Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: D.L. 34/2020 - Misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all'economia (cd. Decreto Rilancio) Volume I - Articoli 1-118
Riferimenti: AC N.2500/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 295/Volume I
Data: 22/05/2020
Organi della Camera: V Bilancio

Misure urgenti in materia di salute e di sostegno al lavoro e all'economia
(cd. “Decreto Rilancio”)

 

Volume I - Articoli 1-118

D.L.34/2020 – A.C. 2500

 

Parte I – Schede di lettura

 

 

Servizio Studi

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Dossier n. 256 Volume I

 

 

 

Servizio Studi

Dipartimento Bilancio

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Progetti di legge n. 295 Volume I

 

 

 

Parte II – Profili di carattere finanziario

 

 

Servizio Bilancio dello Stato - Verifica delle quantificazioni n. 215

Tel. 06 6760-2174 – 06 6760-9455 * bs_segreteria@camera.it

 

Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione

Tel. 06 6760-3545 – 06 6760-3685 * com_bilancio@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

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D20034_vol_I.docx

 


INDICE VOLUME I

 

Titolo I – Salute e sicurezza

Articolo 1 (Disposizioni urgenti in materia di assistenza territoriale). 9

Articolo 2, commi 1-12 e 14-15 (Riordino della rete ospedaliera in emergenza COVID-19)  25

Articolo 2, comma 13 (Esecuzione delle opere edilizie per la rete ospedaliera)  40

Articolo 3 (Incarichi a tempo determinato ai medici in formazione specialistica)  43

Articolo 4 (Misure urgenti per l’avvio di specifiche funzioni assistenziali per l’emergenza COVID-19). 46

Articolo 5 (Incremento delle borse di studio degli specializzandi). 51

Articolo 6 (Deroga per il Ministero della salute in ordine a riduzioni di spesa per la gestione del settore informatico). 53

Articolo 7 (Metodologie predittive dell’evoluzione del fabbisogno di salute della popolazione) 55

Articolo 8 (Proroga validità delle ricette limitative dei farmaci classificati in fascia A)  57

Articolo 9 (Proroga piani terapeutici). 60

Articolo 10 (Modifiche al decreto-legge 17 marzo 2020,n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020 n. 27). 61

Articolo 11 (Misure urgenti in materia di Fascicolo sanitario elettronico). 64

Articolo 12 (Accelerazione dell’acquisizione delle informazioni relative alle nascite e ai decessi). 69

Articolo 13 (Rilevazioni statistiche dell’ISTAT connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19). 72

Articolo 14 (Rifinanziamento Fondo emergenze nazionali e proroga dei termini previsti per la scadenza degli stati di emergenza e delle contabilità speciali). 80

Articolo 15 (Incremento risorse del Fondo nazionale per il servizio civile e disposizioni in materia di volontariato di protezione civile) 86

Articolo 16 (Misure straordinarie di accoglienza). 89

Articolo 17 (Modifiche all’articolo 6, comma 10, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18)  94

Articolo 18 (Utilizzo delle donazioni). 96

Articolo 19 (Funzionamento e potenziamento della Sanità militare). 98

Articolo 20 (Misure per la funzionalità delle Forze armate – personale sanitario e delle sale operative). 105

Articolo 21 (Prolungamento della ferma dei volontari in ferma prefissata e reclutamento straordinario di infermieri militari in servizio permanente). 107

Articolo 22 (Misure per la funzionalità delle Forze armate  - Operazione “Strade sicure”)  111

Articolo 23 (Ulteriori misure per la funzionalità del Ministero dell’interno,  delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco). 115

Titolo II – Sostegno alle imprese e all’economia

Capo I -  Misure di sostegno

Articolo 24 (Disposizioni in materia di versamento dell'IRAP). 120

Articolo 25 (Contributo a fondo perduto). 123

Articolo 26 (Rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni). 133

Credito d’imposta sui conferimenti in denaro per aumenti di capitale. 136

Credito d'imposta sulle perdite registrate nel 2020. 138

Fondo Patrimonio PMI 139

Articolo 27 (Costituzione del patrimonio destinato di Cassa depositi e prestiti)  144

Articolo 28 (Credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo)  157

Articolo 29 (Incremento fondo per il sostegno alle locazioni) 160

Articolo 30 (Riduzione degli oneri delle bollette elettriche). 162

Articolo 31 (Rifinanziamento fondi). 166

Articolo 32 (Disposizioni in materia di Garanzia cartolarizzazione sofferenze - GACS)  172

Articolo 33 (Sottoscrizione e comunicazioni di contratti finanziari e assicurativi in modo semplificato). 175

Articolo 34 (Disposizioni in materia di Buoni postali fruttiferi postali) 177

Articolo 35 (Garanzia SACE in favore delle assicurazioni sui crediti commerciali) 180


 

Articolo 36 (Partecipazione al Fondo di Garanzia pan europeo della Banca Europea per gli Investimenti e allo strumento di sostegno temporaneo per attenuare il rischio di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE) ). 187

Articolo 37 (Partecipazione dell'Italia all'International Finance Facility for Immunization)  196

Articolo 38 (Rafforzamento dell’ecosistema delle start up innovative) 199

Articolo 39 (Misure di rafforzamento dell’azione di recupero di aziende in crisi e potenziamento delle strutture di supporto per le crisi di impresa e per la politica industriale) 212

Articolo 40 (Misure di sostegno alle micro, piccole e medie imprese titolari del servizio di distribuzione di carburanti nelle autostrade per il periodo di emergenza da COVID-19)  219

Articolo 41 (Misure urgenti a sostegno del meccanismo dei Certificati Bianchi)  221

Articolo 42 (Fondo per il trasferimento tecnologico e altre misure urgenti per la difesa ed il sostegno dell’innovazione). 225

Articolo 43 (Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività d’impresa). 234

Articolo 44 (Incremento del fondo per l’acquisto di autoveicoli a basse emissioni di Co2 g/km) 240

Articolo 45 (Interventi per il contrasto all’emergenza epidemiologica da COVID-19 da parte dei comuni). 242

Articolo 46 (Misure urgenti in materia di servizi postali). 243

Articolo 47 (Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. – Invitalia). 248

Articolo 48 (Misure per le esportazioni e l’internazionalizzazione). 250

Articolo 49 (Creazione di un polo di eccellenza per la ricerca, l’innovazione e il trasferimento tecnologico nel settore automotive nell’area di crisi industriale complessa di Torino)  258

Articolo 50 (Proroga del termine di consegna dei beni strumentali nuovi ai fini della maggiorazione dell'ammortamento). 261

Articolo 51 (Proroga dei termini dei programmi di esecuzione delle procedure di amministrazione straordinaria). 262

Articolo 52 (Interventi urgenti per la salvaguardia della liquidità delle imprese dell’aerospazio). 264


 

Capo II - Regime quadro della disciplina degli aiuti

Articolo 53 (Deroga al divieto di concessione di aiuti di Stato a imprese beneficiarie di aiuti illegali non rimborsati). 268

Articolo 54 (Aiuti sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali). 270

Articolo 55 (Aiuti sotto forma di garanzie sui prestiti alle imprese). 274

Articolo 56 (Aiuti sotto forma di tassi d’interesse agevolati per i prestiti alle imprese)  278

Articolo 57 (Aiuti alle imprese per la ricerca e lo sviluppo in materia di COVID-19)  282

Articolo 58 (Aiuti alle imprese per gli investimenti per le infrastrutture di prova e upscaling)  285

Articolo 59 (Aiuti alle imprese agli investimenti per la produzione di prodotti connessi al COVID-19). 288

Articolo 60 (Aiuti sotto forma di sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti per evitare i licenziamenti durante la pandemia di COVID-19). 291

Articolo 61 (Disposizioni comuni alle norma in materia di aiuti di Stato di cui agli articoli da 59 a 65). 295

Articolo 62 (Disposizioni finanziarie). 299

Articoli 63 e 64 (Registrazione degli aiuti di Stato e adeguamento del Registro nazionale aiuti di Stato e dei registri SIAN e SIPA). 301

Articolo 65 (Esenzione contributi Anac). 305

Titolo III – Misure in favore dei lavoratori

Capo I -  Modifiche al decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27

Articolo 66 (Dispositivi di protezione individuale). 306

Articolo 67 (Incremento Fondo Terzo settore). 308

Articolo 68 (Norme speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e di assegno ordinario) 310

Articolo 69 (Trattamento ordinario di integrazione salariale per le aziende già in Cassa integrazione straordinaria). 316

Articolo 70 (Trattamenti di integrazione salariale in deroga). 318

Articolo 71, comma 1, capoverso articolo 22-ter, e comma 2 (Ulteriore finanziamento delle integrazioni salariali) 323

Articolo 71, comma 1, capoverso articolo 22-quater (Procedure relative ai trattamenti di integrazione salariale in deroga) 324

Articolo 71, comma 1, capoverso articolo 22-quinquies (Pagamento diretto della CIGO e dell’assegno ordinario)). 327

Articolo 72 (Congedo parentale e bonus baby-sitting). 328

Articolo 73 (Estensione della durata dei permessi retribuiti per assistenza familiari disabili)  332

Articolo 74 (Assenze dal servizio di lavoratori pubblici e privati in relazione ad alcune condizioni di disabilità o di rischio per la salute). 334

Articoli 75 e 86 (Regimi di cumulo di alcune prestazioni). 336

Articolo 76 (Proroga della sospensione delle misure di condizionalità). 337

Articolo 77 (Modifiche all’articolo 43 del dl 18/2020 in materia di contributi alle imprese e agli enti del terzo settore per la sicurezza e il potenziamento dei presìdi sanitari)  339

Articolo 78 (Modifiche articolo 44 dl 18/2020, recante istituzione del Fondo per il reddito di ultima istanza a favore dei lavoratori danneggiati dal virus COVID-19). 340

Articolo 79 (Modifiche all’articolo 45 dl 18/2020 in materia di personale addetto ai lavori necessari al ripristino del servizio elettrico). 344

Articolo 80 (Modifiche all’articolo 46 in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo). 345

Articolo 81 (Modifiche all’articolo 103 in materia di sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza). 347

Capo II - Altre misure urgenti in materia di lavoro e politiche sociali

Articolo 82 (Reddito di emergenza). 349

Articolo 83 (Sorveglianza sanitaria). 361

Articolo 84 (Nuove indennità per i lavoratori in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19). 363

Articolo 85 (Indennità per i lavoratori domestici) 370

Articolo 87 (Utilizzo risorse residue per trattamenti di integrazione salariale in deroga)  372

Articolo 88 (Fondo nuove competenze). 375

Articolo 89 (Norme in materia di fondi sociali e servizi sociali). 377

Articolo 90 (Lavoro agile nel settore privato). 383

 

Articolo 91 (Interventi per i percorsi di istruzione e la formazione professionale e per i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore). 387

Articolo 92 (Proroga della fruizione di NASpI e DIS-COLL). 391

Articolo 93 (Disposizioni in materia di proroga o rinnovo dei contratti di lavoro a termine)  392

Articolo 94 (Promozione del lavoro agricolo). 393

Articolo 95 (Misure di sostegno alle imprese per la riduzione del rischio da contagio nei luoghi di lavoro). 395

Articolo 96 (Noleggio autovetture per l’Ispettorato nazionale del lavoro). 398

Articolo 97 (Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto). 400

Articolo 98 (Trattamenti in favore di lavoratori nel settore dello sport). 402

Articolo 99 (Osservatorio nazionale per il mercato del lavoro). 406

Articolo 100 (Avvalimento Comando dei Carabinieri per la tutela del Lavoro)  408

Articoli 101-102 (Spesa per acquisto di beni e servizi di INPS e INAIL). 409

Articolo 103 (Emersione di rapporti di lavoro). 410

Regolarizzazione del lavoro (comma 1). 412

Regolarizzazione del soggiorno (comma 2). 414

Settori di attività interessati (comma 3). 414

Modalità di presentazione delle istanze (commi 4, 5, 6, 7, 15, 16 e 19).. 415

Inammissibilità e rigetto delle domande (commi 8, 9 e 10). 418

Sospensione ed estinzione dei procedimenti penali e amministrativi (commi 11, 12, 13 e 17)  421

Sanzioni (commi 14, 18 e 22). 422

Misure in materia di sicurezza delle condizioni alloggiative e di contrasto del lavoro irregolare (commi 20 e 21). 426

Contratti a termine del Ministero dell’interno (comma 23). 427

Disposizioni finanziarie (commi 24, 25 e 26). 428

Titolo IV – Disposizioni per la disabilità e la famiglia

Articolo 104 (Assistenza e servizi per la disabilità). 434

Articolo 105 (Finanziamento dei centri estivi 2020 e contrasto alla povertà educativa)  440

Titolo V – Enti territoriali e debiti commerciali degli enti territoriali

Articolo 106 (Fondo per l’esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali)  443

Articolo 107 (Reintegro Fondo di Solidarietà Comunale a seguito dell’emergenza alimentare) 446

Articolo 108 (Anticipazione delle risorse in favore di province e città metropolitane)  448

Articolo 109 (Servizi delle pubbliche amministrazioni). 453

Articolo 110 (Rinvio termini bilancio consolidato). 457

Articolo 111 (Fondo per l’esercizio delle funzioni delle Regioni e delle Province autonome)  458

Articolo 112 (Fondo per i comuni delle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza). 460

Articolo 113 (Rinegoziazione mutui enti locali. Semplificazione procedure di adesione)  461

Articolo 114 (Differimento dei termini per la stabilizzazione dei contributi a favore dei comuni per opere pubbliche e per l’abbattimento delle barriere architettoniche). 465

Articolo 115 (Fondo di liquidità per il pagamento dei debiti commerciali degli enti territoriali) 467

Articolo 116 (Pagamento dei debiti degli enti locali e delle regioni e province autonome)  471

Articolo 117 (commi 1-4) (Disposizioni in materia di anticipo del finanziamento sanitario corrente e di pagamento dei debiti degli enti sanitari). 479

Articolo 117, commi 5-11 (Disposizioni in materia di anticipo del finanziamento sanitario corrente e di pagamento dei debiti degli enti sanitari). 483

Articolo 118 (Riassegnazione al fondo ammortamento titoli di Stato). 489

 


Titolo I – Salute e sicurezza

Articolo 1
(Disposizioni urgenti in materia di assistenza territoriale)

 

 

In ragione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, l’articolo 1 accelera la definizione delle misure delineate dal Nuovo Patto per la salute 2019-2021 per lo sviluppo dei servizi di prevenzione e tutela della salute afferenti alle reti territoriali Ssn. Alle misure già previste dal Nuovo Patto per la salute 2019-21, si aggiungono ulteriori disposizioni di prevenzione e cautela, individuate in ragione della pandemia in corso.  La copertura finanziaria è pari, nel suo complesso, a 1.256 milioni di euro, a cui si provvede ai sensi dell’art. 265.

A tal fine, le regioni e le province autonome dovranno predisporre specifici piani regionali di potenziamento dell’offerta sanitaria e sociosanitaria territoriale da recepire nei Programmi operativi regionali per la gestione dell’emergenza Covid-19, previsti dal Decreto Cura Italia.

Le autorizzazioni di spesa sono indirizzate a:

§  Requisizione in uso di immobili per la gestione dei pazienti in sorveglianza attiva e isolamento, circa 32 milioni di euro;

§  Implementazione dei servizi di assistenza domiciliare integrata – ADI, circa 733 milioni di euro;

§  Reclutamento personale infermieristico e introduzione della figura dell’infermiere di famiglia/o di comunità, circa 334 milioni di euro a cui si aggiungono 10 milioni di incentivi per i medici di medicina generale che si avvarranno della collaborazione di infermieri;

§  Rafforzamento delle USCA con specialisti convenzionati da utilizzare anche per attività di sorveglianza attiva e di monitoraggio presso le residenze sanitarie assistite (RSA) e le altre strutture residenziali, 61 milioni di euro;

§  Assunzione di assistenti sociali di supporto alle USCA nelle valutazioni multidimensionali, circa 14 milioni di euro;

§  Istituzione e potenziamento delle Centrali operative regionali dotate con apparecchiature informatiche e di telemedicina, di raccordo con le USCA e i servizi di urgenza/emergenza, circa 72 milioni di euro.

 

In ragione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, l’articolo in esame accelera la definizione delle misure delineate dal Nuovo Patto per la salute 2019-2021 per lo sviluppo dei servizi di prevenzione e tutela della salute afferenti alle reti territoriali Ssn. Alle misure già previste dal Nuovo Patto per la salute, si aggiungono ulteriori disposizioni di prevenzione e cautela individuate in ragione della pandemia in corso.  La copertura finanziaria è pari, nel suo complesso, a 1.256 milioni di euro.

Il Nuovo Patto per la salute 2019-2021, approvato in via definitiva dalla Conferenza Stato-Regioni nel dicembre 2019, ha evidenziato la necessità di “una riorganizzazione dell'assistenza territoriale che promuova, attraverso modelli organizzativi integrati, attività di prevenzione e promozione della salute, percorsi di presa in carico della cronicità, basati sulla medicina di iniziativa”. A tal fine, il Patto definisce linee di indirizzo per l'adozione di parametri di riferimento, anche considerando le diverse esperienze regionali in corso, con l'obiettivo di promuovere:

§  le modalità e gli strumenti per favorire l'effettiva continuità assistenziale e la presa in carico unitaria della persona nelle diverse fasi della vita e in relazione alle diverse tipologie di bisogno;

§  il completamento del processo di riordino della medicina generale e della pediatria di libera scelta, favorendo l'integrazione con la specialistica ambulatoriale convenzionata interna e con tutte le figure professionali, compresa l'assistenza infermieristica di famiglia/comunità, per garantire la completa presa in carico integrata delle persone;

§  specifiche politiche attive di promozione e tutela della salute con particolare attenzione all'infanzia e all'adolescenza, alle persone con disturbo mentale, al sostegno dell'autonomia delle persone con disabilità e non autosufficienza;

§  il potenziamento delle politiche a favore dell'area materno-infantile, delle patologie croniche, delle dipendenze patologiche, dei disturbi del comportamento alimentare, delle cure palliative e della terapia del dolore;

§  la valorizzazione delle professioni sanitarie, in particolare di quella infermieristica, finalizzato alla copertura dell'incremento dei bisogni di continuità dell'assistenza, di aderenza terapeutica, in particolare per i soggetti più fragili, affetti da multi-morbilità.

 

Piani regionali di assistenza territoriale per potenziare le attività di prevenzione (comma 1)

 

Nella fase emergenziale di progressivo allentamento delle misure di distanziamento sociale, l’articolo in esame impegna le regioni e le province autonome a predisporre per il 2020 specifici piani di potenziamento e riorganizzazione della rete assistenziale territoriale. I piani sono adottati con le seguenti finalità:

§  implementare e rafforzare un solido sistema di accertamento diagnostico, monitoraggio e sorveglianza della circolazione di SARS-CoV-2, dei casi confermati e dei loro contatti;

§  intercettare tempestivamente eventuali focolai di trasmissione del virus;

§  assicurare una presa in carico precoce dei pazienti contagiati, dei pazienti in isolamento domiciliare obbligatorio, dimessi o paucisintomatici non ricoverati e dei pazienti in isolamento fiduciario.

Più nello specifico i Piani dovranno contenere specifiche misure di:

§  identificazione e gestione dei contatti;

§  organizzazione dell’attività di sorveglianza attiva effettuata a cura dei Dipartimenti di Prevenzione in collaborazione con i medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e medici di continuità assistenziale nonché con le Unità speciali di continuità assistenziale, indirizzate a un monitoraggio costante e a un tracciamento precoce dei casi e dei contatti, al fine della relativa identificazione, dell’isolamento e del trattamento.

I predetti piani assistenziali sono recepiti nei Programmi operativi regionali per la gestione dell’emergenza Covid-19, previsti dall’art. 18, comma 1, del decreto legge 18/2020, e sono monitorati congiuntamente, a fini esclusivamente conoscitivi, dal Ministero della salute e dal Ministero dell’economia e delle finanze in sede di monitoraggio dei citati programmi operativi.

 

L’art. 18 del decreto legge 18/2020 ha disposto, per il 2020, un incremento di 1.410 milioni di euro del livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard e ha impegnato le Regioni e le province autonome a gestire ed impegnare tali risorse incrementali, nella quota di riparto loro assegnata, attraverso un centro di costo dedicato, redigendo un programma operativo per la gestione dell’emergenza, da sottoporre all’approvazione e al monitoraggio congiunto del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle finanze. Le risorse incrementali disposte dal decreto legge 18/2020, sono state finalizzate a:

§  remunerazione delle prestazioni di lavoro straordinario del personale sanitario, 250 milioni di euro;

§  reclutamento di medici in formazione specialistica e di personale medico e sanitario, 660 milioni;

§  incremento del monte ore della specialistica, 6 milioni;

§  potenziamento delle reti di assistenza, attraverso la stipula di contratti con strutture private per l’acquisto di prestazioni, 240 milioni;

§  utilizzo di personale sanitario in servizio nonché dei locali e delle apparecchiature presenti nelle strutture sanitarie private, accreditate e non, 160 milioni;

§  Unità speciali di continuità assistenziale, 104 milioni;

Inoltre, il comma 3 del citato art. 18, ha disposto, sempre per il 2020, l’incremento di 1.650 milioni del Fondo per le emergenze nazionali che ha finanziato per 185 milioni l’acquisto di impianti di ventilazione assistita e per 150 milioni la requisizione di presidi sanitari e beni mobili e immobili. Le risorse del Fondo sono a disposizione del Dipartimento della protezione civile e del Commissario straordinario per gli acquisti di dispositivi medici, DPI  e di quanto necessario per contrastare ed affrontare l’emergenza.

 

 

Requisizione in uso di immobili per la gestione dei pazienti in sorveglianza attiva e isolamento (commi 2 e 3)

 

Fermo restando quanto disposto dal Decreto Cura Italia (art. 6, comma 7, del Decreto 18/2020) in materia di requisizione in uso di immobili, nel caso in cui occorra disporre temporaneamente di ulteriori spazi per gestire l’isolamento di contagiati da SARS-CoV-2, le regioni e le province autonome possono stipulare contratti di locazione fino al 31 dicembre 2020 con strutture alberghiere, ovvero con altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità. Fino alla stessa data del 31 dicembre 2020, le aziende sanitarie, tramite i distretti, garantiscono l’implementazione delle attività di assistenza domiciliare integrata, o equivalenti, anche per i pazienti in isolamento ospitati presso i beni immobili requisiti, garantendo adeguato supporto sanitario per il monitoraggio e l’assistenza degli stessi, nonché il supporto per le attività logistiche di ristorazione e di erogazione dei servizi essenziali.

 

Risorse stanziate per l’intervento: 32.497.693 euro (RT al provvedimento in esame).

 

Il comma in esame dispone di fatto il prolungamento al 31 dicembre 2020 di quanto già previsto fino al 31 luglio 2020 dall’art. 6 del decreto legge 18/2020, come modificato dall’art. 146 del decreto in esame. La norma stabilisce che l’indennità di requisizione delle strutture alberghiere, ovvero degli altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità è liquidata in forma di acconto, nello stesso decreto di requisizione del prefetto, applicando lo 0,42%, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, al valore ottenuto moltiplicando la rendita catastale, rivalutata del cinque per cento, per il moltiplicatore utilizzato ai fini dell’imposta di registro relativo alla corrispondente categoria catastale dell’immobile requisito. La norma prosegue stabilendo che l’indennità di requisizione è determinata in via definitiva entro quaranta giorni con successivo decreto del prefetto, che ai fini della stima si avvale dell’Agenzia delle entrate, sulla base del valore corrente di mercato al 31 dicembre 2019 dell’immobile requisito o di quello di immobili di caratteristiche analoghe, in misura corrispondente, per ogni mese o frazione di mese di effettiva durata della requisizione, allo 0,42% di detto valore. Con il decreto del prefetto che stabilisce l’indennità definitiva di requisizione è liquidata la differenza tra gli importi definitivi e quelli in acconto dell’indennità di requisizione.

Per l’attuazione della disposizione (fino al 31 luglio 2020) è stato fissato il limite di spesa di 150 milioni a valere sul Fondo emergenze nazionali presso la Protezione civile.

 

 

Implementazione dei servizi di assistenza domiciliare integrata - ADI (comma 4)

 

Le regioni e le province autonome incrementano ed indirizzano le azioni terapeutiche e assistenziali a livello domiciliare con la finalità di:

§  assicurare le accresciute attività di monitoraggio e assistenza connesse all’emergenza epidemiologica;

§  garantire il massimo livello di assistenza in favore dei pazienti in isolamento domiciliare o quarantenati, identificati attraverso le attività di monitoraggio;

§  rafforzare i servizi di assistenza domiciliare per tutti i soggetti fragili le cui condizioni risultano aggravate dall’emergenza in corso, ovvero per i soggetti cronici, disabili, con disturbi mentali, con dipendenze patologiche, non autosufficienti, bisognosi di cure palliative/terapia del dolore e in generale per le situazioni di fragilità tutelate ai sensi del Capo IV del D.p.c.m. 12 gennaio 2017 “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”.

 

La Relazione fornisce le seguenti informazioni circa la platea dei destinatari:

§  l’assistenza ai pazienti oltre i 65 anni di età passerà dagli attuali 611mila soggetti, pari al 4% della popolazione over 65, a 923mila unità, pari al 6,7%;

§  l’assistenza ai pazienti al di sotto dei 65 anni passerà dagli attuali 70mila assistiti a domicilio, pari allo 0,15% della popolazione under 65, a 140mila, pari allo 0,3%.

 

Per l’attuazione della disposizione in esame, le regioni e le province autonome, nel rispetto dell’autonomia regionale in materia di organizzazione dei servizi domiciliari, sono autorizzate ad incrementare la spesa per il personale nei limiti di spesa di 265.028.624 euro (indicati dal comma 10).

Risorse complessive stanziate per l’intervento:  733.969.086 euro (RT al provvedimento in esame), di cui 265.028.624 euro di spese di personale.

 

L’ADI - Assistenza domiciliare integrata (definita dall’art. 22 Cure domiciliari del D.p.c.m. 12 gennaio 2017 di aggiornamento dei LEA), comprende  un insieme organizzato di prestazioni di natura socio-sanitaria erogate presso il domicilio di persone disabili e non autosufficienti bisognose di assistenza di lunga durata. Le prestazioni si differenziano in relazione al bisogno di salute dell'assistito ed al livello di intensità, complessità e durata dell'intervento assistenziale, ma sono costituite nella generalità dei casi da prestazioni professionali di tipo medico-infermieristico-assistenziale ovvero riabilitativo-assistenziale, alle quali possono accompagnarsi accertamenti diagnostici, fornitura di farmaci e dispositivi. Le figure professionali sono coordinate fra loro nell’ambito del Distretto, come previsto dalla normativa nazionale, inclusi gli Accordi Collettivi Nazionali per la Medicina Generale, e dalla normativa delle Regioni in materia di assistenza socio-sanitaria. Gli interventi di assistenza domiciliare integrata possono essere richiesti dall’interessato e/o familiare o su segnalazione dei servizi sociali del comune/piano di zona, dei medici di medicina generale, dai pediatri di libera scelta, dalle ASL, dalle strutture ospedaliere, ma sempre previo consenso dell’interessato (o del suo rappresentante legale), mentre l’équipe multidisciplinare e? costituita, nella generalità dei casi, da un infermiere professionale, un fisioterapista, un assistente sociale, un operatore socio-assistenziale e dai medici specialisti necessari alla patologia del paziente. Tutte queste figure concorrono alla valutazione multidimensionale del bisogno clinico che consente la presa in carico della persona e la definizione del “Progetto di assistenza individuale” (PAI) socio-sanitario integrato. 

Il Capo IV (articoli 21-35) del D.p.c.m. sui Nuovi LEA dispone in merito ai percorsi assistenziali (domiciliari, territoriali, semiresidenziali e residenziali) individuando le seguenti aree di utenza: persone affette da patologie ad andamento cronico ed evolutivo per le quali non esistono terapie (cure palliative domiciliarti, art. 23); minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico e del neurosviluppo (art. 25); persone con disturbi mentali (art. 26); persone con disabilità (art. 27); persone con dipendenze patologiche (art. 28); persone non autosufficienti (art. 30).

Poiché ciascuna Regione ha declinato l’ADI in modelli organizzativi diversi, risulta assente un quadro di sistema a cui riferirsi.

Per definire i profili di spesa sanitaria relativi all’ADI, si rinvia alla pubblicazione della Ragioneria dello Stato, Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario del luglio 2019 che comprende l’ADI nella spesa per Long Term Care riferibile all’insieme delle prestazioni sanitarie erogate a persone non autosufficienti che, per senescenza, malattia cronica o limitazione mentale, necessitano di assistenza continuativa. Più precisamente tale aggregato, include, oltre all’assistenza territoriale rivolta agli anziani e ai disabili (articolata in assistenza ambulatoriale e domiciliare, assistenza semi-residenziale ed assistenza residenziale), l’assistenza psichiatrica, l’assistenza rivolta agli alcolisti e ai tossicodipendenti, l’assistenza ospedaliera erogata in regime di lungodegenza, una quota dell’assistenza integrativa, dell’assistenza protesica e dell’assistenza farmaceutica erogata in forma diretta o per conto. La pubblicazione della RGS evidenzia come la componente sanitaria della spesa pubblica per LTC dell’anno 2017, sia pari a circa lo 0,7% del PIL, corrispondente al 10,7% della spesa sanitaria complessiva. Il profilo per età del consumo sanitario per LTC relativo all’assistenza agli anziani e ai disabili mostra valori molto elevati per gli ultrasettantacinquenni, rispetto alla fascia di età 25-50 anni. Diversamente, la componente relativa alle dipendenze e ai malati psichiatrici, evidenzia un consumo più elevato da parte dei più giovani rispetto agli anziani. L’assistenza rivolta agli anziani e ai disabili rappresenta pertanto circa due terzi della spesa sanitaria complessiva per LTC. Tale percentuale e? suddivisa fra la componente erogata in forma residenziale, che copre il 60% circa della spesa, e quella non-residenziale che copre la parte restante.

Per quanto riguarda i costi sociali dell’ADI, si rileva che questi sono coperti in gran parte dei Comuni. Come rilevato dalla pubblicazione Istat, La spesa dei comuni per i servizi sociali, sommando le quote relative al fondo indistinto per le politiche sociali agli altri fondi statali dedicati alle politiche sociali e a quelli europei, si deduce che solo il 15,2% della spesa impiegata per i servizi sociali risulta finanziata a livello centrale, mentre la maggior parte delle risorse provengono direttamente dai territori.

La stessa pubblicazione Istat, edita nel febbraio 2020, quantifica la spesa 2017 dei Comuni per i servizi sociali, al netto del contributo degli utenti e del Servizio Sanitario Nazionale, in circa 7 miliardi 234 milioni di euro, corrispondenti allo 0,41% del Pil nazionale.

Per quanto riguarda gli interventi domiciliari, la pubblicazione registra, dal 2016, una attenzione crescente dei Comuni verso i bisogni delle persone con disabilita?, testimoniata anche dall’evoluzione delle forme assistenziali e dei sevizi, sempre più orientati a favorire l’autonomia personale e l’inclusione sociale degli utenti presi in carico, l’istruzione e l’inserimento lavorativo. Accanto ai tradizionali strumenti di sostegno ai disabili e alle loro famiglie, quali i centri diurni e le strutture residenziali, l’Istat rileva infatti un arricchimento della rete territoriale e la diffusione di servizi strategici per garantire alle persone con disabilita? i diritti fondamentali, quali l’istruzione e l’inserimento nel mondo del lavoro. Più in particolare, dal 2003 al 2017, la spesa per l’assistenza domiciliare ai disabili e? aumentata del 137%, quella per gli interventi educativo-assistenziali e per l’inserimento lavorativo del 117%. Inoltre, per quanto qui interessa, la pubblicazione rileva che la seconda voce di spesa per i servizi sociali offerti agli anziani dai Comuni e? l’assistenza domiciliare (35,6%) che ha come tipologia prevalente quella socio-assistenziale, e consiste nella cura e igiene della persona e nel supporto nella gestione dell’abitazione. Questa forma di assistenza registra un aumento sul 2016 sia in termini di spesa (+10 milioni) che di utenza, con una spesa media annua per utente pari a 2.075 euro per quasi 135 mila anziani presi in carico. Oltre 72 mila persone (lo 0,5% degli anziani residenti) ricevono invece l’Assistenza Domiciliare Integrata, ovvero con l’integrazione di prestazioni di tipo sanitario a carico del Sistema Sanitario Nazionale.

 

Reclutamento personale infermieristico e introduzione dell’Infermiere di famiglia o di comunità (comma 5) Indennità personale infermieristico (comma 9)

 

L’obiettivo degli interventi è, da una parte, potenziare, con la componente infermieristica, l’assistenza domiciliare e la sorveglianza attiva per i pazienti da SARS-CoV-2 non ospedalizzati, supportando le USCA, e dall’altra rafforzare l’assistenza ai soggetti fragili e cronici, anche attraverso la collaborazione rafforzata con i medici di medicina generale, riducendo così il carico di prestazioni e servizi in ambulatoriali. A tal fine viene introdotta la figura professionale dell’infermiere di famiglia o di comunità.

 

L’infermiere di famiglia/comunità (IFeC) è definito dall’associazione di categoria (AIFeC) come un professionista competente nella promozione della salute, nella prevenzione e nella gestione partecipativa dei processi di salute individuali e della comunità, nonché nella presa in carico, dal punto di vista infermieristico, delle persone nel loro ambiente familiare e di vita. La sua azione è orientata sia a sostenere lo sviluppo della capacità personali sia a potenziare le risorse disponibili nelle comunità.

Attualmente, sono attivi Master di I livello in Infermieristica e comunità presso le Università Cattolica del Sacro cuore di Brescia, Università degli studi di Genova, Università del Piemonte orientale e Università di Milano in collaborazione con l’ASL Vercelli e l’ASST Ovest Milanese, e Università La Sapienza di Roma. I Master in Infermieristica di famiglia e di comunità intendono fornire le competenze necessarie a: - identificare e valutare lo stato di salute ed i bisogni degli individui e delle famiglie nel loro contesto culturale e di comunità, riconoscendone le priorità di intervento; - pianificare ed erogare assistenza alle famiglie che necessitano di interventi specifici; - sostenere ed incoraggiare gli individui e le famiglie nella partecipazione alle decisioni relative alla loro salute; - partecipare alle attività di prevenzione; - partecipare alla ricerca, recuperando dati epidemiologici e clinici in relazione a specifici obiettivi conoscitivi e assistenziali.

 

Dal 15 maggio al 31 dicembre 2020, le aziende e gli enti del Ssn possono utilizzare forme di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa con infermieri che non si trovino in costanza di rapporto di lavoro subordinato con strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private accreditate, in numero non superiore a 8 infermieri ogni 50.000 abitanti. Il conferimento di tali incarichi avviene in deroga alla normativa vigente (di cui all’art. 7 del D.Lgs. 165/2001) e in relazione ai modelli organizzativi regionali. Dal 1° gennaio 2021, le aziende e gli enti del Ssn possono assumere a tempo indeterminato infermieri, in numero non superiore a 8 unità ogni 50.000 abitanti (numero stimato pari a 9.600 infermieri), e comunque nei limiti di spesa di 332.640.000 euro (comma 10), coincidenti con le risorse stanziate dal comma 11 per l’intervento.

Per le attività assistenziali svolte, gli infermieri ricevono un compenso lordo di 30 euro ad ora, inclusivo degli oneri riflessi, per un monte ore settimanale massimo di 35 ore.

 

Ai sensi del comma 9, nel 2020, il fondo regionale di incentivazione[1] per i medici di medicina generale che si avvarranno della collaborazione di infermieri è incrementato complessivamente dell’importo di 10 milioni di euro. Al contempo, è incrementato dello stesso importo, il finanziamento sanitario corrente per il 2020.

Risorse stanziate per l’intervento: 10 milioni di euro (comma 11) a valere sul finanziamento sanitario corrente per il 2020.

 

Rafforzamento delle USCA con specialisti convenzionati (comma 6) Attività di sorveglianza attiva e di monitoraggio presso le residenze sanitarie assistite (RSA) e le altre strutture residenziali (comma 1)

 

I medici specialisti ambulatoriali convenzionati interni possono entrare a far parte delle Unità speciali di continuità assistenziale (USCA), già composte da: medici titolari o supplenti di continuità assistenziale; medici che frequentano il corso di formazione specifica in medicina generale; in via residuale, laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti all’ordine di competenza).

Rafforzando in tal modo le USCA, le regioni e le province autonome organizzano attività di sorveglianza attiva e di monitoraggio presso le residenze sanitarie assistite (RSA) e le altre strutture residenziali, anche garantendo la collaborazione e la consulenza di medici specialisti in relazione alle esigenze di salute delle persone assistite.

 

Come stabilito dall’art. 8, comma 1, lett.b-bis), del D.Lgs. 502/1992, il personale convenzionato è inserito nelle forme organizzative dell’assistenza distrettuale dei servizi sanitari regionali e aderisce al sistema informativo sanitario regionale e nazionale. Gli enti e le aziende del Ssn, nell’ambito dei propri poteri, si avvalgono, per l’erogazione delle prestazioni specialistiche, degli specialisti ambulatoriali, dei veterinari e dei professionisti, utilizzando le ore di attivita? formalmente deliberate in sede aziendale. In questo contesto, gli specialisti ambulatoriali, i veterinari ed i professionisti esercitano un’attività convenzionale operante in regime di parasubordinazione nell’ambito dell’organizzazione del Ssn. Infatti, il rapporto di coloro che svolgono attività in regime di convenzione con le aziende sanitarie, si configura come un rapporto privatistico di lavoro autonomo-professionale con i connotati della cosiddetta parasubordinazione ed esula dall’ambito del pubblico impiego.

 

In considerazione delle funzioni assistenziali, svolte sul territorio, ogni Unità è tenuta a redigere apposita rendicontazione trimestrale di attività, da consegnare all’ente sanitario di competenza, che la trasmette alla regione di riferimento. Il Ministero della salute e il Ministero dell’economia e finanze, in sede di monitoraggio dei Piani regionali di assistenza territoriale (di cui al comma 1), possono richiedere le relazioni necessarie.

 

Risorse stanziate per l’intervento: 61 milioni di euro (comma 11) a valere sul finanziamento sanitario corrente per il 2020, complessivamente impegnati per spese di personale (comma 10).

 

Dal 10 marzo 2020, le regioni e le province autonome sono state impegnate ad istituire, presso una sede di continuità assistenziale già esistente, una Unità speciale di continuità assistenziale (USCA) ogni 50.000 abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero. Le disposizioni hanno efficacia fino al 31 luglio 2020 (art. 8 del decreto legge 14/2020, poi assorbito dal decreto legge 18/2020 come art. 4-bis).

Le USCA sono state costituite per consentire ai medici di medicina generale, ai pediatri di libera scelta e ai medici di continuità assistenziale (ex guardia medica) di garantire l'attività di assistenza territoriale ordinaria, indirizzando alle USCA, a seguito del controllo a distanza attraverso triage telefonico, i pazienti sospetti di essere affetti da COVID-19. A seguito della segnalazione, tali pazienti possono essere presi in carico dall'unità speciale. Per i pazienti che si recano autonomamente in pronto soccorso, il triage deve essere effettuato in un ambiente diverso e separato dai locali adibiti all'accettazione del medesimo pronto soccorso.

L'unità speciale è costituita da un numero di medici pari a quelli già presenti nella sede di continuità assistenziale prescelta. Possono far parte dell'unità speciale: i medici titolari o supplenti di continuità assistenziale; i medici che frequentano il corso di formazione specifica in medicina generale; in via residuale, i laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti all'ordine di competenza. Per l'incarico di natura convenzionale è previsto un compenso orario pari a 40 euro lordi. L'unità speciale è attiva sette giorni su sette, dalle 8.00 alle 20.00, e ai medici per le attività svolte nell'ambito della stessa è riconosciuto un compenso lordo di 40 euro ad ora. I medici dell'unità speciale per lo svolgimento delle specifiche attività devono essere dotati di ricettario del Ssn, di idonei dispositivi di protezione individuale e seguire tutte le procedure previste.

La circolare del Ministero della salute n. 7865 del 25 marzo 2020 Aggiornamento delle linee di indirizzo organizzative dei servizi ospedalieri e territoriali in corso di emergenza COVID-19 ha inoltre ribadito la necessità di potenziare la presa in cura e la sorveglianza territoriale attiva per i pazienti in isolamento domiciliare obbligatorio affetti da COVID-19, per i dimessi, o paucisintomatici non ricoverati e per i pazienti in isolamento fiduciario per i contatti di caso o per i pazienti sintomatici senza evidenza di contatto, nonché per i pazienti fragili, cronici e affetti da patologie invalidanti. Per coloro i quali non possa essere garantito l'isolamento, la circolare dispone la presa in carico da parte dei servizi di sanità pubblica territorialmente competenti, in raccordo con i MMG e l'Unità speciale di continuità assistenziale. La stessa circolare specifica che, garantita la necessaria assistenza sanitaria, i servizi sociali delle amministrazioni comunali e le associazioni di volontariato, mediante co-progettazioni e attraverso l'adozione di specifici protocolli, definiscono tutte le misure necessarie per assicurare alle persone sole e prive di caregiver la massima tutela e il supporto per le necessità quotidiane.

Ad oggi, tutte le Regioni hanno istituito le USCA, con DGR od ordinanze, seppur con alcune differenze rispetto alla tipologia dei pazienti da prendere in carico, alla composizione delle Unità e perfino al rapporto tra USCA e numero di abitanti.

 

Assunzione di assistenti sociali ai fini della valutazione multidimensionale (comma 7)

 

Dal 15 maggio al 31 dicembre 2020, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale possono conferire incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, a professionisti del profilo di assistente sociale, regolarmente iscritti all’albo professionale. Gli incarichi sono conferiti affinché gli assistenti sociali supportino le Unità speciali di continuità assistenziale (USCA) nella valutazione multidimensionale dei bisogni dei pazienti e nell'integrazione con i servizi sociali e socio sanitari territoriali. Gli incarichi possono essere conferiti in numero non superiore ad un assistente sociale ogni due Unità, per un monte ore settimanale massimo di 24 ore. Per le attività svolte è riconosciuto agli assistenti sociali un compenso lordo orario di 30 euro, inclusivo degli oneri riflessi. Il conferimento di incarichi avviene in deroga alla normativa vigente (di cui all’art. 7 del D.Lgs. 165/2001).

 

Risorse stanziate per l’intervento: 14.256.000 euro (comma 11).

 

Il D.p.c.m. 12 gennaio 2017 sui Nuovi Lea, all’art. 21, commi 1 e 2, chiarisce che il Ssn garantisce l'accesso unitario ai servizi sanitari e sociali, la presa in carico della persona e la valutazione multidimensionale dei bisogni, sotto il profilo clinico, funzionale e sociale. E’ però responsabilità delle regioni e delle province autonome organizzare tali attività garantendo uniformità sul proprio territorio nelle modalità, nelle procedure e negli   strumenti  di   valutazione multidimensionale,  anche  in  riferimento  alle  diverse  fasi   del Progetto di assistenza individuale (PAI) che definisce i  bisogni terapeutico-riabilitativi e assistenziali della persona. Il PAI è redatto dall'unità di valutazione multidimensionale, con il coinvolgimento di tutte le componenti dell'offerta   assistenziale   sanitaria, sociosanitaria e sociale, del paziente e della sua famiglia.  Il coordinamento dell'attività clinica rientra tra i compiti del medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta, fatti salvi i casi in cui il soggetto responsabile del rapporto di cura sia stato diversamente identificato.

 

 

 

Centrali operative regionali (comma 8)

 

Per garantire il coordinamento delle attività sanitarie e sociosanitarie territoriali, così come implementate nei piani regionali, le regioni e le province autonome provvedono all’attivazione di centrali operative regionali, che svolgono le funzioni di raccordo fra i servizi e con il sistema di emergenza-urgenza. Le Centrali utilizzano anche strumenti informatici e di telemedicina.

La Relazione chiarisce che le Centrali operative, dotate di apposito personale e di apparecchiature per il telemonitoraggio e la telemedicina, ricopriranno un ruolo centrale per il monitoraggio dei soggetti posti in sorveglianza attiva o in quarantena precauzionale, sia a domicilio sia negli immobili requisiti, coordinandosi, in caso di peggioramento delle condizioni cliniche, con i servizi di emergenza urgenza per una tempestiva ospedalizzazione.

Inoltre, le Centrali saranno responsabili della fornitura ai pazienti dei saturimetri (anche detti pulsiossimetri per la misurazione della saturazione di ossigeno nel sangue) e delle altre apparecchiature necessarie per il controllo a distanza dei parametri vitali.

Risorse stanziate per l’intervento: 72.271.204 euro (comma 11), di cui 23.675.000 euro per spesa di personale (comma 10).

 

Per l'applicazione della telemedicina nel periodo emergenziale, si rinvia al documento dell'Istituto superiore di sanità  Rapporto ISS COVID-19 n. 12/2020 "Indicazioni ad interim per servizi assistenziali di telemedicina durante l'emergenza sanitaria COVID-19" pubblicato il 13 aprile 2020, che fornisce supporto alla realizzazione di servizi in telemedicina durante l'emergenza COVID-19 con l'obiettivo di garantire uniformità di procedure e di prestazioni. Il Rapporto è stato predisposto per la situazione di emergenza sanitaria in relazione alla diffusione di COVID-19 e di conseguenza non viene studiata la possibilità di estendere i servizi di telemedicina attivati durante l'emergenza sanitaria oltre la durata della stessa.

Il rapporto individua le tipologie di persone che, dovendo restare in isolamento, necessitano di controlli sanitari nel luogo adibito a domicilio:1) asintomatici che sono venuti in contatto con caso COVID-19 positivo (quarantena fino a 14 giorni dall'ultimo contatto con il caso); 2) paucisintomatici che sono venuti in contatto con caso COVID-19 positivo, con test COVID-19 negativo (isolamento fino a 14 giorni dall'ultimo contatto con il caso); 3) paucisintomatici con test COVID-19 positivo (isolamento fino a negativizzazione del test e scomparsa dei sintomi); 4) dimessi dall'ospedale clinicamente guariti, ancora COVID-19 positivi. A questi si aggiungono i pazienti cronici o con patologie particolari, che, nel periodo emergenziale, non possono essere seguiti come di consueto per trattamenti di lungo periodo dai servizi territoriali o da strutture residenziali (patologie quali: diabete, patologie cardiovascolari croniche, BPCO, terapie del dolore, chemioterapie, patologie psichiatriche, disabilità), comprendendo anche le persone affette da malattie rare e condizioni di fragilità che richiedono costanti contatti con le strutture sanitarie e gli operatori sanitari di riferimento, oppure persone che necessitano di particolare assistenza e/o supporto non ospedalieri, ma non differibili (ad esempio: gestanti, puerpere, persone con problematiche psicologiche).  

Il decreto legge 23/2020 all'art. 38 ha delimitato il campo di azione della telemedicina disponendo altresì risorse indirizzate all'acquisto di pulsiossimetri (saturimetri) da utilizzare nella valutazione a distanza dei pazienti affetti da Covid-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero. Più in particolare, l'art. 38 del citato decreto, prevede, al comma 4, che i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta si dotino, con oneri a proprio carico, di sistemi di piattaforme digitali, che consentano il contatto ordinario e prevalente con i pazienti fragili e cronici gravi. Inoltre, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, nel caso in cui non dispongano di dispositivi di protezione individuale idonei, sono tenuti a collaborare a distanza, nel caso sia loro richiesto dalle regioni, alla sorveglianza clinica dei pazienti in quarantena o isolamento e dei pazienti in fase di guarigione, dimessi precocemente dagli ospedali. Il successivo comma 5 autorizza le regioni, qualora lo ritengano utile, ad impiegare il 20% dei fondi (pari a circa 236 milioni di euro) stanziati dalla legge di bilancio 2020 per favorire l'utilizzo di apparecchiature sanitarie da parte dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta (art. 1, commi 449 e 450 della legge 160/2019), per l'acquisto e la fornitura ai medici di pulsiossimetri che permettano, previa consegna al paziente, la valutazione a distanza della saturazione di ossigeno e della frequenza cardiaca durante il videoconsulto. Il medico si avvale delle fasi di osservazione e dei segni riscontrati, nonché dei sintomi riferiti dal paziente, per un orientamento che definisca le successive azioni cliniche necessarie, in accordo con i percorsi definiti a livello regionale.

 

Spesa di personale (comma 10)

 

Per il 2020, a valere sulle risorse di cui al comma 11, le regioni e le province autonome sono autorizzate, anche in deroga ai vincoli previsti dalla legislazione vigente, ad incrementare la spesa di personale fino agli importi indicati nella tabella di cui all’allegato B, per:

§  implementazione ADI (comma 4): 265.028.624 euro;

§   reclutamento di Infermieri (comma 5): 332.640.000 euro;

§  rafforzamento USCA (comma 6): 61 milioni;

§  assunzione di assistenti sociali (comma 7): 14.256.000 euro;

§  personale Centrali operative regionali (comma 8): 23.675.000 euro.

 

A decorrere dal 2021 è altresì autorizzato l’incremento di spesa per l’attuazione dei commi 4, 5 e 8 fino agli importi indicati nella tabella di cui all’allegato B, che forma parte integrante del decreto in esame, a valere sulle risorse di cui al comma 11.

 

Risorse (comma 11)

 

2020 – Risorse incrementali complessive del livello del fabbisogno nazionale standard pari a: 1.256 milioni di euro.

 

Autorizzazioni di spesa

 

838.737.983 euro attuazione dei commi 2, 3, 4 e 8, rispettivamente Requisizione in uso immobili (commi 2 e 3); ADI (comma 4); Centrali operative (comma 8), di cui:

72.271.204 per Centrali operative regionali (comma 8)

 

407.896.000 euro attuazione dei commi 5, 6 e 7, di cui:

332.640.000 euro Infermieri di famiglia/comunità (comma 5)                                               61.000.000 euro USCA e specialisti convenzionati (co. 6)  

14.256.000 euro assistenti sociali (comma 7)

 

10 milioni per indennità personale infermieristico (comma 9)

__________________________________________________________

Totale incremento livello finanziamento Ssn 2020 1.256.633.983 euro

 

Al finanziamento di cui all’articolo in esame accedono tutte le regioni e le province autonome (in deroga alla legislazione vigente per le autonomie speciali in materia di concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente), sulla base delle quote di accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per il 2020 nelle seguenti modalità:

§  attuazione commi da 1 a 7 e 9, per un importo pari a 1.184.362.779 euro;

§  attuazione comma 8, sulla base delle necessità legate alla distribuzione delle centrali operative a livello regionale, per un importo pari a 72.271.204 euro.

 

Va ricordato che il finanziamento del SSN è stato disegnato dal D.Lgs. 56/2000 che ha previsto un sistema di finanziamento del SSN basato sulla capacità fiscale regionale, anche se corretto da adeguate misure perequative, stabilendo che al finanziamento del SSN concorrano l'IRAP, l'addizionale regionale all'IRPEF e la compartecipazione all'IVA.

Il fabbisogno sanitario nazionale standard è pertanto finanziato dalle seguenti fonti:

§  entrate proprie degli enti del SSN (ticket e ricavi derivanti dall'attività intramoenia dei propri dipendenti);

§  fiscalità generale delle regioni: IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all'IRPEF.

§  bilancio dello Stato: finanzia il fabbisogno sanitario non coperto dalle altre fonti di finanziamento essenzialmente attraverso la compartecipazione all'imposta sul valore aggiunto - IVA (destinata alle Regioni a statuto ordinario), e attraverso il Fondo sanitario nazionale (una quota è destinata alla Regione siciliana, mentre il resto finanzia anche le spese sanitarie vincolate a determinati obiettivi).

La composizione del finanziamento del SSN nei termini suddetti è evidenziata nei cosiddetti "riparti" (assegnazione del fabbisogno alle singole Regioni ed individuazione delle fonti di finanziamento) proposti dal Ministero della Salute sui quali si raggiunge un'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e che sono poi recepiti con propria delibera dal Comitato interministeriale per la programmazione economica - CIPE.

Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio. Fa eccezione la Regione siciliana, sola regione tra le autonomie speciali, a non finanziarie completamente i servizi di assistenza sanitaria sul proprio territorio. Ai sensi della legge 296/2006, articolo 1, comma 830, infatti, la regione a decorrere dal 2009, partecipa alla spesa sanitaria nella misura del 49,11%. Per la restante parte essa riceve i finanziamenti dallo Stato al pari delle regioni a statuto ordinario. Per tale ragione, la Regione siciliana è esclusa dalla normativa concernente le regioni a statuto speciale.

 

La ripartizione complessiva delle somme di cui al presente articolo, pari a 1.256.633.983 euro per il 2020, è riportata nella tabella di cui all’allegato A, che costituisce parte integrante del decreto in esame.

Agli oneri si provvede ai sensi dell’art. 265.

Le regioni e le province autonome e gli enti dei rispettivi servizi sanitari regionali provvedono alla rendicontazione delle spese sostenute nell’apposito centro di costo “COV-20”, di cui all’art. 18 del decreto legge 18/2020.

 

L’art. 18 del decreto legge 18/2020 ha stabilito gli obblighi contabili delle regioni e province autonome, e degli enti dei rispettivi servizi sanitari regionali, per dare opportuna evidenza contabile alla gestione dell’emergenza: i citati enti territoriali e del servizio sanitario, infatti, provvedono, in relazione alla contabilità dell’anno 2020, all’apertura di un centro di costo dedicato che deve essere contrassegnato dal codice univoco “COV 20”. Si precisa pertanto che deve essere garantita una tenuta distinta in relazione agli accadimenti contabili legati alla gestione dell’emergenza che in ogni caso confluiscono nei modelli economici di cui al decreto ministeriale 24 maggio 2019.

 

Dal 2021 - Autorizzazioni di spesa a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l’anno di riferimento

 

§  480.000.000 euro per il reclutamento di personale infermieristico (comma 5);

§  733.969.086 euro per il rafforzamento dell’ADI (comma 4);

§  32.496.931 per l’operatività delle Centrali regionali (comma 8).

 


 

Articolo 2, commi 1-12 e 14-15
(
Riordino della rete ospedaliera in emergenza COVID-19)

 

 

L’articolo 2 è finalizzato alla realizzazione di un rafforzamento strutturale della rete ospedaliera del Servizio sanitario nazionale mediante l’adozione di uno specifico piano di riorganizzazione in grado di fronteggiare in maniera adeguata le emergenze pandemiche  come quella da COVID-19 in corso. A tale scopo si prevede un aumento strutturale sul territorio nazionale di posti letto di terapia intensiva - ubicati anche in strutture movimentabili - e di area semi-intensiva (al 50% convertibili in posti di terapia intensiva), della dotazione dei mezzi di trasporto dedicati ai trasferimenti secondari dei pazienti COVID-19, e viene demandato alle regioni di consolidare all’interno delle strutture sanitarie la separazione dei percorsi di accesso e cura per i pazienti citati. Le Regioni e le province autonome vengono anche autorizzate ad incrementare le spese per le assunzioni di personale sanitario, socio-sanitario e tecnico. Per l'insieme di questi interventi è previsto uno stanziamento di 1,467 miliardi per il 2020 che sono trasferiti al Commissario straordinario per il contrasto COVID-19 che è autorizzato a delegare i propri poteri ai Presidenti delle regioni e province autonome, allo scopo di garantire la massima celerità negli interventi di potenziamento della rete ospedaliera.

 

A tale scopo il comma 1 prevede che le Regioni e le province autonome garantiscono l’incremento di attività in regime di ricovero in Terapia Intensiva e in aree di assistenza ad alta intensità di cure, rendendo strutturale la risposta all’aumento significativo della domanda di assistenza in relazione alle successive fasi di gestione della situazione epidemiologica correlata al virus Sars-CoV-2, ai suoi esiti e a eventuali accrescimenti improvvisi della curva pandemica.

 

In proposito la relazione illustrativa osserva che durante la fase più acuta dell’emergenza l’attivazione dei posti letto per la gestione dei pazienti COVID-19 è stata organizzata dalle Regioni secondo alcuni modelli di riferimento:

-       definizione di strutture a destinazione e trattamento esclusivo di patologie COVID- 19 connesse;

-       riconversione parziale di strutture ospedaliere non esclusivamente dedicate a tali pazienti e prosecuzione dell’assistenza all’interno della rete dell’emergenza con netta separazione dei percorsi;

-       allestimento di ospedali da campo o di unità mobili;

-       riconversione di unità operative di degenza o di servizi in reparti COVID-19 a media e alta intensità di cure, terapie semi-intensive ed intensive attraverso la rilevazione di spazi dismessi.

La fase emergenziale più acuta dell’epidemia è stata affrontata anche con la sospensione dell’attività ordinaria procrastinabile di ricovero ospedaliero e con la contestuale riconversione di molti reparti nonché sale operatorie. La finalità perseguita dall’articolo in esame è quindi quella di rendere strutturale la risposta assistenziale fornita nel momento dell’emergenza garantendo al tempo stesso il graduale ripristino delle attività ordinarie

In linea generale va poi ricordato che la terapia intensiva (in sigla TI) è il reparto ospedaliero dove vengono garantite cure intense a pazienti con particolari stati di salute di media o alta gravità, quali ad esempio il supporto delle funzioni vitali (respiratore meccanico, farmaci inotropi, ecc.), od anche dopo recente intervento chirurgico maggiore, necessità di monitoraggio continuo e intervento immediato. La terapia intensiva dispone normalmente per ogni unità letto di un respiratore automatico, monitor multiparametrico, un defibrillatore manuale, pompe infusionali, impianto d’aspirazione; nel reparto è garantita assistenza infermieristica specializzata in numero non inferiore ad una unità ogni due letti e di un medico, normalmente anestesita. È classicamente costituita da un unico spazio di degenza in modo da poter garantire in qualsiasi momento, da parte di tutto il personale presente, il controllo agevole di ciò che avviene nel reparto e la garanzia di immediati interventi in caso di necessità. Esistono terapie intensive specializzate in  cardiochirurgia,  cardiologia,  neurochirurgia,  traumatologia,  trapianti.

Lo scopo della terapia intensiva è, quello di stabilizzare le funzioni vitali dei pazienti gravi – la cui vita è in pericolo immediato – e permettere il successivo trasferimento in reparti meno intensivi, ma specializzati nel trattamento della singola patologia. Il tutto avviene grazie ad un monitoraggio avanzato del paziente (7 giorni su 7, 24 ore su 24) e all’utilizzo di tecnologie che supportano in primo luogo le funzioni respiratorie e cardiocircolatorie. Proprio per via dell’unicità delle condizioni dei pazienti che ne hanno bisogno, il numero dei letti di terapia intensiva è sempre molto ridotto rispetto ai letti di degenza ordinaria. E questo nonostante spesso, per consentire al malato di riprendersi, siano necessari tempi lunghi - da diversi giorni a qualche settimana - proprio come avviene per tanti pazienti COVID-19. Una delle caratteristiche principali della pandemia da COVID-19 si riscontra nella percentuale drammaticamente alta di pazienti che vanno in insufficienza respiratoria e hanno bisogno della terapia intensiva per sopravvivere. L'infezione causata dal nuovo coronavirus infatti provoca nel 10% dei casi una grave polmonite interstiziale bilaterale, con possibile sviluppo di Sindrome da Distress Respiratorio Acuto (ARDS).  

Per i pazienti meno critici, ma che necessitano comunque di un costante monitoraggio, il supporto delle funzioni vitali può avvenire anche all’interno delle cosiddette terapie sub-intensive, tramite macchinari meno invasivi

I piani di riorganizzazione di cui al presente comma, come approvati dal Ministero della salute ai sensi del comma 7, sono recepiti nei programmi operativi di cui all’articolo 18, comma 1, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18[2], e sono monitorati congiuntamente, a fini esclusivamente conoscitivi, dal Ministero della salute e dal Ministero dell’economia e delle finanze in sede di monitoraggio dei citati programmi operativi.

 

Il citato articolo 18, al comma 1, prevede, tra l’altro che ciascuna regione deve redigere un apposito Programma operativo per la gestione dell’emergenza Covid-19 che il Ministero della salute dovrà approvare, di concerto con il MEF. Il Programma, inoltre, dovrà essere sottoposto al monitoraggio congiunto di questi Ministeri.

 

Viene poi stabilito che ai fini del presente comma e nel rispetto dei principi di separazione e sicurezza dei percorsi, è resa, altresì, strutturale sul territorio nazionale la dotazione ulteriore di almeno 3.500 posti letto di terapia intensiva (corrispondente ad un incremento di circa 70% del numero di posti letto preesistenti la pandemia). Per ciascuna regione e provincia autonoma, tale incremento strutturale determina una dotazione pari a 0,14 posti letto per mille abitanti.

 

Secondo una rilevazione compiuta il 21 marzo scorso da quotidiano Sanità in collaborazione con l'Anaao Assomed, la dotazione di partenza di terapia intensiva, prima dell'emergenza da COVID-19 in Italia, era di 5.404 posti letto, tra pubblico e privato. Nelle settimane critiche dell’emergenza epidemiologica, da Nord a Sud, le Regioni si sono attivate, portando la cifra complessiva a lievitare fino a 7.781. Qui una tabella elaborata al 21 marzo della distribuzione per Regioni dei posti di T.I.

 

Il comma 2 dispone che le regioni e le province autonome programmano una riqualificazione di 4.225 posti letto di area semi-intensiva, con relativa dotazione impiantistica idonea a supportare le apparecchiature di ausilio alla ventilazione, mediante adeguamento e ristrutturazione di unità di area medica, prevedendo che tali postazioni siano fruibili sia in regime ordinario, sia in regime di trattamento infettivologico ad alta intensità di cure.

 

Come sopra già ricordato la terapia subintensiva (o semintensiva) è destinata ai pazienti che non hanno bisogno di un trattamento invasivo come quelli più critici, ma che a causa della loro gravità necessitano comunque di uno stretto e costante monitoraggio delle funzioni vitali. Si tratta di una unità intermedia tra la degenza ordinaria e il trattamento intensivo[3]. A differenza della terapia intensiva, quella subintensiva, inoltre, non è standardizzata, né nelle dotazioni né nelle modalità organizzative.

In una nota dell'Ospedale Lazzaro Spallanzani di Roma, in prima fila nel contrasto alla COVID-19, si legge che nella sezione di terapia subintensiva è disponibile “il monitoraggio dei segni vitali ed, eventualmente, anche la possibilità di ventilazione non-invasiva o invasiva”. Nel trattamento dell'infezione da coronavirus, oltre ai ventilatori tradizionali, vengono utilizzati con successo anche i caschi respiratori CPAP (Continuous Positive Airway Pressure). Sono dispositivi che permettono di fornire ventilazione artificiale a un paziente con difficoltà respiratorie e che possono rappresentare una delle dotazioni all'avanguardia delle terapie subintensive. La Fondazione Veronesi spiega che in terapia subintensiva possono passare i pazienti dopo il trattamento nella sezione più critica: “Superato il periodo di ricovero in terapia intensiva, un paziente potrebbe non essere ancora in grado di proseguire la degenza in un reparto ordinario. Da qui l'esigenza di avere delle strutture intermedie, dove i pazienti vengono monitorati 24 ore al giorno, ma con un supporto meno invasivo rispetto ai giorni precedenti”.

 

Viene poi stabilito che in relazione all’andamento della curva pandemica, per almeno il 50 per cento dei posti letto di area semi-intensiva sopra previsti, si possa prontamente procedere, in caso di emergenza, alla loro conversione in posti letti di terapia intensiva, mediante integrazione delle singole postazioni con la necessaria strumentazione di ventilazione e monitoraggio. Al funzionamento dei predetti posti letto, a decorrere dal 2021, si provvede con le risorse umane programmate a legislazione vigente.

 

Il comma 3 inoltre stabilisce che, allo scopo di fronteggiare l’emergenza pandemica, e comunque fino al 31 dicembre 2020, sarà resa disponibile, per un periodo massimo di 4 mesi dalla data di attivazione, una dotazione di 300 posti letto di terapia intensiva, suddivisa in 4 strutture movimentabili pronte per essere allestite in breve tempo nelle zone ad accresciuto fabbisogno.: per ciascuna struttura è prevista una dotazione di 75 posti letto, da allocare in aree attrezzabili preventivamente individuate da parte di ciascuna regione e provincia autonoma.

 

Nel complesso, secondo i dati del Ministero della salute[4] si passa da un numero di 5.179 posti letto di TI (pre-emergenza) a 8.679, con un incremento del 70%. A questi si aggiunge la predisposizione alla terapia intensiva, con la sola implementazione di ventilazione meccanica e monitoraggio, di 2.112 posti letto di terapia semintensiva (cfr. infra). Inoltre, si aggiungono 300 posti

letto di terapia intensiva suddivisi in 4 strutture movimentabili, pronte per essere allestite in breve

tempo nelle zone ad accresciuto fabbisogno. Questo porta la disponibilità di terapie intensive a 11.091 posti letto di terapia intensiva, + 115% rispetto alla disponibilità in pre-emergenza.

Di seguito i dati dei posti letto per Regione come da tabella contenuta nella relazione tecnica.

 

 

 

 

 

L’incremento di posti letto assegnato a ciascuna Regione è stato calcolato partendo dai posti letto iniziali attivi in ciascuna Regione, registrati nei flussi informativi nazionali, fino al raggiungimento di una dotazione pari a 0,14 posti letto per mille abitanti. Tale dotazione rende omogeneo su tutto il territorio nazionale il numero di posti letto per mille abitanti (0,14).

Alle Regioni ed alle province autonome che abbiano individuato unità assistenziali in regime di ricovero per pazienti affetti dal COVID-19, è poi demandato, ai sensi del comma 4, di provvedere a consolidare la separazione dei percorsi rendendola strutturale, e di assicurare la ristrutturazione dei Pronto Soccorso con l’individuazione di distinte aree di permanenza per i pazienti sospetti COVID-19 o potenzialmente contagiosi, in attesa di diagnosi.

 

Le Regioni vengono poi autorizzate a implementare i mezzi di trasporto dedicati ai trasferimenti secondari per i pazienti Covid-19, per le dimissioni protette e per i trasporti interospedalieri per pazienti non affetti da Covid-19 (comma 5). Per l’operatività di tali mezzi di trasporto, potranno assumere personale dipendente medico, infermieristico e operatore tecnico, con decorrenza 15 maggio 2020.

A tal fine, il limite di spesa regionale per l’anno 2020 è riportato nella colonna 6 della tabella di riparto di cui all’Allegato C, che forma parte integrante del presente decreto (pari a 263.900.000 euro ripartiti tra le Regioni secondo le indicazioni dell’Allegato).

 

Il comma 6, intervenendo sull’articolo 1, commi 1 e 2 del D.L. n. 18/2020, modifica le finalità e gli importi di uno stanziamento già previsto in favore del personale sanitario (dipendente dagli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale).

La novella - fermo restando il riferimento al solo personale direttamente impiegato nelle attività di contrasto dell'emergenza epidemiologica determinata dal diffondersi del virus COVID-19 - prevede (lettera a) del comma 6) che le risorse siano destinate prioritariamente alla remunerazione delle prestazioni correlate alle particolari condizioni di lavoro del personale suddetto, mentre la versione previgente prevedeva (in via tassativa) la destinazione alla remunerazione delle prestazioni di lavoro straordinario (del medesimo personale).

Si prevede inoltre che le regioni e le province autonome possano raddoppiare (lettera b) del comma 6) la misura dello stanziamento già vigente, con proprie risorse (fermo restando l'equilibrio economico del sistema sanitario dell'ente). Con riferimento a tale ipotesi, il successivo comma 10 prevede un incremento di 190 milioni di euro, per il 2020, del livello del finanziamento sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato (cfr. infra), incremento che è ripartito tra le regioni e le province autonome dall'allegato C del presente decreto -. La misura dello stanziamento già vigente (che può essere, come detto, suscettibile di un raddoppio) è stabilita, per ciascuna regione o provincia autonoma, nella terza colonna della tabella A allegata al D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27 (colonna che fa riferimento, nell'intestazione, all'articolo 1, comma 1, dello stesso D.L. n. 18). Si rileva che il totale dello stanziamento già vigente è pari a 250 milioni di euro, mentre l'incremento di cui al successivo comma 10 è pari a 190 milioni; da tale differenza consegue che una quota del raddoppio - qualora l'ente attui tale facoltà in misura integrale - debba essere coperta con ulteriori risorse dell'ente.

In relazione alla modifica suddetta nella destinazione delle risorse, la novella prevede (lettera a) citata) che le risorse in oggetto incrementino - oltre che il "fondo per la retribuzione delle condizioni di lavoro" della dirigenza medica e sanitaria[5] ed il "fondo condizioni di lavoro e incarichi" del personale del comparto sanità[6] - per la "restante parte" i fondi incentivanti. Si valuti l'opportunità di chiarire i criteri di determinazione di tale quota, considerato che non viene specificato l'importo da destinare ai due fondi summenzionati. Inoltre, la novella (lettera b) citata) fa un riferimento specifico - per la possibile destinazione degli incrementi in esame - all'indennità per il personale infermieristico di cui all'articolo 86, comma 6, del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto sanità per il triennio 2016-2018.

La novella specifica altresì (lettera a) citata) che gli incrementi in oggetto delle remunerazioni sono consentiti in deroga - oltre che al livello massimo delle risorse per i trattamenti economici accessori dei pubblici dipendenti, come già previsto dalla formulazione vigente - agli altri vincoli in materia di spesa per il personale.

 

Il comma 7 incrementa anche per le finalità di cui ai commi 1 e 5 (terzo periodo) del presente articolo, le risorse finanziarie già destinate alle assunzioni previste dalle disposizioni di cui  all’articolo 2-bis, commi 1, lettera a) e 5, e all’ articolo 2-ter del decreto legge 17 marzo 2020, n.18[7], vale a dire:

Più in particolare, le Regioni e le province autonome sono autorizzate ad incrementare la spesa di personale, per l’anno 2020, nel limite massimo di 240.975.000 euro, anche in deroga ai vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia, da ripartirsi, per il medesimo anno 2020, a livello regionale come indicato nelle colonne 3 e 5 della tabella di cui all’allegato C, del decreto legge.

 

L’articolo 2-bis summenzionato concerne il conferimento, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di incarichi di lavoro autonomo ad iscritti agli albi delle professioni sanitarie ed agli operatori socio-sanitari (comma 1, lettera a), e commi da 2 a 4) ovvero a personale medico, veterinario, sanitario e socio-sanitario collocato in quiescenza (comma 5

commi da 1 a 3 dell'articolo 2-ter consentono, in via transitoria, il conferimento, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di incarichi individuali a tempo determinato al personale delle professioni sanitarie e ad operatori socio-sanitari, mediante avviso pubblico e selezione per colloquio orale. Il comma 5 reca, in merito, norme specifiche relative ai medici in formazione specialistica. Il comma 4 reca una norma transitoria sulle modalità di svolgimento della prova finale dei corsi di laurea afferenti alle classi di laurea nelle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche.

 

All’onere sopra indicato di 240.975.000 euro si provvede a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l’anno 2020.

 

Il livello del fabbisogno nazionale standard determina il finanziamento complessivo della sanità cui concorre lo Stato ed è determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria. Pertanto, si tratta di un livello programmato che costituisce il valore di risorse che lo Stato è nelle condizioni di destinare al Servizio sanitario nazionale per l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA, definiti da ultimo DPCM 12 gennaio 2017).

Tale livello è stato determinato, da ultimo, per il triennio 2019-2021 dall'art. 1, co. 514-516 della legge di bilancio (L. n. 145 del 2018) in 114.439 milioni di euro nel 2019 ed incrementato di 2.000 milioni per il 2020 e ulteriori 1.500 milioni per il 2021. Per gli anni 2020 e 2021, l'accesso da parte delle regioni agli incrementi del livello di finanziamento del fabbisogno sanitario, rispettivamente di 2.000 e 3.500 milioni di euro, è stato condizionato alla stipula dell'Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni per il Patto per la salute 2019-2021, che ha previsto le misure di programmazione e di miglioramento della qualità delle cure e dei servizi erogati, oltre che di efficientamento dei costi. Il  Patto per la Salute 2019-2021, in base al comma 515, art. 1, della legge di bilancio 2019 (Legge n. 145/2018) avrebbe dovuto essere sottoscritto entro il 31 marzo 2019, pena il mancato accesso delle regioni agli incrementi stabiliti per il livello di finanziamento del SSN per gli anni 2020 e 2021, rispettivamente pari a 2.000 e 1.500 milioni di euro. L'art. 42 del D.L. n. 124 del 2019, cd. "Fiscale", convertito dalla L. 157/2019, al comma 1, ha disposto la proroga al 31 dicembre 2019 del termine per la sottoscrizione del nuovo Patto per la Salute 2019-2021. In Conferenza Stato-Regioni, il 18 dicembre 2019 è stata raggiunta finalmente l'intesa sul Patto, con il testo definitivo (qui il contenuto dell'Atto).

Va ricordato inoltre che l’articolo 18 del D.L. 18/2020 (c.d. “Cura Italia, cfr. supra) ha incrementato il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato di 1.410 milioni di euro per l'anno 2020, sia in relazione agli interventi previsti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale, sia per le misure di incremento delle assunzioni nel comparto sanitario disposte dal decreto-legge 9 marzo 2020, n. 14 (poi trasfuso nel D.L. 18/2020).

 

Nei piani di riorganizzazione diretti a fronteggiare le emergenze pandemiche di cui al comma 1, le regioni e le province autonome indicano le unità di personale aggiuntive rispetto alle vigenti dotazioni organiche da assumere o già assunte (ai sensi degli articoli 2-bis e 2-ter del decreto legge n. 18 del 2020). Per le finalità di cui ai commi 1 e 5, secondo periodo, del presente articolo (aumenti posti terapia intensiva e ad alta intensità di cure, nonché dei mezzi di trasporto per i trasferimenti secondari dei pazienti da COVID-19), a decorrere dal 1° Gennaio 2021, le Regioni e le province autonome sono autorizzate ad incrementare la spesa di personale nel limite massimo di 347.060.000 euro, anche in deroga ai vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia di spesa di personale, da ripartirsi, a decorrere dall’anno 2021, a livello regionale come indicato nelle colonne 6 e 7 della citata tabella di cui all’allegato C.

 

Il comma 8 definisce le modalità di adozione dei piani di riorganizzazione di cui al comma 1. Viene previsto che entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, le regioni e le province autonome presentano il piano, comprensivo di tutte le misure sopra descritte, al Ministero della salute, che provvede ad approvarlo entro trenta giorni dalla ricezione. Il Ministero ha facoltà di richiedere una sola volta chiarimenti o integrazioni alla Regione o provincia autonoma, che ne dà riscontro entro i successivi dieci giorni, durante i quali il termine di approvazione è sospeso. Decorso il termine previsto per l’approvazione, senza l’adozione di un provvedimento negativo espresso da parte del Ministero, il piano si intende approvato. Nel caso di mancata presentazione del piano da parte della regione o della provincia autonoma oppure nel caso di adozione di un provvedimento negativo espresso da parte del Ministero, il piano è adottato dal Ministero della salute nel successivo termine di trenta giorni, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

 

I commi 9 e 10 quantificano l’onere recato dalle misure previste dall’articolo in esame.

Più in particolare il comma 9 autorizza per l’anno 2020 la spesa complessiva di 1.467.491.667 euro, per l’attuazione dei commi 1, 2, 3, 4 e 5, primo periodo, del presente articolo. Più nel dettaglio vengono autorizzati 1.413.145.000 euro in relazione a quanto previsto dai commi 1, 2, 4 e 5, primo periodo, vale a dire:

§  aumento dei posti letto di terapia intensiva e semi-intensiva;

§  realizzazione di una separazione strutturale dei percorsi di accesso e cura dei pazienti;

§  implementazione dei mezzi di trasporto dedicati ai trasferimenti secondari dei pazienti COVID.

Vengono invece stanziati 54.346.667 euro in relazione a quanto previsto dal comma 3, vale a dire: - realizzazione di 300 posti letto di terapia intensiva, suddivisi in 4 strutture movimentabili, ciascuna delle quali dotata di 75 posti letto, da allocare in aree attrezzabili preventivamente individuate da parte di ciascuna regione e provincia autonoma.

A tal fine è istituito per l'anno 2020 apposito capitolo nello stato di previsione del Ministero della salute per l'importo di 1.467.491.667 euro.

Il comma in esame prevede inoltre che per far fronte ai successivi oneri di manutenzione delle attrezzature per posto letto, dei pronto soccorso e dei mezzi di trasporto, a decorrere dall’anno 2021 all’onere complessivo di 25.025.250 euro si provvede a valere sul livello finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l’anno di riferimento. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Il comma 10 autorizza la spesa complessiva di 430.975.000 euro per l’anno 2020, per l’attuazione dei commi 5, terzo periodo, 7, nonché al fine di integrare le risorse per le finalità di cui al comma 6, lettera a).  Di questi 190.000.000 euro sono stanziati per il comma 6, lettera a) e 240.975.000 euro per l’attuazione dei commi 5, terzo periodo, e 7 (cfr.supra).

A tale fine, è conseguentemente incrementato, per l'anno 2020, il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato. Al finanziamento di cui al presente comma accedono tutte le regioni e province autonome di Trento e di Bolzano, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente, sulla base delle quote di accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l’anno 2020 e per gli importi indicati nell’Allegato C, che costituisce parte integrante del presente decreto.

Va ricordato che il finanziamento del SSN è stato disegnato dal D.Lgs. 56/2000 che ha previsto un sistema di finanziamento del SSN basato sulla capacità fiscale regionale, anche se corretto da adeguate misure perequative, stabilendo che al finanziamento del SSN concorrano l'IRAP, l'addizionale regionale all'IRPEF e la compartecipazione all'IVA.

Il fabbisogno sanitario nazionale standard è pertanto finanziato dalle seguenti fonti:

§  entrate proprie degli enti del SSN (ticket e ricavi derivanti dall'attività intramoenia dei propri dipendenti);

§  fiscalità generale delle regioni: IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all'IRPEF.

§  compartecipazione delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano: tali enti compartecipano al finanziamento sanitario fino a concorrenza del fabbisogno non soddisfatto dalle fonti di cui ai precedenti punti, tranne la Regione siciliana, per la quale l'aliquota di compartecipazione è fissata dal 2009 nella misura del 49,11 per cento del suo fabbisogno sanitario (legge n. 296/2006 art. 1, comma 830);

Più nel dettaglio, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio. Fa eccezione la Regione siciliana, sola regione tra le autonomie speciali a non finanziarie completamente i servizi di assistenza sanitaria sul proprio territorio. Ai sensi della legge 296/2006, articolo 1 comma 830, infatti, la regione a decorrere dal 2009, partecipa alla spesa sanitaria nella misura del 49,11%. Per la restante parte essa riceve i finanziamenti dallo Stato al pari delle regioni a statuto ordinario. Per tale ragione, la Regione siciliana è esclusa dalla normativa concernente le regioni a statuto speciale.

§  bilancio dello Stato: finanzia il fabbisogno sanitario non coperto dalle altre fonti di finanziamento essenzialmente attraverso la compartecipazione all'imposta sul valore aggiunto - IVA (destinata alle Regioni a statuto ordinario), e attraverso il Fondo sanitario nazionale (una quota è destinata alla Regione siciliana, mentre il resto finanzia anche le spese sanitarie vincolate a determinati obiettivi).

La composizione del finanziamento del SSN nei termini suddetti è evidenziata nei cosiddetti "riparti" (assegnazione del fabbisogno alle singole Regioni ed individuazione delle fonti di finanziamento) proposti dal Ministero della Salute sui quali si raggiunge un'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e che sono poi recepiti con propria delibera dal Comitato interministeriale per la programmazione economica - CIPE.

 

Le regioni e le province autonome e gli enti dei rispettivi servizi sanitari regionali provvedono alla rendicontazione delle spese sostenute nell’anno 2020 nell’apposito centro di costo “COV-20”, di cui all’art. 18 del decreto legge 18 del 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2020.

 

In proposito va ricordato che il comma 1 del citato articolo 18 del D.L. 18/2020 ha stabilito gli obblighi contabili delle regioni e province autonome, e degli enti dei rispettivi servizi sanitari regionali, per dare opportuna evidenza contabile alla gestione dell’emergenza: i citati enti territoriali e del servizio sanitario, infatti, provvedono, in relazione alla contabilità dell’anno 2020, all’apertura di un centro di costo dedicato che deve essere contrassegnato dal codice univoco “COV 20”. Si precisa pertanto che deve essere garantita una tenuta distinta in relazione agli accadimenti contabili legati alla gestione dell’emergenza che in ogni caso confluiscono nei modelli economici di cui al decreto ministeriale 24 maggio 2019.

Si ricorda che con quest’ultimo decreto sono stati adottati, per gli enti del Ssn, nuovi modelli di rilevazione economica del Conto Economico, dello Stato Patrimoniale, dei costi di Livelli essenziali di Assistenza e del Conto del Presidio, anche per tenere conto dell’evoluzione normativa data essenzialmente dal D.Lgs. n. 118 del 2011, che ha attuato le deleghe della L. 42 del 2009 in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi. I nuovi modelli, in particolare, sono diretti ad assicurare una più organica ed omogenea attività di rilevazione dei dati di ricavo e di costo degli enti del Servizio sanitario Nazionale di cui all'art. 19, comma 2, lettera c)del citato decreto legislativo (vale a dire aziende sanitarie locali (ASL); aziende ospedaliere (AO); istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici (IRCCS), anche se trasformati in fondazioni; aziende ospedaliere universitarie integrate con il SSN), tendendo a garantire la piena coerenza trai dati contenuti nei diversi modelli di rilevazione economica e a rispondere alle esigenze informative, sia a livello ministeriale che regionale, per una più puntuale e dettagliata articolazione degli fatti economici.

 

A decorrere dall’anno 2021, all’onere pari a 347.060.000 euro, relativo alla spesa per il personale aggiuntivo di cui al comma 7 del presente articolo, si provvede a valere sul livello finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l’anno di riferimento. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Il comma 11 prevede che a seguito dell’approvazione da parte del Ministero della salute di ciascun piano di riorganizzazione, considerata l’urgenza, gli importi di cui al comma 9 relativi all’anno 2020, pari a complessivi 1.467.491.667 euro, sono trasferiti al Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e il contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19, e si compongono di 1.413.145.000 euro, da ripartire a livello regionale secondo la Tabella di cui all’Allegato D, e di 54.346.667 euro per le strutture movimentabili di cui al comma 3. Il Commissario Straordinario procederà, nell’ambito dei poteri conferitigli dall’articolo 122 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, a dare attuazione ai piani, garantendo la massima tempestività e l’omogeneità territoriale, in raccordo con ciascuna regione e provincia autonoma.

 

 Il comma 12 autorizza il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e il contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19, a delegare – per l’attuazione del piano di riorganizzazione per far fronte alle emergenze pandemiche di cui al comma 1 - l'esercizio dei poteri a lui attribuiti (ai sensi e per gli effetti dell'articolo 122 del decreto legge  17 marzo 2020, n. 18) a ciascun Presidente  di  regione  o  di  provincia autonoma che  agisce  conseguentemente in  qualità  di  commissario delegato.

 

Il comma 12 prevede quindi che per l'attuazione del piano di riorganizzazione, il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e il contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19 (figura istituita, com'è noto, dall'articolo 122 del decreto-legge n. 18 del 2020) possa delegare i poteri a lui spettanti al Presidente di regione o di provincia autonoma interessato.

Quest'ultimo agisce conseguentemente in qualità di commissario delegato, a titolo gratuito, nel rispetto delle direttive impartite e delle tempistiche stabilite dal Commissario straordinario.

 

A sua volta, l'articolo 122 del decreto-legge n. 18 del 2020, richiamato dalla previsione in esame, specifica, al comma 1, che il Commissario, "raccordandosi con le regioni, le province autonome e le aziende sanitarie" provvede al potenziamento della capienza delle strutture ospedaliere, anche mediante l'allocazione delle dotazioni infrastrutturali, con particolare riferimento ai reparti di terapia intensiva e sub-intensiva.

Inoltre, il modulo procedimentale disegnato dall'articolo 122, comma 2 del citato decreto-legge n. 18 del 2020, stabilisce che il Commissario collabori con le regioni e le supporti nell'esercizio delle relative competenze in materia di salute e può, anche su richiesta delle regioni, adottare in via d'urgenza, nell'ambito delle funzioni sue proprie, i provvedimenti necessari (di natura non normativa) a fronteggiare ogni situazione eccezionale, i quali sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-regioni e alle singole regioni interessate, che possono chiederne il riesame.

 

Le competenze del Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID -19 sono definite dal comma 1 dell'articolo 122 del decreto-legge n. 18 del 2020.

Esso prevede che il Commissario "attua e sovrintende a ogni intervento utile a fronteggiare l'emergenza sanitaria", organizzando, acquisendo e sostenendo la produzione di ogni genere di bene strumentale utile a contenere e contrastare l'emergenza, o comunque necessario in relazione alle misure adottate per contrastarla. Inoltre programma e organizza ogni attività connessa, individuando e indirizzando il reperimento delle risorse umane e strumentali necessarie, individuando i fabbisogni, e procedendo all'acquisizione e alla distribuzione di farmaci, delle apparecchiature e dei dispositivi medici e di protezione individuale.

Nell'esercizio di tali attività, il Commissario può avvalersi di soggetti attuatori e di società in house, nonché delle centrali di acquisto.

Si è ricordato supra come il Commissario, raccordandosi con le regioni, le province autonome e le aziende sanitarie, provveda inoltre al potenziamento della capienza delle strutture ospedaliere, anche mediante l'allocazione delle dotazioni infrastrutturali, con particolare riferimento ai reparti di terapia intensiva e sub-intensiva.

Il Commissario dispone, anche per il tramite del Capo del Dipartimento della protezione civile e, ove necessario, del prefetto territorialmente competente, ai sensi dell'articolo 6 del decreto-legge n. 18, la requisizione di beni mobili, mobili registrati e immobili, e provvede alla gestione.

Il Commissario pone in essere ogni intervento utile per preservare e potenziare le filiere produttive dei beni necessari per il contrasto e il contenimento dell'emergenza. Per la medesima finalità, può provvedere alla costruzione di nuovi stabilimenti e alla riconversione di quelli esistenti per la produzione di detti beni tramite il commissariamento di rami d'azienda, anche organizzando la raccolta di fondi occorrenti e definendo le modalità di acquisizione e di utilizzazione dei fondi privati destinati all'emergenza, organizzandone la raccolta e controllandone l'impiego.

 

La formulazione del comma 12 prevede dunque la possibilità di una delega, conferibile dal Commissario senza specifiche formalità, anche a prescindere dal tipo di poteri delegabili, e in piena autonomia (trattandosi di una deliberazione del Commissario e non di una proposta di attribuzione dei propri poteri al presidente della regione, da formalizzare con d.P.C.m. o altro atto).

In proposito, da un’analisi del quadro normativo vigente non sembrano riscontrarsi precedenti in cui si sia attribuito al Commissario, organo tecnico, il potere di delegare le proprie funzioni o l'esercizio dei propri poteri, all'organo politico di vertice di una regione.

 

Si valuti quindi l'opportunità di chiarire la previsione del comma 12, anche con riguardo alla tipologia di funzioni che il Commissario può delegare al Presidente della regione e ai casi in cui si verifica tale delega. Si valuti inoltre l'opportunità di definire il procedimento e la tipologia di atto con i quali potrà avvenire tale delega.

 

Il comma 14 prevede che la proprietà delle opere realizzate dal Commissario sia delle aziende   del Servizio sanitario nazionale presso le quali sono realizzate. Qualora la regione abbia già provveduto in tutto o in parte alla realizzazione delle opere anteriormente al presente decreto-legge il Commissario è autorizzato a finanziarle a valere sulle risorse di cui al presente articolo e nei limiti delle stesse. Il comma 15 dispone che agli oneri derivanti dai commi 9 e 10 pari a 1.898.466.667 di euro per l'anno 2020, si provvede ai sensi dell'articolo 265 (Disposizioni finanziarie finali).


 

Articolo 2, comma 13
(Esecuzione delle opere edilizie per la rete ospedaliera)

 

 

Il comma 13 dell’articolo 2 consente di eseguire le opere edilizie, strettamente necessarie a perseguire le finalità per il riordino della rete ospedaliera in emergenza COVID-19, in deroga alle disposizioni previste dal Testo unico dell’edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), delle leggi regionali, dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi locali. La disposizione consente, inoltre, per le medesime opere edilizie, di derogare, fino al termine dello stato di emergenza, agli obblighi in materia di prevenzione incendi previsti dal D.P.R. n. 151/2011, prevedendo che i requisiti minimi antincendio sono assolti con l’osservanza delle disposizioni del D.Lgs. n. 81/2008, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

 

Più nel dettaglio, il comma 13 dell’art. 2 stabilisce che le opere edilizie strettamente necessarie a perseguire le finalità di cui al presente articolo (ossia il riordino della rete ospedaliera in emergenza COVID-19) possono essere eseguite:

§  in deroga alle disposizioni di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, delle leggi regionali, dei piani regolatori e dei regolamenti edilizi locali;

§  nonché, sino al termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020 (e quindi, allo stato, fino al 31 luglio 2020) e delle successive eventuali proroghe, in deroga agli obblighi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1 agosto 2011, n. 151, recante il Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi.

La norma in esame chiarisce inoltre che il rispetto dei requisiti minimi antincendio si intende assolto con l’osservanza delle disposizioni del D.Lgs. n. 81/2008.

Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, d’ora in avanti TUE) detta i principi fondamentali e generali e le disposizioni per la disciplina dell’attività edilizia. Il Titolo II del TUE contiene le disposizioni sui titoli abilitativi necessari per tutti gli interventi edilizi, che devono comunque rispettare le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali (tra cui i piani regolatori), e le altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia, in particolare le norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. n. 42/2004).

Le norme sui titoli abilitativi sono state modificate da numerosi provvedimenti, tra i quali si ricordano i più recenti:

§  legge 28 dicembre 2015 n. 221 (Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali);

§  decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 126 (Attuazione della delega in materia di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA));

§  decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127 (Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell’articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124);

§  decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222 (Individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA2), silenzio assenso e comunicazione e di definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attività e procedimenti).

Attualmente, il TUE prevede cinque regimi amministrativi degli interventi edilizi: l’attività edilizia libera, il permesso di costruire, la segnalazione certificata di inizio attività (Scia), la segnalazione certificata di inizio attività in alternativa al permesso di costruire e la comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila).

In tale ambito, le regioni possono disciplinare autonomamente l’attività edilizia ed i titoli abilitativi, nel rispetto dei principi fondamentali e delle indicazioni del Testo Unico. Le regioni ordinarie esercitano la potestà legislativa concorrente in materia edilizia e governo del territorio nel rispetto dei principi fondamentali della legislazione statale desumibili dalle disposizioni contenute nel testo unico. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano esercitano la propria potestà legislativa esclusiva, nel rispetto e nei limiti degli statuti di autonomia e delle relative norme di attuazione.

Si ricorda, poi, che all’interno del citato D. Lgs. n. 81/2008, l’art. 46 disciplina la prevenzione incendi nei luoghi di lavoro, stabilendo, in primo luogo, che la prevenzione incendi è la funzione di preminente interesse pubblico, di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell'ambiente. In particolare, nei luoghi di lavoro soggetti al citato decreto legislativo (che si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio) devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l'incolumità dei lavoratori.

Si ricorda, inoltre, che in tema di norme antincendio, il regolamento di cui al D.P.R. n. 151/2011 individua le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi e disciplina la verifica delle condizioni di sicurezza antincendio, attribuite secondo la normativa alla competenza del Comando VVF. Nell'ambito di applicazione del regolamento rientrano tutte le attività riportate nell'Allegato I, soggette ai controlli di prevenzione incendi che, a seconda della categoria di appartenenza A, B, C, devono ottenere la conformità antincendio. In tale ambito sono incluse le strutture sanitarie con superficie superiore a 500m2 (punto 68, Allegato I, D.P.R. n. 151/2011).

 

L’ultimo periodo del comma 13 consente, infine, l’inizio dei lavori contestualmente alla presentazione della istanza o della denuncia di inizio di attività presso il comune competente.

Si segnala che tale possibilità è già prevista, in merito alla SCIA in generale, dall’art. 19, comma 2 della L. n. 241/1992, come modificato dal D.Lgs. n. 126/2016, che stabilisce, in particolare, che l'attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all'amministrazione competente.

L’espressione “denuncia di inizio attività” (DIA) presente nella norma in esame andrebbe sostituita con l’espressione “segnalazione certificata di inizio attività” (SCIA), in conformità con l’attuale formulazione dell’art. 19 della legge n. 241/1990.

 

Si ricorda che la SCIA si configura come una semplice segnalazione – corredata dalla documentazione richiesta dalla normativa di settore – da parte dell’interessato all’amministrazione pubblica competente, non utilizzabile nei casi in cui siano richiesti “titoli espressi” – ovvero in presenza di vincoli normativi di carattere ambientale, paesaggistico, culturale o inerenti alla salute, alla sicurezza pubblica, alla difesa nazionale – senza che vengano preventivamente acquisiti gli atti di assenso (autorizzazione, nulla osta, parere preventivo, ecc.) dell’ente preposto alla tutela del vincolo stesso (art. 22, co. 6, del D.P.R. n. 380/2001, cosiddetta “SCIA condizionata”).

Rispetto alla DIA, che prevede, prima dell’avvio dell'intervento, l’assenso del Comune, che può anche negarne l'approvazione, l’innovazione della SCIA più importante consiste nel poter iniziare qualsiasi attività dalla data di presentazione della medesima all’amministrazione competente, purché siano verificate due condizioni, ovvero: siano stati acquisiti tutti i preventivi atti di assenso, eventualmente previsti dalle leggi e norme vigenti; le attività e/o gli immobili oggetto di intervento non siano localizzati all’interno dei centri storici e nelle altre aree di particolare pregio ambientale, storico, artistico (ovvero all’interno delle Zone “A” di cui al D.M. n. 1444/1968 ed aree equipollenti), in cui l’inizio dei lavori può avvenire solo dopo 30 giorni dalla data di presentazione della SCIA (art. 23-bis, co. 4, del D.P.R. n. 380/2001).

 

Si fa presente infine che il comma 13, ultimo periodo, è in sostanza analogo a quanto previsto dall’art. 4, comma 2 del D.L. 18/2020 (cd. Decreto Cura Italia, vedi qui il dossier).


 

Articolo 3
(Incarichi a tempo determinato ai medici in formazione specialistica)

 

 

L'articolo 3 modifica le norme transitorie sugli incarichi a tempo determinato ai medici in formazione specialistica, nell'ambito della disciplina che consente, sempre in via transitoria, in relazione all'emergenza epidemiologica da COVID-19, il conferimento, da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale, di incarichi individuali a tempo determinato al personale delle professioni sanitarie e ad operatori socio-sanitari (mediante avviso pubblico e selezione per colloquio orale). Le novelle di cui al presente articolo concernono in particolare i limiti di durata e le ipotesi di proroga.

 

Si prevede, in primo luogo, che gli incarichi in oggetto ai medici in formazione specialistica[8] abbiano una durata di sei mesi, mentre le norme per il personale sanitario e socio-sanitario summenzionati stabiliscono la durata di un anno. Resta fermo che, per i medici in formazione specialistica, l'incarico è ammesso esclusivamente per gli iscritti all'ultimo o penultimo anno dei relativi corsi di specializzazione.

Si valuti l'opportunità di chiarire gli effetti del nuovo termine di durata per gli incarichi già conferiti, considerato che, nella disciplina finora vigente, il termine di un anno trovava applicazione anche per i medici in formazione specialistica.

In secondo luogo, si consente - in relazione al nuovo termine di sei mesi - una proroga della durata dell’incarico, in ragione del perdurare dello stato di emergenza, fino al 31 dicembre 2020, previa definizione dell'accordo di cui all'articolo 1, comma 548-bis, settimo periodo, della L. 30 dicembre 2018, n. 145, e successive modificazioni. Si valuti l'opportunità di chiarire i termini dell’ipotesi di proroga, considerato che, nella disciplina vigente, lo stato di emergenza cessa il 31 luglio 2020 (in base alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020).

Si ricorda che la norma richiamata di cui al comma 548-bis prevede, in materia di formazione (medica e veterinaria) specialistica a tempo parziale, la stipulazione di specifici accordi tra le regioni, le province autonome e le università interessate, sulla base di un accordo quadro, adottato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome[9].

La novella dispone altresì che, per le ipotesi di proroga in esame, l'accordo tenga conto delle eventuali e particolari esigenze di recupero - all'interno dell'ordinaria durata legale del corso di studio - delle attività formative, teoriche e assistenziali, necessarie al raggiungimento degli obiettivi formativi previsti.

Resta fermo (come previsto dalla formulazione già vigente) che: i medici in formazione specialistica restano iscritti alla scuola di specializzazione universitaria e continuano a percepire il trattamento economico previsto dal contratto di formazione specialistica, integrato dagli emolumenti corrisposti per l’attività lavorativa svolta; il periodo di attività, svolto dai suddetti medici durante lo stato di emergenza in oggetto, è riconosciuto ai fini del ciclo di studi che conduce al conseguimento del diploma di specializzazione.

 

Le novelle suddette riguardano il comma 5 dell'articolo 2-ter del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, mentre le norme che concernono in generale il personale delle professioni sanitarie e gli operatori socio-sanitari sono poste dai commi da 1 a 3 del medesimo articolo 2-ter[10].

La possibilità di conferimento degli incarichi a tempo determinato in esame è ammessa durante la vigenza dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, di cui alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 (la quale ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera). Il conferimento (da parte degli enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale) può concernere il personale delle professioni sanitarie e gli operatori socio-sanitari.

Riguardo al richiamo concernente le professioni sanitarie, si ricorda che il conferimento può riguardare i soggetti iscritti agli albi professionali degli ordini[11]: dei medici-chirurghi e degli odontoiatri; dei veterinari; dei farmacisti; dei biologi; dei fisici e dei chimici; delle professioni infermieristiche; della professione di ostetrica; dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione; degli psicologi.

Gli incarichi in esame non sono rinnovabili[12] e sono conferiti mediante procedure comparative per titoli o colloquio orale o per titoli e colloquio orale, svolte con forme di pubblicità semplificata, quali la pubblicazione dell'avviso - per una durata minima di cinque giorni - solo sul sito internet dell'azienda che lo bandisca.

In ogni caso, il ricorso agli incarichi in esame è subordinato alla previa verifica - da parte dei medesimi enti ed aziende del Servizio sanitario nazionale - dell'impossibilità di utilizzare personale già in servizio nonché di ricorrere agli idonei collocati in graduatorie concorsuali in vigore.

Le attività professionali svolte in base ai suddetti incarichi a termine costituiscono titoli preferenziali nelle procedure concorsuali per l'assunzione presso le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.

Il successivo articolo 17-ter, comma 2, dello stesso D.L. n. 18 reca alcune specificazioni sulle modalità di applicazione dell’articolo 2-ter in esame alle aziende ospedaliero-universitarie.


 

Articolo 4
(Misure urgenti per l’avvio di specifiche funzioni
assistenziali per l’emergenza COVID-19)

 

 

Allo scopo di fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, limitatamente al periodo dello stato di emergenza, l’articolo 4 prevede e disciplina il riconoscimento alle strutture sanitarie inserite nei piani per incrementare la dotazione dei posti letto in terapia intensiva, di una remunerazione per una specifica funzione assistenziale per i maggiori costi correlati all’allestimento dei reparti ed alla gestione dell’emergenza. La definizione delle modalità di determinazione di tale remunerazione è rimessa ad un decreto del Ministro della salute previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni. Viene abrogato l’articolo 32 del D.L. 23/2020 disciplinante la stessa materia.

 

Più nel dettaglio, il comma 1 prevede che per far fronte all’emergenza epidemiologica COVID-19, limitatamente al periodo dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020 (vale a dire fino al 31 luglio 2020), le regioni, anche quelle in piano di rientro[13], e le province autonome di Trento e Bolzano, possono riconoscere alle strutture sanitarie  inserite nei piani adottati per incrementare la dotazione dei posti letto in terapia intensiva e nelle unità operative di pneumologia e di malattie infettive, isolati e allestiti con la dotazione necessaria per il supporto ventilatorio (di cui all’articolo 3,  comma 1, lettera b) del D.L. 18/2020[14]), la remunerazione di una specifica funzione assistenziale per i maggiori costi correlati all'allestimento dei reparti e alla gestione dell'emergenza COVID 19 secondo le disposizioni dei predetti piani, e un incremento tariffario per le attività rese a pazienti COVID.

 

Va ricordato che con Delibera del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi (pertanto fino al 31 luglio 2020) in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, disponendo che si provveda con ordinanze, emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile, acquisita l'intesa della Regione interessata, e in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico.

Va inoltre ricordato che l’articolo 3 del citato D.L. n. 18/2020, all’esame della Camera, ha previsto e disciplinato alcune misure di potenziamento delle reti di assistenza territoriale per far fronte all’emergenza da COVID-19, prevedendo che le regioni e le province autonome e le aziende sanitarie possano stipulare accordi contrattuali con strutture sanitarie pubbliche, private accreditate ed anche private non accreditate, per l’acquisto di ulteriori prestazioni sanitarie in presenza di alcuni presupposti:

§  la situazione di emergenza dovuta alla diffusione del COVID-19 richieda l’attuazione nel territorio regionale e provinciale del piano, adottato in attuazione della circolare del Ministero della salute del 1° marzo 2020 (prot. GAB 2627) , al fine di incrementare la dotazione dei posti letto in terapia intensiva e nelle unità operative di pneumologia e di malattie infettive, isolati e allestiti con la dotazione necessaria per il supporto ventilatorio e in conformità alle indicazioni fornite dal Ministro della salute con circolare del 29 febbraio 2020(prot. GAB 2619);

§  la circostanza che dal piano sopracitato emerga l’impossibilità di perseguire gli obiettivi di potenziamento dell’assistenza nelle strutture pubbliche e in quelle private accreditate mediante le prestazioni acquistate con i contratti in essere alla data del decreto in esame.

 

Il riconoscimento di tale remunerazione può avvenire anche in deroga al limite di spesa di cui all’articolo 45, comma 1-ter, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124[15] (c.d. decreto fiscale) convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, pari al valore della spesa consuntivata per l’anno 2011, e in deroga all’articolo 8-sexies, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502[16].

 

Le prestazioni sanitarie incluse nei Livelli essenziali di assistenza (Lea) vengono erogate da soggetti pubblici (Aziende sanitarie e ospedaliere, Aziende ospedaliero-universitarie, Irccs pubblici), privati equiparati (Irccs privati, Ospedali classificati e “Presidi”) e  privati accreditati, con i quali le Regioni e le Aziende stipulano degli accordi o contratti e fissano una remunerazione. Le regole di base del sistema di remunerazione, basate su tariffe per prestazione fissate preventivamente, sono stabilite dall’articolo 8-sexies del d.lgs. 502/92 .

Il sistema di remunerazione si compone di due elementi principali e si basa sul funzionamento di alcuni meccanismi che ne devono garantire la definizione, l’aggiornamento e il corretto utilizzo. Elemento fondamentale del sistema  sono le tariffe omnicomprensive predeterminate per singola prestazione; ne esistono, normativamente, tre tipologie:

1.      le tariffe nazionali, stabilite periodicamente dal Ministero della salute insieme al Ministero dell’Economia;

2.      le tariffe regionali, stabilite periodicamente dagli Assessorati regionali alla sanità;

3.      per le sole attività di ricovero, dal luglio 2003, sono inoltre stabilite concordemente tra tutte le regioni ogni anno le tariffe utilizzate per la “compensazione della mobilità interregionale” (TUC, Tariffa Unica Convenzionale).

I criteri per determinare le tariffe, a livello nazionale e regionale, sono definiti per legge e impongono, sia il legame delle tariffe  con i costi per produrre le prestazioni secondo modalità efficienti ed appropriate, sia il rispetto dei vincoli dettati dai livelli di finanziamento complessivo del Ssn.

Attualmente, due decreti ministeriali definiscono i tariffari nazionali, vale a dire: il Decreto del Ministero della salute ministeriale 18 ottobre 2012[17]  e il Decreto del Ministero della sanità 27 agosto 1999, n. 332 [18].

 

Tale specifica remunerazione viene riconosciuta in sede di rinegoziazione per l'anno 2020 degli accordi e dei contratti di cui all'articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, per le finalità emergenziali previste dai predetti piani.

 

L’articolo 8-quinquies del D.Lgs. 502/1992 prevede che la regione e le unità sanitarie locali, anche attraverso valutazioni comparative della qualità e dei costi, definiscono accordi con le strutture pubbliche ed equiparate, comprese le aziende ospedaliero-universitarie, e stipulano contratti con quelle private e con i professionisti accreditati, anche mediante intese con le loro organizzazioni rappresentative a livello regionale, che indicano una serie di aspetti, tra i quali, gli obiettivi di salute, il volume massimo di prestazioni da assicurare, i requisiti del servizio da rendere, il corrispettivo preventivato a fronte delle attività concordate.

 

Il comma 2 prevede che con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa Intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sono stabilite le modalità di determinazione della specifica funzione assistenziale e l’incremento tariffario di cui al comma 1 in modo da garantire la compatibilità con il finanziamento per il Servizio sanitario nazionale per l’anno 2020 e con le risorse previste per l’attuazione dell’articolo 3, comma 6, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18.

 

Il comma 6 dell’articolo 3 del D.L. 18/2020 dispone che per l’attuazione dei commi 1 e 2 (concernenti la stipula di accordi con le strutture sanitarie), è autorizzata la spesa complessiva di 240.000.000 euro per l'anno 2020 e per l’attuazione del comma 3 (concernente la messa a disposizione di locali e personale da parte delle strutture sanitarie), è autorizzata la spesa di 160.000.000 euro per l’anno 2020. Al relativo onere si provvede a valere sul finanziamento sanitario corrente stabilito per il medesimo anno.  Al relativo finanziamento accedono tutte le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in deroga alle disposizioni legislative che stabiliscono per le autonomie speciali il concorso regionale e provinciale al finanziamento sanitario corrente, sulla base delle quote d’accesso al fabbisogno sanitario indistinto corrente rilevate per l'anno 2019.

 

Il comma 3 prevede che la remunerazione della specifica funzione assistenziale e l’incremento tariffario di cui al comma 1 come individuati nel decreto ministeriale di cui al comma 2, sono riconosciuti, limitatamente al periodo dello stato di emergenza di cui alla delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, anche agli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all’articolo 19, lettera c), della legge n. 23 giugno 2011, n. 118[19], compatibilmente con il fabbisogno sanitario riconosciuto per l’anno 2020, vale a dire: alle aziende sanitarie locali, alle aziende  ospedaliere, agli  istituti  di ricovero  e  cura  a  carattere  scientifico   pubblici,   anche   se trasformati  in  fondazioni, alle  aziende  ospedaliere   universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale; in tal senso, come evidenziato dalla relazione illustrativa, per ragioni di equità si è ritenuto di estendere tale remunerazione anche alle strutture pubbliche che hanno collaborato e collaborano alla gestione dell’emergenza. 
 
Va osservato che il riferimento corretto è al Decreto legislativo (e non già alla legge) n.118/2011.

 

Ai sensi del comma 4, nella vigenza dell’accordo rinegoziato ai sensi del comma 1, gli enti del servizio sanitario nazionale, corrispondono agli erogatori privati, a titolo di acconto e salvo conguaglio a seguito di apposita rendicontazione delle attività da parte degli erogatori privati, un corrispettivo, su base mensile, per le prestazioni rese ai sensi del presente articolo, fino ad un massimo del 90 per cento dei dodicesimi corrisposti o comunque dovuti per l’anno 2020.

 

Il comma 5 dà facoltà alle regioni ed alle province autonome di Trento e Bolzano, nelle more dell’adozione del decreto di cui al comma 2, di riconoscere alle strutture private accreditate destinatarie di apposito budget per l’anno 2020, e che vedono altresì una temporanea sospensione delle attività ordinarie in funzione anche di quanto previsto dall’articolo 5-sexies, comma 1, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, la remunerazione a titolo di acconto, su base mensile, e salvo conguaglio a seguito di apposita rendicontazione delle attività da parte degli erogatori privati, fino a un massimo del 90 per cento del volume di attività riconosciuto nell’ambito degli accordi e dei contratti di cui all’articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 stipulati per il 2020.

 

L’articolo 5 sexies, del D.L. n.18/2020, al comma 1, al fine di impiegare il personale sanitario delle strutture pubbliche o private prioritariamente nella gestione dell’emergenza, ha dato facoltà, alle regioni e alle province autonome, di rimodulare o sospendere le attività di ricovero e ambulatoriali differibili e non urgenti, ivi incluse quelle erogate in regime di libera professione intramuraria.

 Si prevede inoltre che agli esercenti le professioni sanitarie, impegnati a far fronte alla gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 non si applichino le disposizioni sui limiti massimi di orario di lavoro prescritti dai CCNL di settore (in relazione, tra l’altro, alla regolamentazione dei riposi, delle pause, ferie, turni notturni, v. infra), purchè venga loro concessa una protezione appropriata, secondo modalità individuate mediante accordo quadro nazionale.

 

Infine viene abrogato l’articolo 23 del D.L. 23/2020 che disciplina la stessa materia.

 

Si valuti l’opportunità di precisare se siano salvi gli effetti medio tempore prodotti dalla disposizione abrogata.


 

Articolo 5
(Incremento delle borse di studio degli specializzandi)

 

 

L’articolo 5 dispone l’incremento dell’autorizzazione di spesa relativa al numero dei contratti di formazione specialistica destinati ai medici specializzandi per un importo di 105 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e di 109,2 milioni per ciascuno degli anni 2022, 2023 e 2024. Viene corrispondentemente incrementato il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard per la parte statale, con oneri a valere sulla copertura definita al comma 7 dell’articolo 265.

 

L’autorizzazione di spesa è riferita all’articolo 37 del D.Lgs. n. 368/1999 che regola il contratto annuale di formazione-lavoro stipulato dal medico specializzando all'atto dell’iscrizione alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia. L’iscrizione non dà diritto all'accesso ai ruoli del SSN e dell'università o della ASL ove si svolge la formazione, ma è finalizzata esclusivamente all'acquisizione delle capacità professionali inerenti al titolo di specialista, mediante frequenza programmata delle attività didattiche e svolgimento di attività assistenziali, conformemente anche alle indicazioni fornite in sede comunitaria.

I contratti di formazione sono stipulati dai medici specializzandi con l'università ove abbia sede la scuola di specializzazione e con la regione nel cui territorio abbiano sede le aziende sanitarie le cui strutture siano parte prevalente della rete formativa della scuola di specializzazione.

In base ai dati forniti dalla RT, sarebbero 4.200 i nuovi specializzandi per ciascuno degli anni 2020 e 2021, tenuto conto del costo annuo lordo di una borsa di studio, pari a 25.000 euro, che aumenterebbe a 26.000 euro, a partire dal terzo anno fino alla conclusione del ciclo di studi (anni 2022-2024).

 

L’autorizzazione di spesa in esame è stata incrementata più volte. Da ultimo, la legge di bilancio 2020 (art. 1, comma 271, Legge n. 160 del 2019) ha ulteriormente incrementato i contratti di formazione specialistica dei medici mediante un nuovo aumento delle risorse già appostate al comma 521, art. 1, della legge di bilancio 2019 (Legge 145/2018) allo scopo di prevederne un aumento a regime stimato in 900 borse di specializzazione.

Tali risorse hanno incrementato l'autorizzazione di spesa già prevista all'articolo 1, comma 252, della L. 208/2015 (legge di stabilità per il 2016), che a sua volta aveva disposto un incremento degli stanziamenti aventi la medesima finalità ai sensi dell'art. 1, comma 424 della L. n. 147/2013 (legge di stabilità 2014), diretti ad aumentare le risorse a legislazione vigente ascrivibili al sopra citato D.Lgs. 368/1999 .

Inoltre, il comma 518, art. 1, della citata legge di bilancio 2019 ha previsto l'integrazione, con la finalità di attivare ulteriori borse di studio per i medici di medicina generale che partecipano ai corsi di formazione specifica, delle disponibilità vincolate sul fondo sanitario nazionale per un importo di 10 milioni di euro, a decorrere dal 2019. L'incremento rappresenta comunque un limite di spesa.

La seguente tabella evidenzia i rispettivi incrementi delle risorse stanziate per i contratti di formazione medica specialistica previsti dai diversi atti normativi richiamati:

(in milioni di euro)

Finanziamento borse di formazione medica specialistica

2019

2020

2021

2022

2023 e ss.

dal 2024

Autorizzazione di spesa al D.Lgs. 368/1999, di cui:

708

702

702

702

702

702

Art. 1, co. 424, L. 147/2013

50

50

50

50

50

50

Art. 1, co. 252, L. 208/2015

70

90

90

90

90

90

Legge di bilancio n. 145/2018 (art. 1, comma 521)

22,5

45

68,4

91,8

100

100

Legge di bilancio n. 160/2019 (art. 1, comma 271)

-

5,425

10,850

16,492

22,134

24,995

DL. n. 34/2020, art. 5

-

105

105

109,2

109,2

109,2

Risorse complessive

730,5

852

875,4

903

911,2

911,2

Elaborazione su dati ricavati dagli atti normativi richiamati.

 

Si sottolinea che, in aggiunta alla risorse elencate, il comma 859, art. 1, della citata legge di bilancio 2020 ha inoltre disposto che per l'ammissione di medici alle scuole di specializzazione di area sanitaria,  riordinate ed accreditate ai sensi dei decreti ministeriali D.M. n. 68 del 4 febbraio 2015 e D.M. n. 402 del 13 giugno 2017, è autorizzata l'ulteriore spesa di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 e di 26 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022.

Per completezza, si ricorda che è stata finanziata con 3 milioni di euro (commi 470-472, art. 1, della legge di bilancio 2020) una tecnostruttura per supportare le attività dell'Osservatorio nazionale e degli Osservatori regionali per la formazione medica specialistica di cui agli articoli 43 e 44 del citato D.Lgs. n. 368 del 1999 ed autorizzata una spesa di 3 milioni di euro nel 20202 milioni annui dal 2021 da destinare all'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), per il supporto alle attività del Ministero della salute e delle regioni concernenti la definizione del fabbisogno di medici e professionisti sanitari, nonché per il supporto all'Osservatorio nazionale ed agli Osservatori regionali summenzionati per lo sviluppo e l'adozione di metodologie e strumenti per la definizione di una distribuzione dei posti - relativi ai corsi di medicina e chirurgia e delle professioni sanitarie e alle scuole di specializzazione di area sanitaria - rispondenti alle effettive esigenze del Servizio sanitario nazionale.

Articolo 6
(Deroga per il Ministero della salute in ordine a riduzioni di spesa per la gestione del settore informatico)

 

 

L'articolo 6 esenta il Ministero della salute - per l'anno 2020 - dall'applicazione delle disposizioni della legge di bilancio 2020 prescriventi riduzioni di spesa nella gestione del sistema informatico.

 

L'emergenza da Covid-19 (oggetto della delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020) richiede da parte del Ministero della salute (il quale è altresì un soggetto attuatore degli interventi emergenziali, ai sensi dell’articolo 1 dell’ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile 3 febbraio 2020, n. 63) lo svolgimento anche di funzioni afferenti il sistema informatico.

Tra queste figurano - ricorda la relazione illustrativa - il portale internet istituzionale, il numero d’emergenza “1500” (il cui pieno funzionamento anche in orari notturni e festivi richiede il potenziamento del servizio di videoconferenza), eventuali applicazioni per telefonia mobile per l’adozione di misure di contenimento e bio-sorveglianza, sistemi di interconnessione dei dati raccolti.

Di qui l'opzione, che la disposizione fa propria, della non applicazione - per l'anno 2020 - al Ministero della salute dei commi 610 e 611 dell'articolo 1 della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020), i quali prescrivono alle pubbliche amministrazioni il conseguimento di taluni risparmi di spesa annuale per la gestione del sistema informatico.

 

In particolare, il citato comma 610 dispone che le amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione - con esclusione degli enti territoriali (Regioni, Province autonome, "enti locali") e delle società da questi partecipate - assicurino, per il triennio 2020-2022, un risparmio di spesa annuale pari al 10 per cento della spesa annuale media per la gestione corrente del settore informatico sostenuta nel biennio 2016-2017.

È richiamato (quale possibile modalità di perseguimento di tale risparmio di spesa) il riuso dei sistemi e degli strumenti di ICT (acronimo che sta per: Information and Communications Technology, tecnologie dell'informazione e della comunicazione).

 

Siffatto riuso è oggetto dell'articolo 69 del Codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo n. 82 del 2005).

Esso prevede che le pubbliche amministrazioni che siano titolari di soluzioni e programmi informatici realizzati su specifiche indicazioni del committente pubblico, abbiano l'obbligo di rendere disponibile il relativo codice sorgente, completo della documentazione e rilasciato in repertorio pubblico sotto licenza aperta, in uso gratuito ad altre pubbliche amministrazioni o ai soggetti giuridici che intendano adattarli alle proprie esigenze, salvo motivate ragioni di ordine e sicurezza pubblica, difesa nazionale e consultazioni elettorali.

 

Ed il citato comma 611 prevede che la percentuale di risparmio di spesa annuale per la gestione corrente del settore informatico debba esser parti al 5 per cento (non già al 10 per cento, come previsto dal precedente comma) della spesa annuale media sostenuta nel biennio 2016-2017, ove si tratti di spese correnti sostenute dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 (dunque esclusi gli enti territoriali e loro società partecipate) per la gestione delle infrastrutture informatiche (Data Center).

Questo, al netto dei costi di migrazione - ed a decorrere dalla certificazione da parte dell'AgID del passaggio al “Cloud della PA” (Cloud Service Provider o Polo Strategico Nazionale).

 

Il "Cloud della PA" è l'insieme delle infrastrutture e dei servizi cloud, qualificati da AgID entro la strategia nazionale relativa al Cloud per le pubbliche amministrazioni (la cui 'matrice' è il citato Piano Triennale per l'informatica nella Pubblica Amministrazione 2019-2021).

Tale insieme è composto da: i Poli Strategici Nazionali; i Cloud Service Providers (soggetti titolari di servizi Cloud o pubbliche amministrazioni interessate ad erogare servizi Cloud ad altre PA secondo il modello Public Cloud) che siano qualificati compatibili da AgID; il contratto quadro stipulato da Consip con il Raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario della Gara SPC Cloud - Lotto I (Cloud Computing).


 

Articolo 7
(Metodologie predittive dell’evoluzione del
fabbisogno di salute della popolazione)

 

 

L'articolo 7 autorizza il Ministero della salute a trattare dati personali - anche relativi alla salute degli assistiti - raccolti nei sistemi informativi del Servizio sanitario nazionale - nonché dati reddituali dell'interessato e del suo nucleo familiare, al fine di sviluppare metodologie predittive dell’evoluzione del fabbisogno di salute della popolazione. Si demanda ad un regolamento del Ministro della salute (adottato previo parere del Garante per la protezione dei dati personali) la definizione delle norme attuative.

 

Il comma 1 consente che il Ministero della salute tratti i dati in oggetto nell'ambito dei compiti ad esso attribuiti dall'articolo 47-ter del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni (articolo operante una ricognizione generale delle funzioni del suddetto Dicastero), con particolare riferimento alle funzioni relative: agli indirizzi generali e di coordinamento in materia di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle malattie; alla programmazione tecnico-sanitaria di rilievo nazionale; all’indirizzo, coordinamento e monitoraggio dell’attività tecnico-sanitaria regionale.

Il comma in esame richiama anche l'articolo 2-sexies, comma 2, lettera v), del codice in materia di protezione dei dati personali (di cui al D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196). Tale disposizione considera rilevante l'interesse pubblico relativo ai trattamenti in materia di programmazione, gestione, controllo e valutazione dell'assistenza sanitaria, ivi incluse l'instaurazione, la gestione, la pianificazione e il controllo dei rapporti tra l'amministrazione ed i soggetti accreditati o convenzionati con il Servizio sanitario nazionale.

Il trattamento dei dati di cui al presente comma 1 deve avvenire:

§  nel rispetto delle norme poste dal regolamento 2016/679/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, "relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)".

§  secondo le modalità poste dal regolamento di cui al decreto del Ministro della salute 7 dicembre 2016, n. 262 ("Regolamento recante procedure per l'interconnessione a livello nazionale dei sistemi informativi su base individuale del Servizio sanitario nazionale, anche quando gestiti da diverse amministrazioni dello Stato").

Il comma 2 prevede che un decreto del Ministro della salute di natura regolamentare, adottato previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, individui le tipologie di dati che possano essere trattati, nonché le relative modalità di acquisizione dai sistemi informativi dei soggetti detentori, le operazioni eseguibili, le misure appropriate e specifiche per la tutela dei diritti degli interessati, i tempi di conservazione dei dati medesimi. Le tipologie di dati in esame possono rientrare anche tra le categorie particolari annoverate dall'articolo 9 del citato regolamento 2016/679/UE.

Si ricorda che il paragrafo 1 del suddetto articolo 9 reca, in via generale, il divieto di trattare i dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché dati genetici, biometrici (intesi a identificare in modo univoco una persona fisica), dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona. Tuttavia, il successivo paragrafo 2 individua i casi di esclusione del divieto. Tra questi figurano le ipotesi di trattamento necessario:

§  per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell'Unione o degli Stati membri, il quale deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l'essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi del soggetto (lettera g));

§  per finalità di medicina preventiva o di medicina del lavoro, valutazione della capacità lavorativa del dipendente, diagnosi, assistenza o terapia sanitaria o sociale ovvero gestione dei sistemi e servizi sanitari o sociali, sulla base del diritto dell'Unione o degli Stati membri o conformemente al contratto con un professionista della sanità (fatte salve le condizioni e le garanzie di cui al paragrafo 3 dello stesso articolo 9) (lettera h));

§  per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, quali la protezione da gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero o la garanzia di parametri elevati di qualità e sicurezza dell'assistenza sanitaria e dei medicinali e dei dispositivi medici, sulla base del diritto dell'Unione o degli Stati membri, il quale deve prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti e le libertà dell'interessato, in particolare il segreto professionale (lettera i));

§  a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici, sulla base del diritto dell'Unione o nazionale, il quale deve essere conforme al criterio di proporzionalità rispetto alla finalità perseguita, rispettare l'essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi del soggetto (lettera j)).

 


 

Articolo 8
(Proroga validità delle ricette limitative dei farmaci
classificati in fascia A)

 

 

L’articolo 8 prevede, allo scopo di una semplificazione delle procedure di rinnovo delle ricette mediche e di una limitazione degli accessi dei pazienti presso le strutture sanitarie, per tutto il periodo dell’emergenza sanitaria, alcune proroghe delle prescrizioni mediche dei farmaci essenziali e per le malattie croniche, rimborsati dal SSN.

 

Il comma 1 prevede che, per il solo periodo di emergenza - fino al 31 luglio 2020 - allo scopo di una semplificazione delle procedure di rinnovo e di una limitazione degli accessi dei pazienti presso le strutture sanitarie, è prorogata, fino ad un massimo di ulteriori 30 giorni, la validità della ricetta (per un totale massimo di 60 giorni, in luogo dei 30 previsti per le ricette a carico del SSN) per i pazienti già in trattamento con medicinali classificati in fascia A[20] (vale a dire i farmaci essenziali e quelli per le malattie croniche, interamente rimborsati dal SSN, v. approfondimento), soggetti a prescrizione medica limitativa ripetibile (RRL) e non ripetibile (RNRL). Ulteriore condizione per la proroga della validità è che tali farmaci non siano sottoposti a Piano Terapeutico, vale a dire con condizioni cliniche supportate da evidenze scientifiche, o Registro di monitoraggio AIFA per il controllo dell’appropriatezza prescrittiva[21], nei casi in cui sia prevista dalla regione o dalla provincia autonoma competente una modalità di erogazione attraverso la distribuzione per conto (DPC). Tale modalità consente al paziente di ritirare nelle farmacie aperte al pubblico i farmaci in confezione ospedaliera, in base ad accordi tra farmacie e aziende ospedaliere, su cui la norma indirizza per un uso il più possibile esteso. Questo canale distributivo – si ricorda - fuoriesce dalla farmaceutica convenzionata.

La norma in esame deroga, in particolare, al comma 12 dell'art. 85 della legge n. 388/2000, che limita a due il numero massimo di confezioni per ricetta, salvo quanto disposto dall’art. 9 del DL. 347/2001 che stabilisce - per le patologie individuate dal D.Lgs. n. 124/1998, art. 5, comma 1, lett. a) (malattie croniche o invalidanti) e lett. b) (malattie rare) - un limite massimo per ricetta aumentato a tre pezzi. La prescrizione non può comunque superare i sessanta giorni di terapia.

 

I medicinali soggetti a ricetta medica limitativa sono quelli la cui prescrizione può essere effettuata solo da taluni medici o a taluni ambienti e comprendono le seguenti categorie di medicinali: a) medicinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero per ragioni di sicurezza di cui all’art. 92 D.Lgs. 219/2006[22] per le caratteristiche farmacologiche date o l’innovatività o la modalità di somministrazione ovvero per altri motivi di tutela della salute pubblica[23]; b) medicinali vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti ai sensi dell’art. 93 del D.Lgs. 219/2006, la cui prescrizione medica può essere rinnovata volta per volta in quanto con l’uso continuato possono determinare stati tossici o determinare rischi particolarmente elevati per la salute[24]; c) medicinali utilizzabili esclusivamente dallo specialista in ambulatorio (art. 94 D.Lgs 219/2006) che, per loro caratteristiche farmacologiche e modalità di impiego, sono destinati ad essere utilizzati direttamente dallo specialista durante la visita ambulatoriale ovvero presso il domicilio del paziente, soltanto se la somministrazione dello stesso non necessita di particolari attrezzature ambulatoriali[25]. Si sottolinea che le limitazioni per tali medicinali riguardano esclusivamente il regime di dispensazione e non quello di concedibilità a carico del SSN, per il quale valgono i contenuti delle specifiche note CUF.

 

Nel caso in cui i pazienti abbiano già iniziato il trattamento con i farmaci indicati al precedente comma, la validità della ricetta, se questa è già scaduta o non è stata utilizzata, viene prorogata di 60 giorni dalla data di scadenza della ricetta medesima (comma 2).

 

Il comma 3 definisce un regime particolare nel caso di nuove prescrizioni da parte del centro o dello specialista dei medicinali sopra indicati, a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge (19 maggio 2020): la validità della ricetta, con riferimento a tali prescrizioni, è estesa a una durata massima di 60 giorni per un numero massimo di 6 pezzi per ricetta, necessari a coprire l’intervallo temporale di 60 giorni e tenuto conto del fabbisogno individuale, fatte salve le disposizioni più favorevoli già previste, tra cui quelle per le patologie croniche e per le malattie rare.

In proposito, il DL. n. 347/2001 (L. n. 405/2001), come modificato dall’art. 26 del DL. 90/2014 (L. 114/2014) ha stabilito che in attesa dell’entrata a regime della ricetta dematerializzata su tutto il territorio nazionale, per determinate patologie croniche, il medico può prescrivere medicinali fino ad un massimo di sei confezioni per ricetta, purchè già utilizzati dal paziente da almeno sei mesi, per un totale massimo di durata della prescrizione pari a 180 giorni di terapia.

 

È previsto il caso della non applicazione della proroga automatica della ricetta, quando il paziente presenta un peggioramento della patologia di base o un’intolleranza ovvero nel caso in cui il trattamento con i sopra indicati medicinali preveda il monitoraggio di parametri sull’andamento della terapia ai fini della prescrizione. In tali casi deve essere contattato il centro o lo specialista di riferimento, secondo le indicazioni fornite dalle singole regioni e dalle province autonome (comma 4).

 

Infine, si prevede (comma 5) che lo stesso sistema di proroga della ricetta sopra definito durante tutto il periodo emergenziale sia applicato anche ai farmaci che sono distribuiti nell’ambito del canale della farmaceutica convenzionata (come ad esempio i farmaci di fascia H, nell’ambito della rete ospedaliera, per approfondimenti consulta  I farmaci e la spesa farmaceutica).

 


 

Articolo 9
(Proroga piani terapeutici)

 

 

L’articolo 9 proroga di ulteriori 90 giorni i piani terapeutici in scadenza durante il periodo dell’emergenza epidemiologica in corso, relativi a specifiche patologie che includono ausili, dispositivi monouso e protesici in considerazione della necessità di ridurre il rischio di infezione da SARS-CoV-2, limitando l’affluenza negli ambulatori specialistici al fine di ottenere il rinnovo dei predetti piani.

 

Più in dettaglio i piani terapeutici in commento sono relativi alla fornitura di ausili, dispositivi monouso e altri dispositivi protesici fissati in base ai livelli essenziali di assistenza di cui al D.P.C.M 12 gennaio 2017, dovuti a incontinenza, stomie e alimentazione speciale, per i laringectomizzati e per la prevenzione e trattamento delle lesioni cutanee, oltre che per patologie respiratorie e per altri prodotti funzionali all’ospedalizzazione a domicilio.

La proroga è prevista per tutto il periodo dell’emergenza epidemiologica, che al momento è stabilito dalla Delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 fino al 31 luglio 2020.

 

La norma prevede inoltre che le Regioni adottino procedure accelerate per l’effettuazione delle prime autorizzazioni dei nuovi piani terapeutici a seguito della ulteriore scadenza definita dalla proroga.

 

Si segnala in proposito che un’analoga norma, riferita alla più ampia categoria della “fornitura di protesi, ortesi, ausili e dispositivi necessari per la prevenzione, la correzione o la compensazione di menomazioni o disabilità, per il potenziamento delle abilità nonché per la promozione dell’autonomia dell’assistito”, risulta contenuta nel disegno di legge di conversione del DL. 19/2020, tuttora all’esame del Senato (AS 1811, articolo 4-bis), in quanto introdotta durante l’esame in prima lettura alla Camera.

 

Si sottolinea, infine, che, analogamente a quanto previsto dalla disposizione in esame, con riferimento ai piani terapeutici di medicinali, l’AIFA ha provveduto ad estendere di 90 giorni la durata per quelli che risultano in scadenza nei soli mesi di marzo e aprile.  

 


 

Articolo 10
(Modifiche al decreto-legge 17 marzo 2020,n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020 n. 27)

 

 

L’articolo 10 apporta tre distinte modifiche a specifiche disposizioni del DL. 18/2020, riguardanti: l’estensione ai familiari di tutti gli esercenti le professioni sanitarie deceduti durante lo stato di emergenza per concause legate al COVID-19 dei benefici già previsti per i familiari di medici, personale infermieristico e operatori socio-sanitari; l’estensione ai Centri riabilitativi ambulatoriali del SSN del regime di sospensione già previsto per alcuni centri sociosanitari e socioassistenziali; l’aggiornamento del regime di agevolazione fiscale, in funzione antispreco, della cessione di taluni beni non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione.

 

Più in dettaglio, le modifiche al DL. 18/2020 (L. 27/2020) in esame riguardano:

a)      il comma 1, dell’articolo 22-bis, con la finalità di estendere ai familiari di tutti gli esercenti le professioni sanitarie il beneficio previsto dalla normativa previgente a favore dei soli familiari di medici, personale infermieristico e operatori socio-sanitari (OSS) impegnati nelle azioni di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, che, durante lo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020 (cioè fino al 31 luglio 2020) siano decedute per aver contratto, in conseguenza dell'attività di servizio prestata, una patologia alla quale sia conseguita la morte per effetto diretto ovvero "come concausa" del contagio del virus. Conseguentemente viene modificata la rubrica dell’articolo 22-bis in “Iniziativa di solidarietà in favore dei famigliari degli esercenti le professioni sanitarie e operatori socio-sanitari.”.

Per l'adozione di tali iniziative - si ricorda - è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un Fondo con una dotazione di 10 milioni di euro per l'anno 2020.

In proposito si segnala che l’Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri –Dipartimento della Protezione civile del 5 aprile 2020 è diretta ad assicurare un sostegno economico ai familiari delle persone direttamente impegnate per fronteggiare l'emergenza COVID-19, decedute nell'esercizio della propria funzione ed attività a causa del coronavirus. A tal fine, è stata disposta l’autorizzazione del Dipartimento della protezione civile a ricevere risorse finanziare derivanti da erogazioni liberali allo scopo espressamente finalizzate dal donante. Si prevede, inoltre, che con apposito decreto del Presidente del Consiglio, che non risulta ancora emanato, vengano definite le modalità di individuazione dei beneficiari e di erogazione delle somme. 

b)     il comma 1, primo periodo, dell’articolo 47, con l’obiettivo di estendere anche ai Centri riabilitativi ambulatoriali del SSN il regime di sospensione stabilito dalla normativa previgente in relazione all’attività dei Centri semiresidenziali per persone con disabilità a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario, a prescindere da come i Centri siano denominati dalle normative regionali.

Rimangono esclusi dalla sospensione, su decisione delle ASL e d’accordo con i gestori, i Centri diurni in cui vengono erogate prestazioni sanitarie indifferibili sempreché sia garantito il rispetto delle misure di contenimento del contagio da COVID-19.

A tali centri, si applicherà pertanto la disciplina prevista dall’articolo 47 del DL. 18/2020 (L. 27/2020) (consulta la scheda) in materia di strutture per le persone con disabilità e misure compensative di sostegno anche domiciliare;

 

c)      la lettera a) dell’articolo 71-bis, per l’aggiornamento, tramite la lett. d-bis) all’articolo 16, comma 1, della L. n. 166/2016 (cd. “legge antisprechi”),  delle categorie dei beni per le quali non opera la presunzione di cessione di cui al regolamento DPR n. 441/1997[26] e che risultano così ampliate, con riferimento a determinate cessioni gratuite di prodotti non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione[27] ai quali si applicano alcune agevolazioni fiscali ai fini IVA e ai fini delle imposte dirette (consulta la scheda).

Le modifiche sono volte, in particolare, a precisare e ad estendere l’ambito dei beni oggetto dell’agevolazione:

-         in aggiunta ai prodotti tessili, di abbigliamento e giocattoli, viene dettagliata la categoria dell’arredamento, sostituendola con le categorie di “mobili” e “complementi di arredo”;

-         con riferimento ai materiali per l’edilizia, si precisa che sono inclusi i materiali per la pavimentazione;

-         con riferimento agli elettrodomestici, si chiarisce che l’uso può essere sia civile sia industriale;

-         tra le categorie dei prodotti elettronici, si aggiungono i televisori (oltre ai già presenti personal computer, tablet, e-reader e altri dispositivi per la lettura in formato elettronico).


 

Articolo 11
(Misure urgenti in materia di Fascicolo sanitario elettronico)

 

 

L'articolo 11, al fine di potenziare e rafforzare l'infrastruttura del Fascicolo sanitario elettronico (FSE), reca modifiche alle disposizioni in materia recate dall'articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 221 del 2012, e successive modificazioni. Esso prevede l'estensione del Fascicolo alle prestazioni erogate al di fuori del Servizio sanitario nazionale. A tale riguardo, le novelle includono tra i soggetti abilitati che alimentano il FSE tutti gli esercenti una professione sanitaria e - in via facoltativa e di propria iniziativa - gli assistiti.

È abrogata la necessità del consenso dell'assistito per l'implementazione del Fascicolo, consenso che resta necessario per la consultazione del medesimo Fascicolo.

Si prevede, quindi, l’istituzione dell’Anagrafe Nazionale dei consensi e relative revoche e dell’Indice Nazionale dei documenti del FSE, entrambi associati all'Anagrafe degli assistiti (ANA).

Si prevede, tramite il Portale nazionale FSE, l'accesso diretto online al Fascicolo da parte dell’assistito e degli operatori sanitari autorizzati. Sono inoltre previsti taluni obblighi di pubblicazione su tale Portale.

Sono novellate le disposizioni concernenti l'integrazione tra i sistemi del Fascicolo e della Tessera Sanitaria, al fine di ampliare il novero delle informazioni disponibili nel Fascicolo.

La disposizione in esame prevede, infine, la definizione di regole tecniche per rendere disponibili al FSE informazioni dal Sistema Informativo Trapianti, dalle Anagrafi vaccinali, dai Centri unici di prenotazioni delle regioni e delle province autonome.

 

Il citato articolo 12 del decreto-legge n. 179 del 2012 ha istituito il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), inteso come l'insieme dei dati e documenti digitali di tipo sanitario e sociosanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti l'assistito. Il FSE è istituito dalle regioni e dalle province autonome, nel rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali, con le finalità elencate al comma 2 dell’articolo 12. Le successive modifiche introdotte con il decreto-legge n. 69 del 2013 hanno fissato al 30 giugno 2015 il termine per l’attivazione del FSE presso le regioni e le province autonome. Successivamente, l’articolo 1, commi da 382 a 384, della legge di bilancio 2017 (L. n. 232/2016) ha novellato l'articolo 12 al fine di definire l’Infrastruttura nazionale per l’interoperabilità (INI) dei Fascicoli sanitari elettronici regionali, prevedendo, a tal fine, l’utilizzo dell’infrastruttura del Sistema Tessera Sanitaria, gestita dal Ministero dell’economia e delle finanze. Infine, il decreto 4 agosto 2017 del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della salute, reca "Modalità tecniche e servizi telematici resi disponibili dall'infrastruttura nazionale per l'interoperabilità del Fascicolo sanitario elettronico (FSE)". Tale decreto è stato modificato dal decreto 25 ottobre 2018.

 

L'articolo 11, comma 1, lett. a), integra il comma 1 dell'articolo 12, al fine di includere nel FSE i dati e i documenti digitali riferiti anche alle prestazioni erogate al di fuori del Servizio sanitario nazionale.

La lett. b), modificando il comma 2 del medesimo articolo 12, specifica che l'accesso al Fascicolo da parte dell'assistito deve essere assicurato anche tramite il Portale online del FSE (v. infra).

La lett. c) modifica il comma 3 dello stesso articolo 12. La novella prevede, in primo luogo, che il FSE sia alimentato in maniera non solo continuativa, come nel testo finora vigente, ma anche "tempestiva"; in secondo luogo, si prevede - in coerenza con quanto previsto dalla lett. a) - che l’alimentazione riguardi anche i dati inerenti agli eventi clinici, presenti e trascorsi, forniti dagli esercenti una professione sanitaria al di fuori del Servizio sanitario nazionale nonché (in via facoltativa) i dati medici in possesso dell’assistito (su iniziativa di quest’ultimo).

La lett. d) abroga il comma 3-bis del suddetto articolo 12, il quale prevedeva che il FSE potesse essere alimentato esclusivamente sulla base del consenso libero e informato da parte dell'assistito.    

La lett. e) modifica il comma 4 dell'articolo 12. Tale comma stabilisce che le finalità di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione (previste dal comma 2, lett. a), dell'articolo 12) siano perseguite dai soggetti del Servizio sanitario nazionale e dei servizi socio-sanitari regionali che prendano in cura l'assistito, nonché (secondo la presente lettera ed in coerenza con le novelle di cui alle lett. a) e c)) da soggetti esercenti professioni sanitarie al di fuori del Servizio sanitario nazionale. Ulteriore modifica del comma prevede che le suddette finalità siano perseguite secondo le modalità di accesso al Fascicolo da parte di ciascuno dei predetti soggetti e da parte degli esercenti le professioni sanitarie, nonché nel rispetto delle misure di sicurezza definite ai sensi del comma 7.

Il comma 7 dell'articolo 12, non modificato dalla norma in esame, demanda ad uno o più decreti ministeriali la definizione dei contenuti del FSE e del dossier farmaceutico nonché i limiti di responsabilità e i compiti dei soggetti che concorrono alla sua implementazione, i sistemi di codifica dei dati, le garanzie e le misure di sicurezza da adottare nel trattamento dei dati personali nel rispetto dei diritti dell'assistito, le modalità e i livelli diversificati di accesso al FSE da parte dei soggetti abilitati, la definizione e le relative modalità di attribuzione di un codice identificativo univoco dell'assistito che non consenta l'identificazione diretta dell'interessato, i criteri per l'interoperabilità del FSE a livello regionale, nazionale ed europeo, nel rispetto delle regole tecniche del sistema pubblico di connettività. Il regolamento in materia di Fascicolo sanitario elettronico è stato adottato con il D.P.C.M. 29 settembre 2015, n. 178.

 

Le lett. f) e g) modificano il comma 15-ter del suddetto articolo 12.

In base alla versione già vigente di quest'ultimo, l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) - sulla base delle esigenze avanzate dalle regioni e dalle province autonome, nell’ambito dei rispettivi piani - svolge, in accordo con il Ministero della salute, il Ministero dell’economia e delle finanze e le regioni e le province autonome, i compiti relativi alla progettazione dell’infrastruttura nazionale INI, necessaria a garantire l’interoperabilità dei FSE. La realizzazione della medesima infrastruttura INI è curata dal Ministero dell’economia e delle finanze attraverso l’utilizzo dell’infrastruttura del Sistema Tessera sanitaria. L’infrastruttura INI deve garantire comunque l’interoperabilità dei FSE e dei dossier farmaceutici regionali, nonché l’identificazione dell’assistito, attraverso l’allineamento con l’Anagrafe Nazionale degli Assistiti (ANA)[28].

Inoltre, per le regioni e le province autonome che (ai sensi del comma 15 dell’articolo 12) si avvalgano dell’infrastruttura nazionale[29] deve essere garantita anche l’interconnessione dei soggetti finalizzata alla trasmissione telematica dei dati, nonché, secondo la novella di cui alla lett. f):

§  la codifica e la firma remota dei dati oggetto di trattamento, necessaria per la successiva alimentazione e consultazione del Fascicolo;

§  la conservazione dei dati del Fascicolo da parte delle stesse regioni e province autonome.

§  Quanto alla conservazione del dato, il nuovo testo vigente richiama quanto stabilito dall’articolo 44 del codice dell'amministrazione digitale (di cui al d.lgs. n. 82 del 2005), concernente i requisiti per la gestione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni.

L'attuazione delle presenti disposizioni è demandata a decreti del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della salute, previsti dal numero 3) del comma 15-ter in oggetto. Si ricorda che il decreto 4 agosto 2017[30] ha dato attuazione alle disposizioni vigenti di cui al predetto comma 15-ter.

Con i medesimi decreti (secondo la novella di cui alla lett. g)) si dovrà prevedere, secondo le modalità e le misure di sicurezza ivi stabilite e previo parere del Garante per la protezione dei dati personali:

§  l’istituzione dell’Anagrafe Nazionale dei consensi e relative revoche. Tale Anagrafe dovrà essere associata agli assistiti risultanti in ANA, comprensiva delle informazioni relative all’eventuale soggetto delegato dall’assistito;

§  la realizzazione dell’Indice Nazionale dei documenti dei FSE, al fine di assicurare l'interoperabilità delle funzioni del Fascicolo medesimo. L'Indice dovrà essere associato agli assistiti risultanti in ANA;

§  la realizzazione del Portale Nazionale FSE. Il Portale opererà anche attraverso l’interconnessione con i corrispondenti portali delle regioni e province autonome, al fine di consentire, tramite le funzioni dell’Indice Nazionale, l'accesso on line al FSE da parte dell’assistito e degli operatori sanitari autorizzati, secondo modalità determinate ai sensi del comma 7 (v. supra). Tale accesso è fornito in modalità aggregata, secondo quanto disposto dalla Determinazione n. 80 del 2018 dell’Agenzia per l’Italia digitale, che ha approvato lo Schema di Convenzione di adesione a SPID da parte di Soggetti Aggregatori di pubbliche amministrazioni in qualità di fornitori di servizi.

Come rilevato nelle premesse alla citata determinazione n. 80 dell'AgID, lo Schema di Convenzione è stato approvato al fine di consentire a soggetti pubblici e privati di agire in qualità di Soggetto Aggregatore di altri soggetti fornitori di servizi pubblici e di rendere disponibile alla Pubblica Amministrazione una modalità semplificata per l’accessibilità ai propri servizi in rete tramite credenziali SPID. Per quanto concerne il Sistema Pubblico di Identità Digitale - SPID si rinvia al sito istituzionale ad esso dedicato (https://www.spid.gov.it/).

 

La lett. h) modifica il comma 15-septies del suddetto articolo 12. Tale comma dispone che il Sistema Tessera Sanitaria renda disponibili ai FSE e ai dossier farmaceutici regionali, attraverso l’Infrastruttura nazionale per l’interoperabilità, i dati risultanti negli archivi del medesimo Sistema Tessera Sanitaria relativi: alle esenzioni dell’assistito; alle prescrizioni e prestazioni erogate di farmaceutica - comprensivi, secondo la novella in esame, dei piani terapeutici - e specialistica, a carico del Servizio sanitario nazionale; ai certificati di malattia telematici; alle prestazioni di assistenza protesica, termale e integrativa.

Sono aggiunti, sempre secondo la novella di cui alla lett. h):

§  le ricette e le prestazioni erogate non a carico del SSN;

§  i dati di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 175 del 2014[31].

Tale articolo 3 riguarda la trasmissione, da parte di soggetti terzi, all'Agenzia delle entrate di dati relativi a oneri e spese sostenute dai contribuenti. La novella specifica che tali dati, resi disponibili al sistema del Fascicolo sanitario elettronico, devono essere comprensivi delle informazioni relative alla prestazione erogata e al relativo referto. I medesimi dati dovranno essere resi disponibili secondo le modalità definite dal decreto ministeriale, previsto dal comma 15-ter, punto 3) (v. supra, sub lett. f)), previo parere del Garante per la protezione dei dati personali. Il decreto individuerà le misure tecniche e organizzative necessarie a garantire la sicurezza del trattamento e i diritti e le libertà degli interessati.

Considerato che l'articolo 3 del decreto legislativo n. 175 del 2014 - richiamato dalla novella in esame - riguarda diverse tipologie di oneri e spese sostenute dai contribuenti, si valuti l'opportunità di limitare il riferimento al comma 3, in quanto è l’unico comma concernente il settore sanitario.

Infine, la lett. i) introduce due commi aggiuntivi nel suddetto articolo 12.

Il comma 15-octies impone la pubblicazione sul portale del nazionale FSE, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, delle specifiche tecniche dei documenti del FSE e del dossier farmaceutico, come definiti con i decreti attuativi previsti dal comma 7 del medesimo articolo 12 (v. supra).

Il comma 15-novies stabilisce che, ai fini dell’alimentazione dei FSE attraverso l'infrastruttura nazionale di cui al comma 15-ter, con il decreto ministeriale di cui al numero 3) del comma 15-ter, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, siano stabilite le modalità tecniche con le quali:

§  il Sistema Informativo Trapianti del Ministero della salute (di cui alla legge n. 91 del 1999) renda disponibile i dati relativi al consenso o al diniego alla donazione degli organi e tessuti;

§  le Anagrafi vaccinali regionali rendano disponibili i dati relativi alla situazione vaccinale;

§  il Centro Unico di prenotazione di ciascuna regione o provincia autonoma renda disponibili i dati relativi alle prenotazioni.

 


 

Articolo 12
(Accelerazione dell’acquisizione delle informazioni
relative alle nascite e ai decessi)

 

 

L’articolo 12 definisce la disciplina per accelerare l’acquisizione delle informazioni relative alle nascite e ai decessi, esonerando i soggetti interessati dall’ulteriore invio ai Comuni dell’attestazione effettuata con modulistica cartacea.

 

L’invio delle informazioni relative alle nascite e ai decessi è previsto dall’art. 62, comma 6, lettera c), del Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. 82/2005), che disciplina in particolare i servizi di invio telematico resi disponibili dall’Anagrafe nazionale della popolazione residente – ANPR con riferimento agli atti e ai certificati sopra richiamati, con sistema di trasmissione compatibile a quello dell’invio telematico dei dati delle certificazioni di malattia al SAC (sistema di accoglienza centrale) di cui al D. M. Salute del 26 febbraio 2010.

Al riguardo, come segnalato dalla RT, il citato art. 62, comma 6, lettera c) del CAD già prevede l’implementazione delle procedure di acquisizione delle informazioni relative alle nascite e ai decessi attraverso l’utilizzo della piattaforma del Sistema Tessera Sanitaria, nell’ambito delle risorse già stanziate per il Sistema TS (PG 1 del cap. 7585/MEF).  Il decreto attuativo sull’utilizzo dell’infrastruttura del Sistema TS per la trasmissione dei dati delle dichiarazioni di nascita/morte, già elaborato dai Ministeri dell’interno e della salute, tuttavia non risulta ancora emanato o pubblicato.

In particolare, si prevede che le strutture sanitarie, i medici, i medici necroscopi o altri sanitari delegati, inviano direttamente al Sistema Tessera Sanitaria del MEF i seguenti dati:

a)   avviso di decesso;

in base all’articolo 72, comma 3 del DPR n. 396/2000, la dichiarazione di morte deve essere fatta entro 24 ore dal decesso all'ufficiale dello stato civile del luogo dove questa è avvenuta o del luogo dove il cadavere è stato deposto, da parte di uno dei congiunti o da una persona convivente con il defunto o da un loro delegato ovvero da persona informata del decesso. In caso di morte in un ospedale, casa di cura o di riposo, collegio, istituto o qualsiasi altro stabilimento, il direttore o chi ne è stato delegato dall'amministrazione deve trasmettere avviso della morte, comunque nel termine di 24 ore, con le specifiche indicazioni relative ai dati indicati nell’atto di morte (luogo, giorno e l'ora della morte, dati anagrafici del defunto e dell’eventuale coniuge e degli altri dati di cui all’art.73).

b)   certificato necroscopico;

in base all’articolo 74, comma 2 del richiamato DPR n. 392/2000, è l’atto rilasciato a seguito dell’accertamento della morte per mezzo di un medico necroscopo o di un altro delegato sanitario, in cui sono indicati, in caso, indizi di reato;

c)   denuncia della causa di morte;

ai sensi del Regolamento di polizia mortuaria (DPR n. 285/1990) è l’atto con il quale i medici devono denunciare al sindaco, per ogni caso di morte di persona da loro assistita, la malattia che, a loro giudizio, ne sarebbe stata la causa, ferme restando le disposizioni sulla dichiarazione e sull'avviso di morte da parte dei familiari. In caso di morte per malattia infettiva compresa nell'apposito elenco pubblicato dal Ministero della salute, il comune deve darne informazione immediatamente all’azienda ospedaliera dove è avvenuto il decesso.

d)   attestazione di nascita;

è la dichiarazione resa all'ufficiale dello stato civile, corredata da una attestazione di avvenuta nascita con le generalità della madre, nonché altri dati relativi alla nascita, ai sensi dell’art. 30, comma 2, DPR n. 396/2000;

e)   dichiarazione di nascita;

a differenza dell’attestazione di nascita che è resa dall’ufficiale dello stato civile, la dichiarazione di nascita è resa da uno dei genitori, da un procuratore speciale, ovvero dal medico o dalla ostetrica o da altra persona che ha assistito al parto, rispettando l'eventuale volontà della madre di non essere nominata, in base a quanto prescritto dall’art. 30, comma 1 del DPR n. 396/2000.

  

La trasmissione dei predetti dati, pertanto, esonera i soggetti interessati dall’ulteriore invio ai Comuni dell’attestazione cartacea (comma 2).

 

Si prevede che il Sistema Tessera Sanitaria - Sistema di Accoglienza Centrale (SAC) renda immediatamente disponibili, senza registrazione, i dati di cui all’elenco sopra indicato (comma 3):

a)   all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), per le finalità ordinarie di registrazione delle informazioni relative alle nascite e ai decessi, in base al sopra richiamato all’art. 62 del Codice dell’amministrazione digitale;

b)   nel caso in cui i Comuni non siano ancora collegati all’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), l’invio dei dati dovrà essere espletato tramite posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato (PEC).

c)   in ultimo, si prevede l’invio dei dati anche all’Istituto nazionale di Statistica (ISTAT).

Viene demandata ad uno o più decreti del MEF, di concerto con il Ministero della salute e con il Ministero dell’interno, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, la definizione dei dati di cui al presente articolo e le relative modalità tecniche di trasmissione (comma 4). L’intera procedura non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, dovendo le amministrazioni interessate provvedere con le risorse disponibili a legislazione vigente (comma 5).


 

Articolo 13
(Rilevazioni statistiche dell’ISTAT connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19)

 

 

L’articolo 13 autorizza l’ISTAT ad effettuare rilevazioni, elaborazioni e analisi statistiche sul sistema economico e produttivo nazionale e sui fenomeni sociali, epidemiologici e ambientali, anche a supporto degli interventi di contrasto all’emergenza sanitaria e di quelli finalizzati alla gestione della fase di ripresa. Il termine per effettuare le indagini statistiche è fissato al 31 luglio 2021. Nell’ambito delle indagini statistiche, l’ISTAT è autorizzata al trattamento dei dati personali anche inerenti a particolari categorie di dati (tra i quali quelli genetici e relativi alla salute), nonché dei dati relativi a condanne penali o reati, nel rispetto delle disposizioni europee ed interne relative ai presupposti in presenza dei quali tali categorie di dati possono essere legittimamente trattati. L’individuazione dei trattamenti è demandata a una o più specifiche direttive del presidente dell’ISTAT, adottate previo parere del Garante per la protezione dei dati personali.

 

Il comma 1 autorizza l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), a trattare dati personali anche inerenti a particolari categorie di dati (tra i quali quelli genetici e relativi alla salute) e a dati relativi a condanne penali o reati, di cui al Regolamento (UE) 2016/679 2016 sulla protezione dei dati personali,  per effettuare rilevazioni, anche longitudinali (ossia stessi soggetti sottoposti a diverse rilevazioni nel corso del tempo), elaborazioni e analisi statistiche anche presso gli interessati, sul territorio nazionale, volte alla comprensione della situazione economica, sociale ed epidemiologica italiana.

Le particolari categorie di dati di cui al Regolamento europeo generale sulla protezione dei dati (Regolamento 2016/679/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016) , art. 9, sono i dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché i dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona.

Con riguardo ai dati personali relativi alle condanne penali e ai reati o a connesse misure di sicurezza, l’articolo 10 del Regolamento specifica che il trattamento di tali dati deve avvenire soltanto sotto il controllo dell'autorità pubblica o, se il trattamento è autorizzato dal diritto dell'Unione o degli Stati membri, deve prevedere garanzie appropriate per i diritti e le libertà degli interessati. Un eventuale registro completo delle condanne penali deve essere tenuto soltanto sotto il controllo dell'autorità pubblica.

 

Il trattamento è autorizzato ai sensi delle disposizioni europee ed interne relative ai presupposti in presenza dei quali tali categorie di dati possono essere legittimamente trattati.

In linea generale, l’articolo 9, vieta il trattamento delle particolari categorie di dati sopra ricordate. Tuttavia il medesimo art. 9, par. 2, individua i presupposti in presenza dei quali tali dati possono essere legittimamente trattati. Nello specifico, il trattamento è consentito se trova fondamento nel consenso esplicito dell’interessato ovvero nella necessità del trattamento stesso per una serie di motivi tassativamente elencati. In particolare le lettere g) e j), consentono: il trattamento dei dati personali per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell'Unione o degli Stati membri; il trattamento necessario a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o a fini statistici. In ogni caso il trattamento deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l'essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell'interessato. Ai sensi dell’art. 89. par. 1, del medesimo Regolamento il trattamento a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici deve essere soggetto a garanzie adeguate per i diritti e le libertà dell'interessato. Tali garanzie assicurano che siano state predisposte misure tecniche e organizzative, in particolare al fine di garantire il rispetto del principio della minimizzazione dei dati. Tali misure possono includere la pseudonimizzazione, purché le finalità in questione possano essere conseguite in tal modo. Qualora possano essere conseguite attraverso il trattamento ulteriore che non consenta o non consenta più di identificare l'interessato, tali finalità devono essere conseguite in tal modo.

Per dare attuazione alle sopra descritte disposizioni europee sul trattamento delle particolari categorie di dati (c.d. dati sensibili) il D.lgs. n. 196 del 2003 così come novellato dal D.lgs. n. 101 del 2018 (Codice per il trattamento dei dati personali) all’articolo 2-sexies, disciplina il trattamento delle categorie particolari di dati personali necessario per motivi di interesse pubblico rilevante, consentendolo solo se previsto dal diritto dell’Unione europea ovvero, nell’ordinamento interno, da disposizioni di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento, che specifichino i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e il motivo di interesse pubblico rilevante. Al riguardo il comma 2 elenca le ipotesi in cui l’interesse pubblico può considerarsi rilevante ai fini della possibilità di eseguire il trattamento dei dati particolari. La lettera cc), considera rilevante l'interesse pubblico relativo ai trattamenti effettuati per fini di ricerca scientifica da soggetti che svolgono compiti di interesse pubblico o connessi all'esercizio di pubblici poteri, e i trattamenti effettuati per fini statistici da parte di soggetti che fanno parte del Sistema statistico nazionale (Sistan).

 

Il comma 1 specifica inoltre che:

§  l’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), è qualificato come soggetto titolare del trattamento, agli effetti della disciplina sulla protezione dei dati personali, secondo la quale il titolare del trattamento, singolarmente o insieme con altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali. È specificato altresì che contitolari del trattamento, possano essere altri soggetti che fanno parte o partecipano al Sistema statistico nazionale, che verranno indicati nelle direttive di cui al comma 2 (vedi infra);

L’articolo 4, primo comma, numero 7), del Regolamento 2016/679/UE, fornisce la definizione di «titolare del trattamento» consistente nella persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che, singolarmente o insieme ad altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali; quando le finalità e i mezzi di tale trattamento sono determinati dal diritto dell'Unione o degli Stati membri, il titolare del trattamento o i criteri specifici applicabili alla sua designazione possono essere stabiliti dal diritto dell'Unione o degli Stati membri; nonché di «responsabile del trattamento»: la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che tratta dati personali per conto del titolare del trattamento.

§  con riguardo al periodo temporale, il termine per effettuare le indagini statistiche è fissato alla scadenza dei dodici mesi successivi al termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 e per i dodici mesi successivi, dunque fino al 31 luglio 2021;

§  le finalità sono individuate nella possibilità di disporre di statistiche ufficiali sul sistema economico e produttivo nazionale e sui fenomeni sociali, epidemiologici e ambientali, anche a supporto degli interventi di contrasto all’emergenza sanitaria e di quelli finalizzati alla gestione della fase di ripresa;

§  lo svolgimento delle rilevazioni deve avvenire nel rispetto delle misure e delle garanzie individuate nelle direttive di cui al comma 2.

 

Si segnala che il Decreto legge n. 30 del 2020, il cui disegno di legge di conversione è all’esame del Senato (AS 1800), reca la disciplina dello svolgimento di un'indagine di sieroprevalenza, epidemiologica e statistica, condotta dal Ministero della salute e dall'ISTAT, concernente la diffusione nella popolazione italiana del virus SARS-COV-2 (noto anche come COVID-19). L'indagine si basa sull'esecuzione di analisi sierologiche, intese a rilevare la presenza di anticorpi specifici negli individui compresi nei campioni. Le finalità dell'indagine, consistono: nell'acquisizione di un quadro di dati sullo "stato immunitario" della popolazione e sulla diffusione del virus; nella conseguente acquisizione di informazioni sulle caratteristiche epidemiologiche, cliniche e sierologiche del virus (ivi compreso il tasso di letalità); nella possibilità di adeguare, sulla base di tali cognizioni, le misure di profilassi e di contenimento e le decisioni strategiche nel settore sanitario e socio-sanitario.

 

Il comma 2 rimette l’individuazione dei trattamenti riferiti ai dati personali appartenenti a particolari categorie di dati ovvero a dati relativi a condanne o reati, a una o più specifiche direttive del presidente dell’ISTAT, adottate previo parere del Garante per la protezione dei dati personali.

 

L’effettuazione dei trattamenti deve avvenire nel rispetto:

§  delle norme sul Sistema statistico nazionale (di cui al decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322);

§  delle disposizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali, relative ai trattamenti a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici (Titolo VII del D.Lgs.n. 196 del 2003) e delle Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica effettuati nell’ambito del Sistema statistico nazionale (di cui all’All. A4, del medesimo Codice);

Il D.Lgs. n. 196 del 2003, così come modificato dal D.lgs. n. 101 del 2018 (C.d. Codice in materia di protezione dei dati personali) reca, al Titolo VII, la disciplina del trattamento dei dati personali effettuato a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici, ai sensi dell'articolo 89 del Regolamento 2016/679/UE. In particolare il Capo III è dedicato al trattamento a fini statistici o di ricerca scientifica e contiene la disciplina relativa alla modalità di trattamento di tali dati, specificando che: non possono essere utilizzati per prendere decisioni o provvedimenti relativamente all'interessato, né per trattamenti di dati per scopi di altra natura; i fini statistici e di ricerca scientifica devono essere chiaramente determinati e resi noti all'interessato. L’art. 106 prevede la promozione da parte del Garante per la protezione dei dati personali, promuove, l’adozione regole deontologiche per i soggetti pubblici e privati, ivi comprese le società scientifiche e le associazioni professionali, interessati al trattamento dei dati per fini statistici o di ricerca scientifica, volte a individuare garanzie adeguate per i diritti e le libertà dell'interessato in conformità all'articolo 89 del Regolamento. In attuazione di tale previsione sono state approvate:

-     le "Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica effettuati nell'ambito del Sistema statistico nazionale" (oggetto delle delibere del Garante per la protezione dei dati personali n. 514 e 515 del 19 dicembre 2018 ed inserite nel suddetto allegato A 3 con D.M. 15 marzo 2019);

-     le Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica effettuati fuori dall’ambito del Sistema statistico nazionale (oggetto delle delibere del Garante per la protezione dei dati personali n. 514 e 515 del 19 dicembre 2018 ed inserite nel suddetto allegato A 4 con D.M. 15 marzo 2019).

Andrebbe valutata l’opportunità di correggere, nella disposizione in commento, il riferimento all’Allegato 4 con quello all’Allegato 3 che contiene Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica effettuati nell'ambito del Sistema statistico nazionale.

Il rispetto delle disposizioni contenute nelle regole deontologiche costituisce condizione essenziale per la liceità e correttezza del trattamento dei dati personali e il mancato rispetto delle stesse comporta l’applicazione della sanzione di cui all’art. 83, paragrafo 5 del Regolamento (artt. 2-quater, comma 4, e 166, comma 2, del Codice), ossia l’applicazione della sanzione  amministrativa pecuniaria fino a 10 milioni di euro o, per le imprese, fino al 2% del fatturato mondiale totale annuo dell’esercizio precedente, se superiore.

 

Il comma 3 individua il contenuto delle predette direttive, nelle quali devono essere indicati:

§  gli specifici scopi perseguiti;

§  i tipi di dati;

§  le operazioni eseguibili;

§  le misure e le garanzie adottate per tutelare i diritti fondamentali e le libertà degli interessati;

§  le fonti amministrative utilizzate, anche mediante tecniche di integrazione;

§  i tempi di conservazione.

Con riguardo ai profili concernenti la conservazione dei dati, si ricorda che le citate Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica, che sono parte integrante (All. A3 e 4) del Codice per la protezione dei dati personali (vedi sopra) prevedono che i dati personali possano essere conservati per scopi statistici o scientifici anche oltre il periodo necessario per il raggiungimento degli scopi per i quali sono stati raccolti o successivamente trattati, in conformità all’art. 5, § 1 lett. e) del Regolamento. Tale disposizione generale prevede che i dati vadano conservati in una forma che consenta l'identificazione degli interessati per un arco di tempo non superiore al conseguimento delle finalità per le quali sono trattati; i dati personali possono essere conservati per periodi più lunghi a condizione che siano trattati esclusivamente a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici, conformemente all'articolo 89, paragrafo 1 (vedi sopra), fatta salva l'attuazione di misure tecniche e organizzative adeguate richieste dal presente regolamento a tutela dei diritti e delle libertà dell'interessato («limitazione della conservazione»).

Il comma 4 prescrive all’ISTAT l’obbligo:

§  di fornire agli interessati le informazioni di cui agli articoli 13 e 14 del Regolamento (UE) 2016/679 anche in forma sintetica;

§  di assicurare, attraverso il proprio sito istituzionale, adeguate forme di pubblicità alle suddette informazioni, pubblicate in maniera completa e facilmente consultabile.

Gli articoli 13 e 14 del Regolamento 2016/679/UE, disciplinano le informazioni da fornire all'interessato, rispettivamente, nel caso in cui la raccolta dei dati personali avvenga presso l'interessato e nel caso in cui i dati non siano stati ottenuti presso lo stesso.

In particolare, l’articolo 13 elenca le informazioni, relative al titolare del trattamento, da fornire quando i dati personali sono raccolti presso l’interessato. Inoltre, il titolare del trattamento è tenuto a fornire all’interessato anche le seguenti informazioni: periodo di conservazione dei dati; esistenza di un processo decisionale automatizzato, compresa la profilazione; modalità di esercizio dei diritti di accesso, rettifica, cancellazione, opposizione e portabilità dei dati, se non sussistono specifiche limitazioni; modalità di esercizio del diritto di revocare il consenso e del diritto di reclamo.

Quando i dati non sono stati ottenuti presso l’interessato, in base all’articolo 14 del Regolamento UE, il titolare del trattamento deve comunque fornire all’interessato informazioni analoghe a quelle previste dall’articolo 13 oltre ad informazioni sulla fonte da cui hanno origine i dati personali. Le disposizioni dell’articolo 14 non si applicano, peraltro, se l’interessato dispone già delle informazioni, se la comunicazione implica uno sforzo sproporzionato, quando l’informativa rischi di rendere impossibile o di pregiudicare gravemente il conseguimento delle finalità di archiviazione nel pubblico interesse, quando l’ottenimento o la comunicazione sono espressamente previsti dal diritto UE o dello Stato membro, che garantiscono misure appropriate per tutelare gli interessi legittimi dell’interessato, quando i dati personali debbano rimanere riservati conformemente a un obbligo di segreto professionale.

Le citate Regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica, di cui agli All A3 e A4 del Codice per la protezione dei dati personali, prevedono specificamente che nella raccolta di dati per uno scopo statistico, nell´ambito delle informazioni di cui all´art. 13 del Regolamento deve essere rappresentata all´interessato l´eventualità che i dati personali possono essere conservati e trattati per altri scopi statistici o scientifici, per quanto noto adeguatamente specificati anche con riguardo alle categorie di soggetti ai quali i dati potranno essere comunicati. Quando i dati sono raccolti presso terzi, ovvero il trattamento effettuato per scopi statistici o scientifici riguarda dati raccolti per altri scopi, e l´informativa comporta uno sforzo sproporzionato rispetto al diritto tutelato, il titolare adotta idonee forme di pubblicità.

 

Il comma 5 prevede la disciplina in merito alla comunicazione dati trattati nell’ambito delle indagini statistiche di cui all’articolo in esame, stabilendo che gli stessi debbano essere privi di ogni riferimento che permetta l’identificazione diretta delle unità statistiche.

I soggetti cui i dati possono essere comunicati per finalità scientifiche, sono:

§  i ricercatori appartenenti a università, enti di ricerca e istituzioni pubbliche o private o loro strutture di ricerca, inseriti nell'elenco redatto dall'autorità statistica dell'Unione europea o che risultino in possesso dei requisiti stabiliti (ai sensi comma 1 dell’articolo 5-ter del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33), nei limiti e secondo le modalità previste dal citato decreto legislativo;

L’articolo 5-ter del D.Lgs. n. 33 del 2013, e successive modificazioni, reca la disciplina dell'accesso (da parte di altri soggetti) per fini scientifici ai dati elementari (privi di ogni riferimento che permetta l'identificazione diretta delle unità statistiche), raccolti nell'ambito di trattamenti statistici da parte degli enti ed uffici del Sistema statistico nazionale (Sistan). Gli enti e uffici del Sistan, possono consentire l'accesso per fini scientifici ai dati elementari, privi di ogni riferimento che permetta l'identificazione diretta delle unità statistiche, raccolti nell'ambito di trattamenti statistici di cui i medesimi soggetti siano titolari, a condizione che: l'accesso sia richiesto da ricercatori appartenenti a università, enti di ricerca e istituzioni pubbliche o private o loro strutture di ricerca, inseriti nell'elenco redatto dall'autorità statistica dell'Unione europea (Eurostat) o che risultino in possesso dei requisiti stabiliti; sia sottoscritto, da parte di un soggetto abilitato a rappresentare l'ente richiedente, un impegno di riservatezza specificante le condizioni di utilizzo dei dati, gli obblighi dei ricercatori, i provvedimenti previsti in caso di violazione degli impegni assunti, nonché le misure adottate per tutelare la riservatezza dei dati; sia presentata una proposta di ricerca e la stessa sia ritenuta adeguata, sulla base dei criteri di cui al comma 3, lettera b), dal medesimo soggetto del Sistan che concede l'accesso. È fatto divieto di effettuare trattamenti diversi da quelli previsti nel progetto di ricerca, conservare i dati elementari oltre i termini di durata del progetto, comunicare i dati a terzi e diffonderli, pena l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 162, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196

 

§  i soggetti che fanno parte o partecipano al Sistema statistico nazionale secondo quanto previsto dal più volte citato Codice in materia di protezione di dati personali (con particolare riferimento alle Regole deontologiche di cui all’allegato A4), nonché del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322.

 

Con riguardo alla diffusione dei predetti dati, la stessa è autorizzata solo in forma anonima e aggregata.

 

Il comma 6 prevede che l’ISTAT faccia fronte alle attività di cui all’articolo in esame con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 


 

Articolo 14
(
Rifinanziamento Fondo emergenze nazionali e proroga dei termini previsti per la scadenza degli stati di emergenza e delle contabilità speciali)

 

 

L'articolo 14 reca il rifinanziamento del Fondo emergenze nazionali per l'anno 2020 di 1.500 milioni di euro, di cui 1.000 milioni di euro sono destinati agli interventi di competenza del commissario straordinario, da trasferire sulla relativa contabilità speciale. Le risorse, che sono oggetto di monitoraggio, possono essere rimodulate con decreto del Ragioniere generale dello Stato, su richiesta congiunta del capo della protezione civile e del commissario straordinario e, previa autorizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze. La rimodulazione può disporsi anche mediante girofondi tra contabilità speciale del Commissario e quella del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della Protezione civile (co. 1-3).  La disposizione poi proroga di ulteriori sei mesi i termini di scadenza degli altri stati di emergenza di rilievo nazionale - diversi da quello connesso al Covid19 - e delle relative contabilità speciali che siano in scadenza entro il 31 luglio 2020 e non siano più prorogabili ai sensi della vigente normativa; si prevede l'invarianza finanziaria della norma di proroga, stabilendo che alle attività connesse alle proroghe si provvede nell’ambito delle risorse già stanziate a legislazione vigente per i relativi stati di emergenza (co.4).

 

Il comma 1, in conseguenza del perdurare delle straordinarie esigenze connesse allo stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020 in relazione alla situazione sanitaria da Covid19, prevede, per l'anno 2020, l'incremento del Fondo emergenze nazionali di 1.500 milioni di euro. Si prevede la destinazione, nell'ambito di tale incremento, di 1.000 milioni di euro agli interventi di competenza del Commissario straordinario per l'emergenza Covid, e da trasferire sull’apposita contabilità speciale a questi intestata.

 

Il comma 2 della norma in esame stabilisce che, in relazione alle effettive esigenze di spesa connesse all’evolversi del contesto emergenziale, le risorse di cui comma 1, a seguito di apposito monitoraggio effettuato dai soggetti interessati, comunicato al Ministero dell'economia e delle finanze, possono essere rimodulate con decreto del Ragioniere generale dello Stato;  tale rimodulazione avviene su richiesta congiunta del capo della protezione civile e del commissario straordinario e può disporsi, previa autorizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze, anche mediante girofondi tra la contabilità speciale di cui al comma 1 e quella del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della Protezione civile. 

Si segnala che la norma sembrerebbe fare riferimento al profilo del monitoraggio dei fabbisogni delle risorse, considerato che la formulazione rimette tale 'monitoraggio' ai medesimi soggetti interessati.

 

L'articolo 44 del codice di protezione civile, di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, ha previsto che per gli interventi conseguenti alle emergenze di rilievo nazionale, di cui all'articolo 7, comma 1, lettera c) del medesimo codice, relativamente ai quali il Consiglio dei ministri delibera la dichiarazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, si provvede con l'utilizzo delle risorse del Fondo per le emergenze nazionali, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della protezione civile. Sul conto finanziario della Presidenza del Consiglio dei ministri, al termine di ciascun anno, dovranno essere evidenziati, in apposito allegato, gli utilizzi delle risorse finanziarie del «Fondo per le emergenze nazionali».

Gli interventi contemplati sono in particolare connessi ad eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che, in ragione della loro intensità o estensione devono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante periodi di tempo limitati e predefiniti. Si ricorda che il Consiglio dei Ministri, con la Delibera del 31 gennaio scorso, ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti dagli agenti virali trasmissibili COVID-19, disponendo la possibilità di provvedere con ordinanze, emanate dal Capo del Dipartimento della protezione civile, acquisita l'intesa della Regione interessata, e in deroga a ogni disposizione vigente e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico. Per l'attuazione dei primi interventi, nelle more della valutazione dell'effettivo impatto dell'evento, si provvede nel limite di euro 5 milioni di euro a valere sul Fondo per le emergenze nazionali.

Successive disposizioni sono intervenute per la rideterminazione della dotazione del fondo: l'art. 1, comma 4-ter, D.L. 17 ottobre 2016, n. 189, l'art. 58-septies, comma 1, D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, e - in relazione all'emergenza Covid - l'art. 18, comma 3, D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (Cura Italia).

Con l'articolo 18 del D.L. Cura Italia si è infatti disposto, al comma 3, per far fronte alle esigenze straordinarie connesse allo stato di emergenza deciso dal Consiglio dei Ministri con Delibera del 31 gennaio 2020, l’incremento di 1.650 milioni, per l'anno 2020, del Fondo per le emergenze nazionali, includendo in tali risorse quelle destinate alla copertura delle misure di cui all’articolo 6,comma 10, del medesimo decreto-legge, vale a dire il finanziamento, fino al limite di spesa di 150 milioni, di interventi stabiliti con decreto del Capo del Dipartimento della protezione civile per la requisizione in uso o in proprietà, da ogni soggetto pubblico o privato, di presidi sanitari e medico-chirurgici, oltre che di beni mobili di qualsiasi genere, occorrenti per fronteggiare l’emergenza sanitaria in corso.

L'articolo 122 del decreto legge n. 18 del 2020 (Cura Italia) ha previsto la nomina di un Commissario straordinario preposto al rafforzamento della risposta sanitaria all'emergenza da Covid-19, definendone l'ambito delle competenze. In particolare, ai fini dell'acquisizione dei beni, il Commissario è autorizzato - dal comma 9 della citata disposizione- all'apertura di apposito conto corrente bancario, per la regolazione delle transazioni che richiedano il pagamento immediato o anticipato delle forniture, anche senza garanzia. Al conto corrente e alle risorse ivi esistenti si applica l'articolo 27, commi 7 e 8, del decreto legislativo n. 1 del 2018 (Codice della protezione civile). In virtù di siffatto richiamo normativo, le risorse della contabilità speciale per la gestione dell'emergenza sanitaria nazionale da Covid-19 non sono pignorabili né sottoponibili a sequestro, e rimane sospesa qualsivoglia azione esecutiva. La previsione dispone che si provveda alle spese connesse all'attuazione dell'articolo attingendo alle risorse del Fondo per le emergenze nazionali. Per la nomina del Commissario straordinario si veda il Comunicato 20 marzo 2020 e in attuazione di quanto disposto dall'art. 122 si veda la Deliberazione 6 aprile 2020 e la Deliberazione 20 aprile 2020.La prima (Pubblicata nella Gazz. Uff. 14 aprile 2020, n. 98) ha recato Ulteriore stanziamento per la realizzazione degli interventi in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, prevedendo uno stanziamento di euro 450.000.000,00, a valere sul Fondo per le emergenze nazionali, in favore del commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica COVID-19 disponendo che le risorse in questione sono versate sulla contabilità speciale di cui all'art. 122, comma 9 del citato decreto-legge n. 18 del 2020, intestata al suddetto commissario straordinario. La Delibera 20/04/2020 ha poi recato Ulteriore stanziamento per la realizzazione degli interventi in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili (Pubblicata nella Gazz. Uff. 24 aprile 2020, n. 107) prevedendo un ulteriore stanziamento di euro 900.000.000,00, a valere sul Fondo per le emergenze nazionali, in favore del commissario straordinario, disponendo che le risorse sono versate sulla contabilità speciale di cui all'art. 122 citato.

 

Il comma 3 reca la copertura degli oneri ai sensi dell'articolo 265 del decreto-legge.

 

Il comma 4 proroga di ulteriori sei mesi i termini di scadenza degli altri stati di emergenza di rilievo nazionale - diversi da quello connesso al Covid-19 - dichiarati ai sensi dell’articolo 24 del Codice di protezione civile. Si prorogano quindi le relative contabilità speciali di cui all’articolo 27 del medesimo Codice. La proroga riguarda gli stati di emergenza nazionali che siano in scadenza entro il 31 luglio 2020 e non siano più prorogabili ai sensi della vigente normativa.

La norma chiarisce dunque che tale proroga non riguarda lo stato di emergenza connesso al Covid 19 dichiarato con delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020.

In base alla disposizione, dalla proroga non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e alle attività connesse alle proroghe si provvede nell’ambito delle risorse già stanziate a legislazione vigente per i relativi stati di emergenza.

 

La relazione illustrativa al decreto in esame afferma che in considerazione dell’impegno profuso dalle regioni finalizzato al contrasto della diffusione del virus Covid-19 e della conseguente impossibilità di operare per il superamento dei contesti emergenziali per i quali è intervenuta la dichiarazione dello stato di emergenza ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, si prevede la proroga degli stati di emergenza e delle contabilità speciali in scadenza entro il 31 luglio 2020 e che non sono più prorogabili ai sensi della vigente normativa per ulteriori sei mesi.

Il nuovo Codice di protezione civile di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n.1, reca all'articolo 24. norme sulla deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale. Al verificarsi degli eventi che, a seguito di una valutazione speditiva svolta dal Dipartimento della protezione civile sulla base dei dati e delle informazioni disponibili e in raccordo con le Regioni e Province autonome interessate, presentano i requisiti indicati ovvero nella loro imminenza, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, formulata anche su richiesta del Presidente della Regione o Provincia autonoma interessata e comunque acquisitane l'intesa, delibera lo stato d'emergenza di rilievo nazionale, fissandone la durata e determinandone l'estensione territoriale con riferimento alla natura e alla qualità degli eventi e autorizza l'emanazione delle ordinanze di protezione civile, nonché individuandone le relative risorse.

In base al comma 3 della norma vigente, la durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi. Si ricorda peraltro che in deroga a quanto disposto dal presente comma sono state emanate alcune disposizioni: l'art. 1, comma 4-bis, D.L. 17 ottobre 2016, n. 189 (decreto terremoto), convertito, con modificazioni, dalla L. 15 dicembre 2016, n. 229, come poi modificato dall'art. 01, comma 1, D.L. 29 maggio 2018, n. 55, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 luglio 2018, n. 89, e, successivamente, con l'art. 15, comma 1, D.L. 30 dicembre 2019, n. 162 (proroga termini), convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2020, n. 8.

L'articolo 27 del medesimo Codice, in materia di contabilità speciali per la gestione delle emergenze di rilievo nazionale e altre disposizioni in materia amministrativa e procedimentale, prevede che per l'attuazione delle ordinanze di protezione civile, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 44-ter, comma 8, della legge di contabilità (legge n. 196 del 2009), può essere autorizzata l'apertura di apposite contabilità speciali, le quali possono essere mantenute per un periodo massimo di quarantotto mesi dalla data di deliberazione dei relativi stati di emergenza. In base al comma 2 di tale previsione, le risorse stanziate a valere sul Fondo emergenze nazionali di cui alla delibera prevista dall'articolo 24, comma 1 dichiarativa dello stato di emergenza, sono trasferite integralmente a seguito della nomina del commissario delegato sulla contabilità speciale aperta e le ulteriori somme previste dalla delibera medesima vengono corrisposte nella misura del 50 per cento a seguito dell'emanazione della delibera, mentre il restante 50 per cento all'attestazione dello stato di attuazione degli interventi finanziati. Sulle contabilità speciali di cui al presente articolo può essere autorizzato il versamento di eventuali ulteriori risorse finanziarie finalizzate al superamento dello specifico contesto emergenziale, diverse da quelle stanziate a valere sul Fondo per le emergenze nazionali e rese disponibili dalle Regioni e dagli enti locali interessati, da individuarsi con apposite ordinanze di protezione civile adottate di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Sulle medesime contabilità possono, altresì, confluire le risorse finanziarie eventualmente provenienti da donazioni, da altre amministrazioni, nonché dal Fondo di solidarietà dell'Unione europea.

Sono previsti obblighi di rendicontazione (comma 4) e si stabilisce che per la prosecuzione e il completamento degli interventi e delle attività previste dalle ordinanze adottate ai sensi dell'articolo 25 ove non ultimati o conclusi alla scadenza dello stato di emergenza di rilievo nazionale la durata della contabilità speciale può essere prorogata per un periodo di tempo determinato fermo restando il limite di cui al comma 1. Per gli ulteriori interventi ed attività da porre in essere secondo le ordinarie procedure di spesa con le disponibilità che residuano alla chiusura della contabilità speciale, le risorse ivi giacenti possono essere trasferite alla regione ovvero, ove esistenti, alle agenzie regionali preposte allo svolgimento della funzione di protezione civile o ai soggetti attuatori competenti.

Si rammenta che fermo quanto previsto dall'articolo 1 del decreto-legge 25 maggio 1994, n. 313, fino alla cessazione degli effetti delle ordinanze di protezione civile, resta sospesa ogni azione esecutiva e sono privi di effetto i pignoramenti comunque notificati, e le risorse comunque dirette a finanziare le contabilità speciali istituite con ordinanze di protezione civile sono insuscettibili di pignoramento o sequestro fino alla definitiva chiusura delle pertinenti contabilità speciali.

 

La Corte costituzionale si è pronunciata in materia di "proroghe termini" delle emergenze, in riferimento ai decreti legge cd. “milleproroghe”. In particolare nella sent. n. 22 del 2012 (ribadita nella successiva sent. n. 154 del 2015) ha asserito che i cosiddetti decreti “milleproroghe”, sebbene attengano ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, devono obbedire ad una ratio unitaria risiedente in un duplice intento: "intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento"; oppure "incidere su situazioni esistenti – pur attinenti ad oggetti e materie diversi – che richiedono interventi regolatori di natura temporale". Secondo la giurisprudenza costituzionale, focalizzata sulle proroghe di termini, risulta in contrasto con l'articolo 77 della Costituzione "la commistione e la sovrapposizione, nello stesso atto normativo, di oggetti e finalità eterogenei, in ragione di presupposti, a loro volta, eterogenei". Ne segue che "del tutto estranea a tali interventi ['mille-proroghe'] è la disciplina “a regime” di materie o settori di materie, rispetto alle quali non può valere il medesimo presupposto della necessità temporale e che possono quindi essere oggetto del normale esercizio del potere di iniziativa legislativa, di cui all’art. 71 Cost." (sent. n. 22 del 2012). In tal senso, secondo la Corte "ove le discipline estranee alla ratio unitaria del decreto presentassero, secondo il giudizio politico del Governo, profili autonomi di necessità e urgenza, le stesse ben potrebbero essere contenute in atti normativi urgenti del potere esecutivo distinti e separati".

In ordine ai requisiti di necessità e urgenza (art. 77 Cost.), la sent. della Corte costituzionale n. 220 del 2013 ha peraltro evidenziato i "ristretti limiti tracciati dal secondo e terzo comma dell’art. 77 Cost." che sono stati "concepiti dal legislatore costituente per interventi specifici e puntuali, resi necessari e improcrastinabili dall’insorgere di «casi straordinari di necessità e d’urgenza»". Viene, al riguardo, in rilievo la già menzionata sent. n. 22 del 2012, in base alla quale "Il presupposto del «caso» straordinario di necessità e urgenza inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito di intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno. La scomposizione atomistica della condizione di validità prescritta dalla Costituzione si pone in contrasto con il necessario legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il «caso» che lo ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie di norme assemblate soltanto da mera casualità temporale" (sul requisito della omogeneità anche le successive sent. n. 32 del 2014 e n. 154 del 2015).

 


 

Articolo 15
(Incremento risorse del Fondo nazionale per il servizio civile e disposizioni in materia di volontariato di protezione civile)

 

 

L’articolo 15 incrementa la dotazione del Fondo nazionale per il servizio civile di 20 milioni di euro per il 2020 e dispone l’incumulabilità del rimborso per il mancato guadagno giornaliero, riconosciuto ai volontari di Protezione civile che svolgono attività di lavoro autonomo, con le indennità spettanti ad alcune categorie di lavoratori in conseguenza della riduzione o sospensione dell'attività lavorativa durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

Nel dettaglio la norma dispone l’incremento del suddetto Fondo di 20 mln di euro per il 2020 (che si aggiungono ai 10 mln stanziati per la medesima annualità dalla legge di bilancio 2020), al fine di garantire adeguate risorse da destinare all’assistenza delle persone più vulnerabili e alla ricostruzione del tessuto sociale deteriorato in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. Alla copertura dei relativi oneri si provvede ai sensi dell’art. 265 (alla cui scheda di lettura si rinvia) (commi 1 e 2).

 

Il Fondo nazionale per il servizio civile, istituito dalla legge n. 230 del 1998, ha come finalità lo sviluppo complessivo del servizio civile universale, nonché la continuità del contingente di operatori volontari.

I settori di intervento in cui si realizzano le finalità del servizio civile universale[32] sono: assistenza; protezione civile; patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; patrimonio storico, artistico e culturale; educazione e promozione culturale, paesaggistica, ambientale, del turismo sostenibile e sociale, e dello sport; agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità; promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all'estero e sostegno alle comunità di italiani all’estero.

La Presidenza del Consiglio cura l’amministrazione e la programmazione annuale delle risorse del Fondo nazionale per il servizio civile, alimentato con le risorse derivanti dal bilancio dello Stato nonché da altre fonti pubbliche e private, comprese quelle comunitarie. A tal fine elabora ogni anno - previo parere della Consulta nazionale del servizio civile universale e della Conferenza Stato-Regioni - un documento di programmazione finanziaria, che dispone la ripartizione delle risorse occorrenti per la realizzazione del servizio civile.

Il Fondo è quantificato annualmente dalla legge di bilancio dello Stato. Quella per il 2020 (L. 160/2019, art. 1, comma 267) ha previsto un incremento dello stanziamento di 10 milioni per il medesimo anno. Pertanto, la dotazione iniziale del Fondo nel bilancio 2020 (capitolo 2185 nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze: "Fondo occorrente per gli interventi del servizio civile nazionale") risulta pari 149,02 milioni per il 2020; 99,28 milioni per il 28 per il 2021; 106,58 milioni per il 2022.

 

La norma in commento, inoltre, dispone che ai volontari che svolgono attività di lavoro autonomo - che percepiscono una delle indennità attribuite a determinate categorie di lavoratori dagli articoli da 27 a 30 del D.L. 18/2020, nonché dall’articolo 84 comma 1 del presente provvedimento, in conseguenza della riduzione o sospensione dell'attività lavorativa - non si applica quanto disposto dall’articolo 39, comma 5, del D.Lgs. 1/2018 che riconosce ai volontari di Protezione civile lavoratori autonomi un rimborso per il mancato guadagno giornaliero calcolato sulla base della dichiarazione del reddito presentata l'anno precedente a quello in cui è stata prestata l'opera di volontariato, nel limite di 103,30 euro giornalieri[33] (comma 2).

Per quanto concerne l’ambito temporale di applicazione della disposizione in commento, il predetto divieto di cumulo si applica per le attività di volontariato svolte nei mesi per i quali sia percepita una delle richiamate indennità.

 

Riguardo ai divieti di cumulo di cui alla norma in commento, si valuti l'opportunità di richiamare non solo il comma 1 dell’articolo 84, ma anche altri commi del medesimo articolo, considerato che anch'essi concernono indennità relative a lavoratori autonomi o a soggetti che potrebbero svolgere nel periodo in oggetto lavoro autonomo.

Per la stessa ragione, si valuti l’opportunità di richiamare anche l'articolo 44 del D.L. 18/2020 e l'articolo 81 del presente decreto, in relazione a indennità analoghe, previste da essi o dai relativi provvedimenti attuativi.

 

I citati articoli del D.L. 18/2020, prorogati dall’art. 89 del provvedimento in esame sia pur non in forma di novella, riconoscono un'indennità, pari a 600 euro, in favore dei seguenti soggetti, qualora non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie (per la proroga e l’incremento delle suddette indennità, nonché per la modifica di alcuni presupposti per il loro riconoscimento, si rimanda alla scheda di lettura sull’articolo 89 del provvedimento in esame):

§  dei liberi professionisti titolari di partita IVA iscritti alla Gestione separata INPS e di titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla medesima Gestione (art. 27 D.L. 18/2020 e 84, c. 1);

§  dei lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell'INPS (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali) (artt. 28 D.L. 18/2020 e 84, c. 4);

§  dei lavoratori dipendenti stagionali del settore turismo e degli stabilimenti termali che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro in un determinato periodo (artt. 29 D.L. 18/2020 e 84, c. 5 e 6);

§  degli operai agricoli a tempo determinato che nel 2019 hanno svolto almeno 50 giornate effettive di attività di lavoro agricolo (artt. 30 D.L. 18/2020 e 84, c. 7).

 


 

Articolo 16
(Misure straordinarie di accoglienza)

 

 

L’articolo 16 consente di utilizzare i posti disponibili nelle strutture del Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI) per l’accoglienza dei richiedenti asilo (ossia dei cittadini stranieri che hanno presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è ancora stata adottata una decisione definitiva). Si tratta di una misura temporanea, che si applica al massimo per sei mesi dopo la cessazione dello stato di emergenza (quindi fino al 31 gennaio 2021). La disposizione deroga espressamente le previsioni di cui all’articolo 1-sexies del D.L. 426/1989, che, a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. 113/2018, riserva l’accoglienza nel SIPROIMI a coloro ai quali è stato riconosciuto lo status di protezione internazionale e non anche, come in precedenza, ai richiedenti lo status.

 

Il Sistema di protezione dei titolari di protezione internazionale e dei minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI), disciplinato dal D.L. 416/1989, art. 1-sexies, è costituito dalla rete degli enti locali per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata degli stranieri nel proprio territorio (cosiddetta “seconda accoglienza”).

Oltre ai rifugiati e ai minori stranieri non accompagnati, possono essere accolti nel Sistema i cittadini stranieri titolari di permesso di soggiorno per casi speciali (protezione sociale e vittime di tratta, violenza domestica e grave sfruttamento lavorativo), per cure mediche, per calamità, per atti di particolare valore civile.

A tal fine gli enti locali accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno (D.L. 416/1989, art. 1-septies).

Gli enti locali, con il supporto delle realtà del terzo settore, garantiscono interventi di accoglienza integrata assicurando vitto e alloggio, prevedendo misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento e di inserimento socio-economico.

Il D.L. 113 del 2018 (c.d. decreto sicurezza e immigrazione) ha ristrutturato complessivamente il sistema di accoglienza degli stranieri nel nostro Paese. Per quanto riguarda la seconda accoglienza la nuova normativa ha previsto che l’accesso alle strutture del sistema SIPROIMI sia riservato ai titolari di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati e non anche, come in precedenza, ai richiedenti asilo (ossia gli stranieri che hanno presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è ancora stata adottata una decisione definitiva). Il medesimo decreto-legge ha sostituito l’istituto della protezione umanitaria con l’introduzione di permessi di soggiorno per motivi “speciali”.

Una disposizione transitoria del D.L. 113/2018 consente ai richiedenti asilo e ai titolari di protezione umanitaria già presenti nelle strutture del sistema di protezione alla data di entrata in vigore del decreto-legge di rimanervi fino alla scadenza del progetto di accoglienza in corso, già finanziato. I minori non accompagnati richiedenti asilo, al compimento della maggiore età, possono rimanere nelle strutture SIPROIMI fino alla definizione della domanda di protezione internazionale.

Al febbraio 2020, risultano attivi 808 progetti della rete SIPROIMI (608 ordinari, 155 per minori non accompagnati e 45 per persone con disagio mentale o disabilità). Gli enti locali titolari di progetto sono 688, tra comuni, province, unioni di comuni e altri enti, per complessivi 31.264 posti finanziati (fonte: SIPROIMI).

 

La disposizione in esame fa salve le previsioni contenute nel D.Lgs. 142/2015 (c.d. decreto accoglienza), in materia di servizi per l’accoglienza.

 

Il decreto n. 142 del 2015, di recepimento della direttiva 33/2013/UE, prevedeva originariamente, per i richiedenti asilo privi di mezzi, una volta esaurita la prima fase di accoglienza, la possibilità di accedere ai servizi di accoglienza integrata nell'ambito dello SPRAR (Sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati), ora SIPROIMI, cioè quei servizi predisposti su base volontaria dalla rete degli enti locali mediante progetti finanziati prevalentemente a carico del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo. Il D.L. 113/2018, al fine di operare una razionalizzazione dei servizi di c.d. seconda accoglienza, ha stabilito che possono accedere allo SPRAR solo i titolari di protezione internazionale (status di rifugiato o protezione sussidiaria) e i minori non accompagnati.

A seguito delle modifiche introdotte dal D.L. 113/2018, i richiedenti protezione internazionale, a meno che non ricorrano le condizioni che necessitino il trattenimento nei Centri di permanenza per i rimpatri (CPR), possono accedere solo alle misure previste nell'ambito dei centri di prima accoglienza, che hanno la funzione di consentire l'identificazione dello straniero (ove non sia stato possibile completare le operazioni negli hotspot), la verbalizzazione e l'avvio della procedura di esame della domanda di asilo, l'accertamento delle condizioni di salute e la sussistenza di eventuali situazioni di vulnerabilità che comportino speciali misure di assistenza (art. 9, D.Lgs. 142/2015).

In caso di esaurimento dei posti nei centri governativi, a causa di massicci afflussi di richiedenti, questi possono essere ospitati in strutture diverse dai centri governativi. La natura di queste strutture, denominate CAS (centri di accoglienza straordinaria), è temporanea e l'individuazione viene effettuata dalle prefetture, sentito l'ente locale nel cui territorio è situata la struttura (art. 11, D.Lgs. 142/2015).

Una disposizione transitoria consente che i richiedenti asilo e i titolari di protezione umanitaria già presenti nel Sistema di protezione alla data di entrata in vigore del decreto-legge (5 ottobre 2018) possono rimanere in accoglienza nel Sistema fino alla scadenza del progetto di accoglienza in corso, già finanziato. I minori non accompagnati richiedenti asilo, al compimento della maggiore età, potranno rimanere nel Sistema fino alla definizione della domanda di protezione internazionale.

Come riferito nella relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto-legge, ai richiedenti asilo accolti temporaneamente nel SIPROIMI in virtù del provvedimento in esame, sono assicurati essenzialmente i servizi di accoglienza materiale (vitto, alloggio, vestiario, mediazione linguistica – culturale, informazione, assistenza sociale, assistenza sanitaria) analoghi a quelli erogati nei centri di accoglienza per richiedenti protezione internazionale, di cui agli articoli 9 e 11 del D.Lgs. n. 142 del 2015, con esclusione dei servizi che caratterizzano e qualificano l’accoglienza nel SIPROIMI, quali l’insegnamento della lingua italiana e quelli relativi ai processi di inclusione e integrazione.

 

Si ricorda inoltre la disposizione in esame è stata preceduta da un intervento normativo avente l’analogo obiettivo di garantire la sicurezza e la tutela della salute dei migranti in connessione con l’emergenza epidemiologica in atto.

Si tratta dell’articolo 86-bis del D.L. 18/2020 (“cura Italia”) che, tra l’altro, prevede (comma 3) che nelle strutture del SIPROIMI, se disponibili, possano essere ospitati, fino alla fine dell’emergenza (ossia fino al 31 luglio) i richiedenti protezione internazionale e i titolari di protezione umanitaria sottoposti al periodo di quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva. In base a tale norma la permanenza è disposta dal prefetto con il parere del Dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente e dell'ente locale titolare del progetto di accoglienza. Su disposizione dell’ente locale interessato possono essere accolte nelle strutture del SIPROIMI, per le medesime finalità, anche persone in stato di necessità.

 

Analogamente a quanto previsto dall’articolo 86-bis del D.L. 18/2020 potrebbe valutarsi l’opportunità di indicare espressamente, anche nella disposizione in esame, l’autorità competente a determinare la permanenza nelle strutture in base ai posti disponibili.

 

Rispetto al citato art. 86-bis, in particolare, la disposizione recata dall’articolo 16 in esame estende l’accoglienza nel SIPROIMI a tutti i richiedenti asilo e non solamente a quelli sottoposti a misure di prevenzione sanitaria ed amplia il periodo di accoglienza fino ad un massimo di 6 mesi dopo la cessazione dello stato di emergenza (dichiarata con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 fino al 31 luglio 2020) e, quindi, fino al 31 gennaio 2021.

 

La disposizione in esame inoltre non si applica ai titolari di protezione umanitaria, i quali se ospitati ancora nei centri SIPROIMI vi possono rimanere nei limiti previsti dal citato art. 86-bis.

Il comma 2 dell’articolo 86-bis ha introdotto la possibilità per gli stranieri di rimanere – fino alla fine dello stato di emergenza – nei centri di prima e seconda accoglienza e nei CAS - centri di accoglienza straordinaria che li ospitano anche se sono venute meno le condizioni per la loro permanenza, previste dalle disposizioni vigenti, nelle medesime strutture.

 

La possibilità per i richiedenti protezione internazionale di rimanere nei centri di prima accoglienza e nei CAS anche oltre la scadenza del titolo che ne legittima la permanenza – secondo quanto riportato nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame – ha avuto l’effetto di impedire il normale avvicendamento nel sistema di accoglienza per richiedenti protezione internazionale che pur presentando una notevole disponibilità di posti  “tuttavia non consente di corrispondere alle indifferibili esigenze di accoglienza dei migranti che giungono nel territorio nazionale”.

Inoltre - prosegue la relazione illustrativa - hanno contribuito alla riduzione di posti per l'accoglienza ordinaria sia 1'obbligo di mantenere il prescritto distanziamento interpersonale, con una restrizione degli spazi normalmente allestiti per l'accoglienza, sia l'individuazione di appositi posti all'interno dei centri per lo svolgimento della misura sanitaria della quarantena, che ha comportato di fatto la riduzione di posti per l'accoglienza ordinaria.

Questa situazione - si legge sempre nella relazione illustrativa – “determina l’urgente necessità di disporre di nuovi posti per l’accoglienza dei richiedenti asilo, resa ancora più pressante del consistente numero di arrivi, destinato ad aumentare nella stagione estiva”.

 

Per completezza si ricorda infine che il citato articolo 86-bis prevede anche la proroga al 31 dicembre 2020 dei progetti degli enti locali in scadenza al 30 giugno 2020 nell’ambito del SIPROIMI  e dà facoltà ai prefetti di modificare i contratti in essere per lavori, servizi o forniture supplementari in determinate strutture di accoglienza (CAS, strutture ricettive temporanee per i minori non accompagnati, hotspot), sempre con il fine di assicurare la tempestiva adozione di misure dirette al contenimento della diffusione del COVID-19.

 

La norma in esame, con una clausola di neutralità finanziaria, dispone che all'attuazione delle misure di accoglienza introdotte si provveda con le risorse già disponibili a legislazione vigente sui pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'interno, senza pertanto introdurre nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Secondo quanto riportato dalla relazione tecnica, il capitolo interessato è il 2352 “Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell'asilo ed interventi connessi, ivi compresi quelli attuati nelle materie in adesione a programmi e progetti dell'unione europea anche in regime di cofinanziamento” della Tabella 8, missione 27 Programma 2, azione 2, CDR 4, che presenta la necessaria disponibilità.


 

Articolo 17
(Modifiche all’articolo 6, comma 10, del
decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18)

 

 

L’articolo 17 specifica che le acquisizioni a titolo diverso, ad esclusione della proprietà, di strutture per ospitare le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario, da parte del Dipartimento della protezione civile e del Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica in atto, sono ricomprese nell’autorizzazione di spesa relativa alle disposizioni contenute nel decreto legge n. 18 del 2020 (c.d. Cura Italia) concernenti, tra l’altro, le requisizioni da parte dei Prefetti, di strutture alberghiere o altri immobili disposte per le medesime finalità di sorveglianza sanitaria o isolamento fiduciario.

 

L’articolo 17 interviene sull’articolo 6 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. Cura Italia), il quale autorizza il Capo della protezione civile a disporre la requisizione in uso o proprietà di presidi sanitari e medico chirurgici e di beni mobili di qualsiasi genere da soggetti pubblici o privati ed il Prefetto a disporre la requisizione in uso di strutture alberghiere, ovvero di altri immobili aventi analoghe caratteristiche di idoneità, per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario.

La modifica in esame incide sulla disposizione (comma 10 dell’articolo 6), che contiene l’autorizzazione di spesa nel limite massimo di 150 milioni di euro per l’anno 2020 per l’attuazione delle predette disposizioni.

Al riguardo, si prevede che la suddetta autorizzazione di spesa vada riferita altresì all’acquisizione a diverso titolo, ad esclusione della proprietà, di strutture per ospitarvi le persone in sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario o in permanenza domiciliare, da parte:

§  del Dipartimento della protezione civile;

§  del Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica in atto;

L’art. 122 del Decreto legge n. 18 del 2020 prevede la nomina di un Commissario straordinario preposto al rafforzamento della risposta sanitaria all'emergenza da Covid-19, attribuendo allo stesso, tra l’altro, la potestà di disporre, anche per il tramite del Capo del Dipartimento della protezione civile e, ove necessario, del prefetto territorialmente competente, la requisizione di beni mobili, mobili registrati e immobili, anche avvalendosi dei prefetti territorialmente competenti.

§  dei soggetti attuatori nominati ai sensi dell’Ordinanza del Capo dipartimento della protezione civile n. 630 del 2020.

L’Ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020 del Capo dipartimento della protezione civile contiene interventi urgenti di protezione civile in relazione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili e specifica che il Capo del Dipartimento della protezione civile assicura il coordinamento degli interventi necessari, avvalendosi del medesimo Dipartimento, delle componenti e delle strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile, nonché di soggetti attuatori, individuati anche tra gli enti pubblici economici e non economici e soggetti privati, che agiscono sulla base di specifiche direttive.

 

 

 


 

Articolo 18
(Utilizzo delle donazioni)

 

 

L'articolo 18, comma 1, stabilisce, in primo luogo, che le somme raccolte mediante donazioni liberali - versate negli appositi conti correnti - possano essere destinate dal Dipartimento della protezione civile al pagamento delle spese relative alle acquisizioni di farmaci, delle apparecchiature e dei dispositivi medici e di protezione individuale da parte del Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19.

In secondo luogo, il comma 1 estende una disciplina transitoria, che prevede l’affidamento diretto per alcune acquisizioni di forniture e servizi, finanziate esclusivamente dalle donazioni, all’ipotesi in cui le medesime acquisizioni siano effettuate dalle regioni e province autonome e loro enti, società e fondazioni.

Lo stesso comma reca inoltre una precisazione riguardo agli obblighi di rendicontazione e tracciabilità, a carico delle pubbliche amministrazioni beneficiarie delle donazioni intese a far fronte all'emergenza epidemiologica del virus COVID-19.

Sono fatti salvi le destinazioni e gli utilizzi delle donazioni finora disposti (comma 2).

 

Il primo intervento summenzionato di cui al comma 1 è operato mediante una novella dell'art. 99 del D.L. n. 18 del 2020 (convertito dalla L. n. 27 del 2020).

 

Riguardo al Commissario straordinario summenzionato, si ricorda che l’articolo 122 dello stesso decreto-legge n. 18 ne prevede la nomina, ai fini del rafforzamento della risposta sanitaria all'emergenza da Covid-19, e definisce l'ambito delle sue competenze. Tra queste figura l'organizzazione, acquisizione e produzione di ogni genere di beni strumentali utili a contenere l'emergenza, nonché programmare e organizzare ogni attività connessa. Rientrano tra tali compiti il reperimento delle risorse umane e strumentali necessarie; l'individuazione dei fabbisogni; l'acquisizione e distribuzione di farmaci, apparecchiature, dispositivi medici e di protezione individuale. Nell'esercizio di queste attività il Commissario può avvalersi di soggetti attuatori e di società in house nonché delle centrali di acquisto.

 

Ulteriore modifica riguarda il comma 3 del medesimo art. 99. Tale articolo prevede che, nella vigenza dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020 e, in ogni caso sino al 31 luglio 2020, l’acquisizione di forniture e servizi da parte delle aziende, agenzie e degli enti del Servizio sanitario nazionale, da utilizzare nelle attività di contrasto dell’emergenza COVID-19, qualora sia finanziata in via esclusiva tramite donazioni di persone fisiche o giuridiche private, ai sensi dell’art. 793 c.c., avvenga mediante affidamento diretto. Si procede senza previa consultazione di due o più operatori economici, per importi non superiori alle soglie europee recate dal codice dei contratti pubblici e a condizione che l'affidamento sia conforme al motivo delle liberalità.

La novella, come sopra accennato, estende tale disciplina alle medesime acquisizioni di forniture e servizi da parte delle "regioni e province autonome e loro enti, società e fondazioni".

Con una modifica al comma 5 dell'art. 99, inoltre, si specifica che per ciascuna pubblica amministrazione beneficiaria delle donazioni intese a far fronte all'emergenza epidemiologica del virus COVID-19 l'apertura di un conto corrente dedicato presso il proprio tesoriere è facoltativa. Resta fermo che occorre in ogni caso attuare un’apposita rendicontazione separata (con completa tracciabilità dei movimenti) - la quale può essere quindi effettuata, in base alla suddetta novella, anche nell’ambito del conto corrente di tesoreria generale -.

Come già accennato, ai sensi del comma 2 del presente articolo 18 restano valide le destinazioni e le utilizzazioni già disposte, effettuate a decorrere dalla data di apertura dei citati conti correnti.

 


 

Articolo 19
(Funzionamento e potenziamento della Sanità militare)

 

 

L’articolo 19 è volto ad autorizzare, per l’anno 2020:

§  l’arruolamento eccezionale, a domanda, di 70 ufficiali medici (di cui 30 della Marina militare, 30 dell’Aeronautica militare e 10 dell’Arma dei carabinieri) e di 100 sottufficiali infermieri (di cui 50 della Marina militare e 50 dell’Aeronautica militare).

§  la spesa di euro 88.818.000 di euro, per sostenere le attività e l’ulteriore potenziamento dei servizi sanitari militari.

 

In particolare, il comma 1 autorizza per l’anno 2020 l’arruolamento eccezionale, a domanda, di personale della Marina militare, dell’Aeronautica militare e dell’Arma dei carabinieri in servizio temporaneo, con una ferma eccezionale della durata di un anno, nelle seguenti misure per ciascuna categoria e Forza armata:

a) 70 ufficiali medici con il grado di tenente o grado corrispondente, di cui 30 della Marina militare, 30 dell’Aeronautica militare e 10 dell’Arma dei carabinieri;

b) 100 sottufficiali infermieri con il grado di maresciallo, di cui 50 della Marina militare e 50 dell’Aeronautica militare.

La disposizione richiama l’articolo 7 del decreto-legge n. 18/2020, per quanto concerne le finalità e per le modalità, i requisiti, le procedure ed il trattamento giuridico ed economico.

 

Si ricorda che l’articolo 7 del decreto-legge n. 18/2020, e i successivi articoli 8 e 9, hanno introdotto una serie di disposizioni volte a potenziare le risorse umane e strumentali a disposizione dei servizi sanitari delle Forze armate, fortemente impegnati nel contrastare l’emergenza sanitaria connessa al diffondersi del virus COVID-19.  In particolare, l’articolo 7 prevede una procedura semplificata per l’arruolamento, eccezionale e temporaneo (di un anno, dal 15 aprile 2020 al 15 aprile 2021), di 320 unità di personale medico e infermieristico dell’Esercito (mentre l’articolo 19 in esame coinvolge le altre Forze armate), definendone il relativo stato giuridico ed economico. Si tratta di 120 medici e 200 infermieri militari, da inquadrare, rispettivamente, con il grado di tenente (gli ufficiali medici) e di maresciallo (i sottufficiali infermieri), in servizio temporaneo (ferma attiva della durata di un anno), a cui sarà riconosciuto il trattamento giuridico ed economico dei loro parigrado in servizio permanente. Per quanto attiene alle modalità di arruolamento, il richiamato articolo 7 delinea un procedimento particolarmente semplificato in quanto, al fine di velocizzare la selezione delle professionalità. Il comma 2 prevede che la selezione del personale si basi sui giudizi formulati dalle Commissioni di avanzamento istituzionalmente competenti per tali necessità.

Tali Commissioni, ai sensi dell’articolo 1034 del Codice dell’ordinamento militare, esprimono giudizi sull'avanzamento degli ufficiali le Commissioni di vertice nei riguardi degli ufficiali aventi grado di generale di divisione e corrispondenti; le Commissioni superiori di avanzamento nei riguardi degli ufficiali aventi grado da tenente colonnello a generale di brigata e corrispondenti; le Commissioni ordinarie di avanzamento nei riguardi degli ufficiali in servizio permanente aventi grado da sottotenente a maggiore e corrispondenti; i superiori gerarchici per gli ufficiali di complemento. Le Commissioni di vertice e le Commissioni superiori di avanzamento sono costituite presso ciascuna Forza armata. Per quanto riguarda l’Esercito la disciplina delle Commissioni superiore e ordinaria di avanzamento sono regolate, rispettivamente, dagli articoli 1037 e 1042 del Codice dell’ordinamento militare. Per la valutazione del personale appartenente a ciascuno dei ruoli marescialli, sergenti e volontari in servizio permanente, sono istituite presso l'Esercito italiano, la Marina militare e l'Aeronautica militare apposite Commissioni permanenti (artt. 1047 e ss. del Codice dell’ordinamento militare).

 

Per quanto, attiene, ai requisiti per la partecipazione alla selezione, il richiamato comma 2 dell’articolo 7 prevede che gli aspiranti all’arruolamento siano cittadini italiani di età non superiore ai 45 anni, in possesso di una laurea magistrale in medicina e chirurgia, con l’abilitazione professionale, per gli aspiranti ufficiali medici e in infermieristica, con l’abilitazione professionale, per gli aspiranti sottufficiali infermieri. Si prevede, inoltre, che i candidati:

§  non siano stati giudicati permanentemente non idonei al servizio militare, non siano stati dimessi d’autorità da precedenti ferme nelle Forze armate;

§  non siano stati condannati per delitti non colposi, anche con sentenza di applicazione della pena su richiesta, a pena condizionalmente sospesa o con decreto penale di condanna, ovvero non siano imputati in procedimenti penali per delitti non colposi.

 

Ai sensi del comma 2, le domande di partecipazione sono presentate entro quindici giorni dalla data di pubblicazione delle procedure di arruolamento da parte della Direzione generale del personale militare sul portale on-line del sito internet del Ministero della Difesa (www.difesa.it), e gli arruolamenti sono perfezionati entro i successivi 20 giorni.

 

Il comma 3 prevede che i periodi di servizio prestato in virtù sia dell’articolo 19 in esame che dell’articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020, costituiscono titolo di merito da valutare nelle procedure concorsuali per il reclutamento di personale militare in servizio permanente appartenente ai medesimi ruoli delle Forze armate.

 

Il comma 4 autorizza la spesa di euro 4.682.845 per l’anno 2020 e euro 3.962.407 per l’anno 2021 per l’attuazione del comma 1.

 

La relazione illustrativa precisa che, a seguito dell’evolversi della situazione emergenziale in atto, le disposizioni recate dai commi 1-4 sono volte a rafforzare i presidi già apprestati dall’articolo 7 del decreto-legge n. 18/2020, allo stato non del tutto adeguati ad affrontare efficacemente la situazione in molti nosocomi sul territorio nazionale e a supportare sinergicamente tutte le altre strutture di qualsiasi livello del Servizio sanitario nazionale. Il rafforzamento degli strumenti predisposti consentirà alle Forze armate di fornire risposte adeguate, tempestive, flessibili e coerenti con la necessità di dislocare e contingenti di personale sanitario nei diversi presidi ospedalieri potenzialmente in difficoltà situati sull’intero territorio nazionale.

Dal momento che si tratta di affrontare una situazione assolutamente straordinaria, non codificata, senza precedenti e in costante evoluzione, e tenuta anche presente la ristrettissima tempistica a disposizione, vengono confermati gli istituti e le modalità eccezionali già posti in essere con il citato articolo 7 del decreto-legge n. 18 del 2020.

La relazione tecnica elenca nel dettaglio gli oneri per categoria professionale e per forza armata, ipotizzando l’immissione in servizio per il 15 giugno 2020.

 

Il comma 5 autorizza inoltre l’ulteriore spesa di 84.132.000 per l’anno 2020, per sostenere le attività e l’ulteriore potenziamento dei servizi sanitari militari di cui all’articolo 9 del decreto-legge n. 18 del 2020, che a sua volta ha previsto per l’anno 2020 la spesa di 34,6 milioni di euro per il potenziamento dei servizi sanitari militari e per l’acquisto di dispositivi medici e presidi sanitari mirati alla gestione dei casi urgenti e di biocontenimento.

Secondo il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari, lo stanziamento di 84,13 milioni riguarda per 14,49 milioni la spesa corrente e per 69,64 milioni la spesa in conto capitale. La relazione tecnica fornisce un elenco dettagliato delle esigenze e delle tipologie di acquisti previsti.

 

La relazione illustrativa evidenzia come il rapido sviluppo e la durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 richieda un ulteriore potenziamento della Sanità militare, quale organizzazione presente sul territorio in grado di supportare la gestione dei casi urgenti e per il contenimento degli effetti negativi che l’epidemia sta producendo.

Per realizzare l’efficiente potenziamento della Sanità militare occorrono, sempre secondo la Relazione, interventi volti alla realizzazione di strutture sanitarie dedicate, all’adeguamento infrastrutturale dei Poli ospedalieri militari esistenti, all’acquisto di dispositivi e presidi sanitari idonei a gestire in sicurezza l’emergenza, e soprattutto degli ulteriori assetti per il trasporto in sicurezza e la gestione a terra, su unità navali, negli aeroporti militari e in volo di pazienti con malattie infettive contagiose. Più in particolare, la relazione illustrativa elenca alcune esigenze:

§  l’acquisto di 2 ospedali da campo Role 1+[34] oltre a moduli aggiuntivi per incrementare la capacità di risposta e di dispiegamento su ogni parte del territorio nazionale di altri ospedali da campo già nella disponibilità delle Forze armate;

§  l’acquisto di materiale specifico e assetti per trasporti aerei in biocontenimento;

§  l’acquisito di materiali e dispositivi medici per gestione di pazienti sia in terapia intensiva che in degenza ordinaria;

§  il potenziamento di strutture ospedaliere militari, al fine di pervenire anche ad un incremento dei posti letto degenza disponibili, con necessità di effettuare anche connesse opere infrastrutturali. I lavori di adeguamento infrastrutturali riguarderanno principalmente le strutture del Policlinico Militare del Celio, del polo Ospedaliero di Milano Baggio, del Centro Ospedaliero Militare di Taranto;

§  la costruzione di un APOD (Air Port of Debarkation) /ATOC (Air Terminal Operation Center) nazionale (con relativo alternato), per garantire la gestione di personale contagiato trasportato con assetti aerei all’interno o all’esterno del territorio nazionale;

§  il potenziamento delle capacità di accoglienza di pazienti in biocontenimento epidemiologico e di decontaminazione delle strutture.

 

In particolare, è necessario incrementare le capacità di ricovero sul territorio nazionale, sia nelle strutture sanitarie militari esistenti (il Centro ospedaliero militare di Taranto, il Polo ospedaliero militare di Milano Baggio e il Policlinico militare del Celio di Roma), comprese quelle presenti sulle unità navali della Marina militare, sia nelle strutture ospedaliere campali ad hoc (l’ospedale militare da campo a Piacenza allestito dall’Esercito, capace di ospitare dai 40 ai 60 posti letto e quello vicino all’Ospedale Carlo Urbani a Jesi nelle Marche, allestito dalla Marina militare). Si rafforza inoltre la capacità di trasporto aereo e terrestre di pazienti in alto biocontenimento (anche in condizioni di assistenza intensiva), la capacità di diagnostica rapida per specifica patologia, farmaci e dispostivi di protezione individuale per l’assistenza dei malati e dei contagiati, la sanificazione delle aree e delle strutture.

 

 

Per sanità militare deve intendersi il complesso dell’organizzazione sanitaria delle Forze armate del Paese.

Secondo il Codice ordinamento militare (D.lgs. n. 66/2010, artt. 181-213), il Servizio sanitario militare (SSM) è un sistema di strutture e servizi che deve assicurare prioritariamente il complesso delle attività che concorrono a garantire l’efficienza psicofisica del personale militare e civile della Difesa.

La sanità militare ha infatti il compito primario di assicurare l’assistenza sanitaria in operazioni e in addestramento, sia all’interno che al di fuori del territorio nazionale, nonché, in subordine, di concorrere all’assistenza e al soccorso della collettività nazionale e internazionale nei casi di pubbliche calamità.

Essa agisce attraverso i servizi sanitari di ciascuna delle Forze armate e dell’Arma dei carabinieri che, nel loro insieme, ma con le loro specificità, costituiscono il “servizio sanitario militare”.

La sanità militare costituisce un settore di centrale interesse per la Difesa e tale servizio, secondo il D.M. Sanità-Difesa del 4 marzo 2015, che ne individua dettagliatamente i beneficiari, va erogato ad un bacino di potenziali utenti (personale in servizio e in congedo dell’Esercito, Marina, Aeronautica, Arma Carabinieri, Guardia di Finanza, dipendenti civili della Difesa, e loro familiari) stimabile, secondo la Corte dei conti (delibera 16/2019/G) in almeno di 400.000 unità.

L’attuale organizzazione territoriale della sanità militare è schematizzata nel diagramma seguente:

Fonte: Corte dei conti (delibera 16/2019/G), su dati Ministero della difesa

1 Centro Ospedaliero Militare dal 2018 (precedentemente Dipartimento militare di medicina legale- DMML)

2 Istituti di Medicina Aerospaziale di Milano e Roma

3 Istituto di Perfezionamento e Addestramento in Medicina Aerospaziale

4 5 DMML nel 2017, ridotti a 4 nel 2018 (dopo il ripristino del COM di Milano)

5 Già Centro Studi e Ricerche EI, dal 2017 riorganizzato quale Dipartimento del Policlinico Militare “Celio”

6 Dipende dall’Ufficio Studi del Comando Subacqueo Incursori (COMSUBIN

7 Sezioni di Sanità CC (40 dal 1° gennaio 2017, dopo l’assorbimento del Corpo Forestale, in precedenza 38)

 

Il sistema della sanità militare, nel corso del 2018, si è avvalso complessivamente di circa 6.300 unità, comprendenti medici, infermieri, aiutanti di sanità, tecnici, e relativo supporto logistico operativo, articolato su due aliquote: quella della sanità di sostegno (o territoriale), a carattere ospedaliero e pari a 2.460 unità, e la sanità di aderenza, operante a contatto con gli appartenenti alla Difesa, pari a 3.838 unità. Si segnala che, per sanità di aderenza, in ambito militare si intende la componente sanitaria organicamente inquadrata in ciascuna unità combattente, e che con essa si sposta, per assicurare l’assistenza a favore del personale dell’unità stessa, durante le attività di caserma, di addestramento e di effettivo impiego operativo.

Restringendo il campo alla sanità territoriale, la medesima delibera riporta i dati relativi alla consistenza del personale dedicato alla sanità territoriale e i relativi costi (tab. 1 pag. 35).  Nell’anno 2018:

§  per l’Esercito, compreso il Policlinico militare del Celio, la consistenza del personale ammonta a 1.486 unità, con un costo lordo di circa 77 milioni di euro;

§  per la Marina, la consistenza del personale è di 553 unità, con un costo di 30,8 milioni;

§  per l’Aeronautica, la consistenza del personale è di 354 unità, con un costo di 21,3 milioni;

§  per i Carabinieri, la consistenza del personale è di 18 unità, con un costo di 1,3 milioni.

In totale, comprese le strutture interforze, il personale della sanità territoriale militare ammonta a 2.446 unità, e il costo totale a 134,3 milioni per l’anno 2018.

 

Il comma 6, infine, reca la copertura degli oneri derivanti dai commi 4 e 5, pari complessivamente a 88.814.845 euro per l’anno 2020 e 3.962.407 per l’anno 2021, a cui si provvede:

§  quanto a 88.814.845 euro per l’anno 2020, ai sensi dell’articolo 265 del decreto-legge in esame;

§  quanto a 3.962.407 per l’anno 2021, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente (tabella A) iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della difesa.

 

Ai fini della formulazione del testo, si segnala che il comma 6, nel riepilogare gli oneri per l’anno 2021, riporta erroneamente l’importo di 3.241.969, in luogo di 3.962.407 (cifra coerente sia con il comma 4 che con il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari).


 

Articolo 20
(Misure per la funzionalità delle Forze armate –
personale sanitario e delle sale operative)

 

 

L’articolo 20 stanzia l’ulteriore spesa di 1 milione di euro per l’anno 2020 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario al personale medico e paramedico e delle sale operative delle Forze armate, in virtù dei maggiori compiti connessi con il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza.

 

La disposizione, ai fini dello svolgimento, da parte del personale medico e paramedico e delle sale operative delle Forze armate, dei maggiori compiti connessi con il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, autorizza, per l’anno 2020, l’ulteriore spesa complessiva di euro 1.000.000 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario (comma 1).

 

La relazione illustrativa specifica che il finanziamento riguarda gli oneri di straordinario connessi con i maggiori compiti assolti dal personale delle Forze armate delle sale operative, in funzioni di coordinamento per tutte le attività svolte dal personale delle Forze armate sul territorio (“Strade sicure”, attività di concorso, trasporto, logistico e infrastrutturale campale, ecc.), e dal personale medico e paramedico militare, assegnato alle strutture sanitarie sia della Difesa (Centri ospedalieri militari, Policlinico militare del Celio e le diverse strutture medico-campali dislocate sul territorio), sia del Servizio sanitario nazionale.

 

Si ricorda che, da ultimo, l’articolo 74, comma 1, del D.L. n. 18 del 2020 ha autorizzato la spesa di 59.938.776 euro, per l’anno 2020, in favore del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia penitenziaria). Di questa cifra, 34.380.936 euro sono per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale suddetto e 25.557.840 euro per altri oneri connessi all’impiego del personale.

Secondo la relazione tecnica al citato decreto-legge, all’interno dello stanziamento complessivo la somma di 1.757.336 euro è destinata al pagamento degli straordinari per il personale medico e paramedico (200 unità) e per il personale di sala operativa (130 unità) delle Forze armate, calcolando 80 ore di straordinario mensili per tre mesi.

La suddetta spesa è finalizzata allo svolgimento, da parte delle Forze di polizia e delle Forze armate dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID -19, per un periodo di ulteriori 90 giorni a decorrere della scadenza dei 30 giorni di cui al comma 01, che a sua volta autorizza la spesa complessiva di euro 4.111.000 per l'anno 2020 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario e degli oneri dell’integrazione, per un periodo di trenta giorni a decorrere dalla data di effettivo impiego, dell’operazione Strade Sicure (per approfondimenti si veda la scheda dell’articolo 22 del decreto-legge in esame) di 253 unità.

 

La relazione tecnica precisa di aver preso in considerazione nella quantificazione degli oneri le medesime unità impiegate per effetto del citato articolo 74, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020. Nello specifico, sono state considerate:

§  220 unità di personale medico/paramedico militare, tenendo conto dell’aumentato numero di personale sanitario impiegato per l’emergenza anche a seguito degli arruolamenti straordinari in virtù dell’art. 7 del decreto-legge n. 18 del 2020;

§  130 unità di personale militare impiegato nelle sale operative.

La proiezione contempla la necessità di un incremento di 80 ore di lavoro straordinario pro-capite mensile per il periodo dal 15 giugno (cioè a decorrere dalla scadenza dei 90 giorni già finanziati dal citato decreto-legge dal 17 marzo) al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza deliberato Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020.

 

Alla copertura degli oneri si provvede ai sensi dell’articolo 265 del decreto-legge in esame (comma 2).

 


 

Articolo 21
(Prolungamento della ferma dei volontari in ferma prefissata e reclutamento straordinario di infermieri militari
in servizio permanente)

 

 

L’articolo 21, in considerazione del blocco delle procedure concorsuali per l’accesso nelle carriere iniziali delle Forze armate, disposta nell’ambito delle misure di contenimento del virus Covid-19, prolunga i tempi di permanenza nelle ferme prefissate, sia quelle propedeutiche all’accesso nella ferma quadriennale, sia quelle funzionali all’inserimento nei ruoli del servizio permanente delle Forze armate (nuovo articolo 2204-ter del d.lgs. n. 66 del 2010).

Si prevede, inoltre, il reclutamento, in via eccezionale per l’anno 2020, di 60 marescialli in servizio permanente. Il reclutamento ha luogo mediante concorso riservato al personale in servizio appartenente ai ruoli dei sergenti e dei volontari in servizio permanente, in possesso di laurea per la professione sanitaria infermieristica e relativa abilitazione professionale (nuovo articolo 2197-ter.1 del D.Lgs. n. 66 del 2010).

 

Nello specifico l’articolo 21 novella il Codice dell’ordinamento militare di cui decreto legislativo n. 66 del 2010 al fine di inserirvi i nuovi articoli 2204-ter e 2197-ter.1.

 

Il nuovo articolo 2204-ter (Prolungamento della ferma dei volontari in ferma prefissata):

 

§  al comma 1, prolunga, per un periodo massimo di sei mesi, eventualmente rinnovabile per una sola volta, la durata della ferma dei volontari in ferma prefissata annuale che negli anni 2020, 2021 e 2022 termineranno il periodo di rafferma annuale, ovvero l’eventuale rafferma (artt. 954, co. 1, e 2204 del codice ordinamento militare).

 

Come si vedrà più diffusamente in seguito, la ferma annuale, che può essere rinnovata per due successive ferme annuali (per un totale, quindi, di tre anni), è propedeutica per l’accesso, tramite concorso, alla successiva ferma quadriennale la quale, a sua vota, può essere prolungata per due successivi bienni. La ferma quadriennale è preliminare all’accesso nei ruoli del servizio permanente delle Forze armate.

 

Il prolungamento può aver luogo:

1.   nei limiti delle consistenze organiche previste a legislazione vigente;

2.   su proposta della Forza armata di appartenenza;

3.   previo consenso degli interessati.

 

§  Al comma 2 si dispone il prolungamento della ferma dei volontari al termine del secondo periodo di rafferma biennale, successivo alla ferma prefissata quadriennale (art. 954, co. 2, del codice ordinamento militare, cfr. infra), che negli anni 2020, 2021 e 2022 parteciperanno alle procedure per il transito in servizio permanente, per il tempo strettamente necessario al completamento dell’iter concorsuale.

Il richiamato prolungamento può aver luogo:

1.   nei limiti delle consistenze organiche previste a legislazione vigente;

2.   previo consenso degli interessati.

 

In relazione alla disposizione in esame si osserva che la Commissione difesa della Camera, nella seduta del 15 aprile 2020, in sede di espressione del parere sull’ Atto Camera 2463, recante la conversione in legge del decreto legge  n. 18 del 2020  (c.d. “Cura Italia”) aveva espresso un’osservazione (n. 12) volta a “valutare l'opportunità di prevedere nei successivi provvedimenti, qualora verificata l'impossibilità di procedere al reclutamento di nuovo personale, di estendere la ferma del personale militare volontario sino alla conclusione dell'emergenza da COVID-19".

 

La legge n. 331 del 2000, recante norme per l'istituzione del servizio militare professionale (il cui contenuto è poi confluito nel codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010), ha disposto la professionalizzazione dello strumento militare italiano (resa effettiva dal 2005), con la graduale sostituzione, al termine di un periodo transitorio, dei militari in servizio obbligatorio di leva con volontari di truppa.
??Sono state quindi istituite, a partire dal 1° gennaio 2005, per l'Esercito, la Marina militare e l'Aeronautica militare, le nuove categorie dei volontari in ferma prefissata di un anno (VFP1) e dei volontari in ferma prefissata quadriennale (VFP4) e sono state conseguentemente abolite le figure del volontario in ferma breve e del volontario in ferma annuale.

La relativa disciplina normativa è attualmente contenuta nel Capo VII del titolo II del Libro IV del Codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010.

La ferma prefissata è strutturata su base modulare, annuale con possibilità di due proroghe di un anno ciascuno a domanda dell’interessato; quadriennale con possibilità di due proroghe biennali, sempre a domanda dell’interessato.

Nello specifico: i Volontari in Ferma di un anno, al termine della ferma, possono concorrere per l'immissione nella ferma quadriennale (VFP 4) delle Forze Armate.  I Volontari risultati idonei, ma non vincitori del concorso per VFP 4 potranno essere ammessi a domanda e nel limite dei posti disponibili, a due successivi periodi di rafferma della durata di un anno ciascuno.

A loro volta i volontari in ferma quadriennale, esaurita la ferma quadriennale, ovvero la rafferma biennale (che in totale possono essere due) e giudicati idonei, utilmente collocati nella graduatoria annuale di merito, sono immessi nei ruoli dei volontari in servizio permanente con le modalità stabilite con decreto del Ministro della difesa, con conseguente mutamento dallo status di volontario a quella di graduato.

Il servizio svolto quale volontario in ferma prefissata costituisce, pertanto, la premessa e il presupposto indefettibile per transitare, tramite concorso per titoli ed esami, nei ruoli del servizio permanente.

 Come precisato dal Capo di stato maggiore della difesa, Generale Vecciarelli, nel corso della sua audizione presso la Commissione difesa della Camera (17 aprile 2019), “questo passaggio è molto selettivo, posto che in media solo un volontario in ferma prefissata su cinque reclutati ogni anno riesce ad accedere al rapporto a tempo indeterminato; questo in ragione del limitato numero di posti disponibili”.

 In termini numerici, con riferimento alle esigenze del 2018 e al netto delle esigenze del Corpo delle capitanerie di porto, su 10.000 posti a concorso per VFP1, soltanto 2.000 circa accedono successivamente alla ferma quadriennale e, quindi, al servizio permanente. Per il restante personale, l’attuale quadro normativo prevede appositi strumenti per il ricollocamento nel mercato del lavoro, tra i quali la riserva di posti per l’accesso alle carriere iniziali delle Forze di polizia, che ad oggi, considerando la media delle assunzioni annue operate negli ultimi anni, consente di stabilizzare solo un ulteriore 30 per cento dei volontari in ferma prefissata.

 

In termini numerici la categoria dei volontari (VFP1 E VFP4) assorbe il 60% dell'organico mentre i sottufficiali il 27% e gli ufficiali il 12%.

Fonte: Elaborazione articolo 798-bis Codice dell'ordinamento militare, Servizio Studi Camera dei deputati, Dipartimento Difesa.

 

Più nel dettaglio, considerando che nell'ambito della categoria dei sottufficiali ci sono i primi marescialli, marescialli e sergenti e che nella categoria dei volontari ci sono quelli in servizio permanente e in ferma prefissata, il grafico sottostante ripartisce ulteriormente:

Fonte: Elaborazione articolo 798-bis Codice dell'ordinamento militare, Servizio Studi Camera dei deputati, Dipartimento Difesa.

 

Per un approfondimento di questi temi si veda:

 

§  il Documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sul Reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate, approvato dalla Commissione Difesa della Camera lo scorso 28 gennaio;

§  il  tema web  Il reclutamento nelle carriere iniziali delle Forze armate

Si segnala, inoltre, che sono in corso di esame, presso la IV Commissione difesa della Camera dei deputati le proposte di legge A.C. 1870, A.C. 204 e A.C. 2051 in materia di reclutamento dei volontari in ferma prefissata triennale.

 

 

A sua volta la lettera b) del comma 1 dell’articolo 21, introduce l’articolo 2197-ter.1. volto a consentire, in via eccezionale per l’anno 2020, il reclutamento, a nomina diretta con il grado di maresciallo o grado corrispondente, di n. 60 marescialli in servizio permanente, di cui n. 30 dell'Esercito italiano, n. 15 della Marina militare e n. 15 dell'Aeronautica militare (comma 1). Il reclutamento avrà luogo mediante concorso per titoli riservato al personale in servizio appartenente ai ruoli dei sergenti e dei volontari in servizio permanente in possesso di laurea per la professione sanitaria infermieristica e relativa abilitazione professionale, che non abbiano riportato nell’ultimo biennio sanzioni disciplinari più gravi della consegna.

Le modalità di svolgimento del concorso, compresi la tipologia e i criteri di valutazione dei titoli di merito ai fini della formazione della graduatoria, sono stabiliti dal bando di concorso (comma 3).


 

Articolo 22
(Misure per la funzionalità delle Forze armate
 - Operazione “Strade sicure”)

 

 

L’articolo 22 dispone l’ulteriore proroga, fino al 31 luglio 2020, dell’impiego di 253 di unità di personale militare posto a disposizione dell’operazione “Strade sicure” nella fase 1 dell’emergenza “Covid 19”). Integra, a decorrere dalla data di effettivo impiego e fino al termine dello stato di emergenza (31 luglio 2020), con ulteriori 500 unità, il dispositivo delle Forze armate a disposizione dei Prefetti, in ragione delle incrementate esigenze di sostegno alle Forze di polizia nell’ambito delle attività finalizzate ad assicurare il rispetto delle misure di contenimento della diffusione del COVID-19 (comma 1). Autorizzata per l’anno 2020 l’ulteriore spesa complessiva di euro 9.404.210, per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario e per gli altri oneri connessi all’impiego del personale.

 

Nel dettaglio, la lettera a) del comma 1 dell’articolo in esame, proroga,  fino al termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020 (ovvero il 31 luglio 2020), l’impiego del contingente di 253 unità di personale militare che, fin dall’inizio della fase 1 dell’emergenza Covid 19, integra il contingente delle Forze armate (pari a 7.050 unità, secondo la previsione dell'articolo 1, comma 132 della legge n. 160 del 2019) impegnato nel controllo del territorio, in concorso e congiuntamente con le Forze di polizia (secondo il dispositivo cd. 'Strade sicure', approntato dal decreto legge n. 92 del 2008, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica).

 

La richiamata integrazione è stata disposta per la prima volta dall’articolo 22 comma 2, secondo periodo, del decreto legge n. 9 del 2020 per un periodo di trenta giorni a partire dalla data di effettivo impiego, ed è stata ,da ultimo,  prorogata  per novanta giorni, a partire dal 17 marzo 2020, dall’articolo 74-ter del decreto legge n. 18 del 2020 (c.d. “Cura Italia”).

A seguito dell’abrogazione del decreto legge n. 9 del 2020, disposta dall'articolo 1, comma 2 del disegno di legge di conversione del decreto legge n. 18 del 2020, il contenuto dell’articolo 22, comma 2, secondo periodo del D.L. n. 9 del 2020 è confluito nel comma 01 dell’articolo 74 del decreto legge n. 18 del 2020.

 

A sua volta la lettera b) dell’articolo 22 integra, a decorrere dalla data di effettivo impiego e fino al termine dello stato di emergenza (31 luglio 2020), con ulteriori 500 unità – che si affiancano, quindi, alle 7.303 (7.050 + 253) già autorizzate, il dispositivo delle Forze armate a disposizione dei Prefetti, in ragione delle incrementate esigenze di sostegno alle Forze di polizia nell’ambito delle attività finalizzate ad assicurare il rispetto delle misure di contenimento della diffusione del COVID-19.

 

Al riguardo, si ricorda che il comma 5 dell'articolo 3, oggetto di abrogazione da parte del D.L n. 19 del 2020, aveva previsto che il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell'interno, potesse avvalersi delle Forze di polizia e, ove necessario, delle Forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali, per assicurare l'esecuzione delle misure di contenimento adottate per far fronte all'emergenza Covit-19.

In attuazione di una specifica condizione formulata dalla Commissione difesa della Camera, testo originario della disposizione è stato novellato nel corso dell’esame parlamentare al fine di attribuire la qualifica di agente di pubblica sicurezza al personale Forze armate impiegato nelle richiamate misure di contenimento.

Il contenuto della disposizione in esame, come novellata nel corso dell'esame in sede referente alla Camera, è rifluito nel comma 9 dell'articolo 4 del D.L. n. 19 del 2020.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame autorizza per l’anno 2020 l’ulteriore spesa complessiva di euro 9.404.210, di cui euro 5.154.191 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario ed euro 4.250.019 per gli altri oneri connessi all’impiego del personale.

 

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 74-ter del decreto legge n. 18 del 2020 (c.d. “Cura Italia”), nel confermare l’integrazione di 253 unità di personale delle Forze armate nel dispositivo "Strade sicure", ha, altresì, precisato che l'intero dispositivo di "Strade sicure" può essere impegnato nelle attività di contenimento dell'emergenza Covid-19. Ha, pertanto, autorizzato per il 2020, in ragione dei maggiori compiti assegnati al dispositivo, la spesa di euro 10,2 milioni di euro, di cui 8 milioni per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario.

 

Per quanto concerne la copertura finanziaria della disposizione in esame, il comma 3 rinvia al successivo articolo 265 che reca le disposizioni finanziarie finali.

 

 

L'operazione "Strade sicure" rappresenta la più capillare e longeva operazione delle Forze armate, sul territorio nazionale, a fianco delle Forze dell'ordine, in funzione di contrasto alla criminalità e al terrorismo in numerose città italiane. L'operazione è svolta in massima parte dall'Esercito, con il contributo della Marina, dell'Aeronautica e dell'Arma dei Carabinieri, questi ultimi, in particolare, con funzioni di comando e controllo nelle sale operative.

Per l'Esercito rappresenta a tutt'oggi l'impegno più oneroso in termini di uomini, mezzi e materiali.

Il principale riferimento normativo in merito alle possibilità di impiego delle Forze armate in compiti di ordine pubblico è attualmente rappresentato dall'articolo 89 del Codice dell'ordinamento militare  (di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010) il quale include tra i compiti delle Forze Armate, oltre alla difesa della patria, il concorso alla "salvaguardia delle libere istituzioni" e lo svolgimento di  "compiti specifici in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza".

La possibilità di fare ricorso alle Forze armate per far fronte a talune gravi emergenze di ordine pubblico sul territorio nazionale è stata contemplata per la prima volta nel corso della XI legislatura (1992-1994, Cfr. operazione "Forza Paris" in Sardegna 15 luglio 1992).

Da ultimo, il comma 132 dell'articolo 1 della legge di bilancio per l'anno 2020 (legge n. 160 del 2019) ha prorogato  fino al 31 dicembre 2020 e limitatamente a 7.050 unità l'operatività del Piano di impiego concernente l'utilizzo di un contingente di personale militare appartenente alle Forze Armate per il controllo del territorio in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia.

Scopo dell'intervento è quello di garantire la prosecuzione degli interventi delle Forze Armate nelle attività di vigilanza a siti e obiettivi sensibili (commi 74 e 75 dell'articolo 24 del D.L. n. 78 del 2009) anche in relazione alle straordinarie esigenze di prevenzione e di contrasto della criminalità e del terrorismo e di prevenzione dei fenomeni di criminalità organizzata e ambientale nella regione Campania (articolo 3, comma 2 del decreto-legge n. 136 del 2013).

Per quanto concerne le disposizioni di carattere ordinamentale applicabili al personale militare impiegato nelle richiamate attività:

1. il personale militare è posto a disposizione dei prefetti interessati;

2. il Piano di impiego del personale delle Forze armate è adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell'ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Ministro dell'interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari;

3. nel corso delle operazioni i militari delle Forze armate agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza

Il Piano di impiego è stato adottato con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della difesa, il 29 luglio 2008 ed è operativo dal 4 agosto 2008. Il Piano riguardava inizialmente un contingente massimo di 3.000 unità con una durata massima di sei mesi, rinnovabile per una sola volta. Il D.L. n. 151/2008 ha, successivamente, autorizzato, fino al 31 dicembre 2008, l'impiego di un ulteriore contingente massimo di 500 militari delle Forze Armate da destinare a quelle aree del Paese dove, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, risultava necessario assicurare un più efficace controllo del territorio. Il Piano è stato successivamente prorogato.

 

Si segnala, infine, che lo scorso 18 marzo 2020, il Ministro dell'interno ha trasmesso al Parlamento il decreto ministeriale 5 febbraio 2020 , recante la proroga di un contingente di 7.050 unità di personale delle Forze armate per lo svolgimento di servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili.

Per un approfondimento dell'operazione "Strade si cure" al seguente link il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulle condizioni del personale militare impiegato nell'operazione «Strade Sicure» (seduta del 19 dicembre 2019) in corso di esame presso la Commissione difesa della Camera dei deputati. Si veda, altresì, il seguente tema: Impiego delle Forze armate nella tutela del territorio

 


 

Articolo 23
(
Ulteriori misure per la funzionalità del Ministero dell’interno,
delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 

 

L’articolo 23 reca plurime autorizzazioni di spesa, relativamente a:

le prestazioni di lavoro straordinario delle Forze di polizia e l'indennità di ordine pubblico;

le misure di contenimento dei rischi di contagio insiti nelle attività svolte dalle Forze di polizia;

le prestazioni di lavoro straordinario nonché le attrezzature e i dispositivi di protezione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;

le prestazioni di lavoro straordinario, nonché le misure di sanificazione e di predisposizione di una ripresa dell'attività lavorativa 'ordinaria', per il personale delle Prefetture;

la sottoscrizione, da parte del Ministero dell'interno, di una polizza assicurativa in favore del personale appartenente all'Amministrazione civile dell'interno, per il rimborso delle spese mediche e sanitarie, non coperte dall’INAIL.

Inoltre, proroga di tre anni l'autorizzazione relativa all'invio, da parte del Ministero dell'interno, di personale appartenente alla carriera prefettizia presso organismi internazionali ed europei, al fine di dare attuazione agli accordi internazionali in materia di immigrazione e di rafforzare le iniziative internazionali di contrasto al terrorismo.

 

Il comma 1 reca una duplice autorizzazione di spesa.

Essa concerne:

§  il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario effettuate dalle Forze di polizia, per il 13.045.765 euro;

§  la corresponsione dell'indennità di ordine pubblico, per 111.329.528 euro.

La proiezione temporale di questa misura, connessa al mantenimento del dispositivo di contenimento della epidemia da Covid-19, è fino al 30 giugno 2020.

È autorizzazione aggiuntiva rispetto a quanto finora statuito per quelle prestazioni.

 

 

Per intendere la disposizione, vale rammentare come l'articolo 74, comma 01, primo periodo, del decreto-legge n. 18 del 2020 (che riproduce testualmente il contenuto dell'articolo 22, comma 1, del decreto-legge n. 9 del 2020, abrogato dal medesimo decreto-legge n. 18) abbia autorizzato la spesa di 4.111.000 euro per l'anno 2020 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario, per un periodo di 30 giorni a decorrere dalla data di effettivo impiego, del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate. La spesa è finalizzata allo svolgimento, da parte delle Forze di polizia e delle Forze armate, dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del Covid-19.

Ai medesimi fini, l'articolo 74, comma 1, ancora del decreto-legge n. 18 del 2020 ha autorizzato una nuova spesa in conseguenza dell'estensione a tutto il territorio nazionale delle misure di contenimento dell'epidemia, per un periodo di ulteriori 90 giorni, a decorrere dalla scadenza del periodo iniziale di 30 giorni sopra ricordato. Siffatta autorizzazione di spesa è stata pari a complessivi 59.938.776 euro per l'anno 2020 (dei quali 34.380.936 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario, 25.557.840 per gli altri oneri connessi all'impiego del personale).

Il combinato disposto sopra ricordato del decreto-legge n. 18 'copre' dunque un periodo complessivo di quattro mesi. Poiché la data di effettivo impiego delle Forze di polizia per l'emergenza epidemiologica è stata il 24 febbraio 2020, il termine di 'esaurimento' delle misure previste dall'articolo 74 del decreto-legge n. 18 si colloca sul finire del mese di giugno.

Le disposizioni del decreto-legge nuovo giunto e qui in esame non agiscono sulla proiezione temporale di tale termine, il quale rimane pressoché immutato (30 giugno 2020).

Agiscono bensì sull'estensione della platea dei destinatari.

Infatti il personale delle Forze di polizia impegnato nell'emergenza è stato in fatto ben superiore a quello inizialmente stimato. Se il decreto-legge n. 18 stimava l'impegno di 4.000 unità, il dispositivo effettivo impiegato è giunto a 55.700 unità (impegnate nelle attività per assicurare l'osservanza delle misure di contenimento della diffusione del contagio). Ad esse si aggiungono 1.000 unità della Guardia di finanza (impegnate nei controlli e riscontri circa le attività economiche consentite, con supporto ai Prefetti sul territorio). Nonché si aggiungono circa 12.000 unità di appartenenti ai corpi e servizi di polizia locale, messi a disposizione dei Prefetti.

Il comma 1 in commento pertanto mira a 'ricalibrare' le analoghe previsioni del decreto-legge n. 18, alla luce dell'andamento effettivo dell'impiego di forze dell'ordine nell'opera di contenimento dell'epidemia.

 

Il comma 2 autorizza l'ulteriore spesa di 37.600.640 euro per fronteggiare - fino al 31 luglio 2020 - i rischi di contagio da Covid-19 insiti nello svolgimento dei compiti delle Forze di polizia.

Sono risorse dunque destinate alla sanificazione e disinfezione straordinaria degli uffici, degli ambienti e dei mezzi in uso alle medesime Forze, nonché al rifornimento dei dispositivi di protezione individuale e dell'equipaggiamento operativo e sanitario d'emergenza.

 

Si tratta dunque di uno stanziamento ulteriore - e rivolto esclusivamente alle Forze di polizia - rispetto a quello previsto dall'articolo 74, comma 2, del decreto-legge n. 18 del 2020.

Quest'ultimo ha recato un'autorizzazione di spesa per le Forze di polizia e le Forze armate (compreso il Corpo delle Capitanerie di porto - Guardia Costiera) al fine di consentire la sanificazione e la disinfezione straordinaria degli uffici, degli ambienti e dei mezzi in uso, nonché di assicurare l'adeguata dotazione di dispositivi di protezione individuale e l'idoneo equipaggiamento al relativo personale impiegato.

La spesa complessiva lì autorizzata è di 23.681.122 euro per l'anno 2020 (di cui 19.537.122 per spese di sanificazione e disinfezione degli uffici, degli ambienti e dei mezzi e per l'acquisto dei dispositivi di protezione individuale; 4.000.000 per l'acquisto di equipaggiamento operativo; 144.000 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario al personale del Corpo delle Capitanerie di Porto - Guardia Costiera).

 

Il comma 3 è rivolto al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per il quale autorizza una spesa di 1.391.200 euro.

Tali risorse - aventi una proiezione temporale fino al 31 luglio 2020 - sono in parte volte al pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario (per 693.120 euro) ed in parte destinate (per 698.080 euro) ad attrezzature e materiali dei nuclei specialistici per il contrasto del rischio biologico, ai dispositivi di protezione individuale del personale operativo, ai dispositivi di protezione collettiva e individuale del personale nelle sedi di servizio.

La disposizione incide sul profilo temporale (centoventi giorni) considerato dal decreto-legge n. 18 del 2020, estendendolo al 31 luglio 2020.

 

Lo stanziamento è aggiuntivo rispetto a quanto statuito dall'articolo 74, commi 02 e 3, del decreto-legge n. 18 del 2020.

In particolare, il comma 02 ha autorizzato la spesa complessiva di 432.000 euro per l'anno 2020, per il pagamento delle maggiori prestazioni di lavoro straordinario del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per il primo mese dell'emergenza. Per il successivo trimestre, il comma 3 del medesimo articolo 74 ha autorizzato la spesa complessiva di 5.973.600 euro, di cui 2.073.600 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario (nonché 900.000 euro per i richiami del personale volontario; 3.000.000 per attrezzature e materiali dei nuclei specialistici per il contrasto del rischio biologico, per incrementare i dispositivi di protezione individuali del personale operativo e i dispositivi di protezione collettivi e individuali del personale nelle sedi di servizio, nonché per l'acquisto di prodotti e licenze informatiche per il lavoro agile).

 

Il comma 4 reca autorizzazione di spesa per lo svolgimento nell'emergenza epidemiologica dei compiti del Ministero dell'interno, con riguardo in particolare alle Prefetture-Unità territoriali del Governo.

Con proiezione temporale fino al 31 luglio 2020, sono qui previsti 4.516.312 euro. Essi si ripartiscono in:

§  pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario (per 838.612 euro: secondo la relazione che correda il disegno di legge di conversione, le unità di personale impegnate sono 1.650);

§  spese sanitarie, pulizia e acquisto dispositivi di protezione individuale (per 750.000 euro);

§  acquisti di prodotti e licenze informatiche (per 2.511.700 euro);

§  materiale per videoconferenze e altri materiali (per 416.000 euro).

 

Anche in questo caso si ha autorizzazione di spesa ulteriore rispetto a quella recata dal decreto-legge n. 18 del 2020, all'articolo 74, comma 4.

Quest'ultimo ha autorizzato, a decorrere dal 2 marzo 2020 e sino al 2 luglio 2020, la spesa complessiva di 6.769.342 euro, di cui 3.182.500 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario (nonché 1.765.842 per spese di personale da inviare in missione; 821.000 per spese sanitarie, pulizia e acquisto di dispositivi di protezione individuale; 1.000.000 per acquisti di prodotti e licenze informatiche per il lavoro agile).

 

Per far fronte agli oneri dei commi da 1 a 4 - complessivamente pari a 167.883.445 euro per l'anno 2020 - il comma 5 rinvia alla copertura finanziaria disposta dall'articolo 265 del decreto-legge (v. infra).

 

Il comma 6 proroga di tre anni l'autorizzazione - ad oggi valevole fino al 2020 - relativa all'invio, da parte del Ministero dell’interno, di personale appartenente alla carriera prefettizia presso organismi internazionali ed europei, al fine di dare attuazione agli accordi internazionali in materia di immigrazione e di rafforzare le iniziative internazionali di contrasto al terrorismo.

L'autorizzazione qui resa è per una spesa massima di 500.000 euro per ciascun anno del triennio 2021-2023.

Sono attinti dal Fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno).

 

La proroga qui disposta proietta per il triennio 2021-2023 l'autorizzazione di spesa recata (con differente importo) dall'articolo 1, comma 301, della legge n. 205 del 2017.

Secondo tale comma 301 della legge di bilancio 2018, il Ministero dell'interno è autorizzato - al fine di dare attuazione agli accordi internazionali in materia di immigrazione e rafforzare le iniziative a livello internazionale di contrasto al terrorismo - ad inviare personale appartenente alla carriera prefettizia presso organismi internazionali ed europei, per un importo di spesa massima di 1 milione di euro per ciascuno degli anni del triennio 2018-2020.

Al predetto personale della carriera prefettizia, che presta servizio all'estero per un periodo superiore a sei mesi presso rappresentanze diplomatiche o consolari, delegazioni italiane dell'Unione europea od organismi internazionali, si applicano, in luogo del trattamento di missione attualmente previsto, le indennità di lungo servizio all'estero disciplinate dall’articolo 1808 del Codice dell’ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010), salvi i casi in cui si tratti di esperti, per i quali è previsto un diverso trattamento economico, corrispondente a quello di primo segretario, consigliere o primo consigliere (d.P.R. n. 18 del 1967, articolo 168).

Si ricorda che l'autorizzazione di cui al citato comma 301 dell'articolo 1 della legge n. 205 del 2017 concerne, attualmente, tre unità di personale della carriera prefettizia, delle quali due unità con incarico di esperto del Ministero dell'interno alla rappresentanza d'Italia presso l'Unione Europea a Bruxelles (con funzioni, entro il settore Giustizia e Affari Interni, di raccordo per la definizione delle posizioni nazionali nelle materie della migrazione, dell'asilo, delle frontiere e dei visti e delle iniziative a livello internazionale di prevenzione e contrasto al terrorismo), una unità con incarico di esperto  del  Ministero dell'interno alla Rappresentanza d’Italia presso la NATO in Bruxelles (per seguire la trattazione delle questioni attinenti le materie della difesa civile e le iniziative a livello internazionale di prevenzione e contrasto al terrorismo).

 

Il comma 7 autorizza il Ministero dell'interno a sottoscrivere una apposita polizza assicurativa in favore del personale appartenente all’Amministrazione civile dell'interno, per il rimborso delle spese mediche e sanitarie, non coperte dall’INAIL, sostenute dai propri dipendenti "a seguito della contrazione del virus Covid-19".

L'autorizzazione è nel limite di 220.000 euro annui, per il biennio 2020-2021.

Spese non coperte dall'INAIL, può aggiungersi in via illustrativa quale esempio, sono il trasporto sanitario, l'assistenza medica e infermieristica.

Per la copertura di tali oneri, il comma 8 prevede si attinga al Fondo per eventuali sopravvenute maggiori esigenze di spese per acquisto di beni e servizi, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'interno (come di ogni altro ministero, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, della legge n. 289 del 2002).

 


 

Titolo II – Sostegno alle imprese e all’economia

Capo I -  Misure di sostegno

Articolo 24
(Disposizioni in materia di versamento dell'IRAP)

 

 

L'articolo 24 dispone che le imprese, con un volume di ricavi non superiore a 250 milioni, e i lavoratori autonomi, con un corrispondente volume di compensi, non siano tenuti al versamento del saldo dell’IRAP dovuta per il 2019 né della prima rata dell’acconto dell’IRAP dovuta per il 2020. Rimane fermo l’obbligo di versamento degli acconti per il periodo di imposta 2019. La disposizione non si applica alle imprese di assicurazione, alle Amministrazioni pubbliche, agli intermediari finanziari e alle società partecipate.

 

In particolare, ai sensi del comma 1 non è dovuto il versamento del saldo (ma non dell'acconto) dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) relativa al periodo d'imposta 2019.

Non è inoltre dovuto il versamento della prima rata dell’acconto dell’IRAP relativa al periodo di imposta 2020, nella misura del 40% prevista dall’articolo 17, comma 3, del D.P.R. n. 435 del 2001, ovvero pari al 50% per i soggetti di cui ai commi 3 (soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale e che dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito, per ciascun indice, dalla normativa vigente) e 4 (soggetti che partecipano a determinate categorie di società, associazioni e imprese) dell'articolo 12-quinquies del decreto-legge n. 34 del 2019 (richiamato dall'articolo 58 del decreto-legge n. 124 del 2019 citato dalla disposizione). L'importo di tale versamento è comunque escluso dal calcolo dell'imposta da versare a saldo per lo stesso periodo d'imposta.

 

Il comma 2 delimita la platea dei beneficiari, precisando che la disposizione di cui al comma 1 si applica esclusivamente ai soggetti con ricavi o compensi non superiori a 250 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019 dati da:

§  corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa (articolo 85, comma 1, lettera a) del Testo unico delle imposte sui redditi, TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986);

§  corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione (articolo 85, comma 1, lettera b) del TUIR);

§  compensi derivanti dall'esercizio di arti e professioni (articolo 54, comma 1, del TUIR).

 

L’agevolazione non si applica:

§  ai soggetti che determinano il valore della produzione netta secondo gli articoli 7 (le imprese di assicurazione) e 10-bis (le Amministrazioni pubbliche, nonché le amministrazioni della Camera dei Deputati, del Senato, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica e gli organi legislativi delle regioni a statuto speciale) del decreto legislativo n. 446 del 1997

§  ai soggetti di cui all’articolo 162-bis (intermediari finanziari e società di partecipazione) del TUIR.

 

Il comma 3 precisa che le disposizioni del presente articolo si applicano nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modifiche.

 

La Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modifiche

 

Per rispondere alla crisi economica e sanitaria legata alla diffusione del COVID-19, la Commissione europea ha deciso di concedere agli Stati membri la piena flessibilità nell'applicazione della disciplina sugli aiuti di Stato.

A tal fine, il 19 marzo 2020 la Commissione ha adottato un "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’emergenza del COVID-19", che consente a tutti gli Stati membri di intervenire per sostenere il sistema economico a fronte dalla situazione di grave turbamento generata dall'emergenza sanitaria in atto. Di conseguenza, la Commissione ha autorizzato una serie di progetti relativi ad aiuti di Stato, notificati da diversi Stati membri.

Il Quadro temporaneo, come modificato il 3 aprile scorso, legittima, fino al 31 dicembre 2020, 10 tipologie di aiuti di stato al fine di consentire agli Stati membri di sostenere l'economia nel contesto dell'emergenza del coronavirus.  Si tratta di: sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali, pagamenti anticipati, prestiti, garanzie e partecipazioni; garanzie di stato; prestiti pubblici agevolati alle imprese; garanzie per le banche; assicurazioni al credito all'esportazione a breve termine; sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali per ricerca e sviluppo; sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali per investimenti in infrastrutture di prova e upscaling; sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali per la produzione di prodotti connessi al Covid-19; differimento di imposte e contributi previdenziali; sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti che altrimenti dovrebbero essere licenziati. 

 L'8 maggio sono state approvate delle modifiche che estendono ulteriormente il Quadro temporaneo inserendo la possibilità per gli Stati di varare misure per la ricapitalizzazione e la concessione di debiti subordinati a favore delle imprese in difficoltà. Le nuove disposizioni inoltre fissano una serie di condizioni per evitare distorsioni della concorrenza. 

Dalla pubblicazione del Quadro temporaneo, il 19 marzo scorso, la Commissione europea sta approvando una serie di progetti di aiuti di stato notificati da numerosi Stati membri, tra cui l'Italia.

Per ulteriori dettagli sulla disciplina introdotta dalla Commissione europea in materia di aiuti di Stato e sulle richieste avanzate dall'Italia e dagli altri paesi membri dell'Unione europea, cfr. Servizio studi del Senato, "L'epidemia COVID-19 e l'Unione europea (Aggiornata al 19 maggio 2020)", Nota sugli atti dell'Unione europea n. 44/8, 19 maggio 2020.

 

Il comma 4 stabilisce che nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze è istituito un fondo con una dotazione di 448 milioni di euro finalizzato a ristorare alle Regioni e alle Province autonome le minori entrate derivanti dal presente articolo non destinate originariamente a finanziare il fondo sanitario nazionale.

Al riparto del fondo di cui al periodo precedente tra Regioni e Province autonome si provvede con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legge previa intesa in sede di Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Staro, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano.

 

Il comma 5 reca la quantificazione degli oneri derivanti dall'articolo in esame, valutati in 3.952 milioni di euro per l’anno 2020, e indica la copertura finanziaria rinviando all’articolo 265.


 

Articolo 25
(Contributo a fondo perduto)

 

 

L’articolo 25 dispone il riconoscimento di un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA con ricavi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto e il cui ammontare di fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019. La misura del contributo è ottenuta applicando percentuali variabili in relazione al fatturato. Il contributo spetta in ogni caso per un valore minimo di 1.000 euro per le persone fisiche e di 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.

 

I commi 1, 2 e 3 introducono un contributo a fondo perduto e delimitano il perimetro dei beneficiari.

 

In particolare, il comma 1 dispone il riconoscimento di un contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA, di cui al testo unico delle imposte sui redditi (TUIR - D.P.R. n. 917 del 1986).

 

Il contributo non spetta (comma 2):

§  ai soggetti la cui attività risulti cessata alla data di presentazione dell'istanza di cui al comma 8 (60 giorni dalla data di avvio della procedura telematica da parte dell'Agenzia delle entrate)

§  agli enti pubblici di cui all’articolo 74 del TUIR (gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo, anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, le unioni di comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di demanio collettivo, le comunità montane, le province e le regioni non sono soggetti all'imposta)

§  ai soggetti di cui all’articolo 162-bis del medesimo testo unico (intermediari finanziari, società di partecipazione finanziaria, non finanziaria e assimilati)

§  ai contribuenti che hanno diritto alla percezione delle indennità di 600 euro previste per il mese di marzo 2020 dagli articoli 27 (liberi professionisti - titolari di partita IVA - e titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla Gestione separata INPS), 38 (lavoratori dello spettacolo) del decreto-legge n. 18 del 2020, nonché ai lavoratori dipendenti e ai professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996.

 

Il contributo spetta esclusivamente (comma 3):

§  ai titolari di reddito agrario, definito come la parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso (articolo 32 del TUIR)

§  ai soggetti con ricavi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019:

-     corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa (articolo 85, comma 1, lettera a) del TUIR);

-     corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione (articolo 85, comma 1, lettera b) del TUIR);

-     compensi derivanti dall'esercizio di arti e professioni (articolo 54, comma 1, del TUIR).

 

Il comma 4 definisce la condizione cui è subordinata la spettanza del contributo: l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 deve essere inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019.

Al fine di determinare correttamente i predetti importi, si fa riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi.

La condizione stabilita dal presente comma non deve invece essere rispettata dai soggetti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019 nonché dai soggetti che, a far data dall’insorgenza dell’evento calamitoso, hanno il domicilio fiscale o la sede operativa nel territorio di comuni colpiti dai predetti eventi i cui stati di emergenza erano ancora in atto alla data di dichiarazione dello stato di emergenza Covid-19.

 

La disposizione non specifica a quale "evento calamitoso" si faccia riferimento nel testo del comma 4. La relazione illustrativa chiarisce che si intende salvaguardare la posizione dei soggetti che già versavano in stato di emergenza a causa di altri eventi calamitosi alla data dell'insorgere dello stato di emergenza COVID-19 e per i quali, date le pregresse difficoltà economiche, non è necessaria la verifica della condizione del calo di fatturato (come ad esempio nel caso dei comuni colpiti dagli eventi sismici, alluvionali o di crolli di infrastrutture che hanno comportato le delibere dello stato di emergenza). Si valuti l'opportunità di chiarire tale intendimento anche nel testo della disposizione.

 

I commi 5 e 6 definiscono l'ammontare del contributo, ottenuto applicando le seguenti percentuali alla differenza tra l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 e l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019 (comma 5):

a)   20% per i soggetti con ricavi o compensi indicati al comma 3 non superiori a 400.000 euro nel periodo d’imposta 2019;

b)   15% per i soggetti con ricavi o compensi indicati al comma 3 superiori a 400.000 e fino a 1 milione di euro nel periodo d’imposta 2019;

c)   10% per i soggetti con ricavi o compensi indicati al comma 3 superiori a 1 milione e fino a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta 2019.

 

Il contributo è in ogni caso riconosciuto (comma 6) per un importo non inferiore a 1.000 euro per le persone fisiche e a 2.000 euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.

 

Ai sensi del comma 7, il contributo di cui al presente articolo non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi, non rileva altresì ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR e non concorre alla formazione del valore della produzione netta, base imponibile dell'IRAP ai sensi del decreto legislativo n. 446 del 1997.

 

L'articolo 61 del TUIR stabilisce che gli interessi passivi inerenti all'esercizio d'impresa sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

 

L'articolo 109, comma 5, del TUIR stabilisce che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

 

I commi 8, 9 e 10 indicano le modalità per ottenere il contributo a fondo perduto.

I soggetti interessati presentano, esclusivamente in via telematica, una istanza all’Agenzia delle entrate con l’indicazione della sussistenza dei requisiti definiti dai precedenti commi (comma 8).

L’istanza può essere presentata, per conto del soggetto interessato, anche da un intermediario di cui all’articolo 3, comma 3, del D.P.R. n. 322 del 1998 delegato al servizio del cassetto fiscale dell’Agenzia delle entrate o ai servizi per la fatturazione elettronica.

L'articolo 3, comma 3, del D.P.R. n. 322 del 1998 (Regolamento recante modalità per la presentazione delle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi, all'imposta regionale sulle attività produttive e all'imposta sul valore aggiunto) stabilisce che, ai soli fini della presentazione delle dichiarazioni in via telematica mediante il servizio telematico Entratel, si considerano soggetti incaricati della trasmissione delle stesse:

a)    gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro;

b)   i soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria;

c)    le associazioni sindacali di categoria tra imprenditori indicate nell'articolo 32, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo n. 241 del 1997, nonché quelle che associano soggetti appartenenti a minoranze etnico-linguistiche;

d)   i centri di assistenza fiscale per le imprese e per i lavoratori dipendenti e pensionati;

e)    gli altri incaricati individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.

 

L’istanza deve essere presentata entro sessanta giorni dalla data di avvio della procedura telematica per la presentazione della stessa, come definita con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate, di cui al comma 10.

 

Ai sensi del comma 9, l’istanza contiene anche l’autocertificazione che i soggetti richiedenti, nonché i soggetti di cui all’articolo 85, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 159 del 2011 (Codice antimafia), non si trovano nelle condizioni ostative di cui all’articolo 67 del medesimo decreto legislativo n. 159 del 2011.

Per la prevenzione dei tentativi di infiltrazioni criminali, con protocollo d’intesa sottoscritto tra il Ministero dell’interno, il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia delle entrate sono disciplinati i controlli di cui al libro II del decreto legislativo n. 159 del 2011 (Nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia) anche attraverso procedure semplificate fermo restando, ai fini dell’erogazione del contributo di cui al presente articolo, l’applicabilità dell’art. 92 commi 3 e seguenti del citato decreto legislativo n. 159 del 2011, in considerazione dell’urgenza connessa alla situazione emergenziale.

Qualora dai riscontri di cui al periodo precedente emerga la sussistenza di cause ostative, l’Agenzia delle entrate procede alle attività di recupero del contributo ai sensi del successivo comma 12.

Colui che ha rilasciato l’autocertificazione di regolarità antimafia è punito con la reclusione da due anni a sei anni.

In caso di avvenuta erogazione del contributo, si applica l’articolo 322-ter del codice penale (Confisca).

L'Agenzia delle entrate e il Corpo della Guardia di finanza stipulano apposito protocollo volto a regolare la trasmissione, con procedure informatizzate, dei dati e delle informazioni di cui al comma 8, nonché quelle relative ai contributi erogati, per le autonome attività di polizia economico-finanziaria di cui al decreto legislativo n. 68 del 2001.

 

Le modalità di effettuazione dell’istanza, il suo contenuto informativo, i termini di presentazione della stessa e ogni altro elemento necessario all’attuazione delle disposizioni del presente articolo sono definiti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate (articolo 10).

 

Il decreto legislativo n. 159 del 2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia) prevede all'articolo 67, comma 1, che le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II non possono ottenere:

a)    licenze o autorizzazioni di polizia e di commercio;

b)   concessioni di acque pubbliche e diritti ad esse inerenti nonché concessioni di beni demaniali allorché siano richieste per l'esercizio di attività imprenditoriali;

c)    concessioni di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici;

d)   iscrizioni negli elenchi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione, nei registri della camera di commercio per l'esercizio del commercio all'ingrosso e nei registri di commissionari astatori presso i mercati annonari all'ingrosso;

e)    attestazioni di qualificazione per eseguire lavori pubblici;

f)    altre iscrizioni o provvedimenti a contenuto autorizzatorio, concessorio, o abilitativo per lo svolgimento di attività imprenditoriali, comunque denominati;

g)   contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali;

h)   licenze per detenzione e porto d'armi, fabbricazione, deposito, vendita e trasporto di materie esplodenti.

L'articolo 85 del medesimo decreto elenca i soggetti sottoposti a verifica antimafia:

1.    La documentazione antimafia, se si tratta di imprese individuali, deve riferirsi al titolare ed al direttore tecnico, ove previsto.

2.    La documentazione antimafia, se si tratta di associazioni, imprese, società, consorzi e raggruppamenti temporanei di imprese, deve riferirsi, oltre che al direttore tecnico, ove previsto:

a)    per le associazioni, a chi ne ha la legale rappresentanza;

b)   per le società di capitali, anche consortili ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile, per le società cooperative, per i consorzi di cooperative, per i consorzi di cui al libro quinto, titolo X, capo II, sezione II, del codice civile, al legale rappresentante e agli eventuali altri componenti l'organo di amministrazione nonché a ciascuno dei consorziati che nei consorzi e nelle società consortili detenga, anche indirettamente, una partecipazione pari almeno al 5 per cento;

c)    per le società di capitali, anche al socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro, ovvero al socio in caso di società con socio unico;

d)   per i consorzi di cui all'articolo 2602 del codice civile e per i gruppi europei di interesse economico, a chi ne ha la rappresentanza e agli imprenditori o società consorziate;

e)    per le società semplice e in nome collettivo, a tutti i soci;

f)    per le società in accomandita semplice, ai soci accomandatari;

g)   per le società di cui all'articolo 2508 del codice civile, a coloro che le rappresentano stabilmente nel territorio dello Stato;

h)   per i raggruppamenti temporanei di imprese, alle imprese costituenti il raggruppamento anche se aventi sede all'estero, secondo le modalità indicate nelle lettere precedenti;

i)     per le società personali ai soci persone fisiche delle società personali o di capitali che ne siano socie.

2-bis. Oltre a quanto previsto dal precedente comma 2, per le associazioni e società di qualunque tipo, anche prive di personalità giuridica, la documentazione antimafia è riferita anche ai soggetti membri del collegio sindacale o, nei casi contemplati dall'articolo 2477 del codice civile, al sindaco, nonché ai soggetti che svolgono i compiti di vigilanza di cui all'articolo 6, comma 1, lettera b) del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

2-ter. Per le società costituite all'estero, prive di una sede secondaria con rappresentanza stabile nel territorio dello Stato, la documentazione antimafia deve riferirsi a coloro che esercitano poteri di amministrazione, di rappresentanza o di direzione dell'impresa.

2-quater. Per le società di capitali di cui alle lettere b) e c) del comma 2, concessionarie nel settore dei giochi pubblici, oltre a quanto previsto nelle medesime lettere, la documentazione antimafia deve riferirsi anche ai soci persone fisiche che detengono, anche indirettamente, una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 2 per cento, nonché ai direttori generali e ai soggetti responsabili delle sedi secondarie o delle stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti. Nell'ipotesi in cui i soci persone fisiche detengano la partecipazione superiore alla predetta soglia mediante altre società di capitali, la documentazione deve riferirsi anche al legale rappresentante e agli eventuali componenti dell'organo di amministrazione della società socia, alle persone fisiche che, direttamente o indirettamente, controllano tale società, nonché ai direttori generali e ai soggetti responsabili delle sedi secondarie o delle stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti. La documentazione di cui al periodo precedente deve riferirsi anche al coniuge non separato.

3. L'informazione antimafia deve riferirsi anche ai familiari conviventi di maggiore età dei soggetti di cui ai commi 1, 2, 2-bis, 2-ter e 2-quater.

 

L'articolo 91, comma 7-bis del medesimo decreto, stabilisce che, ai fini dell'adozione degli ulteriori provvedimenti di competenza di altre amministrazioni, l'informazione antimafia interdittiva, anche emessa in esito all'esercizio dei poteri di accesso, è tempestivamente comunicata anche in via telematica:

a) alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e ai soggetti di cui agli articoli 5, comma 1, e 17, comma 1; (243)

b) al soggetto di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, che ha richiesto il rilascio dell'informazione antimafia;

c) alla camera di commercio del luogo dove ha sede legale l'impresa oggetto di accertamento;

d) al prefetto che ha disposto l'accesso, ove sia diverso da quello che ha adottato l'informativa antimafia interdittiva;

e) all'osservatorio centrale appalti pubblici, presso la direzione investigativa antimafia;

f) all'osservatorio dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture istituito presso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, ai fini dell'inserimento nel casellario informatico di cui all'articolo 7, comma 10, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici di cui all'articolo 62-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;

g) all'Autorità garante della concorrenza e del mercato per le finalità previste dall'articolo 5-ter del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27;

h) al Ministero delle infrastrutture e trasporti;

i) al Ministero dello sviluppo economico;

l) agli uffici delle Agenzie delle entrate, competenti per il luogo dove ha sede legale l'impresa nei cui confronti è stato richiesto il rilascio dell'informazione antimafia.

L'articolo 92, commi 3 e seguenti, del decreto legislativo n. 159 del 2011, dispone che, decorso il termine di 30 giorni cui al comma 2, primo periodo, ovvero, nei casi di urgenza, immediatamente, i soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, procedono anche in assenza dell'informazione antimafia. I contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni di cui all'articolo 67 sono corrisposti sotto condizione risolutiva e i soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite. La revoca e il recesso di cui al comma 3 si applicano anche quando gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all'autorizzazione del subcontratto. Il versamento delle erogazioni di cui all'articolo 67, comma 1, lettera g), può essere in ogni caso sospeso fino alla ricezione da parte dei soggetti richiedenti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, dell'informazione antimafia liberatoria.

 

L'articolo 96 del medesimo decreto dispone l'istituzione della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia presso il Ministero dell'interno, Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie.

 

Ai sensi del comma 11, il contributo a fondo perduto è corrisposto dall’Agenzia delle entrate mediante accreditamento diretto in conto corrente bancario o postale intestato al soggetto beneficiario.

I fondi con cui elargire i contributi sono accreditati sulla contabilità speciale intestata all’Agenzia delle entrate n. 1778 “Fondi di Bilancio”.

L'Agenzia delle entrate provvede al monitoraggio delle domande presentate ai sensi del comma 8 e dell'ammontare complessivo dei contributi a fondo perduto richiesti e ne dà comunicazione con cadenza settimanale al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

 

Il comma 12 disciplina l'attività di controllo dei dati, recupero dei contributi non spettanti e relativa sanzione,

 

In particolare, l'attività di controllo dei dati dichiarati dal richiedente viene attribuita agli uffici delle imposte ai sensi degli articoli 31 e seguenti del D.P.R. n. 600 del 1973 riguardanti le funzioni, nonché i poteri di accesso, ispezione e verifica degli uffici medesimi.

Qualora il contributo sia in tutto o in parte non spettante, anche a seguito del mancato superamento della verifica antimafia, l’Agenzia delle entrate recupera il contributo non spettante, irrogando le sanzioni in misura corrispondente a quelle previste dall’articolo 13, comma 5, del decreto legislativo n. 471 del 1997 (dal 100 al 200% della misura del contributo) e gli interessi dovuti ai sensi dell’articolo 20 del D.P.R. n. 602 del 1973 (4% annuo), in base alle disposizioni di cui all’articolo 1, da commi da 421 a 423, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 2004).

 

L’articolo 1, commi da 421 a 423, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311 del 2004) disciplina le modalità di recupero dei crediti indebitamente utilizzati e delle relative sanzioni e interessi.

In particolare, il comma 421 stabilisce che per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, nonché per il recupero delle relative sanzioni e interessi l'Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dall'articolo 60 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.

Ai sensi del comma 422, in caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, delle somme dovute entro il termine assegnato dall'ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, si procede alla riscossione coattiva con le modalità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni. Per il pagamento delle somme dovute, di cui al periodo precedente, non è possibile avvalersi della compensazione prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. In caso di iscrizione a ruolo delle somme dovute, per il relativo pagamento non è ammessa la compensazione.

Il comma 423 stabilisce che la competenza all'emanazione degli atti di cui al comma 421, emessi prima del termine per la presentazione della dichiarazione, spetta all'ufficio nella cui circoscrizione è il domicilio fiscale del soggetto per il precedente periodo di imposta.

 

Si rendono applicabili le disposizioni di cui all’articolo 27, comma 16, del decreto-legge n. 185 del 2008, nonché, per quanto compatibili, anche quelle di cui all’articolo 28 del decreto-legge n. 78 del 2010. Per le controversie relative all’atto di recupero si applicano le disposizioni previste dal decreto legislativo n. 546 del 1992 (recante disposizioni sul processo tributario).

 

L’articolo 27, comma 16, del decreto-legge n. 185 del 2008 stabilisce che, salvi i più ampi termini previsti dalla legge in caso di violazione che comporta l'obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale per il reato previsto dall'articolo 10-quater, del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, l'atto di cui all'articolo 1, comma 421, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione ai sensi dell'articolo 17, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo.

 

L'articolo 28 del decreto-legge n. 78 del 2010 prevede che, al fine di contrastare l'inadempimento dell'obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi, l'Agenzia delle Entrate esegue specifici controlli sulle posizioni dei soggetti che risultano aver percepito e non dichiarato redditi di lavoro dipendente ed assimilati sui quali, in base ai flussi informativi dell'INPS, risultano versati i contributi previdenziali e non risultano effettuate le previste ritenute. Anche a tal fine, le attività di controllo e di accertamento realizzabili con modalità automatizzate sono incrementate e rese più efficaci attribuendone la effettuazione ad apposite articolazioni dell'Agenzia delle Entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, individuate con il regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle Entrate di cui all'articolo 71, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

Il comma 13 stabilisce che, qualora successivamente all’erogazione del contributo, l’attività d’impresa o di lavoro autonomo cessi o le società e gli altri enti percettori cessino l’attività, il soggetto firmatario dell’istanza inviata in via telematica all’Agenzia delle entrate ai sensi del comma 8 è tenuto a conservare tutti gli elementi giustificativi del contributo spettante e a esibirli a richiesta agli organi istruttori dell’amministrazione finanziaria. In questi casi, l’eventuale atto di recupero di cui al comma 12 è emanato nei confronti del soggetto firmatario dell’istanza.

 

Il comma 14, infine, dispone che, nei casi di percezione del contributo in tutto o in parte non spettante si applica l’articolo 316-ter del codice penale.

 

L'articolo 316-ter del codice penale (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato) stabilisce che, salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'articolo 640-bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sé o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso della sua qualità o dei suoi poter.

Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a euro 3.999,96 si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da euro 5.164 a euro 25.822. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito.

 

Il comma 15 reca la quantificazione degli oneri, valutati in 6.192 milioni di euro per l'anno 2020, e indica la copertura finanziaria facendo rinvio all'articolo 265.


 

Articolo 26
(Rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni)

 

 

L’articolo 26 istituisce tre misure di sostegno al rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni. Il comma 1 e il comma 2 definiscono le condizioni che regolano l'accesso alle misure di sostegno. Le imprese devono essere regolarmente costituite e iscritte nel registro delle imprese nella forma di società di capitali o società cooperative aventi sede legale in Italia. Dalle misure sono esclusi gli intermediari, le società di partecipazione e le imprese di assicurazione. I ricavi devono essere compresi fra 5 (10 per l'accesso al Fondo Patrimonio PMI) e 10 milioni di euro, e devono aver subito nei mesi di marzo e aprile 2020, a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nei, una riduzione complessiva rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente in misura non inferiore al 33 per cento. Le società devono aver deliberato ed eseguito, dopo l’entrata in vigore del decreto in esame ed entro il 31 dicembre 2020, un aumento di capitale a pagamento e integralmente versato, di ammontare non inferiore a 250.000 euro per l’accesso al Fondo Patrimonio PMI). Le ulteriori condizioni fanno riferimento alla circostanza che, al 31 dicembre 2019, le società non rientrassero nella categoria delle imprese in difficoltà ai sensi della disciplina europea sugli aiuti di Stato, non abbiano ricevuto e, successivamente, non rimborsato aiuti ritenuti illegali o incompatibili dalla Commissione europea, si trovino in regola con le disposizioni vigenti in materia contributiva, fiscale, di edilizia ed urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell'ambiente, non si trovano nelle condizioni ostative all'ottenimento di contributi e finanziamenti da parte dello Stato di cui all’articolo 67 del Codice delle leggi antimafia, non abbiano registrato una condanna definitiva nei confronti degli esponenti aziendali, negli ultimi cinque anni, per reati connessi all'evasione fiscale e, solo nel caso di accesso al Fondo Patrimonio PMI, presentano un numero di occupati inferiore a 250 persone. Il comma 3 chiarisce che l'efficacia delle misure in esame è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea. Il comma 4 definisce la prima misura di sostegno: ai soggetti che effettuano conferimenti in denaro partecipando, dopo l’entrata in vigore del decreto in esame ed entro il 31 dicembre 2020, all'aumento del capitale sociale di una o più società che soddisfano le condizioni dettate dai commi 1 e 2, spetta un credito d’imposta pari al 20 per cento dell'investimento. L’importo massimo del conferimento in denaro sul quale calcolare il credito d’imposta è pari a 2 milioni di euro (comma 5). Il credito d'imposta si applica anche agli investimenti effettuati in stabili organizzazioni in Italia di imprese con sede in Stati membri dell’Unione europea o in Paesi appartenenti allo Spazio economico europeo, nel rispetto delle condizioni di ammissibilità stabilite dal comma 1, nonché quando l’investimento avviene attraverso quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) che investono in misura superiore al 50 per cento nel capitale sociale delle imprese che rispettano le condizioni di ammissibilità (comma 6). La seconda misura di sostegno è rappresentata dal credito d'imposta sulle perdite registrate nel 2020, riconosciuto alle società ammissibili ai sensi dei commi 1 e 2, a seguito dell’approvazione del bilancio per l’esercizio 2020 (comma 8). Il credito d’imposta è pari al 50 per cento delle perdite eccedenti il 10 per cento del patrimonio netto, al lordo delle perdite stesse, fino a concorrenza del 30 per cento dell’aumento di capitale. Per la fruizione dei crediti di imposta sui conferimenti in denaro e sulle perdite registrate nel 2020 è autorizzata la spesa nel limite complessivo massimo di 2 miliardi di euro per l'anno 2021 (comma 10). La terza misura per il rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni è rappresentata dall'istituzione di un fondo per il sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano, denominato Fondo Patrimonio PMI (comma 12) con una dotazione iniziale pari a 4 miliardi di euro per l'anno 2020 (comma 19). Il fondo è finalizzato a sottoscrivere entro il 31 dicembre 2020 obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione, con le caratteristiche indicate ai commi 14 e 16, emessi dalle società che soddisfano le condizioni di ammissione.

 

Il comma 1 definisce le condizioni per l'accesso alle misure per il rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni, regolarmente costituite e iscritte nel registro delle imprese nella forma di società di capitali (società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, anche semplificata, società per azioni europee di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001) o società cooperative (comprese le società cooperative europee di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003) aventi sede legale e amministrativa in Italia. Dalle misure sono esclusi gli intermediari finanziari e le società di partecipazione finanziaria e non finanziaria elencati all’articolo 162-bis del D.P.R. n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi - TUIR), nonché le imprese di assicurazione

Rispetto a tale insieme di soggetti, hanno acceso alle misure previste dal presente articolo le società che:

a)   presentino un ammontare di ricavi superiore a cinque milioni di euro (dieci milioni nel caso del Fondo Patrimonio PMI di cui al comma 12) e fino a cinquanta milioni di euro, non tenendo conto dei ricavi conseguiti all'interno del gruppo.

I ricavi considerati, con riferimento al periodo d'imposta 2019, sono quelli relativi ai corrispettivi delle cessioni di beni e prestazioni di servizi alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa (articolo 85, comma 1, lettera a) del TUIR) e delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati e di altri beni mobili, esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione (articolo 85, comma 1, lettera b) del TUIR). Nel caso in cui la società appartenga ad un gruppo, si fa riferimento al valore dei citati ricavi su base consolidata, al più elevato grado di consolidamento, non tenendo conto dei ricavi conseguiti all’interno del gruppo;

b)   abbiano subito, a causa dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nei mesi di marzo e aprile 2020, una riduzione complessiva dell’ammontare dei medesimi ricavi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente in misura non inferiore al 33 per cento.

Anche in questo caso, per le società che appartengono a un gruppo, si fa riferimento al valore dei citati ricavi su base consolidata, al più elevato grado di consolidamento, non tenendo conto dei ricavi conseguiti all’interno del gruppo;

c)   abbiano deliberato ed eseguito, dopo l’entrata in vigore del decreto in esame ed entro il 31 dicembre 2020, un aumento di capitale a pagamento e integralmente versato, di ammontare non inferiore a 250.000 euro per l’accesso al Fondo Patrimonio PMI di cui al comma 12.

 

Il comma 2 stabilisce ulteriori condizioni per l'accesso da parte delle società al credito d'imposta su perdite registrate nel 2020 di cui al comma 8 e al Fondo Patrimonio PMI di cui al comma 12. In particolare, vi hanno accesso le società che:

a)   al 31 dicembre 2019 non rientravano nella categoria delle imprese in difficoltà ai sensi del regolamento (UE) n. 651/2014, del regolamento (UE) n. 702/2014 e del regolamento (UE) n. 1388/2014.

Tali regolamenti, che dichiarano alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), escludono dal relativo campo di applicazione gli aiuti concessi alle imprese in difficoltà, poiché tali aiuti devono essere valutati alla luce degli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà o degli orientamenti successivi al fine di evitarne l'elusione;

b)   si trovano in situazione di regolarità contributiva e fiscale;

c)   si trovano in regola con le disposizioni vigenti in materia di normativa edilizia ed urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell'ambiente;

d)   non hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti ritenuti illegali o incompatibili dalla Commissione europea;

e)   non si trovano nelle condizioni ostative all'ottenimento di contributi e finanziamenti da parte dello Stato di cui all’articolo 67 decreto legislativo n. 159 del 2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia).

L'articolo 67, comma 1, lettera g) del Codice delle leggi antimafia prevede che le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione personali applicate dall'autorità giudiziaria previste dal libro I, titolo I, capo II del medesimo Codice, non possono ottenere contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali;

f)    non abbiano registrato una condanna definitiva nei confronti degli amministratori, dei soci e del titolare effettivo, negli ultimi cinque anni, per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto nei casi in cui sia stata applicata la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici prevista dall’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo n. 74 del 2000;

g)   solo nel caso di accesso al Fondo Patrimonio PMI di cui al comma 12, presentano un numero di occupati inferiore a 250 persone.

 

Il comma 3 dell'articolo 29 chiarisce che l'efficacia delle misure in esame è subordinata all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del TFUE.

Credito d’imposta sui conferimenti in denaro per aumenti di capitale

Il comma 4 definisce la prima misura per il rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni: ai soggetti che effettuano conferimenti in denaro partecipando, dopo l’entrata in vigore del decreto in esame ed entro il 31 dicembre 2020, all'aumento del capitale sociale (lettera c) del comma 1) di una o più società che soddisfano le condizioni dettate dai commi 1 e 2, spetta un credito d’imposta pari al 20 per cento dell'investimento. L’importo massimo del conferimento in denaro sul quale calcolare il credito d’imposta è pari a 2 milioni di euro (comma 5). Per usufruire dell’agevolazione è necessaria una certificazione della società conferitaria che attesti di non aver superato il limite dell’importo complessivo agevolabile di cui al comma 20 ovvero, se superato, l'importo per il quale spetta il credito d’imposta.

Il beneficio decade, con obbligo del contribuente di restituire l'ammontare detratto, unitamente agli interessi legali, se la società oggetto del conferimento in denaro distribuisce riserve, di qualsiasi tipo, prima del 1° gennaio 2024.

Dal beneficio sono escluse le società che hanno rapporti di collegamento o controllo con la società che riceve il conferimento in denaro.

 

Ai sensi del comma 6, il credito d'imposta si applica anche agli investimenti effettuati in stabili organizzazioni in Italia di imprese con sede in Stati membri dell’Unione europea o in Paesi appartenenti allo Spazio economico europeo, nel rispetto delle condizioni di ammissibilità stabilite dal comma 1 (forma societaria, tipologia di attività, limiti dimensionali relativi ai ricavi minimi e massimi, riduzione significativa dei ricavi nei mesi di marzo e aprile 2020, esecuzione dell'aumento di capitale). Si valuti l'opportunità di specificare il richiamo anche alle ulteriori condizioni disposte dal comma 2.

Il credito d'imposta si applica altresì quando l’investimento avviene attraverso quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) residenti nel territorio dello Stato (articolo 73 del TUIR), o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo, che investono in misura superiore al 50 per cento nel capitale sociale delle imprese che rispettano le condizioni di ammissibilità.

 

Il credito d’imposta è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di effettuazione dell’investimento e in quelle successive fino a quando non se ne conclude l’utilizzo nonché, a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di effettuazione dell’investimento, anche in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997. Non si applicano i limiti all'utilizzo in compensazione (elevati a un milione di euro dall'articolo 147 del decreto legge in esame) di cui alla legge n. 388 del 2000, e quello annuale di 250 mila euro, di cui alla legge n. 244 del 2007. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e non rileva ai fini della deducibilità degli interessi passivi e degli altri componenti negativi di reddito

In particolare, l'articolo 61 del TUIR stabilisce che gli interessi passivi inerenti all'esercizio d'impresa sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

L'articolo 109, comma 5, del TUIR dispone che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi.

Credito d'imposta sulle perdite registrate nel 2020

La seconda misura per il rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni, è rappresentata dal credito d'imposta sulle perdite registrate nel 2020, riconosciuto alle società ammissibili ai sensi dei commi 1 e 2 dell'articolo in esame, a seguito dell’approvazione del bilancio per l’esercizio 2020 (comma 8). Il credito d’imposta è pari al 50 per cento delle perdite eccedenti il 10 per cento del patrimonio netto, al lordo delle perdite stesse, fino a concorrenza del 30 per cento dell’aumento di capitale effettuato (lettera c) del comma 1) e comunque nei limiti previsti dal comma 20. Le perdite fiscali riportabili nei periodi d’imposta successivi sono ridotte dell’importo dell’ammontare del credito d’imposta riconosciuto. Il beneficio decade, con obbligo di restituzione dell'ammontare detratto, unitamente agli interessi legali, se la società distribuisce riserve, di qualsiasi tipo, prima del 1° gennaio 2024.

Il credito d’imposta sulle perdite registrate nel 2020 è utilizzabile in compensazione (comma 9), ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa al periodo di effettuazione dell’investimento. Non si applicano i limiti all'utilizzo in compensazione (elevati a un milione di euro dall'articolo 147 del decreto legge in esame) di cui alla legge n. 388 del 2000, e quello annuale di 250 mila euro, di cui alla legge n. 244 del 2007. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e non rileva ai fini della deducibilità degli interessi passivi e degli altri componenti negativi di reddito.

 

Per la fruizione dei crediti di imposta sui conferimenti in denaro (commi 4 e 5) e sulle perdite registrate nel 2020 (comma 8), è autorizzata la spesa nel limite complessivo massimo di 2 miliardi di euro per l'anno 2021 (comma 10). Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in sono stabiliti i criteri e le modalità di applicazione e di fruizione del credito d'imposta anche al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa.

Fondo Patrimonio PMI

La terza misura per il rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni è rappresentata dall'istituzione di un fondo per il sostegno e rilancio del sistema economico-produttivo italiano, denominato Fondo Patrimonio PMI (comma 12). Il fondo è finalizzato a sottoscrivere entro il 31 dicembre 2020 obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione, con le caratteristiche indicate dai commi 14 e 16, emessi dalle società che soddisfano le condizioni di ammissione, per un ammontare massimo pari al minore importo tra:

§  tre volte l’ammontare dell’aumento di capitale (lettera c) del comma 1), e

§  il 12,5 per cento dell’ammontare dei ricavi (lettera a) del comma 1).

Diversi criteri per la determinazione dell'ammontare massimo si applicano qualora la società sia beneficiaria di finanziamenti assistiti da garanzia pubblica in attuazione di un regime di aiuto ai sensi del paragrafo 3.2 della Comunicazione della Commissione europea recante un “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, ovvero di aiuti sotto forma di tassi d’interesse agevolati in attuazione di un regime di aiuto ai sensi del paragrafo 3.3 della stessa Comunicazione. In tale caso, la somma degli importi garantiti, dei prestiti agevolati e dell’ammontare degli strumenti finanziari sottoscritti dal Fondo Patrimonio PMI non può superare il maggiore tra il 25 per cento dell’ammontare dei ricavi (lettera a) del comma 1); il doppio dei costi del personale della società relativi al 2019, come risultanti dal bilancio ovvero da dati certificati se l'impresa non ha approvato il bilancio; il fabbisogno di liquidità della società per i diciotto mesi successivi alla concessione della misura di aiuto, come risultante da una autocertificazione del rappresentante legale. 

Gli strumenti finanziari possono essere emessi in deroga ai limiti di cui all’articolo 2412, primo comma, del codice civile, ai sensi del quale la società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somme complessivamente non eccedenti il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato.

 

La Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modifiche

 

Per rispondere alla crisi economica e sanitaria legata alla diffusione del COVID-19, la Commissione europea ha deciso di concedere agli Stati membri la piena flessibilità nell'applicazione della disciplina sugli aiuti di Stato.

A tal fine, il 19 marzo 2020 la Commissione ha adottato un "Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’emergenza del COVID-19", che consente a tutti gli Stati membri di intervenire per sostenere il sistema economico a fronte dalla situazione di grave turbamento generata dall'emergenza sanitaria in atto. Di conseguenza, la Commissione ha autorizzato una serie di progetti relativi ad aiuti di Stato, notificati da diversi Stati membri.

Il Quadro temporaneo, come modificato il 3 aprile scorso, legittima, fino al 31 dicembre 2020, 10 tipologie di aiuti di stato al fine di consentire agli Stati membri di sostenere l'economia nel contesto dell'emergenza del coronavirus.  Si tratta di: sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali, pagamenti anticipati, prestiti, garanzie e partecipazioni; garanzie di stato; prestiti pubblici agevolati alle imprese; garanzie per le banche; assicurazioni al credito all'esportazione a breve termine; sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali per ricerca e sviluppo; sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali per investimenti in infrastrutture di prova e upscaling; sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali per la produzione di prodotti connessi al Covid-19; differimento di imposte e contributi previdenziali; sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti che altrimenti dovrebbero essere licenziati. 

L'8 maggio sono state approvate delle modifiche che estendono ulteriormente il Quadro temporaneo inserendo la possibilità per gli Stati di varare misure per la ricapitalizzazione e la concessione di debiti subordinati a favore delle imprese in difficoltà. Le nuove disposizioni inoltre fissano una serie di condizioni per evitare distorsioni della concorrenza. 

Dalla pubblicazione del Quadro temporaneo, il 19 marzo scorso, la Commissione europea sta approvando una serie di progetti di aiuti di stato notificati da numerosi Stati membri, tra cui l'Italia.

Per ulteriori dettagli sulla disciplina introdotta dalla Commissione europea in materia di aiuti di Stato e sulle richieste avanzate dall'Italia e dagli altri paesi membri dell'Unione europea, cfr. Servizio studi del Senato, "L'epidemia COVID-19 e l'Unione europea (Aggiornata all'11 maggio 2020)", Nota sugli atti dell'Unione europea n. 44/7, 12 maggio 2020.

 

La gestione del fondo è affidata all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. - Invitalia, o a società da questa interamente controllate (comma 13).

 

Il comma 14 prevede che gli strumenti emessi ai fini della sottoscrizione del fondo abbiano una scadenza di sei anni, con una opzione di rimborso anticipato a favore dell'emittente decorsi tre anni dalla sottoscrizione. Gli strumenti finanziari sono immediatamente rimborsati in caso di informazione interdittiva antimafia. Nel caso in cui la società emittente sia assoggettata a fallimento o altra procedura concorsuale, i crediti del fondo per il rimborso del capitale e il pagamento degli interessi sono soddisfatti dopo ogni altro credito e prima dei finanziamenti dei soci a favore della società (articolo 2467 del codice civile).

La società emittente, ai sensi del comma 15, assume l’impegno di:

a)   non deliberare o effettuare, dalla data dell’istanza e fino all’integrale rimborso degli strumenti finanziari, distribuzioni di riserve e acquisti di azioni proprie o quote e di non procedere al rimborso di finanziamenti dei soci;

b)   destinare il finanziamento a sostenere costi di personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia;

c)    fornire al soggetto gestore un rendiconto periodico, con i contenuti, la cadenza e le modalità da quest’ultimo indicati, al fine di consentire la verifica degli impegni assunti e di quanto previsto al successivo comma 16, il quale stabilisce che gli interessi maturano con periodicità annuale e sono corrisposti in unica soluzione alla data di rimborso e demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, la definizione di:

-         caratteristiche, condizioni e modalità del finanziamento;

-         obiettivi al cui conseguimento può essere accordata una riduzione del valore di rimborso degli strumenti finanziari.

 

Il comma 16 prevede che il fondo operi su richiesta delle società ammissibili e che il gestore proceda secondo l'ordine cronologico di presentazione delle istanze. L’istanza è trasmessa al gestore secondo il modello uniforme da questo reso disponibile sul proprio sito Internet. Il gestore può prevedere, ai fini della verifica della sussistenza dei requisiti, la presentazione di dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà ai sensi dell’articolo 47 del D.P.R. n. 445 del 2000.

In particolare, qualora il rilascio dell’informativa antimafia non sia immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati unica prevista dall’articolo 96 del Codice delle leggi antimafia, ferma restando la richiesta di informativa antimafia da parte del gestore, le istanze di accesso agli interventi del fondo sono integrate da una dichiarazione sostitutiva con cui il legale rappresentante attesta di non trovarsi nelle condizioni ostative all'ottenimento di contributi e finanziamenti da parte dello Stato di cui all’articolo 67 Codice delle leggi antimafia. In caso di informativa interdittiva antimafia gli strumenti finanziari sottoscritti dal fondo sono immediatamente rimborsati.

 

Il gestore procede alla sottoscrizione degli strumenti (comma 18) previa verifica:

§  della sussistenza dei requisiti di cui ai commi 1 e 2;

§  dell’esecuzione dell’aumento di capitale (lettera c) del comma 1);

§  della conformità degli strumenti a quanto previsto dalla disciplina in esame;

§  dell’assunzione da parte della società degli impegni di cui al comma 15 (di non distribuire riserve, acquistare azioni proprie, né rimborsare finanziamenti ai soci, di utilizzare il finanziamento per sostenere il costo del personale o investimenti localizzati in Italia, di fornire un rendiconto periodico al gestore).

 

Il Fondo Patrimonio PMI ha una dotazione iniziale pari a 4 miliardi di euro per l'anno 2020 (comma 19). Per la gestione del fondo è autorizzata l’apertura di apposita contabilità speciale. Il gestore è autorizzato a trattenere dalle disponibilità del fondo le risorse necessarie per le proprie spese di gestione nel limite massimo per operazione dell’1 per cento del valore nominale degli strumenti finanziari sottoscritti, e comunque per un importo complessivo non superiore a 5 milioni di euro per l’anno 2020.

 

Il comma 20, infine, stabilisce che il credito d'imposta per i conferimenti di cui al comma 4, il credito d'imposta per le perdite 2020 di cui al comma 8, si cumulano fra di loro e con eventuali altre misure di aiuto, da qualunque soggetto erogate, di cui l’emittente ha beneficiato ai sensi del paragrafo 3.1 della citata Comunicazione della Commissione europea recante un Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19.

In particolare, l’importo complessivo lordo delle suddette misure di aiuto per ciascuna società di cui al comma 1 non eccede l’ammontare di 800.000 euro (120.000 euro per le imprese operanti nel settore della pesca e dell’acquacoltura, 100.000 euro per le imprese operanti nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli).

Il comma 20 specifica che, ai fini della quantificazione, non si tiene conto di eventuali misure di cui la società abbia beneficiato fra quelle già dichiarate compatibili ai sensi del regolamento della Commissione n. 1407/2013 sugli aiuti "de minimis", del regolamento della Commissione n. 702/2014 che dichiara compatibili alcune categorie di aiuti nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali, del regolamento della Commissione n. 717/2013 sui prodotti di origine animale, ovvero ai sensi del regolamento (UE) n. 651/2014 in materia di aiuti per finalità regionale e alle PMI e del regolamento (UE) n. 1388/2014 che dichiara compatibili alcune categorie di aiuti nei settori della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura.

Ai fini della verifica del rispetto dei suddetti limiti la società ottiene dai soggetti indicati ai commi 4 e 6 secondo periodo, l’attestazione della misura dell’incentivo di cui si è usufruito. La società presenta una dichiarazione sostitutiva, con la quale il legale rappresentante attesta, sotto la propria responsabilità, che le misure previste ai commi 4 e 8 sommate con le misure di aiuto, da qualunque soggetto erogate, di cui la società ha beneficiato, ai sensi del paragrafo 3.1 della Comunicazione della Commissione europea recante un Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19 non superano i limiti suddetti. Con il medesimo atto il legale rappresentante dichiara, altresì, di essere consapevole che l’aiuto eccedente detti limiti è da ritenersi percepito indebitamente e oggetto di recupero ai sensi della disciplina dell’Unione europea.

 

Il comma 21, infine, stabilisce che agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede ai sensi dell’articolo 265, alla cui scheda di lettura si fa rinvio.


 

Articolo 27
(Costituzione del patrimonio destinato di Cassa depositi e prestiti)

 

 

L’articolo 27 consente a Cassa Depositi e Prestiti - CDP S.p.A. di costituire un patrimonio destinato, denominato Patrimonio Rilancio, a cui sono apportati beni e rapporti giuridici dal Ministero dell’economia e delle finanze. All’apporto del MEF corrisponde l’emissione, da parte di CDP S.p.A., a valere sul patrimonio destinato e in favore del Ministero dell’economia e delle finanze, di strumenti finanziari di partecipazione. Le risorse del patrimonio destinato sono impiegate per il sostegno e il rilancio del sistema economico produttivo italiano.

In via preferenziale il patrimonio destinato effettua i propri interventi mediante sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, la partecipazione ad aumenti di capitale, l’acquisto di azioni quotate sul mercato secondario in caso di operazioni strategiche.

Per il finanziamento delle attività del patrimonio destinato o di singoli comparti è consentita l’emissione, a valere sul patrimonio destinato o su singoli comparti, di titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari di debito. Sulle obbligazioni del patrimonio destinato, in caso di incapienza del patrimonio medesimo, è concessa la garanzia di ultima istanza dello stato. La garanzia dello stato può essere altresì concessa in favore dei portatori dei titoli emessi per finanziare il patrimonio destinato, a specifiche condizioni.

Il patrimonio opera in regime di totale esenzione fiscale: gli interessi e gli altri proventi dei titoli emessi dal patrimonio destinato e dai suoi comparti sono soggetti a imposta sostitutiva con aliquota del 12,5 per cento.

Il patrimonio destinato cessa ex lege decorsi dodici anni dalla costituzione; tuttavia la sua durata può essere estesa o anticipata con delibera del consiglio di amministrazione di CDP, su richiesta del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Più in dettaglio, il comma 1 autorizza Cassa Depositi e Prestiti - CDP S.p.A. a costituire un patrimonio destinato denominato Patrimonio Rilancio, a cui sono apportati beni e rapporti giuridici dal Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Tale patrimonio destinato:

§  può essere articolato in comparti; esso, e ciascuno dei suoi comparti, sono rispettivamente composti dai beni e dai rapporti giuridici attivi e passivi ad essi apportati, nonché dai beni e dai rapporti giuridici di tempo in tempo generati o, comunque, rivenienti dalla gestione delle loro rispettive risorse, ivi inclusi i mezzi finanziari e le passività rivenienti dalle operazioni di finanziamento;

§  è autonomo e separato, a tutti gli effetti, dal patrimonio di CDP e dagli altri patrimoni separati costituiti dalla stessa. Analoga autonomia è assicurata ai comparti del patrimonio;

§  risponde (così come i comparti) esclusivamente delle obbligazioni da esso assunte, nei limiti dei beni e rapporti giuridici apportati. Tale patrimonio non è aggredibile, e cioè su di esso non sono ammesse azioni dei creditori di CDP o nell’interesse degli stessi. Allo stesso modo, sul patrimonio di CDP non sono ammesse azioni dei creditori del patrimonio destinato o nell’interesse degli stessi.

 

Le norme in esame non attribuiscono alle imprese diritti o interessi legittimi rispetto all’intervento del patrimonio destinato in loro favore.

Scopo delle disposizioni in esame è di attuare interventi e operazioni di sostegno e rilancio del sistema economico produttivo italiano in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

 

Il comma 2 disciplina gli apporti del Ministero dell’economia e delle finanze e le corrispondenti emissioni di strumenti partecipativi.

In primo luogo, essi sono effettuati con decreto del Ministro medesimo, e sono esenti dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o diritto.

Ove essi siano costituiti da beni e rapporti giuridici diversi dai titoli di Stato, i relativi valori di apporto e di iscrizione nella contabilità del patrimonio destinato sono determinati sulla scorta di una relazione giurata di stima, prodotta da uno o più soggetti di adeguata esperienza e qualificazione professionale.

L’apporto corrisponde all’emissione, da parte di CDP, a valere sul patrimonio destinato e in favore del Ministero dell’economia e delle finanze, di strumenti finanziari di partecipazione, la cui remunerazione è condizionata all’andamento economico del patrimonio destinato o dei singoli comparti.

Al Ministero dell'economia e delle finanze, con delibera del consiglio di amministrazione di CDP S.p.A. e su richiesta del Ministero stesso, può essere restituita la quota degli apporti che risulti eventualmente eccedente, sulla base dei criteri di valutazione della congruità del patrimonio previsti dal decreto attuativo delle norme in esame (di cui al comma 5), rispetto alle finalità di realizzazione dell'affare per cui è costituito il Patrimonio Destinato come risultante dal piano economico-finanziario del Patrimonio Destinato, tempo per tempo aggiornato. Le modalità della restituzione sono stabilite con le norme attuative (decreto di cui al citato comma 5).

I beni e i rapporti giuridici apportati sono intestati a CDP per conto del Patrimonio Destinato e sono gestiti da CDP a valere su di esso in conformità alle norme in esame, alla disciplina secondaria e al Regolamento del Patrimonio Destinato.

 

Il comma 3 disciplina la costituzione del patrimonio destinato, effettuata con deliberazione dell’assemblea di CDP che, su proposta del consiglio di amministrazione, identifica, anche in blocco, i beni e i rapporti giuridici compresi nel patrimonio destinato.

Con la medesima deliberazione il revisore legale di CDP è incaricato della revisione dei conti del patrimonio destinato.

La deliberazione è depositata e iscritta nel registro delle imprese, alla pari delle modifiche del regolamento e dello statuto della società (ai sensi dell'articolo 2436 del codice civile). Non si applica l’articolo 2447- quater, comma 2, del codice civile, che consente ai creditori anteriori all’iscrizione, nel termine di sessanta giorni dall'iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese, di fare opposizione alla delibera di costituzione del patrimonio destinato.

Viene chiarito che ogni successiva determinazione, ivi incluse la modifica del patrimonio destinato, la costituzione di comparti e la relativa allocazione di beni e rapporti giuridici, nonché quelle concernenti l’apporto di ulteriori beni e rapporti giuridici da parte del Ministero dell’economia e delle finanze o di altri soggetti pubblici, viene effettuata con deliberazione del consiglio di amministrazione di CDP, integrato  dal ragioniere dello Stato; dal direttore generale del Tesoro e da tre esperti in materie finanziarie, scelti da terne presentate dalla Conferenza dei presidenti delle giunte regionali, dall'UPI, dall'ANCI e nominati con decreto del Ministro del tesoro in rappresentanza, rispettivamente, delle regioni delle province e dei comuni (ovvero  dai membri indicati dall’articolo 7, comma 1, lettere c), d) ed f), della legge 13 maggio 1983, n. 197).

Il consiglio di amministrazione così integrato definisce un sistema organizzativo e gestionale improntato alla massima efficienza e rapidità di intervento del patrimonio destinato, anche in relazione all’assetto operativo e gestionale e al modello dei poteri delegati. Il valore del patrimonio destinato, o di ciascuno dei comparti, può essere superiore al dieci per cento del patrimonio netto di CDP S.p.A. Di esso non si tiene conto in caso di costituzione di altri patrimoni destinati da parte di CDP S.p.A.

 

Ai sensi del comma 4, le risorse del patrimonio destinato sono impiegate per il sostegno e il rilancio del sistema economico produttivo italiano. Di conseguenza il patrimonio destinato opera nelle forme e alle condizioni previste dal quadro normativo dell’Unione Europea sugli aiuti di Stato adottato per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da “Covid-19” ovvero a condizioni di mercato.

 

L'improvvisa emergenza legata all'epidemia da COVID-19 nei primi mesi del 2020 rappresenta una grave minaccia per la salute pubblica a livello mondiale, ma anche un grave shock per le economie mondiali. L'impatto sull'economia dell'attuale pandemia avviene - secondo quanto evidenziato dalle principali fonti istituzionali - attraverso diversi canali: uno shock dell'offerta dovuto alla perturbazione delle catene di approvvigionamento, uno shock della domanda determinato da una minore domanda da parte dei consumatori, l'effetto negativo dell'incertezza sui piani di investimento e l'impatto sulla liquidità per le imprese.

Tra le misure adottate in sede europea a sostegno dell'economia dell'UE e dei diversi Stati membri, duramente colpiti dalla crisi, rientra l'adozione di norme maggiormente flessibili in materia di aiuti di Stato. La Comunicazione della Commissione "Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak - COM 2020/C 91 I/01", è volta a consentire agli Stati membri di adottare misure di sostegno al tessuto economico in deroga alla disciplina ordinaria sugli aiuti di Stato. La Comunicazione segue e integra le prime indicazioni fornite dalla Commissione nella Comunicazione "Risposta economica coordinata all'emergenza COVID-19" del 13 marzo 2020".  Il quadro degli aiuti di Stato ammissibili è stato esteso ed integrato il 3 aprile, con la Comunicazione C(2020) 2215 final e ulteriormente modificato ed esteso con la Comunicazione dell'8 maggio (C(2020 3156 final). Cesserà di essere applicabile il 31 dicembre 2020, tranne che per la disciplina sugli aiuti di stato alla ricapitalizzazione delle imprese non finanziarie che sarà efficace sino al 1° luglio 2021. Prima di tale data potrà essere modificato e prorogato, sulla base di considerazioni di politica della concorrenza o economiche.

 

Inoltre gli interventi del patrimonio destinato hanno a oggetto medie e piccole società per azioni, anche con azioni quotate in mercati regolamentati, comprese quelle costituite in forma cooperativa che: a) hanno sede legale in Italia; b) non operano nel settore bancario, finanziario o assicurativo; c) presentano un fatturato annuo superiore a cinquanta milioni di euro.

 

Ai sensi del comma 5, i requisiti di accesso, le condizioni, criteri e modalità degli interventi del patrimonio destinato sono definiti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico.  Qualora necessario, gli interventi del patrimonio destinato sono subordinati all’approvazione della Commissione europea ai sensi della disciplina sugli aiuti di stato (di cui all’articolo 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea).

Per quanto concerne gli interventi effettuabili, le norme in esame non forniscono un elenco esaustivo e specifico delle operazioni che possono essere fatte a valere sul patrimonio destinato. Si chiarisce solo che in via preferenziale il patrimonio destinato effettua i propri interventi mediante sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, partecipazione ad aumenti di capitale, acquisto di azioni quotate sul mercato secondario in caso di operazioni strategiche.

Nella individuazione degli interventi, il decreto tiene in considerazione l’incidenza dell’impresa con riferimento allo sviluppo tecnologico, alle infrastrutture critiche e strategiche, alle filiere produttive strategiche, alla sostenibilità ambientale e alle altre finalità ambientali (di cui al comma 86 della legge di bilancio 2020, legge n. 160 del 2019) alla reta logistica e dei rifornimenti, ai livelli occupazionali e del mercato del lavoro.

 

Si segnala che, per quello che appare come errore materiale nel testo, la norma fa riferimento al comma 86 della legge n. 169 del 2019, mentre il corretto riferimento è alla legge n. 160.

 

Si ricorda che la legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019, commi 85-99) ha introdotto misure volte alla realizzazione di un piano di investimenti pubblici per lo sviluppo di un Green new deal italiano, istituendo un Fondo da ripartire con dotazione di 470 milioni di euro per l'anno 2020, 930 milioni di euro per l'anno 2021, 1.420 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023. Il fondo, alimentato con i proventi della messa in vendita delle quote di emissione di CO2, deve essere utilizzato dal Ministro dell'economia e delle finanze per sostenere, mediante garanzie a titolo oneroso o partecipazioni in capitale di rischio e/o debito, progetti economicamente sostenibili con precise finalità. Il Fondo ha anche finalità di supporto all'imprenditoria giovanile e femminile, di riduzione dell'uso della plastica e per la sostituzione della plastica con materiali alternativi (commi 86 e 87).

 

Possono essere effettuati interventi relativi a operazioni di ristrutturazione di società che, nonostante temporanei squilibri patrimoniali o finanziari, siano caratterizzate da adeguate prospettive di redditività.

 

Il comma 6 disciplina le modalità di adozione del regolamento del patrimonio destinato, che deve rispettare le norme in esame e quelle secondarie di attuazione. L’efficacia del regolamento è sospensivamente condizionata all’approvazione del Ministro dell’economia e delle finanze. Il regolamento disciplina, tra l’altro, le procedure e attività istruttorie e le operazioni funzionali al reperimento della provvista.

Viene chiarito che la remunerazione di CDP a valere sul patrimonio destinato è pari ai costi sostenuti da CDP S.p.A. per la gestione del patrimonio destinato.

Si chiarisce che per il patrimonio destinato, che non contribuisce al risultato di CDP S.p.A., è redatto annualmente un rendiconto separato predisposto secondo i principi contabili internazionali IFRS e allegato al bilancio di esercizio di CDP.

I beni e i rapporti giuridici acquisiti per effetto degli impieghi del patrimonio destinato sono acquisiti da, e intestati a, CDP S.p.A. per conto del patrimonio destinato e sono gestiti da CDP S.p.A. in conformità alle norme in esame e al regolamento del patrimonio destinato.

 

Secondo il comma 7, per il finanziamento delle attività del patrimonio destinato o di singoli comparti è consentita l’emissione, a valere sul patrimonio destinato o su singoli comparti, di titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari di debito, anche in deroga alle norme del codice civile che pongono limiti all’emissione di obbligazioni (articolo 2412: in linea generale, salvo specifiche eccezioni, la società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato).

A tali emissioni non si applicano le norme codicistiche (articoli da 2415 a 2420 del codice civile) in tema di emissioni obbligazionarie e, per ciascuna emissione, può essere nominato un rappresentante comune dei portatori dei titoli, il quale ne cura gli interessi e, in loro rappresentanza esclusiva, esercita i poteri stabiliti in sede di nomina e approva le modificazioni delle condizioni dell’operazione.

Delle obbligazioni derivanti dalle operazioni di finanziamento risponde unicamente il patrimonio destinato.

Non si applica al patrimonio destinato il divieto di raccolta del risparmio tra il pubblico previsto per i soggetti diversi dalle banche dall’articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, né la relativa regolamentazione di attuazione, né i limiti quantitativi alla raccolta previsti dalla normativa vigente.

Le disposizioni in esame sembrano fare riferimento alle disposizioni per la raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche emanate dalla Banca d’Italia.

Ai sensi del comma 8, sulle obbligazioni del patrimonio destinato, in caso di incapienza del patrimonio medesimo, è concessa la garanzia di ultima istanza dello Stato, che viene disciplinata con decreto del MEF; in particolare sono in tal modo stabiliti criteri, condizioni e modalità di operatività della garanzia dello Stato.

La garanzia dello Stato è allegata allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (di cui all’articolo 31 della legge di contabilità generale, 31 dicembre 2009, n. 196).

La garanzia dello Stato può essere altresì concessa, sempre con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze che ne determina criteri, condizioni e modalità, a favore dei portatori dei titoli emessi per finanziare il patrimonio destinato, nel limite massimo di euro 20.000 milioni.

 

Le norme del comma 9 mirano a chiarire che le operazioni di impiego e di investimento effettuate da CDP a valere sul patrimonio destinato, nonché tutti gli atti ad esse funzionalmente collegati, non attivano eventuali clausole contrattuali e/o statutarie di cambio di controllo o previsioni equipollenti che dovessero altrimenti operare.

 

Si definisce “change of control” la circostanza in cui si modifica l’assetto di controllo di una società socia, a seguito di una cessione delle partecipazioni o per effetto di un’operazione straordinaria (ad esempio, fusione, scissione, aumento di capitale). Nella prassi relativa agli assetti proprietari delle società di capitali, i detentori delle partecipazioni hanno interesse a garantire una omogeneità nella compagine sociale e un equilibrio nei rapporti tra i soci: allo scopo di perseguire tale interesse è comune prevedere, in ambito statutario, una clausola di prelazione in favore dei soci esistenti, nel caso di cessione delle partecipazioni azionarie messe in vendita da altri soci. Si tratta di uno strumento che limita in qualche modo il principio generale della libera circolazione delle partecipazioni sociali, principio indirettamente riaffermato anche dall'art. 2355-bis del codice civile. L’operatività di tali clausole è stata dibattuta in giurisprudenza e nella prassi. Si veda tra l’altro quanto riferito dal Consiglio Notarile di Milano sulla validità e sui limiti di tali previsioni.

 

Il comma 10 concede alle norme secondarie (decreto di cui al comma 5) la possibilità di prevedere, ai fini della verifica della sussistenza dei requisiti di accesso, la presentazione di dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà (ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445).

Qualora il rilascio dell’informativa antimafia, ove richiesta, non sia immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati unica prevista dall’articolo 96 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, le istanze di accesso agli interventi del Fondo sono integrate da una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà (ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445), con la quale il legale rappresentante attesta, sotto la propria responsabilità, di non trovarsi nelle condizioni ostative di cui all’articolo 67 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

 

CDP può comunque procedere alla attuazione di quanto previsto dal presente articolo anche prima dei termini previsti dalle norme antimafia di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. Il rilascio della comunicazione interdittiva antimafia comporta la risoluzione del contratto di finanziamento ovvero il recesso per tutte le azioni alle condizioni stabilite nel decreto attuativo (di cui al comma 5) anche in deroga alla disciplina del diritto di recesso dei soci dalla società stabilita dal codice civile (articoli 2437 e ss.gg.).

 

Il comma 11 consente a Cassa Depositi e Prestiti, per assicurare l’efficacia e la rapidità d’intervento e rafforzare i presidi di legalità, di stipulare protocolli di collaborazione e di scambio di informazioni con istituzioni e amministrazioni pubbliche, ivi incluse le autorità di controllo, regolazione e vigilanza e con l’autorità giudiziaria.

 

Con riferimento alla gestione del patrimonio destinato (comma 12), CDP S.p.A. e i propri esponenti aziendali operano con la dovuta diligenza professionale.

Le operazioni di impiego effettuate, le garanzie concesse e gli atti e i pagamenti effettuati in esecuzione di tali operazioni o mediante impiego delle risorse finanziarie provenienti da tali operazioni, a valere sul patrimonio destinato, purché realizzati in conformità al relativo regolamento, non sono soggetti all’azione revocatoria fallimentare (di cui all’articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, legge fallimentare, e di cui all’articolo 166 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, Codice della crisi d’impresa).

 

Il trattamento fiscale del patrimonio destinato è disciplinato al comma 13, che esenta da imposte i redditi e il valore della produzione del patrimonio destinato e dei suoi comparti sono esenti da imposte.

Inoltre, il patrimonio destinato e i suoi comparti non sono soggetti a ritenute e a imposte sostitutive delle imposte sui redditi sui proventi a qualsiasi titolo percepiti. Tutti gli atti, contratti, trasferimenti, prestazioni e formalità relativi alle operazioni, sotto qualsiasi forma, effettuati dal patrimonio destinato e dai suoi comparti, alla loro esecuzione, modificazione ed estinzione, alle garanzie anche reali di qualunque tipo da chiunque e in qualsiasi momento prestate, sono esclusi dall’imposta sul valore aggiunto, dall’imposta sulle transazioni finanziarie, dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché ogni altro tributo o diritto.

Inoltre, gli interessi e gli altri proventi dei titoli emessi dal patrimonio destinato e dai suoi comparti sono soggetti a imposta sostitutiva (di cui al d.lgs. 1° aprile 1996, n. 239 e d.lgs. 21 novembre 1997, n. 461), al 12,5 per cento ovvero nella misura applicabile ai titoli di Stato e agli altri titoli pubblici (di cui all'articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601).

 

Ai sensi del comma 14, .il patrimonio destinato cessa ex lege, decorsi dodici anni dalla costituzione; tuttavia la sua durata può essere estesa o anticipata con delibera del consiglio di amministrazione di CDP S.p.A., su richiesta del Ministero dell’economia e delle finanze.

L’eventuale cessazione anticipata, in tutto o con riferimento a singoli comparti, ha luogo sulla base dell’ultimo rendiconto approvato e della gestione medio tempore intercorsa fino alla data di cessazione.

Alla cessazione del patrimonio destinato ovvero di singoli comparti, è approvato dal Consiglio di Amministrazione di CDP S.p.A. un rendiconto finale che, accompagnato da una relazione del Collegio Sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale, è depositato presso l’Ufficio del Registro delle Imprese.

La liquidazione del patrimonio destinato ovvero di singoli comparti e il trasferimento al Ministero dell’economia e delle finanze degli eventuali residui della gestione ovvero di attività e passività residue avvengono secondo le modalità individuate nel regolamento del patrimonio destinato. I trasferimenti conseguenti alla cessazione o liquidazione sono esenti dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o diritto.

 

Il comma 15 contiene una clausola di flessibilità europea: esso affida a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze il compito di integrare e modificare termini e condizioni contenuti nelle norme in esame, al fine di tenere conto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato tempo per tempo applicabile.

 

Il comma 16 consente, per le attività connesse al presente articolo, al Ministero dell'economia e delle finanze di affidare, con apposito disciplinare, un incarico di studio, consulenza, valutazione e assistenza,  nel limite massimo complessivo di 100.000 euro per l'anno 2020.

Il comma 17 , ai fini degli apporti del MEF al Patrimonio Rilancio, è autorizzata per l'anno 2020 l'assegnazione a CDP di titoli di Stato, nel limite massimo di 44 miliardi di euro, appositamente emessi. Detti titoli non concorrono a formare il limite delle emissioni nette per l'anno 2020 stabilito dalla legge di bilancio e dalle successive modifiche; ai fini della registrazione contabile dell'operazione, a fronte del controvalore dei titoli di Stato assegnati, il corrispondente importo è iscritto su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze ed è regolato mediante pagamento commutabile in quietanza di entrata sul pertinente capitolo dello stato di previsione dell'entrata relativo all'accensione di prestiti.

Ai maggiori oneri derivanti dalle norme in esame si provvede ai sensi dell'articolo 265 che contiene la copertura finanziaria del provvedimento e alla cui scheda di lettura si rinvia.

Il comma 18 autorizza l'apertura di apposito conto corrente di tesoreria centrale fruttifero su cui confluiscono le disponibilità liquide del Patrimonio destinato. La remunerazione del conto, da allineare al costo delle emissioni di titoli di Stato nel periodo di riferimento, e le caratteristiche del suo funzionamento sono disciplinate in dettaglio nel decreto attuativo di cui al comma 5.

 

Cassa depositi e prestiti (CDP) è una società per azioni a controllo pubblico statale. Essa è stata trasformata in S.p.A. dal D.L. n. 269/2003 (articolo 5) in ragione della tipologia di funzioni svolte e della maggiore agilità dello strumento privatistico rispetto alla forma pubblica, nonché dei mercati di riferimento.

Attualmente il capitale sociale è di circa 4 miliardi di euro. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze detiene l'82,77% del capitale, mentre il 15,9% è posseduto da un gruppo di Fondazioni di origine bancaria ed il restante 1,3% è costituito da azioni proprie. Qui il prospetto aggiornato delle partecipazioni azionarie in CDP.

La misura del capitale sociale è stata così innalzata (dal precedente ammontare di 3,5 miliardi) a seguito dell’aumento di capitale approvato da CDP il 24 giugno 2016. L’aumento di capitale è stato sottoscritto il 20 ottobre 2016. Tale innalzamento è stato riservato al Ministero dell’economia e delle finanze per un ammontare, comprensivo di sovrapprezzo, di 2.930.257.785 euro. Con l’operazione sono state emesse 45.980.912 azioni ordinarie di CDP in favore del MEF, sottoscritte a fronte del conferimento di 457.138.500 azioni ordinarie di Poste, rappresentative del 35% del capitale sociale di quest’ultima società. Per effetto dell’operazione, la partecipazione del MEF in Cdp è passata dall’80,1% all’82,77% del capitale sociale. Le fondazioni azioniste hanno diminuito la propria partecipazione complessiva dal’18,4% al 15,93%; le azioni proprie si sono ridotte dall’1,50% all’1,30% del capitale sociale. L’operazione è disciplinata e regolata dal Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 25 maggio 2016 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del 21 giugno 2016).

CDP, anche in considerazione delle funzioni svolte, non è ricompresa nel perimetro delle pubbliche amministrazioni ai fini della definizione dei parametri di finanza pubblica rilevanti in sede europea.

 

Assetto organizzativo di Cassa depositi e prestiti

Il Consiglio di amministrazione di CDP è composto da nove membri; per l’amministrazione della cd. gestione separata, esso è integrato da rappresentanti del MEF e delle autonomie territoriali. Per ulteriori informazioni, si veda più diffusamente lo Statuto della società.

Il Collegio Sindacale viene nominato dall’Assemblea dei soci. Si compone di cinque sindaci effettivi e di due sindaci supplenti. I sindaci restano in carica per tre esercizi e sono rieleggibili.

 

Controlli e vigilanza su Cassa depositi e prestiti

A CDP S.p.A. si applicano le disposizioni del Titolo V del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (D.Lgs. n. 385/1993) previste per gli intermediari finanziari, tenuto conto delle caratteristiche del soggetto vigilato e la speciale disciplina della gestione separata (articolo 5, comma 6, D.L. n. 269).

CDP è inoltre soggetta al controllo della Corte dei conti esercitato sugli enti ai quali lo Stato contribuisce con apporto al patrimonio in capitale ovvero mediante concessione di garanzie finanziaria, ai sensi dell’articolo 12 della legge n. 259/1958 (articolo 5, comma 17 del D.L. n. 269/2003). L’ultima Relazione adottata con determinazione del 26 novembre 2019 dalla Corte dei conti riguarda il controllo eseguito nell’esercizio 2018.

Secondo quanto emerge dalla relazione, i risultati del 2018 confermano il ruolo svolto dal Gruppo a sostegno dell’economia italiana. Sono state utilizzate risorse per 36 miliardi di euro (in aumento del 6,9 per cento rispetto ai 33,7 miliardi di euro dell’esercizio precedente), per il finanziamento del tessuto produttivo del Paese attraverso progetti ritenuti strategici, attirando risorse anche da altri investitori ed attivando complessivamente 63 miliardi di euro di investimenti; nello specifico, 30,2 miliardi di euro per il supporto alle imprese, 5,5 miliardi di euro in favore del settore Government, Pubblica Amministrazione e Infrastrutture e 0,3 miliardi di euro ad investimenti nell’immobiliare. Nel 2018 l’utile netto consolidato si è attestato a 4,3 miliardi di euro rispetto ai 4,5 miliardi di euro nel 2017 (-2,9 per cento), mentre si registra un andamento positivo per il totale dell’attivo, 425,1 miliardi di euro, in crescita dell’1,3 per cento rispetto all’esercizio precedente. La solidità patrimoniale si rafforza passando da 35,9 miliardi di euro nel 2017, a 36,7 miliardi di euro nel 2018 (+2,3 per cento). Le partecipazioni, pari a 30 miliardi di euro, eccedono il patrimonio netto pari a 25 miliardi di euro.

Con riferimento al passivo, la raccolta complessiva risulta pari a 342,6 miliardi di euro (+0,6 per cento), di cui 258 miliardi di euro da buoni fruttiferi e libretti postali (+2,1 per cento) e i rimanenti 84,6 miliardi di euro prevalentemente da banche ed emissioni obbligazionarie.

Il Ministro dell’economia, sulla base di apposita relazione presentata da CDP, deve riferire annualmente al Parlamento sulle attività svolte e sui risultati conseguiti dalla società (articolo 5, comma 16, D.L. n. 269/2003). L’ultima Relazione è stata presentata dal Ministro dell’Economia e Finanze il 19 novembre 2018 (Doc. LIV, n. 1).

 

La Commissione parlamentare di vigilanza su Cassa depositi e prestiti

Cassa Depositi e Prestiti è soggetta, per la gestione separata, alla Commissione di vigilanza prevista dall’articolo 3 del Regio Decreto n.  453 del 1913. 

Si tratta di una Commissione mista, composta di quattro senatori e di quattro deputati, di tre consiglieri di Stato e di un consigliere della Corte dei conti. La Commissione è stata confermata dall’articolo 5, comma 9 del D. L. n. 269 del 2003, convertito in legge n. 326 del 24 novembre 2003 per la Gestione separata. Per il tramite di tale Commissione il Parlamento esercita il controllo sull’attività della Cassa depositi e prestiti (art. 1, legge 13 maggio 1983, n. 197). 

Nell’esercizio della sulla attività, la Commissione approva i rendiconti consuntivi della Cassa e presenta al Parlamento una relazione annuale, ai sensi dell'articolo 4 del R.D. 2 gennaio 1913, n. 453, e dell'articolo 1 del R.D.L 26 gennaio 1933, n. 241, “sulla direzione morale e sulla situazione materiale” della amministrazione della Cassa e degli istituti di previdenza, in allegato alla quale sono presentati i rendiconti consuntivi. Tali relazioni sono pubblicate sui siti Internet delle Istituzioni parlamentari.

Il 12 maggio 2020 la Commissione Parlamentare ha eletto il proprio Ufficio di Presidenza per la XVIII Legislatura.

Nel corso dell’esame in sede referente del decreto-legge n. 23 del 2020, all'articolo 3 è stato introdotto un comma 3-bis, ai sensi del quale la Commissione parlamentare di vigilanza su Cassa Depositi e Prestiti può avvalersi, d'intesa con i Presidenti delle Camere, delle necessarie risorse strumentali a supporto delle funzioni ad essa attribuite.

 

Le attività di Cassa Depositi e Prestiti

Le risorse che CDP impiega per lo svolgimento della propria attività  sono ripartite in due distinte aree.

La prima è organizzata come gestione separata (articolo 5, comma 8 del D.L. n. 259 del 2003) ed utilizza come provvista prevalente il risparmio postale garantito dallo Stato, ovvero la raccolta che avviene attraverso i libretti di risparmio postale e buoni fruttiferi postali,è assistita da garanzia dello Stato

Le forme di raccolta da parte di CDP in gestione separata, in primis la raccolta postale, beneficiano della garanzia dello Stato in caso di inadempimento dell'emittente. La presenza di tale garanzia è motivata, in primo luogo, dalla valenza sociale ed economica della raccolta tramite il risparmio postale, definita dal D.M. economia e finanze 6 ottobre 2004 come servizio di interesse economico generale, al pari delle attività di finanziamento degli enti pubblici e degli organismi di diritto pubblico della gestione separata.

Posta la valenza economica generale delle risorse, il sistema di separazione organizzativa e contabile è motivato dalla necessità di rispettare la normativa europea in materia di aiuti di Stato e concorrenza interna, distinguendo le predette risorse da quelle invece reperite sul mercato attraverso finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, che sono in gestione ordinaria.

 La gestione separata è soggetta ad una disciplina speciale, caratterizzata dai seguenti profili:

§  specifici poteri di indirizzo attribuiti al Ministro dell’economia e delle finanze;

§  integrazione del CDA di Cassa Depositi e Prestiti con rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze e con rappresentanti e degli enti locali;

§  vigilanza da parte della menzionata Commissione parlamentare;

§  possibilità di avvalersi della rappresentanza in giudizio e della difesa da parte dell’Avvocatura dello Stato.

Dall’anno 2008, le potenzialità di utilizzo delle risorse in gestione separata sono state ampliate: dai soli investimenti pubblici, storica forma di impiego di CDP, esse sono state estese a organici programmi di sostegno dell’economia.

La seconda area (gestione ordinaria) utilizza come provvista la liquidità  proveniente da emissioni di titoli e operazioni di raccolta ad hoc, non assistite da garanzia dello Stato.

 

Il Piano industriale 2019-2021

Il Consiglio di Amministrazione di Cassa depositi e prestiti Spa (CDP) ha approvato all’unanimità il Piano industriale di Gruppo, che rende disponibili risorse per circa 200 miliardi di euro in tre anni - inclusi oltre 90 miliardi da investitori privati e altre istituzioni territoriali, nazionali e sovranazionali - a supporto di imprese, infrastrutture e territorio e si articola su quattro macro aree di intervento:

1.    CDP Imprese: 83 miliardi di euro per sostenere le imprese con particolare riguardo a innovazione, crescita ed export;

2.    CDP Infrastrutture, Pubblica Amministrazione e Territorio: 25 miliardi di euro per la promozione, realizzazione e il finanziamento delle infrastrutture, con specifica attenzione alla Pubblica Amministrazione sul Territorio;

3.    CDP Cooperazione: 3 miliardi di euro per diventare co-finanziatore nei Paesi in via di sviluppo;

4.    Grandi Partecipazioni Strategiche: rafforzamento delle competenze settoriali e industriali, al fine di gestire il portafoglio di partecipazioni anche in logica industriale di lungo termine.

Infine, il Piano pone forte attenzione alla promozione dello sviluppo sostenibile e inclusivo.


 

Articolo 28
(Credito d’imposta per i canoni di locazione
degli immobili a uso non abitativo)

 

 

L’articolo 28 introduce un credito d’imposta per l'ammontare mensile del canone di locazione di immobili a uso non abitativo a favore di alcuni soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro, che hanno subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi. Per le strutture alberghiere e agrituristiche il credito d’imposta spetta indipendentemente dal volume di affari registrato nel periodo d’imposta precedente.

 

Più in dettaglio, il comma 1 stabilisce che al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione, con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto in esame, spetta un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell'ammontare mensile del canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all'esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo.

 

Il comma 2 stabilisce che il credito d’imposta spetta nella misura del 30 per cento dei relativi canoni in caso di contratti di servizi a prestazioni complesse (nei quali oltre alla messa a disposizione di vani ad uso ufficio viene fornita una ulteriore serie di servizi aggiuntivi) o di affitto d’azienda, comprensivi di almeno un immobile a uso non abitativo destinato allo svolgimento dell’attività industriale, commerciale, artigianale, agricola, di interesse turistico o all'esercizio abituale e professionale dell’attività di lavoro autonomo.

 

Il comma 3 specifica che il credito di imposta spetta alle strutture alberghiere e agrituristiche indipendentemente dal volume di affari registrato nel periodo d’imposta precedente.

 

Il comma 4 chiarisce che il beneficio spetta anche agli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, in relazione al canone di locazione, di leasing o di concessione di immobili ad uso non abitativo destinati allo svolgimento dell’attività istituzionale.

 

Il comma 5 definisce le condizioni necessarie per fruire del credito d’imposta. La norma specifica che l’agevolazione è commisurata all’importo versato nel periodo d’imposta 2020 con riferimento a ciascuno dei mesi di marzo, aprile e maggio e per le strutture turistico ricettive con attività solo stagionale con riferimento a ciascuno dei mesi di aprile, maggio e giugno

Ai soggetti locatari esercenti attività economica, il credito d’imposta spetta a condizione che abbiano subito una diminuzione del fatturato o dei corrispettivi nel mese di riferimento di almeno il 50 per cento rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente.

 

Il comma 6 dispone che il credito d'imposta è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa ovvero in compensazione (articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241) successivamente all'avvenuto pagamento dei canoni.

Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive e non rileva ai fini del rapporto tra l'ammontare dei ricavi e altri proventi che concorrono a formare il reddito d'impresa o che non vi concorrono in quanto esclusi e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi (articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917).

 

Il comma 7 stabilisce che al credito d’imposta non si applicano i limiti di compensabilità, ovvero il limite generale di compensabilità di crediti di imposta e contributi (elevato per l'anno 2020, a un milione di euro dall’articolo 147 del decreto legge in esame), di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, né il limite di 250.000 euro applicabile ai crediti di imposta agevolativi da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi (articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244).

 

Il comma 8, al fine di evitare una duplicazione del beneficio in capo ad alcuni soggetti, dispone la non cumulabilità in relazione ai medesimi canoni per il mese di marzo del credito d’imposta di cui al presente articolo con il credito d’imposta pari al 60 per cento del canone di locazione, relativo al mese di marzo, di negozi e botteghe (immobili rientranti nella categoria catastale C/1) previsto dall’articolo 65 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.

 

Il comma 9 precisa che le disposizioni dell’articolo in commento si applicano nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”.

 

Per una panoramica completa sulle misure adottate in sede europea a sostegno dell'economia dell'UE e dei diversi Stati membri colpiti dalla crisi si consiglia la lettura della pagina web Gli aiuti di Stato nell’attuale epidemia da COVID: il nuovo quadro UE realizzata dal Servizio Studi della Camera dei deputati.

 

Il comma 10 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla disposizione (valutati in 1.424,1 milioni di euro).

 


 

Articolo 29
(Incremento fondo per il sostegno alle locazioni)

 

 

L’articolo 29 incrementa di 140 milioni di euro per l'anno 2020 il Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione, prevedendo che l'erogazione di tali risorse avvenga secondo la disciplina acceleratoria prevista dall'articolo 65 del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

In particolare, il comma 1, incrementa di 140 milioni di euro per l'anno 2020 il Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione.

 

Il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, istituito dall'articolo 11 della legge n. 431 del 1998 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo), è destinato alla concessione di contributi integrativi a favore dei conduttori appartenenti alle fasce di reddito più basse per il pagamento dei canoni di locazione.

L'articolo 11, comma 5, della citata legge n. 431 del 1998 stabilisce che le risorse assegnate al Fondo siano ripartite, entro il 31 marzo di ogni anno, tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, sulla base dei criteri fissati con apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (D.M. 14 settembre 2005), previa medesima intesa, ed in rapporto alla quota di risorse messe a disposizione dalle singole regioni e province autonome. Il D.M. 4 luglio 2019 ha ripartito le disponibilità per il 2019, pari a 10 milioni di euro.

L'articolo 1, comma 20, della legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017) ha destinato al Fondo risorse pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020 e l'articolo 1, comma 234, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) ha destinato ulteriori 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022.

 

Il comma 2 stabilisce che l’erogazione delle risorse di cui al comma 1 venga effettuata secondo la disciplina acceleratoria prevista dall’articolo 65, commi 2-ter e 2-quater, del decreto-legge n. 18 del 2020.

 

I commi 2-ter e 2-quater dell’articolo 65, del decreto-legge n. 18 del 2020 prevedono una procedura d’urgenza, per il riparto di 60 milioni di euro, a favore delle regioni, per l’annualità 2020, del Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione.

Il comma 2-ter prevede, in primo luogo, il riparto tra le regioni della disponibilità complessiva assegnata per l'anno 2020 al Fondo. Il riparto è effettuato in deroga alle procedure ordinarie di determinazione dei coefficienti regionali, adottando gli stessi coefficienti già utilizzati per i riparti relativi all'annualità 2019.

Il comma 2-quater stabilisce - nel termine di trenta giorni dall'entrata in vigore della disposizione - l’attribuzione da parte delle regioni ai comuni delle risorse assegnate, prevedendo, inoltre, l’applicazione dell'articolo 1, comma 21 della legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017), con procedura di urgenza, anche secondo le quote a rendiconto o programmate nelle annualità pregresse, nonché per l'eventuale scorrimento delle graduatorie vigenti del Fondo nazionale di sostegno per l’accesso alle abitazioni in locazione.

L’articolo 1, comma 21, della legge di bilancio 2018 prevede, tra l’altro, che al Fondo nazionale di sostegno per l’accesso alle abitazioni in locazione possano essere destinate ulteriori risorse, da parte delle regioni, a valere sulle somme non spese del Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli.

Il comma 2-quater prevede inoltre che i comuni utilizzano i fondi anche ricorrendo all'unificazione dei titoli, capitoli e articoli delle rispettive voci di bilancio ai fini dell'ordinazione e pagamento della spesa.

 

Il comma 3 reca l'indicazione della copertura degli oneri derivanti dalla disposizione facendo rinvio all'articolo 265.

 

 


 

Articolo 30
(Riduzione degli oneri delle bollette elettriche)

 

 

L’articolo 30 prevede che l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente - ARERA, operi, per i mesi di maggio e giugno e luglio 2020, con propri provvedimenti, una riduzione della spesa sostenuta dalle utenze elettriche connesse in bassa tensione diverse dagli usi domestici, con riferimento alle voci della bolletta identificate come "trasporto e gestione del contatore" e "oneri generali di sistema".

Per i soli clienti non domestici alimentati in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 3,3 kW, le tariffe di rete e gli oneri generali saranno rideterminate al fine di ridurre la spesa applicando una potenza “virtuale” fissata convenzionalmente pari a 3 kW, senza che a ciò corrisponda alcuna limitazione ai prelievi da parte dei medesimi clienti.

La riduzione opera nell’ambito del limite delle risorse stanziate dall’articolo, pari a 600 milioni di euro per l’anno 2020, che costituiscono limite massimo di spesa.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dispone che l’ARERA - per i mesi di maggio, giugno e luglio 2020 – adotti provvedimenti finalizzati alla riduzione della spesa sostenuta in bolletta elettrica dalle utenze connesse in bassa tensione diverse dagli usi domestici.

La riduzione riguarda le voci della bolletta identificate come "trasporto e gestione del contatore" ed "oneri generali di sistema".

La riduzione opera nell’ambito del limite delle risorse stanziate al successivo comma 3, pari a 600 milioni di euro per l’anno 2020, che costituiscono limite massimo di spesa.

Ai sensi del comma 2, l’Autorità ridetermina, senza aggravi tariffari per le utenze interessate e in via transitoria, le tariffe di distribuzione e di misura dell’energia elettrica nonché le componenti a copertura degli oneri generali di sistema, da applicare tra il 1° maggio e il 30 luglio 2020, in modo che:

a)   sia previsto un risparmio delle componenti tariffarie fisse applicate per punto di prelievo, parametrato al valore vigente nel primo trimestre dell’anno;

b)   per le sole utenze con potenza disponibile superiore a 3,3 kW, la spesa effettiva relativa alle due voci - "trasporto e gestione del contatore" ed "oneri generali di sistema" - non deve superare quella che, in vigenza delle tariffe applicate nel primo trimestre dell’anno, si otterrebbe assumendo un volume di energia prelevata pari a quello effettivamente registrato ed un livello di potenza impegnata fissato convenzionalmente pari a 3 kW.

La relazione illustrativa afferma che la norma ha lo scopo di alleviare il peso delle quote fisse delle bollette elettriche in particolare in capo alle piccole attività produttive e commerciali, gravemente colpite su tutto il territorio nazionale dall’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Il comma 3 dell’articolo in esame autorizza la spesa di 600 milioni di euro per l’anno 2020 per gli interventi previsti dall’articolo e ai relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 265 (che reca le disposizioni di copertura finanziaria del provvedimento in esame, si rinvia alla relativa scheda di lettura).

Si demanda al Ministero dell’economia e finanze il versamento di detto importo sul Conto emergenza COVID-19 istituito presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali (CSEA) nella misura del:

§  cinquanta per cento entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto e, del

§  restante cinquanta per cento, entro il 30 novembre 2020.

L’Autorità assicura, con propri provvedimenti, l’utilizzo di tali risorse a compensazione della riduzione delle tariffe di distribuzione e misura di cui ai commi 1 e 2 e degli oneri generali di sistema.

 

La norma qui in esame appare sostanzialmente ricalcare la proposta avanzata dall’ARERA nella Segnalazione trasmessa dalla medesima Autorità al Parlamento e al Governo il 24 aprile 2020 (Delibera ARERA 136/2020/l/com - Doc. Camera NN 13 n. 51).

Nella Segnalazione, l’ARERA ha sottoposto all'attenzione di Parlamento e Governo l'opportunità di valutare ipotesi di intervento normativo, per mitigare la attuale situazione di disagio e le eventuali criticità dei settori elettrico, gas e degli utenti finali del settore idrico e dei rifiuti. L'Autorità indica, nella Segnalazione, i primi provvedimenti urgenti da lei stessa adottati nell’esercizio dei poteri regolatori e normativi ad essa attribuiti per far fronte alla situazione emergenziale, quali la sospensione dell'applicazione delle procedure di inadempimento previste per gli utenti dei servizi di trasporto di energia elettrica e di distribuzione del gas naturale, rispetto agli eventuali mancati pagamenti delle fatture emesse dal distributore, in scadenza nel mese di aprile.

Inoltre, al fine di tenere conto dell'effetto per i distributori derivante dal conseguente minor incasso dagli utenti del trasporto di energia elettrica e della distribuzione di gas naturale, l'Autorità ha individuato specifiche deroghe, per un arco di tempo determinato, a favore dei distributori nella fissazione degli importi da corrispondere alla CSEA e al Gestore dei servizi energetici (GSE), per gli oneri generali di sistema.

Al fine di  garantire la sostenibilità finanziaria degli interventi a sostegno dei clienti finali dei settori elettrico, gas e degli utenti finali del settore idrico, l’Autorità ha disposto la costituzione, presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali - CSEA, di un apposito conto di gestioneConto emergenza COVID-19”- a valere sulle giacenze disponibili[35] - per un valore complessivo di l ,5 miliardi di euro. (Delibera 60/2020/R/COM).

Quanto alle iniziative da adottare, l’ARERA rileva in generale come - vista la limitatezza delle risorse a disposizione -  le misure emergenziali, pur necessarie  - non possano essere mantenute nel tempo in via strutturale; ciò causerebbe, infatti, una perdita di solidità economico-finanziaria per intere filiere settoriali, con ricadute negative, in ultima istanza, sui clienti/utenti dei servizi. Infatti, con riferimento agli oneri generali di sistema afferenti al settore elettrico, la riduzione dei prelievi di energia elettrica da parte delle diverse tipologie di clienti "non domestici" comporta sin d'ora un mancato gettito (solo parzialmente compensato dall'aumento dei consumi domestici che è ragionevole attendersi), che dovrà essere recuperato.

Quanto specificamente alle iniziative proposte da ARERA per il sistema elettrico, va premesso come nelle bollette siano presenti il pagamento dei servizi di vendita (materia prima, commercializzazione e vendita), servizi di rete (trasporto, distribuzione, gestione del contatore), oneri generali di sistema (applicati come maggiorazione della tariffa di distribuzione) e imposte.

La valorizzazione di tali voci segue un complesso meccanismo di determinazione delle singole componenti fisse e variabili legate sia all’ energia prelevata sia alla potenza, nonché ai corrispettivi fissi applicati periodicamente a ciascun punto di prelievo. Parte della bolletta è, dunque, naturalmente commisurata al livello di consumo di ciascun cliente e sostanzialmente si adegua automaticamente in caso di contrazione dell'attività. La rimanente parte della bolletta, pur riflettendo le caratteristiche di prelievo del cliente, non risente del livello di consumo. Questo in coerenza con la complessa struttura dei costi lungo la filiera.

ARERA dunque ha proposto nella Segnalazione interventi normativi che, per contenere il costo dell’energia nella attuale situazione emergenziale, sfruttino questa struttura tariffaria e si focalizzino sulla riduzione o sull’azzeramento delle "quote fisse" relative alle voci della bolletta elettrica "trasporto e gestione del contatore" ed "oneri generali", anche con una modulazione temporale.

ARERA inoltre ha quantificato finanziariamente in 600 milioni di euro, l’applicazione, per il trimestre aprile - giugno 2020, ai clienti finali del settore elettrico non domestici alimentati in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 3.3 kW (quindi, tipicamente, piccoli esercizi commerciali, artigiani, professionisti, servizi e piccoli laboratori), di una quota fissa di entità corrispondente a 3 kW di potenza impegnata. Tale intervento si traduce – secondo l’Autorità - in una significativa riduzione della bolletta (rispetto a quella che sarebbe emessa in assenza di intervento), anche superiore al 70% per clienti, ad esempio, con 15 kW di potenza impegnata.


 

Articolo 31
(Rifinanziamento fondi)

 

 

L'articolo 31 dispone l'incremento di alcuni fondi pubblici.

Il comma 1 incrementa il Fondo per le garanzie rilasciate da SACE ai sensi dell’articolo 1, comma 14, del D.L. n. 23/2020, di 30.000 milioni di euro per l’anno 2020, di cui 1.700 milioni di euro destinati alla sezione speciale istituita dall’articolo 35, comma 5, per le garanzie rilasciate dalla stessa SACE a favore delle imprese di assicurazione del ramo credito.

Il comma 2 incrementa di 3.950 milioni di euro per il 2020 il Fondo di garanzia per le PMI, istituito presso il Mediocredito Centrale S.p.A., per le già previste finalità di potenziamento ed estensione del relativo ambito di operatività.

Il comma 3 assegna all'ISMEA ulteriori 250 milioni di euro per il 2020 in relazione all'operatività delle garanzie che essa può prestare, in base alla legislazione vigente, a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari nonché dagli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca.

Il comma 4 assegna 100 milioni di euro nell'anno 2020 al Fondo di garanzia per la prima casa.

Il comma 5 dispone in relazione agli oneri derivanti dall'articolo in esame.

 

Il comma 1 incrementa il Fondo per le garanzie rilasciate da SACE di cui all’articolo 1, comma 14, del D.L. n. 23/2020, di 30.000 milioni di euro per l’anno 2020, di cui 1.700 milioni di euro destinati alla sezione speciale istituita dall’articolo 35, comma 5, per le garanzie rilasciate dalla stessa SACE a favore delle imprese di assicurazione del ramo credito.

 

Il comma 2 incrementa di 3.950 milioni di euro per il 2020 il Fondo di garanzia per le PMI, istituito presso il Mediocredito Centrale S.p.A., in base all'art. 2, co. 100, lett. a), della legge n. 662 del 1996, per le finalità di cui all’articolo 13 del D.L. 23/2020.

 

L’articolo 13 sopra richiamato ha introdotto, fino al 31 dicembre 2020, un potenziamento e un’estensione dell’intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, in deroga alla disciplina ordinaria. L’articolo rafforza ulteriormente - anche alla luce della intervenuta nuova disciplina sugli aiuti di Stato (State Aid Temporary Framework della Commissione europea) - la disciplina già introdotta dall’articolo 49 del D.L. n. 18/2020, riproducendone l’impianto e parte dei contenuti, che viene, per coordinamento, abrogato (comma 12). In particolare, sono confermate le seguenti misure (comma 1):

-       l’intervento in garanzia del Fondo a titolo gratuito (lett. a));

-       l’elevazione a 5 milioni di euro dell’importo massimo garantito per singola impresa. Sono ora ammesse a garanzia non solo le PMI ma anche le imprese Mid-cap (fino a 499 dipendenti) (lett. b));

-       l’ammissione all’intervento in garanzia di finanziamenti a fronte di operazioni di rinegoziazione del debito purché il nuovo finanziamento preveda l'erogazione di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 10 per cento del debito residuo (lett. e));

-       il prolungamento automatico della garanzia nell'ipotesi di sospensione del pagamento delle rate di ammortamento o della sola quota capitale correlata all'emergenza COVID-19 (lett. f));

-       l’eliminazione della commissione per il mancato perfezionamento delle operazioni di finanziamento garantite (lett. h));

-       la possibilità di cumulare la garanzia del Fondo con altre forme di garanzia, acquisite dal soggetto finanziatore per operazioni di importo superiore a 500 mila euro e durata minima di 10 anni nel settore turistico alberghiero e delle attività immobiliari (lett. i));

-       l’elevazione al 50 per cento della quota della tranche junior garantita dal Fondo a fronte di portafogli di finanziamenti destinati ad imprese appartenenti a settori/filiere colpiti dall'epidemia (lett. l));

-       l’accesso gratuito e automatico al Fondo per i nuovi finanziamenti di importo limitato concessi in favore di PMI e persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni la cui attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19. Per tali soggetti, l’intervento del Fondo è comunque potenziato: la copertura è del 100 percento sia in garanzia diretta che in riassicurazione. L’importo di tali finanziamenti è fino a 25 mila euro (lett. m));

-       la proroga di tre mesi di tutti i termini riferiti agli adempimenti amministrativi relativi alle operazioni assistite dalla garanzia del Fondo (lett. o)).

Si prevedono poi le seguenti ulteriori misure tese ad un maggior rafforzamento degli interventi di garanzia del Fondo:

-       l’incremento della percentuale di copertura della garanzia diretta dall’80 al 90 per cento dell’ammontare di ciascun finanziamento con durata fino a 72 mesi. L’ammontare del finanziamento è entro i limiti di importo previsti dalla nuova disciplina UE sugli aiuti di Stato (lett. c));

-       l’elevazione della copertura del Fondo in riassicurazione dal 90 al 100 per cento dell’importo garantito dai Confidi o da altro fondo di garanzia (lett. d));

-       l’accesso alla garanzia del Fondo senza l’applicazione del modello di valutazione del merito creditizio. La probabilità di inadempimento delle imprese è calcolata - ai fini della definizione delle misure di accantonamento - a titolo di coefficiente di rischio. Sono in ogni caso escluse dalla garanzia le imprese che presentano esposizioni classificate come sofferenze ai sensi della disciplina bancaria (lett. g));

-       il cumulo tra la garanzia del Fondo con un’ulteriore garanzia sino alla copertura del 100 per cento del finanziamento concesso per i beneficiari con ammontare di ricavi non superiore a 3,2 milioni di euro (lett. n));

-       la possibilità di concedere la garanzia anche su operazioni finanziarie già perfezionate ed erogate dal soggetto finanziatore da non oltre 3 mesi dalla data di presentazione della richiesta e, comunque, in data successiva al 31 gennaio 2020 (lett. p)).

 

Inoltre, il comma 2 riconosce fino al 31 dicembre 2020, una operatività rafforzata del Fondo per le garanzie su portafogli di finanziamenti, anche senza piano d’ammortamento, dedicati a imprese danneggiate dall’emergenza COVID-19, costituiti per almeno il 20 per cento da imprese aventi, alla data di inclusione dell’operazione nel portafoglio, un rating, non superiore alla classe BB (Standard’s and Poor’s). Vengono introdotte percentuali di copertura più elevate, che passano da una garanzia all’80% ad una garanzia al 90% della tranche junior e da un innalzamento del cap alle prime perdite a carico del Fondo, fino al 18% dell’ammontare dei portafogli.

I successivi commi da 3 a 9 contengono interventi di carattere strutturale e non straordinario sul Fondo di garanzia PMI, vari dei quali (commi da 6 a 9 e 11) riproducono quanto già previsto dall’articolo 49 del D.L. n. 18/2020.

Il comma 3 anticipa dal 31 dicembre 2020 al 10 aprile 2020 la data in cui cessa, in taluni territori regionali, la limitazione dell’intervento del Fondo alle sole operazioni di controgaranzia.

Ai sensi del comma 4, previa autorizzazione della Commissione UE, la garanzia dei confidi, a valere sulle risorse dei fondi rischi di natura comunitaria, nazionale, regionale e camerale, può essere concessa sui finanziamenti erogati alle PMI per la quota non coperta dalla garanzia del Fondo di garanzia PMI, ovvero di altri fondi di garanzia di natura pubblica.

Il comma 5 prevede che, per le imprese che accedono al Fondo di garanzia - qualora il rilascio della documentazione antimafia non sia immediatamente conseguente alla consultazione della relativa banca dati nazionale unica - l’aiuto è concesso all’impresa sotto condizione risolutiva.

Il comma 6 ammette che la dotazione del Fondo stesso possa essere incrementata mediante versamento di contributi – oltre che da parte di banche, Regioni e altri enti e organismi pubblici, ovvero con l'intervento della SACE e della Cassa depositi e prestiti – anche da soggetti privati.

Il comma 7 prevede che le garanzie su portafogli di finanziamenti e quelle su portafogli di minibond, siano concesse a valere sulla dotazione disponibile del Fondo, assicurandosi comunque un ammontare di risorse libere, destinate alle garanzie su singole operazioni finanziarie, pari ad almeno l’85 per cento della dotazione disponibile del Fondo.

Il comma 8 prevede la garanzia gratuita all’80 per cento del Fondo anche per gli operatori di microcredito (che siano MPMI), affinché gli stessi possano acquisire dal sistema bancario la provvista necessaria ad operare attraverso operazioni di micro credito (a loro volta garantibili dal Fondo all'80 per cento e senza valutazione).

Il comma 9 eleva da 25 mila euro a 40 mila euro l’importo massimo delle operazioni di micro credito.

Il comma 10 rifinanzia il Fondo di garanzia PMI di 1.729 milioni di euro per l’anno 2020, per le finalità previste dall’articolo in esame.

Il comma 11 prevede che le disposizioni transitorie di cui al comma 1 trovino applicazione, in quanto compatibili, anche alle garanzie rilasciate da ISMEA, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del D.Lgs. n. 102/2004, in favore delle imprese agricole e della pesca. Per tali finalità sono assegnati a ISMEA 100 milioni di euro per l’anno 2020.

Il comma 13 provvede alla copertura finanziaria degli oneri di cui all’articolo in esame.

Per una analisi completa dell'articolo 13 del D.L. 23/2020 si rinvia al dossier n. 239 del 15 aprile 2020, predisposto in occasione dell'esame dell'A.C. 2461.

 

Il comma 3 assegna all'ISMEA ulteriori 250 milioni di euro per il 2020. Le predette risorse sono versate sul conto corrente di tesoreria centrale di cui all’articolo 13 del D.L. 23/2020, per essere utilizzate in base al fabbisogno finanziario derivante dalla gestione delle garanzie.

 

Il comma 11 dell'articolo 13 del D.L. 23/2020 prevede che le disposizioni transitorie e straordinarie previste dal comma 1 del medesimo articolo (su cui si veda sopra) trovino applicazione, in quanto compatibili, anche alle garanzie rilasciate da ISMEA, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del d.lgs. n. 102/2004, in favore delle imprese agricole e della pesca.

Per tali finalità sono assegnati all’ISMEA 100 milioni di euro per l’anno 2020.

Il comma conferma quanto già previsto dal comma 8 dell’abrogato articolo 49 del D.L. n. 18, incrementando, da 80 a 100 milioni di euro per il 2020 lo stanziamento a favore di ISMEA.

L’articolo 17, comma 2, del d.lgs. n. 102 del 2004 prevede che l'ISMEA possa concedere la propria garanzia a fronte di finanziamenti a breve, a medio ed a lungo termine concessi da banche, intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale, nonché dagli altri soggetti autorizzati all'esercizio del credito agrario e destinati alle imprese operanti nel settore agricolo, agroalimentare e della pesca. La garanzia può altresì essere concessa anche a fronte di transazioni commerciali effettuate per le medesime destinazioni.

 

Il comma 4 assegna 100 milioni di euro per il 2020 al Fondo di garanzia per la prima casa, di cui all'articolo 1, comma 48, lettera c), della L. 147/2013.

 

Il comma 48 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), nell'ambito di un riordino generale del sistema delle garanzie per l'accesso al credito delle famiglie e delle imprese, ha previsto (alla lettera c)) la sostituzione del Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa, con un nuovo Fondo di garanzia per la prima casa, per la concessione di garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari.

Al nuovo fondo, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, sono state attribuite risorse pari complessivamente a 600 milioni di euro nel triennio 2014-2016 (200 milioni annui), nonché le attività e le passività del precedente Fondo (istituito dall’articolo 13, comma 3-bis, del D.L. 112/2008), che ha continuato ad operare fino all'emanazione dei decreti attuativi necessari a rendere operativo il nuovo Fondo di garanzia.

Il Fondo concede garanzie, a prima richiesta, su mutui ipotecari o su portafogli di mutui ipotecari, nella misura massima del 50 per cento della quota capitale, tempo per tempo in essere sui finanziamenti connessi all'acquisto e ad interventi di ristrutturazione e accrescimento dell'efficienza energetica di unità immobiliari, site sul territorio nazionale, da adibire ad abitazione principale del mutuatario, con priorità per l'accesso al credito da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, da parte dei conduttori di alloggi di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, nonché dei giovani di età inferiore ai trentacinque anni titolari di un rapporto di lavoro atipico. Gli interventi del Fondo di garanzia per la prima casa sono assistiti dalla garanzia dello Stato, quale garanzia di ultima istanza. In tale Fondo è confluito il Fondo per l'accesso al credito per l'acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, disciplinato dall'articolo 13, comma 3-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.

Con il Protocollo d’intesa tra il Ministero dell’economia e delle finanze e l’ABI, siglato l’8 settembre 2014, sono state disciplinate le modalità di adesione all’iniziativa da parte delle banche e degli intermediari finanziari.

Si ricorda che l'art. 1, comma 658, della legge di bilancio per il 2019 (l. n. 145/2018), dispone che detto Fondo possa essere alimentato, oltre che mediante il versamento di contributi da parte delle regioni e di altri enti e organismi pubblici, con l’intervento della Cassa depositi e prestiti S.p.A., anche a valere su risorse di soggetti terzi e al fine di incrementare la misura massima della garanzia del Fondo. Si prevede inoltre che le norme di rango secondario di attuazione del Fondo stabiliscano le condizioni alle quali è subordinato il mantenimento dell’efficacia della garanzia del Fondo, in caso di cessione del mutuo.

Per lo stato del fondo e le modalità di finanziamento, si veda anche la relativa pagina esplicativa sul sito del MEF.

Si ricorda infine che l'articolo 1, comma 233 della legge di bilancio per il 2020 (L. 160/2019) ha assegnato 10 milioni di euro per il 2020 al Fondo di garanzia per la prima casa, riducendo altresì - dall'8 per cento al 6,5 per cento - la percentuale minima del finanziamento da accantonare a copertura del rischio.

L'art. 19 del decreto-legge n. 34 del 2019, novellato dal comma 233, oltre a disporre un rifinanziamento del Fondo pari a 100 milioni per l'anno 2019, aveva già ridotta, dal 10 per cento all’8 per cento, la percentuale minima del finanziamento da accantonare a copertura del rischio.

Con riferimento alla riduzione della percentuale minima relativa all’accantonamento “di rischio”, si ricorda che l’art. 5 del decreto ministeriale 31 luglio 2014 (decreto di attuazione delle disposizioni in esame) disponeva che “per ogni operazione di finanziamento ammessa all'intervento della garanzia il Gestore accantona a coefficiente di rischio, un importo non inferiore al 10 per cento dell'importo garantito del finanziamento stesso”.

 

Il comma 5 dispone in relazione agli oneri derivanti dall'articolo in esame, rinviando a quanto disposto nell'articolo 265.


 

Articolo 32
(Disposizioni in materia di Garanzia
cartolarizzazione sofferenze - GACS)

 

 

L’articolo 32 stabilisce che, in relazione alle operazioni di cartolarizzazione per le quali sia stata concessa o sarà richiesta la concessione della garanzia dello Stato ai sensi del decreto legge n. 18 del 2016, il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), su istanza documentata della società veicolo (società cessionaria), previa istruttoria di CONSAP S.p.A., è autorizzato ad acconsentire a specifiche modifiche del regolamento dei titoli o dei contratti dell'operazione, concordate tra le parti dell’operazione, volte ad adeguarne la disciplina alle conseguenze dell'emergenza epidemiologica legata al COVID-19.

 

In particolare, il comma 1 dell'articolo in esame autorizza il MEF ad acconsentire alle modifiche che prevedano la sospensione per una o più date di pagamento dei meccanismi di subordinazione e di differimento dei pagamenti dovuti ai soggetti incaricati della riscossione (cosiddetti servicer) dei crediti ceduti condizionati ad obiettivi di performance, nel rispetto di tre condizioni. In particolare, la sospensione dei meccanismi che condizionano la remunerazione dei servicer al raggiungimento di obiettivi di performance nella riscossione o recupero dei crediti ceduti, può essere accordata dal MEF qualora:

§  le date di pagamento cadano tra la data di entrata in vigore del decreto in esame e il 31 luglio 2021;

§  le modifiche non comportino un peggioramento del rating dei titoli senior

§  la temporanea sospensione sia motivata dal rallentamento dei recuperi causato delle misure normative introdotte per fronteggiare l’emergenza epidemiologica legata al COVID-19.

 

Il comma 2 incarica CONSAP S.p.A. di provvedere alle attività necessarie ai fini dell'attuazione dell'articolo a valere sulle risorse disponibili a legislazione vigente.

 

Il decreto legge n. 18 del 2016 ha disciplinato la concessione di una garanzia dello Stato sulla cartolarizzazione delle sofferenze bancarie. Il decreto ha recepito l’accordo raggiunto con la Commissione europea sul meccanismo per smaltire i crediti in sofferenza presenti nei bilanci bancari, da attuare mediante la concessione di garanzie dello Stato nell'ambito di operazioni di cartolarizzazione che abbiano come sottostante crediti in sofferenza (Garanzia cartolarizzazione crediti in sofferenza – GACS).

Per "cartolarizzazione" si intende un'operazione mediante la quale una società (detta originator) trasforma una attività finanziaria o reale non negoziabile (ad esempio i finanziamenti concessi da una banca) in strumenti finanziari negoziabili. L’operazione viene effettuata di norma mediante la cessione delle attività ad una società veicolo (cessionaria dei contratti, ad esempio di credito). I fondi necessari da versare all'originator come corrispettivo per l'acquisto in blocco delle attività non negoziabili sono ottenuti mediante l’emissione di titoli sul mercato. Tali titoli sono denominati asset backed securities (titoli garantiti da attività), in quanto il rimborso del capitale e degli interessi è legato ai flussi finanziari che la società veicolo è in grado di incassare dalle attività (ad esempio, crediti) acquistate dall'originator. Le attività di proprietà della società veicolo sono dunque destinate esclusivamente alla realizzazione dei diritti e degli interessi dei portatori dei titoli. La materia è regolata dalla legge n. 130 del 1999, la quale prevede, tra l'altro, che le emissioni di titoli che vengono collocate in Italia presso il pubblico devono obbligatoriamente avere un rating, e dal regolamento (Ue) n. 2402 del 2017, che stabilisce un quadro generale per la cartolarizzazione. 

La presenza della garanzia pubblica è volta a facilitare il finanziamento delle operazioni di cessione dei crediti in sofferenza, riducendo il rischio che le attività della società veicolo cessionaria delle attività non costituiscano una garanzia adeguata al rimborso delle asset backed securities.

Per evitare un trasferimento eccessivo di rischio a carico del bilancio dello Stato è stato previsto, tuttavia, che siano oggetto della garanzia dello Stato solo le cartolarizzazioni cosiddette senior, ossia quelle considerate relativamente meno rischiose, in quanto sopportano per ultime eventuali perdite derivanti da recuperi sui crediti inferiori alle attese. Il rimborso dei titoli più rischiosi è invece subordinato al rimborso integrale delle tranches di titoli coperte dalla garanzia di Stato.

Le garanzie possono essere chieste dagli istituti che cartolarizzano e cedono i crediti in sofferenza, a fronte del pagamento di una commissione periodica al Tesoro, calcolata come percentuale annua sull'ammontare garantito. Il prezzo della garanzia è di mercato, come anche ribadito dalla Commissione europea per rendere compatibile la misura con la disciplina degli aiuti di Stato.

Si prevede che il prezzo della garanzia sia crescente nel tempo, allo scopo di tener conto dei maggiori rischi connessi a una maggiore durata dei titoli e di incentivare un rapido recupero dei crediti in sofferenza.

Al fine del rilascio della garanzia, i titoli devono avere preventivamente ottenuto un rating uguale o superiore all'investment grade da un'agenzia di rating indipendente e inclusa nella lista delle agenzie accettate dalla BCE secondo i criteri che le agenzie stesse sono tenute ad osservare. Per essere ammessa al beneficio un’operazione di cartolarizzazione deve inoltre rispettare specifici requisiti di struttura previsti dal decreto legge n. 18 del 2016. Per finanziare l’intervento della GACS è stato istituito un apposito Fondo presso il MEF con una dotazione iniziale di 220 milioni di euro, ulteriormente alimentato dai corrispettivi annui delle garanzie di volta in volta concesse. La gestione del Fondo, con il decreto attuativo del Ministro dell’economia e delle finanze del 3 agosto 2016, è stata affidata a CONSAP S.p.A., società a capitale interamente pubblico alla quale sono state affidate le ulteriori attività necessarie ai fini dell'attuazione dell'intervento.

Lo schema è stato autorizzato dalla Commissione europea all’atto della sua implementazione. Tale autorizzazione è stata prorogata di volta in volta nel corso del tempo e, da ultimo, nel mese di maggio 2019 è stata concessa fino al 27 maggio 2021.

Il Capo III del decreto legge n. 22 del 2019 ha modificato e integrato le disposizioni del decreto legge n. 18 del 2016, incrementando le misure di monitoraggio delle operazioni ammesse al beneficio e prevedendo, tra i requisiti di struttura delle operazioni di cartolarizzazione stabiliti dall'articolo 4, anche l’introduzione di obiettivi di performance legati al recupero dei crediti, il cui mancato rispetto è causa di sostituzione del soggetto incaricato della riscossione dei crediti (cosiddetto servicer) ovvero di differimento di quella parte dei compensi ad esso dovuti condizionata ad obiettivi di performance, ai sensi del comma 1-bis dell'articolo 7.

In particolare, tale disposizione stabilisce che le somme dovute ai prestatori dei servizi di riscossione siano in tutto o in parte condizionati a obiettivi di performance nella riscossione o recupero in relazione al portafoglio di crediti ceduti.  Qualora a una data di pagamento delle somme dovute ai servicer, il rapporto tra gli incassi netti cumulati e gli incassi netti attesi in base al piano di recupero risulti inferiore al 90 per cento, i pagamenti condizionati a obiettivi di performance sono differiti, per la parte che rappresenta un ammontare non inferiore al 20 per cento dei pagamenti complessivi, fino alla data di completo rimborso del capitale dei titoli senior ovvero alla data in cui il suddetto rapporto risulti superiore al 100 per cento.


 

Articolo 33
(Sottoscrizione e comunicazioni di contratti
finanziari e assicurativi in modo semplificato)

 

 

L'articolo 33 del decreto in esame stabilisce che, fino 31 luglio 2020 (vale a dire, fino al termine dello stato di emergenza), specifici contratti relativi alla prestazione di servizi finanziari e assicurativi si intendono validamente conclusi se il cliente esprime il proprio consenso mediante il proprio indirizzo di posta elettronica non certificata o con altro strumento idoneo, laddove risultino rispettate alcune specifiche condizioni.

 

L'articolo in esame, estendendo le previsioni già adottate dall'articolo 4 del decreto legge n. 23 del 2020 con riferimento alla conclusione dei contratti relativi a operazioni e servizi bancari e finanziari, dei contratti di credito, dei contratti relativi a servizi di pagamento e dei contratti relativi al servizio di trasferimento tra i conti di pagamento detenuti nella stessa valuta, stabilisce una disciplina applicabile, fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, alla conclusione di specifiche categorie di contratti legati all'attività finanziaria e assicurativa.

Si tratta, in particolare, dei contratti relativi allo svolgimento dei servizi e delle attività di investimento, disciplinati dall’articolo 23 del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico della finanza - TUF), dei contratti relativi all'adesione ad offerte al pubblico di prodotti finanziari, disciplinati dalle disposizioni di attuazione adottate ai sensi dell'articolo 95 del TUF, per gli strumenti finanziari comunitari e i prodotti finanziari diversi dalle quote o azioni di Organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) aperti, e dell'articolo 98-quater per le quote o azioni di OICR aperti, nonché dei contratti di assicurazione disciplinati dall'articolo 1888 del codice civile e dell’articolo 165 del decreto legislativo n. 209 del 2005 (Codice delle assicurazioni private - CAP).

 

Con riferimento ai tali contratti, ferme restando le previsioni sulle tecniche di conclusione dei contratti mediante strumenti informativi o telematici, l'articolo in esame stabilisce che gli stessi si intendono validamente conclusi se il cliente esprime il proprio consenso mediante il proprio indirizzo di posta elettronica non certificata o con altro strumento idoneo, laddove risultino rispettate alcune specifiche condizioni.

 

In particolare, viene disposto che, durante lo stato di emergenza, risultano soddisfatti i requisiti di validità ed efficacia probatoria dei documenti informatici previsti dall’articolo 20, comma 1-bis, primo periodo, del decreto legislativo n. 82 del 2005 (Codice dell'amministrazione digitale), a condizione che tali documenti mediante i quali viene espresso il consenso siano:

§  accompagnati da copia di un documento di riconoscimento in corso di validità del contraente;

§  facciano riferimento ad un contratto identificabile in modo certo,

§  siano conservati insieme al contratto medesimo con modalità tali da garantirne la sicurezza, l’integrità e l’immodificabilità.

 

Viene inoltre previsto che il requisito della consegna di copia del contratto sia soddisfatto mediante la messa a disposizione del cliente di copia del testo del contratto su supporto durevole e che l’intermediario consegni la copia cartacea del contratto al cliente alla prima occasione utile successiva al termine dello stato di emergenza.

La direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori definisce (articolo 2) il "supporto durevole" come ogni strumento che permetta al consumatore o al professionista di conservare le informazioni che gli sono personalmente indirizzate in modo da potervi accedere in futuro per un periodo di tempo adeguato alle finalità cui esse sono destinate e che permetta la riproduzione identica delle informazioni memorizzate.

 

Si prevede, infine, che il medesimo strumento impiegato per esprimere il consenso al contratto possa essere utilizzato dal cliente per esercitare il diritto di recesso previsto dalla legge.


 

Articolo 34
(Disposizioni in materia di Buoni postali fruttiferi postali)

 

 

L'articolo 34 consente temporaneamente, in deroga alla normativa vigente, la stipula per via telefonica dei contratti di collocamento dei Buoni fruttiferi postali dematerializzati, nel rispetto delle previsioni sulla comunicazione delle condizioni contrattuali e delle informazioni preliminari disposte dal Codice del consumo per la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori (commi 1 e 2). L'articolo dispone inoltre che i buoni fruttiferi postali il cui termine di prescrizione cade nel periodo di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020 sono esigibili dai sottoscrittori o dagli aventi causa entro due mesi successivi al termine del predetto stato di emergenza (comma 3).

 

In particolare, il comma 1 stabilisce che i contratti relativi al servizio di collocamento dei Buoni postali fruttiferi postali dematerializzati, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 luglio 2020 (termine del periodo di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020), possono essere stipulati anche mediante telefonia vocale in deroga all’articolo 2, comma 3, del regolamento di cui al D.P.R. n. 144 del 2001 (concernente i servizi di bancoposta), previo accertamento con le medesime modalità della identità del sottoscrittore, purché il consenso del sottoscrittore reso telefonicamente sia attestato mediante registrazione vocale, con modalità tali da garantirne la sicurezza, l'integrità e l'immodificabilità, custodita dal proponente.

 

L'articolo 2, comma 3, del D.P.R. n. 144 del 2001 dispone che alle attività di raccolta di risparmio e alle attività connesse o strumentali svolte in seno all’attività di bancoposta siano applicabili le disposizioni in materia di vigilanza (articolo 5 del Testo unico bancario - TUB), di emissioni di obbligazioni e titoli (articolo 12 TUB), in materia di succursali estere (articolo 15 commi 1, 2 e 16 commi 1, 2 e 5 TUB), tutte le norme relative alle partecipazioni nelle banche (dunque articoli da 19 a 24 TUB), i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza posti a carico degli esponenti aziendali (articolo 26 TUB), di esercizio della vigilanza, con l’esclusione delle norme sui controlli sulle succursali in Italia di banche comunitarie (articoli da 50 a 54, da 56 a 58, da 65 a 68 TUB), di provvedimenti straordinari in relazione a banche autorizzate in Italia, nel caso di crisi (articolo 78 TUB). Si applicano inoltre alcune disposizioni di trasparenza, in particolare quelle delle norme sull’emissione e sul rimborso della moneta elettronica (articoli 114-bis e 114-ter del TUB), relative a operazioni e servizi bancari e finanziari e in materia di diritto di recesso (articoli da 115 a 120-bis TUB) e alle modalità di calcolo del Tasso Annuo Effettivo Globale – TAEG per la concessione di finanziamenti e le tutele previste in materia di credito al consumo (articoli da 121, comma 3, a 126 del TUB), con esclusivo riferimento all'attività di intermediario svolta da Poste Italiane in seno all’attività di bancoposta. Sono altresì operative le disposizioni introdotte nel Testo Unico a seguito del recepimento della disciplina europea dei servizi di pagamento (articoli da 126-bis a 128-quater del TUB), nonché regole generali, spese addebitabili, controlli, contenzioso (articolo 129 del TUB). Infine, si applicano le norme che sanzionano l’omissione delle comunicazioni relative alle partecipazioni in banche, in società appartenenti ad un gruppo bancario e in intermediari finanziari (articolo 140 TUB) e le disposizioni sanzionatorie contenute negli articoli da 143 a 145 del TUB.

 

Il comma 1 prosegue prevedendo che, prima che il sottoscrittore sia vincolato dal contratto di collocamento concluso telefonicamente, gli dovranno essere fornite le informazioni previste dalla normativa vigente in materia di commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori di cui al decreto legislativo 206 del 2005, ivi comprese le informazioni relative all’esercizio del diritto di recesso.

Successivamente alla conclusione del contratto relativo al servizio di collocamento viene in ogni caso trasmessa senza ritardo al sottoscrittore copia cartacea del contratto relativo al servizio di collocamento, comprensivo delle condizioni generali di contratto.

Il cliente può usare il medesimo strumento impiegato per esprimere il consenso al contratto anche per esercitare il diritto di recesso, nel rispetto dei termini previsti dal citato decreto legislativo n. 206 del 2005, sulla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori. Il termine per il diritto di recesso decorre dalla ricezione della copia cartacea, a seguito di trasmissione o spedizione per posta. Per l’esercizio degli altri diritti previsti dalla legge o dal contratto stesso, il sottoscrittore può usare il medesimo strumento impiegato per la conclusione del contratto fino al termine del periodo di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri in data 31 gennaio 2020.

 

Il comma 2 precisa che resta salva l’applicazione, in quanto compatibili, delle previsioni del citato decreto legislativo n. 206 del 2005, in materia di commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, ivi incluso l’art. 67-quaterdecies sul pagamento dei servizi finanziari offerti a distanza.

 

L'articolo 67-quaterdecies del decreto legislativo n. 206 del 2005 (Pagamento dei servizi finanziari offerti a distanza) stabilisce che il consumatore può effettuare il pagamento con carte di credito, debito o con altri strumenti di pagamento, ove ciò sia previsto tra le modalità di pagamento, che gli sono comunicate.

Fatta salva l'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 12 del decreto-legge n. 143 del 1991, l'ente che emette o fornisce lo strumento di pagamento riaccredita al consumatore i pagamenti non autorizzati o dei quali questi dimostri l'eccedenza rispetto al prezzo pattuito ovvero l'effettuazione mediante l'uso fraudolento della propria carta di pagamento da parte del fornitore o di un terzo. L'ente che emette o fornisce lo strumento di pagamento ha diritto di addebitare al fornitore le somme riaccreditate al consumatore.

Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo n. 82 del 2005, sul valore probatorio della firma elettronica e dei documenti elettronici, è in capo all'ente che emette o fornisce lo strumento di pagamento l'onere di provare che la transazione di pagamento è stata autorizzata, accuratamente registrata e contabilizzata e che la medesima non è stata alterata da guasto tecnico o da altra carenza. L'uso dello strumento di pagamento non comporta necessariamente che il pagamento sia stato autorizzato.

Relativamente alle operazioni di pagamento da effettuarsi nell'ambito di contratti a distanza, il fornitore adotta condizioni di sicurezza conformi a quanto disposto ai sensi dell'articolo 146 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993, avendo riguardo, in particolare, alle esigenze di integrità, di autenticità e di tracciabilità delle operazioni medesime.

 

Il comma 3 dispone infine che i buoni fruttiferi postali il cui termine di prescrizione cade nel periodo di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020 sono esigibili dai sottoscrittori o dagli aventi causa entro due mesi successivi al termine del predetto stato di emergenza.

 

Come precisato dal Governo nella relazione illustrativa, la disposizione è finalizzata ad assicurare maggiori risorse per il sostegno al finanziamento per la realizzazione degli investimenti a supporto dell’economia del Paese nonché a prevedere l’adozione di procedure semplificate in linea con le misure di prevenzione della diffusione del virus Covid-19 di cui alla normativa vigente in materia.

Si tratterebbe di una soluzione volta a contemperare l’esigenza di accesso ai prodotti di risparmio postale, nella forma di buoni fruttiferi postali, di quella parte della popolazione con bassa propensione all’uso di canali telematici digitali e di quella che non dispone affatto di tali canali, con quella di assicurare l’adozione delle misure di prevenzione della diffusione del coronavirus di cui alla normativa vigente in materia, a tutela dei lavoratori del servizio postale e dei sottoscrittori dei buoni fruttiferi postali.

La norma per tale via assicurerebbe maggiori risorse per il sostegno, tra l’altro, del finanziamento delle infrastrutture nazionali e del sistema imprenditoriale attraverso il risparmio postale.


 

Articolo 35
(Garanzia SACE in favore delle assicurazioni
sui crediti commerciali)

 

 

L’articolo 35 prevede la garanzia di SACE a favore delle imprese di assicurazione del ramo credito in misura pari al 90% degli indennizzi generati dalle esposizioni relative a crediti commerciali a breve termine maturati dalla data di entrata in vigore del decreto legge e fino al 31 dicembre 2020, entro il limite massimo di 2.000 milioni di euro.

La norma è esplicitamente finalizzata a preservare la continuità degli scambi commerciali tra aziende e a garantire che i servizi di assicurazione del credito commerciale continuino ad essere disponibili per le imprese colpite dagli effetti economici dell’epidemia Covid-19 (comma 1).

Sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie, è accordata di diritto la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso. La garanzia statale è esplicita, incondizionata, irrevocabile.

Ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze è rimessa la possibilità di impartire a SACE S.p.A. indirizzi sulla gestione dell’attività di rilascio delle garanzie e sulla verifica del rispetto dei suddetti indirizzi al fine dell’escussione della garanzia dello Stato, la quale viene delegata a SACE (comma 2).

Ad un ulteriore decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sono demandate le ulteriori modalità attuative e operative della misura e l’approvazione del modello di convenzione tra SACE e le imprese di assicurazione (commi 1 e 3).

L’efficacia della garanzia è comunque subordinata all’approvazione del relativo regime di aiuto da parte della Commissione Europea (comma 4).

Per le finalità dell’articolo, è istituita - nell’ambito del Fondo a copertura degli oneri derivanti dalle garanzie assunte da SACE di cui all’articolo 1, comma 14, del D.L. n. 23/2020 - una sezione speciale, con autonoma evidenza contabile, con dotazione iniziale – stabilita dall’articolo 31, comma 1 del D.L. in esame - di 1700 milioni di euro per l’anno 2020 (comma 5).

 

Nel dettaglio, il comma 1 dispone che SACE S.p.A. conceda una garanzia pari al 90% degli indennizzi generati dalle esposizioni relative a crediti commerciali maturati dalla data di entrata in vigore del D.L. e fino al 31 dicembre 2020 ed entro il limite massimo di 2 miliardi di euro.

La garanzia è concessa da SACE in favore delle imprese di assicurazione dei crediti commerciali a breve termine, autorizzate all’esercizio del ramo credito, che abbiano aderito ad apposita convenzione stipulata con SACE.

La norma è esplicitamente finalizzata a preservare la continuità degli scambi commerciali tra aziende e a garantire che i servizi di assicurazione del credito commerciale continuino ad essere disponibili per le imprese colpite dagli effetti economici dell’epidemia Covid-19.

 

Si evidenzia che SACE, attraverso la controllata SACE BT S.p.A. svolge attività di assicurazione dei crediti commerciali a breve termine. SACE BT S.p.A. è una Compagnia di assicurazione autorizzata dall’ISVAP (ora IVASS) e SACE ne è azionista unico, con funzioni di direzione e coordinamento. Come rileva la Corte dei Conti nell’ultima relazione eseguita sulla Società SACE e sulle società da essa controllate (Determinazione n. 5/2020, relativa all’anno 2018), SACE BT è specializzata nell’assicurazione dei crediti commerciali a breve termine (attività con dilazioni di pagamento sino a 12 mesi), nelle cauzioni e nei rischi della costruzione. Nel 2018 ha realizzato un utile di gestione di 1,3 milioni di euro (1,6 milioni di euro nel 2017). La composizione dei premi riguarda il ramo credito (29 milioni), il ramo cauzioni (34 milioni), il ramo “altri danni ai beni” (18 milioni). L’area geografica maggiormente interessata risulta essere il nord Italia (67 per cento). SACE BT controlla a sua volta al 100% SACE SRV S.r.l. che svolge attività non assicurative occupandosi in particolare delle informazioni commerciali e del recupero crediti.

 

Sulle obbligazioni di SACE S.p.A. derivanti dalle garanzie, è accordata di diritto – ai sensi del comma 2 - la garanzia dello Stato a prima richiesta e senza regresso, la cui operatività è registrata da SACE S.p.A. con gestione separata. La garanzia statale è esplicita, incondizionata, irrevocabile.

A SACE S.p.A. è demandato inoltre il compito di svolgere - anche per conto del Ministero dell’economia e delle finanze - le attività relative all’escussione della garanzia e al recupero dei crediti, che la Società può delegare alle imprese di assicurazione del ramo credito. SACE S.p.A. è tenuta ad operare con la dovuta diligenza professionale.

Ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze è rimessa la possibilità di impartire a SACE S.p.A. indirizzi sulla gestione dell’attività di rilascio delle garanzie e sulla verifica, al fine dell’escussione della garanzia dello Stato, del rispetto dei suddetti indirizzi, dei criteri e delle condizioni previsti dall’articolo in esame.

Il comma 3 demanda ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro trenta giorni dall’entrata in vigore decreto-legge, le ulteriori modalità attuative e operative, e gli eventuali elementi e requisiti integrativi, per l’esecuzione delle operazioni.

Il decreto ministeriale, ai sensi del comma 1, approva anche il modello di convenzione tra SACE e le imprese di assicurazione

Si valuti l’opportunità di coordinare le previsioni relative alla normativa attuativa della misura in esame di cui ai commi 2 e 3.

 

La garanzia è prestata in conformità con la normativa europea in tema di aiuti di Stato e la sua efficacia è subordinata – dispone il comma 4 - all’approvazione del relativo regime di aiuto da parte della Commissione Europea, ai sensi dell’art. 107, par. 3, lett. b) del TFUE.

 

Si ricorda in proposito che il 19 marzo 2020 la Commissione europea ha adottato la Comunicazione COM (2020) 1863 final Temporary Framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak», un quadro temporaneo per consentire agli Stati membri di adottare misure di aiuto all'economia nel contesto della pandemia di COVID-19, in deroga alla disciplina ordinaria sugli aiuti di Stato. La Comunicazione segue e integra le prime indicazioni fornite dalla Commissione nella Comunicazione " Risposta economica coordinata all'emergenza COVID-19" del 13 marzo 2020" . Il quadro è stato integrato il 3 aprile, con la Comunicazione della Commissione C(2020) 2215 final, e modificato ed ulteriormente esteso recentemente, con la Comunicazione dell'8 maggio (C(2020 3156 final) . Cesserà di essere applicabile il 31 dicembre 2020, tranne che per la disciplina sugli aiuti di stato alla ricapitalizzazione delle imprese non finanziarie che sarà efficace sino al 1° luglio 2021. Il "Temporary Framework" si basa sull'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), citato nel comma 4 dell’articolo in esame, il quale:

- al paragrafo 2, lettera b), dichiara compatibili con il mercato interno gli aiuti pubblici destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali (esimendo, dunque, tali tipi di aiuti dall'obbligo di previa approvazione da parte della Commissione UE); e,

- al paragrafo 3, lettera b), dispone che possono essere compatibili con il mercato interno gli aiuti destinati a porre rimedio ad un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro, previa approvazione della Commissione UE, al fine di valutare il carattere mirato alla finalità e la loro adeguatezza e proporzionalità.

Per un esame della nuova disciplina europea, si rinvia al tema dell’attività parlamentare “Gli aiuti di Stato nell’attuale epidemia da COVID: il nuovo quadro UE”.

Ai sensi del comma 5, per le finalità di cui all’articolo in esame, è istituita - nell’ambito del Fondo a copertura degli oneri derivanti dalle garanzie assunte da SACE di cui all’articolo 1, comma 14, del D.L. n. 23/2020 - una sezione speciale, con autonoma evidenza contabile.

La sezione speciale, specificamente dedicata alla copertura delle garanzie SACE relative alle imprese di assicurazione del ramo credito, dispone di una dotazione - stabilita ai sensi dell’articolo 31, comma 1, pari a 1.700 milioni di euro per il 2020 (si rinvia alla relativa scheda di lettura).

La sezione speciale è alimentata, altresì, con le risorse finanziarie versate dalle compagnie di assicurazione a titolo di remunerazione della garanzia, al netto dei costi di gestione sostenuti da SACE S.p.A. per le attività svolte, come risultanti dalla contabilità di SACE stessa, salvo conguaglio all’esito dell’approvazione del bilancio.

 

L’intervento qui in esame si aggiunge alle misure straordinarie di intervento in garanzia di SACE a sostegno della liquidità delle imprese, disposte dal sopra citato articolo 1 del D.L. n. 23/2020 (cfr. box infra).

 

 

SACE, già Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero, è stata trasformata in S.p.A. ai sensi dell’art. 6 del D.L. n. 269/2003, subentrando, a decorrere dal 1° gennaio 2004, in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi in capo al predetto ente pubblico economico.

SACE è attualmente controllata da Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. che ne detiene - ai sensi del processo di riassetto delle partecipazioni pubbliche previsto dall’articolo 23-bis del D.L. n. 95/2012 - il 100% delle partecipazioni (inizialmente possedute dal MEF). Sulla governance di SACE interviene anche il Decreto legge qui in esame, all’articolo 3 (cfr. relativa scheda di lettura).

Come rilevato dalla Corte dei Conti, nell’ultima relazione sul controllo di gestione eseguito sulla Società (cfr. Delibera n. 5/2020 relativa all’anno 2018), i compiti legislativamente attribuiti a SACE sono plurimi.

In buona parte, si tratta di quelli già attribuiti al preesistente ente pubblico economico, strumentali al progresso e al consolidamento della internazionalizzazione dell’economia italiana e dei suoi operatori.

SACE, infatti, svolge le funzioni di cui agli articoli 2, commi 1 e 2, del D.Lgs. n. 143/1998, e ss. mod. e integrazioni[36], che consistono nell'assicurazioneriassicurazione, coassicurazione e la garanzia dei rischi di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e di cambio, nonché dei rischi a questi complementari, ai quali sono esposti, direttamente o indirettamente, gli operatori nazionali e le società a questi collegate o da questi controllate, anche estere, nella loro attività con l'estero o di internazionalizzazione dell'economia italiana. Le garanzie e le assicurazioni possono essere rilasciate da SACE anche a banche nazionali o estere per crediti da esse concessi ad operatori nazionali o alla controparte estera, destinati al finanziamento delle attività di internazionalizzazione, nonché per i crediti dalle stesse concessi a Stati e banche centrali destinati al rifinanziamento di debiti di tali Stati. Accordi di riassicurazione e di coassicurazione possono essere conclusi da SACE con enti o imprese italiani, autorizzati all’esercizio dell’attività assicurativa, nonché con enti od imprese esteri ed organismi internazionali.

Le funzioni suddette sono relative ad operazioni già definite dal CIPE ai sensi di quanto previsto dall’art. 2, comma 3, del citato D.Lgs. n. 143/1998 e dalla disciplina dell’Unione europea in materia di assicurazione e garanzia dei rischi non di mercato.

SACE inoltre rilascia garanzie e coperture assicurative per imprese estere, relativamente ad operazioni che siano di rilievo strategico per l’economia italiana sotto i profili dell’internazionalizzazione, della sicurezza economica e dell’attivazione di processi produttivi e occupazionali in Italia, a condizioni di mercato e nel rispetto della normativa europea.

La Società può anche acquisire partecipazioni in società italiane ed estere direttamente strumentali all’esercizio dell’attività assicurativa e di garanzia o per consentire un più efficace recupero degli indennizzi erogati, concordando con la Società italiana per le imprese all’estero (Simest S.p.A.) l’esercizio coordinato di tale attività (cfr. art. 4, Statuto della Società). Simest è controllata da SACE al 76%, e dunque fa parte del Gruppo CDP.

SACE, inoltre, svolge ulteriori eterogenee funzioni, quali assicurare i rischi derivanti da mancata riscossione dei crediti vantati nei confronti delle amministrazioni pubbliche, promuovendo la fattorizzazione o le anticipazioni dei crediti pro-soluto (art. 9, D.L. n. 185/2008 (L. n. 2/2009)); assicurare il credito per le esportazioni a favore delle PMI nazionali (D.L. n. 78/2009 (L. n. 102/2009)). Essa inoltre può intervenire, anche attraverso l’esercizio diretto del credito, con la capogruppo Cassa depositi e Prestiti CDP S.p.A., a supporto delle esportazioni e dell’internazionalizzazione dell’economia italiana (art. 3, D.L. n. 3/2015 (L. n. 33/2015)).

Ai sensi dell’articolo 6, comma 9 del D.L. n. 269/2003, gli impegni assicurativi assunti da SACE a sostegno dell’internazionalizzazione sono garantiti dallo Stato nei limiti fissati dalla legge di bilancio (il limite è distinto per le garanzie di durata inferiore e superiore a ventiquattro mesi). Nel rispetto della disciplina europea sui rischi non di mercato e dei limiti fissati in legge di bilancio, il MEF, di concerto con il MAECI e con il MISE, individua le tipologie di operazioni che per natura, caratteristiche, controparti, rischi o paesi di destinazione non beneficiano della garanzia statale.

Disposizioni normative successive al D.L. n. 269/2003 hanno esteso l’ambito di applicazione delle garanzie dello Stato a favore di SACE (D.L. n. 91/2014 e L. di bilancio 2018, nonché L. n. 205/2017, art. 1, comma 267 relativamente alle operazioni di «export banca[37]).

L’impianto stato integralmente sostituito con il D.L. n. 23/2020, che ha introdotto un nuovo meccanismo di coassicurazione per i rischi non di mercato tra SACE e Stato da parte dell’articolo 2 del D.L. n. 23/2020.

La norma in questione prevede, - a decorrere dal 1° gennaio 2021 -  che gli impegni derivanti dall’attività assicurativa di SACE S.p.a. siano assunti dallo Stato e da SACE S.p.A. in una proporzione pari, rispettivamente, al 90 e al 10 per cento. Si demanda alla legge di bilancio la definizione dei limiti cumulati all’assunzione di impegni da parte di SACE S.p.A. e Stato, sulla base del piano annuale di attività deliberato dal Comitato per il sostegno finanziario pubblico all’esportazione. Inoltre, l’articolo 2 del D.L. n. 23/2020 prevede che SACE S.p.A. favorisca l’internazionalizzazione del settore produttivo italiano, privilegiando gli impegni nei settori strategici per l’economia italiana, nonché gli impegni per operazioni destinate a Paesi strategici per l’Italia.

Il D.L. n. 23/2020 introduce poi una nuova forma di operatività di SACE a finalità di sostegno e rilancio dell’economia. In particolare, la Società è autorizzata a rilasciare, a condizioni di mercato e in conformità alla normativa UE, garanzie in qualsiasi forma in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e di altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, per finanziamenti in qualsiasi forma concessi alle imprese con sede in Italia, entro l’importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro. Sugli impegni assunti da SACE opera la garanzia statale. L'attività è svolta in regime di contabilità separata rispetto alle attività finalizzate all’internazionalizzazione del settore produttivo italiano.

Inoltre, il medesimo D.L. n. 23/2020 prevede un ruolo strategico di SACE a sostegno della liquidità delle imprese nella attuale emergenza. In particolare, l’articolo 1 dispone che la Società - fino al 31 dicembre 2020 - conceda garanzie in favore di banche, istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, affinché tali soggetti concedano finanziamenti sotto qualsiasi forma alle:

-           grandi imprese,

-           PMI, ivi inclusi i lavoratori autonomi e i liberi professionisti titolari di partita IVA, che abbiano pienamente utilizzato la loro capacità di accesso al Fondo di garanzia PMI.

La garanzia SACE opera sulla base di percentuali fissate dalla norma in modo inversamente proporzionale al fatturato e al numero dei dipendenti in Italia dell’impresa beneficiaria. Gli impegni assunti dalla SACE S.p.A. ai sensi della norma in commento non devono superare l’importo complessivo massimo di 200 miliardi di euro.

SACE S.p.A. è assistita da una garanzia dello Stato, a prima richiesta esplicita, incondizionata e irrevocabile a copertura tanto del rimborso del capitale quanto del pagamento degli interessi, per le cui finalità viene istituito , dall’articolo 1, comma 14, un apposito Fondo a copertura presso il Ministero dell’Economia e delle finanze con una dotazione iniziale di 1 miliardo di euro.

Infine, il D.L. n. 23/2020 interviene sulla governance di SACE, con la finalità esplicitata di rafforzarne il ruolo strategico nel sostegno all'esportazione e all'internazionalizzazione delle imprese e di rilancio degli investimenti. Il D.L. n. 23/2020 dispone in proposito che:

·         CDP S.p.A. concordi preventivamente con il MEF, sentito il MAECI, l'esercizio dei diritti di voto derivanti dalla partecipazione in SACE S.p.A.;

·         SACE S.p.A. non è soggetta all'attività di direzione e coordinamento di CDP S.p.A., e deve consultare preventivamente:

-       il MEF in ordine alle decisioni aziendali rilevanti ai fini dell'efficace attuazione delle misure di rilancio degli investimenti, con particolare riferimento alle decisioni relative all'assunzione di impegni e al recupero dei crediti;

-       il MEF e il MAECI in ordine alle decisioni aziendali rilevanti ai fini dell'efficace attuazione delle misure di sostegno all'internazionalizzazione delle imprese, con particolare riferimento alle decisioni relative all'assunzione di impegni e al recupero dei crediti.


 

Articolo 36
(Partecipazione al Fondo di Garanzia pan europeo della Banca Europea per gli Investimenti e allo strumento di sostegno temporaneo per attenuare il rischio di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE) )

 

 

L'articolo 36 autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) a stipulare con la Banca europea per gli Investimenti (BEI) gli accordi necessari a consentire la partecipazione italiana al Fondo di garanzia pan europeo, e quindi a concedere la garanzia dello Stato, incondizionata e a prima richiesta, a favore della BEI.

L'articolo autorizza inoltre il MEF a stipulare l’accordo con la Commissione europea concernente le modalità di pagamento della controgaranzia che gli Stati membri possono prestare quale contributo del SURE e a rilasciare la relativa garanzia dello Stato.

 

In particolare il comma 1 autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) a stipulare con la Banca europea per gli Investimenti (BEI) gli accordi necessari a consentire la partecipazione italiana al Fondo di garanzia pan europeo, costituito dal Gruppo Banca Europea per gli Investimenti per il sostegno agli Stati membri nel fronteggiare la crisi da COVID-19. In attuazione dei predetti accordi, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato a concedere la garanzia dello Stato, incondizionata e a prima richiesta, a favore della BEI.

 

La BEI è stata creata nel 1957 con gli articoli 129 e 130 del Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea (Trattato di Roma).

In base all'articolo 308 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) sono membri della BEI gli Stati membri dell'UE, i quali sottoscrivono il capitale necessario a finanziare le operazioni e le attività della Banca e nominano i ministri che siedono nel Consiglio dei governatori a cui spetta la definizione della politica di credito.

Obiettivo della BEI è la promozione di progetti di investimento, specialmente per lo sviluppo delle regioni più arretrate, mediante il ricorso ai mercati finanziari internazionali e alle proprie risorse (articolo 309 del TFUE). Attualmente la Banca finanzia progetti finalizzati alla promozione di innovazione e competenze, piccole e medie imprese, infrastrutture e clima e ambiente.

Il capitale della BEI è detenuto dagli Stati membri dell'Unione europea in proporzione alla quota relativa del prodotto interno lordo di ciascuno di essi al momento dell'accesso.

Il capitale complessivo della BEI ammonta (al 1° marzo 2020) a circa 249 miliardi di euro, di cui Francia, Germania, Italia detengono ciascuno una quota pari a circa 47 miliardi.

 

Fonte: sito web della BEI

 

Soltanto una parte del capitale sottoscritto è stata effettivamente versata. La quota restante è costituita da capitale a chiamata, di cui può essere richiesto il versamento dal Consiglio di amministrazione in caso di necessità. In tal caso gli Stati membri sono obbligati al versamento.

Il decreto-legge n. 22 del 2019, articolo 18, ha autorizzato la partecipazione dell'Italia all'aumento di capitale della Banca Europea per gli Investimenti (BEI) resosi necessario per sostituire il capitale sottoscritto dal Regno Unito a seguito della Brexit e garantire in tal modo l'operatività, la solvibilità e il merito di credito della Banca. L'aumento di capitale è avvenuto nella forma di sottoscrizione di ulteriori azioni di capitale a chiamata per 6.885.963.864 euro e ha comportato un aumento dal 16,1 al 19,2 % della quota di capitale dell'Italia.

Per maggiori dettagli sulla struttura e l'attività della BEI, anche alla luce della Brexit, cfr. Servizio studi del Senato, "La Banca europea per gli investimenti: l'attività e le prospettive in vista della Brexit", Nota su atti dell'Unione europea n. 29, 3 giugno 2019.

 

Nella relazione illustrativa e tecnica, il Governo ricorda che la BEI ha proposto la creazione di un Fondo di garanzia paneuropeo da 25 miliardi di euro per il sostegno agli Stati membri nella risposta alla crisi derivante dalla pandemia Covid-19, denominato “Pan-European Guarantee Fund” (EGF).

Per una rassegna delle misure adottate dalle istituzioni europee in risposta alla crisi da COVID-19, cfr. Servizio studi del Senato, "L'epidemia COVID-19 e l'Unione europea (Aggiornata all'11 maggio 2020)", Nota su atti dell'Unione europea n. 44/7, 12 maggio 2020.

L’obiettivo del Fondo è garantire principalmente a piccole e medie imprese (PMI), imprese a media capitalizzazione, grandi imprese, nonché ad enti pubblici, liquidità e accesso a finanziamenti per fronteggiare le conseguenze dell’emergenza pandemica. Il Fondo consentirebbe di erogare fino a circa 200 miliardi di euro principalmente nella forma di garanzie e prestiti diretti (della BEI o del Fondo Europeo per gli Investimenti-FEI, entrambi con merito di credito AAA) o indiretti (tramite intermediari finanziari e banche di promozione nazionale) a favore dei suddetti beneficiari finali.

Il Fondo sarà costituito dalle garanzie (irrevocabili, incondizionate e di prima perdita) fornite dagli Stati membri dell'Unione europea al Gruppo BEI (BEI e FEI) su base proporzionale, in rapporto alle quote di partecipazione azionaria nella BEI.

Sempre in base alle informazioni fornite dal Governo nella relazione illustrativa, la quota nominale per l'Italia della garanzia, pari alla sua quota capitale nella Banca, ammonta al 18,78% di 25 miliardi di euro, cioè 4.695 miliardi di euro, che corrisponde alla massima perdita possibile.

Il Fondo, la cui costituzione è stata sostenuta dall’Eurogruppo (9 aprile 2020) e dal Consiglio europeo (23 aprile 2020), consentirebbe al Gruppo BEI di erogare fino a circa 200 miliardi di euro aggiuntivi rispetto all’attività ordinaria, nella forma di diversi strumenti di finanziamento (garanzie, controgaranzie, prestiti, partecipazione azionaria). La leva è stata stimata di circa 8 volte rispetto alla consistenza del Fondo, sulla base del programma europeo esistente di sostegno alle PMI COSME (per il sostegno della competitività e sostenibilità delle PMI europee sui mercati), ma, secondo il Governo, dipenderà dalla tipologia di strumento utilizzato. Il valore effettivo del moltiplicatore dipenderà dal paniere di prodotti finanziati, che è a sua volta funzione delle esigenze dei mercati, della capacità di assorbimento e dei vincoli operativi del Fondo.

Il Fondo sarà aperto anche al contributo della Commissione europea e avrà natura temporanea.

Il Governo spiega che gli Stati membri, chiamati a partecipare al Fondo fornendo la propria quota di garanzie, potranno, alternativamente:

-       versare una parte della propria quota di contribuzione al momento dell’adesione

-       oppure fruire di una linea di liquidità (prestiti) che la BEI metterà a disposizione di ciascuno per rimborsare le somme dovute da ciascuno Stato membro in caso di escussione delle garanzie.

Dato l’elevato livello di rischio atteso, la probabilità che il Fondo registri perdite finanziarie è elevata.

Nel caso una garanzia venga chiamata, la BEI anticiperebbe gli importi al beneficiario (e.g. PMI) garantito e chiederebbe agli Stati membri aderenti al Fondo il versamento della rispettiva quota garantita, a intervalli di tempo regolari, da concordare. L’escussione avverrebbe, quindi, a valere sulla quota di garanzia nominale impegnata, che potrà essere finanziata da una linea di liquidità, aperta dalla BEI agli Stati membri interessati per consentire un rimborso graduale dell’impegno. Tale meccanismo consente di non gravare i bilanci nazionali dell’intero importo della garanzia nominale da versare nel Fondo, ma di impegnarlo solo se e quando la garanzia venisse escussa.

Lo strumento avrebbe la natura di garanzia solidale e consentirebbe, quindi, la condivisione del rischio tra gli Stati membri aderenti al Fondo: ogni contributore parteciperebbe alla garanzia complessiva che offre una copertura estesa a tutto il portafoglio del Fondo e quindi a tutti gli Stati membri partecipanti, ma il rischio assunto da ciascuno Stato membro sarebbe limitato al contributo al Fondo di garanzia. Lo schema di condivisione del rischio consentirebbe pertanto di ridurre il costo medio della garanzia rispetto agli schemi nazionali.

Le caratteristiche del Fondo, tra cui i criteri di eleggibilità, la tipologia dei prodotti offerti, la struttura dei prezzi e i livelli di rischio sarebbero approvati dagli Stati membri alla firma degli accordi di contribuzione. Una loro modifica dovrebbe essere approvata da un Comitato dei Contributori, che farebbe parte della governance del Fondo insieme ai rappresentanti delle strutture direttive della BEI e del FEI.

Le operazioni del Fondo dovrebbero essere approvate prima dal Comitato dei Contributori e dovrebbero poi seguire il consueto iter che prevedere l’approvazione del Consiglio di Amministrazione. Lo schema di governance è simile a quello attuale predisposto per il FEIS (Fondo Europeo per gli Investimenti Sostenibili) del Piano Europeo per gli Investimenti (i.e. Piano Juncker) per il periodo 2015-2020 e rinnovato (InvestEU) per il periodo 2021-2027, che ha dato prova di efficacia ed efficienza nella mobilizzazione di ingenti risorse per investimenti rischiosi in Europa, di cui l’Italia ha particolarmente beneficiato.

Il Fondo finanzierà operazioni negli Stati contributori con un solo vincolo di concentrazione relativo ai tre maggiori prenditori. L’obiettivo del Fondo è quello di finanziare operazioni con un alto profilo di rischio e beneficiari finali considerati solidi nel lungo periodo ma che sono in difficoltà a causa della crisi Covid-19, con un focus sulle PMI e sul settore privato.

Non è prevista una remunerazione della garanzia ai contributori. I proventi derivanti dalla remunerazione di alcuni dei prodotti offerti saranno destinati alla copertura delle spese di gestione del Fondo e le eventuali eccedenze utilizzate per l’eventuale escussione delle garanzie.

Per limitare l’impatto sul capitale e sugli indicatori finanziari del Gruppo, il Fondo sarà contabilizzato fuori bilancio (off balance-sheet). Tuttavia è previsto un impatto sul bilancio della Banca data la natura di alcuni prodotti che implica partecipazioni (strumenti di tipo funded). Inoltre la Banca si impegnerà a mantenere la liquidità del Fondo a livelli adeguati, con effetti contenuti sugli indicatori di liquidità della BEI/del Gruppo BEI.

Il Gruppo BEI e i paesi contributori dovrebbero delineare un’adeguata struttura di provvigioni per la copertura delle spese di gestione del Fondo, per la cui amministrazione non è prevista l’assunzione di nuovo personale.

Il Fondo farà leva sulle strutture e i prodotti del Gruppo BEI già in essere (garanzie, ABS, linee di liquidità, capitale di rischio) e sui suoi rapporti commerciali consolidati. Il principale strumento sarà quello delle c.d. garanzie limitate (capped). Mediante tale prodotto, il FEI (controgarantito dal Fondo) fornirà agli intermediari finanziari una garanzia a parziale copertura della perdita attesa di un portafoglio di crediti.

La BEI potrà ulteriormente integrare tale garanzia limitata mediante una garanzia illimitata (uncapped) coprendo interamente il rischio dell’operazione. Grazie alla copertura del Fondo (che godrà di rating AAA) il Gruppo BEI potrà offrire agli intermediari finanziari garanzie a costo ridotto nonostante l’elevata rischiosità del portafoglio di crediti garantiti. In tal modo, gli intermediari finanziari potranno a loro volta trasferire tale vantaggio finanziario ai beneficiari finali.

Al fine di garantire l’accesso alla liquidità anche alle imprese di maggiori dimensioni, la BEI potrà offrire anche prodotti “funded”. Il Fondo sarà utilizzato dal Gruppo BEI per investire anche in tranche più rischiose (mezzanine) di operazioni ABS e cartolarizzazioni sintetiche. In tal modo, il Gruppo BEI contribuirebbe a liberare risorse degli intermediari finanziari per erogare un volume maggiore di prestiti alle imprese.

Il Fondo effettuerà inoltre investimenti quasi-equity, venture capital e private equity limitati a garantire capitale di rischio per specifici settori di mercato (come il settore delle imprese più innovative).

Il Governo sostiene che il volume di risorse maggiore sarà dedicato alle garanzie e altri strumenti di sostegno diretto o indiretto alle imprese rispetto a investimenti in equity. Pertanto l’Italia, tra i principali beneficiari del Gruppo BEI per i prodotti a sostegno delle PMI, potrebbe beneficiare del contributo del Fondo più che proporzionalmente rispetto al proprio contributo alla garanzia, anche in confronto ad altri Stati membri che, tradizionalmente, ricevono maggiori investimenti in forma di capitale di rischio.

 

Il comma 1 prosegue autorizzando il MEF a stipulare l’accordo con la Commissione europea concernente le modalità di pagamento della controgaranzia che gli Stati membri possono prestare quale contributo dello strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE) a seguito dell’epidemia da COVID – 19 e a rilasciare la relativa garanzia dello Stato.

 

La proposta per l'istituzione di uno strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in uno stato di emergenza ("SURE", dall'acronimo inglese "instrument for temporary Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency", COM(2020) 139) è stata presentata il 2 aprile 2020 dalla Commissione europea all'interno di un articolato pacchetto di proposte per affrontare l'emergenza Covid-191.

La proposta è stata approvata dall'Eurogruppo il 9 aprile 2020.

Sostegno alla proposta è venuto dal Consiglio europeo del 23 aprile. Il massimo organo politico dell'Unione, che riunisce i capi di Stato e di Governo dei paesi membri, l’ha infatti considerata come parte integrante del progetto di istituire tre reti di sicurezza: per emittenti sovrani tramite il Meccanismo europeo di stabilità; per imprese private tramite risorse BEI; per la tutela dell'occupazione, facendo ricorso, appunto, al SURE. Ha inoltre chiesto che il SURE divenisse operativo entro il 1° giugno 2020.

Riuniti in videoconferenza il 19 maggio, i ministri dell'Economia e delle finanze dell'UE (Consiglio ECOFIN) hanno accolto con favore l'adozione, mediante procedura scritta, del regolamento sul sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un'emergenza (SURE) (si veda il comunicato stampa).

SURE potrà fornire assistenza finanziaria per un totale di 100 miliardi di euro sotto forma di prestiti, concessi dall'UE agli Stati membri a condizioni favorevoli, per contribuire alla copertura dei costi direttamente connessi all'istituzione o all'estensione di regimi nazionali di riduzione dell'orario lavorativo e di altre misure analoghe, anche per i lavoratori autonomi, o a determinate misure di carattere sanitario, in particolare sul posto di lavoro, in risposta alla crisi.

Per maggiori dettagli sul SURE, si veda la Nota su atti dell'Unione europea n. 48 del Servizio studi del Senato.

Per quanto riguarda la partecipazione allo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE), nella relazione illustrativa il Governo rammenta che la Commissione concederà agli Stati membri che ne siano interessati prestiti a condizioni favorevoli ed a bassi tassi di finanziamento. La concessione dei suddetti prestiti sarà riservata agli Stati membri a tali condizioni e tassi favorevoli in virtù del buon rating goduto dalla Commissione che reperirà i fondi contraendo a sua volta prestiti sui mercati finanziari.

Lo strumento è sostenuto da un sistema di controgaranzie - su base volontaria - degli Stati membri per i rischi sostenuti dall'Unione Europea.

I prestiti saranno concessi a quegli Stati membri in cui l'epidemia di Covid-19 ha determinato, a decorrere dal 1° febbraio 2020, un aumento repentino e severo della spesa pubblica sia effettiva che programmata in conseguenza delle misure nazionali adottate.

Il Regolamento prevede che gli Stati membri possono contribuire allo strumento, contro garantendo i rischi sostenuti dall'Unione attraverso la prestazione di garanzie irrevocabili e incondizionate, attivabili su richiesta, per un importo parametrato percentualmente al rapporto tra il proprio reddito nazionale lordo e quello totale dell'Unione Europea (RNL).

Qualora l'Italia optasse per la stipula dell'Accordo, contro garantirebbe rischi per un. Le modalità di "pagamento" della controgaranzia ammontare complessivo pari al 12,735 per cento di 25 miliardi di euro, cioè a 3,184 miliardi di euro eventualmente escussa sono declinate in uno specifico Accordo di Garanzia, concluso tra la Commissione e lo Stato membro "contributore".

Benché il regolamento SURE sia direttamente applicabile a seguito della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea e non necessiti, pertanto, di atti nazionali di recepimento in senso stretto, la disposizione nazionale in esame individua inequivocabilmente nel MEF la struttura nazionale autorizzata alla stipula del citato Accordo di Garanzia.

Con tale disposizione il Ministro dell'economia e delle finanze è, infatti, autorizzato a stipulare con la Commissione europea l'accordo concernente le modalità di pagamento della controgaranzia che gli Stati membri possono prestare quale contributo allo strumento europeo di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione nello stato di emergenza (SURE) a seguito dell'epidemia di COVID-19.

L'autorizzazione concerne anche la concessione della garanzia dello Stato richiesta dal predetto accordo, nel limite della quota di spettanza dell'Italia sopra indicato, pari a 3,184 miliardi di euro.

I provvedimenti nazionali devono essere ricollegati direttamente alla creazione od all'estensione di regimi di riduzione dell'orario lavorativo ed a misure analoghe, comprese quelle destinate ai lavoratori autonomi, ovvero anche a determinate misure di carattere sanitario.

I regimi di riduzione dell'orario lavorativo sono programmi pubblici che, in determinate circostanze, consentono alle imprese in difficoltà economiche di ridurre temporaneamente l'orario di lavoro dei propri dipendenti, ai quali viene erogato ad integrazione delle ore non lavorate un sostegno pubblico al reddito.

Lo Stato membro che chiede assistenza finanziaria deve dimostrare tale aumento repentino e severo della spesa pubblica effettiva ed eventualmente anche programmata per regimi di riduzione dell'orario lavorativo o per misure analoghe.

Se l'assistenza finanziaria è concessa per misure di carattere sanitario, lo Stato membro che chiede tale assistenza finanziaria dovrà altresì dimostrare l'entità della spesa effettiva o programmata relativamente alle misure di carattere sanitario in questione.

Al momento di decidere l'importo di un prestito, il Consiglio dell'Unione Europea, su proposta della Commissione, esaminerà sia le esigenze attuali ed attese dello Stato membro richiedente sia quelle degli altri Stati richiedenti, tenendo conto dei principi di parità di trattamento, solidarietà, proporzionalità e trasparenza e tutelando gli interessi di tutti.

Dato il carattere temporaneo dello strumento finalizzato ad affrontare l'epidemia di Covid-19, ogni sei mesi la Commissione valuterà se continuino a protrarsi le circostanze eccezionali e le perturbazioni economiche negli Stati membri a causa di questa crisi sanitaria e riferirà al Consiglio.

Il SURE fornirà assistenza finanziaria per un totale di euro l00 miliardi.

I prestiti aiuteranno gli Stati membri ad affrontare aumenti repentini della spesa pubblica in relazione al sostegno dell'occupazione. Il 25% dell'importo totale del SURE (cioè 25 miliardi di euro) è coperto dalla garanzia volontaria dei vari Stati membri. La percentuale di partecipazione di ciascuno Stato alla contribuzione sui 25 miliardi sarà pari alla percentuale di incidenza del proprio reddito nazionale lordo su quello totale (RNL) dell'Unione Europea (cfr. articolo 12 della bozza del Regolamento SURE). Pertanto il contributo dell'Italia alla garanzia, in proporzione all'incidenza del proprio reddito nazionale lordo su quello complessivo dell'Unione Europea, ammonta al 12,735 per cento di 25 miliardi di euro, cioè a 3.184 milioni di euro (come specificato dalle schede nn. l e 2 della bozza dell'Accordo di Garanzia con la Commissione Europea).

Tale garanzia irrevocabile, incondizionata e su richiesta, è necessaria affinché l'Unione sia in grado di concedere a tutti gli Stati membri interessati prestiti per un ordine di grandezza tale da consentire a ciascuno Stato un sostegno sufficientemente valido delle politiche del mercato del lavoro soggetto a maggiore pressione. La Commissione provvederà a stipulare gli Accordi di Garanzia con i singoli Stati membri per rendere operativo lo strumento. Il periodo di disponibilità dello strumento nel corso del quale può essere richiesto un prestito da parte degli Stati si conclude il 31 dicembre 2022.

Laddove uno Stato membro non rispetti tempestivamente - totalmente o parzialmente - la richiesta di attivazione della garanzia, la Commissione, al fine di coprire la parte di garanzia spettante allo Stato membro in questione, può richiedere agli altri Stati proporzionalmente alla loro quota relativa al reddito nazionale lordo - adeguato senza tenere conto della quota relativa dello Stato membro in questione - l'attivazione di una ulteriore garanzia fino al raggiungimento dell'ammontare complessivo. Resta inteso che la garanzia attivata da uno Stato membro è limitata, in tutte le circostanze, all'importo complessivo della garanzia spettante a tale Stato membro.

I suddetti contributi addizionali di garanzia verranno rimborsati agli Stati con gli importi successivamente recuperati dalla Commissione nei confronti dello Stato inizialmente inadempiente, in quanto ogni Stato rimane comunque responsabile per la sua parte.

Prima di attivare le garanzie fornite dagli Stati membri, la Commissione deve valutare la possibilità di avvalersi del margine disponibile sotto il massimale delle risorse proprie per gli stanziamenti di pagamento nella misura da essa ritenuta sostenibile, tenendo conto fra l'altro delle passività potenziali totali dell'Unione e della sostenibilità del bilancio generale dell'Unione.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame dispone, per le finalità di cui al comma 1, l'istituzione di un fondo nello stato di previsione del MEF con una dotazione di 1.000 milioni di euro per l’anno 2020.

Il comma 2 dispone inoltre che, annualmente, con la legge di bilancio, sulla base dell’evoluzione del fabbisogno finanziario del Fondo di Garanzia di cui al comma 1, possono essere stanziate ulteriori risorse a presidio della garanzia dello Stato o per il rimborso delle linee di liquidità concesse dalla Banca europea degli investimenti in caso di escussione ai sensi degli accordi stipulati nell'ambito del Fondo di garanzia pan europeo di cui al comma 1.

Per la gestione del fondo di cui al presente comma è autorizzata l'apertura di un apposito conto corrente di tesoreria centrale.

 

Il comma 3 reca l'indicazione della copertura finanziaria degli oneri derivanti dall'articolo in esame, valutati in 1.000 milioni di euro, facendo rinvio all'articolo 265.


 

Articolo 37
(Partecipazione dell'Italia all'International
Finance Facility for Immunization)

 

 

L’articolo 37, comma 1, è volto a estendere dal 2026 al 2030 la partecipazione dell'Italia all'International Finance Facility for Immunization (IFFIm), portandone la quota contributiva annuale da 27,5 a 30 milioni di euro a decorrere dal 2026 per un contributo globale di euro 150 milioni; nonché a consentire per l'anno 2020 un versamento di 5 milioni di euro per il Coalition for Epidemic Preparedness (CEPI); il comma 2 reca la relativa copertura di spesa.

 

Il comma 1 autorizza l'estensione dal 2026 al 2030 della partecipazione dell'Italia all'International Finance Facility for Immunization (IFFIm), già prevista dalla legge finanziaria per il 2006, con un contributo globale di euro 150 milioni, da erogare con versamenti annuali fino al 2030, portandone la quota annuale da 27,5 a 30 milioni di euro a decorrere dall'anno 2026.

La relazione illustrativa afferma che tale previsione di continuare a contribuire per il periodo 2026-2030 all’IFFIm con 150 milioni di euro in 5 anni "permetterebbe di variare di poco l’attuale quota annuale di 27,5 milioni di euro e genererebbe ulteriori proceeds per 106 milioni di dollari per il periodo 2021-25, e ulteriori 50 milioni nel periodo 2026-30, che potranno essere subito utilizzati per iniziative COVID-19".

 

Si ricorda che la legge finanziaria per il 2006, all'articolo 1, comma 99, autorizzava la partecipazione dell'Italia alla medesima Facility con un contributo globale di euro 504 milioni, da erogare con versamenti annuali, fino al 2025, con un onere pari ad euro 3 milioni per l'anno 2006, ad euro 6 milioni per l'anno 2007 e valutato in euro 27,5 milioni a decorrere dall'anno 2008.

 

L'IFFIm è un meccanismo di finanziamento innovativo per lo sviluppo in ambito sanitario, istituito dalla GAVI Alliance.

Il GAVI è una partnership pubblico-privata nata nel 2000 con l’obiettivo di garantire un miglior livello di salute per i bambini e per la popolazione, principalmente attraverso la realizzazione di campagne di vaccinazione nei paesi in via di sviluppo. Ne fanno parte paesi e settore privato, come ad esempio la Fondazione Bill & Melinda Gates, produttori di vaccini sia dei paesi sviluppati che in via di sviluppo, istituti specializzati di ricerca, società civile e organizzazioni internazionali come OMS, UNICEF e Banca Mondiale. I principali obiettivi dell’Alleanza sono: favorire l’accesso alle campagne di vaccinazione in corso; rafforzare i sistemi sanitari e, al loro interno, il sistema di immunizzazione e le campagne vaccinali a livello mondiale; favorire la ricerca e lo sviluppo di nuove modalità di immunizzazione e di nuovi vaccini.

L’Italia è impegnata con GAVI Alliance dal 2006 quando è diventata un membro fondatore del IFFIm.

 Inoltre, l’Italia è al momento il sesto donatore dell’Alleanza GAVI con un contributo per il periodo 2016-2020 di 383,5 milioni di euro, di cui 137,5 per IFFIm, 146 per l’Advance Market Commitment (AMC) e 100 come contributo diretto fornito dal MAECI.

 

L’International Finance facility for immunization (Iffim), lanciato nel 2004 su proposta del Regno Unito e con immediato sostegno dell’Italia, operativo dal 2006, mobilita risorse sui mercati di capitale attraverso l’emissione di titoli (Iffim bonds) garantiti dagli impegni pluriennali e giuridicamente vincolanti dei paesi donatori a versare i loro contributi in un arco di tempo di 20 anni. Rappresenta il principale strumento di finanziamento a lungo termine del GAVI.

 

Il medesimo comma 1, al secondo periodo, autorizza altresì per l'anno 2020 un versamento di 5 milioni di euro per il finanziamento della Coalition for Epidemic Preparedness (CEPI) - finanziamento aggiuntivo rispetto a quello di 5 milioni già stanziati dalla legge finanziaria per il 2006- .

Come risulta dalla relazione illustrativa, "la norma suddetta prevedeva l’autorizzazione a partecipare all’IFFIm per una somma complessiva di 504 milioni di euro da erogarsi nel periodo 2006-2025. A seguito della firma dell’Accordo finanziario del 2006 e, di quello integrativo nel 2011, le risorse impegnate da erogare fino al 2025 ammontano complessivamente a 499 milioni di euro, grazie al tasso di cambio a noi favorevole. Rimangono, pertanto, 5 milioni di euro autorizzati dalla legge e potenzialmente erogabili entro il 2025 previo ulteriore Accordo con l’IFFIm. L’IFFIm trasferirebbe la somma alla Coalition for Epidemic Preparedness and Innovation (CEPI)".

 

Il CEPI è una partnership tra pubblico, privato, organizzazioni filantropiche e della società civile per lo sviluppo di vaccini e l'equo accesso ai vaccini stessi in caso di pandemia, nata nel 2015.

Il CEPI è stato fondato in Svizzera a Davos dai governi di Norvegia e India, dalla Fondazione Bill & Melinda Gates, dal Wellcome Trust e dal World Economic Forum.

Riceve finanziamenti da diversi Stati, dalla Commissione Europea per alcuni progetti. Riceve inoltre donazioni dal settore privato e da singoli individui tramite il COVID-19 Solidarity Response Fund della UN Foundation per sostenere lo sviluppo di un vaccino contro il COVID-19.

 

Da fonti di stampa risulta che tali impegni corrispondano al contributo dell'Italia al Coronavirus Global Response, campagna di fund raising lanciata il 4 maggio 2020 dalla Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, Il contributo dell'Italia ammonterebbe in totale a 140 milioni di euro: "10 andranno a Cepi (Coalition for Epidemic Preparedness Innovations) la ricerca sul vaccino; 10 saranno destinati all’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) per aiutare i paesi più vulnerabili; mezzo milione al meccanismo del Fondo mondiale e 120 nei prossimi 5 anni all’alleanza per il vaccino (GAVI Alliance), che il prossimo 4 giugno ospiterà nel Regno Unito un vertice globale sui vaccini". Con tale impegno l'Italia mirerebbe ad avere un ruolo centrale nella lotta al Covid-19, in vista della presidenza del G20 nel 2021.

Il comma 2 reca la copertura di spesa, stabilendo che agli oneri derivanti dal comma precedente. si provvede:

§  quanto a 30 milioni di euro annui dal 2026 al 2030, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, istituito presso il MEF dall'articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282/2004 (Disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica);

§  quanto a 5 milioni di euro per l'anno 2020, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al MEF.

 

 


 

Articolo 38
(Rafforzamento dell’ecosistema delle start up innovative)

 

 

L’articolo 38, al comma 1 – al fine rafforzare, sull’intero territorio nazionale, gli interventi in favore delle startup innovative - rifinanzia di 100 milioni per l’anno 2020 la misura “Smart&Start Italia” di cui al D.M. 24 settembre 2014 e ss. mod. e int., destinando le risorse ai finanziamenti agevolati per le startup.

Il comma 2 stanzia 10 milioni di euro per l’anno 2020 alla concessione in favore delle startup innovative di contributi a fondo perduto finalizzati all’acquisizione di servizi prestati da parte di incubatori, acceleratori, innovation hub, business angels e altri soggetti pubblici o privati operanti per lo sviluppo di imprese innovative.

Per le medesime finalità di rafforzamento, sull’intero territorio nazionale, degli interventi in favore delle startup innovative, il comma 3, rifinanzia di 200 milioni di euro per l’anno 2020 il Fondo di sostegno al venture capital, istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 209, della legge di bilancio 2019 (L. n. 145 del 2018).

Il comma 4 interviene sul credito di imposta in ricerca e sviluppo, istituito riconosciuto per l’anno 2020 dalla Legge di bilancio 2020. Il comma inserisce le spese per contratti di ricerca extra muros stipulati con le startup innovative, tra le spese che concorrono a formare, in modo maggiorato, la base di calcolo del credito d'imposta, per un importo pari al 150 per cento del loro ammontare (novella all’art. 1, comma 200 della legge 160/2019).

Il comma 5 dispone una proroga di 12 mesi del termine di permanenza delle startup innovative nella sezione speciale del registro delle imprese. Eventuali termini - previsti a pena di decadenza - dall’accesso a incentivi pubblici e per la revoca dei medesimi sono prorogati di 12 mesi.

Il comma 6 riserva una quota pari a 200 milioni di euro delle risorse già assegnate al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, al rilascio delle garanzie in favore delle startup innovative e delle PMI innovative. Alla predetta quota le imprese accedono sulla base delle modalità, tempo per tempo vigenti, ivi incluse quelle di cui alle disposizioni transitorie e straordinarie previste dall’articolo 13 del D.L. n. 23/2020.

Il comma 7 integra la disciplina agevolativa delle startup innovative contenuta nel D.L. n. 179/2012, aggiungendovi un nuovo articolo 29-bis, che prevede incentivi fiscali in regime de minimis all’investimento in startup innovative.

Il comma 8 integra la disciplina agevolativa per le PMI innovative, introducendo per esse lo stesso regime agevolativo fiscale in regime “de minimis” introdotto per le startup innovative dal comma 7.

Il comma 9 demanda le disposizioni attuative dei commi 7 e 8 ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico da adottare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore dell’articolo in esame.

Il comma 10 interviene sulla disciplina relativa al cd. Investor Visa for Italy, riducendo della metà gli importi minimi degli investimenti in strumenti rappresentativi del capitale di una società italiana che danno titolo al visto per investitori.

Il comma 11 estende le agevolazioni previste dalla misura “Smart&Start Italia” in favore delle startup innovative localizzate nel territorio del cratere sismico aquilano anche alle startup innovative localizzate nel territorio dei comuni colpiti dagli eventi sismici del 2016 e 2017, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.

I commi da 12 a 18 istituiscono e disciplinano l’istituzione, presso il MISE, di un Fondo, con una dotazione iniziale di 4 milioni di euro nel 2020, per sostenere lo sviluppo dell’industria dell’intrattenimento digitale a livello nazionale, denominato «First Playable Fund».

Il comma 19 reca la copertura finanziaria dell’articolo.

 

 

Nel dettaglio, il comma 1 – al fine di un rafforzamento, sull’intero territorio nazionale, degli interventi in favore delle startup innovative - rifinanzia di 100 milioni per l’anno 2020 la misura “Smart&Start Italia” di cui al D.M. 24 settembre 2014 e ss. mod. e int.. Le risorse vengono destinate al rifinanziamento delle agevolazioni concesse alle startup nella forma del finanziamento agevolato.

La relazione illustrativa evidenzia che la misura “Smart&Start Italia” è il principale strumento agevolativo nazionale rivolto a tale tipologia di imprese.

La misura “Smart&Start Italia” è stata istituita dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 24 settembre 2014 “Riordino degli interventi di sostegno alla nascita e allo sviluppo di start-up innovative in tutto il territorio nazionale”, ed è stata oggetto di recente revisione e semplificazione con decreto dello stesso Ministro del 30 agosto 2019, ai sensi di quanto disposto dal cd. D.L. “Crescita” (articolo 29, comma 3, del D.L.  n. 34 del 2019).

La misura è stata adottata ai sensi di quanto previsto dall'art. 1, comma 845, della L. finanziaria 2007 (L. n. 296/2006) e ss. mod e int., il quale prevede che il Ministro dello sviluppo economico può istituire, con proprio decreto, specifici regimi di aiuto in conformità alla normativa europea.

Smart&Start Italia” è riservata alle startup innovative, localizzate su tutto il territorio nazionale, iscritte nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese e in possesso dei requisiti di cui alla disciplina istitutiva delle startup contenuta nell’articolo 25 del D.L. n. 179/2012[38]. Relativamente a tale disciplina, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare “Startup innovative, PMI innovative e incubatori certificati”.

Sono ammissibili alle agevolazioni della misura “Smart&Start Italia” i piani di impresa aventi ad oggetto la produzione di beni e l’erogazione di servizi che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche: significativo contenuto tecnologico e innovativo, ovvero, sviluppo di prodotti, servizi o soluzioni nel campo dell’economia digitale, dell’intelligenza artificiale, della blockchain e dell’internet of things, ovvero, valorizzazione economica dei risultati del sistema della ricerca pubblica e privata (spin off da ricerca).

I piani d’impresa possono essere realizzati anche in collaborazione con organismi di ricerca, incubatori e acceleratori d’impresa, Digital Innovation Hub. Smart&Start Italia finanzia Piani d’impresa, di importo compreso tra 100 mila euro e 1,5 milioni di euro. I piani devono essere avviati successivamente alla presentazione della domanda e devono essere conclusi entro 24 mesi dalla data di stipula del contratto di finanziamento.

Le startup richiedenti possono beneficiare delle seguenti agevolazioni:

-        finanziamento agevolato, senza interessi, per un importo pari all’80% delle spese ammissibili; l’importo del finanziamento è elevabile al 90% nel caso in cui la startup sia interamente costituita da donne e/o da giovani di età non superiore a 35 anni, oppure preveda la presenza di almeno un esperto con titolo di dottore di ricerca (o equivalente) conseguito da non più di 6 anni e impegnato stabilmente all'estero in attività di ricerca o didattica da almeno un triennio. Il finanziamento ha durata massima di 10 anni. Per le startup innovative con sede in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, il predetto finanziamento è restituito in misura parziale, per un ammontare pari al 70% dell’importo di finanziamento agevolato concesso per le spese del piano di impresa.

-        servizi di tutoraggio tecnico gestionale: per le sole startup innovative costituite da non più di 12 mesi.

Il gestore dell’intervento è Invitalia S.p.A.. Con la circolare della Direzione Generale per gli incentivi alle imprese n. 439196 del 16 dicembre 2019 sono state definite le tempistiche e le modalità di presentazione delle domande secondo la nuova disciplina introdotta dal Decreto del Ministro dello sviluppo economico del 30 agosto 2019.

Si rinvia alla sezione del sito web INVITALIA www.smartstart.invitalia.it, nonché alle pagine dedicate del Ministero dello sviluppo economico.

 

La relazione illustrativa afferma che è necessaria un’evoluzione dello strumento Smart & Start, che conduca ad estenderne l’ambito di intervento, ora incentrato sulle fasi iniziali del ciclo di vita, permettendo alle startup meritevoli di consolidare il proprio sviluppo attraverso apporti in termini di capitale proprio anche da parte di investitori privati e istituzionali. Per soddisfare tali esigenze, il comma 1 della norma in commento rimette ad un decreto ministeriale la disciplina di nuove modalità di intervento che vadano nella predetta direzione. Il nuovo strumento potrà consentire, dunque, la conversione del debito in uno strumento partecipativo, accompagnato dall’ingresso nel capitale sociale di un investitore e/o aumento del capitale stesso, la cui restituzione sarà legata al rendimento aziendale. Grazie a questa operazione potrà essere sostenuta la patrimonializzazione della startup.

 

Il comma 2 stanzia 10 milioni di euro per l’anno 2020 alla concessione alle startup innovative di contributi a fondo perduto finalizzati all’acquisizione di servizi prestati da parte di incubatori, acceleratori, innovation hub, business angels e altri soggetti pubblici o privati operanti per lo sviluppo di imprese innovative.

L’intervento è diretto a sostenere le startup, anche attraverso nuove azioni volte a facilitare l’incontro tra le stesse imprese e gli ecosistemi per l'innovazione.

Le agevolazioni sono concesse - ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato di importanza minore, di cui al Reg. (UE) n. 1407/2013 (cd. de minimis) – secondo condizioni e termini definiti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

Relativamente alla disciplina istitutiva delle startup innovative e degli incubatori certificati, di cui agli art. 25 e ss. del D.L. n. 179/2012,  si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare “Startup innovative, PMI innovative e incubatori certificati”.

Quanto agli aiuti di Stato concessi in regime de minimis, si ricorda che questi fanno eccezione all'obbligo di notifica preventiva alla Commissione UE. Si tratta di aiuti di piccola entità, definiti dalla UE "de minimis", che si presume non incidano sulla concorrenza in modo significativo. Per gli aiuti cd. de minimis, il Regolamento (UE) n. 1407/2013 è applicabile alle imprese operanti in tutti i settori, salvo specifiche eccezioni, tra cui la produzione di prodotti agricoli. Il massimale di aiuto previsto da tale regolamento è di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Per gli aiuti cd. de minimis nel settore agricolo opera, invece, il Regolamento (UE) n. 1408/2013, come da ultimo modificato dal Regolamento (UE) 2019/316, secondo il quale l'importo complessivo degli aiuti de minimis concessi da uno Stato membro a un'impresa unica non può superare 20. 000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Per il settore ittico (della pesca e dell'acquacoltura), la disciplina del regime de minimis è contenuta nel Regolamento (UE) n. 717/2014. L'importo complessivo degli aiuti concessi da uno Stato membro a un'impresa unica nel settore della pesca e dell'acquacoltura non può superare 30.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari.

 

Posto che le startup innovative possono operare anche nel settore agricolo e ittico, si valuti l’opportunità di includere nel comma 2 un richiamo anche alla disciplina sugli aiuti di stato “de minimis” nel settore agricolo, di cui al Regolamento (UE) n. 1408/2013, come da ultimo modificato dal Regolamento (UE) 2019/316 e al settore ittico, di cui al Regolamento (UE) n. 717/2014.

 

Per le medesime finalità di rafforzamento, sull’intero territorio nazionale, degli interventi in favore delle startup innovative, di cui al comma 1, l’articolo in esame, al comma 3, rifinanzia di 200 milioni di euro per l’anno 2020 il «Fondo di sostegno al venture capital», istituito ai sensi dell’articolo 1, comma 209, della legge di bilancio 2019 (L. n. 145 del 2018).

Le risorse sono finalizzate a sostenere investimenti nel capitale, anche tramite la sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi, nonché tramite l’erogazione di finanziamenti agevolati, la sottoscrizione di obbligazioni convertibili, o altri strumenti finanziari di debito che prevedano la possibilità del rimborso dell’apporto effettuato, a beneficio esclusivo delle startup innovative e delle PMI innovative.

Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge, sono individuate le modalità di attuazione delle agevolazioni previste dal comma, compreso il rapporto di co-investimento tra le risorse statali qui stanziate e le risorse di investitori regolamentati o qualificati.

Il Fondo di sostegno al venture capital è stato istituito nello stato di previsione del MISE dall’articolo 1, comma 209 della legge di bilancio 2019, con una dotazione iniziale di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025, per le finalità indicate dal comma 206 della medesima legge di bilancio. Questa prevede che lo Stato, tramite il Ministero dello sviluppo economico, al fine di promuovere gli investimenti in capitale di rischio da parte di operatori professionali, può sottoscrivere quote o azioni di uno o più Fondi per il venture capital o di uno o più fondi che investono in Fondi per il venture capital[39]. Lo Stato può sottoscrivere le quote o azioni anche unitamente ad altri investitori istituzionali, pubblici o privati, privilegiati nella ripartizione dei proventi derivanti dalla gestione dei predetti organismi di investimento (comma 207). Le modalità di investimento dello Stato attraverso il Fondo di sostegno al venture capital sono state definite con D.M. MISE 27 giugno 2019. Il D.M. prevede, in particolare, l’intervento del Fondo a condizioni di mercato, ovvero, l’intervento del Fondo in cd. regime di esenzione (cioè secondo le condizioni fissate dalla disciplina sugli aiuti di Stato per investimenti in capitale di rischio, di cui all’art. 21 del Regolamento generale di esenzione per categoria, Reg. UE n. 651/2014 – GBER). Tale intervento è ammesso solo se i fondi per il venture capital (beneficiari dell’intervento del Fondo statale) investano esclusivamente nel capitale di rischio di PMI non quotate che:  non hanno operato in alcun mercato, ovvero vi operino da meno di sette anni, ovvero necessitano di un investimento iniziale per il finanziamento del rischio che, sulla base di un piano aziendale elaborato per il lancio di un nuovo prodotto o l'ingresso su un nuovo mercato geografico, è superiore al 50 % del loro fatturato medio annuo negli ultimi cinque anni. L'investimento complessivo in ciascuna PMI non può eccedere l'importo di 15 milioni di euro, del limite di investimento previsto dal regime di esenzione. Per ciascun investimento sono fissate le specifiche percentuali di risorse finanziarie da parte di investitori privati indipendenti.

Al fine di perseguire con maggiore efficacia l'obiettivo di promozione degli interventi nel capitale di rischio e garantire una adeguata sinergia con gli strumenti in essere, il D.M. ha previsto che il Fondo di sostegno al venture capital intervenga in Fondi per il venture capital, istituiti e gestiti dalla CDP Venture Capital SGR S.p.A.-– Fondo Nazionale Innovazione (costituita in base alle norme della stessa Legge di bilancio 2019, art. 1, comma 116) o da altre società autorizzate da Banca d'Italia a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio[40]. I Fondi per il venture capital devono investire esclusivamente nel capitale di rischio di PMI con elevato potenziale di sviluppo ed innovative, non quotate in mercati regolamentati, che si trovano nella fase di sperimentazione (seed financing), di costituzione (start-up financing), di avvio dell'attività (early-stage financing) o di sviluppo del prodotto (expansion, scale up financing).

 

Il comma 4 interviene sul credito di imposta in ricerca e sviluppo, istituito riconosciuto per l’anno 2020 - a favore delle imprese residenti nel territorio italiano - dalla Legge di bilancio 2020 (L. n. 160/2019, art. 1, commi 198 e ss.).

Il comma inserisce le spese per contratti di ricerca extra muros stipulati con le start-up innovative, tra le spese che concorrono a formare, in modo maggiorato, la base di calcolo del credito d'imposta, per un importo pari al 150 per cento del loro ammontare (novella all’art. 1, comma 200 della legge 160/2019).

La legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 198) ha introdotto un credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività innovative a supporto della competitività delle imprese, alle condizioni e nelle misure di cui ai commi da 199 a 206. Questa nuova disciplina opera per il periodo di imposta successivo al 31 dicembre 2019 e si sostituisce, si rammenta, a quella del credito di imposta per investimenti in ricerca e sviluppo, di cui all’articolo 3 del D.L. n. 145/2015, il cui periodo di operatività è stato anticipatamente cessato all’anno 2019. Possono accedere al credito d'imposta tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato, che effettuano investimenti nelle attività di ricerca e sviluppo, indicate quali attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale in campo scientifico o tecnologico (co. 200); attività di innovazione tecnologica finalizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati (co. 201); attività innovative, intendendo come tali le attività di design e ideazione estetica svolte dalle imprese dei settori tessile e moda, calzaturiero, occhialeria, orafo, mobile e arredo e della ceramica per la concezione e realizzazione dei nuovi prodotti e campionari (co. 202).

Il credito può essere fruito nella seguente misura:

§  12 per cento per le attività di ricerca e sviluppo, nel limite massimo di 3 milioni;

§  6 per cento per le attività di innovazione tecnologica nonché per le attività di design e ideazione estetica, nel limite massimo di 1,5 milioni;

§  10 per cento per le attività di innovazione tecnologica destinate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati per il raggiungimento di un obiettivo di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0, nel limite massimo di 1,5 milioni.

I costi ammissibili possono rientrare in una o più delle seguenti categorie:

spese del personale (ricercatori, tecnici e altro personale ausiliario impiegati nei progetti); strumentazioni e attrezzature; costi relativi a immobili e terreni; costi per la ricerca contrattuale, conoscenze e brevetti acquisiti o ottenuti in licenza, nonché costi per i servizi di consulenza e servizi equivalenti; spese generali supplementari e altri costi di esercizio (materiali e forniture).

Sul credito di imposta in ricerca e sviluppo si rinvia anche all’articolo 244 del provvedimento in esame.

 

Il comma 5 dispone una proroga di 12 mesi del termine di permanenza delle startup innovative nella sezione speciale del registro delle imprese.

Eventuali termini - previsti a pena di decadenza - dall’accesso a incentivi pubblici e per la revoca dei medesimi sono prorogati di 12 mesi.

Ai fini del comma in esame, la proroga della permanenza nella sezione speciale del registro delle imprese non rileva ai fini della fruizione delle agevolazioni fiscali e contributive previste dalla legislazione vigente.

 

La relazione tecnica evidenzia che l’estensione per un ulteriore anno della permanenza delle startup innovative nel registro delle imprese consentirà a questa platea di soggetti di poter accedere alle misure incentivanti del Ministero dello sviluppo economico ovvero di altre amministrazioni pubbliche, nei limiti delle risorse già stanziate per ciascuna misura agevolativa.

Si ricorda in questa sede che il D.L. n. 179/2012, all’articolo 25, disciplina la costituzione delle startup innovative, contemporaneamente riconoscendo loro molteplici agevolazioni fiscali, anche ai fini dell’iscrizione della costituzione ed iscrizione dell’impresa nel registro delle imprese, nonché deroghe al diritto societario e una disciplina particolare dei rapporti di lavoro nell’impresa (artt. 26-31). Condizione fondamentale per poter beneficiare delle agevolazioni è che tali imprese siano iscritte nella sezione speciale del registro delle imprese. Si ricorda che la startup innovativa che perde i requisiti (es. in seguito al decorso dei sessanta mesi dalla costituzione) viene cancellata dall'apposita sezione speciale. Alla società startup che, pur perdendo uno dei requisiti costitutivi della fattispecie, mantengono invece i requisiti per accedere alla sezione speciale delle PMI innovative, è consentito il mantenimento senza soluzione di continuità delle agevolazioni previste dalle norme.

 

Si rinvia, per ulteriori approfondimenti, all’apposito tema dell’attività parlamentare “Startup innovative, PMI innovative e incubatori certificati”.

 

Il comma 6 riserva una quota pari a 200 milioni di euro delle risorse del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, già previste a legislazione vigente, al rilascio delle garanzie in favore delle startup innovative e delle PMI innovative. A tale quota le imprese in questione accedono sulla base delle modalità, tempo per tempo vigenti, incluse quelle di cui alle disposizioni transitorie e straordinarie previste dall’ articolo 13 del D.L. n. 23/2020.

 

Si segnala che l’articolo 31 del provvedimento in esame rifinanzia ulteriormente il Fondo di garanzia PMI di 3.950 milioni di euro per l'anno 2020.

 

Si ricorda in questa sede, rimettendo più diffusamente al Dossier sul D.L. n. 23/2020 del Servizio Studi n. 288/2020, che l’articolo 13 del cd. D.L. “Liquidità” introduce, fino al 31 dicembre 2020, un potenziamento e un’estensione dell’intervento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, in deroga alla disciplina ordinaria. L’articolo rafforza ulteriormente - anche alla luce della intervenuta nuova disciplina sugli aiuti di Stato (State Aid Temporary Framework della Commissione europea) - la disciplina già introdotta dall’articolo 49 del D.L. n. 18/2020, abrogandolo e contemporaneamente riproducendone l’impianto e parte dei contenuti. L’articolo rifinanzia il Fondo di garanzia PMI di 1.729 milioni di euro per l’anno 2020, per le finalità ivi previste.

 

Il comma 7 integra la disciplina agevolativa delle startup innovative contenuta nel D.L. n. 179/2012, aggiungendovi un nuovo articolo 29-bis, che prevede incentivi in regime «de minimis» all’investimento in start-up innovative.

In particolare, il nuovo articolo dispone che - a decorrere dalla sua data di entrata in vigore - in alternativa a quanto previsto dall’articolo 29, all’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche si detrae il 50 per cento della somma investita dal contribuente nel capitale sociale di una o più startup innovative, direttamente ovvero per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio che investano prevalentemente in startup innovative. La detrazione si applica alle sole startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese al momento dell’investimento.

La detrazione è concessa, ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato cd. “de minimis”, di cui al Regolamento (UE) n. 1407/2013.

L’investimento massimo detraibile non può eccedere, in ciascun periodo d’imposta, l’importo di 100 mila euro e deve essere mantenuto per almeno tre anni.

L’eventuale cessione, anche parziale, dell’investimento prima del decorso di tale termine, comporta la decadenza dal beneficio e l’obbligo per il contribuente di restituire l’importo detratto, unitamente agli interessi legali.

Quanto alla disciplina degli aiuti di Stato “de minimis” si rinvia al commento normativo relativo al comma 2 del presente articolo.

Posto che le startup innovative possono operare anche nel settore agricolo e ittico, si rileva l’opportunità di includere nel comma un richiamo anche alla disciplina sugli aiuti di stato “de minimis” nel settore agricolo, di cui al Regolamento (UE) n. 1408/2013, come da ultimo modificato dal Regolamento (UE) 2019/316 e al settore ittico, di cui al Regolamento (UE) n. 717/2014.

Si ricorda che il decreto-legge n. 179 del 2012 ha introdotto un quadro organico di disposizioni, riguardanti la nascita e lo sviluppo di imprese startup innovative; in loro favore sono previste una serie di agevolazioni fiscali, che vanno dall'esclusione dalla disciplina delle società di comodo all'esenzione dal versamento dell'imposta di bollo, dai crediti di imposta in favore delle nuove assunzioni alle detrazioni Irpef e deduzioni Ires in favore degli investitori.

In particolare, per gli investimenti in capitale di rischio effettuati a partire dal 1° gennaio 2017 l’articolo 29 prevede quanto segue:

§  per le persone fisiche, una detrazione dall’imposta lorda Irpef pari al 30% dell’ammontare investito, fino a un massimo di 1 milione di euro;

§  per le persone giuridiche, una deduzione dall’imponibile Ires pari al 30% dell’ammontare investito.

Nella sua configurazione originaria, valida per gli investimenti effettuati fino al 31 dicembre 2016, le aliquote dell’incentivo ammontavano al 19% per gli investimenti da parte di persone fisiche e al 20% per le persone giuridiche, salvo le maggiorazioni rispettivamente al 25% e al 27% nel caso di investimenti in startup innovative a vocazione sociale o in ambito energetico. Dal 2017 si applica l’aliquota unica al 30%.

A partire dal 2017, la fruizione dell’incentivo è condizionata al mantenimento della partecipazione nella startup innovativa (holding period) per un minimo di tre anni.

 

Il comma 8 integra la disciplina agevolativa delle PMI innovative di cui all’articolo 4 del D.L. n. 3/2015 (con un nuovo comma 9-ter), introducendo per esse lo stesso regime agevolativo fiscale in regime “de minimis” introdotto per le startup innovative dal comma 7.

 

Il comma 9 demanda le modalità di attuazione delle agevolazioni di cui ai commi 7 e 8 ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore dell’articolo in esame.

 

Il comma 10 interviene sulla disciplina relativa al permesso di ingresso e soggiorno per periodi superiori a tre mesi per gli stranieri che intendono effettuare nel nostro Paese investimenti (cd. Investor Visa for Italy).

Il comma, in particolare, riduce della metà gli importi minimi degli investimenti in strumenti rappresentativi del capitale di una società italiana che danno titolo al “visto per investitori”.

Dunque - in base alla modifica apportata all’articolo 26-bis, co. 1, lett. b) del D.Lgs. n. 286/1998 – il visto viene ora riconosciuto agli investitori stranieri che intendono effettuare un investimento di almeno 500 mila euro (anziché 1 milione di euro) in strumenti rappresentativi del capitale di una società costituita e operante in Italia, mantenuto per almeno due anni ovvero di almeno euro 250 mila euro (anziché 500 mila euro) nel caso tale società sia una startup innovativa iscritta nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese.

 

La legge 11 dicembre 2016, n. 232 (“Legge di Bilancio 2017”) ha introdotto, all’art. 1, comma 148, una nuova tipologia di visto dedicata ai cittadini non Ue che intendono effettuare investimenti di importo significativo in aree strategiche per l’economia e per la società italiana.

A tal fine la norma ha aggiunto al D.lgs. 286/1998 (Testo unico sull’immigrazione) l’articolo 26-bis, dal titolo “Ingresso e soggiorno per investitori”, il quale – nella sua formulazione anteriore all’intervento qui in esame – ha previsto che possano candidarsi al visto i cittadini non Ue che effettuano un investimento in una delle seguenti tipologie:

-     due milioni di euro in titoli di Stato a medio-lungo termine (lettera a));

-     almeno 1 milione di euro in società di capitali italiane, ovvero 500 mila euro nel caso di start-up innovative (lettera b));

-     almeno un milione di euro per donazioni in ambito culturale, ambientale e sociale (lettera c)).

La definizione delle modalità e delle procedure di candidatura per il nulla osta al visto è avvenuta con il decreto attuativo, D.M. 21 luglio 2017. La procedura di richiesta è gestita dal MISE e avviene attraverso la piattaforma investorvisa.mise.gov.it.

La relazione illustrativa evidenzia che, dalla prima fase attuativa del programmaInvestor Visa”, la misura ha incontrato un interesse limitato: dalla fine del 2017 ad oggi sono pervenute 15 candidature, di cui 9 hanno portato al rilascio di visti per investitori (4 di esse riguardano operazioni di investimento in società di capitali per 1 milione di euro ciascuno; 3 riguardano investimenti in startup innovative per  500.000 euro ciascuno; 2 riguardano investimenti in titoli di Stato per  2 milioni ciascuno).

La disposizione in esame mira pertanto a incentivare l’utilizzo del programma, con particolare enfasi sulle forme di investimento a carattere produttivo, attraverso un dimezzamento delle soglie finanziarie per le operazioni dirette verso le società di capitali.

 

Il comma 11 estende le agevolazioni previste dalla misura “Smart&Start Italia” in favore delle startup innovative localizzate nel territorio del cratere sismico aquilano anche alle startup innovative localizzate nel territorio dei comuni colpiti dagli eventi sismici del 2016 e 2017 nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.

I comuni colpiti dagli eventi sismici del 2016 e 2017 sono quelli di cui agli allegati 1, 2 e 2-bis del D.L., n. 189/2016 (L. n. 229/2016)[41].

Sugli incentivi Smart&Start Italia si rinvia al commento del comma 1 del presente articolo.

 

I commi da 12 a 18 istituiscono e disciplinano il Fondo per l’intrattenimento digitale denominato «First Playable Fund» finalizzato a sostenere lo sviluppo dell’industria dell’intrattenimento digitale a livello nazionale.

In particolare, il comma 12 istituisce il Fondo in questione presso il Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione iniziale di 4 milioni di euro nel 2020.

Ai sensi del comma 13, il Fondo è finalizzato a sostenere le fasi di concezione e pre-produzione dei videogames, necessarie alla realizzazione di prototipi, tramite l’erogazione di contributi a fondo perduto, riconosciuti nella misura del 50 per cento delle spese ammissibili, e per un importo compreso da 10.000 euro a 200.000 euro per singolo prototipo.

Ai sensi del comma 14, i contributi possono essere utilizzati solo per la realizzazione di prototipi. A tal fine, sono ammissibili le seguenti spese:

a)   prestazioni lavorative svolte dal personale dell’impresa nelle attività di realizzazione di prototipi;

b)   prestazioni professionali commissionate a liberi professionisti e/o altre imprese finalizzate alla realizzazione di prototipi;

c)   attrezzature tecniche (hardware) acquistate per la realizzazione dei prototipi;

d)   licenze di software acquistate per la realizzazione dei prototipi.

 

Ai sensi del comma 15, il videogioco deve essere destinato alla distribuzione commerciale.

 

Ai sensi del comma 16, sono ammesse ai contributi le imprese che:

a)   abbiano sede legale nello Spazio Economico Europeo (SEE);

b)   siano soggette a tassazione in Italia per effetto della loro residenza fiscale, ovvero per la presenza di una sede operativa in Italia, cui sia riconducibile il prototipo;

c)   abbiano capitale sociale minimo interamente versato e un patrimonio netto non inferiori a diecimila euro, sia nel caso di imprese costituite sotto forma di società di capitale, sia nel caso di imprese individuali di produzione, ovvero costituite sotto forma di società di persone;

d)   siano in possesso di codice di classificazione dell’attività economica ATECO 58.2 (edizione di software) o 62 (produzione di software, consulenza informatica e attività connesse).

 

Ai sensi del comma 17, l’impresa beneficiaria è tenuta a realizzare il prototipo di videogames entro il termine di 18 mesi dal riconoscimento dell’ammissibilità della domanda da parte del Ministero dello sviluppo economico.

Il comma 18 demanda ad un decreto del Ministero dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, le modalità di presentazione delle domande; i criteri per la selezione delle stesse; le spese ammissibili; le modalità di erogazione del contributo; le modalità di verifica e rendicontazione delle spese; le cause di decadenza e revoca.

Il comma 19 quantifica gli oneri determinati dall’articolo in esame in 314 milioni di euro per il 2020, 70,8 milioni di euro per il 2021 e 40,5 milioni di euro a decorrere dal 2022, disponendo che ad essi si provveda ai sensi dell’articolo 265 (che reca disposizioni di copertura finanziaria del decreto legge).


 

Articolo 39
(Misure di rafforzamento dell’azione di recupero di aziende in crisi e potenziamento delle strutture di supporto per le crisi di impresa e per la politica industriale)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 39 autorizza il Ministro dello sviluppo economico ad avvalersi, al fine di potenziare e rendere più efficace l’attività di elaborazione delle politiche industriali dei settori maggiormente colpiti dall’emergenza COVID-19 e nel limite di spesa di euro 300.000 per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, di consulenti ed esperti, individuati all’esito di una selezione comparativa mediante avviso pubblico, specializzati in materia di politica industriale, nel numero massimo di dieci unità per ciascun anno del periodo considerato, da destinare al funzionamento del nucleo di esperti di politica industriale.

Il comma 2 elimina la disposizione che prevede l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per quanto concerne l'utilizzazione delle risorse relative al funzionamento del nucleo di esperti di politica industriale.

Il comma 3 destina una quota non superiore al 40 per cento dell'autorizzazione di spesa prevista per il funzionamento della struttura per le crisi di impresa istituita presso il MISE, e pari a 300.000 euro a decorrere dal 2007, allo svolgimento di attività di supporto finalizzate alla trattazione di tematiche concernenti le procedure di amministrazione straordinaria.

Al fine di potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali, il comma 4 autorizza il Ministro dello sviluppo economico ad avvalersi, per gli anni 2020, 2021 e 2022 e nel limite di spesa di 500.000 euro annui, di consulenti ed esperti, individuati all’esito di una selezione comparativa mediante avviso pubblico, specializzati in materia di politica industriale e crisi di imprese, nel numero massimo di dieci unità per ciascun anno del periodo considerato da destinare a supporto della struttura per le crisi di impresa.

Il comma 5 prevede che agli oneri derivanti dai commi 1 e 4, pari ad euro 800.000 per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dello sviluppo economico.

 

Il comma 1 autorizza il Ministro dello sviluppo economico ad avvalersi, al fine di potenziare e rendere più efficace l’attività di elaborazione delle politiche industriali dei settori maggiormente colpiti dall’emergenza COVID-19 e nel limite di spesa di euro 300.000 per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, di consulenti ed esperti[42], individuati all’esito di una selezione comparativa mediante avviso pubblico, specializzati in materia di politica industriale, nel numero massimo di dieci unità per ciascun anno del periodo considerato, da destinare al funzionamento del nucleo di esperti di politica industriale di cui all’articolo 3 della L. 140/1999.

 

L'articolo 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140, recante Norme in materia di attività produttive, autorizza il Ministro dello sviluppo economico, sentite le Commissioni parlamentari competenti, ad avvalersi - per lo svolgimento di funzioni di elaborazione, di analisi e di studio nei settori delle attività produttive - della collaborazione di esperti o società specializzate mediante appositi contratti, nonché ad avvalersi di un Nucleo di esperti per la politica industriale, dotato della necessaria struttura di supporto e disciplinato con apposito decreto.

L'onere per far fronte alla predetta attività, comprensivo di quello relativo all'ulteriore attività consentita dall'articolo 2, comma 3, lettera f) della medesima legge n. 140 (utilizzo di esperti di alta qualificazione per la realizzazione da parte di imprese italiane di progetti e programmi ad elevato contenuto tecnologico nei settori aeronautico e spaziale e nel settore dei prodotti elettronici ad alta tecnologia suscettibili di impiego duale), è stato inizialmente individuato dalla norma in 6 miliardi di lire annue (corrispondenti a 3.098.741,39 euro) a decorrere dal 1999.

Sull'autorizzazione di spesa in questione hanno successivamente inciso le norme sul contenimento della spesa per studi e incarichi di consulenza delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, come ricorda anche la relazione

illustrativa del provvedimento in esame, il D.L. n. 78/2010. Le risorse, relative all'autorizzazione di spesa qui oggetto di riparto sono iscritte, a legge di bilancio 2020 (legge n. 160/2019), sul capitolo 2234/MISE, il quale evidenzia disponibilità, in termini di competenza e di cassa, pari a 105.994 euro per il 2020.

Con riferimento al conferimento, da parte di amministrazioni statali, di incarichi per studi e consulenze, operano i limiti previsti dall'articolo 6, comma 7, del D.L. n. 78/2010, recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica. Tale norma ha previsto che la spesa annua per studi e incarichi di consulenza delle PP.AA., incluse le autorità indipendenti, escluse le università, gli enti e le fondazioni di ricerca e gli organismi equiparati nonché gli incarichi di studio e consulenza connessi ai processi di privatizzazione e alla regolamentazione del settore finanziario, non possa essere superiore al 20 per cento di quella sostenuta nell'anno 2009.

Al riguardo, è utile rammentare, inoltre, che l'articolo 14, comma 1, del D.L. n. 66/2014 ha disposto che le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della P.A., ad eccezione delle Università, degli istituti di formazione, degli enti di ricerca e degli enti del Servizio sanitario nazionale, non possono conferire incarichi di consulenza, studio e ricerca quando la spesa complessiva sostenuta nell'anno per tali incarichi sia superiore rispetto alla spesa per il personale dell'amministrazione conferente l'incarico, come risultante dal conto annuale del 2012, al 4,2 per cento per le amministrazioni con spesa di personale pari o inferiore a 5 milioni di euro, e all'1,4 per cento per le amministrazioni con spesa di personale superiore a 5 milioni di euro.

Inoltre, per il conferimento degli incarichi di ricerca studio e consulenza rimane ferma la necessità della sussistenza dei numerosi presupposti richiesti dalla vigente normativa (si richiama, ad esempio, l'articolo 7, comma 6 del D.Lgs. n.165/2001, sui criteri per il conferimento di incarichi nella P.A.) e del rispetto dei vari adempimenti previsti (ad esempio gli obblighi della procedura selettiva e di pubblicazione). Si ricorda in proposito che, ai sensi dell'articolo 1, comma 146, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013) le amministrazioni pubbliche individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché le autorità indipendenti, inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), possono conferire incarichi di consulenza in materia informatica solo in casi eccezionali, adeguatamente motivati, in cui occorra provvedere alla soluzione di problemi specifici connessi al funzionamento dei sistemi informatici. La violazione della disposizione è valutabile ai fini della responsabilità amministrativa e disciplinare dei dirigenti.

Sulle norme di contenimento della spesa adottate nel corso dei vari anni, si rinvia anche alla Circolare n. 31/2018 della Ragioneria generale dello Stato, volta a fornire indicazioni alle amministrazioni pubbliche al fine dell'adeguamento del bilancio di previsione alle nuove norme introdotte in materia di spending review e a tutte quelle stratificate negli anni in materia di contenimento della finanza pubblica. La circolare contiene un dettagliato quadro sinottico delle norme di revisione della spesa applicabili.

Con riferimento al Nucleo di esperti per la politica industriale, esso è stato istituito con decreto del Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico) 18 settembre 2000 e successivi provvedimenti normativi (D.P.R. 14 maggio 2007, n. 78) ne hanno variato composizione (da 10 a 7 componenti) e disciplinato le funzioni (D.M. 7 maggio 2009). Secondo l'articolo 4, comma 2, lettera e), del D.P.C.M. 93/2019 (Regolamento concernente l'organizzazione del Ministero dello sviluppo economico), modificato dal DPCM 178/2019, il Nucleo degli esperti di politica industriale opera presso la Direzione generale per la politica industriale, l'innovazione e le piccole e medie imprese.

La richiesta di parere parlamentare non ha per oggetto uno schema di provvedimento, bensì una Relazione in cui il Ministro sottopone al parere delle competenti Commissioni parlamentari le linee essenziali di un programma relativo all'utilizzazione delle risorse stanziate dall'articolo 3.

Nell'ultima relazione trasmessa per il parere delle Commissioni parlamentari (A.G. n. 88), per l'anno 2019, l'entità delle risorse riconducibili alle finalità di cui al citato articolo 3 della L. n. 140/1999 è stata stabilita in 105.994 euro, iscritti, in base alla legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018), nello stato di previsione del MISE e assegnati al centro di responsabilità "Direzione generale per la politica industriale e la competitività e le piccole e medie imprese" – Missione 11 "Competitività e sviluppo delle imprese" – Programma 11.5 – "Promozione e attuazione di politiche di sviluppo, competitività e innovazione, di responsabilità sociale e movimento cooperativo" - Azione "Politica industriale e politiche per la competitività del sistema produttivo nazionale" (capitolo 2234).

La relazione segnala che si tratta di spesa corrente da sostenere entro l'anno di competenza, in quanto gli interventi da realizzare sono stati limitati ad attività di studio, analisi e ricerche, che non comportano impegni pluriennali.

Per ulteriori approfondimenti si veda il dossier predisposto in occasione dell'esame dell'AG. n. 88.

 

Il comma 2 novella quindi il citato articolo 3 della L. n. 140/1999, espungendo la previsione relativa al parere delle Commissioni parlamentari competenti per quanto concerne l'utilizzazione delle risorse da esso stanziate.

 

Al riguardo, la relazione illustrativa osserva che lo stanziamento originario era piuttosto cospicuo, risultando pari a sei miliardi di lire annui; circostanza quest’ultima, che aveva indotto il legislatore dell’epoca a prevedere la necessità da parte del Ministero di richiedere alle Commissioni Parlamentari competenti l'autorizzazione del programma finanziario per ogni esercizio in corso allo scopo di poter attivare le forme di collaborazione ivi previste. Tuttavia, a causa della progressiva diminuzione dello stanziamento relativo a questa autorizzazione di spesa, ormai da tempo considerevolmente ridotto rispetto a quello originario (da 6 miliardi di lire annui si è passati ai 106.000 euro attuali), non è stato più possibile procedere alla nomina del suddetto nucleo per assenza di risorse finanziarie necessarie a coprirne il costo di funzionamento. Il comma 2 prevede l’eliminazione del prescritto preliminare passaggio presso le Commissioni Parlamentari competenti, attualmente contemplato dall’articolo 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140.

 

Il comma 3 destina una quota non superiore al 40 per cento dell'autorizzazione di spesa prevista per il funzionamento della struttura per le crisi di impresa istituita presso il MISE, e pari a 300.000 euro a decorrere dal 2007, allo svolgimento di attività di supporto finalizzate alla trattazione di tematiche concernenti le procedure di amministrazione straordinaria di cui al d.lgs. n. 270/1999 (Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza) e al D.L. n. 347/2003 (L. n. 39/2004) (Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza).

 

L'art. 1 del d.lgs. n. 270/1999 definisce l'amministrazione straordinaria come la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, con finalità conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali.

 

A tal fine viene novellato l'articolo 1, comma 852, della L. n. 296/2006 (legge finanziaria 2007).

 

La relazione illustrativa ricorda che la struttura, istituita in base alla norma sopra citata, operando in collaborazione e coordinamento con le altre strutture amministrative ministeriali, ha il compito precipuo di supportare la gestione delle crisi d’impresa per le quali sia richiesto l’intervento del Ministero dello sviluppo economico d’intesa con il Ministero del lavoro, provvedendo alle necessarie analisi e agli approfondimenti tecnico-economici, al confronto con le parti sociali e con le istituzioni interessate, nonché alle interlocuzioni utili anche a livello territoriale, per promuovere e verificare le possibili ipotesi di soluzione delle crisi.

L’art. 1, comma 852, della legge n. 296/2006 - come novellato dall'art. 12, co. 1-bis, del D.L. n. 101/2019 (L. n. 128/2019) - ha previsto l’istituzione, da parte del MISE, d'intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un'apposita struttura, con forme di cooperazione interorganica fra i due Ministeri, finalizzata a contrastare il declino dell'apparato produttivo, anche mediante salvaguardia e consolidamento di attività e livelli occupazionali delle imprese di rilevanti dimensioni di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 270/1999, che versino in crisi economico-finanziaria.

Si tratta delle imprese, anche individuali, soggette alle disposizioni sulla liquidazione giudiziale, che abbiano un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a duecento da almeno un anno. La citata disposizione del D. Lgs. n. 270/1999 ammette tali imprese all'amministrazione straordinaria, qualora esse abbiano anche un ulteriore requisito, ossia debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi, sia del totale dell'attivo dello stato patrimoniale sia dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio.

In base all’art. 1, comma 852, della legge n. 296/2006, tale struttura opera in collaborazione con le competenti Commissioni parlamentari, nonché con le regioni nel cui ambito si verificano le situazioni di crisi d'impresa oggetto d'intervento. I parlamentari eletti nei territori nel cui ambito si verificano le situazioni di crisi d'impresa oggetto d'intervento possono essere invitati a partecipare ai lavori della struttura. La struttura garantisce la pubblicità e la trasparenza dei propri lavori, anche attraverso idonee strumentazioni informatiche. A tal fine è autorizzata la spesa di 300.000 euro a decorrere dall'anno 2007, cui si provvede mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3 della L. n. 140/1999.

Nel decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato d'intesa con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, del 18 dicembre 2007, sono contenute disposizioni concernenti l’articolazione, la composizione e l’organizzazione di tale struttura, tra le quali la previsione di un protocollo d'intesa tra i Ministri dello sviluppo economico e del lavoro e delle politiche sociali, senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato, che stabilisca forme di cooperazione interorganica fra i medesimi Ministeri e di collaborazione con le regioni.

Ai sensi dell’art. 2 del decreto interministeriale citato, la struttura in questione “cura la rilevazione e la gestione di situazioni di crisi di impresa e procede all’attivazione di iniziative e interventi per il relativo superamento, in coerenza agli indirizzi di politica industriale e nel quadro delle politiche di reindustrializzazione e riconversione delle aree e dei settori industriali colpiti da crisi”.

Organo della struttura per le crisi di impresa è l'Unità per la gestione delle vertenze delle imprese in crisi, che svolge funzioni di salvaguardia e di consolidamento dei livelli occupazionali delle imprese, nonché di prevenzione di situazioni di crisi. Secondo l'articolo 4, comma 1, lettera r), del D.P.C.M. 93/2019 (Regolamento concernente l'organizzazione del Ministero dello sviluppo economico), modificato dal DPCM 178/2019, la Direzione generale per la politica industriale, l'innovazione e le piccole e medie imprese svolge le funzioni relative alla Struttura per le crisi di impresa di cui all'articolo 1, comma 852, L. n. 296/2006.

L'art. 12, co. 1, del D.L. n. 101/2019 (L. n. 128/2019), con l’esplicita finalità del potenziamento delle attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali, assegna alla suddetta struttura, fino al 31 dicembre 2021, in deroga alla dotazione organica del Ministero dello sviluppo economico, un contingente di personale fino ad un massimo di dodici funzionari di area III del comparto funzioni centrali, dipendenti dalle pubbliche amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, dotati delle necessarie competenze ed esperienze in materia di politica industriale, analisi e studio in materia di crisi di imprese, in posizione di fuori ruolo o di comando o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti, ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della L. 15 maggio 1997, n. 127, con trattamento economico complessivo a carico dell'amministrazione di destinazione.

A tale riguardo, si ricorda che il citato art. 17 della L. n. 127/1997 prevede, al comma 14, che nel caso in cui disposizioni di legge o regolamentari dispongano l'utilizzazione presso le amministrazioni pubbliche di un contingente di personale in posizione di fuori ruolo o di comando, le amministrazioni di appartenenza sono tenute ad adottare il provvedimento di fuori ruolo o di comando entro quindici giorni dalla richiesta.

 

Al fine di potenziare le attività di prevenzione e soluzione delle crisi aziendali, il comma 4 autorizza il Ministro dello sviluppo economico ad avvalersi, per gli anni 2020, 2021 e 2022 e nel limite di spesa di 500.000 euro annui, di consulenti ed esperti, individuati all’esito di una selezione comparativa mediante avviso pubblico, specializzati in materia di politica industriale e crisi di imprese, nel numero massimo di dieci unità per ciascun anno del periodo considerato da destinare a supporto della struttura per le crisi di impresa istituita dall’articolo 1, comma 852, della L. n. 296/2006.

Il comma 5 prevede che agli oneri derivanti dai commi 1 e 4, pari ad euro 800.000 per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al MISE.

 


 

Articolo 40
(Misure di sostegno alle micro, piccole e medie imprese titolari del servizio di distribuzione di carburanti nelle autostrade
per il periodo di emergenza da COVID-19)

 

 

L’articolo 40 riconosce, nel limite complessivo di 4 milioni di euro per l’anno 2020 e a determinate condizioni, un contributo alle micro imprese e alle piccole e medie imprese che gestiscono il servizio di distribuzione autostradale di carburanti, in considerazione del mantenimento del servizio durante il periodo di emergenza sanitaria pur in presenza di calo considerevole della domanda. Il contributo è commisurato ai contributi previdenziali e assistenziali dovuti sulle retribuzioni da lavoro dipendente corrisposte nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020.

Il contributo è riconosciuto nel limite massimo complessivo di spesa di 4 milioni di euro per il 2020.

 

Nel dettaglio, il comma 1 prevede che può essere riconosciuto, nel limite complessivo di 4 milioni di euro per l’anno 2020, un contributo alle microimprese e alle piccole e medie imprese che gestiscono il servizio di distribuzione autostradale di carburanti, in considerazione del mantenimento del servizio durante il periodo di emergenza sanitaria pur in presenza di calo considerevole della domanda.

 

Deve trattarsi, in particolare:

§  di microimprese e alle piccole e medie imprese come definite dalla Raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003, aventi sede in Italia;

 

L’articolo 2 dell’Allegato alla citata raccomandazione n. 2003/361/CE stabilisce che la categoria delle microimprese delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di EUR oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di EUR (comma 1).

Nella categoria delle PMI si definisce piccola impresa un'impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di EUR (comma 2).

Nella categoria delle PMI si definisce microimpresa un'impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di EUR (comma 3).

 

§  che risultavano attive e in regola con il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali alla data del 1° marzo 2020.

Il contributo è commisurato ai contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei premi per l'assicurazione obbligatoria infortunistica, a carico dei datori di lavoro, dovuti sulle retribuzioni da lavoro dipendente corrisposte nei mesi di marzo, aprile e maggio 2020.

 

Il contributo non viene riconosciuto nei casi di gestioni dirette degli impianti di distribuzione carburanti in autostrada da parte delle società petrolifere integrate alla raffinazione e alle gestioni unitarie delle attività petrolifere e di ristorazione (comma 2).

 

Il contributo è erogato dal Ministero dello sviluppo economico su domanda dell’impresa di gestione, nel limite di spesa di cui al comma 1, mediante riparto proporzionale delle risorse disponibili tra le domande ammissibili.

Con provvedimento del MISE sono individuati le modalità ed il termine di presentazione delle domande nonché le procedure per la concessione del contributo (comma 3).

Al fine di verificare se i distributori di carburanti appartengano alla categoria delle micro imprese o delle PMI, i ricavi si calcolano con le modalità di cui all’articolo 18, comma 10, del DPR n. 600 del 1973 (comma 4).

 

L’articolo 18, comma 10 del DPR n. 600/1973 prevede che per i rivenditori, in base a contratti estimatori, di giornali, di libri e di periodici, anche su supporti audio-videomagnetici, e per i distributori di carburante, ai fini del calcolo dei limiti di ammissione ai regimi semplificati di contabilità, i ricavi percepiti si assumono al netto del prezzo corrisposto al fornitore dei predetti beni […].

 

Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 4 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265, che reca disposizioni di copertura finanziaria del provvedimento in esame (comma 5).


 

Articolo 41
(Misure urgenti a sostegno del meccanismo dei Certificati Bianchi)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 41 proroga dal 15 maggio 2020 al 30 novembre 2020 il termine entro il quale i "soggetti obbligati" (i distributori di energia elettrica e di gas naturale che, alla data del 31 dicembre di due anni antecedenti all'anno d'obbligo considerato, hanno più di 50.000 clienti finali connessi alla propria rete di distribuzione), devono realizzare una riduzione dei consumi di energia primaria pari a, rispettivamente, 2,77 milioni di Certificati Bianchi e 3,43 milioni di Certificati Bianchi, da conseguire nell'anno 2019.

Conseguentemente, per l’anno d’obbligo 2019, l’emissione di Certificati Bianchi, non derivanti dalla realizzazione di progetti di efficienza energetica, decorre a partire dal 15 novembre 2020.

Il comma 2 prevede che, per le unità di cogenerazione ad alto rendimento entrate in esercizio dal 1° gennaio 2019, i Certificati Bianchi sono riconosciuti dalla data di entrata in esercizio di ciascuna unità, nei termini e per il periodo definiti dalla legislazione vigente, subordinatamente all’esito delle verifiche già attualmente previste e fermo restando che nell'ambito del periodo di diritto al riconoscimento dei certificati bianchi sono inclusi, senza alcun recupero o diritto a proroghe, gli anni in cui l'unità di cogenerazione non rispetta le condizioni per l'accesso al regime di sostegno, ferma restando la validità del titolo autorizzativo a suo tempo rilasciato per la realizzazione e l'esercizio della medesima unità.

 

Il comma 1 proroga ulteriormente dal 15 maggio 2020 al 30 novembre 2020 il termine entro il quale i "soggetti obbligati" (i distributori di energia elettrica e di gas naturale che, alla data del 31 dicembre di due anni antecedenti all'anno d'obbligo considerato, hanno più di 50.000 clienti finali connessi alla propria rete di distribuzione) devono realizzare una riduzione dei consumi di energia primaria pari a, rispettivamente, 2,77 milioni di Certificati Bianchi[43] e 3,43 milioni di Certificati Bianchi, da conseguire nell'anno 2019 .

Tali obiettivi sono posti, rispettivamente, dall’articolo 4, comma 4, lettera c), e comma 5, lettera c), del DM 11 gennaio 2017 (Determinazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico che devono essere perseguiti dalle imprese di distribuzione dell'energia elettrica e il gas per gli anni dal 2017 al 2020 e per l'approvazione delle nuove Linee Guida per la preparazione, l'esecuzione e la valutazione dei progetti di efficienza energetica), pubblicato nella GU n. 78 del 3 aprile 2017.

 

L'art. 3, co. 1, lett. a) e b), del predetto DM ha previsto che i soggetti tenuti al rispetto degli obblighi quantitativi nazionali in esso stabiliti sono, rispettivamente, i distributori di energia elettrica che, alla data del 31 dicembre di due anni antecedenti all'anno d'obbligo considerato, hanno più di 50.000 clienti finali connessi alla propria rete di distribuzione, nonché i distributori di gas naturale che, alla data del 31 dicembre di due anni antecedenti all'anno d'obbligo considerato, hanno più di 50.000 clienti finali connessi alla propria rete di distribuzione.

In base all'art. 4, co. 4, del DM citato, le misure e gli interventi che consentono ai distributori di energia elettrica prima indicati di adempiere agli obblighi quantitativi nazionali annui di incremento dell'efficienza energetica degli usi finali di energia elettrica nel periodo 2017-2020, devono realizzare una riduzione dei consumi di energia primaria, espressa in numero di Certificati Bianchi secondo le seguenti quantità e cadenze annuali:

a)    2,39 milioni di Certificati Bianchi, da conseguire nell'anno 2017;

b)   2,49 milioni di Certificati Bianchi, da conseguire nell'anno 2018;

c)    2,77 milioni di Certificati Bianchi, da conseguire nell'anno 2019;

d)   3,17 milioni di Certificati Bianchi, da conseguire nell'anno 2020.

Secondo il co. 5 dello stesso articolo, le misure e gli interventi che consentono ai distributori di gas naturale sopra indicati di adempiere agli obblighi quantitativi nazionali annui di incremento dell'efficienza energetica degli usi finali di gas naturale nel periodo 2017-2020, devono realizzare una riduzione dei consumi di energia primaria, espressa in numero di Certificati Bianchi, secondo le seguenti quantità e cadenze annuali:

a)    2,95 milioni di Certificati Bianchi, da conseguire nell'anno 2017;

b)   3,08 milioni di Certificati Bianchi, da conseguire nell'anno 2018;

c)    3,43 milioni di Certificati Bianchi, da conseguire nell'anno 2019;

d)   3,92 milioni di Certificati Bianchi, da conseguire nell'anno 2020.

 

Per quanto riguarda la proroga del termine, l'articolo in esame richiama, rispettivamente, l’articolo 103, comma 1, del D.L. n. 18/2020 (L. n. 27/2020), nonché l’articolo 37, comma 1, del D.L. n. 23/2020, il cui disegno di legge di conversione è attualmente all'esame della Camera (A.C. 2461).

 

Il comma 1 dell'articolo 103 del D.L. n. 18/2020 aveva sospeso fino al 15 aprile 2020 tutti i termini inerenti allo svolgimento dei procedimenti amministrativi, che risultassero pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o che fossero iniziati successivamente a tale data.

Successivamente, l’articolo 37 del D.L. n. 23/2020 ha prorogato fino al 15 maggio 2020 la sospensione di tutti i termini inerenti allo svolgimento di procedimenti amministrativi e dei procedimenti disciplinari pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, già disposta fino al 15 aprile dal decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18.

Si vedano, rispettivamente, il dossier n. 284/2, Volume II, dell'11 aprile 2020, predisposto in occasione dell'esame dell'A.C. 2463 e il dossier n. 288 del 15 aprile 2020, predisposto in occasione dell'esame dell'A.C. 2461.

 

Il secondo periodo del comma 1 in esame dispone conseguentemente che, per l’anno d’obbligo 2019, l’emissione di Certificati Bianchi non derivanti dalla realizzazione di progetti di efficienza energetica di cui all’articolo 14-bis del già citato DM 11 gennaio 2017, decorre a partire dal 15 novembre 2020.

 

Il co. 1 dell'art. 14-bis (introdotto dal DM 18 maggio 2018) del DM 11 gennaio 2017 prevede che, a decorrere dal 15 maggio di ogni anno, e fino alla scadenza del relativo anno d'obbligo, il GSE emette, a favore e su specifica richiesta dei soggetti obbligati, Certificati Bianchi non derivanti dalla realizzazione di progetti di efficienza energetica, ad un valore unitario pari alla differenza tra 260 euro e il valore del contributo tariffario definitivo relativo all'anno d'obbligo. In ogni caso detto importo non può eccedere i 15 euro.

 

Il comma 2 prevede che per le unità di cogenerazione ad alto rendimento entrate in esercizio dal 1° gennaio 2019, i Certificati Bianchi previsti dal DM 5 settembre 2011 (Definizione del nuovo regime di sostegno per la cogenerazione ad alto rendimento), pubblicato nella GU n. 218 del 19 settembre 2011, sono riconosciuti, subordinatamente all’esito delle verifiche di cui all’articolo 7 e fermo restando quanto disposto dall’articolo 4, comma 3, del medesimo DM, dalla data di entrata in esercizio di ciascuna unità, nei termini e per il periodo definiti dallo stesso DM.

 

L'art. 7 del DM 5 settembre 2011 prevede che gli operatori che intendono accedere al regime di sostegno per unità di cogenerazione che non sono ancora in esercizio inviano al GSE, in copia al MISE, la documentazione tecnica ed amministrativa riguardante l'unità di cogenerazione per un esame preliminare, volto ad accertare se la configurazione di impianto e la strumentazione di corredo permettano di individuare le grandezze che concorrono a qualificare l'unità di cogenerazione come CAR. La documentazione tecnica è redatta secondo la modulistica che sarà resa disponibile, sul sito internet del GSE, previa approvazione del MISE, entro il 30 settembre 2011. Il GSE si esprime entro 120 giorni solari dal ricevimento della documentazione, circa la sufficienza della documentazione stessa, individuando eventuali carenze ed indicando le eventuali modifiche da apportare. Se l'operatore non intende apportare le modifiche indicate dal GSE, questi adotta, in fase di riconoscimento, ipotesi conservative a vantaggio dell'Amministrazione. La documentazione tecnica ed amministrativa, completa delle eventuali modifiche indicate dal GSE ed accettate dall'operatore, costituisce il quadro di riferimento per l'unità di cogenerazione ed esime l'operatore dalla presentazione di ulteriore documentazione nella fase di riconoscimento di CAR (Cogenerazione ad Alto Rendimento), fatti salvi i dati di esercizio consuntivi dell'anno precedente e l'obbligo di trasmissione al GSE e al MISE di variazioni che possano incidere in modo significativo sul rispetto della condizione tecnica di cogenerazione.

L'art. 4, co. 3, del DM in esame prevede che nell'ambito del periodo di diritto al riconoscimento dei certificati bianchi sono inclusi, senza alcun recupero o diritto a proroghe, gli anni in cui l'unità di cogenerazione non rispetta le condizioni per l'accesso al regime di sostegno di cui all'art. 3, ferma restando la validità del titolo autorizzativo a suo tempo rilasciato per la realizzazione e l'esercizio della medesima unità.


 

Articolo 42
(Fondo per il trasferimento tecnologico e altre misure urgenti per la difesa ed il sostegno dell’innovazione)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 42 istituisce nello stato di previsione del MISE un fondo denominato Fondo per il trasferimento tecnologico, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2020.

Il comma 2 precisa quali iniziative il Fondo è destinato a finanziare.

Il comma 3 autorizza il MISE, a valere sulle disponibilità del nuovo Fondo per il trasferimento tecnologico, ad intervenire attraverso la partecipazione indiretta in capitale di rischio e di debito, anche di natura subordinata.

Il comma 4 prevede che, per l’attuazione dei suddetti interventi, il MISE si avvale di ENEA - Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile, nell’ambito delle funzioni ad essa già attribuite in materia di trasferimento tecnologico, previa stipula di apposita convenzione.

Il comma 5 autorizza quindi ENEA alla costituzione della Fondazione Enea Tech, sottoposta alla vigilanza del MISE.

Il comma 6 detta la disciplina relativa al patrimonio e alle funzioni della Fondazione.

Il comma 7 prevede un regime di neutralità fiscale per tutti gli atti connessi alla costituzione della Fondazione.

Il comma 8 esclude espressamente l'applicabilità degli oneri di analitica motivazione prescritti dalla legislazione vigente in relazione a taluni atti concernenti società a partecipazione pubblica.

Il comma 9 reca la disposizione di quantificazione e copertura degli oneri.

 

Il comma 1 istituisce nello stato di previsione del MISE un fondo denominato Fondo per il trasferimento tecnologico, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2020, finalizzato alla promozione di iniziative e investimenti utili alla valorizzazione e all'utilizzo dei risultati della ricerca presso le imprese operanti sul territorio nazionale, con particolare riferimento alle start-up innovative di cui all’articolo 25 del D.L. n. 179/2012 (L. n. 221/2012), e alle PMI innovative di cui all’articolo 4 del D.L. n. 3/2015 (L. n. 33/2015), al fine di sostenere e accelerare i processi di innovazione, crescita e ripartenza duratura del sistema produttivo nazionale, rafforzando i legami e le sinergie con il sistema della tecnologia e della ricerca applicata.

 

Si veda il Doc. CCXIII n. 4, Relazione sullo stato di attuazione delle misure per la nascita e lo sviluppo di imprese start-up innovative (aggiornata al 30 giugno 2017).

La definizione di start-up innovativa è contenuta nell'articolo 25, comma 2, del D.L. n. 179/2012. Ai sensi di tale norma, è startup innovativa la società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, e che sono in possesso dei seguenti requisiti:

-     è di nuova costituzione o comunque è stata costituita da non più di 5 anni (comma 2, lett. b);

-     ha sede principale in Italia, o in altro Paese membro dell'Unione europea, o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE), purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia (lett. c);

-     presenta (a partire dal secondo anno di attività) un valore annuo della produzione (risultante dall'ultimo bilancio approvato da non più di sei mesi) non superiore a 5 milioni di euro (lett. d);

-     non distribuisce e non ha distribuito utili (lett. e);

-     non è costituita da fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda (lett. g);

-     ha come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico (lett. f);

-     a tal fine, la società deve possedere almeno uno dei tre seguenti indicatori (lett. h):

 

1)   le spese in ricerca e sviluppo devono essere pari o superiori al 15% del valore maggiore tra fatturato (valore totale della produzione) e costo (il n. 1, lett. h), comma 2 dell'art. 25 descrive talune le spese da annoverarsi a quelle in ricerca e sviluppo in aggiunta ai criteri dettati dai principi contabili aziendali);

2)   la forza lavoro complessiva è costituita per almeno 1/3 da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori in Italia e all'estero presso istituti pubblici o privati (in qualità di collaboratori o dipendenti), oppure per almeno 2/3 da soci o collaboratori a qualsiasi titolo in possesso di laurea magistrale;

3)   l'impresa è titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto registrato (diritto di privativa industriale relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a topografia di prodotto a semiconduttori o nuova varietà vegetale) oppure titolare di programma per elaboratore originario registrato, purché tali privative siano riconducibili all'oggetto sociale e all'attività d'impresa.

 

L'articolo 4, comma 1 del D.L. n. 3/2015 ha introdotto la definizione di "piccole e medie imprese innovative", disponendo che esse beneficino della gran parte delle misure agevolative previste per le startup innovative. La finalità è quella di far rientrare nel campo di intervento tutte le imprese innovative, a prescindere dal loro livello di maturità. Nel dettaglio, l'articolo 4 comma 1 del D.L. n. 3/2015 definisce PMI innovative, le società di capitali, costituite anche in forma cooperativa, che possiedono i seguenti requisiti:

1.      la residenza in Italia ai sensi del TUIR (art. 73 D.P.R. 917/1986), o in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo, purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia;

2.      la certificazione dell'ultimo bilancio e dell'eventuale bilancio consolidato redatto da un revisore contabile o da una società di revisione iscritti nel registro dei revisori contabili;

3.      le loro azioni non sono quotate in un mercato regolamentato;

4.      l'assenza di iscrizione al registro speciale delle startup e incubatori certificati;

5.      il possesso di almeno due dei seguenti requisiti indicativi della rilevanza dell'attività di innovazione e ricerca svolta:

1.      volume di spesa in ricerca, sviluppo e innovazione in misura uguale o superiore al 3 % del maggior valore fra costo e fatturato (valore totale della produzione) della PMI innovativa; vengono dettagliate modalità specifiche di computo delle spese;

2.      impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore a 1/5 della forza lavoro complessiva, di dottori di ricerca o dottorandi presso un'università italiana o straniera, oppure di laureati, che, da almeno tre anni, hanno svolto attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all'estero, ovvero, per almeno 1/3 della forza lavoro complessiva, di personale con laurea magistrale;

3.      titolarità, anche quali depositarie o licenziatarie, di almeno una privativa industriale (relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale), o titolarità dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato presso il relativo Registro pubblico speciale, purché tale privativa sia direttamente afferente all'oggetto sociale e all'attività di impresa.

Si veda l'apposito Tema dell'attività parlamentare sul sito della Camera.

 

Il comma 2 precisa che le iniziative sopra indicate sono volte a favorire la collaborazione di soggetti pubblici e privati nella realizzazione di progetti di innovazione e spin-off e possono prevedere lo svolgimento, da parte di ENEA quale soggetto attuatore individuato dal comma 4 e nei limiti delle risorse ivi stanziate, di attività di progettazione, coordinamento, promozione, stimolo alla ricerca e allo sviluppo attraverso l'offerta di soluzioni tecnologicamente avanzate, processi o prodotti innovativi, attività di rafforzamento delle strutture e diffusione dei risultati della ricerca, di consulenza tecnico-scientifica e formazione, nonché attività di supporto alla crescita delle start-up e delle PMI ad alto potenziale innovativo.

Al fine di sostenere le predette iniziative, il comma 3 autorizza il MISE, a valere sulle disponibilità del nuovo Fondo per il trasferimento tecnologico, ad intervenire attraverso la partecipazione indiretta in capitale di rischio e di debito, anche di natura subordinata, nel rispetto della disciplina europea in materia di aiuti di Stato ovvero delle vigenti disposizioni in materia di affidamento dei contratti pubblici o in materia di collaborazione tra amministrazioni pubbliche eventualmente applicabili.

 

In base all'articolo 2, comma 1, lett. g), del d.lgs. n. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica - TUSP), per «partecipazione indiretta» s'intende la partecipazione in una società detenuta da un'amministrazione pubblica per il tramite di società o altri organismi soggetti a controllo da parte della medesima amministrazione pubblica. Le «amministrazioni pubbliche» sono le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, i loro consorzi o associazioni per qualsiasi fine istituiti, gli enti pubblici economici e le autorità di sistema portuale (lett. a)). Il «controllo» è la situazione descritta nell'articolo 2359 del codice civile e può altresì sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all'attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo (lett. b)).

Per l'articolo 2359 del codice civile sono considerate società controllate:

1.    le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2.    le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3.    le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.

 

Il secondo periodo del comma in esame demanda a un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, l'individuazione dei possibili interventi, dei criteri, delle modalità e delle condizioni per la partecipazione indiretta in capitale di rischio e di debito.

Il comma 4 prevede che, per l’attuazione dei suddetti interventi, il MISE si avvale di ENEA - Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile, nell’ambito delle funzioni ad essa già attribuite in materia di trasferimento tecnologico, previa stipula di apposita convenzione.

A tal fine, esso autorizza la spesa di 5 milioni di euro per il 2020.

 

L’articolo 37 della legge n. 99/2009 - integralmente sostituito dall'art. 4, co. 1, della L., n. 221/2015- ha istituito al comma 1, sotto la vigilanza del MISE, l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA). Al comma 2 si precisa che l'ENEA è un ente di diritto pubblico finalizzato alla ricerca e all'innovazione tecnologica, nonché alla prestazione di servizi avanzati alle imprese, alla pubblica amministrazione e ai cittadini nei settori dell'energia, dell'ambiente e dello sviluppo economico sostenibile. Assolve alle specifiche funzioni di agenzia per l'efficienza energetica previste dal d.lgs. n. 115/2008, e ad ogni altra funzione ad essa attribuita dalla legislazione vigente o delegata dal Ministero vigilante, al quale fornisce supporto per gli ambiti di competenza e altresì nella partecipazione a specifici gruppi di lavoro o ad organismi nazionali, europei ed internazionali. In base al comma 3, l'ENEA opera in piena autonomia per lo svolgimento delle funzioni istituzionali assegnate dal presente articolo e dallo statuto e dai regolamenti di amministrazione, finanza e contabilità e del personale, nel limite delle risorse finanziarie, strumentali e di personale del soppresso Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente.

 

Nella Determinazione del 4 febbraio 2020, n. 10 (Determinazione e relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria di “Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile - ENEA” - 2018; Doc. XV, n. 258), la Corte dei conti ricorda che l’articolo 37 della legge 23 luglio 2009, n. 99, recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese nonché, in materia di energia”, a seguito della novella introdotta dalla legge 28 dicembre 2015, n. 221, prevede l’istituzione, sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA), cui sono assegnate funzioni e risorse finanziarie, strumentali e di personale del soppresso Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente.

Il citato articolo 37 della legge n. 99 del 2009, individua la natura dell’Agenzia (ente di diritto pubblico), le funzioni attribuite (ricerca e innovazione tecnologica, nonché prestazione di servizi avanzati alle imprese, alla pubblica amministrazione e ai cittadini nei settori dell'energia, dell'ambiente e dello sviluppo economico sostenibile) e gli organi (Presidente, Consiglio di amministrazione e Collegio dei revisori dei conti) e attribuisce al Consiglio di amministrazione il compito di proporre al Ministro dello sviluppo economico lo schema di statuto e i regolamenti di amministrazione, finanza e contabilità e del personale. Prevede, altresì, che il Ministro dello sviluppo economico eserciti, entro sessanta giorni dalla ricezione dei predetti atti, il controllo di legittimità e di merito sullo statuto e sui regolamenti (p. 2).

Con specifico riguardo all'attività istituzionale dell'ENEA (si vedano le pp. 15-16), la Determinazione rinvia alle relazioni della Corte relative agli esercizi precedenti per quel che attiene alle attività istituzionali svolte nei settori della ricerca e dell’innovazione tecnologica, nonché alle prestazioni di servizi avanzati resi nei settori dell’energia, con particolare riguardo al settore nucleare e dello sviluppo economico sostenibile. Si ricorda, altresì, il ruolo svolto da ENEA, anche nel 2018, a supporto del decisore pubblico e delle imprese operanti nel settore al fine di rafforzare la strategia energetica del Paese in ambito europeo, attraverso un monitoraggio della ricerca e degli sviluppi in materia di utilizzo della tecnologia nucleare, in un’ottica di modernizzazione e aumento della competitività dell’apparato industriale (reattori IV generazione). Nell’anno di riferimento è proseguito il supporto alle istituzioni ed in particolare al MISE per il trattato di non proliferazione in collaborazione con l’IAEA e la Nuclear Energy Agency dell’OCSE e sono proseguite le attività di adeguamento del Reattore sperimentale TRIGA, ubicato in Casaccia, per la produzione di radiofarmaci. In merito alle ricerche tecnologiche sulla fusione nucleare è proseguita la partecipazione a grandi programmi internazionali svolti in collaborazione con l’industria nazionale al fine di consentire alle imprese di consolidare la loro competitività tecnologica. In riferimento al binomio energia-ambiente ENEA ha proseguito la sua attività nei settori dell’efficienza energetica e della diversificazione dell’approvvigionamento energetico al fine di ridurre la dipendenza dal combustibile fossile e la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra e rivolto attenzione ad attività riguardanti i carburanti alternativi, i veicoli ibridi ed elettrici e le tecnologie di cattura della CO2. Per quanto riguarda, invece, lo sviluppo economico sostenibile l’Agenzia ha continuato a svolgere l’attività di messa a punto di una molteplicità di tecnologie sviluppate per finalità energetiche, che hanno trovato applicazione anche in altri settori economici e sociali quali l’agroindustria, la fruibilità e la conservazione del patrimonio artistico, la diagnosi e cura medica con l’utilizzo di radiazioni ionizzanti al fine di favorire una società decarbonizzata e basata su modelli di economia circolare in grado di promuovere un uso efficiente delle risorse e di ridurre gli impatti dei cambiamenti climatici. Con riferimento a tali tematiche si evidenzia la collaborazione con il MATTM e la stipula di accordi di cooperazione e trasferimento tecnologico. Nel 2018 sono state portate avanti iniziative di consolidamento del cosiddetto “ecosistema regionale dell’innovazione” volto a migliorare la competitività e la qualità dello sviluppo, il rafforzamento strutturale, l’incremento dell’occupazione, l’avvio di percorsi di cambiamento nel sistema socioeconomico. In tale contesto, l’Ente ha potenziato la propria presenza in altre regioni, in particolare nella Lombardia, creando ulteriori nodi ai quali connettere la rete dei Centri di ricerca e dei laboratori dell’Agenzia esistente sul territorio nazionale. Quale soggetto attuatore, insieme al CNR, del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, l’ENEA ha, inoltre, portato a termine, nel 2018 la XXXIII Campagna antartica svolta nell’estate australe 2017/2018 ed organizzata ed avviata la XXXIV Campagna relativa all’estate australe 2018/2019. L’ENEA infine, quale punto di riferimento nazionale per il condizionamento e stoccaggio dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, ha proseguito nel 2018 le attività con il contributo operativo della partecipata Nucleco S.p.A.

Con riferimento alle partecipazioni detenute da ENEA, la Corte osserva che l’ENEA detiene, al 31 dicembre 2018, partecipazioni in numerosi organismi: 4 società per azioni: Nucleco, Polo Tecnologico Romano, Siet e Sotacarbo; 1 società consortile per azioni: Aster; 14 società consortili a responsabilità limitata: Biosistema (in liquidazione), Campec (in liquidazione), Certa (in liquidazione) Atena,Certimac, Dintec, Ditne, Dltm, Dta, Icas, Imast, Isnova (in liquidazione), Dac, Smart Power System S.C.r.l.; 1 società a responsabilità limitata: FN; 8 Consorzi: Calef, Cetma, In Bio, Procomp, RFX, Train, Tre, TeRN; 1 Associazione: Consortium Garr.

I dati di bilancio delle partecipazioni possedute in imprese controllate, collegate e in altre imprese sono riportate in dettaglio nelle tabelle contenute nelle pagine 38-39.

Con delibera n.85 del 22 settembre 2017 il Consiglio di amministrazione ha approvato il Piano di revisione straordinaria delle partecipazioni in applicazione dell’art.24 d.lgs. n. 175 del 19 agosto 2016, all’interno del quale sono state previste azioni di razionalizzazione in gran parte portate a termine.

Con successiva delibera n. 15 del 21 dicembre 2018 del Presidente dell’ENEA, ratificata con delibera del Consiglio di amministrazione n. 5 del 31 gennaio 2019, è stata approvata la revisione ordinaria periodica delle partecipazioni dell’Agenzia, ai sensi dell’articolo 20 del citato d.lgs. n. 175 del 2016, comunicata poi a questa Sezione con nota del 19 febbraio 2019.

Occorre segnalare che alla razionalizzazione periodica si procede a partire dal 2018, con riferimento alla situazione al 31 dicembre 2017; pertanto, a tale data le partecipazioni detenute direttamente dall’Agenzia ENEA in società che rientrano nell’oggetto della delibera sopra citata, risultano essere 17: 1 società consortile per azioni: Aster; 11 società consortili a responsabilità limitata: Atena, Certimac, Dac, Dta, Dintec, Ditne, Dltm, Icas, Imast, Isnova, Smart Power System; 4 società per azioni: Nucleco, Polo Tecnologico Romano, Siet e Sotacarbo; 1 società a responsabilità limitata: FN.

Infine, le pagine 40-42 dànno conto delle principali azioni intraprese da ENEA nel 2018 in conseguenza di tale razionalizzazione con riferimento ai singoli organismi interessati.

Il comma 5 autorizza quindi ENEA, per tali finalità, alla costituzione della fondazione di diritto privato, denominata Fondazione Enea Tech, sottoposta alla vigilanza del MISE. Lo statuto della Fondazione Enea Tech è approvato, su proposta di ENEA, con decreto del Ministro dello sviluppo economico (per la cui emanazione non è previsto un termine). Ai fini dell'istituzione e dell'operatività della Fondazione, il comma in esame autorizza la spesa di 12 milioni di euro per il 2020.

Il comma 6 specifica che il patrimonio della Fondazione è costituito dalle predette risorse e può essere incrementato da apporti di soggetti pubblici e privati. Le attività, oltre che dai mezzi propri, sono costituite da contributi di enti pubblici e privati. Alla fondazione possono, inoltre, esser concessi in comodato beni immobili facenti parte del demanio e del patrimonio disponibile e indisponibile dello Stato. La Fondazione promuove investimenti finalizzati all'integrazione e alla convergenza delle iniziative di sostegno in materia di ricerca e sviluppo e trasferimento tecnologico, favorendo la partecipazione anche finanziaria alle stesse da parte di imprese, fondi istituzionali o privati e di organismi ed enti pubblici, inclusi quelli territoriali, nonché attraverso l'utilizzo di risorse dell'Unione europea.

Il comma 7 specifica che tutti gli atti connessi alle operazioni di costituzione della Fondazione e di conferimento e devoluzione alla stessa sono esclusi da ogni tributo e diritto e vengono effettuati in regime di neutralità fiscale.

Il comma 8 esclude espressamente l'applicabilità degli oneri di analitica motivazione previsti dall’articolo 5 del d.lgs. n. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica - TUSP) in relazione all'atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica o di acquisto di partecipazioni, anche indirette, in società già costituite.

 

L’articolo 5 disciplina il procedimento di adozione e il contenuto dell'atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica o di acquisto di partecipazioni, anche indirette, introducendo analitici obblighi motivazionali.

Fanno eccezione a tali obblighi i casi in cui la costituzione di una società o l’acquisto di una partecipazione, anche attraverso aumento di capitale, avvenga in conformità a espresse previsioni legislative.

Il comma 1 prevede che l’atto deliberativo debba essere motivato con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all’articolo 4, ed evidenzi le ragioni e le finalità che giustificano la scelta di costituzione o di partecipazione parziale, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria, nonché le scelte di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato. L'atto deliberativo deve, inoltre, dare conto della compatibilità della scelta con i princìpi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa.

Il comma 1 è stato modificato dal decreto legislativo n. 100 del 2017 nel senso di espungere il richiamo all’onere motivazionale della scelta societaria relativo alla "possibilità di destinazione alternativa delle risorse pubbliche impegnate".

Il comma 2 dispone che l'atto deliberativo dia, altresì, atto della compatibilità della scelta con la disciplina europea, con particolare riferimento a quella in materia di aiuti di Stato. Vi si prevede, inoltre, uno specifico vincolo procedurale per gli enti locali, i quali sono tenuti a sottoporre lo schema di atto deliberativo di costituzione di una società ovvero di acquisizione di partecipazioni a forme di consultazione pubblica, secondo modalità da essi stessi disciplinate.

La precisazione relativa all'autonomia normativa degli enti locali nella disciplina delle forme di consultazione pubblica è stata introdotta dal decreto legislativo n. 100 del 2017.

Il comma 3 dispone che l'atto deliberativo sia inviato alla Corte dei conti (nella sezione individuata dal comma 4), a fini conoscitivi, e all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che può esercitare i poteri di cui all'articolo 21-bis della legge 10 ottobre 1990, n. 287.

Il comma 4 individua le sezioni della Corte dei conti competenti alla ricezione degli atti deliberativi sulla base di quanto previsto dal comma 3.

In particolare, per gli atti delle amministrazioni dello Stato e degli enti nazionali sono competenti le Sezioni Riunite in sede di controllo; per gli atti delle Regioni e degli enti locali, nonché dei loro enti strumentali, delle università o delle altre istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella Regione, è competente la Sezione regionale di controllo; per gli atti degli enti assoggettati a controllo della Corte dei conti ai sensi della legge n. 259 del 1958 ("Partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria"), è competente la Sezione del controllo sugli enti medesimi.

 

Il comma 9 rinvia all'articolo 265 per la copertura degli oneri, pari a 517 milioni di euro per il 2020.

 


 

Articolo 43
(Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività d’impresa)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 43 istituisce nello stato di previsione del MISE il Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività d’impresa, con una dotazione di 100 milioni di euro per il 2020.

Il comma 2 chiarisce che il Fondo è finalizzato al salvataggio e alla ristrutturazione di imprese titolari di marchi storici di interesse nazionale iscritte nell'apposito registro istituito dal Codice della proprietà industriale e delle società di capitali, aventi un numero di dipendenti non inferiore a 250, che si trovino in uno stato di difficoltà economico-finanziaria come individuate sulla base dei criteri stabiliti dal decreto di cui al comma 5.

Ai sensi del comma 3, nei limiti della propria dotazione, il Fondo opera attraverso interventi nel capitale di rischio delle predette imprese, effettuati a condizioni di mercato, nel rispetto di quanto previsto dalla disciplina dell'UE in materia di aiuti di Stato, nonché attraverso misure di sostegno al mantenimento dei livelli occupazionali, in coordinamento con gli strumenti vigenti sulle politiche attive e passive del lavoro.

In base al comma 4, le imprese che versano nelle suddette condizioni, qualora intendano avvalersi del Fondo, notificano al MISE le informazioni relative a:

a)   le azioni che intendono porre in essere per ridurre gli impatti occupazionali, ad esempio attraverso incentivi all’uscita, prepensionamenti, riallocazione di addetti all’interno dell’impresa o del gruppo di appartenenza dell’impresa;

b)   le imprese che abbiano già manifestato interesse all’acquisizione della società o alla prosecuzione dell’attività d’impresa ovvero le azioni che intendono porre in essere per trovare un possibile acquirente, anche mediante attrazione di investitori stranieri;

c)   le opportunità per i dipendenti di presentare una proposta di acquisto ed ogni altra possibilità di recupero degli asset da parte degli stessi.

Il comma 5 demanda a un decreto di natura regolamentare, da adottare da parte del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, la definizione dei criteri e delle modalità di gestione e di funzionamento del Fondo, nonché le procedure per l’accesso ai relativi interventi, nel rispetto di quanto previsto dal presente articolo, dando priorità alle domande che impattano maggiormente sui profili occupazionali e sullo sviluppo del sistema produttivo.

Il comma 6 abroga la disciplina relativa al Fondo per la tutela dei marchi storici di interesse nazionale di cui era stata prevista l'istituzione presso il MISE mediante una novella al Codice della proprietà industriale nel 2019.

Il comma 7 dispone in relazione agli oneri derivanti dall'articolo in esame.

 

Il comma 1 istituisce nello stato di previsione del MISE il Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività d’impresa, con una dotazione di 100 milioni di euro per il 2020.

Il comma 2 chiarisce che il Fondo è finalizzato al salvataggio e alla ristrutturazione di imprese titolari di marchi storici di interesse nazionale iscritte nel registro di cui all’articolo 185-bis del Codice della proprietà industriale (d.lgs. n. 30/2005), e delle società di capitali, aventi un numero di dipendenti non inferiore a 250, che si trovino in uno stato di difficoltà economico-finanziaria come individuate sulla base dei criteri stabiliti dal decreto di cui al comma 5.

 

L'articolo 11-ter del Codice della proprietà industriale - inserito dall'art. 31, co. 1, lett. a), D.L. n. 34/2019 (L., n. 58/2019) - prevede, al comma 1, che i titolari o licenziatari esclusivi di marchi d'impresa registrati da almeno cinquanta anni o per i quali sia possibile dimostrare l'uso continuativo da almeno cinquanta anni, utilizzati per la commercializzazione di prodotti o servizi realizzati in un'impresa produttiva nazionale di eccellenza storicamente collegata al territorio nazionale, possono ottenere l'iscrizione del marchio nel registro dei marchi storici di interesse nazionale di cui all'articolo 185-bis. Il comma 2 ha previsto l'istituzione, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, del logo «Marchio storico di interesse nazionale» che le imprese iscritte nel registro di cui all'articolo 185-bis, possono utilizzare per le finalità commerciali e promozionali. Con il medesimo decreto sono altresì specificati i criteri per l'utilizzo del logo «Marchio storico di interesse nazionale».

In attuazione di tale disposizione è stato emanato il DM 10 gennaio 2020, pubblicato nella GU n. 46 del 24 febbraio 2020.

L'articolo 185-bis- inserito dall'art. 31, comma 1, lett. b), D.L. n. 34/2019 (L. n. 58/2019- ha istituito, presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi, il registro speciale dei marchi storici come sopra definiti. L'iscrizione al registro speciale dei marchi storici è effettuata su istanza del titolare o del licenziatario esclusivo del marchio.

Si veda il dossier n. 131 del 9 aprile 2019, predisposto in occasione dell'esame dell'A.C. 1518, A.C. 1631.

 

Ai sensi del comma 3, nei limiti della propria dotazione, il Fondo opera attraverso interventi nel capitale di rischio delle predette imprese, effettuati a condizioni di mercato, nel rispetto di quanto previsto dalla Comunicazione della Commissione europea 2014/C 19/04, nonché attraverso misure di sostegno al mantenimento dei livelli occupazionali, in coordinamento con gli strumenti vigenti sulle politiche attive e passive del lavoro.

 

In particolare, il paragrafo 2.2 della Comunicazione citata si riferisce agli aiuti al finanziamento del rischio soggetti a notifica.

Esso ricorda che, a norma dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato, gli Stati membri devono notificare le misure per il finanziamento del rischio che costituiscono aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, del trattato (in particolare se non soddisfano il test dell’operatore in un’economia di mercato), che non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento «de minimis» e che non soddisfano tutte le condizioni in materia di finanziamento del rischio stabilite nel regolamento generale di esenzione per categoria. La Commissione valuterà la compatibilità di tali misure con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato. I presenti orientamenti si concentrano sulle misure per il finanziamento del rischio che hanno maggiori probabilità di essere considerate compatibili con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato, fatto salvo il rispetto di alcune condizioni che saranno spiegate più dettagliatamente nella sezione 3 dei presenti orientamenti. Tali misure si suddividono in tre categorie (punto 46).

La prima categoria comprende misure per il finanziamento del rischio destinate a imprese che non soddisfano tutte le condizioni di ammissibilità previste per il finanziamento del rischio dal regolamento generale di esenzione per categoria. Per tali misure, la Commissione chiederà allo Stato membro di effettuare un’approfondita valutazione ex ante, in quanto non si può più presumere che esista un fallimento del mercato di cui risentono le imprese ammissibili coperte dal regolamento generale di esenzione per categoria. Questa categoria comprende, in particolare, le misure destinate alle seguenti imprese:

a.    piccole imprese a media capitalizzazione che superano le soglie di cui alla definizione di PMI contenuta nel regolamento generale di esenzione per categoria;

b.    imprese a media capitalizzazione innovative che svolgono attività di R&S e di innovazione;

c.    imprese che ricevono investimenti iniziali per il finanziamento del rischio superati sette anni dopo la loro prima vendita commerciale;

d.    imprese che necessitano di un investimento per il finanziamento del rischio di importo superiore al limite fissato nel regolamento generale di esenzione per categoria;

e.    piattaforme alternative di negoziazione che non soddisfano le condizioni di cui al regolamento generale di esenzione per categoria (punto 47).

La seconda categoria comprende le misure che, sebbene strutturate secondo parametri diversi da quelli di cui al regolamento generale di esenzione per categoria, sono destinate alle stesse imprese ammissibili definite nel regolamento. Per queste misure, l’esistenza di un fallimento del mercato deve essere dimostrata solo se necessario per giustificare l’uso di parametri che superano i limiti fissati nel regolamento generale di esenzione per categoria. Questa categoria comprende, in particolare, i seguenti casi: a) strumenti finanziari con una partecipazione di investitori privati inferiore alle percentuali di cui al regolamento generale di esenzione per categoria; b) strumenti finanziari concepiti con parametri superiori ai massimali previsti nel regolamento generale di esenzione per categoria; c) strumenti finanziari diversi dalle garanzie per i quali gli intermediari finanziari, gli investitori o i gestori di fondi sono selezionati privilegiando la protezione contro le perdite potenziali (protezione dai rischi) rispetto alla partecipazione prioritaria agli utili (incentivi inerenti alla partecipazione agli utili); d) incentivi fiscali agli investitori aziendali, compresi gli intermediari finanziari o i loro gestori che operano in qualità di coinvestitori (punto 48).

La terza categoria è composta da grandi regimi che esulano dal campo d’applicazione del regolamento generale di esenzione per categoria in virtù della loro elevata dotazione di bilancio definita nel regolamento stesso. Nella valutazione, la Commissione verificherà se le condizioni stabilite dalle disposizioni del regolamento generale di esenzione per categoria in materia di aiuti al finanziamento del rischio sono soddisfatte e, in caso affermativo, valuterà se la struttura della misura è adeguata alla luce della valutazione ex ante presentata a sostegno della notifica. Se un grande regime non soddisfa tutte le condizioni di ammissibilità e di compatibilità previste dalle predette disposizioni, la Commissione può debitamente considerare gli elementi di prova presentati nella valutazione ex ante per quanto riguarda sia l’esistenza di un fallimento del mercato che l’adeguatezza della struttura della misura. Inoltre, effettuerà una valutazione approfondita dei potenziali effetti negativi che tali regimi potrebbero avere sui mercati interessati (punto 49).

Le diverse caratteristiche descritte nei punti da 47 a 49 possono trovarsi riunite in una misura per il finanziamento del rischio, la quale dovrà essere adeguatamente giustificata sulla base di un’analisi completa del fallimento del mercato (punto 50).

Oltre alle deroghe espressamente consentite dai presenti orientamenti, la valutazione delle predette categorie di misure soggette a notifica sarà basata su tutte le altre condizioni di compatibilità previste per gli aiuti al finanziamento del rischio ai sensi del regolamento generale di esenzione per categoria (punto 51).

 

In base al comma 4, le imprese che versano nelle suddette condizioni, qualora intendano avvalersi del Fondo, notificano al MISE le informazioni relative a:

a)   le azioni che intendono porre in essere per ridurre gli impatti occupazionali, ad esempio attraverso incentivi all’uscita, prepensionamenti, riallocazione di addetti all’interno dell’impresa o del gruppo di appartenenza dell’impresa;

b)   le imprese che abbiano già manifestato interesse all’acquisizione della società o alla prosecuzione dell’attività d’impresa ovvero le azioni che intendono porre in essere per trovare un possibile acquirente, anche mediante attrazione di investitori stranieri;

c)   le opportunità per i dipendenti di presentare una proposta di acquisto ed ogni altra possibilità di recupero degli asset da parte degli stessi.

Il comma 5 demanda a un decreto di natura regolamentare (ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della L. n. 400/1988), da adottare da parte del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, la definizione dei criteri e delle modalità di gestione e di funzionamento del Fondo, nonché le procedure per l’accesso ai relativi interventi, dando priorità alle domande che impattano maggiormente sui profili occupazionali e sullo sviluppo del sistema produttivo.

Il comma 6 abroga la disciplina relativa al Fondo per la tutela dei marchi storici di interesse nazionale di cui l’articolo 185-ter del Codice della proprietà industriale (d.lgs. n. 30/2005) - inserito dall'art. 31, comma 1, lett. b), del D.L. n. 34/2019 (L. n. 58/2019) - aveva previsto l'istituzione presso il MISE, nonché la previsione che destinava la somma di 30 milioni per il 2020 all’istituzione di tale Fondo, contenuta nell'articolo 31, comma 2, primo periodo, del D.L. n. 34/2019 (L. n. 58/2019).

 

L’articolo 185-ter del Codice della proprietà industriale (d.lgs. n. 30/2005), aveva disposto al comma 1 l'istituzione presso il MISE del Fondo per la tutela dei marchi storici di interesse nazionale, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e la prosecuzione dell'attività produttiva sul territorio nazionale. Il predetto Fondo avrebbe dovuto operare mediante interventi nel capitale di rischio delle imprese di cui al comma 2. Tali interventi sarebbero stati effettuati a condizioni di mercato, nel rispetto di quanto previsto dalla Comunicazione della commissione recante orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio (2014/C 19/04). Un decreto di natura regolamentare del Ministero dello sviluppo economico, da adottarsi di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, avrebbe dovuto definire le modalità e i criteri di gestione e di funzionamento del Fondo.

In base al comma 2. l'impresa titolare o licenziataria di un marchio iscritto nel registro speciale dei marchi storici di cui all'articolo 185-bis o, comunque, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 11-ter (su cui si veda sopra), che avesse inteso chiudere il sito produttivo di origine o comunque quello principale, per cessazione dell'attività svolta o per delocalizzazione della stessa al di fuori del territorio nazionale, con conseguente licenziamento collettivo, avrebbe dovuto notificare senza ritardo al MISE le informazioni relative al progetto di chiusura o delocalizzazione dello stabilimento e, in particolare: a) i motivi economici, finanziari o tecnici del progetto di chiusura o delocalizzazione; b) le azioni tese a ridurre gli impatti occupazionali attraverso incentivi all'uscita, prepensionamenti, ricollocazione di dipendenti all'interno del gruppo; c) le azioni che intende intraprendere per trovare un acquirente; d) le opportunità per i dipendenti di presentare un'offerta pubblica di acquisto ed ogni altra possibilità di recupero degli asset da parte degli stessi.

Per il comma 3, a seguito di tale informativa, il MISE avrebbe dovuto avviare il procedimento per l'individuazione degli interventi mediante le risorse del Fondo.

Il comma 4 puniva la violazione degli obblighi informativi di cui al comma 2 con l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria nei confronti del titolare dell'impresa titolare o licenziataria esclusiva del marchio da 5.000 euro a 50.000 euro.

Il comma 2 dell’articolo 31 del D.L. n. 34/2019 (L. n. 58/2019) aveva destinato all’istituzione del Fondo per la tutela dei marchi storici di interesse nazionale 30 milioni per l’anno 2020, consentendo, per le medesime finalità, alle PMI proprietarie o licenziatarie del marchio storico, relativamente alle operazioni finalizzate al finanziamento di progetti di valorizzazione economica dei marchi storici, di accedere alla garanzia del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, demandando le modalità attuative, le condizioni e i criteri per la concessione della garanzia stessa ad un decreto del MISE, da adottarsi di concerto col MEF.

Il Fondo risulta allocato sul capitolo n. 7477 nello stato di previsione della spesa del MISE, con una disponibilità, in termini di competenza e di cassa, pari a € 30 milioni per il 2020.

 

Il comma 7 prevede che agli oneri derivanti dall'articolo in esame, pari ad euro 100 milioni, si provvede:

§  quanto a 30 milioni di euro per il 2020 mediante utilizzo delle risorse rinvenienti dall’abrogazione di cui al comma 6;

§  quanto a 70 milioni di euro per il 2020, ai sensi dell’articolo 265.


 

Articolo 44
(Incremento del fondo per l’acquisto di autoveicoli
a basse emissioni di Co2 g/km)

 

 

L'articolo 44 incrementa il fondo per l’acquisto di autoveicoli a basse emissioni di 100 milioni di euro per l’anno 2020 e di 200 milioni per il 2021.

 

L'articolo incrementa il fondo per l’acquisto di autoveicoli a basse emissioni di Co2 g/km di cui all'articolo 1, comma 1041, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che viene incrementato di 100 milioni di euro per l’anno 2020 e di 200 milioni per il 2021.

Si tratta del Fondo istituito, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, per provvedere all'erogazione dell’ecobonus di cui al comma 1031 della legge di bilancio 2019 per l’acquisto di autovetture nuove a basse emissioni.

Il comma 1041 della legge di bilancio 2019 ha infatti previsto che per provvedere all'erogazione dei contributi statali, di cui al comma 1031 della medesima legge, è istituito infatti, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, un fondo con una dotazione di 60 milioni di euro per il 2019 e di 70 milioni per ciascuno degli anni 2020 e 2021, che costituisce limite di spesa per la concessione del beneficio.

Successivi interventi hanno recato la rideterminazione del fondo in parola: si veda l'art. 12, comma 1, D.L. 30 dicembre 2019, n. 162 (proroga termini). L’articolo 12, comma 1, proroga agli acquisti effettuati nell’anno 2020 il contributo, già riconosciuto per l’anno 2019, per l’acquisto di motocicli e ciclomotori elettrici o ibridi, previa rottamazione di un analogo veicolo inquinante. La copertura finanziaria di tale norma, pari a 8 milioni di euro per l'anno 2020, è stata infatti a valere sul Fondo in parola.

 

Si ricorda che il citato co. 1031 prevede in via sperimentale, a chi acquista, anche in locazione finanziaria, e immatricola in Italia, dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021, un veicolo di categoria M1 nuovo di fabbrica, con prezzo risultante dal listino prezzi ufficiale della casa automobilistica produttrice inferiore a 50.000 euro IVA esclusa, è riconosciuto a condizione che si consegni contestualmente per la rottamazione un veicolo della medesima categoria omologato alle classi da Euro 0 a Euro 4, un contributo parametrato al numero dei grammi di biossido di carbonio emessi per chilometro (CO2 g/km), secondo gli importi di cui alla tabella ivi riportata. In materia, l'articolo 12, co. 2 del DL. 162 recante proroga di termini, ha modificato in tal senso  l'articolo 1, comma 1031, della legge di bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n.145), relativamente alle tipologie di veicoli dei quali è prevista la rottamazione per poter usufruire dell’ecobonus per l’acquisto di veicoli elettrici o ibridi. In base alle novità introdotte con il proroga termini, (comma 2-bis dell'art. 12 citato) si abbassa da 70 a 60 grammi/KM di CO2, la soglia massima prevista di emissione di CO2 per fruire dell’ecobonus per l’acquisto di veicoli ibridi, di cui al comma 1031 della legge di bilancio 2019, sia nel caso di acquisto con rottamazione che senza rottamazione. Si ricorda che in materia sono state emanate le Linee guida ministeriali per la classificazione dei veicoli ibridi (Nota MIT n. 2057 del 01.07.19), emanate in attuazione del Protocollo di intesa tra Presidenza del Consiglio, Ministeri e Regioni, che istituisce il “Piano d’azione per il miglioramento della qualità dell’aria”, le quali prevedono tre fasce di emissioni di CO2, la prima inferiore a 60 gr/Km, la seconda tra 60 e 95 gr/Km e la terza superiore a 95 gr/Km.

 

Agli oneri della disposizione si provvede ai sensi dell'articolo 265 del decreto.

 

 


 

Articolo 45
(Interventi per il contrasto all’emergenza epidemiologica da COVID-19 da parte dei comuni)

 

 

L’articolo 45 prevede che i comuni destinatari delle risorse per l'attuazione delle misure di cui all'articolo 14 della legge n. 266/1997, possono utilizzare la quota libera da impegni delle risorse ad essi già trasferite dal MISE per l'attuazione di misure di contrasto all'emergenza epidemiologica da COVID-19.

 

In particolare, l’articolo – che si compone di un unico comma – consente ai comuni di utilizzare, per l'attuazione di misure di contrasto all'emergenza epidemiologica in atto, la quota libera delle risorse ad essi assegnate per l’attuazione dell’articolo 14 della legge 7 agosto 1997, n. 266, recante interventi per lo sviluppo imprenditoriale in aree di degrado urbano.

La disposizione si rende necessaria in quanto il citato articolo 14 della legge n. 266/1997 è stata abrogato (dall’art. 23, comma 7, del decreto legge n. 83/2012 e dal relativo Allegato 1), senza che la norma abrogativa abbia disposto in merito alla sorte delle risorse trasferite agli enti territoriali.

 

In particolare, l’articolo 14 della legge 7 agosto 1997, n. 266, ha istituito interventi volti al superamento della crisi di natura socio ambientale in limitate aree di degrado urbano delle città di Bari, Bologna, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma, Torino e Venezia.

Come precisato dalla relazione illustrativa, per l'attuazione di tali interventi il MISE ha trasferito ai comuni interessati risorse per euro 237.130.769,44. In seguito all’abrogazione del citato articolo 14, per venire incontro alle legittime aspettative dei comuni che rivendicano la possibilità di utilizzare le risorse disponibili presso di essi, risorse attualmente pari a circa 30 milioni complessivi, nonché quelle che rientrano a seguito della gestione delle misure poste in essere, la norma in esame prevede che i comuni possano utilizzare le risorse che residuano dalla gestione della misura abrogata per l'attuazione di misure di contrasto all'emergenza epidemiologica da COVID-19.

 


 

Articolo 46
(
Misure urgenti in materia di servizi postali)

 

 

L'articolo 46 novella l'articolo 108 del D.L n. 18 del 2020 (c.d. Cura Italia), che reca disposizioni per la consegna postale al fine di contemperare le modalità del servizio con le esigenze di tutela sanitaria previste dalla normativa vigente. Con la novella si estende sino al 31 luglio (rispetto al 30 giugno attualmente previsto) l'ambito temporale per le disposizioni recanti le modalità speciali - connesse all'emergenza epidemiologica - per lo svolgimento del servizio relativo agli invii postali; si prevede inoltre che tali modalità si applichino anche per lo svolgimento dei servizi di notificazione a mezzo posta con riferimento agli atti giudiziari e alle sanzioni amministrative, abrogando il vigente comma 1-bis della norma. Si aggiunge la previsione che sono fatti salvi i comportamenti tenuti dagli operatori postali per garantire la continuità del servizio e la tutela della salute pubblica in occasione dello stato di emergenza.

 

La norma novella l’articolo 108 del decreto-legge Cura Italia, che ha dettato disposizioni - modificate in sede di conversione del citato DL - in materia.

Tale disposizione aveva recato nel testo originario del D.L. n. 18 norme in parte analoghe alla disposizione ora recata dal D.L. in esame, volte a dettare una disciplina speciale - connessa alla situazione di emergenza sanitaria - per i servizi postali, e includendo anche le notifiche di atti giudiziari. Tali disposizioni erano state poi oggetto di modifica nel corso dell'iter parlamentare di conversione. Si rinvia, per approfondimenti, alla scheda di lettura dei rispettivi AS.1766  (per la norma originaria) e  AC 2463 (per le modifiche parlamentari).

In particolare, si ricorda come, con riferimento al D.L. Cura Italia, l'articolo 108, qui oggetto di novella, reca Misure urgenti per lo svolgimento del servizio posta, è volto ad assicurare l’adozione delle misure di prevenzione della diffusione del virus Covid 19 di cui alla normativa vigente in materia di tutela dei lavoratori del servizio postale e dei destinatari degli invii postali, per lo svolgimento del servizio postale relativo agli invii raccomandati, agli invii assicurati e alla distribuzione dei pacchi nonché - in base alla versione originaria del DL Cura Italia - delle notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari e le notificazioni di cui all’articolo 201 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285: il riferimento alla notifica di atti giudiziari era poi stato  modificato, nel corso dell'iter di conversione del suddetto DL Cura Italia, prevedendo un distinto regime per la consegna a mezzo posta di tali atti in un apposito comma 1-bis.

Si ricorda nel dettaglio infatti che l'art. 108 del DL Cura Italia, per effetto delle modifiche apportate in sede di conversione rispetto al testo originario del DL n. 18 - prevedeva un nuovo comma 1-bis, in base al quale si dettavano le modalità per lo svolgimento dei servizi di notificazione a mezzo posta degli atti giudiziari, di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890 e all'articolo 201 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285. Per tale fattispecie, si prevedeva che gli operatori postali procedessero alla consegna dei suddetti invii e pacchi con la procedura ordinaria di firma di cui all'articolo 7 della legge 20 novembre 1982, n. 890, oppure con il deposito in cassetta postale dell'avviso di arrivo della raccomandata o altro atto che necessita di firma per la consegna. Inoltre, in base alla suddetta previsione, qui oggetto di abrogazione, i termini sostanziali di decadenza e prescrizione di cui alle raccomandate con ricevuta di ritorno inviate nel periodo in esame venivano sospesi sino alla cessazione dello stato di emergenza.

 

In sintesi, con le novelle:

§  Si estende al 31 luglio - rispetto al 30 giugno attualmente previsto - la valenza della normativa speciale in materia di invii postali in relazione alle cautele richieste dall'emergenza sanitaria (lett. a), punto 1).

§  Si estendono le modalità di svolgimento dei servizi postali anche allo svolgimento dei servizi di notificazione a mezzo posta di atti giudiziari e sanzioni amministrative (lett. a), punto 2).

§  La disposizione aggiunge alla norma vigente la previsione che sono fatti salvi i comportamenti tenuti dagli operatori postali per garantire la continuità del servizio e la tutela della salute pubblica in occasione dello stato di emergenza (lett. a), punto 3).

Si valuti l'opportunità di chiarire la formulazione laddove si prevede siano fatti salvi dei 'comportamenti', al fine di meglio definire il portato della disposizione.

 

Per effetto della novella si prevede quindi che, al fine di assicurare la tutela della salute dei lavoratori del servizio postale e dei destinatari degli invii postali e la piena operatività della misura, dalla data di entrata in vigore del decreto-legge e sino al termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020, per lo svolgimento del servizio postale relativo non solo agli invii raccomandati, agli invii assicurati e alla distribuzione dei pacchi,  ma anche per lo svolgimento dei servizi di notificazione a mezzo posta di atti giudiziari, gli operatori postali procedono alla consegna dei suddetti invii e pacchi mediante preventivo accertamento della presenza del destinatario o di persona abilitata al ritiro, senza raccoglierne la firma con successiva immissione dell'invio nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda, al piano o in altro luogo, presso il medesimo indirizzo, indicato contestualmente dal destinatario o dalla persona abilitata al ritiro.

La disposizione in esame prevede quindi tali modalità anche per lo svolgimento dei servizi di notificazione a mezzo posta di atti giudiziari, di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890 e all’articolo 201 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 in materia di sanzioni amministrative previste dal codice della strada, in ciò ricalcando quanto originariamente previsto dal decreto Cura Italia (poi modificato in sede di conversione dello stesso).

In ordine alle modalità si ricorda che in base alla normativa connessa all'emergenza sanitaria  la firma è apposta dall’operatore postale sui documenti di consegna e in tali documenti di consegna è attestata anche la suddetta modalità di recapito.

 

La novella in esame (lett. b) abroga quindi il comma 1-bis della norma vigente, che, introdotto in sede di conversione del DL Cura Italia, aveva dettato un regime separato per le notifiche a mezzo posta di atti giudiziari.

 

Si ricorda più nel dettaglio che il comma 1-bis qui oggetto di abrogazione prevedeva che per lo svolgimento dei servizi di notificazione a mezzo posta, di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890, e all'articolo 201 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, gli operatori postali procedessero alla consegna delle suddette notificazioni con la procedura ordinaria di firma di cui all'articolo 7 della legge 20 novembre 1982, n. 890, oppure con il deposito in cassetta postale dell'avviso di arrivo della raccomandata o altro atto che necessita di firma per la consegna. Il ritiro avviene secondo le indicazioni previste nell'avviso di ricevimento. La compiuta giacenza presso gli uffici postali inizia a decorrere dal 30 aprile 2020. I termini sostanziali di decadenza e prescrizione di cui alle raccomandate con ricevuta di ritorno inviate nel periodo in esame venivano peraltro sospesi sino alla cessazione dello stato di emergenza.

 La relazione illustrativa evidenzia come la norma è volta in particolare a riscrivere la norma in materia di svolgimento del servizio postale per gli atti giudiziari, in quanto con le modifiche apportate all’articolo 108 del decreto-legge Cura Italia, in materia di misure urgenti per lo svolgimento del servizio postale, si era previsto un regime autonomo di modalità di svolgimento del servizio postale per le notificazioni a mezzo posta di atti giudiziari e di sanzioni amministrative per violazione del codice della strada, evidenziando al riguardo la Relazione che l’introduzione di un doppio regime, alternativo e non vincolato, con profili non corretti sul piano operativo, non pare compatibile con l’intento cautelativo e di tutela voluto dalla norma, cosicché la normativa viene ora riportata  alla formulazione anteriore alle modifiche apportate al Cura Italia.

In ordine alle notificazioni a mezzo posta degli atti giudiziari, si ricorda che all’articolo 8 della L. n. 890 del 1982 che riguarda i casi in cui le persone abilitate a ricevere il piego in luogo del destinatario rifiutano di riceverlo, ovvero quelli in cui l’operatore postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, si dettano modalità volte a garantire la conoscibilità della notificazione.

Più nel dettaglio, la legge n. 890 del 1982 reca Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari. L'articolo 8 della legge in parola disciplina la fattispecie in cui le persone abilitate a ricevere il piego in luogo del destinatario rifiutano di riceverlo, ovvero se l'operatore postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, prevedendo che il piego è depositato entro due giorni lavorativi dal giorno del tentativo di notifica presso il punto di deposito più vicino al destinatario (co. 1 dell'art. 8 richiamato). Segnatamente, il comma 5 prevede che la notificazione si ha per eseguita dalla data del ritiro del piego, se anteriore al decorso del termine di dieci giorni di cui al comma 4 del medesimo art. 8. In tal caso, l'impiegato del punto di deposito lo dichiara sull'avviso di ricevimento che, datato e firmato dal destinatario o dal suo incaricato che ne ha curato il ritiro, è, entro due giorni lavorativi, spedito al mittente in raccomandazione. Il comma 6 stabilisce che, trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata, di cui al comma 4, senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, l'avviso di ricevimento è, entro due giorni lavorativi, spedito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall'operatore postale, della data dell'avvenuto deposito e dei motivi che l'hanno determinato, dell'indicazione 'atto non ritirato entro il termine di dieci giorni' e della data di restituzione. Trascorsi sei mesi dalla data in cui il piego è stato depositato, il piego stesso è restituito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall'operatore postale, della data dell'avvenuto deposito e dei motivi che l'hanno determinato, dell'indicazione 'non ritirato entro il termine di sei mesi' e della data di restituzione. Qualora la data delle eseguite formalità manchi sull'avviso di ricevimento o sia, comunque, incerta, la notificazione si ha per eseguita alla data risultante da quanto riportato sull'avviso stesso. Infine, stabilisce il comma 7 che, fermi i termini sopra indicati, l'operatore postale può consentire al destinatario di effettuare il ritiro digitale dell'atto non recapitato assicurando l'identificazione del consegnatario ed il rilascio da parte di quest'ultimo di un documento informatico recante una firma equipollente a quella autografa. Si ricorda che il comma 4 di tale articolo 8 prevede che del tentativo di notifica del piego e del suo deposito è data notizia al destinatario, a cura dell'operatore postale, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d'ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda. L'avviso deve contenere l'indicazione del soggetto che ha richiesto la notifica e del suo eventuale difensore, dell'ufficiale giudiziario al quale la notifica è stata richiesta e del numero di registro cronologico corrispondente, della data di deposito e dell'indirizzo del punto di deposito, nonché l'espresso invito al destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato mediante ritiro dello stesso entro il termine massimo di sei mesi, con l'avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al periodo precedente e che, decorso inutilmente anche il predetto termine di sei mesi, l'atto sarà restituito al mittente.

Con sentenza 22-23 settembre 1998, n. 346 (Gazz. Uff. 30 settembre 1998, n. 39, Serie speciale), la Corte costituzionale aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, secondo comma, nella parte in cui non prevedeva che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalità descritte e del deposito del piego fosse data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento; con la stessa sentenza la Corte aveva ancora dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, terzo comma, nella parte in cui prevedeva che il piego fosse restituito al mittente, in caso di mancato ritiro da parte del destinatario, dopo dieci giorni dal deposito presso l'ufficio postale. La disciplina dettata dalla legge n. 890 del 1982 è stata oggetto di successive modifiche (si veda da ultimo l'art. 1, comma 813, lett. d), L. 30 dicembre 2018, n. 145, legge di bilancio 2019).

Si ricorda altresì che sul ritiro digitale è intervenuto il provvedimento dell'Autorità garante nelle comunicazioni recato con delibera 2018/77/Cons, con la quale è stato emanato il regolamento per il rilascio delle licenze per svolgere il servizio di notificazione a mezzo posta di atti giudiziari e comunicazioni connesse e di violazioni del codice della strada.


 

Articolo 47
(Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti
e lo sviluppo d’impresa S.p.A. – Invitalia)

 

 

L’articolo 47 consente di contabilizzare nello stato patrimoniale di INVITALIA S.p.A. esclusivamente gli eventuali decrementi conseguenti ad operazioni di razionalizzazione e dismissione immobiliare poste in essere anche attraverso società di nuova costituzione o a controllo pubblico.

 

In particolare, l’articolo 47 autorizza l’Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. - INVITALIA ad iscrivere nelle proprie scritture contabili patrimoniali (stato patrimoniale) esclusivamente gli eventuali decrementi conseguenti alle operazioni immobiliari di razionalizzazione e dismissione poste in essere, anche attraverso società di nuova costituzione o a controllo pubblico, anche indiretto.

La disposizione stabilisce, inoltre, che alle operazioni di riorganizzazione e trasferimento si applichi la regola di neutralità fiscale disposta dall’articolo 1, comma 461, ultimo periodo, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007).

In particolare, tale disposizione prevede che nell’ambito del piano di riordino e di dismissione delle partecipazioni societarie di INVITALIA nei settori non strategici di attività, le conseguenti operazioni di riorganizzazione, nonché quelle ad esse complementari e strumentali, sono esenti da imposte dirette e indirette e da tasse.

 

La Relazione tecnica allegata al provvedimento ricorda, al riguardo, che Invitalia detiene attivi immobiliari derivanti da operazioni di supporto risalenti nel tempo, non più considerati strategici. Di conseguenza il Governo chiarisce che, nell'ambito del processo di razionalizzazione del perimetro del gruppo, sono state avviate le azioni volte alla dismissione degli stessi. In considerazione della natura di tali beni e dei relativi valori di bilancio, la norma in esame intende consentire l'operazione di razionalizzazione e dismissione attraverso la mitigazione e la neutralizzazione dei relativi impatti sul conto economico di Invitalia.

Dal momento che Invitalia non è una società immobiliare, la relazione tecnica fa presente che, per quanto riguarda il valore contabile degli immobili e dei terreni iscritti tra le immobilizzazioni, nel bilancio civilistico di Invitalia e in quelli delle sue controllate, tale valore per la maggior parte dei beni, è supportato da perizia e/o impairment test, e non ha richiesto, nel tempo, nessun adeguamento contabile poiché, vista la natura strumentale del bene, si è assunto che il valore contabile fosse coincidente con il valore d'uso, dunque ammortizzato secondo le aliquote tecniche applicabili. Si fa presente inoltre che tale impostazione, in coerenza con i principi contabili di riferimento, ha trovato la condivisione della Società di Revisione e del Collegio Sindacale.

A parere del Governo tale principio non può trovare applicazione nell'ipotesi del piano di razionalizzazione, caso in cui tali beni sono venduti o conferiti, poiché si esce dal perimetro del bilancio di Invitalia e dunque tali valori richiedono un adeguamento ai valori di mercato. Rileva inoltre che l'operazione ipotizzata, sia che si concretizzi attraverso il coinvolgimento di società a controllo pubblico, anche indiretto, sia che sia attuata attraverso una propria società interamente controllata, consente a Invitalia di poter ammortizzare le perdite derivanti da tale operazione solo a livello patrimoniale e non di conto economico, così ottenendo il requisito di sostenibilità. Con l'applicazione di tale norma, che limita gli impatti al solo stato patrimoniale, Invitalia non può recuperare, nei cinque anni successivi, le perdite generate da tale operazione dalle dichiarazioni fiscali di Gruppo, garantendo in questo modo la neutralità per il bilancio dello Stato.


 

Articolo 48
(Misure per le esportazioni e l’internazionalizzazione)

 

 

L’articolo 48, al comma 1, dispone un rifinanziamento di 250 milioni di euro per l’anno 2020 del Fondo per la promozione integrata verso i mercati esteri, istituito presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI) dall’articolo 72 del D.L. n. 18/2020 (lett. a) n. 1).

Inoltre, nell’ambito degli stanziamenti del Fondo, il MAECI può, fino al 31 dicembre 2020, stipulare convenzioni con enti pubblici e privati per l’acquisizione di servizi di consulenza specialistica in materia di internazionalizzazione del sistema Paese (lett. b).

Il comma elimina poi il limite imposto dalla disciplina sugli aiuti di Stato di importanza minore, cd. “de minimis”, in relazione alle attività del Fondo che consistono nel cofinanziamento dei finanziamenti agevolati concessi alle imprese italiane che operano sui mercati esteri a valere sul cd. Fondo Legge n. 394/1981. Il richiamo è ora generico alla disciplina UE sugli aiuti di Stato ivi inclusa dunque anche quella più estensiva del cd. Temporary Framework per l’emergenza da COVID (lett. a), n. 2)).

Il successivo comma 2 rifinanzia poi il citato Fondo Legge n. 394/ 1981 di 200 milioni di euro per l’anno 2020 (lett. a)), autorizzando l’amministratore del Fondo in questione, il Comitato agevolazioni, ad elevare fino al doppio, in conformità con le norme UE, i limiti massimi dei finanziamenti agevolati a valere sul Fondo stesso. La previsione si applica alle domande di finanziamento presentate entro il 31 dicembre 2021 (lett. b)).

Inoltre, sempre fino al 31 dicembre 2021, anche i finanziamenti agevolati a valere sul Fondo in questione, nonché i cofinanziamenti e le garanzie concessi sulle operazioni del Fondo stesso con le risorse del Fondo per la promozione integrata, possono eccedere i limiti degli aiuti de minimis, fermi restando gli obblighi di notifica alla Commissione europea (lett. c)).

Infine, i finanziamenti agevolati a valere sul Fondo Legge n. 394/1981 sono esentati, a domanda del richiedente, dalla prestazione della garanzia, in deroga alla vigente disciplina. La previsione si applica anch’essa alle domande di finanziamento presentate entro il 31 dicembre 2021 (lett. d)).

Il comma 3 reca la copertura finanziaria dei commi 1 e 2.

Il comma 4 autorizza l’ICE ad assumere, nei limiti della dotazione organica, un contingente massimo di 50 unità di personale non dirigenziale con contratti di lavoro a tempo determinato della durata massima di 12 mesi, equiparato, ai fini economici, al personale appartenente alla terza area funzionale, posizione economica F1.

Il comma 5 autorizza la spesa di 10 milioni per l’anno 2020, di 15 milioni per ciascun anno del biennio 2021 e 2022, per gli interventi necessari a completare la realizzazione del Tecnopolo di Bologna, per il potenziamento della partecipazione italiana a istituzioni e progetti di ricerca europei ed internazionali, e per il connesso potenziamento del sistema di alta formazione e ricerca meteo-climatica di Bologna.

Il comma 6 novella le disposizioni finanziarie introdotte dalla legge di bilancio per il 2019, riguardanti la partecipazione italiana all’Esposizione universale di Dubai.

Il comma 7 reca la copertura finanziaria degli oneri relativi al comma precedente.

 

Il comma 1 interviene sul Fondo per la promozione integrata verso i mercati esteri, istituito presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI) dall’articolo 72 del D.L. n. 18/2020[44].

In particolare, il comma 1 in esame dispone un rifinanziamento Fondo di 250 milioni di euro per l’anno 2020. La relativa dotazione viene dunque portata a 400 milioni per l’anno 2020 rispetto ai 150 milioni originariamente stanziati (lett. a), n. 1 che novella il comma 1 dell’articolo 72 del D.L. n. 18/2020).

 

Il comma introduce inoltre la previsione che, nell’ambito degli stanziamenti del Fondo, il MAECI possa, fino al 31 dicembre 2020, stipulare con enti pubblici e privati convenzioni per l’acquisizione di servizi di consulenza specialistica in materia di internazionalizzazione del sistema Paese (lett. b) che introduce una nuova lettera b-bis nel comma 2 dell’articolo 72 del D.L. n. 18/2020).

 

Il comma, elimina poi il richiamo alla sola disciplina sugli aiuti di Stato di importanza minore, cd. “de minimis, relativamente alle attività del Fondo che consistono nel cofinanziamento (al 50% e a fondo perduto) dei finanziamenti agevolati concessi alle imprese italiane che operano sui mercati esteri a valere Fondo Legge n. 394/1981 ((lett. a), n. 2 che novella il comma 1, lett. d) dell’articolo 72 del D.L. n. 18/2020).

In tal modo, mantenendo in luogo del richiamo alla disciplina sui “de minimis”, un generico richiamo al rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato, il Fondo - afferma la relazione illustrativa - può operare anche alla luce delle più ampie possibilità di intervento contenute nel Quadro temporaneo sugli aiuti di Stato per fronteggiare l’emergenza da COVID, approvato dalla Commissione UE.

 

Sullo “State Aid temporary Framework” della Commissione europea, si rinvia al tema dell’attività parlamentare “Gli aiuti di Stato nell’attuale epidemia da COVID, il nuovo quadro UE”.

 

Il successivo comma 2 rifinanzia poi il Fondo Legge n. 394/ 1981 di 200 milioni di euro per l’anno 2020 (lett. a)).

Il comma autorizza poi l’Amministratore del Fondo Legge n. 394/ 1981 (il Comitato agevolazioni) ad elevare, in conformità con la normativa europea in materia di aiuti di Stato, fino al doppio, i limiti massimi dei finanziamenti agevolati a valere sul Fondo stesso. La previsione si applica alle domande di finanziamento presentate entro il 31 dicembre 2021 (lett. b)).

Inoltre, sempre fino al 31 dicembre 2021, i finanziamenti agevolati a valere sul Fondo, nonché i cofinanziamenti e le garanzie concessi sulle operazioni del medesimo Fondo – ai sensi dell’art. 72, comma 1, lett. d) del D.L. n. 18/2020 - con le risorse del Fondo per la promozione integrata, possono eccedere gli importi massimi previsti dalla normativa europea in materia di aiuti de minimis, fermi restando gli obblighi di notifica alla Commissione europea (lett. c)).

Si osserva in proposito che il Fondo per la promozione integrata di cui all’articolo 72 del D.L. n. 18/2020 interviene esclusivamente, ai sensi del comma 1, lett. d) del medesimo articolo, cofinanziando i finanziamenti concessi alle imprese dal Fondo Legge n. 394, non prestando garanzie.

Con riferimento alla lettera c) del comma 2, si valuti dunque l’opportunità di espungere il richiamo alle garanzie, posto anche ciò che dispone la successiva lettera d) del comma 2.

 

Ai sensi della lettera d) del comma 2, i finanziamenti agevolati a valere sul Fondo Legge n. 394/1981 sono esentati, a domanda del richiedente, dalla prestazione della garanzia, in deroga alla vigente disciplina. La previsione si applica anch’essa alle domande di finanziamento presentate entro il 31 dicembre 2021.

 

Il Fondo di cui al richiamato art. 2 del D.L. n. 251 del 1981 (Fondo 394/81) è stato istituito per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri, anche al di fuori dell’UE, come precisato dal D.L. n. 34/2019. Il Fondo è gestito da SIMEST, sulla base di apposita convenzione stipulata con il ministero dello sviluppo economico. Sulla disciplina del Fondo ha inciso l’articolo 6 del D.L. 112/2008.

Tale norma ha imposto che le iniziative delle imprese italiane dirette alla loro promozione, sviluppo e consolidamento sui mercati esteri possano fruire delle agevolazioni finanziarie esclusivamente nei limiti ed alle condizioni previsti dal Regolamento europeo relativo agli aiuti di importanza minore (de minimis).

Le iniziative ammissibili ai benefici del Fondo sono:

a)    la realizzazione di programmi aventi caratteristiche di investimento finalizzati al lancio ed alla diffusione di nuovi prodotti e servizi ovvero all'acquisizione di nuovi mercati per prodotti e servizi già esistenti, attraverso l'apertura di strutture volte ad assicurare in prospettiva la presenza stabile nei mercati di riferimento;

b)   studi di pre-fattibilità e di fattibilità collegati ad investimenti italiani all'estero, nonché programmi di assistenza tecnica collegati ai suddetti investimenti;

c)    altri interventi prioritari.

Per le predette iniziative è utilizzato il Fondo Legge n. 394/1981 con una riserva di destinazione alle piccole e medie imprese (PMI) pari al 70 per cento annuo delle risorse del Fondo stesso.

L'articolo 1, comma 270, della Legge di bilancio 2018 (L. n. 2015/2017, modificato da ultimo dal D.L. n. 104/2019) ha poi previsto la composizione del Comitato Agevolazioni, organo competente ad amministrare il Fondo rotativo (cfr. D.M. 24 aprile 2019, che disciplina le competenze e il funzionamento del Comitato).

 

Il comma 3 quantifica gli oneri di cui ai commi 1 e 2 in 450 milioni per il 2020, disponendo che ad essi si provveda ai sensi dell’articolo 265, che reca norme di copertura finanziaria delle disposizioni del decreto legge.

 

Il comma 4 autorizza l’ICE - Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane ad assumere, nei limiti della dotazione organica, un contingente massimo di 50 unità di personale non dirigenziale con contratti di lavoro a tempo determinato della durata massima di 12 mesi, equiparato, ai fini economici, al personale appartenente alla terza area funzionale, posizione economica F1.

 

La relazione illustrativa afferma che la disposizione si rende necessaria in ragione dello straordinario ed immediato impegno richiesto all’ICE per la promozione del sistema economico italiano in questo particolare momento di crisi.

 

L’autorizzazione all’assunzione è concessa nelle more dell’espletamento delle procedure concorsuali per assunzioni presso l’ICE già disposte dall’articolo 1, comma 299, della legge di bilancio 2020.

Conseguentemente, le assunzioni previste dalla legge di bilancio 2020 debbono avvenire con decorrenza non antecedente alla scadenza dei contratti di lavoro a tempo determinato.

Si ricorda che il comma 299 dell’articolo 1 della legge n. 160/2019 (Legge di bilancio 2020) autorizza l’ICE, a bandire per l’anno 2020, concorsi pubblici per titoli ed esami e ad assumere con contratto di lavoro a tempo indeterminato, un contingente massimo di 50 unità di personale non dirigenziale della terza area funzionale, posizione economica F1. A Tale fine, è autorizzata la spesa di 951.667 euro per l’anno 2020 e di euro 2.855.000 dall’anno 2021.

 

L’autorizzazione all’assunzione, disposta dal comma in esame, opera, inoltre, in deroga ai limiti alle spese assunzionali, di cui all’articolo 9, comma 28, del D.L. n. 78/2010 (L. n. 122/2010).

L’articolo 9 del D.L. n. 78/2010 (L. n. 122/2010) reca norme sul contenimento delle spese in materia di pubblico impiego. Il comma 28 dispone che, a decorrere dall'anno 2011, le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse le Agenzie fiscali di cui al D.Lgs. n. 300/1999, e ss.mod., gli enti pubblici non economici, le università e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2001 e ss.mod. e int., le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, fermo quanto previsto dagli articoli 7, comma 6, e 36 del D.Lgs. n. 165/2001, possono avvalersi di personale a tempo determinato o con convenzioni ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.

 

Agli oneri derivanti dal comma 4 – quantificati in 1.665.417 euro per l’anno 2020 e in 1.189.583 euro per l’anno 2021 - si provvede:

§  quanto a euro 713.750 euro per l’anno 2020 mediante corrispondente riduzione del fondo speciale di parte corrente iscritto, per il bilancio triennale 2020-2022, sul programma “Fondi di riserva e speciali” della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del MEF per l'anno 2020, allo scopo utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo al MAECI e

§  quanto a 951.667 euro per l’anno 2020 e a 1.189.583 euro per l’anno 2021, a valere sulle risorse di cui al citato articolo 1, comma 299, della legge di bilancio 2020.

 

Il comma 5 autorizza la spesa di 10 milioni per l’anno 2020, di 15 milioni per ciascun anno del biennio 2021-2022, per gli interventi necessari a completare la realizzazione del Tecnopolo di Bologna, per il potenziamento della partecipazione italiana a istituzioni e progetti di ricerca europei ed internazionali, e per il connesso potenziamento del sistema di alta formazione e ricerca meteo-climatica di Bologna.

 

Per tali finalità, fino al 31 dicembre 2022, la Regione Emilia-Romagna, in qualità di stazione appaltante, opera con i poteri e con le modalità di cui all'articolo 4, commi 2 e 3, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32.

Il richiamato art. 4, commi 2 e 3 del D.L. 32/2019 (cd. Sblocca cantieri) prevede il potere di assumere ogni determinazione ritenuta necessaria per l’avvio ovvero la prosecuzione dei lavori, anche sospesi, e di stabilire le condizioni per l'effettiva realizzazione dei lavori (comma 2). Si prevede, altresì, che l’approvazione dei progetti sia sostitutiva di ogni autorizzazione, parere, visto e nulla-osta, occorrenti per l’avvio o la prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per gli atti amministrativi, relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici (silenzio assenso, per il rilascio di determinati atti, con termini non superiori a sessanta giorni per il rilascio) e per quelli di tutela ambientale (con termini dimezzati) (comma 2).

Si consente, poi, di derogare alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici (D.Lgs. 50 del 2016), fatto salvo il rispetto delle disposizioni del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (D.Lgs. 159 del 2011), e dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all’Unione europea (comma 3).  Si prevede altresì che per le occupazioni di urgenza e per le espropriazioni delle aree occorrenti per l'esecuzione degli interventi, si provveda alla redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli anche con la sola presenza di due rappresentanti della regione o degli enti territoriali interessati, prescindendo da ogni altro adempimento (comma 3).

 

Agli oneri derivanti dal comma in esame si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo speciale di parte capitale iscritto, per il bilancio triennale 2020-2022, nel programma “Fondi di riserva e speciali” della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del MEF per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al MAECI.

 

La relazione illustrativa afferma che il Tecnopolo di Bologna è stato attratto nell’area del più grande Centro di Elaborazioni dati in materia di metereologica e climatologia del mondo: lo European Centre for Medium-Range Weather Forecasts – ECMWF, che sarà operativo da inizio 2021 e per il quale l’Organismo internazionale effettuerà investimenti dell’ordine di 120 milioni di euro.

Inoltre nell’area sarà anche presente il nuovo grande centro di calcolo europeo EuroHPC del valore di 240 milioni di euro, di cui 120 finanziati dalla Commissione UE. L’organismo è delegato dalla Commissione europea alla conduzione di servizi del programma europeo Copernicus (osservazione spaziale della terra), gestendo risorse UE dell’ordine (nel periodo 2013 – 2019) di 300 milioni di euro da rifinanziare nel prossimo quinquennio.

E’ quindi emersa la volontà delle Istituzioni UE di trasferire la gestione delle risorse finanziarie dei predetti servizi Copernicus in capo ad organizzazioni localizzate nel territorio UE.

Pertanto l’Organismo ha aperto una call tra i suoi Stati Membri interessati alla localizzazione nel proprio territorio degli uffici che gestiscono i programmi Copernicus.

L’operazione viene qualificata come strategica e di interesse per il nostro Paese in relazione alla competitività delle imprese italiane del settore, allo sviluppo della ricerca del calcolo, alla formazione, all’innovazione e, più in generale, all’incremento del capitale immateriale per la produttività del Paese con interesse per profili di cambiamenti climatici e monitoraggio dell’atmosfera (servizi che ECMWF gestisce per conto dell’UE nell’ambito del programma Copernicus). La relazione evidenzia che studi del settore stimano l’impatto dell’indotto degli investimenti nel settore meteo-climatico con un ritorno dell’ordine di 6 euro per ogni euro investito.

 

Il comma 6 novella le disposizioni finanziarie introdotte dall’ art. 1, comma 587 della legge di bilancio per il 2019, riguardanti la partecipazione italiana all’Esposizione universale di Dubai, il cui svolgimento, programmato per l’anno in corso, è stato rinviato (v. più avanti) dal governo degli Emirati Arabi Uniti, su richiesta di diversi Stati partecipanti, a seguito delle difficoltà provocate dalla pandemia da Covid-19.

 

In particolare la lettera a) dispone un incremento della dotazione prevista per rispondere alle esigenze legate al prolungamento dei tempi di preparazione e alle maggiori misure di protezione sanitaria che devono essere adottate nei cantieri per l’allestimento del padiglione italiano e stabilisce una dotazione pari a 15,5 milioni di euro per l’anno 2020, a 4 milioni di euro per l’anno 2021 e a 2,5 milioni di euro per l'anno 2022.

 

La lettera b) proroga al 31 dicembre 2022 la durata in carica dell’apposito Commissariato generale di sezione, istituito dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 marzo 2018, per consentire, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa del provvedimento, lo smantellamento del padiglione italiano al termine della manifestazione.

 

Il comma 7 prevede che alla copertura degli oneri derivanti, pari a 4,5 milioni di euro per il 2020, a 4 milioni di euro per il 2021 e a 2,5 milioni di euro per il 2022 si provveda mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2022-2022, nell'ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire?” dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

 

L’Esposizione universale di Dubai, il cui svolgimento era stato originariamente programmato dal 20 ottobre 2020 al 10 aprile 2021, in concomitanza con il Giubileo d’oro degli Emirati Arabi Uniti, si svolgerà il prossimo anno, dal 1° ottobre 2021 al 21 marzo 2022. La decisione di rinviare l’evento, proposta dalla Commissione esecutiva dell’Ufficio internazionale delle esposizioni (BIE), è stata già approvata dai 2/3 degli Stati-membri dell’Assemblea del BIE e verrà ufficializzata il 29 maggio prossimo. 

L’Esposizione dal titolo “Unire le Menti, Creare il Futuro" si articolerà in tre sotto-temi: sostenibilità, ovvero progresso e prosperità senza compromettere i bisogni delle generazioni future; mobilità di persone, beni idee; opportunità, come condizione imprescindibile dello sviluppo individuale e collettivo.


 

Articolo 49
(Creazione di un polo di eccellenza per la ricerca, l’innovazione e il trasferimento tecnologico nel settore automotive nell’area di crisi industriale complessa di Torino)

 

 

Il comma 1 dell'articolo 49 autorizza la spesa di 20 milioni di euro per il 2020 per la realizzazione di un’infrastruttura di ricerca di interesse nazionale denominata Centro nazionale per la ricerca, l’innovazione e il trasferimento tecnologico nel campo della mobilità e dell’automotive con sede a Torino. La realizzazione di tale infrastruttura di ricerca viene ricondotta dalla disposizione in esame all'ambito del programma green new deal e del Piano Transizione 4.0, al fine di favorire i processi di transizione ecologica nei settori della mobilità sostenibile pubblica e privata e la competitività dell’industria dell’automotive.

Il finanziamento è erogato nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 26 del regolamento (UE) n. 651/2014.

Il comma 2 dispone che il Centro favorisce la collaborazione con istituti di ricerca nazionali ed europei, garantendo l’ampia diffusione dei risultati delle ricerche e il trasferimento delle conoscenze, anche mediante attività d’insegnamento e formazione. Il Centro favorisce e organizza attività di ricerca collaborativa tra imprese e altri centri di ricerca, dimostratori tecnologici anche attraverso la realizzazione di linee pilota sperimentali per la dimostrazione di tecniche di produzione e per la sperimentazione di nuove forme di mobilità, ivi comprese la mobilità elettrica, la guida autonoma e ulteriori applicazioni dell’Intelligenza Artificiale al settore della mobilità in genere.

Il comma 3 demanda a un regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della L. n. 400/1988, su proposta del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dell’università e della ricerca, e da pubblicare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, l'individuazione dei termini e delle modalità di presentazione della proposta progettuale, delle modalità di attuazione dell’intervento e di realizzazione dell’infrastruttura logistica e per l’erogazione delle risorse finanziarie e il monitoraggio sull’esecuzione del progetto.

Il comma 4 rinvia all’articolo 265 per la copertura degli oneri derivanti dall'articolo in esame, pari a 20 milioni di euro per il 2020.

 

Il comma 1 autorizza la spesa di 20 milioni di euro per il 2020 per la realizzazione di un’infrastruttura di ricerca di interesse nazionale denominata Centro nazionale per la ricerca, l’innovazione e il trasferimento tecnologico nel campo della mobilità e dell’automotive con sede a Torino. La realizzazione di tale infrastruttura di ricerca viene ricondotta dalla disposizione in esame all'ambito del programma green new deal e del Piano Transizione 4.0, al fine di favorire i processi di transizione ecologica nei settori della mobilità sostenibile pubblica e privata e la competitività dell’industria dell’automotive.

 

L'espressione "green new deal" sembra doversi intendere riferita al "Green Deal europeo" (COM(2019)640).

Si veda, al riguardo, il dossier n. 31 del 24 aprile 2020, Il Green Deal europeo, il Piano di investimenti per un'Europa sostenibile e il Fondo per la transizione giusta.

 

Il finanziamento è erogato nel rispetto delle condizioni di cui all'articolo 26 del regolamento (UE) n. 651/2014.

 

Il richiamato articolo 26 disciplina gli aiuti agli investimenti per le infrastrutture di ricerca.

Il paragrafo 1 prevede che gli aiuti alla creazione o all'ammodernamento delle infrastrutture di ricerca che svolgono attività economiche sono compatibili con il mercato interno ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, del trattato e sono esentati dall'obbligo di notifica di cui all'articolo 108, paragrafo 3, del trattato purché soddisfino le condizioni di cui al presente articolo e al capo I.

In base al paragrafo 2, se un'infrastruttura di ricerca svolge attività sia economiche che non economiche, i finanziamenti, i costi e le entrate di ciascun tipo di attività sono contabilizzati separatamente sulla base di principi contabili applicati con coerenza e obiettivamente giustificabili.

Il paragrafo 3 prevede che il prezzo applicato per la gestione o l'uso dell'infrastruttura corrisponde a un prezzo di mercato.

Ai sensi del paragrafo 4, l'accesso all'infrastruttura è aperto a più utenti e concesso in modo trasparente e non discriminatorio. Le imprese che hanno finanziato almeno il 10 % dei costi di investimento dell'infrastruttura possono godere di un accesso preferenziale a condizioni più favorevoli. Al fine di evitare una sovracompensazione, è necessario che tale accesso sia proporzionale al contributo dell'impresa ai costi di investimento e che tali condizioni siano rese pubbliche.

Per il paragrafo 5, i costi ammissibili corrispondono ai costi degli investimenti materiali e immateriali mentre giusta il paragrafo 6 l'intensità di aiuto non supera il 50 % dei costi ammissibili.

Infine, il paragrafo 7 prevede che se un'infrastruttura di ricerca riceve finanziamenti pubblici per attività sia economiche che non economiche, gli Stati membri istituiscono un meccanismo di monitoraggio e di recupero al fine di garantire che l'intensità di aiuto applicabile non venga superata in conseguenza di un aumento della proporzione di attività economiche rispetto alla situazione prevista alla data di concessione degli aiuti.

 

Il comma 2 dispone che il Centro favorisce la collaborazione con istituti di ricerca nazionali ed europei, garantendo l’ampia diffusione dei risultati delle ricerche e il trasferimento delle conoscenze, anche mediante attività d’insegnamento e formazione. Il Centro favorisce e organizza attività di ricerca collaborativa tra imprese e altri centri di ricerca, dimostratori tecnologici anche attraverso la realizzazione di linee pilota sperimentali per la dimostrazione di tecniche di produzione e per la sperimentazione di nuove forme di mobilità, ivi comprese la mobilità elettrica, la guida autonoma e ulteriori applicazioni dell’Intelligenza Artificiale al settore della mobilità in genere.

Il comma 3 demanda a un regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della L. n. 400/1988[45], su proposta del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dell’università e della ricerca, e da pubblicare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, l'individuazione dei termini e delle modalità di presentazione della proposta progettuale, delle modalità di attuazione dell’intervento e di realizzazione dell’infrastruttura logistica e per l’erogazione delle risorse finanziarie e il monitoraggio sull’esecuzione del progetto.

Il comma 4 rinvia all’articolo 265 per la copertura degli oneri derivanti dall'articolo in esame, pari a 20 milioni di euro per il 2020.


 

Articolo 50
(Proroga del termine di consegna dei beni strumentali nuovi ai fini della maggiorazione dell'ammortamento)

 

 

L'articolo 50 proroga dal 30 giugno 2020 al 31 dicembre 2020 il termine finale di efficacia del cd. superammortamento, ovvero l’agevolazione che consente di maggiorare del 30 per cento il costo di acquisizione a fini fiscali degli investimenti in beni materiali strumentali nuovi, "in considerazione della situazione emergenziale COVID-19".

 

L'articolo 1 del D.L. n. 34/2019, nella previgente formulazione, consentiva ai titolari di reddito d’impresa ed agli esercenti arti e professioni che effettuassero investimenti in beni materiali strumentali nuovi dal 1° aprile 2019 fino al 31 dicembre 2019, ovvero entro il 30 giugno 2020 - a condizione che, entro la data del 31 dicembre 2019, l’ordine risultasse accettato dal venditore e fosse avvenuto il pagamento di acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di acquisizione – di usufruire dell’aumento del 30 per cento del costo di acquisizione dei predetti beni, con esclusivo riferimento alla determinazione delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria.

E’ previsto un tetto di 2,5 milioni di euro agli investimenti agevolabili.

 

Si fa presente che, in luogo di prorogare al 2020 il cd. superammortamento e iperammortamento in favore delle imprese e di disciplinare un credito d'imposta per la realizzazione di progetti ambientali, la legge di bilancio 2020 (articolo 1, commi 184-197 della legge n. 160 del 2020) ha introdotto un nuovo credito d'imposta per le spese sostenute a titolo di investimento in beni strumentali nuovi. Esso riguarda tutte le imprese e, con riferimento ad alcuni investimenti, anche i professionisti. Il credito viene riconosciuto con aliquota differenziata secondo la tipologia di beni oggetto dell'investimento e copre gli investimenti in beni strumentali nuovi, ivi compresi i beni immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica secondo il modello Industria 4.0.

 


 

Articolo 51
(Proroga dei termini dei programmi di esecuzione delle procedure di amministrazione straordinaria)

 

 

L'articolo 51 proroga di sei mesi i termini di esecuzione dei programmi aventi scadenza successiva al 23 febbraio 2020 e già autorizzati dal MISE, di talune società ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria, anche qualora essi siano stati già prorogati ai sensi delle vigenti disposizioni sull'esecuzione dei programmi di risanamento o di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa.

Si tratta in particolare delle imprese soggette alle disposizioni sul fallimento (ora liquidazione giudiziale) in stato di insolvenza che si sono avvalse della procedura di ristrutturazione economica e finanziaria ovvero del programma di cessione dei complessi aziendali, aventi, singolarmente o, come gruppo di imprese costituito da almeno un anno, entrambi i seguenti requisiti: lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiori a cinquecento da almeno un anno; debiti, inclusi quelli derivanti da garanzie rilasciate, per un ammontare complessivo non inferiore a trecento milioni di euro.

 

Il suddetto regime di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria è stato dettato dall'articolo 1 del D.L. n. 347/2003 (L. n. 39/2004).

Si ricorda, inoltre, riguardo alla possibilità di proroga del termine di esecuzione del programma di risanamento o di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa, che, ai sensi ai sensi dell’articolo 4, commi 4-ter e 4-septies del medesimo D.L. n. 347 del 2003, nel caso in cui al termine di scadenza il programma risulti eseguito solo in parte, in ragione della particolare complessità delle operazioni attinenti alla ristrutturazione o alla cessione a terzi dei complessi aziendali e delle difficoltà connesse alla definizione dei problemi occupazionali, il Ministro dello sviluppo economico, su istanza del commissario straordinario, sentito il comitato di sorveglianza, può disporre la proroga del termine di esecuzione del programma per un massimo di dodici mesi (co. 4-ter).

Per le procedure il cui programma risulti già prorogato ai sensi del comma 4-ter e che, in ragione della loro particolare complessità, non possano essere definite entro il termine indicato al suddetto comma, il Ministro dello sviluppo economico può disporre con le medesime modalità un'ulteriore proroga del termine di esecuzione del programma per un massimo di 12 mesi, o per un massimo di 24 mesi nel caso in cui, essendo stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, tale cessione non sia ancora realizzata, in tutto o in parte, e risulti, sulla base di una specifica relazione del commissario straordinario, l'utile prosecuzione dell'esercizio d'impresa (co. 4-septies).

Ai sensi dell'art. 1 del d.lgs. n. 270/1999 (Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza), l'amministrazione straordinaria è la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, con finalità conservative del patrimonio produttivo, mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali.

Infine, l’articolo 27 dello stesso d.lgs. 270 prevede, al co. 1, che le imprese dichiarate insolventi sono ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria qualora presentino concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali.

Il co. 2 prescrive che tale risultato deve potersi realizzare, in via alternativa: a) tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno ("programma di cessione dei complessi aziendali"); b) tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni ("programma di ristrutturazione"); b-bis) per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali anche tramite la cessione di complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno ("programma di cessione dei complessi di beni e contratti").

 


 

Articolo 52
(Interventi urgenti per la salvaguardia della liquidità
delle imprese dell’aerospazio)

 

 

L’articolo 52 dispone la sospensione dei versamenti di quote di restituzione e di diritti di regia relativi ai finanziamenti a favore delle imprese dell’aerospazio, sia in ambito civile che della difesa nazionale, concessi ai sensi della Legge n. 808/1985, con scadenza nel 2020.

I versamenti sono effettuati, senza applicazione di interessi e di sanzioni, in unica soluzione entro il 31 dicembre 2021 o mediante rateizzazione fino ad un massimo di dieci rate mensili di pari importo a decorrere dal 31 dicembre 2021 (comma 1).

Inoltre, le quote dei finanziamenti, concessi ai sensi della L. n.808/1985, con cadenza nel 2020, o in esercizi precedenti, sono erogate entro il 31 luglio 2020 alle imprese per le quali non risultano inadempienze rispetto ai versamenti di quote di restituzione e di diritti di regia dovuti fino al 31 dicembre 2019.

Alle imprese che procedano a tali adempimenti successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legge, e, comunque, entro il 30 settembre 2020, nei limiti delle relative disponibilità di bilancio, le quote sono erogate entro tre mesi (comma 2).

 

Nel dettaglio, il comma 1 dispone che i versamenti di quote di restituzione e di diritti di regia relativi ai finanziamenti a favore delle imprese dell’aerospazio, sia in ambito civile che della difesa nazionale, concessi ai sensi della Legge n. 808/1985, con scadenza nel 2020, sono sospesi

Il comma quantifica gli oneri della misura in 15 milioni di euro per il 2020, disponendo che ad essi si provveda ai sensi dell’articolo 265 (che reca disposizioni di copertura finanziaria del provvedimento in esame).

 

La relazione tecnica evidenzia che i versamenti in questione - da effettuare all’entrata del bilancio dello Stato - sono quantificabili in un valore stimato di circa 140 milioni; In base alla legislazione vigente (per la cui ricostruzione, cfr. infra), tali versamenti sono destinati ad essere riassegnati alla spesa nello stato di previsione del Ministero dello Sviluppo Economico, ad incremento degli stanziamenti finalizzati alla legge n. 808/1985, per la parte eccedente i 15 milioni di euro. L’onere viene dunque quantificato in tale misura.

 

Il comma 2 dispone che le quote dei finanziamenti, concessi ai sensi della L. n.808/1985, con cadenza nell’esercizio 2020, o in esercizi precedenti, sono erogate entro il 31 luglio 2020 alle aziende per le quali non risultano inadempienze rispetto ai versamenti di quote di restituzione e di diritti di regia dovuti fino alla data del 31 dicembre 2019.

Alle imprese che diano corso a tali adempimenti successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, e comunque entro il 30 settembre 2020, nei limiti delle relative disponibilità di bilancio le quote vengono erogate entro tre mesi dal completamento degli adempimenti stessi.

La relazione tecnica ricorda che per i finanziamenti liquidati a seguito del controllo dei costi e delle attività ai sensi della legge 808/1985, l’erogazione, in coerenza con gli stanziamenti relativi, viene effettuata con rate pluriennali. Viene dunque evidenziata l’utilità, nella attuale situazione, di accelerare e semplificare le procedure di pagamento delle rate alle imprese, limitatamente al 2020, ovvero alla straordinaria condizione determinata dall’emergenza COVID-19.

 

La legge n. 808/1985 costituisce il principale strumento di politica industriale di sostegno al settore della ricerca e sviluppo nel settore aerospaziale e dell'elettronica connessa.

 

In particolare, l'articolo 3 della legge 808 disciplina i finanziamenti e i contributi per la partecipazione di imprese nazionali a programmi in collaborazione internazionale per la realizzazione di aeromobili, motori, equipaggiamenti e materiali aeronautici.

L'intervento di sostegno di cui alla legge n. 808/85 è di regola nella forma di finanziamenti agevolati (a tasso zero) che vengono restituiti attraverso un piano di rimborso dalle imprese beneficiarie, ai sensi dell'articolo 3, comma primo, lettera a) e articolo 4, comma settimo della stessa legge 808. L'accesso ai finanziamenti, avviene attraverso appositi bandi.

Le disposizioni citate prevedono in particolare che – a valere sulle risorse della Legge - possano essere concessi finanziamenti per l'elaborazione di programmi e l'esecuzione di studi, progettazioni, sviluppi, realizzazione di prototipi, prove, investimenti per industrializzazione ed avviamento alla produzione fino alla concorrenza dei relativi costi, inclusi i maggiori costi di produzione sostenuti in relazione all'apprendimento precedente al raggiungimento delle condizioni produttive di regime (comma 3, lettera a)). Tali finanziamenti sono rimborsabili mediante quote sul ricavato della vendita dei prodotti oggetto del programma in collaborazione determinate in relazione ai previsti risultati commerciali ed economici (art. 4, comma nono, lettera c));

L'ammissione del programma di ricerca e sviluppo dell'impresa ai benefici previsti dall'articolo 3 è deliberata dal MISE previo parere del Comitato per lo sviluppo dell'industria aeronautica, previsto dall’articolo 2 della legge n. 808/1985 per assicurare la coordinata e razionale applicazione degli interventi di sostegno previsti dal citato articolo 3. Il Comitato è presieduto dal Ministro dello sviluppo economico ed è costituito da rappresentanti del MISE, del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell'istruzione università e ricerca MIUR e del Ministero della Difesa e da tre esperti (professori universitari) nelle discipline riconducibili all'aerospazio. I componenti del Comitato sono stati rinnovati per il periodo 2017-2019 con D.M. 22 dicembre 2016. Con un recente D.M. 4 ottobre 2018, i componenti del Comitato sono stati integrati con un rappresentante del Ministro per il Sud.

In attuazione dell’articolo 3 della legge n. 808, è stato adottato dapprima il D.M. 173/2010 (Regolamento concernente la disciplina degli interventi relativi ai progetti di ricerca e sviluppo). Successivamente, è intervenuto il D.M. 3 luglio 2015 che ha ridefinito i criteri e le modalità degli interventi agevolativi finalizzati a promuovere e sostenere i progetti di ricerca e di sviluppo nel settore aerospaziale. Da ultimo è stato adottato il D.M. 20 febbraio 2019, che ha riformato il regime di aiuto per progetti di ricerca e sviluppo nel settore aerospaziale (civile) già disposto dal D.M. del 2015.

Il D.M. n. 174/2010 disciplina invece specificamente i criteri e le modalità procedurali degli interventi di sostegno ai progetti di ricerca e sviluppo nel settore aerospaziale funzionali alla sicurezza nazionale.

Si evidenzia che l’articolo 1, comma 603 della legge di bilancio 2020 (L. n. 160/2019) ha elevato da 8 a 15 milioni di euro l'importo a partire dal quale le somme derivanti dalle restituzioni dei finanziamenti concessi alle imprese ai sensi dell'art. 3 della L. 808/1985 sono riassegnate agli appositi capitoli dello stato di previsione del MISE per le medesime finalità della legge 808.

Le risorse relative alla legge 808/1985 sono iscritte – a legge di bilancio 2020- nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico (cap. 7432/2/MISE). Il capitolo di entrata del bilancio statale su cui affluiscono “Restituzioni allo Stato dei finanziamenti di cui all’art. 3, primo comma, lett. a), l. n. 808/1985” è il cap. 3597/ENTRATA.

Come evidenzia la Corte dei Conti, nella Relazione sullo “Sviluppo tecnologico ed interventi nel settore aeronautico” approvata Deliberazione 17 ottobre 2018, n. 20/2018/G, alla quale si rinvia, le restituzioni dei finanziamenti erogati per progetti in ambito di sicurezza nazionale, avvengono - ai sensi del D.M. n. 174/2010 - attraverso il meccanismo dei diritti di regia sulle vendite dei prodotti generati dai programmi finanziati (“royalties”). In sostanza, è adottata, in ambito di progetti riguardanti la sicurezza nazionale, una modalità di rimborso delle erogazioni calcolata su una percentuale degli incassi derivanti dalle vendite effettive dei prodotti che utilizzano le tecnologie sviluppate nell’ambito del progetto finanziato.

Il fatto che i rimborsi si basino sulle vendite effettive e non su dati previsionali, come per l’ambito civile, costituisce uno dei principali elementi distintivi fra le due tipologie di procedimento.

I relativi rimborsi, da parte delle imprese, è previsto si avviino dall’anno successivo all’ultima erogazione del finanziamento - come anche per i progetti in ambito “civile” -  e, secondo l’art. 5, comma 3, del relativo D.M. n. 174/2010, è stabilito che ammontino all’intero importo degli interventi fruiti commisurato all’ammontare dei costi ammissibili.

 


 

Capo II - Regime quadro della disciplina degli aiuti

Articolo 53
(Deroga al divieto di concessione di aiuti di Stato a imprese beneficiarie di aiuti illegali non rimborsati)

 

 

L’articolo 53 prevede che ai regimi di aiuto concessi, a livello nazionale o territoriale, ai sensi del Quadro temporaneo europeo sugli aiuti di Stato nell’ emergenza da COVID-19, accedono anche le imprese sulle quali grava l’obbligo di rimborsare aiuti illegali e incompatibili già ricevuti. Tali imprese accedono ai regimi di aiuti del Temporary Framework al netto dell’importo dovuto e non rimborsato, comprensivo degli interessi maturati fino alla data dell’erogazione.

 

Nel dettaglio, l’articolo in esame introduce una deroga all’articolo 46, comma 1, della legge n. 234/2012, che in via ordinaria vieta ai soggetti beneficiari di aiuti non rimborsati, di cui è obbligatorio il recupero in esecuzione di una decisione della Commissione europea, di ricevere nuovi aiuti.

 

La cosiddetta “clausola Deggendorf”, che vieta l’erogazione di aiuti di Stato ad imprese che debbano restituire precedenti aiuti giudicati illegali ed incompatibili dalla Commissione, è ormai contenuta nella maggior parte dei regimi di aiuto adottati dalle diverse amministrazioni. Ciò in quanto previsto dal Regolamento generale di esenzione per categoria n. 800/2008 e posto come condizione in tutte le recenti decisioni di autorizzazione della Commissione.

Nell’ordinamento interno, ne costituisce espressione l’articolo 46, comma 1, della legge n. 24 dicembre 2012, n. 234 (Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea), secondo il quale nessuno può beneficiare di aiuti di Stato se rientra tra coloro che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti che lo Stato è tenuto a recuperare in esecuzione di una decisione di recupero di cui all'articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015 (comma 1).

La Commissione, attese anche le circostanze specifiche dell’epidemia COVID-19 e l’impatto sull’economia, ha comunicato – secondo quanto risulta dalla relazione illustrativa - che la cosiddetta “clausola Deggendorf” non si applica alle misure di cui al Temporary Framework per sostenere l’economia nel contesto dell’epidemia di coronavirus. Si è pertanto reso necessario disporre una deroga alla normativa nazionale contenuta nella legge n. 234/2012.

 

Di conseguenza, l’articolo in esame dispone che i soggetti che abbiano ancora l’obbligo di rimborsare aiuti illegali e incompatibili accedono - in ragione delle straordinarie condizioni determinate dall’epidemia da Covid-19 - agli aiuti previsti da atti legislativi o amministrativi adottati, a livello nazionale, regionale o territoriale, ai sensi e nella vigenza della comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020, C (2020)1863, “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modificazioni e integrazioni.

Si ricorda in proposito che la Comunicazione della Commissione del 19 marzo è stata modificata e integrata dapprima dalla Comunicazione della Commissione del 3 aprile C(2020) 2215 final, e successivamente dalla Comunicazione della Commissione dell’8 maggio (C(2020 3156 final).

Per approfondimenti ed aggiornamenti sul citato “Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak” si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.

 

Nella relazione illustrativa si osserva come un approccio simile fu adottato nel contesto del quadro temporaneo al momento della crisi finanziaria del 2008.

A tale proposito si veda la Comunicazione della Commissione relativa al “Quadro di riferimento temporaneo comunitario per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'accesso al finanziamento nell'attuale situazione di crisi finanziaria ed economica” (2009/C 83/01).

 

La norma precisa, infine, che i nuovi aiuti sono corrisposti al netto dell’importo dovuto e non rimborsato, comprensivo degli interessi maturati fino alla data dell’erogazione.


 

Articolo 54
(Aiuti sotto forma di
sovvenzioni dirette,
anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali
)

 

 

L’articolo 54 traspone sostanzialmente nell’ordinamento interno il contenuto della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modifiche e integrazioni. In tal modo, in considerazione della situazione emergenziale in atto, definisce una cornice normativa entro la quale – previa notifica in via generale e conseguente autorizzazione della Commissione UE – le Regioni, le Province autonome, gli altri enti territoriali e le Camere di commercio hanno la facoltà di procedere alla concessione di aiuti, a valere sulle proprie risorse, sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali.

 

 

Nel dettaglio, il comma 1 prevede che le Regioni, le Province autonome - anche promuovendo eventuali azioni di coordinamento in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome -, gli altri enti territoriali, le Camere di commercio:

 

§   possono adottare misure di aiuto, a valere sulle proprie risorse, ai sensi della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19 ” e successive modifiche e integrazioni,

§   nei limiti e alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione ed al presente articolo, fino a un importo di 800.000 euro per impresa;

§  salvo i diversi limiti per le imprese del settore della pesca e dell’acquacoltura e del settore della produzione primaria di prodotti agricoli (vedi infra, commi 3-7).

 

Si ricorda che la Comunicazione della Commissione del 19 marzo C (2020) 1863 final Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19 ” è stata modificata e integrata dapprima dalla Comunicazione della Commissione del 3 aprile C(2020) 2215 final, e successivamente dalla Comunicazione della Commissione dell’8 maggio (C(2020 3156 final).  Per approfondimenti ed aggiornamenti sul “Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak”, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.

 

Il comma 2 precisa che l’aiuto può essere concesso sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o in altre forme, quali anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni, a condizione che il valore nominale totale di tali misure rimanga al di sotto del massimale di 800 000 euro per impresa; tutti i valori utilizzati devono essere al lordo di qualsiasi imposta o altro onere. 

 

Il comma 3 precisa che gli aiuti non possono superare l’importo di 120.000 euro per ogni impresa attiva nel settore della pesca e dell’acquacoltura e 100.000 euro per ogni impresa attiva nella settore della produzione primaria di prodotti agricoli. Tutti i valori utilizzati sono al lordo di qualsiasi imposta o altro onere.

 

L’impresa attiva nel settore della pesca e dell’acquacoltura è quella definita all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti "de minimis" nel settore della pesca e dell’acquacoltura (GU L 190 del 28.6.2014, pag. 45).

I prodotti agricoli dell’impresa attiva nel settore della produzione primaria sono tutti i prodotti elencati nell’allegato I del TFUE, ad eccezione dei prodotti del settore della pesca e dell’acquacoltura.

 

In base al comma 4, gli aiuti alle imprese attive nella produzione primaria di prodotti agricoli non devono essere fissati sulla base del prezzo o della quantità dei prodotti immessi sul mercato.

 

Secondo il comma 5, gli aiuti concessi ad imprese operanti nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli devono essere subordinati alle condizioni dettate dal punto 22, lettera e) della Comunicazione di cui al comma 1.

 

Il citato punto 22, lettera e) prevede che gli aiuti concessi a imprese operanti nella trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli sono subordinati al fatto di non venire parzialmente o interamente trasferiti a produttori primari e non sono fissati in base al prezzo o al quantitativo dei prodotti acquistati da produttori primari o immessi sul mercato dalle imprese interessate.

 

Il comma 6 chiarisce che gli aiuti alle imprese attive nel settore della pesca e dell’acquacoltura non riguardano nessuna delle categorie di aiuti già escluse dal regime “de minimis di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettere da a) a k), del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione.

 

Sono pertanto esclusi:

a)  aiuti il cui importo è fissato in base al prezzo o al quantitativo dei prodotti acquistati o commercializzati;

b)  aiuti per attività connesse all'esportazione verso paesi terzi o Stati membri, ossia aiuti direttamente collegati ai quantitativi esportati, alla costituzione e gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse con l'attività d'esportazione;

c)  aiuti subordinati all'impiego di prodotti nazionali rispetto a quelli d'importazione;

d) aiuti per l'acquisto di pescherecci;

e)  aiuti per la sostituzione o l'ammodernamento di motori principali o ausiliari dei pescherecci;

f)  aiuti a favore di operazioni dirette ad aumentare la capacità di pesca di un peschereccio o a favore di attrezzature atte ad aumentarne la capacità di ricerca del pesce;

g)  aiuti per la costruzione di nuovi pescherecci o per l'importazione di pescherecci;

h)  aiuti a favore dell'arresto temporaneo o definitivo delle attività di pesca, tranne quando siano espressamente previsti dal regolamento (UE) n. 508/2014;

i)   aiuti alle attività di pesca sperimentale;

j)   aiuti al trasferimento di proprietà di un'impresa;

k)  aiuti al ripopolamento diretto, salvo se esplicitamente previsto come misura di conservazione da un atto giuridico dell'Unione o nel caso di ripopolamento sperimentale.

 

Il comma 7 prevede che, nel caso in cui un’impresa sia attiva in diversi settori a cui si applicano importi massimi diversi, conformemente al comma 2 e al comma 3, deve essere assicurato con mezzi adeguati, quali la separazione contabile, che per ciascuna di tali attività sia rispettato il massimale pertinente e che in totale non sia superato l’importo massimo possibile.

 

La relazione illustrativa chiarisce che nella norma del “regime-quadro” in esame, in considerazione della situazione emergenziale in atto, si prevede la facoltà delle Regioni e delle Provincie autonome degli altri enti territoriali e delle Camere di commercio, di adottare misure di aiuto alle imprese, a valere sulle proprie risorse, ai sensi della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19 ” e successive modificazioni.

Tali agevolazioni possono essere concesse entro il 31 dicembre 2020.

Il regime-quadro sarà notificato in modo che, una volta autorizzato dalla Commissione europea, gli enti possano procedere alla concessione di aiuti, a condizione che gli stessi rientrino fra quelli approvati dalla Commissione europea.

Le Regioni, le Provincie autonome, gli altri enti territoriali e le Camere di commercio potranno concedere aiuti diversi da quelli notificati in via generale con il presente regime-quadro (o a condizioni diverse) solo qualora procedano autonomamente e singolarmente a notificare preventivamente tali eventuali diversi aiuti alla Commissione europea e solo dopo detta preventiva autorizzazione.


 

Articolo 55
(Aiuti sotto forma di garanzie sui prestiti alle imprese)

 

 

L’articolo 55 traspone sostanzialmente nell’ordinamento interno il contenuto delle sezioni 3.2 e 3.4 della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modifiche e integrazioni. In tal modo, definisce una cornice normativa entro la quale – previa notifica in via generale e conseguente autorizzazione della Commissione UE – le Regioni, le Province autonome, gli altri enti territoriali e le Camere di commercio hanno la facoltà di adottare misure di aiuto, a valere su risorse proprie, sotto forma di garanzie sui prestiti alle imprese, per fronteggiare gli effetti derivanti dalla attuale emergenza.

 

Nel dettaglio, il comma 1 prevede che le Regioni, le Province autonome - anche promuovendo eventuali azioni di coordinamento in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome -, gli altri enti territoriali, le Camere di commercio

§  possono adottare misure di aiuto, a valere sulle proprie risorse, ai sensi della sezione 3.2 (aiuti sotto forma di garanzie sui prestiti) della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19 ” e successive modifiche e integrazioni, nei limiti e alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione ed al presente articolo.

 

Il comma 2 precisa come le misure di aiuto consistano in garanzie, che riguardano sia prestiti per gli investimenti sia prestiti per il capitale di esercizio e sono concesse a favore delle imprese in modo diretto o attraverso banche o altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, nel rispetto delle condizioni di cui alle sezioni 3.2 e 3.4 della Comunicazione di cui al comma 1. La Sezione 3.4 attiene alle condizioni per la concessione di aiuti sotto forma di garanzie e prestiti veicolati tramiti enti creditizi o altri enti finanziari.

 

La Comunicazione del 19 marzo C (2020) 1863 final Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19 ” citata dal comma 1 è stata modificata e integrata dapprima dalla Comunicazione della Commissione del 3 aprile C(2020) 2215 final, e successivamente dalla Comunicazione della Commissione dell’8 maggio (C(2020 3156 final).

Per approfondimenti ed aggiornamenti sul “Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak”, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.

 

Il comma 3 precisa che per ciascun singolo prestito i premi di garanzia sono fissati a un livello minimo, che aumenterà progressivamente man mano che aumenta la durata del prestito garantito, come indicato nella tabella di cui al punto 25, lettera a), della Comunicazione di cui al comma 1.

 

Il citato punto 25, lettera a) stabilisce che per i premi di garanzia è fissato un livello minimo secondo le modalità seguenti:

 

Tipo

di beneficiario

Margine di rischio di credito per un prestito con scadenza a 1 anno

Margine di rischio di credito per un prestito con scadenza da 2 a 3 anni

Margine di rischio di credito per un prestito con scadenza da 4 a 6 anni

PMI

25 punti base

50 punti base

100 punti base

Grandi imprese

50 punti base

100 punti base

200 punti base

 

 

In base al comma 4, l’importo totale dei prestiti per beneficiario non deve superare i limiti indicati al punto 25, lettera d), paragrafi i) e ii), della Comunicazione di cui al comma 1.

Il citato punto 25, lettera d) prevede che per i prestiti con scadenza superiore al 31 dicembre 2020, l’importo del capitale di prestito non supera:

i. il doppio della spesa salariale annuale del beneficiario (compresi gli oneri sociali e il costo del personale che lavora nel sito dell’impresa, ma figura formalmente nel libro paga dei subcontraenti) per il 2019 o per l’ultimo anno disponibile. Nel caso di imprese create dopo il 1° gennaio 2019, l’importo massimo del prestito non può superare la spesa salariale annua prevista per i primi due anni di attività; o

ii. il 25 % del fatturato totale del beneficiario nel 2019.

 

Secondo il comma 5, la durata della garanzia è limitata a un massimo di sei anni e la garanzia pubblica rispetta i limiti e le condizioni indicati nel punto 25, lettera f), della Comunicazione di cui al comma1.

 

Il predetto punto 25, lettera f), stabilisce che la durata della garanzia deve essere limitata a un massimo di sei anni e la garanzia pubblica non deve eccedere:

i. il 90 % del capitale di prestito in caso di perdite subite in modo proporzionale e alle stesse condizioni da parte dell’ente creditizio e dello Stato; o

ii. il 35 % del capitale di prestito, laddove le perdite siano dapprima attribuite allo Stato e solo successivamente agli enti creditizi (garanzia di prima perdita); e

iii. in entrambi i casi di cui sopra, quando l’entità del prestito diminuisce nel tempo, ad esempio perché il prestito inizia a essere rimborsato, l’importo garantito deve diminuire proporzionalmente.

 

Il comma 6 chiarisce che gli aiuti di cui all’articolo in commento ed ogni altro aiuto concesso dagli stessi enti di cui al comma 1 o da qualsiasi altro ente, ai sensi della sezione 3.2 della Comunicazione di cui al comma 1 (aiuti sotto forma di garanzie sui prestiti), non possono essere cumulati con nessun altro aiuto concesso ai sensi della sezione 3.3 della Comunicazione (aiuti sotto forma di tassi di interesse agevolati per i prestiti) dagli stessi enti di cui al comma 1 o da qualsiasi altro ente sotto forma di tassi d’interesse agevolati per i prestiti, per lo stesso prestito sottostante.

Tuttavia, i predetti aiuti possono essere cumulati per prestiti differenti se l’importo complessivo dei prestiti per beneficiario soggetti ad un regime di aiuto istituito ai sensi della Comunicazione della Commissione di cui al comma 1, non supera le soglie consentite, di cui al comma 4 del presente articolo, o all’articolo 56, comma 5 (alla cui scheda di lettura si rinvia).

Un beneficiario può avvalersi di più aiuti concessi ai sensi della sezione 3.2 della predetta Comunicazione (cioè, di più aiuti sotto forma di garanzie sui prestiti), se l’ammontare complessivo dei prestiti soggetti ad aiuto non supera le soglie di cui al comma 4.

 

Come rilevato dalla relazione illustrativa, ai sensi della sezione 3.4 della Comunicazione (aiuti sotto forma di garanzie e prestiti veicolati tramiti enti creditizi o altri enti finanziari), qualora la garanzia pubblica sia erogata per il tramite di intermediari, occorre evitare che gli aiuti pubblici volti a eliminare le difficoltà delle imprese si traducano in vantaggi indiretti per gli enti creditizi o altri enti finanziari e di limitare la distorsione della concorrenza.

 

Tale finalità viene assicurata, tra l’altro, tramite il comma 7, ai sensi del quale le garanzie in questione non si applicano a prestiti preesistenti, salva l’ipotesi nella quale sussiste l’obbligo giuridico di prorogare la scadenza dei prestiti esistenti per le PMI, come definite ai sensi della Raccomandazione della Commissione relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese C(2003) 1422 del 6 maggio 2003.

Il comma 7 prevede altresì – riproducendo pressoché interamente il contenuto del punto 31 della Comunicazione della Commissione - che gli enti creditizi o altri enti finanziari dovrebbero, nella misura più ampia possibile, trasferire ai beneficiari finali i vantaggi della garanzia pubblica o dei tassi di interesse agevolati sui prestiti. L'intermediario finanziario dovrà essere in grado di dimostrare l'esistenza di un meccanismo volto a garantire che i vantaggi siano trasferiti, nella misura più ampia possibile, ai beneficiari finali, sotto forma di maggiori volumi di finanziamento, maggiore rischiosità dei portafogli, minori requisiti in materia di garanzie e premi di garanzia o tassi d'interesse inferiori.

Si osserva che la Comunicazione della Commissione, come da ultimo emendata l’8 maggio scorso, precisa che i tassi di interesse devono essere inferiori rispetto a quelli senza garanzie o prestiti pubblici.

Infine, il comma dispone che quando sussiste l'obbligo giuridico di prorogare la scadenza dei prestiti esistenti per le PMI non può essere addebitata alcuna commissione di garanzia.

 

In base al comma 8, le garanzie – conformemente al “Temporary Framework” sono concesse entro e non oltre il 31 dicembre 2020.


 

Articolo 56
(Aiuti sotto forma di tassi d’interesse agevolati
per i prestiti alle imprese)

 

 

L’articolo 56 traspone sostanzialmente nell’ordinamento interno il contenuto della sezione 3.3 della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modifiche e integrazioni. In tal modo, definisce una cornice normativa entro la quale – previa notifica in via generale e conseguente autorizzazione della Commissione UE – le Regioni, le Province autonome, gli altri enti territoriali e le Camere di commercio hanno la facoltà di adottare misure di aiuto, a valere su risorse proprie, sotto forma di prestiti alle imprese con tassi d’interesse agevolati.

 

Nel dettaglio, il comma 1 prevede che le Regioni, le Province autonome - anche promuovendo eventuali azioni di coordinamento in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome -, gli altri enti territoriali, le Camere di commercio

§   possono adottare misure di aiuto, a valere sulle proprie risorse, ai sensi della sezione 3.3 (aiuti sotto forma di tassi d’interesse agevolati per i prestiti alle imprese) della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19 ” e successive modifiche e integrazioni, nei limiti e alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione ed al presente articolo.

 

Il comma 2 chiarisce che gli aiuti riguardano sia i prestiti per il fabbisogno per gli investimenti sia per il capitale di esercizio e sono concessi a favore delle imprese in modo diretto o attraverso banche o altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, nel rispetto delle condizioni di cui alle sezioni 3.3 e 3.4 della Comunicazione di cui al comma 1.

 

Si ricorda in questa sede che la Sezione 3.4 della Comunicazione attiene alle condizioni per la concessione di aiuti sotto forma di garanzie e prestiti veicolati tramiti enti creditizi o altri enti finanziari.

Per approfondimenti ed aggiornamenti sul “Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak”, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.

Il comma 3 precisa che i contratti di finanziamento sono firmati entro e non oltre il 31 dicembre 2020 e sono limitati ad un massimo di sei anni.

 

In base al comma 4, i prestiti possono essere concessi a un tasso di interesse agevolato pari almeno al tasso di base (-31 punti base annui) applicabile il 1° gennaio 2020, più i margini per il rischio di credito indicati nella tabella di cui alla lettera a) del punto 27 della Comunicazione di cui al comma 1. In ogni caso, tale tasso di interesse agevolato non può essere inferiore a 10 punti base annui.

 

Secondo il citato punto 27, lettera a), i prestiti possono essere concessi a un tasso di interesse agevolato pari almeno al tasso di base (IBOR a 1 anno o equivalente, pubblicato dalla Commissione) applicabile il 1  gennaio 2020, più i margini di rischio di credito indicati nella tabella seguente:

 

Tipo di beneficiario

Margine di rischio di credito per
un prestito con scadenza a 1 anno

Margine di rischio di credito per
un prestito con scadenza da 2 a 3 anni

Margine di rischio di credito per
 un prestito con scadenza da 4 a 6 anni

PMI

25 punti base

50 punti base

100 punti base

Grandi imprese

50 punti base

100 punti base

200 punti base

 

 

Secondo il comma 5, l’importo totale dei prestiti per beneficiario non deve superare i limiti del punto 27, lettera d), paragrafi i) e ii), della Comunicazione di cui al comma 1.

 

Il predetto punto 27, lettera d) stabilisce che per prestiti che si estendono oltre il 31 dicembre 2020, l’importo del prestito non supera:

i.   il doppio della spesa salariale annuale del beneficiario (compresi gli oneri sociali e il costo del personale che lavora nel sito dell’impresa, ma figura formalmente nel libro paga dei subcontraenti) nel 2019 o nell’ultimo anno per cui sono disponibili dati. Nel caso di imprese create dopo il 1  gennaio 2019, l’importo massimo del prestito non può superare i costi salariali annui previsti per i primi due anni di attività o

ii.  il 25 % del fatturato totale del beneficiario nel 2019.

 

La relazione illustrativa precisa, in proposito, che, qualora un ente intenda adottare misure di aiuto avvalendosi delle possibilità alternative previste al punto 27 (b), 27 (d) (iii) o 27 (e) della Comunicazione di cui al comma 1, si dovrà procedere a separata notifica alla Commissione europea per la preventiva autorizzazione prima della concessione degli aiuti stessi.

Il punto 27, lettera b), in materia di tasso di interesse agevolato, prevede che gli Stati membri possono notificare i regimi tenendo conto della sopra indicata tabella dei margini di rischio di credito come base (vedi supra), con la possibilità di modulare la scadenza, la fissazione dei prezzi e la copertura della garanzia (ad esempio, una copertura inferiore a compensazione di una scadenza più lunga).

Il punto 27, lettera d) (iii), come da ultimo emendato l’8 maggio scorso, in tema di importo del prestito, prevede che quest’ultimo, sulla base di un’opportuna giustificazione fornita dallo Stato membro alla Commissione (ad esempio in relazione con le caratteristiche un determinato tipo di imprese) l 'importo del prestito può essere aumentato fino a coprire il fabbisogno di liquidità dal momento della concessione per i successivi 18 mesi per le PMI  e per i  successivi 12 mesi per le grandi imprese. Il fabbisogno di liquidità dovrebbe essere stabilito mediante autocertificazione da parte del beneficiario.

Il punto 27, lettera e), come da ultimo emendato l’8 maggio scorso, sempre in tema di importo del prestito, prevede che per i prestiti con scadenza entro il 31 dicembre 2020, l’importo del capitale del prestito può essere superiore a quello previsto al punto 27, lettera d), con una giustificazione adeguata e a condizione che la proporzionalità dell’aiuto resti assicurata e sia dimostrata dallo Stato membro alla Commissione.

 

Il comma 6 chiarisce che gli aiuti di cui all’articolo in commento ed ogni altro aiuto concesso dagli stessi enti di cui al comma 1 o da qualsiasi altro ente, ai sensi della sezione 3.3 della Comunicazione di cui al comma 1 (aiuti sotto forma di tassi d’interesse agevolati per i prestiti), non possono essere cumulati con nessun altro aiuto concesso ai sensi della sezione 3.2 della Comunicazione (aiuti sotto forma di garanzie sui prestiti) dagli stessi enti di cui al comma 1 o da qualsiasi altro ente sotto forma di tassi d’interesse agevolati per i prestiti, per lo stesso prestito sottostante.

Tuttavia, i predetti aiuti possono essere cumulati per prestiti differenti se l’importo complessivo dei prestiti per beneficiario soggetti ad un regime di aiuto istituito ai sensi della Comunicazione di cui al comma 1, non supera le soglie di cui al comma 5 del presente articolo, o all’articolo 55, comma 4 (alla cui scheda di lettura si rinvia).

Un beneficiario può avvalersi in parallelo di più aiuti concessi ai sensi della sezione 3.3, cioè di più aiuti sotto forma di tassi d’interesse agevolati per i prestiti, se l’ammontare complessivo dei prestiti soggetti ad aiuto non supera le soglie di cui al comma 5.

 

Il comma 7 esclude l’applicabilità degli aiuti di cui all’articolo in questione a prestiti preesistenti, salva l’ipotesi nella quale sussiste l’obbligo giuridico di prorogare la scadenza dei prestiti esistenti per le PMI, come definite ai sensi della Raccomandazione della Commissione relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese C(2003) 1422 del 6 maggio 2003; in tal caso non può essere addebitata alcuna commissione di garanzia.

Il comma prevede altresì – riproducendo pressoché interamente il contenuto del punto 31 della Comunicazione della Commissione - che gli enti creditizi o altri enti finanziari dovrebbero, nella misura più ampia possibile, trasferire ai beneficiari finali i vantaggi della garanzia pubblica o dei tassi di interesse agevolati sui prestiti. L'intermediario finanziario dovrà in particolare essere in grado di dimostrare l'esistenza di un meccanismo volto a garantire che i vantaggi siano trasferiti, nella misura più ampia possibile, ai beneficiari finali, sotto forma di maggiori volumi di finanziamento, maggiore rischiosità dei portafogli, minori requisiti in materia di garanzie e premi di garanzia o tassi d'interesse inferiori.

 


 

Articolo 57
(Aiuti alle imprese per la ricerca e lo sviluppo
in materia di COVID-19)

 

 

L’articolo 57 traspone sostanzialmente nell’ordinamento interno il contenuto della sezione 3.6 della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modifiche e integrazioni. In tal modo, definisce una cornice normativa entro la quale – previa notifica in via generale e conseguente autorizzazione della Commissione UE – le Regioni, le Province autonome, gli altri enti territoriali e le Camere di commercio hanno la facoltà di adottare misure di aiuto alle imprese, a valere su risorse proprie, per la ricerca e lo sviluppo in materia di COVID-19.

 

Nel dettaglio, il comma 1 prevede che:

§  le Regioni, le Province autonome - anche promuovendo eventuali azioni di coordinamento in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome -, gli altri enti territoriali, le Camere di commercio

§  possono adottare misure di aiuto, a valere sulle proprie risorse, ai sensi della sezione 3.6 (Aiuti per la ricerca e lo sviluppo in materia di COVID -19) della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, modificata e integrata dapprima dalla Comunicazione della Commissione C(2020) 2215 final del 3 aprile, e successivamente dalla Comunicazione della Commissione (C(2020 3156 final) dell’8 maggio, nei limiti e alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione ed al presente articolo.

 

Per un quadro aggiornato del “Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak”, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.

 

Il comma 2 chiarisce che Gli enti di cui al comma 1 possono istituire regimi di aiuto a favore di progetti di ricerca e sviluppo in materia di COVID-19 e antivirali pertinenti.

La relazione illustrativa chiarisce che della ricerca in materia di COVID-19 e antivirali pertinenti fanno parte la ricerca su vaccini, medicinali e trattamenti, dispositivi medici e attrezzature ospedaliere e mediche, disinfettanti e indumenti e dispositivi di protezione, nonché le innovazioni di processo pertinenti ai fini di una produzione efficiente dei prodotti necessari.

 

Il comma 3 precisa che gli aiuti sono concessi sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali, nel rispetto delle condizioni di cui alla sezione 3.6 della Comunicazione di cui al comma 1.

 

In base al comma 4, i costi ammissibili sono quelli definiti al punto 35, lettere b) e c) della sezione 3.6, e dunque possono riguardare tutti i costi necessari per il progetto di ricerca e sviluppo nel corso della sua durata, compresi, tra l’altro, i costi del personale, i costi per le apparecchiature e i servizi digitali e informatici, per gli strumenti diagnostici, per la raccolta di dati e il loro trattamento, per i servizi di ricerca e sviluppo e per le sperimentazioni precliniche e cliniche (fasi di sperimentazione I-IV), i costi per l’ottenimento, la convalida e la difesa di brevetti e di altri attivi immateriali, per l’ottenimento delle valutazioni della conformità e/o delle autorizzazioni necessarie per la commercializzazione di vaccini e medicinali, dispositivi medici, attrezzature ospedaliere e mediche, disinfettanti e dispositivi di protezione individuale nuovi e migliorati. Le sperimentazioni di fase IV sono ammissibili, a condizione che esse consentano un ulteriore avanzamento scientifico o tecnologico. Per i progetti di ricerca e sviluppo avviati prima del 1º febbraio 2020 che non siano insigniti di un marchio di eccellenza specifico per il COVID-19, i costi ammissibili sono solo i costi supplementari relativi alle misure di accelerazione o all’ampliamento della portata del progetto.

L’intensità di aiuto per ciascun beneficiario rientra nei limiti imposti dal punto 35, lettere d) ed e) della sezione 3.6, e dunque può coprire il 100% dei costi ammissibili per la ricerca fondamentale e non supera l’80% dei costi ammissibili per la ricerca industriale e lo sviluppo sperimentale.

L’intensità di aiuto per la ricerca industriale e lo sviluppo sperimentale può essere aumentata di 15 punti percentuali se più di uno Stato membro sostiene il progetto di ricerca o se il progetto di ricerca è realizzato in collaborazione transfrontaliera con organismi di ricerca o altre imprese. Il beneficiario dell’aiuto si impegna a concedere licenze non esclusive a condizioni di mercato non discriminatorie a terzi nel SEE.

 

Secondo il comma 5, ed in conformità al Temporary Framework, gli aiuti sono concessi entro e non oltre il 31 dicembre 2020.

 

Il comma 6 chiarisce che gli aiuti di cui alla sezione 3.6 (Aiuti per la ricerca e lo sviluppo in materia di COVID-19), 3.7 (Aiuti agli investimenti per le infrastrutture di prova e upscaling) e 3.8 (Aiuti agli investimenti per la produzione di prodotti connessi al COVID-19) della Comunicazione non possono essere cumulati fra loro in relazione agli stessi costi ammissibili. Gli aiuti di cui all’articolo in esame possono invece essere combinati con il sostegno proveniente da altre fonti per gli stessi costi ammissibili, a condizione che gli aiuti combinati non superino i massimali relativi all’intensità di aiuto.

 

Il comma 7 dispone che il beneficiario dell’aiuto si impegna a concedere licenze non esclusive a condizioni di mercato non discriminatorie a terzi nel SEE.

 

 


 

Articolo 58
(Aiuti alle imprese per gli investimenti per le
infrastrutture di prova e
upscaling)

 

 

L’articolo 58 traspone sostanzialmente nell’ordinamento interno il contenuto della sezione 3.7 della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e successive modifiche ed integrazioni. In tal modo definisce una cornice normativa entro la quale – previa notifica in via generale e conseguente autorizzazione della Commissione UE – le Regioni, le Province autonome, gli altri enti territoriali e le Camere di commercio hanno la facoltà di adottare misure di aiuto alle imprese, a valere su risorse proprie, per gli investimenti per le infrastrutture di prova e upscaling necessarie per sviluppare, provare e ampliare di scala, fino alla prima applicazione industriale prima della produzione in serie, prodotti connessi al COVID-19.

 

Nel dettaglio, il comma 1 prevede che le Regioni, le Province autonome - anche promuovendo eventuali azioni di coordinamento in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome -, gli altri enti territoriali, le Camere di commercio

§  possono adottare misure di aiuto, a valere sulle proprie risorse, ai sensi della sezione 3.7 (aiuti alle imprese per gli investimenti per le infrastrutture di prova e upscaling) della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” come modificata dalla Comunicazione della Commissione C(2020) 2215 final del 3 aprile, e successivamente dalla Comunicazione della Commissione (C(2020 3156 final) dell’8 maggio, nei limiti e alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione ed al presente articolo.

 

La relazione illustrativa precisa come la norma consenta aiuti agli investimenti per la costruzione o il miglioramento delle infrastrutture di prova e upscaling necessarie per sviluppare, provare e ampliare di scala, fino alla prima applicazione industriale prima della produzione in serie, prodotti connessi al COVID-19.

 

Per un quadro aggiornato del “Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak”, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.

 

Il comma 2 chiarisce che gli enti di cui al comma 1 possono concedere aiuti agli investimenti nei limiti di cui alla lettera a) del punto 37 della Comunicazione di cui al comma 1, ovvero per la costruzione o il miglioramento delle infrastrutture di prova e upscaling necessarie per sviluppare, provare e ampliare di scala, fino alla prima applicazione industriale prima della produzione in serie, medicinali (compresi i vaccini) e trattamenti contro il COVID-19, i relativi prodotti intermedi, i principi attivi farmaceutici e le materie prime; i dispositivi medici, le attrezzature ospedaliere e mediche (compresi i ventilatori meccanici, gli indumenti e i dispositivi di protezione e gli strumenti diagnostici) e le materie prime necessarie; i disinfettanti e i relativi prodotti intermedi e le materie prime chimiche necessarie per la loro produzione; gli strumenti per la raccolta e il trattamento di dati.

 

Il comma 3 precisa che gli aiuti sono concessi sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali e, nel rispetto delle condizioni di cui alla lettera h) del punto 37 della Comunicazione di cui al comma 1, sotto forma di garanzia a copertura delle perdite.

 

Il citato punto 37, lettera h), prevede che una garanzia a copertura delle perdite può essere concessa in aggiunta a una sovvenzione diretta, a un'agevolazione fiscale o a un anticipo rimborsabile o a titolo di misura di aiuto indipendente. La garanzia a copertura delle perdite è emessa entro un mese dalla data in cui l'impresa ha presentato la domanda; l'importo della perdita da compensare è stabilito cinque anni dopo il completamento dell'investimento. l'importo della compensazione è calcolato come la differenza tra la somma dei costi di investimento, un utile ragionevole del 10 % annuo sul costo degli investimenti nell'arco di cinque anni e il costo di esercizio, da un lato, e la somma della sovvenzione diretta ricevuta, delle entrate per il periodo di cinque anni e del valore terminale del progetto, dall'altro 

 

In base al comma 4, i costi ammissibili sono quelli definiti al punto 37, lettere c), e) ed f) e dunque corrispondono ai costi di investimento necessari per realizzare le infrastrutture di prova e upscaling per lo sviluppo dei prodotti di cui al comma 2.

Per i progetti avviati prima del 1º febbraio 2020, sono ammissibili all’aiuto solo i costi supplementari relativi alle misure di accelerazione o all’ampliamento della portata del progetto. L’intensità di aiuto non supera il 75 % dei costi ammissibili. L’intensità massima di aiuto ammissibile per la sovvenzione diretta o l’agevolazione fiscale può essere aumentata di ulteriori 15 punti percentuali se l’investimento viene concluso entro due mesi dalla data di concessione dell’aiuto o di applicazione dell’agevolazione fiscale oppure se il sostegno proviene da più di uno Stato membro. Se l’aiuto è concesso sotto forma di anticipo rimborsabile e l’investimento viene completato entro due mesi, oppure se il sostegno proviene da più di uno Stato membro, possono essere concessi ulteriori 15 punti percentuali

 

Secondo il comma 5, il progetto d’investimento deve essere completato nei termini di cui al punto 37, lettera d), e dunque entro sei mesi dalla data di concessione dell’aiuto. Un progetto d’investimento è considerato completato quando il suo completamento è stato accettato dalle autorità nazionali. Se il termine di sei mesi non è rispettato, per ogni mese di ritardo si procede al rimborso del 25% dell’importo dell’aiuto concesso sotto forma di sovvenzioni dirette o agevolazioni fiscali, a meno che il ritardo non sia dovuto a fattori che esulano dalle capacità di controllo del beneficiario dell’aiuto. Se il termine è rispettato, gli aiuti sotto forma di anticipi rimborsabili vengono trasformati in sovvenzioni; in caso contrario, gli anticipi rimborsabili sono rimborsati in rate annuali uguali entro cinque anni dalla data di concessione dell’aiuto.

 

Il comma 6, prevede che gli aiuti siano altresì subordinati al rispetto delle condizioni di cui alle lettere i) e j) del punto 37, e dunque, il prezzo applicato per i servizi forniti dalle infrastrutture di prova e upscaling deve corrispondere al prezzo di mercato; le infrastrutture di prova e upscaling sono aperte a più utenti e l’ accesso è concesso in modo trasparente e non discriminatorio. Le imprese che hanno finanziato almeno il 10% dei costi di investimento possono godere di un accesso preferenziale a condizioni più favorevoli.

 

Il comma 7 chiarisce che gli aiuti di cui alla sezione 3.6 (Aiuti per la ricerca e lo sviluppo in materia di COVID-19), 3.7 (Aiuti agli investimenti per le infrastrutture di prova e upscaling) e 3.8 (Aiuto agli investimenti per la produzione di prodotti connessi al COVID-19) della Comunicazione non possono essere cumulati fra loro in relazione agli stessi costi ammissibili. Gli aiuti di cui all’articolo in esame non possono essere combinati con altri aiuti agli investimenti per gli stessi costi ammissibili.


 

Articolo 59
(Aiuti alle imprese agli investimenti per la produzione
di prodotti connessi al COVID-19)

 

 

L’articolo 59 traspone sostanzialmente nell’ordinamento interno il contenuto della sezione 3.8 della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”,e successive modifiche e integrazioni. In tal modo definisce una cornice normativa entro la quale – previa notifica in via generale e conseguente autorizzazione della Commissione UE – le Regioni, le Province autonome, gli altri enti territoriali e le Camere di commercio hanno la facoltà di adottare misure di aiuto alle imprese, a valere su risorse proprie, agli investimenti per la produzione di prodotti connessi al COVID-19.

 

Nel dettaglio, il comma 1 prevede che le Regioni, le Province autonome - anche promuovendo eventuali azioni di coordinamento in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome -, gli altri enti territoriali, le Camere di commercio

§  possono adottare misure di aiuto, a valere sulle proprie risorse, ai sensi della sezione 3.8 (aiuti alle imprese agli investimenti per la produzione di prodotti connessi al COVID-19) della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” come modificata dalla Comunicazione della Commissione C(2020) 2215 final del 3 aprile e successivamente dalla Comunicazione della Commissione (C(2020 3156 final) dell’8 maggio, nei limiti e alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione ed all’articolo in commento.

 

Per un quadro aggiornato del “Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak”, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.

 

Il comma 2 chiarisce che gli enti di cui al comma possono istituire regimi di aiuti agli investimenti nei limiti di cui alla lettera a) del punto 39 della Comunicazione di cui al comma 1.

Il punto 39, lettera a) precisa che gli aiuti agli investimenti sono concessi per la produzione di prodotti connessi al COVID-19, quali medicinali (compresi i vaccini) e trattamenti, i loro prodotti intermedi, i principi attivi farmaceutici e le materie prime; i dispositivi medici, le attrezzature ospedaliere e mediche (compresi i ventilatori meccanici, gli indumenti e i dispositivi di protezione e gli strumenti diagnostici) e le materie prime necessarie; i disinfettanti e i relativi prodotti intermedi e le materie prime chimiche necessarie per la loro produzione; strumenti di raccolta/trattamento dei dati.

 

Il comma 3 precisa che gli aiuti sono concessi sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali e, nel rispetto delle condizioni di cui alla lettera h) del punto 39 della Comunicazione di cui al comma 1, di garanzie a copertura delle perdite.

 

Il citato punto 39, lettera h), prevede che una garanzia a copertura delle perdite può essere concessa in aggiunta a una sovvenzione diretta, a un’agevolazione fiscale o a un anticipo rimborsabile o a titolo di misura di aiuto indipendente. La garanzia a copertura delle perdite è emessa entro un mese dalla data in cui l’impresa ha presentato la domanda; l’importo della perdita da compensare è DL Rilancio 13.05.2020 ore 17.00 132 stabilito cinque anni dopo il completamento dell’investimento; l’importo della compensazione è calcolato come la differenza tra la somma dei costi di investimento, un utile ragionevole del 10 % annuo sul costo degli investimenti nell’arco di cinque anni e il costo di esercizio, da un lato, e la somma della sovvenzione diretta ricevuta, delle entrate per il periodo di cinque anni e del valore terminale del progetto, dall’altro.

 

In base al comma 4, i costi ammissibili e le intensità di aiuto sono definiti al punto 39, lettere c), e) ed f) e dunque riguardano tutti i costi d’investimento necessari per la produzione dei prodotti di cui al comma 2 e i costi di collaudo dei nuovi impianti di produzione. Per i progetti avviati prima del 1º febbraio 2020, sono ammissibili all’aiuto solo i costi supplementari relativi alle misure di accelerazione o all’ampliamento della portata del progetto. L’intensità di aiuto non supera l’80 % dei costi ammissibili. L’intensità massima di aiuto ammissibile per la sovvenzione diretta o l’agevolazione fiscale può essere aumentata di ulteriori 15 punti percentuali se l’investimento viene concluso entro due mesi dalla data di concessione dell’aiuto o di applicazione dell’agevolazione fiscale oppure se il sostegno proviene da più di uno Stato membro. Se l’aiuto è concesso sotto forma di anticipo rimborsabile e l’investimento viene completato entro due mesi, oppure se il sostegno proviene da più di uno Stato membro, possono essere concessi ulteriori 15 punti percentuali.

 

Secondo il comma 5, il progetto d’investimento è completato deve essere completato nei termini di cui al punto 39, lettera d) e dunque entro sei mesi dalla data di concessione dell’aiuto.

Un progetto d’investimento è considerato completato quando il suo completamento è stato accettato dalle autorità nazionali. Se il termine di sei mesi non è rispettato, per ogni mese di ritardo si procede al rimborso del 25 % dell’importo dell’aiuto concesso sotto forma di sovvenzioni dirette o agevolazioni fiscali, a meno che il ritardo non sia dovuto a fattori che esulano dalle capacità di controllo del beneficiario dell’aiuto. Se il termine è rispettato, gli aiuti sotto forma di anticipi rimborsabili vengono trasformati in sovvenzioni; in caso contrario, gli anticipi rimborsabili sono rimborsati in rate annuali uguali entro cinque anni dalla data di concessione dell’aiuto.

 

Il comma 6 chiarisce che gli aiuti di cui alla sezione 3.6 (Aiuti per la ricerca e lo sviluppo in materia di COVID-19), 3.7 (Aiuti agli investimenti per le infrastrutture di prova e upscaling) e 3.8 (Aiuto agli investimenti per la produzione di prodotti connessi al COVID-19) della Comunicazione non possono essere cumulati fra loro in relazione agli stessi costi ammissibili. Gli aiuti di cui all’articolo in esame non possono essere combinati con altri aiuti agli investimenti per gli stessi costi ammissibili.


 

Articolo 60
(Aiuti sotto forma di sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti per evitare i licenziamenti durante
la pandemia di COVID-19)

 

 

L’articolo 60 traspone sostanzialmente nell’ordinamento interno il contenuto della sezione 3.10 della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”,  e successive modifiche e integrazioni. In tal modo definisce una cornice normativa entro la quale – previa notifica in via generale e conseguente autorizzazione della Commissione UE – le Regioni, le Province autonome, gli altri enti territoriali e le Camere di commercio hanno la facoltà di adottare misure di aiuto, a valere su risorse proprie, sotto forma di sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti per evitare i licenziamenti durante la pandemia di COVID-19.

 

Nel dettaglio, il comma 1 prevede che le Regioni, le Province autonome - anche promuovendo eventuali azioni di coordinamento in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome -, gli altri enti territoriali, le Camere di commercio

§  possono adottare misure di aiuto, a valere sulle proprie risorse, ai sensi della sezione 3.10 (aiuti sotto forma di sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti per evitare i licenziamenti durante la pandemia di COVID-19) della Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” come modificata e integrata dalla Comunicazione della Commissione C(2020) 2215 final, e successivamente dalla Comunicazione della Commissione (C(2020 3156 final), nei limiti e alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione ed all’articolo in commento.

 

Per un quadro aggiornato del “Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak”, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.

 

L’articolo in esame prevede la possibilità di concedere aiuti di Stato sotto forma di sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti per evitare i licenziamenti durante la pandemia di COVID-19.

 

Il comma 2, segnatamente, prevede che gli aiuti di cui all’articolo in esame sono concessi al fine di contribuire ai costi salariali, ivi comprese le quote contributive e assistenziali, delle imprese, compresi i lavoratori autonomi, e sono destinati ad evitare i licenziamenti durante la pandemia di COVID?19.

 

Il comma 3 precisa che gli aiuti sono concessi sotto forma di regimi destinati alle imprese di determinati settori o regioni o di determinate dimensioni, particolarmente colpite dalla pandemia di COVID-19.

Si ricorda che l’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE stabilisce che salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.

Gli aiuti qui in esame dunque, in quanto selettivi, devono essere compatibili con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del TFUE, e, in particolare, devono soddisfare le condizioni di cui alla Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” e successive modificazioni.

Infatti, mentre il paragrafo 2 dell’articolo 107 TFUE qualifica come compatibili con il mercato interno – in particolare - gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali (lett. b)), il paragrafo 3 definisce categorie di aiuti che “possono” considerarsi compatibili con il mercato interno. Tra questi, gli aiuti destinati a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro (lett. b)).

 

Il Temporary Framework ammette, come detto, alla Sezione 3.10, gli aiuti sotto forma di sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti per evitare i licenziamenti durante la pandemia di COVID-19.

Al fine di proteggere l'occupazione, gli Stati membri possono dunque prevedere di contribuire ai costi salariali delle imprese (compresi i lavoratori autonomi) che, a causa della pandemia di COVID-19, sarebbero altrimenti costrette a licenziare i dipendenti. Tali aiuti sono ammissibili alle seguenti condizioni:

§  sono destinati ad evitare i licenziamenti durante la pandemia di COVID-19;

§  sono concessi sotto forma di regimi destinati alle imprese di determinati settori o regioni o di determinate dimensioni, particolarmente colpite dalla pandemia di COVID-19;

§  la sovvenzione per il pagamento dei salari deve essere concessa per un periodo non superiore a dodici mesi a decorrere dalla domanda di aiuto, per i dipendenti che altrimenti sarebbero stati licenziati a seguito della sospensione o della riduzione delle attività aziendali dovuta alla pandemia di COVID-19 e a condizione che il personale che ne beneficia continui a svolgere in modo continuativo l'attività lavorativa durante tutto il periodo per il quale è concesso l'aiuto;

§  la sovvenzione mensile per il pagamento dei salari non deve superare l'80% della retribuzione mensile lorda (compresi i contributi previdenziali a carico del datore di lavoro) dei beneficiari. Gli Stati membri possono anche notificare, per le categorie di personale a basso salario, metodi di calcolo alternativi dell'intensità di aiuto, ad esempio utilizzando la media salariale nazionale o il salario minimo, a condizione che sia mantenuta la proporzionalità dell'aiuto;

§  la sovvenzione per il pagamento dei salari può essere combinata con altre misure di sostegno all'occupazione generalmente disponibili o selettive, purché il sostegno combinato non comporti una sovra compensazione dei costi salariali del personale interessato. Le sovvenzioni possono essere inoltre combinate con i differimenti delle imposte e i differimenti dei pagamenti dei contributi previdenziali.

 

In base al comma 4, la sovvenzione per il pagamento dei salari viene concessa per un periodo non superiore a dodici mesi a decorrere dalla domanda di aiuto ovvero dalla data di inizio dell’imputabilità della sovvenzione se anteriore, per i dipendenti che altrimenti sarebbero stati licenziati a seguito della sospensione o della riduzione delle attività aziendali dovuta alla pandemia di COVID-19 e a condizione che il personale che ne beneficia continui a svolgere in modo continuativo l’attività lavorativa durante tutto il periodo per il quale è concesso l’aiuto. L’imputabilità della sovvenzione per il pagamento dei salari può essere retrodatata al 1° febbraio 2020.

 

Secondo il comma 5, la sovvenzione mensile per il pagamento dei salari non supera l’80 % della retribuzione mensile lorda (compresi i contributi previdenziali a carico del datore di lavoro) del personale beneficiario.

 

Il comma 6 chiarisce che la sovvenzione per il pagamento dei salari può essere combinata con altre misure di sostegno all’occupazione generalmente disponibili o selettive, purché il sostegno combinato non comporti una sovracompensazione dei costi salariali relativi al personale interessato. Le sovvenzioni per il pagamento dei salari possono essere inoltre combinate con i differimenti delle imposte e i differimenti dei pagamenti dei contributi previdenziali.

 

Il comma 7 chiarisce che gli aiuti disciplinati dalla norma non possono in alcun caso consistere nei trattamenti di integrazione salariale di cui al D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148 (normativa generale in materia di ammortizzatori sociali) e degli artt. da 19 a 22 del D.L. n. 18/2020 (titolo II – Capo I del DL, disciplina speciale delle misure a sostegno del lavoro e in tema di ammortizzatori per fare fronte all’emergenza epidemiologica in atto).


 

Articolo 61
(Disposizioni comuni alle norma in materia di aiuti di Stato
di cui agli articoli da 59 a 65)

 

 

L’articolo 61 stabilisce disposizioni comuni alle norme in materia di aiuti di Stato di cui agli articoli da 54 a 60.

 

Gli aiuti di cui agli articoli da 54 a 60 sono quelli che, ai sensi del cd. Temporary Framework della Commissione europea, sono concedibili alle imprese dalle Regioni, dalle Province autonome, dagli altri enti territoriali, e dalle Camere di commercio per far fronte all’attuale emergenza (si rinvia alle relative schede di lettura).

Tali aiuti, ai sensi del comma 1 dell’articolo qui in esame, non possono essere concessi alle imprese che, alla data del 31 dicembre 2019, erano già in difficoltà, ai sensi:

§  dell’articolo 2, punto 18 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione (che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE);

§  dell’articolo 2, punto 14 del regolamento (UE) n. 702/2014 della Commissione (che dichiara compatibili con il mercato interno, in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE, alcune categorie di aiuti nei settori agricolo e forestale e nelle zone rurali e che abroga il regolamento della Commissione (CE) n. 1857/2006);

§  all’articolo 3, punto 5 del regolamento (UE) n. 1388/2014 della Commissione (che dichiara compatibili con il mercato interno, in applicazione degli articoli 107 e 108 del TFUE, alcune categorie di aiuti a favore delle imprese attive nel settore della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura).

 

Le citate disposizioni definiscono in modo analogo le condizioni rilevanti ai fini della qualificazione di un’impresa come “impresa in difficoltà”.

È in difficoltà un'impresa che soddisfa almeno una delle seguenti circostanze:

a)    nel caso di società a responsabilità limitata (diverse da PMI con determinate caratteristiche) qualora abbia perso più della metà del capitale sociale sottoscritto a causa di perdite cumulate;

b)    nel caso di società in cui almeno alcuni soci abbiano la responsabilità illimitata per i debiti della società diverse da PMI con determinate caratteristiche, qualora abbia perso più della metà dei fondi propri, quali indicati nei conti della società, a causa di perdite cumulate;

c)    qualora l'impresa sia oggetto di procedura concorsuale per insolvenza o soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per l'apertura nei suoi confronti di una tale procedura su richiesta dei suoi creditori;

d)   qualora l'impresa abbia ricevuto un aiuto per il salvataggio e non abbia ancora rimborsato il prestito o revocato la garanzia, o abbia ricevuto un aiuto per la ristrutturazione e sia ancora soggetta a un piano di ristrutturazione;

e)    nel caso di un'impresa diversa da una PMI, qualora, negli ultimi due anni:

               i.           il rapporto debito/patrimonio netto contabile dell'impresa sia stato superiore a 7,5 e

             ii.          il quoziente di copertura degli interessi dell'impresa (EBITDA/interessi) sia stato inferiore a 1,0.

 

Per un quadro aggiornato del “Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19 outbreak”, si rinvia all’apposito tema dell’attività parlamentare.

 

Il comma 2 stabilisce che gli aiuti di cui agli articoli da 54 a 60 sono concessi entro e non oltre il 31 dicembre 2020. Per gli aiuti concessi sotto forma di agevolazioni fiscali, il termine di concessione dell’aiuto coincide con la data in cui deve essere presentata da parte del beneficiario la dichiarazione fiscale relativa all’annualità 2020.

 

Il comma 3 precisa che la concessione degli aiuti di cui agli articoli da 54 a 60 è subordinata all’adozione della decisione di compatibilità di cui al comma 4 da parte della Commissione europea, ai sensi dell’art. 108 TFUE e al rispetto delle condizioni e dei limiti della Comunicazione di cui al comma 1.

In base al comma 4, il Dipartimento delle politiche europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri provvede, entro 7 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge, a notificare gli articoli da 54 a 60 al fine di ottenere la preventiva autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell’art. 107 TFUE, per tutte le successive misure che saranno adottate dagli enti di cui al comma 1.

Il medesimo Dipartimento provvede alla registrazione esclusivamente del regime-quadro di cui agli articoli da 54 a 60 nel Registro Nazionale degli aiuti di Stato, come modificato dall’articolo 64 del decreto legge in esame (cfr. relativa scheda di lettura), nonché nei registri aiuti di Stato SIAN- Sistema Informativo Agricolo Nazionale e SIPA- Sistema Italiano della Pesca e dell’Acquacoltura.

 

Secondo il comma 5, gli enti che adottano le misure e concedono gli aiuti - ad eccezione degli aiuti nei settori agricoltura e pesca - provvedono agli adempimenti degli obblighi inerenti il Registro nazionale aiuti di Stato.

Per gli aiuti nei settori agricoltura e pesca gli enti provvedono, in analogia con il presente comma, attraverso rispettivamente i registri SIAN - Sistema Informativo Agricolo Nazionale e SIPA- Sistema Italiano della Pesca e dell’Acquacoltura.

 

Per la ricostruzione normativa del Registro nazionale Aiuti di Stato, del SIAN e del SIPA, si rinvia alla scheda di lettura degli articoli 63 e 63 del presente provvedimento.

 

Restano fermi in capo agli enti che adottano le misure e agli enti che concedono gli aiuti gli obblighi e le responsabilità di monitoraggio e gli obblighi di relazione alla Commissione europea previsti dalla sezione 4 della Comunicazione di cui al comma 1.

La Sezione 4 dispone che gli Stati membri devono pubblicare le informazioni pertinenti su ogni singolo aiuto concesso ai sensi della presente comunicazione sul sito web esaustivo sugli aiuti di Stato entro 12 mesi dal momento della concessione. Essi devono presentare relazioni annuali alla Commissione. Inoltre, entro il 31 dicembre 2020 devono fornire alla Commissione un elenco delle misure poste in essere sulla base dei regimi approvati in virtù della presente comunicazione.

Le registrazioni particolareggiate relative alla concessione degli aiuti previsti dalla presente comunicazione devono contenere tutte le informazioni necessarie a stabilire che le condizioni necessarie siano state rispettate, devono essere conservate per 10 anni a partire dalla concessione degli aiuti e devono essere fornite alla Commissione dietro richiesta della stessa.

La Commissione può richiedere informazioni supplementari in merito agli aiuti concessi, per verificare se siano state rispettate le condizioni di cui alla decisione della Commissione che approva la misura di aiuto.

 

Il comma 6 chiarisce che agli aiuti concessi ai sensi degli articoli da 59 a 65 si applica la disposizione di cui all’articolo 53.

Ai sensi dell’articolo 53, ai regimi di aiuto concessi, a livello nazionale o territoriale, in conformità del Quadro temporaneo europeo sugli aiuti di Stato nell’ emergenza da COVID-19, accedono anche le imprese sulle quali grava l’obbligo di rimborsare aiuti illegali e incompatibili già ricevuti (si rinvia, per approfondimenti, alla scheda di lettura).

 

Il comma 7 dispone che gli aiuti di cui agli articoli da 59 a 65 non devono in ogni caso superare le soglie massime per beneficiario ivi previste, calcolate tenendo conto di ogni altro aiuto, da qualunque fonte proveniente, anche ove concesso da soggetti diversi da quelli di cui ai predetti articoli.

A tal fine, i soggetti che concedono gli aiuti verificano, anche mediante autocertificazione, che il beneficiario non riceva aiuti di importo complessivamente superiore alle soglie massime consentite.

Restano fermi gli adempimenti relativi alla registrazione degli aiuti previsti dall’articolo 63 (per i quali si rinvia alla relativa scheda di lettura).


 

Articolo 62
(Disposizioni finanziarie)

 

 

L’articolo 62 dispone che le amministrazioni territoriali interessate all’attuazione degli articoli da 54 a 60, vi provvedono a valere sulle risorse dei rispettivi bilanci e, i relativi regimi di aiuti alle imprese, sono da esse concessi nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 3, comma 17, della Legge finanziaria 2004 (L. n. 350/2003). Tale norma definisce le operazioni di indebitamento che gli enti territoriali possono compiere per finanziare spese di investimento.

La norma specifica che le Camere di commercio non possono concedere aiuti sotto forma di agevolazioni fiscali e - per gli aiuti sotto forma di prestiti e garanzie - si applica quanto già disposto dall’articolo 125, comma 4, D.L. n. 18/2020.

 

Gli articoli da 59 a 65 dispongono che le Regioni, le Province autonome, gli altri enti territoriali, e le Camere di commercio possono concedere aiuti per far fronte all’attuale emergenza, nell’ambito del quadro delineato dallo “State Aid Temporary Framework della Commissione europea (si rinvia alle relative schede di lettura).

 

Quanto alle operazioni di indebitamento degli enti locali, si richiama il disposto della legge finanziaria per il 2004, articolo 3, commi 16-21, legge n. 350/2003).

Tale norma, in attuazione all’articolo 119, sesto comma della Costituzione, ha definito le regole per il ricorso all’indebitamento da parte delle regioni e degli enti locali, individuando le operazioni che costituiscono indebitamento per regioni ed enti locali (comma 17) e quelle che rappresentano investimenti (comma 18).

In particolare, l’articolo 3, comma 16 della legge n. 350/2003, dispone che le regioni a statuto ordinario, gli enti locali, le aziende e i consorzi partecipati dagli enti locali, le comunità isolane o di arcipelago, ad eccezione delle società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici, possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento.

La disciplina si applica anche alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano (comma 21).

Ai sensi del successivo comma 17, per gli enti di cui sopra, costituisce indebitamento:

§  l'assunzione di mutui,

§  l'emissione di prestiti obbligazionari,

§  le cartolarizzazioni relative a flussi futuri di entrata, a crediti e a attività finanziarie e non finanziarie,

§  l'eventuale somma incassata al momento del perfezionamento delle operazioni derivate di swap (cosiddetto upfront),

§  le operazioni di leasing finanziario stipulate dal 1° gennaio 2015, il residuo debito garantito dall'ente a seguito della definitiva escussione della garanzia.

Costituisce, inoltre, indebitamento il residuo debito garantito a seguito dell'escussione della garanzia per tre annualità consecutive, fermo restando il diritto di rivalsa nei confronti del debitore originario.

Dal 2015, gli enti di cui sopra rilasciano garanzie solo a favore dei soggetti che possono essere destinatari di contributi agli investimenti finanziati da debito. Non costituiscono indebitamento, le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio.

 

L’articolo 25, comma 4 del D.L. n. 18/2020, in considerazione degli effetti determinati dalla situazione straordinaria di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell'epidemia da COVID-19, dispone che l'Unioncamere e le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nell'anno in corso, a valere sulle risorse disponibili dei rispettivi bilanci, possono realizzare specifici interventi, anche tramite appositi accordi con il Fondo centrale di garanzia PMI, con altri organismi di garanzia, nonché con soggetti del sistema creditizio e finanziario.

Per le stesse finalità, le Camere di commercio e le loro società in house sono, altresì, autorizzate ad intervenire mediante l'erogazione di finanziamenti con risorse reperite avvalendosi di una piattaforma on-line di social lending e di crowdfunding, tenendo apposita contabilizzazione separata dei proventi conseguiti e delle corrispondenti erogazioni effettuate.


 

Articoli 63 e 64
(Registrazione degli aiuti di Stato e adeguamento del Registro nazionale aiuti di Stato e dei registri SIAN e SIPA)

 

 

L’articolo 63 dispone che gli aiuti concessi in conformità alla Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” (cd. Temporary framework) soggiacciono all’osservanza degli obblighi di registrazione nel Registro nazionale aiuti di Stato (RNA), e, per il settore agricolo e ittico, nel Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN) e nel Sistema Italiano della Pesca e dell’Acquacoltura (SIPA).

Inoltre, ciascuna misura di agevolazione concessa dagli enti territoriali ai sensi degli articoli da 54 a 60 del decreto legge, deve essere identificata, attraverso un codice unico identificativo «Codice Aiuto RNA - CAR» La registrazione è operata dai soggetti competenti all’erogazione dell’aiuto, sotto la loro responsabilità.

L’articolo 64 dispone, poi, un adeguamento del RNA, del SIAN e del SIPA agli specifici obblighi di trasparenza e rendicontazione introdotti dal Temporary Framework della Commissione UE, a cura dei Ministeri competenti (rispettivamente MISE E MIPAAF), mediante sezione aggiuntiva, d’intesa con la Conferenza Unificata Stato-Regioni-città e autonomie locali.

 

 

Nel dettaglio, l’articolo 63, comma 1 dispone che gli aiuti di Stato concessi in conformità dello State Aid Temporary Framework – COVID 19 della Commissione europea, Comunicazione della Commissione europea C (2020) 1863 final e successive modifiche e integrazioni, sono concessi in osservanza degli obblighi previsti dal Regolamento recante la disciplina per il funzionamento del Registro nazionale degli aiuti di Stato, di cui all’articolo 52 della L. n. 234/2012 e al D.M. 31 maggio 2017, n. 115, fatti salvi gli aiuti nei settori agricoltura e pesca che sono registrati nei registri SIAN- Sistema Informativo Agricolo Nazionale e SIPA - Sistema Italiano della Pesca e dell’Acquacoltura.

 

Il comma 2 fa riferimento specifico alle misure di aiuto adottate dagli enti territoriali ai sensi degli articoli da 59 a 65.

Gli aiuti di cui agli articoli da 59 a 65 sono quelli che, ai sensi del cd. Temporary Framework della Commissione europea, sono concedibili alle imprese dalle Regioni, dalle Province autonome, dagli altri enti territoriali, e dalle Camere di commercio per far fronte all’attuale emergenza (si rinvia alle relative schede di lettura).

Ciascuna di tali misure, ai sensi del comma 2 dell’articolo qui in commento, deve essere identificata, attraverso un codice unico «Codice Aiuto RNA - CAR», acquisito dal Dipartimento delle politiche europee ai sensi dell’articolo 8 del citato D.M. n. 115/2017 ed assegnato a ciascuno dei regimi-quadro autorizzati.  La registrazione di ciascuna misura di aiuto adottata dagli enti territoriali e la registrazione degli aiuti concessi ai singoli beneficiari è operata dai soggetti competenti, sotto la loro responsabilità.

 

L’articolo 52 della legge n. 234/2012, integralmente sostituito dall’articolo 14, co. 1, lett. b) della legge n. 115/2015 e da ultimo modificato dall’articolo 6, comma 6 de D.L. n. 244/2016 (L. n. 19/2017), è la norma istitutiva del Registro nazionale degli aiuti di Stato. La finalità del Registro è quella di garantire il rispetto dei divieti di cumulo e degli obblighi di trasparenza e di pubblicità previsti dalla normativa europea e nazionale.

A questo scopo, i soggetti pubblici o privati che concedono o gestiscono gli aiuti di Stato sono tenuti a trasmettere le informazioni previste dalla disciplina alla banca dati istituita presso il MISE dall’articolo 14 della legge n. 57/2011, che assume contestualmente la denominazione di Registro nazionale degli aiuti di Stato. Il Registro costituisce quindi l’evoluzione della Banca dati anagrafica delle agevolazioni.

Per quanto riguarda le informazioni da inserire nel Registro, la norma istitutiva dispone che si tratta di tutti gli aiuti di Stato di cui all’articolo 107 TFUE (soggetti o meno all’obbligo di notifica preventiva, dunque ivi inclusi gli aiuti in esenzione dalla notifica) e degli aiuti di importanza minore cd. de minimis, che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, in quanto non hanno un’incidenza significativa sulla concorrenza e sugli scambi.

Viene specificato che gli aiuti di Stato oggetto di registrazione includono quelli per la compensazione degli obblighi di servizio pubblico relativi a servizi di interesse economico generale.

Il Registro include inoltre l’elenco dei soggetti tenuti alla restituzione degli aiuti illegali dei quali la Commissione europea abbia ordinato il recupero.

Il Registro degli aiuti di Stato costituisce quindi una banca dati completa di tutte le tipologie di aiuti di Stato.

Sono esclusi solo gli aiuti relativi ai settori agricolo e forestale, dell’acquacoltura e della pesca. Per questi aiuti continuano a operare i registri SIAN e SIPA, dei quali viene comunque assicurata l’interoperabilità con il Registro aiuti di Stato all’interno di un sistema informativo integrato.

L’articolo 52 della legge n. 234/2012 pone inoltre in capo ai soggetti pubblici o privati che concedono o gestiscono gli aiuti l’obbligo di avvalersi del Registro per espletare le verifiche propedeutiche a queste attività; nei provvedimenti di concessione ed erogazione degli aiuti deve essere dato atto dell’adempimento dell’obbligo e devono essere riportati i codici identificativi rilasciati dalla procedura informatica del Registro.

La norma istitutiva prevede anche l’obbligo di aggiornare i dati nel caso di modifiche intervenute e indica i tempi di conservazione (10 anni) e le modalità di accesso per le diverse tipologie di informazioni contenute nel Registro.

A decorrere dal 1° luglio 2017, la trasmissione delle informazioni al Registro e l'adempimento degli obblighi di interrogazione del Registro costituiscono condizione legale di efficacia dei provvedimenti che dispongono concessioni ed erogazioni degli aiuti.

L’inadempimento di tali obblighi comporta la responsabilità patrimoniale del responsabile della concessione o dell’erogazione dell’aiuto ed è rilevabile anche dall’impresa beneficiaria ai fini del risarcimento del danno.

L’articolo 52 ha demandato la fissazione delle disposizioni di dettaglio sul funzionamento del Registro a un regolamento, adottato con decreto del MISE del 31 maggio 2017, n. 115. Con il successivo decreto del Direttore generale per gli incentivi alle imprese del 28 luglio 2017 sono state adottate le modalità tecniche per il funzionamento del Registro.

Il Registro nazionale aiuti è disponibile al link  https://www.rna.gov.it/sites/PortaleRNA/it_IT/home e si presenta come un portale, suddiviso in due aree: un’area pubblica (Sezione Trasparenza) e un’area il cui accesso è riservato alle Autorità responsabili e ai soggetti gestori degli aiuti.

 

L’articolo 64 dispone, poi, un adeguamento del RNA, del SIAN e del SIPA agli specifici obblighi di trasparenza e rendicontazione introdotti dal Temporary Framework della Commissione UE a cura dei Ministeri competenti (rispettivamente MISE E MIPAAF), mediante sezione aggiuntiva.

L’adeguamento, con la costituzione della sezione aggiuntiva, deve avvenire entro il 30 maggio 2020 (comma 1).

 

Entro il successivo 15 giugno 2020, il MISE e il MIPAAF devono poi modificare i registri per consentire la registrazione de regimi di aiuti autorizzati dalla Commissione europea concessi dagli enti territoriali ai sensi degli articoli da 54 a 60 del decreto legge e delle misure di aiuti adottate ai sensi degli stessi articoli (comma 2).

L’adeguamento e la modifica è effettuato d’intesa con la Conferenza Unificata Stato-Regioni-città e autonomie locali (comma 3).

Sono comunque mantenute tutte le funzionalità dei registri e in ogni caso sono mantenute le funzionalità del RNA, a supporto dello svolgimento delle verifiche preliminari e propedeutiche alla concessione degli aiuti di Stato, di cui rispettivamente agli articoli 13,14 e 15 del D.M. 31 maggio 2017, n. 115 (comma 4).

Ai sensi del già citato articolo 52, comma 3 della L. n. 234/2012 – i soggetti pubblici e privati che concedono, ovvero gestiscono aiuti di Stato, sono tenuti ad avvalersi del Registro nazionale aiuti di Stato al fine di espletare le verifiche propedeutiche alla concessione o all'erogazione degli aiuti di Stato e degli aiuti de minimis, comprese quelle relative al rispetto dei massimali di aiuto stabiliti dalle norme europee e dei divieti di concessione di aiuti a imprese beneficiarie di aiuti di Stato illegali non rimborsati.

Dunque, gli artt. 13-15 del Regolamento attuativo (D.M. n. 115/2017) disciplinano le modalità attraverso le quali procedere alle predette visure (cd. “visure aiuti” e “visure Deggendorf”).

La relazione illustrativa evidenzia che le misure di aiuti di Stato introdotte dalla Comunicazione della Commissione europea C(2020) 1863 final – “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” e successive modifiche e integrazioni (si veda sul punto lo specifico tema dell’attività parlamentare “Gli auti di Stato nell’attuale epidemia da Covid: il nuovo quadro UE”) sono soggette a precisi e specifici obblighi di trasparenza, monitoraggio e rendicontazione, previsti dalla sezione 4 della richiamata Comunicazione.

Le modifiche sono dunque strettamente limitate e mirate a quelle assolutamente necessarie per gli adempimenti richiesti dalla Comunicazione. Ai fini dell’approvazione del regime-quadro, infatti, è assolutamente imprescindibile che non sia pregiudicata in alcun modo la piena operatività dei registri ed è essenziale assicurare che tutte le funzionalità siano mantenute e continuino ad essere utilizzate anche rispetto alle misure di aiuti di Stato temporanee per l’emergenza covid-19: fra tali funzionalità da mantenere assume rilevanza ulteriore quella che permette il calcolo del cumulo ex-ante, al fine del rispetto delle soglie consentite preliminarmente alla concessione dell’aiuto.

 

Infine, il comma 5 dispone che le amministrazioni pubbliche provvedono agli adempimenti previsti dall’articolo in esame, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

Articolo 65
(Esenzione c
ontributi Anac)

 

 

L’articolo 65 prevede l’esonero per le stazioni appaltanti e gli operatori economici, fino al 31 dicembre 2020, dal versamento della contribuzione dovuta all’ANAC, prevista dall’art. 1, comma 65 della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

 

L’esonero dettato dalla norma in esame, per le stazioni appaltanti e gli operatori economici, dalla contribuzione prevista dall’art. 1, comma 65, della legge finanziaria del 2006 (L. n. 266/2005), spettante all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) riguarda tutte le procedure di gara avviate dalla data di entrata in vigore della presente norma e fino al 31 dicembre 2020.

L’Autorità è autorizzata a coprire le minori entrate con l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione maturato al 31 dicembre 2019.

Gli oneri previsti sono valutati in 25 milioni di euro per l’anno 2020, in termini di fabbisogno e indebitamento netto, a cui si provvede ai sensi dell'articolo 265.

In particolare, l’art. 1, commi 65 e 67, della L. 266/2005 (legge finanziaria 2006) stabilisce che le spese di funzionamento dell'Autorità sono a carico del mercato di competenza, per la parte non coperta dal finanziamento a carico del bilancio dello Stato; la citata disposizione prevede, inoltre, che l’Autorità determini, con propria delibera, annualmente l'ammontare della contribuzione dovuta dai soggetti, pubblici e privati, sottoposti alla sua vigilanza, nel rispetto dei limiti massimi previsti dalla legge, nonché le relative modalità di riscossione, purché la misura della contribuzione fissata tenga conto del limite massimo dello 0,4 per cento del valore complessivo del mercato di competenza.

La predetta delibera è sottoposta al Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, per l'approvazione con proprio decreto entro venti giorni, decorsi i quali diventa esecutiva.

L’Autorità, in attuazione del citato art. 1, commi 65 e 67, ha determinato con delibera n. 1174 del 19 dicembre 2018, per l’anno 2019, l’importo della contribuzione dovuta, in relazione all’importo posto a base di gara, dai soggetti pubblici e privati vigilati. Anche per il 2020 l’importo è rimasto invariato.

Con la delibera numero 289 del 01 aprile 2020 l’Anac ha proposto l’esonero per le stazioni appaltanti e gli operatori economici fino al 31 dicembre 2020 dal versamento della contribuzione dovuta all’ANAC ai sensi dell’art. 1, commi 65 e 67, della citata L. n. 266/2005.

 

 


 

Titolo III – Misure in favore dei lavoratori

Capo I -  Modifiche al decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27

Articolo 66
(Dispositivi di protezione individuale)

 

 

L'articolo 66 concerne l'ambito di applicazione di una norma transitoria, relativa all’uso, in determinati contesti, delle mascherine chirurgiche e alle tipologie delle stesse.

 

La versione finora vigente della norma transitoria (norma di cui all'articolo 16 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27) prevede che, fino al termine dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 (termine che, in base alla delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, scade il 31 luglio 2020), le mascherine chirurgiche reperibili in commercio siano inclusi tra i dispositivi di protezione individuale (DPI), con riferimento a tutti i casi in cui i lavoratori, nello svolgimento della loro attività, siano oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di almeno un metro. Tale prescrizione è in sostanza relativa ad un livello minimo di protezione (salve le norme e le valutazioni specifiche, relative ad un livello più elevato).

La novella di cui al presente articolo 66 specifica che la disposizione transitoria si applica anche ai volontari (sia in ambito sanitario sia in altri ambiti) e ai lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari.

Si ricorda che la norma transitoria oggetto della novella consente, mediante il richiamo del comma 3 dell'articolo 5-bis del citato D.L. n. 18, il ricorso anche a mascherine prive del marchio CE (marchio di conformità alle prescrizioni europee), previa valutazione da parte dell’Istituto superiore di sanità.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 74, comma 1, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, la nozione generale dei dispositivi di protezione individuale per i lavoratori è costituita dall’attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante la sua attività, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. Per le attrezzature che rientrano in tale nozione si applicano gli obblighi previsti dal medesimo D.Lgs. n. 81 del 2008.

Come norma transitoria generale, il comma 2 dell’articolo 5-bis del citato D.L. n. 18 consente, con riferimento allo stato di emergenza in oggetto e fino al relativo termine finale (posto, come detto, al 31 luglio 2020), l'impiego di dispositivi di protezione individuali di efficacia protettiva analoga a quella prevista (per i medesimi dispositivi di protezione individuale) dalla normativa vigente, previa valutazione dell'efficacia da parte del Comitato tecnico-scientifico istituito ai sensi dell'articolo 2 dell'ordinanza n. 630 del 3 febbraio 2020 del Capo del Dipartimento della protezione civile.

Si ricorda altresì che il comma 2 del citato articolo 16 del D.L. n. 18 consente, fino al termine del suddetto stato di emergenza, l’impiego, da parte delle persone presenti sull’intero territorio nazionale, di mascherine filtranti prive del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull'immissione in commercio.

 


 

Articolo 67
(Incremento Fondo Terzo settore)

 

 

L’articolo 67 autorizza l’incremento di 100 milioni di euro per il 2020 della seconda sezione del Fondo per il Terzo settore, a valere sulla copertura disposta al comma 7 dell’articolo 265, con la finalità di sostenere ulteriormente gli interventi delle organizzazioni di volontariato, delle associazioni di promozione sociale e delle fondazioni del Terzo Settore a causa delle emergenze sociali ed assistenziali determinate dall’epidemia COVID-19.

 

Il Fondo per il Terzo settore, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali dall’articolo 72 del D.Lgs. n. 117/2017, individua il finanziamento annuale di obiettivi generali, aree prioritarie di intervento e linee di attività, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome, e i soggetti attuatori degli interventi finanziabili, cui possono accedere esclusivamente gli enti del Terzo Settore iscritti al RUNTS, il Registro Unico nazionale degli enti del Terzo settore, non ancora a regime.

In considerazione delle numerose misure poste in essere nel periodo dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, il Decreto legge "Cura Italia" (art. 35 del DL. 18/2020, L. 27/2020) ha disposto alcuni rinvii delle scadenze previste per gli enti del Terzo settore: è stato rinviato, dal 30 giugno al 31 ottobre 2020, il termine entro il quale le Onlus, le organizzazioni di volontariato (ODV) e le Associazioni di promozione sociale (ASP) devono adeguare i propri statuti alle disposizioni contenute nel nuovo Codice (D.Lgs. n. 117/2017). Entro lo stesso termine del 31 ottobre 2020, le imprese sociali possono modificare i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni dell'assemblea ordinaria.

 

Più in dettaglio, il Fondo è previsto in attuazione dell'articolo 9, comma 1, lettera g), della legge delega per la riforma (L. n. 106/2016) al fine di sostenere, anche attraverso le specifiche reti associative, lo svolgimento di attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, che sono oggetto di iniziative e progetti promossi dei predetti enti, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore (consulta l’approfondimento).

Il Fondo in esame si divide in due sezioni, di cui la prima ha carattere rotativo, vale a dire finanzia interventi con le risorse che vengono restituite dagli enti beneficiari dopo aver finanziato progetti eleggibili in base alle finalità della sezione medesima. La seconda sezione, invece, consente veri e propri trasferimenti a sostegno dei medesimi progetti.

In proposito, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto (DM 166 del 12 novembre 2019) ha definito le linee di indirizzo per l’individuazione degli obiettivi generali, delle aree prioritarie di intervento e delle linee di attività finanziabili attraverso il Fondo per il finanziamento di progetti e di attività di interesse generale nel Terzo settore, di cui all’articolo 72 del Codice del Terzo settore, con risorse pari a 39 milioni di euro nel 2019. A tali risorse, si aggiungono quelle specificamente destinate al sostegno degli enti del Terzo settore per attività non aventi carattere progettuale, come i contributi per l’acquisto di autoambulanze o la concessione di contributi annui a specifici soggetti, come previsto dall’articolo 73 del Codice medesimo, per un ammontare di 21,960 milioni di euro.

Da ultimo, con D.M. 44 del 12 marzo 2020, sono state approvate le linee guida per il Terzo Settore relativamente al 2020. Le risorse individuate per il Fondo in commento ammontano a 34 milioni di euro, oltre le risorse destinate alle attività non aventi carattere progettuale (16,960 milioni).

 


 

Articolo 68
(Norme speciali in materia di trattamento ordinario di
integrazione salariale e di assegno ordinario)

 

 

L’articolo 68 - che modifica l’articolo 19 del decreto cura Italia - reca disposizioni speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e di assegno ordinario concessi a seguito della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa in conseguenza dell’emergenza da COVID-19, in particolare aumentando la durata massima dei suddetti trattamenti (da nove) a diciotto settimane – di cui quattordici fruibili, secondo determinate modalità, per periodi decorrenti dal 23 febbraio al 31 agosto 2020 e quattro dal 1° settembre al 31 ottobre 2020 - nonché prevedendo che il trattamento di integrazione salariale in favore degli operai agricoli, richiesto per eventi riconducibili alla predetta emergenza, sia concesso in deroga a determinati limiti posti dalla normativa vigente.

Conseguentemente, il limite di spesa per l’erogazione delle suddette prestazioni viene incrementato di 11.521,9 mln di euro per il 2020 (di cui 10.251,9 mln di euro per l’erogazione della CIGO e dell’assegno ordinario, 1.020 per le prestazioni a carico dei Fondi di solidarietà alternativi e 250 per quelle a carico dei Fondi di solidarietà bilaterali).

 

In dettaglio, l’articolo in commento - modificando l’articolo 19 del D.L. 18/2020 (vedi infra il box ricostruttivo) - interviene sugli aspetti di seguito elencati.

 

Durata del beneficio e soggetti beneficiari

La durata massima dei predetti strumenti di sostegno al reddito – pari, come previsto dall’art. 19 del D.L. 18/2020 (vedi infra), a nove settimane per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020, è incrementata (comma 1, lett. a)):

§  di ulteriori cinque settimane, per i medesimi periodi dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020, per i soli datori di lavoro che abbiamo interamente fruito del periodo precedentemente concesso fino alla durata massima di nove settimane;

§  di un eventuale ulteriore periodo di durata massima di quattro settimane, per periodi decorrenti dal 1° settembre 2020 al 31 ottobre 2020, fruibili in base ai decreti ministeriali di cui all’art. 22-ter del D.L. 18/2020 (introdotto dall’art. 72, cpv. 22-ter, del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rimanda) e alle risorse finanziarie attivate dagli stessi. Viene, inoltre, specificato che per i datori di lavoro dei settori concernenti il turismo, le fiere, i congressi, i parchi divertimento, gli spettacoli dal vivo e le sale cinematografiche, è possibile usufruire delle suddette quattro settimane anche per periodi precedenti il 1° settembre, a condizione che i medesimi datori abbiano interamente fruito il periodo precedentemente concesso (fino alla durata massima di quattordici settimane). Si valuti l'opportunità di chiarire i criteri e le modalità di applicazione di tale possibilità di anticipo, considerato anche che per l'emanazione dei summenzionati decreti ministeriali l'articolo 22-ter pone il termine del 31 agosto.

 

La concessione dei suddetti benefici viene estesa ai lavoratori che risultano alle dipendenze dei datori di lavoro richiedenti la prestazione alla data del 25 marzo 2020, confermando che il beneficio è riconosciuto ai lavoratori anche in assenza di un’anzianità di effettivo lavoro di almeno novanta giorni al momento della presentazione della richiesta (come invece previsto nella generalità dei casi dall’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 148/2015) (comma 1, lett. h)).

Sul punto, si segnala che nella disciplina finora vigente, i trattamenti di CIGO riguardano i dipendenti in forza alla data del 23 febbraio 2020, nonché, in base all’art. 41, c. 1, del D.L. 23/2020, attualmente in fase di conversione, i dipendenti assunti tra il 24 febbraio 2020 e il 17 marzo 2020. Il comma dell’articolo in commento fa invece riferimento ai lavoratori già in forza alla data del 25 marzo 2020, che costituisce, quindi, il termine di riferimento per le nuove concessioni dei trattamenti.

Si dispone, inoltre, che ai beneficiari del menzionato assegno ordinario, limitatamente alla causale ivi indicata, sia concesso l’assegno per il nucleo familiare[46] in rapporto al periodo di paga adottato e alle medesime condizioni dei lavoratori ad orario normale (comma 1, lett. a)).

 

Assegno ordinario a carico dei Fondi bilaterali

La norma in commento dispone che l’erogazione del predetto assegno ordinario sia garantita, con le modalità suesposte - oltre che dai Fondi di solidarietà alternativi, di cui all’art. 27 del D.Lgs. 145/2018 (vedi infra), come attualmente previsto -, anche dai Fondi di solidarietà bilaterali (di cui all’art. 26 del medesimo D.Lgs. 148) costituiti per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale.

I relativi oneri sono a carico del bilancio dello Stato nel limite di 250 milioni di euro per il 2020. Tali risorse sono assegnate ai rispettivi Fondi dall’INPS e trasferite previo monitoraggio da parte dei Fondi stessi dell'andamento del costo della prestazione, relativamente alle istanze degli aventi diritto, nel rispetto del limite di spesa (comma 1, lett. h), cpv. 6-ter).

 

Informazione sindacale

La norma in commento reintroduce l’obbligo per i datori di lavoro di svolgere la procedura di informazione, la consultazione e l’esame congiunto con le organizzazioni sindacali, anche in via telematica, entro i tre giorni successivi a quello della comunicazione preventiva (comma 1, lett. b)).

Come riportato dalla Relazione illustrativa allegata al provvedimento, il predetto obbligo è riferito alla erogazione dell’assegno ordinario.

Sul punto, si ricorda che l’art. 19 del D.L. 18/2020 ha introdotto alcune semplificazioni procedurali per le richieste dei predetti trattamenti. In particolare, i datori di lavoro sono dispensati dall’osservanza dei limiti temporali previsti per la domanda del trattamento ordinario di integrazione salariale, che va presentata entro 15 giorni dall’inizio della sospensione, e per quella di assegno ordinario, che va presentata non prima di 30 giorni e non oltre il termine di 15 giorni dall'inizio della sospensione o riduzione dell'attività lavorativa eventualmente programmata.

 

Termini di presentazione della domanda

L’articolo in esame riduce i termini di presentazione della domanda per la concessione dei trattamenti in oggetto, disponendo che la stessa deve essere presentata entro la fine del mese successivo (e non più del quarto mese successivo) a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa (comma 1, lett. c)). Si conferma che la domanda non è soggetta alla verifica della sussistenza delle causali richiesta dalla normativa vigente per l’accesso al trattamento ordinario di integrazione salariale, ossia sospensione o riduzione dell’attività lavorativa dovuta a situazioni aziendali conseguenti a eventi transitori e non imputabili all'impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali, o per situazioni temporanee di mercato (di cui all’art. 11 del D.Lgs. 148/2015).

Con l’introduzione dei nuovi commi 2-bis e 2-ter al già richiamato articolo 19 del D.L. 18/2020, la norma in commento:

§  dispone che, se la domanda è presentata dopo la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa, l’eventuale trattamento di integrazione salariale non potrà aver luogo per periodi anteriori di una settimana rispetto alla data di presentazione (comma 1, lett. d), cpv. 2-bis);

§  fissa al 31 maggio 2020 il termine di presentazione delle domande riferite a periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa che hanno avuto inizio nel periodo ricompreso tra il 23 febbraio 2020 e il 30 aprile 2020. Anche nel caso di superamento di tale termine, l’eventuale trattamento di integrazione salariale non potrà aver luogo per periodi anteriori di una settimana rispetto alla data di presentazione (comma 1, lett. d), cpv. 2-ter).

 

Concessione della cassa integrazione salariale operai agricoli

La disposizione in esame disciplina, inoltre, la concessione del trattamento di integrazione salariale in favore degli operai agricoli (CISOA), richiesto per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica, per un periodo massimo di 90 giorni, dal 23 febbraio 2020 al 31 ottobre 2020, e comunque entro il 31 dicembre 2020. Tali periodi di trattamento sono neutralizzati ai fini delle successive richieste (comma 1, lett. e), cpv. 3-bis).

Tale trattamento è concesso in deroga al limite massimo di fruizione riferito al singolo lavoratore e al numero di giornate lavorative da svolgere presso la stessa azienda pari secondo la normativa vigente, rispettivamente, a 90 giorni e a 180 giornate lavorative in un anno svolte presso la stessa azienda (ex art. 8 della L. 457/1972).

Le integrazioni salariali CISOA con causale COVID-19 sono concesse dalla sede dell’INPS territorialmente competente, in deroga alla disposizione (di cui all’art. 14 della citata L. 457/1972) che attribuisce all’INPS la corresponsione del trattamento sostitutivo della retribuzione, su deliberazione di una commissione costituita presso ogni sede dell'Istituto stesso.

La relativa domanda deve essere presentata entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione dell’attività lavorativa, mentre il termine di presentazione delle domande riferite a periodi di sospensione dell’attività lavorativa che hanno avuto inizio nel periodo ricompreso tra il 23 febbraio 2020 e il 30 aprile 2020 è fissato al 31 maggio 2020.

Infine, si dispone la possibilità di presentare domanda di CIG in deroga, ai sensi dell’articolo 22 del D.L. 18/2020, per i lavoratori dipendenti di aziende del settore agricolo, ai quali non si applica il trattamento di cassa integrazione salariale operai agricoli[47].

In materia, la circolare INPS 47/2020 - dopo aver chiarito che la sospensione dell’attività lavorativa dovuta all’emergenza epidemiologica in atto rientra a pieno titolo tra le “altre cause non imputabili al datore di lavoro o ai lavoratori” in presenza delle quali l’art. 8 della L. 457/1972 riconosce la concessione della CISOA, oltre che per intemperie stagionali – specifica che per motivare le richieste dovute alla situazione emergenziale in corso, è stata istituita un’apposita causale denominata “COVID-19 CISOA”, ancorando però la concessione della prestazione alla disciplina ordinaria di cui alla richiamata L. 457/1972.

 

Limiti di spesa e copertura

Per il 2020, viene incrementato di 1.020 mln di euro (passando da 80 a 1.100 mln) il limite di spesa, a carico del bilancio dello Stato, entro cui i Fondi di solidarietà bilaterali alternativi (di cui all’art. 27 del D. Lgs. 148/2015 in riferimento ai settori dell’artigianato e della somministrazione) garantiscono l’erogazione dell’assegno ordinario di cui all’art. 19 del D.L. 18/2020 (comma 1, lett. f)).

Tali risorse sono assegnate ai rispettivi Fondi con uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, e trasferite previo monitoraggio da parte dei Fondi stessi dell'andamento del costo della prestazione, relativamente alle istanze degli aventi diritto, nel rispetto del limite di spesa e secondo le indicazioni fornite dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (comma 1, lett. h), cpv. 6-bis).

In relazione al nuovo comma 6-bis introdotto dalla norma in commento all’art. 19 del D.L. 18/2020, si ricorda che l’ultimo periodo del comma 6 del medesimo art. 19 attribuisce già ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la ripartizione delle risorse tra i Fondi.

Si ricorda anche il già menzionato limite di spesa di 250 milioni di euro per il 2020, a carico del bilancio dello Stato, per l’erogazione dell’assegno ordinario da parte dei Fondi di solidarietà bilaterali introdotta dall’articolo in commento ((comma 1, lett. h), cpv. 6-bis).

 

Viene, altresì, incrementato di 10.251,9 mln di euro (passando da 1.347,2 a 11.599,1 mln) il limite di spesa per l’erogazione delle suddette prestazioni, nonché dell’assegno ordinario riconosciuto ai datori di lavoro che hanno trattamenti di assegni di solidarietà in corso, che viene portato da 1347,1 a 9.334,6 milioni di euro per il 2020 (comma 1, lett. i)).

 

Agli oneri derivanti dall’applicazione dell’articolo in commento, pari a 11.521,9 milioni di euro per il 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 2).

 

Il richiamato art. 19 del D.L. 18/2020, modificato dalla norma in commento, detta disposizioni speciali in materia di trattamento ordinario di integrazione salariale e di assegno ordinario per i datori di lavoro e i lavoratori che, nel 2020, accedono ai suddetti strumenti di sostegno al reddito per sospensione o riduzione dell’attività lavorativa a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, che potevano essere concessi - entro un determinato limite di spesa - per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 per una durata massima di nove settimane, e comunque entro il mese di agosto 2020. I suddetti trattamenti possono essere concessi - nel limite massimo di spesa, per il 2020, pari a 5,8 mln di euro con riferimento alla CIG e a 4,4 mln di euro con riferimento all’assegno ordinario - per un periodo aggiuntivo non superiore a tre mesi in favore dei datori di lavoro con unità produttive site in dieci comuni della provincia di Lodi ed in un comune della provincia di Padova (comuni menzionati nell'allegato 1 del D.P.C.M. 1° marzo 2020), nonché, in favore di quelli con unità produttive al di fuori di detti comuni, limitatamente ai lavoratori già residenti o domiciliati nei predetti comuni e impossibilitati a prestare la propria attività lavorativa.

Nel dettaglio, il suddetto art. 19 introduce alcune semplificazioni procedurali (riguardanti il procedimento di informazione e consultazione sindacale ed i termini di presentazione delle relative domande) per i suddetti datori di lavoro e dispone che i periodi di trattamento di cassa integrazione salariale ordinaria e di assegno ordinario non sono conteggiati ai fini dei limiti di durata previsti dalla normativa vigente.

Le suddette prestazioni sono riconosciute in favore dei lavoratori anche in assenza di un’anzianità di effettivo lavoro di almeno novanta giorni al momento della presentazione della richiesta, e l’erogazione dell’assegno ordinario viene riconosciuta - limitatamente al periodo indicato e nel 2020 - anche ai lavoratori dipendenti presso datori di lavoro iscritti al Fondo di integrazione salariale che occupano mediamente più di 5 dipendenti.

I periodi di trattamento di cassa integrazione salariale ordinaria e di assegno ordinario non sono conteggiati ai fini dei limiti di durata previsti dalla normativa vigente e sono neutralizzati ai fini delle successive richieste.

Per la definizione dell’iter di concessione del suddetto trattamento ordinario di integrazione salariale si rinvia alla circolare INPS 47/2020.

 

 

Articolo 69
(Trattamento ordinario di integrazione salariale per
le aziende già in Cassa integrazione straordinaria)

 

 

L’articolo 69 - che modifica l’articolo 20 del decreto cura Italia - aumenta (da nove) a diciotto settimane - di cui quattordici fruibili, secondo determinate modalità, per periodi decorrenti dal 23 febbraio al 31 agosto 2020 e quattro dal 1° settembre al 31 ottobre 2020 - la durata massima del trattamento ordinario di integrazione salariale che può essere riconosciuto alle aziende che, al 23 febbraio 2020, beneficiavano di un trattamento di integrazione salariale straordinario. Conseguentemente, il limite di spesa per l’erogazione della suddetta prestazione viene incrementato di 490,4 mln di euro per il 2020.

 

In dettaglio, la durata massima del suddetto trattamento – pari a nove settimane, come previsto dall’art. 20 del D.L. 18/2020 (vedi infra), per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020 (come specificato dalla norma in commento), è incrementata (comma 1):

§  di ulteriori cinque settimane, nel medesimo periodo, per i soli datori di lavoro che abbiamo interamente fruito del periodo precedentemente concesso fino alla durata massima di nove settimane;

§  di un eventuale ulteriore periodo di durata massima di quattro settimane, per periodi decorrenti dal 1 settembre 2020 al 31 ottobre 2020, fruibili in base ai decreti ministeriali di cui all’art. 22-ter del D.L. 18/2020 (introdotto dall’art. 72, cpv. 22-ter, del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rimanda) e alle risorse finanziarie attivate dagli stessi.

 

Agli oneri derivanti dall’applicazione dell’articolo in commento, pari a 490,4 milioni di euro per il 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 2).

 

Si ricorda che, ai sensi del richiamato art. 20 del D.L. 18/2020, la concessione del suddetto trattamento ordinario di integrazione salariale sostituisce la cassa integrazione straordinaria, è subordinata alla sospensione degli effetti di quest’ultima e può riguardare anche i medesimi lavoratori beneficiari delle integrazioni salariali straordinarie a totale copertura dell’orario di lavoro.

Inoltre, i periodi di trattamento di cassa integrazione salariale ordinaria non sono conteggiati ai fini dei limiti di durata previsti dalla normativa vigente e, in via transitoria, non si applicano i termini procedimentali previsti dalla normativa vigente relativamente all’espletamento dell’esame congiunto e della conseguente consultazione sindacale e alla presentazione delle relative istanze per l’accesso ai trattamenti straordinari di integrazione salariale.

Per la definizione dell’iter di concessione del suddetto trattamento di integrazione salariale si rinvia alla circolare INPS 47/2020.


 

Articolo 70
(Trattamenti di integrazione salariale in deroga)

 

 

L’articolo 70 modifica la disciplina sulla concessione, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, di trattamenti di integrazione salariale in deroga. Tale disciplina, già posta dall’articolo 22 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27 - articolo oggetto delle presenti novelle -, concerne i datori di lavoro del settore privato per i quali non trovino applicazione le tutele previste dalle vigenti disposizioni (di cui ai Titoli I e II del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148, e successive modificazioni) in materia di sospensione o riduzione dell'orario di lavoro. Le novelle concernono l’ammontare delle risorse finanziarie, i limiti di durata del trattamento, le procedure di concessione e di erogazione, le procedure di monitoraggio degli oneri finanziari complessivi, un’integrazione delle disposizioni specifiche per il fondo di solidarietà bilaterale intersettoriale (istituito in ciascuna delle province autonome di Trento e di Bolzano), nonché l'ipotesi di concessione di ulteriori quattro settimane di trattamento in deroga, a valere su risorse eventualmente residue già attribuite alle singole regioni e province autonome. Riguardo ai profili relativi alla durata massima e alle procedure di riparto delle risorse, nonché di concessione, di erogazione e di monitoraggio, le novelle in esame fanno anche rinvio agli articoli 22-bis e 22-ter del citato D.L. n. 18, articoli introdotti dalla novella di cui al successivo articolo 71 del presente decreto.

 

Si ricorda che dall’ambito dei trattamenti in esame[48] sono esclusi i datori di lavoro domestico, mentre sono esplicitamente inclusi (ove ricorra la circostanza di assenza di altre tutele) quelli agricoli, della pesca e del terzo settore, compresi gli enti religiosi civilmente riconosciuti[49]. L’applicazione dei trattamenti in esame ai lavoratori dipendenti (atleti ed altre figure) iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti[50] è disciplinata dal successivo articolo 98, comma 7, del presente decreto.

In base alla disciplina finora vigente, la durata del trattamento non può essere superiore a nove settimane, con possibile decorrenza retroattiva dal 23 febbraio 2020 (alcuni periodi aggiuntivi sono possibili con riferimento ad alcuni territori[51]). In merito, la novella consente, in primo luogo, un ulteriore trattamento della durata massima di cinque settimane, successive alla concessione delle suddette nove settimane (comma 1, lettera a), del presente articolo 70). La novella specifica che sia il primo sia il secondo trattamento suddetti possono concernere il periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 agosto 2020. In relazione alla summenzionata possibilità di prolungamento, la novella di cui alla successiva lettera b) eleva il limite di risorse finanziarie da 3.293,2 milioni di euro a 4.936,1 milioni (sempre per il 2020) - per la copertura del relativo onere, il comma 2 rinvia al successivo articolo 265 -. Un ulteriore periodo di trattamento, della durata massima di quattro settimane, può essere riconosciuto - con riferimento al periodo 1° settembre 2020-31 ottobre 2020 - in base ai decreti ministeriali di cui all'articolo 22-ter del D.L. n. 18 ed alle risorse finanziarie attivate dagli stessi, nel rispetto anche delle modalità di cui all'articolo 22-quater dello stesso D.L. n. 18 (come detto, gli articoli 22-ter e 22-quater sono introdotti dalla novella di cui all'articolo 71 del presente decreto). La novella di cui alla lettera a) specifica altresì che, per i datori di lavoro dei settori concernenti il turismo, le fiere, i congressi, i parchi divertimento, gli spettacoli dal vivo e le sale cinematografiche, è possibile usufruire delle suddette quattro settimane anche per periodi precedenti il 1° settembre, a condizione che i medesimi datori abbiano interamente fruito il periodo precedentemente concesso (fino alla durata massima di quattordici settimane). Si valuti l'opportunità di chiarire i criteri e le modalità di applicazione di tale possibilità di anticipo, considerato anche che per l'emanazione dei summenzionati decreti ministeriali l'articolo 22-ter pone il termine del 31 agosto.

Nella disciplina finora vigente, i trattamenti possono concernere i dipendenti in forza alla data del 23 febbraio 2020, nonché, in base alla norma di cui all’articolo 41, comma 2, del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, attualmente in fase di conversione alle Camere, i dipendenti assunti tra il 24 febbraio 2020 e il 17 marzo 2020 (in quest’ultima data è entrato in vigore il citato D.L. n. 18)[52]. La novella di cui al comma 1, lettera b), del presente articolo 70 fa invece riferimento ai lavoratori già in forza alla data del 25 marzo 2020 - che costituisce, quindi, il termine di riferimento per le nuove concessioni dei trattamenti -.

Si ricorda che per i datori aventi più di cinque dipendenti, i trattamenti in esame sono subordinati alla conclusione di un accordo - che può essere concluso anche in via telematica - tra la regione (o la provincia autonoma) e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale per i datori di lavoro[53]. In tale ambito, la formulazione finora esclude dall’obbligo di accordo i datori di lavoro che abbiano chiuso l'attività in ottemperanza ai provvedimenti di urgenza emanati per far fronte all'emergenza epidemiologica da COVID-19. La novella di cui alla suddetta lettera a), sopprimendo quest’esclusione, richiede l’accordo anche con riferimento ai suddetti datori (sempre per l’ipotesi che essi abbiano più di cinque dipendenti).

Riguardo alle procedure di concessione e di erogazione, la novella di cui alla lettera a) fa rinvio alle norme di cui all’articolo 71, comma 1, capoverso articolo 22-quater (cfr. la relativa scheda di lettura), per i periodi successivi alle suddette prime nove settimane. La novella di cui alla lettera g) del presente articolo 70, comma 1, prevede che i trattamenti in deroga di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali possano essere corrisposti anche dalle imprese, con successivo rimborso ad esse da parte dell’INPS (secondo le modalità di cui all’articolo 7 del citato D.Lgs. n. 148 del 2015) - in alternativa al meccanismo del pagamento diretto da parte dell’INPS, che resta tassativo per i trattamenti in deroga riconosciuti a valere sulle risorse attribuite alle regioni e alle province autonome -.

Le procedure di riparto delle risorse (tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e le singole regioni e province autonome) e le procedure di monitoraggio, concernenti il rispetto dei relativi limiti di spesa, sono ora ridisciplinate dall’articolo 71, comma 1, capoverso articolo 22-quater (alla cui scheda si rinvia[54]).

La novella di cui alla lettera c) opera interventi di coordinamento in relazione alle suddette novelle di cui alle lettere a) e g).

La novella di cui alla lettera d) prevede una comunicazione settimanale da parte dell’INPS al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze, concernente le risultanze, anche in via prospettica, delle autorizzazioni e delle erogazioni inerenti ai trattamenti in deroga - in relazione alle risorse ripartite tra le singole regioni e province autonome - nonché l’adozione di un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, concernente l’individuazione sia delle somme ripartite e non corrispondenti ad autorizzazioni riconosciute sia delle somme non ancora ripartite; per entrambe le tipologie di somme, il decreto ministeriale deve disporre la destinazione all'INPS per le finalità di cui all'articolo 22-ter del D.L. n. 18 (articolo introdotto dalla novella di cui al successivo articolo 71 del presente decreto). Si valuti l'opportunità di chiarire tale previsione, considerato che il suddetto articolo 22-ter demanda ad uno o più decreti ministeriali un riparto di risorse tra l'INPS e i fondi di solidarietà bilaterali (ai fini del finanziamento di diverse tipologie di trattamenti di integrazione salariale).

La novella di cui alla lettera e) prevede che il datore di lavoro sia obbligato ad inviare all'INPS (secondo le modalità stabilite da quest’ultimo) tutti i dati necessari per il pagamento dell'integrazione salariale in deroga, entro il giorno 20 di ogni mensilità successiva a quella in cui sia collocato il periodo di integrazione salariale. Tale novella riguarda i trattamenti in deroga relativi alle prime nove settimane, in quanto per quelli successivi trovano applicazione le modalità di cui all’articolo 71, comma 1, capoverso articolo 22-quater.

 

Riguardo ai trattamenti in deroga in esame, si ricorda altresì che:

-       è escluso l’obbligo dello svolgimento della procedura aziendale di informazione, consultazione ed esame congiunto (comma 6 del citato articolo 22 del D.L. n. 18);

-       in relazione al trattamento sono riconosciuti la contribuzione figurativa e gli oneri accessori (comma 1 dello stesso articolo 22). Per i lavoratori del settore agricolo, il trattamento è equiparato a lavoro ai fini del calcolo delle prestazioni di disoccupazione agricola;

-       in base al comma 3 del citato articolo 41 del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, attualmente in fase di conversione alle Camere, le domande (per i trattamenti in esame) sono esenti dall’imposta di bollo.

 

La novella di cui alla lettera e) prevede che le risorse finanziarie del fondo di solidarietà bilaterale intersettoriale, istituito in ciascuna delle province autonome di Trento e di Bolzano, possano essere destinate dalle province autonome (a condizione di copertura del fabbisogno finanziario con fondi provinciali) anche alla finalità di assicurare ai lavoratori una tutela integrativa rispetto a prestazioni connesse a trattamenti di integrazione salariale ordinaria, straordinaria e in deroga previste dalla normativa vigente (il fondo di solidarietà bilaterale in oggetto autorizza le suddette prestazioni integrative). Si valuti l’opportunità di chiarire se la novella faccia riferimento alle risorse finanziarie relative ai trattamenti in deroga (attribuite a ciascuna provincia autonoma).

 

Si ricorda che - ai sensi del comma 5 del citato articolo 22 del D.L. n. 18 - le risorse per i trattamenti in deroga in esame destinate a ciascuna delle due province autonome (di Trento e di Bolzano) sono trasferite al suddetto fondo di solidarietà bilaterale intersettoriale, costituito (in ciascuna provincia autonoma) ai sensi dell’articolo 40 del citato D.Lgs. n. 148 del 2015; il suddetto fondo - a cui competono le funzioni attribuite dalle norme sui trattamenti in deroga ad ogni regione - autorizza le relative prestazioni.

Inoltre, in base ai commi 5-bis e 5-ter del medesimo articolo 22 del D.L. n. 18: a tali fondi possono essere destinate - in alternativa all’impiego per azioni di politica attiva del lavoro - le risorse assegnate alle medesime province autonome ai sensi dell'articolo 44, comma 6-bis, del D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni (risorse - ripartite tra le regioni e le province autonome - per ammortizzatori sociali in deroga e per azioni di politica attiva del lavoro); le risorse finanziarie spettanti ai due fondi per i trattamenti in deroga possono essere destinate dalle province autonome (a condizione di copertura del fabbisogno finanziario con fondi provinciali) anche alla finalità di assicurare ai lavoratori una tutela integrativa rispetto a prestazioni connesse alla perdita del posto di lavoro previste dalla normativa vigente (il fondo di solidarietà bilaterale in oggetto autorizza le suddette prestazioni integrative).

 

La novella di cui alla lettera h) prevede che, per il 2020, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possano concedere ulteriori periodi di trattamenti di integrazione salariale in deroga, fino a quattro settimane aggiuntive, utilizzando le risorse eventualmente residue nell'ambito di quelle attribuite alla medesima regione o provincia autonoma ai sensi dell'articolo 44, comma 6-bis, del D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni (risorse per ammortizzatori sociali in deroga e per azioni di politica attiva del lavoro), previ l'accertamento delle stesse di intesa con l'INPS ed una comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. L'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa, fornendo i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e alla regione o provincia autonoma interessata. Qualora dal predetto monitoraggio emerga che sia stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite di spesa, non possono essere emessi altri provvedimenti concessori.

 


 

Articolo 71, comma 1, capoverso articolo 22-ter, e comma 2
(Ulteriore finanziamento delle integrazioni salariali)

 

 

L’articolo 71, comma 1, cpv. 22-ter, istituisce nell’ambito dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali un apposito capitolo di bilancio con dotazione, per il 2020, pari a 2.740,8 milioni di euro al fine di garantire, se necessario, un ulteriore finanziamento degli strumenti di integrazione salariale già previsti dal decreto cura Italia e rifinanziati dal provvedimento in esame. Il comma 2 reca la copertura dei relativi oneri.

 

La norma in commento – che introduce il nuovo art. 22-ter al D.L. 18/2020 – al comma 1 dispone che le suddette risorse, che costituiscono in ogni caso limite massimo di spesa, possono essere trasferite all’INPS e ai Fondi di solidarietà bilaterali e alternativi (di cui agli artt. 26 e 27 del D.Lgs. 148/2015) per il rifinanziamento, se necessario a causa del prolungarsi degli effetti sul piano occupazionale dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, delle misure di integrazione salariale ordinarie e in deroga previste dagli articoli da 19 a 22 del D.L. 18/2020 (modificati dagli artt. da 68 a 70 del provvedimento in esame, alle cui schede di lettura si rimanda).

La ripartizione delle risorse è demandata ad uno o più decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, da adottare entro il 31 agosto 2020. I suddetti decreti possono prevedere anche l’estensione del periodo massimo di durata dei suddetti trattamenti di integrazione salariale per un massimo di quattro settimane, fruibili per i periodi decorrenti dal 1° settembre al 31 ottobre 2020, limitatamente ai datori di lavoro che abbiano interamente fruito il periodo massimo di quattordici settimane (per i periodi dal 23 febbraio al 31 agosto 2020).

Si prevede, inoltre, che, se dal monitoraggio dell’impiego delle risorse per i suddetti trattamenti di integrazione salariale dovessero emergere delle economie, queste possono essere utilizzate per le finalità perseguite dal presente articolo nell’ambito dei suddetti decreti.

 

Il comma 2 dispone che alla copertura dei relativi oneri, pari a 2.740,8 mln di euro per il 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda di lettura si rimanda).


 

Articolo 71, comma 1, capoverso articolo 22-quater
(Procedure relative ai trattamenti di
integrazione salariale in deroga)

 

 

Il comma 1, capoverso articolo 22-quater, dell'articolo 71 reca una nuova disciplina delle procedure di riparto delle risorse, nonché di concessione, di erogazione e di monitoraggio dei trattamenti di integrazione salariale in deroga, trattamenti previsti, in via temporanea, secondo la normativa come da ultimo modificata dalla novella di cui al precedente articolo 70 e di cui al capoverso articolo 22-ter del presente articolo 71.

 

In base alle norme procedurali di cui al capoverso articolo 22-quater:

§  il riparto delle risorse finanziarie tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e la definizione delle norme attuative delle altre suddette procedure sono demandati ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro quindici giorni dall'entrata in vigore del presente decreto (commi 1, 5 e 6 del presente capoverso articolo 22-quater). Si ricorda che il riparto delle risorse in esame concerne la concessione dei trattamenti in oggetto per i periodi (fino ad un massimo di cinque settimane) successivi alle prime nove settimane, mentre le risorse per i trattamenti relativi a ulteriori quattro settimane (ancora successive) sono attivate con decreti ministeriali ai sensi del capoverso articolo 22-ter del presente articolo 71, comma 1[55];

§  è confermato (comma 1 del presente capoverso articolo 22-quater) il principio[56] in base al quale i provvedimenti di riconoscimento dei trattamenti in deroga sono efficaci (con conseguente erogazione del trattamento) esclusivamente a condizione del rispetto, anche in via prospettica, del limite di spesa (limite derivante dal riparto delle risorse finanziarie);

§  è confermata la previsione che - nel rispetto del suddetto riparto di risorse - il trattamento in esame possa essere riconosciuto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali per i datori di lavoro con unità produttive site in un numero di regioni o province autonome superiore ad una determinata soglia, la quale deve essere individuata con il medesimo decreto ministeriale di definizione del riparto[57] (commi 1, 5 e 6 del presente capoverso articolo 22-quater). Per i casi che non rientrino nella fattispecie summenzionata di riconoscimento da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la competenza della concessione - limitatamente, come detto, alle settimane successive alle prime nove già riconosciute - è trasferita dalle regioni all'INPS (soggetto, quest'ultimo, già competente al pagamento di tutti i trattamenti in esame, ivi compresi quelli riconosciuti dal Ministero del lavoro), fermo restando il riparto delle risorse summenzionato (commi 1, 3 e 4 del capoverso articolo 22-quater);

§  la procedura di pagamento diretto da parte dell'INPS resta tassativa per i trattamenti in deroga riconosciuti a valere sulle risorse attribuite alle regioni e alle province autonome, mentre la novella di cui alla lettera g) del precedente articolo 70, comma 1, prevede che i trattamenti in deroga di competenza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali possano essere corrisposti (secondo le modalità ivi richiamate) anche dalle imprese, con successivo rimborso ad esse da parte dell’INPS.

Nell'ambito della suddetta procedura di pagamento diretto, il comma 4 del presente capoverso articolo 22-quater richiama il principio di cui all'articolo 44, comma 6-ter, del D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 148,  secondo cui il datore, se non trasmette all'INPS - entro i termini e secondo le modalità previsti - i dati per il pagamento del trattamento in deroga, è tenuto ad anticipare la prestazione medesima al dipendente.

Le modalità e i termini temporali delle domande e delle successive fasi sono definiti dai commi 1, 3 e 4 del presente capoverso articolo 22-quater. Il comma 4 concerne in particolare la procedura di pagamento diretto (anche con la definizione di una norma transitoria relativa alle domande già autorizzate dalle amministrazioni competenti). Nell'ambito di tale procedura, si prevede il pagamento di una quota pari al quaranta per cento dell’intero trattamento entro quindici giorni dal ricevimento della domanda, con successiva liquidazione dell'importo restante.

Si rileva l'opportunità di un chiarimento riguardo al termine dilatorio a partire dal quale possa essere presentata la domanda, considerato che i commi 3 e 4 sembrano contemplare due termini differenti;

§  l'INPS provvede altresì al monitoraggio finanziario secondo la procedura ora ridefinita dal comma 1 del capoverso articolo 22-quater.

Il comma 2 del capoverso articolo 22-quater fa salve alcune previsioni relative alle province autonome di Trento e di Bolzano (riguardo a tali norme, cfr. la scheda di lettura del precedente articolo 70). In base a tale richiamo, il riconoscimento dei trattamenti a valere sulle risorse attribuite (nell'ambito del riparto summenzionato) alle medesime province resta di competenza - anziché dell'INPS - del fondo di solidarietà bilaterale intersettoriale (istituito in ciascuna delle province autonome di Trento e di Bolzano).

Sotto il profilo redazionale, si rileva che nei commi 1 e 6 del presente capoverso articolo 22-quater occorrerebbe richiamare il comma 5 dello stesso articolo, anziché il comma 4. Si valuti l'opportunità, sempre sul piano redazionale, di non ripetere, nel comma 5, la norma che limita l'ambito di applicazione ai lavoratori dipendenti già in forza al 25 marzo 2020, in quanto tale norma è già prevista dalle novelle di cui al precedente articolo 70.

 


 

Articolo 71, comma 1, capoverso articolo 22-quinquies
(Pagamento diretto della CIGO e dell’assegno ordinario))

 

 

L’articolo 71, comma 1, cpv. 22-quinquies, introduce una procedura per il pagamento diretto da parte dell’INPS delle richieste di integrazione salariale ordinaria e di assegno ordinario presentate a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

In particolare – richiamando la procedura disposta dal comma 3 del precedente art. 71, c. 1, cpv. 22-quater per il pagamento diretto della CIG in deroga per periodi successivi alle prime nove settimane – si dispone che le suddette richieste di concessione dei trattamenti di CIGO e di assegno ordinario per sospensione o riduzione dell’attività lavorativa in conseguenza dell’emergenza epidemiologica (di cui agli artt. Da 19 a 22 del D.L. 18/2020) possono essere trasmesse, decorsi trenta giorni dall’entrata in vigore della norma in commento, alla sede Inps territorialmente competente. Decorsi i predetti trenta giorni, la medesima domanda è trasmessa entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio il periodo di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.

 

Sul tema, si ricorda che - in base al combinato disposto degli artt. 19 e 22 del D.L. 18/2020 e della circolare INPS 47/2020 - il pagamento diretto da parte dell’INPS è consentito per il trattamento di integrazione salariale ordinario (e di assegno ordinario) solo in via d’eccezione.

In conseguenza della particolare situazione di emergenza, nel caso di trattamento ordinario, l’INPS ha già semplificato parte della procedura di richiesta di pagamento diretto della CIGO disponendo che le aziende potranno chiedere tale pagamento senza obbligo di produzione della documentazione comprovante le difficoltà finanziarie dell’impresa e senza l’adempimento dell’obbligo di sottoscrizione, da parte dei lavoratori, del modello predisposto e di compilazione di alcuni dati specifici non indispensabili alla gestione della pratica istruttoria (cfr. messaggio INPS 1508/2020). Ulteriori semplificazioni sono state introdotte da parte dell’INPS con il messaggio 2101/2020.

 


 

Articolo 72
(Congedo parentale e bonus baby-sitting)

 

 

L’articolo 72 aumenta (da 15) a 30 giorni la durata massima del congedo parentale introdotto in favore dei genitori lavoratori dall’articolo 23 del Decreto cura Italia ed incrementa da 600 a 1.200 euro l’importo massimo complessivo del voucher babysitting riconosciuto in alternativa al suddetto congedo (per i dipendenti del settore sanitario l’aumento è da 1.000 a 2.000 euro), prevedendo che lo stesso voucher possa essere utilizzato anche per l’iscrizione ai centri estivi e ai servizi educativi all’infanzia.

 

In dettaglio, l’articolo in commento – che modifica gli articoli 23 e 25 del D.L. 18/2020 - interviene sugli aspetti di seguito elencati.

 

Congedi parentali

La disposizione in commento aumenta da 15 a 30 giorni (continuativi o frazionati) la durata massima del suddetto congedo parentale – introdotto dall’art. 23 c. 1, del D.L. 18/2020 (convertito dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27) a seguito della sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche conseguente all’emergenza epidemiologica da COVID-19 - per i genitori lavoratori dipendenti del settore privato. La norma conferma che il congedo è riconosciuto per figli fino a 12 anni di età[58], che è coperto da contribuzione figurativa e che la relativa indennità è pari al 50 per cento della retribuzione. Il termine finale per la fruizione del congedo, la cui decorrenza rimane al 5 marzo, è fissato al 31 luglio 2020 (comma 1, lett. a)).

La lettera in commento modifica il comma 1 dell’articolo 23 del D.L. 18/2020, ma, per effetto dei richiami al medesimo comma 1 contenuti nei commi successivi dell’art. 23 e nell’art. 25, l’estensione della durata massima del predetto congedo parentale a 30 giorni complessivi sembrerebbe applicabile anche alle altre categorie di lavoratori richiamate dai medesimi articoli, ossia ai genitori lavoratori dipendenti pubblici, autonomi, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, o dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato (per i quali il calcolo della relativa indennità è diverso a seconda della categoria considerata).

Si ricorda, inoltre, che, in base a quanto disposto dall’art. 25, c. 1, del D.L. 18/2020 (non modificato dalla disposizione in commento), la fruizione del suddetto congedo da parte dei dipendenti pubblici è concessa per tutto il periodo di sospensione dei servizi scolastici – sospensione prorogata, da ultimo, fino al 17 maggio dal DPCM del 26 aprile 2020 – e non fino al 31 luglio 2020, come previsto per i dipendenti privati dall’art. 23, c. 1, del D.L. 18/2020, richiamato dal medesimo art. 25.

In relazione al nuovo termine del 31 luglio 2020, posto per il settore privato, si valuti l’opportunità di specificare quale sia il termine finale di applicazione del congedo parentale in esame per i dipendenti pubblici.

Si ricorda che, in base al comma 4 del richiamato art. 23, non modificato dalla norma in commento, la fruizione del congedo è riconosciuta alternativamente ad entrambi i genitori - a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, o disoccupato, o non lavoratore - per un totale complessivo di quindici giorni.

Al riguardo, sembrerebbe opportuno un chiarimento in merito all’applicabilità anche al congedo fruito alternativamente da entrambi i genitori dell’estensione a 30 giorni della durata massima del congedo parentale di cui all’art. 23, c. 1, operata dall’articolo in commento.

 

La norma in commento conferma, inoltre, quanto previsto dall’art. 23 che dispone la conversione nel suddetto congedo speciale dei periodi di congedo parentale disciplinati dal D.Lgs. 151/2001, fruiti dai genitori durante il periodo di sospensione dei servizi educativi, con diritto alla relativa indennità e che non sono computati o indennizzati a titolo di congedo parentale.

 

La disposizione in esame – modificando l’art. 23, c. 6, del D.L. 18/2020 – dispone, infine, che del congedo non retribuito riconosciuto ai genitori dipendenti privati per la chiusura delle scuole - fruibile, come specificato, in aggiunta al predetto congedo parentale speciale - si possa godere in presenza di figli minori di 16 anni e non più, come previsto nel testo previgente, di figli di età ricompresa tra 12 e 16 anni (comma 1, lett. b)).

In base a quanto previsto dal richiamato art. 23, c. 6, il predetto congedo non è coperto da contribuzione figurativa e dà diritto alla conservazione del posto di lavoro con divieto di licenziamento.

 

Voucher baby-sitting

L’articolo in commento – modificando l’art. 23, c. 8, del D.L. 18/2020 - incrementa da 600 a 1.200 euro il limite massimo complessivo dei bonus riconosciuti, ai medesimi soggetti summenzionati[59], in alternativa al suddetto congedo, per l’acquisto di servizi di baby-sitting, da utilizzare per prestazioni effettuate nel periodo di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia e delle attività didattiche (erogato mediante il libretto di famiglia di cui all’art. 54-bis del D.L. 50/2017)[60], nonché, come aggiunto dal presente articolo, in alternativa e con erogazione diretta al richiedente, per la comprovata iscrizione ai servizi integrativi per l’infanzia, ai servizi socio-educativi territoriali, ai centri con funzione educativa e ricreativa e ai servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia. Viene inoltre specificato che nel caso in cui il bonus venga utilizzato per servizi integrativi per l’infanzia, esso non è compatibile con la fruizione del cosiddetto bonus asilo nido[61] (di cui all’art. 1, c. 355, della L. 232/2016), che rimane invece cumulabile negli altri casi, come specificato dalla circolare INPS 44/2020[62] (comma 1, lett. c)).

Alle medesime condizioni, la disposizione in commento aumenta, altresì, da 1.000 a 2.000 euro l’importo massimo del bonus per i lavoratori dipendenti del settore sanitario, pubblico e privato accreditato, appartenenti alla categoria dei medici, degli infermieri, dei tecnici di laboratorio biomedico, dei tecnici di radiologia medica e degli operatori sociosanitari, nonché per i dipendenti della Polizia di Stato e per il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico impiegato per l’emergenza epidemiologica[63] (comma 2, lett. a)).

 

Limiti di spesa

A seguito delle predette estensioni, la norma in commento incrementa i limiti di spesa originariamente disposti dagli art. 23, c. 11, e 25, c. 5, del D.L. 18/2020 nel modo seguente (comma 1, lett. d), comma 2, lett. b)):

§  da 1.261,1 a 1.569 mln di euro per il 2020 con riferimento alla fruizione dei suddetti benefici da parte dei dipendenti privati, degli iscritti in via esclusiva alla gestione separata e dei lavoratori autonomi;

§  da 30 a 67,6 mln di euro per il medesimo anno con riferimento alla fruizione dei suddetti benefici da parte dei dipendenti pubblici e dei dipendenti del settore sanitario (pubblico e privato accreditato) e della Polizia di Stato.

 

Ai relativi oneri, pari a 676,7 per il 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda di lettura si rimanda).


 

Articolo 73
(Estensione della durata dei permessi retribuiti
per assistenza familiari disabili)

 

 

L’articolo 73 incrementa di ulteriori complessivi dodici giorni, usufruibili nei mesi di maggio e giugno 2020, il numero di giorni di permesso retribuito riconosciuto dalla normativa vigente per l’assistenza di familiari disabili e coperto da contribuzione figurativa.

 

I suddetti 12 giorni ulteriori complessivi per i mesi di maggio e giugno 2020 si aggiungono, quindi, ai 3 giorni di permesso mensile previsti in via ordinaria dall’articolo 33, comma 3, della L. 104/1992, diventando pari a 18 giorni totali per i due mesi citati (comma 1).

La norma in commento estende quindi anche ai mesi di maggio e giugno 2020 quanto già previsto dall’art. 24 del D.L. 18/2020 per i mesi di marzo e aprile 2020[64].

Il richiamato art. 24 riconosce il suddetto beneficio anche al personale sanitario, compatibilmente con le esigenze organizzative delle aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale impegnati nell'emergenza COVID-19 e del comparto sanità, nonché al personale delle Forze di polizia, delle Forze armate, della Polizia Penitenziaria e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, della polizia locale dei comuni, delle province e delle città metropolitane, compatibilmente con le esigenze organizzative dell'ente cui appartengono e con le preminenti esigenze di interesse pubblico da tutelare. In quest’ultimo caso, il beneficio non è cumulabile con la possibilità per il medesimo personale di essere dispensato temporaneamente dalla presenza in servizio per ragioni riconducibili all’emergenza epidemiologica, di cui all’art. 87, c. 6, del D.L. 18/2020.

 

Agli oneri derivanti dall’applicazione dell’articolo in commento, pari a 604,7 milioni di euro per il 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 2).

 

I suddetti permessi retribuiti sono disciplinati dall’articolo 33, comma 2, della L. 104/1992 che riconosce il diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito (anche in maniera continuativa), coperto da contribuzione figurativa, al lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Il suddetto diritto è riconosciuto a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno e non può essere attribuito a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l'assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente.

Inoltre, il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch'essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.


 

Articolo 74
(Assenze dal servizio di lavoratori pubblici e privati in relazione ad alcune condizioni di disabilità o di rischio per la salute)

 

 

L'articolo 74 modifica la disciplina transitoria di cui all'articolo 26, commi 2 e 5, del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, concernente il trattamento per alcune ipotesi di assenza dal servizio dei lavoratori, pubblici e privati, in relazione ad alcune condizioni di disabilità o di rischio per la salute. Le modifiche di cui al presente articolo 74 consistono nell'estensione della disciplina transitoria in oggetto - il cui termine finale viene prorogato dal 30 aprile 2020 al 31 luglio 2020 - e nel conseguente incremento del limite di spesa, di cui al comma 5 del suddetto articolo 26; tale limite - che concerne anche altri oneri di cui al medesimo articolo 26[65] - viene elevato da 130 milioni di euro a 380 milioni (per il 2020). Per la relativa copertura finanziaria, il presente articolo fa rinvio al successivo articolo 265.

 

Si ricorda che la norma transitoria in esame dispone che - fino al termine summenzionato -  per i lavoratori, pubblici e privati, rientranti in determinate ipotesi il periodo di assenza dal servizio prescritto dalle competenti autorità sanitarie o dal medico di assistenza primaria che abbia in carico il paziente sia equiparato - ai fini del trattamento giuridico ed economico - al ricovero ospedaliero.

La norma riguarda i lavoratori che rientrino in una delle seguenti condizioni:

§  riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della L. 5 febbraio 1992, n. 104;

§  possesso di certificazione attestante una condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti da patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita[66]. Tale certificazione è rilasciata dai competenti organi medico-legali (costituiti dai servizi di medicina legale delle aziende sanitarie locali e dell'INPS).

Il periodo di assenza dal servizio viene prescritto (come detto, dalle competenti autorità sanitarie o dal medico di assistenza primaria) sulla base documentata del riconoscimento di disabilità o delle certificazioni dei summenzionati organi medico-legali, i cui riferimenti devono essere indicati nel medesimo certificato di prescrizione; nessuna responsabilità, neanche di natura contabile, è imputabile al medico di assistenza primaria nell'ipotesi in cui il riconoscimento dello stato invalidante dipenda da fatto illecito di terzi.

Per i periodi di assenza dal servizio in esame, gli oneri finanziari derivanti dalla suddetta equiparazione al ricovero ospedaliero (che ricadrebbero a carico del datore di lavoro e dell'INPS) sono posti a carico dello Stato, nel rispetto del limite massimo di spesa summenzionato e su domanda del datore di lavoro per quanto riguarda gli oneri a suo carico. L'INPS provvede al relativo monitoraggio finanziario. Qualora da quest'ultimo emerga che sia stato raggiunto, anche in via prospettica, il limite di spesa, il medesimo Istituto non prende in considerazione ulteriori domande.

Si ricorda che il limite di spesa in oggetto e il relativo monitoraggio delle domande concernono anche l'imputazione allo Stato degli oneri finanziari - che ricadrebbero a carico del datore di lavoro e dell'INPS - derivanti dal comma 1 del citato articolo 26 del D.L. n. 18 - il quale equipara alla malattia i periodi trascorsi dai lavoratori dipendenti del settore privato in quarantena o in altre condizioni di permanenza domiciliare obbligatoria, in relazione alle disposizioni restrittive della circolazione concernenti l'emergenza epidemiologica da COVID-19 -.

 


 

Articoli 75 e 86
(Regimi di cumulo di alcune prestazioni)

 

 

Gli articoli 75 e 86 riguardano i divieti di cumulo o la cumulabilità di alcune prestazioni. Le norme in esame pongono un divieto di cumulo tra i trattamenti da esse richiamati, oggetto del presente decreto o del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, e consentono invece il cumulo degli stessi trattamenti con l'assegno ordinario di invalidità, di cui all'articolo 1 della L. 12 giugno 1984, n. 222[67].   

 

In particolare, le prestazioni richiamate dalla novella di cui all'articolo 75 sono costituite dalle indennità per il mese di marzo 2020 in favore di alcune categorie di lavoratori; riguardo ad un quadro di tali indennità, si rinvia alla scheda di lettura dell'articolo 84, nonché a quella dell'articolo 78 per quanto riguarda i professionisti iscritti a forme di previdenza obbligatoria non gestite dall'INPS.

Le prestazioni richiamate dall'articolo 86 sono costituite dalle indennità per il mese di aprile e di maggio 2020, previste: per varie categorie di lavoratori dal precedente articolo 84; per i lavoratori domestici dall'articolo 85; per i suddetti professionisti iscritti a forme di previdenza obbligatoria non gestite dall'INPS dall'articolo 78; per i collaboratori operanti nel settore dello sport dall'articolo 98[68].

Si valuti l'opportunità di chiarire se le indennità siano cumulabili per il caso in cui si riferiscano a mesi diversi.

Sul piano redazionale, si valuti l'opportunità di evitare ripetizioni di norme relative al divieto di cumulo e alla cumulabilità con l'assegno ordinario di invalidità, in quanto tali norme - oltre ad essere poste dagli articoli 75 e 86 in esame - ricorrono anche in alcuni degli articoli summenzionati.

Si ricorda che le prestazioni richiamate dagli articoli 75 e 86 in esame sono incompatibili anche con il Reddito di emergenza - ai sensi dell'articolo 82, comma 3, e dell'articolo 98, comma 1, del presente decreto -, mentre l'ipotesi di titolarità (da parte del nucleo familiare) del Reddito di cittadinanza è disciplinata dalle singole norme relative alle prestazioni in oggetto.


 

Articolo 76
(Proroga della sospensione delle misure di condizionalità)

 

 

L’articolo 76, al fine di limitare gli spostamenti delle persone fisiche ai casi strettamente necessari, estende da due a quattro mesi la sospensione delle misure di condizionalità per l’attribuzione di alcune prestazioni, ferma restando la fruizione dei relativi benefici economici, nonché di alcune procedure relative al cosiddetto collocamento obbligatorio.

 

In dettaglio – modificando l’art. 40, c. 1, del D.L. 18/2020 - la norma in commento dispone che la suddetta sospensione operi per quattro mesi, e non più due come nel testo previgente, decorrenti dall’entrata in vigore del richiamato decreto legge, ossia il 17 marzo 2020.

In base al richiamato art. 40, la suddetta sospensione riguarda:

§  gli obblighi connessi alla fruizione del reddito di cittadinanza (di cui al D.L. 4/2019) e i relativi termini ivi previsti. Tale sospensione non opera per le offerte di lavoro congrue nell’ambito del comune di appartenenza, fermo restando che le attività di formazione professionale e orientamento al lavoro, nonché le altre attività connesse ai patti per il lavoro e ai patti per l’inclusione sociale che possono essere svolte a distanza vengono rese in tale modalità.

Tra gli obblighi in capo ai soggetti percettori di Rdc che comportano spostamenti si possono richiamare (ai sensi degli artt. 4 e 7 del D.L. 4/2019) quello di partecipare a corsi di formazione e di orientamento, di sostenere i colloqui psicoattitudinali e le eventuali prove di selezione finalizzate all'assunzione, nonché quello di accettare almeno una di tre offerte di lavoro congrue, definite tali sulla base di criteri temporali e di distanza (che diventano meno selettivi al crescere della durata del godimento del Reddito di cittadinanza ed in relazione al numero di offerte rifiutate).

§  le misure di condizionalità e i relativi termini comunque previsti per i percettori di NASPI e di DISCOLL dal D.Lgs. 22/2015.

In base a quanto disposto dagli artt. 7 e 15 del richiamato D.Lgs. 22/205, l'erogazione delle indennità predette è condizionata alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa nonché ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai Servizi competenti.

§  gli obblighi connessi al godimento di trattamenti di integrazione salariale, tra cui quello di presentarsi alle convocazioni stabilite dai centri per l’impiego e di procedere, sempre attraverso i centri per l’impiego, alla ricerca attiva di lavoro per il beneficiario di assegno di ricollocazione (di cui agli artt. 8 e 24-bis del D.Lgs. 148/2015);

§  gli obblighi relativi alle assunzioni obbligatorie di soggetti disabili, di cui all’art. 7 della L. 68/1999;

Il richiamato art. 7 dispone che, ai fini dell'adempimento dell'obbligo di assunzione di soggetti disabili nel rispetto delle quote di riserva stabilite dalla medesima legge n. 68, i datori di lavoro privati e gli enti pubblici economici assumono i lavoratori mediante richiesta nominativa di avviamento agli uffici competenti, che può essere preceduta dalla richiesta ai medesimi uffici di effettuare la preselezione delle persone con disabilità iscritte in apposito elenco.

§  le procedure di avviamento a selezione effettuate tra gli iscritti nelle liste di collocamento ed in quelle di mobilità, finalizzate alle assunzioni dei lavoratori da inquadrare nei livelli retributivo-funzionali per i quali non è richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo da parte di determinati soggetti (ex art. 16 della L. 56/1987);

In base al richiamato art. 16, i soggetti che effettuano le assunzioni dei suddetti soggetti con le modalità richiamate sono le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, gli enti pubblici non economici a carattere nazionale, e quelli che svolgono attività in una o più regioni, le province, i comuni e le aziende sanitarie locali.

§  i termini per le convocazioni da parte dei centri per l’impiego per la partecipazione alle iniziative di orientamento contemplate nel Patto di servizio personalizzato (stipulato con i centri per l’impiego allo scopo di confermare lo stato di disoccupazione del soggetto, al mantenimento del quale è subordinata la fruizione di determinati benefici) (ex art. 20, c. 3, lett. a), del D.Lgs. 150/2015).

 


 

Articolo 77
(
Modifiche all’articolo 43 del dl 18/2020 in materia di contributi alle imprese e agli enti del terzo settore per la sicurezza e il potenziamento dei presìdi sanitari)

 

 

L’articolo 77 modifica l’articolo 43 del d.l. 18/2020, prevedendo che il trasferimento dell’importo di 50 milioni di euro, da parte dell’INAIL ad Invitalia, sia erogato non solo alle imprese, come originariamente previsto, ma anche agli enti del terzo settore per l’acquisto di dispositivi e di altri strumenti di protezione individuale.

 

In dettaglio, si ricorda che la disposizione dell’art. 43 sopra richiamata, ha lo scopo di sostenere la continuità, in sicurezza, dei processi produttivi delle imprese nonché, in base alla modifica proposta dalla norma in esame, delle attività di interesse generale degli enti del terzo settore di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del terzo settore) [69].

A tal fine, l’articolo 43 prevede che l’INAIL provveda entro il 30 aprile 2020 al trasferimento dell’importo di 50 milioni di euro ad Invitalia, a valere sulle risorse già programmate nel bilancio di previsione 2020 dello stesso istituto per il finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese.  In base alla modifica proposta dalla norma in esame, i finanziamenti sono destinati anche alle attività di interesse generale degli enti del terzo settore e ai progetti volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati ai principi di responsabilità sociale delle imprese (ai sensi dell’art.11, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81).


 

Articolo 78
(
Modifiche articolo 44 dl 18/2020, recante istituzione del Fondo per il reddito di ultima istanza a favore dei lavoratori danneggiati dal virus COVID-19)

 

 

L’articolo 78 modifica l’articolo 44 del dl 18/2020, che istituisce il Fondo per il reddito di ultima istanza, volto a garantire misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi i quali, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro, elevando da 300 milioni di euro a 1150 milioni di euro la dotazione del predetto Fondo.

 

Nel dettaglio, la disposizione in esame riconosce anche per i mesi di aprile e maggio 2020 l’indennità di 600 euro (prevista per il solo mese di marzo 2020 dall’articolo 44 del dl 18/2020) a sostegno del reddito dei professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 (che ha privatizzato tutti gli enti e le casse dei professionisti esistenti) e 10 febbraio 1996, n. 103 (che qualifica sin dall’inizio come enti privati le casse istituite dalle categorie di liberi professionisti fino a quel momento privi di tutela previdenziale).

Viene, altresì, innalzato da 30 giorni a 60 giorni dall’entrata in vigore dell’articolo 44 il termine per la emanazione del decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze che stabilisce criteri di priorità e modalità di attribuzione demandati ad un decreto.

Si dispone, infine, che per il riconoscimento della suddetta indennità, i soggetti titolari della prestazione, alla data di presentazione della domanda, non devono essere in alcuna delle seguenti condizioni:

§  titolari di contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato;

§  titolari di pensione.

 

Di conseguenza, si dispone l’abrogazione dell’articolo 34 del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23, intervenuto successivamente in funzione interpretativa dell’articolo 44, in base al quale i soggetti alle categorie sopra elencate, per poter accedere al sostegno di cui alla disposizione in commento, dovevano intendersi non titolari di trattamento pensionistico e iscritti in via esclusiva. Si valuti l’opportunità di precisare se siano salvi gli effetti medio tempore prodotti dalla disposizione abrogata.

 

Come evidenziato dalla relazione tecnica al provvedimento, la disposizione modifica la platea dei beneficiari dell’indennità di cui all’articolo 44, comma 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, ovvero i professionisti iscritti agli enti di diritto privato.

Da un lato si introducono due ulteriori requisiti per accedere all’indennità in oggetto, determinando un restringimento della platea dei potenziali beneficiari, dall’altro abrogando il requisito dell’esclusività dell’iscrizione agli enti di previdenziali in esame (art. 34, DL 23/2020), si dà luogo ad un ampliamento della platea dei potenziali beneficiari.

 

L’onere derivante dalla disposizione viene quantificato in 650 milioni di euro per l’anno 2020 e trova copertura nell’articolo 265, alla cui scheda si rinvia.

La quantificazione dell’onere è conseguenza della emanazione del decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze intervenuto il 27 aprile 2020, con il quale si è provveduto ad aumentare la capienza del Fondo da 300 milioni di euro a 5000 milioni di euro.

 

A questo proposito, si ricorda che l’attuazione dell’articolo 44 del dl 18/2020 è stata contraddistinta dalla emanazione di due decreti interministeriali del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Il primo, in data 28 marzo 2020, fissa le modalità di attribuzione della indennità prevista a valere sul “Fondo di ultima istanza”, disponendo quanto segue:

§  la quota parte del limite di spesa del Fondo di cui dell’art. 44, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2020, destinato al sostegno del reddito dei lavoratori autonomi e professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n. 509 e 10 febbraio 1996, n. 103, è individuata in 200 milioni di euro per l’anno 2020 (art. 1, comma 1);

§  il sostegno al reddito è costituito da un’indennità per il mese di marzo pari a euro 600, è riconosciuto ai seguenti soggetti:

§  ai lavoratori che abbiamo percepito, nell’anno di imposta 2018, un reddito complessivo, assunto al lordo dei canoni di locazione assoggettati a tassazione ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e dell'articolo 4 del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, non superiore a 35.000 euro la cui attività sia stata limitata dai provvedimenti restrittivi emanati in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19;

§  ai lavoratori che abbiano percepito nell’anno di imposta 2018, un reddito complessivo, assunto al lordo dei canoni di locazione assoggettati a tassazione ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e dell'articolo 4 del decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, compreso tra 35.000 euro e 50.000 euro e abbiano cessato o ridotto o sospeso, ai sensi dell’articolo 2, la loro attività autonoma o libero-professionale in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 (art. 1, comma 2).

§  l’indennità non concorre alla formazione del reddito ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e non è cumulabile con i benefici di cui agli articoli 19, 20, 21, 22, 27, 28, 29, 30, 38 e 96 del decreto-legge 17 marzo 2020 n.18 nonché con il reddito di cittadinanza di cui al decreto-legge 28 gennaio 2019, n.4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26. L’indennità è altresì corrisposta a condizione che il soggetto richiedente abbia adempiuto agli obblighi contributivi previsti con riferimento all’anno 2019 (art. 1, comma 3);

§  per cessazione, riduzione e sospensione dell’attività si intende, ai sensi dell’articolo 2:

o  per cessazione dell’attività: la chiusura della partita IVA, nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 marzo 2020;

o  per riduzione o sospensione dell’attività lavorativa: una comprovata riduzione di almeno il 33 per cento del reddito del primo trimestre 2020, rispetto al reddito del primo trimestre 2019. A tal fine il reddito è individuato secondo il principio di cassa come differenza tra i ricavi e i compensi percepiti e le spese sostenute nell’esercizio dell’attività;

§  circa le modalità di attribuzione dell’indennità, ai sensi dell’articolo 3, commi da 1 a 3, le domande sono presentate da professionisti e lavoratori autonomi dal 1° aprile 2020 agli enti di previdenza cui sono obbligatoriamente iscritti che ne verificano la regolarità ai fini dell’attribuzione del beneficio, provvedendo ad erogarlo all’interessato ai sensi dell’articolo 4. L’indennità deve essere richiesta ad un solo ente previdenziale e per una sola forma di previdenza obbligatoria, deve essere presentata secondo lo schema predisposto dai singoli enti previdenziali e deve essere corredata dalla dichiarazione del lavoratore interessato, rilasciata ai sensi del DPR 28 dicembre 2000, n. 445, sotto la propria responsabilità, in ordine ai requisiti sopra riportati.

 

In data 4 maggio 2020 è stato emanato il secondo decreto interministeriale volto a garantire un beneficio di 600 euro, di analogo importo alle indennità previste dai provvedimenti per il sostegno al reddito dei lavoratori dipendenti e autonomi, ma in favore di soggetti che non risultano coperti dai suddetti provvedimenti e che in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID 19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro. Pertanto, utilizzando anche lo spazio finanziario predisposto dal citato decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 27 aprile 2020, con il quale si aumenta la dotazione del Fondo di ultima istanza a 500 milioni di euro (in luogo dei 300 originariamente previsti), il decreto individua in 220 milioni di euro il limite di spesa per il riconoscimento del beneficio di cui sopra (articolo 1). Inoltre, viene incrementato da 200 milioni di euro a 280 milioni di euro il limite di spesa di cui all'articolo 1 del DM 28 marzo 2020, sempre attuativo dell'articolo 44 del DL 18/2020, tenuto conto delle domande pervenute e accolte per l'accesso al relativo beneficio (articolo 4).

Il decreto, quindi, prevede il riconoscimento di una indennità una tantum, non soggetta ad imposizione fiscale, pari a 600 euro per il mese di marzo 2020 per le seguenti tipologie di lavoratori:

a)    lavoratori dipendenti stagionali appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020 e che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno trenta giornate nel medesimo periodo;

b)   lavoratori intermittenti che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno trenta giornate nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020;

c)    lavoratori autonomi, privi di partita IVA, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che nel periodo compreso tra il 1 ° gennaio 2019 e il 23 febbraio 2020 siano stati titolari di contratti autonomi occasionali riconducibili alle disposizioni di cui all'articolo 2222 del codice civile e che non abbiano un contratto in essere alla data del 23 febbraio 2020. Gli stessi, per tali contratti, devono essere già iscritti alla data del 23 febbraio 2020 alla Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con accredito  nello stesso arco temporale  di almeno un contributo mensile;

d)   incaricati alle vendite a domicilio di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, con reddito annuo 2019 derivante dalle medesime attività superiore ad euro 5.000 e titolari di partita IVA attiva e iscritti alla Gestione Separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, alla data del 23 febbraio 2020 e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.

 

L'indennità non è cumulabile con i trattamenti di cassa integrazione e le indennità di 600 euro già previste dal DL 18/2020, inclusa quella per i professionisti delle casse previdenziali. Non è inoltre cumulabile con il reddito di cittadinanza di cui al decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26.

I soggetti, inoltre, non devono essere titolari di pensione o di altro contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alla data di presentazione della domanda.

 


 

Articolo 79
(Modifiche all’articolo 45 dl 18/2020 in materia di personale addetto ai lavori necessari al ripristino del servizio elettrico)

 

 

L’articolo 79 modifica l’articolo 45 recante disposizioni relative al personale addetto al servizio elettrico, al fine di garantire la continuità delle attività indifferibili per l’esecuzione di lavori necessari al ripristino del servizio elettrico stesso sull’intero territorio nazionale.

 

In particolare, la disposizione in commento prevede che le abilitazioni già in possesso del relativo personale conservano la loro validità fino al 15 giugno 2020 (in sostituzione del termine del 30 aprile 2020 previsto dal comma 1 dell’articolo 45 del dl 18/2020), anche nei casi di temporanea impossibilità ad effettuare i moduli di aggiornamento pratico.

Non viene, invece, modificato quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 45 e cioè che resta fermo l’obbligo per il datore di lavoro di erogare la formazione per l’aggiornamento teorico, anche a distanza nel rispetto delle misure di contenimento adottate per l’emergenza epidemiologica da COVID-19.


 

Articolo 80
(
Modifiche all’articolo 46 in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo)

 

 

L’articolo 80 modifica l’articolo 46 del dl 18/2020 prevedendo che, a decorrere dalla data di entrata in vigore di quel decreto, è preclusa per cinque mesi (sessanta giorni nella formulazione dell’articolo 46) la possibilità per il datore di lavoro di avviare le procedure di licenziamento collettivo e che nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti alla data del 23 febbraio 2020.

 

La disposizione, in particolare, modifica il comma 1 dell’articolo 46 prevedendo che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto legge 18/2020 l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo di cui agli articoli 4, 5 e 24, della legge 23 luglio 1991, n. 223 è precluso per 5 mesi (anzichè i sessanta giorni previsti in origine dall’articolo 46) e sono sospese le procedure dei licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo in corso, di cui all’articolo 7 della legge n. 604 del 1966.

Al riguardo si rappresenta che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto in esame oltre lo spirare del termine di sessanta giorni previsto dalla disposizione dell’articolo 46, comporta un disallineamento tra i due decreti che determina un vuoto normativo di alcuni giorni. Su questo aspetto, si valuti l’opportunità di chiarire gli effetti della presente novella sulle procedure di licenziamento nel frattempo svolte o intraprese.

Per il resto rimane quanto già stabilito dal comma 1, e cioè: che nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020 (fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d'appalto); che sino alla scadenza del suddetto termine, il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3, della legge 15 luglio 1966, n. 604.

Al comma 1 si aggiunge, infine, un comma 1-bis, che concede la possibilità al datore di lavoro, che nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 17 marzo 2020 abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo, di revocare in ogni tempo il recesso purché contestualmente faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale in deroga, decorrente dalla data in cui abbia avuto efficacia il licenziamento. In tal caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro.

 

L’istituto del licenziamento collettivo (che non trova applicazione nei confronti dei dirigenti) è disciplinato principalmente dall’articolo 24 della L. 23 luglio 1991, n. 223. Le cause che giustificano il ricorso a tale istituto risiedono nella riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro e nella cessazione dell’attività. L’ipotesi di licenziamento collettivo si verifica nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti, in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco temporale di 120 giorni nell’unità produttiva oppure in più unità produttive dislocate nella stessa provincia. La normativa si applica a tutti i licenziamenti che, nel medesimo arco temporale e nello stesso territorio siano riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo. È sempre obbligatoria la verifica della sussistenza di un nesso di causalità tra la trasformazione produttiva effettuata ed il ridimensionamento dei dipendenti (Cass., 4 dicembre 1998, n. 12297), nonché un nesso di congruità tra gli stessi (cioè una piccola trasformazione produttiva non può comportare un rilevante numero di licenziamenti). Spetta al datore di lavoro provare l’effettività e la definitività della diminuzione del fabbisogno di forza-lavoro, attraverso la mancata sostituzione dei lavoratori licenziati o l’assenza di ulteriori assunzioni. Si ricorda che la procedura stabilita per il licenziamento collettivo è applicata anche alle aziende in CIGS, qualora nel corso o al termine del programma si verifichi la necessità di procedere anche ad un solo licenziamento. La procedura è contenuta nell’articolo 4 della L. 223/1991, che disciplina la procedura per la dichiarazione di mobilità (identica in caso di licenziamenti collettivi). In particolare, tale procedura può essere avviata dall’impresa che sia stata ammessa alla CIGS, qualora nel corso di attuazione del programma – che l’impresa stessa intende attuare con riferimento anche alle eventuali misure previste per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale – ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative (comma 1). La procedura (commi 2-13) consta in una fase cd. Sindacale e in una fase cd. Amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro ed i sindacati tentano di trovare soluzioni alternative al licenziamento.

 


 

Articolo 81
(Modifiche all’articolo 103 in materia di sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli
atti amministrativi in scadenza)

 

 

L’articolo 81 prevede che i documenti unici di regolarità contributiva in scadenza tra il 31 gennaio 2020 ed il 15 aprile 2020 conservano validità sino al 15 giugno 2020. Inoltre, dispone la sospensione fino al 31 luglio 2020 dei termini di accertamento e di notifica delle sanzioni relative agli obblighi di fornire dati statistici.

 

La disposizione in esame novella l’articolo 103 del D.L.18/2020 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.

Tale articolo, al comma 2, dispone la proroga della validità di tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, a condizione che siano in scadenza tra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020, per i successivi 90 giorni dalla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza.

Rientrano nel campo di applicazione della disposizione:

§  le segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA);

§  le segnalazioni certificate di agibilità;

§  le autorizzazioni paesaggistiche e le autorizzazioni ambientali comunque denominate;

§  il ritiro dei titoli abilitativi edilizi comunque denominati rilasciati fino alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza.

Sono dettate norme ad hoc per la proroga della validità e dei termini delle convenzioni di lottizzazione e dei contratti che hanno ad oggetto l’esecuzione di lavori edili (co. 2-bis e 2-ter).

 

La disposizione in commento, al comma 1, aggiunge al richiamato articolo 103, comma 2, primo periodo, la precisazione che i termini della proroga valgono ad eccezione dei documenti unici di regolarità contributiva (DURC) in scadenza tra il 31 gennaio 2020 ed il 15 aprile 2020, i quali restano validi fino al 15 giugno 2020.

 

Il comma 2 dispone la sospensione fino al 31 luglio 2020 dei termini di accertamento e di notifica delle sanzioni amministrative relative agli obblighi di fornire dati statistici per le rilevazioni previste dal Programma statistico nazionale (Psn).

L'obbligo è previsto nell'art. 7 del D.Lgs. 322 del 1989 e riguarda tutte le amministrazioni, enti e organismi pubblici. All'obbligo sono sottoposti anche i soggetti privati limitatamente alle rilevazioni previste nel Psn e inserite in un elenco che l'Istat è tenuto a predisporre annualmente.

Nell'art. 7 del d.lgs. n. 322 del 1989 si prevede inoltre che sia annualmente definita anche la tipologia dei dati la cui mancata fornitura configura violazione dell'obbligo ivi sancito. L'inosservanza dell'obbligo di fornire i dati richiesti, cui la legge equipara la fornitura scientemente errata o incompleta, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria, definita ai sensi dell’articolo 11 del medesimo decreto.

I proventi delle sanzioni amministrative confluiscono in apposito capitolo di bilancio dell'Istat e sono destinati alla copertura degli oneri per le rilevazioni previste dallo stesso Psn.

 

Per completezza si ricorda che l’articolo 103, comma 1 dispone con efficacia retroattiva la sospensione di tutti i termini inerenti lo svolgimento di procedimenti amministrativi e dei procedimenti disciplinari pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, per il periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020 (co. 1 e 5). Tale termine è stato prorogato al 15 maggio dall’art. 37 del D.L. 23/2020. La disposizione ha portata generale, con le sole eccezioni dei termini stabiliti da specifiche disposizioni dei decreti-legge sull’emergenza epidemiologica in corso, e dei relativi decreti di attuazione, nonché dei termini relativi a pagamenti di stipendi, pensioni, retribuzioni, emolumenti per prestazioni a qualsiasi titolo, indennità da prestazioni assistenziali o sociali comunque denominate nonché di contributi, sovvenzioni e agevolazioni alle imprese (co. 3 e 4). Rientrano nella sospensione, tra gli altri, anche i termini relativi ai processi esecutivi e alle procedure concorsuali, nonché ai termini di notificazione dei processi verbali, di esecuzione del pagamento in misura ridotta, di svolgimento di attività difensiva e per la presentazione di ricorsi giurisdizionali (co. 1-bis).

 


 

Capo II - Altre misure urgenti in materia di lavoro e politiche sociali

Articolo 82
(Reddito di emergenza)

 

 

L’articolo 82 istituisce il Reddito di emergenza (Rem), un sostegno straordinario al reddito rivolto ai nuclei familiari in condizione di necessità economica che, nel periodo emergenziale da COVID-19, non hanno avuto accesso alle altre misure di sostegno previste dal Decreto Cura Italia. Le domande di accesso al Rem devono essere presentate entro il mese di giugno 2020. Il beneficio è corrisposto in due quote (ovvero può essere erogato per due volte); l’importo di ciascuna quota è compreso fra 400 e 800 euro, a seconda della numerosità del nucleo familiare e della presenza di componenti disabili gravi o non autosufficienti (in questo ultimo caso fino a 840 euro).

Il Rem è riconosciuto ai nuclei familiari residenti in Italia se in possesso dei seguenti requisiti:

§  un reddito familiare nel mese di aprile 2020 inferiore al beneficio Rem;

§  un valore ISEE inferiore a 15.000 euro;

§  un valore del patrimonio mobiliare familiare riferito al 2019 inferiore a una soglia di euro 10.000, accresciuta di 5.000 euro per ogni componente successivo al primo e fino ad un massimo di 20.000 euro. Il massimale è incrementato di 5.000 euro in caso di presenza nel nucleo familiare di un componente disabile o non autosufficiente.

Il Rem non è compatibile con la presenza nel nucleo familiare di:

§  titolari di pensioni dirette o indirette, ad eccezione dell’assegno ordinario di invalidità;

§  titolari di rapporto di lavoro dipendente la cui retribuzione lorda sia superiore alla quota Rem;

§  percettori di Reddito di cittadinanza

Il Rem è riconosciuto ed erogato dall’INPS previa richiesta tramite modello di domanda predisposto e presentato secondo le modalità stabilite dall’Istituto.

L’autorizzazione di spesa per l’erogazione del Rem è pari a 954,6 milioni di euro per il 2020, da iscrivere su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali denominato “Fondo per il Reddito di emergenza”. L'INPS provvede al monitoraggio della misura. In caso di scostamenti dal limite di spesa autorizzato, non sono adottati altri provvedimenti concessori.

Per gli oneri connessi alla stipula della convenzione con i centri di assistenza fiscale per la presentazione della richiesta del Rem è autorizzata la spesa di 5 milioni di euro.

Alla totalità degli oneri, pari a 959,6 milioni si provvede ai sensi dell’art. 265.

 

L’articolo 82, al comma 1, istituisce il Reddito di emergenza (Rem), un sostegno straordinario al reddito rivolto ai nuclei familiari in condizione di necessità economica a causa dell’emergenza epidemiologica, che non hanno avuto accesso alle misure di sostegno previste a tal fine dal Decreto Cura Italia (decreto legge 18/2020). Le domande di accesso al Rem devono essere presentate entro il mese di giugno 2020. Il beneficio è corrisposto in due quote (ovvero può essere erogato per due volte), ciascuna delle quali compresa fra 400 e 800 euro, a seconda della numerosità del nucleo familiare e della presenza di componenti disabili o non autosufficienti (in quest’ultimo caso fino a 840 euro). 

 

La RT al provvedimento stima la platea dei beneficiari del REM in circa 867.600 nuclei familiari, per un totale di 2.016.400 persone coinvolte.

 

Più precisamente, ai sensi del comma 5, tale quota è determinata da un ammontare pari a 400 euro, moltiplicato per il parametro della scala di equivalenza applicata per l’accesso al Reddito di cittadinanza - RdC (di cui all’art. 2, co. 4, del decreto legge 4/2019 istitutivo del Reddito di cittadinanza - RDC) fino ad un massimo di 2, corrispondente a 800 euro, ovvero fino ad un massimo di 2,1, corrispondente a 840 euro, nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizione di disabilità grave o non autosufficienza, come definite ai fini ISEE[70].

 

A fini comparativi, per un approfondimento sulla determinazione del beneficio economico RdC, si rinvia al seguente documento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

Ai sensi del comma 6 non hanno diritto al Rem:

§  i soggetti che si trovano in stato detentivo, per tutta la durata della pena. Dalla formulazione della disposizione, si tratta di condannati in via definitiva che si trovano in carcere in esecuzione della pena inflitta. L’esclusione dal Rem non opera per i detenuti in stato di custodia cautelare, e dunque in attesa di giudizio;

§  coloro che sono ricoverati in istituti di cura di lunga degenza o altre strutture residenziali a totale carico dello Stato o di altra amministrazione pubblica.

Nel caso in cui il nucleo familiare beneficiario abbia tra i suoi componenti tali soggetti, il parametro della scala di equivalenza, non ne tiene conto.

 

A differenza del parametro della scala di equivalenza ISEE (qui la tabella prospettica a cura dell’INPS), molto articolato e nel quale si riconosce un peso maggiore alle famiglie numerose con figli minori, il parametro della scala di equivalenza RdC, come definito dall’art. 2, comma 4, del decreto legge 4/2019 istitutivo del Reddito di cittadinanza (RdC), favorisce i nuclei familiari in cui sono presenti più adulti.

Nel dettaglio, il parametro della scala di equivalenza RdC è pari ad 1 per il primo componente del nucleo familiare, è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente maggiorenne e di 0,2 per ogni ulteriore componente minorenne, fino ad un massimo di 2,1, ovvero fino ad un massimo di 2,2 nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti componenti in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza. La scala di equivalenza applicata per il RdC non tiene conto dei soggetti che si trovano in stato detentivo o sono ricoverati in istituti di cura di lunga degenza o in altre strutture residenziali a totale carico dello Stato o di altra P.A., né  dei componenti del nucleo familiare disoccupati a seguito di dimissioni volontarie (nei 12 mesi successivi alla data delle dimissioni), fatte salve le dimissioni per giusta causa, ne? dei componenti sottoposti a misura cautelare personale, nonché a condanna definitiva, intervenuta nei 10 anni precedenti la richiesta, per i delitti previsti dai seguenti articoli del Codice penale: 270-bis (Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico), 280 (Attentato per finalità terroristiche o di eversione), 289-bis (Attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali), 416-bis (Associazione di tipo mafioso), 416-ter (Scambio elettorale politico-mafioso), 422 (Strage) e 640-bis (Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche).

 

Il Monitoraggio Caritas su emergenza COVID -19, condotto dal 9 al 24 aprile 2020 in 101 Centri Caritas, registra, rispetto al periodo pre-emergenza, il raddoppio delle persone che per la prima volta si rivolgono ai Centri di ascolto e ai servizi delle Caritas diocesane. Cresce la richiesta di beni di prima necessita?, cibo, viveri e pasti a domicilio, empori solidali, mense, vestiario, ma anche la domanda di aiuti economici per il pagamento delle bollette, degli affitti e delle spese per la gestione della casa. Nel contempo, aumenta il bisogno di ascolto, sostegno psicologico, di compagnia e di orientamento per le pratiche burocratiche legate alle misure di sostegno e di lavoro.

La Caritas, con Alleanza per la povertà di cui fa parte, si è fatta portatrice sin dall’inizio dell’epidemia della necessità di introdurre il Reddito di Emergenza a tutela delle fasce più deboli della popolazione. L’Alleanza ha pubblicato un documento in cui sintetizza le misure, che a suo parere, dovrebbero essere adottate  nella "fase 2", tra cui: il  riequilibrio degli importi del beneficio tra le famiglie proprietarie di abitazione e le famiglie con minori e più numerose; lo sviluppo di analisi preliminari per indirizzare al meglio i beneficiari nei percorsi di inclusione socio-lavorativa; il rafforzamento dei servizi sociali. L'Alleanza ricorda infine la necessità di assumere provvedimenti concreti per i senza fissa dimora.

Oltre alla proposta dell’Alleanza per la povertà, si segnala sinteticamente la proposta operativa formulata da Forum Disuguaglianze e Diversità (ForumDD) e Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS). La proposta, presentata come integrativa alle misure già introdotte dal Decreto "Cura Italia", prevede l’adozione di due misure: il SEA e il REM. Il Sostegno di Emergenza per il Lavoro Autonomo (SEA) sostituisce il bonus di 600 euro una tantum per gli autonomi. L'importo del SEA non è in somma fissa indistinta, come nella suddetta misura, bensì cambia in base alle diverse situazioni. Il suo obiettivo principale consiste nel sostenere chi è in più grave difficoltà: pertanto l'ammontare del contributo è determinato in modo progressivo secondo le condizioni economiche del nucleo del lavoratore autonomo. Il SEA punta, inoltre, a mantenere la capacità produttiva del lavoro autonomo. Dunque, il suo valore è parametrato anche alla perdita di guadagno (in proporzione al volume abituale di attività), così da supportare in modo equo chi è stato maggiormente colpito. Il Reddito di Cittadinanza per l'Emergenza (REM) utilizza i dispositivi del Reddito di Cittadinanza e lo sostituisce per i nuovi richiedenti per il periodo di vigenza. Rispetto al Reddito di Cittadinanza sono previsti: informazione automatica agli aventi diritto; drastica semplificazione della documentazione necessaria per beneficiare della misura; velocizzazione delle procedure per l'erogazione del trasferimento; modifica dei vincoli di accesso legati al patrimonio mobiliare e immobiliare; allentamento temporaneo delle sanzioni legate alla condizione di lavoro irregolare e altro.

 

Ai sensi del comma 2, il Rem è riconosciuto ai nuclei familiari in possesso, cumulativamente, al momento della domanda, dei seguenti requisiti:

 

a)  residenza in Italia, verificata con riferimento al componente richiedente il beneficio;

 

b) un valore del reddito familiare, nel mese di aprile 2020, inferiore al beneficio Rem;

 

c) un valore del patrimonio mobiliare familiare con riferimento all’anno 2019 inferiore a una soglia di euro 10.000, accresciuta di euro 5.000 per ogni componente successivo al primo e fino ad un massimo di euro 20.000. Il massimale è incrementato di 5.000 euro in caso di presenza nel nucleo familiare di un componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza come definite ai fini dell’ISEE[71] (di cui al D.p.c.m. 159/2013).

 

Ai fini di una comparazione con il Reddito di cittadinanza, si ricorda che per l’accesso al RdC il valore del patrimonio mobiliare è il seguente:

-       un valore del patrimonio mobiliare, come definito a fini ISEE, non superiore a una soglia di 6.000 euro, accresciuta di 2.000 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di 10.000 euro, incrementato di ulteriori 1.000 euro per ogni figlio successivo al secondo; le predette soglie sono ulteriormente incrementate di 5.000 euro per ogni componente con disabilita? media, così come definita a fini ISEE, presente nel nucleo e di 7.500 euro per ogni componente in condizione di disabilita? grave o di non autosufficienza.

A partire dal 1° gennaio 2020, ai sensi dell'art. 4-sexies del Decreto Crescita (decreto legge 34/2019), l’anno di riferimento per calcolare il patrimonio mobiliare ed immobiliare a fini ISEE è divenuto il secondo anno precedente alla data di presentazione della DSU. Resta ferma la possibilità di aggiornare i dati prendendo a riferimento i redditi e i patrimoni dell'anno precedente, qualora vi sia convenienza per il nucleo familiare, mediante modalità estensive dell'ISEE corrente.

 

d) un valore ISEE inferiore  a 15.000 euro;

Sempre a fini comparativi, si ricorda che per l’accesso al RdC è richiesto un valore del reddito familiare inferiore ad una soglia di 6.000 euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza ai fini Rdc. In ogni caso, la soglia e? incrementata a 9.360 euro nei casi in cui il nucleo familiare risieda in abitazione in locazione.

 

Il comma 3 elenca le incompatibilità tra Rem e ulteriori indennità. Più precisamente, il Rem non è compatibile con la presenza nel nucleo familiare di componenti che percepiscono o hanno percepito una delle seguenti indennità:

 

- le indennità per alcune categorie di lavoratori introdotte dagli articoli 27, 28, 29, 30 e 38 del decreto legge 18/2020 (c.d. Cura Italia);

 

Gli articoli da 27 a 30 e l’articolo 38 del Cura Italia riconoscono, in favore di alcune categorie di lavoratori colpite dalla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa disposta in ragione dell’emergenza epidemiologica, un’indennità per il mese di marzo 2020, pari a 600 euro. Il beneficio può riguardare, a determinate condizioni: i liberi professionisti (titolari di partita IVA) iscritti alla cosiddetta Gestione separata INPS ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti alla medesima Gestione  (articolo 27); i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali) (articolo 28); i lavoratori dipendenti stagionali dei settori del turismo e degli stabilimenti termali (articolo 29); gli operai agricoli a tempo determinato (articolo 30); i lavoratori dello spettacolo (articolo 38). Tali indennità - ai sensi dell’art. 31 - non sono cumulabili e non spettano qualora il soggetto sia titolare del Reddito di cittadinanza

 

 - una delle indennità rivolte ai lavoratori dipendenti e autonomi in attuazione dell’articolo 44 del decreto legge 18/2020;

 

L’articolo 44 istituisce il Fondo per il reddito di ultima istanza, volto a garantire misure di sostegno al reddito per i lavoratori dipendenti e autonomi che, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica da COVID 19 hanno cessato, ridotto o sospeso la loro attività o il loro rapporto di lavoro.

 

- una delle indennità di cui agli articoli 84 (Nuove indennità per i lavoratori danneggiati dall’emergenza epidemiologica da COVID-1) e 85 (Indennità per i lavoratori domestici) del decreto in esame (alle cui schede si rinvia).

 

Si osserva che l’art. 98 del decreto in esame riconosce una indennità in favore dei lavoratori dello sport, che, ai sensi dello stesso art. 98 (alla cui scheda si rinvia), non è cumulabile con il Reddito di cittadinanza e il Reddito di emergenza. Andrebbe pertanto aggiunto l’art. 98 all’elenco delle incompatibilità.

 

Il Rem non è altresì compatibile con la presenza nel nucleo familiare di componenti che siano al momento della domanda in una delle seguenti condizioni:

a) essere titolari di pensione diretta o indiretta ad eccezione dell’assegno ordinario di invalidità;

b) essere titolari di un rapporto di lavoro dipendente la cui retribuzione lorda sia superiore al Rem (come determinata dal comma 5);

c) essere percettori di reddito di cittadinanza, ovvero di misure aventi finalità analoghe adottate e finanziate dalle Province autonome di Trento e Bolzano secondo i propri ordinamenti, e comunicate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, affinché le stesse non siano computate ai fini dell'accesso, della quantificazione e del mantenimento del Rdc (misure di cui all’art. 13, comma 2, del medesimo decreto legge 4/2019 istitutivo del RdC).

 

Il comma 4 specifica che, ai fini dell’accesso e della determinazione dell’ammontare del Rem:

 

a)      il nucleo familiare è definito ai sensi dell’art. 3 del D.p.c.m. 159/2013;

 

Ai sensi dell’art. 3 del D.P.C.M 159/2013 Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), il nucleo familiare del richiedente è costituito dai soggetti componenti la famiglia anagrafica alla data di presentazione della DSU. Salvo casi particolari, i coniugi ed i figli minori, anche se non conviventi, fanno parte dello stesso nucleo, a questi soggetti devono essere aggiunte le altre persone presenti sullo stato di famiglia. Gli unici altri soggetti non inclusi nello stato di famiglia che possono essere ordinariamente aggregati sono i figli maggiorenni di eta? inferiore a 26 anni, non conviventi se a carico fiscale dei genitori, se non sono coniugati e non hanno figli.

Più in particolare:

§  i coniugi fanno parte dello stesso nucleo familiare anche in caso di diversa residenza anagrafica; appartengono a due nuclei familiari diversi solo nelle seguenti ipotesi: separazione legale, divorzio, nullità del matrimonio, decadenza della potestà genitoriale, allontanamento dalla residenza familiare, provvedimenti temporanei e urgenti del giudice che consentono la diversa residenza.

§  il figlio minore fa parte del nucleo familiare del genitore con il quale convive. Il minore che si trovi in affidamento preadottivo fa parte del nucleo familiare dell'affidatario, ancorché risulti nella famiglia anagrafica del genitore. Il minore in affidamento temporaneo (ai sensi dell'art. 2 della legge 184/1983), è considerato nucleo familiare a sé stante, fatta salva la facoltà del genitore affidatario di considerarlo parte del proprio nucleo familiare. Il minore in affidamento e collocato presso comunità è considerato nucleo familiare a sé stante.

§  il figlio maggiorenne non convivente con i genitori e a loro carico ai fini IRPEF, nel caso non sia coniugato e non abbia figli, fa parte del nucleo familiare dei genitori. Nel caso i genitori appartengano a nuclei familiari distinti, il figlio maggiorenne, se a carico di entrambi, fa parte del nucleo familiare di uno dei genitori, da lui identificato.

§  il soggetto che si trova in convivenza anagrafica ai sensi del D.P.R. 223/1989 è considerato nucleo familiare a sé stante.

Si ricorda che il Messaggio INPS n. 1608 del 14 aprile 2020, in ottemperanza a quanto stabilito dall’art. 34 del decreto legge 18/2020, sospende, fino al prossimo 1° giugno (a partire dal 23 febbraio) gli obblighi di comunicazione delle variazioni relative al nucleo familiare, all’attività lavorativa e al patrimonio. Ricordiamo a questo proposito che ai sensi del decreto legge 4/2019, in caso di variazione del nucleo familiare rispetto a quanto dichiarato ai fini Isee, i nuclei sono tenuti a comunicare la variazione, entro due mesi dal verificarsi della stessa, pena la decadenza dal beneficio.

 

b)     il reddito familiare è inclusivo di tutte le componenti di cui all’articolo 4, comma 2, del D.pc.m. 159/2013 ed è riferito al mese di aprile 2020 secondo il principio di cassa;

 

L’art. 4, comma 2, del D.P.C.M. 2 stabilisce che il reddito di ciascun componente il nucleo familiare è ottenuto sommando le seguenti componenti:

a)    reddito complessivo ai fini IRPEF;

b)   redditi soggetti a imposta sostitutiva o a ritenuta a titolo d'imposta;

c)    ogni altra componente reddituale esente da imposta, nonché i redditi da lavoro dipendente prestato all'estero tassati esclusivamente nello stato estero in base alle vigenti convenzioni contro le doppie imposizioni;

d)   i proventi derivanti da attività agricole, svolte anche in forma associata, per le quali sussiste l'obbligo alla presentazione della dichiarazione IVA; a tal fine va assunta la base imponibile determinata ai fini dell'IRAP, al netto dei costi del personale a qualunque titolo utilizzato;

e)    assegni per il mantenimento di figli effettivamente percepiti;

f)    trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, incluse carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche, laddove non siano già inclusi nel reddito complessivo a fini IRPEF;

g)   redditi fondiari relativi ai beni non locati soggetti alla disciplina dell'IMU. A tal fine i redditi dei fabbricati si assumono rivalutando la rendita catastale del 5 per cento e i redditi dei terreni si assumono rivalutando il reddito dominicale e il reddito agrario, rispettivamente, dell'80 per cento e del 70 per cento. Nell'importo devono essere considerati i redditi relativi agli immobili all'estero non locati soggetti alla disciplina dell'imposta sul valore degli immobili situati all'estero di cui al comma 15 dell'art. 19 del decreto 201/2011, non indicati nel reddito complessivo a fini IRPEF, assumendo la base imponibile determinata ai sensi dell'art. 70, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 917/1986;

h)   il reddito figurativo delle attività finanziarie, determinato applicando al patrimonio mobiliare complessivo del nucleo familiare;

i)       il reddito lordo dichiarato ai fini fiscali nel paese di residenza da parte degli appartenenti al nucleo iscritti nelle anagrafi dei cittadini italiani residenti all'estero (AIRE).

 

c) il patrimonio mobiliare definito ai sensi dell’art. 5, comma 4, del D.p.c.m. 159/2013.

 

Con il termine patrimonio mobiliare si intende la somma dei saldi - al 31 dicembre dell’anno precedente alla presentazione della DSU- di vari titoli. Nello specifico, per calcolare il valore del patrimonio mobiliare si devono prendere in considerazione i saldi dei seguenti titoli:

a)    depositi e conti correnti bancari e postali, per i quali va assunto il valore del saldo contabile attivo, al lordo degli interessi, al 31 dicembre dell'anno precedente a quello di presentazione della DSU, ovvero, se superiore, il valore della consistenza media annua riferita al medesimo anno. Tale principio trova un’eccezione nel caso di acquisti immobiliari o incrementi di altre componenti mobiliari consentendo al richiedente di considerare il saldo al 31 dicembre anche se inferiore alla consistenza media;

b)   titoli di Stato ed equiparati, obbligazioni, certificati di deposito e credito, buoni fruttiferi ed assimilati, per i quali va assunto il valore nominale delle consistenze alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di presentazione della DSU;

c)    azioni o quote di organismi di investimento collettivo di risparmio (O.I.C.R.) italiani o esteri, per le quali va assunto il valore risultante dall'ultimo prospetto redatto dalla società di gestione alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di presentazione della DSU;

d)   partecipazioni azionarie in società italiane ed estere quotate in mercati regolamentati, per le quali va assunto il valore rilevato alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di presentazione della DSU, ovvero, in mancanza, nel giorno antecedente più prossimo;

e)    partecipazioni azionarie in società non quotate in mercati regolamentati e partecipazioni in società non azionarie, per le quali va assunto il valore della frazione del patrimonio netto, determinato sulla base delle risultanze dell'ultimo bilancio approvato anteriormente alla data di presentazione della DSU, ovvero, in caso di esonero dall'obbligo di redazione del bilancio, determinato dalla somma delle rimanenze finali e dal costo complessivo dei beni ammortizzabili, al netto dei relativi ammortamenti, nonché degli altri cespiti o beni patrimoniali;

f)    masse patrimoniali, costituite da somme di denaro o beni non relativi all'impresa, affidate in gestione ad un soggetto abilitato, per le quali va assunto il valore delle consistenze risultanti dall'ultimo rendiconto predisposto, secondo i criteri stabiliti dai regolamenti emanati dalla Commissione nazionale per le società e la borsa, dal gestore del patrimonio anteriormente alla data di cui alla lettera b);

g)   altri strumenti e rapporti finanziari per i quali va assunto il valore corrente alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di presentazione della DSU, nonché contratti di assicurazione a capitalizzazione o mista sulla vita e di capitalizzazione per i quali va assunto l'importo dei premi complessivamente versati a tale ultima data, al netto degli eventuali riscatti, ivi comprese le polizze a premio unico anticipato per tutta la durata del contratto per le quali va assunto l'importo del premio versato; sono esclusi i contratti di assicurazione mista sulla vita per i quali alla medesima data non è esercitabile il diritto di riscatto;

h)   il valore del patrimonio netto per le imprese individuali in contabilità ordinaria, ovvero il valore delle rimanenze finali e del costo dei beni ammortizzabili per le imprese individuali in contabilità semplificata.

Dal valore del patrimonio mobiliare si detrae, fino a concorrenza, una franchigia pari a 6.000 euro, accresciuta di 2.000 euro per ogni componente il nucleo familiare successivo al primo, fino ad un massimo di 10.000 euro. La predetta soglia è incrementata di 1.000 euro per ogni figlio componente il nucleo familiare successivo al secondo.

 

Ai sensi del comma 7, il Rem è riconosciuto ed erogato dall’INPS previa richiesta tramite modello di domanda predisposto dall’INPS, presentato secondo le modalità stabilite dall’Istituto.

Le richieste Rem possono essere presentate presso:

§  i centri di assistenza fiscale (di cui all'art. 32 del D.Lgs. 241/1997), previa stipula di una convenzione con l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS);

§  gli istituti di patronato (di cui alla legge 152/2001). Alla relativa pratica si applica il medesimo punteggio concernente le pratiche inerenti gli assegni sociali (valutate come al numero 8 della tabella D allegata al decreto 10 ottobre 2008, n. 193).

 

Come per tutte le richieste di prestazione all’Istituto, il Messaggio Inps n. 1681 del 20 aprile 2020 ha ampliato le modalità di presentazione delle domande per il Reddito e la Pensione di Cittadinanza anche alla modalità online attraverso autenticazione con PIN dispositivo, SPID, Carta Nazionale dei Servizi e Carta di Identità Elettronica.

 

Il comma 8, ai fini della verifica del possesso dei requisiti relativi al patrimonio mobiliare (di cui al comma 2, lettera c), chiarisce che l’INPS e l’Agenzia delle entrate possono scambiare i dati relativi ai saldi e alle giacenze medie del patrimonio mobiliare dei componenti il nucleo familiare nelle modalità previste ai fini ISEE (comunicate ai sensi dell’art. 7, sesto comma, del D.P.R. 605/1973, e dell’art. 11, comma 2, del decreto legge 201/2011).

 

Ai sensi del combinato disposto dell’art. 7, sesto comma, del D.P.R. 605/1973 e dell’art. 11, comma 2, del decreto legge 201/2011, dal 1° gennaio 2012, le banche, Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario sono obbligati a comunicare periodicamente all'anagrafe tributaria i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro. L'esistenza dei rapporti e di qualsiasi operazione sopra indicata, compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, nonché la natura degli stessi, sono comunicate all'anagrafe tributaria, ed archiviate in apposita sezione, con l'indicazione del codice fiscale e dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi.

Si ricorda infine che, al fine di agevolare l’utente nell’inserimento dei dati utili al calcolo dell’ISEE, l’art. 10, comma 1, del D.Lgs 147/2017 ha introdotto la Dichiarazione Sostitutiva Unica precompilata, caratterizzata dalla coesistenza fra dati autodichiarati e dati forniti dall’Agenzia delle Entrate e dall’INPS (cd. dati precompilati). Successivamente, il Decreto 9 agosto 2019 ha disciplinato l’accesso alla DSU precompilata, le componenti della DSU precompilata che continuano ad essere autodichiarate, nonché le omissioni o difformità rispetto al patrimonio mobiliare dichiarato. Il medesimo decreto ministeriale ha previsto, a decorrere dal mese di gennaio 2020, un periodo di sperimentazione nel quale la DSU precompilata e? resa accessibile soltanto ai nuclei familiari che presentino una DSU all’INPS in modalità web sul portale dell’INPS.  Inoltre, a decorrere dal 1° gennaio 2020, il controllo del patrimonio mobiliare sia per la DSU non precompilata che per quella precompilata (in caso di modifiche dei dati del patrimonio mobiliare precompilati) riguarda le informazioni relative al saldo e alla giacenza dei rapporti posseduti. In particolare, è oggetto di controllo il valore del patrimonio mobiliare complessivo del nucleo e, qualora siano rilevate delle omissioni o difformità, queste devono essere riportate, nella sezione delle annotazioni dell’attestazione ISEE (per un approfondimento Dichiarazione ISEE precompilata si rinvia al Messaggio INPS n. 96 del 13 gennaio 2020).

 

Nel caso in cui in esito a verifiche e controlli emerga il mancato possesso dei requisiti, il Rem è immediatamente revocato, ferma restando la restituzione di quanto indebitamente percepito e le sanzioni previste a legislazione vigente (comma 9).

 

Il comma 10 reca l’autorizzazione di spesa per l’erogazione del Rem pari a  954,6 milioni di euro per l’anno 2020, da iscrivere su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali denominato “Fondo per il Reddito di emergenza”. L'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa di 954,6 milioni di euro per l’anno 2020  e comunica i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Qualora dal predetto monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al predetto limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori.

Per gli oneri connessi alla stipula della convenzione con i centri di assistenza fiscale per la presentazione della richiesta del Rem è autorizzato un limite di spesa pari a 5 milioni di euro.

 

Il comma 11 stabilisce che, per la copertura degli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 959,6 milioni di euro, si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 


 

Articolo 83
(
Sorveglianza sanitaria)

 

 

L’articolo 83 dispone che i datori di lavoro pubblici e privati, per garantire lo svolgimento in sicurezza delle attività produttive e commerciali in relazione al rischio di contagio da virus SARS-CoV, assicurano la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia COVID-19, o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità.

 

In dettaglio, la sorveglianza eccezionale è prevista fino alla data di cessazione dello stato di emergenza per rischio sanitario sul territorio nazionale, fermo restando quanto previsto dall’articolo 41 del D.Lgs. 81/2008, che definisce le competenze e le modalità nello svolgimento della sorveglianza sanitaria ordinaria[72], e con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente (comma 1).

Nel caso non sia fatto obbligo ai datori di lavoro di nominare il medico competente (ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lett. a) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81), è possibile per gli stessi chiedere ai servizi territoriali INAIL che tale sorveglianza sanitaria possa essere svolta da propri medici del lavoro (ferma restando la possibilità di nominarne uno per il periodo emergenziale da parte degli stessi datori di lavoro di cui sopra). L’INAIL provvede su tali richieste anche avvalendosi del contingente di personale di 200 medici specialisti di cui all’articolo 10 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18[73]. Con decreto interministeriale del Ministro della salute di concerto con il Ministro del lavoro e il Ministro delle economie e finanze acquisito il parere della Conferenza Stato Regioni, da adottarsi entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, viene definita la relativa tariffa per l’effettuazione di tali prestazioni. Al personale medico di cui sopra non si applicano le disposizioni del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 di cui agli articoli 25 (Obblighi del medico competente), 39 (Svolgimento dell'attività di medico competente), 40 (rapporti del medico competente con il Servizio sanitario nazionale) e 41 (Sorveglianza sanitaria) (comma 2).

Qualora, a seguito dell’esperimento delle procedure di sorveglianza sanitaria di cui al presente articolo, fosse accertata la inidoneità del lavoratore alla mansione, ciò non potrebbe in ogni caso giustificare il recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro (comma 3).

Nell’ambito delle finalità previste dalla disposizione in esame, l’INAIL è autorizzato, previa convenzione con ANPAL, all’assunzione con contratti di lavoro a tempo determinato, della durata massima di 15 mesi, di figure sanitarie, tecnico-specialistiche e di supporto di età non superiore a 29 anni, a valere sulle risorse di cui al Programma Operativo Nazionale Iniziativa Occupazione Giovani, nel limite massimo di spesa di 20,895 milioni di euro per l’anno in corso e 83,579 milioni di euro per il 2021 (comma 4).

 

Nell’ambito della Programmazione dei Fondi Strutturali 2014-2020, l’Unione Europa ha istituito una linea di finanziamento specifica per far fronte al tema dell’occupazione giovanile, mediante il Programma Operativo Nazionale Iniziativa Occupazione Giovani (PON IOG). Con il PON IOG, a titolarità del Ministero del lavoro, viene attuata in Italia l'iniziativa Garanzia Giovani, che è il Piano europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile. Esso prevede, nei Paesi con un tasso di disoccupazione superiore al 25%, appositi stanziamenti per la realizzazione di misure di orientamento, istruzione e formazione e inserimento al lavoro, a sostegno dei giovani che non sono impegnati in un'attività lavorativa, né inseriti in un percorso scolastico o formativo.

Il PON ha un budget di circa 2,8 miliardi di euro, di cui oltre 2,1 milioni di contributo UE, a valere sul Fondo Sociale Europeo (FSE). La parte restante costituisce il cofinanziamento nazionale. In merito allo stato di utilizzo delle risorse del programma, alla data del 3 dicembre 2019[74] risultano pagamenti per circa 1,3 miliardi, con un livello di avanzamento del programma del 47,5% rispetto al complesso delle risorse programmate.


 

Articolo 84
(Nuove indennità per i lavoratori in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID-19)

 

 

I commi da 1 a 12 dell’articolo 84 prevedono un complesso di indennità temporanee in favore di alcune categorie di lavoratori. Per tali prestazioni il comma 12 pone un limite di spesa unico e specifica che esse non concorrono alla formazione del reddito fiscale imponibile (ai fini delle imposte sui redditi) e che sono erogate dall’INPS, previa domanda.

Le indennità di cui ai commi da 1 a 12 riguardano: i liberi professionisti iscritti alla cosiddetta Gestione separata INPS[75] e i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (iscritti alla medesima Gestione) (commi da 1 a 3); i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS (relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali) (comma 4); i lavoratori dipendenti stagionali, nonché i lavoratori in somministrazione, nei settori del turismo e degli stabilimenti termali (commi 5 e 6) e i lavoratori dipendenti stagionali negli altri settori, i lavoratori intermittenti ed alcune categorie particolari di lavoratori autonomi (commi 8 e 9); gli operai agricoli a tempo determinato (comma 7); i lavoratori dello spettacolo (commi 10 e 11).

Il successivo comma 13 prevede un eventuale incremento temporaneo della misura del Reddito di cittadinanza, per i soggetti che, beneficiando di quest’ultimo istituto, sono esclusi dalle indennità summenzionate.

Il comma 14, per le indennità in oggetto relative al mese di marzo, pone un termine di decadenza per la presentazione della domanda.

 

Più in dettaglio, i commi 1 da 3 prevedono alcune prestazioni in favore di liberi professionisti (titolari di partita IVA) iscritti alla suddetta Gestione separata INPS e di titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (iscritti alla medesima Gestione), qualora i soggetti non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie[76] - soggetti per i quali l’articolo 27 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27, ha già riconosciuto un’indennità pari a 600 euro per il mese di marzo 2020 -.

In tale ambito, le prestazioni di cui ai commi da 1 a 3 consistono:

§  in un’indennità, pari anch’essa a 600 euro, per il mese di aprile 2020 (comma 1). In base al richiamo operato al suddetto articolo 27 del D.L. n. 18, il beneficio sembrerebbe subordinato alla condizione che la partita IVA o il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sussistesse alla data del 23 febbraio 2020. Si valuti l’opportunità di chiarire tale profilo;

§  in un’indennità pari a 1.000 euro per il mese di maggio 2020, limitatamente ai liberi professionisti, titolari di partita IVA alla data di entrata in vigore del presente decreto (19 maggio 2020), che abbiano subìto una riduzione di almeno il 33 per cento del reddito del secondo bimestre 2020, rispetto al reddito del secondo bimestre 2019, ed ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa il cui rapporto sia cessato alla data di entrata in vigore del presente decreto (commi 2 e 3). Sono definiti altresì i criteri di computo della suddetta riduzione del reddito e le relative procedure di comunicazione e verifica (comma 2 citato)[77].

Riguardo alla summenzionata condizione dell’assenza di iscrizione ad altra forma previdenziale obbligatoria, si ricorda che la circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020 - emanata con riferimento alla suddetta indennità per il mese di marzo 2020 - limita l’ambito dell’esclusione ai casi di iscrizione ad altra forma alla data della presentazione della domanda relativa all’indennità.

Il comma 4 prevede un’indennità pari a 600 euro, per il mese di aprile 2020, in favore delle categorie già beneficiarie, per il mese di marzo, dell’indennità (anch’essa pari a 600 euro) di cui all’articolo 28 del citato D.L. n. 18 del 2020. Il beneficio concerne i lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS - relative agli artigiani, agli esercenti attività commerciali ed ai coltivatori diretti, mezzadri, coloni e imprenditori agricoli professionali -, qualora tali soggetti non siano titolari di pensione e non siano iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie (riguardo a quest’ultima norma, la circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020 - emanata con riferimento al citato D.L. n. 18 del 2020 - limita l’ambito dell’esclusione ai casi di iscrizione ad altra forma alla data della presentazione della domanda); l’esclusione non concerne i casi in cui l’iscritto ad una delle gestioni speciali sia iscritto anche alla suddetta Gestione separata INPS[78] - fermo restando il divieto di cumulo delle indennità, ai sensi dell’articolo 31 del D.L. n. 18 (tale articolo è novellato dall’articolo 75 del presente decreto) -. Si valuti l’opportunità di chiarire entro quale data i soggetti debbano, ai fini in oggetto, risultare iscritti ad una gestione speciale (termine temporale che non è indicato nel citato articolo 28) nonché chiarire se i soggetti che siano iscritti a più di una delle suddette Gestioni speciali rientrino nel beneficio in esame. Si ricorda inoltre che la citata circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020 rileva che, per gli iscritti alla gestione relativa agli esercenti attività commerciali, l’iscrizione anche alla "previdenza integrativa obbligatoria presso l’Enasarco" non preclude l’accesso al beneficio.

I commi 5 e 6 prevedono un’indennità, pari a 600 euro per il mese di aprile 2020 e a 1.000 euro per il mese di maggio 2020, in favore:

§  delle categorie già beneficiarie, per il mese di marzo, dell’indennità (pari a 600 euro) di cui all’articolo 29 del citato D.L. n. 18 del 2020. Il citato articolo 29 riguarda i lavoratori dipendenti stagionali dei settori del turismo e degli stabilimenti termali che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020 e che, a quest’ultima data, non fossero titolari di pensione né titolari di rapporto di lavoro dipendente[79]. Per l’indennità relativa al mese di maggio, il comma 6 formula la condizione dell’assenza di trattamento pensionistico o di rapporto di lavoro con riferimento alla data di entrata in vigore del presente decreto (19 maggio 2020) ed introduce, con riferimento alla medesima data, anche la condizione della mancanza di titolarità del trattamento di disoccupazione NASpI. Per l’indennità relativa al mese di aprile, il termine di riferimento per le assenze di titolarità (in base al richiamo del citato articolo 29 del D.L. n. 18) sembra costituito dalla data del 17 marzo 2020 e non viene introdotta la condizione della mancanza di titolarità del trattamento NASpI. Si valuti l’opportunità di chiarire tali profili, considerato anche che per la categoria di cui al punto successivo la condizione dell’assenza di un trattamento NASpI viene posta anche con riferimento al mese di aprile;

§  ai lavoratori in somministrazione, impiegati presso imprese utilizzatrici operanti nei suddetti settori del turismo e degli stabilimenti termali, che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020[80], non titolari di pensione, né di rapporto di lavoro dipendente, né di trattamento NASpI, alla data di entrata in vigore del presente decreto (19 maggio 2020).

Il comma 7 prevede un’indennità per il mese di aprile 2020, pari a 500 euro, in favore degli operai agricoli a tempo determinato che non siano titolari di pensione e che nel 2019 abbiano svolto almeno 50 giornate effettive di attività di lavoro agricolo (per tale categoria l’articolo 30 del D.L. n. 18 – richiamato dal presente comma 7 - ha previsto un’indennità di 600 euro per il mese di marzo).

I commi 8 e 9 prevedono un’indennità di 600 euro per ciascuno dei mesi di aprile e maggio del 2020 in favore delle stesse categorie per le quali l’articolo 2 del D.M. 30 aprile 2020 ha riconosciuto un’indennità di identico importo per il mese di marzo. Il beneficio concerne (comma 8):

§  i lavoratori dipendenti stagionali, appartenenti a settori diversi da quelli del turismo e degli stabilimenti termali, che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020[81] e che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno trenta giornate nel medesimo periodo;

§  i lavoratori intermittenti, di cui agli articoli da 13 a 18 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81[82], che abbiano svolto la prestazione lavorativa per almeno trenta giornate nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 31 gennaio 2020;

§  i lavoratori autonomi, privi di partita IVA, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, che nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 e il 23 febbraio 2020 siano stati titolari di contratti di lavoro autonomo occasionale[83] e che non abbiano un contratto in essere alla data del 23 febbraio 2020. Ai fini in esame, gli stessi soggetti, per tali contratti, devono aver maturato, con riferimento al suddetto arco temporale, almeno un contributo mensile nella summenzionata Gestione separata INPS (alla quale devono in ogni caso risultare già iscritti alla data del 23 febbraio 2020);

§  gli incaricati alle vendite a domicilio di cui all'articolo 19 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, e successive modificazioni, con reddito annuo per il 2019, derivante dalle medesime attività, superiore ad euro 5.000, purché titolari di partita IVA attiva e iscritti alla suddetta Gestione separata INPS, alla data del 23 febbraio 2020, e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.

I soggetti di cui al comma 8, alla data di presentazione della domanda, non devono essere titolari di pensione né di altro contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, diverso da quello di lavoro intermittente (comma 9). Si valuti l’opportunità di chiarire se la compatibilità di un rapporto di lavoro intermittente possa riguardare anche i soggetti che presentino la domanda in base alle altre fattispecie soggettive di cui al comma 8.

I commi 10 e 11 prevedono un’indennità di 600 euro per ciascuno dei mesi di aprile e maggio del 2020 in favore dei soggetti iscritti al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo[84] che rientrino in una delle seguenti fattispecie: abbiano almeno 30 contributi giornalieri versati nell’anno 2019 al medesimo Fondo, da cui derivi un reddito non superiore a 50.000 euro  (tale fattispecie è l’unica prevista per la precedente indennità di marzo - pari anch’essa a 600 euro - dall’articolo 28 del citato D.L. n. 18); abbiano almeno 7 contributi giornalieri versati nel 2019, da cui derivi un reddito non superiore a 35.000 euro. Sono esclusi dal beneficio i soggetti titolari, alla data di entrata in vigore del presente decreto (19 maggio 2020), di pensione o di rapporto di lavoro dipendente[85].

Come accennato, ai sensi del comma 12, le indennità di cui ai commi da 1 a 11 del presente articolo non concorrono alla formazione del reddito fiscale imponibile (ai fini delle imposte sui redditi) e sono erogate dall’INPS, previa domanda, nel rispetto di un unico limite di spesa; tale limite è pari a 3.840,8 milioni di euro (per l’anno 2020). Tale importo è comprensivo di una quota di oneri - stimata pari a 27 milioni di euro dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto - relativa alle indennità in oggetto per il mese di marzo; tali oneri sono conseguenti agli articoli 75 e 86 del presente decreto, che consentono il cumulo delle indennità in oggetto (anche per il mese di marzo) con l'assegno ordinario di invalidità, di cui all'articolo 1 della L. 12 giugno 1984, n. 222[86] (cfr., in merito, anche sub il comma 14 del presente articolo 84).

Ai sensi del medesimo comma 12, l'INPS provvede al monitoraggio del rispetto del limite di spesa e comunica i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze. Qualora dal suddetto monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti concessori.

Il comma 13 prevede un eventuale incremento temporaneo della misura del Reddito di cittadinanza[87], per i soggetti che, beneficiando di tale istituto, sono esclusi dalle indennità summenzionate. Per i casi in cui la misura del Reddito di cittadinanza (in godimento da parte dell'intero nucleo familiare) sia inferiore all’importo delle indennità, viene riconosciuto un corrispondente incremento provvisorio, per i mesi per i quali troverebbe applicazione l'indennità in questione. In relazione a tali incrementi provvisori, viene disposto un elevamento dell’autorizzazione di spesa concernente il Reddito di cittadinanza, incremento pari a 72 milioni di euro per il 2020.

 

Riguardo alla condizione, posta dai vari commi dell’articolo in esame, di assenza di titolarità di un trattamento pensionistico, si ricorda che la circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020 - emanata con riferimento alle summenzionate indennità del mese di marzo 2020 - fa riferimento esclusivo ai trattamenti diretti; la titolarità di un trattamento pensionistico in favore di superstite non preclude, dunque, l’accesso ai benefici in oggetto.

Per i divieti di cumulo delle indennità in esame con altri trattamenti, si rinvia alla scheda concernente gli articoli 75 e 86 del presente decreto.

 

Il comma 14 pone, con riferimento alle indennità per il mese di marzo 2020, già concesse - con riferimento ad alcune delle suddette categorie - dal citato D.L. n. 18 del 2020, un termine di decadenza per la presentazione della domanda; quest'ultima deve essere presentata entro il quindicesimo giorno successivo al 19 maggio 2020 (data di entrata in vigore del decreto in esame).

Come detto, gli articoli 75 e 86 del presente decreto consentono il cumulo delle indennità in oggetto (anche per il mese di marzo) con l'assegno ordinario di invalidità.

 

Si ricorda inoltre che, rispetto ai singoli limiti di spesa posti dalle norme del citato D.L. n. 18 e relativi alle indennità per il mese di marzo, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze[88] sono stati operati alcuni incrementi e riduzioni (con invarianza dell’onere complessivo)[89]; tali rimodulazioni consistono: in un incremento da 203,4 milioni di euro a 318,0 milioni del limite relativo ai liberi professionisti iscritti alla Gestione separata INPS e ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (iscritti alla medesima Gestione); in una riduzione da 2.160 milioni a 1.999,2 milioni del limite relativo ai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS; in un incremento da 103,8 milioni a 150 milioni del limite relativo ai lavoratori dipendenti stagionali nei settori del turismo e degli stabilimenti termali.

Il comma 15 rinvia per la copertura degli oneri finanziari derivanti dal presente articolo, pari a 3.912,8 milioni di euro, alle disposizioni di cui all’articolo 265.


 

Articolo 85
(Indennità per i lavoratori domestici)

 

 

L'articolo 85 riconosce, in via transitoria, un'indennità in favore dei lavoratori domestici che abbiano in essere, alla data del 23 febbraio 2020, uno o più contratti di lavoro per una durata complessiva superiore a 10 ore settimanali. L'indennità è attribuita con riferimento ai mesi di aprile e maggio del 2020, nella misura di 500 euro mensili; l'indennità non concorre alla formazione del reddito fiscale imponibile ai fini delle imposte sui redditi (comma 3) ed è erogata in unica soluzione dall'INPS, nel rispetto di un limite complessivo di spesa pari a 460 milioni di euro per il 2020 (comma 5).

 

Si valuti l'opportunità di chiarire se l'indennità sia riconosciuta per i casi in cui i requisiti siano soddisfatti per uno solo dei due mesi suddetti nonché per i casi in cui, dopo la suddetta data del 23 febbraio 2020, i rapporti di lavoro siano cessati o presentino una riduzione della durata al di sotto delle 11 ore settimanali. Si valuti anche l'opportunità di definire i termini di applicazione per i casi in cui i contratti prevedano un orario variabile su un arco plurisettimanale.

Dal beneficio sono esclusi i lavoratori domestici che convivano presso il datore di lavoro (o presso uno dei datori) o che siano titolari di un trattamento pensionistico (ad eccezione dell'assegno ordinario di invalidità, di cui all'articolo 1 della L. 12 giugno 1984, n. 222[90]) o che abbiano anche un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato diverso da quello domestico (commi 2 e 4).

L'indennità non è cumulabile con i trattamenti richiamati dal comma 3. Tra questi ultimi figura il Reddito di cittadinanza[91]; per i casi in cui la misura di tale beneficio (in godimento da parte dell'intero nucleo familiare) sia inferiore al suddetto importo di 500 euro mensili, viene riconosciuto un corrispondente incremento provvisorio, per i mesi per i quali troverebbe applicazione l'indennità in oggetto. In relazione a tali incrementi provvisori, viene disposto un elevamento dell’autorizzazione di spesa concernente il Reddito di cittadinanza, incremento pari a 8,3 milioni di euro per il 2020.

Si valuti l'opportunità di chiarire se il divieto di cumulo con alcune delle indennità richiamate dal comma 3 riguardi anche l'ipotesi in cui esse si riferiscano al precedente mese di marzo.

Il medesimo comma 3 esclude dall'ambito dei beneficiari dell'indennità in esame i soggetti interessati dalle procedure di emersione di rapporti di lavoro disciplinate dal successivo articolo 103.

In base al comma 5, le domande per l'indennità di cui al presente articolo 70 possono essere presentate anche agli istituti di patronato e di assistenza sociale; in tal caso, le relative pratiche sono valutate, ai fini del finanziamento pubblico dei suddetti istituti, secondo il medesimo punteggio attribuito alle pratiche relative all’assegno sociale[92].

Il monitoraggio sul rispetto del limite di spesa summenzionato è demandato all’INPS, che comunica i risultati di tale attività al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell’economia e delle finanze (comma 5 citato). Qualora dal monitoraggio emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, rispetto al medesimo limite di spesa, non sono adottati altri provvedimenti di riconoscimento dell’indennità.

Per la copertura degli oneri finanziari derivanti dal presente articolo il comma 6 rinvia al successivo articolo 265.


 

Articolo 87
(Utilizzo risorse residue per trattamenti di
integrazione salariale in deroga)

 

 

L’articolo 87 proroga a tutto l’anno 2020 la concessione della mobilità in deroga per i lavoratori che abbiano cessato il trattamento di integrazione salariale in deroga per il periodo 1° dicembre 2017 - 31 dicembre 2018 e contestualmente non abbiano diritto alla fruizione della NASpI.

 

La disposizione sostituisce integralmente i commi 251 e 253 dell’articolo 1 della legge 145/2018, che prevedevano il trattamento di mobilità in deroga per 12 mesi a decorrere dal 1° gennaio 2019 e ne regolavano conseguentemente gli oneri.

In particolare, il trattamento di mobilità in deroga[93] comprensiva della contribuzione figurative, è riconosciuto, nel limite massimo di 12 mesi e in ogni caso non oltre il 31 dicembre 2020, per i lavoratori che abbiano cessato il trattamento di integrazione salariale in deroga[94] nel periodo dal 1° dicembre 2017 al 31 dicembre 2018 e non possano usufruire della NASpI[95].

A tale indennità non si applicano le disposizioni dì cui all'articolo 2, comma 67 della legge 28 giugno 2012, n.92, che rinvia alle disposizioni[96] relative alla anzianità aziendale (ed ai criteri di computo dei periodi lavorativi ad essa inerenti) da far valere ai fini del diritto alla indennità di mobilità in questione (comma 1, interamente sostitutivo del comma 251 dell’articolo 1 l. 145/2018).

Ai conseguenti oneri derivanti dal comma 251, si prevede di fare fronte, in aggiunta a quanto già previsto dalla disposizione del comma 253 novellata (e cioè alle risorse già assegnate alle regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell'articolo 44, comma 6-bis, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, ove non previamente utilizzate ai sensi del comma 3 dell'articolo 26-ter del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4), ai sensi dell'articolo 22, commi 8-quater e 8-quinquies, del decreto­ legge 17 marzo 2020, n. 18.

 

I commi 8-quater e 8-quinquies prevedono i trattamenti in deroga in oggetto - in via aggiuntiva ed in base ai medesimi presupposti e procedure - con riferimento ai datori di lavoro con unità produttive ubicate nelle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto nonché, limitatamente ai lavoratori in forza residenti o domiciliati nelle medesime regioni, gli altri datori di lavoro. Tali trattamenti aggiuntivi sono ammessi per un periodo non superiore a quattro settimane e nel rispetto di un limite massimo di spesa (per il 2020) pari a 135 milioni di euro per la regione Lombardia, 40 milioni per la regione Veneto e 25 milioni per la regione Emilia-Romagna. Tali importi corrispondono - secondo la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione[97] del  D.L. n. 9/2020 - alla misura delle risorse assegnate alle suddette regioni ai sensi dell'articolo 44, comma 6-bis, del D.Lgs. n. 148 del 2015, e successive modificazioni, e non ancora utilizzate (risorse stanziate per ammortizzatori sociali in deroga e per azioni di politica attiva del lavoro e che ora vengono destinate, per le suddette tre regioni, ai fini in oggetto).

 

 

 

Le regioni e le province autonome concedono l'indennità di cui al comma 251, esclusivamente previa verifica della disponibilità finanziaria da parte dell'INPS (comma 2, interamente sostitutivo del comma 253 dell’articolo 1, l.145/2018).

Secondo la relazione tecnica, dalla disposizione non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica in quanto essa disciplina un possibile utilizzo di risorse comunque programmate, al netto di utilizzi effettuati da altre disposizioni a valere sulle medesime.

 


 

Articolo 88
(Fondo nuove competenze)

 

 

L’articolo 88 istituisce presso l’Anpal (Agenzia per le politiche attive del lavoro) un apposito Fondo, denominato Fondo nuove competenze, al fine di coprire gli oneri relativi a percorsi di formazione che possono essere previsti dai contratti collettivi di lavoro aziendali o territoriali a seguito della stipulazione di intese volte ad una rimodulazione dell’orario di lavoro.

 

Al fine di consentire la graduale ripresa dell’attività dopo l’emergenza epidemiologica, l’articolo in commento riconosce, per il 2020, ai suddetti contratti collettivi - sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operative in azienda – la possibilità di realizzare specifiche intese di rimodulazione dell’orario di lavoro per mutate esigenze organizzative e produttive dell’impresa, con le quali parte dell’orario di lavoro viene finalizzato a percorsi formativi i cui oneri (comprensivi dei relativi contributi previdenziali e assistenziali) sono a carico del predetto Fondo, nel limite di 230 milioni di euro a valere Programma operativo nazionale “Sistemi di politiche attive per l’occupazione” (SPAO[98]) (comma 1).

 

Previa intesa in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, si prevede che altri soggetti possano partecipare alla realizzazione dei suddetti interventi, destinando una quota delle risorse disponibili nell’ambito dei rispettivi bilanci al Fondo costituito presso l’ANPAL. Tali soggetti sono: i Programmi operativi nazionali e regionali del Fondo sociale europeo, i Fondi paritetici interprofessionali[99], nonché, per le specifiche finalità, il Fondo per la formazione e il sostegno al reddito dei lavoratori[100] (comma 2).

La definizione delle modalità di utilizzo delle risorse, anche per il rispetto del relativo limite di spesa, è demandata ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del provvedimento in esame (comma 3).

 


 

Articolo 89
(Norme in materia di fondi sociali e servizi sociali)

 

 

L’articolo 89 prevede un alleggerimento degli obblighi di rendicontazione necessari affinché gli enti territoriali ottengano la quota loro spettante del riparto 2020 di alcuni dei Fondi statali deputati al finanziamento delle politiche sociali. Inoltre, sempre ai fini delle rendicontazioni dei Fondi sociali, con riferimento alle spese sostenute nell'anno 2020, le amministrazioni destinatarie dei fondi possono includere specifiche spese legate all'emergenza COVID-19 (finalizzate alla riorganizzazione dei servizi, all'approvvigionamento di dispositivi di protezione e all'adattamento degli spazi), anche a valere su risorse finanziarie relative alle annualità precedenti.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame prevede un alleggerimento degli obblighi di rendicontazione necessari affinché gli enti territoriali ottengano la quota loro spettante del riparto 2020 dei Fondi statali deputati al finanziamento delle politiche sociali (Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS); Fondo per le non autosufficienze (FNA); Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità prive di sostegno familiare - Fondo dopo di noi; Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza).

Si ricorda che i decreti di riparto delle risorse dei Fondi per le politiche sociali e la non autosufficienza per il 2019 hanno già previsto, a partire dal 2020, una diversa procedura relativa alla programmazione regionale e territoriale della quota parte delle risorse dei Fondi sociali e del monitoraggio del loro utilizzo. Il Decreto di riparto per il 2019 del Fondo nazionale per le politiche sociali e il Decreto di riparto per il 2019 del Fondo per le non autosufficienze sono stati adottati, rispettivamente, dopo l’approvazione del Piano Nazionale Sociale del triennio 2018-2020  e in contemporanea con il Piano nazionale della non autosufficienza 2019-2021. Entrambi i decreti di riparto, pertanto, tengono conto delle indicazioni del diverso disegno di programmazione delle risorse dei Fondi come delineato dai Piani.

 

La legge delega 33/2017 recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali ha previsto una diversa erogazione delle risorse stanziate a livello centrale per il finanziamento delle politiche sociali. A tal fine, l'art. 1, comma 4, lettere a) e b), della legge delega ha istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (MLPS), un organismo di coordinamento del sistema degli interventi e dei servizi sociali, con il compito di favorire una maggiore omogeneità territoriale nell'erogazione delle prestazioni e di definire linee guida specifiche per gli interventi sociali previsti.

Il D.Lgs. 147/2017, attuativo della delega e istitutivo del Reddito di inclusione (REI - la misura nazionale di contrasto alla povertà), ha conseguentemente previsto, all'articolo 21, la costituzione, presso il MLPS, della Rete della protezione e dell'inclusione sociale, con il compito di predisporre specifici Piani triennali (con possibili aggiornamenti annuali), quali strumenti programmatici per l’utilizzo delle risorse dei fondi statali dedicati alle politiche sociali (Fondo nazionale per le politiche sociali, Fondo nazionale per le non autosufficienze, “Quota servizi del Fondo povertà). Con l’istituzione del Reddito e della pensione di cittadinanza, ad opera del decreto legge 4/2019, dal 1aprile 2019 è stato abrogato quasi per intero il Capo II del D.Lgs. 147/2017, dedicato al REI, lasciando in vigore il Capo III, dedicato al riordino delle prestazioni assistenziali finalizzate al contrasto alla povertà e il Capo IV, dedicato al rafforzamento dei servizi e degli interventi di contrasto alla povertà.

Nel disegno del legislatore, i Piani, programmati su un orizzonte temporale triennale con eventuali aggiornamenti annuali, devono individuare lo sviluppo degli interventi a valere sulle risorse dei Fondi cui fanno riferimento, con l'obiettivo di un raggiungimento graduale, nei limiti delle risorse disponibili, dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale. Ma, più in generale, al di là della specifica "specializzazione" dei fondi nazionali a finanziamento dei servizi territoriali, i Piani hanno come priorità l'adozione di un approccio il più possibile integrato nella programmazione dei servizi territoriali (afferenti al sistema sanitario, al sistema delle politiche del lavoro, al sistema di educazione e istruzione, al sistema della formazione e delle politiche abitative). Tale integrazione viene indicata tanto più necessaria per servizi "cerniera" come i servizi sociali, per la loro potenzialità di attivare il complesso delle risorse e dei servizi territoriali necessari ad una appropriata progettazione personalizzata degli interventi.

 

Più precisamente, la norma dispone, che, ai fini della rendicontazione da parte di regioni, ambiti territoriali e comuni al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell'utilizzo delle risorse dei Fondi sociali, la rendicontazione del 75% della quota relativa alla seconda annualità precedente è condizione sufficiente alla erogazione della quota annuale di spettanza, ferma restando la verifica da parte dello stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali della coerenza degli utilizzi con le norme e gli atti di programmazione. Le eventuali somme relative alla seconda annualità precedente non rendicontate devono comunque essere esposte entro la successiva erogazione.

 

Tali indicazioni coordinano ed anticipano, come già evidenziato, quanto già contenuto nel Decreto di riparto per il 2019 del Fondo nazionale per le politiche sociali e nel Decreto di riparto per il 2019 del Fondo per le non autosufficienze.  Più nel dettaglio, ai sensi dei citati decreti, le Regioni sono tenute a programmare l’utilizzo delle risorse loro assegnate (in coerenza con il Piano nazionale di riferimento) e a predisporre un atto di programmazione contenente la ripartizione delle stesse risorse tra gli ambiti territoriali. Entro 60 giorni dall’emanazione del Decreto di riparto, tale atto di programmazione deve essere trasmesso al Ministero del lavoro e delle politiche sociali insieme alla rendicontazione dell’utilizzo della quota relativa alla seconda annualità precedente. A decorrere dal 2021 l’erogazione della quota di riparto è condizionata alla rendicontazione da parte degli ambiti territoriali, nella specifica sezione del Sistema informativo dell’offerta sociale (SIOSS), dell’effettivo utilizzo di almeno il 75% su base regionale, delle risorse della seconda annualità precedente, secondo un’articolazione per interventi, servizi sociali e aeree assistenziali (non più per macrolivellli). Il Decreto di riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali per il 2019 prevede inoltre, nelle more del pieno funzionamento del SIOSS, per il solo 2020 (relativamente alle risorse del 2018), la sperimentazione di tale modello di rendicontazione attraverso rendicontazione diretta con il Ministero.

Entro sessanta giorni dalla ricezione della quota di riparto loro spettante, le Regioni devono procedere al trasferimento delle risorse agli ambiti territoriali, secondo quanto previsto dalla programmazione regionale. L’erogazione agli ambiti territoriali e? comunicata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro trenta giorni dall’effettivo trasferimento delle risorse. Eventuali somme non rendicontate devono comunque essere esposte entro la successiva erogazione.

 

Il comma 2 specifica che, ai fini delle rendicontazioni di cui al comma 1, con riferimento alle spese sostenute nell'anno 2020, le amministrazioni destinatarie dei fondi possono includere specifiche spese legate all'emergenza COVID-19 (finalizzate alla riorganizzazione dei servizi, all'approvvigionamento di dispositivi di protezione e all'adattamento degli spazi), anche a valere su risorse finanziarie relative alle annualità precedenti.

 

 

Fondo nazionale per le politiche sociali

 

Nel Fondo nazionale per le politiche sociali (FNPS), istituito dalla legge 449/1997 (legge finanziaria per il 1998), sono contenute le risorse che lo Stato stanzia annualmente con la legge di bilancio per la promozione e il raggiungimento degli obiettivi di politica sociale indicati dalla legge quadro 328/2000. Le risorse del FNPS, ripartite annualmente, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, fra regioni, province autonome, comuni e  Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono ripartite con decreto interministeriale (sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono pubblicati i decreti di riparto dal 2005 al 2019). A partire dal 2010 le somme riferite alle Province Autonome di Trento e Bolzano, pur essendo calcolate ai fini del riparto, sono rese indisponibili (articolo 2, comma 109,  della legge 191/2009 finanziaria 2010).

In conseguenza della modifica del Titolo V della Costituzione, che ha determinato lo spostamento della materia dell'assistenza sociale dall'area della potestà legislativa concorrente Stato-Regioni a quella della potestà legislativa esclusiva delle Regioni (Sentenza Corte costituzionale n. 423/2004), il FNPS è un fondo indistinto, pertanto le risorse non possono essere vincolate ad una specifica destinazione individuata a livello nazionale.

Gli interventi finanziati a valere sul FNPS sono stati rimodulati nel tempo da alcuni provvedimenti normativi. In particolare, le risorse del Fondo per l'infanzia e l'adolescenza, limitatamente alla parte dedicata ai progetti da realizzare nelle 15 città riservatarie, dal 2008 sono determinate annualmente in Tabella C della legge di stabilità e allocate direttamente nel Fondo per l'infanzia e l'adolescenza. Le risorse per gli interventi su tutto il territorio nazionale da dedicare all'infanzia e all'adolescenza, invece, confluiscono ancora nel FNPS indistintamente, senza essere quantificate.

Dal 2010 si è assistito a una progressiva contrazione delle risorse assegnate: il fondo, quasi azzerato dalla Legge di stabilità 2011 e 2012, è stato parzialmente ricostituito dalla Legge di stabilità 2013 (Legge 228/2012), che gli ha destinato circa 344 milioni di euro. Per il 2014, la legge di stabilità (legge 147/2013) ha destinato al FNPS 317 milioni di euro. Con la legge di stabilità 2015 (legge 190/2014) lo stanziamento del Fondo ha acquistato carattere strutturale. L'articolo 1, comma 158, della stabilità 2015 ha infatti previsto uno stanziamento annuale a regime di 300 milioni di euro a decorrere dal 2015 (qui consultabile la Tabella dei finanziamenti del FNPS fino al 2019, a cura della Segreteria della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome).

La legge di bilancio 2020 (Sezione II della legge 160/2019) ha previsto, per ciascun anno del triennio 2020-2022, un finanziamento di 394 milioni di euro.

 

Fondo per le non autosufficienze

 

Per dare copertura ai costi di rilevanza sociale dell'assistenza socio-sanitaria rivolta al sostegno di persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne la permanenza presso il proprio domicilio evitando il rischio di istituzionalizzazione, è stato istituito il Fondo per le non autosufficienze (FNA) (art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 - legge finanziaria 2007). Le risorse sono aggiuntive rispetto a quelle destinate alle prestazioni e ai servizi in favore delle persone non autosufficienti da parte delle Regioni e delle autonomie locali. La sezione II della legge di bilancio 2020 (legge 160/2019) ha previsto una dotazione del Fondo per il 2020 pari a 571 milioni di euro. Nel corso dell'esame referente, nel corpo della Sezione I della legge di bilancio, è stato inserito il comma 331 che ha disposto un incremento di 50 milioni di euro a favore del Fondo per le non autosufficienze, le cui risorse sono pertanto pari, per il 2020, a 621 milioni di euro. Si ricorda che l’art. 104 del decreto in esame, ha incrementato il Fondo di ulteriori 90 milioni per il 2020, di cui 20 milioni finalizzati alla realizzazione di progetti per la vita indipendente.

A decorrere dal 2016, l'intera dotazione del FNA ha assunto carattere strutturale e si è accresciuta negli anni successivi: dai 400 milioni del 2016 ai 450 del biennio 2017-18 fino ai 573,2 milioni di euro nel 2019 (Per un approfondimento sulla consistenza del Fondo fino al 2019 si rinvia alla Tabella a cura della Segreteria della Conferenza delle regioni e delle province autonome). A queste risorse vanno poi sommate quelle derivanti dai risparmi connessi al programma straordinario di verifica della permanenza del possesso dei requisiti sanitari per l'erogazione delle prestazioni di invalidità civile, condotte da INPS nel periodo 2013-2015, che il legislatore ha ridestinato all'FNA.

Le risorse del Fondo sono ripartite annualmente tra le regioni con decreto interministeriale, previa Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. Il Decreto di riparto del 26 settembre 2016, stabilendo la destinazione delle risorse, ha definito, all'articolo 3, la condizione delle persone con disabilità gravissime. Il successivo Decreto di riparto 27 novembre 2017 ha attribuito le risorse del Fondo, prioritariamente, e comunque in maniera esclusiva per una quota non inferiore al 50%, per gli interventi a favore di persone in condizione di “disabilità gravissima”, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e delle persone con stato di demenza molto grave, tra cui quelle affette dal morbo di Alzheimer (come previsto, per l'Alzheimer, dall'art. 1, comma 411, della legge 232/2016 - legge di bilancio 2017). Il restante ammontare del Fondo finanzia gli interventi per “non autosufficienze gravi”, ad oggi pero? non meglio specificate a livello nazionale e quindi rimesse nei termini definitori esclusivamente alla programmazione regionale.

Si ricorda, che, dal 2014, a valere sulla quota del Fondo destinata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono finanziate anche le azioni volte all'attuazione del Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, adottato con D.P.R. 4 ottobre 2013, relativamente alla linea di attività n. 3, “Vita indipendente e inclusione nella società”.

 

Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità prive di sostegno familiare – Fondo Dopo di noi

 

La legge n. 112/2016 ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Fondo destinato "alla copertura finanziaria di interventi legislativi recanti misure per il sostegno di persone con disabilità grave prive di legami familiari". In seguito, il decreto legge 86/2018, in materia di riordino delle competenze dei Ministeri, ha attribuito al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro delegato per la famiglia e le disabilità (ora Ministro per le pari opportunità e la famiglia), la titolarità, insieme al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dei decreti di attuazione e degli atti di riparto delle risorse del Fondo Dopo di noi, che è stato disciplinato, con l'individuazione degli obiettivi di servizio  e delle modalità di riparto,  dal decreto del 23 novembre 2016.

Dal 2018, il Fondo ha una dotazione strutturale pari a 56,1 milioni. La legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 490, della legge 160/2019) ha incrementato la dotazione del Fondo Dopo di noi di 2 milioni di euro per il 2020. Pertanto le risorse del Fondo risultano pari, a legislazione vigente, a 58,1 milioni di euro. Si ricorda che l’art. 104 del decreto in esame, ha incrementato il Fondo di ulteriori 20 milioni per il 2020.

Destinatari delle misure di assistenza, cura e protezione sono le persone con disabilità grave non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, prive di sostegno familiare, in quanto mancanti di entrambi i genitori o perché gli stessi non sono in grado di fornire l'adeguato sostegno genitoriale. Le misure prevedono la progressiva presa in carico della persona disabile e devono essere definite con il coinvolgimento dei soggetti interessati, nel rispetto della volontà delle persone con disabilità grave, dei loro genitori o di chi ne tutela gli interessi.

Le misure previste dalla legge 112/2016 rafforzano quanto già previsto in tema di progetti individuali per le persone disabili. Restano infatti salvi i livelli essenziali di assistenza e gli altri benefici previsti dalla legislazione vigente in favore delle persone disabili, accanto ai quali, si aggiunge la previsione di interventi di residenzialità a finanziamento misto pubblico/privato volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità in abitazioni o gruppi-appartamento che riproducono condizioni abitative e relazionali della casa familiare. Si prevedono inoltre detrazioni sulle spese sostenute per sottoscrivere polizze assicurative e contratti a tutela dei disabili gravi nonché esenzioni e sgravi su trasferimenti di beni dopo la morte dei familiari, costituzione di trust e altri strumenti di protezione legale.

Per l'attuazione della legge, si rinvia alla Seconda Relazione (riferita all'anno 2018) al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 22 giugno 2016, n. 112.

 

Fondo nazionale infanzia e adolescenza

 

La legge 28 agosto 1997, n. 285 ha sollecitato e sostenuto la progettualità orientata alla tutela e alla promozione del benessere dei bambini e dei ragazzi attraverso l'istituzione di un Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza suddiviso tra le Regioni (70%) e 15 Città riservatarie (30%), chiamando gli enti locali e il terzo settore a programmare insieme e a diffondere una cultura di progettazione concertata e di collaborazione interistituzionale.

In seguito, la legge finanziaria 2007 (legge 296/2006) ha disposto, all'art. 1, co. 1258, che la dotazione del Fondo fosse completamente destinata ai progetti da realizzare nelle 15 città riservatarie e che le restanti risorse destinate all'infanzia e all'adolescenza confluissero, indistintamente, nel Fondo nazionale per le politiche sociali.

La dotazione del Fondo per il 2020 è pari a 28,8 milioni di euro.

 

 


 

Articolo 90
(Lavoro agile nel settore privato)

 

 

L’articolo 90 disciplina lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità agile per il settore privato, in conseguenza dell’emergenza epidemiologica, disponendo, in particolare, che la suddetta modalità possa essere applicata dai datori di lavoro privati ad ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente e introducendo un diritto allo svolgimento del lavoro in modalità agile in favore dei genitori di figli minori di anni 14.

 

Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di 14 anni, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali, fermo restando il rispetto degli obblighi informativi previsti dalla normativa vigente (di cui agli artt. da 18 a 23 della L. 81/2017 – vedi infra box ricostruttivo). Tale diritto è riconosciuto a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell'attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore e che la modalità agile sia compatibile con le caratteristiche della prestazione  (comma 1).

Per quanto concerne i suddetti obblighi informativi, l’art. 22 della L. 81/2017dispone che, al fine di garantire la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile, il datore di lavoro consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un'informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro.

 

Per quanto riguarda lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile, si precisa che questo può attuarsi anche attraverso l’uso di strumenti informatici nella disponibilità del dipendente, qualora non siano forniti dal datore di lavoro (comma 2).

Il suddetto comma 2 ricalca un’analoga previsione introdotta per il lavoro agile nel settore pubblico dall’art. 87, c. 2, del D.L. 18/2020 che però, a differenza dell’articolo in commento, esclude esplicitamente la responsabilità del datore di lavoro con riferimento alla sicurezza e al buon funzionamento degli strumenti tecnologici (di cui all’art. 18, c. 2, della L. 81/2017).

 

Per l’intero periodo dello stato di emergenza, si introduce l’obbligo per i datori di lavoro privati di comunicare, in via telematica, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali i nominativi dei lavoratori e la data di cessazione della prestazione di lavoro in modalità agile, ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (comma 3).

 

Limitatamente al periodo di emergenza, e comunque non oltre il 31 dicembre 2020, la modalità di lavoro agile può essere applicata dai datori di lavoro privati ad ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati in materia dalla normativa vigente, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti. In tali casi, gli obblighi di informativa sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’Inail (comma 4).

Si ricorda che analoga possibilità è riconosciuta ai datori di lavoro pubblici in base a quanto disposto dall’art. 87 del D.L. 18/2020 (fatto salvo dal comma in esame), come integrato dall’art. 263 del presente provvedimento (alla cui scheda di lettura si rimanda) che pone, come termine ultimo di applicazione della disciplina ivi prevista la medesima data del 31 dicembre 2020.

Per quanto riguarda il lavoro agile nel settore pubblico, il predetto art. 87 del decreto cura Italia – come integrato dal provvedimento in esame - dispone che, per il periodo dello stato di emergenza e comunque non oltre il 31 dicembre 2020, il lavoro agile costituisce la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa delle pubbliche amministrazioni, le quali sono chiamate a limitare la presenza sul posto di lavoro esclusivamente per assicurare le attività indifferibili e non altrimenti erogabili (cfr. la direttiva n. 2 del 2020, la circolare n. 2 del 2020 e, da ultimo, la direttiva n. 3 del 2020, che riguarda in particolare lo svolgimento del lavoro agile nella fase due).

Si ricorda, inoltre, che sia con il richiamato art. 87, sia con i diversi DPCM che si sono succeduti dall’inizio dell’emergenza, sono state semplificate le relative modalità di attuazione, prevedendo la possibilità di ricorrere al lavoro agile anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente e l'assolvimento in via telematica dei suddetti obblighi di informativa.

 

Definizione

Il lavoro agile - disciplinato dai richiamati artt. da 18 a 22 della L. 81/2017- viene definito come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato:

- stabilita mediante accordo tra le parti;

- con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici;

- eseguita in parte all'interno dei locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale (stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva).

La suddetta disciplina si applica, in quanto compatibile e fatta salva l'applicazione delle diverse disposizioni specificamente previste, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, secondo le direttive emanate anche per la promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, adottate in base a quanto previsto dall'art. 14 della L. 124/2015 (in attuazione del quale sono state emanate la Direttiva n. 3 del 2017 e la Circolare n. 1 del 2020).

Modalità di svolgimento

Lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità di lavoro agile deve essere disciplinata da un apposito accordo che deve contenere:

§  la disciplina dell'esecuzione della prestazione lavorativa svolta all'esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore;

§  con riferimento alle prestazioni svolte al di fuori dei locali aziendali, la disciplina dell'esercizio del potere di controllo del datore di lavoro, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 4 della L. 300/1970, nonché l'individuazione delle condotte che danno luogo all'applicazione di sanzioni disciplinari;

§  la disciplina dei tempi di riposo del lavoratore, nonché le misure (tecniche ed organizzative) necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.

Recesso

L'accordo sul lavoro agile può essere a tempo determinato o indeterminato.

Nel caso di accordo a tempo indeterminato, per il recesso (dalla modalità di lavoro agile e non dal rapporto di lavoro in quanto tale) è richiesto un preavviso non inferiore a 30 giorni; il termine di preavviso è elevato a 90 giorni nel caso in cui il recesso da parte del datore di lavoro riguardi un rapporto di lavoro agile con un lavoratore disabile (per consentirgli un'adeguata riorganizzazione del proprio percorso lavorativo in relazione alle esigenze di vita e di cura).

La presenza di un giustificato motivo consente di recedere senza preavviso nell'accordo a tempo indeterminato e prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato.

Trattamento economico e normativo

Il lavoratore che svolge la prestazione in modalità agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore, in attuazione dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali a quello riconosciuto ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all'interno dell'azienda.

Inoltre, nell'ambito dell'accordo di lavoro agile, al lavoratore può essere riconosciuto il diritto all'apprendimento permanente, in modalità formali, non formali o informali, e alla periodica certificazione delle competenze.

Sicurezza e tutela sul lavoro

Il datore di lavoro, al fine di garantire la salute e sicurezza del lavoratore agile, consegna a quest'ultimo e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un'informativa scritta in cui sono individuati i rischi generali e specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. Da parte sua, il lavoratore deve cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all'esecuzione della prestazione all'esterno dei locali aziendali.

Per quanto concerne la tutela contro gli infortuni (anche in itinere) e le malattie professionali, viene innanzitutto disposto che l'accordo per lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità di lavoro agile e le sue modificazioni rientrano tra gli atti soggetti da comunicare obbligatoriamente al Centro per l'impiego territorialmente competente.

Viene poi specificato che il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali:

§  dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all'esterno dei locali aziendali;

§  occorsi in itinere, ossia durante il percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all'esterno dei locali aziendali (nei limiti e secondo le condizioni previsti dall'art. 2 del D.P.R. 1124/1965), quando il luogo sia stato scelto, secondo criteri di ragionevolezza, per esigenze connesse alla prestazione stessa o alla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative.

Conciliazione vita-lavoro: diritto di precedenza

Si ricorda, infine, che la legge di bilancio per il 2019 pone a carico dei datori di lavoro, pubblici e privati, che stipulano accordi per lo svolgimento dell'attività lavorativa in modalità agile, l'obbligo di dare priorità alle richieste di esecuzione del lavoro (secondo la suddetta modalità) fatte dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del congedo di maternità, ovvero ai lavoratori con figli disabili che necessitino di un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale.


 

Articolo 91
(Interventi per i percorsi di istruzione e la formazione professionale
e per i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore)

 

 

L’articolo 91 stabilisce che, a seguito dell’emergenza da COVID-19, le attività didattiche dei percorsi regionali di istruzione e formazione professionale (IeFP) e dei sistemi regionali che realizzano i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) sono svolte con modalità a distanza.

Inoltre, per i medesimi percorsi, si fanno salve la validità dell’anno scolastico o formativo 2019/2020, anche qualora non si riesca ad effettuare il numero minimo di ore previsto, nonché l’attribuzione delle risorse a valere sui Fondi strutturali di investimento europei, anche qualora si determini una riduzione dei livelli qualitativi e quantitativi delle attività svolte.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che per il sistema di istruzione e formazione professionale (IeFP) - i cui percorsi rappresentano una delle componenti del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione -, la competenza legislativa è delle regioni, spettando allo Stato la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni.

In particolare, ai sensi del D.Lgs. 226/2005, le regioni assicurano l'articolazione di percorsi di durata triennale - che si concludono con il conseguimento di un titolo di qualifica professionale, che consente l'accesso al quarto anno del sistema dell'istruzione e formazione professionale - e di percorsi di durata almeno quadriennale, che si concludono con il conseguimento di un titolo di diploma professionale, che consente l’accesso all’istruzione e formazione tecnica superiore.

Da ultimo, l’art. 2 del D.Lgs. 61/2017 ha previsto che, ai fini dell'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione sino al conseguimento, entro il diciottesimo anno di età, di almeno una qualifica professionale triennale, lo studente può scegliere, all'atto dell'iscrizione ai percorsi del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, tra:

§  percorsi di istruzione professionale per il conseguimento di diplomi quinquennali, realizzati da scuole statali o da scuole paritarie;

§  percorsi di istruzione e formazione professionale per il conseguimento di qualifiche triennali e di diplomi professionali quadriennali, realizzati dalle istituzioni formative accreditate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi del D.Lgs. 226/2005.

A sua volta, l’art. 4, co. 4, del medesimo D.Lgs. 61/2017 ha previsto che le istituzioni scolastiche che offrono percorsi di istruzione professionale possono attivare, in via sussidiaria, previo accreditamento regionale, percorsi di istruzione e formazione professionale per il rilascio della qualifica e del diploma professionale quadriennale. I percorsi sono realizzati nel rispetto degli standard formativi definiti da ciascuna regione[101].

 

Si ricorda, altresì, che il sistema dell’istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) – istituito con l’art. 69 della L. 144/1999 – è stato riorganizzato, sulla base di quanto previsto dall’art. 1, co. 631, della L. 296/2006, con il DPCM 25 gennaio 2008, che ha previsto tre differenti tipologie di intervento: percorsi di IFTS, poli tecnico-professionali e Istituti tecnici superiori (ITS).

Si tratta di un sistema di formazione terziaria non universitaria.

In particolare, in base all’art. 11 del DPCM 25 gennaio 2008, le regioni adottano, ogni triennio, nell'ambito della programmazione dell'offerta formativa di loro esclusiva competenza, piani territoriali riferiti alle tre tipologie di intervento sopra indicate.

 

In particolare, il comma 1 dispone che, a beneficio degli studenti ai quali non è consentita, a seguito dell’emergenza da COVID-19, la partecipazione alle attività didattiche in presenza nei percorsi sopra indicati, tali attività sono svolte a distanza.

Le relative modalità di svolgimento sono individuate dagli stessi istituti in cui si eroga l’attività formativa, avuto anche riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità.

 

Il comma 2, primo periodo, stabilisce che, qualora, sempre a seguito dell’emergenza da COVID-19, i sistemi IeFP e IFTS “e gli Istituti Tecnici Superiori (I.T.S.)” non possano effettuare il numero minimo di ore previsto dalla vigente normativa per il relativo percorso formativo, l’anno scolastico o formativo 2019/2020 conserva comunque validità.

A sua volta, il terzo periodo prevede che gli istituti in cui si eroga l’attività formativa assicurano, ove necessario, e in ogni caso individuandone le relative modalità, il recupero delle attività formative, ovvero di ogni altra prova o verifica, anche intermedia, che risultino funzionali al completamento del percorso didattico.

 

Con riguardo alla formulazione del testo, si evidenzia che il riferimento specifico agli Istituti Tecnici Superiori (ITS) parrebbe superfluo, dal momento che tali Istituti – come anticipato preliminarmente – sono ricompresi nel sistema IFTS.

 

Le disposizioni inerenti il ricorso alla didattica a distanza e il recupero delle attività formative sono simmetriche a quanto previsto con DPCM per le scuole, nonché per le università e le istituzioni AFAM (ma non per le attività didattiche dei percorsi IeFP e dei sistemi regionali che realizzano i percorsi IFTS), a seguito, prima, del D.L. 6/2020 (L. 13/2020) e, successivamente, del D.L. 19/2020.

In particolare, i due decreti-legge citati hanno previsto la possibilità di sospendere con DPCM i servizi educativi per l'infanzia, le attività didattiche delle scuole di ogni ordine e grado, nonché delle istituzioni di formazione superiore, comprese le università e le istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica (AFAM), di corsi professionali, master, corsi per le professioni sanitarie e università per anziani, nonché i corsi professionali e le attività formative svolte da altri enti pubblici, anche territoriali e locali e da soggetti privati, o di altri analoghi corsi, attività formative o prove di esame, ferma restando la possibilità dello svolgimento delle attività con modalità a distanza.

Da ultimo, il D.L. 33/2020 ha previsto che le attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché la frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, comprese le università e le istituzioni AFAM, di corsi professionali, master, corsi per le professioni sanitarie e università per anziani, nonché i corsi professionali e le attività formative svolte da altri enti pubblici, anche territoriali e locali e da soggetti privati, sono svolte con modalità definite con DPCM adottati ai sensi del D.L. 19/2020.

 

La previsione di validità dell’anno scolastico o formativo 2019/2020 nei percorsi IeFP e IFTS anche qualora non si riesca ad effettuare il numero minimo di ore previsto è, a sua volta, simmetrica a quanto disposto per le scuole del sistema nazionale d'istruzione dall’art. 121-ter del D.L. 18/2020 (L. 27/2020).

 

Infine, il comma 2, secondo periodo, dispone che, qualora si determini una riduzione dei livelli qualitativi e quantitativi delle attività formative svolte, si deroga alle disposizioni di cui all’art. 4, co. 7, del DPR 22/2018, in base alle quali nelle predette circostanze possono essere previsti meccanismi di riduzione dei contributi concessi a valere sulle risorse dei Fondi strutturali di investimento europei (SIE).

In base all’art. 4, co. 7, del Regolamento recante i criteri sull'ammissibilità delle spese per i programmi cofinanziati dai Fondi strutturali di investimento europei (SIE) per il periodo di programmazione 2014/2020, emanato con DPR 22/2018, l'Autorità di gestione può prevedere meccanismi di riduzione del contributo, anche nella forma di percentuali di riduzione forfettaria, se i livelli qualitativi o quantitativi non siano soddisfatti o nel caso in cui vengano riscontrati inadempimenti delle disposizioni di riferimento, nel rispetto del principio di proporzionalità.


 

Articolo 92
(Proroga della fruizione di NASpI e DIS-COLL)

 

 

L’articolo 92 proroga di due mesi, a decorrere dal giorno di scadenza e a determinate condizioni, la fruizione delle indennità di disoccupazione NASpI e DIS-COLL che terminano nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 30 aprile 2020.

 

La suddetta proroga opera a condizione che la NASpI[102] o la DIS-COLL[103] terminino nel periodo compreso tra il 1° marzo 2020 e il 30 aprile 2020 e che il percettore non sia beneficiario di una delle indennità riconosciute ad alcune categorie di lavoratori dal decreto cura Italia e dal decreto in esame, in conseguenza della riduzione o sospensione dell'attività lavorativa durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19. L’importo riconosciuto per ciascuna mensilità aggiuntiva è pari all’importo dell’ultima mensilità spettante per la prestazione originaria (comma 1).

 

Agli oneri derivanti dall’applicazione della suddetta proroga - pari, per il 2020, a 613,7 milioni di euro - si provvede ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 2).


 

Articolo 93
(Disposizioni in materia di proroga o rinnovo
dei contratti di lavoro a termine)

 

 

L'articolo 93 reca una modifica transitoria della disciplina sulle proroghe e sui rinnovi dei contratti di lavoro dipendente a termine nel settore privato. La modifica consente fino al 30 agosto 2020 proroghe e rinnovi dei suddetti contratti in essere alla data del 23 febbraio 2020 anche in assenza delle condizioni poste dall'articolo 19, comma 1, del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81, e successive modificazioni.

 

Si ricorda che quest'ultimo comma (alle lettere a) e b)) fa riferimento alla sussistenza di esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, o di esigenze di sostituzione di altri lavoratori, o di esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria. L'articolo 21, comma 01, dello stesso D.Lgs. n. 81 richiede la sussistenza[104] di una di tali esigenze per i rinnovi dei contratti in esame, nonché per le proroghe dei medesimi per il periodo successivo ai primi 12 mesi di proroga.

Si valuti l'opportunità di chiarire se la data del 30 agosto 2020 rappresenti il termine entro cui possa essere stipulato un rinnovo o una proroga in base alla deroga in esame o il limite di durata del rapporto (come rinnovato o prorogato in base alla stessa deroga).

Restano fermi gli altri limiti e condizioni posti per i rinnovi e proroghe in oggetto.

 

Riguardo a tali limiti e condizioni, cfr. i citati articoli 19 e 21 del D.Lgs. n. 81, e successive modificazioni. Si ricorda, in particolare, che, fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi, e con l'eccezione delle attività stagionali, la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato (intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore), per effetto di un contratto o di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l'altro, non può superare i ventiquattro mesi; qualora tale limite sia superato, il rapporto di lavoro si trasforma a tempo indeterminato dalla data di superamento. Tuttavia, un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso gli uffici del lavoro competenti per territorio.

 


 

Articolo 94
(Promozione del lavoro agricolo)

 

 

L’articolo 94 introduce la possibilità per i percettori di ammortizzatori sociali, limitatamente al periodo di sospensione a zero ore della prestazione lavorativa, di NASPI e DIS-COLL, nonché di reddito di cittadinanza, di stipulare con datori di lavoro del settore agricolo contratti a termine non superiori a 30 giorni, rinnovabili per ulteriori 30 giorni, senza subire la perdita o la riduzione dei predetti benefici previsti e nel limite di 2000 euro per il 2020.

 

La norma in commento, inoltre, dispensa il lavoratore percettore del reddito di cittadinanza dall’obbligo di comunicare all’INPS la variazione della condizione occupazionale a seguito dell'avvio di un'attività di lavoro dipendente previsto dall’art. 3, c. 8, del D.L. 4/2019 (comma 1).

Il richiamato art. 3, c. 8, dispone, infatti, che, in caso di variazione della condizione occupazionale nelle forme dell'avvio di un'attività di lavoro dipendente da parte di uno o più componenti il nucleo familiare nel corso dell'erogazione del Rdc, il maggior reddito da lavoro concorre alla determinazione del beneficio economico nella misura dell'80 per cento, a decorrere dal mese successivo a quello della variazione e fino a quando il maggior reddito non è ordinariamente recepito nell'ISEE per l'intera annualità.

 

A seguito della suddetta previsione, per il 2020 viene incrementata di 57,6 milioni di euro l’autorizzazione di spesa per l’erogazione del Reddito e della pensione di cittadinanza (di cui all’art. 12, c. 1, del D.L. 4/2019) (comma 1).

 

Al conseguente onere – pari a 58,9 milioni di euro per il 2020 - si provvede ai sensi dell’articolo 265 (alla cui scheda di lettura si rimanda) (comma 2).

 

L’articolo in commento, specifica, inoltre, che la previsione (ex art. 18, c. 3-bis, della L. 97/1994, introdotto dal decreto cura Italia) secondo cui, con specifico riguardo alle attività agricole, talune prestazioni svolte da parenti e affini sino al sesto grado non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato, continua ad applicarsi anche a soggetti che offrono aiuto e sostegno alle aziende agricole situate nelle zone montane fino al termine dell’emergenza (come previsto dal decreto cura Italia), ma comunque non oltre il 31 luglio 2020 (comma 3).

Le prestazioni richiamate sono quelle di cui all’art. 74 del D.Lgs. 276/2003, svolte da parenti e affini sino al sesto grado (come previsto dal D.L. 18/2020, in luogo del quarto grado) in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori.


 

Articolo 95
(
Misure di sostegno alle imprese per la riduzione del rischio da contagio nei luoghi di lavoro)

 

 

L’articolo 95 autorizza l’INAIL a promuovere interventi straordinari nella forma di incentivi alle imprese che hanno introdotto nei luoghi di lavoro, successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, interventi per la riduzione del rischio di contagio.

 

La disposizione, che si propone di favorire l’attuazione del Protocollo di regolamentazione delle misure per il contenimento ed il contrasto della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, condiviso dal Governo e dalle Parti sociali in data 14 marzo 2020, come integrato il 24 aprile 2020, riguarda le imprese, anche individuali, iscritte al Registro delle imprese o all’Albo delle imprese artigiane ed alle imprese sociali di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017 n. 112[105], iscritte al Registro delle imprese (comma 1).

Perché le imprese suddette possano accedere al beneficio, occorre che gli interventi per la riduzione del rischio di contagio si siano realizzati mediante l’acquisto di:

§  apparecchiature e attrezzature per l’isolamento o il distanziamento dei lavoratori, compresi i relativi costi di installazione;

§  dispositivi elettronici e sensoristica per il distanziamento dei lavoratori;

§  apparecchiature per l’isolamento o il distanziamento dei lavoratori rispetto agli utenti esterni e rispetto agli addetti di aziende terze fornitrici di beni e servizi;

§  dispositivi per la sanificazione dei luoghi di lavoro; sistemi e strumentazione per il controllo degli accessi nei luoghi di lavoro utili a rilevare gli indicatori di un possibile stato di contagio;

§  dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale.

 

Al finanziamento degli interventi sono destinati 403 milioni di euro, a valere sulle risorse già disponibili relative al bando ISI 2019 ed allo stanziamento 2020 per il finanziamento dei progetti di cui all’articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Sono fatti salvi gli interventi di cui all’articolo 1, commi 862 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015 n. 208.

 

L’avviso pubblico Isi 2019 bandisce finanziamenti alle imprese per la realizzazione di interventi in materia di salute e sicurezza sul lavoro. In attuazione dell’articolo 11, comma 5 del D.lgs. 81/2008 e dell’articolo 1, commi 862 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 attraverso la pubblicazione di singoli Avvisi pubblici regionali/provinciali, finanzia investimenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Esso ha la finalità di incentivare le imprese a realizzare progetti per il miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, nonché incentivare le micro e piccole imprese operanti nel settore della produzione agricola primaria dei prodotti agricoli per l’acquisto di nuovi macchinari e attrezzature di lavoro caratterizzati da soluzioni innovative per abbattere in misura significativa le emissioni inquinanti, migliorare il rendimento e la sostenibilità globali e, in concomitanza, conseguire la riduzione del livello di rumorosità o del rischio infortunistico o di quello derivante dallo svolgimento di operazioni manuali.
Destinatari dei finanziamenti sono le imprese, anche individuali, ubicate su tutto il territorio nazionale iscritte alla Camera di commercio industria, artigianato ed agricoltura e anche gli Enti del terzo settore.

Le risorse utilizzate sono stanziate, in particolare, nell’articolo 11, comma 5 del D.lgs. 81/2008 (mentre sono fatte salve le risorse di cui all’articolo 1, commi 862 e seguenti, della legge 28 dicembre 2015, n. 208[106]), in base al quale  l'INAIL finanzia con risorse proprie progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro rivolti in particolare alle piccole, medie e micro imprese e progetti volti a sperimentare soluzioni innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati ai principi di responsabilità sociale delle imprese.

In particolare, secondo la relazione tecnica, risultano già impegnati ma non ancora utilizzati sul bilancio di previsione 2019 dell’Istituto euro 211.226.450,00, cui vanno aggiunte le disponibilità per l’anno in corso pari ad euro 192 milioni, per un importo totale di euro pari a circa 403 milioni.

Viene conseguentemente revocato il bando di finanziamento ISI 2019[107].

L’importo massimo concedibile mediante gli interventi in esame[108] è pari ad euro 15.000 per le imprese di cui al comma 1 fino a 9 dipendenti, euro 50.000 per le imprese di cui al comma 1 da 10 a 50 dipendenti, euro 100.000 per le imprese di cui al comma 1 con più di 50 dipendenti. I contributi sono concessi con procedura automatica, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123[109].

Tali interventi, inoltre, sono incompatibili con gli altri benefici, anche di natura fiscale, aventi ad oggetto i medesimi costi ammissibili.

Al fine di attuare gli interventi di cui al presente articolo l’INAIL provvede a trasferire ad Invitalia S.p.A. le risorse individuate dalla disposizione in esame per l’erogazione dei contributi alle imprese, sulla base degli indirizzi specifici formulati dall’Istituto (commi 2, 3, 4, 5 e 6).

 

 

 


 

Articolo 96
(Noleggio autovetture per l’Ispettorato nazionale del lavoro)

 

 

L’articolo 96 è volto a consentire all’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) di provvedere, con onere a carico del proprio bilancio, al noleggio di autovetture da utilizzare per lo svolgimento dell’attività di vigilanza in deroga alla normativa vigente in materia di limiti di spesa.

 

L’articolo 96 consente all’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) di provvedere, con onere a carico del proprio bilancio, al noleggio di autovetture da utilizzare per lo svolgimento dell’attività di vigilanza, anche in deroga alle disposizioni vigenti in tema di limiti alla spesa, di cui all’articolo 6, comma 14, del decreto-legge n. 78 del 2010, e in tema di obbligo di approvvigionamento tramite la Consip S.p.A., di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge n. 95 del 2012.

 

L’articolo 6, comma 14, del decreto-legge n. 78 del 2010, a decorrere dall’anno 2011 vieta alle pubbliche amministrazioni, come individuate dall’ISTAT e inserite nel conto economico consolidato della PA, di effettuare spese di ammontare superiore all'80 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi; il predetto limite può essere derogato, per il solo anno 2011, esclusivamente per effetto di contratti pluriennali già in essere.

La predetta disposizione non si applica alle autovetture utilizzate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica. Non si applica, altresì, alle autovetture utilizzate dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (quest’ultima deroga è stata introdotta dal decreto-legge n. 162 del 2019, articolo 41, comma 1).

Lo stesso limite non si applica, altresì, con riferimento agli Enti parco nazionali del Gran Sasso e Monti della Laga e dei Monti Sibillini, per gli esercizi finanziari 2016 e 2017 (art. 26 del decreto-legge n. 189 del 2016) e nei confronti dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, fino al terzo esercizio finanziario successivo all'adeguamento della dotazione organica (art. 118, comma 3-bis, del D.Lgs. n. 159 del 2011).

 

L’articolo 1, comma 7, del decreto-legge n. 95 del 2012 impone alle pubbliche amministrazioni, come sopra individuate, di avvalersi delle convenzioni o degli accordi quadro messi a disposizione dalla Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali di riferimento per l’approvvigionamento di energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile, autoveicoli. In alternativa le P.A. possono fare ricorso a sistemi telematici di negoziazione di Consip o della centrale di committenza regionale di riferimento (www.acquistinretepa.it).

Si evidenzia che l’inserimento degli autoveicoli (in particolare, autovetture, autobus, ad eccezione di quelli per il servizio in linea per trasporto di persone, autoveicoli per trasporto promiscuo, autoveicoli e motoveicoli per le Forze di polizia e autoveicoli blindati) tra le categorie merceologiche per il cui approvvigionamento le amministrazioni pubbliche e le società pubbliche devono utilizzare le procedure sopra richiamate è stato disposto dalla legge di bilancio 2020 (art. 1, comma 581 della legge n. 160 del 2019).

 


 

Articolo 97
(Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto)

 

 

L’articolo 97 apporta alcune modifiche alla disciplina relativa alle prestazioni erogate dal Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto.

 

Nel dettaglio, modificando l’art. 2, c. 7, della L. 297/1982:

§  nel confermare che i pagamenti sono effettuati entro 60 giorni dalla richiesta, la norma in commento elimina il riferimento al fatto che tale richiesta provenga dall’interessato e dispone che gli stessi pagamenti siano effettuati mediante accredito sul conto corrente del beneficiario (comma 1, lett. a));

Si ricorda che, in base al combinato disposto del richiamato art. 2 della L. 297/1982 e della circolare INPS 74/2008, in caso di decesso del lavoratore, l'intervento del Fondo può essere richiesto dagli aventi diritto, da identificare secondo le disposizioni dell'art. 2122 c.c.. Successivamente, la giurisprudenza ha precisato che per aventi diritto devono intendersi non soltanto gli eredi del prestatore di lavoro indicati dal richiamato art. 2122 c.c.., ma più in generale gli aventi causa. L'INPS, quindi, modificando quanto precedentemente indicato nella circolare n. 74/2008, ha precisato che possono essere accolte le domande avanzate da società finanziarie cessionarie del TFR, o da altri soggetti che, avendo acquistato da queste ultime il predetto credito per TFR con rivalsa nei confronti del lavoratore, siano subentrate alle originarie società finanziarie.

§  in relazione alle somme pagate dal fondo, che questo è surrogato di diritto al lavoratore o ai suoi aventi causa nel privilegio spettante (ai sensi degli articoli 2751-bis e 2776 del codice civile[110]) non solo sul patrimonio dei datori di lavoro, come finora previsto, ma anche degli eventuali condebitori solidali, previa esibizione della contabile di pagamento (come specificato dalla norma in commento) (comma 1, lett. b)).

La richiamata circolare INPS 74/2008, con riferimento ai documenti da produrre a corredo della domanda, richiama il principio di diritto dettato dalla Corte di Cassazione, secondo il quale “al fine di ottenere dall’INPS il pagamento del TFR in sostituzione del datore di lavoro fallito, il lavoratore è tenuto a corredare la relativa istanza con la documentazione necessaria richiesta dall’Ente previdenziale, cui non incombe l’obbligo di provvedere d’ufficio all’acquisizione dei dati necessari per la liquidazione del dovuto”

Per completezza, si ricorda che, a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, l'art. 34 del D.L. 18/2020 ha disposto la sospensione di diritto, dal 23 febbraio al 1° giugno 2020, dei termini di decadenza e di prescrizione relativi alle prestazioni previdenziali erogate dall'INPS, tra cui rientrano anche le prestazioni a carico del Fondo di Garanzia.

 

Il Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto è stato istituito presso l’INPS dal richiamato articolo 2 della L. 297/1982 con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del Tfr. stesso spettante ai lavoratori o loro aventi diritto. Successivamente, il D.Lgs. 80/1992 ha disposto che il fondo interviene anche per le retribuzioni maturate negli ultimi tre mesi del rapporto.

Tale Fondo - che afferisce alla Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti - è alimentato con un contributo a carico dei datori di lavoro a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° luglio 1982. L’aliquota di contributo, per espressa previsione dell’art. 4 del D.Lgs. 80/1992, è determinata sulla base dell'andamento gestionale del Fondo ed è attualmente pari allo 0,20% della retribuzione imponibile (per i dirigenti delle aziende industriali il contributo è pari a 0,40% della retribuzione imponibile).

Per completezza si ricorda che, nell’ambito delle misure compensative a favore delle imprese a seguito del conferimento del Tfr alle forme pensionistiche complementari, l’art. 10 del D.Lgs. 252/2005 ha disposto l’esonero dal versamento del contributo al Fondo di garanzia nella stessa percentuale di Tfr maturando conferito alle predette forme pensionistiche complementari e al Fondo per l’erogazione del Tfr.


 

Articolo 98
(Trattamenti in favore di lavoratori nel settore dello sport)

 

 

I commi da 1 a 4 dell'articolo 98 riconoscono - nel limite di spesa di 200 milioni di euro per il 2020 - in favore di titolari di rapporti di collaborazione presso il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), il CIP (Comitato Italiano Paralimpico), le federazioni sportive nazionali, le discipline sportive associate, gli enti di promozione sportiva - riconosciuti dal CONI o dal CIP - e le società e associazioni sportive dilettantistiche un’indennità per i mesi di aprile e maggio 2020, pari a 600 euro. L’indennità è corrisposta dalla società Sport e salute S.p.A., alla quale sono trasferite le suddette risorse. L'attuazione del beneficio è demandata ad un decreto ministeriale.

Il successivo comma 5 dispone un elevamento da 50 a 80 milioni di euro del limite di spesa per l'analoga indennità già prevista per il mese di marzo (anch'essa pari a 600 euro e corrisposta da Sport e salute S.p.A.)[111], di cui all'articolo 96 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27.

Il comma 6 rinvia all'articolo 265 per la copertura degli oneri finanziari derivanti dai commi da 1 a 5.

Il comma 7 estende - con particolari criteri e nel rispetto di uno specifico limite di spesa - ai lavoratori dipendenti (atleti ed altre figure) iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti l'applicabilità delle norme che consentono, in via transitoria, il riconoscimento di trattamenti di integrazione salariale in deroga.

 

Più in particolare, il beneficio per il mese di aprile e maggio 2020, ai sensi del comma 1, è riconosciuto per i rapporti di collaborazione già in essere alla data del 23 febbraio 2020[112] presso: il CONI; il CIP; le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate del CONI e del CIP; gli enti di promozione sportiva, riconosciuti dal CONI o dal CIP; le società e associazioni sportive dilettantistiche, limitatamente - come specifica il comma 3 - a quelle iscritte nel relativo registro curato dal CONI - registro che contiene anche una sezione concernente le società ed associazioni dilettantistiche facenti capo al CIP -.

Rispetto alla disciplina prevista per l'analoga indennità per il mese di marzo 2020 - disciplina posta dal citato articolo 96 del D.L. n. 18 e dal D.M. 6 aprile 2020 -, l'ambito è più ampio, in virtù dell'estensione ai rapporti di collaborazione presso: il CONI; il CIP; le suddette federazioni e discipline associate del CIP; gli enti di promozione sportiva riconosciuti dal medesimo CIP.

Si ricorda che per l'indennità relativa al mese di marzo, l'articolo 2 del citato D.M. 6 aprile 2020 pone la condizione della sussistenza del rapporto alla data del 17 marzo 2020, ferma restando la condizione che il medesimo rapporto fosse già in essere alla data del 23 febbraio 2020, come previsto dal citato articolo 96, comma 1, del D.L. n. 18 e come richiesto anche per i mesi di aprile e maggio dal comma 1 del presente articolo 98. Si valuti l'opportunità di chiarire, per le indennità relativi ai mesi di aprile e di maggio, quale sia il termine temporale al quale deve essere riferita la sussistenza del rapporto.

Il medesimo comma 1 conferma che l'indennità in esame non concorre alla formazione del reddito fiscale imponibile (ai fini delle imposte sui redditi) ed esclude dall'ambito della prestazione i titolari di altro reddito da lavoro o di alcuni trattamenti (costituiti da indennità simili, nonché dal Reddito di cittadinanza, dal Reddito di emergenza e da trattamenti di integrazioni salariali), individuati in termini analoghi ai divieti di cumulo già posti per l'indennità relativa al mese di marzo; alcuni di tali divieti di cumulo sono posti anche del precedente articolo 86, che sancisce anche il divieto di cumulo con l'indennità in favore dei lavoratori domestici (indennità di cui all'articolo 85). Sul piano redazionale, sembrerebbe opportuno un accorpamento delle disposizioni suddette, al fine di evitare duplicazioni di norme. Si ricorda che l'articolo 3, comma 2, del citato D.M. 6 aprile 2020 esclude (per l'indennità per i collaboratori in esame relativa al mese di marzo) anche i titolari di pensione di ogni genere o di assegni ad esse equiparati. A quest'ultimo riguardo, si rileva che l'articolo 86 del presente decreto consente il cumulo dell'indennità in esame, per i mesi di aprile e di maggio, con l'assegno ordinario di invalidità, di cui all'articolo 1 della L. 12 giugno 1984, n. 222[113]. Si segnala che, al contrario di quanto previsto dal precedente articolo 75 per le indennità relative ad altri lavoratori per il mese di marzo, per i collaboratori in esame resta, per il mese di marzo, il divieto di cumulo dell'indennità con l'assegno ordinario di invalidità.

Il comma 2, come accennato, dispone un incremento delle risorse da trasferire a Sport e salute S.p.A., incremento pari a 200 milioni di euro per il 2020 e corrispondente al limite di spesa posto dal comma 1.

Alla medesima società (comma 3) devono essere presentate le domande da parte degli interessati, corredate da un'autocertificazione sulla preesistenza del rapporto di collaborazione, nonché sulla mancata percezione di altro reddito da lavoro e degli altri trattamenti summenzionati. Le domande sono istruite dalla suddetta società secondo l'ordine cronologico di presentazione. Per i soggetti già beneficiari dell'indennità in oggetto per il mese di marzo, si prevede che l'indennità per i mesi di aprile e maggio sia erogata senza necessità di ulteriore domanda. Si valuti l'opportunità di chiarire quali siano i criteri di priorità tra tali soggetti e quelli che non abbiano beneficiato dell'indennità di marzo, considerato che per i primi non può trovare applicazione il criterio cronologico e considerato anche che alcune categorie di soggetti non avevano diritto alla presentazione della domanda per il mese di marzo. Si consideri inoltre l'opportunità di valutare, anche sotto il profilo dell'azione amministrativa, gli effetti della mancanza di un'autocertificazione relativa all'aggiornamento dei requisiti e delle assenze di una causa di esclusione, considerato che la dichiarazione rilasciata per il mese di marzo faceva riferimento ad un ambito temporale diverso.

Ai fini dell'esame delle domande, la società Sport e salute S.p.A. acquisisce dal CONI il summenzionato registro sulla base di apposite intese (comma 3 citato).

Il comma 4 demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con "l’Autorità delegata in materia di sport" (attualmente il Ministro per le politiche giovanili e lo sport), da emanarsi entro 7 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge, la definizione delle modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 3, anche con riferimento a: le modalità di presentazione delle domande; i documenti richiesti; le cause di esclusione dal beneficio; i criteri di gestione delle risorse finanziarie; le forme di monitoraggio e di controllo della spesa; le modalità di distribuzione delle eventuali risorse residue, ad integrazione dell'indennità erogata per il mese di maggio. Riguardo ai criteri di gestione delle risorse, il comma fa riferimento anche alle spese di funzionamento. Si valuti l'opportunità di chiarire tale profilo, considerato che lo stanziamento di 200 milioni di euro, di cui al comma 2, è di importo identico al limite di spesa (di cui al comma 1) per i benefici in esame.

Il comma 5 innalza da 50 a 80 milioni di euro il limite di spesa relativo al riconoscimento della suddetta indennità per il mese di marzo 2020 (conseguentemente, vengono incrementate nella misura di 30 milioni le risorse trasferite a Sport e Salute S.p.A.)[114]. La relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto osserva che con le risorse originarie (stanziate per il mese di marzo) non si sono potute soddisfare tutte le domande.

Il comma 6 rinvia per la copertura degli oneri finanziari di cui ai commi da 1 a 5 (pari a 230 milioni) al successivo articolo 265 del decreto-legge.

L'assetto attuale di Sport e salute S.p.A. è disciplinato dall'articolo 1, commi 629-633, della legge di bilancio per il 2019 (L. n. 145 del 2018). Tali disposizioni hanno mutato la denominazione della CONI Servizi S.p.A. in Sport e salute S.p.A. e, nell’ambito del nuovo sistema di finanziamento delineato, hanno attribuito alla stessa società il compito di provvedere al sostegno degli organismi sportivi, sulla base degli indirizzi generali adottati dal CONI. I commi 630 e 632 disciplinano il meccanismo di finanziamento dell'attività sportiva nazionale da parte dello Stato e, conseguentemente, di attribuzione delle risorse destinate al CONI e a Sport e salute S.p.A.

Le medesime disposizioni della legge di bilancio 2019 hanno, inoltre, ridisciplinato la governance della società in oggetto.

Il comma 7 estende - con particolari criteri e nel rispetto di uno specifico limite di spesa - ai lavoratori dipendenti (atleti ed altre figure) iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti l'applicabilità delle norme che consentono, in via transitoria, il riconoscimento di trattamenti di integrazione salariale in deroga. L'applicabilità è limitata ai lavoratori in esame aventi una retribuzione annua lorda non superiore a 50.000 euro nonché ad un numero di settimane di trattamento non superiore a nove. Per i trattamenti in deroga relativi alla categoria in esame, viene posto un limite di spesa pari a 21,1 milioni di euro (per il 2020) e si richiama l'articolo 22 del citato D.L. n. 18 del 2020 - articolo novellato dall'articolo 70 del presente decreto -[115]. Si ricorda che, in base a tali norme, il trattamento può riguardare un periodo di sospensione o riduzione dell'attività lavorativa compreso tra il 23 febbraio 2020 ed il 31 agosto 2020.

 

Ai sensi dell'articolo 2 della L. 23 marzo 1981, n. 91[116], la qualifica di sportivo professionista può essere prevista, nell'ordinamento delle singole federazioni sportive nazionali del CONI, con riferimento agli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitino l'attività sportiva a titolo oneroso e con carattere di continuità. Tali soggetti sono iscritti al Fondo Pensione Sportivi Professionisti (Fondo gestito in passato dall'ENPALS e ora dall'INPS). Si ricorda che la qualifica di professionista è attualmente contemplata nell'ordinamento delle federazioni relative ai seguenti sport: calcio; ciclismo; golf; motociclismo; pallacanestro; pugilato.

Per approfondimenti si veda la pagina internet del FPSP.

Articolo 99
(Osservatorio nazionale per il mercato del lavoro)

 

 

L’articolo 99 istituisce presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali l’Osservatorio nazionale per il mercato del lavoro.

 

L’Osservatorio è istituito - senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e con l’utilizzo delle risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente (comma 6) -  al fine di monitorare gli effetti dell’emergenza epidemiologica e delle misure di contenimento adottate sul mercato del lavoro, così da programmare adeguate strategie occupazionali (incluse politiche attive per il lavoro e per la formazione) e persegue i seguenti obiettivi (commi 1 e 2):

§  studio ed elaborazione dei dati sull’occupazione (con particolare riferimento all’analisi per competenze, caratteristiche settoriali, territoriali, sociali, demografiche e di genere);

§  individuazione e definizione dei fabbisogni generati dalle trasformazioni del mercato del lavoro (anche per effetto dei mutamenti conseguenti all’emergenza epidemiologica), nonché di aree prioritarie verso cui indirizzare azioni e interventi per il superamento degli squilibri tra domanda ed offerta di lavoro;

§  prevenzione e contrasto al lavoro irregolare;

§  supporto all’individuazione dell’offerta formativa, tecnica e scolastica professionale in base alle richieste dei nuovi profili professionali emergenti;

§  analisi di impatto e valutazione delle politiche occupazionali e di sostegno al reddito attivate.

 

L’Osservatorio promuove la costituzione di Osservatori regionali con analoghe finalità, se non già costituiti, assicurando indirizzi comuni e funzioni di coordinamento volte a formare una Rete nazionale degli Osservatori del mercato del lavoro (previo accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano) (comma 3).

 

Per le finalità dell’Osservatorio, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali può avvalersi di un Comitato scientifico appositamente istituito con decreto del Ministro stesso, presieduto dal rappresentante del medesimo Ministero e composto dai seguenti soggetti, a cui non spetta alcun compenso, indennità, gettone di presenza, rimborso spese o emolumento comunque denominato (comma 4):

§  rappresentanti dell’Istat, dell’Inps, dell’Inail, dell’Anpal, dell’Inapp, delle regioni e province autonome;

§  esperti indipendenti.

 

L’individuazione dei dati, anche individuali, e delle amministrazioni titolari del relativo trattamento (che li mettono a disposizione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali al solo fine di elaborazione statistica per le suddette finalità) è demandata ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali (comma 5).


 

Articolo 100
(Avvalimento Comando dei Carabinieri per la tutela del Lavoro)

 

 

L’articolo 100 dispone la facoltà di avvalimento in via diretta, da parte del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Comando dei Carabinieri per la Tutela del Lavoro e delle articolazioni dipendenti, limitatamente al personale già in organico

 

Tale facoltà è prevista, eccezionalmente, al fine di contrastare e contenere la diffusione del virus COVID-19 e fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri, per far fronte all’emergenza epidemiologica e al fine di assicurare una tempestiva vigilanza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nel processo di riavvio delle attività produttive e comunque non oltre il 31 dicembre 2020 e si aggiunge alla facoltà di avvalersi dell’Ispettorato nazionale del lavoro, in base a quanto stabilito dalla Convenzione concernente gli obiettivi assegnati all’Ispettorato Nazionale del Lavoro (2019- 2021)[117].

L’avvalimento previsto dalla norma dovrà avvenire nell’ambito dell’attuale contingente di organico e di mezzi assegnato dall’Ispettorato al Comando dei Carabinieri per la tutela del lavoro. Pertanto la norma non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


 

Articoli 101-102
(Spesa per acquisto di beni e servizi di INPS e INAIL)

 

 

Gli articoli 101 e 102 innalzano i limiti di spesa per acquisti di beni e servizi da parte di INPS e INAIL.

 

Gli articoli 101 e 102 sono volti a favorire lo sviluppo, da parte di INPS ed INAIL, dei servizi diretti all’erogazione delle prestazioni finalizzate a contenere gli effetti negativi sul reddito dei lavoratori dell’emergenza epidemiologica COVID-19, nonché il rafforzamento dei servizi di consulenza e assistenza all’utenza.

A tal fine si prevede che tali enti possano, nel 2020, incrementare la spesa per acquisto di beni e servizi in misura pari all’11% della spesa sostenuta, per le medesime finalità, negli esercizi finanziari 2016-2017 e 2018, in deroga alla normativa vigente.

 

La normativa vigente, introdotta dall’articolo 1, comma 591, della legge n.160 del 2019 (legge di bilancio per il 2020) prevede che a decorrere dal 2020 le amministrazioni pubbliche (compresi, quindi, INPS e INAIL) non possano effettuare spese per l’acquisto di beni e servizi per un importo superiore al valore medio sostenuto per le medesime finalità negli esercizi finanziari 2016, 2017 e 2018.

 

Le voci di spesa per l’acquisto di beni e servizi sono individuate con riferimento al piano dei conti integrato previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 2013, n. 132.

 

Il D.P.R. n.132 del 2013, adottato in attuazione dell’articolo 4, comma 3, lettera a), del decreto legislativo n.91 del 2011, ha introdotto l’obbligo per le pubbliche amministrazioni in regime di contabilità finanziaria di adottare, a decorrere dall’esercizio finanziario 2015, il Piano dei conti integrato. Il Piano è costituito dall’elenco delle unità elementari del bilancio finanziario-gestionale e dei conti economico-patrimoniali e rappresenta la struttura di riferimento per la predisposizione dei documenti contabili e di finanza pubblica.

 

 

Articolo 103
(Emersione di rapporti di lavoro)

 

 

L’articolo 103 introduce due forme di regolarizzazione dei lavoratori, italiani e stranieri, impiegati in agricoltura, nella cura della persona e nel lavoro domestico.

Con la prima (di cui al comma 1) i datori di lavoro possono presentare domanda per assumere cittadini stranieri presenti nel territorio nazionale o per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare preesistente con lavoratori italiani o stranieri sottoposti a rilievi foto-dattiloscopici prima dell'8 marzo 2020 o soggiornanti in Italia prima di tale data in base alle attestazioni ivi previste, ai fini della regolarizzazione del rapporto di lavoro.

La seconda (di cui al comma 2) consiste nella concessione di un permesso di soggiorno temporaneo di 6 mesi, valido solo nel territorio nazionale, agli stranieri con permesso di soggiorno scaduto alla data del 31 ottobre 2019 che ne fanno richiesta e che risultino presenti sul territorio nazionale alla data dell'8 marzo 2020 e che abbiano svolto attività di lavoro nei settori di cui al comma 3, prima del 31 ottobre 2019 e sulla base di documentazione riscontrabile dall’Inps. Il permesso temporaneo è convertito in permesso di soggiorno per lavoro se il lavoratore viene assunto.

In entrambi i casi gli stranieri devono risultare presenti nel territorio nazionale ininterrottamente dall’8 marzo 2020.

Le domande, sia quelle di emersione del lavoro, sia quelle di regolarizzazione del permesso di soggiorno, possono essere presentate dal 1° giugno al 15 luglio 2020 previo pagamento di un contributo forfetario.

Le domande di cui al comma 1 sono presentate dal datore di lavoro all’INPS, per i lavoratori italiani e comunitari, o allo sportello unico per l’immigrazione, per i cittadini di Paesi terzi. Le domande per il permesso di soggiorno temporaneo di cui al comma 2 sono presentate dal lavoratore straniero alla questura. Le modalità sono definite con decreto interministeriale.

Sono esclusi dalla regolarizzazione i datori di lavoro e i lavoratori condannati, anche in via non definitiva, per gravi reati tra cui il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la tratta finalizzata alla prostituzione e allo sfruttamento dei minori, il caporalato. Sono esclusi anche i lavoratori interessati da provvedimenti di espulsione per gravi motivi, che risultino segnalati secondo disposizioni fondate su convenzioni internazionali, quelli considerati una minaccia per l’ordine pubblico.

Nel contempo, sono sospesi, fino alla fine della procedura di esame delle istanze, i procedimenti penali e amministrativi connessi con il lavoro irregolare ad eccezione di quelli per gravi reati. Se la procedura si conclude con la sottoscrizione del contratto di lavoro o con la concessione del permesso temporaneo, i reati si considerano estinti, in caso contrario la sospensione cessa.

Vengono inasprite le sanzioni tanto per coloro che, nelle procedure di emersione dei rapporti di lavoro, dichiarano il falso, quanto per coloro che impiegano in modo irregolare i cittadini stranieri che avanzano richiesta del permesso di soggiorno temporaneo.

Inoltre, si autorizza il Ministero dell’interno ad utilizzare, per un periodo massimo di sei mesi, tramite agenzie di somministrazione di lavoro, lavoratori da impiegare nelle procedure di regolarizzazione con il limite massimo di spesa di 30 milioni di euro.

In relazione agli effetti derivanti dall'attuazione della norma in esame, è disposto un incremento del livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre ordinariamente lo Stato.

Infine, si prevede che le Amministrazioni dello Stato e le regioni, anche mediante l’implementazione delle misure previste dal Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022, adottino misure urgenti idonee a garantire la salubrità e la sicurezza delle condizioni alloggiative dei lavoratori, nonché ulteriori interventi di contrasto del lavoro irregolare e del fenomeno del caporalato.

 

La finalità della regolarizzazione, secondo quanto rappresentato al comma 1, è duplice:

§  garantire livelli adeguati di tutela della salute dei singoli e della collettività intera, in conseguenza della emergenza sanitaria connessa alla diffusione del contagio da Covid 19;

§  favorire l’emersione di rapporti di lavoro irregolari.

 

La materia delle regolarizzazione dei lavoratori stranieri è stata oggetto di  dibattito parlamentare in diverse occasioni; da ultimo nel corso della conversione del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, con l’accoglimento da parte del Governo di un ordine del giorno finalizzato a “prevedere forme di regolarizzazione, anche attraverso un permesso di soggiorno temporaneo per motivi di lavoro, per i cittadini stranieri che possono dimostrare la loro presenza in Italia al fine di rendere ancora più efficaci le azioni di contenimento e contrasto alla diffusione del COVID-19, salvaguardare la salute pubblica e contemporaneamente sostenere sia i comparti produttivi che le famiglie gravemente colpiti dalla carenza di lavoratori disponibili allo svolgimento di tali attività a causa dell'emergenza sanitaria” (Camera dei deputati, seduta del 24 aprile 2020, odg 9/2463/318).

 

La relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione ipotizza, tenendo presente il dato medio delle due ultime procedure di emersione del 2009 e 2012, che il numero di potenziali domande potrebbe attestarsi a circa 220.000 e potrebbe ripartirsi, secondo un rapporto di 4:1, in 176.000 per il comma 1 e 44.000 per il comma 2.

Regolarizzazione del lavoro (comma 1)

Ai sensi del comma 1 i datori di lavoro possono presentare istanza per:

§  concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale;

§  dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri.

 

Viene specificato che possono presentare istanza le seguenti categorie di datori di lavoro:

§  datori di lavoro italiani;

§  datori di lavoro cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea;

§  datori di lavoro stranieri in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.

 

Ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (TU immigrazione), i cittadini di Paesi terzi, in possesso da almeno 5 anni di un permesso di soggiorno in corso di validità acquistano (purché dimostrino la disponibilità di stabili e regolari risorse economiche e siano coperti da adeguata assicurazione sanitaria) lo status di soggiornante di lungo periodo e hanno diritto, previa richiesta, ad un permesso di soggiorno speciale detto "permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo". Tale status - che è permanente, salva revoca o perdita a date condizioni - reca con sé alcuni diritti, circa la parità di trattamento nell'esercizio di un'attività lavorativa, la tutela contro l'allontanamento, il soggiorno negli altri Stati membri, il ricongiungimento con i familiari.

 

Per quanto riguarda i lavoratori stranieri interessati alla regolarizzazione, oltre ad appartenere ad uno dei settori di attività indicati al comma 3 (vedi infra), devono aver fatto il loro ingresso in Italia prima dell’8 marzo 2020 e, da allora, non devono aver lasciato il territorio nazionale. Per provare il loro ingresso prima di tale data, la disposizione in esame prevede due possibilità:

§  essere stati sottoposti a rilievi foto-dattiloscopici (impronte digitali e fotografia) prima dell’8 marzo;

§  aver rilasciato prima di tale data la dichiarazione di presenza prescritta per l’ingresso in Italia per brevi periodi (ai sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68) o di “attestazioni costituite da documentazioni di data certa proveniente da organismi pubblici”. In proposito, onde evitare incertezze in sede applicativa, si valuti l’opportunità di chiarire maggiormente tale previsione (in parte analoga a quella recata, in precedenza, dal d. lgs. 109 del 2012), considerato che essa costituisce una delle condizioni richieste dalla legge (ad esempio se il riferimento possa intendersi al timbro di ingresso sul passaporto o a quali ulteriori attestazioni “di data certa”).

 

L’acquisizione dei rilievi fotodattiloscopici (ossia dei rilievi fotografici e delle impronte digitali) dei cittadini stranieri è previsto da diverse disposizioni speciali.

In linea generale, tutti gli stranieri che fanno richiesta del permesso di soggiorno, o ne richiedono il rinnovo, sono sottoposti alla rilevazione dei dati fotodattiloscopici (art. 5, comma 2-bis e 4-bis del TU immigrazione, introdotto dalla L. 189/2002).

Gli stranieri autorizzati al lavoro stagionale ai sensi dell'articolo 24 del testo unico per un periodo non superiore a trenta giorni sono esonerati dall'obbligo di sottoposizione alla rilevazione dei dati fotodattiloscopici (art. 9, comma 5, DPR 394/1999 regolamento di attuazione del TU).

Inoltre, sono sottoposti al rilevamento delle impronte digitali i cittadini stranieri o apolidi di età non inferiore a 14 anni che presentano una domanda di asilo o quando sono fermati dalle competenti autorità a seguito dell'attraversamento irregolare via terra, mare o aria della frontiera italiana in provenienza da un paese terzo e non sia stato respinto (artt. 4 e 8 regolamento (CE) N. 2725/2000 del Consiglio dell'11 dicembre 2000 che istituisce l'«Eurodac»).

In ogni caso, qualunque cittadino straniero può essere sottoposto a rilievi foto-dattiloscopici e segnaletici qualora vi sia motivo di dubitare della sua identità personale (art. 6, comma 4, TU).

In occasione della regolarizzazione del 2002 non era richiesto il requisito dei rilievi fotodattiloscopici (né della dichiarazione di presenza) e si prevedeva che i lavoratori regolarizzati fossero sottoposti ai rilievi fotodattiloscopici non al momento della richiesta del permesso di soggiorno (come prevede in via generale il TU) ma entro un anno dalla data di rilascio del permesso di soggiorno rilasciato a seguito di emersione, e comunque in sede di rinnovo dello stesso (art. 2, comma 3, del decreto legge 195/2002). Anche nella regolarizzazione del 2009 e in quella del 2012 non era richiesta la pregressa avvenuta rilevazione dei dati fotodattiloscopici (D.L. 78/2009 e D.Lgs. 109/2012).

Infine, i cittadini stranieri, come quelli italiani, sono sottoposti ai rilievi fotodattiloscopici qualora ricorrano le condizioni previste dalle norme del procedimento penale.

 

La legge 68/2007 ha eliminato l’obbligo di richiesta del permesso di soggiorno per i soggiorni di breve durata. Il permesso di soggiorno è stato sostituito con una semplice dichiarazione di presenza per gli stranieri non comunitari che intendono soggiornare in Italia per periodi non superiore a tre mesi per motivi di missione, gara sportiva, visita, affari, turismo, ricerca scientifica e studio.

L’inosservanza dell’obbligo della presentazione della dichiarazione di presenza comporta l’espulsione dello straniero, sia in caso di ritardo nella presentazione della dichiarazione, sia in caso di trattenimento nel territorio dello Stato oltre il periodo consentito.

L’art. 1, comma 2, della citata legge 68 prevede che se lo straniero proviene da un paese extra Schengen, la dichiarazione è presentata all’autorità di frontiera, mentre in caso di provenienza da Paesi dell'area Schengen lo straniero dichiara la sua presenza al questore della provincia in cui si trova.

Puntuali modalità di presentazione della dichiarazione di presenza per soggiorni di breve durata sono state successivamente definite dal decreto del Ministro dell'interno del 26 luglio 2007.

Regolarizzazione del soggiorno (comma 2)

Ai sensi del comma 2, i cittadini stranieri con permesso di soggiorno scaduto al 31 ottobre 2019, non rinnovato o non convertito in altro titolo di soggiorno, possono richiedere un permesso di soggiorno temporaneo della durata di 6 mesi dalla presentazione dell’istanza.

Il permesso di soggiorno è valido solo nel territorio nazionale.

Come per i lavoratori irregolari, anche in questo caso i richiedenti il permesso di soggiorno temporaneo devono risultare presenti sul territorio nazionale continuativamente dalla data dell’8 marzo 2020.

Inoltre, prima del 31 ottobre 2019 devono aver svolto attività di lavoro, nei settori ammessi (di cui al comma 3) comprovata secondo le modalità di cui al comma 16 (vedi oltre) che in particolare richiede la presentazione di idonea documentazione a comprovare l’attività lavorativa svolta nei settori di cui al comma 3 e riscontrabile da parte dell'Ispettorato Nazionale del lavoro.

Si tratta quindi di un permesso di soggiorno ‘per ricerca di lavoro’ in quanto, ai sensi dell’ultimo periodo del comma in esame, se nel corso dei 6 mesi della sua durata, il cittadino è in grado di esibire un contratto di lavoro subordinato oppure la documentazione retributiva e previdenziale comprovante lo svolgimento dell’attività lavorativa in conformità alle previsioni di legge (sempre nei settori ammessi di cui al comma 3), il permesso viene convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Settori di attività interessati (comma 3)

I settori di attività cui si applicano le disposizioni in esame sono:

§  agricoltura, allevamento e zootecnia, pesca e acquacoltura e attività connesse;

§  “assistenza alla persona per se stessi o per componenti della propria famiglia, anche non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l’autosufficienza”;

In proposito si valuti l'opportunità di chiarire la locuzione "assistenza alla persona per se stessi".  

§  lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare.

 

Si ricorda che l'art. 85 del decreto-legge in esame, che introduce una indennità per lavoro domestico, esclude da tale indennità i soggetti interessati dalle procedure di emersione di rapporti di lavoro di cui all’articolo in esame (comma 3).

Modalità di presentazione delle istanze (commi 4, 5, 6, 7, 15, 16 e 19)

Le domande, sia quelle di emersione del lavoro irregolare, sia quelle di regolarizzazione del soggiorno, possono essere presentate dal 1° giugno al 15 luglio 2020 (comma 5).

Variano invece i soggetti a cui vanno presentate le istanze:

§  all’INPS vengono inviate le istanze dei datori di lavoro che riguardano i lavoratori italiani o per i cittadini comunitari;

§  allo sportello unico per l’immigrazione le istanze dei datori di lavoro che riguardano i lavoratori stranieri (di cui al comma 1);

§  alla questura le domande degli stranieri per il rilascio dei permessi di soggiorno temporanei (di cui al comma 2).

 

La procedura di presentazione delle domande di regolarizzazione è, in gran parte, disciplinata dal provvedimento in esame che, per le disposizioni di dettaglio, fa rinvio all’adozione di un decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ed il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali da adottarsi entro dieci giorni dall'entrata in vigore del presente provvedimento (comma 5).

In particolare, il decreto dovrà stabilire i limiti di reddito del datore di lavoro richiesti per la conclusione del rapporto di lavoro, la documentazione idonea a comprovare l’attività lavorativa per gli stranieri che presentano istanza per il permesso di soggiorno temporaneo (comma 6) e le modalità di svolgimento del procedimento nonché del pagamento del contributo forfetario di cui al comma 7 (vedi infra).

Nelle more della definizione dei procedimenti relativi alla regolarizzazione, la presentazione delle istanze consente lo svolgimento dell’attività lavorativa. Per la regolarizzazione del lavoratore straniero, di cui al comma 1, questi può svolgere l’attività di lavoro esclusivamente alle dipendenze del datore di lavoro che ha presentato l’istanza.

 

Ai sensi del comma 7 le istanze di regolarizzazione dei lavoratori (di cui al comma 1) sono presentate previo pagamento (con le modalità di cui al decreto del Ministro dell’interno di cui al comma 5) di un contributo forfetario di 500 euro per ciascun lavoratore, a copertura degli oneri connessi all’espletamento della procedura di emersione. È previsto il pagamento di un ulteriore contributo forfetario per le somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale, da determinarsi questo con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, con il Ministro dell’interno ed il Ministro delle politiche agricole e forestali.

Per la regolarizzazione del soggiorno (di cui al comma 2) è previsto un contributo di 130 euro al netto dei costi per la presentazione dell’istanza alla questura pari al massimo a 30 euro (si veda il comma 16) che restano comunque a carico dell'interessato.

La destinazione dei contributi è determinata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'interno, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali (comma 19).

 

In caso di cessazione del rapporto di lavoro dopo l’emersione, anche per i contratti a carattere stagionale, si prevede l’applicazione della procedura ordinaria prevista dal testo unico dell’immigrazione che concede allo straniero un certo periodo di tempo per la ricerca di una nuova attività lavorativa (comma 4, secondo periodo).

 

Infatti, la sola perdita del posto di lavoro, anche per dimissioni, non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno del lavoratore extracomunitario il quale può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore (art. 22, comma 11, D.Lgs. 286/1998).

 

Per quanto riguarda la regolarizzazione dei lavoratori, di cui al comma 1, da parte del datore di lavoro, questi deve indicare nell’istanza la durata del contratto di lavoro e la retribuzione convenuta, non inferiore a quella prevista dal contratto collettivo di lavoro di settore (comma 4, primo periodo).

L’istanza, come si è visto sopra, è presentata allo sportello unico per l’immigrazione il quale (comma 15):

§  verifica l'ammissibilità della dichiarazione;

§  acquisisce il parere della questura sull'insussistenza di motivi ostativi all'accesso alle procedure o al rilascio del permesso di soggiorno;

§  acquisisce il parere del competente Ispettorato territoriale del lavoro in ordine alla capacità economica del datore di lavoro e alla congruità delle condizioni di lavoro applicate;

§  convoca le parti per la stipula del contratto di soggiorno, per la comunicazione obbligatoria di assunzione e la compilazione della richiesta del permesso di soggiorno per lavoro subordinato. In caso di mancata presentazione delle parti senza giustificato motivo lo sportello archivia il procedimento.

 

Il contratto di soggiorno per lavoro subordinato viene stipulato tra il datore di lavoro e il lavoratore presso lo sportello unico per l’immigrazione e deve contenere la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica e l’impegno al pagamento delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza (art. 5-bis TU immigrazione). La stipula del contratto di soggiorno è condizione essenziale per il rilascio del permesso di soggiorno (art. 5, comma 3-bis TU immigrazione).

 

Ai sensi del comma 16, la domanda di rilascio del permesso di soggiorno temporaneo (di cui al comma 2) è presentata, oltre che al questore, anche all’Ispettorato nazionale del lavoro. Allegata alla istanza deve essere presentata la documentazione, individuata dal decreto di attuazione, per comprovare l’attività lavorativa svolta nei settori ammessi prima del 31 ottobre 2019. L’Ispettorato nazionale del lavoro riscontra la veridicità di tale documentazione.

All’atto della presentazione della domanda, il richiedente riceve un’attestazione che gli consente di:

§  soggiornare nel territorio dello Stato fino ad eventuale comunicazione dell’Autorità di pubblica sicurezza;

§  svolgere lavoro subordinato, esclusivamente nei settori di attività ammessi;

§  presentare domanda di conversione del permesso di soggiorno temporaneo in permesso di soggiorno per motivi di lavoro;

§  iscriversi al registro di disoccupazione (art.19, D.Lgs. 150/2015).

 

Per la raccolta delle richieste di permesso di soggiorno temporaneo e l'inoltro agli uffici dell'amministrazione, il Ministero dell’interno può stipulare apposite convenzioni con concessionari di pubblici servizi come previsto dalla legge 3/2002 (art. 39, commi 4-bis e 4-ter).

 

In base a tale normativa il Ministero dell’interno ha stipulato la convenzione con Poste Italiane SPA per la presentazione da parte dei cittadini stranieri delle domande di rilascio di diverse tipologie di permessi di soggiorno previsti dalla legislazione vigente presso gli Uffici Postali abilitati utilizzando l'apposito materiale.

 

Il relativo onere a carico dell’interessato è determinato con il decreto di cui al comma 5, nella misura massima di 30 euro.

Inammissibilità e rigetto delle domande (commi 8, 9 e 10)

Il provvedimento in esame prevede alcune cause di inammissibilità e di rigetto delle istanze imputabili al datore di lavoro (commi 8 e 9) o al lavoratore (comma 10).

Per quanto riguarda il datore di lavoro, ai sensi del comma 8, costituisce causa di inammissibilità delle istanze di regolarizzazione (di cui al comma 1) e di conversione del permesso di soggiorno transitorio in permesso di soggiorno per motivi di lavoro (comma 2), la condanna negli ultimi 5 anni, anche con sentenza non definitiva, e anche patteggiata (ai sensi dell'articolo 444 c.p.p.) per i seguenti reati:

§  favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dall'Italia verso altri Stati (art. 12 TU immigrazione);

§  reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite,

§  riduzione o mantenimento in schiavitù (art. 600 codice penale);

§  intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, c.d. caporalato (art. 603-bis codice penale);

§  reato di impiego di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno o il cui permesso di soggiorno è scaduto e non ne è stato chiesto il rinnovo (art. 22, comma 12, TU immigrazione).

 

Inoltre, la domanda di regolarizzazione è rigettata se il datore di lavoro non procede alla sottoscrizione del contratto di soggiorno presso lo sportello unico per l’immigrazione oppure non assume il lavoratore straniero, salvo cause di forza maggiore non a lui imputabili, e comunque intervenute a seguito dell'espletamento di procedure di ingresso di cittadini stranieri per motivi di lavoro subordinato ovvero di procedure di emersione dal lavoro irregolare (comma 9).

 

Per quanto riguarda i cittadini stranieri, non sono ammessi alle procedure di regolarizzazione (comma 10) i soggetti:

§  nei confronti dei quali sia stato emesso provvedimento di espulsione, per una delle seguenti cause:

-     per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato (art. 13, comma 1, TU immigrazione);

-     perché appartenente ad una delle categorie di soggetti cui possono essere applicate le misure di prevenzione antimafia (art. 13, comma 2, lett. c), TU immigrazione;

-     per motivi di prevenzione del terrorismo (art. 3 D.L. 144/2005).

§  perché risultano segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l'Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato;

 

In proposito si ricorda che l’Italia partecipa al Sistema d’informazione Schengen (SIS), un sistema automatizzato per la gestione e lo scambio di informazioni tra i Paesi aderenti alla convenzione di Schengen. Il sistema prevede la segnalazione dei cittadini di paesi terzi ai fini del rifiuto di ingresso o di soggiorno per motivi che costituiscono una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza nazionale. Tale situazione si verifica in particolare nei seguenti casi:

-          se il cittadino è stato riconosciuto colpevole in uno Stato membro di un reato che comporta una pena detentiva di almeno un anno;

-          si ritiene che abbia commesso un reato grave o se esistono indizi concreti sull’intenzione di commettere un tale reato.

 

§  perché risultano condannati, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata anche a seguito di patteggiamento, per gravi reati quali quelli per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza (art. 380 del codice di procedura penale) o per i delitti contro la libertà personale ovvero per i reati inerenti gli stupefacenti, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia e dell’emigrazione clandestina dall’Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite;

§  perché sono considerati una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone. Nella valutazione della pericolosità dello straniero si tiene conto anche di eventuali condanne, anche con sentenza non definitiva, compresa quella pronunciata a seguito di patteggiamento, per uno dei reati per i quali è previsto l’arresto facoltativo in flagranza (art. 381 del codice di procedura penale).

 

Si ricorda che la Corte costituzionale (sentenza 78/2005) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di due disposizioni relative all’emersione di lavoratori irregolari stranieri avviata nel 2002 (art. 33, comma 7, lettera c), della legge n. 189 del 2002, art. 1, comma 8, lettera c), del D.L. 195/2002) nella parte in cui non consentono la regolarizzazione del lavoratore extracomunitario denunciato per uno dei reati per i quali gli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale prevedono l’arresto obbligatorio o facoltativo in flagranza. La Corte ha giudicato contrario al principio di ragionevolezza l’automatismo delle conseguenze collegate alla sola denuncia, in quanto atto che nulla prova riguardo alla colpevolezza o alla pericolosità del soggetto, e pertanto ha ritenuto irragionevole una normativa che fa derivare dalla denuncia “conseguenze molto gravi in danno di chi della medesima è soggetto passivo, imponendo il rigetto dell’istanza di regolarizzazione che lo riguarda e l’emissione nei suoi confronti dell’ordinanza di espulsione; conseguenze tanto più gravi qualora s’ipotizzino denunce non veritiere per il perseguimento di finalità egoistiche del denunciante e si abbia riguardo allo stato di indebita soggezione in cui, nella vigenza delle norme stesse, vengono a trovarsi i lavoratori extracomunitari”.

La Corte ha censurato la legge di regolarizzazione del 2009 dichiarando costituzionalmente illegittimo, in riferimento all'art. 3 Cost., l'art. 1-ter, comma 13, lett. c), del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto dell'istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla pronuncia nei suoi confronti di una sentenza di condanna per uno dei reati per i quali l'art. 381 cod. proc. pen. permette l'arresto facoltativo in flagranza, senza prevedere che la pubblica amministrazione provveda ad accertare che il medesimo rappresenti una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. La Corte, nel più ampio contesto della regolamentazione dell'ingresso e del soggiorno dello straniero nel territorio nazionale, ha affermato che il legislatore ben può subordinare la regolarizzazione del rapporto di lavoro al fatto che la permanenza sul territorio dello Stato non sia di pregiudizio ad alcuno degli interessi coinvolti, ma la relativa scelta deve, al contempo, costituire il risultato di un ragionevole e proporzionato bilanciamento degli stessi, soprattutto quando sia suscettibile di incidere sul godimento dei diritti fondamentali dei quali è titolare anche lo straniero extracomunitario, perché la condizione giuridica dello straniero non deve essere considerata come causa ammissibile di trattamenti diversificati o peggiorativi (sentenza 172/2012).

In relazione al principio di non colpevolezza sino alla condanna definitiva (ex art. 27, 2° comma, Cost.), la Corte costituzionale ha affermato che esso “è violato allorché la legge preveda una misura che costituisca, nella sostanza, una sanzione anticipata in assenza di un accertamento definitivo di responsabilità” (da ultimo sentenza 148/2019). È invece compatibile con la presunzione di non colpevolezza una logica in senso lato cautelare, come quella alla base delle misure cautelari previste dal codice di procedura penale. “Rispetto allora a una misura ispirata ad una finalità cautelare, «[l]a presunzione di non colpevolezza potrebbe essere chiamata in causa solo indirettamente, in quanto la misura, per i suoi caratteri di irragionevolezza assoluta o di sproporzione o di eccesso rispetto alla funzione cautelare, dovesse in realtà apparire, non come una cautela ma come una sorta di sanzione anticipata, conseguente alla commissione del reato». A tal proposito la Corte richiama la citata sentenza n. 172 del 2012, la quale – pur ritenendo assorbite le censure ex art. 27, secondo comma, Cost. – caduca “la previsione dell’impossibilità per il lavoratore extracomunitario di ottenere la regolarizzazione del proprio titolo di soggiorno in caso di condanna, definitiva o meno, per tutti i reati per i quali è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, anche in ragione delle ‘conseguenze molto gravi, spesso irreversibili’ provocate dalla disciplina censurata, giudicata dalla Corte manifestamente irragionevole rispetto agli scopi perseguiti dal legislatore). In simili ipotesi, la misura contrasterebbe del resto non solo con l’art. 27, secondo comma, Cost., ma anche con le previsioni costituzionali che tutelano i singoli diritti incisi dalla misura medesima, nonché con gli stessi principi di ragionevolezza e proporzionalità di cui all’art. 3 Cost.”

Sospensione ed estinzione dei procedimenti penali e amministrativi (commi 11, 12, 13 e 17)

Il comma 11 dispone la sospensione dei procedimenti penali e amministrativi, dalla data di entrata in vigore del decreto e fino alla conclusione delle procedure di regolarizzazione, nei confronti del datore di lavoro per l’impiego irregolare di lavoratori per i quali è stata presentata la dichiarazione di emersione, anche se di carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale.

Parimenti sono sospesi i procedimenti penali e amministrativi nei confronti dei lavoratori per l’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale, con l’esclusione dei procedimenti relativi agli illeciti correlati all’immigrazione clandestina, di cui all'articolo 12 del TU immigrazione, tra cui la promozione, la direzione, l’organizzazione e il trasporto clandestino di stranieri nel territorio nazionale.

 

Ai sensi del comma 12 non sono sospesi i procedimenti penali nei confronti dei datori di lavoro per le seguenti fattispecie:

§  favoreggiamento dell'immigrazione clandestina verso l'Italia e dell'immigrazione clandestina dall'Italia verso altri Stati o per reati diretti al reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o allo sfruttamento della prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, nonché per il reato di cui all’art.600 del codice penale;

§  intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ai sensi dell'articolo 603-bis del codice penale.

 

La sospensione di cui sopra cessa nel caso in cui non venga presentata l’istanza, oppure sia rigettata o archiviata. Lo stesso effetto ha la mancata presentazione delle parti alla convocazione per la stipula del contratto di soggiorno di cui al comma 12. Tuttavia, è prevista l’archiviazione dei procedimenti penali e amministrativi a carico del datore di lavoro nel caso l’esito negativo del procedimento derivi da cause indipendenti dalla sua volontà o dal suo comportamento (comma 13).

 

Ai sensi del comma 17, nelle more della definizione dei procedimenti di regolarizzazione, lo straniero non può essere espulso, tranne che nei casi di cui al comma 10 (provvedimento di espulsione per gravi motivi, condanna per gravi reati ecc.).

Il comma 17, inoltre, disciplina nel dettaglio le ipotesi di estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi all’esito positivo della procedura di regolarizzazione:

§  nei casi di istanza di emersione riferita a lavoratori stranieri presentata dai datori di lavoro, la sottoscrizione del contratto di soggiorno, la comunicazione obbligatoria di assunzione e il rilascio del permesso di soggiorno comportano, per il datore di lavoro e per il lavoratore, l'estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi relativi ai casi di cui al comma 11 ossia sia per le violazioni di carattere finanziario, fiscale, previdenziale e assistenziale, sia per quelle per ingresso e soggiorno illegale;

§  nei casi di istanza di emersione riferita a lavoratori italiani o a cittadini di uno Stato membro dell’Unione europea, la relativa presentazione dell’istanza all’INPS comporta l’estinzione dei reati e degli illeciti per le violazioni di carattere finanziario, fiscale, previdenziale e assistenziale;

§  nei casi di istanza presentata lavoratori stranieri per la concessione del permesso di soggiorno temporaneo, l'estinzione dei reati e degli illeciti amministrativi consegue esclusivamente al rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro e non anche al rilascio del permesso temporaneo.

Sanzioni (commi 14, 18 e 22)

L’articolo 103 prevede specifiche sanzioni tanto per coloro che, nelle procedure di emersione dei rapporti di lavoro, dichiarano il falso, quanto per coloro che impiegano in modo irregolare i cittadini stranieri che avanzano richiesta del permesso di soggiorno temporaneo.

 

In particolare, in base al comma 14, il datore di lavoro che impiega in modo irregolare gli stranieri che hanno richiesto il permesso di soggiorno temporaneo ai sensi del comma 2 (v. sopra) è soggetto al raddoppio delle seguenti sanzioni amministrative:

§  delle sanzioni previste dall’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 12 del 2002 per l’impiego di lavoratori subordinati senza la preventiva comunicazione;

 

Tale disposizione prevede per il datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:

-          da 1.800 a 10.800 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di effettivo lavoro;

-          da 3.600 e 21.600 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da 31 a 60 giorni di effettivo lavoro;

-          da 7.200 a 43.200 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di effettivo lavoro.

Tali sanzioni sono aumentate del 20% in caso di impiego di lavoratori stranieri o di minori in età non lavorativa.

In caso, dunque, di impiego in modo irregolare di un solo lavoratore straniero che abbia fatto istanza ai sensi del comma 2, e per un periodo inferiore a 30 giorni di lavoro, il datore di lavoro dovrà pagare una somma compresa tra 4.320 e 25.920 euro (la sanzione base da 1.800 a 10.800 euro, maggiorata dal 20% perché si tratta di straniero, raddoppiata per effetto della disposizione in commento).

 

§  delle sanzioni previste dall’art. 39, comma 7, del decreto-legge n. 112 del 2008, per la violazione degli adempimenti di natura formale nella gestione dei rapporti di lavoro;

 

Tale disposizione prevede le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie per il datore di lavoro che, salvo i casi di errore meramente materiale, omessa la registrazione o effettua una registrazione infedele dei dati relativi al rapporto di lavoro, così da determinare differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali:

-          da 150 a 1.500 euro;

-          da 500 a 3.000 euro se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 6 mesi;

-          da 1.000 a 6.000 euro se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 12 mesi.

È sanzionata, inoltre, con il pagamento di una somma da 100 a 600 euro la violazione del termine di conservazione del libro lavoro.

 

§  delle sanzioni previste dall’art. 82, secondo comma, del DPR n. 797 del 1955, per la mancata corresponsione degli assegni familiari;

 

Si tratta della disposizione che sanziona il datore di lavoro che non provvede, se tenutovi, alla corresponsione degli assegni familiari con il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria:

-          da 500 a 5.000 euro;

-          da 1.500 a 900 euro se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 6 mesi;

-          da 3.000 a 15.000 euro se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 12 mesi la sanzione.

 

§  delle sanzioni previste dall’art. 5, primo comma, della legge n. 4 del 1953, per la mancata consegna del prospetto paga.

 

La disposizione, salvo che il fatto costituisca reato, sanziona il datore di lavoro che non consegna o consegna in ritardo al lavoratore il prospetto di paga, o lo consegna con inesattezze, con l’obbligo di pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria:

-          da 150 a 900 euro;

-          da 600 a 3.600 euro se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 6 mesi;

-          da 1.200 a 7.200 euro se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 12 mesi.

 

Il comma 14, inoltre, aggrava il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (c.d. caporalato) quando ne siano vittime stranieri che abbiano presentato l’istanza di cui al comma 2.

In tali casi, infatti, la pena prevista dall’art. 603-bis, primo comma, del codice penale – ovvero la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore - è aumentata da un terzo alla metà.

 

Si ricorda che risponde del delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro chiunque:

1)      recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;

2)      utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.

Sono indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:

- la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;

- la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;

- la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;

- la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.

 

Il medesimo aggravio di pena (aumento da un terzo alla metà) è già previsto dall’art. 603-bis c.p. quando il fatto consista nel reclutamento di più di 3 lavoratori, nel reclutamento di minori in età non lavorativa, nell’esposizione dei lavoratori a situazioni di grave pericolo.

Tanto il raddoppio delle sanzioni amministrative, quanto l’aggravante penale, scaturiscono quindi – in base al testo - dalla presentazione da parte del lavoratore dell’istanza di permesso di soggiorno temporaneo. Si tratta di una condizione soggettiva del lavoratore che il datore di lavoro potrebbe ignorare. In proposito, si ricorda che “nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa” (art. 3, legge n. 689 del 1981) e che, in base al codice penale, “nessuno può essere punito per una azione o omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà” (art. 42 c.p.). Si valuti pertanto se l’incremento delle sanzioni, tanto amministrative quanto penali, legato alla presentazione da parte del lavoratore dell’istanza di permesso di soggiorno temporaneo, non costituisca una ipotesi di responsabilità oggettiva.

 

I commi 18 e 22 dell’articolo 103 disciplinano invece le conseguenze civili e penali di istanze basate su false dichiarazioni.

 

In particolare, in base al comma 18

§  il contratto di soggiorno stipulato sulla base di un’istanza contenente dati non rispondenti al vero è nullo;

§  il permesso di soggiorno eventualmente rilasciato è revocato.

 

Il contratto di soggiorno è qualificato come nullo in base all’art. 1344 del codice civile. Si ricorda che i contratti sono nulli quando la causa della stipula è illecita (art. 1418 c.c.) e che l’art. 1344 c.c. definisce illecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa. 

Il permesso di soggiorno è revocato ai sensi dell’art. 5, comma 5 del TU immigrazione, che prevede la revoca quando “mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato…sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio”.

 

In base al comma 22, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato:

 

§  chiunque presenta false dichiarazioni o attestazioni, ovvero concorre al fatto nell'ambito delle procedure previste dall’art. 103 è punito ai sensi dell’art. 76 del DPR n. 445 del 2000 (TU in materia di documentazione amministrativa).

 

Si tratta della norma che punisce il falso nelle autocertificazioni, rinviando alla disciplina del codice penale, con pene elevate da un terzo alla metà. Tale aggravio di pena è infatti previsto all’art. 76 del TU dall’art. 264 del decreto-legge in esame (v. infra). La disposizione del codice penale che viene principalmente in rilievo è l’art. 483 c.p. (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico) che punisce con la reclusione fino a due anni chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a 3 mesi.

 

Con l’aumento di pena previsto all’art. 76 del TU, le dichiarazioni mendaci potranno essere punite con la reclusione fino a 3 anni.

 

§  chiunque commette tali fatti attraverso la contraffazione o l’alterazione di documenti oppure con l’utilizzazione di uno di tali documenti è punito con la reclusione da 1 a 6 anni.

 

Infine, il comma 22 prevede un aggravio di pena (aumentata fino ad un terzo) se i fatti sono commessi da un pubblico ufficiale. Si valuti l’opportunità di specificare se l’aggravante per fatto commesso da pubblico ufficiale si riferisca solo alla contraffazione di documenti oppure anche alle false dichiarazioni o attestazioni.

Si ricorda che già l’art. 61, n. 9, c.p. prevede una aggravante comune, che comporta un aumento della pena fino ad un terzo, quando il fatto è commesso con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio. Si valuti dunque l’opportunità di coordinare la nuova aggravante con quella già prevista in generale dal codice penale.

Misure in materia di sicurezza delle condizioni alloggiative e di contrasto del lavoro irregolare (commi 20 e 21)

Al fine di evitare i fenomeni di concentrazione dei cittadini stranieri in condizioni inadeguate a garantire il rispetto delle condizioni igienico- sanitarie necessarie al fine di prevenire la diffusione del contagio da Covid-19il, il comma 20 prevede che le Amministrazioni dello Stato competenti e le regioni, anche mediante l’implementazione delle misure previste dal Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022, adottano soluzioni e misure urgenti idonee a garantire la salubrità e la sicurezza delle condizioni alloggiative, nonché ulteriori interventi di contrasto del lavoro irregolare e del fenomeno del caporalato. Per i predetti scopi il Tavolo operativo istituito dall’art. 25 quater del D.L. n.119/2018 convertito con modifiche dalla legge n.136/2018, si avvale del supporto operativo del Servizio di protezione civile e della Croce Rossa Italiana. All'attuazione del presente comma le Amministrazioni pubbliche interessate provvedono nell'ambito delle rispettive risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

Il richiamato art. 25-quater del D.L. 119/2018 ha istituito, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto del caporalato e dello sfruttamento lavorativo in agricoltura,  presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali (o da un suo delegato) ed è formato da un numero di componenti[118] non superiore 15.

La definizione dell'organizzazione e del funzionamento del Tavolo e di eventuali forme di collaborazione con le sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo è stata attuata con il decreto ministeriale 4 luglio 2019.

 

Il comma 21 modifica il comma 1 dell’articolo 25-quater del decreto legge 23 ottobre 2018, n. 119, che istituisce, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il "Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura", includendo tra i chiamati a parteciparvi anche i rappresentanti dell’Autorità politica delegata per la coesione territoriale e dell'Autorità politica delegata per le pari opportunità.

Contratti a termine del Ministero dell’interno (comma 23)

Il comma 23 autorizza il Ministero dell’interno ad utilizzare, per un periodo non superiore a 6 mesi, tramite una o più agenzie di somministrazione di lavoro, prestazioni di lavoro a contratto a termine, nel limite massimo di spesa di 30 milioni euro per il 2020, da ripartire nelle sedi di servizio interessate nelle procedure di regolarizzazione. La disposizione deroga espressamente dall’obbligo, per tutte le amministrazioni dello Stato, di avvalersi di personale, tra cui quello a tempo determinato, nel limite del 50% della spesa sostenuta nel 2009 (art. 9, comma 28, D.L. 78/2010).

A tal fine il Ministero dell’interno può utilizzare procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando di gara, ai sensi dell’articolo 63, comma 2, lettera i), del decreto legislativo 18 aprile 2016 n. 50; in forza del quale “nel caso di appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, la procedura negoziata senza previa pubblicazione può essere utilizzata nella misura strettamente necessaria quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall'amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati. Le circostanze invocate a giustificazione del ricorso alla procedura di cui al presente articolo non devono essere in alcun caso imputabili alle amministrazioni aggiudicatrici.”

Disposizioni finanziarie (commi 24, 25 e 26)

In relazione all’emersione di lavoratori irregolari disposta dall’articolo in esame, il comma 24 provvede ad incrementare il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre ordinariamente lo Stato di 170 milioni di euro per il 2020 e di 340 milioni di euro a decorrere dal 2021.

 

Il livello del fabbisogno nazionale standard determina il finanziamento complessivo della sanità cui concorre lo Stato ed è determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall'Italia in sede comunitaria. Pertanto, si tratta di un livello programmato che costituisce il valore di risorse che lo Stato è nelle condizioni di destinare al Servizio sanitario nazionale per l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA, definiti da ultimo DPCM 12 gennaio 2017). Tale livello è stato determinato, da ultimo, per il triennio 2019-2021 dalla legge di bilancio 2019 (L. n. 145 del 2018) in 114.449 milioni nel 2019, 116.449 nel 2020 e 117.949 nel 2021.

 

La ripartizione dei relativi importi tra le regioni è effettuata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato – regioni in relazione al numero dei lavoratori extracomunitari emersi.

 

Il comma 25 provvede a quantificare ed autorizzare le spese necessarie per l'attuazione delle disposizioni introdotte dall’articolo in esame indicate come segue:

§  euro 6.399.000, per l'anno 2020, ed euro 6.399.000, per l'anno 2021, per prestazioni di lavoro straordinario per il personale dell'Amministrazione civile del Ministero dell'interno;

§  euro 24.234.834, per l'anno 2020, per prestazioni di lavoro straordinario per il personale della Polizia di Stato;

§  nel limite massimo di euro 30.000.000, per l'anno 2020, per l'utilizzo di prestazioni di lavoro a contratto a termine;

§  euro 4.480.980, per l'anno 2020, per l'utilizzo di servizi di mediazione culturale;

§  euro 3.477.430, per l'anno 2020, per l'acquisto di materiale igienico-sanitario, dispositivi di protezione individuale e servizi di sanificazione;

§  euro 200.000 per l'adeguamento della piattaforma informatica del Ministero dell'interno - Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione.

 

Complessivamente, il comma 26 determina gli oneri “netti” pari a 238.792.244 euro per l'anno 2020, a 346.399.000 euro per l'anno 2021 e a 340 milioni di euro a decorrere dall'anno 2022, cui si provvede:

§  quanto a 35.000.000 di euro per l'anno 2020, mediante corrispondente utilizzo delle risorse iscritte, per il medesimo anno, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, relative all'attivazione, la locazione e la gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri irregolari. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio;

 

Nella Relazione tecnica si precisa che si utilizzano le risorse del capitolo 2351 (Pg. 2) “Spese per l’attivazione, la locazione, la gestione dei centri di trattenimento e di accoglienza per stranieri irregolari. Spese per interventi a carattere assistenziale, anche al di fuori dei centri, spese per studi e progetti finalizzati all’ottimizzazione ed omogeneizzazione delle spese di gestione” dello Stato di previsione del Ministero dell'interno, il quale presenta risorse sufficienti, registrando una disponibilità alla data del 15 maggio 2020 - secondo quanto illustrato nella relazione tecnica - di 534,2 milioni di euro in termini di cassa e di 959,9 milioni in conto competenza. L’utilizzo delle risorse di cui alla lettera a) del comma 26, si precisa nella RT, non compromette lo svolgimento delle attività già finanziate a legislazione vigente con le risorse del capitolo 2351 che saranno riprogrammate per garantire i risparmi di spesa necessari per la copertura.

 

§  quanto ad euro 93.720.000 per l'anno 2020 con le risorse provenienti dal versamento del contributo forfetario di 500 euro pagato dai datori di lavoro per ciascun lavoratore emerso (comma 7), che sono versate ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario;

§  quanto ad euro 110.072.744 per l'anno 2020, ad euro 346.399.000 per l'anno 2021 e ad euro 340.000.000 a decorrere dall'anno 2022 ai sensi dell'articolo 265 (si veda in particolare il comma 7) del decreto-legge in esame, che reca le disposizioni finanziarie e finali del provvedimento.


 

 

 

Nel nostro ordinamento l’immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea è regolata – sotto il profilo normativo - secondo il principio della programmazione dei flussi, con i criteri e le modalità fissate nel testo unico in materia di immigrazione (D.Lgs. 286/1998).

In particolare, si prevede che la gestione dei flussi di immigrazione sia realizzata attraverso una serie di strumenti, quali il documento programmatico triennale e il decreto annuale sui flussi.

Peraltro, negli anni successivi al documento programmatico per il triennio 2004-2006 il decreto flussi è stato adottato nell'ambito delle quote già definite negli anni precedenti, come previsto dalla norma di salvaguardia, e, di fatto, in misura decrescente e con una preponderanza di lavoratori stagionali. Sono infatti nel frattempo intervenuti altri fattori (tra cui, dal 2011, gli eventi connessi alla primavera araba) che hanno posto all’ordine del giorno contestualmente il tema della gestione delle richieste di protezione internazionale e dei procedimenti di riconoscimento.

Il documento programmatico sulla politica dell'immigrazione viene elaborato dal Governo ogni tre anni ed è sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari. Esso contiene un'analisi del fenomeno migratorio e uno studio degli scenari futuri; gli interventi che lo Stato italiano intende attuare in materia di immigrazione; le linee generali per la definizione dei flussi d'ingresso; le misure di carattere economico e sociale per favorire l'integrazione degli stranieri regolari. L'ultimo documento programmatico adottato è quello per il triennio 2004-2006 (D.P.R. 13 maggio 2005).

Sulla base delle indicazioni contenute nel documento programmatico (l’ultimo dei quali risale al 2005), il Governo stabilisce le quote massime di cittadini stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per motivi di lavoro, attraverso l’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il decreto flussi. Le quote sono suddivise generalmente per lavoro subordinato, lavoro stagionale e lavoro autonomo.

Il decreto è adottato dal Governo con il parere delle Commissioni parlamentari, del Comitato interministeriale per il coordinamento e il monitoraggio delle politiche in materia di immigrazione e della Conferenza unificata Stato-regioni-enti locali. Ciascuna regione può trasmettere alla Presidenza del Consiglio, in vista della predisposizione del decreto flussi, un rapporto sulla presenza e sulla condizione degli immigrati nel territorio regionale, indicando anche la capacità di assorbimento di nuova manodopera.

l decreto flussi ha cadenza annuale e deve essere emanato entro il 30 novembre dell’anno precedente a quello di riferimento.

Una norma di salvaguardia prevede che qualora non sia possibile emanare il decreto secondo la procedura sopra descritta (per esempio in assenza del documento programmatico) il Presidente del Consiglio può adottare un decreto transitorio che però non deve superare le quote dell’anno precedente. Per quanto riguarda il lavoro stagionale è possibile stabilire, sempre con decreto del Presidente del Consiglio, quote massime di lavoratori stagionali stranieri non comunitari autorizzati – nei soli settori dell’agricoltura e del turismo – a fare ingresso in Italia, anche in misura superiore a quelle dell’anno precedente.

Ulteriori criteri per la definizione delle quote sono indicati nell’art. 21 del testo unico. Si prevede, da un lato, la possibilità di restrizioni numeriche all’ingresso di lavoratori provenienti da Paesi che non collaborino adeguatamente al contrasto dell’immigrazione clandestina e, dall’altro, l’assegnazione in via preferenziale di quote riservate ai cittadini di quegli Stati che abbiano invece concluso con l’Italia accordi di cooperazione in materia di immigrazione.

Ulteriori quote riservate sono assegnate ai lavoratori non comunitari di origine italiana.

Infine, ai sensi del regolamento di attuazione (art. 34 del D.P.R. 394/1999, come modificato dall’art. 29 del D.P.R. 334/2004) una quota è riservata ai lavoratori che abbiano partecipato alle attività formative nei Paesi di provenienza previste dall’art. 23 del testo unico.

In alcuni anni è stata accordata una preferenza ad alcune categorie di lavoratori specializzati (informatici, infermieri professionali).

L'ultimo decreto flussi, DPCM 12 marzo 2019 (pubblicato nella Gazzetta ufficiale 9 aprile 2019, n. 84), ha fissato le quote dei lavoratori stranieri che per l'anno 2019 possono fare ingresso in Italia per lavorare, prevalentemente per motivi di lavoro stagionale. Come nel 2018, il decreto stabilisce una quota massima di ingressi pari a 30.850 unità, 18.000 delle quali riservate agli ingressi per motivi di lavoro stagionale. Le restanti 12.850 unità sono invece, come ogni anno, in piccola parte riservate all'ingresso di lavoratori appartenenti a determinate categorie (lavoratori di origine italiana, lavoratori autonomi, lavoratori che hanno seguito all'estero corsi di formazione ex art. 23 TU immigrazione) e, per la restante parte, riservate alle conversioni del permesso di soggiorno, già posseduto ad altro titolo, in permesso di soggiorno per lavoro.

 

Accanto agli ingressi in base alle quote dei decreti flussi, nel corso degli ultimi decenni sono state approvate misure volte a consentire il ricorso a procedure di immissione straordinarie, denominate regolarizzazioni o sanatorie. Tali interventi sono stati adottati quasi sempre in coincidenza di modifiche alla normativa sull’immigrazione che in quanto destinate a mutare il quadro legale di riferimento relativo alle regole e agli obblighi di soggiorno, hanno provveduto contestualmente a sanare le eventuali irregolarità precedenti.

Le condizioni per poter regolarizzare la propria posizione sono variate negli anni: nella gran parte dei casi erano richiesti un lavoro stabile e dimostrare la propria presenza nel territorio italiano a partire da una data prefissata.

Dal 1986 al 2012 sono state previste misure di regolarizzazione di lavoratori stranieri irregolari nell’ambito dei seguenti provvedimenti normativi: L. 943/1986, D.L. 39/1990, D.L. 489/95, L. 40/21998, L. 189/2002, D.L. 78/2009, D.Lgs. 109/2012.


 

 

Nella XVIII legislatura è all’esame della I Commissione della Camera la proposta di legge A.C. 13, di iniziativa popolare, che interviene, sotto diversi profili, sulla disciplina legislativa in materia di immigrazione dettata, in primo luogo, dal testo unico immigrazione (D.Lgs. 286/1998).

La proposta di legge modifica l'attuale sistema di gestione delle politiche migratorie, basato sulla programmazione dei flussi di ingresso dei cittadini stranieri, proponendo l'abrogazione delle quote di ingresso definite annualmente, sulla base delle previsioni di richiesta di lavoro, con un apposito decreto del Presidente del Consiglio, il c.d. decreto flussi (articolo 4).

In luogo delle quote annuali vengono introdotti due nuovi canali di ingresso (articolo 1). Il primo è basato sull'attività di intermediazione svolta da una serie di soggetti istituzionali autorizzati (quali i centri per l'impiego, camere di commercio ecc.) che si impegnano a promuovere l'incontro tra offerta di lavoro da parte di cittadini stranieri e richiesta di lavoro da parte di datori di lavoro in Italia. Il lavoratore selezionato da tali soggetti è autorizzato all'ingresso nel Paese e gli è rilasciato un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro, una nuova tipologia di permesso di soggiorno istituita dalla proposta di legge.

Il secondo canale è costituito dalla prestazione di garanzia per l'accesso al lavoro (la c.d. sponsorizzazione) da parte di soggetti pubblici (quali regioni, enti locali, associazioni no-profit, sindacati) e privati, finalizzato all'inserimento nel mercato del lavoro del lavoratore straniero con la garanzia di risorse finanziarie adeguate e la disponibilità di un alloggio per il periodo di permanenza sul territorio, agevolando in primo luogo quanti abbiano già avuto precedenti esperienze lavorative in Italia o abbiano frequentato corsi di lingua italiana o di formazione professionale.

È prevista, inoltre, una terza possibilità per gli stranieri già presenti, a qualunque titolo, nel territorio del Paese. A costoro, in presenza di condizioni che ne dimostrino l'effettivo radicamento e integrazione nel Paese, è riconosciuto il permesso di soggiorno per comprovata integrazione di due anni. Il permesso può essere rinnovato esclusivamente se l'interessato ha svolto nel frattempo una attività lavorativa o ha partecipato a misure di politica attiva del lavoro.

Viene introdotta (articolo 5) anche la possibilità di convertire il permesso di soggiorno per richiesta di asilo nel permesso di soggiorno per comprovata integrazione.

Completano la proposta di legge una serie di misure volte a promuovere l'effettiva integrazione sociale degli stranieri.

In primo luogo, viene riconosciuto allo straniero l'elettorato attivo e passivo nelle elezioni e referendum locali (articolo 2).

In secondo luogo, si interviene sulla disciplina dei contributi versati dai lavoratori extracomunitari che cessano l'attività lavorativa in Italia prevedendo che possano godere dei diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati al momento della maturazione dei requisiti previsti dalla normativa vigente, anche in deroga al requisito dell'anzianità contributiva minima di venti anni. Inoltre, viene eliminato il limite anagrafico per la pensione di vecchiaia (articolo 3).

Si provvede, inoltre, ad estendere l'accesso all'assistenza sanitaria in favore di tutti i minori stranieri, a prescindere dalla regolarità del soggiorno, e agli stranieri indigenti (articolo 6) e a garantire l'accesso alle prestazioni di assistenza sociale a tutti gli stranieri in possesso di regolare permesso di soggiorno (articolo 7).

Infine, la proposta di legge in esame abroga il reato di ingresso e soggiorno illegali, di cui all'articolo 10-bis TU, fermo restando l'applicazione delle norme vigenti in materia di respingimenti ed espulsioni (articolo 8).

 

Elementi istruttori e dati aggiornati sono stati forniti nel corso delle audizioni svolte presso la I Commissione della Camera sulla proposta di legge (si vedano in proposito i documenti depositati dagli auditi).

In particolare, le macro-caratteristiche della condizione occupazionale dei lavoratori stranieri sono consultabili nel documento semestrale consegnato dall’Anpal, le quote di ingresso dei lavoratori non comunitari sono riepilogate nel documento della Fondazione Leone Moressa.

Quest'ultima ha ricordato in particolare come attualmente il Paese in cui sono autorizzati più ingressi per lavoro è la Polonia, che nel 2018 ha rilasciato oltre 300 mila permessi per lavoro. Dal confronto europeo in relazione alla popolazione residente emerge inoltre come i 13.877 permessi per lavoro dell’Italia sono pari a 0,23 ingressi ogni 1.000 abitanti. In doppia cifra, invece, Malta (21,40 permessi ogni 1000 abitanti), Cipro (11,31) e Slovenia (10,17).

Evidenzia inoltre come, guardando la serie storica, fino al 2010 i nuovi permessi in Italia erano oltre 500 mila all’anno, poi ridotti in maniera rilevanti dal 2011 a seguito della riduzione dei “decreti flussi”. Fino al 2010 la prima componente dei permessi rilasciati era quella per motivi di lavoro (oltre 350 mila) mentre negli ultimi anni sono invece cresciuti gli “altri motivi”, soprattutto i motivi umanitari, per un numero pari a circa 100 mila. I permessi rilasciati per ricongiungimento familiare sono rimasti sostanzialmente costanti, ma a partire dal 2011 sono diventati la prima voce. Dei 14 mila permessi rilasciati nel 2018 per motivi di lavoro, il 40,5% è costituito da lavoratori stagionali e il 10,6% è dato da mansioni altamente qualificate (ricercatori, lavoratori altamente qualificati, Blue card).

 


 

Titolo IV – Disposizioni per la disabilità e la famiglia

Articolo 104
(Assistenza e servizi per la disabilità)

 

 

Nell’ottica di rafforzare i servizi e i progetti di supporto alla domiciliarità per le persone disabili e non autosufficienti, e per il sostegno di coloro che se ne prendono cura, l’articolo 104 incrementa di 90 milioni di euro il Fondo per le non autosufficienze, finalizzando 20 milioni alla realizzazione di progetti per la vita indipendente.

Per le stesse finalità, e nell’ottica di rafforzare tali interventi anche attraverso la realizzazione di soluzioni alloggiative innovative, il Fondo Dopo di Noi è incrementato di ulteriori 20 milioni di euro.

Inoltre, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, viene istituito il “Fondo di sostegno per le strutture semiresidenziali per persone con disabilità”, nel limite di spesa di 40 milioni per il 2020, da trasferire da trasferire al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Le risorse del Fondo sono indirizzate al riconoscimento di indennità agli enti gestori delle strutture semiresidenziali per persone disabili, che, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica, hanno dovuto affrontare oneri non previsti per l’adozione di sistemi di protezione individuale del personale e degli utenti.

La definizione dei criteri di priorità e delle modalità di attribuzione dell’indennità è demandata a uno o più decreti del Presidente del Consiglio, da adottare entro quaranta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.

Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 150 milioni di euro per il 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 

In conseguenza della emergenza epidemiologica da COVID-19, al fine di potenziare l'assistenza, i servizi e i progetti di vita indipendente per le persone disabili e non autosufficienti e per il sostegno di coloro che se ne prendono cura, il comma 1 incrementa, per il 2020, di 90 milioni di euro lo stanziamento del Fondo per le non autosufficienze, finalizzando 20 milioni alla realizzazione di progetti per la vita indipendente. Pertanto, considerando che la legge di bilancio 2020 ha assegnato al Fondo 621 milioni, lo stanziamento risulta ora pari a 711 milioni di euro.

 

La legge 162/1998 ha introdotto nella legge quadro per l’assistenza (art. 39, comma l-ter) un primo espresso riferimento al diritto alla vita indipendente delle persone con disabilita?. La legge 162 ha infatti previsto, fra le possibilità operative delle Regioni, l’istituzione di programmi di aiuto alla persona, gestiti in forma indiretta attraverso piani personalizzati, in grado di garantire il diritto ad una vita indipendente alle persone con disabilita? permanente e grave limitazione dell'autonomia personale, mediante forme di assistenza domiciliare e di aiuto personale, anche della durata di 24 ore, e mediante l’istituzione di servizi di accoglienza per periodi brevi e di emergenza (comunità-alloggio, case-famiglia e analoghi servizi residenziali inseriti nei centri abitati).

Nel corso degli anni, le Regioni, sulla base delle indicazioni contenute nella legge 162, hanno sperimentato e favorito una progettualità volta all’assistenza indiretta, alla deistituzionalizzazione e all’incentivazione della domiciliarità nonché, sebbene in modo residuale, al supporto a percorsi di autonomia personale.

L’approvazione della legge 112/2016 Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare ha rafforzato il quadro sul diritto dei disabili all’autodeterminazione e alla vita indipendente fornendo ulteriori indicazioni sul cd. Dopo di noi.

 Lo sviluppo di una rete di interventi e di servizi nell’ordinaria programmazione sociale dei territori è stata invece disegnata dal secondo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità del 2017, in particolare dalla Linea di intervento 2 “Politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l’inclusione nella società”, con particolare riferimento alle azioni 3, 4 e 5.  Al Programma sono seguite le Linee guida per la presentazione di progetti in materia di vita indipendente ed inclusione nella società delle persone con disabilita?, approvate anch’esse nel 2017, che hanno fornito le indicazioni necessarie per individuare le caratteristiche dei progetti di vita indipendente finanziabili dalle Regioni attraverso la quota di risorse, a tal fine vincolate,

del Fondo per le non autosufficienze.

 

Per dare copertura ai costi di rilevanza sociale dell'assistenza socio-sanitaria rivolta al sostegno di persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne la permanenza presso il proprio domicilio evitando il rischio di istituzionalizzazione, è stato istituito il Fondo per le non autosufficienze (FNA) (art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006 n. 296 - legge finanziaria 2007). Le risorse sono aggiuntive rispetto a quelle destinate alle prestazioni e ai servizi in favore delle persone non autosufficienti da parte delle Regioni e delle autonomie locali. La sezione II della legge di bilancio 2020 (legge 160/2019) ha previsto una dotazione del Fondo per il 2020 pari a 571 milioni di euro. Nel corso dell'esame referente, nel corpo della Sezione I della legge di bilancio, è stato inserito il comma 331 che ha disposto un incremento di 50 milioni di euro a favore del Fondo per le non autosufficienze, le cui risorse sono pertanto pari, per il 2020, a 621 milioni di euro.

A decorrere dal 2016, l'intera dotazione del FNA ha assunto carattere strutturale e si è accresciuta negli anni successivi: dai 400 milioni del 2016 ai 450 del biennio 2017-18 fino ai 573,2 milioni di euro nel 2019 (Per un approfondimento sulla consistenza del Fondo fino al 2019 si rinvia alla Tabella a cura della Segreteria della Conferenza delle regioni e delle province autonome). A queste risorse vanno poi sommate quelle derivanti dai risparmi connessi al programma straordinario di verifica della permanenza del possesso dei requisiti sanitari per l'erogazione delle prestazioni di invalidità civile, condotte da INPS nel periodo 2013-2015, che il legislatore ha ridestinato all'FNA.

Le risorse del Fondo sono ripartite annualmente tra le regioni con decreto interministeriale, previa Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. Il Decreto di riparto del 26 settembre 2016, stabilendo la destinazione delle risorse, ha definito, all'articolo 3, la condizione delle persone con disabilità gravissime, ma solo ai fini del riparto, attribuendo agli interventi e servizi loro dedicati il 40% delle risorse. Il successivo Decreto di riparto 27 novembre 2017 ha attribuito le risorse del Fondo, prioritariamente, e comunque in maniera esclusiva per una quota non inferiore al 50%, per gli interventi a favore di persone in condizione di “disabilità gravissima”, ivi inclusi quelli a sostegno delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e delle persone con stato di demenza molto grave, tra cui quelle affette dal morbo di Alzheimer (come previsto, per l'Alzheimer, dall'art. 1, comma 411, della legge 232/2016 - legge di bilancio 2017). Il restante ammontare del Fondo finanzia gli interventi per “non autosufficienze gravi”, ad oggi pero? non meglio specificate a livello nazionale e quindi rimesse nei termini definitori esclusivamente alla programmazione regionale.

Si ricorda, che, dal 2014, a valere sulla quota del Fondo destinata al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sono finanziate anche le azioni volte all'attuazione del Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, adottato con D.P.R. 4 ottobre 2013, relativamente alla linea di attività n. 2, “Vita indipendente e inclusione nella società”.

Il Piano per la non autosufficienza 2019-2021 (e conseguente riparto triennale del Fondo, adottati entrambi con DPCM del 21 novembre 2019) ha programmato l'utilizzo delle risorse afferenti al Fondo per le non autosufficienze su un orizzonte triennale e mediante indirizzi nazionali. Le priorità per l'utilizzo delle risorse del Fondo vengono definite nella logica degli obiettivi di servizio, considerati strumenti per avviare il riconoscimento dei livelli essenziali delle prestazioni, ancora non definibili nel complesso, tenuto conto dell’insufficienza delle risorse disponibili. Per quanto riguarda la platea dei disabili gravissimi (stimata inferiore a 60 mila persone), il Piano ritiene sostenibile un intervento che, in assenza di servizi erogati dal territorio (quali assistenza domiciliare o servizi semiresidenziali), preveda un trasferimento di almeno 400 euro mensili per 12 mensilità.

Sul punto, la Relazione illustrativa al provvedimento evidenzia che l’incremento del Fondo intende assicurare una graduale progressione nel raggiungimento dei servizi essenziali, affinché si possa giungere alla istituzione di "un assegno di cura e per l’autonomia, con alcune caratteristiche uniformi definite a livello nazionale".

In questo quadro, la Relazione sottolinea anche i maggiori costi che derivano dalla tutela dei disabili gravissimi e dei non autosufficienti gravi in considerazione della emergenza da COVID-19, che ha imposto e impone l’incremento e la riorganizzazione delle diverse prestazioni ed attività di assistenza, necessari per contrastare e ridurre il rischio epidemiologico. Sempre la Relazione mette in rilievo che l’incremento del Fondo intende favorire anche i progetti di vita indipendente (vedi infra), che nell'attuale contesto di rischio assumono una maggiore rilevanza in relazione a quanto evidenziatosi nelle strutture residenziali dedicate all’assistenza dei disabili gravissimi e degli non autosufficienti gravi.

 

Il comma 2 incrementa di 20 milioni per il 2020 lo stanziamento del Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare (Fondo Dopo di noi di cui all'art. 3, comma 1, della legge 112/2016), che, con tale incremento, raggiunge per il 2020 l’ammontare di 78,1 milioni.

La Relazione illustrativa al provvedimento evidenzia che, nelle fasi emergenziali di c.d. convivenza con il nuovo coronavirus, saranno richiesti complessivi maggiori oneri per la tutela delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare. Tali risorse dovranno infatti essere indirizzate all’adozione urgente di interventi volti alla cd.  deistituzionalizzazione, ovvero a forme di supporto alla domiciliarità, nonché a progetti personalizzati per l’acquisizione di maggiori livelli di autonomia quotidiana, volti a ridurre, in ambienti domestici e alloggiativi adeguati, i rischi di contagio delle persone con disabilità grave.

 

 

La legge n. 112/2016 ha istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un Fondo destinato "alla copertura finanziaria di interventi legislativi recanti misure per il sostegno di persone con disabilità grave prive di legami familiari". In seguito, il decreto legge 86/2018, in materia di riordino delle competenze dei Ministeri, ha attribuito al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro delegato per la famiglia e le disabilità (ora Ministro per le pari opportunità e la famiglia), la titolarità, insieme al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dei decreti di attuazione e degli atti di riparto delle risorse del Fondo Dopo di noi, che è stato disciplinato, con l'individuazione degli obiettivi di servizio  e delle modalità di riparto,  dal decreto del 23 novembre 2016.

Dal 2018, il Fondo ha una dotazione strutturale pari a 56,1 milioni. La legge di bilancio 2020 (art. 1, co. 490, della legge 160/2019) ha incrementato la dotazione del Fondo Dopo di noi di 2 milioni di euro per il 2020. Pertanto le risorse del Fondo risultano pari, a legislazione vigente, a 58,1 milioni di euro.

Destinatari delle misure di assistenza, cura e protezione sono le persone con disabilità grave non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, prive di sostegno familiare, in quanto mancanti di entrambi i genitori o perché gli stessi non sono in grado di fornire l'adeguato sostegno genitoriale. In tal senso, le misure prevedono la progressiva presa in carico della persona disabile durante l'esistenza in vita dei genitori e devono essere definite con il coinvolgimento dei soggetti interessati e nel rispetto della volontà delle persone con disabilità grave, ove possibile, dei loro genitori o di chi ne tutela gli interessi.

Le misure previste dalla legge 112/2016 rafforzano quanto già previsto in tema di progetti individuali per le persone disabili. Restano infatti salvi i livelli essenziali di assistenza e gli altri benefici previsti dalla legislazione vigente in favore delle persone disabili, accanto ai quali, la legge n. 112 aggiunge la previsione di interventi di residenzialità a finanziamento misto pubblico/privato volti a favorire percorsi di deistituzionalizzazione e di supporto alla domiciliarità delle persone con disabilità grave in abitazioni o gruppi-appartamento che riproducono condizioni abitative e relazionali della casa familiare. Si prevedono inoltre detrazioni sulle spese sostenute per sottoscrivere polizze assicurative e contratti a tutela dei disabili gravi nonché esenzioni e sgravi su trasferimenti di beni dopo la morte dei familiari, costituzione di trust e altri strumenti di protezione legale.

Per l'attuazione della legge, si rinvia alla Seconda Relazione (riferita all'anno 2018) al Parlamento sullo stato di attuazione della legge 22 giugno 2016, n. 112.

 

 

Il comma 3 istituisce, nello stato di previsione Ministero dell’economia e delle finanze, un Fondo denominato "Fondo di sostegno per le strutture semiresidenziali per persone con disabilità" nel limite di spesa di 40 milioni di euro per il 2020, da trasferire alla Presidenza del Consiglio. Il Fondo è istituito al fine di garantire il riconoscimento di una indennità agli enti gestori delle strutture semiresidenziali, comunque denominate dalle normative regionali, a carattere socio-assistenziale, socio-educativo, polifunzionale, socio-occupazionale, sanitario e socio-sanitario per persone con disabilità. Tali strutture, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, hanno infatti dovuto affrontare oneri non previsti derivanti dall’adozione di sistemi di protezione individuale del personale e degli utenti.

La definizione dei criteri di priorità e delle modalità di attribuzione dell’indennità è demandata a uno o più decreti del Presidente del Consiglio, da adottare entro quaranta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.

 

Sul punto, la Relazione illustrativa evidenzia che alla chiusura delle strutture semiresidenziali, disposta con il decreto legge 18/2020, ha fatto seguito il D.P.C.M. del 26 aprile 2020, con cui se ne autorizza la riapertura a condizione che vengano assicurati specifici protocolli concernenti il rispetto delle disposizioni per la prevenzione del contagio e la tutela della salute degli utenti e degli operatori.

A questo riguardo, si fa notare che, nel periodo di sospensione dell’attività dei Centri diurni semiresidenziali, il decreto legge 18/2020, agli articoli 47 e 48, ha previsto la possibilità di riconvertire i servizi resi da tali strutture in prestazioni alternative (domiciliari, a distanza, o negli stessi Centri, se adeguatamente attrezzati) soggette a specifiche spese legate all'emergenza COVID-19 (finalizzate alla riorganizzazione dei servizi, all'approvvigionamento di dispositivi di protezione e all'adattamento degli spazi). A tale proposito, si rinvia alla scheda di questo Dossier relativa all’art. 89 che, al comma 2, prevede che le amministrazioni destinatarie dei fondi sociali (Fondo non autosufficienze, Fondo per le politiche sociali, Fondo Dopo di noi e Gondo nazionale per ‘infanzia e l’adolescenza), possono includere specifiche spese legate all'emergenza COVID-19 (finalizzate alla riorganizzazione dei servizi, all'approvvigionamento di dispositivi di protezione e all'adattamento degli spazi), anche a valere su risorse finanziarie relative alle quote di riparto dei Fondi sociali delle annualità precedenti.

Da quanto esposto, andrebbe pertanto coordinato il contenuto del comma in esame con quello dell’art. 89, comma 2, chiarendo se le indennità del “Fondo di sostegno per le strutture semiresidenziali per persone con disabilità” possono essere richieste esclusivamente per i costi sostenuti dai Centri semiresidenziali, comunque denominati, dal momento della loro riapertura, disposta dal 4 maggio 2020, o se invece tali indennità possono essere richieste anche per i maggiori costi sostenuti durante il periodo di sospensione dell’attività dei Centri.

 

Come stabilito dal comma 4, agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 150 milioni di euro per il 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265.

 


 

Articolo 105
(Finanziamento dei centri estivi 2020 e
contrasto alla povertà educativa)

 

 

L’articolo 105 incrementa di 150 milioni di euro per l’anno 2020 il Fondo per le politiche della famiglia allo scopo di destinare una quota di risorse ai Comuni per il potenziamento, anche in collaborazione con istituti privati, dei centri estivi diurni, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa, durante il periodo estivo, per i bambini di età compresa tra i 3 ed i 14 anni, nonché allo scopo di contrastare con iniziative mirate la povertà educativa. I criteri per il riparto della quota di risorse sono stabiliti con decreto del Ministro con delega per le politiche familiari, previa intesa in sede di Conferenza unificata.

 

Più nel dettaglio, il comma 1 prevede che al fine di sostenere le famiglie, per l’anno 2020, una quota di risorse a valere sul Fondo per le politiche della famiglia, di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legge 223/2006 [119], pari, ai sensi del comma 3, a 150 milioni di euro, sia destinata ai comuni, per finanziare iniziative, anche in collaborazione con enti pubblici e privati, volte a introdurre:

a)   interventi per il potenziamento dei centri estivi diurni, dei servizi socioeducativi territoriali e dei centri con funzione educativa e ricreativa destinati alle attività di bambini e bambine di età compresa fra i 3 e i 14 anni, per i mesi da giugno a settembre 2020;

b)   progetti volti a contrastare la povertà educativa e ad implementare le opportunità culturali e educative dei minori.

 

La misura è finalizzata a recuperare almeno in parte l’offerta educativa e culturale destinata ai bambini ed agli adolescenti che, a causa dell’emergenza sanitaria e della chiusura delle attività didattiche resa necessaria dall’attuazione delle misure di contenimento, non hanno potuto svolgere adeguate esperienze, anche di contatto sociale, al di fuori del contesto domestico e familiare. Nello stesso tempo essa viene incontro alle esigenze dei genitori/lavoratori chiamati nella Fase 2, a riprendere lo svolgimento della propria attività. 

Il Dipartimento per le politiche della famiglia ha pubblicato sul proprio sito le  Linee guida per la gestione in sicurezza di opportunità organizzate di socialità e gioco per bambini ed adolescenti nella fase 2 dell’emergenza COVID-19., redatte grazie al lavoro congiunto con l’Associazione nazionale comuni italiani, l’Unione delle Province d'Italia, la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, la Società Italiana di Pediatria, d'intesa con i Ministeri dell'Istruzione, della Salute, del Lavoro e delle politiche sociali, delle Politiche giovanili e dello sport, ed integrate dalle raccomandazioni del Comitato tecnico-scientifico del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Va poi ricordato che il Fondo per le politiche della famiglia è stato istituito ai sensi dell'art. 19, comma 1, del decreto legge 223/2006 per promuovere e realizzare interventi a tutela della famiglia, nonché per supportare l'Osservatorio nazionale sulla famiglia. Il Fondo è stato ridisciplinato dalla legge 296/2006  (legge finanziaria 2007).

Recentemente, l'art. 3 del decreto legge 86/2018, in materia di riordino delle competenze dei Ministeri, ha confermato in capo al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro delegato per la famiglia e le disabilità (ora Ministro per le pari opportunità e la famiglia), le funzioni precedentemente svolte dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di famiglia, attribuendone ulteriori con la finalità di raccordare alcune competenze proprie della materia della famiglia, quali i profili relativi alle adozioni, nazionali e internazionali, nonché un più ampio novero di funzioni attinenti l'infanzia e l'adolescenza. Le conseguenti modifiche all'ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio è avvenuto con l'adozione del DPCM 21 ottobre 2019.

Conseguentemente, la legge di bilancio 2019 (art. 1, comma 482, della legge 145/2018) ha introdotto una nuova disciplina e nuove finalizzazioni del Fondo, fra le quali si ricordano: interventi volti a valorizzare il ruolo dei Centri per la famiglia; definizione di criteri e modalità per la riorganizzazione dei Consultori familiari (previa intesa in sede di Conferenza unificata); percorsi di sostegno, anche di natura economica, ai minori orfani di crimini domestici e alle loro famiglie, affidatarie o adottive; progetti finalizzati alla protezione e la presa in carico dei minori vittime di violenza assistita; contrasto del fenomeno del cyberbullismo; interventi per il sostegno dei genitori separati e divorziati; interventi volti a favorire i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l'abbandono dei minori;  interventi in materia di adozione e affidamenti.

Dal 2019, la dotazione a regime del Fondo è pari a 100 milioni di euro. Per il 2020, la dotazione del Fondo prevista dalla legge di bilancio 2020  è pari a 74,5 milioni di euro (la Sezione II della legge 160/2019 ha infatti operato una riduzione di circa 30 milioni di euro sulla dotazione strutturale del Fondo come stabilita dalla legge di bilancio 2019).

 

In tema di povertà educativa va ricordato che la legge di bilancio 2019 (L. n.145/2018, art. 1, comma 478) ha prorogato e rifinanziato, per gli anni 2019, 2020 e 2021, il Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, già istituito dalla legge di stabilità 2016 (legge 208/2015, art. 1, commi da 392 a 395), alimentato da versamenti effettuati dalle fondazioni di origine bancaria. Contestualmente, la citata legge di bilancio 2019 (art. 1, commi 479 e 480) ha prorogato per il medesimo triennio 2019-2021 il credito d'imposta concesso alle fondazioni bancarie per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018 relativo ai versamenti al predetto Fondo, riducendone però l'entità dal 75 al 65 per cento degli importi versati ed abbassandone il relativo limite di spesa da 100 a 55 milioni di euro annui.

 Si segnala infine che, la legge di bilancio 2018 (L. 205/2017), all'art. 1, co. 230, attribuisce all'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) il compito di definire i parametri e gli indicatori misurabili al fine dell'individuazione di zone di intervento prioritario per la realizzazione di specifici interventi educativi urgenti per il contrasto della povertà educativa minorile sul territorio nazionale.

 

Ai sensi del comma 2 le modalità per il riparto della quota di risorse vengono definiti con decreto del Ministro con delega per le politiche familiari,  previa intesa in sede di conferenza unificata[120], riservando la misura del 10 per cento per il finanziamento dei progetti volti a contrastare la povertà educativa e la restante quota al potenziamento dei centri estivi e dei servizi socioeducativi.

 

 

 

 

 


 

Titolo V – Enti territoriali e debiti commerciali degli enti territoriali

Articolo 106
(Fondo per l’esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali)

 

 

L’articolo 106 prevede l’istituzione di un fondo con una dotazione di 3,5 miliardi di euro per l’anno 2020, destinato ad assicurare ai comuni, alle province e alle città metropolitane, le risorse necessarie per l’espletamento delle funzioni fondamentali in relazione alla possibile perdita di entrate locali connesse all’emergenza Covid-19.

Il riparto del fondo è demandato ad un decreto del Ministro dell’interno entro il 10 luglio 2020; tuttavia, al fine di assicurare una celere erogazione di risorse per fronteggiare l’emergenza sanitaria da COVID-19, si prevede, in ogni caso, l’erogazione a ciascun ente, entro 10 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge in esame, del 30 per cento del fondo a titolo di acconto sulle somme spettanti.

Al fine di monitorare la tenuta delle entrate locali, si prevede l’istituzione di un apposito tavolo tecnico presso il Ministero dell’economia e delle finanze, con il compito di esaminare le conseguenze connesse all’emergenza Covid-19 sull’espletamento delle funzioni fondamentali, con riferimento alla possibile perdita di gettito relativa alle entrate rispetto ai fabbisogni di spesa di ciascun ente.

 

L’articolo 106 prevede, al comma 1, l’istituzione di un fondo nello stato di previsione del Ministero dell’interno con una dotazione di 3,5 miliardi di euro per l’anno 2020. Tale fondo concorre ad assicurare ai comuni, alle province e alle città metropolitane le risorse necessarie per l’espletamento delle funzioni fondamentali, anche in relazione alla possibile perdita di entrate locali connesse all’emergenza Covid-19, nella misura di 3 miliardi in favore dei comuni e di 0,5 miliardi in favore di province e città metropolitane.

I criteri e le modalità di riparto del fondo, tra gli enti di ciascun comparto, sono rinviati a un decreto del Ministero dell’interno da adottare entro il 10 luglio 2020, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e previa intesa in Conferenza stato città ed autonomie locali, sulla base degli effetti determinati dall’emergenza COVID-19 sui fabbisogni di spesa e sulle minori entrate (calcolate al netto delle minori spese, e tenendo conto delle risorse assegnate a vario titolo a ristoro delle predette minori entrate e delle maggiori spese), come valutati dall’apposito Tavolo tecnico istituito dal successivo comma 2.

Al fine di assicurare, in ogni caso, una celere erogazione di risorse per fronteggiare l’emergenza sanitaria da COVID-19, si prevede, nelle more dell’adozione del suddetto decreto, che una quota pari al 30 per cento della componente del fondo spettante a ciascun comparto sia erogata, entro 10 giorni dall’entrata in vigore del decreto legge in esame, a ciascuno degli enti del comparto a titolo di acconto sulle somme spettanti, in proporzione alle entrate accertate al 31 dicembre 2019 di cui ai titoli I e III (tributarie ed extratributarie, tipologie 1 e 2), come risultanti dal SIOPE.

La norma prevede una verifica a consuntivo della effettiva perdita di gettito e dell’andamento delle spese, da effettuare entro il 30 giugno 2021, ai fini dell'eventuale conseguente regolazione dei rapporti finanziari tra Comuni e tra Province e Città metropolitane, con conseguente eventuale rettifica delle somme originariamente attribuite.

All’onere di cui al presente comma, pari a 3,5 miliardi di euro per l’anno 2020, si provvede ai sensi dell’articolo 265, recante la copertura complessiva del provvedimento.

 

Al fine di monitorare gli effetti dell’emergenza Covid-19 sulle tenuta delle entrate locali dei comuni, delle province e delle città metropolitane, ivi incluse le entrate dei servizi pubblici locali, rispetto ai fabbisogni di spesa, il comma 2 prevede l’istituzione, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, entro dieci giorni dall’entrata in vigore del decreto legge in esame, di un tavolo tecnico presso il Ministero dell’economia e delle finanze, presieduto dal Ragioniere generale dello Stato o da un suo delegato, con il compito di esaminare le conseguenze connesse all’emergenza Covid-19 sull’espletamento delle funzioni fondamentali, con riferimento alla possibile perdita di gettito delle entrate locali rispetto ai fabbisogni di spesa.

Il Tavolo è composto da: due rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze, due rappresentanti del Ministero dell’interno, due rappresentanti dell’ANCI, di cui uno per le città metropolitane, un rappresentante dell’UPI e dal Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard. Ai componenti del tavolo non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati. Il tavolo si avvale inoltre, senza nuovi o maggiori oneri, del supporto tecnico della SOSE - Soluzioni per il Sistema Economico S.p.A.

 

Infine, il comma 3 da facoltà al Ragioniere generale dello Stato, per le finalità di cui sopra, di attivare, anche con l’ausilio dei Servizi ispettivi di finanza pubblica (SIFiP), monitoraggi presso Comuni, Province e Città metropolitane, per verificare il concreto andamento degli equilibri di bilancio, ai fini del riparto del fondo e della quantificazione della perdita di gettito, dell’andamento delle spese e dell’eventuale conseguente regolazione dei rapporti finanziari tra Comuni, Province e Città metropolitane.

 

I Servizi ispettivi di finanza pubblica (SIFiP), istituiti presso il Ministero dell'economia e finanze – Ragioneria Generale dello Stato, svolgono verifiche amministrativo-contabili presso tutte le pubbliche amministrazioni, finalizzate ad accertare la regolarità della gestione amministrativa e contabile e le modalità di utilizzo delle risorse pubbliche. In via generale, il Ministero dell'economia e finanze – Ragioneria Generale dello Stato, per tramite dei Servizi ispettivi di finanza pubblica (SiFiP), ai sensi della disciplina sui poteri di monitoraggio attribuiti alla RGS dalla legge di contabilità nazionale (articolo 14, legge n. 196/2009), procede in ogni caso ad effettuare verifiche circa gli eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica. Sulla base di tali poteri, l'articolo 5 del D.Lgs. n. 149/2011, consente al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato – di attivare verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile, qualora un ente, anche attraverso le rilevazioni SIOPE, evidenzi situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori: ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria; disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio; anomale modalità di gestione dei servizi per conto di terzi.

 


 

Articolo 107
(Reintegro Fondo di Solidarietà Comunale a seguito
dell’emergenza alimentare)

 

 

L’articolo 107 è volto a reintegrare la dotazione del Fondo di solidarietà comunale per l’anno 2020 dell’importo di 400 milioni, distolto dal fondo medesimo a seguito di quanto previsto dall’Ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 658 del 29 marzo 2020, emessa in relazione all’emergenza Covid-19 per garantire misure urgenti di solidarietà alimentare.

 

Si rammenta, infatti, che per assicurare risorse immediate ai comuni per le esigenze connesse all’emergenza Covid-19, a fine marzo 2020 sono stati emanati due provvedimenti:

§  DPCM 28 marzo 2020, recante “Determinazione e riparto del Fondo di solidarietà comunale 2020”, con il quale è stato sancito l’accordo raggiunto l’11 dicembre 2019 in Conferenza Stato-Città, sull’assegnazione delle spettanze ai comuni del Fondo di solidarietà comunale (FSC) per l’anno 2020. L’emanazione del DPCM ha consentito al Ministero dell’Interno di erogare in anticipo l’acconto del 66% del FSC, ordinariamente previsto entro il mese di maggio, corrispondente ad un importo di circa 4,3 miliardi di euro;

§  Ordinanza del Dipartimento Protezione civile n. 658, con la quale sono stati assegnati ai Comuni fondi per complessivi 400 milioni di euro, a valere sulle risorse del Fondo di solidarietà comunale, utilizzabili con procedure semplificate, per misure urgenti di solidarietà alimentare. Il riparto dell’assegnazione per “emergenza alimentare” è stato stabilito in base ai criteri di cui al comma 1 dell’articolo 2 dell’ordinanza (80% popolazione; 20% distanza tra redditi pro capite comunali inferiori alla media nazionale e la stessa media; minimo di 600 euro per i comuni piccolissimi e maggior contributo per Comuni dell’originaria “zona rossa”)[121].

All’onere derivante dall’articolo in esame, pari a 400 milioni per il 2020 si provvede ai sensi dell’articolo 265, recante la copertura complessiva del provvedimento.

 

Si ricorda, infine, che il Fondo di solidarietà comunale costituisce il fondo per il finanziamento dei comuni anche con finalità di perequazione, alimentato con una quota del gettito IMU di spettanza dei comuni stessi. Esso è stato istituito dall'articolo 1, comma 380, della legge di stabilità per il 2013 (legge 228/2012) in ragione della nuova disciplina dell'imposta municipale propria (IMU) introdotta dalla legge medesima, in sostituzione del precedente Fondo sperimentale di riequilibrio comunale previsto dal D.Lgs. n. 23/2011 di attuazione del federalismo municipale.

La dotazione annuale del Fondo è definita per legge (art. 1, comma 448, legge n. 232/2016) ed è in parte assicurata attraverso una quota dell'imposta municipale propria (IMU), di spettanza dei comuni, che in esso confluisce annualmente, nell’importo di 2.768,8 milioni. Nella legge di bilancio per il 2020, il Fondo - iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'interno (cap. 1365) – presenta una dotazione pari a 6.546,3 milioni per il 2020, 6.646,3 milioni per il 2021 e 6.746,3 milioni per il 2022.

Relativamente ai criteri di riparto, definiti dal comma 449 dell'articolo 1 della legge n. 232/2016 (legge di bilancio per il 2017), si distingue tra le diverse componenti del Fondo: a) una componente puramente "ristorativa", costituita dalla quota di risorse necessarie a compensare i comuni del minor gettito ad essi derivante dall’IMU per le esenzioni e le agevolazioni IMU e TASI previste dalla legge di stabilità 2016, che viene ripartita tra i comuni interessati sulla base del gettito effettivo IMU e TASI relativo all'anno 2015; b) una componente "tradizionale", destinata al riequilibrio delle risorse storiche, che viene ripartita tra i comuni in parte sulla base di criteri compensativi della spesa storica, in parte sulla base di criteri di tipo perequativi, basati sulla differenza tra le capacità fiscali e i fabbisogni standard.

Per ulteriori approfondimenti sul tema della composizione e del riparto del Fondo di solidarietà comunale, si rinvia al Tema: “Le risorse per i comuni: il Fondo di solidarietà comunale”.

 

 


 

Articolo 108
(Anticipazione delle risorse in favore di province
e città metropolitane)

 

 

L’articolo 108 interviene sul fondo sperimentale di riequilibrio provinciale, confermandone sostanzialmente la disciplina vigente e rideterminandone l’importo per l’anno 2020 in 184,8 milioni di euro, in aumento di circa 58,3 milioni di euro rispetto alla vigente dotazione di bilancio.

Sono altresì confermati i criteri vigenti per la determinazione ed il riparto dei trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione, corrisposti dal Ministero dell'interno in favore delle province appartenenti alla Regione siciliana e alla regione Sardegna.

La norma precisa, tuttavia, che l’applicazione della disciplina vigente è confermata fino “alla revisione del sistema di finanziamento delle Province e delle Città metropolitane”.

 

In particolare, il comma 1 – nel sostituire il comma 6-bis dell’articolo 4 del D.L. n. 210/2015 (recante la vigente disciplina di determinazione e ripartizione delle risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale) - conferma le modalità di riparto del fondo sperimentale di riequilibrio provinciale secondo i criteri già adottati con decreto del Ministro dell'interno 4 maggio 2012[122].

 

Il citato decreto prevede i seguenti criteri di ripartizione:

a)    il 50% in proporzione al valore della spettanza figurativa dei trasferimenti fiscalizzati di ciascuna provincia;

b)   il 38% in proporzione al gettito della soppressa addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica, negli importi quantificati per ciascuna provincia nel documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale in data 22 febbraio 2012;

c)    il 5% in relazione alla popolazione residente;

d)   il 7% in relazione all'estensione del territorio provinciale.

 

Ai fini della ricognizione delle risorse da ripartire e da attribuire, si conferma altresì la previsione di un decreto annuale del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.

Per l’anno 2020, tuttavia, la disposizione provvede direttamente a rideterminare la dotazione del Fondo medesimo, iscritto sul capitolo 1352 dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’interno, in 184.809.261 euro, in aumento di circa 58,3 milioni di euro rispetto alla dotazione di bilancio.

 

Nel bilancio di previsione per il 2020, si rammenta, il Fondo di riequilibrio provinciale per le città metropolitane e le province ricomprese nelle regioni a statuto ordinario (cap. 1352/Interno) presenta una dotazione di 126,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022.

Tali risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio per l'anno 2020 sono già state ripartite con il D.M. Interno 9 aprile 2020. A sensi dell'art. 3, del citato decreto, l’importo spettante è stato erogato in unica soluzione entro il 30 aprile 2020.

 

La norma in esame, infine, nel riformulare le disposizioni vigenti, precisa che l’attuale disciplina di determinazione e ripartizione delle risorse del Fondo è confermata “sino alla revisione del sistema di finanziamento delle Province e delle Città metropolitane”.

 

Con riguardo alla previsione di una revisione del sistema di finanziamento delle Province e delle Città metropolitane, si rammenta come le ingenti misure di riduzione della spesa, imposte a province e città metropolitane a partire dal 2010 per assicurare il concorso di tali enti al risanamento dei conti pubblici, nonché la riforma effettuata con la legge 56/2014 che ha ridefinito le funzioni e il ruolo delle province stesse, hanno inciso profondamente sugli assetti finanziari di tali enti. Infine, la mancata approvazione della riforma costituzionale nel 2016, che prevedeva, tra l'altro, la soppressione delle province, ha ulteriormente fatto emergere la necessità di interventi di razionalizzazione degli assetti istituzionali e finanziari degli enti in questione.

Nel corso degli ultimi anni, per superare le difficoltà economico-finanziarie del comparto, si è proceduto mediante l’attivazione di misure straordinarie di carattere finanziario a favore di Province e Città metropolitane, con l'autorizzazione di diversi contributi a sostegno della spesa per l'esercizio delle funzioni fondamentali, nonché per sostenere gli investimenti.

 

 

Il Fondo sperimentale di riequilibrio per le province delle regioni a statuto ordinario è stato istituito dall'articolo 21 del D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68[123], in attuazione della legge delega sul federalismo fiscale, per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attribuzione alle province dell’autonomia di entrata. Il Fondo, operante dal 2012, è alimentato dal gettito della compartecipazione provinciale all’IRPEF, la cui aliquota è determinata in misura tale da compensare la soppressione dei trasferimenti erariali ed il venir meno delle entrate legate all’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, anch’essa soppressa dall’anno 2012.

La soppressione dei trasferimenti erariali delle province è stata attuata nel 2012, con il D.P.C.M. 12 aprile 2012, nell'importo di 1.039,9 milioni (secondo le risultanze contenute nel documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale nella seduta del 22 febbraio 2012). A seguito di tale soppressione, è stato istituito il Fondo sperimentale di riequilibrio delle province, finalizzato a realizzare in forma progressiva ed equilibrata l'attuazione dell'autonomia di entrata delle province, determinato nel medesimo importo di 1.039,9 milioni di euro (con il D.M. Interno 4 maggio 2012). A decorrere dal 2014, la dotazione è stata poi rideterminata in 1.046,9 milioni.

Rispetto alla sua dotazione teorica, le risorse effettivamente disponibili in bilancio del Fondo (iscritto sul cap. 1352/Interno) sono state via via ridotte nel corso degli anni, ad opera di diversi provvedimenti normativi che hanno disposto il taglio dei trasferimenti in favore delle province al fine di garantire il concorso di tali enti al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica[124]. Di fatto, il taglio disposto dal primo decreto-legge di spending review (D.L. n. 95/2012, che a decorrere dal 2015 raggiunge l'importo complessivo di oltre 1,2 miliardi di euro) ha sostanzialmente azzerato il Fondo sperimentale di riequilibrio, inficiandone, di fatto, la finalità programmatoria e di riequilibrio ad esso assegnata dal legislatore. Come già sopra ricordato, nel bilancio di previsione per il 2020, il Fondo di riequilibrio provinciale presenta una dotazione di 126,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020, 2021 e 2022.

 

 

Il comma 1 conferma altresì, sempre sino alla revisione del sistema di finanziamento delle Province e delle Città metropolitane, i criteri per la determinazione ed il riparto dei trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione, corrisposti dal Ministero dell'interno in favore delle province appartenenti alla Regione siciliana e alla regione Sardegna, in base alle disposizioni dell'articolo 10, comma 2, del D.L. n. 16 del 2014.

Si sottolinea che il riferimento alle province delle sole Regioni Sicilia e Sardegna è dovuto al fatto che in queste regioni - contrariamente a quanto avviene nelle altre regioni a statuto speciale - la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato[125].

La disposizione richiamata dal comma – che a sua volta rinvia alle precedenti disposizioni dell’articolo 4, comma 6, del D.L. n. 16 del 2012 - disciplina la quantificazione dei trasferimenti erariali per gli enti locali che non sono stati oggetto di fiscalizzazione nell’anno 2012, ai sensi della legge n. 42 del 2009 di attuazione del federalismo fiscale, e pertanto ancora spettanti agli enti locali.

Si rammenta che, secondo le risultanze contenute nel documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale nella seduta del 22 febbraio 2012, il D.P.C.M. 12 aprile 2012 ha quantificato i trasferimenti statali non fiscalizzati per le province per il 2012, nell’importo di 13,4 milioni.

 

Si ricorda che con il termine di “trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione” si intendono - per quel che concerne gli enti locali delle regioni a statuto ordinario - quei trasferimenti residuali che, in linea di massima, non presentando il carattere della generalità e della permanenza, non sono stati soppressi dai provvedimenti attuativi del federalismo fiscale, nonché i trasferimenti erariali spettanti agli enti locali delle regioni a Statuto speciale che non rientrano ancora nel sistema del federalismo fiscale, necessari a finanziare i bilanci e le funzioni ad esse attribuite.

Tali trasferimenti continuano ancora ad essere assegnati agli enti come spettanza ed erogati dal Ministero dell’interno alle scadenze indicate nel suo decreto del 21 febbraio 2002[126].

 

Il comma 2 dispone la copertura finanziaria degli oneri recati dall’incremento del Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale previsto dal comma 1, nell’importo di circa 58,3 milioni di euro nel 2020, cui si provvede mediante corrispondente utilizzo delle risorse recuperate nel 2020 dall’Agenzia delle entrate ai sensi dell’articolo 1, commi 128 e 129, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all’erario.

 

I citati commi, si rammenta, dispongono, a decorrere dal 1° gennaio 2013, il recupero integrale delle somme a debito a qualsiasi titolo dovute dagli enti locali al Ministero dell’interno a valere su qualunque assegnazione finanziaria dovuta dal Ministero stesso (comma 128). In caso di incapienza sulle assegnazioni finanziarie, l'Agenzia delle Entrate provvede a trattenere le relative somme, per i comuni interessati, all'atto del pagamento agli stessi dell'imposta municipale propria e, per le province, all'atto del riversamento alle medesime dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore. Con cadenza trimestrale, gli importi recuperati dall'Agenzia delle entrate sono riversati dalla stessa Agenzia ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato ai fini della successiva riassegnazione ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'interno.

 


 

Articolo 109
(Servizi delle pubbliche amministrazioni)

 

 

L’articolo 109 modifica la disciplina già vigente introdotta a seguito della conversione del DL. 18/2020, riguardante i servizi delle pubbliche amministrazioni, in considerazione dei provvedimenti di sospensione di alcuni servizi, laddove disposta con ordinanze regionali o altri atti, relativamente a prestazioni in forme individuali domiciliari o a distanza, ovvero negli stessi luoghi ove si svolgono normalmente i servizi a carattere educativo, scolastico, sociosanitario e socioassistenziale, senza ricreare aggregazione, mediante personale dipendente da soggetti privati. Le priorità di tali prestazioni sono individuate dall'amministrazione competente, tramite coprogettazioni con gli enti gestori privati e vengono retribuite con importi già dovuti per l'erogazione del servizio standard, cui si sommano quote soggette alla verifica del mantenimento delle strutture che attualmente hanno sospeso l’attività e quote eventualmente riconosciute a copertura delle spese residue incomprimibili. In relazione alle ore non lavorate, sono riconosciuti i trattamenti del fondo di integrazione salariale e di cassa integrazione in deroga. L’articolo contiene anche una disposizione a sostegno del trasporto scolastico.

 

A seguito degli atti adottati ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del D.L. 6/2020 sono stati previsti uno o più decreti dell’Esecutivo per l’attuazione delle misure di emergenza, tra cui misure di sospensione. La disciplina relativa alle prestazioni individuali fornite dalle pubbliche amministrazioni durante tali sospensioni, come previsto dall’art. 48 del DL. 18/2020 (consulta scheda), viene ora integrata e rettificata in più punti:

§  vengono modificati i riferimenti normativi utilizzati, allo scopo di meglio definire l’ambito di intervento di tali servizi delle pubbliche amministrazioni, durante la sospensione dei servizi educativi e scolastici rientranti nel nuovo Sistema integrato di educazione e istruzione da zero a sei anni[127], chiarendo che sono estesi anche agli alunni della scuola primaria e secondaria di primo grado e secondo grado, con disabilità certificata ai sensi della legge n. 104/1992[128];

§  viene esteso l’ambito di intervento ad altre attività sociosanitarie e socioassistenziali, oltre ai già previsti centri diurni per anziani e per persone con disabilità, ivi includendo i servizi per i centri diurni e semiresidenziali per minori, per la salute mentale, per le dipendenze e per persona senza fissa dimora, nonchè i servizi differibili;

§  si integra la disciplina vigente con la possibilità che tali servizi siano resi anche su proposta degli enti gestori di specifici progetti, per le stesse finalità dei servizi in esame resi dalle pubbliche amministrazioni. Queste ultime possono continuare ad avvalersi anche di personale dipendente da soggetti privati che operano in base a contratti di convenzione, concessione o appalto, che risulti disponibile e già impiegato in tali servizi.

Rimane la precisazione che le prestazioni svolte in forme domiciliari devono essere rese nel rispetto delle direttive sanitarie applicate negli stessi luoghi ove si svolgono normalmente i servizi, senza che si possa ricreare aggregazione. Continua inoltre a valere che tali servizi possono essere svolti secondo priorità individuate dall’amministrazione competente, tramite co-progettazioni con gli enti gestori, impiegando i medesimi operatori ed i fondi ordinari destinati a tale finalità, alle stesse condizioni assicurative già previste, anche in deroga a eventuali clausole contrattuali, convenzionali, concessorie. In particolare, si prevede che devono essere adottati specifici protocolli per la definizione di tutte le misure necessarie per assicurare la massima tutela della salute di operatori ed utenti.

 

Il comma 2 autorizza le pubbliche amministrazioni, durante la sospensione dei sopra richiamati servizi educativi e scolastici e dei servizi sociosanitari e socioassistenziali, al pagamento dei gestori privati di tali servizi per il tutto il periodo della sospensione, sulla base delle risorse disponibili e delle prestazioni rese in altra forma. Rispetto al testo previgente, quindi, non si fa più riferimento agli importi di spesa iscritti nel bilancio preventivo.

Nel caso in cui le prestazioni siano convertite in altra forma, in deroga alla normativa vigente sui contratti pubblici relativi a lavori e servizi (D.Lgs. n. 50/2016) e previo accordo tra le parti secondo le modalità indicate al precedente comma 1 (convenzione, concessione o appalto), le stesse devono essere retribuite ai gestori con le seguenti quote:

§  quota parte dell’importo dovuto per l’erogazione del servizio standard secondo le modalità attuate precedentemente alla sospensione e subordinatamente alla verifica dell’effettivo svolgimento dei servizi;

§  un’ulteriore quota per il mantenimento delle strutture attualmente interdette, ad esclusiva cura degli affidatari di tali attività, tramite personale a ciò preposto, in modo che le strutture siano immediatamente disponibili e in regola con tutte le disposizioni vigenti, all’atto della ripresa della normale attività;

§  una terza quota, eventualmente riconosciuta a copertura delle spese residue incomprimibili, definita tenendo anche in considerazione altre entrate che affluiscono agli enti gestori.

Rispetto alla normativa previgente, pertanto, si segnala la corresponsione di questa ulteriore quota che dovrebbe essere corrisposta in relazione alle spese residue degli enti gestori, definite “incomprimibili”, categoria residuale che presumibilmente comprende costi di gestione giustificati dall’emergenza, che vengono sostenuti in aggiunta a quelli legati all’erogazione del servizio standard e oltre ai costi fissi di mantenimento delle strutture, al netto di eventuali entrate residue mantenute a qualsiasi titolo e per altri contributi ricevuti.

 

Si precisa, infine, che a seguito dell'attivazione dei servizi di cui al comma precedente, è fatta comunque salva la possibilità per i gestori privati di usufruire, in relazione alle ore non lavorate, dei trattamenti del fondo di integrazione salariale e di cassa integrazione in deroga per il personale utilizzato nei servizi resi dai gestori privati. Questi vengono attivati, qualora già riconosciuti per la sospensione dei servizi per l'infanzia (sistema di istruzione 0-6 anni) e degli altri servizi sociosanitari e socioassistenziali elencati al comma 1, nonché in relazione ai servizi degli educatori per gli alunni disabili se previsti da accordi definiti all’articolo 4-ter del DL 18/2020 medesimo, nell'ambito dei provvedimenti di sospensione assunti in attuazione del D. L. n. 6 del 2020 e con ordinanze regionali o altri provvedimenti che dispongano la sospensione dei centri diurni per anziani e persone con disabilità (comma 3).

 

La norma reca, infine, la lettera b) (non coerente con la formulazione dell’articolo e per la quale appare necessaria una rettifica di coordinamento formale del testo) che esclude il servizio di trasporto scolastico dal divieto di decurtazione dei corrispettivi, previsto all’art. 92, comma 4-bis, primo periodo, del DL. 18/2020: si tratta della disposizione che ha previsto che non possano essere applicate, da parte dai committenti dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale e di trasporto scolastico, anche laddove negozialmente previste, decurtazioni di corrispettivo, né sanzioni e/o penali nei confronti dei gestori di tali servizi, in ragione delle minori corse effettuate o delle minori percorrenze realizzate a decorrere dal 23 febbraio 2020 e fino al 31 dicembre 2020, al fine di contenere gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e delle misure di contrasto alla diffusione del virus.

In materia interviene anche l’art. 200, comma 3 del presente decreto legge (alla cui scheda si rinvia), che ricomprende invece i servizi ferroviari passeggeri di lunga percorrenza e quelli interregionali indivisi, tra quelli per cui la riduzione del servizio di trasporto in conseguenza dell’emergenza Covid-19 non comporta decurtazioni di corrispettivo o l’applicazione di sanzioni o penali.


 

Articolo 110
(Rinvio termini bilancio consolidato)

 

 

L’articolo 110 differisce dal 30 settembre al 30 novembre 2020 il termine per l’approvazione del bilancio consolidato 2019 da parte delle Regioni, degli enti locali e dei loro enti e organismi strumentali.

 

Il D.Lgs. n. 118 del 2011 disciplina l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali (comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane e unioni di comuni) e dei loro enti e organismi strumentali (enti richiamati dall’articolo 1, comma 1). Tali enti sono tenuti a redigere il bilancio consolidato con i propri enti ed organismi strumentali, aziende, società controllate e partecipate, secondo le modalità ed i criteri individuati nel principio applicato del bilancio consolidato di cui all'allegato n. 4/4 dello stesso D.Lgs. n. 118 del 2011.

L’allegato n. 4/4 al D.Lgs. n. 118 del 2011[129] afferma che il bilancio consolidato è un documento contabile a carattere consuntivo che rappresenta il risultato economico, patrimoniale e finanziario del «gruppo amministrazione pubblica», attraverso un'opportuna eliminazione dei rapporti che hanno prodotto effetti soltanto all'interno del gruppo, al fine di rappresentare le transazioni effettuate con soggetti esterni al gruppo stesso. Il bilancio consolidato è predisposto dall'ente capogruppo, che ne deve coordinare l'attività.

Le regioni, gli enti locali e i loro enti e organismi strumentali (enti di cui all'articolo 1, comma 1, del D.Lgs.  n. 118 del 2011) redigono un bilancio consolidato che rappresenti in modo veritiero e corretto la situazione finanziaria e patrimoniale e il risultato economico della complessiva attività svolta dall'ente attraverso le proprie articolazioni organizzative, i suoi enti strumentali e le sue società controllate e partecipate. Il bilancio consolidato è quindi lo strumento informativo primario di dati patrimoniali, economici e finanziari del gruppo, inteso come un'unica entità economica distinta dalle singole società e/o enti componenti il gruppo, che assolve a funzioni essenziali di informazione, sia interna che esterna, che non possono essere assolte dai bilanci separati degli enti e/o società componenti il gruppo né da una loro semplice aggregazione.

Il termine ordinario per l’approvazione del bilancio consolidato è il 30 settembre dell’anno successivo (art. 18, comma 1, lett. c)).


 

Articolo 111
(Fondo per l’esercizio delle funzioni delle Regioni
e delle Province autonome)

 

 

L’articolo 111 istituisce un fondo con una dotazione di 1,5 miliardi di euro per il 2020 da ripartire tra le Regioni e le Province autonome sulla base della rispettiva perdita di entrate tributarie dovuta alla emergenza sanitaria e destinato a finanziare le spese essenziali in materia di sanità, assistenza e istruzione. La quantificazione della perdita di gettito da parte delle regioni sarà effettuata da un tavolo tecnico, a composizione mista Stato-Regioni e presieduto dal Ragioniere generale dello Stato, il quale potrà inoltre attivare monitoraggi presso gli enti per verificare il concreto andamento degli equilibri di bilancio.

 

Il comma 1 istituisce presso il Ministero dell’economia e delle finanze un fondo con una dotazione di 1,5 miliardi di euro per il 2020. Il fondo è destinato a coprire l’eventuale perdita di entrate tributarie da parte delle Regioni e delle Province autonome in relazione all’emergenza sanitaria in atto, al fine di assicurare le risorse necessarie per l’espletamento delle funzioni essenziali in materia di sanità, assistenza e istruzione.

Il fondo verrà ripartito tra gli enti con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 31 luglio 2020, previa intesa in Conferenza Stato-Regioni. La ripartizione dovrà essere basata sulla perdita di entrate tributarie dovuta alla emergenza sanitaria in corso, da parte di ciascuna Regione e Provincia autonoma, come individuata e verificata dal tavolo tecnico istituito dal comma 2.

Il comma 1 stabilisce inoltre che entro il 30 giugno 2021, il tavolo tecnico procede alla verifica a consuntivo della perdita di gettito e dell’andamento delle spese, con conseguente eventuale regolazione dei rapporti finanziaria tra regioni e rettifica degli importi attribuiti.

 

Il comma 2 istituisce un tavolo tecnico con il compito di monitorare gli effetti dell’emergenza sanitaria sulle entrate tributarie di Regioni e Province autonome rispetto, principalmente, ai fabbisogni di spesa legati alle funzioni essenziali in materia di sanità, assistenza e istruzione.

Il tavolo è istituito con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge in esame; è presieduto dal Ragioniere generale dello Stato ed è composto da:

§  tre rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze,

§  da un Rappresentante del Ministro degli affari regionali,

§  quattro rappresentanti della Conferenza delle regioni e province autonome (organismo di coordinamento politico tra i Presidenti delle Giunte delle Regioni e delle Province autonome), di cui uno in rappresentanza delle Autonomie speciali;

§  dal Presidente della Commissione tecnica per i fabbisogni standard[130];

 

La norma specifica che compito del tavolo tecnico è quello di esaminare la possibile perdita di gettito relativa alle entrate regionali, non compensata da meccanismi automatici, destinate a finanziare le spese essenziali connesse alle funzioni in materia sanità, assistenza e istruzione. Il tavolo opera senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato ed ai suoi componenti non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati. Per il compito assegnatogli, si avvale del supporto tecnico della SOSE[131], società partecipata del Ministero delle finanze che già fornisce supporto tecnico, tra gli altri, alla Ragioneria Generale dello Stato ed alla Commissione Tecnica per i Fabbisogni standard.

 

Il comma 3 prevede che il Ragioniere generale dello Stato possa attivare, con l’ausilio dei Servizi ispettivi di finanza pubblica e su indicazione del Tavolo tecnico, monitoraggi presso le Regioni e le Province autonome, per verificare il concreto andamento degli equilibri di bilancio, ai fini della quantificazione della perdita di gettito e dell’andamento delle spese.

 

Il comma 4, infine, reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’istituzione del fondo, pari all’intera consistenza del fondo stesso, rinviando all’articolo 265 del decreto legge in esame che provvede alla copertura dell’intero provvedimento (si veda la relativa scheda di lettura del presente dossier).


 

Articolo 112
(Fondo per i comuni delle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza)

 

 

L’articolo 112 istituisce presso il Ministero dell’interno un fondo di 200 milioni di euro per l’anno 2020 in favore dei comuni ricadenti nei territori delle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza.

 

L’articolo 112 istituisce presso il Ministero dell’interno un fondo di 200 milioni di euro per l’anno 2020 in favore dei comuni ricadenti nei territori delle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza, di cui al comma 6 dell’articolo 18 del decreto-legge 9 aprile 2020, n. 23.

Si prevede un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 10 giorni dalla entrata in vigore della norma, con il quale è disposto il riparto del contributo tra i comuni destinatari, sulla base della popolazione residente.

I comuni beneficiari devono destinare le risorse assegnate ad interventi di sostegno di carattere economico e sociale connessi con l’emergenza sanitaria da COVID-19.

All’onere di 200 milioni per l’anno 2020 si provvede ai sensi dell’articolo 265 (copertura finanziaria).

 

L’articolo 18 del D.L. n. 23 del 2000 ha disposto per determinati operatori economici la sospensione dei versamenti tributari e contributivi, nonché dei premi per l’assicurazione obbligatoria. In particolare, il comma 6 ha previsto un allargamento dei requisiti per beneficiare della sospensione del versamento dell’IVA nei mesi di aprile e maggio 2020 a favore dei soggetti domiciliati in alcune province particolarmente colpite dall’emergenza Covid-19, ovvero Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza.

 


 

Articolo 113
(
Rinegoziazione mutui enti locali.
Semplificazione procedure di adesione
)

 

 

L’articolo 113 consente agli enti locali di effettuare, nel corso dell’anno 2020, operazioni di rinegoziazione o di sospensione dei mutui e di altre forme di prestito contratti con banche, intermediari finanziari e Cassa depositi e prestiti, anche se in esercizio provvisorio, mediante deliberazione dell’organo esecutivo, fermo restando l’obbligo di provvedere alle relative iscrizioni nel bilancio di previsione.

In caso di adesione ad accordi tra ABI e associazioni di enti locali che prevedono la sospensione delle quote capitale delle rate di ammortamento dei finanziamenti in scadenza nel 2020, la sospensione può avvenire anche in deroga alle norme previste dal TUEL per i mutui contratti con enti diversi da Cassa depositi e prestiti e dall’Istituto per il credito sportivo e in deroga alle norme in tema di rinegoziazione dei mutui con emissione di titoli obbligazionari o con strumenti derivati.

 

Il comma 1, in considerazione delle difficoltà determinate dall’attuale emergenza epidemiologica da virus Covid-19, attribuisce agli enti locali la facoltà di effettuare, nel corso dell’anno 2020, operazioni di rinegoziazione o sospensione della quota capitale di mutui e di altre forme di prestito contratto con le banche, gli intermediari finanziari e la Cassa depositi e prestiti, anche nel corso dell’esercizio provvisorio, mediante deliberazione dell’organo esecutivo (ovvero la Giunta), fermo restando l’obbligo di provvedere alle relative iscrizioni nel bilancio di previsione.

Nel prevedere la rinegoziazione anche per gli enti in esercizio provvisorio, la norma richiama l’articolo 163 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL) il quale disciplina l’esercizio provvisorio e la gestione provvisoria nel caso in cui il bilancio di previsione non sia approvato entro il 31 dicembre dell’anno precedente. Nel corso dell'esercizio provvisorio o della gestione provvisoria, gli enti gestiscono gli stanziamenti di competenza previsti nell'ultimo bilancio approvato per l'esercizio cui si riferisce la gestione o l'esercizio provvisorio, ed effettuano i pagamenti entro i limiti determinati dalla somma dei residui al 31 dicembre dell'anno precedente e degli stanziamenti di competenza al netto del fondo pluriennale vincolato.

 

Al riguardo si evidenzia che la Cassa depositi e prestiti (Cdp) il 23 aprile 2020 ha diffuso la circolare n. 1300 con la quale, per fronteggiare l’emergenza sanitaria Covid-19, si è resa disponibile alla rinegoziazione per l’anno 2020 dei prestiti in ammortamento al 1° gennaio 2020 concessi a Comuni, Province, Città Metropolitane, Unioni di Comuni, Comunità Montane, inclusi quelli già oggetto di precedenti programmi di rinegoziazione, alle condizioni, nei termini e con le modalità ivi indicate. L’operazione è ampiamente illustrata anche sull’apposito sito istituzionale. Il periodo di adesione va dal 6 al 27 maggio 2020.

La circolare di Cdp richiede, per l’adesione alla rinegoziazione, la delibera dell’organo consiliare, mentre la norma in esame prevede la deliberazione dell’organo esecutivo.

L’operazione prevede la possibilità di rinegoziare i prestiti con capitale residuo non inferiore a 10.000, anche con scadenza ravvicinata, nonché i mutui degli enti in predissesto e quelli degli enti in dissesto qualora abbiano approvato il bilancio stabilmente riequilibrato. Per la rata di giugno, posticipata al 31 luglio, viene sospeso il pagamento della quota capitale e gli interessi saranno calcolati sulla base del piano di ammortamento vigente. La quota capitale della rata di dicembre sarà corrisposta nella misura dello 0,25% del debito residuo 2020, e gli interessi saranno calcolati sulla base del piano post rinegoziazione, la cui scadenza minima è prevista per il 2043. I pagamenti riprenderanno a giugno 2021, comprensivi della quota capitale ordinaria post rinegoziazione.

 

Il comma 2 prevede che in caso di adesione ad accordi promossi dall’Associazione Bancaria Italiana e dalle associazioni degli enti locali, che prevedono la sospensione delle quote capitale delle rate di ammortamento in scadenza nell’anno 2020 dei finanziamenti in essere, con conseguente modifica del relativo piano di ammortamento, tale sospensione può avvenire anche in deroga all'articolo 204 comma 2 del TUEL e all’articolo 41, commi 2 e 2-bis, della legge n. 448 del 2001, fermo restando il pagamento delle quote interessi alle scadenze contrattualmente previste. Le sospensioni in esame non comportano il rilascio di nuove garanzie, essendo le stesse automaticamente prorogate al fine di recepire la modifica del piano di ammortamento.

 

L’art. 204, comma 2 del TUEL dispone che i contratti di mutuo con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, e dall'Istituto per il credito sportivo, devono, a pena di nullità, essere stipulati in forma pubblica e contenere le seguenti clausole e condizioni:

a)    l'ammortamento non può avere durata inferiore ai cinque anni;

b)   la decorrenza dell'ammortamento deve essere fissata al 1° gennaio dell'anno successivo a quello della stipula del contratto. In alternativa, la decorrenza dell'ammortamento può essere posticipata al 1° luglio seguente o al 1° gennaio dell'anno successivo e, per i contratti stipulati nel primo semestre dell'anno, può essere anticipata al 1° luglio dello stesso anno;

c)    la rata di ammortamento deve essere comprensiva, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi;

d)   unitamente alla prima rata di ammortamento del mutuo cui si riferiscono devono essere corrisposti gli eventuali interessi di preammortamento, gravati degli ulteriori interessi, al medesimo tasso, decorrenti dalla data di inizio dell'ammortamento e sino alla scadenza della prima rata. Qualora l'ammortamento del mutuo decorra dal primo gennaio del secondo anno successivo a quello in cui è avvenuta la stipula del contratto, gli interessi di preammortamento sono calcolati allo stesso tasso del mutuo dalla data di valuta della somministrazione al 31 dicembre successivo e dovranno essere versati dall'ente mutuatario con la medesima valuta 31 dicembre successivo;

e)    deve essere indicata la natura della spesa da finanziare con il mutuo e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia dell'investimento, dato atto dell'intervenuta approvazione del progetto definitivo o esecutivo, secondo le norme vigenti;

f)    deve essere rispettata la misura massima del tasso di interesse applicabile ai mutui, determinato periodicamente dal Ministro dell'economia e delle finanze con proprio decreto[132].

L’articolo 41 della legge n. 448 del 2001 prevede, ai commi 2 e 2-bis, che gli enti locali, fermo restando quanto previsto nelle relative pattuizioni contrattuali, possono provvedere alla conversione dei mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996, anche mediante il collocamento di titoli obbligazionari di nuova emissione o rinegoziazioni, anche con altri istituti, dei mutui, in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti stessi, al netto delle commissioni e dell'eventuale retrocessione del gettito dell'imposta sostitutiva sugli interessi, premi ed altri frutti riscossa dalle banche ai sensi dell'articolo 2 del D.Lgs. n. 239 del 1996.

Si prevede, inoltre, che i contratti con cui le regioni e gli enti locali pongono in essere le operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e le operazioni in strumenti derivati devono essere trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento del tesoro.

 

Al riguardo si sottolinea che l’ANCI, l’UPI e l’ABI hanno stipulato il 7 aprile 2020 un Accordo-quadro in base al quale gli enti locali possono chiedere alle banche, che aderiscono all’Accordo, la sospensione per un anno della quota capitale delle rate dei finanziamenti che scadono nel corso del 2020.

L’Accordo prevede, tra l’altro:

§  la possibile sospensione del pagamento della quota capitale delle rate dei mutui in essere in scadenza nel 2020, per un periodo di 12 mesi;

§  che non sono modificate le condizioni economiche previste contrattualmente: il tasso di interesse al quale viene realizzata l’operazione di sospensione è quello originariamente previsto nel contratto e le banche aderenti non applicheranno alcuna commissione all’operazione di sospensione;

§  che gli interessi maturati nel periodo di sospensione sono corrisposti alla banca alle scadenze contrattualmente previste;

§  al termine del periodo di sospensione, la banca estende la durata del piano di ammortamento originario di 12 mesi.

Nell’Accordo è previsto che le banche possano applicare misure di maggior favore per gli enti locali rispetto a quelle previste nell’Accordo stesso.

 

Gli enti dovranno presentare la richiesta alle banche aderenti entro il 15 maggio, le quali si impegnano a fornire risposta entro i successivi 30 giorni. Sul sito dell’Associazione bancaria è possibile consultare l’elenco aggiornato delle banche aderenti.

 

Si ricorda che l’articolo 112 del decreto-legge n. 18 del 2020 (c.d. “Cura Italia) ha già disposto la sospensione di un anno del pagamento della quota capitale, in scadenza successivamente al 17 marzo 2020, dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. agli enti locali e trasferiti al Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 5, commi 1 e 3, del D.L. n. 269/2003. Il pagamento è differito all’anno immediatamente successivo alla data di scadenza del piano di ammortamento contrattuale, sulla base della periodicità del pagamento prestabilita dal contratto o dal provvedimento regolante il mutuo.

 


 

Articolo 114
(Differimento dei termini per la stabilizzazione dei contributi a favore dei comuni per opere pubbliche e per l’abbattimento
delle barriere architettoniche)

 

 

L’articolo 114 proroga, per l’anno 2020, i termini per l’utilizzo dei finanziamenti autorizzati – dall’art. 30, comma 14-ter, del D.L. 34/2019 – in favore dei comuni con meno di 1.000 abitanti per il potenziamento degli investimenti di messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l’abbattimento delle barriere architettoniche a beneficio della collettività.

 

Al fine di comprendere l’operatività delle proroghe in questione occorre richiamare, seppur in estrema sintesi, il contenuto delle norme oggetto di proroga.

I primi otto periodi del comma 14-ter dell’art. 30 del D.L. 34/2019 – al fine di stabilizzare i contributi a favore dei comuni allo scopo di potenziare gli investimenti per la messa in sicurezza di scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio comunale e per l'abbattimento delle barriere architettoniche a beneficio della collettività – hanno:

§  autorizzato, a decorrere dall'anno 2020, l'avvio di un programma pluriennale per la realizzazione degli interventi in questione nei comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti;

§  demandato ad un apposito decreto del Ministro dell'interno, da emanare entro il 15 gennaio di ciascun anno, l’effettuazione del riparto delle disponibilità finanziarie tra i comuni in questione, assegnando a ciascun comune un contributo di pari importo.

Per l’esercizio 2020 il riparto è stato disposto con il D.M. Interno 14 gennaio 2020 che, sulla base dell’effettiva disponibilità finanziaria, ha assegnato, a ciascuno dei 1.940 comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, l’importo di 11.597,90 euro.

 

Per l’utilizzo di tali contributi, nei periodi terzo, quarto e sesto del citato comma 14-ter, sono stati fissati i seguenti termini procedurali:

§  inizio dell’esecuzione dei lavori entro il 15 maggio di ciascun anno (tale termine, per il 2020, viene prorogato al 15 luglio 2020 dall’articolo in esame);

§  eventuale revoca del contributo, in tutto o in parte, entro il 15 giugno di ciascun anno (termine che, per il 2020, viene prorogato al 30 agosto 2020 dall’articolo in esame), con decreto del Ministro dell'interno, in caso di mancato rispetto del termine di inizio dell'esecuzione dei lavori o di parziale utilizzo del contributo;

§  inizio dell'esecuzione dei propri lavori da parte degli ulteriori comuni che sono risultati assegnatari delle somme revocate, entro il 15 ottobre di ciascun anno (termine che, per il 2020, viene prorogato al 15 novembre 2020 dall’articolo in esame).

 


 

Articolo 115
(Fondo di liquidità per il pagamento dei debiti
commerciali degli enti territoriali)

 

 

L’articolo 115 istituisce un Fondo, con una dotazione di 12 miliardi di euro per il 2020, per assicurare un'anticipazione di liquidità destinata al pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili di Regioni, province autonome, enti locali ed enti del Servizio sanitario nazionale.

 

L'articolo alloca risorse finalizzate a concedere anticipazioni agli enti territoriali che si trovino in uno stato di carenza di liquidità, derivante, come si legge nella relazione illustrativa "anche [..] dalla situazione straordinaria di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell’epidemia da COVID-19". La norma, che consente agli enti beneficiari  di far fronte al pagamento dei propri debiti di carattere commerciale certi, liquidi ed esigibili, fornisce una consistente iniezione di liquidità, in ultima analisi, nei confronti del settore economico nel suo complesso.

Va peraltro segnalato che il ritardo nei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni costituisce una criticità ben antecedente rispetto all'emergenza sanitaria in corso, che verosimilmente non potrà che aver ampliato il fenomeno, per via del rallentamento dell'attività delle pubbliche amministrazioni.

Per ridurre detto ritardo il Governo e il Parlamento hanno in passato adottato soluzioni simili a quelli recati nell'articolo in esame, che hanno contenuto, ancorché non risolto, il problema (si veda in proposito la scheda di approfondimento proposta in calce alla presente scheda).

 

Ai sensi del comma 1, il Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili per gli enti locali e le regioni è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Il Fondo, con una dotazione di 12 miliardi di euro per il 2020, è distinto in due Sezioni (ognuna corrispondente ad un articolo nell'ambito del medesimo capitolo di bilancio) dirette ad assicurare liquidità rispettivamente: i) alle regioni e alle province autonome per i pagamenti dei debiti degli enti del Servizio Sanitario Nazionale; ii) agli enti locali e alle regioni e province autonome per debiti diversi da quelli finanziari e sanitari. Ogni Sezione ha una propria dotazione finanziaria: quella per i debiti degli enti del SSN ha una dotazione pari a 4 miliardi; l'altra Sezione è pari a 8 miliardi.

Eventuali variazioni compensative tra le Sezioni (ovvero fra gli articoli all'interno del medesimo capitolo) possono essere disposte con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di cui si prevede una comunicazione al Parlamento.

Si segnala che nell'ambito della Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti diversi da quelli finanziari e sanitari la dotazione complessiva è ulteriormente ripartita fra enti locali (per una quota pari a 6,5 miliardi) e regioni/province autonome (per una quota pari a 1,5 miliardi).

Agli oneri derivanti dal comma 1, come detto pari a 12 miliardi di euro nel 2020, si provvede ai sensi dell'art.265 (alla cui scheda si fa rinvio).

 

Il comma 2 rinvia ad una convenzione fra il Ministero dell'economia e delle finanze e la Cassa depositi e prestiti S.p.A. (CDP), da stipulare entro 10 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, la definizione delle modalità operative del Fondo.

La disposizione in commento precisa che detta convenzione:

i)    contiene criteri e modalità per l'accesso da parte degli enti territoriali alle risorse delle Sezioni, che dovrà avvenire mediante sottoscrizione di un contratto tipo. Detto contratto è approvato con decreto del Direttore generale del Tesoro ed è pubblicato sui siti internet del Ministero dell'economia e della CDP;

ii)  reca i criteri e le modalità di gestione delle due Sezioni da parte di CDP;

iii)         è pubblicata sui siti internet delle parti contraenti (Ministero dell'economia e CDP).

Il comma 2 inoltre autorizza il medesimo Ministero a trasferire le disponibilità delle richiamate Sezioni su due conti correnti presso la Tesoreria centrale, ad esso intestati, su cui la CDP può effettuare operazioni di prelevamento e versamento per le finalità di cui alle predette Sezioni.

 

Il comma 3 quantifica in 300.000 euro, per il corrente anno, gli oneri connessi alle attività oggetto della richiamata convenzione, per i quali si provvede ai sensi dell’articolo 265.

Ulteriori 300.000 euro sono destinati, ai sensi del comma 4, al potenziamento della struttura di gestione e assistenza tecnica della piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni.

 

In proposito, l'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64  (richiamato dalla disposizione in esame) impone alle amministrazioni pubbliche di registrarsi, ai fini della certificazione delle somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali (ai sensi di disposizioni di leggi ivi richiamate), presso la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni, predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato.

Il comma in esame chiarisce che l'intervento è motivato in ragione della centralità del rilascio delle certificazioni al fine di garantire l’operatività di quanto disposto agli articoli 125 e 126 (alle cui schede si rinvia).

 

Anche con riferimento all'onere derivante dal comma 4 si provvede ai sensi dell'art.265.

 

Il ritardo nei pagamenti dei debiti contratti dalle pubbliche amministrazioni costituisce un problema assai risalente, al quale il Governo e il Legislatore hanno tentato di porre rimedio con precedenti interventi legislativi, ed in particolare con  il decreto-legge 35 del 2013, senza riuscire a superare del tutto la criticità[133].

 Il decreto-legge reca, all'art.1, strumenti diretti a garantire la puntualità dei pagamenti dei debiti contratti dalla PA. Nello specifico, il comma 10 istituisce un Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili, con una dotazione di circa 16,5 miliardi di euro per il 2013 e di circa 7,3miliardi per il 2014. Il Fondo è suddiviso in tre distinte Sezioni (mentre il decreto legge in esame, come visto, ne contempla due): una relativa agli enti locali, una alle regioni e province autonome e una agli enti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

L'obbligo di adempiere con puntualità le obbligazioni scadute della PA è contenuto nella direttiva 2011/7/UE e nel decreto legislativo n. 192 del 2012 che ne recepisce i contenuti. In estrema sintesi, tutte le pubbliche amministrazioni sono tenute a pagare le proprie fatture entro 30 giorni dalla data del loro ricevimento, ad eccezione degli enti del SSN (per i quali il termine è di 60 giorni).

Anche in considerazione degli effetti di tale provvedimento e degli ulteriori interventi legislativi, si è registrato un miglioramento  complessivo, negli ultimi anni, nei tempi di pagamento, come segnalato dal Ministero dell'economia e delle finanze (http://www.mef.gov.it/focus/article_0055.html), che monitora il processo di estinzione dei debiti commerciali avvalendosi del sistema informatico denominato Piattaforma dei crediti commerciali (PCC), in cui confluiscono le informazioni sulle singole fatture ricevute dalle oltre 22.200 amministrazioni pubbliche registrate.

Nonostante tale miglioramento, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha recentemente riconosciuto (Causa C-122/18 del 28 gennaio 2020) che «la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti» in forza della citata direttiva poiché non ha assicurato «che le sue pubbliche amministrazioni rispettino effettivamente i termini di pagamento» pari a 30 o 60 giorni. Nell'occasione, la Corte non ha ritenuto di poter prendere in considerazione «la circostanza, quand'anche accertata, che la situazione relativa ai ritardi di pagamento delle pubbliche amministrazioni nelle transazioni commerciali [...] sia in via di miglioramento» (paragrafo n.64). In proposito, nella decisione, al paragrafo 61, si fa riferimento a tempi medi di ritardo, secondo le argomentazioni prodotte dall'Italia, pari a 10 giorni per le pubbliche amministrazioni non appartenenti al SSN e di 8 per quelle ad esso appartenenti.


 

Articolo 116
(Pagamento dei debiti degli enti locali e
delle regioni e province autonome)

 

 

L’articolo 116 è diretto ad assicurare anticipazioni di liquidità in favore di regioni ed enti locali per consentire loro di estinguere debiti scaduti, con effetti positivi per gli operatori economici.

Gli aspetti qualificanti sono: i) la convenienza per gli enti beneficiari, derivante dal piano di ammortamento trentennale, dalla sua decorrenza a partire dal 2022, dalla previsione di un tasso di interesse contenuto (pari al rendimento di mercato dei Buoni poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di emissione); ii) la definizione di tempi certi e ristretti, come si evince dalla domanda (contenente l'elenco dei debiti che si intendono soddisfare) da avanzare entro il 7 luglio 2020, dall'erogazione entro il 24 luglio  e dall'obbligo di estinguere i debiti entro i successivi 30 giorni.

 

L'articolo disciplina le modalità di attivazione delle anticipazioni di liquidità degli enti locali e delle regioni, che può essere disposta attingendo alle dotazioni di una delle due sezioni (quella per debiti diversi da quelli finanziari e sanitari) di cui si compone il Fondo per il pagamento dei debiti commerciali degli enti territoriali, istituito dall'art.124 del presente provvedimento (si veda la relativa scheda di lettura).

 

Il comma 1 autorizza gli enti locali (di cui all’articolo 2, comma 1, del testo unico degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), le regioni e le province autonome a chiedere alla Cassa depositi e prestiti (CDP) anticipazioni di liquidità qualora non siano in grado di far fronte ai pagamenti relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali.

 

Ai sensi dell'art.2, comma 1, del TUEL, per enti locali si intendono i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni.

 

Le anticipazioni sono dirette all'estinzione di debiti certi, liquidi ed esigibili, nonché maturati alla data del 31 dicembre 2019, che gli enti territoriali non sono in grado di far fronte, per carenza di liquidità, "anche a seguito della situazione straordinaria di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell’epidemia da COVID-19". La relativa richiesta alla CDP deve essere effettuata tra il 15 giugno e il 7 luglio 2020, secondo le modalità previste nella convenzione di cui all’articolo 115, comma 2, del presente decreto (alla cui scheda si rinvia).  

La disposizione in esame individua nella Giunta l'organo dell'ente territoriale competente a formulare tale richiesta.

La disposizione parrebbe non tener conto che nelle province e nelle città metropolitane non sono più previste le Giunte, secondo quanto previsto dalla legge n.56 del 2014, "Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni".

 

L'anticipazione di liquidità non può essere domandata per debiti fuori bilancio a meno che l'ente non ne abbia disposto il relativo riconoscimento. Si tratta di una norma coerente con la previsione, già richiamata, secondo cui i debiti devono essere certi, liquidi ed esigibili.

 

Come si evince dal comma 2, le anticipazioni in questione non comportano il trasferimento di risorse aggiuntive in favore degli enti richiedenti, poiché costituiscono un mero strumento di pagamento di debiti conseguenti a spese che hanno già una relativa copertura di bilancio. A conferma di ciò, sono escluse - come detto - le anticipazioni per la copertura di debiti fuori bilancio, che per loro natura non sono registrati in bilancio, fintanto che non se ne disponga il riconoscimento (con la relativa copertura).

Per tale ragione la norma specifica che le anticipazioni "non costituiscono indebitamento ai sensi dell’articolo 3, comma 17, della legge 24 dicembre 2003, n. 350".

 

Il citato art.3, comma 17, stabilisce che costituiscono indebitamento "l'assunzione di mutui, l'emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni relative a flussi futuri di entrata, a crediti e a attività finanziarie e non finanziarie, l'eventuale somma incassata al momento del perfezionamento delle operazioni derivate di swap (cosiddetto upfront), le operazioni di leasing finanziario stipulate dal 1° gennaio 2015, il residuo debito garantito dall'ente a seguito della definitiva escussione della garanzia, [..] il residuo debito garantito a seguito dell'escussione della garanzia per tre annualità consecutive [..]".

Proprio la medesima disposizione esclude che generino indebitamento "le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio".

 

Risulta cruciale che le disposizioni legislative che autorizzano anticipazioni di liquidità, ai fini della loro legittimità costituzionale, non accrescano la capacità di spesa dell'ente.

Sul punto la giurisprudenza costituzionale (ex multis, si veda,  da ultimo, la sent. n.4 del 2020[134]) riconosce la compatibilità  di siffatte disposizioni legislative (che comportano un indebitamento dell'ente), con l'articolo 119, sesto comma, della Costituzione (per il quale l'indebitamento è possibile solo per la realizzazione di investimenti),  solo per il pagamento di passività pregresse iscritte in bilancio. Nello specifico, la Corte costituzionale ha affermato che le anticipazioni devono essere  misure che presentano un carattere di eccezionalità in quanto: a) sono «inscindibilmente collegate a una sofferenza della cassa», spesso legata a pregressi fenomeni di inappropriata gestione; b) sono «frutto di un rigoroso bilanciamento di interessi rilevanti in sede costituzionale e dell’Unione europea», quali l’esigenza di rispettare i vincoli di indebitamento e quella di onorare i debiti; c) rappresentano «un rimedio contingente, non riproducibile serialmente nel tempo e inidoneo a risanare bilanci strutturalmente in perdita» (sent. n.4/2020, Considerando in diritto n.4.1, secondo capoverso).

 

Il comma 2 in commento dispone altresì che le anticipazioni sono concesse in deroga rispetto ad alcune disposizioni legislative:

i) per gli enti locali la deroga riguarda quanto disposto agli articoli 203 e 204 del TUE testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

 

L'articolo 203 ("Attivazione delle fonti di finanziamento derivanti dal ricorso all'indebitamento") subordina il ricorso all'indebitamento: a) all'avvenuta approvazione del rendiconto dell'esercizio del penultimo anno precedente quello in cui si intende deliberare il ricorso a forme di indebitamento; b) all'avvenuta deliberazione del bilancio di previsione nel quale sono iscritti i relativi stanziamenti. Inoltre, qualora nel corso dell'esercizio si renda necessario attuare nuovi investimenti o variare quelli già in atto, l'organo consiliare adotta apposita variazione al bilancio di previsione e contestualmente adegua il documento unico di programmazione e le previsioni del bilancio degli esercizi successivi (per la copertura degli oneri derivanti dall'indebitamento e per la copertura delle spese di gestione).

 

L'articolo 204 ("Regole particolari per l'assunzione di mutui") dispone (fra l'altro) che l'ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale degli interessi, sommato a quello dei mutui precedentemente contratti, a quello dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi, a quello delle aperture di credito stipulate e a quello derivante dal prestito di garanzie, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi non supera il 10 per cento delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui.

 

ii) per le regioni e le province autonome, la deroga riguarda quanto disposto all'articolo 62 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 ("Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42").

L'articolo (rubricato "Mutui e altre forme di indebitamento" pone una serie di limiti per il ricorso al debito da parte delle regioni. Fra l'altro, esso stabilisce che: occorre la previa approvazione del consiglio regionale del rendiconto dell'esercizio di due anni precedenti a quello al cui bilancio il nuovo indebitamento si riferisce; l'autorizzazione all'indebitamento è concessa con legge di approvazione del bilancio o con leggi di variazione del medesimo, e decade al termine dell'esercizio cui il bilancio si riferisce; l'autorizzazione al nuovo debito è subordinata alla circostanza che l'importo complessivo delle annualità di ammortamento per capitale e interesse dei mutui e delle altre forme di debito in estinzione nell'esercizio considerato, al netto dei contributi erariali sulle rate di ammortamento dei mutui in essere al momento della sottoscrizione del finanziamento e delle rate riguardanti debiti espressamente esclusi dalla legge, non superi il 20 per cento dell'ammontare complessivo delle entrate del titolo "Entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa" al netto di quelle della tipologia "Tributi destinati al finanziamento della sanità" ed a condizione che gli oneri futuri di ammortamento trovino copertura nell'ambito del bilancio di previsione della regione stessa.

 

Gli enti richiedenti, una volta che si è perfezionato il contratto di anticipazione, sono tenuti ad adeguare le relative iscrizioni nel bilancio di previsione. A tal fine si prevede che operino nel rispetto di quanto previsto dal paragrafo 3.20-bis del principio applicato della contabilità finanziaria di cui all’allegato 4/2 al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118.

 

Detto paragrafo stabilisce (fra l'altro) che le anticipazioni di liquidità non costituiscono indebitamento agli effetti dell'art. 119 della Costituzione e di norma si estinguono entro un anno.

Per le anticipazioni di liquidità a rimborso pluriennale, prevede l'iscrizione in bilancio di un fondo anticipazione di liquidità nel titolo 4 della spesa, di importo pari alle anticipazioni di liquidità incassate nell'esercizio e non restituite, non impegnabile e pagabile, destinato a confluire nel risultato di amministrazione, come quota accantonata. Il fondo, con corrispondente accantonamento annuale, sterilizza gli effetti espansivi della spesa e non deve costituire forma surrettizia di copertura di spese. Il paragrafo prevede inoltre una serie di modalità di contabilizzazione previste per le anticipazioni di liquidità, distinte a seconda della fonte che le ha istituite:

 

Gli enti territoriali che ottengono dette anticipazioni procederanno ad accantonare, nei bilanci di previsione, una quota del risultato di amministrazione nel fondo anticipazione di liquidità. Tale operazione sarà effettuata anche da parte degli enti che registrano un disavanzo di amministrazione.

 

Come si legge nella relazione illustrativa, tale previsione costituisce una deroga alla disciplina dell’utilizzo del risultato di amministrazione da parte degli enti in disavanzo (di cui all’articolo 1, comma 897 e seguenti, della legge 30 dicembre 2018, n. 145).

 

Il comma 3 dispone in ordine alle modalità di presentazione della richiesta di anticipazione di liquidità.  Quest'ultima deve, nello specifico, contenere:

i) un'apposita dichiarazione sottoscritta dal rappresentante legale dell'ente (pertanto sindaco, presidente della provincia, presidente di regione, etc.) in cui si elencano i debiti da pagare con l'anticipazione. Detta richiesta è redatta utilizzando l'apposito modello generato dalla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35 (si veda la scheda riferita all'articolo 115 del presente decreto).

ii) l’attestazione di copertura finanziaria delle spese concernenti il rimborso delle rate di ammortamento, corredata dalla verifica da parte dell'organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile.

 

Ai sensi del comma 4, l'anticipazione è concessa entro il 24 luglio 2020 a valere sulla sezione del fondo per Fondo di liquidità per il pagamento dei debiti commerciali degli enti territoriali destinata ad assicurare la liquidità per pagamenti di debiti diversi da quelli finanziari e sanitari.

Il richiamato Fondo è istituito dall'art. 115, comma 1 (per il commento del quale si rinvia alla relativa scheda di lettura).

Poiché le richieste di anticipazione potrebbero essere maggiori rispetto alle risorse stanziate nella citata sezione, pari a 8 miliardi (così suddivise in due quote: 6,5 miliardi per debiti contratti dagli enti locali e 1,5 per debiti delle regioni, ai sensi del citato art.115), la norma in esame stabilisce che l'anticipazione è concessa in modo proporzionale all'ammontare complessivo delle richieste di anticipazione pervenute e, comunque, nei limiti delle somme disponibili nella sezione medesima.

Nell'eventualità che il totale delle richieste soddisfatte a valere su una delle due quote della sezione del fondo sia inferiore rispetto alla medesima quota, le risorse residue possono essere destinate alle eventuali richieste non soddisfatte presentate per l’altra quota della medesima sezione.

Il comma 5 dispone in ordine al piano di ammortamento per la restituzione dell'anticipazione. Esso prevede una restituzione secondo rate costanti e in un periodo massimo di 30 anni. La restituzione è tuttavia anticipata nell'evenienza che si determini il ripristino della normale gestione della liquidità, secondo quanto previsto nella convenzione tra il Ministero e la CDP (di cui all'art.115, comma, alla cui scheda di lettura si fa rinvio).

Il piano di ammortamento prende avvio nel 2022 e le rate sono corrisposte non oltre il 31 ottobre di ciascun anno.

La norma in esame, in combinato disposto con il comma 7 (in cui si opera un riferimento "alla prima scadenza di pagamento della rata prevista dal relativo contratto", v. infra), parrebbe potersi interpretare nel senso che la data di avvio del piano di ammortamento, compresa fra il 1 gennaio 2022 e il 31 ottobre, sia decisa nei distinti contratti di anticipazione che ciascun ente sottoscrive con la CDP. Peraltro, se la data di scadenza della prima (e delle altre rate) non fosse la stessa per tutti gli enti beneficiari, si creerebbero delle situazioni di vantaggio per taluni e di svantaggio per altri.

 

Il comma 5 prevede altresì interessi di preammortamento "dalla data dell'erogazione e fino alla data di decorrenza dell’ammortamento". Detti interessi, stando alla formulazione della disposizione "saranno corrisposti, il giorno lavorativo bancario antecedente tale data". Poichè nel testo si fa riferimento a due date, si valuti la possibilità di chiarire a quale di esse ci si riferisce, in modo da specificare se gli interessi di preammortamento debbano essere erogati nel momento dell'erogazione ovvero successivamente ad essa, cioè nel momento in cui prende avvio il piano di ammortamento.

La remunerazione per le anticipazioni è costituita dal tasso di interesse che la disposizione stabilisce che sia pari al rendimento di mercato dei Buoni Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di emissione. Tale rendimento è quello rilevato dal Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze alla data della pubblicazione del presente decreto e pubblicato sul sito internet del medesimo Ministero.

Il comma 6 disciplina le modalità di recupero delle rate di ammortamento eventualmente non corrisposte dagli enti al momento della loro scadenza: se si tratta di erogazioni in favore degli enti locali, il recupero è effettuato dall’Agenzia delle entrate in sede di riversamento di specifiche entrate tributarie di competenza dell’ente inadempiente. Nel caso dei comuni, la trattenuta è effettuata all'atto del pagamento agli stessi dell'imposta municipale propria, riscossa tramite modello F24 o altre modalità di riscossione; nel caso delle città metropolitane e delle province, la trattenuta è effettata all'atto del riversamento alle medesime dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile, derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (esclusi i ciclomotori), riscossa tramite modello F24; nel caso di regioni e province autonome, il recupero è effettuato a valere sulle giacenze disponibili sui conti aperti presso la tesoreria statale e intestati ai medesimi enti.

Ai sensi del comma 7, qualora si registrino eventuali residui una volta concluso il pagamento di tutti i debiti per i quali era stata chiesta l'anticipazione di liquidità, questi devono essere impiegati per la parziale estinzione dell'anticipazione stessa, in occasione della restituzione della prima rata prevista dal contratto.

 

La disposizione reca una sanzione per la mancata ottemperanza a tale obbligo: la mancata estinzione dell'anticipazione entro la prima rata "è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare" ai sensi decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 ("Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche").

 

La misurazione e la valutazione della performance dei dirigenti e del personale responsabile di una unità organizzativa in posizione di autonomia e responsabilità, sono disciplinate dall’articolo 9 del D.Lgs. n. 150/2009. Esse si collegano "a) agli indicatori di performance relativi all'ambito organizzativo di diretta responsabilità, ai quali è attribuito un peso prevalente nella valutazione complessiva; b) al raggiungimento di specifici obiettivi individuali; c) alla qualità del contributo assicurato alla performance generale della struttura, alle competenze professionali e manageriali dimostrate, nonché ai comportamenti organizzativi richiesti per il più efficace svolgimento delle funzioni assegnate; d) alla capacità di valutazione dei propri collaboratori, dimostrata tramite una significativa differenziazione dei giudizi.

 

La disciplina in esame non parrebbe invece prevedere alcuna esplicita sanzione nel caso in cui il residuo in esame sia determinato (non dall'estinzione di taluni debiti per ragioni diverse dal pagamento, bensì) dall'inesattezza della dichiarazione sottoscritta dal rappresentante legale dell'ente contenente l'elenco dei debiti da pagare con l'anticipazione. Si consideri che, nel caso in cui il complesso delle richieste sia maggiore rispetto alla dotazione della sezione del Fondo, una richiesta di un ente superiore rispetto alle effettive esigenze potrebbe andare a detrimento delle richieste degli altri enti, che potrebbero ricevere un ammontare inferiore rispetto a quanto necessario, con una penalizzazione del sistema economico nel suo complesso.

 

Gli enti beneficiari sono tenuti ad estinguere i debiti per i quali hanno ottenuto l'anticipazione di liquidità entro il trentesimo giorno successivo alla data di erogazione (comma 8). Al fine di favorire la puntualità in tale adempimento, si prevede che il mancato pagamento dei debiti entro tale termine rileva, anche in questo caso, ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare. La verifica in ordine all'avvenuto pagamento dei debiti è effettuato dalla CDP, attraverso la citata piattaforma elettronica (richiamata anche dal comma 3, a cui si rinvia). Qualora verifichi mancati pagamenti, può chiedere la restituzione dell'anticipazione per un importo equivalente ai mancati pagamenti. Tale restituzione è previsto che possa avvenire "anche ricorrendo alle modalità di cui al comma 6", che, come già segnalato (v. supra), reca le modalità di recupero delle rate di ammortamento eventualmente non corrisposte dagli enti al momento della loro scadenza.

 

Il comma 9 coordina l'articolo in commento con le disposizioni introdotte con la legge di bilancio 2020 (art.1, comma 556, della legge n.160 del 2019) che già avevano ampliato, rispetto alla legislazione vigente, le possibilità per gli enti territoriali di ottenere anticipazioni di cassa.

 

L’articolo 1, comma 556, ha aggiunto i commi da 7-bis a 7-novies all’art. 4 del decreto legislativo 231/2002, che, in sintesi, prevedono che le banche, gli intermediari finanziari, la CDP e le istituzioni finanziarie dell'Unione europea possano concedere ai comuni, alle province, alle città metropolitane, alle regioni  e alle province autonome, anche per conto dei rispettivi enti del Servizio sanitario nazionale (SSN), anticipazioni di liquidità da destinare al pagamento di debiti, certi, liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31 dicembre 2019, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali.

 

Il comma 9 specifica che le anticipazioni di cui al comma 1 possono essere utilizzate dai comuni, dalle province, dalle città metropolitane, dalle regioni e dalle province autonome anche ai fini del rimborso, totale o parziale, delle anticipazioni concesse, limitatamente alla quota capitale delle stesse, ai sensi della norma appena richiamata (comma 556), che risultino erogate alla data del 15 giugno 2020, nel rispetto delle pattuizioni contrattuali.


 

Articolo 117 (commi 1-4)
(Disposizioni in materia di anticipo del finanziamento sanitario corrente e di pagamento dei debiti degli enti sanitari)

 

 

L’articolo 117 (commi 1-4), allo scopo di incrementare la liquidità disponibile presso gli enti del Servizio sanitario nazionale e, in tal modo, favorire una tempestiva gestione dei pagamenti durante il periodo di emergenza epidemiologica, prevede alcune deroghe rispetto alla normativa vigente in materia di erogazione del finanziamento del SSN a cui concorre ordinariamente lo Stato, a riparto già definito e in attesa dell’adozione delle delibere annuali del CIPE.

 

Il regime di deroga in commento, riferito all’art. 2, comma 68, lett. b) e c), della legge n. 191/2009[135] (legge finanziaria 2010) autorizza il Ministero dell’economia e delle finanze:

-       a concedere alle regioni a statuto ordinario e alla regione siciliana anticipazioni delle risorse con riferimento al livello del finanziamento a cui concorre ordinariamente lo Stato, nella misura del 99 per cento - con un incremento di due punti percentuali rispetto al 97% previsto dalla normativa vigente - delle somme dovute a titolo di finanziamento ordinario della quota indistinta per l’anno 2020, al netto delle entrate proprie[136], e, per la sola regione siciliana, al netto della compartecipazione regionale al finanziamento della spesa sanitaria[137]. Per le regioni che risultano adempienti nell'ultimo triennio rispetto agli adempimenti previsti dalla normativa vigente, la misura della citata erogazione del finanziamento è fissata al livello del 99,5 per cento (vale a dire 1,5 punti in più rispetto al 98% previsto dalla normativa vigente). Le medesime percentuali di cui alla presente lettera sono applicate all’anno 2019, per cui si procede all’erogazione di quota parte delle quote premiali accantonate.

Sono rideterminate di conseguenza le somme residue che rimangono da erogare, come previsto all’art. 2, comma 68, lett. c) della citata legge finanziaria 2010, per gli anni 2019 e 2020, che rispetto al totale della somma da erogare alle regioni inadempienti e alle regioni adempienti nell’ultimo rientro, scendono, rispettivamente, all’1 e allo 0,5 per cento (lett. a));

-       a trasferire alle regioni il finanziamento destinato agli interventi di medicina penitenziaria, il finanziamento destinato al superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, ove spettante, il finanziamento destinato agli istituti zooprofilattici sperimentali per l’anno 2020, nelle misure indicate nella proposta al CIPE di riparto del Ministero della salute su cui è stata raggiunta l’Intesa in sede di Conferenza Stato, regioni e province autonome il 31 marzo 2020 rep. atti 55/CSR (per il 2019 v. Del. CIPE 85/2019 sanità penitenziaria e Del. n. 86/2019 ospedali psichiatrici giudiziari) (lett.b));

-       ad effettuare a beneficio delle regioni l’erogazione del 100 per cento del finanziamento stabilito per il 2020 per gli obiettivi del Piano sanitario nazionale nelle misure indicate nella proposta al CIPE di riparto del Ministero della salute su cui è stata raggiunta l’Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni il 31 marzo 2020 rep. atti 56/CSR, oltre che l’erogazione dell’intera quota residua del finanziamento degli obiettivi del piano sanitario nazionale per gli anni 2018 e 2019 (lett. c)).

Tale erogazione avviene in deroga a quanto previsto dalla normativa vigente[138] che prevede l’elaborazione a carico delle regioni, sulla scorta di linee guida approvate con Accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, di specifici progetti per accedere alla restante quota vincolate del Fondo sanitario nazionale da erogare (il 30%). Rimangono ferme le verifiche del Comitato permanente per l’erogazione dei L.E.A. sui progetti presentati dalle regioni, anche ai fini dell’eventuale recupero delle somme in caso di verifica negativa dei medesimi progetti a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti negli esercizi successivi;

-       ad anticipare all’Istituto superiore di sanità (ISS), all’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà (INMP) e al Centro nazionale sangue (CNS) il 100 per cento del finanziamento stabilito per l’anno 2020 nell’ambito degli obiettivi del piano sanitario nazionale, in base alle misure indicate nella proposta al CIPE di riparto del Ministero della salute su cui è stata raggiunta l’Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni il 31 marzo 2020 rep. atti 56/CSR e il 100 per cento del finanziamento stabilito per l’anno 2019 nell’ambito degli obiettivi del piano sanitario nazionale. Tali erogazioni possono essere effettuate anche nelle more del perfezionamento dei procedimenti previsti ai fini dell’accesso al finanziamento e fermi restando eventuali recuperi a valere sulle somme spettanti negli esercizi successivi, in caso di mancato perfezionamento dei citati procedimenti (lett. d));

-       ad anticipare alle regioni e agli altri enti un importo fino al 100 per cento del finanziamento relativo all’anno 2020 assegnato con Intese raggiunte in sede di Conferenza Stato-regioni, in attesa dell’adozione delle rispettive delibere del CIPE.

Rispetto a tali anticipazioni di liquidità, la RT stima, a valere sulle disponibilità di cassa degli stanziamenti di bilancio, un flusso di circa 3.375 milioni di euro. 

 

Il comma 2 precisa che i predetti trasferimenti possono essere effettuati nei limiti delle disponibilità di cassa del MEF e che lo stesso Ministero è comunque autorizzato ad effettuare eventuali necessarie compensazioni ovvero recuperi a valere sulle risorse a qualunque titolo spettanti alle regioni e agli altri enti anche negli esercizi successivi, a seguito del perfezionamento dei procedimenti e delle verifiche degli adempimenti richiesti.

 

Per garantire che tali flussi di liquidità siano efficaci per gli scopi previsti, il comma 3,  in deroga a quanto disposto all'art. 3, comma 7, del D.L. 35/2013 (L. n. 64/2013), prevede che, per il 2020, le regioni devono garantire l'erogazione ai rispettivi Servizi sanitari regionali, entro la fine dell'anno, della totalità delle somme (invece che dell’importo di almeno il 95%)[139] incassate nel medesimo anno dallo Stato a titolo di finanziamento del SSN e delle somme che la stessa regione, a valere su risorse proprie dell'anno, destina al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale.

 

Infine, allo scopo di agevolare una regolare programmazione e gestione amministrativa e contabile dei pagamenti per far fronte alle esigenze straordinarie ed urgenti derivanti dalla diffusione dell’epidemia, anche con riferimento al tempestivo pagamento dei debiti commerciali nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 118/2011[140], il comma 4 dispone la temporanea sospensione delle azioni esecutive fino al 31 dicembre 2020. Pertanto, i pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni agli enti del proprio Servizio sanitario regionale, effettuati in data antecedente all’entrata in vigore del presente decreto-legge (19 maggio 2020) non producono effetti dalla suddetta data. Gli enti del Servizio sanitario regionale e i loro tesorieri non rimangono vincolati dalle predette azioni esecutive e possono disporre, per la gestione dell’emergenza sanitaria e per il pagamento dei loro debiti, delle somme agli stessi trasferite dalle regioni fino a tutto il 2020.

 


 

Articolo 117, commi 5-11
(Disposizioni in materia di anticipo del finanziamento sanitario corrente e di pagamento dei debiti degli enti sanitari)

 

 

L'articolo 117, commi 5-11 consente alle regioni e alle province autonomie di Trento e di Bolzano i cui enti del Servizio sanitario nazionale non riescono a far fronte ai pagamenti dei debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2019 relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali, di richiedere alla Cassa depositi e prestiti S.p.A. (CDP) l'anticipazione di liquidità. Tali anticipazioni di liquidità non comportano la disponibilità di risorse aggiuntive, consentono esclusivamente di superare temporanee carenze di liquidità e pertanto non costituiscono indebitamento. La disposizione disciplina le modalità della richiesta, di rimborso dell'anticipazione e di monitoraggio delle spese effettuate.

 

In particolare, il comma 5 consente alle regioni e alle province autonomie di Trento e di Bolzano, i cui enti del Servizio sanitario nazionale, a causa dell'emergenza da COVID-19, non riescono a far fronte ai pagamenti dei debiti certi liquidi ed esigibili maturati alla data del 31 dicembre 2019 relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali, di richiedere alla Cassa depositi e prestiti S.p.A. (CDP) l'anticipazione di liquidità da destinare ai predetti pagamenti.

La richiesta dovrà essere deliberata dalla Giunta, nel periodo intercorrente tra il 15 giugno 2020 e il 7 luglio 2020 e dovrà essere inoltrata secondo le modalità stabilite nella Convenzione di cui all’articolo 115, comma 2, a valere sulle risorse della "Sezione per assicurare la liquidità alle regioni e alle province autonome per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti del Servizio Sanitario Nazionale" di cui all'articolo 115, comma 1.

 

Legislazione vigente in materia di anticipazioni di liquidità agli enti locali

L'articolo 222 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL - decreto legislativo n. 267 del 2000) disciplina le anticipazioni di tesoreria per i comuni, le province e le città metropolitane. Il tesoriere, su richiesta dell'ente, concede delle anticipazioni di tesoreria entro il limite massimo dei 3/12 (elevato a 5/12 per gli enti in dissesto economico-finanziario) delle entrate afferenti ai primi tre titoli di entrata del bilancio (entrate correnti) accertate nel penultimo anno precedente. Gli interessi decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme con le modalità previste dalla convenzione che regola il rapporto con il tesoriere. Alternativamente, l'articolo 195 del TUEL consente agli enti locali, ad eccezione di quelli in stato di dissesto finanziario sino all'emanazione del decreto di approvazione del piano di riequilibrio da parte del Ministero dell'interno, di disporre l'utilizzo, in termini di cassa, delle entrate vincolate per il finanziamento di spese correnti per un importo non superiore all'anticipazione di tesoreria disponibile ai sensi dell'articolo 222. Le regioni, ai sensi dell'articolo 69 del decreto legislativo n. 118 del 2011, possono contrarre anticipazioni, unicamente allo scopo di fronteggiare temporanee deficienze di cassa, per un importo non eccedente il 10% dell'ammontare complessivo delle entrate di competenza di natura corrente, salvo che la convenzione di tesoreria preveda un limite più basso. Gli enti pubblici strumentali delle regioni, invece, possono contrarre anticipazioni per un limite non eccedente il 10% dell'ammontare complessivo delle entrate derivanti dai trasferimenti correnti dalla regione. Gli interessi sulle anticipazioni di tesoreria decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme con le modalità previste dalla convenzione. Un ampliamento delle possibilità per gli enti locali, le regioni e le province autonome, di richiedere anticipazioni di liquidità finalizzate al pagamento di debiti, maturati alla data del 31 dicembre 2018, in termini del tutto analoghi quelli previsti dal comma 556 in commento, è stata introdotta, da ultimo, dall’articolo 1, commi 849-857, della legge n.145/2018 (legge di bilancio per il 2019). Il termine per il rimborso delle anticipazioni ottenute era fissato al 15 dicembre 2019.

Il comma 556 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) amplia le possibilità per gli enti locali, le regioni e le province autonome, di richiedere anticipazioni di liquidità finalizzate al pagamento di debiti, maturati alla data del 31 dicembre 2019, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali. La norma stabilisce il limite di ammontare delle anticipazioni, definisce le garanzie e fissa modalità e termini per la richiesta e il rimborso delle anticipazioni.

 

Il comma 6 precisa che tali anticipazioni di liquidità:

§  non comportano la disponibilità di risorse aggiuntive per le regioni né per i relativi enti sanitari

§  consentono esclusivamente di superare temporanee carenze di liquidità e di effettuare pagamenti di spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio regionale per costi già iscritti nei bilanci degli enti sanitari

§  non costituiscono indebitamento ai sensi dell’articolo 3, comma 17, della legge n. 350 del 2003

 

L'articolo 3, comma 16, della legge finanziaria 2004 (legge n. 350 del 2003) dispone che, ai sensi dell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, le regioni a statuto ordinario, gli enti locali, le aziende e gli organismi di cui agli articoli 2, 29 e 172, comma 1, lettera b), del TUEL, ad eccezione delle società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici, possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento.

Le regioni a statuto ordinario possono, con propria legge, disciplinare l'indebitamento delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere e degli enti e organismi di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 76 del 2000 solo per finanziare spese di investimento.

Il successivo comma 17 del medesimo articolo precisa le operazioni finanziarie che devono intendersi quali forme di indebitamento agli effetti dell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione. Si tratta dell'assunzione di mutui, l'emissione di prestiti obbligazionari, le cartolarizzazioni relative a flussi futuri di entrata, a crediti e a attività finanziarie e non finanziarie, l'eventuale somma incassata al momento del perfezionamento delle operazioni derivate di swap (cosiddetto upfront), le operazioni di leasing finanziario stipulate dal 1° gennaio 2015, il residuo debito garantito dall'ente a seguito della definitiva escussione della garanzia. Inoltre, costituisce indebitamento il residuo debito garantito a seguito dell'escussione della garanzia per tre annualità consecutive, fermo restando il diritto di rivalsa nei confronti del debitore originario. Non costituiscono indebitamento, agli effetti del citato articolo 119, le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite massimo stabilito dalla normativa statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio.

 

§  sono concesse in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 62 del decreto legislativo n. 118 del 2011.

 

L'articolo 62 (Mutui e altre forme di indebitamento) del decreto legislativo n. 118 del 2011 stabilisce che:

1.    Il ricorso al debito da parte delle regioni, fatto salvo quanto previsto dall'art. 40, comma 2, è ammesso esclusivamente nel rispetto di quanto previsto dalle leggi vigenti in materia, con particolare riferimento agli articoli 81 e 119 della Costituzione, all'art. 3, comma 16, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e, a decorrere dal 1° gennaio 2016, dagli articoli 9 e 10 della legge 24 dicembre 2012, n. 243.

2.    Non può essere autorizzata la contrazione di nuovo indebitamento, se non è stato approvato dal consiglio regionale il rendiconto dell'esercizio di due anni precedenti a quello al cui bilancio il nuovo indebitamento si riferisce.

3.    L'autorizzazione all'indebitamento, concessa con la legge di approvazione del bilancio o con leggi di variazione del medesimo, decade al termine dell'esercizio cui il bilancio si riferisce.

4.    Le entrate derivanti da operazioni di debito sono immediatamente accertate a seguito del perfezionamento delle relative obbligazioni, anche se non sono riscosse, e sono imputate agli esercizi in cui è prevista l'effettiva erogazione del finanziamento. Contestualmente è impegnata la spesa complessiva riguardante il rimborso dei prestiti, con imputazione agli esercizi secondo il piano di ammortamento, distintamente per la quota interessi e la quota capitale.

5.    Le somme iscritte nello stato di previsione dell'entrata in relazione ad operazioni di indebitamento autorizzate, ma non perfezionate entro il termine dell'esercizio, costituiscono minori entrate rispetto alle previsioni.

6.    Le regioni possono autorizzare nuovo debito solo se l'importo complessivo delle annualità di ammortamento per capitale e interesse dei mutui e delle altre forme di debito in estinzione nell'esercizio considerato, al netto dei contributi erariali sulle rate di ammortamento dei mutui in essere al momento della sottoscrizione del finanziamento e delle rate riguardanti debiti espressamente esclusi dalla legge, non supera il 20 per cento dell'ammontare complessivo delle entrate del titolo "Entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa" al netto di quelle della tipologia "Tributi destinati al finanziamento della sanità" ed a condizione che gli oneri futuri di ammortamento trovino copertura nell'ambito del bilancio di previsione della regione stessa, fatto salvo quanto previsto dall'art. 8, comma 2-bis, della legge n. 183 del 2011. Nelle entrate di cui al periodo precedente, sono comprese le risorse del fondo di cui all'art. 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, alimentato dalle compartecipazioni al gettito derivante dalle accise. Concorrono al limite di indebitamento le rate sulle garanzie prestate dalla regione a favore di enti e di altri soggetti ai sensi delle leggi vigenti, salvo quelle per le quali la regione ha accantonato l'intero importo del debito garantito.

7.    In caso di superamento del limite di cui al comma 6, determinato dalle garanzie prestate dalla regione alla data del 31 dicembre 2014, la regione non può assumere nuovo debito fino a quando il limite non risulta rispettato.

8.    La legge regionale che autorizza il ricorso al debito deve specificare l'incidenza dell'operazione sui singoli esercizi finanziari futuri, nonché i mezzi necessari per la copertura degli oneri, e deve, altresì, disporre, per i prestiti obbligazionari, che l'effettuazione dell'operazione sia deliberata dalla giunta regionale, che ne determina le condizioni e le modalità.

9.    Ai mutui e alle anticipazioni contratti dalle Regioni, si applica il trattamento fiscale previsto per i corrispondenti atti dell'Amministrazione dello Stato.

 

Successivamente al perfezionamento delle anticipazioni, le regioni e le province autonome e i relativi enti sanitari eseguono, per quanto di rispettiva competenza, le dovute scritture contabili nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 118 del 2011.

La quota del risultato di amministrazione accantonata nel fondo anticipazione di liquidità è applicata al bilancio di previsione anche da parte delle regioni e delle province autonome in disavanzo di amministrazione.

 

Il comma 7 dispone che la richiesta di anticipazione di liquidità sia corredata di un'apposita dichiarazione sottoscritta dal rappresentante legale e dal responsabile finanziario dell'ente richiedente contenente l'elenco dei debiti da pagare con l'anticipazione, redatta utilizzando il modello generato dalla piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge n. 35 del 2013.

 

Ai sensi del comma 8, l'anticipazione è concessa entro il 24 luglio 2020, proporzionalmente alle richieste di anticipazione pervenute e, comunque, nei limiti delle somme disponibili e delle coperture per il relativo rimborso predisposte dalle regioni.

Eventuali risorse non richieste possono essere destinate alle eventuali richieste regionali non soddisfatte.

Alla relativa erogazione si provvede previa verifica positiva, da parte del Tavolo di verifica degli adempimenti regionali in materia sanitaria di cui all’articolo 12 dell’Intesa raggiunta presso la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano il 23 marzo 2005, dell’idoneità e della congruità delle misure legislative regionali, di copertura del rimborso dell'anticipazione di liquidità, maggiorata dei relativi interessi.

Tali misure legislative sono approvate dalle regioni entro e non oltre il 15 luglio 2020 e sono preliminarmente sottoposte, corredate di puntuale relazione tecnica che ne dimostri la sostenibilità economico-finanziaria, al citato Tavolo di verifica degli adempimenti entro e non oltre il 15 giugno 2020.

 

Il comma 9 disciplina il meccanismo di restituzione.

L’anticipazione è restituita, con piano di ammortamento a rate costanti, comprensive di quota capitale e quota interessi, con durata fino a un massimo di 30 anni o anticipatamente in conseguenza del ripristino della normale gestione della liquidità, alle condizioni di cui al contratto tipo di cui al precedente articolo 115, comma 2.

La rata annuale è corrisposta a partire dall’esercizio 2022 e non oltre il 31 ottobre di ciascun anno.

Dalla data dell’erogazione e sino alla data di decorrenza dell’ammortamento saranno corrisposti, il giorno lavorativo bancario antecedente tale data, interessi di preammortamento.

Il tasso di interesse da applicare alle suddette anticipazioni è pari al rendimento di mercato dei Buoni Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di emissione rilevato dal MEF - Dipartimento del tesoro alla data della pubblicazione del presente decreto e pubblicato sul sito internet del medesimo Ministero.

 

Il comma 10 dispone che le regioni provvedano entro dieci giorni dalla relativa acquisizione al trasferimento dell’anticipazione di liquidità agli enti sanitari che provvedono all’estinzione dei debiti di cui al comma 5 entro i successivi sessanta giorni dall’erogazione dell’anticipazione.

In caso di gestione sanitaria accentrata presso la regione questa provvede entro sessanta giorni dall’acquisizione dell’anticipazione all’estinzione dei debiti di sua competenza.

Il mancato pagamento dei debiti entro il termine di cui al periodo precedente è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo n. 165 del 2001.

La CDP verifica, attraverso la piattaforma elettronica di cui al comma 7, l'avvenuto pagamento dei debiti di cui al medesimo comma e, in caso di mancato pagamento, può chiedere per il corrispondente importo, la restituzione dell'anticipazione.

Il rappresentante legale e il responsabile finanziario dell'ente richiedente forniscono, entro i 5 giorni successivi ai pagamenti, al Tavolo di verifica per gli adempimenti apposita dichiarazione sottoscritta attestante i pagamenti avvenuti.

 

Il comma 11 prevede che, in caso di mancata corresponsione di qualsiasi somma dovuta ai sensi del contratto di anticipazione, alle scadenze ivi previste, ovvero in caso di mancata restituzione di cui al comma 10, sulla base dei dati comunicati dalla CDP, il MEF provvede al relativo recupero a valere sulle somme a qualsiasi titolo spettanti.


 

Articolo 118
(Riassegnazione al fondo ammortamento titoli di Stato)

 

 

L'articolo 118 dispone che gli importi restituiti dagli enti territoriali a fronte delle anticipazioni di liquidità di cui agli articoli 116 e 117, nonché le eventuali somme residue del “Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili” di cui all'articolo 115, sono annualmente versati ad appositi capitoli dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato. Gli importi dei versamenti relativi alla quota capitale sono riassegnati al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

 

L'unico comma dell'articolo in esame dispone che gli importi restituiti dagli enti territoriali a fronte delle somme anticipate dallo Stato, ai sensi degli articoli 116 e 117, sono annualmente versati ad appositi capitoli dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato, distinti per la quota capitale e per la quota interessi.

Gli importi dei versamenti relativi alla quota capitale sono riassegnati al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

Sono ugualmente versate all’entrata del bilancio dello Stato e riassegnate al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato le eventuali somme, di cui all’articolo 115, non richieste alla data del 31 dicembre 2020 (somme residue del “Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili”).

 

Il Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato è stato istituito dalla legge n.  432 del 1993 presso la Direzione generale del Tesoro del MEF con l’obiettivo di ridurre la consistenza dei titoli di Stato in circolazione mediante acquisti sul mercato o rimborso dei titoli in scadenza a partire dal 1° gennaio 1995.

Ai sensi dell’articolo 2, comma 182, della legge n. 662 del 1996 i proventi che confluiscono nel fondo possono essere utilizzati anche per l’acquisto di partecipazioni azionarie possedute da società delle quali il Tesoro sia unico azionista, ai fini della loro dismissione.

Il fondo è alimentato dai proventi delle dismissioni di beni e attività dello Stato, dal gettito derivante da entrate straordinarie dello Stato, da eventuali assegnazioni da parte del MEF, dai proventi di donazioni e disposizioni testamentarie e dai proventi della vendita di attività mobiliari e immobiliari confiscate dall’autorità giudiziaria in relazione a somme sottratte in modo illecito alla pubblica amministrazione.

In base a quanto riportato dalla Relazione al Parlamento 2018 sull’amministrazione del "Fondo per l’ammortamento dei Titoli di Stato", a seguito degli indirizzi dettati dalla Banca Centrale Europea (BCE) nel corso degli ultimi anni, la gestione amministrativa del Fondo è stata modificata da gennaio 2015 ed ai sensi dell’articolo 1, comma 387 della Legge di Stabilità 2015 n. 190 del 23 dicembre 2014 (cfr. Relazione al Parlamento per il 2015), le giacenze del Fondo sono state trasferite sul conto di gestione intestato alla Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (CDP) acceso presso la Banca d’Italia.

Un’apposita Convenzione, stipulata tra il Dipartimento del Tesoro e la CDP il 30 dicembre 2014 e resa esecutiva con decreto del direttore generale del Tesoro n. 3513 del 19 gennaio 2015, disciplina le modalità gestionali del Fondo, sia in termini di trasferimenti delle risorse al conto sopra menzionato, sia per le operazioni di riduzione del debito (rimborsi o riacquisti). La suddetta Convenzione è stata rivista a marzo 2016 tramite l’Accordo modificativo, sottoscritto con protocollo del dipartimento del Tesoro n. 30178 del 24 marzo 2016 e reso esecutivo con decreto del direttore generale del Tesoro n. 48912 del 23 maggio 2016.

La gestione delle somme accreditate è attribuita dall’articolo 48 del T.U. del debito pubblico (D.P.R. n. 398 del 2003) al direttore generale del Tesoro o, per delega, al dirigente generale del debito pubblico, e confermata annualmente dai “decreti cornice”, di cui l’ultimo emesso è il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze n. 162 del 2 gennaio 2019.

Le entrate al Fondo, ai sensi dell’articolo 45 comma 2 del T.U. del debito pubblico, affluiscono attraverso i seguenti capitoli del Capo X del bilancio dello Stato: n. 4055 (dismissioni patrimoniali e vendita partecipazioni dello Stato); n. 3330 (versamenti per donazioni, alienazione beni immobiliari dello Stato ed eventuali assegnazioni da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze); n. 3512 (risorse rivenienti dall’applicazione del limite massimo retributivo per emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con le pubbliche amministrazioni statali); n. 4859  (restituzione da parte degli enti territoriali della quota di capitale delle somme anticipate dallo Stato);  sugli altri capitoli - 4533, 4862 e 3428 - non sono affluite entrate per il 2018. Le somme possono altresì venire stanziate direttamente sul capitolo di spesa 9565 relativo al Fondo, laddove venga espressamente previsto da una norma di legge (cfr. paragrafo successivo). Di conseguenza, la maggioranza delle somme che transitano in bilancio sono trasferite sul conto di gestione della CDP per mezzo di decreti di variazione dall’entrata alla spesa, sottoposti alla registrazione della Corte dei Conti, a cui fanno seguito appositi mandati informatici di pagamento sul citato capitolo di spesa 9565, di pertinenza del centro di responsabilità Tesoro – (Unità di Voto 21.2 – Ammortamento titoli di Stato) del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Le dismissioni delle partecipazioni direttamente detenute dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, nonché le operazioni ad esse assimilate, sono la fonte primaria delle entrate del Fondo.

L’obiettivo della riduzione dell’ammontare del debito pubblico viene perseguito sia riacquistando sul mercato i titoli di Stato in circolazione, sia attraverso i rimborsi a scadenza.

 

 

 

 



[1]    Fondo regionale finalizzato ad incentivare assetti organizzativi, strutturali e obiettivi assistenziali di qualità dell’assistenza primaria, di cui all’art. 46 dell’Accordo collettivo nazionale 23 marzo 2005 per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale (MMG). L’art. 59 dello stesso Accordo, al comma 1, lettera b), indica invece la quota variabile del trattamento economico dei MMG finalizzata al raggiungimento di obiettivi e di standard erogativi e organizzativi previsti dalla programmazione regionale e/o aziendale, compresi la medicina associata, l’indennità di collaborazione informatica, l’indennità di collaboratore di studio medico e l’indennità di personale infermieristico.

[2]     Misure per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.

[3]     Cfr. F. Aprà, F. Causin, A. Purro “Le terapie subintensive e la medicina d’urgenza”.

[4]http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioNotizieNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=4756

[5]     Tale fondo è stato istituito dall’articolo 96 del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo ai dirigenti (medici, sanitari, veterinari e delle professioni sanitarie) dell’area sanità per il triennio 2016-2018.

[6]    Tale fondo è stato istituito dall’articolo 80 del contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto sanità per il triennio 2016-2018.

[7]     Misure per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27.

 

[8]     Si ricorda che il conseguimento dell'abilitazione professionale (entro la data di inizio delle attività didattiche) è richiesto per la frequenza di tutte le scuole di specializzazione in medicina e chirurgia, ai sensi dell'articolo 2, comma 433, della L. 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni.

[9]     Più in particolare, l’accordo nazionale e gli accordi specifici concernono le modalità di svolgimento della suddetta formazione a tempo parziale e delle attività formative, teoriche e pratiche, previste dagli ordinamenti e regolamenti didattici della scuola di specializzazione universitaria.

[10]   Si ricorda che l'articolo 2-ter ha costituito la trasposizione, con alcune modifiche, del disposto di cui all’articolo 2 del D.L. 9 marzo 2020, n. 14 - D.L. di cui l’articolo 1, comma 2, della citata L. n. 27 (di conversione del D.L. n. 18) ha disposto l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi -.

[11]   Per l’individuazione di essi, cfr. l’articolo 1, comma 1, del D.Lgs.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 233, e successive modificazioni, nonché, per l'ordine degli psicologi, l’articolo 01 della L. 18 febbraio 1989, n. 56.

[12]   Riguardo alla durata dell'incarico, cfr. supra.

[13] Sono sette le Regioni attualmente sottoposte alla disciplina dei Piani di rientro (PdR): Puglia, Abruzzo, Sicilia, Calabria, Campania, Lazio e Molise; Calabria e Molise sono commissariate.

[14]   Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

[15]    Disposizioni urgenti in materia fiscale e per esigenze indifferibili.

[16]   Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

[17]   Remunerazione prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti, assistenza ospedaliera di riabilitazione e di lungodegenza post acuzie e di assistenza specialistica ambulatoriale

[18]    Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale: modalita' di erogazione e tariffe

[19]    D.Lgs. 118/2011, Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42”.

[20]   Come chiarito dalla Relazione illustrativa, vi sono inclusi i farmaci elencati nel Prontuario AIFA ospedale-territorio (A-PHT).

[21]   Per tali farmaci, infatti, è già stata disposta la proroga, a seguito del parere della Commissione Tecnico Scientifica dell’AIFA, attraverso comunicato AIFA del 6 aprile 2020.

[22]   Strumento di attuazione della Direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di modifica) relativa al Codice comunitario concernente i medicinali per uso umano.

[23]   Tenuto conto delle caratteristiche di questi medicinali, l'AIFA può stabilirne l'uso limitato a taluni centri ospedalieri ovvero anche presso strutture di ricovero a carattere privato. Sul confezionamento primario devono portare la dicitura “Uso riservato agli ospedali. Vietata la vendita al pubblico” e se è possibile l’utilizzo anche nelle strutture di ricovero a carattere privato la dicitura è modificata in rapporto all'impiego autorizzato del medicinale. Pertanto, vengono forniti dai produttori e dai grossisti direttamente alle strutture autorizzate a impiegarli o agli enti da cui queste dipendono, ovvero alle farmacie autorizzate, come previsto all’art. 1, co. 162, della legge annuale per la concorrenza (L. n. 124/2017). Pertanto, anche le farmacie potranno distribuirli, in via esclusiva, alle strutture autorizzate ad impiegarli o agli enti da cui queste dipendono (centri ospedalieri e strutture di ricovero a carattere privato).

[24]   Si tratta di medicinali. In base all’articolo 93 del D.Lgs. n. 219/2006, tali medicinali sono vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti, sebbene siano utilizzabili anche in trattamenti domiciliari, con controllo in corso di trattamento riservati allo specialista. Sull'imballaggio esterno deve essere riportata la specificazione del tipo di struttura o di specialista autorizzato alla prescrizione, dopo la frase che autorizza la vendita solo su presentazione della ricetta medica utilizzabile una sola volta. La validità è limitata a 30 giorni, con numero di confezioni necessarie che sarà il medico a dover specificare per la copertura di un congruo periodo di trattamento (ad esempio, fino alla successiva visita specialistica).

[25]   Sul confezionamento primario devono essere riportate le diciture: «Uso riservato a...», con specificazione dello specialista autorizzato all'impiego del medicinale, e «Vietata la vendita al pubblico». Questi medicinali possono essere forniti dai produttori e dai grossisti direttamente agli specialisti autorizzati ad impiegarli.

[26]   Si presumono infatti cedute le merci acquistate, importate o prodotte, rinvenute presso un deposito di proprietà dell’imprenditore, in assenza di una comunicazione, formalmente dichiarata nei modi e nei termini previsti, della destinazione del locale all’attività d’impresa. Ciò al fine di evitare possibili elusioni dell’Iva per il tramite di immagazzinamenti di beni in locali non noti e non controllabili dall’ufficio.

[27]   L’inidoneità della commercializzazione può derivare da imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l'idoneità all'utilizzo o per altri motivi similari.

[28]   Prevista nell’ambito del Sistema Tessera Sanitaria ai sensi dell’articolo 62-ter del decreto legislativo n. 82 del 2005.

[29]   Secondo la relazione illustrativa del presente decreto-legge, in ogni regione o provincia autonoma è realizzata e operativa l’infrastruttura di FSE. Le regioni Abruzzo, Calabria, Campania e Sicilia hanno chiesto tutti i servizi in sussidiarietà di INI, mentre le regioni Basilicata e Piemonte l’hanno chiesta solo per alcuni servizi.

[30]   Modificato dal decreto 25 ottobre 2018.

[31]   "Semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata".

[32]   Si ricorda in proposito che il decreto legislativo n. 40 del 2017 (modificato dal D.Lgs. n. 43 del 2018) ha disposto l’istituzione del servizio civile "universale" (nella precedente normativa il riferimento era al servizio civile "nazionale") finalizzato alla difesa non armata e non violenta della Patria, all’educazione alla pace tra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica.

[33]   Sul punto, si segnala la direttiva del Presidente del consiglio dei ministri del 24 febbraio 2020 concernente le modalità e le procedure per la presentazione delle istanze dei rimborsi spettanti  ai datori di lavoro pubblici e privati dei volontari, ai volontari lavoratori autonomi/liberi  professionisti  e alle organizzazioni di volontariato per le  attività di  protezione civile autorizzate.

[34]   Si tratta di una classificazione riguardante le strutture per il trattamento sanitario, in termini di capacità e competenze mediche che forniscono. La capacità di risposta sanitaria di tipo Role 1 è una responsabilità nazionale e si focalizza sulla prestazione di cure mediche di base, pronto soccorso specialistico, triage, rianimazione e stabilizzazione del paziente.

[35]   Si ricorda che presso la Cassa per i servizi energetici e ambientali sono costituiti appositi conti che gestiscono in relazione ai servizi sopra richiamati, secondo le regole e con le modalità definite dall’Autorità, i fondi raccolti presso gli utenti dei servizi in relazione alla copertura dei costi connessi a oneri generali di sistema e meccanismi perequativi dei sistemi tariffari.

[36]   Per le integrazioni alla citata disciplina, si veda in particolare le modifiche apportate da D.L. n. 35/2005 (L. n. 80/2005) e dall’art. 1, commi 1335 e ss., della legge finanziaria 2007 (L. n. 296/2006

[37]   Ai sensi dell’articolo 8 del D.L. n. 78/2009, il Ministro dell'economia e finanze, con propri decreti, ha autorizzato Cassa depositi e prestiti a dar vita, a condizioni di mercato, al sistema integrato"exportbanca". In tale ambito, Cassa è stata autorizzata a compiere, con l'utilizzo dei fondi in gestione separata, operazioni di sostegno all'internazionalizzazione delle imprese. Il perimetro di operatività di CDP in tale settore è stato considerevolmente rafforzato dal D.L. 3/2015. Il provvedimento ha previsto che CDP, direttamente o tramite la società SACE S.p.A.- svolga il proprio intervento anche attraverso l'esercizio del credito diretto. L'attività è esercitata da CDP previa autorizzazione della Banca d'Italia (articolo 3, comma 1 e articolo 3, comma 2, che ha modificato l’articolo 8, comma 1 del D.L. n. 78/2009) anche attraverso SIMEST S.p.A., società del gruppo. L’impianto di governance così delineato è stato recentemente implicitamente rivisto con il D.L. n. 23/2020 (cfr. supra).

[38]   Le startup devono essere costituite da non più di 60 mesi alla data di presentazione della domanda e devono essere classificabili di piccola dimensione. Possono presentare domanda di agevolazione anche le persone fisiche che intendono costituire una startup innovativa. In tal caso, la costituzione della società deve intervenire entro 30 giorni dalla comunicazione di ammissione alle agevolazioni. Possono ottenere le agevolazioni Smart&Start Italia anche le imprese straniere che si impegnano a istituire almeno una sede operativa sul territorio italiano.

[39]   come definiti dall'art. 31, comma 2, del D.L. n. 98/2011.

[40]   Contemporaneamente, il D.M. ha destinato agli investimenti nei Fondi per il venture capital istituiti e gestiti dalla CDP Venture Capital SGR S.p.A.-– Fondo Nazionale Innovazione o da altre società autorizzate da Banca d'Italia a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio, la somma di 200 milioni di euro già previsti con delibera CIPE n. 14 del 28 febbraio 2018, e assegnati al MISE dal comma 121 della legge di bilancio 2019.

[41]   Abruzzo: Barete (Aq); Cagnano Amiterno (Aq); Campli (TE) Campotosto (AQ); Capitignano (AQ); Castelcastagna (Te); Castelli (TE); Civitella del Tronto (TE);  Colledara (Te); Cortino (TE); Crognaleto (TE); Fano Adriano (Te). Farindola (Pe); Isola del Gran Sasso (Te); Montereale (AQ); Montorio al Vomano (TE); Pietracamela (Te) Pizzoli (Aq); Rocca Santa Maria (TE); Teramo; Torricella Sicura (TE); Tossicia (TE); Valle Castellana (TE).

      Lazio: Accumoli (RI); Amatrice (RI); Antrodoco (RI); Borbona (RI); Borgo Velino (RI); Cantalice (RI); Castel Sant’Angelo (RI); Cittaducale (RI); Cittareale (RI); Leonessa (RI); Micigliano (RI); Poggio Bustone (RI) Posta (RI); Rieti;  Rivodutri (RI).

      Marche: Acquacanina (MC); Acquasanta Terme (AP); Amandola (FM); Apiro (MC); Appignano del Tronto (AP); Arquata del Tronto (AP); Ascoli Piceno; Belforte del Chienti (MC); Belmonte Piceno (FM); Bolognola (MC); Caldarola (MC); Camerino (MC); Camporotondo di Fiastrone (MC); Castel di Lama (AP); Castelraimondo (MC); Castelsantangelo sul Nera (MC); Castignano (AP); Castorano (AP); Cerreto D’esi (AN); Cessapalombo (MC); Cingoli (MC); Colli del Tronto (AP); Colmurano (MC); Comunanza (AP); Corridonia (MC); Cossignano (AP); Esanatoglia (MC); Fabriano (AN); Falerone (FM); Fiastra (MC); Fiordimonte (MC); Fiuminata (MC); Folignano (AP); Force (AP); Gagliole (MC); Gualdo (MC); Loro Piceno (MC);  Macerata; Maltignano (AP); Massa Fermana (FM); Matelica (MC); Mogliano (MC); Monsapietro Morico (FM); Montalto delle Marche (AP); Montappone (FM); Monte Rinaldo (FM); Monte San Martino (MC); Monte Vidon Corrado (FM); Montecavallo (MC); Montedinove (AP);  Montefalcone Appennino (FM); Montefortino (FM); Montegallo (AP); Montegiorgio (FM); Monteleone (FM); Montelparo (FM); Montemonaco (AP);  Muccia (MC); Offida (AP); Ortezzano (FM); Palmiano (AP); Penna San Giovanni (MC); Petriolo (MC); Pieve Torina (MC); Pievebovigliana (MC);  Pioraco (MC); Poggio San Vicino (MC);  Pollenza (MC); Ripe San Ginesio (MC); Roccafluvione (AP); Rotella (AP); San Ginesio (MC); San Severino Marche (MC); Santa Vittoria in Matenano (FM); Sant’Angelo in Pontano (MC); Sarnano (MC); Sefro (MC); Serrapetrona (MC); Serravalle del Chienti (MC); Servigliano (FM); Smerillo (FM); Tolentino (MC); Treia (MC); Urbisaglia (MC); Ussita (MC); Venarotta (AP); Visso (MC).

   Umbria: Arrone (TR); Cascia (PG); Cerreto di Spoleto (PG); Ferentillo (TR); Montefranco (TR); Monteleone di Spoleto (PG); Norcia (PG); Poggiodomo (PG); Polino (TR); Preci (PG); Sant’Anatolia di Narco (PG); Scheggino (PG); Sellano (PG); Spoleto (PG); Vallo di Nera (PG).

[42]   Ai sensi dell'art. 7. Co. 6, d.lgs. 165/2001, fermo restando il divieto alle amministrazioni pubbliche di stipulare contratti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione siano organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro, per specifiche esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire esclusivamente incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità: a) l'oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall'ordinamento all'amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell'amministrazione conferente; b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno; c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l'eventuale proroga dell'incarico originario è consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell'incarico; d) devono essere preventivamente determinati durata, oggetto e compenso della collaborazione.

[43]   I certificati bianchi titoli negoziabili che certificano il conseguimento di risparmi negli usi finali di energia attraverso interventi e progetti di incremento dell'efficienza energetica. Un certificato equivale al risparmio di una Tonnellata Equivalente di Petrolio (TEP).

[44]   L’articolo 72, comma 1, del D.L. n. 18/2020 ha previsto l’istituzione presso il MAECI del Fondo in questione, con una dotazione iniziale di 150 milioni di euro per il 2020. Il comma ha finalizzato il Fondo a:

- la realizzazione di una campagna straordinaria di comunicazione volta a sostenere le esportazioni italiane e l’internazionalizzazione del sistema economico nazionale nel settore agroalimentare e negli altri settori colpiti dall’emergenza derivante dalla diffusione del Covid-19, anche avvalendosi di ICE- Agenzia italiana per l’internazionalizzazione delle imprese e per l’attrazione degli investimenti (lett. a));

- il potenziamento delle attività di promozione del sistema Paese realizzate, anche mediante la rete all’estero, dal MAECI e da ICE (lett. b));

- il cofinanziamento di iniziative di promozione dirette a mercati esteri realizzate da altre amministrazioni pubbliche mediante la stipula di apposite convenzioni (lett. c));

- l’erogazione di cofinanziamenti a fondo perduto fino al cinquanta per cento dei finanziamenti concessi dal Fondo rotativo per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri, di cui all’articolo 2, primo comma, del D.L. 28 maggio 1981, n. 251 (Legge n. 394/1981) , secondo criteri e modalità stabiliti con una o più delibere del Comitato Agevolazioni (amministratore del Fondo rotativo in questione).  La formulazione originaria della norma – qui modificata (cfr. supra) – prevedeva che i cofinanziamenti fossero concessi nei limiti e alle condizioni previsti dalla vigente normativa europea in materia di aiuti di Stato di importanza minore (de minimis) (lett. d)).

[45]   L'art. 17, co. 1, della L. 400/1988, prevede che con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il parere del Consiglio di Stato che deve pronunziarsi entro novanta giorni dalla richiesta, possono essere emanati regolamenti per disciplinare: l'esecuzione delle leggi e dei decreti legislativi, nonché dei regolamenti comunitari; l'attuazione e l'integrazione delle leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale; le materie in cui manchi la disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie comunque riservate alla legge; l'organizzazione ed il funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge.

[46]   L’assegno per il nucleo familiare è una prestazione riconosciuta - a decorrere dal 1° gennaio 1988 e in presenza di determinati livelli di reddito familiare - in favore dei lavoratori dipendenti, introdotta dall’art. 2 del D.L. 69/1988 in sostituzione degli assegni familiari previsti dal D.P.R. 797/1955. L’assegno consiste in una somma di denaro il cui importo è parametrato al numero dei componenti ed al reddito del nucleo familiare dei lavoratori stessi. Gli importi del predetto assegno, individuati in base al reddito, sono determinati dalla Circ. INPS 66/2019 per il periodo dal 1° luglio 2019 al 30 giugno 2020, e dalla Circ. INPS 60/2020 per il periodo dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2021.

[47]   I lavoratori destinatari della CISOA – pari a due terzi della retribuzione (data dalla media della retribuzione prevista per ciascuna qualifica dai contratti collettivi provinciali vigenti al 30 ottobre dell'anno precedente) sono i lavoratori agricoli (quadri, impiegati e operai) assunti con contratto a tempo indeterminato, nonché gli apprendisti, che abbiano effettuato almeno 181 giornate lavorative presso la stessa azienda e i soci di cooperative agricole che prestano attività retribuita come dipendenti e quindi inseriti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli, con previsione dell’instaurazione con la cooperativa di un rapporto di lavoro con previsione di almeno 181 giornate lavorative annue retribuite.

[48]   Cfr. i commi 1 e 2 del citato articolo 22 del D.L. n. 18.

[49]   Si ricorda che i trattamenti di integrazione salariale (ivi compresi quelli in deroga in esame) non riguardano i dirigenti, i lavoratori a domicilio e gli apprendisti rientranti in una tipologia di apprendistato diversa da quello professionalizzante (cfr. l’articolo 1, comma 1, del citato D.Lgs. n. 148 del 2015).

[50]   Fondo gestito dall’INPS.

[51]   Alcuni periodi aggiuntivi di trattamenti in deroga sono stati previsti: per la durata aggiuntiva massima di tre mesi, con riferimento ai territori di alcuni comuni della provincia di Lodi e di un comune della provincia di Padova (commi 8-bis e 8-ter del citato articolo 22 del D.L. n. 18); per la durata aggiuntiva massima di quattro settimane (non cumulabili con il periodo di tre mesi suddetto), con riferimento ai territori delle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto (commi 8-quater e 8-quinquies del medesimo articolo 22).

Per un'ulteriore ipotesi di periodi aggiuntivi in alcune regioni o province autonome, cfr. la novella di cui alla lettera h) del presente articolo 70, comma 1.

[52]   Si segnala che la circolare n. 8 dell’8 aprile 2020 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali specifica che il trattamento di integrazione salariale in esame può essere riconosciuto anche in favore di lavoratori che siano alle dipendenze (benché sospesi) di imprese fallite.

[53]   Cfr. il citato comma 1 dell’articolo 22 del D.L. n. 18.

[54]   Cfr. sub tale scheda anche per i riferimenti ai decreti ministeriali di riparto già emanati.

[55]   Riguardo ai periodi temporali in cui deve essere collocata, ai fini in oggetto, la sospensione o la riduzione dell'attività lavorativa, cfr. la scheda di lettura del precedente articolo 70.
Si ricorda che, per il riparto delle risorse stanziate dal testo originario dell'articolo 22 del D.L. D.L. 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 aprile 2020, n. 27 - risorse pari a 3.293,2 milioni di euro - sono stati emanati il D.M. del 24 marzo 2020 e il D.M. del 24 aprile 2020

[56]   Già posto dal comma 4 del citato articolo 22 del D.L. n. 18.

[57]   I citati D.M. del 24 marzo 2020 e D.M. del 24 aprile 2020 - con riferimento alle risorse finanziarie ivi ripartite - attribuivano la competenza al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per le domande relative ai datori aventi unità produttive in cinque o più regioni o province autonome.

[58]   Il limite di età di 12 anni per la fruizione del suddetto congedo speciale non si applica in riferimento ai figli con disabilità grave iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale.

[59]   Per espressa previsione dell’art. 23, c. 9, del D.L. 18/2020, il suddetto bonus è riconosciuto anche ai lavoratori autonomi non iscritti all’INPS, subordinatamente alla comunicazione delle rispettive casse previdenziali del numero dei beneficiari.

[60]   Ai sensi del richiamato art. 54-bis, le persone fisiche (non nell'esercizio dell'attività professionale o d'impresa) possono ricorrere a prestazioni di lavoro occasionale utilizzando il Libretto di Famiglia, cioè un apposito libretto nominativo prefinanziato, acquistabile presso l'INPS o gli uffici postali, e utilizzabile per il pagamento delle prestazioni occasionali rese nell'ambito di: piccoli lavori domestici (inclusi lavori di giardinaggio, di pulizia o di manutenzione); assistenza domiciliare ai bambini e alle persone anziane, ammalate o con disabilità; insegnamento privato supplementare; attività degli assistenti di stadio. Ogni Libretto Famiglia contiene titoli di pagamento con valore nominale di 10 euro per prestazioni non superiori ad un'ora; di tale somma 1,65 euro e 0,25 euro sono a carico dell'utilizzatore, rispettivamente per la contribuzione alla Gestione separata e per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro; 0,10 euro sono invece destinati al finanziamento degli oneri gestionali; gli utilizzatori, devono comunicare con specifiche modalità entro il terzo giorno del mese successivo alla prestazione tutti i dati relativi al prestatore e alla prestazione.

[61]   Con riferimento ai nati dal 1° gennaio 2016, per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido pubblici e privati, nonché per l'introduzione di forme di supporto presso la propria abitazione in favore dei bambini al di sotto dei tre anni affetti da gravi patologie croniche, è attribuito, a partire dal 2017 e per un triennio, un buono di 1000 euro su base annua e parametrato a undici mensilità. Per ciascun anno del triennio 2019-2021 il suddetto importo è elevato a 1.500 euro. A decorrere dal 2020, il beneficio di 1.500 euro è incrementato: di 1.500 euro per i nuclei familiari con un valore ISEE minorenni fino a 25.000 euro; di 1.000 euro per i nuclei familiari con ISEE minorenni da 25.001 euro a 40.000 euro.

[62]   L’INPS specifica che il bonus baby-sitting, infatti, è erogato mediante Libretto Famiglia ed è destinato a remunerare il lavoratore occasionale che svolge assistenza e sorveglianza del minore nei periodi di sospensione dei servizi educativi per l’infanzia. Resta quindi fermo il diritto a percepire il rimborso per il pagamento della retta dell’asilo per le mensilità riferite al periodo suddetto, sulla base della documentazione attestante l’effettivo sostenimento della spesa.

[63]   In tali casi, ai fini dell’accesso al bonus, il lavoratore presenta domanda all’INPS in via telematica, indicando la prestazione di cui vuole usufruire, il numero di giorni di indennità ovvero l’importo del bonus che intende utilizzare. Qualora dal monitoraggio delle domande, affidato all’INPS, emerga il superamento, anche in via prospettica, dei limiti di spesa autorizzati per la suddetta finalità (vedi infra), l’Istituto stesso procede al rigetto delle domande presentate.

[64]   Si ricorda che sul punto la circolare INPS 45/2020 ha specificato che i predetti 12 giorni per i mesi di marzo e aprile 2020 potevano essere fruiti anche consecutivamente (anche frazionandoli in ore) nel corso di un solo mese, ferma restando la fruizione mensile dei tre giorni ordinariamente prevista dalla L. 104/1992, e che possono essere fruiti-

[65]   Cfr. il seguito della presente scheda.

[66]   In merito, la norma in esame opera anche un richiamo di natura generale all’articolo 3, comma 1, della citata L. n. 104. Secondo quest’ultimo comma, è "persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione".

[67]   L'assegno può concernere gli assicurati la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle loro attitudini, sia ridotta in modo permanente, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo.

[68]   Per il regime di cumulo dell'indennità, relativa a tali collaboratori, per il mese di marzo 2020, cfr. la scheda di lettura del successivo articolo 98.

[69]   A mente del quale, “Sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore.”

[70]   L'Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) serve a fornire una valutazione della situazione economica delle famiglie, tenendo conto del reddito di tutti i componenti, del loro patrimonio (mobiliare ed immobiliare) e di una scala di equivalenza che varia in base alla composizione del nucleo familiare. L'ISEE è necessario per l'accesso alle prestazioni sociali la cui erogazione dipende dalla situazione economica familiare. L'indicatore tiene conto di particolari situazioni di bisogno, prevedendo trattamenti di favore per i nuclei con tre o più figli o dove sono presenti persone con disabilità o non autosufficienti; in tal caso, in sede di calcolo dell’ISEE, viene applicata una maggiorazione della scala di equivalenza che si differenzia a secondo del tipo di disabilità (disabilita? media; disabilita? grave; non autosufficienza). La definizione ai fini ISEE della condizione di disabilità media, grave e di non autosufficienza è recata dall’Allegato 3 al D.pc.c.m. 159/2013.

 

[71]   La definizione ai fini ISEE della condizione di disabilità media, grave e di non autosufficienza è recata dall’Allegato 3 al D.pc.c.m. 159/2013.

[72]   In coerenza con quanto declinato nel Documento tecnico, pubblicato il 23 aprile u.s., elaborato dall’Istituto ed approvato dal Comitato tecnico scientifico istituito presso il Dipartimento della Protezione Civile, in deroga alle disposizioni generali di cui al d.lgs. n. 81/2008 e in conseguenza dello stato emergenziale, al fine di individuare le misure preventive, aggiuntive o specifiche per una tutela, quanto maggiore possibile, rispetto ad un eventuale contagio da Covid-19, i datori di lavoro pubblici e privati saranno tenuti a sottoporre i lavoratori alle misure di sorveglianza sanitaria eccezionale. Trattasi di sorveglianza sanitaria eccezionale, in quanto misura connessa ad uno stato emergenziale e finalizzata alla prevenzione esclusiva del rischio da contagio, ad esclusione quindi degli altri rischi specifici della mansione, normati dal D.Lgs. 81/2008 e s.m.i.

[73]   Tale contingente è assunto conferendo incarichi di lavoro autonomo, anche di collaborazione coordinata e continuativa, di durata non superiore a sei mesi, eventualmente prorogabili in ragione del perdurare dello stato di emergenza, e comunque non oltre il 31 dicembre 2020.

[74]   Bollettino statistico del Ministero dell'economia e delle finanze, recante il Monitoraggio politiche di coesione – Programmazione 2014-2020 – Situazione al 31 dicembre 2019.

[75]   Si ricorda che in tale Gestione (di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335) sono iscritti (tra gli altri) i lavoratori autonomi ed i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che non rientrino in altri regimi pensionistici obbligatori di base (facenti capo ad altre gestioni dell’INPS o ad altri enti, pubblici o privati).

Riguardo alle indennità relative a liberi professionisti e titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa iscritti a regimi pensionistici non gestiti dall’INPS, si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 78 del presente decreto.

[76]   A quest’ultimo riguardo, cfr. il seguito della presente scheda.

[77]   Si prevede che il reddito sia individuato secondo il principio di cassa, come differenza tra i ricavi e i compensi percepiti e le spese effettivamente sostenute nel periodo interessato e nell’esercizio dell’attività, comprese le eventuali quote di ammortamento. A tal fine, il soggetto deve presentare all’INPS la domanda nella quale autocertifichi il possesso del requisito relativo al reddito (e degli altri requisiti summenzionati). L'INPS comunica all'Agenzia delle entrate i dati identificativi dei soggetti che hanno presentato l’autocertificazione. L’Agenzia delle entrate comunica al medesimo Istituto - con modalità e termini definiti con accordi di cooperazione - l'esito dei riscontri effettuati sulla sussistenza del requisito relativo al reddito.

[78]   Cfr., al riguardo, il paragrafo 2 della circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020.

[79]   La citata circolare INPS n. 49 del 30 marzo 2020 - facendo riferimento ai casi in cui l’ultimo rapporto di lavoro stagionale (con un datore di lavoro rientrante nei settori del turismo e degli stabilimenti termali) sia cessato nel periodo temporale in oggetto - ricomprende nel beneficio anche i casi in cui, nel suddetto periodo temporale, il rapporto di lavoro sia cessato per la scadenza del termine previsto dal medesimo contratto.

La circolare opera anche la ricognizione delle attività rientranti nei suddetti settori.

[80]   Riguardo al profilo della cessazione del rapporto di lavoro, cfr. supra, in nota.

[81]   Riguardo al profilo della cessazione dei rapporti stagionali, cfr. supra, in nota.

[82]   Il contratto di lavoro intermittente è il contratto, anche a tempo determinato, mediante il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro, che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente.

[83]   In merito al lavoro autonomo, la norma in esame richiama la nozione generale di contratto d’opera, di cui all’articolo 2222 del codice civile.

[84]   Fondo gestito dall’INPS.

[85]   Per la suddetta indennità relativa al mese di marzo, tali esclusioni erano poste con riferimento alla data del 17 marzo 2020.

[86]   L'assegno può concernere gli assicurati la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle loro attitudini, sia ridotta in modo permanente, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo.

[87]   Disciplinato dal Capo I del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26, e successive modificazioni.

[88]   Ai sensi dell'articolo 126, comma 7, del citato D.L. n. 18.

[89]   Tali dati sono riportati anche dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del presente decreto.

[90]   L'assegno può concernere gli assicurati la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle loro attitudini, sia ridotta in modo permanente, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo.

[91]   Disciplinato dal Capo I del D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 marzo 2019, n. 26, e successive modificazioni.

[92]   Cfr. il regolamento per il finanziamento degli istituti di patronato, di cui al D.M. 10 ottobre 2008, n. 193.

[93]   Tale trattamento si sostanzia in un’indennità che garantisce ai lavoratori licenziati, che non possono usufruire degli ammortizzatori ordinari, un reddito sostitutivo della retribuzione. Possono beneficiarne: lavoratori licenziati, individuati in specifici decreti regionali o interministeriali, provenienti da soggetti giuridici qualificati come imprese così come individuate dall’articolo 2082 c.c. per i quali non sussistono le condizioni di accesso ad ogni altra prestazione a sostegno del reddito connessa alla cessazione del rapporto di lavoro prevista dalla normativa vigente. Pertanto, la mobilità in deroga non può più essere concessa dopo il periodo di Aspi o miniAspi (se ancora erogati) , mobilità ordinaria o disoccupazione agricola già fruito, o dopo un periodo di fruizione della NASPI; e non può essere concessa se il lavoratore aveva diritto ad un ammortizzatore ordinario e non ne ha fatto richiesta. Essa spetta ai lavoratori subordinati, compresi apprendisti e lavoratori con contratto di somministrazione, individuati con i decreti/delibere/provvedimenti regionali di concessione della prestazione in deroga oppure, per i lavoratori delle aziende pluriregionali, con i decreti interministeriali.

[94]   La Cassa integrazione guadagni in deroga (CIGD) è uno strumento di sostegno al reddito di lavoratori che non potrebbero accedere ai benefici della cassa integrazione guadagni. In linea di massima, può essere concessa ad aziende che operano in determinate aree regionali oppure che operano in specifici settori produttivi in base ad appositi accordi governativi.

      La CIGD consiste, in generale, nel versamento di una indennità pari all’80% dello stipendio che il lavoratore avrebbe ottenuto per le ore di lavoro che non ha potuto effettuare considerando i limiti dell’orario stabilito dai contratti collettivi e comunque non oltre le 40 ore settimanali. Di anno in anno viene stabilito comunque un limite massimo mensile dell’assegno che non può essere superato.

      La durata del beneficio è stabilita da appositi accordi territoriali (di solito comunque entro il limite di 36 mesi nell’arco di un quinquennio previsto per la CIG straordinaria).

[95]   Si ricorda brevemente che la NASpI (Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego) è disciplinato dal D.Lgs. 22/2015. In particolare, l'articolo 3, comma 1, lettere b) e c) dispone il riconoscimento dell’ammortizzatore ai lavoratori dipendenti (con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni, nonché degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato) che abbiano perso involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti:

      •     stato di disoccupazione;

      •     almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione;

      •     30 giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei 12 mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione.

      Qualora sussistano tali requisiti, il trattamento NASpI spetta anche ai lavoratori per i quali la contribuzione dovuta non sia stata versata, in base al cosiddetto principio di automaticità delle prestazioni (Paragrafo 2.2 della circolare INPS n. 94 del 12 maggio 2015).

[96]   In particolare all’articolo 16, comma 1 della legge 223/1991.

[97]   A.S. n. 1746.

[98]   Il PON SPAO, finanziato a valere sulle risorse del Fondo sociale europeo 2014-2020 e gestito da Anpal, ha il compito di supportare le riforme strutturali in tema di occupazione, mercato del lavoro, capitale umano e produttività, nonché di sostenere gli obiettivi di crescita dell'Italia.

[99]   I fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua, istituiti dall’art. 118 della L. 388/2000, sono costituiti sulla base di accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, per ciascuno dei settori economici dell’industria, dell’agricoltura, del terziario e dell’artigianato (ferma restando la possibilità che gli stessi accordi costituiscano fondi anche per settori diversi). La finalità dei fondi è quella di promuovere, in coerenza con la programmazione regionale e con le funzioni di indirizzo attribuite in materia al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, lo sviluppo della formazione professionale continua e dei percorsi formativi o di riqualificazione professionale per soggetti disoccupati o inoccupati. La loro attivazione è subordinata all’autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il quale esercita altresì la vigilanza sulla gestione e sono vigilati dall’ANPAL. I datori di lavoro che aderiscono ai fondi effettuano il versamento del contributo integrativo dello 0,30% all'INPS, che provvede a trasferirlo al fondo indicato dal datore di lavoro. I datori di lavoro che non aderiscono ai fondi hanno comunque l'obbligo di versare all'INPS il suddetto contributo integrativo.

 

[100] Il Fondo per la formazione e l’integrazione del reddito, disciplinato dall’art. 12 del D.Lgs. 276/2003, è un fondo bilaterale costituito dalle parti stipulanti il contratto collettivo nazionale delle imprese di somministrazione di lavoro, attivato a seguito di autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, a cui i soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro devono versare un contributo, pari al 4% della retribuzione corrisposta a tutti i lavoratori con contratto di somministrazione sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato. Tali risorse sono destinate ad interventi di qualificazione e riqualificazione professionale, volti a garantire da un lato l’integrazione del reddito al termine del contratto, dall’altro l’emersione del lavoro irregolare, nonché l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori svantaggiati.

[101] I criteri generali per favorire il raccordo tra il sistema dell'istruzione professionale e il sistema di istruzione e formazione professionale e per la realizzazione dei percorsi di cui all'art. 4, co. 4, sono stati definiti con D.I. 17 maggio 2018.

[102] La NASpI è l’indennità mensile di disoccupazione, corrisposta per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni, destinata ai lavoratori dipendenti che hanno perduto involontariamente la propria occupazione (con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni e degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato) e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti: siano in stato di disoccupazione; possano far valere, nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione; possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l'inizio del periodo di disoccupazione.

[103] La DIS-COLL è l’indennità mensile di disoccupazione, corrisposta per un numero di mesi pari alla metà dei mesi di contribuzione accreditati nel periodo che va dal primo gennaio dell'anno solare precedente l'evento di cessazione del lavoro al predetto evento, per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita IVA, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti: siano in stato di disoccupazione; possano far valere almeno un mese di contribuzione nel periodo che va dal primo gennaio dell'anno solare precedente l'evento di cessazione dal lavoro al predetto evento; possano far valere, nell'anno solare in cui si verifica l'evento di cessazione dal lavoro, un mese di contribuzione oppure un rapporto di collaborazione di cui al comma 1 di durata pari almeno ad un mese e che abbia dato luogo a un reddito almeno pari alla metà dell'importo che dà diritto all'accredito di un mese di contribuzione.

[104] La condizione non si applica per le proroghe e i rinnovi dei rapporti di lavoro concernenti le attività stagionali.

[105] Recante la “Revisione della disciplina in materia di impresa sociale”.

[106] Che hanno previsto a partire dall’anno 2016 l’istituzione presso l’Inail di un fondo destinato esclusivamente alle micro e piccole imprese del settore agricolo.

[107] Già pubblicato nella GURI, parte prima, serie generale n.297 del 19 dicembre 2019.

[108] I contributi per l’attuazione degli interventi di cui al presente articolo sono concessi in conformità a quanto previsto nella Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020–C (2020) 1863-final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19", come modificata e integrata dalla Comunicazione della Commissione del 3 aprile 2020-C (2020) 2215-final.

[109] A mente del quale “la procedura automatica si applica qualora non risulti necessaria, per l'attuazione degli interventi, un'attività istruttoria di carattere tecnico, economico e finanziario del programma di spesa. L'intervento è concesso in misura percentuale, ovvero in misura fissa di ammontare predeterminato, sulle spese ammissibili sostenute, successivamente alla presentazione della domanda ovvero nel corso dell'esercizio precedente……Per l'accesso agli interventi l'interessato presenta una dichiarazione, secondo un apposito schema pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dal soggetto competente per la concessione….Il soggetto competente accerta esclusivamente la completezza e la regolarità delle dichiarazioni, registrate secondo l'ordine cronologico di presentazione. Entro trenta giorni, l'intervento è concesso nei limiti delle risorse disponibili”.

[110] I richiamati articoli del codice civile disciplinano i privilegi, rispettivamente, sui beni mobili e sugli immobili per i mancati pagamenti relativi ai crediti di lavoro.

[111] Riguardo ad alcune differenze dell'ambito soggettivo dell'indennità per il mese di marzo (rispetto all'ambito soggettivo dell'indennità per i mesi di aprile e di maggio), cfr. la parte della scheda relativa al comma 1.

[112] Riguardo al profilo temporale, cfr. anche infra.

[113] L'assegno può concernere gli assicurati la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle loro attitudini, sia ridotta in modo permanente, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, a meno di un terzo.

[114] Riguardo all'ambito soggettivo dell'indennità relativa a tale mese, cfr. supra.

[115] I lavoratori dipendenti in oggetto, in via interpretativa, non sono stati ritenuti inclusi nell'ambito di applicazione diretto di tali norme, anche in considerazione della difficoltà di distinguere - nelle categorie in esame - tra i dirigenti (che sono esclusi, in ogni caso, dai trattamenti di integrazione salariale) e gli altri dipendenti.

[116] "Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti".

[117] Come evidenziato dalla Relazione illustrativa, la norma richiama quanto già disposto dalla Convenzione concernente gli obiettivi assegnati all’Ispettorato Nazionale del Lavoro (2019-2021) sottoscritta tra il ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Direttore dell’Ispettorato Nazionale del lavoro in data 25 novembre 2019, in relazione alla situazione emergenziale in corso nel nostro Paese che comporta la necessità di intensificare le ispezioni al fine di consentire una regolare dinamica di ripresa delle attività produttive che salvaguardi le basilari esigenze di salute e sicurezza dei lavoratori. La Convenzione citata in norma per altro prevede in via generale la possibilità del Ministro del lavoro di “avvalersi del Comandante dei carabinieri per la tutela del lavoro e per il suo tramite delle strutture dallo stesso gerarchicamente dipendenti onde disporre a pieno di specifiche professionalità, le cui prerogative, tipiche della polizia giudiziaria meglio si attagliano alle citate esperienze operative”.

[118] Il tavolo è composto da rappresentanti del Ministero dell'interno, del Ministero della Giustizia, del Ministero delle politiche agricole alimentari forestali e del turismo, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dell'ANPAL, dell'Ispettorato nazionale del lavoro, dell'INPS, del Comando Carabinieri per la tutela del Lavoro, della Guardia di Finanza, delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, dell'ANCI.

[119] Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2006.

[120] Ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997.

[121] L’allegato all’ordinanza fornisce l’importo dell’assegnazione per ciascun singolo Comune e per le Regioni e Province autonome del Nord. Le assegnazioni relative ai Comuni delle Regioni Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta e delle Province autonome di Trento e di Bolzano sono state attribuite alle relative amministrazioni a statuto speciale, che hanno provveduto al riparto ulteriore con propri atti.

[122] Si rammenta che l’applicazione dei criteri recati dal D.M. 4 maggio 2012, adottato per la ripartizione delle risorse per l’anno 2013, è stata di anno in anno prorogata, mediante apposite norme di legge, e poi confermata a regime a decorrere dal 2019 dall'articolo 1, comma 896, della legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018).

[123] “Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario”.

[124] Il comparto Province/Città metropolitane è stato interessato già a partire dal 2010 da rilevanti tagli dei trasferimenti previsti dall'art. 14, co. 1, D.L. n. 78/2010 e dall'art. 28, co. 8, del D.L. n. 201/2011 (c.d. decreto Salva Italia) e dall'art. 16, co. 1-7, del D.L. n. 95/2012 (c.d. spending review) poi implementati dalla legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013). Ulteriori tagli sono stati introdotti, in relazione alla riduzione dei costi della politica, con il D.L. n. 16/2014.

[125] Si ricorda, al riguardo, che tutte le regioni e province autonome hanno competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, secondo quanto disposto dai rispettivi statuti di autonomia e dalle norme di attuazione: per le regioni Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta e per le Province autonome di Trento e di Bolzano sono poi intervenute specifiche norme di attuazione dello statuto speciale che hanno disciplinato la materia della finanza locale nel senso che è la regione [o la provincia autonoma] a provvedere alla finanza degli enti locali del proprio territorio con risorse del proprio bilancio. Ciò non è avvenuto nel caso della regione Sardegna e della Regione siciliana, dove la finanza degli enti locali è, dunque, ancora a carico dello Stato.

      Per quanto concerne, in particolare, le province della regione Siciliana, si ricordano i procedimenti normativi in atto per la loro soppressione, nell'ambito dell’autonomia della regione.

[126] Il decreto disciplina le modalità di erogazione dei trasferimenti erariali a favore degli enti locali, prevedendone l’erogazione in tre rate, entro i mesi di febbraio, maggio ed ottobre.

[127] Articolo 2 del D.Lgs. n. 65 del 2017. Tra i servizi educativi per l’infanzia rientrano i nidi e i micronidi, le sezioni primavera, i servizi integrativi per le famiglie (spazi gioco e centri per bambini e famiglie), i servizi educativi in contesto domiciliare, mentre le scuole per l’infanzia operano in continuità con i servizi educativi per l'infanzia e con il primo ciclo di istruzione o scuola primaria.

[128] Previsione disposta dall’articolo 2 del D.Lgs. n. 66 del 2017 sull’inclusione scolastica.

[129] Allegato aggiunto dall’art. 2, comma 2, lett. a), del D.Lgs. n. 126 del 2014 e modificato con successivi decreti ministeriali.

[130] Si ricorda che la Commissione tecnica per i fabbisogni standard è un organo tecnico collegiale, istituito con la legge di stabilità 2016 (art.1, comma 29, legge n. 208 del 2015) per analizzare e valutare le attività, le metodologie e le elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard degli enti locali (decreto legislativo n. 216 del 2010). I lavori sono disponibili nel sito della Commissione.

[131] Soluzioni per il Sistema Economico S.p.A è una società partecipata dal Ministero dell'Economia e delle Finanze e dalla Banca d’Italia che già fornisce supporto tecnico agli organi di governo della finanza pubblica, quali la Ragioneria Generale dello Stato (RGS), la Commissione Tecnica per i Fabbisogni standard (CTFS), il Dipartimento delle Finanze.

[132] D.M. 15 luglio 2019. Tasso di riferimento determinato per il periodo 1° luglio - 31 dicembre 2019, relativamente alle operazioni a tasso variabile, effettuate dagli enti locali ai sensi dei decreti-legge 1° luglio 1986, n. 318, 31 agosto 1987, n. 359 e 2 marzo 1989, n. 66, nonchè della legge 11 marzo 1988, n. 67.

[133] Molti dei contenuti della presente scheda sono tratti dalla Nota Breve del Servizio studi del Senato "Uso improprio delle anticipazioni di liquidità per i pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni: la sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 2020", del febbraio 2020.

[134] Per approfondimenti si rinvia alla Nota Breve del Servizio studi del Senato "Uso improprio delle anticipazioni di liquidità per i pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni: la sentenza della Corte costituzionale n. 4 del 2020", del febbraio 2020.

[135] Regime prorogato a decorrere dal 2013 dall'art. 15, comma 24, del DL. n. 95/2012 (L. n. 135/2012), cd. decreto di Spending Review.

[136] Si tratta delle entrate proprie degli enti sanitari, quali ticket e ricavi derivanti dall'attività intramoenia dei propri dipendenti, e delle entrate derivanti dalla fiscalità regionale: IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale all'IRPEF. La fiscalità generale, nelle sue componenti distinte IRAP ed addizionale IRPEF, transita nei conti di Tesoreria a consuntivo. Con riferimento all’anno di riferimento corrente, i valori di gettito dell'IRAP e dell'addizionale regionale all'IRPEF costituiscono valori stimati, e pertanto, qualora i gettiti effettivi risultino inferiori, il differenziale è assicurato dal fondo di garanzia di cui all'articolo 13 del D.lgs. 56/2000.

[137] Si ricorda che, in generale, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale con risorse provenienti interamente dal proprio bilancio. Fa eccezione la regione siciliana, sola regione tra le autonomie speciali a non finanziarie completamente i servizi di assistenza sanitaria sul proprio territorio. Ai sensi della legge 296/2006, art. 1, comma 830, infatti, tale regione a decorrere dal 2009, partecipa alla spesa sanitaria nella misura del 49,11%. Per la restante parte essa riceve i finanziamenti dallo Stato al pari delle regioni a statuto ordinario. Per tale motivo, la regione siciliana è esclusa dalla normativa concernente le regioni a statuto speciale per quanto riguarda la spesa sanitaria.

[138] Art. 1, comma 34-bis, della legge 662/1996.

[139] Costituisce infatti adempimento regionale, dal 2013, vagliato dal Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'Intesa fra lo Stato, le Regioni e le Province autonome del 23 marzo 2005, l'erogazione, da parte della regione al proprio Servizio sanitario regionale, entro la fine dell'anno, di almeno il 90% delle somme che la regione incassa nel medesimo anno dallo Stato a titolo di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, e delle somme che la stessa regione, a valere su risorse proprie dell'anno, destina al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale. A decorrere dall'anno 2015 la predetta percentuale è rideterminata al valore del 95 per cento e la restante quota deve essere erogata al servizio sanitario regionale entro il 31 marzo dell'anno successivo.

[140] ASL (aziende sanitarie locali); aziende ospedaliere (AO); Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici (IRCCS), anche se trasformati in fondazioni; aziende ospedaliere universitarie (AOU) integrate con il Servizio sanitario nazionale e IZS (Istituti zooprofilattici).