturati nel trimestre precedente e pubblicava l’elenco nominativo degli aventi diritto nella Gazzetta ufficiale (co. 3).

Gli artisti interpreti o esecutori o i loro aventi causa avevano diritto di riscuotere i compensi ad essi spettanti, al netto delle spese, entro 1.095 giorni (3 anni) dalla pubblicazione del suddetto elenco (co. 4).

Trascorso tale termine, le somme relative ai diritti non esercitati dovevano essere devolute all’IMAIE ed utilizzate per le attività e per le finalità indicate dall'art. 7, co. 2, della stessa L. 93/1992, ovvero per attività di studio e ricerca, nonché per fini di promozione, formazione e sostegno professionale degli artisti interpreti o esecutori (co. 5).

 

A seguito delle particolari criticità emerse con riferimento alla gestione dell’Istituto, l’IMAIE è stato dichiarato estinto per incapacità di raggiungere gli scopi per i quali era stato costituito con decreto del Prefetto di Roma n. 33961/606/2009 del 30 aprile 2009[61], che ha chiesto altresì al Presidente del Tribunale di Roma di nominare i commissari liquidatori ai sensi dell’art. 11 delle disposizioni di attuazione del codice civile[62].

Ne è derivato un contenzioso amministrativo che ha visto il TAR del Lazio, Sez. I-ter, accogliere l’istanza cautelare avverso il decreto prefettizio con ordinanza n. 2769/2009. La stessa istanza cautelare è stata, poi, respinta dal Consiglio di Stato, Sez. VI, con ordinanza n. 3530 del 14 luglio 2009. Nel merito, il TAR Lazio, Sez. I-ter, con sentenza n. 13897/2010, ha, poi, dichiarato improcedibile il ricorso promosso avverso il decreto prefettizio.

Intanto, con provvedimento del 28 maggio 2009 il presidente del Tribunale di Roma ha nominato tre commissari liquidatori[63], con poteri di amministrazione ordinaria e straordinaria, compresa la riscossione e la distribuzione agli aventi diritto dei compensi maturati e non riscossi prima e nel corso dell’attività liquidatoria.

 

Al contempo, l'art. 7 del D.L. 64/2010 (L. 100/2010) – nel testo come modificato dall’art. 47 del d.lgs. 35/2017 (di recepimento della direttiva 2014/26/UE) –, al fine di assicurare la realizzazione degli obiettivi di cui alla L. 93/1992, ha istituito il nuovo IMAIE come associazione con personalità giuridica di diritto privato, costituita direttamente dagli artisti interpreti esecutori, assistiti dalle organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative, e ha disposto che, a decorrere dal 14 luglio 2009, venivano trasferiti al nuovo IMAIE i compiti e le funzioni del vecchio istituto e, in particolare, il compito di incassare e ripartire fra gli artisti interpreti esecutori, tra l’altro, i compensi di cui agli artt. 71-septies, 71-octies, 73, 73-bis, 80, 84 e 180-bis della L. 633/1941[64] (per i quali, v. box infra).

 

Da ultimo, il già citato art. 47 del d.lgs. 35/2017 – abrogando la previsione recata dall’art. 7, co. 2, del D.L. 64/2010, in base alla quale, al termine della procedura di liquidazione, l'eventuale residuo attivo ed i crediti maturati dovevano essere trasferiti al nuovo IMAIE – aveva disposto che l'eventuale residuo attivo doveva essere ripartito a favore degli artisti interpreti ed esecutori con modalità e criteri di destinazione delle somme definiti con DPCM, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo.

 

In particolare, il comma 1 stabilisce che i commissari liquidatori dell’IMAIE in liquidazione depositano il bilancio finale di liquidazione, comprensivo anche dell’ultimo piano di riparto, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

 

Nello specifico, nel bilancio finale di liquidazione devono essere indicati i nominativi dei creditori dell’ente e, come voce distinta dal residuo attivo, l’entità dei crediti vantati da artisti, interpreti ed esecutori, come risultanti dagli stati passivi esecutivi per i quali sia stato autorizzato il pagamento dei creditori, con la distinzione dei crediti riferibili ad artisti, interpreti ed esecutori dell’area musicale e dei crediti riferibili ad artisti, interpreti ed esecutori dell’area audiovisiva.

 

Il comma 2 dispone, anzitutto, che a tali crediti si applica il medesimo termine per la riscossione di 1.095 giorni (pari a 3 anni) di cui all’art. 5, co. 4, della L. 93/1992, calcolato a decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’avviso di pubblicazione dei nominativi degli aventi diritto, ai sensi dell’art. 5, co. 3, della stessa L. 93/1992.

Al contempo, stabilisce che i titolari dei crediti ammessi agli stati passivi i cui nominativi sono già stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 130 del 3 novembre 2016 avevano diritto di richiedere il pagamento entro il termine perentorio di 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

 

In argomento, si ricorda che, con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – parte seconda, n. 130, del 3 novembre 2016, i commissari liquidatori avevano comunicato che in data 3 novembre 2016 era avvenuta la pubblicazione ufficiale sul sito internet dell'IMAIE in liquidazione dell'elenco di tutti i nominativi degli artisti interpreti o esecutori aventi diritto alla corresponsione di compensi maturati ma non ancora riscossi – in tutto o in parte – in relazione a 4 stati passivi dell'ente depositati presso la Cancelleria della presidenza del Tribunale ordinario di Roma nelle date del 19 aprile 2010, del 24 gennaio 2013, del 6 febbraio 2014 e del 30 luglio 2015.

Da ultimo, con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – parte seconda, n. 23, del 23 febbraio 2019, i commissari liquidatori avevano comunicato che, in data 29 novembre 2018, il Presidente del Tribunale di Roma aveva autorizzato il pagamento dell'integrazione del V stato passivo e del VI e ultimo stato passivo dell'IMAIE in liquidazione. Da tale data tutti gli artisti, interpreti ed esecutori che vantavano crediti nei confronti della liquidazione potevano chiedere alla procedura il saldo del proprio diritto di credito riportato negli stati passivi depositati nella Cancelleria della Presidenza del Tribunale di Roma. L'elenco dei nominativi degli aventi diritto è pubblicato sul sito istituzionale della procedura. Dalla data di pubblicazione dell’avviso è iniziato a decorrere il termine triennale di prescrizione dei suddetti diritti.

Qui l’ultima relazione dei commissari liquidatori sulle attività liquidatorie alla data del 30 aprile 2019. Dalla stessa si evince che, alla medesima data, erano stati effettuati i seguenti pagamenti:

§  stato passivo del 19 aprile 2010: totale pagamenti effettuati € 24.490.180,90 (pari al 56,98% del totale iscritto);

§  stato passivo del 24 gennaio 2013: totale pagamenti effettuati € 4.970.282,55 (pari al 56,43% del totale iscritto);

§  stato passivo 6 febbraio 2014: totale pagamenti effettuati € 10.625.065,05 (pari all’81,3% del totale iscritto);

§  stato passivo 30 luglio 2015: totale pagamenti effettuati € 16.612.118.96 (pari al 49% del totale iscritto).

Nel complesso, dunque, risultavano effettuati pagamenti per € 56.697.647,46 (pari al 57,3% del totale iscritto).

La stessa relazione dava, inoltre, conto, di alcuni giudizi di opposizione allo stato passivo e di altri giudizi pendenti.

 

Con riguardo alla disciplina relativa alla destinazione degli eventuali residui attivi e delle somme relative ai diritti non esercitati nei termini stabiliti, il comma 3, come modificato durante l’esame presso la Camera dei deputati, stabilisce che, una volta approvato il bilancio finale, le somme corrispondenti al residuo attivo, comprese quelle relative ai diritti non esercitati nei termini stabiliti, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate allo stato di previsione del MIBACT e ripartite in favore degli artisti, interpreti ed esecutori, per il tramite degli organismi di gestione collettiva e delle entità di gestione indipendente di cui al d.lgs. 35/2017 che intermediano i diritti connessi al diritto d’autore[65], secondo modalità da definire con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo – per la cui emanazione non è fissato un termine –, tenendo conto dell’impatto economico conseguente all’adozione delle misure di contenimento del COVID-19 e della condizione reddituale dei destinatari.

A sua volta, il comma 4 dispone che, al termine della procedura di esecuzione dell’ultimo piano di riparto, le somme corrispondenti all’eventuale ulteriore residuo attivo, comprese quelle ulteriori relative ai diritti non esercitati nei termini stabiliti, sono anch’esse versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnate allo stato di previsione del MIBACT e ripartite in favore degli artisti, interpreti ed esecutori, secondo le modalità definite con il già citato decreto del Ministro.

 

Conseguentemente, il comma 5 abroga l’art. 47, co. 2, del d.lgs. 35/2017.

 

Di seguito si ricapitolano le principali disposizioni della L. 633/1941 che prevedono la corresponsione di compensi a favore degli artisti, interpreti e esecutori.

 

L’art. 71-septies della L. 633/1941 – come modificato, da ultimo, dall’art. 39 del D.L. 207/2008 (L. 14/2009) – ha previsto, in particolare, che gli autori ed i produttori di fonogrammi, nonché i produttori originari di opere audiovisive, gli artisti interpreti ed esecutori ed i produttori di videogrammi, e i loro aventi causa, hanno diritto ad un compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi su qualsiasi supporto, effettuata da una persona fisica per uso esclusivamente personale, purché senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali.

L’art. 71-octies – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 335, della L. 208/2015 – ha disposto che il compenso di cui all’art. 71-septies per gli apparecchi e i supporti di registrazione audio è corrisposto alla Società italiana degli autori ed editori (SIAE), la quale provvede a ripartirlo, al netto delle spese, per il 50% agli autori e loro aventi causa e per il 50% ai produttori di fonogrammi, anche tramite le loro associazioni di categoria maggiormente rappresentative. I produttori di fonogrammi devono corrispondere senza ritardo, e comunque entro sei mesi, il 50% del compenso loro attribuito per apparecchi e supporti di registrazione audio agli artisti interpreti o esecutori interessati. Il compenso di cui all'art. 71-septies per gli apparecchi e i supporti di registrazione video è sempre corrisposto alla SIAE, la quale provvede a ripartirlo al netto delle spese, anche tramite le loro associazioni di categoria maggiormente rappresentative, per il 30% agli autori, per il restante 70% in parti uguali tra i produttori originari di opere audiovisive, i produttori di videogrammi e gli artisti interpreti o esecutori. La quota spettante agli artisti interpreti o esecutori è destinata per il 50% alle attività e finalità di cui all’art. 7 della L. 93/1992 (v. infra).

L’art. 73 della L. 633/1941 – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 56, della L. 124/2017 – ha stabilito, in particolare, che il produttore di fonogrammi, nonché gli artisti interpreti e gli artisti esecutori che abbiano compiuto l'interpretazione o l'esecuzione fissata o riprodotta nei fonogrammi, indipendentemente dai diritti di distribuzione, noleggio e prestito loro spettanti, hanno diritto ad un compenso per l'utilizzazione a scopo di lucro dei fonogrammi a mezzo della cinematografia, della diffusione radiofonica e televisiva, compresa la comunicazione al pubblico via satellite, nelle pubbliche feste danzanti, nei pubblici esercizi ed in occasione di qualsiasi altra pubblica utilizzazione dei fonogrammi stessi. Il compenso è riconosciuto, per ciascun fonogramma utilizzato, distintamente al produttore di fonogrammi ed agli artisti interpreti o esecutori.

Ai sensi dell’art. 73-bis, gli artisti interpreti o esecutori e il produttore del fonogramma utilizzato hanno diritto ad un equo compenso anche quando l'utilizzazione di cui all'art. 73 è effettuata a scopo non di lucro.

L’art. 80 – come modificato, da ultimo dall’art. 20, co. 1, del d.lgs. 68/2003 –, per quanto maggiormente interessa, ha incluso fra i diritti degli artisti interpreti e degli artisti esecutori anche quello di autorizzare il noleggio o il prestito delle fissazioni delle loro prestazioni artistiche e delle relative riproduzioni, stabilendo che gli stessi, anche nel caso di cessione del diritto di noleggio ad un produttore di fonogrammi o di opere cinematografiche o audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, conservano il diritto di ottenere un’equa remunerazione per il noleggio concluso dal produttore con terzi.

L’art. 84, co. 2, stabilisce che agli artisti interpreti ed esecutori che nell'opera cinematografica e assimilata sostengono una parte di notevole importanza artistica, anche se di artista comprimario, spetta, per ciascuna utilizzazione dell'opera cinematografica e assimilata a mezzo della comunicazione al pubblico via etere, via cavo e via satellite un equo compenso a carico degli organismi di emissione. Per ogni utilizzazione diversa da questa, l’equo compenso è a carico di coloro che esercitano i diritti di sfruttamento economico della stessa.

L’art. 180-bis stabilisce che il diritto esclusivo di autorizzare la ritrasmissione via cavo è esercitato dai titolari dei diritti d'autore e dai detentori dei diritti connessi esclusivamente attraverso la SIAE. Per i detentori dei diritti connessi la SIAE agisce sulla base di apposite convenzioni da stipulare con l'Istituto mutualistico artisti interpreti esecutori per i diritti degli artisti interpreti esecutori ed eventualmente con altre società di gestione collettiva appositamente costituite per amministrare, quale loro unica o principale attività, gli altri diritti connessi.


 

Articolo 185-bis
(
Patrimonio culturale immateriale)

 

 

L’articolo 185-bis, introdotto durante l’esame presso la Camera dei deputati, autorizza la spesa di € 1 mln per il 2020 al fine di sostenere gli investimenti volti alla riqualificazione e alla valorizzazione del patrimonio culturale immateriale inserito nella Lista dell’Unesco, in ragione delle misure restrittive adottate in relazione all’emergenza da COVID-19.

 

Per la definizione del patrimonio culturale immateriale, si richiama la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale.

 

L’art. 2 della Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, adottata a Parigi il 17 ottobre 2003, ratificata dall’Italia con L. 167/2007, ha stabilito che per “patrimonio culturale immateriale” si intendono le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale.

Il patrimonio culturale immateriale si manifesta tra l’altro nei seguenti settori:

a)  tradizioni ed espressioni orali, ivi compreso il linguaggio, in quanto veicolo del patrimonio culturale immateriale;

b)  arti dello spettacolo;

c)  consuetudini sociali, eventi rituali e festivi;

d) cognizioni e prassi relative alla natura e all’universo;

e)  artigianato tradizionale.

A sua volta, l’art. 11 della medesima Convenzione ha affidato ad ogni Stato contraente il compito di individuare gli elementi del patrimonio culturale immateriale presente sul suo territorio e di adottare i provvedimenti ritenuti necessari a garantirne la salvaguardia. Sulla base degli artt. 16 e 17 della stessa Convenzione, sono state istituite la Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale e la Lista del patrimonio immateriale che necessita di urgente tutela.

A livello nazionale, la L. 44/2017 ha esteso le misure speciali di tutela e fruizione applicabili ai siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella Lista del patrimonio mondiale UNESCO, di cui alla L. 77/2006, anche agli elementi italiani ricompresi nelle Liste UNESCO del patrimonio culturale immateriale. Conseguentemente, ha incrementato di € 0,8 mln per il 2016 le risorse previste dalla medesima L. 77/2006, quantificate annualmente dalla legge di bilancio[66].

Con circolare del Segretario generale del MIBACT n. 17 del 3 maggio 2018 sono stati stabiliti i criteri e le modalità di erogazione dei fondi destinati alle misure di sostegno previste dalla L. 77/2006 per gli elementi del patrimonio culturale immateriale ricompresi nelle Liste UNESCO.

Successivamente, l’art. 1, co. 618, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) ha autorizzato la spesa di € 1 mln per il 2019 al fine di sostenere la riqualificazione e la valorizzazione dei siti italiani tutelati dall’UNESCO, nonché del patrimonio culturale immateriale.

Gli elementi italiani iscritti nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale Immateriale sono 12: 2008 Opera dei Pupi siciliani; 2008 Canto a tenore sardo; 2012 Saper fare liutario di Cremona; 2013 Dieta mediterranea, elemento “transnazionale” (comprendente oltre all’Italia anche  Cipro, Croazia, Grecia, Marocco,  Spagna e Portogallo); 2013 Feste delle Grandi Macchine a Spalla  (La Festa dei Gigli di Nola, la Varia di Palmi, la Faradda dei Candelieri di Sassari, il trasporto della Macchina di Santa Rosa a Viterbo); 2014 Vite ad alberello di Pantelleria; 2016 Falconeria elemento transnazionale (comprendente oltre all'Italia anche Emirati Arabi, Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Francia, Germania, Ungheria, Kazakhistan, Repubblica di Corea, Mongolia, Marocco, Pakistan, Portogallo, Qatar Arabia saudita, Spagna, Repubblica Araba Siriana); 2017 L'Arte del "pizzaiuolo" napoletano; 2018 L'Arte dei muretti a secco, elemento transnazionale (comprendente, oltre all'Italia, Croazia, Cipro, Francia, Slovenia, Spagna e Svizzera); 2019 Perdonanza Celestiniana; 2019 Alpinismo, elemento transnazionale (comprendente Italia, Francia e Svizzera); 2019 Transumanza elemento transnazionale (comprendente Italia, Austria e Grecia).

Qui maggiori informazioni.

 

Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione (art. 1, co. 200, L. 190/2014), come incrementato dall’art. 265, co. 5, del decreto-legge in commento.

 

 



[1]     Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2006.

[2]     Ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997.

[3]     L'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) serve a fornire una valutazione della situazione economica delle famiglie, tenendo conto del reddito di tutti i componenti, del loro patrimonio e di una scala di equivalenza che varia in base alla composizione del nucleo familiare. L'indicatore tiene conto di particolari situazioni di bisogno, prevedendo trattamenti di favore per i nuclei con tre o più figli o dove sono presenti persone con disabilità o non autosufficienti. L' ISEE è necessario per l'accesso alle prestazioni sociali la cui erogazione dipende dalla situazione economica familiare.

L'ISEE ordinario contiene le principali informazioni sulla situazione anagrafica, reddituale e patrimoniale del nucleo familiare. Questo tipo di indicatore vale per la maggior parte delle prestazioni.

L'ISEE corrente consiste in un ISEE aggiornato dei redditi e trattamenti degli ultimi 12 mesi (o 2 mesi, in tal caso i redditi saranno moltiplicati da INPS per 6 al fine di rapportarli all'intero anno, in caso di interruzione dei trattamenti ovvero se il lavoratore è dipendente a tempo indeterminato per il quale sia intervenuta la perdita, sospensione o la riduzione dell'attività lavorativa) quando si siano verificate rilevanti variazioni del reddito ovvero di eventi avversi come la perdita del posto di lavoro o l'interruzione dei trattamenti.

[4]     L’articolo 13, comma 15-ter, del decreto-legge n.201 del 2011 prevede che a decorrere dall'anno di imposta 2020, le delibere e i regolamenti concernenti i tributi comunali diversi dall'imposta di soggiorno, dall'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), dall'imposta municipale propria (IMU) e dal tributo per i servizi indivisibili (TASI), acquistano efficacia dalla data della pubblicazione (effettuata, ai sensi del comma 15, mediante invio telematico al MEF), a condizione che detta pubblicazione avvenga entro il 28 ottobre dell'anno a cui la delibera o il regolamento si riferisce; a tal fine, il comune è tenuto a effettuare l'invio telematico entro il termine perentorio del 14 ottobre dello stesso anno. I versamenti dei tributi (diversi dall'imposta di soggiorno, dall'addizionale comunale all'IRPEF, dall'IMU e dalla TASI) la cui scadenza è fissata dal comune prima del 1° dicembre di ciascun anno devono essere effettuati sulla base degli atti applicabili per l'anno precedente. I versamenti dei medesimi tributi la cui scadenza è fissata dal comune in data successiva al 1° dicembre di ciascun anno devono essere effettuati sulla base degli atti pubblicati entro il 28 ottobre, a saldo dell'imposta dovuta per l'intero anno, con eventuale conguaglio su quanto già versato. In caso di mancata pubblicazione entro il termine del 28 ottobre, si applicano gli atti adottati per l'anno precedente.

[5]     L’articolo 1, comma 762, della legge n.160 del 2019 (legge di bilancio per il 2020) stabilisce che il versamento dell’IMU per l'anno in corso è effettuato in due rate, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre, ferma restando la facoltà del contribuente di provvedere al versamento dell’imposta complessivamente dovuta in un'unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno. In sede di prima applicazione dell'imposta, la prima rata è pari alla metà di quanto versato nell’ultimo anno di applicazione dell’IMU e della TASI per l’anno 2019, mentre il versamento della rata a saldo è eseguito, a conguaglio, sulla base delle aliquote risultanti dal prospetto pubblicato nel sito informatico del Dipartimento delle finanze alla data del 28 ottobre di ciascun anno.

      Il comma 767 prevede che le aliquote e i regolamenti hanno effetto per l'anno di riferimento a condizione che siano pubblicati sul sito internet del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 28 ottobre dello stesso anno. Ai fini della pubblicazione, il comune è tenuto a inserire il prospetto delle aliquote e il testo del regolamento, entro il termine perentorio del 14 ottobre dello stesso anno, nell'apposita sezione del Portale del federalismo fiscale. In caso di mancata pubblicazione entro il 28 ottobre, si applicano le aliquote e i regolamenti vigenti nell'anno precedente.

[6]     La normativa sul dissesto finanziario è contenuta nel titolo VIII della parte II dell’Ordinamento finanziario e contabile del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali emanato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

      Trattasi dello strumento attivabile laddove l’ente locale non sia più in grado di svolgere le proprie funzioni e di erogare servizi indispensabili o che non è in grado di assolvere a debiti liquidi ed esigibili. Con la dichiarazione di dissesto da parte dell’ente locale si procede alla nomina dell’organo straordinario di liquidazione e di un’amministrazione straordinaria, con il fine di procedere all’accertamento della massa attiva e passiva. Dichiarato il dissesto, infatti, si ha la netta separazione di compiti e competenze tra la gestione passata e quella corrente. In particolare, viene demandata all’organo straordinario di liquidazione la competenza relativamente ai fatti verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quella relativa alla predisposizione di un bilancio riequilibrato. L’organo straordinario di liquidazione provvede, pertanto, alla rilevazione della massa passiva, all’acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento ed alla liquidazione e pagamento della massa passiva.

      L'ipotesi di bilancio riequilibrato è il documento con il quale l’amministrazione locale, successivamente alla dichiarazione di dissesto finanziario, realizza il riequilibrio, mediante l'attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti. Per la riduzione delle spese correnti, in particolare, l'ente locale è tenuto a riorganizzare con criteri di efficienza tutti i servizi, rivedendo le dotazioni finanziarie ed eliminando o riducendo ogni previsione di spesa che non abbia per fine l'esercizio di servizi pubblici indispensabili, nonché a rideterminare la sua dotazione organica.

[7]     L’allegato all’ordinanza fornisce l’importo dell’assegnazione per ciascun singolo Comune e per le Regioni e Province autonome del Nord. Le assegnazioni relative ai Comuni delle Regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta e delle Province autonome di Trento e di Bolzano sono state attribuite alle relative amministrazioni a statuto speciale, che hanno provveduto al riparto ulteriore con propri atti.

[8]     Si rammenta che l’applicazione dei criteri recati dal D.M. 4 maggio 2012, adottato per la ripartizione delle risorse per l’anno 2013, è stata di anno in anno prorogata, mediante apposite norme di legge, e poi confermata a regime a decorrere dal 2019 dall'articolo 1, comma 896, della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018).

[9]     “Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario”.

[10]   Il comparto Province/Città metropolitane è stato interessato già a partire dal 2010 da rilevanti tagli dei trasferimenti previsti dall'art. 14, co. 1, D.L. n. 78/2010 e dall'art. 28, co. 8, del D.L. n. 201/2011 (c.d. decreto Salva Italia) e dall'art. 16, co. 1-7, del D.L. n. 95/2012 (c.d. spending review) poi implementati dalla legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013). Ulteriori tagli sono stati introdotti, in relazione alla riduzione dei costi della politica, con il D.L. n. 16/2014.

[11]   Si ricorda, al riguardo, che tutte le regioni e province autonome hanno competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, secondo quanto disposto dai rispettivi statuti di autonomia e dalle norme di attuazione: per le regioni Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta e per le Province autonome di Trento e di Bolzano sono poi intervenute specifiche norme di attuazione dello statuto speciale che hanno disciplinato la materia della finanza locale nel senso che è la regione [o la provincia autonoma] a provvedere alla finanza degli enti locali del proprio territorio con risorse del proprio bilancio. Ciò non è avvenuto nel caso della regione Sardegna e della Regione siciliana, dove la finanza degli enti locali è, dunque, ancora a carico dello Stato.

      Per quanto concerne, in particolare, le province della regione Siciliana, si ricordano i procedimenti normativi in atto per la loro soppressione, nell'ambito dell’autonomia della regione.

[12]   Il decreto disciplina le modalità di erogazione dei trasferimenti erariali a favore degli enti locali, prevedendone l’erogazione in tre rate, entro i mesi di febbraio, maggio ed ottobre.

[13]   Articolo 2 del D.Lgs. n. 65 del 2017. Tra i servizi educativi per l’infanzia rientrano i nidi e i micronidi, le sezioni primavera, i servizi integrativi per le famiglie (spazi gioco e centri per bambini e famiglie), i servizi educativi in contesto domiciliare, mentre le scuole per l’infanzia operano in continuità con i servizi educativi per l'infanzia e con il primo ciclo di istruzione o scuola primaria.

[14]   Previsione disposta dall’articolo 2 del D.Lgs. n. 66 del 2017 sull’inclusione scolastica.

[15]   Allegato aggiunto dall’art. 2, comma 2, lett. a), del D.Lgs. n. 126 del 2014 e modificato con successivi decreti ministeriali.

[16]   Si ricorda che la Commissione tecnica per i fabbisogni standard è un organo tecnico collegiale, istituito con la legge di stabilità 2016 (art.1, comma 29, legge n. 208 del 2015) per analizzare e valutare le attività, le metodologie e le elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard degli enti locali (decreto legislativo n. 216 del 2010). I lavori sono disponibili nel sito della Commissione.

[17]   Soluzioni per il Sistema Economico S.p.A è una società partecipata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dalla Banca d’Italia che già fornisce supporto tecnico agli organi di governo della finanza pubblica, quali la Ragioneria Generale dello Stato (RGS), la Commissione Tecnica per i Fabbisogni standard (CTFS), il Dipartimento delle Finanze.

[18]   Pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 142 del 5 giugno 2020.

[19]   D.M. 15 luglio 2019. Tasso di riferimento determinato per il periodo 1° luglio - 31 dicembre 2019, relativamente alle operazioni a tasso variabile, effettuate dagli enti locali ai sensi dei decreti-legge 1° luglio 1986, n. 318, 31 agosto 1987, n. 359 e 2 marzo 1989, n. 66, nonchè della legge 11 marzo 1988, n. 67.

[20]   Molti dei contenuti della presente scheda sono tratti dalla Nota Breve del Servizio studi del Senato "Uso improprio delle anticipazioni di liquidità per i pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni: la sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 2020", del febbraio 2020.

[21]   Per approfondimenti si rinvia alla Nota Breve del Servizio studi del Senato "Uso improprio delle anticipazioni di liquidità per i pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni: la sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 2020", del febbraio 2020.

[22]   Regime prorogato a decorrere dal 2013 dall'art. 15, comma 24, del DL. n. 95/2012 (L. n. 135/2012), cd. decreto di Spending Review.

[23]   Si tratta delle entrate proprie degli enti sanitari, quali ticket e ricavi derivanti dall'attività intramoenia dei propri dipendenti, e delle entrate derivanti dalla fiscalità regionale: IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all'IRPEF. La fiscalità generale, nelle sue componenti distinte IRAP ed addizionale IRPEF, transita nei conti di Tesoreria a consuntivo. Con riferimento all’anno di riferimento corrente, i valori di gettito dell'IRAP e dell'addizionale regionale all'IRPEF costituiscono valori stimati, e pertanto, qualora i gettiti effettivi risultino inferiori, il differenziale è assicurato dal fondo di garanzia di cui all'articolo 13 del D.lgs. 56/2000.

[24]   Si ricorda che, in generale, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio. Fa eccezione la regione siciliana, sola regione tra le autonomie speciali a non finanziarie completamente i servizi di assistenza sanitaria sul proprio territorio. Ai sensi della legge 296/2006, art. 1, comma 830, infatti, tale regione a decorrere dal 2009, partecipa alla spesa sanitaria nella misura del 49,11%. Per la restante parte essa riceve i finanziamenti dallo Stato al pari delle regioni a statuto ordinario. Per tale motivo, la regione siciliana è esclusa dalla normativa concernente le regioni a statuto speciale per quanto riguarda la spesa sanitaria.

[25]   Art. 1, comma 34-bis, della legge 662/1996.

[26]   Costituisce infatti adempimento regionale, dal 2013, vagliato dal Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'Intesa fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome del 23 marzo 2005, l'erogazione, da parte della regione al proprio Servizio sanitario regionale, entro la fine dell'anno, di almeno il 90% delle somme che la regione incassa nel medesimo anno dallo Stato a titolo di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, e delle somme che la stessa regione, a valere su risorse proprie dell'anno, destina al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale. A decorrere dall'anno 2015 la predetta percentuale è rideterminata al valore del 95 per cento e la restante quota deve essere erogata al servizio sanitario regionale entro il 31 marzo dell'anno successivo.

[27]   ASL (aziende sanitarie locali); aziende ospedaliere (AO); Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici (IRCCS), anche se trasformati in fondazioni; aziende ospedaliere universitarie (AOU) integrate con il Servizio sanitario nazionale e IZS (Istituti zooprofilattici).

[28]   L’articolo 27 del D.L. 66/2014 (L. 89/2014) riguardante il monitoraggio dei debiti delle pubbliche amministrazioni, ha introdotto, come evidenziato dal documento della RGS, significative novità sia circa le modalità di utilizzo, sia riguardo il ruolo della piattaforma per la certificazione dei crediti (chiamato anche sistema PCC). Le funzionalità della piattaforma permettono di comunicare e certificare i debiti scaduti per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali (debiti commerciali).

[29]   La normativa sul dissesto finanziario è contenuta nel titolo VIII della parte II dell’Ordinamento finanziario e contabile del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali emanato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

      Trattasi dello strumento attivabile laddove l’ente locale non sia più in grado di svolgere le proprie funzioni e di erogare servizi indispensabili o che non è in grado di assolvere a debiti liquidi ed esigibili. Con la dichiarazione di dissesto da parte dell’ente locale si procede alla nomina dell’organo straordinario di liquidazione e di un’amministrazione straordinaria, con il fine di procedere all’accertamento della massa attiva e passiva. Dichiarato il dissesto, infatti, si ha la netta separazione di compiti e competenze tra la gestione passata e quella corrente. In particolare, viene demandata all’organo straordinario di liquidazione la competenza relativamente ai fatti verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quella relativa alla predisposizione di un bilancio riequilibrato. L’organo straordinario di liquidazione provvede, pertanto, alla rilevazione della massa passiva, all’acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento ed alla liquidazione e pagamento della massa passiva.

      L'ipotesi di bilancio riequilibrato è il documento con il quale l’amministrazione locale, successivamente alla dichiarazione di dissesto finanziario, realizza il riequilibrio, mediante l'attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti. Per la riduzione delle spese correnti, in particolare, l'ente locale è tenuto a riorganizzare con criteri di efficienza tutti i servizi, rivedendo le dotazioni finanziarie ed eliminando o riducendo ogni previsione di spesa che non abbia per fine l'esercizio di servizi pubblici indispensabili, nonché a rideterminare la sua dotazione organica.

[30]   Il richiamato art. 14 dispone che, per la corresponsione dei compensi relativi alle prestazioni di lavoro straordinario, gli enti possono utilizzare, dal 1999, risorse finanziarie in misura non superiore a quelle destinate, nel 1998, al Fondo per il compenso del lavoro straordinario (di cui all’art. 31, c. 2, del CCNL del 6 luglio 1995) per la parte che residua dopo l’applicazione di quanto disposto dal successivo art. 15, c. 1, che prevede la destinazione di determinate risorse per migliorare la produttività, l’efficienza e l’efficacia dei servizi.

[31]   Il comma 8-bis (indicato dal D.Lgs. n. 111 del 2017, ma non dalla norma in esame) consente l’utilizzo in compensazione del minor debito o del maggior credito derivante dalla dichiarazione integrativa a favore.

[32]   Convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96. Nella G.U. 19 maggio 2020, n. 128, S.O. viene riportato il riferimento normativo: «legge 21 giugno 2017, n. 196», corretto nel corso dell'esame presso la Camera.

[33]   "Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi". L'art. 13 richiamato fissa una sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato in caso di ritardati od omessi versamenti diretti e altre violazioni in materia di compensazione, disciplinando altresì i casi di riduzione della medesima sanzione.

[34]   L. Conti, E. Gennari, F. Quintiliani, R. Rassu e E. Sceresini, "L’imposta di soggiorno nei Comuni italiani", Questioni di Economia e Finanza (Occasional Papers), Numero 453 – ottobre 2018.

[35]   Effettuate da JFC e riportate da organi di stampa (v. Sole 24 Ore del 26 dicembre 2019).

[36]   Il riferimento alle società di capitali è stato introdotto dall’articolo 70 del D.lgs. n. 59/2010, che con il comma 686 della legge di bilancio 2019 è stato però abrogato. Non è stata però disposta alcuna rivivescenza della normativa pregressa, di conseguenza la disposizione appare applicabile anche per come modificata dalla normativa abrogata.

[37]   La Corte costituzionale, al riguardo, ha sottolineato che, attraverso lo strumento dell'intesa, sono adottati non solo i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche, ma anche le disposizioni per il passaggio tra il vecchio ed il nuovo regime, "con ciò individuando espressamente, nella medesima sede partecipata, il luogo ove adottare la normativa transitoria, da intendersi quale ordinario strumento teleologicamente diretto a regolamentare i rapporti pendenti in caso di successione delle leggi nel tempo" (sentenza n. 245 del 2013).

[38]   Cfr. Corte di giustizia dell'Unione europea, sentenza 20 giugno 1996, in cause riunite C-418/93, C-419/93, C-420/93, C-421/93, C-460/93, C-461/93, C-462/93, C-464/93, C-9/94, C-10/94, C-11/94, C-14/94, C-15/94, C-23/94, C-24/94 e C-332/94).

[39]   Si ricorda che l'art. 28, co. 9, del D.L. 9/2020 consente il rimborso per il mancato svolgimento di viaggi e iniziative di istruzione sospesi ai sensi degli artt. 1 e 2 del D.L. 6/2020, poi abrogati dal D.L. 19/2020. La previsione del citato art. 28, co. 9, è tuttavia limitata solo ai viaggi e le iniziative di istruzione sospesi dal 23 febbraio al 15 marzo 2020 in virtù del D.L. 6/2020 e dei conseguenti provvedimenti attuativi. Tuttavia, questi ultimi hanno esteso la sospensione dei viaggi e delle iniziative di istruzione anche al periodo successivo al 15 marzo 2020: da ultimo l'art. 1, co. 1, del summenzionato D.L. 19/2020 ha ammesso la possibilità di adottare misure - tra cui la sospensione dei viaggi e delle iniziative di istruzione - per periodi predeterminati, "ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili  e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri.

[40]   D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79, recante " Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché' attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio".

[41]   La relazione tecnica all’A.S. 1766 faceva presente che il Fondo di parte corrente è destinato agli operatori dei settori, mentre il Fondo di parte capitale è destinato a sostenere gli investimenti finalizzati al rilancio degli stessi settori.

[42]   Per la copertura dei relativi oneri, si veda il Dossier n. 284/4 Volume II del 22 aprile 2020.

[43]   Si tratta, in base all’art. 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004), richiamato dal testo, oltre che di musei, di biblioteche e archivi, aree e parchi archeologici, complessi monumentali.

[44]   Si tratta del credito di imposta di cui possono usufruire gli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri in esercizi specializzati, o nel settore di vendita al dettaglio di libri di seconda mano istituito, a decorrere dal 2018, dall’art. 1, co. 319-321, della L. 205/2017. In base alle norme istitutive, il credito di imposta è riconosciuto nel limite di spesa di € 4 mln per il 2018 e di € 5 mln annui a decorrere dal 2019. Da ultimo, però, l’art. 10 della L. 15/2020 ha previsto l'incremento del limite di spesa di € 3,25 mln annui, a decorrere dal 2020.

[45]  Si tratta di Teatro Comunale di Bologna, Fondazione Teatro del Maggio musicale fiorentino, Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova, Teatro San Carlo di Napoli, Teatro Massimo di Palermo, Teatro dell'Opera di Roma, Teatro Regio di Torino,  Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Trieste, Teatro La Fenice di Venezia, Arena di Verona, Fondazione teatro lirico di Cagliari, Fondazione Petruzzelli e Teatri di Bari.

[46]   Da ultimo, le percentuali a valere sul FUS – valide per il periodo 2018-2020 – per la Fondazione Teatro alla Scala di Milano e l’Accademia di Santa Cecilia (rispettivamente, pari a 16,1% e 6,6%) sono state fissate con DD 13 aprile 2018.

[47]   Secondo il Collegio, infatti, l’Amministrazione, nell’attuare la previsione legislativa, aveva posto in essere una vera e propria “ristrutturazione” del sistema del finanziamento dello spettacolo.

      La medesima sentenza aveva, altresì, annullato anche i successivi atti che avevano portato all’assegnazione dei contributi relativi all’annualità 2015, in favore delle attività teatrali di prosa, ritenendo l’illegittimità anche sostanziale dell’intero sistema di valutazione stabilito dall’art. 5 del DM 1 luglio 2014.

[48]   In particolare, l'importo complessivo dei contributi automatici spettante a ogni impresa è determinato sulla base di parametri oggettivi, relativi alle opere cinematografiche o audiovisive precedentemente prodotte o distribuite dalla stessa impresa. Possono essere introdotti meccanismi premianti rispetto ai risultati ottenuti da particolari tipologie di opere – fra le quali opere prime e seconde, documentari, opere di animazione – ovvero in determinati canali distributivi e in determinati periodi dell'anno, con particolare riferimento ai mesi estivi, ovvero su mercati particolari.

Le disposizioni applicative sono state adottate con DM 342 del 31 luglio 2017.

[49]   In particolare, i contributi selettivi sono attribuiti, sulla base della valutazione di 15 esperti, in relazione alla qualità artistica o al valore culturale dell’opera o del progetto da realizzare e destinati prioritariamente alle opere cinematografiche e, in particolare, a opere prime e seconde, opere realizzate da giovani autori, film difficili realizzati con modeste risorse finanziarie, opere di particolare qualità artistica, nonché opere sostenute da contributi provenienti da più aziende. Ulteriori contributi selettivi sono attribuiti alle imprese operanti nel settore dell'esercizio cinematografico, a quelle di nuova costituzione, alle start-up, e a quelle che abbiano i requisiti delle microimprese, con particolare riferimento alle piccole sale cinematografiche ubicate nei comuni aventi meno di 15.000 abitanti.

Le disposizioni applicative sono state adottate con DM 343 del 31 luglio 2017, poi modificato con DM 148 del 15 marzo 2018, DM 9 del 15 gennaio 2019, DM 149 del 14 marzo 2019, DM 150 del 14 marzo 2019, DM 179 del 2 aprile 2019.

Con DM 523 del 12 novembre 2019 sono stati nominati i 15 esperti. Modifiche allo stesso DM sono poi state apportate con DM 584 del 16 dicembre 2019.

[50]   In particolare, i contributi per attività e iniziative di promozione cinematografica e audiovisiva sono attribuiti dai medesimi esperti che si occupano dei contributi selettivi, sulla base di valutazione relativa alla qualità artistica, al valore culturale e all’impatto economico del progetto.

Le disposizioni applicative sono state adottate con DM 341 del 31 luglio 2017, poi modificato con i già citati DM 148 del 15 marzo 2018, DM 149 del 14 marzo 2019 e DM 179 del 2 aprile 2019.

[51]   Da ultimo, il riparto del Fondo tra le diverse tipologie di contributo previste dalla L. 220/2016 è stato disposto, per il 2020, con DM 187 del 22 aprile 2020 (il cui testo sarà disponibile dopo la registrazione della Corte dei conti).

[52]   La sezione del Fondo destinata a finanziare il Piano straordinario per il potenziamento del circuito delle sale cinematografiche aveva una dotazione pari a € 30 mln per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, e ha una dotazione pari a € 20 mln per il 2020 ed € 10 mln per il 2021. Le risorse sono destinate alla concessione di contributi a fondo perduto, o di contributi in conto interessi sui mutui o sulle locazioni finanziarie, finalizzati a riattivazione di sale chiuse o dismesse, realizzazione di nuove sale, trasformazione di sale o multisale esistenti, rinnovo di impianti, apparecchiature, arredi e servizi complementari alle sale. Particolari agevolazioni sono state previste per le sale dei comuni con meno di 15.000 abitanti. E' stata disposta, inoltre, l'introduzione, da parte delle regioni e delle province autonome, di previsioni di carattere urbanistico ed edilizio volte ad incentivare il potenziamento e la ristrutturazione delle sale cinematografiche, anche in deroga agli strumenti urbanistici.

Le disposizioni applicative sono state adottate con DPCM 4 agosto 2017, poi modificato con DPCM 5 marzo 2018 che, in particolare, per gli anni dal 2018 al 2021, ha destinato una quota pari al 10% dell’ammontare delle risorse annue alla realizzazione, da parte di enti del terzo settore, di nuove sale cinematografiche presso strutture ospedaliere pubbliche o private convenzionate. Inoltre, ha ribadito che tra i destinatari dei contributi rientrano anche i comuni e gli altri enti pubblici proprietari di sale cinematografiche.

[53]   La sezione del Fondo destinata a finanziare il Piano straordinario per la digitalizzazione del patrimonio cinematografico e audiovisivo aveva una dotazione annua pari a € 10 mln per ciascuno degli anni 2017, 2018 e 2019, destinati alla concessione di contributi a fondo perduto o di finanziamenti agevolati alle imprese di post-produzione italiane, comprese le cineteche, in proporzione al volume dei materiali digitalizzati e tenendo conto della rilevanza culturale del materiale cinematografico e audiovisivo da digitalizzare, nonché della qualità tecnica e della professionalità complessiva del progetto di digitalizzazione.

Le disposizioni applicative sono state definite con DPCM 24 ottobre 2017.

[54]   Rispondendo, il 24 ottobre 2018, nella VII Commissione della Camera, all’interrogazione a risposta immediata 5-00798, il rappresentante del Governo aveva fatto presente che altri due decreti interministeriali, relativi al credito di imposta per le industrie tecniche e di post-produzione (D.I. 359 del 4 agosto 2017) e alle imprese di produzione di videogiochi (D.I. 360 del 4 agosto 2017) erano in attesa dell’autorizzazione della Commissione europea.

[55]   Al riguardo, si ricorda che la relazione tecnica all’A.S. 2287 della XVII legislatura (da cui poi la L. 220/2016) precisava che sarebbero rimasti allocati nello stato di previsione del MEF – pur a seguito dell’istituzione nello stato di previsione del MIBACT del Fondo per il cinema e l’audiovisivo – gli stanziamenti relativi al finanziamento dei crediti d’imposta previsti dalla previgente normativa (capp. 7765 e 3872).

[56]   Per il 2019, anno nel quale Matera era stata designata Capitale europea della cultura, non era stato previsto il conferimento del titolo italiano.

[57]   Qui il sito dedicato alle capitali italiane della cultura.

[58]   La L. 15/2020 è stata pubblicata nella GU del 10 marzo 2020 ed è entrata in vigore il 25 marzo 2020. Tuttavia, in base all’art. 13, le disposizioni da essa recate si applicano dal 1° gennaio 2020.

[59]   L’art. 1, co. 979-980, della L. 208/2005 (L. di stabilità 2016) – nel testo come modificato dall’art. 2-quinquies del D.L. 42/2016 (L. 89/2016) – aveva previsto che a tutti i residenti nel territorio nazionale, in possesso, ove previsto, di permesso di soggiorno, che compivano 18 anni nel 2016 era assegnata una carta elettronica – dell’importo nominale massimo di € 500 –, da utilizzare per ingressi a teatro, cinema, mostre e altri eventi culturali, spettacoli dal vivo, per l’accesso a musei, monumenti, gallerie e aree archeologiche e parchi naturali, per l’acquisto di libri. A tal fine, aveva autorizzato la spesa di € 290 mln per il 2016.

I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo individuale da assegnare, pari a € 500, erano stati disciplinati con DPCM 15 settembre 2016, n. 187.

Successivamente, tale previsione era stata estesa dall’art. 1, co. 626, della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) anche ai giovani che compivano 18 anni nel 2017, che potevano utilizzare la Carta anche per l'acquisto di musica registrata, nonché di corsi di musica, di teatro o di lingua straniera. A tal fine, era stata autorizzata la spesa di € 290 mln per il 2017.

I criteri e le modalità di attribuzione e utilizzo della Carta, nonché l’importo individuale da assegnare, sempre pari a € 500, erano stati disciplinati con DPCM 4 agosto 2017, n. 136, che aveva modificato il DPCM del 2016.

Ancora in seguito, la L. di bilancio 2018 (L. 205/2017) aveva rifinanziato l’iniziativa per il 2018 e per il 2019 con € 290 mln annui, ma intervenendo direttamente nello stato di previsione del Mibact (cap. 1430).

Al riguardo, la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato, nell’Adunanza di Sezione del 7 giugno 2018 (NUMERO AFFARE 00680/2018), pronunciandosi sullo schema di un nuovo DPCM di definizione della disciplina applicativa, aveva stigmatizzato la mancanza di una norma legittimante di rango primario da porre a base dello stesso. In particolare, in risposta alle controdeduzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri, aveva osservato che anche dalla nuova impostazione dello schema normativo di finanza pubblica delineata con la L. 163/2016 non sembrava poter derivare il venir meno della necessità di emanare una norma legittimante di rango primario da porre a base del DPCM, al fine anzitutto di poter individuare la platea di beneficiari del diritto.

A tale rilievo aveva dato seguito l’art. 7 del D.L. 91/2018 (L. 108/2018), che aveva inserito nell’art. 1, co. 626, della L. 232/2016 il riferimento al 2018.

I criteri e le modalità di utilizzazione della Carta per i giovani che compivano 18 anni nel 2018 erano stati, dunque, disciplinati con DPCM 7 dicembre 2018, n. 138, che aveva ulteriormente modificato il DPCM del 2016, stabilendo, in particolare, che la Carta poteva essere utilizzata dagli stessi fino al 31 dicembre 2019.

A sua volta, l’art. 1, co. 604, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019) aveva definito la disciplina sostanziale per l’assegnazione della Carta a tutti i residenti nel territorio nazionale che compivano 18 anni nel 2019, in particolare prevedendo l’intervento di un decreto interministeriale (MIBAC-MEF) e stabilendo un limite massimo di spesa di € 240 mln (rispetto ad € 290 mln previsti in precedenza).

Successivamente, il D.L. 34/2019 (L. 58/2019: art. 50, co. 2, lett. h)) aveva ridotto di € 100 mln le risorse destinate alla Card, portandole, pertanto, ad € 140 mln.

Ancora in seguito, il D.L. 59/2019 (L. 81/2019: art. 3, co. 4-bis) aveva inserito i prodotti dell’editoria audiovisiva fra quelli che potevano essere acquistati dai soggetti che compivano 18 anni nel 2019.

Da ultimo, la legge di assestamento per il 2019 (L. 110/2019) ha ristorato le somme ridotte dal D.L. 34/2019, riportando le risorse destinate alla Card per il 2019 ad € 240 mln.

Gli importi nominali da assegnare nell’ambito delle risorse disponibili, nonché i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo della Carta per coloro che hanno compiuto 18 anni nel 2019 sono stati definiti con D.I. 177/2019, in base al quale le iscrizioni sul sito www.18app.italia.it sono aperte fino al 31 agosto 2020, mentre la scadenza per spendere il bonus è il 28 febbraio 2021.

Con comunicato del 5 marzo 2020, il MIBACT ha reso noto che dalla prima edizione del 2016 i ragazzi che hanno usufruito del Bonus cultura sono stati oltre € 1,2 mln e che la spesa complessiva è stata di € 550 mln.

[60]   Per “diritti connessi” al diritto d’autore si intendono i diritti riconosciuti non direttamente all’autore, ma ad altri soggetti comunque collegati o affini (indicati nel Titolo II della L. 633/1941). I diritti connessi più importanti sono quelli spettanti agli artisti interpreti ed esecutori, ai produttori di dischi fonografici o supporti analoghi, ai produttori di opere cinematografiche o audiovisive, alle emittenti radiofoniche e televisive.

[61]   Al decreto è allegata la relazione del collegio dei revisori dell’ente datata 17 settembre 2008, che dà conto delle criticità.

[62]   Il Governo, in sede di risposta nell’Assemblea della Camera, il 19 maggio 2010, all’interrogazione a risposta immediata n. 3-01070, aveva evidenziato che “il profondo stato di crisi in cui versava l’Istituto era dovuto non solo al mancato svolgimento della funzione di accertamento e ripartizione dei diritti fra i legittimi titolari, ma anche alla scarsa funzionalità delle procedure di ripartizione delle somme acquisite dall’Istituto”. In argomento, si veda anche la risposta del Governo nell’Assemblea della Camera, il 14 gennaio 2010, all’interpellanza urgente n. 2-00524.

[63]   Si tratta di: Avv. Giovanni Galoppi, con funzioni di impulso e di coordinamento della struttura, Prof. Enrico Laghi e Avv. Giuseppe Tepedino.

[64]   Il nuovo IMAIE determina l'ammontare dei compensi spettanti agli artisti, interpreti ed esecutori, conformemente allo statuto ed ai regolamenti attuativi dello stesso (qui lo statuto approvato dall’assemblea dei delegati il 4 luglio 2019. Qui i link ai regolamenti operativi).

      Al nuovo IMAIE è stato trasferito, dalla data di costituzione, il personale di IMAIE in liquidazione.

Nel sito del nuovo IMAIE è pubblicato, per 1.095 giorni consecutivi, l'elenco degli aventi diritto, distintamente per ciascun trimestre, con la indicazione, per ciascun avente diritto, del periodo cui si riferisce il compenso e del produttore di fonogrammi che ha versato lo stesso.

[65]   L’attività di amministrazione e intermediazione dei diritti connessi al diritto d'autore è stata liberalizzata con l’art. 39, co. 2, del D.L. 1/2012 (L. 27/2012), intervenuto allo scopo di favorire la creazione di nuove imprese nel settore della tutela dei diritti degli artisti interpreti ed esecutori, mediante lo sviluppo del pluralismo competitivo e consentendo una maggiore economicità di gestione, nonché l’effettiva partecipazione e il controllo da parte dei titolari dei diritti.
Successivamente, il d.lgs. 35/2017, con il quale è stata recepita la direttiva 2014/26/UE, ha disposto, all’art. 4, per quanto qui interessa, che i titolari dei diritti possono affidare a un organismo di gestione collettiva o a un’entità di gestione indipendente di loro scelta la gestione dei loro diritti indipendentemente dallo Stato membro di nazionalità, residenza o stabilimento dell’organismo di gestione collettiva, dell’entità di gestione indipendente o del titolare dei diritti.

      In base all’art. 2 dello stesso d.lgs. 35/2017, si intende:

-  per organismo di gestione collettiva, un soggetto che, come finalità unica o principale, gestisce diritti d’autore o diritti connessi per conto di più di un titolare di tali diritti, a vantaggio collettivo di costoro, e che è detenuto o controllato dai propri membri, e/o non persegue fini di lucro. In tale definizione è inclusa esplicitamente la SIAE;

-  per entità di gestione indipendente, un soggetto che ha – come uniche o principali – le medesime finalità dell’organismo di gestione collettiva ma che, a differenza di questo, non è detenuto né controllato, direttamente o indirettamente, integralmente o in parte, dai titolari dei diritti, e persegue fini di lucro.

[66]   Le risorse sono allocate sui capp. 1441, 1442 e 7305 dello stato di previsione del Mibact e, in base al DM 30 dicembre 2019, di riparto in capitoli, per il 2020 sono pari, complessivamente, a € 1.395.342.