Camera dei deputati - Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento Bilancio
Titolo: Misure per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19 (cd. "Cura Italia") - Volume II
Riferimenti: AC N.2463/XVIII
Serie: Progetti di legge   Numero: 284/4 - Volume II
Data: 22/04/2020
Organi della Camera: V Bilancio

 

Misure per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da Covid-19

cd. "Cura Italia"

 

Volume II - Articoli 71-127

 

 

 

D.L. 18/2020 – A.C. 2463-A

Schede di lettura

 

22 aprile 2020

 

 

 

 

 

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Dossier n. 232/4 Volume II

 

 

 

 

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Progetti di legge n. 284/4 Volume II

 

 

 

 

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INDICE VOLUME II

 

Articolo 71 (Menzione per la rinuncia alle sospensioni). 7

Articolo 71-bis (Donazioni antispreco per il rilancio della solidarietà sociale)  8

Titolo V – Ulteriori disposizioni

Articolo 72 (Misure per l’internazionalizzazione del sistema Paese e potenziamento dell'assistenza ai connazionali all'estero in situazione di difficoltà). 11

Articolo 72-bis (Sospensione dei pagamenti delle utenze) 18

Articolo 72-ter (Misure in favore dei beneficiari di mutui agevolati). 22

Articolo 72-quater (Istituzione di un tavolo di crisi per il turismo a seguito dell'emergenza COVID-19). 25

Articolo 73 (Semplificazioni in materia di organi collegiali). 26

Articolo 73-bis (Misure per la profilassi del personale delle Forze dì polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco). 30

Articolo 74 (Misure per la funzionalità delle Forze di polizia, delle Forze armate, del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, della carriera prefettizia e del personale dei ruoli dell’Amministrazione civile dell’interno. Assunzione di dirigenti statali e aggiornamento delle procedure di reclutamento nelle PA). 32

Articolo 74-bis (Personale presso il Dipartimento della Protezione civile). 44

Articolo 74-ter (Ulteriori misure per la funzionalità delle Forze Armate). 47

Articolo 75 (Acquisti per lo sviluppo di sistemi informativi per la diffusione del lavoro agile e di servizi in rete per l’accesso di cittadini e imprese). 52

Articolo 76 (Gruppo di supporto digitale alla Presidenza del Consiglio per l’attuazione di misure per l'emergenza COVID-19). 63

Articolo 77 (Pulizia straordinaria degli ambienti scolastici). 65

Articolo 78 (Misure in favore del settore agricolo e della pesca). 68

Articolo 79 (Misure urgenti per il trasporto aereo). 85

Articolo 80 (Incremento della dotazione dei contratti di sviluppo). 90

Articolo 81 (Misure urgenti per lo svolgimento della consultazione referendaria nell’anno 2020)  93


 

Articolo 82 (Misure destinate agli operatori che forniscono reti e servizi di comunicazioni elettroniche) 97

Articolo 83 (Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare)  104

Articolo 84 (Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia amministrativa). 123

Articolo 85 (Ulteriori misure urgenti in materia di funzioni della Corte dei conti)  129

Articolo 86 (Misure urgenti per il ripristino della funzionalità degli Istituti penitenziari e per la prevenzione della diffusione del COVID-19). 135

Articolo 86-bis (Disposizioni in materia di immigrazione). 139

Articolo 87 (Misure straordinarie in materia di lavoro agile, di esenzione dal servizio e di procedure concorsuali). 148

Articolo 87, comma 3-ter (Valutazione degli apprendimenti). 156

Articolo 87-bis (Promozione del lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni) 159

Articolo 88 (Rimborso dei titoli di acquisto di biglietti per spettacoli, musei e altri luoghi della cultura). 163

Articolo 88-bis, commi da 1 a 4 (Rimborso titoli di viaggio, di soggiorno e di pacchetti turistici) 166

Articolo 88-bis, commi 5-7 e 9 (Rimborso di titoli di soggiorno e di pacchetti turistici)  169

Articolo 88-bis, comma 8 (Sospensione viaggi e iniziative di istruzione). 174

Articolo 88-bis, commi 10-13 (Ulteriori disposizioni in materia di rimborso di titoli di viaggio, di soggiorno e di pacchetti turistici e norme di applicazione necessaria). 177

Articolo 89 (Fondi emergenze spettacolo, cinema, audiovisivo). 179

Articolo 90 (Destinazione del 10 per cento dei compensi per copia privata). 183

Articolo 90-bis (Carta Famiglia). 187

Articolo 91, comma 1 (Disposizioni in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento). 190

Articolo 91, comma 2 (Anticipazione del prezzo in favore dell’appaltatore in materia di contratti pubblici) 191

Articolo 92 (Disposizioni in materia di trasporto marittimo di merci e di persone, nonché di circolazione di veicoli). 193

Articolo 93 (Disposizioni in materia di autoservizi pubblici non di linea). 202

Articolo 94 (Incremento dotazione Fondo di solidarietà per il settore aereo). 204

Articolo 94-bis (Disposizioni urgenti per il territorio di Savona a seguito degli eccezionali eventi atmosferici del mese di novembre 2019). 205

Articolo 95 (Sospensione versamenti canoni per il settore sportivo) 210

Articolo 96 (Indennità per i collaboratori sportivi). 211

Articolo 97 (Aumento anticipazioni FSC - Fondo sviluppo e coesione). 214

Articolo 98 (Misure straordinarie urgenti a sostegno della filiera della stampa)  216

Articolo 99 (Erogazioni liberali a sostegno del contrasto all’emergenza epidemiologica da COVID-19). 221

Articolo 100, comma 1 (Fondo per le esigenze emergenziali di università, istituzioni AFAM, enti di ricerca). 224

Articolo 100, comma 2 (Continuità della governance degli enti pubblici di ricerca)  228

Articolo 100, comma 3 (Restituzione di crediti agevolati concessi a valere sul FAR)  231

Articolo 101, commi 1-5, 6-ter e 7 (Continuità dell’attività formativa delle università e delle istituzioni AFAM). 235

Articolo 101, comma 6 (Disposizioni in materia di abilitazione scientifica nazionale)  243

Articolo 101, comma 6-bis (Accesso da remoto a risorse e dati delle università e degli istituti di ricerca). 246

Articolo 102 (Abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo e ulteriori misure urgenti in materia di professioni sanitarie). 247

Articolo 103 (Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza). 252

Articolo 103-bis (Proroga della scadenza delle certificazioni e dei collaudi dei motopescherecci). 268

Articolo 104 (Proroga della validità dei documenti di riconoscimento). 270

Articolo 105 (Ulteriori misure per il settore agricolo). 272

Articolo 106 (Norme in materia di svolgimento delle assemblee di società). 276

Articolo 107 (Differimento di termini amministrativo-contabili). 280

Articolo 107-bis (Scaglionamento avvisi di pagamento e norme sulle entrate locali)  290

Articolo 108 (Misure urgenti per lo svolgimento del servizio postale). 291

Articolo 109 (Utilizzo avanzi di amministrazione per spese correnti per emergenza COVID-19)  298

Articolo 110 (Rinvio questionari SOSE province e città metropolitane). 306

Articolo 111 (Sospensione della quota capitale dei prestiti concessi alle regioni a statuto ordinario). 309

Articolo 112 (Sospensione quota capitale mutui enti locali). 313

Articolo 113 (Rinvio di scadenze adempimenti relativi a comunicazioni sui rifiuti) 316

Articolo 113-bis (Proroghe e sospensioni di termini per adempimenti in materia ambientale)  318

Articolo 114 (Fondo per la sanificazione di ambienti appartenenti ad enti locali)  320

Articolo 115 (Straordinario per polizia locale). 321

Articolo 116 (Termini riorganizzazione Ministeri) 323

Articolo 117 (Misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni). 326

Articolo 118 (Misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni del Garante per la protezione dei dati personali) 330

Articolo 119 (Misure di sostegno per i magistrati onorari in servizio). 333

Articolo 120 (Piattaforme per la didattica a distanza). 335

Articolo 121 (Continuità occupazionale per il personale supplente). 344

Articolo 121-bis (Presa di servizio di collaboratori scolastici nei territori colpiti dall’emergenza). 348

Articolo 121-ter (Conservazione della validità dell'anno scolastico 2019-2020)  351

Articolo 122 (Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure sanitarie di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19)  354

Articolo 123 (Disposizioni in materia di detenzione domiciliare). 359

Articolo 124 (Licenze premio straordinarie per i detenuti in regime di semilibertà)  366

Articolo 125 (Proroga dei termini nel settore assicurativo e per opere di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile dei piccoli comuni). 368

Articolo 125-bis (Proroga dei termini in materia di concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico). 373

Articolo 125-ter (Clausola di salvaguardia regioni speciali). 378

Articolo 126 (Disposizioni finanziarie). 379

Articolo 127 (Entrata in vigore). 390

 

 


Articolo 71
(Menzione per la rinuncia alle sospensioni)

 

 

L’articolo 71 prevede che i contribuenti che decidono di non avvalersi di una delle sospensioni di versamenti previste dal decreto in esame possono chiedere che della circostanza sia data menzione.

 

In particolare l’articolo 71 stabilisce che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze sono previste forme di menzione per i contribuenti i quali, non avvalendosi di una o più tra le sospensioni di versamenti previste dagli articoli del Titolo IV (misure fiscali a sostegno della liquidità delle famiglie e delle imprese) e dall’articolo 37 (sospensione dei termini per il pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria per i lavoratori domestici) del decreto in esame, effettuino alcuni dei versamenti sospesi e ne diano comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze.

 

La norma sembra rivolgere una sorta di appello al senso civico di ogni contribuente a non fare ricorso alle misure di sostegno introdotte dal decreto legge in esame qualora non vi sia la reale necessità di farlo e, in tal caso, introduce un incentivo di natura non economica, prevedendo appunto una sorta di elenco dei cittadini virtuosi.

 

Secondo le modifiche introdotte al Senato, con il medesimo decreto, il Ministro dell’economia e delle finanze definisce le modalità con le quali l’Agenzia delle entrate rilascia l’attestazione della menzione, che può essere utilizzata dai contribuenti a fini commerciali e di pubblicità.

 


 

Articolo 71-bis
(Donazioni antispreco per il rilancio della solidarietà sociale)

 

 

L’articolo 71-bis, introdotto al Senato, inserisce nel provvedimento in esame l’art. 31 del decreto legge 9/2020. La disposizione, innovando la disciplina vigente, estende alcune agevolazioni fiscali - ai fini IVA e ai fini delle imposte dirette - a determinate cessioni gratuite di prodotti non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione. Viene inoltre  prevista la possibilità, per il donatore e per l’ente donatario di incaricare, per loro conto e ferme restando le rispettive responsabilità, un soggetto terzo per gli adempimenti di taluni obblighi, rispettivamente, di comunicazione e di dichiarazione dei beni a cessione gratuita agevolati fiscalmente.

 

Più in dettaglio, l’articolo in esame aggiunge la lett. d-bis) all’articolo 16, comma 1, della legge n. 16 del 2016  (cd. “legge antisprechi”) ampliando le categorie dei beni per le quali non opera la presunzione di cessione di cui al regolamento DPR n. 441/1997 (v. infra), beni tra i quali sono compresi le eccedenze alimentari o taluni medicinali o altri prodotti a fini di solidarietà sociale.

 

In merito alle misure relative alle donazioni per solidarietà sociale, si segnala l'ordinanza del Dipartimento Protezione civile n. 658, con la quale si assegnano fondi aggiuntivi per complessivi 400 milioni di euro ai Comuni, utilizzabili con procedure semplificate per misure urgenti di solidarietà alimentare. Il riparto dell'assegnazione per "emergenza alimentare" è stabilito in base ai criteri di cui al comma 1 dell'articolo 2 dell'ordinanza (80% popolazione; 20% distanza tra redditi pro capite comunali inferiori alla media nazionale e la stessa media; minimo di 600 euro per i comuni piccolissimi e maggior contributo per Comuni dell'originaria "zona rossa"). I comuni possono destinare alle misure urgenti di solidarietà alimentare eventuali donazioni. A tal fine è autorizzata l'apertura di appositi conti correnti bancari presso il proprio tesoriere o conti correnti postali onde fare confluire le citate donazioni. Alle donazioni così ricevute si applicano le disposizioni di cui all’art. 66 del decreto in esame (Incentivi fiscali per erogazioni liberaliin denaro e in natura a sostegno delle misure di contrato all’emergenza epidemiologica da COVID-19). L'ufficio dei servizi sociali di ciascun comune individua la platea dei beneficiari ed il relativo contributo tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall'emergenza epidemiologica da virus COVID-19 e tra quelli in stato di bisogno, per soddisfare le necessità più urgenti ed essenziali con priorità per quelli non già assegnatari di sostegno pubblico. Ciascun comune è autorizzato all'acquisizione, in deroga al Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 50/2016), di: buoni spesa utilizzabili per l'acquisto di generi alimentari presso gli esercizi commerciali contenuti nell'elenco pubblicato da ciascun comune nel proprio sito istituzionale; generi alimentari o prodotti di prima necessità. I comuni  possono avvalersi degli enti del Terzo settore per l'acquisto e per la distribuzione di tali beni. Nell'individuazione dei fabbisogni alimentari e nella distribuzione dei beni, i comuni in particolare possono coordinarsi con gli enti attivi nella distribuzione alimentare realizzate nell'ambito del Programma operativo del Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD). Per le attività connesse alla distribuzione alimentare non sono disposte restrizioni agli spostamenti del personale degli enti del Terzo settore e dei volontari coinvolti.

 

Le nuove fattispecie a cui la lettera d-bis introdotta nel corpo del comma 1 dell’art. 16 della L. n. 166 del 2016 estende l’agevolazione fiscale sono le cessioni gratuite dei prodotti tessili, per l’abbigliamento e per l’arredamento, dei giocattoli, dei materiali per l’edilizia e degli elettrodomestici, oltre che dei personal computer, tablet, e-reader e altri dispositivi per la lettura in formato elettronico, non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione per imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che non ne modificano l’idoneità all’utilizzo o per altri motivi similari.

 

Inoltre, il nuovo comma aggiunto (3-bis)) al predetto articolo 16 della legge antisprechi prevede la possibilità, per il donatore o l'ente donatario, di incaricare un soggetto terzo di adempiere per loro conto, ferma restando la responsabilità dei predetti soggetti, agli obblighi di cui alle lettere b) e c) del comma 3, vale a dire, rispettivamente:

§  per il donatore: alla trasmissione telematica agli uffici dell’Amministrazione finanziaria o della Guardia di finanza dei riepiloghi delle cessioni agevolate effettuate nel mese solare, anche con riferimento al loro valore calcolato sulla base dell’ultimo prezzo di vendita;

In particolare, i soggetti donatori del farmaco sono da intendersi: le farmacie, i grossisti, le parafarmacie e le imprese titolari di AIC, i loro rappresentanti locali, i loro concessionari per la vendita e i loro distributori.

§  per l’ente donatario, al rilascio di un’apposita dichiarazione trimestrale rilasciata al donatore relativa alle cessioni ricevute, con l’impegno di utilizzare i beni stessi in conformità alle proprie finalità istituzionali.

 

Si ricorda che si presumono cedute, ai sensi dell’articolo 1 del Dpr 441/1997 (che ha sostituito le norme contenute nell’articolo 53 del Dpr 633/1972), le merci acquistate, importate o prodotte, rinvenute presso un deposito di proprietà dell’imprenditore, in assenza di una comunicazione, formalmente dichiarata nei modi e nei termini previsti, della destinazione del locale all’attività d’impresa. Ciò al fine di evitare possibili elusioni dell’Iva per il tramite di immagazzinamenti di beni in locali non noti e non controllabili dall’ufficio.

La presunzione non opera se è dimostrato che i beni stessi: sono stati impiegati per la produzione, perduti o distrutti;  sono stati consegnati a terzi in lavorazione, deposito, comodato o in dipendenza di contratti estimatori, di contratti di opera, appalto, trasporto, mandato, commissione o di altro titolo non traslativo della proprietà.

Tale presunzione di cessione, come ricordato, non opera inoltre per alcune tipologie di beni qualora la distruzione si realizzi con la loro cessione gratuita ad alcuni enti quali gli enti pubblici nonché gli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche e solidaristiche e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività d'interesse generale anche mediante la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale nonché attraverso forme di mutualità, compresi gli enti del Terzo settore di cui al codice del Terzo settore.

I suddetti beni ceduti gratuitamente non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa ai sensi dell’articolo 85, comma 2, del TUIR, il quale prevede che il valore normale dei beni destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa è compreso tra i ricavi.

Pertanto il valore normale dei suddetti beni ceduti gratuitamente non rientra tra i ricavi ai fini della determinazione della base imponibile ai fini IRES.

 

 


 

Titolo V – Ulteriori disposizioni

Articolo 72
(
Misure per l’internazionalizzazione del sistema Paese e potenziamento dell'assistenza ai connazionali all'estero in situazione di difficoltà)

 

 

L’articolo 72 istituisce, al comma 1, un nuovo Fondo per la promozione integrata verso i mercati esteri, con una dotazione finanziaria iniziale di 150 milioni di euro per l’anno 2020, finalizzato all’adozione di misure di comunicazione, di potenziamento delle attività di promozione del Made in Italy nonché per il cofinanziamento di iniziative di promozione dei mercati esteri realizzate da altre pubbliche amministrazioni mediante apposite convenzioni.

Il comma 2, dispone, in considerazione dell’esigenza di contenere con immediatezza gli effetti negativi sull’internazionalizzazione del sistema Paese in conseguenza della diffusione del Covid-19, la possibilità di aggiudicazione dei contratti di forniture, lavori e servizi tramite la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara. Il medesimo comma prevede altresì che il MAECI e l’ICE possano avvalersi della società INVITALIA tramite modalità definite mediante apposita convenzione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Il comma 3, stabilisce che le iniziative di cui al presente articolo siano realizzate nel rispetto delle linee guida e di indirizzo strategico in materia di internazionalizzazione delle imprese adottate dalla Cabina di regia per l’internazionalizzazione, mentre il comma 4 indica la copertura finanziaria a valere sull’articolo 126 del presente decreto legge.

Nel corso dell’esame al Senato, sono stati introdotti tre nuovi commi da 4-bis a 4-quater i quali prevedono misure per il potenziamento dell'assistenza ai connazionali all'estero in situazione di difficoltà. In particolare, il comma 4-bis stanzia:

§  1 milione per l’anno 2020 per le misure a tutela degli interessi italiani e della sicurezza dei cittadini all’estero in condizioni di emergenza e

§  4 milioni per l’anno 2020 per le misure di assistenza ai cittadini all’estero in condizioni di indigenza o di necessità. A tale ultimo riguardo, comma 4-ter autorizza, fino al 31 luglio 2020, l’erogazione dei sussidi – nei limiti dell’importo complessivo di spesa predetto - senza promessa di restituzione anche a cittadini non residenti nella circoscrizione consolare.

Il comma 4-quater reca la copertura finanziaria degli oneri di cui ai precedenti commi 4-bis – 4-ter.

Nel dettaglio, il comma 1 prevede l’istituzione presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale di un “Fondo per la promozione integrata”, con una dotazione di 150 milioni di euro per il 2020.

Il Fondo è finalizzato alla realizzazione delle seguenti iniziative ed attività:

a)   realizzazione di una campagna straordinaria di comunicazione volta a sostenere le esportazioni italiane e l’internazionalizzazione del sistema economico nazionale nel settore agroalimentare e negli altri settori colpiti dall’emergenza derivante dalla diffusione del Covid-19, anche avvalendosi di ICE- Agenzia italiana per l’internazionalizzazione delle imprese e per l’attrazione degli investimenti;

b)   potenziamento delle attività di promozione del sistema Paese realizzate, anche mediante la rete all’estero, dal MAECI e da ICE;

c)   cofinanziamento di iniziative di promozione dirette a mercati esteri realizzate da altre amministrazioni pubbliche mediante la stipula di apposite convenzioni;

d)   erogazione di cofinanziamenti a fondo perduto fino al cinquanta per cento dei finanziamenti concessi ai sensi dell’articolo 2, primo comma, del D.L. 28 maggio 1981, n. 251 (Legge n. 394/1981) , secondo criteri e modalità stabiliti con una o più delibere del Comitato Agevolazioni di cui all’articolo 1, comma 270, della L. n. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018).

Tali cofinanziamenti sono concessi nei limiti e alle condizioni previsti dalla vigente normativa europea in materia di aiuti di Stato di importanza minore (de minimis).

Come precisato dal successivo comma 3, le risorse del Fondo di cui al comma 1 sono ripartite tra le diverse finalità con decreto del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Il comma non indica i termini entro i quali adottare il decreto ministeriale di riparto.

Il Fondo di cui al richiamato art. 2 del decreto-legge n. 251 del 1981 è stato istituito per la concessione di finanziamenti a tasso agevolato a favore delle imprese italiane che operano sui mercati esteri, anche al di fuori dell’UE, come precisato dal D.L. n. 34/2019.

Sulla disciplina del Fondo ha inciso l’articolo 6 del D.L. 112/2008.

Tale norma ha imposto che le iniziative delle imprese italiane dirette alla loro promozione, sviluppo e consolidamento sui mercati esteri possano fruire delle agevolazioni finanziarie esclusivamente nei limiti ed alle condizioni previsti dal Regolamento europeo relativo agli aiuti di importanza minore (de minimis, cfr. infra).

Ai sensi del comma 2 del citato articolo 6, come modificato dal D.L. n. 83/2012 (L. n. 134/2012), le iniziative ammissibili ai benefici sono:

a)    la realizzazione di programmi aventi caratteristiche di investimento finalizzati al lancio ed alla diffusione di nuovi prodotti e servizi ovvero all'acquisizione di nuovi mercati per prodotti e servizi già esistenti, attraverso l'apertura di strutture volte ad assicurare in prospettiva la presenza stabile nei mercati di riferimento;

b)   studi di pre-fattibilità e di fattibilità collegati ad investimenti italiani all'estero, nonché programmi di assistenza tecnica collegati ai suddetti investimenti;

c)    altri interventi prioritari.

Il comma 3 dell’articolo 6, anch’esso modificato dal D.L. n. 83/2012, ha previsto che per le predette iniziative venga utilizzato il Fondo di cui alla legge n. 394/1981 con una riserva di destinazione alle piccole e medie imprese (PMI) pari al 70 per cento annuo delle risorse del Fondo stesso.

Il comma 4 dell’articolo 6, come modificato dall’articolo 1, comma 152 della legge di stabilità 2013 (L. n. 228/2012), ha demandato i termini, le modalità e le condizioni degli interventi, le attività e gli obblighi del gestore, le funzioni di controllo nonché la composizione e i compiti del Comitato per l'amministrazione del Fondo ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

In attuazione di quanto disposto dal comma è stato adottato prima il D.M. 7 settembre 2016 e successivamente il D.M. 8 aprile 2019, che ha introdotto nuovi strumenti finanziari a sostegno dell'internazionalizzazione delle imprese.

L'articolo 1, comma 270, della Legge di bilancio 2018 (L. n. 2015/2017, modificato da ultimo dal D.L. n. 104/2019) ha poi previsto la composizione del Comitato Agevolazioni, organo competente ad amministrare il Fondo rotativo.

Il Comitato è composto da due rappresentanti del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di cui uno con funzioni di Presidente, da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico e da un rappresentante designato dalle regioni, nominati con decreto del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

In attuazione della legge di bilancio 2018, è stato adottato il D.M. 24 aprile 2019, che disciplina le competenze e il funzionamento del Comitato.

La gestione degli interventi di agevolazione è disciplinata da una convenzione stipulate tra SIMEST e Ministero dello sviluppo economico.

 

Si ricorda, infine, che il D.L. n. 162/2019 (cd. “Mille proroghe”), all’articolo 14, comma 1, ha rifinanziato il Fondo di 50 milioni di euro per l’anno 2019.

 

Per quanto concerne i risultati della gestione del Fondo, la Corte dei Conti (Relazione della Corte dei Conti sul rendiconto generale dello Stato relativa all’anno 2018, presentata al Parlamento il 26 giugno 2019) rileva che nel 2018 sono state accolte dal Comitato Agevolazioni operazioni per 9,3 miliardi di cui 8,95 miliardi per operazioni di credito acquirente, a fronte delle quali sono stati deliberati accantonamenti stimati sul Fondo per 484 milioni, di cui 47.384 milioni per operazioni di credito acquirente.

 

Quanto agli aiuti de minimis, si ricorda che questi fanno eccezione all'obbligo di notifica alla Commissione UE. Gli aiuti di piccola entità, definiti dalla UE "de minimis", che si presume infatti che non incidano sulla concorrenza in modo significativo. Per gli aiuti cd. de minimis, il Regolamento (UE) n. 1407/2013 è applicabile alle imprese operanti in tutti i settori, salvo specifiche eccezioni, tra cui la produzione di prodotti agricoli. Il massimale di aiuto previsto da tale regolamento è di 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Per gli aiuti cd. de minimis nel settore agricolo opera, invece, il Regolamento (UE) n. 1408/2013, come da ultimo modificato dal Regolamento (UE) 2019/316.

 

Il comma 2 prevede che, in considerazione dell’esigenza di contenere con immediatezza gli effetti negativi sull’internazionalizzazione del sistema Paese in conseguenza della diffusione del Covid-19, per gli interventi realizzati in attuazione di cui al comma 1, nonché per quelli inclusi nel Piano straordinario per la promozione del Made in Italy, trovino applicazione fino al 31 dicembre 2020 le seguenti norme:

a) i contratti di forniture, lavori e servizi possono essere aggiudicati con la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara, di cui all’articolo 63, comma 6, del D.Lgs. n. 50/2016;

b) il MAECI e ICE possono avvalersi, con modalità definite mediante apposita convenzione, e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, dell’Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa Spa – Invitalia;

L’articolo 30 del decreto-legge D.L. n. 133/2014 ha previsto l’istituzione del Piano di promozione straordinaria del Made in Italy e per l’attrazione degli investimenti in Italia è stato istituito dall’art. 30 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, con la finalità di ampliare il numero delle imprese, in particolare piccole e medie, che operano nel mercato globale, espandere le quote italiane del commercio internazionale, valorizzare l’immagine del Made in Italy nel mondo, sostenere le iniziative di attrazione degli investimenti esteri in Italia.

La norma istitutiva ne aveva demandato l’effettiva adozione al Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, d’intesa con il Ministro degli affari esteri, nonché con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali con riferimento alle specifiche azioni riguardanti il settore agro-alimentare.

Recentemente, l’art. 2 del D.L. n. 104 del 21 settembre 2019 (L. n. 132/2019), ha disposto il trasferimento al MAECI delle funzioni esercitate dal MISE in materia di definizione delle strategie della politica commerciale e promozionale con l’estero e di sviluppo dell’internazionalizzazione del sistema Paese. Le risorse umane, strumentali, compresa la sede, e finanziarie della Direzione generale per il commercio internazionale del MISE vengono trasferite al MAECI a decorrere dal 1° gennaio 2020, ivi comprese le competenze gestionali sul Piano.

La dotazione del Piano straordinario è stata più volte integrata. Nell’attuale legislatura esso è stato rifinanziato con la Legge di bilancio per il 2019 (legge n. 145/2018, art. 1, comma 201) di 90 milioni per il 2019 e di 20 milioni per il 2020. Con la Legge di bilancio per il 2020 (Legge n. 160/2019, articolo 1, comma 297) il Piano è stato ulteriormente rifinanziato di 44,895 milioni di euro per il 2020 e di 40,290 milioni di euro per il 2021. L’attuazione del Piano è confermata in capo all’ICE Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane.

L’Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa Spa – Invitalia è una società per azioni quotata avente quale azionista unico il Ministero dell’economia e delle finanze. Il MEF esercita i diritti dell’azionista d’intesa con il Ministero dello sviluppo economico, in quanto l’Agenzia, posta la sua missione istituzionale, è ente strumentale del MISE.

L’Agenzia nasce nel 2007 a seguito del riordino della Società Sviluppo Italia (art. 1, comma 460 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 – Legge finanziaria 2007). Sviluppo Italia, oltre a cambiare denominazione in Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa-Invitalia, ha subìto una profonda riorganizzazione strutturale con riguardo ad una razionalizzazione delle funzioni e ad uno snellimento delle attività con forte riduzione del numero delle partecipazioni e dei livelli organizzativi.

La missione di Invitalia consiste nel promuovere lo sviluppo produttivo ed imprenditoriale per rafforzare la competitività del Paese, fungendo da catalizzatore di risorse pubbliche e private. Essa gestisce la gran parte degli strumenti agevolativi nazionali a favore delle imprese e detiene inoltre varie partecipazioni societarie (tra le società controllate da Invitalia, vi è la Banca del Mezzogiorno S.p.A. - Mediocredito centrale S.p.A., con una partecipazione del 100%).

In particolare l’Agenzia è attiva nei seguenti settori: sostegno allo sviluppo d’impresa; supporto alla competitività del territorio e alla pubblica amministrazione; supporto alle amministrazioni centrali dello Stato nella gestione di programmi comunitari cofinanziati con fondi strutturali comunitari; sviluppo di investimenti esteri qualificati. Ogni macro-area ricade nella pertinenza di una specifica Business Unit (Funzione organizzativa complessa).

Per approfondimenti sulle aree di intervento e sugli strumenti agevolativi gestiti da INVITALIA, si rinvia al relativo sito istituzionale e all’ultima Relazione della Corte dei conti sul risultato del controllo eseguito sulla società.

 

Il comma 3 dispone che le iniziative sopra richiamate siano soggette al rispetto delle linee guida e di indirizzo strategico in materia di internazionalizzazione delle imprese adottate dalla Cabina di regia di cui all’articolo 14, comma 18-bis, del D.L. n. 98/2011 (L. n. 111/2011) .

La Cabina di regia è co-presieduta dal Ministro dello sviluppo economico e dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e, per le materie di propria competenza, dal Ministro con delega al turismo e composta dal Ministro dell’economia e delle finanze, o da persona dallo stesso designata, dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, o da persona dallo stesso designata, dal presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e dai presidenti, rispettivamente, dell’Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, della Confederazione generale dell’industria italiana, di R.E.TE. Imprese Italia, di Alleanza delle Cooperative italiane e dell’Associazione bancaria italiana. I lavori dell’VIII riunione della Cabina si sono svolti presso il MAECI il 20 dicembre scorso.

 

Il comma 4 dispone che agli oneri derivanti dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 si provveda ai sensi dell’articolo 126.

 

I nuovi commi da 4-bis a 4-quater, introdotti nel corso dell’esame al Senato, prevedono misure per il potenziamento dell'assistenza ai connazionali all'estero in situazione di difficoltà.

Nel dettaglio, il comma 4-bis autorizza nello stato di previsione del MAECI:

a)   la spesa di euro 1 milione per l'anno 2020 ad integrazione delle misure per la tutela degli interessi italiani della e della sicurezza dei cittadini presenti all'estero in condizioni di emergenza, ivi inclusa la protezione del personale dipendente di amministrazioni pubbliche in servizio, anche temporaneamente, al di fuori del territorio nazionale;

b)   la spesa di euro 4 milioni per l'anno 2020 ad integrazione delle misure per l'assistenza ai cittadini all'estero in condizioni di indigenza o di necessità, ai sensi degli articoli da 24 a 27 della disciplina sull’ Ordinamento e funzioni degli uffici consolari (D.Lgs. n. 71/2011, articoli 24-27). A tale ultimo riguardo, comma 4-ter autorizza, fino al 31 luglio 2020, l’erogazione dei sussidi – nei limiti dell’importo complessivo di spesa predetto - senza promessa di restituzione anche a cittadini non residenti nella circoscrizione consolare.

La disciplina di cui al richiamato D.Lgs. n. 71/2011, articoli 24-27, prevede che l'ufficio consolare può concedere, ai cittadini che versano in stato di indigenza, nei limiti delle disponibilità fissate annualmente dal MAECI, sussidi e, in via eccezionale, erogazioni in danaro, in caso di comprovata urgenza, nel caso vi sia uno stato di occasionale grave necessità non altrimenti fronteggiabile. Inoltre, in casi eccezionali, il capo dell'ufficio consolare può chiedere l'imbarco, per il rimpatrio di cittadini, al comandante di nave od aeromobile militari nazionali.

 

Il comma 4-quater reca la copertura finanziaria degli oneri di cui ai precedenti commi 4-bis – 4-ter, pari a 5 milioni per l'anno 2020, disponendo che ad essa si provveda attraverso corrispondente riduzione del fondo speciale di parte corrente iscritto, nel bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al MAECI.


 

Articolo 72-bis
(Sospensione dei pagamenti delle utenze)

 

 

L’articolo 72-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, riproduce sostanzialmente il testo dell’articolo 4 del D.L. n. 9/2020.

L’articolo demanda all’ARERA di prevedere, per i comuni maggiormente colpiti dall’epidemia di COVID-19 individuati nell’allegato 1 al DPCM del 1° marzo 2020, la sospensione temporanea, fino al 30 aprile 2020, dei termini di pagamento delle fatture e degli avvisi di pagamento, emessi o da emettere, delle forniture di energia elettrica, gas, ivi inclusi i gas diversi dal gas naturale distribuiti a mezzo di reti canalizzate, acqua e del servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani.

L’ARERA disciplina altresì le modalità di rateizzazione delle fatture e degli avvisi di pagamento i cui termini di pagamento sono stati sospesi nonché, ove opportuno, anche le modalità per la relativa copertura nell’ambito delle componenti tariffarie, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Quanto al canone di abbonamento alle radioaudizioni, il versamento delle somme oggetto di sospensione avviene, senza applicazione di sanzioni e interessi, in unica rata con la prima fattura dell’energia elettrica successiva al termine del periodo di sospensione.

 

In dettaglio, l’articolo prevede che – nei comuni interessati dalle misure urgenti di contenimento del contagio indicati nell’Allegato 1 del DPCM del 1° marzo 2020 – l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), disponga con propri provvedimenti la sospensione temporanea, fino al 30 aprile 2020, dei termini di pagamento delle fatture e degli avvisi di pagamento delle forniture di energia elettrica, gas, ivi inclusi i gas diversi dal gas naturale distribuiti a mezzo di reti canalizzate, acqua e del servizio integrato di gestione dei rifiuti urbani (comma 1).

 

L'Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA, ex Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico - AEEGSI, originariamente Autorità per l'energia elettrica e il gas - AEEG) è un organismo collegiale indipendente, istituito con la legge 14 novembre 1995, n. 481, avente funzioni di regolazione e controllo nei settori dell'energia elettrica, del gas, nonché del sistema idrico e dei rifiuti. Queste ultime due competenze regolatorie sono state attribuite all'Autorità successivamente alla sua istituzione, rispettivamente con il D.L. n. 201/2011 (articolo 21, comma 19 e successivo il D.P.C.M. attuativo 20 luglio 2012) e con la Legge di bilancio 2018 (legge n. 205/2017, articolo 1, commi 527-530).

L'azione dell'Autorità è diretta, per tutti i settori oggetto di regolazione, a garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza, ad assicurare la fruibilità e la diffusione dei servizi in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale, a definire adeguati livelli di qualità dei servizi, a predisporre sistemi tariffari certi, trasparenti e basati su criteri predefiniti, nonché a promuovere la tutela degli interessi di utenti e consumatori.

Per approfondimenti sull’istituzione, i componenti, l’indipendenza e autonomia, le competenze, la trasparenza del processo decisionale e l’attività internazionale dell’ARERA, si rinvia al relativo sito istituzionale.

 

Si fa presente come l’intervento normativo ricalchi uno schema già adottato dal legislatore per fornire sostegno alle popolazioni colpite da eventi calamitosi, quali ad esempio gli eventi sismici.

Si veda, a titolo esemplificativo e non esaustivo, il comma 2 dell’articolo 48 del D.L. n. 189 del 2016 che ha previsto la sospensione dei termini di pagamento delle fatture relative alle utenze localizzate nei comuni colpiti dal sisma del 24 agosto, del 26 ottobre 2016 e del 18 gennaio 2017.

In attuazione di quanto sopra disposto l’Autorità di regolazione per i settori dell'energia elettrica, dell'acqua e del gas, ha adottato una serie di deliberazioni (Deliberazione 27 ottobre 2016, n. 618/2016/R/com, la Deliberazione 18 aprile 2017, n. 252/2017/R/com e la Deliberazione 20 novembre 2018, n. 587/2018/R/com).

 

Con riferimento all’ambito territoriale di applicazione della disposizione, si ricorda che l’allegato 1 del DPCM 1° marzo 2020, recante ulteriori misure attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, identifica i seguenti Comuni (cd “zona rossa”):

1) nella Regione Lombardia: Bertonico; Casalpusterlengo; Castelgerundo; Castiglione D'Adda; Codogno; Fombio; Maleo; San Fiorano; Somaglia; Terranova dei Passerini.

2) Nella Regione Veneto: Vò.

 

L’ARERA, con propri provvedimenti da adottare entro centoventi giorni dalla data del 2 marzo 2020 (data di entrata in vigore del DL 9/2020), disciplina altresì le modalità di rateizzazione delle fatture e degli avvisi di pagamento i cui termini di pagamento sono stati sospesi. Eventuali oneri derivanti potranno essere coperti, ove opportuno, nell’ambito delle componenti tariffarie, attraverso specifiche modalità individuate da ARERA (comma 2, primo periodo).

Con le bollette dell'energia elettrica, oltre ai servizi di vendita (materia prima, commercializzazione e vendita), ai servizi di rete (trasporto, distribuzione, gestione del contatore) e alle imposte, si pagano alcune componenti per la copertura di costi per attività di interesse generale, tra i quali, ad esempio, il sostegno alle fonti energetiche rinnovabili: si tratta dei cosiddetti oneri generali di sistema, di natura parafiscale, introdotti nel tempo da specifici provvedimenti normativi. Gli oneri generali sono applicati come maggiorazione della tariffa di distribuzione, (quindi all'interno dei servizi di rete), in maniera differenziata per tipologia di utenza.

Dunque, gli interventi per il settore energetico risultano in gran parte supportati da risorse che non costituiscono propriamente oneri a carico del bilancio dello Stato, perché effettuati tramite finanziamenti derivanti da somme, a carico degli utenti, raccolte attraverso alcune componenti della bolletta elettrica per la copertura degli oneri generali di sistema.

Gli oneri di sistema, cui corrisponde circa il 20% della spesa di energia elettrica di una famiglia tipo, a partire dal 2018 (delibere 481/2017/R/eel e 922/2017/R/eel) sono composti da due componenti, a loro volta articolate in sotto componenti a destinazione specifica:

- ASOS, con cui si finanziano principalmente le rinnovabili e pari all’85% del totale degli oneri di sistema;

- ARIM, pari al restante 15%, con cui si finanzia l’efficienza energetica e altre esigenze del sistema elettrico, tra le quali le misure di compensazione territoriale (AmctRIM).

Per un approfondimento sugli oneri di sistema e le relative componenti tariffarie, si veda anche la sezione dedicata del sito istituzionale dell’ARERA.

 

Per ciò che concerne il versamento delle somme oggetto di sospensione relative al pagamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni, si dispone che lo stesso avvenga, senza applicazione di sanzioni e interessi, in unica rata con la prima fattura dell’energia elettrica successiva al termine del periodo di sospensione (comma 2, secondo periodo). In tal modo, viene assicurato il versamento dello stesso entro il medesimo esercizio finanziario.

 

Il canone di abbonamento alla televisione è dovuto da chiunque abbia un apparecchio televisivo, si paga una sola volta all’anno e una sola volta a famiglia, a condizione che i familiari abbiano la residenza nella stessa abitazione.

Con l’articolo 1, commi da 152 a 159, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016):

§  è stata introdotta la presunzione di detenzione dell’apparecchio televisivo nel caso in cui esista un’utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui una persona ha la propria residenza anagrafica;

§  i titolari di utenza elettrica per uso domestico residenziale effettuano il pagamento del canone mediante addebito nella fattura dell’utenza di energia elettrica. Questi utenti, quindi, non potranno più pagare tramite bollettino postale.

Anche i residenti all’estero devono pagare il canone se detengono un’abitazione in Italia dove è presente un apparecchio televisivo.

Si ricorda infine che i commi 355 e 356 della legge di bilancio 2020 hanno innalzato, a regime, a € 8.000 annui la soglia reddituale prevista ai fini dell’esenzione dal pagamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni in favore di soggetti di età pari o superiore a 75 anni.


 

Articolo 72-ter
(Misure in favore dei beneficiari di mutui agevolati)

 

 

L’articolo 72-ter, introdotto nel corso dell’esame al Senato, riproduce con talune modifiche il testo dell’articolo 6 del D.L. n. 9/2020.

L’articolo prevede che i soggetti beneficiari di mutui agevolati concessi da INVITALIA a favore di imprese ubicate nei territori dei primi comuni maggiormente colpiti dall’epidemia di COVID-19 (di cui all’Allegato 1 del D.P.C.M. 1º marzo 2020) possono beneficiare della sospensione di dodici mesi del pagamento delle rate con scadenza non successiva al 31 dicembre 2020 e di un corrispondente allungamento della durata dei piani di ammortamento.

Tale beneficio trova applicazione anche se è stata già adottata da INVITALIA la risoluzione del contratto di finanziamento agevolato in ragione della morosità nella restituzione delle rate, purché il relativo credito non sia già iscritto a ruolo ovvero non siano incardinati contenziosi per il suo recupero. INVITALIA procede, su richiesta dei soggetti beneficiari, da presentare entro 60 giorni dalla data del 2 marzo 2020, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, alla ricognizione del debito, comprensivo di sorte capitale e interessi, da rimborsare al tasso di interesse legale e con rate semestrali posticipate.

 

L’articolo in esame è volto a far fonte alle difficoltà delle imprese operanti nei primi territori più colpiti dall’emergenza epidemiologica da COVID-19 nel rispettare le scadenze previste dai piani di restituzione dei finanziamenti agevolati concessi dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A. - INVITALIA.

A tal fine si prevede che i soggetti beneficiari dei mutui agevolati concessi da Invitalia a favore di imprese con sede o unità locali ubicate nei territori dei comuni individuati nell’allegato 1 al DPCM del 1° marzo 2020, possono beneficiare della sospensione di dodici mesi del pagamento delle rate con scadenza non successiva al 31 dicembre 2020 e di un corrispondente allungamento della durata dei piani di ammortamento (comma 1, primo periodo).

La richiesta deve essere presentata dai beneficiari entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge (comma 1, terzo periodo: vedi infra).

 

L’ambito di applicazione della norma in esame è quindi definito su base territoriale, indipendentemente dallo strumento agevolativo incardinato presso la predetta Agenzia, al fine di consentire una “moratoria” generalizzata rispetto ai finanziamenti agevolati concessi dalla stessa.

 

Con riferimento all’ambito territoriale di applicazione della disposizione, si ricorda che l’allegato 1 del DPCM 1° marzo 2020, recante ulteriori misure attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, identifica i seguenti Comuni (cd “zona rossa”):

1.    nella Regione Lombardia: Bertonico; Casalpusterlengo; Castelgerundo; Castiglione D'Adda; Codogno; Fombio; Maleo; San Fiorano; Somaglia; Terranova dei Passerini.

2.    Nella Regione Veneto: Vò[1].

 

La sospensione del pagamento e l’allungamento del piano di ammortamento si applicano anche:

§  nel caso in cui sia stata già adottata da Invitalia la risoluzione del contratto di finanziamento agevolato in ragione della morosità nella restituzione delle rate, purché il relativo credito non risulti già iscritto a ruolo ovvero non siano incardinati contenziosi per il recupero dello stesso (comma 1, secondo periodo);

§  alle rate di pagamento con scadenza non successiva al 31 dicembre 2020 relative alle transazioni già perfezionate con Invitalia alla data di entrata in vigore del decreto-legge (comma 2).

 

INVITALIA, su richiesta dei soggetti beneficiari, da presentare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, procede, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, alla ricognizione del debito, comprensivo di sorte capitale e interessi, da rimborsare al tasso di interesse legale e con rate semestrali posticipate (comma 1, terzo periodo).

 

La relazione tecnica all’articolo 6 del D.L. n. 9/2020, che ha originariamente introdotto la norma in esame, precisa che “successivamente alla ricezione delle istanze, Invitalia, procederà alla ricognizione del debito ed alla definizione di un nuovo piano di ammortamento con decorrenza 1.1.2021. Il predetto piano prevedrà il medesimo numero di rate residue alla data di entrata in vigore del presente decreto, periodicità e tasso di interesse del piano sospeso e includerà gli interessi calcolati al tasso di interesse legale per il periodo di sospensione. Inoltre, in seguito all’entrata in vigore della norma, INVITALIA rideterminerà, sulla base delle richieste pervenute, l’effettiva consistenza dei fondi rotativi e assumerà impegni nel limite di questa.

 

L'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa - Invitalia è una società per azioni quotata avente quale azionista unico il Ministero dell'economia e delle finanze. Il MEF esercita i diritti dell'azionista d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico, in quanto l'Agenzia, posta la sua missione istituzionale, è ente strumentale del MISE.

L'Agenzia nasce nel 2007 a seguito del riordino della Società Sviluppo Italia (art. 1, comma 460 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 – Legge finanziaria 2007). Sviluppo Italia, oltre a cambiare denominazione in Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa- INVITALIA, ha subito una profonda riorganizzazione strutturale con riguardo ad una razionalizzazione delle funzioni e ad uno snellimento delle attività con forte riduzione del numero delle partecipazioni e dei livelli organizzativi.

La missione di Invitalia consiste nel promuovere lo sviluppo produttivo ed imprenditoriale per rafforzare la competitività del Paese, fungendo da catalizzatore di risorse pubbliche e private. Essa gestisce la gran parte degli strumenti agevolativi nazionali a favore delle imprese e detiene inoltre varie partecipazioni societarie (tra le società controllate da INVITALIA, vi è la Banca del Mezzogiorno SpA-Mediocredito centrale S.p.A., con una partecipazione del 100%).

In particolare l'Agenzia è attiva nei seguenti settori: sostegno allo sviluppo d'impresa; supporto alla competitività del territorio e alla pubblica amministrazione; supporto alle amministrazioni centrali dello Stato nella gestione di programmi comunitari cofinanziati con fondi strutturali comunitari; sviluppo di investimenti esteri qualificati. Ogni macro-area ricade nella pertinenza di una specifica Business Unit (Funzione organizzativa complessa).

Per approfondimenti sulle aree di intervento e sugli strumenti agevolativi gestiti da INVITALIA, si rinvia al relativo sito istituzionale e all'ultima Relazione della Corte dei conti sul risultato del controllo eseguito su INVITALIA.


 

Articolo 72-quater
(Istituzione di un tavolo di crisi per il turismo a seguito dell'emergenza COVID-19)

 

 

L’articolo 72-quater– introdotto nel corso dell’esame al Senato - prevede l’istituzione - presso il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo – di un Tavolo di confronto sul comparto turistico al fine di monitorare gli effetti dell'emergenza COVID-19 e valutare l'adozione delle opportune iniziative.

 

Nel dettaglio, il comma 1 prevede l’istituzione - presso il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo – di un Tavolo di confronto sul comparto turistico con la partecipazione dei rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, degli enti locali e delle associazioni di categoria.

Il Tavolo è finalizzato a monitorare gli effetti dell'emergenza COVID-19 sul comparto turistico e a valutare l'adozione delle opportune iniziative.

 

Ai sensi del comma 2, ai componenti del tavolo di confronto non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti comunque denominati.

 

Il comma 3, prevede che, in sede di esame delle problematiche connesse all’emergenza, si debba dare prioritario riferimento alle misure compensative che si rendono necessarie per far fronte ai danni diretti e indiretti derivanti dall'emergenza COVID-19, nonché alle esigenze di sostegno e gli interventi strutturali in favore delle attività più esposte, al fine di creare le condizioni favorevoli per una rapida ripresa, il consolidamento e il rilancio della filiera allargata del turismo e di veicolare il complesso dei valori distintivi dell’offerta nazionale in maniera coordinata sia verso i target interni che verso quelli internazionali.

 

Secondo quanto si apprende dal sito istituzionale della Conferenza delle regioni -  nel corso dell'incontro del 4 marzo scorso con il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte - la Conferenza ha consegnato un documento di proposte e interventi economici per superare l'emergenza coronavirus. Oggetto di specifiche proposte di intervento è il settore turistico.


 

Articolo 73
(Semplificazioni in materia di organi collegiali)

 

 

L’articolo 73, modificato in Senato, consente lo svolgimento in videoconferenza delle sedute dei consigli comunali, provinciali e metropolitani e delle giunte comunali, degli organi collegiali degli enti pubblici nazionali, degli organi degli enti e organismi del sistema camerale e degli organi di associazioni private, delle fondazioni nonché, a seguito di due distinti emendamenti approvati dal Senato, delle società (comprese quelle cooperative e i consorzi) e degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche ed educative di ogni ordine e grado, fino alla cessazione dello stato di emergenza e nel rispetto di specifici criteri.

 

Il comma 1, primo periodo, attribuisce tale facoltà ai consigli degli enti locali e alle giunte comunali che non abbiano già regolamentato tale modalità alle seguenti condizioni:

§  che siano rispettati i criteri di trasparenza e tracciabilità definiti dal "Presidente del consiglio, ove previsto[2]" o dal sindaco;

Al riguardo, si segnala che ai sensi dell'art. 69 del TUEL, nei comuni con meno di 15.000 abitanti le funzioni di presidente del consiglio comunale sono svolte dal sindaco.

Per quanto concerne le Province e le città metropolitane le funzioni di presidente del consiglio sono svolte, rispettivamente, dal presidente della provincia (ai sensi dell'art.1, comma 55, primo periodo, della legge n.56 del 2014) e dal sindaco metropolitano (ai sensi dell'art.1, comma 8, della medesima legge).

La disposizione parrebbe potersi prestare ad un'interpretazione letterale che consenta al presidente del consiglio comunale la definizione dei criteri di trasparenza e tracciabilità delle sedute, oltre che del consiglio, anche della giunta. Va a tal proposito tuttavia tenuto conto, per un verso, che è il sindaco ad essere chiamato a presiedere le riunioni della giunta (e quindi necessariamente a verificare, con l'ausilio del segretario comunale, il regolare svolgimento delle medesime) e, per l'altro, che il presidente del consiglio non partecipa neppure alle medesime riunioni. Si valuti pertanto l’opportunità di chiarire che spetta al presidente dell'organo collegiale, i cui lavori saranno svolti in videoconferenza, la facoltà di stabilire i richiamati criteri di trasparenza e tracciabilità.

§  che le videoconferenze si svolgano con sistemi che garantiscano l'individuazione dei partecipanti;

§  che sia garantita la regolarità dello svolgimento delle sedute e che sia assicurato lo svolgimento delle funzioni del segretario comunale, provinciale e metropolitano, ai sensi dell'art.97 del TUEL;

 

In proposito, l'art.97 del TUEL prevede che il segretario svolga compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti. Fra le funzioni ad esso attribuite, si segnala in particolare, ai fini della disposizione in esame, la partecipazione "con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della giunta e ne cura la verbalizzazione". La disposizione in esame parrebbe indicare che le sedute dovranno necessariamente svolgersi con la partecipazione vincolante, in videoconferenza, del segretario degli enti locali.

§  che sia assicurata adeguata pubblicità delle sedute, ove previsto, secondo le modalità individuate da ciascun ente.

 

La finalità dell'intervento normativo è quella di contenere la diffusione del virus evitando la contemporanea presenza fisica di amministratori locali in spazi inevitabilmente circoscritti, in cui può non essere agevole assicurare il rispetto delle distanze minime.

 

La possibilità di svolgere riunioni in videoconferenza è circoscritta ai soli organi esecutivi dei comuni in quanto la legge n.56 del 2014 ha soppresso la giunta negli enti di area vasta. Occorre tuttavia considerare che, con fonte statutaria, i medesimi enti si sono dotati, in sostituzione, di un organismo di coordinamento dei consiglieri delegati. Si potrebbe pertanto valutare la possibilità di estendere il ricorso alle videoconferenze anche a tali organismi, laddove istituiti.

 

La relazione illustrativa precisa che le modalità procedimentali introdotte dall'articolo in commento "ricalcano un modello già adottato da numerosi regolamenti comunali[3], nonché nella prassi delle società private".

 

Il comma 2 estende l'applicabilità delle disposizioni appena illustrate agli organi collegiali degli enti pubblici nazionali, anche articolati su base territoriale, nonché agli enti e organismi del sistema camerale. La facoltà di disporre lo svolgimento delle videoconferenze è demandato ai rispettivi presidenti anche nel caso di assenza di una regolamentazione in tale senso, a condizione che siano individuabili, con certezza, i partecipanti e sia assicurata la sicurezza delle comunicazioni.

 

Nel corso dell'esame in prima lettura è stato introdotto un emendamento che estende la possibilità di svolgimento delle sedute in videoconferenza, fino alla cessazione dello stato di emergenza, anche agli organi collegiali delle istituzioni scolastiche ed educative di ogni ordine e grado. Tale modalità è riconosciuta anche nel caso in cui non sia stata già prevista dagli atti "regolamentari interni" di cui all'art.40 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo n.297 del 1994.

Si tratta dei cosiddetti "regolamenti tipo" disciplinati dal citato art.40 del TU, ai sensi del quale, in mancanza dei regolamenti interni previsti dal titolo I, gli organi collegiali operano sulla base di regolamenti tipo predisposti dal Ministero dell'istruzione.

 

Sino al termine dell'emergenza, il comma 3 dispone la sospensione dell'applicazione delle disposizioni di cui all'art.1, commi 8 (e non più 9 a seguito di una modifica introdotta in Senato) e 55, del TUEL, relative alle assemblee dei sindaci nelle province e alle conferenze metropolitane nelle città metropolitane, istituite con la legge n.56 del 2014. Detta sospensione è esplicitamente riferita all'esercizio delle funzioni consultive attribuite ai predetti organi, incluse quelle previste in relazione all'approvazione dei bilanci e consuntivi.

 

L'assemblea dei sindaci (di cui all'art.1, commi 54, lett. b), 55 e 56 della legge n.56/2014) e la conferenza metropolitana (di cui all'art.1, commi 7, 8 e 9, l. n.56/2014) sono organi composti dai sindaci appartenenti al territorio su cui insiste l'area vasta.

 

La conferenza metropolitana, ai sensi dell'art.1, comma 8, della legge n.56/2014 esprime il proprio parere sugli schemi di bilancio, prima della loro approvazione definitiva da parte del consiglio e ha poteri propositivi e consultivi, secondo quanto disposto dallo statuto. Inoltre, la conferenza adotta o respinge lo statuto e le sue modifiche proposti dal consiglio metropolitano, ai sensi del comma 9 (dell'art.1, della l.n.56), richiamato dal comma 3 in commento, peraltro erroneamente poiché tali ultime funzioni non rivestono carattere consultivo.

In sede di conversione è stato, come accennato, opportunamente corretto il riferimento all'art.1, comma 9, della legge n.56/2014, contenuto al comma 3, con quello al comma 8 dell'art.1 della medesima legge.

L'assemblea dei sindaci svolge le medesime funzioni della conferenza metropolitana ai sensi dell'art.1, comma 55.

 

Ai sensi del comma 4 anche le associazioni private, incluse quelle non riconosciute, le fondazioni e - a seguito di una modifica introdotta in sede di conversione in Senato - "le società, comprese le società cooperative e i consorzi" possono svolgere le sedute (s'intende dei rispettivi organi) mediante il ricorso alla videoconferenza, nell'evenienza in cui tale possibilità non sia stata già prevista. A tal fine, la norma prescrive: il rispetto dei criteri di trasparenza e tracciabilità che devono essere a tal fine fissati; l'individuazione di sistemi che permettano l'identificazione con certezza dei partecipanti; il rispetto delle forme di pubblicità secondo le modalità individuate da ciascun ente.

 

Il comma 5 dispone che l’attuazione delle disposizioni in commento da parte delle amministrazioni pubbliche interessate non comporta oneri per la finanza pubblica, in quanto va assicurata con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente "sui propri bilanci".

In proposito, il vincolo del ricorso alle "risorse (...) strumentali disponibili" potrebbe determinare alcune criticità applicative nei confronti degli enti pubblici che non dispongano già di adeguate risorse strumentali per la realizzazione di riunioni in videoconferenza.

 


 

Articolo 73-bis
(Misure per la profilassi del personale delle Forze dì polizia,
delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 

 

L'articolo 73-bis, introdotto durante l'esame presso il Senato (il testo riproduce l'articolo 21 del decreto-legge n. 9 del 2020), dispone che siano i competenti servizi sanitari a stabilire le misure precauzionali a tutela della salute degli appartenenti alle Forze dell'ordine, alle Forze armate ed al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, secondo procedure uniformi stabilite con apposite linee guida.

La previsione vale per quel personale comunque impegnato in attività d'istituto (comprese attività formative e di addestramento), non solo dunque se impiegato nel contenimento della diffusione del Covid-19.

E vale altresì per il personale dell'Amministrazione civile dell'interno che opera presso le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale.

Le misure precauzionali volte a tutelare la salute del personale sono definite dai servizi sanitari secondo linee guida adottate d'intesa tra le Amministrazioni da cui il personale dipende.

Le misure precauzionali sono definite - secondo uniformi procedure - dai servizi sanitari competenti.

Per tali si intendono:

§  i servizi sanitari istituiti per i Corpi di polizia, per il Corpo degli agenti di custodia e per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per l'accertamento tecnico-sanitario delle condizioni del personale dipendente (di cui all’articolo 6, primo comma, lettera z) della legge n. 833 del 1978 istitutiva del Servizio sanitario nazionale);

§  le unità sanitarie locali (competenti agli accertamenti, alle certificazioni ed a ogni altra prestazione medico-legale spettanti al Servizio sanitario nazionale - con esclusione di quelle relative ai servizi di cui alla sopra citata lettera z) - ai sensi dell'articolo 14, terzo comma, lettera q) della legge n. 833 del 1978);

§  le strutture del Servizio sanitario militare (di cui agli articoli 181 e seguenti del decreto legislativo n. 66 del 2010, recante il codice dell'ordinamento militare).

 

La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 9 del 2020, nel quale la disposizione era originariamente contenuta, evidenzia come alcune ordinanze adottate da Regioni (anche non interessate direttamente da episodi di contagio) prevedano che i soggetti di rientro da aree oggetto di provvedimenti restrittivi da parte di autorità sanitarie debbano osservare un periodo di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva.

Tale misura di contenimento potrebbe, quindi, interessare anche il personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, con ricadute sulla loro disponibilità operativa.

La ratio della disposizione è dunque nello scongiuramento di tale negativa conseguenze.

 

La previsione si estende altresì al personale dell'Amministrazione civile dell'interno che opera presso le Commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale.

Queste sono organi amministrativi istituiti nell'ambito delle Prefetture per l'esame 'decentrato' delle domande di protezione internazionale.

Sono composte da: il presidente, funzionario di carriera prefettizia; un rappresentante dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR); un numero di funzionari amministrativi con compiti istruttori non inferiore a quattro (individuati nell'ambito del contingente di personale qualificato per l'esercizio di funzioni di carattere specialistico, reclutato dal Ministero dell'interno).

Le Commissioni territoriali sono venti (è il numero massimo previsto dall'articolo 4 del decreto legislativo n. 25 del 2008 quale oggi vigente, che insieme prevede che presso ogni Commissione, se in condizioni di sovraccarico, possano essere istituite sezioni, fino ad un massimo complessivo di trenta sul territorio nazionale).

 

 


 

Articolo 74
(Misure per la funzionalità delle Forze di polizia, delle Forze armate, del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, della carriera prefettizia e del personale dei ruoli dell’Amministrazione civile dell’interno. Assunzione di dirigenti statali e aggiornamento
delle procedure di reclutamento nelle PA)

 

 

L’articolo 74, modificato nel corso dell’esame del Senato, autorizza la spesa per il pagamento degli straordinari, dovuti ai maggiori compiti connessi all’emergenza epidemiologica da COVID-19, per il personale delle Forze di polizia, Forze armate, Guardia costiera, Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, prefetture, Amministrazione civile dell’interno, Polizia penitenziaria e dirigenti della carriera dirigenziale penitenziaria.

Inoltre, è disposta per 30 giorni dall’effettivo impiego l’integrazione di 253 unità del contingente di personale militare impiegato nel dispositivo “Strade sicure”, il cui prolungamento per ulteriori 90 giorni è previsto dall’articolo 74-ter.

Ulteriori risorse sono stanziate per la sanificazione e la disinfezione straordinaria degli uffici, degli ambienti e dei mezzi e per assicurare l’adeguata dotazione di dispositivi di protezione personale, nonché per l'acquisto di prodotti per il lavoro agile.

Viene, ridotta, in via straordinaria, da due a un anno la durata del corso di formazione per l’accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia avviato con il concorso pubblico indetto nel 2017.

Infine, al fine di procedere all’immediata assunzione di dirigenti statali, sono dettate alcune disposizioni relative alle modalità di conclusione del VII corso-concorso per il reclutamento di dirigenti, bandito dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA), nonché alla conseguente assegnazione degli allievi alle amministrazioni. Inoltre, in relazione alla sospensione dei concorsi e alla perdurante necessità di ricambio generazionale nella PA, si demanda ad un regolamento da adottare entro il 31 luglio 2020, l’aggiornamento, in via sperimentale, della disciplina vigente in materia di reclutamento e accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni.

Misure per la funzionalità delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco

Il comma 01 che riproduce testualmente il contenuto dell’art. 22, comma 1, del DL 9/2020 (abrogato dal presente provvedimento), al primo periodo, autorizza la spesa di 4.111.000 euro per l'anno 2020 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario, per un periodo di 30 giorni a decorrere dalla data di effettivo impiego, del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate. La spesa è finalizzata allo svolgimento, da parte delle Forze di polizia e delle Forze armate dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID -19.

Il secondo periodo del comma 01 prevede l'integrazione di 253 unità del contingente delle Forze armate che, congiuntamente alle Forze di polizia, opera nell’ambito del dispositivo “Strade sicure”, per trenta giorni a decorrere dalla data di effettivo impiego e ai fini dei maggiori compiti dovuti al contrasto dell’epidemia. Ai sensi del terzo periodo al contingente di cui sopra si applicano le disposizioni di carattere ordinamentale riferibili al personale militare impiegato nel dispositivo “Strade Sicure”, di cui all’articolo 7-bis, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92.

Il prolungamento di ulteriori 90 giorni dell’impiego del medesimo contingente militare è oggetto dell’articolo 74-ter del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia per un approfondimento delle disposizioni che regolano l’operazione “Strade sicure”.

 

La relazione illustrativa e la relazione tecnica, che corredano il disegno di legge di conversione del decreto-legge 9/2020, quantificano le unità di personale oggetto della disposizione come segue:

§  450 unità (in aggiunta a 550 unità territoriali), per la Polizia di Stato;

§  500 unità (in aggiunta a 700 unità territoriali) per l’Arma dei carabinieri;

§  66 unità (in aggiunta a 476 unità territoriali) per la Guardia di Finanza;

§  253 unità delle Forze armate.

 

Il comma 02 autorizza la spesa complessiva di 432.000 euro, per l'anno 2020, per il pagamento delle maggiori prestazioni di lavoro straordinario del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per un periodo di 30 giorni a decorrere dalla data di effettivo impiego (si tratta di disposizione già recata dall’art. 22, comma 2, del DL 9/2020).

 

La relazione illustrativa e la relazione tecnica, che corredano il disegno di legge di conversione del decreto-legge 9/2020, quantificano le unità di personale oggetto delle disposizioni in 30 unità, per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco (per le attività di soccorso tecnico urgente e di scorta tecnica in caso dì trasferimento in condizioni di alto bio-contenimento nelle zone più interessate dal contagio).

 

Il comma 1, autorizza la spesa di 59.938.776 euro, per l’anno 2020, in favore del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia penitenziaria). Di questa cifra, 34.380.936 euro sono per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale suddetto e 25.557.840 euro per altri oneri connessi all’impiego del personale.

La spesa è finalizzata allo svolgimento, da parte delle Forze di polizia e delle Forze armate dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID -19, per un periodo di ulteriori 90 giorni a decorrere della scadenza dei 30 giorni di cui al comma 01.

 

Sempre per il personale delle Forze di Polizia e delle Forze armate, compreso il Corpo delle Capitanerie di porto - Guardia costiera, il comma 2 destina ulteriori risorse pari complessivamente a 23.681.122 euro per l’anno 2020, di cui 19.537.122 euro per spese di sanificazione e disinfezione degli uffici, degli ambienti e dei mezzi e per l’acquisto dei dispositivi di protezione individuale, ed euro 4.000.000 per l’acquisto di equipaggiamento operativo e 144.000 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario al personale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera.

 

La relazione tecnica del disegno di legge di conversione riferisce che la disposizione coinvolge 4.000 unità di personale delle Forze di polizia, 200 unità di personale medico e paramedico delle Forze armate e 130 unità di personale impiegato nella sala operativa delle Forze armate.

 

Il comma 3 autorizza, per l’anno 2020, la spesa complessiva di 5.973.600 euro per coprire le esigenze, per 90 giorni, del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Tale cifra è destinata al pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario (2.073.600 euro), per i richiami del personale volontario (900.000 euro) e per l'acquisto del seguente equipaggiamento (3.000.000):

§  attrezzature e materiali dei nuclei specialistici per il contrasto del rischio biologico;

§  dispositivi di protezione individuali del personale operativo;

§  dispositivi di protezione collettivi e individuali del personale nelle sedi di servizio;

§  prodotti e licenze informatiche per il lavoro agile.

 

Secondo la relazione tecnica si rende necessario il richiamo di 200 unità di personale volontario in sostituzione di personale risultato positivo ai test e sottoposto a isolamento (al momento dell’adozione del decreto-legge circa 100 unità di personale).

Misure per la funzionalità della carriera prefettizia e del personale dei ruoli dell’Amministrazione civile dell’interno

Il comma 4, nella formulazione vigente, autorizza una spesa pari a 6.636.342 euro per il personale del Ministero dell’interno, anche nell’articolazione territoriale delle prefetture. Lo stanziamento è finalizzato a coprire le spese (concernenti il pagamento degli straordinari, delle missioni, spese sanitarie e per il lavoro agile) per lo svolgimento dei maggiori compiti demandati all’amministrazione della pubblica sicurezza in relazione all’emergenza epidemiologica da COVID -19, per un periodo di ulteriori 90 giorni rispetto a quelli previsti da una analoga disposizione del decreto-legge 9/2020.

Secondo la riformulazione approvata dal Senato, l’importo è elevato 6.769.342 euro, in quanto incorpora i 133.000 euro stanziati dall'art. 22, comma 3 del citato D.L. 9/2020, che, al fine di assicurare, per un periodo di 30 giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto (2 marzo 2020) lo svolgimento dei maggiori compiti demandati alle prefetture in relazione all'emergenza sanitaria, ha autorizzato tale spesa per l'anno 2020, per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario rese dal personale dell'amministrazione civile dell'interno in servizio presso le prefetture.

Quindi la disposizione in esame dispone che la spesa è autorizzata dal 2 marzo al 2 luglio 2020.

Per quanto riguarda il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario lo stanziamento è di 3.182.500 euro (risultante dalla somma di 3.049.500 euro stanziati dal decreto legge in esame nel testo originario, più i 133.000 previsti dal DL 9/2020).

Così di seguito la ripartizione della cifra residua (si tratta di voci di spesa introdotte dall’articolo in esame e non presenti nel DL 9/2020):

§  1.765.842 euro per spese di personale da inviare in missione;

§  821.000 euro per spese sanitarie, pulizia e acquisto dispositivi di protezione individuale;

§  1.000.000 euro per acquisti di prodotti e licenze informatiche per il lavoro agile.

 

Inoltre, il comma in esame, dispone una deroga al tetto di spesa per missioni. Il tetto è pari al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 (art. 6, comma 12, del decreto legge 78/2010, n.78). La disposizione è finalizzata ad assicurare la sostituzione temporanea del personale in servizio presso le prefetture.

 

Il comma 5 assicura, per un periodo di 90 giorni, il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario del personale dell’amministrazione civile dell’interno, ossia dal personale addetto agli uffici del dipartimento della pubblica sicurezza e dal personale dipendente dalle autorità provinciali (questure) e locali (commissariati) di pubblica sicurezza (art. 3, comma 2, lettere a) e b), L. 121/1981). A tal fine è autorizzata la spesa complessiva di 2.081.250 euro per l’anno 2020.

 

Il comma 6 riduce da due anni a un anno la durata del corso di formazione per l’accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia avviato a seguito del concorso pubblico del 2007 e tuttora in svolgimento. Per tale finalità viene autorizzata la spesa di 837.652 euro per l’anno 2020 e di 2.512.957 euro per l’anno 2021.

 

Oggetto della disposizione è il concorso pubblico, per titoli ed esami, a cinquanta posti per l'accesso alla qualifica iniziale della carriera prefettizia indetto con decreto ministeriale 28 giugno 2017. Il concorso si è concluso con l'approvazione della graduatoria con decreto ministeriale 23 maggio 2019, pubblicato nel Bollettino Ufficiale del Personale dell'Amministrazione civile dell'Interno n. 6 del 2019 e di tale pubblicazione è stato dato avviso nella Gazzetta Ufficiale 4a serie speciale "Concorsi ed Esami" n. 49 del 21 giugno 2019. Con decreto ministeriale 6 agosto 2019 sono stati nominati in servizio, a decorrere dal 30 settembre 2019, tutti i candidati in graduatoria.

La disposizione in esame è finalizzata ad assicurare l’immediato supporto e la più rapida copertura di posti vacanti in organico in relazione alla attuazione delle misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID -19 di cui al decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6.

Si ricorda che il succitato provvedimento di urgenza prevede che spetti al prefetto comminare le sanzioni conseguenti l'accertamento delle violazioni delle misure di contenimento ivi previste (art. 3, comma 4). Il prefetto, inoltre, informando preventivamente il Ministro dell'interno, assicura l'esecuzione delle misure avvalendosi delle Forze di polizia e, ove occorra, delle Forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali (art. 3, comma 5).

Successivamente all’emanazione del provvedimento in esame, il DL 6/2020 è stato abrogato, pressoché interamente, dal decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 (art. 5, comma 1, lett. a). Peraltro, i compiti in capo ai prefetti individuati dal DL 6/2020 (applicazione delle sanzioni ed esecuzione delle misure) sono riprodotti nel DL 19 (art. 4, commi 4 e 9).

 

La riduzione, una tantum, del corso di formazione, prevista dalla disposizione in commento, costituisce una deroga alla disciplina della formazione iniziale dei prefetti che prevede, dopo la nomina in servizio, lo svolgimento di un corso di formazione iniziale della durata di due anni. Il corso è articolato in periodi alternati di formazione teorico-pratica e di tirocinio operativo. Al termine del primo anno del corso è effettuata una valutazione dei partecipanti, ai fini del superamento del periodo di prova (D.Lgs. 139/2000, art. 5). Le modalità di svolgimento del corso biennale di formazione iniziale del personale della carriera prefettizia sono disciplinate dal D.M. 13 luglio 2002, n. 196.

 

La disposizione in commento prevede che il corso di formazione abbia una durata di un anno e si articoli in due semestri: il primo di formazione teorico-pratica, il secondo di tirocinio operativo svolto presso le prefetture dei luoghi di residenza. Al semestre di tirocinio operativo non si applicano i provvedimenti di sospensione delle attività didattico-formative adottati in relazione all'emergenza sanitaria con i DPCM del 23 febbraio e del 4 marzo 2020.

Si prevede, inoltre, che con decreto del Ministro dell’interno di natura non regolamentare, sentito il Presidente della Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA) presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, venga adeguato alle nuove disposizioni il citato decreto ministeriale 13 luglio 2002, n. 196 che reca le modalità di valutazione dei partecipanti al corso di formazione di cui al sono adeguate al corso di cui al presente articolo.

La disposizione in esame mantiene fermo l'obbligo di svolgere la valutazione al termine del primo anno, il cui esito favorevole comporta il superamento del periodo di prova e l’inquadramento nella qualifica di viceprefetto aggiunto. La posizione in ruolo sarà determinata sulla base della media tra il punteggio conseguito nel concorso di accesso ed il giudizio conseguito nella valutazione finale.

Infine, si dispone che, per il personale prefettizio oggetto del presente provvedimento, non si applichi il requisito del tirocinio operativo di durata di 9 mesi presso le strutture centrali dell’amministrazione dell’interno nell'ambito della formazione iniziale, ai fini del passaggio dalla qualifica di viceprefetto aggiunto a quella di viceprefetto (come prevede il D.lgs. 139/2000).

Misure per il personale carcerario

Il comma 7 interviene in ambito carcerario autorizzando la spesa complessiva di 6.219.625 euro per l’anno 2020 di cui:

§  3.434.500 euro per il pagamento, anche in deroga ai limiti vigenti, delle prestazioni di lavoro straordinario del personale del Corpo di polizia penitenziaria, dei dirigenti della carriera dirigenziale penitenziaria nonché dei direttori degli istituti penali per minorenni (la relazione tecnica riferisce che la norma riguarda 255 dirigenti penitenziari e 17 direttori degli istituti per minori);

§  1.585.125 euro per gli altri oneri connessi all’impiego temporaneo fuori sede del personale necessario (500 unità di personale secondo la relazione tecnica);

§  1.200.000 per le spese di sanificazione e disinfezione degli ambienti nella disponibilità del medesimo personale e a tutela della popolazione detenuta.

 

La disposizione è finalizzata a garantire il rispetto dell’ordine e della sicurezza in ambito carcerario e a far fronte alla situazione emergenziale connessa alla diffusione del COVID-19. Le risorse stanziate consentiranno lo svolgimento da parte del personale carcerario dei compiti derivanti dalle misure straordinarie poste in essere per il contenimento epidemiologico.

Assunzione dirigenti VII corso-concorso e aggiornamento procedure di reclutamento nelle PA

I commi 7-bis e 7-ter dell’articolo 74, introdotti nel corso dell’esame al Senato, al fine di procedere all’immediata assunzione di dirigenti statali, dettano alcune disposizioni relative alle modalità di conclusione del VII corso-concorso per il reclutamento di dirigenti, bandito dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione (SNA), attualmente in fase di svolgimento, nonché alla conseguente assegnazione degli allievi alle amministrazioni. Inoltre, in relazione alla sospensione dei concorsi e alla perdurante necessità di ricambio generazionale nella PA, si demanda ad un regolamento (ex art. 17, co. 1, della L. 400/1988), da adottare entro il 31 luglio 2020, l’aggiornamento, in via sperimentale, della disciplina vigente in materia di reclutamento e accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni.

 

Le norme sono dettate ai medesimi fini di cui al comma 6 e, pertanto, volte ad assicurare l’immediato supporto e la più rapida copertura di posti vacanti in organico in relazione alla attuazione delle misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID -19.

 

In via preliminare si ricorda che ai sensi dell’art. 28 del testo unico in materia di lavoro nelle p.a. (D.Lgs. 165/2001) l'accesso alla qualifica di dirigente di seconda fascia, nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici, avviene per concorso indetto dalle singole amministrazioni ovvero per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola nazionale dell’amministrazione (SNA).

Il VII corso-concorso per la formazione dirigenziale è stato bandito dalla SNA con decreto n. 181/2018, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4^ Serie speciale “Concorsi ed Esami” dell’8 novembre 2019, per il reclutamento di centoventitre dirigenti nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici.

Con decreto presidenziale del 31 ottobre 2019 n. 200 è stata approvata la graduatoria dei vincitori del concorso pubblico per esami, per l'ammissione di centoquarantotto allievi al corso-concorso selettivo di formazione dirigenziale. Il corso-concorso si svolge secondo le modalità stabilite dal D.P.R. 24 settembre 2004, n.  272, come modificato dall'art.  7 del D.P.R. 16 aprile 2013, n. 70.

 

In particolare, la disposizione consente lo svolgimento dell’esame conclusivo della fase di formazione generale del VII corso-concorso entro il 30 maggio 2020 con modalità a distanza e anche in deroga a quanto stabilito dagli articoli 12 e 13 del DPR 24 settembre 2004, n. 272, che disciplinano le modalità di svolgimento del corso e gli esami conclusivi.

Le modalità dell’esame conclusivo sono definite con decreto del Presidente della SNA.

In proposito, si ricorda, che ai sensi del regolamento di disciplina in materia di accesso alla qualifica di dirigente (DPR 272/2004), il periodo di formazione è di dodici mesi comprensivo di una fase di formazione generale, della durata di otto mesi, svolta dalla SNA e una fase di formazione specialistica, della durata di quattro mesi.

 

Il regolamento in particolare, attribuisce al Presidente della SNA il compito di stabilire, con proprio decreto, le modalità di svolgimento della fase di formazione generale del corso-concorso della durata di otto mesi, della valutazione continua, dell'esame conclusivo della fase di formazione specialistica e dell'esame finale (art. 12). Accedono all’esame conclusivo della fase di formazione generale, gli allievi che conseguono nella valutazione continua una media delle votazioni pari almeno a ottanta su cento, mentre superano l'esame gli allievi che si collocano in graduatoria nel limite dei posti di dirigente in concorso (art. 13).

 

La disposizione prevede inoltre che tutti gli allievi siano assegnati alle amministrazioni di destinazione ex art. 15, co. 2, DPR 272/2004, sulla base delle preferenze espresse secondo l’ordine della graduatoria di merito definita a seguito dell’esame conclusivo della fase di formazione generale. Ai sensi della norma richiamata, il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri provvede all'assegnazione dei vincitori alle amministrazioni di destinazione.

Dalla lettera della disposizione si evincerebbe pertanto che l’assunzione segue immediatamente all’esame conclusivo della fase di formazione generale, intendendosi dunque assorbita la fase di formazione specialistica nonché l’esame finale previsti dalla disciplina ordinaria del corso-concorso. In secondo luogo, la norma prevede che “tutti gli allievi” siano assegnati ai fini dell’assunzione.

 

L’art. 14 del DPR 274/2004 stabilisce infatti che gli allievi che superano l’esame conclusivo della fase di formazione generale sono assegnati alle amministrazioni di destinazione, scelte sulla base delle preferenze espresse secondo l'ordine della graduatoria di merito, per svolgere un periodo di formazione specialistica di quattro mesi. A conclusione di tale formazione specialistica gli allievi sostengono un esame finale. Superano l'esame finale gli allievi che conseguono una votazione di almeno ottanta su cento. La graduatoria finale del corso-concorso è approvata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Della pubblicazione viene dato avviso nella Gazzetta Ufficiale.

 

Le amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti pubblici non economici procedono alle assunzioni nei limiti delle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente e della dotazione organica, ma in deroga alle procedure di autorizzazione previste dall’ordinamento.

 

Si ricorda che ai sensi dell'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001, l'avvio delle procedure concorsuali e le relative assunzioni del personale delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie e degli enti pubblici non economici sono autorizzati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

La disposizione fa salvo quanto previsto dai commi 4 e 5 dell’art. 3 della L. 56/2019 (c.d. Legge concretezza) che ha introdotto, con riferimento al triennio 2019-2021, alcune norme transitorie volte a ridurre i tempi di accesso al pubblico impiego.

 

In particolare, le citate disposizioni consentono alle amministrazioni statali di procedere, con riferimento al triennio 2019-2021, in deroga alle procedure di autorizzazione stabilite dalle norme vigenti ed alle norme sulla mobilità volontaria:

§  all’assunzione a tempo indeterminato di vincitori o allo scorrimento di graduatorie vigenti nel limite massimo dell'80 per cento delle facoltà di assunzione;

§  all’avvio di procedure concorsuali, nel limite massimo dell'80 per cento delle facoltà' di assunzione previste per il corrispondente triennio.

Con riferimento a tali facoltà, resta fermo il principio della previa verifica della sussistenza di situazioni di soprannumero o di eccedenze di personale nella medesima amministrazione (comma 4). Le amministrazioni che si avvalgano di tali facoltà devono comunicare entro trenta giorni i dati relativi alle assunzioni o all'avvio delle procedure di reclutamento al Dipartimento della funzione pubblica ed alla Ragioneria generale dello Stato (comma 5).

 

A seguito delle misure di sospensione delle procedure concorsuali adottate per il contrasto al fenomeno epidemiologico da Covid19, il successivo comma 7-ter prevede di procedere ad un aggiornamento della disciplina regolamentare vigente in materia di reclutamento, di accesso alla qualifica dirigenziale e agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, allo scopo di corrispondere comunque all'esigenza del ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni, semplificare le modalità di svolgimento delle procedure concorsuali e ridurre i tempi di accesso al pubblico impiego.

A tal fine la disposizione prevede l’adozione entro il 31 luglio 2020 di un regolamento governativo ex art. 17, co. 1, della L. 400/1988, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione. Tale disciplina è prevista in via sperimentale e comunque con effetto fino al 31 dicembre 2020.

 

Le norme generali di riferimento in materia di reclutamento nelle PA si rinvengono, principalmente nell’articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nel D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, che detta norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzioni nei pubblici impieghi, nonché nel D.P.R. 24 settembre 2004, n. 272 e nel D.P.R. 16 aprile 2013, n. 70, che dettano disposizioni per l'accesso alla dirigenza.

A queste previsioni generali vanno aggiunte quelle relative a specifiche categorie di personale, tra cui il personale in regime di diritto pubblico, quello delle istituzioni educative e quello del Servizio sanitario nazionale.

Nell’ambito della disciplina generale individuata dal D.P.R. 487 del 1994, il bando definisce procedure mirate al reclutamento delle varie figure professionali. Tenuto conto delle metodologie di reclutamento previste dalla normativa vigente e in particolare dal D.P.R. n. 487 del 1994, il bando di concorso definisce innanzitutto, in relazione alla professionalità da reclutare, quale tipologia di concorso pubblico risulta più adatta tra:

a)    concorso pubblico per esami;

b)   concorso pubblico per titoli;

c)    concorso pubblico per titoli ed esami;

d)   corso-concorso;

e)    selezione mediante lo svolgimento di prove volte all'accertamento della professionalità richiesta.

La scelta del modello concorsuale deve tenere conto del livello e dell’ambito di competenza richiesto per la professionalità da reclutare, nonché della necessità di definire procedure efficaci e celeri che possano svolgersi anche con l’ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione.

Con riferimento alle procedure per il reclutamento, si ricorda inoltre che negli anni più recenti la normativa ha teso all’aggregazione delle procedure concorsuali e allo svolgimento dei concorsi unici.  Rileva in proposito la previsione dell’art. 4, co. 3-quinquies, D.L. 101/2013 che impone alle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, alle agenzie e agli enti pubblici non economici, a decorrere dal 1° gennaio 2014, di svolgere concorsi pubblici unici per il reclutamento dei dirigenti e delle figure professionali comuni. Successivamente, il D.Lgs. 75/2017, nel riformare le previsioni dell’articolo 35, co. 5, del D.Lgs. 165/2001, ha previsto la facoltà (non obbligo) per le restanti amministrazioni pubbliche (diverse da quelle centrali) di rivolgersi al Dipartimento della funzione pubblica e avvalersi della Commissione RIPAM, per lo svolgimento delle proprie procedure selettive.

La Direttiva n. 3 del 24 aprile 2018, con la quale sono state emanate le linee guida di indirizzo sulle procedure concorsuali, ai sensi dell’art. 35, co. 5.2., Testo unico pubblico impiego, individuando i vantaggi dell’indizione di concorsi unici per reclutare i dirigenti e le figure professionali comuni, sottolinea come «lo svolgimento dei concorsi in forma centralizzata o aggregata, con effettuazione delle prove in ambiti territoriali ampi, è dunque pratica obbligatoria per le amministrazioni centrali e rappresenta un’opportunità comunque consigliata per tutte le restanti amministrazioni, dato che consente un’adeguata partecipazione ed economicità dello svolgimento della procedura concorsuale e l’applicazione di criteri di valutazione oggettivi e uniformi, tali da assicurare omogeneità qualitativa e professionale in tutto il territorio nazionale per funzioni equivalenti».

 

Nello stabilire alcuni criteri per l’aggiornamento della disciplina regolamentare, la disposizione prevede in particolare che le procedure concorsuali debbano essere volte a valorizzare e verificare anche il possesso di requisiti specifici e di competenze trasversali tecniche e attitudinali, ivi incluse quelle manageriali per le qualifiche dirigenziali, coerenti con il profilo professionale da reclutare.

Le predette procedure sono svolte, ove possibile, con l'ausilio di strumentazione informatica e con l’eventuale supporto di società e professionalità specializzate in materia di reclutamento e di selezione delle risorse.

Copertura finanziaria

Il comma 8 reca la consueta formula di copertura finanziaria degli oneri conseguenti agli stanziamenti di cui al presente articolo. Secondo la riformulazione disposta in sede referente essi sono quantificati in 110.044.367 per l’anno 2020 e 2.512.957 per l’anno 2021. A tali oneri si fa fronte come segue:

§  quanto a 105.368.367 euro nel 2020 ai sensi dell’art. 126, comma 1, del provvedimento in esame (emissioni di titoli di Stato);

§  quanto a 4.676.000 euro nel 2020 ai dell’art. 126, comma 6-bis, del provvedimento in esame (copertura finanziaria del DL 9/2020);

§  quanto a 2.512.957 euro per il 2021, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell’interno.


 

Articolo 74-bis
(Personale presso il Dipartimento della Protezione civile)

 

 

L'articolo 74-bis, introdotto durante l'esame presso il Senato (il testo riproduce l'articolo 24 del decreto-legge n. 9 del 2020), reca un incremento della dotazione organica del ruolo speciale tecnico-amministrativo del Dipartimento della protezione civile (per un posto di prima fascia ed un posto di seconda fascia).

Insieme, dispone che il trattamento economico fondamentale del personale posto in posizione di comando o fuori ruolo presso il Dipartimento rimanga a carico dell'amministrazione di appartenenza.

Ed autorizza il mantenimento o rinnovo fino al 31 dicembre 2021 degli incarichi dirigenziali conferiti dal Dipartimento (incidendo per questo riguardo sulla 'soglia' temporale finora vigente per tali incarichi).

 

Il comma 1 incrementa di un posto di prima fascia ed un posto di seconda fascia la dotazione organica del ruolo speciale tecnico-amministrativo del personale dirigenziale della protezione civile.

I ruoli speciali tecnici-amministrativi (dirigenziali e non dirigenziali) sono stati istituiti, si ricorda, dall'articolo 9-ter del decreto legislativo n. 303 del 1999 recante l'ordinamento della Presidenza del Consiglio.

Il comma 4 quantifica gli oneri di spesa di tale incremento di dotazione organica: 290.000 euro per l'anno 2020; 386.000 euro annui a decorrere dall'anno 2021.

La relazione tecnica espone un onere stimato relativo al posto dirigenziale di seconda fascia per 135.000 euro, relativo alla posizione di prima fascia per 251.000 euro. Per la prima annualità (2020) l'onere è stato calibrato su nove mesi (aprile-dicembre). Tali quantificazioni prendono a riferimento le retribuzioni del personale dirigenziale di prima e di seconda fascia in servizio presso il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio.

 

Il comma 2 autorizza il mantenimento o rinnovo fino al 31 dicembre 2021 degli incarichi dirigenziali conferiti dal Dipartimento della protezione civile.

Siffatta previsione interviene come novella dell'articolo 19, comma 2-bis del decreto-legge n. 8 del 2017 ("Nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017").

Di quel decreto-legge l'articolo 19 ("Misure urgenti per assicurare la continuità operativa del Dipartimento della protezione civile") ha autorizzato la Presidenza del Consiglio a bandire un concorso pubblico per titoli ed esami per il reclutamento di 13 dirigenti di seconda fascia del ruolo speciale della protezione civile.

Al contempo ha autorizzato - nelle more dell'espletamento del concorso - il Capo del Dipartimento della protezione civile a provvedere all'attribuzione di incarichi dirigenziali (oltre i limiti percentuali previsti dalla normativa generale e nella misura del 75 per cento delle posizioni dirigenziali vacanti, comunque entro il limite massimo di ulteriori dieci incarichi).

Gli incarichi così conferiti - prevede la norma (il citato comma 2-bis) - hanno durata annuale, "sono rinnovabili per un massimo di due volte" e, comunque, cessano alla data dell'entrata in servizio dei vincitori.

Poiché la procedura concorsuale non si è ancora conclusa, interviene la disposizione in commento del decreto-legge, abrogando il limite massimo di due possibili rinnovi per il conferimento degli incarichi, sostituendo ad esso una soglia temporale, il 31 dicembre 2021 (quando, si ritiene, la procedura concorsuale dovrebbe essere conclusa).

Immutata rimane la previsione che gli incarichi comunque cessino alla data di entrata in servizio dei vincitori del concorso.

 

Si ricorda che gli incarichi dirigenziali di cui si tratta sono quelli previsti dall'articolo 19 ("Incarichi di funzioni dirigenziali") del decreto legislativo n. 165 del 2001 ("Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche").

Di quell'articolo 19, il comma 6 pone per le amministrazioni pubbliche in via generale un 'tetto', numerico (il dieci e l'otto per cento della dotazione organica, rispettivamente per la prima e la seconda fascia dirigenziali) e di durata (tre o cinque anni, a seconda degli incarichi), oltre a prescrivere i requisiti di competenza per esserne titolari. 

Peraltro, rispetto a tali disposizioni su numero e durata, gli incarichi di cui alla disposizione del decreto-legge si pongono in condizione di 'specialità', posta la previsione sopra ricordata dell'articolo 19, comma 2-bis del decreto-legge n. 8 del 2017.

 

Il comma 3 dispone che il trattamento economico fondamentale del personale posto in posizione di comando o fuori ruolo presso il Dipartimento della protezione civile nell'ambito del contingente di cui all’articolo 9-ter, comma 4, del decreto legislativo n. 303 del 1999, rimanga comunque a carico delle amministrazioni di appartenenza del medesimo personale, in deroga ad ogni disposizione vigente in materia, anche delle Forze armate, delle Forze di polizia e dei Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

 

Si ricorda che l’articolo 9-ter, comma 4, del decreto legislativo n. 303 del 1999 prevede che con decreto del Presidente del Consiglio si provveda alla determinazione delle dotazioni organiche del personale dei ruoli speciali della protezione civile, nonché alla determinazione, in misura non superiore al trenta per cento della consistenza dei medesimi ruoli speciali, del contingente di personale in comando o fuori ruolo di cui possa avvalersi il Dipartimento della protezione civile.

 

 


 

Articolo 74-ter
(Ulteriori misure per la funzionalità delle Forze Armate)

 

 

L’articolo 74-ter, introdotto al Senato, integra di 253 unità il contingente di personale delle Forze armate che, congiuntamente alle Forze di polizia, opera nell’ambito del dispositivo “Strade sicure”. L’integrazione è disposta per novanta giorni, a partire dal 17 marzo 2020 (comma 1).

Viene, altresì, precisato che l’intero contingente militare impegnato nella richiamata operazione “Strade sicure” può essere impegnato nelle attività di contenimento dell’emergenza Covid-19 (comma 2).

A tale scopo, viene autorizzata, per l’anno 2020, l'ulteriore spesa di euro 10.163.058, di cui euro 8.032.564 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario ed euro 2.130.494 per gli altri oneri connessi all'impiego del personale e si prevede la relativa copertura finanziaria (commi 3 e 4).

Infine, si introduce una disposizione di carattere contabile riguardante le regolazioni delle operazioni di chiusura delle gestioni operanti sulle contabilità speciali del Ministero della difesa, che vengono sono posticipate al 15maggio 2020 (comma 5).

 

Nello specifico, la disposizione in esame conferma l’integrazione, già prevista dal precedente decreto legge n. 9 del 2020 (per trenta giorni dalla data di effettivo impiego), di 253 unità di personale militare messe a disposizione dell’operazione “Strade sicure”, da ultimo prorogata, fino al 31 dicembre 2020 dall’articolo 1 comma 132 della legge di bilancio per l’anno 2020. Tale integrazione viene giustificata alla luce dei maggiori compiti assegnati alle Forze armate nell’ambito delle operazioni di contenimento della diffusione del COVID 19 (comma 1).

 

In relazione alla disposizione in esame si osserva che il comma 01 dell’articolo 74 del decreto legge prevede una norma di analogo contenuto in quanto dispone l’integrazione del contingente militare a disposizione dell’operazione “Strade sicure” di 253 unità, in considerazione dei “maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID 19”. Tale integrazione, ai sensi del comma 01, è operativa “per trenta giorni a decorrere dalla data di effettivo impiego”.

Considerato, invece, che il l’articolo 74 – ter prevede che l’integrazione “delle 253 unità di cui al comma 01 dell’articolo 74” avvenga “per novanta giorni a decorrere dal 17 marzo 2020”, si valuti l’opportunità di chiarire la decorrenza della richiamata integrazione e la sua durata.

Da un punto di vista formale si valuti l’opportunità di disciplinare la fattispecie in esame in un’unica disposizione normativa.

A differenza del precedente decreto legge n. 9 del 2020 l’articolo in esame, al comma 2, puntualizza che l’intero contingente di 7.050 unità di personale militare posto a disposizione dell’operazione “Strade sicure” può essere impegnato nei richiamati compiti di contenimento.

 

In via generale si ricorda che l'articolo 1, comma 132 della legge n. 160 del 2019 ha prorogato l’operazione “Strade sicure” fino al 31 dicembre 2020, limitatamente ai servizi di vigilanza di siti e obiettivi sensibili, prevedendo l'impiego di un contingente pari a 7.050 unità di personale delle Forze armate. Il personale fruisce di una indennità onnicomprensiva per ordine pubblico, oltre al compenso per lo straordinario (art. 7, comma 4 del DL 92/2008).

Ulteriori compiti sono stati successivamente assegnati al dispositivo “Strade sicure” dai decreti legge n. 6, 9 e 19 del 2020, varati dal Governo a seguito dell’insorgere dell’emergenza Covid 19 nel nostro Paese.

In particolare, con i decreti legge nn. 6 e 19 è stata concessa ai Prefetti la facoltà di avvalersi anche delle Forze Armate per assicurare l'esecuzione delle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica.  Al citato personale militare è stata espressamente riconosciuta la qualifica di agente di pubblica sicurezza.

 A sua volta il richiamato decreto legge n. 9 del 2020 ha incrementato il contingente militare che opera nell’ambito del dispositivo “Strade sicure” di 253 unità per trenta giorni a decorrere dalla data di effettivo impiego, proprio in considerazione dello svolgimento dei maggiori compiti connessi al contenimento dell'emergenza sanitaria in atto.

In relazione all’entità del personale militare effettivamente coinvolto nelle richiamate operazioni di contenimento e controllo, nel corso dell’esame in sede consultiva, presso la Commissione difesa della Camera, del decreto legge (n. 19 del 2020), il Governo ha fatto presente che, allo stato, del contingente di 7.050 unità di  personale impiegato nel  dispositivo Strade sicure, “incrementato delle 253 unità inserite nell’ambito del decreto legge n. 18 del 2020”, poco più di  6.000 militari sono impegnati per fronteggiare l’emergenza “Covid-19”, “ulteriormente incrementabili qualora dovesse essere necessario” (cfr. resoconto della seduta della Commissione Difesa della Camera del 7 aprile 2020).

 

L’operazione “Strade sicure” rappresenta la più capillare e longeva operazione delle Forze armate sul territorio nazionale, al fianco delle Forze dell’ordine, in funzione anti criminalità e terrorismo in numerose città italiane.

Il contingente attualmente impiegato è di oltre 7.050 militari che coprono 56 province.

L’operazione è svolta in massima parte dall’Esercito, con contributi di Marina Aeronautica e Carabinieri, questi ultimi soprattutto in funzione di comando e controllo nelle sale operative.

Per l’Esercito rappresenta, a tutt’oggi, l’impegno più oneroso in termini di uomini, mezzi e materiali.

Dall'inizio dell'operazione, il contingente ha contribuito all'arresto di oltre 15.500 persone, all'identificazione di quasi 2.930.000 individui e al sequestro di oltre 2,2 tonnellate di sostanze stupefacenti.

L’operazione Strade Sicure trova il proprio fondamento nella Costituzione della Repubblica (Artt. 2 e 52) e nell’articolo 89 del Codice dell’Ordinamento Militare approvato con il Decreto legislativo 66 del 15 marzo 2010, ai sensi del quale compito prioritario delle Forze armate è la difesa dello Stato.

Le Forze armate hanno, altresì, il compito di operare di:

1.      operare per la realizzazione della pace e della sicurezza, in conformità alle regole del diritto internazionale e alle determinazioni delle organizzazioni internazionali delle quali l’Italia fa parte;

2.      concorrere alla salvaguardia delle libere istituzioni e svolgere compiti specifici in circostanze di pubblica calamità e in altri casi di straordinaria necessità e urgenza;

3.      vigilare, in concorso e se previsto, con gli organismi internazionali competenti, sull’osservanza delle norme di diritto internazionale umanitario in caso di conflitti armati e nel corso delle operazioni di mantenimento e ristabilimento della pace e della sicurezza internazionale.

 

L’operazione “Strade sicure” rientra, dunque, nell’alveo delle attività indicate al precedente punto 2, ovvero allo svolgimento concorsuale di specifici compiti in circostanze di pubblica calamità ed in altri casi di straordinaria necessità e urgenza. Essa rappresenta, infatti, un’operazione di supporto alle autorità di pubblica sicurezza nel concorso alla sicurezza interna del territorio nazionale.

 

Per quanto concerne le disposizioni di carattere ordinamentale riferibili al personale militare impiegato nel dispositivo “Strade Sicure”, nei loro confronti trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 7-bis del decreto legge n. 92 del 2008 in base alle quali:

1.    il personale militare è posto a disposizione dei prefetti interessati;

2.    il Piano di impiego del personale delle Forze armate è adottato con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il Ministro dell’interno riferisce in proposito alle competenti Commissioni parlamentari;

3.    nel corso delle operazioni i militari delle Forze armate agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza, in virtù dell'articolo 4 della legge n. 152 del 22 maggio 1975. Il personale militare può, quindi, procedere all'identificazione e all'immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto, anche al fine di prevenire o impedire comportamenti che possono mettere in pericolo l'incolumità di persone o la sicurezza dei luoghi vigilati, con esclusione delle funzioni di polizia giudiziaria.

 

Il Piano di impiego è stato adottato con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, il 29 luglio 2008 ed è operativo dal 4 agosto 2008. Il Piano riguardava inizialmente un contingente massimo di 3.000 unità con una durata massima di sei mesi, rinnovabile per una sola volta. Il D.L. n. 151/2008 ha, successivamente, autorizzato, fino al 31 dicembre 2008, l’impiego di un ulteriore contingente massimo di 500 militari delle Forze Armate da destinare a quelle aree del Paese dove, in relazione a specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, risultava necessario assicurare un più efficace controllo del territorio.

 

Il Piano è stato successivamente prorogato:

§  fino al 31 dicembre 2014 dal comma 264 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013;

§  fino al 31 marzo 2015 dal comma 4 dell’articolo 5 del D.L. n. 192 del 2014 (c.d. “mille proroghe”);

§  fino al 30 giugno 2015 dall’articolo 5 del D.L. 18 n. 7/2015;

§  fino al 31 dicembre 2015 dall’articolo 5-bis del D.L. n. 78/2015 (c.d. “enti territoriali”);

§  fino al 31 dicembre 2016 dall’articolo 1, commi 251 e 252 della legge n. 208/2015 (legge di stabilità 2016);

§  fino al 31 dicembre 2017 dall’ articolo 1, comma 377 della legge n. 232/2016 (legge di stabilità 2017);

§  fino al 31 dicembre 2019 dall'art. 1, comma 688 della legge n. 205/2017 (legge di bilancio per il 2018):

§  fino al 31 dicembre 2020 dall'articolo 1, comma 132 della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio per il 2020):.

 

Per un approfondimento di questi temi si veda il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sulle condizioni del personale militare impiegato nell’operazione «Strade Sicure»  (seduta del 19 dicembre 2019), in corso di esame presso la Commissione difesa della Camera dei deputati.

Si veda altresì, il seguente tema: Impiego delle Forze armate nella tutela del territorio.

Si segnala, infine, che lo scorso 18 marzo 2020, il Ministro dell’interno ha trasmesso al Parlamento il decreto ministeriale 5 febbraio 2020 recante la proroga, fino al 31 dicembre 2020 del piano d’impiego di un contingente di 7050 unità di personale delle Forze armate per lo svolgimento di servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili.

 

     Il comma 3 del nuovo articolo 74-ter autorizza, per l’anno 2020, l’”ulteriore” spesa di 10.163.058 per soddisfare le esigenze dell’intero contingente posto a disposizione dell’operazione “Strade sicure”. Al riguardo, si precisa che l’importo di 8.032.564 euro è destinato al pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario, mentre la somma di 2.130.494 per gli altri oneri connessi al personale.

 

Dalla formulazione della norma in esame si evince che lo stanziamento in esame è ulteriore rispetto a quello già previsto dal comma 01 dell’articolo 74 che autorizza la spesa di 4.111.000 euro per l'anno 2020 per il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario, per un periodo di 30 giorni a decorrere dalla data di effettivo impiego, del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate. La spesa è finalizzata allo svolgimento, da parte delle Forze di polizia e delle Forze armate dei maggiori compiti connessi al contenimento della diffusione del COVID -19.

 

Per quanto concerne la copertura finanziaria degli oneri previsti dal comma 3, il comma 4 fa riferimento alla disposizione di cui all’articolo 126 che provvede alla compensazione finanziaria degli oneri derivanti dal decreto legge (cfr. relativa scheda di lettura).  

 

Da ultimo, il comma 5 posticipa al 15 maggio del 2020 le regolazioni delle operazioni contabili di chiusura delle gestioni operanti sulle contabilità speciali del Ministero della Difesa.

 


 

Articolo 75
(Acquisti per lo sviluppo di sistemi informativi per la diffusione del lavoro agile e di servizi in rete per l’accesso
di cittadini e imprese)

 

 

L’articolo 75, modificato dal Senato, autorizza le pubbliche amministrazioni, fino al 31 dicembre 2020, ad acquistare beni e servizi informatici e servizi di connettività, mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara ed in deroga al Codice dei contratti pubblici e ad ogni altra disposizione di legge che disciplina i procedimenti di approvvigionamento, affidamento e acquisto di beni, forniture, lavori e opere, fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.

 

La disposizione è finalizzata:

§  ad agevolare la diffusione del lavoro agile di cui all’articolo 18 della legge 22 maggio 2017, n. 81;

 

Il lavoro agile - disciplinato dagli artt. da 18 a 22 della L. 81/2017 - viene definito come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato:

-       stabilita mediante accordo tra le parti;

-       con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici;

-       eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale (stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva).

La suddetta disciplina si applica, in quanto compatibile e fatta salva l’applicazione delle diverse disposizioni specificamente previste, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, secondo le direttive emanate anche per la promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, adottate in base a quanto previsto dall’art. 14 della L. 124/2015 (in attuazione del quale sono state emanate la Direttiva 1° giugno 2017 e la Circolare della funzione pubblica n. 1 del 2020).

 

§  a favorire la diffusione di servizi in rete, ivi inclusi i servizi di telemedicina;

§  ad agevolare l'accesso ai servizi in rete.

 

Si tratta di ulteriori misure di contrasto agli effetti dell’emergenza epidemiologica.

 

Il comma 1 individua l’ambito soggettivo di applicazione della norma nelle:

§  amministrazioni aggiudicatrici, ossia le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti, secondo la definizione recata dall’art. 3 del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016);

§  autorità amministrative indipendenti, comprese la Commissione nazionale per le società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione.

 

Tali soggetti sono autorizzati, sino al 31 dicembre 2020, ad acquistare beni e servizi informatici, nonché servizi di connettività in deroga a tutte le disposizioni di legge che disciplinano i procedimenti di approvvigionamento, affidamento e acquisto di beni, forniture, lavori e opere, e fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (codice delle leggi antimafia), nonché delle misure in materia di sicurezza cibernetica di cui al decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, e delle disposizioni in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori strategici di cui al decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21.

 

Le misure contenute nel codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, che rilevano sono, in particolare, quelle riguardanti i rapporti con le amministrazioni pubbliche. Il codice prevede un sistema di documentazione antimafia volto a impedire l’accesso a finanziamenti pubblici e la stipulazione di contratti con le pubbliche amministrazioni da parte di imprese e soggetti privati su cui grava il sospetto di infiltrazione da parte della criminalità organizzata. Il sistema è incentrato intorno all'art. 67, il quale dispone che l'applicazione, con provvedimento definitivo, di una delle misure di prevenzione previste dal Libro I, titolo II, capo II del codice (ovvero  sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, divieto di soggiorno in uno o più comuni diversi da quelli di residenza o di dimora abituale, obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale) comporta la decadenza di diritto da licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni ed erogazioni rilasciate da soggetti pubblici, nonché il divieto di concludere contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cottimo fiduciario e relativi subappalti e subcontratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera. La conoscenza di tali situazioni si esplica attraverso la documentazione antimafia di cui all'art. 84 del codice, la quale comprende: la comunicazione antimafia, che consiste nell'attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67; l'informazione antimafia, che, oltre ad attestare la sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67 come la comunicazione, è volta altresì ad attestare la sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi di società o imprese. L'informazione viene richiesta prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67, il cui valore sia:  pari o superiore a quello determinato dalla legge in attuazione delle direttive comunitarie in materia di opere e lavori pubblici, servizi pubblici e pubbliche forniture; superiore a 150.000 euro per le concessioni di acque pubbliche o di beni demaniali per lo svolgimento di attività imprenditoriali, ovvero per la concessione di contributi, finanziamenti e agevolazioni su mutuo o altre erogazioni dello stesso tipo per lo svolgimento di attività imprenditoriali; superiore a 150.000 euro per l'autorizzazione di subcontratti, cessioni, cottimi, concernenti la realizzazione di opere o lavori pubblici o la prestazione di servizi o forniture pubbliche.

Le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico, nonché i concessionari di lavori o di servizi pubblici hanno l'obbligo, a norma dell'art. 83 del codice, di acquisire tale documentazione attraverso la consultazione della banca dati nazionale o, in taluni casi, tramite richiesta alla prefettura territorialmente competente prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67.

Nei casi di urgenza ed esclusi i casi in cui è richiesta l'informazione antimafia, i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi o forniture ed i provvedimenti di rinnovo conseguenti a provvedimenti già disposti, sono stipulati, autorizzati o adottati previa acquisizione di apposita autodichiarazione con la quale l'interessato attesti che nei propri confronti non sussistono le cause di divieto, di decadenza o di sospensione di cui all'articolo 67 (art. 89 del codice).

 

Per quanto riguarda le misure di sicurezza cibernetica di cui al decreto-legge n. 105 del 2019, in questa sede rilevano principalmente le procedure, modalità e termini, ivi previsti, ai quali devono attenersi le amministrazioni pubbliche, gli enti e gli operatori nazionali, pubblici e privati, inclusi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica, che intendano procedere all'affidamento di forniture di beni, sistemi e servizi ICT, destinati a essere impiegati sulle reti, sui sistemi informativi e per l'espletamento dei servizi informatici individuati nell'elenco trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dello sviluppo economico.

Il Centro di valutazione e certificazione nazionale (CVCN), ha compiti di controllo e verifica con riferimento all'approvvigionamento di prodotti, processi, servizi di tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) e associate infrastrutture - qualora destinati a reti, sistemi informativi, sistemi informatici ricompresi nel perimetro di sicurezza nazionale cibernetica.

 

Per salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale, il legislatore ha organicamente disciplinato, con il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21 la materia dei poteri speciali (golden power) esercitabili dal Governo. Per mezzo del decreto-legge n. 21 del 2012 sono stati definiti la tipologia, le condizioni e le procedure di esercizio da parte dello Stato (in particolare, del Governo) dei suddetti poteri speciali. Si tratta in particolare di poteri esercitabili nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché di taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

 

Le amministrazioni possono, si chiarisce, acquisire tali prodotti e servizi mediante procedura negoziata senza pubblicazione di un bando di gara ai sensi dell’articolo 63, comma 2, lett. c), del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50.

 

L'uso della procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara è contemplato dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016) in determinati casi tassativamente individuati dall'art. 63 del Codice stesso. Tra questi, il Codice prevede che si possa accedere a tale procedura per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili che impediscono il rispetto dei termini per le procedure consuete (art, 63, comma 2, lett. c), D.Lgs. 50/2016).

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera uuu), le «procedure negoziate» sono definite come le procedure di affidamento in cui le stazioni appaltanti consultano gli operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o più di essi le condizioni dell'appalto.

 

I prodotti e i servizi dovranno essere scelti preferibilmente tra quelli basati sul modello cloud SaaS (software as a service) e con sistemi di conservazione, processamento e gestione dei dati necessariamente localizzati sul territorio nazionale, soltanto laddove ricorrono esigenze di sicurezza pubblica ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 1, del Regolamento (UE) n. 2018/1807 del Parlamento europeo del 14 novembre 2018.

 

Il Regolamento citato, relativo alla libera circolazione dei dati non personali nell'Unione europea vieta agli Stati membri di introdurre obblighi di localizzazione di dati a meno che siano giustificati da motivi di sicurezza pubblica nel rispetto del principio di proporzionalità. Gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione qualsiasi progetto di atto che introduca un nuovo obbligo di localizzazione di dati o apporti modifiche a un vigente obbligo di localizzazione dei dati.

Per “Cloud della PA” si intende: “l’insieme delle infrastrutture e servizi IaaS/PaaS erogati da Cloud del SPC [Sistema pubblico di connettività], dai PSN [Poli strategici nazionali] e dagli altri CSP [Cloud service provider] che saranno qualificati ai sensi di quanto disposto dal Piano Triennale”. Tra i modelli di servizio offerti dalle piattaforme di Cloud computing, il Software as a Service (SaaS) identifica la classe di servizi fully-managed in cui il gestore del servizio (CSP) si occupa della predisposizione, configurazione, messa in esercizio e manutenzione dello stesso (utilizzando un’infrastruttura cloud propria o di terzi), lasciando al fruitore del servizio (PA) il solo ruolo di utilizzatore delle funzionalità offerte (Circolare Agid n. 3 del 9 aprile 2018).

 

Inoltre, viene posto obbligo di selezionare l’affidatario tra almeno quattro operatori economici, di cui almeno una «start-up innovativa» o una «piccola e media impresa innovativa», iscritta nell’apposita sezione speciale del registro delle imprese di cui, rispettivamente, all’articolo 25, comma 8, del D.L. n. 179/2012 e all’articolo 4, comma 2, del D.L. n. 3/2015.

 

La definizione di start-up innovativa è contenuta nell'articolo 25, comma 2, del D.L. n. 179/2012. Ai sensi di tale norma, è startup innovativa - e dunque accede agli incentivi per essa previsti dal citato decreto legislativo - la società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, e che sono in possesso dei seguenti requisiti:

·      è di nuova costituzione o comunque è stata costituita da non più di 5 anni (comma 2, lett. b);

·      ha sede principale in Italia, o in altro Paese membro dell'Unione europea, o in Stati aderenti all'Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE), purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia (lett. c);

·      presenta (a partire dal secondo anno di attività) un valore annuo della produzione (risultante dall'ultimo bilancio approvato da non più di sei mesi) non superiore a 5 milioni di euro (lett. d);

·      non distribuisce e non ha distribuito utili (lett. e);

·      non è costituita da fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda (lett. g);

·      ha come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico (lett. f);

·      a tal fine, la società deve possedere almeno uno dei tre seguenti indicatori (lett. h):

-            le spese in ricerca e sviluppo devono essere pari o superiori al 15% del valore maggiore tra fatturato (valore totale della produzione) e costo (il n. 1, lett. h), comma 2 dell'art. 25 descrive talune le spese da annoverarsi a quelle in ricerca e sviluppo in aggiunta ai criteri dettati dai principi contabili aziendali);

-            la forza lavoro complessiva è costituita per almeno 1/3 da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori in Italia e all'estero presso istituti pubblici o privati (in qualità di collaboratori o dipendenti), oppure per almeno 2/3 da soci o collaboratori a qualsiasi titolo in possesso di laurea magistrale;

-            l'impresa è titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto registrato (diritto di privativa industriale relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a topografia di prodotto a semiconduttori o nuova varietà vegetale) oppure titolare di programma per elaboratore originario registrato, purché tali privative siano riconducibili all'oggetto sociale e all'attività d'impresa.

 

L’articolo 25, commi 8-13 del D.L. n. 179/2012, prevede che la start-up innovativa in possesso dei predetti requisiti deve registrarsi presso l'apposita sezione speciale del Registro delle imprese, al fine di poter beneficiare della disciplina agevolativa per essi prevista dal Decreto legge.

L'iscrizione avviene trasmettendo telematicamente alla Camera di Commercio territorialmente competente un'autocertificazione prodotta dal legale rappresentante circa il possesso dei requisiti, sulla piattaforma informatica del portale nazionale delle imprese innovative http://startup.registroimprese.it/(cfr. articolo 25, comma 17-bis, introdotto con il D.L. n. 135/2018, cd. D.L. cd. "Semplificazioni", che ha attribuito valore legale alla piattaforma startup.registroimprese.it.).

L'articolo 4, comma 1 del D.L. n. 3/2015 ha introdotto la definizione di "piccole e medie imprese innovative", disponendo che esse beneficino della gran parte delle misure agevolative previste per le startup innovative. La finalità è quella di far rientrare nel campo di intervento tutte le imprese innovative, a prescindere dal loro livello di maturità. Nel dettaglio, l'articolo 4 comma 1 del D.L. n. 3/2015 definisce PMI innovative, le società di capitali, costituite anche in forma cooperativa, che possiedono i seguenti requisiti:

§  la residenza in Italia ai sensi del TUIR (art. 73 D.P.R. 917/1986), o in uno degli Stati membri dell'Unione europea o in Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo, purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia;

§  la certificazione dell'ultimo bilancio e dell'eventuale bilancio consolidato redatto da un revisore contabile o da una società di revisione iscritti nel registro dei revisori contabili;

§  le loro azioni non sono quotate in un mercato regolamentato;

§  l'assenza di iscrizione al registro speciale delle startup e incubatori certificati;

§  il possesso di almeno due dei seguenti requisiti indicativi della rilevanza dell'attività di innovazione e ricerca svolta:

-     volume di spesa in ricerca, sviluppo e innovazione in misura uguale o superiore al 3 % del maggior valore fra costo e fatturato (valore totale della produzione) della PMI innovativa; vengono dettagliate modalità specifiche di computo delle spese;

-     impiego come dipendenti o collaboratori a qualsiasi titolo, in percentuale uguale o superiore a 1/5 della forza lavoro complessiva, di dottori di ricerca o dottorandi presso un'università italiana o straniera, oppure di laureati, che, da almeno tre anni, hanno svolto attività di ricerca certificata presso istituti di ricerca pubblici o privati, in Italia o all'estero, ovvero, per almeno 1/3 della forza lavoro complessiva, di personale con laurea magistrale;

-     titolarità, anche quali depositarie o licenziatarie, di almeno una privativa industriale (relativa a una invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale), o titolarità dei diritti relativi ad un programma per elaboratore originario registrato presso il relativo Registro pubblico speciale, purché tale privativa sia direttamente afferente all'oggetto sociale e all'attività di impresa.

Quanto all'iscrizione delle PMI innovative presso il registro delle imprese, le modalità sono analoghe a quelle previste per le startup innovative, prevedendosi, all’articolo 4, comma 2, l'istituzione presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di una apposita sezione speciale del registro delle imprese cui le PMI innovative devono essere iscritte.

L'iscrizione avviene a seguito di presentazione della domanda in formato elettronico, e le informazioni inserite al momento dell'iscrizione secondo quanto disposto dall'articolo 4, comma 3 del D.L. n. 3/2015 devono essere aggiornate annualmente con le medesime modalità telematiche (nella piattaforma informatica startup.registroimprese.it).

 

I commi successivi pongono ulteriori vincoli alle amministrazioni.

 

Il comma 2 prevede la trasmissione al Dipartimento per la trasformazione digitale e al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri degli gli atti con i quali sono indette le procedure negoziate da parte delle amministrazioni procedenti.

 

A decorrere dal 1° gennaio 2020 sono state trasferite al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni del Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale (D.L. 135/2018, c.d. decreto semplificazioni, art. 8). Si tratta delle funzioni di coordinamento operativo dei soggetti pubblici, anche in forma societaria operanti nel settore delle tecnologie dell'informatica e della comunicazione e rilevanti per l'attuazione degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana, con i connessi poteri di impulso e di coordinamento nei confronti delle pubbliche amministrazioni cui competono tali adempimenti, ivi inclusa l'Agenzia per l'Italia digitale, nonché il potere sostitutivo in caso di inadempienze gestionali o amministrative. La legge di bilancio 2020 ha attribuito nuove competenze al Presidente del Consiglio dei ministri, o al Ministro delegato, consistenti nell'individuazione, promozione e gestione di progetti di innovazione tecnologica e di trasformazione digitale di rilevanza strategica e di interesse nazionale, mediante la competente struttura per l'innovazione della Presidenza del Consiglio (L. 160/2019, art. 1, comma 401).

A seguito dell'approvazione del DL 135/2018, il Governo ha proceduto alla istituzione del Dipartimento per la trasformazione digitale, quale struttura di supporto al Presidente del Consiglio per la promozione ed il coordinamento delle azioni del Governo finalizzate alla definizione di una strategia unitaria in materia di trasformazione digitale e di modernizzazione del Paese attraverso le tecnologie digitali. (DPCM 19 giugno 2019). Con il decreto 24 luglio 2019, il Dipartimento si è dato una propria organizzazione interna.

Il Dipartimento per la trasformazione digitale è la struttura di supporto al Ministro senza portafoglio per l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, nominato dal nuovo Governo nel settembre 2019. Il Ministro è delegato ad esercitare le funzioni spettanti al Presidente del Consiglio nelle materie dell'innovazione tecnologica, dell'attuazione dell'agenda digitale e della trasformazione digitale del Paese (DPCM 26 settembre 2019).

 

Ai sensi del comma 3 le amministrazioni prima di stipulare il contratto sono tenute ad acquisizione una autocertificazione dell’operatore economico aggiudicatario che attesti:

§  il possesso dei requisiti generali, finanziari e tecnici;

§  la regolarità del Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC) il documento con il quale, in modalità telematica, indicando il codice fiscale del soggetto da verificare, si dichiara la regolarità contributiva nei confronti di INPS, INAIL e, per le imprese tenute ad applicare i contratti del settore dell'edilizia, di Casse edili;

§  l’assenza di motivi di esclusione secondo segnalazioni rilevabili dal Casellario Informatico dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC).

 

L’art. 80 del D.Lgs. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) individua i motivi che possono portare all’esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d'appalto o concessione.

Il comma 12 del medesimo articolo dispone che, in caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante ne dà segnalazione all'ANAC che, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione, dispone l'iscrizione nel casellario informatico ai fini dell'esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalto fino a due anni, decorsi i quali l'iscrizione è cancellata e perde comunque efficacia.

L'art. 213, comma 10, del Codice dei contratti dispone che l’ANAC gestisce il Casellario Informatico dei contratti di lavori, servizi e forniture, istituito presso l’Osservatorio, contenente tutte le notizie, le informazioni e i dati relativi agli operatori economici con riferimento alle iscrizioni previste dall’art. 80 succitato. All’ANAC è inoltre devoluto il compito di stabilire le ulteriori informazioni che devono essere presenti nel casellario, che sono ritenute utili, tra l’altro, per la verifica dei gravi illeciti professionali (che costituiscono motivo di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettera c)).

In attuazione di tale disposizione, dapprima con la deliberazione 6 giugno 2018 e poi con la deliberazione 2 ottobre 2019, n. 861, l’ANAC ha adottato il regolamento per la gestione del casellario.

 

Inoltre, spetta alle stesse amministrazioni che stipulano il contratto verificare preventivamente il rispetto delle prescrizioni imposte dalle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

A conclusione della gara, le amministrazioni stipulano immediatamente il contratto ed avviano l’esecuzione degli stessi, anche in deroga ai termini di cui all’articolo 32 del decreto legislativo n. 50 del 2016.

 

L’art. 32 del D.Lgs. 50/2016 disciplina le fasi delle procedure di affidamento e i relativi termini. In particolare, il comma 8 dispone che, divenuta efficace l'aggiudicazione, e fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro i successivi sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell'invito ad offrire, ovvero l'ipotesi di differimento espressamente concordata con l'aggiudicatario. Se la stipulazione del contratto non avviene nel termine fissato, l'aggiudicatario può, mediante atto notificato alla stazione appaltante, sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto. Lo stesso comma consente inoltre l’esecuzione d'urgenza “esclusivamente nelle ipotesi di eventi oggettivamente imprevedibili, per ovviare a situazioni di pericolo per persone, animali o cose, ovvero per l'igiene e la salute pubblica, ovvero per il patrimonio, storico, artistico, culturale ovvero nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all'interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari”.

Il successivo comma 9 dispone che il contratto non può comunque essere stipulato prima di trentacinque giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione. Tale termine non si applica però nei casi individuati dal successivo comma 10.

Il comma 11 disciplina invece i termini per la stipula del contratto qualora sia stato proposto ricorso avverso l'aggiudicazione con contestuale domanda cautelare.

Il comma 13 stabilisce che l’esecuzione del contratto può avere inizio solo dopo che lo stesso è divenuto efficace, salvo che, in casi di urgenza, la stazione appaltante ne chieda l'esecuzione anticipata, nei modi e alle condizioni previsti al comma 8.

Il comma 3-bis introduce alcune condizioni sul contenuto dei contratti relativi agli acquisti di servizi informatici e di connettività quali:

§  hanno durata massima non superiore a trentasei mesi;

§  prevedono il diritto di facoltà di recesso unilaterale dell'amministrazione decorso un periodo non superiore a dodici mesi dall'inizio dell'esecuzione. Tale facoltà è attribuita senza corrispettivo e senza oneri di alcun genere a carico dell'amministrazione;

§  garantiscono in ogni caso il rispetto dei principi di interoperabilità, di portabilità dei dati personali e dei contenuti senza ulteriori oneri per il committente.

 

Il comma 4 pone due ulteriori condizioni agli acquisti in deroga di cui sopra.

In primo luogo essi devono essere inclusi in progetti coerenti con il Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione.

 

Il Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione fissa gli obiettivi e individua i principali interventi di sviluppo e gestione dei sistemi informativi delle p.a. (art. 14-bis Codice dell'amministrazione digitale). Il Piano è redatto dall'AgID, che ne cura anche la verifica dell'attuazione, e approvato dal Presidente del Consiglio, o dal ministro delegato per l'informatizzazione.

Nel marzo 2019 è stato varato il Piano triennale 2019-2021, che prosegue e integra le linee di azione del Piano 2017-2019 in un quadro di collaborazione con tutti gli interlocutori.

Le principali novità del Piano riguardano:

§  il recepimento delle modifiche introdotte del Codice dell'Amministrazione Digitale (CAD) e delle direttive e regolamenti europei sull'innovazione digitale;

§  il rafforzamento del paradigma Cloud della PA con l'applicazione del principio cloud first;

§  la definizione di modelli e strumenti per l'innovazione per la PA con un'attenzione ai temi dell'open innovation e al paradigma smart landscape;

§  un maggiore risalto al ruolo delle amministrazioni territoriali, che saranno accompagnate nel loro percorso di trasformazione digitale, attraverso la condivisione di strategie e piani operativi, ma anche di buone pratiche già adottate che aiutino a colmare rapidamente il divario digitale tra i diversi territori del Paese;

§  la condivisione con le amministrazioni degli strumenti di monitoraggio delle azioni;

§  il rafforzamento del tema delle competenze manageriali e digitali all'interno delle pubbliche amministrazioni, con iniziative concrete di sensibilizzazione e formazione;

§  l'adozione di una nuova chiave di lettura delle linee d'azione, che individua le aree di intervento e l'impatto su cittadini, imprese e pubbliche amministrazioni.

Inoltre, gli interventi di sviluppo e implementazione dei sistemi informativi devono prevedere, qualora sia possibile, l’integrazione con le piattaforme abilitanti previste dal Codice dell'amministrazione digitale (CAD D.Lgs. 82/2005).

 

Si tratta delle seguenti piattaforme:

§  Piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati -Pago PA (art. 5 CAD)

§  Anagrafe nazionale della popolazione residente - ANPR (art. 62 CAD);

§  Sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale di cittadini e imprese -  PID (art- 64 CAD)

§  Punto di accesso telematico presso la Presidenza del Consiglio (art. 64-bis CAD).

 

Infine, il comma 5 reca una clausola di neutralità finanziaria prevedendo che le amministrazioni pubbliche procedono agli acquisti con le risorse disponibili a legislazione vigente. Pertanto, l’attuazione della disposizione in commento non compostano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza, come confermato dalla relazione tecnica di accompagnamento del disegno di legge di conversione del provvedimento in esame.

 

 


 

Articolo 76
(Gruppo di supporto digitale alla Presidenza del Consiglio
per l’attuazione di misure per l'emergenza COVID-19)

 

 

L’articolo 76 reca autorizzazione alla Presidenza del Consiglio (o Ministro delegato) ad avvalersi - fino al 31 dicembre 2020 - di un contingente di esperti, a fini di innovazione tecnologica e digitalizzazione della pubblica amministrazione.

Altresì conferma (fino a naturale scadenza) gli incarichi ad esperti già conferiti a supporto del Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio.

 

L'emergenza da Covid-19 pone, tra le sue sollecitazioni e sfide, quella che siano assicurati, da parte della pubblica amministrazione, servizi a distanza in via telematica agli utenti così come forme di smart working ai dipendenti.

Tale evoluzione importa, per la pubblica amministrazione, mutamenti e innovazione, tecnologici e di digitalizzazione. Per la loro introduzione il comma 1 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri, o il Ministro delegato, si avvalgano fino al 31 dicembre 2020 di un contingente di esperti, in possesso di specifica ed elevata competenza nello studio, supporto, sviluppo e gestione di processi di trasformazione tecnologica.

Viene rimessa a decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, la individuazione del contingente di tali esperti, la sua composizione ed i relativi compensi.

Siffatta previsione ricade sotto la generale 'copertura' normativa fornita dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 303 del 1999 -  articolo che ha per oggetto il personale della Presidenza del Consiglio, compresi esperti o personale incaricato.

 

In tema di trasformazione digitale, già il decreto-legge n. 135 del 2018 (all'articolo 8, in particolare il comma 1-quater) ha previsto - nel traferire alla Presidenza del Consiglio competenze innanzi attribuite al Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale - la costituzione di un contingente di esperti dedicato.

Ebbene, il comma 2 dispone che quegli incarichi - se conferiti ad esperti con provvedimento adottato anteriormente al 30 dicembre 2019 - siano confermati sino alla scadenza prevista nell'atto di conferimento.

Dunque le vicende del contingente di esperti di nuova previsione da parte dell'articolo in commento del presente decreto-legge, non 'interferiscono' con quelle dell'altro contingente di esperti, costituito presso il Dipartimento per la trasformazione digitale presso la Presidenza del Consiglio e preposto ad una innovazione digitale non correlata all'emergenza da Covid-19.

 

Il comma 3 dispone circa la copertura degli oneri finanziari - senza fornirne specifica quantificazione.

In particolare prevede che agli oneri si provveda avvalendosi delle medesime risorse (a valere in parte - per 4 milioni nel 2020 - sul Fondo speciale di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'economia, in parte - per 2 milioni nel 2020; 6 milioni a decorrere dal 2021 - sul Fondo per le esigenze indifferibili) previste per la costituzione dell'altro contingente di esperti, quale normato dal citato articolo 8 del decreto-legge n. 135 del 2018 - risorse che sono state poi incrementate (di 6 milioni per il 2020; di 8 milioni per il 2021; di 10 milioni a decorrere dal 2022) dall'articolo 1, comma 399, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020).

 

Può valere ricordare come l’articolo 18 del decreto-legge n. 9 del 2020 (anch'esso recante misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica) abbia previsto per le amministrazioni pubbliche la possibilità di accelerare e semplificare le procedure di acquisto di personal computer portatili e di tablet, onde erogare servizi a distanza, in via telematica, consentendo altresì forme di lavoro agile da parte dei dipendenti.


 

Articolo 77
(Pulizia straordinaria degli ambienti scolastici)

 

 

L’articolo 77, non modificato in sede referente, autorizza la spesa di 43,5 milioni di euro nel 2020 per consentire alle istituzioni scolastiche ed educative pubbliche del sistema nazionale di istruzione di dotarsi di materiali per la pulizia straordinaria dei locali nonché di dispositivi di protezione e igiene personali.

 

In dettaglio, tali risorse - pari a 43,5 milioni di euro per il 2020 - sono destinate alle istituzioni scolastiche ed educative pubbliche del sistema nazionale di istruzione, ivi incluse le scuole paritarie.

Il riferimento al "sistema nazionale di istruzione" richiama la definizione della L. 6/2000, secondo cui il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e pubbliche, cioè degli enti locali. In questo caso, parrebbero ricomprese nell'ambito di applicazione della disposizione in commento le scuole statali e le scuole paritarie pubbliche. Su tale aspetto si segnala che, in attuazione della disposizione in esame, è intervenuto il D.M. 20 marzo 2020, n. 186 che ha invece destinato le risorse a tutte le scuole (e non solo a quelle pubbliche) del sistema nazionale di istruzione.

Le predette risorse sono finalizzate a:

§  acquisto di materiali per la pulizia straordinaria dei locali;

§  acquisto di materiali per la protezione e l’igiene personale, sia del personale sia degli studenti.

Il citato D.M. 20 marzo 2020, n. 186 ha indicato i criteri di riparto delle risorse che tengono conto della tipologia dell’istituzione scolastica, della consistenza numerica degli alunni e della consistenza numerica del personale scolastico secondo i parametri unitari (in euro) riportati nelle allegate Tabelle 1 e 2 - Quadro A, B, C e D. In ogni caso è assicurato un finanziamento pari alla soglia minima di 500 euro per ogni scuola. Le risorse destinate alle scuole paritarie sono assegnate agli uffici periferici del Ministero per la conseguente erogazione alle stesse, secondo le procedure previste dalla normativa vigente. Entro 3 mesi dalla data di efficacia del decreto, è predisposta una relazione di monitoraggio.

 

La relazione illustrativa allegata al disegno di legge presentato in prima lettura (A.S. 1766) specifica che la pulizia straordinaria si rende necessaria con particolare riferimento al momento della riapertura dopo la sospensione delle attività didattiche disposta in relazione all’emergenza sanitaria COVID-19.

Le prime misure di contenimento del COVID-19, per quanto qui di interesse, erano recate dall'articolo 1, co. 2, lett. d), del D.L. 6/2020 (L.13/2020), poi abrogato dal D.L. 19/2020, che aveva disposto, fra l'altro, la sospensione dei servizi educativi dell'infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, salvo le attività formative svolte a distanza, solo nei comuni o nelle aree inizialmente colpite dal virus COVID-19.

L'articolo 1, co. 1 e 2, del D.L. 19/2020, abrogando il D.L. 6/2020 ad eccezione degli artt. 3, co. 6-bis, e 4, ha poi stabilito in via generale la possibilità - per periodi predeterminati ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020 - di sospendere le attività didattiche delle scuole di ogni ordine e grado.

Si sono susseguiti diversi provvedimenti attuativi delle suddette norme primarie. Per quanto qui di interesse, il D.P.C.M. 4 marzo 2020 aveva esteso all'intero territorio nazionale la sospensione - dal 5 al 15 marzo 2020 - dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche, ferma in ogni  caso  la  possibilità  di  svolgimento  di  attività formative a distanza. Con i DD.P.C.M. 9 marzo 2020 e 1° aprile 2020 (attuativo del D.L.19/2020), la sospensione delle attività didattiche e della frequenza delle attività scolastiche sull'intero territorio nazionale era stata prorogata, rispettivamente, fino al 3 aprile 2020 e poi fino al 13 aprile 2020.

Da ultimo, il D.P.C.M. 10 aprile 2020 - efficace a partire dal 14 aprile 2020, data dalla quale cessano di produrre effetti, tra gli altri, i DD.P.C. 8 e 9 marzo 2020 e 1° aprile 2020 - ha sospeso  i  servizi  educativi  per  l'infanzia, le attività didattiche in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché la frequenza delle attività scolastiche fino al 3 maggio 2020

 

Le indicazioni operative sulle modalità di acquisto di tali prodotti sono state fornite alle scuole con la nota n. 562 del 28 marzo 2020 e la nota n. 563 del 28 marzo 2020, in cui si precisa che risorse di cui alla disposizione in commento "sono vincolate alle finalità indicate nel decreto [D.L. n. 18/2020] ed esplicitate nella presente nota. Le risorse finanziarie stanziate costituiscono quindi un finanziamento straordinario volto a supportare le istituzioni scolastiche nella gestione durante l’emergenza sanitaria".

 

Al riparto delle summenzionate risorse finanziarie si procede con il decreto di cui all’art. 1, co. 601, della L. 296/2006. In realtà, tale riparto è avvenuto con D.M. 186 del 26 marzo 2020 secondo cui le risorse sono riferite al “Fondo per il funzionamento finalizzato alla pulizia straordinaria degli ambienti scolastici”.

 

L'art. 1, co. 601, della L. 296/2006 stabilisce che con decreto del Ministro dell'istruzione sono stabiliti i criteri e i parametri per l'assegnazione diretta alle istituzioni scolastiche delle risorse del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, nonché per la determinazione delle misure nazionali relative al sistema pubblico di istruzione e formazione. I criteri e i parametri per l'assegnazione diretta alle istituzioni scolastiche nonché per la determinazione delle misure nazionali relative alla missione Istruzione Scolastica a valere sul Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche per il 2019 sono stati adottati con D.M. 28 febbraio 2019, n. 174.

 

Alla copertura degli oneri previsti dal presente articolo si provvede ai sensi dell'articolo 126 (su cui si rimanda alla relativa scheda).


 

Articolo 78
(
Misure in favore del settore agricolo e della pesca)

 

 

L’articolo 78, sostanzialmente modificato durante l’esame presso il Senato, prevede numerose misure in favore del comparto agricolo e della pesca.

I commi 1, 1-bis e 1-ter intervengono, elevando dal 50 al 70 per cento, per il solo 2020 e a determinate condizioni, la percentuale di contributi PAC di cui può essere richiesto l’anticipo da parte delle imprese agricole.

I commi 1-quater e 1-quinquies prevedono che le amministrazioni pubbliche possano posticipare al momento del saldo le verifiche richieste per la conformità dei provvedimenti di elargizione dei sussidi alla regolarità europea in materia di aiuti di Stato, alla regolarità contributiva e fiscale e alla conformità alla certificazione antimafia.

Il comma 1-sexies specifica che le condizioni restrittive dovute all’emergenza COVID-19 integrano i casi di urgenza che legittimano il pagamento, fino al 31 dicembre 2020, dei contributi derivanti dalla politica agricola comune e nazionali, anche in assenza dell’informazione antimafia.

Il comma 2 istituisce un Fondo con risorse pari a 100 milioni di euro per l’anno 2020 per coprire le spese per gli interessi passivi sui finanziamenti bancari o per ristrutturare i debiti con la copertura dei costi degli interessi sui mutui maturati nel corso degli ultimi due anni nonché per sostenere le imprese del settore della pesca e dell’acquacoltura che hanno dovuto sospendere l’attività.

I commi 2-bis, 2-ter e 2-quater individuano, rispettivamente, come pratica commerciale sleale vietata la subordinazione di acquisto di prodotti agroalimentari a certificazioni non obbligatorie riferite al COVID-19 e dispongono le relative sanzioni in caso di violazione del divieto.

Il comma 2-quinquies estende, alle imprese agricole la possibilità di avvalersi degli interventi del Fondo di garanzia.

I commi 2-sexies-2-decies intervengono in merito alla sorveglianza sanitaria dei lavoratori agricoli. Viene, al riguardo, previsto che la visita medica abbia validità annuale e consenta al lavoratore di prestare la prestazione lavorativa anche presso altre imprese agricole che abbiano gli stessi rischi, senza necessità di ulteriori accertamenti medici. È reso possibile stipulare apposite convenzioni affinché il medico competente non sia tenuto ad effettuare la visita degli ambienti di lavoro; in tal caso, il giudizio di idoneità produce effetti nei confronti di tutti i datori di lavoro convenzionati.

Il comma 2-undecies modifica il codice antimafia, prevedendo che nel caso di elargizione di fondi statali legata al possesso di terreni agricoli, a qualunque titolo acquisiti, la documentazione antimafia debba essere richiesta solo nel caso in cui l’importo dei fondi sia superiore a 5.000 euro.

I commi 2-duodecies e 2-quaterdecies prevedono che i prodotti agricoli e alimentari a indicazione d’origine protetta, inclusi i prodotti vitivinicoli e le bevande spiritose, possano essere sottoposti a pegno rotativo.

Il comma 2-quinquiesdecies prevede a favore delle imprese del settore florovivaistico la sospensione, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione fino al 15 luglio 2020, dei versamenti delle ritenute alla fonte e dei contributi previdenziali e assistenziali nonché la sospensione, tra il 1° aprile e il 30 giugno 2020, dei versamenti IVA.

Il comma 3 incrementa di 50 milioni di euro per l’anno 2020 il Fondo distribuzione derrate alimentari agli indigenti.

Il comma 3-bis autorizza la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2020 per la corresponsione dell’incremento di indennità a favore del personale dell’Ispettorato centrale della qualità e delle repressioni frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF).

Il comma 3-ter autorizza le Regioni e le Province autonome ad agevolare l’utilizzo del latte, dei prodotti e derivati del latte negli impianti di digestione anaerobica siti nel proprio territorio regionale, derogando, limitatamente al periodo di crisi, alle procedure di autorizzazione previste per l’uso e la trasformazione delle biomasse. Agli imprenditori agricoli è consentito, previa autorizzazione dell’Autorità sanitaria competente, l’utilizzo agronomico delle acque reflue addizionate con siero.

Il comma 3-quater prevede che, nelle more dell’emergenza sanitaria in atto, i certificati di idoneità rilasciati dagli organismi di certificazione nei confronti dei prodotti biologici e a denominazione protetta sono rilasciati anche senza procedere alle visite in azienda, sulla base di una valutazione degli stessi organismi in ordine alla sussistenza o meno delle condizioni per la certificazione.

Il comma 3-quinquies apporta un’ulteriore modifica al codice antimafia, specificando che la documentazione antimafia non è richiesta per i provvedimenti che erogano aiuti il cui valore complessivo non supera i 150.000 euro.

Il comma 3-sexies proroga al 31 dicembre 2020 la validità dei permessi di soggiorno dei lavoratori stagionali agricoli in scadenza tra il 23 febbraio e il 31 maggio 2020.

Il comma 3-septies prevede che vengano disposti, di concerto con le Regioni, i Comuni interessati e le autorità sanitarie, strumenti di controllo e di intervento sanitario sugli alloggi e sulle condizioni dei lavoratori agricoli e dei braccianti.

Il comma 3-octies stabilisce che il bando per gli incentivi a favore degli impianti di biogas gestiti, a determinate condizioni, dagli imprenditori agricoli, sia pubblicato entro il 30 settembre 2020.

Il comma 3-novies prevede la riprogrammazione delle risorse previste dal programma operativo nazionale del Fondo europeo per gli affari marittimi e della pesca

Il comma 4 prevede che la copertura degli oneri sia disposta a valere sulle risorse finanziarie disposte dall’articolo 126 del decreto-legge in esame.

I commi 4-bis, 4-ter, 4-quater e 4-quinquies prevedono, rispettivamente, la concessione di mutui a tasso zero a favore delle imprese agricole ubicate nei comuni indicati nell'allegato n. 1 al DPCM del 1° marzo 2020; l’istituzione, a copertura degli oneri, di un Fondo rotativo con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2020; il rinvio ad un decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali per la definizione dei criteri e delle modalità di concessione dei mutui e la relativa disposizione di copertura.

Il comma 4-sexies prevede che possano essere rinegoziabili i mutui e gli altri finanziamenti in essere al 1° marzo 2020 richiesti dalle imprese agricole per soddisfare le esigenze di conduzione e/o miglioramento delle strutture produttive.

Il comma 4-septies prevede la possibilità di inviare in via telematica la copia per immagine della delega agli intermediari abilitati a presentare le dichiarazioni all’Agenzia delle entrate, all’INPS, alle Amministrazioni pubbliche locali, alle Università e agli altri Enti erogatori convenzionati con gli intermediari abilitati.

Il comma 4-octies dispone che la sospensione prevista dall’articolo 103 si applichi anche ai certificati di abilitazione alla vendita, di abilitazione e dell’attività di consulente e all’acquisto e utilizzo di prodotti fitosanitari.

Il comma 4-novies dispone, infine, che le agevolazioni del Fondo rotativo per il sostegno delle imprese e gli investimenti in ricerca venga esteso agli investimenti realizzati dalle imprese della filiera avicola, nel limite di 100 milioni di euro per l’anno 2020.

 

Il comma 1, come modificato dal Senato, interviene elevando, per il solo 2020 e a determinate condizioni, la percentuale di contributi PAC di cui può essere richiesto l’anticipo da parte delle imprese agricole.

Esse potranno chiedere un anticipo del 70 per cento rispetto alla disposizione generale – art. 10-ter, comma 2, del D.L. n.27/2019 - che fissa la percentuale al 50 per cento

Ciò potrà avvenire solo per il 2020; il calcolo sarà rapportato al valore del portafoglio titoli 2019 in possesso degli agricoltori che conducono superfici agricole alla data del 15 giugno 2020. Gli stessi agricoltori dovranno, inoltre, per beneficiare dell’aumento, presentare una domanda unica per la campagna 2020 per il regime di base. Viene, poi, specificato che la richiesta dell’anticipazione non consente di cedere titoli sino a quando non sia stata compensata l’anticipazione.

 

Si ricorda, al riguardo, che già nel 2018 e nel 2019 la Commissione europea ha, con apposita deliberazione, autorizzato l’anticipo del 70 per cento dei pagamenti della PAC relativamente al pagamento di pagamento di base, al pagamento del regime dei piccoli agricoltori e al pagamento greening, subordinatamente allo svolgimento degli specifici controlli amministrativi.

Dal pagamento anticipato sono rimasti esclusi, in tali occasioni, i pagamenti per il sostegno accoppiato e il pagamento giovani agricoltori, in ragione dell’indisponibilità dei dati nazionali per il conteggio degli importi.

Ai sensi del Reg. (CE) 17/12/2013, n. 1307/2013, i pagamenti diretti si articolano in:

1)   pagamento di base unico per superficie (obbligatorio);

2)   pagamento redistributivo;

3)   pagamento ecologico c.d. greening (obbligatorio, con un massimo consentito fino al 30%, limite utilizzato interamente dall'Italia);

4)   pagamento per le zone con vincoli naturali (facoltativo con un massimo del 5%);

5)   pagamento per i giovani agricoltor(obbligatorio, con un massimo del 2%,);

6)   pagamento accoppiato alla produzione per specifiche produzioni escluse il tabacco e le patate (facoltativo con un massimo del 15%, l'Italia ha fissato all'11% la soglia massima utilizzabile). L’Italia, nell’ambito di tale pagamento, ha indirizzato le risorse prevalentemente a tre settori: la zootecnia, da carne e da latte, con una percentuale del 49%; i seminativi per il 34%; l'olivicoltura per il restante 16%. Nell'ambito del settore dei seminativi ricadono anche i premi per il Piano proteico nazionale;

7)   pagamento a favore dei piccoli agricoltori (facoltativo, con un massimo dl 10%, limite utilizzato interamente dall'Italia).

Con il decreto-legge 29 marzo 2019, n.27, recante misure di rilancio per i settori agricoli in crisi e della pesca, è stato previsto, all’articolo 10-ter, comma 1, la possibilità di corrispondere, entro il 31 luglio di ciascun anno, fino al persistere delle situazioni di crisi, un'anticipazione da parte degli organismi pagatori riconosciuti sulle somme oggetto di domanda nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune (PAC). Il comma 2 ha specificato che l'importo dell'anticipazione è stabilito in misura pari al 50 per cento dell'importo richiesto per i pagamenti diretti.

 

Il comma 1-bis, introdotto dal Senato, specifica che l’anticipazione può essere concessa sulla base delle determinazioni assunte da ultimo in materia di aiuti di Stato nell’emergenza legata al COVID-19 (Comunicazione europea “Quadro temporaneo per le misure di auto di stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”)

 

In particolare, per quanto riguarda gli aiuti concessi alle imprese nel settore dell’agricoltura, della pesca e dell’acquacoltura, la Commissione ha stabilito che l’aiuto complessivo non può superare 120.000 euro per ciascuna imprese operante nel settore della pesca e dell’acquacoltura o 100.000 euro per ciascuna impresa operante nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli. L’aiuto può essere concesso sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o in altre forme come anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni, a condizione che il valore nominale totale di tali misure non superi il massimale di 120.000 euro o 100.000 per impresa.

Il “quadro” sarà in vigore fino alla fine di dicembre 2020

 

Il comma 1-ter, introdotto dal Senato, rinvia a un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare solo dopo avere informato la Conferenza Stato-Regioni ed entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, le modalità di attuazione dei commi 1 e 1-bis.

 

I commi 1-quater e 1-quinquies, introdotti dal Senato, prevedono che, per assicurare liquidità alle imprese, e data la situazione di emergenza in atto, le amministrazioni pubbliche possano posticipare alcuni controlli e adempimenti richiesti per legge al momento dell’erogazione del saldo, sottoponendo il pagamento dell’anticipo a clausola risolutiva.

Si tratta, in particolare, secondo quanto specificato dal comma 1-quinquies, di:

a)   gli adempimenti connessi alla regolarità dei contributi pubblici in relazione alle regole sugli aiuti di Stato come desumibile dal Registro nazionale degli aiuti di Stato;

b)   l’obbligo di verifica, con modalità telematica, ed in tempo reale, della regolarità contributiva nei confronti dell'INPS e dell'INAIL dell’azienda che svolge i lavori;

c)   l’obbligo di verifica fiscale per i pagamenti da parte delle amministrazioni pubbliche di importi superiori a cinquemila euro;

d)    l’obbligo di acquisire la comunicazione antimafia mediante consultazione alla banca dati nazionale unica.

 

Quanto al Registro nazionale degli aiuti di stato si tratta di una banca dati istituita presso il Ministero dello sviluppo economico contenente le seguenti informazioni relative all’erogazione di:

a)      gli aiuti di Stato

b)      gli aiuti de minimis,

c) gli aiuti concessi a titolo di compensazione per i servizi di interesse economico generale;

d) l'elenco dei soggetti tenuti alla restituzione degli aiuti incompatibili dei quali la Commissione europea abbia ordinato il recupero-

Il comma 7 dell’articolo 52 della legge n.234/2012 richiamato prevede che la trasmissione delle informazioni al Registro e l'adempimento degli obblighi di interrogazione del Registro medesimo costituiscono condizione legale di efficacia dei provvedimenti che dispongono concessioni ed erogazioni degli aiuti prima richiamati.

Quanto all’obbligo di verifica, con modalità telematica, ed in tempo reale, della regolarità contributiva nei confronti dell'INPS e dell'INAIL dell’azienda che svolge i lavori, l’articolo 4 del decreto-legge n.34 del 2014, oltre a prevedere tale obbligo, dispone che la risultanza dell'interrogazione abbia validità di 120 giorni dalla data di acquisizione e sostituisca ad ogni effetto il Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC). L'interrogazione eseguita assolve all'obbligo di verificare della sussistenza del requisito di ordine generale presso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, istituita presso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

 

Il comma 1-sexies, introdotto dal Senato, attribuisce alle condizioni restrittive dovute all’emergenza COVID-19 la qualifica di “casi di urgenza” ai sensi dell’art. 92, comma 3, del Codice antimafia (d.lgs. n. 159 del 2011), così da consentire, fino al 31 dicembre 2020, il pagamento dei contributi derivanti dalla politica agricola comune e nazionali anche in assenza dell’informazione antimafia.

 

L’art. 92, comma 3, del Codice antimafia consente infatti - nei casi di urgenza – agli enti erogatori di procedere anche in assenza dell'informazione antimafia. I contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni sono corrisposti sotto condizione risolutiva; ciò comporta che se dovesse essere emanata una informazione antimafia interdittiva i contributi sarebbero revocati.

 

Il comma 2, modificato dal Senato, istituisce un Fondo nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dotandolo di risorse finanziarie pari a 100 milioni di euro per l’anno 2020

 

La disponibilità finanziaria è destinata:

§  a coprire interamente le spese per gli interessi passivi sui finanziamenti bancari erogati per garantire capitale circolante o per ristrutturare i debiti per la copertura dei costi degli interessi sui mutui maturati nel corso degli ultimi due anni;

§  a sostenere, secondo una modifica introdotta dal Senato, la sospensione dell’attività economica delle imprese del settore della pesca e dell’acquacoltura (il testo originario del decreto-legge faceva riferimento all’arresto temporaneo delle attività di pesca)

 

Per l’individuazione delle modalità applicative della disposizione in esame si rinvia all’emanazione di uno o più decreti che dovranno essere emanati dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.

 

L’erogazione delle misure dovrà avvenire, secondo una modifica introdotta al Senato, in deroga alle disposizioni che regolano gli aiuti c.d. de minimis per il settore agricolo e della pesca, dell’acquacoltura e del florovivaismo, in relazione al riconoscimento formale dell’emergenza COVID-19 come calamità naturale.

 

Il comma 2-bis, introdotto dal Senato, individua come pratica commerciale sleale vietata nelle relazioni tra acquirenti e fornitori ai sensi della direttiva (UE) 2019/633 la subordinazione di acquisto di prodotti agroalimentari, della pesca e dell’acquacoltura a certificazioni non obbligatorie riferite al COVID-19 né indicate in accordi di fornitura per la consegna dei prodotti su base regolare antecedenti agli accordi stessi.

 

Si ricorda che la direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare stabilisce un elenco di pratiche commerciali sleali vietate tra acquirenti e fornitori lungo la filiera agricola e alimentare (pagamenti a più di 30 o 60 giorni a secondo della deperibilità o meno del prodotto, modifiche unilaterali, annullamenti con preavviso breve, richiesta di pagamenti non connessi alla vendita dei prodotti o legati al deterioramento o alla perdita dei prodotti per cause non imputabili al venditore, uso improprio dei segreti commerciali) insieme ad un elenco di pratiche permesse solo a condizione che ci sia un accordo in termini chiari ed univoci nell’accordo di fornitura (restituzione di prodotti invenduti senza corrispondere alcun pagamento per lo smaltimento, richiesta di un corrispettivo per l’immagazzinamento, o per l’esposizione o l’inserimento in listino dei prodotti, richiesta al fornitore di farsi carico degli sconti o di pagare i costi della pubblicità o del personale incaricato di organizzare gli spazi destinati alla vendita dei prodotti del fornitore).

 

Quanto stabilito nel comma precedente costituisce, ai sensi del comma 2-ter, introdotto dal Senato, norma di applicazione necessaria per i contratti di compravendita che hanno ad oggetto prodotti agroalimentari che si trovano nel territorio nazionale.

 

Il disposto normativo in esame richiama, al riguardo, quanto previsto dall’art. 17 della legge n. 218/1995 secondo il quale è fatta salva la prevalenza delle norme italiane che, in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera.

Si ricorda che la direttiva sulle pratiche sleali prima citata prevede all'articolo 9 che gli Stati membri, per garantire un più alto livello di tutela, possono mantenere o introdurre norme nazionali volte a contrastare le pratiche commerciali sleali più rigorose di quelle previste nella direttiva, a condizione che esse siano compatibili con le norme relative al funzionamento del mercato interno. La direttiva lascia, inoltre, impregiudicate le norme nazionali finalizzate a contrastare le pratiche commerciali sleali che non rientrano nell'ambito di applicazione della direttiva, a condizione che esse siano compatibili con le norme relative al funzionamento del mercato interno.

 

Il comma 2-quater, introdotto dal Senato, sanziona la violazione del comma 2-bis, sulle pratiche commerciali sleali, con la sanzione amministrativa pecuniaria da 15.000 a 60.000 euro. La sanzione amministrativa si applica al contraente, diverso dal consumatore finale, se il fatto non costituisce reato. Nella determinazione della misura della sanzione si farà riferimento al beneficio ricevuto dal soggetto che non ha rispettato i predetti divieti. La vigilanza, l’accertamento (anche su segnalazione di qualunque soggetto interessato) e l’irrogazione della sanzione amministrativa competono all’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari del MIPAAF; si applica il procedimento disciplinato dalla legge n. 689 del 1981.

Gli introiti derivanti dalla riscossione delle sanzioni sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati allo stato di previsione del MIPAAF per il finanziamento di iniziative per il superamento di emergenze e per il rafforzamento dei controlli.

 

Il comma 2-quinquies, introdotto dal Senato, estende, modificando l’art. 11, comma 2, del D.L. n. 185/2008, alle imprese agricole la possibilità di avvalersi degli interventi del Fondo di garanzia, prevedendo, al contempo, che le organizzazioni rappresentative a livello nazionale delle imprese delle imprese agricole possano partecipare all’organo competente a deliberare in materia di concessione delle garanzie.

 

I commi 2-sexies-2-decies, introdotti al Senato, intervengono in materia di adempimenti per la sorveglianza sanitaria dei lavoratori agricoli.

 

Il comma 2-sexies prevede che gli adempimenti connessi alla sorveglianza sanitaria possono essere svolti mediante visita medica preventiva, effettuata dal medico competente o dal Dipartimento di prevenzione dell’Azienda sanitaria locale.

 

Gli adempimenti cui si fa riferimento sono elencati nel comma 2 dell’articolo 41 del decreto legislativo n.41/2008 e consistono nella:

a)    visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di controindicazioni al lavoro cui il lavoratore è destinato per valutare la sua idoneità alla mansione specifica;

b)   visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica;

c)    visita medica su richiesta del lavoratore, se il medico competente ritenga che i rischi professionali o le condizioni di salute del lavoratore siano suscettibili di peggioramento a causa dell'attività lavorativa svolta;

d)   visita medica in occasione del cambio della mansione, onde verificare l'idoneità alla mansione specifica;

e)    visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi previsti dalla normativa vigente;

f)    visita medica preventiva in fase antecedente l’assunzione

g)   visita medica precedente alla ripresa del lavoro, a seguito di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi, al fine di verificare l'idoneità alla mansione. 

 

 

I commi 2-septies-2-decies, prevedono, rispettivamente che:

§  la visita medica abbia validità annuale e permetta al lavoratore di svolgere la prestazione lavorativa anche presso altre imprese agricole che abbiano gli stessi rischi, senza necessità di ulteriori accertamenti medici (2-septies);

§  lo svolgimento e l’esito della visita medica devono essere comprovato da apposita certificazione che il datore di lavoro è tenuto ad acquisire in copia (2-octies);

§  gli enti bilaterali e gli organismi paritetici del settore agricolo possono assumere iniziative per facilitare l’adempimento degli obblighi in materia di sorveglianza sanitaria, anche attraverso la stipula di apposite convenzioni tra le aziende sanitarie locali o i medici competenti, le imprese agricole e i lavoratori. Nel caso in cui sia stata stipulata una convenzione, il medico competente non è tenuto ad effettuare la visita degli ambienti di lavoro; il giudizio di idoneità produce effetti nei confronti di tutti i datori di lavoro convenzionati (2-novies);

§  agli adempimenti previsti nei commi precedenti si fa fronte con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente (2-decies).

 

Il comma 2-undecies, introdotto dal Senato, modifica il comma 3-bis dell’articolo 83 del Codice antimafia (d.lgs. n. 159 del 2011), per imporre a coloro che beneficiano di contributi statali per un importo superiore a 5.000 euro, di fornire idonea documentazione antimafia.

 

Attualmente, l’art. 83, comma 3, del Codice antimafia prevede la documentazione antimafia ai fini della concessione di terreni agricoli e zootecnici demaniali che ricadono nell'ambito dei regimi di sostegno previsti dalla PAC, a prescindere dal loro valore complessivo, nonché su tutti i terreni agricoli, a qualunque titolo acquisiti, che usufruiscono di fondi europei per un importo superiore a 5.000 euro. Rispetto alla disciplina vigente, che impone tale obbligo solo a quanti usufruiscano di fondi europei, la disposizione in commento estende l’obbligo delle verifiche antimafia anche per accedere ai fondi statali.

 

Peraltro, in base all’ultimo decreto-legge di proroga termini (cfr. art. 10, comma 2, DL n. 192 del 2019), l’art. 83, comma 3-bis, del Codice antimafia non si applica fino al 31 dicembre 2020 “limitatamente ai terreni agricoli che usufruiscono di fondi europei per importi non superiori a 25.000 euro”. Attualmente, dunque, e fino al 31 dicembre 2020, coloro che accedono a fondi europei per importi da 5.001 a 25.000 euro sono esonerati dall’obbligo di produrre l’informazione antimafia. In base alla formulazione della deroga, questa copre i soli fondi europei e dunque non opererà per i destinatari di contributi statali che dovranno, sopra i 5.000 euro, fornire la prescritta documentazione antimafia.

 

I commi 2-duodecies-2-quaterdecies, introdotti dal Senato, prevedono che i prodotti agricoli e alimentari a indicazione d’origine protetta, inclusi i prodotti vitivinicoli e le bevande spiritose, possono essere sottoposti a pegno rotativo. Con l’ausilio di appositi documenti sono individuati i beni oggetto di pegno e quelli sui quali il pegno si intende trasferito (comma 2-duodecies). Un apposito decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali definirà la tipologia dei registri, differenziata a seconda dei prodotti, le modalità di tenuta degli stessi, la procedura di registrazione della costituzione e estinzione del pegno rotativo (comma 2-terdecies). Al pegno rotativo in esame sono applicabili le disposizioni degli articoli 2786 e seguenti del codice civile (comma 2-quaterdecies)

 

Ai sensi dell’articolo 2786 del codice civile, il pegno si costituisce con la consegna al creditore della cosa o del documento che conferisce l'esclusiva disponibilità della cosa. La cosa o il documento possono essere anche consegnati a un terzo designato dalle parti o possono essere posti in custodia di entrambe, in modo che il costituente sia nell'impossibilità di disporne senza la cooperazione del creditore.

Si ricorda, al riguardo, che già la legge n.401 del 1985 ha dettato norme sulla costituzione di pegno sui prosciutti a denominazione di origine tutelata mentre con il decreto ministeriale 26 luglio 2016 sono state dettate specifiche norme per la costituzione del pegno rotativo su prodotti lattiero-caseari di lunga stagionatura.

 

Il comma 2-quinquiesdecies, introdotto dal Senato, prevede a favore delle imprese del settore florovivaistico la sospensione, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione fino al 15 luglio 2020, dei versamenti delle ritenute alla fonte e dei contributi previdenziali e assistenziali, nonché la sospensione tra il 1° aprile e il 30 giugno 2020 dei versamenti IVA. I versamenti dovranno, poi, essere effettuati o in un’unica soluzione entro il 31 luglio 2020 o attraverso rateizzazione dell’importo, con la prima rata pagabile a decorrere da luglio 2020, e per un totale di 5 rate.

 

Il comma 3 incrementa di 50 milioni per l’anno 2020 il Fondo distribuzione derrate alimentari agli indigenti, al fine di poter far fronte alle maggiori necessità, causa l’emergenza CODIV-19, legate alla distribuzione di derrate alimentari. Secondo quanto inserito dal Senato, le risorse saranno destinate anche ad agevolare la vendita diretta del prodotto ittico attraverso le aste telematiche e la distribuzione alla grande distribuzione organizzata e ai punti vendita al dettaglio.

 

Il Fondo distribuzione derrate alimentari agli indigenti (Fondo nazionale indigenti), istituito presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura - AGEA, è stato previsto dal comma 1 dell'art. 58, del decreto legge n. 83 del 2012 (legge n. 134 del 2012). Le sue risorse sono allocate nello stato di previsione del MIPAAF (cap. 1526).

Si ricorda, in relazione agli ultimi interventi disposti per il finanziamento del Fondo, che l'articolo 5 del decreto-legge n. 27 del 2019 (legge n. 44 del 2019) ha incrementato le risorse del suddetto Fondo, al fine di favorire la distribuzione gratuita di alimenti ad alto valore nutrizionale. Sono stati, infatti, stanziati 14 milioni di euro per il 2019, per l'acquisto di formaggi DOP, fabbricati esclusivamente con latte di pecora e con specifiche caratteristiche.

In attuazione di quest'ultima disposizione, è stato quindi emanato il decreto ministeriale 25 luglio 2019, recante il "Programma nazionale 2019 per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti - Formaggio pecorino DOP".

Infine, la legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) ha ulteriormente rifinanziato di 1 milione di euro annui, per il triennio 2020-2022, il Fondo per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti (art. 1, comma 511).

 

Il Senato ha inoltre introdotto i commi 3-bis-3-novies.

 

Il comma 3-bis autorizza la spesa di 2 milioni di euro per l’anno 2020 per la corresponsione dell’incremento di indennità a favore del personale dell’Ispettorato centrale della qualità e delle repressioni frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF).

 

L’articolo 3, comma 4, del decreto-legge 11 gennaio 2001, n. 1, richiamato nel comma in esame, ha previsto che al personale dell'Ispettorato centrale repressione frodi, in considerazione della specifica professionalità richiesta nello svolgimento dei compiti istituzionali che comporta un'alta preparazione tecnica, onerosità e rischi legati anche all'attività di polizia giudiziaria, venga attribuita un'indennità pari a quella già prevista per il personale con identica qualifica del comparto «Sanità».

 

Il comma 3-ter autorizza le Regioni e le Province autonome ad agevolare l’utilizzo del latte, dei prodotti e derivati del latte negli impianti di digestione anaerobica siti nel proprio territorio regionale, derogando, limitatamente al periodo di crisi, alle procedure di autorizzazione previste per l’uso e la trasformazione delle biomasse.

In tal senso, le Regioni e le province autonome sono chiamate a definire specifiche disposizioni transitorie cui dovranno attenersi i titolari di impianti di biogas.

Il gestore dell’impianto, nel caso in cui non sia in possesso delle autorizzazioni prescritte ai sensi del Reg. 1069/2009, è tenuto a formulare richiesta preventiva all’autorità sanitaria competente che, svolte le verifiche necessarie, è tenuta ad accogliere o respingere la richiesta entro tre giorni dalla data della richiesta.

Agli imprenditori agricoli è consentito, previa autorizzazione dell’Autorità sanitaria competente, l’utilizzo agronomico delle acque reflue addizionate con siero, scotta, latticello e acque di processo delle paste filate nonché l’utilizzo di siero puro o in miscela con gli effluenti di allevamento su tutti i tipi di terreno in deroga alle disposizioni vigenti.

 

L’art. 14 del Reg. 1069/2009 (recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale e ai prodotti derivati non destinati al consumo umano e che abroga il regolamento (CE) n. 1774/2002 regolamento sui sottoprodotti di origine animale) prevede l’uso e smaltimento dei materiali di categoria 3, tra cui sono previsti quei materiali indicati all’articolo 10, lettera f) del medesimo Regolamento 1069/2009), cioè i prodotti di origine animale, o prodotti alimentari contenenti prodotti di origine animale, i quali non sono più destinati al consumo umano per motivi commerciali o a causa di problemi di fabbricazione o difetti di condizionamento o altri difetti che non presentano rischi per la salute pubblica o degli animali, e che possono, tra l’altro, essere compostati o trasformati in biogas.

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 24 del reg. 1069/2009 stabilisce che il riconoscimento da parte delle autorità competenti è rivolto agli stabilimenti o impianti che svolgono attività specifiche, tra cui, la trasformazione di sottoprodotti di origine animali e/o di prodotti derivati in biogas o compost (art. 24, par.1, lett. g) e che, in base all’art. 10 del Regolamento 142/2011 (di attuazione del reg. 1069/2009), i medesimi impianti o stabilimenti devono seguire le prescrizioni, applicabili alla trasformazione di sottoprodotti di origine animale e di prodotti derivati in biogas o compost, previste all'allegato V del medesimo reg. 142/2011.

Il Decreto legislativo n. 387/2003 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità) disciplina, poi, all’art. 12, le procedure autorizzative per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, tra cui le biomasse di origine animale.

In merito si ricorda che nel marzo scorso, sia la Lombardia sia il Veneto hanno provveduto ad emanare una disciplina, determinata dall’emergenza Covid 19, al fine di consentire il conferimento di sottoprodotti a base di latte derivanti dalle lavorazioni lattiero-casearie, quali sottoprodotti di origine alimentare, presso gli impianti alimentati a biogas delle rispettive regioni, in quanto eccedenze di produzione.

 

Il comma 3-quater, inserito al Senato, prevede che, nelle more dell’emergenza sanitaria in atto, i certificati di idoneità rilasciati dagli organismi di certificazione nei confronti dei prodotti biologici e a denominazione protetta sono rilasciati anche senza procedere alle visite in azienda, sulla base di una valutazione degli stessi organismi in ordine alla sussistenza o meno delle condizioni per la certificazione. A tal fine devono essere raccolte informazioni ed evidenze sufficienti e essere trasmesse dichiarazioni sostitutive da parte dei titolari delle imprese interessate. Resta confermato l’obbligo di successiva verifica aziendale al momento della cessazione delle misure di emergenza.

 

Il comma 3-quinquies, inserito al Senato, apporta una modifica alla lettera e), comma 3, dell’articolo 83 del D.Lgs. n.159/2011 (Codice delle leggi antimafia), specificando che la documentazione antimafia non è richiesta per i provvedimenti che erogano aiuti il cui valore complessivo non supera i 150.000 euro.

 

Il comma 3-sexies, introdotto dal Senato, proroga al 31 dicembre 2020 la validità dei permessi di soggiorno dei lavoratori stagionali agricoli in scadenza tra il 23 febbraio e il 31 maggio 2020.

 

Il comma 3-septies, introdotto dal Senato, prevede che vengano disposti, di concerto con le Regioni, i Comuni interessati e le autorità sanitarie, strumenti di controllo e di intervento sanitario sugli alloggi e sulle condizioni dei lavoratori agricoli e dei braccianti.

 

Il comma 3-octies, introdotto dal Senato, prevede che il bando per gli incentivi a favore degli impianti di biogas gestiti, a determinate condizioni, dagli imprenditori agricoli, sia pubblicato entro il 30 settembre 2020.

 

La disposizione fa rinvio a quanto disposto all’articolo 1, comma 954, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 in base al quale gli impianti di produzione di energia elettrica alimentati a biogas, con potenza elettrica non superiore a 300 kW e facenti parte del ciclo produttivo di una impresa agricola, di allevamento, realizzati da imprenditori agricoli anche in forma consortile e la cui alimentazione deriva per almeno l'80 per cento da reflui e materie derivanti dalle aziende agricole realizzatrici e per il restante 20 per cento da loro colture di secondo raccolto, continuano ad accedere agli incentivi secondo le procedure, le modalità e le tariffe di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 23 giugno 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 150 del 29 giugno 2016. L'accesso agli incentivi in esame è condizionato all'autoconsumo in sito dell'energia termica prodotta, a servizio dei processi aziendali. 

La disposizione è stata, da ultimo, prorogata all’anno 2020 dall’articolo 40-ter del decreto-legge n.162 del 2019.

 

Il comma 3-novies prevede, poi, che siano riprogrammate le risorse previste dal programma operativo nazionale del Fondo europeo per gli affari marittimi e della pesca; ciò avverrà con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, emanato di concerto con la Conferenza Stato-regioni, da emanarsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame. 

 

Si ricorda, al riguardo, che per finanziamento della politica comune della pesca è operativo il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) 2014-2020, di cui al regolamento UE n. 508/2014.

Il Fondo viene utilizzato per cofinanziare progetti insieme alle risorse nazionali.

A ciascun Paese viene assegnata una quota della dotazione complessiva del Fondo in base alle dimensioni del suo settore ittico.

Ogni Paese deve, quindi, predisporre un programma operativo (PO), specificando le modalità di utilizzo delle risorse assegnate.

In seguito all'approvazione del programma, da parte della Commissione, spetta alle Autorità nazionali selezionare i progetti da finanziare.

Le Autorità nazionali e la Commissione sono congiuntamente responsabili dell'attuazione del programma.

La dotazione finanziaria per l'Italia proveniente dal Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP) per il periodo 2014-2020 è stata di 537 milioni di euro, compresi gli incentivi pubblici per i controlli e la ricerca scientifica.

L'Italia ha redatto, ai sensi del Regolamento (UE) n.508/2014, un Programma Operativo unico,  approvato con decisione della Commissione europea del 25 novembre 2015.

Sulla base dell'Accordo di partenariato approvato dalla Commissione UE il 29 ottobre 2014 e del Programma Operativo unico FEAMP 2014-2020, le risorse europee per l'Italia sono ripartite sui seguenti obiettivi tematici:

OT3: promuovere la competitività delle piccole e medie imprese, il settore agricolo e il settore della pesca e dell'acquacoltura: 218,72 milioni di euro;

OT4: sostenere la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori: 12,70 milioni di euro;

OT6: tutelare l'ambiente e promuovere l'uso efficiente delle risorse: 215,47 milioni;

OT8. promuovere l'occupazione sostenibile e di qualità e sostenere la mobilità dei lavoratori: 58,13 milioni.

 Si consideri che ai predetti importi si deve aggiungere il relativo cofinanziamento nazionale, pari a circa 446,6 milioni di euro.

 

Il comma 4 prevede che la copertura degli oneri derivanti dai commi 2 e 3 sia disposta a valere sulle risorse finanziarie disposte dall’articolo 126 del decreto-legge in esame.

 

Il Senato ha aggiunto i commi 4-bis-4-quinquies.

 

I commi 4-bis, 4-ter, 4-quater e 4-quinquies prevedono, rispettivamente, la concessione di mutui a tasso zero a favore delle imprese agricole ubicate nei comuni indicati nell'allegato n. 1 al DPCM del 1° marzo 2020, l’istituzione, a copertura degli oneri, di un Fondo rotativo e il rinvio ad un decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali per la definizione dei criteri e delle modalità di concessione dei mutui nonché la copertura degli oneri previsti.

 

In particolare, secondo quanto stabilito dal comma 4-bis, i mutui avranno durata non superiore a 15 anni, saranno finalizzati all'estinzione dei debiti bancari in essere al 31 gennaio 2020 in capo alle imprese agricole ubicate, appunto, nei comuni individuati nell'allegato n. 1 al DPCM del 1° marzo 2020, che abbiano subito danni diretti o indiretti, al fine di assicurare la ripresa economica e produttiva.

L'art. 1 del DPCM del 1° marzo 2020 ha stabilito le misure di contenimento adottate allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus SARS-COV2-2019/2020, nei comuni indicati nell'allegato 1.

Tale allegato reca l'elenco dei seguenti Comuni: 1) nella Regione Lombardia: a) Bertonico; b) Casalpusterlengo; c) Castelgerundo; d) Castiglione D'Adda; e) Codogno; f) Fombio; g) Maleo; h) San Fiorano; i) Somaglia; l) Terranova dei Passerini; 2) nella Regione Veneto: a) Vo'.

Il fondo rotativo di cui al comma 4-ter è istituito nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole ed ha una dotazione di 10 mln di euro per il 2020. Per la gestione del fondo rotativo il MIPAAF è autorizzato all'apertura di apposita contabilità speciale.

Il comma 4-quater demanda, infine, a un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, la definizione dei criteri e delle modalità di concessione dei mutui previsti dal comma 4-bis.

Il comma 4-quinquies rinvia all'articolo 126, comma 6-bis, per la copertura degli oneri derivanti dall'istituzione del fondo rotativo di cui al comma 4-ter.

 

Il comma 4-sexies prevede che possano essere rinegoziati i mutui e gli altri finanziamenti in essere al 1° marzo 2020 richiesti dalle imprese agricole per soddisfare le esigenze di conduzione e/o miglioramento delle strutture produttive. La rinegoziazione deve portare ad un miglioramento delle condizioni applicabili, incidendo sul piano di ammortamento e sulla misura del tasso di interesse. Le operazioni di rinegoziazione sono esenti da ogni imposta e da ogni onere, anche amministrativo a carico dell’imprese, comprese le spese istruttorie.

 

Il comma 4-septies autorizza i soggetti che devono presentare all’Agenzia delle entrate le deleghe, i mandati o la documentazione per il tramite degli intermediari abilitati di inviare per via telematica agli stessi intermediari la copia per immagine della delega e della documentazione, insieme alla copia del documento di identità. In alternativa, le deleghe, i mandati e le dichiarazioni possono essere presentate per via telematica previa autorizzazione dell’interessato. Tali modalità sono consentite anche nel caso di presentazione di dichiarazioni all’INPS, alle Amministrazioni pubbliche locali, alle Università e agli altri Enti erogatori convenzionati con gli intermediari abilitati.

 

Il comma 4-octies dispone che la sospensione prevista dall’articolo 103 si applica anche ai certificati di abilitazione alla vendita, di abilitazione e dell’attività di consulente e all’acquisto e utilizzo di prodotti fitosanitari.

 

Il testo fa riferimento agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo n. 150 del 2012, recante attuazione della direttiva 2009/128/CE che istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi.

L’art. 8 detta disposizioni in materia di certificato di abilitazione alla vendita e certificato di abilitazione all'attività di consulente che sono rilasciati dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, secondo i propri ordinamenti.

L’art. 9 dispone, invece, in merito al Certificato di abilitazione all'acquisto e all'utilizzo, anche esso rilasciato dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano, secondo i propri ordinamenti.

 

Il comma 4-novies dispone, infine, che le agevolazioni del Fondo rotativo per il sostegno delle imprese e gli investimenti in ricerca è esteso agli investimenti realizzati dalle imprese della filiera avicola nel limite di 100 milioni di euro per l’anno 2020.

 

Il Fondo cui si riferisce la norma è quello istituito dal comma 354 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 20059 che ha istituito, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, un apposito fondo rotativo, denominato «Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca». Il Fondo è finalizzato alla concessione alle imprese, anche associate in appositi organismi, anche cooperativi, costituiti o promossi dalle associazioni imprenditoriali e dalle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di finanziamenti agevolati che assumono la forma dell'anticipazione, rimborsabile con un piano di rientro pluriennale. Alla dotazione iniziale si aggiungono le risorse disposte dalla Cassa depositi e prestiti Spa.

Quanto alle modalità di concessione delle agevolazioni il testo dispone che si faccia riferimento al decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 8 gennaio 2016, recante criteri, modalità e procedure per l'attuazione dei Contratti di filiera e dei Contratti di distretto e relative misure agevolative per la realizzazione dei Programmi.


 

Articolo 79
(Misure urgenti per il trasporto aereo)

 

 

L’articolo 79, modificato nel corso dell’esame al Senato, riconosce formalmente l’epidemia da COVID-19 come calamità naturale ed evento eccezionale per il settore del trasporto aereo e prevede misure compensative dei danni subiti per le imprese  di trasporto aereo di passeggeri che esercitano oneri di servizio pubblico (commi 1 e 2); autorizza inoltre, in considerazione della particolare situazione determinatasi con l’emergenza COVID-19, per Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A. e Alitalia Cityliner S.p.A., la costituzione di una nuova società pubblica, o interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle Finanze, o a prevalente partecipazione pubblica, autorizzando espressamente il Commissario straordinario a porre in essere ogni atto a ciò necessario o conseguente (commi da 3 a 8).

 

In dettaglio il comma 1 riconosce formalmente l’epidemia da COVID-19 come calamità naturale ed evento eccezionale ai fini del presente articolo, ai sensi dell’articolo 107, comma 2, lettera b), del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Tale articolo, alla richiamata lett. b), considera compatibili con il mercato interno gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali.

 

Si segnala a questo proposito che con la Comunicazione della Commissione 2020/C 91 I/01 del 19 marzo 2020, è stato approvato un nuovo quadro temporaneo europeo per gli aiuti di Stato, emendato, il 3 aprile 2020, con la Comunicazione C(2020) 2215 Final.

 

Il comma 2 riconosce misure compensative dei danni subiti, come conseguenza diretta dell’evento eccezionale, alle imprese titolari di licenza di trasporto aereo di passeggeri rilasciata dall’ENAC che adempiano ad oneri di servizio pubblico alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, in considerazione dei danni subiti dall’intero settore dell’aviazione a causa dell’insorgenza dell’epidemia da COVID 19, al fine di consentire la prosecuzione dell’attività.

Per le modalità applicative si rinvia ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. L’efficacia della disposizione viene comunque subordinata all’autorizzazione della Commissione europea ai sensi della disciplina sugli aiuti di Stato di cui all’articolo 108, paragrafo 3, del TFUE, che prevede la comunicazione in tempo utile alla Commissione dei progetti diretti a istituire o modificare aiuti.

 

I commi da 3 a 8 prevedono disposizioni per le società Alitalia S.p.A. e Alitalia Cityliner S.p.A., entrambe in amministrazione straordinaria.

Il comma 3, in considerazione della situazione determinata sulle attività di Alitalia - Società Aerea Italiana S.p.A. e di Alitalia Cityliner S.p.A. dall’epidemia da COVID-19, autorizza la costituzione di una nuova società interamente controllata dal Ministero dell’economia e delle Finanze ovvero controllata da una società a prevalente partecipazione pubblica anche indiretta.

 

In base al comma 4, l’atto costitutivo della nuova società pubblica sarà definito attraverso uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di natura non regolamentare, sottoposti alla registrazione della Corte dei Conti.

A seguito della modifica introdotta al Senato, si propone che tali decreti siano adottati di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Saranno ivi definiti l’oggetto sociale, lo Statuto e il capitale sociale iniziale e saranno inoltre nominati gli organi sociali in deroga alle disposizioni vigenti in materia e sarà definito ogni altro elemento necessario per la costituzione e il funzionamento della società.

Si autorizza inoltre il Commissario Straordinario delle società a porre in essere ogni atto necessario o conseguente, nelle more dell’espletamento della procedura di cessione dei complessi aziendali delle due società in amministrazione straordinaria e fino all’effettivo trasferimento dei medesimi complessi aziendali all’aggiudicatario della procedura di cessione, ai fini di quanto necessario per l’attuazione della norma in commento.

Il MEF è autorizzato a partecipare al capitale sociale o a rafforzare la dotazione patrimoniale della nuova società, anche in più fasi e anche per successivi aumenti di capitale o della dotazione patrimoniale, anche tramite società a prevalente partecipazione pubblica anche indiretta.

 

Il comma 5 esclude l’applicazione, per la società così costituita, delle disposizioni del Testo unico delle società a partecipazione pubblica (decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 e successive modifiche e integrazioni).

 

Tra le disposizioni del Testo unico si segnala come l’articolo 4 preveda che le amministrazioni pubbliche non possano, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. L’articolo 5 prescrive che l'atto deliberativo di costituzione di una società a partecipazione pubblica o di acquisto di partecipazioni, anche indirette, da parte di amministrazioni pubbliche in società già costituite deve essere analiticamente motivato con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all'articolo 4, evidenziando, altresì, le ragioni e le finalità che giustificano tale scelta, anche sul piano della convenienza economica e della sostenibilità finanziaria nonché di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato. L’articolo 7 prevede che la deliberazione di partecipazione di un'amministrazione pubblica alla costituzione di una società è adottata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con i ministri competenti per materia, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, in caso di partecipazioni statali. Sono inoltre previste norme specifiche in materia di gestione delle partecipazioni (art. 9), alienazione delle stesse (art. 10), crisi d’impresa (art. 12), legittimazione ad agire per la denunzia di gravi irregolarità (art. 13), monitoraggio, indirizzo e coordinamento sulle società a partecipazione pubblica (art. 15) e gestione del personale (artt. 19 e 25).

 

Il comma 6 dispone che ai fini dell’eventuale trasferimento di personale ricompreso nel perimetro dei complessi aziendali di Alitalia e Cityliner in amministrazione straordinaria, efficientati e riordinati in base al programma dell’amministrazione straordinaria integrato con le iniziative di riorganizzazione ed efficientamento della struttura come previsto all’art. 1, co. 3 del DL n. 137/2019, si applichi l’art. 5, co. 2-ter del DL n. 347 del 2003, con espressa esclusione di ogni altra disciplina applicabile.

 

L’art. 5, co. 2-ter richiamato prevede che nel caso di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di imprese e ai fini della concessione degli ammortizzatori sociali, siano ridotti della metà i termini previsti dalla legislazione vigente (articolo 4, commi 6 e 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, articolo 2, comma 6, del DPR 10 giugno 2000, n. 218, e articolo 47, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 428). Inoltre la norma prevede che nell'ambito delle consultazioni relative al trasferimento d'azienda, ovvero esaurite le stesse infruttuosamente, il Commissario e il cessionario possano concordare il trasferimento solo parziale di complessi aziendali o attività produttive in precedenza unitarie e definire i contenuti di uno o più rami d'azienda, anche non preesistenti, con individuazione di quei lavoratori che passano alle dipendenze del cessionario. I passaggi anche solo parziali di lavoratori alle dipendenze del cessionario possono essere effettuati anche previa collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria o cessazione del rapporto di lavoro in essere e assunzione da parte del cessionario.

 

Il comma 7 istituisce un apposito fondo per l’attuazione delle disposizioni del presente articolo, con una dotazione finanziaria di 500 milioni di euro per l’anno 2020. Si rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e finanze - da adottare di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e, a seguito di una modifica introdotta nel corso dell’esame al Senato, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali - la definizione degli importi da destinare alle singole finalità previste dall’articolo in commento.

Si prevede inoltre che con un decreto del Ministro dell’economia e finanze possa essere riassegnata, per gli interventi relativi alla costituzione della nuova società pubblica prevista dal comma 4, una quota degli importi derivanti da operazioni di valorizzazione di attivi mobiliari e immobiliari o da distribuzione di dividendi o riserve patrimoniali, senza maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Il comma 8 reca la copertura finanziaria dell’articolo in commento, a valere ai sensi dell’articolo 126 del decreto.

 

Con riferimento alla cessione delle società Alitalia SAI S.p.a. e Alitalia Cityliner S.p.a. si ricorda che la prima fase della procedura di cessione, nell’ambito dell’amministrazione straordinaria, iniziata il 19 ottobre 2018, ed il cui termine era stato successivamente prorogato fino al 21 novembre 2019, non aveva portato alla formalizzazione di alcuna offerta.  

L'articolo 37 del decreto-legge n. 34 del 2019, convertito dalla legge n. 58/2019, aveva quindi autorizzato l'ingresso del Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale sociale di una nuova compagnia aerea, "Nuova Alitalia", nel limite dell'importo maturato a titolo di interessi sul prestito, stimato in 145 milioni € ed il trasferimento a tale società dei  compendi aziendali oggetto delle procedure di amministrazione straordinaria, nonché la restituzione della quota capitale del finanziamento di 900 milioni di euro nell'ambito della procedura di ripartizione dell'attivo dell'amministrazione straordinaria, a valere e nei limiti dell'attivo disponibile di Alitalia – Società Aerea Italiana S.p.A. in amministrazione straordinaria. 

Successivamente il decreto legge 2 dicembre 2019, n. 137, convertito dalla legge 30 gennaio 2020, n. 2, ha disposto la concessione di un finanziamento semestrale di 400 milioni di euro e delineato una nuova procedura per pervenire al trasferimento dei complessi aziendali di Alitalia e delle altre società del gruppo, attraverso una integrazione al programma della procedura di amministrazione straordinaria, con un piano contenente le iniziative e gli interventi di riorganizzazione ed efficientamento della struttura e delle attività aziendali. È stato inoltre previsto che l'organo commissariale espleti le procedure di cessione entro il 31 maggio 2020, eventualmente anche individuando l'affittuario o l'acquirente, a trattativa privata tra i soggetti che garantissero la continuità nel medio periodo del relativo servizio pubblico essenziale, nel rispetto dei princìpi di trasparenza e non discriminazione. Tra le facoltà riconosciute ai sensi del citato decreto-legge all’organo commissariale con riferimento alla vendita dei complessi aziendali è richiamata l'applicazione dei commi dal quarto al nono dell'articolo 105 della legge fallimentare. Tali disposizioni prevedono tra l’altro che il curatore possa procedere alla cessione delle attività e delle passività dell'azienda o dei suoi rami, nonché di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco, esclusa comunque la responsabilità dell'alienante prevista dall'articolo 2560 del codice civile; che il curatore possa procedere alla liquidazione anche mediante il conferimento in una o più società, eventualmente di nuova costituzione, dell'azienda o di rami della stessa, ovvero di beni o crediti, con i relativi rapporti contrattuali in corso, esclusa la responsabilità dell'alienante ai sensi dell'articolo 2560 del codice civile ed osservate le disposizioni inderogabili contenute nella sezione II del Capo VI della legge fallimentare, facendo salve eventuali diverse disposizioni previste in leggi speciali; che il pagamento del prezzo possa essere effettuato mediante accollo di debiti da parte dell'acquirente solo se non viene alterata la graduazione dei crediti.

Anche in ragione delle facoltà previste dalla sopra ricordata normativa il Commissario straordinario ha, in data 6 marzo 2020, pubblicato un Invito alla manifestazione di interesse relativamente:

(a)   alle attività aziendali unitariamente considerate (“Lotto Unico”);

ovvero, alternativamente:

(b) alle attività di aviation (“Lotto Aviation”); e/o

(c) alle attività di handling (“Lotto Handling”); e/o

(d) alle attività di manutenzione (il “Lotto Manutenzione”).

Il termine per la formulazione delle manifestazioni di interesse era fissato alle 23.59 del 18 marzo 2020. Per ulteriori elementi ed aggiornamenti sullo stato della procedura si rinvia al sito dell’Amministrazione straordinaria.

 

Per ulteriori approfondimenti sulla vicenda Alitalia e sui più recenti interventi normativi, si rinvia al relativo paragrafo del Tema “Il sistema aeroportuale e il trasporto aereo”, sul Portale di Documentazione della Camera dei Deputati.


 

Articolo 80
(Incremento della dotazione dei contratti di sviluppo)

 

 

L'articolo 80 autorizza la spesa di ulteriori 400 milioni di euro per il 2020 per la concessione delle agevolazioni previste nell’ambito dei “contratti di sviluppo”, il cui istituto è stato introdotto nell'ordinamento giuridico nel 2008.

 

In particolare, come chiarisce il comma 1, la predetta autorizzazione di spesa è espressamente qualificata come aggiuntiva rispetto all'incremento di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021, già disposto dall’articolo 1, comma 231, della L. n. 160/2019 (legge di bilancio per il 2020) con riferimento alle agevolazioni relative ai contratti di sviluppo.

 

Il contratto di sviluppo rappresenta il principale strumento agevolativo dedicato al sostegno di programmi di investimento produttivi strategici ed innovativi di grandi dimensioni nei settori industriale, turistico e della tutela ambientale. Lo strumento è gestito dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia.

Esso è stato introdotto nell’ordinamento dall’articolo 43 del D.L. n. 112/2008 per favorire la realizzazione di investimenti di rilevanti dimensioni, proposti da imprese italiane ed estere, nei settori industriale, turistico e commerciale.

Il D.L. n. 69/2013 è intervenuto sulla disciplina dello strumento agevolativo in questione, demandando, all'articolo 3, comma 4, al Ministro dello sviluppo economico di provvedere, con proprio decreto, alla ridefinizione delle modalità e dei criteri per la concessione delle agevolazioni e la realizzazione degli interventi di cui al menzionato articolo 43 del D.L. n. 112/2008, anche al fine di accelerare le procedure per la concessione delle agevolazioni, di favorire la rapida realizzazione dei programmi d'investimento e di prevedere specifiche priorità in favore dei programmi che ricadono nei territori oggetto di accordi, stipulati dal MISE, per lo sviluppo e la riconversione di aree interessate dalla crisi di specifici comparti produttivi o di rilevanti complessi aziendali.

In attuazione di quanto previsto dal D.L. n. 69/2013 è stato adottato il D.M. 14 febbraio 2014, che ha operato una riforma della disciplina relativa ai contratti di sviluppo. Il successivo D.M. 9 dicembre 2014 ha operato un adeguamento alle nuove norme in materia di aiuti di Stato previste dal regolamento (UE) n. 651/2014 dello strumento dei contratti disviluppo. Il D.M. 8 novembre 2016 ha apportato modifiche al D.M. 9 dicembre 2014 in materia di contratti di sviluppo, al fine di assicurare una più efficiente gestione delle fasi procedimentali, nonché di modulare le medesime in funzione delle dimensioni dei programmi di sviluppo proposti. In particolare, con il citato D.M. è stata introdotta la possibilità di stipulare accordi di sviluppo tra il Ministero, Invitalia (soggetto gestore), l'impresa proponente e le eventuali regioni cofinanziatrici, per promuovere la realizzazione di programmi che rivestono una particolare rilevanza strategica in relazione al contesto territoriale di riferimento. Con D.M. 7 dicembre 2017 si è provveduto ad adeguare il D.M. 9 dicembre 2014 alle nuove disposizioni comunitarie in materia di delocalizzazione introdotte dal regolamento (UE) n. 1084/2017, che modifica il Regolamento (UE) n. 651/2014. Con D.M. 23 marzo 2018 sono state ampliate le modalità di intervento in favore delle imprese, prevedendo la possibilità per il soggetto gestore, ad integrazione delle agevolazioni di natura contributiva o di finanziamento già previste, di intervenire alle normali condizioni di mercato nel capitale di rischio del soggetto proponente. Al suddetto intervento, il citato D.M. 23 marzo 2018 ha destinato 20 milioni di euro di risorse del Fondo per la crescita sostenibile.

Le istanze di accesso alle agevolazioni sono presentate all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. – Invitalia, la quale procede allo svolgimento delle attività istruttorie di competenza. La procedura è finalizzata alla sottoscrizione tra il Ministero, Invitalia, l’impresa proponente e le eventuali regioni cofinanziatrici, di accordi di sviluppo ed è attivabile su istanza dell’impresa proponente, ossia l’impresa che promuove il programma di sviluppo ed è responsabile della coerenza tecnica ed economica del programma medesimo.

Le agevolazioni sono concesse nelle seguenti forme, anche in combinazione tra loro: finanziamento agevolato, nei limiti del 75% delle spese ammissibili; contributo in conto interessi; contributo in conto impianti; contributo diretto alla spesa; prestiti; garanzie. Particolari criteri per la determinazione delle agevolazioni concedibili sono previsti, sempre in attuazione dei vigenti regolamenti comunitari, per i programmi di sviluppo per la tutela ambientale e per i programmi riguardanti l’attività di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli. Per tale ultimo settore, con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 2 agosto 2017 sono state fornite specifiche disposizioni applicabili per il periodo 2014-2020.

Per un’analisi delle risorse finanziarie assegnate, per il periodo di programmazione 2014-2020, allo strumento dei contratti di sviluppo, si rinvia alla sezione dedicata sul sito del MISE.

Si ricorda inoltre che la legge di bilancio 2019 (L. n. 145/2018) al comma 202 ha rifinanziato di 1,1 milioni di euro per l’anno 2019, di 41 milioni per il 2020 e di 70,4 milioni di euro per il 2021 lo strumento del contratto di sviluppo.

Infine, l'articolo 1, comma 231, della L. 160/2019 (legge di bilancio 2020), ha autorizzato, per la concessione delle agevolazioni sopra descritte, la spesa di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021. Per l'utilizzo delle risorse disponibili per le agevolazioni, il MISE può definire, con proprie direttive, gli indirizzi operativi necessari al raggiungimento di fini strategici di sviluppo. Le risorse annualmente destinate agli interventi previsti e non utilizzate al 31 dicembre di ciascun anno a decorrere dal 2021, tenuto conto dei fabbisogni connessi alle domande di agevolazione presentate, possono essere destinate, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, nel rispetto delle regole contabili, al finanziamento di iniziative a carattere innovativo di rilevante impatto economico, sociale e ambientale con riferimento al sistema produttivo dei territori interessati.

 

Il comma 2 rinvia all’articolo 126 per la copertura degli oneri derivanti dall'articolo in esame.

 


 

Articolo 81
(Misure urgenti per lo svolgimento della consultazione
referendaria nell’anno 2020)

 

 

L’articolo 81 proroga il termine ultimo per l’indizione del referendum ex art. 138 Cost. sul testo della legge costituzionale di riduzione del numero dei parlamentari approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 ottobre 2019. Viene previsto che la consultazione referendaria sia indetta entro 240 giorni (anziché 60) dalla comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum sulla legittimità del referendum (comunicazione avvenuta il 23 gennaio 2020).

 

Il 12 ottobre 2019 è stato pubblicato il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche degli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” (G.U. del 12 ottobre 2019, n. 240)

Il 10 gennaio 2020 è stata depositata, presso la Corte di cassazione, la richiesta di referendum di cui all’art. 138 Cost. sottoscritta dal prescritto numero di senatori in carica.

Con ordinanza del 23 gennaio 2020 l’Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione ha dichiarato conforme alle norme dell’art. 138 Cost. e della legge 25 maggio 1970, n. 352 la richiesta di referendum sul testo di legge costituzionale presentate presso la cancelleria della Corte di Cassazione il 10 gennaio 2020 e ha dichiarato la legittimità del quesito referendario.

La legge prescrive che entro 60 giorni dall’ordinanza dell’Ufficio centrale  sulla legittimità del referendum (ossia entro il 23 marzo 2020), il Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei ministri, indice con proprio decreto il referendum che si svolge in una domenica compresa tra il 50° e il 70° giorno successivo all’emanazione del decreto di indizione (L. 352/1970, art. 15).

Il 27 gennaio 2020 il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio, ha convenuto sulla data del 29 marzo 2020 per l’indizione – con decreto del Presidente della Repubblica – del referendum popolare previsto dall’articolo 138 della Costituzione sul testo di legge costituzionale concernente la riduzione del numero dei seggi parlamentari.

Il giorno successivo è stato adottato il D.P.R. 28 gennaio 2020 di indizione del referendum (D.P.R. pubblicato nella G.U. 29 gennaio 2020, n. 23)

Successivamente, il Consiglio dei ministri del 5 marzo 2020, in considerazione di quanto disposto con il DPCM 4 marzo 2020, recante misure per il contrasto, il contenimento, l’informazione e la prevenzione sull’intero territorio nazionale del diffondersi del virus COVID-19, su proposta del Presidente del Consiglio, ha convenuto di proporre al Presidente della Repubblica la revoca del decreto del 28 gennaio 2020, con il quale è stato indetto per il 29 marzo il referendum popolare confermativo sul testo di legge costituzionale.

Lo stesso giorno è stato emanato il decreto del Presidente della Repubblica che ha revocato il decreto del 28 gennaio di indizione del referendum (G.U. 6 marzo 2020, n. 57).

Il 6 marzo 2020 il ministero dell’interno ha quindi disposto la sospensione, con effetto immediato, delle operazioni connesse al procedimento referendario (Circolare 17/2020).

Dovrà quindi essere adottato un nuovo decreto del Presidente della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei ministri, per indire il referendum.

 

La disposizione in esame fissa quindi, in via straordinaria, il termine ultimo per l’indizione del referendum in questione in 240 giorni (e non più 60 come prevede la legge) dalla comunicazione dell’ordinanza della Cassazione, che, come si è visto, è del 23 gennaio. Pertanto, il referendum potrà essere indetto entro il 19 settembre 2020.

Dal momento che il referendum si deve svolgere in una domenica compresa tra il 50° e il 70° giorno successivo all’emanazione del decreto di indizione, il termine ultimo per tenere la consultazione referendaria sarebbe domenica 22 novembre 2020.

 

Nella storia della Repubblica non ci sono precedenti di rinvio di referendum confermativi costituzionali.

Si registrano alcuni casi di rinvio, o per meglio dire sospensione, di referendum abrogativi a causa dello scioglimento anticipato delle Camere. La legge prevede, infatti, che nel caso di anticipato scioglimento delle Camere, il referendum abrogativo già indetto è sospeso all'atto della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente della Repubblica di indizione dei comizi elettorali per la elezione delle nuove Camere (L. 352/1970, art. 34).

Un caso di rinvio risale al 2009. Tre referendum, già previsti per il 2008, vennero rinviati per le elezioni anticipate. L’anno successivo i comizi elettorali dei tre referendum vennero convocati il 21 giugno, in deroga alla disposizione di legge che prevede lo svolgimento dei referendum abrogativi in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno (L 352/1970, art. 34). La deroga fu disposta da una legge apposita (Legge 28 aprile 2009, n. 40) che stabilì che i referendum previsti dall'articolo 75 della Costituzione da tenersi nell'anno 2009 fossero indetti per una domenica compresa tra il 15 aprile e il 30 giugno del medesimo anno in previsione del contemporaneo svolgimento dei referendum con il secondo turno di votazione delle elezioni amministrative fissato per il 21 giugno 2009.

 

 

Nella Gazzetta Ufficiale del 12 ottobre 2019 è stato pubblicato il testo della legge costituzionale, che prevede la riduzione del numero dei parlamentari: da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori elettivi. Sono a tal fine modificati gli articoli 56, secondo comma, e 57, secondo comma, della Costituzione. Il testo è stato approvato dal Senato, in seconda votazione, con la maggioranza assoluta dei suoi componenti, nella seduta dell'11 luglio 2019, e dalla Camera dei deputati, in seconda votazione, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, nella seduta dell'8 ottobre 2019.

In base all'art. 138 della Costituzione le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.

Il testo interviene anche sulla previsione costituzionale dell'art. 57, terzo comma, che individua un numero minimo di senatori per ciascuna Regione. Rispetto al testo vigente, si stabilisce che è pari a tre il numero minimo di senatori elettivi per ciascuna regione o provincia autonoma; resta immutata la rappresentanza senatoriale del Molise (due senatori) e della Valle d'Aosta (un senatore) prevista dal vigente articolo 57, terzo comma, della Costituzione.

Viene inoltre fissato a cinque il numero massimo di senatori a vita di nomina presidenziale, mentre non vengono apportate modificazione della previsione costituzionale vigente circa gli ex Presidenti della Repubblica senatori di diritto a vita.

L'art. 4 della proposta di legge costituzionale dispone che "Le disposizioni di cui agli articoli 56 e 57 della Costituzione, come modificati dagli articoli 1 e 2 della presente legge costituzionale, si applicano a decorrere dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale e comunque non prima che siano decorsi sessanta giorni dalla predetta data di entrata in vigore".

 

Parallelamente, il Parlamento ha approvato la legge 27 maggio 2019, n. 51 in materia elettorale che ha determinato il numero di seggi da attribuire nei collegi uninominali e nei collegi plurinominali sulla base di un rapporto frazionario la cui applicazione restituisce gli stessi numeri attualmente fissati. Finalità delle modifiche è quella di rendere applicabile il sistema elettorale indipendentemente dal numero dei parlamentari previsto dalla Costituzione, in modo che non si rendano necessarie modifiche alla normativa elettorale qualora il numero dei parlamentari dovesse essere modificato con leggi di modifica costituzionale.

La legge 51 del 2019 reca altresì (art. 3) una delega al Governo per la determinazione dei collegi – uninominali e plurinominali – per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica da esercitare "qualora entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge sia promulgata una legge costituzionale che modifica il numero dei componenti delle Camere". La modifica del numero dei componenti comporta infatti, a legislazione elettorale invariata, una corrispondente modifica del numero dei collegi elettorali e, quindi, dei relativi confini.

In tal caso la delega deve essere esercitata, ai sensi del suddetto art. 3, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale sulla base dei principi e criteri direttivi previsti dall'art. 3 della legge 51/2019 (che in gran parte richiamano quelli individuati dall'art. 3 della legge n. 165 del 2017).

 

 


 

Articolo 82
(Misure destinate agli operatori che forniscono reti e servizi di comunicazioni elettroniche)

 

 

L'articolo 82 prevede che dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame e fino al 30 giugno 2020, al fine di far fronte alla crescita dei consumi dei servizi e del traffico sulle reti di comunicazioni elettroniche, le imprese che svolgono attività di fornitura di reti e servizi di comunicazioni elettroniche intraprendono misure e iniziative per potenziare le infrastrutture e garantire il funzionamento delle reti e l’operatività e continuità dei servizi (co. 1 e 2).

Con una modifica approvata dal Senato, al comma 1 si specifica che restano fermi gli obblighi derivanti dal decreto-legge n. 21 del 2012 in materia di poteri speciali nei settori strategici e le prerogative conferite dalla medesima normativa al governo, nonché quanto disposto dall'articolo 4-bis, comma 3, del D.L. 105 del 2019 in materia di poteri speciali nei settori di rilevanza strategica, ora novellato dal D.L. 23 del 2020.

Le imprese fornitrici di servizi di comunicazioni elettroniche accessibili al pubblico adottano tutte le misure necessarie per potenziare e garantire l’accesso ininterrotto ai servizi di emergenza (co. 3). Si prevede che le imprese fornitrici di reti e servizi di comunicazioni elettroniche soddisfano qualsiasi richiesta ragionevole di miglioramento della capacità di rete e della qualità del servizio da parte degli utenti, dando priorità alle richieste provenienti dalle strutture e dai settori ritenuti “prioritari” dall’unità di emergenza della Presidenza del Consiglio o dalle unità di crisi regionali. In base al comma 5, le imprese fornitrici di reti e servizi di comunicazioni elettroniche accessibili al pubblico sono imprese di pubblica utilità e assicurano interventi di potenziamento e manutenzione della rete nel rispetto delle norme igienico-sanitarie e dei protocolli di sicurezza anti-contagio. Il comma 6 dispone che le misure straordinarie adottate sono comunicate all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che provvede a modificare o integrare il quadro regolamentare vigente, laddove necessario al perseguimento delle finalità della norma e nel rispetto delle proprie competenze.

La disposizione reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

I commi 1 e 2 stabiliscono che, dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame e fino al 30 giugno 2020, le imprese che svolgono attività di fornitura di reti e servizi di comunicazioni elettroniche, autorizzate ai sensi del Codice delle comunicazioni elettroniche, intraprendono misure e svolgono ogni utile iniziativa atta a:

§   potenziare le infrastrutture

§  e a garantire il funzionamento delle reti e l’operatività e continuità dei servizi.

Si indica la finalità di far fronte alla crescita dei consumi dei servizi e del traffico sulle reti di comunicazioni elettroniche.

Con una modifica approvata al comma 1 dal Senato, si specifica che restano fermi:

- gli obblighi derivanti dal decreto-legge n. 21 del 2012 in materia di poteri speciali nei settori di rilevanza strategica e le prerogative conferite dalla medesima normativa al Governo;

- nonché quanto disposto dall'articolo 4-bis, comma 3, del D.L. 105 del 2019. Il D.L. n. 105 del 2019 ha recato disposizioni urgenti in materia di perimetro per la sicurezza nazionale cibernetica e di disciplina dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica. L'articolo 4-bis reca in particolare modifiche alla disciplina dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica, prevedendo al comma 3 l'obbligo di notifica per l'acquisto a qualsiasi titolo, da parte di un soggetto esterno all'Unione europea, di partecipazioni in società che detengono beni e rapporti nei settori delle infrastrutture e delle tecnologie critiche.

 

Si segnala che la normativa in materia di poteri speciali è ora oggetto di intervento di novella da parte delle disposizioni del decreto-legge n. 23 del 2020 (Decreto liquidità) segnatamente con gli articoli 15 e 16 dello stesso che incidono sulle disposizioni del decreto legge n. 21 del 2020, come modificato dall'articolo 4-bis co. 3 in parola.

 

Per salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale, il legislatore ha organicamente disciplinato, con il decreto legge n. 21 del 2012, come successivamente modificato nel tempo, la materia dei poteri speciali esercitabili dal Governo anche per aderire alle indicazioni e alle censure sollevate in sede europea con riferimento al previgente assetto legislativo nazionale. Il decreto ha riformato tale assetto determinando l'archiviazione della procedura di infrazione da parte della Commissione europea il 15 febbraio 2017, in quanto la nuova disciplina italiana è stata ritenuta compatibile con il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Il decreto n. 21 del 2012 definisce, anche mediante il rinvio ad atti di normazione secondaria (DPCM), l'ambito oggettivo e soggettivo, la tipologia, le condizioni e le procedure di esercizio da parte dello Stato (in particolare, del Governo) dei poteri speciali.

Tali poteri si sostanziano principalmente nella facoltà di porre il veto rispetto all'adozione di determinate delibere, atti e operazioni delle imprese che gestiscono attività strategiche in specifici settori, di dettare impegni e condizioni in caso di acquisito di partecipazioni in tali imprese, ovvero di opporsi all'acquisto delle medesime partecipazioni. Tali poteri riguardano i settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti, delle comunicazioni e negli ulteriori settori da individuare con norme regolamentari fra quelli indicati dall'articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2019/452. Specifici poteri sono stati introdotti anche con riferimento alle operazioni che incidono sulle reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia di "quinta generazione" (5G).

L'esercizio dei poteri speciali è disciplinato dalla legge ed è assistito da obblighi di notifica e informazione applicabili alle imprese che gestiscono attivi strategici, con riferimento a specifiche delibere, atti e operazioni, nonché ai soggetti che acquistano partecipazioni rilevanti nelle medesime imprese. L'inosservanza degli obblighi di notifica o l'inadempimento di impegni e condizioni derivanti dall'esercizio dei poteri sono puniti con specifiche sanzioni amministrative pecuniarie.    

Per ulteriori approfondimenti sull'evoluzione e sui contenuti della relativa disciplina, si rinvia alla ricostruzione contenuta nel focus pubblicato sul portale della documentazione della Camera dei deputati.

In sintesi, si rappresenta che il decreto legge n. 148 del 2017 ha modificato ed esteso la disciplina dell'esercizio dei poteri speciali del Governo con riferimento alla governance di società considerate strategiche, ampliando anche i settori ai quali i poteri speciali risultano applicabili (energia, trasporti, comunicazioni, nonché al settore della cd. alta intensità tecnologica).

Successivamente, il decreto legge n. 22 del 2019 ha introdotto disposizioni specifiche in tema di poteri speciali inerenti le reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia di "quinta generazione" (5G). Tale norma qualifica i servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G quali attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, ai fini dell'esercizio dei poteri speciali.

Il decreto legge n. 64 del 2019 ha ulteriormente modificato le norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Il Consiglio dei ministri, nella riunione del 5 settembre 2019, ha deliberato l’esercizio dei poteri speciali ai sensi di tale provvedimento, con riferimento ad alcune operazioni riguardanti le comunicazioni elettroniche basate sulla tecnologia 5G e l’acquisizione di componenti ad alta intensità tecnologica. Tuttavia, alla luce della mancata conversione in legge, l'atto è decaduto il 9 settembre 2019. Si segnala inoltre che, nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge di conversione del decreto legge n. 75 del 2019 è stato approvato un emendamento al medesimo disegno di legge con il quale si prevede la sanatoria degli effetti del decreto legge n. 64 del 2019. Per approfondimenti sulle disposizioni di tale ultimo decreto si rinvia al dossier predisposto dai servizi di Camera e Senato.

In seguito, nel corso dell'esame parlamentare del decreto legge n. 105 del 2019, i contenuti del decreto legge n. 64 del 2019 sono stati parzialmente ripresi mediante l'introduzione dell'articolo 4-bis. L'articolo 4-bis ha riproposto le seguenti modifiche al decreto legge n. 21 del 2012:

·      è stato esteso il termine per l'esercizio dei poteri speciali da parte del Governo, con contestuale incremento degli elementi informativi resi dalle imprese detentrici degli asset strategici;

·      è stato ampliato l'oggetto di alcuni poteri speciali;

·      sono stati modificati e integrati gli obblighi di notifica finalizzati all'esercizio dei poteri speciali;

·      è stata modificata la disciplina dei poteri speciali in tema di tecnologie 5G, per rendere il procedimento sostanzialmente simmetrico rispetto a quello per l'esercizio dei poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale;

·      è stato ridefinito il concetto di "soggetto esterno all'Unione europea" e sono stati precisati i criteri per determinare se un investimento estero è suscettibile di incidere sulla sicurezza o sull'ordine pubblico.

 Inoltre, l'articolo 4-bis del decreto legge n. 105 del 2019 ha previsto l'introduzione di ulteriori circostanze che il Governo può tenere in considerazione, per l'esercizio dei poteri speciali, nel caso in cui l'acquirente di partecipazioni rilevanti sia un soggetto esterno all'Unione europea. È stata inoltre sottoposta all'obbligo di notifica l'acquisizione a qualsiasi titolo (in luogo del solo acquisto) di beni o servizi relativi alle reti 5G, quando posti in essere con soggetti esterni all'Unione europea. È stato consentito l'aggiornamento dei regolamenti che individuano gli attivi di rilevanza strategica tramite decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, in luogo di decreti del Presidente della Repubblica, anche in deroga alle procedure previste dalla legge n. 400 del 1988, semplificando contestualmente la procedura per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti. È stata, infine, disciplinata la notifica riguardante delibere, atti e operazioni relativi a specifici asset di rilevanza strategica per l'interesse nazionale nei settori dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni, in presenza di condizioni particolari relative alla provenienza dell'acquirente ovvero agli effetti delle operazioni compiute.

 

Con una modifica apportata dal Senato, si è precisato il riferimento alle imprese autorizzate ai sensi del capo II del titolo II del codice di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, recante la normativa in materia di reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico.

 

La relazione illustrativa evidenzia che la norma è volta a stimolare interventi di potenziamento delle infrastrutture e ad assicurare la fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche in grado di supportare la crescita dei consumi e la gestione dei picchi di traffico generati dalla necessità di svolgere attività, quali smart working, e-learning, o in ambito di informazione, comunicazione, intrattenimento, acquisti online utilizzando la rete Internet o i tradizionali servizi voce e dati.

Il d.lgs n. 259/2003 e s.m.i. reca il Codice delle comunicazioni elettroniche. Il Capo II del Titolo II stabilisce le norme sulle autorizzazioni, prevedendo all'art. 25 (Autorizzazione generale per le reti e i servizi di comunicazione elettronica) che l'attività di fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica è libera ai sensi dell'articolo 3 del Codice, fatte salve le condizioni stabilite nel Capo stesso e le eventuali limitazioni introdotte da disposizioni legislative regolamentari e amministrative che prevedano un regime particolare per i cittadini o le imprese di Paesi non appartenenti all'Unione europea o allo Spazio economico europeo, o che siano giustificate da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato e della sanità pubblica, compatibilmente con le esigenze della tutela dell'ambiente e della protezione civile, poste da specifiche disposizioni, ivi comprese quelle vigenti alla data di entrata in vigore del Codice.

In ordine alla disponibilità di servizi, l'art. 73 prevede che il Ministero stabilisce le misure necessarie per garantire la più ampia disponibilità possibile dei servizi telefonici accessibili al pubblico forniti attraverso le reti pubbliche di comunicazioni, in caso di incidenti gravi di rete o nei casi di forza maggiore. Le imprese fornitrici di servizi telefonici accessibili al pubblico devono adottare tutte le misure necessarie per garantire l'accesso ininterrotto ai servizi di emergenza.

In relazione ai Principi generali, di cui all'articolo 3 del Codice medesimo, va ricordato che il Codice garantisce i diritti inderogabili di libertà delle persone nell'uso dei mezzi di comunicazione elettronica, nonché il diritto di iniziativa economica ed il suo esercizio in regime di concorrenza, nel settore delle comunicazioni elettroniche. I provvedimenti riguardanti l'accesso o l'uso di servizi e applicazioni attraverso reti di comunicazione elettronica, da parte degli utenti finali, rispettano i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche, garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dai principi generali del diritto dell'Unione europea. In particolare, in base a tale disposizione (comma 2 dell'art. 3 del Codice) la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica, che è di preminente interesse generale, è libera e ad essa si applicano le disposizioni del Codice stesso.

Si prevede espressamente che sono fatte salve le limitazioni derivanti da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato, della protezione civile, della salute pubblica e della tutela dell'ambiente e della riservatezza e protezione dei dati personali, poste da specifiche disposizioni di legge o da disposizioni regolamentari di attuazione.

Inoltre, l'art. 4 del Codice, recante Obiettivi generali della disciplina di reti e servizi di comunicazione elettronica, prevede che la disciplina delle reti e servizi di comunicazione elettronica è volta a salvaguardare, nel rispetto del principio della libera circolazione delle persone e delle cose, i diritti costituzionalmente garantiti di 'promuovere e favorire, nell'imminenza o in caso di eventi emergenziali di protezione civile, di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, attraverso le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, l'adozione di misure di autoprotezione da parte dei cittadini (lettera h-bis) dell'art. 4 del Codice).

Si ricorda che il servizio di comunicazione elettronica ad uso pubblico riguarda un servizio fornito dalla società titolare di autorizzazione o licenza, accessibile al pubblico; sul sito del MISE sono indicati i presupposti e le modalità per le autorizzazioni generali ad uso pubblico.

 

 

In base al comma 3 della norma, le imprese fornitrici di servizi di comunicazioni elettroniche accessibili al pubblico adottano tutte le misure necessarie per potenziare e garantire l’accesso ininterrotto ai servizi di emergenza.

Si ricorda che l'art. 76 del Codice reca disposizioni sui Servizi di emergenza e numero di emergenza unico europeo, prevedendo che il Ministero provvede affinché tutti gli utenti finali dei servizi indicati possano chiamare gratuitamente i servizi di soccorso digitando il numero di emergenza unico europeo "112" e qualunque numero di emergenza nazionale. In base al comma 1-bis, il Ministero, in consultazione con i fornitori dei servizi di emergenza, provvede affinché sia garantito un accesso ai servizi di emergenza da parte delle imprese che forniscono un servizio di comunicazione elettronica che permette di effettuare chiamate nazionali verso uno o più numeri che figurano nel piano nazionale di numerazione dei servizi di comunicazione elettronica.

 

Il comma 4 prevede che le imprese fornitrici di reti e servizi di comunicazioni elettroniche soddisfano 'qualsiasi richiesta ragionevole' di miglioramento della capacità di rete e della qualità del servizio da parte degli utenti, dando priorità alle richieste provenienti dalle strutture e dai settori ritenuti “prioritari” dall’unità di emergenza della Presidenza del Consiglio dei ministri o dalle unità di crisi regionali.

Inoltre, in base al comma 5, le imprese fornitrici di reti e servizi di comunicazioni elettroniche accessibili al pubblico sono imprese di pubblica utilità e assicurano interventi di potenziamento e manutenzione della rete nel rispetto delle norme igienico-sanitarie e dei protocolli di sicurezza anti-contagio.

In materia di dichiarazione di pubblica utilità, il Codice delle comunicazioni elettroniche contempla, al suo Capo V, specifiche disposizioni con riguardo specifico alle reti ed impianti. L'art 90 prevede, in materia di pubblica utilità, che gli impianti di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico, ovvero esercitati dallo Stato, e le opere accessorie occorrenti per la funzionalità di detti impianti hanno carattere di pubblica utilità, ai sensi degli articoli 12 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327. Gli impianti di reti di comunicazioni elettronica e le opere accessorie di uso esclusivamente privato possono essere dichiarati di pubblica utilità con decreto del Ministro dello sviluppo economico, ove concorrano motivi di pubblico interesse.

Si ricorda poi che la L. n. 481 del 1995 reca le Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. All'art 1, in materia di finalità, tale normativa prevede che le disposizioni della  legge in parola hanno la finalità di garantire la promozione della concorrenza e dell'efficienza nel settore dei servizi di pubblica utilità, nonché adeguati livelli di qualità nei servizi medesimi in condizioni di economicità e di redditività, assicurandone la fruibilità e la diffusione in modo omogeneo sull'intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori, tenuto conto della normativa comunitaria in materia e degli indirizzi di politica generale formulati dal Governo. Il sistema tariffario deve altresì armonizzare gli obiettivi economico-finanziari dei soggetti esercenti il servizio con gli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse.

 

Il comma 6 dispone che le misure straordinarie di cui ai commi 2, 3 e 4 sono comunicate all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che provvede a modificare o integrare il quadro regolamentare vigente, laddove ciò sia necessario al perseguimento delle finalità di cui al presente articolo e nel rispetto delle proprie competenze.

La disposizione reca la clausola di invarianza finanziaria.

Si ricorda in materia che il Codice delle comunicazioni elettroniche (all'articolo 98) detta un articolato quadro di Sanzioni per la violazione degli obblighi posti delle autorità, delineando anche sanzioni irrogabili dall'Autorità di regolazione.

Si ricorda infine che gli organi dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sono oggetto di proroga nei termini ed in base a quanto disposto dall'articolo 117 del presente decreto-legge.

 

 


 

Articolo 83
(Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in
materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare)

 

 

L’articolo 83 detta disposizioni urgenti per contenere gli effetti negativi derivanti dall’emergenza epidemiologica sullo svolgimento delle attività giudiziarie civili e penali. In particolare, il provvedimento dispone in tutta Italia il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini processuali dal 9 marzo al 15 aprile 2020 nonché la possibilità, dal 16 aprile al 30 giugno, di adottare misure organizzative - che possono comprendere l’ulteriore rinvio delle udienze - volte a evitare gli assembramenti di persone negli uffici giudiziari. Specifiche disposizioni sono volte a potenziare il processo telematico, anche penale, ed a consentire, nella fase di emergenza, lo svolgimento di attività processuali – dalle indagini alle udienze di trattazione – da remoto.

 

Sulle scadenze dettate dall’articolo 83, peraltro, è intervenuto il recente decreto.-legge n. 23 del 2020 che, senza novellare espressamente il decreto-legge in commento, ha prorogato il termine del 15 aprile all’11 maggio e quello del 16 aprile, per l’avvio della seconda fase, al 12 maggio

 

Il decreto-legge n. 18 del 2020 interviene sulla disciplina dei procedimenti civili e penali facendo seguito ad altri due decreti-legge, le cui disposizioni sono solo in parte coordinate. Si tratta:

§  del decreto-legge n. 9 del 2020 che, all’articolo 10, prevedeva che - dal 3 marzo 2020 al 31 marzo 2020 – fossero rinviate d’ufficio, tranne alcune eccezioni, le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso gli uffici giudiziari dei circondari dei Tribunali di Lodi e Rovigo, cui appartengono i comuni che il d.P.C.M. 1° marzo 2020 inseriva nella prima c.d. zona rossa;

§  del decreto-legge n. 11 del 2020 che, nel rispetto del precedente decreto, prevedeva che dal 9 al 22 marzo 2020, in tutti gli uffici giudiziari, fossero rinviate – con alcune eccezioni – le udienze nei procedimenti civili, penali, tributari e militari, e sospesi i termini processuali (art.1). Lo stesso decreto (art. 2) prevede l’adozione di misure organizzative per limitare gli accessi agli uffici giudiziari nel periodo dal 23 marzo al 31 maggio 2020 e limita i colloqui in carcere (fino al 22 marzo) e la concessione di permessi premio e semilibertà (fino al 31 maggio).

§   decreto-legge n. 18 del 2020 detta una disciplina in parte coincidente con quella del decreto-legge n. 11 del 2020 e ne dispone espressamente la abrogazione (l’art. 83, comma 22, abroga gli articoli 1 e 2 del decreto n. 11/2020 in tema di giustizia civile e penale, nonché di processo tributario e militare; l’art. 84, comma 11, abroga l’art. 3 del decreto n. 11/2020 in materia di giustizia amministrativa; l’art. 85, comma 8, abroga l’art. 4 del decreto n. 11/2020, in materia di giustizia contabile).

Il Senato ha previsto, all’articolo 1, comma 1-bis, del disegno di legge di conversione, l’abrogazione di entrambi i precedenti decreti-legge, con la salvaguardia degli atti compiuti e degli effetti prodottisi durante la vigenza di quel decreti. Conseguentemente, sono stati soppressi il comma 22 dell’art. 83, il comma 11 dell’art. 84 e il comma 8 dell’art. 85 del decreto-legge n. 18/2020.

 

Nelle more della conversione del decreto-legge in commento, è però entrato in vigore il decreto-legge n. 23 del 2020 che, senza novellare espressamente l’articolo 83, proroga fino all’11 maggio la durata della fase emergenziale, ponendo alcuni problemi di coordinamento tra i due provvedimenti d’urgenza. Si segnala l’opportunità di operare un coordinamento tra tali previsioni.

Quanto al contenuto specifico dell’articolo 83, i commi 1 e 2 dispongono, dal 9 marzo al 15 aprile 2020:

§  il rinvio d’ufficio di tutte le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari (comma 1), con le eccezioni previste dal comma 3;

§  la sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali (comma 2), e dunque anche per la proposizione dei relativi atti introduttivi, con le eccezioni previste dal comma 3;

Il comma 2 offre una esemplificazione non esaustiva dei termini che vengono sospesi (“e, in genere, tutti i termini procedurali”), facendo riferimento ai termini di durata delle indagini preliminari, a quelli previsti per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della motivazione, per la proposizione di atti introduttivi del giudizio e del giudizio esecutivo, per la proposizione di impugnazioni. La stessa disposizione specifica che:

§  se il decorso del termine ha inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio è differito alla fine di tale periodo;

§  se il termine deve essere computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, l’udienza o l’attività da cui decorre il termine è differita, in modo da consentirne il rispetto. Si pensi, ad esempio, ad una udienza di comparizione fissata per la fine di aprile e alla costituzione del convenuto che deve essere effettuata almeno 20 giorni prima; in base al decreto-legge l’udienza slitterà per consentire al convenuto la costituzione in giudizio.

Rispetto alla formulazione del decreto-legge n. 11 del 2020, in vigore dal 9 fino al 17 marzo, il decreto-legge in commento prevede la sospensione dei termini di tutti i procedimenti civili e penali e non solo di quelli “pendenti” che fossero stati oggetto di un rinvio delle udienze. Il Governo ha inoltre dettato una disciplina specifica dei termini “a ritroso”, assente nel precedente procedimento d’urgenza.

 

§  la sospensione dei termini per la notifica del ricorso in primo grado innanzi alle Commissioni tributarie e del termine di 90 giorni dalla notifica, entro il quale deve essiere conclusa la procedura di mediazione (ex art. 17-bis, co. 2, d.lgs. n. 546 del 1992) (comma 2). Peraltro, per quanto riguarda i processi tributari, il comma 21 estende l’applicazione della disciplina dettata per i procedimenti civili e penali ai procedimenti di competenza delle Commissioni tributarie.

 

Come detto, il decreto-legge n. 23 del 2020 prevede, all’articolo 36, che “il termine del 15 aprile 2020 previsto dall’art. 83, commi 1 e 2, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 è prorogato all’11 maggio 2020” (comma 1, primo periodo).

Si osserva che l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 18/2020 potrebbe determinare incertezze interpretative in merito all’applicazione delle disposizioni sulla sospensione dei termini. Alla luce di ciò, si valuti l’opportunità di coordinare il testo dell’art. 83 con quello dell’articolo 36 del decreto legge 23/2020.

 

Il comma 3 individua una serie di controversie e procedimenti, caratterizzati da urgenza, per i quali il procedimento deve proseguire e dunque non si applica la disciplina del rinvio e della sospensione dei termini. L’elenco ricalca quello contenuto nell’art. 2, co. 2, lett. g) del decreto-legge n. 11/2020 (che viene contestualmente abrogato).

 

Non possono essere rinviate le udienze civili, né sospesi i termini (lett. a):

 

§  nelle cause di competenza del tribunale per i minorenni, relative alle dichiarazioni di adottabilità, ai minori stranieri non accompagnati, ai minori allontanati dalla famiglia e alle situazioni di grave pregiudizio. Il Senato ha specificato che le cause relative ai minori non sono sospese se, dal ritardo, possa derivare un grave pregiudizio e, più in generale, quando appaia urgente e indifferibile la tutela di diritti fondamentali della persona<

§  nelle cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità. Per queste cause il Senato ha circoscritto l’obbligo di tenere comunque udienza ai soli casi in cui vi sia pregiudizio per la tutela di bisogni essenziali<

§  nei procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona;

§  nei procedimenti per l’adozione di provvedimenti in materia di tutela, di amministrazione di sostegno, di interdizione, di inabilitazione, purché tali provvedimenti risultino motivatamente indifferibili e sempre che l’esame diretto della persona non risulti incompatibile con le sue condizioni di età e salute;

§  nei procedimenti di convalida del trattamento sanitario obbligatorio (art. 35 della legge n. 833 del 1978);

§  nei procedimenti di cui all’articolo 12 della legge n. 194 del 1978 sull’interruzione di gravidanza;

§  nei procedimenti per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari;

§  nei procedimenti di convalida dell’espulsione, allontanamento e trattenimento di cittadini extracomunitari e dell’Unione europea;

§  nei procedimenti per ottenere l’esecuzione provvisoria della sentenza civile impugnata in appello o in cassazione (ai sensi degli artt. 283, 351 e 373 c.p.c.).

Il Senato ha inoltre escluso il rinvio anche per le udienze relative ad alcuni procedimenti elettorali, segnatamente relativi alle azioni popolari, alle controversie in materia di eleggibilità, decadenza ed incompatibilità nelle elezioni comunali, provinciali e regionali (ai sensi dell’art. 22 del d.lgs. n. 150 del 2011), nelle elezioni per il Parlamento europeo (art. 23, d.lgs. n. 150/2011) e per l’impugnazione delle decisioni della Commissione elettorale circondariale in tema di elettorato attivo (art. 24, d.lgs. n. 150/2011).

Infine, con norma di chiusura, la lett. a) del comma 3 esclude il rinvio delle udienze civili quando l’autorità giudiziaria dichiari – con decreto non impugnabile - l’urgenza della trattazione per evitare un grave pregiudizio alle parti.

 

Non possono essere rinviate le udienze penali né sospesi i termini in relazione ai seguenti procedimenti (lett. b):

§  di convalida dell'arresto o del fermo;

§  nei quali nel periodo di sospensione scadrebbero i termini di custodia cautelare (ex art. 304 c.p.p.);

§  nei quali è stata richiesta o già applicata una misura di sicurezza detentiva.

Nel corso dell’esame in Senato l’elenco delle udienze che devono comunque tenersi è stato integrato con le udienze:

§  nei procedimenti di convalida dell'ordine di allontanamento dalla casa familiare (ai sensi dell’art. 282-bis c.p.p.);

§  nei procedimenti relativi al mandato di arresto europeo (ai sensi della legge n. 69 del 2005);

§  nei procedimenti di estradizione (ai sensi degli artt. 697 e ss. c.p.p.).

In relazione a ulteriori udienze penali, si procede a rinvio a meno che l’imputato, il detenuto o i loro difensori chiedano espressamente di svolgere l’udienza. Ciò per le udienze relative ai seguenti procedimenti:

§  procedimenti a carico di detenuti, “salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative” ex art. 51-ter OP;

La disposizione fa riferimento all’ipotesi dell’art. 51-ter della legge n. 354 del 1975 (Ordinamento penitenziario) che, al comma 2, consente al magistrato di sorveglianza di sospendere provvisoriamente la misura alternativa alla detenzione, disponendo il ritorno in carcere, del soggetto che abbia posto in essere comportamenti suscettibili di determinare la revoca della misura. La decisione del tribunale di sorveglianza deve intervenire nei successivi 30 giorni, pena la cessazione degli effetti del provvedimento di revoca e l’applicazione della misura alternativa.

§  procedimenti in cui sono state applicate misure cautelari o di sicurezza;

§  procedimenti relativi a misure di prevenzione.

 

In base alla lettera c), non possono altresì essere rinviate le udienze penali quando sia necessario assumere prove indifferibili attraverso incidente probatorio (ex art. 392 c.p.p.). La dichiarazione di urgenza deve essere fatta dal giudice, su richiesta di parte, con provvedimento motivato e non impugnabile.

 

Nel corso dell’esame in Senato è stato inserito il comma 3-bis, relativo ai procedimenti penali in Cassazione, per stabilire che:

§  la richiesta di tenere comunque l’udienza penale, nei casi previsti dal comma 3, lett. b), può essere avanzata esclusivamente dal difensore che rappresenta detenuti, imputati o proposti dinanzi alla Suprema Corte;

§  il termine di prescrizione è sospeso per i procedimenti pervenuti alla cancelleria della Cassazione nel periodo tra il 9 marzo ed il 30 giugno 2020. Per tali procedimenti, il termine resterà sospeso fino alla data dell’udienza di trattazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2020.

Quest’ultima disposizione introduce una deroga alla disciplina della sospensione della prescrizione prevista per gli altri procedimenti penali dai commi 4 e 9 dell’art. 83 (v. infra).

 

Il comma 4 specifica, infatti, che nei procedimenti penali i cui termini processuali sono sospesi, per effetto del comma 2, sono altresì sospesi, fino alla medesima data (15 aprile in base al decreto in conversione; 11 maggio 2020 in base al decreto n. 23/2020):

§  il decorso del termine di prescrizione del reato;

§  i termini di durata massima della custodia cautelare (art. 303 c.p.p.) e delle misure coercitive in genere (art. 308 c.p.p.).

 

Il comma 5 consente ai capi degli uffici giudiziari di adottare da subito, per le attività giudiziarie che non sono sospese, le misure organizzative per prevenire gli assembramenti e dunque la diffusione del virus, disciplinate dal comma 7 (v. infra).

 

Il comma 6 dell’articolo 83 demanda ai capi degli uffici giudiziari, sentita l’autorità sanitaria regionale (per il tramite del Presidente della Regione) e il Consiglio dell’ordine degli avvocati, l’adozione di misure organizzative volte a consentire la trattazione degli affari giudiziari nel rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie dettate per prevenire la diffusione del virus COVID-19, al fine di evitare assembramenti all’interno degli uffici giudiziari e contatti ravvicinati tra le persone.

Tali misure organizzative dovranno essere introdotte e rispettate dal 16 aprile 2020 - giorno a partire dal quale cessano le disposizioni dei commi 1 e 2 e dunque viene meno il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini - fino al 30 giugno 2020.

Anche su questi termini è intervenuto il decreto-legge n. 23 del 2020 che, all’articolo 36 afferma che “il termine iniziale del periodo previsto dal comma 6£ dell’art. 83 “è fissato al 12 maggio 2020”. Si valuti, anche in questo caso, l’opportunità di coordinare il testo con il decreto-legge n. 23 del 2020.

Le misure organizzative dovranno in particolare garantire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche d'intesa con le Regioni, dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero della giustizia e delle prescrizioni contenute nei diversi DPCM che si sono susseguiti dall’8 marzo 2020.

In particolare, si ricorda che il Ministero della giustizia ha adottato una serie di indicazioni per la prevenzione della diffusione del contagio (attraverso circolari del Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria e Note) a cui si sono aggiunti i provvedimenti organizzativi di numerosi presidenti di Tribunale e Corte d'Appello.

 

Quanto al procedimento per l’adozione delle misure organizzative, per gli uffici diversi dalla Corte di cassazione e dalla Procura generale presso la Corte di cassazione, tali misure sono adottate dai capi degli uffici giudiziari d’intesa con il Presidente della Corte d’appello e con il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello dei rispettivi distretti.

 

Il comma 7 elenca le misure organizzative che potranno essere adottate dai capi degli uffici giudiziari (l’elencazione riprende sostanzialmente quella contenuta nell’art. 2 del DL n. 11/2020, oggetto di contestuale abrogazione). Si tratta della:

a)   limitazione dell’accesso del pubblico agli uffici giudiziari, garantendo comunque l’accesso alle persone che debbono svolgervi attività urgenti;

b)   limitazione, sentito il dirigente amministrativo, dell’orario di apertura al pubblico degli uffici, anche in deroga all’art. 162 della legge n. 1196 del 1960, ovvero, in via residuale e solo per gli uffici che non erogano servizi urgenti, la chiusura al pubblico;

c)   regolamentazione dell’accesso ai servizi, previa prenotazione anche per via telefonica o telematica, affinché l’accesso degli utenti sia scaglionato per orari fissi, nonché l’adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento;

d)   adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze;

e)   celebrazione a porte chiuse, ai sensi dell’articolo 472, comma 3, c.p.p., di tutte le udienze penali pubbliche o di singole udienze e, ai sensi dell’articolo 128 c.p.c., delle udienze civili pubbliche;

Il comma 3 dell’articolo 472 c.p.p. riconosce al giudice la facoltà di disporre lo svolgimento del dibattimento o di alcuni atti di esso a porte chiuse quando la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene, quando avvengono da parte del pubblico manifestazioni che turbano il regolare svolgimento delle udienze ovvero quando è necessario salvaguardare la sicurezza di testimoni o di imputati.

L’articolo 128 c.p.c. – con riguardo alla giustizia civile – stabilisce la regola generale della pubblicità delle udienze, consentendo però, nel contempo, al giudice di poter disporre che le udienze si svolgano a porte chiuse, “se ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di buon costume”.

f)    possibilità di svolgere le udienze civili - che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti - mediante collegamenti da remoto, con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti. Il Senato ha previsto l’udienza da remoto anche nelle ipotesi in cui l’udienza preveda la presenza degli ausiliari del giudice e anche se l’udienza stessa è finalizzata all’assunzione di informazioni presso la pubblica amministrazione. L’individuazione e la disciplina di questi collegamenti sono demandate ad un provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, che è stato emanato lo scorso 20 marzo. Nei casi in cui si intenda svolgere l’udienza mediante collegamento da remoto il giudice deve non solo dare congruo avviso alle parti e eventualmente al PM dell’ora e della modalità di collegamento, ma anche dare atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell’identità dei soggetti partecipanti e, nel caso delle parti, anche della loro libera volontà. Di tutte le operazioni deve essere dato atto nel processo verbale.

g)   previsione del possibile ulteriore rinvio delle udienze civili e penali a data successiva al 30 giugno 2020, nel rispetto delle esclusioni previste dal comma 3;

h)   possibilità, per le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori (e dunque quando non siano essenziali le parti), di procedere con lo scambio e il deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice.

Nel corso dell’esame in Senato è stata inserita una ulteriore lettera (h-bis) per introdurre tra le misure organizzative la possibilità dello svolgimento da remoto dell’attività degli ausiliari del giudice, purché siano salvaguardati il contraddittorio e l'effettiva partecipazione delle parti.

 

Lo stesso Senato ha aggiunto il comma 7-bis per disciplinare, tra il 16 aprile e il 31 maggio, gli incontri tra genitori e figli che debbano svolgersi in spazio neutro e alla presenza dei servizi sociali.

Il legislatore intende fare riferimento a quelle specifiche modalità di incontro che mirano a mantenere una relazione tra il bambino e i suoi genitori, a seguito di provvedimenti come l'affido, la separazione conflittuale e altre vicende di profonda crisi familiare, per i quali può essere stato disposto l’allontanamento del minore dalla propria famiglia d’origine; modalità che, contestualmente, permettono ai servizi sociali di osservare le dinamiche di tale relazione in vista della valutazione delle competenze genitoriali, generalmente in spazi attrezzati, dotati di impianti di audio e video registrazione.

 

La disposizione consente, a meno che il giudice non disponga diversamente, che tali incontri siano sostituiti con collegamenti da remoto, che permettano la comunicazione audio e video tra il genitore, i figli e l'operatore specializzato; spetterà al responsabile del Servizio socio assistenziale individuare le modalità della comunicazione e comunicarle al giudice. Se il collegamento da remoto non è possibile, gli incontri sono sospesi.

Si valuti, anche in questo caso, l’opportunità di coordinare il testo con il decreto-legge n. 23 del 2020.

 

In base al comma 8, se l’adozione delle misure organizzative per il contenimento del contagio preclude la possibilità di presentare una domanda giudiziale, la decorrenza dei termini di prescrizione e decadenza dei relativi diritti è sospesa fintanto che perdurano le misure stesse.

Pertanto, i termini di prescrizione e decadenza sono sospesi di diritto dal comma 2 per il periodo 9 marzo-15 aprile (9 marzo-11 maggio, in base al decreto-legge n. 23/2020) ma potranno essere sospesi anche successivamente, fintanto che perdurano le misure organizzative di contenimento del virus, se tali misure precludono la possibilità di presentare una domanda giudiziale.

 

La disposizione originaria del decreto-legge collega la sospensione al “periodo di efficacia dei provvedimenti di cui ai commi 5 e 6”; il comma 5, invero, si riferisce alle attività giudiziarie che non vengono né rinviate né sospese mentre è il comma 7 che disciplina le misure organizzative che possono comportare anche l’ulteriore sospensione delle udienze e la chiusura degli uffici giudiziari. Per tale motivo, il Senato ha sostituito il riferimento ai commi 5 e 6 con quello al comma 7.

 

Con riguardo ai procedimenti penali rinviati per effetto delle misure organizzative eventualmente adottate dai capi degli uffici giudiziari (in base al comma 7), il comma 9 prevede la sospensione del corso della prescrizione e di alcuni termini processuali - riguardanti la custodia cautelare (303 c.p.p.), il riesame di ordinanze che dispongono misure coercitive (309, comma 9, 311, commi 5 e 5-bis, e 324, comma 7, c.p.p.) e le impugnazioni relative a provvedimenti di confisca dei beni sequestrati ai sensi del codice antimafia (art. 27, comma 6, del D.Lgs. 159/2011) - per il tempo in cui il processo è rinviato e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020.

 

In relazione alla sospensione della prescrizione, l’art. 83 prevede dunque:

§  per tutti i procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini dal 9 marzo al 15 aprile, la prescrizione è sospesa per il medesimo periodo (v. sopra, comma 4);

§  per tutti i procedimenti penali rinviati per effetto delle misure organizzative adottate dal 16 aprile al 30 giugno, la prescrizione è sospesa per il tempo in cui il processo è rinviato e comunque non oltre il 30 giugno (comma 9);

§  per i procedimenti incardinati in Cassazione dal 9 marzo al 30 giugno, la prescrizione è sospesa sino all’udienza di trattazione e comunque non oltre il 31 dicembre (comma 3-bis).

Si valuti l’opportunità di modificare il comma 3-bis, al fine di uniformare la disciplina della sospensione del corso della prescrizione prevista per i procedimenti penali in cassazione a quella dettata dal comma 9.

 

Il comma 10 prevede che, nei procedimenti nei quali le udienze sono rinviate per effetto delle norme sopra illustrate (e dunque, tanto rinviate ai sensi del comma 1 quanto per disposizione del capo dell’ufficio giudiziario ai sensi del comma 7), non si tiene conto, ai fini del computo del termine di durata ragionevole del processo previsto dalla legge Pinto (art. 2 della legge n. 89 del 2001), del periodo compreso tra l’8 marzo e il 30 giugno.

 

Dal 9 marzo 2020 fino al 30 giugno 2020, il comma 11 prevede l’obbligatorio deposito telematico da parte del difensore (o del dipendente di cui si avvale la p.a. per stare in giudizio) di ogni atto e dei documenti che si offrono in comunicazione, anche con riguardo ai procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione; ciò evidentemente solo negli uffici che hanno già la disponibilità del servizio di deposito telematico.

 

Si ricorda che l’articolo 16-bis del decreto-legge n. 179 del 2012 ha sancito l’obbligatorietà del deposito telematico degli atti processuali e dei documenti per le parti già costituite nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione presso il tribunale. Analoga obbligatorietà ha successivamente trovato applicazione anche per gli atti delle parti già costituite nei procedimenti davanti alle corti di appello, nei processi esecutivi e nei procedimenti di ingiunzione. Il comma 1-bis dell’articolo 16-bis prevede, però, che nell’ambito dei procedimenti civili, contenziosi e di volontaria giurisdizione innanzi ai tribunali e innanzi alle corti di appello sia sempre ammesso il deposito telematico di ogni atto diverso da quelli previsti dal comma 1 e dei documenti che si offrono in comunicazione, con le modalità previste dalla normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. In tal caso il deposito si perfeziona esclusivamente con tali modalità.

 

In relazione alle medesime controversie, gli obblighi di pagamento del contributo unificato, nonché l’anticipazione forfettaria, connessi al deposito degli atti con le modalità telematiche, sono assolti con sistemi telematici di pagamento anche tramite la piattaforma tecnologica di cui all’articolo 5 del Codice dell’amministrazione digitale.

 

L’articolo 5, comma 2, del Codice dell’amministrazione digitale prevede che l'Agenzia per l'Italia digitale (AgID) mette a disposizione, attraverso il Sistema pubblico di connettività, una piattaforma tecnologica per l’interconnessione e l’interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati, al fine di assicurare l'autenticazione dei soggetti interessati all'operazione in tutta la gestione del processo di pagamento.

 

Nel corso dell’esame in Senato è stato inserito il comma 11-bis, volto a consentire il processo telematico civile in Corte di cassazione, dall’entrata in vigore della legge di conversione fino al 30 giugno 2020.

In particolare, previo provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, che dovrà accertare l’idoneità e la funzionalità dei servizi,

§  il deposito degli atti e dei documenti da parte degli avvocati potrà avvenire in modalità telematica;

§  il contributo unificato, quando la costituzione in giudizio avvenga con modalità telematiche, dovrà essere assolto con i già citati sistemi telematici di pagamento.

Quanto al deposito degli atti, si propone dunque la facoltà di provvedere con modalità telematiche; quanto al pagamento del contributo, una volta scelta la strada del processo telematico, si prescrive l’impiego dei mezzi telematici di pagamento.

 

Il comma 12 prevede che, ferma la possibilità di procedere a porte chiuse nei casi previsti dall’art. 472, comma 3, c.p.p. (quando la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene, ad esempio), dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020 la partecipazione a qualsiasi udienza da parte di detenuti, internati o imputati in stato di custodia cautelare è assicurata mediante videoconferenze o collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, applicate le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e, in quanto compatibili, 5 dell’articolo 146-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.

 

Il decreto-legge – che riproduce integralmente, tranne per la scadenza del 30 giugno, le disposizioni dell’art. 2, comma 7, del DL n. 11/2020 - richiama le disposizioni sulla partecipazione del procedimento a distanza, di cui all’art. 146-bis disp.att.c.p.p.

In particolare, ai sensi del richiamato comma 3, quando è disposta la partecipazione a distanza, è attivato un collegamento audiovisivo tra l'aula di udienza e il luogo della custodia, con modalità tali da assicurare la contestuale, effettiva e reciproca visibilità delle persone presenti in entrambi i luoghi e la possibilità di udire quanto vi viene detto. Se il provvedimento è adottato nei confronti di più imputati che si trovano, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione in luoghi diversi, ciascuno è posto altresì in grado, con il medesimo mezzo, di vedere ed udire gli altri.

Il comma 4 afferma che è sempre consentito al difensore o a un suo sostituto di essere presente nel luogo dove si trova l'imputato. Il difensore o il suo sostituto presenti nell'aula di udienza e l'imputato possono consultarsi riservatamente, per mezzo di strumenti tecnici idonei.

In base al comma 5, il luogo dove l'imputato si collega in audiovisione è equiparato all'aula di udienza.

 

Nel corso dell’esame in Senato sono stati aggiunti i commi da 12-bis a 12-quinquies.

In particolare, il comma 12-bis consente – dal 9 marzo al 30 giugno – che si tengano, con collegamenti da remoto, le udienze penali che non richiedono la presenza di soggetti diversi da PM, parti e difensori, ausiliari del giudice, polizia giudiziaria, interpreti consulenti e periti.

Oltre a richiedere, come già previsto dal comma 12, un provvedimento del Direttore generale dei servizi informativi e automatizzati del Ministero, la disposizione individua alcune misure per garantire comunque, anche da remoto, che lo svolgimento dell’udienza consenta il rispetto del principio del contraddittorio:

§  il giudice comunica a tutti i soggetti che devono partecipare all’udienza giorno, ora e modalità di collegamento;

§  l’unico soggetto che deve necessariamente trovarsi presso l’ufficio giudiziario è l'ausiliario del giudice, che darà atto nel verbale d'udienza delle modalità di collegamento da remoto utilizzate;

§  spetta ai difensori attestare l'identità dei soggetti assistiti, i quali partecipano all'udienza dalla medesima postazione da cui si collega il difensore;

§  se l’imputato/indagato si trova agli arresti domiciliari, tanto lui quanto il difensore potranno partecipare all'udienza di convalida da remoto anche dal più vicino ufficio della polizia giudiziaria attrezzato per la videoconferenza. In tal caso l’identità della persona arrestata o fermata sarà accertata dall'ufficiale di polizia giudiziaria presente;

§  l’ausiliario del giudice darà atto nel verbale delle modalità con cui è stata accertata l'identità dei partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché della impossibilità di procedere alla sottoscrizione del verbale.

 

Il comma 12-ter riguarda i procedimenti penali in Cassazione e disciplina la trattazione dei ricorsi in camera di consiglio (ai sensi dell’art. 127 c.p.p.) e in pubblica udienza (ai sensi dell’art. 614 c.p.p.). A decorrere dall’entrata in vigore della legge di conversione e fino al 30 giugno 2020, tali ricorsi saranno trattati in camera di consiglio – con modalità da remoto - senza l'intervento del procuratore generale e dei difensori delle altre parti, salvo che il ricorrente richieda espressamente la discussione orale.

La richiesta deve venire dal difensore abilitato al patrocinio in Cassazione almeno 25 giorni prima dell’udienza e deve essere trasmessa alla cancelleria a mezzo di posta elettronica certificata.

In assenza di tale richiesta, dunque, la trattazione avviene per tabulas:

§  entro i 15 giorni che precedono l’udienza, il procuratore generale formula le sue richieste, spedendole alla cancelleria della Corte per posta elettronica certificata;

§  la cancelleria inoltra tali richieste, con posta elettronica certificata, ai difensori delle altre parti;

§  entro i 5 giorni che precedono l’udienza, i difensori delle parti possono formulare e inviare, per posta elettronica certificata, le proprie conclusioni;

§  la Corte può deliberare da remoto (v. infra, comma 12-quinquies) e non si applica l’art. 615 c.p.p. sulla lettura del dispositivo in udienza;

§  il dispositivo è comunicato alle parti.

§   

Per le udienze già fissate, per le quali non sia possibile presentare richiesta con 25 giorni di anticipo, la disposizione prevede il rinvio dell’udienza, così da consentire al difensore di optare per la discussione orale.

In tutti i casi in cui sia il difensore dell’imputato a chiedere la discussione orale, i termini di prescrizione e di custodia cautelare sono sospesi per il tempo in cui il procedimento è rinviato.

 

Il comma 12-quater, interviene per consentire, nella fase delle indagini preliminari. limitatamente al periodo dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020, il compimento di atti tramite collegamenti da remoto.

Evidentemente, trattandosi di disposizione introdotta dalla legge di conversione del decreto, il termine del 9 marzo è destinato a retroagire sanando il compimento di eventuali atti che siano già stati compiuti con queste modalità in assenza di uno specifico fondamento normativo.

In particolare si prevede che:

§  il pubblico ministero e il giudice possano avvalersi di tali collegamenti per compiere atti che richiedono la partecipazione dell’indagato, della persona offesa, del difensore, di consulenti, di esperti o di altre persone, nei casi in cui la presenza fisica di costoro metta a rischio le esigenze di contenimento della diffusione del virus COVID-19.

Con riferimento all’ambito applicativo della disposizione, la stessa sembra riguardare potenzialmente tutti gli atti di indagine (interrogatori, assunzione di sommarie informazioni, accertamenti tecnici non ripetibili), senza prevedere come necessaria una connotazione di urgenza degli atti stessi. Con riguardo agli atti compiuti da parte del giudice, il quale non compie atti indagine preliminare in senso stretto, si può ritenere che siano ricompresi nell’ambito di applicazione della disposizione anche l’incidente probatorio, oltre all’udienza di convalida, all’udienza sulla richiesta di archiviazione ed all’interrogatorio di garanzia.

La disposizione in esame non fa invece nessuno specifico riferimento alle ipotesi (di cui all’art. 370 c.p.p.) in cui per il compimento di attività di indagine e di atti specificamente delegati, ivi compresi gli interrogatori ed i confronti cui partecipi la persona sottoposta alle indagini che si trovi in stato di libertà, il pubblico ministero si avvalga della polizia giudiziaria.

§  l’individuazione e regolazione dei collegamenti da remoto sia rimessa – come nelle ipotesi delle udienze da remoto di cui al comma 12 -  ad un provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia.

La disposizione individua specifiche misure concernenti le modalità di partecipazione:

§  per le persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare si applicano le modalità di cui al comma 12 (vedi sopra);

§  l’identità delle persone che partecipano all’atto, invitate a presentarsi presso il più vicino ufficio di polizia giudiziaria, attrezzato per i collegamenti da remoto, è accertata un ufficiale o agente di polizia giudiziaria;

§  il compimento dell’atto deve avvenire con modalità idonee a salvaguardarne la segretezza e ad assicurare la possibilità per la persona sottoposta alle indagini di consultarsi riservatamente con il proprio difensore;

§  il difensore partecipa da remoto mediante collegamento dallo studio legale, salva la facoltà dello stesso di recarsi nel luogo ove si trova il suo assistito;

§  il pubblico ufficiale dà atto nel verbale delle modalità con cui è stata accertata l'identità dei partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché della impossibilità di procedere alla sottoscrizione del verbale.

 

Il comma 12-quinquies disciplina lo svolgimento da remoto delle deliberazioni collegiali per i procedimenti, sia penali che civili, non sospesi (v. sopra, comma 3). La disposizione prevede, dal 9 marzo e fino al 30 giugno, che le camere di consiglio possano essere tenute con modalità da remoto, considerando il luogo dal quale il magistrato che partecipa al collegio si collega, come camera di consiglio.

Anche in tale caso, trattandosi di disposizione introdotta dalla legge di conversione del decreto, il termine del 9 marzo è destinato a retroagire sanando eventuali camere di consiglio che si siano già svolte con queste modalità in assenza di uno specifico fondamento normativo.

Nei procedimenti penali, dopo la deliberazione in camera di consiglio, il presidente del collegio sottoscrive il dispositivo che dovrà essere depositato in cancelleria “prima possibile” e, in ogni caso immediatamente dopo la cessazione dell’emergenza sanitaria.

 

Si ricorda che il Primo Presidente della Cassazione ha già dettato, con il decreto n. 44 del 2020, Misure per la celebrazione di adunanze non partecipate da “remoto” e che sulla base del decreto si sono già tenute alcune camere di consiglio.

 

I commi da 13 a 15 intervengono sul processo penale telematico autorizzando tutti gli uffici giudiziari all’utilizzo del Sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche penali, anche senza procedere alle preventive verifiche imposte dalla disciplina vigente (comma 15).

 

In particolare, l’art. 16, comma 10, del decreto-legge n. 179 del 2012 prevede che sia un decreto avente natura non regolamentare del Ministro della giustizia – da emanare sentiti l'Avvocatura generale dello Stato, il CNF e i consigli dell'ordine degli avvocati interessati – a dare atto della verifica di funzionalità dei servizi di comunicazione telematica, dando così il via alla piena operatività del Sistema in relazione a ciascun specifico ufficio giudiziario. Il decreto-legge in commento consente l’utilizzo del Sistema anche negli uffici giudiziari per i quali il decreto ministeriale non è intervenuto.

 

Attraverso tale Sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche, o attraverso sistemi telematici individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, dovranno essere effettuate le comunicazioni e le notificazioni relative agli avvisi e ai provvedimenti adottati nei procedimenti penali oggetto del presente articolo, nonché dell’articolo 10 del decreto-legge n. 9 del 2020, ora abrogato (comma 13).

 

Quando le comunicazioni e notificazioni del comma 13 debbano essere indirizzate agli imputati e alle altre parti, in deroga alla disciplina prevista dal codice di procedura penale, le stesse si intendono eseguite mediante invio all’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore di fiducia, ferme restando le notifiche che per legge si effettuano presso il difensore d’ufficio (comma 14).

I commi 16 e 17 dell’articolo 83, che riproducono integralmente, anche con riferimento ai termini di durata delle misure, l’art. 2, commi 8 e 9, del D.L. n. 11/2020, intervengono con misure di prevenzione del contagio in ambito penitenziario.

Si ricorda, peraltro, che risorse per la prevenzione del contagio nelle carceri sono dettate anche dall’art. 74, comma 7, del presente decreto (v. sopra), mentre disposizioni per ridurre la presenza dei detenuti nelle carceri sono previste dagli articoli 123 e 124 del decreto-legge (v. infra).

 

In particolare, il comma 16 dispone che, dal 9 marzo al 22 marzo 2020, negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni i colloqui dei detenuti, internati e imputati con i congiunti o con altre persone a norma dell’articolo 18 della legge sull’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975), dell'articolo 37 del relativo Regolamento di esecuzione (d.P.R. n. 230 del 2000), nonché con riguardo ai condannati minorenni, dell’articolo 19 del d.lgs. n. 121 del 2018, sono svolti a distanza, ove possibile, mediante apparecchiature e collegamenti di cui dispone l’amministrazione penitenziaria e minorile, o mediante corrispondenza telefonica, che può essere autorizzata oltre i limiti attualmente previsti (art. 39, comma 2, del d.P.R. n. 230 del 2000 e art. 19, comma 1, del predetto d.lgs. n. 121/2018).

 

Il comma 17 consente al magistrato di sorveglianza - tenuto conto delle evidenze rappresentate dall’autorità sanitaria - di sospendere, tra il 9 marzo e il 31 maggio 2020, la concessione dei permessi premio e del regime di semilibertà (ex art. 30-ter e 48 O.P., D.Lgs. n. 121 del 2018).

La semilibertà consiste nella concessione al condannato e all'internato di trascorrere parte del giorno fuori dell'istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale.

L’art. 30-ter O.P. stabilisce che ai condannati che hanno tenuto una regolare condotta durante l’esecuzione della pena e che non risultano essere socialmente pericolosi, possono essere concessi i cd. permessi premio dal magistrato di sorveglianza sentito il Direttore dell’Istituto penitenziario. Tali permessi si prefiggono il fine di consentire ai condannati di coltivare, fuori dall’Istituto penitenziario, interessi affettivi, culturali, di lavoro ecc. La durata dei permessi non può essere superiore ogni volta a 15 giorni e non può comunque superare la misura complessiva di 45 giorni in ciascun anno di espiazione della pena.

 

Il comma 18 proroga, fino al 30 giugno 2020, le sessioni delle Corti di assise e delle Corti di assise di appello che siano in corso alla data del 18 marzo 2020.

 

Si ricorda che tanto la Corte di assise quanto la Corte di assise d’appello sono composte, oltre che da due magistrati togati, da 6 giudici popolari, che danno vita a un collegio unico a tutti gli effetti. I giudici popolari, estratti a sorte da appositi elenchi, sono chiamati a prestare la loro funzione per la durata di una sessione, e dunque per 3 mesi. In base all’art. 7 della legge n. 287 del 1951, infatti, la Corte di assise e la Corte di assise di appello tengono 4 sessioni annuali della durata di 3 mesi. I dibattimenti vengono conclusi dallo stesso collegio anche dopo la scadenza della sessione nel corso della quale sono stati iniziati.

 

Il comma 19 - riproducendo il contenuto dell’art. 2, comma 10, del DL n. 11/2020 - prevede che per l’anno 2020 le elezioni per il rinnovo dei componenti del consiglio giudiziario e del consiglio direttivo della Corte di cassazione avranno luogo nei giorni 4 e 5 ottobre 2020 (ovvero, la prima domenica e il lunedì successivo del mese di ottobre).

Ciò è disposto in deroga a quanto previsto dall’art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 35 del 2008, che avrebbe imposto le elezioni nella prima domenica e nel lunedì successivo del mese di aprile.

 

Il comma 20, come modificato nel corso dell’esame in Senato, sospende, dal 9 marzo al 15 aprile, i termini per lo svolgimento delle attività di mediazione e di negoziazione assistita, nonché di ogni procedimento di risoluzione stragiudiziale delle controversie quando tali procedimenti siano stati promossi o risultino comunque pendenti tra il 9 marzo e il 15 aprile. Sono conseguentemente sospesi i termini di durata massima di tali procedimenti.

 

Il comma 20 richiama espressamente le seguenti procedure:

§  mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, ai sensi del d.lgs. n. 28 del 2010, che costituisce una condizione di procedibilità delle azioni relative a controversie in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari;

§  negoziazione assistita, ai sensi degli artt. 3 e ss. del decreto-legge n. 132 del 2014, che costituisce una condizione di procedibilità delle azioni relative a controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti nonché per le domande di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti 50.000 euro.

 

Anche sul termine previsto dal comma 20 è intervenuto il decreto-legge n. 23 del 2020 che, all’art. 36, comma 1, prevede che le disposizioni che prorogano il termine del 15 aprile all’11 maggio “si applicano, in quanto compatibili ai procedimenti di cui ai commi 20 e 21 dell’articolo 83”.

 

Il Senato ha inserito il comma 20-bis volto a disciplinare, per il periodo dal 9 marzo al 30 giugno, anche nei procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie, l’impiego di procedure telematiche con incontri mediante sistemi di videoconferenza. Il verbale che conclude positivamente la mediazione potrà essere sottoscritto digitalmente dal mediatore e dagli avvocati delle parti. Quanto alle parti stesse, la disposizione prevede che l’avvocato possa dichiarare autografa la sottoscrizione del proprio cliente collegato da remoto ed apposta in calce al verbale dell’accordo di conciliazione.

Si valuti l’opportunità di specificare con quali modalità debba avvenire la sottoscrizione del verbale da parte del cliente, anche eventualmente rinviando a quelle individuate dal successivo comma 20-ter relativo alle modalità di conferimento della procura alle liti.

 

Nel corso dell’esame in Senato è stato inserito anche il comma 20-ter relativo alle modalità di conferimento della procura alle liti.

In particolare, si prevede una modalità semplificata di sottoscrizione della procura alle liti per i procedimenti civili, in base alla quale la parte può apporre la propria sottoscrizione anche su un documento analogico, da trasmettere al difensore insieme alla copia di un documento di identità in corso di validità.

Il documento analogico sottoscritto (presumibilmente un documento cartaceo scansionato) può essere inviato al difensore anche in copia informatica per immagine, avvalendosi dell'utilizzo di strumenti di comunicazione elettronica (es. email, strumenti di messaggistica istantanea, ecc.). Nel caso di trasmissione in via elettronica, l'avvocato è tenuto a certificare che la firma della parte sia autografa apponendo la propria firma digitale sulla copia informatica della procura.

Ai sensi dell'art. 83 c.p.c., la procura così compilata si considera apposta in calce all'atto o agli atti cui si riferisce se viene congiunta ad essi tramite gli strumenti informatici individuati con decreto del Ministero della giustizia.

L'art. 83 c.p.c. stabilisce che "quando la parte sta in giudizio col ministero di un difensore, questi deve essere munito di procura". La procura è quindi un atto con il quale la parte in causa investe il difensore della propria rappresentanza in giudizio (ius postulandi). Essa può essere generale, quando si riferisce ad una serie indeterminata di liti o a tutte le possibili controversie di cui il rappresentato sia parte, o speciale, se riguarda un processo determinato oppure anche soltanto uno specifico atto processuale, e deve essere conferita con atto pubblico o tramite scrittura privata autenticata da un pubblico ufficiale.

La modalità di sottoscrizione della procura alle liti individuata dal comma 20-ter, finalizzata ad ovviare alle misure di distanziamento sociale stabilite dalle norme emanate per il contenimento dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, potrà essere utilizzata fino alla cessazione di tali misure.

Il comma 21 – riproducendo il contenuto dell’art. 2, comma 11, del DL n. 11/2020 – prevede che le disposizioni dell’articolo in esame si applichino, in quanto compatibili, anche ai procedimenti relativi alle commissioni tributarie e alla magistratura militare. Il Senato ha esteso questa disposizione a tutti i procedimenti relativi alle giurisdizioni speciali non contemplate dal decreto-legge.

Il decreto-legge n. 23 del 2020 estende la proroga fino all’11 maggio anche ai procedimenti previsti dal comma 21.

 

Infine, il comma 22 – che abroga gli articoli 1 e 2 del decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11, che hanno dunque avuto una vigenza limitata ai giorni dal 9 al 17 marzo – è stato soppresso nel corso dell’esame in Senato ed assorbito dalla previsione dell’articolo 1 del disegno di legge di conversione che, al comma 1-bis, prevede l’integrale abrogazione tanto del decreto-legge n. 9 del 2020 quanto del decreto-legge n. 11 del 2020, con la salvezza degli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi provvedimenti.

 


 

Articolo 84
(Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia amministrativa)

 

 

L’articolo 84 è volto a stabilire misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 in materia di giustizia amministrativa, prevedendo oltre al rinvio delle udienze pubbliche e camerali a data successiva al 15 aprile 2020, anche misure regolative di matrice organizzativa.

 

Il comma 1 prevede la sospensione di tutti i termini relativi al processo amministrativo dall’8 marzo al 15 aprile 2020. Le udienze pubbliche e camerali dei procedimenti pendenti presso gli uffici della giustizia amministrativa, fissate in tale periodo temporale, sono quindi rinviate d’ufficio a data successiva. La disposizione richiama i commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Codice del processo amministrativo (d.lgs. n. 104 del 2010).

E' opportuno rilevare che il comma 1-bis dell'articolo 103 del decreto legge in conversione, introdotto dal Senato, ha previsto che con riguardo ai termini relativi ai processi esecutivi e alle procedure concorsuali, nonché ai termini di notificazione dei processi verbali, di esecuzione del pagamento in misura ridotta, di svolgimento di attività difensiva e per la presentazione di ricorsi giurisdizionali, operi il periodo di sospensione dal 23 febbraio al 15 aprile.

 

Si segnala inoltre che il comma 3 dell'articolo 36 del decreto-legge n. 23 del 2020 - con riguardo al processo amministrativo - ha prorogato fino al 3 maggio il periodo di sospensione dei termini per la notificazione dei ricorsi con l'eccezione dei quelli relativi al procedimento cautelare.

Come già rilevato in merito all’articolo 83, si osserva che l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 18/2020 potrebbe determinare incertezze interpretative in merito all’applicazione delle disposizioni sulla sospensione dei termini. Alla luce di ciò, si valuti l’opportunità di coordinare il testo dell’art. 84 con quello dell’articolo 36 del decreto legge 23/2020.

 

Il comma 2 dell'articolo 54 prevede il cosiddetto periodo di sospensione feriale dei termini processuali, sospensione, che ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 54 non si applica ai procedimenti cautelari.

 

I procedimenti cautelari, se promossi o pendenti nel medesimo lasso temporale, sono decisi con decreto monocratico dal presidente o dal magistrato da lui delegato, con il rito di cui all’articolo 56 del Codice del processo amministrativo, fermo restando che la trattazione della domanda cautelare da parte del collegio deve essere fissata in data immediatamente successiva al 15 aprile 2020.

 

L'articolo 56 del Codice del processo amministrativo reca la disciplina relativa alle misure cautelari monocratiche.  La tutela "monocratica" in pendenza di giudizio è ammessa "in caso di estrema gravità e urgenza" tali da determinare il pericolo grave che l’interesse del ricorrente sia pregiudicato dall’attesa dei termini previsti per una pronuncia cautelare collegiale (comma 1). Tale tutela presuppone la notifica del ricorso, che può essere effettuata direttamente dal difensore via fax, senza la necessità di autorizzazioni, fatto salvo l’obbligo di procedere alla notifica anche secondo le regole ordinarie, entro cinque giorni dalla richiesta della misura cautelare. Sull’istanza provvede il presidente del Tar (o il presidente della sezione, se il ricorso sia già stato assegnato a una sezione); il presidente, ove lo ritenga necessario, può sentire fuori udienza, senza formalità particolari, le parti che si siano dichiarate disponibili (commi 2 e 5). Il presidente si pronuncia con decreto motivato; il decreto, in caso di accoglimento è efficace sino alla camera di consiglio e perde efficacia se il collegio non provvede sulla domanda cautelare nella camera di consiglio. Fino a quando conserva efficacia il decreto è sempre modificabile o revocabile su istanza di parte (comma 4). Se è concessa una misura cautelare, il decreto conserva i suoi effetti fino alla camera di consiglio fissata per l’esame in sede collegiale; tale camera di consiglio deve essere indicata nel decreto stesso (e ciò vale anche nel caso in cui il presidente neghi la concessione della misura cautelare).

 

Il decreto, aggiunge sempre il comma 1 dell'articolo 84 del decreto-legge in esame, è tuttavia emanato nel rispetto dei termini di cui all'articolo 55, comma 5 del Codice del processo amministrativo, salvo che ricorrano i casi di estrema gravità e urgenza previsti dall'articolo 56 del Codice (vedi supra).

 

Il comma 5 dell'articolo 55 del Codice del processo amministrativo (articolo che disciplina le misure cautelari collegiali) prevede che sulla domanda cautelare il collegio pronunci nella prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario dell'ultima notificazione e altresì al decimo giorno dal deposito del ricorso. La disposizione riconosce inoltre alle parti la facoltà di depositare memorie e documenti fino a due giorni liberi prima della camera di consiglio.

 

I decreti monocratici quindi che non vengono trattati dal collegio nella camera di consiglio, ex articolo 55, comma 5, del Codice del processo amministrativo, restano efficaci, in deroga all’articolo 56, comma 4 (vedi supra), dello stesso Codice, fino alla trattazione collegiale, fermo restando quanto previsto in merito alla modificabilità e alla revocabilità dagli ultimi due periodi del citato articolo 56, comma 4.

 

Il comma 2 dell'articolo stabilisce, in deroga a quanto previsto dal comma 1, che tutte le controversie fissate - nel periodo di tempo compreso tra il 6 aprile e il 15 aprile 2020 - per la trattazione, sia in udienza pubblica che in udienza camerale, passano in decisione sulla base degli atti a condizione che ne facciano congiunta richiesta tutte le parti costituite. Tale richiesta deve essere depositata entro il termine perentorio di due giorni liberi prima dell’udienza e entro lo stesso termine le parti possono depositare brevi note.

 

Con riguardo ai procedimenti cautelari in relazione ai quali è stato emanato decreto monocratico di accoglimento, totale o parziale, della domanda cautelare si prevede che la trattazione collegiale in camera di consiglio debba essere fissata, ove possibile, nelle forme e nei termini di cui all’articolo 56, comma 4, del Codice del processo amministrativo, a partire dal 6 aprile 2020 e il collegio definisce la fase cautelare sulla base degli atti, salvo che una delle parti su cui incide la misura cautelare depositi un’istanza di rinvio. In questo caso la trattazione collegiale è rinviata a data immediatamente successiva al 15 aprile 2020.

 

Il comma 3 - al fine di contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID- 19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giurisdizionale e consultiva - demanda ai presidenti titolari delle sezioni del Consiglio di Stato, al presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana e ai presidenti dei tribunali amministrativi regionali e delle relative sezioni staccate l’adozione di misure organizzative anche incidenti sulla trattazione degli affari giudiziari e consultivi, necessarie a consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche di intesa con le Regioni,  e le prescrizioni impartite con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri emanati ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, al fine di evitare assembramenti all’interno degli uffici giudiziari e contatti ravvicinati tra le persone.

Tali misure devono essere adottate sentiti l’autorità sanitaria regionale e il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati della città ove ha sede l’Ufficio, e in coerenza con le eventuali disposizioni di coordinamento dettate dal Presidente del Consiglio di Stato o dal Segretariato generale della giustizia amministrativa per quanto di rispettiva competenza.

 

Tali misure, secondo quanto previsto dal comma 4, possono comprendere:

a)   la limitazione dell'accesso agli uffici giudiziari ai soli soggetti che debbono svolgervi attività urgenti;

b)   la limitazione dell'orario di apertura al pubblico degli uffici o in ultima istanza e solo per i servizi che non erogano servizi urgenti, la sospensione dell’attività di apertura al pubblico;

c)   la predisposizione di servizi di prenotazione per l'accesso ai servizi, anche per via telefonica o telematica, assicurando che l’accesso degli utenti sia scaglionato per orari fissi e siano evitate forme di assembramento;

d)   l’adozione di direttive vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze, coerenti con le eventuali disposizioni dettate dal presidente del Consiglio di Stato;

e)   il rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020, assicurando in ogni caso la trattazione con priorità, anche mediante una ricalendarizzazione delle udienze, fatta eccezione per le udienze e camere di consiglio cautelari, elettorali, e per le cause rispetto alle quali la ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti. In questo caso la dichiarazione di urgenza deve essere fatta dai presidenti con decreto non impugnabile.

 

     Il comma 5 dispone che fino al 30 giugno 2020, in deroga alle previsioni del Codice del processo amministrativo, tutte le controversie fissate per la trattazione, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione, senza discussione orale, sulla base degli atti depositati, ferma restando la possibilità di definizione del giudizio ai sensi dell’articolo 60 del Codice del processo amministrativo, omesso ogni avviso. Le parti possono presentare brevi note sino a due giorni liberi prima della data fissata per la trattazione. Il giudice amministrativo, su istanza proposta entro lo stesso termine dalla parte che non si sia avvalsa della facoltà di presentare le note, dispone la rimessione in termini in relazione a quelli che non sia stato possibile osservare e adotta ogni conseguente provvedimento per l’ulteriore e più sollecito svolgimento del processo.

 

L'articolo 60 del Codice contempla la possibilità di definire il merito della causa con sentenza in forma semplificata, all'esito dell'udienza cautelare. Tale possibilità postula la completezza non solo dell'istruttoria, ma anche del contraddittorio tra le parti in causa.

 

In tal caso, i termini di cui all’articolo 73, comma 1, del Codice del processo amministrativo sono abbreviati della metà, limitatamente al rito ordinario.

 

Ai sensi del comma 1 dell'articolo 73 del Codice le parti possono produrre documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell'udienza, memorie fino a trenta giorni liberi e presentare repliche, ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell'udienza, fino a venti giorni liberi.

 

In base al comma 6, il giudice delibera in camera di consiglio, se necessario mediante collegamenti da remoto. Il luogo dal quale si collegano i magistrati e il personale addetto è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti.

 

Per quanto riguarda gli effetti prodotti dai provvedimenti adottati ai sensi dei commi 3 e 4, è prevista la rimessione in termini delle parti, qualora abbiano determinato la decadenza da facoltà processuali (comma 7), e la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza, qualora ne sia derivato impedimento per l’esercizio di diritti (comma 8).

 

Del periodo di sospensione (tra l’8 marzo e il 30 giugno 2020), in base al comma 9, non si tiene conto ai fini della durata ragionevole del processo ai sensi della Legge Pinto (art. 2 della legge n. 89 del 2001).

 

Il comma 10 interviene sulla disciplina relativa al processo amministrativo telematico. In particolare la disposizione modifica il comma 4 dell'articolo 7 del decreto-legge n. 168 del 2016 (conv. legge n. 197 del 2016). Tale comma prevede che a decorrere dal 1° gennaio 2017 per i giudizi introdotti con i ricorsi depositati, in primo o in secondo grado, con modalità telematiche deve essere depositata, anche a mezzo del servizio postale, almeno una copia cartacea del ricorso e degli scritti difensivi, con l'attestazione di conformità al relativo deposito telematico. Il decreto-legge in conversione integra il comma 4 suddetto prevedendo la sospensione dell'obbligo di deposito cartaceo dall’8 marzo e fino al 30 giugno 2020.

 

Nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento è stato soppresso il comma 11 il quale dispone l'abrogazione dell’articolo 3 del decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11. Si tratta di una modifica collegata alla contestuale previsione, all’articolo 1 del disegno di legge di conversione, dell’integrale abrogazione del decreto-legge n. 11 del 2020, con la salvezza degli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto.

 

L'articolo 3 del decreto legge n. 11 del 2020 - è appena il caso di ricordare - ha stabilito misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 in materia di giustizia amministrativa, prevedendo, fra le altre, il rinvio delle udienze pubbliche e camerali a data successiva al 22 marzo 2010 (si rinvia alla relativa scheda di lettura del dossier relativo al decreto-legge n. 11 del 2020)

 


 

Articolo 85
(Ulteriori misure urgenti in materia di funzioni
della Corte dei conti)

 

 

L'articolo 85 reca misure urgenti finalizzate a contenere gli effetti dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 in materia di giustizia contabile. Oltre a prevedere l'applicazione, in quanto compatibili, a tutte le funzioni della Corte dei conti delle disposizioni di cui agli articoli 83 e 84 del decreto-legge, reca anche norme specifiche in tema di controllo preventivo di legittimità e di giudizio pensionistico nonché misure organizzative per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie ed evitare assembramenti all'interno degli uffici.

 

L’articolo 85, comma 1, del decreto-legge in conversione prevede che anche a tutte le funzioni svolte dalla Corte dei Conti si applichino, in quanto compatibili, le disposizioni (previste dagli articoli 83 e 84 del medesimo decreto-legge) sul rinvio d’ufficio di tutte le udienze e sulla sospensione dei termini. Nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento sono state approvate una serie di modifiche all'articolo in oggetto.

 

E' opportuno segnalare che il comma 1 dell'articolo 36 del decreto-legge n. 23 del 2020 ha prorogato il termine del 15 aprile 2020 previsto dall'articolo 83 del decreto legge n. 18, qui in conversione, all'11 maggio 2020. Il comma 4 del medesimo articolo 36 ha previsto che tale proroga si applichi anche a tutte le funzioni e attività della Corte dei conti, come elencate nell'articolo 85 in commento. La disposizione del decreto-legge n. 23 precisa inoltre che il termine iniziale previsto dal comma 5 dell'articolo 85 (vedi infra) sia fissato al 12 maggio 2020.

Come già rilevato in merito agli articoli 83 e 84, si osserva che l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 18/2020 potrebbe determinare incertezze interpretative in merito all’applicazione delle disposizioni sulla sospensione dei termini. Alla luce di ciò, si valuti l’opportunità di coordinare il testo dell’art. 85 con quello dell’articolo 36 del decreto legge 23/2020.

 

 

La sospensione dei termini - precisa il comma 6 - non opera con riguardo al controllo preventivo di legittimità. In caso di deferimento alla sede collegiale di atti delle amministrazioni centrali dello Stato, il collegio deliberante - fino al 30 giugno 2020 - è composto dal presidente della sezione centrale del controllo di legittimità e dai sei consiglieri delegati preposti ai relativi uffici di controllo, integrato dal magistrato istruttore nell'ipotesi di dissenso, e delibera con un numero minimo di cinque magistrati in adunanze in grado di riunirsi tempestivamente anche in via telematica. Il Senato ha aggiunto al comma 6 di un ulteriore periodo, in base al quale - per le medesime esigenze di salvaguardia dello svolgimento delle attività istituzionali della Corte dei conti - si prevede che fino al 30 giugno 2020, il collegio delle Sezioni riunite in sede di controllo sia composto dal presidente di sezione preposto al coordinamento e da dieci magistrati, individuati, tenendo contro delle materie, con specifici provvedimenti del presidente della Corte dei conti. Il collegio delibera con almeno nove magistrati, in adunanze organizzabili tempestivamente anche in via telematica.

 

Il controllo preventivo di legittimità è una delle più tradizionali funzioni della Corte che accerta che gli atti dell’esecutivo siano conformi a norme di legge, in particolare a quelle del bilancio. Attualmente, gli atti sottoposti a controllo preventivo di legittimità, oltre ai contratti di rilevante importo finanziario, sono i provvedimenti adottati a seguito di deliberazione del Consiglio dei ministri, i regolamenti e gli atti di programmazione[4]. Il procedimento inizia con l’invio dell’atto sottoposto a controllo al competente ufficio della Corte dei conti. Ove l’atto sia ritenuto legittimo, la Corte lo ammette al visto e alla registrazione. Da quel momento l’atto acquista efficacia. Nell’ eventualità in cui la Corte dubiti della legittimità dell’atto inizia una fase del procedimento disciplinata, da ultimo, dalla legge 24 novembre 2000 n. 340 che, per evitare ritardi nel compimento dell’azione amministrativa, deve essere ultimata entro termini perentori (sessanta giorni, salvo eccezionali ipotesi di sospensione). Nel caso in cui il controllo riguardi un atto governativo, l’amministrazione interessata, in caso di rifiuto di registrazione, può chiedere un'apposita deliberazione da parte del Consiglio dei ministri, il quale, a propria volta, può ritenere che l’atto risponda ad interessi pubblici superiori e debba avere comunque corso. In questo caso la Corte dei conti pronuncia a Sezioni riunite, le quali, ove non ritengano venute meno le ragioni del rifiuto, ordinano la registrazione dell’atto e vi appongono il visto con riserva. L’atto registrato con riserva acquista piena efficacia, ma può dare luogo ad una responsabilità politica del Governo. Con riguardo più specificatamente al procedimento, è necessario ricordare che esso è disciplinato dagli articoli 3, comma 2 della legge n. 20 del 1994 e 27, comma 1 della legge n. 340 del 2000. Esso si connota per una prima fase monocratica, svolta dal magistrato istruttore, che si può concludere con la proposta al consigliere delegato di ammettere al visto l’atto ed un’eventuale fase collegiale che si svolge nell’ambito di un’adunanza della Sezione di controllo (centrale o regionale), al cui esame viene deferito l’esame dell’atto inviato a controllo.

È appena il caso di ricordare che con riguardo ai provvedimenti emanati per dare attuazione alle misure di contenimento contemplate dal decreto-legge n. 6 del 2020  (conv. l. n. 13 del 2020) si è previsto (art. 3 del medesimo decreto-legge n. 6) il dimezzamento dei termini per il controllo preventivo della Corte dei conti. Tali provvedimenti, durante lo svolgimento del suddetto controllo preventivo, sempre secondo quanto previsto dal citato decreto-legge, sono provvisoriamente efficaci, esecutori ed esecutivi, secondo le norme generali sui provvedimenti amministrativi (si rinvia al relativo dossier).

 

Similmente a quanto previsto con riguardo alla giustizia amministrativa l'articolo 85, al comma 5, semplifica, poi, il procedimento monocratico presso la giustizia contabile. In particolare si prevede che dal 15 aprile 2020 fino al 30 giugno 2020, in deroga alle previsioni del Codice di giustizia contabile (d.lgs. n. 174 del 2016) tutte le controversie pensionistiche fissate per la trattazione innanzi al giudice contabile in sede monocratica, sia in udienza camerale sia in udienza pubblica, passano in decisione senza discussione orale, sulla base degli atti depositati. Il Senato ha integrato il comma 5, con la precisazione per la quale la decisione sulla base degli atti è esclusa nel caso in cui una delle parti faccia richiesta della discussione orale. Tale richiesta deve essere notificata, a cura del richiedente, a tutte le parti costituite e deve essere depositata almeno dieci giorni prima della data di udienza. Il comma 5 dell'articolo riconosce alle parti la facoltà di presentare brevi note e documenti sino a cinque giorni liberi (due giorni nella formulazione vigente del decreto-legge) prima della data fissata per la trattazione. Il giudice, trattata la causa, pronuncia immediatamente sentenza, dandone tempestiva notizia alle parti costituite con comunicazione inviata a mezzo di posta elettronica certificata. La sentenza è depositata in segreteria entro quindici giorni dalla pronuncia. Per quanto non espressamente contemplato, in quanto compatibili, trovano applicazione le disposizioni previste dalla Parte IV, Titolo I, del Codice di giustizia contabile che disciplina per l'appunto i giudizi pensionistici. Il comma 5 fa salva la possibilità per il giudice di decidere in forma semplificata, (ai sensi del comma 4 dell'articolo 167 del Codice di giustizia contabile). Ancora, il Senato ha ulteriormente integrato il comma 5 consentendo al giudice di deliberare in camera di consiglio, se necessario avvalendosi di collegamenti da remoto.  Il luogo dal quale si collegano i magistrati e il personale addetto è considerato aula di udienza, di adunanza o camera di consiglio a tutti gli effetti di legge. Si consente infine l'adozione mediante documenti informatici e la firma digitale (anche in deroga alle disposizioni vigenti) delle sentenze, delle ordinanze, dei decreti e degli altri atti del processo.

 

Il comma 7 dell'articolo prevede che nei procedimenti nei quali le udienze sono rinviate, del periodo di sospensione non si tiene conto ai fini della durata ragionevole del processo ai sensi della Legge Pinto.

 

L'articolo 85 prevede, poi, che dall' 8 marzo al 30 giugno 2020 i vertici degli uffici territoriali e centrali possano, sentiti l'autorità sanitaria regionale e, per le attività giurisdizionali, il Consiglio dell'ordine degli avvocati della città ove ha sede l'Ufficio, adottare misure organizzative, anche incidenti sulla trattazione degli affari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche d'intesa con le Regioni, e delle prescrizioni impartite con i D.P.C.M. emanati ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 (conv. legge n. 13 del 2020) e dell’articolo 2 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, al fine di evitare assembramenti all'interno degli uffici e contatti ravvicinati tra persone. Tali misure devono essere adottate anche in coerenza con le eventuali disposizioni di coordinamento dettate dal Presidente o dal Segretario generale della Corte dei conti per quanto di rispettiva competenza (comma 2).

 

Le misure a disposizione dei vertici degli uffici sono in parte analoghe a quelle previste per la giustizia civile e penale e per la giustizia amministrativa (comma 3) e dunque:

§  la limitazione dell’accesso del pubblico, garantendo comunque l’accesso alle persone che debbono svolgervi attività urgenti;

§  la limitazione, sentito il dirigente competente, dell’orario di apertura al pubblico degli uffici ovvero, in via residuale e solo per gli uffici che non erogano servizi urgenti, la chiusura al pubblico;

§  la predisposizione di servizi di prenotazione per l'accesso ai servizi, anche per via telefonica o telematica, affinché l’accesso degli utenti sia scaglionato per orari fissi, nonché l’adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento;

§  l’adozione di linee guida vincolanti per la trattazione delle udienze o delle adunanze coerenti con le disposizioni di coordinamento dettate dal presidente della Corte dei conti, ivi inclusa la eventuale celebrazione a porte chiuse;

§  la possibilità di svolgere le udienze - che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti, o delle adunanze che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai rappresentanti delle amministrazioni – mediante collegamenti da remoto, con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione all'udienza ovvero all'adunanza. A tal fine potranno essere utilizzate strutture informatiche messe a disposizione da soggetti terzi o “ogni mezzo di comunicazione” che consenta l’effettiva partecipazione degli interessati; di tale partecipazione si dovrà dar conto nel verbale dell’udienza (o dell’adunanza). Il Senato è intervenuto sulla misura in questione proponendo in primo luogo l'estensione della previsione dello svolgimento mediante collegamenti da remoto anche alle camere di consiglio. In secondo luogo l'altro ramo del Parlamento ha integrato la disposizione in esame precisando che il luogo dal quale si collegano i magistrati e il personale addetto è considerato aula di udienza, di adunanza o camera di consiglio a tutti gli effetti di legge e consentendo l'adozione mediante documenti informatici e la firma digitale (anche in deroga alle disposizioni vigenti) delle sentenze, delle ordinanze, dei decreti, delle deliberazioni e degli altri atti del processo e del procedimento di controllo;

§  l’ulteriore rinvio d’ufficio delle udienze, a data successiva al 30 giugno, a meno che si tratti di cause la cui ritardata trattazione possa produrre un grave pregiudizio alle parti.

 

In caso di rinvio, tutti i termini che scadono entro il 30 giugno sono sospesi e cominciano a decorrere nuovamente dal 1° luglio (comma 4); ciò vale non solo per le attività giurisdizionali, ma anche per le consultive, di controllo e inquirenti. A decorrere dall'8 marzo - precisa sempre il comma 4 - si intendono sospesi anche i termini connessi alle attività istruttorie preprocessuali, alle prescrizioni in corso e alle attività istruttorie e di verifica relative al controllo.

 

Infine, l'articolo 85, al comma 8, abroga l'articolo 4 del decreto-legge n. 11 del 2020. Il Senato ha soppresso tale comma, essendo stato contestualmente prevista, all’articolo 1 del disegno di legge di conversione, l’integrale abrogazione del decreto-legge n. 11 del 2020, con la salvezza degli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto.

 

L'articolo 4 del decreto legge n. 11 del 2020 - è opportuno ricordare - ha stabilito misure di contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 in materia di giustizia contabile(si rinvia alla relativa scheda di lettura del dossier relativo al decreto-legge n. 11 del 2020). E' appena il caso di rilevare che l’articolo 4 abrogato prevedeva che anche alle funzioni svolte dalla Corte dei Conti si applicassero, in quanto compatibili, le disposizioni sul rinvio d’ufficio di tutte le udienze e sulla sospensione dei termini dal 9 marzo al 22 marzo 2020. Ancora, il decreto-legge n. 11 non prevedeva disposizioni specifiche in tema di procedimento monocratico e di controllo preventivo di legittimità.

 

Il Senato infine ha introdotto all'articolo 85 un ulteriore comma, il comma 8-bis, il quale prevede che fino al 30 giugno 2020 i decreti del Presidente della Corte dei conti con cui sono stabilite le regole tecniche ed operative per l'adozione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nelle attività di controllo e nei giudizi che si svolgono innanzi alla Corte dei conti, acquistano efficacia dal giorno successivo a quello della loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Le udienze, le adunanze e le camere di consiglio possono essere svolte mediante collegamento da remoto, anche in deroga alla legislazione vigente, secondo le modalità tecniche definite ai sensi dell'art. 6 (Digitalizzazione degli atti e informatizzazione delle attività) del Codice di giustizia contabile (D.Lgs. n. 174 del 2016).

 


 

Articolo 86
(Misure urgenti per il ripristino della funzionalità degli Istituti penitenziari e per la prevenzione della diffusione del COVID-19)

 

 

L’articolo 86 autorizza la spesa 20 milioni di euro nell’anno 2020, per il ripristino della funzionalità degli istituti penitenziari danneggiati a causa delle proteste dei detenuti in relazione alla diffusione epidemiologica del Covid-19. Per la realizzazione dei relativi interventi è autorizzata l’esecuzione dei lavori con le procedure in caso di somma urgenza e di protezione civile, di cui all’articolo 163 del Codice degli appalti (D.Lgs. N. 50 del 2016).

 

In particolare, il comma 1 autorizza la spesa 20 milioni di euro nell’anno 2020:

§  per la realizzazione di interventi urgenti di ristrutturazione e di ripristino della funzionalità delle strutture e degli impianti danneggiati a causa delle proteste dei detenuti anche in relazione alle notizie sulla diffusione epidemiologica a livello nazionale del Covid-19;

La Relazione tecnica, allegata al disegno di conversione del decreto legge in esame fornisce un elenco, non esaustivo, dei danni di natura edilizia e di impiantistici:

-       nelle Case Circondariali di Pavia, Milano S. Vittore, Cremona e Casa di Reclusione di Milano Opera, ricadenti nel circondario di competenza del PRAP della Lombardia, per un ammontare complessivo stimato in euro 5.500.000;

-       nelle Case Circondariali di Modena e di Bologna, per un ammontare stimato in euro 3.500.000 nonché danni minori nelle Case Circondariali di Reggio Emilia e di Ferrara, per un importo stimato in euro 650.000, ricadenti nel circondario di competenza del PRAP dell’Emilia Romagna e delle Marche;

-       nelle Case Circondariali di Rieti, Frosinone e Velletri, nonché nelle Case Circondariali di Roma Regina Coeli, Roma-Rebibbia e Isernia, ricadenti nel circondario del PRAP del Lazio-Abruzzo-Molise, per un ammontare stimato in euro 3.800.000;

-       nelle Casa Circondariali di Siracusa e di Trapani, nonché danni minori nella Casa Circondariale di Palermo-Pagliarelli, ricadenti nel circondario del PRAP della Sicilia, per un ammontare complessivo stimato in euro 2.150.000;

-       presso la Casa Circondariale di Napoli Poggioreale e Salerno e danni limitati nelle Case Circondariali di Carinola e Santa M. Capua Vetere, ricadenti nel circondario del PRAP della Campania, per un ammontare complessivo stimato in euro 2.300.000;

-       nelle Case Circondariali di Bari, Foggia, Matera, Trani, Taranto e Melfi, ricadenti nel circondario del PRAP della Puglia, per un ammontare complessivo stimato in euro 650.000;

-       presso la Casa Circondariale di Alessandria, del circondario del PRAP del Piemonte-Valle d’Aosta e Liguria, per un importo stimato in euro 500.000;

-       presso le Case Circondariali di Prato e Pisa, ricadenti nel circondario del PRAP della Toscana e Umbria, per un importo complessivo stimato in euro 300.000;

-       presso la Casa di Reclusione di Padova, ricadente nel circondario del PRAP del Triveneto, per un importo stimato in euro 150.000.

 

§  per l’attuazione delle specifiche misure di prevenzione, relative tra l’altro agli ingressi negli istituti penitenziari e alle modalità di svolgimento dei colloqui, previste dal DPCM dell’8 marzo 2020 (art. 2, comma 1, lettera u));

Con riguardo ai protocolli previsti dal citato DPCM, l’art. 2, comma 1, lett. u), prevede che le articolazioni territoriali del Servizio sanitario nazionale assicurino al Ministero della giustizia idoneo supporto per il contenimento della diffusione del contagio del COVID-19, anche mediante adeguati presidi idonei a garantire, secondo i protocolli sanitari elaborati dalla Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute, i nuovi ingressi negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni. Si prevede che i casi sintomatici dei nuovi ingressi siano posti in condizione di isolamento dagli altri detenuti, raccomandando di valutare la possibilità di misure alternative di detenzione domiciliare. I colloqui visivi si svolgono in modalità telefonica o video, anche in deroga alla durata attualmente prevista dalle disposizioni vigenti. In casi eccezionali può essere autorizzato il colloquio personale, a condizione che si garantisca in modo assoluto una distanza pari a due metri. Si raccomanda di limitare i permessi e la semilibertà o di modificare i relativi regimi in modo da evitare l'uscita e il rientro dalle carceri, valutando la possibilità di misure alternative di detenzione domiciliare.

 

La disposizione fa salvo quanto previsto dalla legge sull’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) in merito alla pignorabilità e sequestrabilità della remunerazione dei condannati, quando essi debbano risarcire il danno arrecato alle cose mobili o immobili dell'amministrazione (art. 24 O.P.) e all’obbligo di risarcimento del danno arrecato alle cose mobili o immobili dell'amministrazione penitenziaria (art.32 O.P.).

 

Il comma 2 per consentire l’adeguata tempestività degli interventi di cui al comma 1, autorizza fino al 31 dicembre 2020 l’esecuzione dei lavori di somma urgenza con le procedure di cui all’articolo 163 del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016), anche in deroga ai limiti di spesa ivi previsti, fatto salvo il limite della soglia europea, e ai termini di presentazione della perizia giustificativa dei lavori.

 

L’art. 163 del Codice dei contratti pubblici disciplina le procedure di affidamento nei casi in cui sussistono motivazioni di “somma urgenza” o esigenze di protezione civile.

Le circostanze disciplinate dall’art. 163 in questione sono pertanto due:

1)  circostanze di somma urgenza, cioè quelle che “non consentono alcun indugio”;

2) calamità naturali o connesse con l'attività dell'uomo (art. 7 del Codice della protezione civile - D.Lgs. 1/2018), in conseguenza delle quali sia avvenuta la deliberazione dello stato di emergenza ai sensi dell’art. 24 del Codice di protezione civile.

La procedura di affidamento disciplinata dall’art. 163 consente in buona sostanza all’amministrazione di intervenire in deroga a qualsiasi procedura disciplinata dal Codice dei contratti pubblici e di prescindere anche da qualsiasi previa negoziazione con operatori economici, nonché dalla verifica della copertura della spesa, sebbene il controllo sull’effettiva sussistenza delle ragioni di urgenza possa essere svolto dall’ANAC nell’ambito delle proprie attività di vigilanza.

 

La procedura di somma urgenza può essere attivata entro i seguenti limiti di importo, che non possono comunque mai superare le soglie di rilevanza comunitaria di cui all’art. 35 del Codice dei contratti pubblici (euro 5.225.000 per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni ed euro 135.000, per gli appalti pubblici di servizi e forniture):

§  somma urgenza, 200.000 euro o quanto indispensabile per rimuovere lo stato di pregiudizio alla pubblica e privata incolumità;

§  protezione civile, 200.000 euro, ulteriormente incrementabili fino ai limiti massimi di importo previsti dai provvedimenti con i quali viene deliberato lo stato di emergenza. In questi casi l’affidamento eccedente l’importo di 200.000 euro deve essere disposto per un arco temporale limitato, comunque non superiore a 30 giorni e solo per singole specifiche fattispecie indilazionabili.

 

L’esecuzione dei lavori può essere affidata “direttamente”, cioè senza il previo esperimento di alcuna procedura ad evidenza pubblica o preventiva consultazione del mercato, tramite la predisposizione, ad opera del RUP o del tecnico, di un apposito “ordine di esecuzione dei lavori” (o dei servizi o delle forniture) trasmesso dai medesimi soggetti all’affidatario individuato. Successivamente, entro 10 giorni dall’emissione dell’ordine di esecuzione, il RUP o il tecnico che ha compilato il medesimo ordine trasmettono alla stazione appaltante una perizia giustificativa dei lavori, che provvede alla copertura della spesa e alla approvazione dei lavori.

Il comma 3 reca la copertura finanziaria degli oneri.


 

Articolo 86-bis
(Disposizioni in materia di immigrazione)

 

 

L’articolo 86-bis, introdotto nel corso dell’esame del Senato, reca una serie di disposizioni relative all’accoglienza degli immigrati in considerazione delle esigenze correlate allo stato di emergenza.

In primo luogo, vengono prorogati al 31 dicembre 2020 i progetti degli enti locali in scadenza al 30 giugno 2020 nell’ambito del Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI), la cosiddetta seconda accoglienza.

Inoltre, viene introdotta la possibilità che gli stranieri rimangano – fino alla fine dello stato di emergenza - nei centri di accoglienza che li ospitano (centri di prima e seconda accoglienza e CAS - centri di accoglienza straordinaria), anche se sono venute meno le condizioni per la loro permanenza, previste dalle disposizioni vigenti, nelle medesime strutture.

Si prevede poi che nelle strutture del SIPROIMI possano essere ospitati anche i richiedenti protezione internazionale e i titolari di protezione umanitaria sottoposti al periodo di quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva (su disposizione del prefetto) ed in generale persone in stato di necessità (su disposizione degli enti locali).

Infine, si dà facoltà ai prefetti di modificare i contratti in essere per lavori, servizi o forniture supplementari in determinate strutture di accoglienza (CAS, strutture ricettive temporanee per i minori non accompagnati, hotspot), sempre con il fine di assicurare la tempestiva adozione di misure dirette al contenimento della diffusione del COVID-19.

 

Il comma 1 autorizza, fino al 31 dicembre 2020, la prosecuzione dei progetti di accoglienza in essere attivati dagli enti locali nell’ambito del Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI) in considerazione della situazione straordinaria derivante dallo stato di emergenza.

Gli enti locali sono autorizzati alla prosecuzione dei progetti alle attuali condizioni di attività e servizi finanziati.

Sono prorogati, in particolare:

§  i progetti in scadenza al 31 dicembre 2019 e che sono stati già autorizzati fino al 30 giugno 2020;

§  i progetti in scadenza al 30 giugno 2020, che hanno presentato domanda di proroga ai sensi del decreto del Ministro dell'interno del 18 novembre 2019.

Il decreto del Ministro dell'interno 18 novembre 2019 disciplina le modalità di accesso degli enti locali ai finanziamenti del Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell'asilo e di funzionamento del Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI). In sede di prima attuazione, ha dato facoltà agli enti locali con progetti in scadenza entro il 31 dicembre 2019 di presentare domanda di prosecuzione. Il relativo finanziamento è assegnato entro il 1° luglio 2020, con scadenza al 31 dicembre 2022 (art. 8, comma 1).

 

Il Sistema di protezione dei titolari di protezione internazionale e dei minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI), disciplinato dal D.L. 416/1989, art. 1-sexies, è costituito dalla rete degli enti locali per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata nel proprio territorio (cosiddetta “seconda accoglienza”).

Oltre ai rifugiati e ai minori stranieri non accompagnati, possono essere accolti nel Sistema i cittadini stranieri titolari di permesso di soggiorno per casi speciali (protezione sociale e vittime di tratta, violenza domestica e grave sfruttamento lavorativo), per cure mediche, per calamità, per atti di particolare valore civile.

A tal fine gli enti locali accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell’interno (Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo (D.L. 416/1989, art. 1-septies).

Gli enti locali, con il supporto delle realtà del terzo settore, garantiscono interventi di accoglienza integrata assicurando vitto e alloggio, prevedendo misure di informazione, accompagnamento, assistenza e orientamento e di inserimento socio-economico.

Il D.L. 113 del 2018 (c.d. decreto sicurezza e immigrazione) ha ristrutturato complessivamente il sistema di accoglienza degli stranieri nel nostro Paese.

Per quanto riguarda la seconda accoglienza la nuova normativa ha previsto che l’accesso alle strutture del sistema SIPROIMI sia riservato esclusivamente ai titolari di protezione internazionale e ai minori stranieri non accompagnati e non anche, come in precedenza, ai richiedenti asilo (ossia gli stranieri che hanno presentato una domanda di protezione internazionale sulla quale non è ancora stata adottata una decisione definitiva).

Una disposizione transitoria consente ai richiedenti asilo e ai titolari di protezione umanitaria già presenti nel Sistema di protezione alla data di entrata in vigore del decreto-legge di rimanere in accoglienza nel Sistema fino alla scadenza del progetto di accoglienza in corso, già finanziato. I minori non accompagnati richiedenti asilo, al compimento della maggiore età, potranno rimanere nel Sistema fino alla definizione della domanda di protezione internazionale.

Il citato DM 18 novembre 2019 ha introdotto le «Linee guida per il funzionamento del Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI)», allegate al decreto.

Gli enti locali interessati all'attivazione di servizi di accoglienza devono presentare al Ministero dell'interno - Dipartimento per le Libertà civili e l'immigrazione le proposte progettuali, che vengono poi valutate ed eventualmente approvate da una commissione. I progetti approvati, la prosecuzione di quelli già avviati e l'ampliamento dei posti sono ammessi a finanziamento con decreto del ministro in relazione alle esigenze di accoglienza e nei limiti delle risorse del Fondo nazionale, in base a quanto prevedono le Linee guida.

Al febbraio 2020, risultano attivi 808 progetti della rete SIPROIMI (608 ordinari, 155 per minori non accompagnati e 45 per persone con disagio mentale o disabilità). Gli enti locali titolari di progetto sono 688, tra comuni, province, unioni di comuni e altri enti, per complessivi 31.264 posti finanziati (fonte: SIPROIMI).

 

Il comma in commento deroga espressamente alle disposizioni del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 50/2016) e pone le seguenti condizioni:

§  è fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159;

 

Le misure contenute nel codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, che rilevano sono, in particolare, quelle riguardanti i rapporti con le amministrazioni pubbliche. Il codice prevede un sistema di documentazione antimafia volto a impedire l’accesso a finanziamenti pubblici e la stipulazione di contratti con le pubbliche amministrazioni da parte di imprese e soggetti privati su cui grava il sospetto di infiltrazione da parte della criminalità organizzata. Il sistema è incentrato intorno all'art. 67, il quale dispone che l'applicazione, con provvedimento definitivo, di una delle misure di prevenzione previste dal Libro I, titolo II, capo II del codice (ovvero  sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, divieto di soggiorno in uno o più comuni diversi da quelli di residenza o di dimora abituale, obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale) comporta la decadenza di diritto da licenze, autorizzazioni, concessioni, iscrizioni, attestazioni, abilitazioni ed erogazioni rilasciate da soggetti pubblici, nonché il divieto di concludere contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, di cottimo fiduciario e relativi subappalti e subcontratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera. La conoscenza di tali situazioni si esplica attraverso la documentazione antimafia di cui all'art. 84 del codice, la quale comprende: la comunicazione antimafia, che consiste nell'attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67; l'informazione antimafia, che, oltre ad attestare la sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67 come la comunicazione, è volta altresì ad attestare la sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi di società o imprese. L'informazione viene richiesta prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67, il cui valore sia:  pari o superiore a quello determinato dalla legge in attuazione delle direttive comunitarie in materia di opere e lavori pubblici, servizi pubblici e pubbliche forniture; superiore a 150.000 euro per le concessioni di acque pubbliche o di beni demaniali per lo svolgimento di attività imprenditoriali, ovvero per la concessione di contributi, finanziamenti e agevolazioni su mutuo o altre erogazioni dello stesso tipo per lo svolgimento di attività imprenditoriali; superiore a 150.000 euro per l'autorizzazione di subcontratti, cessioni, cottimi, concernenti la realizzazione di opere o lavori pubblici o la prestazione di servizi o forniture pubbliche.

Le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico, nonché i concessionari di lavori o di servizi pubblici hanno l'obbligo, a norma dell'art. 83 del codice, di acquisire tale documentazione attraverso la consultazione della banca dati nazionale o, in taluni casi, tramite richiesta alla prefettura territorialmente competente prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67.

Nei casi di urgenza ed esclusi i casi in cui è richiesta l'informazione antimafia, i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi o forniture ed i provvedimenti di rinnovo conseguenti a provvedimenti già disposti, sono stipulati, autorizzati o adottati previa acquisizione di apposita autodichiarazione con la quale l'interessato attesti che nei propri confronti non sussistono le cause di divieto, di decadenza o di sospensione di cui all'articolo 67 (art. 89 del codice).

 

§  sono fatti salvi i vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea;

§  non devono sussistere eventuali ragioni di revoca, accertate ai sensi del citato DM 18 novembre 2019;

 

Ai sensi dell’art. 46 delle linee guida allegate al DM 18 novembre costituiscono cause di revoca del finanziamento:

1.      gravi inadempimenti nell'esecuzione delle prestazioni previste nel progetto approvato, che compromettono l'impianto complessivo del progetto di accoglienza;

2.      gravi violazioni nelle procedure di affidamento agli enti attuatori dei servizi finanziati, accertate con sentenza passata in giudicato, ovvero all'esito delle procedure di controllo;

3.      inadempimento agli obblighi in materia di tracciabilità dei flussi finanziari;

4.      mancata ottemperanza alla diffida ad adempiere per la mancata rendicontazione delle spese sostenute nei termini previsti o per la mancata sanatoria delle irregolarità riscontrate nella gestione dei servizi.

 

§  i progetti devono essere finanziati nei limiti delle risorse del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, (vedi sopra).

 

Il comma 2 prevede che, fino al termine dello stato di emergenza (ossia fino al 31 luglio 2020), gli stranieri possono rimanere nei centri di accoglienza che li ospitano, anche se sono venute meno le condizioni di permanenza, previste dalle disposizioni vigenti, nelle medesime strutture.

 

Le strutture interessate dalla disposizione sono le seguenti:

§  strutture di seconda accoglienza della rete SIPROIMI (di cui sopra);

§  centri governativi di prima accoglienza (di cui art. 9 del D.Lgs. 142/2015)

 

Sono centri destinati alle esigenze di prima accoglienza e per l'espletamento delle operazioni necessarie alla definizione della posizione giuridica dello straniero. L’invio del richiedente asilo in tali centri è disposto dal prefetto, sentito il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, per il tempo necessario, all'espletamento delle operazioni di identificazione alla verbalizzazione ed all'avvio della procedura di esame della domanda, nonché all'accertamento delle condizioni di salute diretto anche a verificare la sussistenza di situazioni di vulnerabilità;

§  centri di accoglienza straordinaria – CAS (di cui all’art. 11 del D.Lgs. 142/2015)

 

Si tratta di strutture di emergenza allestite nel caso in cui sia temporaneamente esaurita la disponibilità di posti all'interno dei centri di prima accoglienza, a causa di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti protezione internazionale. Anche in questo caso l’accoglienza è disposta dal prefetto, sentito il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, anche al fine di accertare la sussistenza di esigenze particolari di accoglienza.

L'allontanamento ingiustificato dai centri governativi di prima accoglienza e dai CAS comporta la revoca delle condizioni di accoglienza e la sospensione del procedimento di esame della richiesta di protezione internazionale.

 

In assenza di ulteriori precisazioni (sul punto sarebbe in ogni caso opportuno un chiarimento), sembrerebbe che la facoltà di consentire la permanenza nei centri sia posta in capo alla medesima autorità che dispone l’accoglienza, ossia al prefetto, sentito il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, nel caso, come si visto sopra, dei centri di prima accoglienza e dei CAS. L’ammissione ai centri di accoglienza del Sistema di seconda accoglienza, è disposta dal Servizio centrale, organismo di coordinamento della rete SIPROIMI incardinato presso il Ministero dell’interno, su segnalazione dei singoli progetti territoriali o di enti terzi (prefetture, questure, associazioni).

 

La disposizione in esame prevede che possono rimanere in tali strutture:

§  i soggetti di cui all'articolo 1-sexies, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, ossia titolari di permesso di soggiorno per casi speciali (protezione sociale e vittime di tratta, violenza domestica e grave sfruttamento lavorativo), per cure mediche, per calamità, per atti di particolare valore civile;

§  i titolari di protezione internazionale;

§  i titolari di protezione umanitaria;

§  i richiedenti protezione internazionale;

§  i minori stranieri non accompagnati anche oltre il compimento della maggiore età.

 

Si ricorda che il DL 113/2018, da un lato ha escluso i richiedenti protezione internazionale dal novero dei soggetti ammessi all’accoglienza SIPROIMI e dall’altro ha sostituito il permesso di soggiorno per motivi umanitari, con permessi di soggiorno "speciali" che possono essere rilasciati in caso di condizioni di salute di eccezionale gravità, situazioni contingenti di calamità nel Paese di origine, atti di particolare valore civile, oltre ai casi già previsti dal testo unico sull'immigrazione.

Come accennato sopra, una disposizione transitoria (art. 12 DL 113/2018) consente ai richiedenti asilo e i titolari di protezione umanitaria già presenti nel Sistema di protezione alla data di entrata in vigore del decreto-legge (5 ottobre 2018) di rimanere in accoglienza nel Sistema fino alla scadenza del progetto di accoglienza in corso, già finanziato. I minori non accompagnati richiedenti asilo, al compimento della maggiore età, possono rimanere nel Sistema fino alla definizione della domanda di protezione internazionale.

Alla luce di tale disposizione transitoria, il Ministero dell’interno nel gennaio 2020 ha approvato la realizzazione del progetto "Accompagnamento all'autonomia e all’inclusione dei titolari di protezione umanitaria” con risorse pari a 8.296.880 euro provenienti dal FAMI per il sostegno finanziario ai comuni della rete SIPROIMI per la prosecuzione dell’assistenza e dell’inclusione dei titolari di protezione umanitaria dopo il 31 dicembre 2019, e fino al 30 giugno 2020. Le risorse sono assegnate agli enti locali in particolare per misure di inserimento abitativo, lavorativo, sociale, e di accompagnamento amministrativo. L'obiettivo è quello di consolidare i percorsi in uscita dall’accoglienza prevenendo eventuali emergenze legate alla cessazione delle diverse attività di presa in carico di migranti ancora in accoglienza titolari di protezione umanitaria (Ministero dell’interno, determina 13 gennaio 2020).

 

La disposizione in esame dunque consente il proseguimento fino al 31 luglio 2020 (e non fino alla scadenza dei progetti che sono stati prorogati ai sensi del comma 1) dell’accoglienza nelle strutture della rete SIPROIMI dei titolari di protezione umanitaria (circa 1.400 persone, il 50% delle quali in condizioni di vulnerabilità dal dicembre 2020 secondo i dati recati nella determina di cui sopra) e i richiedenti asilo già accolti nelle strutture medesime.

La norma consente inoltre, fino al 31 luglio 2020, ai minori stranieri non accompagnati di permanere nei centri SIPROIMI oltre il compimento della maggiore età anche se è stata definita la domanda di protezione internazionale.

 

Per quanto riguarda invece titolari di protezione internazionale e i titolari di permessi per motivi speciali, il termine del 31 luglio non dovrebbe riguardare coloro che sono accolti nei centri SIPROIMI (alla luce anche della proroga di cui al comma 1) bensì coloro che, eventualmente, sono nei CAS e nei centri di prima accoglienza.

Anche i titolari di protezione umanitaria e i richiedenti protezione internazionale possono fino al 31 luglio permanere in tali centri.

 

Si ricorda che i minori stranieri non accompagnati non possono essere accolti nei centri governativi di prima accoglienza, bensì in strutture ricettive temporanee esclusivamente a loro dedicate (art. 19, commi 3-bis e 4, D.Lgs. 142/2015, vedi infra)

 

Il comma 3 prevede che le strutture del SIPROIMI, se disponibili, possono essere utilizzate, fino al termine dell’emergenza, per accogliere i richiedenti protezione internazionale e dei titolari di protezione umanitaria, sottoposti al periodo di quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva.

 

Si tratta di misure previste dal decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 convertito con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13 (art. 1, comma 2, lettere h) e i).

Tali misure sono poi confluite nel decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 in corso di conversione (art. 1, comma 2, lett. a) e d) che ha nel contempo abrogato il decreto-legge n. 6 (art. 5).

 

L’utilizzo delle strutture per tali fini è disposto dal prefetto con il parere del Dipartimento di prevenzione della ASL territorialmente competente e dell'ente locale titolare del progetto di accoglienza.

 

In secondo luogo, gli enti locali titolari del progetto di accoglienza possono usare, se disponibili e sempre fino al termine dell’emergenza, le strutture ai fini dell'accoglienza di persone in stato di necessità, previa autorizzazione del Ministero dell'interno, che indica altresì le condizioni di utilizzo e restituzione, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

 

Il comma 4 dà facoltà ai prefetti di modificare i contratti in essere per lavori, servizi o forniture supplementari in determinate strutture di accoglienza, al solo fine di assicurare la tempestiva adozione di misure dirette al contenimento della diffusione del COVID-19, e senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

Le strutture interessate sono:

§  centri di accoglienza straordinaria – CAS;

§  strutture ricettive temporanee dedicate ai minori non accompagnati, di cui all’art. 19, comma 3-bis, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142

 

L’articolo 19 della disposizione richiamata prevede che per le esigenze di soccorso e di protezione immediata, i minori non accompagnati sono accolti in strutture governative di prima accoglienza a loro destinate, per il tempo strettamente necessario, comunque non superiore a trenta giorni, all'identificazione e all'eventuale accertamento dell'età (comma 1). Successivamente, sono accolti nell'ambito del Sistema SIPROIMI (comma 2).

In caso di temporanea indisponibilità nelle strutture di cui sopra (prima accoglienza e SIPROIMI) l'assistenza e l'accoglienza del minore sono temporaneamente assicurate dal comune in cui il minore si trova, fatta salva la possibilità di trasferimento del minore in un altro comune (comma 3). Solamente in caso di arrivi consistenti e ravvicinati di minori non accompagnati, qualora l'accoglienza non possa essere assicurata dai comuni è disposta dal prefetto, l'attivazione di strutture ricettive temporanee esclusivamente dedicate ai minori non accompagnati, con una capienza massima di cinquanta posti per ciascuna struttura (comma 3-bis).

 

§  punti di crisi (hotspot), si tratta dei centri collocati prevalentemente nei luoghi di sbarco dove effettuare la registrazione e l'identificazione tramite rilievi dattilografici dei migranti.

 

Le modifiche contrattuali sono disposte in deroga alle disposizioni del codice dei contratti, ma nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività, correttezza e trasparenza e delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.

 

Il comma 5 dispone in ordine alla quantificazione dei maggiori costi derivanti dalla possibilità di prolungare la permanenza nei centri, disposta dal comma 2, pari complessivamente a 42.354.072 euro. Alla copertura si provvede nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, anche utilizzando le risorse accertate nell’esercizio finanziario 2019 derivanti dalla razionalizzazione della spesa operate ai sensi dell’articolo 1, comma 767 della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

 

La disposizione citata prevede che il Ministero dell'interno provveda sia alla razionalizzazione della spesa per la gestione dei centri per l’immigrazione (tenuto conto della contrazione del fenomeno migratorio) sia alla riduzione del costo giornaliero di accoglienza dei migranti. Dalla realizzazione di tali interventi - previa estinzione dei debiti pregressi – devono derivare risparmi almeno pari a: 400 milioni di euro per il 2019; 550 milioni di euro per il 2020; 650 milioni di euro a decorrere dal 2021.Gli eventuali ulteriori risparmi, da accertarsi annualmente con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 settembre di ciascun anno, confluiscono in un apposito fondo dello stato di previsione  del Ministero dell'interno, da destinare alle esigenze di funzionamento del medesimo dicastero.

 


 

Articolo 87
(Misure straordinarie in materia di lavoro agile,
di esenzione dal servizio e di procedure concorsuali)

 

 

L’articolo 87, al fine di contrastare il fenomeno della diffusione del COVID-2019, stabilisce che per il periodo dello stato di emergenza, il lavoro agile costituisce la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa delle pubbliche amministrazioni, le quali limiteranno la presenza sul posto di lavoro esclusivamente per assicurare le attività indifferibili e non altrimenti erogabili. La disposizione, inoltre, precisa che il lavoro agile può essere applicata a ogni rapporto di lavoro subordinato; si prevede, inoltre, la sospensione dello svolgimento delle procedure concorsuali per l’accesso al pubblico impiego, con alcune eccezioni; infine, in considerazione del livello di esposizione al rischio di contagio connesso allo svolgimento dei compiti istituzionali e nel rispetto delle preminenti esigenze di funzionalità delle amministrazioni interessate, il personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco può essere dispensato temporaneamente dalla presenza in servizio.

 

La circolare della Funzione pubblica n. 2 del 2020, esplicativa delle misure recate dal decreto-legge 17 marzo 2020 n. 18, a proposito della disposizione di cui all’articolo 87, rileva che essa - sviluppando e riconducendo ad una cornice regolativa di rango primario l’indicazione già presente nella direttiva n. 2/2020 del Ministro della pubblica amministrazione (d’ora in poi “direttiva n. 2/2020”) – “rappresenta lo strumento cardine attraverso il quale il legislatore, in un’ottica di sistema, ha inteso regolare la modalità di svolgimento della prestazione lavorativa all’interno degli uffici pubblici e costituisce la cornice nella quale devono essere iscritte le ulteriori disposizioni che - all’interno del citato decreto - affrontano istituti applicabili al personale pubblico”.

 

La disposizione è stata modificata dal Senato, con il recepimento nel corpo della norma in esame di alcune disposizioni dell’art. 19 del dl 9/2020.

In particolare, i commi da 1 a 3, premesso che per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165[5], il periodo trascorso, in relazione al virus COVID-19, in malattia o in quarantena con sorveglianza attiva, o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva è equiparato al periodo di ricovero ospedaliero (secondo la modifica apportata dal Senato), dispongono che, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019 o ad una data antecedente stabilita con dpcm, su proposta del Ministro della pubblica amministrazione, il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle suddette pubbliche amministrazioni che, pertanto:

 

§  limitano la presenza del personale negli uffici per assicurare esclusivamente le attività che ritengono indifferibili e che richiedono necessariamente la presenza sul luogo di lavoro, anche in ragione della gestione dell’emergenza (co.1, lett. a);

§  prescindono dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81 (su cui v. infra, la scheda di ricostruzione) (co.1, lett. b));

qualora non sia possibile ricorrere alle forme di lavoro agile nella forma semplificata di cui al comma 1, lett. b), e per i periodi di assenza dal servizio dei dipendenti delle amministrazioni di cui al d.lgs 165/2001, imposti dai provvedimenti di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 - adottati nella vigenza dell'articolo 3, comma 1, del D.L. 23 febbraio 2020, n. 6 [6] (secondo la modifica apportata dal Senato) - utilizzano gli strumenti delle ferie pregresse, del congedo, della banca ore, della rotazione e di altri analoghi istituti, nel rispetto della contrattazione collettiva. Esperite tali possibilità le amministrazioni possono motivatamente esentare il personale dipendente dal servizio: in tal caso, il periodo di esenzione costituisce servizio prestato a tutti gli effetti di legge, prevedendosi comunque l'equiparazione del periodo trascorso in esenzione" al servizio prestato, ai fini degli effetti economici e previdenziali. È escluso il riconoscimento dell'indennità sostitutiva di mensa (ove prevista) (comma 3).Sembrerebbe opportuno valutare se sussista la necessità di richiamare anche le ordinanze previste dal comma 2 del citato articolo 3 del D.L. n. 6 (mentre il richiamato comma 1 dello stesso articolo 3 prevede l'emanazione di decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, secondo la procedura ivi contemplata)[7].

Sull'utilizzo delle ferie pregresse da parte del dipendente che non ricorre al lavoro agile, la Nota 9 aprile 2020, n. 27465 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della Funzione Pubblica ha chiarito, in relazione all'emergenza sanitaria COVID-19, che occorre fare riferimento alle ferie maturate e non fruite, nel rispetto della disciplina definita dalla contrattazione collettiva nazionale di lavoro e nell'ambito dell'esercizio delle prerogative datoriali", specificando altresì che "oltre alle ferie del 2018 o precedenti, la norma deve intendersi riferita anche a quelle del 2019 non ancora fruite". È, pertanto, da escludere il ricorso alle ferie 2020, che non rientrerebbero nelle ipotesi di congedo previste dall'art. 87, comma 3, in commento.

 

§  Consentono la possibilità di svolgere la prestazione lavorativa in lavoro agile anche attraverso strumenti informatici nella disponibilità del dipendente qualora non siano forniti dall’amministrazione stessa. In tali casi l’articolo 18, comma 2, della legge 23 maggio 2017, n. 81, secondo cui il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa, non trova applicazione (comma 2).

 

Il comma 3-bis, introdotto dal Senato, esclude, per i dipendenti delle suddette pubbliche amministrazioni, i periodi di assenza dal servizio per ricovero ospedaliero in strutture del Servizio sanitario nazionale per l'erogazione delle prestazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza (LEA), dall'applicazione della norma - relativa ai medesimi dipendenti pubblici - di limitazione della misura del trattamento economico per i primi dieci giorni di assenza per malattia, prevista dell’art. 71, comma 1, del dl 112/2008, disposizione che viene quindi conseguentemente modificata. Si ricorda che quest'ultima disposizione riconosce il solo trattamento economico fondamentale, con esclusione di ogni indennità o emolumento, comunque denominati, aventi carattere fisso e continuativo, nonché di ogni altro trattamento accessorio. Tuttavia, come ricordano la relazione illustrativa e la relazione tecnica allegate al disegno di legge di conversione del decreto n.9 del 2020, per la maggior parte del personale pubblico contrattualizzato l'applicazione di tale norma restrittiva è già attualmente esclusa, in base ai relativi contratti collettivi, per i casi di ricovero ospedaliero[8].

Agli oneri in termini di fabbisogno e indebitamento netto derivanti dalla disposizione del comma 3-bis si provvede ai sensi dell'articolo 126, comma 6-bis (cfr. relativa scheda)

Ai sensi del comma 4, gli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, nonché le autorità amministrative indipendenti, ivi comprese la Commissione nazionale per le società e la borsa e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, ciascuno nell’ambito della propria autonomia, adeguano il proprio ordinamento ai principi di cui all’ articolo in esame.

Ai sensi del comma 4-bis, introdotto dal Senato, fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019 o ad una data antecedente stabilita con dpcm ( termine stabilito ai sensi del comma 1) e comunque non oltre il 30 settembre 2020, al fine di fronteggiare le particolari esigenze emergenziali connesse all'epidemia da COVJD-19, anche in deroga a quanto stabilito dai contratti collettivi nazionali vigenti, i dipendenti delle suddette amministrazioni pubbliche possono cedere, in tutto o in parte, i riposi e le ferie maturati fino al 31 dicembre 2019, ad altro dipendente della medesima amministrazione di appartenenza, senza distinzione tra  le diversa categorie di inquadramento  o al diverso  profilo  posseduto.  La cessione avviene in forma scritta ed è comunicata al dirigente del dipendente cedente e a quello del dipendente ricevente, è a titolo gratuito, non può essere sottoposta a condizione o a termine e non è revocabile . Restano fermi i termini temporali previsti per la fruizione delle ferie pregresse dalla disciplina vigente e dalla contrattazione collettiva.

Il comma 5, sempre al fine di ridurre i rischi di contagio dell'epidemia, prevede la sospensione per sessanta giorni, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, dello svolgimento delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego. Sono escluse dalla sospensione, le procedure nelle quali la valutazione dei candidati avviene esclusivamente su base curriculare o in modalità telematica. Resta ferma la conclusione delle procedure per le quali risulti già ultimata la valutazione dei candidati, nonché la possibilità di svolgimento dei procedimenti per il conferimento di incarichi, anche dirigenziali, nelle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1, che si istaurano e si svolgono in via telematica e che si possono concludere anche utilizzando le modalità del lavoro agile.

 

La disposizione del comma 6, modificata dal Senato, fino al termine stabilito dal precedente comma 1, fuori dei casi di assenza dal servizio per malattia o quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva dovuta a COVID-19, consente ai responsabili di livello dirigenziale di uffici e reparti delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, sulla base di specifiche disposizioni impartite dalle amministrazioni competenti e per ragioni comunque riconducibili alla situazione emergenziale connessa con l'epidemia in atto, di dispensare temporaneamente dalla presenza in servizio, ai sensi dell'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, il relativo personale. Il periodo di dispensa temporanea dal servizio è considerato come congedo/licenza straordinaria, ma non è computabile nel limite dei 45 giorni annuali previsto dal comma 3 dell'articolo 37 del citato d.P.R. n. 3.

Secondo la relazione illustrativa del decreto legge in esame, si tratta di una disposizione volta a consentire, durante la vigenza dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2020 e nel rispetto delle preminenti esigenze di funzionalità delle amministrazioni interessate, l'impiego flessibile delle risorse umane in ragione delle necessità connesse all'attuale situazione emergenziale. In tal modo, infatti, viene fornita la possibilità di una programmazione di tipo "eccezionale" dei turni di lavoro del personale in questione, consentendo anche di far fronte ad eventuali situazioni non prevedibili di gravi carenze di organico negli uffici, connesse alla diffusione del contagio.

Quanto sopra, viene peraltro conseguito tutelando il personale che svolge compiti operativi per i quali non si configura la possibilità di operare in "lavoro agile" ed evitando una disparità di trattamento rispetto al personale per il quale l'articolo 84 prevede anche l'istituto dell'esonero dal servizio.

 

Il comma 7, modificato dal Senato, prevede che il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco assente dal servizio per malattia o quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva dovuta a COVID-19, , fino al termine stabilito dal precedente comma 1, venga collocato d’ufficio in licenza straordinaria, in congedo straordinario o in malattia. Si prevede, altresì, che tali periodi di assenza - in considerazione del carattere emergenziale del contesto di riferimento - siano esclusi dal computo:

§  dei giorni di cui all’articolo 37, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, il quale stabilisce che il congedo straordinario non può superare complessivamente nel corso dell'anno la durata di quarantacinque giorni;

§  del periodo massimo di licenza straordinaria di convalescenza previsto per il personale militare in ferma e rafferma volontaria, pari a due anni per l'intero periodo di ferma, come previsto dagli articoli 14 del D.P.R. 31 luglio 1995, n. 394 e 49 del D.P.R. 31 luglio 1995, n. 395.

§  dei giorni di assenza per malattia previsti dall’articolo 4 e dall’articolo 15, rispettivamente, dei Decreti del Presidente della Repubblica del 7 maggio 2008, di recepimento dell’accordo sindacale integrativo per il personale direttivo e dirigente e per il personale non direttivo e non dirigente del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, i quali prevedono che il dipendente ha diritto alla conservazione del posto di lavoro per un periodo massimo di 18 mesi e, in casi particolarmente gravi di un ulteriore periodo di pari durata.

 

Il comma 8, interamente sostituito dal Senato[9], specifica che per il personale delle Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, agli accertamenti diagnostici funzionali all’applicazione delle disposizioni del precedente comma 1, primo periodo, provvedono gli specifici servizi sanitari competenti.

 

Il lavoro agile

L’istituto del lavoro agile è disciplinato in modo organico dagli artt. da 18 a 24 della legge n. 81 del 2017.

L’articolo 18 definisce il lavoro agile ed i suoi elementi costitutivi. Più nel dettaglio, il lavoro agile, promosso allo scopo di incrementare la competitività e agevolare la conciliazione vita-lavoro, viene configurato non come una nuova tipologia contrattuale, ma come una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato” (comma 1): stabilita mediante accordo tra le parti (anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro); con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici (sul punto, il comma 2 prevede che il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa); eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale (stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva).

La disciplina prevista per il lavoro agile dal Capo II si applica, in quanto compatibile e fatta salva l’applicazione delle diverse disposizioni specificamente previste, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, secondo le direttive emanate per la promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche (ex art. 14 della L. 124/201540) (comma 3).

L’applicabilità degli incentivi (fiscali o contributivi) riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro subordinato è riconosciuta anche quando l’attività lavorativa sia prestata in modalità di lavoro agile (comma 4).

Infine, viene prevista una clausola di invarianza degli oneri di finanza pubblica, per cui agli adempimenti derivanti dall’articolo in esame si provvede senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente (comma 5).

Gli articoli 19 e 21 dispongono che lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità di lavoro agile deve essere disciplinata da un apposito accordo, specificandone forma, contenuto e modalità di recesso.

Per quanto concerne la forma dell’accordo relativo alla modalità di lavoro agile, si dispone che lo stesso sia stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova (articolo 19, comma 1).

Per quanto riguarda il contenuto dell’accordo, questo deve contenere: la disciplina dell’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore (articolo 19, comma 1); con riferimento alle prestazioni svolte al di fuori dei locali aziendali, la disciplina dell’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro, ai sensi di quanto disposto dall’articolo 4 della L. 300/197042 (articolo 21, comma 1), nonché l’individuazione delle condotte che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari (articolo 21, comma 2); la disciplina dei tempi di riposo del lavoratore, nonché le misure (tecniche ed organizzative) necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro (articolo 19, comma 1).

Ai sensi dell’articolo 19, comma 2, l’accordo sul lavoro agile può essere a tempo determinato o indeterminato. Nel caso di accordo a tempo indeterminato, per il recesso (dalla modalità di lavoro agile e non dal rapporto di lavoro in quanto tale) è richiesto un preavviso non inferiore a 30 giorni; il termine di preavviso è elevato a 90 giorni nel caso in cui il recesso da parte del datore di lavoro riguardi un rapporto di lavoro agile con un lavoratore disabile (per consentirgli un’adeguata riorganizzazione del proprio percorso lavorativo in relazione alle esigenze di vita e di cura). La presenza di un giustificato motivo consente di recedere senza preavviso nell’accordo a tempo indeterminato e prima della scadenza del termine nel caso di accordo a tempo determinato.

L’articolo 20 disciplina il trattamento economico e normativo del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile.

In particolare, il lavoratore ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore, in attuazione dei contratti collettivi di cui all’articolo 51 del D.Lgs. 81/2015, a quello riconosciuto ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda (comma 1). Inoltre, nell’ambito dell’accordo di lavoro agile, al lavoratore può essere riconosciuto (nell’ambito dell’accordo di cui al precedente articolo 19) il diritto all’apprendimento permanente, in modalità formali, non formali o informali, e alla periodica certificazione delle competenze (comma 2).

L’articolo 22 definisce gli obblighi del datore di lavoro e del lavoratore in materia di sicurezza sul lavoro nel caso di svolgimento della prestazione in modalità di lavoro agile.

Il datore di lavoro, al fine di garantire la salute e sicurezza del lavoratore, consegna a quest’ultimo e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta in cui sono individuati i rischi generali e specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro (comma 1).

Il lavoratore deve cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali (comma 2).

L’articolo 23 disciplina il diritto del lavoratore agile alla tutela contro gli infortuni (anche in itinere) e le malattie professionali.

Viene innanzitutto disposto che l’accordo per lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità di lavoro agile e le sue modificazioni rientrano tra gli atti soggetti da comunicare obbligatoriamente al Centro per l’impiego territorialmente competente (comma 1).

Viene poi specificato che il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali: dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali (comma 2); occorsi in itinere, ossia durante il percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali (nei limiti e secondo le condizioni previsti dall’art. 2 del D.P.R. 1124/1965), quando il luogo sia stato scelto, secondo criteri di ragionevolezza, per esigenze connesse alla prestazione stessa o alla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative (comma 3).


 

Articolo 87, comma 3-ter
(Valutazione degli apprendimenti)

 

 

L'articolo 87, comma 3-ter, introdotto dal Senato, attribuisce alla valutazione, periodica e finale, degli apprendimenti oggetto dell’attività didattica svolta in presenza o svolta a distanza - per l'anno scolastico 2019/2020 - gli stessi effetti di quella normalmente prevista dal d.lgs. 62/2017, per le scuole del primo ciclo, e dal D.P.R. 122/2009, per la scuola secondaria di secondo grado.

 

In dettaglio, si fa riferimento alla valutazione periodica e finale degli apprendimenti svolta a seguito della sospensione delle attività didattiche a causa dell'emergenza sanitaria e della conseguente attivazione delle modalità di didattica a distanza (su cui si rimanda all'approfondimento contenuto nella scheda relativa all'art. 120). Si valuti l'opportunità di un chiarimento in merito all' "attività didattica svolta in presenza".

 

La sospensione delle attività didattiche su tutto il territorio nazionale è stata disposta con il D.P.C.M. 4 marzo 2020, a decorrere dal 5 marzo, ed è stata da ultimo prorogata al 3 maggio 2020 dal D.P.C.M. 10 aprile 2020.

Le attività relative alla valutazione previste, rispettivamente, dal d.lgs. 62/2017 e dall'art. 4 del D.P.R.122/2009 comportano anzitutto l'attribuzione a ciascuna disciplina di voti espressi in decimi, nonché:

§  per il primo ciclo, un confronto collegiale tra i docenti contitolari della classe ovvero all'interno del consiglio di classe. I docenti che svolgono insegnamenti curricolari per gruppi di alunne e di alunni, i docenti incaricati dell'insegnamento della religione cattolica e di attività alternative all'insegnamento della religione cattolica partecipano alla valutazione delle alunne e degli alunni che si avvalgono dei suddetti insegnamenti. I docenti, anche di altro grado scolastico, che svolgono attività e insegnamenti per tutte le alunne e tutti gli alunni o per gruppi degli stessi, finalizzati all'ampliamento e all'arricchimento dell'offerta formativa, forniscono elementi conoscitivi sull'interesse manifestato e sul profitto conseguito da ciascun alunno. Le operazioni di scrutinio sono presiedute dal dirigente scolastico o da suo delegato;

§  per la scuola secondaria di secondo grado, una deliberazione - se necessario, a maggioranza - del consiglio di classe, presieduto dal dirigente scolastico, alla quale partecipano anche i docenti di sostegno.

Sono previste poi disposizioni specifiche per la valutazione del comportamento. Il richiamo al d.lgs. 62/2017 anche per le istituzioni scolastiche del secondo ciclo è motivato dal fatto che esso disciplina le modalità di ammissione all'esame di Stato disposta, in sede di scrutinio finale, dal consiglio di classe, presieduto dal dirigente scolastico o da suo delegato, nonché quelle di attribuzione del credito scolastico.

 

Parrebbe dunque che la finalità della disposizione sia quella di garantire efficacia alla valutazione - periodica e finale - degli apprendimenti acquisiti durante la didattica a distanza anche qualora la stessa valutazione venga svolta con modalità diverse da quanto previsto dalla legislazione vigente. Ciò fino alla data di cessazione dello stato di emergenza, deliberato dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2020, e comunque per l'anno scolastico 2019/2020.

Sul punto, la nota n. 279 dell'8 marzo 2020 del Ministero dell'istruzione afferma quindi che, a seconda delle piattaforme utilizzate, vi è una varietà di strumenti a disposizione e ricorda, peraltro, che "la normativa vigente (D.P.R. 122/2009, d.lgs 62/2017), al di là dei momenti formalizzati relativi agli scrutini e agli esami di Stato, lascia la dimensione docimologica ai docenti, senza istruire particolari protocolli che sono più fonte di tradizione che normativa". Da ultimo, nella nota n. 388 del 17 marzo 2020, si ribadisce che "le forme, le metodologie e gli strumenti per procedere alla valutazione in itinere degli apprendimenti, propedeutica alla valutazione finale, rientrano nella competenza di ciascun insegnante e hanno a riferimento i criteri approvati dal collegio dei docenti. La riflessione sul processo formativo compiuto nel corso dell’attuale periodo di sospensione dell’attività didattica in presenza sarà come di consueto condivisa dall’intero consiglio di classe".

 

Si segnala che sulla stessa materia interviene anche l'art. 1, co. 4, lett. a), del D.L.22/2020, secondo il quale, nel caso in cui l'attività didattica in presenza non riprenda il 18 maggio 2020, con ordinanze del Ministro dell'istruzione sono definite le modalità, anche telematiche, della  valutazione  finale degli  alunni, ivi compresi gli scrutini finali, in deroga all'art. 2 del suddetto d.lgs. 62/2017 e  all'art. 4 del D.P.R 122/2009. Si valuti l'opportunità di coordinare le due previsioni.

Detto rilievo è stato sottolineato nel parere della I Commissione della Camera. Tale indicazione è emersa anche nel parere del Comitato per la legislazione, il quale nelle premesse ha segnalato che "un intreccio problematico si pone anche con riferimento al coordinamento tra il comma 3-ter dell’articolo 87 e l’articolo 1, comma 4, lettera a) del decreto-legge n. 22 del 2020; il citato comma 3-ter dispone infatti che la valutazione degli effetti degli apprendimenti  effettuati nell’ambito dell'attività didattica svolta a distanza valgano ai fini degli scrutini finali mentre l’articolo 1, comma 4, lettera a) del decreto-legge n. 22 rimette ad un’ordinanza del Ministro dell’istruzione, nel caso in cui l’attività didattica “in presenza” non riprenda il 18 maggio 2020, la definizione delle modalità di valutazione finale degli alunni; il citato comma 3-ter entrerà in vigore al momento della conversione del decreto-legge in esame e quindi successivamente all’entrata in vigore del decreto-legge n. 22, il 9 aprile 2020, e potrebbe pertanto comportare, in assenza di un raccordo tra le due previsioni, un’abrogazione tacita dell’articolo 1, comma 4, lettera a), del decreto-legge n. 22". Pertanto il Comitato per la legislazione ha raccomandato "il Legislatore di approfondire, nel corso dell’esame del provvedimento in esame e in quello del decreto-legge n. 22 del 2020, il coordinamento delle disposizioni dell’articolo 87, comma 3-ter, con quelle di cui all’articolo 1, comma 4, lettera a) del decreto-legge n. 22 del 2020."

 

 

 

 

 


 

Articolo 87-bis
(Promozione del lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni)

 

 

L’articolo 87-bis, introdotto al Senato, è volto a promuovere il lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni, aumentando le forniture di personal computer portatili e tablet. A tal fine viene modificata la normativa che ne regola gli acquisti attraverso la Consip S.p.A..

 

L’articolo 87-bis detta norme per agevolare l’applicazione del lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni e negli enti pubblici.

La disposizione riproduce il contenuto dell’articolo 18 del decreto-legge n.9/2018 (non convertito in legge)

 

Il lavoro agile - disciplinato dagli artt. da 18 a 22 della L. 81/2017 - viene definito come una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato:

§  stabilita mediante accordo tra le parti;

§  con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici;

§  eseguita in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale (stabiliti dalla legge e dalla contrattazione collettiva).

La suddetta disciplina si applica, in quanto compatibile e fatta salva l’applicazione delle diverse disposizioni specificamente previste, anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, secondo le direttive emanate anche per la promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, adottate in base a quanto previsto dall’art. 14 della L. 124/2015 (in attuazione del quale è stata emanata la Direttiva 1° giugno 2017).

Per quanto concerne specificamente l’attuazione del lavoro agile conseguente all’emergenza epidemiologica da COVID-19, si segnala che l’art. 1, c. 1, lett. n) del DPCM del 4 marzo 2020 (che riproduce l’art. 4, c. 1, lett. a), del precedente DPCM del 1° marzo 2020) semplifica le relative modalità di attuazione, prevedendo che il lavoro agile possa applicarsi anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla normativa vigente e che gli obblighi di informativa sono assolti in via telematica (anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’INAIL).

 

A tal fine viene semplificata la normativa che regola gli acquisti attraverso la Consip S.p.A.

 

Si ricorda che i principali strumenti di acquisto del Programma di razionalizzazione degli acquisti nella PA di Consip, a disposizione delle Pubbliche Amministrazioni, sono:

§  Convenzioni

§  Accordi quadro

§  Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione (Mepa)

§  Sistema dinamico di acquisto della Pubblica Amministrazione (Sdapa)

§  Gare su delega e gare in ASP (Application Service Provider).

Gli strumenti di acquisto sono oggetto di obbligo/facoltà di utilizzo da parte delle PA, con diversi profili dipendenti dalla tipologia di amministrazione (centrale, regionale, territoriale, ente del servizio sanitario nazionale, scuola/università, organismo di diritto pubblico), di acquisto (sopra soglia comunitaria o sotto soglia comunitaria) e dalla categoria merceologica.

 

Il comma 1 prevede l’aumento delle quantità massime previste dalle vigenti convenzioni-quadro di Consip S.p.A. per la fornitura di personal computer portatili e tablet, nella misura del 50% del valore iniziale delle convenzioni. È fatta salva la facoltà di recesso dell’aggiudicatario in relazione a tale incremento (da esercitare entro 15 giorni dalla comunicazione della modifica da parte della stazione appaltante).

 

Tale disposizione tiene conto della normativa europea sugli appalti pubblici, contenuta nella Direttiva n.2014/24/UE. In particolare, l’articolo 72, paragrafo 1, lettera c), dispone che i contratti e gli accordi quadro possono essere modificati, senza una nuova procedura d'appalto, per lavori, servizi o forniture supplementari da parte del contraente originale che si sono resi necessari e non erano inclusi nell'appalto iniziale, ove un cambiamento del contraente risulti impraticabile (per motivi economici o tecnici) o comporti per l'amministrazione aggiudicatrice notevoli disguidi o una consistente duplicazione dei costi. In tal caso occorre che siano comunque soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) la necessità di modifica è determinata da circostanze che un'amministrazione aggiudicatrice diligente non ha potuto prevedere;

b) la modifica non altera la natura generale del contratto;

c) l'eventuale aumento di prezzo non è superiore al 50 % del valore del contratto iniziale o dell'accordo quadro.

 

Ai sensi del comma 2, nel caso l’aggiudicatario eserciti la facoltà di recesso o qualora le quantità disponibili a seguito dell’incremento del valore contrattuale non siano comunque sufficienti a fare fronte all’incremento del fabbisogno delle amministrazioni, la Consip S.p.A. può avvalersi di una procedura semplificata, fino al 30 settembre 2020, per la stipula di nuovi accordi-quadro e convenzioni-quadro per la fornitura di personal computer portatili e tablet.

In particolare, si prevede la possibilità di svolgere procedure negoziate senza pubblicazione dei bandi di gara:

·      interpellando progressivamente gli operatori economici che hanno presentato offerte nell’ambito della procedura indetta da Consip S.p.A. per la conclusione della vigente Convenzione relativa alla fornitura di personal computer portatili e tablet, alle stesse condizioni contrattuali del miglior offerente (lettera a));

·      selezionando almeno tre operatori economici da consultare tra gli operatori ammessi alla pertinente categoria del sistema dinamico di acquisizione gestito da Consip S.p.A. (lettera b)).

 

In tali casi le offerte possono essere presentate sotto forma di catalogo elettronico[10], mentre la raccolta delle relative informazioni può avvenire con modalità completamente automatizzate (comma 3).

 

Il comma 4 specifica che alle procedure negoziate senza pubblicazione dei bandi di gara, le pubbliche amministrazioni e gli organismi di diritto pubblico possono accedere previa attestazione della necessità e urgenza di acquisire le relative dotazioni al fine di poter adottare le misure di lavoro agile per il proprio personale.

 

La possibilità di aggiudicare appalti pubblici mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara è regolata, in via generale, dall’articolo 63, comma 2, del decreto legislativo n.50/2016 (Codice dei contratti pubblici), che prevede una serie di ipotesi tassative. In particolare, la lettera c)) lo ammette “quando, per ragioni di estrema urgenza derivante da eventi imprevedibili dall'amministrazione aggiudicatrice, i termini per le procedure aperte o per le procedure ristrette o per le procedure competitive con negoziazione non possono essere rispettati” (e a condizione che l’amministrazione dia conto, nel primo atto della procedura, della sussistenza dei presupposti).

 

Il comma 5 dispone l’operatività a regime della disposizione secondo cui le pubbliche amministrazioni adottano misure organizzative volte all’attuazione del lavoro agile, ai sensi dell’articolo 14, comma 1, della L. 124/2015.

Il richiamato art. 14 dispone che le amministrazioni pubbliche adottano – in via sperimentale nel testo previgente alla modifica operata dal comma 5 in esame - misure organizzative volte a fissare obiettivi annuali per l’attuazione di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, anche al fine di tutelare le cure parentali, che permettano, entro tre anni e ad almeno il 10 per cento dei dipendenti pubblici che ne facciano richiesta, di avvalersi di tali modalità, garantendo altresì che essi non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera. In attuazione di quanto detto, sono state emanate la direttiva 1° giugno 2017, n. 3, contenente le linee guida per l’attuazione del telelavoro e del lavoro agile nella pubblica amministrazione, e la circolare n. 1/2020 (al momento, in corso di registrazione presso gli organi competenti) recante misure incentivanti per il ricorso a modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa.

 


 

Articolo 88
(
Rimborso dei titoli di acquisto di biglietti per spettacoli,
musei e altri luoghi della cultura
)

 

 

L'articolo 88, modificato dal Senato, non reca più la disposizione dell'originario comma 1, che risulta assorbito dalla disciplina dettata dal nuovo articolo 88-bis (alla cui scheda di lettura si rinvia). I nuovi commi da 1 a 3 dispongono la risoluzione - per impossibilità sopravvenuta della prestazione a seguito delle misure di contenimento del virus COVID-19 - dei contratti di acquisto di titoli di accesso per spettacoli di qualsiasi natura e di biglietti di ingresso ai musei e agli altri luoghi della cultura, riconoscendo al contempo, su apposita istanza del soggetto interessato, il diritto all'emissione di un voucher di importo pari al titolo di acquisto da utilizzare entro un anno dall'emissione. Rispetto al testo originario vengono altresì modificati la procedura e i termini per il rimborso.

 

Per l'originario comma 1 dell'articolo 88, si rinvia al dossier n. 232, volume II, predisposto in relazione al testo inziale del decreto-legge (A.S. 1766).

 

In dettaglio, il comma 1 (ex comma 2) stabilisce l'applicazione dell'art. 1463 del codice civile - ossia la sopravvenuta impossibilità della prestazione - ai contratti di acquisto:

§  di titoli di accesso per spettacoli di qualsiasi natura, inclusi quelli cinematografici e teatrali;

§  di biglietti di ingresso ai musei e agli altri luoghi della cultura.

In base al principio generale di cui all'articolo 1463 del codice civile, nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito.

 

Ciò, a decorrere dalla data di adozione del D.P.C.M. 8 marzo 2020 (cioè dall'8 marzo medesimo) in conseguenza delle misure ivi previste valevoli su tutto il territorio nazionale (art. 2, co. 1, lett. b) e d)) ed in particolare:

§  la sospensione delle manifestazioni, degli eventi e degli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato;

§  la sospensione dell'apertura dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all'articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al d. lgs. 42/2004.

Secondo l'art. 101 del d.lgs. 42/2004 sono istituti e luoghi della cultura i musei, le biblioteche e gli archivi, le aree e i parchi archeologici, i complessi monumentali.

 

La conseguenza della sopravvenuta impossibilità della prestazione ai sensi dell'art. 1463 del codice civile è il rimborso di quanto corrisposto per i titoli di accesso e i biglietti, che - in base al comma 2 (ex comma 3) - avviene su apposita istanza dei soggetti acquirenti, presentata entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (cioè entro il 16 aprile 2020), oppure entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore dei provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 2, co. 1 e 2, del D.L. 19/2020 (su cui si veda infra).

Si ricorda che il D.L. 19/2020, all'art. 1, ha previsto la possibilità di adottare specifiche misure per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, tra cui per quanto di interesse:

§  limitazione o sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni altra forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo, ricreativo e religioso (art. 1, co. 2, lett. g));

§  chiusura di cinema, teatri, sale da concerto, sale da ballo (art. 1, co. 2, lett.i));

§  limitazione o sospensione dei servizi di apertura al pubblico o chiusura dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura (art. 1, co. 2, lett.r)).

L'art. 2, co. 1 e 2, del D.L. 19/2020 indica le modalità di attuazione delle summenzionate misure di contenimento.

In attuazione, è intervenuto da ultimo il D.P.C.M. 10 aprile 2020, efficace a partire dal 14 aprile 2020, data dalla quale decorrono i trenta giorni per avanzare la richiesta di rimborso. Ne consegue che il termine entro cui presentare istanza di rimborso è il 14 maggio 2020.

 

All'istanza di rimborso, presentata all'organizzatore dell'evento (e non più al venditore, come era previsto nel testo originario) anche per il tramite dei canali di vendita da quest'ultimo utilizzati (secondo le modifiche apportate in prima lettura), deve essere allegato il relativo titolo di acquisto.

A differenza del testo originario, in prima lettura è stata inserita la verifica, da parte dell'organizzatore dell'evento, dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione e conseguentemente dell'inutilizzabilità del titolo di accesso oggetto dell'istanza di rimborso. A questo punto, l'organizzatore dell'evento provvede all'emissione di un voucher di importo pari a quello del titolo di acquisto da utilizzare entro un anno dall'emissione.

I titoli e i biglietti rimborsabili parrebbero essere quelli relativi a spettacoli ed eventi nonché a visite nei musei o nei luoghi della cultura previsti nel periodo 8 marzo - 3 aprile 2020 (data di efficacia del D.P.C.M. 8 marzo 2020) oppure fino alla data prevista da ulteriori provvedimenti attuativi dell'art. 2, co. 1 e 1, del citato D.L. 19/2020 (comma 3, ex comma 4, come modificato dal Senato). L'ultimo provvedimento attuativo del D.L. 19/2020 è il citato D.P.C.M. 10 aprile 2020, le cui misure sono efficaci fino al 3 maggio 2020: pertanto i titoli e i biglietti rimborsabili sono quelli relativi a spettacoli o eventi previsti nel periodo 8 marzo - 3 maggio 2020.

 

 

 


 

Articolo 88-bis, commi da 1 a 4
(Rimborso titoli di viaggio, di soggiorno e di pacchetti turistici)

 

 

L'articolo 88-bis, introdotto dal Senato, al comma 1, prevede che, al verificarsi di determinate circostanze ivi elencate e connesse all'emergenza epidemiologica, con riferimento a diverse tipologie di contratti di trasporto, di soggiorno e di pacchetto turistico, si applichi la disciplina in materia di impossibilità totale della prestazione recata dall'art. 1463 del codice civile. In tali casi, quindi, la parte liberata dalla prestazione non può chiedere il corrispettivo e deve restituire quanto già ricevuto.  Il comma 2 stabilisce le modalità di comunicazione al vettore o alla struttura recettiva o all'organizzazione di pacchetti turistici della documentazione ai fini del rimborso del corrispettivo del titolo di viaggio o del soggiorno ovvero ai fini dell'emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall'emissione (comma 3). Il comma 4 interviene sul diritto di recesso esercitato dal vettore.

 

L'articolo 1463 del codice civile, richiamato dalla norma in esame, stabilisce che nei casi di sopravvenuta impossibilità, la parte liberata non può chiedere controprestazione e deve restituire quanto già ricevuto. Si applicano le norme in materia di ripetizione dell'indebito.

 

Le circostanze elencate dalla presente disposizione - per le quali ricorre l'impossibilità della prestazione ai sensi e per gli effetti dall'art. 1463 c.c. - riguardano i casi di quarantena, permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, ricovero, divieto di allontanamento, nonché i casi di impossibilità a raggiungere destinazioni all'estero. La norma si applica alle prestazioni dovute in relazione a contratti di trasporto aereo, ferroviario, marittimo, nelle acque interne o terrestre, nonché ai contratti di soggiorno, ai contratti di pacchetto turistico. In particolare si tratta (comma 1) dei:

a)   contratti - da eseguirsi nel periodo di quarantena o permanenza domiciliare - stipulati dai soggetti nei confronti dei quali è stata disposta la quarantena con sorveglianza attiva ovvero la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva da parte dell'autorità sanitaria competente, in attuazione dei provvedimenti adottati ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge n.  6 del 2020 (conv. legge n. 13 del 2020) e dell'articolo 2 del decreto legge n. 19 del 2020;

b)   contratti stipulati da soggetti destinatari dei provvedimenti di divieto di allontanamento nelle aree interessate dal contagio, come individuate dai D.P.C.M. adottati ai sensi dei su citati decreti-legge, da eseguirsi nei periodi di efficacia di tali decreti;

c)   contratti- da eseguirsi nel periodo di quarantena, permanenza domiciliare o ricovero - sottoscritti da soggetti risultati positivi al virus COVID-19 nei confronti dei quali è disposta la quarantena oppure la permanenza domiciliare fiduciaria, con sorveglianza attiva, ovvero il ricovero presso strutture sanitarie;

d)   contratti stipulati dai soggetti che hanno programmato soggiorni o viaggi con partenza o arrivo nelle aree interessate dal contagio, come individuate dai D.P.C.M. adottati in attuazione dei decreti legge su ricordati da eseguirsi nei periodi di efficacia di tali decreti;

e)   contratti sottoscritti da soggetti  che  hanno  programmato  la  partecipazione  a concorsi pubblici o procedure di selezione pubblica, a manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, a eventi e a ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di  carattere  culturale,  ludico, sportivo e religioso, anche se svolti  in  luoghi  chiusi  aperti  al pubblico, annullati, sospesi o rinviati dalle autorità competenti in attuazione dei provvedimenti adottati ai sensi  dell'articolo  3  del decreto-legge n. 6 del 2020 (conv. legge n. 13 del 2020) e dell'articolo 2 del decreto-legge n. 19 del 2020, da eseguirsi nel periodo di efficacia dei   predetti provvedimenti;

f)    contratti sottoscritti dai soggetti intestatari di titolo di viaggio o acquirenti di pacchetti turistici, acquistati in Italia, aventi come destinazione Stati esteri dove sia impedito o vietato lo sbarco, l'approdo o l'arrivo in ragione della emergenza epidemiologica in atto.

 

E' opportuno rilevare che l'articolo 88-bis in esame ricalca in larga parte il contenuto dell'articolo 28 dell'abrogando decreto-legge n. 9 del 2020 (si veda il comma 2 dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame). Rispetto a quest'ultimo il comma 1 della disposizione in commento richiama espressamente oltre ai contratti di trasporto, anche i contratti di soggiorno e i contratti di pacchetto turistico.

  

Il comma 2 riguarda la documentazione che deve essere necessariamente comunicata ai fini del rimborso. Il soggetto interessato deve comunicare al vettore o alla struttura recettiva o all'organizzatore di pacchetti turistici il ricorrere di una delle situazioni sopra elencate allegando la documentazione comprovante il titolo di viaggio o la prenotazione di soggiorno o il contratto di pacchetto turistico e, nel caso della lettera e), la documentazione che attesti la partecipazione programmata ad una delle manifestazioni, iniziative o eventi.

Il termine temporale per effettuare la comunicazione è di 30 giorni:

§  dalla cessazione delle situazioni di cui alle lettere da a) a d)

§  dall'annullamento o sospensione o rinvio del concorso, della procedura selettiva o degli altri eventi di cui alla lettera e)

§  dalla data prevista per la partenza nei casi di viaggi o soggiorni con destinazione estera dove sia impedito o vietato lo sbarco, l'approdo o l'arrivo di cui alla lettera f).

 

Il comma 3 riguarda le modalità di rimborso. Entro 30 giorni (l'articolo 28 del decreto legge n. 9 del 2020 prevedeva 15 giorni) dalla comunicazione dell'interessato, il vettore o la struttura ricettiva procedono al rimborso del corrispettivo versato per il titolo di viaggio e per il soggiorno ovvero all'emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dalla data di emissione.

 

Il comma 4 prevede - con riguardo ai contratti stipulati dai soggetti di cui al comma 1 (la disposizione sembra riferirsi - visto il richiamo al "vettore" - ai soli contratti di trasporto) - che il diritto di recesso può essere esercitato dal vettore, previa comunicazione tempestiva all'acquirente, quando le prestazioni non possono essere eseguite in ragione di provvedimenti adottati dalle autorità nazionali, internazionali o di stati esteri, a causa dell'emergenza epidemiologica in atto. In tali casi il vettore ne dà tempestiva comunicazione all'acquirente e entro i successivi trenta giorni, procede al rimborso del corrispettivo versato per il titolo di viaggio oppure all'emissione di un voucher di pari importo da utilizzare antro un anno dall'emissione.


 

Articolo 88-bis, commi 5-7 e 9
(Rimborso di titoli di soggiorno e di pacchetti turistici)

 

 

I commi 5-7 e 9 dell’articolo 88-bis - introdotto dal Senato - disciplinano le modalità di esercizio del diritto di recesso dai contratti relativi ai pacchetti turistici stipulati con strutture ricettive e organizzatori di pacchetti turistici.

Il comma 5 consente alle strutture ricettive che hanno sospeso o cessato l'attività, in tutto o in parte, a causa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, in alternativa, di offrire all'acquirente un servizio sostitutivo di qualità equivalente, superiore o inferiore con restituzione della differenza di prezzo, procedere al rimborso del prezzo o, infine, emettere un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante.

Il comma 6 consente ai soggetti individuati dal comma 1 che hanno stipulato contratti di trasporto aereo, ferroviario, marittimo, nelle acque interne o terrestre, contratti di soggiorno o di pacchetto turistico, l'esercizio del diritto di recesso dai contratti di pacchetto turistico da eseguirsi nei periodi di ricovero, di quarantena con sorveglianza attiva, di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva ovvero di durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nelle aree interessate dal contagio o negli Stati dove è impedito o vietato lo sbarco, l'approdo o l'arrivo in ragione della situazione emergenziale epidemiologica da COVID-19.

In tali casi, l'organizzatore può offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, o inferiore con restituzione della differenza di prezzo, procedere al rimborso oppure emettere, anche per il tramite dell'agenzia venditrice, un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante. Il rimborso è corrisposto e il voucher è emesso appena ricevuti i rimborsi o i voucher dai singoli fornitori di servizi e comunque non oltre 60 giorni dalla data prevista di inizio del viaggio.

Il comma 7 consente agli organizzatori di pacchetti turistici l'esercizio del diritto di recesso dai contratti di pacchetto turistico stipulati con i soggetti indicati dal comma 1 e aventi come destinazione Stati esteri ove sia impedito o vietato lo sbarco, l'approdo o l'arrivo in ragione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, e comunque quando l'esecuzione del contratto è impedita, in tutto o in parte, da provvedimenti adottati a causa di tale emergenza dalle autorità nazionali, internazionali o di Stati esteri. Anche in tali casi, l'organizzatore può offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, o inferiore con restituzione della differenza di prezzo, procedere al rimborso oppure emettere, anche per il tramite dell'agenzia venditrice, un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante. Il rimborso è corrisposto e il voucher è emesso appena ricevuti i rimborsi o i voucher dai singoli fornitori di servizi e comunque non oltre 60 giorni dalla data prevista di inizio del viaggio.

Il comma 9 prevede che, nei predetti casi di esercizio del diritto di recesso, il vettore e la struttura ricettiva procedono al rimborso del corrispettivo versato in favore del soggetto dal quale hanno ricevuto il pagamento oppure all'emissione in suo favore di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall'emissione.

 

Il comma 5 riguarda le strutture ricettive che hanno sospeso o cessato l'attività, in tutto o in parte, a causa dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.

In tal caso, esse possono, in alternativa:

§  offrire all'acquirente un servizio sostitutivo di qualità equivalente, superiore o inferiore con restituzione della differenza di prezzo;

§  procedere al rimborso del prezzo;

§  emettere un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante.

 

Il comma 6 consente ai soggetti elencati dal comma 1 l'esercizio, mediante espresso richiamo alla disciplina recata dall’articolo 41 del Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo (d.lgs. n. 79/2011), del diritto di recesso dai contratti di pacchetto turistico da eseguirsi nei periodi di ricovero, di quarantena con sorveglianza attiva, di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva ovvero di durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nelle aree interessate dal contagio, come individuate dai DPCM adottati ai sensi dell’articolo 3 del D.L. n. 6/2020 (L. 13/2020) o negli Stati dove è impedito o vietato lo sbarco, l'approdo o l'arrivo in ragione della situazione emergenziale epidemiologica da COVID-19.

 

L'articolo 41, del d.lgs. n. 79/2011 - come sostituito dall'art. 1, co. 1, del d.lgs. n. 62/2018, attuativo della Direttiva (UE) 2015/2302 relativa ai pacchetti turistici e ai servizi turistici collegati - disciplina le casistiche in cui è consentito al viaggiatore il diritto di recesso dal contratto di pacchetto turistico prima dell'inizio del pacchetto stesso.

Il viaggiatore può recedere dal contratto di pacchetto turistico in ogni momento prima dell'inizio del pacchetto, dietro rimborso all'organizzatore delle spese sostenute, adeguate e giustificabili, del cui ammontare quest'ultimo fornisce motivazione al viaggiatore che ne faccia richiesta (co.1).

Il contratto di pacchetto turistico può prevedere spese standard per il recesso ragionevoli, calcolate in base al momento di recesso dal contratto e ai risparmi di costo attesi e agli introiti previsti che derivano dalla riallocazione dei servizi turistici (co. 2). In assenza di specificazione delle spese standard di recesso, l'importo delle spese di recesso corrisponde al prezzo del pacchetto diminuito dei risparmi di costo e degli introiti che derivano dalla riallocazione dei servizi turistici (co. 3). In caso di circostanze inevitabili e straordinarie verificatesi nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e che hanno un'incidenza sostanziale sull'esecuzione del pacchetto o sul trasporto di passeggeri verso la destinazione, il viaggiatore ha diritto di recedere dal contratto, prima dell'inizio del pacchetto, senza corrispondere spese di recesso, ed al rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, ma non ha diritto a un indennizzo supplementare (co. 4). L'organizzatore può recedere dal contratto di pacchetto turistico e offrire al viaggiatore il rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, ma non è tenuto a versare un indennizzo supplementare se: a) il numero di persone iscritte al pacchetto è inferiore al minimo previsto dal contratto e l'organizzatore comunica il recesso dal contratto al viaggiatore entro il termine fissato nel contratto e in ogni caso non più tardi di venti giorni prima dell'inizio del pacchetto in caso di viaggi che durano più di sei giorni, di sette giorni prima dell'inizio del pacchetto in caso di viaggi che durano tra due e sei giorni, di quarantotto ore prima dell'inizio del pacchetto nel caso di viaggi che durano meno di due giorni; b) l'organizzatore non è in grado di eseguire il contratto a causa di circostanze inevitabili e straordinarie e comunica il recesso dal medesimo al viaggiatore senza ingiustificato ritardo prima dell'inizio del pacchetto (co. 5). L'organizzatore procede a tutti i rimborsi prescritti a norma dei commi 4 e 5 oppure, con riguardo a quanto previsto ai commi 1, 2 e 3, rimborsa qualunque pagamento effettuato da o per conto del viaggiatore per il pacchetto dopo aver detratto le adeguate spese, senza ingiustificato ritardo e in ogni caso entro quattordici giorni dal recesso. Nei casi di cui ai commi 4 e 5, si determina la risoluzione dei contratti funzionalmente collegati stipulati con terzi (co. 6). In caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, il viaggiatore ha diritto di recedere dal contratto di pacchetto turistico entro un periodo di cinque giorni dalla data della conclusione del contratto o dalla data in cui riceve le condizioni contrattuali e le informazioni preliminari se successiva, senza penali e senza fornire alcuna motivazione. Nei casi di offerte con tariffe sensibilmente diminuite rispetto alle offerte correnti, il diritto di recesso è escluso. In tale ultimo caso, l'organizzatore documenta la variazione di prezzo evidenziando adeguatamente l'esclusione del diritto di recesso (co.7).

 

In tali casi, all'organizzatore, in alternativa al rimborso previsto dai commi 4 e 6 dell’articolo 41 del citato d.lgs. n. 79/2011, sono consentite le seguenti opzioni:

Ø può offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, o inferiore con restituzione della differenza di prezzo;

Ø può procedere al rimborso;

Ø può emettere, anche per il tramite dell'agenzia venditrice, un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante.

Il rimborso è corrisposto e il voucher è emesso appena ricevuti i rimborsi o i voucher dai singoli fornitori di servizi e comunque non oltre 60 giorni dalla data prevista di inizio del viaggio. Per espressa previsione del comma in esame, la predetta disposizione deroga all'art. 41, comma 6, d.lgs. 79/2011, in virtù del quale l'organizzatore procede a tutti i rimborsi prescritti a norma dei commi 4 e 5 oppure, con riguardo a quanto previsto ai commi 1, 2 e 3, rimborsa qualunque pagamento effettuato da o per conto del viaggiatore per il pacchetto dopo aver detratto le adeguate spese, senza ingiustificato ritardo e in ogni caso entro 14 giorni dal recesso.

 

Il comma 7 consente agli organizzatori di pacchetti turistici l'esercizio del diritto di recesso dai contratti di pacchetto turistico stipulati con i soggetti indicati dal comma 1 e aventi come destinazione Stati esteri ove sia impedito o vietato lo sbarco, l'approdo o l'arrivo in ragione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, e comunque quando l'esecuzione del contratto è impedita, in tutto o in parte, da provvedimenti adottati a causa di tale emergenza dalle autorità nazionali, internazionali o di Stati esteri.

Per espressa previsione del comma 7 in questione, l'esercizio del diritto di recesso dai contratti di pacchetto turistico da parte degli organizzatori avviene ai sensi dell'articolo 41, comma 5, lettera b), del d.lgs. 79/2011.

Tale disposizione prevede che l'organizzatore può recedere dal contratto di pacchetto turistico e offrire al viaggiatore il rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, senza essere tenuto a versare un indennizzo supplementare, a condizione che non sia in grado di eseguire il contratto a causa di circostanze inevitabili e straordinarie e comunichi il recesso dal medesimo al viaggiatore senza ingiustificato ritardo prima dell'inizio del pacchetto.

Anche in tali casi, è previsto che l'organizzatore, in alternativa al rimborso previsto dall'articolo 41, commi 5 e 6 del d.lgs. 79/2011, possa:

§  offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, o inferiore con restituzione della differenza di prezzo;

§  procedere al rimborso;

§  emettere, anche per il tramite dell'agenzia venditrice, un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante.

Il rimborso è corrisposto e il voucher è emesso appena ricevuti i rimborsi o i voucher dai singoli fornitori di servizi e comunque non oltre 60 giorni dalla data prevista di inizio del viaggio. Per espressa previsione del comma in esame, la predetta disposizione deroga all'art. 41, comma 6, d.lgs. 79/2011, in virtù del quale l'organizzatore procede a tutti i rimborsi prescritti a norma dei commi 4 e 5 oppure, con riguardo a quanto previsto ai commi 1, 2 e 3, rimborsa qualunque pagamento effettuato da o per conto del viaggiatore per il pacchetto dopo aver detratto le adeguate spese, senza ingiustificato ritardo e in ogni caso entro 14 giorni dal recesso.

 

Il comma 9 prevede che, nei casi di cui ai commi 6, 7 e 8, il vettore e la struttura ricettiva procedono al rimborso del corrispettivo versato in favore del soggetto dal quale hanno ricevuto il pagamento oppure all'emissione in suo favore di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall'emissione.


 

Articolo 88-bis, comma 8
(Sospensione viaggi e iniziative di istruzione)

 

 

L'articolo 88-bis, comma 8, introdotto dal Senato, integra la disciplina - già contenuta nell'art. 28, co. 9, del D D.L. 2 marzo 2020, n. 9 (articolo di cui si propone l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi) - sul mancato svolgimento di viaggi e iniziative di istruzione sospesi a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020. In caso di mancato svolgimento dei predetti viaggi, è previsto un rimborso, che può essere effettuato anche mediante un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall'emissione. E' sempre corrisposto il rimborso con restituzione della somma versata, senza emissione di voucher, quando il viaggio o l'iniziativa di istruzione riguarda la scuola dell'infanzia o le classi terminali della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado. Sono fatti salvi, con effetto per l'anno scolastico 2020/2021, i rapporti instaurati alla data del 24 febbraio 2020 dalle scuole committenti con gli organizzatori aggiudicatari.

 

Si ricorda che l'art. 28, co. 9, del D.L. 9/2020 consente il rimborso per il mancato svolgimento di viaggi e iniziative di istruzione sospesi ai sensi degli artt. 1 e 2 del D.L. 6/2020, poi abrogati dal D.L. 19/2020.

La sospensione dei viaggi e delle iniziative di istruzione era stata inizialmente disposta dagli artt. 1 e 2 del D.L. 6/2020 (poi abrogati dal D.L. 19/2020) per i comuni e le aree interessate dal contenimento del virus COVID-19. I successivi provvedimenti attuativi ne hanno esteso l'applicazione all'intero territorio nazionale, per periodi temporali limitati, legati alla vigenza delle misure di contenimento. L'art. 1, co. 1, del summenzionato D.L. 19/2020 ha ammesso la possibilità di adottare misure - tra cui la sospensione dei viaggi e delle iniziative di istruzione - per periodi predeterminati, "ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020", termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri. Da ultimo, il D.P.C.M. 10 aprile 2020 (attuativo del D.L.19/2020) ha prorogato, fra l'altro, la sospensione dei viaggi di istruzione fino al 3 maggio 2020.

Sulla questione, l'art. 2, co. 6, del D.L. 22/2020 (A.S. 1774, in corso d'esame) ha confermato, in via generale, senza alcun limite temporale, per tutto l’anno scolastico 2019/2020 (che si conclude il 31 agosto 2020), la sospensione dei viaggi d'istruzione, delle iniziative di scambio o gemellaggio, delle visite guidate e delle uscite didattiche comunque denominate, programmate dalle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.

 

La previsione del citato art. 28, co. 9, è tuttavia limitata solo ai viaggi e le iniziative di istruzione sospesi dal 23 febbraio al 15 marzo 2020 in virtù del D.L. 6/2020 e dei conseguenti provvedimenti attuativi, che - come in precedenza descritto - hanno esteso la sospensione dei viaggi e delle iniziative di istruzione anche al periodo successivo al 15 marzo 2020.

La disposizione in commento, allineandosi a tali previsioni, elimina dunque qualsiasi riferimento temporale, potendosi dunque applicare a tutte i viaggi e iniziative di istruzione disposti in ragione della citata dichiarazione dello stato di emergenza.

A tale sospensione trova applicazione il principio generale di cui all'articolo 1463 del codice civile, ai sensi del quale, nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell'indebito.

In tal modo, verrebbero coperte anche le ipotesi di viaggi di istruzione per le quali non sia stato stipulato un contratto di pacchetto turistico, a cui infatti si applica l'art. 41, co. 4, dell'Allegato 1 al d.lgs. 79/2011 recante il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, in ordine al diritto di recesso del viaggiatore prima dell'inizio del pacchetto di viaggio. Ciò consente dunque alle scuole di recedere dal contratto, prima dell'inizio del pacchetto, senza corrispondere spese di recesso, e di ottenere il rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, non potendo comunque richiedere indennizzi supplementari.

     Tale rimborso può essere effettuato dall'organizzatore anche mediante un voucher (tranne in alcuni casi illustrati infra) di pari importo in favore del proprio contraente, da utilizzare entro un anno dall'emissione.

Quanto ai tempi per il rimborso, si introduce una deroga all’art. 41, co. 6 dell'Allegato 1 al citato D.Lgs. 79/2011, in base al quale il rimborso di qualunque pagamento effettuato per il pacchetto, dopo aver detratto le spese, va eseguito senza ingiustificato ritardo entro quattordici giorni dal recesso. Nella disposizione in commento si prevede invece che il rimborso è corrisposto e il voucher è emesso appena ricevuti i rimborsi o i voucher dai singoli fornitori di servizi e comunque non oltre sessanta giorni dalla data prevista di inizio del viaggio

Si specifica comunque che il rimborso non può essere effettuato tramite voucher ma solo mediante la restituzione della somma effettivamente versata nel caso in cui il viaggio o l’iniziativa di istruzione riguardi la scuola dell’infanzia o le classi terminali della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado.

Tale previsione parrebbe essere giustificata dal fatto che per le classi terminali (cambiando ordine o grado di scuola) non vi sarebbe la possibilità di utilizzare il voucher entro un anno dall'emissione, e potrebbe valere la stessa impossibilità per coloro i quali sono iscritti all'ultimo della scuola dell'infanzia.

Infine, sono fatti salvi, con effetto per l'anno scolastico 2020/2021, i rapporti instaurati alla data del 24 febbraio 2020 (giorno successivo alla data di entrata in vigore del D.L.6/2020 che ha disposto la sospensione dei viaggi di istruzione) dalle scuole con gli organizzatori aggiudicatari. Si stabilisce poi che, nell'ambito degli stessi rapporti con ciascun organizzatore, gli istituti scolastici committenti possono modificare le modalità di svolgimento di viaggi e delle iniziative di istruzione, anche riguardo alle classi di studenti, ai periodi, alle date e alle destinazioni.

 


 

Articolo 88-bis, commi 10-13
(Ulteriori disposizioni in materia di rimborso di titoli di viaggio, di soggiorno e di pacchetti turistici e norme di applicazione necessaria)

 

 

Il comma 10 dell'articolo 88-bis, introdotto dal Senato, prevede che le disposizioni relative al rimborso trovino applicazione anche nei casi in cui il titolo di viaggio, il soggiorno e il pacchetto turistico sia stato acquistato attraverso agenzia di viaggi o un portale di prenotazione. Il comma 11 prevede che per tutti i rapporti inerenti ai contratti instaurati con effetto dall'11 marzo al 30 settembre 2020 quando le prestazioni non siano rese a causa degli effetti derivanti dall'emergenza epidemiologica, la controprestazione già ricevuta può essere restituita con un voucher di pari importo valido per un anno dalla emissione. Il comma 12 precisa che l'emissione dei voucher assolve i correlativi obblighi di rimborso e non richiede alcuna forma di accettazione da parte del destinatario. Il comma 13 prevede che le disposizioni in materia di rimborso titoli di viaggio e di pacchetti turistici costituiscono norme di applicazione necessaria.

 

Il comma 10 prevede che la disciplina dettata dall'articolo 88-bis si applichi anche in caso di acquisto del titolo di viaggio, del soggiorno o del pacchetto turistico tramite agenzia di viaggio o di un portale di prenotazione (turistica), anche in deroga alle condizioni eventualmente pattuite.

 

Il comma 11 prevede che - fuori dei casi previsti dai commi da 1 a 7 - per tutti i rapporti inerenti ai contratti di cui all'articolo 88-bis instaurati con effetto dall'11 marzo al 30 settembre 2020 nell'intero territorio nazionale, anche per le prestazioni da rendere all'estero e per le prestazioni in favore di contraenti provenienti dall'estero, quando le prestazioni non siano rese a causa degli effetti derivanti dall'emergenza epidemiologica, la controprestazione già ricevuta può essere restituita con un voucher di pari importo valido per un anno dalla emissione.

Si rileva l'opportunità di meglio precisare l'ambito di applicazione della disposizione, chiarendo, da un lato, quali siano "i rapporti inerenti ai contratti" ai quali il comma 11 fa riferimento e, dall'altro, se le previsioni del comma 11 debbano trovare applicazione con riguardo ai rapporti inerenti a tutti i contratti di trasporto, di soggiorno o di pacchetto turistico o solo quelli inerenti ai contratti relativi ai viaggi e alle iniziative di istruzione di cui al comma 8.

 

Il comma 12 precisa che l'emissione dei voucher oltre ad assolvere i correlativi obblighi di rimborso, non richiede alcuna forma di accettazione da parte del destinatario.

 

Il comma 13 prevede, infine, che le disposizioni in materia di rimborso titoli di viaggio, di soggiorno e di pacchetti turistici costituiscono norme di applicazione necessaria. In particolare la disposizione precisa che le disposizioni dell'articolo 28 devono considerarsi, ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 218 del 1995 e dell'articolo 9 del Regolamento (CE) n. 593 del 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I), norme di applicazione necessaria.

 

L'articolo 17 della legge n. 218 del 1995 (Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato) fa salva la prevalenza sulle disposizioni previste dalla legge sul diritto internazionale privato delle norme italiane che, in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera. Le norme di applicazione necessaria, in base al diritto internazionale privato, sono quelle ritenute irrinunciabili dall'ordinamento nazionale in ragione del loro oggetto o scopo.

 

L'articolo 9 del c.d. Regolamento Roma I prevede che le norme di applicazione necessaria sono disposizioni il cui rispetto è ritenuto cruciale da un Paese per la salvaguardia dei suoi interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica, sociale o economica, al punto da esigerne l’applicazione a tutte le situazioni che rientrino nel loro campo d’applicazione, qualunque sia la legge applicabile al contratto sulla base del Regolamento stesso. Si precisa inoltre che le disposizioni del Regolamento non ostano all’applicazione delle norme di applicazione necessaria della legge del foro. L'articolo 9 aggiunge ancora, che può essere data efficacia anche alle norme di applicazione necessaria del Paese in cui gli obblighi derivanti dal contratto devono essere o sono stati eseguiti, nella misura in cui tali norme di applicazione necessaria rendono illecito l’adempimento del contratto. Per decidere se vada data efficacia a queste norme, si deve tenere conto della loro natura e della loro finalità nonché delle conseguenze derivanti dal fatto che siano applicate, o meno.

 


 

Articolo 89
(Fondi emergenze spettacolo, cinema, audiovisivo)

 

 

L’articolo 89 – modificato dal Senato – istituisce nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo due Fondi da ripartire, volti al sostegno dei settori dello spettacolo, del cinema e dell’audiovisivo a seguito delle misure adottate per il contenimento del COVID-19, con uno stanziamento complessivo, per il 2020, di € 130 mln.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che gli artt. 1 e 3 del D.L. 6/2020 (L. 13/2020) avevano previsto, allo scopo di evitare la diffusione del COVID-19, nei comuni o nelle aree nei quali risultava positiva almeno una persona per la quale non si conosceva la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi era un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un'area già interessata dal contagio del menzionato virus, la possibilità di sospensione, con DPCM, di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche, per quanto qui interessa, di carattere culturale, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico.

A seguire, erano intervenuti vari DPCM che avevano progressivamente dettagliato ed esteso, in termini temporali e territoriali, tali previsioni.

In particolare, l’art. 2 del DPCM 8 marzo 2020 aveva disposto, per quanto qui interessa, sull'intero territorio nazionale, la sospensione fino al 3 aprile 2020 delle manifestazioni, degli eventi e degli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato (co. 1, lett. b)).

Successivamente, il DPCM 9 marzo 2020 aveva esteso all’intero territorio nazionale le misure previste (per la regione Lombardia e altre 14 province) dall'art. 1 dello stesso DPCM 8 marzo 2020, valide fino al 3 aprile 2020, fra le quali la sospensione di “tutte le manifestazioni organizzate, nonché gli eventi in luogo pubblico o privato, ivi compresi quelli di carattere culturale […], anche se svolti in luoghi chiusi ma aperti al pubblico, quali, a titolo d'esempio, grandi eventi, cinema, teatri, pub, scuole di ballo, […] discoteche e locali assimilati” (co. 1, lett. g))[11].

 

Successivamente, il D.L. 19/2020 ha disposto che, su specifiche parti o, occorrendo, su tutto il territorio nazionale, può essere disposta, con DPCM, per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a 30 giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020 (termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020), e con possibilità di modularne l'applicazione in aumento, ovvero in diminuzione secondo l'andamento epidemiologico del virus, la limitazione o sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni altra forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, nonché la chiusura di cinema, teatri, sale da concerto, sale da ballo, discoteche, centri culturali (artt. 1, co. 2, lett. g) ed i), e 2, co. 1).

Ha, altresì, disposto (art. 5, co. 1) l’abrogazione, salvo alcune disposizioni, del D.L. 6/2020, facendo però salvi gli effetti prodotti sulla base dei DPCM emanati ai sensi dello stesso D.L. e disponendo che continuavano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure già adottate con gli stessi DPCM (art. 2, co. 3).

 

In attuazione, era intervenuto, anzitutto, il DPCM 1 aprile 2020, che aveva prorogato fino al 13 aprile 2020 l'efficacia delle disposizioni dei DPCM 8 e 9 marzo 2020.

Da ultimo, è intervenuto il DPCM 10 aprile 2020, che ha disposto la sospensione, fino al 3 maggio 2020, delle manifestazioni organizzate, degli eventi e degli spettacoli di qualsiasi natura, compresi  quelli di carattere culturale, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, quali, a titolo d'esempio, grandi eventi, cinema, teatri, pub, scuole di ballo, discoteche e locali assimilati.

Infine, ha disposto che dal 14 aprile 2020 cessano di produrre effetti, fra gli altri, i DPCM 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 1° aprile 2020.

 

Nello specifico, si dispone che un Fondo è di parte corrente e ha una dotazione di € 80 mln; l’altro è di parte capitale e ha una dotazione di € 50 mln.

Le modalità di ripartizione e assegnazione delle risorse agli operatori dei settori, inclusi artisti, autori, interpreti ed esecutori, “tenendo conto altresì dell’impatto economico negativo conseguente all’adozione delle misure di contenimento del COVID-19” devono essere definite con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

La relazione tecnica all’A.S. 1766 faceva presente che il Fondo di parte corrente sarà destinato agli operatori dei settori, mentre il Fondo di parte capitale sosterrà investimenti finalizzati al rilancio degli stessi settori.

 

In relazione all’utilizzo dell’avverbio “altresì”, si valuti l’opportunità di chiarire quali altri parametri, oltre all’impatto economico negativo conseguente all’adozione delle misure di contenimento del COVID-19, possano essere prese in considerazione ai fini della ripartizione delle risorse.

 

Alla copertura del relativo onere si provvede:

§  quanto a € 70 mln, ai sensi dell’art. 126, che reca le disposizioni di copertura finanziaria;

§  quanto a € 50 mln, mediante corrispondente riduzione delle risorse del Fondo sviluppo e coesione di cui all’art. 1, co. 6, della L. 147/2013.

Conseguentemente, con delibera CIPE si provvede a rimodulare e a ridurre di pari importo, per l’anno 2020, le somme già assegnate con la delibera CIPE n. 31 del 21 marzo 2018 al Piano operativo “Cultura e turismo” di competenza del MIBACT.

La citata delibera CIPE n. 31/2018 ha approvato integrazioni alle delibere nn. 10, 11, 14 e 15 del 2018, con cui sono stati approvati i Piani operativi "Cultura e turismo", "Ambiente", "Imprese e competitività" e "Salute", con assegnazione di risorse a valere sulle disponibilità del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2014-2020.

In particolare, le risorse per il Piano operativo "Cultura e turismo", pari complessivamente a € 740 mln per il periodo 2018-2025, sono state assegnate con delibera CIPE n. 10/2018. In base all’articolazione finanziaria annuale prevista, le risorse per il 2020 ammontano a € 50 mln.

Successivamente, l’art. 1, co. 366, della L. 160/2019 (L. di bilancio 2020) ha incrementato la dotazione del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo di € 75 mln per l'anno 2020, a valere su quota parte delle risorse già assegnate con la stessa delibera CIPE 31/2018 al già citato Piano operativo “Cultura e turismo”.

La relazione tecnica all’A.S. 1586 (poi L. 160/2019) evidenziava che, a seguito di tale intervento, con apposita delibera CIPE si sarebbe provveduto alla rimodulazione del Piano operativo "Cultura e turismo";

§  quanto a € 10 mln, mediante riduzioni delle disponibilità del Fondo unico dello spettacolo (FUS).

La relazione tecnica all’A.S. 1766 faceva presente che si attingerà alle risorse del cap. 6621.

Si tratta di uno dei capitoli sui quali sono appostate le risorse del FUS e riguarda le fondazioni lirico-sinfoniche[12].

Al riguardo, si ricorda che il FUS, istituito dalla L. 163/1985 al fine di ridurre la frammentazione dell'intervento statale e la conseguente approvazione di apposite leggi di finanziamento, è attualmente il principale - ma non l’unico - strumento di sostegno al settore dello spettacolo. In particolare, le finalità del FUS consistono nel sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante – incluse, a seguito di quanto previsto dall’art. 1, co. 329, della L. di bilancio 2018 (L. 205/2017), le manifestazioni carnevalesche –, nonché nella promozione e nel sostegno di manifestazioni ed iniziative di carattere e rilevanza nazionali da svolgere in Italia o all'estero[13].

Per completezza, si ricorda che l’art. 1, co. 367, della già citata L. 160/2019 ha incrementato di € 10 mln lo stanziamento del FUS, disponendo che tale previsione entrava in vigore dalla data di pubblicazione della legge (e non, come previsto in generale dall’art. 119, il 1° gennaio 2020), al fine di consentire l’utilizzo delle risorse nel 2020[14].

 


 

Articolo 90
(
Destinazione del 10 per cento dei compensi per copia privata)

 

 

L’articolo 90, a cui il Senato ha apportato modifiche di carattere formale, stabilisce che la quota pari al 10 per cento dei compensi, incassati nel 2019, dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE) per “copia privata” sia destinata al sostegno economico degli autori, degli artisti interpreti ed esecutori e dei lavoratori autonomi che svolgono attività di riscossione dei diritti d’autore in base ad un contratto di mandato con rappresentanza con gli organismi di gestione collettiva, invece che a iniziative volte a promuovere la creatività dei giovani autori.

 

La finalità della disposizione è quella di fronteggiare le ricadute economiche per il settore della cultura conseguenti alle misure di contenimento del COVID-19 adottate con il D.L. 6/2020 (L. 13/2020) e il D.L.19/2020.

Gli artt. 1 e 3 del D.L. 6/2020 (L. 13/2020) hanno previsto, allo scopo di evitare la diffusione del COVID-19, nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un'area già interessata dal contagio del menzionato virus, specifiche limitazioni, tra le quali, per il settore della cultura, la possibilità di sospensione, con D.P.C.M., di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, di carattere culturale, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico.

Si sono dunque susseguiti diversi provvedimenti attuativi che hanno progressivamente dettagliato ed esteso, in termini temporali e territoriali, tali previsioni.

In particolare, l’art. 2 del D.P.C.M. 8 marzo 2020 ha disposto, tra l'altro, sull'intero territorio nazionale, per quanto qui più interessa, la sospensione fino al 3 aprile 2020 delle manifestazioni, degli eventi e degli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato (co. 1, lett. b)).

Successivamente, il D.P.C.M. 9 marzo 2020 ha esteso all’intero territorio nazionale le misure previste (per la regione Lombardia e altre 14 province) dall'art. 1 del D.P.C.M. 8 marzo 2020, valide fino al 3 aprile 2020, fra le quali la sospensione di “tutte le manifestazioni organizzate, nonché gli eventi in luogo pubblico o privato, ivi compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo, religioso e fieristico, anche se svolti in luoghi chiusi ma aperti al pubblico, quali, a titolo d'esempio, grandi eventi, cinema, teatri, pub, scuole di ballo, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, discoteche e locali assimilati” (co. 1, lett. g)).

Il D.L.19/2020 - abrogando alcune disposizioni del D.L. 6/2020 - ha disposto che per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, possono essere adottate misure di contrasto alla diffusione del virus COVID-19, tra cui - per quanto qui rileva - la limitazione o la sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni altra forma di  riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale; la chiusura di cinema, teatri, sale da concerto, sale da ballo, discoteche, centri culturali. In attuazione, per quanto di interesse, è intervenuto prima il D.P.C.M.1°aprile 2020 - con cui sono state prorogate fino al 13 aprile 2020 le disposizioni di cui ai citati DD. P.C.M. 8 marzo 2020 e 9 marzo 2020 - e poi il D.P.C.M. 10 aprile 2020 - con cui si è stabilita la sospensione, dal 14 aprile al 3 maggio 2020, "delle manifestazioni organizzate, degli eventi e degli spettacoli di qualsiasi natura, ivi compresi quelli di carattere culturale, quali, a titolo d'esempio, grandi eventi, cinema, teatri, scuole di ballo, discoteche e locali assimilati, nonché dei servizi di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura. Dalla medesima data del 14 aprile hanno cessato di produrre effetti, tra gli altri, i DD.P.C.M. 8 e 9 marzo 2020 e 1° aprile 2020.

 

Più nello specifico, il comma 1 stabilisce che la quota del 10 per cento dei compensi incassati nell’anno 2019 per la riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi, ai sensi dell'art. 71-septies della L. 633/1941 (su cui si veda il box sottostante) - che, in base all’art. 71-octies, co. 3-bis, della medesima legge sarebbe dovuta essere destinata alla creatività dei giovani autori - è destinata, invece, al sostegno degli autori, degli artisti interpreti ed esecutori, e dei lavoratori autonomi che svolgono attività di riscossione dei diritti d’autore in base ad un contratto di mandato con rappresentanza con gli organismi di gestione collettiva di cui all’art. 180 della medesima L. 633/1941.

 

L'art. 71-septies della L. 633/1941 stabilisce che gli autori ed i produttori di fonogrammi, nonché i produttori originari di opere audiovisive, gli artisti interpreti ed esecutori ed i produttori di videogrammi, e i loro aventi causa, hanno diritto ad un compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi (c.d. compenso per “copia privata”). Detto compenso è determinato con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, sottoposto ad aggiornamento triennale, tenendo conto dell'apposizione o meno delle misure tecnologiche, nonché della diversa incidenza della copia digitale rispetto alla copia analogica. Da ultimo, è intervenuto il D.M. 20 giugno 2014 (qui un errata corrige).

In base all’art. 71-octies, il compenso per apparecchi e supporti di registrazione audio è corrisposto alla SIAE, che provvede a ripartirlo al netto delle spese, per il 50 per cento agli autori e loro aventi causa e per il 50 per cento ai produttori di fonogrammi, anche tramite le loro associazioni di categoria maggiormente rappresentative.

Anche il compenso per apparecchi e i supporti di registrazione video è corrisposto alla SIAE, che provvede a ripartirlo al netto delle spese, anche tramite le loro associazioni di categoria maggiormente rappresentative, per il 30 per cento agli autori e per il restante 70 per cento in parti uguali tra i produttori originari di opere audiovisive, i produttori di videogrammi e gli artisti interpreti o esecutori. La quota spettante agli artisti interpreti o esecutori è destinata per il 50 per cento al (ora) Nuovo Istituto Mutualistico Artisti Interpreti Esecutori (IMAIE), per le attività di studio e di ricerca nonché per i fini di promozione, di formazione e di sostegno professionale degli artisti interpreti o esecutori.

Infine, il co. 3-bis dell’art. 71-octies - introdotto dall'art. 1, co. 335, della L. 208/2015 (L. di stabilità 2016) - ha disposto, al fine di favorire la creatività dei giovani autori, che il 10 per cento di tutti i compensi incassati per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi è assegnata dalla SIAE, sulla base di un atto di indirizzo annuale del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, ad attività di promozione culturale nazionale e internazionale, a seguito di una apposita procedura di selezione pubblica.

 

La relazione illustrativa allegata al disegno di legge presentato in prima lettura (A.S. 1766) fa presente che quest’anno sarebbe inverosimile procedere con le modalità ordinarie per ripartire la suddetta quota del 10 per cento, in quanto "i relativi bandi dovrebbero essere pubblicati nei prossimi giorni con scadenze ravvicinate".

 

Al riguardo si evidenzia, comunque, che l’atto di indirizzo per la promozione dei giovani autori per il 2019 è stato adottato con D.M. 81 dell'11 febbraio 2020[15].

 

In argomento, si ricorda, altresì, che, in base all'art. 180 della L. 633/1941, come novellato dall'art. 19 del D.L. 148/2017 (L. 172/2017)[16], l'attività di intermediario, comunque attuata, sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l'esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate, è riservata in via esclusiva alla SIAE ed agli altri organismi di gestione collettiva di cui al d.lgs. 35/2017[17], ferma restando la possibilità per gli autori, i loro successori o gli aventi causa, di esercitare direttamente i diritti loro riconosciuti.

In base all'art. 7 del citato d.lgs. 35/2017, gli organismi di gestione collettiva possono, in base ad un rapporto giuridico diretto derivante dalla legge o da una cessione di diritti, da una licenza o da qualsiasi altro accordo contrattuale, gestire diritti di titolari dei diritti che non ne siano membri. Inoltre (art. 20 e ss.) gli organismi di gestione collettiva possono gestire diritti e riscuotere proventi derivanti dal loro sfruttamento in virtù di accordi di rappresentanza con altri organismi.

Si rammenta, infine, che il contratto di mandato con rappresentanza è disciplinato dall'art. 1704 del codice civile.

 

Il comma 2 prevede che con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, sono stabiliti i requisiti per l’accesso al beneficio, anche tenendo conto del reddito dei destinatari, e le modalità attuative.

 

 


 

Articolo 90-bis
(Carta Famiglia)

 

 

L’articolo 90-bis, aggiunto al Senato, inserisce nel provvedimento in esame le disposizioni dell’art. 30 del decreto legge 9/2020. L’articolo dispone, per il 2020, una deroga ai requisiti attualmente previsti per i destinatari della Carta famiglia, prevedendo che quest’ultima venga rilasciata anche alle famiglie con un unico figlio a carico di età non superiore ai ventisei anni (attualmente la Carta è rilasciata alle famiglie con almeno tre figli a carico). Nel corso dell’esame al Senato, è stato soppresso il rinvio al decreto legge 6/2020 per la definizione della platea dei destinatari, aggiornando così la misura alle reali dimensioni (anche economiche) dell’emergenza da COVID-19, ormai estese a tutto il territorio nazionale.  Agli oneri, stimati in 500mila euro per il 2020, si provvede a valere sul Fondo per le politiche della famiglia.

 

L’articolo 90-bis, aggiunto al Senato, inserisce nel provvedimento in esame le disposizioni dell’art. 30 del decreto legge 9/2020. La disposizione dispone una deroga alla disciplina relativa al rilascio della Carta famiglia. Viene infatti previsto che, per il 2020, possono essere destinatari della Carta famiglia anche i nuclei familiari con un solo figlio a carico (anziché con tre figli a carico). Nel corso dell’esame al Senato è stato soppresso il rinvio all’art. 1, comma 1, del decreto legge 6/2020, che individuava la platea dei destinatari della misura con “i residenti nei comuni  o nelle aree nei quali risulti positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona  proveniente  da  un'area  già interessata  dal  contagio  del  menzionato   virus COVID-19”. La misura della Carta famiglia è stata così aggiornata alle reali dimensioni (anche economiche) dell’emergenza da COVID-19, ormai estese a tutto il territorio nazionale.

 

La Carta della famiglia è stata istituita dal comma 391 della legge di stabilità 2016 (legge 208/2015), al fine di sostenere le famiglie numerose. Attualmente, la Carta della famiglia è rilasciata a famiglie costituite da cittadini italiani ovvero appartenenti a Paesi membri dell'Unione europea regolarmente residenti nel territorio italiano, con almeno tre figli conviventi di età non superiore a ventisei anni. La Carta consente l'accesso a sconti sull'acquisto di beni o servizi, ovvero a riduzioni tariffarie concesse dai soggetti pubblici o privati che intendono contribuire all'iniziativa. In ogni caso, gli sconti e/o le riduzioni concesse devono essere almeno pari al cinque per cento del prezzo offerto al pubblico. I benefici, dopo la pubblicazione di un avviso per l'acquisizione di manifestazioni d'interesse, sono attivati mediante protocolli d'intesa o convenzioni tra il Dipartimento per le politiche della famiglia e soggetti pubblici e privati, previa verifica della coerenza della manifestazione d'interesse con i requisiti e le finalità dell'iniziativa. Il Dipartimento per le politiche della famiglia può anche avviare forme di collaborazione con la Conferenza delle regioni e delle province autonome, con l'Unione delle province d'Italia e con l'Associazione nazionale comuni italiani (ANCI) al fine di promuovere i protocolli d'intesa e le convenzioni nonché la diffusione della Carta. Per quanto riguarda le modalità di rilascio, si prevede che la Carta sia emessa in via telematica, su richiesta degli interessati, dal Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri mediante una piattaforma digitale articolata in un portale internet e in corrispondenti applicazioni per i principali sistemi operativi di telefonia mobile.

Il decreto legge 86/2018, in materia di riordino delle competenze dei ministeri, ha attribuito alla Presidenza del Consiglio, ovvero al Dipartimento per le politiche della famiglia, le funzioni statali relative alla Carta, precedentemente in capo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Ai fini dell'attuazione della misura, il limite massimo di spesa previsto è di 1 milione di euro per ciascun anno del triennio 2019-2021 a valere sulla dotazione del Fondo per le politiche della famiglia. Il decreto 27 giugno 2019  ha poi definito i criteri per l'individuazione dei beneficiari della Carta della famiglia, e le agevolazioni previste per i titolari della Carta.

 

Il 17 marzo 2020, sul sito del Dipartimento per le politiche della famiglia, un comunicato ha informato dell’attivazione della piattaforma online, tramite cui richiedere la Carta della famiglia. Il comunicato precisa che la piattaforma è stata adeguata alla modifica introdotta dall’art. 30 del decreto legge 9/2020, assorbito dall’articolo in esame.

 Per poter richiedere la Carta, uno dei due genitori dovrà registrare il nucleo familiare utilizzando le proprie credenziali del Sistema pubblico d’identità digitale (Spid). Una volta registrato sulla piattaforma, la carta sarà emessa solamente in formato digitale, così da poter essere sempre consultabile tramite tutti i dispositivi connessi ad internet.

 

Agli oneri, stimati in 500mila euro per il 2020, si provvede a valere sul Fondo per le politiche della famiglia. Come specificato dalla RT al decreto legge 9/2020, tali risorse sono destinate, per tutto il triennio, alla realizzazione informatica e alla conseguente emissione della carta, nonché al supporto tecnico e alla gestione dell’intervento a favore della Presidenza del Consiglio dei ministri, titolare del rilascio dello strumento.

 

Il Fondo per le politiche della famiglia è stato istituito ai sensi dell'art. 19, comma 1, del decreto legge 223/2006 per promuovere e realizzare interventi a tutela della famiglia, nonché per supportare l'Osservatorio nazionale sulla famiglia. Il Fondo è stato ridisciplinato dalla legge 296/2006  (legge finanziaria 2007). Recentemente, l'art. 3 del decreto legge 86/2018, in materia di riordino delle competenze dei Ministeri, ha confermato in capo al Presidente del Consiglio, ovvero al Ministro delegato per la famiglia e le disabilità, le funzioni precedentemente svolte dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di famiglia, attribuendone ulteriori con la finalità di raccordare alcune competenze proprie della materia della famiglia, quali i profili relativi alle adozioni, nazionali e internazionali, nonché un più ampio novero di funzioni attinenti l'infanzia e l'adolescenza. Conseguentemente, la legge di bilancio 2019 (art. 1, comma 482, della legge 145/2018) ha introdotto una nuova disciplina e nuove finalizzazioni del Fondo, fra le quali si ricordano: interventi volti a valorizzare il ruolo dei Centri per la famiglia; definizione di criteri e modalità per la riorganizzazione dei Consultori familiari (previa intesa in sede di Conferenza unificata); percorsi di sostegno, anche di natura economica, ai minori orfani di crimini domestici e alle loro famiglie, affidatarie o adottive; progetti finalizzati alla protezione e la presa in carico dei minori vittime di violenza assistita; contrasto del fenomeno del cyberbullismo; interventi per il sostegno dei genitori separati e divorziati; interventi volti a favorire i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l'abbandono dei minori; interventi in materia di adozione e affidamenti.

Per il 2020, la dotazione del Fondo prevista dalla legge di bilancio 2020 è pari a 74,5 milioni di euro.


 

Articolo 91, comma 1
(Disposizioni in materia di ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento)

 

 

Il comma 1 dell’articolo 91 chiarisce che il rispetto delle misure di contenimento può escludere la responsabilità del debitore ex articolo 1218 del codice civile, nonché l'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.

 

In particolare il comma 1 dell'articolo 91 aggiunge all’articolo 3 del decreto – legge 23 febbraio 2020, n. 6, (conv. l. n. 13 del 2020) una ulteriore disposizione (comma 6-bis), la quale prevede che il rispetto delle misure di contenimento è sempre valutato ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del codice civile, della responsabilità del debitore, anche in relazione all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.

 

L'articolo 1218 c.c. prevede che il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. Ai sensi dell'articolo 1223, poi il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta.

 

L'articolo 3 del decreto-legge n. 6 del 2020 (conv. l. n. 13 del 2020) ha introdotto norme per l'attuazione delle misure di contenimento dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, previste dallo stesso decreto-legge n. 6 del 2020. In particolare la disposizione oltre ad aver previsto il procedimento per l'adozione dei provvedimenti (in relazione ai quali i termini per il controllo preventivo della Corte dei conti sono dimezzati) volti a dare attuazione alle suddette misure, ha anche qualificato come illecito penale, di natura contravvenzionale, il mancato rispetto delle misure di contenimento, nonché previsto che l'esecuzione delle stesse sia assicurata dalle Forze di polizia e, ove occorra, dalle Forze armate (amplius si veda il dossier n. 223).

 


 

Articolo 91, comma 2
(Anticipazione del prezzo in favore dell’appaltatore
in materia di contratti pubblici)

 

 

Il comma 2 dell’articolo 91 novella il comma 18 dell’articolo 35 del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) al fine di precisare che l’erogazione dell’anticipazione del prezzo a favore dell’appaltatore è consentita anche nel caso di consegna in via d’urgenza di lavori, servizi o forniture.

 

La norma in esame interviene sulla disciplina, contenuta nel comma 18 dell’art. 35 del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici), dell’anticipazione del prezzo del 20 per cento del valore del contratto di appalto da corrispondere dalla stazione appaltante all’appaltatore, entro quindici giorni dall’effettivo inizio dei lavori, precisando che l’anticipazione è consentita anche nel caso di consegna in via d’urgenza ai sensi dell’articolo 32, comma 8, del Codice dei contratti pubblici.

Tale modifica, secondo la relazione tecnica, “mira a fugare dubbi interpretativi relativi alle disposizioni in materia di anticipazione del prezzo in favore dell’appaltatore di cui al medesimo art. 35, comma 18, chiarendo che la stessa è consentita anche nel caso di consegna in via d’urgenza ai sensi dell’art. 32, comma 8, del medesimo Codice”.

Si ricorda che il comma 18 dell’art. 35 del Codice dei contratti pubblici stabilisce che sul valore del contratto di appalto viene calcolato l'importo dell'anticipazione del prezzo pari al 20 per cento da corrispondere all'appaltatore entro quindici giorni dall'effettivo inizio della prestazione. In materia di garanzia fideiussoria in caso di anticipazione del prezzo il comma 18 dell’art. 35 del Codice dei contratti pubblici stabilisce inoltre che l'erogazione dell'anticipazione è subordinata alla costituzione di garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa di importo pari all'anticipazione maggiorata del tasso di interesse legale applicato al periodo necessario al recupero dell'anticipazione stessa secondo il cronoprogramma della prestazione.

L'importo della garanzia viene gradualmente ed automaticamente ridotto nel corso delle prestazioni, in rapporto al progressivo recupero dell'anticipazione da parte delle stazioni appaltanti. Il beneficiario decade dall'anticipazione, con obbligo di restituzione, se l'esecuzione delle prestazioni non procede, per ritardi a lui imputabili, secondo i tempi contrattuali. Sulle somme restituite sono dovuti gli interessi legali con decorrenza dalla data di erogazione della anticipazione.

La consegna in via d’urgenza è disciplinata dal comma 8 dell’art. 32 del Codice dei contratti pubblici. Tale disposizione prevede che, divenuta efficace l'aggiudicazione, e fatto salvo l'esercizio dei poteri di autotutela nei casi consentiti dalle norme vigenti, la stipulazione del contratto di appalto o di concessione ha luogo entro i successivi sessanta giorni, salvo diverso termine previsto nel bando o nell'invito ad offrire, ovvero l'ipotesi di differimento espressamente concordata con l'aggiudicatario. Se la stipulazione del contratto non avviene nel termine fissato, l'aggiudicatario può, mediante atto notificato alla stazione appaltante, sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto. All'aggiudicatario non spetta alcun indennizzo, salvo il rimborso delle spese contrattuali documentate. Nel caso di lavori, se è intervenuta la consegna dei lavori in via di urgenza e nel caso di servizi e forniture, se si è dato avvio all'esecuzione del contratto in via d'urgenza, l'aggiudicatario ha diritto al rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione dei lavori ordinati dal direttore lavori, ivi comprese quelle per opere provvisionali. Nel caso di servizi e forniture, se si è dato avvio all'esecuzione del contratto in via d'urgenza, l'aggiudicatario ha diritto al rimborso delle spese sostenute per le prestazioni espletate su ordine del direttore dell'esecuzione. L'esecuzione d'urgenza di cui al comma 8 del citato art. 32 è ammessa esclusivamente nelle ipotesi di eventi oggettivamente imprevedibili, per ovviare a situazioni di pericolo per persone, animali o cose, ovvero per l'igiene e la salute pubblica, ovvero per il patrimonio, storico, artistico, culturale ovvero nei casi in cui la mancata esecuzione immediata della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all'interesse pubblico che è destinata a soddisfare, ivi compresa la perdita di finanziamenti comunitari.

 

La norma in esame si iscrive nel solco di una complessiva evoluzione normativa che ha condotto ad una generalizzazione dell’ambito applicativo dell’istituto dell’anticipazione del prezzo nei contratti pubblici.

Si ricorda, infatti, che l’ANAC, con la deliberazione 14 novembre 2018, n. 1050, ha chiarito che non sussiste alcun divieto o limite per l’anticipazione del prezzo nelle procedure sotto soglia europea, a nulla rilevando che questa sia disciplinata, nel Codice dei contratti pubblici, all’art. 35, comma 18, rubricato "Rilevanza comunitaria e contratti sotto soglia" e al successivo art. 36, relativo invece agli appalti di importo inferiore a tale soglia. L’istituto dell’anticipazione del prezzo ha, infatti, la finalità di consentire all'appaltatore di affrontare le spese iniziali necessarie all’esecuzione del contratto, assicurando la disponibilità delle stesse nella delicata fase di avvio dei lavori e di perseguire il pubblico interesse alla corretta e tempestiva esecuzione del contratto.

Si ricorda, altresì, che l’art. 1, comma 1, lett. e) del D.L. n. 32/2019 (c.d. decreto Sblocca cantieri), con una modifica all’art. 35, comma 18, del Codice dei contratti pubblici, ha esteso la previsione relativa all’anticipazione del prezzo, in precedenza riferita ai soli lavori, anche ai servizi e alle forniture.


 

Articolo 92
(Disposizioni in materia di trasporto marittimo di merci e di persone, nonché di circolazione di veicoli)

 

 

L’articolo 92, modificato nel corso dell’esame al Senato, contiene disposizioni volte a sostenere il settore marittimo attraverso la non applicazione della tassa d’ancoraggio (fino al 30 aprile 2020), la sospensione dei canoni relativi alle operazioni portuali, dei corrispettivi per la fornitura di lavoro temporaneo nei porti e dei canoni di concessione di aree e banchine portuali (fino al 31 luglio 2020) e il differimento di trenta giorni dei pagamenti dei diritti doganali (a decorrere dall’entrata in vigore del decreto-legge). Nel corso dell’esame al Senato è stata introdotta la sospensione dei canoni demaniali anche per le concessioni di aree del demanio marittimo rilasciate dalle Autorità portuali e dalle Autorità di sistema portuale.

Con riferimento ai veicoli a motore si prevede l’autorizzazione alla circolazione fino al 31 ottobre 2020 dei veicoli da sottoporre, entro il 31 luglio 2020, ad accertamento dei requisiti di idoneità alla circolazione e omologazione ai sensi dell’articolo 75 del Codice della strada o a visita e prova in considerazione di modifiche delle caratteristiche costruttive dei veicoli in circolazione ai sensi dell’articolo 78 dello stesso Codice. La medesima autorizzazione alla circolazione si applica ai veicoli che, nelle medesime cadenze temporali, debbano essere sottoposti a revisione ai sensi dell’articolo 80 del Codice della Strada.

Nel corso dell’esame al Senato sono state introdotte disposizioni volte a tutelare le società che svolgono servizi di trasporto pubblico locale e scolastico (escludendo la possibilità di ridurre i corrispettivi dovuti a seguito della riduzione o sospensione dei servizi) e attribuendo anche alle amministrazioni la possibilità di sospendere le procedure relative agli affidamenti dei servizi di trasporto pubblico locale in corso (salvo quelle per cui vi è già stata l’aggiudicazione) prevedendo contestualmente la possibilità di prorogare gli affidamenti in atto.

Sono state inoltre introdotte disposizioni di differimento del termine di efficacia di alcune norme relative all’esercizio dei depositi commerciali di prodotti energetici assoggettati ad accisa (al 1° gennaio 2021) e la proroga dal 30 giugno al 30 settembre 2020 del termine entro il quale dovrà avvenire la stipula, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, degli atti convenzionali di concessione relativi all’autostrada A22 Brennero-Modena.

In ragione dei contenuti della disposizione, è stata modificata nel corso dell’esame al Senato la rubrica dell’articolo.

In particolare la disposizione prevede, al comma 1, la disapplicazione della tassa di ancoraggio nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore del decreto-legge e la data del 30 aprile 2020.

 

La tassa di ancoraggio di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 107 del 2009 si applica alle operazioni commerciali in un porto, rada o spiaggia dello Stato ovvero nell'ambito di zone o presso strutture di ormeggio, quali banchine, moli, pontili, piattaforme, boe, torri e punti di attracco, in qualsiasi modo realizzati.

Soggette alla tassa sono le navi nazionali, le navi estere equiparate alle nazionali in virtù di trattati, nonché le navi operate da compagnie di navigazione di Stati con i quali l'Unione europea abbia stipulato accordi di navigazione e di trasporto marittimo, ancorché non battano la bandiera di detti Stati.

L’importo della tassa è calcolato per ogni tonnellata di stazza netta della nave in misura crescente al crescere della stessa.

Il gettito della tassa d’ancoraggio è attribuito alle Autorità di sistema portuale.

 

Lo scopo della sospensione è quello di fronteggiare l’improvvisa riduzione dei traffici marittimi afferenti al trasporto di merci e di persone derivante dalla diffusione del virus COVID 19.

Posto che la relazione tecnica del disegno di legge di conversione presentato al Senato dà conto del fatto che il gettito complessivo della tassa di ancoraggio, nell’ultimo anno di cui si abbiano dati disponibili (ossia il 2018), è stato di 108.254.229,00 euro il costo della mancata riscossione della tassa stessa è stimato in 13,6 milioni di euro.

Il medesimo comma precisa anche che la copertura finanziaria della misura sia effettuata ai sensi dell’articolo 126 (alla cui scheda si rinvia).

 

Il comma 2 dell’articolo, sempre alle medesime finalità, dispone la sospensione dalla data di entrata in vigore del decreto-legge e fino al 31 luglio 2020, prevedendo tuttavia il pagamento di quanto dovuto entro il 31 dicembre del medesimo anno:

§  delle tariffe per le operazioni portuali (carico, scarico, trasbordo, deposito, movimentazione) e i servizi portuali (individuati dalle Autorità di sistema portuale) di cui all’articolo 16 della legge n. 84 del 1994;

§  delle tariffe per la fornitura di lavoro temporaneo alle imprese che svolgono operazioni e servizi portuali ovvero ai titolari di concessione di aree e banchine da corrispondere ai soggetti di cui all’articolo 17 della legge n. 84 del 1994 (ossia o da parte dell’impresa autorizzata alla somministrazione di lavoro portuale ovvero da agenzie promosse dalle Autorità di sistema portuale);

§  dei canoni di concessione di aree e banchine portuali previsti dall’articolo 18 della legge n. 84 del 1994.

A differenza della tassa d’ancoraggio, per la quale è prevista una disapplicazione, con riferimento ai corrispettivi sopra descritti è disposto un semplice differimento. Viene tuttavia rimesso alle singole Autorità di sistema portuale la definizione delle modalità di pagamento dei canoni sospesi anche mediante rateazione senza applicazione di interesse.

La relazione tecnica al disegno di legge presentato al Senato precisa che, sulla base degli ultimi dati disponibili (relativi all’anno 2018), gli incassi derivanti dall’applicazione delle previsioni di cui agli articoli 17 e 18 risultano pari a 159.215.359 euro mentre il dato aggregato degli incassi derivanti dall’applicazione dell’articolo 16 è pari a 6.539.302 euro. In conseguenza di ciò, la disposizione implica il differimento di incassi pari a 62,1 milioni di euro.

Con una modifica approvata al Senato il regime di sospensione è stato esteso anche ai concessionari demaniali marittimi titolari di concessione rilasciata da Autorità portuale o Autorità di sistema portuale ai sensi dell'articolo 36 del codice della navigazione, i quali provvedono al pagamento dei canoni sospesi entro il 30 settembre 2020 senza applicazione di interesse.

 

L’articolo 36 del Codice della navigazione prevede che l'amministrazione marittima, compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, può concedere l'occupazione e l'uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per un determinato periodo di tempo. Le concessioni di durata superiore a quindici anni sono di competenza del ministro per la marina mercantile. Le concessioni di durata superiore a quattro, ma non a quindici anni, e quelle di durata non superiore al quadriennio che importino impianti di difficile sgombero sono di competenza del direttore marittimo. Le concessioni di durata non superiore al quadriennio, quando non importino impianti di difficile sgombero, sono di competenza del capo di compartimento marittimo.

 

Il comma 3 differisce di trenta giorni i pagamenti di alcuni diritti doganali in scadenza tra il 17 marzo 2020 e il 30 aprile 2020, senza applicazione di interessi. In particolare si tratta delle ipotesi in cui l’amministrazione finanziaria abbia autorizzato la corresponsione periodica dei diritti doganali (ai sensi dell’articolo 78) ovvero il ricevitore della dogana abbia consentito il pagamento differito (ai sensi dell’articolo 79).

 

L’articolo 78 prevede infatti che l’amministrazione finanziaria possa consentire a coloro che effettuano con carattere di continuità operazioni doganali di ottenere la libera disponibilità della merce senza il preventivo pagamento dei diritti liquidati, i quali sono annotati, per ciascun operatore, in apposito conto di debito. Periodicamente, alla fine di un determinato intervallo di tempo fissato dall'Amministrazione predetta e che non può comunque eccedere i trenta giorni, il ricevitore della dogana riassume il debito relativo al gruppo di operazioni effettuate nell'intervallo medesimo da ciascun operatore. In tal caso il debito deve essere soddisfatto entro i successivi due giorni lavorativi salve le previsioni dell’articolo 79 ed 80.

L’articolo 79 dispone che il ricevitore della dogana a richiesta dell'operatore, il pagamento differito dei diritti doganali per un periodo di trenta giorni. Lo stesso ricevitore può autorizzare la concessione di una maggiore dilazione, per il pagamento dei diritti afferenti la sola fiscalità interna, fino ad un massimo di novanta giorni, compresi i primi trenta. L’articolo 80 disciplina le modalità di computo della decorrenza e della scadenza del periodo per il quale è concesso il pagamento differito.

 

Il comma 4 autorizza infine la circolazione, fino al 31 ottobre 2020, dei veicoli da sottoporre, entro il 31 luglio 2020, a visita e prova:

§  per l’accertamento dei requisiti di idoneità alla circolazione e per l’omologazione ai sensi dell’articolo 75 del Codice della strada;

§  in considerazione di modifiche delle caratteristiche costruttive dei veicoli in circolazione, ai sensi dell’articolo 78 dello stesso Codice.

 

La medesima autorizzazione alla circolazione si applica ai veicoli che, nelle medesime cadenze temporali, debbano essere sottoposti a revisione ai sensi dell’articolo 80 del Codice della Strada.

 

L’articolo 75 del Codice della strada disciplina le condizioni alle quali un veicolo può essere ammesso alla circolazione. In particolare si prevede che ciclomotori, motoveicoli, autoveicoli, filoveicoli e rimorchi, per essere ammessi alla circolazione, siano soggetti all'accertamento dei dati di identificazione e della loro corrispondenza alle prescrizioni tecniche ed alle caratteristiche costruttive e funzionali previste dalle norme del Codice. A tale scopo si dispone che i veicoli siano oggetto, anche per gruppi omogenei, di visita e prova da parte dei competenti uffici delle direzioni generali territoriali del Dipartimento per i trasporti terrestri e del trasporto intermodale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. I veicoli, i componenti e le entità tecniche prodotte in serie sono assoggettati ad “omologazione del tipo” e, gli accertamenti a tale scopo vengono effettuati su un prototipo. Anche i veicoli destinati a servizio di taxi o di noleggio con conducente sono assoggettati alla verifica sopra descritta.

L’articolo 78 del Codice della strada disciplina la visita e prova cui devono essere sottoposti i veicoli quando siano apportate una o più modifiche alle caratteristiche costruttive o funzionali (ovvero ai dispositivi d'equipaggiamento indicati negli articoli 71 e 72), oppure sia stato sostituito o modificato il telaio. Anche in tal caso si prevede che tale visita si svolga prova presso i competenti uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri.

L’articolo 80 disciplina infine la revisione dei veicoli a motore, che ha la finalità di “accertare che sussistano in essi le condizioni di sicurezza per la circolazione e di silenziosità e che i veicoli stessi non producano emanazioni inquinanti superiori ai limiti prescritti”. Per le autovetture, per gli autoveicoli adibiti al trasporto di cose o ad uso speciale di massa complessiva a pieno carico non superiore a 3,5 t e per gli autoveicoli per trasporto promiscuo la revisione deve essere disposta entro quattro anni dalla data di prima immatricolazione e successivamente ogni due anni. Per i veicoli destinati al trasporto di persone con numero di posti superiore a 9 compreso quello del conducente, per gli autoveicoli destinati ai trasporti di cose o ad uso speciale di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t, per i rimorchi di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t, per i taxi, per le autoambulanze, per i veicoli adibiti a noleggio con conducente e per i veicoli atipici la revisione deve essere disposta annualmente, salvo che siano stati già sottoposti nell'anno in corso a visita e prova. A differenza dei casi di cui agli articoli 75 e 78, le revisioni, in determinati casi (veicoli a motore capaci di contenere al massimo 16 persone compreso il conducente, o con massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 t, ovvero superiore a 3,5 t se destinati al trasporto di merci non pericolose o non deperibili in regime di temperatura controllata), possono essere svolti da soggetti diversi dai competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: infatti le revisioni possono anche essere effettuate, sulla base di specifiche concessioni, da imprese di autoriparazione che svolgono la propria attività nel campo della meccanica e motoristica, carrozzeria, elettrauto e gommista ovvero ad imprese che, esercendo in prevalenza attività di commercio di veicoli, esercitino altresì, con carattere strumentale o accessorio, l'attività di autoriparazione. Si ricorda che chiunque circola con un veicolo che non sia stato presentato alla revisione è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 173 ad euro 695.

 

Nel corso dell’esame al Senato sono stati aggiunti i commi da 4-bis a 4-quater che introducono disposizioni volte a tutelare le società che svolgono servizi di trasporto pubblico locale e regionale e di trasporto scolastico, per contenere gli effetti negativi dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 e delle misure di contrasto alla diffusione del virus.

 

In particolare il nuovo comma 4-bis prevede che non possano essere applicate dai committenti dei citati servizi, anche laddove negozialmente previste, decurtazioni di corrispettivo, né sanzioni e/o penali nei confronti dei gestori di servizi di trasporto pubblico locale e regionale e di trasporto scolastico a seguito delle minori corse effettuate e/o delle minori percorrenze realizzate a decorrere dal 23 febbraio 2020 e fino al 31 dicembre 2020.

Tali disposizioni non si applicano tuttavia al trasporto ferroviario passeggeri di lunga percorrenza e ai servizi ferroviari interregionali indivisi, rispetto ai quali può quindi essere prevista una riduzione dei corrispettivi. 

 

Si tratta dei servizi di trasporto passeggeri Intercity e Intercity notte di cui al contratto di servizio tra Trenitalia e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti relativo ai servizi di trasporto ferroviario passeggeri di interesse nazionale sottoposti a regime di obbligo di servizio pubblico per la media e lunga percorrenza 2017 – 2026 e dei servizi interregionali indivisi, anch’essi assoggettati ad obblighi di servizio pubblico. Con il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 113 del 13 marzo 2020 era stato ridefinito il livello di servizi minimi essenziali da assicurare con riferimento alla lunga percorrenza, ai servizi interregionali indivisi e ai servizi a mercato. Successivamente il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 16 marzo 2020 n. 116 aveva ridotto ulteriormente il perimetro dei servizi minimi essenziali Intercity (escludendo, tra l’altro, i servizi di collegamento notturno). Infine il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 18 marzo 2020 n. 122 ha ulteriormente limitato il perimetro dei servizi essenziali sia a mercato che Intercity. Con il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti n. 145 del 3 aprile 2020 le misure di limitazione sono state prorogate al 13 aprile 2020. Dal 14 aprile 2020 il perimetro dei servizi minimi essenziali è definito dall’articolo 2, e dagli allegati 1 e 2, del decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro degli affari sociali 12 aprile 2020. Le disposizioni ivi indicate troveranno applicazione fino al 3 maggio 2020.

 

Il comma 4-ter consente la sospensione di tutte le procedure in corso, relative agli affidamenti dei servizi di trasporto pubblico locale fino al termine delle misure di contenimento del virus COVID-19.

Contestualmente è consentita la proroga degli affidamenti in atto al 23 febbraio 2020, fino a 12 mesi successivi alla dichiarazione di conclusione dell'emergenza.

Tali facoltà non sono esercitabili con riferimento alle procedure di evidenza pubblica relative ai servizi di trasporto pubblico locale già definite con l'aggiudicazione alla data del 23 febbraio 2020.   

Per approfondimenti in merito alla disciplina generale relativa all’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale si rinvia all’apposito paragrafo del tema “Il trasporto pubblico locale” pubblicato sul sito della Camera dei deputati.

 

Il comma 4-quater subordina l'efficacia delle disposizioni sopra ricordate all'autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europa.

 

L’articolo, 108 paragrafo terzo, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea prevede che siano Comunicati alla Commissione europea progetti diretti a istituire o modificare aiuti. Se ritiene che un progetto non sia compatibile con il mercato interno a norma dell'articolo 107, la Commissione inizia senza indugio la procedura prevista con riferimento alla violazione del divieto di attribuire aiuti di Stato incompatibili con il mercato unico. In tal caso lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.

 

Nel corso dell’esame al Senato sono stati inoltri introdotti i commi 4-quinquies e 4-sexies.

 

Il comma 4-quinquies proroga dal 30 giugno al 30 settembre 2020 il termine (previsto dall’art. 13-bis, comma 4, del D.L. 148/2017) entro il quale dovrà avvenire la stipula, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, degli atti convenzionali di concessione relativi all’autostrada A22 Brennero-Modena.

Si ricorda che il termine attualmente vigente è stato fissato dal comma 719 dell’art. 1 della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), che ha differito al 30 giugno 2020 il termine del 30 novembre 2018 precedentemente previsto (a sua volta derivante da una proroga del termine del 30 settembre 2018 inizialmente previsto, v. infra).

Per una ricostruzione delle vicende relative alla concessione dell’autostrada A22 si rinvia al commento del comma 719, contenuto nel dossier sulla legge di bilancio 2020.

Occorre in ogni caso ricordare, come sottolineato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato nella segnalazione AS 1652, che “l’iter procedurale per la sottoscrizione della nuova convenzione di concessione dell’autostrada A22 avrebbe inizialmente dovuto concludersi entro il 30 settembre 2018; in caso contrario, si sarebbe proceduto alla pubblicazione del bando per il riaffidamento entro il 31 dicembre 2018. Detto termine è stato poi prorogato al 30 novembre 2018 dall'art. 4, comma 3-quater, lett. b), del D.L. 25 luglio 2018, n. 91 (convertito dalla legge 21 settembre 2018, n. l08). Con la modifica oggetto della legge di bilancio 2020 è stato nuovamente differito il termine per la sottoscrizione della convenzione per la concessione della tratta autostradale A22 e, quindi, anche la possibilità, in caso di mancata sottoscrizione, di avviare le procedure di gara per l'individuazione di una nuova concessionaria”.

Nella stessa segnalazione viene sottolineato che, da quanto emerge nella Relazione della Corte dei conti concernente "Le concessioni autostradali" (deliberazione 18 dicembre 2019, n. 18/2019/G), non risulta ancora perfezionata la liquidazione dei soci privati dell'attuale compagine della società Autostrada del Brennero S.p.A., la cui presenza, per l'eventuale affidamento della concessione in modalità in house, è in contrasto con l’art. 13-bis del D.L. 148/2017 e con il parere rilasciato dalla Commissione europea il 20 novembre 2018 e, pertanto, non consente la sottoscrizione dell’accordo.

Ciò considerato, l’AGCM, nella segnalazione citata, auspica una celere conclusione dell'iter procedurale di sottoscrizione della convenzione di concessione dell'A22 e, in caso di mancato rispetto della tempistica fissata dalla norma, “l'effettivo espletamento di una procedura di gara per l'individuazione della nuova concessionaria, entro e non oltre il 30 giugno 2020. In altri termini, l'Autorità auspica che l'assenza dei requisiti per un legittimo affidamento in house non costituisca la ragione per ulteriori proroghe e ritardi nel ricorso a procedure competitive”.

 

Il comma 4-sexies prevede il differimento al 1° gennaio 2021 del termine di efficacia di alcune norme relative all’esercizio dei depositi commerciali di prodotti energetici assoggettati ad accisa, introdotte dall’articolo 5 del decreto-legge n. 124 del 2019.

 

Occorre al riguardo ricordare che l’articolo 5 del predetto decreto-legge  ha abbassato (comma 1, lettera c), punto 1, n. 1.1) il limite di capacità previsto per i depositi per uso privato, agricolo e industriale (da 25 a 10 metri cubi) nonché quello previsto (punto 1, n..1.2)  per i serbatoi cui sono collegati gli apparecchi di distribuzione automatica di carburanti per usi privati, agricoli ed industriali (da 10 a 5 metri cubi), ai fini dell’insorgere dell’obbligo di denuncia all’amministrazione finanziaria e di acquisizione della licenza per l’esercizio dell’attività.  Di conseguenza gli operatori che gestiscono tali depositi, a seguito della predetta modifica, sono tenuti a munirsi di licenza fiscale e a tenere la contabilità prescritta dal TUA. Si stabilisce (punto 2 della lettera c)) che con determinazione del Direttore dell’Agenzia dogane e monopoli siano previste modalità semplificate per la tenuta della medesima contabilità.

 

Il comma 2 del richiamato articolo 5 stabilisce, al primo periodo, che la predetta determinazione sia adottata entro il 27 dicembre 2020. Essa è stata adottata il 27 dicembre 2019 (Det. n. 240433/RU) e reca, per l’appunto, modalità semplificate di tenuta dei registri contabili per depositi e impianti di distribuzione di prodotti energetici.  L’articolo 5, comma 2, secondo periodo, nella sua formulazione vigente, per consentire agli operatori di adeguarsi ai nuovi parametri stabilisce che le modifiche alle capacità dei depositi e dei serbatoi ai fini l’obbligo di licenza e le norme sulla contabilità semplificata operino dal primo giorno del quarto mese successivo alla data di pubblicazione della predetta determinazione nel sito internet dell’Agenzia e, cioè, dal 1° aprile 2020.

 

Le disposizioni in commento modificano la decorrenza dei predetti obblighi attraverso una novella all’articolo 5, comma 2, secondo periodo.

In particolare, è differita al 1° gennaio 2021 l’efficacia:

§  delle disposizioni (articolo 5, comma 1, lettera c), punto 1.2) che riducono da 10 a 5 metri cubi la capacità dei serbatoi, per gli esercenti apparecchi di distribuzione automatica di carburanti per usi privati, agricoli ed industriali, ai fini dell’obbligo di licenza;

§  le norme che prevedono una disciplina semplificata per la tenuta del registro di carico e scarico (stabilita con la predetta determinazione del direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli) sia per gli esercenti dei depositi per uso privato, agricolo ed industriale aventi capacità superiore a 10 metri cubi e non superiore a 25 metri cubi, sia per gli esercenti impianti per gli esercenti apparecchi di distribuzione automatica di carburanti per usi privati, agricoli ed industriali, collegati a serbatoi la cui capacità globale risulti superiore a 5 metri cubi e non superiore a 10 metri cubi.

Le disposizioni introdotte dal comma in esame in sostanza differiscono i predetti obblighi dal 1° aprile 2020 al 1° gennaio 2021.


 

Articolo 93
(Disposizioni in materia di autoservizi pubblici non di linea)

 

 

L’articolo 93, modificato al Senato, prevede un contributo in favore dei soggetti che svolgono autoservizi di Taxi e NCC, per dotare i veicoli di paratie divisorie per separare il posto guida dai posteriori, istituendo un apposito fondo a tal fine e rinviando ad un decreto ministeriale per le disposizioni attuative.

 

In dettaglio il comma 1 prevede che allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, nonché per garantire maggiori condizioni di sicurezza ai conducenti ed ai passeggeri, il contributo sia riconosciuto ai soggetti che svolgono tali autoservizi che dotino i veicoli di paratie divisorie, muniti dei necessari certificati di conformità, omologazione o analoga autorizzazione.

Il contributo è concesso fino ad esaurimento delle risorse previste al secondo periodo del comma 1 (nel corso dell’esame al Senato è stata effettuata questa correzione, posto che il testo del decreto-legge faceva riferimento, per un refuso, al primo periodo del comma 1), nella misura che sarà indicata in un successivo decreto ministeriale previsto dal comma 2, comunque non superiore al cinquanta per cento del costo di ciascun dispositivo installato.

Viene a tal fine istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un apposito fondo con una dotazione di 2 milioni di euro per l'anno 2020.

Il comma 2 dispone l’adozione del citato decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per determinare l’entità massima del contributo riconoscibile e disciplinare le modalità di presentazione delle domande di contributo e di erogazione dello stesso.

Il comma 3 dispone la copertura finanziaria dell’intervento ai sensi dell’articolo 126, alla cui scheda si rinvia.

 

Si ricorda che il trasporto pubblico non di linea assicura il trasporto collettivo o individuale di persone con funzione complementare e integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea ed è disciplinato a livello legislativo nazionale dalla legge 15 gennaio 1992, n. 21 "Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea".

Con il decreto legge 14 dicembre 2018, n. 135 (c.d. "decreto semplificazioni"- AC 1550), convertito dalla legge n. 12 del 2019 (entrata in vigore il 13 febbraio 2019), è stata disposta la modifica la disciplina del trasporto di persone mediante servizi pubblici non di linea relativa ai servizi di noleggio con conducente (NCC), di cui alla legge n. 21 del 1992, introducendo alcuni requisiti e caratteristiche da rispettare nello svolgimento del servizio.

 


 

Articolo 94
(Incremento dotazione Fondo di solidarietà per il settore aereo)

 

 

L’articolo 94 dispone un incremento di 200 milioni di euro, per il 2020, della dotazione del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale e reca, a valere sulle suddette risorse, norme specifiche per il ricorso al trattamento straordinario di integrazione salariale nel settore aereo, a fronte delle gravi crisi aziendali che hanno investito quest'ultimo.

 

In particolare, agli oneri derivanti dal suddetto incremento della dotazione del Fondo di solidarietà per il settore del trasporto aereo e del sistema aeroportuale, costituito ai sensi dell'articolo 1-ter del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, si provvede ai sensi dell’articolo 126 (commi 1 e 3).

Ai sensi del comma 2, il trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale può essere autorizzato in deroga ai limiti di durata massima del trattamento di integrazione salariale [18]:

§  a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto in esame e fino al 31 dicembre 2020;

§  nel limite complessivo di 200 milioni di euro per l’anno 2020;

§  nel limite massimo di 10 mesi;

§  previo accordo stipulato in sede governativa presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche in presenza dei Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico nonché della Regione interessata;

§  qualora l'azienda operante nel settore aereo abbia cessato o cessi l'attività produttiva e sussistano concrete prospettive di cessione dell'attività con conseguente riassorbimento occupazionale.


 

Articolo 94-bis
(Disposizioni urgenti per il territorio di Savona a seguito degli eccezionali eventi atmosferici del mese di novembre 2019)

 

 

L'articolo 94-bis, introdotto dal Senato, prevede la possibilità per la regione Liguria di erogare nell'anno 2020 nel limite di spesa di 1,5 milioni di euro, una specifica indennità in favore dei lavoratori dipendenti di imprese del territorio di Savona in relazione alla frana causata dagli eventi atmosferici del mese di novembre 2019 lungo l'impianto di Funivie Spa di Savona, indicando la norma la finalità di mitigare gli effetti economici derivanti dalla diffusione del contagio da COVID-19, e di consentire la ripresa economica dell'area della Provincia di Savona. La compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e indebitamento netto, pari a 900.000 euro per l’anno 2020, avviene mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali.

Si dettano poi norme per la realizzazione degli interventi urgenti di ripristino della funzionalità dell'impianto funiviario di Savona in concessione alla società Funivie Spa, prevedendo che il Provveditore interregionale alle opere pubbliche per le regioni Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria è nominato Commissario straordinario ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (c.d. sblocca cantieri). Al Commissario straordinario non spetta alcun compenso, gettone di presenza, indennità comunque denominata o rimborso di spese. Il Commissario straordinario, per lo svolgimento delle attività opera nei limiti delle risorse previste e si avvale, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, delle strutture centrali e periferiche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché di società dallo stesso controllate. Il comma 7 reca gli oneri derivanti dalle attività del Commissario, quantificati in euro 4.000.000 per l’anno 2020.

 

La disposizione, introdotta dal Senato, consente alla regione Liguria di erogare nel 2020 e nel limite di spesa di 1,5 milioni di euro, una specifica indennità in favore dei lavoratori dipendenti di imprese del territorio di Savona che siano impossibilitati a svolgere la propria attività lavorativa, in tutto o in parte, a seguito della frana causata dagli eventi atmosferici del mese di novembre 2019 lungo l'impianto di Funivie Spa di Savona. Si indica la finalità di mitigare gli effetti economici derivanti dalla diffusione del contagio da COVID-19, e di consentire la ripresa economica dell'area della Provincia di Savona.

Si prevede che l'indennità sia pari al trattamento straordinario di integrazione salariale, comprensivo della relativa contribuzione figurativa, e che sia erogata nel corso del 2020, con una durata massima di dodici mesi. La misura è residuale rispetto alla possibilità di applicazione dei trattamenti di integrazione salariale previsti, per i casi di riduzione o sospensione dell'attività lavorativa, dalla disciplina generale di cui al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, compresi i trattamenti stabiliti dai fondi di solidarietà di cui al Titolo II dello stesso decreto n. 148, e successive modificazioni.

L'indennità è concessa nel limite delle risorse destinate alla regione Liguria per ammortizzatori sociali in deroga nelle aree di crisi industriale complessa, nell'ambito del riparto tra le regioni delle risorse (pari complessivamente a 216 milioni di euro per il 2016 ed a 117 milioni per il 2017) di cui all'art. 44, comma 11-bis, del citato decreto legislativo n. 148 del 2015, e successive modificazioni. 

Il comma 2 provvede alla compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e indebitamento netto, pari a 900.000 euro per l’anno 2020; si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali.

 

Si segnala che la proposta emendativa riproduce i contenuti del disegno di legge A.S. n. 1727, già all'esame della 8a Commissione del Senato, con l'ulteriore finalità di mitigare gli effetti economici e contribuire alla ripresa economica dell'area della provincia di Savona nelle zone colpite dalle misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 (commi 1 e 3 della disposizione in esame).

 

Per quanto attiene alle aree di crisi industriale complessa, la L. 181/1989, e successive modificazioni, ha delineato misure di sostegno consistenti nella predisposizione di progetti di riconversione e riqualificazione industriale (PRRI) nelle aree, soggette a recessione economica e crisi occupazionale, dichiarate dal MISE di crisi complessa o non complessa.

L'area della provincia di Savona rientra tra le aree di crisi industriale complessa riconosciute alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 185 del 2016, comunicate dal Ministero dello sviluppo economico. L'atto di riconoscimento è il DM 21 settembre 2016 che riporta, all'allegato 1, l'elenco dei comuni della provincia di Savona riconosciuti come area di crisi industriale complessa. Per approfondimenti si veda la pagina internet del sito del Ministero dello sviluppo economico dedicata alle aree di crisi industriale complessa.

 

Il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali è stato istituito, con una dotazione in termini di sola cassa, dall’articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008. Il Fondo è allocato sul cap. 7593 nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Tale capitolo reca uno stanziamento pari a 186 milioni per il 2020, 463 milioni per il 2021, 514 milioni per il 2022. 

 

Il comma 3 prevede che - nell'indicata finalità di contribuire alla ripresa economica nelle zone colpite dalle misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 - per la realizzazione degli interventi urgenti di ripristino della funzionalità dell'impianto funiviario di Savona in concessione alla società Funivie Spa, il Provveditore interregionale alle opere pubbliche per le regioni Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria è nominato Commissario straordinario ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32 (c.d. sblocca cantieri).  

 

In base al comma 4, il Commissario straordinario provvede, con i poteri di cui ai commi 2 e 3 dell'articolo 4 del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, alla progettazione, all'affidamento e all'esecuzione degli interventi necessari per il ripristino della funzionalità dell'impianto funiviario di Savona in concessione alla società Funivie Spa, nei limiti delle risorse previste dal comma 7.

Per lo svolgimento delle attività di cui al presente articolo, al Commissario straordinario non spetta alcun compenso, gettone di presenza, indennità comunque denominata o rimborso di spese (co. 5).

L'art. 4, comma 1, del D.L. n. 32 del 2019, prevede la nomina, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze, di uno o più Commissari straordinari per gli interventi infrastrutturali ritenuti prioritari. Il comma 2, tra l'altro, attribuisce ai Commissari straordinari il potere di assumere ogni determinazione ritenuta necessaria per l’avvio ovvero la prosecuzione dei lavori, anche sospesi, e di stabilire le condizioni per l'effettiva realizzazione degli stessi. I Commissari straordinari provvedono, in particolare, all’eventuale rielaborazione e approvazione dei progetti non ancora appaltati, operando in raccordo con i Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, anche mediante specifici protocolli operativi, al fine dell’applicazione delle migliori pratiche. L’approvazione dei progetti da parte dei Commissari straordinari, d’intesa con i Presidenti delle regioni e delle province autonome territorialmente competenti, è sostitutiva di ogni autorizzazione, parere, visto e nulla-osta occorrenti per l’avvio o la prosecuzione dei lavori, fatta eccezione per quelli relativi alla tutela di beni culturali e paesaggistici e per quelli di tutela ambientale. Il comma 3 attribuisce ai Commissari straordinari le funzioni di stazione appaltante per l’esecuzione degli interventi previsti. I Commissari straordinari derogano alle disposizioni di legge in materia di contratti pubblici (decreto legislativo n. 50 del 2016). In tale ambito, è fatto salvo il rispetto delle disposizioni del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione (decreto legislativo n. 159 del 2011) e dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all‘Unione europea.

Per le occupazioni di urgenza e per le espropriazioni delle aree occorrenti per l'esecuzione degli interventi, i Commissari straordinari provvedono, con proprio decreto, alla redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli anche con la sola presenza di due rappresentanti della regione o degli enti territoriali interessati, prescindendo da ogni altro adempimento.

 

Il comma 6 prevede che il Commissario straordinario, per lo svolgimento delle attività di cui al presente articolo, si avvale, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, delle strutture centrali e periferiche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché di società dallo stesso controllate.

 

Il comma 7 reca gli oneri derivanti dal comma 4, in materia di attività del Commissario, quantificati in euro 4.000.000 per l’anno 2020; vi si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 95, della legge 30 dicembre 2018, n.145, relativamente alle risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il finanziamento del potenziamento ed ammodernamento delle ferrovie regionali.

 

Funivie S.p.A. è una società che si occupa di ricezione, trasporto e deposito di rinfuse solide nell’Alto Tirreno, trasportando le merci sbarcate nel porto di Savona sino ai parchi deposito di San Giuseppe di Cairo, oltre l’Appenino Ligure, attraverso un sistema integrato di trasporto costituito da nastri trasportatori e da due linee funiviarie. Come indicato dal sito della Società, l’attività consiste nella movimentazione, stoccaggio, ricarico con composizione e manovra di tradotte ferroviarie, ricarico su gomma e spedizione di rinfuse solide, lavorazioni di vagliatura, frantumazione, miscelazione ed insaccatura sulle merci trattate destinate a cementifici, centrali termoelettriche, industrie siderurgiche, fonderie, cokerie, vetrerie, impianti chimici ed altri utilizzatori, localizzati principalmente nel Nord-Ovest dell’Italia. Il Gruppo di riferimento è composto da Italiana Coke S.r.l., Funivie S.p.A. e Terminal Alti Fondali Savona S.r.l., tre società che compongono la cosiddetta “filiera del carbone” che dal 1911 collega il porto di Savona con la Val Bormida. Le funivie di Savona, in concessione alla società Funivie Spa di Savona, sono state interessate, nel mese di novembre 2019, da un eccezionale nubifragio, che ha determinato l’abbattimento di due piloni e il grave danneggiamento di altri due, con conseguente interruzione delle attività.

Al riguardo, si ricorda che la delibera del Consiglio dei ministri del 21 novembre 2019 ha dichiarato, per dodici mesi, lo stato di emergenza in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici verificatisi nel periodo dal 14 ottobre all’8 novembre 2019 nel territorio della città metropolitana di Genova e delle province di Savona e di La Spezia.  A seguito della citata delibera, l'ordinanza del Capo Dipartimento protezione civile n. 621 del 12 dicembre 2019 ha previsto disposizioni urgenti di protezione civile nei territori interessati, nominando il Presidente della regione Liguria quale Commissario delegato per l’espletamento delle attività ivi previste. Successivamente, all'estendersi dei medesimi fenomeni meteorologici, l'Ocdpc n. 622 del 17 dicembre 2019 ha previsto interventi urgenti di protezione civile nei territori di diverse regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana e Veneto).

Tale comma 95 della legge di bilancio 2019 ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un fondo da ripartire con una dotazione di 740 milioni di euro per l'anno 2019, di 1.260 milioni di euro per l'anno 2020, di 1.600 milioni di euro per l'anno 2021, di 3.250 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, di 3.300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2028 e di 3.400 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2029 al 2033. Ai sensi del successivo comma 96, il Fondo è finalizzato al rilancio degli investimenti delle Amministrazioni centrali dello Stato e allo sviluppo del Paese.

 

 


 

Articolo 95
(Sospensione versamenti canoni per il settore sportivo)

 

 

L’articolo 95 consente alle federazioni sportive nazionali, agli enti di promozione sportiva, alle società e alle associazioni sportive, di non procedere fino al 31 maggio 2020 al versamento dei canoni di locazione e concessori relativi all’affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali.

 

In particolare il comma 1 prevede che per le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva, le società e associazioni sportive, professionistiche e dilettantistiche, che hanno il domicilio fiscale, la sede legale o la sede operativa nel territorio dello Stato, sono sospesi, dalla data di entrata in vigore del decreto (17 marzo 2020) fino al 31 maggio 2020, i termini per il pagamento dei canoni di locazione e concessori relativi all’affidamento di impianti sportivi pubblici dello Stato e degli enti territoriali.

 

Il comma 2 dispone che i versamenti dei canoni sono effettuati, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in un’unica soluzione entro il 30 giugno 2020 o mediante rateizzazione fino a un massimo di 5 rate mensili di pari importo a decorrere dal mese di giugno 2020.

 

 


 

Articolo 96
(Indennità per i collaboratori sportivi)

 

 

L'articolo 96, comma 1, riconosce - nel limite di spesa di 50 milioni di euro per il 2020 - in favore di titolari di rapporti di collaborazione presso federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva e società e associazioni sportive dilettantistiche l’indennità per il mese di marzo 2020, pari a 600 euro, prevista dal precedente articolo 27 (qui richiamato) - così come dagli articoli 28, 29, 30 e 38 - per altre categorie di lavoratori. L’indennità è corrisposta dalla società Sport e salute S.p.A., alla quale - ai sensi del comma 2 - sono trasferite le relative risorse. Ai sensi del comma 3, il beneficio è riconosciuto su domanda degli interessati e a condizione della mancata percezione di altro reddito da lavoro. Il comma 4 demanda ad un decreto ministeriale la definizione delle modalità di presentazione delle domande, dei criteri di gestione delle risorse stanziate e delle forme di monitoraggio e controllo della spesa.

Il comma 5 rinvia all'articolo 126 per la copertura degli oneri.

 

Più in particolare, il beneficio, ai sensi del comma 1, è riconosciuto da Sport e salute S.p.A. per i rapporti di collaborazione già in essere alla data del 23 febbraio 2020[19] con federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva, discipline sportive associate[20], società e associazioni sportive dilettantistiche. Per l’ambito delle società ed associazioni dilettantistiche, il comma 3 fa riferimento esclusivo[21] a quelle iscritte nel relativo elenco curato dal CONI[22].

L'indennità (così come previsto per le indennità di cui agli articoli da 27 a 30 e all’articolo 38, relative ad altre categorie di lavoratori) non concorre alla formazione del reddito fiscale imponibile (ai fini delle imposte sui redditi).

Il comma 2, come sopra accennato, dispone un incremento delle risorse da trasferire a Sport e salute S.p.A., incremento pari a 50 milioni di euro per il 2020 e corrispondente al limite di spesa posto dal comma 1.

Alla medesima società (comma 3) devono essere presentate le domande da parte degli interessati, corredate da autocertificazione della preesistenza del rapporto di collaborazione, nonché della mancata percezione di altro reddito da lavoro. Il D.M. 6 aprile 2020, emanato in base al comma 4 del presente articolo 96, specifica che: il beneficio può concernere solo i titolari di rapporti di collaborazione già in essere alla data del 23 febbraio 2020 e ancora pendenti al 17 marzo 2020 (data di entrata in vigore del decreto-legge in esame); le risorse sono prioritariamente destinate ai richiedenti che, nell’anno 2019, non abbiano percepito compensi superiori complessivamente a 10.000 euro; sono esclusi dal beneficio i soggetti che siano titolari di reddito da lavoro autonomo o di redditi da lavoro dipendente e assimilati, nonché i titolari di pensioni di ogni genere e degli assegni ad esse equiparati.

 

Per altre esclusioni dal beneficio, cfr. l’articolo 2, comma 2, del suddetto D.M. 6 aprile 2020.

 

Sport e salute S.p.A. istruisce le domande secondo l’ordine cronologico di presentazione e sulla base dell'elenco delle società ed associazioni sportive dilettantistiche riconosciute ai fini sportivi, elenco che la società acquisisce dal CONI sulla base di apposite intese (comma 3 citato).

 

Si ricorda che tale elenco è curato dal CONI, che lo trasmette annualmente al Ministero dell'economia e delle finanze-Agenzia delle entrate[23].

 

Il comma 4 demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con "l’Autorità delegata in materia di sport" (attualmente il Ministro per le politiche giovanili e lo sport), da emanarsi entro 15 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto-legge, l'individuazione delle modalità di presentazione delle domande, dei criteri di gestione delle risorse stanziate dal comma 2 e delle forme di monitoraggio e controllo della spesa. Come detto, è stato emanato il D.M. 6 aprile 2020.

Il comma 5 rinvia per la copertura degli oneri al successivo articolo 126 del decreto-legge.

Il Senato ha operato alcune correzioni formali nel presente articolo 96.

 

L'assetto attuale di Sport e salute S.p.A. è disciplinato dall'articolo 1, commi 629-633, della legge di bilancio per il 2019 (L. n. 145 del 2018). Tali disposizioni hanno mutato la denominazione della CONI Servizi S.p.A. in Sport e salute S.p.A. e, nell’ambito del nuovo sistema di finanziamento delineato, hanno attribuito alla stessa società il compito di provvedere al sostegno degli organismi sportivi, sulla base degli indirizzi generali adottati dal CONI. I commi 630 e 632 disciplinano il meccanismo di finanziamento dell'attività sportiva nazionale da parte dello Stato e, conseguentemente, di attribuzione delle risorse destinate al CONI e a Sport e salute S.p.A.

Le medesime disposizioni della legge di bilancio 2019 hanno, inoltre, ridisciplinato la governance della società in oggetto.

 

 

 


 

Articolo 97
(Aumento anticipazioni FSC - Fondo sviluppo e coesione)

 

 

L’articolo 97 aumenta dal 10 al 20 per cento la quota a titolo di anticipazione finanziaria assegnata a valere sulle somme destinate a ciascun intervento ricompreso nei Piani Operativi e nei Patti per lo sviluppo finanziati dalle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il ciclo di programmazione 2014-2020.

 

L’anticipazione del 20 per cento è ammissibile per gli interventi infrastrutturali che siano dotati di un progetto esecutivo approvato dagli organi competenti (siano cioè “cantierabili”), ovvero, nel caso di interventi in favore delle imprese, di un provvedimento di attribuzione del finanziamento.

Tale aumento dell’entità delle anticipazioni finanziarie non si applica ai finanziamenti degli interventi attuati da ANAS S.p.A. e RFI S.p.A..

 

Come riportato nella Relazione illustrativa, la disposizione ha lo scopo di fornire alle Amministrazioni titolari dei Piani Operativi e dei Patti per lo sviluppo “una adeguata liquidità sia per far avanzare la progettazione, sia per adempiere all’obbligo delle stazioni appaltanti di anticipazione del prezzo all’appaltatore, ai sensi dell’articolo 35, comma 18, del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016), sia, in linea generale, per poter anticipare maggiori risorse alle imprese beneficiarie degli interventi”.

 

Si ricorda che con la delibera n. 25 del 2016 il CIPE ha provveduto alla ripartizione per aree tematiche nazionali e per obiettivi strategici delle risorse inizialmente stanziate (43,8 miliardi per il ciclo 2014-2020), assegnando (al netto delle preallocazioni disposte con legge e delle assegnazioni già disposte con precedenti delibere) l’importo residuo di 15,2 miliardi ai Piani operativi afferenti le aree tematiche.

Contestualmente, con la delibera n. 26 del 2016, il CIPE ha assegnato 13,4 miliardi (già scontati dalla delibera n. 25/2016) alle Regioni e alle Città metropolitane del Mezzogiorno (o Comuni capoluogo dell’Area metropolitana) per l’attuazione di interventi da realizzarsi nelle Regioni e nelle Città metropolitane del Mezzogiorno mediante appositi Accordi interistituzionali, denominati “Patti per il Sud”. Con la delibera n. 56 del 2016 il CIPE ha poi assegnato ulteriori risorse ai Patti del Centro-Nord (Lazio, Lombardia, città metropolitane di Firenze, Milano, Genova e Venezia), rinviando alle disposizioni di cui alla delibera n. 26 del 2016 per quanto riguarda le modalità di attuazione dei singoli Patti.

Entrambe le delibere hanno stabilito (rispettivamente, al punto 2, lettera h) per la delibera n. 25, e al punto 3.4 per la delibera n. 26) le medesime modalità di trasferimento delle risorse da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze  (Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato – IGRUE) in favore delle Amministrazioni titolari degli interventi sulla base delle richieste presentate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri (Dipartimento per le politiche di coesione), mediante anticipazioni, pagamenti intermedi e saldi, articolati come segue:

§  anticipazione pari al 10 per cento dell’importo assegnato per singolo intervento;

§  pagamenti intermedi fino all’85 per cento dell’importo assegnato a ciascun intervento, a titolo di rimborso delle spese effettivamente sostenute dalle Amministrazioni, evidenziate in apposita domanda di pagamento inviata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri -  Dipartimento per le politiche di coesione;

§  saldo del 5 per cento per ciascun intervento, a seguito di domanda finale di pagamento inviata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche di coesione, corredata da attestato di chiusura dell’intervento.

 

Per quanto riguarda le disponibilità in bilancio, si ricorda che la legge di bilancio per il 2020 (legge n. 160 del 2019) ha stanziato sul FSC per il 2020 risorse per 6.856,8 milioni in termini competenza, ma solo 1.687 milioni in termini di autorizzazioni di cassa.

Pertanto, ai sensi dell’articolo 1, comma 703, lettera l), della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), potranno essere trasferite nel 2020 dal bilancio dello Stato (cap. 8000/MEF) all’apposita contabilità speciale di tesoreria (c/c 25058) soltanto 1.687 milioni, che andranno ad aggiungersi ai 600 milioni disponibili sul conto corrente di tesoreria alla data del 31 dicembre 2019.


 

Articolo 98
(Misure straordinarie urgenti a sostegno
della filiera della stampa)

 

 

L'articolo 98 introduce innanzitutto un regime straordinario di accesso al credito di imposta per gli investimenti pubblicitari, in modo che l'importo del credito venga commisurato al valore totale degli investimenti effettuati anziché ai soli investimenti incrementali. In secondo luogo, dispone un ampliamento dell'ambito soggettivo e oggettivo del c.d. "tax credit per le edicole".

 

Nella relazione illustrativa, il Governo motiva l'intervento di sostegno economico alle imprese della filiera della stampa contenuto nella disposizione facendo riferimento al pregiudizio che il calo di investimenti pubblicitari potrebbe arrecare a numerose realtà editoriali, che pure svolgono un'indispensabile funzione di pubblico servizio nell'ambito dell'emergenza in atto.

 

In particolare, il comma 1 dell'articolo in esame introduce un regime straordinario di accesso al credito d'imposta di cui all'articolo 57-bis del decreto-legge n. 50 del 2017.

 

L’articolo 57-bis del decreto-legge n. 50 del 2017 disciplina la concessione di incentivi fiscali agli investimenti pubblicitari incrementali su quotidiani e periodici, nonché sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, e reca misure di sostegno alle imprese editoriali di nuova costituzione.

Nello specifico, il comma 1 prevede che, per l'anno 2018, alle imprese, ai lavoratori autonomi e agli enti non commerciali che effettuano investimenti in campagne pubblicitarie sulla stampa quotidiana e periodica anche on line e sulle emittenti televisive e radiofoniche locali, analogiche o digitali, il cui valore superi almeno dell'1% gli analoghi investimenti effettuati sugli stessi mezzi di informazione nell'anno precedente, è attribuito un contributo, sotto forma di credito d'imposta, pari al 75% del valore incrementale degli investimenti effettuati, elevato al 90% nel caso di microimprese, piccole e medie imprese e start up innovative, nel limite massimo complessivo di spesa stabilito ai sensi del comma 3. Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione previa istanza diretta al Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. Con D.P.C.M. 16 maggio 2018 n. 90 sono stati stabiliti le modalità e i criteri di attuazione delle disposizioni di cui al presente comma. Le agevolazioni di cui al presente articolo sono concesse ai sensi e nei limiti del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti "de minimis", del regolamento (UE) n. 1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti "de minimis" nel settore agricolo, e del regolamento (UE) n. 717/2014 della Commissione, del 27 giugno 2014, relativo all'applicazione degli articoli 107 e 108 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea agli aiuti "de minimis" nel settore della pesca e dell'acquacoltura.

Il comma 1-bis del medesimo articolo stabilisce che, a decorrere dall'anno 2019, il credito d'imposta di cui al comma 1 è concesso, alle stesse condizioni e ai medesimi soggetti ivi contemplati, nella misura unica del 75 per cento del valore incrementale degli investimenti effettuati, nel limite massimo di spesa stabilito ai sensi del comma 3, e in ogni caso nei limiti dei regolamenti dell'Unione europea richiamati al comma 1. Ai fini della concessione del credito d'imposta si applica il regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 maggio 2018, n. 90. Per l'anno 2019, le comunicazioni per l'accesso al credito d'imposta di cui all'articolo 5, comma 1, del citato regolamento sono presentate dal 1° al 31 ottobre.

 

Si rammenta che in attuazione dell’articolo 14, comma 2, della legge n. 57 del 2001 è stato realizzato presso il Ministero dello sviluppo economico un sistema informativo denominato Banca Dati Anagrafica delle agevolazioni.

Successivamente, la legge n. 234 del 2012, recante norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, all’articolo 52, comma 1, ha stabilito che, al fine di garantire il rispetto dei divieti di cumulo e degli obblighi di trasparenza e di pubblicità previsti dalla normativa europea e nazionale in materia di aiuti di Stato, i soggetti pubblici o privati che concedono ovvero gestiscono i predetti aiuti trasmettono le relative informazioni alla banca dati istituita presso il Ministero dello sviluppo economico ai sensi del predetto articolo 14, comma 2, della legge n. 57 del 2001, che ha così assunto la denominazione di: "Registro nazionale degli aiuti di Stato".

 

Per effetto del comma 1-ter inserito dalla disposizione in esame nell'articolo 57-bis del decreto-legge n. 50 del 2017, limitatamente all’anno 2020, il credito d’imposta di cui al comma 1 è concesso, alle stesse condizioni e ai medesimi soggetti ivi contemplati, nella misura unica del 30 per cento del valore degli investimenti effettuati (e non già entro il 75% dei soli investimenti incrementali come previsto dalla norma vigente) nel limite massimo di spesa stabilito ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 57-bis, e in ogni caso nei limiti dei regolamenti dell’Unione europea richiamati al comma 1.

 

Il comma 3 dell'articolo 57-bis del decreto-legge n. 50 del 2017 stabilisce che per gli anni successivi al 2018, alla copertura degli oneri per la concessione del credito d'imposta di cui al medesimo articolo si provvede mediante utilizzo delle risorse del Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, di cui all'articolo 1 della legge n. 198 del 2016, nel limite complessivo, che costituisce tetto di spesa, determinato annualmente con il D.P.C.M. di cui all'articolo 1, comma 4, della legge n. 198 del 2016, da emanare entro il termine di scadenza previsto dall'articolo 5, comma 1, del regolamento di cui al D.P.C.M. 16 maggio 2018, n. 90, per l'invio delle comunicazioni per l'accesso al credito d'imposta. Le risorse destinate al riconoscimento del credito d'imposta medesimo sono iscritte nel pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e sono trasferite nella contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate - fondi di bilancio» per le necessarie regolazioni contabili.

 

Ai fini della concessione del credito d’imposta si applicano, per i profili non derogati dalla presente disposizione, le norme recate dal regolamento di cui al D.P.C.M. 16 maggio 2018, n. 90. Per l’anno 2020, la comunicazione telematica di cui all’articolo 5, comma 1, del predetto decreto è presentata nel periodo compreso tra il 1° ed il 30 settembre del medesimo anno, con le modalità stabilite nello stesso articolo 5. Le comunicazioni telematiche trasmesse nel periodo compreso tra il 1° ed il 31 marzo 2020 restano comunque valide.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame dispone l'estensione delle agevolazioni fiscali per le edicole e altri rivenditori al dettaglio di quotidiani, riviste e periodici (c.d. "tax credit per le edicole") mediante una serie di modifiche all'articolo 1, comma 806, della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018).

 

I commi 806-809 della legge di bilancio 2019 (legge n. 145 del 2018) introducono un’agevolazione fiscale per le edicole e gli altri rivenditori al dettaglio, che svolgono esclusivamente vendita di quotidiani, riviste e periodici. Essa si estende a quegli esercizi i quali – pur non esclusivamente dedicati alla vendita dei giornali – siano però gli unici punti vendita nel comune considerato (come identificati dall’articolo 2, comma 3, del decreto legislativo n. 170 del 2001).

 

L'articolo 1, comma 393, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019) ha disposto, per l'anno 2020, in deroga all'articolo 1, comma 806, ultimo periodo, di cui sopra, che il credito d'imposta è riconosciuto agli esercenti attività commerciali non esclusivi anche nei casi in cui la predetta attività commerciale non rappresenti l'unico punto vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici nel comune di riferimento. L'agevolazione è riconosciuta prioritariamente agli esercenti attività commerciali che operano esclusivamente nel settore della vendita al dettaglio di giornali, riviste e periodici.

 

Si rammenta che l’articolo 2, comma 3, del decreto legislativo n. 170 del 2001 prevede che possono esercitare l'attività di vendita della stampa quotidiana e periodica, in regime di non esclusività, le seguenti tipologie di esercizi commerciali:

a) le rivendite di generi di monopolio;

b) le rivendite di carburanti e di oli minerali;

c) i bar, inclusi gli esercizi posti nelle aree di servizio delle autostrade e nell'interno di stazioni ferroviarie, aeroportuali e marittime, ed esclusi altri punti di ristoro, ristoranti, rosticcerie e trattorie;

d) le strutture di vendita medie e grandi, nonché i centri commerciali, come definiti dall'articolo 4, comma 1, lettere e), f) e g), del decreto legislativo n. 114 del 1998, con un limite minimo di superficie di vendita pari a metri quadrati 700;

e) gli esercizi adibiti prevalentemente alla vendita di libri e prodotti equiparati, con un limite minimo di superficie di metri quadrati 120;

f) gli esercizi a prevalente specializzazione di vendita, con esclusivo riferimento alla vendita delle riviste di identica specializzazione.

Il credito d’imposta è riconosciuto per due anni (2019 e 2020) e nel limite, rispettivamente, di 13 milioni di euro e di 17 milioni. A ciascun esercente il credito d’imposta spetta nel limite di 2000 euro all’anno. Se ne può fruire entro i limiti delle regole europee sugli aiuti de minimis e solo mediante modulo F24 in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (comma 807 dell'articolo 1 della legge di bilancio 2019).

Il comma 808 rimanda la definizione delle modalità attuative a un D.P.C.M. (poi emanato come D.P.C.M. 31 maggio 2019), anche con riferimento al monitoraggio ed al rispetto dei limiti di spesa ivi previsti, nonché alla definizione di eventuali altre spese da ammettere al credito d’imposta.

Il comma 809 reca le norme di copertura:

a) 13 milioni di euro nell’anno 2019 e 4 milioni di euro nell’anno 2020 a valere sul il Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione (per la quota Presidenza del Consiglio dei ministri);

b) 13 milioni di euro nell’anno 2020 a valere sulle risorse disponibili già destinate al credito di imposta previsto dall’articolo 4 del decreto-legge n. 63 del 2012 in materia di modernizzazione del sistema di distribuzione dei giornali e tracciabilità delle vendite; il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, è ridotto di 13 milioni di euro per il 2020.

 

Le modifiche introdotte dal comma 2 dell'articolo in esame comportano, in particolare, un ampliamento dell'ambito soggettivo e oggettivo della misura attraverso:

a)   l'incremento dell'importo massimo del credito d'imposta fruibile da ciascun beneficiario da 2.000 a 4.000 euro per l'anno 2020;

b)   l'ampliamento delle fattispecie di spesa compensabili con l'ammissione delle spese per i servizi di fornitura di energia elettrica, i servizi telefonici e di collegamento a Internet, nonché per i servizi di consegna a domicilio delle copie di giornali;

c)   l'estensione del credito d'imposta, per l'anno 2020, alle imprese di distribuzione della stampa che riforniscono giornali quotidiani e/o periodici a rivendite situate nei comuni con una popolazione inferiore a 5.000 abitanti e nei comuni con un solo punto vendita.

La relazione tecnica precisa che alla norma non sono associati nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica per effetto del mantenimento del tetto di spesa vigente nella disciplina originaria.


 

Articolo 99
(Erogazioni liberali a sostegno del contrasto all’emergenza epidemiologica da COVID-19)

 

 

L'articolo 99 autorizza il Dipartimento della protezione civile ad aprire uno o più conti correnti bancari dedicati in via esclusiva a raccolta e utilizzo delle donazioni liberali di somme finalizzate a far fronte all'emergenza epidemiologica del virus COVID-19.  A tali conti correnti ed alle relative risorse si applica la normativa recata dal nuovo codice della protezione civile, in materia di impignorabilità e non sequestrabilità delle risorse di contabilità speciale. Si dettano norme per le acquisizioni finanziate in via esclusiva tramite le donazioni di persone fisiche o giuridiche private.

Si prevede che, nella vigenza dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020 e in ogni caso sino al 31 luglio 2020, l’acquisizione di forniture e servizi da parte di aziende, agenzie ed enti del Servizio sanitario nazionale da utilizzare nelle attività di contrasto dell’emergenza COVID-19, qualora sia finanziata in via esclusiva tramite donazioni di persone fisiche o giuridiche private, avviene mediante affidamento diretto, senza previa consultazione di due o più operatori economici, per importi non superiori alle soglie comunitarie recate dal codice dei contratti pubblici, e a condizione che l’affidamento sia conforme al motivo delle liberalità.

Il comma 4 prevede che i maggiori introiti - derivanti dalle erogazioni liberali di cui al presente articolo, secondo quanto precisato da una modifica approvata in Senato - integrano e non assorbono i budget stabiliti con decreto di assegnazione regionale, mentre il comma 5 stabilisce l'obbligo per ogni pubblica amministrazione beneficiaria di tenere una rendicontazione separata che dovrà essere pubblicata sul sito internet da ciascuna amministrazione beneficiaria alla fine dello stato di emergenza, al fine di garantire la trasparenza della fonte e dell’impiego delle liberalità.

 

Il comma 1 autorizza il Dipartimento della protezione civile ad aprire uno o più conti correnti bancari dedicati in via esclusiva a raccolta e utilizzo delle donazioni liberali di somme finalizzate a far fronte all'emergenza epidemiologica del virus COVID-19. Si fa, al riguardo, riferimento alle molteplici manifestazioni di solidarietà pervenute in relazione all'emergenza sanitaria in atto.

 

In base al comma 2, a tali conti correnti ed alle relative risorse si applica l'articolo 27, commi 7 e 8, del nuovo codice della protezione civile, in materia di impignorabilità e non sequestrabilità delle risorse di contabilità speciale.

Il decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 reca il nuovo codice della protezione civile. L'art. 27, in materia di contabilità speciali per la gestione delle emergenze di rilievo nazionale e altre disposizioni in materia amministrativa e procedimentale, in vigore dal 27 febbraio 2020 e come modificato dall'art. 18, comma 1, lett. a), del D.Lgs. n. 4 del 2020, prevede che per l'attuazione delle ordinanze di protezione civile può essere autorizzata l'apertura di apposite contabilità speciali, le quali possono essere mantenute per un periodo massimo di quarantotto mesi dalla data di deliberazione dei relativi stati di emergenza.

In particolare, il co. 7, richiamato nella disposizione in esame, prevede che fino alla cessazione degli effetti delle ordinanze di protezione civile, resta sospesa ogni azione esecutiva, ivi comprese quelle di cui agli articoli 543 e seguenti del codice di procedura civile e quelle di cui agli articoli 91 e seguenti del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, e sono privi di effetto i pignoramenti comunque notificati.

In base al successivo co. 8, tale previsione si applica alle risorse comunque dirette a finanziare le contabilità speciali istituite con ordinanze di protezione civile; tali risorse sono insuscettibili di pignoramento o sequestro fino alla definitiva chiusura delle pertinenti contabilità speciali.

 

Si dettano norme per le acquisizioni finanziate in via esclusiva tramite le donazioni di persone fisiche o giuridiche private.

Il comma 3 prevede al riguardo che, nella vigenza dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri in data 31 gennaio 2020 – vale a dire per il periodo di sei mesi dalla delibera medesima - e, in ogni caso sino al 31 luglio 2020, l’acquisizione di forniture e servizi da parte delle aziende, agenzie e degli enti del Servizio sanitario nazionale da utilizzare nelle attività di contrasto dell’emergenza COVID-19, qualora sia finanziata in via esclusiva tramite donazioni di persone fisiche o giuridiche private, ai sensi dell’art. 793 c.c., avviene mediante affidamento diretto; si procede senza previa consultazione di due o più operatori economici, per importi non superiori alle soglie comunitarie di cui all'articolo 35 del codice dei contratti pubblici. Si stabilisce inoltre la condizione che l’affidamento sia conforme al motivo delle liberalità.

 

Il c.c. all'art. 793 disciplina la donazione modale, stabilendo che la donazione può essere gravata da un onere e il donatario è tenuto all'adempimento dell'onere entro i limiti del valore della cosa donata; per l'adempimento dell'onere può agire, oltre il donante, qualsiasi interessato, anche durante la vita del donante stesso.

Il codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, prevede all'art. 35 le soglie di rilevanza comunitaria e i metodi di calcolo del valore stimato degli appalti. Le soglie di rilevanza comunitaria sono: a) euro 5.225.000 per gli appalti pubblici di lavori e per le concessioni; b) euro 135.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati dalle amministrazioni aggiudicatrici che sono autorità governative centrali indicate nell'allegato III al Codice; c) euro 209.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali; tale soglia si applica anche agli appalti pubblici di forniture aggiudicati dalle autorità governative centrali che operano nel settore della difesa, allorché tali appalti concernono prodotti non menzionati nell'allegato VIII; d) euro 750.000 per gli appalti di servizi sociali e di altri servizi specifici elencati all'allegato IX. Nei settori speciali, le soglie di rilevanza comunitaria sono: a) euro 5.225.000 per gli appalti di lavori; b) euro 418.000 per gli appalti di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione; c) euro 1.000.000 per i contratti di servizi, per i servizi sociali e altri servizi specifici elencati all'allegato IX. La medesima norma detta inoltre disposizioni sul calcolo del valore del contratto.

 

Il comma 4 prevede che i maggiori introiti - derivanti dalle erogazioni liberali di cui al presente articolo, secondo quanto precisato da una modifica approvata dal Senato -  integrano e non assorbono i budget stabiliti con decreto di assegnazione regionale.

La relazione illustrativa al decreto-legge afferma che le risorse ricevute in ragione delle liberalità integrano ma non assorbono i budget stabiliti per le predette acquisizioni dai decreti regionali.

 

Il comma 5 stabilisce l'obbligo per ogni pubblica amministrazione beneficiaria di una rendicontazione separata dedicata per la quale:

§  - è autorizzata l’apertura di un conto corrente dedicato presso il tesoriere, gestito con completa tracciabilità

§  - dovrà essere pubblicata sul proprio sito internet da ciascuna amministrazione beneficiaria, ovvero su alto sito idoneo, alla fine dello stato di emergenza, al fine di garantire la trasparenza della fonte e dell’impiego delle liberalità.

 


 

Articolo 100, comma 1
(Fondo per le esigenze emergenziali di università,
istituzioni AFAM, enti di ricerca)

 

 

L’articolo 100, comma 1 – modificato dal Senato –, istituisce un Fondo per le esigenze emergenziali di università, istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) ed enti di ricerca.

 

In particolare, il primo periodo dispone che, al fine di far fronte alle straordinarie esigenze connesse allo stato di emergenza dichiarato, fino al 31 luglio 2020, con delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020, è istituito per l'anno 2020 il “Fondo per le esigenze emergenziali del sistema dell’università, delle istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica e degli enti di ricerca”, da iscrivere nello stato di previsione del Ministero dell’università e della ricerca (MUR), con una dotazione pari a € 50 mln.

 

Preliminarmente, si ricorda che, a seguito dell’istituzione, successivamente all’approvazione della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019), con l’art. 1 del D.L. 1/2020 (L. 12/2020), del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca - con conseguente soppressione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca - l’art. 4, co. 7-bis, dello stesso D.L. 1/2020 ha disposto che il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro dell'istruzione e del Ministro dell'università e della ricerca, è autorizzato ad apportare, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, per il bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022, le variazioni compensative di bilancio tra gli stati di previsione del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell’università e della ricerca, in termini di residui, di competenza e di cassa, ivi comprese l’istituzione, la modifica e la soppressione di missioni e programmi, che si rendano necessarie in relazione al trasferimento di competenze ed ai provvedimenti di riorganizzazione delle amministrazioni interessate.

Al momento, non sono pervenute alle Camere comunicazioni al riguardo.

 

Più nello specifico, in base al secondo periodo, sono destinatarie delle risorse innanzitutto le università, incluse le non statali legalmente riconosciute[24].

Al riguardo, si ricorda che, ai sensi dell’art. 2 della L. 243/1991, lo Stato può concedere contributi alle università e agli istituti superiori non statali legalmente riconosciuti che abbiano ottenuto l'autorizzazione a rilasciare titoli di studio universitario aventi valore legale (qui la pagina dedicata del sito del MUR).

In base al DM 30 dicembre 2019, di riparto in capitoli per il triennio 2020-2022, le risorse per i contributi alle università e agli istituti superiori non statali legalmente riconosciuti sono allocate sul cap. 1692 dello stato di previsione dell’allora MIUR.

 

Inoltre, sempre in base al secondo periodo, sono destinatarie delle risorse le Istituzioni AFAM. Nel corso dell’esame al Senato è stato introdotto l’esplicito riferimento alle Istituzioni di cui alla L. 508/1999.

L’intenzione, dunque, sembrerebbe essere quella di circoscrivere la possibilità di percepire le risorse alle istituzioni statali.

Si valuti opportunità di un chiarimento.

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 2 della L. 508/1999 ha disposto che le Accademie di belle arti, l'Accademia nazionale di arte drammatica e gli Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA), nonché, con la trasformazione in Istituti superiori di studi musicali e coreutici, i Conservatori di musica, l'Accademia nazionale di danza e gli Istituti musicali pareggiati, costituiscono il sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM).

Inoltre, ha previsto l’intervento di uno o più regolamenti di delegificazione per la disciplina di vari profili relativi a tali Istituzioni, tra i quali la possibilità di prevedere una graduale statizzazione, su richiesta, degli Istituti musicali pareggiati e delle Accademie di belle arti legalmente riconosciute, nonché la definizione di procedure, tempi e modalità per la programmazione, il riequilibrio e lo sviluppo dell'offerta didattica nel settore.

Con riferimento a quest’ultimo aspetto, l’art. 11 del DPR 212/2005 – adottato sempre sulla base dell’art. 2 della L. 508/1999 e recante disciplina per la definizione degli ordinamenti didattici delle medesime Istituzioni – ha disposto che, fino all'entrata in vigore del regolamento, l'autorizzazione a rilasciare i titoli di Alta formazione artistica, musicale e coreutica può essere conferita, con decreto del Ministro, a istituzioni non statali già esistenti alla data di entrata in vigore della legge[25]. Pertanto, accanto alle istituzioni statali esistono istituzioni private autorizzate[26].

Quanto al processo di statizzazione degli Istituti superiori di studi musicali non statali e delle Accademie di Belle arti non statali previsto dalla L. 508/1999, lo stesso è stato avviato, invece che con regolamento di delegificazione, con l’art. 22-bis del D.L. 50/2017 (L. 96/2017) che, a tal fine, ha istituito un apposito Fondo, disponendo che, nelle more del completamento di ognuno dei processi, le risorse sono assegnate per il funzionamento ordinario degli Istituti[27].

In attuazione, è intervenuto il D.I. n. 121 del 22 febbraio 2019, prevedendo che la stessa è disposta, per ciascun Istituto richiedente, con decreto del Ministro (ora, a seguito del D.L. 1/2020-L. 12/2020) dell’università e della ricerca non oltre il 31 luglio 2020 e decorre dal 1° gennaio 2021.

 

Sempre in base al secondo periodo, sono destinatari delle risorse anche i collegi universitari di merito accreditati.

 

In base agli artt. 15-17 del d.lgs. 68/2012, i collegi universitari legalmente riconosciuti sono strutture private a carattere residenziale, aperte a studenti di atenei italiani o stranieri, di elevata qualificazione formativa e culturale, che perseguono la valorizzazione del merito e l'interculturalità della preparazione, assicurando a ciascuno studente, sulla base di un progetto personalizzato, servizi educativi, di orientamento e di integrazione dei servizi formativi. I collegi universitari legalmente riconosciuti sono gestiti da soggetti che non perseguono fini di lucro.

Il Ministero dell’università e della ricerca concede, con proprio decreto, il riconoscimento ai collegi universitari che ne avanzano richiesta e che, a tal fine, devono dimostrare di possedere requisiti e standard minimi a carattere istituzionale, logistico e funzionale.

L'accreditamento – che è condizione necessaria per la concessione del finanziamento statale – è concesso con decreto del Ministro, su domanda avanzata dagli interessati, che a tal fine devono avere ottenuto il riconoscimento da almeno 5 anni e devono dimostrare di possedere requisiti e standard minimi a carattere istituzionale, logistico e funzionale.

L’art. 23, co. 2, del medesimo d.lgs. ha previsto, però, che per i collegi universitari legalmente riconosciuti alla data della sua entrata in vigore, restavano ferme le disposizioni vigenti e gli stessi si consideravano riconosciuti ed accreditati, gravando, in ogni caso, sui medesimi l'obbligo di adeguarsi agli standard e requisiti ivi previsti entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto di disciplina del riconoscimento.

Sono, dunque, intervenuti il DM 672/2016, che ha disciplinato il riconoscimento, e il DM 673/2016, che ha disciplinato l’accreditamento.

Da ultimo, è intervenuto il D.D. 2165/2019, che ha decretato quali collegi universitari legalmente riconosciuti, essendosi adeguati ai nuovi criteri di accreditamento di cui all’art. 17 del d.lgs. 68/2012 mantengono la qualifica di collegio universitario di merito accreditato acquisita inizialmente ex lege in base all’art. 23, co. 2, del medesimo d.lgs., e quali la perdono[28].

 

Infine, sempre in base allo stesso secondo periodo – a seguito delle modifiche apportate dal Senato –, sono destinatari delle risorse (solo) gli enti (pubblici) di ricerca vigilati dal Ministero dell’università e della ricerca[29].

Si tratta di: Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste - Area Science Park; Agenzia spaziale italiana (ASI); Consiglio nazionale delle ricerche (CNR); Istituto italiano di studi germanici; Istituto nazionale di astrofisica (INAF); Istituto nazionale di alta matematica “Francesco Severi” (INDAM); Istituto nazionale di fisica nucleare (INFN); Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV); Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (OGS); Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM); Museo storico della fisica e Centro studi e ricerche “Enrico Fermi”; Stazione zoologica “Anton Dohrn”; Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI); Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE)[30].

 

I criteri di riparto e di utilizzazione delle risorse devono essere individuati con uno o più decreti del Ministro dell'università e della ricerca, per la cui emanazione non è indicato un termine.

 

Ai conseguenti oneri si provvede ai sensi dell’art. 126, che reca le disposizioni di copertura finanziaria.


 

Articolo 100, comma 2
(Continuità della
governance degli enti pubblici di ricerca)

 

 

L’articolo 100, comma 2 – modificato dal Senato –, reca disposizioni volte a garantire la continuità della governance degli enti pubblici di ricerca durante il periodo di emergenza.

 

In particolare, si prevede innanzitutto la proroga dei mandati dei componenti degli organi degli enti pubblici di ricerca di cui al d.lgs. 218/2016, laddove scaduti alla data di entrata in vigore del decreto-legge, ovvero in scadenza durante il periodo dello stato di emergenza. La proroga opera fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020.

Tale previsione non si applica, però, all’ISTAT, per il quale, a seguito delle modifiche introdotte dal Senato, si specifica che il Consiglio è validamente insediato con la nomina della maggioranza dei membri previsti e, se non integrato, decade il 31 dicembre 2020.

 

La disposizione riguarda, dunque, in virtù del richiamo al d.lgs. 218/2016, i 14 enti pubblici vigilati (ora, a seguito del D.L. 1/2020-L. 12/2020) dal Ministero dell’università e della ricerca (MUR) e 5 (dei 6) enti vigilati da altri Ministeri.

Per gli enti pubblici di ricerca disciplinati dal d.lgs. 218/2016, si rimanda alla scheda relativa all’art. 100, co. 1.

 

Con riguardo all’ISTAT, gli organi di governo sono il Presidente e il Consiglio. Il Presidente dell’Istituto nazionale di statistica è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. È scelto fra i professori ordinari di materie statistiche, economiche e affini; la sua carica dura quattro anni e può essere rinnovata una sola volta[31].

La composizione del Consiglio è disciplinata dall’art. 4 del DPR 166/2010 che specifica che “il consiglio è costituito con la nomina della maggioranza assoluta dei propri membri”.

Il Consiglio è composto da cinque membri e in particolare:

§  dal Presidente dell'Istituto, che lo presiede;

§  da due membri designati, tra i propri componenti, dal Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica;

§  da due membri nominati dal Presidente del Consiglio dei Ministri scelti tra professori ordinari oppure direttori di istituti di statistica o di ricerca statistica.

In caso di cessazione anticipata dalla carica di taluno di essi, il mandato del membro nominato successivamente si esaurisce comunque al compimento del mandato quadriennale dei membri rimasti in carica.

Per la validità delle sedute occorre la presenza di almeno tre componenti. Per la validità delle deliberazioni occorre il voto favorevole della maggioranza dei presenti. In caso di parità di voti prevale quello del presidente[32].

 

Inoltre, fino alla medesima data del 31 luglio 2020, si prevede la sospensione delle procedure di cui all’art. 11 del d.lgs. 213/2009, relative alla nomina dei presidenti e dei membri del consiglio di amministrazione dei (soli) enti pubblici di ricerca vigilati dal MUR, di designazione governativa.

 

Al riguardo, si ricorda che il d.lgs. 213/2009 – come modificato, per quanto qui interessa, dal D.L. 104/2013 (L. 128/2013) –, relativo ai soli enti pubblici vigilati dal MUR, ha previsto la presenza di un consiglio di amministrazione (art. 8) e di consigli scientifici o tecnico-scientifici (art. 10), questi ultimi nominati dai consigli di amministrazione.

Nello specifico, in base all’art. 8, i componenti del consiglio di amministrazione compreso il presidente, sono nominati con decreto del Ministro e durano in carica 4 anni.

In via generale, si tratta di 5 componenti, nel caso di enti che ricevono un contributo pubblico annuale di importo superiore al 20% del fondo di funzionamento ordinario degli enti di ricerca (FOE) o che impiegano oltre 500 unità di personale, o di 3 componenti negli altri casi.

Tuttavia, in base all’art. 9, il consiglio di amministrazione del CNR è composto da 7 componenti, di cui 4, tra i quali il presidente, designati dal Ministro, di cui uno su indicazione del presidente della Conferenza Stato-regioni[33].

Per quanto riguarda il consiglio di amministrazione dell’ASI, le disposizioni recate dallo stesso art. 9 del d.lgs. 213/2009 sono state abrogate dalla L. 7/2018, il cui art. 3 – novellando l’art. 7, co. 2, del d.lgs. 128/2003 – ha disposto che lo stesso è composto dal presidente, designato dal Ministro dell'università e della ricerca, e da altri 4 componenti, dei quali uno designato dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, uno dal Ministro della difesa, uno dal Ministro dello sviluppo economico e uno dal Ministro dell'economia e delle finanze.

A sua volta, l’art. 11 ha disposto che, ai fini della nomina dei presidenti e dei membri del consiglio di amministrazione di designazione governativa, con decreto del Ministro è nominato un comitato di selezione, composto da un massimo di 5 persone, scelte tra esperti della comunità scientifica nazionale ed internazionale ed esperti in alta amministrazione, di cui uno con funzione di coordinatore. Il comitato agisce nel rispetto degli indirizzi stabiliti dal Ministro nel decreto di nomina. In particolare, fissa, con avviso pubblico, le modalità e i termini per la presentazione delle candidature e, per ciascuna posizione ed ove possibile in ragione del numero dei candidati, propone al Ministro 5 nominativi per la carica di presidente e 3 nominativi per la carica di consigliere[34].

Nei consigli di amministrazione composti da 3 consiglieri, due componenti, incluso il presidente, sono individuati dal Ministro[35]. Nei consigli di amministrazione composti da 5 consiglieri, sono, invece, individuati dal Ministro tre componenti e tra questi il presidente[36]. I decreti ministeriali di nomina dei presidenti e dei consigli di amministrazione sono comunicati al Parlamento.

Da ultimo, con DM 848 del 10 dicembre 2018, modificato con DM 591 del 27 giugno 2019 (v. qui), è stato nominato il comitato di selezione incaricato di restare in carica fino al completamento della selezione dei componenti di nomina governativa il cui mandato scadeva entro il 31 dicembre 2019.

Nel prosieguo, sono stati emanati vari avvisi pubblici per la presentazione delle candidature per gli organi di vari enti pubblici di ricerca.

 


 

Articolo 100, comma 3
(Restituzione di crediti agevolati concessi a valere sul FAR)

 

 

L’articolo 100, comma 3, prevede che le imprese con sede o unità locali ubicate nel territorio italiano che abbiano beneficiato di crediti agevolati concessi dal MIUR a valere sul Fondo per le Agevolazioni alla Ricerca (FAR), possano ottenere, su richiesta, la sospensione di sei mesi del pagamento delle rate che scadono nel mese di luglio 2020 e un corrispondente adeguamento del piano di ammortamento.

 

In particolare, il comma 3 dell’articolo 100 prevede che i beneficiari di agevolazioni nella forma del credito agevolato, concesse dal MIUR a valere sul Fondo per le Agevolazioni alla ricerca (FAR) – di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 297/1999 – a favore di imprese con sede o unità locali ubicate nel territorio italiano, possono ottenere, previa presentazione di apposita richiesta:

§  la sospensione di sei mesi del pagamento delle rate con scadenza nel mese di luglio 2020;

§  un corrispondente allungamento della durata dei piani di ammortamento (primo periodo).

Il Ministero procede, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, alla ricognizione del debito, comprensivo di sorte capitale e interessi, da rimborsare al tasso di interesse legale e con rate semestrali posticipate (secondo periodo).

 

La norma intende conferire flessibilità alle modalità di restituzione dei crediti agevolati di cui al Fondo per le Agevolazioni alla Ricerca (FAR).

Come precisato nella relazione illustrativa, per i beneficiari del finanziamento nella forma del credito agevolato, il MIUR predispone un piano di rientro a tassi d’interesse agevolati, che prevede rate con cadenza semestrale: i pagamenti sono eseguiti nei mesi di luglio e dicembre.

La disposizione in esame dispone l’interruzione, per sei mesi, degli obblighi relativi al versamento delle rate con scadenza nel mese di luglio 2020, evitando le conseguenze previste dal ritardato pagamento. Vi sarà quindi, un adeguamento del piano di ammortamento ed una sua traslazione di sei mesi, congelando di fatto il primo semestre 2020 e rinviandolo interamente al secondo semestre del medesimo anno con scadenza a dicembre 2020.

La relazione illustrativa precisa, altresì, che la misura non sospende le situazioni di morosità già esistenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, relativamente a rate già scadute, ma permette anche ai soggetti morosi di rinviare di sei mesi la scadenza prevista per luglio 2020, senza pertanto incrementare la propria situazione debitoria.

 

La relazione tecnica rileva come, trattandosi di un fondo rotativo fuori bilancio, la disposizione non comporti effetti sul saldo netto da finanziare.

Sul fabbisogno si registra un onere pari al valore complessivo delle rate oggetto di sospensione, pari a euro 9.868.646 per l’anno 2020, mentre sull’indebitamento netto l’effetto è limitato alla quota interessi, pari a euro 99.361,52.

 

Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo 126 (comma 3, terzo periodo).

 

Il D.Lgs. 297/1999 recante “Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori”, ha istituito il Fondo per le Agevolazioni alla Ricerca (FAR) (articolo 5).

Con il D.M. n. 593/2000, recante “Modalità procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dal decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297” si è realizzato il riordino e la razionalizzazione del sistema di agevolazione alla ricerca industriale e sviluppo sperimentale gestito dal MIUR.

Successivamente, l'articolo 1, comma 870, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge finanziaria 2007) ha istituito nello stato di previsione della spesa del MIUR il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) nel quale confluiscono le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale delle università, nonché le risorse del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR) di cui all'art. 5 D. Lgs. 297/1999 (tali risorse comunque continuano ad essere iscritte nell’apposita contabilità speciale 3001 (cfr. infra)), del Fondo per gli investimenti della ricerca di base, di cui all'art. 104 della L. 388/2000, e, per quanto di competenza del Ministero dell'università e della ricerca, dell’ex Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'art. 61 della L. 289/2002 (ora Fondo sviluppo e coesione).

L’articolo 1, comma 872 della citata L. 296/2006 reca, inoltre, disposizioni in ordine alle procedure da adottare per la ripartizione del FIRST con decreto ministeriale, prevedendo la destinazione di una quota non inferiore al quindici per cento delle disponibilità complessive del Fondo al finanziamento di interventi presentati nel quadro di programmi dell'Unione europea o di accordi internazionali (cfr., da ultimo, il D.M. 19 gennaio 2019).

L’articolo 30 del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5 (c.d. Decreto Semplifica-Italia) (conv. L n. 35/2012), all’art. 30, è intervenuto introducendo alcune misure di semplificazione delle procedure previste dal D.Lgs. 297/1999 per il funzionamento del FAR.

Un ulteriore provvedimento governativo di poco successivo, il decreto legge 22 giugno 2012 n. 83 (c.d. Decreto Sviluppo I) (conv. L. 134/2012) ha poi previsto l’introduzione di una nuova disciplina-quadro del sistema delle agevolazioni alla ricerca, sostituendo quella già contenuta nella normativa di funzionamento del FAR, che confluisce ora nell’ambito della disciplina dedicata al più ampio strumento del FIRST (Fondo Investimenti Ricerca Scientifica e Tecnologica).

In particolare, il Capo IX, recante “Misure per la ricerca scientifica e tecnologica” (artt. 60-63) ha attuato la ridefinizione degli interventi di competenza del MIUR volti al sostegno delle attività di ricerca fondamentale e di ricerca industriale, estese ai processi di sviluppo sperimentale, individuando i soggetti potenziali beneficiari e le tipologie d’intervento ammissibili.

L’art. 63 del D.L. 83/2012 ha quindi espressamente previsto l’abrogazione del D.Lgs. n. 297/1999, istitutivo del FAR, subordinandola all’entrata in vigore di un decreto di natura non regolamentare, destinato a contenere la nuova disciplina di dettaglio del FIRST.

Questo provvedimento è stato adottato con il decreto ministeriale 19 febbraio 2013, n. 115, recante “Modalità di utilizzo e gestione del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) nonché disposizioni procedurali per la concessione delle agevolazioni a valere sulle relative risorse, a norma degli artt. 60, 61, 62 e 63 del D.L. n. 83/2012”.

Il D.M. ha individuato quattro linee di intervento del FIRST, conformemente a quanto previsto dall’articolo 60 del D.L. n. 83/2012. Contestualmente, ha disposto che il FIRST sia alimentato in via ordinaria dai conferimenti annualmente disposti dalla legge di bilancio, dai rientri dei contributi concessi sotto forma di credito agevolato e, per quanto riguarda le aree sottoutilizzate, dalle risorse assegnate dal CIPE, nell'ambito del riparto del Fondo sviluppo e coesione. A tale riguardo, il D.M. ha previsto che la quota di stanziamento del FIRST annualmente finalizzata alla concessione di contributi nella forma di credito agevolato è destinata ad alimentare la contabilità speciale del fondo di rotazione intestata al Fondo agevolazioni alla ricerca (FAR- contabilità 3001), in concorrenza alle altre entrate del predetto Fondo, ivi comprese quelle derivanti dai predetti rientri.

Successivamente, con il D.M. del 26 luglio 2016, n. 593, recante “Disposizioni per la concessione delle agevolazioni finanziarie, a norma degli articoli 60, 61, 62 e 63 del D.Lgs. n. 83/2012”, il MIUR è ulteriormente intervenuto al fine di stabilire nuove procedure per regolare l’utilizzo e la gestione del FIRST.

Anche in questo caso, come chiarito sul sito istituzionale del MIUR, la previgente disciplina (D.M. n. 593/2000 e D.M. n. 115/2013) continua ad applicarsi per la gestione dei progetti di ricerca presentati prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale del nuovo D.M. (23/8/2016) e per i quali risulti pendente l’attività istruttoria ovvero collegata all’erogazione delle agevolazioni concesse.

Si rinvia anche alla Corte dei Conti, Analisi delle gestioni contabili fuori bilancio effettuata nell’ambito della Relazione sul rendiconto generale dello Stato relativa all’anno 2018.


 

Articolo 101, commi 1-5, 6-ter e 7
(Continuità dell’attività formativa delle università
e delle istituzioni AFAM)

 

 

I commi 1-5 dell’articolo 101, modificati dal Senato, nonché il comma 6-ter dello stesso articolo, introdotto dal Senato, recano disposizioni finalizzate a garantire gli studenti, i ricercatori e i docenti universitari da eventuali effetti pregiudizievoli derivanti dalla sospensione della frequenza delle attività didattiche disposta ai sensi del D.L. 6/2020 (L. 13/2020), nonché del D.L. 19/2020.

In base al comma 7, non modificato dal Senato, tali disposizioni si applicano, in quanto compatibili, anche alle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM).

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che gli artt. 1 e 3 del D.L. 6/2020 (L. 13/2020) avevano previsto, allo scopo di evitare la diffusione del COVID-19, nei comuni o nelle aree nei quali risultava positiva almeno una persona per la quale non si conosceva la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi era un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un'area già interessata dal contagio del menzionato virus, la possibilità di sospensione, con DPCM, del funzionamento, per quanto qui interessa, delle attività degli istituti di formazione superiore, compresa quella universitaria, salvo le attività formative svolte a distanza.

A seguire, erano intervenuti vari DPCM che avevano progressivamente dettagliato ed esteso, in termini temporali e territoriali, tali previsioni.

In particolare, il DPCM 9 marzo 2020 aveva esteso all’intero territorio nazionale le misure previste (per la regione Lombardia e altre 14 province) dall'art. 1 del DPCM 8 marzo 2020, valide fino al 3 aprile 2020, fra le quali la sospensione, sempre per quanto qui interessa, della frequenza delle attività di formazione superiore, comprese le università e le Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), i master, i corsi per le professioni sanitarie e le università per anziani, e ad esclusione dei corsi per i medici in formazione specialistica e dei corsi di formazione specifica in medicina generale, nonché delle attività dei tirocinanti delle professioni sanitarie.

Sempre in base al DPCM dell’8 marzo 2020, per tutta la durata della sospensione, le attività didattiche o curriculari potevano essere svolte, ove possibile, con modalità a distanza, individuate dalle medesime università e Istituzioni AFAM, avuto particolare riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità. Successivamente al ripristino dell'ordinaria funzionalità, le università e le Istituzioni AFAM assicuravano, laddove ritenuto necessario, ed in ogni caso individuandone le relative modalità, il recupero delle attività formative, nonché di quelle curriculari, ovvero di ogni altra prova o verifica, anche intermedia, che risultassero funzionali al completamento del percorso didattico. Le assenze maturate dagli studenti non dovevano essere computate ai fini della eventuale ammissione ad esami finali, nonché ai fini delle relative valutazioni[37].

 

Successivamente, il D.L. 19/2020, nel disporre (art. 5, co. 1) l’abrogazione del D.L. 6/2020 (L. 13/2020) (ad eccezione di alcune disposizioni), ha stabilito che, su specifiche parti o, occorrendo, su tutto il territorio nazionale, può essere disposta, con DPCM, per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a 30 giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020 (termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020), e con possibilità di modularne l'applicazione in aumento, ovvero in diminuzione secondo l'andamento epidemiologico del virus, la sospensione delle attività delle istituzioni di formazione superiore, comprese le università, di master, corsi per le professioni sanitarie e università per anziani, ferma la possibilità del loro svolgimento con modalità a distanza (art. 1, co. 2, lett. p) e art. 2, co. 1).

Inoltre, ha fatto salvi gli effetti prodotti sulla base dei DPCM emanati ai sensi del citato D.L. 6/2020 e ha stabilito che continuavano ad applicarsi nei termini originariamente previsti le misure già adottate con gli stessi DPCM (art. 2, co. 3).

 

In attuazione, era intervenuto innanzitutto il DPCM 1 aprile 2020, che, per quanto qui interessa, aveva prorogato fino al 13 aprile 2020 l'efficacia delle disposizioni dei DPCM 8 e 9 marzo 2020.

 

Da ultimo, è intervenuto il DPCM 10 aprile 2020, che ha disposto la sospensione, fino al 3 maggio 2020, della frequenza delle attività di formazione superiore, compresi università, master, corsi per le professioni sanitarie, istituzioni AFAM e università per anziani, ferma in ogni caso la possibilità di svolgimento di attività formative a distanza. Sono esclusi dalla sospensione i corsi di formazione specifica in medicina generale. I corsi per i medici in formazione specialistica e le attività dei tirocinanti delle professioni sanitarie e medica possono in ogni caso proseguire anche in modalità non in presenza. In particolare, nelle università, per tutta la durata della sospensione, le attività didattiche o curriculari possono essere svolte, ove possibile, con modalità a distanza, individuate dalle medesime università, avuto particolare riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità. Successivamente al ripristino dell'ordinaria funzionalità, le università e le istituzioni assicurano, laddove ritenuto necessario ed in ogni caso individuandone le relative modalità, il recupero delle attività formative nonché di quelle curriculari, ovvero di ogni altra prova o verifica, anche intermedia, che risultino funzionali al completamento del percorso didattico. Le assenze maturate dagli studenti non sono computate ai fini della eventuale ammissione ad esami finali, nonché ai fini delle relative valutazioni.

Ha, altresì, disposto che, dal 14 aprile 2020 cessano di produrre effetti, fra gli altri, i DPCM 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 1° aprile 2020.

In argomento, rispondendo, il 31 marzo 2020, nell’Assemblea della Camera, all’interpellanza urgente 2-00694, il rappresentante del Governo aveva fatto presente che “ad un solo mese dall’inizio dell’emergenza relativa al COVID19, gli atenei italiani sono riusciti a trasferire sulle piattaforme a distanza ben 62 mila insegnamenti, cioè una percentuale che arriva al 94 per cento dei corsi universitari. Alla data del 20 marzo, inoltre, risultano essere stati svolti con modalità a distanza 70.500 esami di profitto e circa 26 mila lauree. Nello stesso periodo - ci si riferisce dunque a dati che risalgono ad oltre dieci giorni fa - ben 1,2 milioni di studenti universitari, pari all’80 per cento del totale, hanno concretamente avuto accesso alla didattica on line”.

 

Disposizioni relative agli studenti universitari (commi 1 e 5)

 

In particolare, il comma 1 individua a livello legislativo – in deroga alle disposizioni dei regolamenti di ateneo – la data ultima per lo svolgimento dell’ultima sessione delle prove finali per il conseguimento del titolo di studio dell’anno accademico 2018/2019, fissandola al 15 giugno 2020.

Dispone, inoltre, che è conseguentemente prorogato ogni altro termine connesso all’adempimento di scadenze didattiche o amministrative funzionali allo svolgimento delle stesse prove.

In base ai regolamenti di ateneo, di norma, l’ultima sessione delle prove finali per il conseguimento del titolo di studio relativa ad un determinato a.a. si colloca fra i mesi di marzo/aprile dell’a.a. successivo.

La previsione è volta, evidentemente, a salvaguardare le realtà nelle quali non vi sia la possibilità della discussione della tesi a distanza[38], nonché ad evitare che chi si dovesse laureare nella prossima sessione debba pagare la tassa relativa al nuovo anno accademico.

 

Con riguardo alle attività formative svolte con modalità a distanza, il comma 5 dispone che le stesse sono valide ai fini del computo dei crediti formativi universitari (CFU), previa attività di verifica dell’apprendimento, nonché ai fini dell’attestazione della frequenza obbligatoria.

 

L’art. 5 del regolamento emanato con DM 270/2004 stabilisce che ad ogni CFU corrispondono 25 ore di impegno complessivo per studente[39] e che la quantità media di impegno complessivo di apprendimento svolto in un anno da uno studente a tempo pieno è convenzionalmente fissata in 60 CFU. I CFU corrispondenti a ciascuna attività formativa sono acquisiti dallo studente con il superamento di un esame o di altra forma di verifica del profitto.

A sua volta, l’art. 7 dispone che lo studente deve aver acquisito:

§  180 CFU per conseguire la laurea;

§  (ulteriori) 120 CFU per conseguire la laurea magistrale;

§  almeno 60 CFU - oltre a quelli acquisiti per conseguire la laurea o la laurea magistrale - per conseguire il master universitario.

Dispone, infine, che il numero di CFU che lo studente deve aver acquisito per conseguire il diploma di specializzazione è determinato con decreti ministeriali.

 

Disposizioni riguardanti i professori e i ricercatori universitari

 

I commi da 2 a 4 e 6-ter, riguardano il riconoscimento a professori e ricercatori universitari delle attività svolte o erogate con modalità a distanza durante il periodo di sospensione della frequenza delle attività didattiche.

 

In particolare, il comma 2 prevede che, nel periodo in questione, le attività formative e di servizio agli studenti, inclusi l'orientamento e il tutorato, nonché le attività di verifica dell'apprendimento, svolte o erogate con modalità a distanza, sono computate ai fini dell’assolvimento dei compiti dei professori e ricercatori di ruolo di cui all’art. 6 della L. 240/2010, e sono valutabili ai fini dell'attribuzione degli scatti biennali, nonché ai fini della valutazione per l’attribuzione della classe stipendiale successiva.

 

Preliminarmente, si ricorda che l’art. 6, co. 1-3, della L. 240/2010 prevede che il regime di impegno dei professori e dei ricercatori universitari di ruolo è a tempo pieno o a tempo definito[40]. Ai fini della rendicontazione dei progetti di ricerca, la quantificazione figurativa delle attività annue di ricerca, di studio e di insegnamento, con i connessi compiti preparatori, di verifica e organizzativi, è pari a 1.500 ore annue per i professori e i ricercatori a tempo pieno e a 750 ore per i professori e i ricercatori a tempo definito.

I professori svolgono attività di ricerca e di aggiornamento scientifico e, sulla base di criteri e modalità stabiliti con regolamento di ateneo, sono tenuti a riservare annualmente a compiti didattici e di servizio agli studenti, inclusi l'orientamento e il tutorato, nonché ad attività di verifica dell'apprendimento, non meno di 350 ore in regime di tempo pieno e non meno di 250 ore in regime di tempo definito.

Anche i ricercatori di ruolo svolgono attività di ricerca e di aggiornamento scientifico e, sempre sulla base di criteri e modalità stabiliti con regolamento di ateneo, sono tenuti a riservare annualmente a compiti di didattica integrativa e di servizio agli studenti, inclusi l'orientamento e il tutorato, nonché ad attività di verifica dell'apprendimento, fino ad un massimo di 350 ore in regime di tempo pieno e fino ad un massimo di 200 ore in regime di tempo definito.

In base al co. 7 dello stesso art. 6, le modalità per l'autocertificazione e la verifica dell'effettivo svolgimento dell’attività didattica e di servizio agli studenti dei professori e dei ricercatori di ruolo sono definite con regolamento di ateneo. Fatta salva la competenza esclusiva delle università a valutare positivamente o negativamente le attività dei singoli docenti e ricercatori, l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) stabilisce criteri oggettivi di verifica dei risultati dell'attività di ricerca ai fini della partecipazione di professori e ricercatori alle commissioni di abilitazione, selezione e progressione di carriera del personale accademico, nonché agli organi di valutazione dei progetti di ricerca. Il co. 8 stabilisce, infatti, che, in caso di valutazione negativa, professori e ricercatori sono esclusi da queste partecipazioni.

Infine, il co. 14 dispone che i professori e i ricercatori di ruolo sono tenuti a presentare una relazione triennale (al riguardo, v. infra) sul complesso delle attività didattiche, di ricerca e gestionali svolte, unitamente alla richiesta di attribuzione dello scatto stipendiale che l’art. 8 aveva modificato (da biennale) in triennale. La valutazione del complessivo impegno didattico, di ricerca e gestionale ai fini dell'attribuzione degli scatti è di competenza delle singole università secondo quanto stabilito nei regolamenti di ateneo. In caso di valutazione negativa, la richiesta di attribuzione dello scatto può essere reiterata dopo che sia trascorso almeno un anno accademico.

Successivamente, il DPR 232/2011, emanato in attuazione delle nuove disposizioni sullo scatto triennale introdotte dall’art. 8 della L. 240/2010, ha disposto – sia con riferimento a professori e ricercatori assunti secondo il regime previgente la stessa L. 240/2010 (art. 2, co. 3), sia con riferimento a professori e ricercatori a tempo determinato assunti in base al nuovo regime (art. 3, co. 3) – che l'attribuzione della nuova classe stipendiale è subordinata ad apposita richiesta e all'esito positivo della valutazione, da effettuarsi ai sensi di quanto previsto dall'art. 6, co. 14, della stessa legge.

Con riferimento alla periodicità degli scatti, ancora in seguito, l’art. 1, co. 629, della L. 205/2017 (L. di bilancio 2018) ha previsto – senza novellare gli artt. 6, co. 14, e 8 della L. 240/2010 – che, con decorrenza dalla classe stipendiale successiva a quella triennale in corso di maturazione al 31 dicembre 2017 – e, dunque, con effetto economico a decorrere dal 2020 –, il regime di progressione stipendiale per classi dei professori e dei ricercatori universitari è (nuovamente) trasformato da triennale in biennale, con ritorno, dunque, alla cadenza previgente a quella introdotta con l’art. 8 della L. 240/2010 e conseguentemente disciplinata con il DPR 232/2011, utilizzando gli stessi importi definiti per ciascuna classe stipendiale (triennale) dal medesimo DPR 232/2011.

 

Il comma 3 dispone che le medesime attività svolte o erogate con modalità a distanza durante il periodo di sospensione sono computate anche ai fini della valutazione dell’attività svolta dai ricercatori a tempo determinato di tipo A (ai fini della proroga del contratto), nonché ai fini della valutazione per il passaggio dei ricercatori di tipo B al ruolo di professore associato.

Con riferimento a quest’ultima, il comma 6-ter dispone anche che le Commissioni valutatrici, nell’applicazione dei regolamenti di ateneo adottati sulla base dei criteri fissati con DM 344/2011, tengono conto delle limitazioni all’attività di ricerca scientifica derivanti dallo stato di emergenza dichiarato, fino al 31 luglio 2020, con delibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020, ovvero dalle disposizioni delle Autorità straniere o sovranazionali conseguenti alla dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica adottata dall’Organizzazione mondiale della sanità il 30 gennaio 2020.

 

Preliminarmente, si ricorda che la L. 240/2010 ha confermato, anticipandone la decorrenza, la scelta, già fatta dalla L. 230/2005, di messa ad esaurimento dei ricercatori a tempo indeterminato, individuando, invece, due tipologie di contratti di ricerca a tempo determinato.

In particolare, l’art. 24, co. 1, ha disposto che, nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, al fine di svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti, le università possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato.

Il co. 3 – come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 338, lett. b), della L. 232/2016 (L. di bilancio 2017) – ha previsto che la prima tipologia (lett. a)) consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni, per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte (RtD di tipo A). La seconda tipologia (lett. b)) consiste in contratti triennali – originariamente non rinnovabili, ma divenuti definitivamente tali proprio a seguito dell’intervento disposto dalla L. di bilancio 2017 –, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lett. a), o che hanno conseguito l’abilitazione scientifica nazionale (ASN), o che sono in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere (nonché, ai sensi dell’art. 29, co. 5, della medesima L. 240/2010, a candidati che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati in base all’art. 1, co. 14, della L. 230/2005) (RtD di tipo B).

In base al co. 4 – come, da ultimo, modificato dall’art. 5, co. 5-bis, del D.L. 34/2019 (L. 58/2019) – le due tipologie di contratto possono prevedere il regime di tempo pieno o di tempo definito. L'impegno annuo complessivo per lo svolgimento delle attività di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti è pari a 350 ore per il regime di tempo pieno e a 200 ore per il regime di tempo definito.

Il co. 5, infine, prevede che nel terzo anno della seconda tipologia di contratto l’università, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, valuta il titolare del contratto che abbia conseguito l’ASN, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato. Se la valutazione ha esito positivo, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore di seconda fascia (associato).

Al riguardo, il citato DM 344/2011 ha precisato che, ai fini della valutazione dell'attività di ricerca scientifica, le università disciplinano la stessa avendo riguardo ai seguenti aspetti: a) organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca nazionali e internazionali, ovvero partecipazione agli stessi; b) conseguimento della titolarità di brevetti; c) partecipazione in qualità di relatore a congressi e convegni nazionali e internazionali; d) conseguimento di premi e riconoscimenti nazionali e internazionali per attività di ricerca.

 

Il comma 4, infine, dispone che, nello stesso periodo di sospensione, le attività formative ed i servizi agli studenti erogati con modalità a distanza secondo le indicazioni delle università di appartenenza sono computati anche ai fini dell’assolvimento degli obblighi derivanti dai contratti di insegnamento stipulati ai sensi dell’art. 23 della L. 240/2010.

 

In base all’art. 23 della L. 240/2010 – come modificato, da ultimo, dall'art. 1, co. 338, lett. a), della L. 232/2016 – le università, anche sulla base di specifiche convenzioni con gli enti pubblici e le istituzioni di ricerca, possono stipulare contratti della durata di un anno accademico e rinnovabili annualmente per un periodo massimo di cinque anni, a titolo gratuito o oneroso, per attività di insegnamento di alta qualificazione.

Inoltre, possono stipulare contratti a titolo oneroso, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio, per fare fronte a specifiche esigenze didattiche, anche integrative. Questi contratti sono attribuiti previo espletamento di procedure disciplinate con regolamenti di ateneo, che assicurino la valutazione comparativa dei candidati e la pubblicità degli atti.

Ancora, al fine di favorire l'internazionalizzazione, le università possono attribuire, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio o utilizzando fondi donati ad hoc da privati, imprese o fondazioni, insegnamenti a contratto a docenti, studiosi o professionisti stranieri di chiara fama.

 

Disposizioni riguardanti le Istituzioni AFAM

 

Il comma 7 dispone che “le disposizioni di cui al presente articolo” si applicano, in quanto compatibili, anche alle Istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica.

 

Si valuti l’opportunità di esplicitare le diposizioni che si intende estendere alle Istituzioni AFAM, dal momento che, ad esempio, il co. 6 riguarda il differimento di vari termini relativi ai procedimenti per l’acquisizione dell’abilitazione scientifica nazionale, che attesta la qualificazione scientifica necessaria per l'accesso al ruolo dei professori universitari.

 

 


 

Articolo 101, comma 6
(Disposizioni in materia di abilitazione scientifica nazionale)

 

 

L’articolo 101, comma 6, modificato dal Senato, prevede il differimento di vari termini relativi ai procedimenti per l’acquisizione dell’abilitazione scientifica nazionale per le tornate 2018-2020 e 2020-2022, in deroga alla disciplina generale vigente.

 

Preliminarmente, si ricorda che l'abilitazione scientifica nazionale (ASN) – introdotta dall'art. 16 della L. 240/2010 attesta la qualificazione scientifica necessaria per l'accesso al ruolo dei professori universitari e richiede requisiti differenti per la fascia dei professori ordinari e per quella dei professori associati.

La durata dell’ASN – originariamente prevista in 4 anni – è stata elevata prima a 6 anni[41] e, da ultimo, a 9 anni dall’art. 5, co. 1, del D.L. 126/2019 (L. 156/2019), che ha stabilito che ciò si applica anche ai titoli di ASN conseguiti precedentemente alla data della sua entrata in vigore.

Le procedure per il conseguimento dell'ASN sono svolte per settori concorsuali che, in base all’art. 15 della stessa L. 240/2010, sono raggruppati in macrosettori concorsuali e possono essere articolati in settori scientifico-disciplinari.

A seguito delle novelle apportate all’art. 16 della L. 240/2010 dall’art. 14 del D.L. 90/2014 (L. 114/2014), la procedura per il conseguimento dell’ASN è passata da una procedura a indizione annuale ad una procedura “a sportello”, con la previsione che le domande di partecipazione sono presentate senza scadenze prefissate. Inoltre, è stata prevista l'istituzione per ciascun settore concorsuale, a carico delle disponibilità di bilancio degli atenei, di un'unica commissione nazionale di durata biennale per il conseguimento dell’ASN alle funzioni di professore ordinario e di professore associato.

È stato, dunque, emanato il DPR 95/2016, il cui art. 3, co. 1, ha disposto che con decreto del competente direttore generale del Ministero, adottato ogni due anni entro il mese di dicembre, sono avviate, per ciascun settore concorsuale e distintamente per la prima e la seconda fascia, le procedure per il conseguimento dell'abilitazione. Ha, altresì disposto che le domande dei candidati sono presentate, unitamente alla relativa documentazione e secondo le modalità indicate nel regolamento, durante tutto l'anno.

A sua volta, l'art. 6 ha stabilito che il procedimento per la formazione di una commissione nazionale, con mandato biennale, per ciascun settore concorsuale, composta da 5 membri, è avviato con decreto direttoriale. In particolare, ha disposto che, dalla seconda tornata, il procedimento per la formazione della nuova commissione è avviato nel terzo semestre di durata della commissione in carica.

Infine, l'art. 8, co. 3, ha disposto che la commissione conclude la valutazione di ciascuna domanda nel termine di tre mesi decorrenti dalla scadenza del quadrimestre nel corso del quale è stata presentata la candidatura. Su tale previsione è poi intervenuto l'art. 4, co. 5-sexies, del D.L. 244/2016 (L. 19/2017), estendendo il termine di 30 giorni.

Successivamente, è stato emanato il DM 120/2016, recante criteri e parametri per la selezione dei membri delle Commissioni e per la formulazione dei giudizi di valutazione dei candidati ai fini dell'attribuzione della ASN.

Con Decreto Direttoriale 29 luglio 2016, n. 1531, è stata definita la procedura per la formazione delle commissioni nazionali per il conferimento dell’ASN per il primo biennio.

La procedura per il conseguimento dell’ASN per il medesimo biennio è stata definita con Decreto Direttoriale 29 luglio 2016, n. 1532[42].

Da ultimo, la procedura per la selezione dei commissari per il biennio 2018-2020 è stata avviata con D.D. 1502 del 30 aprile 2018, poi modificato con D.D. 2119 dell'8 agosto 2018.

Con D.D. 2175 del 9 agosto 2018 è stata definita la procedura per il conseguimento dell'ASN per il medesimo biennio. In particolare, è stato stabilito che la domanda di partecipazione per la nuova tornata di ASN deve essere presentata, telematicamente, nei seguenti termini:

a)    I quadrimestre: dal 10 settembre 2018 ed entro le 15.00 del 10 gennaio 2019;

b)   II quadrimestre: dall' 11 gennaio 2019 ed entro le 15.00 dell' 11 maggio 2019;

c)    III quadrimestre: dal 12 maggio 2019 ed entro le 15.00 del 12 settembre 2019;

d)   IV quadrimestre: dal 13 settembre 2019 ed entro le 15.00 del 13 gennaio 2020;

e)    V quadrimestre: dal 14 gennaio 2020 ed entro le 15.00 del 14 maggio 2020[43].

 

In particolare, l’articolo 101, comma 6, dispone, anzitutto, che i lavori delle Commissioni per la valutazione delle domande presentate nel IV quadrimestre della tornata 2018-2020 si concludono (anziché entro il 13 maggio 2020) entro il 10 luglio 2020.

Al riguardo, il testo prevede che ciò avviene in deroga all’art. 8 del DPR 95/2016, senza tuttavia citare l’art. 4, co. 5-sexies, del D.L. 244/2016 (L. 19/2017) che, come visto, ha esteso il termine previsto dall’art. 8 suddetto.

Si valuti, pertanto, l’opportunità di un adeguamento del testo.

 

Si dispone, inoltre, che è differita (dal 14 maggio 2020) all’11 luglio 2020 la data di scadenza per la presentazione delle domande – e, dunque, per l’avvio dei lavori delle Commissioni – relative al V quadrimestre della medesima tornata 2018-2020, al contempo precisando che la valutazione riferita alle stesse deve concludersi entro il termine generale di 3 mesi e 30 giorni e, dunque, entro il 10 novembre 2020.

 

Ancora, si dispone che le Commissioni costituite a seguito dell’avvio della tornata 2018-2020 con D.D. 1052/2018, restano in carica, in deroga alla previsione di mandato biennale di cui all’art. 16, co. 3, lett. f), della L. 240/2010, fino al 31 dicembre 2020.

 

Da ultimo, si prevede che il procedimento di formazione delle nuove Commissioni nazionali per la tornata ASN 2020-2022 sarà avviato entro il 30 settembre 2020, in deroga alla previsione di cui all’art. 6 del DPR 95/2016 (v. ante).

 


 

Articolo 101, comma 6-bis
(Accesso da remoto a risorse e dati delle università e
degli istituti di ricerca)

 

 

Il comma 6-bis dell’articolo 101, introdotto dal Senato, intende stimolare le università e gli istituti di ricerca a promuovere l’accesso da remoto alle proprie risorse e ai propri dati.

 

In particolare, dispone che le università e gli istituti di ricerca promuovono, nell’esercizio della loro autonomia, anche mediante convenzioni, strumenti di accesso da remoto alle risorse bibliografiche e ad ogni database e software allo stato attuale accessibile solo mediante reti dell’ateneo (ovvero, evidentemente, reti degli istituti di ricerca).

Si valuti l’opportunità di citare esplicitamente anche le reti degli istituti di ricerca.

 

La previsione si inquadra nell’ambito di quanto disposto dall’art. 87, co. 1, del decreto-legge in commento, in base al quale, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, ovvero fino ad una data antecedente stabilita con DPCM, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, il lavoro agile è la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni.


 

Articolo 102
(Abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo e ulteriori misure urgenti in materia di professioni sanitarie)

 

I commi da 1 a 4 dell’articolo 102 recano una nuova disciplina dell’abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo; si introduce il principio della laurea abilitante, ferma restando la condizione di svolgimento e di superamento (in una delle forme già previste) di un tirocinio, e si prevede il relativo adeguamento dell’ordinamento didattico del corso di laurea. I commi 5 e 6 - oltre a recare una norma di abrogazione, in coordinamento con il disposto di cui ai commi precedenti - pongono norme transitorie sulle modalità di svolgimento degli esami finali di alcuni corsi di laurea relativi a professioni sanitarie e delle prove compensative inerenti al riconoscimento di professioni sanitarie (relativamente a qualifiche conseguite in altri Paesi dell’Unione europea).

Il comma 1, in primo luogo, introduce il principio che la laurea magistrale in medicina e chirurgia (classe LM/41), unitamente all’idoneità conseguita al termine del tirocinio pratico-valutativo - svolto nell’ambito del corso di laurea medesimo - costituisce abilitazione all’esercizio della relativa professione. Si ricorda che, nella disciplina finora vigente, il suddetto tirocinio (avente una durata di 3 mesi[44]) è previsto con riferimento agli esami di Stato di abilitazione decorrenti dalla sessione del mese di luglio 2021 - esami che consisterebbero in 200 quesiti a risposta multipla e che vengono ora meno nel nuovo regime -, mentre per le sessioni anteriori trova applicazione la precedente disciplina regolamentare (sull’esame di Stato in oggetto), la quale prevede lo svolgimento di un tirocinio pratico successivo alla laurea[45]. Il comma 4 del presente articolo fa salve - in quanto compatibili (con le nuove norme in esame, nonché con le disposizioni del D.M. 2 aprile 2020[46]) - le disposizioni regolamentari vigenti sul tirocinio svolto all’interno del corso di laurea, con riferimento all’organizzazione e alla modalità di svolgimento, di valutazione e di certificazione del medesimo tirocinio (per le ipotesi ancora sussistenti di tirocinio successivo al corso, cfr. infra).

Il comma 1 consente agli studenti che, alla data di entrata in vigore del presente decreto (17 marzo 2020), siano già iscritti al corso di laurea in esame di concludere gli studi secondo l’ordinamento didattico previgente e con il conseguimento del solo titolo accademico. In tal caso, ai sensi del successivo comma 2, l’abilitazione all’esercizio della professione di medico-chirurgo è conseguita mediante la valutazione positiva del tirocinio successivo al corso di laurea, nei termini previsti dalla suddetta precedente disciplina regolamentare - mentre non viene più richiesto lo svolgimento della prova scritta successiva al tirocinio[47] -. Anche per tale fattispecie di abilitazione, il comma 4 fa salve le precedenti norme regolamentari (in quanto compatibili), con riferimento all’organizzazione e alla modalità di svolgimento, di valutazione e di certificazione del tirocinio[48].

Ai fini dell’attuazione del principio summenzionato (per il corso universitario in oggetto) di laurea abilitante, il comma 1 demanda:

-         ad un decreto del Ministro dell’università e della ricerca il relativo adeguamento dell’ordinamento didattico del corso di laurea in esame. Il decreto è adottato in deroga alle procedure di cui all’articolo 17, comma 95, della L. 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni, che prevede, per l’emanazione di decreti del suddetto Ministro sui criteri a cui devono essere improntati gli ordinamenti dei corsi di laurea, il concerto degli altri Ministri interessati, ove contemplato dalle norme ivi richiamate, ed il parere del Consiglio universitario nazionale (CUN) e delle Commissioni parlamentari competenti. In attuazione della norma in oggetto, è stato emanato il D.M. 2 aprile 2020;

-         ad un decreto del rettore l’adeguamento del regolamento didattico di ateneo (sull’ordinamento del corso). Tali decreti sono emanati in deroga alle procedure stabilite per i decreti rettorali concernenti i regolamenti degli ordinamenti didattici - le quali prevedono la previa delibera del senato accademico, su proposta delle strutture didattiche, e la previa approvazione (sentito il CUN) da parte del Ministro dell’università e della ricerca[49] - nonché in deroga alle competenze regolamentari spettanti ai consigli delle strutture didattiche[50]. L’articolo 2 del suddetto D.M. 2 aprile 2020 specifica che l'adeguamento operato con il decreto rettorale in oggetto entra in vigore a decorrere dalla data dell'adozione del medesimo decreto rettorale e trova applicazione anche per le lauree magistrali relative alle sessioni d'esame finale dell’anno accademico 2018/2019, qualora tali esami finali debbano essere ancora sostenuti, nonché per quelle relative alle sessioni d'esame finale dell'anno accademico 2019/2020. Tuttavia, come già detto, i commi 1 e 2 del presente articolo 102 consentono agli studenti che alla data del 17 marzo 2020 siano già iscritti al corso di laurea in esame di concludere gli studi secondo l’ordinamento didattico previgente, con il conseguimento del solo titolo accademico (e con lo svolgimento, ai fini dell’abilitazione, del tirocinio successivo alla laurea).

Il comma 3 prevede che, in fase di prima applicazione, il giudizio di idoneità o la valutazione positiva, conseguiti, rispettivamente, nel tirocinio interno al corso di laurea o in quello successivo al corso, costituisca il titolo abilitativo per i candidati della seconda sessione relativa al 2019 degli esami di Stato di abilitazione alla professione di medico-chirurgo (la sessione non ha quindi più luogo).

In relazione al disposto di cui al comma 3, viene abrogato (comma 6) l’articolo 29 del D.L. 2 marzo 2020, n. 9, che consente, in via transitoria, la frequenza del corso di formazione specifica in medicina generale, relativo al periodo 2019-2022, ai soggetti (collocatisi utilmente nelle relative graduatorie) che non abbiano potuto sostenere l'esame di Stato - per l'abilitazione alla professione di medico-chirurgo - a seguito del rinvio stabilito dall'ordinanza del Ministro dell'università e della ricerca del 24 febbraio 2020. Si ricorda che l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi, dell’intero D.L. n. 9.

 

La suddetta ordinanza del Ministro dell'università e della ricerca del 24 febbraio 2020 ha rinviato (nell'ambito delle misure di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19) dal 28 febbraio 2020 a data da destinarsi lo svolgimento della seconda sessione relativa al 2019 degli esami di Stato di abilitazione alla professione di medico-chirurgo.

 

Il comma 5 modifica, con esclusivo riferimento alla seconda sessione dell’anno accademico 2018-2019, le modalità di svolgimento della prova finale dei corsi di laurea afferenti alle classi di laurea nelle professioni sanitarie della riabilitazione, tecniche e della prevenzione (L/SNT/2, L/SNT/3 e L/SNT/4). Si definiscono le modalità in termini sostanzialmente identici a quelli previsti, per la medesima sessione, per le classi di laurea nelle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche (L/SNT1) dal comma 4 dell’articolo 2-ter - articolo inserito dal Senato nel presente D.L. n. 18 e che costituisce la trasposizione, con alcune modifiche, del disposto di cui all’articolo 2 del D.L. 9 marzo 2020, n. 14 (D.L. di cui l’articolo 1 del disegno di legge di conversione del presente D.L. n. 18, come modificato dal Senato, dispone l’abrogazione, con salvezza degli effetti già prodottisi) -.

In base al presente comma 5:

-         la prova pratica può svolgersi - previa certificazione delle competenze acquisite a seguito del tirocinio pratico svolto durante il corso di studio - secondo la modalità di cui al punto 2 della circolare del Ministero della salute e del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca scientifica del 30 settembre 2016, prot. 46319 (circolare concernente le prove finali dei corsi di laurea afferenti alle classi di laurea delle professioni sanitarie). Tale modalità consiste nello svolgimento di una prova con domande a risposta chiusa e a risposta aperta su casi clinici o situazioni paradigmatiche della pratica professionale; la suddetta modalità è alternativa a quella definita dal precedente punto 1 della circolare, che prevede lo svolgimento di una simulazione pratica[51];

-         la discussione della tesi può essere svolta con modalità a distanza.

Il comma 6 reca norme transitorie sulle modalità di svolgimento delle prove compensative, per i casi in cui, per i cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, il riconoscimento del possesso di una qualifica professionale (conseguita in altri Paesi dell’Unione), nell’ambito delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione, richieda lo svolgimento di tale prova[52].

Si prevede che, in via transitoria, la prova possa essere effettuata con modalità a distanza, con svolgimento della prova pratica secondo le suddette modalità di cui al punto 2 della circolare interministeriale del 30 settembre 2016. La previsione si applica per la durata dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 (si ricorda che la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 ha dichiarato lo stato di emergenza per 6 mesi, a decorrere dalla medesima delibera).

Riguardo alla norma di abrogazione posta dal comma in esame, cfr. sub il precedente comma 3.

Si ricorda che, sotto il profilo redazionale, il Senato ha completato la numerazione dei commi del presente articolo 102 e ha corretto un riferimento numerico errato (nel richiamo normativo della L. 1° febbraio 2006, n. 43).

 

 

 

 


 

Articolo 103
(
Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza)

 

 

L’articolo 103, come modificato dal Senato, dispone con efficacia retroattiva la sospensione di tutti i termini inerenti lo svolgimento di procedimenti amministrativi e dei procedimenti disciplinari pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, per il periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 2020 (co. 1 e 5). La disposizione ha portata generale, con le sole eccezioni dei termini stabiliti da specifiche disposizioni dei decreti-legge sull’emergenza epidemiologica in corso, e dei relativi decreti di attuazione, nonché dei termini relativi a pagamenti di stipendi, pensioni, retribuzioni, emolumenti per prestazioni a qualsiasi titolo, indennità da prestazioni assistenziali o sociali comunque denominate nonché di contributi, sovvenzioni e agevolazioni alle imprese (co. 3 e 4). Rientrano nella sospensione, tra gli altri, anche i termini relativi ai processi esecutivi e alle procedure concorsuali, nonché ai termini di notificazione dei processi verbali, di esecuzione del pagamento in misura ridotta, di svolgimento di attività difensiva e per la presentazione di ricorsi giurisdizionali (co. 1-bis).

In secondo luogo, viene disposta la proroga della validità di tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, a condizione che siano in scadenza tra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020, per i successivi 90 giorni dalla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza La disposizione viene esplicitamente estesa alle SCIA e alle autorizzazioni paesaggistiche e ambientali (co. 2). Sono dettate norme ad hoc per la proroga della validità e dei termini delle convenzioni di lottizzazione e dei contratti che hanno ad oggetto l’esecuzione di lavori edili (co. 2-bis e 2-ter).

Ulteriori disposizioni estendono la validità dei permessi di soggiorno di cittadini di Paesi terzi fino al 31 agosto 2020, nonché prorogano alcuni termini in materia di immigrazione (co. 2-quater e 2-quinquies).

Sono stabiliti termini speciali per l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili (co. 6), nonché la sospensione della prescrizione degli illeciti amministrativi in materia di lavoro (co. 6-bis).

 

Più in dettaglio, ai sensi del comma 1 tutti i termini inerenti lo svolgimento dei procedimenti amministrativi, che risultino pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o che siano iniziati successivamente a tale data, sono sospesi fino al 15 aprile 2020.

Si segnala, al riguardo, che l’articolo 37 del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, entrato in vigore mentre il D.L. n. 18 in commento è in corso di conversione, proroga il termine del 15 aprile 2020 (di cui all’articolo 103 del decreto-legge in esame) al 15 maggio 2020.

Si osserva quindi che l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 18/2020 potrebbe determinare incertezze interpretative in merito all’applicazione delle disposizioni sulla sospensione dei termini. Alla luce di ciò, si valuti l’opportunità di coordinare il testo dell’art. 103 con quello dell’articolo 37 del decreto legge n. 23/2020.

 

L’ambito di applicazione della sospensione riguarda tutti i procedimenti amministrativi, tanto quelli a istanza di parte, quanto quelli ad iniziativa d’ufficio. Non si rinvengono inoltre nella disposizione eccezioni riferibili a tipologie di amministrazioni o a particolari categorie di enti pubblici.

Tenuto conto del tenore generale della norma, la sospensione si applica ai termini sia perentori (stabiliti dalla legge a pena di decadenza) che ordinatori (il cui mancato rispetto non caduca il potere di provvedere), nonché ai termini finali ed esecutivi come a quelli endoprocedimentali e preparatori: dunque non solo i termini stabiliti per la conclusione del procedimento (per i quali la legge n. 241 del 1990 stabilisce una disciplina generale), ma altresì quelli relativi ad adempimenti posti a carico di soggetti privati o di altre amministrazioni il cui intervento è necessario nel corso del procedimento ai fini dell’adozione del provvedimento finale.

L’espressione “termini esecutivi” – generalmente non impiegata nel linguaggio normativo – sembrerebbe potersi riferire anche ai termini di esecuzione provvedimentale mediante attività rimesse a soggetti privati (ad esempio, il termine entro il quale il privato è obbligato a procedere alla demolizione di un manufatto abusivo). In tal modo, l’ambito di applicazione della disposizione non andrebbe a ricomprendere esclusivamente atti di competenza delle autorità pubbliche, ma sarebbe esteso anche alle attività esecutive di cui sono onerati i soggetti privati. Andrebbe pertanto valutata l’opportunità di chiarire l’espressione “termini esecutivi”.

 

In relazione ai termini endoprocedimentali, si ricorda che la legge sul procedimento amministrativo stabilisce che gli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni sono tenuti a rendere i pareri ad essi obbligatoriamente richiesti entro venti giorni dal ricevimento della richiesta (art. 16, L. 241 del 1990). Per le valutazioni tecniche di organi od enti appositi e tali organi, il termine, se non fissato diversamente, è di novanta giorni dal ricevimento della richiesta (art. 17, L. 241 del 1990).

 

Ai fini del computo dei relativi termini, pertanto, in base alla disposizione non si tiene conto del periodo per il quale è disposta la sospensione, che decorre dal 23 febbraio (o dalla data successiva in cui il procedimento è stato avviato) al 15 aprile 2020.

 

In proposito, si ricorda che nel procedimento oggetto di “sospensione” i termini non vengono azzerati. Nel computo dei termini si deve, dunque, tener conto sia del periodo trascorso dalla data di presentazione dell’istanza o della comunicazione di avvio del procedimento a quello dell’intervenuta sospensione, sia del successivo periodo che inizia a decorrere dalla data in cui termina la sospensione (nel caso di specie, dal 16 aprile 2020).

 

La disposizione precisa, inoltre, che sono prorogati o differiti, per il tempo corrispondente, i termini di formazione della volontà conclusiva dell’amministrazione nelle forme del silenzio significativo previste dall’ordinamento, ossia le ipotesi di silenzio-assenso e silenzio-diniego disciplinate dalla l. 241/1990 e da numerose leggi di settore.

 

In proposito, si ricorda che il silenzio della pubblica amministrazione è un comportamento omissivo dell’amministrazione di fronte a un dovere di provvedere, di emanare un atto e di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento entro un termine prestabilito (art. 2, co. 1 e 5, 20, L. 241/1990). L’ordinamento distingue il silenzio in ipotesi legislativamente qualificate in senso positivo (silenzio assenso), in senso negativo (silenzio diniego o rigetto) e ipotesi non giuridicamente qualificate (silenzio inadempimento). Alcune ipotesi di silenzio significativo sono previste e disciplinate dalla legge sul procedimento amministrativo, altre stabilite in leggi speciali.

L’articolo 20 della legge 241/1990 include il silenzio assenso tra gli istituti di semplificazione amministrativa, generalizzando il ricorso all’istituto. La norma stabilisce che nei procedimenti a istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, esclusi quelli disciplinati dall’art. 19 (SCIA), per il rilascio di provvedimenti amministrativi, «il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda», se la stessa amministrazione non comunica all’interessato, nel termine indicato dall’art. 2, co. 2 e 3, il provvedimento di diniego ovvero se, entro 30 giorni dalla presentazione dall’istanza, non indice una conferenza di servizi. La legge prevede alcune eccezioni in relazione a determinati interessi pubblici, a casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali e ad altre eccezioni singolarmente individuate.

La legge 241 del 1990 disciplina il meccanismo di silenzio assenso (già regolato nei rapporti tra privati e amministrazione) anche nei rapporti tra amministrazioni pubbliche, nei casi in cui per l'adozione di provvedimenti normativi e amministrativi da parte di una pubblica amministrazione sia prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati, di competenza di altre amministrazioni pubbliche ovvero di gestori di beni o servizi pubblici, le amministrazioni o i gestori competenti sono tenuti a comunicare le rispettive decisioni entro il termine di trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, decorso il quale senza che sia stato comunicato l'atto di assenso, concerto o nulla osta, lo stesso si intende acquisito (art. 17-bis, L. 241/1990, introdotto dall'art. 3, L. 124/2015).

 

Come esplicitato nella relazione illustrativa, la ratio della sospensione generalizzata, fatte salve le eccezioni indicate ai commi 3 e 4 (si v. infra), è diretta ad evitare che le pubbliche amministrazioni “nel periodo di riorganizzazione dell'attività lavorativa in ragione dello stato emergenziale, incorra in eventuali ritardi o nel formarsi del silenzio significativo”.

 

 

La legge generale sul procedimento amministrativo (L. 241/1990, art. 2) stabilisce un principio di carattere generale in base al quale tutti i procedimenti che conseguono obbligatoriamente ad una istanza e quelli attivati d’ufficio devono necessariamente concludersi con un provvedimento espresso adottato in termini definiti.

Ciascuna amministrazione statale fissa i termini di conclusione dei procedimenti di propria competenza con singoli regolamenti adottati nella forma di decreto del Presidente della Consiglio su proposta del Ministro competente. In ogni caso, il termine non può eccedere i 90 giorni. Anche gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini di conclusione dei procedimenti di propria competenza, sempre nel limite dei 90 giorni.

In mancanza di determinazione di termini, il procedimento deve concludersi entro 30 giorni, a meno che un diverso termine sia stabilito per legge. È ammessa in generale la possibilità per la PA di sospendere il termine per un periodo non superiore a 30 giorni

La legge ammette, inoltre, anche la possibilità di prevedere termini superiori ai 90 giorni in considerazione della «sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento». In questi casi, tuttavia, il termine massimo di durata non può oltrepassare comunque i 180 giorni (ad esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l'immigrazione). I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte.

Oltre alla disciplina generale dei termini procedimentali per le amministrazioni statali e gli enti pubblici nazionali prevista dalla L. 241 del 1990, occorre considerare che esistono norme speciali previste da leggi di settore.

La legge disciplina anche le conseguenze del mancato rispetto dei termini procedimentali e del tardivo adempimento da parte dell’amministrazione procedente.

Innanzitutto il mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento può attivare un potere sostitutivo da attivarsi entro i termini prestabiliti. Ai sensi degli art. 2, co.9-bis e seguenti, L. 241/1990, infatti, qualora il termine per la conclusione del procedimento sia inutilmente decorso, l’interessato può rivolgersi ad una figura interna all’amministrazione, titolare del potere sostitutivo, che appunto si sostituisce al dirigente o al funzionario inadempiente e concluda il procedimento medesimo o attraverso le strutture competenti o ricorrendo alla nomina di un commissario. In ogni caso, il provvedimento finale dovrà essere adottato entro un termine pari alla metà di quello originariamente previsto.

Inoltre, la mancata o tardiva emanazione del provvedimento costituisce elemento di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente (art. 2, co. 9, L. 241 del 1990).

Per i casi di ritardo doloso o colposo del termine di conclusione del procedimento, la legge prevede il risarcimento del danno ingiusto cagionato in favore del privato (c.d. danno da ritardo ex art. 2-bis, co. 1, L. 241 del 1990).

Dal 2013 la legge prevede anche l’ipotesi di un indennizzo da ritardo determinato dalla pubblica amministrazione (che può essere sia quella che ha dato avvio al procedimento, sia altra amministrazione, che intervenga nel corso del procedimento e che abbia causato il ritardo), ma anche dai soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative, nella conclusione di procedimenti ad istanza di parte: a differenza del risarcimento l’indennizzo non può essere richiesto nei procedimenti avviati d'ufficio, presuppone il decorso del tempo quale mero nesso causale e deve essere preceduto dall'attivazione del potere sostitutivo (art. 2-bis, co. 1-bis, L. 241 del 1990).

 

Al contempo, il comma 1 prevede che, nonostante la sospensione, le pubbliche amministrazioni siano tenute ad adottare ogni misura organizzativa idonea ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti, con priorità per quelli da considerare urgenti, anche sulla base di motivate istanze degli interessati.

A salvaguardia, dunque, dei diritti degli amministrati, è riconosciuta la facoltà di sollecitare l’amministrazione ad agire in modo celere a dispetto della generalizzata sospensione dei termini procedimentali, motivando le relative ragioni di urgenza.

Nel corso dell'esame in Senato è stato inserito il comma 1-bis per disporre che il periodo di sospensione dal 23 febbraio al 15 aprile 2020, di cui al comma 1, trova applicazione “anche”:

§  ai termini relativi ai processi esecutivi (rectius, procedimenti esecutivi)

§  ai termini relativi alle procedure concorsuali: in proposito si cfr. anche la disposizione di cui all’art. 87, co. 5 del decreto in commento, che ha sospeso lo svolgimento delle procedure concorsuali per l'accesso al pubblico impiego, con alcune esclusioni, per sessanta giorni a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto

§  ai termini di notificazione dei processi verbali e ai termini di esecuzione del pagamento in misura ridotta: in tal modo vengono esplicitati termini che attengono ad attività di carattere prevalentemente sanzionatorio rimesse alla PA:

§  ai termini di svolgimento di attività difensiva;

§  ai termini per la presentazione di ricorsi giurisdizionali: tale disposizione, considerata la sua collocazione nell’ambito della sospensione di procedimenti amministrativi, sembrerebbe potersi riferire a tutte le azioni giurisdizionali che possono essere esperite nei confronti di pubbliche amministrazioni.

Una disposizione del tutto analoga al comma 1-bis è stata introdotta dall’articolo 10, co. 4, del D.L. 9/2020, nell’ambito delle misure urgenti di sospensione dei termini e udienze processuali limitatamente ai territori dei comuni individuati dal DPCM 1° marzo 2020, che circoscriveva la prima "zona rossa", e con validità temporale dal 3 al 31 marzo 2020. Il comma 1-bis estende ora quella previsione a tutto il territorio nazionale individuando però una diversa scansione temporale (23 febbraio – 15 aprile 2020).

Peraltro, per quanto riguarda, in particolare, la sospensione dei termini per la presentazione di ricorsi giurisdizionali, si ricorda che la sospensione dei termini per il deposito dei ricorsi amministrativi è già prevista, per il periodo dall'8 marzo al 15 aprile, dall'art. 84, comma 1, del decreto-legge in commento (v. supra). Si valuti dunque l'opportunità di coordinare il comma 1-bis con l'articolo 84, comma 1 del decreto-legge, soprattutto in considerazione del fatto che le due disposizioni hanno un ambito temporale d'applicazione diverso. Laddove invece la sospensione prevista dal comma 1-bis fosse riferita agli atti introduttivi del giudizio civile, la sospensione dei termini è già prevista per il periodo 8 marzo-15 aprile dall'art. 83, comma 2.

Si valuti quindi la necessità di specificare il campo d'applicazione della sospensione dei termini per la presentazione dei ricorsi giurisdizionali prevista dal comma 1-bis.

 

Il comma 2, riformulato nel corso dell’esame al Senato, dispone la proroga della validità di tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, a condizione che siano in scadenza tra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020, per i successivi 90 giorni dalla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza.

 

Il testo originario del decreto, al comma 2, dispone la proroga fino al 15 giugno 2020 della validità di tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, a condizione che siano in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020.

 

Inoltre, con la riformulazione si precisa che rientrano nel campo di applicazione della disposizione:

§  le segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA);

§  le segnalazioni certificate di agibilità;

§  le autorizzazioni paesaggistiche e le autorizzazioni ambientali comunque denominate;

§  il ritiro dei titoli abilitativi edilizi comunque denominati rilasciati fino alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza.

 

Per quanto riguarda la SCIA, si ricorda in generale che ai sensi dell’art. 19 della L. 241 del 1990, la segnalazione certificata di inizio attività sostituisce ogni atto di autorizzazione, licenza, permesso, nulla osta il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e dei presupposti previsti dalle norme di settore. La disciplina generale consente l’avvio dell’attività contestualmente alla presentazione della segnalazione allo sportello unico. Nel settore edilizio, l’art. 22 del D.P.R. 380/2001, come integralmente modificato dal D.Lgs. n. 222/2016 (il cosiddetto Decreto SCIA 2), disciplina gli interventi edilizi condizionati al rilascio della Segnalazione certificata di inizio attività in edilizia (SCIA) da parte dello sportello unico dell’edilizia dei comuni e l’art. 23 disciplina invece gli interventi subordinati a segnalazione certificata di inizio di attività in alternativa al permesso di costruire (cd Scia onerosa). Il proprietario o chi abbia titolo per presentare la SCIA, almeno trenta giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la segnalazione, una dettagliata relazione sull’intervento a firma di un progettista abilitato, completa degli elaborati progettuali, che asseveri la conformità dell’intervento stesso agli strumenti urbanistici approvati ed adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. La SCIA è corredata dall’indicazione dell’impresa cui si intende affidare i lavori ed è sottoposta al termine massimo di efficacia pari a tre anni.

La segnalazione certificata di agibilità (SCA) è disciplinata dall’art. 24 del Testo unico sull’edilizia, come sostituito dal D. Lgs. 222/2016, che prevede, ai fini dell'agibilità dell’immobile, entro quindici giorni dall'ultimazione dei lavori di finitura dell'intervento, la comunicazione della SCA, che include l’asseverazione del rispetto dei requisiti previsti per l’abitabilità dell’immobile da parte di un tecnico, allo sportello unico edilizia del comune, da parte del soggetto titolare del permesso di costruire o del soggetto che ha presentato la segnalazione certificata di inizio di attività. In seguito all’invio della SCA, l’immobile è immediatamente abitabile, senza bisogno di attendere alcuna autorizzazione da parte del Comune.

Le autorizzazioni paesaggistiche e ambientali sono disciplinate dai Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004) e dal Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006). Per quanto riguarda l’autorizzazione paesaggistica, l’art. 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, prevede che i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo, di beni vincolati, se intendono realizzare opere o interventi che comportino alterazione o modificazione dello stato dei luoghi o dell'aspetto esteriore degli edifici, devono chiedere la preventiva autorizzazione, che risulta efficace per un periodo di cinque anni, scaduto il quale l'esecuzione dei progettati lavori deve essere sottoposta a nuova autorizzazione. I lavori iniziati nel corso del quinquennio di efficacia dell'autorizzazione possono essere conclusi entro e non oltre l'anno successivo la scadenza del quinquennio medesimo. La relazione paesaggistica, prevista dal D.P.C.M. 12 dicembre 2005, emanato ai sensi dell’art. 146, comma 3, riguarda la documentazione che i suddetti soggetti presentano per le aree sottoposte a tutela paesaggistica, al fine di ottenere l’autorizzazione da parte dei Comuni e delle Regioni. Entro il termine di 45 giorni dal ricevimento degli atti, la soprintendenza può decidere di annullare, con provvedimento motivato, l’autorizzazione rilasciata dal Comune o dalla Regione.

In attuazione del disposto dell’art. 146, comma 9, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, si ricorda è stato emanato il D.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31 (che abroga il previgente DPR 139/2010) che individua gli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata.

La valutazione ambientale strategica (Vas), la Valutazione di impatto ambientale (Via), e l’autorizzazione integrata ambientale (Aia/Ippc) sono gli strumenti principali di valutazione atti a prevenire e/o ridurre gli impatti ambientali di determinati piani, programmi, progetti, attività o installazioni industriali, disciplinati dal Codice dell’ambiente (D. Lgs. 152/2006).

La Vas è un procedimento che attiene alla valutazione di piani o programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e del patrimonio culturale (disciplinata dagli articoli 11-18 del D.Lgs. 152/2006). In generale sono sottoposti a Vas tutti i piani e programmi elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli.

La tempistica dell’autorità competente al rilascio della Vas (Stato o regione) prevede: 60 giorni per la consultazione pubblica, a cui aggiungere 90 giorni per la decisione finale.

La VIA (disciplinata dagli articoli 19-29 del D.Lgs. 152/2006), che concerne la valutazione preventiva degli impatti sull'ambiente che ha un singolo progetto (la disciplina è stata profondamente modificata dal D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104 di recepimento della direttiva 2014/52), si applica agli interventi puntualmente indicati negli allegati II e III della parte seconda del Codice dell’ambiente, rispettivamente, di competenza statale e di competenza regionale o delle provincie autonome.

La tempistica per il rilascio della VIA prevede:15 giorni, per la presentazione dell’istanza, 60 giorni per la consultazione del pubblico, e 120 giorni per la valutazione e l’adozione del provvedimento finale.

L’AIA (disciplinata dagli articoli 29-bis-29-quattuordecies del D.Lgs. 152/2006) è una procedura autorizzatoria di cui necessitano alcune installazioni industriali per uniformarsi ai principi di Integrated Pollution Prevention and Control (Ippc): sono soggetti a autorizzazione integrata ambientale regionale le installazioni elencate nell’allegato VIII alla parte seconda del D.Lgs. 152/2006, mentre sono soggette ad Aia statale le installazioni individuate nell'allegato XII alla parte seconda del D.L.gs.  152/2006.

La tempistica complessiva per l’adozione del provvedimento risulta abbastanza lunga (a titolo di esempio, 30 giorni presentazione della domanda e avvio del procedimento, 15 giorni pubblicazione sul sito web delle relative informazioni, 30 giorni per la presentazione di osservazioni, a cui si aggiungono ulteriori adempimenti che possono comportare lo slittamento temporale del procedimento); tuttavia, l’autorità competente emette in ogni caso i1 provvedimento di Aia entro 150 giorni dalla presentazione della domanda.

Proroga termini delle convenzioni di lottizzazione

Il comma 2-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, proroga di 90 giorni il termine di validità e i termini di inizio e fine lavori delle convenzioni di lottizzazione di cui all’art. 28 della L. n. 1150/1942 (Legge urbanistica nazionale), ovvero degli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, nonché i termini dei relativi piani attuativi e di ogni altro atto ad essi propedeutico, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020.

Si ricorda che il piano di lottizzazione è uno strumento urbanistico, a iniziativa prevalentemente privata, attuativo della pianificazione urbanistica generale e finalizzato a realizzare un intervento edilizio che richieda nuove opere di urbanizzazione o comporti l’aggravio del carico urbanistico esistente.

L’art. 28 della L. n. 1150/1942 (rubricato “Lottizzazione di aree”) prevede che prima dell'approvazione del piano regolatore generale è vietato procedere alla lottizzazione dei terreni a scopo edilizio. Spetta ai comuni l’autorizzazione della lottizzazione a scopo edilizio, la quale è subordinata alla stipula di una convenzione, da trascriversi a cura del proprietario, che preveda:

1.    la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, precisate dall’art. 4 della L. n. 847/1964, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui al successivo n. 2;

2.    l'assunzione, a carico del proprietario, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è determinata in proporzione all'entità e alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni;

3.    i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata l'esecuzione delle opere di cui al precedente paragrafo;

4.    congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione.

La convenzione deve essere approvata con deliberazione consiliare nei modi e forme di legge.

Ai sensi del comma 7 del citato art. 28, l'attuazione degli interventi previsti nelle convenzioni di lottizzazione ovvero degli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, può avvenire per stralci funzionali e per fasi e tempi distinti. In tal caso per ogni stralcio funzionale nella convenzione saranno quantificati gli oneri di urbanizzazione o le opere di urbanizzazione da realizzare e le relative garanzie purché l'attuazione parziale sia coerente con l'intera area oggetto d'intervento. Il rilascio dei titoli abilitativi edilizi nell'ambito dei singoli lotti è subordinato all'impegno della contemporanea esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria relativa ai lotti stessi.

Il termine per l'esecuzione di opere di urbanizzazione poste a carico del proprietario è stabilito in dieci anni (art. 28, comma 10, della l. n. 1150/1942). Come precisato dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. ad esempio TAR Campania, Sez. II, 14 febbraio 2018, n. 1010), anche la convenzione stipulata tra privati ed Amministrazione in ordine all'esecuzione di un piano particolareggiato, assimilato alle lottizzazioni convenzionate, resta assoggettata ad un termine decennale per la realizzazione delle opere ivi programmate, pena la decadenza della convenzione stessa nell'ipotesi dell'inutile decorso del termine.

La giurisprudenza ha altresì chiarito che le conseguenze della scadenza del piano attuativo si esauriscono nell’ambito della sola disciplina urbanistica e non incidono sulla validità ed efficacia delle obbligazioni assunte dai soggetti attuatori degli interventi da realizzare (Cons. Stato, Ad. Plen,, 20 luglio 2012, n. 28).

 

La norma in esame precisa che la proroga da essa disposta si applica anche ai diversi termini delle convenzioni di lottizzazione di cui all’art. 28 della L. n. 1150/1942, ovvero degli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale nonché dei relativi piani attuativi che hanno usufruito della proroga di cui all’art. 30, comma 3-bis, del D.L. n. 69/2013.

Si ricorda che l’art. 30, comma 3-bis, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 98/2013) ha previsto – con norma analoga a quella in esame ma riferita alle sole convenzioni di lottizzazione e non anche ai relativi piani attuativi – la proroga di tre anni del termine di validità nonché dei termini di inizio e fine lavori nell'ambito delle convenzioni di lottizzazione di cui all’art. 28 della L. n. 1150/1942, ovvero degli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, stipulati sino al 31 dicembre 2012.

 

Con riguardo ai contratti tra privati (la disposizione sembrerebbe riferirsi ai contratti di appalto) - in corso di validità dal 31 gennaio 2020 e fino al 31 luglio 2020 - aventi ad oggetto l'esecuzione di lavori edili di qualsiasi natura, il comma 2-ter, anch’esso introdotto dal Senato, dispone la proroga dei termini di inizio e fine lavori per un periodo di novanta giorni (pari alla durata della proroga di cui al comma 2).

La disposizione precisa inoltre che, in deroga ad ogni diversa previsione contrattuale, il committente è tenuto al pagamento dei lavori eseguiti sino alla data di sospensione dei lavori.

Esclusioni

Per effetto dei commi 3 e 4 dell’articolo 103, le disposizioni sulla sospensione dei termini e sulla proroga della validità degli atti in scadenza non si applicano ai termini stabiliti da specifiche disposizioni del decreto in commento, e dei precedenti vigenti decreti-legge adottati per far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid-19 (D.L. 23 febbraio 2020, n. 6, conv. L. 13/2020, nonché D.L. 25 febbraio 2020, n. 19) nonché dei relativi decreti di attuazione.

Per espressa previsione normativa, la sospensione dei termini procedimentali di cui al comma 1 non si applica altresì ai pagamenti di stipendi, pensioni, retribuzioni per lavoro autonomo (prestato a favore di pubbliche amministrazioni), emolumenti per prestazioni di lavoro o di opere, servizi e forniture a qualsiasi titolo, indennità di disoccupazione e altre indennità da ammortizzatori sociali o da prestazioni assistenziali o sociali, comunque denominate nonché di contributi, sovvenzioni e agevolazioni alle imprese comunque denominati.

Sospensione e proroghe in materia di immigrazione

I commi 2-quater e 2-quinquies, introdotti durante l’esame al Senato, estendono la validità dei permessi di soggiorno di cittadini di Paesi terzi fino al 31 agosto 2020, nonché dettano ulteriori disposizioni speciali sulla proroga dei termini e dell’efficacia dei titoli di soggiorno in materia di immigrazione.

 

In proposito si premette che già l’articolo 9 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, recante misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 ha sospeso per trenta giorni i termini per la presentazione della richiesta di primo rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno previsti, rispettivamente, in otto giorni lavorativi dall'ingresso dello straniero nel territorio dello Stato e in almeno sessanta giorni prima della scadenza o nei sessanta giorni successivi alla scadenza.

Al momento dell’entrata in vigore del decreto-legge-legge 17 marzo 2020, n. 18, e in particolare dell’art. 103 in commento, la circolare del Ministero dell’interno 24 marzo 2020 ha chiarito che per quanto riguarda i procedimenti relativi ai migranti la sospensione dei termini riguarda:

§  rilascio nulla osta al lavoro stagionale;

§  rilascio del nulla osta al lavoro per casi particolari (ricerca, blue card, trasferimenti infrasocietari);

§  conversione dei permessi di soggiorno da studio a lavoro subordinato e da lavoro stagionale a lavoro subordinato non stagionale;

§  rilascio nulla osta al ricongiungimento familiare;

§  permessi di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo;

§  cittadinanza per matrimonio e per residenza;

§  attestazione di apolidia.

Inoltre, i permessi di soggiorno in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020 sono prorogati di validità fino al 15 giugno 2020, dando la possibilità ai titolari di poter effettuare la domanda di rinnovo dopo tale data.

 

In particolare, il comma 2-quater innanzitutto stabilisce che la validità dei permessi di soggiorno dei cittadini di Paesi terzi è estesa fino al 31 agosto 2020, in via analoga a quanto stabilito per i documenti di riconoscimento dal successivo articolo 104 del decreto in commento, come riformulato al Senato.

Al riguardo, per evitare incertezze interpretative, si valuti l’opportunità di specificare se la proroga riguarda i permessi di soggiorno in scadenza e/o scaduti, con la relativa indicazione del dies a quo.

 

In secondo luogo, la disposizione prevede che sono prorogati fino al 31 agosto 2020:

§   i termini per la conversione dei permessi di soggiorno da studio a lavoro subordinato e da lavoro stagionale a lavoro subordinato non stagionale.
Per convertire la tipologia del permesso di soggiorno di cui si è già in possesso bisogna chiedere il nulla osta allo Sportello unico per l'immigrazione e, poi, chiedere la conversione alla questura. Condizione per la conversione è che vi siano quote di ingresso previste dal decreto flussi e che il permesso di soggiorno posseduto sia in corso di validità.

§  le autorizzazioni al soggiorno di cui all'articolo 5, co. 7, del TU immigrazione (D.Lgs. n. 286 del 1998), ossia i permessi e le autorizzazioni che conferiscono il diritto a soggiornare, rilasciate dall'autorità di uno Stato membro dell’Unione europea e validi per il soggiorno in Italia;

§  i titoli di viaggio di cui all'articolo 24, D.Lgs. n. 251 del 2017 (rectius 2007), ovverosia i documenti di viaggio che la questura rilascia ai titolari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria per consentire i viaggi al di fuori del territorio nazionale, alle condizioni e nei limiti previsti dalla disposizione richiamata;

§  la validità dei nulla osta rilasciati per lavoro stagionale, di cui al comma 2 dell'articolo 24 del TU immigrazione, ai sensi del quale lo sportello unico per l'immigrazione rilascia il nulla osta al lavoro stagionale, anche pluriennale, per la durata corrispondente a quella del lavoro stagionale richiesto, non oltre venti giorni dalla data di ricezione della richiesta del datore di lavoro;

§  la validità dei nulla osta rilasciati per il ricongiungimento familiare di cui agli articoli 8, 29, 29-bis del TU immigrazione: si ricorda, in proposito, che l’ingresso dei familiari di stranieri regolarmente soggiornanti in Italia avviene previo rilascio di un visto per ricongiungimento familiare, che deve essere richiesto dallo straniero regolarmente soggiornante in Italia o al quale è stato riconosciuto lo status di rifugiato presentando la richiesta di nulla osta al ricongiungimento presso lo sportello unico per l’immigrazione. Il nulla osta è rilasciato entro novanta giorni dalla richiesta;

§  la validità dei nulla osta rilasciati per lavoro per casi particolari di cui agli articoli 27 e successivi del TU immigrazione, tra cui, a titolo esemplificativo, sono ricordati i nulla osta per ricerca, blue card, e trasferimenti infrasocietari.

 

Ai sensi del successivo comma 2-quinquies, le previsioni del comma 2-quater (ossia la proroga dell’efficacia o dei termini sino al 30 agosto 2020) si applicano, come esplicitato letteralmente, ad alcuni permessi di soggiorno che sono individuati tramite il richiamo a specifiche disposizioni di legge.

Sono richiamati in particolare:

§  l’art. 22 TUI, che disciplina la procedura per il rilascio da parte dello sportello unico per l’immigrazione del nulla-osta al lavoro subordinato che autorizza il datore di lavoro che ne fa richiesta ad assumere un lavoratore straniero residente all'estero. Tale nulla-osta, trasmesso per via telematica direttamente agli Uffici Consolari, deve essere utilizzato, ai fini del rilascio del visto entro il termine di 6 mesi dalla data di emissione (art. 22, comma 5, TUI). Il nulla-osta è condizione necessaria per chiedere il permesso di soggiorno per lavoro subordinato. La durata massima del permesso in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, è di un anno, mentre, in relazione ad un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, la durata di due anni. All’interno di tale disposizione, il comma in esame menziona, in particolare, il comma 11 dell’art. 22, ai sensi del quale il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore;

§  l’art. 24 TUI, che disciplina la procedura per il rilascio da parte dello sportello unico del nulla osta al lavoro stagionale, che permette al lavoratore di ottenere un visto per lavoro subordinato e dopo essere entrato in Italia di chiedere il permesso di soggiorno per lavoro stagionale. Il nulla osta autorizza lo svolgimento di attività lavorativa sul territorio nazionale fino ad un massimo di nove mesi in un periodo di dodici mesi (co. 7). La durata del permesso di soggiorno per lavoro stagionale non può superare la durata complessiva di nove mesi;

§  l’art. 26 TUI, che disciplina la procedura per il rilascio del visto per lavoro autonomo: il visto può essere richiesto per svolgere in Italia attività di lavoro autonomo non occasionale di carattere industriale, professionale, artigianale o commerciale; per costituire una società di capitali o di persone; per accedere a cariche societarie. Perché la rappresentanza diplomatica o consolare rilasci il visto, occorre possedere i requisiti professionali e morali richiesti dalla legge dello Stato ai cittadini italiani per l'esercizio dello stesso tipo di attività. Il relativo permesso di soggiorno per lavoro autonomo non può avere validità superiore ad un periodo di due anni (art. 5, co. 3-quater, TUI);

§  l’art. 30 TUI, che disciplina il permesso di soggiorno per motivi familiari, che ha la stessa durata del permesso di soggiorno del familiare a cui è correlato;

§  l’art. 39-bis TUI, che disciplina le modalità e i requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno per studio, la cui durata varia in relazione alla durata del corso, tirocinio, scambio formativo o convenzione in base alla quale è stato richiesto.

 

L’ultimo periodo della disposizione prevede l’applicazione della proroga anche alle richieste di conversione. Poiché i termini per la conversione dei permessi di soggiorno da studio a lavoro subordinato e da lavoro stagionale a lavoro subordinato non stagionale sono prorogati esplicitamente fino al 31 agosto ai sensi del comma 2-bis, la clausola sembrerebbe diretta a ricomprendere nella proroga (sul punto sarebbe in ogni caso opportuno un chiarimento) anche le restanti tipologie di conversione di titolo di soggiorno previste dal TU immigrazione e da altre norme speciali.

Sospensione dei procedimenti disciplinari

Il comma 5 stabilisce la sospensione fino alla data del 15 aprile 2020 dei termini dei procedimenti disciplinari del personale delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ivi inclusi quelli del personale in regime di diritto pubblico (art. 3, D.Lgs. 165/2001), pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data.

Si segnala, al riguardo, che l’articolo 37 del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, entrato in vigore mentre il D.L. n. 18 in commento è in corso di conversione, proroga il termine del 15 aprile al 15 maggio 2020.

Si osserva quindi che l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 18/2020 potrebbe determinare incertezze interpretative in merito all’applicazione delle disposizioni sulla sospensione dei termini. Alla luce di ciò, si valuti l’opportunità di coordinare il testo dell’art. 103 con quello dell’articolo 37 del decreto legge n. 23/2020.

Sospensione delle esecuzioni immobiliari

Il comma 6 sospende fino al 1° settembre 2020 l’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo (termine così riformulato al Senato rispetto all’originario 30 giugno 2020). La disposizione sospende dunque le procedure di esecuzione dello sfratto.

 

Si ricorda che in base agli articoli 657 e seguenti del codice di procedura civile, la procedura si avvia con la convalida di sfratto, che costituisce titolo esecutivo attraverso il quale promuovere l'azione esecutiva di rilascio forzoso dell'immobile. Con il provvedimento di convalida di sfratto, infatti, il tribunale ordina il rilascio dell'immobile e fissa il termine per l'esecuzione, che generalmente è di 30 giorni. Se entro detto termine lo sfrattando non ha provveduto a liberare spontaneamente l'immobile, si può promuovere l'azione esecutiva di rilascio forzoso dell'immobile in base all'art. 608 c.p.c.: l'azione di rilascio forzoso dell'immobile inizia con la notificazione, da parte dell'ufficiale giudiziario, del preavviso di rilascio, atto con il quale comunica all'inquilino la data e l'ora in cui eseguirà l'accesso forzoso presso l'immobile; la liberazione dell'immobile può essere effettuata, se necessario, con l'intervento della forza pubblica.

Sospensione della prescrizione degli illeciti amministrativi in materia di lavoro

Il comma 6-bis, introdotto nel corso dell’esame in Senato, sospende dal 23 febbraio al 31 maggio 2020 il decorso del termine di prescrizione quinquennale per la riscossione delle somme dovute a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, per i soli illeciti amministrativi in materia di lavoro e legislazione sociale.

 

Si ricorda che, in base all’art. 28 della legge n. 689 del 1981, infatti, il diritto a riscuotere le sanzioni irrogate a titolo di illecito amministrativo si prescrive in 5 anni dal giorno della commissione dell’illecito.

 

La disposizione precisa che se il decorso del termine di prescrizione inizia durante il periodo di sospensione, il termine comincia a decorrere alla scadenza del periodo. Dunque, per gli illeciti amministrativi in materia di lavoro e legislazione sociale che saranno commessi in questo periodo, la prescrizione quinquennale decorrerà dal 1° giugno 2020.

 

In relazione al campo di applicazione della disposizione, si valuti l’opportunità di specificare il campo degli illeciti per il quale viene riconosciuta la sospensione della prescrizione.

 

Durante il medesimo periodo, sono sospesi i termini previsti dall’art. 14 della legge n. 689 del 1981 per la notificazione da parte dell’amministrazione della contestazione dell’illecito.

Si ricorda che l’art. 14 della legge richiamata, laddove non sia stato possibile contestare immediatamente al trasgressore la violazione, fissa in 90 giorni (360 giorni per i residenti all’estero) il termine a disposizione dell’amministrazione per procedere alla contestazione dell’addebito con notificazione degli estremi della violazione. Quando gli atti relativi alla violazione sono trasmessi all'autorità competente con provvedimento dell'autorità giudiziaria, i termini decorrono non dall’accertamento ma dalla data della ricezione degli atti da parte dell’autorità giudiziaria. L'obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per la persona nei cui confronti è stata omessa la notificazione nel termine prescritto.

In merito, si osserva che la sospensione dei termini del procedimento amministrativo – tra i quali rientrano i termini del procedimento amministrativo sanzionatorio disciplinato dalla legge n. 689/81 - è già prevista, in generale, dal comma 1 dell’art. 103.


 

Articolo 103-bis
(Proroga della scadenza delle certificazioni e dei collaudi dei motopescherecci)

 

 

L’articolo 103-bis, introdotto dal Senato, proroga al 31 dicembre 2020 tutte le certificazioni e i collaudi dei motopescherecci adibiti alla pesca professionale e delle navi, prevendendo, altresì, che tutti i contratti di arruolamento dei membri dell’equipaggio siano stipulati, fino al 31 agosto 2020, dal comandante o dall’armatore della nave.

 

 

L’articolo 103-bis, introdotto dal Senato, prevede la proroga al 31 dicembre 2020 di tutte le certificazioni e i collaudi dei motopescherecci adibiti alla pesca professionale nonché delle unità indicate di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 novembre 1991, n. 435, in scadenza in data successiva al 30 gennaio 2020 e fino alla data del 30 settembre 2020.

Si prevede poi che, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge e fino alla data del 31 agosto 2020, in deroga all'articolo 328 del codice della navigazione, tutti i contratti di arruolamento dei membri dell'equipaggio o del personale dei servizi ausiliari di bordo vengano stipulati dal comandante della nave ovvero dall'armatore o da un suo procuratore nelle forme di cui all'articolo 329 del codice della navigazione. Resta fermo l'obbligo di procedere alle annotazioni ed alle convalide previste.

 

L'articolo 328 del Codice della navigazione, (Forma del contratto), prevede che salvo quanto disposto nei successivi articoli, il contratto di arruolamento deve, a pena di nullità, essere fatto per atto pubblico. Il contratto deve, parimenti a pena di nullità, essere annotato dalle autorità sul ruolo di equipaggio o sulla licenza. Prima della sottoscrizione, il contratto deve essere letto e spiegato al marittimo; l'adempimento di tale formalità risultare nel contratto stesso.

L'articolo 329 del Codice (Stipulazione del contratto in località estera dove non vi sia autorità consolare) prevede che se l'arruolamento ha luogo all'estero, in località che non è sede di autorità consolare, il contratto deve, a pena di nullità, essere stipulato per iscritto, alla presenza di due testimoni, i quali vi appongono la propria sottoscrizione. Il contratto è conservato fra i documenti di bordo.

L'articolo 357. (Annotazioni relative alle persone arruolate) dall'articolo 357, comma 3, del Regolamento di esecuzione del Codice della navigazione, prevede che relativamente all'indicazione di cui al n. 5 dell'articolo 170 del codice, il ruolo di equipaggio deve anche contenere, per ciascuna persona arruolata, il nome, il compartimento d'iscrizione e il numero di matricola, la data e il luogo di imbarco e sbarco, la firma di chi effettua il movimento e il timbro d'ufficio. Quando la retribuzione è convenuta nelle forme indicate dalle lettere c) e d) del secondo comma dell'articolo 325 del codice si deve indicare sul ruolo la parte spettante all'arruolato in rapporto al numero totale delle parti convenuto e specificare gli altri elementi fissi della retribuzione. Le stesse annotazioni si effettuano sulla licenza delle navi minori ai fini dell'applicazione degli articoli 172, 330 e 1287 del codice stesso. I contratti di arruolamento stipulati in località estera dove non sia autorità consolare sono annotati sul ruolo di equipaggio dal comandante della nave e convalidati dalla autorità marittima o consolare nel primo porto in cui abbia sede una di tali autorità.

 

 

 

 


 

Articolo 104
(Proroga della validità dei documenti di riconoscimento)

 

 

L’articolo 104, riformulato nel corso dell’esame al Senato, proroga fino al 31 agosto 2020 la validità dei documenti di riconoscimento e di identità con scadenza dal 31 gennaio 2020. Resta ferma, invece, la data di scadenza indicata nel documento ai fini dell’espatrio.

 

Come esplicitato nella relazione illustrativa, la misura ha la funzione di “evitare l'aggregazione di persone negli spazi degli uffici aperti al pubblico che non consentono di rispettare agevolmente una adeguata distanza interpersonale, con l'effetto di ridurre l’esposizione al rischio di contagio”.

 

Il testo originario della disposizione stabilisce la proroga per i documenti “scaduti o in scadenza successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge” (17 marzo 2020). La riformulazione introdotta al Senato specifica con maggior dettaglio il dies a quo, escludendo che possano ritenersi prorogate scadenze precedenti alla dichiarazione dello stato di emergenza (31 gennaio 2020).

Pertanto, ai sensi della disposizione sono oggetto di proroga solo i documenti che riportino scadenza tra il 31 gennaio e il 30 agosto 2020, mentre per i documenti con scadenza dal 31 agosto 2020 è mantenuta la validità ordinaria.

 

I documenti la cui validità è prorogata – indicati mediante rinvio alle definizioni del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (art. 1, co. 1, lett. c), d) ed e) del d.P.R. 445/2000) – sono:

a)   ogni documento munito di fotografia del titolare e rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, da una pubblica amministrazione italiana o di altri Stati, che consenta l'identificazione personale del titolare (documento di riconoscimento);

b)   la carta d’identità ed ogni altro documento munito di fotografia del titolare e rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, da una pubblica amministrazione competente dello Stato italiano o di altri Stati, con la finalità prevalente di dimostrare l’identità personale del suo titolare;

c)   il documento analogo alla carta d’identità elettronica rilasciato dal comune fino al compimento del quindicesimo anno di età.

 

Si ricorda, in particolare, che sono equipollenti alla carta di identità (ai sensi dell’articolo 35, co. 2, D.P.R. 445 del 2000):

§  il passaporto

§  la patente di guida,

§  la patente nautica,

§  il libretto di pensione,

§  il patentino di abilitazione alla conduzione di impianti termici,

§  il porto d’armi,

§  le tessere di riconoscimento, purché munite di fotografia e di timbro o di altra segnatura equivalente, rilasciate da un'amministrazione dello Stato.

 

Con riferimento alla validità dei documenti, in particolare si ricorda che la carta di identità, ivi inclusa la carta d’identità elettronica (CIE), ha durata di dieci anni. Per i minori di età inferiore a tre anni, la validità della carta d’identità è di tre anni; mentre per i minori di età compresa fra tre e diciotto anni, la validità è di cinque anni.

La carta d’identità è titolo valido per l'espatrio anche per motivi di lavoro negli Stati membri dell'Unione europea e in quelli con i quali vigono, comunque, particolari accordi internazionali (si cfr. area Schengen).

Non rientrano nella definizione di documenti di identità e di riconoscimento le tessere sanitarie, che sono state oggetto di diversa disposizione.

 

Si ricorda, infatti, che l'articolo 12 del D.L. 9/2020 ha prorogato al 30 giugno 2020 la scadenza delle tessere sanitarie aventi una scadenza precedente a tale data. La proroga opera anche per la componente della Carta Nazionale dei Servizi (TS-CNS), ma non è efficace per la Tessera europea di assicurazione malattia, riportata sul retro della Tessera Sanitaria medesima.


 

Articolo 105
(
Ulteriori misure per il settore agricolo)

 

 

L'articolo 105 interviene sulla disciplina che consente di individuare le prestazioni che esulano dal mercato del lavoro nel settore agricolo. In particolare, si prevede che, con specifico riguardo alle attività agricole, non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti e affini sino al sesto grado in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori.

Le disposizioni introdotte dal Senato consentono al proprietario, al conduttore o al detentore di terreni sui quali insistono piante infettate dagli organismi nocivi da quarantena lo spostamento scadenzato in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, al fine di dare attuazione alle misure fitosanitarie ufficiali e ad ogni altra attività ad esse connessa disposte dai provvedimenti di emergenza fitosanitaria (comma 1-bis).

Esse consentono altresì la cura e la pulizia dei terreni coltivati o non coltivati, al fine di evitare il rischio di incendio derivante dalla mancata loro mancata cura. A tal fine, è permesso al proprietario, al conduttore o al detentore di tali terreni lo spostamento scadenzato in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano (comma 1-ter).

In base al comma 1-quater l'attuazione delle suddette misure rientra nei casi di comprovate esigenze lavorative ovvero di assoluta urgenza che non ricadono nel generale divieto di spostamento o trasferimento da un comune all'altro sull'intero territorio nazionale.

Il comma 1-quinquies estende, fino al termine dell'emergenza sanitaria derivante dalla diffusione del virus Covid-19, l'applicazione della disciplina che esclude - a determinate condizioni - la configurabilità di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato anche alle prestazioni effettuate da soggetti che offrono aiuto e sostegno alle aziende agricole situate nelle zone montane.

 

L'articolo 74 del d.lgs. 276/2003 aveva previsto che, con specifico riguardo alle attività agricole, non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti e affini sino al quarto grado in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori.

Il comma 1 novella quindi la predetta disposizione, estendendo il rapporto di parentela o affinità dei prestatori interessati fino al sesto grado.

Agli oneri derivanti dalla suddetta novella si provvede ai sensi dell’articolo 126.

 

I commi da 1-bis a 1-quinquies sono stati inseriti dal Senato.

 

Il comma 1-bis consente al proprietario, al conduttore o al detentore, a qualsiasi titolo, di terreni sui quali insistono piante infettate dagli organismi nocivi da quarantena, ovvero ai lavoratori da tali soggetti delegati, lo spostamento scadenzato in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano al fine di dare attuazione alle misure fitosanitarie ufficiali ed ad ogni altra attività ad esse connessa disposte dai provvedimenti di emergenza fitosanitaria di cui all'articolo 18-bis del d.lgs. n. 214/2005.

 

L’articolo 18-bis del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214 – recante attuazione della direttiva 2002/89/CE sulle misure di protezione contro l’individuazione e la diffusione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali - è stato introdotto dall'art. 8, comma 1, D.L. n. 27/2019 (L. n. 44/2019).

Il comma 1 dispone che le misure fitosanitarie ufficiali e ogni altra attività connessa, compresa la distruzione delle piante contaminate, incluse quelle aventi carattere monumentale, sono attuate in deroga ad ogni disposizione vigente, ivi incluse quelle di natura vincolistica, nei limiti e secondo i criteri indicati nei provvedimenti di emergenza fitosanitaria

La disposizione prosegue prevedendo che, in presenza di misure di emergenza fitosanitaria che prevedono la rimozione delle piante in un dato areale, può essere consentito di non rimuovere le piante monumentali o di interesse storico se non è accertata la presenza dell’infezione.

Il comma 2 del medesimo articolo 18-bis prevede che il proprietario, il conduttore o il detentore, a qualsiasi titolo, di terreni sui quali sono riscontrate piante infette da organismi nocivi da quarantena in caso di mancata esecuzione delle prescrizioni di estirpazione di piante infette dagli organismi nocivi, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 516 a euro 30.000. Gli ispettori fitosanitari o il personale di supporto, procedono all’estirpazione coattiva delle piante. Chiunque impedisce l’estirpazione coattiva è soggetto alla sanzione di cui al primo periodo, aumentata del doppio.

Il comma 3 dello stesso articolo 18-bis dispone che, in applicazione dell’art. 21-bis della legge n. 241 del 1990, la comunicazione dei provvedimenti di emergenza fitosanitaria, che dispongono le misure fitosanitarie obbligatorie, può essere effettuata anche mediante forme di pubblicità idonee, secondo le modalità e i termini stabiliti dal Servizio fitosanitario competente per territorio. La medesima disposizione prevede altresì che, effettuate le forme di pubblicità di cui sopra, gli ispettori o gli agenti fitosanitari ed il personale di supporto muniti di autorizzazione del Servizio fitosanitario, ai fini dell’esercizio delle loro attribuzioni, accedono comunque ai fondi nei quali sono presenti piante infettate dagli organismi nocivi, al fine di attuare le misure fitosanitarie di emergenza. A tale scopo, i Servizi fitosanitari competenti per territorio possono chiedere l’ausilio della forza pubblica.

Il comma 4 dell'articolo 18-bis dispone che all’attuazione di quanto previsto dal predetto articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Il comma 1-ter consente al proprietario, al conduttore o al detentore, a qualsiasi titolo, di terreni coltivati o non coltivati, ovvero ai lavoratori da tali soggetti delegati, lo spostamento scadenzato in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano per provvedere alla cura e alla pulizia dei detti terreni, al fine di evitare il rischio di incendio derivante dalla mancata cura.

Il comma 1-quater prevede che l'attuazione delle misure e delle attività suddette rientri nei casi di comprovate esigenze lavorative ovvero di assoluta urgenza di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b) del DPCM 22 marzo 2020, pubblicato nella GU n. 76 del 22 marzo 2020.

 

L'articolo 1, comma 1, lettera b) del DPCM 22 marzo 2020, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19, ha fatto divieto sull'intero territorio nazionale a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute.

 

Il comma 1-quinquies estende, fino al termine dell'emergenza sanitaria derivante dalla diffusione del virus Covid-19, l'applicazione del richiamato articolo 74 del d.lgs. n. 276/2003 anche a soggetti che offrono aiuto e sostegno alle aziende agricole situate nelle zone montane.

Tali soggetti non rientrano nella definizione di lavoratore recata dall'articolo 2, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 81/2008.

 

In base a tale disposizione, è «lavoratore» la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell'ente stesso; l'associato in partecipazione di cui all'articolo 2549, e seguenti del codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro; l'allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l'allievo sia effettivamente applicato alle strumentazioni o ai laboratori in questione; i volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile; il lavoratore di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468.

 

A tal fine, è novellato l'articolo 18 della L. n. 97/1994 mediante inserimento di un comma 3-bis.


 

Articolo 106
(Norme in materia di svolgimento delle assemblee di società)

 

 

L'articolo 106 stabilisce norme applicabili alle assemblee sociali convocate entro il 31 luglio 2020 ovvero fino alla data (se successiva) in cui resterà in vigore lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza della epidemia da COVID-19 (comma 7). Il comma 1, posticipa il termine entro il quale l'assemblea ordinaria delle S.p.A. e s.r.l. dev'essere necessariamente convocata (da centoventi a centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio). Il comma 2 consente un più ampio ricorso ai mezzi di telecomunicazione per lo svolgimento delle assemblee, anche in deroga alle disposizioni statutarie. In aggiunta, con esclusivo riferimento alle s.r.l., il comma 3 consente che l’espressione del voto avvenga mediante consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto. I commi 4 e 5 mirano a incentivare un più ampio ricorso al conferimento di deleghe di voto ai rappresentanti designati da società con azioni quotate nei mercati regolamentati, ammesse alla negoziazione su sistemi multilaterali di negoziazione o diffuse fra il pubblico in misura rilevante. Il comma 6 prevede che anche le banche popolari, le banche di credito cooperativo, le società cooperative e le mutue assicuratrici, in deroga alle disposizioni legislative e statutarie che prevedono limiti al numero di deleghe conferibili ad uno stesso soggetto, possano designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante previsto dall’articolo 135-undecies del TUF. Il comma 8, infine, dispone che per le società a controllo pubblico l’applicazione delle disposizioni dell'articolo in esame non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

L'articolo 106 stabilisce norme applicabili alle assemblee sociali convocate entro il 31 luglio 2020 ovvero entro la data, se successiva, fino alla quale resterà in vigore lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all'insorgenza della epidemia da COVID-19 (comma 7).

 

Il comma 1, in deroga a quanto previsto rispettivamente per le società per azioni (S.p.A.) e per le società a responsabilità limitata (s.r.l.) dagli articoli 2364, secondo comma, e 2478-bis, del codice civile o alle diverse disposizioni statutarie, posticipa il termine entro il quale l'assemblea ordinaria dev'essere necessariamente convocata (da centoventi a centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio).

 

Il comma 2 consente un più ampio ricorso ai mezzi di telecomunicazione per lo svolgimento delle assemblee, anche in deroga alle disposizioni statutarie. In particolare, viene stabilito che le S.p.A., le società in accomandita per azioni (S.a.p.A.), le s.r.l. e le società cooperative e le mutue assicuratrici, anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie, con l’avviso di convocazione delle assemblee ordinarie o straordinarie possono prevedere che:

§  il voto venga espresso in via elettronica o per corrispondenza;

§  l'intervento all'assemblea avvenga mediante mezzi di telecomunicazione;

§  l’assemblea si svolga, anche esclusivamente, mediante mezzi di telecomunicazione che garantiscano l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2370, quarto comma, 2479-bis, quarto comma, e 2538, sesto comma, codice civile senza in ogni caso la necessità che si trovino nel medesimo luogo, ove previsti, il presidente, il segretario o il notaio.

In aggiunta, con esclusivo riferimento alle s.r.l., il comma 3 consente che l’espressione del voto avvenga mediante consultazione scritta o per consenso espresso per iscritto.

I commi 4 e 5 dell'articolo 106 mirano a incentivare un più ampio ricorso alle deleghe di voto per l'esercizio dei relativi diritti nell'assemblea delle società con azioni quotate nei mercati regolamentati, ammesse alla negoziazione su sistemi multilaterali di negoziazione o diffuse fra il pubblico in misura rilevante.

L'articolo 135-undecies del decreto legislativo n. 58 del 1998 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria - TUF) dispone che, salvo diversa previsione statutaria, le società con azioni quotate in mercati regolamentati designano per ciascuna assemblea un soggetto al quale i soci possono conferire, entro la fine del secondo giorno di mercato aperto precedente la data fissata per l'assemblea, anche in convocazione successiva alla prima, una delega con istruzioni di voto su tutte o alcune delle proposte all'ordine del giorno. La delega ha effetto per le sole proposte in relazione alle quali siano conferite istruzioni di voto, è sempre revocabile (così come le istruzioni di voto) ed è conferita, senza spese per il socio, mediante la sottoscrizione di un modulo il cui contenuto è disciplinato dalla Consob con regolamento. Il conferimento della delega non comporta spese per il socio. Le azioni per le quali è stata conferita la delega, anche parziale, sono computate ai fini della regolare costituzione dell'assemblea mentre con specifico riferimento alle proposte per le quali non siano state conferite istruzioni di voto, le azioni non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta per l'approvazione delle delibere. Il soggetto designato come rappresentante è tenuto a comunicare eventuali interessi che, per conto proprio o di terzi, abbia rispetto alle proposte di delibera all'ordine del giorno. Mantiene altresì la riservatezza sul contenuto delle istruzioni di voto ricevute fino all'inizio dello scrutinio, salva la possibilità di comunicare tali informazioni ai propri dipendenti e ausiliari, i quali sono soggetti al medesimo dovere di riservatezza. In forza della delega contenuta nei commi 2 e 5 dell'articolo 135-undecies del TUF la Consob ha disciplinato con regolamento alcuni elementi attuativi della disciplina appena descritta. In particolare, l'articolo 134 del regolamento Consob n. 11971/1999 ("regolamento emittenti") stabilisce le informazioni minime da indicare nel modulo e consente al rappresentante che non si trovi in alcuna delle condizioni di conflitto di interessi previste nell'articolo 135-decies del TUF, ove espressamente autorizzato dal delegante, di esprimere un voto difforme da quello indicato nelle istruzioni nel caso si verifichino circostanze di rilievo, ignote all'atto del rilascio della delega e che non possono essere comunicate al delegante, tali da far ragionevolmente ritenere che questi, se le avesse conosciute, avrebbe dato la sua approvazione, ovvero in caso di modifiche o integrazioni delle proposte di deliberazione sottoposte all'assemblea.

 

Per effetto del comma 4 dell'articolo 106, le società con azioni quotate in mercati regolamentati possono designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante al quale i soci possono conferire deleghe con istruzioni di voto su tutte o alcune delle proposte all'ordine del giorno, anche ove lo statuto disponga diversamente. Le medesime società possono altresì prevedere nell’avviso di convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il rappresentante designato, al quale possono essere conferite anche deleghe o sub-deleghe ai sensi dell’articolo 135-novies del TUF, che detta le regole generali (e meno stringenti) applicabili alla rappresentanza in assemblea, in deroga all’articolo 135-undecies, comma 4, del TUF che, invece, in ragione della specifica condizione del rappresentante designato dalla società, esclude la possibilità di potergli conferire deleghe se non nel rispetto della più rigorosa disciplina prevista dall'articolo 135-undecies stesso. Per effetto del comma 5, le disposizioni di cui al comma 4 sono applicabili anche alle società ammesse alla negoziazione su un sistema multilaterale di negoziazione e alle società con azioni diffuse fra il pubblico in misura rilevante.

 

Il comma 6 prevede che anche le banche popolari, le banche di credito cooperativo, le società cooperative e le mutue assicuratrici, in deroga alle disposizioni legislative e statutarie che prevedono limiti al numero di deleghe conferibili ad uno stesso soggetto, possano designare per le assemblee ordinarie o straordinarie il rappresentante previsto dall’articolo 135-undecies del TUF. Le medesime società possono altresì prevedere nell’avviso di convocazione che l’intervento in assemblea si svolga esclusivamente tramite il predetto rappresentante designato. Viene tuttavia esclusa l'applicabilità del comma 5 dell'articolo 135-undecies del TUF, per cui viene esclusa la possibilità di esprimere un voto difforme rispetto alle istruzioni impartite dal delegante. Il termine per il conferimento della delega è fissato al secondo giorno precedente la data di prima convocazione dell’assemblea.

La possibilità di designare un rappresentante che raccolga un numero indefinito di deleghe viene prevista in deroga all’articolo 150-bis, comma 2-bis, del decreto legislativo n. 385 del 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB), ai sensi del quale lo statuto delle banche popolari determina il numero massimo (comunque non superiore a 20) di deleghe che possono essere conferite a un socio; all'articolo 135-duodecies del TUF, che esclude l'applicabilità alle società cooperative della disciplina sulle deleghe di voto; all’articolo 2539, primo comma, del codice civile, che, con riferimento alle banche di credito cooperativo stabilisce che ciascun socio può rappresentare fino a 10 soci, nonché alle disposizioni statutarie che prevedono un limite al numero di deleghe che possono essere conferite a un medesimo soggetto.

 

Il comma 8, infine, dispone che per le società a controllo pubblico di cui all’articolo 2, comma 1, lettera m), del decreto legislativo n. 175 del 2016, l’applicazione delle disposizioni dell'articolo in esame non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

Articolo 107
(Differimento di termini amministrativo-contabili)

 

 

L’articolo 107 reca una serie di disposizioni volte a prorogare i termini relativi ad alcuni adempimenti contabili degli enti ed organismi pubblici e degli enti territoriali, in considerazione della situazione straordinaria di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell’epidemia da COVID-19 e della necessità di alleggerire i carichi amministrativi di tali enti.

In particolare, il comma 1, modificato al Senato, reca la proroga al 30 giugno 2020 del termine di adozione dei rendiconti o dei bilanci di esercizio relativi all’annualità 2019 degli enti ed organismi pubblici, diversi dalle società, e degli enti territoriali, ordinariamente fissato al 30 aprile. Per le regioni e le province autonome i termini per l'approvazione del rendiconto 2019 da parte della Giunta e del Consiglio sono rinviati, rispettivamente, al 30 giugno 2020 e al 30 settembre 2020.

Il comma 2, modificato al Senato, dispone il differimento al 31 luglio 2020 del termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2020–2022 degli enti locali, anche ai fini della contestuale deliberazione di controllo a salvaguardia degli equilibri di bilancio.

Il comma 3 dispone il differimento al 31 maggio 2020 dei termini per l’adozione dei bilanci di esercizio dell’anno 2019 previsti per gli enti del settore sanitario. Sono altresì differiti i termini entro cui la giunta approva i bilanci d'esercizio dell’anno 2019 dei suddetti enti ed il bilancio consolidato dell’anno 2019 del Servizio sanitario regionale, ora fissati, rispettivamente, al 30 giugno e al 31 luglio 2020.

Il comma 4 differisce dal 30 aprile al 30 giugno 2020 il termine per la determinazione delle tariffe della Tari e della tariffa corrispettiva. Il comma 5 consente inoltre ai comuni di approvare le tariffe della TARI e della tariffa corrispettiva adottate per l’anno 2019 anche per l’anno 2020, provvedendo successivamente all’approvazione del piano economico finanziario del servizio rifiuti per il 2020.

Il comma 6 dispone il differimento al 30 settembre 2020 del termine per la deliberazione del Documento unico di programmazione degli enti locali, ordinariamente fissato al 31 luglio di ciascun anno.

I commi da 7 a 9 recano il rinvio di una serie di termini inerenti la procedura di dissesto finanziario e la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale degli enti locali.

Il comma 10, come riformulato al Senato, stabilisce la sospensione fino al 31 agosto 2020 di alcuni termini relativi alle procedure di scioglimento dei consigli comunali e provinciali sia nelle ipotesi ordinarie, indicate dall’articolo 141 del TUEL, sia nei casi di scioglimento conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, indicate dall’articolo 143. Per il periodo successivo, fino al 31 dicembre 2020, il comma dispone inoltre un ampliamento dei medesimi termini, rispetto a quanto ordinariamente previsto dal TUEL (D.Lgs. n. 267/2000).

 

Differimento termini adozione dei rendiconti o dei bilanci di esercizio enti pubblici ed enti locali (comma 1)

Il comma 1 reca il differimento del termine di adozione dei rendiconti o dei bilanci di esercizio relativi all’annualità 2019, ordinariamente fissato al 30 aprile:

a)   al 30 giugno 2020 per gli enti ed organismi pubblici diversi dalle società - per le quali si applicano le norme civilistiche – che sono destinatari delle disposizioni del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91 (recante le norme di adeguamento e di armonizzazione dei sistemi contabili delle amministrazioni pubbliche non territoriali).

È altresì prorogato il termine di approvazione dei rendiconti o dei bilanci di esercizio 2019 degli enti o organismi pubblici vigilati da tali enti, che sono sottoposti ad approvazione da parte dell’amministrazione vigilante competente, dal 30 giugno al 30 settembre 2020.

Tali termini, si rammenta, sono ordinariamente previsti dall’articolo 24 del D.Lgs. n. 91/2011, il quale fissa al 30 aprile dell'anno successivo il termine per l’approvazione del rendiconto o del bilancio di esercizio delle amministrazioni pubbliche (salvo il termine previsto per il rendiconto generale dello Stato, fissato entro il mese di giugno, ai sensi dell’articolo 35 della legge di contabilità e finanza pubblica) ed al 30 giugno il termine entro il quale l'Amministrazione vigilante competente provvede ad approvare il rendiconto o il bilancio di esercizio degli enti da essa vigilati;

b)   al 30 giugno 2020 per gli enti locali e i loro organismi strumentali (in luogo del 31 maggio 2020 previsto nel testo iniziale del decreto-legge).

La proroga riguarda tutti gli enti destinatari delle disposizioni del Titolo I del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, vale a dire, Comuni, Province, Città metropolitane, Comunità montane, Comunità isolane e unioni di comuni, e i loro enti e organismi strumentali.

Per le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano si dispone, a seguito delle modifiche approvate al Senato, il rinvio al 30 giugno 2020 (in luogo del 31 maggio 2020 previsto nel testo iniziale del decreto-legge) del termine per l’approvazione preventiva del rendiconto da parte della Giunta e al 30 settembre 2020 quello per l’approvazione del rendiconto da parte del Consiglio.

Ai sensi dell’articolo 18 del D.Lgs. n. 118/2011 (recante l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi), i termini di approvazione dei rendiconti per gli enti locali sono ordinariamente fissati entro il 30 aprile dell'anno successivo. Per le regioni è previsto che esse approvano il rendiconto entro il 31 luglio dell'anno successivo, con preventiva approvazione da parte della giunta entro il 30 aprile, per consentire la parifica delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.

Come specificato nella Relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, tale misura di proroga si rende necessaria in relazione agli inevitabili rallentamenti che si stanno registrando nelle attività dei suddetti enti - in particolare di quelle che non riguardano l’erogazione di servizi essenziali, tra le quali rientrano pure le attività amministrativo-contabili necessarie a consentire la chiusura dei conti dell’esercizio 2019 e la predisposizione dei rendiconti annuali - i quali, al fine di ottemperare alle disposizioni emanate dal Governo e dalle Regioni per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica, stanno adottando misure eccezionali volte ad estendere lo smart working, a favorire la fruizione di periodi di congedo e ferie per decongestionare la presenza negli uffici e tutelare la salute e la sicurezza dei dipendenti e dei loro familiari.

Differimento del termine per deliberazione del bilancio di previsione enti locali (comma 2)

Per la medesima finalità di alleggerire i carichi amministrativi degli enti locale, il comma 2, come modificato al Senato, dispone il differimento al 31 luglio 2020 del termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2020–2022 degli enti locali, ordinariamente fissato al 31 dicembre dell’anno precedente dall’articolo 151 del TUEL (Testo unico dell’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000).

Si rammenta che il testo originario del decreto-legge prevede il differimento al 31 maggio.

Con riferimento all’esercizio finanziario 2020, si ricorda, altresì, che il termine di approvazione del bilancio di previsione era già stato differito al 31 marzo 2020 con il decreto del Ministro dell’interno del 13 dicembre 2019.

 

Il comma 2 precisa inoltre, secondo l'integrazione introdotta al Senato, che il differimento al 31 luglio del termine per la deliberazione del bilancio di previsione è disposto anche ai fini della contestuale deliberazione di controllo a salvaguardia degli equilibri di bilancio a tutti gli effetti di legge.

Si rammenta, infatti, che ai sensi dell’articolo 193, comma 2, del TUEL, con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente locale, e comunque almeno una volta entro il 31 luglio di ciascun anno, l'organo consiliare provvede con delibera a dare atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, ad adottare, contestualmente:

a) le misure necessarie a ripristinare il pareggio qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di gestione o di amministrazione, per squilibrio della gestione di competenza, di cassa ovvero della gestione dei residui;

b) i provvedimenti per il ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio, di cui all'art. 194;

c) le iniziative necessarie ad adeguare il fondo crediti di dubbia esigibilità accantonato nel risultato di amministrazione in caso di gravi squilibri riguardanti la gestione dei residui.

La deliberazione è allegata al rendiconto dell'esercizio relativo.

Differimento termini adozione bilanci di esercizio enti settore sanitario (comma 3)

Il comma 3 reca il differimento al 31 maggio 2020 dei termini per l’adozione dei bilanci di esercizio dell’anno 2019, previsti dall’articolo 31 del D.Lgs. n. 118/2011 per gli enti del settore sanitario.

Tali termini, si rammenta, sono fissati dal citato articolo 31 del D.Lgs. n. 118/2011 al 30 aprile dell'anno successivo, sia per l’adozione da parte del direttore generale dei bilanci di esercizio degli enti di cui alla lettera c) del comma 2 dell'articolo 19 (aziende sanitarie locali; aziende ospedaliere; istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, anche se trasformati in fondazioni; aziende ospedaliere universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale) sia per i bilanci di esercizio delle regioni, per la parte del finanziamento del servizio sanitario, regionale direttamente gestito - qualora le singole regioni esercitino la scelta di gestire direttamente presso la regione una quota del finanziamento del proprio servizio sanitario, di cui alla lettera b), punto i), del comma 2 dell'articolo 19, la cui adozione spetta al responsabile della gestione sanitaria accentrata presso la regione.

Di conseguenza, il comma 3 in esame interviene altresì a differire i termini entro cui la giunta approva i bilanci d'esercizio dell’anno 2019 dei suddetti enti ed il bilancio consolidato dell’anno 2019 del Servizio sanitario regionale, fissandoli, rispettivamente al 30 giugno e al 31 luglio 2020, in luogo del 31 maggio e 30 giugno previsti dalla normativa vigente, di cu all’articolo 32, comma 7, del D.Lgs. n. 118/2011.

Differimento del termine per la determinazione delle tariffe della Tari (comi 4-5)

Il comma 4 differisce al 30 giugno 2020 il termine per la determinazione delle tariffe della Tari e della tariffa corrispettiva, attualmente fissato al 30 aprile dall’articolo 1, comma 683-bis, della legge 27 dicembre 2013, n.147.

Si rammenta che il citato comma 683-bis, della legge 27 dicembre 2013, n.147, inserito dall'articolo 57-bis, comma 1, lett. b) del D.L. n. 124/2019 (decreto fiscale), prevede per l'anno 2020, in considerazione della necessità di acquisire il piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, che i comuni, in deroga alla normativa vigente, approvano le tariffe e i regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva entro il 30 aprile, anziché collegarlo alla data di deliberazione del bilancio di previsione. La deroga è legata, si ricorda, alla recente emanazione della prima direttiva ARERA sui costi del servizio rifiuti in base alla quale dovranno essere formulati o riformulati i piani finanziari relativi al 2020 e si applica anche in caso di esigenze di modifica a provvedimenti già deliberati.

 

Il successivo comma 5 consente ai comuni di approvare le tariffe della TARI e della tariffa corrispettiva adottate per l’anno 2019 anche per l’anno 2020, provvedendo successivamente, entro il 31 dicembre 2020, alla determinazione ed approvazione del Piano economico finanziario del servizio rifiuti (PEF) per il 2020. L’eventuale conguaglio tra i costi risultanti dal PEF per il 2020 ed i costi determinati per l’anno 2019 può essere ripartito in tre anni, a decorrere dal 2021.

Tale facoltà è concessa in deroga alle disposizioni vigenti, di cui all’articolo 1, commi 654 e 683, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che prevedono l'obbligo di assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio nonché l'obbligo di approvare le tariffe della TARI in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani e le aliquote della TASI entro il termine fissato dalle norme statali per l'approvazione del bilancio di previsione.

Differimento dei termini di presentazione del DOCUP enti locali (comma 6)

Il comma 6 dispone il differimento al 30 settembre 2020 del termine per la deliberazione del Documento unico di programmazione degli enti locali, ordinariamente fissato al 31 luglio di ciascun anno dall'articolo 170, comma 1, del TUEL.

 

I termini per la deliberazione del Documento unico di programmazione sono stabiliti dall’articolo 170 del TUEL, che ne prevede la presentazione da parte della Giunta al Consiglio, per le conseguenti deliberazioni, entro il 31 luglio di ciascun anno. Entro il 15 novembre, con lo schema di delibera del bilancio di previsione finanziario, la Giunta presenta al Consiglio la nota di aggiornamento del Documento unico di programmazione.

Si rammenta che il Documento unico di programmazione costituisce la guida strategica ed operativa dell'ente, ed è presupposto indispensabile per l'approvazione del bilancio di previsione. Il documento è predisposto nel rispetto di quanto previsto dal principio applicato della programmazione di cui all'allegato n. 4/1 del decreto legislativo n. 118/2011, che riguarda il principio contabile applicato concernente la programmazione di bilancio. Si compone di due sezioni: la Sezione strategica e la Sezione operativa. La prima ha un orizzonte temporale di riferimento pari a quello del mandato amministrativo, la seconda pari a quello del bilancio di previsione.

Rinvio dei termini relativi alla procedura di dissesto e di riequilibrio finanziario pluriennale enti locali (commi 7-9)

Il comma 7 rinvia al 30 giugno 2020 una serie di termini inerenti la procedura di dissesto finanziario e la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale degli enti locali.

In particolare, sono rinviati a tale data i termini per:

c)   la trasmissione della deliberazione dello stato di dissesto al Ministero dell'interno ed alla Procura regionale presso la Corte dei conti competente per territorio, di cui all'articolo 246, comma 2, del TUEL.

Si ricorda che lo stato di dissesto finanziario si ha quando l’ente locale non è più in grado di svolgere le proprie funzioni e di erogare servizi indispensabili o non è in grado di assolvere a debiti liquidi ed esigibili. La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario è adottata dal consiglio dell'ente locale. In base al citato art. 246, comma 2, la deliberazione dello stato di dissesto deve essere trasmessa entro 5 giorni dalla data di esecutività, al Ministero dell'interno ed alla Procura regionale presso la Corte dei conti competente per territorio, unitamente alla relazione dell'organo di revisione;

d)   la deliberazione relativa alla attivazione delle entrate proprie, prevista dall'articolo 251, comma 1, del TUEL.

Nella prima riunione successiva alla dichiarazione di dissesto e comunque entro trenta giorni dalla data di esecutività della delibera, il consiglio dell'ente è tenuto a deliberare per le imposte e tasse locali di spettanza dell'ente dissestato, diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita, nonché i limiti reddituali, agli effetti dell'applicazione dell'imposta comunale per l'esercizio di imprese, arti e professioni, che determinano gli importi massimi del tributo dovuto;

e)   la presentazione al Ministro dell'interno di una ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato da parte dell’ente locale in stato di dissesto, prevista dall'articolo 259, comma 1, del TUEL.

Il citato art. 259, comma 1, dispone che il Consiglio dell'ente locale in stato di dissesto è tenuto a presentare al Ministro dell'interno un'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato entro il termine perentorio di tre mesi dalla data di emanazione del decreto del Presidente della Repubblica di nomina dell’organo straordinario di liquidazione;

f)    la presentazione di una nuova ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, prevista dall'articolo 261, comma 4, del TUEL, nel caso di parere negativo da parte della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali sull'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato presentata dal Consiglio.

Si rammenta che l'ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato presentata dal Consiglio è istruita dalla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, che deve esprime un parere sulla validità delle misure disposte dall'ente per consolidare la propria situazione finanziaria e sulla capacità delle misure stesse di assicurare stabilità alla gestione finanziaria dell'ente medesimo. In caso di esito positivo dell'esame, la Commissione sottopone l'ipotesi all'approvazione del Ministro dell'interno; in caso di esito negativo dell'esame da parte della Commissione il Ministro dell'interno emana un provvedimento di diniego dell'approvazione, prescrivendo all'ente locale di presentare, previa deliberazione consiliare, entro l'ulteriore termine perentorio di quarantacinque giorni decorrenti dalla data di notifica del provvedimento di diniego, una nuova ipotesi di bilancio idonea a rimuovere le cause che non hanno consentito il parere favorevole;

g)   la deliberazione del bilancio di previsione stabilmente riequilibrato, prevista dall'articolo 264, comma 1, del TUEL.

In base alla disposizione citata, a seguito dell'approvazione ministeriale dell'ipotesi di bilancio, l’ente deve provvedere entro 30 giorni alla deliberazione del bilancio dell'esercizio cui l'ipotesi si riferisce;

h)   la deliberazione di un piano di riequilibrio finanziario pluriennale, prevista dall'articolo 243-bis, comma 5, del TUEL.

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 243-bis del TUEL, i comuni e le province, per i quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario, possono ricorrere, con deliberazione consiliare alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale. Tale deliberazione è trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutività, alla competente sezione regionale della Corte dei conti e al Ministero dell'interno. Il citato comma 5 dispone che il consiglio dell'ente locale, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla data di esecutività della delibera di ricorso alla procedura di risanamento finanziario, delibera un piano di riequilibrio finanziario pluriennale di durata compresa tra quattro e venti anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell'organo di revisione economico-finanziario;

i)    la formulazione di rilievi o richieste istruttorie e per l'impugnazione della delibera di approvazione o di diniego del piano di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all'articolo 243-quater, commi 1, 2 e 5, del TUEL.

In particolare, le disposizioni citate prevedono che entro dieci giorni dalla delibera di ricorso alla procedura di risanamento finanziario, il piano di riequilibrio finanziario pluriennale è trasmesso alla competente sezione regionale di controllo della Corte dei conti e alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, la quale, entro il termine di sessanta giorni dalla data di presentazione del piano, svolge la necessaria istruttoria e redige una relazione finale, che è trasmessa alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti (comma 1).

In fase istruttoria, la Commissione può formulare rilievi o richieste istruttorie, cui l'ente è tenuto a fornire risposta entro trenta giorni (comma 2).

Spetta alla Corte dei conti la delibera sull'approvazione o sul diniego del piano.

Tale delibera di approvazione o di diniego del piano può essere impugnata entro 30 giorni, nelle forme del giudizio ad istanza di parte, innanzi alle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale composizione che si pronunciano, nell'esercizio della propria giurisdizione esclusiva in tema di contabilità pubblica, ai sensi dell'articolo 103, secondo comma, della Costituzione, entro 30 giorni dal deposito del ricorso. Fino alla scadenza del termine per impugnare e, nel caso di presentazione del ricorso, sino alla relativa decisione, le procedure esecutive intraprese nei confronti dell'ente sono sospese.

 

Inoltre:

§  il comma 8 prevede il differimento al 30 settembre 2020 del termine, previsto dall’articolo 264, comma 2, del TUEL, per la deliberazione da parte dell’ente dissestato, successivamente all’approvazione ministeriale dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, di eventuali altri bilanci di previsione o rendiconti non deliberati dall'ente nonché per la presentazione delle relative certificazioni.

Ai sensi dell’articolo 264, comma 2, del TUEL, il suddetto termine, che deve essere fissato nel decreto del Ministro dell’interno di approvazione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, non può essere superiore a 120 giorni.

Si segnala, in merito al comma 8, che la relazione illustrativa parla di “differimento del termine per la deliberazione del bilancio di previsione stabilmente riequilibrato”. Tuttavia, tale termine è contenuto nel comma 1 e non nel comma 2 dell’articolo 264, che viene qui novellato. Sarebbe opportuno sul punto un chiarimento.

§  il comma 9 fissa al 31 dicembre 2020 il termine per richiedere l'anticipazione di cassa per garantire la stabilità finanziaria degli enti locali sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, di cui all'articolo 243-quinquies, comma 1, del TUEL.

Il citato articolo 243-quinquies del TUEL reca le misure per garantire la stabilità finanziaria degli enti locali sciolti per fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso. In particolare, per la gestione finanziaria di tali enti locali, per i quali sussistono squilibri strutturali di bilancio, in grado di provocare il dissesto finanziario, il comma 1 prevede che la Commissione straordinaria per la gestione dell'ente, entro sei mesi dal suo insediamento, può richiedere una anticipazione di cassa, da destinare esclusivamente al pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e ai conseguenti oneri previdenziali, al pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari, nonché all'espletamento dei servizi locali indispensabili. L’anticipazione è concessa con decreto del Ministero dell'interno.

Sospensione dei termini per le procedure di scioglimento dei consigli comunali e provinciali (comma 10)

Il comma 10, modificato al Senato, dispone la sospensione dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 agosto 2020 di alcuni termini relativi alle procedure di scioglimento dei consigli comunali e provinciali sia nelle ipotesi indicate dall’articolo 141 del TUEL[53], sia nei casi di scioglimento conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso, indicate dall’articolo 143. Per il periodo successivo, fino al 31 dicembre 2020, il comma dispone inoltre un ampliamento dei medesimi termini.

Nella sua formulazione originaria, il comma prevedeva, si rammenta, non una sospensione ma soltanto l’ampliamento dei termini indicati per il periodo fino al 31 agosto 2020.

In particolare, il comma dispone la sospensione fino al 31 agosto 2020 dei termini previsti:

§  dall’articolo 141, comma 7, del TUEL: la sospensione riguarda la durata massima del periodo in cui, una volta iniziata la procedura di scioglimento ed in attesa del decreto di scioglimento, il prefetto, per motivi di grave e urgente necessità, sospende i consigli comunali e provinciali e nomina un commissario per la provvisoria amministrazione dell'ente. Tale periodo di sospensione, in via ordinaria, non può superare il termine di 90 giorni;

§  dall’articolo 143, commi 3, 4 e 12, del TUEL, relativamente ai casi di scioglimento dei consigli per infiltrazioni di tipo mafioso o similare. La sospensione riguarda, in particolare, i termini:

-      per l’invio da parte del prefetto al Ministero dell’interno della relazione che dà conto della sussistenza di elementi di collegamento con la criminalità organizzata anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti e ai dipendenti dell'ente locale (comma 3). Tale termine è fissato dalla normativa vigente in 45 giorni;

-      per lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali in caso di accertamento di fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso (comma 4), termine fissato dal TUEL in tre mesi;

-      per la durata massima del periodo in cui il prefetto, quando ricorrono motivi di urgente necessità, in attesa del decreto di scioglimento, sospende gli organi dalla carica ricoperta, assicurando la provvisoria amministrazione dell'ente mediante invio di commissari (comma 12). Tale periodo di sospensione è fissato dal TUEL in un massimo di 60 giorni.

 

Per il periodo successivo al 31 agosto, dal 1° settembre al 31 dicembre 2020, i termini suddetti vengono inoltre ampliati e fissati come segue:

a)    il termine di cui all'articolo 141, comma 7 (relativo al periodo massimo di sospensione dei consigli disposto dal prefetto in attesa del decreto di scioglimento) viene fissato in 120 giorni, in luogo degli ordinari 90 giorni;

b)    il termine di cui all'articolo 143, comma 3 (per l’invio da parte del prefetto al Ministero dell’interno della relazione che dà conto della sussistenza di elementi di collegamento con la criminalità organizzata) è fissato in 90 giorni, in luogo degli ordinari 45 giorni;

c)    il termine di cui all'articolo 143, comma 4 (per lo scioglimento dei consigli in caso di accertamento di fenomeni di infiltrazione di tipo mafioso), è fissato in 120 giorni, in luogo degli ordinari tre mesi;

d)    il termine di cui all'articolo 143, comma 12 (di durata massima del periodo di sospensione, disposto dal prefetto, degli organi dalla carica ricoperta, con amministrazione provvisoria dell'ente mediante commissari) è fissato in 90 giorni, in luogo degli ordinari 60 giorni..


 

Articolo 107-bis
(Scaglionamento avvisi di pagamento e norme sulle entrate locali)

 

L'articolo 107-bis, introdotto al Senato, consente alle regioni e agli enti locali di calcolare il Fondo crediti di dubbia esigibilità considerando la percentuale di riscossione del quinquennio precedente con i dati del 2019 in luogo di quelli del 2020.

 

L'unico comma dell'articolo 107-bis, introdotto al Senato, stabilisce che, a decorrere dal rendiconto 2020 e dal bilancio di previsione 2021, gli enti di cui all'art. 2 del decreto legislativo n. 118 del 2011 (regioni, comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane e unioni di comuni, consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali) possono calcolare il fondo crediti di dubbia esigibilità delle entrate dei titoli 1 e 3 accantonato nel risultato di amministrazione o stanziato nel bilancio di previsione calcolando la percentuale di riscossione del quinquennio precedente con i dati del 2019 in luogo di quelli del 2020.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 167 del TUEL (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000), nella missione "Fondi e Accantonamenti", all'interno del programma "Fondo crediti di dubbia esigibilità", una quota del risultato di amministrazione è accantonata per il Fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE), il cui ammontare è determinato in considerazione dell'importo degli stanziamenti di entrata di dubbia e difficile esazione, (secondo le modalità indicate nel principio applicato della contabilità finanziaria di cui all'allegato n. 4/2 al decreto legislativo n. 118 del 2011) e non può essere destinata ad altro utilizzo. Si ricorda inoltre che, secondo l’articolo 11 del citato decreto legislativo n. 118 del 2011, sia al bilancio di previsione finanziario, sia al rendiconto della gestione, sono allegati i prospetti concernenti la composizione del fondo crediti di dubbia esigibilità, i cui criteri di valutazione adottati per la formulazione delle previsioni riferiti agli accantonamenti sono indicati nella nota integrativa allegata al bilancio di previsione.


 

Articolo 108
(Misure urgenti per lo svolgimento del servizio postale)

 

 

L'articolo 108 reca disposizioni per la consegna postale e la notificazione a mezzo posta al fine di contemperare le modalità del servizio con le esigenze di tutela sanitaria previste dalla normativa vigente. Si prevede che, per lo svolgimento del servizio postale relativo agli invii raccomandati e assicurati e alla distribuzione dei pacchi nell'ambito del servizio universale postale, gli operatori postali procedono alla consegna dei suddetti invii e pacchi mediante preventivo accertamento della presenza del destinatario o di persona abilitata al ritiro, senza raccoglierne la firma. La firma è apposta dall’operatore postale sui documenti di consegna in cui è attestata anche la modalità di recapito.

Con una modifica approvata dal Senato, si è espunto il riferimento, relativamente a tali modalità, anche allo svolgimento dei servizi di notificazione a mezzo posta degli atti giudiziari. Si è poi inserito un nuovo comma 1-bis, in base al quale per lo svolgimento dei servizi di notificazione a mezzo posta di tali atti giudiziari, gli operatori postali procedono alla consegna dei suddetti invii e pacchi con la procedura ordinaria di firma o avviso di arrivo. La compiuta giacenza presso gli uffici postali inizia a decorrere dal 30 aprile 2020 e i termini sostanziali di decadenza e prescrizione di cui alle raccomandate con ricevuta di ritorno inviate nel periodo di emergenza sono sospesi.

Il comma 2 prevede che, considerati l’evolversi della situazione epidemiologica COVID-19 e il carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia, in via del tutto eccezionale e transitoria, il pagamento della somma inerente sanzioni al codice della strada sia in via ridotta del 30 per cento se il pagamento è effettuato entro 30 giorni dalla contestazione o notificazione della violazione, anziché entro i cinque giorni ordinariamente previsti. Si prevede che la misura in parola può essere estesa con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri qualora siano previsti ulteriori termini di durata delle misure restrittive.

 

Nel dettaglio, il comma 1 stabilisce che dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame e fino al 31 maggio 2020, al fine di assicurare l’adozione delle misure di prevenzione della diffusione del virus Covid 19 di cui alla normativa vigente, si adottino modalità di consegna e notifica a mezzo posta a tutela dei lavoratori del servizio postale e dei destinatari degli invii postali. Si prevede infatti, per lo svolgimento del servizio postale relativo agli invii raccomandati, agli invii assicurati e alla distribuzione dei pacchi, di cui all’articolo 3, comma 2 del decreto legislativo n. 261 del 1999 in materia di servizio universale postale, che gli operatori postali procedono alla consegna dei suddetti invii e pacchi mediante preventivo accertamento della presenza del destinatario o di persona abilitata al ritiro, senza raccoglierne la firma, con successiva immissione dell’invio - o del pacco, secondo quanto chiarito durante l'iter in Senato- nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda o nel luogo, presso il medesimo indirizzo, indicato contestualmente dal destinatario o dalla persona abilitata al ritiro.

 

Il decreto legislativo n. 261 del 1999 reca l'Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio.

L'articolo 3 disciplina il servizio universale. In base ad esso, è assicurata la fornitura del servizio universale e delle prestazioni in esso ricomprese, di qualità determinata, da fornire permanentemente in tutti i punti del territorio nazionale, incluse le situazioni particolari delle isole minori e delle zone rurali e montane, a prezzi accessibili all'utenza.

In particolare il comma 2 dell'articolo 3, richiamato in disposizione, prevede che il servizio universale, incluso quello transfrontaliero, ricomprende:

a)    la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione degli invii postali fino a 2 kg;

b)   la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione dei pacchi postali fino a 20 kg;

c)    i servizi relativi agli invii raccomandati ed agli invii assicurati.

 

In ordine alle modalità si precisa nella disposizione in esame che:

-     la firma è apposta dall’operatore postale sui documenti di consegna

-      in tali documenti di consegna è attestata anche la suddetta modalità di recapito.

La Relazione illustrativa al provvedimento evidenzia che la norma è volta ad assicurare l’adozione delle misure di prevenzione della diffusione del virus Covid 19 di cui alla normativa vigente in materia a tutela dei lavoratori del servizio postale e dei destinatari degli invii postali, per lo svolgimento del servizio postale relativo agli invii raccomandati, agli invii assicurati e alla distribuzione dei pacchi nonché delle notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari e le notificazioni di cui all’articolo 201 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, considerato che la consegna dei c.d. invii a firma e dei pacchi nonché la notificazione nelle mani del destinatario non consente di applicare le misure previste dalla vigente normativa Covid 19  - tra cui la distanza interpersonale di almeno un metro -, considerando anche il notevole numero di invii a firma, di pacchi e di atti da notificare a mezzo del servizio postale su tutto il territorio nazionale (stimati in relazione, quanto ai soli atti giudiziari e multe, mediamente in 500mila a settimana).

La relazione fa riferimento alle problematiche connesse specificatamente alle notificazioni a mezzo posta alle persone ricoverate e a quelle in quarantena, prevedendo perciò la norma modalità di notificazione 'volte a contemperare tutti gli interessi in gioco tra cui quello primario costituzionalmente garantito di tutela del diritto alla salute', segnatamente evitando contatti interpersonali ravvicinati.

 

La disposizione originaria del decreto-legge prevede tali modalità anche per lo svolgimento dei servizi di notificazione a mezzo posta di atti giudiziari, di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890 e all’articolo 201 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

Con una modifica apportata dal Senato si espunge il riferimento - previsto nel testo del decreto-legge - anche allo svolgimento dei servizi di notificazione di atti giudiziari a mezzo posta.

Si aggiunge poi - per effetto di tale modifica apportata dal Senato - un nuovo comma 1-bis, in base al quale si dettano le modalità per lo svolgimento dei servizi di notificazione a mezzo posta dei suddetti atti giudiziari, di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890 e all'articolo 201 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285. Per tale fattispecie, gli operatori postali procedono alla consegna dei suddetti invii e pacchi con la procedura ordinaria di firma di cui all'articolo 7 della legge 20 novembre 1982, n. 890, oppure con il deposito in cassetta postale dell'avviso di arrivo della raccomandata o altro atto che necessita di firma per la consegna. Il ritiro avviene secondo le indicazioni previste nell'avviso di ricevimento. In base alla disposizione, la compiuta giacenza presso gli uffici postali inizia a decorrere dal 30 aprile 2020.

Si valuti di chiarire il riferimento temporale indicato nel comma 1-bis, a decorrere dal 30 aprile 2020, atteso che la giacenza sembrerebbe potersi realizzare anche a decorrere da data successiva.

In base alla previsione, i termini sostanziali di decadenza e prescrizione di cui alle raccomandate con ricevuta di ritorno inviate nel periodo in esame sono sospesi sino alla cessazione dello stato di emergenza.

Si valuti di chiarire, sul piano della formulazione letterale, la previsione, in ordine al riferimento previsto al 'periodo in esame', atteso che la norma non appare delimitare un periodo bensì fa riferimento alla valenza di tali regole sino alla cessazione dello stato di emergenza.

 

La relazione afferma con riguardo al testo originario come, per le notificazioni a mezzo posta degli atti giudiziari, stante la particolare delicatezza di tali atti, sorretti da esigenze di ordine pubblico e sicurezza, si prevede l’adozione di modalità similari a quelle di cui all’articolo 8 della L. n. 890 del 1982 che riguarda i casi in cui le persone abilitate a ricevere il piego in luogo del destinatario rifiutano di riceverlo, ovvero quelli in cui l’operatore postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, modalità volte a garantire la conoscibilità della notificazione.

Più nel dettaglio, la legge n. 890 del 1982 reca Notificazioni di atti a mezzo posta e di comunicazioni a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari.

L'articolo 8 della legge in parola disciplina la fattispecie in cui le persone abilitate a ricevere il piego in luogo del destinatario rifiutano di riceverlo, ovvero se l'operatore postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, prevedendo che il piego è depositato entro due giorni lavorativi dal giorno del tentativo di notifica presso il punto di deposito più vicino al destinatario (co. 1 dell'art. 8 richiamato).

Segnatamente, il comma 5 prevede che la notificazione si ha per eseguita dalla data del ritiro del piego, se anteriore al decorso del termine di dieci giorni di cui al comma 4 del medesimo art. 8. In tal caso, l'impiegato del punto di deposito lo dichiara sull'avviso di ricevimento che, datato e firmato dal destinatario o dal suo incaricato che ne ha curato il ritiro, è, entro due giorni lavorativi, spedito al mittente in raccomandazione.

Il comma 6 stabilisce che, trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata, di cui al comma 4, senza che il destinatario o un suo incaricato ne abbia curato il ritiro, l'avviso di ricevimento è, entro due giorni lavorativi, spedito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall'operatore postale, della data dell'avvenuto deposito e dei motivi che l'hanno determinato, dell'indicazione 'atto non ritirato entro il termine di dieci giorni' e della data di restituzione. Trascorsi sei mesi dalla data in cui il piego è stato depositato, il piego stesso è restituito al mittente in raccomandazione con annotazione in calce, sottoscritta dall'operatore postale, della data dell'avvenuto deposito e dei motivi che l'hanno determinato, dell'indicazione 'non ritirato entro il termine di sei mesi' e della data di restituzione. Qualora la data delle eseguite formalità manchi sull'avviso di ricevimento o sia, comunque, incerta, la notificazione si ha per eseguita alla data risultante da quanto riportato sull'avviso stesso.

Infine, stabilisce il comma 7 che, fermi i termini sopra indicati, l'operatore postale può consentire al destinatario di effettuare il ritiro digitale dell'atto non recapitato assicurando l'identificazione del consegnatario ed il rilascio da parte di quest'ultimo di un documento informatico recante una firma equipollente a quella autografa.

Si ricorda che il comma 4 di tale articolo 8 prevede che del tentativo di notifica del piego e del suo deposito è data notizia al destinatario, a cura dell'operatore postale, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d'ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda. L'avviso deve contenere l'indicazione del soggetto che ha richiesto la notifica e del suo eventuale difensore, dell'ufficiale giudiziario al quale la notifica è stata richiesta e del numero di registro cronologico corrispondente, della data di deposito e dell'indirizzo del punto di deposito, nonché l'espresso invito al destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato mediante ritiro dello stesso entro il termine massimo di sei mesi, con l'avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata di cui al periodo precedente e che, decorso inutilmente anche il predetto termine di sei mesi, l'atto sarà restituito al mittente.

Con sentenza 22-23 settembre 1998, n. 346 (Gazz. Uff. 30 settembre 1998, n. 39, Serie speciale), la Corte costituzionale aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, secondo comma, nella parte in cui non prevedeva che, in caso di rifiuto di ricevere il piego o di firmare il registro di consegna da parte delle persone abilitate alla ricezione ovvero in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, del compimento delle formalità descritte e del deposito del piego fosse data notizia al destinatario medesimo con raccomandata con avviso di ricevimento; con la stessa sentenza la Corte aveva ancora dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, terzo comma, nella parte in cui prevedeva che il piego fosse restituito al mittente, in caso di mancato ritiro da parte del destinatario, dopo dieci giorni dal deposito presso l'ufficio postale. La disciplina dettata dalla legge n. 890 del 1982 è stata oggetto di successive modifiche (si veda da ultimo l'art. 1, comma 813, lett. d), L. 30 dicembre 2018, n. 145, legge di bilancio 2019).

Si ricorda altresì che sul ritiro digitale è intervenuto il provvedimento dell'Autorità garante nelle comunicazioni recato con delibera 2018/77/Cons, con la quale è stato emanato il regolamento per il rilascio delle licenze per svolgere il servizio di notificazione a mezzo posta di atti giudiziari e comunicazioni connesse e di violazioni del codice della strada.

La relazione illustrativa al testo originario afferma come, per le notificazioni a mezzo posta, si prevedesse l’adozione di modalità similari a quelle di cui all’articolo 8 della L. n. 890 del 1982 riguardante i casi in cui le persone abilitate a ricevere il piego in luogo del destinatario rifiutano di riceverlo, ovvero quelli in cui l’operatore postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, modalità volte a garantire la conoscibilità della notificazione stante la particolare delicatezza di tali atti, sorretti da esigenze di ordine pubblico e sicurezza.

Si ricorda infine come l'art. 7 della legge n. 890 - richiamato dal nuovo comma 1-bis introdotto dal Senato - prevede che l'operatore postale consegna il piego nelle mani proprie del destinatario, anche se dichiarato fallito. Se la consegna non può essere fatta personalmente al destinatario, il piego è consegnato, nel luogo indicato sulla busta che contiene l'atto da notificare, a persona di famiglia che conviva anche temporaneamente con lui ovvero addetta alla casa ovvero al servizio del destinatario, purché il consegnatario non sia persona manifestamente affetta da malattia mentale o abbia età inferiore a quattordici anni. In mancanza delle persone indicate al periodo precedente, il piego può essere consegnato al portiere dello stabile ovvero a persona che, vincolata da rapporto di lavoro continuativo, è comunque tenuta alla distribuzione della posta al destinatario. L'avviso di ricevimento e di documenti attestanti la consegna debbono essere sottoscritti dalla persona alla quale è consegnato il piego e, quando la consegna sia effettuata a persona diversa dal destinatario, la firma deve essere seguita, su entrambi i documenti summenzionati, dalla specificazione della qualità rivestita dal consegnatario, con l'aggiunta, se trattasi di familiare, dell'indicazione di convivente anche se temporaneo. Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell'atto, l'operatore postale dà notizia al destinatario medesimo dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata. Il costo della raccomandata è a carico del mittente. Se il destinatario o le persone alle quali può farsi la consegna rifiutano di firmare l'avviso di ricevimento pur ricevendo il piego, ovvero se il destinatario rifiuta il piego stesso o di firmare documenti attestanti la consegna, il che equivale a rifiuto del piego, l'operatore postale ne fa menzione sull'avviso di ricevimento indicando, se si tratti di persona diversa dal destinatario, il nome ed il cognome della persona che rifiuta di firmare nonché la sua qualità, appone la data e la propria firma sull'avviso di ricevimento che è subito restituito al mittente in raccomandazione, unitamente al piego nel caso di rifiuto del destinatario di riceverlo. Analogamente, la prova della consegna è fornita dall'addetto alla notifica nel caso di impossibilità o impedimento determinati da analfabetismo o da incapacità fisica alla sottoscrizione.

 

Il comma 2 prevede che, considerati l’evolversi della situazione epidemiologica COVID-19 e il carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia con il costante incremento dei casi su tutto il territorio nazionale, in via del tutto eccezionale e transitoria, la somma di cui all’art. 202, comma 2 del D.Lgs. n. 285 del 1992 recante il Codice della strada, dall’entrata in vigore del decreto in esame e fino al 31 maggio 2020, è ridotta del 30 per cento se il pagamento è effettuato entro 30 giorni dalla contestazione o notificazione della violazione. Al riguardo, si rammenta che la normativa del Codice della strada prevede all'articolo 202 che la somma delle sanzioni amministrative pecuniarie è ridotta del 30 per cento ove il pagamento sia effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione, termine per il pagamento in via ridotta che viene dunque esteso a trenta giorni dalla disposizione in esame. Si indica il fine di consentire il rispetto delle norme igienico-sanitarie previste dalla vigente normativa volte a contenere il diffondersi della pandemia.

La disposizione prevede che la misura in parola possa essere estesa con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri qualora siano previsti ulteriori termini di durata delle misure restrittive.

Con riferimento al comma 2, si segnala il rinvio alla fonte del D.P.C.M per la possibile estensione della misura, trattandosi di disposizione inerente la materia del pagamento di sanzioni.

La RT afferma che la norma di cui al comma 2 non determina effetti finanziari, in quanto essa consente, in via del tutto eccezionale e nel limite temporale previsto entro il 31 maggio 2020, il pagamento in misura ridotta delle sanzioni al codice della strada fino a trenta giorni dalla notifica e non già entro i cinque giorni ordinariamente previsti.

 

L'articolo 202 del Nuovo Codice della strada, recante la normativa in materia di pagamento in misura ridotta, prevede che per le violazioni per le quali il codice stesso stabilisce una sanzione amministrativa pecuniaria, ferma restando l'applicazione delle eventuali sanzioni accessorie, il trasgressore è ammesso a pagare, entro sessanta giorni dalla contestazione o dalla notificazione, una somma pari al minimo fissato dalle singole norme. Tale somma è ridotta del 30 per cento se il pagamento è effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione. La riduzione non si applica alle violazioni del codice per cui è prevista la sanzione accessoria della confisca del veicolo, ai sensi del comma 3 dell'articolo 210 del codice, e la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida.

In particolare, poi, il comma 2 prevede che il trasgressore può corrispondere la somma dovuta presso l'ufficio dal quale dipende l'agente accertatore oppure a mezzo di versamento in conto corrente postale, oppure, se l'amministrazione lo prevede, a mezzo di conto corrente bancario ovvero mediante strumenti di pagamento elettronico. All'uopo, nel verbale contestato o notificato devono essere indicate le modalità di pagamento, con il richiamo delle norme sui versamenti in conto corrente postale, o, eventualmente, su quelli in conto corrente bancario ovvero mediante strumenti di pagamento elettronico.

 


 

Articolo 109
(Utilizzo avanzi di amministrazione per spese correnti
per emergenza COVID-19)

 

 

L’articolo 109 attribuisce alle regioni e agli enti locali, per il 2020, la facoltà di utilizzare la quota libera di avanzo di amministrazione per il finanziamento di spese correnti connesse con l'emergenza epidemiologica in corso, in deroga alle disposizioni vigenti. Per la medesima finalità è consentito agli enti locali l'utilizzo dei proventi dei titoli abilitativi edilizi e (della quasi totalità) delle sanzioni previste dal TU in materia edilizia.

Nel corso dell'esame in Senato sono state apportate alcune modifiche ed integrazioni (v. infra) che ampliano la facoltà di ricorso all'avanzo di amministrazione e la rendono possibile, a determinate condizioni, già a partire dall'approvazione del rendiconto da parte dell'organo esecutivo di regioni, province autonome ed enti locali.

 

Il comma 1 demanda alle regioni e alle province autonome la facoltà di impiegare la quota libera dell'avanzo di amministrazione per il finanziamento delle richiamate spese in relazione all'emergenza in corso, in deroga alle modalità di utilizzo della quota libera dell'avanzo di amministrazione stabilite dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).

 

L'art. 42, comma 6, di detto d.lgs. stabilisce che la quota libera dell'avanzo di amministrazione dell'esercizio precedente può essere utilizzata, nel rispetto dei vincoli di destinazione, con provvedimento di variazione di bilancio, per le seguenti finalità, in ordine di priorità:

a) per la copertura dei debiti fuori bilancio;

b) per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio previsti dalla legislazione vigente, ove non possa provvedersi con mezzi ordinari;

c) per il finanziamento di spese di investimento;

d) per il finanziamento delle spese correnti a carattere non permanente;

e) per l'estinzione anticipata dei prestiti.

 

La disposizione prevede che tale facoltà possa essere esercitata ferme restando le priorità relative:

i)    alla copertura dei debiti fuori bilancio.

L'art.73 del d.lgs. n.118/2011 dispone che il Consiglio regionale riconosce, con legge, la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da:

a) sentenze esecutive;

b) copertura dei disavanzi di enti, società ed organismi controllati, o, comunque, dipendenti dalla Regione, purché il disavanzo derivi da fatti di gestione;

c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, delle società controllate;

d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità;

e) acquisizione di beni e servizi in assenza del preventivo impegno di spesa.

La regione, al fine del conseguente pagamento di detti debiti, può avvalersi di un piano di rateizzazione, della durata di tre esercizi finanziari compreso quello in corso, convenuto con i creditori.

 

ii)  alla salvaguardia degli equilibri di bilancio.

Ai sensi dell'art. 40 ("Equilibrio di bilanci") per ciascuno degli esercizi in cui è articolato, il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario di competenza, comprensivo dell'utilizzo dell'avanzo di amministrazione e del recupero del disavanzo di amministrazione, garantendo un fondo di cassa finale non negativo[54].

 

In Senato sono stati inseriti il comma 1-bis  e il comma 1-ter. Il primo consente alle regioni e alle province autonome di poter utilizzare la quota libera dell'avanzo di amministrazione del 2019 già a partire dall'approvazione da parte della giunta del rendiconto riferito a tale annualità. La disposizione prevede che tale utilizzo preceda sia l'approvazione del rendiconto da parte del consiglio regionale (invero in alcuni statuti regionali l'organo consigliare è denominato assemblea legislativa) o provinciale, sia il giudizio di parificazione, che è svolto a cura delle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti (e che si esprime sul disegno di legge che la giunta presenta all'organo consigliare).

 

Come noto, il rendiconto è il documento contabile, approvato in via definitiva con legge regionale entro il 31 luglio dell'anno successivo a quello di riferimento, previa approvazione da parte della giunta entro il 30 aprile (ai sensi dell'art. 18, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n.118 del 2011).

 

Il giudizio di parificazione dei rendiconti generali delle regioni è disciplinato dall'art.1, comma 5, del decreto-legge n.172/2012. La disposizione stabilisce che il rendiconto generale della regione è parificato dalla sezione regionale di controllo della Corte dei conti e che alla decisione di parifica è allegata una relazione nella quale la Corte dei conti formula le sue osservazioni in merito alla legittimità e alla regolarità della gestione e propone le misure correttive onde assicurare l'equilibrio del bilancio e migliorare l'efficacia e l'efficienza della spesa. La decisione di parifica e la relazione sono trasmesse al presidente della giunta regionale e al consiglio regionale.

 

La finalità della disposizione in commento è quella di anticipare l'esercizio della facoltà di utilizzare la quota libera dell'avanzo di amministrazione che scaturisce dall'emergenza epidemiologica in corso.

 

Ai sensi del comma 1-ter, Regioni ed enti locali (la disposizione si riferisce agli "enti di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n.118", v. infra) sono autorizzate, con l'approvazione del rendiconto 2019 da parte dell'organo esecutivo, allo svincolo di determinate quote di avanzo di amministrazione vincolato. Si tratta delle quote che ciascuno dei richiamati enti territoriali individua in relazione ad interventi conclusi o già finanziati negli anni precedenti con risorse proprie, a condizione che queste ultime non siano gravate da obbligazioni sottostanti già contratte e che non si tratti di somme relative alle funzioni fondamentali e ai livelli essenziali delle prestazioni. 

 

La disposizione, nell'individuare la platea dei soggetti interessati alla disposizione in esame, richiama l'art.2 del D.lgs. n. 118/2011, che a sua volta contempla i seguenti soggetti tenuti all'adozione di sistemi contabili omogenei: i) "Le regioni e gli enti locali di cui all'art.2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267" (cioè i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni, nonché consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali); ii) gli enti strumentali delle medesime amministrazioni; iii) le istituzioni degli enti locali di cui all'articolo 114 del citato d.lgs. n.267/2000  e gli altri organismi strumentali delle citate amministrazioni pubbliche.

 

I predetti enti sono tenuti ad informare l'amministrazione statale che ha erogato le somme e, successivamente, ad impiegare le risorse così svincolate per interventi volti ad attenuare la crisi del sistema economico regionale derivante dagli effetti, diretti e indiretti, dell'epidemia in corso.

Dal tenore del comma aggiuntivo nel suo complesso, parrebbe che le risorse oggetto di svincolo siano quelle statali, originariamente vincolate a determinati interventi, che gli enti interessati dalla disposizione non hanno impiegato (sembrerebbe di poter asserire in tutto o anche solo in parte) e non impegneranno poiché gli stessi interventi si sono già conclusi, ovvero "sono già finanziati negli anni precedenti con risorse proprie" (cioè dei medesimi enti).

Si valuti la possibilità di chiarire, con riferimento agli interventi non ancora conclusi, se la possibilità di autorizzare lo svincolo sia circoscritta al solo caso in cui siano state utilizzate risorse proprie degli enti territoriali (come potrebbe dedursi da un'interpretazione letterale della disposizione) ovvero sia stato utilizzato anche solo un ammontare di risorse erogate dalle amministrazioni statali inferiore a quello trasferito.

 

Il comma 2, primo periodo, attribuisce anche agli enti locali la facoltà di utilizzo della quota libera dell'avanzo di amministrazione in deroga alle disposizioni recate dal TUEL, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

 

Nello specifico, l’articolo 187, comma 2, del TUEL dispone, in modo per molti aspetti analogo a quanto previsto dall'art. 42, comma 6, del d.lgs. n.118/2011 per le regioni e le province autonome, che la quota libera dell'avanzo di amministrazione dell'esercizio precedente può essere utilizzata con provvedimento di variazione di bilancio, per specifiche finalità, indicate in ordine di priorità:

a)    per la copertura dei debiti fuori bilancio;

b)   per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio (nel caso in cui non possa provvedersi con mezzi ordinari);

c)    per il finanziamento di spese di investimento;

d)   per il finanziamento delle spese correnti a carattere non permanente;

e)    per l'estinzione anticipata dei prestiti.

 

La disposizione prevede che tale facoltà possa essere esercitata per le medesime finalità di finanziamento delle spese correnti dirette a fronteggiare l'emergenza in corso, ferme restando le priorità relative:

i)  alla copertura dei debiti fuori bilancio;

I debiti fuori bilancio rappresentano una deroga al principio, sancito all'art.191 del TUEL, secondo cui gli enti locali possono effettuare spese "solo se sussiste l'impegno contabile registrato sul competente programma del bilancio di previsione e l'attestazione della copertura finanziaria". La disciplina relativa alla copertura dei debiti fuori bilancio è dettata all'art.194 del TUEL, in virtù del quale gli enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da: a) sentenze esecutive; b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni; c) ricapitalizzazione di società di capitali costituite per l'esercizio di servizi pubblici locali; d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per  opere di pubblica utilità; e) acquisizione di beni e servizi, in violazione delle regole per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.

 

ii)  alla salvaguardia degli equilibri di bilancio.

Ai sensi dell'art. 193 del TUEL, gli enti locali sono tenuti a rispettare, nel corso della gestione e nelle variazioni di bilancio, il pareggio finanziario e gli equilibri stabiliti in bilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimenti. Nello specifico, occorre il rispetto dell'art.162, ed in particolare del comma 6, primo periodo, per il quale il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario complessivo per la competenza, comprensivo dell'utilizzo dell'avanzo di amministrazione e del recupero del disavanzo di amministrazione e garantendo un fondo di cassa finale non negativo.

L'art. 193 del TUEL dispone altresì (al comma 2) che almeno una volta, entro il 31 luglio di ciascun anno, l'organo consiliare provvede con delibera a dare atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, ad adottare, contestualmente determinate misure per assorbire lo squilibrio[55].

A tali fini possono essere utilizzate per l'anno in corso e per i due successivi le possibili economie di spesa e tutte le entrate, con alcune eccezioni specificamente indicate, e nel caso in cui non possa provvedersi con le modalità sopra indicate è possibile impiegare la quota libera del risultato di amministrazione.

 

In Senato è stato aggiunto un ulteriore periodo che autorizza l'utilizzo dell'avanzo libero di cui al precedente periodo, per una percentuale non superiore all'80 per cento, già dal momento in cui l'organo esecutivo abbia approvato lo schema del rendiconto di gestione 2019. Ciò anche nell'eventualità in cui l'ente locale sia in esercizio provvisorio, a condizione che l'organo di revisione abbia formulato la relazione sulla proposta di deliberazione consiliare di approvazione del rendiconto della gestione e sullo schema di rendiconto ai sensi del TUEL.

Disposizione per alcuni aspetti analoga è prevista (v. supra) dal comma 1-bis per le regioni e le province autonome.

 

L'articolo 239, primo comma, lett. d), del TUEL, richiamato nella disposizione in esame, contempla fra le funzioni assegnate all'organo di revisione anche la formulazione di detta relazione entro il termine, previsto dal regolamento di contabilità e comunque non inferiore a 20 giorni, decorrente dalla trasmissione della stessa proposta approvata dall'organo esecutivo. La relazione contiene l'attestazione sulla corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione nonché rilievi, considerazioni e proposte tendenti a conseguire efficienza, produttività ed economicità della gestione.

 

Il comma 2, terzo periodo, consente agli enti locali di utilizzare (anche integralmente) i proventi delle concessioni edilizie e delle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001) per il finanziamento di spese correnti connesse con l’emergenza in corso. Sono escluse dall'applicazione di tale disposizione le sanzioni irrogate per inottemperanza all'ingiunzione a demolire interventi edilizi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali[56].

 

Ai sensi dell'art. 16 del citato testo unico, il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione (comma 1), in favore del comune all'atto del rilascio del permesso di costruire (comma 2).

Gli interventi soggetti a permesso di costruire sono elencati dall'articolo 10 del TU: interventi di nuova costruzione; interventi di ristrutturazione urbanistica; interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso.

Il capo II del titolo IV del testo unico disciplina le sanzioni da irrogare per interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire o in difformità da esso.

 

Gli enti locali potranno avvalersi di tale facoltà esclusivamente per l'esercizio finanziario 2020 e nel rispetto del principio di equilibrio di bilancio.

 

La disposizione in commento opera una deroga (implicita) dell'art.1, comma 460, della legge di bilancio per il 2017, che individua le destinazioni dei proventi dei titoli abilitativi edilizi e delle sanzioni in materia edilizia. Si tratta degli interventi per la realizzazione e la manutenzione ordinaria e straordinaria delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, per il risanamento edilizio nei centri storici e nelle periferie degradate,  per il riuso, la rigenerazione e la demolizione di costruzioni abusive, all'acquisizione e realizzazione di aree verdi destinate ad uso pubblico, nonché interventi per la tutela e riqualificazione dell'ambiente e del paesaggio, anche ai fini della prevenzione e della mitigazione del rischio idrogeologico e sismico e della tutela e riqualificazione del patrimonio rurale pubblico, e per favorire l'insediamento di attività di agricoltura nell'ambito urbano.

 

Le disposizioni recate al comma 2 sono in linea con quanto auspicato da ANCI al fine di poter disporre di maggiori risorse per finanziare spese correnti connesse con l'emergenza in corso.

 

Il Senato ha aggiunto il comma 2-bis. Esso dispone, in deroga alle disposizioni contabili vigenti per le regioni e le province autonome, limitatamente all' esercizio finanziario 2020, quanto segue:

a) è consentito all'organo esecutivo (cioè alla giunta) di disporre variazioni al bilancio di previsione "in via di urgenza" e sulla base di una specifica motivazione. Tali variazioni dovranno essere ratificate, con legge, a pena di decadenza, entro i successivi novanta giorni e comunque entro il 31 dicembre (anche se a tale data non sia ancora scaduto il termine dei novanta giorni);

b) l'organo consigliare (cioè il Consiglio regionale o l'assemblea legislativa, a seconda della dizione utilizzata nei vari statuti), nel caso in cui non proceda alla ratifica o la stessa sia parziale, è tenuto ad adottare con legge, nei successivi trenta giorni e comunque entro il 31 dicembre dell'esercizio in corso, i provvedimenti ritenuti necessari nei riguardi dei rapporti eventualmente sorti sulla base della deliberazione non ratificata.

La disposizione parrebbe imporre all'organo regionale l'approvazione di siffatta legge entro il 31 dicembre anche nel caso in cui la giunta disponga variazioni di bilancio nell'imminenza di tale data. Si valuti la possibilità di circoscrivere il termine entro cui l'organo esecutivo regionale possa disporre variazioni di bilancio al fine di consentire all'organo consigliare di disporre di un lasso temporale idoneo all'approvazione dei provvedimenti per disciplinare i rapporti sorti sulla base della variazione di bilancio non (o solo in parte) ratificata.

 

La disposizione in esame opera una deroga al citato decreto legislativo n.118/ 2011 ed in particolare all'articolo 51 che circoscrive le ipotesi in cui è possibile procedere alle variazioni del bilancio di previsione (oltre che del documento tecnico di accompagnamento e del bilancio gestionale).

Il comma 2-bis mira ad attribuire alle regioni una flessibilità, seppur limitata al solo anno 2020, in ordine alla gestione di variazioni di bilancio del tutto analoga a quella che è riconosciuta, in via ordinaria, agli organi esecutivi degli enti locali, nei casi di urgenza e previa motivazione, ai sensi dell'art. 42, comma 4, e dell'art. 175, comma 4, del TUEL. 

 

 

 


 

Articolo 110
(Rinvio questionari SOSE province e città metropolitane)

 

 

L'articolo 110 dispone che il termine di restituzione del questionario predisposto dalla Società Soluzioni per il sistema economico-Sose s.p.a, denominato FP20U, da parte delle province e delle città metropolitane, e di analogo questionario, denominato FC50U da parte dei Comuni, è fissato in centottanta giorni, e non sessanta giorni, come richiederebbe l'applicazione dell'art.5, comma 1, lettera c), del d.lgs. n.216 del 2010.

 

I questionari predisposti da Sose si inseriscono nell'ambito del procedimento di determinazione dei fabbisogni standard.

Questo prevede, ai sensi dell'art. 5 del citato d.lgs. n.216 del 2010, la predisposizione da parte di Sose delle metodologie occorrenti alla individuazione dei fabbisogni standard e alla determinazione dei relativi valori in modo da valorizzare le caratteristiche individuali dei singoli enti locali.

A tal fine, si tiene conto, fra l'altro, dell'ampiezza demografica, delle caratteristiche territoriali, con particolare riferimento al livello di infrastrutturazione del territorio, della presenza di zone montane, delle caratteristiche demografiche, sociali e produttive dei diversi enti, del personale impiegato, dell'efficienza, dell'efficacia, della qualità dei servizi erogati, nonché del grado di soddisfazione degli utenti.

Alla stessa società è demandato il compito di monitorare la fase applicativa e di aggiornare le elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard.

Per poter perseguire tali finalità, l'art. 5, comma 1, lettera c), del D.lgs. n.216 attribuisce a Sose la facoltà di predisporre appositi sistemi di rilevazione di informazioni funzionali a raccogliere i dati necessari per il calcolo dei fabbisogni standard degli enti locali. Questi ultimi sono tenuti a restituire le informazioni richieste in via telematica entro sessanta giorni dalla pubblicazione. Qualora gli enti locali non adempiano a tale obbligo, è prevista la sospensione dei trasferimenti a qualunque titolo erogati all'Ente locale e la pubblicazione dell'ente inadempiente nel sito internet del Ministero dell'interno.

Le metodologie e le elaborazioni relative alla determinazione dei fabbisogni standard predisposte da Sose, con la collaborazione dell'Istituto per la finanza e per l'economia locale, sono sottoposte alla Commissione tecnica per i fabbisogni standard[57] per l'approvazione.

Alla luce dell'impianto normativo brevemente richiamato, l'articolo in esame non può che essere inteso come operante una specifica deroga al termine di cui alla richiamata lettera c), che rimane valido per la restituzione di questionari diversi rispetto a quello specificamente richiamato.

Il questionario FP20U diretto alle province e alle città metropolitane è stato reso disponibile lo scorso 4 marzo[58] ed è rivolto alle province e alle città metropolitane. Esso è relativo alle annualità 2010 e 2018 per la spesa corrente e alle annualità dal 2010 al 2018 per la spesa in conto capitale.

 

La rilevazione è volta all'acquisizione dei dati utili ai fini del monitoraggio della spesa sostenuta e dei servizi erogati dagli enti con riguardo alle funzioni proprie (di cui alla legge n.56 del 2014):

§  pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, tutela e valorizzazione dell'ambiente;

§  pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;

§  programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;

§  raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;

§  gestione dell'edilizia scolastica;

§  controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.

 

Il questionario, denominato FC50U, destinato ai comuni, alle unioni di comuni e alle comunità montane delle regioni a statuto ordinario e ai comuni e alle unioni di comuni della regione Sicilia e reso disponibile dal 28 novembre 2019, si riferisce all'annualità 2018.

Detto questionario si compone di due moduli: il primo modulo, relativo ai dati strutturali, mira a raccogliere le informazioni in merito alle caratteristiche dell’ente e del territorio, nonché alle risorse a disposizione per la produzione dei servizi svolti per le funzioni di istruzione pubblica, settore sociale e asili nido, amministrazione, gestione e controllo (ufficio tecnico), polizia locale, viabilità e trasporti e gestione del territorio e dell’ambiente; il secondo modulo, riguarda i dati relativi al personale e dati contabili, con la finalità di raccogliere le informazioni riguardanti le consistenze e le spese del personale addetto a ciascun servizio e riguardanti le entrate (accertamenti) e le spese (impegni) correnti per ogni servizio[59].

 

 


 

Articolo 111
(Sospensione della quota capitale dei prestiti concessi alle
regioni a statuto ordinario)

 

 

L'articolo 111 dispone la sospensione della quota capitale dei mutui delle regioni ordinarie e che i relativi risparmi siano destinati al rilancio dei settori economici colpiti dall'emergenza epidemiologica.

Nel corso dell'esame in Senato è stato inserito, dopo il comma 4, un comma aggiuntivo che consente di non applicare al bilancio degli esercizi successivi il disavanzo di amministrazione di regioni ed enti locali che sia stato ripianato, nel corso di un dato esercizio, in misura superiore rispetto a quello applicato al bilancio.

 

Il comma 1 stabilisce che le regioni a statuto ordinario sospendono il pagamento delle quote capitale, la cui scadenza ricada nell’anno 2020, dei prestiti concessi dal Ministero dell’economia e finanze e dalla Cassa depositi e prestiti S.p.a. trasferiti al Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 5, commi 1 e 3, del decreto-legge n. 269 del 2003.

 

Il richiamato art.5, comma 1, d.l. n.269/2003 ha trasformato la Cassa depositi e prestiti in società per azioni (CDP S.p.A), chiamata a subentrare nei rapporti attivi e passivi, conservando i diritti e gli obblighi anteriori alla trasformazione (salvo quanto previsto al successivo comma 3, lettera a)).

Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare sono determinati, ai sensi del comma 3:

a) le funzioni, le attività e le passività della CDP anteriori alla trasformazione che sono trasferite al Ministero dell'economia e delle finanze e quelle assegnate alla gestione separata della CDP S.p.A.;

b) i beni e le partecipazioni societarie dello Stato, anche indirette, che sono trasferite alla CDP S.p.A. e assegnate alla gestione separata;

c) gli impegni accessori assunti dallo Stato;

d) il capitale sociale della CDP S.p.A.

 

Il comma 2 dispone che le maggiori risorse a disposizione delle regioni, in ragione della sospensione del pagamento dei mutui, dovranno essere utilizzate per finanziare misure di rilancio dell'economia e per il sostegno ai settori economici colpiti dall'epidemia in corso, in coerenza con l’impianto del decreto-legge in esame.

L’utilizzo dei risparmi di spesa è possibile previa variazione di bilancio da parte della giunta, da approvare in via amministrativa.

 

La disposizione in esame deroga alla disciplina contabile che prevede, in via ordinaria, che le variazioni di bilancio siano effettuate con legge.

Il principio di carattere generale secondo il quale, nel corso dell'esercizio, il bilancio di previsione può essere oggetto di variazioni autorizzate con legge è contenuto all'art. 51 del d.lgs. n.118 del 2011, recante “Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42”.

La medesima disciplina contabile contempla determinate fattispecie[60] per le quali è consentito alla giunta, nel corso dell'esercizio, di autorizzare, con provvedimento amministrativo, le variazioni (del documento tecnico di accompagnamento e le variazioni) del bilancio di previsione, che si intendono integrate con quanto previsto dal comma 2 dell'articolo in commento.

 

Il comma 3 prevede la possibilità che in sede di Conferenza Stato Regioni siano ceduti spazi finanziari a beneficio delle Regioni maggiormente colpite dall’emergenza in corso, da utilizzare per la realizzazione di investimenti. Siffatta rimodulazione si rende necessaria ai fini del rispetto dell’equilibrio di bilancio, definito dall’art. 1, comma 466, legge n. 232/2016 in termini di saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali.

 

Ai sensi del comma 4, la sospensione dettata dall'articolo in esame non riguarda le quote capitale dei mutui attivati in relazione alle anticipazioni di liquidità cui la regione ha fatto ricorso per il pagamento dei debiti commerciali scaduti (ai sensi degli articoli 2 e 3, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35).

Il citato d.l. n.35 dispone in ordine agli strumenti diretti a garantire la puntualità dei pagamenti dei debiti contratti dalle pubbliche amministrazioni[61]. In particolare, il comma 10 istituisce un Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili con tre distinte sezioni, una relativa agli enti locali, una alle regioni e province autonome e una agli enti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

Nello specifico, il citato art. 2 stabilisce che le regioni e le province autonome che non possono far fronte ai pagamenti dei debiti (non finanziari o sanitari) contratti alla data del 31 dicembre 2012, a causa di carenza di liquidità, chiedono al Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 30 aprile 2013, l'anticipazione di somme da destinare ai predetti pagamenti.

L’articolo 3 dispone, a sua volta, di analoga facoltà di ottenere anticipazioni di liquidità con riferimento a debiti scaduti assunti dagli enti del SSN[62].

 

Nel corso dell'esame in prima lettura, è stato inserito il comma 4-bis. Esso interviene sulla procedura di ripiano dei disavanzi di amministrazione delle regioni e degli enti locali (v. più diffusamente infra), cui gli enti fanno ricorso qualora non sia rispettato l'equilibrio di bilancio, in termini di saldo non negativo tra entrate finali e spese finali (ai sensi dell'art.9 della legge n.243/2012).

 

La disposizione, nell'individuare la platea dei soggetti interessati alla disposizione in esame, richiama l'art.2 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118.

Tale ultima disposizione a sua volta individua i seguenti soggetti tenuti all'adozione di sistemi contabili omogenei: i) "Le regioni e gli enti locali di cui all'art.2 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267" (cioè i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni, nonché consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali); ii) gli enti strumentali delle medesime amministrazioni; iii) le istituzioni degli enti locali di cui all'articolo 114 del citato d.lgs. n.267/2000  e gli altri organismi strumentali delle citate amministrazioni pubbliche.

 

Occorre rammentare che, ai sensi dell'art.9, comma 3, della cit. legge n.243/2012, i richiamati enti, qualora registrino, in sede di rendiconto di gestione, un valore negativo del saldo tra entrate finali e spese finali, sono tenuti ad adottare misure di correzione tali da assicurarne il recupero entro il triennio successivo, in quote costanti.

 

Nello specifico, la norma dispone che il disavanzo di amministrazione ripianato nel corso di un esercizio finanziario per un importo superiore rispetto a quello applicato al bilancio può non essere applicato al bilancio degli esercizi successivi. Tale evenienza si ha nel caso in cui si determini un anticipo delle attività previste nel piano di rientro diretto ad assorbire detto indebitamento, riguardante maggiori accertamenti o minori impegni previsti in bilancio per gli esercizi successivi in attuazione del piano di rientro.

In altri termini, nell'evenienza in cui l'ente proceda ad un ripiano del disavanzo superiore rispetto a quello previsto (sulla base del principio delle rate costanti) viene permesso all'ente "virtuoso" di recuperare tale effetto positivo sul piano di rientro già nell'esercizio successivo.

 

Si segnala che la rubrica (modificata in Senato al fine di sostituire i termini "mutui regionali" con i seguenti: "prestiti concessi alle regioni") non tiene conto di quanto disposto dal comma 4-bis.

 

Il comma 5 quantifica gli oneri derivanti dalla sospensione della quota capitale dei mutui, pari a 4,3 milioni di euro e 338,9 milioni in termini di saldo netto da finanziare, per la cui copertura si provvede ai sensi dell'art.126 (si veda la relativa scheda di lettura del presente dossier).

 


 

Articolo 112
(Sospensione quota capitale mutui enti locali)

 

 

L’articolo 112 dispone la sospensione di un anno del pagamento della quota capitale dei mutui contratti dagli enti locali con la Cassa depositi e prestiti e trasferiti al Ministero dell’economia e delle finanze. Il risparmio di spesa è utilizzato per il finanziamento di interventi utili a far fronte all’emergenza COVID-19.

 

Il comma 1, in particolare, sospende di un anno il pagamento della quota capitale, in scadenza nel 2020 successivamente al 17 marzo (giorno di entrata in vigore del decreto in esame), dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. agli enti locali e trasferiti al Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 5, commi 1 e 3, del D.L. n. 269/2003. Il pagamento è differito all’anno immediatamente successivo alla data di scadenza del piano di ammortamento contrattuale, sulla base della periodicità del pagamento prestabilita dal contratto o dal provvedimento regolante il mutuo.

 

L'articolo 5 del decreto-legge n. 269 del 2003 (si veda al riguardo anche la scheda di lettura dell’articolo 111) dispone la trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni. Con successivo decreto del MEF del 5 dicembre 2003 sono state determinate, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 5, le funzioni, le attività e le passività della Cassa depositi e prestiti anteriori alla trasformazione che sono trasferite al MEF e quelle assegnate alla gestione separata.

 

Si ricorda che in precedenza una proroga di tali mutui scaduti è stata prevista dal D.L. n. 32 del 2019 (articolo 5-quater), il quale ha stabilito, per lo stesso tipo di mutui, il cui piano di rimborso era scaduto il 31 dicembre 2018, che le somme residue potessero essere erogate anche successivamente alla scadenza dell'ammortamento, al fine di garantire la realizzazione degli interventi riguardanti l'opera oggetto del mutuo concesso ovvero alla quale sono state destinate le somme mutuate a seguito dei diversi utilizzi autorizzati dalla Cassa depositi e prestiti Spa nel corso del periodo di ammortamento. L'erogazione delle suddette somme è effettuata dalla Cassa depositi e prestiti Spa entro il 31 dicembre 2021.

Riguardo ai mutui in esame, inoltre, la legge di bilancio per il 2019 (articolo 1, commi 961-964, legge n. 145/2018) ha previsto la possibilità di rinegoziazione dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. a comuni, province e città metropolitane e trasferiti al MEF, aventi determinate caratteristiche (indicate al comma 962, tra le quali: interessi calcolati sulla base di un tasso fisso, oneri di rimborso a diretto carico dell’ente locale beneficiario dei mutui, scadenza dei prestiti successiva al 31 dicembre 2022 e debito residuo da ammortizzare superiore a 10.000 euro) ai fini della riduzione dell'ammontare di passività a carico degli enti, ferma restando la data di scadenza prevista nei vigenti piani di ammortamento.

Con il decreto 30 agosto 2019 (di natura non regolamentare) del Ministro dell’economia e delle finanze sono stati individuati i mutui che possono essere oggetto delle operazioni di rinegoziazione e sono stati definiti i criteri e le modalità di perfezionamento di tali operazioni. Dal 25 settembre al 23 ottobre 2019 gli enti locali hanno potuto presentare la richiesta di rinegoziazione dei mutui in esame tramite il portale della Cassa depositi e prestiti.

 

Il comma 2 destina il risparmio di spesa che si determina dalla suddetta sospensione dei pagamenti al finanziamento di interventi utili a far fronte all’emergenza COVID-19.

 

Il comma 3 precisa che la sospensione non riguarda:

§  le quote capitale delle anticipazioni di liquidità di cui al D.L. n. 35 del 2013 e successivi rifinanziamenti;

Con riferimento alle anticipazioni di liquidità si fa presente che il D.L. n.35 del 2013 (come richiamato nella scheda di lettura dell’articolo 111) prevede, all'articolo 1, strumenti diretti a garantire la puntualità dei pagamenti dei debiti contratti dalla PA. In particolare, il comma 10 istituisce un Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili con tre distinte sezioni relative agli enti locali, alle regioni e province autonome, e agli enti del Servizio Sanitario Nazionale.

Al riguardo si ricorda che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 4 del 2020, ha dichiarato incostituzionali due disposizioni legislative che hanno consentito agli enti destinatari delle anticipazioni di liquidità (finalizzate, come detto, ai pagamenti dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni) di utilizzare la relativa quota accantonata nel risultato di amministrazione (in termini di minor accantonamento al Fondo crediti di dubbia esigibilità). Con il successivo D.L. n. 162 del 2019 (art. 39-ter) è stato previsto che il disavanzo conseguente alla sentenza n. 4 del 2020 possa essere oggetto di un ripiano graduale.

 

§  i mutui che hanno beneficiato di differimenti di pagamento delle rate di ammortamento in scadenza nel 2020, a favore degli enti locali colpiti da eventi sismici.

Il D.L. n. 123 del 2019 (articolo 8, comma 1) ha previsto il differimento del pagamento delle rate in scadenza negli esercizi 2018, 2019, 2020 e 2021 dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.a. ai comuni colpiti dal sisma dell’agosto 2016 che ha interessato il Centro Italia (nonché alle Province in cui questi ricadono), trasferiti al Ministero dell'economia e delle finanze, in attuazione del D.L n. 269 del 2003.

In precedenza la legge di bilancio 2018 (legge n. 205 del 2017, articolo 1, commi 729-732) ha previsto per gli enti locali di Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012, la proroga al 2019 della sospensione degli oneri relativi al pagamento delle rate dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A., incluse quelle il cui pagamento è stato differito in precedenza ai sensi delle leggi di stabilità per gli anni 2013, 2014 e 2015. La stessa legge di bilancio 2018 (articolo 1, commi 733-738) ha previsto il differimento delle rate in scadenza negli esercizi dal 2018 al 2020 dei mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti S.p.A. ai comuni di Casamicciola Terme, Lacco Ameno e Forio d’Ischia colpiti dal sisma del 2017 e il differimento di un anno delle rate in scadenza nell’esercizio 2018 dei mutui concessi ai comuni colpiti da sisma del 2016 in Centro Italia.

 

Il comma 4 quantifica in 276,5 milioni euro per l’anno 2020 gli oneri derivanti dalla sospensione del pagamento della quota capitale dei mutui erogati agli enti locali da Cassa depositi e prestiti S.p.A., prevista dal comma 1. Per la copertura dell’onere si provvede ai sensi dell’articolo 126 (disposizioni finanziarie).

 

La Relazione tecnica afferma che, per quanto riguarda il saldo netto da finanziare, la norma determina effetti per 276,5 milioni in relazione ai maggiori interessi passivi e alle quote non versate al bilancio dello Stato. Con riferimento all’indebitamento netto e al fabbisogno la norma determina effetti per 276,5 milioni in relazione a: maggiori interessi passivi sostenuti a seguito del mancato incasso delle quote capitale (3,6 milioni); ampliamento della capacità di spesa degli enti locali, determinato dalla sospensione del pagamento delle quote capitale dei presiti (272,9 milioni).


 

Articolo 113
(Rinvio di scadenze adempimenti relativi a
comunicazioni sui rifiuti)

 

 

L’articolo 113, oggetto di modifiche formali nel corso dell’esame al Senato, proroga al 30 giugno 2020 i termini di scadenza di una serie di adempimenti relativi alla gestione dei rifiuti.

 

Si tratta dei seguenti adempimenti:

a) presentazione del MUD (modello unico di dichiarazione ambientale);

L’articolo 6, comma 2, della L. 70/1994 (istitutiva del MUD), fissa al 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento, la scadenza per la presentazione del modello in questione.

b) presentazione della comunicazione annuale dei dati relativi a pile e accumulatori immessi sul mercato nazionale nell’anno precedente e trasmissione dei dati relativi alla raccolta e al riciclaggio dei rifiuti di pile e accumulatori portatili, industriali e per veicoli.

L’art. 15, comma 3, del d.lgs. 188/2008 (recante “Attuazione della direttiva 2006/66/CE concernente pile, accumulatori e relativi rifiuti e che abroga la direttiva 91/157/CEE”) impone ai produttori di comunicare annualmente alle camere di commercio, entro il 31 marzo, i dati relativi alle pile e agli accumulatori immessi sul mercato nazionale nell'anno precedente, suddivisi per tipologia.

L’art. 17, comma 2, lettera c), del medesimo decreto legislativo dispone invece che il Centro di coordinamento nazionale pile e accumulatori (CDCNPA) provvede alla trasmissione all’ISPRA, entro il 31 marzo dell'anno successivo a quello di rilevamento, dei dati relativi alla raccolta ed al riciclaggio dei rifiuti di pile e accumulatori portatili, industriali e per veicoli.

c) presentazione al Centro di Coordinamento RAEE (CDCRAEE) della comunicazione, da parte dei titolari degli impianti di trattamento dei RAEE, delle quantità di RAEE trattate nell’anno precedente;

L’art. 33, comma 2, del d.lgs. 49/2014 (recante “Attuazione della direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE)”) prevede che la citata comunicazione annuale venga presentata al CDCRAEE entro il 30 aprile di ogni anno.

d) versamento del diritto annuale di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali.

L’art. 24, comma 4, del D.M. 120/2014 (recante “Regolamento per la definizione delle attribuzioni e delle modalità di organizzazione dell'Albo nazionale dei gestori ambientali, dei requisiti tecnici e finanziari delle imprese e dei responsabili tecnici, dei termini e delle modalità di iscrizione e dei relativi diritti annuali”) prevede che il versamento in questione sia effettuato entro il 30 aprile di ogni anno.

Si ricorda che, in base all’art. 212, comma 5, del d.lgs. 152/2006 (cd. Codice dell’ambiente), l’iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi.


 

Articolo 113-bis
(Proroghe e sospensioni di termini per adempimenti
in materia ambientale)

 

 

L’articolo 113-bis, introdotto durante l’esame al Senato, consente di derogare alle quantità e ai limiti temporali massimi previsti dal Codice dell’ambiente per l’effettuazione del deposito temporaneo di rifiuti.

 

Nel dettaglio, l’articolo in esame dispone che, fermo restando il rispetto delle disposizioni in materia di prevenzione incendi, per l’effettuazione del deposito temporaneo di rifiuti (disciplinato dall’art. 183, comma 1, lettera bb), punto 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, c.d. Codice dell’ambiente) è consentito derogare:

·      al quantitativo massimo ammesso, che può essere raddoppiato;

La citata lettera bb) dell’art. 183 del Codice definisce il «deposito temporaneo» come il raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, effettuati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l'intera area in cui si svolge l'attività che ha determinato la produzione dei rifiuti o, per gli imprenditori agricoli, presso il sito che sia nella disponibilità giuridica della cooperativa agricola, ivi compresi i consorzi agrari, di cui gli stessi sono soci”. La stessa lettera pone una serie di condizioni che devono essere rispettate affinché si configuri la fattispecie in questione. Il punto 2), in particolare, prevede che i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti:
- con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito;
- quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all'anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno (limite temporale che viene elevato ad un anno e mezzo dalla norma in esame, v. infra).

In base a quanto previsto dall’articolo in esame, le quantità indicate nel punto 2) devono quindi considerarsi raddoppiate.

·      al limite temporale massimo, che può essere elevato da un anno (termine attualmente vigente, come ricordato poc’anzi) fino a 18 mesi.

 

Si osserva che non viene fissato alcun termine per l’operatività della deroga prevista dall’articolo in esame.

 

Si fa inoltre notare che lo schema di decreto n. 169, finalizzato al recepimento della nuova direttiva sui rifiuti (direttiva 2018/851/UE) e trasmesso al Parlamento nello scorso mese di marzo, prevede una riscrittura della definizione di deposito temporaneo che, tra l’altro, elimina tutte le condizioni previste dai punti 1)-5) del testo vigente della succitata lettera bb) dell’art. 183 del Codice dell’ambiente.

Si valuti pertanto l’opportunità di modificare la norma in esame al fine di renderla una disposizione transitoria nelle more del recepimento della direttiva 2018/851/UE.


 

Articolo 114
(Fondo per la sanificazione di ambienti appartenenti
ad enti locali)

 

 

L'articolo 114 istituisce un fondo, con una dotazione pari a 70 milioni di euro, per contribuire alle spese di sanificazione e disinfezione dei locali degli enti locali.

 

Ai sensi del comma 1, il fondo, istituito presso il Ministero dell’interno, prevede una dotazione complessiva (di 70 milioni) di cui 65 milioni diretti ai comuni e 5 milioni alle province e città metropolitane.

Tali risorse concorrono al finanziamento delle spese di sanificazione e disinfezione degli uffici, degli ambienti e dei mezzi di province, città metropolitane e comuni.

L'intervento è motivato dal livello di esposizione al rischio di contagio da COVID-19 connesso allo svolgimento dei compiti istituzionali dei medesimi enti.

Il comma 2 demanda ad un decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e con il Ministero della salute, previo parere della Conferenza Stato città ed autonomie locali, il riparto del fondo fra gli enti beneficiari.

Il provvedimento, che è adottato entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del decreto-legge, tiene conto, ai fini del medesimo riparto, della popolazione residente, nonché del numero di casi di contagio da COVID-19 accertati.

Agli oneri derivanti dall'articolo in commento, pari a 70 milioni di euro, si provvede mediante l'art.126 (alla cui scheda di lettura del presente dossier si rinvia).

 

 


 

Articolo 115
(Straordinario per polizia locale)

 

 

L'articolo 115 opera, per un verso, una deroga alle disposizioni vigenti che limitano il trattamento accessorio dei dipendenti al fine di consentire agli enti locali di finanziare le prestazioni di lavoro straordinario effettuato dal personale della polizia locale impiegato nel contenimento dell'emergenza epidemiologica in atto. Per l'altro, istituisce un fondo, con una dotazione pari a 10 milioni di euro, diretto a contribuire al pagamento dello straordinario e all'acquisto di dispositivi di protezione individuale.

 

Il comma 1 dispone che, per l’anno 2020, le risorse destinate al finanziamento del lavoro straordinario effettuato dal predetto personale non soggiacciono ai limiti del trattamento ai limiti del trattamento accessorio previsti dall'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.75.

 

Il citato art. 23, comma 2, stabilisce un tetto, derogato dalla norma in esame, per l'erogazione del salario accessorio destinato ai dipendenti pubblici. Esso prevede che, in attesa della progressiva armonizzazione dei trattamenti economici accessori del personale delle amministrazioni pubbliche, a decorrere dal 1° gennaio 2017, l'ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al salario accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna amministrazione non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2016[63].

 

La disposizione si applica:

i)                   a beneficio del personale della polizia locale "direttamente impegnato" per le esigenze conseguenti ai provvedimenti di contenimento del fenomeno epidemiologico;

ii)                 al solo 2020;

iii)              limitatamente alla durata dell’efficacia delle disposizioni dettate per la gestione dell'emergenza sanitaria in corso. Nello specifico, mentre nel testo originario del decreto-legge il riferimento è alle disposizioni attuative adottate ai sensi dell'art.3, comma 1, del decreto-legge n.6 del 2020, "con DPCM 9 marzo 2020"[64], nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione il Senato ha sostituito tale ultimo riferimento con quello al decreto-legge n.19 del 2020[65] (che del resto non poteva essere presente nel testo originario del decreto-legge, poiché il DL n.19 è ad esso successivo);

iv)               nel rispetto dell’equilibrio di bilancio.

 

Il comma 2 istituisce il richiamato fondo diretto a contribuire all'erogazione dei compensi per le richiamate maggiori prestazioni di lavoro straordinario e per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale del personale della polizia locale.

Il fondo, istituito presso il Ministero dell'interno, ha una dotazione per l'anno 2020 pari a 10 milioni di euro, il cui riparto è effettuato con decreto del Ministero dell'interno di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato città ed autonomie locali. Tale provvedimento è adottato entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del decreto legge in esame. In sede di riparto, si tiene conto di due criteri: la popolazione residente e il numero di casi di contagio da COVID-19 accertati.

 

La rubrica dell'articolo ("Straordinario polizia locale") parrebbe non tener conto che il comma 2 destina risorse anche per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale.

 

La copertura degli oneri per l'attuazione dell'articolo in commento, pari a 10 milioni di euro, è assicurata, ai sensi del comma 3, dall'articolo 126 (alla cui scheda del presente Dossier si fa rinvio).

 


 

Articolo 116
(Termini riorganizzazione Ministeri)

 

 

L’articolo 116 dispone una proroga di tre mesi dei termini per l’adozione dei provvedimenti di riorganizzazione dei Ministeri con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previsti da disposizioni vigenti con scadenza tra il 1° marzo e il 31 luglio 2020. La proroga decorre dalla data di scadenza per l’adozione del d.P.C.M. prevista dalle rispettive disposizioni normative.

 

Si ricorda, infatti, che negli ultimi anni il legislatore ha fatto ricorso, in deroga alle procedure ordinarie, a procedure di semplificazione e accelerazione dei processi di riorganizzazione ministeriale, prevedendo l’adozione di d.P.C.M., in luogo dei regolamenti di delegificazione, in occasione di complessivi riordini degli assetti ministeriali o di singoli dicasteri. Tali modalità sono state sempre autorizzate in via transitoria.

 

Si possono confrontare, in proposito: art. 2, co. 10-ter, D.L. 95/2012 (L. 135/2012); art. 16, co. 4, D.L. 66/2014 (L. 89/2014); art. 4-bis, D.L 86/2018 (L. 97/2018). I d.P.C.M. di organizzazione sono adottati su proposta del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa delibera del Consiglio dei ministri e sono soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti. Sugli stessi decreti di norma si è previsto che il Presidente del Consiglio dei ministri abbia facoltà di richiedere il parere del Consiglio di Stato. Per effetto di una modifica introdotta dall’art. 16-ter, co. 7, del D.L. 124/2019 (L. 157/2019) è stato, più di recente, stabilito che, con effetto dal 31 marzo 2020, la richiesta di parere al Consiglio di Stato nei d.P.C.M. di organizzazione ministeriale è obbligatoria e non più facoltativa.

 

Da ultimo, dapprima il D.L. 104/2019 (L. 132/2019), nell’ambito del riordino delle attribuzioni di alcuni Ministeri; successivamente, il D.L. 124/2019 (L. 157/2019) per il Ministero dell’economia, la L. 160/2019 per il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ed il D.L. 1/2020 (L. 12/2020) per i neo istituiti Ministeri dell’istruzione e dell’università e della ricerca, nati dall’ex MIUR, hanno stabilito la revisione dei relativi regolamenti di organizzazione utilizzando le modalità derogatorie del d.P.C.M.

 

In base alle procedure ordinarie, nel rispetto della riserva di legge (relativa) di cui all'art. 95, terzo comma, Cost., l’organizzazione interna dei Ministeri è disciplinata da una pluralità di fonti normative. Le strutture di primo livello (dipartimenti o direzioni generali) sono stabilite direttamente dalla legge, che nel caso di specie è rappresentata dal d.lgs. 300/1999, il quale fissa per ciascun ministero il numero massimo di dipartimenti o di direzioni generali, a seconda del modello organizzativo prescelto. Nell’ambito di tale struttura primaria, si provvede a definire il numero (nonché l’organizzazione, la dotazione organica e le funzioni) degli uffici di livello dirigenziale generale in cui sono articolati i dipartimenti o le direzioni generali, mediante regolamenti di delegificazione adottati con D.P.R. ex art. 17, co. 4-bis, L. 400/1988 (così dispone l’art. 4, co. 1, del D.lgs. 300/1999). L’articolazione interna degli uffici di livello dirigenziale generale è demandata al ministro che provvede, con proprio decreto di natura non regolamentare, alla individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale e alla definizione dei relativi compiti (art. 17, co. 4-bis, lett. e), L. 400/1988 e art. 4, co. 4, D.lgs. 300/1999). Anche per la disciplina degli uffici di diretta collaborazione del Ministro, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l’amministrazione, l’assetto ordinario delle fonti ministeriali (art. 7 del D.lgs. 300/1999) prevede che siano istituiti e disciplinati con regolamento ex art. 17, co. 4-bis, L. 400/1988.

 

Pertanto, alla luce della vigente normativa, i ministeri che risultano interessati dalla disposizione in esame, sono:

§  il Ministero dell’economia e delle finanze, la cui organizzazione, compresa quella degli uffici di diretta collaborazione, può essere adeguata ai sensi dell’art. 16-ter, co. 7, D.L. 124/2019 (conv. L. 157/2019) mediante uno o più d.P.C.M. da adottare entro il 30 giugno 2020;

§  il Ministero dell’istruzione ed il Ministero dell'università e della ricerca, per i quali l’articolo 3, comma 6, primo periodo, del D.L. 1/2020 (conv. L. 12/2020) prevede l’adozione di nuovi regolamenti di organizzazione, ivi inclusi quelli degli uffici di diretta collaborazione, con d.P.C.M. entro il 30 giugno 2020;

§  il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, che ai sensi dell’art. 1, co. 167, della legge di bilancio 2020 (L. 160/2019) avrebbe dovuto modificare, entro il 15 marzo 2020, il proprio regolamento di organizzazione con d.P.C.M. per adeguarsi alle novità introdotte con la legge di bilancio medesima;

§  il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che è stato autorizzato dall’articolo 4, co. 5, del D.L. 104/2019 (conv. L. 132/2019) a procedere alla riorganizzazione dei propri uffici, ivi compresi quelli di diretta collaborazione, mediante regolamenti da adottare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri fino al 31 luglio 2020.

 

Al fine di evitare incertezze interpretative, andrebbe valutata l’opportunità di specificare se la proroga riguarda tutti i regolamenti concernenti l’organizzazione dei Ministeri, “inclusi quelli degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri”.


 

Articolo 117
(Misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni)

 

 

L'articolo 117 proroga il termine entro il quale il Presidente e i componenti del Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, attualmente in carica, sono legittimati ad esercitare le proprie funzioni, estendendolo, dal 31 marzo 2020 attualmente previsto, al nuovo termine di non oltre 60 giorni successivi alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, già dichiarato per sei mesi con la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020.

Con una modifica approvata dal Senato, si sopprime il riferimento, previsto dall'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 104, ai soli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti, risultando la proroga in parola non più limitata ai suddetti atti.

 

Nel dettaglio, la norma proroga il termine, di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 104, entro il quale il Presidente e i componenti del Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, attualmente in carica, sono legittimati ad esercitare le proprie funzioni (nel testo vigente, limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti); tale termine, che era previsto, in base a successive disposizioni di proroga, fino a non oltre il 31 marzo 2020, viene così esteso a non oltre i 60 giorni successivi alla data di cessazione dello stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso al Codiv-19, come dichiarato con la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020.

Con una modifica approvata dal Senato, si è soppresso il riferimento, previsto dall'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 104, ai soli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti. Per effetto di tale modifica, la proroga prevista dalla disposizione in esame non risulta piú limitata ai suddetti atti.

Si ricorda che la citata delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 26 del 1° febbraio 2020, ha dichiarato, in relazione al rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili, lo stato di emergenza per 6 mesi dalla data della delibera stessa.

 

L'art. 7 comma 1, del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 2019, n. 132, recante Misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ha previsto che il Presidente e i componenti del Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni in carica alla data del 19 settembre 2019 continuano a esercitare le proprie funzioni, limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti, fino all'insediamento del nuovo Consiglio e comunque fino a non oltre il 31 marzo 2020. La disposizione è stata oggetto di proroga, ai sensi dell'articolo 2, co. 1, del D.L. n. 162 del 2019 (c.d. Proroga termini, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 2020, n. 8), che ha prorogato le funzioni, limitatamente agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili e urgenti, per il Presidente e i componenti del Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni fino all'insediamento del nuovo Consiglio, e comunque non oltre il 31 marzo 2020, mentre il termine innanzi previsto era il 31 dicembre 2019.

 

La Relazione illustrativa al decreto-legge evidenzia come la norma intenda evitare che le procedure previste per il rinnovo dei predetti organi debbano svolgersi in un periodo caratterizzato da una possibile limitazione dell’attività delle Camere, chiamate a partecipare al rinnovo.

 

Si segnala, infine, che gli organi del Garante per la protezione dei dati personali sono oggetto di proroga nei termini ed in base a quanto disposto dall'articolo 118 del presente decreto-legge.

 

Si ricorda che la composizione dell'Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni (AGCOM) è disciplinata dalla legge istitutiva n. 249 del 1997 e dalla legge n. 481 del 1995 - successivamente modificate dal decreto-legge n. 201 del 2011, n. 201, che ha ridotto il numero dei componenti del Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni da otto a quattro, ai quali si aggiunge il Presidente.

Il Presidente dell'Autorità è nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con il Ministro dello Sviluppo economico (ex Ministro delle comunicazioni).

Il Presidente del Consiglio procede pertanto alla designazione del nominativo del Presidente e tale designazione deve essere previamente sottoposta al parere delle Commissioni parlamentari competenti (ai sensi dell'art. 2 della legge n. 481 del 1995, che disciplina le altre autorità di pubblica utilità).

In base a tale rinvio, le Commissioni parlamentari si esprimono a maggioranza dei due terzi dei componenti ed il parere è da ritenersi necessario e vincolante, in quanto la norma dispone espressamente che in nessun caso le nomine possono essere effettuate in mancanza del parere favorevole espresso dalle Commissioni parlamentari.

La norma richiamata prevede anche che le Commissioni parlamentari competenti possano procedere all'audizione delle persone designate.

Il Presidente del Consiglio, d'intesa con il Ministro per lo Sviluppo economico, ha designato, in data 8 giugno 2012, il professor Angelo Marcello Cardani, che è stato quindi nominato Presidente con d.P.R. 11 luglio 2012, per la durata di sette anni, previo parere favorevole delle competenti Commissioni parlamentari. Il mandato del Presidente è scaduto il 25 luglio 2019, analogamente a quanto previsto per i componenti.

I quattro commissari dell'Autorità - scelti fra persone dotate di alta e riconosciuta professionalità e competenza nel settore - sono eletti dal Senato della Repubblica e dalla Camera dei deputati e sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica.

Il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati eleggono due commissari ciascuno e ciascun Senatore e ciascun Deputato esprime il voto indicando un solo nominativo per il Consiglio. Procedono pertanto ciascuna all'elezione di due commissari con voto limitato (la votazione ha luogo a scrutinio segreto e per schede).

I componenti dell'Autorità durano in carica sette anni e non possono essere riconfermati, a meno che non siano stati eletti per un periodo inferiore a tre anni, in sostituzione di commissari che non abbiano portato a termine il mandato (art. 1, comma 3 legge n. 249/1997 e art. 2, comma 8, legge n. 481/1995).

In caso di morte, di dimissioni o di impedimento di un commissario, la Camera competente procede alla sua sostituzione procedendo all'elezione di un nuovo commissario, che resta in carica fino alla scadenza ordinaria del mandato dei componenti l'Autorità.

I componenti dell'Autorità attualmente in carica sono stati nominati per sette anni con D.P.R. 11 luglio 2012, pubblicato sulla G.U. del 25 luglio 2012 e scadranno il 25 luglio 2019, data di scadenza dei sette anni dalla data di insediamento del collegio, avvenuta il 25 luglio 2012

In base all'art. 1, comma 5, della legge 31 luglio 1997, n. 249, infatti, ai componenti dell'AGCOM si applicano le disposizioni per le altre Autorità di pubblica utilità, di cui all'art. 2, commi 8, 9, 10 e 11, della legge 14 novembre 1995, n. 481, in ordine alla durata settennale del mandato.

I sette anni sono calcolati a decorrere dalla data di insediamento del collegio. In tal senso il Consiglio di Stato, in un parere del 19/4/2012 (sezione Prima, n. 03608/2012), avente ad oggetto l'ammissibilità dell'istituto della prorogatio al collegio del Garante della privacy, calcola i sette anni della durata del mandato dei componenti del collegio dalla data di insediamento dello stesso.

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno proceduto alla elezione a scrutinio segreto dei componenti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni nelle sedute del 6 giugno 2012. I componenti dell'Autorità nominata in precedenza, nel 2005, erano scaduti il 15 maggio 2012 (cfr. Parere del Consiglio di Stato n. 03676/2012 del 9 maggio 2012 sull'applicabilità della propogatio agli organi collegiali dell'AGCOM).

I componenti dell'AGCOM eletti il 6 giugno 2012 dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica sono stati: Maurizio Dècina (eletto dalla Camera dei deputati con 163 voti); Antonio Martusciello (eletto dalla Camera dei deputati con 148 voti); Antonio Preto (eletto dal Senato della Repubblica con 94 voti); Francesco Posteraro (eletto dal Senato della Repubblica con 91 voti).

A seguito del decesso del commissario Antonio Preto, l'Assemblea del Senato della Repubblica, il 1° febbraio 2017, ha proceduto alla elezione del prof. Mario Morcellini, nominato con d.P.R. 6 marzo 2017. A seguito delle dimissioni del commissario Maurizio Dècina, la Camera dei deputati nel settembre 2013 ha eletto il prof. Antonio Nicita (con 297 voti).

Attualmente i commissari dell'AGCOM, dopo le sostituzioni avvenute, sono i seguenti: Antonio Martusciello e Francesco Posteraro (Commissione per i servizi e i prodotti); Antonio Nicita e Mario Morcellini (Commissione per le infrastrutture e reti).

A pena di decadenza, i componenti dell'AGCOM non possono esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza, essere amministratori o dipendenti di soggetti pubblici o privati né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura, ivi compresi gli incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici, né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti nel settore di competenza dell'Autorità.

I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l'intera durata dell'incarico.

Per almeno quattro anni dalla cessazione dell'incarico, i componenti dell'Autorità non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore delle comunicazioni.

 


 

Articolo 118
(Misure urgenti per assicurare la continuità delle funzioni del Garante per la protezione dei dati personali)

 

 

L'articolo 118, modificato durante l’esame presso il Senato, proroga il termine entro il quale il Presidente e i componenti del Collegio del Garante per la protezione dei dati personali, attualmente in carica, sono legittimati ad esercitare le proprie funzioni, estendendolo dal 31 marzo 2020 al nuovo termine di 60 giorni successivi alla cessazione dello stato di emergenza. Nel corso dell’esame in Senato è stato altresì espunto il riferimento agli atti di ordinaria amministrazione e a quelli indifferibili ed urgenti, consentendo in tal modo al Collegio di operare nella pienezza dei suoi poteri anche durante il periodo di prorogatio.

 

In particolare, l’articolo 118 modifica l’art. 1, comma 1, del decreto-legge n. 75 del 2019, che individuava il termine ultimo per l’esercizio delle funzioni da parte del Collegio in regime di prorogatio nel 31 marzo 2020.

 

In base al testo originario del decreto-legge n. 75 del 2019 il Collegio avrebbe potuto continuare a svolgere le funzioni, seppur con le limitazioni proprie dell’organo in prorogatio, fino al 7 ottobre 2019; la legge di conversione aveva prorogato il termine al 31 dicembre 2019 e, infine, una ulteriore proroga era stata disposta, fino al 31 marzo 2020, dal decreto-legge n. 162 del 2019 (c.d. proroga termini).

 

Il decreto-legge in esame posticipa ulteriormente il termine e, nell’incertezza circa la durata dello stato di emergenza, sostituisce la data del 31 marzo 2020 con un termine di 60 giorni da calcolare a partire dalla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, già dichiarato per sei mesi con la delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, consentendo al Parlamento di disporre del tempo necessario per rinnovare il Collegio. Nelle more dell’elezione del nuovo Collegio, la continuità delle indefettibili funzioni svolte dal Garante per la protezione dei dati personali sarà garantita dal Collegio attualmente in carica, il quale potrà compiere tutti gli atti di sua competenza, senza alcuna limitazione.

 

In conformità al parere del Consiglio di Stato del 7 dicembre 2010, n. 5388 (reso in un analogo caso riguardante l’Autorità per l’energia elettrica e il gas), è stato consentito all'attuale Collegio di operare in regime di prorogatio fino al 17 agosto 2019.

Il regime di prorogatio non può avere durata superiore a 60 giorni dalla scadenza naturale del mandato del Collegio. Il Consiglio di Stato, nel citato parere, ha infatti precisato come la durata del periodo di prorogatio sia desumibile in via interpretativa dall'articolo 1, comma 15, della legge 23 agosto 2004, n. 239, e come il termine di sessanta giorni ivi previsto non sia ulteriormente prorogabile.

Stante l'improrogabilità del termine desumibile dalla predetta fonte normativa, ed in vista della sua scadenza, allo scopo di garantire la funzionalità del Garante per la protezione dei dati personali per un ulteriore periodo di tempo, in attesa del rinnovo del Collegio è stato adottato il decreto-legge n. 75 del 2019, poi modificato dal decreto-legge n. 162 del 2019 (d.l. proroga termini).

Peraltro, nel medesimo parere, il Consiglio di Stato afferma che la “deroga agli ordinari limiti di durata deve trovare una compensazione nella limitazione delle competenze”, potendo l’organo prorogato compiere i soli atti di ordinaria amministrazione e quelli che, pur eccedendo l’ordinaria amministrazione, siano indifferibili ed urgenti in quanto imposti dalla normativa con riferimento a scadenze tassative.

Gli attuali membri del Collegio in prorogatio - Antonello Soro (Presidente), Augusta Iannini (vice-presidente), Giovanna Bianchi Clerici (componente), Licia Califano (componente) - sono stati eletti nelle rispettive sedute di Camera e Senato del 6 giugno 2012 e si sono insediati il 19 giugno 2012. La scadenza del Consiglio dell'Autorità era dunque originariamente prevista per il 19 giugno 2019.

Si ricorda che il Garante per la protezione dei dati personali è un'autorità amministrativa indipendente istituita dalla legge 31 dicembre 1996, n. 675 (c.d. legge sulla privacy), successivamente disciplinata dal decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), come modificato da ultimo dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101. Il Garante è anche l'autorità di controllo designata anche ai fini dell'attuazione del Regolamento generale sulla protezione dei dati personali (UE) 2016/679.

I compiti del Garante sono definiti dal Regolamento (UE) 2016/679 (artt. 57 e 58) e dal Codice in materia di protezione dei dati personali (art. 154), come da ultimo modificato dal citato decreto legislativo del 2018, oltre che da vari altri atti normativi italiani e internazionali.

In base all'art. 153 del d.lgs. n. 196 del 2003, il Garante per la protezione dei dati personali è composto dal Collegio, che ne costituisce il vertice, e dall'Ufficio, composto dal personale amministrativo a supporto delle attività del Garante stesso. Il Collegio dell'Autorità è composto da quattro membri, i quali durano in carica sette anni e non possono essere confermati. I componenti del Collegio - che eleggono nel loro ambito il Presidente e un vicepresidente - sono eletti due dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica con voto limitato.

Quanto al procedimento di nomina dei membri del Collegio dell'Autorità, i componenti devono essere eletti tra coloro che presentano la propria candidatura nell'ambito di una procedura di selezione il cui avviso deve essere pubblicato nei siti internet della Camera, del Senato e del Garante almeno sessanta giorni prima della nomina. Le candidature devono pervenire almeno 30 giorni prima della nomina e i curricula devono essere pubblicati negli stessi siti internet. Le candidature possono essere avanzate da persone che assicurino indipendenza e che risultino di comprovata esperienza nel settore della protezione dei dati personali, con particolare riferimento alle discipline giuridiche o dell'informatica.


 

Articolo 119
(Misure di sostegno per i magistrati onorari in servizio)

 

 

L’articolo 119 autorizza la concessione di un contributo economico mensile di valore pari a 600 euro, per un massimo di 3 mesi, a favore dei magistrati onorari, a fronte della sospensione delle udienze, dei termini e delle attività processuali disposta ai sensi dell’art. 83.

 

L’articolo 119 prevede, al comma 1, la concessione di un contributo economico mensile di valore pari a 600 euro, per un massimo di 3 mesi, a favore dei magistrati onorari di cui agli artt. 1 e 29 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, in servizio alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame (18 marzo 2020).

A norma dell’art. 1 del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116, compongono la magistratura onoraria:

§  i giudici onorari di pace, ovvero i magistrati addetti all’ufficio del giudice di pace che esercitano la giurisdizione civile e penale e la funzione conciliativa in materia civile secondo le disposizioni dei codici di procedura civile e penale e delle leggi speciali;

§  i vice procuratori onorari, ovvero i magistrati addetti all’ufficio di collaborazione del procuratore della Repubblica.

L’art. 29 fa riferimento ai magistrati onorari nominati ai sensi della normativa vigente prima del 15 agosto 2017 (data di entrata in vigore del d.lgs. 116/2017), i quali possono essere confermati in servizio alla scadenza del primo mandato di durata quadriennale.

 

Il contributo, che non concorre alla formazione del reddito ai sensi del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi), è stato adottato quale misura compensativa a fronte della sospensione delle udienze, dei termini e delle attività processuali, inizialmente disposta fino al 22 marzo 2020 dal decreto-legge n. 11/2019 ed ora prolungata fino al 15 aprile 2020 ai sensi dell’art. 83, commi 1 e 2 (v. supra), che prevede inoltre, ai commi 6 e 7, la possibilità, per i capi degli uffici giudiziari, di disporre ulteriori sospensioni o limitazioni dell’attività nell’ambito delle misure di organizzazione dei rispettivi uffici nel periodo intercorrente tra il 16 aprile ed il 30 giugno 2020. Essendo tali misure suscettibili di determinare conseguenze economiche rilevanti a danno dei magistrati onorari, è stata prevista la concessione di un contributo commisurato all’effettivo periodo di sospensione delle attività processuali (dal 9 marzo al 15 aprile 2020 secondo quanto disposto dal citato art. 83, commi 1 e 2, ovvero per il più lungo periodo eventualmente derivante dalle ulteriori misure adottate dai capi degli uffici giudiziari ai sensi dei commi 6 e 7 del medesimo articolo, ma comunque per un termine massimo di 3 mesi).

Il contributo a favore dei magistrati onorari si inserisce nell’ambito delle analoghe misure di sostegno adottate a favore dei lavoratori autonomi; si ricorda, infatti, che a norma dell’art. 1, comma 3, del d.lgs. n. 116/2017 l’incarico di magistrato onorario «non determina in nessun caso rapporto di pubblico impiego» e deve essere esercitato «in modo da assicurare la compatibilità con lo svolgimento di attività lavorative o professionali».

 

Dal punto di vista soggettivo, il contributo spetta soltanto a condizione che il magistrato onorario non sia un dipendente pubblico o privato, neppure se in quiescenza, e non è cumulabile con altri contributi o indennità previsti dal decreto-legge in esame (comma 2).

 

Per quanto riguarda le modalità di erogazione (commi 3 e 4), il contributo è concesso con decreto del direttore generale degli affari interni del Dipartimento per gli affari di giustizia del Ministero della giustizia, nel limite di spesa complessivo di 9,72 milioni di euro per l'anno 2020, a valere sulle risorse del Programma 1.4 “Servizi di gestione amministrativa per l’attività giudiziaria” Azione “magistratura onoraria” dello Stato di previsione del Ministero della giustizia.


 

Articolo 120
(Piattaforme per la didattica a distanza)

 

 

L'articolo 120, modificato dal Senato, incrementa, per l'anno 2020, le risorse destinate all’innovazione digitale e la didattica laboratoriale finalizzate: all'acquisto di piattaforme e strumenti digitali da parte delle scuole statali; alla messa a disposizione di dispositivi digitali individuali in comodato d'uso per gli studenti meno abbienti; alla formazione del personale. Vengono altresì disciplinate le modalità di acquisto dei predetti strumenti, di riparto delle summenzionate risorse e di controllo sull'utilizzo delle stesse. Inoltre, si autorizzano le scuole del primo ciclo a sottoscrivere contratti, sino al termine delle attività didattiche, con assistenti tecnici, nel limite complessivo di 1.000 unità. Infine, con le modifiche apportate in prima lettura, vengono assegnati 2 milioni di euro per l'anno 2020 in favore delle scuole paritarie, per consentire loro di dotarsi di piattaforme e strumenti digitali e per concedere questi ultimi in comodato d'uso agli studenti meno abbienti.

 

In dettaglio, il comma 1 aumenta di 85 milioni di euro per il 2020 le risorse di cui all'art. 1, co. 62, della L. 107/2015 destinate all’innovazione digitale e alla didattica laboratoriale. Per il 2020, tali risorse sono state già incrementate di 2 milioni di euro dall'art. 1, co. 257, della L. 160/2019.

Si segnala che il comma 1 menziona il "Fondo" di cui all'art. 1, co. 62, della L. 107/2015, che tuttavia stanzia risorse senza istituire un Fondo specifico. Si valuti l'opportunità di un adeguamento del testo.

Al connesso onere, in virtù del comma 7, si provvede ai sensi dell'articolo 126 (su cui si rinvia alla relativa scheda).

 

Il 17 aprile 2020 Ministro dell'istruzione ha annunciato lo stanziamento di ulteriori 80 milioni di euro, di risorse PON, per l’acquisto di pc, tablet e dispositivi per la connessione internet, dedicati alle scuole del primo ciclo, primaria e secondaria di primo grado.

 

Si ricorda che la L. 105/2017, all'art. 1, co. 56, ha previsto l'adozione da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) del Piano nazionale per la scuola digitale (PNSD), in coerenza con il quale le scuole promuovono proprie azioni nell'ambito del Piano triennale dell'offerta formativa (PTOF). Per la realizzazione di tali attività, l'art. 1, co. 62, della medesima legge ha originariamente autorizzato, a decorrere dal 2016, la spesa di euro 30 milioni annui (poi ridotti dalla L. 145/2018, per gli anni 2019, 2020 e 2021, di 1,44 milioni di euro per l'anno 2019, 3,6 milioni di euro per l'anno 2020 e 2,16 milioni di euro per l'anno 2021 e incrementati nuovamente - come si è detto - di 2 milioni di euro per il 2020 dalla L.160/2019), ripartiti tra le istituzioni scolastiche sulla base di procedure selettive.

 

Tali risorse, in base al comma 2, sono destinate:

a) per 10 milioni di euro nel 2020, a consentire alle scuole statali di dotarsi immediatamente di piattaforme e di strumenti digitali utili per l’apprendimento a distanza, o di potenziare quelli già in dotazione, nel rispetto dei criteri di accessibilità per le persone con disabilità.

In occasione dell’attuale emergenza sanitaria, a seguito di specifiche call lanciate il 28 febbraio 2020, il Ministero dell'istruzione ha invitato tutti i produttori di hardware e di software che desiderassero rendere disponibili a titolo gratuito i propri prodotti a manifestare tempestivamente la propria disponibilità.

Con la nota n. 562 del 28 marzo 2020, il Dicastero ha poi precisato che, in questa fase emergenziale, "le piattaforme per l’apprendimento a distanza sono state già messe a disposizione gratuitamente dall’Amministrazione. In particolare, è stata implementata una pagina dedicata sul sito istituzionale del Ministero, che rende disponibili piattaforme telematiche certificate, contenuti didattici digitali e specifici strumenti di assistenza. (...) Le predette piattaforme per la didattica a distanza sono offerte a titolo gratuito a tutte le Istituzioni scolastiche da parte di operatori del settore, previa sottoscrizione con il Ministero di apposito protocollo di intesa".

 

In tutti i provvedimenti attuativi del D.L. 6/2020 (L. 13/2020) e del D.L. 19/2020 di contenimento dell'emergenza sanitaria[66], si è stabilito che i dirigenti scolastici attivano, per la durata della sospensione delle attività didattiche nelle scuole, modalità di didattica a distanza avuto anche riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità. La sospensione delle attività didattiche su tutto il territorio nazionale è stata disposta con il D.P.C.M. 4 marzo 2020, a decorrere dal 5 marzo, ed è stata da ultimo prorogata al 3 maggio 2020 dal D.P.C.M. 10 aprile 2020. Inoltre, l'art. 2, co. 3, del D.L. 22/2020 (A.S. 1774) dispone che, in corrispondenza della sospensione delle attività didattiche in presenza, il personale docente assicura le prestazioni didattiche nelle modalità a distanza, anche attraverso apparecchiature informatiche e collegamenti telefonici e telematici a disposizione.

Nella nota n. 278 del 6 marzo 2020, il Ministero dell'istruzione ha fornito le prime indicazioni per la didattica a distanza, affidando all’Ufficio scolastico regionale competente il monitoraggio dell’effettivo stato di attuazione delle azioni promosse dalle istituzioni scolastiche per garantire le modalità di apprendimento a distanza. Gli esiti del monitoraggio sono ritenuti funzionali ad attivare ulteriori misure di sostegno nelle situazioni di maggiore criticità, anche in collaborazione con il Ministero dell’istruzione ed i Dipartimenti interessati. Successivamente, nella nota n. 279 dell'8 marzo 2020, il Ministero ha dettagliato le modalità di svolgimento della didattica a distanza, "che vanno dalla mera trasmissione di materiali (da abbandonarsi progressivamente, in quanto non assimilabile alla didattica a distanza), alla registrazione delle lezioni, all’utilizzo di piattaforme per la didattica a distanza, presso l’istituzione scolastica, presso il domicilio o altre strutture". Ha altresì affermato che "ogni iniziativa che favorisca il più possibile la continuità nell’azione didattica è, di per sé, utile".

Nella citata nota n. 279 si consiglia comunque di "evitare, soprattutto nella scuola primaria, la mera trasmissione di compiti ed esercitazioni, quando non accompagnata da una qualche forma di azione didattica o anche semplicemente di contatto a distanza. Va, peraltro, esercitata una necessaria attività di programmazione, al fine di evitare sovrapposizioni tra l’erogazione a distanza, nella forma delle “classi virtuali”, tra le diverse discipline ed evitare sovrapposizioni. [...] Anche le più semplici forme di contatto sono da raccomandare vivamente. E ciò riguarda l’intero gruppo classe, la cui dimensione inclusiva va, per quanto possibile mantenuta, anche con riguardo agli alunni con bisogni educativi speciali".

Indicazioni più dettagliate sono contenute nella nota n. 388 del 17 marzo 2020, che distingue la progettazione delle attività didattiche a distanza tra:

§  scuole dell'infanzia, per le quali occorre privilegiare "attività in raccordo con le famiglie, costruite sul contatto “diretto” (se pure a distanza), tra docenti e bambini, anche solo mediante semplici messaggi vocali o video veicolati attraverso i docenti o i genitori rappresentanti di classe, ove non siano possibili altre modalità più efficaci", potenziando la dimensione ludica;

§  scuola primaria, per la quale occorre ricercare un equilibrio tra attività didattiche a distanza e momenti di pausa, in modo da evitare i rischi derivanti da un'eccessiva permanenza davanti agli schermi. La proposta delle attività deve consentire agli alunni di operare in autonomia;

§  scuola secondaria di primo e di secondo grado, per la quale il raccordo tra le proposte didattiche dei diversi docenti è necessario per evitare un peso eccessivo dell’impegno on line. Vengono in particolare fornite alcune indicazioni specifiche per gli istituti tecnici e professionali.

Tale nota n. 388 declina inoltre l'apprendimento a distanza anche per gli alunni con disabilità e per gli alunni con DSA e con bisogni educativi speciali non certificati.

Il Dicastero ha anche affrontato il problema della valutazione degli apprendimenti e di verifica delle presenze, correlato evidentemente alle modalità di didattica a distanza. Nella predetta nota n. 279 si afferma quindi che, a seconda delle piattaforme utilizzate, vi è una varietà di strumenti a disposizione e si ricorda, peraltro, che "la normativa vigente (D.P.R. 122/2009, d.lgs 62/2017), al di là dei momenti formalizzati relativi agli scrutini e agli esami di Stato, lascia la dimensione docimologica ai docenti, senza istruire particolari protocolli che sono più fonte di tradizione che normativa". Da ultimo, nella citata nota n. 388 si ribadisce che "le forme, le metodologie e gli strumenti per procedere alla valutazione in itinere degli apprendimenti, propedeutica alla valutazione finale, rientrano nella competenza di ciascun insegnante e hanno a riferimento i criteri approvati dal collegio dei docenti. La riflessione sul processo formativo compiuto nel corso dell’attuale periodo di sospensione dell’attività didattica in presenza sarà come di consueto condivisa dall’intero consiglio di classe."

In tema di valutazione degli apprendimenti, si veda anche la scheda di lettura relativa all'art.87, comma 3-ter, del provvedimento in esame, nonchè il dossier relativo al D.L. 22/2020 (A.S.1774).

Qui la pagina del Ministero dell'istruzione dedicata alla didattica a distanza.

Sulla questione, il Ministro dell'istruzione, nell'informativa resa al Senato il 26 marzo 2020, ha comunicato che "il 67 per cento delle scuole che hanno attivato l'attività a distanza prevede per essa specifiche forme di valutazione. Attualmente più di 6,7 milioni di alunni sono raggiunti attraverso mezzi diversi da attività didattiche a distanza. L'89 per cento delle scuole ha predisposto attività e materiali specifici per gli alunni con disabilità; l'84 per cento ha predisposto attività e materiali specifici per gli alunni con DSA; il 68 per cento ha predisposto attività e materiali specifici per gli alunni con bisogni educativi speciali (BES) non certificati; il 48 per cento delle scuole ha svolto riunioni degli organi collegiali a distanza."

 

b) per 70 milioni di euro nel 2020, a mettere a disposizione degli studenti meno abbienti, in comodato d’uso, dispositivi digitali individuali per la fruizione delle piattaforme di cui alla lettera a), nonché per la necessaria connettività di rete.

     In base all'art. 1803 c.c., il comodato è il contratto gratuito col quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Al riguardo, la nota n. 562 del 28 marzo 2020 richiama i compiti e le funzioni del consegnatario disciplinati all’art. 30 del D.M. 28 agosto 2018, n. 129 e precisa che le scuole possono stipulare appositi accordi di rete, anche attraverso l’ampliamento di reti già esistenti, per l’utilizzo ottimale delle dotazioni per la didattica a distanza, attivando in questo modo reti di solidarietà e di collaborazione tra scuole anche per lo scambio di esperienze e di buone pratiche e per l’utilizzo e l’acquisto condiviso di dispositivi e di strumenti digitali per la didattica a distanza;

 

c) per 5 milioni di euro nel 2020, a formare il personale scolastico (parrebbe dunque riferirsi a tutte le categorie: dirigenti, docenti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario) sulle metodologie e le tecniche per la didattica a distanza.

Si segnala che, a seguito delle misure di contenimento dell'emergenza sanitaria, anche le attività formative e di aggiornamento in presenza, destinate al personale, sono sospese. Nella citata nota n. 278 del 6 marzo 2020, il Ministero dell'istruzione ha informato che "al fine di supportare le istituzioni scolastiche interessate dalla sospensione prolungata delle attività didattiche per l’emergenza del Covid-19, il “sistema di accompagnamento” all’attuazione delle misure del Piano nazionale scuola digitale, costituito dai referenti del PNSD presso gli Uffici scolastici regionali, dalle équipe formative territoriali, dalle istituzioni scolastiche individuate quali poli formativi innovativi “Future labs”, dedicherà una specifica attenzione allo sviluppo dell’apprendimento a distanza, adottando, con la tempestività richiesta dall’attuale fase di emergenza, misure di supporto, accompagnamento, formazione e assistenza da remoto, per l’utilizzo degli strumenti digitali di apprendimento a distanza, in favore dei dirigenti scolastici, degli animatori digitali, dei team per l’innovazione, dei docenti stessi".

 

Al fine di formare il personale, può essere utilizzato anche il Fondo di cui all’art. 1, co. 125, della L. 107/2015.

In proposito, si ricorda che il co. 125 dell'art.1 della L.107/2015 stanzia 40 milioni annui a decorrere dall'anno 2016 per l'attuazione del Piano nazionale di formazione e per la realizzazione delle attività formative dei docenti. Tale Fondo è stato incrementato dall'art. 1, co. 256, della L. 160/2019 per la formazione sulle tematiche dell'inclusione (11 milioni di euro per il 2020) e del contrasto al bullismo e cyberbullismo (1 milione di euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2022) ed è stato successivamente ridotto di 5 milioni di euro per l'anno 2020 dall'art. 5, co. 2-ter, del D.L. 1/2020 (L. 12/2020).

Il Piano nazionale di formazione 2016-2019 è stato adottato con D.M. 797/2016.

In virtù delle previsioni in commento, le risorse di cui all'art. 1, co. 125, della l. 107/2015 destinate alla formazione dei docenti potrebbero essere utilizzate anche per la formazione del restante personale scolastico, con particolare riferimento alle metodologie e alle tecniche per la didattica a distanza.

 

Le suddette risorse sono ripartite, con decreto del Ministro dell'istruzione, tra le istituzioni scolastiche, tenuto conto (comma 5):

§  della distribuzione per reddito nella relativa regione;

§  del numero di studenti di ciascuna. 

In attuazione è intervenuto il D.M. 187/2020 che ha dettagliato i due criteri sopracitati. In particolare, il Dicastero ha ritenuto di dover utilizzare, quale criterio relativo alla distribuzione del reddito per il riparto delle risorse, lo status socio-economico delle famiglie degli studenti di cui all’indicatore OCSE ESCS che definisce lo status sociale, economico e culturale delle famiglie degli studenti che partecipano alle prove INVALSI e ad altre ricerche internazionali, misurato con riferimento a ciascuno studente, e non quello ISTAT in quanto quest'ultimo è riferito a tutti i cittadini e alle famiglie residenti indipendentemente dal loro legame con le scuole e, peraltro, non disponibile a livello di singole istituzioni scolastiche e aree territoriali. Il numero degli studenti è quello derivante dall’Anagrafe nazionale degli studenti rilevato per l’anno scolastico 2019-2020.

L'Amministrazione ha scelto di attribuire un valore ponderale diverso ai due criteri del reddito e del numero di studenti rispetto alle tre destinazioni delle risorse (acquisto di piattaforme e strumenti digitali, comodato d'uso agli studenti e formazione dei docenti).

Pertanto, per il riparto delle risorse di cui al comma 2, lett. b)) dell'articolo in esame in esame - comodato d'uso per studenti meno abbienti - si è attribuito il valore ponderale del 70% al criterio che misura lo status socio-economico delle famiglie di provenienza e il valore ponderale del 30% al criterio riferito al numero di studenti. Per il riparto di risorse di cui al comma 2, lett.a) e c) - acquisto piattaforme e formazione del personale - si è attribuito il valore ponderale del 50% al criterio che misura lo status socioeconomico delle famiglie di provenienza e il valore ponderale del 50% al criterio riferito al numero di studenti. Gli importi delle risorse sono contenuti nell'Allegato 1 al citato D.M. 187/2020.

 

In base al comma 5-bis, introdotto dal Senato, le risorse assegnate per la finalità di cui al comma 2, lett.a) - cioè l'acquisto di piattaforme e strumenti digitali - qualora superiori alle necessità riscontrate, possono essere utilizzate anche per le altre due finalità (comodato d'uso e formazione del personale).

 

Il comma 3 stabilisce che le istituzioni scolastiche acquistano le piattaforme e i dispositivi (sia per l'apprendimento a distanza e per il potenziamento di quelli esistenti, sia per la cessione in comodato d'uso agli studenti meno abbienti) mediante ricorso, ove possibile, agli strumenti di cui all’art. 1, co. 449 e 450, della L. 296/2006. Si tratta di strumenti di acquisto e di negoziazione, anche telematici, messi a disposizione da Consip S.p.A. In particolare:

§  il comma 449 citato riguarda l’obbligo di approvvigionamento tramite l’utilizzo delle convenzioni-quadro per tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie;

§  il comma 450 citato riguarda l’obbligo di ricorso al Mercato elettronico della pubblica amministrazione – MEPA per gli acquisti di beni e servizi di importo pari o superiore a 5.000 euro e al di sotto della soglia di rilievo comunitario. Tale disposizione, menzionando l'obbligo per le amministrazioni statali di ricorrere al mercato elettronico della pubblica amministrazione, ne esclude l’applicazione per le "scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le istituzioni universitarie", per gli acquisti di beni e servizi di importo pari o superiore a 5.000 euro e al di sotto della soglia di rilievo comunitario, senza alcuna precisazione in merito alla tipologia di acquisti effettuati.

In particolare, la disposizione stabilisce che per gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative, tenendo conto delle rispettive specificità, sono definite, con decreto del MIUR (ora Ministero dell'istruzione), linee guida indirizzate alla razionalizzazione e al coordinamento degli acquisti di beni e servizi omogenei per natura merceologica tra più istituzioni.

Il MIUR, a dicembre 2018, ha adottato le Istruzioni di carattere generale relative all’applicazione del codice dei contratti pubblici, in cui già si prevede la possibilità per le scuole, per gli acquisti di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario, di ricorrere al MEPA. Tale possibilità di ricorso al Mercato elettronico è dunque ribadita dalla disposizione in commento.

Qualora non sia possibile ricorrere ai predetti strumenti, le istituzioni scolastiche provvedono all’acquisto delle piattaforme e dei dispositivi anche in deroga alle disposizioni del d.lgs. 50/2016, recante il Codice dei contratti pubblici.

Nella nota n. 562 del 28 marzo 2020 sono state fornite alle scuole le indicazioni operative per le modalità di acquisto.

 

Il comma 4 autorizza le predette istituzioni scolastiche statali a sottoscrivere, solo nell'anno scolastico 2019-2020, contratti sino al termine delle attività didattiche (ossia il 30 giugno 2020) con assistenti tecnici, nel limite complessivo di 1.000 unità, anche in deroga ai limiti di cui all’art. 19, co. 7, del D.L.98/2011 (L. 111/2011).

L'art. 19, co.7, del D.L. 98/2011 stabilisce i limiti alle dotazioni organiche del personale educativo ed ATA della scuola, le quali non possono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche dello stesso personale determinata nell’anno scolastico 2011/2012.

Ciò, al fine di assicurare anche nelle scuole dell’infanzia, nelle scuole primarie e nelle scuole secondarie di primo grado la funzionalità della strumentazione informatica, nonché il supporto all’utilizzo delle piattaforme di didattica a distanza. Si tratta dunque di una possibilità concessa alle scuole dell'infanzia e alle scuole del primo ciclo di istruzione.

Secondo l'art. 2 della L. 53/2003 il sistema nazionale di istruzione si articola nella scuola dell'infanzia, in un primo ciclo che comprende la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado, e in un secondo ciclo che comprende il sistema dei licei ed il sistema dell'istruzione e della formazione professionale.

La relazione illustrativa allegata al disegno di legge presentato in prima lettura (A.S. 1766) chiarisce in particolare che "nelle scuole del primo ciclo non sono disponibili assistenti tecnici informatici per ragioni storiche, in quanto si trattava di scuole prive di laboratori informatici. L’evoluzione della società verso il digitale ha determinato la necessità di dotarsi di laboratori informatici, oramai da alcuni anni, anche per le scuole del primo ciclo. L’assenza di assistenti tecnici si è rivelata, inoltre, causa di particolare difficoltà, per le scuole del primo ciclo, nell’organizzazione della didattica a distanza".

Il comma 4 menziona anche le scuole dell'infanzia, che possono essere non solo statali, ma anche degli enti locali, e quindi pubbliche. Tuttavia, dal combinato disposto dei commi 1, 2 e 4, parrebbe che le scuole interessate siano solo quelle statali.

 

Il contingente di assistenti tecnici, in base al comma 5, è ripartito tra le scuole proporzionalmente al numero di studenti, con il medesimo decreto che assegna le risorse destinate all'incremento del Fondo per l'innovazione digitale e la didattica laboratoriale, di cui al summenzionato comma 1.

In fase attuativa è intervenuto il citato D.M. 187/2020, che non ha distribuito il contingente di assistenti tecnici tra le scuole ma lo ha attribuito agli Uffici scolastici regionali in base al numero di studenti, come risultante dall'Allegato 2 al medesimo decreto. Ciò in quanto la suddetta dotazione organica aggiuntiva non ha consentito l’assegnazione di una unità di assistente tecnico ad ogni istituzione scolastica del primo ciclo.  

In dettaglio, gli Uffici scolastici regionali, tenuto conto dell’omogenea distribuzione sul territorio e delle specifiche esigenze e delle diverse tipologie e condizioni di funzionamento delle singole istituzioni scolastiche, procedono all’individuazione di istituzioni scolastiche del primo ciclo quali scuole polo e indicano le scuole del primo ciclo appartenenti alla rete di riferimento della scuola polo individuata. I dirigenti scolastici delle scuole polo richiedono all’istituzione scolastica secondaria di secondo grado più vicina, in possesso delle graduatorie di istituto per assistenti tecnici di informatica, l’individuazione dell’aspirante alla nomina e stipulano con l’avente titolo un contratto a tempo determinato sino al termine delle attività didattiche.

 

Gli oneri connessi alla stipula di contratti, secondo il comma 7 (a cui il Senato ha apportato modifiche), sono pari a 9,3 milioni di euro per l’anno 2020, alla copertura dei quali si provvede ai sensi dell’articolo 126.

 

Il comma 6 autorizza il Ministero dell’istruzione ad anticipare alle istituzioni scolastiche le somme assegnate in attuazione del presente articolo e, comunque, quelle assegnate in relazione all’emergenza sanitaria di cui al presente decreto, nel limite di quelle iscritte in bilancio.

Restano fermi i controlli a cura dei revisori dei conti delle istituzioni scolastiche sull’utilizzo delle risorse finanziarie di cui al presente articolo in relazione alle finalità in esso stabilite.

Il Titolo VI del D.M. 28 agosto 2018, n. 129, emanato ai sensi dell'art. 1, co. 143, della L. 107/2015, agli artt. 49-53 detta norme sul “Controllo di regolarità amministrativa e contabile" delle scuole, disciplinando i criteri generali per l’espletamento dei controlli svolti presso le istituzioni scolastiche, al fine di garantire la semplificazione delle procedure e l’efficacia delle verifiche. In particolare, l’articolo 49 prevede che il riscontro di regolarità amministrativa e contabile, ovvero l’insieme delle attività atte a garantire la legittimità, la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa, sia effettuato non più dal Collegio dei revisori dei conti, come era invece previsto dal D.I. 1° febbraio 2001, n. 44, bensì da due revisori dei conti, che operano in posizione paritetica e rappresentano, rispettivamente, il MIUR (ora Ministero dell'istruzione) e il MEF. L'incarico di revisione ha durata triennale, rinnovabile una sola volta con riferimento allo stesso ambito territoriale. Per una sintesi dei contenuti, si veda la circolare n. 74 del 5 gennaio 2019.

 

Il D.M. 187/2020, che, come si è detto ha attuato le disposizioni dell'articolo in commento, prevede un monitoraggio delle misure attuate entro 3 mesi dalla sua data di efficacia.

 

In prima lettura è stato inserito un ulteriore comma 6-bis, con cui vengono assegnati 2 milioni di euro per l'anno 2020 in favore delle scuole paritarie, per consentire loro di dotarsi di piattaforme e strumenti digitali e per concedere questi ultimi in comodato d'uso agli studenti meno abbienti (sono le finalità di cui al comma 2, lett.a) e b)).

Le modalità di riparto delle risorse sono stabilite con decreto del Ministro dell'istruzione - per l'adozione del quale non è previsto un termine - con i medesimi criteri previsti dal comma 5 (distribuzione per reddito nella relativa regione e numero di studenti).

Viene altresì modificato il comma 7, in modo che la copertura della disposizione in commento gravi sempre sull'articolo 126.

 


 

Articolo 121
(
Continuità occupazionale per il personale supplente)

 

 

L’articolo 121, non modificato in prima lettura, prevede l'assegnazione alle scuole statali delle risorse necessarie per stipulare contratti di supplenza breve e saltuaria anche nei periodi di chiusura o di sospensione delle attività didattiche in relazione all'emergenza sanitaria. Le suddette scuole stipulano contratti a tempo determinato con il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) e docente provvisto di propria dotazione strumentale per lo svolgimento dell’attività lavorativa, al fine di potenziare la didattica a distanza.

 

In dettaglio, gli obiettivi della disposizione sono:

§  favorire la continuità occupazionale del personale docente già titolare di contratti di supplenza breve o saltuaria, nei periodi di chiusura o sospensione delle scuole. Non è menzionato un obiettivo analogo con riferimento al personale supplente ATA che, ai sensi del secondo periodo della disposizione in commento, risulta parimenti destinatario dei contratti a tempo determinato. Si valuti dunque l'opportunità di integrare la disposizione nel senso indicato e conseguentemente anche la rubrica dell'articolo, come peraltro indicato anche nel parere reso dalla 1a Commissione del Senato. Inoltre si valuti l'opportunità di chiarire se l'espressione "già titolare di contratto di supplenza" sia da riferire alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame o alla data di chiusura o sospensione delle attività didattiche.

Si ricorda che l’art. 4 della L. 124/1999 distingue tre tipologie di supplenze del personale docente che danno luogo al conferimento di incarichi a tempo determinato:

-       supplenze annuali (fino, cioè, al 31 agosto), per la copertura di cattedre e posti di insegnamento effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l'intero anno scolastico;

-       supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche (fino, cioè, al 30 giugno), per la copertura di cattedre e posti di insegnamento non vacanti, di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell'anno scolastico, ovvero per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario (intendendo per posti orario gli abbinamenti di spezzoni che non raggiungono l’orario di cattedra);

-       supplenze temporanee più brevi, nei casi diversi da quelli citati. Per il conferimento di tali supplenze - considerate appunto brevi e saltuarie - si utilizzano le graduatorie di circolo o di istituto.

La disciplina per l’affidamento delle supplenze al personale docente è stata definita più nel dettaglio, da ultimo, con il regolamento emanato con D.M. 131/2007.

La disposizione in commento trova applicazione per l'ultima tipologia citata, ossia le supplenze brevi o saltuarie del personale docente (dunque non per quelle annuali, né per quelle temporanee fino al termine delle attività didattiche), alle quali si ricorre - in base all'art. 1, co. 78, della L. 662/1996 - solo per i tempi strettamente necessari ad assicurare il servizio scolastico e dopo aver provveduto, eventualmente utilizzando spazi di flessibilità dell'organizzazione dell'orario didattico, alla sostituzione del personale assente con docenti già in servizio nella medesima istituzione scolastica. Inoltre, l'art. 1, co. 333, della L. 190/2014 ha stabilito che, a decorrere dal 1° settembre 2015, i dirigenti scolastici non possono conferire supplenze brevi al personale docente per il primo giorno di assenza.

La L. 107/2015, all'art. 1, co. 85, ha inoltre previsto che il dirigente scolastico può effettuare sostituzioni di docenti assenti per la copertura di supplenze temporanee fino a 10 giorni con personale dell’organico dell’autonomia, che sia in possesso del previsto titolo di studio di accesso, mentre il co. 95 ha disposto che i posti del potenziamento non possono essere coperti con personale titolare di supplenze brevi e saltuarie, ad eccezione delle ore di insegnamento curriculare eventualmente assegnate al docente nell’ambito dell’orario di servizio contrattualmente previsto e purché si tratti di assenze superiori a 10 giorni.

L'art. 4 della medesima L. 124/1999 ha esteso al personale ATA le stesse tipologie di supplenze già descritte in precedenza in merito al personale docente, tra cui anche quelle brevi e saltuarie. La disciplina per l’affidamento delle supplenze al personale amministrativo, tecnico e ausiliario è stata definita più nel dettaglio con il regolamento emanato con D.M. 430/2000.

L'art. 1, co. 332, della summenzionata L. 190/2014 ha stabilito che, a decorrere dal 1° settembre 2015, i dirigenti scolastici non possono conferire supplenze brevi e saltuarie al personale appartenente al profilo professionale di assistente amministrativo, salvo che presso le istituzioni scolastiche il cui relativo organico di diritto abbia meno di tre posti, né al personale appartenente al profilo di assistente tecnico. Alla sostituzione si può provvedere mediante l'attribuzione al personale in servizio delle ore eccedenti.

Successivamente, l'art. 1, co. 602, della L. 205/2017 ha derogato alle previsioni della L. 190/2014, disponendo che le scuole possono conferire incarichi per supplenze brevi e saltuarie in sostituzione degli assistenti amministrativi e tecnici assenti, a decorrere dal trentesimo giorno di assenza, nell'ambito di determinati limiti di spesa.

 

Per l'anno scolastico 2019-2020, con la nota n. 38905 del 28 agosto 2019 il Dicastero ha fornito indicazioni operative per il conferimento delle supplenze al personale docente, educativo e ATA.

 

 

In relazione ai provvedimenti adottati per il contenimento del virus COVID-19, si è registrata tanto la chiusura delle scuole, quanto la sospensione delle attività didattiche. Al riguardo, si segnala anzitutto che:

§  la chiusura delle scuole comporta il divieto di accesso ai locali per tutto il personale e per gli alunni e non necessita di giustificazioni per le assenze, a seguito delle quali non sono previste decurtazioni economiche né recuperi;

§  la sospensione delle attività didattiche comporta l’interruzione delle sole lezioni. Pertanto, le scuole sono aperte e i servizi erogati dagli uffici di segreteria continuano ad essere prestati ed eventuali assenze devono essere giustificate.

Inizialmente, l'art. 1, co. 2, lett. d), del D.L. 6/2020 (L. 13/2020) poi abrogato dal D.L. 19/2020, ha disposto fra l'altro la sospensione dei servizi educativi dell'infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche, salvo le attività formative svolte a distanza, solo nei comuni o nelle aree inizialmente colpite dal virus COVID-19.

L'art. 1, co. 1 e 2, del D.L. 19/2020, abrogando il D.L. 6/2020 ad eccezione degli artt. 3, co. 6-bis, e 4, ha stabilito in via generale la possibilità - per periodi predeterminati ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020 - di sospendere le attività didattiche delle scuole di ogni ordine e grado.

Si sono susseguiti diversi provvedimenti attuativi delle suddette norme primarie. Per quanto qui di interesse, il D.P.C.M. 4 marzo 2020 ha esteso all'intero territorio nazionale la sospensione - dal 5 al 15 marzo 2020 - dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche, ferma in ogni  caso  la  possibilità  di  svolgimento  di  attività formative a distanza. Con i DD.P.C.M. 9 marzo 2020, 1° aprile 2020 e 10 aprile 2020 (questi ultimi attuativi del D.L.19/2020), la sospensione delle attività didattiche e della frequenza delle attività scolastiche sull'intero territorio nazionale è stata prorogata, rispettivamente, fino al 3 aprile 2020, fino al 13 aprile 2020 e, da ultimo, fino al 3 maggio 2020.

Ne risulta che tanto nelle scuole chiuse, quanto in quelle in cui è sospesa l'attività didattica, si prevede lo svolgimento di attività formative a distanza.

 

§  potenziare le attività didattiche a distanza presso le istituzioni scolastiche statali.

A tale ultimo riferimento, nella nota n. 279 dell'8 marzo 2020 del Ministero dell'istruzione, si sottolinea "l’atipicità della “sospensione delle attività didattiche in presenza” e la contestuale attivazione di forme di didattica a distanza, che vedono già l’impegno del personale docente con supplenza breve e temporanea. Nel caso di assenze dei docenti titolari nel corso della sospensione delle attività didattiche in presenza, dunque, i dirigenti scolastici si avvalgono dei supplenti, compatibilmente con quanto previsto dalla normativa vigente, al fine di garantire la didattica a distanza".

La stessa relazione illustrativa all'A.S. 1766 afferma che il venire meno dei contratti di supplenza farebbe perdere alle scuole quelle professionalità utili per il passaggio, in questa fase, dalla didattica in presenza alla didattica a distanza.

 

Per far ciò, le scuole statali continueranno a ricevere le risorse finanziarie per stipulare i contratti di supplenza breve e saltuaria, nel limite delle risorse assegnate, nonostante nei periodi di chiusura o sospensione, di fatto, non vi sia esigenza di sostituire il personale assente (fermo restando che, in caso di sospensione, le assenze del personale vanno giustificate), ma occorre comunque garantire l'attività didattica a distanza.

 

In base all'art. 7 del citato D.M. 131/2007 (per il personale docente) e all'art. 1 del D.M. 430/2000 (per il personale ATA), il conferimento delle supplenze si attua mediante la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, sottoscritti dal dirigente scolastico e dal personale interessato, che hanno effetti esclusivi dal giorno dell'assunzione in servizio e termine:

§  per le supplenze annuali il 31 agosto;

§  per le supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche, il giorno annualmente indicato dal relativo calendario scolastico quale termine delle attività didattiche;

§  per le supplenze temporanee, l'ultimo giorno di effettiva permanenza delle esigenze di servizio.

 

Le risorse per le supplenze brevi e saltuarie vengono normalmente assegnate in corrispondenza del fabbisogno delle istituzioni scolastiche legato alle sostituzioni.

Sui criteri di determinazione e dunque di assegnazione delle risorse per le supplenze si veda il D.M. 21/2007.

La disposizione in commento stabilisce invece che le suddette risorse sono assegnate in base all’andamento storico della spesa e nel limite delle risorse iscritte a tal fine nello stato di previsione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

 

Si stabilisce in particolare che tali contratti a tempo determinato sono stipulati con il personale ATA e docente provvisto di propria dotazione strumentale per lo svolgimento dell’attività lavorativa al fine di potenziare le attività didattiche a distanza presso le istituzioni scolastiche statali, anche in deroga ai limiti previsti dalle disposizioni vigenti in materia.


 

Articolo 121-bis
(Presa di servizio di collaboratori scolastici
nei territori colpiti dall’emergenza
)

 

 

L'articolo 121-bis, introdotto dal Senato, riproducendo l'articolo 20 del D.L. 9/2020, consente ai collaboratori scolastici che avrebbero dovuto prendere servizio il 1° marzo 2020 nelle scuole chiuse a causa dell'emergenza sanitaria legata al COVID-19 di sottoscrivere il contratto di lavoro e di prendere servizio, provvisoriamente, presso gli ambiti territoriali degli uffici scolastici regionali, sempre a far data dal 1° marzo 2020, in attesa di essere assegnati presso la sede di destinazione.

 

In dettaglio, tale possibilità è consentita ai vincitori della procedura selettiva di cui all'art. 58, co. 5-ter, del D.L. 69/2013, da ultimo novellato dall'art. 2 del D.L. 126/2019 (L. 159/2019), finalizzata all'assunzione di collaboratori scolastici, rientranti nel personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) delle scuole.

Preliminarmente, si ricorda che l’art. 1, co. 760, della L. 145/2018 (L. di bilancio 2019), novellando il co. 5 dell’art. 58 del D.L. 69/2013 (L. 98/2013) e inserendo nello stesso articolo i co. da 5-bis a 5-quater, aveva disposto che, dal 1° gennaio 2020, le istituzioni scolastiche ed educative statali avrebbero svolto i servizi di pulizia e ausiliari unicamente mediante ricorso a personale dipendente appartenente al profilo dei collaboratori scolastici e che i posti già accantonati nell’organico dei collaboratori scolastici fossero resi disponibili in misura corrispondente al limite di spesa di cui al medesimo co. 5 e riservati – previo superamento, a testo previgente, di una procedura selettiva per titoli e colloquio –, al personale dipendente a tempo indeterminato delle imprese titolari di contratti per lo svolgimento di servizi di pulizia e ausiliari, già impegnato nell’erogazione dei predetti servizi presso le istituzioni scolastiche ed educative statali per almeno 10 anni, anche non continuativi, purché fossero inclusi il 2018 e il 2019.

Successivamente, l'art. 2 del D.L. 126/2019 ha novellato i co. 5, 5-bis e 5-ter dell’art. 58 del D.L. 69/2013 (L. 98/2013). In virtù di tali modifiche, è stato prorogato (dal 31 dicembre 2019) al 29 febbraio 2020 il termine ultimo per l’acquisto da parte delle istituzioni scolastiche ed educative statali dei servizi esternalizzati di pulizia e di mantenimento del decoro, ed è stato differito conseguentemente (dal 1° gennaio) al 1° marzo 2020 il termine per l’erogazione dei medesimi servizi esclusivamente da parte di personale dipendente appartenente al profilo di collaboratore scolastico.

Inoltre, è stato stabilito che la procedura selettiva che il MIUR era già stato autorizzato ad avviare era per (soli) titoli – secondo le modalità previste per i concorsi provinciali per titoli a posti di collaboratore scolastico, di cui all’art. 554 del .D.Lgs. 297/1994 – e riguardava l’assunzione, a decorrere dal 1° marzo 2020 (invece che, come detto, dal 1° gennaio 2020), di 11.263 collaboratori scolastici.

E' stata comunque confermata la previsione per cui poteva partecipare alla procedura il personale impegnato per almeno 10 anni, anche non continuativi, purché includessero il 2018 e il 2019, presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per lo svolgimento di servizi di pulizia e ausiliari, in qualità di dipendente a tempo indeterminato di imprese titolari di contratti per lo svolgimento di tali servizi.

Con D.M. n. 1074 del 20 novembre 2019 sono stati definiti i requisiti di partecipazione della procedura selettiva su base provinciale, le relative modalità di svolgimento e i termini di presentazione delle domande.

La suddetta procedura selettiva è stata avviata con il bando di cui al D.D. 2200 del 6 dicembre 2019 e aggiornata con D.D.2318 del 20 dicembre 2019, con cui è stato prorogato dal 31 dicembre 2019 all'8 gennaio 2020 il termine di presentazione delle domande. Nel bando, per ciascuna regione e poi per ciascuna provincia sono individuati i posti provinciali disponibili per il profilo di collaboratore scolastico. All'esito della procedura selettiva, i candidati sono collocati in una graduatoria provinciale di merito.

 

In virtù della procedura descritta, i soggetti in questione avrebbero dovuto essere assunti con contratto individuale di lavoro, a tempo pieno e/o parziale e indeterminato nel profilo professionale di collaboratore scolastico, a decorrere dal 1° marzo 2020, data dalla quale sarebbero stati comunque licenziati dalle loro imprese. Tuttavia, per ragioni di sanità pubblica, a fronte della chiusura di alcune scuole si è verificata l'impossibilità per tali soggetti di prendere servizio nelle istituzioni scolastiche o educative di titolarità. Si consente pertanto la sottoscrizione del contratto di lavoro e la presa di servizio direttamente presso gli ambiti territoriali degli uffici scolastici regionali a decorrere dalla medesima data.

 

Con nota n. 4955 del 29 febbraio 2020, il Ministero dell'istruzione ha precisato che tale misura si sarebbe applicata solo laddove era stata prevista la chiusura delle scuole per ragioni di sanità pubblica, mentre nei territori delle regioni ove era stata disposta la sospensione delle attività didattiche a seguito dell’emergenza connessa alla diffusione del virus COVID-19, la presa di servizio sarebbe potuta avvenire regolarmente presso le istituzioni scolastiche.

 

Si stabilisce comunque che la presa di servizio presso gli ambiti territoriali degli uffici scolastici regionali è provvisoria, in attesa dell'assegnazione presso le sedi cui i collaboratori scolastici sono destinati.

 

In base al D.P.R. 119/2009, la consistenza numerica complessiva dei posti ATA definita a livello nazionale è ripartita in dotazioni organiche regionali, sentita la Conferenza unificata, con riguardo alle specificità degli ambiti territoriali interessati. La dotazione organica regionale è ripartita in dotazioni organiche provinciali.


 

Articolo 121-ter
(
Conservazione della validità dell'anno scolastico 2019-2020)

 

 

L'articolo 121-ter - introdotto dal Senato - conferma la validità dell'anno scolastico 2019-2020 per le scuole che non possono effettuare 200 giorni di lezione a causa delle misure di contenimento del COVID-19. Si prevede inoltre una riduzione proporzionale dei termini per la validità dei periodi di formazione e di prova e per il riconoscimento dell'anzianità di servizio del personale delle scuole interessate. Esso riproduce quanto disposto dall'articolo 32 del D.L. 9/2020.

 

In dettaglio, in base all'art. 74 del d.lgs. 297/1994, allo svolgimento delle lezioni durante l'anno scolastico (che ha inizio il 1° settembre e termina il 31 agosto) sono assegnati almeno 200 giorni.

Si ricorda che - secondo il citato art. 74 del d.lgs. 297/1994 - spetta al Ministro dell'istruzione la determinazione, con propria ordinanza, del termine delle attività didattiche e delle lezioni, delle scadenze per le valutazioni periodiche e del calendario delle festività e degli esami. Per l'anno scolastico 2019-2020 si veda l'ordinanza ministeriale n. 662 dell'11 luglio 2019. Ai sensi dell'art. 138, co. 1, lett. d), del d.lgs. 112/1998, alle Regioni è delegata invece la determinazione del calendario scolastico, sempre tenendo conto del vincolo dei 200 giorni di lezione. Qui i calendari scolastici regionali per l'a.s. 2019-2020.

 

Le prime misure di contenimento del COVID-19, per quanto qui di interesse, sono recate dall'art. 1, co. 2, lett. d), del D.L. 6/2020 (L.13/2020), poi abrogato dal D.L. 19/2020, che ha disposto fra l'altro la sospensione dei servizi educativi dell'infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche, salvo le attività formative svolte a distanza, solo nei comuni o nelle aree inizialmente colpite dal virus COVID-19.

L'art. 1, co. 1 e 2, del D.L. 19/2020, abrogando il D.L. 6/2020 ad eccezione degli artt. 3, co. 6-bis, e 4, ha stabilito in via generale la possibilità - per periodi predeterminati ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020 - di sospendere le attività didattiche delle scuole di ogni ordine e grado.

Si sono susseguiti diversi provvedimenti attuativi delle suddette norme primarie. Per quanto qui di interesse, il D.P.C.M. 4 marzo 2020 ha esteso all'intero territorio nazionale la sospensione - dal 5 al 15 marzo 2020 - dei servizi educativi per l'infanzia e delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche, ferma in ogni  caso  la  possibilità  di  svolgimento  di  attività formative a distanza. Con i DD.P.C.M. 9 marzo 2020 e 1° aprile 2020 (attuativo del D.L.19/2020), la sospensione delle attività didattiche e della frequenza delle attività scolastiche sull'intero territorio nazionale è stata prorogata, rispettivamente, fino al 3 aprile 2020 e fino al 13 aprile 2020.

Da ultimo, il D.P.C.M. 10 aprile 2020 - efficace a partire dal 14 aprile 2020, data dalla quale cessano di produrre effetti, tra gli altri, i DD.P.C.M. 9 marzo 2020 e 1° aprile 2020 - ha sospeso  i  servizi  educativi  per  l'infanzia, le attività didattiche in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché la frequenza delle attività scolastiche fino al 3 maggio 2020

In conseguenza delle misure sopradescritte, tutte le scuole del sistema nazionale di istruzione del territorio nazionale sono impossibilitate a effettuare i 200 giorni di lezione, in quanto tutte rientrano nelle misure di contenimento. Pertanto, la disposizione in commento, in deroga alla normativa vigente, mantiene ferma la validità dell'anno scolastico.

Il riferimento al "sistema nazionale di istruzione" richiama la definizione della L. 6/2000, secondo cui il sistema nazionale di istruzione è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e pubbliche, cioè degli enti locali.

 

In aggiunta a ciò, sempre per tutte le scuole che non possono completare i prescritti giorni di lezione, si prevede la decurtazione proporzionale dei termini previsti per la validità dei periodi di formazione e di prova del personale e per il riconoscimento dell'anzianità di servizio.

Per quanto riguarda il personale docente, il periodo di formazione e di prova - il cui positivo superamento determina l'effettiva immissione in ruolo - è disciplinato dall'art. 1, co. da 115 a 120, della L. 107/2015 nonché dagli articoli da 437 a 440 del D.Lgs. 297/1994. La prova ha la durata di un anno scolastico; il servizio effettivamente prestato deve essere non inferiore a 180 giorni nell'anno scolastico, dei quali almeno 120 per le attività didattiche. In caso di valutazione negativa del periodo di formazione e di prova, il personale docente ed educativo è sottoposto ad un secondo periodo di formazione e di prova, non rinnovabile.

Con D.M. 850 del 27 ottobre 2015 sono stati definiti gli obiettivi, le modalità di valutazione del grado di raggiungimento degli stessi, le attività formative e i criteri per la valutazione del personale docente in periodo di formazione e di prova[67].

Per quanto riguarda il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), il periodo di prova è disciplinato dal CCNL del comparto istruzione e ricerca 2016-2018 e dura 2 o 4 mesi a seconda delle aree di inquadramento. Ai fini del compimento del suddetto periodo di prova si tiene conto del solo servizio effettivamente prestato.

In relazione all'emergenza sanitaria da COVID-19, con nota n. 278 del marzo 2020 il Ministero ha precisato che, fino al cessare dell’emergenza e comunque fino a diversa comunicazione delle autorità competenti, le attività formative rivolte ai docenti neoassunti nell'anno scolastico 2019-2020, ai docenti impegnati sulle attività di sostegno, ai docenti in servizio, ai dirigenti scolastici neoassunti nell'anno scolastico 2019-2020 e in generale tutte le iniziative di formazione riguardanti il personale della scuola dovranno essere realizzate con modalità telematiche svolte a distanza.

 

In argomento, si segnala che l'art. 2, co. 5, del D.L. 22/2020 (A.S. 1774) dispone, solo per l'anno scolastico 2019/2020, la sostituzione delle attività di verifica del periodo di formazione e di prova - che dovrebbero essere svolte dai dirigenti tecnici nel caso di reiterazione del periodo di prova conseguente ad un giudizio negativo - con un parere consultivo del dirigente tecnico in sede di comitato di valutazione, qualora tali attività non siano svolte entro il 15 maggio.

 

Per quanto concerne l'anzianità di servizio per il personale docente, l'art. 489 del d.lgs. 297/1994 stabilisce che, i fini del riconoscimento dei servizi utili agli effetti della carriera, il servizio di insegnamento è da considerarsi come anno scolastico intero se ha avuto la durata prevista agli effetti della validità dell'anno dall'ordinamento scolastico vigente al momento della prestazione. Tale disposizione è stata poi interpretata dall'art. 11, co. 14, della L.124/1999 nel senso che il servizio di insegnamento non di ruolo è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale.  

Per il personale ATA si applicano gli artt. 569 e 570 del d.lgs. 297/1994.

 

Pertanto, con riferimento al periodo di formazione e di prova e al riconoscimento dell'anzianità di servizio, in deroga alla normativa vigente, si considera sufficiente un numero inferiore di giorni per ritenere soddisfatto il requisito del servizio effettivamente prestato.

 


 

Articolo 122
(Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure sanitarie di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19)

 

 

L'articolo 122 prevede la nomina di un Commissario straordinario preposto al rafforzamento della risposta sanitaria all'emergenza da Covid-19. Se ne definisce l'ambito delle competenze.

 

Questo articolo prevede che con decreto del Presidente del Consiglio sia nominato un Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica in atto.

La finalità è assicurare la più elevata risposta sanitaria all'emergenza.

Le competenze sono conseguentemente ritagliate nel modo che segue:

§  organizzare, acquisire e produrre ogni genere di beni strumentali utili a contenere l'emergenza, nonché programmare e organizzare ogni attività connessa. Rientrano tra tali compiti: il reperimento delle risorse umane e strumentali necessarie; l'individuazione dei fabbisogni; l'acquisizione e distribuzione di farmaci, apparecchiature, dispositivi medici e di protezione individuale. Nell'esercizio di queste attività il Commissario può avvalersi di soggetti attuatori e di società in house nonché delle centrali di acquisto;

§  provvedere (raccordandosi con le regioni e le aziende sanitarie) al potenziamento della capienza delle strutture ospedaliere (anche mediante l'allocazione delle dotazioni infrastrutturali), con particolare riferimento ai reparti di terapia intensiva e sub-intensiva;

§  disporre la requisizione e circa la gestione di beni mobili, mobili registrati e immobili (anche tramite il Capo del Dipartimento per la protezione civile o se necessario ai prefetti territorialmente competenti);

§  adottare ogni intervento utile per preservare e potenziare le filiere produttive dei beni necessari per il contrasto e il contenimento dell’emergenza (v. anche supra l'articolo 5 del decreto-legge);

§  provvedere alla costruzione di nuovi stabilimenti - o alla riconversione di quelli esistenti tramite il commissariamento di rami d'azienda - per la produzione dei beni necessari per il contenimento, anche organizzando la raccolta di fondi occorrenti e definendo le modalità di acquisizione e di utilizzazione dei fondi privati destinati all’emergenza (v. al riguardo l'articolo 99 del decreto-legge), organizzandone la raccolta e controllandone l’impiego (fin qui il comma 1);

§  organizzare e svolgere le attività propedeutiche alla concessione degli aiuti per far fronte all’emergenza sanitaria, da parte delle autorità competenti nazionali ed europee, nonché tutte le operazioni di controllo e di monitoraggio dell’attuazione delle misure;

§  provvedere alla gestione coordinata del Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE, di cui al regolamento (CE) 2012/2002) e delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione destinato all’emergenza (così il comma 3).

Circa la competenza sopra ricordata in materia di requisizioni, invero la disposizione deve essere coordinata con quanto previsto dall'articolo 6 del decreto-legge (v. supra), il quale attribuisce la medesima competenza al Capo del Dipartimento della protezione civile, entro un 'corpo' di disposizioni che disciplinano sia il procedimento sia le garanzie.

La disposizione qui in commento richiama quell'articolo 6. Ed aggiunge che le determinazioni del Commissario (entro l'ambito competenziale che gli è proprio) circa le requisizioni possano essere disposte "anche per il tramite" del Capo del Dipartimento della protezione civile - nonché, ove necessario, del prefetto territorialmente competente. Si valuti l’opportunità di approfondire se tali formulazioni valgano ad un armonico raccordo con quanto dettato dall'articolo 6 del decreto-legge (alla cui scheda comunque si rinvia).

Inoltre il Commissario può avvalersi dei prefetti, ove disponga la requisizione 'in proprio' e senza tramiti.

 

Nello svolgimento delle funzioni di cui al comma 1, il Commissario "collabora con le regioni" - alle quali spetta la competenza normativa in materia di sanità secondo l'articolo 117 della Costituzione. Così il comma 2.

E nell'ambito di quelle funzioni il Commissario - ancora aggiunge il comma 2 - può adottare - "anche su richiesta delle regioni" - in via d'urgenza "i provvedimenti necessari a fronteggiare ogni situazione eccezionale".

Tali provvedimenti sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-regioni e alle singole regioni su cui il provvedimento incida, le quali possono chiederne il riesame.

I provvedimenti possono essere adottati "in deroga a ogni disposizione vigente, nel rispetto della Costituzione, dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea". Può valere ricordare, per inciso, come numerose disposizioni del Codice dei contratti pubblici recepiscano norme europee, siano pertanto da ascrivere agli obblighi derivanti dalla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (cfr. ad es. la sentenza della Corte Costituzionale n. 166 del 2019).

Le misure adottate dal Commissario devono essere in ogni caso "adeguatamente proporzionate" alle finalità perseguite.

Sono previsioni configuranti un generale potere derogatorio in capo al Commissario.

Per questo riguardo, la giurisprudenza costituzionale sin dai suoi esordi (già con la sentenza 8 del 1956: lì si trattava del potere prefettizio d'ordinanza, previsto dall'articolo 2 del Testo unico di pubblica sicurezza) ebbe modo di rilevare come il diritto emergenziale e i poteri che esso imputa a Governo ed amministrazione non si pongano extra ordinem bensì debbano presentare alcuni connotati (come efficacia limitata nel tempo, calibrata sui dettami della necessità ed urgenza; adeguata motivazione; efficace pubblicazione ove non siano provvedimenti individuali; conformità ai principi generali dell'ordinamento giuridico).

Rimane fermo - può aggiungersi, ancora sulla scorta della giurisprudenza costituzionale - che qualsivoglia conferimento di poteri amministrativi debba rispettare un principio di legalità sostanziale, talché il potere conferito non è sufficiente sia finalizzato alla tutela di un bene o valore, deve essere altresì determinato nel contenuto e nelle modalità, sì da mantenere costantemente una pur elastica copertura legislativa dell'azione amministrativa.

La medesima giurisprudenza costituzionale ebbe a rimarcare - già nei primi tempi di applicazione della legge istitutiva del servizio nazionale della protezione civile, legge n. 225 del 1992, oggi 'confluita' nel Testo unico della protezione civile recato dal decreto legislativo n. 1 del 2018: cfr. la sentenza n. 127 del 1995, che peraltro faceva riferimento a poteri di ordinanza - come non spetti al Governo di porre prescrizioni emergenziali che conferiscano ad organi amministrativi poteri (d'ordinanza, in quella sentenza) "non adeguatamente circoscritti nell'oggetto, tali da derogare a settori di normazione primaria richiamati in termini assolutamente generici, e a leggi fondamentali per la salvaguardia dell'autonomia regionale, senza prevedere, inoltre, l'intesa per la programmazione generale degli interventi".

Per quanto riguarda il 'coinvolgimento' delle regioni, la presente disposizione del decreto-legge prevede la comunicazione alla Conferenza Stato-regioni e alle regioni incise, con facoltà di loro richiesta di riesame.

Ed ha cura di specificare che i provvedimenti del Commissario non abbiano portata normativa - senza così incidenza sulla ripartizione di competenza normativa profilata dall'articolo 117 della Costituzione (che la attribuisce alle regioni, per quanto concerne la organizzazione dei servizi sanitari), trovando piuttosto copertura sotto l'articolo 120 della Costituzione, là dove questo menziona un potere statale d'intervento sostitutivo per il caso di pericolo grave per l'incolumità pubblica.

 

Il Commissario dunque attua e sovrintende ad ogni intervento utile per fronteggiare l'emergenza sanitaria.

Circa la durata della sua opera, il comma 4 prevede che essa si protragga finché persista lo stato di emergenza.

Nonché prevede, riguardo alla pubblicità del conferimento dell'incarico, che ne siano date immediate comunicazione al Parlamento e notizia in Gazzetta Ufficiale.

Il comma 5 dispone la gratuità dell'incarico di Commissario (salvo eventuali rimborsi spese) e la sua compatibilità con altri incarichi pubblici o privati.

E dispone circa i requisiti. Il Commissario è scelto tra esperti nella gestione di attività complesse e nella programmazione di interventi di natura straordinaria, con comprovata esperienza nella realizzazione di opere di natura pubblica.

Secondo il comma 6, il Commissario esercita le sue funzioni in raccordo con il Capo del Dipartimento della Protezione civile.

Egli si avvale delle componenti e delle strutture operative del Servizio nazionale della Protezione civile, nonché del Comitato tecnico scientifico costituito presso il medesimo Dipartimento.

Può avvalersi altresì di qualificati esperti in materie sanitarie e giuridiche, "nel numero da lui definito". Non è maggiormente specificato se gli esperti siano consultati a titolo gratuito o meno.

Aggiunge il comma 7 che sull'attività del Commissario sia il Presidente del Consiglio (o un Ministro da lui delegato) a riferire in Parlamento.

 

Si è ricordato come figuri tra le funzioni commissariali l'acquisto di beni strumentali o comunque la stipulazione di atti negoziali, volti a fronteggiare l'emergenza epidemiologica.

Per tali contratti di acquisto o atti negoziali - prevede il comma 8 - così il Commissario come i soggetti attuatori sono esentati dall'applicazione dell'articolo 29 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 novembre 2010, recante “Disciplina dell’autonomia finanziaria e contabile della Presidenza del Consiglio”.

Si tratta della disciplina del controllo di regolarità amministrativa e contabile, interno alla Presidenza del Consiglio.

Del pari è prevista, per i contratti ed atti negoziali di cui qui si tratta, altresì la esenzione dal controllo della Corte dei Conti. Sono benintesi fatti salvi gli obblighi di rendicontazione.

Si ricorda che una evoluzione normativa ha condotto ad esentare dal controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti le ordinanze adottate a fini di protezione civile dietro la deliberazione di uno stato di emergenza (art. 14 del decreto-legge n. 90 del 2008) nonché i provvedimenti commissariali adottati in attuazione delle ordinanze emergenziali (art. 10, comma 4-bis del decreto-legge n. 93 del 2010).

Per i contratti e atti negoziali sopra richiamati - nonché per gli atti, pareri, valutazioni tecnico-scientifiche resi dal Comitato tecnico scientifico costituitosi presso il Dipartimento per la protezione civile - la responsabilità contabile e amministrativa è comunque limitata ai soli casi in cui sia stato accertato il dolo del funzionario o dell'agente che li abbia posti in essere o che abbia dato loro esecuzione.

Gli atti sono immediatamente e definitivamente efficaci, esecutivi ed esecutori, non appena posti in essere.

Ai fini dell'acquisizione dei beni, il Commissario è autorizzato - dal comma 9 - all'apertura di apposito conto corrente bancario, per la regolazione delle transazioni che richiedano il pagamento immediato o anticipato delle forniture, anche senza garanzia.

Al conto corrente e alle risorse ivi esistenti si applica l'articolo 27, commi 7 e 8, del decreto legislativo n. 1 del 2018 ossia il Codice della protezione civile. In virtù di siffatto richiamo normativo, le risorse della contabilità speciale per la gestione dell'emergenza sanitaria nazionale da Covid-19 non sono pignorabili né sottoponibili a sequestro, e rimane sospesa qualsivoglia azione esecutiva.

Conclude la previsione disponendo che si provveda alle spese connesse all'attuazione del presente articolo del decreto-legge attingendo alle risorse del Fondo per le emergenze nazionali (è il Fondo di cui all'articolo 44 del Codice della protezione civile).

 

 


 

Articolo 123
(Disposizioni in materia di detenzione domiciliare)

 

 

L'articolo 123, come modificato dal Senato, prevede, fino al 30 giugno 2020, che la pena detentiva non superiore a 18 mesi, anche se parte residua di maggior pena, sia eseguita presso il domicilio, salve eccezioni per alcune categorie di reati o di condannati. L'esecuzione domiciliare si accompagna all'applicazione di procedure di controllo mediante i cosiddetti braccialetti elettronici.

 

Il comma 1 dell'articolo 123 stabilisce che, in deroga a quanto previsto dai commi 1, 2 e 4 dell’articolo 1 della legge 26 novembre 2010, n. 199, dal 17 marzo 2020 fino al 30 giugno 2020, la pena detentiva non superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena può essere eseguita presso l'abitazione del condannato o presso altro luogo pubblico o privato di cura, assistenza e accoglienza.

Il medesimo comma esclude dall'ambito soggettivo di applicazione della disposizione le seguenti categorie di soggetti:

§  i condannati per taluno dei delitti (ostativi) indicati dall'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, dagli articoli 572 (Maltrattamenti contro familiari o conviventi) e 612-bis (Atti persecutori) del codice penale;

§  i delinquenti abituali, professionali o per tendenza (articoli 102, 105 e 108 del codice penale);

§  i detenuti che sono sottoposti al regime di sorveglianza particolare, ai sensi dell'articolo 14-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (O.P.), salvo che sia stato accolto il reclamo previsto dall'articolo 14-ter della medesima legge.

Il regime di sorveglianza particolare prevede restrizioni al trattamento e ai diritti dei detenuti ritenuti pericolosi per la sicurezza penitenziaria. Tale istituto è disciplinato dagli articoli 14-bis e ss. dell'O.P. In base all’art. 14 bis possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare per un periodo non superiore a sei mesi (prorogabile più volte, ma ogni volta in misura non superiore a tre mesi) i detenuti che con i loro comportamenti compromettono la sicurezza negli istituti penitenziari; quelli che con la violenza o la minaccia impediscono le attività degli altri detenuti; quelli che nella vita penitenziaria mettono in stato di soggezione altri detenuti. L'art. 14-ter O.P. prevede che avverso il provvedimento che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare può essere proposto dall'interessato reclamo al tribunale di sorveglianza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento definitivo.

§  detenuti che nell’ultimo anno siano stati sanzionati per le infrazioni disciplinari di cui all’articolo 77, comma 1, numeri 18 (partecipazione a disordini o a sommosse), 19 (promozione di disordini o di sommosse), 20 (evasione) e 21 (fatti previsti dalla legge come reato, commessi in danno di compagni, di operatori penitenziari o di visitatori) del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000 (Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà);

§  i detenuti nei cui confronti sia redatto rapporto disciplinare ai sensi dell’articolo 81, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, in quanto coinvolti nei disordini e nelle sommosse a far data dal 7 marzo 2020.

L'articolo 81, comma 1, del d.P.R. n. 230 del 2000 prevede che quando un operatore penitenziario constata direttamente o viene a conoscenza che una infrazione è stata commessa, deve redigere rapporto, indicando in esso tutte le circostanze del fatto. Tale rapporto viene trasmesso al direttore per via gerarchica. Con riguardo alla disposizione in esame si segnala come essa non indichi in modo espresso quali siano le infrazioni in relazione alle quali l'operatore penitenziario ha redatto rapporto. Si valuti l'opportunità di chiarire quali infrazioni commesse in occasione dei disordini e delle sommosse verificatisi nel mese di marzo determinino l'esclusione dal beneficio dell'esecuzione domiciliare.

§  I detenuti privi di un domicilio effettivo e idoneo anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato.

 

La legge n. 199 del 2010 - per far fronte alla situazione di sovraffollamento carcerario - ha introdotto il "nuovo" istituto penitenziario costituito dalla esecuzione nel domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno  (tale soglia temporale è stata successivamente aumentata a diciotto mesi dal decreto-legge 211/2011 conv. l. n. 9 del 2012). Tale misura, peraltro, originariamente prevista per una durata di tempo limitata al 31 dicembre 2013, è stata successivamente stabilizzata dal decreto-legge n. 146 del 2013.

 Il comma 1 dell'articolo 1 della legge n. 199 prevede che ai condannati con pena detentiva (anche residua) non superiore a diciotto mesi, possa essere concessa dal tribunale di sorveglianza la possibilità di scontare la pena presso la propria abitazione o un altro luogo, pubblico o privato.

La misura - ai sensi del comma 2 dell'articolo 1 della legge n. 199 - non può essere concessa:

§  ai condannati per i reati particolarmente gravi (quelli previsti dall’art. 4 bis O.P.)

§  ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza (artt. 102, 105 e 108 del codice penale)

§  ai detenuti sottoposti al regime di sorveglianza particolare (art. 14 bis O.P.)

§  qualora vi sia la concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga o commettere altri delitti

§  qualora il condannato non abbia un domicilio idoneo alla sorveglianza e alla tutela delle persone offese dal reato commesso.

 

Con particolare riguardo alle cause ostative il decreto-legge in conversione ricalca sostanzialmente quelle già previste dal comma 2 dell'articolo 1 della legge n. 199 con alcune differenze. Sono stati, da un lato, esclusi quali elementi preclusivi per l'accesso alla misura il fatto che vi sia la "concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga" ovvero il fatto che sussistano " specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti". La ragione di tale scelta - rileva la relazione illustrativa - " è che si tratta di due presupposti che limitano l'utilizzo dell'istituto e che in questa fase di urgenza sono di complesso accertamento". A ciò si aggiunga la possibilità prevista dal decreto legge di accompagnare la misura con l'applicazione di procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici. E sono stati, invece, dall'altro, previsti alcuni ulteriori elementi preclusivi: il fatto che il detenuto nell'ultimo anno sia stato sanzionato per alcune determinate infrazioni disciplinari e il fatto che nei confronti del detenuto sia stato redatto rapporto disciplinare in quanto coinvolto nei disordini e nelle sommosse verificatisi negli istituti penitenziari dal 7 marzo 2020.

 

Il comma 3 dell'articolo 1 della legge n. 199 prevede che nel caso in cui la condanna a diciotto mesi - o meno - di reclusione sia comminata a una persona in libertà, è lo stesso pubblico ministero che, al momento della condanna, ne sospende l’esecuzione, previo accertamento dell’esistenza e dell’idoneità dell’alloggio, nonché, se si tratta di persona tossicodipendente o alcooldipendente, previa verifica della documentazione medica attestante lo stato di tossicopendenza o alcooldipendenza e del programma di recupero, trasmettendo quindi gli atti al magistrato di sorveglianza per la concessione della detenzione domiciliare.

 

Il comma 4 dell'articolo 1 disciplina invece il caso in cui il condannato, con pena da scontare fino a diciotto mesi, sia in carcere. In tal caso il condannato potrà presentare una richiesta al magistrato di sorveglianza. In ogni caso - anche senza la richiesta dell’interessato - la direzione dell’istituto di pena preparerà per ciascun detenuto che rientra nelle condizioni previste dalla legge una relazione sul comportamento tenuto durante la detenzione e sulla idoneità dell’alloggio, oppure raccoglierà la documentazione medica e terapeutica, qualora si tratti di persona dipendente da droga o alcool, intenzionata a seguire un programma di cura che potrà essere eseguita presso una struttura sanitaria pubblica o una struttura privata accreditata ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Il magistrato di sorveglianza provvederà - ai sensi del comma 5 dell'articolo 1 -con un’ordinanza per la concessione della detenzione domiciliare.

In ogni caso, il magistrato di sorveglianza può imporre le prescrizioni e le forme di controllo necessarie per accertare che il tossicodipendente o l'alcoldipendente inizi immediatamente o prosegua il programma terapeutico (comma 7 dell'articolo 1 della legge n. 199).

L'ufficio locale dell'esecuzione penale esterna, competente per gli interventi di sostegno e controllo, segnala ogni evento rilevante sull'esecuzione della pena e trasmette le relazioni trimestrali e conclusiva (comma 6 dell'articolo 1 della legge n. 199).

 

Come evidenzia la relazione illustrativa l'istituto in esame deve essere tenuto distinto dalla detenzione domiciliare ordinaria di cui all'articolo 47-ter O.P. dalla quale si differenzia per i seguenti aspetti:

·      per la durata della pena da eseguire: diciotto mesi a fronte dei due o quattro anni, a seconda dei casi, previsti dalla disciplina della detenzione domiciliare ordinaria;

§  per la diversità di procedura (vedi infra);

§  per i differenti presupposti necessari per l'accesso all'istituto.

 

La procedura prevista per l'applicazione della misura dell'esecuzione domiciliare delle pene detentive non superiori a diciotto mesi rimane in larga parte quella contemplata dall'articolo 1 della legge n. 199 del 2010 (le disposizioni dell'articolo 1 della legge del 2010 sono richiamate, in quanto compatibili, proprio dal comma 8 dell'articolo in esame). La misura, quindi, è applicata dal magistrato di sorveglianza (salvo che - ai sensi del comma 2 - ravvisi gravi motivi ostativi alla concessione della misura), oltre che su istanza dell'interessato per iniziativa della direzione dell'istituto penitenziario oppure del PM.

Ai fini dell’applicazione delle pene detentive domiciliari, il comma 6 dell'articolo in esame consente - differentemente da quanto previsto dalla legge n. 199 del 2010 - alla direzione dell’istituto penitenziario di omettere la relazione sul complessivo comportamento tenuto dal condannato durante la detenzione.

 

Si tratta di una scelta che, come precisa la relazione illustrativa, è volta ad evitare di gravare, "in questo momento di estrema complicazione, l'amministrazione penitenziaria di compiti e attività onerosi". Inoltre sempre la relazione rileva che "l'eliminazione della relazione sul complessivo comportamento del condannato durante la detenzione è dovuta ...anche alla considerazione che gli unici elementi rilevanti sono quelli indicati come preclusivi dal comma 1".

 

La direzione è in ogni caso tenuta ad attestare che:

§  la pena da eseguire non sia superiore a diciotto mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena,

§  non sussistono le preclusioni di cui al comma 1 e

§  il condannato abbia fornito l’espresso consenso alla attivazione delle procedure di controllo (vedi commi 3 e 4), nonché a trasmettere il verbale di accertamento dell'idoneità del domicilio, redatto in via prioritaria dalla polizia penitenziaria o, se il condannato è sottoposto ad un programma di recupero o intende sottoporsi ad esso, la documentazione di cui all'articolo 94, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni[68].

 

Il comma 3 prevede che, nei casi in cui sia disposa l'esecuzione domiciliare della pena detentiva ai sensi del comma 1, deve essere applicata - con il consenso del condannato (comma 4) - anche la procedura di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici resi disponibili per i singoli istituti penitenziari. L'applicazione della suddetta procedura di controllo - che cessa in ogni caso quando la pena residua da espiare scende sotto la soglia di sei mesi -  è esclusa per:

§  i condannati la cui pena da eseguire non è superiore a sei mesi;

§  i condannati minorenni.

 

Con particolare riguardo ai condannati minorenni nei cui confronti è disposta l’esecuzione della pena detentiva domiciliare, il comma 7 dell'articolo 123 del decreto-legge prevede che l’ufficio servizio sociale minorenni territorialmente competente in relazione al luogo di domicilio, in raccordo con l’equipe educativa dell’istituto penitenziario (l'aggettivo "penitenziario" è stato inserito nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento), deve provvedere, entro trenta giorni dalla ricevuta comunicazione dell’avvenuta esecuzione della misura in esame, alla redazione di un programma educativo secondo le modalità indicate dall’articolo 3 ( Prescrizioni e modalità esecutive delle misure penali di comunità) del decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 121 (Ordinamento penitenziario minorile), da sottoporre al magistrato di sorveglianza per l’approvazione.

 

Relativamente all'utilizzo dei dispositivi di controllo - i cosiddetti braccialetti elettronici - per i soggetti in detenzione domiciliare il comma 5 dell'articolo in esame prevede che la distribuzione degli stessi debba avvenire secondo un programma adottato con provvedimento del capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia, d'intesa con il capo del Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno entro il 27 marzo (10 giorni dalla entrata in vigore del decreto legge in conversione) e periodicamente aggiornato. In particolare con tale provvedimento deve essere individuato il numero dei mezzi elettronici e degli altri strumenti tecnici da rendere disponibili, che possono essere utilizzati per l’esecuzione della pena detentiva domiciliare, tenuto conto anche delle emergenze sanitarie rappresentate dalle autorità competenti.

Il comma 5 prevede inoltre - nella sua formulazione vigente - che l'esecuzione del provvedimento nei confronti dei condannati con pena residua da eseguire superiore ai sei mesi avviene progressivamente a partire dai detenuti che devono scontare la pena residua inferiore. Nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento tale previsione è stata oggetto di modifica. Il secondo periodo del comma 5, così come modificato dal Senato, da un lato conferma che l'esecuzione dei provvedimenti nei confronti dei condannati per i quali è necessario attivare gli strumenti di controllo indicati debba avvenire progressivamente a partire dai detenuti che devono scontare la pena residua inferiore, ma dall'altro aggiunge che nel caso in cui la pena residua non superi di trenta giorni la pena per la quale è imposta l'applicazione del braccialetto elettronico, non se ne preveda l'attivazione.

 

Come evidenzia la relazione tecnica sulla base dei dati comunicati dal Dipartimento della pubblica sicurezza, il contratto di fornitura e di gestione da remoto dei dispositivi di controllo prevede fornitura e servizio di 1000- 1200 braccialetti al mese per l'intera durata contrattuale (il contratto scade il 31 dicembre 2021), riconoscendo pertanto alla amministrazione la facoltà di installare circa 43.200 braccialetti elettronici. Alla data di entrata in vigore - in un arco temporale di quindici mesi - sono stati attivati circa 5.200 braccialetti elettronici con una media mensile di 350 dispositivi. In base al decreto-legge si prevede l'installazione di circa 3000 braccialetti fino al 30 giugno 2020, che sommati ai 5.200 già attivati determinano un totale di 8.200 dispositivi. Tenuto conto, quindi del numero previsto contrattualmente - pari come detto a 43.200 - si determinerebbe una ulteriore disponibilità per i prossimi 21 mesi pari a 35.000 dispositivi che risultano sufficienti a garantire l'ordinario impiego degli stessi (con riguardo all'impiego dei braccialetti elettronici si rinvia alla nota breve n. 173).

 

Nel corso dell'esame in sede di conversione il Senato ha introdotto un ulteriore comma all'articolo 123, il comma 8-bis, il quale prevede che le disposizioni di cui ai commi da 1 a 8 dell'articolo in esame si applicano ai detenuti che maturano i presupposti per l'applicazione della misura entro il 30 giugno 2020.

 

Il comma 9 reca infine la clausola di invarianza finanziaria, prevedendo che dall’attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvedono alle attività previste mediante utilizzo delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.


 

Articolo 124
(Licenze premio straordinarie per i detenuti
in regime di semilibertà)

 

 

L’articolo 124, modificato nel corso dell’esame al Senato, prevede che le licenze concesse ai detenuti in semilibertà abbiano durata fino al 30 giugno 2020, salvo che il magistrato di sorveglianza non ravvisi gravi motivi ostativi.

 

A causa della straordinaria emergenza sanitaria dovuta al diffondersi dell’epidemia da Covid-19, si prevede che ai detenuti ammessi al regime di semilibertà siano concesse licenze che abbiano durata temporale fino al 30 giugno 2020, a meno che il magistrato di sorveglianza non ritenga che sussistano gravi motivi ostativi, tali da impedire la concessione della misura.

 

Il regime della semilibertà, così come disciplinato dall’art. 48 della legge n. 354 del 1975 (ordinamento penitenziario), consiste nel concedere al condannato o all’internato di partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al suo reinserimento sociale che si svolgono fuori dell’istituto dove egli è detenuto. Ai sensi dell’art. 50, possono essere espiate in regime di semilibertà la pena dell'arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non è affidato in prova al servizio sociale; fuori da questi casi, il condannato può essere ammesso al regime di semilibertà dopo aver scontato almeno metà della sua pena, ovvero due terzi della pena in caso di condanna per gravi delitti o venti anni in caso di condanna all’ergastolo.

A norma dell’art. 52, al condannato ammesso alla semilibertà possono essere altresì concesse una o più licenze, durante le quali si applica il regime della libertà vigilata; tali licenze, nel loro complesso, non possono superare i 45 giorni annui. I giorni goduti dal condannato come licenza premio sono computati a tutti gli effetti nella durata delle misure restrittive della libertà personale, salvi i casi di mancato rientro o di altri gravi comportamenti da cui risulta che il soggetto non si è dimostrato meritevole del beneficio (art. 53-bis).

 

La norma stabilisce inoltre che a tali licenze continuino ad applicarsi le “ulteriori disposizioni” di cui all’art. 52 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (legge sull’ordinamento penitenziario) e pertanto:

§  durante la licenza al condannato si applica il regime della libertà vigilata;

§  se il condannato trasgredisce agli obblighi impostigli, la licenza può essergli revocata;

§  se il condannato non rientra in istituto al termine della licenza o dopo che la stessa sia stata revocata, può essergli revocato il regime di semilibertà, oltre ad essere punibile in via disciplinare o, nei casi più gravi, penalmente per il reato di evasione (a norma dell’art. 385, primo comma, del codice penale).

 

Tra le disposizioni di cui al citato articolo 52 vi è anche quella relativa al limite complessivo annuo di 45 giorni per il godimento di licenze a titolo di premio, contenuta al primo comma, che non sembra applicabile al caso in esame in quanto non compatibile con il termine ultimo stabilito per le licenze concesse (30 giugno 2020).

A differenza di quanto previsto nel testo originario del decreto legge che prevedeva esplicitamente che le licenze potessero essere concesse fino al 30 giugno 2020 anche in deroga al predetto limite annuo di cui al comma primo dell’articolo 52, il testo approvato dal Senato richiama l’articolo 52 senza prevedere alcuna deroga. Andrebbe al riguardo valutata l’opportunità di chiarire a quali “ulteriori disposizioni di cui all’articolo 52” si intenda fare riferimento.

 

 

 


 

Articolo 125
(
Proroga dei termini nel settore assicurativo e per opere di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile
dei piccoli comuni
)

 

 

L'articolo 125 reca disposizioni di proroga in materia assicurativa.

Il comma 1 proroga dal 15 gennaio al 15 luglio (6 mesi), limitatamente al 2020, il termine entro il quale dev'essere annualmente emanato il decreto del Ministro dello sviluppo economico con cui sono ripartite le effettive disponibilità finanziarie per interventi di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile tra i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, nonché dal 15 maggio al 15 novembre (6 mesi) il termine entro il quale i comuni beneficiari dei predetti contributi sono tenuti a iniziare l'esecuzione dei lavori, pena la decadenza dell'assegnazione del contributo.

Il comma 2 - modificato dal Senato - proroga di ulteriori 15 giorni il termine entro il quale l'impresa di assicurazione è tenuta a mantenere operante la garanzia prestata con il precedente contratto di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti fino all'effetto della nuova polizza. Attualmente, tale garanzia deve restare operante non oltre il quindicesimo giorno successivo alla scadenza del contratto. La proroga suddetta opera unicamente per  i contratti scaduti e non ancora rinnovati e per i contratti che scadono nel periodo compreso tra il 21 febbraio 2020 e il 31 luglio 2020.

Il comma 2-bis, inserito dal Senato, prevede che, su richiesta dell'assicurato,  possono essere sospesi, per il periodo richiesto dall'assicurato stesso e sino al 31 luglio 2020, i contratti di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti. La sospensione opera dal giorno in cui l'impresa di assicurazioni ha ricevuto la richiesta di sospensione da parte dell'assicurato e sino al 31 luglio 2020.

Il comma 3 proroga di ulteriori 60 giorni il termine entro il quale, per i sinistri con soli danni a cose, l'impresa di assicurazione formula al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento, ovvero comunica specificatamente i motivi per i quali non ritiene di fare offerta, nonché il termine entro il quale, per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o il decesso, l'impresa di assicurazione deve proporre al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento del danno, ovvero comunicare i motivi per cui non ritiene di fare offerta. Anche tale proroga trova applicazione fino al 31 luglio 2020.

Per converso, il comma 4 autorizza l'UNIONCAMERE e le camere di commercio, nell’anno in corso, a realizzare specifici interventi al fine di contrastare le difficoltà finanziarie delle PMI e facilitarne l'accesso al credito. Per le stesse finalità, le camere di commercio e le loro società in house sono, altresì, autorizzate ad intervenire mediante l'erogazione di finanziamenti con risorse reperite avvalendosi di una piattaforma on line di social lending e di crowdfunding.

 

Il comma 1 proroga di sei mesi, limitatamente al 2020:

§  il termine entro il quale deve essere emanato il decreto del Ministro dello sviluppo economico con il quale sono ripartite le effettive disponibilità finanziarie per interventi di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile tra i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti.

 

In base alla legislazione vigente, tale termine è fissato al 15 gennaio di ciascun anno.

 

§  Il termine entro il quale i comuni beneficiari dei predetti contributi sono tenuti a iniziare l'esecuzione dei lavori.

 

Tale temine è attualmente posto al 15 maggio di ciascun anno ed è espressamente previsto che i comuni che non lo rispettano decadono automaticamente dall'assegnazione del contributo.

 

I termini prima indicati sono previsti dall’articolo 30, comma 14-bis, del D.L. 34/2019 (L. n. 58/2019), espressamente richiamato dal comma 1 in esame.

 

Nel dettaglio, il comma 14-bis citato ha previsto che, per stabilizzare i contributi in conto capitale ai comuni per interventi di efficientamento energetico e sviluppo territoriale sostenibile di cui all'articolo 30 del D.L. 34/2019, a decorrere dal 2020 è autorizzata l'implementazione del programma pluriennale per la realizzazione dei progetti relativi a investimenti nel campo dell'efficientamento energetico e dello sviluppo territoriale sostenibile (previsti dal comma 1 dell'articolo 30).

A partire dal 2020, le effettive disponibilità finanziarie sono ripartite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 15 gennaio di ciascun anno, tra i comuni con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, assegnando a ciascun comune un contributo di pari importo.

I comuni beneficiari dei contributi sono tenuti a iniziare l'esecuzione dei lavori entro il 15 maggio di ciascun anno.

I comuni che non rispettano il citato termine decadono automaticamente dall'assegnazione del contributo e le relative risorse rientrano nella disponibilità del fondo di cui al comma 14-quater.

 

Il comma 2 - modificato dal Senato - proroga di ulteriori 15 giorni il termine entro il quale l'impresa di assicurazione è tenuta a mantenere operante la garanzia prestata con il precedente contratto di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti fino all'effetto della nuova polizza.

La proroga suddetta opera unicamente per:

- i contratti scaduti e non ancora rinnovati;

- e per i contratti che scadono nel periodo compreso tra il 21 febbraio 2020 e il 31 luglio 2020.

 

Attualmente, le imprese di assicurazione devono mantenere operante tale garanzia non oltre il quindicesimo giorno successivo alla scadenza del contratto.

Tale termine è recato dall’articolo 170-bis, comma 1, del Codice delle assicurazioni private (d.lgs. n. 209/2005).

Il comma 1 prevede che il contratto di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti ha durata annuale o, su richiesta dell'assicurato, di anno più frazione, si risolve automaticamente alla sua scadenza naturale e non può essere tacitamente rinnovato, in deroga all'articolo 1899, primo e secondo comma, del codice civile.

L'impresa di assicurazione è tenuta ad avvisare il contraente della scadenza del contratto con preavviso di almeno trenta giorni e a mantenere operante, non oltre il quindicesimo giorno successivo alla scadenza del contratto, la garanzia prestata con il precedente contratto assicurativo fino all'effetto della nuova polizza.

 

Il comma 2-bis, inserito dal Senato, prevede che, su richiesta dell'assicurato possono essere sospesi, per il periodo richiesto dall'assicurato stesso e sino al 31 luglio 2020, i contratti di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti. La sospensione opera dal giorno in cui l'impresa di assicurazioni ha ricevuto la richiesta di sospensione da parte dell'assicurato e sino al 31 luglio 2020.

Conseguentemente le società assicuratrici non possono applicare penali o oneri di qualsiasi tipo in danno dell'assicurato richiedente la sospensione e la durata dei contratti è prorogata di un numero di giorni pari a quelli di sospensione senza oneri per l'assicurato. La predetta sospensione del contratto è aggiuntiva e non sostitutiva di analoghe facoltà contrattualmente previste in favore dell'assicurato che restano pertanto esercitabili. Durante il periodo di sospensione, il veicolo per cui l'assicurato ha chiesto la sospensione non può in alcun caso né circolarestazionare su strada pubblica o su area equiparata a strada pubblica in quanto temporaneamente privo dell'assicurazione obbligatoria, ai sensi dell'art. 2054 c.c., contro i rischi della responsabilità civile derivante dalla circolazione.

 

Il comma 3 proroga di ulteriori 60 giorni:

§  il termine entro il quale, per i sinistri con soli danni a cose, l'impresa di assicurazione formula al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento, ovvero comunica specificatamente i motivi per i quali non ritiene di fare offerta.

 

Attualmente, l'impresa di assicurazione deve formulare l'offerta di risarcimento o comunicare la motivata contestazione entro 60 giorni dalla ricezione della richiesta di risarcimento corredata dalle informazioni previste. Il termine di 60 giorni è ridotto a 30 quando il modulo di denuncia sia stato sottoscritto dai conducenti coinvolti nel sinistro.

 

§  Il termine entro il quale, per i sinistri che abbiano causato lesioni personali o il decesso, l'impresa di assicurazione deve proporre al danneggiato congrua e motivata offerta per il risarcimento del danno, ovvero comunicare i motivi per cui non si ritiene di fare offerta.

 

Attualmente l'impresa di assicurazione è tenuta a provvedere all'adempimento del predetto obbligo entro 90 giorni dalla ricezione della richiesta di risarcimento contenente le informazioni prescritte.

 

Anche tale proroga trova applicazione fino al 31 luglio 2020.

 

I termini predetti sono previsti, rispettivamente, dall’articolo 148, commi 1 e 2, del Codice delle assicurazioni private (d.lgs. n. 209/2005).

 

Il comma 3 in esame rende operante la proroga di ulteriori 60 giorni nei casi di necessario intervento di un perito o del medico legale ai fini della valutazione del danno alle cose o alle persone.

 

Il comma 4 prevede che l'UNIONCAMERE e le camere di commercio industria, artigianato e agricoltura, nell’anno in corso, a valere sulle risorse disponibili dei rispettivi bilanci, possono realizzare specifici interventi, anche tramite appositi accordi con il fondo centrale di garanzia, con altri organismi di garanzia, nonché con soggetti del sistema creditizio e finanziario, in considerazione degli effetti determinati dalla situazione straordinaria di emergenza sanitaria derivante dalla diffusione dell’epidemia da COVID-19, al fine di contrastare le difficoltà finanziarie delle PMI e facilitarne l'accesso al credito.

Per le stesse finalità, le camere di commercio industria, artigianato e agricoltura e le loro società in house sono, altresì, autorizzate ad intervenire mediante l'erogazione di finanziamenti con risorse reperite avvalendosi di una piattaforma on line di social lending e di crowdfunding, tenendo apposita contabilizzazione separata dei proventi conseguiti e delle corrispondenti erogazioni effettuate.


 

Articolo 125-bis
(Proroga dei termini in materia di concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico)

 

 

L'articolo 125-bis è stato inserito dal Senato.

Il comma 1 proroga dal 31 marzo 2020 al 31 ottobre 2020 il termine per l'emanazione da parte delle Regioni della disciplina sulle modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico.

Il comma 2, per le Regioni interessate dalle elezioni regionali del 2020, proroga ulteriormente il predetto termine del 31 ottobre 2020 di 7 mesi decorrenti dalla data di insediamento del nuovo Consiglio regionale. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.

Il comma 3 proroga dal 31 dicembre 2021 al 31 luglio 2022 il termine entro il quale deve essere adottato il DM con cui sono individuate le modalità e le procedure di assegnazione applicabili nell'ipotesi di mancato rispetto del termine di avvio da parte della Regione interessata delle procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche.

Esso dispone inoltre che per le concessioni di grandi derivazioni idroelettriche che prevedono un termine di scadenza anteriore al 31 luglio 2024 (in luogo del 31 dicembre 2023), ivi incluse quelle già scadute, le regioni che non abbiano già provveduto, disciplinano con legge, comunque non oltre il 31 ottobre 2020 (in luogo del 31 marzo 2020), le modalità, le condizioni la quantificazione dei corrispettivi aggiuntivi e gli eventuali altri oneri conseguenti, a carico del concessionario uscente, per la prosecuzione, per conto delle regioni stesse, dell'esercizio delle derivazioni, delle opere e degli impianti oltre la scadenza della concessione e per il tempo necessario al completamento delle procedure di assegnazione e comunque non oltre il 31 luglio 2024 (in luogo del 31 dicembre 2023).

 

Il comma 1, in relazione allo stato d'emergenza dichiarato a seguito della diffusione epidemiologica COVID-19, proroga dal 31 marzo 2020 al 31 ottobre 2020 il termine (e con esso gli effetti delle leggi approvate) previsto dall'articolo 12, comma 1-ter, del d.lgs. n. 79/1999 (Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica), per l'emanazione da parte delle Regioni della disciplina sulle modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico.

L'articolo 11-quater, comma 1, lettera a), del D.L. n. 135/2018 (L. n. 12/2019) ha sostituito gli originari commi 1 e 1-bis dell'articolo 12 del d.lgs. n. 79/1999, con gli attuali commi da 1 a 1-octies Il comma 1-ter ha previsto che, nel rispetto dell'ordinamento dell'Unione Europea e degli accordi internazionali, nonché dei principi fondamentali dell'ordinamento statale e delle disposizioni di cui all'articolo oggetto di novella, le regioni disciplinano con legge, entro un anno dall'entrata in vigore della legge di conversione e comunque non oltre il 31 marzo 2020, le modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni d'acqua a scopo idroelettrico, stabilendo in particolare:

a) le modalità per lo svolgimento delle procedure di assegnazione di cui al comma 1-bis;

b) i termini di avvio delle procedure di cui al comma 1-bis;

c) i criteri di ammissione e di assegnazione;

d) i requisiti di capacità finanziaria, organizzativa e tecnica adeguata all'oggetto della concessione richiesti ai partecipanti e i criteri di valutazione delle proposte progettuali, prevedendo quali requisiti minimi:

§ ai fini della dimostrazione di adeguata capacità organizzativa e tecnica l'attestazione di avvenuta gestione, per un periodo di almeno 5 anni, di impianti idroelettrici aventi una potenza nominale media pari ad almeno 3 MW;

§ ai fini della dimostrazione di adeguata capacità economica la referenza di due istituiti di credito o società di servizi iscritte nell'elenco generale degli intermediari finanziari che attestino che il partecipante ha la possibilità di accedere al credito per un importo almeno pari a quello del progetto proposto nella procedura di assegnazione, ivi comprese le somme da corrispondere per i beni di cui alla lettera k);

 

e) i termini di durata delle nuove concessioni, comprese tra 20 e 40 anni; il termine massimo può essere incrementato fino ad un massimo di 10 anni, in relazione alla complessità della proposta progettuale presentata e all'importo dell'investimento

f) gli obblighi o le limitazioni gestionali, subordinatamente ai quali sono ammissibili i progetti di sfruttamento e utilizzo delle opere e delle acque, compresa la possibilità di utilizzare l'acqua invasata per scopi idroelettrici per fronteggiare situazioni di crisi idrica o per la laminazione delle piene;

g) i miglioramenti minimi in termini energetici, di potenza di generazione e di producibilità da raggiungere nel complesso delle opere di derivazione, adduzione, regolazione e condotta dell'acqua e degli impianti di generazione, trasformazione e connessione elettrica con riferimento agli obiettivi strategici nazionali in materia di sicurezza energetica e fonti energetiche rinnovabili, compresa la possibilità di dotare le infrastrutture di accumulo idrico per favorire l'integrazione delle stesse energie rinnovabili nel mercato dell'energia e nel rispetto di quanto previsto dal Codice di trasmissione, dispacciamento, sviluppo e sicurezza della rete elettrica

h) i livelli minimi in termini di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, in coerenza con gli strumenti di pianificazione a scala di distretto idrografico in attuazione della Direttiva 2000/60/CE, determinando obbligatoriamente una quota degli introiti derivanti dall'assegnazione, da destinare al finanziamento delle misure dei Piani di gestione distrettuali o dei piani di tutela finalizzate alla tutela e al ripristino ambientale dei corpi idrici interessati dalla derivazione;

i) le misure di compensazione ambientale e territoriale, anche a carattere finanziario, da destinarsi ai territori dei comuni interessati dalla presenza delle opere e della derivazione compresi tra i punti di presa e di restituzione delle acque garantendo l'equilibrio economico finanziario del progetto di concessione;

j) le modalità di valutazione, da parte dell'amministrazione competente, dei progetti presentati in esito alle procedure di assegnazione, che avverrà nell'ambito di un procedimento unico ai fini della selezione delle proposte progettuali presentate, che tiene luogo della verifica o valutazione di impatto ambientale, della valutazione di incidenza nei confronti dei siti di importanza comunitaria interessati nonché dell'autorizzazione paesaggistica, nonché di ogni altro atto di assenso, concessione, permesso, licenza o autorizzazione, comunque denominato, previsto dalla normativa nazionale, regionale o locale; a tal fine, alla valutazione delle proposte progettuali partecipano, ove necessario, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dei beni e delle attività culturali e gli enti gestori delle aree naturali protette; per gli aspetti connessi alla sicurezza degli invasi di cui al D.L 507/1994 (Misure urgenti in materia di dighe - L. 584/1994), e all'articolo 6, comma 4-bis, della L. 166/2002 (Disposizioni relative al Registro italiano dighe) al procedimento valutativo partecipa il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

k) l'utilizzo dei beni di cui all'articolo 25, comma secondo, del R.D. 1775/1933, nel rispetto del codice civile, secondo i seguenti criteri: 1) per i beni mobili di cui si prevede l'utilizzo nel progetto di concessione, l'assegnatario corrisponde agli aventi diritto, all'atto del subentro, un prezzo, in termini di valore residuo, determinato sulla base dei dati reperibili dagli atti contabili o mediante perizia asseverata; in caso di mancata previsione di utilizzo nel progetto di concessione, per tali beni si procede alla rimozione e allo smaltimento secondo le norme vigenti a cura ed onere del proponente;

2) per i beni immobili, per i quali il progetto proposto ne prevede l'utilizzo, l'assegnatario corrisponde agli aventi diritto, all'atto del subentro, un prezzo il cui valore è determinato sulla base dei dati reperibili dagli atti contabili o mediante perizia asseverata sulla base di attività negoziale fra le parti;

3) i beni immobili per i quali il progetto proposto non prevede l'utilizzo restano di proprietà degli aventi diritto;

 

l) previsione, nel rispetto dei principi dell'Unione europea, di specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato;

m) le specifiche modalità procedimentali da seguire in caso di grandi derivazioni idroelettriche che interessano il territorio di due o più regioni, in termini di gestione delle derivazioni, vincoli amministrativi e ripartizione dei canoni, da definire d'intesa fra le Regioni interessate; le funzioni amministrative per l'assegnazione della concessione sono di competenza della Regione sul cui territorio insiste la maggior portata di derivazione d'acqua in concessione.

 

Il comma 2, per le Regioni interessate dalle elezioni regionali del 2020, proroga ulteriormente il termine del 31 ottobre 2020 di sette mesi decorrenti dalla data di insediamento del nuovo Consiglio regionale. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.

 

Il comma 3 proroga dal 31 dicembre 2021 al 31 luglio 2022 il termine entro il quale deve essere adottato il DM con cui sono individuate le modalità e le procedure di assegnazione applicabili nell'ipotesi di mancato rispetto del termine di avvio da parte della regione interessata delle procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche. Tale termine è stato inizialmente previsto dal comma 1-quater, secondo periodo, dell'articolo 12 del d.lgs. n. 79 del 1999.

 

Secondo il comma 1-quater, le procedure di assegnazione delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche sono avviate entro due anni dall'entrata in vigore della legge regionale di cui al comma 1-ter.

Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa con la Conferenza unificata, da adottare entro il 31 dicembre 2021, sono individuate le modalità e le procedure di assegnazione applicabili nell'ipotesi di mancato rispetto del termine di avvio da parte della regione interessata, delle procedure di cui al primo periodo; il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti procede in via sostitutiva, sulla base della predetta disciplina, all'assegnazione delle concessioni, prevedendo che il 10% dell'importo dei canoni concessori resti acquisita al patrimonio statale. Restano in ogni caso ferme le competenze statali previste a legislazione vigente.

 

Esso dispone inoltre che per le concessioni di grandi derivazioni idroelettriche che prevedono un termine di scadenza anteriore al 31 luglio 2024 (in luogo del 31 dicembre 2023), ivi incluse quelle già scadute, le regioni che non abbiano già provveduto, disciplinano con legge, comunque non oltre il 31 ottobre 2020 (in luogo del 31 marzo 2020), le modalità, le condizioni la quantificazione dei corrispettivi aggiuntivi e gli eventuali altri oneri conseguenti, a carico del concessionario uscente, per la prosecuzione, per conto delle regioni stesse, dell'esercizio delle derivazioni, delle opere e degli impianti oltre la scadenza della concessione e per il tempo necessario al completamento delle procedure di assegnazione e comunque non oltre il 31 luglio 2024 (in luogo del 31 dicembre 2023).

 

La predetta disciplina è stata prevista dal comma 1-sexies dell'articolo 12 del d.lgs. n. 79 del 1999.

 

Il comma 1-sexies ha disposto che per le concessioni di grandi derivazioni idroelettriche che prevedono un termine di scadenza anteriore al 31 dicembre 2023, ivi incluse quelle già scadute, le regioni che non abbiano già provveduto, disciplinano con legge, entro un anno dall'entrata in vigore della nuova disposizione e comunque non oltre il 31 marzo 2020, le modalità, le condizioni la quantificazione dei corrispettivi aggiuntivi e gli eventuali altri oneri conseguenti, a carico del concessionario uscente, per la prosecuzione, per conto delle regioni stesse, dell'esercizio delle derivazioni, delle opere e degli impianti oltre la scadenza della concessione e per il tempo necessario al completamento delle procedure di assegnazione e comunque non oltre il 31 dicembre 2023.

 


 

Articolo 125-ter
(Clausola di salvaguardia regioni speciali)

 

 

L’articolo 125-ter, introdotto al Senato, reca la consueta clausola di salvaguardia per le autonomie speciali, prevedendo che sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

 


 

Articolo 126
(Disposizioni finanziarie)

 

 

L'articolo 126, modificato al Senato, provvede alla compensazione finanziaria degli oneri derivanti dal decreto-legge. Si autorizza innanzitutto l'emissione di titoli di Stato per un importo fino a 25 miliardi di euro per l'anno 2020 e si sostituisce di conseguenza l'allegato 1 all'articolo 1, comma 1, della legge di bilancio 2020, che riporta il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, con l'allegato al presente decreto-legge. Si dispone, inoltre, l'innalzamento, nello Stato di previsione del MEF dell'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, per l'anno 2020, da 58.000 a 83.000 milioni di euro; l'incremento di 2.000 milioni di euro per l'anno 2020 della dotazione del Fondo per esigenze indifferibili connesse ad interventi non aventi effetti sull’indebitamento netto delle PA e il disaccantonamento e la disponibilità, in termini di competenza e cassa, per un importo pari a 213 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, delle risorse del Fondo per interventi strutturali di politica economica. La copertura dell'onere derivante dall'attuazione del comma 1 del presente articolo in termini di maggiori interessi del debito pubblico e degli oneri di cui agli articoli 7, 43, 55, 66 e 105 viene indicata nel corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dagli articoli 2, 7, 8, 11, 55, 66 e 74, nella riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica e nell' utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali. Il monitoraggio delle risorse destinate a ciascuna delle misure previste dal presente decreto è affidato al MEF.

Il Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base degli esiti del monitoraggio, può apportare le occorrenti variazioni di bilancio provvedendo a rimodulare le predette risorse tra le misure previste dal presente decreto. Eventuali risorse non utilizzate al 15 dicembre 2020 sono riassegnate al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Le risorse destinate all'attuazione da parte dell'INPS delle misure di cui al presente decreto sono tempestivamente trasferite dal bilancio dello Stato all'Istituto medesimo. Si stabilisce inoltre che le Amministrazioni pubbliche impieghino le risorse disponibili, nell’ambito dei rispettivi programmi cofinanziati dai fondi strutturali e di investimento europei 2014/2020, al sostegno delle PMI. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio e, ove necessario, a ricorrere ad anticipazioni di tesoreria.

Nel dettaglio, innanzitutto, il comma 1 reca l'autorizzazione ad emettere titoli di Stato per un importo fino a 25.000 milioni di euro per l’anno 2020, tenuto conto degli effetti del presente decreto. Tali somme concorrono alla rideterminazione in aumento del limite massimo di emissione di titoli di Stato e del livello massimo del ricorso al mercato stabiliti dall'articolo 1 della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019).

 

In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, lettera a) della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica), l'articolo 1 della legge di bilancio 2020 determina, mediante rinvio all'allegato 1 annesso alla legge di bilancio medesima, i livelli massimi del saldo netto da finanziare, in termini di competenza e di cassa, e del ricorso al mercato finanziario in termini di competenza per ciascun anno del triennio di riferimento.

I livelli del ricorso al mercato si intendono al netto delle operazioni effettuate al fine di rimborsare prima della scadenza o di ristrutturare passività preesistenti con ammortamento a carico dello Stato.?

 

Tabella 1 (importi relativi alla legge di bilancio 2020)

(importi in milioni di euro)

 

2019

2020

2021

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge, in termini di competenza

-79.500

-56.500

-37.500

Livello massimo del saldo netto da finanziare, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge, in termini di cassa

-129.000

-109.500

-87.500

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge, in termini di competenza

314.340

311.366

301.350

Livello massimo del ricorso al mercato finanziario, tenuto conto degli effetti derivanti dalla presente legge, in termini di cassa

363.840

364.366

351.350

 

Si rammenta che il saldo netto da finanziare (SNF) è pari alla differenza tra le entrate finali e le spese finali iscritte nel bilancio dello Stato, cioè la differenza tra il totale delle entrate e delle spese al netto delle operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il ricorso al mercato finanziario, invece, rappresenta la differenza tra le entrate finali e il totale delle spese. Esso indica la misura in cui occorre fare ricorso al debito per far fronte alle spese che non sono coperte dalle entrate finali. Tale importo coincide, pertanto, con l’accensione dei prestiti.

In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 21, comma 1-ter, della legge di contabilità e finanza pubblica, i livelli del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario sono determinati dall'articolo 1 della legge di bilancio coerentemente con gli obiettivi programmatici del saldo del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.

 

Tale autorizzazione è conforme a quanto stabilito con la Risoluzione n. 6-00103 della Camera e la Risoluzione n. 6-00102 del Senato di approvazione della Relazione al Parlamento, e della relativa Integrazione, presentata ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012 (c.d. legge "rinforzata" di attuazione del principio di pareggio del bilancio). Anche gli effetti finanziari del presente decreto sono coerenti con quanto stabilito dalle Risoluzioni medesime.

 

La Relazione al Parlamento del 5 marzo 2020 reca la richiesta di un aggiornamento del piano di rientro verso l’Obiettivo di Medio Periodo (OMT), già autorizzato con la Relazione al Parlamento 2019, allegata alla Nadef 2019. La richiesta è finalizzata all’adozione di misure di carattere straordinario e urgente che consentano di fronteggiare le rilevanti esigenze di natura sanitaria e socio-economica, derivanti dall’emergenza epidemiologica Covid-2019.

Successivamente alla Relazione trasmessa al Parlamento il 5 marzo il Governo, alla luce dell’evoluzione dell’emergenza epidemiologica dei giorni successivi, ha trasmesso l’11 marzo un Relazione integrativa, sempre ai sensi dell’articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012. La relazione integrativa si è resa necessaria alla luce delle ulteriori e stringenti misure adottate d’urgenza con il decreto del Presidente del consiglio del 9 marzo, che determina un ulteriore impatto sulla situazione socio-economica del Paese.

Per effetto della Relazione e della successiva integrazione, l’obiettivo programmatico di indebitamento netto potrà aumentare fino a 20 miliardi di euro, corrispondenti a circa 1,1 punti percentuali di PIL.  Corrispondentemente, il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato potrà aumentare fino a 104,5 miliardi di euro nel 2020 in termini di competenza e a 154 miliardi di euro in termini di cassa, con un incremento degli stanziamenti fino a 25 miliardi, sia in termini di competenza che in termini di cassa.

Pertanto, al previsto incremento fino a 20 miliardi di euro dell’indebitamento netto, dovrebbe corrispondere un aumento fino a 25 miliardi del saldo del bilancio dello Stato. Tale differenza potrebbe essere imputabile alle differenti modalità di contabilizzazione sui diversi saldi, in particolare in caso di ricorso a misure, quali garanzie non standardizzate, non contabilizzate ai fini dell’indebitamento netto.

 

Nella lettera alla Commissione UE del 5 marzo il Governo precisa che chiederà al Parlamento e alla Commissione europea di considerare tali risorse quali maggiori oneri una tantum, e in quanto tali non ricorrenti negli anni successivi al 2020, quando la crisi epidemica, e le sue conseguenze economiche, saranno state superate. Tali oneri non dovrebbero, pertanto, essere considerati ai fini del calcolo del saldo di bilancio strutturale - calcolato sottraendo al saldo di bilancio nominale gli effetti del ciclo economico e quelli delle misure una tantum - il cui percorso di aggiustamento rimane pertanto invariato rispetto a quello delineato nella NADEF 2019 e nel Documento programmatico di bilancio 2020, in cui si fissava un obiettivo pari a -1,4% del PIL nell'anno 2020, -1,2% nel 2021 e -1% nel 2022. Il valore per il 2020 comporta un deterioramento del saldo di bilancio strutturale pari a circa 0,1 punti percentuali di PIL rispetto all'anno precedente.

Nella lettera di risposta, la Commissione europea conferma che le misure di spesa pubblica adottate una tantum in relazione all'emergenza epidemiologica in corso sono da considerarsi escluse, per definizione, dal calcolo del saldo di bilancio strutturale e dalla valutazione del rispetto delle regole di bilancio vigenti. La Commissione evidenzia, inoltre, che il quadro delle regole di bilancio contiene gli elementi di flessibilità necessari ad affrontare gli eventi eccezionali al di fuori del controllo del governo, pur nell'ambito del mantenimento delle condizioni di sostenibilità della finanza pubblica.

 

Con la legge rinforzata n. 243 del 2012 è stata data attuazione al nuovo articolo 81 della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 2012.

L’articolo 6 della legge n. 243 del 2012 prevede, in linea generale, che scostamenti temporanei del saldo strutturale dall’obiettivo programmatico siano consentiti in caso di eventi eccezionali (comma 1).

La disposizione considera eventi eccezionali “periodi di grave recessione economica” ed “eventi straordinari, al di fuori del controllo dello Stato, ivi incluse le gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria generale del Paese” (comma 2).

In tali casi sono consentiti scostamenti temporanei del saldo strutturale dall’obiettivo programmatico, sentita la Commissione europea e previa autorizzazione approvata dalle Camere, a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, indicando nel contempo il piano di rientro rispetto all’obiettivo di medio termine (comma 3).

Il comma 5, in particolare, prevede che il piano di rientro rispetto all’obiettivo di medio termine possa essere aggiornato (con le modalità di cui al comma 3) “al verificarsi di ulteriori eventi eccezionali” ovvero qualora, in relazione all’andamento del ciclo economico, il Governo intenda apportarvi modifiche.

 

Per approfondimenti, si fa rinvio alla Documentazione di finanza pubblica n. 11 curata dai Servizi di documentazione della Camera e del Senato.

 

Il comma 2 dispone la sostituzione dell'allegato 1 all'articolo 1, comma 1, della legge di bilancio 2020 (legge n. 160 del 2019), che riporta il livello massimo del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato finanziario, con l'Allegato 1 al presente decreto, riportato di seguito.

 

 

Il comma 3 interviene sullo Stato di previsione del MEF della legge di bilancio (articolo 3 della legge n. 160 del 2019) innalzando, nel comma 2, l'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, al netto di quelli da rimborsare e di quelli per regolazioni debitorie, per l'anno 2020, da 58.000 a 83.000 milioni di euro.

     Il comma 4 dispone l'incremento di 2.000 milioni di euro per l'anno 2020 della dotazione del Fondo per esigenze indifferibili connesse ad interventi non aventi effetti sull’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 3 del 2020.

 

L'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 3 del 2020 dispone l’istituzione di un Fondo per esigenze indifferibili connesse ad interventi non aventi effetti sull'indebitamento netto delle PA, con una dotazione di 589 milioni di euro per l'anno 2020. Il fondo è iscritto nello stato di previsione del MEF.

 

La relazione tecnica del decreto-legge richiamato chiarisce che gli effetti sul bilancio dello Stato delle misure introdotte dagli articoli 1 e 2 del medesimo decreto risultano differenti da quelli che si determinano sul conto consolidato delle AP in relazione ai diversi criteri di contabilizzazione che presiedono alla compilazione dei due bilanci: competenza giuridica per il primo e contabilità nazionale (SEC 2010) per il secondo. Ciò determina un diverso trattamento contabile delle ritenute operate in relazione al trattamento integrativo dei redditi da lavoro dipendente e delle detrazioni fiscali riferite all'ultima mensilità dell'esercizio finanziario. La disponibilità di risorse che così si determina in termini di solo saldo netto da finanziare e fabbisogno, nell'anno 2020, è destinata alla dotazione del Fondo per esigenze indifferibili connesse ad interventi non aventi effetti sull'indebitamento netto della PA istituito dal comma 3 dell'articolo in esame.

 

Il comma 5 dispone il disaccantonamento e la disponibilità, in termini di competenza e cassa, per un importo pari a 213 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, le risorse del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004. Ciò è reso possibile dal venir meno della necessità di accantonamento dell'importo dei maggiori oneri per interessi passivi conseguenti alle emissioni di titoli del debito pubblico realizzate nel 2017 in relazione alle disposizioni di cui all'articolo 27, comma 3, del decreto-legge n. 237 del 2016 (recante disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio).

 

L'articolo 27 del decreto-legge n. 237 del 2016 incrementa di 20 miliardi di euro il livello massimo del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e il livello massimo del ricorso al mercato finanziario, di competenza e di cassa, di cui all'allegato 1, articolo 1, comma 1, della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) nonché l'importo massimo di emissione di titoli pubblici, in Italia e all'estero, di cui all'articolo 3, comma 2, della medesima legge.

Il comma 3 dell'articolo 27 dispone che parte delle risorse necessarie a far fronte all'onere derivante dalle maggiori emissioni nette di titoli pubblici di cui al comma 1, sono iscritte sul Fondo per interventi strutturali di politica economica, sono accantonate e rese indisponibili in termini di competenza e di cassa.

 

 

Il comma 6 stabilisce che all'onere derivante dall'attuazione del comma 1 del presente articolo in termini di maggiori interessi del debito pubblico e agli oneri di cui agli articoli 7, 43, 55, 66 e 105, pari complessivamente a:

§  400,292 milioni di euro per l'anno 2021

§  374,430 milioni di euro per l'anno 2022

§  396,270 milioni di euro per l'anno 2023

§  418,660 milioni di euro per l'anno 2024

§  456,130 milioni di euro per l'anno 2025

§  465,580 milioni di euro per l'anno 2026

§  485,510 milioni di euro per l'anno 2027

§  512,580 milioni di euro per l'anno 2028

§  527,140 milioni di euro per l'anno 2029

§  541,390 milioni di euro per l'anno 2030

§  492,700 milioni di euro annui decorrere dall'anno 2031

che aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di indebitamento netto e di fabbisogno a:

§  530,030 milioni di euro per l'anno 2021

§  451,605 milioni di euro per l'anno 2022

§  471,945 milioni di euro per l'anno 2023

§  496,235 milioni di euro per l'anno 2024

§  521,305 milioni di euro per l'anno 2025

§  539,655 milioni di euro per l'anno 2026

§  556,785 milioni di euro per l'anno 2027

§  578,555 milioni di euro per l'anno 2028

§  595,215 milioni di euro per l'anno 2029

§  609,465 milioni di euro per l'anno 2030

§  560,775 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2031

si provvede:

a)   quanto a 221,3 milioni di euro per l'anno 2021, a 268,58 milioni di euro per l'anno 2022, a 215,2 milioni di euro per l'anno 2023, a 72,25 milioni di euro per l'anno 2024, a 69,81 milioni di euro per l'anno 2025, a 67,69 milioni di euro per l'anno 2026, a 66,52 milioni di euro per l'anno 2027, a 65,76 milioni di euro per l'anno 2028, a 65,26 milioni di euro per l'anno 2029 e a 26,58 milioni di euro per l'anno 2030, che aumentano in termini di fabbisogno e indebitamento netto a 230,266 milioni di euro per l'anno 2021, a 273,525 milioni di euro per l'anno 2022 e a 216,023 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dagli articoli 2, 7, 8, 11, 55, 66 e 74;

b)   quanto a 185,30 milioni di euro per l'anno 2021, a 115 milioni di euro per l'anno 2022, a 188 milioni di euro per l'anno 2023, a 351,10 milioni di euro per l'anno 2024, a 390,20 milioni di euro per l'anno 2025, a 401,10 milioni di euro per l'anno 2026, a 421,90 milioni di euro per l'anno 2027, a 449,40 milioni di euro per l'anno 2028, a 464,30 milioni di euro per l’anno 2029, a 516 milioni di euro per l'anno 2030 e a 494 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2031, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004, come incrementato ai sensi del comma 5 del presente articolo;

c)   quanto a 116 milioni di euro per l'anno 2021, a 65 milioni di euro per l'anno 2022, a 69 milioni di euro per l'anno 2023, a 74 milioni di euro per l'anno 2024, a 63 milioni di euro per l'anno 2025, a 72 milioni di euro per l'anno 2026, a 70 milioni di euro per l'anno 2027, a 65 milioni di euro per l'anno 2028, a 67 milioni di euro per l'anno 2029 e a 69 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2030, mediante corrispondente utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008.

 

Il comma 6-bis, introdotto al Senato, reca la quantificazione degli oneri derivanti dagli articoli 49-bis, 54-bis, 72-ter, 74, 74-bis, 78, comma 4-ter, 87, comma 3-bis e degli effetti derivanti dalla lettera d) del presente comma, pari a:

§  414,966 milioni di euro per l'anno 2620;

§  0,386 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, che aumentano, ai fini della compensazione degli effetti in termini di fabbisogno e indebitamento netto, a 1,380 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021.

Per quanto riguarda la natura, sono oneri in conto capitale, per l'anno 2020, 410 milioni di euro in termini di saldo netto da finanziare, 360 milioni in termini di fabbisogno e 50 milioni in termini di indebitamento. Le restanti somme riguardano oneri di natura corrente.

Alla copertura finanziaria si provvede:

a)   quanto a 30 milioni di euro per l'anno 2020, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2020-2022, nell'ambito del Programma Fondi di riserva e speciali della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF per l'anno 2020, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al MiSE per 10 milioni di euro e l'accantonamento relativo al MEF per 20 milioni di euro;

b)   quanto a 20 milioni di euro per l'anno 2020, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 180, della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007), destinata a finanziare i programmi aeronautici di elevato contenuto tecnologico. Si tratta di una riduzione di spesa in conto capitale. Tale autorizzazione di spesa era stata rifinanziata dalla tabella E della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) e negli anni successivi riprogrammata con la legge di bilancio;

L'articolo 2, comma 180, della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007) dispone l'autorizzazione della spesa di 318 milioni di euro per l'anno 2008, 468 milioni per il 2009, di 918 milioni per il 2010 e di 1.100 milioni per ciascuno degli anni 2011 e 2012 per il finanziamento dei programmi del settore aeronautico, e, in particolare, per garantire un qualificato livello della presenza italiana nei programmi aeronautici di elevato contenuto tecnologico, connessi alle esigenze della difesa aerea nazionale e realizzati nel contesto dell'Unione europea, nonché per corrispondere le quote di competenza italiana del programma EFA (European fighter aircraft).

c)   quanto a 360 milioni di euro per l'anno 2020, mediante corrispondente riduzione del fondo per esigenze indifferibili connesse ad interventi non aventi effetti sull'indebitamento netto delle PA di cui dall'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 3 del 2020 (Misure urgenti per la riduzione della pressione fiscale sul lavoro dipendente). Si tratta di una riduzione di spesa in conto capitale;

Il Fondo per esigenze indifferibili connesse ad interventi non aventi effetti sull'indebitamento netto delle PA è stato istituito dal decreto-legge n. 3 del 2020 con una dotazione di 589 milioni di euro per l'anno 2020 e iscritto nello stato di previsione del MEF.

d)   quanto a 5,056 milioni di euro per l'anno 2020 e 0,386 milioni di euro annui a decorrere dal 2021, mediante corrispondente, riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 365, lettera b), della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) destinato ad assunzioni di personale dello Stato. Si tratta di una riduzione di spesa di natura corrente;

L'articolo 1, comma 365, lettera b), della legge di bilancio 2017 (legge n. 232 del 2016) ha disposto la definizione, per l'anno 2017 e a decorrere dall'anno 2018, del finanziamento da destinare ad assunzioni di personale a tempo indeterminato, in aggiunta alle facoltà assunzionali previste a legislazione vigente, nell'ambito delle amministrazioni dello Stato, ivi compresi i Corpi di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, le agenzie, incluse le agenzie fiscali e l'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, gli enti pubblici non economici e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001.

e)   quanto a 0,420 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020, mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge n. 154 del 2008. Gli stanziamenti di tale fondo sono annualmente determinati con la legge di bilancio;

f)    quanto a 2,798 milioni di euro per l'anno 2020 e 0,579 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, in termini di fabbisogno e indebitamento netto, mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate dovuti agli effetti riflessi in termini di maggiori entrate tributarie e contributive derivanti dagli articoli 87, comma 3-bis, 74 e 74-bis.

 

Il comma 6-bis riproduce, coordinandole alle altre modifiche intervenute, l'articolo 36 del decreto-legge n. 9 del 2020 relativo alle disposizioni finanziarie.

 

Il comma 7 dispone che le risorse destinate a ciascuna delle misure previste dal presente decreto sono soggette ad un monitoraggio da parte del MEF. Il Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base degli esiti del monitoraggio di cui al periodo precedente, al fine di ottimizzare l’allocazione delle risorse disponibili, è autorizzato ad apportare con propri decreti, sentito il Ministro competente, le occorrenti variazioni di bilancio provvedendo a rimodulare le predette risorse tra le misure previste dal presente decreto, ad invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica.

 

Il comma 8 prevede che, all'esito del monitoraggio di cui al comma 7, eventuali risorse non utilizzate al 15 dicembre 2020 sono versate dai soggetti responsabili entro il 20 dicembre 2020 ad apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato e poi riassegnate al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

 

Il comma 9 dispone che le risorse destinate all'attuazione da parte dell'INPS delle misure di cui al presente decreto sono tempestivamente trasferite dal bilancio dello Stato all'Istituto medesimo.

 

Il comma 10 dispone che le Amministrazioni pubbliche, nel rispetto della normativa europea, destinano le risorse disponibili, nell’ambito dei rispettivi programmi cofinanziati dai fondi strutturali e di investimento europei 2014/2020, alla realizzazione di interventi finalizzati a fronteggiare la situazione di emergenza connessa all’infezione epidemiologica Covid-19, comprese le spese relative al finanziamento del capitale circolante nelle PMI, come misura temporanea, ed ogni altro investimento, ivi incluso il capitale umano, e le altre spese necessarie a rafforzare le capacità di risposta alla crisi nei servizi di sanità pubblica e in ambito sociale.

 

Secondo la relazione tecnica, il comma 10 non comporta oneri a carico della finanza pubblica in quanto si limita a vincolare, per l'emergenza sanitaria, le risorse che si renderanno disponibili nell'ambito dei programmi comunitari 2014/2020. Chiarisce, inoltre, che la Commissione europea prevede la possibilità di utilizzare in via prioritaria le quote di prefinanziamento relative all'annualità 2020, ma anche le residue risorse non ancora oggetto di certificazione a Bruxelles, relativamente ai programmi SIE 2014-2020, per sostenere spese nel settore sanitario, di supporto al capitale circolante delle PMI e ai regimi di lavoro determinato necessarie a fronteggiare l'attuale situazione di crisi. Tali risorse potranno essere utilizzate nell'ambito di ciascun programma operativo a seguito delle modifiche ai regolamenti comunitari attualmente vigenti e a seguito della riprogrammazione dei medesimi programmi.

 

Il comma 11, come modificato al Senato, rende possibile l'immediata attuazione delle disposizioni recate dal presente decreto, nelle more dell'emissione dei titoli di cui al comma 1, autorizzando il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Il Ministero, ove necessario, può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione, con l'emissione di ordini di pagamento sui pertinenti capitoli di spesa, è effettuata entro la conclusione dell'esercizio 2020.

 


 

Articolo 127
(Entrata in vigore)

 

 

L'articolo 127 dispone che il decreto-legge entri in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il decreto-legge è dunque vigente dal 17 marzo 2020.

 

 



[1]     I provvedimenti emergenziali contenuti nel D.P.C.M. 1 marzo 2020 hanno cessato di efficacia, a decorrere dall'8 marzo 2020, in virtù dell’adozione di nuovi provvedimenti emergenziali. Per una ricostruzione degli interventi emergenziali si rinvia al paragrafo su “Il primo decreto-legge per fronteggiare l'emergenza da Covid e le prime misure in materia di attività economiche” del tema dell’attività parlamentare sugli “Interventi limitativi dell'esercizio delle attività produttive per fronteggiare l'emergenza Coronavirus”.

[2]     Si rammenta in proposito che ai sensi dell'art. 69 del TUEL nei comuni con meno di 15.000 abitanti le funzioni di presidente del consiglio comunale sono svolte dal sindaco.

[3]     A titolo esemplificativo, lo scorso 9 marzo la giunta comunale di Bergamo, una delle città più duramente colpite dall'emergenza epidemiologica in corso, ha approvato linee guida in ordine allo svolgimento delle sedute di giunta comunale in videoconferenza.

[4]     Si veda per la puntuale indicazione delle tipologie di atti sottoposti a controllo preventivo di legittimità l'articolo 3, comma 1, della legge n. 20 del 1994.

[5]     Ai sensi di tale comma, per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300. Fino alla revisione organica della disciplina di settore, il presente ambito comprende anche il CONI.

[6]     Convertito in legge dalle Camere, con modificazioni, il 4 marzo 2020

[7]     Più in particolare, il comma 2 dell'articolo 3 del D.L. n. 6 prevede che, nelle more dell'adozione dei predetti decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, nei casi di estrema necessità ed urgenza, le misure di contenimento e gestione in esame possano essere adottate con ordinanze del Ministro della salute, delle regioni e dei sindaci, emanate in base alle norme ivi richiamate (norme concernenti l'emanazione di misure urgenti, mediante ordinanze, in materia di igiene e sanità pubblica).

[8]     Il citato articolo 71, comma 1, del D.L. n. 112 del 2008 (convertito, con modificazioni, dalla L. n. 133 del 2008) fa infatti salvo il trattamento più favorevole per le assenze per malattia dovute ad infortunio sul lavoro o a causa di servizio, oppure a ricovero ospedaliero o a day hospital, nonché per le assenze relative a patologie gravi che richiedano terapie salvavita.

[9]     Che ripristina il dispositivo del comma 4, dell’articolo 19 del dl 9/2020.

[10]   La presentazione di offerte sotto forma di catalogo elettronico è regolata dall’articolo 57 del decreto legislativo n.50/2016 (Codice dei contratti pubblici).

[11]   Per completezza, si ricorda che, sul sito del MIBACT, è stata data notizia dell’attivazione di una nuova pagina che consente di aggregare attraverso sei sezioni – tra le quali, per quanto qui più interessa, Libri, Cinema, Musica, Educazione e Teatro – le molteplici iniziative virtuali organizzate, sempre per quanto qui più interessa, dal mondo dello spettacolo, della musica e dell’audiovisivo. In particolare, il comunicato stampa evidenzia che (fra gli altri) autori, scrittori, attori e musicisti rivelano inediti, classici, capolavori, curiosità, segreti e il dietro le quinte delle loro istituzioni.

[12]   I capitoli su cui sono allocate le risorse del FUS sono i seguenti: 1390 – Osservatorio per lo spettacolo; 1391 – Consiglio nazionale dello spettacolo (ora, Consiglio superiore dello spettacolo) e interventi integrativi per i singoli settori; 6120 e 6620 – Commissioni per l'erogazione dei contributi; 6621 – Fondazioni lirico sinfoniche; 6622 – Attività musicali; 6623 –Attività teatrali di prosa; 6624 – Danza; 6626 – Attività teatrali di prosa svolte da soggetti privati; 8721 – Attività circensi e spettacolo viaggiante.

[13]   Sino al 2016 il FUS finanziava anche il settore cinematografico, per il quale, dal 2017, la L. 220/2016 ha istituito il Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo.

[14]   In quella occasione, a seguito di contatti informali con il MIBACT si è appreso che la previsione di entrata in vigore anticipata era finalizzata a consentire l’impegno della somma indicata nel 2020, in applicazione dell’art. 34, co. 6-bis), lett. a), della L. 196/2009.

[15]   Per un bilancio del triennio 2016-2018 si veda qui.

[16]   Si ricorda che l'art. 19 del D.L.148/2017 (L. 172/2017), novellando gli artt. 15-bis e 180 della L. 633/1941 e gli artt. 8 e 20 del d.lgs. 35/2017, ha esteso a tutti gli organismi di gestione collettiva stabiliti in Italia la possibilità di operare direttamente sul territorio italiano come intermediari per la gestione dei diritti d’autore, affiancandosi alla SIAE, che fino ad allora operava in regime di esclusiva.

[17]   Secondo l'art. 2 del d.lgs. 35/2017 - attuativo della direttiva 2014/26/UE - per «organismo di gestione collettiva» si intende un soggetto, ivi compresa SIAE, che, come finalità unica o principale, gestisce diritti d'autore o diritti connessi ai diritti d'autore per conto di più di un titolare di tali diritti, a vantaggio collettivo di questi, e che soddisfi uno o entrambi i seguenti requisiti: a) è detenuto o controllato dai propri membri; b) non persegue fini di lucro.

[18]   In deroga, in particolare, alle disposizioni di cui agli artt. 4 e 22 del d.lgs. 148 del 2015.

[19]   Riguardo a tale profilo temporale, cfr. anche infra.

[20]   Riguardo ad esse, cfr. infra, in nota.

[21]   Il D.M. 6 aprile 2020, emanato in base al comma 4 del presente articolo 96, specifica che, ai fini del beneficio in esame, i committenti (dei rapporti di collaborazione) devono rientrare in una delle seguenti categorie: società e associazioni sportive dilettantistiche iscritte (alla data del 17 marzo 2020) nel Registro delle associazioni e società sportive dilettantistiche tenuto dal CONI; federazioni sportive nazionali, enti di promozione sportiva e discipline sportive associate, sempre che tali organismi siano riconosciuti dal CONI.

[22]   Cfr. infra.

[23]   Cfr. l’articolo 7 del D.L. 28 maggio 2004, n. 136, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 luglio 2004, n. 186.

[24]   Il testo originario del D.L., invece, faceva genericamente riferimento alle “università”.

[25]   Con nota 8093 del 20 giugno 2016, il MIUR - considerato che l’art. 11 del DPR 212/2005 fa riferimento a soggetti preesistenti la L. n. 508/1999 “e che quindi avevano maturato almeno 5 anni di esperienza nel settore AFAM al momento dell'entrata in vigore del D.P.R. n. 212/2005” – ha ritenuto, al fine di evitare ingiustificate disparità di trattamento, e tenuto conto di alcune pronunce giurisdizionali, che anche soggetti non preesistenti la L. 508/1999, ma che siano in grado di dimostrare una esperienza almeno quinquennale nel settore, possono presentare istanza di autorizzazione ai sensi dell'art. 11 del DPR 212/2005.

[26]   Come ricapitolato sul sito del MIUR, il sistema AFAM è composto da 82 istituzioni statali e 63 non statali.

[27]   Le risorse del Fondo sono state incrementate dall’art. 1, co. 652 e 656, della L. di bilancio 2018 (L. 205/2017), nonché dall’art. 5-bis del D.L. 59/2019 (L. 81/2019).

[28]   Qui la pagina dedicata del sito del MUR.

[29]   Il testo originario del D.L., invece, fa genericamente riferimento agli “enti di ricerca”.

[30]   In base al d.lgs. 218/2016, gli enti pubblici di ricerca vigilati da altri Ministeri sono: Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA, vigilato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali); Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo sostenibile (ENEA, vigilata dal Ministero dello sviluppo economico); Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche (INAPP, già Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori-ISFOL, vigilato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali); Istituto nazionale di statistica (ISTAT, vigilato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri); Istituto superiore di sanità (ISS, vigilato dal Ministero della salute); Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA, vigilato dal Ministero dell’ambiente).

[31]   L'attuale presidente è in carica dal 4 febbraio 2019 (prof. Gian Carlo Blangiardo).

[32]   A questo link sono consultabili gli atti di nomina dei componenti del Consiglio del 14 dicembre 2015.

[33]   Gli altri tre sono designati: uno dalla Conferenza dei rettori delle università italiane, uno da Confindustria ed uno è espressione della comunità scientifica di riferimento.

[34]   I nominativi proposti possono essere utilizzati entro due anni dalla formulazione della proposta.

[35]   Il terzo consigliere è scelto direttamente dalla comunità scientifica o disciplinare di riferimento sulla base di una forma di consultazione definita negli statuti.

[36]   Gli altri due componenti sono scelti direttamente dalla comunità scientifica o disciplinare di riferimento sulla base di una forma di consultazione definita negli statuti, fatto salvo quanto disposto all'art. 9.

[37]   In argomento si veda anche la nota 5 marzo 2020, prot. 6932, emanata a seguito del precedente DPCM 4 marzo 2020 e indirizzata dal Ministro dell’università e della ricerca ai rettori e ai direttori delle università, nonché ai presidenti e ai direttori delle Istituzioni AFAM.

[38]   A titolo esemplificativo, si veda il regolamento temporaneo per lo svolgimento delle sedute collegiali in modalità telematica dell’Università di Pisa.

[39]   Con decreto ministeriale si possono motivatamente determinare variazioni in aumento o in diminuzione delle 25 ore per singole classi, entro il limite del 20%.

[40]   In base al co. 6, l'opzione per l'uno o l'altro regime è esercitata su domanda dell'interessato all'atto della presa di servizio ovvero, nel caso di passaggio dall'uno all'altro regime, con domanda da presentare al rettore almeno sei mesi prima dell'inizio dell'a.a. dal quale far decorrere l'opzione e comporta l'obbligo di mantenere il regime prescelto per almeno un a.a.

[41]   Art. 14 del D.L. 90/2014 (L. 114/2014), che ha riferito tale aumento anche alle abilitazioni conseguite nelle tornate 2012 e 2013.

[42]   L’art. 6, co. 1, del D.L. 91/2018 (L. 18/2018) ha prorogato (dal 6 agosto 2018) al 31 ottobre 2018 il termine per la conclusione dei lavori delle Commissioni per la valutazione delle domande presentate nel V quadrimestre di quella tornata.

[43]   Qui la pagina dedicata sul sito del MIUR.

[44]     Ai sensi dell’articolo 3, comma 2, del regolamento recante gli esami di Stato di abilitazione all'esercizio della professione di medico-chirurgo, di cui al D.M. 9 maggio 2018, n. 58.

[45]    Tale precedente disciplina è posta dal regolamento di cui al D.M. 19 ottobre 2001, n. 445. I termini di decorrenza della successiva disciplina regolamentare (di cui al citato D.M. n. 58 del 2018) sono stati differiti nei termini sopra ricordati dall’articolo 12, comma 1, del D.L. 30 aprile 2019, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2019, n. 60.

[46]    Riguardo a tale D.M., cfr. infra (nel seguito della scheda relativa al comma 1 del presente articolo 102). Si ricorda altresì che il D.M. 9 aprile 2020 - emanato ai sensi dell’articolo 6 del D.L. 8 aprile 2020, n. 22, attualmente in fase di conversione alle Camere - definisce modalità alternative e transitorie di svolgimento dei tirocini pratici necessari per abilitare i medici e i professionisti dell'area sanitaria.

[47]    Cfr., in merito, il citato D.M. n. 445 del 2001.

[48]    Come già ricordato, il D.M. 9 aprile 2020 - emanato ai sensi dell’articolo 6 del D.L. 8 aprile 2020, n. 22, attualmente in fase di conversione alle Camere - definisce modalità alternative e transitorie di svolgimento dei tirocini pratici necessari per abilitare i medici e i professionisti dell'area sanitaria.

[49]    La procedura è prevista dall’articolo 11, comma 1, della L. 19 novembre 1990, n. 341. Secondo tale comma, qualora il Ministro non si pronunci entro 180 giorni dal ricevimento, il regolamento si intende approvato.

[50]    Cfr., in merito, il comma 2 del citato articolo 11 della L. n. 341.

[51]   Entrambe le modalità, secondo la suddetta circolare, possono essere integrate con un colloquio, ove la Commissione, in accordo con gli ordini professionali o le associazioni di categoria, lo ritenga necessario.

[52]   Cfr. la disciplina di cui al D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 206, "Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania".

[53]   Si ricorda che in base all’articolo 141 del TUEL, i consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno:

-       quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico;

-       quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per: 1) impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia; 2) dimissioni del sindaco o del presidente della provincia; 3) cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell'ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia; 4) riduzione dell'organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio;

-       quando non sia approvato nei termini il bilancio;

-       nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra dei 1000 abitanti siano sprovvisti dei relativi strumenti urbanistici generali e non adottino tali strumenti entro diciotto mesi dalla data di elezione degli organi.

[54]   Inoltre, le previsioni di competenza relative alle spese correnti sommate alle previsioni di competenza relative ai trasferimenti in c/capitale, al saldo negativo delle partite finanziarie, alle quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e degli altri prestiti, con l'esclusione dei rimborsi anticipati, non possono essere complessivamente superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli dell'entrata, ai contributi destinati al rimborso dei prestiti e all'utilizzo dell'avanzo di competenza di parte corrente, salvo le eccezioni tassativamente indicate nel principio applicato alla contabilità finanziaria necessarie a garantire elementi di flessibilità degli equilibri di bilancio ai fini del rispetto del principio dell'integrità.

[55]   Si tratta delle seguenti: a) le misure necessarie a ripristinare il pareggio qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di gestione o di amministrazione, per squilibrio della gestione di competenza, di cassa ovvero della gestione dei residui; b) i provvedimenti per il ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio; c) le iniziative necessarie ad adeguare il fondo crediti di dubbia esigibilità accantonato nel risultato di amministrazione in caso di gravi squilibri riguardanti la gestione dei residui.

[56]   Si tratta di una sanzione amministrativa di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, che peraltro fa salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da altre norme vigenti.

[57]   Detta commissione è stata istituita ai sensi dell'articolo 1, comma 29, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

[58]   Fonte: Sose, "Questionario unico per le Province e Città Metropolitane".

[59]   Fonte: Sose, "Questionario unico FC50U".

[60]   Si tratta delle seguenti: a) l'istituzione di nuove tipologie di bilancio, per l'iscrizione di entrate derivanti da assegnazioni vincolate a scopi specifici nonché per l'iscrizione delle relative spese, quando queste siano tassativamente regolate dalla legislazione in vigore;

      b) variazioni compensative tra le dotazioni delle missioni e dei programmi riguardanti l'utilizzo di risorse comunitarie e vincolate, nel rispetto della finalità della spesa definita nel provvedimento di assegnazione delle risorse, o qualora le variazioni siano necessarie per l'attuazione di interventi previsti da intese istituzionali di programma o da altri strumenti di programmazione negoziata;

      c) variazioni compensative tra le dotazioni delle missioni e dei programmi limitatamente alle spese per il personale, conseguenti a provvedimenti di trasferimento del personale all'interno dell'amministrazione;

      d) variazioni compensative tra le dotazioni di cassa delle missioni e dei programmi di diverse missioni;

      e) variazioni riguardanti il fondo pluriennale vincolato;

      f) le variazioni riguardanti l'utilizzo del fondo di riserva per le spese impreviste;

      g) le variazioni necessarie per l'utilizzo della quota accantonata del risultato di amministrazione riguardante i residui perenti;

      g-bis) le variazioni che, al fine di ridurre il ricorso a nuovo debito, destinano alla copertura degli investimenti già stanziati in bilancio e finanziati da debito i maggiori accertamenti di entrate del titolo 1 e del titolo 3 rispetto agli stanziamenti di bilancio.

[61]   L'obbligo di adempiere con puntualità le obbligazioni scadute della PA è contenuto nella direttiva 2011/7/UE e nel decreto legislativo n. 192 del 2012 che ne recepisce i contenuti. In estrema sintesi, tutte le pubbliche amministrazioni sono tenute a pagare le proprie fatture entro 30 giorni dalla data del loro ricevimento, ad eccezione degli enti del servizio sanitario nazionale (per i quali il termine è di 60 giorni).

[62]   La finalità è quella di favorire l'accelerazione dei pagamenti dei debiti in relazione:

      a) agli ammortamenti non sterilizzati antecedenti all'applicazione del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (art.3, comma 1, lett. a));

      b) alle mancate erogazioni per competenza e/o per cassa delle somme dovute dalle regioni ai rispettivi servizi sanitari regionali a titolo di finanziamento del Servizio sanitario nazionale (art.3, comma 1, lett. b)).

[63]   Nel caso di enti locali che non hanno destinato nell'anno 2016 risorse aggiuntive alla contrattazione integrativa per via del mancato rispetto del patto di stabilità interno del 2015, l'ammontare complessivo delle risorse per il salario accessorio non può superare il corrispondente importo determinato per l'anno 2015, ridotto in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio nell'anno 2016.

[64]   "Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale"

[65]   "Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19", in corso di conversione presso la Camera dei deputati.

[66]   In particolare, i DD.P.C.M. 25 febbraio 2020, 1° marzo 2020, 4 marzo 2020, 8 marzo 2020 e 10 aprile 2020.

[67]   In base al D.M. 850 del 27 ottobre 2015, sono tenuti ad effettuare il periodo di formazione e di prova: i docenti che si trovano al primo anno di servizio con incarico a tempo indeterminato, a qualunque titolo conferito, e che aspirino alla conferma nel ruolo; i docenti per i quali sia stata richiesta la proroga del periodo di formazione e prova o che non abbiano potuto completarlo negli anni precedenti. In ogni caso la ripetizione del periodo comporta la partecipazione alle connesse attività di formazione, che sono da considerarsi parte integrante del servizio in anno di prova; i docenti per i quali sia stato disposto il passaggio di ruolo.

[68]   Si tratta della certificazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da una struttura privata accreditata per l'attività di diagnosi attestante lo stato di tossicodipendenza o di alcooldipendenza, della documentazione relativa alla procedura con la quale è stato accertato l'uso abituale di sostanze stupefacenti, psicotrope o alcoliche e all'andamento del programma concordato eventualmente in corso e la sua idoneità, ai fini del recupero del condannato.